A ghost in love

di la luna nera
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'incontro scontro ***
Capitolo 3: *** Piacere, Edward! ***
Capitolo 4: *** Il ritratto ***
Capitolo 5: *** Dubbi ***
Capitolo 6: *** Incontri nella notte ***
Capitolo 7: *** Faccia a faccia con lui ***
Capitolo 8: *** Confusa ***
Capitolo 9: *** Segnali di rottura ***
Capitolo 10: *** Sui tetti di Londra ***
Capitolo 11: *** Una nuova minaccia nell'ombra ***
Capitolo 12: *** Corsa contro il tempo ***
Capitolo 13: *** Nuove domande senza risposta ***
Capitolo 14: *** Addio o arrivederci? ***
Capitolo 15: *** Ritorno a Swanlake Palace ***
Capitolo 16: *** Tra le grinfie del pericolo ***
Capitolo 17: *** Per amore di lei ***
Capitolo 18: *** La verità fra le dita ***
Capitolo 19: *** L'ultima notte ***
Capitolo 20: *** Oltre lo spazio. Oltre il tempo. ***
Capitolo 21: *** Avviso / Spoiler ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
 
Un lampo accecante nella notte e le parole di mio nonno si compirono.
 
Mi chiamo Edward Aloysius Rupert Gregory Lewis Harringhton, VII Duca del Somerset.
Da oggi il mio nome sarà semplicemente
Edward.
 
 
E’ notte fonda ad Hyde Park quando riapro gli occhi e vedo la Londra del XXI secolo.
Sì, perché io provengo dal 1866.
 E magari vi starete chiedendo come sono giunto fino ai vostri tempi e perché ho lasciato la mia epoca per la vostra.
Beh, è una storia un po’ complicata e per certi versi quasi assurda , ma cercherò di raccontarvela nel modo più semplice possibile.
 
Iniziò tutto in una nebbiosa notte di novembre del 1866 nelle campagne del Somerset.
Mi trovavo  nell’osteria del villaggio, dove io e i miei amici ce la spassavamo con alcune ragazze del luogo. Purtroppo quella sera, avendo bevuto un po’ più del solito, mi lanciai in una corte serrata, cercando ed ottenendo le grazie di Lady Louise Millstone, la diciassettenne figlia dell’acerrimo nemico della mia famiglia. Fummo scoperti dai fratelli di Louise che, non avendola vista rincasare, erano venuti a cercarla.
Me la diedi a gambe nonostante non fossi del tutto lucido, come spinto da una forza misteriosa. Fuggii nella nebbia e nell’umidità tipiche delle campagne inglesi e finii in un burrone sopravvivendo per miracolo.
Non mi trovarono, ma da quel momento la mia vita si trovò in serio pericolo.
 
Alcune sere dopo, nascosto nelle soffitte del mio palazzo, iniziò l’avventura che mi avrebbe portato nella Londra dei giorni vostri.
Vidi un insolito bagliore che mi spaventò a morte. E incredibilmente da quella luce uscì lo spirito di mio nonno Edward, deceduto alcuni anni prima. L’ho sempre ammirato per la sua raffinatezza, il suo stile, il suo gusto del bello, il suo carisma e per il suo elegante modo di fare. E rivederlo, seppure in quel modo, fu una gioia spaventosa. In tutti i sensi! Non appena fui in grado di distinguerlo nettamente, gli andai incontro per salutarlo come avrei voluto. Ma fui bloccato da una forza misteriosa generata forse dal movimento della sua mano destra.
“Non avvicinarti oltre, ragazzo mio.”
“Carissimo nonno! Quale gioia potervi rivedere!”
“Fa’ silenzio, Edward! Ti sei cacciato in un guaio più grosso di quanto tu possa immaginare. Ed è per questo che mi trovo qui. Ascoltami attentamente: ora che non dimoro più in un corpo mortale, sono finalmente venuto a conoscenza dei veri motivi che da generazioni pongono la nostra famiglia in contrasto con i Millstone. Secoli or sono una delle nobildonne facenti parte del loro casato fu condannata al rogo per stregoneria. Ebbene, al momento del supplizio questa scagliò una terribile maledizione contro tutti coloro che ne avevano sentenziato la fine: atroci sofferenze avrebbero accompagnato l’esistenza dei loro discendenti, raggiungendo il culmine nel momento in cui due appartenenti alle famiglie in questione avrebbero consumato un atto sessuale solo rivolto a placare certi piaceri della carne. Colui che firmò la sentenza di morte era un nostro antenato: Honorius Harringhton.”
Ora la faccenda era molto più chiara. Comprendevo finalmente il motivo di tanti avvenimenti strani e tragici che nel corso degli anni avevano colpito la mia famiglia. E mi stavo soprattutto rendendo conto di essermi cacciato in un guaio bello e buono.
“Edward, se ti trovano, sei spacciato. Non c’è solo l’affronto verso la  giovane Louise, c’è molto peggio. E preferisco non raccontarti quello che ho visto dalla dimensione in cui dimoro.”
“Dunque siete qui per comunicarmi la mia fine imminente.”
“No.” Chiuse gli occhi e respirò profondamente. “Sono qui per salvarti. In nome del grande affetto che ci ha sempre legati ho ottenuto il permesso di farti viaggiare nel tempo e metterti così al sicuro dai pericoli.”
Stupore. “Cosa? Viaggerò nel tempo?!”
“Qui la tua vita è in serio pericolo. L’unica via di salvezza sta nel farti fare un salto temporale di almeno un secolo. Nel futuro nessuno ti cercherà.”
Non sapevo cosa dire, cosa pensare.
Ero terrorizzato!
“Imparerai molto dall’esperienza che stai per vivere. Vedrai con i tuoi occhi come cambierà il mondo, come cambieranno le persone, gli uomini, le donne, il modo di vivere. E forse capirai molti dei tuoi sbagli.”
“Come dite, prego?”
“Ti tengo d’occhio dall’al di là. E non posso fare a meno di biasimare certi tuoi comportamenti.
Ricordati che una donna non è un oggetto del desiderio, è un essere umano esattamente come te e come tale merita tutto il rispetto possibile. Quando incontri quella che ti fa battere il cuore sul serio devi amarla con tutto te stesso, non come ho fatto io con tua nonna ed ora ne sto pagando le conseguenze. Questo viaggio nel tempo ti sarà utile anche per capirlo.”
Silenzio. Poi vengo assalito da un dubbio.
“Chiedo scusa, ma dovrò restare nel futuro per sempre? Che ne sarà di me?”
“Resterai fin quando non ci saranno le condizioni per farti tornare. Sarò io a richiamarti, ma solo se sarà possibile.”
Stese entrambe le mani su di me e senza darmi il tempo di dire una sola parola, mi sentìì sollevare da terra.
“Vai Edward! Vai nel futuro! Osserva con i tuoi occhi ciò che agli altri non è permesso! E non temere, io ti starò vicino! Fa’ buon viaggio, ragazzo mio!”
Così, avvolto in quella luce indescrivibile, fui risucchiato in un vortice temporale con destinazione la vostra epoca.
 
Ed è dunque così che sono arrivato ai giorni vostri.
Sono qui per sfuggire al mio destino che mi avrebbe condotto verso una morte atroce. Forse tornerò nel mio tempo, forse no. E cosa me ne frega?
Dei Millstone qui non c’è traccia. Il mondo moderno non potrà essere più inquietante di loro, posso cavarmela alla grande.
E sono molto curioso di vedere coi miei occhi cosa c’è di tanto meraviglioso che mancava nel 1866, cosa sono in grado di fare le donne oltre procurarci divertimento e …insomma come si vive ai giorni vostri.
 
 
 
 

 
Ciao a tutti! : )
Spero di aver catturato la curiosità di qualcuno con questa piccola introduzione alla storia.
Vorrei avvisare tutti quelli che saranno così meravigliosi da leggere anche il seguito che ho scelto il narratore in prima persona solo per questo primo capitolo, il resto sarà raccontato in terza persona. Quello di cui parlerò non sarà un fantasma tradizionale, ma di un’entità che…. Vi presenterò meglio più avanti.
Ogni piccolo commento è il benvenuto! Mi farebbe un enorme piacere.
A presto
La Luna Nera

 

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Capitolo 2
*** L'incontro scontro ***


 
LONDRA, UN MESE DOPO
 
 
“Daisy, tesoro, ci sei?”
“Sono qui Mel, un attimo e sono da te.”
“Novità?”
“Niente di particolare, devo solo inviare l’ordine al fornitore. Garrett oggi non c’è e mi ha lasciato tutte le incombenze.”
“Oh, fammi dare un’occhiata, vediamo se c’è qualcosa di interessante.” La ragazza lesse i titoli dei libri che presto avrebbero affollato gli scaffali di “Aesothèria”, uno dei negozi più inconsueti di Londra. “Poltergeist,  Jack lo Squartatore, Energie occulte… Sugli spiriti niente?”
“Hm, si qualcosa c’è, solo un paio di titoli.”
“Gli Spiriti di Fox Inn, Le Ombre di  Plymouth, Il Mistero del giovane Harringhton. Potrebbero interessarmi, avvisami quando arrivano.”
“Certo!” Riordinò tutto e si diresse in negozio con l’amica. “Hai qualche seduta in programma per i prossimi giorni?”
“Dopodomani, alla sede dell’associazione. Alcuni fan di Freddie Mercury sperano di entrare in contatto con il suo spirito.”
“Scontato.”
“Figurati che qualcuno mi ha chiesto pure di evocare Paul McCartney.”
“Cosa? Paul è vivo! Non è che si sono confusi con John Lennonn?”
“C’è chi sostiene sia morto nei primi anni 60 e quello che conosciamo oggi sia solo uno che l’ha rimpiazzato.”
“Mi sembra una cavolata.” Scosse la testa. “E com’è andata? Giusto per curiosità.”
“Non ho avuto cenni dall’al di là da nessun McCartney.”
“Prova a chiedere a Lennonn la prossima volta.”
“Perché no e….” Mel portò una mano alla fronte, accasciandosi leggermente.
“Ehi! Cos’hai?!” Daisy l’aiutò a mettersi seduta.
“Va tutto bene, non preoccuparti…” Fece un paio di profondi respiri. “Ho avvertito un’energia molto particolare.”
“Qui in negozio?”
“No, all’esterno. E’ stato come quando sto per stabilire un contatto con uno spirito, però questa volta ho avvertito qualcosa di anomalo.”
Daisy si avvicinò alla vetrina e scorse tre persone ferme lì fuori, altre in attesa dell’autobus e un ragazzo che osservava alcuni articoli esposti. Apparentemente tutto rientrava nella norma. “Mel qui non c’è niente di strano, sei sicura di aver avvertito qualcosa? Io… oddio, aspetta!” Una delle piccole sfere di cristallo di rocca si era inspiegabilmente spostata dal contenitore. “Queste avvertono presenze sovrannaturali, sono alcuni dei pezzi più richiesti dai medium.” C’era qualcosa di anomalo, ma all’apparenza tutto sembrava tranquillo.  Si guardò intorno e tornò di nuovo dall’amica. “Come ti senti?”
“Molto meglio, grazie.”
“Meno male.” Si, era un vero sollievo. Quando si ha a che fare con gli spiriti ci si può aspettare di tutto. “Chiudo il negozio e andiamo a farci un aperitivo, ti va?”
Le due amiche uscirono dal negozio e attraversarono Hyde Park. Il sole era appena tramontato dietro i tetti della città e i lampioni iniziavano ad illuminare con la loro soffice luce le foglie degli alberi che avevano da poco preso i colori dell’autunno. Il cellulare di Daisy annunciò l’arrivo di un messaggio. “E’ Garrett. E’ tornato prima del previsto, ci aspetta al Backstage. “Andiamo.”
Mel avvertì di nuovo quel fastidio alla testa, si appoggiò ad una panchina e prese a respirare profondamente. “E’ qui.”
“Chi?”
“Quello spirito… Avverto la stessa sensazione di prima….”
Daisy si guardò attorno: scorse un paio di coppiette, alcune persone a passeggio con il cane, gruppi di ragazzi e ragazze e un tipo solitario nei pressi di un lampione spento, l’unico in tutta l’area. Si voltò verso l’amica, poi di nuovo verso il parco: il lampione era acceso e il tizio non c’era più.
“E’ passato…. Possiamo andare ora.”
“Sei sicura?”
“Sto bene, non ti preoccupare. Coraggio, altrimenti il tuo Garrett se la prende con me per il ritardo.”
Le ragazze ripresero il cammino, dando poca importanza a quanto accaduto poco prima. Avendo a che fare con il mondo dell’occulto erano abituate a ben altri fenomeni. Erano certe dell’esistenza di entità ultraterrene, più volte ne avevano avuto la prova tangibile durante le sedute spiritiche guidate da Mel e da altri medium, conoscevano fin troppo bene storie e leggende nascoste dietro apparizioni di fantasmi in tutta l’Inghilterra, una delle terre dalla più alta concentrazione di manifestazioni paranormali.  
 
Giunsero al Backstage.
“Ecco Garrett.! Ehi! Siamo arrivate!”
“Ciao streghetta mia.” Il ragazzo attirò a sé Daisy, afferrandola per la schiena e per il fondoschiena , la baciò quasi avidamente. “Mi sei mancata piccola.”
“Siamo stati lontani solo per metà pomeriggio…”
“Lo so, ma quando si ha fra le mani una cosa preziosa, non si vede l’ora di stringerla di nuovo.” E posò anche l’altra mano sul suo fondoschiena.
“Ti riferisci a me o ad una parte ben precisa di me?”
“Entrambe…. Vieni qui…” E la baciò di nuovo con una passione degna di un formichiere in crisi d’astinenza.  
“Garrett, cerca di contenerti. Ci stanno guardando.”
“E allora? Che guardino pure.” Le sue mani presero a muoversi su e giù per la schiena. “Il primo che ti lancia uno sguardo languido finisce al pronto soccorso.”
“Ti detesto quando fai così.”
“Pazienza.” La baciò di nuovo. “Com’è andata oggi in negozio?”
“Al solito. Ho inviato gli ordini che avevi preparato, entro una decina di giorni dovremmo ricevere tutto quanto.”
“Brava streghetta mia.”
“E tu invece? Cos’hai fatto di così importante da schiaffarmi da sola in negozio per tutto il pomeriggio?”
“Ho fatto un capatina in una villa abbandonata fuori città. Ci sono strane storie su di essa. Sai che un nobile rampollo della famiglia proprietaria  è misteriosamente scomparso nel nulla a metà ottocento?”
“Oh, affascinante.”
“E nessuno sa che fine abbia fatto. Non è stato mai trovato il cadavere, non esiste nessuna tomba e negli archivi  storici le sue tracce scompaiono nel nulla in una notte del novembre 1866. Domenica prossima ci facciamo una capatina.” Non attese neanche la risposta, dava infatti sempre per scontato il benestare della sua ragazza. “I Ghost Hunters mi hanno prestato alcune attrezzature per captare le presenze, magari la tua amica Mel può accompagnarci.”
“Perché non lo chiedi direttamente a lei?”
“La cosa è interessante.” Rispose Mel poggiando sul bancone il drink. “Voglio solo sperare che non mi lasciate in un angolo mentre voi ve la spassate per fatti vostri.”
“Non te lo garantisco.” Riprese Garrett. “Mi piace da matti scopare nelle ville infestate, soprattutto nel bel mezzo di manifestazioni paranormali.”
“Vacci piano playboy, qualche spirito potrebbe offendersi.”
“Ah-ah, potrebbe essere invidioso. Primo perché lei è il meglio che un uomo possa sperare, secondo perché modestamente io sono un vulcano attivo.”
Mel scosse la testa sorridendo per le affermazioni di Garrett e per l’espressione spuntata sul viso dell’amica. “Va bene, verrò con voi. Comunque, caro vulcano, con loro non si scherza. Ce ne sono alcuni piuttosto violenti.”
“In tal caso te ne occuperai tu.”
Mel roteò gli occhi prima di dedicarsi di nuovo al suo drink, mentre Garrett si era di nuovo catapultato su Daisy.
 
 
DOMENICA, TARDO POMERIGGIO
 
I tre cacciatori di fantasmi si erano appostati in un angolo dell’ampio ingresso di Swanlake Palace, edificio dal fascino antico purtroppo caduto in rovina per la noncuranza dei proprietari, la famiglia Harringhton.
“Bene, qua è tutto collegato. Ho piazzato un paio di telecamere a raggi infrarossi nel salone del camino e qualche microfono per la scalinata che conduce al piano di sopra. Secondo le testimonianze sono alcuni dei punti a più alto indice di manifestazioni.” Portò le sue mani attorno alla vita di Daisy e la baciò maliziosamente sul collo. “Accanto c’è un’altra stanza molto elegante, magari ci facciamo una capatina più tardi.”
“No Garrett, stasera no…. Non lo so, c’è qualcosa di strano qui e…”
“Ehi, zuccherino, cosa c’è? Non ti piacciono più certi giochini?” La sua voce era sempre più sensualmente carica e le mani iniziavano ad intrufolarsi sotto il maglioncino della ragazza.
“Ti prego, stasera no. Non me la sento…”
“Zitti un po’ voi due!” Mel fece tornare il silenzio. “C’è una presenza al piano di sopra…. E un’altra che.. No, un momento..”
Daisy controllò gli strumenti: erano stati registrati degli insoliti sbalzi di temperatura proprio nel salone del caminetto. “Cosa senti Mel?”
“C’è qualcuno in quella stanza… E’ un uomo, si.” Il suo respiro iniziava a farsi affannoso. “E’ un uomo anziano e… Ecco, ce n’è un altro, una donna credo.” Strinse forte la mano di Daisy, la quale non aveva mai perso di vista né i rilevatori né il monitor sul quale venivano visualizzate le immagini catturate dalle videocamere.
“Io vado lì. Questi non mi sfuggono.” Garrett afferrò una fotocamera e si precipitò su per la scalinata.
“Mel, c’è qualcosa che non quadra…” Daisy indicò un monitor. “Qui c’è una persona vera e non è Garrett…”
“Cazzo! Fermalo!” La sensitiva si portò una mano alla fronte. “Ah…. Quella sensazione assurda… L’avverto di nuovo…” Fece un paio di respiri. “Vai su Daisy, ferma Garrett, potrebbe essere in pericolo!”
Con buona titubanza la ragazza prese a salire le scale munita di una piccola torcia. Il cuore batteva forte, la saliva era prossima allo zero e il respiro si stava facendo sempre più affannoso. A passi lenti giunse a pochi metri dalla porta del salone in cui erano state rilevate le presenze, Garrett era lì pronto a fotografare qualunque cosa si fosse trovato al di là dell’elegante portone. Sentì dei passi alle sue spalle e quando riconobbe la sua ragazza, l’afferrò per mano e le sussurrò: “Scatto due foto agli spiritelli e poi ti mostro una cosetta.”
“No Garrett, lì non ci sono solo quelle presenze che ha percepito Mel, c’è qualcun altro, l’ho visto nel monitor. Non è un fantasma, è uno vivo!”
“Che?! Ma fammi il piacere!” Non le permise di aggiungere altro, aprì la porta e videro: il fuoco era acceso, nei pressi del camino c’era una poltrona sulla quale era seduta una persona. Come si accorse della loro presenza si voltò proprio nell’istante in cui Garrett premette  il pulsante per scattare la foto.
Il led sull’apparecchio si illuminò di rosso comunicando la batteria scarica. Il ragazzo imprecò sonoramente, non riuscendo a capacitarsi del perché avesse smesso di funzionare così all’improvviso. Daisy iniziava a strattonare Garrett nel tentativo di darsela a gambe: chi era quel tipo dalle sembianze di un vivente ma dall’apparente potere di un’entità ultraterrena?
Si stava avvicinando a loro a piccoli passi, Garrett non mostrava la minima intenzione di volersene andare, Daisy era al limite dell’infarto. Le videocamere nel salone caddero a terra contemporaneamente,
“Andate via.”
La ragazza non se lo fece ripetere due volte, ma fu bloccata dalla mano di Garrett. “Chi diavolo sei?”
“Andate via.”
“Sei un fantasma?” Nella sua voce c’era aria di sfida. “O sei uno che vuole solo farmi paura?”
“Andate via.” Le punte dei loro nasi erano ad una manciata di centimetri l’una dall’altra. Daisy stava per mettersi a piangere dalla paura.
“Chi cazzo sei?!”
Quello, visibilmente spazientito da tanta arroganza, portò una mano al collo di Garrett. “Andate via.” Scandì bene le parole e, senza lasciare la presa , li sbatté entrambi fuori dal salone, chiudendo con rabbia la porta.
Ne seguì una furibonda lite fra i due che si concluse solo quando raggiunsero Mel e la trovarono semi accasciata al suolo.
“Porca puttana! Che è successo?!” Daisy aiutò l’amica a mettersi seduta.
“Garrett, sei solo un deficiente….” Mel respirava a fatica. “Mi spieghi cosa ti è passato per quella tua testaccia bacata?!”
“Ohè, modera i termini.”
“Non si scherza con gli spiriti, dovresti saperlo bene! Se ti chiedono di andartene, devi obbedire! E’ pericoloso, hai messo a repentaglio te e Daisy!”
“Sta’zitta Mel! Quello non era un fantasma, mi ha preso per il collo, guarda!” Le mostrò i segni delle dita: c’erano delle zone arrossate tipiche di un contatto violento fra corpi concreti.
“Io ho percepito anche una strana forza sovrannaturale oltre ai due spiriti che si sono manifestati quando sei salito su.” Le parole di Mel erano ferme e sicure.
“Poteva essere quel tipo?” Daisy stava riprendendo il controllo di sé.
“Si, ne sono certa. Non so cosa possa essere, dovremo analizzare il materiale raccolto dagli strumenti per tentare di capirci di più.”
“Fate quello che vi pare.” Daisy inghiottì un nodo. “Non voglio restare qui un minuto di più.” E se la diede a gambe.
Ma qualcuno la stava attendendo nel parco della villa…..
 
 


 
Buonasera a tutti!
Ho deciso di pubblicare subito anche il primo capitolo vero e proprio della storia in cui compaiono tutti i personaggi che incontreremo in seguito.
Per caso qualcuno si è incuriosito sulla vera natura del tizio misterioso scovato nel salone del caminetto? Sarei ben felice di scambiare due parole con voi che state leggendo. Che ne pensate? Sono stata capace di creare la giusta atmosfera?
Un grazie enorme a chiunque voglia seguire o recensire la storia.
Un abbraccio
La Luna Nera
 

 

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Capitolo 3
*** Piacere, Edward! ***


Mel e Garrett decisero di lasciare lì gli strumenti, li avrebbero recuperati nei giorni a venire per poi procedere all’analisi di quanto raccolto. Uscendo dalla villa i due continuavano a discutere animatamente: la giovane sensitiva ripeteva fino allo sfinimento che non era il caso di essere scortese ed arrogante con certe entità, poteva risultare estremamente pericoloso. Lui invece si ostinava a volersi comportare come voleva: spiriti o no, per lui non c’era differenza.
Raggiunsero Daisy sempre nel bel mezzo della loro accesa discussione. La ragazza, con il terrore impresso negli occhi, era seduta per terra con la schiena appoggiata all’auto, il viso pallidissimo ed il respiro debole. Mel la prese per mano, tremava ancora. “Che è successo?”
La ragazza si voltò verso l’amica, muoveva le labbra senza riuscire a pronunciare alcun suono. “Cazzo, Daisy! Parla! Di’ qualcosa!!” La strattonò, nella vana speranza di farla uscire da quello stato di shock, ma fu tutto inutile.
“Dai, andiamo a casa. So io cosa ci vuole per farla tornare in sé.” Garrett, con la delicatezza di un rinoceronte africano, sollevò la sua ragazza e la mise seduta sul sedile anteriore dell’auto.
Ripartirono.
Mel stava per esplodere dalla rabbia, non aveva mai trovato simpatico quel ragazzo e non gliene aveva mai fatto mistero.
Si fermarono davanti alla sua abitazione. “Daisy ora viene con me.” Puntualizzò la ragazza.
“Che cosa? Scordatelo! Sono io il suo uomo e so io cosa fare!”
“Oh, certo, fammi indovinare: riempi la vasca da bagno e te la scopi lì dentro.”
“Hai fantasie perverse Mel… Portesti piacermi.”
Evitò di rispondergli. “Senti, lei ora ha bisogno di aiuto che tu lo accetti o no! Sono quasi certa che la causa di tutto questo è quello strano spirito e voglio tentare un contatto con lui per capirci qualcosa. Spero solo che non si sia impossessato di lei.”
“Quello che abbiamo visto non è un fantasma, lo vuoi capire?!”
“Insomma la volete smettere?!” Daisy urlò fra le lacrime nascondendo la testa fra le mani. “Garrett, lasciami qui….”
“Cosa?”
“Ho detto lasciami qui.” Scese dall’auto e si avvicinò ancora barcollante al portone d’ingresso. Il ragazzo fece per riprenderla, ma fu bloccato da Mel che lo “convinse” ad andare via sbattendogli la porta in faccia.
 
Seduta sul letto, dopo una doccia rigenerante,  in compagnia di un morbido plaid e di una tazza di cioccolato caldo, Daisy stava finalmente riprendendo le sue funzioni vitali.
“Te la senti di raccontarmi cosa è successo?”
Poggiò la tazza sul comodino ed abbracciò le ginocchia. “Mi ha seguita nel parco della villa. L’ho visto venite verso di me fluttuando in aria.” Strinse i pugni per trovare coraggio.
“Chi? Quel tipo che avete visto nel salone?”
“Si.”
“Ti ha fatto qualcosa?”
“No.” Sospirò. “Mi ha solo detto che…. Che.. non voleva spaventarmi.”
“Sei sicura che fosse proprio lui?”
Annuì con la testa. “Non ho dubbi. E’ stato Garrett a provocarlo, lui sostiene solo di essersi comportato di conseguenza.”
Accennò un sorriso di soddisfazione sia per lo smacco ricevuto da quel deficiente che per lo scampato pericolo. “Almeno quello spirito non si è impossessato di te.”
“Mel, quello non è uno spirito. Cioè, ha le caratteristiche di uno spirito, ma è un corpo concreto.” L’amica continuava  a guardarla in faccia con aria scettica. “Lo so che sembra assurdo, ma è così, credimi.”
Le sorrise come una mamma. “Adesso cerca di dormire un po’. Ne riparleremo un’altra volta.”
 
 
DIECI GIORNI DOPO….
 
 
“Garrett, dammi una mano, questi scatoloni sono troppo pesanti.  Credo siano arrivati i libri.”
“ Da’ qua. Tu prendi la lista, voglio controllare che quei bastardi non abbiano fatto i furbi.”
“Eccola. Dunque…. 10 copie del saggio sulla vera identità di Jack lo Squartatore, 10 sulle ombre di Plymouth,…”
“Harringhton c’è?”
“Si, 15 copie. Ti risultano?”
 “Eccole, meno male, altrimenti stavolta sarei andato a spaccargli la faccia di persona.”
“Datti una calmata Garrett, sei troppo nervoso in questi giorni. Coraggio, dammi questi bei libretti che li ripongo negli scaffali. Più tardi devo avvisare Mel del loro arrivo.” Inavvertitamente Daisy lasciò cadere una copia del libro sul mistero del giovane Harringhton. Lo raccolse e per poco non cadde lei a terra. In copertina campeggiava il ritratto del ragazzo scomparso di cui parlava il volume e del quale Garrett le aveva parlato in occasione del sopralluogo alla villa: era certa di aver già visto quel volto. “Guarda qui…”
“Che c’è?”
“Osserva bene questo tipo.”
“Belloccio, non quanto me, vero piccola?” Le baciò avidamente il collo.
“Io l’ho visto. E anche tu, ricordi?” Garrett la osservò un istante. “Somiglia troppo a quel tizio nella villa degli Harringhton, quello che ti ha preso per il collo.”
“Quel maledetto bastardo! E’ vero!”
Daisy rimase in silenzio, osservando quell’immagine apparentemente fuori dal tempo. Era lui! Era quell’essere che aveva visto davanti al camino e che l’aveva raggiunta poco dopo nel parco, l’avrebbe riconosciuto fra mille. La vista di quell’immagine le provocò un nodo alla bocca dello stomaco: emanava un fascino inspiegabile, forse connesso alla leggenda su di lui oppure chissà.
“Dai, lascia perdere ora. Metti un paio di copie in vetrina, così vediamo di rifilarle velocemente a qualche cliente.”
Quelle parole la distolsero dai mille pensieri che stavano affollando la sua mente in modo tanto improvviso quanto inspiegabile. La ragazza prese a posizionare la merce in bella vista, spostando con gusto e maestria i vari articoli esposti.
Nel giro di qualche minuto un ragazzo si mise ad osservare e pareva molto interessato al volume sul rampollo Harringhton.
 
“Buongiorno.”
“Buongiorno.” Daisy riconobbe il tipo visto poco prima dalla vetrina.
“Posso dare un’occhiata?”
“Prego, se ha bisogno chieda pure.”
Il tizio iniziò a guardarsi attorno, mentre Daisy fu ben presto raggiunta da Garrett che, avendo sentito una voce maschile, preferì non lasciarla sola ad occuparsi del cliente, geloso com’era.
“Scusate, quanto costa questo?” Aveva in mano proprio quel libro.
“£ 14,85. Sono appena arrivati.”
“Lo prendo, questa storia mi è molto familiare. Voglio vedere se ci sono novità.”
“Conosci la leggenda?”
“Si. Sono nato nel Somerset ed è una delle storie più famose della zona.”
“Ah si?” Per Garrett la faccenda iniziava a farsi interessante. “Allora saprai anche degli strani fenomeni registrati a Swanlake Palace.”
“Naturalmente.”
Si gonfiò in un sorriso. “Senti amico, vediamoci più spesso. Sono un gran cacciatore di spettri, credo potremmo andare d’accordo io e te. Magari una di queste sere ci vediamo e ne parliamo.”
“Perché no?” In quel momento incrociò i suoi occhi con quelli di Daisy ed ebbe un sussulto. Era lei senza ombra di dubbio, l’aveva già incontrata. E sapeva anche dove e in quale circostanza. Riportò l’attenzione su Garrett. “Domani all’ora di pranzo?”
“Stasera che ne dici?”
“Ho un impegno.”
“Allora vada per il pranzo. Qua la mano, Garrett.”
“Edward, lieto di conoscerti.” Porse la mano alla ragazza, ma venne intercettato in maniera piuttosto brusca.
“Lei è Daisy, la mia donna. Chiaro?”
“Tranquillo, non ho bisogno di soffiare le donne agli altri. Ne ho avute più di quanto tu possa immaginare.”
“Interessante….” La bocca di Garrett si piegò in un sorriso perverso e languido.
Daisy invece mostrava disgusto, possibile che qualunque uomo con cui avesse a che fare vedesse in una donna solo una macchina per placare certi piaceri?!
 
“Ragazzi, ho grandi notizie!” Mel irruppe in negozio e il suo ingresso fu terribilmente provvidenziale. “Ops, scusate. Ho interrotto qualcosa?”
“No, tranquilla. Anzi, volevo chiamarti perché sono arrivati i libri di cui ti ho parlato l’altro giorno.”
“Ed io ho le analisi del nostro sopralluogo a Swanlake Palace.”
“Anche lei dunque è appassionata di spiriti?” Edward salutò Mel con un luminoso sorriso.
“Sono una sensitiva. Mi chiamo Melanie, ma puoi chiamarmi Mel e, ti prego, dammi del tu altrimenti mi sento vecchia.”
“Ok, Mel. Quindi riesci a percepire presenze ultraterrene.”
“Già. E se ora il nostro buon Garrett mi lascia usare il computer, posso farvi vedere alcune cose interessanti.”
Mel inserì la chiavetta usb su cui erano salvati i file analizzati dai Ghost Hunters e sul display iniziarono ad aprirsi le icone relative al sopralluogo. “Ecco, in questo fermo immagine ci sono due ombre, vedete?”
“Quelle vicino al camino?”
“Si, sono le presenze che avevo avvertito e… Ecco qua: sono state isolate alcune sillabe, ascoltate.” Nell’aria si propagò uno strano brusio, sembravano solo rumori. “La registrazione non è molto buona, ma posso assicurarvi che ho sentito dire un qualcosa di simile a nipote, ben arrivato. Una cosa del genere.”
“E questo rumoraccio?”
“Sei tu Garrett, quando ti sei precipitato per le scale.” Il ragazzo si mostrò quasi offeso. Il nuovo arrivato invece restò impassibile con i suoi occhi scuri incollati al monitor. “Ed ora viene il bello: poco prima che le videocamere cadessero a terra è stata ripresa questa particolare figura umana. Vedete? E’ nettamente tridimensionale e concreta come gli oggetti presenti nel salone, ma emana una sorta di campo magnetico tipico dei fantasmi. E per di più è entrata nel campo visivo delle telecamere emergendo dalla parete.”
“E’ quel maledetto figlio di puttana che mi ha aggredito!”
“Non siamo riusciti a dare una spiegazione logica. La prima cosa che mi salta in mente è che si tratti di un vivente con le caratteristiche di uno spirito, ma concorderete con me che la cosa rasenta l’assurdo.” Fece una breve pausa. “Poi tutto si interrompe e non abbiamo potuto raccogliere altri dati” Chiuse il file. “Allora? Che ve ne pare?”
“Notevole.” Affermò Edward incrociando le braccia. “Complimenti.”
Garrett continuò a farfugliare insulti e imprecazioni rivolte a quel tipo misterioso. Non accettava di essere surclassato da qualcun altro. “E comunque cara la mia sensitiva è ciò che ti ho sparato in faccia fin dall’inizio: quello non è uno spirito!”
Mel gli rispose con una smorfia. Antipatico!
Daisy restò muta, la sua mente tornò agli istanti successivi, quando fu raggiunta da quello strano essere nel parco della villa. Si era spaventata a morte, ma nelle sue parole non c’era rabbia o rancore, di questo ne era certa.  Non le avrebbe torto un capello. La sua apparizione improvvisa quanto inspiegabile l’aveva colta totalmente di sorpresa provocandole quell’unica reazione. Ora, a distanza di giorni ed osservando l’immagine del giovane Harringhton sulla copertina del volume aveva l’impressione di scorgere nei suoi occhi una nota di disperazione, come un grido di aiuto inascoltato che lei però sembrava sentire.
“Daisy… Daisy! Ci sei?”
La ragazza sussultò. “Eh? Come?”
“Stai bene?”
Guardò in faccia uno dopo l’altro tutti i presenti: Mel leggermente preoccupata, Garrett spavaldo come al solito ed Edward enigmatico ed impassibile.
“Scusate, preferisco andare a casa. Avverto un leggero mal di testa e vorrei riposare.” Prese il suo giaccone ed uscì dal negozio.
Con o senza i suoi amici, sarebbe tornata a Swanlake Palace quanto prima.   Una qualche forza misteriosa glielo chiedeva con insistenza.
 
