Prom.

di onedeyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** part one. ***
Capitolo 2: *** michael. ***
Capitolo 3: *** ashton ***
Capitolo 4: *** luke ***
Capitolo 5: *** calum ***



Capitolo 1
*** part one. ***


Prom.
Parte uno - Calum.


La odiava.
Anzi no, non è che la odiava perché per odiare Stephanie dovevi non averla mai conosciuta. Dovevi averla vista almeno una volta, di sfuggita, e allora forse la potevi odiare.
Con i suoi capelli biondi, i suoi occhi azzurri, le sue labbra carnose e sempre dipinte di un rosa pallido.
Con il suo portamento elegante ma al tempo stesso da stronza.
Con il suo fisico statuario, perfetto.
Ecco, in quel caso, appena la vedevi, potevi odiarla.
Ma Calum, la conosceva Stephanie, la conosceva in ogni sua sfumatura, in ogni sua piccolezza, la conosceva come conosceva la sua ombra e per quello non poteva odiarla.
Perché le loro anima si erano fuse e scambiate tempo prima e, da allora, Calum aveva perso la propria. Perché i loro occhi ormai non nascondevano più segreti, erano limpidi. Perché Stephanie era Calum e Calum era Stephanie. Ed era impossibile dire dove finisse l'uno e iniziasse l'altro.
“Un altro!” abbaiò, mentre con la mano sbatteva il bicchiere ormai vuoto sul bancone lurido e sudicio di quel bar nascosto dietro casa sua.
La vecchia Betty gli sorrise mentre gli prendeva il bicchiere e glielo riempiva nuovamente con il rhum, aggiungendoci della coca cola, ché Calum quella sera sembrava esistesse solo per quel drink.
Il ragazzo prese il bicchiere e se lo portò alle labbra, leccando le ultime gocce rimaste sul bordo e inclinando la testa, lasciando che, per la decima volta, il liquore gli bruciasse la gola e lo facesse perdere ancora una volta nei suoi pensieri. Lo facesse diventare ancora più staccato dalla realtà che lo circondava. Lo portasse fuori da quella sera, in un altro mondo.
Era tutto sbagliato, quella sera.
Non avrebbe dovuto essere lì, in quel bar vecchio e sporco, con quella donna che sembrava volerci provare con lui, con quella sigaretta spenta vicino alle sue mani fredde.
Avrebbe dovuto essere in quella palestra, il suo corpo stretto a quello di lei, a fare il coglione con il suo migliore amico, a ballare, bere e divertirsi, e perché no, a far ingelosire Stephanie provandoci con tutte ché amava quando lei lo prendeva per le spalle, lo fissava negli occhi e gli diceva “Hai finito di fare il coglione, Cal?” per poi dargli un lungo bacio sulle labbra che sorridevano.
Aveva aspettato da un anno quella sera, la sera del ballo, e poi lui aveva mandato tutto a puttane. Quel dannatissimo stronzo, venuto fuori dal nulla. Ancora, Calum si chiedeva se magari fosse stata la sua maledizione. Se fosse stato la reincarnazione di qualche vecchio che non aveva successo in vita e allora si andava a vendicare su di lui. Doveva per forza essere così, altrimenti non aveva senso.
Michael, così si chiamava la sua maledizione.
Michael Clifford.
Calum rabbrividì al solo pensare il suo nome.
Era un tipo inquietante, l'aveva pensato sin dal primo momento in cui i loro occhi, accidentalmente, si erano sfiorati e quelli chiari di Michael gli avevano scavato l'anima in un modo che a lui aveva infastidito, odiato.
I suoi occhi erano quel tipo di occhi che vedevano davvero, che capivano, e Calum odiava essere visto.
Era strano e solitario, eppure, Michael l'aveva privato di tutti i suoi amici, di Stephanie e questo l'aveva fatto incazzare.
Ha fascino, Calum” gli aveva detto Stephanie, quando aveva rifiutato il suo invito al ballo perché aveva già accettato quello dello strano ragazzo.
“E allora? Dai Steph, non fare la cretina e digli che era uno scherzo.”
“No, io vado con Michael.”
“Steph.”
“Ciao, Calum.”

