La Gemma del Destino

di Fuffy91
(/viewuser.php?uid=28030)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


C1

Il sole stava lentamente prendendo il posto della luna nel grande velo azzurro chiamato cielo. Un nuovo giorno sorgeva, nella Terra di Mezzo. Il popolo di Gondor si risvegliò con il sorriso sulle labbra. Oggi, sarebbe stato un giorno di festa. Il nuovo re e la nuova regina di Minas Tirith avrebbero finalmente coronato il loro sogno d’amore, suggellandolo con un matrimonio degno di lode. Tutti ne avrebbero preso parte: uomini, donne e bambini di nobili e umili origini, elfi, nani, e  perché no, anche giovani e brillanti hobbit della calma e dolce Contea!

“Oh, santo Hobbit!”

“ Pipino, è la terza volta che ti sento imprecare da quando abbiamo varcato la soglia della cittadella. Si può sapere che ti prende?!”

Gli domandò quasi con esasperazione Merry ad un Pipino tutto febbricitante e che non stava fermo un secondo sulla sella del suo pony color crema, girandosi a destra e a sinistra, frugando ostinatamente nei suoi bagagli, immergendosi nella ricerca esasperata di un qualcosa di tutto ignoto.

“ Fammi indovinare: hai dimenticato il regalo di nozze.”

Disse Sam che trottava sorridente accanto al suo ben amato padrone, Frodo Baggins.

“ No!”

Esclamò in preda al panico Pipino, non smettendo per un secondo di agitarsi:

“ Allora…uhm…il vestito che dovrai indossare per l’occasione.”

Tentò Merry, accostandosi un po’ più a lui, sbirciando nel suo sacco di viveri da viaggio, appropriandosi di una gustosa mela rossa e dandole un sonoro assaggio, mentre  suo cugino, il derubato, si fermava un attimo per trucidarlo con gli occhi, per poi riprendere subito dopo la sua affannosa ricerca, scuotendo frenetico il capo, in segno di diniego.

“ Forse ho capito…” aggiunse subito dopo Frodo, che per tutto il viaggio era rimasto in silenzio, a contemplare la placida e fresca natura che lo circondava, le mura bianche e immense di Gondor, che illuminate dai raggi del sole, sembravano assumere sfumature argentate e ascoltando allegro le chiacchiere incessanti dei suoi due inimitabili parenti e i rimproveri del suo fidato amico Sam.

“ Hai dimenticato di aggiungere ai tuoi bagagli l’erba pipa del signor Johnson, non è vero? Quella che ti ha dato la sera prima di partire.”

E Pipino, alzando lo sguardo quasi di scatto verso il cugino, incontrando i suoi veritieri occhi azzurri, gli rispose sospirando rassegnato:

“ Si, maledizione! Eppure l’avevo messa sul tavolo del soggiorno.”

“ Evidentemente l’avrai già fumata tutta!”

Gli disse tranquillo e beffardo Merry, trafficando nella tasca dei suoi pantaloni rossi di fustagno.

“ Ah ah! Spiritoso! Comunque, non è affatto vero! E voi due, dietro, non sghignazzate, chiaro?”

Si rivolse offeso Pipino a Frodo e a Sam, che continuavano, incuranti, a ridere ancora.

“ Tieni! E vedi di non consumarla tutta. Tu fumi troppo, Pipino! Dovresti darti una regolata, altrimenti rischi di morire soffocato, un giorno o l’altro.”

Gli disse Merry, lanciandogli la sua sacchetta di erba pipa ancora intatta, che Pipino prese inaspettatamente al volo, stupito e con un sorriso grato che gli incurvò gli angoli della bocca piccola.

Ancora sorridenti e nelle narici l’odore di biscotti alle noci, dolciumi, pollo arrosto, patate al forno, oche a limone, birra e vino ancora imbottigliati nei loro barili, con l’aggiunta del fumo agrodolce dell’erba pipa di Merry, ma fumata da Pipino, finalmente i nostri quattro giovani amici hobbit, giunsero presso le porte dell’immenso palazzo del re di Gondor.

Anche lì i festoni d’oro e d’argento abbellivano le fredde e splendide mura in marmo, mentre alcuni bambini ridenti giocavano intorno ad una guardia in armatura, cercando di distrarlo. E proprio mentre Frodo vide una dolce bambina del gruppo mettergli una margherita sulla cintola, la sua attenzione venne attratta da una figura alta, luminosa e bianca, che impugnava un bastone del medesimo colore, mentre il venticello della grande fortezza all’aperto, si appropriava della sua lunga barba, bianca e folta, dei suoi capelli lisci e sottili, e della sua veste svolazzante, insieme al suo mantello.

“ Gandalf!”

Esclamarono in coro tutti e quattro i compagni hobbit, scendendo dai loro piccoli destrieri e correndogli incontro, e ben presto Gandalf il Bianco venne attorniato dai suoi piccoli amici, stringendo ognuno di loro in un caldo e luminoso abbraccio.

“ Oh Gandalf! Che bello rivederti!”

“ è da tanto che non ti vedevamo!”

“ L’ultima volta è stato all’incoronazione di Aragorn a nuovo re di Gondor, se non sbaglio?”

A quella corrente di parole, prima da Sam, poi da Merry e infine da Pipino, fece sorridere il vecchio e saggio mago, che continuava a sorridere e a sghignazzare per quella ventata di allegria e gioia portata da coloro che un tempo furono suoi fedeli compagni d’avventura.

A vederli ora, chiacchierare, ridere e abbracciarsi fraternamente fra loro, gli sembrava incredibile che durante la Grande Guerra che aveva segnato la terza era della Terra di Mezzo, con l’ombra oscura portata dall’ Oscuro Signore degli Anelli e poi spazzata via dopo la distruzione dell’Unico, grazie al prode Frodo, avessero combattuto tenacemente e coraggiosamente contro i seguaci si Sauron, al suo e al fianco degli altri componenti di quella che un tempo fu la Compagnia dell’Anello, anche loro degni di rispetto e di lode.

“ Sei silenzioso Gandalf! Non è da te.”

Lo riportò alla realtà Frodo, che nonostante il suo perentorio sorriso, lui sapeva che in realtà il suo animo era stato segnato dall’oscurità portata per troppo tempo vicino al suo petto, come un fardello che aveva a poco a poco turbato il suo piccolo, giovane ma comunque forte cuore. Ma a questo avrebbe pensato più in là. Ora era tempo di festa e ci sarebbe stato sicuramente spazio per le preoccupazioni più avanti.

“ Oh, perdonami Frodo! A volte mi sorprendo come il mio lato riflessivo prenda il sopravvento su di me, estraniandomi dalla realtà. In un certo qual modo, mi fa apparire un vecchio noioso. Ahimè, se dovesse capitare un giorno, spero che mi salverai tu, Frodo.”

 E il suo interlocutore scoppiando in una risata liberatoria e proseguendo al suo fianco verso l’interno del palazzo, anticipati dai suoi compagni che stavano già parlando con un altro conoscente sulla soglia:

“ Tranquillo! Se dovesse arrivare quel giorno ci sarò, te lo assicuro!”

“ Bene, questo mi rassicura!”

E da qui nuove risate, che solo loro due potevano coinvolgere, come sempre. Il loro legame era diventato ancora più solido, nonostante il tempo trascorso ognuno nei propri pensieri e nelle proprie faccende in sospeso. Ma Frodo sapeva che c’era qualcosa che non andava, qualcosa che preoccupava Gandalf anche in quel giorno di festa.

Ma come Gandalf prima di lui, anche i pensieri di Frodo vennero interrotti dalla profonda voce di un nano di sua conoscenza, alla cui vista non poté fare a meno di sorridere e di andargli incontro per essere stritolato…ehm…abbracciato calorosamente!

“ Frodo! Che bello rivederti mio giovane hobbit!”

“ Gimli! Off!”

Ma dovette interrompersi, visto che la voce gli mancò all’abbraccio che quasi minacciò di soffocarlo:

“ Anche…Anch’io sono felice di vederti, Gimli! Come stai?”

Finalmente lo lasciò andare, permettendogli di riprendere fiato mentre gli altri sghignazzavano divertiti e lui si massaggiava la spalla:

“ Oh, benissimo! Ma piuttosto: io ti trovo sempre più dimagrito! Ma si può sapere perché non mangi come tutti gli hobbit della tua razza?”

“ Veramente lui mangia il triplo di quello che mangiamo noi. Solo che lui non ingrassa…”

Iniziò Pipino:

“ …e noi si!”

Terminò Merry:

“ Se questa si chiama ingiustizia!”

Esclamò subito dopo Sam, guardando sconsolato il suo girovita.

“ Non te la prendere! Dovresti dire a Rosy di non prepararti tutti quei manicaretti, se ci tieni alla linea, mio caro Sam!”

“ Ma scherzi! Sei matto, Pipino! E dovrebbe rinunciare ai deliziosi piatti della cucina della nostra adorata Rosy? A Hobbitville lo prenderebbero tutti per un tucco!”

Lo difese subito Merry, con il cipiglio di Sam che aggiunse:

“ Ehi, non esageriamo con questa nostra Rosy! Se mai vorrai dire la mia Rosy!”

“Giusto, scusami! Non volevo insinuare nulla! Che gelosone, però!”

Disse Merry sorridendo birichino e dando l’ultimo morso a quella tenera mela, seguito dalle risate di tutti i presenti.

“ In effetti, dobbiamo congratularci con il nostro Sam! Dopotutto, noi non abbiamo partecipato al suo matrimonio!”

Aggiunse una voce più melodiosa alle loro spalle, e quando tutti si voltarono, videro il giovane principe di Bosco Atro sul suo fedele cavallo bianco, con un vestito più elegante e raffinato indosso, rispetto alla solita tenuta da arciere e i capelli lunghi e di un color simile all’oro, luccicanti ai raggi caldi del sole.

“ Legolas! Sei arrivato anche tu, solo adesso?”

Gli domandò Frodo, vedendolo scendere da cavallo, come al solito, senza il minimo rumore:

“ E certo! Lui deve fare sempre l’entrata spettacolare! Che eccentrico!”

Sbuffò Gimli, con il solito tono litigioso, caratteristica predominante nei rapporti fra nani ed elfi.

“ Veramente mi sono alzato tardi. Il che è preoccupante, visto che mi sono svegliato all’alba. Mio padre deve avermi già preceduto, naturalmente! Comunque non mi sembra che tu, Gimli, sia arrivato prima di me o di altri.”

“ Come fai a dirlo? Cos’è? Hai acquisito il dono della preveggenza anche tu, per caso?”

“No, ma non bisogna essere veggenti, per capire che sei qui da poco. Come dimostra il tuo mantello da viaggio sulle spalle e l’elmetto che hai sul capo.”

Gli illustrò con calma, sorridente e per nulla turbato Legolas ad un Gimli visibilmente imbarazzato,

sentendosi gli sguardi di tutti puntati addosso. Seguirono altre risate, che finirono per contagiare anche il povero Gimli e a cui si unì anche un’altra persona, nascosta nella penombra del castello e appoggiata elegantemente allo stipite della porta principale. Era Aragorn, re di Gondor e festeggiato principale di quell’evento così lieto.

“ è inutile. Voi due non cambierete mai. Non riesco a capire se questo sia un bene o un male.”

Ad ogni parola era seguito un passo e alla fine il re di Minas Tirith si mostrò in tutta la sua grandezza ai suoi compagni e amici di sempre, regalando a tutti loro un quieto sorriso.

Non era cambiato affatto. L’aspetto era quello di sempre, come la prima volta che lo incontrarono nella locanda del Puledro Impennato, pensarono in contemporanea tutti e quattro gli hobbit presenti.

Occhi penetranti e verdi come due smeraldi, capelli mossi e ribelli, lunghi fino all’altezza delle spalle, le guance e il mento un po’ ispide per la leggera barba incolta, abiti tipici di un guerriero coraggioso ed intraprendente, unito allo stile di un sovrano forte e saggio.

Sulla mano destra brillava l’anello della sua stirpe, due serpenti d’argento che si intrecciavano, dagli occhi rossi e brillanti per i due rubini che li caratterizzavano e sul fianco sinistro la spada forgiata dai frammenti di Narsi per volere della sua amata e per mano dei fabbri di Gran Burrone, splendente nel suo fodero vermiglio.

“ Aragorn!”

“ Finalmente!”

“ Ecco un altro che sta per compiere l’errore di tutta la sua vita!”

“ Pipino!”

Esclamarono tutti, guardandolo torvo, mentre Aragorn scoppiò a ridere divertito per l’ironia di quel giovane hobbit.

“ Beh, è la verità! È solo per questo che non mi sposerò mai!”

Esclamò con decisione, fumando compiaciuto dalla sua fedele pipa.

“ In effetti, Peregrino Tuch, ritengo che se mai un giorno una donna decidesse di sposarti, ci ritroveremo a pensare ben due cose: la prima, è che sicuramente la povera sventurata sia ubriaca; la seconda, invece, è che sia più matta di te e di Merry messi insieme!”

Disse ironico Gandalf, cominciando a varcare la soglia di quel magnifico palazzo.

“ Non sei stato molto carino.”

Gli intimò Aragorn bisbigliandogli all’orecchio, in confidenza, mentre con la coda nell’occhio vedeva Merry che dava delle pacche dietro la schiena di Pipino, ancora sorridente per l’ultima battuta del suo mentore dei fuochi d’artificio della Contea, mentre quest’ultimo minacciava di morire di soffocamento di erba pipa.

“ Oh, gli ho detto di peggio nel corso della nostra conoscenza. Ma dimmi di te, Aragorn: stai per diventare ufficialmente il marito di Arwen, la Stella del Vespro.”

Gli disse sorridendo sornione, notando un lieve rossore imporporare le guance del suo re, in segno di imbarazzo.

“ Già…” una pausa dove si schiarì la voce, visto che per un momento l’emozione gliela camuffò “ credo che sia il minimo che possa fare. Dopotutto, lei ha rinunciato alla sua immortalità per me. Non posso fare altro che donargli tutto me stesso e l’immenso amore che provo per lei.”

“ E non è certo il minimo!”

Esclamò poco distante Legolas, sorridendo mentre osservava la sala del trono tutta adornante di festoni e fiori profumati.

“ Tulipani bianchi e rose pallide.”

Sussurrò il principe di Bosco Atro, mentre socchiudeva gli occhi, assaporando la delicata fragranza di quei fiori deliziosi, immergendosi nel ricordo dei giardini di Gran Burrone.

“ I preferiti di Arwen.”

Puntualizzò Aragorn, sorridendogli a sua volta, ricambiandolo.

“ Ma anche a Bosco Atro ci sono fiori bellissimi. Non è forse vero, Legolas?”

Chiese una voce dolce e altrettanto melodiosa, che proveniva dal lato destro dell’immensa sala, dove si sarebbe consumato il banchetto e avrebbero ballato fino a sfinirsi.

Arwen fece il suo ingresso e tutti sembrarono incantati dalla sua bellezza, non più evanescente, ma altrettanto bella e luminosa come non mai.

Avvolta nel suo leggero abito azzurro cielo, con nastri bianchi e dello stesso colore dell’abito intrecciati nei capelli morbidi e color pece, incantò tutti i presenti con il suo sguardo magnetico e luccicante, con iridi simili a polle d’acqua.

“ Si, ma nessun fiore potrà eguagliare la vostra bellezza, mia signora Arwen.”

Le rispose Legolas, inchinandosi alla sua persona, seguito anche da Gandalf, Gimli e i nostri quattro hobbit.

“ Attento, Aragorn! Questo principino dalle orecchie a punta cerca di fregarti la donna prima delle nozze.”

“ Ma no, Gimli! Legolas è sempre stato così galante.”

Lo giustificò affettuosamente Arwen, mentre gli altri presenti sorridevano e alcuni di loro sghignazzavano divertiti, soprattutto Pipino e Merry.

“ Sentito, Aragorn? Quindi ho il permesso di rapirla.”

Gli disse Legolas, facendo intanto l’occhiolino a Arwen, in segno di complicità:

“ Giusto! Andiamo Legolas. Portami via con te!”

“ Senz’altro, mio signora!”

“ Ehi, tu! Sarai anche il mio migliore amico, ma non ti permetto di rapire la mia donna il giorno delle mie nozze.”

“ Perché non vi sfidate a duello e vediamo chi vince?”

“ Lo abbiamo già fatto una volta e ci è bastato, Merry!”

Gli disse ridendo Aragorn, ricordando quel lontano episodio.

“ Davvero!? E chi ha vinto?”

Chiese Pipino incuriosito, mentre i due interessati si guardavano divertiti:

“ Che dici, glielo diciamo?”

Chiese Aragorn a Legolas:

“ No, e poi che divertimento ci sarebbe?!”

“ Hai ragione!”

“ Siete proprio due cattivi! Se vuoi, Pipino, posso dirtelo io!”

Gli disse Arwen  inginocchiandosi vicino al suo fianco destro e sorridendo birichina, con un espressione da bambina dispettosi che impensierì i due amici e intenerì Aragorn.

“ Dunque…se non ricordo male, era una bella giornata d’estate. Niente di speciale in realtà. Aragorn stava leggendo un testo elfico vicino alle sponde del fiume, mentre io raccoglievo dei fiori nei prati vicini. All’improvviso, sentii il tipico rumore di spade sguainate. Mi precipitai verso il fiume, credendo ad un attacco nemico. E invece  cosa trovai? Due uomini grandi e grossi che giocavano a spade e a schizzarsi d’acqua!”

“ Già...rimediai un bel raffreddore per colpa sua!”

Disse allegro Aragorn, puntando un dito inquisitorio contro Legolas, che alzò le mani in segno di difesa.

“ Non è colpa mia se noi elfi siamo immuni ai malanni.”

E da qui nuove risate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


C2

La giornata trascorse fra scherzi, racconti e nel divertimento più assoluto, fino all’atteso evento. Il matrimonio dei due sovrani si svolse all’aperto, sulla torre più alta e immensa dell’intera Minas Tirith, la stessa dove si svolse la cerimonia di incoronazione. Nastri bianchi, d’oro e d’argento ricoprivano il pulpito del giuramento d’amore. Gli invitati che erano accorsi erano incalcolabili. Amicizie che Aragorn aveva istaurato durante il corso dei suoi viaggi nelle Terre Selvagge, al tempo in cui era conosciuto come un leggendario ramingo del nord. Vi erano anche Eowyn e Faramir, i nuovi nobili scudieri di Rohan, posti in prima fila insieme ai componenti della Compagnia, oltre ai suoi più cari amici.

Un bacio passionale e tenero insieme coronò il tanto agognato sogno d’amore dei due innamorati più illustri di tutta la Terra di Mezzo, augurato con una pioggia di petali dei fiori più colorati e belli di quel periodo così rigoglioso e splendido e un unico applauso di congratulazioni.

Sembrava che nulla potesse turbare quel momento di pace. Tutti erano felici, allegri e spensierati. Tutti, tranne Gandalf. Fin dall’inizio, il giovane Frodo aveva visto un ombra di angoscia e preoccupazione dietro il sorriso luminoso e pieno di gioia che illuminava il viso ,segnato dagli anni, del suo vecchio e fedele amico stregone. Non riusciva a capacitarsi che Gandalf potesse avere un qualche problema e non volesse confidarsi almeno con lui o con un altro componente della loro brigata. Alla cerimonia seguì un sontuoso banchetto. Tavole e tavole imbandite con le più dolci e invitanti leccornie. Birra e vino di prima qualità. A loro era spettato l’onore, se non il privilegio, di sedere accanto ai novelli sposi. Subito dopo un sentito ringraziamento da parte di Aragorn per essere accorsi in tanti al loro matrimonio, si diede il via al vivo della festa. Fu una di quelle serate che sarebbero rimaste indelebili nella mente di ognuno dei presenti.

Sulla balconata della grande terrazza vi era Gandalf che contemplava l’orizzonte, immerso visibilmente nei suoi pensieri.

La luna splendeva luminosa nel cielo notturno punteggiato di stelle, e i suoi raggi illuminarono l’alta figura dello sposo, che si accostò con passo leggero ,simile a quello degli elfi, verso il suo anziano amico.

“ Una splendida serata, vero?”

Gli domandò con un lieve sorriso sulle labbra, scrutandolo con sguardo penetrante.

“ Si, davvero splendida. Proprio l’ideale per festeggiare un matrimonio.”

“ Già…” sorrise Aragorn, accennando una risata.

In seguito, rivolse lo sguardo verso quelle terre verdeggianti che ora gli appartenevano e che avrebbe dovuto difendere, anche al rischio della vita, insieme a coloro che le abitavano e la sua famiglia.

“ Cosa ti turba, amico mio?”

A quelle parole, Gandalf, sogghignò allegro:

“ Non ti sfugge nulla, vero Aragorn?”

“ Ci conosciamo da troppi anni, ormai. Ho imparato a riconoscere l’ombra del turbamento e del dubbio nel tuo sguardo, anche se cerchi di nasconderlo o di soffocarlo in fondo alla tua anima.”

Una pausa in cui si voltò ad incontrare i suoi occhi azzurri come l’oceano in tempesta:

“ E non sono l’unico che lo ha notato…”

E visto che Gandalf assunse un’espressione interrogativa, Aragorn proseguì:

“ Anche Frodo si preoccupa del tuo stato d’animo. Ho notato che frequentemente ti osserva in cerca di un qualcosa estraneo al tuo volto.”

“ Frodo…” sorrise fra sé Gandalf scrutando di nuovo l’orizzonte per lui inaccessibile, con l’aria di non vederlo affatto:

“ La sensibilità di quell’hobbit non ha limiti.”

“ Cos’è che ti turba, Gandalf?”

Chiese questa volta Aragorn, con tono più deciso, come uno che non ammette repliche, la richiesta autoritaria di un sovrano degno del suo rango. E Gandalf avvertì quella nota più forte nella voce del suo più fidato amico di avventure.

“ Ah, Aragorn, amico mio. A volte la vita ha davvero un corso amaro.”

Questa volta fu il turno di Aragorn di reclinare il capo e assumere un’espressione interrogativa sul bel volto regale.

“ Una nuova oscurità minaccia queste terre ricche di splendore e credo che colpirà qui.”

Aragorn rimase in silenzio a quelle parole e la meraviglia apparve nei suoi occhi leggermente sgranati. Gandalf continuò, come in preda ad uno sfogo.

“ è quasi palpabile. È insidiosa, piena di pericoli e di nuovi ostacoli da sormontare. Non ho ancora idea chi o cosa sia la fonte che la anima, ma una cosa è certa…”

Una pausa dove scrutò di nuovo il volto ora preoccupato del suo compagno:

“ …colpirà Gondor. Non chiedermi il perché, ma lo farà.”

“ Quando?”

Chiese Aragorn in preda all’ansia e al desiderio di agire in fretta.

“ Non lo so, ma spero non ora.  Non adesso. Avevo intenzione di parlartene al più presto, dopo il giorno del matrimonio, ma non avevo previsto che mi avessi preceduto prima del tempo.”

Aragorn stava per tempestarlo di una nuova domanda, quando sentirono delle urla di puro terrore provenire all’interno della sala.

Entrambi si precipitarono nella stanza del banchetto, e quello che videro non fu certo piacevole.

Delle grosse orrende creature, un misto tra troll, goblin e Uruk-hai , erano entrati nella sala e minacciavano con le loro enormi clave e spade affilate di trafiggere e schiacciare tutti i presenti.

Aragorn sguainò subito la spada, Gandalf lo imitò impugnando con più vigore il suo bastone, Gimli corse nella sala accanto per prendere la sua ascia e il fedele arco di Legolas.

Arwen condusse il resto dei partecipanti fuori dalla sala principale, mentre Gandalf con uno scudo luminoso li difendeva.

“Voglio rimanere con te!”

Esclamò decisa verso Aragorn, dopo che tutti furono condotti al sicuro.

“ No! È troppo pericoloso! Non sappiamo con chi stiamo combattendo! Conduci il nostro popolo e i nostri amici al sicuro!”

Seguì un momento in cui si scambiavano sguardi contrapposti: Aragorn deciso ma tenero nell’insieme e Arwen preoccupata e suppliche:

“Estel…”

E gli accarezzò la guancia delicatamente con la mano destra, che subito venne ricoperta da quella più grande e abbronzata di Aragorn:

“ Ti prego, vai! Io ti raggiungerò!”

E annuendo, Arwen lo lasciò richiudendosi le pesanti porte della sala del trono, aiutato da Aragorn.

“ Legolas! Come va?”

“Non bene! Sembra che le mie frecce non li sfiorino nemmeno!”

Gli urlò Legolas mentre cercava di colpire mortalmente un suo orrendo nemico, e al con tempo evitare i suoi colpi di clava e spada.

“ Gimli!”

Esclamò speranzoso Aragorn:

“Aaaah! Niente! La mia ascia non funziona contro di loro!”

“ Le vostre armi sono inefficaci! Smettete di combattere e venite qui dietro di me! Vi proteggerò con il mio bastone e la Fiamma dell’Eterno Fuoco! INDIETRO!”

Urlò Gandalf contro i loro temibili nemici, accecandoli con la luce evanescente della sua Fiamma.

“Padron Frodo!”

Urlò Sam, vedendo il suo padrone che cercava di evitare le spade affilate di un gigante urlante e mostruoso. Fino a quando riuscì a prenderlo per la caviglia e lo sollevò in aria come un fuscello e agitandolo incontrollabile.

“No! Frodo!”

Urlarono in contemporanea Sam, Pipino e Merry, avventandosi contro il mostro, nonostante fossero disarmati.

Ma all’improvviso una freccia trafisse la mano grande quanto un blocco di pietra del gigante mostruoso, lasciando inevitabilmente la presa su Frodo, che venne afferrato prontamente dai suoi amici.

“Ma cosa?!...”

Disse confuso Pipino, osservando una giovane e snella figura a cavallo di uno stallone bianco correre verso di loro e afferrare Frodo e Sam contemporaneamente e trascinarli in sella.

Subitaneamente, ci fu anche un’altra figura, un po’ più robusta, prendere lui e Merry e trascinare anche loro in sella ad un possente cavallo nero, con un sonoro e quasi ironico:

“Oplà! Benvenuti a bordo! Mi raccomando, reggetevi forte!”

E da qui una risata divertita e profonda, tipicamente maschile, tanto che i due nuovi passeggeri si guardarono stupiti ed interrogativi.

Alle due figure si unì anche una terza, in groppa ad uno stallone dalla criniera marrone scuro che, sguainando una spada luccicante e bene affilata, trafisse la caviglia di uno di quei mostri fino ad allora sconosciuto, facendolo accasciare rumorosamente in terra, in preda al dolore.

Le due iniziali e misteriose figure si diressero verso lo stregone bianco e il resto della comitiva, meravigliata che le armi degli stranieri avessero effetto e le loro no.

La prima scese per prima dal suo stallone bianco, sussurrandogli qualcosa che nemmeno l’udito sensibile di Legolas riuscì a percepire. Con delicatezza, aiutò i due giovani hobbit a fare altrettanto, e subito venne imitata dal suo compagno, anche se con meno delicatezza, tanto che Pipino e Merry dovettero mettersi a posto le camicie stropicciate.

“Chi siete?”

Chiese Aragorn, scrutandoli uno ad uno, mentre Legolas guardava insistentemente la prima figura.

“ Uno è un elfo!”

Esclamò con convinzione quest’ultimo:

“ L’altro un uomo!”

Proseguì rivolgendosi alla seconda figura.

“ Ottimo intuito, mastro elfo! L’avevo detto che non servivano questi mantelli!”

Esclamò sorridente la seconda figura incappucciata, alzando una mano per togliersi il cappuccio. E così uno si decise a mostrarsi: era un giovane dall’aspetto gradevole, pelle ambrata, occhi azzurri, quasi trasparenti e capelli corti, ricci e biondi, con un sorriso accattivante e contagioso.

Portava due spade di grande stazza, incrociate dietro la schiena, riposte in due foderi color rosso fuoco, con inserti dorati, come la tunica da guerriero che indossava. La camicia rossastra gli lasciava scoperto il petto, rivelando un medaglione dorato con al centro un drago con le fauci spalancate con gli occhi brillanti di smeraldi. Il tutto ricoperto da un mantello grigio come i guanti priva di dita, in pelle, che indossava.

“ Siamo amici. Non dovete temere. Siamo qui per aiutarvi. ”

Proseguì lo straniero con il suo solito sorriso.

“ Io sono William, figlio di William Brown. Veniamo dalle Terre dell’Ovest.”

“Le Terre dell’Ovest?”

Ripeté Pipino, mentre William annuiva.

“ Ma, Gandalf, le Terre dell’Ovest non sono considerate…”

Continuò Frodo.

“ …Terre maledette! Si, in effetti è questa la descrizione che è loro propria!”

“ Non ne andiamo fieri!”

Esclamò sorridendo, falsamente rammaricato William, mentre il suo compagno li raggiungeva a cavallo. Infatti nel frattempo, lo scudo magico di Gandalf li aveva protetti, ma fuori da quest’ultimo, la terza figura incappucciata di nero aveva già sconfitto uno di quei mostri. Ne rimanevano solo altri due.

Dopo che il mostro cadde accasciato definitivamente a terra e privo di vita, si diresse al galoppo verso di loro, riparandosi velocemente sotto lo scudo di Gandalf, scese da cavallo e riprendendo fiato si mostrò agli altri presenti.

Era un altro uomo, molto simile al primo, solo che i suoi caratteri erano scuri. Occhi di un color grigio chiaro, barba presente ma non troppo, capelli mossi, lunghi fino alle spalle, qualche centimetro in più rispetto ad Aragorn, e neri come la pece. Pelle abbronzata e corporatura possente e ben proporzionata. La sua unica arma era la spada che aveva usato per sconfiggere quel mostro e a cui era particolarmente affezionato. Indossava abiti vermigli con fili d’argento ad adornarli.

“ Tranquillo, capo! Ho già illustrato. Cerca di rilassarti ora.”

“ Will!”

“ Che c’è? Ho fatto come volevi, no?!”

E seguì un altro sorriso. Ignorandolo, come se fosse abituato a tanta ironia da parte sua, il nuovo conoscente si fece avanti per presentarsi.

“ Sono Taras, figlio di Ettelen. Veniamo dalle Terre dell’Ovest, ma in pace. Per il momento vi chiedo solamente di fidarvi di noi. Cercheremo di proteggervi e di sconfiggere questi Andes una volta per tutte.”

“Andes?!”

Disse Gandalf voltandosi di scatto verso di loro, come se non volesse credere a quelle parole:

“ Cosa sono?”

Chiese Gimli, osservando con disgusto unito a timore gli ultimi due rimasti, che cercavano di oltrepassare ostinatamente lo scudo.

“Sono macchine da guerra, nati dall’unione di troll, goblin e orchi in stato avanzato…quelli che voi definite Uruk-hai. Il loro unico scopo è uccidere colui che un tempo fu il portatore dell’ Unico anello e l’erede della casata reale di Gondor. L’unico erede di Isildur.”

Spiegò Taras mentre gli altri lo guardavano con sguardo attonito e terrorizzato, soprattutto tre degli hobbit, amici di Frodo.

“ Quindi vogliono uccidere Frodo e Aragorn.”

Disse Pipino.

“Complimenti, giovane hobbit. Hai il dono della sintesi.”

Disse sorridente ancora William.

“ Allora capo? Qual è il piano?”

Aggiunse poi, sornione e indicando con il capo i due Ades.

“ è semplice. Noi due ci occupiamo dell’attacco ai lati. Luthien, invece, quello centrale.”

“ Perché le vostre armi possono ferirli e le nostre nemmeno scalfirli?”

Chiese inaspettatamente Aragorn.

“ Vedete, mio signore. Le nostre armi ci sono state donate da una Dama elfica di grande potere. Dama Eruanna, del regno di Bosco Bianco. Solo quelle di Will gli sono spettate di diritto. Lui è il Cavaliere di Amlach. Le sue spade sono state forgiate fin dai tempi antichi dalle zanne del leggendario drago Amlach. Per questo hanno un maggiore effetto. Nessuno può toccarle, all’infuori di lui. Chi osa impugnarle, viene bruciato vivo.”

Spiegò il giovane Taras:

“ Quindi sono le leggendarie spade che possiedono vita propria e riconoscono solo il loro padrone, è così?”

Chiese interessato Sam.

“Esatto.”

Gli confermò soddisfatto di tanto successo Will:

“ Avete sentito, padron Frodo?! Sono le leggendarie spade di cui ci ha parlato anche Bilbo in uno dei suoi racconti.”

“Si, Sam. Ma io credevo che non esistessero.”

“In effetti si è sempre creduto infondata la leggenda delle mitiche spade di Amlach. Informai io stesso Bilbo della loro esistenza, nonostante fossi convinto che non esistessero. Ma ora ne abbiamo la prova vivente. Come gli Ades.”

Disse Gandalf guardando afflitto la prova inespugnabile di tanta malvagità e bramosia di potere.