 
 
MEZZANOTTE, SALONE DEL CAMINETTO, SWANLAKE PALACE
 
Fissava la fiamma che ardeva nel camino, non curandosi della presenza del nonno. Nella sua mente riecheggiavano quelle parole: quando incontri colei che ti fa battere il cuore, nulla può distogliere il tuo pensiero da lei. La amerai e la rispetterai con tutto te stesso poiché ascolterai solo la voce del tuo cuore.
E il suo cuore iniziava a gridare come mai aveva fatto prima di allora.
 
 
 
 


Ciao a tutti!
Qua entra in scena un nuovo personaggio che per il momento resta molto sulle sue e che sembra saperne a sufficienza sulla leggenda del giovane Harringhton. Si chiama Edward… Sarà un caso? Daisy tornerà a Swanlake Palace?
Forse il capitolo non è troppo esaltante, ma ho in mente varie cose che movimenteranno la storia.  : )
 
Vorrei ringraziare infinitamente tutti voi che recensite e che avete già inserito la storia fra le seguite/da ricordare/preferite! <3<3<3<3
Spero di non deludervi! Se avete commenti o critiche da farmi, non esitate!
E’ soprattutto grazie ai vostri commenti che si può migliorare.
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 4
*** Il ritratto ***


Il sole era alto e diffondeva una calda luce sul parco di Swanlake Palace. Daisy aprì l’imponente cancello leggermente arrugginito dal tempo ed entrò. Era sola, portava con sé solo il K2* che le sarebbe servito per registrare ogni minimo sbalzo del campo elettromagnetico. Tutto sembrava tranquillo. Gli unici rumori erano provocati dalla leggera brezza che solleticava le foglie ingiallite sugli alberi.
Salì i gradini che conducevano alla porta d’ingresso, era rimasta socchiusa. Fece un profondo respiro ed entrò: non c’era niente di anomalo. In apparenza.
Tutto l’androne era ricoperto dalla polvere accumulatasi nel corso degli anni. Dalle pareti fuoriusciva molta umidità, un vero peccato poiché rovinavano dei dipinti e delle decorazioni molto belle. Nell’aria c’era una non meglio definita sensazione di un nostalgico passato che tentava di tornare per far sopravvivere quello che lo scorrere del tempo stava pian piano soffocando. La ragazza non notò niente di sovrannaturale, tornò nel punto esatto in cui poche sere prima aveva fatto il sopralluogo con Mel e Garrett ed avvertì un leggero alito di vento scompigliarle i capelli. Salì lentamente su per l’elegante scalinata in marmo bianco che, come tutto il resto della villa, aveva conosciuto tempi migliori. Al piano superiore, illuminato dalla luce diurna che entrava dal lucernario, c’era un lungo corridoio con molti ritratti appesi alle pareti. Raffiguravano le personalità più importanti della nobile famiglia Harringhton, ritiratasi nel Somerset da anni e praticamente scomparsa dalla vita pubblica e mondana dell’Inghilterra. Varie leggende erano collegate al loro isolamento dall’aristocrazia britannica e tutte facevano capo alla misteriosa scomparsa nel nulla del giovane discendente del quale non esisteva traccia. Daisy passò in rassegna tutti i ritratti monitorando con il K2 ogni possibile anomalia: tutto era tranquillo, non vi era alcuna traccia di entità o fenomeni paranormali. Scorrevano davanti ai suoi occhi tanti volti dallo sguardo fiero, dame dai sontuosi abiti e prodi cavalieri che avevano dato lustro e onore alla famiglia.
Si voltò all’improvviso quando un colpo di vento fece spalancare la porta che si trovava dalla parte opposta del corridoio: era quella che introduceva nel cosiddetto salone del caminetto, proprio quello in cui aveva visto lo strano essere che l’aveva seguita in giardino. Il K2 non rilevava nulla, forse era stato davvero un semplice colpo di vento… Si fece coraggio e a piccoli passi si mosse in direzione del salone. Si affacciò alla porta, notò le finestre leggermente socchiuse, c’era della cenere nel camino e delle candele spente sul tavolino antistante la poltrona su cui era seduto quel tizio misterioso. Spinse con leggera esitazione la porta: uno strano rumore, simile a un frettoloso battito d’ali, la fece sobbalzare quando provocò la violenta chiusura di una delle finestre. I battiti cardiaci della ragazza raggiunsero la soglia dell’infarto e si allontanò impaurita dalla stanza. Si sedette per terra in cima alle scale, respirando sempre più piano, tenendo una mano sul cuore e l’altra che stringeva il K2. Tutto rientrava sempre nella normalità, erano solo degli uccelli ad aver provocato quei rumori poco prima. Si, ma che spavento! 
Si passò una mano fra i capelli e, facendosi coraggio, si avvicinò di nuovo a quella porta. Guardò nel salone: niente uccelli, né pipistrelli, solo qualche ragnetto indaffarato nel tessere la tela fra i bracci del lampadario che pendeva dal soffitto. Topi e roditori? Niente in vista per fortuna. Quelli la impressionavano più dei fantasmi. Entrò finalmente e mosse qualche passo verso il camino. Aprì leggermente uno dei finestroni per permettere alla luce di entrare ed illuminare al meglio l’ambiente. Si guardò attorno e proseguì con il sopralluogo sperando di venire a capo di qualcosa.
Non appena si avvicinò al centro della stanza il K2 captò un piccolo cambiamento elettromagnetico. Sembrava indirizzarla verso la parete opposta sulla quale però non c’era niente. Era così: man mano che si avvicinava l’apparecchio segnalava forze sempre più intense. Cosa poteva significare? Si mise a scrutare con attenzione ogni angolo di quella parete rivestita di verde, alzando lo sguardo notò un punto in cui doveva trovarsi un chiodo o qualcosa di simile che era stato strappato via con violenza da poco. Non c’erano i segni del tempo sui bordi lacerati del tessuto che ricopriva la parete. Lì c’era un quadro, forse un ritratto, che qualcuno aveva rimosso. Daisy provò a guardarsi intorno, spostò il K2 nella speranza di trovare un indizio. La sua ricerca fu premiata nel giro di una paio di minuti: il dispositivo rilevò un fortissimo segnale proveniente da un angolo del salone dove stava un mobile totalmente coperto di polvere. Fra di esso e la parete, semi nascosto in un angolo, c’era un quadro coperto. Lo spostò con delicatezza, mentre il K2 sembrava impazzito dagli sbalzi elettromagnetici che rilevava. Un’ultima dose di coraggio e fece scivolare sul pavimento quel tessuto: sul suo volto esplose lo stupore. Quello era il ritratto del giovane scomparso nel nulla! Era l’originale dal quale era stata tratta l’immagine sulla copertina del libro. Era di un fascino inspiegabile: gli occhi del ragazzo emanavano una sorta di attrazione fuori dal comune, vi si scorgeva una nota di malinconia e disperazione. Daisy avvertì un tuffo al cuore non appena si trovò faccia a faccia con quella figura fuori dal tempo che pareva un raggio di luce su quello sfondo nero. Si, era un ritratto, ma sembrava talmente reale da avere la sensazione di trovarsi di fronte ad una persona in carne ed ossa. Si sentiva come ipnotizzata, incapace di scostare lo sguardo da lui, da quel viso troppo perfetto per essere vero, da quei capelli lievemente ricci dal colore castano tendente al biondo raccolti dietro la nuca e ricadenti in parte sulle spalle coperte solo da una candida camicia.
Fu riportata nel mondo reale dal suono incessante che proveniva dal K2: un brivido percorse la sua schiena, controllò l’apparecchio e quando riportò lo sguardo sul ritratto vide senza ombra di dubbio che dagli occhi del giovane uscivano delle lacrime. Possibile?! Si avvicinò alla tela per verificare: non era un’allucinazione, quello stava piangendo! Che fosse umidità? No, l’avrebbe notata anche in altre parti del viso… E dunque? Provò ad avvicinare l’indice per sfiorare quel liquido e quando oramai stava a un paio di millimetri dalla tela, un forte rumore proveniente dal piano inferiore la fece desistere dall’impresa. Coprì frettolosamente il quadro e lo ripose dove l’aveva trovato.
Si precipitò fuori dalla stanza e, come raggiunse la scalinata, vide Garrett entrare dal portone in compagnia di Edward. Le scappò un sospiro di sollievo, fosse stato il misterioso individuo sarebbe stata una situazione ben diversa.
I due ragazzi furono sorpresi, non si aspettavano che Daisy fosse lì e per di più da sola.
“Ehi, streghetta mia, che ci fai qui?”
“Ciao Garrett… Edward… Ho fatto un piccolo sopralluogo, niente di che.”
Il ragazzo si avvicinò a lei, l’afferrò per la vita avvicinandola a se ed impossessandosi delle sue labbra con una voracità tipica di chi ha digiunato per almeno una settimana. “Allora? Hai scoperto qualcosa?”
“Niente.” Preferì non rivelargli quanto era accaduto.
“Il bastardo dell’altra sera non c’era?”
“No.” La fece appena rispondere, la sua bocca fu di nuovo serrata da un bacio pieno di desiderio irrefrenabile. Tutto si era svolto alla presenza silenziosa di Edward, che pareva ben poco interessato alle performance amorose di Garrett, si guardava invece attorno come a volersi sincerare di qualcosa. Senza dire una parola prese a salire le scale e si diresse verso il salone del caminetto. Entrò con molta disinvoltura, come se conoscesse quei luoghi, continuando a scrutare ogni centimetro della stanza.
Garrett e Daisy lo seguirono incuriositi.
“Questa stanza è il punto focale delle manifestazioni paranormali. E’ pericoloso per voi trattenervi a lungo qui.”
“E per te no?” Garrett non gradiva esser messo in disparte.
Le labbra di Edward si piegarono in un sorriso di chi la sa lunga. “Se non sbaglio qualche sera fa te la sei vista brutta.”
“Ah, se credi che mi faccia metter sotto da quel bastardo ti sbagli di grosso. Quando mi ritroverò faccia a faccia con lui, lo finisco a calci e pugni.”
“Contro uno spirito puoi fare ben poco, se si impossessa di te sei fottuto.” Guardò negli occhi Daisy che non aveva aperto bocca. “Ad ogni modo credo sia più sicuro andare via, soprattutto per te.”
La ragazza percepì qualcosa di strano nel tono di voce di Edward: era come se volesse proteggerla da un pericolo, come se volesse darle un avvertimento nascosto.
E poi come faceva a sapere dell’altra sera?
“Io e Daisy restiamo qui stanotte.” Sentenziò Garrett.
La ragazza non era di quell’avviso. “Che?! Non pensarlo neanche!”
“Ehi, avrai mica paura? Non vorrai credere alle parole di questo cagasotto?”
Lei rivolse lo sguardo verso Edward: si aspettava una reazione dura a quelle parole, invece sul volto del giovane apparve un’aria compassionevole. Mossa molto intelligente.
“Io me ne vado Garrett. Tu fa’ come ti pare.”
“Qui decido io cosa fare, lo sai bene farfallina.” L’afferrò per un polso stringendo la presa fino a farle male.
Il sole iniziava a tramontare e la sua calda luce filtrava dai finestroni della sala creando una strana atmosfera. Il K2 rilevò improvvisamente un forte sbalzo elettromagnetico, come se un’entità stesse per manifestarsi. A conferma di ciò tutti avvertirono un improvviso calo della temperatura. Garrett non se ne curò, continuando imperterrito a stare addosso a Daisy, la quale non riusciva a liberarsi da quella stretta che le stava facendo davvero male. Edward, senza battere ciglio, mise la mano destra nella tasca del suo giaccone e strinse un pugno sempre più serrato. Contemporaneamente Garrett iniziò a respirare a fatica. Si portò la mano sinistra alla gola, tossì rumorosamente e con affanno. La presa su Daisy si fece più leggera, così la ragazza si liberò e si allontanò da lui. “Ti sembrano solo cazzate, eh? Come te lo spieghi questo?” Afferrò la maniglia del portone. “Io di qui me ne vado.” Ed uscì sbattendolo.
 
 
 

 

Ciao a tutti!
Capitolo non particolarmente lungo, ma così mi è venuto. Che ve ne pare?
Qua ci sono vari indizi sul personaggio misterioso che abita nelle stanze di Swanlake Palace. Che ve ne pare della scoperta del ritratto? Ha fatto bene Daisy a non rivelare nulla a Garrett?
Forse qualcuno di voi si è chiesto come mai la ragazza non ha riconosciuto i due Edward come una sola persona…. Beh, per il momento posso solo dirvi che fa tutto parte del mistero che gravita attorno al personaggio. Vi svelerò più avanti quello che si nasconde dietro Edward.
Spero che la storia continui ad interessarvi e ringrazio fin d’ora chiunque voglia lasciare un commento.
Un abbraccio
La Luna Nera
* K2: è un dispositivo molto usato dai cacciatori di fantasmi che permette di rilevare sbalzi elettromagnetici tipici delle manifestazioni paranormali.

 

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Capitolo 5
*** Dubbi ***


Mel era semi distesa sul divano con il telecomando in mano, indossava il suo adorato pigiamone blu con le stelline ed aveva ai piedi una paio di calzini fatti a maglia color giallo limone. Stava facendo zapping in cerca di qualcosa di interessante in TV quando qualcuno suonò il campanello.
Non attendeva visite, chi poteva essere? Prima di andare ad aprire si guardò allo specchio… Beh, non era certo nei panni adatti a ricevere ospiti… Pazienza! Si prenderanno un bello spavento nel vedermi così. Pensò prima di aprire la porta. E invece fu lei a prendersi un bello spavento quando si trovò davanti Daisy con un vistoso ematoma in una guancia. Notò anche l’angolo della bocca sporco di sangue e gli occhi gonfi di lacrime. I suoi abiti erano sporchi di terra ed aveva graffi quasi dappertutto.
Fece accomodare l’amica sul divano e si precipitò a prendere del ghiaccio e la cassetta del pronto soccorso. Tentò di medicare le ferite senza chiedere spiegazioni che avrebbero peggiorato il suo stato d’animo. Preparò una tisana calmante, la mano di Daisy tremava ancora, sorreggeva con qualche difficoltà la tazza. Ultimamente alla sua amica ne stavano accadendo di tutti i colori ed aveva la netta sensazione che ci fosse un collegamento fra gli ultimi avvenimenti e i misteri legati a Swanlake Palace. Che ci fosse quello strano individuo dietro tutto questo?
 
All’improvviso mancò l’elettricità. Contemporaneamente Mel percepì qualcosa di anomalo. Iniziò a fare profondi respiri, esattamente come quando stava per manifestarsi uno spirito nelle sedute che guidava. Accese una candela: gli occhi di Daisy erano un tutt’uno con il terrore, era quasi paralizzata. Strinse forte la mano dell’amica tentando di tranquillizzarla un po’. Si voltò quindi verso la finestra del terrazzo e scorse un’ombra: voleva sbagliarsi, ma si trattava di quel misterioso spirito o presunto tale di Swanlake Palace. Si, era proprio lui, i sintomi percepiti erano gli stessi che si presentavano con quell’entità.
“Chi sei? Che cosa vuoi?” Respirò affannosamente. “Perché segui la mia amica?”
“Ha bisogno di aiuto, stalle vicino.” Dette queste parole con voce calda e pacata, fu come inghiottito dalla parete, scomparve nella notte e come per incanto tornò l’elettricità nell’appartamento di Mel.
Daisy era rannicchiata come un gattino impaurito, tremava come una foglia e teneva gli occhi fissi sull’amica. Aveva sentito le parole del fantasma e forse furono proprio quelle a farla tornare in sé. “Mi ha seguita.” Con un filo di voce riuscì ad uscire dal silenzio.
“Si. Ha detto che hai bisogno di aiuto. E che devo starti vicina.” L’abbracciò. “Che bastardo, ti concia così e….”
“Non è stato lui a farmi del male.” Mel spalancò gli occhi. “E’ stato …Garrett.”
La bocca della ragazza si aprì in un grido strozzato di incredulità. Era incapace di pronunciare qualsiasi suono. Bastardo maledetto! Come si era permesso?!
“E’ colpa mia.”
“Che vuoi dire?”
“Sono andata a fare un sopralluogo a Swanlake Palace…”
Ancora quel luogo. “Cosa c’entra questo? Perché sei andata lì?”
“Non lo so. C’è qualcosa che me lo chiede con insistenza, non so cosa sia ma sentivo di doverci andare.” Guardò in faccia l’amica in cerca di comprensione. “C’è una continua attività paranormale, anche se non era così intensa come l’altra notte.”
“E poi? Che è successo?”
Esitò un istante prima di proseguire. Ritenne opportuno tenere nascosto il ritratto anche a Mel per il momento. “Sono arrivati Garrett ed Edward. Io me ne volevo andare e“ respirò profondamente “Edward diceva che non era sicuro restare lì, ma Garrett voleva passarci la notte con me e… Poi non so cos’è successo, gli è come mancata l’aria ed io me la sono data a gambe…” Fece una pausa, bevve un sorso di tisana e proseguì. “Quando Garrett mi ha raggiunta puzzava di alcool e non ragionava più. L’ho respinto e… puoi immaginare.” Scoppiò a piangere, versando lacrime dense di amarezza e disperazione. Si, perché iniziava a rendersi conto di essere in un bel guaio… Aveva paura di Garrett, in cuor suo iniziava a pensare di mollarlo, ma alla luce di quanto accaduto temeva che non sarebbe stato semplice. E neanche indolore.
 
Per  il resto della serata non entrarono più nell’argomento, le ferite superficiali di Daisy erano niente rispetto a ciò che sentiva dentro. Non voleva denunciare l’accaduto, temeva ritorsioni nei suoi confronti dall’uomo che sosteneva di amarla. A volte si chiedeva come fosse riuscita a stare con lui. Garrett era un tipo affascinante e per certi versi strano: aveva un’intelligenza non comune, un fisico da paura, era un esperto di esoterismo e fenomeni paranormali, credeva fermamente nell’esistenza di spiriti ed esseri provenienti da altri pianeti, conosceva tutte le storie sui misteri su cui fin dall’antichità si interroga l’uomo ed era l’unico che non l’aveva presa per pazza quando affermava di credere nei fantasmi. Forse era quest’ultima cosa che l’aveva spinta ad accettare tutte quelle uscite con lui. All’inizio era carino, comprensivo, gentile, persino dolce e affettuoso. Pian piano era venuto fuori il suo carattere dominante, per certi aspetti aggressivo e perverso, era geloso di lei e mal sopportava certi sguardi da parte di altri uomini. La cosa all’inizio la lusingava, ma col passare del tempo iniziava a sentirsi chiusa in una gabbia della quale solo lui teneva la chiave.
Prima di allora mai si era permesso di alzare le mani su di lei, si era solo limitato alle parole nonostante a volte ci fosse andato pesante. Aveva sempre sopportato tutto quanto per amore, ma ultimamente iniziava ad avere seri dubbi su ciò che veramente provava per lui.
 
 
Il mattino successivo profumava di quell’umidità tipica che caratterizza Londra.
Le due ragazze passeggiavano per i viali in direzione del bar che ogni giorno sfornava quei cornetti deliziosi, gli unici in grado di dar loro la giusta energia per affrontare la giornata. Le foglie degli alberi di Hyde Park si stavano accendendo dei colori dell’autunno che, immersi nella nebbia, offrivano un delicato tocco di colore al grigio circostante.
Daisy aveva timore di incontrare di nuovo Garrett. Quando aveva alzato le mani su di lei era ubriaco, chissà se si ricordava l’accaduto. Mel non se l’era sentita di lasciare sola l’amica, Garrett non le era mai piaciuto, lo riteneva arrogante e prepotente, sarebbe stata capace di lanciargli dietro qualunque cosa le fosse capitato sotto tiro se solo si fosse azzardato di nuovo ad alzare le mani sull’amica. Le ragazze furono colte da stupore quando, giunte a pochi metri da Aesothèria, notarono tutto chiuso. La prima cosa che saltò loro in mente era che quel cretino avesse fatto qualche altra pazzia e si trovasse in una stazione di polizia sotto torchio.
Daisy si guardò attorno, Mel aveva avvertito una strana presenza. Poteva essere…?
 
“Il tuo ragazzo si è preso una bella sbronza.” Una voce maschile proveniente dalle loro spalle le fece sussultare e tornare alla realtà.
“Oh, Edward, sei tu.”
“Come stai?” La domanda era palesemente rivolta a Daisy.
“Meglio… ma aspetta un attimo. Come fai a saperlo?” Vuoi vedere che quello stronzo aveva assistito alla scena senza muovere un dito?!
Il giovane ebbe un attimo di esitazione. “Sapere cosa?”
“Perché mi hai chiesto come sto?”
“Hai un livido in faccia.”
“Ah.” La ragazza si portò una mano sulla zona contusa. “Oh, non è niente. Ho solo avuto un piccolo incidente.”
“Sicura?”
“Certo .” Daisy non era del tutto convinta che si fosse bevuto la scusa. E un particolare le venne alla mente. “Scusa, come sai della sbronza di Garrett?”
“Quando se n’è andato aveva con sé cinque bottiglie di birra e una di whisky. Mi ha invitato a fargli compagnia ma purtroppo sono astemio. Quindi ha iniziato a riempirsi lo stomaco di alcool ed è venuto a cercarti.”
“E tu l’hai fatto andar via in quelle condizioni?!”
“Non sono mica la sua bambinaia!”
“Ah, voi uomini siete tutti uguali.” Sibilò Daisy dirigendosi verso l’ingresso del negozio ed aprì. I suoi occhi caddero su quel libro in vetrina: il giovane Harringhton era lì come ad attenderla. Immediatamente la sua mente tornò al quadro nascosto, alla perfezione del volto, all’intensità degli occhi dai quali erano sgorgate delle lacrime, alla sua silenziosa richiesta di aiuto. Possibile che quella storia stesse penetrando nel suo cuore così intensamente da farla isolare dal resto del mondo? C’erano troppi misteri attorno a quella figura inghiottita nel nulla, voleva, anzi, doveva saperne di più. E il primo passo da compiere era dentro quel libro.
“Daisy… Daisy!”
“Eh? Scusa Mel.. Dicevi qualcosa?” Guardò la ragazza ed Edward.
“Sei sicura di star bene?”
“Io… non lo so.”
“Dovresti farti vedere dal medico.” Osservò il ragazzo.
“Già, forse hai ragione.” Si sedette dietro il bancone per accendere tutte le luci e in quel momento in negozio entrò Garrett.
“Ciao raggio di sole.” Si avvicinò a Daisy e la baciò con la sua solita voracità. “Ho passato una nottata che non vi dico! Ho bevuto un sacco ed ho vomitato fino all’alba nel bosco attorno alla villa del bastardo.” La sua solita finezza. “Ehi piccola, ma che hai fatto al viso?” Wow, si era accorto solo allora dei lividi della ragazza, una vera volpe. “Fammi indovinare: è stato il fantasma!”
Mel fissò l’amica negli occhi: capì al volo che non gli avrebbe mai detto la verità. “No.” Intervenne la medium. “Un fantasma non può ridurre una persona vivente in quello stato.”
“Ti ricordo che quello non è uno spettro come lo intendi tu. E poi Mel, ti fai i cazzi tuoi ogni tanto?”
“Ok, ok! Non agitarti così! Dimmi solo una cosa Garrett: ti ricordi cos’hai fatto mentre eri sotto sbronza?”
“Te l’ho detto, ho vomitato! Vuoi altri dettagli?”
Un’altra battuta simile e gli avrebbe lanciato dietro qualcosa. “E poi?”
Non rispose, negli occhi aveva un’aria di sfida che iniziava a contenere a fatica. “Non verrai ad accusarmi di averla picchiata?!” Strinse i pugni. L’aria si stava elettrizzando, quello non tollerava accuse del genere. Edward era in disparte, impassibile ed enigmatico, seguendo battuta dopo battuta senza mai aver distolto lo sguardo da Daisy che mostrava ancora segni di paura negli occhi.
 
“Io vado dal medico.” Daisy si defilò fra gli espositori del negozio ed uscì. Non aveva nessuna intenzione di farsi visitare, voleva solo allontanarsi da Garrett. Man mano che passava il tempo, sentiva di non provare più quel sentimento che l’aveva fatta avvicinare a lui. Non dipendeva dagli ultimi avvenimenti, ma da qualcosa, o meglio, qualcuno, che le stava catturando il cuore e la mente.
Edward uscì senza che Garrett se ne curasse, tanto era preso dal battibecco sorto con Mel. Tentò inutilmente di raggiungere Daisy, in qualche modo voleva aiutarla ad uscire da quella situazione, si sentiva in parte responsabile di quanto era accaduto e non lo sopportava proprio. Era rischioso sia per lui che doveva custodire il suo segreto, sia per lei che non era al sicuro fra le braccia violente di quel deficiente. Ma qualcosa doveva pur fare.
 
Daisy rientrò nel suo appartamento, situato in una mansarda dalla quale si godeva una vista meravigliosa sulla città. Si buttò sul letto, il cuore le batteva forte, ma si sentiva al sicuro lì fra quelle mura. Non aveva voglia di vedere nessuno, voleva starsene in santa pace e tentare di far chiarezza dentro di sé.
Perché Swanlake Palace esercitava su di lei quel fortissimo richiamo? Perché il ritratto piangeva?  Perché tutto questo stava accadendo proprio a lei?
Frugò nella sua borsa ed estrasse il libro sul giovane Harringhton. Ne accarezzò il ritratto in copertina ed iniziò a sfogliare le prime pagine con le mani che le tremavano come quando stiamo per scoprire un regalo che attendevamo da tempo e la cui attesa ci ha riempiti di emozione.
I minuti scorrevano come le parole che affollavano le pagine del libro il cui contenuto si imprimeva attimo dopo attimo nella mente della ragazza. Quanti intrighi, quante presunte maledizioni si celavano dietro la famiglia Harringhton! La loro storia era costellata di eventi funesti, morti misteriose, matrimoni d’interesse dietro i quali si intrecciavano trame oscure e osceni tradimenti…. Insomma, tutto faceva pensare ad un romanzo!
Le vicissitudini del giovane, il cui nome completo era Edward Aloysius Rupert Gregory Lewis Harringhton, Duca del Somerset, si interrompevano in modo brusco e misterioso in una notte dell’autunno del 1866. L’ultima volta che era stato visto si trovava in una osteria con amici. Poi il buio. Era fatto noto la grande inimicizia con la famiglia Millstone motivo in più per ipotizzare un loro coinvolgimento nella sparizione. Ma prove concrete apparentemente non ce n’erano.
Il suo cuore batteva forte, si era emozionata troppo nel leggere quella storia incredibile, nel suo stomaco iniziava a muoversi qualcosa… Farfalle? Coleotteri? Colibrì? Colombi? Qualsiasi altro pennuto in grado di provocare tutto quel malessere? O sensazione meravigliosa? Sapeva bene cosa voleva dire l’espressione “farfalle nello stomaco”… Possibile che un libro, un ritratto e il semplice pensiero di quel ragazzo scatenasse in lei tutto questo?
Poggiò il libro sul comodino ed entrò in bagno per farsi una bella doccia rilassante, ne sentiva troppo il bisogno.
Trascorse non più di dieci minuti sotto l’acqua e quando rientrò in camera sua notò una rosa in fondo al suo letto ed il computer acceso.
Il panico iniziò a scorrerle nelle vene.
 
Chi si era intrufolato nel suo piccolo nido?
 
 


 
Ciao a tutti! : )
Come reagireste se foste al posto di Daisy?
La vostra metà vi picchia perché ubriaco e nega di averlo fatto, avete la sensazione di essere nelle mire di un presunto fantasma che vi sta occupando cuore e mente e all’improvviso nella vostra casa compare una rosa e trovate il computer acceso…
Sarà lui che le sta per fare visita? O Garrett ne ha studiata un’altra delle sue?
 
Ringrazio fin d’ora che vorrà lasciare un commentino piccolo piccolo. Sarei felicissima di scambiare due parole con voi che leggete….
 
Un abbraccio
La Luna Nera

BUONA PASQUA A TUTTI!!!!

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Capitolo 6
*** Incontri nella notte ***


Era tutto molto strano, non aveva acceso il computer. E quella rosa? Da dove diavolo era sbucata? Gli unici rumori che udiva provenivano dall’esterno e dagli appartamenti dei vicini. Avvolta nell’accappatoio si avvicinò alla finestra e guardò fuori: non notò niente di anomalo. Fissò poi quella rosa dal color rosa tenue, una sfumatura elegante e molto particolare, per non parlare dell’assurdità di reperire una rosa fresca in quel periodo dell’anno in cui sono i crisantemi ad andare per la maggiore. Portò quel delicato bocciolo vicino al naso, aveva un profumo meraviglioso. L’unica volta che Garrett le aveva regalato un fiore, lo aveva rubato ad un fioraio al mercatino di Notting Hill…. Era dunque impossibile che dietro quel gesto ci fosse lui e in cuor suo sperava che invece ci fosse il suo chiodo fisso.
La adagiò sul comodino, sopra il libro che aveva iniziato a leggere poco prima, e mentre stava per aprire il cassetto della biancheria si accorse che sul monitor del suo computer era apparsa una pagina bianca su cui si stava componendo un messaggio. Nessuno stava usando l’apparecchio. La ragazza deglutì e si avvicinò alla scrivania, si sedette ed osservò quanto stava accadendo davanti ai suoi occhi.
 
Milady, chiedo umilmente scusa per la mia intromissione nella vostra vita. Sappiate però che la vostra visita nella mia rovinata dimora è stata quanto mai gradita ed ho ritenuto opportuno omaggiare il vostro gesto e la vostra bellezza con un fiore. Spero sia di vostro gradimento. Vi chiedo di non aver timore di me, non ho intenzione di torcervi un solo capello.
 
Impressionante! Quel messaggio era comparso senza che nessuno avesse premuto alcun tasto. Quanto erano delicate e rispettose quelle parole!
Ebbe l’impulso di sfiorare il mouse e si accorse che il computer rispondeva regolarmente. E se avesse provato a rispondere al messaggio?
 
Grazie per la rosa, è bellissima. Ma chi sei?
 
Sono il protagonista del libro che stavate leggendo.
 
E ti trovi qui adesso?
 
Sono fuori dalla vostra finestra. Vorrei tanto incontrarvi, milady, ma non voglio occupare il vostro spazio senza il vostro consenso.
 
Non appena terminò la lettura della frase, Daisy si voltò verso la finestra, si alzò e vi si avvicinò a piccoli e lenti passi. Si strinse ancora di più nell’accappatoio e scostò la tenda: era veramente lì. Si affacciò con il cuore in gola: il giovane era seduto vicino al cornicione, a pochi metri dalla finestra della mansarda. La luce che proveniva dalla stanza gli illuminava il volto: era semplicemente bellissimo.
Volergli parlare era ciò che il cuore le sussurrava, ma dove trovare le parole adatte per rompere il ghiaccio in un tale contesto?
Le regalò un sorriso pieno di speranza e di commozione. Era finalmente riuscito a mostrarsi nel suo vero aspetto e nonostante fosse consapevole dei rischi cui andava incontro, non aveva alcun rimpianto.
In quell’istante il cellulare di Daisy squillò mettendo la parola fine al loro incontro fatto di silenzi pieni di parole non dette. La ragazza si voltò cercando l’apparecchio che continuava insistentemente a squillare, poi rivolse nuovamente lo sguardo verso di lui: non c’era più. Peccato.
“Pronto?”
“Streghetta mia, come stai?”
“Perché me lo chiedi?” Con gli occhi Daisy cercava sempre il giovane.
“Non sono un animale come dice la tua amica.” Idiota. “Cosa ti ha detto il medico?”
Medico? Ah già! “Ehm, sono solo un po’ stanca e stressata, tutto qui.”
“Hm, capisco. Allora perché non apri la porta di casa e mi lasci entrare?”
“Come?” I battiti del suo cuore iniziarono ad aumentare. Garrett era lì fuori? E se l’avesse vista con lui?
“Sono sotto casa tua, piccola.”
Panico. “Ah… Che bella sorpresa.” Prese la rosa e la nascose dentro una scatola dell’armadio, il computer si era magicamente spento da solo. “Vieni, la porta è aperta.”  Premendo il pulsante di apertura Daisy iniziò a rendersi conto della cavolata che aveva appena fatto: con la mente rivolta e totalmente occupata dal giovane Harringhton si era quasi dimenticata che l’uomo che stava per varcare la soglia di casa sua era colui che l’aveva picchiata pochi giorni prima.
Come Garrett le comparve davanti, ebbe un sussulto: apparentemente era sobrio e quando la baciò, sentì una delicatezza diversa nelle sue labbra, esattamente come se volesse farsi perdonare qualcosa. E quella mano che giocava con i suoi capelli? Non era vogliosa, bensì quasi rispettosa nell’accarezzare la sua chioma scura che le scendeva sulle spalle. C’era qualcosa di nuovo in lui, che avesse fumato erba prima di andare da lei?
 
 
 
Quella che trascorsero insieme fu una notte strana, c’era qualcosa nell’aria che mai prima di allora si era presentato. Daisy avvertiva una sensazione di disagio, temeva che da un momento all’altro potesse accadere qualcosa, non riusciva a donarsi completamente a lui, a lasciarsi trasportare dalla passione e dal desiderio, c’era qualcosa di insolito che le attanagliava la mente, ma Garrett pareva non curarsene.
All’improvviso un colpo di vento spalancò la piccola finestra, Daisy cacciò un urlo, tanta era la tensione che covava dentro.
“Ehi che cazzo hai da urlare così?”
“Scusa, non mi aspettavo che la finestra si spalancasse, credevo di averla chiusa.”
“E che motivo avevi di aprirla?”
Bella domanda, che gli doveva rispondere? C’era un giovane affascinante ad attenderla lì fuori sul cornicione?
“Ah, lascia stare…” Si alzò dal letto per chiuderla.
Daisy si mise seduta e si massaggiò la fronte mentre lui imprecava in modo pesante per quella maledetta finestra che non voleva chiudersi. “La serratura è rotta.”
“Come?” Fino a pochi minuti prima non lo era.
“Non vedi che gira a vuoto!?”
“Non c’è bisogno di scaldarsi così!”
Sbuffò, poi prese una sedia e la incastrò in modo che la finestra restasse chiusa. Il suo sguardo cadde per caso sul libro che Daisy stava leggendo. “Guarda questo… Sarei curioso di sapere quante donne si è scopato prima di scomparire. Scommetto che lo hanno fatto fuori per quello.” Rise beffardo. “Per quante donne possa aver portato a letto, una come te non l’ha avuta mai.” Si impossessò del suo collo a mo’ di vampiro con una tale voracità che Daisy restò quasi senza fiato. Le mani del ragazzo ripresero a percorrere il suo corpo dapprima con una sorta di dolcezza, poi iniziarono a liberarla totalmente dell’accappatoio e lì uscì lo spirito animalesco che dimorava in lui.  Stretta fra quelle braccia quasi completamente coperte di tatuaggi con donne nude, Daisy si sentiva impotente, le mancava il respiro, i suoi occhi si stavano gonfiando di lacrime. Non aveva voglia di fare l’amore con lui in quel momento, la voce si rifiutava di uscirle dalla gola, le sue corde vocali erano come paralizzate: il cervello le diceva in modo chiaro che se si fosse rifiutata,  quasi sicuramente Garrett avrebbe reagito male, molto male. Decise dunque di subire in silenzio e di mentire, fingendo di provare piacere in quegli attimi in cui lui si prendeva la sua parte più nascosta.
 
