Before the storm

di MC_Gramma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo Due ***
Capitolo 4: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo Otto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


C’è stato un tempo, talmente lontano che a ripensarci gli sembra addirittura un’altra vita, in cui lo conoscevano come Il Salvatore.
I suoi genitori erano molto credenti e l’unico motivo per cui non si spaventarono la prima volta che guarì davanti ai loro occhi poco dopo essersi sbucciato un ginocchio, fu perché lo ritennero un dono di Dio. Non era stato così terribile viaggiare per il Paese, di comunità in comunità, ma sentirsi chiamare santo quando non ci si sente tale non è gratificante anzi.. a volte, desiderava di poter morire!
Il giorno in cui Jean e Tempesta vennero a prenderlo provò un immenso sollievo. Non era un santo. Non era Il Salvatore. Era solo un giovane mutante e finalmente gli fu offerta una vita ‘normale’.
Non avrebbe mai smesso di provare gratitudine nei confronti del professor Xavier, avrebbe fatto qualsiasi cosa per sdebitarsi ma il telepata percepì le sue intenzioni.
“Apprezzo il pensiero, ma sarebbe egoista permetterti di farti carico della mia condizione” disse in tono duro e sereno al tempo stesso, poi si rivolse a un uomo con degli strani occhiali “La sua mutazione è simile a quella di Logan, ma ad uno stadio successivo: questo ragazzo è in grado di trasferire le ferite e le malattie degli altri su di sé, e poiché il suo corpo guarisce molto in fretta..”
“.. i suoi genitori lo credevano una specie di nuovo Messia.” concluse Jean, spuntando al suo fianco “Per questo hai voluto che manipolassi i loro ricordi in modo si dimenticassero di te?”
Lui accennò un amaro sorriso.
“Non avrebbero capito.” tagliò corto, passando poi in rassegna i loro volti e soffermandosi su Tempesta aggiunse “Non mi avrebbero mai lasciato andare.”
La donna di colore sembrava sul punto di piangere ma non lo fece, limitandosi ad abbracciarlo. Stretto a lei, rivolse un’occhiata al professore: non aveva detto tutto ciò che sapeva fare però lo sapeva, come sapeva cos’era successo.. annuì impercettibilmente, come se acconsentisse a custodire il suo segreto, e lui finalmente si rilassò.
“Qual è il suo nome?” chiese l’uomo che col tempo avrebbe imparato a chiamare Scott.
“Hunter Clarington” rispose il professore “Ho la sensazione che diventerà uno dei nostri migliori studenti”



-.-.- Angolino dell'Autrice -.-.-
Quanti di voi ieri sera come me hanno rivisto X-Men 2?! ^^ Lo so, l'inizio è cortissimo ma è un prologo che vi aspettavate? Il primo capitolo è pronto, probabilmente lo posterò domani.. deco rivedere ancora un paio di cose.
Ah, sappiate che non ho la minima idea di dove andrà a parare questa ff! Sono aperta ai suggerimenti..

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Capitolo 2
*** Capitolo Uno ***


A/N: mi rendo conto che ‘Artie’ possa crear confusione.. in questo caso mi riferisco al tenero mutante dodicenne con la lingua biforcuta e la passione per le boccacce, non al nostro beniamino occhialuto sulla sedia a rotelle. u.u
 
 
La vera difficoltà alla X-Mansion non era nei labirintici corridoi o nei ritmi di studio, anzi gli piaceva studiare qualcosa di diverso rispetto ai testi religiosi, però non aveva mai passato tanto tempo coi propri coetanei, ora invece per la maggior parte del tempo aveva attorno bambini e adolescenti di ogni età!
Gli studenti più piccoli dopo un paio di giorni persero interesse per lui, quelli più grandi rinunciarono a coinvolgerlo nelle loro attività nel giro di una settimana. Comunque, Hunter non ne risentiva.
Al momento l’unica cosa che gli interessava era imparare: era il più attento a lezione – quale che fosse l’argomento – e, mentre gli altri giocavano ai videogiochi o facevano una partita a basket, leggeva un sacco. Passava dai classici della letteratura inglese e straniera a romanzi storici, ma anche saggi di psicologia o semplici manuali.. insomma, quello che gli capitava a tiro, non disprezzava nulla!
Fu durante uno di quei pomeriggi solitari in biblioteca che, nel silenzio, qualcosa attirò la sua attenzione. Abbandonò Anna Karenina nella tormenta di neve e si diresse al piano superiore, deciso a trovare la fonte di quel suono: quello che trovò fu Scott – anche di spalle era facile riconoscerlo – insieme a Jean, seduta alla finestra che lo guardava con un sorriso; l’uomo rise a sua volta, poi scrollò le spalle e continuò ad accordare la chitarra commentando che non era troppo vecchio per fare una serenata ad una bella ragazza.
Jean sembrava sul punto di rispondere quando le cadde l’occhio sul corridoio e lo vide.
“Hunter” disse, per nulla sorpresa, facendo voltare il fidanzato.
Un altro sarebbe scappato per l’imbarazzo di aver interrotto quel momento, magari lasciandosi dietro delle scuse farfugliate a metà, ma lui era troppo concentrato sullo strumento a corde per badare realmente alla coppia di innamorati.
“Qualcosa non va?!” chiese Scott, preoccupato dal suo silenzio “John ti ha fatto qualche scherzo dei suoi? Non devi prendertela, è solo..”
“Scott” lo richiamò Jean “vuole che gli insegni a suonare.”
L’uomo parve sollevato e ben felice di accontentarlo e Hunter rivolse un sorriso grato a Jean prima di allontanarsi con lui.
Passarono in fretta da London Bridge is falling down ai grandi classici di Bob Dylan, per cui Scott provava un’ammirazione reverenziale, e gli stava giusto mostrando gli accordi di Blowin’ in the wind quando sentirono un gran trambusto all’entrata: una volta scesi scoprirono che uno dei ragazzi era salito su un albero per recuperare il pallone, peccato che Colosso vedendo i bambini con naso all’insù a fissare le fronde pensò bene di scuotere il suddetto albero e il pallone era caduto, insieme al povero Artie che s’era rotto un braccio.
“Deve aver fatto un bel volo, sia il radio che l’ulna sono spezzati..” stava dicendo Scott, esaminando l’arto penzolante “Portatelo in infermeria, probabilmente Jean è già lì a preparare il gesso”
“Mi dispiace.. scusa, Artie, scusami..” continuava a ripetere Colosso “non l’avrei fatto se avessi..”
“Lo so, Peter, e lo sa anche Artie ma adesso portalo in infermeria”
Hunter osservò il ragazzino, poco più piccolo di lui, il suo volto ridotto ad una muta smorfia di dolore e si avvicinò un pesante sospiro: spostò letteralmente Scott e sostenne il braccio offeso col proprio, senza battere ciglio quando Artie gli conficcò le unghie nella carne anzi gli sorrise, poi strinse gli occhi e gli sfuggì un lamento quando sentì le proprie ossa spezzarsi di netto.
Calò un pesante silenzio e gli studenti attorno fecero un passo indietro. Colosso rimise a terra Artie, completamente guarito, mentre Scott gli si faceva vicino ma Hunter lo allontanò con un gesto secco, respirando a fondo: in pochi secondi le fratture si saldarono e anche il suo braccio tornò come nuovo.
Solo a quel punto, asciugandosi un velo di sudore dalla fronte, si rivolse a Scott.
“Dopo cena, mi insegneresti qualche altre accordo?”
Quello parve sorpreso che pensasse ancora alla chitarra, ma acconsentì.
Tuttavia nemmeno quel gesto parve farlo entrare nelle grazie dei compagni e Tempesta era molto preoccupata: probabilmente organizzò la visita al museo nella speranza di favorire la sua interazione coi compagni, ma anche prima del piccolo incidente in caffetteria il suo piano si era rivelato inutile. Beh, forse non del tutto contando che durante il ritorno Rogue prese posto vicino a lui, poiché Bobby e John erano stati presi da parte per una lunga ramanzina.
“Tu sei quello che ha guarito Artie il mese scorso, vero?”
“E tu sei quella che Magneto ha rapito ed è quasi morta a suo posto..”
Si morse la lingua un attimo dopo averlo detto. Non voleva essere cattivo, solo farle capire che anche a lui arrivavano le voci di corridoio, ma lei non parve offesa, accennò persino un sorriso.
“Sì, sono io..” esclamò, porgendogli la mano guantata “Mi chiamo Rogue!”
Hunter non era mai stato così vicino ad una ragazza e si dimenticò le buone maniere perdendosi a fissarla, concentrandosi in particolare sulle ciocche di capelli bianchi che le incorniciavano il viso: era abbastanza sicuro che gli stesse parlando per quel motivo.
“Vuoi che te li faccia tornare normali” disse.
Rouge aggrottò le sopracciglia, poi si lasciò scappare una risata.
“Parli di questi? No!” esclamò, attorcigliando una ciocca tra le dita “In fondo mi piacciono.. mi ricordano che, nonostante tutto, sono sopravvissuta.”
Questa volta fu lui a concedersi una risata, meno allegra della sua.
“T’invidio un po’, sai..” si scambiarono uno sguardo, poi spiegò “A me non resta nessun segno!”
Dopo un attimo di sospensione risero ancora e continuarono a chiacchierare, di tutto e niente, e Tempesta osservandoli dovette pensare che era l’inizio di una bella amicizia.. e sarebbe stato così, non subito però. Non tanto per l’immotivata gelosia di Bobby o l’arrivo di Logan, più che altro per l’incursione notturna alla X-Mansion.
Hunter fu uno di quelli che faticarono a prendere, più che altro perché il suo corpo metabolizzava in fretta i tranquillanti, ma un colpo ben assestato alla nuca mise fine alla sua fuga.
 