“ Ma perché vogliono uccidere Aragorn e Frodo? Non ha senso!”

Esclamò accigliato Merry:

“Scusate, ma forse è meglio rimandare la piacevole conversazione.”

Disse sbrigativo Will, sguainando sonoramente le due spade leggendarie, seguito poi da Taras e dal terzo compagno, di cui conoscevano soltanto il nome ma non l’aspetto, visto che era ancora incappucciato di un luccicante mantello bianco, che impugnò arco e frecce.

“ Un momento! Non so voi, ma io non mi fido di una persona che non si è nemmeno presentata e che rimane costantemente incappucciata.”

Disse accigliato Gimli, guardando in malo modo il giovane arciere che si era già messo in posizione d’attacco, seguito poi con un sorriso dagli altri due compagni:

“ Conoscete il mio nome, mastro nano. Non vi basta questo?”

Domandò con voce calda, dolce e melodiosa la persona incappucciata di bianco.

Sicuramente una donna

Pensò immediatamente Legolas, guardandola con ammirazione, visto che chiunque rispondesse a tono Gimli era degno della sua approvazione.

“ Non l’ho nemmeno capito!”

Esclamò risentito Gimli, di rimando. Così, con un sospiro appena udibile, la persona fin ad ora ignota, abbassò temporaneamente l’arco, si voltò lentamente verso di loro e abbassò il cappuccio bianco, rivelandosi.

Legolas aveva ragione. Era una donna elfo di grande bellezza: occhi nocciola, profondi ed incantatrici, pelle bianca ed eterea, luminescente come non mai, capelli lunghi, lisci e castani, lasciati sciolti, ma alcune ciocche intrecciate in piccole trecce con filamenti di perline incastonate. La sua figura era alta, snella ed armoniosa, nonostante gli abiti di un placido color panna ed adornati di filamenti dorati, argentati e ricoperti di altre perle minuscole ma brillanti.

Sul mantello, una foglia in argento, simile a quella dei mantelli di Gran Burrone, ma di color bianco come il manto morbido e delicato che indossava. Nello sguardo un riflesso determinato, incantatore  e un filo di malinconia.

Tutti rimasero abbagliati da tanta bellezza e luminescenza, tanto che anche Gimli strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca barbuta in segno di meraviglia.

“ Io sono Luthien, figlia di Aranel, Stella del Re.”

“Una favola, eh?”

Tutti si voltarono verso Will, che osservava anche lui adorante Luthien:

“ Tesoro, vuoi essere tu a dare il via alla festa?”

Senza rispondergli, ma scuotendo leggermente il capo, Luthien prese con eleganza una freccia ben appuntita, passò sulle labbra una delle piume bianche che la caratterizzava e puntando verso uno degli Ades, scoccò trafiggendolo al cuore e facendolo urlare di dolore.

Così ci furono solo altri colpi di spada e di frecce scagliate con grande maestria.

“ Non sono del tutto irriducibili.”

Disse ad un tratto Luthien, scagliando un altro colpo, rivolta ad Aragorn e a Legolas:

“ Basta saperli colpirli nei punti giusti.”

Detto questo, prese tre frecce e le tese tutte sul suo fedele arco intagliato a mano e bianco come lei:

Ne scagliò una nel fianco destro di un Ades, un’altra alla base del collo e un’altra nel centro esatto del cuore. Dopo di che, l’Ades cadde a terra, morto.

“Quelli sono le parti del corpo più adatte per provocare la loro morte anche con armi normali. Soprattutto con la vostra spada, Sir Aragorn.”

Terminò l’abile arciere, tendendo un’ennesima freccia dal suo arco e scagliandola contro l’ultimo Ades rimasto, questa volta alla nuca. Furono Taras e Will ad abbatterlo, con i loro possenti colpi di spada.

“ Sorprendente come voi sappiate così tante cose di quelle creature.”

Le disse Legolas con tono intriso di ammirazione, tanto da costringerla ad incontrare il suo sguardo azzurro limpido, come le acque di un fiume.

“ Li ho combattuti molte volte, e ho avuto modo di studiarli da vicino, fin nei minimi dettagli.”

Gli spiegò con un barlume di imbarazzo negli occhi nocciola, per quegli occhi così attenti e profondi come l’immenso oceano.

“ Bene. Allora avrete modo di illustrarceli ,suppongo, mia signora.”

Proseguì Aragorn colmando il silenzio di quello scambio di sguardi.

“Certamente! Se lo desiderate!”

“Dovrete raccontarci anche molte cose, immagino. Riguardo alla nuova minaccia che ci attende.”

Disse Gandalf spegnendo la sua Fiamma Eterna.

“Si, e anche al più presto.”

Sopraggiunse Taras riponendo la sua spada.

“Si, si. Ma ora, ho una richiesta da fare: potrei mangiare qualcosa di buono, per favore?”

Disse Will, mentre i suoi compagni scuotevano la testa in segno di rassegnazione e il resto rideva e sghignazzava.

 

 

 

 

Vi sono piaciuti i primi due capitoli???? Spero di si!!! Continuate a leggere questa fan fiction, e vi assicuro che ne rimarrete entusiasti!!!! Se volete, lasciate un commentino!!!! Baci baci Fuffy91!!!^________________^

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


C3

La Dama della Notte aveva ,oramai ,completamente ricoperto con il suo nero manto la città di Gondor. Un altro giorno era trascorso. Quella che era stata vista da tutti un’alba di gioia e di benessere ,era tramontata inesorabilmente nel terrore, lasciando i suoi sventurati spettatori nell’incertezza e nel dubbio. Una nuova alba si prospettava , più minacciosa ed intricata di quella che l’aveva preceduta, con un nuovo pericolo ed una nuova oscurità da annientare.

Il tempo di godere di una ritrovata felicità era terminato. Per troppo a lungo, l’oscurità era rimasta silente, ascoltando le risate gioiose dei suoi nemici mortali. L’ Anello del Potere come il suo unico padrone legittimo, l’Oscuro Signore delle terre di Mordor, Sauron , era solo un ricordo lontano, una piaga estirpata, una ferita rimarginata, una cicatrice dimenticata. Ma ora, qualcun altro, degno di occupare il suo nero trono, aveva bussato alle loro porte, tentando di uccidere Frodo ed Aragorn.

Entrambi ,ora, intorno ad una delle tavole fino ad allora imbandite, seduti accanto ai loro compagni e a quei tre forestieri, Taras ,figlio di Ettelen, William, figlio di William Brown e Luthien, figlia di Aranel. Stella del Re, dei quali tra l’altro, non sapevano ancora se fidarsi o meno, con lo sguardo fisso nel vuoto, attendevano le spiegazioni tanto attese da parte di uno di loro.

Gli ospiti del matrimonio erano partiti immediatamente ognuno nei loro luoghi d’origine. Aragorn aveva convenuto che fossero condotti al sicuro nelle loro abitazioni, per evitare eventuali feriti o addirittura morti nel corso di un nuovo imminente attacco nemico.

 I corpi privi di vita di quegli orrendi mostri furono trascinati, con l’aiuto di più uomini, fuori dai pavimenti marmorei del grande palazzo reale di Minas Tirith. Furono buttati giù dalla torre più alta, ma nonostante tutto, il loro alito fetido e caldo continuava a scaldare la nuca di tutti loro, come ad annunciare la loro condanna.

Ognuno immerso nei propri silenzi, che nascondevano i loro caotici e confusi pensieri, vennero strappati da quello stato di tensione dall’ingresso inaspettato di Arwen, Stella del Vespro, all’interno della sala del trono, i cui passi leggeri risultarono simili a quelli di un troll di montagna alle orecchie dei presenti ,in quel momento di meditazione.

Aragorn accolse sua moglie con un sorriso, mentre osservava Taras alzarsi dal tavolo in segno di rispetto e inchinarsi di fronte alla sovrana di Gondor, seguito poi da Luthien, che stava quasi distrattamente giocherellando con le lunghe ciocche castani, ed infine dal giovane Will che stava or ora consumando l’ultimo boccone del suo terzo pasto, che Aragorn gli aveva gentilmente fatto servire, non negandolo nemmeno agli altri due presenti; solo che Taras l’aveva solo assaggiato con un lieve sorriso di ringraziamento e Luthien nemmeno toccato.

Arwen osservò confusa, ma con un dolce sorriso che le incurvava le labbra rosse, i tre nuovi arrivati, guardando prima il suo sposo, che continuava a sorriderle tranquillo, il resto della compagnia, ringraziando i Valar che fossero tutti sani e salvi, ed infine il suo limpido sguardo abbracciò l’immagine del giovane straniero dalla chioma di un colore simile alla sua, che ancora inchinandosi e portandosi una mano al petto, le bisbigliò:

“ Piacere di conoscervi, mia signora. Permettetemi di presentarmi: il mio nome è Taras, figlio di Ettelen. Io e i miei compagni proveniamo dalle lontane Terre dell’Ovest.”

 “ Le Terre dell’Ovest…?”

Sussurrò Arwen, guardando smarrita Aragorn, che annuì insieme al suo nuovo conoscente:

“ Si, le Terre Maledette!”

Le spiegò animatamente lo spadaccino Will, mentre Taras lo ammoniva con gli occhi, ma il giovane dai capelli color del grano non ci badò. Anzi, si avvicinò ad Arwen, le prese gentilmente la mano destra e le diede un galante bacio a mano, come Legolas quella mattina aveva fatto con lei, per salutarla. Solo che lui le baciò davvero il dorso della mano, facendola sussultare per quelle labbra che sembravano roventi a contatto con la sua fresca pelle.

Tutti guardarono Aragorn preoccupati per una sua eventuale reazione, ma il sovrano di Minas Tirith sembrava sorprendentemente calmo. Evidentemente aveva anche lui compreso la vera natura di quel giovane: sfacciata, intraprendente e molto passionale.

“ Perdonatemi. Non ho saputo resistere. Avete una pelle molto delicata, lo sapete?”

Le sorrise accattivante Will, mentre Taras sospirava rassegnato per il suo comportamento e Luthien alzava gli occhi al cielo, provocando un inaspettato sorriso divertito di Legolas, che stranamente non smetteva di osservarla con la coda nell’occhio.

Non sapendo cosa rispondergli, Arwen sorrise divertita per quel giovane così intraprendente e per cambiare discorso, gli chiese:

“ E voi siete?”

“ William, figlio di William Brown. Ma voi potete chiamarmi Will.”

Le disse facendole l’occhiolino, e a quel punto Arwen non poté trattenere un risolino allegro.

“Ahia!”

Esclamò all’improvviso di dolore William, portandosi di scatto una mano dietro la nuca, visto che Luthien gli aveva dato un colpo d’arco, forte ma veloce.

“Ma che ti ho fatto, dolcezza?”

E lei ignorando la domanda, la cui risposta sarebbe stata superflua, tornò a sedersi accavallando le gambe snelle e ben proporzionate, le cui forme si intravedevano sotto l’abito da arciere, continuando a giocherellare con le ciocche morbide dei suoi capelli, attirando non solo lo sguardo di Legolas, che sembrava incantato completamente da quella ragazza in apparenza così forte e dura, ma anche quello degli altri presenti, tra cui il re di Gondor, ammirato dalla sua agilità fulminea.

“ Ma coma ha fatto? Io non l’ho nemmeno vista o sentita alzarsi e avvicinarsi a lui!”

Domandò ed esclamò Merry, quasi leggendo nella mente di Aragorn, continuando a spostare gli occhi color mandorla da Luthien a Will.

“ Non c’è da stupirsi poi molto, giovane Merriador. Vedete, Luthien è considerata la più valorosa guerriera non solo del suo popolo, ma anche delle intere Terre dell’Ovest, tanto che molti bisbigliano il suo nome con timore.”

A quelle parole, seguì un fischio di ammirazione da parte di Pipino, che fece sorridere molti, perfino la diretta interessata, facendolo imbarazzare, prontamente risvegliato da una gomitata di Merry.

“ Già…e ti posso assicurare che ha la mano pesante. Ahia, che male! E tu che non gli dici mai nulla, quando fa così!”

Si rivolse minaccioso Will a Taras, che gli sorrise enigmatico e incrociando le braccia sul suo petto gli rispose:

“ Perché evidentemente, approvo con lei. Devi ammettere, Will, che lei è l’unica che riesce a mantenerti sulla retta via.”

“ E ti pareva! Perché dovete sempre farmi passare per un caso disperato?”

“ Forse perché lo sei ,William.”

Affermò tranquilla e con voce melodiosa la bella Luthien, continuando ad intrecciare nelle dita sottili e affusolate  i suoi splendidi capelli. Si guadagnò tutto il rispetto di donna Arwen, sorridendo a quella donna così tenace, mentre Will la trucidava con gli occhi azzurri, ora tempestosi.

“ Tornando al motivo della vostra visita…”

Iniziò Gandalf, tornando a sedersi in mezzo a Frodo e ad Aragorn, imitato poi dagli altri, tranne da Luthien che rimase in disparte, seduta accanto ad una colonna, apparentemente indifferente, ma vigile.

“ …dovete ancora illustrarci il nuovo pericolo che ci attende e il motivo per cui ci avete aiutato. Cosa potreste giovarci voi, della salvezza di Frodo, in apparenza un comune hobbit e di Aragorn, il nuovo re di un regno che non vi appartiene affatto?”

Domande legittime, pensarono entrambi i giovani guerrieri, e sicuramente che condividevano tutti i presenti seduti intorno a quella tavola.

Frodo incontrò gli occhi grigio perla di Taras, ma non vi lesse alcun fine malvagio in lui. Solo una grande forza d’animo e anche un barlume di tristezza, come in quelli di Aragorn, la prima volta che il suo sguardo incontrò quegli occhi smeraldini, che in un certo qual modo lo mettevano in suggestione anche in alcuni momenti, come se volessero scrutare fino in fondo alla sua anima. Uno sguardo da fare invidia agli elfi, lo stesso che ora stava sottoponendo a Taras, che inconsciamente ricambiò. Fino a quando non abbassò gli occhi e sospirò di nuovo, quasi amaramente, portandosi la mano al collo, come a cercare qualcosa, che infine trovò. Tutti seguirono quel breve movimento con sguardo incuriosito ed estatico, ammirando quello che Taras stringeva nel palmo della sua mano. Qualcosa di piccolo, ovviamente, e quando lo poggiò con un sonoro tintinnio sul tavolo in legno di faggio levigato, i tre hobbit si protesero per guardare meglio, seguiti dagli occhi attenti e dalla smorfia di preoccupazione di Gandalf.

Un sassolino, ben curato, levigato accuratamente, tanto da formare tanti piccoli rombi all’interno delle sue facciate, grande quando una noce ma di un colore trasparente, opaco, quasi spento, morto.

“Cos’è?”

Chiese titubante Pipino, osservandolo ora quasi con paura.

“ è la Gemma del Destino.”

Rispose Taras.

“ No!”

Esclamò quasi minaccioso e alzandosi di scatto il bianco stregone, percorrendo il tavolo come un leone in gabbia, guardando con un misto di meraviglia e terrore la gemma.

“ Non esiste! Non può esistere! Quella gemma è solo pura invenzione!”

“ Ma è qui, davanti ai vostri occhi! Pensateci: non esisteva nemmeno il leggendario Cavaliere di Amlach…eppure è qui, accanto a me, e lo dimostra il medaglione della sua stirpe che gli pende dal collo. Non esistevano nemmeno le sue spade, avente una propria vita. Eppure anche loro sono state sguainate dal loro legittimo proprietario. Si credeva una leggenda anche l’Unico Anello di Sauron, eppure è stato distrutto sul Monte Fato dall’hobbit seduto di fronte a me.”

Disse con convinzione il tenace Taras, rimasto seduto a contemplare le sue mani intrecciate a livello della bocca e puntando ostinatamente gli occhi grigi in quelli preoccupati di Gandalf, che non smetteva di andare avanti e indietro, e in seguito in quelli azzurri e limpidi di Frodo, che non abbassò lo sguardo, sostenendolo.

In cuor suo, aveva capito che una nuova impresa lo attendeva e ora come ora non sapeva se avrebbe avuto la forza di sostenerla. Il suo turbamento non rimase incompreso dal suo fedele Sam, che lo guardava colmo di pena per il suo giovane padrone, tanto che chiese deciso ad un Taras fermo sulle sue convinzioni:

“ Ma cosa c’entra questa…gemma, con Frodo ed Aragorn?”

“ Ottima domanda ,giovane Samvige. Ebbene, la risposta è semplice.”

Tutti a quel punto pendevano dalle labbra di quel guerriero così tenace, mentre Arwen stringeva, ricambiata, la mano del suo sposo, in segno evidente di preoccupazione.

“ Un tempo, la Gemma del Destino fu creata da una nobile strega di razza umana, molto conosciuta nelle Terre dell’Ovest. La sua fama e le sue magie contribuivano a rendere noto lo splendore delle nostre terre d’origine, tanto da definirle Terre della Luce. La gemma  consentiva a Venia, la strega della Luce e signora di tutto l’Ovest ,uno splendore tale da abbagliare perfino i Valar.

Ella stessa brillava di luce propria e chiunque incontrasse il suo sguardo, veniva purificato da ogni male. Venia non usò mai, ripeto mai, la Gemma del Destino per scopi personali o malvagi, ma solo per il bene comune e portando speranza a tutti coloro che ne avessero bisogno. Ma ben presto, lo splendore della gemma cominciò ad essere minacciato. Nuvole oscure scesero sull’Ovest. Sauron, il temibile Signore Oscuro, raggiunse anche le nostre bellissime terre, marchiandole con la sua inimmaginabile bramosia di potere e di gloria.

Venia tentò di fermarlo, ma purtroppo l’oscurità di Mordor inghiottì il suo candido animo. A quel tempo, Sauron aveva ancora il controllo dell’Anello del Potere, troppo forte anche per la Gemma del Destino. Destino crudele fu la sorte di Venia! Ella venne soggiogata dal potere e dal fascino dell’Unico, cosa capitata già a molti che l’avevano scorto. Ma Venia mai usò portarlo via dal suo legittimo Signore, anzi, da nemica ne divenne alleata. Sauron conferì un nuovo potere a quella che fu la nobile e leggiadra Venia. E così, la signora dell’Ovest, la strega della Luce, si tramutò nella Dama dell’Oscurità, la Signora della Tenebre. La gemma, come la sua proprietaria, divenne nera come il buio di una notte senza stelle, e il veleno che fuoriusciva dalla sua figura, inghiottì tutta la luminescenza delle nostre terre. Per molti secoli, le Terre dell’Ovest, guidate e sottoposte ai capricci e alla malvagia guida di Venia, pullulavano di nuovi e temibili mostri. Le guerre si moltiplicarono, l’odio e il rancore crescevano anche negli animi più pacifici, il dolore era diventato all’ordine del giorno, fin a quando Venia comprese il vero potere della Gemma del Destino, quello stesso destino che poteva cambiare le sorti di molti, perfino dello stesso Sauron, diventando così lei la Regina dell’Eterno Male.

Perché accontentarsi delle Terre dell’Ovest se poteva dominare le intere Terre di Mezzo?...”

Nessuno dei presenti fiatò, durante il racconto terribile e triste al con tempo di Taras, evitando di pensare e cercando di capire. Stregati dalle sue parole e ammaliati dal suo sguardo deciso, il guerriero dell’Ovest proseguì:

“ Ma qualcosa andò storto proprio all’ultimo momento. Una falla si presentò in quello che poteva sembrare un piano perfetto. Sauron intuì i disegni di Venia, grazie alle sue fedeli spie, i suoi occhi e le sue orecchie. Da cacciatrice, Venia divenne preda e Sauron si trasformò nel suo giustiziere. Ci fu una terribile lotta fra giganti. I rimbombi delle loro orribili magie si espansero ovunque, fino a smorzarsi e a terminare con la vittoria del Signore Oscuro e la fine della Signora delle Tenebre. Sauron la imprigionò in una tomba di ghiaccio, condannandola ad un sonno senza sogni né incubi, vagando in una dimensione alternativa ed oscura, dove le sue magie non avevano alcun effetto.

Così oltre al padrone dell’Anello, egli si appropriò della Gemma del Destino, condannando ancora una volta il nostro regno all’oscurità eterna.

Ma poi scoppiò la guerra nelle Terre di Mezzo, e Sauron dovette ritornare per difendere la sua posizione. Tutti voi sapete cosa accadde: Isildur lo sconfisse definitivamente, si appropriò dell’Anello, salì sul Monte Fato ,ma non lo distrusse. Lo tenne per sé, cercando di dominare il suo oscuro potere. Ma a nulla valsero i suoi tentativi di resistergli. Il fascino dell’Unico lo soggiogò, condannandolo alla morte e la sua stirpe fu spezzata. Secoli dopo l’ Anello si ripresentò nella Terra di Mezzo, mentre le Terre dell’Ovest avevano ristabilito l’antico equilibro e lo splendore di un tempo. Venia fu dimenticata, rimasta incatenata in una magia eterna e il suo corpo di una bellezza malvagia, riposto ancora in quella tomba di ghiaccio. Che terribile sbaglio ,commisero i nostri antenati, a lasciarla ancora lì, vigile su quella torre ancora insistente sul nostro regno! L’Anello venne distrutto da Frodo definitivamente, nel luogo in cui fu generato. Il legittimo re di Gondor occupò il trono che gli spettava di diritto, ripristinando la sua nobile stirpe. La pace ritornò nelle Terre di Mezzo. Ma c’è una cosa di cui voi non siete a conoscenza.”

Una pausa in cui Taras sospirò di nuovo, mentre incuriosito ma timoroso Frodo chiese in un soffio:

“ Cosa?”

E Taras ,incatenando di nuovo il suo sguardo di perla verso tutti, ma in particolare a quello del suo interlocutore,  gli rispose:

“ Quel lontano giorno di guerra, Isildur non si appropriò solamente dell’Anello del Potere, ma anche della Gemma del Destino. Ritornato sui suoi passi, durante la discesa del Monte Fato, il re di Gondor notò lo scintillio nero di una piccola gemma che Sauron stringeva nella sua mano. Egli, affamato di tesori e conquiste, la raccolse e la nascose nei suoi abiti, in attesa di contemplarla. Ma il fascino della Gemma era ben poca cosa di quello dell’Unico, e così, visto che entrambi i gioielli cominciarono a opprimerlo, Isildur preferì liberarsi della Gemma del Destino, gettandola nelle placide acque del fiume, fino a sfociare nelle profondità più inaccessibili degli abissi.

Così, per circa un’era, la Gemma è rimasta al sicura, in attesa di essere raccolta e posseduta da un nuovo padrone. A differenza dell’Anello, infatti, la Gemma non ha una volontà propria e non risponde solamente ad un unico padrone. Certo, per molto tempo è appartenuta a Venia, ma ciononostante non era legata indissolubilmente a lei. In verità, la gemma è come un bambino in fasce, bisognosa solo di qualcuno che la riporti all’antico splendore. Perché è solamente questo, ciò che desidera.”

“ Quindi la gemma ha un fine buono. Non è devota all’oscurità.”

Disse Aragorn, contemplandola per un istante e tornando ad osservare Taras, che annuì in risposta.

“ Si, davvero un bel racconto. Ma, non avete risposto alla mia domanda, mio signore! Si può sapere cosa c’entrano Frodo e Aragorn con la Gemma del Destino?”

Chiese spazientito Sam.

“ Questa volta vi sbagliate, impavido Sam. Io ho risposto alla vostra domanda, solo che non direttamente.”

Rispose con un rilassato sorriso Taras a Sam, il quale non poté fare altro che osservarlo in modo interrogativo.

“ Non farci caso! Lui parla sempre per enigmi!”

Esclamò all’improvviso Will, sostenendosi il viso con una mano e puntellando il braccio di quest’ultima con il gomito ,sul tavolo in faggio.

“ Cercherò di essere più chiaro. In realtà, il mio bel racconto, non è ancora terminato.”

Gli sorrise, comprensivo, mentre Sam abbassava gli occhi imbarazzato.

“ Quando Frodo gettò l’Anello nella lava bollente del Monte Fato, proclamando la suddetta fine del potente Signore Oscuro e di quella assurda guerra, scaturì una reazione a catena, un circolo vizioso a cui non poteva sottrarsi. Venuta meno la forza e la potenza di Sauron , mentre nella Terra di Mezzo ritornava a risplendere il sole, nelle Terre dell’Ovest il cielo si rabbuiò nuovamente.

Venia, la terribile Signora delle Tenebre, la Dama dell’Oscurità, ritornò a rivivere. Il suo palazzo di cristallo ricominciò a risplendere di una temibile luce opaca, malvagia ed infida.

Io e i miei compagni, insieme ad un intero esercito di uomini ed elfi di Bosco Bianco, combattemmo strenuamente contro gli Andes ,risorti dai viscidi giardini dal Castello di Cristallo di Venia. Per un breve momento pensavamo di aver avuto la meglio, ma sfortunatamente agli Andes decaduti, sopraggiunsero orchi ed Uruk-hai che quella perfida strega aveva risvegliato dalle terre di Mordor. Ci attaccarono in massa. Eravamo numericamente inferiori. Perirono in molti, in quella battaglia.”

Sussurrò triste e amareggiato Taras, riprendendosi subito dopo e alzando nuovamente lo sguardo deciso verso di loro.

“ Mio padre fu uno di questi. Io, Will e Luthien, sopravvissuti miracolosamente a quell’attacco inaspettato, ci dirigemmo verso il Castello. Ma quando varcammo la sala del trono, ormai era troppo tardi. Mio padre, Ettelen, venne trafitto da una lama di giaccio, a cui nessuna cura può risultare efficace. Di Venia nemmeno l’ombra. Era scomparsa subito dopo aver trafitto mortalmente mio padre. Non potrò mai dimenticare il ghigno di soddisfazione che le solcò le labbra velenose in quel momento, prima di dissolversi in una coltre di neve simile a cenere!”

Esclamò con rabbia e stringendo i pugni violentemente, fino a far diventare le nocche di un colore simile al manto di Luthien. Will cercò di rassicurarlo mettendogli una mano sulla spalla e stringendogliela comprensivo, sorridendo, mentre Luthien alzava gli occhi ad osservarli per un momento, per poi attirare la sua attenzione sulle punte dei suoi capelli castani.

“ In punto di morte, mio padre mi rivelò quello che ora vi ho appena raccontato, di come Venia si fosse risvegliata e di come salvare il nostro popolo. L’intenzione di Venia è quella di vendicarsi del discendente di colui che un tempo proclamò la scomparsa della gemma, che in seguito ritornò nelle sue mani subito dopo essersi ridestata. Ma sfortuna volle che mio padre riuscisse a sottrargliela prima che potesse corromperla con il suo lato maligno, consegnandola a me, affinché la custodissi.

La Gemma del Destino ha causato le guerre nelle nostre Terre certo, ma è anche l’arma che potrebbe far ritornare Venia al suo antico splendore, ormai completamente folle di potere e bramosia, come se fosse corrotta dal suo stesso animo malvagio.”

“E come potrebbe farlo?”

Chiese Gandalf, ormai calmatosi del tutto e arreso all’evidenza dei fatti, ma ritornando di nuovo lo stregone coraggioso e di grande forza d’animo che tutti avevano sempre conosciuto.

“ Ma perché non andate lì, su quel dannato palazzo e le tagliate la testa a quella stregaccia?”

Chiese schietto Gimli, che come al suo solito, esponeva con poche parole le soluzioni ai problemi più grandi con semplicità impagabile.

“ Perché la nostra intenzione non è ucciderla, ma salvarla.”

Disse Will, prima che Taras potesse aprir bocca.

“ Salvarla? Ma perché mai? Dopo tutto quello che vi ha fatto e vi continua a fare!?”

Disse sbalordito da quell’affermazione  il figlio di Gloin:

“ Perché non abbiamo scelta! Solo facendo ritornare il cuore di Venia a brillare di una luce purificatrice come un tempo, avremo possibilità di salvare le Terre dell’Ovest.”

Gli rispose esplicitamente Will, subito dopo seguito da Gandalf:

“ Forse credo di aver capito.”

Iniziò, alzandosi nuovamente e percorrendo il tavolo, questa volta in modo più calmo e con espressione pensierosa, come faceva ogni volta per riflettere meglio su una questione più importante.

“ Le Terre dell’Ovest ora sono legate indissolubilmente dall’anima della persona che le governa. All’inizio mi era impossibile credere al’esistenza della gemma, per il semplice fatto di non credere a quella della sua creatrice…Vedete, Venia, la strega della Luce, è così millenaria che pensavo che non esistesse affatto, che fosse solamente una leggenda inventata da qualche forestiero di locanda per spaventare gli allocchi. Che stolto che sono stato!”

Esclamò il vecchio mago, accasciandosi per l’ennesima volta con sguardo immerso nel vuoto.

“Meno male che se lo afferma da solo!”

Bisbigliò Pipino a Merry, facendolo sogghignare.

“ ed è qui che entra in gioco Frodo!”

Esclamò animatamente e ,se è possibile, ancora più deciso Taras, facendo sussultare il diretto interessato e alzare gli occhi Gandalf, strappandolo dalla dimensione dei suoi pensieri, riportandolo alla realtà con i suoi occhi più grigi del solito.

La Gemma ora, come potete vedere, è opaca, spenta…ma può essere risvegliata. Come ho già detto, essa non ha vita propria, ma il suo più intimo desiderio, è ritornare a brillare della vera luce che l’ha sempre contraddistinta. Ma per farlo, non ha bisogno di una persona qualunque, ma di una che abbia vissuto a stretto contatto con il male più primordiale e che lo abbia superato, con qualche ferita, certo, ma che comunque abbia fatto vincere la parte migliore di sé. Il lato buono, quello puro, candido ed intoccabile della sua intera esistenza, del suo cuore ,della su mente e della sua anima.”

“ E chi altri meglio di Frodo.”

Disse Gandalf, sempre con tono pensieroso.

“No! Ora basta!”

Esclamò quasi furibondo il buon Sam, alzandosi così velocemente, da far cadere la sedia per l’impeto.

“Sam!”

Disse ,guardandolo stupito, Frodo, cercando invano di calmarlo:

“No, padron Frodo! Ho sentito abbastanza! Voi avete già sofferto troppo per la storia dell’Anello di Sauron e….e ora che tutto era passato, che potevamo tornare alla normalità, si presenta questo nuovo peso da dover portare ,come un nuovo fardello! No! Stavolta mi oppongo! Non cercate di fermarmi! A costo di trascinarvi con la forza fino alla Contea, perché è lì che dovete rimanere!”

Terminò con l’affanno Sam, seguito poi con un sorriso da parte di Pipino, Merry e lo stesso Gandalf, insieme agli altri rimanenti, perfino Will, Taras e Luthien. Solo Frodo continuava a guardarlo con la bocca aperta per lo stupore. Non credeva che il bonario Sam potesse essere così fermo e deciso nelle proprie decisioni. Certo, più volte lo aveva ammirato per la sua forza d’animo e per il suo coraggio. Se non fosse stato per lui, a quest’ora sarebbe morto prima di raggiungere il Monte Fato. Lui gli doveva la vita, gli voleva bene come un fratello, ma Frodo sapeva ora ciò che doveva fare, forse lo sapeva già prima di tutte quelle spiegazioni da parte di Taras e guardando negli occhi Gandalf per un momento, trovandolo sorridente e con l’espressione di un gatto sornione, gli sorrise a sua volta e voltandosi verso Sam, gli disse sorridente e con tono calmo, come se volesse rimproverare un bambino ostinato:

“ Siediti, Sam. Ti pregherei anche di ascoltarmi.”

Sam, inaspettatamente, fece come lui voleva e si sedette con ancora una punta di astio verso i due uomini seduti di fronte a lui.

“ Ho intenzione di accettare le vostre richieste. Porterò la Gemma del Destino ovunque vogliate. Non posso tornare alla Contea, sapendo di condannare vite innocenti ad una sicura fine. Potrei avere anche delle ottime giustificazioni: non è la mia guerra, non è il mio popolo, non sono le mie Terre, tutto ciò non mi riguarda! Ma non è nella mia indole voltare le spalle a qualcuno che ha bisogno d’aiuto. Ho deciso…”

Continuò Frodo alzando nuovamente lo sguardo verso gli occhi perlacei ed ora luminescenti  di nuova speranza di Taras.

“ …verrò con voi, nelle Terre dell’Ovest!”

Esclamò deciso, mentre tutti lo osservavano ammirati e con un moto d’orgoglio; anche Sam non poté fare a meno di sorridergli complice, arrendendo sia quella mente matta del suo padrone!

“ La tua fama è degna di lode, Frodo Baggins.”

Gli bisbigliò sorridendogli amichevolmente Taras.

“E sia dunque! Partirai con noi, domani all’alba!”

Esclamò deciso e raggiungendolo per poi inginocchiarsi di fronte a lui:

“ E hai la mia solenne promessa, che io farò l’impossibile per proteggerti da qualunque nemico. Hai la mia vita nelle tue mani, Frodo.”