 
Era notte fonda, era tutto finito. Placati i suoi istinti sessuali, Garrett era sprofondato nel sonno, russava piuttosto forte e neanche una cannonata lo avrebbe svegliato. Daisy si alzò dal letto, sfiorò la copertina di quel libro, raccolse l’accappatoio e tornò di nuovo sotto la doccia. Voleva lavarsi via quella schifosa sensazione che sentiva appiccicata al suo corpo, si strofinava con la spugna imbevuta di bagno schiuma fino ad arrossarsi la pelle. Voleva liberarsi anche solo dal ricordo di quelle mani che l’avevano toccata dappertutto facendole provare solo disgusto. Eppure era il suo ragazzo, colui che un tempo le aveva fatto battere forte il cuore, l’unico che non l’aveva ritenuta pazza perché credeva ai fantasmi. Cosa si era guastato in lei negli ultimi tempi?
 
 
 
 
SWANLAKE PALACE, POCO DOPO LE UNA DI NOTTE.
 
 
“Nipote caro, ti vedo turbato. Parla, cosa c’è che ti angoscia così tanto da distogliere la tua attenzione da me?”
Continuava a fissare un punto alla base del camino acceso, senza curarsi della presenza dello spirito del nonno, senza un perché, senza un motivo. Teneva il gomito destro appoggiato sul bracciolo della poltrona e con le dita sorreggeva il mento sfiorandolo leggermente, proprio come quando riflettiamo alla ricerca di una difficile risposta.
“Edward!” Il nonno iniziava a spazientirsi. “Hai intenzione di ignorarmi ancora?!”
Il ragazzo si destò dal suo stato di meditazione, fissò lo spirito con occhi spenti, sospirò mestamente. “Perdonatemi, vi prego. Questa sera non sono dell’umore adatto per conversare con voi.”
“Non vuoi neanche riferirmi ciò che ti turba?”
Scosse la testa, non aveva voglia di parlare con nessuno, neanche con colui che lo aveva fatto scampare al pericolo. Il suo cuore grondava di malinconia perché si stava rendendo conto di essere caduto in quel vortice dal quale non si può fuggire, quel vortice che ti fa vedere il sole anche quando il cielo è grigio, quel vortice fatto di sensazioni nobili e a volte assurde che si chiama amore. Proprio grazie a quel travolgente sentimento aveva trovato la forza ed il coraggio di mostrarsi nel suo vero aspetto, con la remota speranza di distogliere dai pensieri di lei colui che già una volta le aveva fatto del male.
E ciò che lo angosciava era il fatto che il suo cuore appartenesse proprio a quel bastardo che non meritava una ragazza meravigliosa come lei. Perchè aveva risposto a quell’apparecchio che squillava? Perché aveva preferito vedersi con l’altro?
Si alzò dalla poltrona, fece un piccolo inchino allo spirito del nonno il quale ritenne opportuno tornare nella sua dimensione e si affacciò alla finestra che dava sul parco della villa. La luna splendeva in cielo illuminando con la sua fredda e pallida luce la campagna addormentata. E la sua testa iniziò a vagare….
 
A cosa serve?
Ditemi, a cosa serve?
A cosa serve sciogliersi d’amore per una persona quando il suo cuore appartiene già ad un altro che non merita?
Mi maledico ogni giorno, ogni ora, ogni istante.
Non sono stato abbastanza forte da mettere a tacere la voce del mio cuore.
Quella voce che ogni notte urla di dolore perché sa di non poter mai avere ciò che di più prezioso brama.
Anima mia, quanto soffri!
Quanto soffri nel pensare di trovarti sempre sola al tuo risveglio, mentre lei regala il suo primo sorriso ad un altro che se ne potrà beare!
Quanto soffri nel sapere che le sue calde mani accarezzeranno un viso che non è il tuo e che ne renderanno la giornata luminosa come i raggi del sole nascente!
Ah, quale dolore nell’amare chi non si potrà mai avere…
Cosa posso sperare?
Sono solo un corpo strappato al passato, un’entità non ben definita che ha viaggiato nel tempo ed è giunta fino qui, dove lei è l’unico fiore in un mondo fatto di rovi…  
 
 

 
Hello dear friends!
Vorrei dire grazie a tutti voi che state leggendo questa storia.
Allora, che ve ne pare fin ora?
Spero non vi faccia venire il sonno! Forse l’acidità di stomaco?
Garrett non è proprio l’uomo ideale da avere accanto, mentre l’altro…. Come vi è sembrato il loro primo fugace incontro? Forse vi aspettavate di più, ma mi farò perdonare presto (almeno spero!)
Grazie a tutti quelli che vorranno lasciare un commentino e un grazie speciale a Drachen e eppy!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 7
*** Faccia a faccia con lui ***


 
“Sei qui, maledetto bastardo… Ti ho trovato finalmente.. Sei stato molto furbo, ma prima o poi troverò il modo di fartela pagare.”
 
Mel sudava, le sue mani tremavano. Lo spirito che aveva risposto alla sua chiamata era piuttosto violento e sembrava avercela a morte con qualcuno dei presenti alla seduta. La ragazza iniziava a mostrare piccoli segni di cedimento e dalla sua bocca uscivano parole pesanti e cariche di odio.
C’era tensione nell’aria, il tavolo vibrava vistosamente e tutti i partecipanti faticarono non poco nel tenere unita la catena.
 
Finalmente tutto si concluse, la medium era molto provata, le erano state necessarie tantissime energie per tentare di tenere a bada l’entità. Si fece portare dell’acqua fresca e si fece aiutare a mettersi distesa per recuperare. Non capitavano spesso situazioni del genere, quella però si era rivelata anomala fin dall’inizio, in primis  per l’ora: mezzogiorno spaccato. Di norma i tentativi di contatto con l’al di là si programmavano nelle ore notturne, ma quella volta varie sensazioni e percezioni avevano condotto Mel ad organizzarla nel pieno del giorno. Perciò al dodicesimo rintocco del Big Ben l’esperimento aveva avuto inizio. Con lei c’erano Daisy, Garrett ed Edward. Quest’ultimo non aveva mai preso parte prima di allora alle sedute spiritiche guidate da lei, ma il sogno fatto poche notti prima le aveva richiesto cose ben precise alle quali non poteva opporsi.
 
“Mamma mia che esperienza….”
“Come ti senti?”
“Meglio, grazie.” Mel si mise seduta. “Confesso che non incontravo un spirito così violento da tempo.”
“Altro che violento, era incazzato nero! Dev’essere stato un tipo in gamba.” Garrett si era divertito.
“Posso dirvi che era un aristocratico del 1800 e ce l’aveva… ce l’aveva con te!” Fissò Edward. “Si, tutte quelle minacce erano rivolte a te!”
“Sei sicura?” Il ragazzo mostrava un’aria leggermente preoccupata.
“Si. Quello che non sono riuscita a capire è cosa c’entri tu con uno morto più di un secolo fa. Non è che gli hai profanato la tomba?”
Si fece pensieroso, in cuor suo sapeva benissimo chi era quello spirito.
“O forse ti sei scopato qualche sua discendente e lui non ha gradito.”
“Garrett, sei il solito maiale.” A volte Daisy si vergognava per lui.
Edward accennò una lieve risata. “Potresti avere ragione, sai? Ho avuto varie storie negli ultimi tempi e, detto fra noi, non sono mai andato a chiedere l’albero genealogico alle mie partner.” Sparò la battuta così per assecondare Garrett, ma quelle parole nascondevano una grande verità. Si avvicinò a Mel, la quale avvertì una sensazione strana. “Adesso vi devo salutare, ho un appuntamento. Grazie infinite per avermi dato l’opportunità di assistere alla seduta.”
“Figurati, è stato un piacere. Comunque stai attento, quello spirito potrebbe rifarsi vivo.”
Ringraziò ed uscì. Come si allontanò, la ragazza non avvertì più alcun senso di disagio. Iniziava a pensare che dietro la persona di Edward si celasse qualcosa di innaturale, la sua era solo un’ipotesi senza prove ma c’erano varie circostanze che l’avevano portata a fare strane supposizioni.
 
 
TARDO POMERIGGIO
 
Daisy scese dall’auto di Garrett che l’aveva accompagnata a casa. Lui desiderava ardentemente salire, ma con un’abile scusa la ragazza se ne liberò. Erano passate alcune notti dal suo primo fugace incontro con il giovane Harringhton, in cuor suo moriva dalla voglia di rivederlo. E se fosse andata lei a fargli visita?
Scese di nuovo in strada non appena Garrett fu a debita distanza dalla sua abitazione per dirigersi alla fermata della metropolitana e nel tragitto si imbatté in Edward.
“Sei di fretta, Daisy ?”
“Oh, ciao Edward. Si, scusami…”
“Fammi indovinare, stai andando a Swanlake Palace per caso?”
La ragazza si bloccò all’istante. “Come?”
“Ho un buon intuito.” Le sue labbra si piegarono in un delicato sorriso. “Di’ la verità, c’è qualcosa sotto?”
Alla faccia dell’intuito! Quello sembrava leggerle nel pensiero! “Sono fatti miei.” Ma tu guarda che impiccione. “O ti interessa ogni dettaglio della mia vita?”
“No, ma su quel luogo ne so più di quanto tu possa immaginare e credo sia maggiormente sicuro per te se ne stai alla larga.”
“Perché dovrei?”
“Ci sono troppe cose che non sai sugli Harringhton.”
“Ah si? Per esempio?”
“Non devo essere io a rivelartele, ti toglierei il gusto di andare a caccia del mistero.”
“O forse mi stai solo prendendo in giro?”
Sorrise. “So molte cose, credimi Daisy, e forse è maglio che alcune di esse non vengano all’orecchio di Garrett.”
“Che vuoi dire?”
“Qualche sera fa hai avuto visite. C’era qualcuno fuori dalla finestra della tua camera da letto. Oppure no?”
Daisy spalancò occhi e bocca: come accidenti poteva sapere di quell’incontro?!
“Per caso vuoi andare a Swanlake Palace per rivederlo?” Fece qualche passo e si avvicinò al suo orecchio. “Sta’ tranquilla, sarà lui a farti di nuovo visita stasera.” Quelle parole sussurrate la riempirono di brividi. Voltò la testa e si trovò la punta del naso a poco meno di dieci centimetri dal viso di Edward. “Io non so di cosa tu stia parlando, so solo che se Garrett ti vede così vicino a me, ti ammazza.”
Scosse la testa. “Quello è pazzo, stai molto attenta.”
“Chi sei tu per dire queste cose?”
“Non sono nessuno, ma ho un buon intuito. E adesso vai a casa, fra poco lui verrà da te, vuoi forse farlo attendere?”
Daisy non diede molto credito alle sue parole, infatti proseguì verso la fermata della metro. Edward restò lì a guardarla finché non scomparve dalla sua vista. Non aveva detto più di tanto, ma sentiva che c’era una parte del suo cuore in cui esisteva uno spazio per il VII Duca del Somerset misteriosamente scomparso più di un secolo fa. E la cosa accese in lui un barlume di speranza.
Il rintocco del Big Ben lo fece destare dal torpore in cui era caduto contemplando Daisy, il sole era quasi del tutto scomparso sotto l’orizzonte e ciò significava che non aveva altro tempo da perdere nella Londra che lo aveva accolto.
 
 
Giunta all’inizio delle scale che conducevano nel sottosuolo, si fermò. Osservò i gradini che scendevano sotto terra e provò una strana sensazione, some se l’oscurità proveniente da laggiù volesse inghiottirla. Sentì brividi gelati percorrerle la schiena e preferì evitare di prendere la metro. Raggiunse quindi l’antica residenza degli Harringhton fuori Londra con la sua utilitaria. Il buio della notte avvolgeva l’antico edificio e tutto iniziava ad emanare un aspetto leggermente inquietante. Si fece coraggio ed entrò facendosi luce con una piccola torcia, salì la scalinata dirigendosi verso il salone del camino con il cuore in gola e l’adrenalina alle stelle. Giunse davanti al portone e lo aprì: non c’era nessuno. Il fuoco era spento e quella poltrona desolatamente vuota. La illuminò come a sincerarsi di essersi sbagliata: niente. Lui non c’era. Rivolse allora la sua attenzione a quell’angolo in cui aveva scovato il meraviglioso ritratto, si avvicinò e scostò il tessuto che lo copriva. Lo stupore si impossessò di lei quando al posto del ritratto che ricordava, si trovò davanti un altro soggetto. Tentò di illuminarlo al meglio per capire chi fosse quel giovane raffigurato. Le parve di notare una vaga somiglianza con Edward, ma complice l’oscurità e la poca nitidezza dell’opera, non le fu possibile avere la conferma. Che fine aveva fatto l’altro quadro? E perché ora ce n’era un altro che ritraeva un tipo somigliante ad Edward? Cosa c’era sotto? Le tornarono alla mente quelle parole: so molto più di quanto tu possa immaginare. Che fosse un discendente degli Harringhton? Portava pure lo stesso nome del ragazzo scomparso. Coincidenza? O c’era dell’altro?
All’improvviso un rumore la fece sobbalzare: un candelabro era caduto dalla mensola del camino: la stanza continuava ad essere apparentemente deserta. L’unica spiegazione possibile era che qualche forza sovrannaturale non gradisse la sua presenza in quel luogo. Daisy dunque ripose il quadro nel suo angolo e in un batter d’occhio partì con l’auto per tornarsene a casa. Durante il tragitto iniziò a rendersi conto che Edward le aveva detto la verità: l’altro Edward, Duca del Somerset, non era a Swanlake Palace, vuoi vedere che la stava attendendo fuori dalla sua finestra?
Giunse sotto casa con il cuore che le batteva forte, mentre il vento della sera inoltrata accarezzava gli alberi del viale. Parcheggiò l’auto, salì rapidamente le scale, entrò nel suo appartamento e chiuse a chiave. Le parole di Edward si susseguivano nella sua mente come una strana premonizione: stasera avrebbe rivisto il giovane Harringhton fuori dalla sua finestra e non nel suo palazzo diroccato. Al solo pensiero il cuore le batteva sempre più forte.
Mangiò un boccone e si chiuse in bagno. Mentre si spazzolava i suoi capelli neri davanti allo specchio, si guardò in faccia con stupore. “Che ti prende, vecchia mia? Cosa ne sai? Se poi quello non viene? In fondo non sai se quell’idiota ti ha presa in giro dicendoti a quel modo… Il fatto che lui non c’era non significa niente e non è detto che ti attenda qui fuori.  Perché ti stai preparando con tanta cura allora? Tu sei già fidanzata con un altro, l’hai forse dimenticato?” Sorrise. “Cazzo, sto proprio male. Sto parlando alla mia immagine di uno pseudo fantasma che mi fa battere il cuore e che dovrebbe presentarsi da un momento all’altro fuori della mia finestra… Forse sarei dovuta andare sul serio dal medico…”
Entrò in camera sua e in fondo al suo letto c’era una rosa. La prese col cuore in gola, si avvicinò alla finestra e rimase a bocca aperta: c’era davvero.
Aprì e come per magia la maniglia funzionava alla perfezione, lui si alzò davanti a lei fluttuando in aria, le prese la mano e vi impresse un dolcissimo bacio senza mai staccare i suoi occhi da quelli della ragazza.
“E’ una gioia potermi specchiare di nuovo nei vostri occhi, milady.”
La sua voce era troppo sensuale.
Daisy rimase a bocca aperta, tanta era la meraviglia avvertita in quegli attimi che sembravano fuori dal tempo! Il suo corpo venne invaso da una moltitudine di brividi mai provata prima: cosa c’era di così travolgente in quel giovane bellissimo e misterioso? Non aveva avuto il coraggio di lasciare la sua mano, quel contatto portava con sé un qualcosa dal quale non riusciva a fare a meno.
“Posso chiedervi il permesso di poggiare i miei piedi sul pavimento della vostra nobile dimora, anziché sul tetto?”
“Eh? Cosa?” Daisy si svegliò da quella sorta di tranche guardandosi distrattamente intorno. “Ah, si… Scusa, prego, entra… entra pure.”
“Grazie. La vostra gentilezza è pari alla vostra bellezza.”
Si sentì avvampare in volto: quale donna può restare insensibile a tanta galanteria? Non appena toccò il pavimento con i piedi, la luce se ne andò dall’appartamento e i due piombarono nella totale oscurità. Istintivamente lasciò le sue mani e indietreggiò di qualche passo.
“Chiedo umilmente scusa, milady. State tranquilla, provvedo immediatamente.” Con un rapido gesto fece comparire una gran quantità di candele che andarono a riempire con la loro soffice luce tutta la stanza. “Fa parte del mio essere, il prodigio che chiamate elettricità non è compatibile con la mia natura e crea questo tipo di inconveniente.”
“Capisco.” Si sentiva imbarazzatissima e allo stesso tempo felice di poter finalmente vedere colui che da settimane occupava stabilmente i suoi pensieri.
Era piuttosto alto ed emanava un fascino fuori dal comune, i suoi abiti erano tipici della metà del 1800 ed erano esattamente quelli del ritratto che aveva visto a Swanlake Palace. E che quella notte non c’era più.
Sorrise, lui fece altrettanto. “Io… sono felice di rivederti.”
“Sapeste io! Non provo una tale gioia da almeno centocinquanta anni.”
Questa espressione la fece ridere.
“Ho forse detto qualcosa di sbagliato?”
“No… E’ solo che, insomma, è tutto così insolito.”
“Cosa intendete?”
“Il fatto che tu sei venuto qui passando dai tetti quasi come un ladro, dici di non aver provato gioie per un tempo lunghissimo che va oltre la normale durata della vita umana… Ammetterai che la cosa è insolita.”
“Avete ragione e vi prego di perdonarmi se non posso soddisfare la vostra curiosità che gravita attorno alla mia persona. Per il momento posso solo dirvi che io sono un essere umano quasi come voi.”
“Quasi?” Si rese conto che le sue mani erano di nuovo andate a finire fra  quelle di lui. “Che intendi con quasi? Sembri così vivo e reale.. Insomma, gli spiriti sono diversi, sono incorporei e invece tu… tu…”
“Non sono uno spirito, milady, non ho ancora abbandonato la vita terrena.” Portò le sue mani alle labbra. “Verificate voi stessa.”
Daisy prese a giocherellare con le sue dita provando una piacevole sensazione, emanavano un calore del tutto particolare, non riconducibile ad un normale essere umano. Tutto ciò era tanto assurdo quanto meraviglioso. La sua curiosità la spinse oltre le mani, spostò le sue dita sui polsi per poi accarezzare delicatamente la leggera stoffa che ricopriva le sue braccia proseguendo oltre fino a ritrovarsele appoggiate su quelle spalle larghe e forti. Il suo corpo era concreto, lo sentiva con certezza e nella sua mente iniziavano ad affacciarsi pensieri proibiti.  Giocava con quel tessuto candido e morbido, incredula di quanto le stava accadendo. In quei momenti aveva dimenticato tutto: i misteri di Swanlake Palace, la paura provata la prima volta che aveva messo piede lì e tutti i dubbi connessi a quel misterioso ritratto. Aveva dimenticato persino Garrett. In quegli attimi esisteva solo lui.
I suoi occhi si incollarono in quelli neri ed intensi del giovane che, spinto dal desiderio, aveva portato le proprie mani suoi fianchi di lei sfiorandoli appena per timore di offenderla in qualche modo....
 
 



 
Ciao a tutti!
Bene, i due si sono incontrati sul serio ‘sta volta. E qualcosa sulla natura di Edward ora è venuta fuori: non è uno spirito vero e proprio, ha un corpo concreto ma possiede facoltà riconducibili a entità ultraterrene.
Che ve ne pare?
 
Ringrazio tutti voi che leggete e in particolare chiunque voglia lasciare un commento. Sarebbe un enorme piacere scambiare due parole con voi! : )
 
A presto!
La Luna Nera

 

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Capitolo 8
*** Confusa ***


Le sue mani erano appoggiate alle spalle del giovane Harringhton, con le dita sfiorava i suoi capelli leggermente ricci, sembravano di seta. Profumavano di rugiada e quella delicata fragranza si stava imprimendo nel suo cuore in modo indelebile. Non era capace di distogliere i suoi occhi da lui, percepiva il suo respiro sempre più intenso così come i battiti del suo cuore, una musica stupenda che avrebbe conservato in eterno dentro di sé. I loro corpi erano a totale contatto fra di loro, stretti in un abbraccio creatosi in modo tanto inspiegabile quanto magico.
Lui era irrimediabilmente perso in quegli occhi dal colore imprecisato sospeso fra il blu e il violetto, che lo avevano stregato e reso impotente di resistere al loro richiamo. Mai prima di allora, neanche nel 1800, si era sentito così vivo e pieno di emozioni. Quella ragazza lo aveva invaso completamente e nonostante fosse consapevole dell’impossibilità di costruire un futuro con lei, si era lasciato travolgere da quel sentimento folle e imprevedibile. Che senso avrebbe avuto altrimenti uscire così allo scoperto?
Sotto i palmi delle mani percepiva il calore del corpo di Daisy, non la sentiva tremare, non aveva paura di lui.
Le regalò un sorriso. “Mi avete reso schiavo della vostra bellezza e della vostra grazia. Non ho mai incontrato una persona come voi.”
Una lacrima uscì dagli occhi della ragazza, tanto quelle parole le avevano toccato il cuore. Lui spostò la mano destra per asciugarle il volto. “Com’è calda la tua mano… Edward…” Chiuse per un istante gli occhi. “O devo chiamarti in un altro modo?” Portò la sua mano su quella del ragazzo, desiderava troppo sentirla ancora sul suo viso.
“Potete usare tutti i nomi che volete, qualunque suono esca dalle vostre labbra per me è musica celestiale.”
“Sei sempre così galante con tutte le ragazze?”
“No.” Poggiò la fronte su quella di lei. “Ma voi non siete una signora come le altre, voi siete e sarete per l’eternità colei che ha invaso il mio cuore e lo ha riempito dell’amore più puro che esista al mondo.”
Mai, neanche nei suoi pensieri più romantici, Daisy aveva immaginato di potersi sentir dedicare parole più profonde e traboccanti di sentimento. Era commossa da tanta dolcezza e si era lasciata trasportare così tanto che in quei momenti aveva dimenticato tutto, ma proprio tutto. Non esisteva niente che non fosse lei fra le braccia di lui nella semi oscurità della sua stanza. Neanche Garrett era riuscito a sconvolgere l’esistenza a quel modo.
Più che i minuti scorrevano, più il cuore del ragazzo urlava di essere ascoltato, batteva sempre più forte spinto da un desiderio irrefrenabile che lo stava consumando. “Scusate, ma non riesco più a trattenermi.”
Appoggiò le sue labbra su quelle di lei, gustandosi ogni brivido provocato da quel bacio casto e innocente. L’avvolse fra le sue braccia, stringendola al suo corpo con dolcezza. Faticava incredibilmente a dominare il suo istinto che gli chiedeva di più, avrebbe voluta sollevarla, adagiarla sul letto e farla sua, cosa che aveva sempre fatto in passato senza pensarci su. Ma non poteva e non voleva: temeva di rovinare tutto quello che stava pian piano costruendo guidato solo da ciò che gli veniva dal cuore. Si trattenne pure dal rendere meno casto quel bacio nonostante si rendesse conto che Daisy non avrebbe opposto resistenza. Aveva paura di chiederle troppo e di non poter mantenere la promessa d’amore che dimorava nel suo cuore.
 
Era tutto troppo bello e perfetto, se non si fosse fermato in tempo rischiava di farsi travolgere da quella miriade di sensazioni che lo divoravano dentro.
Allontanò di pochissimi millimetri le sue labbra, i loro respiri si confondevano, le mani di Daisy erano percorse da piccolissimi brividi e sfioravano appena i capelli di Edward.
“Perdonatemi, ma è stato più forte di me. Da quando quella sera vi ho vista per la prima volta non ho fatto altro che pensare a voi e…”
“Non dire altro, ti prego.” I suoi occhi si stavano gonfiando di lacrime. “Io sono fidanzata e non posso accettare tutto questo.”
“Comprendo benissimo il disagio che vi ho procurato e, credetemi, mi sento un verme. Forse ho sbagliato nel venirvi a cercare, nel volervi rivedere e nel voler conversare con voi… Ho sbagliato, ma se non l’avessi fatto avrei tradito mortalmente il mio cuore.”
Le lacrime scendevano sul suo viso. “Non mi sei indifferente, credimi Edward. Hai qualcosa  che mi scalda il cuore come nessuno è mai riuscito a fare, ma c’è Garrett…”
“Lo amate?” I suoi occhi erano incollati a quelli di lei.
Lei, che titubava nel rispondere a quella domanda a bruciapelo.
“Lo amate?” Incalzò.
“Non lo so.” Sussurrò a fatica quelle tre parole.
Edward lasciò la presa, Daisy si staccò malvolentieri dalle sue braccia che l’avevano stretta e fatta sentire davvero importante.
“Dammi solo un po’ di tempo, devo fare chiarezza dentro di me.”
Le fece un inchino rispettoso. “Se e quando avrete voglia di rivedermi, attendete che scenda la notte, pensatemi intensamente ed io verrò da voi.”
Uscì dalla stanza e come per incanto si riaccesero tutte le luci.
 
 
 
Daisy restò sola con il morale a terra. Fare chiarezza dentro di sé? Come sperava di potersi chiarire le idee?! Era in una situazione del cavolo! Per quanto quella serata fosse stata assolutamente meravigliosa, era di un’assurdità fuori dal normale. Lei, la ragazza di Garrett, quella che credeva ai fantasmi e alle entità ultraterrene, quella che era rimasta affascinata da come l’aveva difesa in più di una occasione senza mai considerarla pazza, lei ora sentiva crescere in sé un sentimento nuovo per un giovane d’altri tempi giunto fin lì chissà come. Era stato tutto troppo bello per essere vero, lui, le sue parole, i suoi gesti… Movenze e frasi di un’epoca lontana in cui il romanticismo era all’ordine del giorno, in cui per amore si arrivava al suicidio e ci si scioglieva davanti ad un tramonto tormentandosi l’anima per un cuore che chiedeva e non poteva avere. Ecco il punto: il suo cuore implorava ascolto, ma la mente? Le diceva che con quel ragazzo non ci sarebbe stato alcun futuro e lei lo sapeva bene. Troppi erano i lati sconosciuti di lui, i misteri attorno alla sua persona, le sue origini oscure e misteriose. Insomma, Edward del Somerset era scomparso più di un secolo fa senza lasciare traccia ed era ricomparso ai giorni d’oggi così, senza una spiegazione logica! Non era uno spirito, ma un corpo concreto e vivo, non era invecchiato di un anno rispetto alla presunta età al momento della scomparsa e ciò poteva significare che si era venduto l’anima al diavolo tipo Dorian Gray oppure poteva essere un vampiro o… chissà! La cosa aveva dell’inquietante. E ancora di più lo era il pensiero di Garrett: come avrebbe reagito nell’intuire che lei si stava innamorando di un altro?!
Trovare una soluzione era quasi impossibile in quel momento. Camminava nervosamente in giro per la casa e si fermò solo quando il suo sguardo cadde su quella copertina. Si passò la mani fra i capelli, prese il libro su Harringhton e proseguì la lettura nella speranza di scovare un minimo segnale per giungere alla chiave del mistero e fare un po’ di chiarezza dentro di sé.
 
Crollò addormentata un’ora dopo, con il libro appoggiato sul cuore.
 
 
SWANLAKE PALACE
 
Seduto sul davanzale della finestra, osservava la campagna circostante avvolta dall’impalpabile nebbia che avvolgeva la notte.
Si era dichiarato. Aveva assaggiato il sapore delle sue labbra. In modo leggero, ma lo aveva fatto. Ed era stato indescrivibile.
Certo, era stato un ingenuo nel pensare che lei gli avesse detto si, dopo tutto era la ragazza di quel deficiente, e non poteva certo pretendere che lo scaricasse per lui che invece niente le aveva rivelato di se stesso.
Si voltò verso il camino dove stavano gli spiriti dei suoi nonni.
“Ditemi, nonno caro, giungerà il tempo in cui dovrò di nuovo tornare nella mia vera epoca?”
“Forse, ma non è ancora il momento.”
“Sapete, vorrei che non arrivasse mai. Darei l’anima per restare qui per sempre.”
“Edward, il tuo destino si compirà, qualunque esso sia. Non puoi modificarlo a tuo piacimento per una ragazza, lo comprendi questo, vero?”
“No.” Il suo sguardo grondava di malinconia. “Io l’amo. E se mai dovessi lasciare questo tempo dovendo rinunciare a lei per sempre, non potrei sopportare di sopravvivere.”
“Non dire sciocchezze nipote mio!”
“Voi mi avete detto che quando una donna vi ruba il cuore, diventa parte essenziale della vostra esistenza. Io l’amo. E l’amerò per l’eternità.”
 
 
*      *      *      *      *     *
 
 
Passavano i giorni e in cuor suo Daisy continuava a ripensare a quegli attimi trascorsi con il bel misterioso. Era assente e spesso con la testa altrove. In negozio si soffermava nel contemplare la copertina di quel libro, stava diventando un’ossessione.
Riordinando le varie pietre energetiche esposte in negozio, si incantava nell’osservare i riflessi cercandovi qualsiasi cosa riconducibile a lui. Garrett se n’era accorto e, sospettoso com’era, iniziò a controllarla in ogni suo spostamento. Se mai l’avesse sorpresa con un altro, sarebbero stati guai seri. Di nascosto aveva controllato il suo telefono cellulare e la sua casella di posta elettronica senza risultati, l’aveva seguita fino a casa, a fare la spesa, persino dal medico e non aveva scoperto nulla.
Finché una sera non decise di muoversi diversamente. Uscirono insieme dal negozio dopo la chiusura, l’abbracciò da dietro.
“Mi sembri strana negli ultimi tempi. Cosa c’è? Qualcosa non va?”
“No, tranquillo, va tutto bene Garrett, credimi.”
Le baciò il collo. “Perché non ci prendiamo il prossimo fine settimana tutto per noi, che ne dici?”
Daisy non aveva nessuna voglia, ma non doveva fargli sospettare che aveva un altro per la testa per cui si finse entusiasta dell’idea. Lo scopo del ragazzo era di farla cadere in fallo. “Ho prenotato in un hotel vicino a Dover. Venerdì prossimo chiudiamo il negozio prima del normale e ci ritagliamo il week end tutto per noi. Che ne dici?”
“Mi sembra un’idea fantastica.” Il suo entusiasmo era pari a zero, ma doveva fingere per non destare sospetti. “Come si chiama l’hotel?”
“Grave Hill Park Hotel. Sorge su un sito di sepolture medievali.”
Meraviglioso. E decisamente pieno di romanticismo.
“Ti piacerà, vedrai.” E quelle mani iniziarono ad intrufolarsi in ogni dove.
 
 



 
 
Ciao a tutti e di nuovo un milione di ringraziamenti a Drachen e eppy per le loro recensioni! <3<3<3 Grazie anche a tutti voi che seguite la storia!
 
Questa volta c’è scappato il bacio, ve l’aspettavate?
Secondo voi come si evolverà la storia esistente fra Daisy e Garrett? Andrà in vacanza con lui o rinuncerà all’ultimo minuto per scappare da Edward?
 
Ogni vostro commento o impressione è il benvenuto, coraggio fatevi avanti!
Vi aspetto e vi do appuntamento al prossimo capitolo!
Un abbraccio
La Luna Nera : )

 

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Capitolo 9
*** Segnali di rottura ***


“Fantastico. Impressionante!” Garrett non si allontanava da quella finestra e sprizzava entusiasmo paragonabile a quello di un bambino in attesa di Babbo Natale. “Dolcezza, vieni un po’ a vedere che figata!”
Daisy si alzò dal letto e lo raggiunse di malavoglia: nel parco circostante l’edificio erano percepibili strani fenomeni, nebbie improvvise che si dissolvevano da un momento all’altro, orbs e luci sinistre che apparivano per pochissimi secondi… Finse entusiasmo, mentre lui sembrava essere nel suo habitat ideale.
“Questo albergo è una favola!” L’abbracciò. “E credo sia giunto il momento di ritagliarci del tempo tutto per noi, che ne dici?” La baciò avidamente mentre le sue mani vogliose percorrevano ogni centimetro del corpo della ragazza provocandole solo un insano disgusto.
Una cosa diametralmente opposta da ciò che aveva provato fra le braccia di qualcun altro.
“Che intenzioni hai?”
“Prendi la coperta e scendiamo nel giardino.”
Si allontanò bruscamente da lui. “Non ci pensare proprio! Io non mi muovo di qui!”
“Zuccherino, una volta farlo in situazioni insolite ti piaceva. Che c’è?”
“Ho solo cambiato… gusti.”
“E quindi? Vorresti scopare come tutti i comuni mortali su un banale materasso?”
“Umpf! Considerando tutto questo, per te dovrebbe essere il letto l’anomalia.”
Si avvicinò a lei con un’aria leggermente minacciosa. “Cosa vorresti dire?”
“Io là fuori a scopare fra tutti quegli spettri non ci vengo.”
“La tua amichetta ti mette strane idee in testa: sbattitene degli spiriti e pensa a te stessa.”
“Appunto. Mel non c’entra niente. Io penso a me stessa. E questa è la mia decisione.”
“Tu ora vieni con me! Oppure nascondi qualcosa?” La fissò con occhi quasi diabolici. “Di’ la verità, non ti va più di venire a letto con me perché hai un altro per la testa?”
La ragazza strinse i pugni, la rabbia raggiunse ogni angolo del suo corpo. Garrett voleva farla cadere in fallo e fargliela pagare.
Bastardo, semplicemente bastardo.
 
 
CASA DI MEL, POCO PRIMA DELLE OTTO DEL MATTINO SUCCESSIVO.
 