Dopo il sequestro ad Alkali Lake, come molti aveva incubi ricorrenti e si svegliava nel cuore della notte. Dopo un po’ riuscì a non urlare, così poteva fare finta di niente e rigirarsi nel letto finché non suonava la sveglia: a volte sentiva Artie alzarsi e aprire la porta, controllando che fosse tutto a posto, per poi tornare a rannicchiarsi sotto le coperte; altre volte si svegliavano a tempo e si scambiavano uno sguardo, in una muta conversazione – “Anche tu?” “Sì, anch’io..” – e tornavano a sdraiarsi con la consapevolezza di non essere i soli ad avere l’impressione di impazzire.
C’era di buono che legò molto con Bobby e di conseguenza con Rogue, e poi.. poi Logan lo prese sotto la sua ala.
“Ti sei sentito impotente, dico bene?! Allora diventa forte” lo esortò il primo giorno che lo condusse in palestra “così potrai difendere te stesso e proteggere gli altri, se mai ce ne fosse bisogno. E per come va il mondo, credo proprio che ti succederà!”
Probabilmente lo fece per volontà del professore o per compensare la perdita di Jean – aveva sentito di quello strano triangolo amoroso, ma si guardò bene dal farne parola – ciò non toglie che alla fine si fosse realmente affezionato a lui.
Fu duro con lui e non solo perché sapeva sarebbe guarito in fretta, era proprio il suo modo di fare. Anche Scott non era molto delicato nei suoi confronti, ma per ben altri motivi.. l’aveva più volte sentito discutere con Tempesta – non gli riusciva di chiamarla Ororo, gli scappava da ridere al solo pensiero – proprio per questo: l’uomo era ancora nella fase di rifiuto e non accettava la morte della fidanzata, ma ciò non lo autorizzava a prendersela col mondo intero.
Fu quasi un sollievo quando arrivò la lettera di ammissione ad Harvard: dai suoi test attitudinali era emersa una predisposizione alla medicina e alla meccanica, e poiché non sopportava l’odore dell’olio da motore aveva scelto la prima. Lasciare X-Mansion ora che iniziava ad ambientarsi non fu una scelta facile, soprattutto quando Tempesta prolungò il loro abbraccio. Sapeva di darle un dolore con la propria partenza, ma aveva davvero bisogno di ricominciare lontano da intrighi e lotte e se per farlo doveva nascondere la sua natura mutante era più che disposto a farlo!
L’ultima cosa che si aspettava, arrivato al dormitorio, era di ritrovare uno dei suoi ‘miracolati’.
 
 
 
-.-.- Angolino dell’Autrice -.-.-
Se vi state chiedendo ‘Perché medicina?’ io di rimando vi chiedo ‘Avete mai visto Bereavement?’ Si tratta di un film del 2011, sempre col buon Nolan. In sostanza ho ripreso una scena, solo che lì finiva a fare il meccanico perché non sopportava la vista del sangue (ironico, visto che si tratta di un film horror) ma io ho deciso di cambiare: insomma, pensateci.. dottor Hunter Clarington *-*
 
Non so quando posterò il secondo capitolo – che comunque è già work in progess, s’intende – ma direi di tenervi pronti tra martedì e mercoledì.. grazie a 14antonella65 per aver aggiunto la fic alle seguite e naturalmente all’amica Diana924 che ha recensito come sempre ^^

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Capitolo 3
*** Capitolo Due ***


al mio piccolo grande guerriero,
con la speranza che superi l'ennesima sfida.
 
 
Non avrebbe potuto dimenticare Sebastian Smithe neanche volendo.
Gli era rimasto impresso quel ragnetto di cinque anni, che in teoria era suo coetaneo ma complici le molteplici operazioni era rimasto indietro rispetto alla sua reale età.
La parte sinistra del suo corpo funzionava a fatica: l’occhio era leggermente strabico, la mano restava chiusa a pugno e la gamba aveva un tutore per correggerne la posizione.. tutto a causa del tumore, uno dei più aggressivi, che puntualmente si riformava nel suo cervello. Il calvario dei signori Smithe era iniziato quando il piccolo aveva appena sei mesi e dopo dodici operazioni, altrettanti cicli di chemio e una cura sperimentale in America, i dottori avevano dato forfait. Ma loro non si erano arresi e, dopo aver arricchito una buona fetta di cialtroni, avevano deciso di fare un ultimo disperato tentativo con Il Salvatore.
Hunter fu felice di trovarsi davanti quel ragazzo slanciato che sfiorava il metro e novanta, iscrittosi a legge per seguire le orme del padre: gli ricordò che in fondo aveva fatto qualcosa di buono grazie ai suoi genitori.
Inutile dire che, scoprendosi compagni di stanza, Sebastian si proclamò fin da subito suo migliore amico.
All’inizio pensava si sentisse solo in debito nei suoi confronti, ma col tempo apprese che l’aveva cercato per anni. Non per ringraziarlo, bensì perché voleva facesse parte della sua vita: secondo il francese s’era creato un legame tra loro quando lo aveva guarito, conferma ne era che si fossero iscritti alla medesima università benché ad indirizzi diversi! Hunter sbuffava a quelle sue teorie, anche se da una parte gli spiaceva l’idea.
Non che questo rendesse la loro convivenza facile. Sebastian era uno sfaticato, più volte aveva infilato i propri vestiti nel suo cesto della biancheria sperando che non se ne accorgesse e li lavasse insieme alle sue cose. Come aveva fatto a sopravvivere quattro anni in un collegio maschile senza la domestica appresso?!
“Ce l’avevo in un certo senso!” fu la sua impudente risposta “Il buon Harwood faceva qualsiasi cosa per me ed io lo ripagavo con del fantastico sesso.”
“Beh, adesso dovrai arrangiarti per l’una e l’altra cosa” ribatté lui “Non sono il tuo schiavetto e soprattutto non sono neanche lontanamente bi-curioso: o inizi a fare la tua parte o cambi stanza.”
“Scelgo la terza opzione, prendiamo un appartamento fuori dal campus.”
“Perché usi il plurale?!”
“Perché non esiste che ti abbandoni qui, ormai il dormitorio è appestato dagli studenti delle scuole pubbliche.. e non dirmi che non lo senti anche tu, è semplicemente nauseante il fetore che si portano addosso!”
Hunter roteò gli occhi all’ennesima fissazione del compagno di stanza e rifiutò l’idea: non aveva un lavoro per pagare la propria parte e non poteva chiedere soldi a Temp.. alla signorina Munroe quando già provvedeva alle sue spese scolastiche, ma Sebastian non voleva sentire scuse.
“Ti devo la vita, Clarington, mantenerti è il minimo che possa fare. E soprattutto la nostra amicizia è più preziosa di qualsiasi somma di denaro!” proseguì, alzando la voce perché non lo interrompesse “Fattene una ragione: affitteremo un appartamento insieme, io coprirò le spese e tu ci verrai a vivere, perché Sebastian Smithe è un viziatissimo figlio di papà che ottiene sempre ciò che vuole!”
“A parte questo culo.” ghignò malignamente.
“Dammi tempo, ci sto ancora lavorando” ammiccò l’altro “e il fatto che non ti abbia mai visto con una ragazza mi fa ben sperare!”
Hunter si lasciò sfuggire una risata a quell’affermazione.
Aveva le idee chiare riguardo il proprio orientamento sessuale anche se finora l’unica per cui aveva avuto una cotta era Rogue, ma sapeva che stava con Bobby ed anche nel caso si fossero lasciati non avrebbe mai corso il rischio di passare l’eternità sotto forma di statua di ghiaccio vivente per lei.
“Credevo avessi una cotta per quel cameriere canterino.” l’incalzò “Com’è che si chiama? Ah, ora ricordo.. Kurt.”
“Quella faccia da checca?! Sei completamente fuori strada.”
Così fuori strada che una volta a settimana veniva trascinato allo Sportlight Dinner, per far colazione con le peggiori uova strapazzate di New York e vedere la suddetta faccia da checca salire sul palco cantando un pezzo in lingua originale di Celine Dion su specifica richiesta di Sebastian. “È solo per prenderlo in giro, ancora non capisco come possano applaudirlo con questa pessima pronuncia!” insisteva ed ogni volta Hunter annuiva, senza credere ad una parola.
“Hai mai pensato che non prenda sul serio le tue avances, non perché di infimo livello, ma perché ti vede sempre con lo stesso accompagnatore?” gli fece notare l’ennesimo sabato mattina “E, in tutta sincerità, preferisco farmi venire il diabete da Starbucks che giocarmi le papille gustative allo Sportlight, quindi fammi un favore.. vacci da solo!”
Quello fu il giorno in cui Sebastian riuscì a strappare un appuntamento a Kurt e Hunter riuscì a fare una colazione decente, anche se il barista stava per mettergli lo Splenda nel caffè.. per fortuna lo fermò in tempo! Tuttavia fu comunque guastata dall'inaspettato incontro con Eric Lensherr, anche se lui preferiva essere chiamato Magneto.
 
 
 
-.-.- Angolino dell’Autrice -.-.-
Non mi odiate se vi lascio così, io stessa non so ancora il motivo di questa visita: l’illustre signore fa l’offeso perché ho usato il suo nome da schiavo e si rifiuta di collaborare. Dite che riesco a corromperlo con dei canestrelli zuccherosi fatti in casa?! ^^” Sì, sto delirando.. ma non preoccupatevi, è tutto nella norma!