Gli disse, mentre Frodo lo ringraziava.

“ Un momento, bell’imbusto!”

Esclamò deciso Gimli, alzandosi in tutta la sua possente ma piccola statura, e avvicinandosi a loro due:

“ Se Frodo va nelle Terre dell’Ovest, allora verrò anch’io!”

“ Superfluo dirlo, che ci sarò anch’io! Altrimenti, chi cavallo sosterrebbe il tuo peso, se non il mio?”

Disse ironicamente Legolas, alzandosi a sua volta, mentre Gimli sbuffava contrariato:

“ Ancora una volta, il mio arco è al tuo servizio, Frodo.”

Gli disse serio e sorridente, il principe di Bosco Atro.

“ E la mia ascia!”

“ E la mia spada, oltre che la mia vita.”

Disse solennemente ma con tono calmo Aragorn, alzandosi a sua volta e ponendosi al suo fianco, mentre Frodo lo guardava pieno di ammirazione.

“ Lo sapevo già, amici miei! Vi ringrazio dal più profondo del cuore. Ma anche se tutto ciò mi trasmette tanta gioia, io non so se potrò chiedervi così tanto.”

“ Oh, taci Frodo! Non dire assurdità! E poi, a dire il vero, ci voleva propria una bella guerra! Dico bene, Pipino?”

“Assolutamente! Concordo pienamente con te, mio caro Merry!”

“ Un momento! Quindi verrete anche voi?!”

“Ma che domande fai? Certo che verremo! Non possiamo mica lasciarti da solo! Siamo anche noi i tuoi compagni!”

Disse di rimando Merry, mentre Pipino scuoteva la testa:

“ Ah, questo ragazzo mi delude! Non ha senso dell’intuito! Frodo, amico mio, lasciatelo dire: tu sei un idiota!”

“ Grazie Pipino!”

Disse Frodo, ridendo divertito:

“ Figurati! Ci mancherebbe altro!”

E da qui nuove risate che contagiarono tutti.

“ E tu, Sam? Vieni con noi, o torni alla Contea?”

“ Beh, so che Rosy mi ucciderà ma…non posso lasciare padron Frodo da solo! Verrò con voi!”

“ Grazie Sam! Questo mi rincuora!”

Gli disse Frodo, sorridendogli, prontamente ricambiato.

“ Nove partirono da Gran Burrore, quel giorno, durante l’era del Signore Oscuro. Oggi, undici accompagnatori, guideranno e proteggeranno Frodo dai terribili ostacoli che ci attendono.”

Disse Gandalf, scrutando tutti uno ad uno, come quella mattina, re Elnord fece con loro.

“ Dovremmo portare la Gemma all’interno della torre più alta del Castello di Cristallo e collocarla nell’apposita nicchia di Luce. E questo deve essere fatto solamente da te, Frodo. Credi di farcela?”

Gli chiese Taras, guardandolo dritto negli occhi:

“ Si, sono pronto!”

“ Bene! Ma prima…”

Continuò il guerrieri dell’Ovest, afferrando la catenina d’argento da cui pendeva la gemma e consegnandola a Frodo, facendola stringere all’interno della piccola mano, mentre tutti lo guardavano rapiti.

“…vediamo se la Gemma ti riconosce come legittimo portatore.”

Frodo la sentiva fredda nel palmo della sua mano, fino a quando non cominciò a sentire un tenue calore avvolgerla. Di riflesso, aprì la mano, rivelando la Gemma del Destino. Brillava.

 

 

 

Ecco un nuovo splendido capitolo!!!! Spiegazioni intriganti, vero???? Spero che sia stato interessante e di vostro gradimento. Ma le sorprese non finiscono qui!!!! Continuate a leggere e scoprirete!!! Ora, saluti specialissimi alle mie commentatrici: fanny91, che ha messo anche la mia fanfic nelle sue preferite ( in questo momento, posso affermare di adorarti!!! ^___^ ) e a LadyElisabeth (adoro anche te, tranqui!! Sono felice che ti piaccia!!! Continua a leggerla e scoprirai!!! XD) Grazie ad entrambe e bacioni tenerissimi!!! Baci baci e ringraziamenti anche a tutti voi che avete letto con tanto interesse!!! Alla prossima, Fuffy91!!!!XDXDXD ^___________^

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


C4

Dalla finestra degli alloggi reali, Aragorn abbracciava con il suo sguardo di smeraldo l’intera città di Minas Tirith, contemplando le luci tenui e tremolanti delle candele ancora accese all’interno di alcune case, che a poco a poco si spegnevano una dopo l’altra, facendo calare il buio della notte definitivamente su Gondor.

Sembrava incredibile come fugace  fosse stata la sua gioia nel vedere tutti i suoi sogni più irraggiungibili realizzarsi: l’unione totale con la donna che ha sempre amato, la ritrovata strada che aveva sempre cercato di evitare durante la sua esistenza da ramingo, quella di re legittimo di quelle splendide terre, le sue amicizie ritrovate…Ma nulla di tutto questo era riuscito a rimanere inerte di fronte alla folata di vento gelido e lugubre, proveniente dalle Terre dell’Ovest. Una nuova, improvvisa prova ostacolava nuovamente il suo cammino. Ma ora lui era pronto, sapeva cosa fare, sapeva cosa esattamente desiderava, e questa volta non avrebbe avuto nessun ripensamento, nessun dubbio, nessuna preoccupazione ad affollargli la mente. L’onta carica degli errori commessi da Isildur lo stava di nuovo sopraffacendo e ancora una volta spettava a lui rimediarvi totalmente.

I suoi pensieri vennero interrotti dolcemente da due candide braccia che gli cinsero la vita, mentre un corpo caldo e morbido si stringeva a lui, trasmettendogli con il suo tepore un po’ di pace.

“ Non riesci a dormire, mio signore?”

Gli chiese Arwen, mentre sentiva ancora i sussurri della sua sinuosa voce entrargli nelle orecchie ed offuscargli la mente, come gli capitava ogni qual volta l’ascoltasse.

Sorridendole dolce, Aragorn si voltò verso di lei e ,lentamente, posò le sue labbra su quelle di lei, in un bacio tenero e leggero, dimenticando per un istante che il giorno dopo avrebbe dovuto lasciarla per partire verso il suo destino. Non poteva portarla con sé; sapeva che il viaggio che lo attendeva sarebbe stato colmo di pericoli. Lo rassicurava di più saperla al sicura, tra le mura de suo regno.

Si staccò da lei, credendo che fosse passata un eternità, mentre Arwen seguitava ad accarezzargli il viso, con un tocco lieve e gentile come ali di farfalla.

Aragorn catturò quella stessa mano con la sua e ne baciò il dorso e il palmo, mentre la sua sposa, nonché la sua regina, le sorrideva con un velo di tristezza che le incupiva gli occhi, azzurri come un cielo di primavera, e lui sapeva il perché, come sapeva anche quello che ben presto gli avrebbe chiesto.

“ Voglio venire con te.”

Gli sussurrò con gli occhi scintillanti alla luce della luna.

A quell’affermazione, Aragorn non poté fare a meno di sorridere tra il dolce e l’amaro, mentre le accarezzava ancora la mano destra.

“ Ti prego, non negarmi il desiderio di starti vicino.”

“Non sai quanto lo vorrei, ma…”

“Lo so! È pericoloso, e potrebbe capitarmi qualcosa, ma…io…”

E abbandonò la sua mano tra quelle di lui, per poi non riuscire più a sostenere quel suo tenero sguardo e abbassando il suo, ora pieno di lacrime di amarezza e delusione.

Aragorn glielo alzò dolcemente con l’intera mano e una volta incontrati i suoi occhi scintillanti, mentre una lacrima gli rigò una guancia leggermente arrossata, la baciò di nuovo con impeto e passione. Arwen si aggrappò al suo collo, affondando le mani in quelle onde scure e ricambiando il bacio con ancora più impeto, che minacciò di sconvolgerlo, abbracciandola e sostenendo le sue gambe tremanti prendendola per la vita e modellandola al suo corpo possente e snello.

“ Io tornerò da te. Fin ad allora, aspettami, amore mio.”

Le sussurrò dolcemente con tono profondo e velato di emozione, mentre la luna fu la sola testimone del loro attimo d’amore e passione, suggellato con un nuovo bacio e nuove dolci carezze.

Intanto, Legolas era appoggiato alla balaustra della sua camera, ripensando agli avvenimenti che avevano caratterizzato quel frenetico giorno, ricco di contrastanti emozioni.

Assaporò l’inebriante brezza serale, lasciandola libera di giocare con le sue ciocche bionde ,socchiudendo gli occhi con un sorriso e scuotendo la testa divertito dal russare rumoroso del suo compagno di stanza, Gimli. Improvvisamente, la sua attenzione si spostò fra le fronde dei giardini reali, le cui piantagioni avevano ombre scure e argentate ai raggi della luna crescente. Il suo sguardo attento e azzurro, come uno sgombro cielo d’estate, si posò su figura ammantata di bianco, luminosa più delle stelle.

Affascinato e come guidato da una forza che andava al di là delle sue resistenze, percorse silenzioso la stanza, aprì e chiuse impercettibilmente la porta e si diresse all’aperto, evitando di pensare e lasciandosi guidare, come rare volte succedeva, dall’istinto.

Una volta attraversate le alte volte del palazzo, rimase incantato dallo splendore serale di quei fiori meravigliosi. Si protese ad annusare delle rose bianche e rosse, quando all’improvviso sentì il profumo indescrivibile, che non apparteneva a nessun fiore presente nel giardino, fino a quando sentì la lama appuntita di una freccia pungergli la schiena, ricoperta da una leggera camicia di un celeste pallido.

Istintivamente alzò le mani in segno di resa e bisbigliò, senza volerlo:

“ Sono disarmato…”

“ Meglio per voi, che lo siate.”

Disse di rimando una voce che aveva già udito, anche se solamente di rado, in quella giornata densa di sorprese.

I suoi sensi sentirono che la persona dietro di lui, abbassava le sue difese, e la freccia tesa dal suo arco perdere la sua tensione.

“Non dovreste passeggiare da solo, di notte e per giunta disarmato, mio signore.”

Continuò Luthien, seduta a pochi metri da lui sui gradini delle gradinate che conducevano negli interni del porticato, accavallando le gambe e giocherellando con le ciocche dei suoi capelli castani, evitando di guardarlo.

Legolas, abbassò lentamente le mani e sorridendo le disse di rimando, questa volta con tono più forte:

“ Mi sembra che ciò possa valere anche per voi, mia signora.”

“Ma io non sono disarmata.”

Lo controbatté Luthien, alzando l’arco per sottolineare le sue parole, ma sempre senza guardarlo.

“ Si, ma siete comunque sola, di notte e senza qualcun altro che possa aiutarvi in caso di pericolo.”

Questa volta, la donna alzò gli occhi verso di lui, permettendogli di scorgere il luccichio dei suoi occhi scuri e profondi, così diversi da tutti quelli che aveva scorto nelle altre dame del suo regno.

Quello sguardo aveva il potere d’incantarlo, come il sorriso a fior di labbra che increspò le sue labbra rosse come petali di rosa.

“ Questa volta, non posso contraddirvi.”

Sussurrò, mentre Legolas strabuzzava gli occhi cercando di scorgere la sua armoniosa figura, visto che non era più sui gradini del porticato.

Ma poi sentì il suo profumo indefinibile, e si voltò per ammirarla intenta ad osservare alcuni gigli bianchi, chiusi in loro stessi. Ma appena Luthen li sfiorò, questi si aprirono uno dietro l’altro, mentre la meraviglia avvolgeva Legolas, per quell’evento stupendo pur nel suo mistero.

“ Sono stupito dalla vostra agilità.”

“ Non siete il primo né l’ultimo che non mi abbia già detto una frase del genere.”

“ Ne siete infastidita?”

La perse di nuovo di vista; non poteva distrarsi un attimo, che lei sembrava come dissolversi nel vento, per poi apparire inaspettata. Si chiedeva se fosse un’abilità tramandata nel suo popolo o solo una sua sola specialità. In entrambi i casi, lo intrigava lo stesso.

“ No. Ma non mi piacciono i complimenti.”

Gli rispose dopo un po’, lontana dai fiori e dalle strutture illuminate dalla luna ormai padrona del nero manto che ricopriva il cielo e con lo sguardo scintillante,  rivolto verso l’orizzonte oscuro o in penombra, sporta verso una sporgenza rocciosa, vicino ad un albero sempre verde.

La brezza serale catturò, dispettosa, sia i suoi che i lisci capelli di quella dama incantatrice, come il significato nascosto del suo nome.

Luthien. L’incantatrice. Legolas sorrise. Mai nome fu più appropriato per quella creatura così misteriosa.

Chissà cosa si celava dietro quella corazza così impenetrabile che la ricopriva interamente, anche se non visibilmente? Mai dama lo aveva così incantato! Come se lo avesse stregato, senza nemmeno accorgersene. Non sapeva spiegarselo, ma dentro di lui cresceva un desiderio irrefrenabile di sapere di più di lei e di tutti i pensieri che, sapeva, affollavano la sua mente attenta.

Desiderava diventare suo amico, e per il momento questo gli bastava. Ma sapeva anche che conquistare la sua fiducia non sarebbe stato facile.

“ Non mi piacciono nemmeno i curiosi.”

Gli disse inaspettatamente, trovandosela a pochi metri di distanza, tanto da poter scorgere alcuni particolari di quel volto investito da una luce perlacea, intensificando la sua luminescenza, oltre a inebriarsi del suo profumo. Era come se gli avesse letto nel pensiero, ma era impossibile che lo avesse fatto per davvero. Ciò nonostante sussultò imbarazzato, cadendo in uno strano stato di confusione.

“ La curiosità non è un peccato.”

“ Dipende dai punti di vista.”

Legolas sorrise, ritrovando un po’ di lucidità e del suo autocontrollo.

“Amate avere l’ultima parola, vero, mia signora?”

“ Dipende dai casi. Ma in molte circostanze, si.”

“ Cosa ci fate nel cuore della notte, in giardino?”

Chiese a brucia pelo Legolas, cercando alleggerire il discorso.

“ Potrei farvi la medesima domanda.”

“ Ma sono stato io, il primo a porla.”

Le sorrise di nuovo amabile, cominciando a divertirsi per quel gioco di battute nato dal nulla.

“ Facevo la guardia.”

Disse con tono leggermente più duro. Forse, non le era piaciuta quella puntualizzazione da parte sua.

“ Da sola?”

Chiese scettico e un po’ preoccupato Legolas, a saperla sola in balia di un eventuale nemico.

“ Si. Perché? Mi considerate così incapace?”

“No. Non ho detto questo.”

“Ma immagino che lo abbiate pensato.”

“Nemmeno.”

“ Allora vuol dire che avete supposto che, in caso di pericolo, sarebbe stato meglio avere almeno un compagno.”

“Questo si, lo ammetto.”

“ Io non ho bisogno di un compagno. So badare a me stessa.”

“ Certamente, su questo non vi è alcun dubbio.”

Disse quasi ironico Legolas, sorridendole di nuovo amabilmente.

Sorrise anche Luthien, allontanandosi di nuova da lui, sorpassandolo e consentendogli di aspirare di nuovo la sua fragranza

“ Ora tocca a voi. Cosa ci facevate in giardino, a quest’ora della notte?”

Legolas la osservò di nuovo sedersi sui gradini del porticato, accavallare le gambe e giocherellare con le ciocche dei suoi capelli, evitando nuovamente il suo sguardo. Era incerto sulla risposta da darle, ma alla fine decise di dirle la verità, anche perché non c’era nulla di male nell’ammettere che:

“ Vi avevo notato dalla balconata e ho deciso di raggiungervi nei giardini.”

A quelle parole, Luthien alzò di scatto gli occhi e li incatenò a quelli di Legolas, per nulla imbarazzato della sua confessione.

“ Bene. Ora mi avete vista. Avete conversato con me. Potete considerarvi soddisfatto.”

Detto questo, si alzò e si diresse all’interno delle alte volte del porticato, lasciandolo spiazzato per il suo comportamento.

“ Il sole sta sorgendo.”

Gli disse ora accanto a lui, con un’espressione indecifrabile dipinta sul suo volto.

“ Andiamo. Tra poco partiremo verso le Terre dell’Ovest.”

Proseguì mentre Legolas annuiva, ancora un po’ stordito per quel cambio di atteggiamento improvviso.

Ma prima che potesse dileguarsi di nuovo, Legolas la afferrò istintivamente per un braccio, delicatamente, dicendole, mentre lei rimaneva ferma, non si ribellava alla sua stretta ma non si voltava nemmeno.

“ Perdonatemi, se vi ho offesa in qualche modo, mia signora.”

Seguirono alcuni minuti di silenzio, fino a quando Legolas la sentì sussurrare:

“ No, non mi avete offesa in alcun modo.”

E poi, voltandosi e sorridendogli, proseguì:

“ Sono solo io, ad essere scontrosa, a volte. Non fateci caso, mio signore.”

Detto questo, Luthien sentì la mano di Legolas abbandonare il suo braccio e sorriderle.

Quando la vide allontanarsi di nuovo lungo le alte volte del porticato, seguendo i movimenti lenti del manto bianco che le frusciava lungo le gambe snelle e tornite, il principe di Bosco Atro sussurrò quasi a sé stesso.

“ Come potrei non farci caso, mia signora. Ma del resto, mi piacete anche per questo.”

 

 

 

Bello, vero? Spero vi sia piaciuto anche questo breve capitolo. Adesso passiamo ai saluti.

Fanny91: Come vedi anche Legolas è curioso di scoprire qualcosa in più sull’indecifrabile Luthien. Su Taras e Will, si vedrà più avanti. Come così poco? Per me è davvero importante che tu abbia messo la mia fan fiction fra le tue preferite!!! Ti dirò di più: vedendo sempre che leggi e commenti tempestiva, mi fa ancora più piacere. E quindi ufficialmente, ti dico che ti adoro ancora di più!!! Hihi!!! Vedo che ti piace Legolas. Eh, vedrai, vedrai che succederà in seguito su di lui!!! XDXD Tra l’altro, anche io ne vado matta!!! Bacioni e saluti speciali ancora!!! Alla prossima!!! ^____^

LadyElizabeth: Ovviamente, ringrazio anche te per essere sempre così carina nel lasciare sempre un delizioso commentino. Carina, delizioso??? Ma da quando sono così sdolcinata??!!! Non farci caso, parlo con me stessa!!! Hihi!!! Subentra la mia anima romantica!!! In effetti anche qui ci ho messo un pizzico di romanticismo!!!XDXD Sia Legolas che Aragorn sono i miei personaggi preferiti, quindi non potevano mancare nella mia storia!!! Continua a seguirmi, e vedrai che succederà su uno di loro, specialmente!!! Adoro anche te, tranqui!!! Baci baci e alla prossima!!!

Ma ovviamente un saluto specialissimo a tutti i lettori o le lettrici che mi seguono così spasmodicamente!!! Adoro anche voi tutti!!!! Mi spronate a scrivere sempre di più!!! Mi raccomando, continuate ad appassionarvi a questa storia!!! Ne vedrete delle belle!!!XDXDXD Bacioni a tutti!!! Alla prossima!!! Ciaoooooooooooooooooooooooo!!!! ^________________^

 

 

 

 


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


C5

Quella che era stata la padrona della notte, ora si vedeva costretta a cedere il posto al signore del cielo. I caldi raggi del sole mattutino abbagliarono il giovane Frodo, non appena varcò le porte del sontuoso palazzo reale. Ammirò per un momento estasiato la vita riprendere il suo corso: gli abitanti di Minas Tirith erano già in fermento, e tutto il regno si preparava a dare un degno addio al loro giusto sovrano, in partenza per una nuova missione da compiere.

I suoi pensieri vennero interrotti dal suo caro amico Sam, che con un tonfo sordo, appoggiò sul terreno in pietra e polvere un bagaglio ricolmo di ogni tipo di utensile culinario, oltre al vestiario e ovviamente, scorte per il viaggio.

“ Sam! Ma quanta roba hai messo in quella sacca? Non ti sembra di aver un po’ esagerato?”

“ Esagerato? Ma cosa dite padron Frodo!? E pensare che questo è solo il minimo indispensabile per un viaggio del genere!”

Frodo non poté fare a meno di sorridere a quelle parole.

“ Il minimo indispensabile?! Sam, permettimi di dirti che ha ragione Frodo! Sembra che ci hai messo l’intera Contea in quella sacca!”

Esclamò Pipino, che intanto era intento a masticare un goloso boccone di crostata alla more appena sfornata.

Sam si limitò solamente a guardarlo di traverso e a scuotere la testa in segno di rassegnazione, per poi rivolgersi a Frodo che sogghignava divertito alla vista di Pipino e Merry che si contendevano l’ultimo pezzo di crostata.

“ Padron Frodo...”

Sam esitò, e Frodo accortosi di ciò lo incitò a proseguire:

“ Dimmi, Sam. Cosa c’è?”

“ Ecco…io…volevo solo chiedervi se vi sentite bene.”

E Frodo, corrugando le sopracciglia scure, non riuscendo a capire dove il suo amico volesse arrivare, gli rispose sempre sorridendo incoraggiante:

“ Ma certo, Sam. Perché non dovrei esserlo? Anzi, ti dirò di più: mi sento perfettamente rilassato.”

Ed era vero. Non stava mentendo, solo per rassicurare Sam. Era la pura verità. Si sentiva bene, anzi benissimo. Non era mai stato meglio in tutta la sua vita.

“ Beh, io lo dicevo per quella…quella gemma che portate. Non vorrei che vi facesse del male.”

Già, la Gemma del Destino. Si era completamente dimenticato di averla ancora al collo, dalla sera prima, quando Taras gliela aveva consegnata. No, la gemma, a differenza dell’ Anello non sembrava pesargli affatto. Anzi, era come un sollievo per le ferite lasciate dal gioiello oscuro che l’aveva preceduto. All’improvviso, Frodo, completamente immerso nei suoi pensieri, si accorse che Sam lo stava osservando con aria incera e preoccupata nell’insieme, e così con un rinnovato sorriso gli disse:

“ No, non devi preoccuparti Sam. Per il momento, non mi è d’impaccio. Ma se in futuro dovesse procurarmi preoccupazioni, sarai il primo a saperlo, te lo prometto.”

E accompagnò la promessa con una mano fraterna posata sulla sua spalla, a cui Sam rispose con un sorriso e un lampo di sollievo gli attraversò gli occhi dorati.

Intanto, Merry e Pipino continuavano a litigare per quel misero pezzo di torta, quando sopraggiunse William e strappata di mano ai due contendenti, lo mangiò in un sol boccone.

“ Ehi!”

Esclamarono entrambi gli hobbit, mentre Will si passava la lingua sulle labbra e leccava via gli ultimi residui di marmellata.

“ Niente rancore, amici miei.”

E detto questo, si diresse verso Frodo, scompigliandogli i capelli affettuosamente, in gesto di saluto e facendo l’occhiolino ad entrambi.

“ Buongiorno, dolcezza! Dormito bene?”

Lo sentirono esclamare e chiedere Frodo e Sam, ad una Luthien più bella che mai ai raggi del sole.

Si era cambiata d’abito, ed ora indossava una tunica d’arciere più leggera e resistente, in apparenza, di un colore verde foglia che esaltava il colorito pallido della sua pelle e sottolineava quello castano dei suoi lisci capelli, con due trecce legate dietro il capo con fili di perle, mentre un ciocca ribelle le cadeva sulla fronte, andandole a coprire la guancia destra.

“ Noi elfi non dormiamo, ci riposiamo.”

“Ah, giusto. Ma senti, se dormissi io accanto a te, forse riusciresti a fare dei bei sogni. Che dici, proviamo la prossima volta?”

Le chiese con voce suadente, mentre lei accarezzava il suo cavallo, sussurrandogli parole gentili all’orecchio.

“ Certo.”

Disse, inaspettatamente, mentre Will strabuzzava gli occhi azzurri e meravigliati, mentre un sorriso speranzoso solcava il suo viso.

“ Davvero?!”

“ Certamente. Quando il sole prenderà il posto della luna e viceversa.”

Rispose in tono incolore Luthien, avvicinandosi a Will rimasto a bocca aperta e picchiettandogli una spalla, mentre un sorriso increspava il suo bel viso d’angelo.

“ Buongiorno, Taras.”

“Buongiorno, Luthien. Cosa mi sono perso?”

“ Un tentativo di trafiggere a morte il mio povero cuore.”

Disse Will, leggermente accigliato.

“ Cuore? Immagino volessi dire, il tuo ego?”

Lo corresse Luthien e da qui nuove risate, che finirono per contagiare non solo Frodo e tutti gli altri, ma anche Will.

“ Ah, vedo che siete allegri, questa mattina!”

Esclamò compiaciuto Gandalf, che varcava la soglia insieme ad Aragorn, seguito poi da Legolas e Gimli.

“ Buongiorno.”

Augurò Aragorn a tutti loro, ma guardando in particolar modo Taras, che si limitò a ricambiare con un lieve inchino.

“ Spero abbiate riposato bene.”

Disse in seguito, rivolto a Luthien, che si limitò ad aggiustarsi la ciocca ribelle di capelli dietro l’orecchio e ad osservare il suo arco, del tutto indifferente a ciò che accadeva intorno a lei.

Senza rispondere al re di Gondor, andò a sellare il suo cavallo, portato da una guardia, che glielo cedette subito, senza dire nulla, ma guardandola intensamente, ammirato e timoroso.

Aragorn guardò stranito prima Gandalf, che si limitò a sorridergli comprensivo, ed inseguito Taras che con una scrollata di spalle gli disse:

“ Non prendetevela, mio signore. Luthien è nota per avere un carattere un po’ particolare. Ma se vi ha offeso in qualche modo, non esitate a riferirglielo.”

“No, no. Sono solo…sorpreso. È diversa dalle altre dame elfiche che ho incontrato nei miei lunghi pellegrinaggi.”

“ O che avete sposato. Permettetemi di dirvi, che vi invidio molto.”

Disse compiaciuto Will, mentre Aragorn si limitava a sorridergli e Taras ad ammonirlo, come al solito, con gli occhi.

“ Il vostro cavallo.”

Disse Luthien, che si era avvicinata ad Aragorn silenziosa e veloce, come era sua indole e consegnandogli le briglie del suo fedele destriero.

“ Vi ringrazio, mia signora. Non dovevate.”

Ma lei non lo rispose e non gli sorrise, si limitò solo a guardare per un attimo Legolas, che le sorrise amabile, per poi dirigersi verso le gradinate della porta principale e sedersi elegantemente a giocherellare con i suoi capelli.

 Tutti la guardarono interrogativi, tranne Taras e Will, che erano abituati ai suoi modi bruschi e sbrigativi.

“ Altro che carattere particolare, è una maleducata! Ve lo dico io!”

Esclamò con tono accigliato e sbuffando Gimli, mentre Legolas lo guardò contrariato. Ma all’improvviso una freccia con piume bianche si conficcò nel suo elmetto, facendolo urlare per la sorpresa e il terrore.

“ Ma sei pazza??!! Volevi forse ammazzarmi? Ma, dov’è? Vieni fuori, razza di canaglia con le orecchie a punt…ah!”

Ma Luthien era proprio davanti a lui e con un’espressione indecifrabile gli tolse l’elmetto dal capo, nonostante le proteste di Gimli e gli sfilò la freccia per poi riporla insieme alle altre. Poi gli rimise il copricapo, abbassandosi alla sua altezza e gli disse.

“ La prossima volta che dite che sono maleducata o mi insulterete ancora in altri termini, non mi accontenterò di perforarvi l’elmetto, anzi….”

E sorridendogli preoccupante, tanto da farlo inghiottire nervoso per quella vicinanza quasi soffocante e minacciosa, gli bisbigliò:

“ Vi taglierò la barba!”

Istintivamente, Gimli si afferrò le due trecce rossicce della sua lunga barba ispida e folta, sussurrandole intimorito:

“No, la barba no!”

“Oh, si!”

Esclamò Luthien, annuendo piano, mentre Legolas accanto al suo povero sventurato amico nano, sogghignava divertito.

“ Luthien.”

La rimproverò amichevolmente Taras.

“ Si?”

Chiese con voce innocente l’incantatrice, guardandolo con occhi ingenui.

Taras si limitò solo ad osservarla con espressione enigmatica, che lei interpretò prontamente.

“ Scusate, mastro Gimli, di aver colpito il vostro elmetto.”

“E…”

La incalzò Taras.

“ E di avervi intimorito ,minacciando di tagliarvi la barba.”

E poi, con un sorriso a fior di labbra, si diresse verso Taras e gli sussurrò all’orecchio:

“ Comunque stavo solo scherzando.”

Il guerriero dell’Ovest si limitò solo a sogghignare divertito, seguito da molti dei presenti.

“ Se Luthien è l’unica che riesce a portarmi sulla retta via, allo stesso modo, Taras è l’unico che possa domare almeno di un po’ il suo carattere ribelle.”

Bisbigliò Will ai quattro hobbit presenti, mentre sellava il suo possente stallone nero, a cui loro risposero con un sorriso o un’espressione di stupore, mentre Frodo la osservava ancora divertito e sorridente, ed inaspettatamente, venne ricambiato.

“ Bene. Ora che ci siamo tutti, credo che sia arrivato il momento tanto atteso, non è così, giovane Taras?”

Gli chiese Gandalf, posto accanto al re di Minas Tirith, che, come lui, osservava il tenace Taras.

“ Si, Gandalf. Se voi siete d’accordo, vorrei partire immediatamente verso le Terre dell’Ovest. L’alba è l’attimo dell’intero arco della giornata che la Signora delle Tenebre teme e odia più di tutti.

Riparati dai tenui raggi del sole mattutino, saremo meno esposti al suo sguardo e ai suoi seguaci, che, come del resto la loro padrona, preferiscono agire con il favore delle tenebre. Ma ,dopotutto, di questo avete avuto modo di rendervene conto tutti, ieri sera.”

“ Già, e non è stato molto gradevole.”

Commentò Merry:

“ Concordo.”

Seguì poi il commento di Pipino.

“ Ed è proprio per questo motivo che vorrei evitare di partire nel mezzo della giornata. Se saremo attaccati nuovamente durante la notte, una volta accampati, non desidero affatto che voi della compagnia siate impreparati a riceverli.”

Continuò Taras, con volto serio.

“ Ma non lo saremo comunque. Le nostre armi sono inefficaci contro gli Andes o le altre creature al servizio di Venia.”

Disse Legolas, ma venne contraddetto da Luthien, che si trovava ora accanto a Taras.

“ Non esattamente.”

Visto che tutti la guardarono senza comprendere a pieno le sue parole, Taras continuò:

“ Si, quello che dice è vero. Ma è troppo pericoloso. Hanno bisogno anche loro di armi come le nostre.”

“ Non dirmi che hai intenzione di portarli a Bosco Bianco?!”

Disse l’incantatrice, sorpresa dal luccichio che apparve negli occhi perlacei del suo compagno.

“Bosco Bianco? Avete già menzionato questo luogo, se non sbaglio.”

Disse Aragorn, accarezzandosi il mento ispido, come faceva sempre quando rifletteva.

“Si, lì vive Dama Eruanna, colei che ci consegnò le armi eterne, capaci di trafiggere il male più puro. Sono sicuro che, se glielo chiederemo, sarà felice di donarle anche a tutti voi.”

“ è una follia, recarsi a Bosco Bianco, di questi tempi. E tu lo sai molto meglio di me, Taras.”

Disse con tono incolore ma con sguardo leggermente contrariato Luthien, a cui Taras rispose con uno determinato.

La Foresta dei Vel pullula di Andes e goblin, e per giungere a Bosco Bianco, dobbiamo attraversarla.”

“ Allora la attraverseremo. Lo abbiamo già fatto, in passato.”

Commentò Will.

“ Si, ma non con un seguito di altre otto persone.”

“Ce la caveremo, mia signora, non temete. Abbiamo affrontato di peggio durante la guerra contro Sauron, non saranno certo quelle creature ad intimorirci.”

Disse deciso Gandalf, voltandosi verso gli altri suoi compagni per accertarsi di un loro consenso.

“ Sono d’accordo. E poi, ci avete già mostrato i punti deboli degli Andes, durante la loro incursione a palazzo. Sono sicuro che per il momento, ci basterà questa conoscenza basilare per sconfiggerli o almeno per difenderci.”

Continuò Aragorn.

“ Su, dolcezza. Non essere polemica. Lo sai che non mi piaci quando fai così.”

Disse sorridendo accattivante Will ad una Luthien rassegnata all’evidenza dei fatti.

“ E sia. Non sarò certo io a fermarvi.”

Disse, mentre la guardavano montare a cavallo, imitata poi da Aragorn, Gandalf, Legolas, Taras e Will. In quanto agli altri, Gimli salì in groppa al destriero di Legolas, come sempre, Pipino su Ombro Manto, guidato da Gandalf, Merry dietro Will, Sam dietro Luthien e Frodo dietro Taras.