 
 
La ragazza dormiva profondamente. Sentiva però un fastidioso rumore molto simile alla sveglia. Provò a spegnerla, niente da fare…. Sbuffò sollevando la testa dal cuscino. Era forse il cellulare? No. Ma chi accidenti rompeva a quell’ora?! Aveva dormito poco a causa di una seduta spiritica che aveva guidato con i fan di Michael Jackson per entrare in contatto con il Re del Pop. Si mise seduta sul letto, si stropicciò gli occhi e iniziò a focalizzare: quel rumore era il campanello. Scese barcollando e prese il citofono: era Daisy. Ovvio, a quell’ora chi altro poteva essere? Aprì il portone ed attese l’arrivo dell’amica appoggiata alla parete. E focalizzò. “No, aspetta un attimo… Daisy è fuori per il fine settimana con il deficiente… A chi cavolo ho aperto?!”
Sbirciò dalla fessura della porta del suo appartamento: era veramente la sua amica.
“Mel, tesoro, scusami tanto… Tieni, per farmi perdonare ti ho portato la colazione.” Depositò sul tavolo della cucina un involucro di carta dal quale proveniva l’irresistibile odore di quelle brioches da favola.
“Che è successo? Perché non sei con Garrett?”
“Mel, per essere chiara, sono nella merda.”
“Cioè?”
“Diciamo che l’ho quasi mollato.”
“Ah, era ora che ti decidessi.” Sbadigliò. “Racconta un po’ che la cosa m’interessa.”
“Garrett aveva prenotato in un hotel situato nel bel mezzo di un antico camposanto e voleva obbligarmi a scopare nel parco mentre tutti quegli spiriti ballavano fra di loro.”
“Da lui non mi aspettavo altro… Spero tu abbia rifiutato!”
“Ovvio! Abbiamo litigato di brutto e sono scappata, ho preso il primo treno ed eccomi qua.”
“Certo anche voi avete dei gusti.. non potevate farlo in camera come tutte le persone normali?” C’era una lieve punta d’ironia, giusto per allentare il nervosismo che percepiva nelle sue parole.
“Ho cercato di convincerlo ma… Il punto non è questo. Credo che con lui non sia più capace di fare niente, per questo l’ho mandato a fanculo…” Inspirò profondamente. “Mel… Credo di essermi innamorata di un altro.”
“Porca troia… Tesoro, lo sai che se quel cretino ti becca con un altro ammazza te e lui?”
“Lo so e la cosa mi preoccupa.” Muoveva nervosamente le dita. “Anche perché inizia a sospettare qualcosa…. Ha tentato in ogni modo di farmi cadere in fallo, ho scoperto che controlla il mio cellulare regolarmente e mi pedina dappertutto.”
“Devi stare attenta tesoro.”
Fece un profondo respiro. “Se cerca nel cellulare, non trova nulla. E neanche se mi fa spiare da un investigatore privato.” Era agitata e il cuore le batteva forte. Stava per ammettere la cosa anche a se stessa. “Se mai dovesse cogliermi in flagrante, sarei solo io a scontarne le conseguenze, a lui non può fare nulla.”
“Perché?”
“Perché… credo di essermi innamorata di” deglutì per farsi coraggio “Edward Harringhton.”
“Che?!” Non credeva alle sue orecchie. “Aspetta un attimo… No, è assurdo, non può essere… Metto su un po’ di caffé, così forse mi sveglio.”
“Mel, hai capito benissimo.” Averlo confessato era la liberazione da un pesante macigno.
Versò del caffé fumante in due tazzine e si sedette di nuovo di fronte all’amica. “Daisy, converrai con me che è assurdo innamorarsi dell’immagine di uno scomparso un secolo e mezzo fa…” Addentò una brioche.
“Non sto parlando dell’immagine, ma di lui in carne ed ossa.”
Bevve una seconda tazza di caffé. “No, ferma… Qualcosa mi sfugge.”
“Vedi, io e lui ci siamo incontrati… lui è venuto da me un paio di sere fa passando dai tetti. Mi ha pure baciata…”
“Un fantasma?!”
“Non è un fantasma, almeno dall’idea che mi sono fatta lo è solo in parte, lui è una persona vera, credimi. Quello che abbiamo visto laggiù al nostro primo sopralluogo era lui.”
“E con Garrett come la metti?”
“Non lo so. Forse dovrei dargli un’altra possibilità e sperare che le cose si aggiustino da sole… Oppure trovare il modo di lasciarlo definitivamente.”
“Per lanciarti fra le braccia di uno spettro? Daisy, sei messa proprio male…”
Già, Mel aveva ragione: qualsiasi cosa avesse deciso, avrebbe portato a delle conseguenze pesanti.
 
Nei giorni seguenti Garrett l’aveva cercata spesso, si era mostrato carino e comprensivo, facendole credere che la colpa della sua reazione e della sua conseguente fuga era da imputare allo stato di stress e nervosismo che l’aveva colpita di recente. Insomma, lui si portava sempre dalla parte della ragione, lasciando a Daisy il torto marcio. Non gli era mai passato per l’anticamera del cervello che i suoi modi fossero bruschi, perversi e irrispettosi della sua fidanzata, in quanto una donna secondo lui era proprietà dell’uomo.
Teoria alquanto discutibile.
 
 
SETTIMANA SUCCESSIVA
 
 
La ragazza si presentò in negozio nella fascia oraria solitamente con il maggior numero di clienti, non se la sentiva di affrontarlo da sola. C’erano infatti tre ragazze interessate alle pietre energetiche, un signore di mezza età alla ricerca di testi sugli zombi, dei turisti giapponesi, una cartomante vecchia cliente e Edward vicino al bancone. Si avvicinò lentamente, quasi di nascosto. Le parve di captare discorsi contorti riguardo al famoso week end… Con ogni probabilità Garrett l’aveva rimpiazzata con una prostituta del luogo. La cosa non la toccò più di tanto, motivo in più per credere che di lui non le importava più nulla e decidersi a mollarlo una volta per tutte.
“Guarda chi si rivede, la mia streghetta preferita.”
“Ciao.”
“Allora? Come stai? Le tue crisi di nervi sono scomparse?” Domanda piena zeppa di pungente ironia.
“Sto bene, grazie.” Rivolse uno sguardo fugace ad Edward che se ne era rimasto in silenzio. Provò a buttare giù un’idea per vedere la reazione di Garrett. “Pensavo potessimo uscire insieme a cena stasera.”
“E dove? In un convento di suore?” Ribatté il ragazzo con fare ironico.
“No.” Mostrò loro un volantino. “Hanno appena aperto un multi ristorante: propongono cucine di tutto il mondo, vedete? Qui c’è il padiglione orientale, qui quello italiano, qui il messicano e…”
“A me non interessa abbuffarmi in quel locale, sono solo cazzate. Per stasera ho di meglio in programma: vado con i Ghost Hunters a scovare quel bastardo a Swanlake Palace, ho ancora un conto in sospeso con lui.” Si avvicinò alla ragazza. “E credo sia meglio che tu venga con me.” La baciò, provocandole solo disgusto. Ultimamente provava solo questo quando lui le si avvicinava.
“Se non ne avessi voglia?”
“Affari tuoi. Io ho questo programma per la serata e non ho nessuna intenzione di portarti fuori a cena. Quindi se ti va di uscire con me, devi adattarti. Oppure hai di meglio da fare con qualcun altro?” La fissò negli occhi.
Stronzo e bastardo!
“E se ti accompagnassi io in quel ristorante?” Propose Edward in modo inaspettato.
Daisy si voltò verso di lui con aria sorpresa accennando un leggero sorriso di stupore e approvazione. Un’uscita così da lui, sempre silenzioso ed enigmatico, non se la sarebbe aspettata.
Garrett lo guardò in modo strano, fece due passi avvicinandosi a lui e sorridendogli sibilò “Bella battuta, fratello. Tu provaci e sei morto.”
“Cosa c’è? Hai paura che ti soffi la donna?” Nella sua voce c’era aria di sfida.
“Fatti i cazzi tuoi Edward. Se proprio hai voglia di scopare, posso consigliarti qualche bordello. Fa’ un altro commento sulla mia ragazza e sei fottuto.”
Sorrise con un aria compassionevole scuotendo la testa. “Fatti una tisana Garrett. Se ti agiti così per uno scherzo, sei messo male. Non ci penso proprio a portar fuori la tua fidanzatina. Anch’io ho di meglio da fare stasera. Alzò la mano destra avviandosi verso l’uscita. “Ci vediamo.”
 
“Umpf! Ma tu guarda quello…” Garrett l’aveva presa male. Oltre all’offerta rivelatasi poi uno scherzo di portar fuori a cena Daisy, si era infastidito terribilmente per esserci caduto come un allocco.
La ragazza raccolse la sua borsa con un filo di delusione: per un attimo aveva creduto che Edward stesse dalla sua parte.“Senti, io esco. Devo passare da Mel a portarle il kit di candele che aveva ordinato. Ciao!”
“Ehi, ehi, ehi… Dove credi di andare, fiorellino?” L’afferrò per la vita e la intrappolò fra le sue braccia. “Non mi dai neanche un bacetto piccolo piccolo?” Si impossessò delle sue labbra e della sua lingua con il suo solito fare famelico e perverso. In quei momenti Daisy si sentiva impotente, c’era qualcosa in quella sua mascherata violenza che la bloccava da ogni reazione. Dentro di sé moriva dalla voglia di fuggire dalle sue grinfie, ma aveva una fottutissima paura della sua reazione che, lo sapeva bene, non sarebbe stata delle migliori. Per lei la loro storia era al capolinea, per lui no. Le sue parole lasciavano poco spazio ai dubbi.
Uscì finalmente da Aesothèria e respirò a pieni polmoni l’aria umida di Londra, le pareva fresca come quella di primavera.
Forse perché dove era prima era pesante e malsana?
Si incamminò verso la sede dell’associazione paranormale presso cui Mel svolgeva la sua attività di medium. E pensava…
Si era meravigliata non poco dall’offerta galante di Edward, ma poi si era ricreduta in un sol colpo: nelle sue parole aveva colto non solo ironia, ma anche una sorta di superiorità che l’aveva quasi infastidita.
Niente a che vedere con la dolcezza del suo Edward, l’unico che negli ultimi tempi non l’aveva fatta sentire un oggetto.
 
 
Il sole era appena scomparso dietro le cime degli alberi del parco quando Daisy, si affacciò alla finestra della sua camera. Quella notte Garrett sarebbe andato a cercarlo, doveva evitare con qualunque mezzo che si incontrassero. Temeva una sua violenta reazione, non aveva ancora digerito quanto accaduto in occasione del loro primo fugace incontro. Temeva che Edward potesse passare un brutto quarto d’ora e il suo cuore non riusciva neanche a pensare ad una cosa simile. Forse perché provava davvero qualcosa di profondo per quel ragazzo.
Se e quando avrete voglia di rivedermi, aspettate che scenda la notte, pensatemi intensamente ed io verrò da voi le aveva sussurrato prima di scomparire quella sera.
Si sedette sul davanzale, osservando la luna che sorgeva all’orizzonte creando ombre surreali sopra i tetti di Londra, e cominciò a pensare…..
 
 
 
 
 
Ciao a tutti! : )
Daisy sta seriamente pensando di mollare quel ****** di Garrett nonostante sia consapevole dei rischi a cui va incontro. Ci sarà l’incontro scontro con Edward Harringhton nel prossimo capitolo?
Ringrazio di cuore Drachen e eppy per le loro recensioni e chiunque voglia lasciare un commento alla storia.
Un’ultima cosa: avete voglia di leggere una deliziosa storia d’amore? Si?
Bene, clikkate qui e buona lettura! http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=2560653
 

Grazie a tutti e alla prossima!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 10
*** Sui tetti di Londra ***


Because my heart is yours, I’ll never leave you,
Though we are far apart I’m by your side,
My love is never gone, I feel it rise again,
Through it all now my heart is yours.
                                               D. Solli-Tangen
 
 
 
 
“Edward, Edward… Dove sei? Che diavolo mi hai fatto per ridurmi così?”
Daisy sospirava con la mente piena di pensieri e un mix di farfalle e falene nello stomaco. Il suo sguardo era rivolto all’orizzonte che si stava tingendo delle mille tonalità dell’azzurro e andava riflettendo le luci della capitale inglese che si accendevano man mano che l’oscurità della notte avanzava. Nell’aria si udiva il rumore monotono e quasi ovattato del traffico che ogni sera riempiva di ingorghi la città.
Di lui ancora non c’era traccia. Si sentiva morire al solo pensiero che in quel momento potesse trovarsi faccia a faccia con Garrett.
Che stupida era stata nell’accettare di uscire con quel marrano e diventare la sua ragazza! All’inizio era carino con lei, l’aveva ascoltata e compresa quando gli confidò che molti la prendevano per pazza visto che credeva nell’esistenza dei fantasmi, l’aveva trovato meraviglioso! Poi con il passare del tempo il vero Garrett si era manifestato: geloso, possessivo, autoritario e a tratti pure perverso. Già da qualche mese Daisy iniziava ad avere dubbi su quello che provava per lui, poi la misteriosa comparsa di Edward Harringhton aveva fatto precipitare tutto.
“Edward…. Dove sei?” Sussurrò.
“Sono qui.”
La ragazza cacciò un urlo! “Aaahh! Ma chi..?!”
“Chiedo scusa milady, non era mia intenzione spaventarvi.”
“Edward…. Sei tu… Santo cielo, mi hai fatto prendere un colpo.” Era talmente assorta nei suoi pensieri che non si era resa conto del suo arrivo. “Sono felice di vederti.”
Le regalò un luminosissimo sorriso e le impresse un bacio sulla mano.
“Stasera Garrett ha organizzato una serata con i Ghost Hunters al tuo palazzo, ero molto in pensiero.” Vederlo lì era un gran sollievo.
“Si, è da un bel po’ che hanno iniziato ad installare strane apparecchiature.”
“Edward, devi stare molto attento, lui può essere pericoloso.”
“State tranquilla, so difendermi. E se mi sfida per voi, sono pronto a battermi.”
Le farfalle si stavano trasformando in uno stormo di colibrì impazziti. “Non fare pazzie, te lo chiedo per favore. Non potrei sopportarlo.”
Lo sguardo del ragazzo si impresse nei suoi occhi, brillavano entrambi come una limpida notte piena di lucciole e stelle. “Qualunque cosa per voi.”
Sorrise. “Allora smettila subito di darmi del voi, via appellativi tipo signora o milady e ti prego di usare il mio nome: Daisy.”
“Devo proprio?”
“Si.”
“Non vorrei mancarvi di rispetto.”
Lo accarezzò. “Edward, il rispetto non si misura né con il voi né con il tu. So che un tempo era così, ma oggi è tutto diverso.”
“Va bene, ci proverò… Daisy.” Si sedette di fronte a lei sul davanzale della finestra. “Sentite, ehm voglio dire, senti… Hai pensato a noi in questi giorni?”
“Moltissimo.” Intrecciò le sue dita con quelle di lui. “E ho la mente più confusa di prima.”
“Perché?”
“Come potrebbe reggere una storia fra di noi? Tu appari all’improvviso dal nulla, non sei uno come tutti gli altri… Insomma, c’è qualcosa di sovrannaturale in te che sinceramente un po’ mi spaventa.”
“Hai ragione, forse mi sono fatto inutili illusioni.”
“Non ho fatto altro che pensare a te in questi giorni e temo che Garrett se ne sia accorto. Non ho avuto il coraggio di lasciarlo definitivamente, è un ragazzo violento e ho paura di una sua brutta reazione.”
“Capisco. Io per primo forse non potrei prometterti quello che il mio cuore vorrebbe, mi accontenterei di vederti ogni tanto, anche solo quando tu lo vuoi.”
Daisy abbassò lo sguardo, le loro mani non si erano ancora lasciate. Era stupendo il calore emanato dal suo corpo e dentro di sé moriva dalla voglia di abbracciarlo. Lo guardò di nuovo in faccia, non se la sentiva di rinunciare a quel poco che il destino poteva concedere loro. Gli sorrise. “Usciamo insieme stasera?”
Il suo volto si illuminò. “Molto volentieri.” Il suo cuore stava per esplodere dalla gioia.
“E dove vorresti portarmi?”
“Tu cosa vorresti fare?”
Garrett non gliel’aveva mai chiesto. “Non saprei… Il solito cinema o la passeggiata nel parco a bere qualcosa mi sembra banale. E poi tu, insomma…. Potresti dare nell’occhio.”
Pensò un istante, poi fece la sua proposta. “Ti piacerebbe vedere Londra dall’alto?”
“Mi stai invitando a fare un giro in elicottero?”
“Non so cosa sia elicottero, comunque intendevo di raggiungere il Tower Bridge ad esempio, passando sopra i tetti.”
La bocca di Daisy si aprì per lo stupore. “E come? Edward, io non so volare!”
“Ma puoi farlo stando abbracciata a me.” Si alzò in aria di qualche centimetro. “Ti fidi di me?” Le porse la mano, invitandola ad uscire dalla finestra.
Accennò un lieve sorriso e senza rispondere accettò, lasciandosi avvicinare al suo corpo spinta dalla voglia di entrare di nuovo in contatto con il suo calore. Poggiò le mani sulle spalle di lui, le punte dei loro nasi quasi si sfioravano. I loro volti si illuminarono quasi in contemporanea con sorrisi che lasciavano pochi dubbi sul fatto che fra di loro ci fosse qualcosa di estremamente profondo in grado di passasse oltre le barriere del tempo.
Daisy mosse i primi passi al di fuori della finestra senza mai distogliere lo sguardo da Edward che la stringeva teneramente a sé.
“Sei pronta a volare?”
“Si.”
E l’avventura sui tetti di Londra ebbe inizio.
 
Stretta fra le sue braccia, si trovò a sovrastare di circa un metro il tetto del palazzo dove abitava. Una stranissima sensazione si era impossessata di lei, non avere nulla su cui poggiare i piedi era alquanto insolito, ma quelle braccia, le sue braccia, non l’avrebbero lasciata per nulla al mondo. Si sentiva sicura con lui sospesa a mezz’aria. “Guarda che spettacolo Londra vista da qui.”
Era vero. Daisy non aveva mai visto la sua città dall’alto dei suoi tetti.
In piedi accanto al comignolo più grande dello stabile in cui viveva, stava scoprendo una città totalmente nuova. La luce della notte appena scesa le conferiva un tocco di magia del tutto particolare, si sentiva come immersa in un nuovo mondo da scoprire. Le sagome scure degli edifici contrastavano con le luci del lampioni, delle insegne luminose, dei fari e riflettori puntati sui monumenti creando suggestioni surreali. Più in là svettava il Big Ben, colui che da sempre scandisce il tempo della capitale britannica. E poi le guglie della St. Paul’s Cathedral, la Westminster Abbey, il London Eye e tutti i vari torrioni e campanili della parte più antica, terminando poi con lo sguardo sul cuore moderno di Londra.
“Edward…è…. è meraviglioso.. Io non ho mai creduto che potesse esserci uno spettacolo così bello sotto i miei occhi…”
“E allora godiamocelo insieme, vieni. Ti ho promesso il Tower Bridge e al Tower Bridge ti porterò.”
Senza lasciarla per un solo attimo, Edward la sollevò e, a piccoli balzi, passarono di tetto in tetto come gatti dal passo felpato, come ombre fatte dei misteri della notte che nascondono e portano con sé i segreti più profondi che ognuno ha nel cuore. Raggiunsero infine la riva del Tamigi, lì scesero a terra, il ragazzo fece comparire dal nulla un lungo giaccone per camuffarsi fra la folla della Londra moderna e proseguirono a piedi. Sotto i loro occhi il fiume scorreva lento e sonnacchioso, cullando con il lieve rumore dell’acqua la loro prima passeggiata sotto le stelle. Giunti alla base di una delle due imponenti torri, la ragazza si appoggiò alla balaustra, convinta di esser giunta a destinazione. Edward si guardò attorno con circospezione e non appena si rese conto di non avere occhi indiscreti addosso, abbracciò l’amore della sua vita facendole aderire la schiena al suo corpo. “Preparati, le sorprese non sono finite.” Daisy fece appena in tempo a voltarsi verso di lui che sentì il suolo mancarle sotto i piedi. Si stavano innalzando in volo lungo il bastione e in breve tempo ne raggiunsero la sommità. La ragazza si ritrovò con il fiato corto sia per la repentinità dell’azione che per lo stupore datole da quanto di stava mostrando ai suoi occhi. Dall’altro delle guglie del ponte, Londra mostrava un’altra faccia a lei sconosciuta. Era tutto troppo bello per essere vero, i suoi occhi si stavano bagnando, era talmente felice! E quei colibrì che poco prima avevano iniziato a volarle nello stomaco, ora si stavano mutando in una mandria di bisonti.
“Non piangere, rovineresti il tuo viso angelico.” Edward le asciugò una lacrima.
Senza pensarci due volte Daisy affondò la faccia nel suo petto, stringendosi forte a lui, beandosi così di quel calore fuori dal comune emanato dal suo corpo, riempiendosi del suo profumo fresco di rugiada che si era impresso nella sua mente fin dal primo momento. La strinse forte fra le sue braccia, quelle braccia che in passato avevano già stretto altre donne senza mai averle amate sul serio. Ora tutto era cambiato, anche lui conosceva la potenza dell’amore vero. C’era voluto un viaggio nel tempo perché lo comprendesse, ma ne era valsa la pena. In quei momenti non voleva neanche pensare ad un suo eventuale ritorno nel passato, voleva vivere appieno ogni istante con lei.
Si sedettero rimanendo sempre abbracciati, nessuno dei due voleva porre fine a quel contatto. Daisy si mise a giocherellare con il nastro che teneva legato il colletto della camicia, tenendo la testa sulla spalla di lui, sembrava che fosse stata fatta apposta per quello. Aveva cancellato dalla sua mente Garrett, in quei momenti non esisteva proprio. Non le importava nulla del fatto che fosse ancora fidanzata con lui e si trovasse ad osservare Londra dall’alto in compagnia di un altro che le aveva stregato il cuore. E dalla sua mente erano scomparsi anche tutti i dubbi su Edward, sulla sua natura e identità. Le importava solo di stare lì con lui stretta fra le sue braccia.
Spostò la faccia, incollandola ai suoi occhi scuri e misteriosi. Lui si voltò perdendosi nel suo sguardo che fin dal loro primo incontro lo aveva fatto innamorare. Entrambi desideravano ardentemente la stessa cosa e, complice l’atmosfera offerta loro dalla città in versione notturna, tutte le paure scomparvero: Daisy avvicinò le labbra alle sue e vi impresse un delicatissimo bacio. Si allontanò un istante e si catapultò di nuovo si di esse. Furono travolti dalla passione come un fiume in piena, quel bacio era traboccante di amore e sentimento, era troppo di tutto e solo le stelle del cielo potevano vedere coi loro occhi quanto profondo fosse ciò che era nato fra di loro.
Edward era riuscito a controllare la sua parte sovrannaturale fino a quel momento, ma travolto dalla passione perse ogni controllo di sé e improvvisamente il Tower Bridge piombò nel buoi scatenando il panico fra la folla sottostante.
E cosa mai poteva importagli? Il suo mondo era lì fra le sue braccia.
Si staccarono quei pochi millimetri per riprendere fiato, era stato tutto troppo perfetto, i loro cuori battevano finalmente all’unisono.
La guardò negli occhi. “Il mio cuore ora appartiene a te, ti starò sempre accanto qualunque cosa accada. Il mio amore per te non tramonterà mai, ma sorgerà ogni giorno sempre più forte. Accada quel che accada, il mio cuore adesso è tuo.”
 
 


 
Ciao a tutti!
Capitolo interamente dedicato ai due innamorati. Come l’avete trovato? Troppo romantico?
Volevo dirvi due parole sulla citazione ad inizio capitolo: è una canzone bellissima che credo non sia particolarmente nota in Italia interpretata da un artista norvegese. Se vi interessa il titolo o magari un link per YouTube, contattatemi pure!
Grazie a tutti voi che leggete e un super grazie a chi recensisce! Coraggio, fatevi avanti! Sarei entusiasta di scambiare due parole con voi!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 11
*** Una nuova minaccia nell'ombra ***


“Si può sapere dove accidenti sei stata tutta la notte?!” Garrett era una furia: non aveva scoperto niente a Swanlake Palace, il bastardo non c’era e per di più il fatto che la sua ragazza non avesse assecondato la sua proposta lo aveva infastidito ulteriormente.
Daisy si finse indifferente, continuando a riordinare alcuni articoli in negozio. “Dove vuoi che sia stata? A casa mia a dormire.”
“Ah si? E allora perché non hai mai risposto al telefono? Ti avrò chiamata cinquanta volte!!”
“Ho dormito con i tappi nelle orecchie.”
Garrett si avvicinò a lei, i suoi occhi erano come un uragano. “Daisy, non prendermi per il culo, cosa cazzo mi nascondi?”
“Cosa dovrei nasconderti?”
“Sei uscita con quel finocchio di Edward?”
“Sono rimasta a casa! Vuoi che te lo dica un’altra volta?!”
“Non ti credo, tu hai un altro!” Le strinse forte il polso destro.
“Ahi! Mi stai facendo male!”
“Hai un altro, confessa!”
In quel momento entrò Edward seguito da Mel. Garrett fissò negli occhi il ragazzo, aveva come la sensazione che dietro gli strani comportamenti di Daisy ci fosse lui. Attese che entrambi si avvicinassero e li scrutò con diffidenza senza pronunciare una sola sillaba. Nell’aria c’era tensione e qualche cliente iniziò ad avvicinarsi all’uscita.
Mel iniziava a sentire il sangue ribollire nelle vene, strinse i pugni tentando di trattenersi dal lanciare qualcosa in direzione di Garrett. “Si può sapere cosa sta succedendo qui? Cosa ti passa per quella tua zucca bacata?!”
“Fatti i cazzi tuoi Mel! E’ una cosa fra me e lei!” Spostò lo suardo su Edward. “O forse c’entri anche tu?”
“Io? Cos’avrei fatto?”
“Per caso l’hai portata a cena fuori ieri sera? E magari te la sei pure scopata?” Sibilò con gli occhi gonfi di collera.
“Sei irrecuperabile Garrett. Ieri sera sono uscito con una ragazza, ma non era lei, tranquillo.” Quanto si sentiva falso… Ma cos’altro poteva dire?
“Lo spero bene amico, altrimenti potresti passare un brutto quarto d’ora.” Lasciò finalmente andare Daisy visibilmente esasperata.
“Finché non ti dai una calmata credo sia meglio se non ci vediamo.” Le tremava la voce, ma doveva pur dirglielo.
“Che cosa?! Cos’hai detto?!”
“Hai capito benissimo Garrett, per me è finita.” Prese la borsa, indossò il giaccone e si avvicinò alla porta del negozio. Fu raggiunta e afferrata con violenza ad un braccio,
Edward tentò invano di fermare il ragazzo che, raggiunta Daisy, le sferrò uno schiaffo in pieno volto facendola cadere a terra.
“Tu non vai da nessuna parte, tu mi appartieni, hai capito?!” Le urlò in faccia con tutto il fiato che aveva in corpo.
“Io chiamo la polizia.” Sussurrò Mel. “Tu sei pazzo.”
“Cosa fai tu?” Andò verso di lei con gli occhi pieni di ira, mentre Edward stava aiutando Daisy a rialzarsi.
“Hai capito bene, chiamo la polizia e ti denuncio.” Non finì di pronunciare quelle parole che si trovò con una sberla in faccia.
“Questo per ricordarti di farti i cazzi tuoi. Sono stato abbastanza chiaro?”
I tre uscirono dal negozio dal quale si erano allontanate anche le altre persone che avevano assistito alla scena.
 
Si sedettero su di una panchina di Hyde Park, naturalmente a debita distanza da Aesothèria. Daisy si nascose il viso fra le mani e cominciò a piangere. Fu presto circondata dalle braccia di Mel e Edward che tentavano di calmarla. Si sentiva in colpa per tutto quello che era successo, loro non c’entravano nulla nella storia fra lei e Garrett. Respirò profondamente per tentare di calmarsi un po’. Era praticamente riuscita a staccarsi da quel viscido uomo che la stava soffocando con la sua gelosia incontrollabile, ma era certa che ancora non si fosse arreso. “Ragazzi perdonatemi, vi prego. E’ tutta colpa mia, forse non avrei dovuto dirgli quelle cose…”
“E restare nelle grinfie di quell’animale?”
Si voltò verso Edward. Nei suoi occhi lesse preoccupazione e rabbia. Chinò il capo e lo appoggiò sulla sua spalla.
Che bella sensazione, mi pare di averla già provata… E che calore proviene dal suo corpo…
Si sentiva sicura accanto a lui, come se si trovasse fra le braccia di…
Ehi, aspetta un attimo!
Alzò la testa e fissò gli occhi di Edward. Possibile che somigliassero così tanto agli occhi del suo Edward? E perché Mel aveva iniziato a respirare profondamente come quando avverte la presenza di uno spirito?
Incollò il suo sguardo in quello di lui. “Scusa se te lo chiedo, ma tu chi sei?”
Il ragazzo sussultò. “Perché mi fai questa domanda?”
“Ho la sensazione che tu nasconda qualcosa.”
“Ti sbagli, non nascondo niente. Perché dovrei?”
Non era per niente convinta, infatti Mel ancora era alle prese con una presenza paranormale che le dava ansia. “Edward, vattene via.”
“Che succede?”
“C’è quello spirito violento che ce l’ha con te… Vattene via!!”
Non se lo fece ripetere due volte, se la diede a gambe e scomparve nella luce del tramonto.
 
 
SWANLAKE PALACE, NOTTE FONDA
 
 
“Nipote, hai forse perso la testa?!”
“Scusate nonno, ma non potevo andarmene come un vigliacco, soprattutto dopo che quel maledetto l’aveva trattata in quel modo.” Camminava nervosamente avanti e indietro per la stanza.
“Poteva scoprirti, anzi, se non sbaglio inizia a sospettare qualcosa, non è così?”
“Si… E se non fosse stato per il vostro intervento forse ora non sarei più qui.”
Il nonno infatti si era finto uno spirito violento e Mel aveva percepito la stessa negatività dell’altro giorno, inducendo il ragazzo ad allontanarsi velocemente dalle amiche.
“Tu sai cosa accade se qualcuno ti scopre. Dammi retta Edward, dimenticala e goditi la vita come hai sempre fatto. Vivrai meglio e soprattutto correrai meno rischi.”
Scosse la testa. “Perdonatemi nonno caro, non posso dare ascolto alle vostre parole. Per la prima volta in vita mia mi sono innamorato e non riesco ad ascoltare che la voce del mio cuore. Sono pronto a tutto per lei. Vi ringrazio dal profondo per essere corso in mio aiuto quest’oggi, ma vi prego, non chiedetemi di rinunciare a lei, non potrei farlo per niente al mondo.”
“Ma bravo! Così mi rendete tutto più facile.” Una voce inquietante fece voltare Edward e il nonno.
“Voi qui?!” Il ragazzo riconobbe all’istante il vero spirito violento che aveva percepito Mel durante la seduta di alcuni giorni fa: era Sir Jacob Millstone, il padre di Louise.
“Il Duca è stato veramente astuto a nascondervi nel futuro, caro  Edward. Purtroppo non ha fatto i conti con la mia famiglia e con la sete di vendetta che ancora ci logora. E’ stata proprio quella a condurmi fino qui e devo dire che il ventunesimo secolo è decisamente affascinante.” Si avvicinò al ragazzo. “E’ un piacere rivedervi e certamente sarete lieto di ricevere gli omaggi da parte di mia figlia.”
“Che cosa volete? Come vi permettete di presentarvi qui?!”
“Cosa voglio lo sapete bene. Avete oltraggiato Louise in maniera imperdonabile e dovete pagare pegno.” La sua bocca si piegò in un sorriso sadico. “Carina quella ragazza con cui vi vedete, credo che potrei farle visita una di queste sere.”
“Non azzardatevi a toccarla, maledetto! Siete così vigliacco che preferite attaccare un’indifesa che non c’entra niente con i nostri dissapori piuttosto che vedervela con me?”
“Certo che no. Ma preferisco farvela pagare colpendo ciò che più vi sta a cuore.” Si inchinò. “Vi auguro una buona notte, Vostra Grazia.” E scomparve nelle tenebre ridendo con soddisfazione.
Edward si accasciò sulla poltrona, distrutto. I suoi occhi erano di vetro. “Nonno, vi prego, aiutatemi voi. Cosa posso fare per proteggerla?”
 
 
CASA DI MEL, 9:00 DEL MATTINO
 
 
Daisy aveva passato praticamente tutta la notte senza chiudere occhio. Aveva paura di Garrett e temeva ripercussioni da parte di quel pazzo scatenato.
Mel era nervosa, aveva dormito pochissimo e il suo sonno era stato disturbato da strane sensazioni. Era molto confusa, non aveva ben chiaro il significato di certe visioni e non aveva compreso bene le parole sommesse che aveva percepito. Era come se qualcuno o qualcosa tramasse nell’ombra contro di loro. Rifletteva sul da farsi mentre versava del caffé nelle due tazzine sul tavolo della cucina.
“Daisy, credo sia meglio lasciare Londra per qualche tempo.” Si voltò verso l’amica. “E la prima cosa da fare comunque è denunciare Garrett.”
“Quello mi ammazza.” Aveva un flebile filo di voce.
“Certo che ti ammazza! E se resti con le mani in mano gli rendi tutto più facile! Denuncialo e poi facciamo i bagagli. Dobbiamo scappare Daisy, dammi ascolto.”
“E dove andiamo?”
Mel si sedette. “Hm… Non lo so. Potremmo forse andare all’aeroporto e fuggire sul primo volo che troviamo.”
“Diresti di lasciare addirittura l’Inghilterra?”
“Perché no?”
Daisy non rispose, l’idea non era male. “Edward?”
“Che c’entra Edward?”
“Sto parlando… di Edward Harringhton.”
“Per ora lascialo perdere. Il pericolo viene da un altro che è vivo e vegeto… purtroppo per noi.”
“Mi permetti almeno di salutarlo?” Non avrebbe accettato un rifiuto da parte di Mel, se davvero doveva lasciare Londra, voleva rivedere il suo ritratto per un’ultima volta. Fu costretta a rivelarle di quel misterioso quadro scovato nell’angolo del salone, quello che poteva rappresentare la chiave per risolvere il mistero della scomparsa del giovane nel 1866.
Consapevole dei rischi cui erano esposte, le ragazze prepararono i bagagli e lasciarono la città. Entrarono a Swanlake Palace dirigendosi verso la sala del camino. Daisy era distrutta e nonostante fosse pericoloso, Mel non se l’era sentita di negarle la possibilità di tornare in quel luogo a lei così tanto caro. La storia del ritratto l’aveva incuriosita e sorpresa, magari poteva togliersi alcuni dubbi che covava dentro da tempo.
Daisy si avvicinò all’angolo, sfilò il quadro e fece scivolare sul pavimento il telo. Gli occhi del ragazzo sembravano più grandi del normale e la fissavano come a volerla allontanare da quel luogo. Mel si avvicinò all’amica che stava iniziando a piangere: da quel ritratto proveniva un’energia fortissima che le provocava un’emicrania martellante. Era decisamente insolito perché i normali spiriti le provocavano sintomi diversi: lì c’era qualcosa che non doveva esserci.
Daisy era immersa nel volto del ragazzo, si sentiva morire dentro all’idea di non poter tornare lì per un lungo periodo. Era così assorta che non si rendeva conto del malore che aveva colpito Mel: respirava malissimo, faticava a stare in piedi, si sentiva quasi schiacciata da una forte pressione. Strattonò l’amica che finalmente si rese conto di quanto stava accadendo.
“Daisy…anf… a-andiamo via…”
“Come? Perché così presto?”
“Lui….vuole che ce ne andiamo….”
“Come? Perché?!”
All’improvviso tutte le grandi finestre del salone andarono in frantumi ed un vento gelido di origine soprannaturale invase la stanza sbattendo a terra le ragazze. Daisy si sentì afferrare la gola da mani invisibili che le stavano pian piano togliendo l’aria, Mel era paralizzata da una forza oscura che non riusciva a dominare nonostante i suoi sforzi. E il ritratto del ragazzo cominciò a piangere.
Fu in quel momento che Edward irruppe nel salone, si precipitò a nascondere il ritratto e, come fu davanti a Daisy, pose le sue mani sul collo di lei liberandola dal senso di soffocamento che la stava attanagliando. Nel giro di pochi secondi scomparvero anche i sintomi negativi percepiti da Mel.
“Cosa ci fate qui?”
Le ragazze respiravano con affanno. “Cosa ci fai tu piuttosto?” Mel fissò Edward.
Il ragazzo non rispose.
“Ho avuto l’impressione che questi luoghi ti siano familiari, conosci troppe cose per i miei gusti.”
Edward spostò per un attimo lo sguardo da Mel e lo posò su Daisy che si stava riprendendo. Tirò un sospiro di sollievo, era arrivato giusto in tempo.
“Edward, insomma!” Riportò l’attenzione sulla sensitiva. “Si può sapere chi sei veramente? Che cosa nascondi?”
 