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Capitolo 4
*** Capitolo Tre ***


A/N: se non avete visto l'ultimo film di Riddick, non capirete.. u.u


“Ciao, Luna!”
S’irrigidì a sentirsi chiamare col suo vero nome.
Non lo sentiva da tanto, a maggior ragione perché lo conoscevano in pochi: Tempesta l’aveva trovato molto poetico e Logan s’era irrigidito senza commentare, solo il professor Xavier sapeva il motivo che l’aveva spinto a sceglierlo.. ma, a giudicare dallo sguardo che gli lanciava il distinto signore seduto di fronte a sé, sospettava che l’avesse quantomeno intuito.
“Non ci siamo mai incontrati” continuò, togliendosi il cappello “Per un soffio in realtà, e me ne rammarico.. riconosci il tuo vecchio compagno di scuola?”
Indicò un suo coetaneo, rimasto in piedi alle sue spalle, con una pessima tinta bionda e un inconfondibile sorriso strafottente. John Allerdyce.  Quasi gli sembrò di sentire Rouge ‘Dov’è John?!’ chiese e Jean con assoluta calma rispose “È con Magneto”.
Un brivido gli attraversò la schiena rendendosi conto di chi aveva davanti. Avrebbe dovuto provare paura, quantomeno timore, invece scoprì che nel suo petto si animava tutt’altro, come se avesse sempre saputo che presto o tardi quel momento sarebbe arrivato; e adesso che c’era Hunter provava – oh, questa sì che è bella!, si disse – un certo sollievo.
Pyro mi ha parlato molto di te” riprese, tornando a guardarlo coi penetranti occhi azzurri “e di cosa sai fare, ma entrambi sappiamo che sotto la superficie si nasconde molto di più.”
“Non intendo entrare nella confraternita”
Magneto accolse questa sua affermazione con una breve composta risata.
“Non stiamo parlando di universitari ubriachi che danno festini..” gli fece presente, mantenendo un lieve sorriso pur tornando serio “Tu hai un potenziale che neanche immagini, ragazzo!”
Hunter fece uno sbuffo divertito. Era perfettamente consapevole di quello che poteva fare, solo che non voleva.
La sua mutazione era un’arma a doppio taglio: da un lato poteva passare per il salvatore del mondo, guarendo malati e passando per santo, ma dall’altro lato poteva diventare la peggior piaga che l’umanità avesse mai dovuto fronteggiare.
Normalmente quando una persona contrae un virus il sistema immunitario lo combatte e genera degli anticorpi, in modo da riconoscere la minaccia nel caso si ripresentasse. Per Hunter anche questo era amplificato. Quando il suo corpo veniva contagiato guariva in fretta e nel contempo ne conservava memoria, ed in qualsiasi momento era in grado di ricreare le medesime condizioni in qualcun altro: con un tocco poteva salvare o condannare, ed a giudicare dallo sguardo di Magneto era chiaro cosa voleva da lui.
“State solo perdendo tempo!” disse, molto semplicemente “Per troppi anni mi hanno liberamente costretto a farmi carico di cose molto più grandi di me e, ora che ho la possibilità di scegliere, non intendo schierarmi né contro né in difesa dell’umanità.”
“Ti credevo uno con le palle, invece sei solo un vigliacco cacasotto!”
“Che mi dici dei mutanti?” l’interrogò, ignorando l’intervento del proprio sottoposto “Dovrebbe interessarti il destino dei tuoi simili, specie nel clima di questi giorni..”
Hunter rispose con un’alzata di spalle, prendendo altro sorso di caffè finché era caldo.
“Questa tua totale indifferenza non durerà a lungo.”
Quelle parole gli suonavano come una semplice considerazione, non una velata minaccia, e vedendolo alzarsi indossando nuovamente il cappello considerò conclusa la questione, invece l’uomo fece il giro del tavolo e gli pose una mano sulla spalla.
“La guerra ci sarà e non potrai ignorarla, anche se all’inizio loro la presenteranno con un altro nome” disse, stringendo la presa “ma ne riparleremo a tempo debito!” ridacchiò, dandogli una leggera pacca “Per ora, arrivederci.. Luna.”
Gli si accostò all’orecchio per quell’ultima parte, marcando nuovamente quel nome, poi si diresse verso l’uscita. John si trattenne ancora qualche istante prima di seguirlo.
“Avrei dovuto farti scherzi peggiori”
“Come quando hai incollato ai capezzoli di Colosso le sue stesse dita?”
“Io glielo dicevo che non fa bene dormire senza canottiera!”
Dopo una breve risata, mentre Hunter cercava qualcosa da dire, John uscì dal suo campo visivo ma dopo qualche passo dovette fermarsi.
“Spero che starai dalla parte giusta quando sarà il momento.” sentì dire alle proprie spalle, con voce pacata e disarmante “Ucciderti sarebbe difficile, da un punto di vista meramente pratico, ma so che alla fine troverei il modo!”
Quando si volse, l’altro aveva già raggiunto Magneto che intercettando il suo sguardo gli rivolse un ultimo sorriso sghembo e per la prima volta agghiacciante.
 
A un paio di mesi da quell’incontro annunciarono in diretta nazionale la cura e Hunter iniziò a comprendere le parole di Magneto, ma ci arriveremo.. senza fretta.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo Quattro ***


Alla fine quei due lo presero davvero un appartamento insieme, ma Hunter cedette solo dopo che Sebastian accettò di firmare un contratto tra coinquilini in cui s’impegnava a fare la sua parte nei lavori di casa. Naturalmente il francese diede una propria interpretazione a quelle parole – troppo generiche per essere vincolanti, ripensandoci fu un errore talmente stupido.. – e prese accordi con un’agenzia di pulizie, in modo che un paio di volte a settimana venisse una ragazza per mettere in ordine solo le sue cose.
Hunter non trovò nemmeno la forza di arrabbiarsi, l’importante era che non dovesse occuparsene lui.
Quella Santana poi era proprio un bel tipo! Pur essendo una dipendente, l’ispanica non si lasciava mettere i piedi in testa e non perdeva occasione di gridare come un’aquila contro il suo coinquilino. Sebastian non l’aveva ancora licenziata perché gli piacevano le persone di carattere e poi, sotto certi aspetti, quella ragazza gli somigliava molto.
Insomma ormai avevano trovato una specie di equilibrio, sopportandosi a vicenda, ma a quel punto si presentò un altro problema. Anzi due. Due problemi a quattro zampe.
Quando gli aveva comunicato il suo nuovo indirizzo, Bobby aveva pensato di portargli Mr Puss.
Non che per l’ex compagno di scuola fosse un problema occuparsene – per quanto gli ricordasse la gattina di sua madre e la sua vecchia vita a Boston – ma si trattava comunque di una soluzione temporanea, dettata dal fatto che non era permesso tenere animali nel dormitorio.
Tuttavia, quando rientrando si vide correre incontro un abbaiante iperattivo barboncino, Hunter comprese di non essere stato l’unico ad avere quella pensata.
“Perché quella faccia?!” domandò Sebastian, facendo capolino dal salotto “Non dirmi che non ti piacciono i cani..”
Non ebbe bisogno di rispondere. Il suo altezzoso persiano rivelò la propria presenza con un miagolio annoiato e iniziò a strusciarsi contro le sue gambe, per poi drizzare il pelo e scoccare un’occhiata assassina allo scodinzolante cagnolino che gli si avvicinava desideroso di fare amicizia.
Merd!” esclamò il francese nel panico, correndo a prendere in braccio il proprio cucciolo “Così non può funzionare, Clarington, quel gatto malefico deve sparire.”
“Non se ne parla, Smithe!” ribatté, sbattendo la porta “Semmai avresti dovuto avvertirmi prima di prendere quel sacco di pulci!”
“Ragazzi, fate quel che volete” intervenne Santana, facendosi strada verso la porta “ma tenete presente che io non pulirò i loro bisognini!”
“Chi ti ha chiesto niente?!” sbottò Sebastian “Sono perfettamente in grado di occuparmi di Jett..”
“Come no!" ribatté Hunter "Conoscendoti starai già cercando un dogsitter.”
L’ispanica uscì ridendo, ma quei due erano così impegnati a urlarsi contro che non se ne accorsero.
 
