La Gemma del Destino di Fuffy91 (/viewuser.php?uid=28030)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
C1
Il sole stava lentamente prendendo il posto della luna nel
grande velo azzurro chiamato cielo. Un nuovo giorno sorgeva, nella Terra di
Mezzo. Il popolo di Gondor si risvegliò con il sorriso sulle labbra. Oggi,
sarebbe stato un giorno di festa. Il nuovo re e la nuova regina di Minas Tirith
avrebbero finalmente coronato il loro sogno d’amore, suggellandolo con un
matrimonio degno di lode. Tutti ne avrebbero preso parte: uomini, donne e
bambini di nobili e umili origini, elfi, nani, e perché no, anche giovani e brillanti hobbit
della calma e dolce Contea!
“Oh, santo Hobbit!”
“ Pipino, è la terza volta che ti sento imprecare da quando
abbiamo varcato la soglia della cittadella. Si può sapere che ti prende?!”
Gli domandò quasi con esasperazione Merry ad un Pipino tutto
febbricitante e che non stava fermo un secondo sulla sella del suo pony color
crema, girandosi a destra e a sinistra, frugando ostinatamente nei suoi
bagagli, immergendosi nella ricerca esasperata di un qualcosa di tutto ignoto.
“ Fammi indovinare: hai dimenticato il regalo di nozze.”
Disse Sam che trottava sorridente accanto al suo ben amato
padrone, Frodo Baggins.
“ No!”
Esclamò in preda al panico Pipino, non smettendo per un
secondo di agitarsi:
“ Allora…uhm…il vestito che dovrai indossare per l’occasione.”
Tentò Merry, accostandosi un po’ più a lui, sbirciando nel
suo sacco di viveri da viaggio, appropriandosi di una gustosa mela rossa e
dandole un sonoro assaggio, mentre suo
cugino, il derubato, si fermava un attimo per trucidarlo con gli occhi, per poi
riprendere subito dopo la sua affannosa ricerca, scuotendo frenetico il capo,
in segno di diniego.
“ Forse ho capito…” aggiunse subito dopo Frodo, che per
tutto il viaggio era rimasto in silenzio, a contemplare la placida e fresca
natura che lo circondava, le mura bianche e immense di Gondor, che illuminate
dai raggi del sole, sembravano assumere sfumature argentate e ascoltando
allegro le chiacchiere incessanti dei suoi due inimitabili parenti e i
rimproveri del suo fidato amico Sam.
“ Hai dimenticato di aggiungere ai tuoi bagagli l’erba pipa
del signor Johnson, non è vero? Quella che ti ha dato la sera prima di
partire.”
E Pipino, alzando lo sguardo quasi di scatto verso il
cugino, incontrando i suoi veritieri occhi azzurri, gli rispose sospirando
rassegnato:
“ Si, maledizione! Eppure l’avevo messa sul tavolo del
soggiorno.”
“ Evidentemente l’avrai già fumata tutta!”
Gli disse tranquillo e beffardo Merry, trafficando nella
tasca dei suoi pantaloni rossi di fustagno.
“ Ah ah! Spiritoso! Comunque, non è affatto vero! E voi due,
dietro, non sghignazzate, chiaro?”
Si rivolse offeso Pipino a Frodo e a Sam, che continuavano,
incuranti, a ridere ancora.
“ Tieni! E vedi di non consumarla tutta. Tu fumi troppo,
Pipino! Dovresti darti una regolata, altrimenti rischi di morire soffocato, un
giorno o l’altro.”
Gli disse Merry, lanciandogli la sua sacchetta di erba pipa
ancora intatta, che Pipino prese inaspettatamente al volo, stupito e con un
sorriso grato che gli incurvò gli angoli della bocca piccola.
Ancora sorridenti e nelle narici l’odore di biscotti alle
noci, dolciumi, pollo arrosto, patate al forno, oche a limone, birra e vino
ancora imbottigliati nei loro barili, con l’aggiunta del fumo agrodolce
dell’erba pipa di Merry, ma fumata da Pipino, finalmente i nostri quattro
giovani amici hobbit, giunsero presso le porte dell’immenso palazzo del re di
Gondor.
Anche lì i festoni d’oro e d’argento abbellivano le fredde e
splendide mura in marmo, mentre alcuni bambini ridenti giocavano intorno ad una
guardia in armatura, cercando di distrarlo. E proprio mentre Frodo vide una
dolce bambina del gruppo mettergli una margherita sulla cintola, la sua
attenzione venne attratta da una figura alta, luminosa e bianca, che impugnava
un bastone del medesimo colore, mentre il venticello della grande fortezza
all’aperto, si appropriava della sua lunga barba, bianca e folta, dei suoi
capelli lisci e sottili, e della sua veste svolazzante, insieme al suo
mantello.
“ Gandalf!”
Esclamarono in coro tutti e quattro i compagni hobbit,
scendendo dai loro piccoli destrieri e correndogli incontro, e ben presto
Gandalf il Bianco venne attorniato dai suoi piccoli amici, stringendo ognuno di
loro in un caldo e luminoso abbraccio.
“ Oh Gandalf! Che bello rivederti!”
“ è da tanto che non ti vedevamo!”
“ L’ultima volta è stato all’incoronazione di Aragorn a
nuovo re di Gondor, se non sbaglio?”
A quella corrente di parole, prima da Sam, poi da Merry e
infine da Pipino, fece sorridere il vecchio e saggio mago, che continuava a
sorridere e a sghignazzare per quella ventata di allegria e gioia portata da
coloro che un tempo furono suoi fedeli compagni d’avventura.
A vederli ora, chiacchierare, ridere e abbracciarsi
fraternamente fra loro, gli sembrava incredibile che durante la Grande Guerra che aveva segnato
la terza era della Terra di Mezzo, con l’ombra oscura portata dall’ Oscuro
Signore degli Anelli e poi spazzata via dopo la distruzione dell’Unico, grazie
al prode Frodo, avessero combattuto tenacemente e coraggiosamente contro i
seguaci si Sauron, al suo e al fianco degli altri componenti di quella che un
tempo fu la Compagnia
dell’Anello, anche loro degni di rispetto e di lode.
“ Sei silenzioso Gandalf! Non è da te.”
Lo riportò alla realtà Frodo, che nonostante il suo
perentorio sorriso, lui sapeva che in realtà il suo animo era stato segnato
dall’oscurità portata per troppo tempo vicino al suo petto, come un fardello
che aveva a poco a poco turbato il suo piccolo, giovane ma comunque forte
cuore. Ma a questo avrebbe pensato più in là. Ora era tempo di festa e ci
sarebbe stato sicuramente spazio per le preoccupazioni più avanti.
“ Oh, perdonami Frodo! A volte mi sorprendo come il mio lato
riflessivo prenda il sopravvento su di me, estraniandomi dalla realtà. In un
certo qual modo, mi fa apparire un vecchio noioso. Ahimè, se dovesse capitare
un giorno, spero che mi salverai tu, Frodo.”
E il suo
interlocutore scoppiando in una risata liberatoria e proseguendo al suo fianco
verso l’interno del palazzo, anticipati dai suoi compagni che stavano già parlando
con un altro conoscente sulla soglia:
“ Tranquillo! Se dovesse arrivare quel giorno ci sarò, te lo
assicuro!”
“ Bene, questo mi rassicura!”
E da qui nuove risate, che solo loro due potevano
coinvolgere, come sempre. Il loro legame era diventato ancora più solido,
nonostante il tempo trascorso ognuno nei propri pensieri e nelle proprie
faccende in sospeso. Ma Frodo sapeva che c’era qualcosa che non andava,
qualcosa che preoccupava Gandalf anche in quel giorno di festa.
Ma come Gandalf prima di lui, anche i pensieri di Frodo
vennero interrotti dalla profonda voce di un nano di sua conoscenza, alla cui
vista non poté fare a meno di sorridere e di andargli incontro per essere
stritolato…ehm…abbracciato calorosamente!
“ Frodo! Che bello rivederti mio giovane hobbit!”
“ Gimli! Off!”
Ma dovette interrompersi, visto che la voce gli mancò
all’abbraccio che quasi minacciò di soffocarlo:
“ Anche…Anch’io sono felice di vederti, Gimli! Come stai?”
Finalmente lo lasciò andare, permettendogli di riprendere
fiato mentre gli altri sghignazzavano divertiti e lui si massaggiava la spalla:
“ Oh, benissimo! Ma piuttosto: io ti trovo sempre più
dimagrito! Ma si può sapere perché non mangi come tutti gli hobbit della tua
razza?”
“ Veramente lui mangia il triplo di quello che mangiamo noi.
Solo che lui non ingrassa…”
Iniziò Pipino:
“ …e noi si!”
Terminò Merry:
“ Se questa si chiama ingiustizia!”
Esclamò subito dopo Sam, guardando sconsolato il suo
girovita.
“ Non te la prendere! Dovresti dire a Rosy di non prepararti
tutti quei manicaretti, se ci tieni alla linea, mio caro Sam!”
“ Ma scherzi! Sei matto, Pipino! E dovrebbe rinunciare ai
deliziosi piatti della cucina della nostra adorata Rosy? A Hobbitville lo
prenderebbero tutti per un tucco!”
Lo difese subito Merry, con il cipiglio di Sam che aggiunse:
“ Ehi, non esageriamo con questa nostra Rosy! Se mai vorrai dire la mia Rosy!”
“Giusto, scusami! Non volevo insinuare nulla! Che gelosone,
però!”
Disse Merry sorridendo birichino e dando l’ultimo morso a
quella tenera mela, seguito dalle risate di tutti i presenti.
“ In effetti, dobbiamo congratularci con il nostro Sam!
Dopotutto, noi non abbiamo partecipato al suo matrimonio!”
Aggiunse una voce più melodiosa alle loro spalle, e quando
tutti si voltarono, videro il giovane principe di Bosco Atro sul suo fedele
cavallo bianco, con un vestito più elegante e raffinato indosso, rispetto alla
solita tenuta da arciere e i capelli lunghi e di un color simile all’oro,
luccicanti ai raggi caldi del sole.
“ Legolas! Sei arrivato anche tu, solo adesso?”
Gli domandò Frodo, vedendolo scendere da cavallo, come al
solito, senza il minimo rumore:
“ E certo! Lui deve fare sempre l’entrata spettacolare! Che
eccentrico!”
Sbuffò Gimli, con il solito tono litigioso, caratteristica
predominante nei rapporti fra nani ed elfi.
“ Veramente mi sono alzato tardi. Il che è preoccupante,
visto che mi sono svegliato all’alba. Mio padre deve avermi già preceduto,
naturalmente! Comunque non mi sembra che tu, Gimli, sia arrivato prima di me o
di altri.”
“ Come fai a dirlo? Cos’è? Hai acquisito il dono della
preveggenza anche tu, per caso?”
“No, ma non bisogna essere veggenti, per capire che sei qui
da poco. Come dimostra il tuo mantello da viaggio sulle spalle e l’elmetto che hai
sul capo.”
Gli illustrò con calma, sorridente e per nulla turbato
Legolas ad un Gimli visibilmente imbarazzato,
sentendosi gli sguardi di tutti puntati addosso. Seguirono
altre risate, che finirono per contagiare anche il povero Gimli e a cui si unì
anche un’altra persona, nascosta nella penombra del castello e appoggiata
elegantemente allo stipite della porta principale. Era Aragorn, re di Gondor e
festeggiato principale di quell’evento così lieto.
“ è inutile. Voi due non cambierete mai. Non riesco a capire
se questo sia un bene o un male.”
Ad ogni parola era seguito un passo e alla fine il re di
Minas Tirith si mostrò in tutta la sua grandezza ai suoi compagni e amici di
sempre, regalando a tutti loro un quieto sorriso.
Non era cambiato affatto. L’aspetto era quello di sempre,
come la prima volta che lo incontrarono nella locanda del Puledro Impennato,
pensarono in contemporanea tutti e quattro gli hobbit presenti.
Occhi penetranti e verdi come due smeraldi, capelli mossi e
ribelli, lunghi fino all’altezza delle spalle, le guance e il mento un po’
ispide per la leggera barba incolta, abiti tipici di un guerriero coraggioso ed
intraprendente, unito allo stile di un sovrano forte e saggio.
Sulla mano destra brillava l’anello della sua stirpe, due
serpenti d’argento che si intrecciavano, dagli occhi rossi e brillanti per i
due rubini che li caratterizzavano e sul fianco sinistro la spada forgiata dai
frammenti di Narsi per volere della sua amata e per mano dei fabbri di Gran
Burrone, splendente nel suo fodero vermiglio.
“ Aragorn!”
“ Finalmente!”
“ Ecco un altro che sta per compiere l’errore di tutta la
sua vita!”
“ Pipino!”
Esclamarono tutti, guardandolo torvo, mentre Aragorn scoppiò
a ridere divertito per l’ironia di quel giovane hobbit.
“ Beh, è la verità! È solo per questo che non mi sposerò
mai!”
Esclamò con decisione, fumando compiaciuto dalla sua fedele
pipa.
“ In effetti, Peregrino Tuch, ritengo che se mai un giorno
una donna decidesse di sposarti, ci ritroveremo a pensare ben due cose: la
prima, è che sicuramente la povera sventurata sia ubriaca; la seconda, invece,
è che sia più matta di te e di Merry messi insieme!”
Disse ironico Gandalf, cominciando a varcare la soglia di
quel magnifico palazzo.
“ Non sei stato molto carino.”
Gli intimò Aragorn bisbigliandogli all’orecchio, in
confidenza, mentre con la coda nell’occhio vedeva Merry che dava delle pacche
dietro la schiena di Pipino, ancora sorridente per l’ultima battuta del suo
mentore dei fuochi d’artificio della Contea, mentre quest’ultimo minacciava di
morire di soffocamento di erba pipa.
“ Oh, gli ho detto di peggio nel corso della nostra
conoscenza. Ma dimmi di te, Aragorn: stai per diventare ufficialmente il marito
di Arwen, la Stella
del Vespro.”
Gli disse sorridendo sornione, notando un lieve rossore
imporporare le guance del suo re, in segno di imbarazzo.
“ Già…” una pausa dove si schiarì la voce, visto che per un
momento l’emozione gliela camuffò “ credo che sia il minimo che possa fare.
Dopotutto, lei ha rinunciato alla sua immortalità per me. Non posso fare altro
che donargli tutto me stesso e l’immenso amore che provo per lei.”
“ E non è certo il minimo!”
Esclamò poco distante Legolas, sorridendo mentre osservava
la sala del trono tutta adornante di festoni e fiori profumati.
“ Tulipani bianchi e rose pallide.”
Sussurrò il principe di Bosco Atro, mentre socchiudeva gli
occhi, assaporando la delicata fragranza di quei fiori deliziosi, immergendosi
nel ricordo dei giardini di Gran Burrone.
“ I preferiti di Arwen.”
Puntualizzò Aragorn, sorridendogli a sua volta,
ricambiandolo.
“ Ma anche a Bosco Atro ci sono fiori bellissimi. Non è
forse vero, Legolas?”
Chiese una voce dolce e altrettanto melodiosa, che proveniva
dal lato destro dell’immensa sala, dove si sarebbe consumato il banchetto e
avrebbero ballato fino a sfinirsi.
Arwen fece il suo ingresso e tutti sembrarono incantati
dalla sua bellezza, non più evanescente, ma altrettanto bella e luminosa come
non mai.
Avvolta nel suo leggero abito azzurro cielo, con nastri
bianchi e dello stesso colore dell’abito intrecciati nei capelli morbidi e
color pece, incantò tutti i presenti con il suo sguardo magnetico e luccicante,
con iridi simili a polle d’acqua.
“ Si, ma nessun fiore potrà eguagliare la vostra bellezza,
mia signora Arwen.”
Le rispose Legolas, inchinandosi alla sua persona, seguito
anche da Gandalf, Gimli e i nostri quattro hobbit.
“ Attento, Aragorn! Questo principino dalle orecchie a punta
cerca di fregarti la donna prima delle nozze.”
“ Ma no, Gimli! Legolas è sempre stato così galante.”
Lo giustificò affettuosamente Arwen, mentre gli altri
presenti sorridevano e alcuni di loro sghignazzavano divertiti, soprattutto
Pipino e Merry.
“ Sentito, Aragorn? Quindi ho il permesso di rapirla.”
Gli disse Legolas, facendo intanto l’occhiolino a Arwen, in
segno di complicità:
“ Giusto! Andiamo Legolas. Portami via con te!”
“ Senz’altro, mio signora!”
“ Ehi, tu! Sarai anche il mio migliore amico, ma non ti
permetto di rapire la mia donna il giorno delle mie nozze.”
“ Perché non vi sfidate a duello e vediamo chi vince?”
“ Lo abbiamo già fatto una volta e ci è bastato, Merry!”
Gli disse ridendo Aragorn, ricordando quel lontano episodio.
“ Davvero!? E chi ha vinto?”
Chiese Pipino incuriosito, mentre i due interessati si
guardavano divertiti:
“ Che dici, glielo diciamo?”
Chiese Aragorn a Legolas:
“ No, e poi che divertimento ci sarebbe?!”
“ Hai ragione!”
“ Siete proprio due cattivi! Se vuoi, Pipino, posso dirtelo
io!”
Gli disse Arwen inginocchiandosi vicino al suo fianco destro e
sorridendo birichina, con un espressione da bambina dispettosi che impensierì i
due amici e intenerì Aragorn.
“ Dunque…se non ricordo male, era una bella giornata
d’estate. Niente di speciale in realtà. Aragorn stava leggendo un testo elfico
vicino alle sponde del fiume, mentre io raccoglievo dei fiori nei prati vicini.
All’improvviso, sentii il tipico rumore di spade sguainate. Mi precipitai verso
il fiume, credendo ad un attacco nemico. E invece cosa trovai? Due uomini grandi e grossi che
giocavano a spade e a schizzarsi d’acqua!”
“ Già...rimediai un bel raffreddore per colpa sua!”
Disse allegro Aragorn, puntando un dito inquisitorio contro
Legolas, che alzò le mani in segno di difesa.
“ Non è colpa mia se noi elfi siamo immuni ai malanni.”
E da qui nuove risate.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
C2
La giornata trascorse fra scherzi, racconti e nel
divertimento più assoluto, fino all’atteso evento. Il matrimonio dei due
sovrani si svolse all’aperto, sulla torre più alta e immensa dell’intera Minas
Tirith, la stessa dove si svolse la cerimonia di incoronazione. Nastri bianchi,
d’oro e d’argento ricoprivano il pulpito del giuramento d’amore. Gli invitati
che erano accorsi erano incalcolabili. Amicizie che Aragorn aveva istaurato
durante il corso dei suoi viaggi nelle Terre Selvagge, al tempo in cui era conosciuto
come un leggendario ramingo del nord. Vi erano anche Eowyn e Faramir, i nuovi
nobili scudieri di Rohan, posti in prima fila insieme ai componenti della
Compagnia, oltre ai suoi più cari amici.
Un bacio passionale e tenero insieme coronò il tanto agognato
sogno d’amore dei due innamorati più illustri di tutta la Terra di Mezzo, augurato con
una pioggia di petali dei fiori più colorati e belli di quel periodo così
rigoglioso e splendido e un unico applauso di congratulazioni.
Sembrava che nulla potesse turbare quel momento di pace.
Tutti erano felici, allegri e spensierati. Tutti, tranne Gandalf. Fin
dall’inizio, il giovane Frodo aveva visto un ombra di angoscia e preoccupazione
dietro il sorriso luminoso e pieno di gioia che illuminava il viso ,segnato
dagli anni, del suo vecchio e fedele amico stregone. Non riusciva a capacitarsi
che Gandalf potesse avere un qualche problema e non volesse confidarsi almeno
con lui o con un altro componente della loro brigata. Alla cerimonia seguì un
sontuoso banchetto. Tavole e tavole imbandite con le più dolci e invitanti
leccornie. Birra e vino di prima qualità. A loro era spettato l’onore, se non
il privilegio, di sedere accanto ai novelli sposi. Subito dopo un sentito
ringraziamento da parte di Aragorn per essere accorsi in tanti al loro
matrimonio, si diede il via al vivo della festa. Fu una di quelle serate che
sarebbero rimaste indelebili nella mente di ognuno dei presenti.
Sulla balconata della grande terrazza vi era Gandalf che
contemplava l’orizzonte, immerso visibilmente nei suoi pensieri.
La luna splendeva luminosa nel cielo notturno punteggiato di
stelle, e i suoi raggi illuminarono l’alta figura dello sposo, che si accostò
con passo leggero ,simile a quello degli elfi, verso il suo anziano amico.
“ Una splendida serata, vero?”
Gli domandò con un lieve sorriso sulle labbra, scrutandolo
con sguardo penetrante.
“ Si, davvero splendida. Proprio l’ideale per festeggiare un
matrimonio.”
“ Già…” sorrise Aragorn, accennando una risata.
In seguito, rivolse lo sguardo verso quelle terre
verdeggianti che ora gli appartenevano e che avrebbe dovuto difendere, anche al
rischio della vita, insieme a coloro che le abitavano e la sua famiglia.
“ Cosa ti turba, amico mio?”
A quelle parole, Gandalf, sogghignò allegro:
“ Non ti sfugge nulla, vero Aragorn?”
“ Ci conosciamo da troppi anni, ormai. Ho imparato a
riconoscere l’ombra del turbamento e del dubbio nel tuo sguardo, anche se
cerchi di nasconderlo o di soffocarlo in fondo alla tua anima.”
Una pausa in cui si voltò ad incontrare i suoi occhi azzurri
come l’oceano in tempesta:
“ E non sono l’unico che lo ha notato…”
E visto che Gandalf assunse un’espressione interrogativa,
Aragorn proseguì:
“ Anche Frodo si preoccupa del tuo stato d’animo. Ho notato
che frequentemente ti osserva in cerca di un qualcosa estraneo al tuo volto.”
“ Frodo…” sorrise fra sé Gandalf scrutando di nuovo
l’orizzonte per lui inaccessibile, con l’aria di non vederlo affatto:
“ La sensibilità di quell’hobbit non ha limiti.”
“ Cos’è che ti turba, Gandalf?”
Chiese questa volta Aragorn, con tono più deciso, come uno
che non ammette repliche, la richiesta autoritaria di un sovrano degno del suo
rango. E Gandalf avvertì quella nota più forte nella voce del suo più fidato
amico di avventure.
“ Ah, Aragorn, amico mio. A volte la vita ha davvero un
corso amaro.”
Questa volta fu il turno di Aragorn di reclinare il capo e
assumere un’espressione interrogativa sul bel volto regale.
“ Una nuova oscurità minaccia queste terre ricche di
splendore e credo che colpirà qui.”
Aragorn rimase in silenzio a quelle parole e la meraviglia
apparve nei suoi occhi leggermente sgranati. Gandalf continuò, come in preda ad
uno sfogo.
“ è quasi palpabile. È insidiosa, piena di pericoli e di
nuovi ostacoli da sormontare. Non ho ancora idea chi o cosa sia la fonte che la
anima, ma una cosa è certa…”
Una pausa dove scrutò di nuovo il volto ora preoccupato del
suo compagno:
“ …colpirà Gondor. Non chiedermi il perché, ma lo farà.”
“ Quando?”
Chiese Aragorn in preda all’ansia e al desiderio di agire in
fretta.
“ Non lo so, ma spero non ora. Non adesso. Avevo intenzione di parlartene al
più presto, dopo il giorno del matrimonio, ma non avevo previsto che mi avessi
preceduto prima del tempo.”
Aragorn stava per tempestarlo di una nuova domanda, quando
sentirono delle urla di puro terrore provenire all’interno della sala.
Entrambi si precipitarono nella stanza del banchetto, e
quello che videro non fu certo piacevole.
Delle grosse orrende creature, un misto tra troll, goblin e
Uruk-hai , erano entrati nella sala e minacciavano con le loro enormi clave e
spade affilate di trafiggere e schiacciare tutti i presenti.
Aragorn sguainò subito la spada, Gandalf lo imitò impugnando
con più vigore il suo bastone, Gimli corse nella sala accanto per prendere la sua
ascia e il fedele arco di Legolas.
Arwen condusse il resto dei partecipanti fuori dalla sala
principale, mentre Gandalf con uno scudo luminoso li difendeva.
“Voglio rimanere con te!”
Esclamò decisa verso Aragorn, dopo che tutti furono condotti
al sicuro.
“ No! È troppo pericoloso! Non sappiamo con chi stiamo
combattendo! Conduci il nostro popolo e i nostri amici al sicuro!”
Seguì un momento in cui si scambiavano sguardi contrapposti:
Aragorn deciso ma tenero nell’insieme e Arwen preoccupata e suppliche:
“Estel…”
E gli accarezzò la guancia delicatamente con la mano destra,
che subito venne ricoperta da quella più grande e abbronzata di Aragorn:
“ Ti prego, vai! Io ti raggiungerò!”
E annuendo, Arwen lo lasciò richiudendosi le pesanti porte
della sala del trono, aiutato da Aragorn.
“ Legolas! Come va?”
“Non bene! Sembra che le mie frecce non li sfiorino
nemmeno!”
Gli urlò Legolas mentre cercava di colpire mortalmente un
suo orrendo nemico, e al con tempo evitare i suoi colpi di clava e spada.
“ Gimli!”
Esclamò speranzoso Aragorn:
“Aaaah! Niente! La mia ascia non funziona contro di loro!”
“ Le vostre armi sono inefficaci! Smettete di combattere e
venite qui dietro di me! Vi proteggerò con il mio bastone e la Fiamma dell’Eterno Fuoco!
INDIETRO!”
Urlò Gandalf contro i loro temibili nemici, accecandoli con
la luce evanescente della sua Fiamma.
“Padron Frodo!”
Urlò Sam, vedendo il suo padrone che cercava di evitare le
spade affilate di un gigante urlante e mostruoso. Fino a quando riuscì a
prenderlo per la caviglia e lo sollevò in aria come un fuscello e agitandolo
incontrollabile.
“No! Frodo!”
Urlarono in contemporanea Sam, Pipino e Merry, avventandosi
contro il mostro, nonostante fossero disarmati.
Ma all’improvviso una freccia trafisse la mano grande quanto
un blocco di pietra del gigante mostruoso, lasciando inevitabilmente la presa
su Frodo, che venne afferrato prontamente dai suoi amici.
“Ma cosa?!...”
Disse confuso Pipino, osservando una giovane e snella figura
a cavallo di uno stallone bianco correre verso di loro e afferrare Frodo e Sam
contemporaneamente e trascinarli in sella.
Subitaneamente, ci fu anche un’altra figura, un po’ più
robusta, prendere lui e Merry e trascinare anche loro in sella ad un possente
cavallo nero, con un sonoro e quasi ironico:
“Oplà! Benvenuti a bordo! Mi raccomando, reggetevi forte!”
E da qui una risata divertita e profonda, tipicamente
maschile, tanto che i due nuovi passeggeri si guardarono stupiti ed
interrogativi.
Alle due figure si unì anche una terza, in groppa ad uno
stallone dalla criniera marrone scuro che, sguainando una spada luccicante e
bene affilata, trafisse la caviglia di uno di quei mostri fino ad allora
sconosciuto, facendolo accasciare rumorosamente in terra, in preda al dolore.
Le due iniziali e misteriose figure si diressero verso lo
stregone bianco e il resto della comitiva, meravigliata che le armi degli
stranieri avessero effetto e le loro no.
La prima scese per prima dal suo stallone bianco,
sussurrandogli qualcosa che nemmeno l’udito sensibile di Legolas riuscì a
percepire. Con delicatezza, aiutò i due giovani hobbit a fare altrettanto, e
subito venne imitata dal suo compagno, anche se con meno delicatezza, tanto che
Pipino e Merry dovettero mettersi a posto le camicie stropicciate.
“Chi siete?”
Chiese Aragorn, scrutandoli uno ad uno, mentre Legolas
guardava insistentemente la prima figura.
“ Uno è un elfo!”
Esclamò con convinzione quest’ultimo:
“ L’altro un uomo!”
Proseguì rivolgendosi alla seconda figura.
“ Ottimo intuito, mastro elfo! L’avevo detto che non servivano
questi mantelli!”
Esclamò sorridente la seconda figura incappucciata, alzando
una mano per togliersi il cappuccio. E così uno si decise a mostrarsi: era un
giovane dall’aspetto gradevole, pelle ambrata, occhi azzurri, quasi trasparenti
e capelli corti, ricci e biondi, con un sorriso accattivante e contagioso.
Portava due spade di grande stazza, incrociate dietro la
schiena, riposte in due foderi color rosso fuoco, con inserti dorati, come la
tunica da guerriero che indossava. La camicia rossastra gli lasciava scoperto
il petto, rivelando un medaglione dorato con al centro un drago con le fauci
spalancate con gli occhi brillanti di smeraldi. Il tutto ricoperto da un
mantello grigio come i guanti priva di dita, in pelle, che indossava.
“ Siamo amici. Non dovete temere. Siamo qui per aiutarvi. ”
Proseguì lo straniero con il suo solito sorriso.
“ Io sono William, figlio di William Brown. Veniamo dalle
Terre dell’Ovest.”
“Le Terre dell’Ovest?”
Ripeté Pipino, mentre William annuiva.
“ Ma, Gandalf, le Terre dell’Ovest non sono considerate…”
Continuò Frodo.
“ …Terre maledette! Si, in effetti è questa la descrizione
che è loro propria!”
“ Non ne andiamo fieri!”
Esclamò sorridendo, falsamente rammaricato William, mentre
il suo compagno li raggiungeva a cavallo. Infatti nel frattempo, lo scudo
magico di Gandalf li aveva protetti, ma fuori da quest’ultimo, la terza figura
incappucciata di nero aveva già sconfitto uno di quei mostri. Ne rimanevano
solo altri due.
Dopo che il mostro cadde accasciato definitivamente a terra
e privo di vita, si diresse al galoppo verso di loro, riparandosi velocemente
sotto lo scudo di Gandalf, scese da cavallo e riprendendo fiato si mostrò agli
altri presenti.
Era un altro uomo, molto simile al primo, solo che i suoi
caratteri erano scuri. Occhi di un color grigio chiaro, barba presente ma non
troppo, capelli mossi, lunghi fino alle spalle, qualche centimetro in più
rispetto ad Aragorn, e neri come la pece. Pelle abbronzata e corporatura
possente e ben proporzionata. La sua unica arma era la spada che aveva usato
per sconfiggere quel mostro e a cui era particolarmente affezionato. Indossava
abiti vermigli con fili d’argento ad adornarli.
“ Tranquillo, capo! Ho già illustrato. Cerca di rilassarti
ora.”
“ Will!”
“ Che c’è? Ho fatto come volevi, no?!”
E seguì un altro sorriso. Ignorandolo, come se fosse
abituato a tanta ironia da parte sua, il nuovo conoscente si fece avanti per
presentarsi.
“ Sono Taras, figlio di Ettelen. Veniamo dalle Terre
dell’Ovest, ma in pace. Per il momento vi chiedo solamente di fidarvi di noi.
Cercheremo di proteggervi e di sconfiggere questi Andes una volta per tutte.”
“Andes?!”
Disse Gandalf voltandosi di scatto verso di loro, come se
non volesse credere a quelle parole:
“ Cosa sono?”
Chiese Gimli, osservando con disgusto unito a timore gli
ultimi due rimasti, che cercavano di oltrepassare ostinatamente lo scudo.
“Sono macchine da guerra, nati dall’unione di troll, goblin
e orchi in stato avanzato…quelli che voi definite Uruk-hai. Il loro unico scopo
è uccidere colui che un tempo fu il portatore dell’ Unico anello e l’erede
della casata reale di Gondor. L’unico erede di Isildur.”
Spiegò Taras mentre gli altri lo guardavano con sguardo
attonito e terrorizzato, soprattutto tre degli hobbit, amici di Frodo.
“ Quindi vogliono uccidere Frodo e Aragorn.”
Disse Pipino.
“Complimenti, giovane hobbit. Hai il dono della sintesi.”
Disse sorridente ancora William.
“ Allora capo? Qual è il piano?”
Aggiunse poi, sornione e indicando con il capo i due Ades.
“ è semplice. Noi due ci occupiamo dell’attacco ai lati.
Luthien, invece, quello centrale.”
“ Perché le vostre armi possono ferirli e le nostre nemmeno
scalfirli?”
Chiese inaspettatamente Aragorn.
“ Vedete, mio signore. Le nostre armi ci sono state donate
da una Dama elfica di grande potere. Dama Eruanna, del regno di Bosco Bianco.
Solo quelle di Will gli sono spettate di diritto. Lui è il Cavaliere di Amlach.
Le sue spade sono state forgiate fin dai tempi antichi dalle zanne del
leggendario drago Amlach. Per questo hanno un maggiore effetto. Nessuno può
toccarle, all’infuori di lui. Chi osa impugnarle, viene bruciato vivo.”
Spiegò il giovane Taras:
“ Quindi sono le leggendarie spade che possiedono vita
propria e riconoscono solo il loro padrone, è così?”
Chiese interessato Sam.
“Esatto.”
Gli confermò soddisfatto di tanto successo Will:
“ Avete sentito, padron Frodo?! Sono le leggendarie spade di
cui ci ha parlato anche Bilbo in uno dei suoi racconti.”
“Si, Sam. Ma io credevo che non esistessero.”
“In effetti si è sempre creduto infondata la leggenda delle
mitiche spade di Amlach. Informai io stesso Bilbo della loro esistenza,
nonostante fossi convinto che non esistessero. Ma ora ne abbiamo la prova
vivente. Come gli Ades.”
Disse Gandalf guardando afflitto la prova inespugnabile di tanta
malvagità e bramosia di potere.
“ Ma perché vogliono uccidere Aragorn e Frodo? Non ha
senso!”
Esclamò accigliato Merry:
“Scusate, ma forse è meglio rimandare la piacevole
conversazione.”
Disse sbrigativo Will, sguainando sonoramente le due spade
leggendarie, seguito poi da Taras e dal terzo compagno, di cui conoscevano
soltanto il nome ma non l’aspetto, visto che era ancora incappucciato di un
luccicante mantello bianco, che impugnò arco e frecce.
“ Un momento! Non so voi, ma io non mi fido di una persona
che non si è nemmeno presentata e che rimane costantemente incappucciata.”
Disse accigliato Gimli, guardando in malo modo il giovane
arciere che si era già messo in posizione d’attacco, seguito poi con un sorriso
dagli altri due compagni:
“ Conoscete il mio nome, mastro nano. Non vi basta questo?”
Domandò con voce calda, dolce e melodiosa la persona
incappucciata di bianco.
“Sicuramente una donna”
Pensò immediatamente Legolas, guardandola con ammirazione,
visto che chiunque rispondesse a tono Gimli era degno della sua approvazione.
“ Non l’ho nemmeno capito!”
Esclamò risentito Gimli, di rimando. Così, con un sospiro
appena udibile, la persona fin ad ora ignota, abbassò temporaneamente l’arco,
si voltò lentamente verso di loro e abbassò il cappuccio bianco, rivelandosi.
Legolas aveva ragione. Era una donna elfo di grande
bellezza: occhi nocciola, profondi ed incantatrici, pelle bianca ed eterea,
luminescente come non mai, capelli lunghi, lisci e castani, lasciati sciolti,
ma alcune ciocche intrecciate in piccole trecce con filamenti di perline
incastonate. La sua figura era alta, snella ed armoniosa, nonostante gli abiti
di un placido color panna ed adornati di filamenti dorati, argentati e
ricoperti di altre perle minuscole ma brillanti.
Sul mantello, una foglia in argento, simile a quella dei
mantelli di Gran Burrone, ma di color bianco come il manto morbido e delicato
che indossava. Nello sguardo un riflesso determinato, incantatore e un filo di malinconia.
Tutti rimasero abbagliati da tanta bellezza e luminescenza,
tanto che anche Gimli strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca barbuta in segno
di meraviglia.
“ Io sono Luthien, figlia di Aranel, Stella del Re.”
“Una favola, eh?”
Tutti si voltarono verso Will, che osservava anche lui
adorante Luthien:
“ Tesoro, vuoi essere tu a dare il via alla festa?”
Senza rispondergli, ma scuotendo leggermente il capo,
Luthien prese con eleganza una freccia ben appuntita, passò sulle labbra una
delle piume bianche che la caratterizzava e puntando verso uno degli Ades, scoccò
trafiggendolo al cuore e facendolo urlare di dolore.
Così ci furono solo altri colpi di spada e di frecce
scagliate con grande maestria.
“ Non sono del tutto irriducibili.”
Disse ad un tratto Luthien, scagliando un altro colpo,
rivolta ad Aragorn e a Legolas:
“ Basta saperli colpirli nei punti giusti.”
Detto questo, prese tre frecce e le tese tutte sul suo
fedele arco intagliato a mano e bianco come lei:
Ne scagliò una nel fianco destro di un Ades, un’altra alla
base del collo e un’altra nel centro esatto del cuore. Dopo di che, l’Ades
cadde a terra, morto.
“Quelli sono le parti del corpo più adatte per provocare la
loro morte anche con armi normali. Soprattutto con la vostra spada, Sir
Aragorn.”
Terminò l’abile arciere, tendendo un’ennesima freccia dal
suo arco e scagliandola contro l’ultimo Ades rimasto, questa volta alla nuca.
Furono Taras e Will ad abbatterlo, con i loro possenti colpi di spada.
“ Sorprendente come voi sappiate così tante cose di quelle
creature.”
Le disse Legolas con tono intriso di ammirazione, tanto da
costringerla ad incontrare il suo sguardo azzurro limpido, come le acque di un
fiume.
“ Li ho combattuti molte volte, e ho avuto modo di studiarli
da vicino, fin nei minimi dettagli.”
Gli spiegò con un barlume di imbarazzo negli occhi nocciola,
per quegli occhi così attenti e profondi come l’immenso oceano.
“ Bene. Allora avrete modo di illustrarceli ,suppongo, mia
signora.”
Proseguì Aragorn colmando il silenzio di quello scambio di
sguardi.
“Certamente! Se lo desiderate!”
“Dovrete raccontarci anche molte cose, immagino. Riguardo
alla nuova minaccia che ci attende.”
Disse Gandalf spegnendo la sua Fiamma Eterna.
“Si, e anche al più presto.”
Sopraggiunse Taras riponendo la sua spada.
“Si, si. Ma ora, ho una richiesta da fare: potrei mangiare
qualcosa di buono, per favore?”
Disse Will, mentre i suoi compagni scuotevano la testa in
segno di rassegnazione e il resto rideva e sghignazzava.
Vi sono piaciuti i primi due capitoli???? Spero di si!!!
Continuate a leggere questa fan fiction, e vi assicuro che ne rimarrete
entusiasti!!!! Se volete, lasciate un commentino!!!! Baci baci
Fuffy91!!!^________________^
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
C3
La Dama
della Notte aveva ,oramai ,completamente ricoperto con il suo nero manto la
città di Gondor. Un altro giorno era trascorso. Quella che era stata vista da
tutti un’alba di gioia e di benessere ,era tramontata inesorabilmente nel
terrore, lasciando i suoi sventurati spettatori nell’incertezza e nel dubbio.
Una nuova alba si prospettava , più minacciosa ed intricata di quella che
l’aveva preceduta, con un nuovo pericolo ed una nuova oscurità da annientare.
Il tempo di godere di una ritrovata felicità era terminato.
Per troppo a lungo, l’oscurità era rimasta silente, ascoltando le risate
gioiose dei suoi nemici mortali. L’ Anello del Potere come il suo unico padrone
legittimo, l’Oscuro Signore delle terre di Mordor, Sauron , era solo un ricordo
lontano, una piaga estirpata, una ferita rimarginata, una cicatrice
dimenticata. Ma ora, qualcun altro, degno di occupare il suo nero trono, aveva
bussato alle loro porte, tentando di uccidere Frodo ed Aragorn.
Entrambi ,ora, intorno ad una delle tavole fino ad allora
imbandite, seduti accanto ai loro compagni e a quei tre forestieri, Taras
,figlio di Ettelen, William, figlio di William Brown e Luthien, figlia di
Aranel. Stella del Re, dei quali tra l’altro, non sapevano ancora se fidarsi o
meno, con lo sguardo fisso nel vuoto, attendevano le spiegazioni tanto attese
da parte di uno di loro.
Gli ospiti del matrimonio erano partiti immediatamente
ognuno nei loro luoghi d’origine. Aragorn aveva convenuto che fossero condotti
al sicuro nelle loro abitazioni, per evitare eventuali feriti o addirittura
morti nel corso di un nuovo imminente attacco nemico.
I corpi privi di vita
di quegli orrendi mostri furono trascinati, con l’aiuto di più uomini, fuori dai
pavimenti marmorei del grande palazzo reale di Minas Tirith. Furono buttati giù
dalla torre più alta, ma nonostante tutto, il loro alito fetido e caldo
continuava a scaldare la nuca di tutti loro, come ad annunciare la loro
condanna.
Ognuno immerso nei propri silenzi, che nascondevano i loro
caotici e confusi pensieri, vennero strappati da quello stato di tensione
dall’ingresso inaspettato di Arwen, Stella del Vespro, all’interno della sala
del trono, i cui passi leggeri risultarono simili a quelli di un troll di
montagna alle orecchie dei presenti ,in quel momento di meditazione.
Aragorn accolse sua moglie con un sorriso, mentre osservava
Taras alzarsi dal tavolo in segno di rispetto e inchinarsi di fronte alla
sovrana di Gondor, seguito poi da Luthien, che stava quasi distrattamente
giocherellando con le lunghe ciocche castani, ed infine dal giovane Will che
stava or ora consumando l’ultimo boccone del suo terzo pasto, che Aragorn gli
aveva gentilmente fatto servire, non negandolo nemmeno agli altri due presenti;
solo che Taras l’aveva solo assaggiato con un lieve sorriso di ringraziamento e
Luthien nemmeno toccato.
Arwen osservò confusa, ma con un dolce sorriso che le
incurvava le labbra rosse, i tre nuovi arrivati, guardando prima il suo sposo,
che continuava a sorriderle tranquillo, il resto della compagnia, ringraziando
i Valar che fossero tutti sani e salvi, ed infine il suo limpido sguardo
abbracciò l’immagine del giovane straniero dalla chioma di un colore simile
alla sua, che ancora inchinandosi e portandosi una mano al petto, le bisbigliò:
“ Piacere di conoscervi, mia signora. Permettetemi di
presentarmi: il mio nome è Taras, figlio di Ettelen. Io e i miei compagni
proveniamo dalle lontane Terre dell’Ovest.”
“ Le Terre
dell’Ovest…?”
Sussurrò Arwen, guardando smarrita Aragorn, che annuì
insieme al suo nuovo conoscente:
“ Si, le Terre Maledette!”
Le spiegò animatamente lo spadaccino Will, mentre Taras lo
ammoniva con gli occhi, ma il giovane dai capelli color del grano non ci badò.
Anzi, si avvicinò ad Arwen, le prese gentilmente la mano destra e le diede un
galante bacio a mano, come Legolas quella mattina aveva fatto con lei, per
salutarla. Solo che lui le baciò davvero il dorso della mano, facendola
sussultare per quelle labbra che sembravano roventi a contatto con la sua
fresca pelle.
Tutti guardarono Aragorn preoccupati per una sua eventuale
reazione, ma il sovrano di Minas Tirith sembrava sorprendentemente calmo.
Evidentemente aveva anche lui compreso la vera natura di quel giovane:
sfacciata, intraprendente e molto passionale.
“ Perdonatemi. Non ho saputo resistere. Avete una pelle
molto delicata, lo sapete?”
Le sorrise accattivante Will, mentre Taras sospirava
rassegnato per il suo comportamento e Luthien alzava gli occhi al cielo,
provocando un inaspettato sorriso divertito di Legolas, che stranamente non
smetteva di osservarla con la coda nell’occhio.
Non sapendo cosa rispondergli, Arwen sorrise divertita per
quel giovane così intraprendente e per cambiare discorso, gli chiese:
“ E voi siete?”
“ William, figlio di William Brown. Ma voi potete chiamarmi
Will.”
Le disse facendole l’occhiolino, e a quel punto Arwen non
poté trattenere un risolino allegro.
“Ahia!”
Esclamò all’improvviso di dolore William, portandosi di
scatto una mano dietro la nuca, visto che Luthien gli aveva dato un colpo
d’arco, forte ma veloce.
“Ma che ti ho fatto, dolcezza?”
E lei ignorando la domanda, la cui risposta sarebbe stata
superflua, tornò a sedersi accavallando le gambe snelle e ben proporzionate, le
cui forme si intravedevano sotto l’abito da arciere, continuando a
giocherellare con le ciocche morbide dei suoi capelli, attirando non solo lo
sguardo di Legolas, che sembrava incantato completamente da quella ragazza in
apparenza così forte e dura, ma anche quello degli altri presenti, tra cui il
re di Gondor, ammirato dalla sua agilità fulminea.
“ Ma coma ha fatto? Io non l’ho nemmeno vista o sentita
alzarsi e avvicinarsi a lui!”
Domandò ed esclamò Merry, quasi leggendo nella mente di
Aragorn, continuando a spostare gli occhi color mandorla da Luthien a Will.
“ Non c’è da stupirsi poi molto, giovane Merriador. Vedete,
Luthien è considerata la più valorosa guerriera non solo del suo popolo, ma
anche delle intere Terre dell’Ovest, tanto che molti bisbigliano il suo nome
con timore.”
A quelle parole, seguì un fischio di ammirazione da parte di
Pipino, che fece sorridere molti, perfino la diretta interessata, facendolo
imbarazzare, prontamente risvegliato da una gomitata di Merry.
“ Già…e ti posso assicurare che ha la mano pesante. Ahia,
che male! E tu che non gli dici mai nulla, quando fa così!”
Si rivolse minaccioso Will a Taras, che gli sorrise
enigmatico e incrociando le braccia sul suo petto gli rispose:
“ Perché evidentemente, approvo con lei. Devi ammettere,
Will, che lei è l’unica che riesce a mantenerti sulla retta via.”
“ E ti pareva! Perché dovete sempre farmi passare per un
caso disperato?”
“ Forse perché lo sei ,William.”
Affermò tranquilla e con voce melodiosa la bella Luthien,
continuando ad intrecciare nelle dita sottili e affusolate i suoi splendidi capelli. Si guadagnò tutto il
rispetto di donna Arwen, sorridendo a quella donna così tenace, mentre Will la
trucidava con gli occhi azzurri, ora tempestosi.
“ Tornando al motivo della vostra visita…”
Iniziò Gandalf, tornando a sedersi in mezzo a Frodo e ad
Aragorn, imitato poi dagli altri, tranne da Luthien che rimase in disparte,
seduta accanto ad una colonna, apparentemente indifferente, ma vigile.
“ …dovete ancora illustrarci il nuovo pericolo che ci
attende e il motivo per cui ci avete aiutato. Cosa potreste giovarci voi, della
salvezza di Frodo, in apparenza un comune hobbit e di Aragorn, il nuovo re di
un regno che non vi appartiene affatto?”
Domande legittime, pensarono entrambi i giovani guerrieri, e
sicuramente che condividevano tutti i presenti seduti intorno a quella tavola.
Frodo incontrò gli occhi grigio perla di Taras, ma non vi
lesse alcun fine malvagio in lui. Solo una grande forza d’animo e anche un
barlume di tristezza, come in quelli di Aragorn, la prima volta che il suo
sguardo incontrò quegli occhi smeraldini, che in un certo qual modo lo
mettevano in suggestione anche in alcuni momenti, come se volessero scrutare
fino in fondo alla sua anima. Uno sguardo da fare invidia agli elfi, lo stesso
che ora stava sottoponendo a Taras, che inconsciamente ricambiò. Fino a quando
non abbassò gli occhi e sospirò di nuovo, quasi amaramente, portandosi la mano
al collo, come a cercare qualcosa, che infine trovò. Tutti seguirono quel breve
movimento con sguardo incuriosito ed estatico, ammirando quello che Taras
stringeva nel palmo della sua mano. Qualcosa di piccolo, ovviamente, e quando
lo poggiò con un sonoro tintinnio sul tavolo in legno di faggio levigato, i tre
hobbit si protesero per guardare meglio, seguiti dagli occhi attenti e dalla
smorfia di preoccupazione di Gandalf.
Un sassolino, ben curato, levigato accuratamente, tanto da
formare tanti piccoli rombi all’interno delle sue facciate, grande quando una
noce ma di un colore trasparente, opaco, quasi spento, morto.
“Cos’è?”
Chiese titubante Pipino, osservandolo ora quasi con paura.
“ è la Gemma
del Destino.”
Rispose Taras.
“ No!”
Esclamò quasi minaccioso e alzandosi di scatto il bianco
stregone, percorrendo il tavolo come un leone in gabbia, guardando con un misto
di meraviglia e terrore la gemma.
“ Non esiste! Non può esistere! Quella gemma è solo pura
invenzione!”
“ Ma è qui, davanti ai vostri occhi! Pensateci: non esisteva
nemmeno il leggendario Cavaliere di Amlach…eppure è qui, accanto a me, e lo
dimostra il medaglione della sua stirpe che gli pende dal collo. Non esistevano
nemmeno le sue spade, avente una propria vita. Eppure anche loro sono state
sguainate dal loro legittimo proprietario. Si credeva una leggenda anche l’Unico
Anello di Sauron, eppure è stato distrutto sul Monte Fato dall’hobbit seduto di
fronte a me.”
Disse con convinzione il tenace Taras, rimasto seduto a
contemplare le sue mani intrecciate a livello della bocca e puntando
ostinatamente gli occhi grigi in quelli preoccupati di Gandalf, che non
smetteva di andare avanti e indietro, e in seguito in quelli azzurri e limpidi
di Frodo, che non abbassò lo sguardo, sostenendolo.
In cuor suo, aveva capito che una nuova impresa lo attendeva
e ora come ora non sapeva se avrebbe avuto la forza di sostenerla. Il suo
turbamento non rimase incompreso dal suo fedele Sam, che lo guardava colmo di
pena per il suo giovane padrone, tanto che chiese deciso ad un Taras fermo
sulle sue convinzioni:
“ Ma cosa c’entra questa…gemma, con Frodo ed Aragorn?”
“ Ottima domanda ,giovane Samvige. Ebbene, la risposta è
semplice.”
Tutti a quel punto pendevano dalle labbra di quel guerriero
così tenace, mentre Arwen stringeva, ricambiata, la mano del suo sposo, in
segno evidente di preoccupazione.
“ Un tempo, la
Gemma del Destino fu creata da una nobile strega di razza
umana, molto conosciuta nelle Terre dell’Ovest. La sua fama e le sue magie
contribuivano a rendere noto lo splendore delle nostre terre d’origine, tanto
da definirle Terre della Luce. La gemma consentiva a Venia, la strega della Luce e
signora di tutto l’Ovest ,uno splendore tale da abbagliare perfino i Valar.
Ella stessa brillava di luce propria e chiunque incontrasse
il suo sguardo, veniva purificato da ogni male. Venia non usò mai, ripeto mai, la Gemma del Destino per scopi
personali o malvagi, ma solo per il bene comune e portando speranza a tutti
coloro che ne avessero bisogno. Ma ben presto, lo splendore della gemma
cominciò ad essere minacciato. Nuvole oscure scesero sull’Ovest. Sauron, il
temibile Signore Oscuro, raggiunse anche le nostre bellissime terre,
marchiandole con la sua inimmaginabile bramosia di potere e di gloria.
Venia tentò di fermarlo, ma purtroppo l’oscurità di Mordor
inghiottì il suo candido animo. A quel tempo, Sauron aveva ancora il controllo
dell’Anello del Potere, troppo forte anche per la Gemma del Destino. Destino
crudele fu la sorte di Venia! Ella venne soggiogata dal potere e dal fascino
dell’Unico, cosa capitata già a molti che l’avevano scorto. Ma Venia mai usò
portarlo via dal suo legittimo Signore, anzi, da nemica ne divenne alleata.
Sauron conferì un nuovo potere a quella che fu la nobile e leggiadra Venia. E così,
la signora dell’Ovest, la strega della Luce, si tramutò nella Dama
dell’Oscurità, la Signora
della Tenebre. La gemma, come la sua proprietaria, divenne nera come il buio di
una notte senza stelle, e il veleno che fuoriusciva dalla sua figura, inghiottì
tutta la luminescenza delle nostre terre. Per molti secoli, le Terre
dell’Ovest, guidate e sottoposte ai capricci e alla malvagia guida di Venia,
pullulavano di nuovi e temibili mostri. Le guerre si moltiplicarono, l’odio e
il rancore crescevano anche negli animi più pacifici, il dolore era diventato
all’ordine del giorno, fin a quando Venia comprese il vero potere della Gemma
del Destino, quello stesso destino che poteva cambiare le sorti di molti,
perfino dello stesso Sauron, diventando così lei la Regina dell’Eterno Male.
Perché accontentarsi delle Terre dell’Ovest se poteva
dominare le intere Terre di Mezzo?...”
Nessuno dei presenti fiatò, durante il racconto terribile e
triste al con tempo di Taras, evitando di pensare e cercando di capire.
Stregati dalle sue parole e ammaliati dal suo sguardo deciso, il guerriero
dell’Ovest proseguì:
“ Ma qualcosa andò storto proprio all’ultimo momento. Una
falla si presentò in quello che poteva sembrare un piano perfetto. Sauron intuì
i disegni di Venia, grazie alle sue fedeli spie, i suoi occhi e le sue
orecchie. Da cacciatrice, Venia divenne preda e Sauron si trasformò nel suo
giustiziere. Ci fu una terribile lotta fra giganti. I rimbombi delle loro
orribili magie si espansero ovunque, fino a smorzarsi e a terminare con la
vittoria del Signore Oscuro e la fine della Signora delle Tenebre. Sauron la
imprigionò in una tomba di ghiaccio, condannandola ad un sonno senza sogni né
incubi, vagando in una dimensione alternativa ed oscura, dove le sue magie non
avevano alcun effetto.
Così oltre al padrone dell’Anello, egli si appropriò della
Gemma del Destino, condannando ancora una volta il nostro regno all’oscurità
eterna.
Ma poi scoppiò la guerra nelle Terre di Mezzo, e Sauron
dovette ritornare per difendere la sua posizione. Tutti voi sapete cosa
accadde: Isildur lo sconfisse definitivamente, si appropriò dell’Anello, salì
sul Monte Fato ,ma non lo distrusse. Lo tenne per sé, cercando di dominare il
suo oscuro potere. Ma a nulla valsero i suoi tentativi di resistergli. Il
fascino dell’Unico lo soggiogò, condannandolo alla morte e la sua stirpe fu
spezzata. Secoli dopo l’ Anello si ripresentò nella Terra di Mezzo, mentre le
Terre dell’Ovest avevano ristabilito l’antico equilibro e lo splendore di un
tempo. Venia fu dimenticata, rimasta incatenata in una magia eterna e il suo
corpo di una bellezza malvagia, riposto ancora in quella tomba di ghiaccio. Che
terribile sbaglio ,commisero i nostri antenati, a lasciarla ancora lì, vigile
su quella torre ancora insistente sul nostro regno! L’Anello venne distrutto da
Frodo definitivamente, nel luogo in cui fu generato. Il legittimo re di Gondor
occupò il trono che gli spettava di diritto, ripristinando la sua nobile stirpe.
La pace ritornò nelle Terre di Mezzo. Ma c’è una cosa di cui voi non siete a
conoscenza.”
Una pausa in cui Taras sospirò di nuovo, mentre incuriosito
ma timoroso Frodo chiese in un soffio:
“ Cosa?”
E Taras ,incatenando di nuovo il suo sguardo di perla verso
tutti, ma in particolare a quello del suo interlocutore, gli rispose:
“ Quel lontano giorno di guerra, Isildur non si appropriò
solamente dell’Anello del Potere, ma anche della Gemma del Destino. Ritornato
sui suoi passi, durante la discesa del Monte Fato, il re di Gondor notò lo
scintillio nero di una piccola gemma che Sauron stringeva nella sua mano. Egli,
affamato di tesori e conquiste, la raccolse e la nascose nei suoi abiti, in
attesa di contemplarla. Ma il fascino della Gemma era ben poca cosa di quello
dell’Unico, e così, visto che entrambi i gioielli cominciarono a opprimerlo,
Isildur preferì liberarsi della Gemma del Destino, gettandola nelle placide
acque del fiume, fino a sfociare nelle profondità più inaccessibili degli
abissi.
Così, per circa un’era, la Gemma è rimasta al sicura, in attesa di essere
raccolta e posseduta da un nuovo padrone. A differenza dell’Anello, infatti, la Gemma non ha una volontà
propria e non risponde solamente ad un unico padrone. Certo, per molto tempo è
appartenuta a Venia, ma ciononostante non era legata indissolubilmente a lei.
In verità, la gemma è come un bambino in fasce, bisognosa solo di qualcuno che
la riporti all’antico splendore. Perché è solamente questo, ciò che desidera.”
“ Quindi la gemma ha un fine buono. Non è devota
all’oscurità.”
Disse Aragorn, contemplandola per un istante e tornando ad
osservare Taras, che annuì in risposta.
“ Si, davvero un bel racconto. Ma, non avete risposto alla
mia domanda, mio signore! Si può sapere cosa c’entrano Frodo e Aragorn con la Gemma del Destino?”
Chiese spazientito Sam.
“ Questa volta vi sbagliate, impavido Sam. Io ho risposto
alla vostra domanda, solo che non direttamente.”
Rispose con un rilassato sorriso Taras a Sam, il quale non
poté fare altro che osservarlo in modo interrogativo.
“ Non farci caso! Lui parla sempre per enigmi!”
Esclamò all’improvviso Will, sostenendosi il viso con una
mano e puntellando il braccio di quest’ultima con il gomito ,sul tavolo in
faggio.
“ Cercherò di essere più chiaro. In realtà, il mio bel
racconto, non è ancora terminato.”
Gli sorrise, comprensivo, mentre Sam abbassava gli occhi
imbarazzato.
“ Quando Frodo gettò l’Anello nella lava bollente del Monte
Fato, proclamando la suddetta fine del potente Signore Oscuro e di quella assurda
guerra, scaturì una reazione a catena, un circolo vizioso a cui non poteva
sottrarsi. Venuta meno la forza e la potenza di Sauron , mentre nella Terra di
Mezzo ritornava a risplendere il sole, nelle Terre dell’Ovest il cielo si
rabbuiò nuovamente.
Venia, la terribile Signora delle Tenebre, la Dama dell’Oscurità, ritornò a
rivivere. Il suo palazzo di cristallo ricominciò a risplendere di una temibile
luce opaca, malvagia ed infida.
Io e i miei compagni, insieme ad un intero esercito di
uomini ed elfi di Bosco Bianco, combattemmo strenuamente contro gli Andes
,risorti dai viscidi giardini dal Castello di Cristallo di Venia. Per un breve
momento pensavamo di aver avuto la meglio, ma sfortunatamente agli Andes
decaduti, sopraggiunsero orchi ed Uruk-hai che quella perfida strega aveva
risvegliato dalle terre di Mordor. Ci attaccarono in massa. Eravamo
numericamente inferiori. Perirono in molti, in quella battaglia.”
Sussurrò triste e amareggiato Taras, riprendendosi subito
dopo e alzando nuovamente lo sguardo deciso verso di loro.
“ Mio padre fu uno di questi. Io, Will e Luthien,
sopravvissuti miracolosamente a quell’attacco inaspettato, ci dirigemmo verso
il Castello. Ma quando varcammo la sala del trono, ormai era troppo tardi. Mio
padre, Ettelen, venne trafitto da una lama di giaccio, a cui nessuna cura può
risultare efficace. Di Venia nemmeno l’ombra. Era scomparsa subito dopo aver
trafitto mortalmente mio padre. Non potrò mai dimenticare il ghigno di
soddisfazione che le solcò le labbra velenose in quel momento, prima di
dissolversi in una coltre di neve simile a cenere!”
Esclamò con rabbia e stringendo i pugni violentemente, fino
a far diventare le nocche di un colore simile al manto di Luthien. Will cercò
di rassicurarlo mettendogli una mano sulla spalla e stringendogliela
comprensivo, sorridendo, mentre Luthien alzava gli occhi ad osservarli per un
momento, per poi attirare la sua attenzione sulle punte dei suoi capelli
castani.
“ In punto di morte, mio padre mi rivelò quello che ora vi
ho appena raccontato, di come Venia si fosse risvegliata e di come salvare il
nostro popolo. L’intenzione di Venia è quella di vendicarsi del discendente di
colui che un tempo proclamò la scomparsa della gemma, che in seguito ritornò
nelle sue mani subito dopo essersi ridestata. Ma sfortuna volle che mio padre
riuscisse a sottrargliela prima che potesse corromperla con il suo lato
maligno, consegnandola a me, affinché la custodissi.
La Gemma
del Destino ha causato le guerre nelle nostre Terre certo, ma è anche l’arma
che potrebbe far ritornare Venia al suo antico splendore, ormai completamente
folle di potere e bramosia, come se fosse corrotta dal suo stesso animo
malvagio.”
“E come potrebbe farlo?”
Chiese Gandalf, ormai calmatosi del tutto e arreso
all’evidenza dei fatti, ma ritornando di nuovo lo stregone coraggioso e di
grande forza d’animo che tutti avevano sempre conosciuto.
“ Ma perché non andate lì, su quel dannato palazzo e le
tagliate la testa a quella stregaccia?”
Chiese schietto Gimli, che come al suo solito, esponeva con
poche parole le soluzioni ai problemi più grandi con semplicità impagabile.
“ Perché la nostra intenzione non è ucciderla, ma salvarla.”
Disse Will, prima che Taras potesse aprir bocca.
“ Salvarla? Ma perché mai? Dopo tutto quello che vi ha fatto
e vi continua a fare!?”
Disse sbalordito da quell’affermazione il figlio di Gloin:
“ Perché non abbiamo scelta! Solo facendo ritornare il cuore
di Venia a brillare di una luce purificatrice come un tempo, avremo possibilità
di salvare le Terre dell’Ovest.”
Gli rispose esplicitamente Will, subito dopo seguito da
Gandalf:
“ Forse credo di aver capito.”
Iniziò, alzandosi nuovamente e percorrendo il tavolo, questa
volta in modo più calmo e con espressione pensierosa, come faceva ogni volta
per riflettere meglio su una questione più importante.
“ Le Terre dell’Ovest ora sono legate indissolubilmente
dall’anima della persona che le governa. All’inizio mi era impossibile credere
al’esistenza della gemma, per il semplice fatto di non credere a quella della
sua creatrice…Vedete, Venia, la strega della Luce, è così millenaria che
pensavo che non esistesse affatto, che fosse solamente una leggenda inventata
da qualche forestiero di locanda per spaventare gli allocchi. Che stolto che
sono stato!”
Esclamò il vecchio mago, accasciandosi per l’ennesima volta
con sguardo immerso nel vuoto.
“Meno male che se lo afferma da solo!”
Bisbigliò Pipino a Merry, facendolo sogghignare.
“ ed è qui che entra in gioco Frodo!”
Esclamò animatamente e ,se è possibile, ancora più deciso Taras,
facendo sussultare il diretto interessato e alzare gli occhi Gandalf,
strappandolo dalla dimensione dei suoi pensieri, riportandolo alla realtà con i
suoi occhi più grigi del solito.
“ La Gemma
ora, come potete vedere, è opaca, spenta…ma può essere risvegliata. Come ho già
detto, essa non ha vita propria, ma il suo più intimo desiderio, è ritornare a
brillare della vera luce che l’ha sempre contraddistinta. Ma per farlo, non ha
bisogno di una persona qualunque, ma di una che abbia vissuto a stretto contatto
con il male più primordiale e che lo abbia superato, con qualche ferita, certo,
ma che comunque abbia fatto vincere la parte migliore di sé. Il lato buono,
quello puro, candido ed intoccabile della sua intera esistenza, del suo cuore
,della su mente e della sua anima.”
“ E chi altri meglio di Frodo.”
Disse Gandalf, sempre con tono pensieroso.
“No! Ora basta!”
Esclamò quasi furibondo il buon Sam, alzandosi così
velocemente, da far cadere la sedia per l’impeto.
“Sam!”
Disse ,guardandolo stupito, Frodo, cercando invano di
calmarlo:
“No, padron Frodo! Ho sentito abbastanza! Voi avete già
sofferto troppo per la storia dell’Anello di Sauron e….e ora che tutto era
passato, che potevamo tornare alla normalità, si presenta questo nuovo peso da
dover portare ,come un nuovo fardello! No! Stavolta mi oppongo! Non cercate di
fermarmi! A costo di trascinarvi con la forza fino alla Contea, perché è lì che
dovete rimanere!”
Terminò con l’affanno Sam, seguito poi con un sorriso da
parte di Pipino, Merry e lo stesso Gandalf, insieme agli altri rimanenti,
perfino Will, Taras e Luthien. Solo Frodo continuava a guardarlo con la bocca
aperta per lo stupore. Non credeva che il bonario Sam potesse essere così fermo
e deciso nelle proprie decisioni. Certo, più volte lo aveva ammirato per la sua
forza d’animo e per il suo coraggio. Se non fosse stato per lui, a quest’ora
sarebbe morto prima di raggiungere il Monte Fato. Lui gli doveva la vita, gli
voleva bene come un fratello, ma Frodo sapeva ora ciò che doveva fare, forse lo
sapeva già prima di tutte quelle spiegazioni da parte di Taras e guardando
negli occhi Gandalf per un momento, trovandolo sorridente e con l’espressione
di un gatto sornione, gli sorrise a sua volta e voltandosi verso Sam, gli disse
sorridente e con tono calmo, come se volesse rimproverare un bambino ostinato:
“ Siediti, Sam. Ti pregherei anche di ascoltarmi.”
Sam, inaspettatamente, fece come lui voleva e si sedette con
ancora una punta di astio verso i due uomini seduti di fronte a lui.
“ Ho intenzione di accettare le vostre richieste. Porterò la Gemma del Destino ovunque
vogliate. Non posso tornare alla Contea, sapendo di condannare vite innocenti
ad una sicura fine. Potrei avere anche delle ottime giustificazioni: non è la
mia guerra, non è il mio popolo, non sono le mie Terre, tutto ciò non mi
riguarda! Ma non è nella mia indole voltare le spalle a qualcuno che ha bisogno
d’aiuto. Ho deciso…”
Continuò Frodo alzando nuovamente lo sguardo verso gli occhi
perlacei ed ora luminescenti di nuova
speranza di Taras.
“ …verrò con voi, nelle Terre dell’Ovest!”
Esclamò deciso, mentre tutti lo osservavano ammirati e con
un moto d’orgoglio; anche Sam non poté fare a meno di sorridergli complice,
arrendendo sia quella mente matta del suo padrone!
“ La tua fama è degna di lode, Frodo Baggins.”
Gli bisbigliò sorridendogli amichevolmente Taras.
“E sia dunque! Partirai con noi, domani all’alba!”
Esclamò deciso e raggiungendolo per poi inginocchiarsi di
fronte a lui:
“ E hai la mia solenne promessa, che io farò l’impossibile
per proteggerti da qualunque nemico. Hai la mia vita nelle tue mani, Frodo.”
Gli disse, mentre Frodo lo ringraziava.
“ Un momento, bell’imbusto!”
Esclamò deciso Gimli, alzandosi in tutta la sua possente ma
piccola statura, e avvicinandosi a loro due:
“ Se Frodo va nelle Terre dell’Ovest, allora verrò anch’io!”
“ Superfluo dirlo, che ci sarò anch’io! Altrimenti, chi
cavallo sosterrebbe il tuo peso, se non il mio?”
Disse ironicamente Legolas, alzandosi a sua volta, mentre
Gimli sbuffava contrariato:
“ Ancora una volta, il mio arco è al tuo servizio, Frodo.”
Gli disse serio e sorridente, il principe di Bosco Atro.
“ E la mia ascia!”
“ E la mia spada, oltre che la mia vita.”
Disse solennemente ma con tono calmo Aragorn, alzandosi a
sua volta e ponendosi al suo fianco, mentre Frodo lo guardava pieno di
ammirazione.
“ Lo sapevo già, amici miei! Vi ringrazio dal più profondo
del cuore. Ma anche se tutto ciò mi trasmette tanta gioia, io non so se potrò
chiedervi così tanto.”
“ Oh, taci Frodo! Non dire assurdità! E poi, a dire il vero,
ci voleva propria una bella guerra! Dico bene, Pipino?”
“Assolutamente! Concordo pienamente con te, mio caro Merry!”
“ Un momento! Quindi verrete anche voi?!”
“Ma che domande fai? Certo che verremo! Non possiamo mica
lasciarti da solo! Siamo anche noi i tuoi compagni!”
Disse di rimando Merry, mentre Pipino scuoteva la testa:
“ Ah, questo ragazzo mi delude! Non ha senso dell’intuito!
Frodo, amico mio, lasciatelo dire: tu sei un idiota!”
“ Grazie Pipino!”
Disse Frodo, ridendo divertito:
“ Figurati! Ci mancherebbe altro!”
E da qui nuove risate che contagiarono tutti.
“ E tu, Sam? Vieni con noi, o torni alla Contea?”
“ Beh, so che Rosy mi ucciderà ma…non posso lasciare padron
Frodo da solo! Verrò con voi!”
“ Grazie Sam! Questo mi rincuora!”
Gli disse Frodo, sorridendogli, prontamente ricambiato.
“ Nove partirono da Gran Burrore, quel giorno, durante l’era
del Signore Oscuro. Oggi, undici accompagnatori, guideranno e proteggeranno
Frodo dai terribili ostacoli che ci attendono.”
Disse Gandalf, scrutando tutti uno ad uno, come quella
mattina, re Elnord fece con loro.
“ Dovremmo portare la Gemma all’interno della torre più alta del
Castello di Cristallo e collocarla nell’apposita nicchia di Luce. E questo deve
essere fatto solamente da te, Frodo. Credi di farcela?”
Gli chiese Taras, guardandolo dritto negli occhi:
“ Si, sono pronto!”
“ Bene! Ma prima…”
Continuò il guerrieri dell’Ovest, afferrando la catenina
d’argento da cui pendeva la gemma e consegnandola a Frodo, facendola stringere
all’interno della piccola mano, mentre tutti lo guardavano rapiti.
“…vediamo se la
Gemma ti riconosce come legittimo portatore.”
Frodo la sentiva fredda nel palmo della sua mano, fino a
quando non cominciò a sentire un tenue calore avvolgerla. Di riflesso, aprì la
mano, rivelando la Gemma
del Destino. Brillava.
Ecco un nuovo splendido capitolo!!!! Spiegazioni intriganti,
vero???? Spero che sia stato interessante e di vostro gradimento. Ma le
sorprese non finiscono qui!!!! Continuate a leggere e scoprirete!!! Ora, saluti
specialissimi alle mie commentatrici: fanny91, che ha messo anche la mia fanfic
nelle sue preferite ( in questo momento, posso affermare di adorarti!!! ^___^ )
e a LadyElisabeth (adoro anche te, tranqui!! Sono felice che ti piaccia!!!
Continua a leggerla e scoprirai!!! XD) Grazie ad entrambe e bacioni
tenerissimi!!! Baci baci e ringraziamenti anche a tutti voi che avete letto con
tanto interesse!!! Alla prossima, Fuffy91!!!!XDXDXD ^___________^
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
C4
Dalla finestra degli alloggi reali, Aragorn abbracciava con
il suo sguardo di smeraldo l’intera città di Minas Tirith, contemplando le luci
tenui e tremolanti delle candele ancora accese all’interno di alcune case, che
a poco a poco si spegnevano una dopo l’altra, facendo calare il buio della
notte definitivamente su Gondor.
Sembrava incredibile come fugace fosse stata la sua gioia nel vedere tutti i
suoi sogni più irraggiungibili realizzarsi: l’unione totale con la donna che ha
sempre amato, la ritrovata strada che aveva sempre cercato di evitare durante
la sua esistenza da ramingo, quella di re legittimo di quelle splendide terre,
le sue amicizie ritrovate…Ma nulla di tutto questo era riuscito a rimanere
inerte di fronte alla folata di vento gelido e lugubre, proveniente dalle Terre
dell’Ovest. Una nuova, improvvisa prova ostacolava nuovamente il suo cammino.
Ma ora lui era pronto, sapeva cosa fare, sapeva cosa esattamente desiderava, e
questa volta non avrebbe avuto nessun ripensamento, nessun dubbio, nessuna
preoccupazione ad affollargli la mente. L’onta carica degli errori commessi da
Isildur lo stava di nuovo sopraffacendo e ancora una volta spettava a lui
rimediarvi totalmente.
I suoi pensieri vennero interrotti dolcemente da due candide
braccia che gli cinsero la vita, mentre un corpo caldo e morbido si stringeva a
lui, trasmettendogli con il suo tepore un po’ di pace.
“ Non riesci a dormire, mio signore?”
Gli chiese Arwen, mentre sentiva ancora i sussurri della sua
sinuosa voce entrargli nelle orecchie ed offuscargli la mente, come gli
capitava ogni qual volta l’ascoltasse.
Sorridendole dolce, Aragorn si voltò verso di lei e
,lentamente, posò le sue labbra su quelle di lei, in un bacio tenero e leggero,
dimenticando per un istante che il giorno dopo avrebbe dovuto lasciarla per
partire verso il suo destino. Non poteva portarla con sé; sapeva che il viaggio
che lo attendeva sarebbe stato colmo di pericoli. Lo rassicurava di più saperla
al sicura, tra le mura de suo regno.
Si staccò da lei, credendo che fosse passata un eternità,
mentre Arwen seguitava ad accarezzargli il viso, con un tocco lieve e gentile
come ali di farfalla.
Aragorn catturò quella stessa mano con la sua e ne baciò il
dorso e il palmo, mentre la sua sposa, nonché la sua regina, le sorrideva con
un velo di tristezza che le incupiva gli occhi, azzurri come un cielo di
primavera, e lui sapeva il perché, come sapeva anche quello che ben presto gli
avrebbe chiesto.
“ Voglio venire con te.”
Gli sussurrò con gli occhi scintillanti alla luce della
luna.
A quell’affermazione, Aragorn non poté fare a meno di
sorridere tra il dolce e l’amaro, mentre le accarezzava ancora la mano destra.
“ Ti prego, non negarmi il desiderio di starti vicino.”
“Non sai quanto lo vorrei, ma…”
“Lo so! È pericoloso, e potrebbe capitarmi qualcosa, ma…io…”
E abbandonò la sua mano tra quelle di lui, per poi non
riuscire più a sostenere quel suo tenero sguardo e abbassando il suo, ora pieno
di lacrime di amarezza e delusione.
Aragorn glielo alzò dolcemente con l’intera mano e una volta
incontrati i suoi occhi scintillanti, mentre una lacrima gli rigò una guancia
leggermente arrossata, la baciò di nuovo con impeto e passione. Arwen si
aggrappò al suo collo, affondando le mani in quelle onde scure e ricambiando il
bacio con ancora più impeto, che minacciò di sconvolgerlo, abbracciandola e
sostenendo le sue gambe tremanti prendendola per la vita e modellandola al suo
corpo possente e snello.
“ Io tornerò da te. Fin ad allora, aspettami, amore mio.”
Le sussurrò dolcemente con tono profondo e velato di
emozione, mentre la luna fu la sola testimone del loro attimo d’amore e
passione, suggellato con un nuovo bacio e nuove dolci carezze.
Intanto, Legolas era appoggiato alla balaustra della sua
camera, ripensando agli avvenimenti che avevano caratterizzato quel frenetico
giorno, ricco di contrastanti emozioni.
Assaporò l’inebriante brezza serale, lasciandola libera di
giocare con le sue ciocche bionde ,socchiudendo gli occhi con un sorriso e
scuotendo la testa divertito dal russare rumoroso del suo compagno di stanza,
Gimli. Improvvisamente, la sua attenzione si spostò fra le fronde dei giardini
reali, le cui piantagioni avevano ombre scure e argentate ai raggi della luna
crescente. Il suo sguardo attento e azzurro, come uno sgombro cielo d’estate, si
posò su figura ammantata di bianco, luminosa più delle stelle.
Affascinato e come guidato da una forza che andava al di là
delle sue resistenze, percorse silenzioso la stanza, aprì e chiuse
impercettibilmente la porta e si diresse all’aperto, evitando di pensare e
lasciandosi guidare, come rare volte succedeva, dall’istinto.
Una volta attraversate le alte volte del palazzo, rimase
incantato dallo splendore serale di quei fiori meravigliosi. Si protese ad
annusare delle rose bianche e rosse, quando all’improvviso sentì il profumo
indescrivibile, che non apparteneva a nessun fiore presente nel giardino, fino
a quando sentì la lama appuntita di una freccia pungergli la schiena, ricoperta
da una leggera camicia di un celeste pallido.
Istintivamente alzò le mani in segno di resa e bisbigliò,
senza volerlo:
“ Sono disarmato…”
“ Meglio per voi, che lo siate.”
Disse di rimando una voce che aveva già udito, anche se
solamente di rado, in quella giornata densa di sorprese.
I suoi sensi sentirono che la persona dietro di lui,
abbassava le sue difese, e la freccia tesa dal suo arco perdere la sua
tensione.
“Non dovreste passeggiare da solo, di notte e per giunta
disarmato, mio signore.”
Continuò Luthien, seduta a pochi metri da lui sui gradini
delle gradinate che conducevano negli interni del porticato, accavallando le
gambe e giocherellando con le ciocche dei suoi capelli castani, evitando di
guardarlo.
Legolas, abbassò lentamente le mani e sorridendo le disse di
rimando, questa volta con tono più forte:
“ Mi sembra che ciò possa valere anche per voi, mia
signora.”
“Ma io non sono disarmata.”
Lo controbatté Luthien, alzando l’arco per sottolineare le
sue parole, ma sempre senza guardarlo.
“ Si, ma siete comunque sola, di notte e senza qualcun altro
che possa aiutarvi in caso di pericolo.”
Questa volta, la donna alzò gli occhi verso di lui,
permettendogli di scorgere il luccichio dei suoi occhi scuri e profondi, così
diversi da tutti quelli che aveva scorto nelle altre dame del suo regno.
Quello sguardo aveva il potere d’incantarlo, come il sorriso
a fior di labbra che increspò le sue labbra rosse come petali di rosa.
“ Questa volta, non posso contraddirvi.”
Sussurrò, mentre Legolas strabuzzava gli occhi cercando di
scorgere la sua armoniosa figura, visto che non era più sui gradini del
porticato.
Ma poi sentì il suo profumo indefinibile, e si voltò per
ammirarla intenta ad osservare alcuni gigli bianchi, chiusi in loro stessi. Ma
appena Luthen li sfiorò, questi si aprirono uno dietro l’altro, mentre la
meraviglia avvolgeva Legolas, per quell’evento stupendo pur nel suo mistero.
“ Sono stupito dalla vostra agilità.”
“ Non siete il primo né l’ultimo che non mi abbia già detto
una frase del genere.”
“ Ne siete infastidita?”
La perse di nuovo di vista; non poteva distrarsi un attimo,
che lei sembrava come dissolversi nel vento, per poi apparire inaspettata. Si
chiedeva se fosse un’abilità tramandata nel suo popolo o solo una sua sola
specialità. In entrambi i casi, lo intrigava lo stesso.
“ No. Ma non mi piacciono i complimenti.”
Gli rispose dopo un po’, lontana dai fiori e dalle strutture
illuminate dalla luna ormai padrona del nero manto che ricopriva il cielo e con
lo sguardo scintillante, rivolto verso
l’orizzonte oscuro o in penombra, sporta verso una sporgenza rocciosa, vicino
ad un albero sempre verde.
La brezza serale catturò, dispettosa, sia i suoi che i lisci
capelli di quella dama incantatrice, come il significato nascosto del suo nome.
Luthien. L’incantatrice. Legolas sorrise. Mai nome fu più
appropriato per quella creatura così misteriosa.
Chissà cosa si celava dietro quella corazza così
impenetrabile che la ricopriva interamente, anche se non visibilmente? Mai dama
lo aveva così incantato! Come se lo avesse stregato, senza nemmeno
accorgersene. Non sapeva spiegarselo, ma dentro di lui cresceva un desiderio
irrefrenabile di sapere di più di lei e di tutti i pensieri che, sapeva,
affollavano la sua mente attenta.
Desiderava diventare suo amico, e per il momento questo gli
bastava. Ma sapeva anche che conquistare la sua fiducia non sarebbe stato
facile.
“ Non mi piacciono nemmeno i curiosi.”
Gli disse inaspettatamente, trovandosela a pochi metri di
distanza, tanto da poter scorgere alcuni particolari di quel volto investito da
una luce perlacea, intensificando la sua luminescenza, oltre a inebriarsi del
suo profumo. Era come se gli avesse letto nel pensiero, ma era impossibile che
lo avesse fatto per davvero. Ciò nonostante sussultò imbarazzato, cadendo in
uno strano stato di confusione.
“ La curiosità non è un peccato.”
“ Dipende dai punti di vista.”
Legolas sorrise, ritrovando un po’ di lucidità e del suo
autocontrollo.
“Amate avere l’ultima parola, vero, mia signora?”
“ Dipende dai casi. Ma in molte circostanze, si.”
“ Cosa ci fate nel cuore della notte, in giardino?”
Chiese a brucia pelo Legolas, cercando alleggerire il
discorso.
“ Potrei farvi la medesima domanda.”
“ Ma sono stato io, il primo a porla.”
Le sorrise di nuovo amabile, cominciando a divertirsi per
quel gioco di battute nato dal nulla.
“ Facevo la guardia.”
Disse con tono leggermente più duro. Forse, non le era
piaciuta quella puntualizzazione da parte sua.
“ Da sola?”
Chiese scettico e un po’ preoccupato Legolas, a saperla sola
in balia di un eventuale nemico.
“ Si. Perché? Mi considerate così incapace?”
“No. Non ho detto questo.”
“Ma immagino che lo abbiate pensato.”
“Nemmeno.”
“ Allora vuol dire che avete supposto che, in caso di
pericolo, sarebbe stato meglio avere almeno un compagno.”
“Questo si, lo ammetto.”
“ Io non ho bisogno di un compagno. So badare a me stessa.”
“ Certamente, su questo non vi è alcun dubbio.”
Disse quasi ironico Legolas, sorridendole di nuovo
amabilmente.
Sorrise anche Luthien, allontanandosi di nuova da lui,
sorpassandolo e consentendogli di aspirare di nuovo la sua fragranza
“ Ora tocca a voi. Cosa ci facevate in giardino, a quest’ora
della notte?”
Legolas la osservò di nuovo sedersi sui gradini del
porticato, accavallare le gambe e giocherellare con le ciocche dei suoi
capelli, evitando nuovamente il suo sguardo. Era incerto sulla risposta da
darle, ma alla fine decise di dirle la verità, anche perché non c’era nulla di
male nell’ammettere che:
“ Vi avevo notato dalla balconata e ho deciso di
raggiungervi nei giardini.”
A quelle parole, Luthien alzò di scatto gli occhi e li
incatenò a quelli di Legolas, per nulla imbarazzato della sua confessione.
“ Bene. Ora mi avete vista. Avete conversato con me. Potete
considerarvi soddisfatto.”
Detto questo, si alzò e si diresse all’interno delle alte
volte del porticato, lasciandolo spiazzato per il suo comportamento.
“ Il sole sta sorgendo.”
Gli disse ora accanto a lui, con un’espressione
indecifrabile dipinta sul suo volto.
“ Andiamo. Tra poco partiremo verso le Terre dell’Ovest.”
Proseguì mentre Legolas annuiva, ancora un po’ stordito per
quel cambio di atteggiamento improvviso.
Ma prima che potesse dileguarsi di nuovo, Legolas la afferrò
istintivamente per un braccio, delicatamente, dicendole, mentre lei rimaneva
ferma, non si ribellava alla sua stretta ma non si voltava nemmeno.
“ Perdonatemi, se vi ho offesa in qualche modo, mia
signora.”
Seguirono alcuni minuti di silenzio, fino a quando Legolas
la sentì sussurrare:
“ No, non mi avete offesa in alcun modo.”
E poi, voltandosi e sorridendogli, proseguì:
“ Sono solo io, ad essere scontrosa, a volte. Non fateci
caso, mio signore.”
Detto questo, Luthien sentì la mano di Legolas abbandonare
il suo braccio e sorriderle.
Quando la vide allontanarsi di nuovo lungo le alte volte del
porticato, seguendo i movimenti lenti del manto bianco che le frusciava lungo
le gambe snelle e tornite, il principe di Bosco Atro sussurrò quasi a sé
stesso.
“ Come potrei non farci caso, mia signora. Ma del resto, mi
piacete anche per questo.”
Bello, vero? Spero vi sia piaciuto anche questo breve
capitolo. Adesso passiamo ai saluti.
Fanny91: Come vedi anche Legolas è curioso di scoprire
qualcosa in più sull’indecifrabile Luthien. Su Taras e Will, si vedrà più
avanti. Come così poco? Per me è davvero importante che tu abbia messo la mia
fan fiction fra le tue preferite!!! Ti dirò di più: vedendo sempre che leggi e
commenti tempestiva, mi fa ancora più piacere. E quindi ufficialmente, ti dico
che ti adoro ancora di più!!! Hihi!!! Vedo che ti piace Legolas. Eh, vedrai,
vedrai che succederà in seguito su di lui!!! XDXD Tra l’altro, anche io ne vado
matta!!! Bacioni e saluti speciali ancora!!! Alla prossima!!! ^____^
LadyElizabeth: Ovviamente, ringrazio anche te per essere
sempre così carina nel lasciare sempre un delizioso commentino. Carina,
delizioso??? Ma da quando sono così sdolcinata??!!! Non farci caso, parlo con
me stessa!!! Hihi!!! Subentra la mia anima romantica!!! In effetti anche qui ci
ho messo un pizzico di romanticismo!!!XDXD Sia Legolas che Aragorn sono i miei
personaggi preferiti, quindi non potevano mancare nella mia storia!!! Continua
a seguirmi, e vedrai che succederà su uno di loro, specialmente!!! Adoro anche
te, tranqui!!! Baci baci e alla prossima!!!
Ma ovviamente un saluto specialissimo a tutti i lettori o le
lettrici che mi seguono così spasmodicamente!!! Adoro anche voi tutti!!!! Mi
spronate a scrivere sempre di più!!! Mi raccomando, continuate ad appassionarvi
a questa storia!!! Ne vedrete delle belle!!!XDXDXD Bacioni a tutti!!! Alla
prossima!!! Ciaoooooooooooooooooooooooo!!!! ^________________^
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
C5
Quella che era stata la padrona della notte, ora si vedeva
costretta a cedere il posto al signore del cielo. I caldi raggi del sole
mattutino abbagliarono il giovane Frodo, non appena varcò le porte del sontuoso
palazzo reale. Ammirò per un momento estasiato la vita riprendere il suo corso:
gli abitanti di Minas Tirith erano già in fermento, e tutto il regno si
preparava a dare un degno addio al loro giusto sovrano, in partenza per una
nuova missione da compiere.
I suoi pensieri vennero interrotti dal suo caro amico Sam,
che con un tonfo sordo, appoggiò sul terreno in pietra e polvere un bagaglio
ricolmo di ogni tipo di utensile culinario, oltre al vestiario e ovviamente,
scorte per il viaggio.
“ Sam! Ma quanta roba hai messo in quella sacca? Non ti
sembra di aver un po’ esagerato?”
“ Esagerato? Ma cosa dite padron Frodo!? E pensare che questo
è solo il minimo indispensabile per un viaggio del genere!”
Frodo non poté fare a meno di sorridere a quelle parole.
“ Il minimo indispensabile?! Sam, permettimi di dirti che ha
ragione Frodo! Sembra che ci hai messo l’intera Contea in quella sacca!”
Esclamò Pipino, che intanto era intento a masticare un goloso
boccone di crostata alla more appena sfornata.
Sam si limitò solamente a guardarlo di traverso e a scuotere
la testa in segno di rassegnazione, per poi rivolgersi a Frodo che sogghignava
divertito alla vista di Pipino e Merry che si contendevano l’ultimo pezzo di
crostata.
“ Padron Frodo...”
Sam esitò, e Frodo accortosi di ciò lo incitò a
proseguire:
“ Dimmi, Sam. Cosa c’è?”
“ Ecco…io…volevo solo chiedervi se vi sentite bene.”
E Frodo, corrugando le sopracciglia scure, non riuscendo a
capire dove il suo amico volesse arrivare, gli rispose sempre sorridendo
incoraggiante:
“ Ma certo, Sam. Perché non dovrei esserlo? Anzi, ti dirò di
più: mi sento perfettamente rilassato.”
Ed era vero. Non stava mentendo, solo per rassicurare Sam.
Era la pura verità. Si sentiva bene, anzi benissimo. Non era mai stato meglio in
tutta la sua vita.
“ Beh, io lo dicevo per quella…quella gemma che portate. Non
vorrei che vi facesse del male.”
Già, la
Gemma del Destino. Si era completamente dimenticato di averla
ancora al collo, dalla sera prima, quando Taras gliela aveva consegnata. No, la
gemma, a differenza dell’ Anello non sembrava pesargli affatto. Anzi, era come
un sollievo per le ferite lasciate dal gioiello oscuro che l’aveva preceduto.
All’improvviso, Frodo, completamente immerso nei suoi pensieri, si accorse che
Sam lo stava osservando con aria incera e preoccupata nell’insieme, e così con
un rinnovato sorriso gli disse:
“ No, non devi preoccuparti Sam. Per il momento, non mi è
d’impaccio. Ma se in futuro dovesse procurarmi preoccupazioni, sarai il primo a
saperlo, te lo prometto.”
E accompagnò la promessa con una mano fraterna posata sulla
sua spalla, a cui Sam rispose con un sorriso e un lampo di sollievo gli
attraversò gli occhi dorati.
Intanto, Merry e Pipino continuavano a litigare per quel
misero pezzo di torta, quando sopraggiunse William e strappata di mano ai due
contendenti, lo mangiò in un sol boccone.
“ Ehi!”
Esclamarono entrambi gli hobbit, mentre Will si passava la
lingua sulle labbra e leccava via gli ultimi residui di marmellata.
“ Niente rancore, amici miei.”
E detto questo, si diresse verso Frodo, scompigliandogli i
capelli affettuosamente, in gesto di saluto e facendo l’occhiolino ad
entrambi.
“ Buongiorno, dolcezza! Dormito bene?”
Lo sentirono esclamare e chiedere Frodo e Sam, ad una Luthien
più bella che mai ai raggi del sole.
Si era cambiata d’abito, ed ora indossava una tunica
d’arciere più leggera e resistente, in apparenza, di un colore verde foglia che
esaltava il colorito pallido della sua pelle e sottolineava quello castano dei
suoi lisci capelli, con due trecce legate dietro il capo con fili di perle,
mentre un ciocca ribelle le cadeva sulla fronte, andandole a coprire la guancia
destra.
“ Noi elfi non dormiamo, ci riposiamo.”
“Ah, giusto. Ma senti, se dormissi io accanto a te, forse
riusciresti a fare dei bei sogni. Che dici, proviamo la prossima volta?”
Le chiese con voce suadente, mentre lei accarezzava il suo
cavallo, sussurrandogli parole gentili all’orecchio.
“ Certo.”
Disse, inaspettatamente, mentre Will strabuzzava gli occhi
azzurri e meravigliati, mentre un sorriso speranzoso solcava il suo viso.
“ Davvero?!”
“ Certamente. Quando il sole prenderà il posto della luna e
viceversa.”
Rispose in tono incolore Luthien, avvicinandosi a Will
rimasto a bocca aperta e picchiettandogli una spalla, mentre un sorriso
increspava il suo bel viso d’angelo.
“ Buongiorno, Taras.”
“Buongiorno, Luthien. Cosa mi sono perso?”
“ Un tentativo di trafiggere a morte il mio povero
cuore.”
Disse Will, leggermente accigliato.
“ Cuore? Immagino volessi dire, il tuo ego?”
Lo corresse Luthien e da qui nuove risate, che finirono per
contagiare non solo Frodo e tutti gli altri, ma anche Will.
“ Ah, vedo che siete allegri, questa mattina!”
Esclamò compiaciuto Gandalf, che varcava la soglia insieme ad
Aragorn, seguito poi da Legolas e Gimli.
“ Buongiorno.”
Augurò Aragorn a tutti loro, ma guardando in particolar modo
Taras, che si limitò a ricambiare con un lieve inchino.
“ Spero abbiate riposato bene.”
Disse in seguito, rivolto a Luthien, che si limitò ad
aggiustarsi la ciocca ribelle di capelli dietro l’orecchio e ad osservare il suo
arco, del tutto indifferente a ciò che accadeva intorno a lei.
Senza rispondere al re di Gondor, andò a sellare il suo
cavallo, portato da una guardia, che glielo cedette subito, senza dire nulla, ma
guardandola intensamente, ammirato e timoroso.
Aragorn guardò stranito prima Gandalf, che si limitò a
sorridergli comprensivo, ed inseguito Taras che con una scrollata di spalle gli
disse:
“ Non prendetevela, mio signore. Luthien è nota per avere un
carattere un po’ particolare. Ma se vi ha offeso in qualche modo, non esitate a
riferirglielo.”
“No, no. Sono solo…sorpreso. È diversa dalle altre dame
elfiche che ho incontrato nei miei lunghi pellegrinaggi.”
“ O che avete sposato. Permettetemi di dirvi, che vi invidio
molto.”
Disse compiaciuto Will, mentre Aragorn si limitava a
sorridergli e Taras ad ammonirlo, come al solito, con gli occhi.
“ Il vostro cavallo.”
Disse Luthien, che si era avvicinata ad Aragorn silenziosa e
veloce, come era sua indole e consegnandogli le briglie del suo fedele
destriero.
“ Vi ringrazio, mia signora. Non dovevate.”
Ma lei non lo rispose e non gli sorrise, si limitò solo a
guardare per un attimo Legolas, che le sorrise amabile, per poi dirigersi verso
le gradinate della porta principale e sedersi elegantemente a giocherellare con
i suoi capelli.
Tutti la guardarono interrogativi, tranne Taras
e Will, che erano abituati ai suoi modi bruschi e sbrigativi.
“ Altro che carattere particolare, è una maleducata! Ve lo
dico io!”
Esclamò con tono accigliato e sbuffando Gimli, mentre Legolas
lo guardò contrariato. Ma all’improvviso una freccia con piume bianche si
conficcò nel suo elmetto, facendolo urlare per la sorpresa e il terrore.
“ Ma sei pazza??!! Volevi forse ammazzarmi? Ma, dov’è? Vieni
fuori, razza di canaglia con le orecchie a punt…ah!”
Ma Luthien era proprio davanti a lui e con un’espressione
indecifrabile gli tolse l’elmetto dal capo, nonostante le proteste di Gimli e
gli sfilò la freccia per poi riporla insieme alle altre. Poi gli rimise il
copricapo, abbassandosi alla sua altezza e gli disse.
“ La prossima volta che dite che sono maleducata o mi
insulterete ancora in altri termini, non mi accontenterò di perforarvi
l’elmetto, anzi….”
E sorridendogli preoccupante, tanto da farlo inghiottire
nervoso per quella vicinanza quasi soffocante e minacciosa, gli bisbigliò:
“ Vi taglierò la barba!”
Istintivamente, Gimli si afferrò le due trecce rossicce della
sua lunga barba ispida e folta, sussurrandole intimorito:
“No, la barba no!”
“Oh, si!”
Esclamò Luthien, annuendo piano, mentre Legolas accanto al
suo povero sventurato amico nano, sogghignava divertito.
“ Luthien.”
La rimproverò amichevolmente Taras.
“ Si?”
Chiese con voce innocente l’incantatrice, guardandolo con
occhi ingenui.
Taras si limitò solo ad osservarla con espressione
enigmatica, che lei interpretò prontamente.
“ Scusate, mastro Gimli, di aver colpito il vostro
elmetto.”
“E…”
La incalzò Taras.
“ E di avervi intimorito ,minacciando di tagliarvi la
barba.”
E poi, con un sorriso a fior di labbra, si diresse verso
Taras e gli sussurrò all’orecchio:
“ Comunque stavo solo scherzando.”
Il guerriero dell’Ovest si limitò solo a sogghignare
divertito, seguito da molti dei presenti.
“ Se Luthien è l’unica che riesce a portarmi sulla retta via,
allo stesso modo, Taras è l’unico che possa domare almeno di un po’ il suo
carattere ribelle.”
Bisbigliò Will ai quattro hobbit presenti, mentre sellava il
suo possente stallone nero, a cui loro risposero con un sorriso o un’espressione
di stupore, mentre Frodo la osservava ancora divertito e sorridente, ed
inaspettatamente, venne ricambiato.
“ Bene. Ora che ci siamo tutti, credo che sia arrivato il
momento tanto atteso, non è così, giovane Taras?”
Gli chiese Gandalf, posto accanto al re di Minas Tirith, che,
come lui, osservava il tenace Taras.
“ Si, Gandalf. Se voi siete d’accordo, vorrei partire
immediatamente verso le Terre dell’Ovest. L’alba è l’attimo dell’intero arco
della giornata che la
Signora delle Tenebre teme e odia più di tutti.
Riparati dai tenui raggi del sole mattutino, saremo meno
esposti al suo sguardo e ai suoi seguaci, che, come del resto la loro padrona,
preferiscono agire con il favore delle tenebre. Ma ,dopotutto, di questo avete
avuto modo di rendervene conto tutti, ieri sera.”
“ Già, e non è stato molto gradevole.”
Commentò Merry:
“ Concordo.”
Seguì poi il commento di Pipino.
“ Ed è proprio per questo motivo che vorrei evitare di
partire nel mezzo della giornata. Se saremo attaccati nuovamente durante la
notte, una volta accampati, non desidero affatto che voi della compagnia siate
impreparati a riceverli.”
Continuò Taras, con volto serio.