 
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Ciao a tutti!
Grazie a Drachen ed eppy per le loro recensioni! : D
Altro pericolo nascosto nell’ombra, come se Garrett non ne avesse combinate abbastanza. Cosa potrebbe accadere? Siamo forse alla resa dei conti? Edward risponderà alle domande incalzanti di Mel? Si accettano scommesse ed ovviamente recensioni! Più ne arrivano, prima potrete avere le risposte alle domande. Coraggio!!
Un abbraccio
La Luna Nera.

 

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Capitolo 12
*** Corsa contro il tempo ***


C’era tensione nell’aria. Edward non rispondeva.
“Allora?” Mel era ben determinata a venire a capo del mistero. Daisy era visibilmente scossa da quanto accaduto e con gli occhi pieni di paura fissava il ragazzo in attesa di una sua risposta che poteva significare molto per lei.
“Io… Credo sia meglio che ve ne andiate da qui.”
“Questo ce l’hai già detto.” La sensitiva non mollava. “Chi sei tu in realtà? Hai a che fare con gli Harringhton?”
In quel momento la poltrona davanti al camino si ribaltò e strani rumori provenivano dal soffitto. Qualche pezzo di intonaco si staccò, mancando  di poco la testa delle ragazze.
“Datemi retta, andate via di qui e non metteteci più piede.” Il volto del ragazzo si fece minaccioso, serio e imperturbabile.
“Tu non me la racconti giusta, Edward.” Mel si alzò da terra tenendo lo sguardo fisso su di lui, non si fidava, troppe erano le cose che non quadravano. “Ho seri dubbi sulla tua vera identità ed ora sto iniziando ad avere alcune conferme.”
Il ragazzo non disse nulla, sul suo volto iniziarono a comparire piccole gocce di sudore.
“Tu hai a che fare con gli Harringhton e forse pure con la scomparsa di quel giovane.” Indicò il ritratto nascosto con il mento. “Porti pure lo stesso nome, è una coincidenza?”
Esitò. “No.” Finalmente aveva rivelato qualcosa. “Ma non ti dirò altro. Lo farò se e quando sarà possibile.”
Daisy aveva ascoltato tutto: lui sapeva! E non voleva parlare! Sentì un nodo in gola, non provocato da qualcosa di soprannaturale ma da ben altro.
“Quindi avevo visto giusto.” Nei suoi occhi c’era aria di sfida. “Stronzo.”
Aiutò l’amica a mettersi in piedi ed uscirono da Swanlake Palace. Salirono in macchina e presero la strada per l’aeroporto di Heathrow.
 
Edward restò immobile in mezzo alla stanza. Non poteva dire nulla davvero.  Mel si stava lentamente avvicinando alla verità, era una ragazza determinata oltre che dotata di un sesto senso fortissimo. E Daisy? Come avrebbe reagito?
Non sapeva davvero cosa fare: se parlava rischiava di perdere l’amore della ragazza e di dover tornare nella sua epoca. Ma tacere e raccontare solo un mare di balle a cosa lo avrebbe portato? Ad un vortice di sporche menzogne dal quale non poter uscire più?
 
 
A pochi metri da lui sentiva la presenza dello spirito del nonno, il quale ancora una volta lo aveva tirato fuori dai guai. Fortunatamente l’altro spirito, quello di sir Millstone, se n’era andato. Pochi istanti dopo davanti agli occhi del ragazzo comparve anche la nonna, la Duchessa Mary Henriette, la quale si avvicinò al nipote massaggiandogli i capelli come quando era bambino.
“Sei proprio innamorato di quella ragazza, vero Edward?”
Il giovane si voltò verso di lei e come per incanto gli tornarono alla mente tanti cari ricordi della sua infanzia, quando con le sue due sorelle minori passeggiava spensierato lungo il laghetto del loro palazzo nel Somerset proprio  in compagnia della nonna e si divertivano a lanciare piccoli pezzi di pane alle anatre e ai cigni. Già, allora era solo un bambino, adesso era diventato un uomo. Sorrise con un velo di tristezza. “Si, cara nonna. Sono disposto a tutto per evitare che Millstone possa farle del male.”
La nonna voleva stringerlo a sé, proprio come era solita fare un tempo, ma la sua condizione spiritica non glielo consentiva. Il suo adorato nipote era cresciuto e si stava trovando in una situazione maledettamente delicata. Avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per aiutarlo e non abbandonarlo al suo destino.
“Ascolta Edward, lei sta andando via dall’Inghilterra per sfuggire da quell’uomo pericoloso. Non so se rischia più con lui o con sir Jacob, ma tu devi impedirle di prendere quel marchingegno che vola. E’ lì che tenterà di colpirla, facendo perire non solo lei, ma anche tutte quelle persone che vi saliranno a bordo per sfrecciare sopra le nuvole.”
“Vuole far precipitare l’aereo?!” Vigliacco maledetto!
“Vai, nipote mio adorato! Vai e fermala!”
Edward non se lo fece ripetere due volte, si precipitò fuori in direzione dell’aeroporto in lotta contro il tempo.
 
 
Mel e Daisy erano reduci dalla stazione di polizia: Garrett era stato denunciato. La ragazza  temeva ritorsioni ed era sicura che la violenza insita nell’animo di quello che finalmente non era più il suo fidanzato non si sarebbe placata di fronte ad una denuncia o condanna penale. Gli agenti le avevano dato tutte le garanzie possibili vista la sua diffidenza, ma non le bastavano, non si fidava completamente. Motivo in più per dare ascolto alle parole della sua amica e allontanarsi per un po’ dalla vecchia Inghilterra. Dopo Garrett ora c’era anche Edward a farle perdere il sonno, compresi i mille misteri di Swanlake Palace che sapeva e non voleva rivelare. Si, la cosa migliore da fare era partire e lasciarsi tutti quei casini alle spalle almeno per un po’.
Giunsero nell’ampia area dello scalo londinese con i loro trolley i quali contenevano ciò che erano riuscite a mettere assieme nel poco tempo a disposizione. Armate di carta di credito, si avvicinarono alla zona biglietterie.
“Mel, aspetta.” Daisy afferrò l’amica per un braccio.
“Che c’è? Mica ci avrai ripensato?”
“No, è solo che…. Dove andiamo?”
“Oh…” Nella fretta di partire, non avevano pensato minimamente alla destinazione della loro fuga. “Già, dove andiamo?... Diamo un’occhiata al tabellone delle partenze.”
Davanti ai loro occhi scorrevano i nomi delle città di mezzo mondo. “Credi che due posti disponibili ci siano in uno di quei voli?”
“Quelli per gli Stati Uniti?”
“Mhm… New York, Washington, Los Angeles, Chicago… Non saranno troppo distanti?”
“Allora vediamo i voli continentali… Parigi, Firenze, Praga, Copenaghen…”
 “Si! Copenaghen mi piace!” Daisy trovava la capitale danese deliziosa.
“Ci sei stata?”
“No, ma da quanto ho visto in alcune riviste ho la sensazione che sia una città interessante.”
“E da quando hai certe sensazioni? Mica vorrai fregarmi il lavoro?” Le spettinò la chioma corvina con le mani strappandole un sorriso. Ultimamente le labbra della sua amica si erano sempre piegate verso il basso. “Va bene, vada per Copenaghen. Forza, alla biglietteria!”
“Speriamo solo che ci siano due posti.”
E si avviarono sorridendo e scherzando come due studentesse in partenza per la tanto sognata gita scolastica.
 
 
Nel frattempo Edward era giunto a destinazione, mischiandosi alla folla che quotidianamente si riversa nell’aeroporto, cercando disperatamente le ragazze. I voli in partenza erano tantissimi e individuarle fra la moltitudine di persone presenti non era facile neanche per uno come lui che poteva contare su certi aiuti. Girovagò come un pazzo dribblando con agilità passeggeri e bagagli finché non giunse nei pressi delle biglietterie. Controllò fra le file davanti agli sportelli senza successo.
E se si fossero già imbarcate?
Rifletté un istante: c’era un solo modo per scoprire dove fossero Daisy e Mel. Era forse scorretto, ma la posta in gioco era troppo alta.
Nascosto dietro alcuni cartelloni pubblicitari, Edward poggiò la mano sulla parete e nel giro di pochi secondi i computer delle biglietterie si bloccarono. Ben presto fu dato l’allarme black out, di lì a poco sarebbero intervenuti i tecnici per il ripristino totale e scongiurare la mancanza di elettricità nel resto dell’aeroporto. Il ragazzo, grazie ai suoi lievissimi poteri paranormali di cui poteva disporre durante il giorno, riuscì ad infiltrarsi nella banca dati dei terminali e individuò ciò che cercava: Daisy e Mel stavano per imbarcarsi dal terminal 5 sul volo Scandinavian Airlines SA7856 diretto a Copenaghen.
Approfittando della confusione dovuta al guasto, Edward si precipitò come una furia verso il terminal: quando raggiunse la meta era troppo tardi. Tutti i passeggeri erano già transitati ed il check-in chiuso. Si avvicinò alla vetrata che dava sulle piste e vi appoggiò la mano destra come a voler cercare un ultimo contatto.
Vide le ragazze salire sulla scaletta dell’aereo assieme a decine di persone innocenti che a loro insaputa stavano per andare incontro ad un crudele destino. Il tramonto era lontano e niente poteva fare per evitare il disastro.
Fino a quel momento lui era un essere umano come tanti. La sua parte paranormale era troppo flebile e inefficace per contrastare Millstone.
 
Ma qualcosa doveva pur fare.
 
 
*      *      *      *      *
 
 
“Fatta!” Mel era visibilmente soddisfatta di aver portato via l’amica dalle grinfie di quel pazzo maniaco. Si sedette accanto a Daisy che aveva incollato gli occhi al finestrino. “Tutto bene tesoro?”
“Come?” La ragazza si voltò.
“Dai, ti prego! Dimentica il tuo bello per qualche giorno. Stiamo per andare a spassarcela in Danimarca e non ho assolutamente voglia di vederti con l’aria triste.”
“Non te lo garantisco, ma ci proverò.” Si guardò attorno: quasi tutti i passeggeri erano seduti ai loro posti e le hostess stavano iniziando a controllare che ognuno avesse allacciato correttamente le cinture di sicurezza. C’erano famiglie con bimbi piccoli, studenti, uomini d’affari e, poco distanti da loro, due anziani coniugi danesi che rientravano a casa dopo aver fatto il viaggio di nozze che non erano riusciti a permettersi cinquant’anni prima. La loro vista la rattristò: per lei ed Edward non c’era futuro.
“Senti, capisco benissimo che la tua situazione non è delle più semplici, ma vedremo di trovare una soluzione. E se sarà necessario metterò alle strette Edward perché spifferi tutto quello che sa.”
“Pensi di riuscirci?”
“Non lo so, ma voglio tentare il tutto e per tutto.” Si ricordò poi di un particolare. “Ora che ci penso… Quel ritratto nel salone del caminetto durante la notte era diverso, giusto?”
“Si.”
“E se non sbaglio somigliava ad Edward.”
“E’ vero!”
“Che sia lui?”
“Chi?!”
“Harringhton!”
Daisy non rispose. Qualche minuscolo sospetto in realtà ce l’aveva, ma le sembrava troppo assurdo.
“Dai, sto scherzando. Comunque ora basta parlare di lui, concentriamoci sulla nostra vacanza, potremmo pure incontrare qualche bel Danese.” Le strizzò l’occhio. “Quando arriviamo a Copenaghen voglio andare a visitare il Castello di Rosemborg, hai visto mai che scovi qualche spettro!”
“Amleto?”
“Perché no?”
La tensione era visibilmente calata. L’aereo iniziò a muoversi per andare verso la pista di decollo.
E verso il suo destino.
 
Edward restò incollato al vetro dell’aeroporto, guardando impotente il suo unico vero amore avviarsi verso un’atroce fine.
 
 
 



 
Ed ora che succederà?
 
In questo capitolo forse inizia a delinearsi la vera identità di Edward: in sintesi lui e Harringhton sono la stessa persona. Qualcuno lo aveva intuito? Come tutto sia possibile lo scopriremo più avanti, altrimenti se vi dico tutto adesso nessuno leggerebbe ancora la storia!
 
Grazie a chiunque voglia lasciare un commento, anche minuscolo!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 13
*** Nuove domande senza risposta ***


A pochi metri dalla pista di decollo l’aereo si fermò e le luci si spensero all’improvviso. Il panico iniziò a diffondersi fra i passeggeri.
Contemporaneamente Mel iniziò a respirare con affanno, segno lampante di una presenza sovrannaturale in zona.
“Mamma, cos’è quella lucina là fuori?”
La voce innocente di un piccolo passeggero fece voltare le ragazze verso il finestrino: c’erano delle strane sfere luminose che si stavano infilando nelle turbine. Mel capì tutto, si slacciò le cinture e si precipitò verso l’assistente di volo. L’allontanò leggermente in modo che nessuno potesse sentirla e la fissò con occhi fermi.
“Signorina, dovete sgomberare l’aereo! Immediatamente!”
“Si calmi, prego! E’ tutto sotto controllo, torni al suo posto. E’ un piccolo guasto all’impianto di illuminazione interna che ripareremo rapidamente.”
“No… no, mi ascolti per favore. Io sono una sensitiva e riesco a percepire forze sovrannaturali. Siamo tutti in pericolo, mi creda!”
La hostess non era per niente convinta dell’allarme lanciato da Mel. “E’ sicura di sentirsi bene?”
“Certo che sto bene.” Capiva benissimo di non essere presa sul serio. “Senta, posso accettare che lei non creda ai fantasmi, ma riesce a spiegarmi cosa sono quelle luci nelle turbine dell’aereo?!”
Diedero di nuovo un’occhiata fuori dal velivolo.
Molti dei passeggeri videro degli strani fenomeni che iniziarono a creare ulteriore inquietudine a bordo.
“Ehi, ma chi è quel deficiente laggiù?” Esclamò un ragazzo seduto un paio di file dietro Daisy. Guardando fuori dal finestrino, riconobbe Edward rincorso da alcuni agenti di polizia. Si stava avvicinando al loro aereo manifestando apertamente la volontà di entrare. Fu bloccato dagli addetti alla sicurezza e spiegò loro con concitazione che quell’aereo non doveva partire: c’era pericolo di esplosione.
La scaletta fu calata a terra, salì a bordo con i poliziotti ai quali si erano aggiunti gli artificieri.
Fra i passeggeri iniziò a diffondersi la paura. Il personale faticava a mantenere calma la folla in preda al panico e non fu facile farli mettere in fila per poter scendere ordinatamente dal velivolo. I bambini piangevano, altri imprecavano sonoramente per uscire dall’aereo, altri ancora iniziavano a spingere. Le ragazze si trovarono faccia a faccia con Edward per alcuni secondi.
“Ci sei tu dietro tutto questo?” Mel glielo disse a voce bassa, sapeva bene che non c’era nessuna bomba.
“L’aereo sarebbe precipitato, dovevo impedire che partisse.”
“Chi accidenti sei Edward?” Daisy aveva la voce strozzata.
“Perdonami ti prego. Per ora non posso dirtelo, devo solo chiederti di avere fiducia in me.” La fissò negli occhi come quella sera magica. “Ti fidi di me?”
Quelle quattro parole furono un fulmine che le attraversò la mente: il suo Edward le aveva detto la stessa identica cosa quando la invitò a volare fra le sue braccia sui tetti di Londra! I suoi occhi ne sembravano la copia esatta e il tono della voce era quello.
Inquietante. Impensabile. Ma allora… Forse…
“Signorina, signorina! Prego, vada! Vuole restare ancora a bordo?!”
“Eh?” La ragazza si destò dal torpore che l’aveva invasa al sentire quelle parole, non rendendosi conto che stava bloccando la fila dei passeggeri visibilmente nervosi in uscita dall’aereo. “Oh, chiedo scusa.” Un’ultima veloce occhiata ad Edward e scese uno dopo l’altro i gradini della scaletta.
 
Non disse una sola parola durante il tragitto e nel suo cuore le tessere di un puzzle molto particolare iniziavano ad incastrarsi l’una con l’altra, dando così forma ad una verità talmente assurda da apparire possibile.
Mel tentava di riordinare tutte le sensazioni percepite tentando di capire cosa poteva essere accaduto e quanto il ragazzo potesse essere coinvolto nei misteri degli Harringhton e di Swanlake Palace.
Furono fatte accomodare con gli altri passeggeri in un ampio salone poco distante dall’ufficio della polizia dove un paio di agenti avevano portato Edward.
“Lì c’era uno spirito violento e pericolosissimo.”
Daisy fissò l’amica. “Voleva bloccare il motore dell’aereo. Saremmo morti tutti.”
Mel annuì con la testa per non aumentare il panico e il terrore ancora presenti fra gli altri passeggeri. “Forse dovremmo rinunciare al nostro viaggio.”
Nessuno ancora aveva dato informazioni, il volo era stato momentaneamente sospeso in attesa che gli artificieri verificassero l’assenza di ordigni.
“Credi dietro tutto questo ci sia Edward?”
“No.” Daisy aveva la voce ferma. “Ci ha salvate lui. Ho riflettuto su quanto è accaduto e ne sono certa.” Si alzò.
“Dove vai?”
“Edward ci ha aiutate, ora credo sia giusto contraccambiare.”
“Cosa? Che vuoi fare?”
Daisy non l’ascoltò e si avviò verso l’ufficio di polizia, bussò ed entrò.
Mel restò lì da sola, non capendo cosa stesse passando per la testa dell’amica. Sulla base di cosa poteva affermare l’innocenza di Edward? Su quel volo c’era effettivamente uno spirito maligno e la sua sensibilità ancora percepiva segnali importanti. Si concentrò per tentare un contatto con le presenze sovrannaturali perché si placassero e lasciassero in pace l’aeroporto e tutte le persone che si trovavano lì. Nell’aria c’era sempre qualcosa di anomalo.
Passò mezz’ora e quella porta si aprì: Daisy ed Edward uscirono visibilmente distesi e rilassati. “Direi di tornare a casa. Il volo è stato sospeso per oggi.”
Mel guardò l’amica con aria interrogativa.
“Tranquilla, è tutto a posto. Come vedi non l’hanno arrestato, si è trattato solo di un piccolo malinteso.” Daisy era strana, che diavolo era successo là dentro?! “Andiamo?”
Edward non aveva aperto bocca, Mel lo fissava in attesa di spiegazioni. Avvertiva benissimo delle presenze spiritiche positive vicino a lui, forse la sua amica aveva visto giusto, forse lui le aveva davvero aiutate.
Uscirono dall’aeroporto, la notte stava per scendere e senza dire una sola parola, il ragazzo se ne andò. Le ragazze invece fecero in tempo a salire sull’ultimo autobus che le avrebbe riportate in città. Per ora Copenaghen doveva attendere.
Durante il tragitto verso Londra, Daisy cadde in un sonno profondo.
 
 
SWANLAKE PALACE
 
 
Il salone del caminetto era letteralmente a soqquadro. La furia di Jacob Millstone aveva distrutto tutto. L’unico angolo risparmiato dalla furia distruttrice era quello che custodiva il ritratto di Edward Harringhton. E c’era un motivo ben preciso.
Lui, visibilmente provato da quanto accaduto durante il giorno, era seduto sul davanzale della finestra: il suo sguardo si perdeva all’infinito e annegava attimo dopo attimo nell’amarezza. Oggi aveva corso un rischio enorme per salvarle la vita e in cuor suo iniziava ad affacciarsi la consapevolezza che ben presto il suo segreto sarebbe stato svelato.
Dietro di lui stavano gli spiriti dei suoi nonni e dei suoi genitori: ancora una volta lo avevano tolto dai guai facendo saltare l’impianto elettrico dell’aereo impedendone così il decollo. Finalmente il giovane si alzò e si inchinò con profonda riconoscenza davanti ai suoi familiari.
“Vogliate accettare tutti i miei più sentiti ringraziamenti. Mi rendo conto che oggi come allora vi sto procurando sempre e solo guai e non mi opporrò se deciderete di lasciarmi nelle mani del destino. Questa esperienza nel ventunesimo secolo mi ha fatto crescere, mi ha fatto capire quanti errori senza senso ho commesso nel passato e come ora mi senta impotente. Lei rischia la vita minuto dopo minuto e io non posso fare niente per metterla in salvo senza essere scoperto. Per questo vi chiedo perdono e vi imploro di lasciarmi andare incontro al mio destino: per proteggerla dall’uomo violento ancora in vita c’è la giustizia terrena, da Millstone devo proteggerla io anche a costo della mia sopravvivenza.”
“E vorresti buttare via tutti gli sforzi che abbiamo fatto per proteggerti in questo modo?” Ribatté il padre. “Dalla nostra dimensione non ti abbiamo mai abbandonato, figliolo caro, e faremo tutto quello che è in nostro potere per tirarti fuori da questa situazione.”
“Vi ringrazio padre, vi ringrazio dal profondo.” Si inchinò di nuovo. “Non vorrei sembrarvi inopportuno, ma ditemi, potete fare qualcosa anche per lei?”
“Già siamo intervenuti quest’oggi.” Sua madre prese la parola. “L’amnesia che abbiamo causato agli agenti che ti avevano fermato ha colpito anche lei, facendole sembrare un sogno tutto quello che ha vissuto a bordo di quel macchinario che vola.” Gli sorrise. “Anche lei tiene moltissimo a te, infatti non ha esitato un solo istante nel prendere le tue difese.”
“Ma stai attento ragazzo mio.” Il nonno, quale decano della famiglia, si intromise nel discorso. “E’ molto vicina alla verità, molto più della sua amica sensitiva.”
Queste parole lo lasciarono interdetto per alcuni istanti.
“Noi faremo di tutto affinché le cose si aggiustino.” Intervenne la nonna. “Sei un giovane dall’animo nobile e valoroso, abbiamo fiducia in te. Fa’ le tue scelte usando la testa, non solo il cuore. Se vuoi restare ancora in questo tempo per rimanere accanto a lei, se necessario dovrai rinunciare al suo amore. Comprendiamo benissimo che ti stiamo chiedendo un enorme sacrificio, ma ne va della sua incolumità.”
“Rifletti per bene Edward. Se veramente tieni a lei, cerca di allontanarla.”
Il ragazzo restò in piedi, fermo come una statua rivolto verso il camino davanti al quale stavano solo il tavolino spaccato e la poltrona a gambe all’aria.
Facile a dirsi! Daisy era tutta la sua vita e non aveva esitato un attimo nel mettersi in gioco per tirarla fuori dai guai! Si era esposto, forse un po’ troppo e infatti suo nonno gli aveva rivelato che era molto vicina a scoprire la sua vera identità. Ma nel pomeriggio quando l’aveva vista entrare nell’ufficio di polizia per sostenerlo e tirarlo fuori dai guai, aveva toccato il cielo con un dito. Nonostante non avesse avuto le sue vere sembianze, quelle con cui lei lo amava, si era prodigata per aiutarlo e difenderlo. Già, e per questo anche lei era caduta vittima dell’amnesia provocata dai suoi familiari che le aveva cancellato dalla mente quanto accaduto. Chissà come stava, chissà se aveva avuto ripercussioni o problemi… Avrebbe fatto carte false per andare a verificare di persona, ad abbracciarla di nuovo per sussurrarle nell’orecchio che tutto si sarebbe aggiustato. Le parole di sua nonna però suonavano nella sua testa come un campanello minaccioso: doveva riflettere bene sul da farsi e prendere la giusta decisione, anche se gli avrebbe provocato un dolore difficilmente sopportabile.
Laggiù, oltre il boschetto, stava per spuntare il sole ed era giunto il momento di riprendere le sembianze dell’altro Edward.
 
 
APPARTAMENTO DI MEL, POCO DOPO LE 9:00
 
 
Daisy si stropicciò gli occhi. Dove si trovava? Quanto aveva dormito? E soprattutto cos’era quel profumino così invitante?
“Buongiorno dormigliona!”
Sembrava la voce di Mel… Si mise seduta e pian piano i suoi occhi misero a fuoco l’ambiente circostante: si trovava a casa della sua amica medium. E come ci era finita?
“Caffé?”
Sbadigliò sonoramente. “Grazie…. Bello forte per favore.” Si massaggiò la testa, avvertiva un fastidioso emicrania. Iniziò a mettere a fuoco l’ambiente e notò in un angolo dei bagagli. “Sei in partenza?”
Mel si voltò stupita. “Come? Non ricordi? Dovevamo andare a Copenaghen!”
“A Copenaghen?” C’era un fondo di verità in quelle parole.
“Il nostro volo è stato cancellato per un allarme bomba, ma in realtà c’erano presenze negative attorno. Non ricordi nulla?”
“Ricordo solo un gran caos, credevo di aver sognato però.” Rifletté un attimo. “E c’era anche Edward.”
“Già, Edward….” L’amica rifletté in silenzio: quando Daisy era entrata nella stanza della polizia all’aeroporto doveva per forza essere successo qualcosa. Non era più la stessa, sembrava colpita da un’insolita amnesia. “Quel ragazzo nasconde qualcosa.”
“Sai dove abita?”
“No, perché?”
Era un altro tassello che andava ad aggiungersi a quelli che stavano formando la verità sulla reale identità del ragazzo. “Curiosità.”
Mel le porse del caffé, prese la sua tazzina e, nonostante lo bevesse amaro, iniziò a girarlo con il cucchiaino osservando la bevanda mischiarsi. Fissò poi gli occhi sul volto dell’amica. “Te la senti di tentare un contatto con la famiglia Harringhton?”
“Adesso?”
“Magari anche fra un po’, quando sei più sveglia.” Sorrise.
Daisy restò un attimo in silenzio. “Perché?”
“Edward ha a che fare con loro ma non vuole spifferarci nulla, quindi potremmo provare a scoprire qualcosa chiedendo alla famiglia in questione. Che ne dici?”
L’idea non era male e riaccese in lei quel volo di farfalle nello stomaco che si era spento nelle ultime ore. “Vorresti contattare qualcuno in particolare o qualsiasi membro che abbia voglia di far due chiacchiere con noi?”
“Secondo il libro il giovane Edward era molto legato al nonno paterno, quindi tenterei con lui.”
Daisy prese il libro dallo scaffale e si perse nel ritratto in copertina. Sentì un nodo in gola e le lacrime formarsi nei suoi occhi. “Perché devo innamorarmi sempre delle persone sbagliate?”
Mel l’abbracciò forte. “Tranquilla, vedremo di risolvere tutto.”
 
Per il resto della giornata le  ragazze restarono in casa per rilassarsi e prepararsi alla seduta. Si aspettavano molte risposte, volevano capire cosa nascondesse Edward e soprattutto cosa aveva provocato il mancato decollo dell’aereo sul quale loro si trovavano.
Potevano sperare di ripartire o avrebbero rischiato di nuovo la morte?
 
 
TARDO POMERIGGIO
 
 
“Bene, è tutto pronto. Mancano solo le candele e poi tentiamo il contatto.”
Daisy era visibilmente agitata. Mel si avvicinò al mobiletto nel quale teneva gli attrezzi del mestiere e si accorse purtroppo di aver terminato le candele.
E quelle più efficaci erano vendute presso Aesothèria, il negozio di Garrett.
Panico.
Daisy si lasciò scappare un sorriso quasi per disperazione: il destino ce l’aveva proprio con lei! Guardò l’orologio: fra mezz’ora il negozio avrebbe chiuso. Teneva ancora una copia delle chiavi, ma temeva fosse troppo pericoloso intrufolarsi di nascosto. Allo stesso tempo però incontrare Garrett la spaventava a morte. Che fare?
Dovevano prendere una decisione: se volevano sul serio tentare un contatto illuminante con gli Harringhton dell’al di là, quelle candele erano necessarie. Ed era necessario fare una capatina in quel luogo.
Indossarono i giacconi e scesero in strada. Giunta a poche decine di metri da Aesothèria, Daisy cominciò a tremare. Mel le strinse la mano per incoraggiarla e proseguirono. Svoltarono l’angolo e, come giunsero a qualche decina di metri dal negozio, notarono alcune auto della polizia, un’ambulanza ed un gruppetto di curiosi. Proprio di fronte all’ingresso c’era uno di quei furgoni utilizzati per il recupero e trasporto dei cadaveri all’obitorio.
Le due si guardarono in faccia: che era successo?
Pochi istanti dopo due addetti portarono fuori dal negozio una bara, sicuramente non vuota. La caricarono sul furgone e partirono.
 
Chi c’era dentro quella bara?
Garrett?
 
 
 


 
Ciao a tutti!
Voglio ringraziare infinitamente Fantfree, eppy e Drachen per le recensioni. Non avete idea di quanto mi abbiate resa entusiasta! *_* <3<3<3<3
Di mistero in mistero: ora c’è anche un morto. Che Garrett abbia fatto qualche gesto sconsiderato a seguito della rottura del fidanzamento con Daisy?
E il nostro Edward che farà?
Grazie a tutti voi che spendete il vostro tempo per leggere la mia storia, spero di non deludervi!
A presto!!
Un abbraccio
La Luna Nera
 

 

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Capitolo 14
*** Addio o arrivederci? ***


“Alt! Ferme, di qui non si può passare.”
Un agente alto quasi due metri si mise davanti a loro sbarrando la strada.
“Che è successo?”
“Un probabile omicidio, ma non posso dire altro.”
Daisy guardò in faccia Mel, poi di nuovo l’agente. “Scusi, la vittima… è un ragazzo?”
“No, è una giovane donna che non abbiamo ancora identificato.” Fu richiamato dai colleghi. “Scusate, il dovere mi chiama.”
Le ragazze rimasero ammutolite, guardando con occhi increduli quel furgone allontanarsi, mentre da Aesothèria uscivano poliziotti con in mano oggetti ritenuti utili per far luce sull’omicidio di quella povera ragazza.
“Mel, non mi sento bene.” Daisy tremava come una foglia, la sua schiena fu percorsa da un brivido gelido che le congelò il respiro. Aveva il sospetto che Garrett avesse fatto qualche pazzia e che in qualche modo una minima parte di responsabilità per quella morte ce l’avesse anche lei.
La prese per mano portandola via da lì. Camminarono senza una meta ben precisa per quasi un’ora, finché poco prima del tramonto giunsero nei pressi dell’associazione sul paranormale presso la quale Mel svolgeva la sua attività di medium.
Entrarono nell’edificio, Daisy ancora non aveva aperto bocca.
Mel si sedette al tavolo della sala che utilizzava per le sedute spiritiche, versò dell’acqua in due bicchieri e ne porse uno all’amica.
“Potremmo tentare il contatto con gli Harringhton da qui, che ne dici?” Sicuramente Daisy non era dell’umore adatto, ma buttò giù l’idea per tentare di distoglierla da quei pensieri macabri ed inquietanti. Questa la guardò in faccia: davanti a lei scorrevano immagini di un destino che ora le stava chiedendo di scegliere la strada da percorrere. Voleva gettarsi Garrett alle spalle una volta per tutte e lanciarsi fra le braccia di Edward si o no? Oppure aveva la malsana idea di riallacciare i rapporti con il suo ex  potenziale assassino dimenticando l’altro e i misteri a lui connessi?
Uno la terrorizzava, l’altro la faceva sciogliere. Dentro al suo cuore una risposta già c’era, ma con essa anche tanti dubbi e punti interrogativi. In più ad affollarle la mente c’era anche un omicidio commesso in un luogo a lei fin troppo familiare per più di un motivo.
“Mel, quella ragazza è morta per colpa mia.”
“Che dici?”
“Lui ha scaricato su di lei tutta la rabbia e la violenza che io gli ho provocato lasciandolo, ne sono certa.”
L’amica non rispose: il ragionamento non faceva una piega. “Non dire così, non è detto che dietro quell’omicidio ci sia lui.”
Sospirò. “Spero tu abbia ragione.” Si alzò e si avvicinò alla finestra. “Edward mi manca… Sono giorni che non ho un minimo contatto con lui. L’ultima volta è stato prima di andare all’aeroporto… Il suo ritratto è bellissimo, non trovi?”
“Si.” Le sorrise. “E allora proviamo a far due chiacchiere con suo nonno, vuoi?”
Finalmente sorrise anche lei. “Si.”
 
Le finestre furono chiuse e le tende tirate per evitare qualunque interferenza dall’esterno.
Prepararono il tavolo disponendo delle pietre secondo un senso ben preciso e al centro accesero una candela.
“Ok, ci siamo. Spero solo che questo cero sia sufficiente ad arrivare dove vogliamo, l’altro è più efficace ma dobbiamo arrangiarci con quello che c’è.”
“Mel…” Negli occhi di Daisy c’era paura e nervosismo. “Grazie per tutto quello che fai per me.”
“Oh, sciocchezze! Per un’amica questo e altro.”
Il registratore era collegato al computer e  pronto per captare qualsiasi segnale dall’altra sfera, le loro mani si unirono e si concentrarono in silenzio.
Nel giro di pochi minuti Mel entrò in contatto con il suo spirito guida al quale chiese cortesemente di fare da tramite per incontrare Sua Grazia il Duca Edward Herbert Reginald William Arthur Harringhton del Somerset. Per alcuni secondi dallo spirito non vi furono cenni, la fiamma della candela si allungò verso l’alto diventando insolitamente sottile. Le mani di Mel diventarono sempre più fredde al contrario di quelli di Daisy la cui temperatura aumentava attimo dopo attimo. Nella stanza l’aria iniziava a manifestare qualcosa di anomalo, si percepivano con facilità delle correnti fredde e la fiamma di quella candela cominciò a traballare. Fu in quel momento che lo spirito del Duca rispose alla chiamata della medium. Riuscì a distinguere abbastanza bene la sua figura: era un uomo alto, di corporatura robusta, dall’aspetto austero ed elegante allo stesso tempo. Mel lo ringraziò sentitamente per aver risposto alla sua chiamata, questi le rispose con un lieve cenno della testa.
Vostra Grazia, supplichiamo la vostra nobile persona affinché possiate illuminarci.
Dallo spirito non venne alcun cenno.
Vi prego, offriteci la possibilità di comprendere il significato degli ultimi avvenimenti. Quanto avvenuto in aeroporto è forse opera di uno spirito maligno che Vostra Grazia conosce? Vostro nipote, il Duca Edward, scomparso in circostanze misteriose, è forse qui fra noi?
L’entità congiunse le mani.
Per la vostra nobile anima, signor Duca, conferite con noi. Potete rivelarci qualcosa, di grazia?
Nella mente di Mel finalmente si manifestarono delle parole sconnesse attraverso le quali lo spirito del Duca comunicò la sua risposta. Non erano molto chiare, sicuramente dovevano essere interpretate, ma con i mezzi a loro disposizione il risultato era più che eccellente.
 