Le sue dita si strinsero intorno al bicchiere, come a volerlo distruggere. E in quel momento, era quello che desiderava fare con Michael.
Distruggerlo per avergli portato via tutto, la sua ragazza e il suo migliore amico.
Si alzò dallo sgabello, sentiva l'alcool corrodergli lo stomaco e fargli girare la testa. Afferrò con una mano il bordo del tavolo, per paura di cadere, ma poi recuperò il suo equilibrio. Sorrise mentre sentiva la bile salire lungo la sua gola. Oh no, non avrebbe ancora vomitato. Era ancora presto e c'era ancora così tanto da fare, da dire. Lanciò uno sguardo all'orologio sopra il bancone, segnava le undici di sera.
Se conosceva abbastanza Stephanie, sapeva che era in ritardo e sperava davvero di conoscerla abbastanza. Voleva andarsi a riprendere ciò che era suo, ciò su cui aveva lasciato il segno.
Girò le spalle al bancone, infilandosi il giaccone e finendo il drink.
“Dove vai, bimbo?” gli domandò Betty, ma Calum non rispose.
La sua mente annebbiata gli stava regalando immagini che odiava, immagini che gli facevano venire la nausea e non poteva permettere che diventassero realtà.
“E' finita, Hood.” aveva detto qualche settimana prima Stephanie.
Calum uscì dal bar, l'aria fredda lo colpì in viso, lo fece scuotere e tremare. Forse, avrebbe dovuto indossare un cappotto più pesante.
Si avvicinò alla macchina e salì, le mani che tremavano insieme alle labbra. Quando mise in moto, sorrise pensando agli occhi azzurri di Stephanie appena lo avesse visto, sarebbe tornata da lui, lo sentiva.
Premette l'acceleratore, la sua destinazione era ben impressa nella sua mente.
“Non finisce così, Hemmings.” sussurrò, mentre le sue pupille si dilatavano e cercò di sterzare, ma inutilmente.

Fu un attimo.
Non l'aveva vista quella macchina, così come non aveva sentito il clacson che suonava da tempo, ormai. Aprì gli occhi, con difficoltà, e quando riconobbe quel verde bosco, sentì il cuore in gola.
No, ti prego. Tutti ma non loro.
Cercò di muoversi, di gridare per cercare aiuto, di arrivare a suonare il clacson per farli trovare, ma a ogni respiro che prendeva, a ogni piccolo movimento che faceva, i vetri gli perforavano la pelle e il sangue gli annebbiava la vista.
"Qualcuno ci aiuti, vi prego.” fu l'ultima cosa che sentì, poi tutto sparì.


spazio autrice.

Allora, premetto che questa raccolta sarà davvero breve.  cinque one shot massimo, le ho già tutte scritte stamattina e quindi non avrò problemi di tempo. In questa settimana, penso, che finirò la raccolta.
Poi, volevo dirvi che tutte queste os ruoteranno tutte intorno allo stesso tema e saranno molto collegate tra loro, quindi non vi consiglio di leggerne solo una.
Detto questo, spero vi sia piaciuta questa prima os e che lasciate qualche piccola recensione.
Vi saluto,
onedeyes.

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Capitolo 2
*** michael. ***


Prom
Parte due - Michael .


Quel pomeriggio.

