DARK NIGHTS

di Neverland98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 2. Appuntamenti, specchi e corvi ***
Capitolo 3: *** 1. Docce troppo affollate e professori troppo misteriosi ***
Capitolo 4: *** 3. Indizi e illusioni ***
Capitolo 5: *** 4.Baci rubati e messaggi nascosti ***
Capitolo 6: *** 6. Il mostro e le lacrime ***
Capitolo 7: *** SECONDA PARTE-7.Nel buio ***
Capitolo 8: *** 8. Nel bosco ***
Capitolo 9: *** 9. Immaginazione ***
Capitolo 10: *** 10. Rivelazioni ***
Capitolo 11: *** 11. Vittoria ***
Capitolo 12: *** 12. Onde ***
Capitolo 13: *** 13. Dubbi ***
Capitolo 14: *** 14. Insieme ***
Capitolo 15: *** 15. Il tunnel ***
Capitolo 16: *** 16.Black out ***
Capitolo 17: *** 17. Addio ***
Capitolo 18: *** 18. Ritorno ***
Capitolo 19: *** 19.Il ballo ***
Capitolo 20: *** NEWS! ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


E' tanto, troppo, calda. L'aria, intendo. Quasi soffocante, direi. Eppure non sudo, o almeno non me ne rendo conto. Mi passo il dorso della mano sulla fronte, ma è liscia e perfettamente asciutta. E allora perchè sto respirando a fatica? Perchè sento il bisogno di farmi vento con le mani? Avanzo cauta, tutto intorno a me si estende una nebbia grigiastra, densissima. Talmente tanto che alcune parti del paesaggio mi sono completamente oscurate. Da quel che riesco a vedere, però, mi accorgo che è notte e la luna piena è alta nel cielo. L'erba sulla quale cammino è grigia e bagnata, lo capisco perchè mi fa il solletico alle piante dei piedi. Già, a proposito, perchè sono scalza? Io, che non mi alzo dal letto se non ho le pantofole, perchè dovrei camminare a pieni nudi in un prato? A quanto pare non è importante. Avanzo ancora, finchè all'orizzonte non distinguo il profilo di un castello. Un castello molto grande, come quello delle principesse. Però in genere quelli sono tutti rosa e scintillanti, questo invece è nero come la pece. Tipo quello della Bella e la Bestia dopo l'incantesimo della fata cattiva. Mi ha sempre fatto paura, quel cartone animato. Vorrei scappare, ma il mio corpo non risponde ai miei comandi, va avanti per conto suo e si ferma davanti al grande portone di ferro battuto. E' molto arrugginito e vi sono scolpite teste di leoni che ruggiscono, le temibili zanne bene in mostra. E ad un tratto non ho più caldo, anzi: ho freddo. E' arrivato un vento fortissimo, gelido. Mi scompiglia i capelli e mi penetra nelle ossa, devo aggrapparmi alle maniglie del portone per non essere spazzata via. E nel momento stesso in cui le mie dita si stringono intorno al metallo, la maniglia fa un “clack” inquietantissimo e la porta si spalanca con uno scricchiolio talmente acuto da far venire la pelle d'oca. Insomma, senza che nemmeno me ne accorga, sono dentro al castello, e il portone si richiude pesantemente alle mie spalle.

Quale sarebbe la cosa più logica da fare? Ah, sì: chiedere se c'è qualcuno, visto che gli sono entrata in casa. E' violazione di domicilio, non importa quanto strane possano essere le circostanze, rischio comunque una denuncia. O magari, peggio, questa è la casa (riduttivo dire “casa”, visto il mausoleo in cui mi trovo!) di un maniaco sessuale, e io non ho via di fuga.

Oh, accidenti!

Sì, senza dubbio la cosa più logica sarebbe chiedere se c'è qualcuno.

Ma non lo faccio. O meglio, il mio corpo non lo fa.

Mi accorgo a stento di stare correndo, verso non so quale destinazione. Salgo una vasta rampa di scale a chiocciola, l'eco dei miei passi rimbomba nell'ambiente semivuoto. E' quasi buio, ma non inciampo, né sento i polpacci indolenziti per le troppe scale. Semplicemente, continuo.

E' difficile però ignorare l'inquietudine che mi sta crescendo addosso, quasi un terrore irrazionale. Il cuore mi pulsa nelle orecchie, tappandole. Ho l'affanno; ma, come ho detto, non per la fatica. Tremo, anche. E non per il freddo.

Vorrei andarmene. All'improvviso mi accorgo che l'unica cosa che voglio è fare retro-front e tornarmene a casa da... ovunque io sia adesso. Le gambe non mi ubbidiscono. Decido di chiudere gli occhi, come facevo da bambina per combattere la paura del buio. Quando mamma mi dava il bacio della buona notte e spegneva la luce nella mia cameretta, io abbassavo le palpebre, così – pensavo – se io non potevo vedere i mostri, loro non potevano vedere me. La tecnica del “chiudere gli occhi” ha funzionato anche con molte altre fobie. Quindi, mi dico, potrà funzionare anche adesso.

E infatti lo fa: funziona. Non riesco a vedere dove sto andando, ma percepisco chiaramente di essere in movimento. Sto ancora salendo la scala a chiocciola, che sembra non finire mai. Forse porta al cielo. Qual era quella favola che parlava di un bambino che faceva crescere una pianta di fagioli talmente alta da raggiungere il cielo, là dove abitava un gigante con la sua gallina dalle uova d'oro? “I fagioli magici”, mi pare si chiamasse. Ecco, ora come ora anche una favola idiota come questa mi terrorizza. E se incontrassi un gigante cattivo? Cosa potrei fare io, che di mio ho già una statura inferiore alla media?

Oh, accidenti!

Mi mordo il labbro per cercare di tranquillizzarmi e cercare una spiegazione logica, perchè se c'è qualcosa che ho imparato è che c'è sempre una spiegazione logica. Tranne in questo caso, a quanto pare.

Oppure no! - penso all'improvviso – magari... Forse... Potrebbe darsi che...

Un sogno! Potrebbe essere tutto un sogno!

Un incubo, per la precisione, ma sempre un sogno. Qualcosa di irreale, che non esiste. Che non sto vivendo davvero. Riderei, se non fosse per il terrore che continua a soffocarmi. Ma come si fa a svegliarsi dai sogni? Per la prima volta in vita mia desidero ardentemente che venga mattina.

All'improvviso i miei piedi si bloccano. Apro gli occhi; le scale sono finite, ora sono in quella che sembra la soffitta abbandonata di un film horror, con tanto di ragnatele ovunque e mobili abbandonati accatastati l'uno sopra l'altro. Perchè mi trovo qui?

E poi, all'improvviso, lo vedo. E' uno specchio bellissimo, rettangolare, in verticale occupa tutta la parete. E' icorniciato d'oro, ed è particolarmente lucido nonostante il degrado della soffitta in cui si trova. Mi avvicino per ammirarlo, ho sempre amato gli specchi. Mi affascinano. A volte mi chiedo come facessero le persone del passato a non vedersi allo specchio. Dev'essere orrendo non sapere come si è fatti. O magari è meglio, ciascuno può immagginarsi come vuole. Nessuno si sentirebbe brutto.

Ritorno alla realtà – o qualunque cosa sia -, e mi posiziono davanti allo specchio. A questo punto dovrei vedere il mio riflesso, capelli biondi che sfiorano appena le spalle sottili, ma non è così. Davanti a me, lo specchio si ricopre di una macchia nera densissimo. Una macchia che man mano inizia a diradarsi, e più lo fa, più mi accorgo che non è una macchia. Sono corvi. Ed escono dallo specchio.

Volano verso di me.

 

 

Saaaalve :3 Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e anche se così non fosse vi prego di recensire per farmi sapere in cosa posso migliorare ;) per quanto riguarda la trama, non temete: il meglio deve ancora venire eheh... :D

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Capitolo 2
*** 2. Appuntamenti, specchi e corvi ***


2. APPUNTAMENTI, SPECCHI E  CORVI
 

"I sogni non riguardano mai delle sciocchezze; non permettiamo infatti
che il nostro sonno venga  turbato da inezie" 
-Sigmund Freud



-Allora com'era il suo ufficio?- mi chiede Pete. 

-C'erano gli attrezzi da tortura?- gli fa eco Chris.

-Secondo me aveva gli scheletri dei suoi studenti conservati in teche di vetro... Ho ragione, Lia?- questo invece è Sam.

-Ma non dite sciocchezze! Altro che scheletri... C'erano i cadaveri mummificati, non è vero?- Lily dà il suo contributo.

-La volete piantare o no?- si intromette Kerr, bloccandoli con il suo solito tono autoritario. -Non le date nemmeno il tempo di respirare!-

-Hai ragione. Scusaci, Lia, è che siamo così curiosi...!- si giustifica Sam.

Io sorrido divertita. Siamo in mensa, al nostro solito tavolo. Da quando ci siamo seduti, nessuno ha ancora avuto il coraggio di toccare cibo. Dopo che, poco fa, Collins ha interrotto la lezione per riprendere me e Kerr che chiacchieravamo, e ha approfittato per ricodarmi “la strigliata che mi ha fatto ieri pomeriggio nel suo ufficio”, tutti i miei compagni di classe mi sono piombati addosso per assalirmi di domande. Com'era l'ufficio? Quanti teschi c'erano? Quanto era terrorizzante da uno a dieci? E così via. Menomale che Kerr mi ha soccorso, ormai ero sul punto di una crisi di nervi. Non ho ancora iniziato a leggere il libro che mi ha dato, comunque. Nè l'ho fatto vedere a qualcuno, mia madre compresa (che dopo scuola ha mantenuto la sua promessa di venirmi a prendere, figuriamoci!).

Riprendo la conversazione.-Vi capisco. Ma giuro che la sua stanza era un ufficio normalissimo, niente cadaveri o pugnali o roba del genere- mi ficco una forchettata d'insalata in bocca e finalmente anche gli altri mi imitano, come se si fossero ricordati solo in quel momento dei loro piatti.

-Forse ha messo apposto l'ufficio visto che dovevi andarci tu- ipotizza Lily, con un gusto particolare per le cose macabre.

-Forse- acconsento, infondo l'ho pensato anch'io.

-O magari tu non sei la vera Lia ma un clone robot creato nel suo laboratorio per ingannare noi altri studenti!- Pete mi punta contro la forchetta con fare accusatorio, fissandomi da sotto i suoi spessi occhiali da vista. Io scoppio a ridere e lui fa lo stesso, in breve stiamo tutti ridendo spensierati.

-Ciao- dice una voce alle mie spalle, facendomi sobbalzare. Mi volto e arrossisco violentemente. Davanti a me, vestito all'ultima moda, con i capelli biondi scompigliati e il sorriso ammaliante, c'è Damen. E mi sta rivolgendo la parola. Sono così felice che potrei spiccare il volo. Ha diciotto anni (è due anni più grande di me) e ho una cotta per lui da sempre. Peccato solo che sia il ragazzo più ricercato della scuola e abbia così tante ragazze da non poter pensare proprio a me. Sono ormai due anni che fantastico su come sarebbe la nostra vita insieme e riempio la testa a Kerr con i miei sogni irrealizzabili. Fino ad ora.

Kerr mi allunga una gomitata, per ricordarmi come si fa a parlare.

-Ciao...- balbetto, pregando di non passare dal rosso al viola.

-Sei Cecilia, giusto?- mi chiede, con la sua voce morbida e assolutamente sensuale. Sento le farfalle nello stomaco.

-Gli amici mi chiamano Lia- spiego con un sorriso. Anni e anni di libri e telefilm mi hanno insegnato qualcosa. In questo modo, se accetterà di chiamarmi Lia, accetterà anche di essere mio amico. E chissà, da cosa nasce cosa...

-Capisco. Be', Lia, ti posso parlare un attimo?- fa ruotare lo sguardo sui miei amici. -In privato?- aggiunge.

-Certo. Ragazzi, torno subito- dico con finta nonchalance, e mi allontano con Damen mentre Kerr mi fa l'occhiolino e tutti gli altri fanno gesti di vittoria.

Quanto adoro i miei amici.

Seguo Damen fuori dalla sala mensa e raggiungiamo il corridoio degli armadietti. Mi maledico per non essermi vestita meglio – pullover chiaro e leggins neri non sono esattamente il massimo – e mi chiedo cosa vorrà da me. Quando finalmente ci fermiamo, trovo il coraggio di chiederglielo.-Come mai volevi parlarmi?-

-Be'- inizia, passandosi una mano tra i capelli. Io mi mordo il labbro, fantasticando su quanto possano essere morbidi. -Ecco- riprende, sembra in imbarazzo. Mi chiedo come mai.

-Sai, dicono che ieri sei stata nell'ufficio di Collins.-

Wow, penso, se avessi saputo che serviva andare nell'ufficio di Collins per farmi rivolgere la parola da Damen, l'avrei fatto subito.

-Già- sorrido.

-Sei... Sei diventata molto popolare qui a scuola. Lo sai?-

Io scuoto la testa. Non è affatto vero, oggi è stato proprio come tutti gli altri giorni. Be', più o meno. In realtà mentre passavo con Kerr per i corridoi tutti mi fissavano e mi sorridevano come se fossi tornata dalla guerra. All'inizio pensavo che lo facessero per prendermi in giro (non ho una grande autostima), ma poi ha iniziato a farmi piacere. Ricordo anche di aver pensato che è così che deve sentirsi Damen ogni giorno.

-Invece sei diventata davvero molto popolare.- mi spiega. -Io non... non mi ero mai accorto di te, fino ad ora. E mi sento uno stupido, perchè solo adesso capisco quanto sei bella-

Non svenire. Non svenire. Non svenire.

-Io... Ecco... Volevo chiederti, ti va di uscire con me sabato sera?-

Vorrei mettermi a urlare per la gioia, ma mi sforzo di mantenere la calma. -Cioè domani?- non posso credere che manchi così tanto. Sì, esatto. Quarantott'ore sono tante per me, se mi separano da un appuntamento con Damen!

Lui annuisce, abbozzando un sorriso timido. Ma quanto può essere bello questo ragazzo?

-Sì, certo che posso.- sorrido, il cuore mi martella in petto.

-Allora ci vediamo davanti scuola alle otto, ti va?-

Certo che mi va, ma è stupido?

-Sì, perfetto.-

-Allora a dopo- e poi, giusto per farmi sciogliere ancora di più, mi dà un bacio sulla guancia e se ne va.

Rimango per non so quanto tempo con un sorriso ebete stampato in faccia e la mano sulla guancia che mi ha appena baciato. La campanella suona per ricordare a tutti che la pausa pranzo è finita, e per ricordare a me che un'ora in meno mi separa da domani sera.

Quando raggiungo la classe (un miracolo, direi, viste in che condizioni versa il mio cervello), Kerr mi tempesta di domande su quello che è successo. Le racconto brevemente dell'invito e mi soffermo soprattutto sul bacio.

-Com'è stato?- mi chiede, a bassa voce.

-Bellissimo, indescrivibile-

-Le sue labbra erano morbide?-

-Oh, sì. Come due marshmallow- dico con aria sognante.

Ridiamo entrambe.

-Waldorn! Taylor! E' dall'inizio della lezione che parlate, vogliamo farla finita?- ci riprende la prof. di inglese. -Ci scusi- dice umilmente Kerr, con la sua voce irresistibile, facendoci perdonare entrambe. Il resto dell'ora lo passiamo in silenzio, io, in particolare, a disegnare cuoricini sul quaderno.

Oggi sono riuscita a convincere mia madre ad andare e tornare da scuola a piedi, quindi faccio una parte del tragitto insieme a Kerr.

-Sai già che ti metterai, domani sera?- mi chiede.

Cavolo, non ci avevo pensato.

-Ehm, veramente no!- confesso. -Devi aiutarmi!- Kerr è bravissima in fatto di moda, non c'è da stupirsi se la metà dei ragazzi della scuola è innamorata di di lei.

-Okay, okay!- ci pensa un po'. -Mettiti una gonna!- esclama con un tono che non ammette repliche.

-Quale, quella nera di pelle o quella beige a balze?-

-Quella di pelle!-

-E sopra? Che maglietta?-

Con la sua voce che mi dà consigli su cosa indossare domani, arrivo a casa in tutta tranquillità. Giro la chiave nella serratura ed entro, non c'è ancora nessuno. Mamma sicuramente è ancora a lavoro e papà... be', papà ha lasciato mamma quando avevo sei anni. Me e mamma, per la precisione. E' stato allora che abbiamo deciso di cambiare città e trasferirci qui, anche se casa vecchia mi manca parecchio. Questa qui (quella nuova) è molto vecchia, ci sono tante cose da far riparare, doccia compresa. Ma è stata la prima che abbiamo trovato, e non costava nemmeno troppo. Durante i primi tempi ci ripromettemmo di comprarne un'altra appena possibile, poi abbiamo deciso di lasciar perdere e ci siamo tenute questa. Non è il massimo, ma l'ultima cosa che mi va di fare adesso è trasferirmi un'altra volta. Vado in camera mia e abbandono lo zaino per terra accanto alla scrivania. Ormai sono le otto, a momenti arriverà mamma e potremo cenare. Mi tolgo le scarpe scalciando e lego i capelli con un fermaglio, ignorando le numerose ciocche che mi ricadono sulle orecchie e sulla fronte. Infine, vado in salone e mi butto sul divano, un pacco di patatine sulle gambe, accendendo la TV e faccio un po' di zapping. Kika, la mia gatta domestica, si accorge della mia presenza e mi sale in grembo miagolando. Le accarezzo il pelo corvino e lei fa le fusa. L'ho trovata l'anno scorso, per strada, e ho deciso di adottarla. E' bellissima, il pelo è completamente nero e ha una particolare predilezione per me. C'è voluto un bel po' per convincere mamma a farmela tenere, visti i danni che rischiava di provocare al mobilio, ma adesso credo ci si sia affezionata anche lei. E così Kika è diventata parte integrante della nostra famiglia di sole donne.

Con una mano accarezzo il felino e con l'altra mi porto alla bocca qualche patatina, non molto attratta dal film che stanno dando in TV. Più che altro persa tra i miei pensieri. Sono successe così tante cose negli ultimi giorni.

Tutto è iniziato con il sogno; incubo, direi; poi l'allucinazione nella doccia; ma era davvero un'allucinazione? Non mi è mai capitato, prima; poi ancora il libro che mi ha dato Collins e infine l'appuntamento con Damen. Forse quest'ultima è l'unica nota positiva. Ripenso al sogno, allo specchio e ai corvi. Mamma conserva tra gli scaffali della libreria un volume di Freud sull'interpretazione dei sogni, forse potrei consultarlo. Lo studio dei sogni mi ha sempre affascinato. Sono una realtà tutt'ora incomprensibile, che a volte riesce anche a mostrare fatti che in seguito si verificheranno. Spero proprio che non sia il mio caso.

Faccio scendere Kika dalle gambe e mi alzo di malavoglia, combattendo la stanchezza di una giornata a scuola. Ciabattando mi dirigo verso la libreria e cerco tra i numerosi (e polverosi) volumi che contiene. Ce ne sono di tutti i tipi, libri di cucina, romanzi di vari generi, testi scolastici, quaderni, agende, album fotografici... Ma niente di Freud. Probabilmente mamma deve averlo buttato, in fondo credo che neanche lei l'abbia mai aperto. Sbuffo e ci rinuncio. Vado in camera mia perchè non mi va di stare seduta, sono troppo agitata. Ed è allora che mi ricordo del libro che mi ha datto Collins, abbandonato sulla mia scrivania. Non l'ho nemmeno aperto, ancora. Ancora. Decido di farlo adesso.

Come pensavo, è una sorta di “dizionario dei sogni”. Chissà perchè Collins vuole che lo legga e, soprattutto, chissà come fa a sapere del mio sogno. Il pensiero mi fa rabbrividire, magari il mio professore di matematica ha davvero qualche potere sovrannaturale. Mi siedo sul letto a gambe incrociate e sfoglio le pagine ingiallite del libro, pensando che debba essere molto vecchio. Mi fermo alla lettera C e cerco la parola “corvo.”

Dunque, “collana”. No. “Coccodrillo”... No.

Ah, eccolo.

“Corvo”

Leggo la definizione:

Il corvo è 'simbolo di idee oscure che scaturiscono dal profondo del subconscio di una persona; si tratta di pensieri tristi, malinconici, lugubri. Il corvo, infatti, colpisce per il suo colore nero, per il suo gracchiare tetro e per il suo nutrirsi di cadaveri.

Senza che me ne accorga, le lacrime iniziano a solcarmi le guance. Non so il perchè, in realtà. Ma evidentemente il mio subconscio sì. A volte vorrei proprio farci due chiacchiere.

Mi asciugo il viso con il dorso delle mani proprio mentre sento la serratura della porta scattare e mia madre che entra in casa. La sua voce mi giuge ovattata dal piano di sotto.-Lia, tesoro, sono io.-

E chi altro potrebbe essere? Vorrei dirle.

Sento i suoi passi lungo le scale e poco dopo me la trovo davanti, il sorriso stanco dopo una giornata di lavoro. Si avvicina per darmi un bacio sulla guancia, io la lascio fare.

-Come è andata oggi a scuola?- mi chiede, sedendosi sul letto accanto a me. Non posso fare a meno di notare i suoi occhi verdi e i capelli corvini, e pensare che da giovane dovesse essere stata una bellissima ragazza. Io non sono come lei, sono fin troppo simile a mio padre. Mi domando se avere vicino qualcuno così simile a lui non la turbi almeno un po'. A me non l'ha mai dimostrato, e le sono grata per questo.

Ecco perchè adesso sorrido. -Sì, certo. E tu?-

Mamma è la segretaria in un azienda importante, ecco perchè torna a casa così tardi. -Stressante come al solito- mi dice sorridendo e alzando gli occhi al cielo. Poi si accorge del libro che ho aperto tra le mani. -Hai comprato un nuovo libro?-

-No, me l'ha prestato Kerr- mento. Non mi va di spiegarle di Collins, perchè altrimenti dovrei anche parlarle dei miei sogni.

-Oh, e come si chiama? E' bello?- fa per toccare la copertina, probabilmente alla ricerca del titolo, ma io ritraggo il libro. -Sì, molto- le dico in tono freddo.

-Capisco. Immagino che tu non mi voglia dire di che parla. Eh, questi giovani d'oggi- mi fa l'occhiolino. -Ho ordinato le pizze, prima di arrivare a casa. Dovrebbero portarcele a momenti, va bene?-

-Sì- sorrido, cercando di essere il più gentile possibile. In realtà non vedo l'ora che se ne vada, voglio continuare a leggere il libro di Collins.

-Be', allora io sono in cucina.- mi dice prima di andarsene. Forse nutre ancora la speranza che mi vada a sedere insieme a lei, ma adesso proprio non posso. Non sono insensibile, e mi dispiace vederla soffrire per me, ma è anche per questo che non voglio coinvolgerla in quello che mi sta succedendo.

Riapro il libro e cerco “specchio”.

Nei sogni lo specchio è scoperta di se', consapevolezza, introspezione. E' uno strumento prezioso attraverso cui il sognatore arriva a scorgere ciò che nella situazione contingente è importante o ciò che deve considerare di se stesso.

Ragiono. Se i corvi sono le mie “idee oscure” e lo specchio è “ciò che devo considerare di me stessa”, allora c'è qualcosa di oscuro in me. Sono orgogliosa dell'intelligenza che ho dimostrato, ma la conclusione a cui sono arrivata non mi tranquillizza affatto. Non avrei mai pensato di dirlo, ma... devo parlarne con Collins. Non che mi fidi chissà quanto, ma ho bisogno di discuterne con qualcuno, e fin ora il mio prof di matematica è stato l'unico ad aver intuito ciò che mi sta succedendo. In fondo è stato lui a darmi il libro. Il problema è come fare ad andare nel suo ufficio di mia spontanea volontà senza convincere i miei amici di essere stata davvero sostituita da un robot. Magari potrei farmi rimproverare un'altra volta, forse addirittura rispondergli male. Sono certa che Collins capirà che quello che voglio è essere convocata nel suo ufficio e starà al gioco. Sì, farò così. Lunedì però, non domani. Domani è un giorno interamente dedicato a Damen.





Ebbene sì, aggiorno in fretta. Forse un po' troppo, dite? Naaa, è che non voglio farvi aspettare troppo ahahah <3
Be', fatemi sapere che ne pensate! :)

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Capitolo 3
*** 1. Docce troppo affollate e professori troppo misteriosi ***


1. DOCCE TROPPO AFFOLLATE E PROFESSORI TROPPO MISTERIOSI

"Gli incubi peggiori sono quelli che si fanno da svegli."
Giovanni Soriano


Urlo. Con tutto il fiato che ho nei polmoni.

Urlo finchè la porta della mia stanza non si apre con uno scatto e mia madre compare sulla soglia. Accende la luce. -Lia, tesoro, stai bene?- mi chiede agitata, precipitandosi al mio capezzale. E' in pigiama, una ciocca di capelli scuri le ricade sulla fronte. Mi trapassa con lo sguardo, ma quasi non me ne accorgo. Sono ancora troppo presa dai corvi che mi artigliavano la gola, gli occhi, il viso. Mi porto una mano al petto, nel patetico tentativo di rallentare il battito del cuore.

Corvi. Io ho sempre odiato i corvi.

Sono inquietanti, brutti, fastidiosi e con due minuscoli occhietti cattivi che sembrano scavarti nel profondo dell'anima. Mi accorgo di avere la nausea. Il loro gracchiare mi rimbomba ancora nelle orecchie.

-Lia? Allora? Qualcosa non va? Perchè hai urlato?-

Mi ricordo della presenza di mia madre solo in quel momento.

-Ho fatto un brutto sogno, niente di chè.- cerco di tranquillizzarla, ma mi trema la voce.

Mi posa una mano sulla spalla, i suoi occhi verdi trapassano i miei. -Sicuro, tesoro?-

-Sì- abbozzo un sorriso. E' una brava mamma, la mia. Davvero. Ma è un po' troppo ansiosa, soprattutto quando si tratta di brutti sogni. Inizia a tempestarti di domande e poco ci manca che si mette a dormire con te. Ecco perchè voglio tranquillizzarla a tutti i costi.

-Vuoi che ti faccia una camomilla?Ti porto un bicchiere d'acqua? Rimango un po' qui con te?-

Ecco, appunto.

Ruoto lo sguardo sulla sveglia sul mio comodino, indica le quattro del mattino. Lo faccio notare a mia madre. -Mamma, starò bene. Sono le quattro, adesso mi riaddormento. Sto morendo di sonno!- mento, e già che ci sono faccio anche uno sbadiglio da premio Oscar.

Mia madre mi guarda poco convinta, ma poi ci rinuncia ed esce dalla stanza. Spegne la luce e tutto intorno a me cala il buio. Nero come le piume dei corvi.

Non dormo. O meglio, sprofondo in uno stato di perenne dormiveglia. Ho troppa paura per dormire, temo che se lo farò mi risveglierò nel castello del mio sogno e rivedrò i corvi. Così dalle quattro fino alle sette, un torpore fastidioso mi annebbia i sensi. Finchè non suona la sveglia.

Ne sono quasi felice. Dalla finestra entrano i raggi del sole, che si posano sul pavimento e rimbalzano, toccando i miei occhi ancora assonnati. Mi accorgo di aver buttato a terra tutte le coperte, probabilmente scalciando. Non credevo di essermi agitata così tanto. Dev'essere stato anche per questo che sono quasi morta di freddo. Mi alzo in piedi e spengo la sveglia. Raccolgo le coperte e le lenzuola cadute e le getto sul materasso, se mia madre le trovasse per terra succederebbe il finimondo; pretenderebbe una spiegazione, e non sono sicura di volergliela dare. Quando ho finito corro in bagno, e lascio che l'acqua fredda della doccia mi penetri nelle ossa, gelandole. Mi sento subito meglio. E' come se tutto il terrore e l'ansia accumulata durante la notte stia scivolando via dai miei pori insieme alla schiuma. Mi ritrovo a sorridere inconsapevolmente. Chiudo gli occhi e l'acqua mi scorre tra i capelli, disinfettandoli. Quando riapro gli occhi, vorrei non averlo fatto.

La prima cosa che sento è un gorgoglio profondo, che proviene dallo scarico. Penso che si sia semplicemente otturato, e sbuffo. Questa doccia è troppo vecchia. Questa casa è troppo vecchia. Era molto meglio l'altra.

Poi una melma densa e nera inizia a defluire dallo scarico, spandendosi sul tappetino scivoloso. Mi esce un mormorio disgustato dalle labbra, vorrei urlare, ma mi costringo a stare calma. Forse non mi sono ancora svegliata. Anzi, sicuramente. Mannò, penso, è impossibile. Altrimenti la sensazione dell'acqua gelida non sarebbe così reale. Indietreggio e mi attacco alla parete della doccia, incapace di muovere un muscolo. La melma continua a lievitare, il liquido nero come piume di un corvo riempie sempre di più la cabina doccia. Ormai mi arriva alle ginocchia, mi intrappola le gambe. Non riesco a muoverle. La sostanza continua ad arrampicarsi su di me, penso che stia per inghiottirmi.

Tutto questo non può essere reale, non può.

Serro le palpebre, e desidero che la melma sparisca. Sparisca. Sparisca.

Rimango ad occhi chiusi per un tempo che sembra interminabile, non ho il coraggio di aprirli. Quando però trovo il coraggio di farlo, la cabina doccia è vuota, il getto d'acqua ancora aperto. Mi accovaccio su me stessa, incredula. Stringo le ginocchia tra le braccia e vi appoggio il mento. La prima lacrima esce senza che nemmeno me ne accorga.

Quando qualcuno bussa pesantemente alla porta, è allora che mi ricordo di essere ancora nella doccia. Da quanto tempo sono qui? Di certo sono in ritardo a scuola. Di nuovo. Mi catapulto fuori e afferro il mio accappatoio, anche se ormai sono già asciutta.

-Chi è?- chiedo, nascondendo il tremolio nella voce. Un'allucinazione, ecco cos'è stata. Una stupidissima allucinazione. Sono troppo stanca in questo periodo, forse è meglio che non vada a scuola, oggi.

-Cecilia, tesoro, sono la mamma. E' tardi, è un'ora che sei lì dentro, ti senti bene?-

Rifletto un attimo su che risposta dare. Se le dico che sto bene, allora mi farà il terzo grado per sapere che mi è successo, e se le racconto la verità è probabile che mi faccia internare. Quindi non se ne parla.

Se però dico che sto bene, dovrò inventarmi una scusa plausibile e mi toccherà andare a scuola, e non credo di farcela. E se mi sentissi male in classe? E se vomitassi in classe? Magari davanti a Damen, il ragazzo che mi piace. No, no. Anche questa è da scartare. E allora cosa? Esiste una via di mezzo? Mi chiedo.

-Lia, allora? Posso entrare?-

-Ehm... Un attimo solo.- mi sistemo l'asciugamano intorno ai capelli come un turbante. Faccio un respiro profondo ed esco dal bagno. Mia madre è vestita di tutto punto, pronta per andare a lavoro. Ha le mani ai fianchi e la fronte aggrottata.

-Scusa, ho perso la cognizione del tempo- spiego con un sorriso sulle labbra.

-Sei in ritardo! E già per la terza volta in una settimana!- mi rinfaccia. Mi mordo il labbro. Ha perfettamente ragione, ma questa volta non è stata colpa mia. Solo che lei non può saperlo.

Abbasso lo sguardo.

-Su, vestiti in fretta. Oggi ti accompagno io con la macchina.-

-Che?- non voglio che mi accompagni. L'ultima volta che l'ha fatto è quasi entrata in classe.

-E' troppo tardi per fare storie- incrocia le braccia – Muoviti!- il suo sguardo non ammette repliche. Sbuffo e vado in camera mia. Ci metto una decina di minuti per indossare un paio di jeans e un maglioncino azzurro, poi mi pettino velocementei capelli biondi e raggiungo mia madre al piano di sotto.

-Andiamo- mi dice.

Un paio di minuti dopo siamo fuori casa, sfrecciamo verso il mio liceo. Mi ficco le cuffie nelle orecchi e rifletto sul casino che ho combinato. Avrei dovuto rimanere a casa e dirle che mi era venuta la nausea sotto la doccia. Cosa che, alla fine, non è completamente falsa. Sbuffo e muovo il piede a ritmo di Starlight dei Muse.

Mi accorgo che siamo arrivati perchè mamma mi allunga una leggera gomitata e mi indica di scendere dalla macchina.

-Ci vediamo dopo- sorride, prima di sgommare via.

Annuisco auticamente, ma mi ci vuole qualche minuto per capire veramente quello che ha detto.

“Ci vediamo dopo”

Oddio, stava scherzando spero. Non vorrà venirmi anche a prendere! Oh, accidenti!

Mi passo una mano tra i capelli ed entro a scuola. I corridoi sono già quasi deserti. Affretto il passo, alla prima ora ho Collins, di matematica. E' stato molto chiaro in proposito, se arriverò un'altra volta in ritardo sarà costretto a sospendermi. E vista l'ora sono già sospesa. Accellero sempre di più e raggiungo la classe, apro la porta forse con troppa forza, perchè va a sbattere contro il muro.

-Oh, salve Waldorn. Ha deciso di onorarci con la sua presenza?- mi accoglie Collins,fissandomi attraverso i vetri spessi dei suoi occhiali.

-S.. scusate per il ritardo.- balbetto. Ecco, penso, ci siamo. Adesso mi dice che mi sospende.

Sorprendentemente, però, si limita ad alzare gli occhi al cielo e stringersi nelle spalle. -Per questa volta lascierò correre. Ma mi raccomando!-

Annuisco cercando di sembrare il più mortificata possibile, e corro a sedermi all'ultimo banco, con Kerr, la mia migliore amica. Ha un nome da maschio perchè è l'ultima di sei sorelle, e i suoi genitori volevano a tutti costi un maschietto, quindi l'hanno chiamata Kerr. E' un abbinamento molto strano, però, per una femminile come lei.

-Troppo sonno come al solito, eh Lia?- mi sussurra, sardonica.

Abbozzo un sorriso.-Già-

Kerr sorride di rimando e torna a seguire la lezione, prendendo non so che genere di appunti sul quaderno. Io odio la matematica. Voglio dire, quando vado a comprarmi un paio di jeans al centro commerciale, per sapere quanto costa non faccio mica un'equazione algebrica di secondo grado! Eh, cavolo!

Fisso Collins, che è girato verso la lavagna e dà le spalle alla classe. E' incredibile quanto sia inquietante questo professore. Ha una calvizia incipiente e due occhi talmente piccoli e vicini che sembrano quelli di un grillo. E, la cosa peggiore, ha un tremendo desiderio di bocciarmi.

-Collins, all'interrogazione!- dice, voltandosi verso di me e sorridendo mellifluo.

Ecco, appunto, era questo che intendevo. Gode della mia rovina. Ma immagino che in qualche modo avrei dovuto pagare per essere arrivata tardi. Era stato tutto troppo semplice.

-Certo- balbetto, alzandomi dal posto e raggiungendo la lavagna.

Alla fine della lezione, un numero due scritto in bella grafia svetta accanto al mio nome, sul registro. Vorrei sprofondare.

Torno a sedermi al mio banco e Kerr mi trapassa con i suoi occhi scuri. E' una ragazza molto bella, completamente diversa da me. Io sono bionda, bassina, piuttosto timida. Lei invece è mora, alta, e sicura di sé. Forse è proprio per la nostra diversità che andiamo così d'accordo. -Sai che se prendi un altro due ti rimanda in matematica?- mi ammonisce.

Certo che lo so. Ma oggi non era giornata. Voglio dire, sono stata quasi inghiottita da una melma immaginaria! Forse sarebbe davvero opportuno rinchiudermi in qualche manicomio. Sto per risponderle, ma nella confusione che si è creata intorno a noi per il cambio dell'ora, Collins mi si avvicina con aria severa. -Waldorn, gradirei parlarle. Mi raggiunga nel mio ufficio dopo le lezioni- e detto questo se ne va senza nemmeno lasciarmi il tempo di acconsentire.

-Mi sa che l'hai fatta grossa- dice Kerr. Io non oso dire “a”. In realtà non ci riuscirei neanche se volessi. Collins è uno dei pochi professori che non convoca mai gli alunni nel suo ufficio, alcuni ragazzi hanno anche inventato delle leggende sul suo ufficio. Alcuni dicono che ci siano ragnatele in ogni angolo, altri che in realtà è un laboratorio segreto dove fa strani esperimenti sugli studenti. Ovviamente, sono voci che fanno ridere per la loro assurdità. Ma dopo quello che mi è successo stamattina, non so più cosa sia reale e cosa no.

C'è poco da dire sul resto della giornata. Trascorre tranquilla, senza incubi di alcun genere. A mensa mi siedo con Kerr e altri nostri amici, e le lezioni pomeridiane le passo a fissare l'orologio contando i minuti che mi separano dalla mia esecuzione.

E infatti, puntuale come la morte, suona l'ultima campanella.

