Attendendo il tuo ritorno

di cremomoni
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Era seduta sul letto che fino a pochi minuti fa occupavano entrambi. E guardava fuori dalla ampia finestra, scrutando i nuvoloni che si stavano addensando all’orizzonte. A quanto pare anche il tempo era dalla sua parte. Si sdraiò e tocco il lato del letto che quella notte aveva ospitato il suo corpo. E si sentì improvvisamente sola.
 
Grory aveva appena minacciato Logan, ma lui non aveva fatto una piega. Anzi, le aveva rivolto un timido sorriso; aveva riempito di lividi il suo ragazzo perché lo credeva colpevole, ora sperava che almeno un pochino lei perdonasse il suo gesto irruento. In fin dei conti quel Grory aveva messo in rete un video che gli aveva fatto ribollire il sangue nelle vene, l’aveva offesa pubblicamente, ed ora la insultava davanti a lui, godendo dell’espressione che si era dipinta sul viso della ragazza. Non sapeva cosa lo avesse spinto ad affrontare quello sconosciuto, o forse lo sapeva bene. Era stata la stessa motivazione che lo aveva spinto ad attaccare Piz con un’inaudita violenza: Veronica non si toccava, chiunque avesse voluto farle del male avrebbe incontrato lui sul suo percorso. Così era stato dall’inizio, da quando entrambi avevano pian piano perso le persone che più amavano, le figure di riferimento, quella normalità apparente che tanto invidiavano ai loro compagni di corso. Senza accorgersene, quel dolore che la morte di Lilly aveva portato con sé li aveva portati ad una sintonia di emozioni che con nessun altro al mondo avrebbero potuto provare. Ma forse si erano convinti che la ricerca della normalità fosse la cosa più giusta da fare.
 
Veronica ricordava con tristezza quel momento. Quello sguardo era stato una sorta di addio con Logan, anche se ancora non lo sapeva. Lui era stato espulso dalla Hearst il giorno stesso, lei stava per partire per il suo stage in Virginia, un sogno che stava per avverarsi, l’FBI. E poi c’era Piz. In silenzio aveva notato gli sguardi di quel giorno, aveva compreso il gesto di Logan che aveva tentato di difendere Veronica nell’unico modo che forse conosce, mettendo a rischio se stesso.
 
Erano usciti nel cortile. O forse sarebbe meglio dire che Piz ce l’aveva trascinata. Ci sarebbero state le ultime ore di lezione, poi sarebbero iniziate le vacanze estive. Veronica era in pieno scombussolamento mentale. “Cosa diamine gli è preso, lo espelleranno…. E poi? Cosa farà? Ma perché si è andato a cacciare in questo guaio?!?! Cioè, so perché l’ha fatto… siamo alle solite… uno - mi feriscono, due - lui mi difende, tre -il mio cervello non è in grado di spostare l’attenzione da lui… anche adesso che Piz mi sta parlando, mi sta chiedendo qualcosa, ha a che fare con…”
«…il video?»
«Come scusa?» gli chiese Veronica, ritrovandosi improvvisamente all’esterno ella mensa, alla luce del sole, senza sapere come ci si fosse ritrovata.
«L’ha fatto per via del video?» le chiese Piz con aria preoccupata. «Non vedo per quale altro motivo Logan avrebbe dovuto…»
«Sì… l’ha fatto per il video…» ammise lei. Non vedeva come nascondergli la verità, in fin dei conti Logan aveva dato spettacolo di fronte a numerose persone, Piz compreso. Il suo ragazzo iniziò ad agitarsi e a gesticolare con le mani nei capelli. «Ti ama ancora. Lo sapevo. L’avevo notato, intuito, capito, io lo sapevo! Che stupido! Che stup…» Veronica lo aveva zittito con un bacio. «Stosh Piznarski, io so solo che l’ha fatto per il video, le altre motivazioni che possono averlo spinto non mi riguardano. Non ci riguardano. Stiamo per passare separati i prossimi tre mesi, hai intenzione di trascorrere al meglio con me le prossime 48 ore?». Un sorriso si aprì sulle labbra di Piz.  

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
Veronica stava ricordando quegli ultimi giorni prima dello stage in Virginia. Era ritornata diverse volte sul pensiero di Logan. Si sentiva in colpa per la sua espulsione. Diverse volte, quando si trovava sola in camera, aveva pensato di chiamarlo, di chiedergli come stesse, quali fossero le sue intenzioni. Ma puntualmente il pensiero di Piz irrompeva nella sua testa, la sua coscienza che parlava con la voce de suo ragazzo che le ripeteva “cosa te ne importa Veronica?!?! Lui non fa parte del tuo presente, lascialo nel passato. Concentrati sul futuro. Hai una nuova avventura alle porte. Lascialo al destino che si è costruito!”
Una volta sola aveva cercato di chiamarlo. La segreteria telefonica del rampollo degli Echolls si era attaccata dopo il secondo squillo “Segreteria di Logan Echolls. Se volete, parlate.”
“Conciso” aveva pensato Veronica, “quasi quasi preferivo le frasi del giorno!”.

“Chissà dove sta andando… ma cosa stai dicendo, Veronica. Dove sta andando lo sai bene: in una terra pericolosa a fare il suo dovere”. Si chiedeva cosa lo avesse spinto ad intraprendere quella strada. Gliel’aveva chiesto diverse volte in quelle due settimane. Lui le aveva sempre risposto con un sorriso allusivo: “Tu”. Lei sapeva cosa intendesse con quella risposta, ma ogni volta desiderava che lui pronunciasse le parole che voleva sentirsi dire: “Quando mi hanno espulso, tu sei partita, Dick è partito, io…. Io ero solo… potevo andare con Dick, in fondo il Messico è favoloso per il surf, lo sai! Ma lui ci sarebbe andato portandosi dietro la ragazza che frequentava da due giorni e che due giorni dopo avrebbe comunque scaricato, non avevo voglia di avere intorno persone che anche solo fingessero di essere innamorate. Ho deciso che la nuova situazione mi poneva di fronte ad un bivio. Okay, non l’ho deciso, l’espulsione mi aveva aperto gli occhi su ciò che stavo vivendo in quel momento; avevo due possibilità: iniziare ad amministrare sapientemente il mio immenso patrimonio e magari farlo fruttare ancora di più, oppure sperperare tutto vivendo come un dissennato. Ho optato per la prima. Mi sono recato dai miei amministratori, ho visitato città che più per pigrizia che per necessità non avevo mai neanche avvicinato, New York, Washington, Boston, Chicago, Seattle per cercare il modo migliore per investire, per conoscere il mondo nel quale mi stavo avventurando. Ed un bel giorno, mentre attraversavo New Orleans l’ho visto, era il cartellone pubblicitario che invitava i ragazzi ad arruolarsi nelle forze armate. Sono rimasto una buona mezz’ora lì sotto, a fissare il ragazzo e la ragazza nella foto, ed ho realizzato una cosa che fino a quel momento mi era sfuggita: le mie giornate sarebbero comunque state vuote. Lì sotto ho capito come potevo dare un nuovo scopo alle mie giornate. Come quel ragazzo, definito spesso come un egoista viziato, potesse diventare un uomo che sarebbe servito ad uno scopo. Inutile dirti che il pomeriggio di quel giorno ero al centro reclutamento a chiedere informazioni.”
 
Era ora. Stava per salire in macchina e partire. Suo padre avrebbe voluto accompagnarla, ma lei sapeva benissimo che quel tragitto faceva parte del viaggio che stava intraprendendo. Sapeva che i chilometri che la separavano dallo stage le sarebbero servite per prepararsi all’inizio di quell’esperienza che tanto bramava e che in quel momento era davvero reale. A salutarla c’erano Mac, Wallace, Piz e suo padre.
Aveva predisposto tutto al secondo, in modo da poter dedicare qualche minuto alle persone che, davanti alla macchina, attendevano per salutarla.
«Ciao Mac, riguardati e divertiti in campeggio!» disse abbracciando stretta la ragazza che pochi giorni prima l’aveva aiutata a ricattare il signor Kane. «Mi raccomando Veronica, non ci saremo noi ad aiutarti se ti caccerai nei guai…» si sorrisero. Non erano persone dalle vistose smancerie, quelle poche parole avevano più significato di molte altre.
«Ciao Wallace, buono stage» disse abbracciando anche lui. E sciogliendosi dall’abbraccio continuò «voglio sentire il tuo nome a tutti i notiziari sportivi!! La nuova stella del basket!!! Papà, per quando torno mi devi far trovare pronti dei pon pon!! Wu-A-elLe-elLe-A-Ci-E!!!! yuuuuuuuuu!!!» esclamò Veronica imitando le cheerleader, facendo scoppiare tutti in una fragorosa risata.
«Ciao Veronica» disse Piz, con il sorriso sulle labbra ma lo sguardo triste «torna presto, okay? Mi trovi qui!» Veronica sorrise. Piz non voleva essere melodrammatico, ma avvertiva il peso che quei mesi gli avrebbero portato. «Lo so, ed il tempo volerà così veloce, che non avrai il tempo di girarti dall’altra parte che sarò già di ritorno!» gli disse Veronica abbracciandolo stretto con un sorriso incoraggiante.
«Ora tocca a me abbracciare la mia bambina!! Largo ai giovani, prego!!» scherzò Keith Mars. «Ciao papà!! Mi mancherai da morire!! Come farai senza di me? Chi ti nutrirà? Chi ti laverà i panni? Chi seguirà mariti adulteri in sordide stanze d’albergo e…» «Non credere di essermi così indispensabile, figliola! Al tuo ritorno ti dimostrerò come se la cava il grande e magnifico signor Mars!!» la interruppe lui, mimando un body-bielder, tra le risate dei presenti.
Veronica si avvicinò alla macchina, aprì la portiera e si girò a guardarli tutti con un sorriso malinconico sulle labbra. Salì in macchina ed agitando la mano partì urlando «Tranquilli!! 90 giorni e sono di nuovo qui!! Cosa volete che siano 90 giorni???»

Una frase simile a quella pronunciata da Logan poco prima. 180 giorni. 6 mesi. Voleranno. Ma saranno anche eterni. 9 anni di lontananza, due settimane di quelle che pensi di vedere solo nei film. E poi? Un nuovo distacco, l’ennesimo. Ma c’era qualcosa di diverso in quell’ultima separazione. E Veronica sorrise, cogliendo quale. 