Era in piedi, agitato mentre stava fermo sotto lo sguardo dolce e caloroso di sua madre.
“Ok, è per una ragazza!” sbottò, vedendo come un sorriso si formasse sul suo volto.
Arabella sorrise mentre potava le foglie di alcune piante che avrebbe poi messo in vetrina, perché con l'arrivo della primavera, non poteva più tenere le stelle di natale.
“Lo sapevo.” mormorò e Michael sospirò, passandosi una mano tra i capelli.
Sua madre, quando voleva, sapeva essere una grandissima rompiscatole, ma nonostante questo, amava quella donna.
“E sentiamo, chi è la ragazza fortunata?” domandò Arabella, fissando gli occhi chiari di suo figlio.
Aveva sempre pensato che avrebbe potuto leggere l'anima in quegli occhi, se già non lo faceva. Erano particolarissimi, gli occhi di Michael, ma sua madre sosteneva che era per quello che erano fantastici.
Il ragazzo si grattò un braccio, nervoso, mentre spostava alcuni tulipani secchi e li buttava nel secchio. Gli piaceva aiutare sua madre in quel negozio.
“Stephanie, mamma. Una compagna di scuola.” sintetizzò e sua madre lo fissò alzando un sopracciglio, curiosa.
“Non ne avevi mai parlato.” osservò, mentre con le mani puliva il bancone.
Tra poco, avrebbe dovuto aprire il negozio.
“Perché non ce n'era motivo.” esclamò il ragazzo, ridendo poi. Era così assurdo che stessero parlando di Stephanie, in quel momento. Michael non riusciva ancora a crederci che gli avesse detto di sì, che sarebbe andato al ballo con lui.
Arabella si sedette, stringendo le mani di suoi figlio.
“E adesso, che motivo c'è di parlarne?” chiese la donna e Michael si irrigidì, imbarazzato. Per quanto conoscesse bene quel campo, non sapeva il significato di tutti i fiori e chiedere l'aiuto a sua madre era così imbarazzante.
Arabella sorrise davanti l'imbarazzo del figlio, così gli carezzò una guancia, sentendo la barba sfatta pungerle la mano.
“Me lo puoi dire, sai?” sussurrò, come se i fiori potessero sentire i loro discorsi.
Michael alzò lo sguardo e prese un respiro, fissando gli occhi di sua madre prima di parlare.
“Stasera c'è il ballo. Stephanie verrà con me e lo so che può sembrare antico, o ridicolo.. ma mamma, lei mi piace davvero e vorrei portarle un fiore.” disse, mordendosi il labbro inferiore e abbassando lo sguardo.
Arabella sorrise, intenerita. Suo figlio sapeva proprio come conquistare una donna.
“E scommetto che non vuoi un fiore qualsiasi, vero?” chiese la donna, alzandosi dalla sedia e iniziando ad entrare nel retro del negozio, dove teneva tantissimi fiori.
Michael la seguì, guardandosi intorno e scuotendo la testa.
“Voglio un fiore che significhi qualcosa, mamma. Stephanie non è stupida. Una volta, mi ha raccontato che conosceva il significato di alcuni fiori.” sorrise, al ricordo di quel giorno.
Fu anche la prima volta in cui le loro labbra si incontrarono e il corpo di Stephanie si trovò tra le braccia di Michael.
Arabella sorrise mentre si girava verso suo figlio.
“Che vorresti dirle, Michael?” chiese, aspettando che il ragazzo si aprisse con lei.
Michael si strinse tra le braccia, era freddo lì dietro.
Voglio che ricordi questa serata, voglio che ricordi me, mamma.” rispose semplicemente ed ad Arabella bastò quella risposta per girarsi nuovamente ed addentrarsi tra quegli scaffali, in quello che era il suo mondo.
Michael sorrise sentendo sua madre spostare gli scatoloni e fare rumore, sapeva che su di lei avrebbe potuto contare e questo lo faceva sentire tranquillo.
La vide tornare verso di lui, tra le mani un mazzolino di fiori. Tornarono in negozio e Michael fissò incuriosito quei fiori colorati.
“Cosa sono?” domandò, sfiorandone i petali.
Erano così morbidi e delicati, sembravano potersi rompere da un momento all'altro. Alcuni azzurri, altri viola, altri bianchi. Erano una meraviglia da guardare.
“Sono non ti scordar di me e viola del pensiero.” spiegò Arabella e Michael sorrise, sapeva benissimo il significato di quei fiori.
“Quindi, ricordami e pensami?” domandò, sorridendo e il suo sorriso venne ricambiato dalla donna.
“Grazie, mamma.” mormorò, mentre si avvicinava alla sua guancia e la baciava.
Arabella carezzò il volto di suo figlio e poi prese quei fiori, legandoli assieme in una maniera che solo lei sapeva fare.
Li unì, alternandoli, fino a formare un fiore più grande, che lasciava a bocca aperta.
Da parte, aveva lasciato una viola, il cui stelo lo ripiegò su stesso, formando un anello.
“E questa?” chiese suo figlio.
“Questa” disse indicando la composizione “la dai alla tua Stephanie, questo lo indossi tu.” mormorò, toccandogli il petto e facendogli capire.
Michael storse il naso ma annuì.
“Perché proprio questa hai lasciato fuori?” chiese, non capendo mentre infilava i fiori in una busta.
“Perché va in tinta con i tuoi capelli, tonto.” disse, toccandogli il ciuffo viola e Michael rise.
“Vado a prepararmi. Non aspettarmi sveglia, ciao mamma.” disse, salutandola e uscendo da quel negozio.
Quella sera tutto sarebbe dovuto andare perfettamente.


Quella sera.