La seduta terminò, Mel era stanca per l’enorme sforzo compiuto nel contattare un’energia così forte e potente come quella del Duca. Bevve un sorso d’acqua e prese un pezzo di carta sotto gli occhi impazienti di Daisy che moriva dalla voglia di sapere cosa le avesse rivelato il nonno di Edward. Aprì il file e lo configurò in modo tale che potessero entrambe ascoltare la voce. C’erano interferenze, ma qualche parola sconnessa era distinguibile.
“Ascolta…. Qui ha detto proteggere.”
“Fammelo sentire di nuovo.” Daisy concordò con Mel. “Si, hai ragione, ha detto proteggere.”
“Andiamo avanti. Mi pare di aver sentito anche altre parole mentre ero in contatto con lui…. Parole tipo pericolo, spirito maligno, …per amore ma non se sono certa.” Le annotò sul pezzo di carta ed andarono avanti. Effettivamente quei termini erano distinguibili in modo abbastanza chiaro.
La ragazza rifletté un attimo. “Del nipote ha mai detto qualcosa?”
“No, almeno per quanto sono riuscita a percepire.”
“Pare che anche lui voglia nasconderci la verità, ma se le parole che hai sentito sono esatte c’è un filo logico con quanto accaduto.” Daisy era sicura. “Edward ci ha salvate dal pericolo all’aeroporto, proteggendoci dallo spirito maligno che voleva far precipitare l’aereo e questo coincide con il fatto che sia implicato con loro.”
“Il discorso fila. E quel per amore dove lo metti?”
Sospirò. “Non lo so, mi vedo con suo nipote, mica con l’altro Edward…”
“A meno che anche lui sia innamorato di te.”
Daisy spalancò gli occhi. “Non dirlo neanche per scherzo!”
“Perché?” Mel aveva un’espressione quasi divertita.
“Ti sembra che abbia pochi crucci sentimentali?!”
“Fra tutti mi sembra il più normale. Facci un pensierino.”
Non le rispose, le lanciò solo un’occhiataccia molto esplicita. “Vai avanti con quella registrazione che è meglio.”
Sghignazzava divertita. “Ok… Ehi, ma… Si è bloccato.” In quel momento iniziò ad avvertire i sintomi tipici della manifestazione paranormale. E non di una qualunque.
Daisy comprese all’istante e il suo volto si illuminò non appena scorse la sagoma di Edward entrare nella stanza. Gli si lanciò fra le braccia lasciandosi stringere e accarezzare i capelli.
“Quanto mi sei mancato amore mio…”
“Mi sei mancata anche tu, non puoi capire quanto.”
I due si voltarono verso Mel che era rimasta seduta, i suoi occhi erano pieni di stupore: quello era uno spirito ma contemporaneamente un corpo concreto.
“Buonasera milady. Chiedo scusa per l’intromissione improvvisa.”
“…’orco boia… Allora non era una stronzata! E’ davvero in quel modo!”
I due si guardarono in faccia cominciando a ridere. “Mel, te l’avevo detto, ricordi?”
“Oh si e devo farti i miei complimenti, è proprio figo!”
Sul volto di Edward comparve rossore. “Credo quel termine stia a significare un apprezzamento da parte vostra…. Grazie, ne sono lusingato.”
“Ed è pure un vero gentiluomo!”
“Finito con le sviolinate, tesoro?”
“Si, finito!” Si ricompose. “A cosa dobbiamo la vostra visita, signor Duca?”
“Vi prego, chiamatemi semplicemente Edward.” Prese Daisy per la mano e gliela baciò. “Avete conversato con mio nonno poc’anzi. Perché lo avete richiamato dalla sua dimensione?”
“Stanno accadendo troppe cose strane in questi giorni, abbiamo bisogno di capire. Puoi dirci qualcosa tu?”
Il ragazzo si fece scuro in volto, fissò la candela accesa la cui fiamma si fece improvvisamente sottile. “Ci sono dei pericoli attorno a voi, soprattutto a te amore mio. E non vengono solo da quel ragazzo violento, ma c’è una minaccia ancora più grande nascosta nell’ombra.”
“Che cosa significa?”
“Quanto accaduto all’aeroporto era opera di uno spirito maligno che vuole colpire Daisy. Siamo riusciti a sventare tutto all’ultimo minuto.”
“Chi ha sventato tutto?” Mel era determinata a venire a capo del mistero. “C’eri anche tu lì?”
“C’erano gli spiriti dei miei familiari.”
“E l’altro Edward? C’entra anche lui con te, non puoi negarlo.”
Esitò un istante. “Lui è… uno strumento.”
“Che significa?”
“Per ora dovete accontentarvi di quanto vi ho rivelato, non posso dirvi di più.”
Daisy rimase in silenzio e nonostante l’insistenza di Mel, il ragazzo non disse più nulla.
Fece un rispettoso inchino verso di lei prima di prendere per mano Daisy, aiutarla a salire sul davanzale della finestra davanti agli occhi di una Mel sempre più incredula, la sollevò e si innalzò in aria fino a raggiungere con lei il tetto dell’edificio. Si sedettero e la serrò fra le braccia.
“Edward, dimmi la verità, che sta succedendo?”
Lui la guardò in volto con gli occhi gonfi li lacrime. “Amore mio, sei in grave pericolo. E tutto per causa mia.”
“Che vuoi dire?”
“C’è un’antica maledizione su di me che ora si sta scagliando anche su di te per il fortissimo sentimento che ci lega. Sta a me proteggerti, tu non puoi fare nulla.”
“Mi spaventi in questo modo.”
“Ascoltami bene: con l’aiuto della mia famiglia posso tenere a bada quello spirito malvagio in modo che non ti danneggi, ma tu devi nasconderti e fare in modo che non ti trovi.”
“E come faccio?”
Tirò fuori dalla tasca una scatolina e l’aprì davanti a lei: conteneva un anello stupendo formato da un diamante azzurro dai particolari riflessi circondato da brillanti. “Questo anello è tramandato da generazioni alle promesse spose dei detentori del titolo di Duca del Somerset. Come mio padre lo donò a mia madre il giorno del loro fidanzamento ufficiale, così io adesso lo dono a te. Non è solo una promessa per la vita, è anche un potentissimo amuleto la cui origine si perde nella notte dei tempi. Grazie ad esso la dinastia degli Harringhton è andata avanti nei secoli, proteggendo dalle maledizioni tutti i membri della famiglia. Portalo sempre al dito e lo spirito maligno non ti troverà.”
Così dicendo le infilò l’anello al dito della mano sinistra, la strinse forte a sé e la baciò.
“Devi farmi un’altra promessa amore mio: va’ via da Londra.” E le lacrime iniziarono a scorrergli lungo il volto.
“Cosa?” Anche lei stava per piangere.
“Garrett ha ucciso, lo spirito di quella ragazza ci ha detto tutto. Potrebbe farlo di nuovo e la sua prossima vittima potresti essere tu.” L’accarezzò dolcemente. “Vai a Copenaghen con Mel, ora non corri più alcun rischio.”
“Mi stai chiedendo di allontanarmi da te? Mi dai l’anello di tua madre e mi dici di andare via?”
“Voglio solo proteggerti. A Londra non sei al sicuro e non potrei sopportare di vederti soffrire. E’ proprio perché ti amo più della mia stessa vita che voglio che te ne vada.” La strinse più forte. “Per il momento è più sicuro stare lontani, ma quando sarà tutto finito in un modo o nell’altro vivremo insieme per sempre. E se in Danimarca dovessi trovare un bravo ragazzo io mi farò da parte, basta che tu sia felice.”
“La mia felicità è qui con te.” Lo baciò con delicata passione. Non voleva sentir parlare di altri uomini: grazie a lui aveva trovato la forza di lasciare Garrett, per lui si era lasciata coinvolgere da una storia al limite della mente umana, per amore di lui stava rischiando il tutto e per tutto.
 
 
 
Quando, due giorni dopo, vide Londra scomparire fra le nuvole, non poté fare a meno di trattenere le lacrime. Accarezzò l’anello per tentare di trovare una goccia di consolazione: si stava allontanando dalla sua città, dal suo mondo, da Swanlake Palace e dal suo unico vero amore.
E proprio per amore doveva prendersi del tempo per stare lontano da lì, dove il pericolo continuava a cercarla nascosto nell’ombra.
 
Arrivederci Londra.
Mi mancheranno i tuoi rumori, il tuo caos, i tuoi ritmi frenetici.
Non mi ero mai resa conto di quanto tu mi appartenessi e solo ora che sono costretta a fuggire, capisco quanto sia difficile allontanarmi da te.
Arrivederci ai tuoi misteri e segreti,
che tieni celati nelle tue mura e sotto le tue vie.
Arrivederci a presto.
Tornerò un giorno non molto lontano e ti scoprirò di nuovo,
mia cara Londra, scoprirò quello che mi nascondi e da cui ora devo allontanarmi.
E arrivederci anche a te amore mio, ovunque tu sia in questo momento. Aspettami, ti prego, sarò di nuovo fra le tue braccia un giorno, quando tutti i pericoli saranno dissolti nel nulla, quando potremo amarci senza nasconderci, quando tutti i dubbi saranno svelati e non ci sarà più bisogno di fuggire.
 
A presto, vecchia Inghilterra.
 
 
 
 


Ciao a tutti! : )
Questa volta l’aereo è partito sul serio alla volta di Copenaghen separando i due innamorati. Le  ragazze si lasciano alle spalle dubbi e misteri per tentare di fuggire dai pericoli che le minacciano. Che succederà ora?
Grazie a tutti voi che leggere e mi raccomando, non esitate a commentare!
Mi farebbe piacere sapere se la storia vi appassiona!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 15
*** Ritorno a Swanlake Palace ***



COPENAGHEN, AEROPORTO DI KASTRUPP, DUE MESI DOPO
 
 
La prossima sarai tu, è inutile fuggire. Prima o poi dovrai tornare in Inghilterra ed io sarò ad attenderti per fartela pagare. Tu sei mia, mi appartieni, che ti piaccia o no e se non vuoi capirlo con le buone, vedrò di convincerti con le cattive. Quella battona è morta per colpa tua, lo sai? Dovevi esserci tu al suo posto, eri tu quella che doveva prendere parte al mio gioco preferito perché sei la mia donna, punto e basta. Invece sei scappata da perfetta codarda e ti sei lanciata fra le braccia di un lurido bastardo. Te la farò pagare cara, non potrai fuggire per sempre.
 
 
“Daisy! Daisy! Sveglia! Hanno annunciato il nostro volo, dobbiamo andare.”
La ragazza si voltò verso Mel, si era assopita per un attimo mentre attendevano di imbarcarsi sul volo per Londra. E ancora quell’incubo la tormentava: da quando aveva letto la notizia la paura stazionava fissa dentro di lei. Dalle indagini della polizia era emerso che il cadavere rinvenuto nel negozio di Garrett era di una prostituta rimasta vittima di un pesante gioco erotico. Sul suo copro erano state rinvenute tracce organiche il cui esame del DNA aveva confermato che l’assassino era proprio Garrett. La notizia l’aveva riempita di gelo, non aveva toccato cibo per giorni e invece di godersi il fascino di Copenaghen si era chiusa nella sua amarezza e nell’angoscia di dover tornare prima o poi a Londra. Si, perché dalle notizie lette in rete sembrava che Garrett fosse ancora ricercato. Oltre tutto la polizia britannica l’aveva convocata per interrogarla in quanto ritenuta utile per le indagini.
Anche Mel aveva poca voglia di partire, ma non potevano trattenersi oltre. Nella capitale danese avevano trascorso le festività natalizie ed atteso l’arrivo del nuovo anno. Proprio in quell’occasione aveva conosciuto Soren e fra i due era nata una deliziosa amicizia molto particolare. Avrebbe fatto carte false per restare ancora lì, però a Londra aveva la sua vita, i suoi genitori, Spirithon, l’associazione sul paranormale e la sua attività che non voleva abbandonare. Aveva bisogno di tempo per riflettere su di loro ed evitare di prendere decisioni avventate.
Si erano trovate benissimo in Danimarca, la loro fuga si era ben presto trasformata in una vacanza piacevole anche se velata di inquietudine, fatta di passeggiate nel parco di Kastellett all’ombra dell’antico mulino a vento che fa compagnia alla sirenetta, fatta di birre sorseggiate a Nyhavn, l’antico porto ora trasformato in un pittoresco quartiere e di rilassanti passeggiate lungo il mare del nord Europa fra le variopinte abitazioni tipiche dei paesi scandinavi.
 
 
*   *   *   *
 
 
Dopo due mesi Londra apparve come per incanto fra le nuvole. Si mostrò loro come una fata dai poteri capaci di conquistare al primo sguardo. Erano nate lì, cresciute lì e fuggite solo due mesi prima, ma ora la loro città sembrava più bella di sempre.
Non appena furono nel caro vecchio caos cittadino si sentirono di nuovo a casa e questa particolare sensazione dava loro la voglia di ricominciare tutto daccapo, affrontare la realtà e scoprire tutti i segreti lasciati alle loro spalle due mesi prima.
 
Infilare la chiave nella serratura di casa dopo settimane di assenza sembrava una novità per le ragazze. Forse la magia di Londra risiedeva anche in quei piccoli gesti quotidiani che all’apparenza erano scontati, ma che ripetuti dopo un’assenza più o meno lunga ti fanno capire quanto una città come lei fa parte dell’essenza stessa delle persone che la abitano, anche per un breve periodo.
Le pareti dell’appartamento di Daisy erano intrise di ricordi e momenti passati con lui. Aprì l’anta dell’armadio e cercò la scatola dentro la quale conservava i due boccioli di rosa che Edward le aveva regalato in occasione dei loro incontri fugaci. Stranamente erano sempre in ottimo stato nonostante fossero trascorsi dei mesi da quando le aveva ricevute! Ripensò a tutto e una goccia di malinconica nostalgia le spuntò sul volto. Ripose tutto e spalancò le finestre, voleva che l’aria di Londra invadesse di nuovo ogni angolo del suo piccolo nido. Aprì i bagagli e frugò disordinatamente fra i vestiti in cerca di quel libro. Aveva voglia di andare a Swanlake Palace sebbene si sentisse stanca. A frenarla c’erano le parole dei due Edward le quali risuonavano nella sua testa come la minaccia di un pericolo che ancora non era svanito. La magica notte era già scesa e non era troppo sicuro andare in giro, specie con Garrett ancora a piede libero. Vedere il ritratto di Edward Harringhton sulla copertina del volume e accarezzare la sua immagine era il massimo che per ora poteva permettersi.
Si gettò sul letto e tentò di farsi vincere dal sonno.
 
Mel invece non aveva neanche aperto i bagagli: appena entrata in casa aveva iniziato un fitto scambio di messaggi con Soren via Whatsapp fino a che la stanchezza non ebbe la meglio e la fece crollare addormentata sul divano.
Nei suoi sogni il protagonista indiscusso era lui, con la sua aria apparentemente trasandata, quei fili di barbetta quasi incolta che facevano da cornice al suo sorriso luminoso. Fu un autentico fulmine a ciel sereno quando, mezz’ora dopo l’arrivo del nuovo anno fra un brindisi e l’altro, s’imbatté in lui: era talmente presa dai festeggiamenti che inciampò in un marciapiede versando addosso ad un ragazzo che si trovava lì per caso un intero boccale di birra. Quel ragazzo era lui e dopo un rapido scambio di battute, si resero conto che non potevano più fare l’uno a meno dell’altra.
 
 
 
 
Febbraio volgeva al termine e man mano che l’equinozio di primavera si avvicinava, il sole tramontava sempre più tardi. Daisy adorava affogare nella malinconia osservando la sera calare e creare ombre surreali all’orizzonte. Anche questa era la magia di Londra e in cuor suo sognava che, una volta scesa la notte, qualcuno venisse a farle visita. Ma, ahimé, lui non si era più presentato, da quella sera in cui le aveva suggerito di lasciare Londra non si erano più incontrati ed era una sofferenza sempre più insostenibile; ogni tanto accarezzava l’anello, l’unico legame fisico che esisteva fra di loro.
Era tornata in patria da giorni e ancora non era riuscita a trovare il modo di andare a Swanlake Palace: le parole del ragazzo, o meglio, di entrambi i ragazzi le risuonavano ancora nella mente come un oscuro monito. Mel l’aveva esortata a lasciar perdere tutto poiché percepiva in modo chiaro forze potenti ed oscure aleggiare attorno all’antico palazzo. Doveva stare alla larga da quel luogo a lei così caro, ne andava della sua incolumità… come se ad andare in giro per la città fosse al sicuro! Figuriamoci! In qualunque luogo si fosse trovata, rischiava la pelle!
 
 
Un paio di giorni dopo giunse il momento dell’appuntamento in commissariato per l’interrogatorio: lei era la ex fidanzata di Garrett Groove e da lei si aspettavano informazioni utili per l’indagine in corso e per tentare di individuare il suo nascondiglio ed assicurare alla giustizia l’assassino di quella povera ragazza che avevano visto portar fuori da Aesothèria pochi mesi prima, nonché colui che più di una volta aveva alzato le mani contro di lei. Con tutte quelle domande Daisy dovette ripercorrere i momenti più inquietanti degli ultimi dodici mesi, includendo le esperienze paranormali che tanto li appassionavano, non per ultime le vicende connesse a Swanlake Palace. E la ragazza venne a conoscenza dei macabri retroscena del delitto commesso dal suo ex: quel poco di buono aveva adescato la vittima e l’aveva condotta nel suo negozio a notte fonda, secondo quanto ricostruito in base alle testimonianze raccolte. L’aveva scelta con cura, andando in cerca di una ragazza che le somigliasse il più possibile, per questo negli ambienti della prostituzione il suo volto era stato riconosciuto da molti. Secondo quanto emerso anche dall’esame autoptico sul corpo, aveva costretto la ragazza a pesanti giochi erotici quasi al limite della mente umana. La poveretta aveva provato a difendersi, a fuggire, ma lui non le aveva dato scampo soffocandola lentamente e finendola di percosse che le avevano procurato ferite ed emorragie interne letali. Tutto questo orrore l’aveva letteralmente shockata togliendole il sonno e la fame. Per mesi era stata insieme ad un essere capace di atrocità degne di un film horror. E il rimorso per la fine di quella ragazza le logorava l’anima, in fondo al suo cuore sentiva di essere responsabile per quanto accadutole.
Per questo adorava trascorrere le sue serate osservando il giorno morire, affogando nelle lacrime tutta l’angoscia che teneva dentro. Si sentiva sola senza Edward che non era più venuto da lei, asfissiata nel dover uscire di casa solo il minimo indispensabile per non correre il rischio di incappare in Garrett…
Oltre tutto aveva perso pure il lavoro: con Aesothèria chiusa e sotto sequestro doveva pure trovarsi un nuovo impiego.
 
 
Passavano i giorni e la situazione era pressoché immutata.
 
 
Seduta su di una panchina lungo il Tamigi attendeva l’arrivo di Mel, avrebbero raggiunto insieme la sede di Spirithon presso la quale la sensitiva svolgeva la sua attività. La ragazza, che godeva di grande prestigio e reputazione, aveva esposto la situazione difficile dell’amica ai membri dell’associazione, facendo leva sul fatto che una persona addetta all’accoglienza dei clienti, ad occuparsi degli appuntamenti e rifornimenti di materiale per le sedute era necessaria, visto che le cose andavano più che bene. Così era stata invitata per un periodo di prova che sarebbe iniziato quel giorno stesso. Se solo Mel fosse arrivata!
Il suo ritardo aumentava sempre di più e Daisy iniziava ad innervosirsi: voleva evitare di restare sola per paura che Garrett sbucasse dal nulla e l’aggredisse. C’erano dei passanti, ma la sensazione di essere osservata la angosciava attimo dopo attimo. Era come se in ogni albero, in ogni sasso ci fossero degli occhi che la fissavano controllandone ogni singolo movimento, attendendo solo il momento giusto per tenderle un’imboscata.
“Eccomi!” Vedendo  finalmente Mel correre nella sua direzione, tirò un sospiro di sollievo. “Scusami tanto tesoro, Soren mi ha chiamata via Skype…”
La salutò con un sorriso velato di tristezza, lei non poteva vedere Edward con nessuno dei mezzi oggi a disposizione. “Come sta?”
“Bene. Ha detto che gli manco e ti manda i suoi saluti.”
“Grazie.”
“Andiamo?” La prese per mano e la trascinò di corsa raccontandole per filo e per segno tutto quello che doveva sapere per iniziare il suo nuovo lavoro. Le cose si erano messe velocemente sulla buona strada e considerate le referenze della ragazza, nessuno aveva espresso parere negativo. Oltre tutto non era facile trovare qualcuno disposto a lavorare alla reception dell’associazione.  Anche con la carenza di posti di lavoro molti non se la sentivano di aver a che fare con spiriti, sensitivi, ombre di defunti e via dicendo.
 
I giorni passavano lenti e sonnacchiosi, il nuovo impiego era riuscito a farle tornare un po’ di serenità e qualche sorriso sulle labbra. Finché un giorno, poco dopo l’ora di pranzo, ricevette alcuni pacchi di candele usate per le sedute spiritiche. Nel riporle negli armadietti, si imbatté in un cofanetto pieno di pietre energetiche, stranamente aperto. Fra di esse riconobbe una di quelle pietre usate da Mel per evocare lo spirito del Duca Harringhton, il nonno di Edward. La sfiorò con la punta delle dita e come per incanto nella sua mente ricomparvero i momenti vissuti quella sera: le parole confuse del nonno e quelle agrodolci del nipote. Non era riuscita a scoprire nulla dello spirito maligno di cui Edward le aveva raccontato, l’unica certezza era che da quando portava quell’anello al dito niente era mai più accaduto. O l’amuleto funzionava perfettamente o era tutto una bufala.
Lo accarezzò e nella sua testa iniziò a formarsi un’idea: se quell’oggetto era così potente da averla resa invisibile allo spirito violento per tutto quel tempo, poteva tornare a Swanlake Palace senza correre rischi. Se non esisteva nulla di pericoloso, era comunque al sicuro. Che sciocca a non averci pensato prima! Quanto tempo aveva lasciato andare via inutilmente!
Era ora di tornare a Swanlake Palace, era stata fin troppo lontana da quel luogo. Si, non appena terminato l’orario di lavoro, sarebbe andata laggiù.
 
 
 
Giunse davanti al grande cancello della villa, era come fare un viaggio a ritroso nel tempo fino a quel pomeriggio in cui scoprì il ritratto nascosto che aveva iniziato a piangere davanti ai suoi occhi. L’erba del parco circostante stava spuntando di nuovo dopo l’inverno e fra i deboli fili si intravedevano le macchie di colore dei primi fiori primaverili. Salì le scale esterne per ritrovarsi davanti al portone con i battiti del cuore in continuo aumento. Lo aprì e guardò all’interno con circospezione: era tutto come ricordava, la polvere, l’umidità, l’abbandono… La grande scalinata era lì come ad invitarla a raggiungere il piano superiore dove lui la stava aspettando.
Spinse la porta ed entrò.
Come fu ai piedi delle scale, iniziò a guardarsi attorno: l’aria portava con sé qualcosa di strano, si sentiva osservata come accadeva da quando era rientrata dalla Danimarca. Era una sensazione angosciante, si voltava in ogni direzione al mimino rumore, fosse stato anche solo uno scarafaggio che andava a nascondersi.  Non era come l’altra volta, allora le uniche presenze erano quelle soprannaturali, ora c’era dell’altro. Le avevano detto di non tornare lì e anche l’ultima volta qualcosa aveva indotto lei e Mel ad andarsene. Ma non ce la faceva più, troppo tempo era trascorso dall’ultima volta in cui aveva incrociato i suoi occhi con quelli di Edward. Salì su per le scale con i battiti del cuore al limite dell’infarto e giunse al corridoio che conduceva al salone del caminetto. Guardò entrambe le direzioni alla sua destra e alla sua sinistra, il vento entrava dai vetri rotti causando un fischio sinistro e inquietante.
Dai, è solo il vento.
Si avvicinò a piccoli passi verso il salone, inspirò profondamente e afferrò la maniglia.
Aprì la porta e, come pose lo sguardo nella stanza, vide che era tutto semi distrutto.
Sembrava che un uragano si fosse scatenato lì dentro!
Fece un passo all’interno del salone e qualcuno la colpì alla testa.
Cadde a terra priva di sensi.
 
Chi c’era lì?
 
Chi l’aveva colpita?
 
 



 
Ciao a tutti! : )
Premetto subito che non sono per niente convinta di questo capitolo, quindi se non vi è piaciuto, avete ragione. Pochi colpi di scena, poche novità…. Diciamo che è il tramite verso le battute finali della vicenda.
Ringrazio comunque voi che siete giunti sin qui e ringrazio in particolare Drachen e eppy che con i loro commenti mi fanno volare in alto.
E ovviamente chiunque voglia lasciare due righe!
A presto
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 16
*** Tra le grinfie del pericolo ***


 

Quando riaprì gli occhi non si rese perfettamente conto dove si trovava. Avvertiva solo un gran dolore alla testa ed aveva come l’impressione che qualcosa o qualcuno le impedisse di muovere braccia e gambe.
Non c’era molta luce in quell’ambiente, o erano i suoi occhi a funzionare male? Le furono necessari alcuni secondi per iniziare a focalizzare: ricordava di essere tornata a Swanlake Palace per incontrare Edward, o meglio, per rivedere il suo ritratto, era salita su per le scale fino a raggiungere la porta del salone del caminetto. E poi?
“Buongiorno farfallina.”
Quelle parole le gelarono il respiro, quella voce non poteva non riconoscerla.
Iniziò a guardare in ogni direzione con gli occhi pieni di terrore nella speranza di essersi sbagliata, che tutto quello che credeva di aver udito era dovuto alla botta che aveva preso in testa.
E invece no, lui uscì dall’ombra. “Ti sei svegliata finalmente.” Aveva i capelli sporchi ed arruffati, la barba lunga e gli stessi occhi perversi che ricordava. Emanava del cattivo odore, i lembi dei jeans erano fangosi così come le scarpe e sulla maglia che indossava c’erano delle macchie. Era forse sangue?
“E’ un vero piacere rivederti, streghetta mia.”
Dalla bocca della ragazza paralizzata dal terrore uscì un suono strozzato non ben definibile, non riusciva a pronunciare quel nome.
“Spero non ti sia dimenticata di me Daisy, io non l’ho fatto per un solo istante.” Garrett si sedette sulla sedia vicino alla poltrona sulla quale aveva legato la ragazza visibilmente terrorizzata. “E da un bel po’ di tempo che non ci vediamo e per due come noi la cosa è alquanto insolita.” La sua bocca si piegò in un sorriso sadico. “Quelli che stanno insieme si frequentano di solito, non credi?”
Daisy tremava come una foglia, nella sua mente c’era sempre quel sogno ricorrente che la torturava ricordandole che l’uomo davanti a lei aveva ucciso e che lo avrebbe rifatto senza esitazione. Non ci voleva molta fantasia nell’immaginare chi poteva essere la sua prossima vittima.
Si sedette accanto a lei e con le dita iniziò a percorrere il suo braccio sinistro coperto solo da un maglioncino di lana leggera. “Non vuoi raccontarmi niente? In questi due mesi avrai pur fatto qualcosa di interessante…” La sua attenzione cadde sull’anulare della mano sinistra della ragazza. “E questo? Davvero bello, particolare direi.” Sfiorò la pietra incastonata sull’anello che Edward le aveva donato. “Di’ un po’, era di tua nonna o qualcuno ha svaligiato un rigattiere per regalarti una simile anticaglia?”
Daisy tentava di divincolarsi ed evitare che lui le sfilasse l’anello dal dito, ma non era semplice liberarsi da quelle corde che la tenevano stretta e le impedivano di difendersi. “Non….non provare a-a toccarlo…” A fatica riuscì a pronunciare quelle poche parole.
“Perché? Te lo ha forse regalato un altro?” Con le dita disegnava cerchi sul dorso della sua mano. “Lo sai che appartieni al sottoscritto, forse te lo sei dimenticata? Dovevi dirlo anche a lui che sei di mia proprietà e che se non si fa da parte potrebbe farsi male.”
Daisy continuava a muovere la mano nonostante il dolore al polso, voleva liberarsi ad ogni costo! Garrett capiva che per lei quel gioiello significava molto, non ci pensò su due volte, glielo sfilò con violenza e lo gettò in un angolo della stanza. La ragazza lo avrebbe preso a calci se solo le sue gambe non fossero state immobilizzate.
“Fa male separarsi da qualcosa di prezioso, vero farfallina? Credi sia stato felice di vederti andare via da me per gettarti fra le braccia di un pezzo di merda?”
Il suo viso si avvicinò pericolosamente alla punta del suo naso. “Ero certo che saresti tornata qui prima o poi, perché lui ha a che fare con questo palazzo, io lo so bene. Tu non vuoi dirmelo, ma ho capito che quel finocchio maledetto di Edward ti ha portata a letto quella sera.” Le sputò in faccia. “Tu sei solo una schifosa puttana e come l’hai fatto con lui, ora lo fai con me. Ma questa volta detto io le regole, farfallina.” Cominciò a leccarle la faccia, baciarla, morderla dappertutto, palparla con quelle mani viscide in ogni centimetro.
Dalla bocca di lei uscivano solo urla disperate, richieste di aiuto.
Chi poteva sentirla lì, in quel palazzo abbandonato in mezzo al bosco?
 

FACCIAMO UN SALTO INDIETRO DI UN PAIO DI ORE
 

Mel era per l’ennesima volta in videochat con Soren.
“Cosa?!” Si alzò dalla poltrona facendo quasi cadere a terra la web cam. “E me lo dici così?!”
“Come dovevo dirtelo? In danese non lo avresti capito.” Si mise a ridere.
“Cioè, mi stai dicendo che vieni a vivere a Londra?!” Prese in mano la web cam come se fosse materialmente Soren.
“E’ molto probabile ma non ho ancora la certezza. Ho avuto una prima risposta dalla Carlsberg e a breve sosterrò un colloquio per quel posto di rappresentate della nostra birra nazionale in Inghilterra di cui ti parlavo l’altra settimana.”
“Dio mio, sarebbe fantastico.” Si accasciò sul divano.
“Se tutto va bene, mi trasferisco ad inizio estate, così potrai portarmi a passeggiare lungo il Tamigi al tramonto o magari ad ammirare il panorama dal London Eye…” Le lanciò un bacio.
Mel si stava letteralmente sciogliendo. “Fai finta di essere già lì.”
“E se non ottengo il lavoro, verrò ugualmente, che ne dici?”
La ragazza stava per piangere dalla gioia. “Vieni quando vuoi, anche domattina.”
“Ehi, non farmi proposte azzardate, lo sai che sono pazzo e imprevedibile. Potrei davvero prendere il primo aereo per Londra e suonarti il campanello domattina con due cornetti caldi caldi…”
Mel non trattenne più le lacrime: era la prima volta che si sentiva amata davvero. Soren non era rimasto per niente impressionato dallo scoprire che era una medium e che aveva a che fare con gli spiriti dei defunti, anzi trovava la sua attività estremamente interessante ed avevano trascorso intere giornate a chiacchierare dell’argomento. Per questo si era innamorata di lui nel giro di poco tempo, per questo anche lui non aveva esitato un istante nel rubarle un bacio alla seconda uscita ufficiale insieme.
 
A malincuore si salutarono, la ragazza accarezzava quello schermo come se potesse accarezzare lui. In quei momenti si rendeva conto di quanto fosse difficile stare lontano dalla persona amata e di quanto dolore portasse nel cuore la sua amica Daisy. Lei aveva una minima possibilità di costruire un futuro con Soren, per l’altra tutto era avvolto nel dubbio e nel mistero.
Prese il telefono e compose il numero di casa sua: non rispondeva, forse era sempre presso Spirithon. Provò a chiamarla pure lì ma le comunicarono che se n’era andata già da un paio di ore. La chiamò infine al cellulare: squillava ma nessuno rispondeva. Provò ad insistere per una decina di volte, possibile che non lo sentisse? Afferrò le chiavi dell’auto e scese: era pronta a scommettere che si trovava in pericolo. Chiamò un’ultima volta: partì subito la segreteria, il cellulare era stato spento. La sua amica era sparita nel nulla, le sue percezioni extra sensoriali le lasciavano pochissimi dubbi. Avvisò immediatamente la polizia, temeva che dietro tutto questo ci fosse quel pazzo di Garrett. Assieme a due agenti, Mel entrò in casa di Daisy per verificare che non fosse lì e individuare qualche indizio che li conducessero a lei. L’appartamento era deserto, nell’aria però c’era una delicata fragranza che la ragazza riconobbe velocemente: era quel profumo che avevano acquistato a Copenaghen, si erano ripromesse di utilizzarlo solo in occasioni speciali.
Come un’illuminazione Mel vide un libro sul comodino: era il libro su Edward Harrighton e capì subito che Daisy era andata a Swanlake Palace per rivederlo. Gli agenti non sembravano crederle, ma vista l’insistenza andarono a fare un sopralluogo nell’antico palazzo.
Ed effettivamente l’auto di Daisy fu rinvenuta nei pressi del cancello della residenza degli Harrighton. Furono chiamati i rinforzi, c’era l’altissima probabilità che quello fosse anche il nascondiglio di Garrett.
Mel fu invitata a tenersi a debita distanza mentre tutti gli agenti sopraggiunti circondavano l’edificio. Sentivano delle urla provenire dal piano superiore e dopo rapidi cenni d’intesa fecero irruzione.
 