Era arrivata alla meta in poche ore. Era stravolta, ma doveva presentarsi e ritirare i documenti necessari affinché le fosse assegnata una camera nella quale trascorrere le poche ore che la separavano alla mattina seguente. Uno squillo del telefono, le era arrivato un messaggio “Grazie per avermi avvisato del tuo arrivo, mi sembra che tu sia via da giorni. Wallace trascorrerà con me qualche giorno a casa dei miei. Poi partirò con loro per l’Europa. Farei di tutto per averti qui. Ti amo”. Sorrise. “Ti amo anche io. A domani.” Digitò, poi si fermò. Una strana sensazione le aveva attraversato lo stomaco nel digitare quel “ti amo”. Un viso le apparve nella mente, due occhi tristi ma dolci, nei quali aveva visto passare rabbia, tristezza, orgoglio, delusione, tenerezza, passione e amore. “Ti sembra questo il momento di pensare a Logan, Veronica?”, cancellò quella frase dal messaggio, e la sostituì con un’emoticon “:) a domani”.

Veronica ricordava con un sorriso lo stage all’FBI. Grazie a quell’esperienza, comunque costruttiva, aveva deciso che avrebbe provato ad entrare all’accademia una volta laureata. Immaginava che sarebbe diventata un vero agente dell’FBI. Si ritrovò a chiedersi a che punto fosse in quel momento, in quel letto. Aveva perso l’occasione di un importantissimo lavoro presso un prestigioso studio legale. Aveva portato Piz all’esasperazione per qualcuno e qualcosa che credeva giusto. Per questi due motivi la Grande Mela non le riservava più niente di accattivante. Inoltre suo padre ci avrebbe messo un po’ a ristabilirsi dall’incidente. Senza parlare del brutto guaio in cui si trovava Weevil…

«Allora, dai, raccontami!!!» le aveva chiesto Logan una sera a cena. «So solo che sei un promettente avvocato che a causa del sottoscritto si ritrova ad essere rifiutata da uno straordinario studio legale di New York! Ma per il resto? Cosa ti è accaduto in questi 9 anni?» Sorrideva. Sapeva che non era solo a causa sua se lei era ancora lì. Veronica non solo sapeva che quello che stava occupando di fronte a lui non era il posto che si era costruita in quegli anni, ma soprattutto sapeva con certezza che quello era il momento che lei voleva vivere.
«Vediamo, da dove comincio….»

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Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


CAPITOLO 3
 
«Raccontami tu, prima!» Gli chiese con un sorriso accattivante. «So che non mi racconterai per filo e per segno le circostanze del tuo arruolamento, ma almeno raccontami come è stato entrare all’Accademia!! Me lo devi, il mio racconto sarà sicuramente più avvincente… Ce li avranno i pop-corn qui? Te li faccio portare, promesso!»
Logan non poteva smettere di sorridere, ci stava provando in tutti i modi a fargli raccontare dei suoi 9 anni, ma lui non aveva alcuna intenzione di farlo prima che a parlare fosse lei. Le aveva raccontato la storia con Carry, si era aperto, ma di lei non sapeva nulla. Tranne l’ovvio. Piz era uscito dalla sua vita. Voleva qualcosa di più, voleva sapere, conoscere, rivivere quei lunghi anni attraverso i suoi occhi.
In fondo, la sua non era neanche tanto accattivante come storia. Dieci giorni dopo aver chiesto informazioni era stato arruolato. Aveva lasciato la stanza del Neptune Grand, dalla quale si era trasferito anche Dick, che aveva trovato posto nella confraternita: “Che vuoi amico, non è una stanza in grado di accogliere un uomo della mia portata, ma anche là posso portarci tutte le ragazze che voglio e per lo meno non sarò solo!” si era giustificato Dick. Avrebbero patito la reciproca mancanza, ma non lo avrebbero mai ammesso. Aveva da poco ricevuto la lettera. Era stato mandato al centro addestramento di Charlestone, nella Carolina del Sud. Si era preparato in fretta, non aveva molte persone ad accompagnarlo alla partenza. Dick e… Dick. Una volta sull’aereo decise che avrebbe fatto di tutto per cambiare la propria vita.
«Allora? Dai, Logan, sono tutta orecchi!»
«Mi dispiace, ti ho già raccontato di Carry, ora tocca a te!!» Le rispose lui lasciandole intendere che non avrebbe desistito.
«D’accordo, ma non aspettarti niente di straordinario…»
 
Lo stage all’FBI era stato tosto, dopo un primo mese a fare fotocopie dei principali casi, fotocopie che ovviamente leggeva con grande attenzione, si era trovata affiancata ad un agente. Da quel momento poteva assistere alle riunioni, ai briefing, alla gestione del lavoro dalla base. Non le era permesso andare anche lei sul campo, ma era riuscita a dimostrare il suo valore e le sue capacità anche dietro una scrivania. L’ultimo giorno le avevano permesso di assistere dalla sala del coordinamento informatico all’irruzione in un magazzino gestito da potenti signori della droga, da brividi.
Mentre l’ultima sera preparava le valigie sentiva che quell’esperienza non aveva fatto altro che renderla ancora più ferma sulla decisione in merito al suo futuro.
La mattina dopo era ripartita alla volta di Neptune. Aveva avvisato solamente suo padre, voleva trascorrere qualche giorno da sola con lui prima dell’inizio delle lezioni. “Una sera però potrei dedicarla a Wallace e Mac… devo raccontare loro un sacco di cose, alla Hearst mi sarebbe difficile… e poi Wallace sarà di nuovo in camera con Piz, voglio che sappia come sono andate le cose dal mio punto di vista, anche se so che penserà che ci sia di mezzo Logan”. In effetti era vero. Dopo due mesi circa dal suo arrivo lì le era arrivata una mail di poche righe: “Ti auguro davvero ogni bene. Spero che tu sia felice. E se non lo sei, lotta per esserlo. Logan” a cui seguiva un link su youtube. Cliccò. Riconobbe la canzone.
It's so hard to say 
But I've gotta do what's best for me 
You'll be ok... 
I've got to move on and be who I am 
I just don't belong here 
I hope you understand 
We might find our place 
in this world someday 
But at least for now 
I gotta go my own way 



Stava mettendo la parola fine. Non si sarebbero più visti. Non si sarebbero più sentiti. Non ci sarebbe stato più un Logan e Veronica. Aveva lasciato che calde lacrime scorressero sul suo viso, ma solo alla fine della canzone si accorse di averle versate. Logan avrebbe continuato con la sua vita e così avrebbe fatto anche lei. Inaspettatamente Piz l’aveva lasciata pochi giorni dopo, al telefono. “Altro che inaspettatamente. Che stupida sono stata. L’ho dato per scontato. Ed in questi due mesi l’avrò chiamato quanto? Tre volte a dire tanto?” si stava chiedendo fissando il telefono, unico testimone delle parole dure che le aveva appena rivolto il suo ormai ex ragazzo. “Non ha tutti i torti ad avercela con me. Non gli ho mai dato la certezza sul nostro rapporto. Logan. Il video. Lo stage. Tutto ha contribuito a non essere lineare con lui. E così si è stancato, accusandomi di pensare ancora a Logan”. Si stupì, non riusciva a versare lacrime. Probabilmente le aveva consumate tutte.
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Una volta a destinazione, si era recò immediatamente alla Mars Investigation. Suo padre era chiuso nel suo ufficio con qualche cliente. Si sedette a quella che era la sua scrivania in attesa. Poco dopo si aprì una porta ed uscì Keith Mars accompagnato da una signora il cui conto in banca si poteva intuire dall’abbigliamento e dagli accessori. Dopo averla accompagnata alla porta, si era recato all’angolo cottura versandosi lentamente del caffè, ignorandola.
«È inutile, papà, non me la bevo. Illumino questa stanza con la mia sola presenza. E sì, gradirei anche io del caffè.»
Lo sceriffo si voltò con un immenso sorriso sul viso, la figlia gliene mandava uno ugualmente ampio a sua volta. Lei passò la scrivania e si abbracciarono.
«Allora, ho un agente dell’FBI sotto il mio stesso tetto! Potresti essere di aiuto al tuo vecchio nello svolgimento delle sue indagini: puoi entrare in banche dati segrete, fornirmi nomi di latitanti o di persone inserite nel programma testimone, la motivazione per cui mia figlia ha lasciato quel bravo figliolo di Piz…»
«Papà! Non mi dai neanche il tempo di svuotare la valigia che già vuoi il mio aiuto? Avevo ragione tre mesi fa, sono indispensabile per te!» Gli ribattè lei sorridendo.
«Mi devi raccontare tutto, tutto! Stasera andremo fuori a cena! Sono curioso ed orgoglioso di te. Oltre al fatto che la signora appena uscita ha appena pagato profumatamente per il lavoro da me svolto questa settimana.»
«Marito infedele?»
«Con la sorella della moglie…» annuì lui.
Veronica emise un fischio prolungato. «Andiamo vecchio genitore! Se non ricordo male, non ti eri definito giovane solo tre mesi fa? Certo che ad una certa età si invecchia molto velocemente…»
«Sono ancora sufficientemente giovane per farti pentire per questa tua irrispettosa frase» scherzò l’ex sceriffo. Non aveva vinto le elezioni, come era facile aspettarsi, dopo la manomissione delle prove per salvare Veronica da una denuncia ed un procedimento penale; la notizia apparsa sui giornali di un procedimento aperto nei suoi confronti per l’indagine sulla scomparsa di importanti prove lo aveva rapidamente screditato di fronte alla popolazione di Neptune.
«D’accordo, giovanotto, allora le concederò il privilegio di portarmi le valigie a casa e di accompagnarmi a cena. Le racconterò quello che vuole sapere!» Disse lei incamminandosi verso la porta.
«Anche di Piz?» Stavolta le rivolse direttamente la domanda
«Non so di cosa tu stia parlando» rispose lei con tutta calma, scendendo le scale.
«Si è presentato qui quasi un mese fa» iniziò il padre una volta in macchina. «Aveva saputo che Logan aveva lasciato Neptune in quei giorni senza dire per quale motivo, anche se sospetto che Dick possa saperlo. Ci eravamo sentiti parecchio nei due mesi precedenti perché a parte sporadiche telefonate non aveva ricevuto grandi notizie da parte tua. Improvvisamente, a seguito della notizia della partenza di Logan tu ti saresti fatta sentire con maggior regolarità. Era distrutto. Continuava a dire che in quei mesi aveva provato a credere che tutto quello che era accaduto tra voi appartenesse al passato, ma ora gli sembrava difficile continuare anche solo a immaginare di crederti.»
«Al telefono farneticava. Avevo inteso che c’entrasse Logan.» Sospirò Veronica. 