-In bocca al lupo- mi dice Kerr, abbracciandomi. Poi sorride diverita. -E sta attenta, se ti chiede di fare la cavia per un suo esperimento, o cerca di legarti con le cinghie al suo lettino delle torture, tu scappa!-

-Farò il possibile per sopravvivere- rido.

-Be', allora ci vediamo domani mattina- fa una pausa ad effetto. -...Spero!- Io le faccio la linguaccia e lei scoppia in una sonora risata. Ci salutiamo e appena scompare dalla mia visuale, l'ansia torna ad avvolgermi.

Faccio un respiro profondo e mi dirigo verso l'ufficio di Collins, in fondo al corridoio. La porta è molto grande – come quella del castello del mio sogno!, dice una parte di me – e rimango qualche istante con la mano poggiata sulla maniglia, senza girarla. E se ci fossero davvero degli strumenti di tortura? O se avesse appese ai muri le teste mozzate degli studenti?

Non so davvero cosa aspettarmi, ma prima entro prima ne esco.

Deglutisco e mi faccio forza, apro la porta ed entro.

Mi ci vuole qualche attimo per mettere a fuoco il posto. Con mio grande sollievo, è un ufficio normalissimo. Le pareti sono tutte coperte da librerie in mogano, sulla parete opposta alla porta c'è una grande finestra che dà sul cortile. In mezzo alla stanza, c'è una scrivania piena di scartoffie dietro la quale è seduto Collins.

-Salve- azzardo, con voce tremante.

-Ah, eccola qui, Waldorn. Stavo venendo a cercarla- con la mano mi fa segno di sedermi su una delle due sedie di fronte la scrivania. Nonostante i cuscini, è scomodissima. Decido di farmi coraggio. -Perchè voleva vedermi?- chiedo. Il mio sguardo cade sulle troppe librerie, e se fossero attaccate al muro, che, se si preme un comando a distanza, ruota su sé stesso e mostra una camera delle torture?

Collins che inforca gli occhiali rotondi mi riporta alla realtà. Si schiarisce la voce.-Sarò franco con lei, Cecilia.- deglutisco. In genere non chiama mai gli studenti per nome, nemmeno i più bravi. Mi sento a disagio e sono rigidissima sulla sedia, un leggero tremore mi attraversa il corpo. Spero che si sbrighi a dirmi che mi vuole bocciare, penso, così almeno portrò andarmene!

Riprende dopo un po'.-Non l'ho convocata qui per la sua pessima media o per i suoi ritardi cronici.- apre un cassetto della scrivania.

Ecco, ora tirerà fuori un coltello da macellaio.

E invece estrae solo un libro. Libri, vi adoro!

Grazie, Dio! Penso.

Mi porge il foglio. -Cos'è?- chiedo dopo averlo preso tra le mani, senza trovare un titolo.

-Si chiama “I viaggi”. L'autore purtroppo è sconosciuto. Voglio che lei lo legga.-

-Mi scusi, prof., ma vede; lei è il mio insegnante di matematica. Perchè mi assegna un libro da leggere?- sono alquanto confusa.

-Faccia come le dico. E non ne parli a nessuno, la scusa ufficiale sarà che l'ho ripresa per i suoi pessimi voti.-

Non capisco il perchè di tanti misteri, ma la cosa non mi piace.

-Perchè?-

-Perchè sì. E prima di andarsene, mi dica: sta dormendo bene ultimamente?-

A queste parole sento il sangue gelarmi nelle vene. Ripenso alla porta del suo ufficio che mi ricorda il mio sogno. E' possibile che lui... sappia?

-Come?- chiedo, fingendomi stupita.

-Non sia stupida. Sa benissimo di cosa parla, ma faccia un po' come vuole. L'importante è che legga il libro. Può andare.- mi congeda.

Tremante, mi alzo dalla sedia e mi dirigo verso l'uscita. Appena arrivo a casa ho intenzione di chiamare Kerr e raccontarle tutto, ho bisogno di parlare con qualcuno è lei è l'unica di cui mi fidi. Sto per uscire, quando Collins mi richiama e, come se mi avesse letto nel pensiero, dice.-Si ricordi di non parlarne con nessuno, Waldorn. C'è molto di più della sua vita, in gioco.-

 

 

Angolo autrice: ehilà! Ecco il nuovo capitolo! (non vi ho fatto aspettare troppo, dài!:3) ringrazion tutti coloro che seguono la storia/ce l'hanno tra le preferite/ricordate! E in particolare chi recensirà questo capitolo, un grazie in anticipo :D
Ciau
-Frà

 

 

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Capitolo 4
*** 3. Indizi e illusioni ***


3. INDIZI E ILLUSIONI
 

 

                                                         Nulla è più facile che illudersi. Perché l'uomo crede vero ciò che desidera.
Demostene

 

Corro. Non so perchè, so solo che devo correre. Scappare, per la precisione. Da cosa, non lo so. Ma il mio corpo avverte il pericolo, come una minaccia incombente. Il cuore mi batte forte e annaspo in cerca d'aria, sono in un bosco fittissimo. Il panorame è in bianco e nero, alberi altissimi coprono quasi completamente il cielo, ma come sottofondo distinguo chiaramente il gracchiare dei corvi. Giro la testa per controllare se la cosa da cui sto scappando mi sta ancora inseguendo, e anche se non la vedo so che c'è. Che è vicina. Accellero il più possibile, ma è difficile correre con un vestito di seta bianca che arriva fino ai piedi. Lo sollevo con le mani e mi accorgo di essere a piedi nudi, la terra e i sassolini mi feriscono le palme dei piedi. Che strano, non si dovrebbe provare dolore nei sogni. Devo andare avanti, continuo a ripetermi. Il gracchiare dei corvi diventa sempre più acuto, assordante. Sono disperata. So che mi sta per prendere. Mi sta per prendere. Annaspo in cerca d'aria, i miei polmoni mi implorano di fermarmi, ma non posso. Se lo faccio, sono spacciata. Percepisco chiaramente il pericolo che incombe su di me, e mi faccio largo tra i rovi e i rami bassi degli alberi, ferendomi il viso e le braccia scoperte. Corro ancora di più, finchè non lo vedo, in lontananza.

Il castello nero.

E all'improvviso capisco tutto. Nello scorso sogno, quello in cui entravo nel castello, non sapevo perchè lo facevo; sentivo solo di avere l'affanno e il bisogno di entrare. Adesso mi rendo conto che era perchè stavo scappando da qualcosa, qualunque cosa fosse. Cercavo un rifugio. Dunque è così che funziona, i miei sogni vanno a ritroso; dall'ultima scena alla prima, completando il disegno di una trama a dir poco inquietante. Proprio come avevo previsto, il mio corpo fa per entrare nel castello, proprio come la notte scorsa. Stessi movimenti, stesso portone di ferro battuto. C'è persino lo stesso vento forte e gelido.

Ma a questo punto mi sveglio.

 

Apro gli occhi con uno scatto e soffoco un urlo, questa volta sapevo cosa aspettarmi e non è stato così terrorizzante. Mi tiro su e appoggio la schiena alla testiera del letto, reclino la testa all'indietro e mi asciugo il sudore dal collo. Sono sveglia, è finita.

Bevo un sorso d'acqua dal bicchiere che ho sul comodino, poggiato sopra al libro che mi ha dato Collins. Dovrei cercare di dare un'interpretazione al mio sogno. Mi alzo dal letto, sbadiglio e accendo la lampada poggiata vicino alla sveglia, il più silenziosamente possibile. Prendo dalla stampante sotto la scrivania un foglio bianco e una penna, voglio annotare tutti i particolari del sogno finchè sono ancora limpidi nella mia mente. Torno a letto e uso le ginocchia come un leggio, appoggiandoci il foglio su cui scrivere. O meglio, disegnare. Adoro disegnare, sono anche abbastanza brava. Quindi rappresento il castello il più fedelmente possibile, cercando di ricordare ogni particolare (quante torri avesse, le decorazioni dei capitelli, il portone con i leoni) e poi, sull'altra facciata del foglio, me con il vestito bianco e lungo che corro in un bosco fittissimo e impenetrabile. Aggiungo qualche annotazione (ad esempio faccio partire una freccia dai miei occhi e scrivo “angoscia”) e infine nascondo il foglio tra le pagine del libro di Collins. E' molto divertente giocare al detective, credo di stare sviluppando un talento particolare. Con questa consapevolezza e il pensiero dell'appuntamento con Damen, spengo la lampada e mi addormento.

Sogno io e Damen che balliamo come un principe e una principessa nel castello del mio sogno (che ho deciso di chiamare Castello Nero). C'è un chè di molto romantico, ma anche qualcosa di inquietante, come se sapessi che sta per succedere qualcosa di brutto. E' una via di mezzo tra un sogno e un incubo.

Finisce solo quando la sveglia suona e diffonde per la stanza le note di Blonde di Bridgit Mendler. Adoro questa canzone. Non solo perchè sono bionda, ma anche perchè è stupida e ha un ritmo che mette allegria, l'ideale per svegliarsi e allontanare gli incubi della notte. Come al solito, spengo e corro sotto la doccia, oggi per fortuna non compare nessuna sostanza nera per risucchiarmi. Mentre mi lavo, canto a squarciagola canzoni d'amore. Oggi sarà una giornata stupenda. Oggi esco con Damen. Io. Proprio io. O mio Dio, ancora non ci credo. Vorrei mettermi a saltare come una pazza isterica, ma mi costringo a non farlo. Anzi, smetto anche di strillare, non voglio avere la voce roca, stasera. Decido di fischiettare, ma quando devo uscire dalla doccia, lo faccio ballando e saltellando. Indosso il mio fedele paio di jeans e un maglione largo grigio, di quelli che si portano con una spalla scoperta. Lego i capelli in una coda e faccio ricadere il ciuffo sulla fronte, vicino ai miei occhi verdi. Be', non proprio verdi. Diciamo che sono una via di mezzo tra verde scuro e castano. E anche grigio, a voler ben vedere. Io li vorrei azzurri. Azzurri come quelli di Damen.

Sospiro e indosso il giubbino scuro, afferro lo zaino e mi dirigo verso la porta di casa.

-Ciao, ma'- urlo prima di uscire, per essere sicura che mi senta.

-Ciao, tesoro. A dopo.- mi risponde la sua voce affettuosa.

E io esco, fischiettando.

E' una giornata limpida e il sole splende. Se gli uccellini cinguettassero sarebbe tutto perfetto. Non vedo l'ora che venga stasera. E se Damen mi baciasse? E se diventassi la sua ragazza? Mi immagino noi due che passeggiamo mano nella mano per i corridoi della scuola, con tutti che ci fissano e ci invidiano. Sarebbe perfetto. Finalmente nella mia vita le cose iniziano ad andare per il verso giusto. Certo, se si escludono gli incubi delle ultime notti. E le allucinazioni. E il libro di Collins. Vabbè, questi sono solo dettagli.

Passo a prendere Kerr, che abita a due passi dal liceo, e ci andiamo insieme come al solito. Non abbiamo bisogno di prendere l'autobus, la strada non è molta e possiamo farla a piedi.

-Ciao, Lia- mi saluta con un sorriso.

-Kerr- replico, mentre ci incamminiamo. E' una zona della città molto bella, piena di villette e giardini ben curati. Mi piace molto, si respira sempre un'aria di primavera.

-Allora oggi è il grande giorno- dice, emozionata quanto me.

-Già. Non vedo l'ora!-

-Dove vi dovete vedere?-

-Fuori scuola, alle otto- la informo.

-Ti ho già detto i vestiti che ti devi mettere, giusto?-

-Sì, Kerr. O dovrei dire “padrona”?-

Mi allunga una gomitata fingendosi offesa, e raggiungiamo scuola ridendo e fantasticando. Quando sono con Kerr, è facile che mi dimentichi dei miei problemi. Anche i più gravi.

E così passiamo per i corridoi, mentre le cheerleader in uniforme mi lanciano occhiate velenose e le altre ragazze si spostano con rispetto per farmi passare. Anche i ragazzi mi guardano in un modo strano, come se si fossero accorti di me soltanto adesso. Damen aveva ragione, sono diventata popolare. E uscire con lui ha migliorato la situazione. Dev'essere per questo che le cheerleader mi odiano, in genere uscire con i giocatori di Football è un privilegio che spetta solo a loro. Maggie Jackson, il biondissimo capitano delle ragazze pon-pon, mi passa accanto dandomi una spallata intenzionale. Dovrei rimanerci male, eppure mi sento orgogliosa di me stessa. Se Maggie mi odia, allora sono diventata davvero qualcuno che conta, qui al liceo.

Kerr se ne accorge.-Uh-oh, sembra che tu abbia spezzato i cuori di molte giovani cheerleader barra aspiranti fidanzate di Damen- mi sussurra all'orecchio. Io ridacchio e aggiungo, non senza un po' di malizia.-Vuoi dire che è stato lui a spezzare i loro cuoricini. Anche se è vero, l'ha fatto per me.-

Continuiamo a camminare lungo il corridoio degli armadietti, quando vedo Damen e un gruppo di suoi bellissimi e popolarissimi amici venirci incontro. Lui è favoloso come al solito. E' vestito in modo casual, ma questo lo rende ancora più attraente. Un accenno di barba gli ricopre il mento marcato e gli zigomi alti, mentre qualche ciocca bionda gli ricade sul viso. Lui e il suo gruppo stanno venendo verso di me. Mi blocco di colpo, lui si avvicina e mi sorride con naturalezza.-Ciao, Lia. A stasera.-

-Ciao...- rispondo in un soffio. Sono senza fiato, proprio come nel mio sogno. E lo sono anche tutti quelli ( e soprattutto quelle) che ci hanno visto.

-Ehi, bella. Ci sei?- Kerr fa schioccare per tre volte l'indice e il pollice davanti ai miei occhi. -Sì, credo di si.-

-Be', allora andiamo. Non puoi arrivare di nuovo in ritardo!- mi ricorda. Saggia Kerr. Cosa farei senza di lei?

Annuisco convinta e raggiungiamo l'aula. Alla prima ora abbiamo chimica, qualcuno mi aiuti!

Ci sediamo all'ultima fila, e passiamo un'ora di noia mortale. Quando alla fine suona la campanella e la prof se ne va, tiro un sospiro di sollievo. Non ce la facevo più a sentire tutta quella roba su atomi, moli ed equazioni chimiche. Le materie scientifiche non sono esatamente il mio forte.

E così, dopo cinque ore di supplizio, arriva la pausa pranzo. Io e Kerr andiamo in mensa e ci sediamo come al solito con Pete, Lily e Sam. Ho ancora la forchetta a mezz'aria, quando la voce di Damen mi fa sussultare. No, dico, deve sempre arrivarmi alle spalle questo ragazzo? Un giorno mi farà venire un infarto. Ma per lui, questo ed altro.

-Ciao, Lia.- mi dice, suadente. Io mi alzo dalla sedia e mi giro verso di lui, dando le spalle al tavolo dei miei amici.

-Ciao, Damen.- il cuore mi batte all'impazzata.

Lui fa una panoramica dei miei amici con lo sguardo.-Ti va di venirti a sedere con me?- dice poi. Io rimango a bocca aperta, e sento Sam tossire dietro di me. Probabilmente gli è andato un boccone di traverso, perfettamente comprensibile. Dovete sapere che il tavolo di Damen io e i miei amici lo chiamiamo “il Tavolo della Popolarità”, e in particolare per me e Kerr è il “TP”. Si siedono tutti i ragazzi e le ragazze più popolari. Adesso, ad esempio, ruoto lo sguardo e vedo che ci sono sedute Meggie e altre due cheerleaders (tutte tre in uniforme, figuriamoci!), più il gruppo di ragazzi che era con Damen stamattina, quando mi ha salutato. Sedermi a quel tavolo vorrebbe dire dare una svolta decisiva alla mia monotona vita di studentessa modello. Così, senza nemmeno pensare a i miei amici che sto abbandonando, prendo il mio vassoio e dico.-Sì!-

-Bene. Andiamo?- sorride anche lui e mi circonda le spalle con un braccio.

Non morire. Non morire. Non morire.

-Noi restiamo qua, ma grazie lo stesso- la voce di Kerr mi arriva anche da lontano, ma io sono su un altro universo.

-Ragazzi, questa è Cecilia- Damen mi presenta al gruppo e mi fa sedere vicino a sé. Io raddrizzo immediatamente le spalle e imito il modo impeccabile di stare sedute di Maggie e le sue amiche.

-Ciao Cecilia- mi rispondono tutti quasi in coro.

-Lia- li correggo dolcemente, posando il vassoio sul tavolo. Damen è a capotavola, io sono alla sua destra.

-Allora, Lia- mi chiede la cheerleader con i capelli ricci e scuri.-Dicono che tu sia stata nell'ufficio di Collins-

-Eh, già- non mi va di parlarne. Da dove è saltato fuori questo argomento? Come se non fossi già abbastanza a disagio.

-E com'era il suo ufficio?- chiede il ragazzo dagli occhi verdi seduto alla sinistra di Damen, di fronte a me. -C'erano i coltelli appesi alla parete?-

Decido di essere simpatica anch'io.-No, c'erano direttamente le teste di alcuni alunni- sussurro in tono sinistro.

-Incredibile- questo invece è il biondino accanto ad Occhi Verdi. Detesto non sapere il nome delle persone con cui sto mangiando e dover dar loro dei soprannomi, ma mi vergogno a chiederglielo. -E tu che hai fatto?- sgrana gli occhi.

-Be', voleva aggiungere la mia testa alla sua collezione personale, ma non gliel'ho permesso- rido, e con me anche tutti gli altri. Tranne le ragazze. Al diavolo, l'importante è essere risultata simpatica a Damen e i suoi amici.

-Forte la tua nuova ragazza, Damen.- esclama il biondino. Io arrossisco violentemente- Be', noi non...-

Prima che possa finire la frase, Damen mi prende il volto tra le mani e mi bacia sulle labbra.

E' fantastico. Nel vero senso della parola. Le sue labbra sono davvero morbide come marshmallow, devo ricordarmi di dirlo a Kerr. E, cavolo, non posso credere di stare baciando Damen! Proprio io! Vorrei aprire gli occhi solo per vedere la reazione di tutti quelli che ci stanno guardando, ma non mi va di farlo. Damen mi posa una mano sul fianco e una sulla guancia, mentre io le allaccio entrambe dietro la sua schiena.

-Ah-ehm!- qualcuno si schiarisce la voce, e Damen si stacca di colpo. Io mi affretto a darmi un contegno, prima di svenire. Spero che il mio alito non sapesse di pomodoro.

Comunque è stata Maggie a tossire. Ha i capelli biondi raccolti in una coda strettissima, e mi fissa come se volesse incenerirmi. Ah, già. Ho baciato Damen davanti a lei. O meglio, lui ha baciato me. E proprio mentre ero sul punto di spiegare ai suoi amici che non stiamo insieme. Mmm, c'è qualcosa che non quadra.

La mia parte intelligente, quella che non è innamorata di Damen, quella più egoista, mi suggerisce che dovrei parlargli e fargli capire che so che c'è qualcosa non va, e lui non può giocare con me come uno dei suoi giocattoli.

La parte sciocca invece, quella che è innamorata di Damen, quella meno egoista, mi dice di lasciar perdere e di godermi la sensazione di essere la sua ragazza il più a lungo possibile. Finchè durerà.

Decido di dare ascolto alla seconda voce.

Finiamo il pranzo in tranquillità, sparlando delle ragazze meno alla moda, dei secchioni e degli sfigati. Poi torno in classe con Kerr, che, anche se mi permette di sederle accanto, per mezz'ora non mi rivolge la parola.

Alla fine, dopo una serie di occhiate furtive non corrisposte, non ce la faccio e sbotto.-Kerr, si può sapere che cavolo è successo?-

Devo aver parlato un po' troppo ad alta voce, perchè il professore di letteratura inglese mi fulmina con lo sguardo.-Waldorn, se ha qualcosa da dire alla classe, parli pure!-

-Niente, mi scusi- replico, seccata.

Poi mi volto di nuovo verso Kerr e sussurro:-Allora, me lo dici o no che cosa ti è preso?-

A questo punto Kerr si gira verso di me e mi fulmina con lo sguardo.-Mi è preso che a pranzo te ne sei andata con quelli là, al TP, e non mi hai nemmeno guardato in faccia!-

Non può essersela presa davvero per una sciocchezza del genere.

-Stai scherzando, spero-

-No, affatto. Volevo vedere te al mio posto.-

-Oh, Kerr, andiamo! E' pur sempre Damen! E' una vita che sono innamorata di lui, e finalmente mi chiede di uscire. Non solo, mi fa sedere al suo tavolo con i suoi amichetti.-

Kerr tace, senza guardarmi in faccia.

-Non sarai invidiosa- la stuzzico. E' probabile, in realtà. Sì, perchè anche se metà del liceo -della città- è innamorata di lei, Kerr rifiuta la popolarità e i ragazzi allo stesso tempo, preferendo di gran lunga divertirsi con gli amici ed essere libera. Anche a me piace, ma se potessi stare con Damen, non rifiuterei mai. E poi forse Kerr ha paura che io la metta da parte per frequentare ragazzi più popolari, ma non lo farei mai. Dovrebbe sapere quanto le voglio bene.

-Cosa?- mi guarda come se fossi pazza.

-Andiamo Kerr, tu sei la mia migliore amica. Lo sarai per sempre. Sei come una sorella per me, e Damen o non Damen, popolarità o non popolarità, tu sarai sempre al primo posto.-

Lei sbatte le palpebre, incredula.-Mi fa davvero piacere, Lia- dice dopo un po'.-Ma no, non sono affatto invidiosa di Damen e la sua combriccola. Anzi, c'è qualcosa che dovresti sapere.-

Il cuore mi martella nel petto, ho una brutta sensazione.

-Che cosa?- le chiedo con un filo di voce.

-Ti sta usando, Lia, apri gli occhi. Ultimamente non era più tanto popolare, e l'unico modo per risalire la cima è stare con una ragazza popolare. Ma lui è già stato con la maggior parte della cheerleaders, e ultimamente la star della scuola sei tu, che sei sopravvissuta all'ufficio di Collins.-

Non so davvero che dire. Vorrei protestare, ma è tutto terribilmente plausibile. In fondo la prima cosa che Damen mi ha detto è stata: “Sei diventata molto popolare”, e poi poco fa, in mensa, quando stavo per dire ai suoi amici che non sono la sua ragazza, mi ha baciato per farmi smettere di parlare.

-Mi dispiace, Lia- Kerr addolcisce il suo tono di voce.-Ma dovevi saperlo-

Annuisco impercettibilmente, non mi va di parlare. Neanche con Kerr.

Era tutto così bello, così perfetto, e in un attimo il castello di sabbia che avevo costruito si sgretola, sommergendomi. L'immagine di “ragazzo perfetto” che avevo attribuito a Damen si frantuma.

Non mi piace essere usata, non mi piace essere illusa.





Ed ecco qui il nuovo capitolo! E... wow! Siamo già arrivati a ben 5 seguaci, 3 ricordate e 2 preferiti. Ma quanto vi posso amare? Un bacione speciale a chi recensisce, siete fantastici! Alla prossima :3

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Capitolo 5
*** 4.Baci rubati e messaggi nascosti ***


4. BACI RUBATI E MESSAGGI NASCOSTI  

 

Un bacio legittimo non vale mai un bacio rubato.
Guy de Maupassant


Vi dico subito che ho deciso di uscire con Damen. No, non sono un mostro o un essere senz'anima. Semplicemente, dopo lunghe ore di riflessione, ho capito che come Damen potrebbe trarre dei vantaggi dall'essere il mio ragazzo, anch'io potrei trarne stando con lui. Duventerei popolare, e poi lo lascerei. A quel punto avrei tutti i ragazzi ai miei piedi e potrei stare con qualcuno che mi piace davvero. La verità è che, anche se detesto essere usata, è tutto troppo bello per mandarlo al diavolo. Finzione o no, questa è la mia (forse unica) occasione di stare con il ragazzo che amo da sempre. Se poi ci sono anche dei vantaggi personali... Sinceramente, voi mandereste tuttto a quel paese per una questione di “onestà”?

Be', comunque io no.

Ecco quindi che indosso la gonna di pelle che mi ha suggerito Kerr e una maglietta bellissima, aderente, bianca con una fantasia nera sul davanti, nera di pizzo dietro. Infine metto un paio di ballerine scure di vernice (Kerr aveva proposto i tacchi, ma io ho paura di cadere per strada. Che figura ci farei?) e domo i miei capelli mossi con la piastra. Infine, un po' di eyeliner e rossetto completa il tutto. Non mi sono mai sentita così bella. E potente. E' come se avessi il mondo nelle mie mani, come se potessi farne quello che voglio. Ovviamente Kerr non approva questo ragionamento (ha paura che io “mi venda l'anima”, sue testuali parole), ma non abbiamo mai litigato, quindi era inutile farlo per una stupidagine del genere.

Mi do un'ultima occhiata allo specchio e sorrido al mio riflesso, riconoscendo una ragazza completamente nuova, bellissima, e sicura di sé. Faccio un respiro profondo ed esco di casa. Mamma pensa che io esca con il mio solito gruppo, ed è meglio che continui a pensarlo.

Appena sono fuori, una brezza fresca mi scompiglia i capelli. Ma non è quel vento umido che fa arricciare loro e bestemmiare me, no; questo vento li smuove quel tanto che basta per farli sembrare naturali. Il cielo è stellato e c'è la luna piena. Sono già le otto, le strade sono piene di comitive di ragazzi e coppiette. Inizio a fischiettare, quando penso che anch'io adesso faccio parte di una coppietta. Anche se è solo una finzione. Ma decido di non pensarci.

Quando arrivo davanti a scuola, Damen è già lì che mi aspetta. Indossa dei jeans scuri, una camicia azzurra infilata un po' dentro un po' fuori i pantaloni, e una giacca scura. E' un figo, non ci sono altre parole per descriverlo.

Mi viene incontro sorridendomi.-Ciao, Lia- mi bacia sulla guancia.

-Ciao, Damen- sorrido a mia volta.

Lui si passa una mano tra i capelli dorati, scompigliandoli. Quanto è sexy! E sta con me. Ecco perchè non ho potuto tirarmi indietro.

-Senti, Lia- mi dice. -Penso che dovremmo parlare...-

-Di cosa? Del fatto che stai con me solo perchè vuoi tornare ai vertici della popolarità?-

Lui ammutolisce dallo stupore.-Non ti facevo così sveglia-

Dovrebbe essere un complimento, eppure non posso fare a meno di pensare che quando mi ha visto la prima volta, mi ha ritenuta una cretina.

-Troppo spesso la gente tende a sottovalutarmi- dico. Ed è vero.

-Fanno molto male.- sussurra, avvicinandosi sempre di più. E' molto più alto di me, quindi deve chinarsi un poco per baciarmi. Ma non esita, mi bacia. E' strano, sapete? Questo bacio non è come il primo. Non c'è quella... come dire, scintilla, ecco. E' come se stessi girando un film, è questo bacio non fosse reale. Attenzione, io non ho mai girato un film, ma posso immaginare che sono così i baci dati sul set. E la cosa non mi piace. Quando si stacca, mi ritrovo a sorridere, ma non sono davvero felice.

-Allora- riprende poi.-Sarai la mia ragazza?-

-Sì- rispondo, ma la cosa non mi dà nessun tipo di sensazione particolare. Non sono strafelice, come ho sempre pensato che sarei stata se lui mi avesse chiesto di stare con lui. Non sento nemmeno le farfalle nello stomaco, che sentivo ogni volta che lo incrociavo nei corridoi scolastici. E' strano, ma è così.

-Bene- intreccia le sue dita alle mie.-Allora facciamoci una passeggiata-

E ci facciamo una passeggiata.

Vorrei soffermarmi di più sull'andamento della serata, ma è una noia totale. Un disastro totale. Mi sento delusa, e mi sforzo di sorridere ogni volta che Damen (o le persone che ci vedono) mi guarda e di ricambiare i suoi baci con più passione possibile. Ma fa uno strano effetto sapere che lui mi ha chiesto di uscire solo per farsi vedere in giro con me. Certo, una parte di me ne è orgogliosa. Un'altra, invece, si sente uno straccio.

Decido di non farci caso, mi ripeto l'elenco dei vantaggi che potrebbe portarmi stare con Damen, e trascorro la serata in tutta serenità.

Quando torno a casa, verso mezzanotte, mia madre è già a letto e io mi chiudo nella mia stanza. Solo allora, con la faccia immersa nel cuscino, scoppio in lacrime.

C'è poco da dire sul sabato e la domenica, che trascorrono normalmente. Monotoni come al solito. Kerr mi telefona più volte per parlare di Damen, ma io sono troppo orgogliosa per ammettere che aveva ragione lei, che Damen mi stava solo usando. Quindi mi sforzo di sembrare allegra e soddisfatta di me stessa e fuori di testa per la gioia di essermi fidanzata. Ogni volta che chiudo la chiamata, mi salgono le lacrime agli occhi. Ma le ricaccio indietro, ho imparato a mascherare molto bene la sofferenza. Non mi piace piangere, mi fa sentire troppo fragile; preferisco accumulare più che posso. Persino i miei sogni sono stati vuoti, queste ultime notti. Non ho sognato proprio niente, che mi ricordi. Però passo il tempo chiusa nella mia stanza, a rimuginare sul disegno che ho fatto la notte scorsa e sul senso delle cose che vedo nei miei sogni. Per il primo ero riuscita ad arrivare ad un abbozzo di messaggio, cioè che “c'è qualcosa di oscuro in me”. Allora ho cercato (sempre sul libro di Collins) il significato dei boschi nei sogni e diceva:

Sognare boschi o sognare foreste sono l’indicazione principale di tensione, senso di smarrimento e la ricerca di se stessi. Un percorso nell’oscurità di un bosco è infatti la metafora della vita che ti tormentacon i suoi interrogativi e che ti impegna nella ricerca costante del tuo posto nel mondo.

Poi ho controllato la definizione di “castello scuro”

Sognare un castello nero è sinonimo del timore del destino inappellabile, di essere costretti a vivere in un modo, ma desiderare di cambiare le regole.

E infine sono giunta alla conclusione che “devo cercare quel qualcosa di oscuro che c'è in me perchè voglio cambiare le regole del mio destino.”

Sì, potrebbe avere un senso.

Ad ogni modo, ne parlerò domani con Collins.

Ceno un po' di insalata con i pomodori e corro a letto, domani sarà una giornata importante. Ho come la sensazione che quello che mi dirà il mio professore di matematica avrà un forte impatto sulla mia vita.

Spengo la luce, chiudo gli occhi e mi raggomitolo su me stessa. Anche stanotte non sogno niente. Se i sogni sono sinonimo di “speranze”, le mie si sono frantumate da quando ho accettato di stare con Damen pur di diventare popolare. Da quando mi sono venduta l'anima.

La mattina arriva senza nessun preavviso, mi strappa dal nulla in cui mi trovavo e mi riporta alla realtà. Spengo la sveglia pigiando troppo forte sul tasto e corro sotto la doccia. La parte più difficile è scegliere i vestiti da indossare. Immagino che stare con Damen voglia anche dire curare al massimo l'aspetto esteriore. D'ora in poi, quindi, niente più coda dell'ultimo minuto e pullover extralarge presi alla rinfusa dal guardaroba. In parte mi manca il poter fregarmene dell'abbigliamento. Comunque, scelgo una mingonna a balze di pizzo beige in stile country, abbinato ad una maglietta marrone ad una spalle e delle ballerine dello stesso colore. Mi trucco, anche. E piastro i capelli. Quando sono di casa esco il più in fretta possibile. Se mi vedesse mia madre, mi farebbe l'interrogatorio sul perchè di tanta cura.

Infine, esco di casa, incontro Kerr e andiamo a scuola. Non c'è altro da dire.

Parliamo poco, io sono troppo concentrata a pensare a Damen e a chiedermi se riuscirò a rispondere male a Collins. Lo so che sembra stupido, ma io non ho mai risposto male a un professore. Ho paura di non riuscire a farlo o di dare una risposta non adeguatamente maleducata.

Con tutti questi pensieri, arrivo a scuola e senza che me ne accorga sono in classe. Seduta vicino a Kerr, all'ultimo banco. La campanella suone. Ed entra Collins.

Faccio un respiro profondo e mi preparo.

-Lia, stai bene? Sei tutta rossa.- mi fa notare Kerr.

Io mi sforzo di sorridere.-Certo. Sono solo un po' agitata, sai, non ho fatto i compiti. E Collins mi odia.-

Kerr non sembra convinta, ma decide di non fare altre domande. Gliene sono grata. Sono troppo nervosa, e quando sono nervosa rispondo male a chiunque mi rivolga la parola o mi attraversi la strada. E io non voglio rispondere male a Kerr. In questi giorni ci sono troppi segreti e troppa tensione a dividerci.

-Buongiorno, ragazzi- dice Collins, entrando. Indossa il suo solito completo da pinguino e porta una cartella di pelle, che sbatte pesantemente sulla cattedra.

-Buongiorno, prof- rispondiamo tutti in coro.

-Oggi interroghiamo- ci annuncia con un sorrido sadico stampato in faccia. Ma si può essere così crudeli?

Dalla classe si leva un coro di disapprovazione, ma Collins lo zittisce sbattendo il pugno sulla cattedra.-Silenzio! O giuro sulla mia testa che vi interrogo tutti!-

E così taciamo.

C'è un silenzio di tomba, in questo momento si potrebbe sentire anche uno spillo cadere per terra. Collins fa scorrere lo sguardo sul registro, sui nostri nomi, per scegliere la vittima della giornata. La sua lettura è accompagnata da alzate di occhi al cielo e mormorii eloquenti.

Poi dice.-Waldorn, all'interrogazione-

Avevo dubbi?

-No- rispondo, mordendomi il labbro per impedirgli di tremare.

-Come, prego?- si toglie gli occhiali e mi guarda sconcertato.

-Ho detto di no!- alzo la voce. E' più facile di quanto pensassi, ma il cuore mi martella nel petto. Ignoro le occhiate di tutti i miei compagni che si sono girati verso di me (Kerr compresa) che mi guardano con ammirazione e terrore. Terrore per quello che potrebbe farmi Collins.

-Waldorn, venga immediatamente all'interrogazione!-

Mi alzo in piedi.-Perchè dovrei?-

-Altrimenti...-

E' il momento, devo lanciare la bomba.-Altrimenti,cosa? Mi mette la nota? Mi convoca nel suo ufficio?- lo guardo con aria di sfida. Per la classe si diffondono risatine mascherate da colpi di tosse. Un altro salto in alto per la mia popolarità.

-Lei mi costringe, Waldorn- ha capito! Ha capito!

-Faccia pure!- dico con noncuranza, tornando a sedermi e incrociando le braccia.

-La aspetto nel mio ufficio, dopo le lezioni-

Non poteva andare meglio.

-Si può sapere cosa ti è saltato in menta?- mi urla Kerr al cambio dell'ora.-Come se non fossi sul punto di essere bocciata in matematica!-

-Proprio per questo non sono andata all'interrogazione!- mento.

Kerr mi guarda in modo strano.-Già. E infatti ti sei guadagnata un altro appuntamento nel suo ufficio!-

Ho capito quello che pensa.-Kerr, non è affatto come credi. Non l'ho fatto per una questione di popolarità- almeno, non solo. Quest'ultima parte non la dico.

-Certo, come no.- ed è l'ultima parola che mi rivolge per il resto della giornata. In mensa non mi siedo nemmeno con lei e gli altri, ma vado al tavolo di Damen. Infine, dopo le lezioni, vado nell'ufficio di Collins. Ormai non fa più così paura. Ho l'impressione che nei prossimi giorni passerò tanto tempo in questa stanza.

Busso e la voce di Collins mi dice di entrare.

-Buongiorno, prof- lo saluto.

-Chiuda bene la porta e si sieda, Waldorn- mi ordina in tono severo. Io ubbidisco. E se non avesse capito il mio messaggio? Se avesse davvero intenzione di punirmi.

-Io volevo- inizio, ma il prof mi interrompe.-Ho capito chiaramente quello che voleva, Cecilia-

Anche oggi mi chiama per nome. E anche oggi mi dà fastidio.

Ma sono felice che abbia recepito il messaggio.

-Dunque, mi dica, che cosa voleva?-

Faccio un respiro profondo.-Allora, ho letto il suo libro, cioè... non tutto... solo alcune parti...- sono a disagio (è pur sempre il mio prof di matematica) e la voce mi trema un po'.-Io... sono arrivata ad una conclusione...- mi schiarisco la voce.-Vede, la prima notte ho sognato i corvi e uno specchio. La seconda notte invece un bosco e di nuovo un castello nero.- ora sto acquisendo sicurezza e parlo sempre più velocemente.-E allora ho cercato il loro significato sul libro dei sogni che mi ha dato, e sono arrivata alla conclusione che “devo cercare quel qualcosa di oscuro che c'è in me perchè voglio cambiare le regole del mio destino.” Ora, la mia domanda è: cosa devo fare?-

Collins mi fissa pensieroso per un po', poi risponde.-Be', innanzitutto le dico che sono felice che mi abbia ascoltato e che il libro le sia stato utile. Poi, le dico che sono sinceramente stupito dall'arguzia che ha dimostrato. Se la usasse anche nella matematica, potrebbe conseguire degli ottimi risultati!-

Io abbasso lo sguardo e arrossisco.