ALTRO PICCOLO SALTO TEMPORALE
 

Poco prima, nei boschi circostanti Swanlake Palace, Edward passeggiava senza una meta come ormai faceva da due mesi. Aveva visto le foglie spuntare sugli alberi e i primi fiori primaverili sbocciare dopo l’inverno, aveva visto rinascere tutto tranne la speranza di poter coronare un giorno il suo sogno d’amore. Gli spiriti dei suoi familiari gli avevano detto che Daisy era rientrata dalla Danimarca, lui però non aveva avuto il coraggio di presentarsi a lei, temeva infatti che Millstone potesse individuarla e colpirla. Per quanto male provasse, doveva dirle addio definitivamente. Si sedette ai bordi del laghetto osservando una coppia di germani indaffarati nella costruzione del nido. In fondo alla sua anima provava una lieve punta di invidia per quei pennuti…
All’improvviso una folata di vento gli scompigliò i capelli, alzò la testa e sospeso sull’acqua vide lo spirito della nonna.
“Edward, lei è qui ed è in pericolo.”
Si alzò di scatto. “Come-cosa?!”
“E’ venuta a cercarti, ma quel mortale violento ha trovato lei. La giustizia terrena è già corsa in suo aiuto, ma l’ha già individuata anche Millstone.”
“Non è possibile… L’anello..”
“Le è stato tolto da quel mascalzone. Il tramonto giungerà presto Edward, hai quaranta minuti di tempo prima che lo stargate muti il tuo aspetto. Se vuoi tentare di fare qualcosa, va’ adesso! Stai attento però, questa volta io e tuo nonno non interverremo in tuo soccorso, delle forze più potenti ce lo proibiscono e già non avrei dovuto avvertirti di quanto sta accadendo.”
Si inchinò davanti a lei. “Non temete nonna adorata, farò l’impossibile per salvarla. Sapete quanto la amo e non mi tirerò indietro davanti a niente e nessuno. Ne va del mio onore.” Si batté un pugno sul petto, era di nuovo il suo cuore a suggerirgli cosa fare.
Si precipitò verso il palazzo correndo come un disperato. Sentì le sue urla provenire dal piano superiore non appena fu in prossimità della villa e, sfruttando i  suoi lievi poteri, si portò all’esterno della grande finestra della stanza dentro cui Daisy era fra le grinfie di Garrett.
Soltanto la percezione della presenza della polizia lo trattenne dallo sfondare i vetri e prendere a pugni quell’essere indefinibile. Ma prima o poi l’avrebbe fatto, oh si che l’avrebbe fatto! Non si meritava altro.
 
 
*     *     *      *


 
Ciao a tutti e milioni di ringraziamenti a voi che siete giunti fin qui.
Chi non muore si rivede, ed ecco il nostro Garrett a darci acidità di stomaco. Sarà la volta buona che ce lo leviamo di torno? E che ne sarà di Daisy? Edward starà a guardare o farà qualcosa di strabiliante?
Vi do appuntamento al prossimo capitolo, a presto!
E mi raccomando, recensite!
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 17
*** Per amore di lei ***




“Garrett Groove è là dentro. Al mio tre facciamo irruzione, mi raccomando massima rapidità e attenzione, c’è anche la ragazza.”
Gli agenti erano pronti: “Uno, due, tre!”
L’azione fu di una velocità impressionante: in una frazione di secondo fecero irruzione sfondando con un calcio la porta e bloccarono a terra il ragazzo che, preso dalla violenta passione riversata su una Daisy impotente, non ebbe il tempo di realizzare che lo stavano per acciuffare. Due agenti dal volto coperto gli piombarono addosso sbattendolo a terra, con gli arti superiori bloccati dietro la schiena e la faccia schiacciata sul pavimento. Tentava di liberarsi dalla loro presa bestemmiando e imprecando, ma quei due erano una massa di muscoli che rasentavano i 90 kg di peso ciascuno e sbatterli a terra non era impresa facile. Tenendolo sempre immobilizzato, gli misero le manette ai polsi: la sua latitanza era finita.
Daisy non aveva mosso un muscolo da quando un agente l’aveva liberata, paralizzata dal terrore di ciò che le sarebbe potuto accadere se la polizia non fosse arrivata in tempo. Fissava un punto imprecisato del soffitto con occhi vitrei, aveva le mani prive di forza e il suo respiro si andava lentamente regolarizzando. Il pericolo era svanito, questa volta davvero.  Il suo maglioncino presentava solo pochi segni di lacerazione causati da un’arma da taglio, tutto si era fermato lì e Garrett era stato preso prima che iniziasse a spogliarla e farle chissà cosa.
Sotto la poltrona furono rinvenuti oggetti appuntiti, bastoni, un coltello, una corda, bottiglie di birra vuote, alcune delle quali rotte e resti di cibo. Tutto ciò confermava le indiscrezioni della polizia: quello era  stato il suo nascondiglio degli ultimi due giorni, lì voleva colpire di nuovo e lo avrebbe fatto se una serie di circostanze non avesse condotto a Swanlake Palace le forze dell’ordine che ormai erano sulle sue tracce.
 
Dall’esterno Edward non si era perso per un solo istante quanto accaduto e si sentì enormemente sollevato nel constatare che almeno uno dei pericoli che minacciavano la sua amata era scomparso.
Mancava poco meno di mezz’ora al tramonto del sole.
Daisy scese le scale ancora frastornata e non appena fu all’esterno dell’edificio fu travolta dagli abbracci di Mel: vederla sana e salva era un sollievo indescrivibile reso ancor più bello dall’immagine di Garrett ammanettato e portato via dall’auto della polizia.
“Questa volta mi hai veramente fatta preoccupare.” Mel piangeva, aveva seriamente temuto per la vita dell’amica.
“E’andata…. Ora lui è nel posto in cui si meritava di stare.”
L’abbracciò di nuovo. “Perché sei tornata qui? Sapevi che era pericoloso.”
“Si…” I suoi occhi si rattristarono. “Lui mi manca, non ce la faccio più a stargli lontano, mi capisci, vero?  Mi sarebbe bastato anche solo accarezzare il suo ritratto, non immaginavo proprio di trovarci… quello.”
La capiva eccome: anche lei sentiva terribilmente la mancanza di Soren. “Tesoro…” Le accarezzò i capelli. “proprio non riesci a togliertelo dalla testa..”
Fece segno di no. “E’ più forte di me, lo amo troppo.”
Si abbracciarono strette, Mel si sentiva morire dentro poiché niente poteva fare per la sua amica, era impotente e questo proprio non le andava giù.
“Signorina, credo sia meglio che si rechi in ospedale per un controllo medico.”
“Oh, non si disturbi, sto bene… Sono solo un po’ scossa ma non è niente.”
“Daisy, credo sia meglio tu vada.”
Non ne aveva voglia, Mel insisteva e il commissario pure. Voleva allontanarla da quel luogo, sentiva infatti presenze nell’aria e temeva che le minacce fossero ancora  dietro l’angolo.
“Ti faccio tornare qui domani mattina solo se vieni con me dal medico.” La sua faccia era praticamente uguale a quella di una mamma premurosa e severa.
Sospirò e sorrise. “E va bene, hai vinto.”  Il volto dell’amica si illuminò e la prese per mano invitandola a salire in auto e allontanarsi da quel luogo. Il cielo si tingeva attimo dopo attimo dei riflessi del tramonto. Tutti i poliziotti avevano già abbandonato l’area.
Daisy afferrò la maniglia per aprire la portiera dell’auto e in quel momento si rese conto di non avere più l’anello di Edward al dito. “Mel, devo tornare dentro.” Scappò via in un lampo.
“Ehi! Ma cosa…?!”
“Ho dimenticato una cosa importantissima! Poi ti spiego!”
“Daisy!! Torna indietro!!” Alzò gli occhi al cielo, a volte era più testarda di un mulo. Provò a richiamarla nel vano tentativo di farla desistere, ma la vide scomparire nel portone d’ingresso del palazzo. Sospirò di nuovo e scuotendo la testa, si accomodò dentro l’auto e per ingannare il tempo dell’attesa iniziò a chattare con Soren.
 
La ragazza entrò con un enorme nodo alla gola, tutto il luogo emanava sempre un inquietante fascino. La luce del tramonto entrava dalle grandi finestre creando ombre quasi surreali. E un’ombra si frappose fra lei e il sole.
“Cosa fai ancora qui?”
“Ma chi..” Mise una mano davanti agli occhi per proteggerli dalla luce accecante e lo riconobbe. “Oh, Edward sei tu.”
La guardava, finalmente dopo settimane interminabili poteva rivedere il suo unico scopo di vita. Dio, com’era bella illuminata dalla calda luce del tramonto! Il suo cuore aveva subito una brusca accelerata non appena gli occhi ne avevano scorto la sagoma entrare nell’ampio ingresso. Le sue gambe tremavano dall’emozione e le sue braccia lo imploravano di accoglierla, stringerla, baciarla, amarla; ma non poteva, non con quelle sembianze, anzi doveva allontanarla da quel luogo ad ogni costo e il dolore che sentiva nascergli nel cuore era più lacerante di una pugnalata data a tradimento. “Cosa fai ancora qui?” Incalzò.
“Devo riprendere una cosa.” Si mosse in direzione della scala.
“E’ pericoloso.”
“Lo so ed è proprio per questo che devo recuperare quell’oggetto.” Poggiò il piede sinistro sul primo gradino e il ragazzo l’afferrò per un braccio.
“Ferma. E’ più sicuro se mi aspetti qui, vado io a recuperare l’anello.”
Daisy si bloccò voltandosi lentamente verso di lui. “Come fai a sapere che si tratta di un anello?” Fissandolo negli occhi ebbe il terrore di scorgervi la verità.
Edward non rispose, si era appena reso conto di essersi tradito da solo, vittima dell’euforia di averla rivista dopo tanto tempo. Lasciò la presa dandole modo di proseguire e raggiungere la stanza in cui era stata trattenuta da Garrett. Entrò e un brivido le gelò la schiena, nella sua mente gli istanti vissuti poco prima si visualizzarono l’uno dopo l’altro come le diapositive di un film horror di cui lei era la malcapitata protagonista. Respirò profondamente ed osservò la stanza per tentare di ricostruire gli attimi in cui le era stato tolto l’anello e individuare dove poteva essere stato gettato. La luce proveniente dall’esterno era sempre meno intensa, doveva far presto se davvero voleva recuperarlo.
Edward l’aveva seguita senza fare rumore, maledicendosi per quelle parole che poco prima gli erano sfuggite di bocca.
Sicuramente Daisy avrebbe voluto delle spiegazioni.
 
“Sei ancora qui?” La ragazza lo vide. “Che fai, mi segui?”
Restò un attimo in silenzio. “Controllo che non ti accada niente.”
“Non ho bisogno della guardia del corpo, sono grande abbastanza per cavarmela da sola.”
“Forse, ma non dimenticare che certi pericoli possono essere invisibili ai nostri occhi.”
Daisy si fermò, mosse due passi verso Edward e lo osservò con circospezione. “Di invisibile e nascosto c’è molto, l’ho capito bene. Forse potresti darmi tu qualche delucidazione.” Piegò l’angolo destro della bocca. “Sbaglio?”
Restò muto e immobile sulla soglia, aveva davvero capito tutto?
Continuò ad osservarla mentre si riportava al centro della stanza andando avanti nella ricerca del prezioso oggetto. Le parve infine di scorgere qualche cosa brillare in un angolo nascosto da un’elegante stufa di ceramica coperta di polvere. Si avvicinò e scorse l’anello nella semi oscurità. Il cuore le batteva forte, allungò la mano per afferrarlo. Ancora pochi istanti e lo avrebbe avuto di nuovo al dito. Stava per sfiorare la pietra con l’indice, quando qualcosa le afferrò il polso paralizzandole l’intero braccio. Lì, in quell’angolo, non c’era niente di visibile dall’occhio umano.
Fuori il disco solare iniziava a calare dietro le colline circostanti la villa.
La ragazza cacciò un urlo, non riusciva più a controllare il braccio! E lentamente quello strano torpore andava diffondendosi nel resto del suo corpo e i suoi piedi si staccarono dal pavimento. L’anello, suo unico mezzo di salvezza, era lì per terra e si allontanava dalla punta delle sue dita attimo dopo attimo man mano che quella forza misteriosa la sollevava in aria. Avrebbe voluto gridare, peccato che la voce le morisse in gola, anch’essa paralizzata da quel qualcosa di invisibile. Non appena Edward si rese conto di ciò che stava accadendo, si precipitò nella sua direzione per liberarla da quella presa invisibile e pericolosissima. Riuscì solo a sfiorarla con la punta delle dita, Daisy si trovò in una frazione di secondo con la schiena sbattuta sul soffitto a più di tre metri dal pavimento.
Inarrivabile.
I suoi occhi imploravano aiuto, iniziava pure a respirare male, quel vigliacco di Millstone la stava soffocando lentamente. C’era lui dietro tutto questo, Edward non aveva dubbi. Fissava Daisy negli occhi, quegli occhi che lo avevano fatto innamorare follemente, quello sguardo in cui si era perso mentre dall’alto del Tower Bridge si scambiarono il loro primo vero bacio, quelle labbra che si erano schiuse in un delicato timido sorriso al loro primo incontro e che ora erano aperte per tentare di accaparrarsi quel po’ di aria necessaria a non soccombere. Daisy si stava spegnendo davanti ai suoi occhi, sospesa a mezz’aria da uno sporco Millstone che da perfetto codardo aveva preferito colpire un’innocente che suo malgrado si era ritrovata vittima di trame oscure più grandi di lei.
Con le ultime forze recuperate chissà dove, la ragazza mosse le labbra nel tentativo di pronunciare Edward, aiutami e quel gesto disperato gli fece mandare al diavolo tutte le raccomandazioni di suo nonno: si alzò in aria fino a raggiungerla, impose le mani sui suoi polsi generando un fortissimo calore e in un attimo tutto scomparve. Prese la ragazza in braccio prima che cadesse con violenza a terra e la mise seduta.
Tossiva e respirava male, ma era viva. Si passò una mano fra i capelli e poggiò indietro la testa, inspirò profondamente per riprendere piano piano le sue funzioni vitali dopo il grande spavento. Aprì gli occhi e nella penombra vide il suo salvatore. Realizzò poi il modo in cui l’aveva salvata e nel suo cuore quel dubbio sulla sua vera identità si faceva sempre più certezza.
Edward non aveva aperto bocca, capiva benissimo che Daisy ormai aveva scoperto il suo segreto.
La cosa che però lo fece piombare nell’abisso fu la risata di Millstone che risuonò sinistra nella sua mente.
 
Bravo eroe! Avete salvato la vostra amata e così siete caduto nella mia trappola come un allocco! Che delusione Signor Duca, una volta vi stava più a cuore la vostra persona che una semplice donnetta da portare a letto per deliziare i vostri sensi come avete fatto con mia figlia! E’ finita, caro Harringhton, è finita. Ci vediamo all’inferno!
 
Millstone gli aveva teso una trappola! Aveva preso in ostaggio Daisy perché lui corresse in suo aiuto manifestando la sua vera natura e inducendo la ragazza a scoprire tutto. La conseguenza era ciò che temeva: l’incantesimo di suo nonno si sarebbe spezzato e all’apertura dello stargate sarebbe tornato per sempre nella sua epoca, avrebbe dovuto dire addio per sempre alla sua amata Daisy e sarebbe andato incontro al destino dal quale tentava disperatamente di fuggire da mesi. Insomma, per farla breve tutti gli sforzi compiuti da lui e dalla sua famiglia per nasconderlo si erano vanificati un istante.
Esisteva però un’ultima possibilità: finché Daisy non avesse avuto la totale certezza della sua vera identità, niente sarebbe accaduto. Doveva raccontarle ancora sporche menzogne in modo tale che restasse sempre nel dubbio: solo così poteva sperare di salvarsi e restare nel presente.
 
Non aveva fatto i conti con lo scorrere del tempo: il sole lanciò l’ultimo bagliore sulla campagna inglese prima di scomparire sotto l’orizzonte.
In quel momento il corpo del ragazzo venne avvolto da una strana luce.
Daisy chiuse gli occhi  per non restare accecata da quel bagliore.
Quando li riaprì, vide.
 
La verità era venuta fuori.
I dubbi non esistevano più.
Millstone aveva vinto.
 
 
*   *   *   *   *   *   *
 
 
Ciao bella gente!
Ecco il momento che molti di voi stavano aspettando. Lo stargate si è aperto davanti agli occhi di Daisy che ha visto la metamorfosi di Edward capendo tutto. Come vi è sembrato? Spero di non avervi delusi e sarei immensamente felice di ricevere i vostri commenti su questo capitolo e magari le vostre impressioni su quello che potrà succedere ora che il mistero è stato quasi del tutto svelato.
Grazie di cuore a tutti voi che siete giunti fino qui! <3<3<3<3
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 18
*** La verità fra le dita ***


 
Edward era immobile al centro della stanza, non sapeva se aprire bocca, se parlare, cosa dire, cosa fare. I suoi occhi si stavano lentamente spegnendo nella consapevolezza che tutto era finito e che molto presto il destino gli avrebbe presentato il conto. I suoi muscoli erano paralizzati, in particolare il cuore: come avrebbe reagito Daisy di fronte alla verità? Di fronte a tutto quello che le aveva tenuto nascosto ed alle bugie che aveva dovuto raccontarle? Non aveva il coraggio neanche di guardarla in faccia, si sentiva un verme che non meritava altro che finire schiacciato dal masso della vergogna per essere caduto in un vortice di menzogne raccontate all’unica persona che era stato in grado di amare. Una lacrima scese dai suoi occhi.
 

 
E’ finita, stavolta è finita sul serio.
Mi ha teso una trappola quell’infame ed io ci sono caduto.
Cos’altro avrei potuto fare?
Vederla soffocare davanti ai miei occhi?
Anche il tempo si è ritorto contro di me, quel tempo che ho attraversato per sfuggire al mio destino…
Bene tempo, hai vinto.
Presto tornerò da dove sono venuto, ti ripercorrerò all’indietro e ti prenderai la tua rivincita.
Che motivo ho per restare ancora qui?
Avrei potuto rispondere “lei”, ma posso farlo ancora? Le ho raccontato solo balle fin ora, sporche balle e menzogne.
Le ho sempre taciuto tutta la verità e nonostante ciò lei mi ha amato in modo semplice e disinteressato, lanciandosi in una situazione al limite del possibile e finendo per cadere nelle trame di un nemico pericoloso che ne ha messo a repentaglio l’esistenza.
E tutto per colpa mia.
Questo mi uccide più di ogni altra cosa: non ho paura di affrontare Millstone nel passato, ho solo paura di averla persa per l’eternità.
Le ho spezzato il cuore e questo per me vale più di una condanna a morte.
Forse avrei dovuto pensarci prima, non mi sarei dovuto innamorare di lei.
Ma chi può mettere a tacere un amore così travolgente come quello che ha invaso me?
Amore mio, ti prego, di’ qualcosa!
Il tuo silenzio mi spaventa, dimmi qualcosa, dimmi che ti faccio schifo, che sono un essere immondo per tutte le cazzate che ti ho raccontato, per tutto quello che non ti ho detto!
Ti prego, parla!
Fa’ qualcosa! Lanciami addosso qualsiasi cosa, insultami, prendimi a calci e pugni!
Scarica su di me tutta la rabbia che ti ho scatenato col mio silenzio, ma non restare immobile come una statua!
Mi fai paura!

 
 
Daisy era rimasta seduta sulla poltrona con lo sguardo perso nel vuoto, immobile: dunque era quella la verità, le si era materializzata davanti agli occhi. Ogni pretesto di camuffarla sarebbe stato inutile: ora lei sapeva. Edward, il suo amato e meraviglioso Edward non era altro che quel tipo dall’aria un po’ strana che un giorno era entrato nel negozio intrufolandosi lentamente nelle loro vite, quel tipo impassibile ed enigmatico che sosteneva di essere nativo del Somerset e di conoscere bene la storia del giovane Harringhton. Beh, di questo non vi era alcun dubbio a questo punto. Nel cuore lei sentiva che le cose stavano più o meno a quel modo, ma fino a che la verità non si era materializzata davanti ai suoi occhi, nutriva sempre un minimo dubbio su quello che poteva nascondersi dietro il suo grande amore e su quel misterioso Edward che tanto sapeva e mai parlava.
 

 
I miei dubbi erano esatti allora…
Sono la stessa persona.
Perché?
Perché?
Perché, amore mio, non mi hai detto nulla?
Non ti fidavi di me?
Credevo che il nostro amore fosse sincero e non fondato su un mare di bugie e cose non dette.
Mi sono sbagliata dunque.
Dalle braccia di un pazzo maniaco, mi sono lanciata fra quelle di un falso bugiardo.
Eppure sembrava tutto vero, tutto quello che hai fatto pareva sincero, ero sicura che ti venisse dal cuore.
Ed ora chi mi dà la certezza che non sia stata presa in giro?
Che sotto doveva esserci per forza qualcosa di paranormale lo sapevo bene, speravo però di essere degna della tua fiducia.
Forse c’è dell’altro?
Cosa nascondi ancora?
C’è qualcosa di inquietante che non vuoi dirmi?
Perché ti sei presentato a me con due facce?
Perché non sei stato sincero?
Quanto ancora puoi essere falso?
 
 
Sentì una lacrima rigarle il volto, era stata presa in giro dall’uomo che sosteneva di amarla più della sua vita. E adesso? Se lui le avesse dato spiegazioni, sarebbe stato sincero? Poteva fidarsi dopo tutte le menzogne raccontatele?  C’era dell’altro dietro quella faccia d’angelo?
Si alzò nonostante la debolezza delle gambe, la stanza era quasi totalmente buia e preferiva lasciare quel luogo una volta per tutte. Anche con il cuore in frantumi.
Si avvicinò alla porta e come afferrò la maniglia, Edward la bloccò. “Aspetta.”
Finalmente aveva trovato il coraggio di dire qualcosa. “A questo punto ti devo delle spiegazioni.”
Ingoiò il nodo che le si era formato in gola. “Non è detto che le voglia.”
“Daisy, ti prego…” La sua voce tremava, stava per scoppiare in lacrime.
“E chi mi assicura che sia la verità?”
“Il fatto che ormai non ho più nulla da perdere.”
La ragazza si voltò, nella penombra vide il suo volto distrutto.
Poteva essere in grado di mentire uno in quelle condizioni?
Respirò profondamente ed acconsentì a restare lì per ascoltare ciò che doveva dirle.
“La mia vicenda parte dal 1866, quando in una notte umida feci la più grande cazzata della storia della mia famiglia: mi ubriacai e portai a letto Louise, la figlia del nemico giurato degli Harringhton, sir Jacob Millstone. Sapevo che lei aveva un debole per me, ma ero sempre riuscito a trattenermi proprio a causa dell’astio esistente fra di noi. Purtroppo quella sera persi la lucidità e feci ciò che non avrei mai dovuto fare. Da quel momento fui costretto a  vivere come un ricercato, i fratelli di Louise mi avrebbero fatto a pezzi… Ancora non mi rendevo conto di quanto grave fosse stato il mio atto inconsulto, lo capii solo alcune sere dopo, quando lo spirito di mio nonno venne a farmi visita nel sottotetto del mio palazzo nel Somerset. Mi rivelò l’esistenza di un’antica maledizione scagliata sulla nostra dinastia fin dai tempi del Medio Evo, il cui apice sarebbe stato raggiunto nel momento in cui due appartenenti alle famiglie in questione sarebbero andati a letto insieme. La fine a cui sarei andato incontro sarebbe stata di un’atrocità indescrivibile e per darmi l’opportunità di salvarmi la pelle e l’anima, mio nonno ha trovato il modo di farmi viaggiare nel tempo e nascondermi nel futuro. Ho attraversato lo stargate che mette in collegamento la dimensione degli spiriti  dei defunti con quella dei viventi e sono giunto fin qui. E’ stato grazie a questo passaggio che  ho acquisito dei poteri particolari: posso fluttuare in aria ed attraversare pareti come uno spirito pur avendo conservato il mio corpo concreto. In realtà io non sono morto e non posso essere definito un fantasma a tutti gli effetti, lo sono a metà. Il mio aspetto fisico muta ogni qual volta sorge e tramonta il sole, cioè nei momenti in cui si apre lo stargate e questa dimensione entra in contatto per pochi istanti con quella dell’al di là: durante le ore di oscurità assumo il mio vero volto, poiché è durante la notte che appartiene agli spiriti, che la mia parte sovrannaturale prende il sopravvento. Durante le ore di luce assumo sembianze diverse, tutto per non creare scompigli spazio-temporali, in fondo io non appartengo a quest’epoca.”
Aveva parlato come un fiume in piena, Daisy aveva ascoltato con attenzione la sua storia che sembrava inventata, come la trama di un romanzo ottocentesco.
“Ti costava così tanto dirmelo?”
“Non potevo, lo avrei fatto se solo avessi potuto….”
“Che vuoi dire?”
 “Vedi, se qualcuno avesse scoperto il mio segreto, tutto sarebbe finito.”
“Cioè?”
“Il prodigio operato da mio nonno si sarebbe interrotto e tutto sarebbe tornato come prima. Ed è ciò che accadrà: al sorgere del sole tornerò nel 1866 per sempre andando incontro al mio destino.”
Si voltò verso di lui osservando il suo volto nella fioca luce di una candela accesa. Le uscì un flebile filo di voce. “Come?” Sentì una fitta dolorosissima al cuore.
“Quando ho deciso di mostrarmi a te con il mio vero aspetto, l’avevo fatto solo per tentare di distogliere la tua attenzione da Garrett. Lui non ti meritava, non era l’uomo giusto per te, era arrogante, prepotente….un vero figlio di puttana. Ho faticato molto nel trattenermi, soprattutto quando ho visto come ti trattava.” Strinse i pugni.  “Una notte, poco dopo la vostra rottura, quando ti aveva presa a schiaffi sotto i miei occhi, l’ho incontrato. Gli ho sputato addosso tutta la rabbia che covavo dentro e ci siamo presi a pugni. Credeva di mettermi k.o. ma gliel’ho fatta pagare cara.” Piegò lievemente le labbra. “Sai, nel passato anche io consideravo le donne come oggetti per soddisfare il piacere dell’uomo ed è stato grazie a te che ho capito tutti i miei errori. Mi hai cambiato facendomi crescere e diventare un uomo nuovo, forse migliore, sicuramente meno codardo di prima. Quando ti ho conosciuta, sei stata come un raggio di sole che mi ha aperto gli occhi, non c’è voluto tantissimo perché mi innamorassi di te. E credimi, non mi era mai capitato prima… Quando mi sono reso conto che non ti ero indifferente, credevo di sognare…” La sua voce era rotta dalla commozione. “Gli attimi vissuti in tua compagnia sono stati i più belli della mia vita e non immagini neanche il terrore che ho provato quando mi sono accorto che Millstone ti aveva presa di mira.”
“Allora è lui quello spirito violento.”
“Si. L’anello che ti ho donato non era solo la promessa del mio eterno amore, era anche l’unico amuleto efficace per non farti individuare da lui. Dovevo stare anche io lontano da te perché non ti scovasse, per questo ho tentato di allontanarti. Poi Garrett ha fatto quel che ha fatto e quel bastardo di Millstone mi ha teso una trappola nella quale sono caduto come un idiota. Per non lasciarti soffocare da quell’infame, sono dovuto uscire allo scoperto.” Si fermò un istante. “Il resto lo sai.”
Daisy aveva ascoltato tutto con attenzione e con il cuore sbriciolato. Si sentiva vuota dentro: in sintesi lui si era sacrificato per salvarle la vita. Se fosse stato un falso bastardo e il suo amore fosse stato solo un pretesto per scopare e divertirsi, un tale gesto non avrebbe avuto senso. L’avrebbe lasciata al suo destino rimpiazzandola velocemente con un’altra. E invece no. Pur di non vederla soccombere, era uscito allo scoperto in un momento di lucida follia, salvandole la vita e condannandosi con le sue stesse mani.
Nella fioca luce che avvolgeva la stanza, percepiva il suo respiro interrotto da piccoli singhiozzi. Cosa temeva? Di tornare nel passato? Della fine che lo attendeva?
“Forse ….è meglio così.” Con un filo di voce Edward aveva rotto quel silenzio colmo di tensione.
“Così come?”
“Ho fatto tanti errori nella mia vita ed è giusto che paghi. Ho sbagliato nel passato ed ho continuato nel presente, ma se c’è una cosa che non rimpiangerò mai è l’averti amata. Sapevo che sarebbe stato quasi impossibile per noi vivere una storia normale, mi sono illuso di poterlo fare invece, nonostante la consapevolezza che prima o poi sarei dovuto tornare da dove sono venuto. Non so se potrai mai perdonarmi per tutto questo.” Fece una breve pausa. “Ti ho illusa sul nostro amore perché  non volevo arrendermi al destino e forse l’unico modo che ho per poter sperare di incontrarti ancora è farmi ammazzare da Millstone e diventare un fantasma. Potrò vedere il tuo viso e accarezzarti come fossi un alito di vento senza dovermi nascondere e raccontarti altre stronzate… E allora forse sarò felice e in pace con me stesso: non sarò più causa di vergogna per nessuno, avrò pagato per gli errori commessi e conserverò in eterno la gioia di aver conosciuto te e di averti amata più della mia stessa vita. E forse di essere stato capace di salvarmela all’ultimo minuto.”
Daisy si asciugò una lacrima. “Allora è tutto finito? Non c’è più niente da fare?” Il cuore le faceva male, era un dolore mai provato prima. Anche lei lo amava in fondo e il solo pensiero che quelle di fronte erano le ultime ore che poteva trascorrere con lui la devastava letteralmente.
Edward allungò una mano per accarezzarle il volto, si fermò a pochi millimetri dalla sua pelle. “All’alba me ne tornerò nel mio tempo, non posso più fuggire. Prometto che non appena sarò diventato uno spirito verrò da te. Quando sentirai un alito di vento accarezzarti i capelli, sappi che sarò io.” Le infilò l’anello al dito. “Vorrei che tenessi questo come mio ricordo.”
Osservò il gesto di Edward che le teneva la mano mentre il prezioso gioiello tornava lì dove doveva stare. In quegli attimi fu invasa da sensazioni di dolore e angoscia miste a malinconia e disperazione, come se da un momento all’altro l’aria a lei necessaria per vivere dovesse mancarle, come se il pavimento sotto i suoi piedi stesse per aprirsi in una voragine infernale nella quale sarebbe precipitata senza via di scampo. Guardò l’anello, poi rivolse lo sguardo e lo lasciò annegare negli occhi di Edward.
Stava per perderlo per sempre, il solo pensiero la uccideva.
Era talmente provata da tutto quello che aveva sopportato nelle ultime ore che stava per impazzire. Prima Garrett, poi la scoperta della sua vera identità, il suo racconto e l’agghiacciante prospettiva di vederlo scomparire dentro uno stargate.
Scoppiò in lacrime, si alzò, uscì dalla stanza e si precipitò giù per le scale.
 
 
 
 


Hello my dear friends!
Daisy è scappata via sconvolta. Cosa potrà fare adesso? Tornerà a Londra con Mel lasciando Edward al suo destino o farà dietro front?
 
E’ forse la prima volta (o quasi) che ammetto di essere soddisfatta del capitolo.
C’è il succo della vicenda che sto portando avanti da ormai quasi una ventina di settimane. Manca poco alla fine e spero con tutto il cuore che vogliate continuare a seguirla. Vedo che leggete e la cosa mi riempie di entusiasmo, se potessi verrei ad abbracciarvi uno ad uno per ringraziarvi!
Se vi è piaciuto, commentate! Altrimenti…commentate lo stesso!
Vi aspetto
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 19
*** L'ultima notte ***


“No-no-no-noo!! Ti prego, no!” Mel, seduta nell’auto di Daisy, scuoteva di continuo il cellulare come se quel gesto potesse evitarne lo spegnimento a causa della batteria quasi del tutto scarica.
“Ti pregoooo! Resisti ancora un po’!”  L’apparecchio lanciò l’ultimo segnale prima di spengersi definitivamente. “Morto.” Sospirò.
Aveva chattato ininterrottamente con Soren senza curarsi di tutto il resto e non si era resa conto della notte scesa attorno a lei, sola in auto in mezzo al bosco. Si guardò attorno, non c’era anima viva, udiva solo qualche animale notturno. Si faceva impressionare poco, visto che aveva a che fare con gli spiriti, però trovarsi in quella situazione la metteva un po’ a disagio. Aprì il cassetto porta oggetti e prese una piccola torcia, quella luce le diede coraggio.
Guardò l’orologio. “Ma che ore sono?...Perchè Daisy non è ancora tornata?”
Accese l’auto e si portò davanti al cancello della villa illuminando coi fari il parco.
Aprì la portiera, l’aria era piuttosto fresca quella sera. Tentò di illuminare la zona circostante per sincerarsi di non ricevere sorprese poco piacevoli. Osservò Swanlake Palace: come per incanto vide che su ogni finestra e lungo la scalinata di accesso erano comparse delle fiaccole, esattamente come quando nel passato c’erano degli eventi speciali. Sussultò, era tutto terribilmente suggestivo oltre che inquietante. Che stava succedendo là dentro?
Come un fantasma scorse una sagoma barcollante a lei familiare: Daisy stava avanzando a piccoli passi verso l’uscita.
 
La ragazza era sconvolta: nel giro di poche ore ne aveva passate talmente tante da bastarle per il resto dei suoi giorni. Era uscita dall’edificio con l’intento di staccarsi da quei luoghi che tanto significavano per lei, aveva bisogno di aria fresca per tentare di riordinare le idee e decidere cosa fare. Non appena aveva poggiato il piede sull’erba del prato del palazzo, fu colta dallo sconforto: l’amore in cui credeva davvero era giunto al capolinea. Non per colpa sua o di Edward, ma per colpa di un nemico contro il quale non v’è possibilità di vittoria: il destino. E stava  fuggendo come una vigliacca.
 
 
La verità: eccola finalmente…
L’ho cercata a lungo, l’ho sfiorata ed ora ce l’ho qui fra le mani.
Che strana sensazione di vuoto..
E’ come se non avessi più una meta verso la quale camminare, come se la terra sotto i miei piedi fosse svanita nel nulla.
Eppure dentro di me io lo sapevo, sapevo che lui era l’altro.
Tante piccole cose me l’avevano fatto capire, il mio cuore lo sentiva.
Ed ora che anche i miei occhi l’hanno visto, cosa devo fare?
Fuggire?
Si portò una mano sul cuore.
Perché sento questa fitta dolorosa?
Perché mi sento così piena di amarezza?
Guardò le sue mani, guardò l’anello.
Forse perché è tutto finito?
Edward sta per andarsene per sempre.
Stupida che non sei altro, Daisy!
Ti ci vuole così tanto a perdonarlo?
Perdonalrlo per cosa?
Per averti salvato la vita rinunciando alla propria?
Sei una perfetta stronza.
Tornerà da te sotto forma di alito di vento, te l’ha detto…
Ed è questo che vuoi?
Vuoi gettare via così le ultime ore che puoi trascorrere fra le sue braccia concrete?
 