Ecco finalmente un nuovo capitolo!! spero vi piaccia!! =)

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


CAPITOLO 4
 
La porta della camera era rimasta aperta e non aveva avuto voglia di alzarsi per andare a chiuderla. Sentì una porta aprirsi. Dick doveva essersi svegliato. Sentì che trafficava in cucina. Non si alzò e non si voltò. Non vide Dick prendere un biglietto dal tavolo della cucina, leggerlo e sorridere, per poi guardare verso la stanza di Logan prima di tronare nella sua camera. Una porta si chiuse. Veronica sospirò. “Neanche per Dick sarà facile, probabilmente” si ritrovò a pensare. “O forse in questi anni lui ha imparato cosa vuol dire fare a meno del suo amico per lunghi periodi. Ripensandoci, Dick non si è mai scucito quel secondo anno alla Hearst, anzi, non parlarono mai di Logan…”
 
“Eccoci!” si disse Veronica guardando l’edificio che avrebbe avuto l’onore di istruirla anche quell’anno.
Aveva trascorso la sera prima con Mac e Wallace, avevano chiacchierato di quei tre mesi davanti ad una gustosissima pizza. Avevano parlato dello stage, accennato alla partenza di Logan, fino ad arrivare al nodo cruciale, Piz. Aveva visto un’ombra di delusione sul viso del suo migliore amico, che era stata presto sostituita da un ampio sorriso. In quel preciso istante compresero che in quel secondo anno molte cose sarebbero cambiate.
«Veronica!» si sentì chiamare.
«Wallace! Ti vedo sprizzare gioia da tutti i pori! Sei entusiasta di ricominciare a quanto vedo! Aaah, beata gioventù!» disse Veronica appoggiandosi a lui come un’anziana ad un bastone.
«Questa volta hai proprio ragione!!» disse lui, sfregandosi le mani sorridendo allegramente.
«Ehi! Ciao!», «Ciao, bello!», «Graaande amico!!» iniziò a salutare Wallace a destra e a sinistra.
«Goditi questa notorietà sfuggevole» gli disse Veronica, «tra poco dovrai gettarti a capofitto sui libri ed allora vedrai…»
«Non ti conoscessi, Veronica Mars, direi quasi che vorresti essere al mio posto…»
«Neanche se mi dessi tutti i soldi che guadagnerai nella tua vita di atleta di basket… Aspetta!! Forse per quelli lo vorrei!!» gli rispose l’amica dandogli una leggera gomitata.
Si avviarono verso l’entrata.
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In quei giorni non aveva ancora incontrato Piz, ma si rendeva conto che il suo sguardo non cercava lui, non era sua la voce che prima o poi si aspettava di sentire.
Seduta in caffetteria, cercava di ripassare alcuni argomenti del corso di criminologia. Avrebbero avuto un nuovo professore, voleva dimostrargli da subito il suo valore e le sue capacità.
Una ragazza si sedette di fronte a lei, ma lei subito non se ne accorse.
«Scusami se ti disturbo, tu sei Veronica Mars, vero?» Veronica alzò gli occhi dal quaderno, seduta di fronte a lei c’era una ragazza indubbiamente molto carina, con lunghi capelli scuri e occhi verdi, dall’abbigliamento tipico di coloro che abitano nella zona di Neptune con codice postale 90909.
«Così si dice in giro!» le rispose con un incoraggiante sorriso. «Cosa posso fare per te?»
«Avrei bisogno… ecco, sì, del tuo aiuto. Mi hanno consigliato di rivolgermi a te. È un problema personale…» aveva iniziato la ragazza.
«Veramente non esercito più» le aveva risposto Veronica. Aveva preso quella decisione all’inizio delle vacanze: niente più guai, un unico obiettivo, l’FBI.
«Oh… Ehm… Non… Non sapevo, scusami» rispose la ragazza iniziando a guardarsi nervosamente in giro, stringendo forte le mani che teneva in grembo. «È che è davvero una questione importantissima…» tentennava. Veronica lesse terrore nei suoi occhi e nell’atteggiamento del suo corpo. Qualunque cosa fosse, doveva spaventarla davvero.
«Sentiamo, vediamo se c’è qualcosa che posso fare per te…» disse Veronica con un sospiro.
Sollevata, la ragazza sospirò ed iniziò a raccontare: «È un mese che ricevo strane lettere anonime. Prima che tu me lo chieda, sì, mi sono già rivolta allo sceriffo, ma quel – come si chiama? – Van Lowe mi ha liquidato dicendo che è solo uno scherzo. Tieni, leggi!» le porse un foglio stropicciato.
 
“Mio unico amore,
i tuoi capelli profumano di lavanda,
i tuoi grandi occhi verdi sono un abisso per me.
Bramo guardarti, annusarti, vederti.
Ricordati, io ti osservo.”
 
Allegate c’erano delle fotografie della ragazza mentre pranzava, studiava, chiacchierava con le amiche, ascoltava una lezione.
«Io non so proprio chi sia…» sbottò la ragazza.
Veronica era profondamente turbata, le foto erano di buona qualità, molto probabilmente scattate con una macchina fotografica ad alta risoluzione, ma soprattutto erano molto ravvicinate, come se la persona che le stava scattando fosse molto vicina. Comprese il nervosismo della ragazza, si ricordava bene delle foto che aveva trovato nello studio del padre, foto il cui soggetto era lei.
«E non hai idea… scusami, mi sfugge il tuo nome» iniziò Veronica.
«Hai ragione, scusami, Jordan, Jordan Carter»
«Ecco, Jordan, non hai proprio idea di persone che potresti esserti inimicata l’anno scorso? Che so, un ex ragazzo? Oppure hai preso una A di troppo scavalcando qualcuno in una qualsiasi graduatoria? Sei una cheerleader ed una fidanzata gelosa ti ha vista flirtare con qualche bel giocatore?»
Jordan non rispondeva, mentre Veronica le faceva quella domanda aveva abbassato lo sguardo ed ora lo teneva fisso sulle proprie mani.
«Jordan?» Veronica la riportò alla realtà.
«Beh, ecco… non ti ho detto tutta la verità…»
«Se non mi dai tutto il materiale possibile su cui lavorare, non saprei come aiutarti…» La incoraggiò Veronica.
«Sono accaduti due episodi quest’estate. Uno riguarda Dick Casablanca, l’altro un professore…»
Veronica la guardò con gli occhi sbarrati.

Dick, Dick, Dick, Dick…… 

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Nota dell'autrice: mi dispiace molto essere scomparsa così a lungo. Problemi lavorativi mi hanno impegnata ma ecco qua un nuovo capitolo. Spero vi piaccia. Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che leggono e recensiscono o leggono e basta. =) Buona lettura!