-Comunque, credo che il ragionamento al quale è arrivata sia giusto. E penso che debba prenderlo alla lettera.-

Alzo lo sguardo.-In che senso?-

-Cerchi la sua parte oscura e la usi per cambiare il suo destino-

Tutto qui? Così semplice? Io ero andata da lui pensando che avrebbe potuto illuminarmi, che mi avrebbe dato chissà quali spiegazioni. E invece niente, lui mi dice di prendere alla lettera il mio ragionamento.

-Ah- dico solo. Poi penso ad un'altra cosa che volevo chiedergli.-Prof, ma lei come fa a sapere dei miei sogni?-

Già, questo piccolissimo dettaglio potrebbe essere la chiave di tutto.

Collins mi sorride enigmatico.-Lo saprà a tempo debito. Ora può andare-

Mi sta cacciando. Mi sta cacciando! Sono offesa!

Mi alzo e raggiungo la porta, ma lui mi richiama.-Ah, Waldorn, sarò costretto a metterle una nota.-

-Ma prof...-

-Niente ma. Cosa dovrei dire al preside? Che lei mi ha risposto male e io ho lasciato correre?-

No, in effetti non può. Però pensavo che...

-Un'ultima cosa, Cecilia. Si prepari, perchè il momento è prossimo. Stanno per avvenire tanti cambiamenti-

Okay, adesso sono terrorizzata.

-Arrivederci- dico.

E corro via.

 

Allora, venerdì e sabato sarò in gita scolastica a Roma, quindi non potrò aggiornare (chiedo venia! u.u)
Vi lascio questo capitolo e spero lo apprezzerete! Ringrazio come al solito coloro che recensicono e hanno la storia tra i preferiti/seguiti/ricordati! Un bacione :*

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Capitolo 6
*** 6. Il mostro e le lacrime ***


6. IL MOSTRO E LE LACRIME

Ognuno di noi è una luna: ha un lato oscuro che
non  mostra mai a nessun altro
Mark Twain

 

“Il momento è prossimo”

Che cosa significa? E perchè Collins non mi vuole dire come fa a sapere dei miei sogni? E, soprattutto, quanto a lungo deve durare questa farsa con Damen?

Mi chiedo tutte queste cose rigirandomi tra le coperte, nel buio della mia camera da letto. E sono le stesse che mi accompagnano mentre scivolo nel sonno, e mi addormento.

All'inizio faccio fatica a vedere. Poi pian piano apro gli occhi, e il mio campo visivo comincia ad acquistare chiarezza. Sono nel bosco dell'altra volta, ma mi trovo nei pressi di un laghetto. C'è molta tranquillità e si sente l'odore dei pini, fresco e pungente al tempo stesso. Una brezza leggere scuote le chiome degli alberi. Sarà perchè sembra tutto così perfetto, ma sento l'ansia crescermi dentro. Devo stare in guardia. In fondo, se questo sogno viene cronologicamente prima degli altri, e negli altri stavo scappando, allora è qui (e adesso) che spunterà la minaccia che mi costringerà a fuggire e ad attraversare il bosco e a raggiungere il castello ecc...

Così mi guardo intorno, sospettosa. Ma niente, si sentono solo gli uccellini che cinguettano. All'improvviso ho la gola secca e ho bisogno di bere. Non ho mai avuto tanta sete in vita mia. Corro verso il laghetto e mi chino per bere, raccogliendo l'acqua nelle mani a coppa e portandomele alla bocca. Okay, ora che ho bevuto va già meglio. Mi siedo sulla riva e mi rilasso, immergendo le gambe nell'acqua fresca. Indosso ancora il solito vestito di seta bianca. Reclino la testa all'indietro e mi godo la sensazione di pace che mi sta attraversando. Poi lo sento.

E' un ruggito, alle mie spalle. Molto simile ad uno sbuffo, e sento una ventata d'aria calda sulle spalle scoperte. Qualunque cosa ci sia dietro di me, mi sta alitando addosso. Molto, molto, molto lentamente mi alzo. Ma non ho il coraggio di guardare cosa c'è dietro di me. Giro intorno al lago, e inizio a correre a perdifiato.

Dunque ecco la causa di tutto.

 

Apro gli occhi di scatto. Il sogno è finito, ed è stato più breve del solito. Non ho sudato, ma ho sete anche nella realtà, quindi bevo dal bicchiere d'acqua sul comodino. Mi porto una mano sul petto per rallentarne i battiti. Okay, ora devo tranquillizzarmi e riflettere. Accendo la luce sul comodino e prendo il libro dei Sogni. Mi appoggio contro la testiera del letto e piego le ginocchia, sulle quali poso il volume che mi ha dato Collins. Sfoglio le pagine ingiallite e cerco “bestia”, non potendo dare un nome più preciso all'animale che ho visto.

Sognare bestie e belve feroci significa che dobbiamo stare attenti. Attenti a lati di noi, lati oscuri e pericolosi che potrebbero venire fuori creando seri problemi.

Sono sconvolta. Non so perchè questa interpretazione mi abbia colpito più delle altre, ma è così. Ancora una volta ritrovo il tema “del mio lato oscuro”, ma espresso con parole che mi fanno rabbrividire. Sarà per i “seri problemi” che mi potrebbe causare il mio lato oscuro. Ho la nausea. Scivolo fuori dalle coperte e giù dal letto il più velocemente possibile. Corro in bagno e vomito, vomito, vomito finchè non è rimasto più niente in me. Forse nemmeno l'anima. Poi, una volta che ho finito, mi accuccio per terra e piango.

Non so dire per quanto tempo rimango così, in un angolino, con il mento sulle ginocchia e le ginocchia strette al petto. Non so dirlo, ma so che quando ritrovo la lucidità faccio fatica ad aprire gli occhi che sono tutti bagnati e appiccicosi, e la luce del giorno filtra attraverso la finestra. Mi fa male la schiena e ho tutti i muscoli addormentati. Ho passato la notte qui. Se mia madre lo scopre, sono in guai seri. Ma lei non si è ancora svegliata, altrimenti sarebbe qui, quindi dovrebbero essere all'incirca le cinque. Mi alzo ignorando l'intorpidimento del mio corpo e le fitte di dolore che si propagano per tutto il corpo. Traballo e sono costretta ad appoggiarmi al muro, ma alla fine riesco a ripulire le macchie di vomito sul gabinetto e sul pavimento. Quando ho finito, sono a pezzi e vorrei mettermi a dormire, ma non ho sonno. Cioè, sono molto stanca, ma se mi mettessi a letto sono certa che non dormirei. Torno in camera e confermo quello che pensavo; passando il tempo che mi separa dalle sette sdraiata sul letto a fissare il soffitto, riflettendo sul mio lato oscuro e cercando di scoprirlo. So di non essere perfetta, so di avere tanti difetti, ma non credevo che in me ci fosse un lato così... “oscuro”. Quale potrebbe essere? Dovrei chiederlo a qualcuno che mi conosce bene ma allo stesso tempo non ci tenga a me, perchè se chiedessi a mia madre o ai miei amici quale sia il mio “lato oscuro”, per non ferirmi loro mi risponderebbero che io non ho un lato oscuro, che sono una ragazza dolce, simpatica, eccetera eccetera. Invece ora più che mai ho bisogno di sincerita. Ma a chi mi posso rivolgere? Chi è che conosce il mio carattere senza volermi bene?

Un professore, mi suggerisce una voce. Certo, un professore. Infondo i professori passano con te tante ore ogni giorno per cinque anni, quindi ti conoscono, ma non è detto che ti vogliano bene. Sì, i professori sono le persone più indicate.

Storno lo sguardo sul libro dei Sogni. Collins. Devo parlare con Collins.

Ma come posso fare? Bisognerà cambiare strategia, se prendo un'altra nota in matematica la bocciatura è quasi certa. Ma non posso nemmeno presentarmi nel suo ufficio di mia spontanea volontà. Cosa direbbero i miei amici? Già ultimamente non andiamo più tanto d'accordo...

Trovato! Dopo le lezioni, di nascosto a Kerr e gli altri, con la scusa di dover incontrare Damen, sgattaiolo nell'ufficio di Collins e gli parlo. Sì, questa è la soluzione migliore.

E mentre arrivo a questa conclusione, la sveglia suona e mi devo alzare.

Bevo più caffè del dovuto per impedire ai miei occhi di chiudersi. Esco di casa e incontro Kerr, ma a parte il buongiorno non ci rivolgiamo la parola. Va così già da un po'. Quando arriviamo a scuola ci dividiamo. Lei raggiunge Lily e gli altri, io incontro Damen.

-Buongiorno, dolcezza- mi saluta dopo avermi baciata sulle labbra.

-Ciao- rispondo sforzandomi di sorridere.

Mi circonda le spalle con un braccio e ci incamminiamo per i corridoi.

-Come va?- mi chiede. Ma non è davvero interessato. E' solo per far vedere a chi ci guarda che stiamo parlando.

-Tutto bene, tu?-

-Anche. Sabato c'è la partita di football, vieni a vedermi?- e anche questo invito non è per cortesia, ma per far sì che i suoi amici popolari mi vedano mentre tifo per lui dagli spalti.

-Certo. A che ora?-

-Alle sei-

Grazie al cielo siamo arrivati davanti alla mia aula.

-Ci vediamo dopo- si guarda intorno, per assicurarsi che stia passando qualcuno, e mi bacia sulle labbra. Il contatto mi ricorda la nausea che ho provato stanotte. Quando si separa e se ne va, mi sfioro la bocca con le dita e lo stomaco mi si contorce. La campanella suona, ma io rimango fuori dall'aula, appoggiata al muro. Forse è questo il mio lato oscuro, penso. Un'altra ragazza avrebbe mandato a quel paese Damen nel momento stesso in cui le avesse confidato di stare con lei solo per interesse. Ma io no. Io ho accettato di fingere, di rinunciare ai miei amici, ai miei valori, pur di stare con un ragazzo carino e diventare popolare. Faccio schifo.

E se il mio lato oscurò “verrà fuori, mi creerà seri problemi”.

La soluzione? Devo impedirgli di venire fuori.

Devo lasciare Damen.

Ma è possibile che sia solo questo? Insomma, per quanto far parte di una coppia finta possa essere meschino, è davvero qualcosa che merita una “punizione divina”? Non sono mica l'unica.

-Waldorn, che ci fa fuori dall'aula? Entri immediatamente!- la prof di inglese mi guarda di traverso. O cavolo, da quanto tempo sono qui fuori?

-Subito, prof- mi affretto a dire.

Entro in classe e mi accorgo che il banco accanto a Kerr (quello a cui mi siedo sempre io) è occupato da un'altra ragazza. Si chiama Emily, ed è dal primo anno che cerca di fregarmi Kerr. Per questo mi dà fastidio vederla al mio posto. E vicino alla mia migliore amica.

Le rivolgo un'occhiataccia mentre lei mi rivolge un sorriso di trionfo.

Kerr invece non mi guarda nemmeno in faccia.

E questo mi ferisce molto più di tutto il resto. Ho di nuovo mal di pancia. Trovo un posto in prima fila , l'ultimo rimasto, e mi siedo. Da sola.

Per tutto il tempo combatto contro le lacrime che cercano di farsi strada sul mio viso, e quando suona la campanella che indica l'inizio della pausa pranzo, corro fuori dall'aula e sfreccio per i corridoi, quelli che passano mi guardano in tralice, ma non mi importa. Li scanso in malo modo, le lacrime mi appannano la vista.

Perchè sto correndo? Dove posso andare? Non ho nessuno. Sento il viso bollente, il cuore mi pulsa nelle orecchie e i suoni mi giungono ovattati. Forse qualcuno mi sta chiamando, ma il mio nome è un eco lontano. E se mi vedesse Damen in questo stato? Non mi importa. Non mi importa. Non mi importa.

La mia dignità se ne sta andando a quel paese. Forse dopo di questo sarò additata a vita come una sfigata o una pazza, ma in entrambi i casi non avrò amici a consolarmi. Raggiungo l'atrio dalla scuola ed esco nel cortile, anche se a quest'ora è proibito. Ho l'affanno come nel mio sogno, fuggo dalla paura di rimanere sola. Da una paura che porto di me. Fuggo dal mio lato oscuro.

Appena lo capisco mi fermo. Di colpo. L'adrenalina svanisce, inizia a ritornarmi la vista, le ginocchia mi tremano e cado in ginocchio. L'erba è umida e mi bagna i jeans. Affondo le mani nel terreno e abbasso la testa, i capelli sono scompigliati e mi ricadono dappertutto. Non ce la faccio a rialzarmi, non ce la faccio. Non voglio tornare a scuola. Solo ora mi rendo conto del casino che ho combinato. Sono corsa come una pazza per i corridoi, sono scappata fuori senza permesso. Ora è ufficiale la mia bocciatura. Perchè l'ho fatto? Perchè? Ho perso il controllo.

Respiro a fatica.

Rimango così per non so quanto tempo, finchè una mano non mi si posa sulla spalla. Mi giro di scatto, pronta alla fuga.

-Waldorn, che ci fa qui?- è Collins.

Deglutisco a vuoto e mi metto in piedi traballando.-Non... Niente- balbetto.

-Non dovrebbe essere qui, però- mi fa notare. Il suo tono di voce è stranamente calmo, non mi sta rimproverando.

Lo guardo stupita, con gli occhi velati di lacrime.

-Che... che cosa...- mi schiarsco la voce, ci sono tantissime cose che voglio chiedergli.-Cosa sta succedendo dentro? Sono sospesa?-

-E' probabile- acconsente, ma lo dice con così tanta calma che quasi non mi preoccupo.

-Ma non si deve preoccupare- mi dice poi. Io lo fisso interrogativa. Cosa vuol dire che “non mi devo preoccupare”? Una sospensione vuol dire bocciatura sicura, sommata ai miei pessimi voti in matematica e in condotta. Perchè proprio lui, il mio insegnante più severo, che mi ha ostacolato fin dal primo giorno che ho messo piede in questa scuola, mi dice di non preoccuparmi?

Vorrei dire qualcosa, ma ho la gola chiusa. Apro la bocca, ma non ne esce alcun suono.

Collins se ne accorge e continua.-Presto lei, mia cara Cecilia, non sarà più qui. Stanotte per la precisione. Le avevo detto che il momento era prossimo, bene, è stanotte.-

Ho il cuore che mi martella nel petto.

Non sarò più qui.

-E adesso torni a scuola, hanno già chiamato sua madre-

-No...- mormoro, più a me stessa che a lui. Così pronuncio la mia prima parola (monosillabo) da quando ho visto Kerr seduta accanto a Emily.

-Entri, non le conviene fare storie.- mi dà le spalle e mi fa strada verso l'ingresso, come se non sapessi come ci si arriva. E' tornato il solito antipatico professore di matematica.

Entro a scuola e sento le occhiate dei ragazzi per i corridoi, sono come lame che mi perforano la pelle. E' un dolore troppo reale.

-Lia... Cosa hai fatto?- la voce di Damen mi arriva ovattata, e di nuovo vorrei voltarmi e correre. Ma nella vita non si può sempre scappare. Così mi costringo a raddrizzare le spalle e camminare con passo sicuro dietro il mio professore di matematica. Tutti si bloccano e mi fissano quando passo. Alcuni sono affacciati alle porte delle aule e non appena mi vedono bisbigliano tra loro o si scambiano sguardi eloquenti. Passo davanti a Maggie e alle sue amiche, che ridacchiano e scuotono la testa. Individuo anche i miei amici, Kerr compresa, che mi guarda ad occhi spalancati, mordendosi il labbro. Al suo fianco c'è Emily che mi sorride con aria di sfida.

Vorrei farle cancellarle quel sorrisetto dalla faccia a suon di pugni.

Guidata da Collins, arrivo all'ufficio della preside ed entriamo, mrs. Connor mi fa segno di accomodarmi su una delle due sedie davanti alla cattedra. E' una donna sulla cinquantina, bionda, che indossa sempre tailleur monocromatici, e porta due occhiali piccoli e rotondi poggiati sul naso aquilino.

Si siede sulla cattedra e incrocia le braccia.-Cosa le è saltato in mente, Waldorn?-

Non rispondo. Mi mordo il labbro e abbasso lo sguardo.

-Uscire dalla scuola come una furia, pur sapendo che è vietatissimo nell'ora di pranzo. E' una regola a cui tengo molto. Più di una volta gli studenti hanno abbandonato di nascosto la scuola durante il pranzo, certi di non essere visti. E più di una volta ci sono riusciti e ho ricevuto telefonate allarmatissime dei genitori e minacce di denunce. Ecco perchè ho vietato di uscire nel giardino, avrebbe dovuto saperlo. Lo sapeva?- si capisce dal tono che è una domanda retorica. Annuisco lentamente.

-E allora perchè l'ha fatto?-

Mi guardo intorno titubante, Collins è appoggiato alla porta dell'ufficio e dalla finestra aperta entra un vento leggero che mi sembra fortissimo. Sento la stanza vorticarmi intorno.

-Risponda, Waldorn!- mi richiama la preside.

-Io non...- ho la voce rotta.-... stavo bene...-

La Connor non ha il tempo di fiatare, la porta del suo ufficio si apre ed entra mia madre accompagnata da un impiegato della segreteria.

-Buongiorno, sono la madre di Cecilia- si annuncia. E' pallida, i capelli sono raccolti in una coda ordinata e si stringe nel giubbotto verde come i suoi occhi.

-La ringrazio per essere venuta. Puoi andare, Jack- dice la Connor all'impiegato che ha scortato mia madre. -Si accomodi, signora Waldorn-

-Blane- la corregge mamma, sedendosi sulla sedia accanto alla mia.-E comunque, si può sapere che è successo?-

-Sua figlia è scappata fuori dalla scuola. Dice di essersi sentita male.-

Mia madre spalanca gli occhi e si volta nella mia direzione. Io mi sento avvampare.

-Male? Cecilia, tesoro, come stai?- mi chiede preoccupata.

Non rispondo.

-Comunque- riprende la preside.-Ha violato una regola importantissima. Purtroppo sono costretta a sospenderla per una settimana.-

Mi irrigidisco e sono indecisa tra il mettermi urlare, il vomitare e il correre via.

-Cosa?- esclama mia madre con un filo di voce.

-Mi dispiace, signora- la Connor scuote la testa, e mi sembra davvero dispiaciuta.-Ma è la procedura. Spero che Cecilia si rimetta presto, ma ora devo chiederle di accompagnarla a casa.-

Mamma tace, per un tempo che mi sembra interminabile. Vorrei scomparire. Poi, quasi meccanicamente, dice.-Certo, ha ragione.- si alza dalla sedia.-Andiamo, Cecilia. Arrivederci-

-Arrivederci- sussurro a testa bassa, e Collins si sposta per farci uscire.

Attraversiamo di nuovo i corridoi e il cortile, fino ad arrivare alla macchina di mia madre che è parcheggiata non molto lontano. Lungo il tragitto, non ci parliamo per un bel po'. Poi mamma rompe il silenzio.-Cosa hai fatto?- dice, gli occhi incollati alla strada.

E' arrabbiata con me, lo so. E ha ragione. Ma come posso spiegarle tutto quello che sto passando? Come posso spiegarle che ho appena scoperto di essere un mostro, di avere un “lato oscuro” terribile? Io, che sotto sotto ero convinta di essere una brava persona?

Mamma non si è mai arrabbiata con me da quando papà ci ha lasciate. Si è sempre sentita in colpa per avermi fatta vivere senza un padre, anche se non era colpa sua. Mi rimprovera ogni tanto, certo, ma per cose stupide. La gonna troppo corta, il rientro ritardato il sabato sera, certe volte anche qualche ramanzina per i brutti voti in matematica. Ma non l'ho mai vista così. Devono averla chiamata da lavoro, perchè è vestita elegantemente come al solito e perfettamente truccata.

Non so che risponderle.

-Mi dispiace...- dico solo.

-Cosa hai fatto?- mi ripete, con voce più decisa.

-Mamma...-

-Cecilia, basta!- urla, voltandosi un attimo verso di me per poi tornare a fissare la strada. Io raggelo. Non ha mai urlato con me. Ho la gola secca, non riesco a parlare.

-Basta con questi giochetti. Basta mentirmi. Basta prendermi in giro.- continua-Da un po' di tempo sei taciturna, scostante, acida. Ora anche la sospensione. Tu, che hai sempre preso ottimi voti in tutte le materie, che i professori lodavano per l'educazione... Prima era solo Collins a lamentarsi di te, e potevo lasciar correre. Adesso invece si può sapere che ti prende? Stai male? Hai qualche problema?- vedo i suoi occhi appannarsi e istintivamente viene da piangere anche a me. E' sempre stato così. Quelle rare volte che l'ho vista piangere, piangevo anch'io. Vorrei abbracciarla e dirle tutta la verità sui miei sogni, ma cosa otterrei? Lei non avrebbe un rimedio da propormi, se le parlassi di quello che mi sta succedendo la farei solo preoccupare di più, la farei soffrire di più. E io non voglio. Devo proteggerla.

-Non...- riprende, asciugandosi le lacrime con il dorso di una mano e mantenendo l'altra sul volante. -Non... voglio perderti. E invece sento che lo sto facendo. Ti vedo scivolare via da me e...- si schiarisce la voce.-Cecilia, ti prego, parla con me-

Devo trovare qualcosa di intelligente da dire. Si merita una spiegazione. Anche se falsa, l'importante è che riesca a tranquillizzarla.

-Veramente io...- inizio-Ultimamente ho dei forti attacchi di nausea, e mi vengono le vertigini, e... Ho bisogno di prendere aria. Non ti ho detto niente perchè non volevo farti preoccupare, ma oggi a scuola non ce l'ho fatta più, sono dovuta uscire fuori- questa in parte è la verità. Ed è anche plausibile. Mamma mi guarda e abbozza un sorriso.-Perchè non me l'hai detto? Avrei potuto portarti da un dottore...-

-Pensavo non ce ne fosse bisogno-

Sospira.-Coraggio, adesso andiamo a casa e ti metti subito a letto. Dopo un po' di riposo starai meglio. Forse questa settimana di inattività potrà farti bene.-

Annuisco mentre mi accarezza la guancia.

Quando arriviamo a casa, corro subito a mettermi a letto.

E la mia vita sarebbe cambiata per sempre. 




E dunque, rieccomi qui :D
Sono tornata da Roma (città stupenda, dal patrimonio culturale pazzesco, e beato chi ci vive)  vi pubblico il nuovo capitolo, perchè le cose stanno per cambiare per la nostra Lia... Mi raccomando, continuate a seguirmi!

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Capitolo 7
*** SECONDA PARTE-7.Nel buio ***


SECONDA PARTE
 

7.NEL BUIO

Il buio e l'attesa hanno lo stesso colore.
Giorgio Faletti


La prima cosa che faccio è spegnere il cellulare. Kerr mi ha chiamato già dieci volte, ma a me non va di sentirla. Sono arrabbiata con lei. In fondo è anche per colpa sua se sono stata sospesa. Vederla seduta vicino a Emily è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Mi raggomitolo sotto le coperte e lascio che mamma mi porti la cena a letto. Una cena molto anticipata, diciamo. Sono appena le cinque. Io e mamma siamo uscite da scuola che erano all'incirca le tre e mezza, quando siamo arrivate a casa erano le quattro e lei ha insistito per prepararmi la cena, e io non ho rifiutato. Mi era tornato l'appetito. Ho mangiato alette di pollo e patatine fritte, come potevo rifiutare una cena del genere? Soprattutto perchè mia madre è una che ci tiene alla linea, e raramente mi prepara cene così ipercaloriche. Carpe diem, dicevano i latini.

Comunque mamma è stata molto premurosa. Si è stesa sul letto accanto a me e ha aspettato che finissi di mangiare. Abbiamo chiacchierato del più e del meno come non facevamo da tempo. Forse ho voluto passare del tempo con lei perchè, se quello che dice Collins è vero, cioè che a partire da stanotte “non sarò più qui”, non so quando la rivedrò, e non voglio lasciare il nostro rapporto in sospeso. Chissà come ci rimarrà quando scoprirà che non sono più qui. Piangerà? Urlerà? Le si spezzerà il cuore? Il solo pensiero mi fa soffrire. Non voglio farle del male, non voglio lasciarla. E non voglio lasciare nemmeno Kerr, e Lily, e Sam, e tutti i miei amici. Non voglio addormentarmi. Cerco di tenere gli occhi aperti, ma è difficile stando a letto, sotto le coperte e con la pancia piena. Le tende sono accostate e la stanza è buia. E' inutile che tenti di resistere, prima o poi dovrò dormire, e per quanto l'idea di quello che potrebbe succedermi mi terrorizzi, so che prima lo faccio prima me lo tolgo davanti. Chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi. E se finissi in uno dei miei sogni? Se la bestia che mi terrorizza mi uccidesse? O peggio, se mi ritrovassi nel Castello Nero? Ricordo la sensazione di terrore che ho provato quando ho sognato di entrarci. E quello era solo un incubo. Non voglio affrontarlo davvero, non ce la faccio. Il solo pensiero mi fa rabbrividire, sento salirmi le lacrime agli occhi. Non ce la faccio. Non ce la faccio.

Infilo la testa sotto le coperte, il sonno inizia ad avvolgermi. Lo so perchè i pensieri iniziano a farsi confusi, perdo lucidità. Ma poi mi sforzo di riacquistarla e apro gli occhi di scatto. Ho troppa paura.

Calma, devo stare calma. E' una cosa che prima o poi mi toccherà fare, inutile rimandarla.

Ho bisogno di farmi forza.

Chiudo di nuovo gli occhi, preparandomi a dormire, e questa volta succede. Inizio a perdere conoscenza, mi costringo a non aprire gli occhi e poi non c'è che il buio.

E' un buio fittissimo, come se qualcuno avesse colorato con un pennarello nero la superfice di un foglio di carta, senza lasciare nemmeno uno spiraglio vuoto. Okay, è fatta. Sono nel sogno. Mi accorgo di potermi muovere, e mi siedo, in attesa di qualcosa. Qualsiasi cosa. E invece niente. Sono pentita di non aver chiesto a Collins qualche chiarimento su ciò che mi aspettava una volta addormentata. Magari avrebbe potuto mettermi in guardia o prepararmi su quello che mi aspettava... Ma con tutto quello che è successo oggi non ne ho avuto proprio il tempo. Che idiota.

Rimango immobile per non so quanto (ultimamente mi capità spesso di perdere la cognizione del tempo, come avrete notato!), ma poi un luccichio fugace quanto una stella cadente irrompe nell'oscurità. Balzo in piedi.

Piano piano una cascata di quelle che definirei “stelle cadenti” iniziano ad illuminare l'oscurità, ed è uno spettacolo così bello che infonde talmente tanta pace, che mi sento subito felice. E' come la lucina di quel pesce orribile che compare in Nemo, avete presente? Ecco, sono gli stessi effetti: mi sento felice e serena, e ho paura che spunti un pesce con duecento zanne per mangiarmi. Ma grazie al cielo non succede. Anzi, il buio scompare di colpo e devo coprirmi gli occhi per l'improvviso contatto con la luce del sole. Sì, sole. Sole che splende nel cielo, sole che è visibile sopra gli alberi. Sobbalzo. Gli alberi? Sono in un bosco!

Sono nel bosco.

E ho anche il mio solito vestito bianco. Cavolo. Cavolo. Cavolo. Il cuore mi batte all'impazzata, così forte che potrebbe esplodere da un momento all'altro. Forse sarebbe meglio che lo facesse.

Mi costringo a stare calma e mi guardo intorno.

Sono nella zona dell'ultima volta, quella con il laghetto. Quindi quella con la bestia. Ma non ho sete, e mi accorgo di un altro particolare diverso. Sulle sponde del lago, seduto sull'erba, di spalle, c'è un ragazzo. Finalmente un essere umano! Capisco che è un ragazzo e non un uomo dalla sua corporatura esile, evidenziata dalla camicia bianca che è aderente alla schiena. I capelli sono crovini e il vento ci gioca scompigliandoli. Voglio andare a parlargli.

Mi avvicino ed esito un po' dietro di lui, mordendomi il labbro. Poi decido che non ho niente da perdere, che non sono al liceo e non posso fare una figuraccia, mi faccio coraggio e gli poso una mano sulla spalla, lui si volta di scatto e io la ritraggo istintivamente, facendo un balzo indietro.

-Chi sei?- mi dice con voce sicura, mettendosi in piedi. E' più alto di me, ma non molto.

-Io...- balbetto -mi chiamo Cecilia- gli spiego. Ma quanto può essere stupido presentarsi ad una persona in un sogno? Già, perchè chi mi dice che Collins non si sia sbagliato? Che magari oggi è solo un sogno e il momento “non è prossimo”?

-E che ci fai qui?- è arrogante, mi sta già antipatico.

-Be', io... Non lo so, in realtà. Speravo potessi dirmelo tu-

Lui ride, ed è una risata di scherno, graffiante.-Certo, come no.-

Mi sento una stupida. Si può essere presi in giro anche nei propri sogni? Vorrei urlargli che non esiste, che sono io a dargli vita e come minimo dovrebbe mostrare un po' di riconoscenza! Ma mi blocco. E se non fosse un sogno? Se Collins avesse ragione? Se il ragazzo che ho davanti fosse reale?

-Chi sei, come ti chiami?- vorrei avere un tono sicuro, ma la voce mi muore in gola; così ne esce solo un verso strozzato.
Lui non sembra scomporsi, continua ad osservarmi con i suoi occhi glaciali. Non dev'essere molto più grande di me, eppure lo sembra. E' bellissimo, i suoi lineamenti delicati e la sua carnagione lattea lo fanno assomigliare ad un essere sovrannaturale. Ne sono subito attratta. -Mi chiamo Arden, ma non vedo come questo possa aiutarti a risolvere il tuo problema.-
Deglutisco a vuoto, i battiti del mio cuore mi rimbombano nelle orecchie. -Che problema?-
Arden sfodera un sorrisetto cattivo. - Come farai ad uscire da qui-
-Da qui dove? E' soltanto un sogno- mi sorzo di sembrare tranquilla.
-Dici davvero, ragazzina? E allora perchè non ti svegli- mi prende in giro.
-Lo faccio subito-
Serro le palpebre, smetto di respirare, stringo i pugni.
Ma non succede niente, lui è ancora davanti a me.
Questo non è un sogno.

Ora ne ho la prova, Collins aveva ragione. Sento il cuore martellarmi in petto, come farò ad uscire da qui? Cosa ne sarà di me? E delle persone a cui tengo?

E' anche per loro che devo uscire da qui.

-Mi sa che avevi ragione- ammetto con un filo di voce. Sono sempre stata un tipo orgoglioso, e non mi va di chiedere aiuto al ragazzo che ho davanti, ma è la mia unica possibilità di andarmene da qui. Poi, una volta fuori, molto probabilmente non lo rivedrò mai più.

-Sei sveglia, ragazzina- mi prende in giro, dandomi poi le spalle.

Che nervi!

-Mi chiamo Cecilia! E guardami in faccia quando parli con me!-

Arden si gira, allibito. Evidentemente non si aspettava questa mia reazione. Ma perchè tutti mi scambiano sempre per una ragazzina fragile e patetica?

-Che diavolo vuoi, Cecilia?- scandisce bene il mio nome, alzando gli occhi al cielo.

-Voglio che mi aiuti ad andarmene da qui- mi sforzo di essere autoritaria, non è una cosa che mi riesce bene.

-E perchè dovrei?- inarca le sopracciglia e... è bellissimo!

No, devo rimanere concentrata. E' antipatico, non importa quanto sia bello. Ora devo solo persuaderlo a darmi una mano.

Cerco una motivazione convincente.

-Perchè altrimenti ti starò appiccicata e ti darò fastidio.- incrocio le braccia e sorrido trionfante.

Lui ride di nuovo.-Sì, certo. Come no.- e mi dà le spalle.

Possibile che sia più piacevole guardare un lago che me? E la mia autostima va a farsi benedire.

-Okay, sei libero di non crederci- e detto questo mi siedo sulla sponda dell'acqua, accanto a lui. E inizio a cantare. Non sono molto intonata, quindi potete immaginare lo stato d'animo del poveroArden. All'inizio si limita ad ignorarmi, ma dopo un po' non ce la fa più e sbotta.-Insomma, per quanto tempo hai intenzione di continuare? Sai, la tua voce è gradevole quanto il gracchiare di un corvo!-

Un corvo. Mi ha paragonato a un corvo. Adesso lo uccido. No, ferma- mi dico- altrimenti chi mi aiuterà ad andarmene? Per quanto debile (e odiosa), Arden è la mia unica possibilità.

-Continuo fino a quando non deciderai di aiutarmi!- gli spiego con un sorriso strafottente.

-Allora, fa' pure-

-Perfetto-

Riprendo a cantare, sforzandomi di rendere la mia voce più sgradevole di quello che è. Vedo Arden dirignare i denti e sorrido sotto i baffi. Sta funzionando. Le anatre che nuotano nel laghetto mangiano le briciole che gli lancia Arden, e mi viene in mente una cosa che voglio chiedergli.-Arden?- domando con un filo di voce. Ho smesso di cantare. In realtà iniziano a farmi male le corde vocali.

-Che c'è, ragazzina? Hai finalmente deciso di farla finita?-

Detesto il fatto che non mi chiami per nome, ma decido di lasciar perdere.

-Diciamo che ti ho concesso una tregua, più che altro. E comunque, posso farti una domanda?-

Arden mi guarda come se si accorgesse di me solo adesso. Diventa di colpo serio, lascia perdere le anatre e si siede sull'erba accanto a me. Sentirlo così vicino mi fa venire i brividi. E' di corporatura possente, secondo me potrebbe puttare giù un albero con un pugno. Mi costringo a rimanere lucida. Prendersi una cotta per qualcuno di qui, è la cosa più stupida che possa fare. Perchè non durerebbe mai, io voglio tornare a casa.

-Dimmi- mi incoraggia. Ha una voce sicura, profonda.

-Ecco... Perchè sei qui, esattamente?- lo guardo negli occhi, che sono di un colore a metà tra l'azzurro del cielo e il bianco del ghiaccio. Arden storna lo sguardo sulle increspature dell'acqua, che riflette il verde della vegetazione.

-Be', io ho un compito preciso.-

-Che compito?- sono sempre più curiosa.

Mi guarda.-Aiutare te-

Sono senza parole.-Aiutare me?-

-Sì.-

-A fare cosa?-

-Ad arrivare al castello-

Deglutisco a vuoto e sto per svenire. Il Castello Nero? Devo raggiungere il Castello Nero?? Il mio più grande incubo... E io devo raggiungerlo?

Ma c'è un'altra cosa che non quadra. Perchè fino a un minuto fa Arden non aveva intenzione di aiutarmi? Eppure a quanto pare ha sempre saputo di doverlo fare. Perchè, non lo so.

-Sì, ma... perchè mi hai fatto perdere la voce se tanto dovevi aiutarmi comunque?- gli urlo, sempre nei limiti del possibile, visto che non sono più in grado di parlare.

Si stringe nelle spalle.-Perchè mi andava. E' stato molto divertente- sogghigna.

Che faccia da schiaffi!

-Be', ora che ti sei divertito potresti anche aiutarmi ad andarmene!- mi alzo in piedi e lo guardo dall'alto. Lui si tira su annoiato.-Mi dispiace, ma non è così semplice.-

-Come, non è così semplice? Cos'è questo, un altro dei tuoi giochetti?- gli conficco l'indice nel petto.-Tu mi devi portare via da qui, è il tuo compito!-

Arden mi posa le mani sulle spalle e mi scosta da sé un po' troppo bruscamente. Barcollo e mi costringo a non cadere. Sento ancora le sue mani sulle mie spalle scoperte.

Concentrati, Cecilia, concentrati!

Arden non si scompone, mantenendo la calma e trapassandomi con lo sguardo.-Smettila di fare la stupida, ragazzina. Non decido io quando portarti via, e nemmeno tu. Dobbiamo aspettare- e detto questo torna a sedersi sulla riva del lago e a dar da mangiare alle anatre.

Io lo fisso a bocca aperta, con i pugni chiusi.-Cosa dobbiamo aspettare?-

Lui alza lo sguardo e mi sorride enigmatico.-Dovresti saperlo, Cecilia. Ma visto che non lo capisci, facciamo così, quando arriverà il momento te lo dirò io.-

Non gli ho detto di chiamarmi Lia, non voglio che siamo amici, ma il mio nome non ha mai avuto un suono così bello come quando è Arden a pronunciarlo.

Mi siedo accanto a lui e accosto le ginocchia al petto, appoggiandovi il mento. Cos'è che dobbiamo aspettare? Ho un brutto presentimento.