Aspettava.
Michael aspettava quasi con ansia di vedere Stephanie, quella sera. Non vedeva l'ora di darle il suo fiore e di vedere i suoi occhi illuminarsi quando le avrebbe detto il significato, quando l'avrebbe capito.
Si morse un labbro, un po' nervoso, e le sue mani andarono a sistemare la viola che aveva messo nel taschino. Pensava sarebbe stato l'unico, ma si sbagliò di grosso quando, arrivato un'ora prima, aveva visto tutti i ragazzi dei suoi corsi con un fiore all'occhiello.
Aveva chiamato Stephanie, per chiederle dove fosse, ma lei gli aveva detto che avrebbe fatto tardi, che doveva finire di sistemarsi, e con lei, suo fratello.
Era felice che avesse deciso di venire, alla fine. Sapeva che andare al ballo, dopo che la sua ragazza l'aveva lasciato, non era il massimo del divertimento ma lui era forte e poi sarebbe stato con loro, non poteva chiedere di meglio, quella sera.
Ma, quando guardò nuovamente l'orologio e vide che erano le undici e mezza, Michael si preoccupò.
Dov'erano i fratelli Hemmings?
Prese il telefono e andò sulle ultime chiamate, premendo il nome Steph e fece partire la chiamata.
Nessuna risposta.
Provò un'altra volta, ancora nessuna risposta.
Michael sospirò e girò le spalle al parcheggiò, magari erano arrivati e lui non li aveva visti.
Proprio mentre stava per entrare in palestra, il suo telefono si illuminò e un nome comparve.
“Stephanie!” esclamò, sorridendo.
Si girò, cercando quell'auto verde bosco, ma non la vide.
Lei è Michael Clifford?
Una voce che non conosceva e che faceva venire i brividi spaventò Michael, che balbettò un misero 'sì'.
Sono l'agente di polizia Peters, dovrebbe venire in osped-.
Ma Michael non gli lasciò finire la frase che attaccò, infilandosi il telefono in tasca e correndo verso l'auto.
Il fiore che aveva fatto fare per Stephanie finì nel fango.



Spazio autrice:

seeeera,
innanzitutto vorrei ringraziare le persone che hanno letto la prima os, spero che questa vi piaccia.
e poi, niente, spero che qualcuna di voi lasci qualche recensione e mi faccia sapere che ne pensate.
un saluto enorme,
onedeyes.

 

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Capitolo 3
*** ashton ***


Prom
Parte tre - Ashton



Quella sera non passava mai.
Ashton non sapeva perché avesse accettato di essere di guardia, quella notte, e l'ospedale non era mai stato più vuoto.
Seduto al bancone, finiva di mangiare la sua pizza e intanto pensava a quel pomeriggio, a quando aveva prestato a suo cugino il suo smoking.
Era felice che sarebbe andato a quella festa, non era giusto perdersi il ballo di primavera solo perché la tua ragazza, una stronza di prima categoria, ti aveva mollato.
“Grazie Ash.”
“Sei come un fratello, per me. Non ringraziarmi.”

Sorrise pensando al suo sorriso quando aveva indossato quell'abito. Suo cugino era veramente bello.
Alzò lo sguardo, annoiato, verso l'orologio e i suoi occhi lessero che erano le undici e quaranta.
Se non fosse successo niente, in venti minuti se ne sarebbe andato.
Questo aveva deciso quando le sirene dell'ambulanza lo fecero scattare e si alzò, correndo verso le porte del pronto soccorso.
Le aprì il momento in cui i paramedici entrarono, spingendo le barelle e gli passarono alcuni fogli, che il ragazzo non considerò.
“Cosa abbiamo?” chiese, seguendo quelle persone che stavano portando i tre feriti nella stanza dove stavano i lettini.
Arrivarono anche i medici, che si avvicinarono alle persone ferite.
“Incidente stradale. Una ragazza e due ragazzi.” disse una ragazza, i suoi capelli legati in una coda alta.
Ashton si avvicinò e i suoi occhi si spalancarono quando riconobbe il volto insanguinato di Calum.
“Cal!” urlò, avvicinandosi al suo amico e toccandolo, per accertarsi che fosse ancora vivo.
Vide come gli occhi di Calum si aprissero e si posassero su di lui, guardandolo come fosse una specie di miracolo.
“M-m-.” ma il ragazzo non riusciva a finire la frase che poi urlava.
Ashton si guardò intorno, cercando i medici che però erano concentrati sugli altri due pazienti.
“Andrà tutto bene, amico. Ti salveremo.” lo rassicurò, mentre gli occhi di Calum si riempivano di lacrime.
“M-mi sp-spiace, As-ashton.” sussurrò, lamentandosi e Ashton aveva gli occhi verdi pieni di lacrime e stringeva la mano al suo amico, quando un medico lo chiamò.
“Irwin, prepari la sala tre!” urlò un uomo e Ashton lasciò la mano al suo amico, per eseguire il comando.