CAPITOLO 5
 
Veronica sospirò a sentire quel nome… “Dick, Dick, Dick, Dick…… Quante possibilità ci sono che tu sia l’autore di un piano così meticoloso? Impossibile!”
«Raccontami tutto, entrambe le vicende» disse Veronica prendendo un foglio dal quaderno per appuntarsi le cose più importanti. «Allora, partiamo da Dick…»
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«Quest’estate dovevo andare in vacanza con un gruppo di amiche, avevamo deciso per il Messico. La sera prima della partenza due delle quattro ragazze con cui dovevo partire si sono tirate indietro, facendo saltare il viaggio. Arrabbiate, io e le altre mie due amiche abbiamo deciso di andare a trascorrere una serata di svago sulla spiaggia. Eravamo alticce e ci siamo imbattute in una di quelle mega feste del college. A questa festa c’era Dick. Ha subito attaccato bottone con noi tre, puntando principalmente Alla mia amica Rose. Sembrava aver bevuto molto anche lui. Rose, però, non aveva nessuna intenzione di cedere ai complimenti – se così si possono chiamare – di quel bellimbusto, così Dick cambiò mire ed iniziò a concentrarsi su di me. Inutile che ti dica come si è conclusa la serata. La mattina dopo, però, quando mi svegliai ero sola in una stanza che non conoscevo. Mi sono rivestita e me ne sono andata. Due giorni dopo mi sono stati recapitati dei fiori. Il biglietto diceva “Sono stato benissimo con te. Vorrei rivederti. Dick”. L’ho cercato a lungo nel campus in quei giorni, ma non lo trovai e non avevo modo di contattarlo. Il giorno dopo che mi consegnarono i fiori sono partita per le vacanze con i miei. Al mio ritorno a casa mia erano stati recapitati decine di mazzi di fiori, stavolta senza biglietto.»
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“Strano” si disse Veronica “non è da Dick agire in questo modo. Lui non compra fiori, non manda biglietti, non smette di farsi sentire se vuole rivedere una ragazza… Ma soprattutto se era sverso, quante probabilità ci sono che si ricordi di lei?”
«Tu pensi che i fiori venissero da Dick? Anche quelli che hai trovato nel tuo appartamento?» chiese Veronica.
«All’inizio pensavo di sì, ma come vedi non ci sono stati solo fiori» disse la ragazza indicando le foto.
«Parlami del professore, Jordan» chiese Veronica alla ragazza di fronte a lei.
Jordan abbassò lo sguardo. Sembrava in imbarazzo. «Ho paura che ti farai un’idea sbagliata su di me. Non sbagliata, sarebbe giusto che tu pensassi certe cose, però… ecco io non sono così! Non sono mai stata il tipo di ragazza che fa certe cose, ho sempre pensato che le ragazze che agiscono così…»
Veronica la fermò mettendole una mano sul braccio. Jordan alzò lo sguardo ed incrociò un sorriso incoraggiante. «Tranquilla, non sono qui per giudicarti, ma sono elementi fondamentali per l’indagine».
Jordan inspirò a lungo…
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«Questa storia ti piacerà ancora meno della precedente. Tutto ha avuto inizio poco prima degli esami di metà anno. Ho seguito diversi corsi l’anno scorso, soprattutto di chimica e biologia. Biologia molecolare, poi, mi affascinava tanto e non solo per la materia. Il professor Williams è un bell’uomo, capace di metterti a tuo agio, a non farti sentire in difetto o incapace. Riesce a trasmetterti la passione per la biologia e a farti assimilare processi chimici che prima ti sembravano incomprensibili. Dopo una delle sue lezioni del pomeriggio mi ero fermata per chiedergli spiegazioni su un argomento che quel giorno avevo trovato particolarmente difficile. Gli esami si avvicinavano e volevo essere preparata al meglio. Siamo rimasti a parlare di legami chimici e molecolari finché non gli è suonato il cellulare e lui si accorse di quanto fosse tardi. Mi propose di vederci l’indomani mattina a colazione per continuare la nostra discussione. Ci vedemmo ad un bar fuori dal campus, per non essere disturbati si giustificò lui. È diventato un appuntamento fisso. Ci siamo visti lì 3 volte a settimana per un mese intero. Fino a quando non ci siamo baciati. La nostra storia è andata avanti fino agli esami finali. Io ero un po’ stressata per gli esami e non riuscivo a vederlo con la costanza di prima e questo sembrava essere diventato motivo di rabbia per lui. Mi faceva lunghe scenate al telefono. Mi obbligava a vederci e me ne faceva anche di persona. Ad un certo punto gli ho rinfacciato l’ovvio, lui era sposato, io una ragazza con il solo obiettivo fisso di passare quegli esami e con tutta la vita davanti e tante scelte giuste e sbagliate ancora da prendere. L’ho lasciato. Ma questo non è servito, continuava a farsi sentire, a farsi vedere, a chiedermi appuntamenti. Poi gli esami si sono conclusi. Ed ho deciso di vederlo un’ultima volta per chiarirgli la questione: non volevo più stare con lui. È stato tremendo, lui piangeva, mi diceva che avrebbe lasciato la moglie, che ero l’amore della sua vita. Ma io non ho desistito e me ne sono andata. Quella sera c’è stata la festa dove ho incontrato Dick.»
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«Cioè, spiegami, hai sospettato di Dick?» Le chiese Logan con un sorriso incredulo. «È il mio migliore amico ora come allora, ma non me lo vedo proprio a mettere su un piano così… geniale! Dai, ti prego, non far vacillare l’immagine di detective infallibile che ho di te. Dimmi che non le hai creduto!»
Veronica non potè trattenersi e lasciò che la risata del suo accompagnatore la contagiasse. «Secondo te, potevo mai credere che Dick fosse implicato in questa storia?»
«Ma il bigliettino, allora?» Le chiese Logan, faticando a tornare serio. «C’era il nome di Dick!!»
«Mmmmm…. Credo che mi prenderò una pausa da questo racconto, mi è venuta sete a furia di parlare. Che ne dici di raccontarmi tu qualcosa di te?»
Logan le sorrise, un sorriso che Veronica sapeva essere riservato solamente a lei. Un sorriso che diceva “Ti amo anche perché sei fatta così”. Si sentì arrossire, inaspettatamente. Abbassò lo sguardo, per poi alzarlo poco dopo e riprendere a stuzzicarlo. «Allora?? L’arruolamento, ok. Ma Carry? Come, dove, quando e perché?» Lo incalzò lei.
«È presto detto» iniziò a raccontare Logan «Dopo l’arruolamento sono tornato qui. Ho fatto cose, visto persone, partecipato a qualche festa e ad una di queste l’ho incontrata. Era diversa. Aveva avuto successo come cantante ed aveva perso un po’ di spigolosità del passato. Abbiamo chiacchierato molto quella sera. Di noi. Di te. Il tuo pensiero era lì, sempre lì, martellante. La canzone che ti avevo mandato via mail mi rimbombava continuamente nella mente dalla mia partenza. Ero diviso tra la convinzione di aver agito per il meglio e la paura di aver inanellato solo una serie di scelte sbagliate. Carry ha lenito questa mia angoscia. L’ho amata? Sì. Quanto ho amato e amo te? No. È stata un ripiego? No, ha saputo rendermi davvero felice, almeno per un po’».
Scese un silenzio molto carico tra loro due. Le loro emozioni inespresse erano come carica elettrostatica. Non riuscivano neanche a guardarsi negli occhi. Alla fine Veronica disse: «Se ti dicessi che sono contenta che Carry sia entrata nella tua vita mi crederesti?»
Logan alzò improvvisamente lo sguardo e vide un volto sorridente ed una mano tesa verso di lui.

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


«Tu, la ragazza per la quale la storia di Madison Sinclaire è stato il tradimento più grande, sei diventata la donna che è in grado di pronunciare frasi del genere?» Le sorrise Logan.

«Esatto!» Rispose Veronica con un gran sorriso, stringendo la sua mano. «Perché se le cose fossero andate diversamente non saremmo qui, lo sai anche tu... La morte di Carrie è stata una tragedia, davvero. Non posso immaginare cosa sia stato per te trovarla morta. O meglio posso immaginarlo, ma non so cosa si provi. Tutte le volte che tu, io o papà abbiamo rischiato la pelle ce la siamo sempre cavata.»

Logan le sorrise, Veronica stava cercando di capire e non di giudicarlo, stava cercando di annullare quei lunghi anni passati lontani prendendo il bello ed il brutto che questo ha comportato per loro.

Logan stava per chiederle di continuare il suo racconto, ma all'improvviso il pensiero di Piz, solamente sfiorato in quei giorni, si fece presente nella sua testa. «Visto che abbiamo toccato l'argomento Carrie,adesso mi dici che ne è stato di te e Piz in questi lunghi anni? Anzi, dimmi proprio che ne è stato di te dopo il College.»

«Piz...» disse Veronica con un'ombra negli occhi abbassando lo sguardo; si trattò di un minuto, ma Logan lo colse e le strinse forte la mano. Veronica alzò nuovamente lo sguardo.

«Dopo il college ho completato la mia formazione e sono entrata all'FBI. Mi sono gettata a capofitto nell'addestramento; non credere, ho fatto anche scelte sbagliate, soprattutto con un collega. Ma poi sono diventata un'agente. E lì ha avuto inizio...» Veronica tacque, abbassò lo sguardo, gli occhi si fecero immensamente tristi e concluse la frase con un filo di voce «…la fine...».

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Stavo lavorando con una mia collega, Callie Farmer, anche lei appena uscita dall’accademia sul caso di Unabomber, te lo ricordi? Sospettavamo di un professore ed eravamo andate da uno dei suoi studenti per fargli qualche domande riguardo il suo insegnante. Mentre ci stavamo guardando in giro nella stanza del ragazzo, abbiamo notato indizi che ci hanno subito fatto intendere che eravamo nella camera dell'assassino. Sono entrata nel suo sgabuzzino e lì i miei sospetti sono diventati certezze; uscendo dallo stanzino impugnando la pistola ho visto che teneva Callie sotto la minaccia di un coltello.

Mi ha fatto posare l'arma a terra minacciando di ucciderla, mi ha colpita in viso e chiusa nello stanzino; non ho più visto nulla di ciò che accadeva fuori, ma la mia mente l'ha ricostruito minuto dopo minuto; passando dalle voci, dai rumori, dalle sensazioni di tanti anni fa l'ha ricostruito mille e mille e mille volte. Callie ha lottato, ha cercato di disarmarlo, di colpirlo, di non farselo scappare. La sentivo urlare, respirare affannosamente, intimargli di arrendersi, inventare scuse sul fatto che sarebbero arrivati i colleghi da un momento all'altro. Poi il silenzio.

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Copiose lacrime rigavano le guance di Veronica mentre raccontava l'accaduto. Logan si alzò, la fece alzare a sua volta e la abbracciò forte, lasciando che tutta la tristezza, l'angoscia, la fatica che quello che aveva vissuto le aveva comportato, e che probabilmente non aveva mai raccontato, venisse portato via dalle lacrime, dai singhiozzi, da quel forte abbraccio.

Con un gesto chiese il conto e senza lasciarla pagò la cena ed uscirono.

Sempre abbracciandola la portò verso la macchina, la fece salire al posto del passeggero e senza dire una parola salì alla guida e partì. Viaggiarono a lungo senza dire nulla, Veronica piangeva a dirotto. La mano destra di lui stringeva forte quelle di lei, quasi a dirle che non l'avrebbe lasciata.

Arrivarono a casa di Logan e Dick, ma non entrarono. Logan la portò sulla spiaggia, si sedettero in riva al mare e la abbracciò stretta. Veronica sentì che tutto il dolore provato non stava svanendo, ma stava diminuendo. Dopo anni passati a cercare di perdonarsi per quanto accaduto, senza raccontare neanche a suo padre o ai suoi migliori amici cosa fosse accaduto, sentiva che il peso portato da sola ora veniva condiviso da spalle più larghe e forti delle sue, che in quel momento la stavano abbracciando come il tesoro più prezioso da proteggere.

Dopo diversi minuti di silenzio, la voce dell'uomo che amava pronunciò le parole di cui sentiva più bisogno, quelle parole che lei non riusciva a dirsi ma che avrebbe tanto voluto sentire.

«Non è colpa tua, Veronica. Non è stata colpa tua.»