Osservo il profilo delicato di Arden che dà da mangiare ai volatili che sguazzano nel lago, e sorrido inconsciamente. Non posso non paragonarlo a Damen, anche se sono diversissimi. Damen è biondo, sportivo, alla mano. Arden invece è moro, riservato, e anche un po' arrogante.

E, cosa più importante, il primo è reale e il secondo no.

Eppure mi riesce più facile fidarmi di Arden, che di Damen. Per qualche motivo sono certa che lui non mi chiederebbe mai di essere la sua ragazza solo per tornare popolare. Anzi, Arden sembra il tipo a cui non importa niente di quello che pensano gli altri di lui. E lo invidio, per questo. Penso che se fosse al liceo se ne starebbe tutto il tempo in disparte. Magari a leggere un libro.

Sento un fruscio tra gli alberi e rabbrividisco.

In fondo questo è il posto in cui è comparsa la Bestia. E io ero seduta vicino al lago come adesso, e ad un tratto sentivo qualcosa alitarmi sulle spalle.

Sì, proprio tipo ora.

Lo stesso calore. E...

Balzo in piedi.

Cavolo. Cavolo. Cavolo.

Mi accorgo solo adesso che Arden è in piedi e sta fissando un punto alle mie spalle. Ha i muscoli contratti, ma sorride trionfante.

-Cecilia? Hai presente quando ti ho detto che dovevamo aspettare qualcosa prima di iniziare il nostro percorso?- la sua voce è tesa, ma allo stesso tempo ironica.

-Sì..- dico senza osare voltarmi.

-E che ti avrei avvisato io quando arrivava il momento?-

Annuisco lentamente.

-Bene. E' arrivato. Corri!-

E ci mettiamo a correre, proprio come nel mio sogno.

Solo che questa volta non sono sola, c'è Arden con me.





Ehilà :)
Innanzitutto mi scuso se lo scorso capitolo è risultato un po' noioso rispetto agli altri, ma fa tutto parte di un piano... eheh!
Comunque spero di farmi perdonare con questo, fatemi sapere che ne pensate!

Un bacione!

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Capitolo 8
*** 8. Nel bosco ***


8. NEL BOSCO

I boschi ci fanno paura per la loro complessità.
Abbiamo paura di quello che siamo per lo stesso motivo.
Anonimo

 


E' tutto proprio come nei miei sogni. Corro fino a farmi mancare il fiato, sento la minaccia della belva che ci insegue e mi costringo a non fermarmi. Davanti a me i rami dei Pini e degli altri alberi mi strappano lembi di pelle e sento salirmi le lacrime agli occhi per il dolore. Cerco di non perdere di vista la schiena di Arden che si muove agile nella vegetazione; vorrei essere abile quanto lui.

-Coraggio, Cecilia!- mi incita girando la testa verso di me. E' un attimo, ma posso vedere le goccioline di sudore che gli imperlano la fronte e i graffi sanguinanti sulle sue guance. Annuisco, anche se lui non può vedermi, ma ho bisogno di motivarmi.

Devo continuare a correre.

Poi però penso a dove siamo diretti. Se tutto è come nei miei sogni, allora stiamo per raggiungere il Castello, e io non voglio. Preferisco morire tra le grinfie dell'essere che ci sta inseguendo. Non sono pronta ad affrontare il mio incubo, anche se lo sto già facendo. Anche se sono con Arden.

Mi fa male la milza e le piante dei piedi -nude- sono percorse da fitte di dolore lancinanti.

La prima cosa che farò, appena ci fermiamo, sarà procurarmi delle scarpe. Anche se non credo che ci siano molti negozi d'abbigliamento da queste parti. Una volta in TV ho visto qualcuno utilizzare dei brandelli di stoffa, e io con questo vestito lunghissimo ne ho a sufficenza. Insomma, qualcosa mi inventerò. E potrei chiedere aiuto a Arden. No, questo mai. Non voglio mostrarmi fragile, non voglio che da “ragazzina” cominci a chiamarmi “bambina”. Sopporterò il dolore in silenzio, sono troppo orgogliosa. Anche a costo di continuare il nostro percorso scalza.

Anche a costo di sentire i sassolini e la ghiaia che si conficcano nelle mie piante dei piedi, tra le dita, sotto le unghie.

Mi mordo il labbro fino a farlo sanguinare. A questo punto una ferita in più non può fare molta differenza.

La bestia ci sta ancora inseguendo, la sento. Sento il suo ruggito e i suoi sbuffi, riesco perfino a intravederla attraverso i tronchi degli alberi. Non riesco a riconoscerla, ma ne scorgo il profilo gobbo, nero, e nell'oscurità vedo luccicare un paio d'occhi rossi come il sangue. Rabbrividisco e mi concentro per non perdere di vista Arden, lui sembra non accorgersi della fatica e del dolore, anche se prima, quando si è girato, ho visto che i rami degli alberi avevano ferito anche lui. Mi piace la sua forza d'animo, la apprezzo. Adoro le persone così, perchè mi spingono a non arrendermi mai, anche quando sarebbe l'unica cosa che vorrei. Devo resistere, devo farlo per Arden.

Sono convinta che tutto sta nel non fermarmi. Se smetto di correre anche solo per un secondo, non riuscirò più a riprendere. Invece adesso l'adrenalina è entrata in circolo e non sento la fatica né il dolore. O meglio, non sento più niente. I miei piedi sono diventati insensibili ed è come se non facessero parte del mio corpo. I muscoli hanno smesso di pulsare, il battito del  cuore è l'unico rumore che sento, e la vista mi si appanna.

Stringo i denti.

Non posso cedere. Non posso cedere. Non posso cedere.

-Ah!-urlo, e senza nemmeno accorgermene sono a terra. Sono scivoltata, i  piedi non hanno retto. Non erano abbastanza forti; io non ero abbastanza forte. Devo alzarmi, so che devo farlo, ma proprio come avevo previsto non ci riesco. Le lacrime mi rigano le guance, perchè so che la bestia sta per prendermi. Mi prendo i piedi tra le mani, le palme sono squarciate e sporche di sangue raggrumato. Devo ricacciare un conato di vomito.

-Arden...- chiamo con un filo di voce. Mi fa male tutto, sono piena di ferite aperte che bruciano da morire.

-Cecilia!- Arden era già molto più avanti, ma quando mi sente si gira e corre verso di me. Mi si accovaccia accanto. Perchè lo fa? Vuole che la bestia uccida anche lui? Deve correre, lui può ancora farcela. Per me ormai è troppo tardi. Mi aspetto vedere il mostro sbucare dal fitto degli alberi e balzarmi addosso, uccidendomi una volta per tutte. E invece non succede. Anzi, ora che ci faccio caso, mi accorgo che non sento più il suo ruggito e la minaccia della sua presenza. Se n'è andato. Se n'è andato!

Ce l'abbiamo fatta, siamo salvi!

-Fammi vedere- dice Arden in tono dolce ma fermo.

-Non è niente, sono solo scivolata. Adesso mi alzo- cerco di tranquillizarlo, ma non appena i miei piedi toccano il terreno il dolore è troppo forte e cado di nuovo a terra. Che figura. Quanto devo sembrargli patetica.

Soffoco un urlo e chiudo gli occhi, non voglio vedere l'espressione di scherno sul volto di Arden.

-Ho detto fammi vedere-

Trovo il coraggio di guardarlo in faccia e sono piacevolmente sorpresa nell'accorgermi che non sta sorridendo, anzi. E' serissimo e... preoccupato? Preoccupato per me? Il cuore mi batte forte. Vorrei abbracciarlo.

Senza che io abbia il tempo di replicare, Arden mi prende i piedi tra le mani e li osserva attentamente.

La sua espressione è indecifrabile, per cui non capisco quanto gravi siano le ferite, e la cosa mi preoccupa.

Il contatto delle sue mani ghiacciate sui miei piedi mi fa sospirare. Mi ritrovo a fantasticare su quanto debba essere fantastico essere accarezzata da quelle mani...

-Non puoi camminare- mi comunica in tono pratico.

-Come?- se non posso camminare, e quindi correre (fuggire), allora sono già bella che morta.

-Ho detto che non puoi camminare. Non ce la faresti. Mi sorprendo che tu ce l'abbia fatta ad arrivare fin qui, sei molto forte-

Arrossisco, mi ha fatto un complimento! Ma non uno dei soliti “sei bellissima” o “i tuoi occhi sono le stelle che illuminano il mio cammino” e roba del genere. No, questo è il più bello di tutti i complimenti che mi abbiano mai fatto. Sono forte. E se lo dice Arden vuol dire che è vero.

-Be', grazie. Ma non possiamo fermarci, devo camminare per forza- gli faccio notare.

-Non ho detto che ci fermeremo- mi prende infila un braccio sotto le ginocchia mentre con l'altro mi circonda le spalle, e mi solleva. O mio Dio, mi ha presa in braccio!-Ti porterò io-

-No, davvero, non preoccuparti. Non è necessario- cerco di protestare, ma in realtà non voglio che mi lasci. Le sue braccia sono salde e sentire le sue mani sulle mie gambe scoperte è una sensazione indescrivibile. E' come se tutte le ferite sul mio corpo guarissero quando lui le tocca.

-Non lo faccio per te- e qui il mondo mi crolla addosso-Lo faccio perchè devo.- la sua voce è durissima e mi ferisce più dell'idea di essere inseguita da un mostro, di dover raggiungere il Castello del mio incubo. Mi ferisce più di tutto. E mi fa anche sentire una stupida per essermi presa una cotta per lui. Mi ero sbagliata sul suo conto; Arden non è altro che un idiota.

-Certo, è chiaro- dico, cercando di avere la voce ferma, cercando di sembrare distaccata. Cercando di non pensare che sono tra le sue braccia...

Oh, accidenti! Perchè mi sono presa una cotta per lui? So già che non siamo destinati a stare insieme, che molto probabilmente Arden non è reale, ma allora perchè l'ho fatto? Sarebbe tutto molto più bello se potessimo essere noi a scegliere di chi innamorarci. Nessuno soffrirebbe.

Ma non è così, e adesso so già che alla fine di tutto questo, quando dovrò dire addio ad Arden, mi si spezzerà il cuore.

Decido di non pensarci. Forse è meglio che lui mi tratti così, se fosse gentile sarebbe ancora peggio. Credo.

-Ma perchè devi prenderti cura di me? E dove siamo diretti?- la voce mi si incrina e devo smettere di parlare prima di mettermi a piangere. Non credevo che le sue parole mi avessero ferito così tanto.

-Devo prendermi cura di te perchè sono il tuo Protettore. E dove siamo diretti lo capirai quando verrà il momento-

Wow, pensavo che ottenere delle risposte sarebbe stato molto più difficile. E comunque mi concentro solo sulla prima parte di quello che mi ha detto. Il mio Protettore.

-Che vuol dire che sei il mio protettore?- gli domando, questa volta la voce è più salda.

Arden alza gli occhi al cielo.-Ragazzina, la vuoi usare sì o no quella testa? Se sono il tuo protettore vuol dire che ti devo proteggere-

La deve smettere di prendermi in giro!

-Sì, ma da cosa?-

Mi sorride enigmatico, e io non posso fare a meno di notare quanto sia forte. Mi porta in braccio già da un po' e non è ancora stanco. Sopra di noi il sole sta tramontando.

Alzo la testa per poterlo osservare meglio. Delle goccioline di sangue gli stanno uscendo da una ferita sulla fronte e scivolano verso gli occhi. Le pulisco con il dorso della mia mano.

Lui si irrigidisce e si ferma.

Mi sento in imbarazzo e avvampo.

-Che hai fatto?- mi chiede, con voce severa.

-Niente. Ti stava uscendo del sangue da una ferita e l'ho pulito, tutto qui. Solo che visto che hai le mani impegnate... Be', pensavo di farti un favore.-

Arden sembra essere sinceramente colpito, come se nessuno gli abbia mai fatto un favore. Mi chiedo da che universo provenga questo ragazzo.

-Grazie- dice solo, senza sorridere, ma i suoi occhi gelidi esprimono tutta la gratitudine che sta provando. A volte gli sguardi sono più importanti delle parole.

-Figurati- io invece sorrido. Mi fa una tenerezza infinita.

Arden riprende a camminare, e adesso sento il suo respiro gradualmente trasformarsi in affanno.

-Sicuro di non essere stanco? Posso provare a camminare-

-No, sto bene- mi fulmina guardando dritto davanti a sé.

E' orgoglioso, come me. E proprio come farei io, non ammetterebbe mai di essere stanco e di volersi fermare. Sta a me risolvere la situazione.

Mi sforzo di sembrare il più debole possibile.-Be', io invece sì- sospiro con fare melodrammatico. -Ti dispiace se ci fermiamo?-

-Non possiamo-

-Per favore! Non ce la faccio più, ho bisogno di dormire-

Arden mi lancia uno sguardo che significa “guarda che lo so che non sei davvero stanca”, e mi depone delicatamente a terra, ai piedi di un pino. Io mi appoggio al tronco e solo adesso mi ricordo di tutte le mie ferite. Tra le sue braccia me n'ero dimenticata.

Lui si accovaccia di fronte a me e le sue labbra si increspano in un sorriso appena accennato.-Grazie- dice poi.

Dio, quant'è vicino.

Decido di fare una cavolata. In fondo nulla di questo è reale, giusto? Quindi tanto vale rischiare il tutto per tutto.

Allungo il collo quel poco che basta per raggiungerlo e gli do un bacio sulla guancia. Poi mi ritraggo velocemente e mi rannicchio contro il tronco, scrutando la sua reazione.

Arden spalanca gli occhi e si porta una mano sulla guancia che gli ho baciato. Per un attimo sembra così diverso. Non è più il ragazzo forte e arrogante che ho conosciuto fino ad ora. Adesso lo vedo in tutta la sua fragilità. E' così bello che mi sento sciogliere.

Ho sempre pensato che l'unico che avrebbe potuto farmi sentire così era Damen, ma adesso che lo conosco meglio (che sono la sua ragazza) so che non vale la metà di quello che vale Arden.

Okay, è ufficiale. Mi sono innamorata.

-Perchè... perchè l'hai fatto?- mi chiede con un filo di voce.

-Non lo so- ammetto, abbassando lo sguardo.

C'è una pausa di silenzio, poi lui riprende. Ed è tornato quello di prima.-Be', ti sarei grato se non lo facessi più- mi comunica.

I miei occhi raggiungono immediatamente i suoi, in cerca di una risposta. Ma non ne trovano. Ci sono solo due iridi ghiacciate dentro e fuori.

Perchè l'ho fatto? Perchè mi sono illusa? E' chiaro che Arden è solo un idiota, arrogante e antipatico. Lo odio.

Nessuno mi ha mai fatto stare così male con poche parole.

Incrocio le braccia e storno lo sguardo su qualunque cosa che non sia lui. Lo odio. Lo odio.

Arden rimane davanti a me per un bel po', e a un certo punto lo sento anche sospirare. Penso che sia sul punto di dire qualcosa, di scusarsi, ma non lo fa.

Anzi, si alza e si inginocchia accanto a me, facendo scorrere le sue mani sul mio viso. Quando incontra i tagli aperti devo trattenere un urlo. Mi chiedo che aspetto abbia io adesso. Con i graffi, i capelli scompigliati e tutto il resto. Forse è per questo che Arden è scortese con me. Sono troppo brutta.

Stringe tra le dita la manica della sua camicia e la usa per tamponarmi le ferite sulla fronte e sulle guance. Lo vedo sporcarsi del mio sangue.

Il suo viso è così vicino al mio, le sue labbra sono così vicine alle mie, che quasi quasi mi dimentico quello che mi ha detto e lo bacio di nuovo. Sulla bocca, però. Ma mi è rimasta un po' di dignità, quindi mi trattengo. E per esserne più sicura, evito di guardarlo. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Una parola!

-Ecco fatto, ora dammi le braccia- si allontana dal mio viso e io tiro un sospiro di sollievo. Stavo per cedere.

-No-

-Non fare i capricci!- mi rimprovera.

-E' il mio sogno, faccio quello che mi pare-

-Maledizione, ragazzina, lo vuoi capire sì o no che questo non è un sogno?-

Non rispondo, non mi va nemmeno di rivolgergli la parola.

-Fa' come ti pare- dice, poi si alza in piedi e mi dà le spalle.-Ormai è tardi, e domani ci aspetta una giornata faticosa-

Continuo a tacere, ma mi stendo sotto l'albero, raggomitolata in posizione fetale. L'ultima cosa che vedo, è Arden che si siede accanto a me e mi accarezza una guancia.

Mi sorride, convinto che io stia dormendo, e sussurra.-Sei forte, Cecilia-

E io mi addormento davvero, con il sorriso sulle labbra.



Che dite, aggiorno troppo in fretta? Volete che passi più tempo? Fatemelo sapere, please ;)
Un bacione! <3

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Capitolo 9
*** 9. Immaginazione ***



 

9. IMMAGINAZIONE

 

Immaginare è scegliere
Jean Giono


Non dormivo così da tempo. Niente sogni, niente incubi... Il mio è stato un sonno pulito, lungo, vuoto.

Mi sveglio solo quando Arden mi scuote per le spalle. Vorrei dire “delicatamente”ma non è così.

-Cecilia! Cecilia, svegliati!- mi ordina, ma io ho ancora gli occhi chiusi. Non mi va di aprirli. Ho perso molto sonno ultimamente, e adesso che finalmente lo stavo recuperando Arden mi viene a svegliare. Che fine ha fatto il “sei forte” di ieri sera? Che me lo sia soltanto immaginato?

-Mmm- mugolo, senza ancora aprire gli occhi. Non voglio ricordarmi che ho passato la notte in un bosco, sotto un albero.

-Cecilia, non fare la bambina!-

A questa parola le mie palpebre si spalancano con un “click”. Già essere definita “ragazzina” era svilente, figuriamoci “bambina”!

-Ecco, brava- mi sorride arrogante -Allora vedi che qualcosa la sai fare-

-Che simpatico- gli dico e faccio leva sulle braccia per sedermi, poi mi appoggio con la schiena contro il tronco dell'albero. Il terreno intorno a noi è umido, ma il sole splende in cielo. Deve essere metà mattinata.

E poi noto un'altra cosa.

I miei piedi! Non sono più nudi, sono coperti da vere e proprie scarpe. Ballerine, per la precisione. Non sono lembi di stoffa o foglie o cose arrangiate. No, queste sono due bellissime ballerine viola. Avrei preferito delle scarpe da ginnastica per muovermi nei boschi, ma mi rendo conto che è già un miracolo non dover più proseguire scalza. Chissà dove le ha trovate.

-Dove le hai prese?- gli chiedo

Lui finge di non capire e distoglie lo sguardo.-Cosa?-

-Queste. Le mie scarpe. Non ho visto molti negozi d'abbigliamento, qui intorno!-

-Negozi...?- mi guarda confuso.

O buon Dio, vuoi vedere che non sa cosa sono i negozi? Da qualunque universo provenga questo ragazzo, dev'essere orribile.

-Sì, negozi. Dove le persone comprano le cose, hai presente?- lo prendo in giro.

Arden scuote la testa, senza cogliere l'ironia nella mia voce.

Scuoto la testa, meglio lasciar perdere la questione “negozi”.-Vabbè, comunque, dove le hai prese?- gli muovo un piede davanti al viso. Lui lo allontana con un gesto distratto della mano, come per scacciare un insetto.-Non ti riguarda-

-Sì che mi riguarda! I piedi sono i miei!-

-Appunto. Erano troppo malridotti, non potevi continuare a muoverti scalza.-

Ha un'abilità sovrumana nell'aggirare le domande e non dare una risposta precisa.

-Ripeto: dove. Hai. Preso. Queste. Scarpe.?- scandisco bene.

-Ti ho già detto che. Non. E'. Un. Problema. Tuo.!- mi imita.

Oh, andasse a quel paese. Non mi importa, basta che ho delle scarpe, in fondo.

Incrocio le braccia e non replico.

-Oh, finalmente il tormento è finito.- si alza in piedi.-Vieni, andiamo al lago. Avrai bisogno di darti una rinfrescata, io ci sono già stato prima.-

Avrai bisogno di darti una rinfrescata. Sarà un modo carino per dirmi che puzzo?

Mi tiro su anch'io e lo guardo diffidente e un tantino offesa.

-Andiamo- mi incita, e camminiamo per il bosco. Solo ora mi rendo conto di quanto sia bello il paesaggio. Prima, nella corsa, non ci avevo fatto caso. Non sono mai stata in un bosco, non ci pensavo proprio. Ma adesso mi chiedo come ho fatto a starne lontana così tanto tempo. E' bellissimo. C'è un profumo indescrivibile di muschio, aghi di pino e terreno bagnato. Si sentono i cinguettii degli uccelli e i versi delle cicale, e in lontananza persino lo scrosciare dell'acqua.

Un cervo ci attraversa la strada e io sobbalzo, non ne ho mai visto uno prima d'ora.

-Che hai? E' solo un cervo- mi rassicura Arden, accanto a me.

-Sì, ma è la prima volta che ne vedo uno dal vivo-

-Maddai-

-No, sul serio. Dalle mie parti non ce ne sono molti- gli spiego. Arden si concentra su un punto davanti a sé con sguardo malinconico.-Dove vivo io, invece, ce ne sono parecchi-

E' la prima volta che mi dice qualcosa di personale, non ho intenzione di fermarlo. Muoio dalla curiosità.

-E anche tanti boschi, come questo- si guarda intorno e mi indica il panorama con un gesto ampio.

-Dev'essere molto bello- dico, ed è la prima conversazione nella quale non ci stuzzichiamo a vicenda e io non cerco di baciarlo.

-Lo è- mi conferma.

Decido di tentare il tutto per tutto.-Allora perchè te ne sei andato?-

-Non è stata una mia decisione- taglia corto.-E poi perchè ne stiamo parlando? Mi pare di averti già detto che non sono affari tuoi!-

Dio, certe volte vorrei strozzarlo.

-Vorrei farti notare che hai iniziato tu la conversazione!- gli ricordo, risentita.

-Bene, e sarò io a finirla.-

E così mi ha congelata un'altra volta. Vorrei prendere appunti sulle frasi taglienti che dice, potrebbero tornarmi utili durante una litigata.

Per il resto del tragitto stiamo in silenzio, finchè non arriviamo al ruscello di cui parlava.-Eccoci qui-

E' meraviglioso, sembra un posto incantato, come nelle favole. L'acqua è limpida e comunica una sensazione di freschezza, i passerotti zampettano sulle rocce bagnate, e l'unico sottofondo è lo stridire delle cicale.

Solo adesso mi ricordo che sto morendo di sete. E di fame.

-Ti lascio un po' da sola- mi avvisa Arden, arrossendo leggermente. E' in imbarazzo, ma cerca di nasconderlo evitando di guardarmi in faccia. E' così buffo! -Io vado a raccogliere un po' di frutti per la colazione-

Annuisco e lo guardo scomparire tra i rami degli alberi. L'acqua è gelida quando mi immergo, ma va bene così. Mi sono tolta il vestito e la biancheria e gli ho lasciati a pochi passi dalla sponda. Sotto ho scoperto di indossare solo gli slip, niente reggiseno. Nuoto e mi immergo più volte nell'acqua dolce, bevendo e lavandomi allo stesso tempo. Non mi sono mai sentita così libera e a mio agio. Rimango in acqua per non so quanto tempo, perdo la cognizione. So solo che non mi va di uscire, sto così bene!

Faccio il morto, come mi ha insegnato papà quando ero piccola, in una delle poche estati che abbiamo passato insieme. Galleggio sulla superfice, senza preoccuparmi di essere nuda, godendomi il sole. Chiudo gli occhi, e adesso sì che sono in pace con il mondo. La parte di pelle che non è immersa non sente freddo, perchè non c'è vento, quindi non ho motivi per cambiare posizione.

Tranne uno, di cui mi ero quasi dimenticata.

Arden.

-Cecilia, sono tornato-

Cavolo! Annaspo e l'equilibrio si spezza. Affondo e agito le braccia come una foca impacciata, incapace sia di immergermi che di emergere. Lancio spruzzi d'acqua tutto intorno a me, nel tentativo di creare schiuma e coprirmi agli occhi di Arden. L'acqua cristallina, che fino a poco fa consideravo magica, adesso la odio.

Quando lui emerge dagli alberi, con un sacchetto in mano da cui sporgono delle more, si blocca a pochi passi dall'acqua -da me- e suo malgrado diventa rosso come un peperone. Vorrei mettermi a ridere, se non fossi quasi certa di avere lo stesso aspetto.

-Pensavo avessi finito- è il suo tono è a metà tra il rimprovero e la giustificazione.

-Be'... sì, quasi. Cioè, un attimo- balbetto.

Arden indica con lo sguardo i miei indumenti.-Sbrigati- e poi si volta. Gliene sono grata, sarebbe stato imbarazzante doverglielo chiedere.

Voglio dire, ancora più imbarazzante di quanto non sia già la situazione!

Io esco dall'acqua tutta gocciolante, con i capelli fradici attaccati alla schiena e alle spalle. Non oso immaginare il loro aspetto quando si saranno asciugati senza né phone né piastra. Rabbrividisco all'idea.

Raccolgo gli slip e il vestito da terra e gli indosso il più velocemente possibile, Arden è a pochi passi da me, con la schiena dritta e i capelli talmente scuri da avere dei riflessi blu.

-Ho preso un po' di more, spero ti piacciono-

-Molto- confermo, armeggiando con l'abito. Adesso che l'ho tolto e l'ho potuto osservare bene, ho capito com'è fatto. E' senza maniche, di seta bianca (ma questo già lo sapevate) e molto simile ad una tunica. L'unica differenza è la cinta di tessuto azzurro che va stretta sotto il seno e annodata dietro la schiena. Ecco il problema: non ci riesco. E i capelli che mi gocciolano sulle mani mentre ci provo, non aiutano.

Arden sta continuando a parlare dei frutti che ha raccolto e di quanto siano buoni. So che lo fa solo per interrompere il silenzio che si era fatto pesante, ma comunque non lo ascolto.

-Oh, accidenti!- mi lascio sfuggire a un certo punto, tra i denti. Non c'è verso di annodare questa cavolo di fascia, ma se non lo faccio sembrerò una via di mezzo tra un fantasma e una suora. E poi, sinceramente, dev'essere carino l'abbinamento.

-Cecilia, tutto bene? Posso girarmi?- gira appena la testa, ma non abbastanza da vedermi.

-Ehm, sì...- gli permetto, ma so già quello che dirà.

-Che cavolo stai combinando?-

-Non riesco ad annodare la fascia- gli spiego avvampando.

-Che imbranata!-

Ecco appunto.

-Vieni qui che ti aiuto-

Io ubbidisco, e le sue mani calde mi legano la fascia dietro la schiena.

-Va bene così stretto?- mi chiede.

-Perfetto-

Ha già fatto? Ci ha messo così poco? E' forse un supereroe?

Mi giro e lo guardo negli occhi.-Grazie- sussurro con un sorriso. Siamo di nuovo così vicini, e c'è tanto silenzio. E' l'atmosfera ideale per...

-Muoviamoci, è tardi-

Arden, ti odio!

Annuisco.-Ma tardi per cosa, scusa?-

Lui alza gli occhi al cielo, notevolmente seccato.-O per tutti gli dei, la vuoi fare finita sì o no?-

Non lo sopporto quando fa l'acido.-Smettere di fare cosa, scusa?- mentre camminiamo, lui mi fa passare nelle parti del bosco più assolate, per farmi asciugare i capelli. Uffa, non riesco a vedere niente. Neanche a guardarlo in faccia quando parliamo.

-Smettere di parlare!- mi spiega come se fosse la cosa più semplice del mondo.

-Cosa? Dovrei stare zitta per tutto il tempo?- adesso lo uccido.

-Se ci riesci- fa spallucce e prosegue il cammino. Ora lui è avanti e io sono dietro di lui, seguendolo tra gli alberi.

-Be', non ci riesco!- gli comunico, mentre sto per inciampare su una radice troppo sporgente di un albero.

-Evidentemente- commenta Arden a bassa voce.

-Guarda che ti ho sentito!- mi scosto una ciocca di capelli bagnati dalla fronte. Ma quanto ci mettono ad asciugarsi? Vi passo le dita come un pettine, e mi accorgo che in realtà sono quasi asciutti, il problema sono le punte. Ma non oso pensare a che aspetto abbiano. Grazie a Dio non c'è uno specchio. E pensare che in genere li adoro, cosa ci trovo di tanto bello?

Dal movimento della nuca, capisco che Arden sta scuotendo la testa. Perchè non mi sopporta? Cosa gli avrò mai fatto?

E pensare che sono stata sempre gentile. L'ho anche baciato!

Ripenso a tutti i miei baci finti con Damen, alla differenza tra come avevo immaginato che sarebbero stati se un giorno sarei diventata la sua ragazza, e a come mi sono sembrati in realtà. Ripenso alla delusione negli occhi di Kerr quando ho deciso di “vendermi l'anima” e solo adesso mi rendo conto di quanto mi manchi la mia migliore amica. Vorrei che fosse qui con me nel bosco. Con lei, persino in questa situazione, sarebbe stato facile farsi una risata e proseguire in santa pace, bestia o non bestia. Sarebbe stato divertente. E invece adesso non so nemmeno quando ( e se) la rivedrò. Magari nel frattempo lei mi avrà rimpiazzata con Emily...

Sento un tuffo al cuore e devo mordermi il labbro per impedirgli di tremare. Ho voglia di piangere.

-Ferma- si blocca talmente di colpo che gli finisco addosso.

-Che succede?- gli chiedo, sussurrando come lui.

-Ascolta-

Tendo le orecchie, ma al di fuori dei cinguettii degli uccelli e lo stridere delle cicale, non sento niente.

Un attimo, cos'era quello? Sembra una specie di... sbuffo, come il verso della bestia che ci inseguiva.

Oh, no. No. No. No!

-Corri!- grida Arden e io non me lo faccio ripetere due volte.

Sfrecciamo tra gli alberi e questa volta non sento dolore ai piedi, quindi riesco a muovermi meglio.

Arden è più veloce dell'altra volta, quindi mi preoccupo ancora di più. Cerco di non perderlo di vista, altrimenti sarà la fine.

-Aspetta!- gli urlo a un certo punto, quando inizio a sentirlo troppo distante.

Se davvero è il mio Protettore dovrebbe fermarsi, tornare indietro ad aiutarmi o almeno aspettarmi. E invece non lo fa.

Le lacrime mi rigano le guance quando sento la bestia sempre più vicina.

E' dietro di me, sta per prendermi. Anche se non la vedo, so che a questa distanza le basterebbe un salto per raggiungermi. Ma come faccio ad avere tante certezze sul suo aspetto?

Ecco, ora mi sta alitando sulle spalle.

-Arden, aiutami! Arden!- ho la voce rotta, vorrei urlare ma non ci riesco.

Tutti i muscoli del mio corpo mi implorano di fermarmi, ma io non posso-non voglio.

Ed è adesso che l'adrenalina entra in circolo. Il mio sangue si trasforma in fuoco e non sento più il bisogno di fermarmi. L'istinto di sopravvivenza prende il sopravvento sulla mia parte razionale e mi spinge ad avanzare senza nemmeno sapere dove sto andando, ho la vista appannata.

Ecco, ora so che la bestia è lontana.

Ce l'ho fatta, ce l'ho fatta!

Mi lascio cadere a terra, sulle ginocchia, con le palme delle mani immerse nel terreno.

Scoppio in una risata isterica, che ben presto si trasforma in lacrime e poi in urla di frustrazione. Che fine ha fatto Arden? Perchè mi ha abbandonata sul più bello?

-Cecilia- questa è la sua voce.

Alzo lo sguardo quel tanto che mi basta per vederlo comparire di fronte a me.

-Vattene- gli ordino tra i denti.

-Cecilia, ascolta-

Non gli do il tempo di finire, mi alzo in piedi e inizio urlare. Tutta la rabbia che covavo esplode.-Ho detto vattene! E' così saresti il mio protettore, eh? Be', che bel protettore, proprio diligente! Stavo per morire! Quel mostro mi era già alle spalle e io ho urlato il tuo nome, e tu che hai fatto? Niente! Hai continuato a correre! E adesso pretendi anche che io ti ascolti? Be', perchè non te ne vai un po' a quel paese?- ho gridato talmente tanto che mi fa male la gola.

Arden è immobile, davanti a me. Mi fissa inespressivo, come al solito. Vorrei prenderlo a schiaffi. Perchè non parla? Mi ha ascoltato? E' come se non avessi detto niente!

-Cecilia- riprende, tranquillo.-Perchè l'hai chiamato?-

Sbatto le palpebre un paio di volte, allibita. Che sta dicendo?

-Chiamato cosa?-

-Il mostro. Se era qui vuol dire che sei stata tu a chiamarlo- mi spiega in tono pratico.

Io rimango di sasso.

-Stai scherzando-

Mi si avvicina e mi scuote per le spalle, forse con un po' troppa forza.-Ragazzina, lo vuoi capire sì o no che tutto questo l'hai creato tu? Siamo in un bosco perchè a te piacciono i boschi ma non hai mai potuto visitarne uno. C'era un ruscello perchè da bambina ti piaceva ascoltare le fiabe, e in ogni fiaba che si rispetti c'è un “ruscello incantato”. Quindi, se c'è la bestia, vuol dire che l'hai creata tu!- si allontana e mi lascia il tempo per riflettere.

Vengo immediatamente travolta da un turbinio di pensieri che si accavallano l'un l'altro. Innanzitutto come fa Arden a sapere tutte queste cose su di me, che mi piacciono i boschi e non li ho mai visitati, che da piccola adoravo le favole e i ruscelli... Eppure è tutto plausibile. Poi, se come dice lui io sto creando tutto questo, allora sto creando anche lui, il chè conferma che non è reale, e mi si spezza il cuore. Sì, nonostante i suoi atteggamenti sgarbati e arroganti, mi dispiace sapere che non è reale. Be', se l'ho creato davvero io, e l'ho creato così, vuol dire che mi piace per forza.

Infine, mi torna in mente quello che ho letto sul libro di Collins circa il significato dei mostri nei sogni. Sono i nostri lati oscuri. E adesso si spiega il perchè sapevo com'era fatto e dove si trovava il mostro anche senza vederlo.

E ancora una volta mi ritrovo a domandarmi quale sia il mio lato oscuro.

Forse potrei chiederlo ad Arden, infondo se lui è parte di me lo sa sicuramente.

-Capito...- dico solo, con la voce spezzata.

-Quindi la smetterai di chiamare il mostro?- mi guarda severo, come quando si rimprovera un bambino che ha fatto una marachella e gli si ordina di non farla mai più.

Perchè mi tratta come una bambina? Se ho il controllo su di lui, allora potrei farlo smettere di trattarmi come una poppante! Ma non ci riesco. Che Arden sia l'unica cosa reale? Una parte di me un po' ci spera.

-Guarda che non lo faccio apposta- gli spiego-Dovrebbe essere il mio lato oscuro, ma non so quale sia.- mi faccio coraggio.-Tu lo sai?-

Arden abbassa lo sguardo.

-Sì, ma devi capirlo da sola. Adesso andiamo- e riprende il cammino, dandomi le spalle.

Ma c'è ancora una cosa che ho bisogno di sapere.

-Arden, anche tu sei parte della mia immaginazione?-

Arden si volta, mi sorride per un istante e poi di nuovo mi dà le spalle.

E il cuore mi si spezza.




Ecco il nuovo capitolo, enjoy :))

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Capitolo 10
*** 10. Rivelazioni ***


 

10. RIVELAZIONI

 

Il comportamento è uno specchio in cui ognuno rivela la propria immagine.
Johann Wolfgang Goethe

 




Il sole è cocente e ogni tanto mi sembra di stare evaporando. Letteralmente.

Devono essere le due o le tre del pomeriggio, e l'afa è talmente soffocante da crearmi difficoltà nella respirazione. Annaspo come un pesce fuor d'acqua dietro Arden, che curvo in avanti e con la camicia madida di sudore appiccicata al corpo, non sembra intenzionato a fermarsi. Osservo le sue spalle, così larghe e robuste, proprio del tipo che piace a me. Un peccato che Arden sia frutto della mia immaginazione. Anche se devo ammettere che a volte mi sembra impossibile. Voglio dire, i lineamenti duri del viso, il suo corpo scolpito... C'è una precisione impressionante, nel modo in cui è fatto; i suoi contorni non sono sfocati come accade alla maggior parte delle persone che sogno. E sono fedelmente riprodotti anche gli alberi, il terreno, i suoni e il bosco in generale. Eppure io non ci sono mai stata. I sogni sono immagini rielaborate dal nostro cervello, spesso ricordi che si nascondono in una parte remota e che riaffiorano durante il sonno. Ma sono ricordi, nei sogni non sperimentiamo quasi mai emozioni che nella vita reale non abbiamo mai provato o posti che non abbiamo visitato. E se anche dovesse capitare, gli ambienti e le situazioni che ci circondano sono imprecisati, fantasiosi, come noi immagginiamo che sarebbero, e quindi le atmosfere sono per la maggior parte del tempo perfette. Qui, invece, ci sono anche gli insetti (che di norma detesto), e i cervi e tutti gli animali che abitano i boschi. E anche le stesse piante, gli alberi, sono di una varietà incredibile, alcune speci non le conosco nemmeno io.