Preparò la sala tre, illuminandola e sterilizzando gli strumenti e poi sentì la porta aprirsi e si girò.
“Presto, presto. Sta perdendo molto sangue!” sentì dire e si avvicinò, curioso.
Ma si sa, la curiosità uccide e quando Ashton riconobbe i tratti di sua cugina Stephanie, si sentì morire. Il suo volto era scheggiato, pieno di ferite e sangue. I suoi capelli erano diventati neri e le sue labbra erano gonfie e viola.
Stephanie era irriconoscibile e faceva paura.
Stephanie.” boccheggiò, portandosi una mano sul cuore.
Sentiva come se gli avessero appena dato una pugnalata e l'avessero lasciato a morire.
I medici lo fecero uscire, ché stava intralciando il loro lavoro e Ashton rimase lì, aggrappato alla porta blu, guardando come aprissero Stephanie col bisturi e intervenissero. Non aveva sentito cosa avesse, ma si preoccupò quando sentì il ritmo irregolare della macchina cardiaca aumentare e diminuire, quando sentì i medici dare ordini e gli assistenti correre.
Combatti Stephanie. Combatti.
Poi, qualcosa dentro di lui si mosse e scattò verso l'altra sala, ma si fermò prima di entrare, come avesse paura di vedere chi fosse il terzo ragazzo.
Appoggiò una mano, non trovando però la forza per aprire.
Non avrebbe potuto sopportare altro quella sera.
Prese un gran respiro ed entrò, trovandosi un medico vicino al letto dove era steso il terzo ferito.
Si avvicinò e le sue lacrime, quelle che aveva trattenuto, scesero.
Lì, sdraiato su quel letto di quell'ospedale, stava suo cugino.
I suoi capelli biondi erano macchiati, sporchi. Il suo volto era graffiato, pallido, ancora più del solito. Le sue labbra erano rosa pallidissimo. E aveva lividi ovunque. Eppure, sembrava che le sue condizioni non fossero gravi come quelle di Stephanie. Sembrava che avrebbe potuto farcela.
E lui doveva farcela.
“Bisogna operarlo?” riuscì a dire, stringendo il bordo delle lenzuola.
Il medico si girò e fissò il ragazzo negli occhi, capendo che conoscesse la vittima.
Ashton sentì il suo cuore alleggerirsi un pochino quando il medico scosse la testa, sorridendogli.
“Però, voglio fargli una tac. Prepari la macchina.” disse e Ashton annuì, aspettando che il medico uscisse prima di avvicinarsi al letto.
Si poggiò sul materasso, sfiorando il volto di suo cugino.
“Resisti, ti prego.” mormorò. “Resisti perché sei anche il mio migliore amico e io non voglio perderti, non posso farcela. Ti prego, lotta, Luke.” singhiozzò, prima di andare a preparare la sala tac.


Spazio autrice.

Eccola qui, la terza os di questa raccolta.
Ringrazio davvero tanto le persone che leggono e chi ha recensito, mi piace sapere cosa ne pensate.
Non voglio annoiarvi con altre parole, spero che vi sia piaciuto e che lasciate delle lunghe o corte recensioni, non importa.
grazie di cuore,
onedeyes.