Prima di partire, Arwen aveva regalato un lungo bacio d’addio al suo sposo, stringendogli le mani come se non volesse più lasciarlo andare via. Aragorn gliele baciò senza mai staccare gli occhi verdi da quelli azzurri di lei, che sospirava inerme di fronte al destino crudele che l’aveva costretta a vedere di nuovo il suo unico amore partire verso una rinnovata oscurità.

Ricorda quello che ti ho detto. Ricorda la nostra promessa.”

Le sussurrò in lingua elfica, mentre Arwen cercava di trattenere le lacrime che le premevano gli occhi. Gli sorrise e gli disse flebilmente:

Non potrò mai dimenticarla. Ti amo, amore mio, e ti amerò per sempre.

Ti amo anch’io, Arwen. Il mio cuore apparterrà a te per l’eternità.

Un ultimo bacio, un’ultima carezza sul viso da parte di lei e Aragorn, re di Gondor, finalmente percorreva le vaste vie del suo regno, mentre donne,uomini e bambini gli donavano il loro fedele addio, accompagnato da petali di fiori bianchi come le mura della città di Minas Tirith.

Una volta attraversati i confini di Gondor, Taras partì al galoppo verso Aragorn che capeggiava il gruppo, intimando a Frodo di tenersi ben saldo.

“ Mio signore…”

“Aragorn.”

Gli disse lui, una volta giunto al suo fianco, il cui sorriso venne ricambiato con uno sguardo interrogativo.

“ Date le circostanze, sarà meglio abbandonare ogni tipo di formalità. Non trovi?”

Disse Aragorn, mentre Taras gli sorrideva di rimando:

“Si, concordo con te.”

Poi continuò, mentre Frodo sorrideva al pensiero che quei due guerrieri dal grande animo fossero così simili nel carattere. Che fosse l’inizio di una grande amicizia?

“ Volevo chiederti di condurre al tuo fianco il resto della compagnia, visto che conosco la strada più sicura e rapida per giungere alla Foresta dei Vel.”

“D’accordo. Avrei preferito che fossi tu a chiudere la fila, ma date le circostanze, non ho nessun motivo per non acconsentire alla tua richiesta.”

“Ti ringrazio. Comunque, non preoccuparti. Ho lasciato Will al mio posto. So che può sembrare un uomo poco raccomandabile, visto il modo in cui si comporta e di quello che dice. Ma posso assicurarti che in battaglia sa essere un abile combattente e stratega.”

“ Lo avevo capito. In fondo ne ha dato anche prova contro gli Andes.”

“ Giusto.”

“Come ti senti Frodo?”

Chiese Aragorn inaspettatamente ad un hobbit distratto.

“Bene, per il momento.”

“ Mi fa piacere.”

“ La gemma non dovrebbe pesarti molto, immagino.”

Disse Taras, voltandosi leggermente verso di lui.

“ No, infatti. Devo dire che la cosa mi incuriosisce.”

“Devi sempre tenere a mente, Frodo, che la Gemma del Destino è votata al bene, non al male. Con questo però, non devi sottovalutare i suoi poteri. Se possono farti del bene, possono anche farti del male.”

“ Ottima osservazione. Mi hai battuto sul tempo, Taras.”

Disse Gandalf, dietro di loro.

“Quindi la gemma potrebbe anche far del male a Frodo?”

“Non è da escludere, Pellegrino Tuch. È pur sempre un oggetto magico di grande potere. Il fatto che non abbia una volontà propria, non lo rende meno temibile.”

Detto questo, Gandalf si avvicinò di più a Frodo e guardandolo con occhi seri gli disse:

“Non abituarti troppo al suo calore, Frodo. Sta sempre all’erta, mio piccolo amico.”

“ Seguirò i tuoi consigli, Gandalf. Tranquillo.”

Gli disse, mentre Gandalf annuiva, compiaciuto delle sue parole, pur con un barlume di preoccupazione celato nel suo intimo.

In realtà, Frodo stava già provando piacere nel calore dolce e misterioso emanato dalla gemma che avvolgeva il suo piccolo corpo e la sua anima. Sembrava come se volesse lenire tutte la ferite lasciate dall’Anello, pensiero che aveva colto anche alle prime luci dell’alba, in compagnia di Sam. Sembrava così facile lasciarsi cullare da quel rassicurante calore, ma poi ricordò le parole di Taras e le raccomandazioni di Gandalf, il suo sguardo timoroso nei confronti di quell’oggetto magico nella sua essenza, e subito riaprì gli occhi, ritornando alla realtà, abbandonando quell’angolo di benessere per la sua anima provata, ascoltando il cinguettio degli uccelli appena svegli che volavano verso l’ampio cielo turchese, il calpestio degli zoccoli dei cavalli e il vento mattutino che portava con sé profumo di fiori, erba bagnata di rugiada e di libertà apparente.

La Gemma sembrò avvertire il suo poco interessamento, tanto che il suo bagliore diminuì a poco a poco, diventando quasi evanescente, cadendo in un sonno tranquillo e quieto, cullata dal battito regolare del cuore del suo portatore.

Gandalf si compiacque della forza d’animo del suo giovane amico di sempre e sorridendo alla vista della gemma raddolcirsi, nonostante la sconfitta subita da parte di Frodo, lasciò che i suoi occhi color delle acque di un fiume calmo, vagassero sulla distesa pianeggiante che avrebbero dovuto attraversare.

Intanto, lontano miglia e miglia dal loro cammino, in una remota stanza di un castello dalle mura di cristallo, un vento gelido entrò dalla finestra ad arco acuto, scostando il leggero tessuto delle tende di un colore indefinibile e accarezzando lievemente, quasi anch’esso con timore, la figura vestita di un lungo abito nero, che le lasciava scoperta le spalle sinuose e pallide e intravedere la morbida curva del seno, dalle maniche trasparenti e grigie che le fluttuavano intorno alle braccia e le coprivano a metà le mani dalle dita lunghe e affusolate. Stesa supina su un letto morbido e dalle lenzuola di lino tetre e lugubri, aprì lentamente gli occhi neri dalle lunghe ciglia rosse, come i suoi lunghi capelli, morbidi, lasciati sciolti e mossi, che si espandevano suoi cuscini bianchi come lingue di fuoco arrabbiate e tumultuose, quelle di un incendio furibondo.

Il sonno della Signora delle Tenebre era stato destato dalla fragranza di erba e fiori, portata da quel vento dispettoso. Quel profumo, quella dolce essenza carezzevole le dava semplicemente il volta stomaco.

Si alzò indispettita, mentre il lungo abito nero le ricopriva le lunghe gambe lasciate scoperte temporaneamente e a piedi nudi percorse la poca distanza che la divideva dalla finestra. Sfiorò con le dita e dalle unghie come artigli le tende trasparenti e scrutò il mondo esterno, compiacendosi di quella vista desolata e piena di terrore. I suoi seguaci stavano reclutando altri Andes, Uruk-hai, orchi e goblin. Aspirò a pieni polmoni quell’aria ricolma di malvagità e si saziò con lo sguardo di quelle terre aride e pullulanti di rancore e odio. Solo in lontananza vedeva i bagliori luccicanti degli alberi di Bosco Bianco, seguiti da quelli verdeggianti della Foresta dei Vel e dalle mura e dalle abitazioni delle città di Holmes, Ruer e Murnirm, gli unici tre imponenti regni umani che ancora le resistevano.

La sua gemma, la sua preziosa gemma trafugata da quel dannato Sauron e dopo di lui da quel sudicio omuncolo, solo l’ombra di quello che veniva ricordato come il sovrano di Gondor. Ma lei era stata cattiva, l’aveva preferita all’Unico Anello del potere, e così lei l’aveva abbandonata. Ma poi, alla caduta di quel maledetto stregone l’aveva ripescata dal mare nuovamente. Il vermiciattolo aveva commesso il suo stesso errore. L’aveva lasciata alle amorevoli cure delle profondità marine.

Che stolto! Non conosceva il suo potere, la sua potenza. Come aveva potuto rinunciarvi? Si toccò la base del collo, alla sua disperata ricerca, ma la Gemma del Destino non c’era. Non brillava più di quel nero abbagliante e velenoso che le conferiva tanta forza.

Strappò con rabbia il debole tessuto delle tende che fino ad ora aveva solo accarezzato distrattamente, con un urlo di frustrazione ad esplodere dalla sua gola.

Quel maledetto, quel dannato Ettelen, gliela aveva trafugata come un ladro, una volta che l’aveva trafitto con la sua lama di ghiaccio. Ladri, erano tutti dei ladri. Sauron, Isildur, Ettelen…ladri senza ritegno. La gemma era sua, solo sua. L’avrebbe strappata dalle mani di coloro che ora la portavano con sé. Lei la desiderava come nessun altra cosa. Aveva bisogno del suo calore, della sua essenza.

Era stato un duro colpo tornare sul campo di battaglia e non ritrovare più il suo amato gioiello nelle mani di quel manigoldo. Non era più lì, il suo corpo esanime. Qualcuno l’aveva portato via da quel luogo di tenebre, ma chi?

All’improvviso, ricordò la sagoma indistinta di un giovane combattente, sporco di polvere e sangue bluastro, quello tipico delle sue creature. Ricordava i suoi occhi perlacei e pieni di sorpresa ed odio verso di lei che le aveva sorriso maligna prima di scomparire dalla sua vista. Aveva abbandonato la sua spada sul pavimento e si era accasciato ai piedi dell’uomo che aveva appena ucciso.

Chi era quell’uomo? Perché lo ricordava solo adesso? Lo aveva forse rimosso a causa della sua debolezza? No, c’era un significato più importante che si celava dietro quella visione.

Un sorriso velenoso e una risata soffocata e maligna scaturì dal suo essere, mentre si dirigeva verso la Sfera delle Visioni. La interpellò, vide i suoi bagliori fumanti e neri come la pece prendere forma e svanire. Le ombre che aveva creato divennero più nitide. L’immagine di quello straniero si riversò nella Sfera. Essa glielo mostrò pieno di sofferenza e desolazione, ai piedi della tomba del padre…Padre? Un rinnovato sorriso di trionfo increspò le sue labbra carnose e rosate. Ora conosceva il suo nemico, l’uomo che la Sfera ora lo mostrava intento a stringere la gemma tanto agognata, ma un momento…era opaca, cupa, morta. Non era lui, Taras, figlio di Ettelen, il suo portatore, ma solo il suo custode.

“Mostrami il portatore della Gemma del Destino.”

Ordinò alla Sfera delle Visioni, ed essa l’accontentò. L’immagine divenne nitida e visibile. Ecco il figlio di Ettelen, a cavallo insieme con un…un…ma cos’era? Non era un bambino, nemmeno un umano, ma un mezz’uomo. Ma certo: un hobbit della Contea!

Una nuova risata fuoriuscì spontanea dal suo petto, fragorosa e che fece accorrere un suo servitore, di razza umana.

“ Che avete, mia signora?”

“Un hobbit! Che sciocchi, pensano di fermarmi con un ridicolo mezz’uomo!”

E di qui nuove risate, che vennero smorzate da un’improvvisa debolezza, che la fece accasciare con un singulto verso il letto. Ma Lantis, il suo fedele servitore, la sostenne in tempo, evitandole una rovinosa caduta.

“ Mia signora, non dovete affaticarvi. Lo sapete.”

“ Oh, Lantis. Mio strisciante servo. Compagno di tante malefatte.”

Gli sussurrò debole, accarezzandogli una guancia diafana, mentre lui socchiudeva gli occhi adorante.

“ Sono debole.”

Piagnucolò la crudele Venia, respingendolo scontrosa e facendolo capitolare a terra.

“ Devo recuperare al più presto le forze. Altrimenti, non potrò affrontare i miei nemici. Sono diretti qui, l’erede di Isildur e il portatore della gemma. L’hobbit che ha distrutto l’Anello del potere. Ma è pur sempre un hobbit. Un esserino da nulla, facile da eliminare.”

Parlava quasi a sé stessa la perfida Dama dell’Oscurità. Guardò di nuovo la Sfera delle Visioni, che le rivelò l’immagine di altri nove accompagnatori. Tre hobbit, un uomo, Aragorn , re di Gondor, un nano, un uomo e una donna elfo, un altro uomo e uno stregone. Lo stregone bianco, lo aveva già intravisto in tempi remoti, ma a quel tempo veniva definito con altro nome. Si…Gandalf il Grigio, ora divenuto Gandalf il Bianco. Sorrise nuovamente, voltandosi verso un incredulo Lantis.

“ Lantis. A te affido il compito di scoprire dove sono diretti, in quale parte delle Terre dell’Ovest.”

“Si, mia sola signora.”

Lo schiaffeggiò duramente, graffiandogli la pelle pallida come un cadavere con le sue lunghe unghie affilate, mentre i capelli fiammeggianti le coprivano la spalla candida mortalmente per quel gesto così rapido e brusco.

“ Va! E non deludermi!”

Lantis, spaventato e pieno di ammirazione al tempo stesso per quella donna così crudele, corse verso l’uscita, richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo sordo.

La Signora delle Tenebre ammirò per l’ennesima e forse ultima volta la Sfera delle Visioni, che le mostrò l’immagine sorridente dell’hobbit dai capelli scuri in groppa al destriero di Taras e sorridendo velenosa, disse rivolta a lui, come se potesse sentirla davvero:

“ Ti aspetto con ansia, Frodo Baggins.”

L’immagine sorridente di Frodo venne avvolta dalle fiamme, una volta che Venia sfiorò la superficie liscia della sfera, mentre nella stanza della torre più alta del Castello di Cristallo risuonava la risata fragorosa e perfida della Signora delle Tenebre.

 

 

 

Allora??? Piaciuto??? Spero fermamente di sì!!! Scusate il ritardo, ma internet ha fatto i capricci in questi giorni!!XDXDXD Un saluto specialissimo a:

Lady Elizabeth: Sono contenta che apprezzi il mio modo di intervallare le scene. Si, Legolas è completamente affascinato da Luthien! Speriamo bene, la vedo dura a conquistarla alla nostra arciere dai mille misteri!!! Si, la mia vena romantica si è fatta sentire anche qui, ma più che altro il mistero avvolge tutto!!! Seguimi ancora, mi raccomando!!! Mi fa molto piacere!!! Baci baci Fuffy91!!

Fanny91: Grazie mille per la tua recensione! Non mi dire, ti piace Orlando Bloom??? Chiamami sorella, allora!!! Io non è che lo adoro, noooooo…Lo amo soltanto!!! Niente di che, come vedi!!! XDXDXD Ehm ehm…comunque, una volta ristabilito l’autocontrollo e tirato a freno i cuoricini, possiamo continuare i ringraziamenti! Mi piace anche Legolas e ovviamente Aragorn, come ben sai…il libro non l’ho letto nemmeno io, quindi mi sono ispirata tutto al più al film, ed è grazie a lui che ho imparato ad amare i personaggi di quel magnifico capolavoro!!! Parti??? Beata te!!! Ti auguro buon viaggio, sperando che leggerai il mio nuovo capitolo una volta che riuscirò a pubblicarlo e mi tornerà internet prima del 25!!! Bacioni e buone vacanze da Fuffy91!!!XD

Ehi, tranquilli, non mi sono dimenticata di voi!! Si, dico proprio a voi, lettori e lettrici misteriosi!!!!XDXDXDXD Bacioni di cuore anche a tutti voi, e mi raccomando, non bruciatevi troppo sotto questo bel sole estivo!!! Ciao ciao dalla vostra Fuffy91!!!^______________________^

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


C6

Il fuoco zampillava scoppiettando in tante scintille luccicanti davanti agli occhi azzurri del giovane hobbit  Frodo Baggins,  mentre con aria pensierosa osservava incantato le fiamme rosse e dorate che danzavano allegramente, uniche luci in quella notte fredda e buia.

Si trovavano in una vallata riparata da grandi rocce. Aragorn e Taras aveva convenuto, di comune accordo con il resto dei loro compagni, di fare una sosta per ristorarsi e riprendere subito dopo il viaggio, allo spuntare delle prime luci dell’alba. Era tutto il giorno che camminavano senza fermarsi un attimo e sia loro che i cavalli erano sfiniti. Avevano sicuramente percorso molte miglia.

Ormai le brillanti mura di Minas Tirith ,come le terre verdeggianti di Gondor, erano solo un ricordo lontano, la Contea, poi, sembrava un sogno irraggiungibile.

Frodo allungò entrambe le mani verso quel calore accogliente, mentre un altro tipo di tepore si stava lentamente espandendo nelle sue membra. Era quello della gemma, che lo tentava con i suoi dolci bagliori evanescenti, più brillante delle stelle che punteggiavano il cielo oscuro e con sfumature di blu intenso qua e là. Frodo cercava di non badarci e ci riusciva anche molto bene, visto che a poco a poco la gemma, quasi offesa e contrariata per la sua indifferenza, affievoliva la sua luminescenza, quasi fino a spegnersi. Gandalf, che lo osservava in lontananza, seduto comodamente su di una sporgenza rocciosa, dilettandosi a fumare erba pipa, si compiacque della resistenza che mostrava il suo piccolo amico, che ancora una volta, ne era sicuro, non lo avrebbe deluso. Questo pensiero provocò un lampo di orgoglio negli occhi scintillanti del mago bianco, che sorrise con aria sorniona.

Il flusso di pensieri di Frodo venne interrotto dalla voce di Sam che gli sedeva accanto:

“Avete fame, padron Frodo?”

“No, solo un po’.”

Gli rispose con un sorriso a fior di labbra.

“Beato te! Io una fame che non ci vedo!”

Esclamò Pipino, accasciandosi sul terreno erboso come un naufrago sulla terra ferma.

“ E non sei l’unico! Ma quando tornano Aragorn e Taras?”

Chiese Merry, sedendosi accanto a Pipino e scrutando le fronde del boschetto poco lontano, cercando di intravedere le sagome ,scure nella notte, dei loro due compagni, che erano andati in cerca di cibo.

“ Torneranno. Abbiate pazienza.”

Disse loro Legolas, che intanto rianimava il fuoco con altra legna.

“ Già, la fai facile tu. Noi invece non siamo così resistenti. Abbiamo bisogno di cibo, altrimenti moriremo sicuro!”

Esclamò deciso Merry, mentre Pipino annuiva convinto e Legolas sogghignava.

“ Ma se avete mangiato metà delle scorte che avevo portato, durante il tragitto!”

Disse Sam con energia.

“No, Sam. Quello si chiama istinto di sopravvivenza.”

Gli rispose Pipino.

“Diciamo pure ingordigia.”

Sussurrò Sam a Frodo, mentre giocherellava con un sassolino ancora più contrariato, con il risultato di farlo sorridere.

Proprio in quel momento arrivarono Aragorn e Taras , che portavano tra le mani una coppia di conigli più una bella oca selvatica. Aggiungendo le rimanenti provviste di Sam, si poteva sperare in un bel banchetto.

“ Non abbiamo trovato dei cervi.”

Disse Taras ad un Pipino un po’ deluso del risultato.

“Non importa! Con la fame che ho, mangerei anche un lombrico!”

“ Ma che schifo, Pipino!”

Esclamò Merry, disgustato dall’affermazione del suo parente.

“ Beh, era per dire!”

“ Forza, mangiamo adesso. A furia di parlare di cervi, lombrichi e cibo vario mi avete fatto venire fame.”

Disse Gimli, mentre Sam preparava il necessario per ripulire e cucinare come si deve le tre bestiole catturate, con un allegro sottofondo di risolini.

Quando tutto fu pronto, tutti si attorniarono attorno al fuoco vermiglio, addolciti dal profumo invitante del buon pasto che ribolliva nel pentolino del buon Sam.

“ Ho la vaga impressione che manchi qualcuno.”

Disse Gandalf inaspettatamente, mentre  Aragorn gli consegnava la scodella di brodo caldo.

“ Già! Manca Luthien!”

A quell’esclamazione da parte di Merry, tutti si guardarono in giro, in sua ricerca. Tutti, tranne Taras e Will, che incitavano gli altri componenti del gruppo a sedersi.

“ No, non preoccupatevi. Luthien preferisce ristorarsi sempre in disparte.”

Disse il guerriero dell’Ovest ad un Aragorn perplesso.

“ Si, ha ragione. Sedete e mangiate. Non c’è motivo di preoccuparsi, credeteci.”

Seguì Will, invitando Legolas al suo fianco ad accomodarsi di nuovo con un accomodante sorriso che avrebbe dovuto rassicurarlo, ma che invece non ebbe il risultato sperato.

Infatti  Legolas non riusciva a non preoccuparsi, sapendo quella strana donna sola ed in compagnia solo del buio intorno a lei.

“Certo che quell’elfo è proprio strano! Ma come avete fatto ad esservi abituati alle sue stranezze?”

 Chiese Gimli, mentre ingoiava in un sol colpo un bel po’ di brodo caldo e fumante.

I due giovani dell’Ovest risero a quelle parole.

“ Diciamo che ci siamo rassegnati al suo comportamento.”

Disse Will, ancora sorridente.

“ Non esagerare. Si, Luthien ha un carattere un po’ particolare, ma non c’è nulla di strano in lei. Col tempo, imparerete anche voi a comprenderla, come noi prima di voi.”

Disse Taras sempre con quell’espressione enigmatica dipinta sul volto, mentre seguiva l’esempio di Gimli, sorseggiando un cucchiaio di brodo.

“Io vado a cercarla.”

Disse Legolas, alzandosi senza aspettare il loro consenso e dirigendosi verso il folto del boschetto, con l’intuitiva sensazione di trovarla lì.

“ Per me, ci scappa una bella storia d’amore.”

“Ma che dici, Merry!”

“Ci vuoi scommettere, Pipino?”

“D’accordo. Scommetto tutta la mia scorta di erba pipa che Legolas e Luthien saranno solo buoni amici.”

“ Affare fatto.”

“Che bisbigliate, voi due? Rendetemi partecipe!”

Disse Will, curvandosi verso i due hobbit.

“ No, mi dispiace. Affari fra hobbit.”

Affermò Pipino annuendo con convinzione insieme a Merry, che gli strinse la mano destra per stipulare la loro scommessa, mentre Will, con una scrollata di spalle e un sorriso ritornava a mangiare tranquillo e a discutere con gli altri presenti.

Intanto, Legolas aveva già raggiunto il bosco ,con alberi dalle fronde verde scuro alla luce della luna piena e da un colore più latteo del solito.

Il suo sensibile udito captò lo scorrere di un piccolo ruscello, e così lo seguì fin a che ,oltre all’infrangersi delle acque limpide, lungo le sponde ghiaiose, non sentì anche le note dolci e musicali di un canto elfico ,malinconico e intriso di sentimenti d’amore.

Scostò dolcemente le foglie di un’ edera rampicante e il suo sguardo limpido e luccicante ,di un azzurro simile al mare di mezzo giorno, si beò dell’immagine di una donna dalla chioma liscia e castana che, seduta su di una sporgenza erbosa, con i piedi immersi nelle acque cristalline e brillanti d’argento alla luce delle stelle, intrecciava con le sue dita affusolate e candide come la neve una ciocca che le ricadeva lungo la spalla scoperta da un abito bianco e splendente, che le fasciava i bei fianchi snelli, per poi ricadere lungo le gambe come la coda di una sirena.

Legolas non riusciva a muoversi. Era rimasto a bocca aperta per lo stupore e la mano destra era ancora intrecciata dai sottili rami d’edera. Incantato da quell’immagine quasi irreale, non si accorse di aver compiuto un passo verso di lei e di aver lasciato che l’edera ritornasse al suo posto, con un fruscio debole, ma non troppo per non essere captato dall’orecchio sensibile della bella Luthien che con uno scatto, si voltò ad osservarlo incredula.

Si guardarono per un attimo: lui, combattuto dall’imbarazzo e dalla meraviglia; lei, sorpresa ed enigmatica insieme.

L’azzurro degli occhi di lui si fuse con il marrone nocciola di lei, per rimanerne incatenato, fino a quando senza un sorriso o un accenno di offesa, si voltò per intonare ancora una volta quella tenera canzone, rincominciando ad intrecciare quei fili di seta che non erano altro che i suoi splendidi capelli.

“ Perdonatemi, mia signora.”

Si sentì in obbligo di scusarsi il giovane principe di Bosco Atro, evitando di incontrare di nuovo i suoi occhi, catturando la sua attenzione su alcune ninfee che galleggiavano tranquille, vicino alle sponde di quell’incantevole angolo di paradiso.

“ Di nuovo a passeggiare di notte, da solo, mio signore?”

Chiese, incurante delle sue scuse, la bella Luthien, ora in piedi ad assaporare la freschezza delle acque del ruscello e raccogliendo delicatamente un fiore di loto da una ninfea accanto a lei.

A quelle parole Legolas non poté fare a meno di sorridere, cercando almeno in parte di smorzare la tensione accumulata in quegli istanti.

“ Si, ma questa volta, sono armato.”

Le rispose, alzando di poco il suo arco per mostrare la veridicità delle sue parole, e al con tempo, riprese possesso dei suoi movimenti, avanzando di poco verso di lei, facendosi investire dalla luce lunare, che rendeva luminescente la sua pelle.

“ Buon per voi.”

Gli disse incolore Luthien, sedendosi sulla riva ghiaiosa e contemplando il fiore dal colore perlaceo e ricoperto di gocce d’acqua che stringeva nella mano destra.

“ Non avete cenato con noi…”

Iniziò Legolas, sedendosi accanto a lei e racchiudendo le sue ginocchia con le braccia, subito dopo aver riposto il suo arco al suo fianco.

“Non avevo fame. E poi, non è mia abitudine cenare in compagnia.”

Gli disse Luthien, lasciando che il fiore scivolasse dalle sue dita per ritornare a navigare sulla superficie del fiume.

“ Preferite, dunque, la solitudine.”

“ No, non necessariamente.”

Seguitava a giocherellare con i suoi capelli, improvvisando dei ricci inesistenti e lasciando che ritornassero lisci lungo le sue spalle, una volta lasciata la presa.

Più Legolas la osservava e più la trovava incantevole, pur nei suoi modi indecifrabili. Dentro di lui, continuava a crescere il desiderio inaspettato di sfiorare quei lisci capelli castani con le dita, ma subito distolse lo sguardo imbarazzato. Cosa gli stava succedendo? Non aveva mai provato sensazioni così intense, il cui fulcro vitale era proprio la donna elfo che gli sedeva accanto. Da quando la conosceva, non sapeva come comportarsi, cosa dirle, come farle nascere un sorriso…avrebbe tanto voluto vederla sorridere!

“ Siete silenzioso, questa sera.”

“Come?”

Chiese Legolas, riscosso totalmente dai suoi pensieri confusi dalla voce melodiosa di lei.

Si voltò ad ammirarla nuovamente al suo fianco, ma purtroppo si era già allontanata ed ora la vide camminare lungo la riva umida e fredda, mentre una brezza leggera le smoveva la veste e i capelli, come faceva anche con lui.

“ è siete anche distratto.”

Notò, accarezzando la corolla di un fiore selvatico, al cui tocco sembrò rianimarsi e aprire i suoi petali ancora di più.

Legolas non poté distrarsi un attimo, che subito gli apparve accanto e con il viso a pochi centimetri dal suo,  che lo scrutava come per studiarlo nei minimi dettagli. L’abile arciere dalla chioma bionda si sentì come stregato da quello sguardo così profondo ed indagatore, tanto da inghiottire nervosamente per l’imbarazzo crescente.

“ Cosa turba i vostri pensieri?”

Chiese in un sussurro appena udibile Luthien, incurante dello stato del suo interlocutore. Legolas seguì i movimenti della mano destra di lei, che stringeva quello stesso fiore che aveva destato la sua attenzione poco fa. Lo intrecciò con i fili sottili di cuoio della veste d’arciere di Legolas,  che ammirò affascinato le sfumature di blu e viola intensi che coloravano i suoi petali.

“ è un bocciolo di iris selvatico.”

Legolas lo sfiorò, non riuscendo a comprendere il significato di quel piccolo dono.

“ Credo che sia l’unico fiore in cui possa identificarmi di più.”

Aggiunse sempre sussurrando Luthien, incontrando le dita di Legolas una volta sfiorato a sua volta quel fiore così grazioso.

A quel contatto, Legolas sentì un brivido indefinibile percorrergli la schiena interamente e con la coda nell’occhio notò Luthien rabbrividire impercettibilmente. Sorrise fra sé: allora, anche lei provava le sue stesse sensazioni, a meno che non avesse freddo.

A quel pensiero, si sfilò il mantello del suo popolo e ricoprì con esso le spalle nude della sua compagna, che alzò gli occhi profondi per incontrare quelli dolci di lui.

“ La notte sta calando. Comincia a fare freddo. Sarà meglio che si copra.”

“Grazie.”

Lo ringraziò sorridendo Luthien e stringendosi il suo mantello ancora di più, facendogli mancare un battito per quell’inaspettato e luminoso sorriso, senza sapere di aver realizzato un suo piccolo desiderio.

“ Non deve ringraziarmi di nulla, mia signora.”

Si alzarono in contemporanea, allontanandosi un po’ tra loro.

“ Dovremmo tornare dagli altri.”

Suggerì Legolas, notando il crescendo della luna nel cielo notturno.

“Si, certamente. Voi andate. Io vi raggiungerò immantinente.”

Allo sguardo perplesso di Legolas, Luthien proseguì:

“Dovrei cambiarmi d’abito.”

Con un espressione di pura meraviglia di Legolas, seguita da un sorriso tra il dolce e l’imbarazzato, con un inchino di congedo e un sorriso amabile, Legolas si avviò lentamente lungo il sentiero erboso del boschetto.

Quando raggiunse il resto della compagnia nella vallata, li trovò quasi tutti immersi nel sonno.

Gimli russava tranquillo, i quattro hobbit riposavano cullati dal vento, Gandalf e Will anche. Solamente Taras era ancora sveglio, intento a limare la sua fedele spada, luccicante alla luce lunare.

Alla sua vista gli sorrise e vedendolo cercare con lo sguardo l’unico che mancasse al suo appello, seguitò a illuminarlo:

“Se stai cercando Aragorn, è vicino a quella roccia ad attenderti.”

Legolas ricambiò il suo sorriso e gli disse:

“ Ti ringrazio.”

“ Di nulla.”

Aragorn era immerso nei suoi pensieri, perdendosi nei fumi dolci-amari della sua pipa, quando intravide nell’oscurità l’ombra del suo fedele amico elfo, che si sedette al suo fianco sospirando sognante.

Il re di Gondor lo guardò sorridente per un momento, per poi volgere il suo limpido sguardo verso l’orizzonte.

“ Bel fiore.”

Gli disse tutto ad un tratto, facendolo voltare di scatto, sorpreso. Si guardarono per un certo arco di tempo, fino a quando scoppiarono a ridere entrambi, senza un apparente motivo.

“ è un iris, vero?”

Gli chiese, una volta ripreso il controllo di loro stessi.

“Si.”

Rispose Legolas, sfiorandone, senza mai stancarsi, i petali delicati.

“ Un fiore misterioso, l’iris.”

Aggiunse Aragorn, continuando a scrutare attento davanti a sé.

“Si. Misterioso e bellissimo.”

Continuò Legolas, sfilandoselo dall’abito e ammirandolo sempre con aria sognante.

“ Il fiore…”

Disse divertito Aragorn.

“Si, il fiore.”

Sentenziò Legolas, guardandolo un po’ perplesso.

“Naturalmente.”

Annuì piano Aragorn, aspirando sempre sorridente la sua lunga pipa.

“ E anche colei che me l’ha donato.”

Sussurrò piano il giovane principe, aspirando deliziato il suo profumo.

“ Naturalmente.”

Ripeté accentuando il suo sorriso Aragorn, mentre una breve risata contagiò di nuovo entrambi. Ma questa terminò presto, visto che Legolas captò un fruscio sinistro e Aragorn addirittura intravide un movimento improvviso fra l’erba alta.

“Aragorn, hai visto anche tu?”

“Si.”

“Credi siano orchi o Andes?”

“No, un Andes  avrebbe destato più sospetto. Non so perché, ma non riesco a vederli come creature dotate di molto intelletto.”

“E infatti non lo sono. Ma gli orchi, nonostante tutto, sanno essere molto astuti.”

Disse Taras dietro di loro, facendo roteare la sua lama lucente, come se nulla fosse.

“ Ma quelli da cui dovremmo riguardarci sono gli umani come noi.”

Aggiunse guardando enigmatico Aragorn.

“Non è vero, Lantis?”

Urlò poi verso una sagoma indistinta che alle parole del guerriero dell’Ovest, con uno scatto, era uscito dal suo nascondiglio per correre lontano da loro.

Taras lanciò la spada verso la sua direzione. Questa roteò in aria, squarciandola con un sibilo, per poi conficcarsi nella veste fluttuante di quel nuovo inaspettato individuo.