E' tutto così strano.

E se Arden si sbagliasse? Se quello che sto vivendo -stiamo vivendo- fosse reale? Anche se tecnicamente queste cose non accadono nella vita reale, non ci si ritrova catapultati in altri universi. Ma non si finisce nemmeno nei propri sogni. Per cui, a questo punto, può accadere tutto e il contrario di tutto.

Nel frattempo, continuo a camminare. O almeno, ci provo. Muoio di sete, l'ultima volta che abbiamo bevuto è stato circa due ore fa, quando ci siamo fermati per mangiare un altro po' di frutti. Il problema è che in genere i miei pranzi sono molto più abbondanti, per cui è come se non avessi mangiato niente. Insomma, sto per morire. Per tenere la mente lucida, decido di fare testamento. Se dovessi morire qui, a voi che leggete il compito di far sì che le mie ultime volontà siano rispettate. Dunque, lascio il mio PC e il mio cellulare a Kerr, affinchè ne possa fare buon uso. La mia camera potrà essere fittata, a condizione che gli inquilini non dovranno modificarla. A mia madre affido Kika, nella speranza che possa avere una vita lunga e serena, trovare un bravo micio (magari come Romeo degli Aristogatti) e avere tanti cuccioli. A Lily, Sam, Pete e Chris regalo tutti i miei tanti libri e in particolare a Lily lascio i miei vestiti e le mie scarpe. Ecco fatto, credo di aver finito.

Ora posso morire in pace.

Mi pulisco con ildorso della mano il sudore sulla fronte. Sono un pezzo d'acqua, bagnata fino alle ossa. La prossima volta che vedo un lago, giuro che lo prosciugo. I moscerini mi ronzano attorno e devo scacciarli con le mani per evitare che mi entrino nella bocca, nel naso, nelle orecchie e perchè no, anche negli occhi.

Vorrei chiedere ad Arden dove stiamo andando, o almeno di poterci fermare, ma non ho la forza. Quando provo a parlare, al posto della voce mi esce un verso strozzato simile al rantolo di un gatto agonizzante.

Non chiedetemi come faccio a saperlo.

Avanziamo ancora, e intorno a noi ci sono solo alberi, alberi e ancora alberi. Mi appoggio ai tronchi per farmi forza, ma non funziona. Ho tanto sonno. Vorrei solo accasciarmi a terra e dormire.

Ho tanto bisogno di acqua...

Ehi, un momento! Se io posso chiamare la bestia, visto che tutto questo è frutto della mia immaginazione, posso anche far apparire un lago!

E così desidero con tutte le mie forze di trovare un lago. Un lago. Un lago.

-Un lago!- esclama Arden, si vede che anche a lui fa piacere vederlo.

Ci sono riuscita, è bastato solo pensarlo.

Ma allora, se per far apparire le cose devo prima pensarle, ogni volta che la bestia compariva era perchè poco prima la stavo pensando. Ma io non ricordo di averci pensato o aver desiderato che apparisse, prima che si manifestasse. Invece, l'ultima volta che l'ho vista, stavo pensando a qualcos'altro, qualcosa che non mi ricordo...

Ma che importa, adesso?

Osservo il lago davanti a me, e in un impeto di gioia e isteria, prendo la rincorsa e mi tuffo a pesce. Rido mentre finisco sott'acqua, e quando riemergo mi sento già un po' meglio. Bevo e nuoto, nuoto e bevo. Arden mi guarda sconvolto, come se fossi una pazza. Forse lo sono. Ho agito d'istinto, senza preoccuparmi di togliermi il vestito, e del fatto che adesso dovrò muovermi per il bosco inzuppata e con i capelli bagnati. Mannò, io mi sono buttata e basta. Che idiota!

Be', comunque ormai il danno è fatto, quindi inutile recriminare. Immergo di nuovo la testa e rimango in apnea finchè i battiti del cuore non accellerano e i polmoni mi implorano di prendere aria. Solo allora, mentre mi asciugo gli occhi, vedo che Arden è accanto a me. Si è buttato anche lui, non me lo sarei mai aspettato. Lo fisso interrogativa, muovendo braccia e gambe per stare a galla. L'acqua è molto profonda.

-Che c'è?- mi domanda lui, abbozzando un sorriso.-Avevo sete anch'io- si giustifica.

-Sì, ma tu non hai bevuto- lo stuzzico.-Tu ti sei lanciato in acqua, senza pensare alle conseguenze. Hai fatto una cosa infantile, ragazzino!- rido e mi immergo di nuovo, per lasciargli il tempo di capire fino in fondo quello che gli ho detto.

E' stupido prendere in giro qualcuno che fa parte della mia immaginazione, e forse anche un po' patetico. Ma non mi importa. In fondo, anche Cenerentola diceva che i sogni sono desideri, e come tali vanno vissuti.

Quando riemergo per prendere aria, non c'è più traccia di Arden. Che fine ha fatto? Non se la sarà mica presa così tanto da piantarmi in asso...

-Arden?- chiamo, ma al di fuori delle cicale non si sente niente.

-Arden?- riprovo.-Arden, dai, scusami. Non sei un ragazzino, sei un uomo maturo, va un po' meglio adesso?- ridacchio, ma in realtà sono preoccupata perchè lui non dà segni di vita.

Potrei desiderare di trovarmelo davanti, succederebbe senz'altro. E così mi sforzo come quando volevo trovare il lago; voglio trovare Arden. Trovare Arden. Trovare Arden.

Ma non succede.

Una luce si accende dentro di me, e se Arden non fosse parte della mia immaginazione? Se lui fosse l'unica cosa reale qui dentro? Anzi, l'unico ragazzo.

Non che cambi molto, comunque. Reale o non reale, io e Arden non potremmo mai stare insieme. Apparteniamo a mondi diversi. E poi non mi importa, non voglio mica stare con Arden. E' antipatico, saccente e spocchioso. No, non voglio che sia il mio ragazzo. No. Assolutamente no. Proprio no.

Oh, ma a chi voglio darla a bere? Sono cotta di lui, dei suoi modi scontrosi, del suo viso bellissimo, del suo fare protettivo...

E anche se sono una stupida, so che è così.

-Arden?- chiamo ancora, ma lui non risponde.

Ad un tratto avverto qualcosa muoversi nell'acqua, dal profondo. Sento un gorgoglio come di un rubinetto otturato, poi il silenzio totale. E se ci fosse un pesce carnivoro? No, è impossibile. Io ho desiderato di trovare solo acqua, non pericolosissimi predatori. Quindi è da escludere.

Ma allora cos'è?

Devo uscire dall'acqua. Subito.

Inizio a nuotare il più veloce che posso verso la sponda più vicina, e sto quasi per arrivare, quando qualcosa mi afferra una gamba e mi trascina sott'acqua. Lancio un urlo prima di sprofondare, e sono convinta che sia venuta la mia ora. Poi, di colpo, la cosa che mi aveva afferrata mi lascia libera, e io emergo.

Tossisco e sputacchi l'acqua che ho bevuto, sento il cuore pulsarmi ancora nelle orecchie per lo spavento, ma riconosco chiaramente il suono di una risata. Maschile.

Arden!

Apro gli occhi è lui è dietro di me, galleggiando e ridendo allo stesso tempo.

-Molto divertente- gli dico schizzandolo.

-Oh, sì! Dai, ammettilo che ti ho spaventata a morte- oh, come si diverte.

Adesso gliela faccio vedere io.

Gli salto addosso e lo spingo sott'acqua per le spalle. Ci riesco, secondo me, solo perchè era distratto è l'ho preso alla sprovvista. A giudicare dalla sua corporatura è molto più forte di me, e non avrei mai potuto batterlo altrimenti.

Vedo le bollicine che si formano in superfice e mi informano che Arden è stato sotto abbastanza, così lo lascio andare e lui emerge. Adesso che lo vedo bene mi accorgo che bagnato è ancora più bello che asciutto. Ha le pupille dilatate, e dello stesso azzurro della superfice del lago. Sembra quasi che siano gocce d'acqua. I capelli neri sono incollati al viso, e la camicia si allarga e diventa trasparente, ondeggiando intorno a lui al ritmo della corrente.

E' un dio, non saprei come altro definirlo.

Ride-Ce l'hai fatta solo perchè te l'ho permesso-

-Come no- rido anch'io, anche se so che ha ragione.

E' tutto così perfetto adesso, vorrei che questo momento non finisse mai.

Ma ovviamente Arden non è d'accordo.

-Su, adesso, ci siamo divertiti abbastanza- è impressionante la velocità dei cambi d'umore di questo ragazzo. Un attimo fa rideva beato, e adesso è più serio di... di... Non so nemmeno io di cosa!

-Oh, andiamo, stiamo un altro po'- lo incito, ma lui in due bracciate raggiunge la riva ed esce. Quando si toglie la camicia inzuppata, io fremo.

Mi guarda per un po' e poi si addolcisce.-E va bene- acconsente-Il tempo di far asciugare i vestiti, poi però ci muoviamo. Nel frattempo esci dall'acqua-

-Agli ordini- mi chiedo perchè non si tolga i pantaloni. In fondo sono bagnati anche quelli, giusto?

Ci metto molto più di quanto ci ha messo lui, a raggiungere la riva, e sono talmente impacciata che alla fine lui mi deve sollevare dalle braccia per farmi uscire.

Dopo che sono fuori, mi sdraio accanto a lui, sui gomiti. Ha un fisico statuario, è bellissimo.

Guarda fisso davanti a sé, sembra preoccupato.

-Tutto bene?- gli chiedo.

Arden annuisce poco convinto.

-Dai, dimmi. Cosa c'è che non va?-

-Ho detto niente- taglia corto, e il suo tono non ammette repliche.

Mi zittisco, non ho voglia di essere rimproverata ancora.

Reclino la testa all'indietro e chiudo gli occhi, godendomi il sole.

Adesso ci vorrà il doppio del tempo per far asciugare i capelli.

Il vestito è fradicio e mi si incolla alla pelle, forse non si asciugerà mai. Be', tanto peggio per me. Avrei potuto riflettere prima di fare la bambina (sì, perchè anche se mi duole ammetterlo, mi sono comportata in modo infantile!), invece no, mi sono buttata in acqua, e adesso ci metteremo il doppio del tempo a muoverci nel bosco, con me che gocciolo ad ogni passo.

-Cecilia...- mi chiama debolmente Arden. Io apro gli occhi di scatto, chissà cosa mi vuole dire.

-Sì?-

-Credo di aver combinato un disastro- ammette a bassa voce. Io ne scruto il profilo, i suoi occhi fissi per terra trasmettono una profonda malinconia.

-Cosa intendi dire?-

-Ecco, io mi sa che... mi sa che mi sto innamorando di te- confessa tutto d'un fiato.

Il mio cuore smette di battere e mi paralizzo, non so che dire. Fino a un paio di giorni fa desideravo con tutto il mio cuore che lui ricambiasse i miei sentimenti, ma adesso non ne sono più così sicura. Arden non esiste! E' frutto della mia immaginazione!

Anche se in tutta la mia vita nessuno mi ha mai detto di essersi innamorato di me, neanche Damen. E' una sensazione meravigliosa, mi sento improvvisamente sicura di me, più bella, più forte. E' come se le mie qualita stessero emergendo di colpo, facendomi apparire – e sentire – una persona migliore.

Mi perdo nei miei pensieri e mi accorgo solo adesso che sta aspettando una risposta. Vorrei dirgli che io non provo lo stesso, che lui non è reale e una serie di altri motivi per i quali non possiamo stare insieme.

Invece la mia bocca si muove da sola, e dice.-Credo di aver fatto anch'io un casino. Mi sono innamorata di te-

Arden sgrana gli occhi e li aggancia ai miei, io avvampo, il cuore mi martella nel petto. Si gira verso di me e in un attimo io sono sotto di lui. Mi tiro sui gomiti per avvicinarmi di più il suo viso, e lui allunga il collo per fare lo stesso.

Alla fine, mi bacia.

E non esagero se dico che è il bacio più bello che abbia mai dato. E ricevuto.

Le sue labbra sono morbidissime e dolcissime, sfiorano le mie con una delicatezza assassina, quasi avesse paura di rompermi.

Mi passa una mano tra i capelli umidi e io faccio lo stesso accarezzando i suoi. Sono morbidissimi, anche se ho gli occhi chiusi, molto simili alla seta.

Mi sono sempre chiesta come dovesse essere sentire le mani di Arden sulla mia pelle. Bene, adesso lo so.

E non ne sono affatto delusa.

Vorrei che non finisse mai, ma anche questa volta Arden non è d'accordo. Si allontana piano e io devo trattenermi dall'attirarlo a me e impedirgli di andarsene.

Grazie a Dio resisto e, ancora stesa sull'erba, lo vedo spostarsi e tornare a sedersi sull'erba accanto a me. Osserva l'orizzonte, come se non fosse mai successo niente tra noi.

Mi tiro su anch'io.-Cosa... perchè...- balbetto, imbarazzata come non mai.

-Non dobbiamo farlo mai più- dice Arden con voce serissima, quasi minacciosa. Mi fa rabbrividire.

-Ma...-

-No, Cecilia- mi interrompe bruscamente.-Fidati, per il tuo bene è meglio di no-

Per il mio bene.

Decido di non obbiettare. Però sono delusa e ferita da come mi ha trattato; cosa crede, che sono il suo giocattolino?

-E adesso parliamo di cose serie- dice, girandosi verso di me. -E' venuto il momento di dirti dove siamo diretti-

Mi blocco e mi dimentico improvvisamente quello che è appena successo tra noi. Adesso c'è qualcosa di più importante che mi interessa sapere, qualcosa che sto aspettando fin da quando tutto questo è cominciato.

-Dove?- domando con un filo di voce.

-Al Castello, al Castello Nero-

Bum.

Mi sento morire.

-Ma prima- riprende lui-Dobbiamo sconfiggere la bestia. Tu devi sconfiggere la bestia-

Vorrei chiedergli come, ma non riesco a parlare. Il terrore mi striscia in gola come un serpente, facendomi venire voglia di vomitare.

-Come...?- dico con voce roca.

-Inizia ricordandoti a cosa pensi prima che compaia, poi dimmelo e ti spiegherò cosa dovrai fare- mi comunica in tono pratico.

Annuisco convinta.

Se solo lo fossi davvero...




Mi scuso per il ritardo ed ecco qui il nuovo capitolo, spero vi piaccia!
Ringrazio come al solito quelli che recensiscono e/o hanno la storia tra le preferite/seguite/ricordate
Siete fantastici! :D

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Capitolo 11
*** 11. Vittoria ***


11. VITTORIA
 
Vince solo chi è convinto di poterlo fare
Virgilio

Avete mai provato a dormire sull'erba?

Be', ve lo sconsiglio.

Fa un male cane, ho la schiena a pezzi e i muscoli addormentati (beati loro!). Insomma, se qualcuno vi dice che dormire all'aperto sotto un cielo stellato è una cosa romantica, non credetegli.

Ieri sera sono riuscita a dormire, perchè ero troppo stanca per essere schizzinosa, per cui sono crollata appena mi sono stesa. Adesso invece non ci riesco.

Arden è steso a pochi passi da me, il suo respiro è regolare, quindi suppongo che stia dormendo.

Io sono troppo presa a pensare a tutto quello che è successo oggi.

Mi ha confessato di essersi quasi innamorato di me, e poi ci siamo baciati. Ed è stato fantastico! Vorrei che Kerr fosse qui, così potrei raccontarglielo. Ah, quanto mi manca! Sono sicura che lei avrebbe approvato la mia scelta di lasciare Damen. Invece adesso non so nemmeno se la rivedrò. Mi chiedo cosa stia succedendo nel mio mondo mentre io me ne sto qui, in un angolo sperduto al confine tra sogno e realtà. Un'altra me starà conducendo le sue normali attività? Oppure tutto questo non sta accadendo, ed è come se qualcuno avesse schiacciato “pausa” sull'enorme telecomando che regola la nostra esistenza?

Sospiro e mi metto a sedere, appoggiando la schiena contro lo spesso tronco dell'albero. Il cielo è di un blu scurissimo, quasi nero, e le stelle sono come tanti punti luce. Non c'è la luna, però, e qua e la compaiono un bel po' di nuvole densissime. Temo che domattina pioverà.

Mi piace guardare il cielo, mi fa sentire piccola, e quindi fa sembrare piccoli anche i miei problemi. Credo sia un bene.

Questa situazione sta diventando insopportabile. Non voglio andare al Castello Nero, ho troppa paura. L'ho sognato una volta sola, ma mi è bastata. Se ci penso riesco ancora a sentire le piume dei corvi che mi sfiorano le orecchie, i loro artigli che mi strappano la pelle, il loro gracchiare assordante...

E il castello in sé non è meno pauroso! A cominciare dal portone con le teste dei leoni che ruggiscono, per finire poi all'atrio buio e cupo e alle scale a chiocciola che non finiscono mai.

Sorrido amaramente quando ripenso alla sensazione piacevole che ho provato nello svegliarmi, nell'accorgermi che era stato tutto un sogno. E adesso lo sto vivendo davvero.

Come se non bastasse poi, per arrivarci dovrò sconfiggere una spece di mostro carnivoro che non ho nemmeno mai visto, ma che a quanto pare ho creato io e io sono in grado di chiamare e sconfiggere. Arden ha detto che quando compare è perchè poco prima lo stavo pensando, e io ero arrivata alla stessa conclusione. Ma ogni volta che il mostro compariva, non ricordo di aver immaginato i suoi artigli o le sue sembianze. No, io stavo pensando a qualcos'altro. Però non ricordo a cosa...

Se Collins fosse qui mi direbbe che “non mi sto applicando abbastanza”, e forse avrebbe ragione. Il fatto che non riesca a dormire non vuol dire che non abbia sonno. Ho la mente annebbiata, ed è un male visto che la giornata di domani e quelle che verranno si presentano abbastanza dure. Ripenso alla doccia, quando sono stata quasi risucchiata dalla melma nerastra che era uscita dallo scarico. Mi batto una mano sulla fronte, non mi sono mai ricordata di consultare il libro dei Sogni riguardo il significato di quella melma!

Sì, decisamente non mi sono applicata abbastanza.

E ora potrei pagare cara la mia superficialità, potrei non tornare mai più a casa.

Senza che me ne accorga le lacrime iniziano a rigarmi le guance e io piango silenziosamente, per non svegliare Arden.

Voglio che tutto questo finisca. Voglio tornare a casa mia, dai miei amici, da mia madre, da Kika. Voglio tornare e basta, anche a costo di perdere Arden.

E poi chissà, magari potrei portarlo con me...

Oh, è inutile fantasticare! Non ci tornerò mai. Punto.

Mi stringo le ginocchia al petto e vi affondo il viso, sospirando e singhiozzando allo stesso tempo. Un rumore alle mie spalle mi fa sobbalzare. Scatto in piedi e mi asciugo le lacrime, guardandomi intorno. Il buio non aiuta. Comunque in un angolo riconosco la figura di Arden che dorme, quindi so che non è stato lui. Male, anzi, malissimo.

Mannò, che dico. Magari è solo un cervo o qualche altro animale.

Che bugiarda che sono.

So perfettamente cos'è, lo capisco dal modo in cui mi si rizzano i peli sulla pelle e il cuore inizia a martellarmi nelle orecchie. Lo capisco dal groppo che mi si forma in gola e la voglia che ho di correre senza fermarmi mai. Di scappare senza fermarmi mai.

Ma mi costringo a non farlo.

La cosa -l'essere- che si nasconde là dietro tra gli alberi, l'ho creata io. Posso controllarla, posso sconfiggerla.

Stringo i pugni e mi sforzo di raddrizzare la schiena. Cammino verso il punto in cui ho sentito il rumore, e più mi avvicino, più la vocina che mi dice “vattene, vattene!” si fa insistente.

Ma io la ignoro.

Allora cambia e diventa “se proprio lo vuoi fare, almeno sveglia Arden, prima. Lui è più forte di te, saprà aiutarti se le cose dovessero mettersi male.”

Ma le cose non si metteranno male. Se lo facessero, desidererò che la bestia sparisca e quella sparirà.

Deglutisco a vuoto e mi fermo a pochi passi dalla siepe foltissima nella quale percepisco – so – che si nasconde l'animale.

-Coraggio, vieni fuori- sussurro a denti stretti, adesso non ho più paura. Sono solo furiosa.-Vieni fuori e facciamola finita una volta per tutte!-

Allungo una mano lentamente, molto lentamente, e per un attimo penso di essermi sbagliata, che non ci sia niente là dentro, che mi sono solo fatta suggestionare.

Ma poi succede.

Due occhi grandi come i miei pugni e gialli come lampadine si spalancano tra le foglie. Caccio un urlo e faccio un salto indietro. Sono stata una stupida!

La bestia balza fuori dal cespuglio e io cado a terra. Ma non ho la forza di rialzarmi. Per la prima volta la vedo in tutta la sua interezza, e c'è un fascino perverso che mi impedisce di toglierle gli occhi di dosso.

E' enorme, dal pelo nero come la pece. Gli occhi felini scintillano nel buio e le zanne sono talmente bianche che rischiarano l'oscurita.

-Arden!- urlo con tutto il fiato che ho in gola.

-Cecilia!- mi fa eco lui. Sento dei passi, e capisco che sta correndo verso di me. Non era molto lontano, ma si è svegliato di colpo, quindi la sua mente non è ancora del tutto lucida, ed è chiaro che nel buio ci sta mettendo un po' a trovarmi.

Sarebbe perfettamente comprensibile, se non fosse che io sto rischiando la vita.

La bestia mi atterra addosso, bloccandomi contro di se. Io Il suo muso è a pochi centimetri dal mio viso e dalle narici dilatate esce aria che si condensa formando nuvolette bianche.

E' impossibile da descrivere, ma è la cosa più mostruosa che abbia mai visto. Risveglia in me un terrore antico, togliendomi il fiato. Non voglio riesco a chiudere gli occhi.

Mi mostra le zanne, ma non attacca. Mi chiedo cosa stia aspettando, ormai mi sono rassegnata all'idea che la mia vita sia finita.

-Cecilia!-

Oh, finalmente mi ha trovata.

-Cecilia, sta' calma- mi ordina.

Come “sta calma”? Vorrei vedere lui al mio posto! Che aspetta ad aiutarmi?

-Aiuto!- dico solo, incapace di distogliere gli occhi da quelli del mostro. E' strano da dire, ma mi sento quasi a mio agio. Non voglio davvero che Arden mi salvi, sto bene così. E' come se l'essere che ho davanti fosse parte di me.

E poi capisco che lo è.

E' il mio lato oscuro.

Ma ancora una volta mi domando perchè sia apparso proprio adesso. Non lo stavo pensando.

-Cecilia, zitta. Io non posso aiutarti, adesso devi farcela da sola- mi comunica Arden in tono pratico.-Io credo in te- aggiunge poi, con infinita dolcezza.

Vorrei che non l'avesse detto.

Io odio quando le persone credono in me, perchè finisco sempre per deluderle. Mi agito e cerco con tutta me stessa di dare il massimo, ma puntualmente fallisco.

Non voglio che Arden creda in me, perchè io non ce la posso fare!

Deluderò anche lui, lo so.

La bestia avvicina ancora di più il suo muso al mio, le spine che le adornano la testa si rizzano come aculei.

-Arden...- lo imploro, con le lacrime agli occhi.

-Cecilia! Non fare la bambina!-

Ed è questa frase che mi fa scattare, che mi motiva. Più del “credo in te”. Solo adesso capisco che quello di cui ho bisogno, quello che trasforma il mio sangue in fuoco, sono le sfide. Sì che ce la posso fare, non sono una bambina.

Mi concentro sulla bestia e stringo i denti.

-Sparisci!- biascico.-Ho detto sparisci!- questa volta con voce più alta, anche se ancora roca.

-Sparisci! Mi hai sentito?- adesso sto urlando.-Tu non esisti, tutto questo non esisti! Io ti ho creata e io adesso ti farò scomparire. Vattene! Vattene!- e mi pizzica la gola, ho le tonsille in fiamme, ma non cedo. E' ancora davanti a me.

-Tu non sei me, io sono meglio di così!-

A queste parole succede qualcosa di incredibile. La bestia non si dissolve nel nulla come avevo immaginato – sperato – , ma il suo volto è l'unica cosa che cambia. La pelliccia scompare, ritraendosi su se stessa, e la faccia prende sembianze umane. Diventa bianco, ovale, con grandi occhi nocciola e labbra carnose. Kerr.

E' impressionante vedere il suo viso sul corpo di questo mostro.

-Kerr!- esclamo con voce rotta.

-Cecilia! Cecilia, che hai fatto?- è proprio la sua voce a parlarmi, risentirla dopo tanto tempo mi fa venir voglia di piangere.

Ma perchè c'è Kerr, cosa ha a che fare con il mostro?

-Perchè ti sei messa con Damen? Ti sei venduta l'anima, ecco la verità!- sta pronunciando le stesse identiche parole che mi ha detto la prima volta che abbiamo litigato, la settimana scorsa.-Lui ti sta usando, e quel che è peggio, tu lo sai e ti va bene! Credevo fossi diversa, credevo avessi dei valori! Noi critichiamo quelle così, che fanno di tutto per essere popolari. Solo adesso mi rendo conto di quanto tu sia simile a loro!-

Sarà per le sue espressioni incredibilmente reali, o per le parole che, esattamente come la prima volta che le ho sentite, mi feriscono a morte; ma anche se so che non è reale, ho bisogno di replicare.-No, Kerr, no. E' solo che ho sempre sognato di stare con Damen, questa è la mia unica occasione...- cerco di gisutificarmi tra le lacrime.

-Hai rinunciato ai tuoi amici, hai rinunciato a me! Ha tutti noi che a te ci teniamo davvero, che tu sia la più popolare a scuola o che tu sia l'ultima ruota del carro. Quelle persone ti abbandoneranno appena sarai passata di moda, e tu questo lo sai, e nonostante tutto preferisci voltare le spalle a noi piuttosto che a loro!-

-No, Kerr, io...-

-Cecilia, Cecilia è finto! Non è davvero la tua amica- mi urla Arden, è la sua voce è come una carezza per il mio udito.-E' solo un trucco per farti stare male, per sconfiggerti! Non permetterglielo, affronta i tuoi rimpianti! Affronta il tuo lato oscuro!-

Il mio lato oscuro!

Questo è il mio lato oscuro, tutti i miei rimpianti e le ferite che non si sono mai rimarginate! Prima che la bestia apparisse, ogni volta, stavo sempre pensando a Kerr, o a Damen, o alle persone a cui tengo che mi hanno fatto soffrire!

Perchè non ci sono arrivata prima?

Rido, e la mia è una risata isterica, mista al pianto.

Devo guarire le mie ferite, questo è l'unico modo per sconfiggere il mostro che ho davanti.

-Tu non sei reale, tu non sei Kerr! Sparisci!-

E il viso di Kerr sparisce. Per un debole istante credo di avercela fatta, di aver vinto. Poi la testa del mostro diventa quella di qualcun altro, un ragazzo biondo e con gli occhi azzurri.

Damen.

Sorride beffardo, e mi fissa con i suoi occhi incredibilmente reali.

-Cecilia! Quanto sei patetica!- esordisce, e io mi sento raggelare. Devo stare calma, è tutto finto. E' tutto finto.

-Eri talmente disperata da stare con uno a cui non fregava niente di te, sei la ragazza più patetica che abbia mai incontrato!- ride, ed è un cigolio metallico, come graffi su una lavagna. Ho le lacrime agli occhi, perchè anche se Damen queste cose non me le ha mai dette, so che le pensa. E le penso anch'io.

-Mi fai pena! Nessuno ti amerà mai! Sei una squilibrata che fa sogni assurdi, solo una stupida...-

-Basta!- lo inerrompo-Forse hai ragione, forse faccio davvero schifo, sono una squilibrata e nessuno mi amerà mai. Ma tu non sei migliore di me.- è stupido dirlo adesso, perchè so che quello che ho davanti non è il vero Damen. Ma mi sto sfogando, e mi sento già un po' meglio. -Tu non hai degli amici! Quelli che stanno con te lo fanno solo per ottenere vantaggi personali! Forse nessuno mi amerà mai, ma io ho persone che mi vogliono bene! Tu invece nemmeno quelle! E tanto per chiarire, sei più patetico di me, visto che sei tu che sei venuto strisciando a chiedermi di essere la tua ragazza per non finire nel dimenticatoio!- questa volta è il mio turno di ridere, e lo faccio con cattiveria, talmente tanto che mi fa male la pancia e devo chiudere gli occhi.

-Bravissima, Cecilia! Continua così!- mi incoraggia la voce di Arden.

Quando l'attacco di risate si placa e posso guardare di nuovo, vedo che al posto del viso di Arden c'è un altro viso, un viso che mi prova una fitta di dolore quasi più forte di quelle che mi hanno provocato le parole di Kerr e Damen.

C'è Arden.

-Ciao, Cecilia.- mi dice quello che dovrebbe essere il suo viso, e all'inizio sembra anche abbastanza normale. Nessun segno di rabbia o arroganza.

-Ciao, finto-Arden.- replico guardandolo con aria di sfida.

-Sì, hai proprio ragione. Sono finto, non esisto. Ti sei innamorato di qualcuno che non esiste! Mi fai quasi tenerezza, povera piccola. Il ragazzo che ama alla follia non esiste, è frutto della sua immaginazione. Sai che alcune persone sono state chiuse in manicomio per questo? Fossi in te starei attenta!- ride cattivo, e questa volta io non so che dire. Ha ragione, lui è finto.

Ma non è l'unico ad essere finto.

-Già, è vero. Arden è finto. Ma lo sei anche tu- dico con tono estremamente calmo, mandando giù le lacrime che mi salgono agli occhi pronunciando queste parole.

Ed è adesso che il mostro si rimpicciolisce e si avvolge su sé stesso in un turbinio di luce così accecante che devo chiudere gli occhi. Quando li riapro, davanti a me non c'è più niente.

Ho vinto io, ho vinto io!

Ho sconfitto i miei demoni, ho sconfitto il mio lato oscuro.

 

 

Chiedo  infinitamente scusa per avervi fatto attendere, ma prometto che mi farò perdonare!

Un bacione <3

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Capitolo 12
*** 12. Onde ***


                                                                           12. ONDE


I pensieri sono spiriti in movimento come le onde del mare
che fanno sentire la loro voce infrangendosi sulla riva.
Romano Battaglia

-Ben svegliata, Cecilia-

E' la voce di Arden la prima cosa che sento quando riprendo conoscenza. Dopo che la bestia si è dissolta sotto i miei occhi, sono stata travolta da un turbinio di immagini e di colori che mi hanno accecata.

Ricordo ancora con precisione i volti di Kerr, Damen e infine Arden che si alternavano sul volto del mostro e mi dicevano cose orribili. Sembra una stupidaggine, ma è stato difficile.

Le loro voci riecheggiano nella mia mente.

Ma so anche di essere stata più forte, di aver reagito. Di aver vinto.

E adesso, aprendo gli occhi, mi rendo conto che è mattina, e io sono stesa ai piedi di una quercia tra le braccia forti di Arden.

L'impatto con la luce del sole è così improvvisa che mi ci vuole un po' per mettere a fuoco la situazione, ma poi ci riesco. Vedo il viso bellissimo di Arden a pochi centimetri dal mio, e sono tentata di baciarlo, ma lui ha chiaramente detto che non devo farlo mai più.

-Grazie...- mormoro insonnolita, sfuggendo di malavoglia alla presa delle sue braccia per mettermi seduta. -Quanto tempo ho dormito?- domando.

-Due giorni- mi comunica in tono pratico.

Due giorni.

Non ho mai dormito così tanto in tutta la mia vita, giuro. Eppure il sonno è il mio migliore amico, certe volte durante le vacanze mi sveglio anche alle due del pomeriggio.

Ma due giorni... Non credevo fosse possibile!

Ma già, neanche entrare in un sogno è possibile.

-Due giorni- ripeto più lentamente. Non riesco a crederci, forse dirlo ad alta voce mi aiuterà ad accettare l'idea.

-Già, ma c'era da aspettarselo- mi tranquillizza Arden.-Anzi, sinceramente non ero neanche certo che saresti riuscita a sconfiggere il mostro- dice fissando un punto imprecisato davanti a sé.

Che odio, perchè mi sottovalutano sempre tutti?

Sto per rispondere qualcosa di piccante, ma lui mi blocca.-Quindi, complimenti. Sei stata bravissima, e ti chiedo scusa per aver dubitato di te- mi guarda e sorride.

Tutti i propositi di vendetta si sciolgono come neve al sole.

Arrossisco fino alla punta delle orecchie. Vorrei ringraziarlo, ma decido di essere dura, così mi limito ad annuire.

-Bene, allora- si gira piano verso di me e mi abbraccia. Io mi blocco, sorpresa dal gesto, ma poi ricambio e quando con le mani gli tocco la schiena, mi accorgo che i muscoli sono contratti. Deve essere in imbarazzo.

Mi chiedo perchè un ragazzo come lui, bellissimo, intelligente, abbia tanti problemi a baciare o anche ad abbracciare una ragazza. Se l'ho creato io, dovrei saperlo. Ma non lo so, quindi un altro punto a favore della reale esistenza di Arden. Sì, lo so, lo so che reale o no non possiamo stare insieme. Ma potremmo vederci ogni tanto.

Comunque, non ho il tempo di fantasticare a lungo. Arden mi lascia andare, e le sue guance sono attraversate da un leggero rossore. Avevo visto giusto. Sorrido sotto i baffi e aspetto che dica qualcosa.

Non devo attendere molto.

-Cecilia, vorrei che avessi più tempo per goderti la vittoria, ma non è così.- il suo sguardo è tornato serio.-C'è ancora tanto da fare. Dobbiamo raggiungere il Castello, e ci aspetta tanta strada. Anche se grazie a te non incontreremo più grosse difficoltà- si alza in piedi e mi porge una mano per aiutarmi. Io accetto.

E' strano, c'è una luce nuova nei suoi occhi quando mi guarda. E' come se l'idea che si era fatto di me fosse cambiata di colpo, e lui adori quella nuova. Non sono più una “ragazzina”, adesso sono Cecilia.

Magari la prossima volta che mi chiama per nome potrei dirgli di chiamarmi Lia, in fondo si è meritato questo privilegio. E mi accorgo a malincuore che ormai il mio soprannome non è più riservato ad alcuni amici, ma dopo che anche Damen e i suoi amichetti (di cui io non so nemmeno il nome) hanno il diritto di usarlo, allora vale la pena rivelarlo a chiunque.

Riprendiamo il cammino, questa volta l'uno accanto all'altra. Prima Arden non mi permetteva di affiancarlo, io ero sempre dietro di lui, al riparo.

Adesso invece mi chiede addirittura dei pareri del tipo “secondo te è meglio da qui o da lì?”, oppure “che dici, ci fermiamo sotto quest'albero o quello più in là?”, e io mi godo al meglio il privilegio, conscia di essermelo guadagnato con le mie forze.

Proseguiamo a lungo, sotto il sole cocente. Mi sono accorta che in questo posto c'è una grandissima escursione termica tra il giorno e la notte; la mattina e il pomeriggio ci si scioglie, la sera si battono i denti.

E ho anche tanta fame, non ce la faccio più ad andare avanti con more e altri frutti di bosco. Vorrei uno di quei bei conigli che ogni tanto ci saltellano davanti, ma mi accontenterei pure di un piccolo scoiattolo preso tra i rami. E se proprio potessi scegliere, sceglierei quell'enorme cervo che poco fa ci ha attraversato la strada. Immagino vi starete chiedendo perchè non lo faccio, allora. Ma il problema è che non mi va di vedere come si uccide un animale, come lo si scuoia e lo si cucina. Io voglio solo mangiarlo. So che questo è un discorso molto incoerente, ma non è colpa mia. Io ho davvero fame! E allo stesso tempo non sopporto di vedere gli animali soffrire.

Vorrei che fosse Arden ad andare a caccia, ma temo che mi proponga di andare con lui, visto che ora mi considera grande e forte. E io per orgoglio accetterei anche, solo che poi rimarrei traumatizzata a vita.

Ho anche pensato di immaginare di trovare un arrosto con patate lungo la strada, magari su un vassoio d'argento; ma come ho scoperto a mie spese, non so perchè ma non ho il controllo su tutto.

Arden compreso.

Perciò stringo i denti e cerco di trarre il massimo nutrimento dai frutti che troviamo lungo il cammino, succhiandoli fino a quando non si sciolgono del tutto e ingoiando quel poco che rimane. In questo modo ci metto più tempo e mi sembra di mangiare di più. Sono patetica, non è vero? Ma l'essere umano è pur sempre un animale, e l'istinto di autoconservazione è insito in ognuno di noi.