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Capitolo 4
*** luke ***


Prom
Parte quattro - Luke



“Siamo in ritardo. Ed è solo colpa tua!” disse Luke, salendo in macchina e lanciando uno sguardo assassino a sua sorella.
Stephanie gli sorrise, stringendosi nelle spalle e sistemandosi l'abito bianco, che la copriva fin sopra il ginocchio.
“Voglio che questa serata sia speciale.” si giustificò, arricciandosi una ciocca di capelli biondi intorno al dito.
E lo voleva davvero, voleva che fosse un nuovo inizio quella serata.
Un nuovo inizio per lei e Michael, magari.
Luke sospirò, scuotendo la testa. Per quanto fosse felice per lei e Michael, gli dispiaceva ancora per Calum. Gli voleva bene e Stephanie gli aveva spezzato il cuore. Ma non poteva schierarsi, altrimenti avrebbe perso entrambi e Luke non avrebbe potuto sopportare altre perdite in quel periodo.
“Almeno..” iniziò, ma la ragazza lo fermò.
“Lo so, lo so. Se vediamo Calum, ci dobbiamo dare un contegno.” finì la frase, alzando gli occhi al cielo e ridendo. Che poi, chissà cosa avrebbero dovuto fare a un ballo scolastico dove stavano anche i professori, anche se un'idea le era balenata in testa.
Luke storse il naso, voleva solo proteggere il suo amico.
“Gli voglio bene, Steph. E' normale che mi preoccupi per lui.” disse e Stephanie si strinse nelle spalle. Ormai, tra lei e Calum tutto era finito.
“E anche Michael è tuo amico.” gli ricordò e Luke sospirò, guardando sua sorella.
“Infatti, sono felice che andiate al ballo insieme. Perché conosco Michael e so che è un bravo ragazzo.” disse e Stephanie gli scoccò un enorme sorriso che fece ridere il ragazzo.
Stephanie era una ragazza incredibile, e difficile.
“Grazie, Luke.” mormorò Stephanie, mandando un messaggio alla sua amica.
Tra poco arriviamo, Michael è già li?
Luke scosse la testa e tornò a guardare la strada, lanciando un'imprecazione e catturando l'attenzione di sua sorella.
Da dove cazzo era sbucata quella macchina?
Stephanie alzò lo sguardo, lanciando un urlo quando vide una macchina andare verso di loro.
“Luke!” gridò e Luke cercò di sterzare, ma i freni non funzionavano più e quindi fece l'unica cosa che si sentiva di fare. Si lanciò su Stephanie, per proteggerla, il momento in cui l'altra macchina sfondò il loro parabrezza, facendolo andare in mille pezzi. Sentì il vetro penetrargli nella pelle e conficcarglisi dentro, e faceva dannatamente male.
A ogni respiro che prendeva, Luke soffriva.
Sussurrò il nome di sua sorella, ma un'altra macchina sbatté contro di loro, facendo muovere i loro corpi avanti e Stephanie sbatté la testa contro il vetro, frantumandolo e sporcandolo di sangue.
“Steph!” gridò senza voce Luke, stringendo il corpo di sua sorella.
Sentì gemiti di dolore dappertutto, urla di paura ma l'unica cosa che riusciva a fare era lamentarsi e cercare di rimanere sveglio, ma il colpo era stato duro e lui era stanco.
Troppo stanco.
“Occristo!” fu l'ultima cosa che sentì, prima di venire avvolto nel buio.

 

Luke aprì gli occhi e vide bianco.
Sorrise e stese le braccia, sentendosi intorpidito. Magari aveva dormito male.
Quando alzò lo sguardo, vide il sorriso di sua sorella e i suoi capelli biondi fargli da tendina.
“Sei sveglio, eh!” esclamò, ridendo e indietreggiando.
Luke si alzò e la guardò confuso.
“Ho dormito?” chiese e Stephanie scosse la testa, sedendosi sul pavimento bianco.
“Eri tipo in coma.” disse, un cipiglio sul suo volto.
Luke si sedette vicino a lei, stringendole una mano.
“Ehi, adesso sono qui.” mormorò, carezzandola in modo confortevole e Stephanie scosse la testa. I suoi capelli frustavano l'aria.
“Non dovresti.” singhiozzò.
Luke la guardò confuso e le asciugò le lacrime, pregandola di calmarsi.
“In che senso, Steph?” chiese e Stephanie si alzò, portandosi le mani sulle guancie.
Allora, Luke ricordò.
L'incidente, il vetro, il sangue.
Stephanie guardò suo fratello, sentendo che aveva capito.
“Steph?”
Luke sentì il respiro della ragazza spezzarsi.
“Devi svegliarti, Luke.”
“Sono già sveglio.” ribatté il ragazzo, con ovvietà. Aveva aperto gli occhi, no?
“No. Non qui. Tu non devi stare qui. Ma lì.” disse Stephanie, un sorriso triste sulle sue labbra.
Luke aggrottò la fronte, la confusione in quegli occhi azzurri.
“Come?”
E Staphanie, notò Luke, iniziò ad agitarsi e gli corse incontrò, stringendogli le mani.
“Ci vedremo, Luke. Un giorno, ci vedremo di nuovo.” mormorò e gli lasciò un bacio, a fior di labbra.