“ Ma non lo saremo comunque. Le nostre armi sono inefficaci
contro gli Andes o le altre creature al servizio di Venia.”
Disse Legolas, ma venne contraddetto da Luthien, che si
trovava ora accanto a Taras.
“ Non esattamente.”
Visto che tutti la guardarono senza comprendere a pieno le
sue parole, Taras continuò:
“ Si, quello che dice è vero. Ma è troppo pericoloso. Hanno
bisogno anche loro di armi come le nostre.”
“ Non dirmi che hai intenzione di portarli a Bosco
Bianco?!”
Disse l’incantatrice, sorpresa dal luccichio che apparve
negli occhi perlacei del suo compagno.
“Bosco Bianco? Avete già menzionato questo luogo, se non
sbaglio.”
Disse Aragorn, accarezzandosi il mento ispido, come faceva
sempre quando rifletteva.
“Si, lì vive Dama Eruanna, colei che ci consegnò le armi
eterne, capaci di trafiggere il male più puro. Sono sicuro che, se glielo
chiederemo, sarà felice di donarle anche a tutti voi.”
“ è una follia, recarsi a Bosco Bianco, di questi tempi. E tu
lo sai molto meglio di me, Taras.”
Disse con tono incolore ma con sguardo leggermente
contrariato Luthien, a cui Taras rispose con uno determinato.
“ La
Foresta dei Vel pullula di Andes e goblin, e per giungere a
Bosco Bianco, dobbiamo attraversarla.”
“ Allora la attraverseremo. Lo abbiamo già fatto, in
passato.”
Commentò Will.
“ Si, ma non con un seguito di altre otto persone.”
“Ce la caveremo, mia signora, non temete. Abbiamo affrontato
di peggio durante la guerra contro Sauron, non saranno certo quelle creature ad
intimorirci.”
Disse deciso Gandalf, voltandosi verso gli altri suoi
compagni per accertarsi di un loro consenso.
“ Sono d’accordo. E poi, ci avete già mostrato i punti deboli
degli Andes, durante la loro incursione a palazzo. Sono sicuro che per il
momento, ci basterà questa conoscenza basilare per sconfiggerli o almeno per
difenderci.”
Continuò Aragorn.
“ Su, dolcezza. Non essere polemica. Lo sai che non mi piaci
quando fai così.”
Disse sorridendo accattivante Will ad una Luthien rassegnata
all’evidenza dei fatti.
“ E sia. Non sarò certo io a fermarvi.”
Disse, mentre la guardavano montare a cavallo, imitata poi da
Aragorn, Gandalf, Legolas, Taras e Will. In quanto agli altri, Gimli salì in
groppa al destriero di Legolas, come sempre, Pipino su Ombro Manto, guidato da
Gandalf, Merry dietro Will, Sam dietro Luthien e Frodo dietro Taras.
Prima di partire, Arwen aveva regalato un lungo bacio d’addio
al suo sposo, stringendogli le mani come se non volesse più lasciarlo andare
via. Aragorn gliele baciò senza mai staccare gli occhi verdi da quelli azzurri
di lei, che sospirava inerme di fronte al destino crudele che l’aveva costretta
a vedere di nuovo il suo unico amore partire verso una rinnovata oscurità.
“ Ricorda quello che ti ho detto. Ricorda la nostra
promessa.”
Le sussurrò in lingua elfica, mentre Arwen cercava di
trattenere le lacrime che le premevano gli occhi. Gli sorrise e gli disse
flebilmente:
“Non potrò mai dimenticarla. Ti amo, amore mio, e ti amerò
per sempre.”
“Ti amo anch’io, Arwen. Il mio cuore apparterrà a te per
l’eternità.”
Un ultimo bacio, un’ultima carezza sul viso da parte di lei e
Aragorn, re di Gondor, finalmente percorreva le vaste vie del suo regno, mentre
donne,uomini e bambini gli donavano il loro fedele addio, accompagnato da petali
di fiori bianchi come le mura della città di Minas Tirith.
Una volta attraversati i confini di Gondor, Taras partì al
galoppo verso Aragorn che capeggiava il gruppo, intimando a Frodo di tenersi ben
saldo.
“ Mio signore…”
“Aragorn.”
Gli disse lui, una volta giunto al suo fianco, il cui sorriso
venne ricambiato con uno sguardo interrogativo.
“ Date le circostanze, sarà meglio abbandonare ogni tipo di
formalità. Non trovi?”
Disse Aragorn, mentre Taras gli sorrideva di rimando:
“Si, concordo con te.”
Poi continuò, mentre Frodo sorrideva al pensiero che quei due
guerrieri dal grande animo fossero così simili nel carattere. Che fosse l’inizio
di una grande amicizia?
“ Volevo chiederti di condurre al tuo fianco il resto della
compagnia, visto che conosco la strada più sicura e rapida per giungere alla
Foresta dei Vel.”
“D’accordo. Avrei preferito che fossi tu a chiudere la fila,
ma date le circostanze, non ho nessun motivo per non acconsentire alla tua
richiesta.”
“Ti ringrazio. Comunque, non preoccuparti. Ho lasciato Will
al mio posto. So che può sembrare un uomo poco raccomandabile, visto il modo in
cui si comporta e di quello che dice. Ma posso assicurarti che in battaglia sa
essere un abile combattente e stratega.”
“ Lo avevo capito. In fondo ne ha dato anche prova contro gli
Andes.”
“ Giusto.”
“Come ti senti Frodo?”
Chiese Aragorn inaspettatamente ad un hobbit distratto.
“Bene, per il momento.”
“ Mi fa piacere.”
“ La gemma non dovrebbe pesarti molto, immagino.”
Disse Taras, voltandosi leggermente verso di lui.
“ No, infatti. Devo dire che la cosa mi incuriosisce.”
“Devi sempre tenere a mente, Frodo, che la Gemma del Destino è votata al
bene, non al male. Con questo però, non devi sottovalutare i suoi poteri. Se
possono farti del bene, possono anche farti del male.”
“ Ottima osservazione. Mi hai battuto sul tempo, Taras.”
Disse Gandalf, dietro di loro.
“Quindi la gemma potrebbe anche far del male a Frodo?”
“Non è da escludere, Pellegrino Tuch. È pur sempre un oggetto
magico di grande potere. Il fatto che non abbia una volontà propria, non lo
rende meno temibile.”
Detto questo, Gandalf si avvicinò di più a Frodo e
guardandolo con occhi seri gli disse:
“Non abituarti troppo al suo calore, Frodo. Sta sempre
all’erta, mio piccolo amico.”
“ Seguirò i tuoi consigli, Gandalf. Tranquillo.”
Gli disse, mentre Gandalf annuiva, compiaciuto delle sue
parole, pur con un barlume di preoccupazione celato nel suo intimo.
In realtà, Frodo stava già provando piacere nel calore dolce
e misterioso emanato dalla gemma che avvolgeva il suo piccolo corpo e la sua
anima. Sembrava come se volesse lenire tutte la ferite lasciate dall’Anello,
pensiero che aveva colto anche alle prime luci dell’alba, in compagnia di Sam.
Sembrava così facile lasciarsi cullare da quel rassicurante calore, ma poi
ricordò le parole di Taras e le raccomandazioni di Gandalf, il suo sguardo
timoroso nei confronti di quell’oggetto magico nella sua essenza, e subito
riaprì gli occhi, ritornando alla realtà, abbandonando quell’angolo di benessere
per la sua anima provata, ascoltando il cinguettio degli uccelli appena svegli
che volavano verso l’ampio cielo turchese, il calpestio degli zoccoli dei
cavalli e il vento mattutino che portava con sé profumo di fiori, erba bagnata
di rugiada e di libertà apparente.
La
Gemma sembrò avvertire il suo poco interessamento, tanto che il
suo bagliore diminuì a poco a poco, diventando quasi evanescente, cadendo in un
sonno tranquillo e quieto, cullata dal battito regolare del cuore del suo
portatore.
Gandalf si compiacque della forza d’animo del suo giovane
amico di sempre e sorridendo alla vista della gemma raddolcirsi, nonostante la
sconfitta subita da parte di Frodo, lasciò che i suoi occhi color delle acque di
un fiume calmo, vagassero sulla distesa pianeggiante che avrebbero dovuto
attraversare.
Intanto, lontano miglia e miglia dal loro cammino, in una
remota stanza di un castello dalle mura di cristallo, un vento gelido entrò
dalla finestra ad arco acuto, scostando il leggero tessuto delle tende di un
colore indefinibile e accarezzando lievemente, quasi anch’esso con timore, la
figura vestita di un lungo abito nero, che le lasciava scoperta le spalle
sinuose e pallide e intravedere la morbida curva del seno, dalle maniche
trasparenti e grigie che le fluttuavano intorno alle braccia e le coprivano a
metà le mani dalle dita lunghe e affusolate. Stesa supina su un letto morbido e
dalle lenzuola di lino tetre e lugubri, aprì lentamente gli occhi neri dalle
lunghe ciglia rosse, come i suoi lunghi capelli, morbidi, lasciati sciolti e
mossi, che si espandevano suoi cuscini bianchi come lingue di fuoco arrabbiate e
tumultuose, quelle di un incendio furibondo.
Il sonno della Signora delle Tenebre era stato destato dalla
fragranza di erba e fiori, portata da quel vento dispettoso. Quel profumo,
quella dolce essenza carezzevole le dava semplicemente il volta stomaco.
Si alzò indispettita, mentre il lungo abito nero le ricopriva
le lunghe gambe lasciate scoperte temporaneamente e a piedi nudi percorse la
poca distanza che la divideva dalla finestra. Sfiorò con le dita e dalle unghie
come artigli le tende trasparenti e scrutò il mondo esterno, compiacendosi di
quella vista desolata e piena di terrore. I suoi seguaci stavano reclutando
altri Andes, Uruk-hai, orchi e goblin. Aspirò a pieni polmoni quell’aria ricolma
di malvagità e si saziò con lo sguardo di quelle terre aride e pullulanti di
rancore e odio. Solo in lontananza vedeva i bagliori luccicanti degli alberi di
Bosco Bianco, seguiti da quelli verdeggianti della Foresta dei Vel e dalle mura
e dalle abitazioni delle città di Holmes, Ruer e Murnirm, gli unici tre
imponenti regni umani che ancora le resistevano.
La sua gemma, la sua preziosa gemma trafugata da quel dannato
Sauron e dopo di lui da quel sudicio omuncolo, solo l’ombra di quello che veniva
ricordato come il sovrano di Gondor. Ma lei era stata cattiva, l’aveva preferita
all’Unico Anello del potere, e così lei l’aveva abbandonata. Ma poi, alla caduta
di quel maledetto stregone l’aveva ripescata dal mare nuovamente. Il
vermiciattolo aveva commesso il suo stesso errore. L’aveva lasciata alle
amorevoli cure delle profondità marine.
Che stolto! Non conosceva il suo potere, la sua potenza. Come
aveva potuto rinunciarvi? Si toccò la base del collo, alla sua disperata
ricerca, ma la
Gemma del Destino non c’era. Non brillava più di quel nero
abbagliante e velenoso che le conferiva tanta forza.
Strappò con rabbia il debole tessuto delle tende che fino ad
ora aveva solo accarezzato distrattamente, con un urlo di frustrazione ad
esplodere dalla sua gola.
Quel maledetto, quel dannato Ettelen, gliela aveva trafugata
come un ladro, una volta che l’aveva trafitto con la sua lama di ghiaccio.
Ladri, erano tutti dei ladri. Sauron, Isildur, Ettelen…ladri senza ritegno. La
gemma era sua, solo sua. L’avrebbe strappata dalle mani di coloro che ora la
portavano con sé. Lei la desiderava come nessun altra cosa. Aveva bisogno del
suo calore, della sua essenza.
Era stato un duro colpo tornare sul campo di battaglia e non
ritrovare più il suo amato gioiello nelle mani di quel manigoldo. Non era più
lì, il suo corpo esanime. Qualcuno l’aveva portato via da quel luogo di tenebre,
ma chi?
All’improvviso, ricordò la sagoma indistinta di un giovane
combattente, sporco di polvere e sangue bluastro, quello tipico delle sue
creature. Ricordava i suoi occhi perlacei e pieni di sorpresa ed odio verso di
lei che le aveva sorriso maligna prima di scomparire dalla sua vista. Aveva
abbandonato la sua spada sul pavimento e si era accasciato ai piedi dell’uomo
che aveva appena ucciso.
Chi era quell’uomo? Perché lo ricordava solo adesso? Lo aveva
forse rimosso a causa della sua debolezza? No, c’era un significato più
importante che si celava dietro quella visione.
Un sorriso velenoso e una risata soffocata e maligna scaturì
dal suo essere, mentre si dirigeva verso la Sfera delle Visioni. La interpellò,
vide i suoi bagliori fumanti e neri come la pece prendere forma e svanire. Le
ombre che aveva creato divennero più nitide. L’immagine di quello straniero si
riversò nella Sfera. Essa glielo mostrò pieno di sofferenza e desolazione, ai
piedi della tomba del padre…Padre? Un rinnovato sorriso di trionfo increspò le
sue labbra carnose e rosate. Ora conosceva il suo nemico, l’uomo che
la Sfera ora lo
mostrava intento a stringere la gemma tanto agognata, ma un momento…era opaca,
cupa, morta. Non era lui, Taras, figlio di Ettelen, il suo portatore, ma solo il
suo custode.
“Mostrami il portatore della Gemma del Destino.”
Ordinò alla Sfera delle Visioni, ed essa l’accontentò.
L’immagine divenne nitida e visibile. Ecco il figlio di Ettelen, a cavallo
insieme con un…un…ma cos’era? Non era un bambino, nemmeno un umano, ma un
mezz’uomo. Ma certo: un hobbit della Contea!
Una nuova risata fuoriuscì spontanea dal suo petto, fragorosa
e che fece accorrere un suo servitore, di razza umana.
“ Che avete, mia signora?”
“Un hobbit! Che sciocchi, pensano di fermarmi con un ridicolo
mezz’uomo!”
E di qui nuove risate, che vennero smorzate da un’improvvisa
debolezza, che la fece accasciare con un singulto verso il letto. Ma Lantis, il
suo fedele servitore, la sostenne in tempo, evitandole una rovinosa caduta.
“ Mia signora, non dovete affaticarvi. Lo sapete.”
“ Oh, Lantis. Mio strisciante servo. Compagno di tante
malefatte.”
Gli sussurrò debole, accarezzandogli una guancia diafana,
mentre lui socchiudeva gli occhi adorante.
“ Sono debole.”
Piagnucolò la crudele Venia, respingendolo scontrosa e
facendolo capitolare a terra.
“ Devo recuperare al più presto le forze. Altrimenti, non
potrò affrontare i miei nemici. Sono diretti qui, l’erede di Isildur e il
portatore della gemma. L’hobbit che ha distrutto l’Anello del potere. Ma è pur
sempre un hobbit. Un esserino da nulla, facile da eliminare.”
Parlava quasi a sé stessa la perfida Dama dell’Oscurità.
Guardò di nuovo la
Sfera delle Visioni, che le rivelò l’immagine di altri nove
accompagnatori. Tre hobbit, un uomo, Aragorn , re di Gondor, un nano, un uomo e
una donna elfo, un altro uomo e uno stregone. Lo stregone bianco, lo aveva già
intravisto in tempi remoti, ma a quel tempo veniva definito con altro nome.
Si…Gandalf il Grigio, ora divenuto Gandalf il Bianco. Sorrise nuovamente,
voltandosi verso un incredulo Lantis.
“ Lantis. A te affido il compito di scoprire dove sono
diretti, in quale parte delle Terre dell’Ovest.”
“Si, mia sola signora.”
Lo schiaffeggiò duramente, graffiandogli la pelle pallida
come un cadavere con le sue lunghe unghie affilate, mentre i capelli
fiammeggianti le coprivano la spalla candida mortalmente per quel gesto così
rapido e brusco.
“ Va! E non deludermi!”
Lantis, spaventato e pieno di ammirazione al tempo stesso per
quella donna così crudele, corse verso l’uscita, richiudendosi la porta alle
spalle con un tonfo sordo.
La
Signora delle Tenebre ammirò per l’ennesima e forse ultima
volta la Sfera
delle Visioni, che le mostrò l’immagine sorridente dell’hobbit dai capelli
scuri in groppa al destriero di Taras e sorridendo velenosa, disse rivolta a
lui, come se potesse sentirla davvero:
“ Ti aspetto con ansia, Frodo Baggins.”
L’immagine sorridente di Frodo venne avvolta dalle fiamme,
una volta che Venia sfiorò la superficie liscia della sfera, mentre nella stanza
della torre più alta del Castello di Cristallo risuonava la risata fragorosa e
perfida della Signora delle Tenebre.
Allora??? Piaciuto??? Spero fermamente di sì!!! Scusate il
ritardo, ma internet ha fatto i capricci in questi giorni!!XDXDXD Un saluto
specialissimo a:
Lady Elizabeth: Sono contenta che apprezzi il mio modo di
intervallare le scene. Si, Legolas è completamente affascinato da Luthien!
Speriamo bene, la vedo dura a conquistarla alla nostra arciere dai mille
misteri!!! Si, la mia vena romantica si è fatta sentire anche qui, ma più che
altro il mistero avvolge tutto!!! Seguimi ancora, mi raccomando!!! Mi fa molto
piacere!!! Baci baci Fuffy91!!
Fanny91: Grazie mille per la tua recensione! Non mi dire, ti
piace Orlando Bloom??? Chiamami sorella, allora!!! Io non è che lo adoro,
noooooo…Lo amo soltanto!!! Niente di che, come vedi!!! XDXDXD Ehm ehm…comunque,
una volta ristabilito l’autocontrollo e tirato a freno i cuoricini, possiamo
continuare i ringraziamenti! Mi piace anche Legolas e ovviamente Aragorn, come
ben sai…il libro non l’ho letto nemmeno io, quindi mi sono ispirata tutto al più
al film, ed è grazie a lui che ho imparato ad amare i personaggi di quel
magnifico capolavoro!!! Parti??? Beata te!!! Ti auguro buon viaggio, sperando
che leggerai il mio nuovo capitolo una volta che riuscirò a pubblicarlo e mi
tornerà internet prima del 25!!! Bacioni e buone vacanze da Fuffy91!!!XD
Ehi, tranquilli, non mi sono dimenticata di voi!! Si, dico
proprio a voi, lettori e lettrici misteriosi!!!!XDXDXDXD Bacioni di cuore anche
a tutti voi, e mi raccomando, non bruciatevi troppo sotto questo bel sole
estivo!!! Ciao ciao dalla vostra Fuffy91!!!^______________________^
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
C6
Il fuoco zampillava scoppiettando in tante scintille
luccicanti davanti agli occhi azzurri del giovane hobbit Frodo Baggins, mentre con aria pensierosa osservava incantato
le fiamme rosse e dorate che danzavano allegramente, uniche luci in quella
notte fredda e buia.
Si trovavano in una vallata riparata da grandi rocce.
Aragorn e Taras aveva convenuto, di comune accordo con il resto dei loro
compagni, di fare una sosta per ristorarsi e riprendere subito dopo il viaggio,
allo spuntare delle prime luci dell’alba. Era tutto il giorno che camminavano
senza fermarsi un attimo e sia loro che i cavalli erano sfiniti. Avevano
sicuramente percorso molte miglia.
Ormai le brillanti mura di Minas Tirith ,come le terre
verdeggianti di Gondor, erano solo un ricordo lontano, la Contea, poi, sembrava un
sogno irraggiungibile.
Frodo allungò entrambe le mani verso quel calore
accogliente, mentre un altro tipo di tepore si stava lentamente espandendo
nelle sue membra. Era quello della gemma, che lo tentava con i suoi dolci bagliori
evanescenti, più brillante delle stelle che punteggiavano il cielo oscuro e con
sfumature di blu intenso qua e là. Frodo cercava di non badarci e ci riusciva
anche molto bene, visto che a poco a poco la gemma, quasi offesa e contrariata
per la sua indifferenza, affievoliva la sua luminescenza, quasi fino a
spegnersi. Gandalf, che lo osservava in lontananza, seduto comodamente su di
una sporgenza rocciosa, dilettandosi a fumare erba pipa, si compiacque della
resistenza che mostrava il suo piccolo amico, che ancora una volta, ne era
sicuro, non lo avrebbe deluso. Questo pensiero provocò un lampo di orgoglio
negli occhi scintillanti del mago bianco, che sorrise con aria sorniona.
Il flusso di pensieri di Frodo venne interrotto dalla voce
di Sam che gli sedeva accanto:
“Avete fame, padron Frodo?”
“No, solo un po’.”
Gli rispose con un sorriso a fior di labbra.
“Beato te! Io una fame che non ci vedo!”
Esclamò Pipino, accasciandosi sul terreno erboso come un
naufrago sulla terra ferma.
“ E non sei l’unico! Ma quando tornano Aragorn e Taras?”
Chiese Merry, sedendosi accanto a Pipino e scrutando le
fronde del boschetto poco lontano, cercando di intravedere le sagome ,scure
nella notte, dei loro due compagni, che erano andati in cerca di cibo.
“ Torneranno. Abbiate pazienza.”
Disse loro Legolas, che intanto rianimava il fuoco con altra
legna.
“ Già, la fai facile tu. Noi invece non siamo così
resistenti. Abbiamo bisogno di cibo, altrimenti moriremo sicuro!”
Esclamò deciso Merry, mentre Pipino annuiva convinto e Legolas
sogghignava.
“ Ma se avete mangiato metà delle scorte che avevo portato,
durante il tragitto!”
Disse Sam con energia.
“No, Sam. Quello si chiama istinto di sopravvivenza.”
Gli rispose Pipino.
“Diciamo pure ingordigia.”
Sussurrò Sam a Frodo, mentre giocherellava con un sassolino
ancora più contrariato, con il risultato di farlo sorridere.
Proprio in quel momento arrivarono Aragorn e Taras , che
portavano tra le mani una coppia di conigli più una bella oca selvatica.
Aggiungendo le rimanenti provviste di Sam, si poteva sperare in un bel
banchetto.
“ Non abbiamo trovato dei cervi.”
Disse Taras ad un Pipino un po’ deluso del risultato.
“Non importa! Con la fame che ho, mangerei anche un
lombrico!”
“ Ma che schifo, Pipino!”
Esclamò Merry, disgustato dall’affermazione del suo parente.
“ Beh, era per dire!”
“ Forza, mangiamo adesso. A furia di parlare di cervi,
lombrichi e cibo vario mi avete fatto venire fame.”
Disse Gimli, mentre Sam preparava il necessario per ripulire
e cucinare come si deve le tre bestiole catturate, con un allegro sottofondo di
risolini.
Quando tutto fu pronto, tutti si attorniarono attorno al
fuoco vermiglio, addolciti dal profumo invitante del buon pasto che ribolliva
nel pentolino del buon Sam.
“ Ho la vaga impressione che manchi qualcuno.”
Disse Gandalf inaspettatamente, mentre Aragorn gli consegnava la scodella di brodo
caldo.
“ Già! Manca Luthien!”
A quell’esclamazione da parte di Merry, tutti si guardarono
in giro, in sua ricerca. Tutti, tranne Taras e Will, che incitavano gli altri
componenti del gruppo a sedersi.
“ No, non preoccupatevi. Luthien preferisce ristorarsi
sempre in disparte.”
Disse il guerriero dell’Ovest ad un Aragorn perplesso.
“ Si, ha ragione. Sedete e mangiate. Non c’è motivo di
preoccuparsi, credeteci.”
Seguì Will, invitando Legolas al suo fianco ad accomodarsi
di nuovo con un accomodante sorriso che avrebbe dovuto rassicurarlo, ma che
invece non ebbe il risultato sperato.
Infatti Legolas non
riusciva a non preoccuparsi, sapendo quella strana donna sola ed in compagnia
solo del buio intorno a lei.
“Certo che quell’elfo è proprio strano! Ma come avete fatto
ad esservi abituati alle sue stranezze?”
Chiese Gimli, mentre
ingoiava in un sol colpo un bel po’ di brodo caldo e fumante.
I due giovani dell’Ovest risero a quelle parole.
“ Diciamo che ci siamo rassegnati al suo comportamento.”
Disse Will, ancora sorridente.
“ Non esagerare. Si, Luthien ha un carattere un po’
particolare, ma non c’è nulla di strano in lei. Col tempo, imparerete anche voi
a comprenderla, come noi prima di voi.”
Disse Taras sempre con quell’espressione enigmatica dipinta
sul volto, mentre seguiva l’esempio di Gimli, sorseggiando un cucchiaio di
brodo.
“Io vado a cercarla.”
Disse Legolas, alzandosi senza aspettare il loro consenso e
dirigendosi verso il folto del boschetto, con l’intuitiva sensazione di
trovarla lì.
“ Per me, ci scappa una bella storia d’amore.”
“Ma che dici, Merry!”
“Ci vuoi scommettere, Pipino?”
“D’accordo. Scommetto tutta la mia scorta di erba pipa che
Legolas e Luthien saranno solo buoni amici.”
“ Affare fatto.”
“Che bisbigliate, voi due? Rendetemi partecipe!”
Disse Will, curvandosi verso i due hobbit.
“ No, mi dispiace. Affari fra hobbit.”
Affermò Pipino annuendo con convinzione insieme a Merry, che
gli strinse la mano destra per stipulare la loro scommessa, mentre Will, con
una scrollata di spalle e un sorriso ritornava a mangiare tranquillo e a
discutere con gli altri presenti.
Intanto, Legolas aveva già raggiunto il bosco ,con alberi
dalle fronde verde scuro alla luce della luna piena e da un colore più latteo
del solito.
Il suo sensibile udito captò lo scorrere di un piccolo
ruscello, e così lo seguì fin a che ,oltre all’infrangersi delle acque limpide,
lungo le sponde ghiaiose, non sentì anche le note dolci e musicali di un canto
elfico ,malinconico e intriso di sentimenti d’amore.
Scostò dolcemente le foglie di un’ edera rampicante e il suo
sguardo limpido e luccicante ,di un azzurro simile al mare di mezzo giorno, si
beò dell’immagine di una donna dalla chioma liscia e castana che, seduta su di
una sporgenza erbosa, con i piedi immersi nelle acque cristalline e brillanti
d’argento alla luce delle stelle, intrecciava con le sue dita affusolate e
candide come la neve una ciocca che le ricadeva lungo la spalla scoperta da un abito
bianco e splendente, che le fasciava i bei fianchi snelli, per poi ricadere
lungo le gambe come la coda di una sirena.
Legolas non riusciva a muoversi. Era rimasto a bocca aperta
per lo stupore e la mano destra era ancora intrecciata dai sottili rami
d’edera. Incantato da quell’immagine quasi irreale, non si accorse di aver
compiuto un passo verso di lei e di aver lasciato che l’edera ritornasse al suo
posto, con un fruscio debole, ma non troppo per non essere captato
dall’orecchio sensibile della bella Luthien che con uno scatto, si voltò ad
osservarlo incredula.
Si guardarono per un attimo: lui, combattuto dall’imbarazzo
e dalla meraviglia; lei, sorpresa ed enigmatica insieme.
L’azzurro degli occhi di lui si fuse con il marrone nocciola
di lei, per rimanerne incatenato, fino a quando senza un sorriso o un accenno
di offesa, si voltò per intonare ancora una volta quella tenera canzone,
rincominciando ad intrecciare quei fili di seta che non erano altro che i suoi
splendidi capelli.
“ Perdonatemi, mia signora.”
Si sentì in obbligo di scusarsi il giovane principe di Bosco
Atro, evitando di incontrare di nuovo i suoi occhi, catturando la sua
attenzione su alcune ninfee che galleggiavano tranquille, vicino alle sponde di
quell’incantevole angolo di paradiso.
“ Di nuovo a passeggiare di notte, da solo, mio signore?”
Chiese, incurante delle sue scuse, la bella Luthien, ora in
piedi ad assaporare la freschezza delle acque del ruscello e raccogliendo delicatamente
un fiore di loto da una ninfea accanto a lei.
A quelle parole Legolas non poté fare a meno di sorridere,
cercando almeno in parte di smorzare la tensione accumulata in quegli istanti.
“ Si, ma questa volta, sono armato.”
Le rispose, alzando di poco il suo arco per mostrare la
veridicità delle sue parole, e al con tempo, riprese possesso dei suoi
movimenti, avanzando di poco verso di lei, facendosi investire dalla luce
lunare, che rendeva luminescente la sua pelle.
“ Buon per voi.”
Gli disse incolore Luthien, sedendosi sulla riva ghiaiosa e
contemplando il fiore dal colore perlaceo e ricoperto di gocce d’acqua che
stringeva nella mano destra.
“ Non avete cenato con noi…”
Iniziò Legolas, sedendosi accanto a lei e racchiudendo le
sue ginocchia con le braccia, subito dopo aver riposto il suo arco al suo fianco.
“Non avevo fame. E poi, non è mia abitudine cenare in
compagnia.”
Gli disse Luthien, lasciando che il fiore scivolasse dalle
sue dita per ritornare a navigare sulla superficie del fiume.
“ Preferite, dunque, la solitudine.”
“ No, non necessariamente.”
Seguitava a giocherellare con i suoi capelli, improvvisando
dei ricci inesistenti e lasciando che ritornassero lisci lungo le sue spalle,
una volta lasciata la presa.
Più Legolas la osservava e più la trovava incantevole, pur
nei suoi modi indecifrabili. Dentro di lui, continuava a crescere il desiderio
inaspettato di sfiorare quei lisci capelli castani con le dita, ma subito
distolse lo sguardo imbarazzato. Cosa gli stava succedendo? Non aveva mai
provato sensazioni così intense, il cui fulcro vitale era proprio la donna elfo
che gli sedeva accanto. Da quando la conosceva, non sapeva come comportarsi,
cosa dirle, come farle nascere un sorriso…avrebbe tanto voluto vederla
sorridere!
“ Siete silenzioso, questa sera.”
“Come?”
Chiese Legolas, riscosso totalmente dai suoi pensieri
confusi dalla voce melodiosa di lei.
Si voltò ad ammirarla nuovamente al suo fianco, ma purtroppo
si era già allontanata ed ora la vide camminare lungo la riva umida e fredda,
mentre una brezza leggera le smoveva la veste e i capelli, come faceva anche
con lui.
“ è siete anche distratto.”
Notò, accarezzando la corolla di un fiore selvatico, al cui
tocco sembrò rianimarsi e aprire i suoi petali ancora di più.
Legolas non poté distrarsi un attimo, che subito gli apparve
accanto e con il viso a pochi centimetri dal suo, che lo scrutava come per studiarlo nei minimi
dettagli. L’abile arciere dalla chioma bionda si sentì come stregato da quello
sguardo così profondo ed indagatore, tanto da inghiottire nervosamente per
l’imbarazzo crescente.
“ Cosa turba i vostri pensieri?”
Chiese in un sussurro appena udibile Luthien, incurante
dello stato del suo interlocutore. Legolas seguì i movimenti della mano destra
di lei, che stringeva quello stesso fiore che aveva destato la sua attenzione
poco fa. Lo intrecciò con i fili sottili di cuoio della veste d’arciere di
Legolas, che ammirò affascinato le
sfumature di blu e viola intensi che coloravano i suoi petali.
“ è un bocciolo di iris selvatico.”
Legolas lo sfiorò, non riuscendo a comprendere il significato
di quel piccolo dono.
“ Credo che sia l’unico fiore in cui possa identificarmi di
più.”
Aggiunse sempre sussurrando Luthien, incontrando le dita di
Legolas una volta sfiorato a sua volta quel fiore così grazioso.
A quel contatto, Legolas sentì un brivido indefinibile
percorrergli la schiena interamente e con la coda nell’occhio notò Luthien
rabbrividire impercettibilmente. Sorrise fra sé: allora, anche lei provava le
sue stesse sensazioni, a meno che non avesse freddo.
A quel pensiero, si sfilò il mantello del suo popolo e
ricoprì con esso le spalle nude della sua compagna, che alzò gli occhi profondi
per incontrare quelli dolci di lui.
“ La notte sta calando. Comincia a fare freddo. Sarà meglio
che si copra.”
“Grazie.”
Lo ringraziò sorridendo Luthien e stringendosi il suo
mantello ancora di più, facendogli mancare un battito per quell’inaspettato e
luminoso sorriso, senza sapere di aver realizzato un suo piccolo desiderio.
“ Non deve ringraziarmi di nulla, mia signora.”
Si alzarono in contemporanea, allontanandosi un po’ tra
loro.
“ Dovremmo tornare dagli altri.”
Suggerì Legolas, notando il crescendo della luna nel cielo
notturno.
“Si, certamente. Voi andate. Io vi raggiungerò
immantinente.”
Allo sguardo perplesso di Legolas, Luthien proseguì:
“Dovrei cambiarmi d’abito.”
Con un espressione di pura meraviglia di Legolas, seguita da
un sorriso tra il dolce e l’imbarazzato, con un inchino di congedo e un sorriso
amabile, Legolas si avviò lentamente lungo il sentiero erboso del boschetto.
Quando raggiunse il resto della compagnia nella vallata, li
trovò quasi tutti immersi nel sonno.
Gimli russava tranquillo, i quattro hobbit riposavano
cullati dal vento, Gandalf e Will anche. Solamente Taras era ancora sveglio,
intento a limare la sua fedele spada, luccicante alla luce lunare.
Alla sua vista gli sorrise e vedendolo cercare con lo
sguardo l’unico che mancasse al suo appello, seguitò a illuminarlo:
“Se stai cercando Aragorn, è vicino a quella roccia ad
attenderti.”
Legolas ricambiò il suo sorriso e gli disse:
“ Ti ringrazio.”
“ Di nulla.”
Aragorn era immerso nei suoi pensieri, perdendosi nei fumi
dolci-amari della sua pipa, quando intravide nell’oscurità l’ombra del suo
fedele amico elfo, che si sedette al suo fianco sospirando sognante.
Il re di Gondor lo guardò sorridente per un momento, per poi
volgere il suo limpido sguardo verso l’orizzonte.
“ Bel fiore.”
Gli disse tutto ad un tratto, facendolo voltare di scatto,
sorpreso. Si guardarono per un certo arco di tempo, fino a quando scoppiarono a
ridere entrambi, senza un apparente motivo.
“ è un iris, vero?”
Gli chiese, una volta ripreso il controllo di loro stessi.
“Si.”
Rispose Legolas, sfiorandone, senza mai stancarsi, i petali
delicati.
“ Un fiore misterioso, l’iris.”
Aggiunse Aragorn, continuando a scrutare attento davanti a
sé.
“Si. Misterioso e bellissimo.”
Continuò Legolas, sfilandoselo dall’abito e ammirandolo
sempre con aria sognante.
“ Il fiore…”
Disse divertito Aragorn.
“Si, il fiore.”
Sentenziò Legolas, guardandolo un po’ perplesso.
“Naturalmente.”
Annuì piano Aragorn, aspirando sempre sorridente la sua
lunga pipa.
“ E anche colei che me l’ha donato.”
Sussurrò piano il giovane principe, aspirando deliziato il
suo profumo.
“ Naturalmente.”
Ripeté accentuando il suo sorriso Aragorn, mentre una breve
risata contagiò di nuovo entrambi. Ma questa terminò presto, visto che Legolas
captò un fruscio sinistro e Aragorn addirittura intravide un movimento
improvviso fra l’erba alta.
“Aragorn, hai visto anche tu?”
“Si.”
“Credi siano orchi o Andes?”
“No, un Andes avrebbe
destato più sospetto. Non so perché, ma non riesco a vederli come creature
dotate di molto intelletto.”
“E infatti non lo sono. Ma gli orchi, nonostante tutto,
sanno essere molto astuti.”
Disse Taras dietro di loro, facendo roteare la sua lama lucente,
come se nulla fosse.
“ Ma quelli da cui dovremmo riguardarci sono gli umani come
noi.”
Aggiunse guardando enigmatico Aragorn.
“Non è vero, Lantis?”
Urlò poi verso una sagoma indistinta che alle parole del
guerriero dell’Ovest, con uno scatto, era uscito dal suo nascondiglio per
correre lontano da loro.
Taras lanciò la spada verso la sua direzione. Questa roteò
in aria, squarciandola con un sibilo, per poi conficcarsi nella veste
fluttuante di quel nuovo inaspettato individuo.
Tutti e tre corsero verso di lui, che cercava di liberarsi
da quell’indesiderato intoppo, ma senza successo.
Con un sogghigno soddisfatto, Taras si protese verso di lui
e gli sussurrò:
“Bene, bene. A quanto pare ho avuto il dispiacere di
rincontrarti, Lantis.”
Lantis era un uomo mingherlino, ammantato di abiti neri e
poco resistenti, tipici di un umile servitore, oltre che di una spia ben
avvisata. Aveva capelli corti, ispidi e di un colore castano misto al biondo,
meno splendente e poco curato. Gli occhi erano piccoli e luccicanti, di un
verde unito al marrone scuro. Il colorito della sua pelle era pallido come
quello di un cadavere a cui avevano destato il sonno eterno e nella sua
espressione si leggeva solo malinconia e tanta, tanta disperazione.
“ Non credere che a me faccia piacere rivedere il tuo
orrendo volto, Taras figlio di Ettelen.”
“ Ma non mi dire? Eppure sei stato proprio tu a venirmi a
cercare, o sbaglio?”
“E infatti sbagli, sbagli di grosso!”
“Allora illuminami tu, Lantis.”
Gli disse con tono neutro, ma che incuteva comunque un certo
timore.
“Chi è costui, Taras?”
Chiese Aragorn, guardandolo con un misto di curiosità e
ritrosia.
“ Un servitore di Venia. È noto per essere una sua fedele
spia. Ha compiuto anche molti delitti, in suo nome.”
“E ne vado fiero!”
Esclamò sorridendo in modo serpentesco Lantis.
“ Non ne dubito. Saresti disposto a tutto per assecondare la
follia di quella strega, vero?”
Chiese con una punta d’astio il giovane guerriero.
“ Certamente! A differenza di te e dei tuoi compari, io
tengo alla sorte della mia regina. Continuerò a difenderla sempre, fino alla
morte.”
“La tua fedeltà è mal riposta. Venia, ormai, appartiene alle
forze oscure.”
Gli disse Aragorn, ricambiato con un sorriso di scherno
unito ad una risata isterica da parte di quell’uomo ormai privo della più
minima forma di speranza e di calore.
“ è inutile. Lui lo sa bene, ed è perfino felice di questo.”
Gli spiegò Taras, visto che Aragorn e Legolas si guardarono
senza capire.
“ No, ti sbagli! La mia signora sta soffrendo per colpa
vostra, anzi…”
E guardando pieno d’odio Aragorn ,che non si sottrasse a
quello sguardo di fuoco:
“ …per colpa sua! Sua e di quel misero hobbit della Contea
che porta indegnamente il gioiello della mia adorata signora!”
A quel punto Taras lo prese per il mantello, strattonandolo
e portandolo a pochi centimetri dal suo volto minaccioso.
“ La tua adorata signora ha ucciso milioni di persone
innocenti senza motivo! Ha devastato le nostre terre con guerre sanguinarie che
hanno stroncato le vite di molti fanciulli e guerrieri valorosi! E tu, mi vieni
a dire che lei sta soffrendo?”
Sibilò le ultime parole con rabbia, strattonandolo ad ogni
sillaba pronunciata. Lantis prima si meravigliò e si spaventò per
quell’improvviso cambio d’atteggiamento, ma poi le sue labbra violacee e sottili
si incresparono di un orrendo sorrisino di compiacimento, mentre pronunciava
queste parole:
“ Oh, immagino che quando intendi con valorosi guerrieri, tu
ti riferisca al tuo glorioso padre, vero? Oh, orrenda morte, la sua! Deve essere stato terribile
per te, vederlo accasciarsi a terra come un fiore appassito al suolo, non è
così? Avrai pianto molto la sua scomparsa. Oh, povero, povero Taras!”
Taras lo lasciò bruscamente e furente, facendolo rantolare
per il dolore della caduta, mentre sfilava la sua spada dalle sue vesti e la
puntava contro di lui.
“Non sfidare troppo la sorte, Lantis! Una volta fui
magnanimo e ti risparmiai, ma non credere che possa farlo anche una seconda
volta.”
“Non voglio la tua carità! Ma sappi questo, figlio di
Ettelen…”
Gli urlò in viso furente, mentre la collera impallidiva
ancora di più il suo volto.
“ …un giorno la mia regina avrà ciò che desidera con tanta
passione e tu, il re di Gondor, l’hobbit e tutti coloro che li appoggeranno
periranno tutti, tutti!”
E con questa ultima minaccia, Lantis unì le mani a cerchio
verso l’alto e con uno strano bagliore che accecò tutti i presenti, scomparve
nel nulla.
“ Dove è andato?”
Chiese Legolas, ancora stupito dall’accaduto.
“ A riportare tutto quello che ha visto e sentito fin ora
alla sua adorata signora.”
Gli rispose Taras, ormai padrone di sé e riponendo la spada
nel suo fodero.
“ Non fa alcuna differenza. Sapevamo fin dall’inizio che non
sarebbe stato facile portare a termine questa missione e che Venia ci avrebbe
ostacolato ugualmente, spia o non.”
“Esattamente. Quindi, non diamogli troppo peso.”
“Giusto, Taras. Non diamogli troppo peso e nemmeno alle sue
parole.”
“ A volte, le parole possono ferire più delle stesse armi.”
Disse Legolas, rivolgendosi in particolar modo al prode Taras,
che non si sottrasse al suo sguardo intenso.
“ è vero. Ma altre volte, sono le stesse a ridarci forza e
coraggio per affrontare ogni pericolo.”
Legolas sorrise a quella pronta risposta, soddisfatto del
risultato ottenuto dopo la sua piccola provocazione.
Aragorn strinse fraternamente una spalla del suo giovane
compagno dell’Ovest, sorridendogli comprensivo, prontamente ricambiato.
“ Ah, Legolas!”
Chiamò la sua attenzione Taras, prima di riprendere, insieme
ad Aragorn, la ronda notturna.
“ Bel fiore!”
Esclamò sorridendo sornione, seguito poi da un Aragorn
divertito.
Legolas, imbarazzato ma comunque con un sorriso rassegnato,
si sdraiò sul giaciglio accanto a Gimli, e ignorando il suo sonno pesante, ma
concentrandosi invece sul rumore del vento, ora più tranquillo, tra le foglie e
l’erba alta, e cullato dal profumo del bocciolo di iris che tanto gli ricordava
quello indescrivibile di Luthien, chiuse gli occhi abbandonandosi ad un riposo
ristoratore.
Intanto, Frodo, a differenza degli altri suoi compagni, era
tormentato da un sogno agitato.
Voltandosi da una parte e dall’altra, gemendo in preda
all’angoscia, mentre la sua fronte si imperlava di piccole gocce di freddo
sudore, bagnandone i ciuffetti corvini su cui vi ricadevano indisturbati, sognò
di correre incessantemente, senza mai voltarsi indietro.
Il paesaggio intorno a lui era brullo e desolato, senza un
filo d’erba ad adornarlo. La terra, i cui piedi calpestavano, era fredda, nera
e fangosa come dopo un lungo temporale. I cespugli erano ricoperti di rovi, che
infidi come serpenti sibilanti, si attorcigliavano alle sue esili caviglie,
rischiando di farlo precipitare al suolo, graffiandolo, punzecchiandolo,
ferendolo e bagnandosi del suo sangue purpureo ,che fuoriusciva dalle sue
ferite.
Ma Frodo, intraprendente ed ostinato andava avanti, senza
fermarsi mai, timoroso solo di un qualcosa che lo inseguiva, pur non
conoscendone il volto né la figura. Sapeva solo di dovervi sfuggire ad ogni
costo; tutto il resto era nulla.
Dopo aver corso senza meta un sentiero inesistente, avvolto
da una lieve e umida nebbia, che offuscava i suoi limpidi occhi azzurro
cristallo, Frodo sboccò in una raduna
dall’apparenza tranquilla e pacifica.
Ancora ansimate per la lunga corsa e abbracciando con uno
sfuggevole sguardo il paesaggio intorno a lui, riscoprì quella stessa nebbia
celare quei piccoli particolari che dovrebbero darti sicurezza o trasmetterti
una certa diffidenza.
Pian piano le dense nubi biancastre si dissolsero davanti ai
suoi increduli occhi, rivelando degli alberi massicci dalla corteccia nera,
quasi carbonizzata a causa di un incendio improvviso, e dalle fronde simili a
cenere. Il terreno era sempre brullo e scuro, ma non più fangoso, bensì più
solido ed arido.
Era uno spettacolo terrificante e dei brividi gelidi
attraversarono la schiena di Frodo, che a bocca aperta guardava intimorito
quell’orribile raduna.
Non sentiva più la spiacevole sensazione di essere
inseguito, ma al suo posto si presentò quella di essere osservato.
All’improvviso, un canto acuto e glaciale giunse alle sue
orecchie. Era la voce sonora di una donna, ne era sicuro. Si voltò in ogni
direzione, cercando di scorgerne almeno la sagoma. Come per darsi coraggio,
strinse febbrile la gemma luminosa che riscaldava il suo petto, ascoltando il
battito furioso del suo cuore ansioso, mentre un vento gelido iniziò ad
intorpidire le sue membra, incurante del sicuro ma debole scudo delle sue
vesti.
Aveva socchiuso per un attimo gli occhi , riparandoli da
quella polvere simile a cenere portata dagli alberi, ora spogli mentre il
terreno appariva ricoperto di foglie secche e grigie.
“ Ciao, Frodo.”
Disse una voce femminile, dolce ma allo stesso tempo intrisa
di una nota di comando. Frodo aprì gli occhi, e vide per la prima volta davanti
a lui la sua nemica, ma anche colei che avrebbe dovuto in qualche modo salvare
da sé stessa.
Uno strano sorriso incurvava il suo bel viso, trasfigurato
da un qualcosa che andava al di là della sua comprensione.
“ Beh, cosa c’è? Non mi rispondi? Oh, capisco…”
Continuò avvicinandosi a lui, che non tentò di
indietreggiare, e sorridendogli ancora ammaliante.
“ …sei emozionato, nel vedermi di persona! Non è vero, mio
giovane hobbit?”
Gli chiese sussurrando sibillina e sfiorandogli con
dita lunghe e sottili i ciuffetti
corvini della fronte, in una lenta e sinistra carezza, portandosi alla sua
altezza e incatenando i suoi occhi neri e minacciosi con quelli luccicanti
d’azzurro di lui.
Frodo non rispose alla sua provocazione, limitandosi a non
distogliere lo sguardo dal suo e ascoltando indignato la sua risatina tra lo
scherno e il divertito.
La Signora
delle Tenebre si allontanò da lui, facendo fluttuare il suo nero abito intorno
alle sue gambe, volteggiando allegra e ridendo quasi istericamente. I suoi
capelli di un rosso fiammeggiante e adornati di un diadema argentato ,con
pietre nere e ametiste incastonate nei suoi decori, ricaddero lungo le sue
spalle candide e nude, come una frustata diretta e decisa.
Un sorriso velenoso increspava le sue labbra rosate,
lasciando intravedere denti bianchissimi.
“ Vuoi giocare con me, Frodo? Sai, io mi sento tanto sola!
Ho bisogno di un compagno di giochi!”
“ E a quale gioco vorreste giocare?”
Chiese Frodo, meravigliandosi del suo sangue freddo.
Venia sogghignò divertita e minacciosa, volteggiando ancora
come una bambina che scopre per la prima volta un campo fiorito.
“ Il gioco della morte!”
Bisbigliò e rise in modo glaciale la Dama dell’Oscurità, senza
distogliere lo sguardo dal suo.
“ è il mio gioco preferito. Se vuoi, ti spiego come
funziona: prima si sceglie una persona
coraggiosa e piena di gioia di vivere, poi le si pongono due domande…”
Gli spiegò, alzando la mano destra per enumerarle:
“ La prima è quella di diventare mio discepolo per
l’eternità, soddisfando ogni mio capriccio ed eseguendo ogni mio ordine senza
discutere, adorandomi e amandomi per tutta la propria esistenza.”
Disse, intrattenendosi con un risolino allegro, mentre a
Frodo gli si gelava il sangue nelle vene.
“ La seconda è quella di venire torturato, punzecchiato,
ferito, immolato fino a lasciarsi morire sotto i miei colpi di collera, fino a
quando ogni singola goccia di sangue non colerà fuori dal suo nobile corpo, e
la sua anima inglobata in un buio eterno. Tutto questo divertimento potremmo
riservarcelo ad un suo diniego, ovviamente!”
E avvicinandosi di poco a lui, come prima e accostando le
sue labbra al suo orecchio.
“ Tu cosa scegli, Frodo?”
Questa volta, Frodo si scostò con uno scatto da lei,
guardandola come un qualcosa di alieno e stringendo di più la Gemma del Destino nel suo
pugno.
Seguì un’altra risatina fastidiosa di Venia, che ricominciò
a volteggiare su sé stessa.
Poi, si avvicinò lentamente ad uno di quegli alberi morti,
con l’intenzione di sfiorarne il tronco.
“ Ti piace il mio giardino, Frodo? Scommetto che uno così
non lo hai mai visto.”
In effetti, quello tutto poteva sembrare che uno splendido
giardino agli occhi del giovane Frodo, che la osservò attentamente questa
volta, cercando di scorgere nel suo sguardo qualcosa che potesse aiutarlo a
comprendere i suoi disegni oscuri.
Ma tutto quello che riuscì a scorgere nelle sue iridi nere
fu solo il nulla.
Quella situazione aveva qualcosa di anormale. Si trovava in
un giardino morto quello che prima aveva frainteso per una raduna desolata, in
compagnia della sua attuale nemica, che aveva tutta l’aria di averlo coinvolto
in quello strano sogno solo per prendersi gioco di lui. Perché era di sogno che
si trattava, non di realtà, e Frodo lo sapeva molto bene.
“ Più che di un sogno,
io parlerei di un incubo!”
Pensò, deglutendo nervosamente il giovane hobbit della
Contea.
Venia si intratteneva canticchiando allegramente, mentre
sfiorava la corteccia di quello stesso albero, con sorpresa di Frodo,
polverizzandolo all’istante.
“ Sai, stavo pensando di fare tutto il mondo così, una volta
impossessatomi della Terra di Mezzo e della restante parte delle mie Terre, che
ancora resistono tenaci al mio volere.”
E scrollandosi le spalle, in un gesto quasi seccato,
proseguì:
“ Chissà perché, poi? Insomma…io in fondo sono una sovrana
giusta e disponibile. Ogni tanto, mi diverto solamente a scatenare guerre e a
torturare alcuni miei sudditi. Non vedo che cosa ci sia di male, in questo?!”
“ C’è tutto di male, in ciò che dite! Una regina giusta e
disponibile, come voi vi vantate di essere, non torturerebbe il suo popolo e
non lo condannerebbe a morire per la troppa fame o per le guerre incessanti,
solo per accontentare i vostri sogni di dominio!”
Esclamò, parlando in un sol fiato e terminando con un relativo affanno Frodo, con
un espressione di disappunto, disgusto e terrore dipinta sul volto.
Venia lo guardò per un momento quasi sorpresa per il suo
ardore, ma poi un lampo rosso di rabbia attraversò i suoi occhi e trasfigurò i
suoi lineamenti delicati. La terra sembrò tremare per la collera che ribolliva
nel suo essere autoritario, tanto che Frodo vi cadde una volta perso
l’equilibro, lasciando la presa sulla gemma che vibrò nell’aria, brillando a
più non posso, fino a poggiarsi nuovamente sulla sua camicia, al centro esatto
del suo petto.
Solo alla sua vista, Venia si calmò e sorridendo malefica,
tese la mano in un gesto esplicito.
“ Dammi la gemma, Frodo. È solo per questo che ho
perseguitato i tuoi sogni tranquilli, fin ad ora. Ma adesso il gioco è finito.
Cedimi la Gemma
del Destino, Frodo, adesso!”
Comandò imperiosa,
tendendo maggiormente la mano destra, con unghie simili agli artigli
affilati una tigre che esige a tutti i costi la sua preda.
“ No!”
Esclamò deciso, Frodo, alzandosi barcollando ed
indietreggiando ad ogni suo passo che la portava inesorabilmente verso di lui.
“ Dammela, ho detto! È un ordine!”
“Voi non siete la mia regina, quindi non devo, non posso e
non voglio ubbidirvi!”
“ Io la esigo, hobbit scellerato! È mia e di nessun altro!”
Spazientita, Venia fece apparire dal nulla il suo scettro
d’ebano, con incastonata alla sua sommità una pietra nera molto più grande di
quelle del suo diadema, intrecciata da rami spessi, intagliati a forma di
serpente.
La Signora
delle Tenebre pronunciò alcune parole in una lingua oscura ed ignorata, e grazie a queste, la pietra nera brillò di
una luce sinistra, fino a quando scintille e subito dopo fulmini e saette nere
come la pece non scaturirono da essa, puntando tutte su di lui.
Frodo cominciò a sfuggire a quei colpi magici ed infernali,
mentre con un sogghigno e una risata perversa non scaturì dalla gola di Venia,
che quasi trovava piacere nel trattarlo come un bersaglio per le sue
stregonerie.
Purtroppo, Frodo venne ferito ad una spalla, i cui lembi
strappati della camicia che la ricopriva non cominciarono a macchiarsi del suo
sangue, che fuoriusciva da una ferita profonda e senza controllo, come in
seguito si verificò anche con la ferita sulla gamba destra.
Frodo si accasciò al suolo, ululando per il dolore
accecante, riversandosi su quelle foglie secche e grigie come la pietra.
Venia si avvicinò inesorabilmente a lui, che nonostante il
dolore e le ferite riportate, cercò di strisciare via da lei. Ma ogni suo
tentativo risultò vano; Venia gli si avvicinò e tese con espressione velenosa la
sua mano destra affilata, pronta per impossessarsi nuovamente del suo prezioso
gioiello, che come impaurito da tanta malvagità, brillava di una luce tenue e
cercava di nascondersi vicino al cuore furioso del suo portatore.
“ è finita, Frodo! Peccato che la tua avventura finisca
prima di essere cominciata! Ma il destino, o meglio, io ho voluto che gli
eventi si verificassero in questo modo!”
E dopo una risata odiosa, Venia guardò con desiderio la
catenina che sorreggeva il peso della gemma, e sporgendo di più la mano e
schiacciando il petto di Frodo con un piede ,e scostando così la sua camicia
con esso, una volta riversatelo a terra con un lamento lancinante da parte di
lui, per le ferite riportate.
“ Si, vieni da me, piccola mia!”
Disse malefica e folle, rivolgendosi alla gemma tanto
agognata.
Ma un sibilo proveniente da molto lontano la immobilizzò e
riaccese una speranza in Frodo, ancora languente al suolo.
No, non era un sibilo. Era un lamento, una supplica, un
richiamo degli amici di Frodo che lo incitavano a riaprire gli occhi e
svegliarsi e tra questi, Frodo riuscì a percepire anche la voce accorata di
Sam.
Ma c’era dell’altro. Oltre alle voci di Merry, Pipino e Sam,
c’era anche una più profonda e sommessa, ma Frodo non riusciva a sentire o a
capire chi fosse, anche perché non comprendeva quello che diceva.
Ma in seguito, tutto gli apparve più chiaro, nonostante gli
occhi cominciassero ad offuscarsi.
Sorrise. Era la voce di Gandalf, che con uno dei suoi
complicati incantesimi, stava cercando di riportarlo in superficie dopo essere
stato inghiottito da quel mare di tormento, dolore e oscurità.
“ No.”
Sussurrò quasi fra sé Venia, che tolse il piede dal corpo di
Frodo, che mugugnò a quel gesto improvviso, come se all’improvviso fosse
diventato bollente.
“ No!”
Esclamò ora più decisa, lontana ora dalla piccola sagoma di
Frodo che si sentiva molto più leggero e tranquillo, come se stesse per
diventare un soffio d’aria o un filo d’erba.
Chiuse gli occhi azzurri, lasciandosi cullare da un
piacevole calore che aveva cominciato a riscaldarlo interamente, togliendogli
quello spiacevole senso di desolazione e freddo, senza sapere che
improvvisamente era stato investito da un lampo di luce abbagliante che per
momento accecò gli occhi scuri della Dama dell’Oscurità, e quando finalmente li
riaprì, si ritrovò nei suoi tetri alloggi, distesa in trittico antico e
adornato di foglie d’edera argentata, con il viso immerso in tanti cuscini
grigi e verdi, con lenzuola vermiglia a coprirla superficialmente.
Alzandosi un po’ intontita e con una nuova stanchezza e
spossatezza a sopraffarla, si guardò intorno ancora perplessa e una volta
realizzato cosa realmente fosse accaduto, l’ira deformò nuovamente i suoi
tratti delicati e un ringhio di frustrazione risuonò in tutte le Terre dell’Ovest.
“NO!”
Urlò Venia, mentre le pareti e il terreno circostante
cominciarono a tremare e gli orchi e gli Andes, suoi servi, si voltavano o si
nascondevano spaventati.
Contemporaneamente, anche gli occhi di Frodo, più dolci ed
increduli, si riaprirono con un po’ di fatica, vagando per il cielo turchese
con nuvole lattee a circondare di poco il sole splendente, che con i suoi raggi
lo investivano e lo accecavano insieme, fino a quando non incontrò gli occhi
dorati, preoccupati ma anche sollevati di Sam, Pipino e Merry, che lo
circondavano tutti ansiosi.
“ Frodo…”
“ Ha riaperto gli occhi…Gandalf, si è svegliato! Ha
funzionato!”
“State bene, padron Frodo? Avete sognato!”
“ No, Sam! Era tutto reale!”
Sam lo guardò perplesso, non riuscendo a comprenderlo, ma
quando tolse la mano grande e paffuto dalla sua spalla sinistra, capì a cosa si
riferisse. La sua mano, era ricoperta di sangue, del sangue di Frodo.
Gandalf lo scansò leggermente, cominciando seriamente a
preoccuparsi del suo giovane amico.
“ Sono ferito…alla spalla e alla gamba…è…stata…Venia.”
“Non parlare! Non sforzarti! Questa è magia nera, dobbiamo
tamponare le ferite e curarle prima che sia tardi. Sei stato coraggioso, Frodo.
Ma ora, riposa…riposa!”
Gli disse con un sorriso e mettendogli una mano sul lato destro
del viso con l’intento di tranquillizzarlo. Frodo sentiva un dolore lancinante
in entrambi le parti ferite, ma ugualmente ricambiò il sorriso di Gandalf e
chiuse gli occhi nuovamente, mentre sentì le voci degli altri suoi compagni,
soprattutto quella di Aragorn che chiamava il suo salvatore, i passi affrettati
di Taras e William, insieme a quelli impercettibili di Legolas e il buio lo
avvolse ancora, ma questa volta più dolcemente.
Era tranquillo. Erano tutti intorno a lui. Nessuno poteva
più fargli nulla…per adesso.
Lunghetto, lo so…ma ne valeva la pena, no!!! Spero vi sia
piaciuto anche questa volta!!! Innanzitutto, mi scuso per il ritardo, ma tra
una cosa e l’altra, non riesco mai a finire di scrivere!!
Scusatemi ancora ( immaginate me in ginocchio, che vi
supplico con le mani giunte!!!^^”)!!!
E adesso ecco a voi ( rullo di tamburi…!!!):
L’angolo dei saluti:
LadyElizabeth:Come vedi, avevi ragioni pienamente: i
problemi si sono presentati, eccome ( sei forse veggente??^^ Scherzo!!)!!!
Anche tu adori Orlando Bloom e Viggo??? Oh mio Dio, quante sorelle che
incontro!!! Sono contentissima!!!! Beh, tornando a cose serie ( ce la farò mai
ad essere seria? Dilemma!XD) si, hai colto completamente il personaggio di
Venia, anche se qui, come hai potuto leggere, è ancora più perfida del solito!!
Grazie mille per i commenti e i complimenti ^///^ !!!
Ci vediamo al prossimo cap!!! Baci baci Fuffy91!!
Fanny91: A dire il vero, spero anch’io che si lasci
conquistare da Legolas, la nostra bella Luthien!!!XDXDXD anche se ci sono stati
passi avanti!!! Insomma, gli ha regalato un fiore…significherà qualcosa!!!^^
Buone vacanze, baci e saluti speciali anche a te, fanny!!!
Stellysisley: Attenta, potresti essere sotto l’effetto del
mio incantesimo!!! Hihi!!! Scherzo, non farci caso!!! Sono contentissima che la
mia storia ti piaccia e ti attiri così tanto e sarò felicissima se continuerai
a seguirmi e a commentarmi!! Bacioni e un grazie specialissimo anche a te!!!
Mel: Scusami Mel, ma purtroppo non ho aggiornato molto
presto!!! Ma spero che tu abbia letto lo stesso questo cap e che ti sia
piaciuto come i precedenti!!! Grazie mille dei complimenti! Aspetto un tuo
prossimo commento!!! Baci anche a te!! Ciao e a presto!
E ora, ecco per voi, cari lettori e care lettrici misteriose,
un saluto specialissimo da parte della vostra unica e inimitabile (ehm…e
soprattutto modesta!^^””) Fuffy91!!!! Ehi, credevate che me ne fossi
dimenticata: BUONE VACANZE A TUTTI VOI!!!! Baci baci e alla prossima!
Fuffy91!!^__________________^
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
C7
Quel mattino, il sonno di Frodo venne destato dall’allegro
cinguettio degli uccelli innamorati e il caldo tepore dei raggi di un luminoso
sole sul suo viso.
Per un momento, nella mente del giovane hobbit balenò l’idea
che le ultime vicende riguardanti la
Gemma del Destino, Venia e la conoscenza dei guerrieri
dell’Ovest fossero solo frutto della sua immaginazione, una fantasia partorita
durante il corso di una lunga notte insonne. Tanto che quando si ridestò
completamente e sollevò le palpebre ancora pesanti, pensò di trovarsi nel suo
confortevole letto della sua accogliente casetta ,nella placida e tranquilla
Contea, immaginandosi già l’entrata indesiderata di Pipino e Merry e le urla di
rimprovero di Sam, seguite da un caloroso buongiorno.
Ma purtroppo, la vista di una grande e sfarzosa finestra ad
arco acuto, contornata di oro bianco e filamenti d’argento scintillanti alla
base, ridusse in frantumi la sua piccola speranza.
Rassegnato all’evidenza e stropicciandosi gli occhi azzurro
cristallo ancora velati dalla stanchezza, prese finalmente contatto con la viva
realtà che lo circondava.
Decisamente, non si trovava nella vallata insieme ai suoi
compagni di viaggio. Si trovava in una stanza molto ampia, la cui finestra dava
su un paesaggio meraviglioso ma malinconico al con tempo; era disteso in un
letto morbido e caldo, dalle lenzuola immacolate, pulito e rivestito di una
camicia da notte maschile che gli arrivava fino ai piedi, di un colore simile
all’argento.
Accanto ad esso, vi era un comodino intagliato in un
tronchetto di un albero bianco, con sopra una bacinella ricolma d’acqua
trasparente, con immersa una pezzuola dello stesso colore della sua camicia.
Vicino alla parete, vi era una sedia dello stesso materiale del comodino con
sopra i suoi vestiti strappati e ricoperti ancora del suo sangue, come a dare
testimonianza della veridicità delle vicende che lo hanno visto protagonista e
vittima allo stesso modo; la
Signora delle Tenebre che irrompe meschina nei suoi sogni,
mutandoli nei peggiori dei suoi incubi, il ricordo delle sue risate tra
l’isterico e il malvagio, le sue parole velenose, lo scettro intriso di
malvagità, i suoi incantesimi che lo colpivano come saette senza perdono, il
ritorno alla realtà, i visi di Sam, Pipino e Merry che lo circondavano e il
sorriso bonario e rassicurante, seppur nella sua immensa preoccupazione, del
suo caro amico Gandalf…e poi, il nulla lo aveva avvolto, cullando nella sua
inaspettata pace.
Immerso nei suoi pensieri, non si accorse dell’entrata
silenziosa di una giovane donna, molto bella e molto simile a Dama Galadriel:
stessi capelli biondi con riflessi d’argento, stessi occhi profondi e azzurro
acqua, stessa eleganza e grazia nei movimenti...solo il sorriso era diverso. In
effetti, sembrava quello di una bambina che aveva appena finito di compiere una
marachella.
A guardarla bene, non era poi così somigliante a Dama
Galadriel. La sua pelle era meno luminescente e i suoi occhi più ridenti e
divertiti, notò Frodo, scorgendo i particolari del suo volto delicato ,ora, da vicino,
visto che gli si era avvicinato e si era posizionata in ginocchio al capo
destro del letto immenso che lo ospitava, con i gomiti puntellati sul soffice
materasso e le mani incrociate a sostenere il mento appuntito.
Scrutandolo come se fosse la cosa più interessante che
avesse mai visto, continuava a sorridergli birichina, sghignazzando ogni tanto
divertita da un qualcosa che andava al di là delle sue prospettive.
Era di razza elfica, quindi questo voleva dire che si
trovava in un qualche regno a lui sconosciuto, ma pur senza i suoi compagni.
Dov’erano finiti gli altri? E perché quella strana fanciulla continuava a
guardarlo sorridente ma senza proferire parola alcuna? Che fosse una nemica?
Che fosse stato catturato a sua insaputa, durante una qualche imboscata?
Ciò nonostante, quel luogo era troppo tranquillo, bello e
pacifico per essere finito nella tana di Venia, costatò una vocina silenziosa
dentro la sua mente, chiara e decisa in mezzo a tutti quegli interrogativi
senza alcuna risposta.
“ Ti starai domandando che cosa ci fai qui e soprattutto chi
sono io vero, Frodo Baggins?”
Gli disse improvvisamente la fanciulla accanto al suo
capezzale, la cui voce risuonava melodiosa e dolce nei suoi pensieri confusi.
“ Conoscete il mio nome…come?”
E la sconosciuta, alzandosi lentamente e facendo frusciare
lungo i suoi piedi la veste color panna viva e luminosa, con un sorriso, gli
rispose:
“ Semplice, me lo hanno rivelato i tuoi piccoli amici della
Contea!”
Esclamò allegra, prendendo un calice ricolmo di una miscela
densa e color oro dall’aspetto invitante, che si trovava nascosto dietro la
brocca d’acqua poggiata sul comodino in quercia bianca, vicino alla bacinella.
“ Bevi questo. È succo di dattero allungato con miele e
latte. È delizioso. Personalmente, io ne vado ghiotta!”
Disse eccitata, mentre un leggero colorito rosato colorava
le sue guance pallide, rendendola molto graziosa ai suoi occhi e facendogli
nascere un sorriso, contagiato dal suo buono umore, tanto che non si oppose
nemmeno quando gli accostò il calice per fargli inghiottire la bevanda che,
Frodo doveva ammettere, era davvero deliziosa!
“ Oh, come sono belli i tuoi occhi! Sembrano due pezzi di
cristallo!”
Esclamò guardandolo intensamente e sorridendogli ammirata,
mentre Frodo si sentì costretto ad abbassare lo sguardo, imbarazzato per
l’improvviso complimento. Non aveva mai conosciuto un elfo così spontaneo e
semplice come quella dolce fanciulla.
“ Herion!”
Esclamò una voce conosciuta, melodiosa ed incantatrice, che
fece voltare sia Frodo che la fanciulla di cui ora conosceva il nome ,verso la
porta d’ingresso, decorata ed adornata come la finestra.
Sulla sua soglia, vi era Luthien, la cui figura slanciata e
snella sembrava dominare l’intera stanza.
Sorridente e ridendo allegra, Herion corse verso l’abile
arciere dalla chioma castana, abbracciandola come se non la vedesse da secoli.
“ Herion. Quante volte devo dirti di non disturbare Frodo?
Lo sai che ha riportato delle brutte ferite. Lascialo riposare in pace. Ne ha
bisogno.”
Le spiegò con calma e soavemente la bella Luthien,
accarezzandole il capo biondo poggiato vicino alla sua spalla. Infatti, Luthien
era più alta di Herion, anche se non di poco.
La dama bionda la guardò negli occhi luccicanti
d’ammirazione, e annuendo le disse:
“ Va bene, Luhien. Non lo disturberò più. Però, è così
carino e ha degli occhi stupendi!”
Un risolino allegro e familiare, fece sorridere anche Frodo.
Conosceva fin troppo bene quella risata.
“ C’è da dire che Dama Herion è davvero una fanciulla
intraprendente! Non trovi anche tu, Luthien?”
Chiese sornione Gandalf, facendo anche lui il suo ingresso,
mentre la sua veste candida investita dal sole, sembrava accecarlo.
“ Fin troppo, direi.”
Fu il commento incolore di Luthien, mentre Herion rideva
divertita e continuava a stringerla in un abbraccio caloroso.
“Gandalf!”
Esclamò contento Frodo, rivedendo finalmente un’altra faccia
amica.
“ Vedo che ti sei risvegliato, Frodo? Come ti senti?”
“ Bene, ti ringrazio. Ma, Gandalf…”
Iniziò Frodo, vedendo che Gandalf si sedeva proprio di
fronte a lui, come gli era già capitato altre volte, risvegliandosi dopo un
lungo sonno ristoratore, nelle stanze dorate di Gran Burrone.
“…dove ci troviamo? E gli altri? Dove sono?”
“ Ora ti spiegherò tutto con calma, Frodo. Vedi, mio caro
amico, ci troviamo esattamente a Bosco Bianco, il regno di Aranel, Stella del
Re, di cui Luthien ed Herion sono le figlie legittime. Dopo l’attacco
improvviso di Venia nella tua mente, come ben ricorderai, pur di proteggere la Gemma del Destino, hai
riportato una ferita profonda e velenosa sia alla spalla che alla gamba. Così,
senza pensarci su troppo a lungo, abbiamo deciso che uno di noi ti avrebbe
condotto qui per adeguate cure. Io sono riuscito solo a circoscrivere
l’avvelenamento su entrambi gli arti feriti, che avrebbe resistito il tempo
necessario per giungere alla corte di Aranel. È stata Luthien a offrirsi
volontaria per quel viaggio che sarebbe durato circa tre giorni. Il suo cavallo
era il più veloce di tutti e inoltre lei conosceva anche qualche antidoto per
allungare i miei incantesimi fino alla meta prestabilita.
E mentre lei correva verso la tua salvezza, Taras e William
ci hanno illustrato la via per giungere a Bosco Bianco. Un volta giunti a
destinazione, siamo corsi a vedere le tue condizioni. E mai fu la mia felicità,
Frodo, vederti disteso su questo letto e sulla via della guarigione!”
Gandalf terminò il suo lungo discorso con un sorriso
luminoso, mentre Frodo cercava di scorgere le due figure aggraziate poste
sull’uscio della porta, ma purtroppo, con sua grande delusione, non le trovò.
Le due principesse evidentemente avevano convenuto che fosse meglio lasciarli
da soli, anche se in lontananza, riuscì ancora a sentire le risate fragorose di
Herion.
“ Non preoccuparti. Avrai modo di ringraziare Luthien in
altre circostanze.”
Lo rassicurò lo stregone bianco, intuendo i suoi pensieri.
Frodo gli sorrise:
“ Si. Hai ragione. Ringrazio anche te, Gandalf, ovviamente.
Se non fosse stato per il tuo intervento, a quest’ora Venia avrebbe già
trafugato la gemma. Purtroppo, non avrei potuto fare nulla per fermarla.”
Abbassò gli occhi Frodo, catturando la sua attenzione sulle
sue dita intrecciate ed improvvisamente fredde, al ricordo di quegli orribili
momenti e delle conseguenze che si sarebbero potute verificare una volta
fallito il suo misero tentativo di resisterle.
“ E invece hai fatto moltissimo, Frodo.”
Gli disse improvvisamente Gandalf, incatenando di nuovo lo
sguardo deciso con il suo smarrito.
“ Sei riuscito a intimidire, anche per un solo istante, la Signora delle Tenebre.”
“E come?”
“ Oh, in diverse occasioni della vostra, come dire,
conversazione. Per esempio, quando hai replicato i suoi inutili e assurdi
tentativi di giustificare il suo increscioso comportamento o le sue folli idee
di conquista. Oppure quando ti sei imposto di non consegnargli la gemma e
nemmeno quando eri sul punto di cedere, non lo hai fatto. Credimi, Frodo, se ti
dico che l’hai completamente sorpresa.”
“ Ma allora, tu hai seguito tutto quello che è accaduto in
quegli attimi di oblio?”
Chiese Frodo, sorpreso dalle sue parole:
“ Si, certamente. Non sai quale pena è stata per me il
vederti lì, immobile a subire le provocazioni e i capricci di Venia e la
frustrazione di non poter fare nulla. Vedi, io ho tentato e ritentato, fino
all’ultimo momento di strapparti da quell’incubo che aveva un fondo di
realtà, ma purtroppo, la magia oscura
della Dama dell’Oscurità è più grande e maestosa di quanto credessi.”
Sospirò amareggiato quasi di sé stesso, mentre Frodo lo
guardava comprensivo.
“ Non devi preoccuparti o giustificarti di nulla, Gandalf.
Lo so, ho provato sulla mia pelle la potenza e la malvagità delle magie di
Venia. Credimi, lo so.”
Ma fu proprio in quel momento, quando Frodo abbassò lo
sguardo che il sorriso gli si gelò sulle labbra. La mano destra e parzialmente
quella sinistra erano nere come la pece.
“ Gandalf! Ma cosa…?”
Chiese inorridito e meravigliato nell’insieme. Gandalf, per
tutta risposta, sembrò cadere dalle nuvole e con espressione indifferente quasi
e guardando nella stessa direzione di Frodo, capì immediatamente e sorrise.
“ Oh, nulla di importante. Bruciature! Capita, quando si
gioca con il fuoco, non lo sapevi?”
E sogghignò, divertito e quasi prendendosi in giro da solo.
Frodo stava per replicare, quando apparvero ,come un fiume
in piena, sulla soglia Pipino, Merry e Sam, il quale li sorpassò entrambi e si
precipitò al suo capezzale, sorridendo felice.
“ Frodo! Meno male, vi siete svegliato? Come vi sentite? E
la gamba e la spalla? Vi fanno ancora male?”
“ Calmati, Sam! Sto bene, non preoccuparti! Le ferite mi
provocano solo un po’ di fastidio, ma nulla di preoccupante.”
Sembrò sollevato dalle sue parole, tanto che sospirò
rasserenato e pesantemente, come se per tutto l’arco delle sue parole avesse
trattenuto il respiro.
“ Vi credo! Oh, sapeste come sono contento di vedervi di
nuovo sorridere!”
Sfuggì una risatina a Frodo, soprattutto all’improvviso
rimbalzare sul letto enorme di Pipino e Merry in contemporanea, subito dopo
aver urlato un:
“Anche noi!”
E mentre si perdeva nei loro interminabili discorsi, il loro
parlottare su Bosco Bianco, le cose che gli avrebbero mostrato una volta in
piedi, i loro apprezzamenti sul succo di dattero, miele e latte che aveva avuto
il piacere di assaggiare e la loro simpatia per Dama Herion che, a parer loro,
sembrava essere innamorata di lui, vide scomparire con un ennesimo sorriso
Gandalf, ora più sereno nel vederlo circondato dai suoi amici e dalle loro
risate.
Una volta ristabilitosi e ritornato in salute, Frodo uscì finalmente da quelle quattro mura
d’argento scintillante che minacciavano quasi di soffocarlo e una volta varcata
la soglia che molti dei suoi compagni e amici avevano oltrepassato, venne
investito da un raggio di sole abbagliante, che rischiava quasi di accecarlo,
ormai troppo abituato alle luci evanescenti di quella che era stata la sua
stanza per così tanto tempo. Quando riuscì ad aprire completamente gli occhi
socchiusi, la sua bocca si spalancò dalla sorpresa; davanti a lui vi era una
distesa di alberi bianchi dalle foglie ricoperte d’argento e brillanti di
diamanti. Una distesa di erba rigogliosa e verdeggiante non faceva che
accentuare il bianco dei tronchi lisci e forti in tutta la loro solennità di
alberi millenari. Prati fioriti si vedevano poco più in là e lo scorrere musicale
di un ruscelletto dalle acque limpide e fresche lungo le rocce grigie e
luminose che costituivano il materiale principale di quei palazzi sontuosi e
meravigliosi, quasi fiabeschi nella loro perfezione. Il castello di Dama Aranel
era scavato in un monte calcareo, sontuoso e splendente alla luce del sole
caldo sulla pelle. Frodo rimase affascinato dalle alte guglie gattonate, stile
gotico, che si slanciavano nel cielo turchese e quasi completamente nascosto da
due grandi querce , che facevano da tetto o da cornice naturale a quelle mura
regali.
“ Meraviglioso, vero?”
Lo affiancò Aragorn, una volta ai piedi di quel grande
palazzo reale e con i suoi immersi nelle margherite.
Frodo ricambiò il suo sorriso e annuì, incapace di turbare
con le parole quel quadro perfetto.
“ L’ho pensato anch’io una volta varcate le porte di Bosco
Bianco. Ho visitato molti reami elfici, ma questo è di gran lunga il più bello
ed irreale di tutti.”
E detto questo, contemplò ammirato ciò che li circondava,
come a voler imprimere nella sua memoria ogni piccolo particolare.
“ E di notte, è ancora più incantevole.”
Aggiunse Taras, poco distante da loro, che li raggiungeva
con passo felpato, pensò Frodo, molto simile a quello di un bravo cacciatore.
“ La luce della luna, non fa che dare alle mura del castello
un’aria incantevole. Anche se, in quei momenti, è facile cadere vittime della
nostalgia e dei ricordi malinconici.”
Restarono tutti e tre in silenzio, per un momento, beandosi
di tutta quella bellezza incondizionata.
“ Come va oggi, Frodo? Ti senti meglio?”
Chiese con la sua classica voce profonda, Aragorn,
guardandolo dritto con i suoi occhi color smeraldo.
“ Si, grazie. Anche il fastidio che avvertivo si sta
lentamente attenuando.”
“Venia si è comportata davvero disonestamente, con te. È
stato davvero un colpo basso da parte sua, entrare nei tuoi sogni e combatterti
su un campo dove saresti stato più inerme.”
“ Dovevamo aspettarcelo. In fondo, sapevamo fin dall’inizio
che avrebbe tentato di tutto pur di impossessarsi della gemma. E attaccarlo in
un territorio a lei favorevole, era la cosa più ovvia e sensata da fare, per
lei. Dopotutto, è ancora debole e attaccarci in massa, sarebbe stato troppo.”
Controbatté Aragorn, anche se ancora visibilmente
contrariato per quello che aveva arrecato Venia a Frodo, uno dei suoi compagni,
e quest’ultimo lo capì dal modo in cui serrò la mascella e stringeva il pugno sull’impugnatura
della sua spada.
“ Si, ma la gemma è ancora qui, intorno al mio collo e
io…beh…tra di voi, in questo momento.”
Il suo tentativo di calmarlo, da parte di Frodo, funzionò
brillantemente e riuscì anche a suscitare un risolino in entrambi i suoi amici.
La Gemma del
Destino sembrò felice di quel momento di serenità, tanto che brillò ancora di
più per un momento, confondendosi con i raggi del sole e trasmettendo al suo
portatore un senso di completo benessere e calore, che purtroppo non riuscì a
non frenare. Fortuna volle che durò poco, ma Frodo sentiva quel piacevole
sassolino ancora illuminato e bruciare nel punto in cui era poggiato sul suo
petto.
“Tutto bene, Frodo?”
Chiese Taras, aggrottando le sopracciglia scure come i suoi
capelli e fissandolo con i suoi occhi perlacei, attento quanto Aragorn.
“ Si, Tutto bene.”
“ Taras!”
Esclamò in lontananza una voce già conosciuta e sonora come
le sue risate allegre. Era Dama Herion che con movimenti aggraziati, quasi a
passi di danza, raggiunse colui che aveva richiamato per poi abbracciarlo
felice e appoggiare la sua testolina bionda sulla sua forte spalla, come Frodo
la vide fare il giorno prima con la sorella.
“ Finalmente! Ti ho cercato dappertutto! Ma dove eri
finito?”
Lo rimbeccò ironica, pizzicandogli la guancia ispida di una
leggera barba incolta.
Ma non aspettò la risposta e i suoi occhi azzurri e
birichini vennero attratti da quelli cristallini di Frodo ,che la guardava
divertito e ammirato nell’insieme. Non aveva mai visto una principessa, per
giunta di razza elfica, comportarsi in un modo così spontaneo e sfacciato al
con tempo.
“ Oh, Frodo! Ma ci sei anche tu! E come ti stanno bene i
vestiti che ti ho confezionato! Allora le misure di Pipino erano giuste per te.
Oh, che bello! Sono felice!”
E detto questo, si slanciò per abbracciarlo o per assalirlo,
era lo stesso. Lo strinse per un po’ come un cucciolo bisognoso d’affetto, mentre
Aragorn e Taras sghignazzavano divertiti da quella scena, per poi accostare le
sue labbra vicino al suo viso e baciarlo sulla guancia con uno schiocco sonoro.
Frodo si sentì arrossire, sbigottito. Non se lo sarebbe mai aspettato.
Con un risolino dolce e divertito allo stesso tempo, Herion
si scostò da lui e corse verso i prati fioriti per correre felice e aggraziata
tra le farfalle variopinte, mentre la sua chioma brillava di riflessi d’argento
e la gonna del suo vestito azzurro svolazzava allegramente da una parte
all’altra.
“ è così diversa da Luthien…ma sono davvero sorelle?”
Chiese incuriosito
Frodo a Taras che annuì:
“ Si, anche se molti stentano a crederlo, vista la poca
somiglianza fra le due. Per qualche tempo, molti hanno sospettato che Luthien
non fosse la vera figlia di Aranel, visto che i suoi tratti scuri e il suo
compartimento distaccato era completamente dissimile da quelli di sua madre e
di sua sorella, tra di loro, invece, molto somiglianti.”
“ Che scortesia!”
Esclamò Aragorn, scontento di questa poca mancanza di
fiducia.
“ Si, è vero. Ma coloro che affermavano questo, tutt’al più
erano nemici o uomini e donne soffocate dall’invidia.”
“ Invidia?”
Chiese Frodo, incredulo e ingenuo.
“ I primi perché respinti da lei una volta confessato i loro
sentimenti nascosti e le seconde per la sua bellezza e fascino innaturale ,anche
per un elfo.”
“ Ma suo padre, allora? Forse rassomigliava a lui nei tratti
e nel carattere, no?”
Propose Frodo.
“ Nessuno ha mai conosciuto il sovrano di Bosco Bianco, visto
che morì precocemente durante una lotta senza motivo tra il loro regno e uno
ribelle, confinante. Aranel ne soffrì molto. Ma a parer di Luthien, lei non
rassomigliava nemmeno a lui. Anzi, afferma ostinatamente che Herion rispecchi
più suo padre nel carattere ,che la madre.”
Sorrise, evidentemente al ricordo di quell’episodio.
“ A me ricorda Will.”
Disse inaspettatamente Frodo.
“Come?”
Chiesero in coro Taras e Aragorn.
“ Ma si! A Will. Il suo sorriso e i suoi occhi mi ricordano
i suoi.”
“ Ammetto che Will ha passato, in passato, fin troppo tempo
con Herion. Non escludo che l’abbia plagiata con il suo temperamento
appassionato e sfacciato. Povero me! Quel ragazzo mi reca solo problemi!”
Esclamò quasi rassegnato e guardando sospirando il cielo
cremisi, ora tinto di rosso ed arancio.
“ Andiamo. Tra poco calerà la notte. Dama Aranel ci starà
attendendo.”
Frodo volle scorgere nuovamente all’orizzonte l’immagine di
Dama Herion che correva tra i fiori variopinti, giocando con le farfalle, ma
purtroppo trovò solamente il nulla. Evidentemente si era già recata nel salone
principale della reggia ,dalle alte volte dal soffitto blu notte e stellato,
dove tutti li attendevano con ansia.
Quando Frodo varcò la soglia di quell’immensa stanza dalle
pareti di pietra bianca e solida e il pavimento in marmo bianco, vide un
gruppetto molto affiatato intorno ad una grande fontana con pesciolini e ninfee
che nuotavano e galleggiavano ,in modo decorativo, al suo interno. Sam gli
venne incontro non appena lo vide, accogliendolo nella conversazione con un
gran sorriso, che Frodo ricambiò prontamente.
Gandalf era intento a contemplare ,seduto sul bordo della
fontana, il modo animato di Gimli di descrivere Luthien; purtroppo ci voleva
del tempo prima che la trovasse simpatica. Merry e Pipino, unendosi a Frodo e a
Sam, li aggiornarono sulle ultime discussioni.
“ Non vedo l’ora di conoscere Dama Aranel. Chissà se è
carina quanto Herion.”
“ Secondo me anche di più, Pipino. Ehi, chissà, piuttosto,
se ci offriranno qualcosa da mettere sotto i denti. Io ho una fame!”
“ Possibile che tu non sappia pensare ad altro, Merry!”
Lo rimproverò con un misto di esasperazione Sam, mentre
Merry non fece altro che scrollare le spalle con un sorriso.
“ Come va, Frodo?”
Chiese Gimli tutto ad un tratto, interrompendo di sua
spontanea volontà i suoi animati discorsi, e la sua voce sonora risuonò in
tutta la sala come un ruggito.
“ Ora meglio.”
Ormai aveva perso il conto di tutte le volte che aveva
risposto a quella domanda, ma non ne era seccato.
Gimli si limitò a mugugnare e a sorridergli sotto la folta
barba rossiccia, per poi ricominciare.
“ In effetti, è proprio assurda quella donna. Avete visto la
sorella invece? Così carina, graziosa, simpatica…invece lei…”
“ Non è bionda!”
Esclamò tutto ad un tratto Legolas, seduto anche lui sul
bordo della fontana, poco distante da Gandalf ,con le gambe incrociate in una
posa tipicamente maschile, seppure nella sua eleganza, intento a levigare il
suo bell’arco intagliato. Frodo non lo aveva nemmeno notato. Forse, era entrato
da poco.
“ E con questo? Che vorresti dire con un non è bionda?”
Si gongolò nelle ultime parole Gimli, guardandolo
accigliato.
“ Beh, Dama Galadriel era bionda e noi tutti siamo coscienti
del fatto che provi una certa ammirazione nei suoi confronti. Non dimentichiamo
Dama Eowyn, bionda anche lei, di cui tu hai sempre lodato il coraggio e la
gentilezza. Anche Dama Herion è bionda, e hai appena ammesso di trovarla
carina, graziosa, simpatica…” enumerò con le dita, quasi distratto e con un
perpetuo sorriso sulle labbra: “ …dimentico nulla?”
Chiese guardandolo negli occhi fiammeggianti:
“ No, immagino!”
Gli sfuggì un risolino, che contagiò anche molti dei
presenti.
“ Si, or dunque?”
“ Dunque, credo che tu, caro Gimli, hai un debole per le
bionde!”
Esclamò, cominciando ad aggiustare le sue frecce
nell’apposita tracolla a cilindro e sempre sorridendo, suscitando risate
spontanee a tutti i presenti, tranne Gimli, il cui volto incendiato di vergogna
non fece che aumentare il tono delle risa divertite.
“ Oh, questa me la paghi Legolas! Mi hai sentito? Me la
paghi!”
Ma le risate di tutti finirono per contagiarlo.
“ Suvvia, non c’è nulla di male in questo.”
Disse all’improvviso, la voce soave ed incantatrice di
Luthien, con un leggero sorriso a fior di labbra che fece imporporare
nuovamente le guancie sporgenti di Gimli, questa volta per un altro tipo di
imbarazzo.
Con passo leggero e movimenti aggraziati forse più della
sorella, si sedette al fianco di Legolas, che la guardava ammirato ed
imbarazzato nell’insieme.
Frodo ne approfitto per avvicinarle e dirle, richiamando la
sua attenzione, visto che seguitava a giocherellare con le ciocche dei suoi
capelli castani, persa in un mondo tutto suo.
“ Luthien?”
Lei alzò lo sguardo lentamente, sbattendo le ciglia lunghe
un paio di volte, con l’effetto di intimidirlo, senza volerlo. Purtroppo per
lui, Luthien non sembrava nemmeno rendersi conto di quanto fosse affascinante ed
incantatrice ad ogni sguardo o movimento. Si schiarì la voce e cercò di non
badarci.
“ Ecco…io…volevo ringrazianti di avermi condotto a Bosco
Bianco e di avermi accudito durante il viaggio, per tre giorni, cavalcando
senza sosta. È anche grazie a te se sono ancora qui.”
Sorrise impacciato, senza saperne nemmeno lui il motivo.
Possibile che il fascino di Luthien fosse così intenso? E le cose peggiorarono
quando incurvò le labbra in un sorrisino indecifrabile.
“ Nessun problema. E poi, è il cavallo che ha corso, non
io.”
Gli disse poco ironica, e abbassando di nuovo lo sguardo per
ricominciare a giocherellare con i suoi capelli.
“ Bene.”
Disse annuendo e allontanandosi verso i suoi compagni,
ritrovando il controllo di sé solo dopo aver tratto un profondo sospiro di
sollievo, mentre Sam gli metteva una mano sulla spalla comprensivo.
“ Luthien, tesoro! Sei uno schianto con questo vestito! È
nuovo, per caso?”
Esclamò la voce allegra e sfacciata di William, che
attraversò l’atrio con tre falcate e mettendosi davanti ad una Luthien
indifferente ai suoi apprezzamenti e domande.
“ No.”
Fu la sua risposta, quasi svogliata.
“ Ah, davvero? E perché non lo hai mai messo prima?”
Le chiese al solo scopo di distrarla dai suoi
irraggiungibili ed incomprensibili pensieri.
“ Lo avevo dimenticato.”
Incredibile quanto fosse attenta e pensierosa allo stesso
tempo. Se Dama Herion era una principessa elfo speciale, lo era sicuramente
anche Luthien.
“ Il verde foglia ti sta d’incanto. Mette in risalto la tua
carnagione e il colore dei tuoi capelli.”
E detto questo, accompagnò la parola con il gesto,
catturando una ciocca dei suoi capelli lisci e splendenti, che le ricadeva
lungo la spalla.
Legolas distolse lo sguardo da loro e si morse per un attimo
il labbro inferiore, provando invidia, in quel momento, per la sfacciataggine
di Will. Perché lui sapeva essere così spontaneo e lui invece non aveva nemmeno
il coraggio di sfiorare uno solo dei suoi capelli setosi, un piccolo desiderio
nascosto nella sua mente razionale e nel suo cuore tormentato?
Con sua grande sorpresa, Luthien si scostò e si alzò quasi
infastidita, mentre si allontanava velocemente, per riapparire ad occhio umano
ed elfico, accanto ad un vaso di grandi proporzioni, ricco di fiori di ogni
genere ad adornare la sala.
“ Non toccarmi i capelli. Mi infastidisce.”
Gli disse riapparendo accanto a Will e posargli una foglia
di rosa tra i capelli color grano, dispettosa e risedersi accanto a Gandalf,
che la guardava sornione, annusando una rosa bianca.
“ Me lo ricorderò.”
Disse sorridendo e facendo volare via la foglia
“regalatagli” da Luthien, con un soffio.
Anche Legolas sorrise appena, amareggiato. Desiderio
infranto.
“ Taras! Balli con me?”
Chiese Dama Herion, sbucata da chissà dove e abbracciando
Taras disinvolta.
Il povero guerriero non sapeva cosa rispondere e vedendolo
in difficoltà, si rivolse ad Aragorn che era appoggiato ad una colonna, mentre
gli sfiorava appena una spalla. Forse era stata informata del suo novello
matrimonio e preferita essere più riguardosa nei suoi confronti.
“ E voi, Sir Aragorn? Non volete ballare con me?”
“ Vi ringrazio, ma preferirei di no.”
Rispose educatamente Aragorn, sorridendole in segno di
scuse.
“ Allora, ballerà Frodo con me!”
Esclamò portandosi verso di lui quasi ballando di già e
abbracciandolo come prima, in cortile.
“ Lo avevo detto io, che prima o poi te lo avrebbe chiesto.
È da quando ti ha visto, che ci confessa di voler ballare con te.”
Gli bisbigliò Merry, comprensivo.
Come Taras, nemmeno Frodo sapeva come comportarsi, ma
fortunatamente, intervenne Will a risolvere la faccenda.
“ Herion! Perché non balli con me, piccola? Cos’è, ti sei già
stancata del tuo buon amico Will?”
A quelle parole, Herion sembrò ridestarsi e scostandosi da
Frodo lentamente, non dopo avergli regalato un sorriso e una carezza sulla
guancia, si librò come un libellula tra le braccia di Will e sorridendo e
ridendo entrambi, cominciò a farla volteggiare sulle note di una musica
immaginaria.
“ Luthien, perché non balli anche tu con Will? È
divertente!”
Chiese entusiasta Herion, mentre Will la faceva girare.
Luthien si limitò solo a guardarli, scuotendo la testa e
sorridendo a fior di labbra, mentre giocherellava nuovamente con i suoi
capelli.
“ Non capisco perché ti rifiuti di ballare, Luthien? Sei
così brava.”
Chiese una terza voce, questa volta non familiare a Frodo,
che si girò, come tutti gli altri e proprio mentre Gandalf e Legolas si
alzavano in contemporanea e Will fece volteggiare per l’ultima volta Herion, la
vide, in tutto il suo splendore. Dama Aranel, regina di Bosco Bianco, la Stella
del Re.
Era bella fin ogni sopra immaginazione. Il suo sorriso era
il più luminoso e sereno che avesse mai visto, i suoi capelli più lucenti
dell’oro, dove spiccava una coroncina d’argento, poco vistosa, la sua pelle
levigata e candida, abbagliante come una vera stella, gli occhi azzurro vivo,
raddolcito da una dolce espressione.
Indossava una veste rosata, semplice e quasi incorporea,
leggera e leggermente trasparente.
Tutti si inchinarono al suo passaggio, mentre Pipino, Merry
e Sam chiudevano la bocca, spalancata per la meraviglia.
“ Ma madre, Luthien è brava in tutto, lo sapete!”
Disse ridente Herion, ballando verso la madre e
abbracciandola con trasporto.
Mentre Dama Aranel accarezzava con un sorriso il capo
illuminato d’argento alla luce pallida della luna nascente ,che prendeva il
posto del cerchio infuocato nel cielo blu - azzurro, della sua secondogenita
ridente, il suo sguardo era posato sulla primogenita ancora accomodata sulla
fontanella guizzante. Dopo un sospiro enigmatico, le sue iridi color dell’alba
del mattino rifletterono le immagini di tutti i suoi ospiti, per poi
soffermarsi sui volti di Aragorn, Frodo e Gandalf.
“ Tra di voi ci sono volti che ho già avuto modo di scorgere…”
Iniziò abbracciando con uno sguardo le figure di Taras e
Will, che le strizzò l’occhio furtivo:
“ Ed altri che avrò sicuramente il piacere e l’onore di
conoscere.”
Terminò con un luminoso sorriso, che venne ricambiato da
tutti i presenti.
“ Sarete affamati. Venite, vi mostro la sala imbandita per
il banchetto indetto appositamente per voi.”
“ Oh, ma non dovevate disturbarvi, mia signora.”
Disse Aragorn, camminando al suo fianco a sua insaputa.
“ Sciocchezze. Gli amici di mia figlia Luthien, sono miei
amici e, a l’occorrenza, miei alleati.”
Aragorn inclinò il capo in segno di rispetto e gratitudine,
mentre Aranel gli regalava un sorriso sereno.
Prima di varcare la soglia della sala del banchetto, Legolas
si voltò verso la fontana. Luthien era scomparsa. Sorrise e proseguì.
Non è ancora il momento dell’angolo dei saluti. ^^ Leggete
anche il prossimo capitolo!!!^____^
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
C8
Frodo stava appena addentando una forchettata di gustoso
pollo arrosto che Dama Herion sopraggiunse, lo abbracciò da dietro e gli regalò
un altro bacio, questa volta più delicato, per poi riapparire, seduta
elegantemente su di una sedia, accanto alla madre.
“ Herion! Non infastidire Frodo! Si è appena ristabilito!”
La rimproverò la regina Aranel, ma sorridendo anch’ella
divertita, mentre Herion controbatté con un risolino allegro e soddisfatto.
“ Will, poi balliamo ancora?”
“Certamente, dolcezza! Quando vuoi!”
Gli sorrise accattivante William, prima di addentare
l’ultimo boccone della terza portata di carne di cervo, disinvolto e amichevole
come sempre.
“ No, dopo Herion si ritirerà nelle sue stanze.”
“ Ma madre, non ho bisogno di riposo!”
“ Lo so. Ma noi si.”
Disse sorridente ed ironica Dama Aranel, addentando anche
lei un po’ di verdura, mentre Herion sbuffava contrariata e molti dei presenti
ridevano divertiti, le cui risa alla fine, finirono per contagiarla, tornando a
cenare serena.
“ Allora, mi parlavate dell’ultimo attacco subito dalla
Signora delle Tenebre, Venia, nei sogni di Frodo.”
Disse Aranel, rivolgendosi a Gandalf, di cui nutriva già
buona fiducia, seduto alla destra della Stella del Re, un posto dopo Luthien,
la cui sedia era vuota.
“ Si, mia signora. Come potete comprendere, dovremmo
supporre che le sue iniziative future saranno più audaci e decise di prima.”
Aranel annuì, seria ed attenta:
“ Comprendo perfettamente. E immagino anche quale sia la
vostra richiesta futura.”
Vedendolo irrigidirsi, gli sorrise conciliante.
“ Non temete. Vi farò incontrare Dama Eruanna domani mattina
presto. Uhm, forse è meglio prima del crepuscolo. È sempre di buon umore a
quell’ora del giorno.”
Il sorriso che le increspò le labbra, notò Frodo, era molto
simile a quello che aveva visto in più di un’occasione su quelle della figlia
Herion.