Tutti e tre corsero verso di lui, che cercava di liberarsi da quell’indesiderato intoppo, ma senza successo.

Con un sogghigno soddisfatto, Taras si protese verso di lui e gli sussurrò:

“Bene, bene. A quanto pare ho avuto il dispiacere di rincontrarti, Lantis.”

Lantis era un uomo mingherlino, ammantato di abiti neri e poco resistenti, tipici di un umile servitore, oltre che di una spia ben avvisata. Aveva capelli corti, ispidi e di un colore castano misto al biondo, meno splendente e poco curato. Gli occhi erano piccoli e luccicanti, di un verde unito al marrone scuro. Il colorito della sua pelle era pallido come quello di un cadavere a cui avevano destato il sonno eterno e nella sua espressione si leggeva solo malinconia e tanta, tanta disperazione.

“ Non credere che a me faccia piacere rivedere il tuo orrendo volto, Taras figlio di Ettelen.”

“ Ma non mi dire? Eppure sei stato proprio tu a venirmi a cercare, o sbaglio?”

“E infatti sbagli, sbagli di grosso!”

“Allora illuminami tu, Lantis.”

Gli disse con tono neutro, ma che incuteva comunque un certo timore.

“Chi è costui, Taras?”

Chiese Aragorn, guardandolo con un misto di curiosità e ritrosia.

“ Un servitore di Venia. È noto per essere una sua fedele spia. Ha compiuto anche molti delitti, in suo nome.”

“E ne vado fiero!”

Esclamò sorridendo in modo serpentesco Lantis.

“ Non ne dubito. Saresti disposto a tutto per assecondare la follia di quella strega, vero?”

Chiese con una punta d’astio il giovane guerriero.

“ Certamente! A differenza di te e dei tuoi compari, io tengo alla sorte della mia regina. Continuerò a difenderla sempre, fino alla morte.”

“La tua fedeltà è mal riposta. Venia, ormai, appartiene alle forze oscure.”

Gli disse Aragorn, ricambiato con un sorriso di scherno unito ad una risata isterica da parte di quell’uomo ormai privo della più minima forma di speranza e di calore.

“ è inutile. Lui lo sa bene, ed è perfino felice di questo.”

Gli spiegò Taras, visto che Aragorn e Legolas si guardarono senza capire.

“ No, ti sbagli! La mia signora sta soffrendo per colpa vostra, anzi…”

E guardando pieno d’odio Aragorn ,che non si sottrasse a quello sguardo di fuoco:

“ …per colpa sua! Sua e di quel misero hobbit della Contea che porta indegnamente il gioiello della mia adorata signora!”

A quel punto Taras lo prese per il mantello, strattonandolo e portandolo a pochi centimetri dal suo volto minaccioso.

“ La tua adorata signora ha ucciso milioni di persone innocenti senza motivo! Ha devastato le nostre terre con guerre sanguinarie che hanno stroncato le vite di molti fanciulli e guerrieri valorosi! E tu, mi vieni a dire che lei sta soffrendo?”

Sibilò le ultime parole con rabbia, strattonandolo ad ogni sillaba pronunciata. Lantis prima si meravigliò e si spaventò per quell’improvviso cambio d’atteggiamento, ma poi le sue labbra violacee e sottili si incresparono di un orrendo sorrisino di compiacimento, mentre pronunciava queste parole:

“ Oh, immagino che quando intendi con valorosi guerrieri, tu ti riferisca al tuo glorioso padre, vero? Oh, orrenda  morte, la sua! Deve essere stato terribile per te, vederlo accasciarsi a terra come un fiore appassito al suolo, non è così? Avrai pianto molto la sua scomparsa. Oh, povero, povero Taras!”

Taras lo lasciò bruscamente e furente, facendolo rantolare per il dolore della caduta, mentre sfilava la sua spada dalle sue vesti e la puntava contro di lui.

“Non sfidare troppo la sorte, Lantis! Una volta fui magnanimo e ti risparmiai, ma non credere che possa farlo anche una seconda volta.”

“Non voglio la tua carità! Ma sappi questo, figlio di Ettelen…”

Gli urlò in viso furente, mentre la collera impallidiva ancora di più il suo volto.

“ …un giorno la mia regina avrà ciò che desidera con tanta passione e tu, il re di Gondor, l’hobbit e tutti coloro che li appoggeranno periranno tutti, tutti!”

E con questa ultima minaccia, Lantis unì le mani a cerchio verso l’alto e con uno strano bagliore che accecò tutti i presenti, scomparve nel nulla.

“ Dove è andato?”

Chiese Legolas, ancora stupito dall’accaduto.

“ A riportare tutto quello che ha visto e sentito fin ora alla sua adorata signora.”

Gli rispose Taras, ormai padrone di sé e riponendo la spada nel suo fodero.

“ Non fa alcuna differenza. Sapevamo fin dall’inizio che non sarebbe stato facile portare a termine questa missione e che Venia ci avrebbe ostacolato ugualmente, spia o non.”

“Esattamente. Quindi, non diamogli troppo peso.”

“Giusto, Taras. Non diamogli troppo peso e nemmeno alle sue parole.”

“ A volte, le parole possono ferire più delle stesse armi.”

Disse Legolas, rivolgendosi in particolar modo al prode Taras, che non si sottrasse al suo sguardo intenso.

“ è vero. Ma altre volte, sono le stesse a ridarci forza e coraggio per affrontare ogni pericolo.”

Legolas sorrise a quella pronta risposta, soddisfatto del risultato ottenuto dopo la sua piccola provocazione.

Aragorn strinse fraternamente una spalla del suo giovane compagno dell’Ovest, sorridendogli comprensivo, prontamente ricambiato.

“ Ah, Legolas!”

Chiamò la sua attenzione Taras, prima di riprendere, insieme ad Aragorn, la ronda notturna.

“ Bel fiore!”

Esclamò sorridendo sornione, seguito poi da un Aragorn divertito.

Legolas, imbarazzato ma comunque con un sorriso rassegnato, si sdraiò sul giaciglio accanto a Gimli, e ignorando il suo sonno pesante, ma concentrandosi invece sul rumore del vento, ora più tranquillo, tra le foglie e l’erba alta, e cullato dal profumo del bocciolo di iris che tanto gli ricordava quello indescrivibile di Luthien, chiuse gli occhi abbandonandosi ad un riposo ristoratore.

Intanto, Frodo, a differenza degli altri suoi compagni, era tormentato da un sogno agitato.

Voltandosi da una parte e dall’altra, gemendo in preda all’angoscia, mentre la sua fronte si imperlava di piccole gocce di freddo sudore, bagnandone i ciuffetti corvini su cui vi ricadevano indisturbati, sognò di correre incessantemente, senza mai voltarsi indietro.

Il paesaggio intorno a lui era brullo e desolato, senza un filo d’erba ad adornarlo. La terra, i cui piedi calpestavano, era fredda, nera e fangosa come dopo un lungo temporale. I cespugli erano ricoperti di rovi, che infidi come serpenti sibilanti, si attorcigliavano alle sue esili caviglie, rischiando di farlo precipitare al suolo, graffiandolo, punzecchiandolo, ferendolo e bagnandosi del suo sangue purpureo ,che fuoriusciva dalle sue ferite.

Ma Frodo, intraprendente ed ostinato andava avanti, senza fermarsi mai, timoroso solo di un qualcosa che lo inseguiva, pur non conoscendone il volto né la figura. Sapeva solo di dovervi sfuggire ad ogni costo; tutto il resto era nulla.

Dopo aver corso senza meta un sentiero inesistente, avvolto da una lieve e umida nebbia, che offuscava i suoi limpidi occhi azzurro cristallo,  Frodo sboccò in una raduna dall’apparenza tranquilla e pacifica.

Ancora ansimate per la lunga corsa e abbracciando con uno sfuggevole sguardo il paesaggio intorno a lui, riscoprì quella stessa nebbia celare quei piccoli particolari che dovrebbero darti sicurezza o trasmetterti una certa diffidenza.

Pian piano le dense nubi biancastre si dissolsero davanti ai suoi increduli occhi, rivelando degli alberi massicci dalla corteccia nera, quasi carbonizzata a causa di un incendio improvviso, e dalle fronde simili a cenere. Il terreno era sempre brullo e scuro, ma non più fangoso, bensì più solido ed arido.

Era uno spettacolo terrificante e dei brividi gelidi attraversarono la schiena di Frodo, che a bocca aperta guardava intimorito quell’orribile raduna.

Non sentiva più la spiacevole sensazione di essere inseguito, ma al suo posto si presentò quella di essere osservato.

All’improvviso, un canto acuto e glaciale giunse alle sue orecchie. Era la voce sonora di una donna, ne era sicuro. Si voltò in ogni direzione, cercando di scorgerne almeno la sagoma. Come per darsi coraggio, strinse febbrile la gemma luminosa che riscaldava il suo petto, ascoltando il battito furioso del suo cuore ansioso, mentre un vento gelido iniziò ad intorpidire le sue membra, incurante del sicuro ma debole scudo delle sue vesti.

Aveva socchiuso per un attimo gli occhi , riparandoli da quella polvere simile a cenere portata dagli alberi, ora spogli mentre il terreno appariva ricoperto di foglie secche e grigie.

“ Ciao, Frodo.”

Disse una voce femminile, dolce ma allo stesso tempo intrisa di una nota di comando. Frodo aprì gli occhi, e vide per la prima volta davanti a lui la sua nemica, ma anche colei che avrebbe dovuto in qualche modo salvare da sé stessa.

Uno strano sorriso incurvava il suo bel viso, trasfigurato da un qualcosa che andava al di là della sua comprensione.

“ Beh, cosa c’è? Non mi rispondi? Oh, capisco…”

Continuò avvicinandosi a lui, che non tentò di indietreggiare, e sorridendogli ancora ammaliante.

“ …sei emozionato, nel vedermi di persona! Non è vero, mio giovane hobbit?”

Gli chiese sussurrando sibillina e sfiorandogli con dita  lunghe e sottili i ciuffetti corvini della fronte, in una lenta e sinistra carezza, portandosi alla sua altezza e incatenando i suoi occhi neri e minacciosi con quelli luccicanti d’azzurro di lui.

Frodo non rispose alla sua provocazione, limitandosi a non distogliere lo sguardo dal suo e ascoltando indignato la sua risatina tra lo scherno e il divertito.

La Signora delle Tenebre si allontanò da lui, facendo fluttuare il suo nero abito intorno alle sue gambe, volteggiando allegra e ridendo quasi istericamente. I suoi capelli di un rosso fiammeggiante e adornati di un diadema argentato ,con pietre nere e ametiste incastonate nei suoi decori, ricaddero lungo le sue spalle candide e nude, come una frustata diretta e decisa.

Un sorriso velenoso increspava le sue labbra rosate, lasciando intravedere denti bianchissimi.

“ Vuoi giocare con me, Frodo? Sai, io mi sento tanto sola! Ho bisogno di un compagno di giochi!”

“ E a quale gioco vorreste giocare?”

Chiese Frodo, meravigliandosi del suo sangue freddo.

Venia sogghignò divertita e minacciosa, volteggiando ancora come una bambina che scopre per la prima volta un campo fiorito.

“ Il gioco della morte!”

Bisbigliò e rise in modo glaciale la Dama dell’Oscurità, senza distogliere lo sguardo dal suo.

“ è il mio gioco preferito. Se vuoi, ti spiego come funziona: prima si sceglie una persona  coraggiosa e piena di gioia di vivere, poi le si pongono due domande…”

Gli spiegò, alzando la mano destra per enumerarle:

“ La prima è quella di diventare mio discepolo per l’eternità, soddisfando ogni mio capriccio ed eseguendo ogni mio ordine senza discutere, adorandomi e amandomi per tutta la propria esistenza.”

Disse, intrattenendosi con un risolino allegro, mentre a Frodo gli si gelava il sangue nelle vene.

“ La seconda è quella di venire torturato, punzecchiato, ferito, immolato fino a lasciarsi morire sotto i miei colpi di collera, fino a quando ogni singola goccia di sangue non colerà fuori dal suo nobile corpo, e la sua anima inglobata in un buio eterno. Tutto questo divertimento potremmo riservarcelo ad un suo diniego, ovviamente!”

E avvicinandosi di poco a lui, come prima e accostando le sue labbra al suo orecchio.

“ Tu cosa scegli, Frodo?”

Questa volta, Frodo si scostò con uno scatto da lei, guardandola come un qualcosa di alieno e stringendo di più la Gemma del Destino nel suo pugno.

Seguì un’altra risatina fastidiosa di Venia, che ricominciò a volteggiare su sé stessa.

Poi, si avvicinò lentamente ad uno di quegli alberi morti, con l’intenzione di sfiorarne il tronco.

“ Ti piace il mio giardino, Frodo? Scommetto che uno così non lo hai mai visto.”

In effetti, quello tutto poteva sembrare che uno splendido giardino agli occhi del giovane Frodo, che la osservò attentamente questa volta, cercando di scorgere nel suo sguardo qualcosa che potesse aiutarlo a comprendere i suoi disegni oscuri.

Ma tutto quello che riuscì a scorgere nelle sue iridi nere fu solo il nulla.

Quella situazione aveva qualcosa di anormale. Si trovava in un giardino morto quello che prima aveva frainteso per una raduna desolata, in compagnia della sua attuale nemica, che aveva tutta l’aria di averlo coinvolto in quello strano sogno solo per prendersi gioco di lui. Perché era di sogno che si trattava, non di realtà, e Frodo lo sapeva molto bene.

Più che di un sogno, io parlerei di un incubo!”

Pensò, deglutendo nervosamente il giovane hobbit della Contea.

Venia si intratteneva canticchiando allegramente, mentre sfiorava la corteccia di quello stesso albero, con sorpresa di Frodo, polverizzandolo all’istante.

“ Sai, stavo pensando di fare tutto il mondo così, una volta impossessatomi della Terra di Mezzo e della restante parte delle mie Terre, che ancora resistono tenaci al mio volere.”

E scrollandosi le spalle, in un gesto quasi seccato, proseguì:

“ Chissà perché, poi? Insomma…io in fondo sono una sovrana giusta e disponibile. Ogni tanto, mi diverto solamente a scatenare guerre e a torturare alcuni miei sudditi. Non vedo che cosa ci sia di male, in questo?!”

“ C’è tutto di male, in ciò che dite! Una regina giusta e disponibile, come voi vi vantate di essere, non torturerebbe il suo popolo e non lo condannerebbe a morire per la troppa fame o per le guerre incessanti, solo per accontentare i vostri sogni di dominio!”

Esclamò, parlando in un sol fiato e  terminando con un relativo affanno Frodo, con un espressione di disappunto, disgusto e terrore dipinta sul volto.

Venia lo guardò per un momento quasi sorpresa per il suo ardore, ma poi un lampo rosso di rabbia attraversò i suoi occhi e trasfigurò i suoi lineamenti delicati. La terra sembrò tremare per la collera che ribolliva nel suo essere autoritario, tanto che Frodo vi cadde una volta perso l’equilibro, lasciando la presa sulla gemma che vibrò nell’aria, brillando a più non posso, fino a poggiarsi nuovamente sulla sua camicia, al centro esatto del suo petto.

Solo alla sua vista, Venia si calmò e sorridendo malefica, tese la mano in un gesto esplicito.

“ Dammi la gemma, Frodo. È solo per questo che ho perseguitato i tuoi sogni tranquilli, fin ad ora. Ma adesso il gioco è finito. Cedimi la Gemma del Destino, Frodo, adesso!”

Comandò imperiosa,  tendendo maggiormente la mano destra, con unghie simili agli artigli affilati una tigre che esige a tutti i costi la sua preda.

“ No!”

Esclamò deciso, Frodo, alzandosi barcollando ed indietreggiando ad ogni suo passo che la portava inesorabilmente verso di lui.

“ Dammela, ho detto! È un ordine!”

“Voi non siete la mia regina, quindi non devo, non posso e non voglio ubbidirvi!”

“ Io la esigo, hobbit scellerato! È mia e di nessun altro!”

Spazientita, Venia fece apparire dal nulla il suo scettro d’ebano, con incastonata alla sua sommità una pietra nera molto più grande di quelle del suo diadema, intrecciata da rami spessi, intagliati a forma di serpente.

La Signora delle Tenebre pronunciò alcune parole in una lingua oscura ed ignorata,  e grazie a queste, la pietra nera brillò di una luce sinistra, fino a quando scintille e subito dopo fulmini e saette nere come la pece non scaturirono da essa, puntando tutte su di lui.

Frodo cominciò a sfuggire a quei colpi magici ed infernali, mentre con un sogghigno e una risata perversa non scaturì dalla gola di Venia, che quasi trovava piacere nel trattarlo come un bersaglio per le sue stregonerie.

Purtroppo, Frodo venne ferito ad una spalla, i cui lembi strappati della camicia che la ricopriva non cominciarono a macchiarsi del suo sangue, che fuoriusciva da una ferita profonda e senza controllo, come in seguito si verificò anche con la ferita sulla gamba destra.

Frodo si accasciò al suolo, ululando per il dolore accecante, riversandosi su quelle foglie secche e grigie come la pietra.

Venia si avvicinò inesorabilmente a lui, che nonostante il dolore e le ferite riportate, cercò di strisciare via da lei. Ma ogni suo tentativo risultò vano; Venia gli si avvicinò e tese con espressione velenosa la sua mano destra affilata, pronta per impossessarsi nuovamente del suo prezioso gioiello, che come impaurito da tanta malvagità, brillava di una luce tenue e cercava di nascondersi vicino al cuore furioso del suo portatore.

“ è finita, Frodo! Peccato che la tua avventura finisca prima di essere cominciata! Ma il destino, o meglio, io ho voluto che gli eventi si verificassero in questo modo!”

E dopo una risata odiosa, Venia guardò con desiderio la catenina che sorreggeva il peso della gemma, e sporgendo di più la mano e schiacciando il petto di Frodo con un piede ,e scostando così la sua camicia con esso, una volta riversatelo a terra con un lamento lancinante da parte di lui, per le ferite riportate.

“ Si, vieni da me, piccola mia!”

Disse malefica e folle, rivolgendosi alla gemma tanto agognata.

Ma un sibilo proveniente da molto lontano la immobilizzò e riaccese una speranza in Frodo, ancora languente al suolo.

No, non era un sibilo. Era un lamento, una supplica, un richiamo degli amici di Frodo che lo incitavano a riaprire gli occhi e svegliarsi e tra questi, Frodo riuscì a percepire anche la voce accorata di Sam.

Ma c’era dell’altro. Oltre alle voci di Merry, Pipino e Sam, c’era anche una più profonda e sommessa, ma Frodo non riusciva a sentire o a capire chi fosse, anche perché non comprendeva quello che diceva.

Ma in seguito, tutto gli apparve più chiaro, nonostante gli occhi cominciassero ad offuscarsi.

Sorrise. Era la voce di Gandalf, che con uno dei suoi complicati incantesimi, stava cercando di riportarlo in superficie dopo essere stato inghiottito da quel mare di tormento, dolore e oscurità.

“ No.”

Sussurrò quasi fra sé Venia, che tolse il piede dal corpo di Frodo, che mugugnò a quel gesto improvviso, come se all’improvviso fosse diventato bollente.

“ No!”

Esclamò ora più decisa, lontana ora dalla piccola sagoma di Frodo che si sentiva molto più leggero e tranquillo, come se stesse per diventare un soffio d’aria o un filo d’erba.

Chiuse gli occhi azzurri, lasciandosi cullare da un piacevole calore che aveva cominciato a riscaldarlo interamente, togliendogli quello spiacevole senso di desolazione e freddo, senza sapere che improvvisamente era stato investito da un lampo di luce abbagliante che per momento accecò gli occhi scuri della Dama dell’Oscurità, e quando finalmente li riaprì, si ritrovò nei suoi tetri alloggi, distesa in trittico antico e adornato di foglie d’edera argentata, con il viso immerso in tanti cuscini grigi e verdi, con lenzuola vermiglia a coprirla superficialmente.

Alzandosi un po’ intontita e con una nuova stanchezza e spossatezza a sopraffarla, si guardò intorno ancora perplessa e una volta realizzato cosa realmente fosse accaduto, l’ira deformò nuovamente i suoi tratti delicati e un ringhio di frustrazione risuonò in tutte le Terre dell’Ovest.

“NO!”

Urlò Venia, mentre le pareti e il terreno circostante cominciarono a tremare e gli orchi e gli Andes, suoi servi, si voltavano o si nascondevano spaventati.

Contemporaneamente, anche gli occhi di Frodo, più dolci ed increduli, si riaprirono con un po’ di fatica, vagando per il cielo turchese con nuvole lattee a circondare di poco il sole splendente, che con i suoi raggi lo investivano e lo accecavano insieme, fino a quando non incontrò gli occhi dorati, preoccupati ma anche sollevati di Sam, Pipino e Merry, che lo circondavano tutti ansiosi.

“ Frodo…”

“ Ha riaperto gli occhi…Gandalf, si è svegliato! Ha funzionato!”

“State bene, padron Frodo? Avete sognato!”

“ No, Sam! Era tutto reale!”

Sam lo guardò perplesso, non riuscendo a comprenderlo, ma quando tolse la mano grande e paffuto dalla sua spalla sinistra, capì a cosa si riferisse. La sua mano, era ricoperta di sangue, del sangue di Frodo.

Gandalf lo scansò leggermente, cominciando seriamente a preoccuparsi del suo giovane amico.

“ Sono ferito…alla spalla e alla gamba…è…stata…Venia.”

“Non parlare! Non sforzarti! Questa è magia nera, dobbiamo tamponare le ferite e curarle prima che sia tardi. Sei stato coraggioso, Frodo. Ma ora, riposa…riposa!”

Gli disse con un sorriso e mettendogli una mano sul lato destro del viso con l’intento di tranquillizzarlo. Frodo sentiva un dolore lancinante in entrambi le parti ferite, ma ugualmente ricambiò il sorriso di Gandalf e chiuse gli occhi nuovamente, mentre sentì le voci degli altri suoi compagni, soprattutto quella di Aragorn che chiamava il suo salvatore, i passi affrettati di Taras e William, insieme a quelli impercettibili di Legolas e il buio lo avvolse ancora, ma questa volta più dolcemente.

Era tranquillo. Erano tutti intorno a lui. Nessuno poteva più fargli nulla…per adesso.

 

 

 

Lunghetto, lo so…ma ne valeva la pena, no!!! Spero vi sia piaciuto anche questa volta!!! Innanzitutto, mi scuso per il ritardo, ma tra una cosa e l’altra, non riesco mai a finire di scrivere!!

Scusatemi ancora ( immaginate me in ginocchio, che vi supplico con le mani giunte!!!^^”)!!!

E adesso ecco a voi ( rullo di tamburi…!!!):

L’angolo dei saluti:

LadyElizabeth:Come vedi, avevi ragioni pienamente: i problemi si sono presentati, eccome ( sei forse veggente??^^ Scherzo!!)!!! Anche tu adori Orlando Bloom e Viggo??? Oh mio Dio, quante sorelle che incontro!!! Sono contentissima!!!! Beh, tornando a cose serie ( ce la farò mai ad essere seria? Dilemma!XD) si, hai colto completamente il personaggio di Venia, anche se qui, come hai potuto leggere, è ancora più perfida del solito!! Grazie mille per i commenti e i complimenti ^///^ !!!

Ci vediamo al prossimo cap!!! Baci baci Fuffy91!!

Fanny91: A dire il vero, spero anch’io che si lasci conquistare da Legolas, la nostra bella Luthien!!!XDXDXD anche se ci sono stati passi avanti!!! Insomma, gli ha regalato un fiore…significherà qualcosa!!!^^ Buone vacanze, baci e saluti speciali anche a te, fanny!!!

Stellysisley: Attenta, potresti essere sotto l’effetto del mio incantesimo!!! Hihi!!! Scherzo, non farci caso!!! Sono contentissima che la mia storia ti piaccia e ti attiri così tanto e sarò felicissima se continuerai a seguirmi e a commentarmi!! Bacioni e un grazie specialissimo anche a te!!!

Mel: Scusami Mel, ma purtroppo non ho aggiornato molto presto!!! Ma spero che tu abbia letto lo stesso questo cap e che ti sia piaciuto come i precedenti!!! Grazie mille dei complimenti! Aspetto un tuo prossimo commento!!! Baci anche a te!! Ciao e a presto!

E ora, ecco per voi, cari lettori e care lettrici misteriose, un saluto specialissimo da parte della vostra unica e inimitabile (ehm…e soprattutto modesta!^^””) Fuffy91!!!! Ehi, credevate che me ne fossi dimenticata: BUONE VACANZE A TUTTI VOI!!!! Baci baci e alla prossima! Fuffy91!!^__________________^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


C7

Quel mattino, il sonno di Frodo venne destato dall’allegro cinguettio degli uccelli innamorati e il caldo tepore dei raggi di un luminoso sole sul suo viso.

Per un momento, nella mente del giovane hobbit balenò l’idea che le ultime vicende riguardanti la Gemma del Destino, Venia e la conoscenza dei guerrieri dell’Ovest fossero solo frutto della sua immaginazione, una fantasia partorita durante il corso di una lunga notte insonne. Tanto che quando si ridestò completamente e sollevò le palpebre ancora pesanti, pensò di trovarsi nel suo confortevole letto della sua accogliente casetta ,nella placida e tranquilla Contea, immaginandosi già l’entrata indesiderata di Pipino e Merry e le urla di rimprovero di Sam, seguite da un caloroso buongiorno.

Ma purtroppo, la vista di una grande e sfarzosa finestra ad arco acuto, contornata di oro bianco e filamenti d’argento scintillanti alla base, ridusse in frantumi la sua piccola speranza.

Rassegnato all’evidenza e stropicciandosi gli occhi azzurro cristallo ancora velati dalla stanchezza, prese finalmente contatto con la viva realtà che lo circondava.

Decisamente, non si trovava nella vallata insieme ai suoi compagni di viaggio. Si trovava in una stanza molto ampia, la cui finestra dava su un paesaggio meraviglioso ma malinconico al con tempo; era disteso in un letto morbido e caldo, dalle lenzuola immacolate, pulito e rivestito di una camicia da notte maschile che gli arrivava fino ai piedi, di un colore simile all’argento.

Accanto ad esso, vi era un comodino intagliato in un tronchetto di un albero bianco, con sopra una bacinella ricolma d’acqua trasparente, con immersa una pezzuola dello stesso colore della sua camicia. Vicino alla parete, vi era una sedia dello stesso materiale del comodino con sopra i suoi vestiti strappati e ricoperti ancora del suo sangue, come a dare testimonianza della veridicità delle vicende che lo hanno visto protagonista e vittima allo stesso modo; la Signora delle Tenebre che irrompe meschina nei suoi sogni, mutandoli nei peggiori dei suoi incubi, il ricordo delle sue risate tra l’isterico e il malvagio, le sue parole velenose, lo scettro intriso di malvagità, i suoi incantesimi che lo colpivano come saette senza perdono, il ritorno alla realtà, i visi di Sam, Pipino e Merry che lo circondavano e il sorriso bonario e rassicurante, seppur nella sua immensa preoccupazione, del suo caro amico Gandalf…e poi, il nulla lo aveva avvolto, cullando nella sua inaspettata pace.

Immerso nei suoi pensieri, non si accorse dell’entrata silenziosa di una giovane donna, molto bella e molto simile a Dama Galadriel: stessi capelli biondi con riflessi d’argento, stessi occhi profondi e azzurro acqua, stessa eleganza e grazia nei movimenti...solo il sorriso era diverso. In effetti, sembrava quello di una bambina che aveva appena finito di compiere una marachella.

A guardarla bene, non era poi così somigliante a Dama Galadriel. La sua pelle era meno luminescente e i suoi occhi più ridenti e divertiti, notò Frodo, scorgendo i particolari del suo volto delicato ,ora, da vicino, visto che gli si era avvicinato e si era posizionata in ginocchio al capo destro del letto immenso che lo ospitava, con i gomiti puntellati sul soffice materasso e le mani incrociate a sostenere il mento appuntito.

Scrutandolo come se fosse la cosa più interessante che avesse mai visto, continuava a sorridergli birichina, sghignazzando ogni tanto divertita da un qualcosa che andava al di là delle sue prospettive.

Era di razza elfica, quindi questo voleva dire che si trovava in un qualche regno a lui sconosciuto, ma pur senza i suoi compagni. Dov’erano finiti gli altri? E perché quella strana fanciulla continuava a guardarlo sorridente ma senza proferire parola alcuna? Che fosse una nemica? Che fosse stato catturato a sua insaputa, durante una qualche imboscata?

Ciò nonostante, quel luogo era troppo tranquillo, bello e pacifico per essere finito nella tana di Venia, costatò una vocina silenziosa dentro la sua mente, chiara e decisa in mezzo a tutti quegli interrogativi senza alcuna risposta.

“ Ti starai domandando che cosa ci fai qui e soprattutto chi sono io vero, Frodo Baggins?”

Gli disse improvvisamente la fanciulla accanto al suo capezzale, la cui voce risuonava melodiosa e dolce nei suoi pensieri confusi.

“ Conoscete il mio nome…come?”

E la sconosciuta, alzandosi lentamente e facendo frusciare lungo i suoi piedi la veste color panna viva e luminosa, con un sorriso, gli rispose:

“ Semplice, me lo hanno rivelato i tuoi piccoli amici della Contea!”

Esclamò allegra, prendendo un calice ricolmo di una miscela densa e color oro dall’aspetto invitante, che si trovava nascosto dietro la brocca d’acqua poggiata sul comodino in quercia bianca, vicino alla bacinella.

“ Bevi questo. È succo di dattero allungato con miele e latte. È delizioso. Personalmente, io ne vado ghiotta!”

Disse eccitata, mentre un leggero colorito rosato colorava le sue guance pallide, rendendola molto graziosa ai suoi occhi e facendogli nascere un sorriso, contagiato dal suo buono umore, tanto che non si oppose nemmeno quando gli accostò il calice per fargli inghiottire la bevanda che, Frodo doveva ammettere, era davvero deliziosa!

“ Oh, come sono belli i tuoi occhi! Sembrano due pezzi di cristallo!”

Esclamò guardandolo intensamente e sorridendogli ammirata, mentre Frodo si sentì costretto ad abbassare lo sguardo, imbarazzato per l’improvviso complimento. Non aveva mai conosciuto un elfo così spontaneo e semplice come quella dolce fanciulla.

“ Herion!”

Esclamò una voce conosciuta, melodiosa ed incantatrice, che fece voltare sia Frodo che la fanciulla di cui ora conosceva il nome ,verso la porta d’ingresso, decorata ed adornata come la finestra.

Sulla sua soglia, vi era Luthien, la cui figura slanciata e snella sembrava dominare l’intera stanza.

Sorridente e ridendo allegra, Herion corse verso l’abile arciere dalla chioma castana, abbracciandola come se non la vedesse da secoli.

“ Herion. Quante volte devo dirti di non disturbare Frodo? Lo sai che ha riportato delle brutte ferite. Lascialo riposare in pace. Ne ha bisogno.”

Le spiegò con calma e soavemente la bella Luthien, accarezzandole il capo biondo poggiato vicino alla sua spalla. Infatti, Luthien era più alta di Herion, anche se non di poco.

La dama bionda la guardò negli occhi luccicanti d’ammirazione, e annuendo le disse:

“ Va bene, Luhien. Non lo disturberò più. Però, è così carino e ha degli occhi stupendi!”

Un risolino allegro e familiare, fece sorridere anche Frodo. Conosceva fin troppo bene quella risata.

“ C’è da dire che Dama Herion è davvero una fanciulla intraprendente! Non trovi anche tu, Luthien?”

Chiese sornione Gandalf, facendo anche lui il suo ingresso, mentre la sua veste candida investita dal sole, sembrava accecarlo.

“ Fin troppo, direi.”

Fu il commento incolore di Luthien, mentre Herion rideva divertita e continuava a stringerla in un abbraccio caloroso.

“Gandalf!”

Esclamò contento Frodo, rivedendo finalmente un’altra faccia amica.

“ Vedo che ti sei risvegliato, Frodo? Come ti senti?”

“ Bene, ti ringrazio. Ma, Gandalf…”

Iniziò Frodo, vedendo che Gandalf si sedeva proprio di fronte a lui, come gli era già capitato altre volte, risvegliandosi dopo un lungo sonno ristoratore, nelle stanze dorate di Gran Burrone.

“…dove ci troviamo? E gli altri? Dove sono?”

