Dreams

di kate98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogno ***
Capitolo 2: *** Alle prime armi ***
Capitolo 3: *** Interrogatorio ***



Capitolo 1
*** Sogno ***


1° capitolo

Sogno

 

Era una calda e tranquilla sera d'estate, la luna e le stelle illuminavano il cielo e una leggera brezza estiva muoveva le foglie delle palme.

Kate, persa nei suoi pensieri, guardava le immaginarie figure composte dalle stelle.
Dal piano di sotto giungeva il rumore della tv che zio Joe aveva acceso e probabilmente stava ignorando perchè troppo arrabbiato con il figlio che non era tornato per cena.
Erano ormai le undici e mezza e Rob, il cugino di Kate, si ostinava a non tornare.
Nonostante avesse trascorso la giornata oziando e non facendo nulla di particolarmente impegnativo, Kate riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti a causa della stanchezza e decise, quindi, di andare a dormire.
La mattina seguente si risvegliò di colpo, gli occhi sbarrati e il fiato corto, si guardò intorno intontita senza capire dove si trovasse, era in una situazione di panico, continuava ad osservare la parete bianca di fronte a sè, un colpo di ciglia e tutto le ritornò alla mente: si trovava nella stanza al piano di sopra, in quella stanza che le trasmetteva tanta inquietudine; da quando era arrivata là i suoi sogni avevano cambiato sfumatura e avevano assunto un colore molto più scuro e intenso, era come se li stesse vivendo direttamente, come se si trovasse davanti alla situazione. Forse per gli altri era una stanza accogliente, un letto grande e bianco con una spalliera di legno anch'essa bianca e con sopra incisi dei fiori, il materasso era comodissimo: nè troppo duro nè troppo molle; appena si aprivano gli occhi la vista della spiaggia dalla grande vetrata a balcone era magnifica, la televisione al plasma dava un tocco moderno alla stanza, era come stare in paradiso, beh...forse per gli altri, ma per Kate no, per lei quello era un inferno.
La ragazza decise di smettere di pensarci e di andare al piano di sotto dal quale giungeva già un buonissimo profumo di bacon e uova, un profumo tanto buono che solo la zia sapeva generare, un profumo che attraeva come una calamita e al quale Kate non riusciva a resistere. Attraversò il corridoio godendosi i magnifici quadri attaccati alla parete azzurra, erano disposti tutti in ordine cronologico: c'erano i bisnonni Carl e Meredith, i nonni Angela e David, i genitori di Kate, Jennifer e Seth; osservando le figure sorridenti dei genitori defunti Kate fu pervasa da una profonda fitta di malinconia, cercava di pensare a loro il meno possibile, il dolore che la attanagliava ogni volta che vedeva una loro foto era devastante.
La ragazza scese i gradini ed entrò in cucina, zia Judith, sentendo i suoi passi, si voltò con un gran sorriso, un sorriso speciale che la faceva sentire in pace con sè stessa e con il mondo, aveva i denti bianchissimi, le labbra rosse e carnose, i grandi occhioni blu, il nasino all'insù e le guance sempre chiazzate di rosso, i capelli biondi lisci come seta, dimostrava trent'anni eppure ne aveva quarant'otto; era una donna piacevole da avere intorno, molto positiva nelle cose che diceva e che faceva, quando si stava insieme a lei sembrava che la vita fosse bellissima, piena di rose rosse e tanti fiori profumati e che tutto fosse in armonia.
Vedendo il viso di Kate la sua espressione cambiò e si fece subito preoccupata, le corse incontro e le chiese con la sua voce cristallina : « Cosa c'è piccola? Come mai quella faccia turbata? E' successo qualcosa? ».
Kate cercò di moderare la propria voce rendendola il più rassicurante possibile : « Non è successo niente, la mia faccia ha questo aspetto solo perchè ho ancora sonno, sai come sono di mattina... » e le fece un sorriso.
La zia sembrò calmarsi un po' ma nel suo viso c'era ancora un tocco di preoccupazione, disse: « Vai pure nella sala da pranzo che io ho quasi finito qui ».
Kate attraversò la cucina ed entrò nella sala dove zio Joe aspettava impaziente con gli occhiali sul naso e il giornale in mano.
Lo zio era un uomo con una personalità abbastanza dura e perdeva le staffe facilmente ma tutti sapevano che in realtà aveva un animo buono e gentile e che voleva solo il meglio per la sua famiglia; alzò gli occhi dalla cronaca che stava leggendo e salutò Kate che ricambiò il saluto e per un istante rimase ad osservarlo: era robusto e alto, aveva dei grossi baffi e un naso un po' storto, i suoi occhi erano scuri e pieni di saggezza, le sopracciglia erano folte, i capelli tagliati corti.
Vedendo che Kate era rimasta impalata sulla porta le chiese cosa stesse facendo e la ragazza rispose che stava solo osservando fuori dalla finestra dopodichè decise di andare ad aiutare zia Judith ad apparecchiare la tavola.
Si sedettero tutti a tavola e Kate si accorse che il posto del cugino era vuoto, il ragazzo non era ancora tornato.
Zio Joe posò il giornale ed accese la tv sul telegiornale.
Kate, accorgendosi di non aver portato l'acqua andò in cucina a prendere la bottiglia di vetro che aveva dimenticato sul bancone.
Tornando si fermò sulla porta, era lei, la stessa ragazza che aveva sognato, ne era sicura, in tv stavano descrivendo il suo assassinio: era stata uccisa con un pugnale inflitto al cuore;
Kate ripensò al sogno: c'era lei, quella donna, che le stava sorridendo e dopo che un'ombra aveva attraversato il suo viso lei si era messa ad urlare e aveva portato una mano al petto dal quale aveva iniziato ad uscire sangue.
Kate lasciò cadere la bottiglia che si frantumò in mille pezzi.
Zia Judith saltò dalla sedia ed accorse subito per controllare se la ragazza era ferita, zio Joe si limitò a bofonchiare un "bella addormentata" fra i denti.
Kate rimase immobile senza riuscire a dire nulla mentre zia Judith continuava a domandarle se stava bene e se si era fatta qualcosa.