A distanza di settimane Hunter ancora faticava a sopportare la presenza di Jett.
Era sempre in cerca di attenzioni, se non c’era il suo padrone andava da lui in cerca di coccole o da Mr Puss, per convincerlo a giocare insieme, ed era un miracolo che il persiano non lo avesse ancora graffiato. Lui stesso aveva rischiato più volte di strozzarlo, soprattutto quando mugugnava alternando piccoli ringhi a latrati acuti e più lo ignorava più lui insisteva.
Gli mancava solo la parola, per il resto era cocciuto ed egocentrico proprio come il suo padrone!
E a tal proposito, dovette in parte ricredersi del modo ineccepibile in cui Sebastian si prendeva cura di Jett. Lo nutriva solo con macinato fresco cotto al vapore – ignaro che il piccolo bastardo infilasse il muso nella ciotola di Mr Puss, rubandogli le crocchette, ogni volta che se ne presentava l’occasione – e faceva in modo di portarlo fuori almeno tre volte al giorno, anche quando aveva molto da studiare.
Tuttavia sospettava si trattasse di una fase passeggera, infatti non si sorprese quando rientrò un pomeriggio e trovò Jett sdraiato vicino alla porta che aspettava fiducioso: a quell’ora in genere era già al parco con Sebastian da mezz’ora o più, ma quel giorno il francese aveva un esame ed evidentemente non aveva ancora finito.
Hunter non si lasciò impietosire dagli occhioni scuri del cucciolo e lo scavalcò entrando nel soggiorno. Non che fosse senza cuore.. molto semplicemente Jett non era suo, non stava a lui occuparsene. E poi sapeva che Sebastian avrebbe fatto la stessa cosa nei confronti di Mr Puss, anzi non mancava occasione di dire che un giorno o l’altro avrebbe tolto di mezzo quel gattaccio, quindi non si sentì in colpa ad ignorarlo.
S’era appena seduto sul divano, col persiano appresso, quando gli squillò il cellulare.
Leggendo il nome sul display, roteò gli occhi prima di accettare la chiamata “Sprechi il tuo tempo, Smithe, non intendo portare a spasso il tuo sacco di pulci!”
“Quindi, come pensavo, sei a casa..” commentò tra sé il francese, per poi rispondere “Bene, tanto non era quello che volevo chiederti!”
Lui sbuffò, sprofondando tra i cuscini.
“Sentiamo, cosa vuoi?”
“Una cosa molto semplice, sono certo che puoi farcela persino tu.” prima che potesse mandarlo a quel paese, proseguì “Devi aprire a mia sorella. Sarà lì tra poco per portare fuori Jett, perché sapevo di non poter fare affidamento su di te, quindi l’ho chiamata ma non ha la chiave perciò..”
“Aspetta un attimo.. sorella?! Credevo fossi figlio unico.”
“E io ti credevo meno stronzo.” fu la gelida risposta “Come vedi, ci siamo sbagliati entrambi!”
La chiamata terminò e Hunter buttò il cellulare sul tavolino.
Per quanto trovasse quell’atteggiamento molto infantile, non poteva biasimarlo. Sebastian ce l’aveva con lui perché si rifiutava di rispondere alla insistenti domande sul suo passato o sul suo dono: ogni volta diventava evasivo e irascibile, ma aveva forse altra scelta? Non poteva certo parlargli della X-Mansion o dirgli di essere un mutante! Non era il genere di risposte che l’altro si aspettava e oltre a deluderlo avrebbe potuto spaventarlo o peggio incuriosirlo ancora di più.
Non sapeva mai cosa aspettarsi da Sebastian e, pensandoci bene, non era così strano che non gli avesse mai detto di avere una sorella.
Gli venne il dubbio che tra i due non corresse buon sangue. Viste le sue scarse probabilità di sopravvivenza, forse i signori Smithe avevano voluto un altro figlio col cinico pensiero che almeno gli sarebbe rimasto qualcosa nel caso il primo fosse morto. Da parte sua Hunter non ricordava di averla vista quando portarono Sebastian da lui perché lo guarisse, ma non sapevano cosa aspettarsi e probabilmente temevano che si impressionasse. O semplicemente era più grande di lui! Stava dando per scontato che fosse più piccola, ma in realtà non aveva nessun elemento su cui basarsi..
Proprio allora bussarono e lui scattò in piedi, andando ad aprire con Jett che gli saltava attorno abbaiando eccitato. “Non ti emozionare troppo o te la farai sotto!” borbottò, prima di aprire la porta.
Il cane naturalmente non gli diede minimamente retta e sgattaiolò subito fuori, rischiando di rimanere incastrato tra l’uscio e il muro, e catturò l’attenzione della ragazza che si accucciò prima che lui potesse vederla bene.
“Ciao, piccino!” disse, rivolta al cane “Ma quante feste, allora ti ricordi ancora di me!”
Gli scappò un sorriso a sentirla parlare con la stessa stupida vocetta che usava sempre Sebastian, mentre il barboncino le leccava il collo e il viso scodinzolando con tanta energia da iniziare a sculettare.
“Sì, piccino, anche tu mi sei mancato.. ora basta baci.. ho detto basta baci, dobbiamo.. ehi!” esclamò, allontanandolo “Non siamo mica fidanzati, non puoi infilarmi la lingua in bocca!”
Nonostante trovasse la cosa di per sé disgustosa, Hunter si lasciò sfuggire una risatina rivelando la propria presenza.
“Tu devi essere Hunter” disse lei, continuando ad accarezzare il cane per tenerlo buono “Scusa, questo piccoletto pretende che si saluti sempre lui per primo!”
“Non importa” tagliò corto, passandole il guinzaglio.
La ragazza alzò finalmente lo sguardo e gli sorrise ringraziandolo, poi lo agganciò al collare e finalmente tornò in piedi.
Non fu sorpreso che arrivasse alla sua altezza, era prevedibile vista la pertica di fratello, tuttavia non si aspettava che fosse dovuto alle scarpe col tacco. Meglio per lei!, si disse. Una donna troppo alta fatica a portare scarpe simili o trovare un fidanzato.. accolse quell’ultimo pensiero con una certa sorpresa, ma gli fuggì di mente sentendo il rumore dei tacchi che si allontanavano.
“Scusa ancora se vado di fretta ma non vorrei che Jett facesse un guaio sul pianerottolo..”
“Figurati, ci vediamo dopo.”
“Assolutamente!” esclamò lei, salendo in ascensore, ma all’ultimo fece capolino e aggiunse “Ah, comunque.. io sono Marley.. non ricordo se te l’ho detto.”
Gli sembrò di vederla arrossire ma da quella distanza era difficile stabilirlo, probabilmente era solo la luce aranciata dell’ascensore.
 
 
 
-.-.- Angolino dell’Autrice -.-.-
Non ho potuto esimermi dall’inserire Jett, che è il cane di Grant Gustin –  a me ricorda un barboncino ma so che non è un barboncino, qualcuno sa la razza giusta?! – e poi sarà che anch’io ho un amico peloso e bianco sempre tra i piedi.. un volpino nel mio caso ^^
Che altro? Ah! Pochi giorni fa ho visto X-Men Giorni di un futuro passato e non per fare spoiler ma quando dopo i titoli di coda (infiniti a questo giro) la gente gridava ‘Il Salvatore! Il Salvatore’ non potete immaginare la faccia che ho fatto! Comunque sia, mi ha ricordato questa ff ed eccovi un piccolo aggiornamento – dal cellulare, perché il mio pc è morto.. ed ecco perché ho abbandonato l’altra long a sé stessa, ma questa è un’altra storia.
Per ora vi saluto, e grazie a RachelElizabethHolmes per aver messo la fic tra le seguite.

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Capitolo 6
*** Capitolo Cinque ***