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Capitolo 7
*** capitolo 7 ***


ATTENZIONE!  HO INSERITO DUE CAPITOLI IN UNA VOLTA (problemi di PC)  ß  ß ß ß  ß ß ß    CAPITOLO 6
 
Trascorsero diverse ore in quella posizione, era una serata calda e Veronica non aveva nessuna intenzione di sciogliersi dall'abbraccio di Logan.
Lentamente si rese conto che il lungo pianto la stava portando ad appisolarsi, provò a resistere ma alla fine si addormentò.
Quando Logan se ne accorse la portò in casa in braccio, la adagiò sul letto, le tolse le scarpe e la coprì con la coperta. Uscendo dalla stanza fece attenzione a non fare il minimo rumore e non si accorse di Dick che stava rientrando fino a quando non se lo trovò di fronte.
«Ehi, amico!» Lo salutò il suo amico con il solito sorriso sornione. «Non sai che fortuna stasera... Sono andato a fare un po' di surf da solo, visto che tu avevi appuntamenti galanti in giro, e cosa mi succede quando torno alla mia auto? Una bella bionda facendo retromarcia mi viene addosso! Inutile che ti dica che siamo andati a cena fuori, ha offerto lei ed il resto lo lascio alla tua fervida immaginazione... ora scusami, credo che andrò a farmi una bella doccia e mi butterò sul letto» disse Dick entrando in bagno.
Dopo la doccia, uscendo dal bagno, vide Logan seduto sul divano che guardava fisso fuori dalla finestra.
«Qualche problema, fratello?» Gli chiese.
Logan, che non si era accorto che Dick era nella stanza si scosse «No no... Senti, stasera parlavo con Veronica di cosa ha fatto dopo il college e siamo arrivati a parlare di cosa accadde l'anno in cui io me ne andai per arruolarmi...»
«Scavate a fondo nei ricordi eh? Stavolta cosa va cercando? Una nuova Madison Sinclaire con cui accusarti di averla tradita mentre non stavate insieme perché lei troppo vigliacca per starti dietro e tu troppo imbecille per dimenticarla?» Disse Dick prendendosi una birra e raggiungendo il suo amico.
«Vedo che questa notte di sesso sfrenato non ha placato il tuo risentimento verso Veronica» disse Logan
«Oh amico, tu non hai neanche idea della portata del mio risentimento verso Veronica!»
«Per quale motivo?» Lo incalzò Logan
«È una storia vecchia, non avrai di sicuro voglia di stare qui ad ascoltarla con la bella bionda nel tuo letto!» Disse Dick, che sembrava restio a voler raccontare
«Dai amico, te lo chiedo per favore...»
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Poco dopo l'inizio del secondo anno di college tu non c'eri più, Wallace ti odiava e odiava me come sempre, Veronica odiava Piz, te e me come sempre, per come erano andate le cose quell'estate.
Qualche giorno dopo l'inizio dei corsi mi si parò davanti una dolce e graziosa fanciulla bionda che con il garbo a noi ben noto mi chiese se conoscessi una certa Jordan. Diceva che ci avevo passato una notte ad inizio estate e che le avevo mandato dei fiori. Dei fiori! Ti rendi conto! Ho strabuzzato gli occhi, davvero, non potevo crederci! Accusarmi di un gesto così poco da Dick come il mandare dei fiori... Ovviamente ho negato, ma volevo sapere chi fosse sta ragazza e perchè mi stesse accusando di averle mandato dei fiori.
Veronica mi spiegò che il problema non erano i fiori...
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«Jordan, ti ricordi di Dick, vero?» Chiese Veronica alla sua cliente una volta seduta al tavolo della caffetteria con il suo accompagnatore.
«Certo» disse Jordan poco entusiasta
«E tu Dick? Te la ricordi?» Chiese Veronica al ragazzo in tono provocatorio. Lo sguardo di Dick era vuoto. Era ovvio che non sapesse chi fosse la ragazza seduta di fronte a lui.
«Dai Dick,» insistette Veronica, «uno sforzo di memoria!» Dick scosse la testa.
«Jordan,» Veronica si rivolse alla ragazza, «potresti per favore raccontare a Dick quello che hai raccontato a me su quella sera di inizio estate? Magari riaffiorano vecchi ricordi.»
Al termine del racconto Dick non aveva la benchè minima parvenza di ricordare; provò a giustificarsi. «Ero ubriaco! UBRIACO! Come diamine pensate che io possa ricordarmi? Soprattutto perchè, ragazza mia, non sei di certo una che lascia il segno. Fatico anche a credere di aver trascorso un minuto in un letto con te, non sei proprio il mio genere, sai?»
“Respira, Veronica... Respira o lo colpisci con una scarica elettrica... Anche se non ti dispiacerebbe!”
Jordan era sbiancata di colpo ed altrettanto velocemente era avvampata, ferita dalle parole di Dick.
«Quindi non sei stato tu a mandarle quei fiori?» Gli chiese Veronica
«Quante volte te lo devo dire? No, io non mando fiori... Ehi!! Questa è la mia scrittura!» Veronica gli stava sventolando davanti il bigliettino che Jordan le aveva portato e che saggiamente aveva conservato, forse più come ricordo di aver passato la notte con un ragazzo come Dick che per saggezza.
«Lo immaginavo, l'avevo riconosciuta anche io...» Veronica trasse un profondo respiro. «Dick, io lo so che tu non puoi aver spedito a Jordan quei fiori, so che non sei stato tu a scrivere questo biglietto, almeno non mentre eri in te, cosa che restringe il campo solo ad un'ora al giorno. Però devo chiedertelo,» disse prendendo una busta dalla borsa «così da togliere a questa ragazza ogni possibile dubbio su di te, sei stato tu a scattare queste foto?»
Dick rimase a bocca aperta, le foto che gli stava mostrando Veronica ritraevano la ragazza in quel momento seduta al tavolino con loro a colazione, in palestra, a lezione, al parco, alla caffetteria.
Perdendo tutta la sua tipica allegria rispose «No, non scatterei mai foto del genere. E non per quello che pensi tu Veronica, cioè perchè non ne sarei in grado. Ma perchè so bene quanto faccia male essere spiati nel proprio quotidiano.».
Veronica sapeva a cosa si stava riferendo il ragazzo, dopo le scoperte su suo fratello, la sua morte e lo scandalo per la truffa del padre, Dick aveva trascorso un'estate sotto assedio giusto solo l'anno prima. Fotografi, giornalisti, persone di dubbia moralità avevano pensato che la vita di un ragazzo di 18 anni non fosse stata già abbastanza sconvolta.
Veronica si ridestò dai suoi pensieri quando Jordan si alzò dalla sedia. «Io devo andare, ho lezione,» le disse la ragazza, «ti va di riaggiornarci domani Veronica?».
«Certo Jordan, ci vediamo qui prima dell'inizio delle lezioni?» Le sorrise Veronica
«Perfetto» e così dicendo Jordan si allontanò molto velocemente.
«Potevi avere più tatto, ma a quanto pare non imparerai mai» disse la ragazza rivolgendosi a Dick.
«Hai ragione, avrei dovuto». Disse Dick, sorprendendo Veronica. «Posso chiederti una cosa, Veronica?»
Dick non staccava gli occhi dalle foto.
«Certo! Vuoi portarmi ad una festa in piscina con le ragazze in topless? Un incontro di sesso selvaggio nella tua camera d'albergo?» ironizzò la ragazza.
Dick la ignorò. «Promettimi che qualunque cosa accada mentre indaghi su questo pazzo mi chiamerai. »
Veronica non riusciva a parlare quanto era sorpresa. Dick sembrava serio. «Promettimelo Veronica!» la incalzò guardandola negli occhi. «Questo è matto, quasi allo stesso livello dei due arrestati per gli stupri nel campus. Ma è molto organizzato. E non c'è Logan a pararti le spalle e quel Piz non mi sembra così sveglio dal correre in tuo aiuto. Wallace da solo non ti basta. Promettimelo.».
«Ok, ok, te lo prometto» rispose Veronica rendendosi conto dopo delle parole pronunciate.
Dick le sorrise, un sorriso sincero. «Ora, se permetti, le disse, non ho più voglia di perdere il mio tempo con te. Ho una vita da vivere ed oggi si chiama........» Dick si guardò in giro «Stephanie!!! Stephanie!!!!» Dick corse via pronunciando il nome di una bella ragazza mora che stava sopraggiungendo e con la quale si allontanò dalla caffetteria.
“Vuole che chiami LUI se ho bisogno?” si chiese Veronica.

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Capitolo 8
*** capitolo 8 ***


CAPITOLO 8
 
NOTE DELL’AUTRICE: mi scuso immensamente, sono passati mesi dall’ultimo aggiornamento. Purtroppo, quello che chiamano “blocco dello scrittore” colpisce anche quando si tratta di brevi fan fiction. Così dopo mesi, in un’uggiosa mattinata, è tornata l’ispirazione, che ha addirittura portato alla definizione della conclusione di questa fan fiction. Ma non preoccupatevi, manca ancora qualche capitolo, e stavolta gli aggiornamenti saranno molto più celeri!
Ringrazio chiunque legga e chiunqua abbia voglia di lasciare una recensione!!!
 
 
Logan stava sorridendo. Dick che si proponeva di essere il difensore di Veronica aveva un non so che di divertente e gentile insieme.
«Ti ringrazio, esserti proposto di guardarle le spalle nonostante i vostri ben noti sentimenti reciproci» disse Logan. « “L’ho fatto solo per te amico… E perché non mi andava che girasse la voce che Dick manda i fiori a ragazze con cui passa la notte, ma di cui non ricorda volto e nome!! Capisci, fiori…» rispose Dick, lusingato dalle parole dell’amico
«Allora? Cosa’altro accadde? »
 
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Due giorni dopo la solita biondina già citata in precedenza bussò alla porta della mia nuova stanza. Pensavo, e speravo, seriamente che avesse sbagliato stanza, piano, edificio. Invece, per mia sfortuna, cercava me.
«Diiick! Vecchio mio!! Sono le ore 9:00 e le lezioni stanno per iniziare» disse Veronica con la sua vocina acuta «ma dal tuo… abbigliamento, direi che non hai alcuna intenzione di andarvi. Purtroppo per te, il professor Williams ti sta aspettando…»
Nella mia testa che si era destata da un lungo e sbronzo sonno da circa 30 secondi, le sue parole erano lontane e confuse. Ma nonostante l’espressione che poteva essere comparsa sul mio volto Veronica non accennava a smettere di parlare.
 
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«Allora Dick, mi hai detto tu che potevo contare su di te! Perché non vai tu ad assistere alla lezione di questo fantomatico professore? » esclamò Veronica sedendosi sul letto.
Dick era molto infastidito e confuso da quel brusco risveglio.
«Io non vado da nessuna parte» le rispose Dick, facendola alzare dal letto per ributtarcisi lui e continuare a dormire.
«Dai, immagina quante belle fanciulle guarderanno solo te! In mezzo a quel mare di ragazzi nerd, sarai come il dio Apollo in persona! Che a quanto pare era proprio biondo…» provò a convincerlo Veronica.
«Inutile, non mi alzerò dal letto per le prossime 10 ore» ribattè Dick, sperando di averla convinta a desistere.
Veronica rimase in piedi a fissarlo, fino a quando il ragazzo, infastidito da quella perseverante presenza, non si alzò borbottando «D’accordo!» con tono infastidito e guardando in cagnesco Veronica, che, dal canto suo, gli stava riservando uno dei suoi più bei sorrisi. Dick sapeva il perché, le aveva chiesto di fidarsi di lui. E la loro collaborazione iniziava con una vittoria per lei.
 