“ Se posso chiederlo, mia signora, a qual proposito?”
Chiese Taras, seduto dinanzi a Frodo, tra Will ed Aragorn.
“ Per le armi che dovranno servire agli altri vostri
compagni. Non vorrai mica che ne siano sprovvisti in un eventuale attacco improvviso di Andes
ed orchi, vero Taras?”
“ Certo che no, ma…”
“ Perfetto! Allora è deciso.”
Disse sorseggiando con grazia innata un sorso di buon vino
bianco.
Mentre gli altri conversavano fra di loro o discutevano con
Dama Aranel sugli ultimi preparativi della partenza di domani, dopo ovviamente
l’incontro con Dama Eruanna e il da farsi in seguito alla loro partenza,
ascoltando le risate della principessa Herion alle battute di Will , Legolas non
poteva fare a meno di osservare il posto vuoto di Luthien.
Non poteva fare a meno di chiedersi dove fosse e di
guardarsi intorno in cerca della sua figura. Si aspettava che sarebbe entrata
inaspettatamente, sbigottendo tutti per la sua grande agilità e che avrebbe
assaggiato solo pochi pasti per poi trovare rifugio in un luogo appartato.
Anche se la conosceva da poco tempo, Legolas aveva imparato a capirla, anche se
non completamente.
Infatti, Luthien amava la solitudine e i luoghi tranquilli.
Sarebbe stata ore ed ore a giocherellare con i suoi splendidi capelli, senza
curarsi di nulla, immersa totalmente nei suoi intricati pensieri. Sorrise tra
sé ,Legolas, a quel pensiero. Avrebbe tanto voluto carpire almeno uno dei suoi
tanti segreti, trovare la chiave che avrebbe risolto il mistero che l’avvolgeva
e che allo stesso tempo, lo affascinava.
“ Lei è in giardino.”
“Come?”
Chiese Legolas, distratto dal flusso dei pensieri che lo
aveva trascinato con facilità, facendolo rimanere per più di un minuto a
rimirare quella sedia di legno bianco levigato e decorata deliziosamente, ad
una Herion sorridente e comprensiva.
“ Luthien è in giardino, in questo momento. A lei piace
rimirare i tanti fiori che lo adornano. Mia madre li ha fatti piantare apposta per
lei, lo sa? Luthien adora i fiori, soprattutto…”
“ L’iris.”
Bisbigliò Legolas, senza nemmeno accorgersene, a voce
talmente bassa che nemmeno Merry ,che gli sedeva accanto, lo sentì. Herion si
allargò in un gran sorriso ed annuì, segno evidente che aveva udito il suo sussurro
perfettamente.
“ Perchè non la raggiungete? Sono sicura che le farebbe
piacere.”
Suggerì entusiasta Herion, guardandolo speranzoso.
“ Ma io…ecco…non so…”
Era indeciso, ma non voleva nemmeno rattristire Dama Herion
con un suo eventuale rifiuto, come sapeva che sarebbe accaduto in quel caso.
Alla fine, pressato da così tante insistenze, decise di
accontentarla, anche perché, nel profondo, anche lui non vedeva l’ora di
scorgere di nuovo il meraviglioso profilo di quella fanciulla così diversa
dalle altre.
Così, in un battibaleno, si ritrovò fuori dalle mura
immacolate del palazzo reale, lontano dalle risate e dalle voci dei suoi
compagni. Circondato dal fruscio del vento serale, ammirò estasiato le mura che
sembrava ricoperte di brillanti e da colate di argento vivo.
Era uno spettacolo da mozzare il fiato. Taras aveva ragione:
la luce lunare rendeva tutto più incantevole.
Per un momento, seguì il corso del ruscello, le cui acque
sembravano scure a contatto col riflesso del manto notturno che copriva il cielo,
ma comunque luccicanti con quello della luna dominante e inclinata in un dolce
sorriso.
All’improvviso un’improvvisa folata del vento dell’Ovest
trasportò con sé, insieme all’indistinto profumo dell’erba bagnata, anche
quelli di fiori di tutte le specie. Seguì il luccicante bagliore delle foglie
dalle pagine argentate e scintillanti di una luce evanescente, degli alberi
millenari e dal tronco candido ed intriso di mistero, per poi inchiodarsi ad
ammirare l’immagine più bella che avesse mai visto.
Luthien era distesa su un prato di soli iris, con i capelli
abbandonati sulle loro corolle viola e dalle sfumature di blu intenso, con le
braccia nude distese lungo i fianchi, le gambe leggermente incrociate e
intrecciate da sottili fili d’argento che andavano a formare i suoi calzari, a
mala pena celate dalla gonna ,più corta del solito, del vestito violaceo che
indossava quella sera, che si espandeva in tante pieghe e fluttuante lungo i
fili d’erba sporgenti.
Aveva gli occhi chiusi e le labbra rosse serrate armoniosamente,
il tutto inondato da una pozza lunare. Legolas la avrebbe creduta addormentata
se solo non avesse saputo che gli elfi ,qual’era la sua razza, non sapevano
cosa fosse il sonno.
Il principe di Bosco Atro si avvicinò più silenzioso del
solito, sedendosi delicatamente ed elegantemente a gambe incrociate al suo
fianco destro.
Non poté fare a meno di rimanere incantato dalla bellezza di
quella creatura così affascinante, guardandola come se fosse la meraviglia più
incantevole che avesse mai visto in tutti i suoi viaggi. Senza accorgersene,
con gli occhi socchiusi, allungò una mano, sfiorando con le sue lunghe dita il
dorso della mano destra di lei. Per un momento ne saggiò la morbidezza e il
calore appena percettibile, per poi percorrere con movimenti circolari il polso
e risalendo lungo l’avambraccio.
Sentendola mugugnare, segno che stava per ridestarsi dal suo
apparente riposo, Legolas ritirò velocemente la mano, sentendosi le dita
bruciare là dove l’aveva toccata.
Luthien aprì lentamente gli occhi nocciola intenso,
alzandosi a sedere con un movimento sinuoso e fluido. Per un attimo si guardò
intorno quasi confusa, per poi incrociare lo sguardo luccicante di Legolas,
ancora acciambellato al suo fianco, con la mano destra chiusa a pugno, per non
cedere alla tentazione di aggiustarle la ciocca di capelli ribelle dietro
l’orecchio, e quella sinistra a circondare il ginocchio.
La principessa di Bosco Bianco lo trafisse con uno dei suoi
sguardi profondi, catturandolo inconsapevolmente nel suo incantesimo
irresistibile.
“ Ma allora la vostra è una mania.”
La sentì rompere quello strano silenzio, con la sua voce
soave e melodiosa, troppo anche per un elfo.
“ State cercando, per caso, di perseguitarmi?”
Chiese con un velo d’ironia e un mezzo sorrisino.
Legolas non sapeva cosa risponderle. Era troppo inebriato
dalla sua voce, dal suo viso, persino dal profumo della sua pelle delicata.
Avrebbe tanto voluto distogliere lo sguardo dal suo, ribellarsi a quella sorta
di trance in cui era precipitato, o magari anche risponderle a tono, con una
delle sue frasi brillanti ed ironiche, come faceva in molti casi con Gimli…ma
non ci riusciva.
Ben presto il sorriso che aveva cominciato ad amare sulle
sue labbra, scomparve, lasciando il posto ad un’espressione seria e calma nell’insieme.
La vide alzare la mano destra verso di lui, arrestandola
improvvisamente, quasi indecisa se sfiorarlo o meno, mentre in cuor suo,
Legolas pregava che lo facesse.
Così, si ritrovò il palmo della mano calda e bianca di
Luthien a contatto con la sua guancia più accaldata del solito, accarezzandola
lievemente, come se fossero ali di farfalla a percorrere la sua pelle di miele.
Non riuscì ad impedirsi di chiudere gli occhi, assaporando
ogni possibile sensazione che quella attesa carezza gli trasmetteva, così
generosamente.
“La mia presenza vi inquieta, mio signore?”
Lui scosse il capo in segno di diniego, per poi sussurrare
un debole:
“ No.”
E abbassare il capo verso un punto indefinito del suolo
oscuro ,con riflessi bluastri e d’argento.
“ Allora, cosa c’è?”
Luthien, facendo scorrere le dita verso il suo mento, lo
costrinse gentilmente ad incontrare i suoi occhi intensi e scuri, restando
sorpresa dal bagliore che scintillava negli occhi azzurro mare di lui.
“ Io…”
Legolas non riusciva a ragionare e, come se non bastasse, gli
si era fatta ancora più vicina.
Ne sentiva l’odore floreale, fresco e quasi dissetante e
socchiudendo gli occhi e inumidendosi le labbra, incapace di resistere oltre,
colmò la poca distanza che li separava affondando il volto nell’incavo del suo
collo.
Per un momento aspirò avido quella delizia, lasciandosi
guidare dall’istinto ormai padrone della sua mente e delle sue azioni, fino a
quando Luthien glielo permise, il che durò il lasso di un secondo.
Infatti, la bella incantatrice si scostò velocemente da lui,
adombrandosi dietro un cespuglio di non ti scordar di me, i begli occhi
sbarrati dallo stupore attonito.
“ Io…mi dispiace…perdonatemi…non so cosa…”
Balbettò chiedendo perdono e in preda alla confusione più
totale Legolas, maledicendosi per quell’attimo di debolezza inspiegabile che
gli era costato la fiducia che ormai era sicuro di aver conquistato in Luthien.
Dal canto suo, Luthien, più visibile accanto a un groviglio
di rose blu, illuminata dai tenui raggi lunari,
si torturava i capelli setosi, digrignando i denti quasi rabbiosa.
Legolas, stupito da quella reazione, la sentì mormorare
stizzita un’imprecazione e poi:
“ Credevo che non potesse più succedere. Dannazione, questa
non ci voleva!”
In seguito, come ricordandosi della sua presenza, si girò
verso di lui con un’espressione indecifrabile. Sospirò profondamente due o tre
volte, per ritrovare il suo normale autocontrollo, per poi avanzare a passo
lento e misurato verso di lui, che era rimasto impietrito come una statua di marmo,
e sedersi aggraziata e sinuosa davanti a lui, lontana necessariamente e stando attenta
a non sfiorarlo.
Per tranquillizzarlo e toglierlo da quello stato di
tensione, alzò lo sguardo verso il suo per sorridergli calma, senza un velo di
rabbia ad increspare i suoi bellissimi occhi.
Legolas ritornò finalmente a respirare e le sorrise di
rimando, luminoso.
“ Vi chiedo scusa, mia signora. Mi sono comportato davvero
in modo imperdonabile.”
“ No, sono io a dovermi scusare, invece.”
Legolas levò lo sguardo, colpito dalle sue parole. Perché
avrebbe dovuto chiedergli scusa? Non capiva.
“ Vedete, fin dalla più tenera età, mi è stato concesso dai
Valar un dono particolare.”
Da quel momento, la scrutò attento, perché sapeva che sotto
la sua apparente calma, Luthien era tormentata da qualcosa che non riusciva
ancora a comprendere a pieno.
“ Quando ero ancora in fasce, tutti concordavano nel
ritenere che fossi una bambina bella al di sopra di ogni aspettativa. Chiunque
si accostaste alla mia culla, rimaneva come incantato a scrutare la mia piccola
figura. Mia madre e mio padre erano orgogliosi di questo e così decisero che il
nome che mi si addicesse di più fosse Luthien, che in gergo umano vuol dire
“L’incantatrice”.
Gli anni passarono come un soffio di vento primaverile, e
più crescevo e più il mio fascino e la mia bellezza aumentavano enormemente,
fino a diventare pericolosi. Ho spezzato i cuori innamorati di molti giovani
principi e guerrieri valorosi, in passato, ma purtroppo molti di loro non erano
sinceri.
Addirittura un nemico acerrimo del nostro regno, chiese
umilmente la mia mano, nonostante mi avesse scorto solamente una volta, in
questo stesso giardino. Rifiutarlo fu l’errore più clamoroso della mia intera
esistenza: ci fu una dura lotta, molte vite furono spezzate a causa del
capriccio o di un’ossessione di un re dittatore, fino a quando morì trafitto da
una delle mie stesse frecce, morendo con il sorriso sulle labbra e pronunciando
il mio nome, nonostante fossi stata io la causa della fine dei suoi lunghi anni.
Dopo di lui, succedettero altri uomini, vecchi e giovani, nobili
e di umili origini, fino a quando decisi di rinchiudermi nelle mie stanze,
confinata in un mondo di solitudine dove non potevo fare del male a nessuno.”
“ Ma è terribile! Voi non ne avevate nessuna colpa!”
Luthien sorrise:
“ Le stesse parole che mi disse mia madre, una volta
comunicatale la mia scelta. Allora mio padre era già morto e mia sorella era
ormai diventata una bella e leggiadra fanciulla, la cui bellezza spontanea,
purtroppo, sfioriva al paragone con la mia. Ma lei non se ne è mai curata,
davvero.
Detesto ammetterlo, ma in più di un’occasione ho invidiato
Herion. L’invidia nasceva dal fatto che lei potesse toccare ogni cosa e
tramutarla in un fiore puro e bello, mentre i miei erano solo fiori, si
bellissimi, ma intrisi di veleno mortale. In effetti, io stessa ero e sono un
fiore velenoso.”
“ Questo non è vero!”
Esclamò deciso e accigliato Legolas, facendola trasalire
nell’udire il tono intransigente della sua voce. Gli sorrise di nuovo,
continuando il suo racconto, come uno sfogo involontario ma con voce talmente
calma da sembrare che stesse narrando una fiaba o una leggenda lontana.
“ Dama Eruanna la pensava esattamente come me, invece. Lei,
consigliera e strega elfica devota al bene e di grande potere, un giorno si
presentò all’interno delle mie stanze inviolate, comunicandomi la sua
approvazione nel voler contrastare il mio dono, che in realtà è molto simile ad
una maledizione, ma il suo disappunto sul modo di agire. Secondo lei, infatti,
non c’era alcun bisogno di quell’isolamento forzato, che non avrebbe fatto
altro che aumentare il mio fascino ancora di più. Bastava semplicemente
attenuarlo, renderlo innocuo a qualsiasi creatura vivente, che anche se fosse
stato affascinato da me, non necessariamente sarebbe stato condotto verso la
via della follia.”
“ E dunque, cosa fece Dama Eruanna, per aiutarvi in tal
senso?”
Chiese Legolas, ora con le idee più chiare, e rapito dalla
curiosità. Luthien lo guardò dritto negli occhi azzurro mare, facendo
inevitabilmente accelerare i battiti del suo cuore.
“ Mi portò nella sua reggia, ai confini di Bosco Bianco, il
Palazzo di Luce. Lì mi tenne inchiodata tre giorni e tre notti davanti allo
Specchio dei Riflessi, uno specchio magico in grado di riflettere la parte
nascosta della nostra anima. Da una parte c’ero io, dall’altra una Luthien
tentatrice, capace di affascinare anche la più infida delle creature,
soggiogare un intero esercito di uomini virtuosi solo con uno sguardo o un
battito di ciglia. Solo allora, capii quanta malvagità si celava dentro di me,
pronta per fuoriuscire in qualsiasi momento. Confesso di averne avuto timore.
Fui costretta a vedere quella bellezza oscura che cercava di sedurmi,
tentandomi con i suoi occhi più scuri e luminosi che mai, con i suoi sorrisini
beffardi e da togliere il fiato, rimanendo immobile ed incredula di fronte a
quell’immagine di me stessa così bella e potente. Ma ben presto l’ammirazione e
l’incredulità presero il posto del disgusto e della rabbia, una rabbia cieca. E
solo quando finalmente riuscii ad accettarla ,ma non cadendo nei suoi tranelli,
allo scadere dei tre giorni, la mia vera immagine prese vita sulla superficie
magica dello Specchio dei Riflessi, che divenne solo uno specchio come tanti, per
me, dopo quella vicenda.”
“ Quindi ci siete riuscita. Avete sconfitto la parte, per
così dire, oscura di voi stessa.”
Inaspettatamente, Luthien scosse il capo in segno di
diniego.
“ No, o almeno, non completamente. Per ora, ho solo
predominato su di lei, anche se a volte, alcune delle sue caratteristiche
affiorano in superficie, pronta a confondere o ad intontire con il suo fascino
ingannatore chiunque mi stia vicino.”
Sorrise a fior di labbra, guardandolo nuovamente con i suoi
bellissimi occhi scuri, che nonostante tutto, lo affascinavano sempre.
“ Anche voi ne siete stato colpito, non è vero, mio
signore?”
Adorava il modo in cui pronunciava quelle due, semplici e ultime
parole, con una cadenza melodiosa, come se stesse cantando.
“ Il mio viso, la mia voce, perfino il mio odore sono fonte
di attrazione per voi. Vi consiglio di cominciare a temere, mio signore, questo
lato del mio carattere, da cacciatrice perfetta.”
Levò nuovamente la mano destra verso di lui, accarezzandogli
con la punta delle dita il profilo dalla tempia, fino al mento. Il cuore di
Legolas batteva in modo incontrollabile, emozionato, ma nei più lontani recessi
della sua mente, ebbe paura di lei. Si, paura di essere completamente alla sua
mercé, in balia della sua fragranza avvolgente, della sua voce melodiosa e dei
suoi occhi incantatori.
“ Non abbiate paura.” gli disse, intuendo il suo stato
d’animo.
Si avvicinò lentamente a lui, evitando di spaventarlo con i
suoi gesti rapidi e veloci più del normale, inclinando il capo verso la sua
spalla e aspirando involontariamente il suo odore di miele, identico al colore
della sua pelle.
Percorse con la punta del naso la linea perfetta della sua
spalla, fino a incontrare con le labbra quella morbida ed estatica del suo
collo, senza sfiorarla davvero. Salì lentamente verso il suo orecchio,
sussurrandogli rassicurante ma sensuale allo stesso tempo, forse senza volerlo:
“ Io non vi farò mai del male.”
E regalandogli un bacio fuggevole sulla mandibola contratta
per l’emozione, facendogli venire i brividi a fior di pelle, si dileguò come
tante volte, durante i loro incontri, senza dargli il tempo di reagire, magari
stringendola dolcemente e ricambiando il bacio furtivo.
Deluso, Legolas si ritrovò ad abbracciare l’aria frizzante
della notte inoltrata, e quando portò lo sguardo confuso e attonito verso la
pallida faccia della luna sorridente, unica testimone delle loro confidenze e
dei suoi batticuori, fu solo quando lo riabbassò che vide il blu indescrivibile
di un nuovo fiore che adornava le sue vesti da arciere. Un non ti scodar di me.
Legolas sorrise nella notte, mentre si avviava tranquillo e ubriaco del suo
profumo. Non avrebbe mai, mai potuto dimenticarla.
Che romanticona che sono, vero???? A tutti gli amanti della
coppia nascente, Legolas/ Luthien, attenzione, attenzione!!!! Nuovi sviluppi,
come avete potuto leggere e costatare voi stessi. Perdonate ancora una volta il
ritardo, ma purtroppo a volte la vena ispiratrice si fa sentire meno!!! ^///^
In compenso, vi ho regalato questi due bei capitoli freschi freschi!!!!
Ed ora, è arrivato il momento che tutti attendete con ansia
( o almeno spero!!!^^”)
L’angolo dei saluti:
LadyElizabeth: Grazie per aver commentato sempre
puntualmente!!! Eh, immagino già come impazzirai per questo capitolo, allora,
se hai amato così tanto l’incontro tra Legolas e Luthien nel bosco!!! XDXDXD
Si, anche io ridevo mentre scrivevo le battute di Aragorn con Legolas per
l’iris. Che belli, tutti e due!!!! Concordi??? Spero ti siano piaciuti anche
questi due cap e che li leggerai e commenterai con piacere!!! Bacioni e a
prestissimo, Fuffy91!!!^_^
Mel: Grazie, grazie, grazie Mel!!! Sono contenta che ti stia
piacendo la mia storia! Si, Venia è stata proprio cattiva con Frodo, ma del
resto, è nella sua natura…o forse no! Beh, vedrai in seguito!!! Grazie ancora
mille volte per i tuoi complimenti e i tuoi dolci commenti. Anche tu amante
della coppia elfica numero uno per eccellenza ( stiamo parlando di elfi, non
vorrei mai togliere il podio agli innamorati eterni Aragorn e Arwen, sia chiaro!^^)
??? Beh, allora, anche tu sarai rimasta colpita da questi sviluppi, no???
Almeno spero^^”” ! Che dirti: Grazie ancora e bacissimi da Fuffy91!! Alla
prossima, Mel!!!
Ed ora, carissimi lettori misteriosi, ringrazio anche voi
per darmi la spinta che mi serve per regalarvi con i miei scritti nuove e dolci
emozioni!!! Un bacissimo anche a voi tutti!!! Baci baci dalla sempre vostra
Fuffy91!!! ^___________________^
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
C9
Una freccia graffiò la guancia di Aragorn, che con una
capriola in avanti, trafisse l’orco che lo aveva sfidato.
La sua spada brillava più del solito alla pallida luce della
luna crescente. Sorrise il re di Gondor. Ora, era un’arma eterna.
Tutto era cominciato quel fatidico giorno, quando Dama
Herion, con i suoi passi ballerini e la veste bianca fluttuante, li guidò verso
il più profondo della foresta di Bosco Bianco. Lì, gli alberi formavano un
tetto unico con le loro folte chiome argentate, i cui bagliori evanescenti
erano accompagnati dal rosso e l’arancio delle sfumature del cielo e dei raggi
del sole infuocato, a quell’ora del giorno. Era il crepuscolo, il momento della
giornata che preferiva Dama Eruanna, colei che avrebbero dovuto incontrare.
Herion giocava allegra tra gli alberi, che sembravano
gradire le sue risate gioiose, muovendosi aggraziata e veloce come una gazzella
da un tronco all’altro. Molti di loro dovettero allungare il passo per starle dietro;
solamente Luthien, come prevedibile, rimaneva al suo fianco, senza sforzo.
“ Manca ancora molto?”
Chiese Pipino a Gandalf, che camminava di fianco a Frodo,
due passi avanti a lui.
“ Riesco ad intravedere dei bagliori all’orizzonte. Credo
che tra poco saremo arrivati.”
“Ah, meno male. Non so perché, ma mi sembra di aver
camminato per giorni interi, nonostante siamo partiti circa un’oretta fa.”
“ Non è solo la tua impressione. Anch’io sono sfinito.”
Disse Merry, con un leggero affanno nella voce.
“ Lo siamo un po’ tutti. Anche se non capisco il perché.”
Disse Sam.
“ Credo che la causa di ciò siano gli alberi.”
Mormorò fra sé Gandalf.
“Gli alberi?”
Chiese interrogativo Frodo, guardandosi attorno e ascoltando
il ronzio melodioso del vento fra i rami candidi, come se stessero intonando
una dolce ninna nanna.
“ Si. È come se prolungassero il tempo. Dunque l’arco di un
minuto qui varrebbe un’ora intera, un’ora un giorno, un giorno un anno e via
discorrendo.”
Affermò lo stregone,
come se stesse discutendo su un argomento di poca rilevanza, come le previsioni
del tempo di domani.
“ Non so se dovrei giudicarla in negativo o in positivo, la
tua costatazione, Gandalf.”
Disse Pipino, arrestandosi di colpo.
“ Chissà perché, non ne avevo dubbi Pipino!”
Esclamò divertito Gandalf, facendo l’occhiolino a Frodo che
gli sorrise di rimando.
“ Sbrigati, Pipino. Non rimanere sempre indietro.”
Intimò Merry ad un Pipino sbigottito e pensoso, che con un
“eccomi” raggiunse di corsa il suo parente e i suoi compagni.
Intanto, mentre ascoltava involontariamente Will
canticchiare una sconosciuta melodia, per intrattenersi durante il cammino,
Legolas guardava Luthien avanzare bella e imponente fra quelle alte piante
meravigliose, incantandosi all’oscillare delicato dei suoi capelli castani e
setosi, con riflessi dorati, nonostante i raggi infuocati, abbandonati sciolti
lungo le spalle dalla linea perfetta e sinuosa, trattenuti solamente da due
piccole trecce ai lati delle tempie.
“ Mmm.”
Mugugnò Gimli, osservandolo di sbieco, mentre i suoi piccoli
ma sonori passi non fecero che strapparlo dal suo mondo fantastico, popolato
solo da quella creatura stupenda.
“ Cosa c’è?”
Gli chiese Legolas, voltandosi a guardarlo direttamente
negli occhi, con un sorrisino ironico ad increspare le belle labbra sottili.
“ No, niente. Però gradirei che scendessi dal regno delle
nuvole e dei folli innamorati, grazie.”
Legolas rise a quelle parole.
“ è così evidente?”
“ No, ad essere sinceri. Solo se qualcuno ti è vicino se ne
potrebbe accorgere. Sei bravo a fare l’indifferente, quando vuoi.”
Il principe di Bosco Atro rise nuovamente, bisbigliando e
ammirando per l’ennesima volta l’agile Luthien, fonte continua dei suoi
pensieri:
“ Già,
l’indifferente.”
“ Ma per quanto ancora
potrò riuscirci?”
Pensò subito dopo, sorridendo amaro.
Gimli sospirò e borbottò qualcosa d’incomprensibile, per poi
rivolgere lo sguardo alla fine della foresta. Fu allora che l’arciere dalla
chioma bionda lo sentì trasalire ed emettere un “oh” di sorpresa con la bocca
spalancata.
“ Eccoci, siamo arrivati.”
Urlò felice ed elettrizzata Herion, affinché tutti potessero
sentirla.
L’immagine che si presentò davanti agli occhi degli ignari
stranieri fu senza parole e da togliere il fiato. Ben presto, l’espressione
della meraviglia in assoluto apparve sui volti di tutti, lasciandoli di stucco
ed impietriti, tra il debole passaggio della penombra provocata dai grandi
abeti e dai maestosi castagni, e della luce che investiva quell’indescrivibile
reggia, che sembrava appena uscita da una fiaba.
Le pareti sembravano vitrei, trasparenti e luminose come diamanti,
una torre alta e terminante con una guglia d’argento, scalinate ricoperte di
pietre preziose e brillanti come stelle, finestre ed arcate immense, colorate e
maestose, un giardino ricco di rose di tutte le tinte e una grande fontana, con
sopra la statua di una ninfa ballerina, tra le cui mani fuoriusciva uno
zampillo d’acqua cristallina e il
cerchio di marmo bianco ricoperto d’edera fiorita.
“ Su, venite.”
Disse sorridente Herion ad un Aragorn incantato, prendendolo
per mano e invogliandolo a proseguire. Luthien si era già accomodata
elegantemente sul bordo della fontana, intenta al suo intrattenimento
preferito.
Pipino, Merry e Sam non si fecero pregare e seguirono il suo
esempio, sedendosi entusiasti accanto alla sua elegante figura.
Frodo si guardava intorno in cerca di Dama Eruanna, udendo
il cinguettio costante degli uccelli timidi e le allegre risate di Herion agli
schizzi d’acqua di Will sul suo volto e sui vestiti, unici suoni ad
interrompere quel silenzio d’attesa.
All’improvviso, sentirono l’uscio di una porta aprirsi e un
elfo ,dai capelli neri e vestito di bianco, fuoriuscì dal palazzo di Luce,
venendo incontro ai nuovi visitatori. Non appena vide Herion e Luthien si
inchinò devotamente alla loro presenza, sussurrando:
“ Mie signore, è un piacere rivedervi.”
“ Ciao, Brandir.”
Lo salutò animatamente Herion, che si gettò tra le sue
braccia senza curarsi della veste e delle ciocche dei suoi capelli biondi e dai riflessi d’argento bagnati.
Brandir sorrise a quello slancio d’affetto, stringendola a
sé dolcemente e sfiorandole i capelli con le dita.
“ Come stai, amore mio? Non sei venuto più a trovarmi,
ultimamente!”
Gli disse la principessa con tono disinibito, abbracciandolo
stretto con le braccia intorno alla sua vita.
Brandir arrossì imbarazzato, soprattutto dopo quel caloroso
appellativo che non lasciava trapelare dubbi sulla reale natura dei loro
rapporti.
“ Beh…ehm…sono stato molto impegnato.”
“ Ah! Va bene, se è così allora sei perdonato!”
Gli sussurrò maliziosa e baciandolo sulla guancia già
arrossata.
“ Brandir. Dov’è Eruanna?”
Chiese Luthien, giocherellando con le ciocche castane ,come
sempre, e senza guardarlo in volto.
Brandir scostò delicatamente Herion da sé, che protestò
debolmente a quel gesto, e si rivolse a Luthien, lasciando intravedere nel suo
sguardo un velo di ammirazione e rispetto nei suoi confronti.
“ Dama Eruanna vi aspettava, mia signora.”
E poi voltandosi verso gli altri presenti e sorridendo
rassicurante ad ognuno di loro, disse:
“ Tutti voi eravate attesi, con piacere. Venite! Dama
Eruanna vi attende nella sala degli specchi.”
“ Perché proprio lì?”
Chiese Herion, intrecciando le dita con quelle della mano
destra di Brandir, che arrossì nuovamente ma sorridendole, le rispose.
“ Perché è la sala perfetta per consegnare un dono adatto
alla persona adatta.”
Herion ricambiò il sorriso, guardandolo con amore e
devozione palpabile, per poi precedere gli altri presenti nel varcare la grande
porta d’ingresso in legno di faggio bianco. La compagnia fu guidata lungo un
labirinto di pareti, finestre incantevoli, corridoi stretti, larghi e lunghi,
svoltando a destra e a sinistra con disinvoltura, aprendo diverse porte per poi
rimanere nuovamente incantati ed impietriti di fronte all’immagine di Dama
Eruanna in persona.
La sua non era una bellezza eccessiva, ma comunque
affascinante. Aveva lunghi capelli, di un biondo così intenso tanto da sembrare
bianchi o d’argento vivo ed intenso. Gli occhi, appena socchiusi, erano di un
blu notte alleggerito da sfumature di azzurro vitreo. Indossava un abito
semplice, trasparente solo ai bordi della gonna e nelle maniche fluttuanti, di
un colore bianco panna, luminescente a contatto con la sua pelle lattea.
Era seduta comodamente su di una sedia poco vistosa, anonima
nel complesso, intenta a strappare i petali di una margherita, in un divertente
m’ama non m’ama, fra le tante poste in un vaso di porcellana ,decorato
delicatamente, posto su tavolino di forma rotonda. Il quadro, per apparire
perfetto, era inondato dalla luce calda e colorata di un miscuglio di colori
forti, del cielo cremisi, che proveniva dalle tre finestre a tutto sesto,
scavate sulla parete sud della stanza, ricolma di specchi di tutte le
dimensioni e di tutte le forme, con cornici dorate ed argentate, semplici e
pompose nelle loro appariscenti decorazioni.
Si voltò giusto in tempo per cogliere l’immagine di Brandir
inchinarsi al suo cospetto e catturare il suo e gli sguardi di tutti i presenti
che occupavano miseramente lo spazio superfluo di quella grande ed immensa sala
priva di significato agli occhi di molti dei membri della compagnia.
Anche Aragorn, Gandalf, Legolas, Gimli, Will, Taras e i
quattro amici hobbit seguirono il suo esempio. Dama Eruanna, per rendere la
situazione più leggera, sorrise luminosamente, ricambiata prontamente da Dama
Herion che con movimenti leggeri e sinuosi, l’abbracciò ridendo entusiasta,
inginocchiandosi in seguito ai suoi piedi, con le gambe incrociate come una
bambina, lasciando che la sua lunga gonna si espandesse sul pavimento in un
cerchio perfetto.
Brandir alzò divertito gli occhi al cielo, sospirando
rassegnato ma con il riflesso dell’amore negli occhi neri. Lo sguardo di Dama
Eruanna venne attratto dagli occhi nocciola di Luthien ,appoggiata alla parete
dell’ingresso con le braccia incrociate, e alzando una mano e sorridendole le
chiese, con voce delicata:
“ Luthien, mia cara amica. Vieni a sederti accanto a me. È
passato tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo viste.”
Luthien sembrò esitare per un momento, ma poi avanzò con
passo lento verso la sua invitatrice. Ma proprio in quell’istante, accadde
qualcosa che nessuno aveva previsto; i petali di margherita che ricoprivano la
maggior parte del pavimento, cominciarono a sollevarsi uno ad uno, ritornando
ognuno nell’apposito stelo, intorno al proprio bulbo. In breve tempo, Luthien
si ritrovò con una dozzina di margherite integre strette tra le sue mani
delicate, con gli occhi di Eruanna puntati addosso, un’espressione enigmatica a
sfiorarle il viso, ma che la principessa di Bosco Bianco, sembrò interpretare.
Da parte loro, tutti i suoi compagni, nessuno escluso, era sbigottito da
quell’evento. Legolas era stato testimone in diverse occasioni della grande
affinità che esisteva fra Luthien e i fiori di ogni pianta, ma non credeva
possibile che potesse addirittura rigenerarle.
Che fosse a causa del suo dono “pericoloso” ,come lo
definiva tristemente lei?
Pipino tentò di aprir bocca per descrivere l’accaduto, ma la
voce gli mancò. Merry indicò le margherite e Luthien con sorpresa e stupore
attonito, Taras e Will si scambiarono uno sguardo interrogativo, come Aragorn
fece poi con Gandalf, susseguito da Frodo e Sam. Gimli era rimasto a bocca
aperta, non riuscendo a richiuderla, osservando sia l’impassibilità di Legolas
che quella di Luthien. Quest’ultima, come se niente fosse accaduto, consegnò il
mazzo di fiori rinati ad una felice Herion, che li prese senza battere ciglio,
iniziando ad intrecciarli in quella che sarebbe stata una prossima coroncina o
una collanina, sedendosi con grazia innata al lato opposto di Eruanna, che
continuava a fissarla, fino a quando il barlume di un sorriso apparve sul suo
viso serio.
“ Oh, vedo che è ritornato.”
Legolas trasalì impercettibilmente a quelle parole
sussurrate tranquillamente, tanto da far irrigidire per un attimo anche Herion,
susseguita poi dall’amato Brandir, che contrasse la mascella longilinea,
nervoso.
“ Cosa? Cosa è ritornato?”
Chiese incuriosito Pipino, aggrottando le sopracciglia.
“ Nulla.”
Disse sbrigativa Luthien, con tono più duro del solito, ma
sempre magnifico alle orecchie di chiunque la udisse.
I suoi occhi trafissero per attimo quelli di Dama Eruanna,
che la osservava sempre calma e pacata.
“ Non è ritornato nulla.”
Continuò bisbigliando, quasi minacciosa.
“ Bene, allora non ti dispiacerà rispecchiarti nello
Specchio dei Riflessi, più tardi, magari.”
Le disse conciliante e con un velo d’allegria nella voce
delicata.
“ Come vuoi.”
Le rispose, quasi infastidita da quella richiesta che solo
uno del gruppo riuscì a comprendere, distogliendo lo sguardo da quello fin
troppo limpido della dama.
“ Molto bene.”
Continuò quest’ultima, alzandosi lentamente da quella
piccola sedia, per poi abbracciare le figure dei suoi nuovi e graditi ospiti,
che si sentirono investiti da un’ondata di pura calma, evidentemente emanata da
colei che si accingeva nuovamente a parlare.
“ Perdonate se vi ho ignorato negli ultimi istanti, ma spero
che comprenderete il mio entusiasmo nel rivedere le mie più care amiche, in
questi tempi così bui ,per noi tutti.”
“Certamente, non dovete chiedere il nostro perdono, mia
signora. Anche perché, voi non ci avete arrecato alcun torto.”
Disse Gandalf con la sua voce rassicurante e in un certo
senso ammaliante, accompagnando il tutto con l’espressione da gatto sornione
che gli era propria.
Con quelle parole, riuscì visibilmente a colpire l’animo
sensibile di Dama Eruanna, che con un accenno del capo e un inchino ricambiato
da parte dello stregone, aggiunse:
“ La descrizione dettagliata di Aranel sul vostro conto
coincide perfettamente. Ne sono lieta.”
Sorridendo, guardò in seguito Aragorn posto al suo fianco.
“ E sono lieta anche di fare la vostra conoscenza., nobile
Sir Aragorn, legittimo erede di Gondor.”
Disse rispettosa, inchinandosi al suo cospetto. Ma Aragorn
la costrinse con lo sguardo smeraldino a ritornare in posizione eretta,
dicendole con la sua voce profonda e regale.
“ No, vi prego. Sono io a dovermi inchinare di fronte alla
vostra persona, mia signora. Perché è solo grazie al vostro prezioso aiuto e
alle vostre affinate arti se sarò degno della nobiltà con cui accompagnate il
mio nome, in questa nuova sfida contro l’oscurità.”
E detto questo si inchinò con una mano appoggiata sul petto,
vicino al cuore, in modo semplice e solenne al con tempo.
Il suo gesto venne apprezzato non solo da Dama Eruanna che
lo osservava con ammirazione, rispetto e sorpresa, ma anche da tutti gli altri
suoi compagni, anche Luthien ,ora posta nuovamente accanto alla parete, vicino
alla soglia della grande entrata.
“ Poiché parlate con così tanta umiltà, nonostante siate
ricordato come un uomo degno del massimo rispetto e un re dalle lodevoli virtù,
sarete il primo a ricevere il dono che vi sarà utile in un imminente futuro.”
Detto questo, Dama Eruanna invitò Aragorn a prendere la sua
mano, con un sorriso a fior di labbra.
Prima di accettare, Aragorn rivolse lo sguardo furtivo a
Gandalf, che annuì impercettibilmente e gli sorrise incoraggiante.
Così, il re di Minas Tirith sfiorò il palmo della mano di
Dama Eruanna, di un calore rassicurante, e si lasciò guidare verso i tanti
specchi che ingombravano l’intera stanza. Li percossero uno ad uno, grandi e
piccoli, come in ricerca di qualcosa, che alla fine sembrarono trovare. Uno
specchio, di color argento, attaccato alla parete, semplice ma comunque
elegante rispetto a quelli posti ai suoi lati, di forma ovale, cominciò a
risplendere di una luce soffusa, al passaggio di entrambi. Dama Eruanna si
arrestò improvvisamente, tutti li osservavano attenti, Aragorn la guardava
confuso, Taras sorrideva, Will sghignazzava con le braccia conserte, Luthien
giocherellava con i suoi capelli, Herion intrecciava margherite canticchiando e
Brandir li guardava aspettando qualcosa d’ignoto.
La magica dama si girò ad incontrare gli occhi verde
smeraldo di Aragorn, sorridendo tranquilla per smorzare la sua confusione. Lo
invogliò a riflettersi nello specchio prescelto, che brillò ancora di più alla
sua vista, come se fosse di luce propria. Aragorn rimase meravigliato di come
riuscisse a rifletterlo interamente, come se fosse stato fatto apposta per lui.
Dama Eruanna lasciò la sua mano e si pose dietro di lui, sussurrandogli calma:
“ Che cosa vedete, mio signore?”
“ La mia immagine.”
“ Solamente? Guardate con più attenzione.”
Lo invogliò, allontanandosi in modo tale che lo specchio si
interessasse solo della sua immagine.
Per un momento, Aragorn si vide come appariva nella realtà;
ma poi, fu come se il suo riflesso prendesse vita, indipendente da lui, che
osservava sbigottito e sorpreso la sua immagine sfoderare la sua spada,
facendola roteare in aria, come se la stesse impugnando per la prima volta, e
poi rivolgendosi a sé stesso, gli disse sorridendo:
“ è una bella spada.”
E porgendogliela con l’impugnatura, con un gesto che lo
invitava ad afferrarla, gli disse non appena, senza esitazione, il vero Aragorn
la afferrò senza sapere o chiedersi il come di quell’evento straordinario:
“ Usala con giudizio.”
Poi una luce lo abbagliò, ma lui non richiuse gli occhi, li
socchiuse solamente, e quando li riaprì completamente, vide solamente il suo
vero riflesso impugnare la sua spada diventata già leggenda.
Portò lo sguardo verso il suo fodero, e lo vide vuoto, come
se avesse sfoderato egli stesso la sua spada, che a guardarla bene, sembrò aver
assorbito nella sua lama l’intero bagliore emanato da quel misterioso specchio.
“ Ora la vostra spada è un arma eterna. Con questa, potrete
squarciare il male più primordiale, purificandolo con la purezza della sua lama
lucente.”
Aragorn sorrise a Dama Eruanna e ringraziandola ripose la
sua arma nell’apposito fodero.
La scena si susseguì anche con Legolas, la cui immagine,
riflessa in uno specchio rettangolare con cornice di legno decorato
deliziosamente, gli consegnò il suo stesso arco con le sue stesse frecce, a
Gimli venne consegnata la sua stessa ascia, brillante come non mai, dall’immagine
di uno specchio piccolo e rotondo, all’apparenza poco curato, a Merry e Pipino,
venne scelto uno specchio quadrato e i loro riflessi sorridenti gli
consegnarono tra una battuta e l’altra due pugnali luccicanti e a Sam una spada
con l’impugnatura di piccoli rubini, la cui immagine donatrice venne riflessa
in uno specchio a forma di esagono. Infine, venne la volta di Frodo ,che spinto
da Sam, avanzò anch’egli tra i numerosi specchi, al fianco di Dama Eruanna,
rimasta calma e posata fino al suo turno, aspettando paziente.
Ma a differenza dei suoi compagni prima di lui, gli specchi
rimasero inerti al suo passaggio. Sembrava che non ci fosse nessuno che volesse
accogliere la sua immagine. La
Gemma del Destino brillò quieta, riscaldando di poco la sua
pelle, quasi anche lei in attesa.
Guardò Dama Eruanna, che gli sorrise incoraggiante, pur non
avendo completamente il risultato sperato.
Al quarto giro fra gli specchi, Frodo si arrestò con il capo
chino, gli occhi a fissare le venature del pavimento.
“ è inutile.”
Sussurrò quasi fra sé, ma Dama Eruanna riuscì lo stesso a
carpire la nota triste nella sua voce.
“ Credo che nessuno specchio voglia riflettere la mia
immagine.”
Disse guardandola negli occhi blu notte, così profondi e
limpidi che minacciavano di intimidirlo.
Con passi leggiadri e un sorriso ad incresparle le labbra,
Dama Eruanna si avvicinò a lui, mettendosi alla sua altezza e sfiorandogli la
guancia con una mano tiepida.
“ Lo credi, ma non ne sei del tutto convinto, vero?”
Suo malgrado, Frodo annuì alle sue parole, ricambiando il
sorriso debolmente.
“ Proviamo a interrogarli tutti nuovamente, vuoi?”
E come dire di no a quell’espressione così dolce, tanto da
disarmarlo?.
Frodo sospirò e prese la mano che gentilmente la dama gli
offriva. Percorsero per la quinta volta l’intera stanza, e proprio mentre ormai
l’hobbit bruno stava per rassegnarsi, un debole bagliore apparve dietro una
quantità di specchi.
La luce della speranza abbagliò il suo volto e con un
sorriso sincero regalato a Dama Eruanna ,che lasciò la sua mano per lasciarlo
libero di rispecchiarsi nel suo specchio.
Dopo aver scostato tre grandi e cinque piccoli, Frodo si
ritrovò la sua immagine riflessa interamente sulla superficie liscia e
abbagliante di uno specchio a forma di rombo, con una cornice semplice e di un
legno nodoso, simile a quello della sua scrivania, a casa Baggins.
“ Finalmente! Ce ne hai messo di tempo!”
Esclamò quasi accigliato ed ironico il suo stesso riflesso,
sorridendogli di sbieco.
“ Dovresti smetterla di essere così pessimista, lo sai?”
Gli chiese, continuando subito dopo:
“ Beh, immagino vorrai il tuo dono eterno.”
Ma era davvero il suo riflesso? Sembrava più quello di Merry
o Pipino. Non si ricordava così loquace.
Il Frodo riflesso sorrise, come intuendo i suoi pensieri, e
sospirando prese la boccetta contenente la Luce di Erendil, la stella più amata da Dama
Galadriel, colei che gliela aveva donata, e la sua gente.
“ Per cominciare, prendi.”
E gliela lanciò, sempre sorridente. Ci fu un attimo in cui
il vero Frodo si incantò ad ammirare il bagliore quasi accecante che emanava la
boccetta, per poi riattirare la sua attenzione sul suo riflesso, che gli
tendeva l’impugnatura della sua spada speciale, che si illuminava ogni qual
volta apparivano pericoli all’orizzonte.
“ Risplenderà anche con quelli più nascosti.”
E con un ultimo sorriso, non appena Frodo afferrò la sua
spada, luccicante più del solito, con un bagliore accecante, il suo strano
riflesso scomparve, lasciando il posto ad uno più taciturno e sorpreso.
Dama Eruanna lo accolse con un sorriso, che lui ricambiò,
ringraziandola di cuore.
Arrivò il momento della loro partenza da Bosco Bianco. Il
sole era quasi tramontato, ma la compagnia preferì partire ugualmente.
“ Ma così attraverserete la Foresta dei Vel di notte.
Non sarà troppo avventato o azzardato, da parte vostra?”
Chiese Brandir a Taras, mentre sellava il suo cavallo
ansioso di correre.
“ Potremmo circoscriverla, come abbiamo fatto sia noi che
Luthien con Frodo ,per giungere fin qui.”
Ma Brandir scosse la testa in segno di diniego.
“ Non si può evitare la Foresta dei Vel una seconda volta. Prima o poi,
dovrete attraversarla. Dopotutto, è una foresta magica e ricca di mistero.”
Taras non poté controbattere, visto l’arrivo improvviso di
Herion che, sorridente più che mai, le circondò il collo con una collana di
margherite, abbracciandolo felice ed innamorata.
Taras li lasciò alla loro intimità, apprestandosi a
raggiungere il resto dei suoi compagni, ormai già pronti per partire.
Ognuno di loro, guardò per l’ultima volta quegli alberi
millenari e abbaglianti nel loro candore puro, chiedendosi se avrebbero potuto
mai rivederli un giorno, mentre la nostalgia cominciò ad investirli dolcemente.
Luthien si ammirò nello Specchio dei Riflessi, attese per
qualche istante, chiuse ed aprì gli occhi nocciola, pronta a subire qualsiasi
immagine che avesse scorto in quella liscia superficie. Rimase stupita da ciò
che vide: nient’altro che la sua immagine reale.
In lontananza, Dama Eruanna la guardava quasi divertita,
mentre un sorriso allegro aleggiava sulle sue labbra delicate.
Luthien si voltò di scatto, udendo un suo risolino,
trafiggendola con uno sguardo di fuoco, nonostante mostrasse molta calma e
compostezza nella persona.
“ Tu lo sapevi.”
Quasi sibilò.
“ Uhm, può darsi. Chissà.”
Disse Eruanna, girando su sé stessa e uscendo dalla stanza
degli specchi, accompagnando la sua ombra perfetta con una risata cristallina,
mentre dietro Luthien, lo Specchio dei Riflessi, grande maestoso e alto quanto
la parete stessa, si ricopriva da sé con un manto color porpora, lasciando
dietro di sé un magico fruscio.
Luthien sospirò sollevata e sorrise rasserenata, mentre con
movimenti aggraziati richiudeva con un tonfo sordo la porta di quella sala
intrisa di misteri irrisolti e sortilegi antichi quanto il mondo stesso.
Quando fuoriuscì dall’immenso palazzo di Luce, la luna era
già alta e la notte cominciava a sopraggiungere. Storse le labbra, contrariata.
Non le piaceva viaggiare di notte.
Incrociò lo sguardo di Taras che scrollando le spalle e
sorridendole le porse le sue scuse silenziose, mentre Herion lo abbracciava per
salutarlo.
Era giunto il momento più triste. Quello degli addii. Herion
abbracciò calorosamente ma con gli occhi ridenti tutti i presenti. Prima Dama
Eruanna, che raccomandò i membri della compagnia di stare attenti lungo il
tragitto, poi fu la volta di Will, che la fece volteggiare a sorpresa,
sostenendola con le sue forti braccia, ridendo ,infine, entrambi come due
bambini giocosi.
“ Promettimi che tornerai a trovarmi.”
Gli disse in seguito la principessa, passandogli le dita fra
i capelli corti, ricci, arruffati e color grano.
In risposta, Will le regalò uno dei suoi sorrisi più
accattivanti e la baciò in prossimità delle labbra, facendo sussultare sia Taras
che Brandir, mentre Merry e Pipino si inoltrarono in un silenzioso coro di
“ohoooooh”. Luthien li guardò indifferente, come se avesse già assistito ad un
saluto del genere.
“ Puoi contarci, piccola.”
Le sussurrò, incurante della reazione di molti dei suoi
compagni, rivolgendo uno sguardo di scuse e alzando le mani verso un Brandir
,che stava per avere quasi un travaso di bile.
“ Niente rancori, amico.”
E facendogli l’occhiolino, amichevole, uscì di scena
accostandosi al suo imponente stallone nero.
Intanto Herion, sorridente e per nulla turbata, abbracciò
anche Legolas, sussurrandogli qualcosa di incomprensibile ad orecchio umano
,che lo fece irrigidire ma poi sorridere in risposta, susseguito da Gimli al
suo fianco, il cui viso paffuto divenne più rosso della sua barba incolta,
Merry e Pipino, abbracciandoli entrambi e improvvisando un loro ballo popolare,
facendoli ridere divertiti, e Sam, che la ringraziò anche per la bottiglia di
succo di dattero speciale che le aveva regalato prima di giungere al palazzo di
Luce, un po’ impacciato. Abbracciò con slancio anche Gandalf, che l’aveva fatta
divertire con una delle sue magie improvvisate, un po’ timidamente Aragorn, che
le sorrise e spalancò le braccia per invitarla a stritolarlo quanto più le
faceva piacere, cosa che Herion non si fece ripetere due volte, ed infine venne
il turno di Frodo, di cui aveva sempre dimostrato una certa preferenza,
rispetto agli altri.
Prima di racchiuderlo fra le sue braccia delicate, gli
sorrise quasi rattristita di doverlo lasciare, con le mani dietro la schiena. Frodo sospirò, mentre
avvertiva il calore della gemma nascosta dalla camicia diffondersi nel suo
piccolo corpo. Scosse debolmente la testa, cercando di non pensarci.
Fu allora che sentì un leggero profumo di fiori avvolgerlo e
quando abbassò gli occhi cristallini, vide una collana di non ti scordar di me
intorno al suo collo e adagiata mollemente sulla sua camicia, in prossimità
della cintola.
“ Così ti ricorderai sempre di me.”
Disse la voce dolce e sonora di Herion, con il viso delicato
a poche spanne dal suo.
Le sorrise e le bisbigliò un “grazie”, colpito dal suo
gesto.
Poi, quasi con un moto di sollievo, lo abbracciò stretto
stretto, baciandogli la guancia ripetutamente ma dolcemente.
Infine, quando capì che era il momento di doversi staccare
da lui, per lasciarlo libero di percorrere il suo destino, gli accarezzò
delicatamente i capelli e gli regalò un ultimo bacio sulla fronte.
Mentre li guardava montare uno ad uno sui rispettivi
destrieri, la principessa dalla chioma bionda seguiva tutti i movimenti di sua
sorella, al fianco di Brandir che ,sorridendole, la incitò ad andarle incontro.
Proprio mentre Luthien stava aiutando Sam a montare il suo bellissimo cavallo
bianco, Herion la richiamò in un soffio:
“ Luthien.”
Quest’ultima si voltò lentamente verso la sorella minore che
non incrociò il suo sguardo, puntandolo verso il suolo erboso, preda di un
imbarazzo che non le apparteneva.
“ Cosa c’è?”
Chiese allora Luthien, con tono neutro ma pur sempre
affascinante.
“ Ecco…come mai non mi porgi il tuo addio, sorella?”
Le chiese, guardandola negli occhi color nocciola intenso,
riacquistando la sua disinibizione.
Luthien le diede le spalle per aggiustare la sella del suo
cavallo, che nitrì soddisfatto, dopo una carezza lieve sul suo dorso.
“ Non ne vedo il motivo.”
“ E se non dovessi più tornare? Io come farò senza di te?
Dovrei convivere con il rimorso di non averti nemmeno degnato di un saluto una
volta partita, per l’eternità?”
“ Non puoi continuare a dipendere da me, Herion.”
Le rispose, quasi fredda.
“ Ma tu tornerai, vero?”
Le chiese Herion, per nulla intimidita, con una nota di
accorata speranza nella voce, aspettando una sua risposta affermativa.
“ Non lo so.”
Fu la risposta diretta e purtroppo sincera di Luthien, che
si girò nuovamente a guardare il capo chino e biondo-argento della sorella.
Sospirò rassegnata e sorridendo a fior di labbra, le sollevò
delicatamente il mento prendendolo tra il pollice e l’indice e le baciò la
fronte, accarezzandole la guancia accaldata per un improvviso pianto mai
sgorgato dai suoi occhi lucidi.
Poi, con un ultimo sorriso, le disse:
“ Così non dovrai convivere con il rimorso di non avermi
salutata prima di partire.”
Funzionò. La fece sorridere e sghignazzare divertita.
Montò a cavallo, mentre Sam le cingeva la vita ,sorridente
anch’egli.
“ Ah, e comunque…”
Iniziò, mentre Herion si affrettava a raggiungere Brandir,
per salutare tutti ,un ‘ultima volta, ai piedi di un grande abete bianco e
luminescente, voltandosi a guardarla, ancora con il sorriso sulle labbra.
“ Vedrò di ritornare.”
Le sussurrò con la sua voce suadente, allargando
inevitabilmente il suo sorriso.
La compagnia della Gemma del Destino lasciò definitivamente
Bosco Bianco, varcando le sue soglie immacolate e lasciandosi alle spalle il
saluto instancabile e sonoro di Herion, le bianche mura del castello di Dama
Aranel, che sembrava vegliare su di loro ,con i suoi occhi color alba, lontana,
affacciata ad una delle grandi finestre delle alte guglie gattonate, e quelle
vitree e brillanti del palazzo di Luce di Dama Eruanna, con ancora il ricordo del
suo sguardo blu notte e i suoi doni preziosi ed indispensabili contro il male,
gli splendidi giardini fioriti, gli alberi millenari ed evanescenti, per
entrare in un regno di desolazione ed oscurità.
Sembrava appena calata la notte in quel regno elfico ed
incantato, ma ora, una volta al di fuori di esso, la luna era già alta nel
cielo nero pece, punteggiato appena di stelle e leggermente annuvolato.
La magia degli alberi di Bosco Bianco e le teorie di Gandalf
su di loro erano veritiere. Avevano allungato il tempo, senza nemmeno
accorgersene.
Luthien sbuffò al fianco di Will, che rise divertito.
“ Cosa c’è, Luthien?”
Chiese preoccupato ed incuriosito Sam, dietro di lei.
“ Luthien odia viaggiare di notte.”
Rispose Will per lei, sempre sorridendo birichino.
“ Ti sbagli.”
Lo contraddisse calma, guardando la chioma bionda di
Legolas, che galoppava tranquillo ma attento ad ogni sua parola, quasi
distrattamente.
“ Io detesto viaggiare di notte.”
Legolas sorrise e calmò il suo cavallo che cominciava a
nitrire, stranamente nervoso.
Fu sorpreso di notare che, come il suo, anche gli altri
cavalli cominciarono ad agitarsi.
Il motivo? Si stavano avvicinando alla Foresta dei Vel.
Quest’ultima era una grande macchia verde, maestosa e sinistra al chiarore
fuggitivo della luna e il buio avvolgente di quella fredda notte.
“ Ma si può sapere che cos’hanno?”
Chiese Gimli, che cominciava a ballare sulla sella del
destriero sempre più agitato di Legolas, nonostante cercasse di rassicurarlo.
Fu solo quando Luthien cominciò ad intonare una dolce
canzone, che le bestie si placarono, nonostante i loro muscoli guizzassero al
minimo spasmo.
“ Sarà meglio lasciarli qui.”
Suggerì Gandalf, smontando dal suo Ombro Manto che, non appena
sentì Pipino scivolare lungo la sua criniera lattea, schizzò via a tutta
velocità, il più lontano possibile dalle ombre della foresta.
Fu seguito anche dagli altri destrieri, che si sentivano
protetti solo se capeggiati dal loro signore. Solamente il cavallo di Luthien
era titubante nel volerla abbandonare in quel luogo sinistro, ma con una
carezza e una frase sussurrata, galoppò al fianco del cavallo bruno di Taras e
lo stallone nero di Will.
“ Ma siamo sicuri che torneranno?”
Chiese Merry, guardandoli scomparire lungo le pianure erbose
e le vallate rocciose.
“ Certamente. Al momento gusto, torneranno.”
Disse Gandalf, avanzando lungo gli alti e massicci alberi
verdi.
“ Il mio non di certo.”
Disse convinto Will, scuotendo il capo e sorridendo al con tempo.
“ Perché?”
Chiese logicamente Pipino.
“ Semplice. Quel cavallo mi odia da quando è un puledro. Ora
che ha trovato la scusa di abbandonarmi, non sarà così stupido da tornare.”
“ Se è come il padrone, lo farà.”
Disse Luthien, al suo fianco.
“ Colgo un barlume di complimento nella tua voce. Sarebbe la
prima volta che me lo faresti.”
“ E infatti non lo era.”
Will si fermò perplesso.
“ Non l’ho capita, questa.”
Luthien sorrise.
“ Ti ha dato implicitamente dello stupido.”
Lo illuminò Taras, urlandogli a qualche metro di distanza,
avanzando fra le felci insieme ad Aragorn e Gandalf, che illuminava il
passaggio con la sua Fiamma Eterna.
“ Oh, beh, non è una novità.”
Disse scrollando le spalle e contagiando i suoi compagni con
il suo irriducibile sorriso Will, quando all’improvviso sentirono uno strano
fruscio fra le fronde alte e i cespugli ricolmi di bacche profumate.
“ Forse è il vento.”
Bisbigliò Merry a Pipino, guardandosi intorno come gli
altri.
“ No. Purtroppo, non è il vento, amico mio.”
Disse Will, improvvisamente serio, portando entrambi più
vicino a lui.
Lentamente, come se si fossero letti nel pensiero,
cominciarono a formare un cerchio con al centro i quattro hobbit, che
sguainarono anche loro le loro armi, impercettibilmente come gli altri.
La spada di Frodo brillava in modo sinistro.
“Sono già qui?”
Chiese Sam, mentre Pipino e Merry lo osservavano, deglutendo
nervosi.
“ No.”
Rispose Frodo, ricordando le parole del suo riflesso.
“ Risplenderà anche
con quelli più nascosti.”
Alzò lo sguardo a guardare le folte fronde degli alberi che
coprivano il cielo.
“ Si nascondono.”
Non appena i tre hobbit amici seguirono il suo sguardo,
sbucarono fra i grandi rami orchi e goblin urlanti. Come tanti scarafaggi ,i
goblin fuoriuscirono fra le foglie ,grandi come una mano umana, e si
avventarono contro la muraglia umana formata per difendere gli hobbit compagni,
ma soprattutto Frodo, il portatore della Gemma, colui che Venia aveva ordinato
di uccidere.
Le frecce luminose di Legolas e Luthien riuscirono a
sterminarli quasi la metà, mentre dell’altra se ne occuparono Aragorn, Gimli,
Taras e Will. Gandalf proteggeva con il suo scudo Frodo e gli altri, e allo
stesso tempo trafiggeva con la sua spada goblin ed orchi che uscivano da una
parte e dall’altra. Si accanivano anche contro di lui, specialmente.
Evidentemente, lo smacco che la
Signora delle Tenebre aveva ricevuto da lui era ancora
presente.
Alla fine, la muraglia venne penetrata da un gruppo di
Uruk-hai sbucati chissà dove, che si avventarono contro di loro come un falco
sulla preda.
Gli hobbit si dispersero e cominciarono a combattere anche
loro, aiutati dall’oscurità come essa agevolava i nemici.
“ Quanti sono?”
Chiese Aragorn a Taras, l’uno che difendeva la schiena
dell’altro.
“ Non lo so. In troppi, temo.”
“ Un’imboscata.”
Suggerì Gandalf, scansando un orco armato di sciabola dalle
spalle di Pipino che lo ringraziò, per poi intrattenersi con Merry al massacro
di un Uruk-hai che, a sua volta, stava minacciando Frodo.
“ Bene! Adoro le imboscate! Sono così eccitanti!”
Disse Will, con un sorriso accattivante sulle labbra.
“ Soprattutto quelle da parte di belle donne!”
E scrollandosi di dosso un altro Uruk-hai e prendendolo per
i capelli, mentre lui gli ringhiava addosso, nonostante fosse disarmato,
scrutandolo perplesso.
“ Tu ,di sicuro, non sei una bella donna!”
Esclamò convinto prima di trafiggerlo, abile ed agile, con
una delle sue spade leggendarie, che sembravano emanare vapore.
“ Legolas, 21!”
Esclamò Gimli soddisfatto.
Legolas colpì con una delle sue nuove ed infallibili frecce
un orco che stava puntando la sua logora spada contro Luthien, che lo ringraziò
con gli occhi e con un sorrisino a fior di labbra che l’arciere biondo ricambiò
amabilmente, prima di rispondere al suo amico nano.
“ Con quello, 27!”
Disse, sorridendogli energico.
“ Oh, accidenti! Sarà meglio che mi dia da fare!”
Disse il figlio di Gloin, sbattendo un piede sul suolo duro
come la pietra e trafiggendo la giugulare di un orco assassino, facendolo
accasciare in terra, privo di vita.
Intanto, un Uruk-hai schiaffeggiò Luthien, brutalmente,
tanto da farle nascondere il volto per un breve momento ,completamente, dai
suoi bellissimi capelli.
Legolas la guardò sbigottito, mentre la rabbia cominciava a
ribollirgli nelle vene verso quell’orco ripugnante.
“ Oh, questo non avresti dovuto farlo!”
Esclamò sorridente Will all’Uruk-hai ringhiante, scrutando
Luthien in attesa di un qualcosa che l’avrebbe sicuramente divertito.
Infatti, la
principessa guerriera di Bosco Bianco si voltò lentamente, lasciando che le
ciocche di capelli setosi le scivolassero lungo il collo, scoprendole un volto
minaccioso ma sempre bellissimo.
Gli occhi le brillarono nell’oscurità, diventando quasi
neri, alterati da un’ira palpabile che fece indietreggiare timoroso il suo
avversario e quelli al suo fianco. La rabbia non faceva che renderla ancora più
affascinante, tanto che Legolas si sentì percorrere completamente da brividi
lungo la schiena.
Luthien cominciò agile e con una velocità impressionante a
tendere e a scagliare frecce dal suo arco delicato ma temibile, e ben presto
l’Uruk-hai che aveva osato sfidarla e i suoi compagni vicini caddero in terra
con tre tonfi sonori, trafitti interamente da quelle che Legolas aveva
scambiato per un attimo in saette divine.
“ Oh, adoro quando fa così!”
Esclamò Will, con un misto di ammirazione ed eccitazione nel
suo sguardo trasparente.
“ Mi sono sfogata.”
Disse calma a Legolas, ormai senza alcuna traccia d’ira sul
suo volto perfetto e quasi irreale, sorpassandolo e scrollandolo da quello
stato di trance in cui era caduto ammirandola combattere, grazie alla scia del
suo profumo indescrivibile.
“ E mentre tu rimanevi lì imbambolato, io ti ho raggiunto.”
Disse Gimli apparendo al suo fianco, facendogli ammirare la
sua ascia ormai infallibile.
Legolas scagliò tre frecce contro tre orchi che stavano
accerchiando Aragorn, che lo ringraziò con un sorriso che ricambiò prontamente.
“ 30! Sono di nuovo in vantaggio!”
Gimli sbuffò e ringhiò contrariato, sfogando il suo
nervosismo contro un orco dietro di lui.
“ Andiamo!”
Urlò Gandalf, guidando tutti verso la fine della foresta
misteriosa. Erano numericamente inferiori rispetto ai loro nemici. Scelta
saggia fu battere in ritirata, approfittando della loro agilità rispetto a
quella massiccia e corpulenta degli orchi assetati del loro sangue.
Legolas afferrò Gimli che voleva ancora combattere
incessante, Luthien trascinò Will per il fodero di una delle sue grandi spade,
Taras incitò Merry e Pipino a correre verso l’immagine bianca e abbagliante di
Gandalf, Sam li seguì invogliando Frodo a fare lo stesso, ma quando si voltò,
lo vide in balia di un Uruk-hai più minaccioso degli altri.
“ Frodo!”
Urlò Sam preoccupato, correndo verso di lui per aiutarlo, ma
si bloccò quando vide la luce della Gemma del Destino illuminare l’intero
tratto della foresta con una luce abbagliante, che accecò il terribile
Uruk-hai, che si allontanò da lui ululando, come del resto tutti quelli che
formavano il suo plotone di battaglia.
Aragorn prese in braccio un Frodo scioccato, invogliando Sam
a seguirlo verso il cuore della foresta.
Corsero senza mai fermarsi, approfittando della distrazione
dei loro nemici, fino a quando sbucarono nelle grandi pianure steppose,
evitando accuratamente di non inciampare nelle sporgenze rocciose.
Fu solo quando Aragorn pose a terra Frodo, ormai ripresosi
dall’accaduto straordinario di poco prima, che udì il fischio acuto di Gandalf
e le urla rabbiose e dolorose degli orchi e dei goblin rimanenti, nel folto di
quella strana foresta dalla maestosa e rigogliosa vegetazione.
“ Ma cosa…”
Iniziò, non riuscendo a capacitarsi di quelle grida
strazianti.
“ Sono i Vel che si sono risvegliati, grazie alla luce
emanata dalla Gemma del Destino.”
Spiegò Taras, al fianco suo e di Aragorn.
“ Nessuno conosce la reale natura dei Vel. Creature così
leggendarie e misteriose, tanto che solo i loro nemici o le loro vittime sono a
conoscenza del loro aspetto. Ciò che sappiamo è che morirebbero pur di
difendere la loro foresta, considerata da loro come la propria ed unica casa.”
Aggiunse Gandalf, montando sul dorso scintillante di Ombro
Manto, aiutando Pipino a fare lo stesso, sopraggiunto dopo il suo richiamo,
come il resto dei loro destrieri.
“ Oh, vedo che sei tornato.”
Nitrì il possente stallone di Will alle parole del suo
padrone, impennandosi come se fosse contento di vederlo sano e salvo.
Luthien sorrise.
“ Ti prego, non infierire.”
Disse suppliche Will, montandolo sorridente e galoppando al
fianco dei suoi compagni.
La notte aveva ceduto ormai il posto dell’alba, tingendo con
i suoi colori pastello l’intero cielo mattutino, tanto che molti alzarono lo
sguardo, stupiti.
“ Se gli alberi di Bosco Bianco rallentano il tempo,
evidentemente quelli verdeggianti della Foresta dei Vel lo anticipano.”
Disse pensoso Gandalf, con lo sguardo puntato verso
l’orizzonte, risolvendo i dubbi di molti di loro, mentre Frodo lo guardava con
occhi smarriti, cavalcando insieme con Taras.
“ Lo so, Frodo. La confusione alberga nel tuo animo, ora,
vero?”
Frodo annuì.
“ Cosa è successo nella foresta, Gandalf? Come mai la gemma
ha emanato quella luce così abbagliante?”
Gandalf sospirò, mentre Pipino lo guardava ansioso di
conoscere anche lui la risposta agli interrogativi del suo amico.
“ Posso solo fare delle congetture. Il volere della Gemma
del Destino mi è sconosciuto almeno quanto te. Evidentemente, sentendo che il
suo portatore era minacciato da una forza malvagia, ha cercato di difenderti
esplodendo in tutta la sua potenza assopita. Oppure, potrebbe avere agito
esclusivamente a suo beneficio, egoisticamente, nel senso che, avvertendo un
possibile pericolo e piuttosto di finire nelle mani del nemico, ha preferito
sbarazzarsene, proteggendo anche te, anche se non rientrava nei suoi disegni
iniziali.”
Frodo lo guardò, con le idee leggermente più chiare da una parte,
ma ancora più confuse dall’altra.
Gandalf gli sorrise comprensivo.
“ Sii paziente, Frodo. Presto tutti gli enigmi che il
cammino mano mano ti porrà, saranno risolti non appena raggiungerai la meta
prestabilita.”
Frodo ricambiò il sorriso, riconoscente.
Ma la sua attenzione, come quella del suo interlocutore, fu
attratta da un gruppo di uomini a cavallo, ricoperti da armature simili e molto
eleganti, leggere in apparenza ma resistenti, di un colore che ricordava
vagamente l’argento, ma più scuro, con uno stemma a forma di spada con una rosa
rossa spinosa che si incrociavano in una improvvisata “x”.
Avevano tutta l’aria di una brigata di cavalieri, che si
arrestarono di fronte alla loro compagnia, impedendone oltre il passaggio.
Ad Aragorn ricordarono molto i guerrieri capeggiati dal nipote
del defunto Re Theoden, Eomer.
Analogamente a quest’ultimo, si fece avanti un giovane cavaliere
dai capelli neri e lisci, lunghi fino alla base del collo, con occhi dalle
iridi chiare, di un verde foglia molto intenso, che li trafisse e li affascinò
al con tempo, un accenno di barba sul mento e una cicatrice profonda sulla
guancia destra, rivestito della stessa armatura dei suoi uomini, ma con un
mantello nero ad adornarla.
Fu il primo a rompere quel silenzio irreale.
“ Perdonate, signori, ma sono costretto ad arrestare il
vostro cammino.”
“ Per quale ragione?”
Chiese Aragorn, avanzando di poco.
“ State per entrare nelle terre di Holmes, le terre del mio
re.”
Finito! Ed ora ecco a voi:
L’angolo dei saluti:
Eminae: Hola anche a te!!! Grazie per il tuo commento, fa
sempre piacere ricevere il parere di più persone!! Sono contenta che la mia
storia ti intrighi così tanto e che quella fra i due elfi protagonisti ti
piaccia!! Spero che ti sia piaciuto anche questo nuovo capitolo e che
continuerai a seguirmi e a commentarmi! Ti aspetto al prossimo aggiornamento!!!
Baci baci Fuffy91!!! ^__^
Mel: Mia cara Mel, è sempre un grande piacere leggere i tuoi
commenti così…briosi! Mi piace questo termine…brioso!! Hihi!!! Bando agli
scherzi, sono contentissima che la mia storia continui a piacerti così tanto!!!
Si, anche a me piace un sacco il personaggio di Herion! Purtroppo non si unirà
alla compagnia, come hai potuto notare nel corso di questo cap, ma non è detto
che non comparirà in seguito!! Si, concordo con te nell’affermare che Luthien è
un personaggio molto difficile! È anche vero che deve essere molto cauta con il
suo “dono pericoloso” con il nostro Legolas! Vedremo che succederà in
seguito!!! Grazie per il commento e torna a seguirmi, mi raccomando!! Baci baci
Fuffy91!!^__^
LadyElizabeth: Elizabeth cara!!! Felicissima di risentirti
con uno dei tuoi commentoni fenomenali!!! Innanzitutto sempre più contenta che
continui a piacerti la storia non ancora sbocciata fra Legolas e Luthien, anche
se ci è stato un grande passo avanti, soprattutto da parte della nostra
principessa elfo!!! Grazie, sono contentissima che apprezzi il modo in cui
descrivo i personaggi della storia, come Aragorn e Frodo, ad esempio,
corrispondenti sia al libro che al film!!! Vedo che hai apprezzato anche il
personaggio di Herion!!! Anche io lo adoro! Devo dire che, in certi versi, le
somiglio caratterialmente!!! Tranqui, superfluo dirti che io amo Legolas e sono
contenta che questo amore viene condiviso!!! Hihi!!! Baci baci e al prossimo
commento e cap!! Fuffy91!! ^__^
Fanny91: Carissima fanny91!!! Ben tornata!!! Come sono
andate le vacanze? Spero benissimo!!! Allora, piaciuto il cap??? Azzarderei un
si!!! Grazie mille per i tuoi complimenti e il tuo sostegno!!! Herion ha
riscosso molto successo, e sono contentissima che ti sia piaciuto!!! Bacioni e
alla prossima!!! Grazie ancora!!! Fuffy91!!^__^
Un ringraziamento specialissimo anche a coloro i quali o le
quali hanno inserito questa mia storia fra le loro preferite:
- Ceci Princessofbooks
- Fanny91( che avevo già ringraziato, ma continuo a
ringraziare lo stesso!XD!)
- IF Leila
-
Joey_ms_86
- Yuki no Hime
Bacissimi anche a voi!!!
E adesso, dedico a voi, cari lettori e care lettrici
misteriosi e misteriose, un grande ringraziamento e un grandissimo sorriso!!!
Continuate a leggere la mia fan fiction!!! Vi assicuro, che non vi deluderà e
vi terrà sempre con il fiato sospeso!!! Baci baci Fuffy91!!
^___________________________^
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Capitolo 10 *** Capitolo 10 ***
C10
“ State per entrare nelle terre
di Holmes, le terre del mio signore.”
Disse lo sconosciuto, incrociando
il suo sguardo verde foglia con quello verde smeraldo del sovrano di Gondor,
che non si scompose, mentre notava ,con la coda nell’occhio, gli occhi attenti
di Taras verso di lui, come se stesse cercando di rammentare qualcosa che, al
momento, gli sfuggiva.
Uno dei suoi compagni quasi urlò:
“ Sono spie, mio signore! Glielo
si legge negli occhi che nascondono qualcosa!”
Non aveva tutti i torti. In
effetti, la Compagnia
celava con sé qualcosa di molto importante, che per il momento rimaneva
tranquillo nelle mani di un piccolo hobbit della Contea, che sussultò a quelle
parole, ma non dandolo a vedere.
Aragorn aprì bocca per replicare,
ma il giovane cavaliere lo prevenne, voltandosi accigliato ,ma parlando con
molta tranquillità, verso il suo iroso guerriero.
“ Non possiamo dirlo con
certezza. Per il momento, ci limiteremo solo ad invitarli a volgere indietro o
a proseguire per altra via il loro viaggio.”
“ Ma, signore…”
“ Questi sono i suoi ordini,
soldato. Non discutere oltre!”
Disse un altro guerriero, al
fianco destro di quello che doveva essere il suo comandante.
Ma quest’ultimo con un sorriso:
“ No, lascia pure che esponga i
suoi pensieri.”
Aragorn approvò di buon grado
quel rimprovero amichevole, che sortì l’effetto di far intimidire il suo fedele
compagno e sorridere l’improvvisato insubordinato, che avanzò al suo fianco
sinistro.
“ Se permettete ,mio signore,
vorrei invitarvi ad osservare i membri di questa strana brigata. Non sembrano
anche a voi, tipi piuttosto sospetti? Guardate…”
Disse indicandoli con una mano:
“ Quattro uomini, due elfi, un
nano e quattro…quattro…”
Non seppe continuare, cominciando
ad osservare attentamente Frodo, che nascose lo sguardo, intimorito, seguito dai
suoi coetanei, che rivolsero i loro sguardi curiosi anche verso Sam, Pipino e
Merry, che come il loro amico, prima di loro, si nascosero, timidi ed
accigliati.
“ Non osservarteli così. Non è
educato.”
Li rimproverò sempre con un
sorriso e con una calma straordinaria il giovane comandante, i cui uomini
distolsero lo sguardo, impressionati dal suo sorprendente sangue freddo.
“ Vi chiedo perdono da parte dei
miei uomini. Vedete, non credo abbiano mai visto degli hobbit della Contea, fin
ad oggi.”
Disse, rivolgendosi in particolar
modo a Frodo, che sorrise riconoscente. Anche se nemico, quel cavaliere gli
ispirava una certa simpatia e un senso di calma che venne condiviso anche dal
resto dei suoi parenti e amici, che ricambiarono anch’egli il sorriso.
“ Ma voi chi siete?”
Chiese Gandalf, improvvisamente
interessato a quel giovane giudizioso.
“ Il mio nome è Ser Falcum,
figlio di Edmund, cavaliere di Holmes.”
“ Falcum…?”
Disse interrogativo e
meravigliato Taras avvicinandosi al fianco di Aragorn, che lo scrutava curioso.
Ser Falcum lo guardò per un
momento pensoso, ma poi il suo sorriso si rispecchiò in quello del suo
interlocutore.
“ Taras? Non può essere…ti credevo
morto, amico mio!”
Esclamò smontando da cavallo e
correndogli incontrò, imitato poi da Taras, che sorpassò il limite da egli
stesso imposto, senza curarsene realmente e riabbracciando fraternamente il suo
ritrovato amico.
“ Sei…così…diverso! Ma dove sei stato
tutti questi anni?”
“ Dopo l’ultima battaglia, mi
sono rifugiato nel regno di Bosco Bianco. Non appena ristabilitomi dalle ferite
riportate, sono partito con i miei compagni alla volta del regno delle Terre di
Mezzo, Gondor, precisamente, al cospetto di Sir Aragorn, chiedendo il suo aiuto
per sconfiggere definitivamente la
Signora delle Tenebre, e liberare quella che fu , un tempo,la
vera Venia, al fianco di quella che viene ricordata come la Compagnia dell’Unico
Anello dell’istinto Sauron.”
Ser Falcum annuì al suo racconto,
segno evidente che aveva appreso pienamente le parole dell’amico e la loro
situazione.
“ Quindi, voi siete Sir Aragorn,
re di Gondor?”
Chiese Falcum retoricamente ad un
Aragorn sorpreso, per il modo in cui si era capovolta la situazione, ovviamente
a loro favore, ma felice del ritrovamento di un amico così prezioso per il suo
nuovo compagno d’avventura.
“ Si.”
Fu la semplice risposta, a cui
Falcum sorrise e s’inchinò al suo cospetto.
“ Vi domando scusa, in questo
caso, mio signore, per esservi stato inaspettatamente d’intralcio nel vostro
importante viaggio, che potremmo giudicare una missione, in un certo senso.”
Aragorn annuì, smontando da
cavallo e avvicinandosi al cavaliere con passo leggero e regale, tendendogli
una mano, in segno di amicizia.
“ Non importa. Comprendo appieno
le vostre ragioni. Stavate eseguendo solo un ordine riportato dal vostro sire.”
Ser Falcum ricambiò il sorriso e
strinse con energia la mano tesa di Aragorn, stipulando silenziosamente il loro
accordo di pace.
“ Più che giusto, dopotutto, di
questi tempi. In guerre come queste, è difficile distinguere gli amici dai
nemici.”
Aggiunse con la sua voce ,sonora
ma sommessa, Gandalf, attirando l’attenzione di entrambi e di Taras, che stava
rimontando a cavallo, avanti a Frodo.
“ è stato Sir Hector a darti
l’ordine di salvaguardare i confini di Holmes, immagino.”
Disse Taras, immergendosi
evidentemente nel ricordo dei giorni passati in compagnia del sovrano di
Holmes. Ma il sorriso gli si spense all’imbrunirsi dello sguardo verde foglia
acceso del suo caro amico, come del resto anche quello dei suoi compagni.
L’allegria del ritrovamento era stata spazzata via da un ombra di tristezza,
scaturita da quel nome che, probabilmente, non sentivano pronunciare da molto. Taras,
come del resto l’intera Compagnia, non riuscì a capire quell’improvviso
mutamento d’umore.
Quasi a malincuore, Falcum sorrise
al suo compagno confuso.
“ Vedi, Taras. Sir Hector è
venuto a mancare.”
Taras impallidì e l’ombra di
tristezza ,unito allo stupore, inghiottì anche lui.
“ Come? Quando?”
Sussurrò, trattenendo un improvviso
magone.
“ Un anno fa, durante un attacco
nemico ,nel nostro regno. Fu trafitto al petto da una lancia di un Andes.”
“ Quell’essere immondo lo ha
colpito di spalle. Venia gli ha insegnato come combattere disonestamente,
questo è certo.”
Disse con una nota di astio e
rabbia lo stesso soldato che poco prima aveva cercato di contraddirlo, spronando il suo cavallo con forza.
“ Sono le leggi imposte dalla
guerra ,fin dall’inizio dei tempi. Purtroppo, oltre ai malvagi, periscono anche
gli uomini giusti e valorosi.”
Disse sospirando Ser Falcum,
placando in parte l’ira del suo giovane ed impulsivo insubordinato.
Poi, rivolgendosi al suo amico,
ormai preda dello sconforto che quella notizia aveva causato, gli disse:
“ Se volete, potrò condurvi al
cospetto di Sir Edward. Sono convinto che gradirà molto fare la vostra
conoscenza.”
Taras alzò di scatto il volto,
rivolgendo il suo sguardo perlaceo verso quello verdeggiante di Ser Falcum, che
sorrise della sua espressione stupita.
“ Edward?!”
Chiese interrogativo e meravigliato
al con tempo.
“ Chi è Edward?”
Chiese interessato Will.
“ è l’unico figlio di Re Hector
X, naturalmente, legittimo erede al trono.”
Specificò Falcum, rispondendo con
calma al suo quesito.
“ Ma è solo un ragazzo!”
Esclamò Taras, con un tono che rilevava
una certa inquietudine.
“ Ha appena compiuto 18 anni. Si
può dire che sia un uomo, ormai.”
Disse sorridente Falcum, con tono
scherzoso.
“ Oltre ad essere considerato un
grande re, amato e ben voluto da tutti.”
Disse uno dei soldati, alleviando
per un momento l’espressione preoccupata di Taras.
“ Venite! Vi scorterò alla sua
reggia.”
Disse Falcum, invitandoli a
seguire lui e i suoi compagni, verso il regno ancora sconosciuto di Holmes.
Aragorn montò a cavallo, guardò
per un momento Gandalf e poi Taras e sorridendo ad entrambi, galoppò al fianco
di quel cavaliere che cominciava a stimare.
Holmes era uno dei regni più
vasti delle Terre dell’Ovest. Appena varcate le sue alte soglie, rimasero stupiti dalla grande popolarità che
predominava, a dispetto di quel periodo così controverso, per gli uomini
soprattutto.
Bambini che giocavano allegri in
quella che identificarono come la piazza principale, ciottolata e a forma di
uovo, contornata di fiori di ogni tipo, piantati e difesi ai piedi di un grande
salice piangente. Donne che parlavano ridenti affacciate alle balconate delle
loro dimore in pietra rosata, o sedute ai piedi del ponte in pietra battuta,
con mazzi di rose o cibarie per il pranzo tra le mani.
Uomini, giovani e vecchi, che
parlottavano fra di loro o vendevano le cose più utili per il fabbisogno comune
o gli oggetti o il vestiario più stravaganti.
Era un insieme di colori forti e
vivaci, risate ed allegria che finirono per contagiarli. Invece di osservare i
nuovi visitatori con sospetto, li accolsero con grande simpatia e semplicità,
inchinandosi al loro cospetto, in segno di rispetto e salutandoli con un
sorriso. Una bambina deliziosa regalò anche una camelia rossa a Luthien, che
ringraziandola con un sorriso a fior di labbra, l’annusò e la intrecciò fra i
fili di cuoio della cintola, mentre Will disperse sorrisi accattivanti e baci
volanti a molte fanciulle in età da marito, che arrossirono e si nascosero il
volto fra le mani, in preda a risolini timidi. Legolas rise all’espressione
rassegnata e quasi irritata di Luthien.
Attraversarono con tranquillità
il paese sereno nella sua felice prosperità, giungendo ai piedi di una
verdeggiante collina, il cui castello, posto in una posizione strategica per gli attacchi nemici, sorgeva imponente e
fiero, con lo sfondo di un glorioso boschetto, di cui se ne intravedevano le
cime scure e appuntite degli abeti e le foglie delle grandi querce.
Dopo aver seguito il sentiero
segnato tra l’erba e le rocce sporgenti, ma no troppo, fra di essa, finalmente,
ad un preciso ordine di Ser Falcum, vennero spalancate le porte in ferro
levigato di quell’immensa e solida fortezza. I cavalli vennero scortati nelle
stalle adiacenti al cortile dai soldati della brigata di Ser Falcum, il quale,
invece, illustrò la via per giungere più velocemente nella sala delle udienze,
luogo dove in quel momento, Sir Edward era impegnato in un udienza con i suoi
fidati consiglieri.
Ma una volta attraversato il
corridoio, le cui arcate affacciavano esternamente su un prato immenso e
fiorito, dove alcuni soldati si allenavano con il tiro con l’arco o la spada,
fu allora che fecero un incontro inaspettato.
Una fanciulla, svoltando
l’angolo, correva a tutta velocità, guardando indietro e ridendo allegramente,
mentre la gonna del suo vestito d’organza blu oltre mare, frusciava intorno
alle sue gambe ad ogni movimento, mentre i suoi ricci scuri e ribelli
fuoriuscivano dall’elaborata acconciatura, con roselline blu e bianche ad
adornarla.
“ Maestà, fermatevi, vi prego!”
Urlò una voce maschile e affannata
dietro di lei, ma la ragazza continuava a correre incessante, oltrepassando un
servitore che portava in equilibro tre bicchieri di cristallo, il cui schianto
al suolo fu inevitabile, una volta che lo spinse senza volerlo, facendolo
capitolare in terra, amareggiato e rassegnato.
“ Scusa!”
Esclamò, senza fermarsi e con un
sorrisino inequivocabile. Ma accadde qualcosa che forse non aveva previsto,
infatti si fermò di scatto, non appena vide Ser Falcum ,arrestatosi non appena
la vide, con le braccia conserte e un sorriso a fior di labbra sul volto,
mentre gli altri li guardavano interrogativi.
Non ricambiando il sorriso, si
affrettò a salire sul cornicione che fungeva da base per le arcate, saltandolo
agilmente e cominciando a correre per il prato verdeggiante e ben curato, verso
i soldati.
“ Però, bel salto.”
Commentò Will, mentre gli altri
la guardavano stupiti.
Ser Falcum sorrise ancora di più
e scosse il capo lentamente, per poi balzare con un movimento agile, simile ad
un ghepardo, il cornicione, per rincorrere la sua piccola preda.
Intanto era sopraggiunto un uomo
tarchiato, di mezza età, con occhiali piccoli e rotondi sul naso a patata, la
cui veste azzurra non riusciva a celare la mole del suo ventre, che scrutava
l’orizzonte, con un relativo affanno, con i suoi occhi piccoli e porcini,
asciugandosi con un fazzoletto ,sbucato dal nulla, la fronte ampia e la radice
dei capelli leggermente mossi e lunghi fin dopo le spalle, color grigio
pallido.
La sua espressione preoccupata si
rilassò non appena vide Falcum ritornare, portando di peso, sulla spalla
sinistra ,la sua scalciante discepola, riponendola a terra non appena varcate
le arcate e trattenendola con un braccio, evitando, così, un’ulteriore
tentativo di sfuggirgli.
“ Non è giusto! Vi odio, Ser Falcum!”
Quest’ultimo rise di gusto, per
poi dirle sorridente:
“ Come volete, maestà. Ciò non
toglie che avete cercato nuovamente di scappare.”
“ Ma è colpa sua!”
Esclamò, come per giustificarsi,
la fanciulla imbronciata, puntando il dito contro uno stupito e sussultante
precettore.
“ Ma…come…come colpa mia? Maestà,
con tutto il dovuto rispetto, siete voi che non avete alcun desiderio di
apprendere i miei insegnamenti.”
“ è vero, mia signora, quello che
afferma il vostro precettore?”
Chiese Ser Falcum, ora con espressione
severa.
“ Ma lui mi tortura. Vuole che
impari tutte le gesta dei re di Holmes. È un’impresa impossibile. Diteglielo
anche voi, Ser Falcum!”
Disse ora implorante, la giovane
sconosciuta, supplicandolo con occhi da cerbiatta e un sorriso dolce, che il
cavaliere ricambiò con uno divertito.
“ Voi, ora, non siete più la
principessa di Ruer, maestà. Siete la regina di Holmes, e come tale dovete
apprendere la nostra storia e la nostra cultura.”
La ragazza sbuffò, contrariata,
incrociando le braccia al petto e storcendo le labbra fini e rosse come il
sangue.
“ Futura regina. Per ora sono
ancora la principessa di Ruer.”
Ser Falcum e il suo precettore
sospirarono rassegnati dalla sua testardaggine, finché non la sentirono
sussurrare.
“ Sir Hector IX stipulò la Pace di Catherine con il
regno di Murter, che prende il suo nome dalla sua consorte, ed ogni quattro
anni viene ritrattato.”
Il suo precettore sorrise e le
chiese, apprezzando lo sforzo:
“ Esattamente, complimenti
maestà. E chi fu a sconfiggere in un duello il capo dei barbari delle Foreste Notturne?”
“ Uhm…”
Mentre rifletteva, la futura
regina di Holmes venne attratta da una ranocchia gracidante e saltellante che
si dirigeva verso lo stesso prato che aveva percorso poco prima, per la sua
fuga.
“ Hector VII?”
Chiese, mordendosi il labbro
inferiore e cercando di acchiapparla.
“ No.”
“ Allora Hector VI?”
Riprovò, mentre scendeva le
scalinate velocemente, per afferrare la ranocchia saltellante.
“ Non esattamente, ma ci siete
quasi.”
“ Allora, potrebbe essere…”
Iniziò ad alta voce, affinché non
si accorgesse del suo abbandono di postazione e propria mentre si accucciava
per afferrare definitivamente la ranocchia, esclamò:
“ Hector V!”
“ No, fu Hector IV, che colpì il
suo avversario con l’impugnatura della sua spada spezzata, sul capo con tanta
violenza, da farlo cadere a terra morto.”
Rispose una voce calda e
vellutata al suo posto, che attirò l’attenzione di tutti, che si sporsero per
scorgerne il proprietario, di cui la principessa riusciva perfettamente a vedere
gli stivali lucenti e in pelle nera, per poi alzare lo sguardo per incrociare
quello oro liquido del suo futuro marito.
“ Buon giorno, Diana.”
“ ‘Giorno.”
Sussurrò Diana, alzandosi di
scatto, per scorgere nei minimi particolari il volto del giovane che la
osservava con un sorrisino sghembo, che avrebbe fatto perdere la testa a
qualsiasi fanciulla nei dintorni.
“ Oh, Sir Edward, vi prego.
Lasciate che risponda sua maestà.”
“ Perché? Non era forse giusta la
mia risposta?”
“ Certo che lo era, ma…”
“ Bene. Tanto Diana non avrebbe
comunque risposto con esattezza.”
“ Cosa te lo fa credere?”
Disse la principessa di Ruer,
distogliendo lo sguardo da quello ipnotico di Sir Edward, corrucciata.
“ Perché eri troppo impegnata a
cercare di prendere la ranocchia che stringi fra le mani.”
Rispose sempre vellutato il
sovrano di Holmes, sorridendo ancora di più, mentre i suoi capelli corti,
arruffati e deliziosamente disordinati, di un colore simile al bronzo, venivano
investiti da un caldo raggio di sole.
Diana abbassò lo sguardo sulla
testolina giallastra della rana dagli occhi rossi, decidendo di liberarla e
lasciarla saltellare da un filo d’erba all’altra, mentre due farfalle bianche
si rincorrevano nell’aria frizzante del mattino.
“ Non sapevo avessi una passione
per le rane.”
Aggiunse, ironico, il suo
interlocutore, più alto di lei di una spanna.
“ Sai com’è…convivendo con un
ranocchio la stessa residenza, una comincia a farci l’abitudine.”
Rispose la fanciulla dagli occhi
azzurro tempesta, mentre il giovane dagli occhi color topazio, abbassava lo
sguardo sogghignando divertito.
“ E immagino…”
Cominciò avvicinandosi a lei a
passo lento, catturando una ciocca dei suoi ricci corvini e intrecciandoli fra
le dita lunghe e affusolate della mano destra, un gesto che doveva essergli
abituale, ma che fece comunque arrossire la giovane ribelle.
“ …che sia io, il ranocchio in
questione.”
Sussurrò amabile, giocando ancora
con i suoi capelli.
Diana annuì, distogliendo ancora
lo sguardo da lui.
“ E, dimmi: sarai tu a darmi il
bacio che mi tramuterà nuovamente in re?”
E lei, imporporandosi ancora di
più le guancie, si scostò da lui ed esclamò:
“ Nemmeno se morissi, arrogante
che non sei altro!”
E detto questo scappò via,
calpestando a grandi passi l’erba ancora bagnata di rugiada, diretta verso
l’interno del castello, mentre Edward le urlava sorridendo e ridendo
nell’insieme:
“ Attenta a non inciampare.”
Giurò di aver sentito un ringhio
di frustrazione, e di questo rise ancora di più.
“ Quando la smetterai di
punzecchiarla?”
Disse Ser Falcum, appoggiato al
cornicione delle arcate, illuminato dal sole abbagliante, mentre il suo signore
si avvicinava con passo felpato, simile ad un leone orgoglioso, verso di lui,
salendo le scalinate che li dividevano ,a due a due.
“ Lo sai che adoro farla
arrabbiare.”
Gli disse, sempre sorridendo alla
vista dell’espressione contrariata del suo migliore amico e delle urla di
implorazione del precettore di Diana, che ricominciò a correre dietro di lei,
implorandola di fermarsi, mentre Pipino e Merry se la sghignazzavano,
mangiucchiando due mele rosse, regalate loro da un gruppo di passanti, in paese.
“ Ma voi siete…Taras! Oh, che
gioia, siete tornato ad Holmes, amico mio!”
Disse abbracciandolo con la
felicità ad illuminargli il bel volto da ragazzo, a cui Taras ricambiò con la
medesima intensità.
“ Anch’io sono felice di
rivederti, Edward. Vedo che ora, sei stato proclamato re di Holmes.
Congratulazioni.”
“ Ti ringrazio. Anche se è più di
un anno che ho succeduto mio padre, purtroppo decaduto in battaglia, al trono.”
“ Mi dispiace molto, Edward. Lo
sai: tuo padre era un mio buon amico.”
Edward gli mise una mano sulla
spalla, con espressione triste.
“ Lo so. Dispiace anche a me. Ho
elogiato la sua morte con tutti gli onori che si rispettino per un grande sovrano
come lui. Il nostro popolo è rimasto in lutto per una settimana intera.”
“ Devo complimentarmi con voi,
Sir Edward, per la grande prosperità che regna nel vostro popolo, grazie alla
vostra guida.”
Si congratulò Aragorn, il cui
sguardo smeraldino venne catturato da quello dorato del giovane sovrano di
Holmes, che gli sorrise ed annuì riconoscente.
“ è vero. Non ho mai visto regno
più felice ,in tempi di guerra come questi.”
Continuò Gandalf, che gli sorrise
a sua volta.
“ Vi ringrazio. Perdonate se non
vi ho degnato della mia attenzione prima, signori. Potrei sapere, or dunque, i
vostri nomi?”
“ Certamente. Il mio nome è
Aragorn, e come voi sono re di Gondor.”
“ Gondor?”
Chiese interrogativo, Edward.
“ Il mio regno è lontano, mio
signore. Si trova nella remota Terra di Mezzo.”
Edward guardò Taras e Falcum, che
annuirono alla sua silenziosa domanda:
“ Quindi voi siete il leggendario
erede di Isildur.”
Non era una domanda, ma Aragorn
annuì lo stesso.
“ Venia vorrà vedervi morto,
allora.”
Disse sogghignando Sir Edward,
con la sua voce vellutata ed ammaliatrice.
A Legolas ricordò molto quella di
Luthien, in versione maschile, la quale era seduta sul cornicione, racchiusa
fra una piccola arcata e una colonna, ad intrecciare i suoi splendidi capelli
castani, lontana dal resto del gruppo, dalla conversazione e da lui.
Aragorn non riuscì a trattenere
un risolino divertito per l’ironica perspicacia di quel giovane re.
“ E non solo lui, purtroppo.
Ultimamente, la sua sete di potere e di gloria è cresciuta a dismisura.”
Costatò con tono severo Gandalf,
che guardò di sottecchi Frodo, che non si sottrasse al suo sguardo enigmatico
ed indagatore.
“ Parlate con molta decisione. La Signora delle Tenebre vi
ha forse arrecato qualche danno, durante il vostro tragitto?”
“ Si, e ce ne arrecherà degli
altri, sicuramente.”
“ Posso conoscerne il motivo, se
non sono indiscreto?”
Chiese Edward con un tono caldo e
rassicurante, che avrebbe storto la parola anche al più temibile e taciturno
dei nemici. Una nota incisiva che aveva l’aria di aver usato molte volte, nel
corso della sua esperienza.
Gandalf lo scrutò, per un
momento, in quegli occhi d’oro fuso, mugugnando silenziosamente e alzando un
sopracciglio bianco, chiedendo a sé stesso se fidarsi o meno di quel giovane,
che a discapito della sua età, si trovava a sostenere il peso di un regno, in
apparenza felice ma che nascondeva, nei profondi recessi della sua anima, una
ferita forse ancora sanguinante. La sua acuta sensibilità non era riuscita nel
trattenersi a vagare in quegli occhi limpidi e senza ombra, in ognuno di quelle
persone gentili ,che li avevano accolti a braccia aperte. E l’aveva vista: una
macchia, piccola ma presente. Una macchia di rancore e disperazione, che
macchiava ed oscurava il loro sorriso. La stessa che riusciva ad identificare
in quello sguardo che aveva il colore accecante del topazio.
Sospirò e guardò Frodo che,
consapevole della sua lotta interiore, gli sorrise incoraggiante e annuì
silenziosamente, proclamando ufficialmente il suo consenso. Fu allora che il
buon mago sorrise e fece la sua decisione.
“ No, non lo siete. Anche se sono
convinto, che Venia stia dando filo da torcere anche a voi, Sir Edward, o sto
forse errando?”
Gli chiese, sorridendo sornione,
certo della sua risposta e reazione.
Infatti, Edward si irrigidì per
un momento, il suo sguardo si incupì, ma inseguito, con un gran sospiro, i suoi
occhi tornarono a lanciare scintille dorate, e il sorriso sghembo tornò a
solcare le sue labbra sottili, ben delineate e con il labbro inferiore
leggermente più carnoso di quello superiore.