Una delle poche raccomandazioni di Logan era seguire l’istinto, sempre, e il suo gli stava dicendo – urlando a momenti – che qualcosa non tornava.
Sebastian Smithe era l’essere più permaloso che avesse mai incontrato, ma Hunter rifiutava di credere che non gli avesse parlato di sua sorella solo per un banale occhio-per-occhio. Presto o tardi avrebbe anche pensato che fosse bizzarro soffermarsi su una simile questione, ma al momento era troppo preso dal rimuginarci sopra per accorgersene. Quando era così concentrato camminava per la stanza, avanti e indietro, rischiando di far venire il torcicollo a Mr Puss che seguiva con sguardo ipnotizzato i suoi movimenti – alla fine il persiano lo lasciò solo, ritirandosi per il suo sonno di bellezza pomeridiano.
Hunter si fermò solo quando bussarono nuovamente alla porta e si accorse che, dal nulla, erano trascorse ore! Il ritorno di Marley incrementò se possibile la sua determinazione a svelare il piccolo mistero.
“Così sei la sorella di Sebastian.”
Marley annuì, prendendo posto sul divano, e Jett nuovamente libero le saltò subito in braccio ma ad un gesto perentorio della ragazza scese andando ad accoccolarsi ai suoi piedi.
“Non vi somigliate per niente.”
Lei s’irrigidì e dopo un attimo di immobilità lo guardò, più sorpresa che infastidita.
“Strano, dicono tutti il contrario!” commentò, iniziando a rovistare nella borsa “Sarà per via degli occhi..”
“I suoi sono verdi, tu li hai azzurri.”
“Ah, l’hai notato?!”
Hunter scrollò le spalle, celando un sorriso. Non era l’unica cosa che aveva notato.
Sebastian era sicuro di sé, del fascino che esercitava sulle altre persone. Quando camminava la folla si apriva al suo passaggio. Al confronto Marley era ordinaria, il genere di persona che passa inosservata, che risulta insignificante. Una tra tante, insomma! Tuttavia Hunter prestava sempre particolare attenzione a ciò che agli altri sfuggiva, era fatto così e quella ragazza ai suoi occhi era tutto fuorché.. oddio no, non poteva piacergli la sorella di Smithe! Eppure più la osservava più gli sembrava impossibile che lei e quella canaglia del suo coinquilino avessero gli stessi geni.
 “Perché non mi ha mai parlato di te?” domandò a bruciapelo.
Marley interruppe la sua ricerca e, incrociando nuovamente il suo sguardo, si strinse nelle spalle con un sorriso birichino.
“Suppongo di essere il suo più sporco segreto.”
Hunter inarcò un sopracciglio invitandola tacitamente a spiegarsi, cosa che lei non sembrava disposta a fare.
“Cioè?!”
“Non dirò un’altra parola se non in presenza del mio avvocato.”
“Ecco, brava, non dire un’altra parola!” intervenne Sebastian, che aveva il dono delle entrate ad effetto “Clarington, le stai già facendo il terzo grado?! Ah, di te non mi posso proprio fidare..” sospirò, prendendo in braccio Jett che gli saltellava attorno.
Hunter si aspettava molto peggio invece l’altro dopo quel commento lo superò e rivolse tutta la propria attenzione alla sorella. Decisamente era lei la ragione per cui non stavano ingaggiando una delle loro solite inutili discussioni! Il problema fu quando iniziarono a parlare in francese. Si perse subito dopo ‘ça va bien’ e si rese conto che non bastava studiare su un libro grammatica e pronuncia per imparare una lingua straniera.
“Scusa” disse Marley dopo un po’, doveva aver notato il suo sguardo smarrito “Gli stavo solo dicendo..”
“Ti stavamo insultando naturalmente” sogghignò Sebastian.
“Non avevo dubbi!” ribatté lui, volgendosi verso la ragazza che aveva subito ripreso il fratello “Tranquilla, facciamo sempre così, ti abituerai prima di quanto..”
“In realtà no” l’interruppe l’altro “Marley deve proprio andare.”
Sorpreso, Hunter non poté evitare d’esclamare ‘di già?!’ proprio mentre la ragazza chiedeva quello che lui dedusse essere l’equivalente in francese. Sebastian fece un ‘vite vite!’ in risposta e forse diceva ad entrambi, dimentico come spesso accadeva quand’era nervoso che lui il francese non sempre lo capiva.
Caso volle che, proprio mentre sospingeva Marley verso l’uscita, Mr Puss fece capolino nel soggiorno stiracchiandosi con tutta la sua eleganza ferina per poi alzare lo sguardo ancora sonnacchioso verso la ragazza e ciondolare mollemente nella sua direzione. Sebastian era talmente abituato ad ignorare il persiano che quando si rese conto di cos’era successo ormai il danno era fatto: il gatto si strusciò contro le gambe di Marley, facendo le sue migliori fusa, e lei ci cascò come una pera cotta! Tre secondi e lo prese in braccio, tutta moine e carezze, dirigendosi in cucina per dargli un po’ di latte.
“Può bere il latte, vero?!” chiese, fermandosi all’improvviso.
Hunter annuì. Ovviamente parlava con lui!
“Devi scaldarlo un po’ altrimenti gli vengono le coliche” aggiunse quando la vide estrarre il cartone dal frigo.
Marley annuì e nel contempo Sebastian mugolò, rimettendo Jett a terra che subito si fiondò in cucina e alzandosi sulle zampe posteriori iniziò a agitare le anteriori come se stesse pregando. Marley rise e quando Mr Puss si mise a soffiare in direzione dello stupido cane – anche il suo gatto lo pensava, Hunter ne era certo! – assicurò che ce n’era abbastanza per entrambi.
“Perfetto, davvero perfetto!” commentò Sebastian, lasciandosi cadere sul divano.
“Qual è il problema?!” chiese Hunter, forse un po’ bruscamente ma iniziava a trovare tutta quella situazione grottesca, sedendosi al suo fianco “Mi sembrate molto uniti..”
“Per forza, è l’unica donna della mia vita!”
“Se è così importante perché non mi hai mai parlato di lei?”
“Notizia flash: sono uno stronzo egoista”
“Bastian..”
“Non chiamarmi Bastian, lo odio!”
Inutile insistere, si disse rivolgendo la propria attenzione altrove.
“E va bene. Non mettere il broncio, bambinone, ti dirò tutto!” lo sentì sospirare “Anche se mi scazza da morire..”
“Mica ti sto costringendo.”
“.. essere sempre io quello che si comporta da amico e si confida.”
Hunter incassò il colpo. “Non ho mai avuto un amico” umano, aggiunse mentalmente “e non lo dico per giustificarmi ma è.. difficile.. per me.”
“Lo è anche per me in questo caso.”
“Ne terrò conto.”
Sebastian annuì, poco convinto, e si volse verso Marley che era sempre concentrata sui cuccioli.
“La presento sempre come mia sorella, per me lo è anche se risulta solo su carta.”
“I tuoi l’hanno adottata?”
“Magari fosse così semplice.. l’hanno tenuta in casa solo per farmi felice e anche per avere una storia commuovente da raccontare: i miei genitori sono quel tipo di persone, soprattutto mia madre!” ridacchiò “La sua si chiamava Millie Rose ed era la tipica governante cicciottella e affettuosa, venne a lavorare da noi quando ci trasferimmo in America. Marley è stata la mia prima compagna di giochi: era più piccola di me però.. beh, ti ricordi com’ero!” gli gettò un’occhiata, inarcando un sopracciglio “Secondo i dottori mi avrebbe fatto bene stare a contatto con altri bambini ed effettivamente stavo migliorando. Metti che anche la fisioterapia e i trattamenti facevano la loro parte, però iniziavo a parlottare e muovere la mano” lo fece, complice il ricordo, chiudendola subito a pugno “avevo iniziato da poco a correre quando cadendo mi ruppi una gamba e approfittando della corsa in ospedale anticiparono le analisi di controllo. Sorpresa! Il tumore s’era riformato e non mi potevano più operare, una delle vene principali era proprio lì davanti o non ricordo quale fosse la ragione.” tacque un momento, poi tornò a guardarlo “Sai già come finisce, mi portarono da te e abracadabra ero un bambino vero!” rise, prima amaramente poi con maggior allegria “Avresti dovuto vedere la sua faccia quando scesi dalla macchina..”
Istintivamente Hunter lo imitò e insieme si volsero verso Marley, ora accucciata a terra, che tentava di tenere lo scodinzolante Jett lontano dalla ciotola di Mr Puss che col pelo dritto difendeva la propria merenda.
“Le corsi incontro e non mi riconobbe finché non l’abbracciai, credo anche di averle fatto male!” disse Sebastian, poi gli si accostò senza staccare gli occhi dalla ragazza “Piccola parentesi: lei non sa che sei stato tu a salvarmi e non c’è bisogno che lo sappia maintenant!”
Hunter ne fu sollevato oltre che grato, solo in un secondo tempo si sarebbe reso conto di essere ricattabile ma Sebastian riprese a parlare e lui tornò attento anche se a quel punto poteva ben intuire cos’era successo.
“La signora Rose aveva problemi di cuore e di diabete, non sono certi di cosa sia arrivato prima ma nel giro di un paio d’anni venne a mancare. Marley non aveva nessuno: suo padre era irrintracciabile, sua nonna troppo anziana per occuparsene, sua zia nel Tennessee si inventò un’altra scusa.. in pratica sarebbe finita chissà dove e io non volevo. Aveva vissuto con noi per anni e mio padre era un rispettabile avvocato, fu facile ottenere l’affidamento.”
“L’affido è un po’ come l’adozione, solo che lei ha ancora il suo cognome giusto?”
Sebastian tergiversò un po’ prima di rispondere.
“Non dico che i miei non le siano affezionati, ha frequentato le migliori scuole ed è sempre venuta in Francia con noi” disse togliendosi alcuni ciuffi di pelo dalla maglia “ma chiarirono fin da subito che gli Smithe hanno un solo figlio e Marley non li ha mai chiamati mamma e papà, neanche per sbaglio.” fece l’ennesima pausa “Non mi importa cosa pensano loro, Hunter, ma la gente è cattiva. Prima che facessi coming out a scuola misero in giro la voce che di notte ci infilassimo l’uno nel letto dell’altro e scopassimo alle spalle dei miei, perché in fondo non avevamo legami di sangue ma non per questo gli faceva meno schifo l’idea! E il suo ultimo ragazzo, quello stronzo..” s’interruppe, tremante di rabbia “Questa è un’altra storia, Clarington, ne parleremo nella prossima puntata! Il punto è che io me ne frego delle cazzate che si inventano ma lei ci soffre invece, è fatta così, e io..”
“Tu vuoi proteggerla” concluse Hunter “perché è tua sorella e le vuoi bene.”
Sebastian fece sì con la testa e nei suoi occhi lesse un profondo rispetto.
“Sei il primo che lo capisce!”
“Non era così difficile”
“Il mondo è pieno di stupidi”
“Di che parlate?!” esclamò Marley, sedendosi in poltrona col persiano sistemato sulle sue spalle come collo di pelliccia.
“Generalizzavamo” tagliò corto Sebastian “Tu perché fraternizzi col nemico?”
“Lo sai che adoro i gatti”
“Non è vero!”
“Sì invece! Ne ho sempre voluto uno, ma tua madre è allergica.”
“Già.. peccato, altrimenti potevi portarti via quella diabolica palla di pelo.”
“Semmai potrebbe portarsi via quel sacco di pulci iperattivo!”
“Jett non va da nessuna parte, Clarington, rassegnati”
“Dopo di te, Smithe”
“Eri serio a dire che fate sempre così..” commentò Marley, facendo i grattini dietro l’orecchio di Mr Puss.
Lentamente il persiano le scivolò in grembo, con un’espressione goduriosa, e per la prima volta pensò al proprio gatto come ad una puttana!
Poi la ragazza aggiunse qualcosa in francese per Sebastian e forse aveva a che fare col venire a trovarlo più spesso, ma a giudicare dalla prorompente risata del coinquilino Hunter non era sicuro delle proprie doti di traduttore.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo Sei ***


A/N: riprendo questa vecchia ff dopo anni anche per merito di Huffelglee2599, che mi ha fatto ricordare l'amore per i mutanti. Conto di aggiornare ogni due settimane. Stay tuned!
N2: la canzone cui si allude è Wherever you will go.





“Clarington, ho bisogno di un favore” era diventato un tormentone ricorrente.

“Di che si tratta?” chiese per abitudine, anche se la risposta era sempre la stessa.

Marley, naturalmente. Non che fosse un sacrificio passare del tempo con lei anzi, gli piaceva ed era questo il guaio! Sebastian considerava Marley l’unica indiscussa donna della sua vita. Hunter avrebbe potuto avvicinarla solo in veste di migliore amico del fratello e ci stava venendo a patti, anche se era sempre più difficile. Di volta in volta desiderava sempre più trattenerla, dopo i consueti baci sulle guance che dispensava come saluto, per unire le labbra alle sue ma era pienamente cosciente che così avrebbe firmato la sua condanna a morte.

A complicare le cose c’era lo stesso Sebastian, che sempre più spesso coinvolgeva Marley nelle feste universitarie o più in generale nelle loro uscite: prima la invitava, poi a metà serata gliela affidava sparendo chissà dove! Hunter non aveva ancora capito se lo faceva per torturarlo, metterlo alla prova o semplicemente perché si fidava di lui.

Bella responsabilità contando che nemmeno lui si fidava di se stesso quand’era solo con lei!

Non aveva mai sperimentato una simile bramosia nei confronti dell’altro sesso, nemmeno con Rouge. Forse per i suoi poteri o per la sua storia con Bobby o tutte e due le cose insieme, quale che fosse il motivo non aveva mai sentito le palpitazioni per la sua vicinanza o una sofferenza fisica all’altezza del petto se un altro le strappava un sorriso. Con Marley sentiva tutto questo e molto di più, soprattutto quando parlava in francese con suo fratello. Mai come in quei momenti avvertiva l’enorme distanza della barriera linguistica! Era come se entrassero in una dimensione tutta loro e lo lasciassero fuori a guardare.

Questa volta però c’era qualcosa di diverso nella voce di Sebastian mentre gli chiedeva con una certa urgenza di raggiungere sua sorella al più presto e portarla al loro appartamento.

“Non lasciarla mai sola, chiaro?! Se hai degli impegni cancellali. Se devi andare in bagno trattienila. A meno che non sia lei a dover andare in bagno, in quel caso resta di guardia alla porta!” si raccomandò “Io faccio più presto che posso, tu resta con lei finché non sarò fisicamente davanti a te.”

Hunter si insospettì a quelle parole ma prima che potesse fiatare il francese aveva già riagganciato.

“E poi sono io quello che fa il misterioso!”

Arrivato alla sua scuola, ricevette un messaggio di Marley che lo pregava di raggiungerla sul retro dell’edificio e i suoi sospetti iniziarono a rivelarsi fondati.

“Di nuovo io e te” provò a sdrammatizzare “Mi dici che succede?”

Lei accennò un sorriso ma si vedeva che era nervosa.
“Te lo spiego dopo, promesso. No!” lo fermò “Possiamo passare di là?”

Che senso aveva costeggiare l’edificio in quel modo, a meno che... non concluse il pensiero, era assurdo che Marley si stesse nascondendo. Chi potrebbe mai volerle male?

“Sei strano, sai?”