“ Ora ti spiegherò tutto con calma, Frodo. Vedi, mio caro amico, ci troviamo esattamente a Bosco Bianco, il regno di Aranel, Stella del Re, di cui Luthien ed Herion sono le figlie legittime. Dopo l’attacco improvviso di Venia nella tua mente, come ben ricorderai, pur di proteggere la Gemma del Destino, hai riportato una ferita profonda e velenosa sia alla spalla che alla gamba. Così, senza pensarci su troppo a lungo, abbiamo deciso che uno di noi ti avrebbe condotto qui per adeguate cure. Io sono riuscito solo a circoscrivere l’avvelenamento su entrambi gli arti feriti, che avrebbe resistito il tempo necessario per giungere alla corte di Aranel. È stata Luthien a offrirsi volontaria per quel viaggio che sarebbe durato circa tre giorni. Il suo cavallo era il più veloce di tutti e inoltre lei conosceva anche qualche antidoto per allungare i miei incantesimi fino alla meta prestabilita.

E mentre lei correva verso la tua salvezza, Taras e William ci hanno illustrato la via per giungere a Bosco Bianco. Un volta giunti a destinazione, siamo corsi a vedere le tue condizioni. E mai fu la mia felicità, Frodo, vederti disteso su questo letto e sulla via della guarigione!”

Gandalf terminò il suo lungo discorso con un sorriso luminoso, mentre Frodo cercava di scorgere le due figure aggraziate poste sull’uscio della porta, ma purtroppo, con sua grande delusione, non le trovò. Le due principesse evidentemente avevano convenuto che fosse meglio lasciarli da soli, anche se in lontananza, riuscì ancora a sentire le risate fragorose di Herion.

“ Non preoccuparti. Avrai modo di ringraziare Luthien in altre circostanze.”

Lo rassicurò lo stregone bianco, intuendo i suoi pensieri. Frodo gli sorrise:

“ Si. Hai ragione. Ringrazio anche te, Gandalf, ovviamente. Se non fosse stato per il tuo intervento, a quest’ora Venia avrebbe già trafugato la gemma. Purtroppo, non avrei potuto fare nulla per fermarla.”

Abbassò gli occhi Frodo, catturando la sua attenzione sulle sue dita intrecciate ed improvvisamente fredde, al ricordo di quegli orribili momenti e delle conseguenze che si sarebbero potute verificare una volta fallito il suo misero tentativo di resisterle.

“ E invece hai fatto moltissimo, Frodo.”

Gli disse improvvisamente Gandalf, incatenando di nuovo lo sguardo deciso con il suo smarrito.

“ Sei riuscito a intimidire, anche per un solo istante, la Signora delle Tenebre.”

“E come?”

“ Oh, in diverse occasioni della vostra, come dire, conversazione. Per esempio, quando hai replicato i suoi inutili e assurdi tentativi di giustificare il suo increscioso comportamento o le sue folli idee di conquista. Oppure quando ti sei imposto di non consegnargli la gemma e nemmeno quando eri sul punto di cedere, non lo hai fatto. Credimi, Frodo, se ti dico che l’hai completamente sorpresa.”

“ Ma allora, tu hai seguito tutto quello che è accaduto in quegli attimi di oblio?”

Chiese Frodo, sorpreso dalle sue parole:

“ Si, certamente. Non sai quale pena è stata per me il vederti lì, immobile a subire le provocazioni e i capricci di Venia e la frustrazione di non poter fare nulla. Vedi, io ho tentato e ritentato, fino all’ultimo momento di strapparti da quell’incubo che aveva un fondo di realtà,  ma purtroppo, la magia oscura della Dama dell’Oscurità è più grande e maestosa di quanto credessi.”

Sospirò amareggiato quasi di sé stesso, mentre Frodo lo guardava comprensivo.

“ Non devi preoccuparti o giustificarti di nulla, Gandalf. Lo so, ho provato sulla mia pelle la potenza e la malvagità delle magie di Venia. Credimi, lo so.”

Ma fu proprio in quel momento, quando Frodo abbassò lo sguardo che il sorriso gli si gelò sulle labbra. La mano destra e parzialmente quella sinistra erano nere come la pece.

“ Gandalf! Ma cosa…?”

Chiese inorridito e meravigliato nell’insieme. Gandalf, per tutta risposta, sembrò cadere dalle nuvole e con espressione indifferente quasi e guardando nella stessa direzione di Frodo, capì immediatamente e sorrise.

“ Oh, nulla di importante. Bruciature! Capita, quando si gioca con il fuoco, non lo sapevi?”

E sogghignò, divertito e quasi prendendosi in giro da solo.

Frodo stava per replicare, quando apparvero ,come un fiume in piena, sulla soglia Pipino, Merry e Sam, il quale li sorpassò entrambi e si precipitò al suo capezzale, sorridendo felice.

“ Frodo! Meno male, vi siete svegliato? Come vi sentite? E la gamba e la spalla? Vi fanno ancora male?”

“ Calmati, Sam! Sto bene, non preoccuparti! Le ferite mi provocano solo un po’ di fastidio, ma nulla di preoccupante.”

Sembrò sollevato dalle sue parole, tanto che sospirò rasserenato e pesantemente, come se per tutto l’arco delle sue parole avesse trattenuto il respiro.

“ Vi credo! Oh, sapeste come sono contento di vedervi di nuovo sorridere!”

Sfuggì una risatina a Frodo, soprattutto all’improvviso rimbalzare sul letto enorme di Pipino e Merry in contemporanea, subito dopo aver urlato un:

“Anche noi!”

E mentre si perdeva nei loro interminabili discorsi, il loro parlottare su Bosco Bianco, le cose che gli avrebbero mostrato una volta in piedi, i loro apprezzamenti sul succo di dattero, miele e latte che aveva avuto il piacere di assaggiare e la loro simpatia per Dama Herion che, a parer loro, sembrava essere innamorata di lui, vide scomparire con un ennesimo sorriso Gandalf, ora più sereno nel vederlo circondato dai suoi amici e dalle loro risate.

Una volta ristabilitosi e ritornato in salute,  Frodo uscì finalmente da quelle quattro mura d’argento scintillante che minacciavano quasi di soffocarlo e una volta varcata la soglia che molti dei suoi compagni e amici avevano oltrepassato, venne investito da un raggio di sole abbagliante, che rischiava quasi di accecarlo, ormai troppo abituato alle luci evanescenti di quella che era stata la sua stanza per così tanto tempo. Quando riuscì ad aprire completamente gli occhi socchiusi, la sua bocca si spalancò dalla sorpresa; davanti a lui vi era una distesa di alberi bianchi dalle foglie ricoperte d’argento e brillanti di diamanti. Una distesa di erba rigogliosa e verdeggiante non faceva che accentuare il bianco dei tronchi lisci e forti in tutta la loro solennità di alberi millenari. Prati fioriti si vedevano poco più in là e lo scorrere musicale di un ruscelletto dalle acque limpide e fresche lungo le rocce grigie e luminose che costituivano il materiale principale di quei palazzi sontuosi e meravigliosi, quasi fiabeschi nella loro perfezione. Il castello di Dama Aranel era scavato in un monte calcareo, sontuoso e splendente alla luce del sole caldo sulla pelle. Frodo rimase affascinato dalle alte guglie gattonate, stile gotico, che si slanciavano nel cielo turchese e quasi completamente nascosto da due grandi querce , che facevano da tetto o da cornice naturale a quelle mura regali.

“ Meraviglioso, vero?”

Lo affiancò Aragorn, una volta ai piedi di quel grande palazzo reale e con i suoi immersi nelle margherite.

Frodo ricambiò il suo sorriso e annuì, incapace di turbare con le parole quel quadro perfetto.

“ L’ho pensato anch’io una volta varcate le porte di Bosco Bianco. Ho visitato molti reami elfici, ma questo è di gran lunga il più bello ed irreale di tutti.”

E detto questo, contemplò ammirato ciò che li circondava, come a voler imprimere nella sua memoria ogni piccolo particolare.

“ E di notte, è ancora più incantevole.”

Aggiunse Taras, poco distante da loro, che li raggiungeva con passo felpato, pensò Frodo, molto simile a quello di un bravo cacciatore.

“ La luce della luna, non fa che dare alle mura del castello un’aria incantevole. Anche se, in quei momenti, è facile cadere vittime della nostalgia e dei ricordi malinconici.”

Restarono tutti e tre in silenzio, per un momento, beandosi di tutta quella bellezza incondizionata.

“ Come va oggi, Frodo? Ti senti meglio?”

Chiese con la sua classica voce profonda, Aragorn, guardandolo dritto con i suoi occhi color smeraldo.

“ Si, grazie. Anche il fastidio che avvertivo si sta lentamente attenuando.”

“Venia si è comportata davvero disonestamente, con te. È stato davvero un colpo basso da parte sua, entrare nei tuoi sogni e combatterti su un campo dove saresti stato più inerme.”

“ Dovevamo aspettarcelo. In fondo, sapevamo fin dall’inizio che avrebbe tentato di tutto pur di impossessarsi della gemma. E attaccarlo in un territorio a lei favorevole, era la cosa più ovvia e sensata da fare, per lei. Dopotutto, è ancora debole e attaccarci in massa, sarebbe stato troppo.”

Controbatté Aragorn, anche se ancora visibilmente contrariato per quello che aveva arrecato Venia a Frodo, uno dei suoi compagni, e quest’ultimo lo capì dal modo in cui serrò la mascella e stringeva il pugno sull’impugnatura della sua spada.

“ Si, ma la gemma è ancora qui, intorno al mio collo e io…beh…tra di voi, in questo momento.”

Il suo tentativo di calmarlo, da parte di Frodo, funzionò brillantemente e riuscì anche a suscitare un risolino in entrambi i suoi amici. La Gemma del Destino sembrò felice di quel momento di serenità, tanto che brillò ancora di più per un momento, confondendosi con i raggi del sole e trasmettendo al suo portatore un senso di completo benessere e calore, che purtroppo non riuscì a non frenare. Fortuna volle che durò poco, ma Frodo sentiva quel piacevole sassolino ancora illuminato e bruciare nel punto in cui era poggiato sul suo petto.

“Tutto bene, Frodo?”

Chiese Taras, aggrottando le sopracciglia scure come i suoi capelli e fissandolo con i suoi occhi perlacei, attento quanto Aragorn.

“ Si, Tutto bene.”

“ Taras!”

Esclamò in lontananza una voce già conosciuta e sonora come le sue risate allegre. Era Dama Herion che con movimenti aggraziati, quasi a passi di danza, raggiunse colui che aveva richiamato per poi abbracciarlo felice e appoggiare la sua testolina bionda sulla sua forte spalla, come Frodo la vide fare il giorno prima con la sorella.

“ Finalmente! Ti ho cercato dappertutto! Ma dove eri finito?”

Lo rimbeccò ironica, pizzicandogli la guancia ispida di una leggera barba incolta.

Ma non aspettò la risposta e i suoi occhi azzurri e birichini vennero attratti da quelli cristallini di Frodo ,che la guardava divertito e ammirato nell’insieme. Non aveva mai visto una principessa, per giunta di razza elfica, comportarsi in un modo così spontaneo e sfacciato al con tempo.

“ Oh, Frodo! Ma ci sei anche tu! E come ti stanno bene i vestiti che ti ho confezionato! Allora le misure di Pipino erano giuste per te. Oh, che bello! Sono felice!”

E detto questo, si slanciò per abbracciarlo o per assalirlo, era lo stesso. Lo strinse per un po’ come un cucciolo bisognoso d’affetto, mentre Aragorn e Taras sghignazzavano divertiti da quella scena, per poi accostare le sue labbra vicino al suo viso e baciarlo sulla guancia con uno schiocco sonoro. Frodo si sentì arrossire, sbigottito. Non se lo sarebbe mai aspettato.

Con un risolino dolce e divertito allo stesso tempo, Herion si scostò da lui e corse verso i prati fioriti per correre felice e aggraziata tra le farfalle variopinte, mentre la sua chioma brillava di riflessi d’argento e la gonna del suo vestito azzurro svolazzava allegramente da una parte all’altra.

“ è così diversa da Luthien…ma sono davvero sorelle?”

 Chiese incuriosito Frodo a Taras che annuì:

“ Si, anche se molti stentano a crederlo, vista la poca somiglianza fra le due. Per qualche tempo, molti hanno sospettato che Luthien non fosse la vera figlia di Aranel, visto che i suoi tratti scuri e il suo compartimento distaccato era completamente dissimile da quelli di sua madre e di sua sorella, tra di loro, invece, molto somiglianti.”

“ Che scortesia!”

Esclamò Aragorn, scontento di questa poca mancanza di fiducia.

“ Si, è vero. Ma coloro che affermavano questo, tutt’al più erano nemici o uomini e donne soffocate dall’invidia.”

“ Invidia?”

Chiese Frodo, incredulo e ingenuo.

“ I primi perché respinti da lei una volta confessato i loro sentimenti nascosti e le seconde per la sua bellezza e fascino innaturale ,anche per un elfo.”

“ Ma suo padre, allora? Forse rassomigliava a lui nei tratti e nel carattere, no?”

Propose Frodo.

“ Nessuno ha mai conosciuto il sovrano di Bosco Bianco, visto che morì precocemente durante una lotta senza motivo tra il loro regno e uno ribelle, confinante. Aranel ne soffrì molto. Ma a parer di Luthien, lei non rassomigliava nemmeno a lui. Anzi, afferma ostinatamente che Herion rispecchi più suo padre nel carattere ,che la madre.”

Sorrise, evidentemente al ricordo di quell’episodio.

“ A me ricorda Will.”

Disse inaspettatamente Frodo.

“Come?”

Chiesero in coro Taras e Aragorn.

“ Ma si! A Will. Il suo sorriso e i suoi occhi mi ricordano i suoi.”

“ Ammetto che Will ha passato, in passato, fin troppo tempo con Herion. Non escludo che l’abbia plagiata con il suo temperamento appassionato e sfacciato. Povero me! Quel ragazzo mi reca solo problemi!”

Esclamò quasi rassegnato e guardando sospirando il cielo cremisi, ora tinto di rosso ed arancio.

“ Andiamo. Tra poco calerà la notte. Dama Aranel ci starà attendendo.”

Frodo volle scorgere nuovamente all’orizzonte l’immagine di Dama Herion che correva tra i fiori variopinti, giocando con le farfalle, ma purtroppo trovò solamente il nulla. Evidentemente si era già recata nel salone principale della reggia ,dalle alte volte dal soffitto blu notte e stellato, dove tutti li attendevano con ansia.

Quando Frodo varcò la soglia di quell’immensa stanza dalle pareti di pietra bianca e solida e il pavimento in marmo bianco, vide un gruppetto molto affiatato intorno ad una grande fontana con pesciolini e ninfee che nuotavano e galleggiavano ,in modo decorativo, al suo interno. Sam gli venne incontro non appena lo vide, accogliendolo nella conversazione con un gran sorriso, che Frodo ricambiò prontamente.

Gandalf era intento a contemplare ,seduto sul bordo della fontana, il modo animato di Gimli di descrivere Luthien; purtroppo ci voleva del tempo prima che la trovasse simpatica. Merry e Pipino, unendosi a Frodo e a Sam, li aggiornarono sulle ultime discussioni.

“ Non vedo l’ora di conoscere Dama Aranel. Chissà se è carina quanto Herion.”

“ Secondo me anche di più, Pipino. Ehi, chissà, piuttosto, se ci offriranno qualcosa da mettere sotto i denti. Io ho una fame!”

“ Possibile che tu non sappia pensare ad altro, Merry!”

Lo rimproverò con un misto di esasperazione Sam, mentre Merry non fece altro che scrollare le spalle con un sorriso.

“ Come va, Frodo?”

Chiese Gimli tutto ad un tratto, interrompendo di sua spontanea volontà i suoi animati discorsi, e la sua voce sonora risuonò in tutta la sala come un ruggito.

“ Ora meglio.”

Ormai aveva perso il conto di tutte le volte che aveva risposto a quella domanda, ma non ne era seccato.

Gimli si limitò a mugugnare e a sorridergli sotto la folta barba rossiccia, per poi ricominciare.

“ In effetti, è proprio assurda quella donna. Avete visto la sorella invece? Così carina, graziosa, simpatica…invece lei…”

“ Non è bionda!”

Esclamò tutto ad un tratto Legolas, seduto anche lui sul bordo della fontana, poco distante da Gandalf ,con le gambe incrociate in una posa tipicamente maschile, seppure nella sua eleganza, intento a levigare il suo bell’arco intagliato. Frodo non lo aveva nemmeno notato. Forse, era entrato da poco.

“ E con questo? Che vorresti dire con un non è bionda?”

Si gongolò nelle ultime parole Gimli, guardandolo accigliato.

“ Beh, Dama Galadriel era bionda e noi tutti siamo coscienti del fatto che provi una certa ammirazione nei suoi confronti. Non dimentichiamo Dama Eowyn, bionda anche lei, di cui tu hai sempre lodato il coraggio e la gentilezza. Anche Dama Herion è bionda, e hai appena ammesso di trovarla carina, graziosa, simpatica…” enumerò con le dita, quasi distratto e con un perpetuo sorriso sulle labbra: “ …dimentico nulla?”

Chiese guardandolo negli occhi fiammeggianti:

“ No, immagino!”

Gli sfuggì un risolino, che contagiò anche molti dei presenti.

“ Si, or dunque?”

“ Dunque, credo che tu, caro Gimli, hai un debole per le bionde!”

Esclamò, cominciando ad aggiustare le sue frecce nell’apposita tracolla a cilindro e sempre sorridendo, suscitando risate spontanee a tutti i presenti, tranne Gimli, il cui volto incendiato di vergogna non fece che aumentare il tono delle risa divertite.

“ Oh, questa me la paghi Legolas! Mi hai sentito? Me la paghi!”

Ma le risate di tutti finirono per contagiarlo.

“ Suvvia, non c’è nulla di male in questo.”

Disse all’improvviso, la voce soave ed incantatrice di Luthien, con un leggero sorriso a fior di labbra che fece imporporare nuovamente le guancie sporgenti di Gimli, questa volta per un altro tipo di imbarazzo.

Con passo leggero e movimenti aggraziati forse più della sorella, si sedette al fianco di Legolas, che la guardava ammirato ed imbarazzato nell’insieme.

Frodo ne approfitto per avvicinarle e dirle, richiamando la sua attenzione, visto che seguitava a giocherellare con le ciocche dei suoi capelli castani, persa in un mondo tutto suo.

“ Luthien?”

Lei alzò lo sguardo lentamente, sbattendo le ciglia lunghe un paio di volte, con l’effetto di intimidirlo, senza volerlo. Purtroppo per lui, Luthien non sembrava nemmeno rendersi conto di quanto fosse affascinante ed incantatrice ad ogni sguardo o movimento. Si schiarì la voce e cercò di non badarci.

“ Ecco…io…volevo ringrazianti di avermi condotto a Bosco Bianco e di avermi accudito durante il viaggio, per tre giorni, cavalcando senza sosta. È anche grazie a te se sono ancora qui.”

Sorrise impacciato, senza saperne nemmeno lui il motivo. Possibile che il fascino di Luthien fosse così intenso? E le cose peggiorarono quando incurvò le labbra in un sorrisino indecifrabile.

“ Nessun problema. E poi, è il cavallo che ha corso, non io.”

Gli disse poco ironica, e abbassando di nuovo lo sguardo per ricominciare a giocherellare con i suoi capelli.

“ Bene.”

Disse annuendo e allontanandosi verso i suoi compagni, ritrovando il controllo di sé solo dopo aver tratto un profondo sospiro di sollievo, mentre Sam gli metteva una mano sulla spalla comprensivo.

“ Luthien, tesoro! Sei uno schianto con questo vestito! È nuovo, per caso?”

Esclamò la voce allegra e sfacciata di William, che attraversò l’atrio con tre falcate e mettendosi davanti ad una Luthien indifferente ai suoi apprezzamenti e domande.

“ No.”

Fu la sua risposta, quasi svogliata.

“ Ah, davvero? E perché non lo hai mai messo prima?”

Le chiese al solo scopo di distrarla dai suoi irraggiungibili ed incomprensibili pensieri.

“ Lo avevo dimenticato.”

Incredibile quanto fosse attenta e pensierosa allo stesso tempo. Se Dama Herion era una principessa elfo speciale, lo era sicuramente anche Luthien.

“ Il verde foglia ti sta d’incanto. Mette in risalto la tua carnagione e il colore dei tuoi capelli.”

E detto questo, accompagnò la parola con il gesto, catturando una ciocca dei suoi capelli lisci e splendenti, che le ricadeva lungo la spalla.

Legolas distolse lo sguardo da loro e si morse per un attimo il labbro inferiore, provando invidia, in quel momento, per la sfacciataggine di Will. Perché lui sapeva essere così spontaneo e lui invece non aveva nemmeno il coraggio di sfiorare uno solo dei suoi capelli setosi, un piccolo desiderio nascosto nella sua mente razionale e nel suo cuore tormentato?

Con sua grande sorpresa, Luthien si scostò e si alzò quasi infastidita, mentre si allontanava velocemente, per riapparire ad occhio umano ed elfico, accanto ad un vaso di grandi proporzioni, ricco di fiori di ogni genere ad adornare la sala.

“ Non toccarmi i capelli. Mi infastidisce.”

Gli disse riapparendo accanto a Will e posargli una foglia di rosa tra i capelli color grano, dispettosa e risedersi accanto a Gandalf, che la guardava sornione, annusando una rosa bianca.

“ Me lo ricorderò.”

Disse sorridendo e facendo volare via la foglia “regalatagli” da Luthien, con un soffio.

Anche Legolas sorrise appena, amareggiato. Desiderio infranto.

“ Taras! Balli con me?”

Chiese Dama Herion, sbucata da chissà dove e abbracciando Taras disinvolta.

Il povero guerriero non sapeva cosa rispondere e vedendolo in difficoltà, si rivolse ad Aragorn che era appoggiato ad una colonna, mentre gli sfiorava appena una spalla. Forse era stata informata del suo novello matrimonio e preferita essere più riguardosa nei suoi confronti.

“ E voi, Sir Aragorn? Non volete ballare con me?”

“ Vi ringrazio, ma preferirei di no.”

Rispose educatamente Aragorn, sorridendole in segno di scuse.

“ Allora, ballerà Frodo con me!”

Esclamò portandosi verso di lui quasi ballando di già e abbracciandolo come prima, in cortile.

“ Lo avevo detto io, che prima o poi te lo avrebbe chiesto. È da quando ti ha visto, che ci confessa di voler ballare con te.”

Gli bisbigliò Merry, comprensivo.

Come Taras, nemmeno Frodo sapeva come comportarsi, ma fortunatamente, intervenne Will a risolvere la faccenda.

“ Herion! Perché non balli con me, piccola? Cos’è, ti sei già stancata del tuo buon amico Will?”

A quelle parole, Herion sembrò ridestarsi e scostandosi da Frodo lentamente, non dopo avergli regalato un sorriso e una carezza sulla guancia, si librò come un libellula tra le braccia di Will e sorridendo e ridendo entrambi, cominciò a farla volteggiare sulle note di una musica immaginaria.

“ Luthien, perché non balli anche tu con Will? È divertente!”

Chiese entusiasta Herion, mentre Will la faceva girare.

Luthien si limitò solo a guardarli, scuotendo la testa e sorridendo a fior di labbra, mentre giocherellava nuovamente con i suoi capelli.

“ Non capisco perché ti rifiuti di ballare, Luthien? Sei così brava.”

Chiese una terza voce, questa volta non familiare a Frodo, che si girò, come tutti gli altri e proprio mentre Gandalf e Legolas si alzavano in contemporanea e Will fece volteggiare per l’ultima volta Herion, la vide, in tutto il suo splendore. Dama Aranel, regina di Bosco Bianco, la Stella del Re.

Era bella fin ogni sopra immaginazione. Il suo sorriso era il più luminoso e sereno che avesse mai visto, i suoi capelli più lucenti dell’oro, dove spiccava una coroncina d’argento, poco vistosa, la sua pelle levigata e candida, abbagliante come una vera stella, gli occhi azzurro vivo, raddolcito da una dolce espressione.

Indossava una veste rosata, semplice e quasi incorporea, leggera e leggermente trasparente.

Tutti si inchinarono al suo passaggio, mentre Pipino, Merry e Sam chiudevano la bocca, spalancata per la meraviglia.

“ Ma madre, Luthien è brava in tutto, lo sapete!”

Disse ridente Herion, ballando verso la madre e abbracciandola con trasporto.

Mentre Dama Aranel accarezzava con un sorriso il capo illuminato d’argento alla luce pallida della luna nascente ,che prendeva il posto del cerchio infuocato nel cielo blu - azzurro, della sua secondogenita ridente, il suo sguardo era posato sulla primogenita ancora accomodata sulla fontanella guizzante. Dopo un sospiro enigmatico, le sue iridi color dell’alba del mattino rifletterono le immagini di tutti i suoi ospiti, per poi soffermarsi sui volti di Aragorn, Frodo e Gandalf.

“ Tra di voi ci sono volti che ho già  avuto modo di scorgere…”

Iniziò abbracciando con uno sguardo le figure di Taras e Will, che le strizzò l’occhio furtivo:

“ Ed altri che avrò sicuramente il piacere e l’onore di conoscere.”

Terminò con un luminoso sorriso, che venne ricambiato da tutti i presenti.

“ Sarete affamati. Venite, vi mostro la sala imbandita per il banchetto indetto appositamente per voi.”

“ Oh, ma non dovevate disturbarvi, mia signora.”

Disse Aragorn, camminando al suo fianco a sua insaputa.

“ Sciocchezze. Gli amici di mia figlia Luthien, sono miei amici e, a l’occorrenza, miei alleati.”

Aragorn inclinò il capo in segno di rispetto e gratitudine, mentre Aranel gli regalava un sorriso sereno.

Prima di varcare la soglia della sala del banchetto, Legolas si voltò verso la fontana. Luthien era scomparsa. Sorrise e proseguì.

 

 

 

Non è ancora il momento dell’angolo dei saluti. ^^ Leggete anche il prossimo capitolo!!!^____^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


C8

Frodo stava appena addentando una forchettata di gustoso pollo arrosto che Dama Herion sopraggiunse, lo abbracciò da dietro e gli regalò un altro bacio, questa volta più delicato, per poi riapparire, seduta elegantemente su di una sedia, accanto alla madre.

“ Herion! Non infastidire Frodo! Si è appena ristabilito!”

La rimproverò la regina Aranel, ma sorridendo anch’ella divertita, mentre Herion controbatté con un risolino allegro e soddisfatto.

“ Will, poi balliamo ancora?”

“Certamente, dolcezza! Quando vuoi!”

Gli sorrise accattivante William, prima di addentare l’ultimo boccone della terza portata di carne di cervo, disinvolto e amichevole come sempre.

“ No, dopo Herion si ritirerà nelle sue stanze.”

“ Ma madre, non ho bisogno di riposo!”

“ Lo so. Ma noi si.”

Disse sorridente ed ironica Dama Aranel, addentando anche lei un po’ di verdura, mentre Herion sbuffava contrariata e molti dei presenti ridevano divertiti, le cui risa alla fine, finirono per contagiarla, tornando a cenare serena.

“ Allora, mi parlavate dell’ultimo attacco subito dalla Signora delle Tenebre, Venia, nei sogni di Frodo.”

Disse Aranel, rivolgendosi a Gandalf, di cui nutriva già buona fiducia, seduto alla destra della Stella del Re, un posto dopo Luthien, la cui sedia era vuota.

“ Si, mia signora. Come potete comprendere, dovremmo supporre che le sue iniziative future saranno più audaci e decise di prima.”

Aranel annuì, seria ed attenta:

“ Comprendo perfettamente. E immagino anche quale sia la vostra richiesta futura.”

Vedendolo irrigidirsi, gli sorrise conciliante.

“ Non temete. Vi farò incontrare Dama Eruanna domani mattina presto. Uhm, forse è meglio prima del crepuscolo. È sempre di buon umore a quell’ora del giorno.”

Il sorriso che le increspò le labbra, notò Frodo, era molto simile a quello che aveva visto in più di un’occasione su quelle della figlia Herion.

“ Se posso chiederlo, mia signora, a qual proposito?”

Chiese Taras, seduto dinanzi a Frodo, tra Will ed Aragorn.

“ Per le armi che dovranno servire agli altri vostri compagni. Non vorrai mica che ne siano sprovvisti  in un eventuale attacco improvviso di Andes ed orchi, vero Taras?”

“ Certo che no, ma…”

“ Perfetto! Allora è deciso.”

Disse sorseggiando con grazia innata un sorso di buon vino bianco.

Mentre gli altri conversavano fra di loro o discutevano con Dama Aranel sugli ultimi preparativi della partenza di domani, dopo ovviamente l’incontro con Dama Eruanna e il da farsi in seguito alla loro partenza, ascoltando le risate della principessa Herion alle battute di Will , Legolas non poteva fare a meno di osservare il posto vuoto di Luthien.

Non poteva fare a meno di chiedersi dove fosse e di guardarsi intorno in cerca della sua figura. Si aspettava che sarebbe entrata inaspettatamente, sbigottendo tutti per la sua grande agilità e che avrebbe assaggiato solo pochi pasti per poi trovare rifugio in un luogo appartato. Anche se la conosceva da poco tempo, Legolas aveva imparato a capirla, anche se non completamente.

Infatti, Luthien amava la solitudine e i luoghi tranquilli. Sarebbe stata ore ed ore a giocherellare con i suoi splendidi capelli, senza curarsi di nulla, immersa totalmente nei suoi intricati pensieri. Sorrise tra sé ,Legolas, a quel pensiero. Avrebbe tanto voluto carpire almeno uno dei suoi tanti segreti, trovare la chiave che avrebbe risolto il mistero che l’avvolgeva e che allo stesso tempo, lo affascinava.

“ Lei è in giardino.”

“Come?”

Chiese Legolas, distratto dal flusso dei pensieri che lo aveva trascinato con facilità, facendolo rimanere per più di un minuto a rimirare quella sedia di legno bianco levigato e decorata deliziosamente, ad una Herion sorridente e comprensiva.

“ Luthien è in giardino, in questo momento. A lei piace rimirare i tanti fiori che lo adornano. Mia madre li ha fatti piantare apposta per lei, lo sa? Luthien adora i fiori, soprattutto…”

“ L’iris.”

Bisbigliò Legolas, senza nemmeno accorgersene, a voce talmente bassa che nemmeno Merry ,che gli sedeva accanto, lo sentì. Herion si allargò in un gran sorriso ed annuì, segno evidente che aveva udito il suo sussurro perfettamente.

“ Perchè non la raggiungete? Sono sicura che le farebbe piacere.”

Suggerì entusiasta Herion, guardandolo speranzoso.

“ Ma io…ecco…non so…”

Era indeciso, ma non voleva nemmeno rattristire Dama Herion con un suo eventuale rifiuto, come sapeva che sarebbe accaduto in quel caso.

Alla fine, pressato da così tante insistenze, decise di accontentarla, anche perché, nel profondo, anche lui non vedeva l’ora di scorgere di nuovo il meraviglioso profilo di quella fanciulla così diversa dalle altre.

Così, in un battibaleno, si ritrovò fuori dalle mura immacolate del palazzo reale, lontano dalle risate e dalle voci dei suoi compagni. Circondato dal fruscio del vento serale, ammirò estasiato le mura che sembrava ricoperte di brillanti e da colate di argento vivo.

Era uno spettacolo da mozzare il fiato. Taras aveva ragione: la luce lunare rendeva tutto più incantevole.

Per un momento, seguì il corso del ruscello, le cui acque sembravano scure a contatto col riflesso del manto notturno che copriva il cielo, ma comunque luccicanti con quello della luna dominante e inclinata in un dolce sorriso.

All’improvviso un’improvvisa folata del vento dell’Ovest trasportò con sé, insieme all’indistinto profumo dell’erba bagnata, anche quelli di fiori di tutte le specie. Seguì il luccicante bagliore delle foglie dalle pagine argentate e scintillanti di una luce evanescente, degli alberi millenari e dal tronco candido ed intriso di mistero, per poi inchiodarsi ad ammirare l’immagine più bella che avesse mai visto.

Luthien era distesa su un prato di soli iris, con i capelli abbandonati sulle loro corolle viola e dalle sfumature di blu intenso, con le braccia nude distese lungo i fianchi, le gambe leggermente incrociate e intrecciate da sottili fili d’argento che andavano a formare i suoi calzari, a mala pena celate dalla gonna ,più corta del solito, del vestito violaceo che indossava quella sera, che si espandeva in tante pieghe e fluttuante lungo i fili d’erba sporgenti.

Aveva gli occhi chiusi e le labbra rosse serrate armoniosamente, il tutto inondato da una pozza lunare. Legolas la avrebbe creduta addormentata se solo non avesse saputo che gli elfi ,qual’era la sua razza, non sapevano cosa fosse il sonno.

Il principe di Bosco Atro si avvicinò più silenzioso del solito, sedendosi delicatamente ed elegantemente a gambe incrociate al suo fianco destro.