“ No, non errate, purtroppo. Anche
noi stiamo passando tempi difficili. Si direbbe che Venia abbia intensificato
la sua sete di sangue e di dominio. Vuole conquistare tutte le terre che
mancano alla sua collezione, e sterminare chiunque le si opponga.”
Sospirò di nuovo, e guardò la
linea invisibile, segnata dall’orizzonte, con aria assorta.
“ Compreso il mio regno e la mia
gente.”
Sussurrò con sguardo lontano.
“ Allora ci troviamo nella stessa
situazione.”
Disse Aragorn, investendolo con
il suo sguardo deciso, che avrebbe contagiato con il suo entusiasmo anche il
più scoraggiato degli uomini. Edward rimase meravigliato da così tanta
determinazione.
“ Anche le nostre terre sono
state sfiorate dall’ombra oscura trasportata dalla Dama dell’Oscurità, e prima
che possa inglobarle del tutto, dobbiamo agire, arrestando definitivamente i
suoi piani di conquista.”
Proseguì Aragorn, mentre i suoi
compagni, lo osservavano con orgoglio. Non si poteva affermare che non fosse
nato per diventare re.
“ E voi sapete anche quale arma
usare, affinché ciò possa avverarsi, non è forse così?”
Gli chiese il sovrano di Holmes, guardandolo
con il suo sguardo d’oro intenso.
“Si.”
Rispose Frodo per lui, catturando
l’attenzione di tutti.
“ Noi sappiamo come fermarla.”
Continuò calmo, incatenando i
suoi occhi azzurro cristallo con quelli color topazio di quel giovane re, che
sorridendogli, si inginocchiò alla sua persona, accompagnando il sorriso con un
sospiro, mentre Sam lo guardava di sottecchi.
“ E voi siete…?”
“ Frodo Baggins.”
Rispose con decisione Frodo, per
nulla intimidito da quello sguardo avvolgente e da quella voce morbida e calda.
“ Mm.”
Mugugnò, puntando i suoi occhi
dorati su un punto indefinito del suolo, facendo scoccare la lingua, pensoso. Poi
lo osservò di nuovo, con un movimento rapido del capo, sorridendogli
rassicurante e con aria sbarazzina.
“ In questo caso, siete invitati
a pranzo.”
Falcum sorrise a quella frase,
mentre Frodo inarcò le sopracciglia scure, sorpreso dalle sue parole. Come lui,
anche il resto dei presenti era sconvolto, mentre seguiva ogni passo di Sir
Edward che si stava allontanando fischiettando lungo il corridoio e voltandosi
verso di loro, li incitò a seguirli.
Ben presto, si ritrovarono in una
grande sala dal pavimento a mosaico, con il soffitto a volte a crociera dorate,
dove vi era dipinto un cielo con nubi rosate e giallastre, che rievocava le
prime luci dell’alba, una grande tavola rettangolare in legno di ciliegio, con
un grande vaso di rose di tutti i colori al centro, e due candelabri ,con sei
candele accese ciascuna, grandi e dorati ai suoi due lati.
Era da molto tempo, oramai, che
si trovavano seduti intorno a quell’immenso tavolo, che sembrava occupare mezza
sala. Gandalf, insieme ai frequenti interventi di Aragorn e Taras, in relazione
con le battute sprezzanti ed ironiche di Will, spiegò la loro delicata
missione, nella quale si sarebbero giocati il tutto per tutto, puntando
ambiziosamente alla salvezza sia della Terra di Mezzo che a quella delle Terre
dell’Ovest, unite sotto un unico vessillo di pace e guerra contro la malvagità
incombente. La pedina più importante in quella complicata partita a scacchi
sarebbe stata ovviamente Frodo, il portatore della Gemma del Destino, soluzione
e allo stesso tempo causa di tutti i loro mali.
“ Quindi, se ho capito bene,
dovrete scortare Frodo…”
Lo indicò Edward, seduto sulla
sua seggiola in legno di quercia, con inciso il simbolo del suo regno,
l’incrocio fra la spada e la rosa rossa spinosa, sul suo schienale, a capo tavola,
ai cui lati destro e sinistro, sedevano rispettivamente Taras ed Aragorn,
mentre Falcum si trovava alzato, vicino alla parete di colore beige, con le
braccia incrociate, gli occhi verde foglia brillanti nella penombra, che non
perdeva di vista il suo re.
“…nel Castello di Cristallo di
Venia, affinché possa collocare la
Gemma del Destino nella nicchia di Luce, e purificare così
non solo le Terre dell’Ovest della magia oscura che le ricopre, ma anche la
stessa Signora dell’Oscurità, giusto?”
Molti di loro annuirono, ma solo
Gandalf, il suo principale interlocutore, gli rispose:
“ Si, esattamente.”
Edward lo scrutò con i suoi
incantevoli occhi dorati, con espressione seria e quasi scura.
“ Non sarà impresa da poco. Non
solo perché dovrete affrontare Venia personalmente, ma anche perché sarete
costretti ad affrontare un esercito numericamente incalcolabile di orchi, troll
e goblin sparsi qua e là nelle viscere di quelle terre morte. Senza contare gli
Andes.”
Lo sbuffo roco di Gimli echeggiò
nella grande stanza, come anche il suo:
“ Bah, sciocchezze! Abbiamo
affrontato di peggio nel corso della battaglia contro Sauron.”
“ Si, ma non eravamo in undici
contro un esercito intero.”
Gli disse calmo Legolas, seduto
di fianco a lui, mentre di fronte, per la prima volta da quando la conosceva,
vi era Luthien, occupata a giocherellare con le ciocche dei suoi capelli
lucenti, fra Merry e Pipino.
“ Ha ragione. Avremmo bisogno di
più alleati possibili, per estirpare definitivamente il male dalle sue
fondamenta.”
Edward sorrise alle parole del
sovrano di Minas Tirith, e disse con la sua voce vellutata.
“ Su questo, non me ne
preoccuperei.”
Tutti lo guardarono perplessi,
mentre lui continuava a sorridere cordiale, con le mani incrociate, poste
davanti al mento.
“ A dire il vero, signori, io e i
soldati del mio personale esercito, non vedevamo l’ora di impugnare le armi e
scatenare una guerra in grande stile.”
Detto questo, voltò lo sguardo
verso Ser Falcum, che ricambiò il sorriso malizioso.
“ Dico bene, Ser?”
“ Dice benissimo, Sir!”
Esclamò Falcum, voltando lo
sguardo e facendo si che un raggio di sole, filtrato da una vetrata
trasparente, investisse i suoi capelli lisci e di un colore simile alla pece.
“Di recente ho firmato un
trattato di pace duraturo con il regno di Ruer, che diventerà permanente non
appena sposerò la donna che sta entrando con la furia impressa nei suoi
splendidi occhi azzurri.”
Ad ogni parola, molto simile ad
un sussurro, si accompagnava un passo leggero ma sonoro, la cui proprietaria
era la principessa di Ruer, futura regina di Holmes, che sotto lo sguardo di
molti, si sedette all’altro capo del tavolo, con aria imbronciata.
“ Ovviamente questo si celebrerà
dopo la fine della suddetta guerra, ma date le circostanze, state pur certi che
Sir Rayon, signore di Ruer, ci appoggerà fino all’ultimo uomo e suono di spade
incrociate.”
“ Mio padre potrà anche
appoggiarti, ma io di certo non ti sposerò.”
Gli disse Diana, annusando quasi
distratta una rosa rossa come le sue labbra.
Edward alzò gli occhi al cielo.
“ Ci risiamo. Eccola che
ricomincia. Ah, le donne! Le guerre sono una passeggiata al confronto.”
Molti risero di quella battuta,
ma lo sguardo tempestoso di Diana li fulminò, soprattutto Merry e Pipino, che
si crogiolavano dalle risate.
“ Io non ci trovo nulla di
divertente.”
Sibilò, incapace di trattenere la
rabbia.
I due hobbit smisero di colpo,
deglutendo quasi spaventati.
“ Dopo che tutto questo sarà
finito, ritornerò a Ruer.”
Comunicò la ribelle Diana, di una
bellezza quasi selvaggia, raddolcita dai lineamenti delicati del suo volto
pallido, mentre i capelli di un riccio stretto e indomabile, si proiettavano in
tutte le direzioni, come la criniera di una leonessa imponente. Come Sir
Edward, anche Dama Diana era molto giovane, forse di qualche anno meno di lui.
“ No, non lo farai.”
Disse convinto il suo futuro
sposo, osservandola con uno sguardo dolce, nonostante l’espressione quasi dura.
Diana alzò lo sguardo in segno di
sfida.
“ Si, invece. È una follia e tu
lo sai.”
Quasi urlò, furiosa. Anche Gimli
arretrò di poco sulla sedia, portandosi involontariamente vicino a Legolas, che
sogghignò divertito.
“ Pensala come vuoi. Ma hai preso
un impegno e devi rispettarlo, che ti piaccia o no.”
La rimproverò ora serio.
“ No, non voglio. È
un’ingiustizia. Questo non è stato un impegno preso da me, ma da mio padre.”
“ Adesso basta, Diana. Smettila
di comportarti come una bambina viziata.”
Per un momento si guardarono in
cagnesco, incuranti dei presenti, mentre uno stato di tensione assoluta occupò
l’intera stanza. Quando Diana si sentì ormai sopraffatta da quegli occhi dorati
così intensi ed espressivi, voltò lo sguardo brillante di lacrime di collera, e
si morse le labbra nervosa.
“ Io voglio tornare a casa.”
Sussurrò con le guance arrossate
per l’amarezza, mentre una lacrima silenziosa sgorgò ribelle.
Frodo e Sam si guardarono
dispiaciuti. In fondo era solo una ragazza, evidentemente confusa sul suo
avvenire, in un regno a lei estraneo.
Inaspettatamente, una mano affusolata e
candida come la sua pelle gliela asciugò con due dita, e la fanciulla si
ritrovò ad incontrare gli occhi caldi, avvolgenti e color topazio di un Edward
premuroso.
“ Ma tu sei a casa.”
Le disse, con la sua voce
caldissima e vellutata.
Diana gli sorrise, mentre i suoi
occhi e la sua espressione si raddolcirono con un sospiro, catturando fra le
sue piccole mani quella di lui.
Fu proprio in quel momento di
riconciliazione che suonò la campana d’allarme.
Aragorn e Gandalf, seguiti da
Taras, Will e Legolas si alzarono in contemporanea. Luthien alzò il viso di
scatto, con ancora una ciocca dei suoi capelli castani fra le dita. Frodo sentì
la gemma ridestarsi dal suo apparente torpore, assumendo una posa ansiosa, ma
Sam lo tranquillizzò con i suoi occhi caramellati e sicuri. Merry e Pipino
rimasero sbigottiti ed increduli e si guardarono per darsi coraggio a vicenda.
Gimli quasi cadde dalla sedia per l’impeto che ci mise per alzarsi.
Ser Falcum si precipitò alla
finestra di vedetta, voltandosi subito dopo verso il suo re che si era
avvicinato svelto e felino verso la sua persona, attento ad ogni sua parola.
Il lampo che vide nei suoi occhi
muschiati non lasciava dubbi.
“ Ci attaccano.”
Ed ora, ecco a voi, signori e
signore…
L’angolo dei saluti:
Fanny91: Sono contenta che ti sia
divertita in vacanza e sono felicissima che ti sia piaciuto anche questo decimo
capitolo ( WOW già 10!!!XD) !!! Vedo che Herion ha fatto colpo su molte di
voi!!! Ne sono entusiasta!! Vedremo se ricomparirà nel corso della storia ( non
posso anticipare nulla, sorry!!! ;D)!!! Spero che tu abbia apprezzato anche il
personaggio di Sir Edward ( che io adoro particolarmente!) !!! Vedrai che
combinerà nel corso delle avventure della nostra Compagnia!!! Si, rido da sola
quando scrivo le scenette comiche tra Legolas e Gimli mentre combattono!!! Hihi!!!
Ma il personaggio che prediligo di più è sicuramente Luthien e sono contenta
che anche tu la apprezzi così tanto!!! Ami le mie descrizioni??? Oh, quale
onore, grazie mille!!! Bacioni e al prossimo commento!!! Fuffy91!! ^__^
LadyElizabeth: Mia cara Elizabeth,
posso affermare con certezza assoluta che sei mitica!!! Ti lascio immaginare la
scena: io che ridevo da sola davanti al computer, mentre leggevo il tuo
strepitoso commento, soprattutto il tuo attimo di follia, e mia sorella che mi
guardava e scuoteva a testa come a dire: “ Questa è matta!”.Strano che non se
ne sia mai accorta in 16 anni, no?? Detto questo, passo alla risposta della tua
favolosa recensione; innanzitutto, sono contentissima che ti sia piaciuta la
sena degli specchi e dei riflessi e quelle durante la battaglia nella Foresta
dei Vel, con protagonisti indiscussi Aragorn ( non svenire mentre lo nomino!),
Legolas ( definiamolo pure un Dio Greco versione Elfo!) e Gimli ( il nanetto
rossiccio!!) !!! Come hai potuto vedere, anzi leggere, il nostro avvenente Sir
Edward ha intenzioni buone e pacifiche ed è del tutto intenzionato ad aiutare i
nostri eroi!!! Speriamo bene!!! Detto questo, grazie mille volte per il tuo
impeccabile commentino e al prossimo cap!!! Baci baci Fuffy91!!! ^__^
Mel: Cara Mel, devo dire che i
tuoi commenti sono sempre quelli più dolci e riflessivi, mi piacciono molto!!!
Sei pessimista??? Non lo avrei mai detto!! Allora hai molte cose in comune con
il nostro Frodo!!! Prima di tutto, sono arci contenta che tu abbia apprezzato
la scena dei riflessi e soprattutto quello del nostro amico hobbit in comune!!!
Hihi!!! Si, Herion non parte con loro, però abbiamo sempre la “ dura guerriera”
Luthien, anche se, riprendo le tue parole, anche lei, in fondo ha un cuore! È
un po’ brusca, ma in fondo sa essere anche divertente quando vuole. Basti
pensare a come punzecchia Will, uno dei personaggi più appassionati, sinceri,
ironici e svitati che abbia mai creato ( lo adoro!! La storia non avrebbe quel
non so che senza di lui, a mio parere!). Uhm…non so dirti se Luthien sia “
impegnata” con il nostro Legolas ( anche se, quest’ultimo spera ardentemente,
nel suo intimo, che sia vero!) ma d’altra parte, chi può dire cosa passi nella
mente di quella principessa guerriera elfo??? Hihi!!! Purtroppo, non so dirti
se entrerà o meno un altro personaggio femminile nel “cast”, come tu affermi…ma
mai dire mai, nella vita!!! Grazie alla millesima potenza del tuo commento e al
prossimo capitolo!! Baci baci Fuffy91!!! ^__^
Ed ora, cari amici lettori e care
amiche lettrici, misteriosi ed enigmatici come sempre e che on mi deludono mai,
un grazie sincero anche a voi tutti e a prestissimo!!! Baci baci Fuffy91!!!
^_________________________________________^
P.S.: Ragazzi, inizia la scuola (
di sabato, poi! Che scemenza!!!)!!! Che tragediaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!
Ehm…perdonate lo sfogo!!! Ma io continuerò a scrivere e terminerò questa
splendida storia, volente o nolente, cadesse il mondo!!! Bacioni Fuffy91!!!
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Capitolo 11 *** Capitolo 11 ***
C11
“ Alzate il ponte! Rinforzate le mura di cinta! Difendete la
fortezza!”
Urlò Ser Falcum percorrendo i luoghi del castello,
incoraggiando i soldati del regno di Holmes ad impugnare le armi, per difendere
il loro popolo e il loro re.
Sguainando la spada, Falcum trafisse con il suo sguardo
verde foglia i visi tirati per la tensione di tutti i membri della Compagnia
della Gemma del Destino, che lo seguivano ad ogni passo, scrutando
raccapricciati lo spettacolo di malvagità che si presentava in primo piano, davanti
alle solide mura del castello in pietra massiccia.
“ Ma come è possibile? Attaccano di giorno?”
Si chiese quasi fra sé Taras, osservando le fila degli orchi
di Venia forzare la porta principale, cercando una breccia in quella difesa
impenetrabile, con spade, lance e un tronco d’albero massiccio, i cui tonfi
sordi sulla parete in legno levigato, ma resistente, fecero sobbalzare la
futura regina di Holmes, con lo sguardo fiero ma il volto tetro e pallido a
tradire la sua inquietudine.
“ Diana, devi andartene di qui. E alla svelta, anche.”
Disse Sir Edward, con la sua voce vellutata ma severa al con
tempo, mentre camminava a passo misurato verso la sua interlocutrice e si
affrettava ad allacciare i cinturini di cuoio fino della sua armatura
argentata, molto simile a quella dei suoi soldati, ma più aderente e forse di
metallo più ricercato e resistente.
“ Tra poco riusciranno a varcare la soglia della fortezza e
uccideranno chiunque ostacoli il loro cammino. Non credo che siano così galanti
e rispettosi di risparmiare la vita di una dolce donzella come te, non credi?”
Le disse regalandole quel suo classico sorriso sghembo che
sortiva sempre l’effetto di far accelerare i battiti del suo cuore di ragazza,
anche se il suo corpo non lanciava nessun segnale che potesse smascherarla.
“ Va nella mia stanza. Sulla parete di destra c’è una
piccola biblioteca. Cerca il libro intitolato “ La mia salvezza”. Toglilo dallo
scompartimento e vedrai che la biblioteca si aprirà insieme alla parete. C’è
una rampa di scale che ti condurrà nelle segrete del castello. Procedi sempre
dritto. Troverai una porta che ti condurrà all’esterno, dall’altra ala del
castello. Continua a correre e rifugiati nel boschetto e rimani lì finché non
sei certa che tutto sia finito. Sono stato chiaro, Diana?”
Le chiese osservandola con i suoi occhi color topazio, ma
non riuscì a catturare i suoi occhi tempestosi, dato che lei aveva abbassato lo
sguardo.
Edward ,con un debole sorriso, le alzò il capo catturandole
il mento con due dita, accarezzandoglielo con il pollice.
“ Diana, hai capito le mie istruzioni?”
Le chiese gentilmente e in un solo sussurro.
Diana, incapace di parlare annuì e lo abbracciò stretto,
affondando entrambe le mani nei suoi capelli bronzei, accarezzandoglieli quasi
disperata.
“ Edward…io…Edward…”
Disse in preda ai singhiozzi Diana, nascondendo il volto
arrossato e rigato di lacrime di amarezza sulla sua forte spalla.
Edward le cinse la vita ricambiando l’abbraccio
delicatamente, annusando il profumo dei suoi ricci stretti ed indomabili,
intrecciandoli tra le dita affusolate, aggrottando le sopracciglia e serrando
le labbra al pensiero che forse avrebbe potuto farlo per l’ultima volta. A
malincuore si distaccò dall’abbraccio ,consegnandole un pugnale, con fodero
intagliato nel legno con impressa una rosa e una spada incrociate, fregio del
suo reame, tra le mani tremanti.
“ Prendi e spera di non doverlo usare.”
Diana lo ringraziò con appena un bisbiglio, mentre
allacciava il suo dono ,con un nastro azzurro, attorno al suo giro vita. Poi ,asciugandosi
gli occhi con il dorso della mano, non ebbe il tempo di accorgersi che Edward
le aveva preso la testa tra le mani grandi, marchiandole la fronte con un bacio
caldo e disperato.
Si guardarono per l’ultima volta negli occhi e lasciandola
andare del tutto, le sussurrò con voce caldissima ed accorata.
“ Và, Diana, và!”
E guardandola correre, il sovrano di Holmes sospirò
amareggiato, bisbigliando fra sé e sé:
“ Và…amore mio.”
Poi ,osservando l’esercito di orchi ai piedi della sua
fortezza, la sua espressione si indurì e serrò la presa sulla spada che portava
infoderata sul fianco destro, smanioso di denudarla e bagnarla del loro sangue.
“ Falcum!”
“ Si, mio signore?”
“ Qual è la situazione?”
Lo videro chiedere con un’autorità e una voce perentoria ,che
non ammetteva tentennamenti, inimmaginabili
Aragorn e Taras ,che si scambiarono uno sguardo stupito, seguito poi da
un sorriso di ammirazione per quel giovane re.
“ Gli orchi hanno circondato l’area sud del castello.
Vogliono cercare di entrare nella porta principale, come voi già sapete. Le
vedette stanno scagliando frecce contro di loro incessantemente, diminuendone
il numero, anche se lievemente.”
“ Possiamo dire approssimativamente quanti sono?”
“ 500.”
Disse Legolas, scorgendo attento con i suoi brillanti occhi
elfici la macchia nera che chiazzava ,con la sua perfidia, il verde rigoglioso
di quelle terre magnifiche.
Tutti lo osservarono costernati, tranne i membri effettivi
della sua Compagnia, tra cui Aragorn che gli si accostò al fianco, guardando
pensoso nella sua stessa direzione, mentre un venticello freddo faceva
ondeggiare dietro le sue spalle le onde lucenti dei suoi capelli castano scuro.
“ Non sono poi così tanti.”
Costatò, facendo increspare di un sorriso le labbra ,dalla
linea elegante, di Legolas, finché non vide un orco scagliarsi contro Aragorn
dall’alto, usando lo slancio ricevuto da un suo amico troll dal basso. Lo
scostò con un solo movimento e quando si voltò, lo vide a pochi centimetri di
distanza, con la spada a solleticare la pelle candida del suo collo, con la
bocca aperta e gli occhi sbarrati.
Senza capire, seguì il movimento della spada impolverarsi
sul pavimento una volta scivolata dalle sue mani, udendo più del lecito il
tonfo della sua carcassa cadere in terra, sulla schiena visibile una freccia
con piume bianche, che era riuscita a perforare la sua robusta armatura e a
trafiggergli il cuore, tanto la violenza con cui era stata scagliata.
“ Ora sono 499.”
Affermò una voce delicata e melodiosa, la cui proprietaria
era seduta comodamente sul cornicione merlettato della balconata, tendendo una
nuova freccia dal suo arco bianco e delizioso nei particolari.
“ Incredibile! Siete stata agilissima, complimenti!”
Disse Falcum ad una Luthien distratta, con una luce
d’ammirazione negli occhi verdeggianti.
Quasi imbronciata, saltò giù sinuosa dal cornicione e si
diresse ,velocissima ad occhio nudo, tanto che riapparve a tutti ,dall’altra
parte della balconata a scagliare frecce infallibili come fulmini divini.
“ Niente rancori, messer.”
Disse con uno dei suoi sorrisi accattivanti Will ad un
Falcum frastornato, e impugnando anch’egli le impugnature delle sue spade
leggendarie, e facendo un occhiolino incoraggiatore a Merry ,che lo ricambiò
con un sorriso, sguainò con un sonoro sciabolare le zanne lavorate del
leggendario drago Amlach. Si portò verso la sua compagna e saltò la balconata,
non dopo aver sussurrato qualcosa a Luthien in un orecchio, che le fece alzare
gli occhi al cielo, rassegnata.
“ Grazie, Legolas.”
Disse Aragorn, sguainando a sua volta la spada e sorridendo
ad un Legolas ancora stupito, ma che ricambiò prontamente, riscuotendosi da
quell’apparente torpore:
“ Di nulla.”
E impugnando a sua volta il suo arco, tese velocemente una
freccia con piume tricolori, per poi scoccarla in direzione di un orco ,che
cercava di scavalcare le mura con l’uso di una rozza corda.
Aragorn e Gimli scesero sullo scenario principale della
battaglia, appena in tempo per vedere Will trafiggere con un attacco incrociato
tre orchi in una sola volta, che più che per il dolore delle ferite riportate,
sembravano lamentarsi per le scottature che marchiavano internamente le lame di
Amlach che ,con il loro alone infuocato, evaporavano all’istante il sangue
delle loro vittime, apparendo sempre luccicanti ed mai utilizzate.
Il sorriso di William era compiaciuto ed euforico insieme.
Non lo avevano mai visto realmente combattere, se non occasionalmente, una
volta alla reggia di Minas Tirith, e un’altra ancora nella Foresta dei Vel, ma nelle
vesti di protagonista indiscusso di un’intera battaglia.
Bisognava ammettere che l’avvenente giovanotto dal sorriso
accattivante e dalla battuta sempre pronta cedeva radicalmente il posto ad un
irriducibile guerriero dagli occhi di fuoco e dal ghigno omicida. Ad Aragorn
tornarono alla memoria le parole di Taras all’uscita delle porte di Gondor e a
Gimli vennero i brividi a fior di pelle a quella seconda immagine del giovane
Brown, e ringraziò i suoi antenati che fosse suo alleato.
Dal canto suo, Will colpiva, trafiggeva e uccideva orchi e
goblin a destra e a manca, godendo ad ogni sferzata, in un crescendo di eccitazione,
che lo faceva apparire agli occhi di una sua graziosa ammiratrice, un feroce e
bellissimo dio assassino, tanto da guardarlo stupita ed intimorita al con
tempo.
“ Le consiglierei di fuggire, mia signora.”
Le disse dopo aver abbattuto l’ennesimo orco. Lo sciabolare
delle sue lame nel fendere l’aria circostante la fecero sussultare e per
tranquillizzarla, Will le regalò uno dei suoi sorrisi più belli.
La povera servitrice sembrava più spaventata da lui che
nemmeno dagli orchi che avrebbero potuto ucciderla senza alcuno sforzo, come
accadde in quel preciso istante. Ma il suo urlo di terrore morì sul nascere
quando vide Aragorn trafiggerlo e farlo cadere a terra morente. I suoi occhi
smeraldini erano sicuramente più rassicuranti di quelli azzurro trasparente e
velati da una sfumatura di follia dovuta allo scontro, del suo compagno, tanto
che riuscì a strapparle un sorriso di riconoscenza e un ringraziamento
bisbigliato in un sussurro.
“ No, non ringraziatemi. Presto, ora: fuggite!”
Le intimò calmo e con la sua voce profonda e la fanciulla
corse nella direzione che le aveva indicato il suo salvatore.
Will scosse la testa ,sorridendogli.
“ Non è giusto! Io l’ho salvata per primo, eppure sei tu che
hai avuto successo!”
Aragorn trattenne a stento una risata e fece spallucce,
scatenando una sua risata fragorosa.
Entrambi e Gimli, impegnato a tenere il conto dei nemici che
faceva cadere a terra come mele mature, alzarono lo sguardo per scorgere la
figura del giovane signore di Holmes saltare la balaustra in pietra della
scalinata che conduceva nel cortile, teatro dello scontro, e colpire alla giugulare
con la sua spada un Uruk-hai ringhiante. Con un sospiro e un mezzo sorriso, che
sembrava più il ringhio di un ghepardo pronto a scattare sulla preda, ne
trafisse un altro e un altro ancora, fino a che la fila dei nemici si allungò,
evidentemente dopo aver compreso chi fosse realmente l’uomo con cui stavano
combattendo, ed entrarono in scena, fianco a fianco, Taras e Falcum, per
correre in suo soccorso.
Aragorn, Will e Gimli si sorrisero e si unirono a loro,
formando ,così, un piccolo esercito di valorosi guerrieri, mentre ai piani
superiori, Legolas e Luthien scoccavano le loro frecce per impedire agli orchi
di risalire le mura del castello, quasi in sincronia, mentre Gandalf e i
quattro hobbit uniti, contribuivano nell’esito della battaglia.
Fu un susseguirsi di spade incrociate, urla di dolore e di
vittoria, magie difensive ed abilità guerriere innate o mai svelate. Frodo
sentì la gemma affievolire la sua luce, e fu allora che con ancora la spada
luccicante ricoperta di sangue e Sam, Merry e Pipino che davano insieme la
scoccata finale ad un orco resistente, si affacciò titubante al parapetto e tra
l’insenatura di una merlatura vide i soldati di Holmes esultare, i suoi
compagni riporre le armi sorridenti o sospiranti e Sir Edward pulire la sua
spada su un lembo dell’armatura di un orco e sorridere gioioso ad un Falcum
trionfante.
Scorse con la coda nell’occhio Legolas e Luthien riporre
anch’essi i loro archi e le loro frecce mai scoccate, per poi sorridersi a
vicenda, il primo luminoso e la seconda a fior di labbra, per poi allontanarsi
furtiva, e sentire, infine, l’urlo di gioia dei suoi amici della Contea, dietro
le sue spalle e la mano destra ,ancora un po’ annerita, di Gandalf posarsi
sulla sua spalla. Incontrò i suoi occhi azzurri e sornioni, e ricambiò il suo
sorriso soddisfatto.
“ Si, Frodo. La battaglia è stata vinta, nel regno di
Holmes.”
“ Si, ma…la guerra è ancora aperta e segnerà il nostro
cammino e quello di coloro che incontreremo, dovunque andremo.”
Disse Frodo, con un velo di tristezza ad incupire i suoi
occhi cristallini e la sua voce leggera.
“ Si, è così.”
Fu la placida risposta di Gandalf, a cui Frodo rispose con
un sospiro di delusione. Lo stregone bianco lo osservò, con il capo chino rivolto
al pavimento murato, e sorrise enigmatico.
“ Ma non dobbiamo disperare, Frodo. Perché altrimenti,
faremo il gioco del nostro nemico.”
Una pausa, in cui portò lo sguardo verso i festeggiamenti
per la rivincita contro Venia, dei soldati di Holmes e dei suoi compagni, che
discutevano allegramente.
“ La disperazione e l’angoscia sono sentimenti che sono
devoti, molto spesso, ad opprimere il coraggio. Solo avendo fiducia in sé
stessi e negli altri, è possibile demolire il più terribile e massiccio dei
macigni.”
Continuò, voltandosi verso un Frodo attento:
“ Basta avere i picconi più robusti.”
Frodo ricambiò il suo sorriso.
“ Quindi ricorda, mio buon Frodo: non cedere alla
disperazione prima ancora che essa ti abbia sfiorata e, quando sei in preda al
dubbio, cerca in te stesso la risposta che sarà sicuramente la più giusta,
oppure, trova conforto e sostegno negli amici che ti amano.”
Frodo annuì alle sagge parole del suo caro amico, che lo
vide allontanarsi pieno di nuova speranza con i suoi amici, al fianco di un
premuroso Sam.
Scrutò le nuvole dense e grigiastre trasportate dal cielo
plumbeo che ricopriva le terre morte della Signora delle Tenebre, aggrottando
le sopracciglia in preda al più intricato ed inaccessibile dei pensieri, mentre
un vento di vita gli solleticava il viso e i capelli di un bianco accecante.
Fu in quel momento che lo udì, agghiacciante nella sua
mente. L’urlo di Venia, un urlo di sconfitta.
Sir Edward corse verso il boschetto, raggiante come non mai,
contando i secondi che lo separavano dal riconcilio con la sua amata. Era certo
che, con le sue istruzioni, Diana sarebbe riuscita a fuggire indenne dallo
scontro.
Seguito poi da Ser Falcum, Taras ed Aragorn, smontò da
cavallo appena sopraggiunto ai piedi del boschetto verdeggiante, alle prime
luci del crepuscolo, e fu proprio un raggio di quel sole rossastro a rivelare
l’immagine di un orco, ormai esanime, vicino ad un alto tronco di un salice
piangente, e poco più in là, un pugnale ricoperto di sangue bluastro tra i fili
d’erba ,morbidamente arcuati e mossi dal venticello leggero mollemente.
Preoccupato, lo raccolse con le mani delicatamente e lo osservò da vicino. Intagliati
sul suo manico in legno levigato, vi erano una rosa spinosa e una spada
incrociati fra di loro. Non vi era alcun dubbio: era il suo pugnale, la piccola
arma che aveva consegnato a Diana prima di correre verso una salvezza che, in
quel momento, per Edward, non risultava più tanto certa.
Lentamente portò nuovamente i suoi occhi dorati sull’orco
decaduto, poi sul pugnale e lasciandolo cadere a terra con malagrazia, corse
verso il folto del boschetto, urlando a gran voce il nome della principessa di
Ruer.
Intanto, i suoi compagni, smontati uno ad uno dalle
rispettive cavalcature, corsero con lo sguardo ai due elementi estranei al
suolo verdeggiante, per poi circoscriverli e raggiungere il giovane in ansia.
Aragorn si soffermò più del dovuto a scrutare attentamente
l’orco trafitto mortalmente, finché il suo occhio esperto non cadde su alcune
orme lasciate sull’erba, che si susseguivano molto rapidamente.
Le tastò con le dita delicatamente, poi con l’intero palmo
della mano, misurandone l’ampiezza. Sorrise quello che fu, un tempo, il ramingo
del Nord. Erano le tracce lasciate da Diana.
Le seguì istintivamente, senza curarsi di avvisare gli
altri, fino a giungere ai piedi di una grande quercia, poco distante dallo
scenario dello scontro.
Lo circoscrisse lentamente, scrutandolo in ogni direzione,
dalle radici, fino alle alte fronde, senza successo, fino a che non sentì un
mugolio provenire ,quasi paradossalmente, dall’interno della quercia stessa.
Aragorn accostò l’orecchio sul tronco rugoso, in ascolto di un qualche segnale,
che prontamente arrivò, con un rinnovato mugolio, in cui riuscì a distinguere
le parole “E” e “Ard”.
Quasi precipitosamente, scostò alcune foglie che, con sua
enorme sorpresa, celavano un grande incavo all’interno del tronco d’albero.
Si accostò e con un sospiro di sollievo, vide la principessa
raggomitolata su sé stessa, con solo i folti ricci e la lunga gonna azzurro
oltre mare, nascondere il suo corpicino tremante e il volto rigato di lacrime,
forse dovute alla paura e alla disperazione.
Delicatamente, per non turbare il suo apparente sonno,
Aragorn tese le braccia e la riportò alla luce rossastra e dorata del tramonto,
togliendole alcune foglie dai capelli mentre la avvolgeva in un rassicurante
abbraccio, come avrebbe fatto anche per un bambino indifeso.
“ Edward.”
La sentì bisbigliare con la voce rauca per il pianto.
“Edward.”
“ Non preoccupatevi, mia signora. Presto lo rivedrete.”
Le sussurrò Aragorn, cercando di tranquillizzarla,
riscuotendo il risultato voluto. Infatti, la fanciulla sorrise e si strinse
istintivamente al suo ritrovatore, come una bambina bisognosa di conforto.
Appena li vide superare un alto faggio, Edward sospirò e
corse verso di loro, ringraziando felice Aragorn:
“ Vi ringrazio, Sir Aragorn. Non lo dimenticherò.”
E ad un cenno solenne del capo da parte del suo
interlocutore, in segno di risposta, con un nuovo sorriso ad increspare le
belle labbra modellate, Sir Edward accolse tra le sue braccia il corpo di
Diana, tenendola stretta a sé come un gioiello prezioso, affondando il viso nella
sua massa di ricci ribelli e annusandone il profumo di rugiada.
Quando ritornarono alla reggia, tutto era ritornato al
proprio ordine. Edward affidò Diana alle cure dei medici e delle dame di corte,
insieme ad un precetto in ansia per la sua sorte. Aragorn e Taras si unirono ai
loro compagni e riunitisi tutti nella sala dei banchetti, inaugurarono i primi
bagliori lunari della sera con una festa in lode alla loro vittoria.
Perdono, perdono, perdono!!! Ritardo immenso,
immensissimo!!! Ma, vedete…scuola, compiti, compiti in classe, 25esimo
anniversario dei miei…eh, una si stressa, primo, secondo, devo confessare che
la vena ispiratrice si era fatta sentire di meno, ultimamente (mente affollata,
cercate di comprendere!!!). Ma adesso, bando alle giustificazioni e passiamo
all’attesissimo…
L’angolo dei saluti:
LadyElizabeth: Il tuo spettacolo di uomo, mia cara Elly,
viene messo in rilievo anche in questo cap, come hai potuto leggere!!! Sono
contentissima, come sempre, che ti sia piaciuto il mio cap precedente, come
sarò arci-contentissima se apprezzerai anche quest’ultimo!!! No, dai…così
arrossisco!!! Paragonarmi a Tolkien!!! È un onore se non un privilegio!!! Oh
Dio!! Mi sto Tolkionizzando!!! Parlo come Aragorn!!! Hihi!!! Ti sono piaciuti i
soprannomi, vedo?? Bene, bene!!! Tranqui, il prossimo cap ( Attenzione: Spoiler, spoiler!!!), sarà tutto dedicato al nostro Dio Greco
versione Elfo, ma non è detto che ci saranno sviluppi di qualche genere fra la
nostra ipotetica coppia elfica!!! Hihi!! Basta, non dico altro, altrimenti…che
gusto c’è a leggerlo, poi!!! Grazie di tutto, Elizabeth e a prestissimo ( ‘sta
volta, dico sul serio!!!)! Baci baci, Fuffy91! Ciaoooo!!! ^____^
Mel: Mel, Mel!!! Non vi ho abbandonato!!! Scommetto che
vorresti ammazzarmi, dì la verità??? Mi dispiace!!! Sono enormemente in
ritardo!!!! Mi scuso ancora!!! Sob, sob…me misera!!! Beh, però sono qui e ti ho
regalato un altro cap pieno di colpi di scena!!! Spero ti sia piaciuto con lo
stesso entusiasmo dei precedenti e che me lo farai sapere al più presto!!! Ed
ora, passiamo alla risposta al tuo ultimo comment: però, che occhio!!! Ebbene
si, lo ammetto: mi sono ispirata, leggermente, all’Edward di Twlight ( libro
meraviglioso, di cui leggerò anche il seguito e che invito a fare a molte di
voi, care amiche lettrici! Oh…Pubblicità Occulta!!! Vermone di
Fiorello!!!Hihi!!! è certo: deliro!!!), anche se, ti posso assicurare e forse
sarò costretta a deluderti, questo Edward non è poi tanto complicato come il
personaggio di Stephanie ( non è un vampiro o cose del genere, tranqui!). Per
quano riguarda i suoi rapporti con Diana…beh, può darsi…hihi, rimango
sull’ambiguo, poi vedrai, vedrai!!! Ancora grazie per i tuoi meravigliosi
commenti e, tranqui, mi piace questo tuo lato di trovare complicazioni ovunque!
Io le trovo soprattutto con i compiti di mate!!! Hihi!!! Bacioni e a presto
(promesso!!) Fuffy91!! ^____^
Fanny91: Supposizione azzeccata, quindi il tuo cervellino
non penso sia tanto malato, ma si avvicini, piuttosto, a quello di Agata Christie!!!
Hihi!!! Ebbene si: come ho già esposto a Mel, mi sono ispirata più o meno ad
Edward Cullen, che adoro come se fosse reale!!! Sono contenta che comunque ti
piaccia, come sono contentissima che tu abbia apprezzato il mio penultimo cap
e, spero, anche l’ultimo ( ma approssimativamente!!). Grazie per il tuo
incoraggiamento scolastico!! A presto e bacioni di cuore Fuffy91!!! ^____^
E ovviamente, bacioni anche a tutti voi, lettori e lettrici
misteriose!!! Un saluto di cuore palpitante di gratitudine anche per voi
tutti!!! Continuate a seguirmi sempre, mi raccomando!!! Non ve ne pentirete!!!
Baci Baci e a prestissimo Fuffy91!!!
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Capitolo 12 *** Capitolo 12 ***
C12
Quando Diana riaprì gli occhi azzurro tempesta, la prima
cosa che vide fu il bagliore luminoso della fiamma della candela appoggiata
accanto al suo comodino in mogano, riuscendo a seguire il corso di una goccia
di cera scivolare velocemente e cadere sull’appoggio in oro puro.
Aprì e chiuse le palpebre due o tre volte, per poi volgere
lo sguardo verso il tetto morbido e trasparente del suo letto a baldacchino,
con tende color verde smeraldo, come gli occhi di quel re venuto da lontano,
dalle Terre di Mezzo. Le sembrava di aver udito la sua voce in quei momenti di
terrore, dovuti allo scontro, ancora vivido nella sua mente, con quell’orco
sbucato dal salice piangente, all’inizio del boschetto, che evidentemente
l’aveva scorta durante la penetrazione dalle mura del castello, e aveva deciso
di seguirla per proclamare la sua morte con la sua spada assassina.
Rammentò il brivido di pura paura che l’aveva scossa
interamente, e forse avrebbe dovuto ringraziare i suoi buoni riflessi che
l’avevano spinta a schivare il suo colpo, che le aveva solo strappato un lembo
della manica del vestito e al suo istinto di sopravvivenza ,che l’aveva portata
a trafiggerlo con il pugnale di Edward, una volta che aveva cercato di
immobilizzarla con il peso del suo corpo, al suolo verdeggiante.
Una volta scansatolo, aveva lasciato cadere il pugnale ed
era fuggita, senza sapere il perché del suo timore improvviso. Si era nascosta
nell’incavo di quella grande quercia, ricoprendolo con una massa di foglie e
poi…e poi…il nulla l’aveva inglobata.
Ed ora si ritrovava nel suo letto, in compagnia di una
candela accesa e di un irreale silenzio, intorno a lei. Si portò una mano sulla
fronte, sorprendendosi di quanto fosse debilitata, e massaggiandosi le tempie doloranti,
a causa di un mal di testa martellante.
Improvvisamente, sentì una mano tiepida scostarla
delicatamente, per poi poggiarvi una pezzuola fresca, che subito le provocò un
sollievo immediato.
Senza curarsi di chi fosse stato ad accudirla, forse una
delle sue dame di compagnia o un medico di corte, sorrise debolmente e mormorò
un ringraziamento:
“ Grazie.”
A quel punto, fu sorpresa di sentire una voce tanto
familiare e così tanto gradita:
“ Non devi ringraziarmi di nulla, Diana.”
Quest’ultima si portò a sedere di scatto, facendo cadere sul
lenzuolo di lino color panna la pezzuola, ora diventata calda, a contatto con
la sua pelle, spalancando la bocca e sgranando gli occhi per la meraviglia. Lì,
seduto comodamente su una sedia e con un sorrisino beffardo ad increspare le
belle labbra modellate, con le gambe incrociate e le mani affusolate
intrecciate sul suo grembo, c’era Edward, l’uomo che, dopo quella epocale
guerra, sarebbe diventato suo marito e il suo nuovo re.
“ Cosa…cosa ci fai qui?”
Gli chiese dopo un attimo eterno, riscuotendosi da quel
momento di torpore.
La risata che sgorgò dalla sua gola e dalla sua bocca vibrò
nelle sue orecchie come il più bello dei suoni, e questo la sconcertò e la
tranquillizzò contraddittoriamente.
“ Come sarebbe a dire cosa ci faccio qui?”
Le chiese a sua volta, falsamente arrabbiato, continuando a
sorriderle. Alzatosi molto lentamente, riprese la pezzuola, la sciacquò
nuovamente in una bacinella posta all’altro lato del letto, su un comodino
gemello, e facendola reclinare delicatamente sul cuscino in piume d’oca, le
mormorò:
“ Accudisco la mia principessa malata.”
Disse tranquillamente, mentre le scostava una ciocca di
ricci ribelli dalla fronte, soffermandosi ad intrecciarla tra le sue dita
affusolate, come faceva di solito, facendole socchiudere gli occhi a quella
dolce carezza, per poi rinfrescarla con un lembo della pezzuola, dolcemente e
senza fretta, come se fosse lui il suo medico.
“ Non…non sono malata.”
Gli rispose in un soffio Diana, ancora percorsa dai brividi
che le aveva procurato l’espressione “mia principessa”, uscita dalle sue
labbra.
Senza contestarla, ma rispondendole con un ghigno, Edward si
chinò e le baciò una tempia, facendola sussultare per la freschezza delle sue
labbra a contatto con la sua pelle accaldata.
“ Si che lo sei.”
Le sussurrò, per poi depositarle un altro bacio nel centro
della fronte:
“ Hai quella che i medici definiscono…”
Si interruppe per baciarle l’altra tempia e guardarla con i
suoi occhi color topazio:
“…febbre da paura.”
“ Io non ho nessuna paura.”
Diana si meravigliò di rispondergli con così tanta tranquillità,
dopo quel breve ma intenso assalto emotivo.
“ Adesso no, ma quando ti abbiamo trovata nascosta
nell’incavo di quella quercia, si.”
Diana non replicò, e lo guardò allontanarsi da lei e
risedersi nella stessa posizione in cui l’aveva scorto appena sveglia.
“ Mi hai trovata tu?”
Gli chiese, cercando di immaginarsi la sua espressione non
appena l’aveva ritrovata.
“ No. Ti ho cercato nel folto del boschetto, chiamando più
volte il tuo nome, ma tu non mi rispondevi. Cominciavo davvero a preoccuparmi.
Ma poi è arrivato Sir Aragorn, che si era allontanato nella parte opposta,
ritornando da noi con te tra le braccia. Non immagini quale sia stato il mio
sollievo rivederti sana e salva.”
“ Ah, è stato Sir Aragorn? Allora non mi ero immaginata la
sua voce, mentre mi rassicurava.”
Edward aggrottò le sopracciglia bronzee come i suoi
indomabili capelli, quasi sorpreso delle sue parole.
“ Dovevi proprio aver provato una paura terribile se non
rammenti nemmeno cosa è successo in seguito.”
Diana scosse la testa in segno affermativo, e vide Edward
abbassare la testa sospirando e nascondere il viso tra le mani giunte, poste
sulle ginocchia, ora divaricate.
Ci furono attimi di silenzio carichi di tensione, dove
entrambi erano immersi nei loro pensieri. Finché Diana non lo sentì mormorare:
“ Mi dispiace.”
“ Come?”
Chiese convinta di aver capito male:
“ Mi dispiace di non averti potuto risparmiare questo
strazio, di non aver saputo proteggerti come avrei dovuto. Se puoi, perdonami,
Diana.”
Perché le stava chiedendo perdono? Che fosse davvero
convinto delle sue parole? Era davvero convinto che non l’avesse protetta a
dovere? Come si sbagliava! Era solo a lui che doveva la vita e a nessun altro.
Scivolando lentamente sul morbido materasso e scostando le coperte
impercettibilmente, incurante di avere solamente una leggera camicia da notte
leggermente scollata e di un colore azzurro pallido, gli toccò quasi timorosa
le dita intrecciate, a cui lui rispose con una scatto del capo e incatenando i suoi
occhi d’oro fuso con quelli tempestosi e dolci di lei, un’espressione che non
le aveva mai visto prima e che lo lasciò esterrefatto.
Inginocchiandosi alla sua persona, gli disse accorata e
sincera come non lo era stata mai prima di quel giorno nei suoi confronti.
“ Edward, non devi rimproverarti di nulla. Anzi, sono io che
dovrei chiederti perdono di non essere la donna temeraria che tu vorresti al
tuo fianco. Da quando sono venuta a vivere qui, con te, in questo castello, ad
Holmes, ti ho solo provocato disturbi ed impicci, ricevendo da me solo ritrosie
e litigi. Vedi io…all’inizio ero arrabbiata con te e con mio padre, perché
entrambi avete avuto la libertà di decidere della mia vita , del mio futuro,
solo con un misero pezzo di carta. Holmes è sempre apparso ai miei occhi come
una prigione dorata, di cui non riuscivo a trovare una via di fuga. E tu, il
mio carceriere…il mio bel carceriere, che un giorno avrei dovuto sposare, non
importa se dopo o prima della guerra. Decisi di non aver nessun contatto con
te, che sarei stata più distaccata possibile nei tuoi confronti. Avevo anche
progettato di esasperarti a tal punto che prima o poi mi avresti scacciata dal
tuo castello. Ero così disperata ed infelice della mia sorte ,che avrei
preferito il disonore e l’esilio piuttosto che vivere il resto dei miei giorni
in un paese che non amavo e che consideravo estraneo, accanto ad un uomo che
avrei finito con l’odiare fino alla morte e che avrei sempre considerato come
un mio nemico.”
Diana sorrise e alzò gli occhi verso quelli dorati ed
intensi di lui, che non mostrava la minima sorpresa nel significato delle sue
parole.
“ Ma poi, non è andata come avevo previsto. Non avendoti mai
incontrato prima, credevo che fossi uno di quei vecchi e noiosi re che si
credevano saggi e potenti…”
Risero entrambi a quella descrizione, per poi continuare:
“…e invece, fui sorpresa di vedere nella sala del trono, non
appena giunta nel tuo palazzo, un ragazzo all’incirca della mia età, giovane,
atletico e…affascinante come te.”
Voleva dire “bellissimo”, ma si trattenne, arrossendo
appena.
“ Anche caratterialmente, dopotutto, avevi un certo
interesse ai miei occhi, ma nonostante tutto, decisi che non avrebbe fatto
alcuna differenza, che il mio piano iniziale sarebbe continuato comunque. Ma…”
Esitò, arrossendo ancora un po’:
“ Ma…?”
Incitò Edward, stringendole le mani per incoraggiarla, quasi
divertito:
“ Ma è successo qualcosa che non avevo previsto…qualcosa che
non avrei mai lontanamente immaginato.”
Edward serrò la stretta intorno alle sue mani, deglutendo
emozionato, mentre il cuore di Diana andava a mille, ma spavaldamente, alzò lo
sguardo deciso verso di lui e gli disse tranquilla con voce velata:
“ Mi sono innamorata di te, Edward. E credo di averlo capito
solo ora.”
La reazione di Edward fu imprevedibile. Sciolse le sue mani
con quelle di Diana, lasciando che le riponesse sul suo grembo, e cominciandole
a torturare quando lo vide nascondere la bocca tra le sue mani giunte e con le
dita incrociate, quasi nella stessa posizione di poco prima, con gli occhi
chiusi e le gambe che vibravano, nervose. Diana portò lo sguardo verso il
pavimento, credendo in un suo rifiuto. E fu solo quando lo sentì sospirare che
decise di rompere quel silenzio imbarazzante:
“ Edward…”
“ Ti prego, non dire più nulla.”
La interruppe lui, facendola alzare e andare verso il letto,
a capo chino e con le prime lacrime di delusione ed amarezza che cominciavano a
luccicare nei suoi occhi, troppo orgogliose per sgorgare libere sulle sue
guancie.
“ Si, capisco.”
“ No, tu non capisci.”
Quasi le urlò Edward, alzandosi di scatto anche lui e
raggiungendola con sole due falcate e prendendola per le spalle ,scuotendola
leggermente.
“ Tu non capisci affatto.”
Le mormorò con la sua voce caldissima a pochi centimetri
dalle sue labbra, con la fronte appoggiata alla sua. Quasi con un moto di
sollievo, catturò la sua bocca in un bacio da togliere il respiro, stringendola
a sé con dolcezza e passione insieme.
“ Oh, Edward…”
Le bisbigliò Diana, una volta staccatosi dalle sue labbra.
“ Ti amo.”
Le disse in un sussurro, per poi trascinarla in un altro
bacio intenso, ma più breve del precedente:
“ Ti amo, Diana.”
Un altro bacio.
“ Dimmelo.”
Le disse, baciandole la guancia e brevemente le labbra
ancora più rosse per i baci continui.
“ Dimmelo anche tu.”
Un bacio quasi scherzoso, adesso.
“ Dimmi che mi ami, Diana.”
E prima che potesse baciarla di nuovo, Diana gli prese il
viso tra le mani, accarezzandogli i capelli bronzei, morbidi e fluidi fra le
dita.
“ Ti amo, Edward.”
Lui sospirò gioioso, sorrise luminoso e la baciò dolcemente
e senza fretta.
Finalmente, il loro amore giovane e sincero era stato
svelato e adesso potevano vivere felici e senza più segreti.
Intanto, nella sala dei festeggiamenti, come al solito, i balli
e le canzoni popolari di Pipino e Merry intrattenevano e scaturivano risate
gioiose e felici in tutti i presenti e mentre Taras e Ser Falcum brindavano
alla loro vittoria e alla loro salute, Gandalf rideva e applaudiva a ritmo di
musica lo spettacolo dei due hobbitt, Frodo scherzava con Sam, in un angolo
della grande sala, Will cercava di convincere in tutti i modi la giovane
servitrice che aveva salvato più di una volta, in quel combattimento ad ultimo
sangue, a concedergli un ballo innocente.
“ Oh, suvvia, mia signora. È solamente un ballo. Non vi
mangio mica, sapete?!”
Le disse, anche se il lampo che passo nei suoi occhi azzurro
vivo, smentiva le sue parole in apparenza sincere.
La ragazza rise divertita di quel giovane straniero
intraprendente, che ora, al di fuori dello scenario in cui si era disputato lo
scontro, non sembrava più tanto temibile. Dopo tante insistenze, stava per
cedere alle sue lusinghe, concedendogli di ballare per quella sera con lei, ma il
“si” di affermazione le morì in gola, quando scorse l’immagine del suo secondo
salvatore. Infatti, proprio in quel momento, Aragorn si era accomodato accanto
a Gimli e a Legolas che discutevano vivacemente di un qualche argomento,
sorridendo ai loro battibecchi.
“ Perdonatemi.”
Comunicò la giovane trasognata, avvicinandosi a grandi passi
al tavolo dei tre guerrieri del Nord, ad un Will sorpreso e deluso al con
tempo.
“ Perdonate mio signore.”
Disse la fanciulla con aria imbarazzata ad un Aragorn
rilassato e meravigliato nello scorgerla ancora una volta.
“ Non so se vi rammentate di me, ma…vorrei comunque porgervi
i miei ringraziamenti per avermi salvato la vita.”
“ Ma certo che mi ricordo di voi, mia signora.”
Le disse Aragorn con la sua voce calda e profonda, che stava
minacciando l’equilibro emotivo della giovane ammiratrice.
“ E sono costretto nuovamente a rimproverarvi nel non
ringraziarmi ulteriormente. Credetemi: era il minimo che potessi fare in quella
circostanza.”
La fanciulla gli sorrise imbarazzata e felice delle sue
parole, e incespicando nelle parole, gli chiese timida:
“ Perdonate allora la mia sfacciataggine…ma…potrei conoscere
il nome del mio salvatore…almeno.”
“ Non vedo il motivo per cui dovrei rifiutare la vostra
richiesta.”
Iniziò, alzandosi dalla sedia elegantemente, e facendola
indietreggiare di qualche passo, imbarazzata visibilmente.
“ Sono Aragorn e provengo dalle lontane Terre di Mezzo.”
“ Dalle Terre di Mezzo? Così lontano?”
Aragorn e i suoi compagni sorrisero divertiti del semplice
stupore della fanciulla.
“ Si, mia signora.”
“ Oh!”
Esclamò entusiasta la ragazza, unendo le mani in segno di
meraviglia.
“ E voi, siete?”
“ Miriam, figlia di Lotrien.”
“ Sono onorato di conoscervi.”
Le disse, inchinandosi leggermente, rispondendo all’inchino
della sua interlocutrice.
“ Ehm, ehm.”
Fu l’interruzione di William, sopraggiunto dietro le spalle
di Miriam, che sorrise non appena lo vide, sorriso a cui seguì quello di
Aragorn, forse più cosciente della fanciulla sulle proprie intenzioni.
“ Perdonatemi se interrompo il vostro idillio…”
Cominciò, facendo imbarazzare la giovane, che chinò lo
sguardo, mentre Aragorn ammoniva con gli occhi Will, che gli rispose con un
occhiolino ammiccante.
“ …ma la signorina devi concedermi ancora un ballo.”
“ Oh, è vero, avete ragione. Accettate le scuse per la mia
dimenticanza.”
“ Non importa. Sono abituato ai rifiuti da parte delle
donne.”
Risero tutti i presenti a quell’affermazione.
“ E comunque, non per disilludervi, ma lui è un re con tanto
di regina al fianco.”
Le sussurrò Will, mentre gli altri erano ancora impegnati in
un eccesso di risa dopo l’altro, dovuto anche a una scenetta comica di Pipino e
Merry.
“ Oh, dite sul serio?”
Gli chiese delusa Miriam, abbassando il capo afflitta. Will
si passò una mano fra i capelli, dispiaciuto di averla abbattuta, ma poi, come
al suo solito, la prese tra le braccia e la fece volteggiare fino alla pista da
ballo, facendola ridere di una ritrovata felicità e facendole dimenticare il
piccolo dispiacere provato.
“ Quel ragazzo non cambierà mai.”
Disse Gimli scuotendo la testa, rassegnato.
“ è giovane, Gimli. Lascia che si diverta, almeno per una
sera.”
Gli disse Aragorn, osservandoli compiaciuto e contento per
loro, mentre Legolas sorrideva al mugolio di disapprovazione del suo amico
nano, sorseggiando un boccale di birra mezzo pieno.
“ Ehi, vacci piano con quella bevanda. L’ultima volta per
poco non svenivi.”
Lo ammonì Gimli, togliendogli il bicchiere dalle mani e
ingurgitandone il contenuto tutto in una volta, sotto gli sguardi sorpresi dei
due compagni. Ma siccome ne aveva già bevuti molti, cadde a terra con tutta la
sedia. Legolas , che era riuscito a prendergli il boccale di porcellana dalle
mani, prima che si fosse ridotto in mille pezzi al suolo, si sporse a guardarlo
e con una smorfia divertita e mezza compiaciuta, comunicò al suo attuale interlocutore:
“ Beh…non c’è bisogno di alcun commento, credo.”
Disse riponendo il boccale, ormai vuoto, sul tavolino in
legno, mentre Aragorn diceva fra le
risate:
“ No, lo credo anch’io.”
Disse, portando a sua volta il proprio boccale alle labbra.
Vide il suo amico elfo guardarsi intorno e sospirare.
“ Lei non c’è, vero?”
Gli chiese, sorridendogli comprensivo.
Legolas trasalì alle sue parole e guardandolo dritto negli
occhi smeraldini, abbassò lo sguardo sulle venature del tavolo, con un sorriso
ad increspare lievemente le sue labbra e sospirò nuovamente, ma con meno
energia.
“ No. Non c’è.”
“ Avresti voluto che fosse qui con noi?”
Legolas lo guardò di nuovo e gli rispose sincero.
“ Non lo so.”
Aragorn ripose il boccale sul tavolo, che provocò un lieve
tonfo, e gli chiese senza capire.
“ Come?”
“ Vedi, Aragorn…”
Iniziò Legolas, abbassando nuovamente i suoi occhi azzurro
mare sulle sue mani intrecciate compostamente.
“ …ultimamente mi sento così confuso. Sono combattuto su ciò
che posso o non posso fare. Fin dove posso spingermi e dove devo fermarmi.”
Aragorn lo ascoltò in silenzio, intuendo lo sfogo interiore
del suo amico.
“ Ovviamente, tu hai capito quali sono realmente i miei
sentimenti. Siamo amici da molto, ormai, e sono convinto che tu sia l’unico che
riesca a comprendermi meglio di quanto non faccia io stesso.”
Una pausa in cui lo guardò di nuovo negli occhi verdi ed
attenti:
“ Dammi un consiglio, amico mio. Cosa devo fare? Ormai non
lo so nemmeno più io, perché non riesco più a riconoscermi.”
“ Ti senti diverso. È normale che tu non riesca più a
riconoscerti.”
Poi continuò,
guardando verso Will e Miriam, che stavano ancora ballando allegri e felici,
come a cercare le parole adatte che potessero alleviare il suo tormento:
“ L’amore è un sentimento che cambia chiunque ha la
possibilità di provarlo. Io stesso posso affermare di aver subito dei
cambiamenti da quando mi sono innamorato di Arwen. Lei è stata la luce che mi
ha infuso coraggio e mi ha strappato nell’ombra in cui perennemente ero
costretto a vivere.”
Continuò guardandolo nuovamente, sorridendogli rassicurante:
“ Non devi aver timore dell’amore, Legolas, o delle azioni o
delle scelte che ti conduce a fare. Fidati sempre di quello che ti dice il tuo
cuore, senza preoccuparti di nulla. Credimi: io l’ho imparato a mie spese.”
Concluse sorridendogli, e sentendosi ricambiato.
“ Il fatto è che…è lei a confondermi, non il mio cuore. Si,
forse anche lui, ma…non lo so, non so più come esprimermi.”
“ Allora passa ai fatti. Perché ora non vai a cercarla e provi
a schiarirti le idee?”
“ Non credo che ci riuscirei.”
Sorrise Legolas.
“ Provaci.”
Gli consigliò Aragorn e non appena sopraggiunse il resto
della compagnia, Legolas decise di alzarsi e seguire il consiglio del suo
migliore amico, che lo incitò con un cenno affermativo e un sorriso di
incoraggiamento.
Aspirò a pieni polmoni l’aria della sera, godendo del vento
che gli sollecitava le ciocche di capelli biondi e setosi, e sorridendo al
pallido viso della luna crescente e lattea.
Passeggiò lungo le vie delle mura, fino a scoprire un
piccolo giardino dietro un’alta statua d’alabastro, raffigurante Sir Hector V,
uno dei tanti re di Holmes.
Una fontana zampillava al centro del giardino, oltre il
piccolo e semplice labirinto di siepi fiorite, e una volta accostatosi,
giocherellò con un pesciolino dalle scaglie dorate e dalle pinne bianche, che
sembrava trovare delizioso il sapore della sua pelle di miele.
Mentre sorrideva sereno e con la mente leggermente meno
affollata, scorse un aiuola di iris rigogliosi. Affascinato dalle splendide
sfumature di lilla e d’azzurro dei loro petali, si avvicinò ad annusarne il
dolce nettare e l’inconfondibile profumo, che ricordava molto quello di lei,
solo per riscoprirlo in un quel particolare fiore. Ma quando si accinse ad afferrarne
dolcemente lo stelo, le sue dita si scontrarono con quelle candide e affusolate
dell’oggetto perenne dei suoi attuali pensieri.
L’azzurro mare di lui si fuse con il castano nocciola degli
occhi di lei, che si scostò lentamente, forse per non spaventarlo con i suoi
movimenti repentini, e accompagnando il suo sollevamento dal terreno con quello
di lui.
“ Sembra quasi che lo facciate apposta.”
Gli disse, quasi contrariata. Legolas strabuzzò gli occhi,
sorpreso:
“ Come?”
“ A turbare la mia solitudine, ovviamente.”
Lo illuminò, allontanandosi dalla sua persona e attirando la
sua attenzione allo zampillio sonoro e vivace delle acque della fontana.
Legolas non riusciva a comprendere il suo comportamento così
scostante. Eppure, non era stata forse lei a rivelargli i segreti che si
celavano nel suo intricato passato? Non era stata forse lei a donargli quel
fuggevole bacio sul volto? Non era stata lei ad aiutarlo durante il
combattimento di quel pomeriggio? E allora, perché ora quei silenzi e
quell’ostentata indifferenza?! Sospirò, amareggiato. No, ne era certo. Non
avrebbe mai potuto comprenderla. Era come essere affascinato dall’ignoto.
Follia, pura follia. Era un’impresa folle voler carpire l’ignoto.
“ Se cercavate la solitudine, perché vi siete unita alla nostra
Compagnia?”
Fu sorpreso del suo stesso tono indifferente e di una calma
irreale, che non lasciò imperturbabile nemmeno Luthien, che si voltò ad
ammirarlo, senza trapelare la benché minima emozione dalla sua enigmatica
espressione.
“ Veramente, siete stati voi ad unirvi a noi, me, Taras e
William, intendo, non il contrario.”
“ Si, certamente. Ma non contesterete il fatto che sareste
potuta benissimo rimanere nel vostro regno, lontano dalle brutture della guerra
e dei pericoli che questa comporta.”
Luthien alzò nuovamente lo sguardo dalle sue ciocche
castane, che stava torturando in mille giochi con le sue dita, una volta
sedutasi comodamente sul bordo della fontana.
“ Dove volete arrivare, mio signore? ”
Nonostante i battiti accelerati del suo cuore che quelle due
semplici parole gli avevano causato, Legolas si impose di non lasciarsi
affascinare ulteriormente, e le rispose:
“ Sto solo esponendo una mia opinione, mia signora.”
“ Dunque secondo la vostra opinione, io sarei dovuta
rimanere nel tranquillo calore familiare
a contare i minuti, le ore e i giorni che sarebbero scanditi fino alla fine
della guerra?”
“ In un certo senso, si.”
“ E per quale ragione, di grazia?”
“ Così sareste stata al sicuro.”
Luthien sorrise e si avvicinò a lui molto velocemente, facendolo
trasalire a quell’improvvisa vicinanza.
“ Sicuro…avete uno strano concetto della sicurezza, mio
signore.”
“ Ritengo che non ci sia posto più sicuro della propria
casa. Non vedo alcuna stranezza in questo.”
“ Il vostro regno è stato al sicuro nella guerra contro
Sauron?”
Chiese scettica:
“ No, non lo è stato.”
“ Allora concorderete con me che il vostro ragionamento non
ha logica in questione. Come in quella precisa battaglia, anche nella guerra
contro Venia le nostre case non sono ritenute sicure. Io stessa mi preoccupo,
ogni giorno, per l’incolumità del mio popolo, di mia madre e di mia sorella,
come credo che lo facciate anche voi, o mi sbaglio?”
Legolas scosse la testa:
“ No, non vi sbagliate.”
“ Allora, come me, capirete il motivo che mi muove ad
abbandonare i miei cari per combattere al fianco di valorosi guerrieri ,così da
estirpare definitivamente il male dalla faccia di queste terre. E con questo,
credo di non dover aggiungere altro.”
Disse sbrigativa, sedendosi nuovamente e velocemente sul bordo
della fontana, ricominciando ad intraprendere il suo passatempo preferito.
Legolas non riuscì a trattenere un risolino, che destò
nuovamente la sua attenzione.
“ Cosa c’è adesso?”
“ Nulla. Pensavo.”
Le comunicò Legolas, giocando a fare il misterioso e sedendosi
anch’egli fluidamente sul bordo della fontana, a pochi metri da una Luthien
incuriosita.
La vide aprire bocca per parlare, ma poi scosse la testa,
forse ripensandoci e tornò a giocherellare con quei capelli meravigliosi e
luccicanti alla luce argentea della luna.
Legolas sorrise di nuovo, forzando il suo sguardo a
distogliersi dalla sua figura perfetta.
“ Pensavo…alla prima volta che ebbi una conversazione con
voi e a quello che mi diceste.”
Sembrava impossibile che fossero passati solo pochi giorni
da quella memorabile sera, quando scoprì di provare anche altri sentimenti
oltre all’amicizia e alla fiducia. Sentimenti o sensazioni che non riusciva
ancora a definire pienamente, ma che tuttavia non cercava di estirpare. Confusi
ed ignoti ,seppure piacevoli nella loro pace e tranquillità.
“ A cosa, precisamente?”
Si sentì chiedere forse per smorzare quel suo momento di
astrazione dalla realtà.
“ Che amate avere l’ultima parola.”
Luthien lo guardò intensamente e gli sorrise in un modo
diverso da tutti gli altri, quasi a voler preannunciare una risata. E con sua
enorme sorpresa, questa scaturì dalle sue labbra come l’acqua che scaturisce da
una roccia. Era dolce e contagiosa, pur nei suoi toni melodiosi. Era una risata
bellissima, che lasciò Legolas felice, per averla provocata lui, e frastornato,
per non averla mai udita prima.
“ Allora è per questo che ridevate prima. Perché, ho avuto
l’ultima parola alla nostra piccola discussione.”
Non era una domanda, ma Legolas annuì ugualmente, ascoltando
ancora una volta un suo risolino quasi compiaciuto.
“ Avete una risata magnifica.”
Le sussurrò, con tono trasognato e velato d’emozione.
Luthien lo osservò, ora senza più traccia di divertimento negli occhi
luccicanti e sul volto dai tratti delicati, seppur nella loro fierezza.
“ Dovreste ridere più spesso.”
Continuò, incurante della sua reazione al suo complimento
inaspettato.
“ Per quale motivo?”
Gli chiese, quasi fredda.
“ Perché…diventate molto più bella quando ridete.”
Le rispose il principe di Bosco Atro, per nulla intimorito
dalla nota dura che caratterizzava ora la sua meravigliosa voce.
Si guardarono per alcuni istanti, durante i quali nessuno
dei due voleva cedere all’intensità delle iridi dell’altro. Ma poi, fu Luthien
stessa ad interrompere quello scambio di sguardi, alzandosi velocemente dalla
fontana e passeggiando quasi distrattamente da un ‘aiuola all’altra,
sfiorandone ogni tanto i fiori variopinti e schiudendoli, per consentire ai
candidi raggi della luna di baciarli dolcemente.
La sentì trarre un profondo respiro e se la immaginò
chiudere gli occhi, mentre alzava il volto verso il cielo stellato.
“ Non dovreste parlare così.”
“ è solo ciò che desidero dirvi.”
Le disse, disarmante nella sua sincerità.
Un altro sospiro, che la portò a volgere il volto verso il
suolo, quasi combattuta.
Erano inspiegabili le sue reazioni. Era certo che, se fosse
stata un ‘altra fanciulla al suo posto, a detta di altri, sarebbero state
lusingate di ricevere così tanti complimenti da lui.
Legolas sorrise fra sé. L’aveva forse dimenticato? Luthien
odiava i complimenti.
Fu proprio in quell’istante che decise di attuare il
consiglio di Aragorn. Seguì ciò che gli dettava il cuore, e ciò che gli
suggeriva, risultava inaccettabile alla sua mente razionale e contestatrice.
Ma, stringendo i pugni sul freddo marmo e alzandosi lentamente e con grazia, si
diresse verso la figura esile e meravigliosa che lo tentava ,come un’ape
soggiogata dal delizioso nettare del fiore più bello di un giardino fiorito.
Le sfiorò delicatamente e quasi con timore le dita sottili
ed affusolate, notando con meraviglia che, nonostante entrambi avessero una
pelle candida ed evanescente ,come tutti i loro simili, la sua era
sorprendentemente più lattea e luccicante.
Lei si destò a quel lieve contatto, alzando lo sguardo di
scatto verso di lui, per poi portarlo verso le loro mani. Con un moto più lento
e misurato, incatenò i suoi occhi nocciola a quelli azzurro vivo di Legolas, il
quale, incoraggiato dal suo non rifiutare il suo tocco, intrecciò le sue dita
con quelle di lei, deliziandosi del calore che emanavano in quella fredda sera.
Gliele strinse dolcemente, mentre entrambi continuavano a
guardarsi negli occhi. In seguito, quelli di lui si portarono verso le sue
labbra dischiuse, e sentì una scarica di emozioni e calore percorrerlo quando
lei se le inumidì in un moto istintivo.
“ Non fatelo...”
Le sussurrò lei, risvegliandolo proprio nel momento in cui
stava per unire le loro labbra, sorprendendosi della sua stessa audacia.
“ è sbagliato.”
Gli disse, scostandolo con la mano libera premuta sul suo
petto, rivestito da una elastica veste d’arciere color verde muschio.
Lui gliela imprigionò con la sua più grande, ma comunque
delicata nella sua mascolinità, e inaspettatamente ne baciò le dita, gustando
il loro sapore di fiori con le labbra leggermente dischiuse.
“ Perché siamo compagni?”
Le chiese, usando un tono di voce più sicuro e flebile nella
sua emozione crescente, sentendola per la prima volta incespicare nelle parole.
Che fosse riuscito, finalmente, a trovare una breccia nella sua corazza di
apparente freddezza?
“ No…non è per questo.”
“ E allora, per cosa?”
Luthien esitò per un istante, ma poi lo scrutò in quei suoi
occhi luccicanti di pagliuzze turchesi, e gli rispose:
“ Per quello che sono.”
Era chiaro ora. Era la parte oscura della sua anima ad
intimorirla e a frenare le sue azioni.
Legolas sorrise e le si fece ancora più vicino, impedendole
di indietreggiare, bloccandola tra il suo corpo e quello robusto di un albero ,dalla
corteccia rugosa, dietro di lei.
“ Dalle vostre parole, deduco che avete una concezione
totalmente diversa di voi stessa.”
“ Voi sapete quello che sono. Conoscete il mio più grande
timore.”
Gli disse con tono duro e che non ammetteva repliche, mentre
Legolas intravedeva un lampo di sfida nei suoi splendidi occhi.
“ Dunque avete paura.”
Affermò l’elfo biondo di rimando e con voce delicata ed
ammaliatrice, accompagnando la parola con una carezza lieve sulla guancia
vellutata di lei.
“ Io non ho paura di nulla.”
Affermò lei, con tono duro, trafiggendolo con uno dei suoi
sguardi intensi e determinati.
Lui sorrise a quelle parole, abbassando per un momento il
volto verso le loro dita ancora intrecciate.
“ Dunque, non avete timore di nulla.”
Disse, quasi fra sé, Legolas, come a dare prova di aver
compreso le sue parole.
“ Si, esatto.”
“ Allora, deduco, che non avrete paura nemmeno di me.”
Le disse, vedendola trasalire a quella sua affermazione, e
notando un bagliore d’incertezza nel suo sguardo incantatore.
“ Per quale motivo dovrei averne?”
Gli chiese, quasi titubante.
Legolas le si fece ancora più vicino e reclinando il capo
verso il suo orecchio, le bisbigliò.
“ Forse perché io potrei compromettere l’equilibro del
vostro animo.”
Lei sbuffò, cercando di celare il più possibile il
turbamento che le avevano provocato le sue parole, dettate da un tono così
intriso di dolcezza da sciogliere anche il cuore più gelido.
“ Che presunzione.”
Lui rise sommessamente, facendo sorridere anche lei.
“ Non ho ragione?”
Le chiese, serio.
Luthien lo guardò in attimi che gli parvero eternità, finché
si decise a rispondergli, incerta.
“ In parte.”
Lui sospirò, togliendosi un peso dal cuore, che stava
minacciando di opprimerlo.
Poi, portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio,
saggiandone per la prima volta la morbidezza, delicatamente, per non essere
causa della sua ritrosia, con il cuore in tumulto, le disse in un sussurro:
“ Allora…permettetemi di districarvi da questo dilemma
interiore.”
E detto questo, reclinò nuovamente il capo ,lentamente,
alitandogli a pochi centimetri dalle sue labbra.
“ Permettetemi di aiutarvi a scegliere.”
Legolas capì che non era più tempo delle parole, e lasciando
dominare l’istinto sulla ragione, catturò la sua bocca semi-dischiusa in un
casto bacio, dove cercò di trasmetterle tutto ciò che sapeva di provare per
lei, sentimenti contrastanti che minacciavano di condurlo alla pazzia. Ma ora,
a contatto con le sue labbra dal sapore di lampone, tutti i nodi che
stringevano il suo cuore, si sciolsero uno dopo l’altro, fino a che lei non si
distaccò, guardandolo attonita, sorpresa e…impaurita?
Legolas vide Luthien toccare leggermente il profilo del suo
volto, posarvi una dolce carezza, negli occhi quasi un velo di tristezza, portare l’altra mano sulle sue labbra,
strabuzzare gli occhi, mormorare parole incomprensibili e dileguarsi come vento
nella notte misteriosa.
Rimasto solo, Legolas strinse il pugno contro il tronco
rugoso dell’albero, posandovi la fronte, ora dolorante per le troppe emozioni
accavallate in quei brevi istanti, aspirare l’ultima scia del suo profumo,
chiudere gli occhi e bisbigliare alla notte crescente:
“ Cosa ho fatto.”
…
L’angolo dei saluti:
Questa volta un saluto generale a tutti coloro che mi
seguono e che avranno letto questo capitolo, arrivato, purtroppo, me ne rendo
conto, molto molto in ritardo!!!!
È il minimo che possa fare, per farmi perdonare!!!!
Ovviamente, un saluto e una tempesta di baci alle mie
critiche d’eccezione, ringraziandole tutte in egual modo di aver commentato
sempre e comunque ad ogni mio aggiornamento:
LadyElizabeth: Liz, cara! Ti ringrazio mille e spero che mi
commenterai anche questa volta!!! Sono convinta che questo cap all’insegna
dell’amore, tra sbaciucchiamenti e coccole, sia stato di tuo gradimento!!! A
prestissimo, Fuffy91!!! ^___^
StellySisley: Calma, calma Stelly!!! No problem!!! Anzi, mi fa
piacere che ti piaccia la mia storia, come sarò contenta se continuerai a
leggerla, con un po’ di pazienza ( non preoccuparti se ti dimentichi di
commentarmi!!! Basta il pensiero!!!XD)!!! Bacioni Fuffy91!!!^___^
Mel: Oh, Mel!!! I tuoi commenti sono quelli che più mi
mettono in crisi ( in senso buono del termine!)!!! Mi piacciono i tuoi tanti
perché, come mi piace anche risolverli, quasi come un enigma complicato!!!XD
Sono convinta che ti sia piaciuto anche questo cap!!! Mi dispiace, ma per
quanto riguardo gli e-book, non ti so dire!!! Prova sul sito ufficiale di
Twilight o sul sito della Meyer!!! Perdonami se ti ho fatto attendere così
tanto, ma di la verità…non ne è valsa la pena??? Hihi!!! XDXDXD Baci baci e a
presto Fuffy91!!! ^___^
Fanny91: Ciao Fanny!!! Grazie per la comprensione, ma scusa
lo stesso l’imminente ritardo!! “^^
Sono contentissima che ti sia piaciuto il mio cap, come
spero con tutto il cuore di non perdere mai le tue critiche tempestive!!! A
presto anche a te!!! Baci baci Fuffy91!!!^___^
P.S. Hey,
aspettata a chiudere la finestra!!! Ora è il momento della pubblicità!!!
Ho scritto anche una one-shot su Twilight, intitolata:
Vuoi ballare con me?
Fatemi sapere se vi piace almeno un po’, ok??? Ci conto!!!
Spoiler: Sto
scrivendo anche un’altra, che pubblicherò a momenti!!! Bacio ni Fuffy91!!!ù
^____________________________________^
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Capitolo 13 *** Capitolo 13 ***
Capitolo 13
Un passo. Due passi. Tre passi. Piccoli deliziosi passi, i
primi che un grazioso fanciullo dai capelli riccioluti e neri come la pece,
compiva per la prima volta in tutta la sua vita, con gli occhietti vispi
sorridenti, di un color nocciola intenso, la stessa intensità che si
rispecchiava negli occhi della madre, che tendeva le braccia verso di lui,
pronta ad accoglierlo nel suo abbraccio caloroso.
Più in là, appoggiata ad una colonna, c’era una giovane donna
vestita da cameriera, che guardava la scena sorridente e con le guance colorite
dall’emozione che essa riusciva a trasmettere solo con un languido e fuggevole
sguardo.
“ Coraggio, amore mio. Vieni dalla mamma. Su, un altro
passettino…ah, no, non ti fermare.”
Intimò la regina di Ruer, Dama Tamara, portandosi le mani ai
fianchi con finta minaccia e sorridendo maliziosa, al suo secondogenito di
appena tre anni, Michael, che rideva contento battendo le manine paffute, mentre
ricominciava a camminare, barcollando appena.
Proprio allora, varcò la soglia un ambasciatore, con il
compito di accompagnare Sir Edward e i suoi ospiti, nonché i membri della
Compagnia al completo, al cospetto dei sovrani legittimi.
“ Bravo, così, un altro passo…”
Disse sorridente la regina verso il piccolo Micheal, tutto
intento a sfiorare le spalle di sua madre, ricoperte da un elegante e regale
abito lungo da regina, con le sue manine tese, mentre l’ambasciatore cercava di
attirare la sua attenzione schiarendosi rumorosamente la gola.
“ Si, bravo, tesoro mio!”
Esclamò Dama Tamara, afferrando il suo pargolo e girando su
sé stessa con in braccio il bambino ridente, contagiato dall’entusiasmo della
madre, che si prodigò a ricoprirlo di baci e lodarlo per la sua piccola
dimostrazione.
“ Chi è il più bravo principe delle Terre dell’Ovest, eh? Si,
sei tu!”
Gli disse, toccandogli il nasino mentre lui le afferrava il
dito indice con la mano destra stretta a pugno, mentre con l’altra giocava con i
suoi lunghi ricci tanto simile ai suoi, adornati da un diadema in oro.
“ Mia regina…”
Cercò di iniziare l’ambasciatore, senza successo, visto che
lei era completamente rapita da suo figlio.
“ E chi è il più bel principe? Si, sei sempre tu! Oh, il mio
amore!”
Disse carezzevole, girando di nuovo e baciandolo sulla fronte
e sulla guancia destra, deliziandosi delle sue risate.
“ Mi perdoni, mia signora…”
Ritentò l’ambasciatore, seguito da un cenno della cameriera,
senza riuscire.
Nel frattempo, Edward, Taras ed Aragorn si guardarono
comprensivi e sorridenti, come del resto tutto il resto del gruppo.
Fortunatamente, il sovrano di Holmes decise di intervenire,
prima che la situazione degenerasse.
“ Buongiorno, mia signora.”
Disse, avanzando di un passo senza autorizzazione, tanto da
garantirsi uno sguardo tagliente da parte dell’ambasciatore e uno imbarazzato da
parte della cameriera.
Solo nell’udire la sua voce, la regina si voltò, portando la
sua attenzione sul giovane re che gli si parava davanti, illuminandolo con un
sorriso che andava a ricambiare il suo.
“ Oh, Edward, caro, che piacere!”
Esclamò felice, avanzando verso di lui ed abbracciandolo
goffamente, visto che aveva ancora Micheal tra le braccia.
“ Oh, che sbadata…perdonami, ma ero così occupata ad
insegnare a Micheal a camminare, che non mi sono accorta di ciò che si
verificava intorno a me.”
Disse affermando tra le righe la sua disattenzione alla
realtà, portando gli occhi nocciola al cielo e sorridendo mortificata.
Edward sghignazzò di rimando.
“ Non importa, mia signora. È giustificabile. Ciao, Micheal.
Ma sei diventato un ometto.”
Costatò, afferrando con il pollice e l’indice la mano che
Micheal gli porgeva, stringendogliela dolcemente. Lui ricambiò ridendo e
sporgendosi verso di lui.
“ Ti adora.”
Gli disse la regina di Ruer, accarezzandogli la testolina
riccioluta.
“ E, chi sono quei signori che si nascondono nell’ombra?”
Chiese, quasi ironica.
“ Mia regina, permettetemi di presentarvi, Sir Aragorn, re di
Gondor, nelle Terre di Mezzo, Taras, un mio fedele amico, Gandalf, un mago
bianco dai grandi poteri, Legolas, un principe elfico guerriero, Gimli, il più
impavido dei nani che abbia mai conosciuto, Luthien, anch’ella una principessa
elfica guerriera, William Brown, un cavaliere dalle grandi virtù ed infine
quattro giovani hobbitt della Contea, dal coraggio grande quanto la bontà che si
cela nel loro cuore.”
Ad ogni parola di Edward, susseguiva un inchino devoto di
Aragorn, Taras, Gandalf e Legolas, uno sbuffo di Gimli, un cenno di Luthien, un
ammiccamento e un sorriso biricchino di Will, un inchino imbarazzato di Sam, due
buffi di Pipino e Merry e un placido sorriso ed inchino di Frodo.
A tutti, Dama Tamara ricambiò con un sorriso e un inchino
degno dell’eleganza e del portamento di una regina, mentre Micheal voltava il
visetto sorridente verso la massa di ricci indomabili della madre per affondarvi
le manine curiose, del tutto indifferente alle formalità delle
presentazioni.
“ Sono lieta di conoscervi, miei signori. È incredibile come
ci si possa circondare di una folla di uomini in meno di pochi secondi. Fortuna
che c’è una donna di grande bellezza a supportarmi.”
Disse ironica, facendo ridere tutti i presenti, mentre
Legolas si voltava a guardare Luthien abbassare lo sguardo, sorridendo leggera,
ma con un cipiglio di fastidio. Era chiaro che la regina si riferisse alla
sua innegabile bellezza. Il ricordo della sera prima lo colpì come uno
schiaffo in pieno viso, ma scosse la testa amareggiato. Non era il momento di
pensarci.
“ Allora, immagino vogliate discutere di battaglie e guerre
imminenti. Ma, ahimé, non sono io la diretta interlocutrice. No,
decisamente.”
Disse, quasi disgustata e meditabonda, si diresse verso la
finestra spalancata della camera da gioco del principino, guardando con lui
l’orizzonte.
“ In effetti, mia signora, vorremmo chiedervi di avere un
colloquio con vostro marito, Sir Rayon.”
Disse Edward, scandendo molto lentamente le parole, quasi
analizzandole e soppesandole con cura.
Frodo ritornò con la mente all’avvertimento di Edward prima
di varcare le pesanti porte in ottone di Ruer:
“ Mi raccomando. La regina Tamara in apparenza, può sembrare
una donna piena di spirito, e lo è, naturalmente. Ma, purtroppo è anche molto
rigida per quanto riguarda certi argomenti.”
“ Del tipo?”
Chiese Aragorn, guardandolo perplesso, mentre spronava il suo
cavallo ad avvicinarsi al suo.
Edward lo guardò serio negli occhi verde smeraldo,
proseguendo:
“ Battaglie, guerre, tutto ciò che ha a che fare con la
violenza la turba profondamente. I suoi genitori sono morti massacrati dagli
orchi quando era ancora una bambina. Naturalmente questo ricordo intinge il suo
animo spensierato di una profonda e pulsante tristezza, per poi cedere il posto
alla rabbia, una rabbia cieca.”
“ Quindi non possiamo parlare con lei?”
Chiese Pipino curioso:
“ Immagino che, almeno, dovremo richiederle un colloquio con
il re, Sir Rayon. Lui è molto più pacato e flessibile. Superato l’ostacolo, per
così dire, della regina, il resto dovrebbe volgersi a nostro favore.”
Aragorn annuii alle sue parole, mentre Edward ricambiò con un
sorriso che non raggiunse gli occhi dorati.
“ Mio marito tornerà a momenti. Si è recato nel regno di
Murnirm, immagino per rivalutare la loro posizione e sottoscrivere la loro
alleanza.”
Disse, scostando la mano di suo figlio, che ora le tirava un
ciocca di capelli ricci e ribelli.
Gli occhi azzurro cielo di Gandalf si illuminarono a quelle
parole, come quelli attenti di Aragorn che incrociarono per un momento i suoi,
poi quelli perlacei di Taras ed infine quelli color topazio di Edward, così
intensi che minacciarono di mandare a fuoco le tende vermiglie della finestra ad
arco a tutto sesto.
“ Alleanza, avete detto?”
Chiese cordiale e leggero Gandalf, portando la regina a
voltarsi a guardarlo curiosa, per poi riprendere la sua aria quasi scontrosa,
che non si addiceva al suo viso leonino, così simile a quello di sua figlia, la
principessa Diana, che ora si trovava a mille miglia di distanza da lei. Frodo
si stupì che ancora non avesse chiesto sue notizie ad Edward, ma forse era
troppo presa dal momento per valutare quella richiesta.
“ Si, o quel che è!”
Esclamò ad un tratto quasi adirata, scrollandosi le ciocche
ribelli dal volto, con un gesto di stizza che non lasciava dubbi sul suo vero
stato d’animo.
“ Guerre, guerre, guerre! Voi uomini, non parlate e non
volete altro!”
Disse con un tono di voce che lasciava trasparire in modo
cristallino il suo odio nei riguardi dell’aria di violenza che, evidentemente,
non sopportava ma che era costretta a respirare.
Nonostante lo sconcerto generale dei presenti che si
guardarono perplessi, mentre Will era intento a stuzzicare le orecchie di un
gattino dall’aspetto docile e mansueto, portando su la sua coda a spazzola,
Pipino e Merry analizzavano circospetti un’armatura in oro, domandandosi
evidentemente cosa ci facesse in quella stanza, adibita agli svaghi del piccolo
principe, Edward fu l’unico a sorridere comprensivo e quasi…divertito?
Possibile!
“ Oh, mia cara, è bello sentirti definirmi implicitamente un
assassino di prima mattina, e insieme a me, tutto il resto del genere
maschile.”
Tutti ci voltammo nell’udire quella voce sommesse e se
possibile, con la coda nell’occhio, Frodo notò il sorriso di Edward accentuarsi.
Non bastò molto a tutti loro per capire che quell’uomo di molti anni più grande
di Sir Edward, dal portamento regale e composto, appoggiato quasi annoiato allo
stipite della porta, dalle labbra marcate e sottili incurvate in un sorrisino
gioviale, con gambe e braccia incrociate non fosse altro che Sir Rayon in
persona.
Il gruppo di compagni si aprii inevitabilmente in due ali,
ancora incapaci di credere di non averlo notato prima di quel momento, dietro di
loro.
“ Edward! È un piacere rivederti, figliolo. Spero che mia
moglie non vi abbia offeso in alcun modo, signori.”
Disse Sir Rayon, avanzando di qualche passo e rivolgendosi
direttamente ad Aragorn e guardando con curiosità e leggermente accigliato
Taras.
“ Dov’è che ho già visto questo volto?”
Si domandò, quasi fra sé, mentre Taras ricambiava lo sguardo
confuso, seppur pieno di rispetto dinanzi al re di Ruer.
Gli occhi nocciola azzurro tempesta del sovrano lo guardarono
circospetto, finché non intervenne Edward, che si appoggiò con una mano alla sua
spalla destra, in modo confidenziale ed amichevole, come quando arricciava tra
le dita i ricci della sua prossima consorte, Dama Diana.
“ Forse vi ricorda quello di Ettelen, mio signore. Lui è
Taras, un guerriero valoroso e un mio caro e fedele amico.”
Gli occhi di Sir Rayon si illuminarono e le labbra si
aprirono in un sorriso sorpreso ma felice.
“ Oh, il figlio di Ettelen, ora ricordo, si! Mi aveva parlato
di te, ragazzo.”
Gli disse, afferrando il suo braccio e stringendolo forte in
segno di amicizia e comprensione. Frodo e Sam si guardarono sorpresi ed ammirati
nei confronti di quel re così amichevole, lodando la sua fiducia.
Ben presto Sir Rayon fece la conoscenza di tutti i membri
della Compagnia, scambiando battutine con Will e ridendo gentile, rivolgendo uno
sguardo di ammirazione nei riguardi di Gandalf, dimostrando di conoscere le sue
gesta per via di amici e contatti con il regno di Mezzo, e diventando subito
amico di Aragorn, tanto da meritarsi un abbraccio solidale.
Tutto continuò per il meglio, finché uno sbuffo contrariato
della regina non portarono tutti alla realtà.
“ Amore mio, perdonami, non ti ho ancora salutato a
dovere.”
Disse gioviale e quasi ironico, incamminandosi verso la sua
regina, ora seduta imbronciata su di una poltrona dai cuscini bordeaux con
contorni di un oro acceso, con le ginocchia occupate dal piccolo Micheal, che
ora giocava con i lacci del suo corsetto, senza scioglierne lo stretto
fiocco.
Baciò la sua guancia e accarezzò la testa riccioluta di suo
figlio, rivolgendogli uno sguardo amorevole che lui ricambiò con una risata,
tendendo le braccia verso suo padre, che subito lo afferrò e lo tenne
vicino alla sua spalla, lasciando che vi si aggrappasse e che le sue
manine afferra tutto affondassero nei suoi capelli di un biondo cenere che alla
luce del sole risultavano bianchi.
“ Cosa c’è, Tamara? Non gradisci i nostri ospiti?”
Le chiese sempre con lo stesso tono di prima, facendo un
occhiolino complice verso di loro, facendo scappare qualche risolino
divertito.
“ Smettila di prendermi in giro! Lo sai che non è così! E
ridammi mio figlio!”
Disse, alzandosi di scatto e afferrando la vita di suo
figlio, cercando di afferrarlo.
“ Dimentichi che è anche mio figlio.”
Disse sottolineando il possesso, mentre glielo consegnava
docile e con delicatezza, affrontando con un sorriso il suo sguardo torvo.
“ Solo in parte. Dimentichi, tesoro, che gran parte
del lavoro l’ho fatto io!”
Esclamò sorridendo beffarda e uscendo a grandi passi dalla
stanza, con ancora in braccio il suo principe ridente e giocherellone, non prima
di essersi congedata con un placito ed educato:
“ Buongiorno, signori.” Sotto lo sguardo ammirato e pieno
d’amore di suo marito.
“ Beh, in fondo ha ragione.”
Disse con una scrollata di spalle, facendo ridere
fragorosamente e all’unisono tutti, tranne Luthien che si limitò a sorridere
leggera e ad osservare la cameriera rincorrere lungo i corridoi la sua padrona,
ora leggermente più serena.
“ Bene, vogliate seguirmi. Questioni urgenti ci attendono.
Venia è in movimento.”
Disse ora serio, mentre spalancava le porte di una sala
grande il doppio di quella di prima e adiacente a quest’ultima. Si sedette sul
seggio di pietra finemente decorato, con lo stemma del regno, un leone dorato
che apre le fauci e mostra gli artigli contro un orso argentato alzato sulle
zampe anteriori, su uno sfondo bordeaux a sottolineare il tutto, e con le gambe
divaricate e il braccio destro puntellato sul bracciolo del seggio, mentre con
la mano si sosteneva il viso, chiese loro, sempre serio e compito, nonostante
l’aria rilassata.
“ Ditemi tutto.”
Angolo dell’autrice.
Scusate il ritardo madornale, ma tra la scuola che finalmente
è terminata, la famiglia e le altre storie in mente, non ho più ripreso questa,
che ora cercherò di terminare!!! Ringrazio tutti coloro e tutte coloro che la
seguono con amore ed interesse, soprattutto le ultime che mi hanno commentato,
diciamocelo, decenni fa!!!!
Stellysisley: Grazie per aver recensito per prima, e
scusami per l’aggiornamento ritardatario più del dovuto!!! Si, Luthien è davvero
un mistero e se vuoi, ci perdiamo insieme nel bosco con Aragorn, che dici???
Alla prossima!!!^__^
LadyElizabeth: Ciao cara!!! Scusa, come tutte, il
ritardo enorme,ma non ho potuto fare altrimenti!!! Sono contenta ti sia piaciuto
il capitolo precedente!!! Si adoro Edward/Diana, Legolas/Luthien (anche se non
si scioglie del tutto!) e l’amicizia tra Aragorn e Dio Greco versione Biondo!!!
Grazie per i complimenti e a presto!!! Baci baci Fuffy91!!!
Mel: Mel, cara, spero di non averti perduta del
tutto!!! La mania Twilight mi ha contaggiata!!!! Sono rimasta contenta della tua
recensione! Si, l so che adori Miriam e Will, ma di questa coppia, mi dispiace
dirlo, non ne sentirai mai parlare! Del resto, Will è un don Giovanni di prima
categoria a cui piace scherzare e si, immagini bene, è molto bello, ma il
fascino di Aragorn…è il fascino di Aragorn, colpisce sempre!!! HIHI!!! Eh, si,
Legolas è incappato in un bel rompicapo, ma riuscirà a uscirne fuori, vedrai,
vedrai!!!! Inquietante Luthien??? Uhm, beh ognuno la vede come vuole! Io, a dire
il vero, la vedo un po’ criptica!!! Dopotutto, ha avuto un passato difficile!!!
Cmq, Spero ti sia piaciuto anche questo cap e quello che seguirà sarà pieno di
rivelazioni, colpi di scena e lotte all’ultimo sangue (per gli orchi, almeno)!!!
Siiiiiiiiiii!!! Baci baci Fuffy91!!!
Vodia: Oddio, Vodia!!! Ti ringrazio per i complimenti
e scusami per il ritardo!!! Allora, mi hai posto una serie di domande a cui non
su se potrò rispondere a tutte, non avendo letto il libro ma visto solo i
film.
1) Infatti, la natura di Venia è proprio simile a
quella di Gandalf e Sauron!!!
2) Non sapevo nemmeno l’esistenza di Morgoth!!!
3) Già fatto, grazie del consiglio!!!^-*
4) Mi appassiona più Terre dell’Ovest, ma vedi
questo non è un nome inerente alla geografia è un po’ come le Terre di Mezzo!!!
E in quanto ad Aman, non avendo letto il libro, non ne sapevo l’esistenza, ma
cmq non riguarda loro, te ne assicuro!!! È pura fantasia, quindi non farti
problemi!!!
5) Elfi Scuri, sono più avventurieri!!! E poi,
Luthien mi sembra proprio la loro descrizione ideale, no???
6) Sarebbe troppo difficile, comunque ci
penserò!! Se vuoi te lo spiego!! Si trovano molto, molto lontano dalle Terre di
Mezzo! La loro entrata è oscura, le sue terre pullulanti di segreti e
luoghi mai esplorati ( come la Foresta dei Vell o Bosco Bianco),
inoltre per accedere ai vari regni bisogna passare per scorciatoie, evitare
luoghi molto pericolosi, pareti rocciose, pianure brulle e paludi ricoperte di
sabbie mobili. Insomma, come puoi vedere è molto diverso dai luoghi descritti da
Tolkien, immagino! Tutto made in Fuffy91!!!
7) A Gondor, Frodo, Pipino, Merry e Sam sono
appena arrivati alle porte della città, immaginando un loro ritorno a casa prima
del matrimonio di re Elessar.
8) Immagino anch’io!! Però, William è molto più
carino ed affabile non trovi???
Spero di averti
soddisfatta abbastanza!!! Baci baci e alla prossima, Fuffy91!!!
Fanny91: Oh, fanny, mia cara e dolce fanny!!!
Da quanto tempo!!! Sono contentissima che ti sia piaciuto il cap!!! Già, ha
tempra e fegato la ragazza per abbandonare il nostro Legolas così!!! Poi vedrai
cosa succede, questo non è nulla!!! Baci Baci e alla prossima Fuffy91!!!
Un saluto speciale a tutti coloro che mi
seguono, sperando che non mi abbiate abbandonato!!! Baci baci
Fuffy91!!!
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Capitolo 14 *** Capitolo 14 ***
Capitolo14
Una lancia trafisse un soldato in pieno petto, mentre un suo
coetaneo scagliava una freccia nel momento in cui quest’ultimo si accasciava a
terra esanime.
Uomini rivestiti di armature lucenti, d’argento per i
soldati di Holmes e di bronzo per quelli di Ruer, guidati dai loro re a
cavallo, mentre i loro vessilli fendevano l’aria satura di morte, sangue e
speranza per entrambi i fronti, trasportati dai loro comandanti.