 

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Capitolo 2
*** Alle prime armi ***


2° Capitolo:

 

Alle prime armi

 

Rob entrò dalla porta con le lacrime agli occhi.

Zio Joe, infuriato per l’assenza prolungata del figlio si preparò a sgridarlo ma fu subito zittito da zia Judith che, preoccupata, chiese al ragazzo che cosa fosse successo.

Rob andò dritto in cucina senza degnarla di uno sguardo e prese il piatto che zia Judith aveva messo da parte per lui, il contenuto ormai era freddo ma a Rob questo particolare sembrò non interessare minimamente.

Lo seguimmo tutti ed io restai ad osservarlo mentre divorava come un animale il cibo. Zio Joe, non riuscendo a trattenersi, iniziò a fargli una ramanzina che sembrava non volesse più finire: «  Dannazione Rob, Kate ha quasi la tua stessa età, ma non mi sembra che passi tutta la notte fuori, chissà dove, senza portarsi il cellulare dietro e senza dare un segno di vita… tu caro mio non hai disciplina, non hai un briciolo di disciplina… quando ti parlo sembra che ciò che dico ti entri da una parte e ti esca dall’altra ma adesso basta, le cose cambieranno caro mio e come se cambieranno … e »

Rob, che fino a quel momento aveva continuato a trangugiare la colazione, si alzò di scatto e iniziò a gridare: « Tu pensi sempre e solo alla tua cazzo di disciplina! non ti importa nient'altro, non mi chiedi mai come sto, mi sgridi per tutto quello che che faccio ma senza mai chiederti il motivo che mi ha spinto a farlo, pensi di comandarmi sempre a bacchetta. Volevi iniziare a sgridarmi fin da quando sono entrato da quella porta, se non ti avesse fermato mamma, che a quanto pare è l'unica ad avere un po' di considerazione per me in questa casa, avresti iniziato ad urlarmi contro fin da subito, non ti sei nemmeno degnato di chiedermi cosa mi fosse successo, tuo figlio entra in casa in lacrime e tu pensi solo alla disciplina. Giuro, non ti sopporto più! » Detto ciò se ne andò in camera sua facendo ben attenzione a sbattere forte la porta dietro di sè.