Dopo ore di cammino, nonostante abbia dormito per due giorni di fila, sono comunque a pezzi. Arriviamo a un lago, e questa volta ho il buon senso di non tuffarmici dentro, anche a dispetto della sete. Piuttosto mi siedo sulla sponda e tiro su la gonna del vestito fino alle ginocchia, per poi immergere le gambe scoperte in acqua, Arden si siede accanto a me, ma senza toccare l'acqua. E' la prima volta che vediamo questo ruscello, è diverso dagli altri. Si espande tra le rocce marroni e i ciottoli, ma l'acqua non è fangosa e piena di alghe, al contrario. E' limpida e cristallina, e più in là c'è anche una piccola cascata che copre l'ingresso roccioso di una specie di tunnel.

Noto che anche Arden è sorpreso di trovarsi qui, e non è un buon segno.

Lui dovrebbe essere il mio Protettore, la mia guida. Dovrebbe sapere dove stiamo andando e come fare per arrivarci.

-Cosa c'è che non va?- gli chiedo, adesso non c'è più pericolo che non mi risponda.

-Niente. E' solo che... C'è qualcosa di strano in questo posto- è in piedi, si sta guardando intorno sospettoso.

-Che intendi dire?- gli chiedo, tirandomi su a mia volta. L'acqua fa uno “splash” assordante quando tolgo le gambe, in genere non fa così rumore.

-Attenta, Cecilia!- urla Arden, attirandomi a sé per un braccio. Stringe troppo e le sue dita mi fanno male, devo trattenere un urlo. Ma quando sono stretta a lui, comprendo quello che sta per succedere.

Quello che sta succedendo.

In un lampo nuvoloni grigi oscurano il sole, e il cielo si fa bianco come neve, diventando quasi accecante. Sono costretta ad abbassare lo sguardo.

Il terreno inizia a tremare con un rombo pazzesco, mi appoggio con la schiena al petto di Arden e ci sorreggiamo a vicenda per non cadere.

Equivarrebbe a morire, a questo punto.

Cavolo, non pensavo che l'acqua si fosse affezionata così tanto alle mie gambe. Avendolo saputo prima, le avrei lasciate a bagno.

Un tronco spessissimo si inclina e precipita a pochi passi da me, Arden mi solleva e mi sposta appena in tempo. Ben presto molti altri iniziano a fare lo stesso. Si aggiunge una pioggia di pietre e ghiaia, piccola ma tagliente come lame.

Io e Arden cerchiamo di spostarci, di scappare, di fare qualsiasi cosa, ma siamo come dentro una lavatrice, tutto trema troppo per permetterci di muoverci. E' la forza centrifuga, siamo incollati al terreno.

Il problema è che ad un tratto una spaccatura, molto simile a una crepa, lo attraversa, aprendolo a metà. Con gli occhi sbarrati, senza nemmeno la forza di urlare, vedo il nero del nulla nel quale potrei sprofondare da un minuto all'altro, e le lacrime mi rigano le guance. Non sono triste o patetica. Piangere è semplicemente il mio modo per scaricare la tensione. Anche a scuola succede, spesso durante i compiti in classe o prima delle interrogazioni.

Be', comunque qui si tratta di una cosa molto più grave.

Si tratta di restare viva.

Sono paralizzata, per fortuna Arden trova la forza di reagire e mi afferra una mano, trascinandomi -letteralmente- in mezzo all'acqua del lago che è l'unica cosa ad essere ancora intatta.

-Coraggio, Cecilia- mi incita, e io vorrei approfittarne per dirgli di chiamarmi Lia, ma probabilmente non è il momento più adatto.

L'acqua diventa più profonda ad ogni nostro passo, e la cascata dietro la quale c'è l'ingresso del tunnel sempre più lontana. Dobbiamo lottare contro le onde che cercano di separarci e di sbatterci contro gli scogli, ma Arden non cede. La sua mano è saldamente stretta alla mia.

Un'onda particolarmente alta mi trascina sul fondo.

Sono presa alla sprovvista e non ho il tempo di trattenere il fiato, quindi sento chiaramente l'acqua otturarmi le vie respiratorie e depositarsi nei polmoni. Annaspo e agito convulsamente braccia e gambe, nel disperato tentativo di riemergere o per lo meno di espellere l'acqua che mi blocca la gola. Qua sotto ho perso di vista persino Arden.

Non ce l'ha faccio più, mi manca il fiato. Con la forza della disperazione, cerco di risalire in superfice, ma ogni secondo nuove onde si accavallano sopra di me per buttarmi sempre più in profondità e io mi chiedo se questo più che un lago non sia un oceano. Non mi arrendo, ci riprovo.

Non importa se ogni muscolo del mio corpo mi implora di arrendermi, non lo farò.

Obbligo i miei piedi a darmi la spinta verso l'alto e apro e chiudo le braccia per arrivarci. Il dolore e atroce, il mio corpo ha bisogno di respirare, di prendere aria, ma non ci riesce. Non ci riesce!

Cerco di velocizzarmi, il cuore e i polmoni stanno per scoppiarmi.

Ogni parte di me duole, ma la ignoro.

So che nel momento in cui non arriva più ossigeno al cervello, il nostro corpo non riesce a svoglere nemmeno le funzioni più banali, come vedere, sentire e muoversi. Eppure sono completamente lucida, riesco a pensare.

E penso che mi manca poco, che ce l'ho quasi fatta.

Non importa cosa farò dopo, non so nemmeno se riuscirò ad uscire effettivamente dall'acqua; credo di no, e spero che Arden invece abbia avuto più fortuna, sia perchè ci tengo a lui, sia perchè così potrà darmi una mano ad uscire, e perchè no, praticarmi la respirazione bocca a bocca. Alzo lo sguardo, gli occhi mi bruciano e la vista inizia ad appannarsi, ma riesco comunque a riconoscere lo strato d'acqua che mi separa dall'aria, come una spece di telo di nylon.

Sì, sì!

Le onde si sono calmate, ce l'ho fatta, ce l'ho fatta!

Due bracciate e sono salva!

Sorrido, vittoriosa, felice, libera.

Allungo un braccio, la punta delle dita esce dall'acqua, e al contatto il vento mi sembra gelido e i polpastrelli rabbrividiscono, ma non mi dà fastidio.

Non ce la faccio più, ho bisogno di prendere aria. Aria. Aria!

Ancora un piccolo sforzo e ce l'ho fatta, manca poco e...

Neanche il tempo di finire il pensiero che un'onda fortissima, dieci volte più delle altre, mi riporta sul fondo in un secondo. E pensare che per arrivare dov'ero ci era voluto tantissimo.

A questo punto è inutile lottare, non ce la faccio più.

La vista mi si appanna, nel mio campo visivo appaiono tante stelline colorate, che poi vengono sostituite da macchie nerissime, come se qualcuno mi stesse schzzando con l'inchiostro di una penna. Sapete la scena della Carica del 101 in cui Crudelia ricopre Rudy d'inchiostro? Ecco, mi sta succedendo la stessa cosa.

Solo che io sto morendo.

Non sento più il dolore, non sento più niente. Semplicemente mi arrendo, smetto di combattere per la vita. Immagino che in questo momento dovrei pregare o pentirmi dei miei peccati o qualcosa del genere... Ma ho troppo sonno per farlo. Mi sto addormentando, dico a me stessa per rasserenarmi, anche se so che non è così.

Kerr, Lily, Sam, Chris, Pete, Mamma, Arden...

I loro volti – i loro sorrisi – sono i miei ultimi pensieri.

Spero che possano perdonarmi per averli feriti, spero che capiscano che tutto questo non è stata una mia scelta.

Ho sempre pensato che avrei vissuto di più, che la mia vita sarebbe stata migliore. Fino al mese scorso mi immaginavo sposata con Damen, vedevo i nostri cinque figli rincorrersi per il castello in cui saremmo andati a vivere, e io e Kerr che accompagnavamo i rispettivi bambini a scuola. Sarebbe stato bellissimo, e invece non diventerò mai maggiorenne, non mi sposerò mai... Ci sono un sacco di cose che non farò!

Sono furiosa.

Furiosa contro il destino, o l'Universo, o Dio o chiunque mi abbia fatto finire in questa situazione.

Vorrei piangere, ma il comando non arriva al cervello.

Posso quasi sentire il ronzio che fa mentre si spegne, come una lampadina fulminata che dopo aver lampeggiato per tanto tempo, decide finalmente di spegnersi.

Ed è quello che succede a me.

Adesso non vedo davvero più.

Il nero che mi circonda e totale, il sonno mi toglie tutte le forze.

Proprio come la lampadina, decido di arrendermi.

Chiudo gli occhi.

 

 

Ma salve! Stavolta ho aggiornato subitissimo e... eheheheheheheheh, non crediate che finisce qui! Per la nostra Lia le cose si mettono male, ma ... chissà! (faccina malefica)
Anyway, un grazie speciale alle 33 persone che seguono la storia (33, capite? *-*), le 18 che ce l'hanno tra i preferiti e le 6 che l'hanno messa tra le ricordate, siete fantastici!
Infine, un grazie ancora più speciale a PerfectStranger (senza di lei pubblicare questi capitoli non avrebbe senso) e tutte le altre meravigliose persone che recensiscono; il paradiso è anche per voi! <3

 

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Capitolo 13
*** 13. Dubbi ***


13. DUBBI

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Questa è la copertina della storia, con Lia, Arden, i corvi e il Castello. Spero vi piaccia ^^

 

L'anima risvegliata da un dubbio è migliore dell'anima che dorme sicura di sé.
Anonimo
 



All'inizio è tutto bianco, e mi sembra quasi di galleggiare.

Non so dove mi trovo, ma so che qui sto bene, sono in pace. Non mi ricordo chi sono, ne che cosa sono, so solo che esisto, e mi basta. E' tutto così calmo.

Poi il bianco inizia a trasformarsi piano piano in grigio, e infine in nero. E più il panorama cambia colore, più sento una voce lontana chiamare un nome, il mio nome.

Cecilia.

Quindi è così che mi chiamo.

Cecilia, Cecilia!insiste la voce.

E' una voce forte, so di conoscerla, ma non mi ricordo perchè o a chi appartenga.

Non mi importa, sto così bene.

Vorrei dire alla voce di smetterla, di andarsene. Vorrei dirle di non seccarmi più, perchè voglio rimanere qui, ovunque sia.

Cecilia!

E' un tono di voce disperato, quasi frammentato, come se chi sta parlando stesse piangendo. Un impeto di dolore mi avvolge, anche se non so perchè, e mi dispiace tantissimo per quella persona, perchè in qualche modo so che sta soffrendo per me. E' solo che io sto davvero bene qui, senza sapere chi sono o da dove vengo.

Cecilia, ti prego!

E a questo punto non ce la faccio più. Non sono così egoista, non me ne starò qui mentre qualcuno là fuori piange per me. In un lampo riacquisto anche tutti i ricordi che avevo perso. So che mi chiamo Cecilia, che ho sedici anni, che ultimamente ho fatto dei sogni strani, che ci sono persino finita dentro e... che sono morta.

E' questo il ricordo più vivido, che ancora brucia nella mia mente. Sono morta annegata, per la precisione, in un lago che più che a un lago assomigliava ad un oceano.

Ma se sono morta, allora dove sono? E perchè sento la voce di Arden che mi chiama?

La voce di Arden?

Arden!

Devo svegliarmi, devo tornare da lui!

Prima che abbia il tempo di domandarmi come fare, ho già aperto gli occhi. Di scatto.

Non vedo bene, è tutto così sfocato, ma è sicuramente il solito bosco, e sento anche qualcuno che tossisce.

Solo dopo mi rendo conto di essere io.

Arden è inginocchiato sull'erba, e io ho la testa poggiata sulle sue ginocchia. Adesso ci vedo di nuovo, vedo gli occhi bellissimi e preoccupati di Arden, e la sua bocca che lentamente si illumina in un sorriso di sollievo.

Io sto tossendo convulsamente, in preda a spasmi. Dalla mia bocca esce dell'acqua, e man mano che me ne libero, riesco a respirare più facilmente.

Tossisco ancora, e ancora, finchè tutta l'acqua non se n'è andata dai miei polmoni e sono libera di lasciare andare la testa sulle ginocchia di Arden, emettendo un lungo sospiro.

-Cecilia- mi dice lui dopo un po', ha la voce rotta, ma la sua espressione è durissima. E' chiaro che non vuol farmi capire che stava per piangere. O che magari l'ha già fatto.

-Arden- replico con voce roca -Sono viva?- gli chiedo, non ne ho davvero idea.

Lui accenna un sorriso divertito.-Sì, sei viva. Ti ho salvato appena in tempo. Quando le onde si sono calmate mi sono tuffato e ti ho ripescato. Ormai sono più di due ore che ti pratico la respirazione artificiale, ma tu non davi segni di vita. Stavo per perdere le speranze. Cecilia, ora devi ripo...-

-Lia- lo interrompo.

-Come?- mi guarda confuso.

-Chiamami Lia- gli dico, poi mi addormento.

E' un sonno pulito, il mio. Senza sogni, senza incubi. Senza pensieri.

E' più simile a un coma, in realtà.

La cosa più strana, comunque, è che quando riapro gli occhi, mi sembra di non aver mai dormito. Sul serio, è come se avessi chiuso un attimo le palpebre. Solo che adesso che mi sono svegliata è notte e...sono tra le braccia di Arden!

Siamo stesi ai piedi di un albero, lui mi avvolge in un abbraccio caldissimo e ha il mento appoggiato nell'incavo tra il mio collo e la mia spalla.

Lo sento respirare contro la mia schiena, e so che sta dormendo.

Che tenero, però.

Io mi ricordo di essere crollata di colpo, Arden poi deve avermi portata in braccio fino all'albero e... abbracciata. E' una cosa molto romantica.

Solo che io non riesco a godermela appieno.

Sono ancora molto scossa per quello che è successo oggi (o si dice ieri?) pomeriggio. Insomma, sono quasi morta! E' stato orribile, e ora che ci penso bene mi sa che sono proprio morta. Per un po' è stato tutto bianco, poi Arden (oh, Arden!) mi ha riportata indietro.

E' così strano.

Io sono morta. Solo a pensarlo mi fa venire i brividi.

Ricordo bene il dolore quando i miei polmoni mi imploravano di trovare aria, il cuore che stava per esplodere, la vista che mi si appannava...

Sento le lacrime rigarmi le guance.

Ultimamente piango molto spesso, non è da me.

Ma non è da me nemmeno trovarmi in situazioni del genere.

Il più delicatamente possibile mi sciolgo dall'abbraccio di Arden e mi tiro su a sedere, lasciandomi andare con la schiena contro il tronco dell'albero. Non ho più sonno, ho paura di dormire. Ogni volta che chiudo gli occhi non riesco più a respirare, rivedo le onde che si accavallano sopra di me e mi trascinano in profondità.

O mio Dio, mi chiedo se riuscirò mai a dormire di nuovo o se rimarrò traumatizzata a vita.

Osservo il cielo e mi perdo tra le stelle, quando ero a casa non ci facevo mai caso; sia perchè quando uscivo avevo sempre qualcosa di meglio da fare, e poi perchè tutte le luci delle case e dei palazzi non aiutavano.

Solo adesso che ho assistito più di una volta all'alba, al tramonto e mi sono goduta appieno la notte capisco quanti spettacoli la natura abbia da offrirci e quanto poco tempo abbiamo noi da dedicarle.

Voglio dire, non è per forza necessario vedere un film di fantascienza per assistere a qualcosa di eccezionale, basterebbe solo rinunciare a un po' di sonno per vedere ogni giorno l'ora blu, il sole che pian piano illumina l'oscurità fino a cancellarla del tutto.

E' meraviglioso, e se io come penso non riuscirò mai più a dormire, avrò tutta la vita per godermi queste scene.

Almeno c'è un lato positivo.

Sospiro e decido di andare a fare una passeggiata, tanto è inutile provare a riaddormentarti. Decido di non svegliare Arden, tanto ormai non ci sono più pericoli in giro. E poi è la prima volta che cammino per il bosco da sola.

Avanzo piano tra l'erba, ascoltando tutti i rumori del bosco, le civette, le cicale... E' uno scenario magico.

Be', tecnicamente tutto questo posto è magico.

Comunque, ben presto non ci faccio più caso e mi perdo tra mille pensieri. Innanzitutto solo adesso mi chiedo come mai sia successo quello che è successo al lago. Voglio dire, perchè appena ho tolto le gambe dall'acqua è scoppiata la tempesta, e il terremoto, e tutto il resto? E poi c'è quella spece di cascata, che copriva l'insenatura nella roccia che a sua volta sembrava essere l'ingresso di un tunnel. Ecco, c'è qualcosa di strano in quel tunnel, qualcosa che mi ha attratto fin dal primo momento. Devo tornarci.

Però dovrei anche svegliare Arden. In fondo lui ha dimostrato di tenerci a me, come la prenderebbe se appena sveglio non mi trovasse più accanto a me? E poi lui ha detto di essere il mio “protettore”; chi gli ha dato questa responsabilità? E, soprattutto, cosa potrebbe fargli questo qualcuno se dovessi cacciarmi in qualche guaio? Non voglio che gli accada niente di brutto.

No, per quanto abbia voglia di tornare al lago per conto mio, non posso essere tanto egoista da mettere Arden nei guai, lui che mi ha riportato indietro dalla morte.

Sarò per sempre in debito con lui.

Sì, devo tornare indietro.

Mi giro e percorro la strada a ritroso, accorgendomi di aver camminato per più tempo di quanto mi sia resa conto. Ritorno da Arden che ormai è già l'alba, e lui sta ancora dormendo. Dev'essersi stancato molto ieri, come me. Quando si sveglia voglio chiedergli come ha fatto ad affrontare le onde lui, senza essere quasi annegato come me.

Torno a sedermi contro il tronco dell'albero e aspetto finchè il sole è alto nel cielo e Arden apre pigramente gli occhi. Mi guarda assonnato.-Buongiorno- mi saluta stiracchiandosi. Poi si siede accanto a me.

-Ciao- rispondo.

-Come stai?- mi sorride.

-Un po' meglio.- oggi è una mattina limpida, con il sole che splende e il cielo che più azzurro non si può. Con un tempo del genere è impossibile dire di stare male. Anche se, come nel mio caso, si è fatto un viaggetto nell'aldilà.

-Bene, perchè c'è ancora tanta strada da fare.- scuote la testa.-Mi dispiace, Cecilia, avrei voluto che tu avessi più tempo per riprenderti, ma purtroppo non è così. Dobbiamo metterci subito in cammino.-

Annuisco, ma vi confesso che un pochino di tempo in più per riprendere le forze mi sarebbe servito.

-Perfetto. Allora, adesso ti accompagno al lago così potrai lavarti e stare un po' da sola, nel frattempo andrò a raccogliere qualche frutto di bosco.-

-D'accordo- acconsento, è buffo vederlo arrossire mentre dice “stare un po' da sola”, ma ormai mi sono abituata al suo imbarazzo. Comunque non è questo il problema, il problema è che non mi va di mangiare ancora frutti di bosco. Sono buonissimi, ma a mangiarli in continuazione ti fanno venire da vomitare.

Ma, come ho già detto, non ho intenzione di chiedergli di andare a caccia.

Mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi, e io ne approfitto. Camminiamo per il bosco con il sottofondo degli uccellini che cinguettano e il suono dei nostri passi nel terreno umido. Dopo un po' mi faccio coraggio.-Arden, come hai fatto a sopravvivere, ieri?-

Lui, che adesso e accanto a me, si volta a guardarmi.-In che senso?-

-Voglio dire, dopo che è praticamente scoppiata l'apocalisse, tu come hai fatto a non essere travolto dalle onde?-

Arden si ferma di scatto e mi guarda negli occhi.-Cecilia, quelle onde erano state fatte per ostacolare te. Io non ne sono stato colpito, le vedevo e le attraversavo anche, ma non avevano forza su di me.-

Sono sbalordita.

Quelle onde avevano il compito di uccidermi.

-Ma perchè?- gli chiedo, cercando di non fargli capire che sono sull'orlo di una crisi di nervi.

-Perchè eravamo vicini all'ingresso.- mi spiega come se fosse la cosa più ovvia del mondo, riprendendo a camminare. Io faccio lo stesso, ma senza nemmeno guardare dove sto andando.

-Quale ingresso?-

-L'ingresso del Castello!-

Sobbalzo.-Vuoi dire che quella specie di tunnel era l'ingresso al Castello Nero?-

-Sì, esatto- un tempo mi avrebbe preso in giro per la mia lentezza nel ragionamento.-Non hai notato che era la prima volta che vedevamo quel lago? Non ti sei accorta che c'èra qualcosa di strano?-

-Ma... ma...- balbetto, sono troppe le informazioni da assimilare.-Ma perchè... Chi è che vuole impedirmi di arrivarci, e perchè?-

-Lia, proprio non lo capisci?-

Mi ha chiamato Lia!

No, non è il momento di emozionarsi, devo rimanere lucida.

Cos'è che mi ha chiesto? Ah, già.

-No- rispondo.

Arden si ferma, fa un lungo respiro e mi posa le mani sulle spalle. I suoi occhi ghiaccio sono fissi nei miei.-Sei tu- dice in un soffio.

-Come io? Ma non ha senso, perchè dovrei tentare di uccidermi, perchè dovrei impedire a me stessa di arrivare al castello quando so che è l'unico modo di tornare a casa? Perchè...-

-Lia!- mi interrompe, e come la prima volta, fremo ancora quando usa il mio soprannome.-Perchè tu non vuoi davvero arrivare al Castello. Hai paura! E la paura ti blocca, devi trovare il modo di sconfiggerla!-

Ho paura. Be', sì, ho paura del Castello. Ma non avrebbe senso uccidermi, perchè ho ancora più paura della morte. Credo.

-Ma come posso fare?-

-Come hai fatto con il tuo lato oscuro. Devi capire, capire veramente, che sei tu che comandi, che la tua parte razionale è più forte di quella istintiva.- mi scuote leggermente.

Detto così sembra molto facile, ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare!

Arden si allontana e riprendiamo il cammino.

Rimaniamo in silenzio finchè non arriviamo al lago.

-Ci vediamo tra poco- mi dice, poi scompare.

Io rimango un po' a fissare l'acqua, che adesso mi terrorizza. Ma è ancora più terrorizzante sapere che il vero nemico è dentro di me, che non posso sfuggirgli. Perchè può seguirmi.

Quindi adesso è anche qui, nel mio riflesso che vedo nell'acqua e...

Cavolo!

Sono secoli che non guardo allo specchio, e sono decisamente orribile! Mio Dio, che capelli! Più crespi di così non si può, sono un cespuglio di fieno e hanno pure lo stesso colore.

Spero che qualche uccello non venga a farci il nido.

Ma come ha fatto Arden a guardarmi in faccia per tutto questo tempo, senza dover mai distogliere lo sguardo o senza vomitare? Come ha fatto a farmi sentire carina anche senza essermi guardata allo specchio, a farmi sentire forte e intelligente e speciale, come mai nessuno prima d'ora era riuscito a fare?

E' un ragazzo fantastico Arden, non voglio perderlo. Sento che senza di lui non ce la posso fare.

Mi lavo a pezzi, stando bene attenta a non immergermi mai completamente, e quando ho finito di fare tutto, mi sdraio sull'erba, al sole, aspettando il ritorno di Arden.

Quando arriva, sento i suoi passi alle mie spalle. Mi giro a pancia in sotto e mi appoggio sui gomiti, per poterlo guardare meglio. Tra le mani ha un sacchetto pieno di non so che cosa, ma nell'aria si diffonde un odorino appetitoso.

-Sono andato a caccia- mi spiega accovacciandosi di fronte a me.-Ho pensato che fossi stanca di tutta questa frutta, così ho catturato un bel coniglio. L'ho già preparato e arrostito prima di venire qui, per lasciarti più tempo da sola.-

Ha ricambiato il favore!

Anch'io, qualche giorno fa, finsi di essere stanca per fermarci a riposare, anche se non lo ero. In realtà mi ero accorta che era lui ad aver voglia di fermarsi, ma visto che era (è) troppo orgoglioso per ammettere di stare male, decisi di chiedergli di fermarsi perchè io non ce la facevo più.

Evidentemente adesso lui ha capito che non mi andava di assistere alla preparazione di un arrosto e si è regolato di conseguenza.

E' stato molto gentile.

-Grazie- gli rispondo, sorridendo.

Ormai sono asciutta, i capelli sono solo ancora un po' umidi.

Ci sediamo sulle sponde del lago e lui tira fuori dal sacchetto l'arrosto, già tagliato a pezzi. Me ne porge un paio belli grandi e quando li mangio mi sento rinascere. Avevo un disperato bisogno di carne.

La carne contiene ferro, dice sempre mia madre, il ferro fa bene al sangue e ti dà più forza.

Non ho mai prestato molta attenzione alle cose che diceva mia madre, ma evidentemente avrei dovuto farlo.

Arden mangia le sue porzioni e beve un po' d'acqua del lago, raccogliendola con le mani a coppa.-Ti piace?- mi chiede.

-Tantissimo- rispondo.

Avete presente quel detto che dice che “la necessità aguzza l'ingegnio”? Be', è vero. In realtà questa carne non è il massimo. Non è condita, non è trattata, non è saporita... Ma per me è la cosa più buona che abbia mai mangiato.

-Mi fa piacere. Dovrai essere in forze per quello che ci aspetta.- mi comunica.

-Già, il Castello...-

-No, il lago- mi corregge lui, serissimo.

Mi irrigidisco. E' vero, è vero, stanotte volevo addirittura tornare da sola al lago, ma adesso che so che il motivo per il quale sono quasi morta è dentro di me, non ci voglio tornare più. Non so se riuscirò a controllarmi. E se scatenassi un'altra tempesta? Magari più forte di quella di ieri?

-Non voglio- dico, stringendo i pugni.

-Lia, vuoi tornare a casa?-

-Sì, ma...-

-E allora dovrai affrontare il lago. Puoi farcela, Lia, e non lo dico per incoraggiarti, lo dico perchè è così, è un dato di fatto. Avresti mai pensato di sconfiggere quel mostro?-

Scuoto la testa.

-E invece l'hai fatto- riprende Arden.-Credimi, io so che ce la farai. E dentro di te lo sai anche tu.-

Forse questo discorso non doveva incoraggiarmi, ma c'è riuscito benissimo.

 

E voi ci eravate cascati, eh? Avete creduto che sarebbe finita così, eh? muhahhah, invece taaaante cose devono ancora succedere... ;)

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Capitolo 14
*** 14. Insieme ***


14. INSIEME


Alcune persone sono destinate a innamorarsi,
ma non a stare insieme.

Scott Neustadter

 

 

Avanziamo, avanziamo.

Avanziamo, avanziamo ancora.

E poi... avanziamo di nuovo.

Non ce la faccio più, sono sfinita!

Io qua rischio di restarci secca, è già la seconda volta in una settimana che per mantenermi lucida sono costretta a fare mentalmente testamento. No, dico, ma si può?

Però questa volta c'è un pensiero che mi dà forza, che mi spinge a non arrendermi.

Tra poco sarò a casa.

Solo a pensarlo mi sento rinascere, più energica che mai. In fondo tutto sta nell'arrivare al lago, entrare nel tunnel, raggiungere il castello e ciao ciao.

Sì, lo so che a dirlo così può sembrare un sacco di roba da fare, ma vi giuro che invece per me non è niente. Dopo settimane passate a nutrirmi di frutti di bosco, a lavarmi solo con acqua e a sfacchinare sotto il sole cocente, quello che mi aspetta non è poi tanto male.

Arden ultimamente è dolcissimo con me, forse perchè sa che sta per perdermi. Mi dispiace dovergli dire addio, davvero. Ormai sono sicura di essermi innamorata di lui, ma per quanto lo ami non posso rimanere qui. “Qui” non esiste, e io non voglio passare la mia vita in una fantasia, anche se è una fantasia bellissima.

E poi sono ancora convinta che Arden sia reale. E se è reale, in un modo o nell'altro, a costo di viaggiare tra universi distanti anni luce, lo rivedrò.

In fondo lui non ha mai negato di esistere. Certo, si è limitato ad annuire, e chi tace acconsente, ma Arden non ha nemmeno idea di cosa siano in negozi, perchè dovrebbe conoscere un proverbio del genere?

So che può sembrare un ragionamento stupido, ma a volte abbiamo bisogno di credere in cose stupide per andare avanti.

Osservo i lineamenti contratti del volto di Arden, i suoi occhi che indagano sul terreno che ci circondano come rapaci, in cerca di qualche pericolo. Non ne troviamo, perchè il vero pericolo è dentro di me. Io ero la bestia orribile che mi terrorizzava, io ero l'apocalisse che ci ha quasi ucciso.

Io, e solo io, sono la responsabile di tutto quello che sto passando e che lui è costretto a passare con me.

Faccio schifo, lo so. Ma Arden non mi ha mai trattato di conseguenza, con me è sempre stato gentile. Certo, all'inizio era un odioso, arrogante, ragazzo dannatamente bello, poi però è diventato qualcosa di più, è diventato quello che era davvero, quello per cui è qui. Il mio protettore.

E si è anche innamorato di me.

-Arden...- lo chiamo, debolmente. Sono esausta.

-No, Lia- dice, anticipando la mia domanda.-Non possiamo fermarci, mi dispiace-

-Ma- cerco di protestare, lui però è più veloce.

-No, Lia. No- scandisce bene, senza smettere di camminare.

Io arranco dietro di lui.-Arden, aspetta. Non...- mi faccio coraggio.-Non era per questo che ti ho fermato- o meglio, non solo. Quest'ultima parte non la dico.

A questo punto lui si ferma, e grazie al cielo io posso fare lo stesso.

-Che c'è?- mi chiede. E' più alto di me, io sono sempre stata bassa. Alcune volte ho desiderato con tutta me stessa crescere, magari solo un pochino, ma solo adesso mi rendo conto di essere fortunata. Se fossi stata più alta, mi sarei persa lo spettacolo di Arden che abbassa leggermente la testa per guardarmi negli occhi, e non avrei mai potuto sentire il suo cuore tutte le volte che mi ha abbracciato.

E questo non ha prezzo.

Lo vedo corrugare le sopracciglia in attesa di una risposta. Io chiudo gli occhi, salgo in punta di piedi e lo bacio.

Sì, esatto. Lo bacio.

Lo so che mi aveva detto di non farlo, ma non m'importa. Non adesso che sto per dirgli addio.

Lui sorprendentemente ricambia, attirandomi più vicina a sé. Gli passo una mano tra i capelli morbidi, e con l'altra gli accarezzo il viso, così morbido e bellissimo.

Non so se l'ho già detto, ma in tal caso lo ribadisco.

I suoi baci sono molto più piacevoli di quelli di Damen. Sento un brivido percorrermi la colonna vertebrale, e nello stomaco quelle che tante volte ho sentito chiamare “farfalle nello stomaco” ma che non avevo mai provato. E' una sensazione meravigliosa, ma non riesco ad identificarla. Non è amore, o meglio, anche. Ma non solo. L'amore lo sento ogni volta che vedo Arden, quest'altra sensazione invece la provo solo quando ci tocchiamo. Sarà piacere? Anche, senza dubbio.

Ma... ancora una volta so che c'è qualcos'altro.

Dio, baciare Arden è come degustare un vino e cercare di capire l'annata.

Le sue mani iniziano a scorrere sulla mia schiena, sempre più giù, e io sento che potrei sciogliermi da un momento all'altro. Però solo adesso capisco cosa sto provando.

Desiderio.

Nemmeno il tempo di rendermene conto, che Arden mi spinge delicatamente ma con fermezza verso un albero alle mie spalle. Ho gli occhi chiusi, ma lo so perchè percepisco il movimento all'indietro dei miei piedi e la mia schiena che si appoggia alla corteccia ruvida dell'albero. Lui si separa un attimo, quel tanto che mi basta per aprire gli occhi e chiedermi se abbia cambiato idea e voglia smetterla. Fortunatamente, non è così.

Sbatto pigramente le palpebre, come lui, che ha le braccia tese ai lati della mia testa, e sento anche che ha l'affanno, come me.

Riprende a baciarmi, e so che adesso non ha più le mani appoggiate al tronco. Perchè adesso sono su di me.

Una sul collo, accarezzandolo con movimenti regolari del pollice; l'altra più in basso, sulla mia pancia. E' un contatto così caldo, quasi rovente, che mi accende. Mi spingo verso di lui con più foga, baciandogli le labbra e poi le guance e poi di nuovo le labbra, come se io fossi un assetato e lui la mia acqua.

Arden poi ricambia il gesto, scendendo dalle mie labbra al collo, e io rabbrividisco e trattengo una risatina, perchè mi sta facendo il solletico. La corteccia è ruvida e graffia la pelle scoperta della mia schiena, ma non mi importa. Arden mi attira a sé e mi stringe forte, ed è l'abbraccio più bello della mia vita. Affonda la testa nell'incavo del mio collo e lo sento sospirare. Istintivamente ricambio la stretta ed è come se tenessi tra le braccia un bambino.

-Va tutto bene- sussurro, senza nemmeno sapere il perchè di queste parole.

Arden si allontana leggermente e intreccia le dita dietro la mia schiena, guardandomi dall'alto.

I suoi occhi sono colmi di malinconia.

-Arden...- non posso fare a meno di guardare le sue labbra e ricordarne il sapore amaro, come di selvatico.

-Scusa, Lia- dice, riacquistando la sua fermezza e allontanandosi da me. Mi dà le spalle.

Questo ragazzo è troppo lunatico.

Cambia modo di comportarsi in continuazione.

-Scusa... di cosa?- balbetto, rendendomi conto di stare arrossendo fino alla punta del naso. Per fortuna lui è girato e non può vedermi. -Tu non devi scusarti di niente!- riprendo.-Mi hai protetto, mi sei stato vicino, mi hai persino riportato in vita dalla morte! E... per quanto riguarda prima... Be', è... è stato bellissimo. Cioè, non so tu, ma per me è stata... la cosa più bella della mia vita...- un pensiero orribile mi balena in mente.- Ma se... se per te è stato in qualche modo deludente... Cioè, se io sono stata deludente... Nel senso che magari ti aspettavi qualcosa di più, e... invece io... voglio dire, ho solo sedici anni e...-

-Lia, ferma un attimo. Che stai dicendo?- mi guarda stranito.-E' stato fantastico, tu sei stata fantastica, perchè be', tu sei sempre fantastica. E' per questo che so che riuscirai ad arrivare al castello, e sai, Lia, sono un egoista. Perchè non voglio che tu te ne vada, vorrei che tu rimanessi per sempre qui, e so di chiedere troppo, ma...- si blocca, poi scuote la testa.-Niente, lascia perdere e scusami. Andiamo ora.-

Si volta gelido e riprende a camminare.

Decisamente ha degli sbalzi d'umore che mi fanno girare la testa.

Lo seguo lentamente, ancora confusa per le sue parole.

Mi dispiace che lui soffra per me, forse sono stata io la vera egoista. Non avrei mai dovuto baciarlo, e chissà, magari non si sarebbe innamorato di me. E poi lui l'aveva detto che era meglio evitare, e invece io che ho fatto? Oggi l'ho baciato di nuovo.

Eppure ho già deciso di andarmene, non voglio rimanere qui, nonostante i miei sentimenti per Arden. Perchè quando io tornerò a casa, so che avrò ad aspettarmi mia madre, Kerr e tutti i miei amici. Lui invece, a quanto ho capito, non ha nessuno, per lui quando me ne andrò sarà la fine.

Come ho potuto fargli questo? Come potrò voltargli le spalle?

Come posso essere così egoista?

La cosa giusta da fare sarebbe rimanere qui con lui, anche a costo di dire addio alle persone a cui tengo e alla realtà che conosco. Ma è quello che mi merito.

-Arden... E se io non ci volessi tornare a casa?- domando. Arden si blocca e mi guarda ad occhi spalancati. In pochi secondi sul suo viso si alternano stupore, incredulità e speranza.

-Cosa?-

-Sì, voglio dire, se preferissi rimanere qui?- in realtà è bugia, ma tra noi funziona così. Siamo sempre troppo orgogliosi per chiedere aiuto, dobbiamo capirci e venirci incontro a vicenda.

-Tu non sai quello che dici- la sua voce è dura, ma i suoi occhi sono dolcissimi. Lui vuole che io rimanga. E lo voglio anch'io, solo che...

-Perchè?- mi sforzo di essere forte, di sembrare determinata.-Se rimango qui, tu rimarrai con me?-

Arden abbassa lo sguardo. Il ragazzo arrogante di un tempo ormai non esiste più.-Non è così semplice- tenta di spiegarmi.

-Intendi dire che non rimarrai qui? Che te ne andrai?- cerco di mascherare la delusione, ma a giudicare dall'occhiata che mi rivolge, non ci sono riuscita.

-Potrei. Oppure potrei restare.-

Potrebbe andarsene.

Ma allora...

Ho un'idea.

Forse l'idea più geniale e folle di tutti tempi, ma sono strafelice che mi sia venuta in mente.

-Arden- la voce mi trema per l'emozione di quello che sto per dire.-Arden, ti va di venire con me?-

-Eh?-

-A casa. Vuoi venire a casa mia con me? Puoi farlo? Sei reale?- ci siamo, adesso è il momento della verità.