Fra di loro, a spade sguainate, vi erano anche Aragorn, re
di Gondor, che si affiancava a Taras, combattente pieno di coraggio e libero
dagli obblighi regali. Poco lontano da loro, la chioma biondo-grano di William
Brown spiccava nella notte più buia e tetra che le Terre dell’Ovest avessero
mai sostenuto. Gli orchi tremavano nel vedere le grandi e roventi lame del
drago Amlach, ma venivano oltrepassati da una scarica di brividi solo
incrociando lo sguardo azzurro acceso del giovane Will, le cui labbra erano
solcate da un sorriso eccitato. Si scagliò contro di loro, come da una sponda
di un lago cristallino, mentre al suo fianco, oltrepassandolo e correndo
leggiadra come una gazzella, la chioma castana mossa dal vento notturno e
gelido, si avventava contro un Urck-hai pronto a tagliarla in due con la sua
grande sciabola. Ma Luthien, aggraziata, lo trafisse con tre frecce scoccate
nello stesso istante dal suo arco decorato deliziosamente, ma resistente più
del ferro, nei punti giusti, facendolo accasciare di schiena al suolo già
ricoperto di cadaveri, stendardi stracciati, elmi rovesciati e sangue essiccato.
Mastro Gimili, intanto, teneva il conto degli orchi e degli
Urck-hai che uccideva o a cui tagliava la testa, spiando e sogghignando di
tanto in tanto verso Legolas, posto in cima alla torre di vedetta, che guidava
gli arcieri di entrambi i sovrani, Edward e Rayon, nel trafiggere nei punti
deboli i propri nemici e scoccare nel momento adatto, con velocità e
precisione. I suoi occhi azzurro-mare saettarono da Aragorn, che stava appena
tagliando la gola ad un orco dalla faccia deformata e ricoperto di simboli
maligni, ed inginocchiato ai suoi piedi, a Galdalf, che stava trafiggendo con
la sua spada luccicante e allo stesso tempo bastonando con il suo bastone
magico il cerchio di nemici lugubri ed inermi davanti al suo bagliore di mago
bianco e puro, mentre ordinava a Pipino e a Merry di tener d’occhio Frodo, che
poco più in là stava abbattendo un Uruck-hai abbastanza forte con l’aiuto di
Sam, cogliendo un loro sorriso complice prima di ricominciare a difendersi.
Infine il suo sguardo si posò su Luthien, che stava
uccidendo con i suoi dardi infallibili un Andes piuttosto resistente. Vide un
orco piccolo e rachitico, ma veloce, alzare la spada arrugginita per colpirla
di spalle, ma prima che lui potesse scoccare la sua freccia nella sua
direzione, notò Luthien afferrare un coltellino e ucciderlo da dietro, alla
gola.
Sorrise e passò oltre. La battaglia infuriava attorno ai
valorosi guerrieri e ai tre re uniti sotto un unico vessillo di pace e
benessere per la propria popolazione, al sicuro e al riparo dalle brutture
dell’orda disumana, esercito di Venia, nei sotterranei del castello, in
compagnia della sovrana, con gli occhi sul soffitto in pietre massicce, in pena
per il suo uomo, stringendo al petto il piccolo Micheal, ora con una smorfia di
pianto dipinta sul bel viso paffuto da fanciullo, e la cameriera accanto a lei,
pronta a consolarla.
Sul terreno di battaglia, all’improvviso, comparve un
bagliore verde ed accecante, che portò gli orchi, gli Uruck-hai e gli Andes
rimasti ad arretrare e a strisciare sul suolo polveroso e putrido, strillando
come serpenti spaventati.
Gandalf urlò agli altri di raggiungerlo, mentre un sudore
freddo gli imperlava la fronte rugosa e i capelli resi ispidi e disordinati per
lo scontro:
“ Dietro di me, subito! Legolas, scendi e di agli altri di
arretrare!”
Legolas annuii e dopo aver detto agli arcieri rimasti di
arretrare, scese rapido la rampa di scale in pietra e con un salto leggiadro,
si diresse rapido dal gruppo, accanto a Gimli e dietro Aragorn, tutti con le
armi puntate verso la luce sinistra che ora stava sparendo a poco a poco,
minacciosa.
Frodo assottigliò gli occhi azzurro-cristallo, riparato
dalla veste immacolata di Gandalf, che impeccabile e compito, ma con lo sguardo
accigliato e minaccioso, aveva lo
sguardo rivolto verso l’ignoto.
L’hobbitt della Contea, circondato dai suoi coetanei
all’erta, sentii la Gemma
del Destino premere contro il suo petto, e per un momento si estraniò dal mondo
circostante, ammaliato dal suo calore insidiante e dalla sua luce evanescente,
che rendeva la sua camicia color panna, candida come la veste di Gandalf.
All’improvviso, il buio lo inglobò, il dolore di antiche
ferite lo invase e la paura della Gemma divenne la sua paura. Sam urlò il suo
nome, mentre si sentiva accasciarsi a terra e circondarsi di attenzione da
parte di tutti i suoi amici e compagni, finché non la vide.
Venia, la Dama
dell’Oscurità, la Signora
delle Tenebre, era lì, proprio al loro cospetto, sorridente in modo maligno che
voleva sembrare cordiale, in groppa ad un cavallo che, a guardarlo bene,
sembrava un unicorno, ma orrendo rispetto a quelli che pascolavano nelle
praterie fiorite di Bosco Bianco. Quell’unicorno era nero pece, con il manto
liscio, scheletrico, gli zoccoli roboanti, la coda arricciata in modo disordinato,
la criniera avvolta a bozzoli, il muso lungo dalle narici sbuffanti, i grandi
occhi rotondi e vitrei cattivi ed arrabbiati e il grande corno appuntito a
spirale e velenoso come il pungiglione di un’ape.
“ Ciao, Frodo.”
Gli disse, trafiggendolo con i suoi occhi neri, bui e
profondi. Il tono della sua voce era mieloso, ma con un velo di follia. Con un
sospiro da bambina, scese dall’orribile destriero, che nitrì indispettito.
La lunga veste nera con maniche cineree frusciò ad ogni suo
movimento, mentre si guardava intorno affascinata e sorridendo meravigliata da
quello spettacolo devastato.
Scavalcò con un piccolo salto una rovina di pietra
proveniente dal castello, e a quel movimento i suoi capelli rosso fuoco
trafissero l’aria come un’onda vibrante di panico e timore nei cuori di chi li
osservava. Gli orchi e gli Uruck-hai
arretrarono ad ogni suo passo, nascondendosi a vicenda, spaventati. I membri
della compagnia, Sir Edward e Sir Rayon rimasero immobili ad osservarla torvi
ed all’erta, pronti a scattare ad ogni sua singola mossa.
Frodo, sostenuto dalle braccia di Sam e Merry, dietro di
lui, che la guardavano con un misto di ritrosia e disgusto, ansimò in preda al
dolore delle ferite che lei stessa gli aveva provocato, quel lontano giorno,
nel giardino di morte dove lo aveva irretito nel suo incubo più vivo e reale di
tutti.
All’improvviso rise e girò su sé stessa, come Frodo le aveva
visto fare l’ultima volta e a quella mossa, deglutì fumosamente e non poté
impedire alle sue membra di venire scosse da un violento tremore. Quella
bambina troppo cresciuta e bellissima nella sua perfidia lo spaventavano.
Sapeva troppo bene che cosa preannunciava quel movimento, e di questo ne ebbe
paura. Ma non era il solo ad essersene accorto; Gandalf, accanto a lui, gli posò
una mano sulla spalla libera, che subito lo risollevarono. Almeno il tremore
aveva smesso di percuoterlo, e di questo ne fu grato al suo amico, di cui
ricambiò il sorriso tranquillo con uno indeciso, seppur pieno di fiducia.
“ Uhm, così questa è Ruer.”
Disse, saltellando verso una fontanella che zampillava
allegra dalla sua vaschetta rotta, osservandola come la cosa più affascinante
che avesse mai visto. Ne sfiorò con le lunghe dita le gocce fresche e
cristalline che al suo tocco leggero, divennero nere e putride, per poi
scomparire del tutto. Frodo portò lo sguardo al terreno prima bagnato, ora
asciutto ed arido, con increspature che lo segnavano in modo sinistro. La
sorgente si era prosciugata all’istante, come i fili d’erba che crescevano ai
suoi lati, ora neri come cenere.
“ Che città incantevole.”
Sussurrò cordiale, mentre tutti loro la guardavano male ma
timorosi. Rise ancora, gioviale e deliziata, per poi rivolgersi al re di Ruer,
che la osservava disgustato.
“ Salve Sir Rayon. Come stanno moglie e figli? Spero bene,
come voi, del resto.”
Pronunciò che ultime parole strascinate, per poi alzare una
mano diafana e puntarla verso su quello che doveva essere il capo del suo
esercito, che venne subito lsciato in prima fila, mentre i suoi orrendi soldati
arretrarono. Ad un suo comando, l’Urick-hai più grosso e possente che avesse
mai visto atterrò ai piedi della Signora delle Tenebre, che subito lo rialzò
senza nemmeno toccarlo, a mezz’aria, con i grandi piedi fasciati di cuoio rozzo
penzoloni, e lo tenne per il mento con le lunghe dita dalle unghie come artigli
e rosse come il sangue ad artigliargli la pelle rossa e sudata.
“ Non lo trovi anche tu in una forma smagliante, mio buon
servitore?”
In risposta a quella calma, ma apparente, domanda,
l’Urck-hai maestoso grugnì ed annuii veloce e tremante di terrore, come i suoi
coetanei che guardavano la scena atterriti.
“ Beh, è curioso…”
Iniziò dolce, per poi stringere la presa attorno alla sua
mascella, che scricchiolo, preannunciando un principio di rottura, e accostarsi
al suo orecchio deformato e sibilare sibillina ma udibile nei riguardi dei
suoni nemici:
“ Visto che ti avevo chiesto la sua testa.”
A quella frase, Sir Rayon rafforzò la presa sulla sua spada
ricoperta di sangue nero e bluastro, e irrigidire le spalle e le gambe che si
raddrizzarono pronte ad ogni suo possibile attacco, e come lui, anche Aragorn,
William,che fece ruotare una delle sue lame, la rabbia che brillava nei suoi
occhi d’angelo, Taras che fortificò la posizione di difesa e Sir Edward, che la
trafisse con uno sguardo carico del più puro disprezzo.
“ Come mai non la vedo rotolare davanti ai miei piedi?”
Chiese al povero malcapitato, che chiuse gli occhi e serrò
la mascella da cui ora sgorgavano rivoletti di sangue per la sua presa
dolorosa, con un tono di voce più alto e vibrante di una rabbia già palpabile.
A Frodo fece quasi pena l’Uruck-hai che mugolò dolorante.
“ Allora?”
Tuonò scuotendolo e con lo sguardo buio acceso di una furia
che scosse la terra sotto i loro piedi e le montagne che difendevano il retro
del castello luccicante di marmo bianco.
L’Uruck-hai non disse nulla ma si limitò a prepararsi a
morire con dignità, osservandola implorante. Ma implorare la Dama dell’Oscurtà era come
rivolgersi a un demone dell’oblio e pregarlo di non trasportarti nel baratro
del nulla insieme a lui. Infatti, lei sorrise serena e maligna al con tempo,
per poi bisbigliare con una dolcezza falsa:
“ Molto bene. Non importa, anche se dobbiamo rimediare
un’altra testa con cui giocare.”
E detto questo, la testa dell’Uruck-hai, si staccò dal suo
collo e crollò ai suoi piedi rotolando e mostrando la smorfia di dolore e
disperazione a tutto il gruppo, che trattenne il respiro inorriditi da tanta
crudeltà. Solo Gandalf rimase impassibile, e continuava ad osservarla
imperturbabile, ma la presa sulla spalla di Frodo si fece più salda, come a
scaricare la sua ira.
Dal canto suo, Venia si spolverò le mani pulite nonostante
l’orrido atto, scalciò la testa dell’Uruck-hai, il cui corpo acefalo ora era ai
piedi dell’esercito di orchi che inorriditi e spaventati, arretrarono sibilando
e urlando, ai piedi immacolati di Gandalf, che non guardò al suolo.
“ Un regalino per te.”
Gli disse, sorridendo candida.
“ Tu!”
Esclamò additando un
Uruck-hai che ancora guardava sconcertato il suo coetaneo, con un osso
umano tra le narici e i capelli lisci e sporchi intrecciati tra i fori di un
teschio. Aveva tanto l’aria di essere un suo parente.
“ Congratulazioni, sei il nuovo capo dell’esercito. Vedi di
non deludermi anche tu o farai la sua stessa fine.”
Disse, mentre l’altro annuiva sconvolto, e ordinava ai suoi
di mettersi in riga. L’unicorno nero impennò allegro, quasi soddisfatto del
sangue che la sua padrona aveva versato.
“ Siete spregevole.”
Sibilò con voce infuriata Aragorn, guardando lei e la testa
dell’Uruck-hai disgustato ed irato insieme.
“ Ah, io sarei spregevole.”
Dise Venia, sogghignando sinistra, portando lo sguardo a
terra per un attimo, per poi puntarlo ostinata, acceso di furia, sul volto
fiero di Aragorn, che lo sostenne impassibile.
“ E voi? Voi, che vi vantate di essere tanto dei bravi e
lodevoli uomini.”
Tuonò lei sprezzante, voltandosi e mostrando la schiena
scoperta, mentre l’unicorno sbuffava adirato per quel cambio improvviso
d’umore.
“ Siete solo degli scarafaggi insulsi e rivoltanti. Vi
affannate a tamponare ogni luogo che cerco di sfregiare con la mia discordia.
Vi crogiolate nelle vostre glorie, sguazzate nei vostri miseri valori, vi
onorate di vittorie che non avete.”
Rise sonoramente e con sdegno:
“ Ma in realtà siete solo degli esserini insignificanti,
senza pasta né lode, che non aspettano altro che essere schiacciati in uno solo
dei miei pugni e dissiparsi nel vento come polvere.
“ Perché questo siete solamente…polvere, che si consumerò
nelle fiamme della mia ira, se non mi consegnerete ciò che è mio.”
Detto questo, scoccò uno sguardo pieno di follia verso
Frodo, che sentì brividi di freddo invadergli le membra.
“ Non temete, padron Frodo. Non può farvi del male.”
Gli disse all’orecchio Sam dietro di lui, stringendo la
presa su di lui, che avvertì le ferite maligne farsi ancora più brucianti sotto
la sua pelle.
“ Temo di si, invece, Sam. Temo proprio che sia questo il
suo scopo. È per questo che è venuta qui. Per uccidermi ed impadronirsi della
Gemma che mai come ora avverto come un peso.”
In effetti, la
Gemma del Destino, captato il pericolo, pesava con un macigno
sul petto di Frodo, bruciando di una luce impaurita e riluttante a raggiungere
quella che fu un tempo la sua padrona.
“ Che cosa hai intenzione di fare Frodo? Lasciare che i tuoi
compagni muoiano nel tentativo sciocco ed inutile, come la loro effimera
esistenza, di salvarti…oppure mi consegnerai di tua spontanea volontà la Gemma che mi appartiene di
diritto?”
Frodo la guardò scioccato, con la mente offuscata e
completamente vuota per il subbuglio interiore che aveva nel cuore e
nell’anima, e che si ripercuoteva nel suo stomaco.
Cosa doveva fare? Cedere e consegnarle la Gemma? Ma questo avrebbe
significato dargliela vinta, condannare il mondo all’oscurità, la sua amata e
luminosa Contea ad appassire, come il candore della pelle di Arwen che
attendeva il suo amato di ritorno, o la gloria della giovane Dama Diana a
mutare in disperazione, come quella di Dama Tamara, che ancora stringeva al
petto il suo bimbo, chiusa nei sotterranei del castello di marmo. Troppe
persone, troppe vite, troppe gioie dipendevano da lui. Ma, d’altro canto, se
non avesse acconsentito alle proposte di Venia, lei avrebbe scatenato la sua
furia assassina, uccidendoli tutti in un sol colpo. Non desiderava vedere le
teste dei suoi amici rotolare ai suoi piedi come mele mature cadute da un
albero. No, era inconcepibile.
Improvvisamente, però, accadde una cosa che lo distrasse
dalle sue congetture, una cosa che nessuno, nemmeno Venia aveva previsto, una
freccia, dalle piume bianche, fendé l’aria satura di attesa, e colpì la sua
spalla scoperta dall’elegante e tetro vestito nero, facendola sussultare di
sorpresa più che dolore, notò.
“ Perché non la smetti di prendertela con Frodo e ti rivolgi
a qualcuno della tua taglia, strega?”
Tutti si voltarono a guardare Luthien scavalcare Aragorn ed
Edward, che la guardavano allibiti, e mostrarsi in tutta la sua imponente
bellezza a Venia, che la guardava con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati,
incredula.
Legolas era rimasto sbalordito. Conosceva il suo coraggio,
ma non si sarebbe mai aspettato un’azione simile, così avventata, istintiva
e…fantastica. Mai come ora l’amava come non mai.
“ Oh, ti prego, sposami!”
Sussurrò Will adorante, facendola sorridere per un momento,
ricambiando il suo sorriso accecante e pieno di ammirazione.
Ma non c’era nulla da sorridere, visto che la reazione di
Venia non sarebbe tardata ad arrivare, e questo lo sapeva anche Gandalf.
“ Luthien, ti prego, no. Rimani dietro di me, non essere
avventata.”
Le intimò, con sguardo accorato e severo, cercando di
spingerla dietro il suo perimetro di protezione, ma lei si divincolò, quasi
adirata.
“ No, fa silenzio, Gandalf. Restane fuori. È una faccenda
fra donne.”
Disse, stupendo nuovamente tutti. Nessuno prima d’ora aveva
zittito Gandalf, e ne tanto meno gli aveva intimato di non impicciarsi. Era
proprio vero: quell’elfa era davvero fuori dal comune.
“ Si, lasciala fare, per favore.”
Disse Will di rimando, sorridendo ancora di più e
appoggiandola in tutto e per tutto.
Improvvisamente, una risata squarciò l’aria, mentre la notte
più fitta si accendeva di una luce verde e sinistra, proveniente da un bastone
nero, contornate di smeraldi e rubini, e dalla ferita che Luthien, con la sua
freccia, aveva inferto alla Dama dell’Oscurità, che ora, con uno strappo
deciso, si tolse, mentre la sua ferita si ricucì senza cicatrici, in un
bagliore offuscato e smeraldino.
“ Ma come siamo coraggiose, principessa Luthien. Cos’è,
tutto ad un tratto ti rivolti contro di me?!
Eppure mi sembrava che fossimo buone amiche.”
Affermò soave, ma maligna, con un che di subdolo nella voce
mielosa.
A quelle parole, gli occhi nocciola di Luthien lampeggiarono
e subito tese una nuova freccia dal suo delizioso arco bianco, rimanendo
immobile e sibilando con la sua voce melodiosa, ora intrisa di una rabbia che i
suoi compagni non riuscivano a capire.
“ Tu, maledetta, smettila di prendermi in giro. Mi hai
rovinato l’esistenza, e di questo non potrò mai perdonarti.”
A quelle parole, Venia rise ancora di più e Gandalf
cominciava a mostrare segni di impazienza e nervosismo.
“ Luthien, per favore, ritorna dietro di me. Non provocarla
ulteriormente.”
Ma Luthien non lo ascoltò, anche se non accennava a voler
scoccare la freccia.
“ Luthien, ascolta Gandalf. Qualsiasi cosa ti abbia fatto
Venia, non merita la tua vita.”
Disse Taras, avanzando di un passo e cercando di
persuaderla, arrivando là dove nessuno forse era arrivato. E così Luthien
voleva giocare il tutto per tutto, rischiando la sua stessa vita apertamente,
più di quanto non avesse già fatto, per scoccare un colpo che, Frodo supponeva,
non sarebbe certo stato mortale. Ma quello che si domandava era…
“ Perché? Perché sta reagendo così? Non si era mai
comportata a questo modo, almeno da quello che abbiamo visto.”
Si chiese Merry, esponendo a voce alta un interrogativo che
tutti si stavano rivolgendo.
“ Oh, ma loro non capiscono, vero principessa? Non sanno
cosa ti affligge.”
Sussurrò Venia, facendo girare la freccia di Luthien tra le
sue dita, il bastone ben saldo nella stretta della mano destra. Il bagliore
verde che l’attorniava si faceva a poco a poco più intenso, preannunciando
qualcosa di violento.
“ Il dono. Il dono che ti donai alla tua nascita…oh, eri
così graziosa, così bella, che meritavi un regalo speciale, il più bello di
tutti.”
“ Dono? Di che dono sta parlando?”
Chiese burbero Gimli, guardando Legolas al suo fianco, ora
meditabondo e sconvolto dalla rivelazione della sua nemica.
Ripercorse con la mente a quella lontana notte, a Bosco
Bianco, sul giaciglio di iris.
Quando ero ancora in
fasce, tutti concordavano nel ritenere che fossi una bambina bella al di sopra
di ogni aspettativa. Chiunque si accostaste alla mia culla, rimaneva come
incantato a scrutare la mia piccola figura.
Gli aveva rivelato, con tono grave
e malinconico, quasi triste. Intanto, Venia continuò a stuzzicarla, rivelando
una realtà che fin ad ora era stata nascosta.
“ Ma ben presto il dono che ti
avevo donato, si è rivelato un pesante peso da portare, non è vero? Oh, povera
cara!”
Disse, falsamente dispiaciuta e
con tono lamentoso, anche se il sorrisino maligno che deturpava i suoi bei
lineamenti, la tradiva.
Gli anni passarono come un soffio di vento primaverile, e
più crescevo e più il mio fascino e la mia bellezza aumentavano enormemente,
fino a diventare pericolosi.
Più Venia parlava, e più a Legolas
le cose parvero chiare.
“ Una maledizione, non è vero? Ma
poi sei riuscita, con mio sommo
dispiacere, a contrastarla.”
Dama Eruanna, consigliera e strega elfica devota al bene e
di grande potere, un giorno si presentò all’interno delle mie stanze inviolate,
comunicandomi la sua approvazione nel voler contrastare il mio dono, che in
realtà è molto simile ad una maledizione…
Mi portò nella sua reggia, ai confini di Bosco Bianco, il
Palazzo di Luce. Lì mi tenne inchiodata tre giorni e tre notti davanti allo
Specchio dei Riflessi, uno specchio magico in grado di riflettere la parte
nascosta della nostra anima. Da una parte c’ero io, dall’altra una Luthien
tentatrice, capace di affascinare anche la più infida delle creature,
soggiogare un intero esercito di uomini virtuosi solo con uno sguardo o un
battito di ciglia. Solo allora, capii quanta malvagità si celava dentro di me,
pronta per fuoriuscire in qualsiasi momento… solo quando finalmente riuscii ad
accettarla ,ma non cadendo nei suoi tranelli, allo scadere dei tre giorni, la
mia vera immagine prese vita sulla superficie magica dello Specchio dei
Riflessi.
“ Ma ora, è giunto il tempo che ti
restituisca ciò che ti appartiene di diritto, mia cara.”
Le sentì dire sibillina, per poi
alzare il bastone magico, nel momento in cui Luthien scoccava la sua freccia,
che si frantumò in una scintilla di stelle nere, con suo grande stupore, mentre
un lampo nero come la pece, come quello che aveva colpito Frodo, che urlò
agghiacciato a quella scena, nel suo incubo, le trafisse il petto, facendola
contorcere al suolo in preda al dolore per ferite che non sanguinavano, ma che
la facevano urlare come in preda alle fiamme.
Legolas fu subito accanto a lei,
che a fatica, cercava di sottrarsi a quella tortura, come Taras e William, i
suoi compagni più stretti. Will, con le lacrime agli occhi per la rabbia, cercò
di avventarsi contro una Venia ridente e felice per il suo operato, ma le sue
lame infallibili, trafissero solo l’aria e un orco che stava tornando alla
carica, seguito dai suoi compagni. Prima di sparire del tutto, Gandalf, adirato
e chino su una Luthien svenuta dopo il suo intervento, lanciò dal suo bastone
un potente incantesimo che, come polvere di stelle, bianca e fatata, si insidiò
nell’ultima fenditura verde, provocando il suono acuto di un urlo infastidito e
dolorante.
Nel boato della battaglia,
incapace di muoversi, Legolas stringeva il corpo pallido e tiepido di Luthien,
ancora tramortito dalla visione di lei dolorate ed urlante di poco prima.
“ Portala al sicuro, lontano da
qui!”
Gli urlò Aragorn, che impedì un
orco di trafiggerlo con una spada, uccidendolo a sangue freddo.
Legolas annuì e lo sentì
sussurrare prima in elfico prima di volare al castello con il consenso del re,
che annuì convinto.
“ Abbi cura di lei.”
“E tu di te stesso.”
Aragorn sorrise asciutto, per poi
aiutare Taras, ancora scosso, ad uccidere un Uruck-hai armato di sciabola e
balestra.
All’alba, quasi tutti gli orchi
erano stati abbattuti e molti fuggivano in ritirata. Le urla di gioia non
vennero condivisi da tutti. Quella vittoria, pensò Frodo, mentre vedeva i
soldati dei rispettivi regni abbracciarsi fraterni, lampi bronzei con luci argentee,
vessilli alzati a festa, trombe suonate festose, i volti dei suoi compagni
sfiniti e meditabondi, lo sguardo antico di Gandalf puntato verso l’orizzonte,
i passi di Taras e Will tornare per primi al castello, Merry, Pipino e Sam
accerchiarlo preoccupati e sorpresi per le rivelazioni e gli ultimi eventi, il
suo sorriso che non raggiungeva gli occhi: si, era decisamente una vittoria
amara.
Angolo dell’autrice.
Grazie per aver letto in tanti la
mia storia e ringrazio soprattutto le mie commentatrici, che non hanno tardato
a commentarmi appassionate.
Stellysisley: Mia
simpaticissima stellysisley, ti ringrazio per i tuoi commenti e spero che
questo Aragorn sdegnoso sia di tuo gradimento, come il nuovo cap che spero
leggerai con piacere!!! A presto e baci baci da Fuffy91!!! ^__^
Fanny91: Cara e dolce
fanny!!! Ebbene si, hai perfettamente ragione. Non è facile gestire tutti
questi nuovi personaggi, ma spero di riuscirci al meglio. Sono contenta che il
cap precedente ti sia piaciuto, e spero che anche questo sarà di tuo
gradimento!!! Fammelo sapere al più presto!!! Baci baci da Fuffy91!!! ^__^
Un bacione fortissimo anche a
tutti voi, cari lettori e lettrici. Ringrazio tutti quelli che mi hanno messo
tra i preferiti e i seguiti!!! A prestissimo con un cap shock!!!
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Capitolo 15 *** Capitolo 15 ***
Capitolo 15
“ Come sta?”
Chiese Will, non appena entrò nella sala di cura del
castello dove, proprio al centro, dopo una fila di letti e giacigli in cui
venivano medicati e curati i guerrieri feriti, chi vigile, chi incosciente,
c’era Luthien, distesa su un lenzuolo bianco
panna e di lino, le cui pieghe dolci giocavano con i suoi splendidi capelli
castani, scintillanti alla luce dei primi raggi del sole.
Con un sonoro tonfo, Will fece cadere lo scudo sul pavimento
a mosaico, e con delicatezza sfilò le pesanti spade rinfoderate di rosso, come
la sua tunica da guerriero, sporca di polvere e sangue nemico, appoggiandole
senza far rumore accanto al letto della sua amica ferita. Osservò il suo volto
disteso e i suoi occhi delicatamente serrati, sospirando affranto. Se non lo
sapesse, le parrebbe profondamente addormentata.
Gandalf le teneva la mano destra abbandonata sul materasso
in piume d’oca, con gli occhi chiusi ed un espressione meditabonda, mentre
quella sinistra era sul suo grembo, muovendosi a ritmo del suo respiro regolare.
Dama Tamara le passava di tanto in tanto una pezzuola bagnata sul viso,
lavandole i segni della battaglia. Fu lei a rispondere al giovane Will:
“ è ancora incosciente. Sembra dormire profondamente.”
“ Ma non sta dormendo. Lei non può.”
Rispose lui, osservando Gandalf immobile, come in attesa di
qualcosa, o alla sua ricerca.
Dama Tamara sospirò annuendo consapevole, risciacquando la
pezzuola in una bacinella di legno e avvicinandosi ad un uomo in armatura
bronzea, che si lamentava per una ferita al fianco, abbandonato sul letto al
suo fianco.
“ Gandalf…cosa dici? Si rimetterà?”
Gli chiese, sperando in una risposta che tardò ad arrivare,
tanto che pensò che non l’avesse ascoltato né si fosse interessato alla sua
presenza.
“ Non ne sono certo. È come persa. Non so, non so…”
Disse scuotendo la testa con uno sguardo antico e segnato,
il luccichio irale e il sorriso gioviale sparito dal suo volto rugoso. Come
Will, guardò il bel volto di Luthien, accarezzandole la fronte con la mano
destra, leggero e senza fretta.
“ Ci sono novità?”
Chiese una voce affannosa e profonda, entrando nella stanza
seguito da un gruppo ben assortito di persone che avevano tutti il medesimo
viso preoccupato.
Taras rimase in piedi accanto a Will inginocchiato sul
pavimento, ricambiando il suo sguardo afflitto ed incredulo, per poi ricondurre
gli occhi, sia azzurri che perlacei sul corpo abbandonato della loro compagna
di avventure.
“ Si rimetterà. Lo so, si rimetterà. Ha affrontato di
peggio.”
Disse quasi tra sé Will, sfiorandole i capelli lisci e
sottili con le dita scoperte dai guanti di pelle.
“ Mi dispiace. Mi sento in colpa per quello che è successo.
In fondo, Luthien ha agito in mia difesa.”
Disse Frodo accorato e osservando Luthien con il volto
dipinto di pena.
“ No, Frodo, no. Non devi pensare una cosa del genere.
Luthien è sempre stata così. Se ha agito a quel modo, lo ha fatto perché in
quel momento lo riteneva giusto.”
Lo consolò Taras, con voce leggermente inclinata.
“ Io credo che ci sia dell’altro.”
Disse calmo e con voce profonda Aragorn, aiutando un soldato
a mettere seduto un giovane con il capo fasciato.
“ Cosa vorresti dire?”
Disse Will, con tono quasi accusatorio, guardandolo
accigliato.
“ Voglio dire che, quella di Luthien, non è stata una
reazione avventata. Sembrava più una sfida nei confronti di Venia che, tra
l’altro, sembrava di conoscerla perfettamente.”
“ Certo che la conosce. Tutti, in queste terre, conoscono
Luthien. È la più brava arciere di razza elfica che esista. Ha ucciso milioni
di orchi da quando ha cominciato ad impugnare un arco e a scagliare una
freccia. C’è chi la ama e la rispetta e c’è chi la teme e la odia, come tutti
noi del resto. Non mi sorprende che Venia faccia parte di quest’ultima
categoria.”
Concluse in tono sprezzante Will, continuando a guardare
serio Aragorn, che aveva tutta l’aria di non terminare lì il discorso.
“ Però ha parlato di un dono.”
Disse Pipino, ottenendo l’attenzione di tutti.
“ Si, un dono che…mi sembra di aver capito…le avrebbe dato
quando era piccola.”
Continuò lentamente e con cautela, intimorito dallo sguardo
accusatorio e quasi arrabbiato di Will.
“ Un dono che, con il passare degli anni, è diventato una
maledizione.”
Rammentò Merry, senza guardare nessuno, se non la base del
letto. Poi, alzò lo sguardo come colpito da una illuminazione.
“ Che sia per questo che si è scagliata contro di lei?”
Chiese a tutti loro, che si guardarono confusi a vicenda.
Frodo notò lo sguardo di Aragorn puntato su Gandalf che, a sua volta, non
staccava gli occhi da Luthien.
“ Chissà di quale dono parlavano?”
Sussurrò Sam, accanto a Frodo, assorto come il resto del
gruppo.
“ Ma che importanza volete che abbia?!”
Esclamò burbero ed arrabbiato Gimli. Tutti si voltarono ad
osservarlo, sorpresi.
“ Insomma…quel che importa ora è che la principessina, qui,
sta morendo e noi stiamo qui a fare congetture e a pensare che cosa le abbia
fatto quella strega. Al diavolo, facciamo qualcosa per farla riprendere, no?”
“ Pensavo non ti piacesse Luthien.”
Disse Legolas, dietro di lui, che per la prima volta, dopo
la sventura di Luthien, sorrise di cuore. Non aveva lasciato il suo capezzale
nemmeno un attimo, limitandosi, come Gandalf, a guardarla e ad attendere.
“ Beh…ma certo, non mi piace infatti. Ma, del resto, si,
insomma…ehm, non auguro nessuno di morire così, no, senza senso. E poi ci
serve, durante la battaglia!”
Esclamò burbero e risuonante, ma un rossore traditore gli
imporporò le guance, mentre gli altr cercavano di nascondere i ghigni e i
sorrisi.
“ Su una cosa hai torto, mio caro Gimli…”
Iniziò Gandalf, alzandosi dalla sediolina di legno in cui
sembrava essersi incollato nelle ultime ore, donandola ad una curatrice che la
prese con un sorriso di gratitudine.
“ Luthien non è in pericolo di vita.”
Annunciò, osservando prima Aragorn che annuì enigmatico, e
poi a Will e a Taras che sospirarono di sollievo sorridendo felici.
“ Ma, se è così, perché non apre gli occhi?”
Chiese Frodo, portando lo sguardo da lui a lei.
“ Perché non si sente ancora pronta.”
Gli rispose Gandalf, accarezzandole di nuovo la fronte,
assorto.
“ In queste ore ho vagato nella sua mente, alla ricerca di
una qualche frattura, una ferita, una fiamma verde di terrore…ma nulla, uno
strano intorpidimento sembra averla invasa, senza emozioni, né positive né
negative. è perduta in sé stessa.”
Ripeté, quasi incapace di crederlo lui stesso.
Legolas deglutì nervoso, immaginando il perché del suo
abbandono alla realtà.
“ Ma cosa le ha fatto, precisamente, la Signora delle Tenebre,
quando l’ha colpita?”
Chiese gentile, Sir Rayon, accanto a Sir Edward, come lui
perso nei suoi pensieri.
“ Già, in effetti, non ha ferite.”
Costatò Merry, accompagnando le parole con un gesto.
“ Non quelle che si possono vedere con gli occhi.”
Mormorò Gandalf, prima di aggiungere a voce alta.
“ Lasciamola, ora. Ha bisogno di riposo e di ritrovare se
stessa, da sola.”
Terminò, guardando severo Will che, con un sorriso quasi di
congedo e un’ultima carezza sul viso, delicata e leggera, si alzò, raccolse le
sue cose, e si avviò verso l’uscita, seguito da Taras che le rivolse solo
un ultimo sguardo intenso, quasi come se
si aspettasse di vederla aprire gli occhi e ridere contenta, gridando che era
tutto uno scherzo. Ma scosse la testa, accertandosi di chiedere l’impossibile,
per poi uscire dietro Will. Gimli la guardò, sbuffò, si guardò indietro, toccò
la tastiera del letto, poi inclinò la testa e la salutò con un gesto frettoloso
della mano piccola e paffuta, per poi correre deciso verso l’uscita. Sir Edward
seguì Sir Rayon con sua moglie a braccetto, verso la porta, i capelli ramati
accecati dal sole, mentre i ricci ribelli di Tamara si inclinarono di lato,
quando lei si girò per rivolgerle un ultimo sguardo apprensivo, consolata dal
marito che la cinse la vita con un braccio. Aragorn le toccò lieve il braccio e
le sussurrò qualcosa in elfico, forse un augurio di guarigione, per poi
avviarsi dietro i suoi compagni, mettendo una mano sulla spalla di Legolas, che
ancora non accennava a muoversi. Ricambiò il suo sorriso incoraggiante, per poi
vederlo varcare la soglia e voltare l’angolo insieme agli altri.
Pipino, Merry e Sam si morsero le labbra preoccupati, per
poi toccarle a turno la punta dei calzari eleganti e seguire i loro compagni.
Frodo rimase indietro, accanto a Gandalf, che lo osservò toccarle la tempia con
le sua dita da bambino e pallide quanto la sua pelle d’avorio, sorridendole
dolce e cercando di non essere dispiaciuto.
“ Mi hai salvato la vita due volte. Mai come ora vorrei ce
ne fosse una terza.”
Gandalf sorrise e sghignazzò divertito, seguito da Legolas,
ora appoggiato ad una colonna vicina, che increspò le labbra solo in un debole
sorriso.
“ Torna da noi presto, Luthien,. Abbiamo bisogno di te.”
Sussurrò quasi imbarazzato, per poi sorridere a Gandalf che
le toccò la spalla e gli fece l’occhiolino:
“ Si riprenderà, vedrai. È una donna coraggiosa e molto
forte.”
Lo rincuorò avviandosi con lui verso l’uscita.
“ Lo spero davvero, Gandalf. Davvero tanto.”
“ Abbi fiducia, Frodo. Abbi fiducia, e non ne rimarrai
deluso.”
Frodo sorrise ed annuì alle sue sagge parole, sentendosi
ricambiare da un risolino piacevole.
“ Legolas.”
Lo chiamò Frodo, guardandolo ancora vicino alla colonna. Al
suo richiamo, si voltò quasi strappato da chissà quali pensieri.
“ Non vieni anche tu?”
L’elfo biondo stava per rispondere, ma Gandalf lo prevenne.
“ Forse è meglio se lui rimanga qui, in caso di un qualche
miglioramento. Puoi restare se vuoi, Legolas.”
Gli urlò quasi frettoloso, spingendo Frodo verso l’uscita e
prima di richiudersi la porta alle spalle, lo vide ammiccare verso di lui, che
gli sorrise sbalordito.
Rimasto solo con una Luthien apparentemente abbandonata,
Legolas scosse la testa divertito: possibile che i suoi sentimenti fossero così
evidenti? O magari questo faceva parte di un piano ingegnoso di Gandalf?
Chissà.
Ora che erano soli, Legolas si concesse di avvicinarsi
ancora di più a Luthien, ammirandone, seppur nella sofferenza, la bellezza e la
purezza sconvolgente che il suo corpo sembrava emanare come un bagliore
evanescente.
“ Vuole sedersi?”
Si sentì chiedere da una voce esitante.
“ Come?”
Si girò per incontrare gli occhi scuri di una giovane
guaritrice, che gli sorrise incoraggiante, tendendogli una sedia di legno.
“ Le ho chiesto se vuole sedersi.”
Legolas guardò, quasi confuso e smarrito, troppo preso dai
suoi pensieri e dalle sue emozioni per interessarsi della realtà, prima il
volto della fanciulla e poi la sedia ed infine comprese e con un sorriso,
rispose ed agì, prendendo tra le mani lo schienale della sedia.
“ Oh, si la ringrazio.”
La donna si inchinò con un sorriso e sparì dietro la
colonna, che nascondeva gli unici due letti, quello di Luthien e quello del
soldato con la ferita al fianco, ora profondamente addormentato, vicino ad una
imponente porta finestra, dalla cui veranda si riuscivano ad odorare il profumo
dei fiori di campo della foresta che si espandeva più in là, lungo la catena
montuosa che abbracciava il castello. Legolas sorrise. Era proprio il posto
ideale per un risveglio. Aveva scelto bene, quando l’aveva trasportata fino a
qui, guidata da un servitore che era sopraggiunto, dopo aver annunciato alla
sua regina e al resto del popolo di Ruer nascosto nei sotterranei, che la
battaglia era finita.
Si sedette sulla sedia di legno, sentendola scricchiolare
sotto il suo peso, mentre vagava con la mente a quei momenti di puro terrore ed
ansia, nel vederla abbandonata, lì, inerme, con nessun segno di ferita aperta
da curare, se non lacerata nel suo animo. Così era stata Venia a donarle quel
flagello, il dono di una bellezza tentatrice che poi era diventata velenosa e
dannosa su tutti coloro che la subivano, che l’avevano condannata per tanto
tempo ad una vita di reclusione, di smarrimento, di colpa. A quei pensieri,
Legolas strinse i pugni per la rabbia e l’impotenza che sentiva crescere nel
suo animo e che gli faceva ribollire le viscere.
Si impose di calmarsi e di non pensare al volto maligno di
Venia, ma solo alla salute di Luthien. Così sospirò e sciolse le mani in una
posa rilassata. Tutto quel rancore non le faceva bene. Doveva donargli pace non
inquietudine. Avrebbe voluto darle di più di un piacevole senso di benessere,
in realtà. Ah, se solo le avesse dato la possibilità di amarla come avrebbe
dovuto! Se solo lo avesse accolto, invece di respingerlo! Ma lei aveva paura,
non riusciva a fidarsi di se stessa, a lasciarsi andare ad un sentimento così
dolce che solo grazie a lei aveva scoperto e stava vivendo.
Voi sapete quello
che sono. Conoscete il mio più grande timore.
Si, lui lo conosceva. Sapeva di cosa lei avesse timore.
Della parte oscura di sé stessa, quella tentatrice, subdola, che giocava con i
sentimenti altrui. Ma quella non era la vera Luthien, non era quella la donna
di cui lui era innamorato.
Il mio viso, la mia voce, perfino il mio odore sono fonte
di attrazione per voi. Vi consiglio di cominciare a temere, mio signore, questo
lato del mio carattere, da cacciatrice perfetta.
Ma come poteva temerla, se l’amava in una maniera
incomprensibile anche per lui? Era impossibile! Quante volte gli aveva intimato
di starle lontano, di lasciarla ai suoi pensieri, alle sue problematiche…ma
come poteva abbandonarla, voltarle le spalle se tutto il suo essere anelava a
lei, ma non in una maniera malsana, ma dolce, tenera, rassicurante, che gli
riempiva l’anima e il cuore di sensazioni calde e positive.
Io non vi farò mai del male
Gli aveva sussurrato accorata e dolce prima di sparire dalla
sua vista, quella lontana notte, in un tappeto di iris dalle corolle viola
striate di blu notte.
Se lui si fidava di lei, allora anche lei doveva fidarsi di
lui.
Ricordò il momento in cui le loro labbra si erano sfiorate
in un bacio casto e sincero, la morbidezza della sua bocca rossa, il suo
profumo di lampone…si sentì accaldato e in preda alle fiamme e cercò di non
perdersi in quei ricordi meravigliosi. Si imbarazzò ricordando la sua audacia e
si maledì ricordando il suo sguardo smarrito e spaventato a quel gesto.
Avrebbe tanto voluto vederla di nuovo scrutarlo con i suoi
occhi scuri, intensi e brillanti di nocciola, le sue dita affusolate intrecciare
le sue lunghe ciocche di un castano acceso e luccicante di polvere stellata,
udire la sua voce melodiosa pronunciare le sue risposte sempre pronte… già,
avrebbe voluto. Sentì un nodo stringergli la gola ed impedirgli di respirare al
pensiero di vederla consumarsi su quel letto, intrappolata in un sonno
apparente, senza la possibilità di ridestarsi alla luce del sole, imprigionata
in un limbo senza fine. Lo avrebbe permesso? L’avrebbe lasciata proprio nel
momento in cui aveva più bisogno di lei? No, assolutamente no!
Si voltò verso di lei, visto che il suo sguardo si era perso
lungo le file di letti adiacenti, e quello che vide fu sconvolgente: Luthien
era sparita, il suo letto era vuoto!
Si alzò facendo cadere la sedia all’indietro, preoccupato ed
affannato, come dopo una lunga corsa.
Dov’era? Dove era finita? Come aveva fatto a non
accorgersene prima? Che sciocco era stato! Si era perso nei suoi pensieri senza
badare a quello che effettivamente stava accadendo intorno a lui ed accanto a
lui.
“ Se sta cercando la fanciulla distesa su quel letto…”
Si sentì dire, da una voce affannata e dolorante. Era il
soldato disteso accanto al letto di Luthien.
“ è uscita dalla porta-finestra. Mi ha fatto segno di tacere
e di non dirle nulla, fin quando era distratto. Mi sembra che sia anche saltata
giù.”
Cercò di urlargli, mentre si avventurava all’esterno e si
affacciò sulla balconata in marmo levigato e più scuro rispetto alle pareti del
castello color panna, sospirando di sollievo nel vedere due lunghe gambe
azzurre con calzari bianco latte spiccare sul verde del prato spruzzante qua e
là fiori gialli e rossi, e una testa castana dai riflessi dorati spuntare dai
cespugli intricati di bacche profumate.
Con un balzo e un sorriso, si ritrovò sul verde pavimento e,
molto lentamente, si avvicinò alla fanciulla posta di spalle, deliziandosi
della vista dei suoi capelli sciolti intrecciati di perle danzare con i soffi
leggeri del vento mattutino, carico di profumi aromatici.
Lei non si voltò, ma sapeva che riusciva ad avvertire i suoi
passi leggeri e silenziosi, come anche la sua presenza che si avvicinava a poco
a poco alla sua figura.
“ Mia signora.”
Sussurrò dolcemente e sempre sorridendo felice Legolas,
inginocchiandosi dietro di lei, così vicino dal sentirne il profumo inebriante,
e allungando una mano a toccarle una spalla
scoperta da un rombo contornato di fili bianchi, come gli arabeschi i
fiori di ciliegio raffigurati sul suo abito d’arciere, molto femminile doveva
ammetterlo.
La sfiorò appena con le dita affusolate, ma tanto bastò a
fargli provare un brivido lungo la schiena.
“ Sono felice che siate guarita.”
La sentì sorridere, per poi dirgli con tono amaro:
“ Guarita?” una pausa in cui posò delicatamente un fiore
selvatico sul letto di foglie cadute dal faggio che li sovrastava imponente: “
No, non sono guarita.”
Sussurrò triste, giocando con i petali del fiore riposto,
chiudendoli e schiudendoli a piacere. Eh si, quella ne era una prova.
“ Andate via. Lasciatemi sola.”
Gli disse, senza dare alcun segno di volersi voltarsi e
guardarlo negli occhi.
In risposta, Legolas alzò anche l’altra mano e la posò
sull’altra sua spalla scoperta. Un altro tocco, un nuovo brivido.
“ No.”
Disse deciso, ma bisbigliando appena la sua negazione.
Lei sospirò e reclinò la testa all’indietro, quasi
toccandogli l’inizio del petto. La immagino chiudere i suoi bellissimi occhi
nocciola, affranta per la sua testardaggine. Non poté impedirsi di sorridere.
“ Vi prego, ho bisogno di solitudine per riflettere.”
Lo supplicò.
“ Potete farlo anche con me vicino. Non vi disturberò,
promesso.”
Disse lui di rimando, facendo scorrere le dita di entrambe
le mani sulle sue braccia coperte dall’abito aderente, che ne esaltava le
morbide forme, muovendole in un movimento continuo, su e giù, instancabile.
Lei sospirò.
“ Lo state già facendo.”
Legolas, questa volta, rise divertito, proprio accanto al
suo orecchio, ritrovando un sorprendente eco nella sua risata cristallina ma
debole. Era ancora indebolita.
“ Forse dovreste tornare nella sala di cura. Siete ancora
molto debole.”
Suggerì premuroso, ma Luthien appoggiò la sua mano destra
sulla sua, ora ferma sulla sua spalla, stringendola appena e facendolo tremare
leggermente.
“ No. L’unica cura di cui ho bisogno è proprio qui, non
dentro una stanza scintillante di marmo.”
Disse con la sua voce suadente, forse più del solito, che
portò Legolas a perdersi nelle sue note, come quando iniziò ad intonare una
melodia sconosciuta ed antica, una canzone elfica struggente, che parlava di
amore e guerra, unite in un legame indissolubile. Assomigliava molto alla loro
storia.
Rimasero così per attimi eterni, finché non le chiese con
voce velata d’emozione:
“ Perché non vi voltate?”
Lei non rispose, ma finì di intonare la sua canzone, che si
spense elle ultime note malinconiche. Appoggiò il capo sul suo petto, sospirando
dolcemente e chiudendo gli occhi, come per nascondersi.
“ Aprite gli occhi, vi prego.”
La pregò Legolas, desiderando specchiarsi in quelle pozze
scure ed incantatrici, dove sapeva si sarebbe perso.
Ma, improvvisamente lei si staccò da lui, alzandosi di
scatto e nascondendosi nell’ombra oscura del faggio, lasciandolo lì, indifeso e
confuso, con il cuore palpitante d’amore.
“ No, no! Andate via! Lasciatemi sola! Non voglio vedervi!”
Urlò, quasi arrabbiata, con un tono di voce sempre
ammaliatore ed incantatore.
“ Perché dite così? Io voglio solo aiutarvi.”
Disse lui accorato, alzandosi ed avvicinandosi a lei, che ad
ogni suo passo si ritirava sempre di più nell’ombra, il viso nascosto
dall’oscurità, mentre alcuni spazi di luce, che filtrava dalle foglie verdi del
faggio, le illuminarono la veste azzurrina e luccicante del bianco dei piccoli
fiori di decoro.
“ Non desidero il vostro aiuto, né quello di nessun altro.
Andate via! Via!”
Esclamò di nuovo, irata ma suadente, nascondendosi ancora di
più il volto tra le mani e le braccia, allungando la schiena sul grande tronco
rugoso.
Legolas, per nulla scoraggiato ma desideroso di capire cosa
avesse, si inginocchiò davanti a lei, cercando di portarle le braccia lungo il
busto e guardare così il suo viso.
Ma lei si divincolò:
“ No, vi prego andate via! Fate come vi ho detto, per
favore! Lasciatemi al mio destino!”
Lo pregò ancora, ma lui non demorse.
“ No, non vi lascio. Non posso, non voglio. Io so che avete
bisogno di me, lo so.”
Disse Legolas convinto, cercando di trascinarla alla luce
del sole, senza farle del male.
“ No, non è vero, siete un illuso! Io vi odio, vi detesto!
Non vi sopporto, andate via!”
Ripeté per l’ennesima volta, Luthien. Nonostante quelle
parole trafissero il suo cuore come lame di ghiaccio dolorose, Legolas sapeva,
in fondo all’anima, che non era la verità quello che stava dicendo. Voleva solo
allontanarlo da lei, colpendolo con le sue stesse parole, invece che con le sue
frecce. Ma anche lui era un arciere abile, e non avrebbe ceduto al suo gioco
senza lottare.
“ So bene che non è quello che pensate. Quindi ora, rimarrò
con voi e vi porterò alla luce, che vi piaccia o no.”
Disse deciso, afferrandola per le gambe e la schiena,
trasportandola in braccio fino al punto in cui si era allontanata, fuggendo da
lui.
Quando la depose proprio dinanzi a lui, Luthien non
accennava a voler aprire i suoi bellissimi occhi, nonostante il suo viso fosse
più splendente e bello che mai.
“ Ora, aprite gli occhi.”
Le intimò dolcemente, scostandole una ciocca di capelli
dietro l’orecchio.
Luthien scosse la testa, decisa ed irremovibile.
“ No.”
“ Perché fate così?”
Le chiese ancora con un tono dolce e comprensivo, che
invogliava ad aprirsi e parlare.
“ Perché non vedo alcun motivo per cui debba sottostare ai
vostri ordini.”
Disse sempre melodiosa, ma aspra.
“ Ora, allontanatevi da me.”
Ordinò, perentoria.
Per tutta risposta, Legolas si fece ancora più vicino a lei,
che rimase immobile dov’era.
“ No.”
Disse sorridente. Prima o poi avrebbe ceduto, ne era
convinto.
“ Insomma, è ridicolo. Vi ho detto che vi odio, vi detesto,
non sopporto la vostra vicinanza. Lo capite, oppure no? Devo dirvelo in elfico?
Magari così sarò più chiara!”
“ Provateci.”
Lei sbuffò per il suo divertimento.
“ Perché fate tutto questo? Demordete dal vostro intento,
mio signore.”
Legolas socchiuse gli occhi e avvicinandosi al suo orecchio
le sussurrò in elfico, incapace di trattenersi, mentre il suo respiro caldo le
solleticava la punta appuntita dell’orecchio.
“ Vorrei tanto essere
davvero vostro.”
A quelle parole appassionate, Luthien si allontanò come
scottata, abbassando il volto con ancora gli occhi serrati sul suolo erboso e
rugiadoso.
“ No, non è vero. Non
è questo ciò che volete, lo so.”
Legolas non l’aveva mai udita in elfico, e nella loro lingua,
la sua voce sembrava molto più modulata e suadente, seppur intrisa di
agitazione.
“ Perché dite così? Vi
allontanate, mi dite che mi odiate, che mi detestate…ma io so che non è così.
Lo sento, lo percepisco.”
Ad ogni parla, Legolas si era avvicinato a lei, e ora le
stava accarezzando la guancia calda ed imporporato di un ritrovato e lieve
rossore.
“ Non sapete cosa
dite. Non siete in voi. La mia natura oscura vi ha plagiato.”
Allora era questo che pensava. Credeva che lui provasse quei
sentimenti per lei solo perché ammaliato dalla sua parte oscura. No, non era
così. Lui ne era convinto, si era innamorato di lei molto prima di conoscere la
verità, forse proprio il momento in cui l’ha vista scendere dal suo cavallo
bianco, nella sala da ricevimento del palazzo di Gondor, molto prima che
vedesse il suo volto, molto prima di conoscere il suo nome. Si era innamorato
della sua essenza, del suo coraggio, del suo animo nobile e gentile, dei suoi
sorrisi, dei suoi sguardi indagatori, dei suoi cipigli increduli, delle sue
battute ironiche con Will, del suo disappunto nel ricevere un complimento,
della sua mania di intrecciare i capelli, del suo passato, del suo presente e
del suo futuro, ora sapeva, sarebbe stato con lui. Questo era l’amore, Luthien,
la vera Luthien era l’amore.
“ No, non è così.”
Lei alzò il volto verso di lui incredula.
“ Non è così.”
Ripeté, accarezzandole ancora il volto.
“ Voi siete importante per me, mia signora. Molto importante
e io…”
Si avvicinò ancora di più a lei, sospirando, fronte contro
fronte.
“ Io vorrei tanto vedere i vostri occhi, adesso.”
Luthien indugiò, cercando di protestare, ma lui glielo
impedì:
“ Non abbiate paura. Io sarò qui, accanto a voi.”
Lei, quasi sconfitta ed abbattuta, si inumidì le labbra
rosse e tremanti e con un debole battito di ciglia, aprì gli occhi, finalmente,
mostrandosi a lui.
Non erano i suoi soliti occhi color nocciola. Erano neri e
luccicanti, e la pupilla si univa a quel nero accecante e magnetico, creando un
unico involucro ipnotizzante.
“ Lo so, sono un mostro. Ma è così che sono, in realtà. E
questo non è nulla.”
Legolas, nonostante fosse molto turbato da quegli occhi
penetranti, cercò di tenere viva nella sua mente l’immagine dei suoi occhi
color nocciola, per poi avvicinarsi a lei e dirle sorridente:
“ No, questi occhi non sono i vostri. Io non vedo caldi e
dolci occhi nocciola, qui.”
Lei sospirò affranta, ma sostenne il suo sguardo turchese,
aspettando una sua mossa.
“ Mia signora, io…io volevo dirle…che…”
Ma non terminò mai la frase, visto che si unirono in un
lungo bacio, all’inizio dolce e carezzevole, poi sempre più forte, deciso e
passionale. In quel bacio, Legolas dimostrò tutto il suo amore, tutta la
passione che nutriva per lei, irrimediabilmente lei.
Quando si staccarono, affannati e deliranti di sentimenti
contrastanti, lui le accarezzò la guancia, dolce e delicato, e quando cercò di
riappropriarsi delle sue labbra, lei lo fermò, sorridendo misteriosa e
riaprendo gli occhi, ora nuovamente nocciola intenso.
“ Devo andare.”
“ No.”
Protestò lui, ma Luthien sorrise dolce e come un soffio di
vento sparì dalla sua vista.
Legolas rimase disteso sul soffice tappeto verde, circondato
dai fiori selvatici, per molto tempo, con il petto che si abbassava e si
sollevava a ritmo del suo respiro affrettato. Sorrise gli occhi azzurro mare
luminosi ora più che mai, per una nuova certezza. Aveva una speranza. Forse,
sarebbe riuscito a farla innamorare di lui.
I commenti alle vostre recensioni al prossimo cap!!! Grazie
a tutti coloro che leggono!!! Baci baci Fuffy91!!! ^____________________^
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Capitolo 16 *** Capitolo 16 ***
Capitolo16
“ Legolas. Legolas, svegliati,
amico mio!”
Si sentì richiamare da una voce profonda e modulata, che lo
costrinse a ritornare alla realtà presente, riaprendo gli occhi dolcemente ma
con decisione.
Il suo volto era disteso sulle sue braccia incrociate, i capelli
ad accarezzargli il volto, l’odore benefico e pungente di erbe medicinali a
risvegliare i suoi sensi intorpiditi. Aragorn era lì, chino su di lui, il suo
sguardo acceso di smeraldo deturpato da un cipiglio di preoccupazione. Quando
aprì la bocca per parlare, la sua voce non era più offuscata da un velo di
intorpidimento.
“ Ti senti bene? Cosa ti è accaduto?”
Gli chiese, aiutandolo ad alzarsi dalla sedia di legno che
poco tempo fa gli era stata donata da una giovane donna, ora affaccendata a
ripulire i letti vuoti dalle lenzuola macchiate di sangue purpureo.
Si voltò a guardare il letto dietro di lui. Anche il giovane
soldato ferito al fianco era sparito, le lenzuola del suo letto cambiate ed
immacolate. Si girò verso il letto della sua amata, sorprendendosi che fosse
ancora lì, ad occhi chiusi, distesa ed immobile come l’aveva lasciata. Guardò
la porta finestra, socchiusa per il leggero vento pomeridiano. Si stupì, era
già trascorso così tanto tempo?
Ma, com’era possibile? Pensò osservando nuovamente Luthien.
La aveva lasciata nel piccolo fazzoletto di terra verde sottostante, dove aveva
cercato di rivelarle il suo amore. Ancora vivo era il ricordo del loro bacio
appassionato, proprio lì, sulle sue labbra rosate, bruciate dalle sue, rosso
ciliegia. Il loro discorso, i suoi occhi nero pece, dopo il bacio, ritornati a
luccicare di nocciola…possibile che fosse solamente una vana illusione
partorita dalla sua mente? Assurdo, non poteva crederlo davvero!
“ Io…non lo so.”
Rispose infine, guardando Aragorn confuso e deluso.
“ Proprio non lo so.”
Ripeté, guardando afflitto il corpo abbandonato di Luthien,
splendente di bellezza ai raggi del sole pomeridiano.
“ Credo…credo di aver avuto una visione o qualcosa del
genere.”
Ipotizzò, ancora smarrito.
“ Una visione? Di che genere?”
Chiese Aragorn cauto, cercando di non forzare la memoria in
subbuglio dell’amico, confortandolo con una mano abbronzata appoggiata sulla
sua spalla rigida come il resto del suo corpo.
“ Eravamo nei presi della foresta. Abbiamo parlato, abbiamo…com’è
possibile? Sembrava così reale.”
Si chiese ad alta voce, ancora incredulo nell’accettare la
cruda realtà dei fatti.
“ Abbiamo?”
Chiese Aragorn, cercando di aiutarlo a ricordare e di
capirci qualcosa, seguendo il suo sguardo vacuo verso Luthien.
“ Tu e Luthien? Hai avuto una visione che riguardava
entrambi?”
Ma Legolas non sembrava averlo ascoltato. Continuava ad
osservare immobile e senza respiro l’oggetto del suo amore, incapace di credere
che fosse stato tutto un’ amena finzione della sua mente offuscata dall’amore
che nutriva per lei.
“ Legolas.”
Lo richiamò piano Aragorn, cominciando davvero a temere per
la salute dell’amico, che sembrava perso come la sua compagna, abbandonata su
quel letto di lino. Lo scosse cercando di farlo rinsavire.
“ Legolas, ascoltami. Va tutto bene. Qualsiasi cosa tu abbia
visto, va tutto bene. Cerca di ritornare in te.”
Gli disse profondo e rassicurante, prendendolo per le spalle
e scuotendolo forte, finché non lo vide focalizzare il suo viso e i suoi occhi
tornare a brillare di turchese. Annuì più cosciente di sé. Aragorn sorrise
tranquillo e tirando un sospiro di sollievo. Poi, cingendogli un braccio
intorno alle spalle, fraterno, lo sospinse verso l’uscita.
“ Vieni. È da troppo tempo che sei qui. La battaglia ti avrà
scosso come la tensione nei riguardi di Luthien. Sei preoccupato per lei. È
normale, è successo anche a me di pensare ad Arwen nei momenti di maggior
sconforto in passato. A volte il suo ricordo era così vivo nella mia mente da
sembrare che potessi toccarla, stringerla e addirittura baciarla. Era tutto
molto reale, ma era solo illusione. Un artefatto della mia mente.”
Gli spiegò tranquillo e rilassato, mentre lo conduceva verso
la porta d’ingresso. Ma proprio mentre la stavano per oltrepassare, fu Legolas
stesso a voltarsi per guardarlo stupito.
“ Quindi credi che sia la stessa cosa che è capitata a me,
poco fa? Credi che la mia mente mi abbia fatto vedere, sentire e provare quello
che io desideravo avere?”
Aragorn annuì, ma poi aggiunse:
“ O magari è successo davvero e Luthien ha avuto modo di
comunicare con te attraverso il portare dei sogni o, data la tua circostanza,
essendo un elfo, i tuoi pensieri.”
Legolas annuì, molto più consapevole di questa che
dell’altra ipotesi. Era troppo realistico per sembrare una visione, senza
contare che, se fosse dipeso da lui, Luthien non si sarebbe mai allontanato da
lui quando lo aveva fatto.
Riportò nuovamente lo sguardo verso Aragorn che ora lo
osservava più rilassato, sorridendogli malizioso.
“ E così…Arwen comunicava con te attraverso i sogni? Non me
lo avevi mai detto.”
Gli disse falsamente accusatorio, sorridendogli di sbieco.
Aragorn annuì, abbassò lo sguardo verso un punto non definito del pavimento,
sogghignando imbarazzato.
“ Beh…si, a volte.”
Aggiunse poi, disinvolto.
“ Non ti chiederò cosa facevate, anche se, ne ho una vaga
idea, conoscendo Arwen.”
Gli disse, poi, Legolas, continuando a sorridere malizioso e
sussurrando ambiguo.
Aragorn prima lo guardò scoccato, in seguito rise di cuore
ritrovando il suo amico ironico e scherzoso di sempre. Legolas rise con lui,
rivolgendo poi uno sguardo al letto inondato di sole della sua Luthien. Il
sorriso si spense all’istante. Perché non si era ancora svegliata? Sospirò
affranto.
“ Coraggio, andiamo. Gli altri ci stanno aspettando nella
sala del trono.”
Legolas scosse la testa e annuì dolcemente al suo amico
comprensivo, che lo precedette verso la loro destinazione. Prima di seguirlo,
Legolas colse un ultimo sguardo alla figura inerte di Luthien, cercando di
bearsi ogni suo singola sfaccettatura, per poi, con un sospiro e un sorriso che
non brillò nei suoi occhi azzurro mare, affiancò la figura elegante di Aragorn
che guardava dritto verso di sé, con sguardo concentrato, forse per le svolte
della guerra.
“ Legolas.”
L’elfo biondo mugugnò in risposta.
“ Cosa volevi dire con la frase “conoscendo Arwen””?
Legolas rise allo sguardo divertito dell’amico.
“ Ma nulla, Estel.”
“ No, tu volevi dire qualcosa.”
“ Ti assicuro di no.”
“ D’accordo, mi fido.”
“ Fidati.”
Guardandosi negli occhi, i due risero piacevolmente.
Le porte della camera di guarigione si chiusero troppo in
fretta, cosicché Legolas non poté cogliere il movimento sinuoso di Luthien che
volse il viso verso il punto in cui lui era sparito, le ciocche castane e
splendenti di striature dorate ad inondarle il viso, e le sue labbra incurvarsi
in un sorriso finalmente sereno.
Quando Aragorn spalancò le porte della sala del trono, i
suoi occupanti erano impegnati in una animata discussione.
“ No, Edward. Non credo che Orfin ci appoggerà in questa
guerra. Lo conosci. Ha troppa paura di Venia, per partecipare attivamente alla
battaglia.”
Stava affermando categorico Sir Rayon, seduto a capo di una
tavola rettangolare, di legno d’abete molto sottile e chiaro, che si univa alle
pareti marmoree perfettamente.
Sir Edward stava marciando avanti ed indietro, con un
cipiglio impresso negli occhi dorati, la fronte liscia di giovane uomo
corrugata in una ruga di preoccupazione.
“ Beh, ma dovrà pur prendere una posizione.”
“ Certo, la sua.”
Gli rispose Rayon, con un sorriso sprezzante.
“ Chi è Orfin?”
Chiese Aragorn entrando e sedendosi accanto a Frodo, che
guardava sia Rayon che Edward preoccupato. Ma quando vide Aragorn accanto a
lui, il suo volto si distese, come quello di Sam, al suo fianco. Loro sapevano
che Aragorn sapeva sempre cosa fare.
Sir Rayon lo guardò, l’espressione di scherno non lo
abbandonò mentre gli spiegava chi fosse l’uomo oggetto della loro discussione.
“ Sir Orfin, re di Murnirm. L’uomo più vigliacco che abbia
mai conosciuto.”
Disse sprezzante, alzandosi di scatto, rivolgendo le spalle
ad Aragorn che non abbandonò la sua figura, impassibile, come Gandalf
appoggiato al suo bastone con entrambe le mani, soprappensiero.
“ Oh, andiamo Rayon!”
Esclamò quasi risentito a quel commento Edward, arrestandosi
e osservando con un cipiglio irritato il suo interlocutore.
“ Beh, cosa? Vorresti forse negarlo?!”
Gli rispose irato Sir Rayon, voltandosi bruscamente verso di
lui, alzando le braccia al cielo in un gesto eloquente, come a sfidarlo a
contraddirlo.
Per un attimo si guardarono in cagnesco, occhi dorati contro
occhi azzurro-tempesta.
Ma ben presto, fu Sir Rayon ad abbassare lo sguardo, ora
rilassato, appoggiandosi allo schienale della sedia e sospirando a capo chino.
I capelli biondo cenere illuminati dal sole che filtrava dalle finestre a botte
in alto, sulle pareti rocciose.
“ Mi dispiace, Edward. Non volevo urlare così. È solo che…”
Una pausa, in cui rialzò lo sguardo, si risedette, sospirò
di nuovo e si massaggiò la fronte con la mano destra.
“ Prima del vostro arrivo, ero andato a Murnirm per avere un
colloquio con Orfin. Ma lui mi ha negato ogni tipo di incontro, cacciandomi
fuori dal palazzo, ignorando apertamente ogni mio richiamo. Sono giorni che
cerco di convincerlo, attraverso le lettere che gli invio, i reclami, le
avvertenze, che la guerra contro Venia è imminente, che dobbiamo essere uniti
per fronteggiarla. Ma nulla, è più testardo di un mulo.”
“ Immagino sia il timore a costringerlo a comportarsi in
questo modo incosciente.”
Disse Gandalf calmo, fuoriuscendo dalle sue meditazioni.
Rayon sbuffò:
“ Diciamo pure che è l’ottusità a guidarlo, anche se, si,
immagino sia anche impaurito.”
Sorrise il re di Ruer, ricambiato da un risolino di Gandalf
e un sorriso leggero di Aragorn.
“ Sir Orfin è sempre stato così. Di fronte al pericolo, si è
sempre tirato indietro.”
Aggiunse Sir Edward, risedendosi accanto a Rayon, che gli
toccò una spalla fraterno, come a chiedergli perdono ulteriormente per la
sfuriata di poco prima.
“ Ma ho sentito dire che i suoi eserciti sono ben
addestrati, guidati da un uomo capace ed abile in battaglia.”
Aggiunse Taras, appoggiato ad una colonna, accanto a Pipino,
acciambellato su un seggiolino accanto a Merry, intento a preparare un’ erba
pipa rilassante.
“ Non è un uomo qualunque.”
Cominciò Edward, attorcigliandosi un filo di cuoio pendente
dalla sua camicia nera, che esaltava il colore dei suoi capelli ramati, con
aria quasi distratta.
“ è suo figlio, il principe Varen.”
“ Bravo uomo il principe!”
Esclamò all’improvviso Will, attirando l’attenzione di
tutti, discendendo dal basamento del seggio reale con un balzo, e avvicinandosi
calmo e misurato, con le mani in tasca e le pesanti e potenti spade di Amlach
oscillanti dietro la sua schiena, ai suoi interlocutori, per poi sedersi
accanto a Sam con lo schienale della sedia rivolto in avanti, appoggiandovi le
braccia incrociate e poi il viso da fanciullo birbante, perennemente
sorridente.
“ L’ho conosciuto durante un’imboscata nelle Paludi di
Carcas. Mi ha salvato di persona, impedendomi di sprofondare nelle sabbie
mobili. Un uomo molto nobile. Peccato che sia sfortunato con le donne.”
Bisbigliò a Sam che lo ascoltava rapito.
“ Troppo timido.”
Sam rispose al suo sorriso biricchino con una smorfia
stranita, mentre Frodo al suo fianco, rideva a bassa voce, scuotendo la testa.
“ Tipico di te, sprofondare in quelle paludi.”
Disse di rimando Taras, incrociando le braccia e le gambe,
sorridendo anche con i suoi occhi perlacei.
William scrollò le spalle voltandosi verso di lui, sempre
divertito.
“ Che posso farci. Ero intontito. Avevo passato un’intera
notte nelle Luci di Fata. Ti lascio immaginare il mio stato. Ero distrutto.”
“ Le Luci di Fata? Quel locale è altamente malsano. Non
dovreste frequentarlo.”
Lo ammonì Sir Rayon, mentre tutti si guardavano confusi.
“ No, non è sempre così. È anche pieno di gente divertente e
soprattutto di belle fanciulle spiritose e amorevoli. Ah, Romilda! Lei è la mia
preferita. Mi ricopre sempre d’attenzioni quando faccio loro visita. Ora che ci
penso, dovrò presentartela Taras. Mi sa che tu le piacerai.”
Si voltò nuovamente verso di lui, trovando un Taras incapace
di trattenere le risa e scuotendo la testa affranto dal comportamento
dell’amico.
“ Portai anche Varen lì, per sdebitarmi, sapete. Anche se un
boccale di vino rosso unito alla menta non credo lo abbia giovato. In compenso
Violet lo ha ricompensato tempestandogli il volto di baci.”
“ Hai portato il principe ereditario in un bordello dei
bassifondi della città?”
Gli chiese ora scandalizzato Taras, mentre Edward sorrideva
divertito al suo fianco, Sir Rayon si nascondeva il viso fra le mani non
riuscendo a crederci, Merry si stava quasi affogando con il fumo grigiastro
dell’erba pipa, mentre Pipino ridente gli picchiettava sulla schiena ricurva,
Gimli si scambiò uno sguardo scioccato con Legolas, Gandalf e Aragorn sorrisero
incapaci di credere alla sua follia e Frodo e Sam si guardarono eloquenti per
poi puntare lo sguardo verso un William sorridente. Sul viso un’espressione di
pura innocenza.
“ Se è per questo anche i suoi uomini. Credimi, loro non
sembravano dispiacersene. E poi, te l’ho detto: Violet ha provveduto a farlo
sentire come a casa sua.”
A quel punto Edward rise divertito, non riuscendo più a
trattenersi, mentre in sottofondo si sentì Taras bisbigliare accigliato:
“ Idiota.”
Ma Will non sembrò turbarsene, e sorridendo birichino, si
interessò alla conversazione che Aragorn decise di intraprendere.
“ Comunque sia, dovremo interagire al più presto con Sir
Orfin. Non potrà ignorare a lungo l’insorgere di Venia.”
“ E se lui non vorrà discutere, ci rivolgeremo a suo figlio,
che, a detta di Will, in principio alla sua nobiltà d’animo, non ci negherà il
suo aiuto.”
Aggiunse Gandalf, avvicinandosi alla comitiva seduta, che lo
guardò annuendo in una risposta affermativa.
Ben presto tutti si alzarono, seguendo i sovrani dai
rispettivi regni e i compagni di viaggio verso l’uscita, per prepararsi alla
partenza, verso il regno di Murnirm.
“ Molto bene. Così potrò rivedere Romilda.”
“ Non siate in pena, mio signore, per Dama Luthien.”
Sussurrò Dama Tamara a Legolas, dopo aver salutato con un
bacio e un abbraccio caloroso il suo re, mentre l’arciere biondo montava il suo
candido cavallo bianco, che nitrì dolcemente.
“ Farò in modo che non le manchi nulla e che si rimetta
presto.”
Legolas rispose al suo sorriso cordiale con uno
riconoscente, per poi inchinare il capo e raggiungere lo stallone nero ed
insolente di Will, che sbuffò infastidito di riprendere il viaggio.
Gimli non fu da meno.
“ Secondo te, si rimetterà davvero?”
Gli chiese di soppiatto, facendolo trasalire.
“ Lo spero, Gimli. Lo spero.”
Terminò a bassa voce, mentre il nano amico, dietro di lui,
mugugnava poco convinto. Legolas portò lo sguardo limpido sulle alte finestre
del palazzo di marmo, illuminate del rosso cremisi dei raggi del sole in
eclissi, dietro le montagne rocciose. Sospirò debolmente, per poi portare
osservare la regina abbracciare forte suo genero, accarezzandogli i capelli
corti e folti, scintillanti di rosso-rame.
“ Mi raccomando. Saluta mia figlia quando tornerai ad Holmes
e dirle che mi manca.”
“ Lo farò, mia signora. E so che anche lei soffre la vostra
mancanza.”
“ Abbi cura di te, Edward. Mi sei tanto caro. Mi prometti
che non sarai sconsiderato, come mio marito?”
Edward rise con il volto sorretto dalle sue mani affusolate.
“ Cercherò di fare del mio meglio, lo prometto.”
Terminò serio, baciandole il dorso della mano destra, per
poi montare il suo destriero color champagne e raggiungere Sir Rayon, a cavallo
di una giumenta a macchie bianche e marroni, elegante nella sua stazza, mentre
lo sguardo preoccupato di Tamara li accompagnò fino a che non divennero,
insieme agli altri, dei puntini scuri e veloci, che scomparivano nell’orizzonte
oscuro dipinto dei bagliori arancio e dorati del cielo.
Ben presto arrivarono a Murnirm, città che distava poche
miglia da Ruer, nei pressi di una vallata concava, che accoglieva il grande
palazzo dalle tre torri a guglie, i cui tetti erano interamente ricoperti di
tegole in terra cotta.
La sua disposizione a U , sembrava come voler abbracciare le
piccole case dai camini fumanti, forse per il pasto serale, mentre i bagliori
di luce provenienti dalle lanterne al loro interno, luccicavano come fate in un
lago di ninfee.
Poco più in là, verso destra, cominciavano a intravedersi le
coste scure e brillanti degli ultimi bagliori cremisi del sole, e la brezza
spumeggiante del mare agitato rilassò i nervi tesi di Frodo, che chiuse gli
occhi per assaporare quella delizia, ad ogni galoppo del cavallo bruno di
Taras, il cui sguardo serio era puntato solo ed esclusivamente sul palazzo
roccioso, ma non massiccio come quello di Holmes, ma più delicato, seppur meno
elegante di quello di Ruer.
Appena giunsero nel paese deserto, non solo per via
dell’ora, ma anche per la tensione che vi aleggiava, seppur caratteristico,
Murnirm sembrava un luogo dilaniato dalla paura e dal disaccordo. Quando
sorpassarono un vicolo buio, Frodo sentii indistintamente urla di uomini
arrabbiati, donne spaventate e rotture di bottiglia andate in frantumi.
Deglutii, contagiato dal nervosismo che albergava in quel
luogo, cercato di trovare conforto nello sguardo di Sam, dietro Aragorn, ma che
riuscì solo a ricambiare una smorfia di quello che doveva essere un sorriso.
Anche lui era rigido e teso. La
Gemma fremette insicura, vicina al suo cuore palpitante.
All’improvviso, la porta di un locale si aprì di botto,
rivelando due uomini vestiti umilmente, forse contadini o viaggiatori, che si
azzuffarono tra la polvere del terreno.
Due donne accorsero preoccupate, gridando abbracciate, con i
capelli, gli uni rossi e gli altri biondi, scomposti e vestite di quelle che
dovevano essere sottovesti di un rosa acceso.
Altri uomini, a quelle urla, corsero per separarli, ma
entrambi li misero a terra con uno schianto di bottiglia sul capo e una
coltellata al fianco, fortunatamente superficiale, vista la loro sbronza.
“ Will, dove vai?”
Disse Merry, dietro di lui, cercando di tranquillizzare il suo stallone
irrequieto con le redini che lui gli aveva lanciato.
Will non gli rispose ma si prodigò a separare con un pugno e
un calcio ben assestato i due contendenti, che ora si stavano avventando sulle
due donne.
Quest’ultime lo guardarono ammirate, e non solo per il suo
coraggio, visto gli sguardi languidi con cui lo oltrepassarono. Lui, di
rimando, sorrise ad entrambe, dicendo con voce che voleva essere dolce ed
ammaliatrice insieme:
“ Salve, mie belle signore.”
“ Oh, Will!”
Le sentirono esclamare, abbracciandolo entrambe e
baciandogli le guance a testa, mentre lui rideva.
“ Sei tornato, zuccherino.”
Disse la rossa, baciandolo sul naso.
“ Già, dove sei stato caramello?”
Gli disse la bionda, sgomitando l’altra e abbracciandolo
stretto. La sua compagna, risentita, la scansò e insieme, abbracciandolo
ancora:
” Ci sei mancato!”
Will rise ancora di più, mentre dalla piccola porta
cominciarono a fuoriuscire altre fanciulle, tutte vestite in modo succinto e
troppo audace per le dame normali. Per
molte di loro, Merry, Pipino, Sam e Frodo voltarono lo sguardo, troppo
imbarazzati anche solo per osservarle.
“ Will! Oh, amore mio! Sei tornato da me!”
Esclamò un’altra fanciulla, minuta e ricoperta solo da un
paio di calze bianche e merlettate, i capelli castani rialzati in uno chignon
sul capo, una ridottissima sottoveste e uno scialle di tulle bianco e
trasparente, che le ricopriva solo le spalle candide.
Con un balzo, lo abbracciò superando le altre, che la
guardavano irate. Will la fece girare contento, ricambiando l’abbraccio
entusiasta.
“ Violet! Dolcezza, come stai? Oh, ma farti guardare. Sembri
una principessa.”
Lei rise e si morse le labbra imbarazzata, mentre le altre
la guardavano gelose e truci.
“ Insomma Violet! Lasciacelo abbracciare anche a noi.”
Ma la mora, ostinata, lo strinse ancora più forte,
possessiva.
“ No! Aspettate il vostro turno.”
“ No, non è solo tuo!”
Esclamò un’altra, tirandola per un braccio.
In breve si scatenò una disputa tra donne, che culminò
quando un’altra donna, molto più imponente delle altre, varcò la porta
illuminata.
“ Smettetela, oche giulive. Rientrate subito nel locale!
Vergognatevi, contendervi un uomo come se fosse una mela candita! Dentro,
andiamo! Avete un lavoro da fare!”
Nonostante le proteste e le lamentele, molte cominciarono a
rientrare, superandola e guardandola sconfitte o arrabiate.
“ Violet! Anche tu, forza!”
Esclamò decisa la donna di colore, vestita molto più normale
rispetto alle altre, anche se le gambe e le spalle erano scoperte, e le braccia
e le caviglie tintinnavano di bracciali di falso oro.
Violet, imbronciata, salutò Will con un bacio lieve sulle
labbra e con una carezza sulla guancia, lo salutò sulla soglia del locale e
scomparve tra i bagliori dorati delle lampade ad olio.
La donna sconosciuta guardò Will, con un’espressione
imperturbabile. William, dal canto suo, si limitò a sorridere, forse molto più
felice di quanto già non fosse.
Avanzò verso la donna che, incurante del suo movimento, si
limitò ad osservarlo con aria impassibile, incrociando le braccia e scuotendo
la lunga chioma nera raccolta in mille treccine. Frodo non aveva mai visto una
donna così, imperiosa e bella allo stesso tempo. Luthien era elegante e di una
bellezza inimitabile, quasi irreale; ma quella donna di colore, dalle labbra
carnose e più scure, gli occhi a mandorla accesi di marrone scuro, quasi nero,
scintillante di gioielli, sembrava una matrona selvaggia più che una leggiadra
principessa.
“ Romilda, tesoro!”
Esclamò gaio Will, allargando le braccia come per stringerla
a sé. Ma il suo sorriso accattivante non ebbe l’effetto che desiderava. Infatti
Romilda levò la mano destra come una frusta e lo colpì in pieno viso, con tanta
violenza quanta era la forza di cui disponeva. E non era poca, visto che lo
sciocco del suo palmo sulla guancia di Will si udì fino al loro gruppo.
“ Ahi!”
Esclamò dolorante Will, massaggiandosi la guancia colpita e
guardando disorientato e a bocca aperta una irata Romilda, con il respiro
alterato per la furia imminente. Sul viso marcato un’espressione torva.
“ Come hai osato, Will?”
Disse con la sua voce sonora, facendo irritare i cavalli e
preoccupare i loro padroni.
“ Cosa ho fatto?”
Chiese confuso, guardando circospetto i suoi compagni e
cercando di calcolare quanto distasse la distanza fra il suo cavallo e Romilda,
che ora ad ogni passo, costringeva ad indietreggiare il povero malcapitato.
“ E me lo chiedi? Ah, no, non osare allontanarti, razza di
traditore e malfattore!”
Gli intimò minacciosa, trascinandolo per un lembo della
veste scarlatta, che gli lasciava scoperto buona parte del petto, da cui
pendeva il suo medaglione, con inciso il drago Amlach, e portandolo alla sua
altezza, facendolo scontrare con il suo petto.
Frodo, come il resto dei membri della compagnia, si
stupirono della sua forza.
“ Traditore? Malfattore? Tesoro, non so proprio di cosa tu
stia parlando.”
Disse lui calmo, ma lei smorzò la sua tenacia e il suo
sorriso sul nascere, strattonandolo violentemente e urlandogli contro con un
sorrisino amaro ed irato che, stranamente, le donava.
“ Ah, non lo sai, vero? No, come puoi sapere cosa ha turbato
me e le mie sorelle, non è così? Bugiardo!”
Esclamò adirata e gettandolo verso di loro, avvolgendolo in
una coltre di polvere sabbiosa.
I cavalli indietreggiarono spaventati da quel gesto.
“ Insomma, Romilda, tesoro, che cosa ti prende? Mai come ora,
posso affermare di non aver arrecato a te e alle…altre, nessuno offesa.”
Frodo si domandò chi fossero mai le altre di cui tentennava a parlare. Ma ben presto ebbe una risposta
alle sue domande inespresse.
“ Oh, ma davvero? Povero piccolo innocente Will.”
Sibilò lei, acida, inginocchiandosi davanti a lui e
avvicinandosi come se volesse baciarlo, ma in realtà gli strappò il medaglione
dal collo e lo fece oscillare davanti ai suoi occhi sbigottiti, alzandosi in
piedi e non curandosi di spolverare i granelli di sabbia dall’ampia gonna
bordeaux.
“ E questo come lo chiami, uh?”
Will si alzò all’improvviso, avvicinandosi alla sua figura.
Lei reclinò la testa verso il suo viso, vista la sua altezza, ma non
indietreggiò. Will, ora, aveva un’aria piuttosto scontenta e nervosa.
“ è mio, mi appartiene di diritto. Sono il cavaliere di
Amlach, no?”
“ Si, ma ti sbagli. Non era tuo diritto rubare il
medaglione. Questo non era negli accordi!”
Esclamò irata, mentre le sue guance si scurivano ancora di
più. Forse la rabbia l’aveva fatta arrossire, o magari la vicinanza di Will.
“ Io non ho rubato nulla. Mi è stato consegnato.”
Disse lui, mantenendo la calma ma respirando agitato.
“ Ah si? E da chi?”
Urlò arrabbiata.
“ Da Meiscia.”
A quell’affermazione, Romilda indietreggiò di un passo,
mentre un vento serale e frizzante gli frustava le mille treccine sulle spalle
e scuoteva i folti capelli di Will, in lingue di grano illuminate dalla luna
nascente.
“ No, non può essere. Tu menti. Meiscia non avrebbe mai…”
“ E invece l’ha fatto. Poco prima che partissi, mi consegnò
il medaglione senza che io glielo chiedessi.”
Romilda sembrava sgomenta. Lo guardò come se non lo vedesse
davvero. Frodo capì che la sua mente era altrove, vorticando in mille pensieri.
“ E cosa ti disse?”
Chiese sottovoce, osservando il medaglione luccicante d’oro,
con le fauci del drago dagli occhi rubino rivolte verso di lei, come a volerla
bruciare.
“ Nulla. Mi sorrise e mi congedò con un gesto d’amicizia.
Niente di più, niente di meno.”
Disse Will, ritrovando il suo classico sorriso e scrollando
le spalle.
Romilda portò lo sguardo scuro sul medaglione ed in seguito
sul volto sorridente di Will. Lo osservò di nuovo e senza staccare gli occhi
dai suoi si avvicinò a passo misurato verso di lui, soppesando il suo sguardo.
“ Mi stai dicendo la verità?”
Gli domandò per la prima volta calma e con una punta di
incredulità bella voce, sottolineata da l’inarcamento di un suo sottile
sopracciglio color pece.
“ Si.”
Disse serio ma rilassato Will, molto interessato alle sue
labbra carnose che al suo sguardo indagatore.
Dopo un silenzio carico di tensione, questa si smorzò nel
momento in cui con un sospiro, Romilda abbassò gli occhi e con un gesto
delicato rimise il medaglione al collo di Will, che la guardò stupito.
“ D’accordo, ti credo. Del resto non sei molto bravo a
mentire.”
Lui rise spontaneo, contagiando anche Romilda che si aprì in
un sorriso luminoso. I suoi denti bianchi luccicarono al buio della notte
crescente.
Alzò la mano destra e gli accarezzò la guancia che gli aveva
schiaffeggiato, ora di un colorito rosato che si confondeva con quello della
sua pelle, come a voler cancellare il dolore istantaneo che gli aveva
procurato.
“ Mi dispiace di averti colpito.”
Disse sinceramente dispiaciuta.
“ Oh, non importa. Ci sono abituato.”
Disse lui, leggero, facendola ridere contenta.
Si distaccò da lui e gli tese la mano, amichevole.
“ Amici?”
Lui guardò prima la sua mano e poi il suo volto, aprendosi
in un rinnovato sorriso, anche se Frodo distinse un bagliore furbetto
attraversargli gli occhi chiari.
Le strinse la mano, cordiale.
“ Amici.”
Disse placido, per poi tirarla verso di lei e baciarle la
bocca appassionato.
Molti sorrisero, ma Taras portò gli occhi al cielo
esasperato. Frodo rise e la
Gemma brillò come divertita.
Romilda si distaccò furente, facendo pressione sul suo
petto. Will si limitò a sorridere soddisfatto.
“ Will!”
“ Che c’è?”
Chiese innocente.
“ Ma…come…non avresti dovuto. Sei un approfittatore.”
Disse irritata, sistemandosi le treccine e il vestito,
agitata e nervosa.
“ Beh…non mi è sembrato che ti dispiacesse. E poi, scusami
se mi permetto, ma ci hai messo un bel po’ a reagire.”
Lei lo guardò sbigottita. Chiuse ed aprì la bocca un paio di
volte, come a voler controbattere, ma nessun suono le uscì dalle labbra. Will
si limitò a sorridere sfacciato, mentre le gote di Romilda diventavano più
scure. Poi lei pestò il piede a terra irritata, e si avviò a grandi passi verso
la porta ancora spalancata della locanda Le Luci di Fata.
“ Tanto lo so che ti piaccio! Prima o poi dovrai dirmelo,
tesoro!”
Le urlò dietro, sorridendo ancora divertito.
“ Will!”
Lo ammonì Taras, spronando il suo cavallo.
“ Ma è vero!”
Ribatté lui, sorridendo in modo disarmante, come un bambino
testardo.
“ No, non lo è!”
Esclamò Romilda, ancora adirata.
“ Si, invece. E scommetto che popolo anche i tuoi sogni più
segreti, mia cara.”
Romilda si limitò a ringhiare frustata, per poi scagliargli
qualcosa contro con precisione, tanto che Will ridente si scostò di pochi
secondi.
“ Vattene!”
Gli urlò, prima di chiudere la porta alle sue spalle.
“ Come vuoi.”
Disse placido, per poi montare all’istante il suo cavallo,
facendo l’occhiolino a Merry, che gli consegnò le redini, sorridendo del suo
comportamento.
“ Tanto lo so che non puoi fare a meno di me. E quando mi
dirai di essere disperatamente innamorata di me, sarò ben lieto di riaffermare
le mie parole e ricoprirti di baci, tesoro.”
Disse spontaneo senza alcuna vergogna, che si rispecchio nel
viso scuro di Romilda, che immusonita si sbatté la porta alle spalle urlandogli
una cascata di insulti.
“ Eh, si. È pazza di me.”
Costatò, mentre Sam commentò debolmente.
“ Se lo dici tu.”
Will gli sorrise convito.
“ Forza andiamo. Non c’è più molto tempo. La notte è quasi
calata.”
Disse con la sua voce profonda ed autoritaria Aragorn,
mentre gli altri annuirono spronando i loro cavalli al galoppo.
“ Will, chi era quella donna? E perché ce l’aveva tanto con
il tuo medaglione?”
Chiese curioso Pipino, aggrappandosi
alla vita di Gandalf.
“ Oh, è una lunga storia. Diciamo che è stata lei insieme
alle sue sorelle a rivelarmi di essere il cavaliere di Amlach. Mi consegnarono
le spade che solo io riuscivo ad impugnare e mi insegnarono a maneggiarle con
cura. Il loro unico diritto era tenere il medaglione, essendo le sue custodi da
generazioni. Ma l’anziana del villaggio, una donna molto taciturna quanto
strana, mi trascinò nella sua tenda
prima di partire con Taras e mi consegnò lei stessa il medaglione, mettendomelo
al collo con un gran sorriso. Io non potetti rifiutare e così salutandola
partii con Taras verso Bosco Bianco, a recuperare Luthien. Fine della storia.
Quindi io sono innocente.”
Disse convinto, scuotendo la testa come a voler sottolineare
le sue parole.
“ Si, ma chi sono le sue sorelle?”
Chiese Frodo che si stava ponendo quella domanda da quando
l’avevano nominate.
“ Beh…anche questa è un’altra storia.”
“ Che racconterai la prossima volta. Siamo arrivati.”
Disse deciso e quasi sollevato Taras, puntando lo sguardo
verso i cancelli del castello di Murnirm, che si aprirono non appena Sir Edward
e Sir Rayon si fecero riconoscere.
Un uomo, dall’aria nobile, seguito da un gruppo di soldati
rivestiti di un’armatura verde scuro, con lo stemma regale inciso sul petto
d’acciaio, un’aquila che combatteva contro un serpente sibilante, si affrettò a
raggiungerli, bloccandosi a metà passo e facendo disposizione che i loro
cavalli venissero condotti nelle scuderie, sussurrando ad un paggio che si
prodigò ad eseguire l’ordine.
Frodo, a quel punto, non aveva dubbi su chi potesse essere
quell’uomo.
“ Benvenuti, signori. Vi stavamo aspettando.”
Edward sorrise e ricambiò la stretta dell’uomo, i cui occhi
marrone chiarissimo trasmettevano una profonda gentilezza unita ad una semplice
autorità.
Sir Rayon gli sorrise e inclinò la testa, seguita da lui.
“ Varen, principe di Murnirm.”
Disse semplicemente ad Aragorn, che ricambiò la stretta
della sua mano tesa.
“ Immagino vogliate vedere mio padre.”
“ Immaginate bene.”
Gli disse Gandalf, scrutandolo come ad esaminarlo. Varen non
si sottrasse al suo esame e con un sorriso cordiale li invitò a seguirli, verso
una lunga scalinata in pietra lavorata.
“ Seguitemi, allora.”
Angolo dell’autrice.
Salve a tutti!!!! Sono ritornata con un nuovo appassionante
capitolo, intinto di qualche mistero e l’arrivo di nuovi personaggi!!!! Il
prossimo sarà ricco d’azione e di colpi di scena!!! Non perdetelo!!!
Ora passiamo alle risposte del capitolo 14, a cui non ho risposto
perché troppo stanca!!! Mi scuso per il ritardo!!!
Fanny91: Hahaha…Fanny,
mia cara, mi farai schiattare…ma dalle risate!!!! Grazie per l’appassionata e
divertente recensione!!! Spero che tu abbia letto anche il 15° e 16° cap e che
tu li abbia trovati da sclero e da schiattamento come l’ultimo che hai letto!!!
Si, Venia è davvero terribile, ma del resto è questo che volevo!!! No, non ho
pensato ad Eragorn quando ho scritto quella scena terribile in cui uccide il
capo degli orchi e ne nomina un altro. Mi è venuta così!!!^^
Per quanto riguarda Legolas, è sempre più dolce e si
preoccupa davvero per la salute di Luthien che, come vedi, lo sta
rivalutando!!! Speriamo bene, no??? Gimli è sempre Gimli!!! Will è un
personaggio divertente che spezza la tensione, e qui l’ho rivalutato molto!!!
Spero ti abbia fatto ridere la sua semplice spontaneità e le sue follie!! A
presto e spero di sentirti!!!! ^__^
Stellysisley:
Ciao cara stelly!!!! Grazie per i complimenti!!! Si Venia è davvero una cattiva
di classe e Frodo è sempre Frodo!!! Poverino, vero??? Ma poi, alla fine, avrà
la sua parte di coraggio e decisione, vedrai!!!^^ Spero che la tosse ti sia
passata e che il week-end in montagna ti sia piaciuta e ti sia divertita!!! I
capitoli nuovi ti piacciono?? Fammi sapere al più presto!!! Baci baci!!!^__^
E ora passiamo a:
LadyElizabeth:
Ciao, ben tornata tesoro!!!! Come stai??? Spero bene!!! Allora, ti ringrazio
per il tuo nuovo commento e per non avermi abbandonata!!! Ci tengo alle mie
lettrici e commentatrici di fiducia, e tra queste, sei inclusa anche tu!!! ^^
Ma basta con le smancerie…passiamo alla risposta al tuo commento. Allora…si,
Aragorn è un mito, Legolas è fin troppo dolce e gentile per essere reale, ma
spero che un giorno lo troveremo, che dici??? Mai scoraggiarsi!!! Sono contenta
che non sei morta d’infarto!!!! I capitoli ti sono piaciuti e di questo mi fa piacere!!!
Spero che commenterai con piacere anche gli ultimi!!! Baci anche a te!!! ^__^
Beh, ed ora un bacioni fortissimi e ripetitivi anche a tutti
voi, si proprio a voi che leggete e spero non abbiate chiuso la finestra troppo
in fretta!!! Ehi, aspetto anche i vostri commenti!!! Baci baci e alla prossima,
Fuffy91!!!!!^__________________________^
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Capitolo 17 *** Capitolo 17 ***
Capitolo17
La prima cosa che colpì Frodo non appena varcò le porte del
castello di Murnirm fu il soffitto a chiave di volta, ricoperto da una strato
di velluto verde scuro, trapuntato da milioni di stelline dorate, che colpite
dai raggi della luna che filtrava dalle finestre di vetro soffiato, emanavano
un bagliore evanescente che faceva luccicare d’oro le pareti immacolate, con
falso marmo scuro ad adornarne i bordi.
L’entrata era immensa, costellata da colonne corinzie,
sottili e scanalate, con statue di uomini gloriosi, forse gli antichi re di
Murnirm, uniti a busti di dame dallo sguardo severo, intervallato a sorrisi a
fior di labbra. Quando si inoltrarono nel largo corridoio, che portava ad una
singola stanza, Frodo notò a destra una lunga scala ad S, formata da scalini
ricurvi e smaltati d’avorio, con un corrimano composto da un lungo cordone
dorato. Suppose che doveva condurre alle camere dei sovrani. Lungo le pareti,
invece di statue ed armature, vi erano affreschi che mostravano paesaggi
immensi e ricchi di primizie, dagli alberi da frutta ai fiori più variopinti,
con cervi che saltellavano dalle dune, segugi che inseguivano delle lepri o
volpi dal pelo color rubino e la spuma del mare che si infrangeva sulle coste
ruvide e grigiastre, come erano nella realtà, mentre all’orizzonte vi era un
galeone con una bandiera nera ad adornare la cima dell’albero maestro, che
veniva bombardato da una nave da guerra con vele bianche e bandiera verde
scuro.
Era uno scenario davvero caratteristico, popolato da così
tanti particolari che vi si poteva perdere un’intera giornata per riuscire ad
individuarli tutti. E fu proprio con quell’ultima scena da combattimento
nautico che le porte dell’unica sala disponibile in cui imbattersi in quel
luogo si aprirono, mostrando un ampio spazio illuminato da un grande lampadario
di cristallo con candele parzialmente consumate ai lati accese dell’arancio
della fiamma, come quelle delle varie lanterne poste verticalmente sulle due
tavole di legno massiccio e scuro, poste una a destra ed una a sinistra,
nascoste dietro una serie di ampie arcate di pietra calcarea, che se toccate
lasciavano una polverina sottile ed inodore beige sul palmo della mano.
Al centro esatto della stanza vi erano due seggi regali,
dalle cui sommità pendevano i già noti leone e serpente che si davano
battaglia, l’uno dorato e l’altro argenteo, con uno sfondo di velluto verde
muschio.