Hunter inarcò un sopracciglio.
“Non è grazie a me se stiamo scavalcando questo stramaledetto cancello!” le fece notare.

“Vero” convenne lei “Chiunque altro non l’avrebbe fatto senza una spiegazione.”

“Hai detto dopo.”

“Nessuno ci crede mai quando una ragazza dice dopo.”

“Si vede che non ho molta esperienza, eh?”

“Direi di sì, un altro ne avrebbe approfittato per sbirciare sotto la gonna!”

Hunter rispose con una scrollata di spalle e le porse la mano, aiutandola a scendere, ma quando i suoi piedi toccarono terra fece finta di niente e non la lasciò andare. Marley non si oppose finché non sbucavarono sull’incrocio, puntò dritta alla fermata della metro tirandolo.

“Meglio un taxi.” la trattenne “Tuo fratello ha detto di andare dritti a casa.”

Lei sembrò sul punto di volersi liberarsi e scappare ma lo seguì docilmente sul taxi giallo e parve rilassarsi un po' mentre lo ascoltava comunicare l’indirizzo al tassista.
“Nello specifico che ti ha detto Sebastian?”

“Riguardo voi due?”

“Anche.”

“Che siete cresciuti insieme, non avete legami di sangue e giravano delle voci su di voi.”

“Voci infondate.” specificò lei.

“Lo so! Bisogna essere proprio stupidi per considerare Sebastian Smythe etero.”

“E che mi dici di Hunter Clarington?”

La osservò perplesso. Gli stava davvero chiedendo… Hunter si fece i mentalmente complimenti, era davvero bravo a nascondere le proprie emozioni se l’oggetto dei suoi desideri avanzava dubbi sulla sua sessualità. 

Stava per rispondere quando la stretta di lei aumentò, gli stava ancora tenendo la mano tuttavia non riuscì a gioirne. Il viso di Marley assunse un’espressione di puro terrore, lo stesso che lui aveva vissuto e visto riflesso negli occhi dei propri compagni mutanti in quei giorni bui ad Alkali Lake. 

“M-Mi scusi, può…” balbettò, rivolta al tassista “può spegnere la radio?”

L’uomo annuì comprensivo: “Neanche a me fa impazzire… oggi poi si sente dappertutto!”

Hunter ci pensò su e rammentò di aver sentito la medesima canzone di sfuggita, passando davanti al bar di facoltà. Era un pezzo orecchiabile che resta in testa ma a lei cosa rievoca di tanto spaventoso?

Merd!” sibilò la ragazza, lasciando la sua mano per scrivere al cellulare.

Più la osservava più trovava il suo comportamento fuori dal normale: gli sbalzi d’umore erano caratteristici di Sebastian, non suoi. E quel suo continuo guardarsi attorno, controllando ossessivamente gli specchietti. 

“Marley...?”

“Dopo.” insistette lei.

Una volta scesi sobbalzava ad ogni passante che incrociavano, persino la vecchia del quarto piano che le faceva sempre i complimenti per i suoi lunghi capelli che a seconda della luce avevano riflessi mogano o tendenti al biondo, soprattutto sulle punte. Ma più di tutto lo lasciò a bocca aperta quando, una volta arrivati nell’appartamento, la vide scacciare Jett con toni talmente aggressivi che il cucciolo corse a nascondersi in un angolo.

“Vuoi spiegarmi, per favore?”

“Scrivi a Sebastian che siamo arrivati.”

“Puoi farlo da sola, avevi il telefono in mano fino a...”

“Non posso, l’ho lasciato sul taxi.”

Hunter notò subito che aveva detto ‘lasciato’ invece di ‘dimenticato’, notò anche il modo furtivo che usò per avvicinarsi alla finestra e tirare le tende senza essere vista da fuori. 

“Cos’altro ti ha detto Sebastian?” gli chiese nuovamente “Di me?”

“Ha accennato a un ex piuttosto stronzo.”

“Per usare un eufemismo! Quando Ryder scoprì quella vecchia storia si sentì in diritto di trattarmi male...”

Hunter strinse i pugni. “Quanto male?”

“Abbastanza da ottenere un’ordinanza restrittiva.”

“Per questo hai paura? Ti sta seguendo o creando problemi?”

“Non potrebbe neanche volendo.”

Quella conversazione era estenuante, come la prima volta che l’aveva incontrata si nascondeva dietro silenzi e risposte brevi, evasive per non dire evocative. 

Marley rimase a fissarlo e lui capì che avrebbe dovuto stare ai suoi tempi e alle sue condizioni per sapere che diavolo stava succedendo. Decise di cambiare approccio: preparò del caffè, chiedendole se lo prendeva corretto come suo fratello, e lei si lasciò sfuggire una risata.
“Non mi conosci per niente!”

“So che balli molto bene, parli francese anche meglio, adori i gatti e i cappelli da uomo. Vedi? Ti conosco.”

“Tu invece suoni la chitarra, leggi un sacco, odi i cani e mio fratello.”

“Non mi conosci affatto!”

Lei sembrava sul punto di dire qualcosa quando sentirono la chiave girare e Santana fece il suo ingresso. Strano, non era giorno di pulizie!

L'ispanico posò un grosso sacco nero per terra, commentando che non veniva pagata abbastanza per questo, poi abbassò gli occhiali da sole e squadrò Marley con evidente interessante.

Tu hermano mi ha mandato a prenderti dei vestiti, vorrei dire che mi dispiace aver frugato in mezzo alla tua roba… a proposito, adoro i tuoi completini intimi!”

Hunter alzò talmente tanto gli occhi al cielo che probabilmente si vedeva soltanto il bianco degli occhi. Prese il cellulare con l’intento di chiamare Sebastian e trovò un suo messaggio.
“Questo è bizzarro persino per Smythe.”

Marley gli fu subito accanto, sembrava sul punto di strappargli il telefono di mano.
“Cosa dice?”

Lui si schiarì la voce e lesse: “Tieni i cani in casa, se serve penserà la diavolessa a pulire. Non chiamare, hai la laringite e tira ancora un vento gelido. Torno dopo aver piazzato i cuccioli.”

¡Joder!” sbuffò Santana, estraendo la pistola “Dopo questa gli chiederò un aumento, ha praticamente invitato quel bastardo a cena!”

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Capitolo 8
*** Capitolo Sette ***


A/N: i membri della cucciolata, come la chiama Sebastian, sono ruoli che Melissa Benoist ha interpretato.
N2: flaca è usato per prendere in giro le ragazze magre in senso più dispregiativo rispetto al diminutivo flaquita
N3: sì, mi sto rimettendo in pari con Supergirl (prima o poi approderò anche nell’arrowverse. Ah, quante occasioni sprecate!)





 

Alla vista dell'arma i ricordi tornarono prepotentemente a galla.

"Non lo fermano nemmeno i dardi narcotizzanti!"
"Allora usate i proiettili veri!"
Il soldato esitò: "Ma, signore, è solo un ragazzo…"
"No." dissentì quello che avrebbe imparato a conoscere come colonnello William Stryker "Non lo è." 

“Rilassati, Clarington, non è per te!” scherzò Santana.

Le diede le spalle e raggiunse la cucina per prepararsi acqua e zucchero, sentiva la pressione calare velocemente e l'ultima cosa che voleva era svenire come una donnetta. 

Marley lo seguì preoccupata.
“Stai bene? Siediti.”

Hunter si lasciò guidare docilmente fino allo sgabello.

“Sei pallido come un lenzuolo.”

“Io e le pistole non andiamo d'accordo.”

“Nemmeno io.”

“Scusa se non ci credo!” svuotò il bicchiere e lo abbandonò sul tavolo “Non sembri sorpresa che la donna delle pulizie sia armata.”

“Hai mai visto Leon The Professional? È un cult.”

“No, sono mesi che tuo fratello mi straccia i coglioni con quel film!”

“Parla di un assassino su commissione che definisce il suo lavoro fare le pulizie.”

“Rassicurante. E perché Sebastian ha sentito il bisogno di ingaggiare...?”

“Prima di continuare questa conversazione spegni il telefono e togli la batteria.” esclamò l'ispanica “Anche la sim card.”

“Ma Sebastian potrebbe chiamare!” obiettò Marley.

“No, flaca, non chiamerà.” le assicurò con un ghigno.

Hunter inspirò profondamente e fece come gli diceva, poi rimase in attesa che Marley si decidesse a parlare. Nel frattempo iniziò ad analizzare quello che sapeva. Molto poco, in realtà!

Ormai era evidente che si sentiva minacciata e non era la prima volta a giudicare dalle precauzioni che il francese aveva preso. Escluse un attacco diretto alla famiglia Smythe, perché in quel caso sarebbe stato Sebastian il bersaglio. 

Sì senti anche di relegare in un angolo della mente il cliché del fidanzato stalker, per quanto non fosse una possibilità da escludere del tutto. Non gli era sfuggito il leggero tremito quando ne aveva parlato - Ryder. Che razza di nome! - Anche Sebastian aveva tremato ma di rabbia. Hunter conosceva bene la differenza. Quella di Marley tuttavia sembrava più amarezza e vergogna, niente a che vedere col senso di allarme che gli aveva trasmesso durante tutto il tragitto in taxi.

Di nuovo, si chiese chi mai potesse volerle fare del male. Un essere del genere meritava di sparire dalla faccia della Terra e Hunter si impegnò a provvedere personalmente. Non serviva scomodare un sicario!

Osservò Santana Lopez. Era diversa dal solito, più controllata nei movimenti: le anche non ondeggiavano come se stesse per mettersi a ballare e i suoi passi non producevano alcun suono, nonostante il tacco alto. Il modo in cui si aggirava per la stanza suggeriva stesse controllando che non ci fossero microspie o telecamere nascoste da qualche parte.

A un cenno dell'ispanica, la ragazza si lasciò sfuggire un pesante sospiro.
“Hai da scrivere?” gli chiese.

Le indicò il cassetto dove teneva blocco note e penne, era l’unico a usarli. Marley se ne appropriò poi prese posto sullo sgabello al suo fianco e scrisse una serie di lettere impronunciabili.