 

Luke aprì gli occhi e sentì l'aria mancargli.
Fece male prendere un respiro e subito sentì alcune mani toccare le sue.
“Dio, sei sveglio.” e la voce di Ashton lo accolse subito.
Girò lo sguardo e lo vide, suo cugino era seduto vicino a lui, gli occhi stanchi e arrossati.
“Ash.” disse e il ragazzo lo abbracciò, sentendo il suo corpo vivo.
Almeno il suo.
“Avevo paura che non ce la facessi, Luke. Ma tu sei forte, sei qui.” gli disse, la voce spezzata e Luke ricambiò, seppur con difficoltà, l'abbraccio.
I suoi occhi azzurri pizzicavano.
“C-cosa è successo?” chiese, volendo delle spiegazioni e Ashton si allontanò, guardandolo negli occhi.
Luke capì subito che qualcosa non andava.
“Dovresti riposare.” gli disse, anche se voleva dirgli tutto ché Luke meritava sapere.
Ma il ragazzo scosse la testa, voleva sapere adesso.
“Luke.” lo rimbeccò Ashton ma il ragazzo era deciso, voleva sapere.
“Glielo dico io, se vuoi.” si sentì dire e gli occhi di Luke si andarono a scontrare con quelli glaciali di Michael.
Il ragazzo fece qualche passo nella stanza, aveva addosso ancora lo smoking e quella viola nel taschino.
Erano ore che stava seduto su quella sedia, in quella stanza che puzzava di morte. Aveva bisogno di uscire.
“Michael.” sussurrò Luke e Michael corse verso Luke, stringendolo.
“Mi spiace così tanto, amico.” mormorò e Luke aggrottò la fronte, mentre Ashton riprese a singhiozzare.
Gli faceva male quella situazione.
Le mani di Luke si andarono a posare sulla schiena di Michael, stringendolo poiché lo sentiva tremare.
“Che è successo?” ripeté e Michael si staccò, asciugandosi gli occhi e guardandosi con Ashton.
Era uno sguardo d'intesa, che mandava su tutte le furie Luke.
“Qualcuno mi risponda!” urlò, premendosi poi le costole. Non era stata una buona idea.
“D'accordo, va bene.” concesse Ashton, sistemandogli la flebo.
Tua sorella..” iniziò Michael, e il respiro si fermò.
Luke aveva già gli occhi lucidi, il cuore stretto.


Spazio autrice:

penso che questo sia stata la os più difficile da scrivere, per me.
la più difficile perché sentivo la sofferenza di Luke, sentivo il suo dolore e la prossima sarà forse anche peggio perché si sentirà altro, forse ancora più fastidioso del dolore, più profondo.
vi ringrazio di cuore se avete seguito finora, se avete letto e recensito, sul serio grazie.
forse è giusto dirvi che la prossima os, come avevo annunciato, sarà quella conclusiva e poi Prom sarà finito.
ma, ho in mente, se riesco a scriverla, una long e spero davvero di riuscire a farla, quindi in caso qualcuno volesse continuare a leggermi, potrà farlo.
detto questo, vi saluto calorosamente (nonostante il freddo che fa) e vi lascio,
alla prossima,
onedeyes.