Su di uno vi era un uomo corpulento, con la barba lunga ed
appuntita, riccia e ben ordinata, di un biondo rossiccio molto intenso, il viso
paffuto e roseo acceso di preoccupazione, mentre il piede foderato di cuoio
nero tamburellava agitato sul basamento di marmo scuro, con un sonoro
ticchettare. Sulla testa quasi calva spiccava una corona dorata con smeraldi
che ruotavano in un motivo ordinato e delicato. A Frodo bastò poco per capire
che quell’ometto spaventato era Sir Orfin, anche se dovette costatarlo con non
poco stupore. In effetti, Re Orfin era un incrocio tra un uomo adulto ma
bassino e un nano come Gimli. Guardò scettico l’alto ed attraente principe
Varen, chiedendosi se fosse realmente suo figlio. Ma il suo piccolo dubbio si
dissipò non appena vide il re sbarrare gli occhi ed agitarsi preoccupato alla
vista del figlio e del loro gruppo, tra cui Sir Rayon, che con uno sguardo
divertito, incrociò le braccia in un gesto eloquente che voleva sottendere
molte cose, fra cui quella di non demordere ad un suo nuovo rifiuto di
accettare la sua alleanza.
A quello sguardo deciso, Sir Orfin si agitò ancora di più,
alzandosi di scatto dal seggio e percorrendolo con insistenza, avanti ed
indietro, nervoso e con l’aria di sentirsi braccato.
“ Padre. Sono arrivati Sir Rayon e Sir Edward, uniti ad una
compagnia molto assortita di uomini molto valorosi.”
Disse rivolto verso di loro ed ammiccando soprattutto verso
di lui ed i suoi contenei, che gli sorrisero senza accorgersene.
“ Si lo vedo, lo vedo.”
Rispose Orfin, fermandosi per abbracciarli in uno sguardo
verde acqua preoccupato per poi ricominciare a ripercorrere l’intero basamento.
Ad Edward scappò un sorrisino mentre Rayon avanzò quasi
minaccioso verso di lui, che lo guardò ad occhi sbarrati, fermando il suo
percorso di botto ed indietreggiando come un topino spaventato alla vista di un
felino deciso ed affamato.
Quando le sue gambe sottili e minute incontrarono la seduta
del trono, barcollò pesantemente, minacciando di rovesciarsi all’indietro. Ma
Sir Rayon sembrò quasi rinunciare al suo intento, sorridendo beffardo e presa
una sedia elegante da uno dei tavoli, vi si sedette, con il viso rivolto a Sir
Orfin, che non smise di osservarlo nemmeno un secondo.
“ Buonasera, mio caro Orfin. Vedo che sei in ottima forma.”
Stupendolo, Frodo notò che Sir Orfin assunse un’espressione
quasi sdegnosa; il suo viso, prima divenuto pallido, si colorò di un ritrovato
rossore, sedendosi con molta calma sul seggio broccato.
E sempre sdegnoso, gli disse:
“ Umpf! Come se non mi avessi visto ieri mattina!”
Voltò lo sguardo crucciato verso un punto non definito della
parete, stando molto attento a non far trapelare alcun cedimento.
“ Hai ragione. Anche se, sei stato così ospitale da
cacciarmi fuori come uno scomodo annunciatore.”
Orfin sbuffò ancora a quelle parole, mentre Rayon ghignò
quasi compiaciuto da quella reazione.
“ Come hai precedentemente affermato, avevo le mie buone ragioni.
E comunque non ti ho cacciato. Ti ho congedato, è diverso.”
Disse, con un gesto esplicito della mano, non accennando a
voler incontrare il suo sguardo, ma ora molto interessato al bracciolo del suo
seggio regale.
“ Come vuoi. Non intendo insistere.”
Alzò le mani in segno di resa Sir Rayon, accavallando le
gambe ed incrociando le dita in una posa caratteristica, non smettendo di
guardarlo nemmeno un attimo.
Sir Orfin sembrò captare il suo cambiamento di umore, tanto
che si azzardò ad osservarlo di sottecchi.
“ Quindi, rinunci?”
Gli chiese titubante, ma sonoro.
“ Ho detto questo?”
“ Hai detto che non intendevi insistere.”
“ Si, ma a discutere con te.”
“ Bene. Quindi puoi anche andartene.”
Gli propose, quasi allegro e speranzoso, alzandosi dal
seggio ed indicandogli l’uscita.
Ma Rayon scosse la testa sorridendo.
“ Eh no, mio caro Orfin. Io non mi smuoverò da qui finché
non avrai accettato la mia proposta, e non avrai aiutato tutti noi a
sconfiggere Venia.”
Il tono di Sir Rayon era calmo, ma non per questo meno
minaccioso. La medesima impressione colpì la mente del sovrano di Murnirm, che
si agitò di nuovo, torcendosi le dita, aggiustandosi la corona e scuotendo la
testa come a voler scacciare una mosca, o un pensiero inaccettabile.
“ Come vedi, la mia intenzione è condivisa da tutti, in
questa stanza.”
Disse deciso Rayon, puntando lo sguardo verso tutti loro
che, su richiesta silenziosa di Sir Edward, erano stati invitati ad accomodarsi
ognuno su una sedia diversa, occupando ora un’intera fila della lunga tavola
destra. Ora Frodo sedeva tra Sam ed Aragorn, che non smise di osservare sia Sir
Rayon e Sir Orfin. Come lui, sospettava che quella fosse una manovra per far
capitolare la già poca presa di posizione di Orfin, che ora li guardava
titubanti.
“ Non potrete cacciarci tutti.”
Disse sereno e sorridente Sir Edward, guadagnandosi uno
sguardo scoccato.
“ Giusto. Senza contare che fra di noi, poveri folli, c’è
anche tuo figlio.”
Aggiunse Sir Rayon, indicando Varen, che sedeva accanto a
Gandalf, anche se non sorrideva.
Per un attimo, padre e figlio si guardarono, trasmettendosi
un ignoto e sottile messaggio, che provocò smarrimento e tristezza in Sir
Orfin, tanto che si risedette, con lo sguardo abbassato.
“ Per una volta, Orfin, ti consiglio di uscire dal tuo castello
di carta, prima che crolli, e darmi ascolto. Sarà la cosa migliore per te, per
la tua famiglia e anche per il tuo popolo, soprattutto per il tuo popolo.”
“ E per il nostro.”
Aggiunse Sir Edward, osservandolo intensamente, gli occhi
dorati accesi di passione.
Sir Orfin ne sembrò quasi scottato, tanto che abbassò di
nuovo lo sguardo acqua marina, velocemente e sospirando affranto.
Fu allora che Varen si alzò, nel volto inciso un’espressione
desolata, avvicinandosi lentamente al suo re.
“ Padre…”
Ma fu allora che, come un uragano, entrò nella stanza satura
di attesa una fanciulla deliziosa, tanto da sembrare una bambola di porcellana,
con i capelli biondo ramato raccolti in grandi e larghi boccoli ondeggianti ad
ogni suo movimento, la sua piccola figura ricoperta da un leggiero abito rosso
cremisi, che dava alla sua pelle vellutata un tocco splendente, mentre il suo
sguardo castano chiaro, tanto simile a quello del principe, che la guardava
smarrito, mentre i restanti curiosi. Ma quello che colpì Frodo di più furono
gli occhi azzurro tempesta di Sir Rayon, che sembrarono illuminarsi di speranza
come il suo viso, alla vista della fanciulla dalle guance rosse ed
inginocchiata sul pavimento, intenta a giocare con un cagnolino bruno dall’aria
molto tesa.
“ Ti ho preso, Bain! Ora non mi scappi! Oh!”
Esclamò alla vista di suo padre e dei presenti, incrociando
per un attimo lo sguardo azzurro di Will, il più vicino a lei, che gli sorrise
ammaliante, studiandola da capo a piedi. A quel sorriso irresistibile, come da
copione, le guance già rosse della fanciulla divennero due mele mature, ma non
appena incontrò quello di Sir Edward e Sir Rayon, si ricompose e si alzò,
lasciando cadere il cagnolino che guaì correndo all’impazzata verso l’uscita.
Ma lei lo ignorò, andando incontro ai due conoscenti, urlando gioiosa.
“ Edward! Rayon! Che piacere vedervi!”
Corse ad abbracciarli calorosi, sotto gli sguardi sorridenti
di molti di loro, inteneriti da quella scena.
“ Padre. Non mi avevate detto che venivano a renderci visita.”
Sir Orfin sbuffò infastidito, ma un bagliore di tenerezza
sembrò attraversare i suoi occhi acqua marina, ereditati da nessuno dei suoi
figli, entrambi, in compenso, di bell’aspetto e di un carattere più amichevole
e malleabile.
“ Il piacere è tutto nostro principessa Molis. Perché non
sedete con noi.”
Disse subito Rayon, ignorando Orfin che scattò
immediatamente, mentre faceva accomodare al suo fianco la principessa contenta.
“ No!”
Urlò quasi spaventato, mentre tutti lo fissarono sbigottiti.
Sotto i loro sguardi indagatori, sembrò ricomporsi, avanzando verso la figlia,
scendendo per la prima volta dal seggio, tendendo una mano verso di lei.
“ Non…non credo sia il caso. A quest’ora dovrebbe già essere
nel suo letto a dormire. Forza, è tardi.”
Le intimò, afferrandole la mano e tirandola con insistenza.
Ma Rayon intervenne, spingendo la principessa sulla sedia,
mentre lei li guardava confusa.
“ Suvvia, Orfin. Non è più una bambina. E poi, si potrebbe
dire che hai paura che tua figlia assisti ai nostri discorsi e oda qualcosa che
potrebbe turbarla o…deluderla.”
A quell’ultima affermazione, Orfin si bloccò deglutendo
nervoso, lasciandole la mano di malavoglia, e risedendosi sul suo seggio dopo
una stoica camminata. Anche Varen si risedette, sospirando risollevato.
“ Bene allora. Di’ quello che devi e facciamola finita.”
Gli intimò, ora più deciso e minaccioso del solito.
“ La questione è molto semplice. Devi accettare la nostra
alleanza, combattendo al nostro fianco per distruggere Venia.”
“ Ma è una follia, vuoi capirlo? Non vinceremo mai contro
quella strega. Tanto vale arrendersi.”
“ Ed è qui che si sbaglia, Sir Orfin.”
Disse Gandalf, alandosi in tutta la sua altezza ed avanzando
deciso verso di lui, che sembrò averlo notato solo ora. Molis aprì le labbra
rosse in un sorriso adorante, incantata dalla sua figura luminosa.
“ Noi possiamo vincerla. E le dirò di più. Possiamo
contrastare le sue difese e annientare la sua magia.”
Disse solenne, tanto da guadagnarsi la curiosità mista alla
titubanza di Sir Orfin, che gli chiese:
“ E come?”
Gandalf si rivolse direttamente a Frodo, che si alzò ad un
suo richiamo.
Frodo sentiva gli sguardi di tutti puntati su di lui, ma non
ne sentiva oppresso. La Gemma
ne sembrò quasi lusingata, tanto che quando la prelevò dal suo collo, brillò di
una luce abbagliante, che oscurò per un momento le fiamme del lampadario, delle
lanterne e della stessa luna.
Orfin ne sembrò impietrito, tanto che non mosse un muscolo,
limitandosi a guardare sia Frodo che la Gemma del Destino con uno sguardo acceso di
quella che doveva sembrare incredulità, ma che apparve come simbolo di una
ritrovata speranza.
Frodo lo vide mormorare il nome della Gemma, scuotendo la
testa lentamente, come a non volerlo credere davvero.
“ Grazie Frodo.”
Disse Gandalf, mentre lui annuì e la ripose nuovamente sul
suo petto, vicino al suo cuore. Il bagliore si affievolì lentamente,
tentandolo. Ma l’hobbitt della Contea non si scompose, cercando di puntare il
suo sguardo e il suo interesse sulla prossima mossa del re.
“ Allora, Sir Orfin. Ora crede nelle nostre risorse, oppure
è ancora scettico?”
Mormorò Gandalf, ora quasi divertito.
“ Credevo…credevo fosse solo una leggenda.”
“ La Gemma
del Destino è solo la nostra punta di diamante, ma ciò che deve rincuorarvi è
il coraggio che le vostre truppe, unite a quelle del regno di Ruer e di Holmes,
potranno dimostrare sul campo di battaglia.”
Aggiunse tenace Gandalf, avvicinandosi verso di lui.
“ Frodo, pur essendo un semplice hobbitt, ha già dimostrato
in precedenza il suo coraggio e sono convinto che non si tirerà indietro
nemmeno ora.”
Sir Orfin puntò per un momento lo sguardo smarrito su Frodo, che lo ricambiò con
un’espressione serena.
“Lui ha accettato il suo destino. Ora sta a voi dimostrare
la vostra tempra di re. Guidate le vostre truppe verso il Castello di Cristallo di Venia, e
distruggete con noi il male che l’avvolge.”
Terminò Gandalf, specchiandosi le sue iridi azzurre in
quelle acqua marine del sovrano, ancora titubante. Molis si alzò e con passo
calmo ma deciso, si avvicinò a suo padre, inginocchiandosi al suo fianco.
“ Padre, ascoltatelo. Io conosco il vostro coraggio. È il
momento che anche il male più profondo ne abbia timore.”
Gli disse, sussurrandogli parole accorate con voce tenera e
rassicurante. Alzò la mano destra, accarezzandogli la guancia ispida e
immergendo le dita nella sua folta barba riccia. A quel tocco delicato, il re
chiuse gli occhi, abbandonandosi alla dolcezza della figlia.
“ Oh, Molis.”
Bisbigliò, accarezzandole il viso arrossato e gioioso con
una mano, contagiato dal suo disarmante sorriso.
“ Mia dolce Molis.”
Dopo un’altra carezza, fronte a fronte con la figlia, con un
sospiro, bisbigliò.
“ Hai ragione.”
Poi, con una decisione e una solennità che Frodo non pensava
potesse possedere, il re di Murnirm, si alzò seguito da tutti loro.
“ Hai perfettamente ragione, figlia mia. Troppo a lungo ho
sottostato ai richiami maligni di quella strega. È giunto il momento di
combattere.”
Concluse guardando fisso Gandalf, che gli sorrise ammirato.
“ E noi saremo al tuo fianco, Orfin.”
Disse deciso Rayon, annuendo come Sir Edward.
“ Tutti noi, lo saremo.”
Disse Aragorn, seguito da Taras, Will e Legolas, che
annuirono convinti.
Sam sorrise a Frodo, rincuorato quanto lui per il risolversi
della situazione. Ma i loro sorrisi si raggelarono, quando sentirono il
castello tremare. Varen andò ad abbracciare sua sorella, proteggendola con il
suo corpo da un masso che cadde dal tetto, rimanendone immobilizzato.
Accolsero ad aiutarlo, distruggendo il masso, ma il principe
si alzò tremante e ancora scosso, per poi cadere inginocchiato a terra.
“ Sto bene. È solo un graffio.”
“ Maledetti. Si sono infiltrati nel castello. La
pagheranno!”
Esclamò deciso Sir Orfin, accecato dalla rabbi alla vista di
suo figlio ferito, sguainando la sua spada, mentre i rimbombi e le urla
gutturali degli orchi si udivano da vicino.
“ Ben detto.”
Disse Rayon, sorridendo del ritrovato coraggio dell’amico.
“ Opera di un Andes.”
Disse Taras, guardando il soffitto, mentre si avviava
all’uscita insieme agli altri, armati e decisi a combattere, al fianco di
Aragorn.
“ Venia ha intensificato le difese.”
“ Bene. Questo vuol dire che ci teme. Dobbiamo
approfittarne.”
Disse Gandalf, bastonando un orco agguerrito, seguito dagli
altri.
Sir Orfin annunciò ai suoi soldati di prepararsi alla
battaglia, mentre Gimli suonava il corno di avvertimento, sguainando la sua
fedele ascia. Legolas colpì tre orchi nei loro punti deboli. Frodo uccise un
Uruk, con l’aiuto di Sam, mentre al loro fianco Pipino e Merry misero fuori
gioco due goblin orrendi ed urlanti.
Ben presto ci fu una battaglia senza esclusioni di colpi.
Tutti i componenti della Compagnia lottarono al massimo delle loro forze. Ci
furono molti feriti e perdite da entrambe le parti, tanto che lo scontro durò
fino all’alba, quando i primi raggi del sole che si elevava ad est colpirono,
quasi in una candida carezza il viso sporco di sangue e rivoletti di sudore di
Aragorn, che trafisse con la sua fedele e leggendaria spada uno degli orchi
rimasti, come Legolas, che scagliò una delle sue frecce micidiali, al suo
fianco, Pipino e Merry si abbracciarono esultando per la vittoria ottenuta,
o forse per essere rimasti integri e
salvi. A loro si unì Sam, saltellando felici e con le spade puntate al cielo
rosato, mentre Frodo osservava felice Gandalf sorridergli con il bastone
magico saldato al terreno, mentre
un’orda di orchi fuggiva al suo ultimo bagliore magico, Gimli fracassare il
cranio dell’Andes abbattuto dai re, Taras ed Aragorn, che gli aveva lasciato un
taglio profondo sulla guancia sinistra e Will rinfoderare le spade dietro la
sua schiena, ammiccando contento. La
Gemma brillò di una tenue luce, alleggerendogli lo spirito.
Con il vento fra i capelli, Frodo sorrise di cuore.
Ce l’avevano fatta. Un’altra battaglia era stata vinta.
“ Abbiamo perso molti più uomini di quanto immaginassi.”
Disse Sir Rayon, seduto in una delle tavole della sala del
trono, espirando dalla sua lunga pipa l’erba che Pipino gli aveva generosamente
donato, come degna fine ad un lungo scontro.
“ La battaglia è stata dura. Era il minimo che ci potesse
capitare.”
Commentò Aragorn, al suo fianco, intento a ripulire la lama
della sua spada luccicante.
“ Ma siamo vivi. È questo ciò che conta.”
“ Hai perfettamente ragione, caro.”
Disse una voce malinconica, appartenente alla sovrana di
Murnirm, seduta accanto al suo re, abbracciata al suo braccio, i lunghi capelli
castano chiaro a confondersi con i ricci scomposti e biondo ramato di suo
marito, che le accarezzò la mano con cui lo stringeva.
“ Non oso immaginare cosa sarebbe successo se non aveste
vinto.”
La bella regina venne scossa da brividi di terrore al
pensiero agghiacciante che la sua mente aveva appena partorito. Sir Orfin la
consolò accarezzandogli il capo dolcemente.
“ Suvvia, cara. Non è successo nulla.”
“ Vostro marito ha ragione, Dama Amanda. Tranquillizzatevi.”
Le disse Sir Edward, toccandole una spalla con un sorriso,
che subito venne ricambiato, anche se una lacrima sfuggì dai suoi occhi marrone
chiaro, subito asciugata da suo figlio Varen, così simile a sua madre.
“ Si, ma il problema rimane comunque. Sir Rayon non ha
torto. Non abbiamo abbastanza uomini per fronteggiare Venia. Dovremmo
reclutarne altri.”
Disse pacato ma tenace Taras, perso con lo sguardo perlaceo
verso la scena della dolce principessa Molis, che cercava di curare la profonda
ferita di Gimli che tra un borbottio alternato ad un rossore acceso
d’imbarazzo, cercava di evitare in tutti i modi le mani premurose della nobile
fanciulla.
Forse era proprio vero che aveva un debole per le bionde.
Frodo sorrise a quel pensiero.
“ E a chi ci rivolgeremo? Ai contadini?”
Disse pensieroso Gandalf, scettico alla sola proposta.
“ Io so a chi possiamo rivolgerci.”
Disse all’improvviso Will, risorto da chissà quale
congettura mentale, guadagnandosi l’attenzione sconcertata di tutti.
“ Davvero? E a chi?”
Disse scettico Taras. Will rispose al suo crucciarsi con un
sorriso che parve malizioso, visto che fece arrossire anche Dama Amanda, che si
premurò a nascondere il viso al marito.
“ Ma a Romilda, naturalmente.”
A quelle parole, tutti si guardarono confusi a vicenda. Will
ignorò i loro sguardi indagatori, alzandosi quasi trionfalmente.
“ Signori…venite. La soluzione dei nostri problemi si trova
alle Luci di Fata. Prego, seguitemi…ah, Varen.”
A quel richiamo, il principe si voltò a guardarlo confuso
come gli altri.
“ Vieni anche tu con noi. Violet muore dalla voglia di
rivederti.”
Angolo dell’autrice.
Salve a tutti!!!! Come va??? Spero bene!!! Io tutto ok, non
mi lamento!!! Ma bando ai convenevoli, passiamo ai commenti alle critiche
bonarie che ho ricevuto!!!
Fanny91: Fanny,
ciao carissima!!! Mi dispiace che per un po’ non commenterai!!! Ma non sono
così egoista da augurarti di non passare
delle belle vacanze!!! Mi raccomando, scatenati e fai dei dolci incontri,
magari come il nostro elfo preferito!!!XD Si, Will è favoloso e non hai ancora
visto nulla!!! Bacioni e a presto Fuffy91!!! ^__^
LadyElizabeth:
Ciao mia carissima Liz!!! Stai passando delle belle vacanze??? Spero da wow!!!
XD Si, Aragorn e Legolas insieme sono una coppia bombosa ma più bombosa non ci
sia!!! Will è un mito, con le donne è un vero maestro e Romilda poi, è una
tosta, come vedrai!!! A presto con un tuo nuovo commento, si spera!!! Bacioni,
Fuffy91!! ^__^
PrincessMalfoy: Ciao,
ben arrivata!!! Mi ha fatto piacere il tuo commento!!! Si, anche io adoro la
coppia Legolas/Luthien e Will è un personaggio tutto da ridere!!! Baci e
aspetto anche un tuo prossimo commento!!! PS La tua storia mi piace, continua
pure ad aggiornare!!! Fuffy91!!! ^__^
Saluti speciali anche a tutti voi, che leggete e non
commentate, ma non importa!!! Mi fa piacere lo stesso!!! Baci baci da
Fuffy91!!! Ciaoooooooooooo!! ^___________________________^
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Capitolo 18 *** Capitolo 18 ***
Capitolo18
Le Luci di Fata era una locanda molto animata, dove
deliziose fanciulle dilettavano i viandanti solitari o gli uomini sposati
delusi dal comportamento delle mogli, risollevandoli con boccali di birra di
malto e prelibatezze della casa. Nonostante l’ingenuità e la schiettezza del
luogo, molti abitanti di Murnirm, soprattutto le donne di buoni costumi, lo
consideravano malsano e privo di qualsiasi correttezza. Ma queste maldicenze
non andavano ad intaccare l’ironica limpidezza di pensiero del proprietario, il
signor Morgan, un uomo alla mano e privo di qualsiasi discrezione, sempre alla
ricerca di nuovi volti femminili ad allettare i giovani bisognosi di
attenzione. Conosceva tutti i nomi delle ragazze che lavoravano per lui e si
prodigava affinché non mancasse loro nulla. Si vantava di non avere pupille, ma
in realtà gli occhi gli luccicavano ogni qual volta incrociavano quelli di
Romilda e Violet, le sue punte di diamante. Anche se svolgevano mansioni
differenti all’interno del locale, la prima locandiera adibita alla gestione
del bancone e la seconda prima ballerina del Palco delle Fate, un normale
palcoscenico con sfondo di legno e un drappo rosso a fare da sipario, venivano
trattate dal signor Morgan allo stesso livello di adorabile venerazione.
Il primo odore che Frodo annusò quando varcò la soglia delle
Luci di Fata, fu quello della vaniglia unito alla cannella, che gli riempì i
polmoni di dolcezza lasciandogli un senso di languido piacere.
Tutto era frastuono nel piccolo abitacolo in legno, con le
fiammelle della candele, appese ai lati delle pareti e del soffitto, che
luccicavano come delle reali fate.
I tavolini rotondi dalle sedie in legno ovale erano gremiti
di gente, specialmente uomini, di tutte le specie, che si crogiolavano nelle
loro bevante schiumose di birra o di vino rosso, abbracciati a qualche bella
fanciulla che rideva non forzatamente, ma di cuore.
Frodo notò anche degli uomini in nero appostati agli angoli
delle pareti, che seguivano le fanciulle con i capelli raccolti in ricci
ordinati o sciolti, vestite con abiti corti rosati e trasparenti sul busto e ai
bordi della gonna, che trottavano qua e là con vassoi carichi di vivande o
bibite varie, ridendo sommessamente o sonoramente ad ogni battuta o discorso
divertente dei loro clienti.
Frodo suppose dovevano essere le loro guardie, che dovevano
intervenire nel caso qualche uomo allegro osasse allungare le mani un po’
troppo oltre la vita della fanciulla che gli sedeva accanto. Le sue
supposizioni vennero confermate quando un soldato accarezzò in modo ambiguo la
gamba di una giovane bionda vaporosa, che subito si ritirò dietro le spalle
dell’uomo nero, sorridendo fiduciosa, mentre quest’ultimo minacciava l’uomo
dalla mano birichina con un pugnale poco rassicurante, facendolo alzare e
barcollare verso l’uscita.
Will sorrise a quella scena.
“ Mi dispiace amico, ti è andata male. Del resto si sa che
le gambe di Kaite sono intoccabili.”
Al suono della sua voce, Kaite insieme a tutte le altre si
voltarono a guardarlo stupite e sorridendo contente, volarono come libellule
impazzite su di lui, gridando il suo nome e tempestandolo di baci ad ogni lembo
di pelle che riuscivano a trovare.
“ Will! Tesoro, hai mantenuto la promessa!”
Iniziò una, finché un’altra la interruppe:
“ Si, sei venuto a trovarci più in fretta di quanto
immaginavamo!”
“ Ti fermerai qui, stanotte, caramello?”
Disse un’altra fanciulla dalla chioma rosso-arancio,
abbracciata al suo petto ed accarezzandoglielo adorante, trasmettendogli con
gli occhi luccicanti una languida promessa. Will non si imbarazzò ma rise
sommessamente, afferrandole la mano con cui lo stava accarezzando e scostandola
gentilmente da lui.
“ No, Manny. Il tuo Will ha cose più urgenti da fare, ora.”
A quelle parole, le altre si indispettirono mentre Manny
sorrideva ed arrossiva contenta, le guance dello stesso colore dei capelli.
“ Come sarebbe a dire?”
“ Will, ci avevi promesso che saresti stato con noi e che
insieme ci saremmo divertiti molto.”
Disse un’altra ragazza, abbracciandolo e lamentandosi come
una bambina a cui avevano tolto un dolce succulento.
“ Ha ragione Margherite! Sei cattivo Will!”
In breve, ci furono lamenti e proteste da parte delle
giovani, che si contendevano gli sguardi e le parole di Will come se fosse un
tesoro prezioso, ignorando deliberatamente il loro principe dietro di lui,
Aragorn, Legolas, Gimli, Gandal, Taras, Frodo e i suoi amici hobbitt. Will
aveva convenuto che i sovrani di Holmes, Ruer e Murnirm rimanessero al
castello, un po’ per ulteriori attacchi e un po’ perché sospettava che avrebbero
portato troppo scompiglio al locale.
“ Fanciulle, fanciulle, vi prego. Abbiate pazienza! Non ho
detto che non starò con voi…”
A quel discorso, le fanciulle tirarono un sospiro di
sollievo, sorridendosi a vicenda e guardandolo adorante.
“ Ma prima ho delle cose da sistemare, insieme ai miei
amici. Perciò, lasciatemi andare. Prima termino le mie faccende e prima sarò da
voi.”
Disse Will, ammiccando verso di loro e regalando il suo
sorriso più accattivante, provocando sorrisini, risatine e rossori accesi.
“ Ma insomma, cosa succede qui?! Ragazze, fanciulle mie
adorate, perché avete smesso di lavorare? Io…Oh, ecco perché! Scusami tanto,
Jiulì cara! Will, mio buonissimo amico! Come stai?”
Gli chiese un uomo corpulento, grassoccio ma con la faccia
da bambino monello, i piccoli occhi brillanti di felicità mentre abbracciava
calorosamente Will, che ricambiò la stretta.
“ Non mi lamento. E tu, vecchio Morgan? Sempre alle prese
con le donne più belle di Murnirm e dintorni, vero?”
Il signor Morgan rise gioviale, regalandogli pacche bonarie
sulla spalla, mentre si tratteneva la pancia con un mano paffuta.
“ Sempre pieno di spirito, ragazzo mio! Oh, ma lo sai, non
mi dispiace affatto la tua sprezzante ironia, giovanotto, no affatto! Ma come
sono maleducato…vieni, vorrai riposarti dal tuo lungo viaggio! Oh, e chi sono
questi gentil signori? Ma si, lui lo ricordo…il tuo amico Taras, sempre in
forma giovanotto, vero?”
Gli disse, rivolgendosi a Taras che non poté sottrarsi alla
presa ferrea della sua mano cordiale.
Ma i suoi occhi erano puntati altrove, alle sue spalle, dove
si intravedeva sola l’uscita.
“ E, dimmi Will, ragazzo mio…”
Incominciò, avvicinandosi di soppiatto a Will, che a sua
volta, dava occhiate furtive al bancone e al palco illuminato.
“ Dov’è quella più che graziosa fanciulla che viaggiava
insieme a voi?”
Frodo notò che i suoi occhi vennero attraversati da un
bagliore avido, mentre aspettava la risposta di Will.
“ Luthien, dici? Oh, beh, ha avuto un contrattempo, per così
dire.”
Rispose vago, mentre Legolas si adombrava per un attimo al
ricordo rovente della giovane donna elfo distesa un letto di lino inondato dal
sole. Ma non fu il solo a rattristarsi: anche Morgan risultò deluso dalla
notizia.
“ Capisco. Peccato, avrei desiderato rivederla di nuovo,
ammirare i suoi splendidi capelli castani e il suo viso perfetto. Ah, beh,
pazienza!”
Concluse sonoramente, facendoli sobbalzare ed invitandoli
verso un angolo appartato, dove nessuno poteva sentirli. Il signor Morgan aveva
riconosciuto il principe Varen e subito, tra un complimento ed un altro, gli
aveva concesso la panca migliore del suo locale. E se avesse saputo che Aragorn
era il re di un paese maestoso delle lontane Terre di Mezzo, Legolas un
principe di razza elfica, Gandalf un mago bianco molto potente, che cosa
avrebbe fatto? Avrebbe concesso loro la licenza del locale? O magari
l’intrattenimento di tutte le sue fanciulle? Chissà! Frodo sorrise e scosse la
testa a quel pensiero.
“ Allora, Will. Vuoi dirci perché dobbiamo rivolgerci a
Romilda, per arruolare più uomini?”
Gli chiese Taras, spazientito dal comportamento vago
dell’amico.
“ Non credo saranno le sue grazie ad aiutarci a
convincerli.”
Disse sprezzante Gimli, nascondendo il suo volto barbuto nel
boccale di birra servito da una deliziosa ragazza dai capelli nero pece.
“ E infatti non lo faranno, perché non ci saranno uomini da
convincere.”
Rispose lui, sempre guardandosi intorno sorridente.
“ Cosa intendi?”
Chiese pacato Aragorn, mentre poco lontano una giovane
cameriera dagli occhi chiari si dondolava indecisa se avvicinarsi a lui o meno.
Will lo guardò dritto negli occhi luccicanti di verde
smeraldo, sorridendo birichino. Era preoccupante quando lo faceva.
“ Quando ho detto che Romilda ci avrebbe aiutato a
rinforzare le nostre truppe, io non intendevo categoricamente dei guerrieri di
sesso maschile, non so se mi spiego.”
Concluse ammiccando. A quelle parole per poco Pipino e Merry
non si strozzarono con la birra che stavano ingerendo, sputandola sul viso di
Gimli, che li guardò truci, mentre loro cercavano di raddolcirlo con un
sorriso.
“ Dico, sei impazzito? Vuoi farci credere di voler far
combattere delle donne?”
Disse risentito e quasi indignato Sam, guardandolo di
traverso e poco amichevole. Evidentemente stava pensando alla sua Rosy con in
mano una spada, che cercava di difendersi tremante da un accerchiamento di
orchi assassini. Inaccettabile, a dir poco.
“ Non delle donne, amico mio, ma delle guerriere.”
Sam continuò a non comprendere, ma la mente di Frodo, al suo
fianco, navigava in altre acque, molto più limpide e chiare rispetto alle sue.
“ Le sorelle.”
Lo sentirono mormorare. Gandalf sorrise sbuffando dalla sua
lunga pipa. Evidentemente, la sua mente era proprio sulla sua stessa lunghezza
onda.
Ma Frodo incontrò il volto sorridente di Will. E furono
iridi turchesi in iridi cristalline.
“ Le sorelle di cui parlava Romilda e che tu ci hai
accennato…ti riferisci a loro, dico bene?”
Will annuì convinto. A quel punto, Taras si innervosì
sbattendo il boccale di vino bianco sul tavolo, sbigottendo i presenti che lo
guardarono sconvolti, non comprendendo la loro reazione. Ma Will sembrò molto
più cosciente di loro, visto che lo osservò con gli occhi sbarrati, il sorriso
titubante e le mani alzate come a proclamare la sua resa.
“ Will, dimmi che non hai pensato a quello che io solo in
questo momento ho valutato.”
Gli disse, sibilando minaccioso.
“ Beh…”
Iniziò, deglutendo preoccupato.
“ Dimmi che non vuoi chiedere a Romilda di far intervenire
le sue sorelle.”
Quasi lo implorò, ma rimanendo sempre categorico, Taras.
“ Veramente…”
Continuò Will, intrecciando e sciogliendo le dita agitato.
Il suo sguardo valeva più di mille parole.
Taras si alzò sbattendo i pugni sul tavolo e facendo
tremare, mentre per un momento le risa cessarono e molti, uomini e donne, si voltarono
preoccupati, per poi lasciarli alle loro discussioni, discreti.
“ Will, come hai potuto! Perché agisci sempre d’impulso?
Come fai ad essere così irresponsabile?”
“ Oh, lo sapevo che avresti reagito così, capo! Per questo
non volevo parlartene. Ma ti assicuro che questa volta non sbaglierò, mi
comporterò bene! Non le offenderò in alcun modo e loro ci aiuteranno a
ribaltare le sorti della battaglia.”
Disse lui, deciso come non mai, mentre Taras, anche se a
fatica e ancora infuriato, si risedeva al suo posto.
“ E credi davvero che sarà così facile? Ti ricordo che
l’ultima volta stavano per ucciderci ed appendere i nostri cadaveri all’albero
più alto per darlo in pasto ai corvi.”
“ Che orrore! Ma chi sono le sorelle di Romilda? Selvagge?”
Chiese disgustato ed impaurito insieme Merry.
“ Peggio.”
Continuò Gandalf, incrociando lo sguardo di tutti i
presenti.
“ Sono amazzoni.”
“ Amazzoni?!”
Esclamò interrogativo e sbigottito il principe Varen,
portando lo sguardo sia a Will, che confermò le sue parole annuendo, e a
Gandalf, che continuava a sorridere di un riso enigmatico.
“ Credevo che le amazzoni si fossero estinte, ormai.”
Costatò Aragorn, espirando un’altro piccolo alito
grigiastro.
“ Si, ma non quelle che conosci tu, nelle Terre di Mezzo. Le
amazzoni delle Terre dell’Ovest sono diverse dalle loro sorelle del nord. Amano
le loro terre che battezzano come loro, difendendole ed uccidendo chiunque le
attraversi. Sono orgogliose, testarde e molte di loro facili alla violenza.
Credono nelle divinità della natura e venerano il drago Amlach, il drago che
nelle loro leggende più remote, sconfisse gli orchi che sorsero dalle Paludi di
Carcas, scampandole da una morte sicura.”
Gandalf guardò nuovamente Will, che gli sorrise complice.
“ Ma non credo che adorino anche il suo cavaliere.”
Will rise.
“ No, in effetti no. All’inizio mi consideravano un volgare
ladro, disposto solamente a rubare i loro tesori. Fu Meiscia, la loro strega
veggente, ad annunciare loro la mia venuta e mi aiutò a scampare ad un destino
crudele, e mi fece diventare quello che sono ora. Però, c’è un problema, come
giustamente Taras mi ricordava.”
“ E quale sarebbe?”
Chiese Pipino, curioso.
“ Ho cercato di sedurre il loro capo.”
Ammise dopo un sospiro amaro, ma sempre sorridendo.
“ Per loro equivale ad un insulto. Un’amazzone sceglie il
suo compagno arbitrariamente, nelle stagioni del raccolto. Raramente se ne
innamorano. Di solito, quando il periodo del raccolto termina, o lo uccidono o
lo rendono loro schiavo.”
Spiegò Taras.
“ Però…appassionate.”
Fu il commento di Pipino, a cui molti risposero con un
sorriso.
“ E come te la sei cavata? Voglio dire, sei riuscito a non
farti uccidere…ma come?”
Chiese Sam che dopo quei racconti, stentava a credere che un
suo semplice sorriso abbagliante lo avesse salvato.
“ Diciamo che ho avuto fortuna. Di questo devo ringraziare
Romilda. Fu lei a convincere il capo a non togliermi la vita. Dopotutto ero pur
sempre il cavaliere di Amlach. Così me ne uscii solo con un calcio ben
assestato, immagino tu sai dove.”
Disse lui, mentre Sam rabbrividiva per lui al solo
immaginare il dolore atroce.
“ Ma se Romilda è un’amazzone…”
Iniziò Frodo.
“ Perché si trova a lavorare in questo locale?”
“ Perché è straordinariamente abile ad ammaliare gli uomini
e raggirarli per fargli pagare un boccale di birra il doppio.”
Rispose una voce sognante dietro Will ,che prima che potesse
proferire parola, si ritrovò inondato da una cascata di riccioli castani e
stretto da due esili braccia candide e profumate di lillà.
“ Violet, tesoro mio, dov’eri finita?”
La saluto cordiale, mentre lei si accomodava sulle sue gambe
e lo abbracciava al collo, baciandogli l’angolo della bocca, la veste ridotta e
di pizzo bianco fluttuante al di sopra delle ginocchia.
“ Mi stavo preparando di sopra. Quando sono scesa, Kaite mi
ha detto che eri qui. Ti stavo cercando, quando un uomo ubriaco mi ha stretta
per la vita, cercando di baciarmi. Ma fortunatamente l’omino buono del signor
Morgan mi ha salvata.”
Terminò il suo monologo sorridendo beata. “L’omino buono”
doveva essere, evidentemente, uno dei suoi protettori.
“ Will, zuccherino, scommetto che sei qui per Romilda vero?”
Gli chiese di punto in bianco, sorridendo maliziosa. Will le
rispose con un sorrisino gentile.
“ Beh, ammetto che principalmente ero venuto per lei, ma per
parlarle di un certo affare. Però, non so dov’è finita…tu l’hai vista?”
Le chiese, allungando il collo in cerca di una chioma di
treccine nere.
“ Si, stava discutendo con il signor Morgan per dei barili
di vino da sistemare in cantina. Eccola, ora è al bancone. Però non è giusto,
Will, tesoro, non mi coccoli come hai sempre fatto.”
Terminò imbronciata ed abbracciandolo calorosa. Frodo non
poté fare a meno di sorriderle. Nonostante il suo ruolo in quel locale, aveva
un’aria talmente innocente da riuscire a fargli tenerezza.
“ Violet, dolcezza, lo so. Ma ho da fare, adesso.”
Le disse, accarezzandole la schiena.
“ Perché non ti fai coccolare dal principe Varen? Ne sarebbe
felice.”
Disse birichino e malizioso in volto, attirando la sua
attenzione sul principe che ora lo osservava stupito. Come supponeva, Violet si
illuminò alla sua vista e si fiondò con un gridolino eccitato sul povero
malcapitato, abbracciandolo contenta e forse più stretto di quanto avesse
abbracciato Will poco fa.
“ Oh, Varen, tesoro, sei tornato da me!”
Esclamò entusiasta e ridendo contenta, mentre gli affondava
le mani nei capelli, accarezzandone le ciocche ondulate.
“ Veramente, io…”
Cercò di spiegarsi il povero principe, ma Violet lo zittì
donandogli un veloce bacio stampo sulle labbra, provocando le risa di Will, i
sorrisi di molti come il loro sbigottimento.
Subito dopo, la giovane si accoccolò sul suo petto,
sfiorando i lacci della sua camicia con le dita, le guance tinte di un rosso di
piacere.
“ Violet, piccolina, perché non dici al principe quello che
mi rivelasti quel lontano giorno in cui te lo presentai.”
La invogliò Will, ammiccando verso di lei, che ricambiò come
due bambini birichini che mettono in atto una marachella.
Violet abbracciò stretto il principe, appoggiando il viso
sul suo petto, mentre lui si irrigidiva tra le sue braccia, visibilmente
imbarazzato da tutta quella situazione.
“ Sapete principe che io vi avevo già conosciuto, già prima
di venire qui?”
A quel punto, il principe la guardò curioso, mentre lei
arrossiva sotto il suo sguardo, ma non lo distolse.
“ Dove? Perdonatemi, ma non ricordo.”
Lei sembrò lusingata da quella semplice confessione, tanto
che lo abbracciò di nuovo stretto, forse per nascondere questa volta
l’imbarazzo.
“ Cinque anni fa, al mercato della frutta, un uomo mi
aggredì. Voi eravate a cavallo e non appena mi vedeste in quella spiacevole
situazione, veniste a salvarmi. Oh, eravate così bello! Fu allora che mi
innamorai di voi.”
Confessò senza imbarazzo, mentre lui sbarrava gli occhi per
la sorpresa. Violet colse l’occasione per regalargli un tenero bacio sulle
labbra dischiuse. Poi, quando si staccò, gli accarezzò sorridente il volto, continuando
il discorso intrapreso:
“ E poi, quando Will vi portò qui, alle Luci di Fata, feci
di tutto per conquistarvi, ma credo senza successo.”
Disse sorridendo e scrollando le spalle affranta. Anche
Varen si rattristò.
“ Io adoro Will, come tutte noi, perché non ha mai doppi
fini, è gentile, dolce e ci tratta come regine…”
Una pausa in cui lo abbracciò di nuovo, questa volta
teneramente e baciandogli lievemente il petto ricoperto.
“ Ma anche voi siete gentile, nobile e tanto, tanto tenero.”
Gli disse senza vergogna, baciandogli per l’ennesima volta
le labbra, questa volta più divertita.
“ Vi amo moltissimo, forse siete il primo ed unico uomo che
abbia mai amato, ma non mi faccio illusioni. Non sono né una principessa e né
tanto meno appartengo a un rango nobile, quindi non posso nemmeno lontanamente
sognare di diventare, un giorno, la vostra sposa.”
Concluse, sempre con un sorriso allegro, come se stesse
raccontando l’ultimo acquisto di un vestito e non la disillusione del suo
coronamento d’amore.
“ Beh, potresti sempre diventare la sua amante.”
Propose schietto Will, provocando molti sguardi sbalorditi e
di ammonimento.
“ Solo tu potevi dire una cosa tanto sciocca.”
Disse Taras, scuotendo la testa.
“ Non hai tutti i torti.”
Disse allegra Violet, mentre Varen rideva divertito da
quella giovane intraprendente. Violet si perse nella sua risata. I due giovani
si guardarono per attimi eterni, finché Violet Non decise di afferrargli la
mano destra e di invitarlo a ballare insieme ad altre coppie improvvisate.
Will sorrise a quella scena.
“ Violet potrebbe anche riuscire nel suo intento.”
Disse, quasi fra sé. Legolas non si trattenne dal
chiedergli:
“ Quale?”
“ Beh, sposare il principe ovvio. A me non è sembrato tanto
titubante nel valutare l’idea.”
Prima che qualcuno potesse controbattere, due boccali di
birra vennero sbattuti con violenza sul tavolo, proprio vicino a Will che, non
appena alzò lo sguardo sulla persona che l’aveva portati, sorrise luminoso.
“ Le vostre ordinazioni.”
Disse una voce femminile calda e profonda, per poi voltarsi
in un gesto secco e fluido, facendo smuovere la sua lunga chioma di treccine
color pece. Ma prima che Romilda potesse allontanarsi, Will le afferrò il polso
e la strattonò contro di sé, facendola trasalire e accomodare sulle sue
ginocchia, sorridendo amabile al suo viso stupito e subito dopo imbronciato.
“ Ma guarda…piovono donne.”
Disse ironico, mentre lei gli voltava il viso puntandolo
verso Frodo, sorridendogli a fior di labbra. L’hobbitt bruno ricambiò di buon
grado. Non sapeva il motivo, ma quella donna così imponente gli ispirava
simpatia.
“ Ma se sei stato tu a costringermi a sederti sulle tue
gambe?”
Gli disse arrabbiata, gli occhi scuri scintillanti.
“ Si, ma ancora una volta, amore mio, non mi sembra che ti
sia ribellata.”
Le rispose sorridendole sfacciato, mentre lei cercava di
divincolarsi puntando le mani contro il suo petto parzialmente scoperto.
“ Will, sei impossibile. Lasciami subito, devo lavorare.”
Ma Will non demorse. Anzi, intensificò la stretta senza
farle male.
“ Si, ho notato come lavori impeccabilmente. Ammettilo, mi
stai evitando da quando sono entrato nel locale. Ma non ci puoi fare nulla,
tesoro…come vedi, il solo pensare che io sia così vicino a te, ti fa perdere la
ragione e la concentrazione. Infatti, ci hai portato dei boccali di birra che
non avevamo ordinato.”
Ignorando le sue proteste, affondala mano destra nei suoi
capelli e avvicinò gentilmente il suo volto imbronciato al suo sorridente.
“ Ammettilo, tesoro…non puoi fare a meno di me.”
E detto questo, la baciò sulle labbra, incurante dei loro
sguardi di rimprovero e di sgomento.
Ma prima che Taras potesse intervenire, Romilda gli diede un
pugno dritto nello stomaco, tanto da farlo staccare dalle sue labbra carnose,
poi una gomitata sul collo e infine gli tirò i capelli biondo grano, prima che
potesse sbattere la fronte contro lo spigolo del tavolo, e mettendosi dietro di
lui, gli strinse il braccio al collo, minacciando di soffocarlo.
“ Di un po’, Will, ti sei dimenticato che io sono
un’amazzone? Se non vuoi che ti uccida, cavaliere di Amlach o meno, ti conviene
tenere le mani a posto e la bocca sigillata, escluso per parlare o respirare.
Sono stata abbastanza chiara e soddisfacente?”
Will, mezzo soffocato, le rispose sussurrando.
“ Cristallina, dolcezza.”
Per un attimo, Frodo temé che lo uccidesse davvero, ma poi,
di scatto, lo lasciò andare, e mentre Will tirava un profondo respiro e si
massaggiava il collo dolorante, Romilda, indispettita, fece per andarsene, se
non prima di aggiungere:
“ E, per la cronaca, i due boccali erano per i tuoi piccoli
amici. Quindi come vedi, non mi fai alcun effetto, mio caro idiota.”
I piccoli amici a cu si riferivano, erano Merry e Pipino,
entrambi con i loro rispettivi boccali sospesi a mezz’aria e la bocca
spalancata per la sorpresa di quella ribellione.
“ Aspetti solo un istante, mia signora.”
Questa volta fu Gandalf a parlare, che molto galantemente si
alzò e sotto lo sguardo interrogativo di Romilda, la invitò ad accomodarsi al
suo posto.
“ Sarebbe così gentile da offrirci un minuto del suo tempo e
unirsi a noi? Avremmo una cosa da proporle.”
Disse il mago con la sua voce rassicurante e il suo sorriso
più convincente, che fecero capitolare la giovane guerriera che, con una
solennità invidiabile, si sedette accanto ad Aragorn, che fece il possibile per
non sfiorarla con il gomito, riponendo la sua pipa e inclinando il capo in
segno di rispetto nei suoi confronti. Per un attimo, Romilda rimase stupita
dalla sua umiltà, ma poi con un sorriso titubante, ricambiò il gesto di
cortesia, mentre Gandalf si sedette accanto a Frodo, facendogli un occhiolino
sottinteso.
“ Cosa vorreste propormi?”
Chiese Romilda, con un tono caldo e tranquillo,
rispecchiandosi dritto nei suoi profondi occhi azzurri.
“ Ecco, come avete voi stessa ammesso poco prima, durante la
discussione movimentata con il nostro Will, siete un’amazzone.”
“ Si.”
Confermò come se dovesse difendersi da un’accusa. Il suo
tono volubile, mutò nuovamente, non rinunciando ad una nota di difensiva
minaccia. Gandalf non si scompose, ma annuì sorridendo pacato.
“ La nostra proposta è, se volete naturalmente, di condurci
nei territori dove dimorano le vostre sorelle.”
“ E per quale motivo dovrei farlo?”
Chiese scontrosa, facendo agitare Gimli, che si dimenò al
fianco di Legolas, cercando di farle moderare il tono, almeno con Gandalf. Ma
lui stesso alzò una mano nella sua direzione per placarlo.
“ Per la semplice ragione di aiutarci a sconfiggere la Signora dell’Oscurità per
sempre.”
“ E in quale modo le mie sorelle dovrebbero esservi utili?”
“ Noi pensavamo di proporre al vostro capo di accettare
un’alleanza, così da unirvi alle nostre truppe e dirigerci verso il Palazzo di
Cristallo.”
A quel punto, Romilda rise senza gioia, per poi guardare
quasi feroce Aragorn che aveva parlato e che poteva sentire emanare dalla sua
persona un’ondata di rabbia.
“ Le mie sorelle non si uniranno mai a uomini nemici delle
loro terre. Noi agiamo sempre da sole, in battaglia. Di aiuto non ne abbiamo
bisogno.”
Terminò dura, ma Aragorn non si sottrasse al suo sguardo di
fuoco. Anzi, continuò profondo e deciso.
“ Purtroppo credo che in questa guerra dovrete mettere da
parte il vostro orgoglio e combattere al nostro fianco. Venia è troppo forte,
anche per un intero esercito di amazzoni.”
Frodo temette che Romilda si sarebbe lanciata contro
Aragorn, minacciando di ucciderlo, ma invece con un profondo sospiro, chiuse
gli occhi e sorrise amara annuendo.
“ Si, avete ragione, mio signore.”
A quel punto, sia Gandalf che Aragorn sorrisero, mentre gli
altri si rilassarono tirando un silenzioso respiro, scaricando, così, la
tensione accumulata.
“ D’accordo, vi condurrò al cospetto di Vanesia, il nostro
capo. Sarò dalla vostra parte se le cose si risolveranno contro di voi.”
Concluse, guardandoli con gli occhi scuri scintillanti di
sincerità e realtà.
“ Molto bene. Vi ringraziamo.”
Disse Gandalf, cordiale e rispettoso.
“ Di nulla. Ma sarà meglio partire subito. Il viaggio durerà
dieci ore esatte. Se partiamo adesso, arriveremo a Marzia nel tardo mezzo dì.”
A quelle parole, tutti si alzarono rincuorati, seguendo
Romilda che, dopo varie discussioni con il signor Morgan, che non voleva
perdere la sua pupilla, ottenne il suo permesso per congedarsi dalle sue
mansioni per un po’ di tempo.
“ Muoviti, Pipino.”
Intimò Merry al suo parente.
“ Arrivo. Un ultimo sorso.”
Gli urlò, mentre insieme agli altri si avviava verso
l’uscita. Pipino trangugiò un ultimo sorso di birra di malto, che gli scivolò
sul mento. E mentre si ripuliva, sorridente mise un braccio intorno al collo di
Merry, che ricambiò il suo sorriso beato.
“ Comunque, io continuo a dire che non mi resiste.”
Sussurrò Will al principe Varen che rise alle sue parole,
dopo aver regalato un galante bacio a mano a Violet, con la promessa che si
sarebbero rivisti presto, con suo desiderio e invito, a palazzo.
Il sorriso e le guance arrossate per la felicità di Violet
furono l’ultima cosa che gli occhi di
Frodo videro, prima che la porta delle Luci di Fata si chiudesse con un leggero
tonfo. Sentì la Gemma
brillare flebile quando montò a cavallo del cavallo bruno di Taras. Una nuova
avventura li attendeva.
Angolo dell’autrice.
Grazie per essere giunti, spero, fino in fondo!!! Allora, vi
è piaciuto questo carambolante capitolo??? Sono convinta di si, soprattutto
per…
LadyElizabeth: Hai
visto, mia cara, come è andata a finire per la nostra Violet nei riguardi del
principe Varen?? Spero sia finita come ti immaginavi e di non averti deluso
nemmeno con il nostro mitico Will!!! Povera Romilda, che deve sopportare!!!XD
Aspetto presto tue notizie e grazie per i tuoi splendidi e sempre graditi
commenti!!! Bacioni Fuffy91!!!^__^
Ringrazio anche voi, si proprio voi, che mi state leggendo e
che non avete ancora chiuso la finestra!!!^__^ E ora un appello a te, caro
lettore misterioso…ti aspetto al prossimo cap, che sarà molto, ma molto ricco
di sorprese e di personaggi forti e determinati!!! Non per niente, parliamo di
amazzoni!!! Baci baci e a prestissimo,
Fuffy91!!!!^__________________________________^
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Capitolo 19 *** Capitolo 19 ***
Capitolo19
Come previsto, la Compagnia della Gemma, capeggiata dall’amazzone
Romilda, che cavalcava sicura il suo destriero bianco panna, giunse nei pressi
dei territori delle amazzoni nel tardo mezzo dì. Avevano cavalcato il restante
della notte, fino all’alba rosata e dorata, per poi essere coperti da un cielo turchese,
privo di nubi e brillante dai raggi del sole infuocato.
“ Ecco, questa è Marzia, terra delle amazzoni dell’Ovest.”
Annunciò Romilda, arrestando il suo cavallo con una tirata
di redini decisa e secca. Ben presto venne imitata dai suoi compagni, che
crearono, ai suoi lati, due bande di cavalli maestosi posti in fila. Fra
questi, spiccava Ombro Manto, il re di tutti i cavalli, che alla luce del tardo
sole, il suo vello sembrava emanare una luce evanescente, come la veste e la
chioma liscia del suo padrone, Gandalf il Bianco, che fu il primo a rompere il
silenzio.
“ Molto caratteristiche, direi.”
In effetti, Mariza era una terra prospera di alberi alti, di
tutte le specie, che si alternavano a praterie ricolme di alci, cervi e lepri
saltellanti. Più in là, verso nord, si intravedevano alte rupi di roccia, dalle
quali si videro svolazzare aquile stridenti che avevano posto sulle loro cime i
loro ampi nidi.
“ Vogliamo andare?”
Propose, come se stessero per intraprendere una tranquilla
passeggiata , per scegliere il posto adatto dove intavolare un pic-nic.
“ Certamente. Però vi avverto: dovremmo essere molto cauti.
Le mie sorelle non sono famose per la loro ospitalità.”
Disse severa Romilda, e dopo un loro assenso, spronò il suo
cavallo che corse lungo il declino della vallato, seguita dagli altri come un
branco selvaggio. Per quanto fosse veloce, il destriero di Romilda venne
superato da Ombro Manto, che si arrestò ai piedi della foresta su ordine
gentile di Gandalf, che osservò il luogo in un misto di incredulità e desiderio
di scoperta.
“ Sembra la
Foresta dei Vell.”
Costatò Pipino, una volta che Gandalf scese dal dorso di
Ombro Manto, che si allontanò con un nitrito, una volta che anche Pipino lo
smontò.
Ben presto, i due vennero seguiti dai loro compagni e amici,
anche se mancava Varen, che concordò con Taras di ritornare al palazzo di
Murnirm per informare suo padre, Sir Edward e Sir Rayon degli ultimi positivi
avvenimenti, e Luthien che, nonostante le speranze di Legolas, non si vide
raggiungerli prima della partenza. Tuttavia, la pena dei suoi amici venne
smorzata da Gandalf, che li rincuorò affermando che la loro compagnia li
avrebbe affiancati nuovamente, molto presto.
In compenso, la sua assenza venne riempita da Romilda che,
in veste di guida, li condusse nel fulcro di Marzia.
Nonostante il luogo sconosciuto, Aragorn mostrò di cavarsela
molto meglio degli altri, a parte Legolas che, essendo un elfo silvano, era
abituato a quel genere di vegetazione indomabile.
Anche Romilda lo notò, tanto che quando il re di Gondor
aiuto Frodo a non cadere in una buca parzialmente profonda, gli disse:
“ Siete molto abile, per essere un damerino uscito da un
palazzo di marmo.”
Aragorn sorrise alla sua ironia sprezzante, per poi
risponderle con la sua voce profonda e pacata.
“ Ho vissuto come un ramingo per un lungo periodo della mia
esistenza, viaggiando nelle Terre Selvagge del Nord.”
“ Curioso, anche Vanesia ha esplorato quelle terre. Forse
l’avete incontrata.”
Aragorn ci pensò su, ma poi scosse la testa, rammaricato.
“ Credo di no. Quelle terre erano molto vaste. Non è da
escludere che i nostri destini si siano incrociati, ma mai uniti.”
Romilda sorrise alle sue ultima parole, scostando un ramo
raggrinzito con la sua spada.
“ Non credo. Vanesia non crede nel destino. È una donna
molto concreta. Paradossalmente al suo ruolo, non solo una volta l’ho vista
ridere delle nostre leggende. Ma penso che, sia proprio il suo carattere forte
e deciso a farla diventare il nostro capo.”
“ Credi che ci appoggerà nell’impresa?”
Chiese Taras, saltando per evitare una zolla.
“ è possibile. Ma non ne sono sicura. Lei è pratica, sa
riconoscere quando ha bisogno d’aiuto. Ma, come capo, deve adattarsi al volere
della sua gente. E non sono sempre concordi con le sue idee.”
“ Quindi è finita.”
Urlò Will, tagliando un ramo ricolmo di foglie verdi,
minacciando di bruciare l’intero albero.
“ Stupido! Non usare le spade di Amlach qui. Vuoi farci
scoprire?”
“ Troppo tardi!”
Esclamò una voce squillante e femminile, che apparteneva ad
una fanciulla che fuoriuscì dalle chiome di un faggio e atterrò dietro la
schiena di Aragorn, immobilizzandolo e solleticando il suo collo con la lama
luccicante di un pugnale.
“ Vi consiglio di deporre le armi, se non volete che la
testa del vostro amichetto penzoli dal suo collo.”
Sibilò minacciosa ma divertita allo stesso tempo, forse per
la posizione di stallo che si era creata.
“ Fate come dice.”
Li incitò Aragorn, alzando una mano verso Legolas che già
aveva teso una freccia dal suo elegante
arco. Con il volto accigliato, ubbidì poggiando lentamente le sue armi al suolo
erboso, seguito dagli altri, tranne Gandalf che depose la spada ma non il
bastone. L’amazzone sembrò accorgersene, visto che gli disse:
“ Tutte le armi. Anche il bastone, vecchio.”
Gandalf le sorrise, con sorpresa di tutti, e fece cadere il
suo bastone a terra, facendo tintinnare l’ammasso di spade, con i pugnali di
Merry e Pipino, oltre che l’ascia fedele di Gimli.
“ Molto bene. Siete stati ubbidienti. Bravi bambini. E
adesso, fate ancora i buoni e fatevi legale dalle mie sorelle.”
Suggerì dolce, mentre uno sciame di donne vestite di pelli
di animali, che lasciavano il busto e buona porzione delle gambe e del decoltè
scoperto, belle quanto pericolose, immobilizzarono con forza le braccia di
tutti, trattenendo gli hobbitt per le spalle, stringendole forti quando
cercavano di ribellarsi, tralasciando solo Romilda.
“ Tanya! Vieni a prendere il mio posto.”
Molto lentamente, l’amazzone ripose il suo pugnale, senza
lasciare la presa su Aragorn che, stranamente, non si mosse né cercò di
ribellarsi, quando l’altra di nome Tanya, prese il posto della sua aguzzina.
Quest’ultima, poi, esaminò la sua persona da capo a piedi. In seguito, prese il
manico della sua spada e quello del suo pugnale, nascosto nella cintola dei
pantaloni da ramingo, gettando quest’ultimo a terra, insieme alle altre armi,
ma esaminando a lungo la prima, sorridendo verso di lui.
“ Molto bella. Manifattura elfica, vero?”
Aragorn non rispose, ma lei proseguì.
“ Si, penso proprio che la regalerò a Vanesia. È il genere
di arma che gradisce.”
“ No! Non potete farlo. Quella spada appartiene a lui di
diritto. Nessun altro può impugnarla.”
Fu Legolas a parlare, dimenandosi alla stretta dell’amazzone
che lo trattenne saldamente, afferrandolo anche per il collo. La sconosciuta lo
guardò curiosa, ripiegando la testa da un lato e scrutandolo con occhi
fiammeggianti di qualcosa molto simile alla ribellione. Quando avanzò verso di
lui, Frodo la scrutò per la prima volta attentamente, illuminata com’era dalla
luce del sole, che calda e vaporosa, filtrava dalle chiome degli alberi
rigogliosi. Era una fanciulla molto simile a Violet, piccola e minuta, anche se
i muscoli delle braccia e delle gambe erano tesi e tonici, rispetto alle membra
morbide della biondina delle Luci di Fata. I capelli, corti e sbarazzini, le
incorniciavano il volto ovale e delizioso, anche se i suoi tratti sembravano
emanare tensione ed attesa, di un colore simile alla brace più infuocata. Alcune
lentiggini spruzzavano sulle sue guance, sul nasino appuntito e sulle spalle,
mentre gli occhi a mandorla brillavano di un nero di determinazione. Facendo
vibrare la lama della spada di Aragorn, solleticò il mento perfetto di Legolas,
che non si sottrasse al suo sguardo acceso.
“ Davvero? Nessun altro può? Strano, perché come vedi, elfo,
io lo sto facendo.”
Gli disse, allontanando la spada da lui e caricandosela
sulle sue spalle nude, continuò incurante di chi la stesse ascoltando.
“ E si sa, che non c’è nulla che io non possa fare.”
Annunciò allegra, guardandoli con superiorità.
“ Sempre modesta come sempre, non è vero…Oleandro?”
La ragazza si voltò verso colei che aveva pronunciato il suo
nome, guardandola contrariata. Ma poi sorrise per nulla allegra.
“ Romilda, chi non muore si rivede. Anche se, avrei
preferito non rincontrare il tuo bel faccino per un altro po’ di tempo.”
Romilda sogghignò alle sue parole, avvicinandosi a lei, per
nulla impaurita. In breve le due donne si ritrovarono faccia a faccia nello
spiazzo verde e luminoso che avevano creato.
“ Lo sai, Oleandro…mi sono sempre chiesta, dove sarebbe
potuta arrivare la tua arroganza smisurata. Beh, oggi me ne hai dato la
conferma. Non ha limiti.”
“ Ah, Romilda, Romilda! Mi deludi, lo sai…non avrei mai
creduto che potessi scendere a tanto. Portare a Marzia un gruppo di stranieri
senza il consenso della regina, solo per metterti in mostra. Oh, questo ti
costerà molto.”
Concluse falsamente dispiaciuta Oleandro. Romilda rise della
sua ipocrisia.
“ Quelle come te, Oleandro, mi fanno solo ridere.”
“ E quelle come te, invece, Romilda, solo piangere.”
“ Cosa vuoi?”
“ Combattere.”
Concluse l’amazzone, con gli occhi accesi di sfida, mentre
un sorrisino eccitato si apriva sulle sue labbra.
“ Battermi con te e vincerti.”
Romilda sorrise beffarda. I suoi denti luccicarono al sole,
spiccando sul suo viso color cioccolato.
“ Continua a sognare, Ole. Sai perfettamente che perderai,
come sempre.”
“ Oh, chi è ora che pecca di presunzione, uh?”
Romilda e Oleandro si fissarono per attimi eterni, finché la
tensione trasportata dall’attesa si sgretolò come polvere, quando Romilda
parlò.
“ D’accordo, accetto. Ma a una condizione…”
“ Quale?”
“ Se vinco io, tu lascerai andare i miei amici e non ti
opporrai quando li guiderò al cospetto di Vanesia.”
“ E se, come logico, vincerò io?”
Chiese Ole, facendo roteare la spada di Aragorn da un
braccio all’altro, per poi lasciarla cadere al suolo, infilzandola in una
zolla.
“ Se vinci tu, sarò tua schiava in eterno, finché non soccomberai,
che sia la vecchiaia o la spada di un nemico a prenderti.”
A quella proposta, il viso di Oleandro si accese di piacere,
per poi sorridere contenta.
“ Accetto.”
“ No, Romilda. È troppo per un semplice rilascio.”
Disse Will, animandosi.
“ Decido io se la posta sia alta o meno. E questa non lo è.”
Disse secca, zittendolo. Poi sfoderò la sua spada, mentre
Oleandro impugnò due pugnali ben elaborati ed affilati.
“ Bene. A te la prima mossa.”
Le disse gentile, ricambiando il suo sorriso.
“ Con piacere.”
Poi con un urlo si avventò su di lei, attaccando incessante
e senza freni. Romilda parò i suoi colpi uno ad uno, come se li conoscesse da
sempre. Tuttavia si sbilanciò quando Ole le dette un calcio nello stomaco,
dandole la possibilità di attaccarla al fianco, riuscendo solamente a strappare
un lembo della sua veste.
“ Era nuovo, questo.”
Ole scrollò le spalle, facendo roteare tra le dita uno dei
suoi pugnali.
“ Non importa. È orrendo.”
E detto questo, ricominciò lo scontro. Questa volta, Romilda
decise di attaccare e, dandosi leva con i pugnali intrecciati alla lama della
sua spada, saltò e atterrò dietro di lei che, pronta, parò il suo calcio con il
proprio, sbilanciandosi a vicenda, ma senza cadere.
“ Sei migliorata.”
Le disse Romilda, mentre l’altra roteava in circolo, come
una leonessa che decide la posizione giusta dove attaccare.
“ Già. Mentre tu ti dilettavi a lavare bicchieri, io mi sono
allenata.”
Romilda rise, rispondendo al suo sorriso e parando il colpo
del suo pugnale con la sua spada.
“ Ah. Ora capisco perché non hai una vita.”
Ole ringhiò in risposta, mentre Romilda rise, come se
trovasse divertente farla arrabbiare. con un movimento fulmineo, girò su se
stessa e con l’aiuto del piede sinistro, pensò di far perdere l’equilibro alla
sua avversaria che, prevedendo il suo attacco, saltò come fa una bimba con la
corda, per poi sorriderle beffarda e ricominciare il suo attacco con i suoi
affidabili pugnali.
Con una mossa ben assestata, disarmò Romilda che seguì con
lo sguardo la sua arma volare verso l’albero più lontano.
“ Ops! La piccola è rimasta senza caramelle.”
La schermì Ole, giocando con i suoi pugnali con lo sguardo
da tigre che pregusta la sua preda indifesa. Romilda cercò di calcolare il
tempo necessario per correre sull’albero e recuperare la spada, ma Oleandro
sembrò prevedere anche questo, visto che rise sinceramente divertita dal suo
stato.
“ Come pensi di correre con quella gonna così lunga?
Inciamperesti ad ogni passo e io ti immobilizzerei da dietro. Oppure potresti
anche farcela, ma ti impiglieresti tra i rami e io riuscirei comunque a
raggiungerti, quindi…”
Disse scrollando le spalle sorridendo dolcemente.
“ L’unica cosa che ti conviene fare è arrenderti.”
Molte risero alle sue parole, urlando il suo nome come un
ululato di vittoria.
“ Visto? Anche loro sono d’accordo.”
Disse Ole, con un ghigno dipinto sulle sue labbra sottili e
un mano alzata, libera dal pugnale che ora stringeva nell’altra con il suo
gemello, ad indicare le sue sorelle compiaciute.
Ma a dispetto di tutti,
Romilda rise sonoramente, facendo scomparire dal suo viso il suo ghigno
beffardo e preoccupare le sue sorelle.
“ Ole, Ole…sei così tremendamente ingenua. Tu credi davvero
che mi arrenda per così poco? Sei un’illusa! Ti ricordo che sono amazzone prima
di te, quindi ora la tua sorellina maggiore ti farà vedere come combatte
davvero un’amazzone.”
E detto questo si stracciò la gonna del vestito, rivelando
le sue gambe scure e toniche, luccicanti al sole. Poi, con un altro strappo,
stupendo tutti e facendo sorridere Will, si tolse le maniche immacolate,
mostrando un bracciale di perline molto simile a quello di Oleandro.
“ Ah! Ora sono più a mio agio.”
E ammiccando verso di lei, cominciò a correre veloce verso
l’albero dove si celava la sua spada luccicante.
Ole ringhiò feroce, per poi lanciare entrambi i suoi pugnali.
Il primo si conficcò nel terreno, mentre
l’altro provocò un profondo taglio sulla guancia di Romilda, che non si fermò.
Frustata, con una serie di salti acrobatici, la raggiunse
proprio mentre sfilava la sua spada dal ramo in cui si era conficcata. Con un
balzo riuscì ad atterrare dietro Ole che, priva di pugnali, la guardava
scontenta.
Romilda, nonostante la vittoria sicura, decise di buttare
via la spada, con lo sconcerto loro e di Ole, che la guardò male, come se con
quel gesto l’avesse offesa.
“ Così siamo pari.”
Ole rise della sua umiltà.
“ Oh, Romilda! È questa la tua debolezza. Sei così
dannatamente nobile, anche in battaglia.”
“ Io non la penso come te, Ole. È per questo che non andiamo
d’accordo. Tu pensi che la forza sta nelle armi che possiedi o nelle abilità
che acquisisci. Ma in realtà, essere onesti e saper ragionare anche quando un
tuo caro amico è in difficoltà, è la vera forza. Ma il tuo orgoglio e la testa
calda che ti ritrovi non ti permetteranno mai di capirlo.”
Oleandro rise delle sue constatazioni, per poi risponderle a
tono:
“ Puoi pensare quello che vuoi di me, tanto le cose non
cambiano. Noi due saremmo potute essere una squadra vincente, ma abbiamo
opinioni troppo differenti della vita per riuscire a trovare una giusta
sintonia. Ma in fondo, questo nostro antagonismo non mi dispiace affatto. E
sinceramente, il tuo idealismo mi da fin troppo sui nervi, per essere
sopportato a lungo, senza contare che sei fin troppo antipatica per andarmi a
genio.”
E sorridendo, si mise in posizione d’attacco, i muscoli
vibranti pronti a scattare.
Romilda la imitò sorridendo divertita.
“ Già, lo stesso vale per me. Allora, la facciamo finita?”
Chiese, mentre il sogghigno di Ole venne illuminato dal sole
filtrante.
“ Non chiedevo di meglio.”
Fu una lotta corpo a corpo molto dinamica, composta da
salti, acrobazie, arti immobilizzati, colpi dati a segno o parati da entrambe
le parti. L’aria sembrava accesa di un fuoco acceso, finché Romilda non afferrò
un bastone, imitata da Ole, cominciando a fare sul serio. Il bastone di Romilda
colpì lo stomaco di Ole, che si sbilanciò e velocemente, Romilda fece scivolare
l’estremo del bastone dietro le caviglie di Ole, che perse l’equilibro e cadde
a terra. Romilda si mise cavalcioni sul suo corpo, immobilizzandolo, mentre le
puntava i pezzi di bastone spezzato ad incrocio sul collo, pronti a stringerli
per strozzarla. Ansimando, nonostante Oleandro cercasse di sciogliere la sua
presa, si rassegnò a rimanere immobile.
“ Allora, ti arrendi?”
A dispetto di molti, Oleandro sorrise, rispondendole
anch’ella affannata:
“ Solo se lo fai tu.”
All’inizio nessuno capì cosa le desse così tanta fiducia,
finché non notarono un luccichio sinistro sul fianco di Romilda, che si scostò,
mostrando a tutti il pugnale di Ole che solleticava la carne scoperta dal
vestito stracciato.
Entrambe sorrisero, ritrovandosi in una posizione di stallo.
Nessuno fiatò, né i membri della Compagnia, né tanto meno le tese amazzoni
dietro di loro. All’improvviso, dal folto degli alberi, venne scagliata una
freccia dalle piume nere, che fece scostare Romilda dalla sua posizione e
alzare Ole, che guardava torva la freccia che per poco non le aveva trapassato
il ginocchio, infilandosi perfettamente nel solco creato tra i corpi
intrecciati delle avversarie.
“ Adesso basta. Ho visto fin troppo.”
Il volto delle amazzoni era preoccupato, tranne quello
attento di Romilda e quello infastidito di Oleandro. Anche la Compagnia era in trepida
attesa per scoprire la proprietaria di quella voce autoritaria e sonora, che
fece spiccare il volo ad uno stormo di passeri irrequieti dal folto della
chioma spinosa di un abete.
Una figura esile, quanto possente, fuoriuscì dal baldacchino
naturale che le edere rampicanti avevano creato, mentre una pioggia di ricci
scomposti e biondo dorato, che si confondeva con i raggi giallastri del sole,
si smuovevano attorno al viso fiero della proprietaria, come la criniera di un
indomabile leone, anche se gli occhi color giada erano simili a quelli di un
puma.
Indossava un vestito molto corto, che metteva in mostra due
lunghe gambe dalle caviglie sottili, i piedi nudi affondati nell’erba corta, la
vita di vespa fasciata da pelle di cervo, che terminava in un nodo sulla spalla
destra, il suo colorito nocciola metteva in risalto quello dorato della sua
pelle abbronzata.
Una lunga serie di collane di perline e bracciali su
entrambi i polsi le conferivano un aspetto esotico, mentre un alone di fierezza
e determinazione smorzava la sua bellezza, che sembrava un incrocio tra un elfo
e un umano molto grazioso.
“ Oleandro. Immaginavo che la causa di tutto questo
trambusto fossi tu.”
La sua interlocutrice sbuffò, voltando lo sguardo dalla sua
persona e mutando l’espressione in una molto buffa, che fece ridere Pipino, il
quale si gelò non appena lo sguardo deciso ed infuocato della sconosciuta
incontrò il suo e quello degli altri.
“ Voi!”
Esclamò all’improvviso, e sentirono le loro soggiogatrici
tremare al suo richiamo.
“ Che cosa state facendo? Non mi sembra di aver dato
l’ordine di catturare sconosciuti.”
“ Proprio perché sono stranieri, ho dato l’ordine di
catturarli.”
Disse spazientita Oleandro, non sottraendosi alle sue iridi
verde giada funesti.
“ Come al solito sei indomabile, Ole. Agisci sempre di testa
tua.”
“ Almeno io ho un cervello.”
Ribatté lei, i capelli accesi in lingue di fuoco, come il
suo animo instabile.
“ Non credere di essere l’unica ad avere intelletto. Anche
se, quando gli dei hanno distribuito presunzione ed arroganza, vedo che tu ne
hai fatto buona scorta.”
Oleandro ringhiò risentita da quella battuta, mentre le sue
sorelle ridevano e Romilda sorrideva.
“ Lasciateli andare e restituite loro le armi.”
Le amazzoni li lasciarono andare ed una ad una restituirono
le armi, finché il mucchio al suolo non scomparve del tutto.
“ Cosa fai? Sei impazzita! Vuoi farti uccidere?”
Esclamò Oleandro, indignata dall’ordine di quella che doveva
essere la sua regina. Aragorn uscì dal gruppo per recuperare la sua spada
brillante al sole, ancora infilzata nel terreno, fra i ciuffi di erba
smeraldina. Ma prima che potesse afferrarla, Oleandro lo precedette,
scostandolo con una mano, che lo fece indietreggiare stupito, mentre un
sorrisino beffardo increspava le sua labbra sottili.
“ Tieni. Almeno questa te la regalo, come consolazione per
il mio lavoro che non è servito a molto, per colpa tua.”
Disse ancora indignata, ma serena in volto, lanciando la
spada alla donna bionda, che la prese al volo per il manico scintillante di
piccole gemme ed ornamenti.
La esaminò a lungo, soffermandosi a leggere la scritta in lingua
elfica che Sire Elron di Gran Burrone fece incidere sulla sua lama.
Poi, con i suoi occhi scintillanti di giada, osservò Aragorn
a lungo, sul suo viso altrettanto fiero e regale un’espressione di pura imperturbabilità,
anche se divenne incredula quando la vide avvicinarsi e puntargli la sua spada
contro. Poi, con un movimento invisibile, la rigirò, tendendogli il manico ed
incitandolo ad impugnarlo. Così fece, e non appena le sue dita si chiusero
intorno all’elsa, lei si rigirò, i lunghi capelli fluttuanti che lasciavano una
scia di rose selvatiche e menta, le perle delle sua collane tintinnarono ad
ogni passo, allontanandosi dalla sua persona senza dire una sola parola o
trapelare alcuna emozione.
“ Ma cosa fai? Gliel’hai riconsegnata?!”
Le chiese incredula e trepidante Ole, osservando sia lei che
uno stupito Aragorn. Vide la sua spada ritrovare la sua naturale luminescenza,
per poi offuscarsi all’interno del suo fodero elegante.
Osservò Vanesia fermarsi e scrutarla attentamente, con lo
stesso volto attento e severo che prima aveva riservato a lui, mentre una
ciocca di ricci selvaggi e biondo dorato le offuscava il volto abbronzato.
“ Non potrebbe mai essere mia. Appartiene a lui di diritto.”
Oleandro trasalì a quelle parole, le stesse che Legolas le
aveva rivolto quando aveva trapelato il desiderio di donarla proprio a lei.
L’amazzone guardò truce Aragorn, come se volesse infiammarlo con il suo sguardo
oscuro, le lingue di fuoco che si dimenavano al vento che filtrava dalle chiome
degli imponenti alberi della foresta. Poi, indignata, si avvicinò a Romilda e
con forza la strattonò verso di lei, scaraventandola al suolo. L’erba
scricchiolò sotto il suo peso, mentre lei si spostava i capelli raccolti in
trecce dal viso, guardando quella che poco prima era stata la sua avversaria
con gli occhi luccicanti d’ira, per poi puntarli verso Vanesia che si voltò a
guardarla con aria sospettosa.
La rabbia di Romilda scemò, ma non si alzò dal terreno,
mantenendo il suo sguardo.
“ Ora non dirmi che la perdonerai dopo l’affronto che ci ha
fatto? Ha portato qui, a Marzia, nelle nostre terre, degli stranieri, che
potrebbero essere benissimo delle spie di Venia o di quanto altro. E non
venirmi a dire che l’ha fatto per i nostri interessi, perché non ci credo!”
Esclamò risentita ed arrabbiata Oleandro, puntando il dito
contro Romilda, che a quel punto si alzò forse più indignata di quanto si
potesse sentire Ole in quel momento.
“ Come osi affermare una cosa del genere? A tal punto arriva
il tuo odio per me Oleandro, da farmi passare per una traditrice agli occhi
della regina e delle nostre sorelle?!”
“ Le mie sorelle,
la mia regina, vorresti dire,
Romilda!”
Esclamò avanzando di un passo e osservando truce ed
accigliata Romilda, che non si sottrasse al suo sguardo di fuoco. Le altre
amazzoni arretrarono nell’udire la sue voce squillante risuonante di rabbia,
mentre Vanesia, osservata attentamente da Aragorn e Gandalf, mentre gli altri
seguivano la scena, chi a bocca aperta, chi, come Will, con un sorriso
elettrizzato, di chi ama le risse fra donne.
“ Tu, ormai, non sei più un’amazzone. Hai smesso di esserlo
quando te ne andasti per inseguire un uomo che poi ti ha abbandonata come un
cagnolino insistente, che abbagliava troppo per essere sopportato.”
A quelle parole, lo sguardo di Romilda si incupì,
indietreggiando di un passo.
“ Cosa? Cos’è questa storia? Io non ne sapevo nulla!”
Esclamò Will, sorpreso quanto gli altri presenti, amazzoni
comprese, che si guardarono a vicenda a bocca aperta e bisbigliando fra loro,
ma ad uno sguardo accigliato della regina, ora seduta su una roccia sporgente,
addentando una mela caduta da un albero, del tutto estranea, almeno in
apparenza, alla discussione di due delle sue suddite.
Ole sorrise della tristezza della compagnia, ed ora a Frodo
quel sorriso beffardo sembrò oltremodo cattivo. La Gemma brillò del suo
ardimento, e per un momento lo sguardo verde-giada di Vanesia sembrò puntare su
di lui, ma poi riprese a masticare la sua mela ad occhi bassi.
“ Non lo avevi raccontato a nessuno, nemmeno ai tuoi amici,
vero? Oh, povera cara! Deve essere stato terribile per te, sentirti sola dopo
aver avuto l’illusione di aver finalmente trovato una persona in grado di
amarti come desideravi. Peccato che di uomini come quelli non ci possa fidare,
vero? Scommetto che ti ha presa in giro tutto il tempo, facendoti promesse, per
poi infrangerti il cuore abbandonandoti nella prima locanda che aveva trovato a
Murnirm.”
Romilda non la guardava più, ma ascoltava triste e con gli
occhi che minacciavano di traboccare di lacrime da un momento all’altro.
“ Ma non preoccuparti.”
Le disse, accarezzandole una ciocca di treccine nere e un
lembo della sua guancia, pronta a darle la scoccata finale.
“ Scommetto avrà trovato conforto nelle tue amichette della
locanda.”
Poi rise cattiva, godendo nel vederla triste e le lacrime
cominciarono a sgorgare, rigandole le guance divenute più scure per la
mortificazione subita.
“ Brutta strega! Ora le faccio…”
Ma prima che Will potesse reagire, con sua grande sorpresa
venne preceduto da Vanesia che, senza che nessuno lo avesse previsto, con un salto riuscì a raggiungere Oleandro e
a farle perdere l’equilibro, grazie ad un calcio ben assestato allo stomaco, e
prima che potesse cadere al suolo, la afferrò per un braccio e la scaraventò al
tronco dell’abete vicino, con uno schianto tremendo ed un suo urlo di sorpresa
e dolore, facendo tremolare la cima dell’abete e facendola cadere al suolo
gemendo di dolore, mentre si teneva lo stomaco e sveniva con un singulto.
Accadde tutto così velocemente che solo in pochi riuscirono
a capire la dinamica dell’attacco, ma Romilda, ora con lo sguardo luminoso di
lacrime, la guardò a bocca aperta, mentre fredda e distaccata, come se avesse
mosso un fuscello e gettato nel fiume vicino, ordinò ad una sua amazzone, che
non appena si sentì chiamare sobbalzò impaurita e sorpresa, come tutti:
“ Daila!”
“ S-Si, mia regina?”
Vanesia indicò con un gesto secco del capo il corpo inerme
di Oleandro, i ciuffi dei suoi capelli rosso-fuoco offuscati dall’ombra
dell’abete, il corpo scomposto come una bambola di pezza, il viso nascosto tra
l’erba corta.
“ Portala via e farla curare da Meiscia, e dirle che quando
si sveglierà, non voglio vederla finché non si sarà scusata con Romilda per il
veleno che le ha iniettato contro, in mia presenza. Non umilmente, tanto so
perfettamente che l’umiltà non far parte di lei, ma almeno pentita, questo lo
pretendo. Solo quando lo avrà fatto, riceverà le mie di scuse pubblicamente,
hai capito?”
Le puntò contro uno sguardo di fuoco, e Daila rispose
annuendo tremante, abbassando il capo e alzando le mani in una posa
caratteristica, come per mostrare rispetto. Poi, veloce, raccolse il corpo di
Oleandro caricandosela sulle spalle e scomparve nella vegetazione con un debole
fruscio.
Vanesia guardò ancora gelida, ma con lo sguardo acceso di
rabbia le sue amazzoni, che si irrigidirono all’istante.
“ Anche voi. Tornate al villaggio, adesso. Voglio che
torniate alle vostre mansioni e che mandiate un avanguardia a proteggere i
confini ad est. Sono stata chiara?”
Anche loro annuirono, ripetendo gli stessi gesti di rispetto
e sottomissione, per poi sparire veloci come la loro precedente sorella nel
fulcro della foresta, chi correndo, chi saltando fra gli alberi, chi seguendo
semplicemente il percorso già seguito da Dalia.
In breve, rimasero solamente i membri della Compagnia e
Romilda, che si stava asciugando con il dorso delle mani le ultime lacrime.
Vanesia sospirò e la posa rigida delle spalle si addolcì,
per poi massaggiarsi la fronte con aria stanca, ad occhi chiusi, il volto
parzialmente tranquillo.
Ignorando tutti loro, si voltò verso Romilda, che la guardò
cercando di sorridere, ma il risultato fu una smorfia di dolore che quelle
parole le aveva causato.
Vanesia le sorrise con una dolcezza che Frodo non credeva
potesse avere, vista l’autorità fredda e decisa con cui aveva gestito la
faccenda e dato ordini precisi alle sue sorelle.
Strappandosi un lembo del vestito, scoprendo sulla spalla
una profonda cicatrice bianca a forma di stella, come una bruciatura, glielo
porse a Romilda, che accettò ubbidiente.
“ Tieni. Asciugati le lacrime. Non servono, davvero. E non
dovresti nemmeno soffrire per ciò che ti ha detto Oleandro, soprattutto perché
non corrisponde alla verità.”
Romilda rimase sbalordita dalle sue parole, ma accettò le
sue carezze sulle guance, mentre le sue dita, chiare in confronto alla sua
pelle, andavano ad asciugare altre lacrime che cercavano insistenti di deturpare
il suo volto fiero. Ma Romilda si sciolse grazie alla tenerezza che Vanesia le
dimostrava, abbracciandola con trasporto e singhiozzando affranta, mentre lei
le accarezzava i capelli gentile.
“ Ssssth…coraggio non piangere. Tu sarai sempre la benvenuta
a Marzia, anche se un giorno decidessi di abbandonare queste terre. Oltre ad
essere un’amazzone, sei pur sempre una mia amica, ricordalo.”
Romilda annuì tra i singhiozzi, mentre le sue spalle
sussultavano ad ogni singulto, stringendola forte. Vanesia ricambiò
l’abbraccio, finché non fu Romilda stessa a scioglierlo e a ridere di una
ritrovata allegria, facendo sorridere sincera Vanesia.
“ Brava, così va bene.”
“ Mi dispiace per il vestito.”
Disse Romilda, schiarendosi la voce divenuta roca per il
pianto. Vanesia scrollò le spalle reclinando il capo da un lato dolcemente.
“ Non importa. Non era uno dei miei preferiti.”
Romilda rise ancora, tendendo la mano per restituirle il
lembo del vestito, ormai fradicio.
“ No. Tienilo tu, nel caso ti servisse ancora.”
Le disse, ammiccando serena.
Romilda sorrise annuendo e se lo fissò al braccio con un
nodo stretto, riconoscente.
Intanto, Vanesia rivolse il suo sguardo ai presenti, che
ancora la guardavano sia ammirati che sconvolti. Fu Will a fare un passo per
primo, inginocchiandosi alla sua presenza, sotto lo sguardo sorpreso di Romilda
e quello imperturbabile di Vanesia.
“ Le sono grato, mia regina, per aver difeso Romilda. Se non
sareste intervenuta voi, non so cosa avrei fatto a quella…”
Terminò con rabbia, stringendo i pugni e tremando
leggermente. Non lo avevano mai visto così adirato, forse solo nell’occasione
in cui Luthien era stata colpita da Venia.
“ L’ho fatto perché mi sentivo di farlo. Non accettò
rivalità né che ci siano ostilità fra le mie sorelle. È una cosa che non
accettò e non tollero. Comunque, ti ringrazio per la tua solidarietà William
Brown, cavaliere di Amlach.”
Will alzò lo sguardo sorridendo ammaliante, per poi essere
ricambiato da uno a fior di labbra della regina.
“ Puoi anche alzarti. Non ce ne è alcun bisogno.”
Will la prese in parola, alzandosi e avvicinandosi a
Romilda, abbracciandola nonostante le sue proteste, che presto svanirono sotto
il suo tocco caldo, ricambiandolo con un sorriso. Vanesia alzò un sopracciglio
dorato, sorridendo per poi puntare lo sguardo verso Gandalf, poi Aragorn, che
come prima non si sottrasse al suo sguardo indagatore. Eppure fu Legolas a
rompere il silenzio.
“ Voi siete una mezz’elfo, non è vero?”
Tutti lo guardarono stupiti, per poi vedere la reazione di
Vanesia che non tardò ad arrivare.
“ Si, ho fatto parte dei Dunèdain, un tempo. Conosco quasi
tutti voi, di fama, per così dire. Specialmente voi, Sire Aragorn, re di
Gondor, colui che Venia vuole uccidere.”
I suoi occhi verde-giada si mescolarono nelle iridi
cristalline di Frodo.
“ Oltre al portatore della Gemma del Destino, Frodo
Baggins.”
“ Le voci girano in fretta.”
Mugugnò Gimli.
“ Più in fretta di quanto crediate, mastro nano. Non per
nulla, le mie orecchie sono più fini delle vostre.”
Gli sorrise, facendo sorridere anche gli altri per la sua
battuta.
“ Venite con me. Abbiamo molto di cui discutere.”
“ Del tipo?”
Chiese Pipino, cercando di non apparire nervoso da quella
donna dal carattere volubile più di Romilda, senza contare che aveva anche
autorità.
“ Tipo la nostra alleanza per combattere insieme Venia,
Pellegrino Tuch.”
Gli disse, senza voltarsi a guardarlo, mentre li guidava nel
fitto della vegetazione.
“ Conosce il mio nome!”
Esclamò Pipino, sbigottito. Gandalf gli sorrise, indicando
il suo orecchio destro.
“ Udito fine, ricordi?”
Pipino annuì deciso, insieme a un Merry attento, seguendolo
con dietro Frodo e Sam che si sorrisero divertiti.
Angolo dell’autrice.
Salve!!! Scusate il ritardo, ma era un capitolo clù!!! Manca
poco alla guerra decisiva!!! Chissà cosa decideranno di fare i nostri protagonisti,
per sconfiggere e salvare, allo stesso tempo, la Signora delle Tenebre??? Lo
saprete solo nei prossimi cap!!! Ora passiamo alle risposte alle recensioni di…
LadyElizabeth: Ciao
carissima!!! Grazie per le tue immancabili recensioni!!! Hai visto?? Vanesia è
una tipa tosta, ma spiacente, non è attratta da nessuno!!! Dopotutto, è
un’amazzone fiera e determinata!!! Spero ti sia piaciuto anche questo cap, come
il precedente!!! A presto e baci baci da Fuffy91!!! ^__^
Stellysisley: Ciao,
ben tornata e ritrovata!!! Mi ha fatto piacere risentirti e leggere le tue
recensioni! Spero ti diverterai alla tua prossima vacanza e che il mio nuovo
cap ti sia piaciuto tanto!!! Baci baci e alla prossima Fuffy91!!!^__^
E adesso, un bacione speciale anche a tutti voi che leggete
ma che mi fate comunque tanto contenta!!! A prestissimo, bacioni sbaciucchiosi
Fuffy91!! ^______________________^
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Capitolo 20 *** Capitolo 20 ***
Capitolo 20
Il cuore di Marzia era uno spiazzo verdeggiante, circolare
ed immenso, contornato da alberi alti e maestosi, di tutte le specie. La vasta
pianura era occupata dal villaggio delle amazzoni, costituite da tende color
beige, case di legno massiccio, fuochi sparsi qua e là, stalle con cavalli
dalle chiome selvagge e scalpitati, donne che si allenavano e tendevano frecce
per colpire bersagli lontani, parlando in una lingua sconosciuta, né dolce come
quella degli elfi né aspra come quella dei nani, più dura e modulata.
Al loro passaggio, li guardavano incuriosite o contrariate,
per poi salutare, con il caratteristico gesto delle mani, la loro regina per
poi ritornare alle loro mansioni. In alcune, Frodo riconobbe i volti già visti
nel fulcro della foresta, e si sorprese vedendo un gruppetto di loro sorridere
a Will, che le mandò un bacio ammiccando. Loro risero, per poi continuare ad
allenarsi. Scosse la testa sorridendo. Quel ragazzo non si smentiva mai.
All’improvviso, vide l’amazzone di nome Daila correre per fare
rapporto alla sua regina.
“ Mia regina, ho fatto come mi avete chiesto.”
“ Bene. Oleandro si è ripresa?”
Lei scosse la testa.
“ No, non ancora, mia signora. Ma ho riferito le vostre
parole a Meiscia.”
“ Molto bene. Grazie, Daila. Ora raggiungi le altre d’avanguardia,
e dì loro di tenere d’occhio soprattutto i confini a nord.”
Daila annuì, inclinò il capo ed alzò le mani in segno di
rispetto per poi correre nuovamente verso il folto degli alberi.
“ Oleandro è ancora incosciente.”
Disse Romilda al suo fianco, con un’aria, nonostante tutto,
preoccupata per la sua sorte. Ma Vanesia sorrise.
“ Oh, si riprenderà. Ha subito di peggio.”
“ è incredibile che, in una foresta così florida e fitta, ci
sia una pianura inalterata e così vasta.”
“ Le leggende dicono che gli dei della montagna, per
elogiare le antiche amazzoni, decisero di donare loro un posto sicuro nella
foresta, dove poter vivere e preservare la loro razza.”
Spiegò Romilda ad un incuriosito Gimli, che annuì. Ma
Vanesia rise.
“ Sono solo favole. In realtà è quella montagna che oscura
il sole ad impedire la crescita di alberi. I suoi raggi non riescono a
garantire lo sviluppo delle piante e il fiume scosse lontano, verso nord-est. È
una catena di eventi. Gli dei non hanno alcun merito.”
Disse pacata e le parole di Romilda, sul suo conto,
confermarono la loro veridicità. Vanesia non credeva alle leggende popolari
della sua gente. Frodo si chiese, allora, in cosa, una donna fiera come lei,
avesse fede. Aragorn contava sulla speranza. E lei, su quale ideale? Le sue
congetture vennero frenate dalla stessa Vanesia, che si arrestò davanti ad una
tenda molto più grande e sicuramente più confortevole.
“ Siamo arrivati. Venite, entrate.”
Poi si voltò verso un trio delle sue sorelle, che guardarono
con interesse Taras, Legolas ed Aragorn, sfiorando ogni tanto un loro braccio o
una spalla, con le dita sottili ma con unghie come artigli.
Vanesia afferrò il braccio di quella al centro, la cui mano
aveva concesso una carezza fin troppo audace sul petto coperto di Taras, sibilando
qualcosa nella stessa lingua sconosciuta, ma che non lasciava mistero sul suo
tono contrariato ed adirato. Le tre amazzoni indietreggiarono pallide, per poi
colorarsi di rossore sulle guance e sul collo, e sparire rapide verso un gruppo
di donne lontano. L’ultima della fila osservò ancora una volta Legolas, con
un’espressione molto simile al rimpianto.
Vanesia scosse la testa, sospirando.
“ Non si accontentano mai.”
Mormorò fra sé, per poi varcare le soglie della tenda, dove
Gandalf si era già accomodato sui cucini e le pelli morbide e calde. Al centro,
un focolare e più lontano, un’amaca dondolante. Appena la vide, le sorrise
prontamente ricambiato.
“ Molto bello qui. Caldo, confortevole…”
Mormorò gentile, guardandosi intorno, come un bambino curioso.
Vanesia si sedette davanti a lui, sorridendo ancora, seguita dagli altri. Will
si mise accanto a Romilda, cingendole una spalla con un bracco che lei scrollò,
irritata. Ma lui sorrise e guardò Vanesia, che ricambiò il suo sorriso luminoso.
Fu Merry, inaspettatamente, a rompere il silenzio nella tenda, rivolgendosi
direttamente a Vanesia:
“ Cosa volevano quelle donne?”
Vanesia lo osservò imperturbabile e con sguardo duro, e per
un attimo Frodo vide Merry titubare, chiedendosi, ne era sicuro, visto che la
sua espressione non trapelava alcun dubbio, se l’avesse offesa in qualche modo.
Ma ogni dubbio ed incertezza si dissolse, quando la regina delle amazzoni si
scostò una ciocca di capelli biondo-dorato dal viso, sbuffando quasi adirata.
“ Nulla. Credevano solamente che i vostri attraenti amici
fossero dei prigionieri. Desideravano farne, per ciascuna di loro, uno
schiavo.”
I tre interessati si guardarono eloquenti. Ma poi Will ruppe
la tensione, chiedendole con un sorriso sardonico:
“ E tu cosa le hai detto?”
Vanesia, inaspettatamente, sorrise maliziosa, aggiungendo
fascino alla sua bellezza già oltremodo dimostrata.
“ Che erano di mia proprietà.”
Rispose lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Will fischiò esplicito e Romilda rise. Taras la osservò
stupito, Legolas abbassò lo sguardo limpido, mordendosi il labbro inferiore,
forse a trattenere un sorriso, che comparve a mezzo tono sul volto di Aragorn,
per nulla offeso all’idea.
Vanesia si riscosse, guardando direttamente quest’ultimo,
seria:
“ Ovviamente, ciò non corrisponde al vero. Era sola una
precauzione che, prima o poi, avrei dovuto prendere. Solo così, sarete tutelati
dalle insistenze delle mie sorelle. Mi scuso se vi ho offeso.”
Aragorn reclinò il capo, accondiscendente. Vanesia rispose
con un sorriso a fior di labbra. Poi, eclissò elegantemente l’argomento,
ritornando al punto pratico e che più premeva della questione che li aveva
condotti al suo cospetto.
“ Immagino vogliate discutere della nostra prossima
alleanza.”
Aragorn annuì.
“ Si. In verità, vorremmo chiederle di unirsi a noi per
combattere Venia definitivamente.”
“ Noi amazzoni sono anni che combattiamo la Signora delle Tenebre, e
non abbiamo avuto mai bisogno d’aiuto.”
Disse lei calma, nessuna forma di risentimento nella voce
modulata.
“ Ma questa volta, le nostre intenzioni non si limitano
solamente a sconfiggere una sommossa di orchi.”
Ribatté lui, tranquillo e pacato come lei prima.