-Certo che sono reale, cosa credevi-

E vi giuro, vorrei prenderlo a schiaffi. Perchè non me l'ha detto prima? Perchè ha taciuto quando gliel'ho chiesto? Perchè mi ha fatto soffrire per tutto questo tempo, con il dubbio che mi torturava e non mi dava tregua.

Vorrei prenderlo a schiaffi e vorrei anche mettermi a saltare per la gioia.

Nell'imbarazzo della scelta, rimango immobile.

-E comunque se volessi potrei farlo eccome- riprende, riecco qui il ragazzo arrogante di un tempo. Che vuol dire “se volessi?”, non lo vuole?

-E... ti andrebbe?-

Arden mi rivolge un'occhiata piacevolmente sorpresa, distendendo poi le labbra in un sorriso fugace e affilato come un taglio.-A te andrebbe se io venissi con te?-

Ah, dunque è questo il problema. Ha paura che non lo voglia con me, o che glielo stia chiedendo solo per cortesia o perchè mi fa pena.

Ma non è così, dovrebbe averlo capito ormai. Dovrebbe aver capito che sono innamorata di lui.

-Certo! Arden...- mi faccio coraggio.-Io mi sono innamorata di te- dico tutto d'un fiato. Non l'ho mai detto a qualcuno e fa uno strano effetto.

Arden si blocca, trapassandomi con lo sguardo. Sta cercando di capire se sono sincera.

-Davvero!- continuo-e... mi dispiace adesso doverti lasciare, quindi... Ti va di venire con me sì o no?-

Spero che risponda di sì, ma lui rimane immobile, senza aprire bocca.

Ecco, ha deciso di no.

Coraggio, Arden, dì qualcosa!

L'illusione è un sentimento crudele.

Gli angoli della bocca di Arden si piegano all'insù.-D'accordo- dice, sorridendo.-Verrò-

Sono così felice che vorrei mettermi a urlare, e a correre, e a cantare, e a saltare e lanciarmi tra le sue braccia. Sono così felice che non riesco più a parlare e rimango imbambolata con un sorriso ebete stampato in faccia.

-Su, forza, adesso. Per tornare a casa dobbiamo prima arrivare al Castello.- dice, riprendendo il cammino. Io faccio lo stesso, ma quella prima persona plurale che ha usato mi ha lasciato senza fiato.

Senza parole lo ero già.

Mio Dio, ma avete capito? Arden verrà con me, verrà con me! Non riesco ancora a crederci.

E probabilmente vivrà con me e mia madre visto che non ha altri posti dove andare.

Oddio, vivrò con Arden!

Non vedo l'ora di arrivare al lago, perchè adesso non ho più paura di fallire e di scatenare un'altra semi apocalisse.

Non ho più paura di me.

Ho capito quello che voglio.

Prima credevo che fosse stato tornare a casa, ma adesso so che non è così, che quello di cui ho bisogno è Arden. E se lui verrà con me, allora ce la faremo.

Finchè restiamo insieme, andrà tutto bene.

Mi perdo tra i miei pensieri e inizio a fantasticare sulla nostra futura vita insieme, tipo da sposini. Lui per i primi tempi potrebbe dormire nel salone, poi chissà... Casa mia è grande e ci viviamo solo io, mia madre e Kika, potremmo aggiungere una stanza.

Ma quanto sarà bello Arden che mi viene a svegliare e mi accompagna a scuola? Quando mamma tornerà a casa tardi da lavoro e io non sarà sola, perchè insieme a me ci sarà Arden. Ce ne staremo stesi sul divano di fronte la TV, abbracciati e raggomitolati sotto la copertina per combattere il freddo, e a sgranocchiare patatine.

La mia vita non mi è mai sembrata così allettante.

Mi perdo tra i miei pensieri, dicevo, e non mi rendo conto che siamo arrivati.

-Eccoci qui- mi comunica Arden in tono grave.

Siamo al lago, adesso dovrò solo essere forte. Vedo l'ingresso del tunnel, e so che ce l'ho quasi fatta. Sto per tornare a casa.

Stiamo per tornare a casa.

 

 

 

Ma ssalve :D
Chiedo umilmente scusa per il ritardo (sob!) e ne approfitto anche per fare gli auguri di Pasqua al popolo di EFP! :D
Un bacione a tutti voi che leggete questa storia <3 <3

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Capitolo 15
*** 15. Il tunnel ***


15. IL TUNNEL

 

È bello fuggire se ti sembra giusto e lo vuoi:
mentre chiudi la porta alle spalle ti senti più vivo,
la strada è sempre prateria sconfinata e il treno, è una lunga promessa.
Ma quando il treno si muove, il vagone diventa una gabbia senz'aria,
il domani un tunnel che ti condurrà chissà dove

Oriana Fallaci
 

 



E' proprio come me lo ricordavo.

Lo specchio d'acqua è ampio e cristallino, mentre più in là c'è l'entrata del tunnel.

Non è molto lontana.

-Okay, andiamo- dico e faccio per tuffarmi, più determinata che mai. Ma Arden mi blocca tendendo un braccio davanti a me.

-Che c'è?- tento di protestare.

-Non essere sciocca- mi rimprovera-Non dobbiamo commettere passi falsi-

-Passi falsi? Stai scherzando! Non c'è nessun pericolo in acqua e lo sai anche tu. Il vero pericolo è dentro di me, ma la mia voglia di tornare a casa è più forte- replico.

-Non ne dubito, ma è meglio non esagerare. Io sono convinto che tu voglia tornare a casa, ma allo stesso tempo temi quello che potresti trovare lungo il tuo cammino- mi spiega in tono pratico.

Be', devo ammettere che il Castello mi fa ancora paura. Tanta, a dire il vero. Sì, forse Arden ha ragione, è meglio stare in guardia.

E ne ho la conferma quando un'onda particolarmente alta si abbatte sulla riva, su di noi, costringendoci ad indietreggiare.

-Cavolo- esclamo.

Mi volto a guardare Arden, ha i vestiti completamente fradici per gli schizzi. -Scusa- gli dico, mortificata.

Lui scuote la testa.-Non importa, era prevedibile. Adesso però concentrati, chiedi a te stessa cos'è che vuoi- mi incita.

-Io voglio tornare a casa, con te-

Arden sorride dolcemente.-Bene, e adesso ripetilo, ad alta voce.-

Stringo i pugni e fisso l'acqua del lago con aria ostile.-Io voglio tornare a casa!-

Il cielo plumbeo sopra di noi riflette lo stesso grigio spento degli scogli. E' un'atmosfera talmente cupa che mi scoraggia, annienta tutta la mia determinazione.

Ma non posso permetterglielo.

E' solo che... Tutto questo scenario mi ricorda lo scenario del Castello, e io... ho paura di tornarci, non voglio, non ce la faccio. Rivivo mentalmente la scena dei corvi che mi aggredivano e la sensazione di terrore che mi ha assalito mentre salivo le scale.

Per la prima volta da quando è iniziato tutto questo, mi chiedo il perchè.

Sì, insomma, perchè sta succedendo? Perchè sta succedendo a me?

Mi giro di scatto verso Arden, dando le spalle al lago. Fino a un minuto fa ero convinta di potercela fare, ma adesso so che non è così. Ho troppa paura del castello, ho troppa paura di quello che mi aspetta. E' come se tutto in quel posto risvegliasse in me un terrore antico, quasi atavico. Smuove parti di me che preferirei rimanessero ferme e tocca punti della mia anima che a lungo ho cercato di rafforzare. Non voglio andare al Castello, preferisco morire.

Solo adesso mi accorgo che quando perdiamo la lucidità, quando siamo sopraffatti dalla paura, emerge quello che siamo davvero. Nel mio caso, una codarda.

Magari quello che sogno è davvero passare la mia vita con Arden, nel mondo reale, senza pericoli. Ma il prezzo è troppo alto.

I battiti del mio cuore accellerano e faccio fatica a respirare. Percepisco appena i nuvoloni neri che iniziano ad addensarsi sopra di me, il rombo dei tuoni che scuote il terreno.

-No, Lia. No! Calmati, calmati!- mi incita Arden, posandomi le mani sulle spalle e scuotendo forte. Io però non lo sento, non lo vedo nemmeno. La mia mente è lontana anni luce.

-Ho paura... Voglio andare via...- è tutto ciò che riesco a dire prima che un'onda altissima mi afferri strappandomi dalle mani di Arden e mi trascini sott'acqua.

Ho a malapena il tempo di urlare.

E me ne pento, perchè tramite la bocca aperta l'acqua mi si insinua nella gola e raggiunge i polmoni, risvegliando una sensazione che ho conosciuto -purtroppo- solo pochi giorni fa.

Sprofondo nel baratro che io stessa ho creato e dal quale questa volta non lotto per uscire. Sto per morire, ma va bene così.

Devo solo trovare un modo per rendere la mia agonia più veloce possibile. Dovrei sforzarmi di ingoiare acqua, così da morire soffocata prima che annegata. Sì, devo fare così.

Sbatto pigramente le palpebre, i miei polmoni mi implorano di respirare, ma non cerco di accontentarli. Tutto sembra così calmo qua sotto, le onde che si stanno accavallando in superfice non si vedono neanche. Farò una bella morte. Calma, forse nemmeno troppo dolorosa.

Apro la bocca e sono quasi felice mentre provo ad inghiottire l'acqua. Solo che non ci riesco. O meglio, il mio corpo si rifiuta di farlo.

Si sta ribellando, l'istinto di autoconservazione è più forte.

Ma la mia volontà lo è di più.

Devo ingoiare l'acqua, altrimenti morirò annegata e sarà atroce. L'esperienza mi è bastata una volta.

-Cecilia, Cecilia non arrenderti!- ma come fa la voce di Arden a raggiungermi qui sotto?-Credevo che fossi più forte, evidentemente mi sbagliavo. Sei solo una ragazzina-

Ah-ah.

Lo so cosa sta cercando di fare, ma non ci casco.

Lui non può sapere quanto sia terrorizzante il Castello per me.

Ma è l'ultimo pensiero che riesco a formulare.

Precipito nell'abbisso del dolore che mi prosciuga le energie e ogni parte del mio corpo inizia a formicolare, ad addormentarsi. Mi viene da piangere, devo assolutamente prendere aria.

No, devo rimanere qui.

Tra un po' sarà tutto finito, devo tenere duro ancora per un po'.

Stringo i pugni.

Arden...

Il mio ultimo pensiero va a lui, alla sua voce che cerca ancora di motivarmi, anche se ormai non riesco a capire bene le parole. Però so che mi sta incoraggiando, lo capisco dal suo tono di voce.

Forse crede che io stia lottando, che possa ancora farcela. Be', mi dispiace per lui. Si sbaglia.

Per me è finita, ed è meglio così. Credo.

Certo che è meglio.

Ecco, adesso la sua voce non è neppure più una voce. E' un ronzio.

Va tutto bene, va tutto bene.

Scusa, Arden, ma non ce la faccio a vivere, è troppo complicato per me. Credevi che fossi più forte, magari ti sei innamorato di me per questo. Mi dispiace davvero, te lo giuro. Queste parole non ti arriveranno mai, ma ho bisogno di dirle, ho bisogno di dirti addio come si deve.

Forse non mi perdonerai mai per averti abbandonato, per averti chiesto di venire con me a casa, e penserai che ti abbia mentito, ma ti giuro che non è così. Io mi sono davvero innamorata di te, ho provato quell'amore di cui tante volte ho sentito parlare ma che non avevo mai sperimentato. Sarò per sempre in debito con te.

Tu, che mi hai fatto sentire la più bella, la più speciale. Che mi hai insegnato a credere in me stessa. Che mi hai fatto stare bene anche quando non lo volevo.

Che mi hai fatto sentire viva.

Che hai reso la mia vita più bella di quanto avrei mai pensato.

Il buio mi circonda, anche se sono abbastanza sicura di avere gli occhi aperti. Proprio come l'altra volta, non sento più niente. Il dolore non esiste, è come se non avessi nemmeno più un corpo.

Eppure, in questi brevi istanti che mi separano dalla morte, vedo proiettarsi le immagini di come sarebbe stata la mia vita con Arden, di noi due insieme a scuola, a casa, stesi sul mio letto a fissare il soffitto e a parlare di quanto siamo fortunati a stare insieme. Rivedo anche il viso dolce di mia madre, il sorriso sicuro di Kerr, risento le voci dei miei amici,e mi dispiace tantissimo doverli deludere.

Ma è davvero questo che voglio?

Sì, certo.

No, posso ancora farcela.

E' troppo tardi.

Ho detto di no.

-No!- urlo, ma so che non ho aperto davvero le labbra, è più che altro un urlo interiore. Ma così forte che mi sento esplodere come una bomba, e vengo avvolta da un fascio di luce accecante che si alza intorno a me come una barriera. Ritorno a respirare. Tossisco convulsamente, cado in ginocchio e mi tengo lo stomaco con le braccia. Mi fa male ogni singola parte del corpo, ma so che sono viva. Sono viva e sono anche una stupida per aver desiderato così intensamente la morte. Ho passato tutta la mia vita a cercare di non deludere le persone che amo, non fallirò proprio adesso.

Mi alzo in piedi e cerco di non cadere. Poi, urlo con tutto il fiato che mi è rimasto.

Il mio è uno strillo acuto, prolungato. Non so esattamente quanto duri, ma so che spalanco talmente tanto la bocca che devo chiudere gli occhi, e quando li riapro sono nel bel mezzo di una conca. Vuota.

Ho prosciugato tutta l'acqua del lago.

-Basta, Lia. E' finita!- sento a malapena la voce di Arden che si avvicina a me, e le sue mani che mi stringono.

Sbatto le palpebre confusa, guardandomi intorno.-Cosa... l'acqua...- riesco a mormorare con voce roca. Stranamente, non percepisco più l'acqua nei polmoni. E' come se la colonna di luce che ho visto prima li avesse svuotati.

Quando riesco a mettere bene a fuoco i lineamenti delicati del volto di Arden, lo abbraccio forte e affondo la testa sulla sua spalla, scoppiando in lacrime.-Scusa... Scusa...- mormoro tra i singhiozzi. Lui ricambia la stretta.-Non dirlo neanche per scherzo. Sei qui, e questo è l'importante- mi consola con voce dolce.

-Sì, ma... ti ho deluso-

-Lia, non mi hai deluso- mi ribadisce paziente-Mi avresti deluso se avessi scelto di rimanere sul fondo del lago e di morire così. Ma non l'hai fatto. Non importa se stavi per farlo, quello che conta è che non l'hai fatto-

Non riesco più a replicare, le lacrime sono bollenti sulle mie guance e non hanno intenzione di fermarsi. E' come se tutta l'acqua che ho prosciugato fosse finita dentro di me (be', in un certo senso è così, visto che sono stata io a crearlo) e adesso stesse uscendo tutta in una volta.

-Forza, Lia. Adesso è quasi fatta. Siamo vicini al tunnel- Arden mi scosta delicatamente e si alza in piedi, poi mi allunga una mano per aiutarmi. Io accetto l'aiuto, barcollo ancora un po'.

Mi appoggio a lui per farmi forza e raggiungiamo agevolmente il tunnel, ormai è una passeggiata. Letteralmente.

Quando arriviamo alla stretta insenatura, Arden si blocca.-Vado prima io- mi dice con un tono che non ammette repliche. Io annuisco.

Arden riesce agilmente ad entrarci e per un po' rimane all'interno senza dare segni di vita. Inizio a preoccuparmi.-Tutto bene?- la mia voce sta piano piano riacquistando fermezza.

-Sì, puoi venire- mi risponde lui. La sua voce rimbomba attraverso le pareti rocciose, così io non sono sicura di aver sentito la voce originale o l'eco.

Però obbedisco.

In realtà non sono mai stata molto agile, ho sempre odiato la pallavvolo e gli altri sport. Be', magari saranno pure bellissimi, ma tutte le volte che a scuola mi trovavo nel belmezzo di una partita di pallavvolo mi sentivo come un elefante in un negozio di cristalli. Ero (sono) lenta e imbranata, e la maggior parte delle volte la palla mi finisce in faccia più che sulle mani.

In ogni caso adesso è diverso, devo riuscire ad entrare nell'insenatura (accidenti a me che l'ho fatta così stretta, non poteva essere almeno un pochino più larga?) senza far capire ad Arden che disastro che sono. L'orgoglio me lo impedisce, non chiederò mai il suo aiuto.

Mi isso sulle braccia e forse prendo un po' troppo slancio, perchè atterro sulla pancia con un tonfo sordo. Riesco a mettermi in piedi, ma non vedo niente. O meglio, all'inizio c'è ancora il flebile bagliore che penetra nell'insenatura a rischiarare il buio, ma dopo qualche metro

più niente. E non c'è nemmeno traccia di Arden.

-Arden?- chiamo. Dal soffitto cadono gocce di umidità e la mia voce si disperde tra le rocce. Se voi sapeste la paura che ho in questo momento di inciampare e morire

-Arden?- chiamo di nuovo, questa volta a voce un po' più alta. Ma tremolante.

Oddio, perchè non mi risponde?

Continuo a camminare appoggiandomi a una parete spigolosa, anche se non so dove sto andando.

-Lia?- sento a un certo punto, ed è la stessa sensazione piacevole di quando sono uscita dall'acqua e ho potuto respirare. Questa è la voce di Arden.

-Lia?- riprova.

-Arden, dove sei?- affretto il passo, non mi piace starmene qui al buio tutta sola. E' una paura sciocca e un po' infantile, ma non posso farci niente.

Cammino così in fretta che a un certo punto vado a sbattere contro qualcosa e caccio un urlo. Poi la cosa mi stringe per le braccia e mi impedisce di andarmene. Il mio cuore batte così forte che temo sia sul punto di esplodere. Comunque non rinuncio a dimenarmi.

-Lia, sono io, sono Arden-

Ah, dunque la superfice dura contro cui ha sbattuto la mia testa è il petto muscoloso di Arden.

Però, non credevo fosse tanto più alto di me, non me n'ero mai accorta.

-Mi hai fatto prendere un colpo!- lo rimprovero, ma mi pento subito di averlo detto.

-Be', anche tu, poco fa. Pensavo avessi deciso di morire.- è la prima volta che Arden usa un tono così risentito nei miei confronti, ma me la sono cercata. Ed è come una pugnalata, perchè la cosa peggiore è che so che ha ragione. Ha dato voce ai miei pensieri e vuol dire anche che quando prima mi ha detto che l'importante era che fossi viva, mentiva.

-Lia, scusa...- cerca di ritrattare, evidentemente ha capito dal mio silenzio e da come ho mi sono irrigidita quanto mi hanno colpito le sue parole.

Mia madre ripete sempre che le parole possono ferire più di una lama.

Ultimamente sto apprezzando tutti gli insegnamenti di mia madre ai quali prima prestavo a stento ascolto.

-Non fa niente- dico, anche se non è vero.-Allora andiamo?- la mia voce è gelida, grazie al cielo. Non traspare la voglia che ho di piangere in questo momento.

Se non altro c'è un vantaggio nello stare nel buio totale. Arden non può vedermi piangere.

-No, Lia... Mi dispiace davvero. Non lo pensavo...- ci riprova, ma io lo blocco anche stavolta. E anche stavolta facendo riferimento a un altro dei proverbi della mia saggia mamma.-No, tu lo pensavi eccome. Non diciamo mai le cose a caso. Magari adesso te ne penti veramente, ma quando hai parlato, poco fa, avevi davvero intenzione di ferirmi-

Arden rimane in silenzio per un po', poi però parla.-Forse hai ragione- ammette.-Ma tu non hai idea di come sia stato vedere che non riemergevi, capire che avevi deciso di morire. Che la tua paura del Castello era più forte del tuo amore per...- si ferma, riacquistando fermezza.-Non importa- taglia corto.

-No, invece importa. Perchè io sono qui, e se sono qui vuol dire che anche se all'ultimo secondo, io ho scelto te. Ho scelto il mio amore per te- lo rimbecco, quasi urlando.

-Lo so, Lia. Scusami- dice a bassa voce. Sento i suoi passi sulle rocce umide e so che ha ripreso a camminare. Io istintivamente lo imito.

-Solo una cosa, Arden. Mi dici come fai a vedere al buio?- gli chiedo dopo che per la decima volta sto per inciampare.

-In realtà è semplice- mi spiega.-E' la forza della suggestione. Tu sei convinta che sia buio, e quindi non vedi. Ma qui è diverso, questo posto l'hai creato tu. Smettila di credere che sia buio e inizierai a vedere.-

Io ci provo, e piano piano il paesaggio inizia a farsi più nitido, più chiaro. E' come se qualcuno avesse acceso una lampada. Adesso ci vedo.

Siamo in un lungo tunnel dalle pareti e il pavimento roccioso, dal soffitto pendono stalattiti e gocce di umidità. Non si vede la fine.

-Wow- esclamo a bassa voce.

-Già.- adesso vedo anche le spalle di Arden che sta camminando davanti a me. Lo vedo girare appena la testa e sorridermi incoraggiante.-Su, andiamo, ora.Ormai manca poco.-

“Poco”, dice lui.

Come se il Castello Nero fosse “poco”.






Ed eccovi il nuovo capitolo, hold on, le cose stanno per finire (e cambiare...) <3

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Capitolo 16
*** 16.Black out ***


III PARTE
 

16. BLACK OUT
 

I black out sono improvvisi e quando arrivano ci lasciano senza fiato. 
Dobbiamo solo essere solo abbastanza forti da trovare la torcia più vicina e fare luce.
Anonimo

 

Il tunnel è più lungo di quanto pensassi.

Mi fanno male le gambe per quanto ho camminato e tutto ciò che voglio è sedermi e riposarmi (be', a parte tornare a casa). Arden come al solito non è stanco, o almeno non lo dimostra. Sta davanti a me come ai vecchi tempi, ma mi rendo conto che questa situazione è diversa anche per lui. Non sappiamo cosa ci aspetti.

Avanziamo lentamente, ogni tanto Arden si volta per chiedermi se sto bene, e io annuisco sempre. Per fortuna.

-Okay- dice a un certo punto, fermandosi.-Qui va bene- dai movimenti della sua nuca, capisco che si sta guardando intorno.

-Va bene per cosa?- domando confusa.

-Per fermarci- mi dice come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

-Ma pensavo che dovessimo fare tutta una tirata...- non so neanche io perchè sto protestando. Dovrei stare zitta e basta, lieta di potermi sedere. E invece no. Che idiota che sono. Forse in fondo in fondo ho davvero voglia di arrivare al Castello. Sarà la consapevolezza che prima ci arrivo prima potrò vivere il mio “felici e contenti” con Arden. Ma so che non è solo questo.

Sì, più in fondo c'è anche un'altra sensazione che mi punge come uno spillo, e che io identifico come curiosità. E' da tanto tempo che non sono curiosa di qualcosa.

Più che altro tendo ad essere spaventata.

Credo che il mondo si divida in due grandi gruppi di persone; quelle che di fronte ad una situazione nuova vengono assalite dalla curiosità e quelle che invece vengono assalite dal panico. Ecco, io sono una di queste. E per tutta la vita ho cercato di cambiare me stessa, invano.

Adesso però sento che c'è qualcosa di diverso in me.

Il Castello non mi incute più solo soggezione, ma ora voglio sapere cosa mi aspetta, cosa dovrò affrontare. Quasi quasi non vedo l'ora di scoprirlo.

-Lia, allora?- mi richiama Arden.

Ops, mi sono persa tra i miei pensieri.

Cosa mi aveva chiesto?

-Cosa?- gli dico, alquanto confusa.

-Ho detto che qui è un buon posto per fermarci. Ti va?- ripete pazientemente.

-Se mi va? Be', certo.- dico, lasciandomi cadere come un sacco di patate. Arden mi osserva e sorride divertito.

-Sei unica- commenta, più a se stesso che a me.

-Come?- faccio finta di non aver sentito.

-Ho detto che sei unica- mi guarda negli occhi e come al solito io mi sento sciogliere.

Arrossisco fino alla punta del naso.-E' un complimento?-

-In un certo senso- mi sorride enigmatico, poi si lascia andare contro la parete di roccia. Chiude gli occhi.

-Sei stanco?- gli chiedo.

Risponde senza aprirli.-Tu no?-

Annuisco, anche se so che non può vedermi. Ma in realtà sono troppo stanca perfino per parlare. Rimango in silenzio e osservo le rocce sporgenti che compongono la parete e disegnando con la mente strane figure. Quando ero piccola lo facevo con le linee del soffitto della mia cameretta quando non riuscivo a dormire. Me ne stavo a fissare il soffitto per ore, immaginando e tracciando mappe del tesoro sul soffitto della nostra vecchia casa. Era molto efficace per addormentarmi.

E anche adesso sento la stanchezza che inizia ad avvolgermi.

Ho le palpebre pesanti e anche Arden sembra essersi addormentato.

Gli eventi degli utlimi giorni mi hanno decisamente provata.

Smetto di opporre resistenza, mi addormento.

Il buio è tutto ciò che vedo, che mi circonda.

Finchè Arden non decide di svegliarmi. Lo fa abbastanza delicatamente, ciò che è giusto. Ma avrei preferito continuare a dormire.

-Lia, Lia. Andiamo, forza- mi sussurra.

Apro gli occhi e sbadiglio, mettendo a fuoco il posto in cui mi trovo. Sono tutta indolenzita, le pareti rocciose non sono il posto migliore su cui sdraiarsi per dormire. E poi ho anche fame.

Quand'è stata l'ultima volta che ho mangiato? Non mi ricordo nemmeno.

-Arden... c'è qualcosa da mangiare?- gli chiedo.

Lui mi guarda come se avessi detto un'assurdità.-No, perchè?-

-Be', perchè ho fame- replico, leggermente spazientita.

-Ah- è tutto ciò che dice.

-Tu no?- chiedo stupita.

-Sì, ma non ho portato provviste. Infondo stiamo per andarcene, giusto? Credevo che saresti riuscita a resistere...-

Stiamo per andarcene”. Quanto lo amo.

-Be', sì, ma... Lascia stare- taglio corto. E' inutile fare discussioni, non c'è niente da mangiare. Punto.

Però mi sento troppo debole, e Arden avrebbe potuto portare qualcosina, visto che sto per affrontare il Castello e Dio solo sa quante energie consumerò.

Possibile che Arden creda che per me sarà solo una passeggiata?

Possibile che abbia ancora tutta questa fiducia in me?

Ne sono quasi commossa, non voglio deluderlo di nuovo. Terrò duro; resisterò, come dice lui.

-D'accordo, però credo sia meglio riprendere il cammino.- mi annuncia, alzandosi in piedi. Ma dove trova tutta questa energia?

Sbuffando lo imito e riprendiamo a camminare. Vorrei tanto sapere che ore siano. Così, giusto per curiosità. Il mio stomaco brontola, ma spero non faccia troppo rumore. Mi sento debole e svuotata, la testa mi gira. E' come se dovessi svenire da un momento all'altro.

Cavolo, quanto sono debole.

Ho anche la nausea.

No, non posso cedere. Devo fare come fa Arden, non posso arrendermi proprio ora che sono così vicina. Sì, perchè se c'è una cosa che ho imparato annegando per due volte in due giorni, è che sono diventata più forte. Sul serio, qualcosa è cambiato in me. Adesso sono sicura, determinata, forte.

E non cederò, dovesse essere l'ultima cosa che faccio.

Però quando arriveremo al Castello, lì sì che saranno guai. Io ce la metterò tutta, okay, ma non so quello che mi aspetta, e anche se in parte mi incuriosisce, sono comunque terrorrizzata.

E stanca, stanca da morire.

Sbuffo e nel frattempo mi torna in mente qualcosa di cui non mi ero mai accorta.

Il libro che mi ha dato Collins si chiama “I viaggi”, e inizialmente mi ero chiesta perchè visto che si chiamava così dovesse parlare dei sogni. Non ci avevo poi prestato molta attenzione dando sfogo alla mia parte poetica e definendo i sogni come “i viaggi della nostra mente” e roba varia. Solo adesso capisco che “I viaggi” andava preso alla lettera.

Chissà perchè mi è venuto in mente solo adesso. Forse dipende dal fatto che solo adesso, dopo circa una settimana, mi rendo conto di quanto siano stancanti i viaggi.

O almeno quelli a piedi.

Nei boschi.

Io non ho viaggiato molto nella mia vita, non sono mai nemmeno salita su un treno. Su un aereo sì, ma su un treno no.

E nemmeno mai su una nave da crociera. Può sembrare strano, ma sono paranoica come poche.

Ho le vertigini, soffro di mal d'auto e mal di mare e di tutte le paure di cui una persona può soffrire.

Anche se dopo tutto questo non so come sarò quando tornerò a casa.

Mio Dio, a casa.

Non vedo l'ora.

E cosa dirò a mia madre su Arden? Non ci avevo mai pensato. Be', questo è un problema secondario. Potrei dirle che è un ragazzo orfano di cui mi sono innamorate e che voglio ospitare in casa. Sì, così è sicuro che mi chiude in manicomio.

Comunque sia, quando sarà il momento si vedrà. Sono decisa a non rinunciare ad Arden e non ci rinuncerò.

A proposito, tra le altre cose che intendo fare appena sarò a casa è fare pace con Kerr e parlare con Collins. Avrà tante cose da spiegarmi, e questa volta non se la caverà con un semplice “al momento giusto lo saprà”.

-Ci siamo quasi, Lia- Arden mi risveglia dai miei pensieri.

-Eh?-

-Guarda-

E solo adesso mi accorgo che davanti a noi si apre un'insenatura nella roccia dalla quale entra una luce talmente forte che devo chiudere gli occhi.

E' la luce in fondo al tunnel.

Arden mi prende per mano.-Coraggio, Lia. Adesso dobbiamo saltare.-

Anche se non vedo dove e perchè dobbiamo saltare, mi fido di lui e salto.

Percepisco di stare cadendo nel vuoto, ma è una cosa veloce, evidentemente il salto non doveva essere molto grande. Forse un metro.

Atterro in modo molto imbranato, barcollando per un bel po' prima di riacqustare l'equilibrio e poter aprire gli occhi.

-Eccoci qui- dice Arden, un sorriso soddisfatto gli illumina il viso.

E poi capisco cosa intenda per “qui”.

Siamo in un prato, l'erba si piega per il vento forte. Il cielo è bianco e c'è molta nebbia, ma in fondo riesco bene a vedere la struttura forte e imponente e nerissima del Castello Nero.

Smetto di respirare, ma so che sto ancora tenendo la mano di Arden, per cui la stringo prima che lui abbia la brillante idea di lasciarla.

-Arden...- mormoro.

-Tranquilla, Lia. Ormai è fatta. Andiamo- dice con voce sicura. Ed è proprio questo che amo in lui, il fatto di essere così diverso da me. Lui mi completa.

E' sempre sicuro, riflessivo, intelligente. Non si fa subito prendere dal panico come me.

Sono convinta che nel tempo che passeremo insieme, io diventerò una persona migliore.

Continuo a camminare mano nella mano con Arden. Il vento si fa sempre più forte e scompiglia i miei già crespi capelli.

Man mano che ci avviciniamo all'ingresso, riconosco i disegni e le incisioni sul portone, e inizio a tremare e ad ansimare.

-Calmati, Lia- mi incoraggia Arden, stringendomi la mano un po' più forte.

-Sì, sono calma. Calmissima.- mento.

Lui mi guarda poco convinto e alza gli occhi al cielo.

Sento le gambe pesanti e tutto ciò che voglio è che tutto questo passi in fretta, che io possa tornare a casa mia in tutta tranquillità.

Okay, devo respirare, altrimenti è peggio.

L'ansia non risolve nulla.

Devo farmi forza, è la mia unica possibilità.

Certo, c'è Arden, ma questa cosa devo affrontarla da sola. E' la mia paura, è il mio scenario, e solo io posso uscirne.

Ma quanto manca? Il Castello è così vicino eppure così lontano. Non ce la faccio, non ce la faccio.

No, ce la devo fare. Non posso mandare tutto al diavolo proprio adesso.

Alzo gli occhi al cielo, e vedo che è solcato dai corvi.

All'inizio sono pochi, poi se ne aggiungono altri, poi altri ancora. Alla fine sono talmente tanti da oscurare il cielo e renderlo una macchia oscura sopra la mia testa.

I corvi, giusto.

Mi ero quasi dimenticata dei corvi.

-Cecilia, giù!- mi urla Arden, strattonandomi e buttandomi a terra. Lui è sopra di me, mi fa da scudo.

I corvi iniziano a scendere in picchiata verso di noi.

Urlo, strillo, anche se so che è inutile.

Mi sono fatta male, Arden mi ha spinto a terra con troppa forza, anche se aveva le migliori intenzioni.

Il peso del suo corpo mi schiaccia e non riesco a respirare. Faccio per alzare la testa, ma la mano di Arden me la riabbassta prontamente. Io sbatto con la fronte sul terreno e rimango un po' stordita. Cavolo, ma sta cercando di uccidermi?

-Non guardare!- mi ordina tra i denti.

Vorrei chiedergli il perchè, ma non riesco a parlare.

Il vento sta diventando sempre più forte e mi ricordo che nel mio primo sogno in effetti era fortissimo e fui costretta ad entrare nel Castello proprio perchè una specie di tromba d'aria rischiava di spazzarmi via.

Ho la testa affondata nel terreno sotto la spinta della mano di Arden.

Non riesco a vedere niente, ma i fili d'erba mi solleticano il naso e starnutisco più volte. La terra mi finisce in bocca e nelle narici, e rischio di soffocare. Tossisco a più non posso per risputarla, ma sono letteralmente spalmata al suolo.

Ogni muscolo del corpo mi fa male.

Penso che Arden mi stia rompendo una ventina di ossa e mi stia slogando le restanti.

Un dolore lancinante mi colpisce la testa, come se qualcuno ci avesse infilato un coltello. Non posso urlare perchè ho la faccia affondata nella terra, ma so che sto piangendo.

Tra i capelli sento scorrere un liquido caldo, e con orrore capisco che è sangue.

I corvi.

Mi stanno beccando.

Ma se stanno beccando me che sono sotto Arden, allora Arden...

Cerco di dimenarmi e di liberarmi, ma non posso. Arden è troppo pesante.

Cosa posso fare? Cosa posso fare per salvarlo?

Stupidi corvi, quanto li odio.

Un altro corvo mi becca la testa, e poi un altro e un altro ancora.

E' un dolore atroce, credo che presto mi ritroverò con il cranio scoperto.

Sto per svenire, il dolore è troppo.

Ma il pensiero di quello che potrebbe essere successo ad Arden non mi dà tregua.

E se... e se fosse morto? Se i corvi l'avessero ucciso? Se mi avessero strappato quel po' i felicità che ero così vicina a conquistarmi?

No, non posso permetterglielo.

Scoppio in un urlo silenzioso, interiore. Ma solo adesso, come una stupida, mi rendo conto che anche questo l'ho creato io e che solo io ho il potere di fermarlo.

E infatti, dopo a occhio e croce tre ore che urlo, il gracchiare frastornante dei corvi scompare. So che se ne sono andati.

Riesco a strisciare sotto al corpo di Arden e a liberarmi.

E' uno sforzo enorme, ho davvero tutte le ossa rotte e dalla testa cadono goccioloni di sangue che mi raggiungono la fronte e il viso, unendosi alle lacrime. La vista mi si appanna.

Ho così sonno...

Ma...

Non...

Posso....

Dormire...

Arden.... è..... in.... pericolo....

Gli occhi mi si chiudono.

Sprofondo di faccia a terra e mi addormento.



E rieccomi qui...muhahahahah.... quante novità! Spero la storia non vi stia deludendo, ma comunque vi ripeto di tener duro ancora un po'... <3 <3

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Capitolo 17
*** 17. Addio ***


17. ADDIO (?)

 

Non lasciarti sgomentare dagli addii,
un addio è necessario prima che ci si poss ritrovare.
Richard Bach

 


Quando mi sveglio, lo faccio di mia spontanea volontà. Non è stato Arden come al solito, e la cosa mi preoccupa. Ho la testa in fiamme e la vista appannata. Non riesco ad alzarmi in piedi.

Mi sposto dagli occhi alcune ciocche di capelli che scopro essere appiccicose e che mi macchiano i polpastrelli di... rosso?

Mio Dio, ho i capelli incrostati di sangue.

Mi siedo sulle ginocchia, non riesco a respirare. Il cuore batte all'impazzata e da una tempia all'altra partono fitte di dolore che mi lasciano senza fiato. Mi accascio su me stessa e se avessi qualcosa nello stomaco sono certa che avrei già vomitato.

Ma non posso rimanere qui inerme.

Devo trovare Arden.

Mi guardo intorno, e alla fine individuo il suo corpo a poca distanza da me. E' ai piedi di un albero, di faccia nel terreno. -Arden- vorrei urlare, ma non ci riesco. Ho la voce roca.