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Capitolo 5
*** calum ***


Prom
Parte quinta - Calum



Morta.
Ashton era stato chiaro.
Stephanie Hemmings era morta e non c'era stato modo di salvarla. Aveva riportato vari traumi e alcune contusioni gravi, e il suo cuore non ce l'aveva più fatta. Le lesioni erano troppo estese e i medici non ce l'avevano fatta.
Il sangue che aveva perso, poi, aveva contribuito all'aumentare dell'emorragia.
E quindi, il volto pallido e stravolto di Stephanie era stato coperto con un telo all'una e cinquanta, il suo corpo viola era adesso nascosto a occhi indiscreti.
Calum, invece, fortunatamente, non aveva portato gravi ferite, solo qualche graffio qua e la, infatti adesso poteva tornarsene a casa.
Ma lui, non voleva.
Voleva solo poter non aver mai bevuto, così forse Steph sarebbe stata ancora viva. Voleva non aver mai preso quell'auto, non essere mai uscito quella notte dalla sua stanza.
Voleva non aver dovuto causare la morte della sua Stephanie.
I suoi occhi si chiusero e le lacrime scesero di nuovo sulla sua faccia.
Tutta colpa mia.
“Calum Hood?”
Il ragazzo aprì gli occhi, trovandosi davanti un agente di polizia.
Annuì, ormai non aveva più paura e sapeva anche chi l'aveva chiamata la polizia.
Michael.
Era stato chiaro, prima.
Te la farò pagare, Calum. Hai portato via l'unica cosa che mai fosse stata davvero mia e me la pagherai.
Ma Calum non sapeva che, in realtà, era stato Ashton a chiamarla la polizia, dopo che la verità era venuta fuori.
Calum non sapeva che Ashton aveva lottato con se stesso per fare quello che andava fatto, che aveva chiamato la polizia mentre stava crollando.
“Sì.” confermò e l'agente si avvicinò, uno sguardo addolorato nei suoi occhi.
“E' in arresto per guida in stato di ubriachezza e per l'omicidio di Stephanie Hemmings.” recitò l'agente e Calum tremò, tirando su col naso
"Qualunque cosa deve dire, potrà farlo in presenza del suo avvocato.” continuò l'uomo, aggirando il ragazzo e ammanettandolo.
Calum sentì il ferro delle manette contro la pelle, perforargliela.
“Prego, venga.” disse l'uomo, tirandolo su dal letto e portandolo fuori.
I medici avevano dato l'ok per poterlo portare via.
Calum si fermò quando arrivò davanti la stanza dove stavano figure che lui conosceva benissimo.
I ragazzi si girarono e quello che Calum non si sarebbe mai aspettato accadesse, accadde.
Ti odio, Calum!” gridò Luke, mentre Ashton lo stringeva.
Michael fissava il ragazzo con occhi glaciali, il pensiero di Stephanie non lo mollava.
"Mi spiace, Michael. Non ce l'ha fatta."
Michael non voleva crederci, la sua Stephanie era forte, cazzo. Era sempre stata forte, no?
Perché aveva dovuto abbandonarlo in quel momento? Perché?
Strinse le mani a pugno mentre altre lacrime scendevano dai suoi occhi.
Calum cercò di aprire bocca, per poter giustificare, ma poi, come?
Come poteva giustificarsi?
“Ti odio! Hai ucciso mia sorella, hai fatto del male anche a me. Perché?” gridò Luke, nascondendo il volto nell'incavo di suo cugino e singhiozzando.
Luke si sentiva tradito, anzi no. Si sentiva spezzato in due.
Calum era stato il suo migliore amico da sempre, era la sua metà e adesso l'aveva distrutto.
Luke non si era mai sentito più solo.
Stephanie.
Calum cercò di fare un passo avanti, entrare in quella stanza e poter abbracciare il suo amico, ma glielo impedirono.
“Vattene Calum.” ripeté Luke, staccandosi e guardandolo.
In quel momento, non riusciva neanche a sopportare la sua presenza.
Calum rabbrividì davanti quello sguardo.
E quello era uno sguardo d'odio e d'addio.
Era uno sguardo che non si addiceva agli occhi chiari e sinceri di Luke, quel tipo di occhi che non avevano mai odiato ma che adesso non ne potevano fare a meno.
Il ragazzo abbassò lo testa e uscì dalla testa, alle spalle sentiva le urla di Luke e i sussurri di Michael e Ashton.
“Venga, signor Hood.” disse l'agente e Calum lo seguì, testa bassa e sguardo sulle punte.
Tutto quello che era successo era colpa sua.

 

spazio autrice:

ebbene sì.
questa è l'ultima os della raccolta e scusatemi se è finita così, se vi aspettavate finisse in un altro modo ma penso che un altro modo per concluderla non esisteva.
finisce così, con un mio enorme grazie a chi ha letto e recensito, a chi ha aggiunto ai preferiti.
finisce così, tra le lacrime mie e di luke, le mie e di ashton, le mie e di calum, e di michael.
e spero anche con le vostre, ché allora significa che qualcosa ho trasmesso.
e niente, questo è il mio modo di salutarvi.
dicendovi che non so ancora quando pubblicherò il primo capitolo di una long e che boh, non so che altro dire.
(in caso qualcuna vada il tre su a vederli, guardateli anche da parte mia, fategli sentire quanto li amiamo.)
vi mando un enorme bacio,
onedeyes.

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