Si osservarono per un po’, finché il silenzio non venne
rotto dall’entrata discreta di una vecchietta dai capelli neri striati di
grigio, raccolti in due morbide trecce. In gioventù, doveva esser stata molto
bella, vista la luminosità e le rughe solamente accennate sul suo viso
abbronzato. Gli occhi a mandorla e luccicanti di azzurro trasmettevano gentilezza
e bontà. Indossava una lunga veste rossa e con un sorriso dolce, iniziò a
canticchiare una melodia sconosciuta, avanzando decisa verso un cumulo di
coperte, sedendosi poco lontano da Frodo, che la osservava incuriosito, eppure
non poté fare a meno di ricambiare il suo sorriso quando dolcemente si formò
sulle sue labbra piene.
“ Ciao, Meiscia. Come stai?”
Le chiese Will, sorridendole accattivante. Lei sghignazzò e
continuò a canticchiare distratta, afferrando un vestito e cominciando a
ricamare.
Vanesia le concesse un debole sguardo, per poi ricominciare
il discorso di poco prima, con Aragorn, che tornò ad osservarla solo quando
sentì la sua voce.
“ Comprendo le vostre intenzioni, come le ragioni che vi
hanno condotto qui, a Marzia, da me.”
Si fissarono nuovamente. Poi Vanesia, sospirando e
passandosi una mano tra i larghi ricci biondi, disse:
“ Va bene, mi unirò a voi. Ma non vi garantisco la
vittoria.”
“ Perché? Con voi amazzoni saremo in tanti a fronteggiare
Venia. Non credo avrà scampo.”
Disse Will, sorridendo.
“ Purtroppo non è così, giovane Brown. E questo, la regina
lo sa.”
Disse Gandalf, portando lo sguardo azzurro su quello
traboccante di giada di Vanesia.
“ Le amazzoni sono in tante. Ma non bastano a fronteggiare
gli eserciti di Venia, nemmeno se unite alle truppe di Murnirm, Ruer ed
Holmes.”
Disse Taras, con sguardo lontano.
“ Abbiamo subito troppe perdite nell’ultima battaglia, senza
contare i feriti.”
Mormorò fra sé Legolas, osservando assente il suo arco. Non
era difficile immaginare a chi stesse pensando, affermando quelle parole.
“ Allora è finita?”
Domandò retorico Merry.
“ Non possiamo arrenderci così. Ci deve pur essere un modo.”
Costatò animato Sam, mentre Frodo lo guardava pessimista.
“ Un modo ci sarebbe.”
Disse una voce dolce ed antica, proveniente dai meandri
della tenda, da una vecchietta ancora intenta a cucire, sorridendo fra sé.
Vanesia sbuffò, irritata.
“ Sai che dovrai farlo. Anche lui lo sa.”
Le disse dolce, indicando Gandalf che in effetti, sembrava
troppo sicuro di sé ed attento ad osservare ogni minima mutazione
nell’espressione di Vanesia che lo ricambiò accigliata.
“ Non lo farò mai. Non mi abbasserò a un tale livello di
sottomissione.”
Borbottò ancora la regina, alzandosi e camminando nervosa,
seguendo un percorso immaginario.
“ Non sarebbe sottomissione, la tua.”
“ Si, infatti sarebbe ancora peggio. Un atto del genere
potrebbe portare alla nostra rovina. Lo sai che ne approfitterà, in futuro.”
Continuò, ignorandoli ed ingaggiando un lotta fra sé stessa
e la calma e sorridente Meiscia.
“ Non ci sarà alcun futuro se non metterai da parte il tuo
fiero orgoglio, bambina.”
A quelle parole, Vanesia arrestò il suo passo e la guardò
tra lo sbigottimento e l’irritazione. Non passò molto che quest’ultima
prendesse il posto del primo.
“ Il mio orgoglio l’ho messo da parte molto tempo fa,
Meiscia. E questo lo sai. Perché ora me lo rinfacci?”
Le sibilò contro. Ma Meiscia non si scompose e continuò a
filare.
“ Oh, questo è quello che credi. Ma in realtà, non ti è
difficile, talvolta, confondere la tua fierezza con l’orgoglio.”
Frodo ebbe quasi l’impressione che volesse scagliarsi contro
di lei, tanto che vide Romilda trasalire. Ma tutto sfumò, quando vide Vanesia
sorridere amara e sedersi accanto a Meiscia.
“ In questo non sono diversa da Oleandro, vero?”
Meiscia non rispose, ma Vanesia risolse da sola il suo
dilemma.
“ Già, è così. Forse è per questo che mi irrita tanto.
Ricorda la me stessa del passato, che talvolta riaffiora, prepotentemente.”
Mormorò assorta, osservando le fiamme danzare nel braciere.
“ Non mi resta che chiedere aiuto a Yoria.”
Meiscia le sorrise e le accarezzò i capelli dorati.
“ Brava bambina.”
Le accarezzò la guancia dolce. Lei si distaccò dolcemente
con un sorriso e disse a tutti loro.
“ Molto bene. Abbiamo molte cose da fare. Seguitemi.”
Gandalf fu il primo ad alzarsi, affiancandola e
picchiettando, al suo passaggio, la spalla di Aragorn che subito lo seguì, e
dietro di lui Taras, Will, che trascinò Romilda con una mano, quasi
distrattamente e Frodo che, prima che sparisse definitivamente dietro lo
fenditura luminosa della tenda, preceduta da Legolas, vide le sue guance
diventare più scure a quel semplice contatto. Ma quando uscì alla luce calda
del sole, li vide già distaccati, ma Will ancora sorridente.
“ Secondo voi cosa vuole fare?”
Gli chiese Sam, bisbigliando quelle parole all’orecchio.
“ Non lo so. Ma mi fido di lei.”
“ Io no, invece. È troppo misteriosa.”
Commentò Merry, arricciando le sopracciglia, sospettoso.
“ A me invece è simpatica.”
Disse Pipino, sorridendo e sgranocchiando un cosciotto di
pollo.
Merry si riscosse dai suoi pensieri dubbiosi, guardandolo
sconcertato.
“ Dove l’hai preso?”
Gli domandò, indicando il cosciotto. Pipino lo sollevò,
guardandolo innocente.
“ Questo? Me lo ha dato Meiscia.”
Disse, indicando dietro di sé. Frodo si voltò, osservando la
vecchietta gentile salutarli con un sorriso molto dolce.
“ è stata molto gentile, vero?”
“ Si, molto gentile.”
Ripeté Frodo, girandosi a guardarla di nuovo, ma si sorprese
nel non vederla più e l’apertura soffice della tenda della regina svolazzare a
causa del vento, come i ricci ribelli dei suoi capelli color pece, sulla fronte
pallida. Sam lo riscosse, scuotendolo per una spalla, ma il suo tocco gentile
agì in lui come una rovinosa frana.
“ Padron Frodo. State bene?”
Gli chiese, scrutandolo preoccupato. Non si era accorto di
essersi fermato, rimanendo indietro dal resto del gruppo.
“ Si.”
Gli rispose semplicemente, sorridendo.
“ Venite, allora.”
Lui annuì, seguendolo. Si volse ancora, come attratto da una
forza misteriosa che lo tentava. Forse le iridi scure di quella antica strega
amazzone? Non sapeva dirlo. Ma la
Gemma brillò sulla sua pelle, facendo luccicare anche la sua
camicia immacolata, e questo bastò per rifuggire da qualsiasi tentazione. Nascose
la Gemma nel
suo pugno, cercando di ignorare il calore avvolgente che lo pervase a quel
contatto, finché non la sentì appassire, forse anche lei demoralizzata dal suo
poco interesse, ma non per questo priva di speranza, come dimostrava il
bagliore sottile che brillò all’interno delle sue pareti di cristallo e
diamante, come un piccolo cuore pulsante, ma il cui battito era troppo debole
affinché Frodo potesse percepirlo.
“ Dimmi che non vuoi farlo!”
Frodo sobbalzò a quella voce intrisa di rabbia, proveniente
dall’amazzone Oleandro, che affiancò Vanesia, ignorando Gandalf ed Aragorn al
suo fianco, rivolgendo a quest’ultimo uno sguardo truce, come se fosse colpa
sua se la sua regina la stesse deliberatamente ignorando.
“ Dimmi che non vuoi andare a scongiurare quei vermi!
Dimmelo!”
Le urlò. Vanesia osservò per un momento il suo sguardo di
rimprovero, unito al disgusto, poi la sorpassò e si rivolse a Romilda.
“ Per favore, Romilda. Raggiungi Daila e le altre ai nostri
confini e di loro di anticiparci alla Linea di Confine.”
Oleandro ringhiò indispettita, ma poi si riscosse a quelle
parole e la raggiunse con tre balzi, guardandola come se non l’avesse mai vista
prima.
“ E, se non è troppo disturbo, potresti recapitare un
messaggio al capo degli Yoria?”
Romilda sbarrò gli occhi scuri per un attimo, come Oleandro,
ma poi scosse la testa e annuì convinta.
“ Si, certo. Cosa…cosa devo dirgli?”
“ Tu sei pazza! Avanti! Dillo che sei pazza!”
Esclamò rabbiosa Oleandro, ma Vanesia la ignorò ancora.
“ Digli che è giunta l’ora di saldare quel vecchio conto in
sospeso.”
Disse, ammiccando e con quel sorriso malizioso e contagioso
che le donava tanto.
“ Lui capirà.”
Romilda annuì, sorridendo. Poi, con il solito e ormai comune
gesto di saluto, corse alle scuderie.
“ Ah, Romilda.”
Quest’ultima si voltò interrogativa.
“ Prendi il mio cavallo. È il più veloce.”
Romilda annuì, per poi sparire fra le sue compagne.
“ Così gli farò venire un bello spavento. Che sia la volta
buona che crepa, quel bastardo.”
Aggiunse quasi fra sé, facendo sorridere divertito Gandalf.
“ Hai chiesto scusa a Romilda?”
Chiese subito dopo ad Oleandro, che la trucidò con lo
sguardo.
“ No, e non lo farò.”
Le urlò, risentita. Vanesia scrollò le spalle.
“ Come vuoi. Allora, non ti parlerò.”
Disse semplicemente, e Frodo notò un lampo di dispiacere
negli occhi scuri della giovane amazzone che la osservò andare via, correndo
rabbiosa e ringhiando verso le scuderie. Vanesia sorrise fra sé, poi si rivolse
a Gandalf.
“ Verrete anche voi, alla Linea di Confine. Non intendo coinvolgervi
completamente, ma solo che assistiate e che…siate presenti.”
Will annuì, sorridendole sornione.
“ Non vi deluderemo, mia signora.”
E, molto galantemente, le prese gentilmente la mano e fece
per baciarla, ma lei lo discostò, il viso distorto in una smorfia irritata.
“ Odio queste galanterie.”
Mormorò quasi fra sé, guadandolo male e sorpassandolo, i
capelli smossi dal vento.
Gandalf lo ammonì con gli occhi.
“ Che ho fatto?”
Taras scosse la testa, trascinandolo verso le scuderie, dove
i loro cavalli nitrivano tranquilli, tranne Ombro Manto, seduto tra una coltre
di soffice fieno. Appena vide il suo mago padrone, trotterellò verso di lui,
che lo cavalcò con destrezza.
“ Sarà meglio che voi, hobbit, rimaniate qui.”
Disse, una volta uscito dalla stalla.
Pipino spalancò la bocca, Merry si crucciò e Sam abbagliò
risentito.
“ Per quale motivo? Siamo giunti fin qui…”
“ è proprio per questo, Sam, che sarebbe più opportuno la
vostra presenza a Marzia.”
Lo interruppe Aragorn, trascinando Frodo sulla sella del suo
fedele destriero, che nitrì sommessamente. Frodo li guardò confusi.
“ Se le cose non andassero per il verso giusto, la tribù
degli Yoria ci attaccherà come uno sciame di api infastidito e…immagino non
abbiate mai visto un attacco degli Yoria, prima d’ora?”
Chiese retorica e quasi ironica Vanesia, affiancando il suo
cavallo a quello di Aragorn, che nitrì infastidito dalla fermata violenta dello
stallone color grigio perla, la cui criniera bianca era lasciata libera e
selvaggia, a ricoprirgli gli occhi buoni e profondi.
“ Non posso contraddirvi.”
Disse Pipino, amareggiato. Vanesia gli sorrise maliziosa.
“ Ed è meglio che non lo vediate di persona. È troppo
pericoloso per degli hobbit, seppur coraggiosi, della Contea.”
“ Allora, se è così, perché portate Frodo, con voi?”
Chiese Merry, con nessuna inflessione nella voce, ma
osservando preoccupato l’amico, che ricambiò lo sguardo, ancora smarrito.
“ Lui è il portatore delle Gemma. Dovrà affiancarmi
nell’impresa, quando dialogherò con Yoria, per convincerlo all’alleanza.”
“ Praticamente lo userete!”
Esclamò Sam.
“ E tanti saluti alla cortesia delle amazzoni.”
Borbottò, arrabbiato. Aragorn lo rimproverò, ma lui non ci
badò e sostenne lo sguardo di fuoco di Vanesia, finché quest’ultima non alzò una
gamba, trascinandolo, con l’ausilio di un piede, incastrato nella sua cintura,
alla sua altezza, per poi prenderlo per il bavero della camicia e puntandogli
un coltello lavorato in argento alla gola. Sam deglutì nervoso, con gli occhi
sbarrati.
“ No, per favore!”
Urlò Frodo, sbilanciandosi e smontando da cavallo, sotto lo
sguardo attento di Aragorn.
“ Ho ucciso per molto meno, Samvige Gaingie.”
Sam non rispose, ma cercò di sostenere i suoi occhi di
giada, ora congelati da un gelo d’ira.
“ E tu, di certo, non farai eccezione.”
Sam chiuse gli occhi, sentendo la lama fredda del pugnale
farsi più vicina al suo collo.
“ No, vi prego, lasciatelo andare.”
La implorò, Frodo.
“ Lui si preoccupa solo per me. Non aveva intenzione di
offendervi.”
“ Ha ragione.”
Dissero in coro Pipino e Merry, trepidanti.
Vanesia guardò sia loro che Frodo, osservando a lungo la sua
espressione.
Poi, sempre imperturbabile, lasciò la presa su Sam,
allontanandogli il coltello dalla vena arteriosa pulsante, con un gesto secco e
veloce.
L’hobbit cadde sul terreno erboso con un singulto, e subito
i suoi amici lo aiutarono ad alzarsi.
“ Stai bene, Sam?”
Gli chiese Frodo, trattenendolo saldo con un braccio.
“ Si, si sto bene. Grazie, padron Frodo.”
Mormorò schiarendosi la voce, ancora turbato, massaggiandosi
il collo e aggiustandosi la camicia stropicciata.
“ Ringrazia il tuo generoso amico, hobbit. E non osare mai
più offendere me e le mie sorelle, altrimenti sarò felice di toglierti io
stessa la vita.”
Disse dura e fredda Vanesia, poi si rivolse con la stessa pacata
freddezza alla Compagnia. Oleandro, unitasi silenziosamente al gruppo, la
osservò ammirata.
“ Se avete ancora intenzione di accompagnarmi, farete meglio
a tenere il mio passo. Non ho tempo per i salvataggi.”
Terminò glaciale, per poi urlare qualcosa al suo cavallo in
quella loro lingua sconosciuta. Fatto sta, che quest’ultimo impennò quasi
entusiasta, cavalcò veloce come un fulmine, nei meandri della foresta.
“ Vieni, Frodo.”
Disse Aragorn, tendendogli una mano che lui afferrò.
“ Non temere, Sam. Non gli capiterà nulla.”
Sam annuì alle parole di Aragorn, che ricambiò il suo
sorriso titubante.
“ Reggiti, ora.”
Frodo, dietro di lui, rivolse uno sguardo che sperò pacato e
rassicurante ai suoi compagni, che lo salutarono con un saluto lieve e un
sorriso amaro. Solo quello caramellato di Sam, sembrava spento e fu solo questo
a rattristarlo.
Ben presto, arrivarono nei pressi della Linea di Confine,
una striscia di terra larga circa quindici metri, dove si sorprese a vedere una
fila di uomini dal torso nudo e le gambe lunghe e forti fasciate di pelle
animale. Come le amazzoni, erano tutti differenti, anche se la pelle bronzea
per il sole li acuminava. Si sorprese di vederli ostili, gli sguardi accesi di
irritazione, nello scrutare la venuta della regina delle loro nemiche, la calma
pacata di sempre aveva sciolto i suoi tratti tirati per la furia di poco prima
con il malcapitato Sam e ora, mentre smontava da cavallo, sorrideva alle sue
sorelle, che urlarono il suo nome e quello che doveva essere un saluto.
Legolas, Taras e Will furono gli ultimi a sopraggiungere,
mentre Frodo, Gandalf ed Aragorn erano già smontati da cavallo, pronti per la
nuova fase del loro viaggio.
“ Sono quelli gli Yoria?”
Chiese Frodo, scrutandolo tra la curiosità e il timore.
“ Si. Amichevoli, vero?”
Disse Gandalf, sorridendogli ironico. Frodo non lo ricambiò,
troppo teso dalla prospettiva di dover avvicinarsi troppo alla loro persona.
Visti così, sembravano irriducibili armi umane, adibite solo al combattimento.
Ora capiva la titubanza di Vanesia a non coinvolgere anche Sam e gli altri.
Romilda corse da Will, mentre quest’ultimo smontava da
cavallo.
“ Come mai ci avete messo così tanto?”
“ La tua regina ha avuto uno scoppio d’ira, che si è ritorta
contro il povero Sam.”
Romilda impallidì, visto che il color cioccolato della sua
pelle, divenne meno palese.
“ E…come sta?”
“ Oh, se la caverà. Nulla di rotto, almeno.”
Romilda sospirò, ricambiando il suo sorriso ammaliante. Poi,
il suo sguardo venne catturato dalla figura di Oleandro, che, scesa dal suo
cavallo, che nitrì dolcemente, dopo aver lanciato un’occhiata di fuoco ai suoi
avversari, che emisero dei versi rabbiosi e stizziti, scrutandola accigliati,
si accostò a lei, a braccia incrociate ed il volto tirato.
Romilda distolse anch’essa lo sguardo, concentrandosi sulla
sua regina, che stava discorrendo circospetta con Daila e le altre sue sorelle.
“ Scusa, per prima. Credo di aver esagerato.”
La sentì dire, tra la riluttanza e la liberazione, sempre
rigida al suo posto.
Romilda si stupì delle sue parole che, nonostante fossero
dettate dal risentimento, in fondo, sembravano sincere.
“ Va bene. Accetto le tue scuse.”
Le disse, voltandosi con un lieve sorriso, tendendole la
mano, in segno di amicizia. Ma, nonostante le sue più rosee aspettative, la sua
rivale di sempre, la sorpassò, congedandosi solo con un rapido cenno del capo e
un mugolio sbrigativo di assenso, per poi volare al fianco di Vanesia,
sentendola esclamare, mentre la guardandola sbigottiva:
“ Ho chiesto scusa! Ora, mi vuoi ascoltare, considerare
tutto questo una follia e ritornarcene tutte a Marzia?”
Vanesia, ignorandola, si accostò al fianco di Romilda,
chiedendole pacata e scettica:
“ E’ vero? Ti ha chiesto, davvero, di perdonarla?”
Romilda, con un sospiro, confermò, portando gli occhi al
cielo.
“ Si, ma non certo in modo cordiale e che si potesse
definire, davvero, sentito.”
Vanesia rise sommessamente, divertita.
“ Be’, almeno stiamo migliorando.”
“ La facciamo finita, o no?”
Le chiese, ancora irritata, Oleandro, gli occhi fiammeggianti
più dei suoi capelli rossi.
Vanesia la soppesò con lo sguardo, per poi scrutare gli
Yoria, impazienti.
“ No, dobbiamo cercare una loro alleanza. Non abbiamo
scelta.”
Le rispose, inflessibile, sostenendo gli sguardi inferociti
dei suoi nemici.
“ Ma hai perso il senno? Ci trascinerai nel fango, se ti
abbassi a un tale livello.”
Sibilò Oleandro, accigliata e tesa, per quella situazione,
per lei assurda.
“ E’ la scelta più saggia, invece.”
Disse Gandalf, con la sua voce imperiosa, affiancando la
regina delle amazzoni, seguito da Aragorn.
Ole li trucidò entrambi con gli occhi, stringendo le labbra,
risentita ce Vanesia desse più ascolto a degli stranieri, che a lei, una sua
sorella.
“ Divisi sareste entrambi deboli, ma uniti, costituirete
un’arma vincente.”
Le spiegò Taras, stringendo le mani intrecciate, per dare un
giusto significato alle sue parole. Sia Vanesia
che Romilda annuirono, seguite da uno sbuffo infastidito di Ole.
“ Oh, fate come volete. Ma alla fine dei conti, scoppierà
sicuramente una guerra, ne sono certa, e allora, non venite a piangere da me.”
Intimò, rivolta alle sue sorelle, allontanandosi di gran
passo dal gruppo, per fermarsi, a braccia incrociate e sguardo truce, all’ombra
di una quercia.
“ Però, pessimista.”
Ruppe il silenzio William, inclinandolo con la sua allegria
ed il suo ottimismo.
“ Non è, comunque, una possibilità da escludere, ciò che ha
detto.”
Disse Aragorn, incrociando lo sguardo di Vanesia, che annuì.
“ Si, ma farò del tutto per evitarla.”
Aggiunse, subito dopo, osservando la barriera umana degli
Yoria, che ora, si voltarono, distolti dall’arrivo di qualcuno.
“ E come?”
Non poté impedirsi, di chiedere, Frodo, osservandola
incredulo.
Vanesia gli sorrise maliziosa, puntando il suo sguardo
luccicante di giada, verso un punto definito dei suoi avversari.
“ Lo vedrai, hobbit, lo vedrai.”
Sussurrò misteriosa, costringendolo a puntare i suoi occhi
azzurri, verso gli Yoria e quello che vide, lo fece sussultare nel profondo.
La muraglia umana e possente degli Yoria, si era aperta, per
lasciare intravedere quello che, sicuramente, dato l’aspetto, non poteva essere
che il loro capo. Alto, dai muscoli possenti delle braccia e del petto ampio,
lasciato scoperto, come quello dei suoi seguaci; capelli color carbone, lunghi
e raccolti in una coda, che gli ricadevano, in una sottile cascata, sulla
spalla destra; gambe possenti ed atletiche, fasciate da un pantalone aderente,
in pelle di cervo, marrone chiaro; piedi nudi ed occhi castani che, sembravano
emanare scintille, sul volto fiero del combattente.
Mentre un suo compagno, gli bisbigliava all’orecchio,
evidentemente, ciò che era accaduto in quegli attimi, il suo sguardo non
distoglieva quello di Vanesia, che, portando una mano sulla spalla di Frodo,
cominciò ad avanzare, intimandogli dolcemente, a bassa voce, e con tono
rassicurante:
“ Non preoccuparti. Lascia parlare me, ed andrà tutto bene.”
Frodo annuì, deglutendo nervoso.
Ad un suo movimento, le amazzoni si tesero rigide e gli
Yoria, di rimando, si agitarono, emettendo versi risentiti e rabbiosi, come
cani rimasti legati troppo tempo ad un palo.
Ma, inaspettatamente, con un gesto della mano destra, il
loro capo li ammutolì, continuando ad osservarla insistentemente, risentiti.
Solo quando Vanesia e Frodo, si fermarono a metà della Linea
di Confine, il re degli Yoria, avanzò, affiancato dallo stesso uomo che aveva
parlato, precedentemente, con lui.
Vanesia attese paziente che li raggiungessero, mentre Frodo,
a mano a mano che si avvicinavano, notò una grande cicatrice affiorare,
insistente alla sua vista, sull’ampio petto del capo degli Yoria che, non
appena arrestò il suo passo, a circa un metro di distanza da Vanesia, lo
scrutò, più curioso che risentito della sua presenza.
“ Vanesia.”
Pronunciò il suo nome, con voce roca e sommessa.
La regina della amazzoni lo scrutò a lungo, prima di
rispondere al suo appello.
“ Yoria.”
Frodo capì subito che il nome del capo, ero lo stesso che
distingueva la sua razza da quella delle amazzoni.
“ Mi hai inviato una messaggera, richiedendo la mia presenza
e quella dei miei fratelli qui, alla Linea di Confine.”
Vanesia annuì.
“ Si, esatto.”
Lui arcuò un sottile sopracciglio color carbone, come i suoi
capelli, stringendo le labbra carnose e dalla linea virile, senza capire.
“ Perché? Non è da te.”
Dal modo in cui pronunciò quella frase, Frodo capì
immediatamente che, in fondo, non erano poi così diversi i due sovrani, sia
nell’espressione fiera e determinata, dipinta sui loro volti, e sia per
l’atteggiamento colloquiale e pacato, che li acuminava.
“ Venia è in azione. Ha già attaccato i regni al di là di
Marzia e Zootek. Non mancherà molto, che il suo sguardo si poserà sulle nostre
terre.”
“ E con questo? Abbiamo già affrontato i suoi eserciti.”
Disse, sorridendo sfrontato e derisorio il giovane Yoria,
accanto al suo capo e il suo atteggiamento, ricordò molto, a Frodo, quello
dell’eterna indignata Oleandro. E come lei, Vanesia ignorò il suo intervento,
rivolgendosi esclusivamente a Yoria.
“ Erano solo contingenti. Un’intera milizia, ci spazzerebbe
via in un attimo.”
Yoria non rispose subito, e sembrava che stesse soppesando
le sue parole, finché non ruppe egli stesso, l’attimo di glaciale silenzio.
“ Quindi, tu proporresti un’alleanza.”
Non era una domanda, e l’implicita e silenziosa conferma di
Vanesia, fece scoppiare in grosse risate il giovane combattente, rivolgendosi
ai suoi compagni, urlando parole incomprensibili, in una nuova lingua sconosciuta, che doveva essere quella
locale del loro popolo, e al suo riso, si aggiunse quello di tutti i suoi
compagni.
L’unico a non unirsi al loro divertimento collettivo, fu
Yoria, che non distolse per un solo attimo, lo sguardo serio da quello di giada
della regina.
“ Lo sai che è l’unica soluzione. Venia è troppo potente e
le sue risorse infinite. Dobbiamo unirci agli eserciti di Ruer, Holmes e
Murnirm, se vogliamo sopravvivere.”
“ E chi ci assicura la vittoria?”
Vanesia puntò il suo sguardo sulla piccola figura di Frodo,
che si sentì osservato e soppesato sia dagli occhi della regina, che da quelli
castani del re degli Yoria, che arcuò un sopracciglio scettico, dopo la sua
analisi.
“ Questo esserino?”
Disse pessimista, con una nota d’incredulità nella voce,
rivolgendosi a Vanesia, che ricambiò ancora seria e tesa, nonostante
l’apparenza rilassata, annuendo decisa, i capelli dorati, luccicanti d’arancio
ai raggi del sole del tramonto. Era già trascorso tutto questo tempo? Per
Frodo, parvero pochi minuti.
“ Lui è il portatore della Gemma del Destino.”
A quelle parole, Yoria sgranò gli occhi, meravigliato, ed il
suo compagno, smise di sghignazzare, osservandolo stupito e senza parole.
“ Fagliela vedere, Frodo.”
Frodo, nonostante fosse titubante, quanto la Gemma che si illuminò
timorosa, nel palmo della sua mano, stretta a pugno, rilucendo come non mai,
quando lo aprì, ponendola alla vista dei due Yoria, il secondo dei quali, si
riparò gli occhi, accecato, mentre un sospiro ed un gemito sorpreso, uscì dalla
labbra di ogni singolo Yoria ed ogni singola amazzone, colpiti dalla sua luce
evanescente.
Con la coda nell’occhio, Frodo osservò Gandalf sorridere
rassicurato, quasi divertito da quel tempismo perfetto.
“ Allora? Hai altre domande da pormi?”
Yoria non rispose al sottile sarcasmo di Vanesia, ma si
limitò ad osservarla attento e penetrante.
“ Solo una.”
Vanesia attese, finché Yoria non aggiunse:
“ Chi mi assicura che, in seguito, non approfitterai
dell’alleanza, per i tuoi scopi e che le tue amazzoni, non attaccheranno i miei
fratelli?”
Domanda lecita, pensò Frodo, mentre seguì con lo sguardo
sconcertato, Vanesia avvicinarsi a lui, facendo tendere ansiosi sia il compagno
di Yoria, che si scostò di lato, ad un gesto del suo re, sia le amazzoni,
avvertendo Romilda urlare un: “No!” terrorizzato.
Ma Vanesia non si curò delle reazioni di nessuno,
arrestandosi a pochi centimetri di distanza dal corpo possente di Yoria, che si
limitò ad osservarla con un cipiglio tra il curioso e l’allerta.
Vanesia alzò la mano destra, solcando con le dita la
profonda cicatrice sul petto di Yoria, che sobbalzò, sorpreso da quel contatto,
tra loro, sicuramente, proibito.
In seguito, Vanesia si abbassò lentamente, baciandolo
proprio in quel punto, per poi, alzarsi ed allontanarsi, come se nulla fosse
successo, osservandolo, in attesa di una sua reazione.
Frodo vide, con la bocca spalancata per la sorpresa di quel
atto, Yoria tracciare la sua cicatrice confuso, per poi ricambiare il suo
sguardo, fino a che non luccicò, nelle sue iridi castane, una scintilla di
comprensione.
Così, sotto lo sguardo attonito di tutti, afferrò il braccio
destro della sua antica nemica, in un gesto delicato e lento, girandolo per
mostrare alla luce rossastra del sole crepuscolare, una cicatrice profonda che
Frodo non aveva mai notato prima, sulla pelle di lei.
Imitandola, Yoria si portò il braccio alle labbra,
percorrendo la liscia cicatrice con esse, fino all’incavo del gomito, per poi
lasciare la sua gentile presa ed allontanarsi da lei, circospetto ed attento.
In breve, si ritornò al punto di partenza, come se
quell’evento memorabile, non fosse mai accaduto.
“ Non abbiamo nient’altro da dirci, mi sembra.”
Disse Vanesia, per nulla turbata, osservando Yoria annuire,
deciso.
“ Si, nient’altro.”
“ Deduco che l’alleanza sia stata stipulata?”
Continuò Vanesia, quasi incalzandolo, dando a Frodo
l’impressione di battere il ferro finché era caldo.
“ Si. Aspetteremo le vostre chiamate.”
“ E noi, le vostre.”
Entrambi i sovrani dei popoli selvaggi, si scrutarono con
sguardo fiero, per poi sguainare le spade velocemente, ed incrociarle
dolcemente. A quel atto, le amazzoni esultarono in un solo coro, seguite dagli
Yoria, mentre i loro sovrani riponevano le armi, voltandosi loro le spalle,
dopo un breve, ma rispettoso inchino, con un secco gesto del capo.
“ Sei stata…”
Iniziò a bisbigliare Frodo, cercando di congratularsi per il
coraggio da lei dimostrato, nonostante non avesse compreso a pieno, i
significati di quei baci, quasi scambiati con amore e rispetto, come se fossero
stati due innamorati, che non si rincontravano dopo tanto tempo, trascorso
divisi. Ma Vanesia lo zittì, ammiccando maliziosa.
“ Dopo, Frodo, dopo. Raggiungiamo gli altri.”
Lui annuì, accelerando il passo come lei. Raggiunti gli
altri, dalle espressioni esultanti, attorniati dal visibilio delle amazzoni,
entusiaste ed orgogliose dell’operato della loro regina, Frodo si voltò ad osservare,
per l’ultima volta, gli Yoria, ma si stupì di non trovare altro che una distesa
di verde, priva di presenze umane.
“ Ma come hai fatto a convincerlo?”
Le chiese Romilda, ammirata.
“ E cos’era, quello?”
Le chiese Will, indicando la Linea di confine, gli occhi
azzurro-cristallo luccicanti d’ammirazione.
Vanesia scrollò le spalle, non molto propensa ad ulteriori
spiegazioni.
“ Un gesto degno solo di un grande sovrano.”
Rispose Gandalf, al suo posto, guardandola sorridente e con
approvazione.
“ Baciare le ferite del proprio nemico, provocate da lei
stessa, è un atto di grande rispetto che nessun patto scritto potrà
eguagliare.”
Continuò, mentre Vanesia lo osservava, finalmente, più
rilassata ed a suo agio, nel suo mondo.
“ Un gesto di grande coraggio e dignità.”
Approvò Legolas, anche lui stupito da tanta umiltà.
“ Con questo, l’alleanza sarà più salda e avrà maggiore
valore.”
Aggiunse Aragorn, scrutando l’orizzonte ed affiancando il
suo amico arciere.
“ Già.”
Convenne Gandalf, lo sguardo intenso, rivolto a molte miglia
lontano da Marzia.
“ Ora non ci resta che aspettare una mossa delle Signora
delle Tenebre.”
“ E noi la attenderemo, pronti a fronteggiarla e
sconfiggerla.”
Disse Frodo, preda di un’euforia e di un nuova ritrovata
speranza, che animò il suo animo di una calda fiamma, come anche di una nuova,
esultante luce, la Gemma
del Destino, ricambiando il sorriso di Gandalf.
“ Ben detto, Frodo. Ben detto.”
E la sua voce profonda, si perse nel turbine di vento
tiepido della sera, annuncio di una nuova notte, pronta ad inglobarli nel suo
buio, carico d’intrighi, ma anche di ritrovate promesse.
Angolo dell’autrice.
Ben ritrovati, cari lettori e care lettrici del La
Gemma del
Destino. Lo so, lo so, purtroppo ho abbandonato questa storia, ma ora,
ho deciso di finirla, per continuare, solo in seguito, le altre.
Come, giustamente, PetaloDiCiliegio
( che ringrazio dal profondo, davvero, e a cui dedico questo capitolo!XD) mi ha ricordato con tanto affetto e
simpatia, questa storia è troppo bella,
per essere accantonata!!!
Così, ho deciso di impegnarmi, dopo un anno, di ricominciare
a scrivere nuovi appassionanti capitoli, con protagonisti Frodo, Sam, Aragorn,
Gandalf, Legolas ( che io amo particolarmente!), e tutti gli altri, personaggi
originali e non, per concedere loro un finale degno di questa favolosa
avventura!!!
Grazie mille a tutti quelli che hanno continuato a seguirmi,
a leggere la mia storia e le molte altre che ho scritto!!!
Mille grazie a LadyElizabeth
e fanny91, le ultime che mi
hanno recensito, con affetto e ringraziamenti, non ho dubbi, sinceri!!! Spero
di non avervi perduto definitivamente!!!XD
Dolcissimi baci, a tutti quelli che continueranno a sognare
le magiche terre del regno di Tolkien, e, diciamocelo, anche quelle di
Fuffy91!!!^__^
Baci baci e a presto ( lo giuro, salvo studio!XD), dalla sempre vostra Fuffy91!!!
^___________________________________________________________________^***
<3<3<3
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Capitolo 21 *** Capitolo 21 ***
Capitolo21
Quella notte, fu una delle più gioiose che la Compagnia della Gemma,
avesse mai trascorso.
Nei pressi di un falò maestoso e scintillante del rosso e
giallo delle fiamme, le amazzoni delle terre di Marzia, danzarono in circolo,
intonando canzoni antiche quanto il terreno brullo che calpestavano.
Tra queste, c’erano anche Romilda, vestita di un delizioso
abito in pelle di volpe, che le lasciava scoperte le braccia e le gambe,
tintinnante di perline, che si confondevano con le mille trecce dei suoi lunghi
capelli. Con la mano destra stringeva quella di Daila, che le sorrideva ad ogni
passo danzante, e con l’altra Oleandro, più accondiscendente e gioiosa, nel suo
gruppo amico.
Mentre alcune si intrattenevano danzando attorno al fuoco
luccicante, altre suonavano tamburi o flauti in legno, sedute con le gambe
incrociate, su tappeti di porpora, verde muschio e giallo oro.
Fra loro, c’erano anche i membri della compagnia, che
guardavano ipnotizzati la danza delle loro nuove alleate, come nel caso di
Aragorn, Legolas, Frodo, Sam, Taras e William, anche se, lo sguardo di
quest’ultimo, era puntato sull’immagine scura di Romilda, che risultava ancora
più bella, con la pelle color cioccolato, bagnata dall’arancio delle fiamme.
Merry e Pipino, invece, dopo aver ascoltato interessati il
lungo racconto di Frodo, sugli eventi che li avevano visti esclusi,
verificatisi sulla Linea di Confine, tra gli Yoria e le Amazzoni, non fecero
complimenti, trangugiando il buon vino rosso di Marzia e riempiendosi lo
stomaco guaente con la selvaggina del banchetto, ridendo e scherzando, come
sempre.
Gimili, seduto accanto a Legolas, beveva assetato, da un
gran boccale in legno, il vino bianco, delle piantagioni vicine, e le sue
guance, ben presto, divennero due mele mature, tanto erano rosse, confondendosi
con la sua barba ispida e folta.
Gandalf, intanto, aveva avuto il privilegio, di sedere
accanto alla regina, insieme con Meiscia, il sorriso dolce ad incurvarle le
labbra, mentre ricamava, canticchiando, una veste verde smeraldo.
All’improvviso, però, il loro discorso venne interrotto, da
Romilda che, evitando la mano protesa di Will, che cercava di afferrarle il
braccio, per trascinarla, sicuramente, al suo fianco, corse da Vanesia,
incitandola a ballare con loro, per festeggiare l’ avvenuta alleanza.
Vanesia, sorprendendo tutti, non si fece pregare,
congedandosi con un sorriso da Gandalf e
raggiungendo le sue sorelle, che l’accolsero con gioia.
Stringendo entrambe le mani alla sua amica e protetta,
Romilda, ballò la loro danza impeccabilmente, sorridendo e ridendo felice, ad
occhi chiusi, mentre la sua pelle dorata, come i suoi capelli ricci, sciolti e
svolazzanti sulle spalle, come la criniera di un fiero leone, ad ogni giravolta
o movimento sinuoso, scintillava di milioni di brillanti rubini, alla luce del
falò.
Romilda, stanca, si accasciò tra Frodo e Will, che le
sorrise ammaliante, in contrapposizione all’hobbit divertito.
“ Vi state divertendo?”
Disse, rivolta soprattutto a Frodo, che annuì sincero.
“ Si, moltissimo. Ma è sempre così, da voi?”
Chiese, curioso.
Romilda rise, mentre Sam, sgranocchiando una pagnotta, li
ascoltò interessato.
“ Si, spesso. Soprattutto quando ricorre una ricorrenza
particolare o quando vinciamo una battaglia.”
“ E questo, capita quasi sempre.”
Aggiunse Will, attirando l’attenzione di Romilda.
“ E tu cosa ne sai? Sei presente anche tu, forse?”
Lo rimbeccò divertita, ancora leggermente ansante, per il
continuo ballare freneticamente.
Will la investì con uno dei suoi sorrisi più belli, avvicinandosi
di poco al suo volto, e soffiandole sul viso:
“ Forse non fisicamente. Ma, soprattutto quando combatti, il
mio cuore batte all’unisono con il tuo, tesoro.”
Le disse, con la sua voce suadente e il fascino dei suoi
occhi azzurri, trasparenti e limpidi, come l’acqua di un fiume, imbarazzandola
per l’improvvisa vicinanza. Ma subito Romilda, allontanandolo con uno scossone
sul petto, facendo tintinnare le perle delle sue collane e il medaglione del
drago Amlach di Will, sul suo petto parzialmente scoperto, dalla sua veste da
combattente, color rubino, si alzò indispettita, borbottando:
“ Sei sempre il solito.”
Facendolo ridere di gusto, e seguirla con lo sguardo, mentre
raggiungeva le sue sorelle, divertito e con affetto.
“ Eh, si, amici miei.”
Disse, rivolto a Frodo ed a Sam, testimoni inconsapevoli di
quella scena.
“ Non c’è ombra di dubbio. E’ proprio pazza di me.”
Disse con un sorriso, annuendo convinto e deciso. Sam sbuffò
e sghignazzò insieme, mentre Frodo, con un sorriso, gli chiese:
“ E tu? Sei pazzo di lei o ti diverti solo a stuzzicarla?”
Will si avvicinò a lui con aria cospiratrice, ma con un
sorriso da monello che stroncava ogni tensione.
“ Ti dirò. Per ora sto valutando. Poi si vedrà.”
Disse con un gesto della mano, come a voler rinviare ad un
futuro prossimo la sua ipotetica storia d’amore. Frodo rise della suo
atteggiamento disarmante ed incorreggibile, mentre lo vedeva raggiungere
Romilda, discutere con lei, per poi danzare insieme, sorridenti.
“ Non cambierà mai, quel ragazzo.”
Disse Sam a frodo, portando gli occhi al cielo, esasperato.
“ Si, ma in fondo, meglio così no?”
Disse Frodo, sorridendo e beandosi, per un po’, del calore
divertito della Gemma, senza sapere che Gandalf, lo osservava con un misto di
preoccupazione e timore.
Lui sapeva, infatti, che nonostante Frodo non ne fosse
cosciente, la Gemma,
ormai, era entrata nel suo essere, brillando od affievolendosi, a seconda di
ogni suo mutamento di umore. Temeva per la sua sorte, nel momento in cui, o per
mano di Venia o per riporla nell’ apposita Nicchia di Luce, se ne sarebbe
dovuto staccare. In entrambi i casi, nonostante avrebbe fatto di tutto,
affinché la prima opzione, non si realizzasse, non potendo evitare la seconda,
perché necessaria per il futuro delle Terre dell’Ovest e di quelle di Mezzo,
prevedeva conseguenze negative o negaste, per il suo piccolo amico.
Sospirò, afflitto, arrovellandosi per trovare una soluzione,
che potesse salvaguardare la vita di Frodo, ma, inaspettatamente, sentì una
mano amica posarsi sulla sua, stretta a pugno in grembo. Alzò lo sguardo,
incontrando quello scuro e bonario di Meiscia, che gli sorrise rassicurante,
accarezzando la sua guancia segnata dalle rughe della saggezza e dalla folta
barba bianca, del mago avanzato. Era millenaria, come lui e possedeva poteri
forse al pari dei suoi, avvertendoli come mille brividi sulla sua pelle e
dentro le sue ossa, toccando il suo spirito integro.
“ Andrà bene, mago, andrà bene.”
Gli disse, per poi scivolare il palmo della sua mano,
lontano dal suo viso, avendo giusto il tempo di ricambiare il suo sorriso, per
poi vederla scomparire, nell’ombra della sua tenda.
Si, sarebbe andata bene. Non doveva abbattersi, pensò
Gandalf, ritornando ad osservare Frodo, ridente, tra i suoi amici. Lui era
coraggioso, forte e valido più di qualsiasi altra creatura che avesse mai
conosciuto, nel corso dei suoi lungi anni. Aveva già subito il male più atroce,
sulla sua candida e vulnerabile pelle, e l’avrebbe sconfitto ancora,
sicuramente, grazie all’amore e alla fiducia dei suoi amici, come Sam, che non si
staccava mai da lui, rimanendogli sempre fedele.
E poi, c’erano Aragorn, Leglas, Gimli, i loro nuovi compagni
valorosi, Taras e William, non escludendo Luthien, che avvertiva sempre più
vicina, anche loro lo avrebbero protetto e difeso, anche al costo della vita.
Ed infine c’era lui, Gandalf il Bianco. Infondo, il suo, non
era solo un titolo. Il bianco del bene era sempre più forte del nero
dell’oscurità della Dama delle Tenebre, che sentiva sghignazzare nella sua
testa, serpeggiante e maligna. Strinse il pugno sul suo bastone magico,
aggrottando il viso, corrucciato. Era ancora vigile, su di loro, e pronta ad
attaccare. Poteva avvertire il suo respiro gelido sulla sua pelle e il suo
risolino beffardo scuotergli le viscere. Sbarrò gli occhi, alzandosi dal suo
seggio di scatto, attirando l’attenzione di Frodo e di Aragorn, che seguì lo
sguardo di Legolas, dilatato e teso, verso un punto indefinito della boscaglia.
“ Arrivano.”
Sussurrò, nel momento esatto in cui una massa brulicante di
orchi fuoriuscì dagli alberi, urlando e sguainando le loro armi.
Una freccia nera colpì un’amazzone, che stramazzò a terra
con un singulto. Quella fu la goccia, che fece traboccare il vaso già ricolmo.
Vanesia urlò agguerrita, incitando le sue sorelle adirate, a prendere le loro
armi, mentre lei già sguainava la sua spada, come Oleandro con i suoi pugnali,
leccando una delle lame e sorridendo euforica, mentre l’affondava nello stomaco
di un Uruk-hai.
Gandalf accecò gli esseri malefici con la luce della sua
gemma, permettendo i suoi compagni e le loro alleate di prepararsi alla
battaglia.
In breve, furono già pronte per distruggerli, aspettando
solo un cenno della loro regina, che con lo sguardo ed un cenno del capo,
permise a Gandalf di spegnere la sua luce, per poi dare inizio allo scontro.
Gli hobbit si chiesero a cerchio, e le loro spade lucenti,
sembravano gli spilli di un riccio. Gandalf li raggiunge, stordendo con un
colpo assestato di bastone un Uruk-hai urlante, per poi decapitarlo con la sua
spada.
Gimli si lanciò da una sporgenza rocciosa, cadendo addosso
ad un orco, rispondendo al suo urlo, e conficcandogli l’ascia nel cranio.
Aragorn e Legolas si occuparono degli orchi del lato destro
della pianura, mentre Taras e Will di quello sinistro.
“ Prega che non arrivino Andes.”
Disse Will a Romilda, mentre l’aiutava a rialzarsi, dopo un
attacco di un Uruk-hai particolarmente resistente, che il cavaliere di Amlach
aveva provveduto ad uccidere.
“ Perché? Sarebbe più divertente.”
Disse Ole, causando una ferita a croce sul petto di un orco,
uccidendolo sul colpo.
“ Non siamo nelle misure giuste per ucciderli.”
Spiegò Aragorn, trucidando a sangue freddo uno ed un altro
orco.
“ Gli orchi sono in troppi. Non avremmo il tempo di
concentrarci su di loro.”
Aggiunse Legolas, perforando, con le sue infallibili frecce,
il petto ed il cranio di tre orchi.
“ Gli uomini. Sempre melodrammatici.”
Commentò Oleandro, uccidendo contemporaneamente due orchi,
per poi trascinarli nella polvere con due calci ben assestati.
“ Hanno ragione, invece. Sarebbe troppo…”
Ma Romilda non terminò la frase, che vide gli orchi feriti e
ghignanti, aprire il passaggio a ben due Andes, i più grossi e i più mostruosi
che avessero mai visto, prima di allora.
“ Bene. Si mette male.”
Constatò Pipino, con voce tremolante, mentre Merry, al suo
fianco, lo spingeva di lato, trascinandolo per un braccio, urlando:
“ Via di qui!”
Infatti, per un centimetro, non evitarono il piede nudo e
grigio di un Andes, che aveva l’ovvia intenzione di schiacciarli.
“ Per un soffio.”
Disse Pipino, sospirando sollevato, ad un Frodo sconvolto,
ma sia lui, sia il suo parente e sia Merry, si raggelarono alla vista
dell’Andes, di nuovo pronto a colpirli.
“ Via! Via! Via!”
Urlò Sam, trascinando Frodo lontano dall’Andes, mentre
Pipino e Merry rotolarono ai lati opposti del gigantesco mostro.
“ Ma cosa hai fatto?! Dovevi venire qui, a destra, non lì!”
Lo rimproverò Merry, mentre Pipino, sbuffando ed irritato,
gli rispose:
“ Scusami, se non ti leggo ancora nel pensiero! Ricordi che
sono mancino?! Sono portato ad andare a sinistra!”
Si giustificò, annuendo convinto.
“ Ma se usi sempre la destra, per ingozzarti!”
Disse Merry, indignato.
“ Be’, ora sono mancino!”
“ Sei solo un bugiardo!”
“ Smettetela, ed allontanatevi da lì!”
Esclamò Frodo, mentre vedeva gli occhi piccoli e neri
dell’Andes, puntati sul suo viso.
Ad un luccichio impaurito della Gemma, l’Andes si mosse
verso di lui.
“ Si è accorto della Gemma. Via di qui, Frodo!”
Gli intimò Merry, spingendolo lontano.
Intanto, con la coda nell’occhio, il portatore della Gemma
del Destino vide Aragorn ed i suoi amici, accanirsi contro l’Andes gemello di
quello che li stava inseguendo e tentando, ad ogni sonora pedata, di
schiacciarli come formiche.
“ Affrontiamolo!”
Propose Sam, superando con il tono di voce, i rimbombi
sonori provocati dai passi pesanti dell’Andes.
“ E come? Hai visto quanto è alto?! Gli offriremo la
possibilità di schiacciarci su un piatto d’argento!”
Gli disse Merry, correndo di qua e di là, seguito da Frodo e
Sam, che si stizzì alla sua proposta.
“ Ma non possiamo scappare all’infinito!”
A quel punto, intervenne Frodo, arrestandosi nei cumuli di
tende e case distrutte dai colpi di entrambi gli Andes.
“ Frodo! Cosa fai?”
Gli chiese sorpreso Merry, seguito da uno sguardo
preoccupato di Sam, che scosse la testa, immaginando, le intenzioni dell’amico.
“ No. Padron Frodo, non fatelo.”
Gli sussurrò, implorante.
“ E’ l’unico modo Sam. E’ me che vuole. Venia deve averlo
mandato per questo. Non posso rischiare di coinvolgervi, nessuno di voi.”
Disse, osservando anche Will, che aveva perforato la
caviglia dell’Andes, arretrando il suo passo.
“ Frodo…”
Iniziò Merry, ma lui lo interruppe.
“ Voi andate. Scappate, avanti!”
Intimò, e non attendendo una risposta, corse verso l’Andes,
temerario, ignorando la voce di Sam, che lo implorava di ritornare sui suoi
passi. Ma la sua debole voce, si spense nel trambusto della battaglia, che
ancora infuriava, fra le amazzoni e gli orchi ed Uruk-hai restanti.
Ignorò l’altro Andes cadere a terra e scuotere il terreno,
come la voce profonda ed autoritaria di Aragorn, sporco di polvere e sangue,
richiamarlo, come anche le mani di Pipino, che cercarono di afferrarlo.
Ma Frodo, continuava a correre verso il suo nemico, verso il
suo destino, ascoltando solo il battito forsennato del suo cuore, il tintinnare
della catenina d’argento e della Gemma sul suo petto e sul tessuto della sua
camicia impolverata, il respiro accelerato, i sospiri fuoriuscire dalla sua
bocca semidischiusa, azzerando ogni cosa, anche il richiamo imperioso di Gandalf,
che sovrastava tutte le altre voci.
Ogni immagine sembrava rallentare il suo corso ad ogni suo
passo, come il gesto brusco dell’Andes, che scostò dalla sua caviglia Will, che
volò su un gruppo di amazzoni, tra cui Romilda, che lo sorresse, udendo distintamente
anche la sua voce pronunciare disperato il suo nome.
Ora erano solo loro due, l’Andes e Frodo, che, in un atto di
formidabile coraggio, sguainò la sua spada, brillante più che mai, mentre
l’Andes avanzava verso di lui, emettendo il suo verso gutturale ed orripilante
all’udito.
Ma proprio nell’attimo in cui, Frodo stava per scagliarsi
sulla sua gamba destra, vide, come nel lontano palazzo di marmo di Gondor, una
freccia dalle piume bianche, perforare il collo dell’Andes che ululò di dolore.
Frodo, ancora la spada a mezz’aria, si voltò ad osservare,
ai primi raggi del sole che sorgeva ad nord-est, fra gli anfratti delle
montagne, sull’ alto bordo della vallata, dove si intravedevano le cime
aghiformi dei pini, un cavallo bianco, nitrire dolcemente e una figura
immacolata far ricadere il suo arco, anch’esso bianco.
“ Non credo ai miei occhi.”
Sentì Taras sussurrare.
“ Be’, allora spalancali bene , capo. Perché è proprio
quello che vedo io.”
Disse Will, alzandosi dal suolo, un sorriso gioioso a solcare le sue labbra,
seguito da Romilda, che guardava la figura lontana, confusa.
“ E’ Luthien!”
Esclamò Pipino, seguendo come gli altri, i capelli castani e
rilucenti di riflessi dorati, di Luthien, smuoversi alla carezza del vento
dell’alba.
“ E non è sola.”
Disse sorridendo Gandalf, sorreggendosi solenne al suo
bastone.
Infatti, sotto gli occhi sconvolti delle amazzoni, degli
orchi restanti e del Andes accecato dal sole, accanto al cavallo bianco di
Luthien, si arrestò scattante uno marrone, cavalcato da Yoria, il capo della
tribù di Zootek.
Vanesia sgranò gli occhi per la sorpresa, alla vista degli
Yoria al completo, a cavallo e pronti a combattere.
Così, seguiti dal loro capo, cavalcarono, discendendo la
vallata e raggiungendo la pianura, fronteggiati dagli orchi, che corsero loro
incontro, rispondendo al loro urlo di battaglia e sciabolando le loro armi
contro di loro. Ma si arrestarono bruscamente, nell’attimo in cui, i possenti
cavalli degli Yoria, nitrendo, li sorpassarono, mentre i loro proprietari, li trafiggevano
al cuore.
Luthien trafisse ancora incessantemente, con i suoi dardi
invincibili, l’Andes confuso che, con l’aiuto di Taras e Will, risvegliati dal
torpore e dallo stupore di rivederla, aiutarono ad uccidere.
Subito dopo la sua rovinosa caduta, gli occhi neri
spalancati e senza vita, Luthien si avvicinò ad un Frodo impietrito per la
sorpresa, caduto in terra, a causa dello scossone che il corpo decaduto del
mostro, aveva provocato all’interno del suolo.
Smontando dal suo cavallo, che nitrì dolcemente, gli tese
una mano, sorridendo a fior di labbra. Frodo notò, con piacere, che era ancora più
bella e splendente, ai raggi del primo sole, di quanto ricordasse.
“ E con questo, siamo a tre, prode Baggins.”
Frodo rise, ricordando il suo ultimo saluto, prima di lasciala
su quel letto di pietra, nelle stanze di guarigione di Ruer.
Afferrò la sua mano e si tirò su, investito, subito dopo,
dagli abbracci dei suoi amici hobbit, e la voce di Sam, commossa, che lo
rimproverava per la sua avventatezza.
Ma Frodo non riusciva a staccare gli occhi da quelli
nocciola intenso di Luthien, che rispose al suo ringraziamento, con un cenno
del capo.
In seguito, si voltò nella direzione dei suoi amici, Taras e
Will, entrambi stravolti e ricoperti di polvere e sangue d’orco. Ormai, intorno
a loro, si era creato il silenzio della ritrovata quiete, visto che gli Yoria,
uniti agli ultimi sforzi delle amazzoni, avevano distrutto anche l’ultimo dei
nemici.
Will fu il primo a reagire, colmando lo spazio che li
divideva con due falcate, afferrandola per la vita e facendola girare fra le
sue braccia, ridendo a crepapelle per la felicità.
“ Luthien, dolcezza, sei guarita! Che bello! Che bello! Sono
così felice!”
E detto questo, la mise di nuovo a terra e, in un moto di
gioia che faceva brillare i suoi occhi in mille stelle, le prese il viso fra le
mani, cercando di baciarla, ma come al suo solito, Luthien si scostò
velocemente, lasciandogli solo il tempo di abbracciare l’aria, stupito ed
osservandola deluso.
“ Non cambierai mai, William. Sei sempre il solito
approfittatore.”
Disse Luthien, le braccia incrociate e la voce ancor più
melodiosa di quanto Frodo avesse memoria. Sembrava diversa. Chissà cosa le era
successo, in quegli attimi di oblio.
“ Ma dolcezza, non è vero. Sono solo contento di rivederti.”
Si difese Will, il sorriso a solcare il bel viso d’angelo.
Luthien scosse la testa, sospirando rassegnata.
Poi, la sua attenzione, venne attirata dagli occhi perlacei
di Taras che, per la prima volta, Frodo constatò, sembravano traboccare di
commozione, privi di quell’espressione enigmatica che li rendeva insostenibili.
“ Taras.”
Lo richiamò lei, e quel richiamo bastò per sciogliere ogni
sua resistenza e racchiuderla in un abbraccio forte ed accorato.
“ Luthien. Stai bene?”
Luthien chiuse gli occhi, sorridendo leggera, ricambiando
l’abbraccio delicatamente.
“ Si. Tranquillo.”
Taras sospirò felice e si distaccò, ravviandosi i capelli,
in un moto d’imbarazzo.
“ Scusa. Lo so che detesti tutte queste attenzioni.”
Si scusò, riponendo la sua spada.
“ Non importa. Ti perdono.”
Gli disse Luthien, scrollando le spalle.
“ Eh, ma non è giusto però! Lui lo perdoni, e a me no!”
Si indispettì, scherzosamente, Will, ponendo un braccio
sulle spalle di Taras, che lo osservò sorridente.
“ Perché lui non ha secondi fini. Tu invece, si.”
Rispose placidamente lei, sorpassandoli leggiadra e
sbrigativa, come sempre.
“ Siamo lieti di riavervi con noi, Luthien.”
Disse Aragorn, sincero. Luthien annuì, puntando lo sguardo
sul volto raggiante di Legolas, che non poté celare la felicità di rivederla
sana e salva, avvertendo il suo cuore battere follemente soltanto per lei.
Avrebbe voluto dirle tante cose, avrebbe voluto esultare più sfacciatamente di
quanto avesse fatto William. Eppure, il suo animo scosso dal suo sguardo
penetrante e dal suo viso bellissimo, si placò nell’attimo in cui gli regalò un
lieve sorriso, riempiendolo di calore e dolcezza.
Ma tutto si concluse, all’esultanza delle amazzoni e degli
Yoria, che videro i loro rispettivi sovrani, stringersi la mano e sorridersi
per la prima volta, illuminati dai raggi caldi del sole, trionfante in un cielo
azzurro, sgombro di nuvole.
“ Un nuovo giorno inizia.”
Disse Romilda, quasi fra sé.
“ Si, e sarà il più splendente di tutti.”
Disse Gandalf, incrociando lo sguardo limpido di Frodo, che
annuì.
La Gemma
del Destino brillò intensamente. L’ultima guerra era vicina.
Angolo dell’autrice.
Salve a tutti e a tutte voi!!! Vi è piaciuto il nuovo
capitolo?? Fatemelo sapere, se volete!!!
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il 20° capitolo, e
tutti quelli che continuano a seguirmi!!!
Aggiornerò presto, prima di Pasqua, per darvi gli auguri
come si deve!!XD
Ringraziamenti anche
a:
Fanny91: Ciao,
Fanny!!!! Come stai, carissima??? Si si, ho aggiornato, e continuerò a farlo,
fino alla fine!!! Ti piace questo nuovo capitolo?? Vedrai, vedrai che succederà
nei prossimi!! Eh, si! Le amazzoni sono proprio toste!!! Ti ringrazio
moltissimo per la recensione, mi hai reso molto contenta!! Bacissimi e a
prestissimo, Fuffy91!^__^*
Un piccolo spoiler
per stuzzicare la vostra curiosità:
Era lì, e sembrava
quasi irraggiungibile ai miei occhi. Avrei voluto stringerla a me, ma le mie
mani sembravano quasi frenate da catene invisibili, avvolte intorno ai miei
polsi.
Secondo voi, chi è che sta parlando?? E a chi si
riferisce??? Lo scoprirete solo nel 22° capitolo!!!
Baci baci da Fuffy91!!!
^____________________________________^*** <3<3<3
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Capitolo 22 *** Capitolo 22 ***
Capitolo 22
Dopo l’incessante battaglia, sotto i raggi caldi del sole
primaverile, le Amazzoni, aiutate dagli Yoria, ricostruirono il loro villaggio,
rinsaldando le tende, rifocillando i cavalli scalpitanti e rinforzando il legno
d’ebano delle case, sbarazzandosi dei detriti impossibili da ripristinare, i
soli segni lasciati dai loro mostruosi nemici.
Le loro salme erano state accantonate e bruciate, ai bordi
della florida pianura, e i corpi massicci degli temibili Andes, ormai esanimi,
gettati giù dalla scogliera a nord-ovest, lasciandoli sprofondare nelle
profondità del mare blu cobalto.
“ Romilda, dove vai? Scappi dalla fatica, vero?”
Chiese, deridendola, l’amazzone Oleandro, i capelli corti frustati
dal vento, come la sua ridotta veste di lupo grigio, indicandole con il capo il
gruppo di sorelle e, provvisoriamente, alleati Yoria, compiere il loro lavoro
di ripristino, forniti di martelli ed utensili vari.
Romilda, lo sguardo corrucciato, le trecce corvine
accarezzate dai soffi alterati dello zefiro e tra le mani, una bacinella di
legno smaltato di rosso-terracotta, ricolma d’acqua, le rispose calma ma
irritata dalla sua insinuazione.
“ No, come al solito, sei in errore, Ole. Sto andando ad
aiutare Meiscia a curare i feriti.”
Disse, dirigendosi di gran passo, alla grande tenda
dell’antica maga di Marzia.
“ Si, improvvisati pure guaritrice, ora. Tanto lo so che ti
rendi utile, solo per sfuggire ai tuoi doveri, o magari…”
Lasciò la frase in sospeso, insospettendo Romilda, che si
arrestò, voltandosi per incrociare lo sguardo scuro e il sorrisino di schermo
della sua insopportabile sorella.
“ Magari?”
“ Magari ti dai tanto da fare per i feriti, perché tra loro
c’è il cavaliere di Amlach. Immagino come ti renderai utile, per garantirgli
una facile guarigione.”
Concluse incrociando le braccia e reclinando il capo di
lato, il sogghigno ancora presente sul suo piccolo viso.
Romilda distolse lo sguardo sconvolta ed indispettita
insieme, per le sue parole, avanzando, ignorandola del tutto, incassando il
colpo tagliente del suo risolino ironico.
In quel momento, avrebbe voluto strozzarla, ma si trattenne,
convincendosi che le avrebbe solo dato ulteriore soddisfazione, vedendola
irritarsi per le sue illusioni gratuite. Un sorriso orgoglioso nacque sul suo
viso color cioccolato, quando vide Vanesia rimproverare Oleandro di perdere
tempo ed incaricandola di andare ad aiutare le sue sorelle, fra cui Taras ed
Aragorn, a risollevare un pilastro portante di una casa, particolarmente
resistente.
Non appena varcò la tenda, non le fu difficile individuare
in quelle massa di capi bruni, i capelli biondo grano di Will, investiti da un
raggio di sole filtrante da una fenditura del tessuto verde muschio della
tenda, sorridendo osservandolo lamentarsi come un bambino insolente.
“ Ahi! Dolcezza, ti prego, piano!”
Implorò dolorante la sua compagna di viaggio, Luthien, che,
china su di lui, ripuliva la sua ferita al braccio sinistro, provocata dalla
lancia dell’Andes, prima di scaraventarlo su di lei ed un gruppo di sorelle
Amazzoni.
Vide la bella principessa guerriera sbuffare debolmente,
scostandosi una ciocca di capelli castani, che ricadde nuovamente sulla sua
guancia, oscurandole la vista dell’occhio sinistro.
“ Insomma, William. Mostra un po’ di tempra. È solo un
unguento.”
Lo rimproverò Luthien, nel tono di voce, una nota infastidita
ad inclinare il tono melodioso della sua voce. Mi chiesi come un’inguaribile
amatore come Will, non avesse ancora cercato di sedurla.
La osservò ancora, questa volta più attentamente. Era bella,
non c’era alcun dubbio, ed anche coraggiosa, visto che era stata lei a
richiamare gli Yoria e condurli a Marzia, per aiutarci durante la lotta con gli
orchi di Venia.
Aveva un fisico slanciato ed atletico, seppur mantenendo
intatta la sua femminilità, con quel abito d’arciere argentato indosso che, se
baciato dalla luce del giorno, la faceva apparire una ninfa appena uscita dalle
acque di un lago. I tratti del suo viso erano cesellati e il colorito della sua
pelle così candido e splendente, da apparire fatto della stessa sostanza delle
stelle.
Poi, il suo sguardo, si posò su Will. Era così bello vederlo
ridere gioioso e senza remore, riempiendo l’intero abitacolo dei suoi sorrisi
brillanti. Il solo guardarlo, le trasmetteva serenità e la felicità la colpiva
violenta, invadendole le membra di dolce calore, quando lo scorgeva arrivare di
corsa, in groppa al suo stallone nero. Quel simpatico ragazzo, era sempre stato
la sua luce, dopo il periodo sventurato che l’aveva imprigionata e quelli
difficili a venire.
Sorrise, nell’incrociare i suoi occhi brillanti e sollevati,
nello scorgerla.
“ Romilda, tesoro! Ti prego, vieni a salvarmi da questa
tortura. Dolcezza, per favore. Piano!”
Intimò, con tono lamentoso, ad una Luthien corrucciata, ai
limiti della pazienza, mentre cercava di fasciargli il braccio offeso.
“ Va bene, come vuoi. Ti accontenterò.”
Disse infine, placida e pratica, raccogliendo le sue cose e
spostandosi ad un altro lato, dove vi erano feriti, sicuramente, più gravi di
lui.
“ Ma, dolcezza, non puoi lasciarmi così.”
Le sussurrò confuso, indicandole, con l’altra mano, il
braccio lasciato a metà fasciatura.
Luthien si arrestò, senza voltarsi.
“ Invece lo farò. Però, c’è qualcuno che potrà, sicuramente,
essere più paziente di me.”
Disse, osservandola e facendola sussultare, sotto il suo
sguardo penetrante, ma comunque rassicurante.
Ricambiò il suo sorriso a fior di labbra, per poi seguirla
con lo sguardo, allontanarsi e chiedere ad uno Yoria, contento di vederla, se
Meiscia, che si trovava più in fondo alla tenda, ma comunque vigile e
sorridente, come sempre, lo avesse già medicato.
“ Allora, sarai tu la mia nuova guaritrice. Bene, bene.”
Commentò Will, investendola con il suo solito sorriso
disarmante.
Romilda si avvicinò a lui, inginocchiandosi accanto al suo
giaciglio e riponendo, su cumulo di stracci, la bacinella ricolma d’acqua,
specchiandosi per un labile momento.
“ Non gioire troppo presto. Sarò anche paziente, ma non
tollero i capricci.”
Lo avvisò, sorridendo fra sé e sé, notando il suo tenero
broncio.
“ Io non sono capriccioso.”
Replicò lui, indignato. Romilda rise, mentre gli afferrava
il braccio delicatamente, risciogliendo la benda intorno ad esso.
“ Si, invece. Molto peggio di un bambino.”
Will sbuffò, corrucciando il volto angelico e giocando, con
la mano del braccio sano, con la federa delle sue grandi spade.
Intanto, Romilda, distese le bende sul pavimento coperto
della tenda, afferrando un barattolo di ceramica, riposto nella sua borsa di
cuoio, che portava a tracolla, svitandolo e spalmandone il contenuto sulla stoffa
bianca. Si trattava di una specie di pomata verde foglia, che emanava un
piacevole ma pungente odore, che a Will, in un primo momento, sembrò menta
unito a muschio.
“ Cos’è?”
Chiese, curioso e dubbioso, ad una meticolosa Romilda.
“ Un infuso di erbe e semi di piante guaritrici.”
Gli rivelò, mentre iniziò a riporgli le bende, intorno al
braccio offeso.
Will fu percorso da un brivido di gelo, al tocco della
pomata con la ferita aperta, che subito lasciò il posto, a una sensazione di
bruciore, ma, stranamente, piacevole come il tepore di un focolare acceso.
“ Va già meglio, vero?”
Gli chiese, notando il sollievo che mostrava il suo volto ed
il suo sorriso accennato, che si allargò ulteriormente, quando incrociò il suo.
Will annuì, rasserenato.
“ Si, va meglio.”
Confermò, anche se, a parere di Romilda, non ce n’era alcun
bisogno. Le sue espressioni avevano già risposto per lui.
“ Bene. Sono contenta. Così non ti lamenterai più.”
Disse divertita, prendendolo in giro e facendolo,
stranamente, sorridere e sghignazzare con lei.
“ Non sopporto le ferite.”
Le disse, mentre l’osservava compiere gesti precisi ed
attenti, per fornirgli una buona fasciatura.
“ Si, l’ho notato. Forse perché, non ne hai mai ricevute.”
Will scrollò le spalle.
“ Possibile. Anche se, fin da piccolo, non sono mai stato
molto tollerante, ad ogni genere di malattia o ferita.”
Rise, ad un ricordo lontano.
“ Povera madre mia. Quante ne ha dovute sopportare. Ero un
bambino impossibile, all’epoca.”
“ Be’, non sei cambiato molto, no?”
Gli disse, legando la benda con un nodo deciso, avvitando il
vasetto lasciato scoperto e riponendolo nella borsa, sorridendogli allegra.
“ Spiritosa. Volevo vedere te, da piccola. Un vero diavolo!”
La accusò, mentre si sollevava, spolverandosi la gonna dai
granelli di polvere.
“ In realtà, sono sempre stata una fanciulla molto buona e
rispettosa. È con il tempo, che ho subito delle deformazioni caratteriali, per
tua sfortuna.”
Gli rispose, facendolo sorridere divertito.
“ Forza, andiamo, ora.”
Gli disse, in seguito, tendendogli la mano destra. Will la
guardò confuso.
“ Dove?”
“ Nella tenda che abbiamo allestito per voi. Lì potrai
riposarti, insieme ai tuoi compagni di viaggio. Credo che i piccoli hobbit,
siano già cullati da un dolce sonno. Non ti andrebbe di seguirli? Ne avresti
bisogno.”
Gli propose, tracciando, con la punta delle dita, le
occhiaie che cerchiavano i suoi occhi, segno di un’evidente stanchezza.
Will catturò la sua mano, sorridendo.
“ Tranquilla, sto bene. Però…”
Sussurrò, investendola con uno sguardo acceso di una
ritrovata malizia, sbilanciandola e trascinandola sul suo corpo, ancora
semidisteso, circondandole le spalle, con il braccio sano.
“ Se tu dormissi accanto a me, sarebbe tutta un’altra
storia.”
Le disse, sorridendo seducente, per poi bisbigliarle
all’orecchio:
“ Sai, avrei tanto bisogno di coccole.”
Concluse, baciandole la guancia destra, mentre Romilda,
indispettita ed imbarazzata, cercava di liberarsi dalla sua stretta.
“ Non essere ridicolo, per favore, Will. Sei sempre il
solito approfittatore.”
Disse, per poi accasciarsi su di lui, sospirando rassegnata.
“ Insomma, vuoi lasciarmi andare? O vuoi rimanere così per
l’eternità?”
Will rise sulla sua pelle, sfiorandole la tempia con le
labbra schiuse in un sorriso.
“ Non sarebbe una cattiva idea. Ma tu, vorresti rimanere
abbracciata a me, all’infinito?”
Romilda portò gli occhi al cielo, esasperata.
“ Immagino sia evidente la mia risposta.”
Will intensificò la sua stretta, cingendola anche con
l’altro braccio, toccandola solo con la punta delle dita. Romilda percepì un
lamento sommesso a quel suo gesto e, preoccupata ed accigliata, lo osservò in
volto.
“ Non fare gesti avventati. L’infuso deve ancora fare
effetto. Per questo devi riposare, altrimenti, domani, non potrai affrontare
gli eserciti di Venia.”
Gli spiegò, pregando in un suo barlume di ragione.
Will sorrise lievemente, abbandonandosi sul cuscino di
piume, guardandola dolcemente, mentre accarezzava i suoi capelli intrecciati.
“ Ti preoccupi per me. Sei tanto cara, tesoro.”
Romilda compì un gesto stizzito con il capo, facendo leva
sui gomiti, per alzarsi.
“ La stanchezza ti fa delirare. Di bene in meglio.”
Concluse, cercando di evitare i suoi tentativi di afferrarla
e stringerla, nuovamente, a sé, visto che, finalmente, era riuscita a
divincolarsi dalla stretta delle sue braccia.
Will mugugnò di protesta, mentre la vedeva afferrare le sue
cose, scrollarsi i capelli ricaduti sulle spalle, in una cascata di trecce, ed
avviarsi verso l’uscita. In un ultimo tentativo di trattenerla, Will si allungò
ad afferrarle il polso, incrociando i suoi occhi e leggendo nei suoi, una
supplica silenziosa.
“ No, rimani qui.”
Romilda sospirò combattuta. Non poteva rimanere. Aveva le
sue mansioni da compiere. E poi, doveva lasciarlo riposare. La sua presenza,
sicuramente, lo avrebbe distratto.
Romilda incrociò lo sguardo di Luthien che, notando la sua
situazione, annuì, dandole un placido appoggio.
“ Che succede?”
Chiese Vanesia, entrata improvvisamente nella tenda, investendola
con la sua voce calda e rassicurante. Sorrise nel rivederla.
“ Will non vuole lasciarmi andare.”
“ Perché?”
Le chiese Vanesia, puntando lo sguardo sulla sua mano
avvinta al polso della sua protetta.
“ Vorrebbe che riposassi con lui.”
Le rispose, quasi vergognosa, per l’implicito significato
delle sue parole.
“ Va bene.”
Acconsentì Vanesia, annuendo decisa.
Romilda la scrutò sconvolta.
“ Come?”
“ Va bene. Accontentalo. Riposerai nella tenda della
Compagnia, accanto a lui. Così lo terrai fermo e buono, il tempo necessario per
fargli recuperare le forze.”
Vista dalla sua prospettiva, non era poi così male, come
idea. Si sarebbe ripreso in un lasso di tempo breve e non avrebbe dato fastidio
a nessuno e né tanto meno, danneggiato sé stesso.
“ D’accordo, allora. Lo porto dai suoi amici.”
Vanesia annuì, sorridendole, mentre la vedeva prenderlo
sotto braccio, già ubriaco di stanchezza, ma con ancora la stretta della sua
mano, salda su di lei.
Romilda la vide avvicinarsi a Meiscia, guardando con
sospetto Luthien, per poi allontanarsi e dirigersi verso la tenda color beige,
varcandola senza sforzo, nonostante sostenesse Will, ad occhi socchiusi e già
con un piede nel mondo dei sogni.
La prima immagine che vide, fu quella dei quattro hobbit
rapiti dal loro riposo, scossi da respiri regolari e pesanti. Sorrise nel
vedere Pipino e Merry muoversi e contorcersi nelle coperte, schiaffeggiandosi o
calciandosi a vicenda. Sam era posto su un fianco, accanto a Frodo, la cui
Gemma brillava al ritmo del suo respiro. Lo trovò singolare, ma non indagò
oltre, trovandolo normale. In fondo, era pur sempre il suo portatore.
Depose Will sul suo nuovo giaciglio, sorridendo nel vederlo
mugugnare ad occhi chiusi. Le sembrò molto tenero. Lo osservò circospetta,
mentre allentava la sua stretta e riponeva la sua mano sul suo grembo, ricoprendolo
con una coperta ed allontanandosi in punta di piedi.
“ Dove vai?”
Le chiese Will, con voce impastata, ancora ad occhi chiusi,
tanto da farle credere che stesse ancora dormendo.
Ma una sua mano che la invitava ad avvicinarsi, le fece
cadere ogni speranza. Sospirò. Non le restava che assecondarlo.
Si avvicinò a lui, sedendogli accanto. Magari, se attendeva
che si addormentasse, sarebbe potuta sgusciare via senza provocare alcuna
reazione.
“ Vieni qui. Stenditi.”
Le disse ancora, scostando la coperta e mettendosi di lato,
per darle il suo spazio.
Romilda arcuò un sopracciglio, osservandolo scettica.
“ Cosa hai in mente? Guarda che io sono qui, solo per
assicurarmi che tu dorma.”
Precisò, a bassa voce, per evitare di destare gli hobbit dal
loro sonno ristoratore.
“ E chi ha detto altro? Dai, vieni qui, vicino a me.”
Le intimò, concludendo la richiesta, sussurrando
strascinante le ultime parole, battendo una mano sulla morbida coperta.
Romilda, colta da una divertita tenerezza, lo assecondò ancora una volta,
stendendosi al suo fianco.
“ D’accordo, hai vinto tu. Ma ti avverto: tieni le mani a posto,
altrimenti....”
Lasciò la frase in sospeso, minacciosa, mentre si copriva
con la coperta rosso rubino, come la veste di Will.
“ Si, si. Va bene. Faccio il bravo.”
Le assicurò, ancora con quel tono strascinante e sonnolento,
che la fece sorridere.
Con un sospiro, si abbandonò sul cuscino in piume, chiudendo
gli occhi, quasi per abitudine. Ma, stranamente, si sorprese di provare uno
strano languore che sciolse le sue membra, rilassandola.
Il calore emanato dal corpo di Will, accanto al suo,
contribuiva a rendere il tutto molto piacevole.
Sbarrò gli occhi, però, quando lo sentì avvolgerle la vita
con il braccio e trascinarla di fianco, con il viso rivolto verso il suo petto
scoperto.
Con la mano le accarezzò languido la schiena, per poi
baciarle la fronte e, tenendola stretta a sé, costringendola a raggomitolarsi
sul suo petto, con il mento che solleticava la catenina che sosteneva il
medaglione di Amlach, si abbandonò alla tensione con un sospiro sereno.
Per alcuni attimi, Romilda non si mosse, deglutendo nervosa.
“ Will, ma, che cosa…”
“ Ssssht…”
La zittì lui, strofinando la guancia destra, sui suoi
capelli.
“ Dormi.”
Le sussurrò, baciandole, ancora, la fronte ed
accarezzandole, di nuovo, la schiena, come per tranquillizzarla.
Romilda rimase completamente immobile, quasi come se le sue
forti braccia l’avessero impietrita. Non sapeva come districarsi da quella
situazione insidiosa, ed era combattuta con sé stessa.
Infatti, non le sembrava appropriato giacere, in quel modo,
con un uomo destabilizzante come Will. Era così imprevedibile! Alzò il capo,
sondando la sua espressione e cercando di comprendere le sue intenzioni. Ma,
dovette ricredersi, sorridendo con un sospiro.
Will, le palpebre dalle lunghe ciglia bionde strettamente
serrate, a nascondere il luccichio di stelle dei suoi occhi azzurri, il respiro
regolare a sottolineare il suo placido stato di quiete, sorrideva, strofinando
il mento sulla sua fronte, solleticandone la pelle scura con l’accenno di
barba, ben visibile.
Romilda sorrise intenerita, rilassando i muscoli tesi e
ricambiando la sua stretta, cingendogli la schiena con le braccia esili e
nascondendo il volto sul suo petto, parzialmente scoperto, appoggiando
l’orecchio sul suo cuore, cullata dai suoi battiti.
Quando credette, ormai, di oltrepassare la soglia del
portale dei sogni, una voce sussurrata la richiamò alla realtà, tanto lieve da
sembrare irreale. Lei mugolò in risposta, alzando il capo nuovamente,
incontrando, questa volta, gli occhi spalancati di Will, che sembravano volerle
scrutare l’anima, tanto erano intensi, con quella sfumatura scura intorno
all’iride, che li rendeva ipnotici.
“ Romilda.”
La richiamò di nuovo lui, scontrando la sua fronte con la
sua, accarezzandola con i ciuffi biondo grano dei suoi folti capelli, e
sospirando sulle sue labbra serrate.
“ Cosa c’è?”
Gli chiese Romilda, scivolando con il palmo della mano
destra sulla sua ampia schiena, ed affondando le dita tra i suoi capelli,
sorprendendosi della loro morbidezza. Credeva fossero più ispidi.
Will socchiuse per un attimo gli occhi a quella carezza
affettuosa, abbandonandosi totalmente, per poi incatenare ancora il suo sguardo
confuso dal suo mutamento d’umore, ricambiando l’attenzione ricevuta, con un
piccolo bacio posato al centro della fronte.
Romilda sorrise a quello slancio, ma il sorriso gli morì
sulle labbra, quando avvertì quelle stesse labbra percorrerle il profilo destro
del viso, segnando un percorso che partiva dalla tempia, per poi scivolare
sulla guancia, la mascella contratta, il mento appuntito, la punta del naso,
sentendolo sorridere a quel suo gesto, per poi concentrarsi sulla sua bocca,
dischiusa per la sorpresa.
Accarezzò prima il labbro superiore e poi quello inferiore,
più carnoso del primo, mordendolo delicatamente, strappandole un gemito
sommesso.
Maledizione, si trovò a pensare Romilda in un attimo di
lucidità, la stava seducendo. E, accidenti, se era bravo, nella sua opera!
Will sorrise sulle sue labbra, come se l’avesse letta nel
pensiero, per poi distaccarsi e portando la mano del braccio sano sul suo viso,
accarezzandolo lievemente.
“ Romilda, provo l’irresistibile desiderio di baciarti.”
Lei sbatté più volte le palpebre, cercando di diradare la nebbia
di meraviglia e confusione che le intorpidiva la ragione, stordendola.
Baciarla…come se non avesse altro per minuti interi! Ma perché glielo aveva
permesso? La risposta si affacciò molto semplicemente alla sua mente: perché,
in realtà, lo aveva desiderato anche lei, irretita dal suo potere seduttore.
Scosse la testa, maledicendosi per la sua debolezza. Stava
cedendo ancora alle brame di un uomo, accantonando la propria dignità di
amazzone. Solo che, nel primo caso, si era davvero innamorata di quel giovane
guerriero dell’ est, dagli occhi neri e dal
sorriso lieve, per poi vederlo morire per opera di nemici, e vani furono
i suoi tentativi di salvarlo. L’unica differenza tra lui e Will era che, per
quest’ultimo, avvertiva un sentimento diverso ed indecifrabile.
Provava sicuramente affetto per quel testardo bambino troppo
cresciuto, ma con il sorriso più solare che avesse mai visto, capace di
sciogliere tutte le sue barriere. Un affetto che, spesso, si tramutava in un
vago senso di piacere, quando la baciava improvvisamente o l’afferrava,
stringendola in un dolce e forte abbraccio.
Il suo cuore sobbalzava, in quei momenti, doveva ammetterlo
a sé stessa, ma questo non voleva dire che fosse amore ciò che sentiva per lui.
Era così confusa e disorientata, quando c’era lui nei paraggi.
Lo aveva sempre preso in giro per la sua spavalderia, anche
se era proprio questa ad attrarla, facendola sorridere anche nei momenti più
tristi.
Lo osservò, ricambiando, senza accorgersene, la carezza sul
viso, vedendolo abbandonarsi sul palmo della sua mano, scivolando sulla sua
pelle, per baciarne il palmo.
Era così tenero, così dolce, che avrebbe voluto tenerlo con
sé, per sempre, coccolandolo come un cucciolo bisognoso di calore umano. Ma si
rattristò, al pensiero che, solo l’indomani, sarebbe partito a combattere
contro la morte. Strinse il pugno della mano sinistra, incapace di credere a
tale ingiustizia.
Will aggrottò la fronte, ricambiando la sua espressione
velata di malinconia, con una accigliata.
“ Cosa succede?”
Le chiese, temendo di averla turbata con la sua rivelazione.
Lei si ridestò trasalendo, rassicurandolo con un sorriso. In
seguito, lo riabbracciò, raggomitolandosi sul suo petto, mentre lui seguiva i
suoi spostamenti, confuso.
“ Dormi, Will. Domani ci aspetta una giornata lunga.”
“ Ma…”
Voleva controbattere Will, ma lei glielo impedì, posando un
dito sulle sue labbra.
“ Dormi, cucciolo, dormi. Domani, vedremo se accontenterò la
tua richiesta.”
Lui sorrise a quel appellativo, usato solo una volta, da
lei, alle Luci di Fata, mentre brindavano a lume di candela, trangugiando del
vino appena consegnato. Ricordò con piacere il suo sorriso languido e la
carezza della sua mano tra i capelli, scompigliandoglieli affettuosamente.
“ Sei proprio un
cucciolo, Will.”
Gli disse, per poi sparire nel retrobottega, canticchiando.
Fu in quel momento, che si accorse di provare qualcosa in più della solita
attrazione, per lei. Ma non glielo aveva mai rivelato.
Quella notte, in barba al braccio ferito e alla prospettiva
di una guerra imminente e decisiva, aveva desiderato di averla, di farla sua,
ovviamente con il suo consenso, con l’ardore che sapeva, perché lo sentiva nel
tremito che la scuoteva quando la sfiorava, pari al suo.
Ma, evidentemente, era costretto a rinunciare al suo intento.
Sospirò sconfitto, ma sollevato. Chiuse gli occhi, stringendola ancora di più
al suo petto, lasciando che avvolgesse la sua gamba alle sue, deliziandosi di
quel gesto involontario, scivolando tra le braccia di Morfeo, con il profumo
selvaggio dei suoi capelli, nelle narici.
Si, forse, era meglio aspettare.
Era ormai notte inoltrata, e tutti, Amazzoni, Yoria e i
membri della Compagnia della Gemma, dormivano tranquilli, cullati dal silenzio
della vallata di Marzia e dai soffi caldi del vento, che trasportavano l’odore
degli alberi e il profumo di salsedine, del mare lontano.
Aragorn e Taras si sorpresero, varcando la tenda, loro
rifugio per la notte, di trovare Will e Romilda abbracciati e dormienti. Con
uno sguardo eloquente, i due si sorrisero a vicenda, scuotendo il capo, per poi
augurarsi un buon riposo, stendendosi l’uno accano all’altro, le loro fedeli
spade a separare i loro giacigli.
Gandalf si sedette su di una sporgenza rocciosa, osservando
i piccoli fuochi spegnersi in scoppiettanti scintille, uno ad uno, lasciando
tutto nell’ombra e nella quiete.
Ma il vecchio e saggio mago bianco sapeva che, questa, non
era altro che la quiete prima dell’impareggiabile tempesta.
Emise una nuvoletta di fumo dolciastro e grigia, tenendo tra
le labbra la sua pipa. La luce della Gemma si faceva sempre più intensa.
Riusciva a distinguere il suo bagliore anche a quella distanza. Era diventata
più forte, nel corso dei giorni, grazie alle cure del giovane Frodo,
alimentandosi della sua energia vitale, senza farglielo risentire, ingannandolo
con la sua arrendevolezza, ma in realtà, quel gioiello di enorme potere era
sempre stato in vigile attesa, usandolo, al momento giusto, per difendersi da
quella che, in ere passate, fu la sua padrona. Avvertiva la sua malvagità e non
voleva ritornare a brillare di una luce
oscura. Il suo era solo silente istinto, non certo volontà di scelta.
La Gemma del Destino, non aveva
un proprio arbitro, come l’Unico Anello, e questo lo tranquillizzava. Ma le
probabilità di sopravvivenza di Frodo diminuivano ad ogni sua piccola
evanescenza. Ormai, erano diventati un tutto uno, e Gandalf temeva per la vita
del suo amico.
Ma lui sarebbe stato lì, durante la battaglia contro Venia, la Signora dell’Oscurità, impedendo
che gli facesse ulteriormente del male o che, peggio, lo uccidesse.
Avrebbe, dunque, evitato ogni suo tentativo di finirlo, come
l’abbandono della Gemma, che sarebbe stato inevitabile in tutti i casi
possibili, sia di trionfo che di sconfitta. Sapeva che questo avrebbe condotto
Frodo verso un doloroso destino, ma scosse la testa, cercando di scacciare i
pensieri nefasti. Doveva essere positivo, perché la giustizia, la speranza e il
bene erano dalla sua parte. Con questi e con i suoi fedeli compagni avrebbe
vinto contro il male. Di questo era sicuro, temendo soltanto le perdite e i
sacrifici. Ma avrebbe fatto del suo meglio, usufruendo di tutte le sue arti
magiche, per sostenere la causa e il coraggio dei suoi amici.
Sarebbero tornati tutti sani e salvi, ne era certo.
“ Non riesci a dormire?”
Gli chiese una dolce e melodica voce, che egli riconobbe
subito, lasciando che la proprietaria si sedesse accanto a lui, sorridendo al
buio della notte.
“ Pensieri irrequieti mi distolgono in queste ore buie.”
Si voltò, la lunga pipa ancora fra le dita, sorridendo ad
una Luthien ancora più bella, con la pelle scintillante d’alabastro ai raggi
tenui della luna piena.
“ E quali sono i tuoi, a renderti deconcentrata?”
Lei si portò le ginocchia al petto, racchiudendole nella
stretta delle sue braccia, lasciando che i lisci capelli di seta castana,
scivolassero lungo le sue spalle.
“ Non ho alcun pensiero a distogliermi, che non sia quello
volto alla battaglia imminente.”
Rispose pacata e con tono sussurrato, causando un nuovo
sorriso increspato sulle labbra di Gandalf.
“ Ah, capisco.”
Disse, per poi voltarsi verso il campo, tirando un nuovo
sospiro di fumo grigiastro.
“ A quanto pare,
Legolas sembra turbarti molto più di quanto tu non voglia dare a
vedere.”
Luthien si voltò di
scatto verso di lui, spalancando gli occhi ed imbronciando le labbra, indignata
da quell’insinuazione gratuita.
Gandalf ricambiò la sua fredda espressione, con una
sorridente e leggermente divertita.
“ E’ a lui che devi la vita. Non dimenticarlo.”
Lei si indispettì ancora di più a quelle parole, alzandosi
di scatto, ma sempre con un movimento leggiadro, per poi allontanarsi da
Gandalf, di gran passo.
Che assurdità! Lei non aveva bisogno di nessuno, né tanto
meno di quel elfo, per salvarsi. Certo, doveva ammettere che il suo appoggio era
servito a destarla da quell’oscuro torpore, ma di certo non era stato
determinante.
Eppure, si arrestò all’improvviso ricordo del suo bacio e
dei suoi occhi azzurro mare, così limpidi e fiduciosi, da far capitolare ogni
suo scudo. Quel bacio…si portò le dita alle labbra socchiuse, sfiorandole con
la punta delle dita affusolate, sedendosi tra i fiori selvaggi di una piccola
vallata in mezzo agli alberi maestosi della foresta di Marzia, cullata dalla
freschezza del vento che le incollava la veste argentata d’arciere alla pelle,
evidenziando ogni curva, e scompigliandole i capelli, che le accarezzavano le
spalle e la schiena, ondeggiando ad ogni soffio dispettoso.
Non sapeva come era giunta in quel luogo, ma sospirò,
cercando di ritrovare il suo equilibro.
La lotta contro la malvagità che risiedeva nel suo animo,
per colpa del “dono” di Venia, era stata
dura e, per un breve attimo, aveva creduto di non riuscire a sovrastare tanta
cattiveria.
Ma, fortunatamente, era riuscita a cavarsela, vincendo ogni
suo dubbio, ogni suo tormento, tutte le sue più inconsce paure, abbattendo le
catene dell’incertezza che la imprigionavano, riacquistando il dominio su sé
stessa.
Eppure sapeva che, finché Venia fosse stata corrotta dal
male, il suo destino era ancora in bilico fra il bene e il male. Bastava un
piccolo squilibro, per lasciare che il mostro che la logorava dentro, tornasse
prepotente a galla.
Si nascose il volto fra le mani, combattuta. Per quanto
ancora avrebbe resistito alla potenza dell’odio e del rancore che covava nel
suo essere, come un bimbo demoniaco piangente?
E poi, quel elfo non le rendeva certo la vita facile,
tentandola, con ogni suo gesto ed ogni sua parola, verso la via della
perdizione. Non aveva incontrato essere più testardo e caparbio!
Non riusciva a capire che lei era un essere pericoloso, che
necessitava tranquillità e non turbamento?
Non riusciva a comprendere che avrebbe potuto ucciderlo,
senza volerlo realmente, solo se avesse lasciato per un labile momento, che la Luthien malvagia e tentatrice
prendesse il sopravvento su quella controllata e pacata.
Perché? Perché continuava a tormentarla con i suoi sorrisi e
le sue parole confortanti? Perché non abbandonava il suo intento? Non riusciva
a capirlo.
Si abbandonò ad un nuovo sospiro, cominciando ad intonare la
canzone di sua madre, cercando di ritrovare la sua naturale quiete.
Non poteva certo sapere che l’oggetto dei suoi pensieri,
senza volerlo, si era imbattuto in lei e che ora la osservava dal folto dei
cespugli e delle fronde scure degli alberi.
Legolas si era inoltrato nella foresta, per cercare sollievo
nella serenità che solo gli alberi e il verde dell’erba fresca, potevano
conferirgli, immaginando, per un attimo, di essere ritornato nelle sue lontane
terre, dove veniva accarezzato dai sussurri delicati delle foglie verdi della
vegetazione florida di Bosco Atro, bagnato dal dorato della luce solare e
rassicurato dal calore che i suoi raggi emanavano.
Inconsapevolmente, si era arrestato e il suo cuore aveva
perso un battito alla vista di Luthien, raggomitolata tra i fiori ed illuminata
dalla luna e dalle lucciole che le giravano intorno, posandosi sulle corolle
variopinte.
Era lì, da sola, e
sembrava quasi irraggiungibile ai suoi occhi. Avrebbe voluto stringerla a sé,
confortarla, ma le sue mani sembravano quasi frenate da catene invisibili,
avvolte intorno ai suoi polsi.
Era impietrito ed
imbarazzato, al tempo stesso. Non sapeva come comportarsi. Il suo più grande
desiderio era quello di uscire fuori dall’ombra, ma si vergognava al pensiero
che il ricordo del loro bacio e delle emozioni che evocava in lui, così intense
da lasciarlo tramortito e di desiderare di ripetere l’esperienza al più presto.
Pensieri proibiti e
segreti, che lo tramortivano e lo lasciavano accaldato e pieno di languore
inappagato. Sensazioni mai provate, eppure così belle da riempirlo di felicità.
La osservò ancora e
preso coraggio, uscì allo scoperto, cedendo al bisogno impellente di confidarsi
con lei, di renderla partecipe delle sue emozioni. Bisognoso di rivelarle il
suo amore. Perché era amore, ne era sicuro, ciò che faceva palpitare
freneticamente il suo cuore e a colmarlo di quel caldo benessere.
Luthien, avvertendo
i suoi silenziosi passi, grazie all’udito sensibile che li acuminava, si destò
dal suo torpore, riprendendo vita e sgranando gli occhi nel vederlo apparire
alla luce della luna evanescente.
L’ombra scivolò
lontano dal suo viso e il vento ne approfittò per renderlo oggetto dei suoi
giochi, smuovendo delicato le sue vesti elastiche d’arciere, e i capelli lunghi
e lasciati sciolti lungo le spalle, di un biondo dorato, che riluceva
d’argento, sotto i raggi lunari. Solo due ciocche ai lati delle tempie erano
intrecciate in due delicate trecce, che gli conferivano un aspetto fragile,
nonostante la forza che emanava il suo corpo snello ed etereo.
Seguirono attimi
dove solo il silenzio riempiva lo spazio circostante e quando il venticello
cessò, Legolas sembrò animarsi, socchiudendo la bocca per parlare.
“ Siete qui.”
Lei trasalì al
suono della sua voce. Non la sentiva da tanto.
“ Si. Anche voi,
vedo.”
Legolas annuì,
portando lo sguardo al suolo, quasi per nascondere il rossore che Luthien vide
apparire sulla punta delle sue orecchie e sulle sue guance pallide. Sorrise tra
sé, intenerita, nonostante tutto. Chissà cos’era ad imbarazzarlo così?
“ Siete
imbarazzato?”
Lui sostenne il suo
sguardo, sgranando gli occhi, meravigliato alla vista del sorriso luminoso,
nato sul suo viso, posato sulle sue ginocchia, raccolte dall’abbraccio delle
sue mani.
Ricambiò, ancora
stordito, per poi annuire.
“ E cos’è che vi
intimidisce?”
Gli chiese curiosa,
ancora il sorriso ad incurvare le sue labbra, mentre lo vedeva avvicinarsi e
sedersi accanto a lei, con le braccia posate sulle sue gambe divaricate.
Poso il suo sguardo
su di lei, percorrendo interamente la sua figura e avvertendo il cuore stretto
nella morsa dell’amore, ormai traboccante in lui ed evidente anche agli occhi
di Luthien, che si drizzò all’erta.
Non ebbe il tempo
di scansarsi, quando Legolas allungò una mano ad accarezzarle il viso e
trattenendola sulla sua guancia, compiendo dei movimenti circolari sulla sua
pelle, con le dita, come per sciogliere la sua tensione, marchiandola con la
lucentezza e l’intensità dei suoi occhi azzurri, come il mare di mezzogiorno.
“ Voi. Siete voi, a
provocare il mio imbarazzo.”
Luthien abbassò un
attimo lo sguardo, immobile, per poi incatenarlo nuovamente al suo, tramortita
dal tono della sua voce, basso e musicale.
“ La vostra voce mi
stordisce. La vostra bellezza mi paralizza. I vostri occhi sembrano indagarmi
l’anima, tanto è la loro intensità. I vostri lievi e dolci sorrisi fanno
sussultare il mio cuore. Il vostro profumo mi inebria i sensi.”
Disse con voce
velata d’emozione, per poi portare la sua mano, al mento di lei, sollevandolo
con il pollice e il medio, accarezzando lievemente il suo labbro inferiore,
saggiandone la morbidezza.
“ E le vostre
labbra, mi tentano ad assaggiarne, sempre più spesso, la straordinaria
morbidezza.”
Le sussurrò in un
soffio, per poi declinare il capo, avvicinando il suo viso al suo e fermandosi
a pochi centimetri dalle sue labbra, frementi le sue e socchiuse quelle di lei.
Erano così vicini,
da poter sentire il suo fresco e dissetante respiro, infrangersi sul suo viso.
Poteva vedere tutti i piccoli particolari che la contraddicevano, che,
nell’insieme, la rendevano ancora più bella, come le pagliuzze dorate nelle sue
iridi color nocciola, le piccole lentiggini che fiorivano sulla punta del suo
naso all’insù, il rossore bruciante della sua bocca.
Aspettò che lo
scostaste ma, si sorprese nel notare il suo totale abbandono, nonostante la sua
evidente paralisi. Sembrava quasi che attendesse il suo bacio, e questo lo
riempì di gioia.