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«Non avevo alcun dubbio» sogghignò Logan sentendo quella parte del racconto. «Nemmeno io, già dal momento in cui aprii la porta» rispose Dick scuotendo la testa.
In quel momento Veronica comparve sull’uscio della camera di Logan con addosso il pigiama del ragazzo. Aveva l’aria di chi aveva pianto tutte le sue lacrime. Vedendo Dick una smorfia le apparve sul viso, ma si diresse speditamente verso il divano su cui sedeva Logan e gli chiese con voce stropicciata «Perché non vieni a letto?». Logan le sorrise e le prese una mano «Tra poco. Dick e io ci stavamo dando a vecchi ricordi». Veronica, incuriosita ed ormai sveglia, si sedette accanto a Logan «Cosa stavate ricordando?»
«Oh, niente» rispose Dick «Di quanto tu fossi insopportabile al liceo, di quanto fossi più insopportabile al College, di quanto sei assurdamente insopportabile adesso, di quanto sono figo io e della volta che mi chiedesti aiuto per risolvere un caso… Insomma, niente di rilevante, puoi tornare a dormire con il tuo bellimbusto» concluse il ragazzo, alzandosi dal divano.
«E no, amico» lo fermò Logan «Non hai finito di raccontarmi cosa accadde ed un racconto a due è sicuramente molto più emozionante! Avanti!» lo incalzò Logan, indicandogli il divano con una mano.
«Oh, andiamo, amico!! Hai qui la tua bella biondina che non desidera altro che riportarti in camera per fare di te un uomo» ribattè Dick, che già era poco intenzionato a raccontare quell’episodio e lo era ancor meno in presenza di Veronica.
Il silenzio calò sulla stanza. Logan guardava Dick, cercando di convincerlo a tornare a sedersi. Veronica guardava Dick per vedere se avrebbe ceduto. Dick guardava entrambi combattendo con il desiderio di andare a dormire. Ma Logan sarebbe partito di lì a qualche giorno.
«E va bene!! Ma facciamola breve!» sbottò Dick, prendendo nuovamente il suo posto sul divano.
«A che punto del racconto siete arrivati?» chiese Veronica.
«Al punto in cui IO vengo in aiuto a te» le rispose arrogante Dick.
 
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Dick si era recato alla lezione del professor Williams, come chiesto da Veronica, e si era seduto nei posti in fondo per passare inosservato. Alcune delle ragazze che occupavano i posti accanto al suo erano decisamente carine e diverse volte il ragazzo perse il filo della lezione su… Non sapeva bene neanche di che cosa trattasse la lezione, i corsi che seguiva lui vertevano più sugli aspetti economici e dirigenziali, piuttosto che le particelle della terra. Tra le ragazze nelle prime file riconobbe una anonima Jordan, che prendeva appunti cercando di evitare di guardare il professore. Il professore, già. L’elemento che Veronica lo aveva mandato a studiare. Per un breve lasso di tempo Dick provò a concentrarsi per cogliere gli aspetti che potessero tornare più utili nell’indagine: il professore era un bell’uomo, brizzolato, sui 50 a suo parere. Indossava un bel completo nero ed una camicia bianca leggermente aperta sul petto, cosa che contribuiva a magnetizzare su di lui lo sguardo di tutte le ragazze presenti nell’aula. Portava una fede al dito, segno della veridicità di quanto affermato da Jordan.
La lezione si rivelò alquanto noiosa, nonostante il professore intervallasse nozioni fondamentali con battute alle quali le uniche risposte erano le risatine esagerate delle ragazze.
A pranzo, Dick se ne stava solitario ad un tavolino. Era pensieroso e Veronica, che lo cercò con lo sguardo non appena entrata in mensa, si chiese perché.
«Allora, Dick» Esordì Veronica, strappandolo ai suoi pensieri «Sei rimasto anche tu affascinato dal nostro caro professore?».
Dick la fissò qualche secondo come se non la vedesse, prima di rispondere «Non ti manca, Veronica?» Veronica sapeva di chi stava parlando, ma non voleva affrontare il discorso, non in quel momento, non con Dick.
«Le informazioni, Dick» insistette la ragazza.
«Va bene….» E Dick, tornato nel presente, iniziò il suo rapporto.
Più tardi, Veronica si presentò all’ufficio del professor William con l’intento di confermare alcuni suoi sospetti.

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Capitolo 9
*** capitolo 9 ***


CAPITOLO 9
 
Qualcuno bussò alla porta dell’ufficio del professor Williams. Non aspettava alcuno studente per quel pomeriggio.
«Avanti!!» rispose.
Una ragazza bionda, che non aveva mai visto, entrò titubante nel suo ufficio. Non gli sembrava una delle sue studentesse. Da un primo, sommario, giudizio poteva affermare che fosse molto carina.
«Mi scusi professore, mi chiamo Veronica Mars. Non frequento le sue lezioni, ma una mia amica, alla quale ho spiegato i miei dubbi riguardo alcuni corsi che sto seguendo, mi ha detto che forse le sue lezioni potrebbero essermi utili per capire se la strada da me intrapresa possa essere quella più giusta. Sa, non vorrei perdere tempo inutilmente e vorrei laurearmi nei tempi. I miei genitori si aspettano grandi cose da me e io non vorrei proprio deluderli» disse Veronica, assumendo l’espressione più timida che le era possibile.
La ragazza, mentre esponeva il suo discorso, si era seduta su una delle sedie poste di fronte alla scrivania ed aveva accavallato le gambe che, grazie alla studiata gonna indossata quel giorno, lasciava intravedere qualche centimetro di pelle nuda.
Il professore non potè non notarlo e si appoggiò allo schienale della sedia, ascoltando con aria attenta il suo discorso. “Bene! Ho la sua attenzione!” pensò Veronica. «Mi dica… Veronica giusto? Lei ha mai seguito un corso di biologia?»
«Veramente sì, qualcosa, al liceo… Ma l’insegnante che lo teneva non era molto appassionata e sicuramente non più tanto giovane. La signorina Devenport era praticamente già mentalmente in pensione e tutto faceva, fuorché spiegarci la biologia» rispose Veronica.
Il professor Williams si sporse in avanti sulla scrivania e fissò i suoi occhi chiari in quelli di Veronica. «Vede, Veronica, la biologia non è un argomento semplice. E non lo è soprattutto quella che studiamo nel mio corso. Ci vogliono nozioni fondamentali, quali chimica, fisica, matematica. Dovrebbe seguire un corso base, e poi credo che avrà tutti gli strumenti per decidere se il mio corso è quello che fa per lei».
«Ooooh, davvero?» disse Veronica con una punta di delusione nella voce. «Il fatto è che un corso base dura un anno e questo significherebbe perdere un anno del suo corso e io non posso proprio permettermelo. La mia amica mi ha detto che lei è un docente molto disponibile, che da delle… ripetizioni, ecco. Mi chiedevo se non fosse possibile fare un po’ di corso base con lei, prima di iniziare il corso vero e proprio…» Veronica aveva accavallato ancora di più le gambe e aveva assunto l’aria più innocente possibile, una sua specialità.
«In realtà non si potrebbe» rispose il professore senza staccare i suoi occhi da quelli di Veronica «ma se chiediamo al Preside, credo che si possa fare. Attenda un attimo» e, preso il telefono, compose il numero della segretaria del Preside, le spiegò – non senza infilare nel discorso qualche battuta – quale fosse il problema e concluse la telefonata con aria molto soddisfatta. «Che ne dice, Veronica, di iniziare la prossima settimana?».
 