“Mxyzptlk” disse, girando il foglio verso di lui “Si legge come si scrive.”

“Dovrebbe essere un nome?!”

“È uno dei cattivi contro cui combatte Superman. Secondo mio fratello è un indizio importante... qualche anno fa andammo a una festa di Halloween vestiti da Flash e Supergirl ma anche se mi avesse notata allora io non ho idea di chi possa essere. C'era troppa gente!”

“Rallenta.” la invitò, azzardando a stringerle la mano “Sono come un bambino, devi guidarmi passo passo in questa storia.”

“Quindi Sebastian non ti ha mai detto niente?!”

Hunter scosse la testa e lei mormorò qualche parola in francese, non sembravano complimenti.

“Okay! Ehm… è iniziato tutto quando stavo ancora con Ryder. Le cose non andavano benissimo e credevo stesse cercando di farsi perdonare. Dacché mondo è mondo, un uomo per farsi perdonare regala dei fiori!” si sforzò di sorridere “Iniziai a ricevere rose su rose: la prima mi fu recapitata a casa, la seconda me la consegnarono al bar dove facevo colazione, la terza la lasciarono sul banco dove sedevo di solito… all’inizio una a una, poi mazzi interi… accertato che non si trattava assolutamente di Ryder, pensai a un corteggiatore troppo timido per farsi avanti.” 

“Non sei mai riuscita a risalire al mittente?”

“No. Sul biglietto c’era sempre lo stesso nome, Mxyzptlk, scritto sempre da una persona diversa. La stessa che poi mi consegnava la rosa. Una volta ricordo che schiaffeggiai un’innocente vecchietta per farmi dove diavolo l’avesse presa! Sebastian, invece, inseguì quel povero ragazzo in mezzo al traffico e rischiò di essere investito anche lui...”

“Che c’entra la canzone, invece?”

“Te ne sei accorto? Meno male, temevo mi avresti preso per pazza!” esclamò, stringendogli la mano tra le sue “Ci misi un po’ a capire la prima volta, forse perché le rose erano più vistose o perché non è esattamente il mio genere ma… ovunque andassi, c’era quella canzone.”

“Non potrebbe essere un tormentone passeggero?”

“Lo è stato ma nel 2001!”

annuì, rammentando che in quel periodo ascoltava soltanto prediche e inni sacri.

“Ora so che è arrivata prima la canzone e poi le rose e non il contrario. Per questo, appena l’ho sentita, ho scritto a Sebastian. Il messaggio è chiaro, no? Sono tornato e avrò quello che voglio.

“E cos’è che vuole?”

“Semplicemente… me.”

Hunter osservò il modo in cui sollevò le spalle e sbatté le palpebre più volte, distogliendo lo sguardo dal suo, e si chiese se davvero gli umani si spaventano per così poco. No, doveva esserci di più per giustificare l’ingaggio di una professionista.

“Se è tornato vuol dire che la prima volta avete trovato il modo di fermarlo.”

Marley tirò su col naso e scosse la testa.
“Si è fermato lui.”

“Perché?”

“Perché aveva il perfetto capro espiatorio.” intervenne Sebastian, chiudendosi la porta alle spalle “Se è così che lavori, Lopez, sto sprecando i miei soldi!”

L’ispanica attaccò una filippica sul fatto che l’aveva visto arrivare ma il francese non la ascoltò nemmeno, raggiunse subito la sorella e la strinse in un abbraccio. Hunter tenne gli occhi puntati sulle cartelle di documenti che aveva in mano.

“Che intendi?” chiese quando i due si separarono.

“Ryder non le credeva, pensava che la storia dello stalker fosse una messinscena per liberarsi di lui. Sì, lo so cosa pensi… credevo fossi tu il vittimista egocentrico, Smythe… non fa ridere!”

“Stai facendo tutto da solo.”

“Certo, perché a nessuno sembra fregare un cazzo! La polizia non ci rise in faccia solo perché la mia è una famiglia in vista: fecero le loro indagini e non conclusero un bel niente, né per noi… né per lui.” sbatté la prima cartellina sul tavolo “Vuoi diventare un dottore, giusto? Dai un’occhiata!”

Hunter la tirò a sé, notando che Marley insisteva a guardare altrove, e non fu sorpreso di trovare il resoconto di un’autopsia. La vittima, Ryder Lynn, era stata strangolata e le ferite erano compatibili con del filo spinato che però non era mai stato trovato. Inoltre, sul corpo e nella stanza, erano stati rinvenuti petali di rosa.

“Il caso è tutt’ora irrisolto. Il detective incaricato, Ken Tanaka, sostenne che era stato Ryder a inventarsi la storia dello stalker: per legare Marley a sé, convincendola che soltanto lui poteva proteggerla, e quando lo avevo scoperto io lo avevo ucciso. Perché tra noi ero l’unico abbastanza forte per farlo. Ma, sorpresa! Avevo un alibi di ferro per l’ora della morte. E allora sai che fece? Gettò la spugna senza neanche cercare nuovi sospettati!”

Probabilmente era stato Smythe senior a fare pressioni per questo ma Hunter non lo disse. Era più interessato alle note del medico legale.

La dottoressa Penelope Owen era rimasta sorpresa di non aver rinvenuto il DNA dell'assassino: rimuovere l'arma del delitto doveva essere stato un lavoro lungo e meticoloso, ma l'omicidio era stato molto violento e questo denota un coinvolgimento emotivo ma anche un impeto improvviso. Impossibile conciliare questi aspetti senza ipotizzare la presenza di un complice, magari sopraggiunto in seguito per pulire...

Mentre leggeva sentì Marley porre una domanda in francese, probabilmente la stessa che gli affollava la mente da quando aveva ricevuto quello strano messaggio.

“Ora vi spiego tutto, mon coeur” le assicurò Sebastian, mettendo mano alla seconda cartellina “Questa non te la devi perdere, Clarington! Ammira la mia cucciolata: Katherine Russell, Rebecca Thatcher, Tally Petersen, Rachel Koresh e Linda Lee.”

Dispose cinque foto sul tavolo e Hunter si alzò, per osservarle più da vicino, perché… no, non sbagliava, erano tutte… Marley mollò una sberla al fratello e si mise a urlare ma questo le tappò subito la bocca.

“Stai calma! Sono tutte ex agenti preparatissime che, per un compenso proporzionato al rischio, hanno accettato di fare da esche.”

“Linda Lee?” ripeté Santana, girando verso sé la foto di una sosia bionda “Sul serio?!”

“Ovviamente è un nome falso! Quello vero è Susan e sa benissimo che potrebbe essere il primo bersaglio.” specificò il francese, continuando a bloccare la sorella “Da qualche parte bisogna iniziare! Questo è l’unico modo per avvalorare la mia teoria...”

“Così la soffochi.” gli fece notare “Le stai tappando il naso.”

Sebastian si rese conto che effettivamente Marley stava iniziando a cambiare colore e non per il fatto che avesse coinvolto donne innocenti pur di tenerla al sicuro. La liberò e questa, dopo un paio di profondi respiri, sembrò calmarsi.

“Quindi hai passato il pomeriggio a piazzarle… dove?”

“Ai quattro angoli della nazione, tirando a sorte Becky ha vinto un viaggio di sola andata per la Francia!”

Hunter smise di ascoltare il resto del suo geniale piano, che comprendeva comunque l’impiego di guardie del corpo per non destare sospetti, e riprese il corso dei propri pensieri.

Come aveva fatto l’assassino a non tagliarsi? L’unica spiegazione logica era che indossasse guanti da lavoro molto resistenti, che non erano presenti sulla scena ma giustificavano le uniche tracce rinvenute dal tampone sulla ferita.

“Che genere di rose ti mandava? Christophe Dechavanne? Mr Lincoln? M.me Meilland?”

I due lo fissarono perplessi.

“Hai un passato da fiorista, Clarington?”

“Sono un maniaco dei dettagli.” tagliò corto, cercando il punto preciso nel rapporto “Qui, ad esempio, parla di residui organici nella ferita.”

“Residui organici non implica DNA.”

“Le leggi di Mendel hanno gettato le basi di tutto quello che sappiamo sulla genetica. E sai chi era, Gregor Mendel? Un monaco che non aveva niente di meglio da fare che osservare piselli nel suo orto...”

“Perché non sono sorpreso?!”

“Il punto è, Smythe, che i vegetali hanno un profilo genetico esattamente come ogni forma di vita sul pianeta.” gli sbatté in faccia un altro foglio “Qui abbiamo il DNA delle rose che inviava Mxy...”

“Mxyzptlk” 

“Grazie, Marley! E se ha usato la stessa canzone, possiamo presumere che userà anche le stesse rose.”

“Stai dicendo quello che penso?” intervenne Marley “Speri di trovarlo...”

“... seguendo le rose.”

“Oh, Clarington, potrei baciarti!”

“Provaci, Smythe, e ti stendo.”

“Vi sfugge un particolare.”

“Quale, Lopez?”

“Se era così semplice, perché non ci ha pensato la polizia?”

“Probabilmente non esisteva un data base coi profili genetici delle piante.”

“E che tu sappia ora esiste?”

“Ne dubito.”

“Quindi qualcuno dovrà andare fare incetta di rose...” suppose Sebastian, sporgendosi sul tavolo.

“Non mi paghi abbastanza per questo!” sbuffò l’ispanica.

“Non ci servono le rose in commercio, ne basta una di Mxyzptlk.”

“Wow, sei riuscito a dirlo!”

“Fai arrivare un messaggio ai tuoi cuccioli.” proseguì Hunter “La prima a riceverla, deve farmi recapitare la rosa in tempi relativamente brevi… all’università.”

“Credi che ti lasceranno usare il laboratorio? Sei uno studente del primo anno.”

“Non sarà un problema.” gli assicurò “Nel caso, ho amici capaci di una certa influenza.”

Sebastian estrasse il cellulare e si allontanò con una smorfia che somigliava a un ghigno sornione, contemporaneamente Marley si fece più vicina.

“Mi dispiace averti coinvolto in tutto questo.”

La guardò. Diceva sul serio? A quanto pare sì e sembrava davvero preoccupata. Con ragione, visto che il suo ex era stato tolto di mezzo in modo così brutale.