Cerco di mettermi in piedi per correre da lui, ma i piedi non mi sorreggono e le caviglie si torcono come se fossero tentacoli. Ho i gomiti sporchi di sangue e le braccia piene di lividi violacei, probabilmente prodotti dalla pressione che il corpo di Arden ha esercitato su di me quando mi ha protetta dai corvi.

Già, a proposito, che fine hanno fatto ora i piccoli mostri?

L'ultima cosa che ricordo era Arden che mi diceva di non guardare e mi sbatteva la testa nel terreno. Perchè voleva che non guardassi?

Striscio sui gomiti e mi dirigo verso il suo corpo, ignorando il dolore acuto della pelle che si lacera al contatto con il terreno, l'erba e la ghiaia.

Per fortuna adesso ci vedo meglio.

-Arden- mi ripeto, per ricordarmi che non posso fermarmi, che anche se ho tutte le ossa rotte, sono piena di lividi e contusioni, perdo sangue dalla testa, e ho le caviglie e i polsi slogati, non posso fermarmi.

Arden non lo farebbe per me.

Quando lo raggiungo, sembra passata un'eternità. I capelli mi si incollano al viso, bagnati di sangue e sudore. Faccio schifo, sicuramente puzzo anche.

Ma adesso non ho tempo di preoccuparmene.

Allungo una mano sulla schiena di Arden e sento che si muove in su e in giù, lentamente.

Sta respirando! Dio, ti ringrazio.

Sospiro di sollievo, ma devo trattenere un conato di vomito quando mi accorgo che il corpo esanime di Arden è completamente ricoperto di sangue.

Con uno sforzo enorme mi tiro su a sedere, con le gambe sbucciate e insanguinate incrociate tra loro. Strappo via la camicia di Arden, ignorando il sangue che mi imbratta le mani e la stoffa che si incolla alle mie dita. Mi incanto un attimo di fronte alla perfezione della schiena nuda e muscolosa di Arden. La sfioro con le mani e ricordo la prima volta che l'ho vista scoperta, mentre eravamo seduti sulle sponde del lago. Allora era così liscia, perfetta.

Adesso è uno scempio, un misto di ferite e sangue raggrumato e nerastro.

E tutto questo per difendere me, per farmi da scudo.

-Arden, sei un idiota!- dico, anche se so che non può sentirmi. Le lacrime mi rigano le guance, ma le ignoro, non le pulisco neanche. Se lo facessi, mi sporcherei il viso con il sangue di Arden; non credo di riuscire a sopportarlo.

Faccio appello a tutto il mio sangue freddo e non vomito, non urlo, non vado nel panico.

Sono cambiata, l'avevo già capito, ma adesso ne ho la dimostrazione.

Com'è che si dice? Non sai mai quanto sei forte finchè essere forte non è l'unica scelta che hai.

Cavolo se è vero!

Con la sua stessa camicia (o meglio, con i brandelli che ne rimangono) pulisco il sangue dalle ferite di Arden, poi lo volto e questa volta non posso non urlare.

Il suo bellissimo volto è attraversato da tagli lunghissimi ed è una maschera di sangue. Ha i capelli scompigliati e insanguinati, proprio come i miei.

Respira, Cecilia, Respira. Devo rimanere lucida, per il bene di Arden!

Gli pulisco il viso con il mio vestito lunghissimo, la sua camicia ormai è troppo sporca per essere utilizzata.

Quando buona parte del sangue è stata eliminata il suo viso sembra quasi quello di prima, se non fosse per le profonde ferite che lo attraversano.

E la cosa che mi spaventa di più sono i suoi bellissimi occhi chiusi.

-Arden...- mormoro, scuotendolo leggermente. Mi fanno male le spalle, le braccia e i polsi, ma non ci bado.

Farebbe molto più male sapere di aver perso Arden.

E all'improvviso mi chiedo se è così che si sia sentito lui mentre ero sott'acqua e non volevo riemergere. Solo ora capisco appieno la gravità di quello che ho fatto.

Come ho potuto? Sono stata un mostro.

-Arden, Arden ti prego...- lo chiamo, mentre piango a dirotto.

Cerco di scuoterlo un po' più forte.-Ti prego! Ti prego!- ho la vista appannata dalle lacrime, ma non ho bisogno di vedere per sapere che lui giace immobile.

Eppure lo sento ancora respirare.

Cosa posso fare, cosa posso fare?

Potrei immaginare qualcosa e farlo apparire... Ma cosa? Un medico?

Sì, certo. Come no.

Sono sola, adesso devo farcela con le mie forze.

Appoggio la testa sul petto di Arden e piango ancora più forte (se possibile), mentre gli accarezzo i capelli non più morbidi.

-Arden, ti prego. Ti prego, non lasciarmi- sussurro piano, non sapendo che altro fare.

-Ho bisogno di te...- e chissà forse mi aspetto una qualche magia in stile “La Bella e la Bestia” di Walt Disney, della serie che Arden venga avvolto da un fascio di luce e le sue ferite guariscano.-Io ti amo- dico anche, giusto per non farmi mancare nulla.

Ma non succede nessuna magia.

-Ti prego, ti prego...- sussurro, e all'inizio sono cullata dal movimento del suo petto che si abbassa e si solleva...

Ma poi si blocca.

Oddio, non sta più respirando!

Mi sento male, non ci vedo, sto per vomitare.

-Arden!!- strillo, l'adrenalina non mi fa sentire il dolore e ho la forza per scuoterlo.

-Arden!! Non lasciarmi! Arden!!- mi fa male la gola e il cuore mi batte all'impazzata. Sto così male che vorrei mettermi a correre e battere i pugni per terra come una bambina capricciosa.

Ma Arden non dà più segni di vita. E' morto.

-No!!- urlo a squarciagola, piangendo come non ho mai pianto in tutta la mia vita.

Ma è inutile. La mia parte razionale sa che è inutile, che scuoterlo e urlare non servirà a niente.

Non servirà a farlo rivivere.

Eppure lui con me ce l'ha fatta, una volta. Mi ha fatto rivivere, letteralmente.

Perchè lui è fantastico e io sono solo io.

-Scusa... Scusa....- dico a denti stretti e cerco di asciugarmi le lacrime, perchè voglio vedere un'ultima volta il suo viso, anche se adesso è pieno di tagli. Voglio vederlo e ricordarmi i suoi occhi di ghiaccio, la morbidezza delle sue labbra...

E mi chiedo di chi sia la colpa di tutto questo.

Mia, ovvio.

Ma anche dei corvi.

-Perchè??- urlo all'aere, con la testa rivolta verso il cielo.-Perchè???-

Ora sì che sono nel panico.

Cosa devo fare? Se dipendesse da me rimarrei qui, con lui. Aspetterei di morire, anche a costo di avere un'agonia lunga e dolorosa.

Ormai la morte non mi fa più paura, la vita sa essere peggiore.

Così rimango ferma, vicino al corpo di Arden, imbambolata.

Non riesco a muovere, o a parlare o a fare qualsiasi cosa.

Perchè non mi ha lasciato morire? Perchè mi ha salvato? Adesso lui si sarebbe risparmiato tutto questo. Sarebbe ancora vivo.

Davanti ai miei occhi fissi scorrono le immagini di quella che sarebbe potuta essere la nostra vita insieme, di tutta la felicità che avevo quasi raggiunto e che mi è stata strappata via da un gruppo di uccellacci odiosi.

Non so per quanto tempo rimango seduta accanto a lui. Ore, forse.

E poi capisco, all'improvviso, che non posso starmene qui senza far niente, sarebbe un'offesa nei confronti del sacrificio di Arden.

Lui è morto per permettermi di continuare, di andare avanti. Se rimanessi qui, la sua morte sarebbe stata inutile.

Così mi alzo a fatica, appoggiandomi a un tronco. Ormai non sento più il dolore fisico, quello interiore è talmente soffocante che non riesco a sentirne altri.

Raddrizzo il corpo di Arden, stendendolo in una posizione un po' più naturale, come se dormisse.

Mi chiedo perchè facciamo sempre questa associazione tra il sonno e la morte, come se potesse farci sentire meglio.

Be', nel mio caso non è così.

Perchè chi dorme può sempre essere svegliato, Arden invece non si sveglierà più.

Mi volto un'ultima volta verso di lui.-Addio, amore mio.- dico, mentre ancora le lacrime mi scorrono lungo le guance.

Poi faccio un respiro profondo e mi incammino verso l'ingresso del Castello.

Ricordo di aver pensato che ero curiosa per quello che mi aspettava qui. Bene, non avrei potuto essere più stupida.

Adesso non sono affatto curiosa.

Nè spaventata.

Sono solo furiosa, e mi piacerebbe tanto dar fuoco a questo schifosissimo Castello.

Ecco, magari potrei far appiccare con la forza della mente un meraviglioso incendio. E lo farò, assolutamente. Ma dopo che me ne sarò andata.

Mi sento vuota, come se di tutto l'amore che provavo un tempo non fosse rimasto più niente. Adesso sono solo colma d'odio, odio, odio.

Non è il massimo per una sedicenne.

Mi dirigo verso la porta del castello camminando. All'inizio.

Poi però inizio a correre, e più corro più mi sento meglio. Le gambe mi fanno malissimo e le caviglie sono slogate, quindi ogni volta che toccano terra è un'agonia, ma non importa.

Com'è che si dice? Sfogare il dolore interiore con quello fisico.

Funziona.

E già che ci sono inizio anche ad urlare e a piangere contemporaneamente, finchè non arrivo di fronte al portone del Castello.

Mi fermo un attimo, per fissarlo con tutto l'astio di cui sono capace.

So che questo posto non è reale, e che al massimo dovrei odiare me stessa, ma è molto più facile incolpare qualcun'altro dei propri errori, perchè trovare un colpevole e punirlo ci fa sentire meglio.

E' uno schifo, ma è così. E poi la morte di Arden non è una cosa meno schifosa?

Batto i pugni sul ferro del portone e mi ferisco le mani, ma va bene. Il dolore va bene.-Apriti!- gli ordino, e quello si apre.

Avrei preferito che avesse opposto un po' più resistenza, così avrei potuto continuare a sfogarmi contro di lui.

Muovo i primi passi nell'ingresso ampio e buio, proprio come l'ultima volta che l'ho visto. Non è cambiato niente.

E so anche dove andare.

Individuo subito la scala a chiocciola e inizio a percorrerla. Ancora una volta i polpacci mi fanno un male cane e ho l'affanno, ma mi sento bene. Almeno ho la mente impegnata e non penso in continuazione ad Arden e a quello che ho perso.

Il rimpianto è la sensazione più brutta che una persona possa mai provare.

La scala è lunga proprio come ricordavo.

Quando arrivo sono stremata, e vorrei buttarmi a terra. Il cuore sta per esplodermi e ho la vista appannata. Come se non bastasse ho perso molto sangue.

E sono digiuna.

Oh, Arden. Mi ritrovo a sorridere amaramente.

Mancava poco, aveva detto.

Non ce la faccio più, scoppio di nuovo a piangere.

E non riesco nemmeno a camminare.

Quindi gattono all'interno della soffitta da “film horror”, come l'avevo scioccamente definita la prima volta. Che poi era vero, tutto questo fa parte di un film dell'orrore.

Riconosco le ragnatele agli angoli e i mobili sparsi e accatastati l'uno sopra l'altro.

E poi magia.

Lo specchio.

Sto per avvicinarmi, ma una voce mi blocca alle spalle, facendomi trasalire.

-Ben fatto, Cecilia-

La riconosco subito e rimango paralizzata.

E' un timbro maschile, profondo, forse un po' rauco.

Mi giro lentamente, sapendo già chi mi troverò davanti.

-Salve, professore- dico.

Collins ricambia il sorriso.-Non è stupita di trovarmi qui?-

-Sa che c'è, prof?- replico-A questo punto non mi stupisco più di niente-

Il mio professore di matematica sorride soddisfatto.-Molto bene, tuttavia dovrà comunque avere la compiacenza di ascoltare quello che sto per dirle.-

Non mi importa niente, vorrei dirgli. Adesso che Arden è morto non mi importa più niente di nessuno, men che meno di me.

C'è una durezza nei miei pensieri e nel mio cuore che mi fa rabbrividire, ma forse non sarò mai più la stessa.

Mi limito ad annuire seccata.

-Mi dispiace molto per il suo compagno- dice Collins, e sembra sinceramente dispiaciuto.

Annuisco di nuovo, non mi va di parlarne.

Soprattutto con Collins.

-E adesso, per favore, mi ascolti.-

-
-
-

E vabbè, dai, non dico niente.
Ma NON E' FINITA QUI, ripeto, NON E' FINITA QUI! Chi avrà il coraggio di continuare a seguirmi, non se ne pentirà....

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Capitolo 18
*** 18. Ritorno ***


18. RITORNO

 


La persona che parte per un viaggio, non è la stessa persona che torna
Anonimo

 




-Bene, Cecilia, io direi di partire dall'inizio- esordisce Collins, alzando una sedia gettata a terra e sedendosi. Dovrei fare lo stesso, ma non mi va. Sono come paralizzata.

Il mio cuore ha smesso di battere insieme a quello di Arden. E capisco anche, solo ora, che quando ero arrivata alla conclusione che “il mio lato oscuro mi avrebbe creato problemi”, ci avevo visto giusto.

Osservo il viso rugoso di Collins e tutto quello che provo è odio.-Non mi interessa niente di quello che ha da dirmi- gli spiego in tono pratico.-Sì, forse tempo fa le ho chiesto perchè mi stava succedendo tutto questo. Ma adesso mi creda, non me ne frega niente.-

-Può essere- mi concede Collins.-Ma se davvero vuole tornare a casa dovrà ascoltarmi.-

Scuoto la testa con noncuranza.-Non voglio tornare a casa. Non fa molta differenza.-

-No? E' sicura? Cosa direbbe il suo amico che si è sacrificato per lei, per permetterle di tornare a casa, se sapesse che a lei non interessa?-

Le sue parole mi colpiscono come un pugno e mi mordo il labbro.-Avrebbe dovuto sapere che avrei preferito morire qui piuttosto che vivere senza di lui- dico, gelida.

-Forse al suo amico non importava. Lui l'amava a tal punto da permetterle di vivere che lei lo voglia o no.-

-Arden-

-Come?-

-Si chiamava Arden, e non era un mio amico. Era il ragazzo che amavo, c'è differenza.-

Collins sfodera un sorrisetto indecifrabile.-E' cambiata, sa Cecilia? Quando l'ho incontrata, due anni fa, era una ragazzina insolente e infantile, a cui interessava solo divertirsi con gli amici e nient'altro. Adesso è una donna.-

-Non sono qui per stare a sentire i suoi apprezzamenti. Voglio tornare a casa, per onorare la memoria di Arden, come dice lei. Quindi si sbrighi a parlare e io le prometto che fingerò di ascoltare-

Il mio professore di matematica sospira.-Va bene, allora. Vede, Cecilia, lei appartiene a una famiglia molto antica. I Waldorn. Mi dica, si è mai chiesta perchè suo padre l'abbandonò?-

-Non mi voleva abbastanza bene. Nè a me né a mia madre.- taglio corto.

-No, cara signorina, si sbaglia. Suo padre, proprio come lei, aveva il Dono, poteva viaggiare nei suoi sogni. Succede ogni vent'anni, e quando capì che stava per succedere, capì anche di essere troppo stanco per farcela, stavolta. Quindi decise di abbandonare lei e sua madre per risparmiarvi la sofferenza di dovergli dire addio.-

-L'abbiamo fatto lo stesso- gli faccio notare.

-Sì, ma come di certo avrà imparato, è molto più facile trovare un colpevole per le proprie sofferenze. Se lei avesse saputo che non dipendeva da lui il fatto di dovervi abbandonare, crede davvero che sarebbe riuscita ad avere una vita serena? Si sarebbe distrutta nella speranza che suo padre un giorno sarebbe potuto tornare. E suo padre non voleva condannarla a questa vita d'illusione. Invece così può sempre prendersela con lui, arrabbiarsi per averla lasciata e andare avanti come fanno molti altri ragazzi che vengono abbandonati dai loro genitori.-

-E lei come fa a sapere tutto questo?- gli domando scettica.

-Allora vede che un po' le interessa il mio racconto-

-E' che se proprio devo sentirla parlare, voglio capire quello che sta dicendo.-

-Come preferisce, Cecilia. In ogni caso, un passo alla volta. Le prometto che risponderò a tutte le sue domande.

Dicevo, la stirpe dei Waldorn è destinata a viaggiare nei proprio sogni, secondo un'antica maledizione che fu gettata su di voi nel medioevo. A quanto pare un suo progenitore era re di un popolo ricco e prospero. Era una brava persona, ma come spesso accade, si lasciò corrompere dal potere e ne divenne sempre più assetato.

Condusse molte guerre di conquista, e presto divenne uno dei re più potenti e temuti della Terra. Durante una delle tante guerre, arrivarono in una cittadina dal nome ignoto, ma che i libri narrano fosse abitata da un popolo pacifico e colto.

Quando questo decise di non arrendersi, come facevano ormai tutti gli altri Paesi, il suo avo non solo gli dichiarò guerra e vinse, ma ordinò che la città fosse rasa al suolo e incendiata. Ora, questa città era sotto la giurisdizione di un mago molto potente, che più e più volte portò offerte ai conquistatori nella speranza di salvare il suo popolo. Ovviamente, il suo avo accettò sì le ricche offerte, ma non rinunciò ai propri progetti di vendetta.

Così, la notte prima del grande incendio, scagliò una maledizione sulla stirpe dei Waldorn. Tutti i discendenti sarebbero stati figli unici e destinati, ogni vent'anni, a viaggiare nei propri sogni, fino alla fine del Mondo.-

Sono senza parole.

-Come... Come si fa a fermare la maledizione?-

-Eh, cara la mia Cecilia, è da tempo ormai che io e suo padre cerchiamo di trovare una risposta. Sicuramente ricorda di avermi chiesto come posso sapere tutte queste cose.

Ebbene, io e suo padre eravamo migliori amici. Ci conoscemmo al liceo, proprio come lei e Kerr, ma lui, a differenza sua, decise di confidarsi con me. Mi raccontò tutto e da quel momento tentammo invano, per tutta la vita, di trovare un modo per eliminare la maledizione. Sfortunatamente senza successo.-

-Ma come faceva lei a sapere quando sarei finita nel mio sogno? Voglio dire, come poteva sapere la data precisa?-

-In realtà, Cecilia, mi sono basato sulle date di suo padre. Ricordo precisamente il giorno in suo padre partì, dicendo che voleva andare a passare il resto della sua vita in un posto sperduto del mondo, perchè aveva intuito da una serie di sogni premonitori, proprio come è successo a lei, che il momento era prossimo. Come le ho detto, io ricordavo la data e ho pensato, giustamente, che sarebbe stata la stessa anche per lei.-

-E... e il libro? Il libro che mi ha dato?-

-Ah, giusto. Be', le ho detto che io e suo padre abbiamo studiato molto, no? E abbiamo anche viaggiato parecchio per il mondo, visitando i popoli più antichi e i loro stregoni, per cercare di sciogliere la maledizione. Quando, circa una quindicina di anni fa, andammo in Svizzera, trovammo in libreria quel libro, e sfogliandolo suo padre si rese conto che molte delle cose che aveva sognato vi erano riportate. Prima di partire, me l'ha affidato.-

-Quindi lei sapeva che io ero la figlia del suo amico, no?-

-Sì, esatto.-

-E perchè cavolo ha sempre cercato di rendermi la vita un inferno, a scuola?- urlo.

-Perchè lei non studiava. E perchè ero curioso di vedere quanto assomigliasse a suo padre.-

-Sì, ma... ma perchè mi ha aiutato, alla fine? Perchè ha deciso di darmi il libro, se le ero così antipatica?-

-Lei non mi è poi così tanto antipatica, Cecilia. Diciamo che la apprezzerei di più se studiasse di più. Ma comunque non avevo molta scelta.-

-Perchè?-

-Mi fa finire di parlare o no? Vede, suo padre prima di partire mi fece promettere che le avrei dato il libro e l'avrei aiutata.-

-Be', non l'ha fatto!- sbotto.- Perchè non mi ha detto cosa mi aspettava, non mi ha preparata affatto, mi ha solo dato il libro! Se avessi saputo quello che avrei trovato ad attendermi al Castello, Arden adesso sarebbe vivo!- e le lacrime ricominciano a scorrere.

-Ma, mia cara Cecilia, come potevo saperlo? Nessuno, a parte lei, sa cosa c'è dentro la sua testa. I sogni cambiano da persona a persona.-

Mi manca il fiato.-Sì, ma... ma... perchè è qui adesso?-

-Perchè devo aiutarla ad uscire, proprio per adempire a quella promessa-

-E come ha fatto ad arrivare?-

-Vede, nel momento in cui ho fatto quella promessa a suo padre, sono stato automaticamente vincolato al mio obbligo. Ieri sera mi sono addormentato ed eccomi qui. La maledizione ha fatto tutto.-

-Prof., cosa sta succedendo nel mondo reale?-

-Lei è in coma, cara la mia Cecilia.-

Il mondo mi crolla addosso.-In... coma?-

-Sì, ma ovviamente i medici non sanno il perchè.-

-E mia madre? Come sta?-

-Come vuole che stia? E' distrutta. Viene a trovarla in ospedale ogni volta che può, considerato il suo lavoro.-

E' distrutta.

-E Kerr? E i miei amici?-

-Oh, anche per loro è lo stesso. Praticamente ogni pomeriggio le fanno visita. Hanno riempito la sua stanza di mazzi di fiori e cartelloni con su scritto “rimettiti presto!”-

Questo devo ammettere che mi fa piacere.

Anche se ho ancora un dubbio.

-Ma mia madre sapeva della maledizione?-

-No, suo padre non gliel'ha mai detto. Vi ha lasciato circa cinque anni prima che lui si addormentasse.-

-Quindi adesso nessuno sa dove sia...-

-Purtroppo no.-

-Ho capito.-

Restiamo in silenzio per un po'.

Ci sono così tante cose da assimilare, così tante informazioni da registrare. Una maledizione, ecco perchè ho dovuto passare tutto questo.

-Professore?- chiedo timidamente.

-Sì, Cecilia?-

-Mio padre... Mi voleva bene?-

-Più di quanto lei possa immaginare. E' anche per lei che ha dovuto andarsene.-

-Oh- è tutto ciò che riesco a dire.

Per tutto questo tempo ho odiato mio padre, accusandolo di averci abbandonato per egoismo, quando invece ci stava solo proteggendo.

Mi sento un verme.

-E adesso, Cecilia, se non ha altre domande da fare, io direidi andarcene da qui.-

Annuisco piano.

Arden... Quanto mi mancherà!

Ma perchè non sono annegata?

Collins si alza e si avvicina allo specchio.-Prima lei, mia cara?-

-Cosa devo fare?-

-Saltare. Si tuffi nello specchio.- mi dice con una punta di eccitazione.

Be', è comprensibile. Qual è il massimo divertimento di un professore di matematica? Risolvere un'equazione?

-Okay- gli dico.

-Io verrò subito dopo di lei.E' pronta-

Faccio segno di sì con la testa.

-Bene, allora.-

Non riesco a crederci, me ne sto andando. Eppure non era come avevo sempre immaginato, con Arden che mi sorrideva fiducioso e intrecciava le sue dita alle mie.

No, adesso lui è morto.

E me ne sto andando con Collins.

-Al mio tre- riprende il professore.-Uno... Due... Tre!-

E io salto, “mi tuffo” nello specchio, il cui vetro è molto simile al lago nel quale per ben due volte ho rischiato di perdere la vita.

Vengo sbalzata nel vuoto assoluto, tutto intorno a me è azzurro. Sto volando (cadendo, per la precisione), ma la cosa non mi fa alcun effetto. Non sono spaventata o eccitata.

Sono solo impassibile.

-Tutto bene, Cecilia?- mi urla Collins da dietro.

-Si- gli rispondo.

Per lui sì che tutto questo è divertente. Vorrei prenderlo a pugni.

E poi la nostra caduta si ferma. Di colpo.

Sono in una stanza d'ospedale, sto cadendo dal soffitto.

Sotto di me c'è un letto, accanto al quale è seduta mia madre.

E nel letto, addormentata, con una decina di flebo nei polsi e il tubicino dell'ossigeno nel naso, ci sono io.

O meglio, il mio corpo.



Ed ecco qui il nuovo capitolo, ormai è quasi finita! Ringrazio tutti coloro che hanno recensito il precedente capitolo, non mi aspettavo che foste così in tanti! Grazie di cuore <3

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Capitolo 19
*** 19.Il ballo ***


19. IL BALLO
 

The sun goes dawn
the stars come out
and all that count 
is HERE and NOW
-Glad you came




E' passata una settimana da quando mi sono risvegliata in quel letto d'ospedale, tra le lacrime di gioia e gli abbracci di mia madre. Sono rimasta in osservazione per circa tre giorni, durante i quali ho ricevuto le visite continue di Kerr e di tutti i miei amici.

Io e Kerr abbiamo fatto pace, lei ha chiesto scusa a me per essersela presa troppo e io ho chiesto scusa a lei per non averla ascoltata.

Ci siamo abbracciate e abbiamo pianto, ma adesso è tutto come prima.

Infatti, proprio come prima, Damen non mi rivolge più la parola, e ne sono felice.

Certo, ormai la bocciatura è sicura, ma va bene così. E' già tanto essere qui.

E di questo sarò per sempre grata ad Arden.

Già, è passata una settimana e non c'è stato momento in cui io non abbia pensato a lui e mi sia domandata come sarebbe stato stare con lui, adesso.

I miei sogni sono tornati limpidi e sfarfallanti come tutti i sogni normali, a parte qualche comparsa di Arden ogni tanto.

Oggi è sabato, la scuola è finita e iniziano le vacanze. E stasera c'è il ballo.

Io non avevo voglia di andarci, perchè non sono proprio dell'umore giusto, ma mamma e Kerr hanno così insistito che non mi andava contraddirle. Dopotutto, glielo devo, dopo che le ho fatte preoccupare così tanto.

Sono le sette di sera, ho appena finito di prepararmi.

Indosso un abito dai ricami dorati (Kerr dice che il dorato “mi sta da Dio”) e un paio di ballerine. I capelli sono mossi e liberi sulle spalle, fermati ad un angolo da un ferretto scintillante. Infine, ho messo un lucidalabbra e un po' d'ombretto.

In realtà non so nemmeno perchè mi sto facendo bella, non ho un cavaliere.

Certo, alcuni ragazzi si sono fatti avanti, ma il problema è che non ho potuto fare a meno di paragonarli ad Arden, e hanno fallito miseramente, poverini.

Mi do un'ultima occhiata allo specchio e mi cospargo di profumo, quando sento qualcuno suonare alla porta.

Chi può essere? Mamma è in casa e in genere non riceviamo mai visite. A meno che non siano i miei amici, ma con loro eravamo d'accordo che ci saremmo visti direttamente al ballo.

Sono troppo curiosa.

Calma, Cecilia, ricordati l'ultima volta che sei stata curiosa.

Mi blocco di scatto. No, meglio non essere curiosa.

Ma rimango comunque vicino alla scala che porta al piano di sotto, da dove arrivano le voci di mia madre e di... un ragazzo? Ma non è un ragazzo qualsiasi, riconosco questa voce.

Si tratta di...

No, è impossibile! Non ci credo, è assurdo!

Però adesso sì che sono curiosa.

Tendo l'orecchio per sentire cosa si stanno dicendo l'estraneo e mia madre.

-Salve, signorina Blane- dice la voce maschile. Ecco, chiamarla “signorina Blane” è un ottimo modo per entrare nelle grazie di mia madre.

-Ciao, caro. Cecilia dovrebbe essere pronta. Ma ti prego, accomodati.-

Cecilia dovrebbe essere pronta?

Oddio, vuoi vedere che mi ha fissato un appuntamento con il figlio di qualche sua amica? Eppure le ho detto che non mi va di uscire con nessun ragazzo!

Anche se quella voce...

-No grazie, signorina. Aspetto qui.-

-Come preferisci, caro. Te la chiamo subito. Cecilia? Cecilia, tesoro, sei pronta?-

-Sì- urlo di rimando, cercando di riacquistare lucidità.

Scendo le scale e arrivo nell'ingresso.

E quasi svengo.

Fermo sulla soglia, in piedi, con un smoking elegantissimo, c'è un ragazzo alto, dai capelli corvini e gli occhi azzurri.

Arden!

Mia madre mi sorride.-Cecilia, tesoro,lascia che ti presenti il nostro nuovo vicino, si chiama Arden-

Arden mi allunga una mano e mi sorride complice.-Ciao Cecilia- è proprio la sua voce!

Ma com'è possibile?

Io gliela stringo, e spero che non se l'asciughi alla giacca. Sono completamente sudata e senza fiato. E' impossibile descrivere il mio stato d'animo in questo momento.

Basta dirvi che sono talmente felice che potrei spiccare il volo da un momento all'altro.

Menomale che mia madre riprende a parlare prima che io possa svenire.-Lo so, tesoro, che non volevi andare con nessun ragazzo, ma il nostro caro vicino ha insistito tanto! E sta tranquilla, è un bravo ragazzo, proprio di quelli che piacciono a te- mi fa l'occhiolino, e sarei in totale imbarazzo se quello che avessi davanti non fosse Arden, che si sta godendo la scena divertito.

Mio Dio, è persino più bello di come lo ricordavo. E non c'è traccia di ferite sul suo viso perfetto.

-Be', coraggio, ragazzi, andate. E divertitevi- ci saluta mia madre, porgendomi un cappotto nero e indicandomi la porta.-A dopo!- mi schiocca un bacio sulla guancia e chiude la porta.

Io e Arden ci ritroviamo soli in giardino.

Non so che dire, ci sono così tante cose che vorrei domandargli che non so da dove cominciare.

Per fortuna lui, come al solito, è più pronto di me.-Immagino che tu sia sorpresa di vedermi qui- esordisce, mentre camminiamo verso la sua macchina. Cavolo, non sapevo sapesse guidare.

-In effetti. Ma non direi sorpresa, più che altro felice. Credevo che fossi...- non riesco nemmeno a dirlo.

-...Morto?- mi anticipa, con il suo solito sorrisetto arrogante. Accidenti, quanto mi era mancato.

-Be', in effetti- ammetto.-Già, come hai fatto a salvarti? Ti ho lasciato che non respiravi!- gli faccio notare.

-Eh, sì. Ma sai com'è, dopo che te ne sei andata, il tuo scenario ha iniziato ad autodistruggersi, e con esso anche le mie ferite. Vedi, come erano stati immagginari i corvi, così erano state immagginarie le ferite che mi avevano procurato.- mi spiega, aprendo lo sportello per farmi entrare in macchina.

Aspetto che si sieda al posto del guidatore e poi gli parlo.-Non sapevo sapessi guidare- sorrido.

-Imparo in fretta- mi fa l'occhiolino, mettendo in marcia. La sua macchina è grande e nera, sembra una limousine. -Ma ti stavo dicendo- riprende-Quando mi sono ripreso e ho visto che non c'eri, mi sono ricordato della tua proposta di venire con te e ho sperato che fosse ancora valida, per cui eccomi qui.-

-E hai fatto bene! Ma dove abiti adesso?-

-Ho comprato la casa accanto alla vostra. Siamo vicini, no? E poi ho scoperto che per questo Paese sono maggiorenne, quindi posso vivere da solo-

Rimaniamo in silenzio per quel poco che ci separa dalla scuola. Ci sono tante cose che vorrei dirgli, ma non riesco a farlo. Mi sembra ancora incredibile che lui sia qui con me.

Forse la nostra vita potrebbe davvero essere come avevo immaginato.

Quando arriviamo, Arden lascia la macchina nel parcheggio e scendiamo. Attraversiamo il cortile della scuola mano nella mano, e solo adesso mi rendo conto di quanto mi sia mancato questo contatto, così saldo e sicuro.

Tutte le coppiette ci guardano, compresi Damen e la sua nuova ragazza. Mi fissa in tralice, e io gli faccio l'occhiolino, stringendomi ancora di più al braccio di Arden.

-Dunque è qui che si balla, eh?- mi domanda mentre entriamo nella palestra della scuola. E'una sala molto grande, piena di coppiette eleganti che ballano al ritmo delle canzoni della band della scuola che si esibisce sul palcoscenico, e in fondo c'è il bancone con le bevande. Non si vede niente, le luci sono colorate e accecanti, ma riconosco Kerr e gli altri che ci vengono incontro gioiosi.

-Ciao, Lia. Sono contenta che tu sia venuta- mi urla Kerr, per contrastare il volume troppo alto della musica.

-Anch'io- le dico.

-Lui chi è?- chiede Sam, guardandomi eloquente.

-Si chiama Arden, è il mio nuovo vicino. Arden, questi sono Kerr, Sam, Pete, Chris e Lily, i miei migliori amici.-

-Molto piacere- dice gentilmente Arden.

Kerr mi lancia un'occhiata che vuol dire “dopo mi racconti”, prima che Sam la possa trascinare a ballare nella mischia.

Io e Arden rimaniamo immobili per un bel po'.

C'è troppo caos per i nostri gusti.

In fondo noi siamo abituati al bosco.

-Be'... è... una bella festa, no?- commenta Arden, anche se so che lo dice solo per farmi contenta.

-E' orribile, usciamo?-

-Speravo che l'avessi detto- mi stringe la mano e facciamo per uscire, ma la nuova canzone che sta iniziando fa desistere Arden.

E, dalle parole del testo, capisco il perchè.

-Che ne dici?- mi propone lui, indicandomi la pista da ballo.

-D'accordo-

Raggiungiamo le altre coppiette mentre l'atmosfera si fa più dolce e le luci soffuse. Iniziamo a volteggiare, mentre una ragazza inizia ad intonare le note di Glad you came.

 

(ascoltate questa canzone mentre leggete, pls ;) http://www.youtube.com/watch?v=MEGMLuMjoQs )

 

Siamo stretti l'uno all'altra, e mente ho la testa appoggiata sul petto di Arden, non posso fare a meno di pensare per l'ennesima volta, quanto sono fortunata ad averlo qui.

-Arden?- sussurro.

-Sì?- lui abbassa appena la testa per potermi guardare negli occhi.

-Non ti ho mai ringraziato per avermi salvato la vita, tutte le volte che l'hai fatto- ammetto.

Arden sorride dolce.-Non è necessario-

-Sì, invece.- alzo un po' la voce.- Perchè tu sei stato sempre fantastico con me, e io non ti ho mai detto grazie. Quindi... grazie.-

Arden mi bacia sulla fronte.

-E poi c'è un'altra cosa che volevo chiederti...- mi faccio forza.

-Dimmi-

-Quando eravamo... Be', sì, insomma, nel bosco, tu hai detto che ti stavi innamorando di me. E' ancora così?-

Temo la risposta, ma ho bisogno di saperlo.

-No- taglia corto.

-Ah- e vi giuro, vorrei morire.

-Prima mi stavo innamorando di te- riprende-Adesso sono innamorato di te-

Il cuore mi batte all'impazzata, Dio come sono felice!

Gli do un pugno leggero sulla spalla.-Mi hai fatto prendere un colpo!-

Lui ride.-Era quella la mia intenzione- mi strizza l'occhio.

-Sei il solito antipatico e odioso!- gli dico, sorridendo mio malgrado.

-Può darsi, ma tu sei innamorata di me.- mi provoca.

Vorrei dirgli che non è così, ma sarebbe inutile. Sa benissimo che lo amo.

-Purtroppo- rispondo, fingendomi triste.

Arden ride e mi stringe ancora di più, se possibile.-Ti amo, Lia- mi susurra all'orecchio.

-Ti amo anch'io- rispondo, e continuiamo a ballare.

La canzone intanto prosegue, lineare e melodiosa come le nostre emozioni in questo momento.

Amo Arden, l'ho amato fin dal primo momento e lo amerò per sempre.

Questo è tutto so che ciò.

My universe will never be the same, I'm glad you came.

Il mio universo non sarà mai più lo stesso, sono felice che sia arrivato tu.





Ma salve! Ecco a voi l'ultimo capitolo! Siete sorpresi, eh? xD
Volevo dirvi che mi mancherete tantissimo e che siete fantastici!  Un ringraziamento particolare alle 30 persone che hanno questa storia tra i preferiti, le 8 che l'hanno tra i ricordati, e le 47 che la seguono! In particolare, poi, tutto il mio affetto va a quelle persone che hanno sempre trovato il tempo per lasciare una recensione <3
A tutti voi, grazie di cuore! Ho concluso così la mia prima storia, ma spero vogliate seguirmi nella mia nuova storia il cui primo capitolo ho pubblicato recentemente. La  storia si chiama "St. William-molto più di una semplice università" e il genere è simile a questo. Vi comunico anche che ben presto scriverò la continuazione di Dark Nights (che si chiamerà Dark Dreams) nella quale verrano svelati tutti i dubbi ancora in sospeso!
Be', spero di non avervi annoiato!
Arrivederci! <3

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Capitolo 20
*** NEWS! ***


HO APPENA PUBBLICATO IL SEGUITO "DARK DAYS", CORRETE A LEGGERLO :DDD

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