Zio Joe era perplesso, era successo che suo figlio ribattesse quando veniva sgridato ma non si era mai spinto fino a quel punto. Zia Judith guardava il marito con aria di disapprovazione.

La campanella ci fece trasalire tutti e zia Judith si precipitò alla porta. Erano due uomini o meglio, un uomo sulla quarantina e un ragazzino che non poteva avere più di vent'anni. L'uomo era un poliziotto, lo si capiva da come era vestito.

Con tono autoritario disse: « Buongiorno, lei è la signora Handcopp? »

«Si, sono io. Judith Handcopp. Perché? Cosa è successo? »

« Io sono l’agente Smith e costui è Alex Carter, un investigatore, siamo qui per l’omicidio di Bob Taylor »

« Oh. » Zia Judith si bloccò un attimo, la bocca aperta e un'espressione di orrore sul volto, quando riniziò a parlare la sua voce tremava: « Ma come è possibile? Ora capisco il comportamento di Rob, povero figliuolo. Ma come è potuto accadere un fatto simile? Cosa è successo? »

« Stiamo ancora investigando … abbiamo bisogno di un rapporto di tutti i conoscenti e i vicini. »

« Oh, va bene. Non è un problema. Accomodatevi pure » disse zia Judith che aveva ormai acquistato un colore giallastro, fatto che accadeva molto raramente.

« Beh io in realtà dovrei andare ma vi lascio nelle mani di Alex che vi farà le domande necessarie » l'uomo se ne andò senza lasciare tempo alla donna di rispondere.

«Va bene, allora accomodati »

Dopo aver servito Alex con una tazza di caffè zia Judith chiese cosa fosse successo esattamente.

Alex si guardò intorno con aria un po' imbarazzata mentre Kate, zia Judith e zio Joe lo fissavano con impazienza e il ragazzo, dopo aver bevuto un sorso di caffè, iniziò a parlare : « Il corpo del ragazzo è stato trovato da Rob Handcopp, è per questo che c’è bisogno di un investigatore che si occupi solo ed esclusivamente di questa famiglia: per potersi concentrare al massimo sul caso. »

«Vuole dire che il mio Rob ha visto un cadavere? Il mio povero bambino... »

« Dal rapporto che mi è stato dato, sì »

« Oh povero il mio Rob »

« Già, beh potremmo iniziare con le domande? »

« Certo » disse zio Joe zittendo la moglie che sembrava voler continuare a compiangere il figlio.

 

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Capitolo 3
*** Interrogatorio ***


3° Capitolo
 

Interrogatorio


Kate aspettava il suo turno per rispondere alle domande di Alex.

Il ragazzo aveva un portamento garbato e paziente e si vedeva che sapeva ciò che stava facendo.

Annotava velocemente, ma anche con attenzione, sul suo taccuino le risposte che gli venivano date da zia Judith che aveva insistito per essere sottoposta all'interrogatorio per prima dato che non sopportava l'attesa e che la situazione l'aveva sconvolta; non vedeva l'ora di finire e di andare in camera a coricarsi perchè le era venuto un acuto mal di testa e lo stomaco aveva iniziato a farle male.

Kate, in questo, era molto simile alla zia, quando si trovava in una situazione tesa o complicata iniziava a sentire vari dolorini o malori del genere.