Non poté fare a meno di rimanere incantato dalla bellezza di quella creatura così affascinante, guardandola come se fosse la meraviglia più incantevole che avesse mai visto in tutti i suoi viaggi. Senza accorgersene, con gli occhi socchiusi, allungò una mano, sfiorando con le sue lunghe dita il dorso della mano destra di lei. Per un momento ne saggiò la morbidezza e il calore appena percettibile, per poi percorrere con movimenti circolari il polso e risalendo lungo l’avambraccio.

Sentendola mugugnare, segno che stava per ridestarsi dal suo apparente riposo, Legolas ritirò velocemente la mano, sentendosi le dita bruciare là dove l’aveva toccata.

Luthien aprì lentamente gli occhi nocciola intenso, alzandosi a sedere con un movimento sinuoso e fluido. Per un attimo si guardò intorno quasi confusa, per poi incrociare lo sguardo luccicante di Legolas, ancora acciambellato al suo fianco, con la mano destra chiusa a pugno, per non cedere alla tentazione di aggiustarle la ciocca di capelli ribelle dietro l’orecchio, e quella sinistra a circondare il ginocchio.

La principessa di Bosco Bianco lo trafisse con uno dei suoi sguardi profondi, catturandolo inconsapevolmente nel suo incantesimo irresistibile.

“ Ma allora la vostra è una mania.”

La sentì rompere quello strano silenzio, con la sua voce soave e melodiosa, troppo anche per un elfo.

“ State cercando, per caso, di perseguitarmi?”

Chiese con un velo d’ironia e un mezzo sorrisino.

Legolas non sapeva cosa risponderle. Era troppo inebriato dalla sua voce, dal suo viso, persino dal profumo della sua pelle delicata. Avrebbe tanto voluto distogliere lo sguardo dal suo, ribellarsi a quella sorta di trance in cui era precipitato, o magari anche risponderle a tono, con una delle sue frasi brillanti ed ironiche, come faceva in molti casi con Gimli…ma non ci riusciva.

Ben presto il sorriso che aveva cominciato ad amare sulle sue labbra, scomparve, lasciando il posto ad un’espressione seria e calma nell’insieme.

La vide alzare la mano destra verso di lui, arrestandola improvvisamente, quasi indecisa se sfiorarlo o meno, mentre in cuor suo, Legolas pregava che lo facesse.

Così, si ritrovò il palmo della mano calda e bianca di Luthien a contatto con la sua guancia più accaldata del solito, accarezzandola lievemente, come se fossero ali di farfalla a percorrere la sua pelle di miele.

Non riuscì ad impedirsi di chiudere gli occhi, assaporando ogni possibile sensazione che quella attesa carezza gli trasmetteva, così generosamente.

“La mia presenza vi inquieta, mio signore?”

Lui scosse il capo in segno di diniego, per poi sussurrare un debole:

“ No.”

E abbassare il capo verso un punto indefinito del suolo oscuro ,con riflessi bluastri e d’argento.

“ Allora, cosa c’è?”

Luthien, facendo scorrere le dita verso il suo mento, lo costrinse gentilmente ad incontrare i suoi occhi intensi e scuri, restando sorpresa dal bagliore che scintillava negli occhi azzurro mare di lui.

“ Io…”

Legolas non riusciva a ragionare e, come se non bastasse, gli si era fatta ancora più vicina.

Ne sentiva l’odore floreale, fresco e quasi dissetante e socchiudendo gli occhi e inumidendosi le labbra, incapace di resistere oltre, colmò la poca distanza che li separava affondando il volto nell’incavo del suo collo.

Per un momento aspirò avido quella delizia, lasciandosi guidare dall’istinto ormai padrone della sua mente e delle sue azioni, fino a quando Luthien glielo permise, il che durò il lasso di un secondo.

Infatti, la bella incantatrice si scostò velocemente da lui, adombrandosi dietro un cespuglio di non ti scordar di me, i begli occhi sbarrati dallo stupore attonito.

“ Io…mi dispiace…perdonatemi…non so cosa…”

Balbettò chiedendo perdono e in preda alla confusione più totale Legolas, maledicendosi per quell’attimo di debolezza inspiegabile che gli era costato la fiducia che ormai era sicuro di aver conquistato in Luthien.

Dal canto suo, Luthien, più visibile accanto a un groviglio di rose blu, illuminata dai tenui raggi lunari,  si torturava i capelli setosi, digrignando i denti quasi rabbiosa.

Legolas, stupito da quella reazione, la sentì mormorare stizzita un’imprecazione e poi:

“ Credevo che non potesse più succedere. Dannazione, questa non ci voleva!”

In seguito, come ricordandosi della sua presenza, si girò verso di lui con un’espressione indecifrabile. Sospirò profondamente due o tre volte, per ritrovare il suo normale autocontrollo, per poi avanzare a passo lento e misurato verso di lui, che era rimasto impietrito come una statua di marmo, e sedersi aggraziata e sinuosa davanti a lui, lontana necessariamente e stando attenta a non sfiorarlo.

Per tranquillizzarlo e toglierlo da quello stato di tensione, alzò lo sguardo verso il suo per sorridergli calma, senza un velo di rabbia ad increspare i suoi bellissimi occhi.

Legolas ritornò finalmente a respirare e le sorrise di rimando, luminoso.

“ Vi chiedo scusa, mia signora. Mi sono comportato davvero in modo imperdonabile.”

“ No, sono io a dovermi scusare, invece.”

Legolas levò lo sguardo, colpito dalle sue parole. Perché avrebbe dovuto chiedergli scusa? Non capiva.

“ Vedete, fin dalla più tenera età, mi è stato concesso dai Valar un dono particolare.”

Da quel momento, la scrutò attento, perché sapeva che sotto la sua apparente calma, Luthien era tormentata da qualcosa che non riusciva ancora a comprendere a pieno.

“ Quando ero ancora in fasce, tutti concordavano nel ritenere che fossi una bambina bella al di sopra di ogni aspettativa. Chiunque si accostaste alla mia culla, rimaneva come incantato a scrutare la mia piccola figura. Mia madre e mio padre erano orgogliosi di questo e così decisero che il nome che mi si addicesse di più fosse Luthien, che in gergo umano vuol dire “L’incantatrice”.

Gli anni passarono come un soffio di vento primaverile, e più crescevo e più il mio fascino e la mia bellezza aumentavano enormemente, fino a diventare pericolosi. Ho spezzato i cuori innamorati di molti giovani principi e guerrieri valorosi, in passato, ma purtroppo molti di loro non erano sinceri.

Addirittura un nemico acerrimo del nostro regno, chiese umilmente la mia mano, nonostante mi avesse scorto solamente una volta, in questo stesso giardino. Rifiutarlo fu l’errore più clamoroso della mia intera esistenza: ci fu una dura lotta, molte vite furono spezzate a causa del capriccio o di un’ossessione di un re dittatore, fino a quando morì trafitto da una delle mie stesse frecce, morendo con il sorriso sulle labbra e pronunciando il mio nome, nonostante fossi stata io la causa della fine dei suoi lunghi anni.

Dopo di lui, succedettero altri uomini, vecchi e giovani, nobili e di umili origini, fino a quando decisi di rinchiudermi nelle mie stanze, confinata in un mondo di solitudine dove non potevo fare del male a nessuno.”

“ Ma è terribile! Voi non ne avevate nessuna colpa!”

Luthien sorrise:

“ Le stesse parole che mi disse mia madre, una volta comunicatale la mia scelta. Allora mio padre era già morto e mia sorella era ormai diventata una bella e leggiadra fanciulla, la cui bellezza spontanea, purtroppo, sfioriva al paragone con la mia. Ma lei non se ne è mai curata, davvero.

Detesto ammetterlo, ma in più di un’occasione ho invidiato Herion. L’invidia nasceva dal fatto che lei potesse toccare ogni cosa e tramutarla in un fiore puro e bello, mentre i miei erano solo fiori, si bellissimi, ma intrisi di veleno mortale. In effetti, io stessa ero e sono un fiore velenoso.”

“ Questo non è vero!”

Esclamò deciso e accigliato Legolas, facendola trasalire nell’udire il tono intransigente della sua voce. Gli sorrise di nuovo, continuando il suo racconto, come uno sfogo involontario ma con voce talmente calma da sembrare che stesse narrando una fiaba o una leggenda lontana.

“ Dama Eruanna la pensava esattamente come me, invece. Lei, consigliera e strega elfica devota al bene e di grande potere, un giorno si presentò all’interno delle mie stanze inviolate, comunicandomi la sua approvazione nel voler contrastare il mio dono, che in realtà è molto simile ad una maledizione, ma il suo disappunto sul modo di agire. Secondo lei, infatti, non c’era alcun bisogno di quell’isolamento forzato, che non avrebbe fatto altro che aumentare il mio fascino ancora di più. Bastava semplicemente attenuarlo, renderlo innocuo a qualsiasi creatura vivente, che anche se fosse stato affascinato da me, non necessariamente sarebbe stato condotto verso la via della follia.”

“ E dunque, cosa fece Dama Eruanna, per aiutarvi in tal senso?”

Chiese Legolas, ora con le idee più chiare, e rapito dalla curiosità. Luthien lo guardò dritto negli occhi azzurro mare, facendo inevitabilmente accelerare i battiti del suo cuore.

“ Mi portò nella sua reggia, ai confini di Bosco Bianco, il Palazzo di Luce. Lì mi tenne inchiodata tre giorni e tre notti davanti allo Specchio dei Riflessi, uno specchio magico in grado di riflettere la parte nascosta della nostra anima. Da una parte c’ero io, dall’altra una Luthien tentatrice, capace di affascinare anche la più infida delle creature, soggiogare un intero esercito di uomini virtuosi solo con uno sguardo o un battito di ciglia. Solo allora, capii quanta malvagità si celava dentro di me, pronta per fuoriuscire in qualsiasi momento. Confesso di averne avuto timore. Fui costretta a vedere quella bellezza oscura che cercava di sedurmi, tentandomi con i suoi occhi più scuri e luminosi che mai, con i suoi sorrisini beffardi e da togliere il fiato, rimanendo immobile ed incredula di fronte a quell’immagine di me stessa così bella e potente. Ma ben presto l’ammirazione e l’incredulità presero il posto del disgusto e della rabbia, una rabbia cieca. E solo quando finalmente riuscii ad accettarla ,ma non cadendo nei suoi tranelli, allo scadere dei tre giorni, la mia vera immagine prese vita sulla superficie magica dello Specchio dei Riflessi, che divenne solo uno specchio come tanti, per me, dopo quella vicenda.”

“ Quindi ci siete riuscita. Avete sconfitto la parte, per così dire, oscura di voi stessa.”

Inaspettatamente, Luthien scosse il capo in segno di diniego.

“ No, o almeno, non completamente. Per ora, ho solo predominato su di lei, anche se a volte, alcune delle sue caratteristiche affiorano in superficie, pronta a confondere o ad intontire con il suo fascino ingannatore chiunque mi stia vicino.”

Sorrise a fior di labbra, guardandolo nuovamente con i suoi bellissimi occhi scuri, che nonostante tutto, lo affascinavano sempre.

“ Anche voi ne siete stato colpito, non è vero, mio signore?”

Adorava il modo in cui pronunciava quelle due, semplici e ultime parole, con una cadenza melodiosa, come se stesse cantando.

“ Il mio viso, la mia voce, perfino il mio odore sono fonte di attrazione per voi. Vi consiglio di cominciare a temere, mio signore, questo lato del mio carattere, da cacciatrice perfetta.”

Levò nuovamente la mano destra verso di lui, accarezzandogli con la punta delle dita il profilo dalla tempia, fino al mento. Il cuore di Legolas batteva in modo incontrollabile, emozionato, ma nei più lontani recessi della sua mente, ebbe paura di lei. Si, paura di essere completamente alla sua mercé, in balia della sua fragranza avvolgente, della sua voce melodiosa e dei suoi occhi incantatori.

“ Non abbiate paura.” gli disse, intuendo il suo stato d’animo.

Si avvicinò lentamente a lui, evitando di spaventarlo con i suoi gesti rapidi e veloci più del normale, inclinando il capo verso la sua spalla e aspirando involontariamente il suo odore di miele, identico al colore della sua pelle.

Percorse con la punta del naso la linea perfetta della sua spalla, fino a incontrare con le labbra quella morbida ed estatica del suo collo, senza sfiorarla davvero. Salì lentamente verso il suo orecchio, sussurrandogli rassicurante ma sensuale allo stesso tempo, forse senza volerlo:

“ Io non vi farò mai del male.”

E regalandogli un bacio fuggevole sulla mandibola contratta per l’emozione, facendogli venire i brividi a fior di pelle, si dileguò come tante volte, durante i loro incontri, senza dargli il tempo di reagire, magari stringendola dolcemente e ricambiando il bacio furtivo.

Deluso, Legolas si ritrovò ad abbracciare l’aria frizzante della notte inoltrata, e quando portò lo sguardo confuso e attonito verso la pallida faccia della luna sorridente, unica testimone delle loro confidenze e dei suoi batticuori, fu solo quando lo riabbassò che vide il blu indescrivibile di un nuovo fiore che adornava le sue vesti da arciere. Un non ti scodar di me. Legolas sorrise nella notte, mentre si avviava tranquillo e ubriaco del suo profumo. Non avrebbe mai, mai potuto dimenticarla.

 

 

 

 

Che romanticona che sono, vero???? A tutti gli amanti della coppia nascente, Legolas/ Luthien, attenzione, attenzione!!!! Nuovi sviluppi, come avete potuto leggere e costatare voi stessi. Perdonate ancora una volta il ritardo, ma purtroppo a volte la vena ispiratrice si fa sentire meno!!! ^///^ In compenso, vi ho regalato questi due bei capitoli freschi freschi!!!!

Ed ora, è arrivato il momento che tutti attendete con ansia ( o almeno spero!!!^^”)

L’angolo dei saluti:

 

LadyElizabeth: Grazie per aver commentato sempre puntualmente!!! Eh, immagino già come impazzirai per questo capitolo, allora, se hai amato così tanto l’incontro tra Legolas e Luthien nel bosco!!! XDXDXD Si, anche io ridevo mentre scrivevo le battute di Aragorn con Legolas per l’iris. Che belli, tutti e due!!!! Concordi??? Spero ti siano piaciuti anche questi due cap e che li leggerai e commenterai con piacere!!! Bacioni e a prestissimo, Fuffy91!!!^_^

Mel: Grazie, grazie, grazie Mel!!! Sono contenta che ti stia piacendo la mia storia! Si, Venia è stata proprio cattiva con Frodo, ma del resto, è nella sua natura…o forse no! Beh, vedrai in seguito!!! Grazie ancora mille volte per i tuoi complimenti e i tuoi dolci commenti. Anche tu amante della coppia elfica numero uno per eccellenza ( stiamo parlando di elfi, non vorrei mai togliere il podio agli innamorati eterni Aragorn e Arwen, sia chiaro!^^) ??? Beh, allora, anche tu sarai rimasta colpita da questi sviluppi, no??? Almeno spero^^”” ! Che dirti: Grazie ancora e bacissimi da Fuffy91!! Alla prossima, Mel!!!

 

Ed ora, carissimi lettori misteriosi, ringrazio anche voi per darmi la spinta che mi serve per regalarvi con i miei scritti nuove e dolci emozioni!!! Un bacissimo anche a voi tutti!!! Baci baci dalla sempre vostra Fuffy91!!! ^___________________^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


C9

Una freccia graffiò la guancia di Aragorn, che con una capriola in avanti, trafisse l’orco che lo aveva sfidato.

La sua spada brillava più del solito alla pallida luce della luna crescente. Sorrise il re di Gondor. Ora, era un’arma eterna.

Tutto era cominciato quel fatidico giorno, quando Dama Herion, con i suoi passi ballerini e la veste bianca fluttuante, li guidò verso il più profondo della foresta di Bosco Bianco. Lì, gli alberi formavano un tetto unico con le loro folte chiome argentate, i cui bagliori evanescenti erano accompagnati dal rosso e l’arancio delle sfumature del cielo e dei raggi del sole infuocato, a quell’ora del giorno. Era il crepuscolo, il momento della giornata che preferiva Dama Eruanna, colei che avrebbero dovuto incontrare.

Herion giocava allegra tra gli alberi, che sembravano gradire le sue risate gioiose, muovendosi aggraziata e veloce come una gazzella da un tronco all’altro. Molti di loro dovettero allungare il passo per starle dietro; solamente Luthien, come prevedibile, rimaneva al suo fianco, senza sforzo.

“ Manca ancora molto?”

Chiese Pipino a Gandalf, che camminava di fianco a Frodo, due passi avanti a lui.

“ Riesco ad intravedere dei bagliori all’orizzonte. Credo che tra poco saremo arrivati.”

“Ah, meno male. Non so perché, ma mi sembra di aver camminato per giorni interi, nonostante siamo partiti circa un’oretta fa.”

“ Non è solo la tua impressione. Anch’io sono sfinito.”

Disse Merry, con un leggero affanno nella voce.

“ Lo siamo un po’ tutti. Anche se non capisco il perché.”

Disse Sam.

“ Credo che la causa di ciò siano gli alberi.”

Mormorò fra sé Gandalf.

“Gli alberi?”

Chiese interrogativo Frodo, guardandosi attorno e ascoltando il ronzio melodioso del vento fra i rami candidi, come se stessero intonando una dolce ninna nanna.

“ Si. È come se prolungassero il tempo. Dunque l’arco di un minuto qui varrebbe un’ora intera, un’ora un giorno, un giorno un anno e via discorrendo.”

Affermò  lo stregone, come se stesse discutendo su un argomento di poca rilevanza, come le previsioni del tempo di domani.

“ Non so se dovrei giudicarla in negativo o in positivo, la tua costatazione, Gandalf.”

Disse Pipino, arrestandosi di colpo.

“ Chissà perché, non ne avevo dubbi Pipino!”

Esclamò divertito Gandalf, facendo l’occhiolino a Frodo che gli sorrise di rimando.

“ Sbrigati, Pipino. Non rimanere sempre indietro.”

Intimò Merry ad un Pipino sbigottito e pensoso, che con un “eccomi” raggiunse di corsa il suo parente e i suoi compagni.

Intanto, mentre ascoltava involontariamente Will canticchiare una sconosciuta melodia, per intrattenersi durante il cammino, Legolas guardava Luthien avanzare bella e imponente fra quelle alte piante meravigliose, incantandosi all’oscillare delicato dei suoi capelli castani e setosi, con riflessi dorati, nonostante i raggi infuocati, abbandonati sciolti lungo le spalle dalla linea perfetta e sinuosa, trattenuti solamente da due piccole trecce ai lati delle tempie.

“ Mmm.”

Mugugnò Gimli, osservandolo di sbieco, mentre i suoi piccoli ma sonori passi non fecero che strapparlo dal suo mondo fantastico, popolato solo da quella creatura stupenda.

“ Cosa c’è?”

Gli chiese Legolas, voltandosi a guardarlo direttamente negli occhi, con un sorrisino ironico ad increspare le belle labbra sottili.

“ No, niente. Però gradirei che scendessi dal regno delle nuvole e dei folli innamorati, grazie.”

Legolas rise a quelle parole.

“ è così evidente?”

“ No, ad essere sinceri. Solo se qualcuno ti è vicino se ne potrebbe accorgere. Sei bravo a fare l’indifferente, quando vuoi.”

Il principe di Bosco Atro rise nuovamente, bisbigliando e ammirando per l’ennesima volta l’agile Luthien, fonte continua dei suoi pensieri:

“ Già,  l’indifferente.”

Ma per quanto ancora potrò riuscirci?

Pensò subito dopo, sorridendo amaro.

Gimli sospirò e borbottò qualcosa d’incomprensibile, per poi rivolgere lo sguardo alla fine della foresta. Fu allora che l’arciere dalla chioma bionda lo sentì trasalire ed emettere un “oh” di sorpresa con la bocca spalancata.

“ Eccoci, siamo arrivati.”

Urlò felice ed elettrizzata Herion, affinché tutti potessero sentirla.

L’immagine che si presentò davanti agli occhi degli ignari stranieri fu senza parole e da togliere il fiato. Ben presto, l’espressione della meraviglia in assoluto apparve sui volti di tutti, lasciandoli di stucco ed impietriti, tra il debole passaggio della penombra provocata dai grandi abeti e dai maestosi castagni, e della luce che investiva quell’indescrivibile reggia, che sembrava appena uscita da una fiaba.

Le pareti sembravano vitrei, trasparenti e luminose come diamanti, una torre alta e terminante con una guglia d’argento, scalinate ricoperte di pietre preziose e brillanti come stelle, finestre ed arcate immense, colorate e maestose, un giardino ricco di rose di tutte le tinte e una grande fontana, con sopra la statua di una ninfa ballerina, tra le cui mani fuoriusciva uno zampillo d’acqua cristallina e il  cerchio di marmo bianco ricoperto d’edera fiorita.

“ Su, venite.”

Disse sorridente Herion ad un Aragorn incantato, prendendolo per mano e invogliandolo a proseguire. Luthien si era già accomodata elegantemente sul bordo della fontana, intenta al suo intrattenimento preferito.

Pipino, Merry e Sam non si fecero pregare e seguirono il suo esempio, sedendosi entusiasti accanto alla sua elegante figura.

Frodo si guardava intorno in cerca di Dama Eruanna, udendo il cinguettio costante degli uccelli timidi e le allegre risate di Herion agli schizzi d’acqua di Will sul suo volto e sui vestiti, unici suoni ad interrompere quel silenzio d’attesa.

All’improvviso, sentirono l’uscio di una porta aprirsi e un elfo ,dai capelli neri e vestito di bianco, fuoriuscì dal palazzo di Luce, venendo incontro ai nuovi visitatori. Non appena vide Herion e Luthien si inchinò devotamente alla loro presenza, sussurrando:

“ Mie signore, è un piacere rivedervi.”

“ Ciao, Brandir.”

Lo salutò animatamente Herion, che si gettò tra le sue braccia senza curarsi della veste e delle ciocche dei suoi capelli  biondi e dai riflessi d’argento bagnati.

Brandir sorrise a quello slancio d’affetto, stringendola a sé dolcemente e sfiorandole i capelli con le dita.

“ Come stai, amore mio? Non sei venuto più a trovarmi, ultimamente!”

Gli disse la principessa con tono disinibito, abbracciandolo stretto con le braccia intorno alla sua vita.

Brandir arrossì imbarazzato, soprattutto dopo quel caloroso appellativo che non lasciava trapelare dubbi sulla reale natura dei loro rapporti.

“ Beh…ehm…sono stato molto impegnato.”

“ Ah! Va bene, se è così allora sei perdonato!”

Gli sussurrò maliziosa e baciandolo sulla guancia già arrossata.

“ Brandir. Dov’è Eruanna?”

Chiese Luthien, giocherellando con le ciocche castane ,come sempre, e senza guardarlo in volto.

Brandir scostò delicatamente Herion da sé, che protestò debolmente a quel gesto, e si rivolse a Luthien, lasciando intravedere nel suo sguardo un velo di ammirazione e rispetto nei suoi confronti.

“ Dama Eruanna vi aspettava, mia signora.”

E poi voltandosi verso gli altri presenti e sorridendo rassicurante ad ognuno di loro, disse:

“ Tutti voi eravate attesi, con piacere. Venite! Dama Eruanna vi attende nella sala degli specchi.”

“ Perché proprio lì?”

Chiese Herion, intrecciando le dita con quelle della mano destra di Brandir, che arrossì nuovamente ma sorridendole, le rispose.

“ Perché è la sala perfetta per consegnare un dono adatto alla persona adatta.”

Herion ricambiò il sorriso, guardandolo con amore e devozione palpabile, per poi precedere gli altri presenti nel varcare la grande porta d’ingresso in legno di faggio bianco. La compagnia fu guidata lungo un labirinto di pareti, finestre incantevoli, corridoi stretti, larghi e lunghi, svoltando a destra e a sinistra con disinvoltura, aprendo diverse porte per poi rimanere nuovamente incantati ed impietriti di fronte all’immagine di Dama Eruanna in persona.

La sua non era una bellezza eccessiva, ma comunque affascinante. Aveva lunghi capelli, di un biondo così intenso tanto da sembrare bianchi o d’argento vivo ed intenso. Gli occhi, appena socchiusi, erano di un blu notte alleggerito da sfumature di azzurro vitreo. Indossava un abito semplice, trasparente solo ai bordi della gonna e nelle maniche fluttuanti, di un colore bianco panna, luminescente a contatto con la sua pelle lattea.

Era seduta comodamente su di una sedia poco vistosa, anonima nel complesso, intenta a strappare i petali di una margherita, in un divertente m’ama non m’ama, fra le tante poste in un vaso di porcellana ,decorato delicatamente, posto su tavolino di forma rotonda. Il quadro, per apparire perfetto, era inondato dalla luce calda e colorata di un miscuglio di colori forti, del cielo cremisi, che proveniva dalle tre finestre a tutto sesto, scavate sulla parete sud della stanza, ricolma di specchi di tutte le dimensioni e di tutte le forme, con cornici dorate ed argentate, semplici e pompose nelle loro appariscenti decorazioni.

Si voltò giusto in tempo per cogliere l’immagine di Brandir inchinarsi al suo cospetto e catturare il suo e gli sguardi di tutti i presenti che occupavano miseramente lo spazio superfluo di quella grande ed immensa sala priva di significato agli occhi di molti dei membri della compagnia.

Anche Aragorn, Gandalf, Legolas, Gimli, Will, Taras e i quattro amici hobbit seguirono il suo esempio. Dama Eruanna, per rendere la situazione più leggera, sorrise luminosamente, ricambiata prontamente da Dama Herion che con movimenti leggeri e sinuosi, l’abbracciò ridendo entusiasta, inginocchiandosi in seguito ai suoi piedi, con le gambe incrociate come una bambina, lasciando che la sua lunga gonna si espandesse sul pavimento in un cerchio perfetto.

Brandir alzò divertito gli occhi al cielo, sospirando rassegnato ma con il riflesso dell’amore negli occhi neri. Lo sguardo di Dama Eruanna venne attratto dagli occhi nocciola di Luthien ,appoggiata alla parete dell’ingresso con le braccia incrociate, e alzando una mano e sorridendole le chiese, con voce delicata:

“ Luthien, mia cara amica. Vieni a sederti accanto a me. È passato tanto tempo dall’ultima volta che ci siamo viste.”

Luthien sembrò esitare per un momento, ma poi avanzò con passo lento verso la sua invitatrice. Ma proprio in quell’istante, accadde qualcosa che nessuno aveva previsto; i petali di margherita che ricoprivano la maggior parte del pavimento, cominciarono a sollevarsi uno ad uno, ritornando ognuno nell’apposito stelo, intorno al proprio bulbo. In breve tempo, Luthien si ritrovò con una dozzina di margherite integre strette tra le sue mani delicate, con gli occhi di Eruanna puntati addosso, un’espressione enigmatica a sfiorarle il viso, ma che la principessa di Bosco Bianco, sembrò interpretare. Da parte loro, tutti i suoi compagni, nessuno escluso, era sbigottito da quell’evento. Legolas era stato testimone in diverse occasioni della grande affinità che esisteva fra Luthien e i fiori di ogni pianta, ma non credeva possibile che potesse addirittura rigenerarle.

Che fosse a causa del suo dono “pericoloso” ,come lo definiva tristemente lei?

Pipino tentò di aprir bocca per descrivere l’accaduto, ma la voce gli mancò. Merry indicò le margherite e Luthien con sorpresa e stupore attonito, Taras e Will si scambiarono uno sguardo interrogativo, come Aragorn fece poi con Gandalf, susseguito da Frodo e Sam. Gimli era rimasto a bocca aperta, non riuscendo a richiuderla, osservando sia l’impassibilità di Legolas che quella di Luthien. Quest’ultima, come se niente fosse accaduto, consegnò il mazzo di fiori rinati ad una felice Herion, che li prese senza battere ciglio, iniziando ad intrecciarli in quella che sarebbe stata una prossima coroncina o una collanina, sedendosi con grazia innata al lato opposto di Eruanna, che continuava a fissarla, fino a quando il barlume di un sorriso apparve sul suo viso serio.

“ Oh, vedo che è ritornato.”

Legolas trasalì impercettibilmente a quelle parole sussurrate tranquillamente, tanto da far irrigidire per un attimo anche Herion, susseguita poi dall’amato Brandir, che contrasse la mascella longilinea, nervoso.

“ Cosa? Cosa è ritornato?”

Chiese incuriosito Pipino, aggrottando le sopracciglia.

“ Nulla.”

Disse sbrigativa Luthien, con tono più duro del solito, ma sempre magnifico alle orecchie di chiunque la udisse.

I suoi occhi trafissero per attimo quelli di Dama Eruanna, che la osservava sempre calma e pacata.

“ Non è ritornato nulla.”

Continuò bisbigliando, quasi minacciosa.

“ Bene, allora non ti dispiacerà rispecchiarti nello Specchio dei Riflessi, più tardi, magari.”

Le disse conciliante e con un velo d’allegria nella voce delicata.

“ Come vuoi.”

Le rispose, quasi infastidita da quella richiesta che solo uno del gruppo riuscì a comprendere, distogliendo lo sguardo da quello fin troppo limpido della dama.

“ Molto bene.”

Continuò quest’ultima, alzandosi lentamente da quella piccola sedia, per poi abbracciare le figure dei suoi nuovi e graditi ospiti, che si sentirono investiti da un’ondata di pura calma, evidentemente emanata da colei che si accingeva nuovamente a parlare.

“ Perdonate se vi ho ignorato negli ultimi istanti, ma spero che comprenderete il mio entusiasmo nel rivedere le mie più care amiche, in questi tempi così bui ,per noi tutti.”

“Certamente, non dovete chiedere il nostro perdono, mia signora. Anche perché, voi non ci avete arrecato alcun torto.”

Disse Gandalf con la sua voce rassicurante e in un certo senso ammaliante, accompagnando il tutto con l’espressione da gatto sornione che gli era propria.

Con quelle parole, riuscì visibilmente a colpire l’animo sensibile di Dama Eruanna, che con un accenno del capo e un inchino ricambiato da parte dello stregone, aggiunse:

“ La descrizione dettagliata di Aranel sul vostro conto coincide perfettamente. Ne sono lieta.”

Sorridendo, guardò in seguito Aragorn posto al suo fianco.

“ E sono lieta anche di fare la vostra conoscenza., nobile Sir Aragorn, legittimo erede di Gondor.”

Disse rispettosa, inchinandosi al suo cospetto. Ma Aragorn la costrinse con lo sguardo smeraldino a ritornare in posizione eretta, dicendole con la sua voce profonda e regale.

“ No, vi prego. Sono io a dovermi inchinare di fronte alla vostra persona, mia signora. Perché è solo grazie al vostro prezioso aiuto e alle vostre affinate arti se sarò degno della nobiltà con cui accompagnate il mio nome, in questa nuova sfida contro l’oscurità.”

E detto questo si inchinò con una mano appoggiata sul petto, vicino al cuore, in modo semplice e solenne al con tempo.

Il suo gesto venne apprezzato non solo da Dama Eruanna che lo osservava con ammirazione, rispetto e sorpresa, ma anche da tutti gli altri suoi compagni, anche Luthien ,ora posta nuovamente accanto alla parete, vicino alla soglia della grande entrata.

“ Poiché parlate con così tanta umiltà, nonostante siate ricordato come un uomo degno del massimo rispetto e un re dalle lodevoli virtù, sarete il primo a ricevere il dono che vi sarà utile in un imminente futuro.”

Detto questo, Dama Eruanna invitò Aragorn a prendere la sua mano, con un sorriso a fior di labbra.

Prima di accettare, Aragorn rivolse lo sguardo furtivo a Gandalf, che annuì impercettibilmente e gli sorrise incoraggiante.

Così, il re di Minas Tirith sfiorò il palmo della mano di Dama Eruanna, di un calore rassicurante, e si lasciò guidare verso i tanti specchi che ingombravano l’intera stanza. Li percossero uno ad uno, grandi e piccoli, come in ricerca di qualcosa, che alla fine sembrarono trovare. Uno specchio, di color argento, attaccato alla parete, semplice ma comunque elegante rispetto a quelli posti ai suoi lati, di forma ovale, cominciò a risplendere di una luce soffusa, al passaggio di entrambi. Dama Eruanna si arrestò improvvisamente, tutti li osservavano attenti, Aragorn la guardava confuso, Taras sorrideva, Will sghignazzava con le braccia conserte, Luthien giocherellava con i suoi capelli, Herion intrecciava margherite canticchiando e Brandir li guardava aspettando qualcosa d’ignoto.

La magica dama si girò ad incontrare gli occhi verde smeraldo di Aragorn, sorridendo tranquilla per smorzare la sua confusione. Lo invogliò a riflettersi nello specchio prescelto, che brillò ancora di più alla sua vista, come se fosse di luce propria. Aragorn rimase meravigliato di come riuscisse a rifletterlo interamente, come se fosse stato fatto apposta per lui. Dama Eruanna lasciò la sua mano e si pose dietro di lui, sussurrandogli calma:

“ Che cosa vedete, mio signore?”