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«La prossima settimana, allo stesso bar dove vi incontravate voi» Veronica stava raccontando a Jordan della sua chiacchierata con il professor Williams. «Questa volta ha usato la scusa del luogo più consono all’apprendimento, perché ricco di stimoli».
Jordan la guardava con riconoscenza. «Spero che tu non ti stia cacciando in qualche guaio solo per aiutare me…».
«Tranquilla, se è lui che ti ha fatto e spedito quelle foto, lo scoprirò presto» la rassicurò Veronica.
Si trovavano in mensa ed in quell’istante dalla porta entrarono loro, Wallace e Piz. Da quando erano ricominciate le lezioni Veronica e Piz non si erano ancora incontrati. Non era di lui che sentiva la mancanza. Non era sua la voce che le mancava. Non erano suoi gli occhi che cercava intorno a sé. Ne era consapevole.
«Scusami, Jordan, appena avrò qualche aggiornamento ti chiamo, d’accordo?» disse Veronica alzandosi dalla sedia e, prendendo il suo vassoio, si diresse al tavolo di Wallace e Piz.
«Eeeehi ragazzi!! Posso sedermi a mangiare con voi?» chiese Veronica, sperando che la presenza di Wallace inducesse Piz a non dire di no.
Wallace guardò Piz con aria preoccupata ed interrogativa. Non voleva che né Veronica né Piz soffrissero più di quanto non fosse già accaduto quell’estate. L’amico gli aveva raccontato di cosa era successo in quei mesi di vacanza. Aveva sperato che Logan non c’entrasse niente, che la loro fosse una rottura passeggera e che la sua migliore amica non avesse fatto l’errore di mollare un gran bravo ragazzo, solo perché ancora legata ad uno arrogante ed impulsivo.
Piz fece segno con la testa che per lui la presenza o meno della ragazza al loro tavolo era indifferente e così Veronica si sedette. «Allora, come è stato questo inizio delle lezioni? Siete ancora in camera insieme?» Veronica sperava che per combinazioni di costellazioni e di lune nei segni sbagliati, i due ragazzi non fossero più nella stessa stanza, così da potersi rifugiare da Wallace ogni volta che ne avesse avuto bisogno, senza doversi scontrare con la presenza di Piz.
«Stessa stanza, stesso compagno!! Coppia vincente non si cambia!!» Rispose Wallace con un sorriso rivolto verso Piz.
«Già» gli rispose con un debole sorriso l’amico, che stava ostinatamente evitando lo sguardo di Veronica.
«Piz…» esordì la ragazza e Wallace, che non voleva farlo, ma sapeva che quella poteva essere l’occasione migliore che i due potessero sfruttare per parlare di quanto era loro accaduto, si alzò di corsa, prese il suo vassoio e disse «Compagni della squadra di basket… eee Joanna al tavolo a ore 2. Scusatemi!» e si allontanò baldanzoso verso il tavolo a cui sedevano i suoi compagni di squadra e un gruppo di ragazze tra le quali, a quanto pare, c’era anche questa Joanna.
«Ma, Wallace…» le parole di Piz si spensero lì, capendo cosa aveva cercato di fare il suo amico, ma senza essergli riconoscente.
«Piz…» esordì di nuovo Veronica «Mi dispiace. Tantissimo».
«Di cosa Veronica?» la voce di Piz era leggermente più alta del solito e la sua espressione manifestava tutto il dolore che il tempo trascorso dopo la loro rottura aveva portato con sé. Veronica se lo aspettava. Durante la telefonata con la quale il ragazzo aveva posto fine alla loro relazione era stata particolarmente cruda. Erano volate parole come “bugiarda”, “inganno”, “amore”, “cattivi ragazzi”, e poi “Logan”, ancora “Logan” e di nuovo “Logan”.
«Mi dispiace per come sono andate le cose, mi dispiace non aver fatto niente per salvare la nostra storia, mi dispiace che ci sia Logan di mezzo anche ora che non è più in questa scuola. Mi dispiace per come è andata. Ma soprattutto mi dispiace di aver ferito un ragazzo come te. E di aver ferito te».
Piz la guardava in cagnesco. Non aveva voglia di sorbirsi le sue scuse. Era stato troppo male per quella ragazza alla quale aveva consegnato un pezzo del suo cuore.
«Piz…» continuò Veronica «frequentiamo la stessa scuola e gli stessi amici. Per favore…».
Lo sguardò di Piz si addolcì leggermente. Veronica gli stava chiedendo di non scegliere e di non costringere lei a scegliere tra i suoi amici e loro.
«Senti, Veronica. Io ci tengo all’amicizia di Wallace, di Meg e di Mac. So che sono molto importanti anche per te. E non voglio essere di certo io a costringerti con la mia presenza a non frequentare più i tuoi amici». Le rivolse un sorriso rassicurante, che fece sciogliere tutta la tensione che quella conversazione aveva portato con sé.
In quel momento, una mano si posò sulla spalla di Veronica. «Devo parlarti. È importante. Riguarda tu sai chi».
 
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«Giusto, devo essermi perso qualche passaggio. All’inizio del secondo anno tu e Piz non stavate più insieme. Ma stavate insieme alla festa dei 10 anni di diploma». Interrupe Logan, guardando la ragazza seduta al suo fianco con un sorrisino malizioso sul viso.
Veronica sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi «Non vuoi sapere chi osò posare la sua mano sulla mia spalla?».
«No, credo che mi interessi di più sapere come sia stato possibile questo riavvicinamento tra di voi» le rispose Logan senza staccarle gli occhi di dosso.
«Perfetto!! » Li interruppe Dick alzandosi dal divano. Non aspettava altro. «Credo che questo sia un siparietto al quale non ho alcuna voglia di assistere!! A domani» e veloce come un fulmine si chiuse nella propria stanza, lieto di lasciare a Veronica il compito di parlare di quanto accadde dopo.
«Io non credo che abbia molta importanza, Logan» disse Veronica una volta che Dick chiuse la porta.
Logan non rispose. Non staccava gli occhi da lei. Poi, con un gesto rapidissimo, si alzò dal divano, la prese in braccio e la portò in camera sua dove, dopo aver chiuso la porta, la mise sul letto e le disse «Hai ragione, non ha alcuna importanza, perché tu sei qui e sei con me».
 

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


CAPITOLO 10
 
 
Abbracciati tra le lenzuola, Veronica ascoltava in silenzio il battito del cuore di Logan con la testa appoggiata al suo petto, mentre lui le accarezzava la schiena nuda fissando il soffitto.
«Non siamo tornati subito insieme, Piz ed io» Veronica ruppe il silenzio. «Ci siamo frequentati come amici fino a quando non sono entrata all’FBI. Lì ho conosciuto un collega. Una storia sbagliata. Ed è successo quanto ti ho raccontato prima» la voce di Veronica si incrinò al ricordo della sua collega. Logan le sollevò il mento con l’indice «Non devi raccontarmi niente, se non vuoi».
Veronica si sollevò leggermente per baciarlo. «Ma io desidero che tu sappia». E si riappoggiò al petto di Logan guardando fuori dalla finestra e iniziando il suo racconto.
 
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«Dopo quanto accaduto, decisi che non me la sentivo affatto di continuare quella vita. Lo so, ne ho passate di peggio, non sono mai stata una che molla facilmente, ma ero schiacciata dal senso di colpa. Dovevo dare un nuovo senso alla mia vita. Così mi iscrissi nuovamente all’Università, prima a Stanford e poi alla Columbia. Prima di raggiungerti a Neptune qualche settimana fa, stavo per entrare in un prestigioso studio legale, come ben sai. Ero spinta da un fuoco diverso da quello che mi aveva spronata a risolvere i casi di Lilly, dello scuolabus e dello stupratore della Hearst. Non era solo la voglia di giustizia ad alimentare il mio bisogno di trovare il mio posto nel mondo. Il ricordo di quanto accaduto mi ha tormentata per mesi. Fino a quando non ho realizzato che forse la strada dell’avvocato fosse l’unica percorribile, per acquietare il mio senso di colpa. Mi sono trasferita definitivamente a New York ed una sera di poco più di un anno fa Wallace mi ha chiamata dicendomi che sarebbe venuto a New York a trovare Piz. Così ci siamo visti, Piz e io abbiamo ricominciato ad uscire insieme e da un anno a questa parte facevamo di nuovo coppia fissa. Siamo anche andati a vivere insieme in un appartamentino di New York, lui era stato assunto da una emittente radiofonica della città. Io… Piz è un bravo ragazzo, gentile, generoso, amorevole. Non gli ho mai potuto recriminare di storie passate con persone a me decisamente sgradevoli» Logan sorrise «di essere un istintivo, uno che fa cose matte o sbagliate come partecipare ad una bisca clandestina, dare fuoco alla piscina pubblica, sfidare i PCR’s» Veronica alzò lo sguardo verso Logan che sorrideva per quelle allusioni al suo passato. Sapeva, infatti, di aver fatto molte cose sbagliate nella sua vita di adolescente, era cosciente di aver fatto soffrire la donna che aveva amato più di ogni altra cosa al mondo, pure più di Lilly. Per Veronica aveva sempre provato un amore viscerale, uno di quelli che fanno mancare il fiato. Si sentiva felice quando incrociava il suo sguardo nei corridoi del liceo, quando le baciava la fronte, quando lei tornava da lui. Con Veronica era cresciuto ed era cresciuto il loro amore, era maturato sotto molti aspetti e molto dell’uomo che era diventato sapeva di doverlo a lei.
«Ma io sono corsa da te» continuò Veronica «tu hai chiamato ed io non ho esitato, nonostante tutte le cose che mi hanno tenuta lontana da qui in questi anni. Quando ti ho rivisto ho provato a cercare dentro di me la motivazione a tornare da Piz, a cercare quell’amore che pensavo di provare per lui. Ma poi, appunto, ti ho visto. E non riuscivo a staccarmi da te con la stessa facilità con cui mi sono staccata da lui per raggiungerti. Sai, nella mia mente ho paragonato te ad una buona dose di droga e me ad una tossicodipendente. Nuovamente lui se n’è accorto. Si è accorto che in questi anni non avevo fatto altro che rinnegare quello che per lui già una volta era stato troppo evidente. Ed ora eccomi qua, nuda tra le braccia dell’uomo a cui ho appena salvato il fondoschiena, che tra pochi giorni partirà per una meta pericolosa e dal quale non ho più alcuna voglia di separarmi» Concluse Veronica.
Logan l’aveva ascoltata in silenzio. Si ritrovava in quanto raccontato da Veronica. Anche lui aveva creduto che Carrie avrebbe potuto occupare quel vuoto nel cuore che aveva la forma della donna tra le sue braccia. Ma anche lui non aveva esitato a rivolgersi a lei una volta in difficoltà, l’unica persona nella quale riponeva una cieca fiducia.
Veronica lo baciò riportandolo alla realtà. «Un penny per i tuoi pensieri» gli disse sorridendo guardandolo negli occhi.
«Sto pensando che credo sia il caso di riprendere l’attività da poco conclusa».
 
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Il sole era già alto quando Veronica aprì la porta della camera da letto dove si era svegliata sola e andò in cerca di un po’ di caffè. Indossava una camicia di Logan abbastanza lunga da farle da vestito, così, presa una tazza di caffè, uscì sulla spiaggia su cui dava la casa scrutando l’orizzonte e godendosi quel nuovo giorno. Vide Logan e Dick divertirsi tra le onde, intenti in una delle loro attività preferite, il surf.
Poco dopo Logan stava correndo verso di lei a torso nudo e la muta abbassata fino a fianchi. Le stampò un bacio sulle labbra e la convinse, senza troppo sforzo, a fare una doccia insieme.
«Allora» esordì Logan mentre passeggiavano mano nella mano sulla spiaggia dopo pranzo «ti va di raccontarmi del professor Williams e della mano posata sulla tua spalla?».
Veronica si era completamente dimenticata di aver interrotto la storia sul più bello, ma non voleva dargliela vinta tanto facilmente. «Credo tu lo debba chiedere a Dick» gli rispose.
«Sai, stamattina ci ho provato, ma non ha più voluto raccontarmi nulla. Ha solo farfugliato che nulla di quello che mi racconterai corrisponderà a verità!» affermò Logan ridendo.
«Ah, povero Dick, troppi antidepressivi?» rispose Veronica ridendo.
Era una bella giornata, il sole era alto ma non eccessivamente caldo ed il giorno della partenza di Logan si stava avvicinando. Quelli erano gli ultimi giorni che avrebbero passato insieme. Poi per 6 mesi non si sarebbero più visti, toccati e baciati. Poteva concedergli quella piccola vittoria.
«Va bene, va bene. Ti racconterò l’epilogo di questa vicenda».
 