“Non devi. È una mia scelta, potevo battere in ritirata appena Santana ha tirato fuori il ferro...”

“Già, e avresti avuto tutte le ragioni del mondo!” convenne, ridacchiando “Ma non lo hai fatto. Perché?”

“C’è una domanda più importante.” le fece notare, sviando l’attenzione con maestria “Perché Mxyzptlk è tornato proprio adesso?”

“Deve aver scoperto che mi interessa qualcuno.”

Lo disse così, come se fosse una cosa di poco conto. Con tutto il dolore che aveva provato in vita sua, Hunter non si aspettava facesse così male.

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Capitolo 9
*** Capitolo Otto ***


A/N: non me ne volete per il ritardo, tra il lavoro e un compagno che richiede tutta la mia attenzione nei weekend il tempo per scrivere è quello che è... perciò ve lo dico subito, il prossimo aggiornamento sarà verso fine mese.
N2: il ruolo di Melissa Benoist in Homeland crea ancora qualche problema a chi l’ha conosciuta in Glee, per chi non ne sa niente può prenderlo come un accenno a Mon El di Supergirl.
N3: di nuovo, a scanso di equivoci, mi sento in dovere di specificare che quando parlo di Kitty non mi riferisco alla nostra spumeggiante cheerleader bensì all’adorabile mutante che passa attraverso i muri e da X-Men 2 a X-Men Conflitto Finale ha cambiato faccia (personalmente, preferisco Ellen Page… sarà che le hanno dato più spazio!)
N4: nel mio immaginario Tempesta si commuove fino alle lacrime per La leggenda del pianista sull'oceano.





Dal giorno in cui Marley si rintanò - trasferire implica una scelta e lei non l’aveva avuta - nel loro appartamento, la convivenza con Sebastian si fece notevolmente più semplice. 

A quanto pare l’amico aveva esasperato certi comportamenti per non destare sospetti qualora si verificassero tali circostanze. Le esagerate ordinazioni di cibo d'asporto, la presenza di Santana sempre più richiesta, il fatto che non avesse mai portato una delle sue conquiste nell'appartamento… In parole povere, aveva previsto ogni cosa!

Hunter ebbe l'illuminazione sentendo parlare la signora Schuester, del quarto piano, con la moglie del custode, che poi era sua sorella.

"Prima non veniva così spesso."
"Vorrà sedurre uno dei due."
"Sicuramente quello alto."
"Sono entrambi alti, Terry, sii più specifica!"
"Non il musone, l’altro."
"Dici? Oh! Credevo fosse un po'…"
"Assolutamente no! Una volta mi ha persino fatto delle avances molto esplicite."
"Si vede che è francese! Dovresti dirlo a William, magari è la volta buona che si sveglia!"

“Lo sapevo che sotto il tuo atteggiamento integerrimo e disinteressato si nascondeva una ciattella di quartiere, Clarington!” rise il francese, quando gli riferì quella conversazione “Bene, è solo questione di tempo prima che si sparga la voce e a quel punto, Santana potrà trasferirsi qui in pianta stabile.”

“Scordatelo!” intervenne l’ispanica, risparmiandogli una figuraccia.

“Non osare dire che non ti pago abbastanza, Lopez, sono stanco di questo ritornello!”

“Stavo per dire che non esiste cifra per cui accetterei di dividere il letto con te!”

“Cos… Chi ha parlato di-?!”

“Quindi dovrei dormire con lei? Allora si può fare!”

“Non sarebbe la prima volta ma non è questo il punto!”

Hunter non rimase ad ascoltare il resto della discussione, soprattutto dopo che Jett si infilò sotto la gonna di Santana e le pinzò - mordere sarebbe stata un’esagerazione! - l’interno coscia per dare man forte al suo padrone. 

Trovò Marley seduta sul divano che accarezzava Mr Puss con aria assorta. 

Non era una situazione facile per una persona indipendente e riservata come lei: non aveva la libertà di uscire né di ritagliarsi uno spazio solamente suo e Sebastian era troppo egoista per cederle la propria camera. Erano giorni che la faceva dormire su quello stesso divano.

Forse temeva che lui potesse farsi idee sbagliate se avessero dormito insieme o forse aspettava che fosse proprio lui a tirare fuori l'argomento per cogliere l'occasione e infilarsi nel suo, di letto. Hunter non si sentiva di escludere nessuna delle due ipotesi.

E la costante presenza di lei nell'appartamento lo metteva in una situazione di angosciante concupiscenza. Era peggio di quando si trovavano in camera di Rouge per studiare. Molto peggio! Il fatto di saperla così vicina, così facile da raggiungere… 

Si rese conto di non essere migliore di Smythe. Fare simili pensieri mentre la sua vita è stravolta per via del suo vecchio stalker. Quando era diventato tanto egotista? O lo era sempre stato?

“Ehi!” esclamò, proseguendo verso la cucina “Mi preparo uno spuntino, vuoi qualcosa?”

“Ti ha sconvolto?” gli domandò di rimando, fissando un punto nel vuoto “Scoprire dei miei trascorsi saffici.” 

Hunter non fu sorpreso che li avesse sentiti, quei due urlavano come delle aquile. Marley sbatté le palpebre, puntandogli addosso uno sguardo accusatore degno del francese 

“Cozza con l’idea che ti eri fatto di me, vero? La tenera scolaretta, la ragazza acqua e sapone! Scadrei ancora di più ai tuoi occhi se ti dicessi che ho passato un’intera estate a bordo dello yacht di un principe persiano?”

La raggiunse nel momento in cui Mr Puss soffiò, percependo tutta la sua frustrazione. A differenza del gatto, lui se ne sarebbe volentieri fatto carico.

“Penso che ti serva una boccata d’aria fresca.”

Marley rise, poi si rese conto che diceva sul serio. “No, lo sai, Sebastian ha detto...”

“Tuo fratello è apprensivo. Non dico che faccia male, sia chiaro!”

“Se esco sarà stato tutto inutile.” la voce era ferma mentre parlava, in compenso lei tremava tutta “So cosa stai cercando di fare e lo apprezzo, davvero, anche se sono stata piuttosto… anzi, diciamo pure una stronza di prima categoria!”

Con un’audacia che sorprese persino se stesso, Hunter le sfiorò col dorso delle dita le labbra e si fece più vicino. Sarebbe così facile baciarla adesso!

“Fai bene a fidarti di lui.” le assicurò, spostandosi sulla guancia “La domanda è: ti fidi di me?”

Gli sembrò che passasse un’eternità prima che lei annuisse.

“Bene” ghignò, recuperando il cellulare.

Fece appena in tempo ad allontanarsi di qualche passo quando la voce di Tempesta lo investì: "Non finisce qui, Logan!"

“In lite pure voi…” commentò, massaggiandosi le tempie “Se vuoi fargli passare un brutto quarto d’ora non hai che da chiedere!”

"Sei dolce come sempre." 

“Tu invece sei elettrica.”

"Ahah!" in sottofondo parlò una voce che non riuscì a distinguere "Sì, è Hunter." rispose Tempesta, poi riavvicinò il microfono "Colosso e Kitty ti mandano un saluto, Rouge un bacio e Tommy… credo abbia grugnito. Strano."

“Non così strano!”

"Comunque manchi a tutti." 

Si scambiarono qualche convenevole, lei gli chiese se aveva ricevuto i libri che gli aveva mandato e lui le raccontò, tenendosi sul vago, che la sua vita non era cambiata poi tanto: si divideva sempre tra scuola e camera sua, aveva solo aggiunto un po’ di strada!

"Non senti mai nostalgia di casa? È un bel po’ che non ti fai vedere."

Capì dal tono di voce che Tempesta era preoccupata ma non gli chiese come stava o se fosse nei guai e Hunter lo apprezzò tanto.

“Sai di cosa avrei bisogno? Un bel pomeriggio di Marzo come quello descritto nel tuo film preferito.”

"Una vera sfortuna che tu non sia a New Orleans." la sentì ridacchiare "Te l’ho detto che è tratto da un monologo teatrale?"

“E potresti...?”

La sua era una richiesta inusuale ma sperava che potesse aiutarlo senza troppe domande, non era sicuro fare quel genere di conversazioni per telefono.

"Potrei."

“Allora ci conto!”

"Sicuro non ti serva altro?"

“Sicuro.”

Tempesta tacque a lungo, facendogli temere che fosse caduta la linea, poi annuì e gli raccomandò di fare attenzione.

Per tutta la durata della telefonata, malgrado la distanza che aveva messo tra loro, Hunter mantenne il contatto visivo con Marley. Il suo sguardo era carico di speranza e preoccupazione. 

In passato lo avevano guardato così centinaia e centinaia di volte tanto che alla fine aveva iniziato a provare indifferenza per quei disperati - uomini, donne, bambini che fossero. Solo che questa volta non si trattava di una persona qualunque, era Marley! La ragazza che non riusciva a ignorare già prima, figuriamoci adesso che lo guardava in quel modo.

“Tranquilla.” le disse appena tolse il telefono dall'orecchio “Tutto si sistemerà.”

Lei si sforzò di sorridere in risposta. Oddio, quando aveva imparato la differenza!? Meglio non pensarci.

 

Fu così che in un giorno qualunque, completamente fuori stagione, per non dire fuori luogo, una fitta nebbia salì dal porto di Boston e avvolse la città, come un abbraccio o una barriera protettiva, falciando il paesaggio urbano e persino le persone che si aggiravano per le strade come corpi senza testa. Nessuno notò il ragazzo e la ragazza seduti sulle scale antincendio all’esterno del palazzo. Le loro figure non si specchiarono sui vetri del grattacelo dall’altra parte della strada, non erano nemmeno sicuri ci fosse ancora oltre quel muro bianco!

“Come lo sapevi?” chiese lei.

Lui esitò a rispondere, roba di pochi secondi ma sufficiente perché lei lo cercasse a tentoni, allora prese a parlare di un fenomeno atmosferico noto come ‘nebbia d’avvenzione’. Non si accorse che capiva poco o niente di quel che diceva, né che questa volta sorrideva per davvero.

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