Una lacrima uscì dai suoi occhi e le cadde in mano. Le strinse ed ingoiò l’ennesimo nodo che la stava strangolando. Alzò gli occhi annegati nelle lacrime e vide una sagoma avanzare verso di lei.
 
“Daisy!” Mel si avvicinò a passo svelto verso l’amica e l’abbracciò. “Santo Cielo, mi hai fatto prendere un accidente! Ma ti rendi conto di quanto tempo sei stat….” Si interruppe d’un botto non appena la vide in volto: aveva la faccia di chi si è visto passare davanti una vita intera, era distrutta. “Che è successo là dentro?” Chiese con un filo di voce.
La ragazza alzò lo sguardo incrociando gli occhi preoccupatissimi dell’altra. “Io… devo tornare indietro.”
“Che vuol dire? Che è successo? Perché devi tornare là?”
“Domani ti racconto ogni cosa.” Ingoiò una lacrima. “Ora torna a casa, ti chiamo io quando sarà tutto finito.”
“Finito cosa? Daisy! Daisy, torna qui!” Era già scappata. “Ah, a volte è più testarda di un mulo.” Scosse la testa, salì in macchina e tornò a casa come le aveva chiesto non prima di aver gettato di nuovo lo sguardo verso Swanlake Palace. Era preoccupata per l’amica, ma nutriva in lei una profonda fiducia e nel suo cuore sapeva che non avrebbe fatto altre follie.
 
Nel frattempo Edward era nel salone del caminetto per  prepararsi a tornare nel suo tempo. Aveva spostato tutti i suppellettili distrutti dalla furia di Millstone, voleva spazio per il grande passo che stava per compiere.
Il suo ritratto, cioè lo stargate, era stato riposizionato nella sua originale collocazione dalla quale lo aveva strappato poco dopo il suo arrivo mesi addietro. Lo fissava in silenzio con occhi pieni di amarezza.
Daisy era fuggita.
Lo odiava?
Certo, non poteva sperare che fosse entusiasta di tutte le balle che si era sentita raccontare e lui per primo si faceva schifo per essere stato falso e bugiardo nei confronti dell’unica donna che avesse mai amato.
Era giusto così in fondo: doveva pagare per tutti gli errori commessi e il momento di farlo era giunto.
Aveva fatto comparire fiaccole e candele all’interno del palazzo e in tutta l’area circostante, quelle flebili luci gli erano sempre piaciute e gli infondevano serenità, ora più che mai ne aveva bisogno. Si passò le mani fra i capelli, sistemandoli in modo ordinato per prepararsi a tornare nel suo mondo in cui doveva prestare moltissima attenzione al suo aspetto esteriore, ne andava del suo onore e del suo decoro. Si aggiustò gli abiti e si sedette infine per terra, di fronte al ritratto, in attesa dell’alba con gli occhi annegati nell’amarezza, inchiodati in quelli spavaldi dell’altro Edward che lo guardava da quella cornice.
 
Deficiente.
Stupido.
Non ne combini una giusta.
Sai cacciarti solo nei guai e mettere in pericolo gli altri.
Farà bene Millstone a farti a pezzi, non ti meriti altro.
 
Ad un tratto si sentì chiamare. Non era la voce degli spiriti della sua famiglia, ma quella più bella che potesse mai aver sentito.
Sognava? No, l’aveva udita di nuovo! Si alzò di scatto e si precipitò in cima alla scalinata: lei era lì in fondo, era tornata. Con un sorriso velato dalle lacrime.
Senza dire una sola parola si lanciarono l’uno nelle braccia dell’altra, stretti in un abbraccio che voleva spezzare le catene del tempo, che voleva andare oltre ogni limite, perché il loro amore era talmente profondo e puro da abbattere tutte le barriere, comprese quelle dello spazio e del tempo.
Edward affondò il volto nei suoi capelli corvini, incapace di trattenere le lacrime: se Daisy era tornata indietro, lo aveva perdonato. Il suo respiro era rotto dai singhiozzi, si sentiva come un bimbo piccolo che trova conforto dopo un grande spavento.
Anche lei piangeva, il suo cuore la rassicurava di aver fatto la scelta giusta: non poteva andarsene gettando via le ultime ore che poteva trascorrere con lui. Il rimorso l’avrebbe divorata in eterno. Portò una mano sulla leggera stoffa che gli copriva la schiena e cominciò a massaggiare su e giù, affondando il viso nel delicato profumo di fresca rugiada che l’aveva conquistata fin dal primo istante.
I due si guardarono in faccia con gli sguardi annebbiati dalle lacrime, Daisy gli accarezzò il viso strappandogli un sorriso.
“Davvero pensavi me ne fossi andata?”
“Avresti avuto tutte le ragioni del mondo, sono stato uno stronzo bugiardo.”
“Ho capito perché l’hai fatto…” Una lacrima scese disegnandole il profilo della guancia.
“Ma ti ho mentito e così ho tradito la tua fiducia.”
“Cosa vuoi che me ne importi? Io non voglio perderti Edward, non posso lasciarti andare così…. Ti amo troppo….”
La guardò negli occhi con un’intensità tale che sembrava scandagliarle l’anima. Avvicinò le sue labbra a quelle di lei e la baciò cercando di trasmetterle tutto l’amore che scorreva in ogni sua parte. Daisy afferrò la stoffa della sua camicia sfilandogliela dai pantaloni ed intrufolando la mano su per la schiena per accarezzare ogni centimetro della sua pelle calda e morbida. I movimenti delle dita provocarono brividi che accesero in lui un violento incendio di passione. Portò velocemente le labbra sul collo della ragazza e cominciò ad imprimervi baci sempre più desiderosi di esplodere in qualcosa di più profondo.
Il respiro di entrambi si faceva più forte attimo dopo attimo, quella era l’ultima notte che il destino concedeva loro e l’avrebbero trascorsa amandosi fino all’ultimo secondo. Non c’era bisogno di dirselo a parole, la cosa era fin troppo evidente. La strinse più forte fra le braccia, si sollevarono in aria e raggiunsero la stanza che era stata la camera da letto del ragazzo per tutta la sua permanenza nel presente.
Edward si stese sopra di lei, i loro occhi erano inchiodati gli uni sugli altri, non potevano stare lontani quella notte. Daisy afferrò i lembi della camicia e gliela sfilò in un secondo, percorrendo con le mani ogni centimetro del torace del ragazzo il quale, per tutta risposta, la liberò dei jeans con la stessa rapidità. Iniziò ad accarezzare la sua pelle calda e morbida come velluto scatenando all’interno della ragazza una miriade di sensazioni piacevoli.
Lei infilò una mano nei pantaloni di Edward, cercando, accarezzando, godendo di ogni centimetro di pelle che sentiva scivolare sotto le dita. Lui si fece scappare un piccolo gemito di piacere, un respiro, poi un sussulto. Era totalmente preda di quanto scatenato dall’essere meraviglioso che gli aveva rubato il cuore e l’anima.
Riprese a baciarla sul collo, alla base dell’orecchio, mentre la sua mano si intrufolava sotto il maglioncino facendole il solletico e spingendosi lentamente sempre più su fino a raggiungere il reggiseno. Lì si fermò, temeva di ferirla in qualche modo spingendosi oltre un limite senza il suo consenso. Daisy non ci pensava minimamente, con Edward era tutto nuovo e meraviglioso e non aspettava altro che diventare una cosa sola con lui. Si slacciò il reggiseno e afferrò la mano di lui perché con il suo calore coprisse ogni centimetro della sua pelle, perché la facesse sentire davvero donna, davvero importante, degna insomma di vivere fino in fondo quegli attimi perfetti con lui. Gli abbassò i pantaloni, senza allontanare le labbra dalla sua pelle dal profumo inebriante.
Con le gambe lo teneva ancorato al suo corpo, voleva gustarsi ogni istante restando a strettissimo contatto con lui. Prima lui, poi lei si sussurrarono un’interminabile serie di ti amo. Cos’altro potevano dirsi di più dolce e meraviglioso? In quelle due parole c’era tutto e il contrario di tutto.
Rapidamente tutti i pochi indumenti che ancora avevano addosso finirono sul pavimento. L’aria risuonava dei loro respiri, dei loro baci appassionati, delle loro carezze straripanti di amore e solo un essere insensibile poteva restare indifferente nel pensare che quelle erano le ultime ore che quei due innamorati potevano trascorrere insieme. Anche il tempo sembrava avere pietà di loro. Avvolti dalle fresche lenzuola di lino, si amarono senza curarsi di niente e di nessuno, stretti in un abbraccio più forte del destino che li voleva separati per l’eternità, persi l’uno nell’altra per non abbandonare niente ai rimpianti di un qualcosa che non sarebbe più tornato. Si amarono una, due, tre, mille volte senza pensare che l’alba era attimo dopo attimo più vicina.
 
E così fu: dalle grandi finestre iniziava a filtrare la luce del nuovo giorno, mancava poco allo spuntar del sole e quindi all’apertura dello stargate che avrebbe riportato Edward nel 1866 per sempre.  
“Fra poco sorgerà il sole.” Volse lo sguardo verso l’esterno.
Daisy aveva un enorme nodo che le strangolava la voce. “Ti prego amore mio, resta con me….” Lo afferrò per le spalle, accarezzandole dolcemente.
“Non sai quanto vorrei.” La baciò. “Non posso più oppormi al destino, ma non ho rimpianti perché ho incontrato te che mi hai accettato per quello stronzo che sono stato e questo è il dono più prezioso che abbia mai ricevuto nella mia vita sciagurata.”
Dagli occhi della ragazza iniziarono a scendere lacrime amare.
“Ascoltami, noi ci rivedremo, non so quando né sotto quale forma, ma ci rivedremo. Non appena sarò morto tornerò da te.” Prese ad accarezzarle i capelli nel vano tentativo di consolarla. “Questa non è una semplice promessa, è un giuramento.”
“Non andartene … ti prego Edward…”
Non sopportava di vederla piangere per causa sua, il tempo scorreva e il momento dell’addio era sempre più vicino e l’attimo in cui sarebbe stato inghiottito dallo stargate le avrebbe procurato un dolore talmente forte da distruggerla per il resto della sua vita. Doveva evitarglielo ad ogni costo.
L’ultimo atto d’amore nei suoi confronti le avrebbe risparmiato la visione del suo viaggio senza ritorno: la baciò e come per incanto la ragazza sprofondò nel sonno.
“Dormi amore mio, non posso sopportare oltre di vederti piangere per causa mia. Dormi e cerca di trovare la tua serenità, rifatti una vita e sii felice, io ti sarò sempre vicino come un alito di vento.” La baciò sulla fronte un’ultima volta prima di uscire da quella stanza e andare incontro al destino.
 
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *     
 
 
Quando ore dopo Daisy si svegliò, il letto era vuoto accanto a lei.
Il sole splendeva alto sul cielo d’Inghilterra, l’aria era calda e piacevole, ma nel suo cuore infuriava una tempesta di gelo senza precedenti.
Si raccolse sul letto in cui si erano amati, poggiò la testa sulle ginocchia e pianse lacrime amare.
 
A quel punto non le restava che chiamare Mel perché venisse a prenderla.
 
 
 


 
Ciaoooo!!! : )
Voglio semplicemente urlare un GRAZIE a tutti quelli che hanno recensito (Fantfree, eppy e PFantasy Efp) ed apprezzato il capitolo precedente e un GRAZIE a tutti voi che avete inserito la storia fra le seguite/preferite/ricordate.
 
Immagino sarete d’accordo sul dietro front di Daisy… Edward però se n’è andato per sempre.
Ci sarà ancora qualche sorpresa?
Vi aspetto venerdì prossimo per il gran finale e, mi raccomando, recensite!
 
Un abbraccio
La Luna Nera

 

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Capitolo 20
*** Oltre lo spazio. Oltre il tempo. ***


Tre mesi erano trascorsi da quei giorni in cui passato e presente si erano presi per mano in una danza fuori dal tempo. La verde primavera aveva lasciato il posto alla gialla estate, con le schiere di turisti provenienti da tutto il mondo ad affollare Londra. Sembrava che la vita avesse pian piano ripreso a scorrere normalmente, con i suoi ritmi, i suoi alti e bassi, i suoi sogni e desideri per il futuro. Qualcosa però nell’aria era destinato a cambiare: Mel da alcune notti percepiva segnali importanti che le disturbavano il sonno. E Daisy? Era rimasta con i cocci del suo cuore su quel letto, aveva raccontato tutto all’amica la quale non aveva potuto far altro che abbracciarla per tentare di consolarla.
Da quella notte infatti di Edward nessuno aveva più avuto notizie, nessun contatto, nessun segnale dall’al di là.
Garrett era stato condannato a trent’anni di galera e messo in isolamento per evitargli il linciaggio da parte degli altri carcerati. Almeno una notizia positiva!
 
 
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 

 

 
Mel & Soren
Oltre lo spazio
 

Mel dormiva beata fra i cuscini dal color della notte, con un braccio penzoloni che sfiorava il pavimento e i capelli arruffati.
Tic-tac, tic-tac,tic-tac…. Driiiiin!!
“Ahwm…. Si ora mi alzo, solo cinque minuti…” Spense la sveglia e si girò dall’altra parte.
Dopo altro tempo imprecisato un nuovo rumore le disturbò il sonno: questa volta non era la sveglia, ma il cellulare. Allungò la mano per afferrarlo, aprì un occhio sbadigliando e maledicendo chiunque le avesse rotto le scatole con quel messaggio. La sua bocca si piegò in un sorriso quando lesse il nome del mittente: Soren. Aprì il messaggio: Amore mio, il momento che tanto aspettavamo è arrivato: sto per imbarcarmi sul volo per Londra. Fra un paio di ore sarò da te.
Mel balzò sul letto come una molla cacciando un urlo: ecco perché aveva puntato la sveglia a quell’ora! Soren si sarebbe trasferito definitivamente a Londra e sarebbe dovuta andare a prenderlo all’aeroporto! E si era riaddormentata come una poppante!
Panico.
Aveva la casa praticamente sottosopra per la serata che aveva organizzato con Daisy e un paio di amiche, doveva assolutamente rendersi presentabile e soprattutto doveva arrivare in aeroporto entro un paio di ore affrontando il traffico cittadino.
Scese dal letto, non prima di esser finita con il viso sul pavimento a causa del piede che le era rimasto incastrato fra le lenzuola, si precipitò in bagno infilando sotto la doccia fredda per aiutarsi ad abbandonare il regno di Morfeo più velocemente possibile, si affacciò in cucina con lo spazzolino da denti ancora in bocca e si maledisse: sul tavolo ancora c’erano piatti, bicchieri, tovaglioli, bottiglie di birra vuote, un paio di cartoni da pizza con qualche crosta mangiucchiata…. Prese uno di quei sacchi da immondizia enormi e ficcò tutto quanto dentro. Spalancò le finestre per far uscire l’aria pesante che stazionava nell’appartamento, si armò di scopa e spazzolone tentando di rimediare al disordine più rapidamente possibile.
La lancetta dell’orologio si muoveva troppo velocemente per i suoi gusti…
Si precipitò di nuovo in camera da letto: tolse le lenzuola riducendole ad un fagotto che di lì a poco sarebbe finito dritto dritto in lavatrice, ne mise di pulite e diede un’altra veloce occhiata all’orologio.
“Cavolo cavolo cavolo, è tardissimooo!”
Aprì l’armadio, mise la prima cosa che le capitò sotto mano, afferrò chiavi di casa e dell’auto e volò in strada.
Normalmente impiegava quasi un’ora per raggiungere l’aeroporto, forse sarebbe riuscita ad arrivare in tempo! Dribblando con l’auto come un centravanti, uscì dal traffico cittadino con la consapevolezza che se una pattuglia l’avesse fermata poteva dire addio alla patente per il resto dei suoi giorni. Giunse fuori dal centro abitato e prese la superstrada che l’avrebbe condotta allo scalo internazionale.
Dopo alcune curve si trovò imbottigliata in un ingorgo apparentemente senza via di fuga.
“E ora che diavolo c’è?!” Scese dall’auto con i nervi a fior di pelle.
“Tranquilla bella signorina.” Un signore di mezza età le venne incontro.  “Si è solo ribaltato un camion che trasporta oche. Nel giro di un’ora dovremmo ripartire.”
“Cosa?! Un’ora?!” Si mise le mani fra i capelli. “Ma io non posso attendere un’ora! Dovrei già essere in aeroporto!” Alzò gli occhi e vide sfrecciare un aereo che si stava preparando ad atterrare. Controllò l’orologio:  aveva la quasi totale certezza che Soren si trovasse a bordo di quel bestione, mentre lei era lì a poca distanza intrappolata da un branco di maledetti pennuti starnazzanti caduti chissà perché sulla strada proprio quel giorno.
“Via, via, via maledetti pennuti! Toglietevi di mezzo!” Tentava di spingere le oche fuori dalla carreggiata per poter ripartire prima possibile. Come lei altre persone si adoperavano per liberare la via improvvisandosi “guardiani di oche”. Qualcuna di loro non gradiva e si lanciava all’attacco con le ali ed il becco spalancati emettendo quel caratteristico soffio. Nel frattempo era sopraggiunto anche un carro attrezzi per recuperare il camion ribaltato, mentre un nuovo mezzo era atteso per trasportare gli animali all’allevamento verso cui erano diretti.
Acciuffare tutte le oche non fu impresa da poco, ce n’erano alcune spaventate a morte che pur di non farsi acciuffare si erano dileguate con il rischio di finire sotto le ruote delle altre auto, altre forse stordite che si fecero rinchiudere nelle gabbie alla svelta…. Insomma, quella sembrava più un’aia rurale piena di pennuti e contadini che una superstrada con uomini d’affari e automobilisti inferociti per l’imprevisto.
Gli sforzi collettivi furono premiati e nel giro di un’ora poco più, Mel poté rimettersi al volante e raggiungere l’aeroporto.
Consultò il tabellone degli arrivi. “Landed…. Lo sapevo… Non voglio più vedere un’oca in tutta la mia vita!” Si diresse correndo verso il terminal dal quale erano sbarcati i passeggeri provenienti da Copenaghen, dribblando di nuovo come un centravanti tutte le persone che affollavano lo scalo londinese. Il suo stomaco iniziava a brontolare, non aveva mangiato niente per tentare di recuperare tempo e tutto si era rivelato inutile. “Terminal 5, finalmente!” Ancora pochi passi e i suoi occhi si riempirono di stelle: Soren era seduto su una poltroncina con accanto la sua mega valigia mentre sfogliava una rivista, bello come il sole. Col fiato corto fece gli ultimi passi verso di lui, stava per chiamarlo, quando inciampò nei lacci delle scarpe e cadde a terra.  Rialzò la faccia e si ritrovò quel luminoso sorriso danese a dieci centimetri da lei.
“Ben…. Ben arrivato….”
Soren si mise a ridere e l’aiutò ad alzarsi. “Credevo mi avessi abbandonato.”
“Cosa?! Non pensarlo nemmeno per scherzo!”
“Ti ho avvisata quando sono partito. Hai ricevuto il mio messaggio?”
“Certo, è solo che per strada sono rimasta bloccata per un’ora a causa di un camion ribaltato e….” Osservò la sua faccia. “Non mi credi vero?”
“Si-si, ti credo…” Stava per scoppiare di nuovo a ridere.
“E allora perché hai quell’espressione?”
“Scommetto che non ti sei svegliata.”
“Cosa te lo fa pensare?”
“Le tue scarpe ad esempio.”
“Perché?” Mel guardò i suoi piedi: indossava una converse nera ed una rossa. “Ah….”
“Stai lanciando una nuova moda?” Le accarezzò i capelli, quei capelli ricci fra i quali moriva dalla voglia di annegare.
“….scusa… ieri sera abbiamo fatto tardi, ho trovato davvero traffico per strada e poi lo sai che mi piace dormire…”
“Certo che lo so, sei la mia meravigliosa bella addormentata.
“E tu il mio principe azzurro che mi sveglia con un bacio?”
Non chiedeva altro, la baciò come desiderava da troppo tempo. La lontananza che avevano sofferto era finalmente solo un ricordo.
“Non mi sembra vero che sei qui.” Mel lo baciò di nuovo con gli occhi lucidi.
“Te l’avevo promesso. Anche se non ho ottenuto il lavoro, sarei venuto qui ugualmente. Troverò qualcos’altro da fare, Londra è una città piena di occasioni” le accarezzò il volto “e poi morivo dalla voglia di vedere il tramonto con te lungo il Tamigi.”
“Beh, allora andiamo. Vorrai mica arrivare in ritardo?”
“Non è ancora presto?” Osservò l’orologio.
“Si, ma non vuoi passare da casa prima? Che so, vuoi fare una doccia?”
Soren piegò le labbra nel sorriso tipico di chi ha capito il messaggio nascosto.
La strinse forte a sé, poi recuperarono i bagagli e si  avviarono abbracciati verso la loro nuova vita insieme. 
 


 
   
*      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *      *
 
 
Daisy & Edward
Oltre il tempo
 
 
Daisy si rigirava nel letto, era da quasi una settimana che non riposava bene a causa di strani sogni che la agitavano. Forse era tutto per i sensi di colpa che la tormentavano da quando aveva provato ad uscire con alcuni ragazzi nella speranza di dimenticare Edward… Possibilità alquanto remota e fin ora senza esito.
Eppure quei sogni erano strani, anche Mel glielo aveva confermato: c’era qualcuno che tentava di contattarla dall’al di là per comunicarle qualcosa.
Che fosse lui ormai deceduto e in procinto di tornare da lei? In fondo era ciò che le aveva promesso: non appena diventato uno spirito, sarebbe venuto a scompigliarle i capelli sotto forma di alito di vento.
Ma qualcosa non quadrava: la voce non era di Edward, c’erano alcune parole, parti di frasi e discorsi che non erano compatibili con questa ipotesi. E anche quella notte nella sua mente echeggiavano le stesse parole..
 
Lui c’è.
 
Tornato…. Sempre…
 
Da te…. Da te…
 
Lui è qui.
 
…Palace…
 
Lui è qui!
 
Chi era quel “lui”? Chi era tornato?
Si era svegliata di soprassalto, l’ultima frase era stata scandita con voce forte e imperiosa. Si mise una mano sul cuore, le batteva forte. Aveva l’impressione che quella voce appartenesse al nonno di Edward e che volesse spingerla a tornare a Swanlake Palace per un qualche motivo a lei ancora sconosciuto.
 
Si alzò da letto e come ogni mattina, diede il buongiorno all’immagine di Edward che aveva sul comodino.
Lui è qui le diceva….
Che Edward fosse davvero tornato?
Quella notte si era scatenato un violentissimo temporale, con fulmini che avevano reso satura di elettricità l’aria di Londra e dintorni. Anche il notiziario del mattino ne stava parlando: il fenomeno era insolito, gli scienziati stavano formulando le ipotesi più assurde e catastrofiche per dare una spiegazione, non per ultima l’imminente fine del mondo. La cosa che invece fece aumentare notevolmente i battiti cardiaci alla ragazza fu l’apprendere che la maggior parte dei fulmini si era concentrata nella zona attorno a Swanlake Palace.
Ancora quel luogo… Che fosse tutto collegato?
 
Con mille dubbi nella testa e miliardi di paure, due giorni dopo si fece coraggio e tornò là, dove aveva lasciato il suo cuore, dove nell’arco di poche ore le erano successe tante di quelle cose da poterle bastare per il resto dei suoi giorni.
Il maestoso cancello era lì ad attenderla, imponente ed elegante, lo spinse ed entrò nel parco della villa: l’erba era verde e l’aria tranquilla. Salì le scale esterne con il cuore in gola, quanto poteva essere doloroso tornare lì sapendo che lui non c’era! Con la mente tornò a quell’assolato pomeriggio in cui scoprì il ritratto, la chiave del mistero orbitante attorno alla scomparsa del giovane rampollo di casa Harrighton, che di lì a poco le avrebbe rubato anima e cuore.
Sentiva qualcosa di insolito nell’aria, qualcosa che prima, quando Edward c’era sempre, mancava. Le pareva di percepire qualche strana presenza, eppure la villa sembrava deserta, gli unici rumori erano il canto degli uccelli nel boschetto circostante. Sempre stando sul “chi va là” salì la scalinata in marmo anch’essa intrisa di ricordi. Man mano che avanzava le stranezze aumentavano, l’aria sapeva di fresco, vi percepiva una fragranza delicata che conosceva bene: era il profumo di Edward, lo avrebbe riconosciuto fra miliardi. Che davvero fosse tornato?
Si affacciò titubante nel salone del caminetto e anche lì tutto era sottosopra. Il ritratto era appeso al muro, bellissimo, e quella visione le fece scorrere una piccola lacrima sul viso. Davanti al camino stavano due poltrone semi mangiucchiate dai topi e i resti di un tavolino rotto, le grandi finestre erano socchiuse e lasciavano entrare la delicata brezza estiva che faceva ondeggiare brandelli di tende.
Chiuse la porta e proseguì la sua ricerca. Verificò anche in altre stanze fino a che giunse nella camera che fu di Edward. Lì si erano amati quella notte, su quel materasso si erano giurati amore eterno, lì al suo risveglio si era ritrovata sola. L’aria era intrisa del suo profumo, come se lui fosse presente, come se non se fosse mai andato!
Il letto era fatto, c’era uno scendiletto con delle scarpe accanto, degli abiti ammucchiati sulla sedia, abiti contemporanei maschili non certo quelli in uso nell’800. Qualcuno si era stabilito lì, ma in quel momento non c’era anima viva.
Si sedette e si raccolse come un gomitolo, poggiò la testa sulle ginocchia e scaricò tutta la tensione accumulata nel rivedere quei luoghi con un pianto di malinconica nostalgia. Che idiota nel pensare che potesse essere tornato in carne e ossa! Doveva cercarlo fra gli spiriti, non fra i vivi! Quei sogni erano sicuramente frutto della sua immaginazione che non voleva arrendersi all’evidenza: lui non c’era più e non sarebbe mai più tornato nella forma che conosceva.
Restare ancora lì le avrebbe fatto solo male, si asciugò le lacrime, uscì mestamente dalla stanza e si avviò verso l’uscita. Chiuse il portone d’ingresso, accarezzando la maniglia con un Addio per sempre amore mio che faticava ancora ad accettare.
Come fu in fondo alle scale, scorse la sagoma di una persona avanzare verso di lei. Pensò subito che si trattasse di colui che si era stabilito lì e si preparò a scusarsi per essersi intrufolata di nascosto. Man mano che i due si avvicinavano i battiti del cuore della ragazza si facevano sempre più deboli: quel tizio era uguale ad Edward! Stesso viso, stessi occhi, capelli più corti ma dello stesso colore, stessa corporatura…. Non indossava abiti ottocenteschi ma un paio di bermuda in jeans e una T-shirt bianca.
Stava per svenire…
Edward era tornato nel suo tempo, non poteva, non era, insomma…
Non poteva essere in carne ed ossa davanti a lei con un sorriso affogato nelle lacrime! E il sole era ancora alto nel cielo! Si sentì mancare e prima che potesse cadere al suolo, due braccia forti la strinsero. L’aria che respirava era traboccante del suo profumo…
“Amore mio…”
Qualcuno le baciò i capelli.
“Non è possibile…” Un filo di voce uscì dalle sue labbra. “Per un attimo ho creduto che fosse qui…”
“Daisy, sono qui. Sono io!”
“Chi sei tu?” Alzò lo sguardo ancora annebbiato e inchiodò gli occhi in quelli del ragazzo.
“Sono Edward…. Il tuo Edward.”
“Non è possibile…”
“Sono tornato, amore mio. E questa volta per sempre.”
“Non ci credo…. Ora apro gli occhi e tutto scompare…”
“Non stai sognando, sono tornato.”
Si alzò sempre con le gambe tremanti e lo osservò, inchiodò gli occhi in quelle iridi profonde. Poi gli prese le mani, giocherellò con le sue dita, si spostò sui polsi e percorse le braccia del ragazzo fino a posare le mani sulle spalle, esattamente come aveva fatto nel loro primo vero incontro. “Dimmi che non sto sognando.”
Edward la strinse forte a sé, massaggiandole la schiena prima e i capelli poi, le prese infine il viso fra le mani asciugandole le lacrime ed eliminò quell’insopportabile distanza fra le loro labbra.
Dio solo sa la sofferenza provata da quei due giovani nel dover stare separati da una barriera insormontabile. E Dio solo sa quanta felicità adesso stava nei loro cuori.
Finirono ben presto sull’erba del prato in preda ad un’incontrollabile felicità, rotolandosi come due ragazzini che si sono appena scoperti innamorati, divorandosi di baci sotto i raggi del sole che stava calando sulla campagna inglese, cullati dalla brezza della sera e dal canto degli uccelli. Dopo interminabili minuti in cui erano solo prede di un’incontrollabile euforia, si fermarono perdendosi l’uno negli occhi dell’altra, con dei sorrisi stampati in faccia che avevano spazzato via in un istante tutte le paure e la tristezza dei giorni passati.
“Quando sei tornato?”
“Un paio di giorni fa. Ricordi quel temporale pieno di lampi e fulmini? Ho fatto un bel casino per tornare da te, non trovi?”
Rise entusiasta. “E perché non sei venuto a cercarmi?”
“Ogni cosa doveva essere fatta al suo tempo, non potevo sgarrare di un secondo, pena il ritorno nel passato, e nonostante non desiderassi altro, ho dovuto attendere. Mio nonno mi ha confidato che ti avrebbe avvisata del mio ritorno in sogno e che avrei dovuto attenderti qui.”
“Adesso capisco tutto…” Lo baciò di nuovo. “E io che credevo di essermi inventata ogni cosa.”
“Ti avevo promesso che sarei tornato e io mantengo sempre la mia parola, specie se data alla mia ragione di vita.” La intrappolò fra le braccia. “Millstone stava per farmi a pezzi, ma quando si è reso conto che uccidendomi mi avrebbe fatto felice si è fermato.”
“Cosa?”
“Voleva punirmi a tutti i costi e quando ha capito che quello che desideravo era la morte, ha desistito. Più che lo imploravo di uccidermi, più lui esitava. Mi ha soltanto ferito e così iniziavo a veder svanire l’unica possibilità di tornare da te. Non potevo suicidarmi perché un tale gesto avrebbe compromesso la mia anima per l’eternità.”
“E quindi come hai fatto a tornare qui e per giunta non sotto forma spiritica?”
“Il tempo ha avuto pietà.” Baciò le sue mani. “Lo spirito che detiene le chiavi del tempo si è commosso davanti al nostro amore e alla nostra disperazione di dover vivere separati per l’eternità concedendomi di attraversare per l’ultima volta lo stargate senza alcuna possibilità di poter tornare indietro. Ora sono una persona normale al cento per cento, la mia parte soprannaturale è svanita per sempre e non potrò più portarti a spasso sopra i tetti di Londra.”
“Sai quanto me ne importa!” Lo strinse ancora di più a sé. “Quindi resterai per sempre qui con me?”
“Si. Il mio biglietto era di sola andata.” Iniziò a vedere le lacrime negli occhi della ragazza, lacrime di gioia e di incredulità.
“Sai, mi piacerebbe riportare Swanlake Palace al suo antico splendore e stabilirmi qui, in fondo è casa mia. E naturalmente anche tua.”
Gli saltò addosso finendolo di baci e carezze. Ora si sentivano felici, dopo mesi di paure e tristezza finalmente c’era spazio solo per sorridere al futuro.
Il loro amore era andato oltre ogni cosa, persino oltre le barriere del tempo che scorre inesorabile senza lasciare scampo. Il futuro era pieno di luce per loro, un futuro che si era intrecciato col passato riversandosi nel presente.
 
Si chiude qui la storia di Edward, piombato ai nostri giorni sotto forma di fantasma a metà, quella di Daisy che ha trovato l’anima gemella andando a ritroso nel tempo, di Mel e delle sue sedute spiritiche con Soren spesso costretto a svegliarla al mattino a suon di baci.
C’è un altro libro che attende di essere concluso: ricordate Il mistero del giovane Harringhton di cui parlavamo all’inizio? Nessuno seppe più nulla di lui dopo la sua scomparsa, non è stato trovato alcun cadavere e non esiste la sua tomba. I suoi contemporanei e i cultori del mistero non sanno quello che gli è accaduto e continuano ad indagare formulando le ipotesi più improbabili.
Lo cercano fra gli spiriti dei defunti e fra le scartoffie degli archivi, non si sognerebbero mai di cercarlo per le vie di Londra in giro con la sua ragazza!
 
E state pur certi che a volte non tutto il male vien per nuocere.
Parola di Edward Harringhton!

 
 
 

 
AVVISO IMPORTANTE
 
Ciao belli! ; )
Siamo arrivati alla conclusione della storia che spero non vi abbia fatto sbadigliare più di tanto. Vorrei ringraziare ognuno di voi perché senza il vostro appoggio non sarei mai giunta al finale. Magari non è troppo esaltante, ma non me la sono sentita di tenerli separati per sempre.
Vorrei chiedervi un ultimo piccolo favore: avrei in mente un seguito e se la cosa vi incuriosisce, ditemelo, vi prego! A settembre potremmo trovarci di nuovo insieme per altre vicende più o meno surreali e scambiare due chiacchiere fra i colori dell’autunno.
Sarei veramente felice di ricevere un vostro parere sulla storia. Vi aspetto!
Intanto mi prendo una piccola pausa di relax e vado un paio di settimane al mare… A presto!
Grazie di nuovo a tutti
Un abbraccio
La Luna Nera
; *


 
 

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Capitolo 21
*** Avviso / Spoiler ***


Daisy guardò fuori, notò che all’orizzonte si stava preparando un temporale. Le nubi erano scure e minacciose, il vento si faceva attimo dopo attimo sempre più forte e le cime degli alberi ondeggiavano lasciando ogni tanto qualche foglia volare via. “Mica avrai paura di due lampi?”
“Certo che no, ho solo paura che quello non sia un semplice temporale.”
“Che vuoi dire?”
“Non lo so… E’ come se qualcosa stesse per accadere. Forse è solo suggestione, ma…. Non lo so, non mi sento tranquillo.”
 
 
 
 
Ciao a tutti! : )
 
Questa paginetta introdotta dallo spoiler è per tutti voi che avete inserito
“A Ghost in Love” fra le seguite, da ricordare e preferite. Sappiate che il vostro interesse per la mia storia mi ha davvero commossa e se potessi, verrei a ringraziarvi uno ad uno! *_*
 
 
Come qualcuno di voi già sa, ho scritto il seguito delle vicissitudini di Daisy ed Edward e sto iniziando la pubblicazione.
Spero che questo nuovo racconto vi piaccia e vi appassioni. Cercherò di fare del mio meglio e non esitate a farvi sentire! I vostri commenti, suggerimenti e critiche sono i benvenuti! Posso tentare di migliorare solo interagendo con voi.
Vi lascio il link del primo capitolo della storia.
 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2811045
 
Vi aspetto!!!
Grazie a chiunque voglia tornare a Swanlake Palace.
 
Un abbraccio
La Luna Nera.
 

 

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