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La mano che mi si era posata sulla spalla era quella di Dick. La sua presa non ammetteva repliche, voleva parlarmi, subito.
Piz rimase stupito da tutta quella confidenza e dalla naturalezza con la quale mi allontanai con Dick dopo un breve saluto.
«Ho saputo che ti vedrai con il professore» aveva iniziato Dick e senza neanche darmi il tempo di rispondere aveva iniziato ad urlare «SEI MATTA!!!!!!!!! Quello potrebbe essere un pazzo, un criminale, un molestatore!! Cosa credi di fare eh?».
«Il mio lavoro» gli avevo risposto. Le persone nel corridoio si erano allarmate sentendolo urlare così. Una ragazza mi si era pure avvicinata chiedendomi se il mio ragazzo mi stese facendo del male. Pensa che Dick non mi diede neanche il tempo di risponderle che sbraitò «Sì, il suo ragazzo qui presente sta per farle una bella lavata di capo!» e mi trascinò fuori. Ero incredula dalla sua reazione. Temevo fosse impazzito. Il Dick che conoscevo non era un tipo rabbioso. Chi era quello che mi stava di fronte?
«Veronica» aveva iniziato Dick «Ho promesso a Logan, e l’ho promesso su qualcosa che mi è molto caro - ed io ci tengo ai miei capelli - che avrei provato a difenderti dal mondo in cui vivi con tutte le mie forze. Ora, noi non ci tolleriamo a vicenda, questo è un dato di fatto, ma tu non andrai da quel professore senza una copertura adeguata. Quindi, dimmi ora e luogo dell’incontro e dove vuoi che mi metta».
 
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Il martedì dell’incontro, Mac e Dick erano posizionati ad un tavolino nel dehor di un bar vicino a quello dove Veronica avrebbe incontrato il professore. Veronica aveva posizionato una videocamera sugli occhiali da sole di Dick e un mini obiettivo fotografico su quelli di Mac. Se il suo piano avrebbe dato i suoi frutti lo avrebbe scoperto entro qualche ora. Alle 15 Veronica era già seduta ad uno dei tavoli del dehor in attesa del professore. Faceva finta di leggere un libro di chimica che il professore le aveva consigliato di studiare per prepararsi alla lezione di quel giorno. Quando il professore arrivò, Veronica assunse l’aria di una povera studentessa che pendeva dalle labbra del suo insegnante ed iniziò a recitare al meglio la sua parte. Non mancarono, nelle tre ore che seguirono, strusciamenti e toccamenti da parte del professor Williams. Veronica faceva finta di non accorgersene o rispondeva con una risatina sciocca. Intanto Dick riprendeva e Mac scattava foto che immediatamente scaricava sul suo pc.
«Se prova ancora una volta a metterle la mano sulla gamba…» Sbottò Dick «Non poteva mettersi una gonna un po’ più lunga? Ed una camicetta più abbottonata, no?» continuò Dick.
«Smettila, Dick» gli disse Mac. «Veronica sa quello che fa e ci siamo qui noi. Inoltre, nel caso non lo avessi notato, Weevil è seduto ad uno dei tavolini con Wallace, proprio vicino a Veronica».
Solo allora Dick notò il motociclista e quello che, vedendolo solo di spalle, poteva presumere essere Wallace.
 
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«Allora, Veronica» disse il professore al termine di quelle tre ore di lezione «che ne dici? Ti piace la materia?» le chiese calcando particolarmente sui termini materia e piace.
«Devo dire che mi affascina, professor Williams. Lei poi, ha veramente un dono nell’insegnamento! Ho capito più oggi che in tutti gli anni di liceo! Lei è veramente un bravo insegnante!». Gli rispose Veronica, tirando fuori l’espressione della studentessa adorante. Non aveva fatto altro per tutta la durata di quell’incontro, era stata tutto uno sbattimento di ciglia di qua, di risatine di là e, soprattutto, di sopportazione delle lunghe mani del professore sulle sue cosce. Sperava che il professore cadesse nella trappola. Altrimenti, aveva un piano di riserva per ottenere lo stesso risultato.
«Oh, si è fatto tardi, devo tornare a casa, Veronica. Anche tu avrai le tue lezioni da studiare. Che ne dici se ci vediamo venerdì sempre qui alla stessa ora per una seconda lezione?».
«Ma certo, prof!!!» rispose entusiasta Veronica. Si congedarono velocemente, ma già mentre gli stringeva la mano prima di prendere strade diverse, stava riflettendo sulla seconda fase del piano.
Veronica aveva dato al professore il numero della stanza di Dick, come riferimento. Aveva usato la scusa della giovane ragazza che non vuole pesare sul padre per la sua scelta di continuare a studiare dopo il liceo ed era a caccia di una stanza nei dormitori del college. Veronica e Mac si erano fermate a dormire in camera di Dick, con grande entusiasmo di quest’ultimo, che aveva anche perso la possibilità di dormire nel suo letto. La mattina seguente, intorno alle 8, il bussare alla porta della camera svegliò Veronica di soprassalto. «Logan» bisbigliò. Si recò alla porta e rimase delusa quando vide un fattorino con in mano un enorme mazzo di rose rosse per Veronica Mars. Chiuse la porta scuotendo la testa, stava sognando che Logan la stava cercando per tutta Neptune in lungo e in largo ed alla fine era giunto stremato alla porta di Dick. A quel punto avevano bussato alla porta. Andando a mettere i fiori in una bottiglia di acqua, Veronica lesse il biglietto
 
“Mio unico amore,
i tuoi capelli profumano di lavanda,
i tuoi grandi occhi verdi sono un abisso per me.
Bramo guardarti, annusarti, vederti.
Ricordati, io ti osservo.”
 
“Ci siamo”, pensò Veronica con un sorriso. E andò a svegliare gli altri.
 
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Il venerdì seguente, Veronica si presentò all’appuntamento come concordato. Era vestita esattamente come tre giorni prima ed i suoi amici erano tutti in posizione. Il professore arrivò puntuale e seguirono le prevedibili tre ore di lezione. Ciò che non si aspettava fu la richiesta di accompagnarla alla macchina. Veronica accettò, sperando che Dick e gli altri la seguissero. Una volta arrivati alla macchina di Veronica, il professore fece la domanda che la ragazza aspettava da tre ore: «Ti sono piaciute le rose?». Veronica esitò. «Ah, me le ha mandate lei! Molto belle, grazie!» rispose timidamente.
Non troppo inaspettatamente il professor Williams si avvicinò per baciarla. Veronica sperava che non accadesse. Sapeva che Dick li stava osservando e sapeva che doveva rispondere prima che lui potesse saltare al collo di quell’uomo adulto che si divertiva a sfruttare la sua posizione di insegnante per adescare ragazze decisamente più giovani di lui, così si comportò come un’adolescente che accettava ed era lusingata dalle attenzioni di un uomo, ma che era troppo timida per fare già un passo così coinvolgente.
Abbassando lo sguardo con un timido sorriso Veronica disse solo: «Professore, io…» Il professor Williams si fermò. «Scusami Veronica. Non avrei dovuto. Ma sei così bella. Mi dispiace averti messa in imbarazzo. Scusami, mi sento davvero tanto attratto da te, ma forse per te non è lo stesso…».
«Oh no, professore, cosa dice» rispose Veronica prontamente «è solo che io, ecco… non sono ancora pronta per questo… sa esco da una storia importante con un ragazzo particolarmente difficile…»
«Ma certo Veronica», rispose lui in modo comprensivo «ci vediamo martedì prossimo?».
Una volta tornati nella stanza di Dick, trovarono una busta sotto la porta. Era una busta sottile e marrone. Non c’era scritto nulla sopra. Una volta che la aprirono vi trovarono delle fotografie di Veronica che sembravano la copia sputata di quelle di Jordan.
 
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«E così abbiamo risolto il caso, due giorni dopo la moglie del professore venne arrestata. Nella sua abitazione è stata trovata una professionalissima camera oscura con le foto di tutte le ragazze che aveva ricattato fino a quel momento, tutte le ragazze sulle quali il marito aveva posato gli occhi. In qualche modo reperiva gli indirizzi, probabilmente dalle carte del professore e vi spediva dei messaggi contenenti minacce, prestando attenzione a non far ricadere la colpa su se stessa, ma sul marito adultero. Il suo intento era allontanarle da lui. Non tollerava i tradimenti del marito, ma chiedere il divorzio le avrebbe portato via tutti gli agi e lo status sociale che possedeva. Si era davvero spaventata con Jordan, il marito sembrava davvero coinvolto da lei e aveva deciso di spaventarla spedendole anche le fotografie. Inutile che ti dica che il merito è andato interamente a mio padre. Il caso aveva suscitato non poco scalpore nel mondo degli 09 perché erano state colpite ragazze abitanti nel tuo vecchio e amato quartiere. E il nostro caro sceriffo Van Lowe ritornò ben presto alla sua poco remunerativa e poco legale attività precedente!».
Logan sospirò «Non ti nego che il solo pensiero di quel maiale che ti tocca mi fa ribollire il sangue, ma grazie di avermi raccontato tutto» le disse Logan baciandole i capelli per poi trascinarla in una corsa spensierata.
 
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Dick si alzò e vide la porta della camera di Logan aperta. Sapeva che c’era ancora Veronica. Iniziò a prepararsi la colazione e solo dopo un po’ di tempo notò il biglietto sul tavolo della cucina. Era indirizzato a lui. Con la ben nota calligrafia di Logan c’era scritto: “So che hai già adempiuto al meglio questo compito in passato. Te la affido di nuovo. Sei un amico. L.”
Dick sorrise, guardò in direzione della camera di Logan e maledicendosi bonariamente chiuse la porta pensando «Sono solo sei mesi Dick! Cosa vuoi che siano sei mesi?”».
 
 
Ringraziamenti: grazie a chi ha letto e recensito, grazie a chi ha atteso con pazienza e non ha esitato a riprendere la lettura. Grazie.

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