Sorridendo, chiuse
gli occhi e baciò l’angolo sinistro della sua bocca. Si allontanò dopo aver
avvertito il suo debole sospiro infrangersi sulle sue labbra, lasciandola
libera dalla sua presa e attese, finché non fu lei a parlare.
“ Cosa state
cercando di dirmi?”
Lui sorrise e rise
fra sé, osservandola per la prima volta, in sua compagnia, più sicuro di sé e
determinato. Forse, questo improvviso coraggio, era dovuto alla consapevolezza
dei suoi sentimenti.
“ Non è evidente?”
Lei aprì e chiuse
la bocca, portando lo sguardo verso le fronde degli alberi, torturando una
ciocca dei suoi capelli fra le dita. Gli sembrò a disagio e questo lo incuriosì
e lo compiacque, al tempo stesso. Un sorriso comparve sul su volto. Allora, non
le era del tutto indifferente.
Per toglierla da
quel attimo di turbamento, si avvicinò e, afferrando la sua mano, se la portò
gentilmente alle labbra, baciandone le dita, tiepide ed affusolate.
Alzò lo sguardo
verso il suo viso, sorprendendosi di trovare una lieve sfumatura rosata ad
abbellire le sue guance candide. Il suo cuore ebbe un sussulto e avvertì lo
stomaco contrarsi in uno spasmo di tensione. Che non fosse davvero una sua vaga
impressione? Che Luthien cominciasse a provare, davvero, qualcosa di diverso
dal rispetto e dalla fiducia che nutriva per lui?
Al pensiero, la
tensione accumulata fin a quel istante, si sciolse in una calda colata di
speranza.
Le regalò uno dei
suoi sorrisi più rassicuranti e avvertì le dita della sua mano vibrare,
costrette dalla prigionia della sua.
Luthien distolse lo
sguardo ancora una volta, e Legolas si perse nel movimento fluido dei suoi
capelli che scorsero lungo la sua spalla, andandole a coprire una parte del
seno coperto, ma ben visibile sotto la stoffa aderente dell’abito.
“ Volete forse
dirmi, che mi amate?”
Sbottò
all’improvviso, con voce ferma e melodica, facendolo trasalire.
La presa della sua
mano si fece più salda e, portandola fra i ciuffi d’erba, ne intrecciò con
delicatezza le dita, non forzandola in alcun modo e giocando con i
polpastrelli.
“ Si.”
Confermò,
rispondendo con sincerità alla sua richiesta ed intercettando il suo sguardo,
nel momento stesso in cui lei si voltò ad osservarlo sconvolta e lui alzò il
volto dal suolo e dalle loro mani unite.
“ Si, io vi amo,
mia signora.”
Fu in quel momento,
che Legolas sentì il macigno che gli opprimeva l’anima, sgretolarsi ad ogni sua
parola, avvertendo una sensazione di leggerezza e di felicità invadergli
l’essere intero.
Finalmente, le
aveva confessato il suo amore. Finalmente, aveva spalancato le porte del suo
cuore, lasciando che le parole fluissero via dalle sue labbra, come acqua che
sgorga da una fresca fonte fra le montagne.
Ora, non bastava
che attendere la sua risposta. Le lucciole illuminavano i loro visi,
affievolendo ed intensificando le loro luci giallastre, sottolineando ogni
ombra e rendendo gli occhi di Luthien due pietre scure d’incredulità e quelli
di Legolas, due zaffiri luccicanti di attesa ed aspettativa.
“ Non è possibile.”
Disse lei, cercando
di sciogliere l’intreccio delle loro mani. Ma le dita di Legolas si piegarono,
arrestando il loro intento e trattenendola.
“ Perché dite
questo? È così difficile credere che possa amarvi, come non ho amato nessun
altro prima d’ora?”
Le chiese
trepidante ed accorato, avvicinandosi di più a lei, ad ogni suo ritrarsi. La
sua espressione era ancora dipinta di sgomento. Sembrava che non lo avesse mai
visto prima d’allora.
Le sue labbra si
serrarono e i denti perfetti ne andarono a turbarne la morbidezza. Scuoteva la
testa, come a cancellare un pensiero molesto.
“ No, non può
essere. Tutto questo non sta accadendo davvero.”
Sussurrò fra sé,
melodica e pallida in volto, cercando di sfuggirgli, incapace di sostenere oltre
il suo sguardo.
Ma Legolas,
liberando con un movimento invisibile le loro mani, le circondò il viso con
entrambi i palmi, nonostante cercasse di sfuggire alla sua presa, mormorando
dei “no” disperati, come se la stesse sottoponendo a chissà quale tortura
insostenibile.
Legolas portò le
loro fronti a scontrarsi, respirando il profumo dei suoi sospiri agitati ed
avvertendo le sue tempie pulsare frenetiche, come impazzite dai troppi pensieri
contrastanti o in preda ad una terribile febbre.
“ Sssssh, va tutto
bene.”
La rassicurò con
voce morbida e carezzevole, accarezzandole i capelli e baciandole lieve l’apice
del capo, circondandola con le sue braccia e lasciando che ascoltasse il suo
cuore battere frenetico, sotto il suo orecchio.
“ Va tutto bene. Ci sono io, qui, ora. Non sei più
costretta a combattere da sola, la battaglia contro te stessa.”
Le mormorò fra i
capelli, nella lingua melodica degli elfi, cullandola fra le sue braccia e
cercando di placare quella che gli
sembrava una crisi di nervi. Povera Luthien. Chissà come doveva essere
combattuta, impaurita dalle sue stesse emozioni.
Dopo attimi che gli
parvero eterni, con il suo ed il profumo dei fiori bagnati di rugiada nelle
narici, le bisbigliò dolce, questa volta all’orecchio, sfiorandone la punta ad
ogni parola con le labbra socchiuse.
“ Luthien,…”
La chiamò per la
prima volta per nome, dandole del “tu”, con disinvoltura, come se l’avesse
sempre fatto, causandole un tremito nelle membra, che avvertì indistintamente,
dato che le stava accarezzando i lisci capelli castani, così fini sotto le sue
dita d’arciere.
“ Io ti amo, perdutamente ed incondizionatamente. E
continuerò ad amarti, anche se tu mi respingerai. Perché l’amore è un
sentimento che si può solo donare e non sempre ricevere. Ma non importa…”
Disse con un
sorriso malinconico, intensificando la stretta del suo corpo al suo, così
fragile e minuto, ora, imprigionato nella sua tenera stretta.
“ Tu sarai sempre la donna meravigliosa che amerò per
tutti i lunghi anni che mi restano da vivere. Per sempre, amore mio, delizioso
angelo celeste, incantevole sirena dagli occhi color nocciola, l’unica che
abbia stregato il mio cuore. Tienilo, appartiene a te.”
Le bisbigliò le
ultime parole fra i capelli, baciandone la radice e sospirante, commosso dalle
troppe esaltanti emozioni che lo incendiavano interamente, anima, corpo e
mente.
Luthien appoggiò il
palmo delle mani, inerti, sul suo petto, ascoltando il ritmo calzante del suo
respiro e cullata dalle pulsazioni singhiozzanti del suo cuore.
Le sue parole le
avevano perforato l’anima dannata, accarezzandola con il suono modulato della
sua voce limpida e pura, come il suo animo, che sentiva soffiarle dolci
sussurri d’amore.
Sorrise. Si, ora
sapeva, comprendeva il motivo che lo spingeva a tormentarla. Non era
ossessione, non era passione. Era quello sconosciuto, quel sentimento che
accomunava ogni uomo e che incendiava lo spirito guerriero dei suoi compagni e
che li spingeva e li rendeva più forti.
L’amore. Chiuse gli
occhi, abbandonandosi alle cure di quel folle principe elfo. Che strano
sentimento.
Angolo dell’autrice.
Allora??? Allora???
Vi è piaciuto, uhm??? Un capitolo all’insegna del romanticismo. Che Luthien si
sia davvero innamorata di Legolas??? Chi può dirlo!!! Non perdete il prossimo
cap, sicuramente, ricco di azione. Si avvicina la battaglia e anche la fine
della storia, purtroppo! T-T
Beh, pazienza!!!
Non è detto che vi farò sospirare ancora molto!!! Ne vedrete delle belle, in
seguito, ve lo assicuro!!! Scuola permettendo, aggiornerò più in fretta!!!
Ringraziamenti a:
Fanny91: Grazie mille per aver commentato, nonostante le difficoltà!!! Bacissimi e a prestissimo, Fuffy91!!!^__^*
Ringrazio anche tutti
quelli che leggono e che seguono la mia storia e che l’hanno aggiunta ai
preferiti e fra le storie da ricordare!!!
Baci baci e
prestissimo, Fuffy91!!!
^________________________________^****
<3<3<3
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Capitolo 23 *** Capitolo 23 ***
Capitolo23
Quel mattino, Frodo si ridestò con l’inconfondibile odore di
brina ad invadergli le narici. Respirò profondamente, incurvando le labbra
rosee in un sorriso sereno, alzando le braccia e puntellando i piedi, fasciati
dalla coperta che sentiva accarezzargli le gambe, stiracchiandosi con un
mugolio soddisfatto.
Solo allora, aprì gli occhi, sbattendo più volte le
palpebre, per abituarsi alle prime luci del sole, i cui raggi penetravano
attraverso la fenditura creata dall’apertura dell’ampia tenda, in cui lui ed i
suoi compagni, avevano trascorso la notte. Nel momento in cui si levò a mezzo
busto, lasciando che la coperta in pelle di cervo, scivolasse dal suo petto,
fino alla sua vita, in un morbido fruscio e stropicciandosi gli occhi, ancora
velati di stanchezza, avvertì la
Gemma del Destino, brillare di una luce rassicurante,
riscaldandolo con il suo calore, dolcemente e senza fretta.
Frodo, quasi inconsciamente, la strinse nel pugno della sua
mano, avvertendola, per la prima volta, pulsare come il cuore di un pulcino.
Sorpreso, la osservò sul suo palmo, lasciando che i suoi bagliori luminescenti,
colpissero Sam, disteso al suo fianco e che, infastidito, mugugnò, strizzando
le palpebre serrate, aprendo gli occhi ambrati di scatto, levandosi come se gli
avessero gettato un secchio d’acqua fredda sul viso. Si guardò intorno,
circospetto, per poi puntare lo sguardo sbalordito, sul volto del suo padrone
ed in seguito, sul piccolo sassolino di diamante e cristallo, che brillava nel
palmo della sua mano.
“ Brilla spesso, ultimamente.”
Costatò, sospirando affranto, Sam.
Frodo annuì, osservando la Gemma, rapito da invalicabili pensieri.
“ Si, molto spesso.”
Sam lo osservò a lungo. La preoccupazione dipingeva il suo
volto bonario. Era da un po’ che Frodo gli appariva più sereno, rilassato,
sorridente come molti anni, dopo l’avvento dell’Unico Anello di Sauron, non era
mai stato. Questo, da un lato, lo
riempiva di gioia, ma dall’altro era fonte costante di ansietà.
La Gemma
appariva come una lucciola nell’oscurità di un bosco, illuminandosi ad
intermittenza, come se seguisse i battiti di un cuore. In un lampo, una
scoccante consapevolezza lo raggelò. Ricambiando quasi automaticamente, il
sorriso del suo padrone, non udendo le sue parole rassicuranti, mentre lo
seguiva con gli occhi alzarsi e dirigersi verso la tenda, ad un tratto, il
mondo sembrò gravargli sulle spalle come un peso opprimente, e quasi era
tentato a richiamarlo, per arrestare il suo passo, come se fuoriuscire da
quella tenda, equivalesse non rivederlo mai più.
Sam comprese che quella Gemma, quel piccolo gioiello magico,
in apparenza così innocuo, stava succhiando via, dal suo migliore amico, giorno
dopo giorno, minuto dopo minuto, tutta l’energia vitale.
Lo illudeva, facendogli credere che la sua natura fosse buona,
ma in realtà, agli occhi di Sam, sembrava più simile ad un parassita. Taras
aveva detto la Gemma
non era come l’Anello, che non fosse dotata di vita propria. Ma Sam aveva letto
nello sguardo di Gandalf il timore quando la Gemma aveva preso vita nel palmo della mano di
Frodo, quel giorno, a Gondor.
Lo stesso timore e la stessa ansia che aveva scorto nel
mago, anche la sera prima, durante la cerimonia festosa delle amazzoni.
Il giovane hobbit sospirò, strofinandosi la testa con una
mano, corrucciato. Pensieri frenetici affollavano la sua piccola mente, tutte
concentrate sul rischio di vita del suo padrone.
“ Sam, va tutto bene?”
Si sentì richiamare alla realtà da un preoccupato Frodo, che
non appena si era voltato per informarlo della loro prossima partenza, lo aveva
trovato in preda ai morsi dell’agitazione, senza capirne il motivo.
Ma Sam lo tranquillizzò con un sorriso gentile, alzandosi a
sua volta da sua giaciglio e dicendogli:
“ Tutto bene, Padron Frodo. Solo un po’ di mal di testa,
sicuramente dovuto al vino di ieri sera.”
Cercò di sdrammatizzare. Ma il sorriso con cui lo ricambiò
l’hobbit bruno, era debole. Non era riuscito a convincerlo del tutto.
“ Dimmi la verità, Sam. C’è qualcosa che ti turba, vero?”
Sam spense il suo sorriso ed abbassò lo sguardo, pensoso ed
indeciso se renderlo partecipe dei suoi pensieri, oppure evitargli ulteriori
affanni.
Frodo, notando la sua incertezza, si avvicinò e posò una
mano sulla sua spalla, cercando di catturare i suoi occhi, improvvisamente
tristi.
“ Qualunque cosa sia, non avere timore a confidarti con me.
In tal caso, mi operò ad aiutarti, in qualsiasi modo.”
Sam rimase piacevolmente colpito dalle parole del suo amico,
tanto da portare le sue labbra ad incurvarsi di un sorriso riconoscente, che
Frodo ricambiò, ora meno teso. Era davvero fortunato, ad avere un amico come
lui.
“ A dire il vero, Padron Frodo, ci sarebbe una cosa che mi
angustia e di cui non riesco a liberarmi.”
Frodo annuì, serio ed attento.
“ Parla pure liberamente, Sam. Ti ascolto.”
Sam si mosse irrequieto, ma poi, preso coraggio, lasciò che
le parole e tutti i suoi dubbi prendessero vita e fuoriuscissero dalle sue
labbra, senza alcun freno.
“ Ecco…so che forse vi arrabbierete, ma io…devo dirvelo. È la Gemma, Padron Frodo. Ho
timore che vi stia facendo del male, senza che voi ne siate cosciente.”
Frodo abbassò il capo al suolo, per poi sorridere ed
osservarlo comprensivo e sereno.
“ Lo so, Sam, lo credo anch’io.”
Sam strabuzzò gli occhi, calmando il suo affanno, dovuto
all’agitazione di quella confessione che, ne era convinto, avrebbe potuto
scatenare una lite fra lui e Frodo. Credeva che si sarebbe rabbuiato e che
avrebbe cercato di convincerlo che non era vero, che andava tutto bene, che la Gemma del Destino era
diversa dall’Anello, che leniva le sue ferite, causate dall’oblio che il
gioiello malvagio del Signore Oscuro aveva causato nella sua anima…di certo non
si aspettava quella placida accondiscendenza.
“ Davvero? Lo credete anche voi?”
Frodo annuì, per poi sospirare e mormorare:
“ Ah, Sam! Mio caro Sam!”
Si sedette sul giaciglio, e Sam lo seguì, ancora sbigottito.
“ Sono perfettamente cosciente che la Gemma si sta impadronendo, a
poco a poco, della mia essenza. Ed in fondo, non posso nemmeno fargliene una
colpa. È questa la sua vera natura. La consapevolezza si è fatta strada dentro
di me, da molto tempo, ormai.”
“ E, pur sapendolo, non volete rinunciare?”
Frodo scosse la testa, in segno di diniego, e Sam alzò gli
occhi al cielo, esasperato.
“ Ma, Padron Frodo, non potete lasciare che accada di nuovo.
Che un altro gioiello magico, si impadronisca di voi. Io…”
Disse, alzandosi e dandogli le spalle. Frodo lo osservò,
sorridendo tranquillo. Ormai, qualsiasi cosa gli avesse detto, non sarebbe
tornato sui suoi passi. Aveva deciso.
“ Io non ve lo permetterò! È troppo rischioso. Non sappiamo
cos’altro potrebbe farvi Venia, nel momento cruciale della battaglia. E poi,
anche se riuscisse a porre la
Gemma nella Nicchia di Luce, e se questa riuscisse a
purificare la Signora
dell’Oscurità, che cosa succederà a voi, Padron Frodo?”
Lo osservò animato. Frodo, puntando lo sguardo limpido sulla
Gemma, che brillava dolcemente nella sua mano, disse placido ma deciso.
“ Non ha importanza, Sam, cosa mi capiterà.”
“ Non ha importanza!? Ma, Padron Frodo…”
Esclamò indignato e sorpreso, allo stesso tempo, Sam,
avvicinandosi a lui, nuovamente, e risedendosi al suo fianco.
“ Per tutti i troll, Padron Frodo! È la vostra vita, di cui
stiamo parlando!”
“ Lo so, Sam. Ma…”
Aggiunse, prima che potesse investirlo con altre parole, per
lui, ora, superflue.
“ Ho già rischiato la mia vita, Sam, in un’altra occasione,
in un'altra guerra. Cambiano i nemici, cambiano i luoghi, ma il movente è
sempre lo stesso, ciò che ci spinge a lottare, lottare, lottare senza sosta,
finché l’ultima goccia di energia, defluisca dal nostro corpo.”
Si voltò verso Sam, per poi continuare:
“ Difendere il buono che c’è in questo mondo, Sam. Come tu
stesso mi dicesti, quando ormai la disperazione e l’angoscia aveva schiacciato
ogni mia speranza.”
Sam trasalì a quelle parole, e Frodo gli sorrise,
circondandogli le spalle con un braccio.
“ Perciò, non posso arrendermi Sam. Non posso permettermelo,
non ora né mai. Non posso e non voglio. Ma voglio aiutare Aragorn, Gandalf,
Taras e tutti gli altri a sconfiggere il male. Voglio far continuare a
sorridere la principessa Herion e concederle di correre liberamente, nei prati
di Bosco Bianco. Voglio che i regni di Holmes, Ruer e Murnirm, siano liberi di
pensare ad un futuro senza ombre. Voglio che Arwen veda Aragorn ritornare da
lei, sano ed incolume. Voglio vedere Gimli scambiarsi battute taglienti con
Legolas. Voglio che Gandalf ritorni a farci visita nella Contea, e a vivere
tante altre avventure. Voglio che Will inviti Romilda a ballare con lui. Voglio
vedere Merry e Pipino ritornare alla Contea e prendersi in giro, mentre fumano
erba-pipa a volontà.”
Concluse, osservandolo e scontrando la fronte con la sua:
“ Ed infine, voglio vedere te, Samvige Gaingie, ritornare da
Rosy, godere delle risate dei tuoi figli e piantare nel mio giardino tutti i
fiori che più ti aggradano.”
Sam rise a quelle parole e staccatosi da lui, con lo stesso
brillio di consapevolezza che vedeva risplendere negli occhi di Frodo, afferrò
la sua spalla e gli promise:
“ Anch’io, allora, voglio restare al vostro fianco, Padron
Frodo, fino alla fine, come sempre. E desidero, vedervi tornare con noi alla
Contea e costruire un futuro in pace, senza alcuna malvagità a minacciarvi.”
Frodo gli sorrise, riconoscente.
“ Grazie, Sam.”
Fu proprio quando Sam ricambiò il suo sorriso, che Aragorn
fece la sua entrata nella tenda. Li osservò e se comprese il motivo dei loro
discorsi, non lo rivelò mai.
“ Frodo, Sam. È ora. Dobbiamo partire.”
****
“ Raggiungeremo
Murnirm. E da lì, poi, ci imbarcheremo verso il regno di Venia: Isidras.”
Disse Taras, a Vanesia, che annuì, per poi comunicare le
loro intenzioni alle sue sorelle Amazzoni, già, come lei del resto, in groppa
ai loro rispettivi destrieri, armate e pronte a partire. Tra di loro c’era
anche Romilda, a cui Will inviò un bacio, causandole un gesto di esasperazione,
che causò una sua risata fragorosa.
“ Taras, hai detto, che ci imbarcheremo.”
Gli chiese Frodo, già posto dietro Aragorn.
“ Isidras è un’isola. Dovremmo raggiungerla per via mare.”
Lo informò il tenace Taras.
“ Sir Orfin ha delle navi capaci di contenere gli eserciti
di Ruer, Holmes, Murnirm, quelli delle Amazzoni e degli Yorias?”
Gli chiese calmo Aragorn, che spronò il suo cavallo
scalpitante.
“ Si. A detta di Edward, Orfin possiede tre vasti galeoni da
guerra, che usa durante le lotte contro i mercenari.”
“ Tre non basteranno a contenerli tutti.”
Disse Gandalf, affiancandoli, in groppa al suo Ombro Manto,
più bello e lucente che mai, ai raggi del sole.
“ Ce ne servirà almeno un altro, per riuscire a trasportare
più di centomila uomini e donne…” aggiunse, ad un accenno indispettito di
Oleandro che sorrise, per poi affiancare la sua regina:
“ …ad Isidras.”
Concluse il mago, nel momento in cui Will si unì a loro.
“ Magari Edward, Rayon o lo stesso Orfin, ci avranno già
pensato, durante la nostra assenza.”
“ Lo spero vivamente.”
Sussurrò Gandalf, per poi riscuotersi e galoppare verso la
base della vallata.
“ Forza, allora. In marcia verso il regno di Murnirm. Se
partiamo ora, saremmo lì all’alba del secondo giorno.”
Gimli, in groppa al cavallo di Legolas, con l’elfo che
stringeva le redini, sbuffò amareggiato.
“ Ci toccherà cavalcare senza alcuna sosta, trascurando il
rifocillamento ed il riposo.”
Borbottò il figlio di Gloin, facendo sorgere un sorriso
involontario sulle labbra di Legolas.
“ Come disse qualcuno, Gimli: sono i cavalli che corrono,
non noi.”
Luthien si voltò nella sua direzione e ricambiò il suo
sorriso, con uno lieve ma sincero, per poi raggiungere i cavalli di Taras e
Will, frapponendosi fra i due.
“ Beh, non hai tutti i torti.”
Disse Gimli, facendogli nascere un nuovo sorriso, il cuore
addolcito dallo sguardo più morbido e luminoso della sua amata. Solo la notte
precedente, le aveva confessato il suo amore. Lei non aveva risposto, ma non lo
aveva nemmeno respinto, né aveva rifiutato le sue attenzioni né si era
dimenata, risentita, nella stretta tra le sue braccia.
Ora, doveva essere paziente e concederle il suo tempo.
Doveva prima imparare ad amare sé stessa, ed in seguito, concedergli di varcare
le porte del suo cuore.
Si sentiva pervaso di una nuova energia e non gli sarebbe
dispiaciuto inaugurare un’altra gara con Gimli, che gli stava intimando di
muoversi a raggiungere gli altri, già partiti verso la loro meta.
Intanto, mentre il vento fischiava tra le orecchie, per via
della corsa incessante, udendo i nitriti e rumore roboante degli zoccoli dei
cavalli, che tastavano con violenza il suolo erboso, Frodo strinse la Gemma del Destino
luminescente al suo petto, lo sguardo lontano, prima di incontrare quello di
Sam, aggrappato alla schiena di Luthien, che annuì sorridendogli.
Si, si ritrovò a pensare, stringendo ancora di più la presa
sulla Gemma, che sembrò battere d’impazienza e speranza come il suo cuore,
sarebbe andato tutto bene.
Isidras sarebbe stato l’ultimo atto in cui si sarebbe
disputata la resa dei conti. Vincere o perire. Frodo avrebbe fatto di tutto per
portare a termine la sua e la battaglia di tutto il mondo, contro il male. Ora
e per sempre.
****
Come previsto da Gandalf, giunsero a Murnirm all’alba del
secondo giorno dalla loro partenza da Marzia. Gli abitanti della città,
osservarono sbigottiti le tribù delle Amazzoni e degli Yorias, attraversare le
ore strade, correndo incessantemente, fino ad arrestarsi definitivamente,
nell’ampio cortile della fortezza, dove i loro soldati e quelli di Holmes e
Ruer, era in fermento per ultimare i preparativi per il viaggio verso Isidras.
Venne loro incontro il principe Varen, sorridente più che
mai.
“ Siete tornati. È una gioia rivedervi.”
Disse, abbracciando Aragorn e stringendo la mano di Taras,
entusiasta.
“ Finalmente, siete arrivati. Orfin era diventato così
impaziente, da minacciare di partire senza di voi.”
Disse il re di Ruer, Sir Rayon, i capelli biondo cenere,
resi bianchi alla luce tenue del primo sole.
“ Fortuna che siete giunti, giusto il tempo per rendervi
partecipe di un nostro problema.”
Gandalf sospirò alle parole di Sir Edward, mentre Varen e
Rayon facevano la conoscenza di Vanesia e Yoria. La prima sorridente e fiera,
l’altro deciso e sbrigativo.
“ Immagino, che il problema di cui parlate, sia la mancanza
di mezzi.”
Edward strinse le sue labbra rosse e i suoi occhi dorati
brillarono di frustrazione.
“ Si. Ah, maledizione! Proprio ora che eravamo ad un passo
per disputare la battaglia definitiva contro la Dama delle Tenebre.”
Disse, indignato.
“ Potremmo costruire un’altra nave, se è questo che vi
occorre.”
Si offrì Yoria, ottenendo un conferma di aiuto in Romilda,
che otttenne.
Ma Aragorn soppresse la loro azione sul nascere.
“ No, occorrerebbe troppo tempo. Dobbiamo agire in fretta,
per non evitare l’effetto sorpresa in Venia. Di certo non si aspetterà
un’unione tra Yorias ed Amazzoni.”
“ Aragorn ha ragione.”
Disse Rayon.
“ Si, ma allora cosa proponete di fare? Non ci rimane altro
modo, al momento.”
Disse Will, smontando dal suo cavallo ed affiancandosi a
Taras e Luthien, intenta a giocare con i suoi capelli. Frodo si arrovellava per
cercare un soluzione alternativa, ma all’improvviso, scorse in lontananza, fra
i lavori dei soldati, Sir Orfin procedere a grandi passi verso il loro gruppo,
più infuriato e sdegnoso, che entusiasta come il figlio ereditario, prima di
lui, seguito da sua figlia, Dama Molis, i capelli raccolti in boccoli ordinati
e biondo ramato, abbaglianti alla luce del nuovo dì, come l’azzurro intenso del
suo elegante vestito.
A mano che si avvicinavano, Frodo riuscì a captare i loro
discorsi.
“ Padre, vi prego, vi invito a ragionare. È l’unica
soluzione possibile.”
Diceva lei, cercando di affiancarlo.
“ No, no, e ancora, no! Non permetterò mai che mia figlia
scenda a patti con un delinquente, un furfante, un intrigante, uno scellerato,
un fuorilegge, un…”
“ Un bravo uomo!”
Esclamò lei, arrestandosi di scatto e scrutandolo risentita,
i pugni chiusi e le braccia tese lungo i fianchi.
Orfin si arrestò di scatto, voltandosi sorpreso dalla sua
reazione. Evidentemente, non aveva mai visto la sua dolce figliola
rivoltarglisi contro così, data la sua espressione sbalordita, sottolineata
dagli occhi color acquamarina sbarrati e le labbra tremolanti socchiuse.
Romilda e Vanesia la guardarono con interesse, sorridendosi
a vicenda e a Frodo parve di sentire la prima mormorare:
“ Però, che caratterino ha la principessina.”
“ Molis, cara, ti prego. Cerca di ragionare. È un mercenario
della peggior specie. Io, non posso permettere che…ho delle responsabilità
verso il mio popolo…non posso metterlo in pericolo, io…”
Ma Molis era irremovibile. Rimase in quella posizione
autoritaria, quasi senza respirare, fino a quando non disse:
“ Lui verrà. Me l’ha promesso. Ci aiuterà. Non ha nulla da
perdere. In fondo, la guerra contro Venia interessa anche lui.”
Insistette Molis, ma Frodo non riuscì a capire a quale lui si riferisse.
Orfin sbuffò, borbottando:
“ So io, che cosa interessa a quel manigoldo libertino.”
Molis rilassò le membra del suo corpo, per poi rivolgersi al
re di Ruer, che la accolse tra le sue braccia, come se fosse un’altra delle sue
figlie.
“ Ti prego, Rayon. Cerca di convincerlo tu, che è la cosa
migliore per tutti.”
Lo pregò, gli occhi castani e grandi pieni di commozione,
che minacciò di sciogliere il cuore troppo tenero del sovrano di Murnirm, che
temporeggiò indeciso.
Sir Rayon sorrise alla principessa.
“ Ti aiuterei volentieri, dolce Molis, se solo sapessi a
cosa ti riferisci.”
“ Per la nave in più che vi occorre. Devis ha promesso che
sarebbe accorso a Murnirm, per rederci
il suo utile apporto.”
Rayon osservò prima Edward e poi Aragorn, che chiese gentile
alla principessa, anche se la sua voce profonda, trapelava una nota di entusiasmo.
“ Chi è Devis, mia signora?”
Molis puntò il suo sguardo sul re di Gondir, per poi
sorridere amabilmente.
“ E’ il mio migliore amico. Mi ha salvato da morte certa,
cinque anni or sono. E da allora, le sono stata sempre riconoscente.”
A quelle parole, seguì un nuovo sbuffo del re.
“ Non esageriamo. Per aver ucciso un paio di orchi. Non vedo
una riconoscenza eccessiva, in questo.”
Molis lo trucidò con lo sguardo.
“ E’ un bravo uomo. E ha salvato la vita di vostra figlia.”
“ Ha ragione padre.”
Disse Varen, scoccando nuovamente Orfin, che li guardò
entrambi come se non li riconoscesse.
“ Oh, ma bene! Messo alle strette da entrambi i miei figli.
È una cosa inammissibile! Io, Sir Orfin,
sovrano di Murnirm, chiedere aiuto a un…un…”
“ Se non c’è altra via, io approverei di buon grado la
soluzione di Molis. Semplice e vantaggiosa.”
Approvò Rayon, ammiccando verso Molis, che mimò con le
labbra un “ grazie” riconoscente.
“ Anch’io, se fossi in lei Sir Orfin, non la sdegnerei.”
Concluse Gandalf, appoggiandosi al suo bastone, sorridendo
alla principessa, che ricambiò imbarazzata.
Ad un tratto, seguita la capitolazione di Sir Orfin, un
soldato accorse trafelato. Portava un’armatura verde smeraldo, con un leone ed
un serpente sul davanti, che si davano battaglia. Era uno degli eserciti di
Murnirm.
“ Mio signore!”
Urlava, prima di giungere al cospetto del suo re, fermandosi
affannato.
“ Mio signore…una nave, mio signore, …al porto, è
attraccata…ha vele nere…mio signore, e sulla prua la testa di un leone.”
Lo informò, con relativo sforzo. A quelle parole, le guance
di Molis si accesero di un rossore di piacere, sorridendo felice e luminosa.
“ E’ lui! E’ Devis! Solo lui ha una nave con un leone inciso
nel legno della prua.”
Detto questo, corse lungo le pendici del monte ad est,
seguita da suo padre e dal resto della compagnia, mentre gli Yoria e le
Amazzoni avevano preferito unirsi ai soldati dei rispettivi regni, per
affrettare la partenza.
“ Molis! Molis, aspetta! Oh, ma dove è andata!”
Disse Sir Orfin, arrivato ai piedi del porto, le cui entrate
erano scolpite nella roccia. Frodo e Sam si meravigliarono nello scorgere tre
grandi navi in legno di frassino, molto più simili a galeoni, riempire quasi
interamente lo spazio. Ma grande fu il loro stupore nell’intravedere un’imponente
nave con vele nere, con assi del colore della terracotta e le fauci spalancate
della testa di un leone, che si confondeva con la prua.
Ai piedi del porto, con la spuma del mare che si infrangeva
lungo gli scogli, il vento ricolmo di salsedine a smuoverle i capelli e la
veste, c’era Molis, mentre in piedi, sul parapetto della nave, afferrato ad una
cima, c’era un giovane vestito con abiti semplici, camicia bianca sbottonata ad
intravedere il petto abbronzato, pantaloni di cuoio marroni, capelli neri più
del carbone, lunghi, ondulati e lasciati sciolti sulle spalle, occhi anch’essi
neri, ma brillanti di malizia.
Con un sorriso abbagliante, investì Molis, che ricambiò
dolce, nonostante il rossore diffuso sulle sue guance.
“ Salve, principessa.”
Angolo dell’autrice.
Salve a tutti!!! Scusate il ritardo immenso, ma tra uno
studio e l’altro, sono riuscita a regalarvi solo questo capitolo!!! Mi scuso
umilmente per l’immenso ritardo! Vedrò di rimediare in seguito!!!
Ma ora, passiamo ai
Ringraziamenti a…
LadyElizabeth:
Non preoccuparti!!! Grazie mille per i tuoi commenti!! Sei dolcissima e cara,
come sempre!!! Vedrò di farlo presente a Legolas, che sei disponibile anche se,
come hai letto, è sempre più preso dalla misteriosa Luthien!! Sarà dura fargli
cambiare idea!XD Vanesia e Yoria sono personaggi fieri e temerari che mi
riempiono di orgoglio, mentre con Romilda e Will c’è sempre da ridere e
scherzare, anche nei momenti più calienti!XD Spero ti sia piaciuto anche questo
nuovo capitolo, e che mi seguirai anche in seguito!! Baci baci e grazie mille
ancora, Fuffy91!!^__^*
Elizabeth Black: Accidenti,
Fanny, mi piace troppo il tuo nuovo nick!! È così…Black!!!XD
Allora, che mi dici?? Ti è piaciuto questo nuovo cap???
Spero di si!!! Grazie mille per i tuoi immancabili commenti!!! Sei sempre
carina e divertentissima!!! Quel “pezzo di elfo “ di Legolas sarà più
fortunato, vedrai, vedrai!!! Ma non ti dico più nulla, altrimenti mi
sbilancio!!!XD A prestissimo, allora!!! Baci baci, Fuffy91!!^__^*
Inoltre, ringrazio tutti quelli che leggono, che seguono,
che hanno messo questa storia tra i preferiti e le storie da ricordare!!!
Baci baci a tutti voi!!! Fuffy91!!!
^________________________________________^***
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Capitolo 24 *** Capitolo 24 ***
Capitolo 24
“ Salve, principessa.”
La salutò il mercenario, con un sorriso abbagliante ad
incantarla. Molis, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro,
arrossì al suono della voce profonda del giovane uomo, per poi compiere qualche
passo verso di lui, esclamando, entusiasta:
“ Sei venuto! Ne ero sicura!”
Si arrestò, quando lo vide, con l’uso della cima, saltare
dal parapetto ed atterrare agile a pochi millimetri da lei, che arretrò di
riflesso, ancora sorridente, la mano destra stretta debolmente a pugno, posta
sul petto, in prossimità del cuore, quasi a volerne placare i battiti, dovuto
alla sua azione improvvisa .
“ Beh…avrei potuto mai negare aiuto ad una bella fanciulla?”
Disse Devis, studiandola con interesse, da capo a piedi. Ma
Molis non sembrò farci caso, ridendo a quelle parole ironiche.
“ Non scherzare. Comunque, giungi proprio a pennello.
Stavamo giusto parlando di te.”
Devis inarcò un sopracciglio scuro, sorridendo di sbieco.
“ Ah, si? Spero siano stati discorsi interessanti.”
Disse, mentre Sir Orfin era preda ad eccesso di collera,
sottolineato da tremori diffusi in tutto il suo corpo e dai pugni chiusi lungo
i fianchi. Forse, non gradiva l’estrema vicinanza fra la principessa ed il
bandito, che, al contrario, aveva tutta l’aria di trovarsi a proprio agio in
quella tesa situazione.
Molis fu preda di un nuovo risolino divertito, per poi, in
uno slancio di complicità, prenderlo per mano, e trascinarlo verso il loro
gruppetto. Sir Orfin sussultò al contatto fra i due giovani, stringendo i denti
e serrando le labbra, indispettito.
“ Su, vieni. Vorrei presentarti gli amici di mio padre. Tra
di loro, ci sono anche Sir Edward e Sir Rayon, sovrani, rispettivamente, di
Holmes e Ruer. Poi, c’è Sire Aragorn, re di Gondor, e…”
“ Aragorn? L’erede di Isildur? Colui che è ritornato ad
occupare il trono di Gondor, alla caduta dell’Oscuro Signore di Mordor?”
Chiese stupito Devis, mentre si arrestava, con ancora la
mano destra, grande ed abbronzata, imprigionata in quella più piccola, bianca e
delicata di Molis, che lo osservò prima confusa per poi sorridere serena.
“ Si, esatto. Sei molto informato.”
Devis si crucciò a quelle parole, lo sguardo scuro
pensieroso.
“ Si. Dovevo partecipare anch’io a quella lotta, unendomi
agli eserciti di Mordor.”
Molis si distaccò a quelle parole, pronunciate dall’uomo in
modo quasi svogliato o indifferente, arretrando, come scottata, un’espressione
di incredulità e paura sul suo volto a cuore.
“ Ma tu, non lo hai fatto, vero? Non ti sei unito a lui.”
Chiese, quasi tremante.
Devis la osservò impassibile, per poi incurvare le labbra in
un sorriso enigmatico, ed avvicinarsi a lei, che non si scostò, piegandosi per
accostare le labbra al suo orecchio destro.
“ E chi lo sa? Forse si o forse no.”
Mormorò, in modo che tutti potessero sentire, sfiorandole la
punta dei lunghi capelli con le dita, in un gesto delicato, che irritò
maggiormente il re di Murnirm, che si mosse agitato.
A quelle parole, seguirono risate scroscianti, provenienti
dalla nave, dove vi erano un gruppo eterogeneo di mercenari. Tra di loro, si
distingueva un uomo alto, con il petto scoperto, ampio e muscoloso, le braccia
incrociate e l’espressione del viso seria, a differenza dei suoi compagni, che
continuavano a sorridere, divertiti, sorrisi a cui si unì quello di Devis, che
si allontanò da Molis, che lo guardava rammaricata, con una carezza sulla
guancia e che scendeva sul collo e sulle spalle, a mano a mano che si
allontanava.
“ Ehi, capitano! La principessina è rimasta di stucco!”
E da qui nuove risate.
“ Già! Non si fa così, capitano! Le spezzate il cuoricino
tenero!”
Disse un altro marinaio, affacciato maggiormente al parapetto
della nave, con le mano penzoloni e il sorriso giallastro dai denti sbilenchi,
causando altre fragorose risate.
“ Tenero?! Diciamo pure ingenuo!”
Disse un altro, ridendo ancora più forte.
Molis divenne rossa d’imbarazzo e risentimento, cominciando
a correre verso suo padre, che aveva sguainato la sua spada, con le labbra
spalancate, pronte a pronunciare una minaccia, ma si bloccò alla vista di Devis
che afferrava il polso di Molis e sguainando la sua di spada, puntandola sul
suo equipaggio, che ammutolì all’istante.
“ Silenzio. Ora basta. Mi state irritando. Ritornate ai
vostri doveri.”
Sibilò minaccioso, e a quell’implicita minaccia, i suoi
compagni arretrarono, chi sbuffando, chi borbottando, chi preferendo dileguarsi
silenziosamente, come l’uomo bruno, alto e massiccio che aveva colpito la
curiosità di Frodo, che arretrò sorridendo a Devis, il quale ripose la sua
spada, ricambiando con un cenno, mentre lo sentiva esclamare deciso e con tono
forte:
“ Avete sentito il capitano? Poche chiacchiere e ai vostri
posti! Stiamo per ripartire!”
Molis, a quelle parole, strabuzzò gli occhi, lasciando che
Devis liberasse il polso dalla morsa della sua mano.
“ Parti? Ma allora, non hai intenzione di aiutarci. Ti sei
burlato di me, deliberatamente.”
Gli disse, con un tono accusatorio, accigliata e con un
rossore di risentimento ad imporporarle il viso.
Devis si voltò, incatenando i suoi occhi scuri in quelli
luccicanti di castano di Molis, una maschera imperturbabile sembrava ricoprire
il suo volto di uomo. Il vento soffiò ancora, investendoli come statue
abbigliate, colmando il silenzio frappostosi fra i due.
L’atmosfera glaciale venne rotta da Devis che portò lo
sguardo al suolo di pietra, per poi sorridere e venir scosso da una risata
sommessa, che scatenò confusione sul volto fin troppo serio della principessa
di Murnirm.
Si avvicinò con passi misurati a lei, per poi arrestarsi a
pochi centimetri dalla sua esile figura, sorridendole ancora pacato,
sussurrandole:
“ Vuoi venire con me?”
Molis sbarrò i grandi occhi a quella richiesta, arretrando
di qualche passo, torcendosi le mani intrecciate, in un moto di nervosismo ed
imbarazzo insieme.
“ Non…non è per questo che ti ho chiesto di approdare a
Murnirm.”
“ Ah, no?”
Chiese lui, divertito dall’impaccio della ragazza,
mordendosi il labbro inferiore, sorridendo malandrino.
“ Certo che no!”
Esclamò lei, voltandosi verso suo padre, suo fratello ed i
membri della Compagnia della Gemma, che Frodo sentì brillare indistintamente,
in attesa, come lui del resto, della prossima mossa della principessa, che si
voltò nuovamente verso il suo interlocutore, che continuava a sorriderle
divertito, le gambe divaricate e le braccia incrociate mollemente al petto.
“ Ti ho chiesto di venire, perché credevo, scioccamente, che
avresti accettato di aiutare mio padre, mio fratello e i loro alleati a
raggiungere Isidras.”
“ Isidras?”
Si sentì elevare una voce sul galeone di Devis, che non si
voltò né si mosse quando un omino piccolo e magro, coperto unicamente da logori
calzoni di pelle di daino, precipitò dalla vedetta della nave, attaccato ad una
cima, dondolando a testa in giù accanto al suo capitano. La barba, poco curata,
folta e lunga fino all’inizio del petto, le copriva metà viso, scavato e bronzo
di sole.
“ Con tutto il rispetto di sua signoria, deve essere pazza
per credere che il nostro giudizioso e responsabile capitano, ci conduca dritti
dritti alla tana di Venia.”
Il timbro della voce del marinaio, era gentile e cordiale,
nonostante avesse offeso Molis, che non si turbò e si rivolse direttamente a
Devis, che ora osservava imperturbabile, con solo un sopracciglio arcuato, il
suo mingherlino compagno, che gli sorrise amichevole e quasi complice.
“ Devis…abbiamo bisogno del tuo contributo. Mio padre, il re
di Murnirm, ha a disposizione solamente due navi da asporto. I nostri eserciti,
uniti a quelli di Holmes e Ruer, sono composti da più di un milione di valorosi
soldati.”
“ Già, senza contare le Amazzoni e gli Yorias.”
Aggiunse Pipino, quasi fra sé e sé, guadagnandosi una
gomitata da Merry, che soffocò ogni sua protesta con uno sguardo truce.
“ Le Amazzoni?!”
Ora il mercenario dondolante, sembrava molto impensierito e
spaventato, tanto che si rivolse al suo capitano, tremante ed ansioso.
“ Capitano, quelle sono delle selvagge indemoniate. L’ultima
volta che abbiamo oltrepassato le loro terre via mare, stavano quasi per
spellarci. E non siamo nemmeno scesi a terra! Che succederebbe se le trasportassimo
sulla nostra nave?”
Deglutì rumorosamente.
“ Non oso immaginarlo.”
Devis lo guardò esasperato, mentre, con un gesto teatrale,
il compagno si accarezzava la nuca ed il collo.
“ Non sarete voi a trasportarle. Sarà un altro vascello ad
ospitarle, insieme agli Yorias.”
Disse Sir Edward, guadagnandosi un’occhiata incredula da
parte di Devis.
“ Amazzoni e Yorias insieme?! Quasi impensabile…”
Disse Devis, per poi scrutare Sir Orfin, che ricambiò il suo
sguardo rigido e freddo.
“ Eppure possibile.”
Continuò il giovane
sorridendo, per poi rivolgersi alla Compagnia, osservando direttamente Gandalf.
“ Ditemi: siete stati voi a compiere il miracolo?”
Chiese incredulo. Gandalf gli sorrise pacato.
“ Diciamo piuttosto che sono state le circostanze a condurre
l’alleanza. Come saprete, Venia, la
Signora delle Tenebre, desidera ardentemente un oggetto che
noi custodiamo. Un oggetto, che porterà alla sua rovina, se usato con giuste
intenzioni. La solidarietà che ha unito le due tribù, rivali da sempre, è stato
solo il desiderio comune di sconfiggerla. Ora ditemi, Capitan Devis: voi, quale
parte, scegliete di affiancare?”
Gli chiese solenne Gandalf, osservando intensamente il
giovane capitano, che sostenne il suo sguardo, come quello dei presenti
restanti, per poi posarlo sulla figura di Molis, che gli sorrise.
Devis ricambiò quel dolce sorriso, per poi rivolgersi alla
principessa.
“ Perché hai questa straordinaria qualità di mettermi in
queste difficili situazioni?”
Le chiese, sussurrando e sospirando insieme. Molis rise
delle sue parole, e al suo sorriso si unì quello di Devis e quello di Gandalf, che
osservò la scena ridendo sommessamente e passandosi il bastone immacolato, da
una mano ad un’altra.
“ E’ un’ingiustizia bella e buona. Uno viene qui, dopo un
lungo viaggio, credendo, sperando che una bella principessa voli fra le sue
braccia, e invece, ahimé, quella stessa principessa gli chiede di andare a
morire.”
Disse Devis, in tono plateale.
“ No, non è vero. Io non ti sto chiedendo di sacrificarti.”
Si sentì in dovere di giustificarsi Molis, facendo sorridere
Devis.
“ Dedalus?”
Si rivolse, con aria cospiratrice, al marinaio ancora
penzolante a testa in giù e posto al suo fianco.
“ Si, capitano?”
“ Secondo te, credi che mi stessi riferendo a lei?”
Dedalus soppesò con lo sguardo Molis, per poi oscillare
verso il suo padrone, aggrapparsi alla sua spalla e bisbigliargli all’orecchio,
con un tono di voce facilmente udibile.
“ Beh, non è da buttare, però ne ho visto di donne più
belle, capitano. E poi, a pensarci bene, sembra un po’ troppo mingherlina e non
si può dire nemmeno che sia tanto formosa.”
Molis si portò le braccia al petto, arrossendo.
“ Questo è troppo! Ho sopportato abbastanza, mi sembra. Ora
è il momento di agire!”
Esclamò infuriato Orfin, sguainando la sua spada e correndo
verso Devis, che sorrise, scostando, con una mano sul viso, il suo compagno
che, emettendo un verso euforico, si arrampicò veloce, come un ragno sul
proprio filo, sulla cima e si rifugiò in vedetta.
Devis, intanto, sguainò la sua spada e incrociò la sua lama
con quella del re, che, nonostante le proteste della figlia, preoccupata,
continuò a combattere.
“ Ecco! Lo sapevo che saremmo giunti a questo, Sir Orfin. Mi
chiedevo quando avreste cercato una scusa per attaccarmi. Vedevo che fremavate
e ho visto che con gioia, avete sguainato la vostra spada, incrociandola con la
mia. Ammettetelo…”
Disse con tono schietto ed adulante, aggiungendo
accattivante:
“ Vi sono mancato, vero?”
Gli chiese quando, con una giravolta ed in ginocchio, aveva
evitato che il re di Murnirm lo colpisse al fianco.
“ Sciocchezze!”
Esclamò adirato ed indignato Orfin, sciogliendosi dalla
presa della lama di Devis, che si alzò in piedi, sorridente e quasi divertito
dalla situazione. Molis era sempre più in ansia.
“ Dovresti avere più rispetto dei reali, ragazzo.”
Gli disse il re, girandogli intorno seguito dal giovane, che
si mosse con lui, come a formare un cerchio perfetto ed immaginario.
“ Oh, ho molto rispetto signore.”
Disse serio ed annuendo solennemente, per poi ammiccare
verso Molis.
“ E ho una vera e propria adorazione per le principesse.”
Orfin sbuffò per poi decidersi a rompere il loro moto
continuo ed attaccarlo nuovamente, incrociando le loro lame e spingendolo verso
il fianco destro del molo, contro la parete rocciosa della scogliera.
“ Ah, si? Ti consiglio di liberarti presto da questo tipo di
adorazione.”
Ogni parola accompagnava una scoccata decisa, che finiva
solo per infilzare la parete, provocando una nebbiolina densa di polvere, ad
ogni pietra scalfita. Devis era molto agile, e riusciva ad evitare ogni
attacco. Al momento, sembrava rimanere sulla difensiva, divertito
dall’affannarsi del re.
“ Se fosse per me, potresti anche salpare senza guardarti
indietro. Abbiamo uomini a sufficienza per costruire un’altra nave in breve
tempo.”
Disse sbrigativo Orfin, cercando di disarmarlo, ma senza
successo, visto che Devis, con un salto degno di un acrobata, lo sorpassò e gli
pizzicò il centro della schiena con la punta della spada, facendolo voltare
repentino e, sbuffando contrariato in risposta al suo sorriso divertito, attaccò
nuovamente.
“ Ci sa fare, il ragazzo. Non c’è che dire. Orfin non è un
avversario facile, come poterebbe sembrare.”
Commentò Sir Rayon, rivolgendosi a Sir Edward e ad Aragorn,
che annuì ed aggiunse:
“ Si. Ha destrezza con la lama.”
“ Ah, io saprei fare di meglio.”
Disse Will, impugnando, con leggerezza e senza sfoderarle,
le sue leggendarie spade del drago Amlack, che si infuocarono nella sua
stretta, senza ferirlo. Luthien arcuò un sopracciglio, scettica.
“ Si, non ne dubitiamo. Del resto, sei un campione di
egocentrismo.”
Aggiunse placida, mentre Will rispondeva alle sue ironiche
parole con un sospiro e una risata rassegnata, senza aggiungere altro. Legolas,
testimone della scena, rise dolcemente.
Intanto, Devis si era avvicinato a Molis e, con un sorriso,
la imprigionò tra le sue braccia, ponendosi dietro di lei e solleticandole la
gola , con la lama affilata della sua sottile spada. Molis trasalì ma non si
ribellò a quel brusco gesto.
Sir Orfin, al contrario, aprì e chiuse la bocca, emettendo
un labile “no” di diniego, abbassando di poco la sua spada.
“ Lasciala subito, manigoldo! Cosa intendi fare?”
Devis scrollò le spalle, sorridendo.
“ Nulla. Faccio semplicemente il mio lavoro.”
Disse ironico, infrangendo la sua risata sull’orecchio
destro di Molis, che, a malincuore, venne contagiata dal suo sorriso. Orfin
sembrava scioccato ed insieme adirato.
“ Vi dispiace se la rapisco?”
Orfin sussultò ed imprecò minaccioso.
“ Non oserai…”
“ Andiamo, Sir Orfin. Vi risulta che c’è qualcosa che non
farei?”
Orfin si spazientì e si avvicinò di un passo, agitando la
sua arma.
“ Devis. Ora basta. Non è il momento di giocare.”
Lo rimproverò garbatamente e per nulla turbata Molis, che si
voltò di poco verso il suo viso, appoggiando il capo sul suo petto. Devis la
guardò intensamente, per poi sussurrarle sorridendo.
“ Si, lo so. Ma non riesco a resistere.”
Molis sorrise e rise debolmente, mentre Devis abbassava di
poco la sua lama. Orfin osservava la scena adirato e contrariato.
La principessa sollevò la mano destra e la posò sulla
guancia leggermente ispida del mercenario, che si rilassò alla sua gentile
carezza.
“ Allora? Non hai risposto ancora alla domanda del mago
bianco. Ci aiuterai a sconfiggere Venia?”
Devis sospirò e volse lo sguardo altrove, voltando il viso e
baciando lieve il palmo della sua mano.
In seguito, dopo lunghi ma brevi attimi di attesa e di
riflessione, conficcò la spada nel terreno roccioso con un sorriso, cingendola
ancora a sé e dicendole:
“ E sia. Mi hai convinto.”
Molis sorrise entusiasta del suo consenso.
“ A patto però, che accetti questo…”
Continuò lui, legandole qualcosa intorno al collo, che Frodo
identificò come un gioiello, una catenina d’oro e con un unico smeraldo come
ciondolo.
“ Oh, Devis. E’ bellissimo, grazie, ma non posso accettare.”
Devis zittì la sua protesta, ponendole due dita sulle labbra
dischiuse, accarezzandole dolcemente, per poi sorridere e cullarla fra le sue
braccia, accarezzandole i fianchi e lo stomaco e sussurrarle fra i capelli.
“ E se, alla fine dell’impresa, mi darai un bel premio.”
Molis sorrise, quasi come se si aspettasse una richiesta
simile e, coprendo la sua mano destra, con le sue, si voltò verso di lui, e gli
disse.
“ Va bene, accetto. Cosa desideri, in cambio del tuo aiuto?”
Devis, da abile mercenario, sorrise e si morse il labbro
inferiore, per poi bisbigliarle all’orecchio destro.
“ Un bacio.”
A quel punto, Orfin divenne paonazzo ed avvicinandosi alla
coppia ancora intrecciata, prese per il bavero della camicia Devis e lo
strattonò con forza a pochi millimetri dal suo viso.
“ Se tu credi, di poter venire qui, a dettar legge e a
proporre accordi subdoli, approfittando della gentilezza e dell’ingenuità di
mia figlia, io…”
“ Suvvia, Sir Ordin, non è il caso di agitarsi tanto. Vi fa male alla salute. Potreste compromettervi,
prima della battaglia decisiva. Non siete più giovane come una volta.”
Lo interruppe Devis di rimando, sciogliendo la presa della
sua mano con gentilezza e picchiettandone il dorso con la sua.
Prima che potesse replicare, si allontanò di gran passo e si
voltò per esclamare:
“ Ed in fondo, sono anche stato un gentiluomo. Avrei potuto
spingermi molto oltre e invece, per rispetto vostro e della principessa, non
l’ho fatto. Sono o non sono un bravo uomo?!”
Disse, facendo ridere sonoramente i suoi compagni di
viaggio, che si erano sporti dal parapetto, per assistere alla scena. Dedalus
gli lanciò una cima e con destrezza, mentre Molis rideva con loro, sentì suo
padre esclamare:
“ Tu sei la mia spina nel fianco! Se non ti togli mia figlia
dalla testa, io…”
“ Mi dispiace, mio signore.”
Disse lui di rimando, in piedi sul parapetto, osservando la
principessa Molis con intensità palpabile e sussurrando:
“ E’ l’unica cosa che mi è impossibile fare.”
Molis arrossì violentemente a quelle parole, sorridendogli
subito dopo. In seguito, Devis, a gran voce, ordinò:
“ Avanti, uomini! Si salpa, verso Isidras! Andiamo a
uccidere un po’ di orchi, di quella maledetta strega!”
A quell’esclamazione, seguirono urla di giubilo da parte
della ciurma, che si mise subito all’opera per la partenza.
“ Gli uomini sono pronti per la partenza, mio signore.”
Informò Ser Falcum a Sir Edward, che annuì.
“ Bene. E gli altri eserciti?”
“ Pronti anch’essi, sire.”
Rispose il cavaliere, annuendo solenne.
“ Molto bene. Conducili al molo. Salperemo all’alba.”
Gli ordinò Edward, con il consenso di Taras, Sir Rayon ed
Aragorn.
Ser Falcum corse lungo la scogliera e dopo pochi momenti
impegnati nei preparativi, tutto fu pronto.
Gli eserciti di Holmes, insieme agli Yorias agguerriti più
che mai, si unirono nel primo vascello di Murnirm. A capo, vi erano Yoria e Sir
Edward. Nel secondo vascello, vennero ospitate le Amazzoni insieme ai soldati
di Murnirm, ben restii dal solo osservarle, per rispetto più che per timore. Al
loro seguito, vi erano Sir Orfin e la bella e temeraria Vanesia, con al suo
fianco la fedele Romilda.
Sul terso vascello, vennero posti altri soldati dei tre
regni delle Terre dell’Ovest, con a capo il principe Varen e Ser Falcum. Ed infine, sul galeone dalle vele nere di
Devis, La Leonessa, venne ospitata la Compagnia della Gemma al
completo.
Partirono al primo sorgere del sole, i cui raggi colpirono
le vele del La Leonessa, nel
momento in cui si gonfiarono del vento di prua.
Devis sorrise ad Aragorn e a Gandalf, posti dietro di lui.
“ Ci siamo, signori. Si parte.”
E così ebbe inizio il viaggio definitivo, verso Isidras, i
cui bagliori di un verde maligno, Gandalf riusciva già a scorgere e a percepire
nella sua mente. Tuttavia, sorrise rassicurante a Frodo, stringendo la sua
spalla, con gentile forza. Frodo ricambiò il sorriso, nonostante i battiti del
suo cuore non riuscivano a frenare la loro corsa e i bagliori evanescenti della
Gemma non smettevano di offuscargli la vista. Sam, notando il suo turbamento,
lo affiancò e gli strinse il polso, la cui mano teneva imprigionata, nel suo
pugno, il sassolino di cristallo e diamante luminescente.
“ Andrà tutto bene, padron Frodo. Ci siamo noi, insieme a
voi.”
Frodo gli sorrise, sospirando, invaso da una debole ma
benefica calma.
“ Lo so, Sam. Non ne ho mai dubitato.”
Insieme, i due amici hobbitt, osservarono l’infrangersi
delle onde sui fianchi della nave pirata, assaporando l’odore della salsedine e
lo sferzare del vento sul proprio volto.
La flotta guerriera si era messa in marcia e nulla avrebbe
potuto arrestare il suo ardore.
****
La Signora
delle Tenebre giaceva sul suo triclino di velluto verde smeraldo, celata
nell’oscurità, traspirata dalle pareti del suo Castello di Cristallo.
Appoggiato il viso sulla mano destra, il cui braccio era puntellato sul morbido
cuscino dello schienale, con la sinistra lasciava scorrere fra le sue dita le
onde rosso fuoco dei suoi lunghi capelli. I suoi occhi neri, erano lontani e le
sue labbra velenose strette in una morsa serrata.
Tre colpi discreti alla porta dei suoi alloggi, la destarono
dal suo apparente torpore e con voce calcolata e falsamente pacata, disse:
“ Vieni, Lantis.”
Il servitore della Dama dell’Oscurità varcò la soglia della
sua stanza, richiudendosi la porta in legno nero alle spalle, con un movimento
veloce ma privo di rumore. La sua padrona era stanca e desiderava silenzio.
“ Quali notizie, Lantis?”
Gli chiese Venia, quasi svogliatamente e senza degnarlo di
un solo sguardo. A dispetto della sua indifferenza, Lantis si prostrò al suo
cospetto, inginocchiandosi accanto alla sua persona, gli occhi vitrei adoranti
ed intimoriti.
“ Mia signora. Porto notizie dal regno di Murnirm.”
Le rispose, affannato e sussurrando piano.
Venia non aggiunse altro, preferendo osservare le nubi
oscure che vorticavano nel cielo plumbeo, aldilà della finestra delle sue
stanze, attraverso il velo cupo delle tende smosse dal vento, come temibili
vessilli. Ricominciò a scorrere fra le dita i suoi capelli rosso sangue,
ignorando il suo servitore che continuò il suo resoconto.
“ Quattro vascelli ricolmi di nemici stanno navigando,
diretti verso Isidras, mia signora.”
“ Lo so.”
Disse Venia, levandosi dal suo triclino ed avanzando verso
la finestra, accarezzando distrattamente la Sfera delle Visioni, che prese vita al suo
leggero tocco.
Lantis levò lo sguardo verso di lei, colmando il suo
desiderio di scorgerla senza timore, beandosi della sua sottile ma potente
figura, avvolta in un frusciante abito scuro, che le fasciava la vita e
scopriva buona parte del petto e delle spalle.
“ Lo…lo sapete, mia signora?”
Chiese turbato Lantis, tremando al solo pensiero di essere
stato inutile per la sua padrona.
“ Certo, mio servitore. Naturalmente.”
Gli rispose, quasi con tono dolce, sorprendendolo e
deliziandolo al tempo stesso.
“ Guarda, Lantis.”
Gli impose, ora con tono duro, che lo pietrificò, nel
momento in cui, con i suoi poteri, lo trascinò accanto al tavolino di pietra in
cui giaceva la Sfera
delle Visioni, che mostrò il volto sorridente del giovane hobbitt, portatore
della Gemma del Destino.
“ Il giovane Frodo Baggins sta giungendo qui, insieme ai
suoi compagni. Carini, non trovi, a renderci visita.”
Nell’attimo in cui la Signora delle Tenebre scostò le sue dita, dalla
liscia superficie della Sfera, questa si ammorbidì fino a spegnersi del tutto.
Venia si mosse, avvicinandosi a piccoli passi verso la finestra della sua
stanza, osservando il terreno brullo su cui sorgeva il suo Castello, ricolmo di
brulicanti orchi, gobelin ed Andes che lavoravano nelle loro officine,
all’interno delle cave infuocate di lava, in cui forgiavano le loro armi e le
loro corazze.
“ Il tempo è giunto.”
Sussurrò Venia, deliziandosi della vista del suo
inarrestabile esercito.
“ Lasciamo che giungano senza intoppi. Devono affrettarsi. Voglio che si affrettino.”
Strinse nella mano destra il tessuto delle tende, che si
incendiarono, facendo tremare il suolo ed emettere un urlo gutturale a Lantis,
che si afflosciò al pavimento in marmo nero, riparandosi la testa con le mani e
il corpo tremante, un urlo a cui si unirono quelli spaventati ed acuti degli
orchi e dei gobelin, che si rintanarono nelle loro tane viscide ed oscure,
mentre gli Andes sembravano gioire di quell’atmosfera di terrore, provocata dalla
loro sola creatrice .
Le iridi della Dama
dell’Oscurità, erano nere come la pece, ricolme d’odio e di malvagità liquida.
“ Così sarà più piacevole schiacciarli tutti.”
Terminò con voce resa agghiacciante dal rancore e dal male
che fluiva nelle sue vene, come lava incandescente nella terra.
Un urlo stridulo irruppe nella sua gola e, per non acuire
l’ira della loro unica signora, i mostri ripresero più velocemente i loro
rispettivi lavori.
L’ora dell’ultima battaglia, era prossima.
Angolo dell’autrice.
Salve a tutti!!! Scusate il ritardo colossale, ma ero troppo
impegnata con lo studio, ultimamente!!! Ho sostenuto l’esame di maturità e ho
preferito riposarmi, durante questa settimana!!! Ma ora, eccomi qui, con un
nuovo capitolo!!! XD
Come avrete capito, la fine è quasi alle porte. Pochi
capitoli, e il nostro bellissimo viaggio nelle Terre dell’Ovest insieme a Frodo
ed i suoi amici, terminerà!! Ma se deve essere la fine, allora sarà una grande
fine!!!XD
Non disperatevi, c’è ancora tempo!!!
Piuttosto, vi è piaciuto questo nuovo capitolo??? Simpatico
Capitan Devis, vero??? E Venia, sempre più malefica!!! Brrrr!!! Chissà che
intenzioni avrà!! Curiosi, vero??? Abbiate pazienza, e lo scoprirete!!!XD
Adesso, è il tempo dei…
Ringraziamenti a…
Elisabeth Black: Ciao, carissima!!! Come
stai??? E’ da tanto che non ci sentiamo (o per meglio dire, scriviamo!!!XD)!!!
Stai passando delle belle vacanze??? Spero di si!!!XD Grazie mille per avermi
commentato!!! Sei stata molto gentile, come sempre!!! Grazie ancora per i tuoi
complimenti, mi fanno sempre arrossire di piacere!!^///^ Ti è piaciuto Devis???
Si, sempre Legolas Forever!!!XD Frodo e Sam sono sempre più uniti e i
battibecchi fra Legolas e Gimli sono immancabili!!!XD Grazie mille ancora e
spero che commenterai anche questo capitolo!!! A presto! Baci baci,
Fuffy91!^__^*
LadyElizabeth: Ciao Elly!!! Come puoi aver
ben capito, Devis è mooooooolto diverso dal galante e dolce Will dei Pirati dei
Carabi!! La somiglianza, credimi, è solo a livello fisico!! XD Anche se, ti confesso,
prima che tu me lo facessi notare, non avevo proprio pensato a lui!! Diciamo
che Devis è il mio prototipo di pirata, dopo Capitan Uncino!!XD Come vanno le
vacanze?? Ti è piaciuto questo nuovo cap?? Ora le cose si faranno più HotAndDark!!!XD Che bello, che bello!!
Sono eccitata anch’io che le scrivo!!!XD Grazie mille per avermi commentato!!!
Spero che ci scriveremo presto!!! Baci baci, Fuffy91!^__^*
_Elentari_: Oh, una new entry!!!XD Scherzo!
Ciao, Elentari!! Benvenuta nel magico mondo di Fuffy91!! XD Sono contenta che
tu abbia letto tutti e 23 capitoli tutti in un fiato!!! Vedo che ti piacciono i
miei personaggi!!! Qual è quello che ti intriga di più??? Grazie mille per il
tuo commento e per i tuoi complimenti! Mi hai reso molto felice!!! Spero che mi
seguirai e commenterai ancora!! Ti aspetto!! Baci baci, Fuffy91!!! ^__^*
Ed ora, un ringraziamenti a tutti coloro che mi seguono e
che leggono con piacere la mia storia!! Siete sempre in molti, e questo mi
rende davvero davvero felice!!!XD Vi adoro!!!
A prestissimo!!! Sempre vostra, Fuffy91!!
^__________________________________________^***
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Capitolo 25 *** Capitolo 25 ***
Capitolo 25
La Leonessa navigava
leggera fra le onde calme del mare, sulle cui acque cristalline, veniva
riflesso il bagliore arancio del sole al tramonto, unito a quello blu scuro
della notte incombente.
Erano trascorsi due giorni dalla loro partenza dal porto di
Murnirm. Gli eserciti di Holmes, Ruer e Murnirm, insieme con il popolo degli
Yoria e delle Amazzoni, condividevano i luoghi dei tre galeoni in un clima di
rispetto e di attesa.
Il capitano Devis sorrideva entusiasta, mentre urlava ordini
agli uomini del suo equipaggio, conducendo il timone con grande destrezza e
decisione. Il suo entusiasmo derivava non solo dalle ottime condizioni
meteorologiche, ma anche dalla prospettiva di una nuova, rischiosa avventura.
“ Il rischio è il pane di cui mi sono sempre cibato. Non mi
stupirei se, un giorno, non giocassi a carte con la Morte.”
Si trovò a commentare un giorno, durante l’ora del pranzo,
ad un Aragorn interessato alla sua vita sregolata, che del resto egli stesso,
durante la sua lunga esistenza di ramingo nelle Terre Selvagge, aveva vissuto.
Aragorn aveva subito conquistato la fiducia di Devis, con cui si trovava a
dialogare molto spesso, immersi in discorsi a volte seri, a volte leggeri.
Gandalf si limitava ad osservarli e non poche volte Frodo lo
aveva trovato a sorridere e a sghignazzare divertito. Devis lo considerava un
po’ come il suo nuovo balocco, chiedendogli spesso di fare una magia, magari
per impreziosire la sua nave, che lui definiva:
“ Migliore di qualsiasi confidente e più testarda di
un’amante.”
Inoltre, Frodo aveva notato che il riso e il divertimento
erano l’ordine del giorno per quei mercenari fuori dal comune. Alcuni,
nonostante contassero molti più anni del loro capitano, discutevano con lui
come se fosse un loro pari, e nei loro occhi risplendeva una luce di
ammirazione.
Mentre Sam trascorreva il suo tempo parlando con Frodo o
insegnando al cuoco di bordo, un uomo corpulento, armato di coltelli da
macello, qualche sua squisita ricetta, Merry e Pipino erano diventati
ufficialmente i giullari di bordo, intrattenendo l’equipaggio con le loro
melodie e filastrocche scanzonate, ballando su di una musica inesistente, a
ritmo di applausi e gorgoglii di risate strascicate. Quella di Will era sempre
la più squillante e contagiosa.
Anche il cavaliere di Amlach si era inserito perfettamente
nel gruppo, conquistando la simpatia e il rispetto dei mercenari, con i suoi
racconti coloriti, su donne e avventure passate, e il ruolo delicato che il
destino aveva deciso per lui.
Taras, insieme ad Aragorn, Devis e Gandalf, era tutto preso
dal suo compito di abile stratega, imbandendo comizi su come affrontare al
meglio gli eserciti diabolici e mostruosi di Venia.
Legolas era affascinato dalla vita di bordo, osservando il
lavoro frenetico dei marinai, che trottavano di qua e di là sul ponte della
nave, eseguendo gli ordini del loro capitano e, talvolta, aiutandoli. Gimli
sembrava quello più intollerante a viaggiare per via mare. Barcollava fra un
capo e l’altro dell’imbarcazione, a volte trattenendo un singulto di nausea,
borbottando fra sé, mentre gli altri, guardandolo, stiracchiavano le labbra
screpolate dalla salsedine, in un sorriso divertito e compassionevole,
spingendolo a sedersi, ignorando i suoi rimproveri.
Ma quella che attirava più sguardi di tutti, era la bella e
distaccata Luthien. Non avendo mai osservato così da vicino una donna-elfo, per
giunta una principessa di sangue reale, addestrata come una guerriera, era
facile fonte di sguardi avidi e di distrazioni. Seduta sul parapetto della
nave, come se fosse stato costruito a posta per lei, osservava il mare argenteo
srotolarsi nell’orizzonte, giocando con le dita fra i lunghi capelli castani.
I suoi occhi color nocciola fungevano da magneti per gli
uomini abbagliati, bloccandoli nel momento in cui erano intenti ad annodare
cime ai propri estremi, oppure a trasportare pesanti carichi nella stiva, già
ricolma. Più di una volta, Frodo aveva sorpreso Dedalus a ciondolare su una
fune, a testa in giù, ad annusare a pieni polmoni il profumo emanato dai suoi
capelli al vento, oppure quello più nascosto fra le pieghe del suo collo.
In quei momenti, conoscendola, Frodo temeva vivamente per
l’incolumità di Dedalus. Ma i suoi timori, fortunatamente, venivano dissipati
dallo scarto invisibile di Luthien che, seppur ignorandolo, avvertendone la
presenza, si dileguava per poi apparire il più lontano possibile da lui,
confuso ed interrogativo.
La Gemma del Destino continuava a brillare a singhiozzo,
seguendo i battiti regolari del suo cuore, inondandolo di calore ad ogni suo più
tenue bagliore. La sua luce, aveva notato Frodo, era diventata ancora più
abbagliante, con l’avvicinarsi di una notte malvagia. Già, malvagia, perché all’arrivo
di un nuovo giorno, il terzo, come anche Devis aveva annunciato, preparando la
Compagnia e l’equipaggio, sarebbe stato anche l’inizio della definitiva
battaglia contro Venia, la Signora dell’Oscurità, la Dama delle Tenebre.
Frodo liberò dalla stretta del suo pugno destro la Gemma,
che per un attimo, giacendo sul suo piccolo palmo, emanò una luce che quasi lo
accecò.
Egli stesso si rendeva conto, che risultava sempre più
difficile resistere alla carezza benefica, con cui la Gemma leniva il male
eterno che l’Unico Anello del Potere aveva inciso sulla sua pelle e nel suo
cuore.
Ma era sempre più consapevole, che presto avrebbe dovuto
abbandonare ogni proposito di possederla. Lui non era il suo padrone, ma
soltanto il suo portatore. La Gemma doveva appartenere esclusivamente a Venia, ma
soltanto quando lui, Frodo, l’avrebbe riposta nella Nicchia di Luce, del Palazzo
di Cristallo. Ma se la Nicchia fosse stata distrutta? Taras aveva affermato il
contrario, ma se Venia, intanto, l’avesse sgretolata con uno dei suoi raggi
neri d’odio e malvagità, scaturito dal suo scettro d’ametista?
Frodo scosse la testa. No, niente scuse. La Gemma del
Destino era sia l’arma che la chiave per distruggere la Signora delle Tenebre e
far risplendere la Strega della Luce, la Signora dell’Ovest.
Una mano sulla spalla, lo strappò ai suoi pensieri. Si voltò
ad incontrare lo sguardo corrucciato di Sam.
“ Padron Frodo, cosa fate qui?”
Frodo assunse un’espressione interrogativa. Si guardò
intorno e si sorprese di trovarsi seduto sulle assi scheggiate del ponte della
nave, stranamente silenziosa, appoggiando la schiena sul parapetto, nell’incavo
della prua. Era buio, ormai. Il sole sembrava essere tramontato da molto tempo.
Ritornò a guardare Sam, il sui viso bonario era ora distorto
da un’espressione ansiosa. Frodo gli sorrise, per rassicurarlo.
“ Nulla, Sam. Pensavo.”
Sam non rispose, ma agì, invitandolo ad alzarsi dal
pavimento. Entrambe le gambe di Frodo, costrette fino ad allora in una
posizione statica, una volta ritornate erette, furono entrambe attraversate da
un formicolio addormentato, ma non era fastidioso, come si poteva pensare.
Anzi, lo invitava a proseguire al fianco di Sam, che continuò a parlare:
“ Venite, Padron Frodo. Dovete riposare. Domani sarà un gran
giorno…”
Sembrò voler aggiungere altro, forse un “ …e forse anche
l’ultimo”, ma sembrò trattenersi o forse ripensarci, visto che scosse la testa,
improvvisamente ottimista.
Frodo ricambiò il suo sorriso accennato, scendendo con lui
le scalinate che conducevano ai dormitori. Merry e Pipino già dormivano, mentre
Sam e Frodo si distendevano sulle loro amache, oscillando a destra e a
sinistra, avvolti in un silenzio rotto solo dallo scricchiolio delle corde, che
reggevano il loro peso.
“ Cercate di dormire, Padron Frodo.”
Frodo sbatté gli occhi, nascondendo il luccichio della
Gemma, che ancora brillava febbrile, nei risvolti della sua camicia, sorridendo
a mezzo tono.
“ Si, Sam. Buonanotte.”
Gli sussurrò, mentre lo sentiva mettersi sul fianco.
“ ‘Notte, Padron Frodo.”
Frodo lo imitò, cercando una posizione più comoda sulla sua
amaca di paglia.
Cullato dal ronfare e dal respiro regolare dei suoi compagni
e di quelli acquisiti, che lo circondavano, ascoltando i passi silenziosi di
qualcuno che si spostava sopra di loro, sul ponte, chiuse gli occhi, cercando di
riposare, svuotando la mente da qualsiasi pensiero cupo. Non si accorse di
essere spossato dalla stanchezza, solo quando scivolò in un sonno senza sogni.
Intanto, sul ponte, un marinaio di fiducia conduceva il
timone, mentre Devis, giaceva addormentato su di una panca di legno, dietro di
lui. Dedalus era di vedetta, avvolto in una coperta malridotta, con un occhio
aperto, puntato su ogni spiraglio di terra all’orizzonte, e l’altro socchiuso
dalla stanchezza.
Legolas girovagava sul ponte, deliziandosi dell’aria ricolma
di salsedine che riempivano i suoi polmoni, deliziandolo. Era stuzzicato dal
desiderio di attraversare ben oltre quel mare inesplorato, di andare al di là
delle terre dei suoi padri, di oltrepassare i confini del mondo. Convenne fra
sé, che dopo quell’ennesima battaglia, se mai ci fosse stato un futuro, avrebbe
intrapreso un viaggio alla ricerca di altre avventure per i mari. Era sempre
stato affascinato da un’idea di quel tipo, ma ora che la viveva in prima
persona, seppur per poco tempo, la voglia d’impresa era acuita in lui, come una
fiammella alimentata fino a divenire un incendio.
E quando voltò lo sguardo ad ammirare la figura argentea di
Luthien, seduta sul parapetto, le gambe rivolte all’esterno, il viso sollevato
ad abbracciare il cielo, l’incendio divenne indomabile. Ah, se solo l’avesse
convinta a seguirlo! Sarebbe stato tutto perfetto.
Ma la fiamma si affievolì, all’apparire di un suo sorriso
amaro. No, non doveva illudersi prima del tempo. Aveva promesso a sé stesso che
le avrebbe dato il suo spazio, che le avrebbe dato la possibilità di pensare a
lui, a loro. Sospirò. Al momento, era
un ipotetico loro. Ma non voleva del tutto disperare. Illudersi no, ma
sperare…quello si.
Sorrise, tornando a posare lo sguardo azzurro-mare su di una
Luthien ignara, forse, di lui. Non era tipo da arrendersi. Avrebbe lottato fino
all’ultimo, per conquistarla.
Legolas si avvicinò al parapetto, la mente sgombra da tutti
i pensieri, inebriata dal profumo salato del vento, unito a quello dolce di
fiori traspirato da Luthien, che non si voltò a guardarlo, nemmeno quando, sicuramente,
lo aveva avvertito sostare accanto al parapetto, qualche metro lontano da lei,
le mani grandi e dalle dita sottili, da abile arciere, posate sul legno vivo.
“ Le stelle si nascondono e i raggi della luna si fanno più
radi.”
Disse, dopo attimi eterni di silenzio. La sua voce, come
sempre, era una melodia soffice, trasportata dalla natura.
Legolas sollevò lo sguardo, rabbuiando le sue iridi limpide,
a causa del manto nero del cielo notturno.
“ Siamo vicini ad Isidras. La natura si ritira, alla presenza
di tanto male.”
Le disse, tornando ad osservarla, rimpiangendolo subito
dopo. Era difficile imbandire una conversazione a mente lucida ed impersonale,
senza rimanere incantati dalla sua bellezza.
I suoi lisci capelli di seta, danzavano nelle ombre della
notte, accarezzando le sue spalle, scoprendo la sua schiena, coperta da una
veste d’arciere bianca, con riflessi d’argento, resistente ma elegante, con
arabeschi argentei ricamati sul tessuto. Notò un leggero scintillio in alcuni
punti, come sulla schiena, sugli avambracci, sui lati delle gambe e sul petto
coperto ed incuriosito, la osservò meglio. Comprese che il bagliore era dovuto
all’imbottitura dell’armatura, che impediva alle lame delle spade o alle punte
affilate delle lance e delle frecce nemiche, di lacerare in profondità la sua
pelle.
Eppure, c’era qualcosa di diverso. Era troppo prezioso, per
essere solo semplice metallo lavorato.
Sgranò gli occhi, quando comprese del vero materiale
dell’armatura.
“ Midhril.”
Sussurrò, fra sé, come ad auto-convincersi di quella
incredibile scoperta.
Eppure, quel semplice bisbiglio, bastò per attirare la sua
attenzione. Luthien, infatti, si voltò ad osservarlo, un cipiglio interrogativo
increspava i suoi bellissimi occhi. Per un attimo, Legolas ne fu rapito, e non
comprese immediatamente ciò che gli disse, tanto che dovette sbattere le
palpebre più volte, per riprendere il controllo di sé.
“ Come?”
Le chiese.
“ Conoscete il Midhril. Immagino, grazie alle conoscenze di
Mastro Gimli.”
Ripeté, senza menzionare il motivo della sua improvvisa
confusione.
“ Si, ma anche Frodo possiede una camicia lavorata con il
Midhril. Lo ha protetto in molte occasioni.”
Disse, distogliendo con certo sforzo lo sguardo da Luthien e
puntandolo verso l’orizzonte più nero.
“ Voi, come fate a possederla?”
Le chiese, curioso.
“ Mia madre è la sola amica fidata dei nani delle Montagne
Grigie. Si trovano ai confini di Bosco Bianco. In passato, mio padre ha cercato
di conquistarle, ma hanno dimostrato grande resistenza. Così, grazie anche all’intercessione di mia
madre, abbandonò l’impresa. Da allora Gaal, il re dei nani, nutre una grande
ammirazione e una profonda devozione per lei. In suo onore, donò coperte di
Midhril, il più pregiato e resistente che possedesse, con cui in seguito, mia
madre, fece cucire dalle sarte di corte dei vestiti per me. Ne possiedo molti,
di questo tipo.”
Disse, percorrendo con le dita, i ricami sul suo petto,
fatti con fili sottili di Midhril.
“ Sono molto resistenti e difficili da trafiggere. Con una
veste così, non avrete problemi, in battaglia.”
Luthien annuì alle sue parole, ritornando ad osservare,
questa volta, l’orizzonte sempre più buio.
“ Isidras è molto vicina, ora.”
Bisbigliò, quasi fra sé, portandosi una mano, stretta a
pugno al petto, abbandonando l’altra sul fianco sinistro. Legolas notò che era
preoccupata. Il timbro della sua voce era ancora più modulato e melodioso del
solito e le iridi dei suoi occhi più brillanti e più scure. Era ovvio che
l’influsso diretto dei poteri maligni di Venia, che saturavano l’aria, divenuta
più gelida e secca, al loro avanzare, acuisse il suo dono incantatore. La
maledizione di Venia avrebbe potuto facilmente compromettere il suo operato e,
a giudicare dall’ansia e dalla tensione che cercava di nascondere, anche
Luthien era del suo stesso avviso. Ma l’ansimare che scuoteva il suo essere,
alzando ed abbassando il suo petto, unito al palpitare frenetico del suo cuore,
la smascherava.
Incapace di rimanere impassibile, troppo preso da lei per
ignorare il suo turbamento, le si fece vicino e catturò la sua mano stretta al
suo petto, con la propria, in una presa avvolgente, ma non pressante.
Luthien non si ribellò, ma alzò il viso ad incrociare i suoi
occhi, sospesa fra la sorpresa e l’indecisione.
I suoi occhi non erano mai stati così incantevoli.
L’attrazione che esercitavano su di lui, talmente innamorato di lei da
soffrirne, era palpabile e lo avvolgeva in un nodo stretto, difficile da
sciogliere.
Le si fece ancora più vicino, lasciandosi trasportare dal
suo stesso corpo, incurante dei rischi e dei voleri della sua mente, ora fin
troppo intollerante a non assecondare il suo naturale istinto che, fin ad
allora, era sempre stato l’ingrediente fondamentale per sopravvivere in
battaglia. Ma adesso, mentre osservava rapito quei due pozzi scuri e brillanti
di stelle, sapeva di essersi perso in essi, ancor prima che la sua coscienza
annebbiata glielo suggerisse.
Quando parlò, si sorprese del tono nuovo della sua voce,
sommesso e quasi seducente.
“ Non temete, mia signora. Io riesco a capire i vostri
timori.”
Disse Legolas, per poi rafforzare la presa della sua mano
nella sua, attirandola gentilmente a sé, lasciando che adagiasse il capo sul
suo petto, perdendo se stesso, nella nuvola di profumo irresistibile emanata
dal suo corpo, ora così vicino al suo, vincendo i suoi dubbi, stringendola a
sé, accarezzandole con entrambe le mani la schiena, sentendo al tatto la
consistenza del Midhril e il tepore nascosto della sua pelle, donandole
conforto con carezze che sperò essere leggere.
“ Non abbiate paura. Ci sono io, con voi.”
Le sussurrò, stupendosi delle sue stesse parole, avvertendo
il suo cuore gonfiarsi d’emozione.
La sentì trarre un profondo respiro, freddo e profumato come
una notte di primavera, accompagnata dal gelo dell’inverno. Rabbrividì, ma non
sciolse la sua presa gentile, riempiendosi i polmoni della sua inconfondibile
fragranza di donna, eppure così diversa da ogni altra cosa avesse mai sentito.
Era così inebriante, così potente, da annullare l’odore limpido della salsedine
marina.
La sua vicinanza, cominciava a spossarlo, a renderlo ubriaco
d’amore, confondendolo ancora di più di quanto già non fosse. Ma Legolas,
ancora una volta, non la lasciò, nonostante avvertisse un languore caldo e
soffuso ammorbidirgli le membra, tanto che sentì scivolare le braccia lungo la
sua schiena, involontariamente, e le sue ginocchia diventare molli ed
instabili, come se fosse stato troppo a lungo in piedi, nella stessa posizione,
senza mai sedersi. Tuttavia, arpionò gentilmente le mani alla sua vita ed
impose alle sue gambe di reggerlo, impedendogli di crollare.
Stava accadendo qualcosa a Luthien. Il suo dono indesiderato
si stava espandendo sempre di più. Alla luce tremolante delle lampade ad olio
accese, notò i suoi capelli diventare ancora più morbidi nelle sue dita, quasi
inconsistenti, tinti di un colore più scuro del suo castano naturale, quasi
neri, come quella notte sempre più oscura.
La sua pelle, nivea ma rosea in alcuni punti, calda come il
primo raggio di sole d’estate, stava perdendo tutto il suo calore e pallida
come il ghiaccio. Poteva sentire, sotto il palmo della sua mano, quella di
Luthien diventare sempre più fredda.
Cercò di scostarsi, per raggiungere con gli occhi il suo
viso, ma lei glielo impedì, nascondendolo fra le pieghe della sua veste,
scuotendo il capo e strofinando il volto sul tessuto ruvido.
A quel movimento improvviso, il suo odore indescrivibile lo
colpì come una schiaffo, tanto da costringerlo a chiudere gli occhi, gemendo di
piacere. Sarebbe stato così facile, così semplice abbandonarsi a lei,
completamente, diventando creta nelle sue mani, da modellare a suo piacimento.
Completamente ed incondizionatamente suo, il suo eterno e devoto schiavo. Schiavo?!
A quel pensiero inaspettato, Legolas si riscosse, tornando
in sé, sorprendendosi nel ritrovarsi in ginocchio, le braccia inerti lungo i
fianchi, il volto reclinato al cielo. No, non al cielo, si ritrovò a costatare,
sbattendo le palpebre più volte, per scacciare quel velo lacrimoso che gli
offuscava la vista, rendendo il suo limpido sguardo, vacuo e fisso. Trasalì,
quando si trovò a fissare un viso divino, perfetto, scolpito nel marmo più
pregiato, liscio, privo di qualsiasi imperfezione, tanto da risultare
ultraterreno. Nemmeno i Valar potevano competere con tanta, struggente
bellezza.
Due occhi incantatori, neri come la pece, riflettevano il
suo volto stupito. Una bocca sanguinea colorava di rosso vivo quel viso di
porcellana e un ciuffo di capelli scuri, lisci e dritti, perfetti in ogni più
piccola punta, offuscava di poco il lato destro di quel volto inumano.
Il giovane principe di Bosco Atro sussultò quando dita
sottili ed affusolate, ma fredde come l’acqua ghiacciata del fiume d’inverno,
sfiorarono i lati del suo volto, ancora proteso, rabbrividendo inconsapevole.
Per un folle, breve attimo, Legolas si chiese chi fosse mai
quella dama di ghiaccio, ma subito dopo i suoi occhi si riempirono di
consapevolezza. Lui conosceva quel viso! Quante volte lo aveva scorto nel corso
del suo lungo viaggio? Poche volte aveva sfiorato quelle labbra, ma le sue,
frementi, le avevano subito riconosciute. Quante volte si era perso nell’abisso
profondo di quei due occhi color nocciola intenso? Nocciola, si, era il colore
delle iridi di Luthien, la sua amata Luthien. Allora, perché, ora, erano così
scure? Perché i suoi capelli non erano di qual vivo color castano scuro? Perché
le sue guance non erano macchiate da un leggero strato di rossore? Perché
quella bocca appariva così innaturalmente rigida, e non morbida, arrendevole e
soffice come i petali di una rosa appena sbocciata?
No, quella creatura, che prima gli era parsa così bella,
così perfetta ed incontaminata, ora era solo motivo di profondo disgusto. Cosa
stava avvelenando il corpo etereo della sua Luthien?
Osservò lo spicco di cielo, che incorniciava quell’immagine
ora intollerabile. Era nero, ma intriso di malvagità. Scrutò più a fondo, più
in là dell’apparenza, al di là del suo normale sguardo, allargando le pupille
per scrutare teso due occhi iniettati di sangue, neri più di quella notte
dannata.
Si allontanò, scottato da tanta insana perfidia. Erano gli
occhi di Venia, quelli che Legolas aveva appena scorto. Un loro pallido
riflesso, si trovò ad ammettere amareggiato, albergava in quelli ancor incolori
di Luthien.
Si sciolse, non senza alcuna fatica, da quello stato di
statica prostrazione, levandosi con grazia, allontanando gentile quel tocco
freddo sulla sua pelle, a cui Luthien non sembrò turbarsi. Per la prima volta,
da quella strana notte, Legolas riuscì ad ignorare il suo profumo annebbiante i
suoi sensi, più acuti e vigili che mai, il suo sguardo ipnotizzante, quelle
labbra socchiuse che reclamavano a gran voce i suoi baci, e, racchiudendole il
volto alterato fra le sue mani, fece scontrare la sua fronte bollente con la
sua gelida.
Fu con sforzo ancor maggiore, che riuscì a parlare, e mai la
sua voce gli parve più fievole, come se Luthien gliel’avesse succhiata via con
l’inganno, in quei brevi momenti d’incoscienza. D’altronde, uno schiavo adora
ed esegue gli ordini della sua padrona. Che motivo avrebbe di parlare?
“ Mia signora, vi
prego, ridestatevi. Sono qui, vicino a voi. Sarò sempre vicino a voi.”
Le sussurrò in elfico, incoraggiato dal suo improvviso
affanno, come se stesse combattendo con se stessa, per liberarsi da quell’insana
prigionia.
Non abbandonò il suo sguardo, fino a quando non vide i suoi
occhi ritornare del loro naturale colore di sempre. Sorresse una Luthien
improvvisamente stanca e priva di forze fra le braccia, fino a quando il suo
respiro non ritornò regolare e i suoi occhi non ritrovarono i suoi.
Legolas sorrise, osservandola. Aveva vinto. Era tornata
quella di sempre. Splendidi capelli castano scuro, che rilucevano di scintillanti
riflessi dorati alla luce delle lampade ad olio, che ricominciarono a lambire la
sua pelle, nuovamente rosea sulle guance morbide e nivea sul resto del corpo.
Le sue labbra, ritornate alla loro arrendevole morbidezza, di dischiusero in un
dolce e grato sorriso, che Legolas ricambiò di buon grado, amabile e più
consapevole d se stesso.
“ Grazie.”
Sussurrò, inaspettatamente. La sua voce era musica per il
suo udito, ma non così angelica e dannata insieme.
I suoi occhi color nocciola, brillarono nuovamente,
investendolo con la loro ritrovata luce.
Legolas inclinò il capo in un breve inchino, senza parlare.
Le parole, in quei casi, risultavano superflue.
Fu Luthien a sciogliere l’abbraccio, scostandosi per poi
ravvicinarsi a lui, come presa da un ripensamento. Sorpreso, Legolas la vide
allungarsi verso di lui, sfiorandolo appena, una mano poggiata sul suo petto,
improvvisamente scosso da un improvviso affanno. La vide socchiudere gli occhi
e dischiudere di qualche millimetro le labbra, le lunghe ciglia scure a
solleticargli la pelle fremente delle guance, tanto che erano vicini. Legolas
reclinò il capo in avanti, chiudendo gli occhi, pronto a ricevere il suo bacio,
il cuore che voleva quasi trapassargli la cassa toracica, i battiti frenetici
che gli rimbalzarono alle orecchie, offuscandogli l’udito, l’olfatto deliziato
dal suo profumo di fiori e frutti di bosco, che gli accarezzò le narici, il suo
respiro così fresco e dissetante, il calore delle sue labbra che stuzzicava le
sue, così vicine, così pronte ad accogliere le sue, in un’unione mai così tanto
desiderata, perché era lei, questa
volta, a volerla. Deglutì emozionato, il cuore gli era saltato in gola,
ostruendola. Ormai era così vicina da poter sentire la consistenza dei suoi
capelli sul collo rigido e palpitante. Non aprì gli occhi, per gustare al
meglio il momento, celando tutto il resto, tranne lei. Le sue labbra sottili si
sporsero di un millimetro, cercando di accelerare il percorso delle sue. Non
capiva il desiderio di tanta fretta. Era più un’urgenza, una voglia dolorosa
della sua bocca, del suo sapore, del suo respiro, di lei, insomma. Legolas non si era mai sentito così in bilico,
così abbandonato nelle mani di un’altra persona. Ma era così dolce lasciarsi
andare. La sua mente era sparita, nel momento in cui l’aveva vista protendersi
verso di lui.
Al gesto di catturare le sue labbra prima dei suoi tempi,
l’aveva sentita sorridere e ritirarsi un po’, maledicendosi per la sua
impazienza. Si impose, nonostante la situazione, calma e premura.
Ma il suo sangue era difficile congelarlo. Scorreva come
lava nelle sue vene, infiammandolo in ogni angolo del suo essere,
concentrandosi sulle guance, che avvertì ribollire di rossore, sul collo, sulla
punta delle orecchie, sempre all’erta ad ogni suo spostamento, e in punti più
intimi e delicati del suo corpo.
Sembrava passata una vita terrena, quando Luthien decise di
ritornare a tenerlo in pugno, a pochi millimetri di distanza tra le sue labbra
e quelle di lui. Legolas sapeva che era giunto il momento decisivo, quando
avvertì una sferzata d’aria gelida e ricolma di salsedine, profumata di lei, rinfrescare
il suo viso in fiamme, il suo cuore cessò di battere e la gola si liberò in un
gemito strozzato e fievole di piacere, quando la bocca di lei si chiuse, con
suo grande dispiacere, sulla sua guancia destra, mentre l’altra venne coperta
dalla sua, libera.
Dopo un breve attimo, Luthien si distaccò, accarezzando la
sua guancia sinistra, mentre lui apriva gli occhi, traendo un respiro
liberatorio.
Incrociò i suoi occhi, quasi ridenti e si beò ancora del suo
tenue sorriso.
Gli accarezzò la fronte e i capelli lunghi e biondo-miele,
quando gli bisbigliò soave ed in elfico:
“ Siete nobile, mio
signore. E non solo, perché siete principe.”
E con queste parole, in un guizzo argenteo, si dissolse dal
suo sguardo, lasciandolo accaldato e febbricitante.
Legolas si riprese solo quando una brezza leggera raffreddò
il suo spirito rovente d’amore.
Tracciò con le dita il punto in cui, le labbra di lei,
avevano lasciato un marchio indelebile. Sorrise, a malincuore.
Alzò lo sguardo, verso un cielo plumbeo, dove il sole,
appena sorto, rendeva cupe e tuonanti di rabbia e di rancore acido.
Sentii qualcuno accostarsi ad entrambi i suoi fianchi, ma
nessuno di loro, era Luthien.
“ Sorge un’alba nera.”
Disse, ad Aragorn, che annuì impercettibile, gli occhi dalle
iridi di un azzurro primaverile, brillanti di determinazione.
“ Il momento è giunto.”
Disse Gandalf, voltandosi ad incrociare lo sguardo
consapevole di Frodo, affiancato da Sam, che portò lo sguardo ambrato dal suo
padrone allo stregone bianco. La Gemma brillò sul petto del piccolo hobbitt,
tremante d’aspettativa.
“ La battaglia decisiva, dove si decideranno i nostri
destini, si compirà, fra breve. Armiamoci
di coraggio e speranza, perché ne avremmo bisogno, in momenti più bui di
questo cupo preludio.”
Frodo annuì, rispecchiandosi nelle iridi cristalline del suo
vecchio e saggio amico, cominciando ad avanzare verso di lui o per meglio dire,
verso il suo destino.
Angolo dell’autrice.
Perdonate il ritardo madornale, ma credo di essermi fatta
perdonare, in qualche modo!!! Dedico questo capitolo, a tutti quelli che amano
il romanticismo più sfrenato!!! Il prossimo, miei cari e miei cari, sarà ricco
d’azione e d’avventura!!! Sono dolente nel dovervi annunciare, che tra pochi
capitoli la storia terminerà!! Qualcuno dirà: “ E finalmente!”, ma per me è
comunque un peccato!!! Ma credo, che, si, La
Gemma del Destino abbia compiuto il suo corso, e sia giunta al capolinea!!!
E ora, bando ai sentimentalismi e passiamo ai…
Ringraziamenti a…
LadyElizabeth: Come vedi, Elly, ti ho accontentata!!!
Ti è piaciuto il cap?? Conoscendo il tuo amore per la coppia Legolas/Luthien,
penso proprio di si!!!XD Che dici? Secondo te, il nostro “Dio Greco Biondo”
Legolas ha stuzzicato un po’ il cuore della nostra bella e complicata
Luthien???
Io credo di…be’, che gusto c’è a dirti la mia opinione, che
sono la narratrice???XD Voglio conoscere la tua, che sei la lettrice, e quindi,
la più importante!!! Grazie mille per i tuoi commenti!! Sperio che tiu, non mi
abbia abbandonata! Sai, confesso che mi sono impegnata a terminare un’altra
storia, dopo questa!!! Ma ora, le mie energie saranno tutte per La Gemma del Destino!!! Grazie ancora
per il tuo sostegno!! Bacissimi a
presto-promesso-Fuffy91!! ^__^*
_Elentari_: Ciao, Elentari!!! Grazie mille
per i tuoi commenti, i tuoi complimenti e le tue opinioni!!! Ti è piaciuto il
cap dedicato al “Legolas innamorato”???XD Spero di si, vivamente!!
La battaglia comincia, e non sarà facile come sembra!!!
Povero, Frodo! Sempre nei guai!! Ma io lo adoro anche per il coraggio!!! Fammi
ancora conoscere le tue opinioni!!! Bacissimi e a presto Fuffy91!! ^__^*
Bacissimi anche a voi, miei carissimi lettori e mie
carissime lettrici!!! Grazie sempre per il vostro sostegno silenzioso!!!
Sempre vostra, Fuffy91!!!
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