Zio Joe si era seduto in disparte, lontano dalla moglie e dalla nipote e fissava insistentemente Alex;

Kate immaginò quanto potesse essere dura per l'investigatore trovarsi in quella situazione, poi ci ripensò e giunse alla conclusione che non tutti erano come lei e cioè quasi terrorizzati dall'opinione altrui. Lei odiava questo suo modo di essere, si faceva sempre un sacco di paranoie su ciò che gli altri avessero potuto pensare se lei rispondeva in un modo o nell'altro o se faceva questa o quell'altra cosa e poteva rimuginare per settimane su una frase detta da lei che le era sembrata sbagliata o che potesse in qualche modo suscitare battute o pettegolezzi da parte degli altri.

Mentre Kate rimuginava su questi pensieri Alex finì le domande che doveva sottoporre a zia Judith e chiese chi avrebbe voluto essere sottoposto all'interrogatorio dopo.

Kate guardò lo zio con aria interrogativa e l'uomo, in risposta, le fece segno con la testa: sarebbe stata lei la prossima.

La ragazza guardò Alex e, quando anche il ragazzo fissò gli occhi in quelli di lei, Kate sentì come un formicolio percorrerle la schiena. Il ragazzo aveva gli occhi castani, un castano scuro, era un colore molto caldo ma non aveva nulla di così particolare eppure Kate non riusciva a smettere di guardarlo, era come rapita da quegli occhi.

Alex si schiarì la gola e Kate trasalì, le domandò se fosse tutto ok e la ragazza annuì non molto convinta.

Che cosa le stava succedendo?

L'investigatore a quel punto iniziò con le domande.

Kate trovò difficoltà a rispondere nonostante fossero le stesse domande a cui aveva appena sentito rispondere zia Judith, continuava a perdersi in quegli occhi scuri.

Finita, dopo quella che sembrava fosse stata un'eternità, la sequenza di domande che l'investigatore doveva rivolgere Kate, la ragazza si scusò ed andò in bagno dove si lavò il viso con acqua fredda e si fermò a guardarsi nello specchio; al piano di sotto zio Joe rispondeva alle domande in modo freddo e distaccato, l'uomo sembrava fortemente annoiato dalla situazione.

Kate decise di andare da zia Judith che si era chiusa in camera.

Bussò leggera alla porta in modo che se la zia si fosse non l'avrebbe svegliata.

La zia non stava dormendo e le disse con voce flebile :« avanti!».

Kate aprì la porta con delicatezza e andò a sdraiarsi sotto le coperte vicino a zia Judith che si spostò per farle spazio.

Zia e nipote si addormentarono così.

Zio Joe, avendo ormai finito di rispondere alle domande stava chiedendo ad Alex da quanto tempo lavorava in polizia e come ci si sentiva. Il ragazzo era un po' a disagio ma rispose comunque educatamente :« Non da molto, signore. Ho iniziato un paio d'anni fa. Mi ci sento...beh di solito bene perchè so che ciò che faccio è aiutare le persone e ciò mi da conforto; in più questo è il lavoro che ho sempre desiderato compiere, è un sogno per me ci sono però giorni difficili, casi particolarmente pesanti che mi fanno chiedere se ne vale la pena. Come mai questa domanda?»

«Beh te lo chiedo perchè fino a poco tempo fa sono stato anche io in polizia e, avendo iniziato anche io da molto giovane, volevo ricordare com'è, il mio lavoro mi manca molto» rispose lo zio con voce roca.

Alex guardò l'uomo con aria interrogativa e dopo un paio di minuti si azzardò a dire :« Non capisco, lei a quest'età potrebbe ancora lavorare, ci sono agenti molto più anziani di lei che sono ancora attivi...»

« Spesso succedono cose che stravolgono i nostri piani. Alcuni casi, come dicevi tu sono più complicati e possono accadere degli imprevisti. C'è stato un grosso caso un paio di anni fa, un caso nel quale ho lavorato, c'è stata una sparatoria, il mio collega è morto sul colpo, io sono finito in coma con lesioni gravi. Il medico mi ha detto che ci sarebbero state ripercussioni e che non avrei più potuto svolgere il mio lavoro. Conclusione? Pensionamento anticipato e tanta rabbia. »

« Deve essere molto dura per lei..» disse Alex.

«Beh...ognuno va avanti come può» rispose zio Joe.

 

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