“ La mia immagine.”

“ Solamente? Guardate con più attenzione.”

Lo invogliò, allontanandosi in modo tale che lo specchio si interessasse solo della sua immagine.

Per un momento, Aragorn si vide come appariva nella realtà; ma poi, fu come se il suo riflesso prendesse vita, indipendente da lui, che osservava sbigottito e sorpreso la sua immagine sfoderare la sua spada, facendola roteare in aria, come se la stesse impugnando per la prima volta, e poi rivolgendosi a sé stesso, gli disse sorridendo:

“ è una bella spada.”

E porgendogliela con l’impugnatura, con un gesto che lo invitava ad afferrarla, gli disse non appena, senza esitazione, il vero Aragorn la afferrò senza sapere o chiedersi il come di quell’evento straordinario:

“ Usala con giudizio.”

Poi una luce lo abbagliò, ma lui non richiuse gli occhi, li socchiuse solamente, e quando li riaprì completamente, vide solamente il suo vero riflesso impugnare la sua spada diventata già leggenda.

Portò lo sguardo verso il suo fodero, e lo vide vuoto, come se avesse sfoderato egli stesso la sua spada, che a guardarla bene, sembrò aver assorbito nella sua lama l’intero bagliore emanato da quel misterioso specchio.

“ Ora la vostra spada è un arma eterna. Con questa, potrete squarciare il male più primordiale, purificandolo con la purezza della sua lama lucente.”

Aragorn sorrise a Dama Eruanna e ringraziandola ripose la sua arma nell’apposito fodero.

La scena si susseguì anche con Legolas, la cui immagine, riflessa in uno specchio rettangolare con cornice di legno decorato deliziosamente, gli consegnò il suo stesso arco con le sue stesse frecce, a Gimli venne consegnata la sua stessa ascia, brillante come non mai, dall’immagine di uno specchio piccolo e rotondo, all’apparenza poco curato, a Merry e Pipino, venne scelto uno specchio quadrato e i loro riflessi sorridenti gli consegnarono tra una battuta e l’altra due pugnali luccicanti e a Sam una spada con l’impugnatura di piccoli rubini, la cui immagine donatrice venne riflessa in uno specchio a forma di esagono. Infine, venne la volta di Frodo ,che spinto da Sam, avanzò anch’egli tra i numerosi specchi, al fianco di Dama Eruanna, rimasta calma e posata fino al suo turno, aspettando paziente.

Ma a differenza dei suoi compagni prima di lui, gli specchi rimasero inerti al suo passaggio. Sembrava che non ci fosse nessuno che volesse accogliere la sua immagine. La Gemma del Destino brillò quieta, riscaldando di poco la sua pelle, quasi anche lei in attesa.

Guardò Dama Eruanna, che gli sorrise incoraggiante, pur non avendo completamente il risultato sperato.

Al quarto giro fra gli specchi, Frodo si arrestò con il capo chino, gli occhi a fissare le venature del pavimento.

“ è inutile.”

Sussurrò quasi fra sé, ma Dama Eruanna riuscì lo stesso a carpire la nota triste nella sua voce.

“ Credo che nessuno specchio voglia riflettere la mia immagine.”

Disse guardandola negli occhi blu notte, così profondi e limpidi che minacciavano di intimidirlo.

Con passi leggiadri e un sorriso ad incresparle le labbra, Dama Eruanna si avvicinò a lui, mettendosi alla sua altezza e sfiorandogli la guancia con una mano tiepida.

“ Lo credi, ma non ne sei del tutto convinto, vero?”

Suo malgrado, Frodo annuì alle sue parole, ricambiando il sorriso debolmente.

“ Proviamo a interrogarli tutti nuovamente, vuoi?”

E come dire di no a quell’espressione così dolce, tanto da disarmarlo?.

Frodo sospirò e prese la mano che gentilmente la dama gli offriva. Percorsero per la quinta volta l’intera stanza, e proprio mentre ormai l’hobbit bruno stava per rassegnarsi, un debole bagliore apparve dietro una quantità di specchi.

La luce della speranza abbagliò il suo volto e con un sorriso sincero regalato a Dama Eruanna ,che lasciò la sua mano per lasciarlo libero di rispecchiarsi nel suo specchio.

Dopo aver scostato tre grandi e cinque piccoli, Frodo si ritrovò la sua immagine riflessa interamente sulla superficie liscia e abbagliante di uno specchio a forma di rombo, con una cornice semplice e di un legno nodoso, simile a quello della sua scrivania, a casa Baggins.

“ Finalmente! Ce ne hai messo di tempo!”

Esclamò quasi accigliato ed ironico il suo stesso riflesso, sorridendogli di sbieco.

“ Dovresti smetterla di essere così pessimista, lo sai?”

Gli chiese, continuando subito dopo:

“ Beh, immagino vorrai il tuo dono eterno.”

Ma era davvero il suo riflesso? Sembrava più quello di Merry o Pipino. Non si ricordava così loquace.

Il Frodo riflesso sorrise, come intuendo i suoi pensieri, e sospirando prese la boccetta contenente la Luce di Erendil, la stella più amata da Dama Galadriel, colei che gliela aveva donata, e la sua gente.

“ Per cominciare, prendi.”

E gliela lanciò, sempre sorridente. Ci fu un attimo in cui il vero Frodo si incantò ad ammirare il bagliore quasi accecante che emanava la boccetta, per poi riattirare la sua attenzione sul suo riflesso, che gli tendeva l’impugnatura della sua spada speciale, che si illuminava ogni qual volta apparivano pericoli all’orizzonte.

“ Risplenderà anche con quelli più nascosti.”

E con un ultimo sorriso, non appena Frodo afferrò la sua spada, luccicante più del solito, con un bagliore accecante, il suo strano riflesso scomparve, lasciando il posto ad uno più taciturno e sorpreso.

Dama Eruanna lo accolse con un sorriso, che lui ricambiò, ringraziandola di cuore.

Arrivò il momento della loro partenza da Bosco Bianco. Il sole era quasi tramontato, ma la compagnia preferì partire ugualmente.

“ Ma così attraverserete la Foresta dei Vel di notte. Non sarà troppo avventato o azzardato, da parte vostra?”

Chiese Brandir a Taras, mentre sellava il suo cavallo ansioso di correre.

“ Potremmo circoscriverla, come abbiamo fatto sia noi che Luthien con Frodo ,per giungere fin qui.”

Ma Brandir scosse la testa in segno di diniego.

“ Non si può evitare la Foresta dei Vel una seconda volta. Prima o poi, dovrete attraversarla. Dopotutto, è una foresta magica e ricca di mistero.”

Taras non poté controbattere, visto l’arrivo improvviso di Herion che, sorridente più che mai, le circondò il collo con una collana di margherite, abbracciandolo felice ed innamorata.

Taras li lasciò alla loro intimità, apprestandosi a raggiungere il resto dei suoi compagni, ormai già pronti per partire.

Ognuno di loro, guardò per l’ultima volta quegli alberi millenari e abbaglianti nel loro candore puro, chiedendosi se avrebbero potuto mai rivederli un giorno, mentre la nostalgia cominciò ad investirli dolcemente.

Luthien si ammirò nello Specchio dei Riflessi, attese per qualche istante, chiuse ed aprì gli occhi nocciola, pronta a subire qualsiasi immagine che avesse scorto in quella liscia superficie. Rimase stupita da ciò che vide: nient’altro che la sua immagine reale.

In lontananza, Dama Eruanna la guardava quasi divertita, mentre un sorriso allegro aleggiava sulle sue labbra delicate.

Luthien si voltò di scatto, udendo un suo risolino, trafiggendola con uno sguardo di fuoco, nonostante mostrasse molta calma e compostezza nella persona.

“ Tu lo sapevi.”

Quasi sibilò.

“ Uhm, può darsi. Chissà.”

Disse Eruanna, girando su sé stessa e uscendo dalla stanza degli specchi, accompagnando la sua ombra perfetta con una risata cristallina, mentre dietro Luthien, lo Specchio dei Riflessi, grande maestoso e alto quanto la parete stessa, si ricopriva da sé con un manto color porpora, lasciando dietro di sé un magico fruscio.

Luthien sospirò sollevata e sorrise rasserenata, mentre con movimenti aggraziati richiudeva con un tonfo sordo la porta di quella sala intrisa di misteri irrisolti e sortilegi antichi quanto il mondo stesso.

Quando fuoriuscì dall’immenso palazzo di Luce, la luna era già alta e la notte cominciava a sopraggiungere. Storse le labbra, contrariata. Non le piaceva viaggiare di notte.

Incrociò lo sguardo di Taras che scrollando le spalle e sorridendole le porse le sue scuse silenziose, mentre Herion lo abbracciava per salutarlo.

Era giunto il momento più triste. Quello degli addii. Herion abbracciò calorosamente ma con gli occhi ridenti tutti i presenti. Prima Dama Eruanna, che raccomandò i membri della compagnia di stare attenti lungo il tragitto, poi fu la volta di Will, che la fece volteggiare a sorpresa, sostenendola con le sue forti braccia, ridendo ,infine, entrambi come due bambini giocosi.

“ Promettimi che tornerai a trovarmi.”

Gli disse in seguito la principessa, passandogli le dita fra i capelli corti, ricci, arruffati e color grano.

In risposta, Will le regalò uno dei suoi sorrisi più accattivanti e la baciò in prossimità delle labbra, facendo sussultare sia Taras che Brandir, mentre Merry e Pipino si inoltrarono in un silenzioso coro di “ohoooooh”. Luthien li guardò indifferente, come se avesse già assistito ad un saluto del genere.

“ Puoi contarci, piccola.”

Le sussurrò, incurante della reazione di molti dei suoi compagni, rivolgendo uno sguardo di scuse e alzando le mani verso un Brandir ,che stava per avere quasi un travaso di bile.

“ Niente rancori, amico.”

E facendogli l’occhiolino, amichevole, uscì di scena accostandosi al suo imponente stallone nero.

Intanto Herion, sorridente e per nulla turbata, abbracciò anche Legolas, sussurrandogli qualcosa di incomprensibile ad orecchio umano ,che lo fece irrigidire ma poi sorridere in risposta, susseguito da Gimli al suo fianco, il cui viso paffuto divenne più rosso della sua barba incolta, Merry e Pipino, abbracciandoli entrambi e improvvisando un loro ballo popolare, facendoli ridere divertiti, e Sam, che la ringraziò anche per la bottiglia di succo di dattero speciale che le aveva regalato prima di giungere al palazzo di Luce, un po’ impacciato. Abbracciò con slancio anche Gandalf, che l’aveva fatta divertire con una delle sue magie improvvisate, un po’ timidamente Aragorn, che le sorrise e spalancò le braccia per invitarla a stritolarlo quanto più le faceva piacere, cosa che Herion non si fece ripetere due volte, ed infine venne il turno di Frodo, di cui aveva sempre dimostrato una certa preferenza, rispetto agli altri.

Prima di racchiuderlo fra le sue braccia delicate, gli sorrise quasi rattristita di doverlo lasciare, con le  mani dietro la schiena. Frodo sospirò, mentre avvertiva il calore della gemma nascosta dalla camicia diffondersi nel suo piccolo corpo. Scosse debolmente la testa, cercando di non pensarci.

Fu allora che sentì un leggero profumo di fiori avvolgerlo e quando abbassò gli occhi cristallini, vide una collana di non ti scordar di me intorno al suo collo e adagiata mollemente sulla sua camicia, in prossimità della cintola.

“ Così ti ricorderai sempre di me.”

Disse la voce dolce e sonora di Herion, con il viso delicato a poche spanne dal suo.

Le sorrise e le bisbigliò un “grazie”, colpito dal suo gesto.

Poi, quasi con un moto di sollievo, lo abbracciò stretto stretto, baciandogli la guancia ripetutamente ma dolcemente.

Infine, quando capì che era il momento di doversi staccare da lui, per lasciarlo libero di percorrere il suo destino, gli accarezzò delicatamente i capelli e gli regalò un ultimo bacio sulla fronte.

Mentre li guardava montare uno ad uno sui rispettivi destrieri, la principessa dalla chioma bionda seguiva tutti i movimenti di sua sorella, al fianco di Brandir che ,sorridendole, la incitò ad andarle incontro. Proprio mentre Luthien stava aiutando Sam a montare il suo bellissimo cavallo bianco, Herion la richiamò in un soffio:

“ Luthien.”

Quest’ultima si voltò lentamente verso la sorella minore che non incrociò il suo sguardo, puntandolo verso il suolo erboso, preda di un imbarazzo che non le apparteneva.

“ Cosa c’è?”

Chiese allora Luthien, con tono neutro ma pur sempre affascinante.

“ Ecco…come mai non mi porgi il tuo addio, sorella?”

Le chiese, guardandola negli occhi color nocciola intenso, riacquistando la sua disinibizione.

Luthien le diede le spalle per aggiustare la sella del suo cavallo, che nitrì soddisfatto, dopo una carezza lieve sul suo dorso.

“ Non ne vedo il motivo.”

“ E se non dovessi più tornare? Io come farò senza di te? Dovrei convivere con il rimorso di non averti nemmeno degnato di un saluto una volta partita, per l’eternità?”

“ Non puoi continuare a dipendere da me, Herion.”

Le rispose, quasi fredda.

“ Ma tu tornerai, vero?”

Le chiese Herion, per nulla intimidita, con una nota di accorata speranza nella voce, aspettando una sua risposta affermativa.

“ Non lo so.”

Fu la risposta diretta e purtroppo sincera di Luthien, che si girò nuovamente a guardare il capo chino e biondo-argento della sorella.

Sospirò rassegnata e sorridendo a fior di labbra, le sollevò delicatamente il mento prendendolo tra il pollice e l’indice e le baciò la fronte, accarezzandole la guancia accaldata per un improvviso pianto mai sgorgato dai suoi occhi lucidi.

Poi, con un ultimo sorriso, le disse:

“ Così non dovrai convivere con il rimorso di non avermi salutata prima di partire.”

Funzionò. La fece sorridere e sghignazzare divertita.

Montò a cavallo, mentre Sam le cingeva la vita ,sorridente anch’egli.

“ Ah, e comunque…”

Iniziò, mentre Herion si affrettava a raggiungere Brandir, per salutare tutti ,un ‘ultima volta, ai piedi di un grande abete bianco e luminescente, voltandosi a guardarla, ancora con il sorriso sulle labbra.

“ Vedrò di ritornare.”

Le sussurrò con la sua voce suadente, allargando inevitabilmente il suo sorriso.

La compagnia della Gemma del Destino lasciò definitivamente Bosco Bianco, varcando le sue soglie immacolate e lasciandosi alle spalle il saluto instancabile e sonoro di Herion, le bianche mura del castello di Dama Aranel, che sembrava vegliare su di loro ,con i suoi occhi color alba, lontana, affacciata ad una delle grandi finestre delle alte guglie gattonate, e quelle vitree e brillanti del palazzo di Luce di Dama Eruanna, con ancora il ricordo del suo sguardo blu notte e i suoi doni preziosi ed indispensabili contro il male, gli splendidi giardini fioriti, gli alberi millenari ed evanescenti, per entrare in un regno di desolazione ed oscurità.

Sembrava appena calata la notte in quel regno elfico ed incantato, ma ora, una volta al di fuori di esso, la luna era già alta nel cielo nero pece, punteggiato appena di stelle e leggermente annuvolato.

La magia degli alberi di Bosco Bianco e le teorie di Gandalf su di loro erano veritiere. Avevano allungato il tempo, senza nemmeno accorgersene.

Luthien sbuffò al fianco di Will, che rise divertito.

“ Cosa c’è, Luthien?”

Chiese preoccupato ed incuriosito Sam, dietro di lei.

“ Luthien odia viaggiare di notte.”

Rispose Will per lei, sempre sorridendo birichino.

“ Ti sbagli.”

Lo contraddisse calma, guardando la chioma bionda di Legolas, che galoppava tranquillo ma attento ad ogni sua parola, quasi distrattamente.

“ Io detesto viaggiare di notte.”

Legolas sorrise e calmò il suo cavallo che cominciava a nitrire, stranamente nervoso.

Fu sorpreso di notare che, come il suo, anche gli altri cavalli cominciarono ad agitarsi.

Il motivo? Si stavano avvicinando alla Foresta dei Vel. Quest’ultima era una grande macchia verde, maestosa e sinistra al chiarore fuggitivo della luna e il buio avvolgente di quella fredda notte.

“ Ma si può sapere che cos’hanno?”

Chiese Gimli, che cominciava a ballare sulla sella del destriero sempre più agitato di Legolas, nonostante cercasse di rassicurarlo.

Fu solo quando Luthien cominciò ad intonare una dolce canzone, che le bestie si placarono, nonostante i loro muscoli guizzassero al minimo spasmo.

“ Sarà meglio lasciarli qui.”

Suggerì Gandalf, smontando dal suo Ombro Manto che, non appena sentì Pipino scivolare lungo la sua criniera lattea, schizzò via a tutta velocità, il più lontano possibile dalle ombre della foresta.

Fu seguito anche dagli altri destrieri, che si sentivano protetti solo se capeggiati dal loro signore. Solamente il cavallo di Luthien era titubante nel volerla abbandonare in quel luogo sinistro, ma con una carezza e una frase sussurrata, galoppò al fianco del cavallo bruno di Taras e lo stallone nero di Will.

“ Ma siamo sicuri che torneranno?”

Chiese Merry, guardandoli scomparire lungo le pianure erbose e le vallate rocciose.

“ Certamente. Al momento gusto, torneranno.”

Disse Gandalf, avanzando lungo gli alti e massicci alberi verdi.

“ Il mio non di certo.”

Disse convinto Will, scuotendo il capo e sorridendo al con tempo.

“ Perché?”

Chiese logicamente Pipino.

“ Semplice. Quel cavallo mi odia da quando è un puledro. Ora che ha trovato la scusa di abbandonarmi, non sarà così stupido da tornare.”

“ Se è come il padrone, lo farà.”

Disse Luthien, al suo fianco.

“ Colgo un barlume di complimento nella tua voce. Sarebbe la prima volta che me lo faresti.”

“ E infatti non lo era.”

Will si fermò perplesso.

“ Non l’ho capita, questa.”

Luthien sorrise.

“ Ti ha dato implicitamente dello stupido.”

Lo illuminò Taras, urlandogli a qualche metro di distanza, avanzando fra le felci insieme ad Aragorn e Gandalf, che illuminava il passaggio con la sua Fiamma Eterna.

“ Oh, beh, non è una novità.”

Disse scrollando le spalle e contagiando i suoi compagni con il suo irriducibile sorriso Will, quando all’improvviso sentirono uno strano fruscio fra le fronde alte e i cespugli ricolmi di bacche profumate.

“ Forse è il vento.”

Bisbigliò Merry a Pipino, guardandosi intorno come gli altri.

“ No. Purtroppo, non è il vento, amico mio.”

Disse Will, improvvisamente serio, portando entrambi più vicino a lui.

Lentamente, come se si fossero letti nel pensiero, cominciarono a formare un cerchio con al centro i quattro hobbit, che sguainarono anche loro le loro armi, impercettibilmente come gli altri.

La spada di Frodo brillava in modo sinistro.

“Sono già qui?”

Chiese Sam, mentre Pipino e Merry lo osservavano, deglutendo nervosi.

“ No.”

Rispose Frodo, ricordando le parole del suo riflesso.

Risplenderà anche con quelli più nascosti.

Alzò lo sguardo a guardare le folte fronde degli alberi che coprivano il cielo.

“ Si nascondono.”

Non appena i tre hobbit amici seguirono il suo sguardo, sbucarono fra i grandi rami orchi e goblin urlanti. Come tanti scarafaggi ,i goblin fuoriuscirono fra le foglie ,grandi come una mano umana, e si avventarono contro la muraglia umana formata per difendere gli hobbit compagni, ma soprattutto Frodo, il portatore della Gemma, colui che Venia aveva ordinato di uccidere.

Le frecce luminose di Legolas e Luthien riuscirono a sterminarli quasi la metà, mentre dell’altra se ne occuparono Aragorn, Gimli, Taras e Will. Gandalf proteggeva con il suo scudo Frodo e gli altri, e allo stesso tempo trafiggeva con la sua spada goblin ed orchi che uscivano da una parte e dall’altra. Si accanivano anche contro di lui, specialmente. Evidentemente, lo smacco che la Signora delle Tenebre aveva ricevuto da lui era ancora presente.

Alla fine, la muraglia venne penetrata da un gruppo di Uruk-hai sbucati chissà dove, che si avventarono contro di loro come un falco sulla preda.

Gli hobbit si dispersero e cominciarono a combattere anche loro, aiutati dall’oscurità come essa agevolava i nemici.

“ Quanti sono?”

Chiese Aragorn a Taras, l’uno che difendeva la schiena dell’altro.

“ Non lo so. In troppi, temo.”

“ Un’imboscata.”

Suggerì Gandalf, scansando un orco armato di sciabola dalle spalle di Pipino che lo ringraziò, per poi intrattenersi con Merry al massacro di un Uruk-hai che, a sua volta, stava minacciando Frodo.

“ Bene! Adoro le imboscate! Sono così eccitanti!”

Disse Will, con un sorriso accattivante sulle labbra.

“ Soprattutto quelle da parte di belle donne!”

E scrollandosi di dosso un altro Uruk-hai e prendendolo per i capelli, mentre lui gli ringhiava addosso, nonostante fosse disarmato, scrutandolo perplesso.

“ Tu ,di sicuro, non sei una bella donna!”

Esclamò convinto prima di trafiggerlo, abile ed agile, con una delle sue spade leggendarie, che sembravano emanare vapore.

“ Legolas, 21!”

Esclamò Gimli soddisfatto.

Legolas colpì con una delle sue nuove ed infallibili frecce un orco che stava puntando la sua logora spada contro Luthien, che lo ringraziò con gli occhi e con un sorrisino a fior di labbra che l’arciere biondo ricambiò amabilmente, prima di rispondere al suo amico nano.

“ Con quello, 27!”

Disse, sorridendogli energico.

“ Oh, accidenti! Sarà meglio che mi dia da fare!”

Disse il figlio di Gloin, sbattendo un piede sul suolo duro come la pietra e trafiggendo la giugulare di un orco assassino, facendolo accasciare in terra, privo di vita.

Intanto, un Uruk-hai schiaffeggiò Luthien, brutalmente, tanto da farle nascondere il volto per un breve momento ,completamente, dai suoi bellissimi capelli.

Legolas la guardò sbigottito, mentre la rabbia cominciava a ribollirgli nelle vene verso quell’orco ripugnante.

“ Oh, questo non avresti dovuto farlo!”

Esclamò sorridente Will all’Uruk-hai ringhiante, scrutando Luthien in attesa di un qualcosa che l’avrebbe sicuramente divertito.

 Infatti, la principessa guerriera di Bosco Bianco si voltò lentamente, lasciando che le ciocche di capelli setosi le scivolassero lungo il collo, scoprendole un volto minaccioso ma sempre bellissimo.

Gli occhi le brillarono nell’oscurità, diventando quasi neri, alterati da un’ira palpabile che fece indietreggiare timoroso il suo avversario e quelli al suo fianco. La rabbia non faceva che renderla ancora più affascinante, tanto che Legolas si sentì percorrere completamente da brividi lungo la schiena.

Luthien cominciò agile e con una velocità impressionante a tendere e a scagliare frecce dal suo arco delicato ma temibile, e ben presto l’Uruk-hai che aveva osato sfidarla e i suoi compagni vicini caddero in terra con tre tonfi sonori, trafitti interamente da quelle che Legolas aveva scambiato per un attimo in saette divine.

“ Oh, adoro quando fa così!”

Esclamò Will, con un misto di ammirazione ed eccitazione nel suo sguardo trasparente.

“ Mi sono sfogata.”

Disse calma a Legolas, ormai senza alcuna traccia d’ira sul suo volto perfetto e quasi irreale, sorpassandolo e scrollandolo da quello stato di trance in cui era caduto ammirandola combattere, grazie alla scia del suo profumo indescrivibile.

“ E mentre tu rimanevi lì imbambolato, io ti ho raggiunto.”

Disse Gimli apparendo al suo fianco, facendogli ammirare la sua ascia ormai infallibile.

Legolas scagliò tre frecce contro tre orchi che stavano accerchiando Aragorn, che lo ringraziò con un sorriso che ricambiò prontamente.

“ 30! Sono di nuovo in vantaggio!”

Gimli sbuffò e ringhiò contrariato, sfogando il suo nervosismo contro un orco dietro di lui.

“ Andiamo!”

Urlò Gandalf, guidando tutti verso la fine della foresta misteriosa. Erano numericamente inferiori rispetto ai loro nemici. Scelta saggia fu battere in ritirata, approfittando della loro agilità rispetto a quella massiccia e corpulenta degli orchi assetati del loro sangue.

Legolas afferrò Gimli che voleva ancora combattere incessante, Luthien trascinò Will per il fodero di una delle sue grandi spade, Taras incitò Merry e Pipino a correre verso l’immagine bianca e abbagliante di Gandalf, Sam li seguì invogliando Frodo a fare lo stesso, ma quando si voltò, lo vide in balia di un Uruk-hai più minaccioso degli altri.

“ Frodo!”

Urlò Sam preoccupato, correndo verso di lui per aiutarlo, ma si bloccò quando vide la luce della Gemma del Destino illuminare l’intero tratto della foresta con una luce abbagliante, che accecò il terribile Uruk-hai, che si allontanò da lui ululando, come del resto tutti quelli che formavano il suo plotone di battaglia.

Aragorn prese in braccio un Frodo scioccato, invogliando Sam a seguirlo verso il cuore della foresta.

Corsero senza mai fermarsi, approfittando della distrazione dei loro nemici, fino a quando sbucarono nelle grandi pianure steppose, evitando accuratamente di non inciampare nelle sporgenze rocciose.

Fu solo quando Aragorn pose a terra Frodo, ormai ripresosi dall’accaduto straordinario di poco prima, che udì il fischio acuto di Gandalf e le urla rabbiose e dolorose degli orchi e dei goblin rimanenti, nel folto di quella strana foresta dalla maestosa e rigogliosa vegetazione.

“ Ma cosa…”

Iniziò, non riuscendo a capacitarsi di quelle grida strazianti.

“ Sono i Vel che si sono risvegliati, grazie alla luce emanata dalla Gemma del Destino.”

Spiegò Taras, al fianco suo e di Aragorn.

“ Nessuno conosce la reale natura dei Vel. Creature così leggendarie e misteriose, tanto che solo i loro nemici o le loro vittime sono a conoscenza del loro aspetto. Ciò che sappiamo è che morirebbero pur di difendere la loro foresta, considerata da loro come la propria ed unica casa.”

Aggiunse Gandalf, montando sul dorso scintillante di Ombro Manto, aiutando Pipino a fare lo stesso, sopraggiunto dopo il suo richiamo, come il resto dei loro destrieri.

“ Oh, vedo che sei tornato.”

Nitrì il possente stallone di Will alle parole del suo padrone, impennandosi come se fosse contento di vederlo sano e salvo.

Luthien sorrise.

“ Ti prego, non infierire.”

Disse suppliche Will, montandolo sorridente e galoppando al fianco dei suoi compagni.

La notte aveva ceduto ormai il posto dell’alba, tingendo con i suoi colori pastello l’intero cielo mattutino, tanto che molti alzarono lo sguardo, stupiti.

“ Se gli alberi di Bosco Bianco rallentano il tempo, evidentemente quelli verdeggianti della Foresta dei Vel lo anticipano.”

Disse pensoso Gandalf, con lo sguardo puntato verso l’orizzonte, risolvendo i dubbi di molti di loro, mentre Frodo lo guardava con occhi smarriti, cavalcando insieme con Taras.

“ Lo so, Frodo. La confusione alberga nel tuo animo, ora, vero?”

Frodo annuì.

“ Cosa è successo nella foresta, Gandalf? Come mai la gemma ha emanato quella luce così abbagliante?”

Gandalf sospirò, mentre Pipino lo guardava ansioso di conoscere anche lui la risposta agli interrogativi del suo amico.

“ Posso solo fare delle congetture. Il volere della Gemma del Destino mi è sconosciuto almeno quanto te. Evidentemente, sentendo che il suo portatore era minacciato da una forza malvagia, ha cercato di difenderti esplodendo in tutta la sua potenza assopita. Oppure, potrebbe avere agito esclusivamente a suo beneficio, egoisticamente, nel senso che, avvertendo un possibile pericolo e piuttosto di finire nelle mani del nemico, ha preferito sbarazzarsene, proteggendo anche te, anche se non rientrava nei suoi disegni iniziali.”

Frodo lo guardò, con le idee leggermente più chiare da una parte, ma ancora più confuse dall’altra.

Gandalf gli sorrise comprensivo.

“ Sii paziente, Frodo. Presto tutti gli enigmi che il cammino mano mano ti porrà, saranno risolti non appena raggiungerai la meta prestabilita.”

Frodo ricambiò il sorriso, riconoscente.

Ma la sua attenzione, come quella del suo interlocutore, fu attratta da un gruppo di uomini a cavallo, ricoperti da armature simili e molto eleganti, leggere in apparenza ma resistenti, di un colore che ricordava vagamente l’argento, ma più scuro, con uno stemma a forma di spada con una rosa rossa spinosa che si incrociavano in una improvvisata “x”.

Avevano tutta l’aria di una brigata di cavalieri, che si arrestarono di fronte alla loro compagnia, impedendone oltre il passaggio.

Ad Aragorn ricordarono molto i guerrieri capeggiati dal nipote del defunto Re Theoden, Eomer.

Analogamente a quest’ultimo, si fece avanti un giovane cavaliere dai capelli neri e lisci, lunghi fino alla base del collo, con occhi dalle iridi chiare, di un verde foglia molto intenso, che li trafisse e li affascinò al con tempo, un accenno di barba sul mento e una cicatrice profonda sulla guancia destra, rivestito della stessa armatura dei suoi uomini, ma con un mantello nero ad adornarla.

Fu il primo a rompere quel silenzio irreale.

“ Perdonate, signori, ma sono costretto ad arrestare il vostro cammino.”

“ Per quale ragione?”

Chiese Aragorn, avanzando di poco.

“ State per entrare nelle terre di Holmes, le terre del mio re.”

 

 

 

 

 

 

 

 

Finito! Ed ora ecco a voi:

L’angolo dei saluti:

 

 

Eminae: Hola anche a te!!! Grazie per il tuo commento, fa sempre piacere ricevere il parere di più persone!! Sono contenta che la mia storia ti intrighi così tanto e che quella fra i due elfi protagonisti ti piaccia!! Spero che ti sia piaciuto anche questo nuovo capitolo e che continuerai a seguirmi e a commentarmi! Ti aspetto al prossimo aggiornamento!!! Baci baci Fuffy91!!! ^__^

Mel: Mia cara Mel, è sempre un grande piacere leggere i tuoi commenti così…briosi! Mi piace questo termine…brioso!! Hihi!!! Bando agli scherzi, sono contentissima che la mia storia continui a piacerti così tanto!!! Si, anche a me piace un sacco il personaggio di Herion! Purtroppo non si unirà alla compagnia, come hai potuto notare nel corso di questo cap, ma non è detto che non comparirà in seguito!! Si, concordo con te nell’affermare che Luthien è un personaggio molto difficile! È anche vero che deve essere molto cauta con il suo “dono pericoloso” con il nostro Legolas! Vedremo che succederà in seguito!!! Grazie per il commento e torna a seguirmi, mi raccomando!! Baci baci Fuffy91!!^__^

LadyElizabeth: Elizabeth cara!!! Felicissima di risentirti con uno dei tuoi commentoni fenomenali!!! Innanzitutto sempre più contenta che continui a piacerti la storia non ancora sbocciata fra Legolas e Luthien, anche se ci è stato un grande passo avanti, soprattutto da parte della nostra principessa elfo!!! Grazie, sono contentissima che apprezzi il modo in cui descrivo i personaggi della storia, come Aragorn e Frodo, ad esempio, corrispondenti sia al libro che al film!!! Vedo che hai apprezzato anche il personaggio di Herion!!! Anche io lo adoro! Devo dire che, in certi versi, le somiglio caratterialmente!!! Tranqui, superfluo dirti che io amo Legolas e sono contenta che questo amore viene condiviso!!! Hihi!!! Baci baci e al prossimo commento e cap!! Fuffy91!! ^__^

Fanny91: Carissima fanny91!!! Ben tornata!!! Come sono andate le vacanze? Spero benissimo!!! Allora, piaciuto il cap??? Azzarderei un si!!! Grazie mille per i tuoi complimenti e il tuo sostegno!!! Herion ha riscosso molto successo, e sono contentissima che ti sia piaciuto!!! Bacioni e alla prossima!!! Grazie ancora!!! Fuffy91!!^__^

 

Un ringraziamento specialissimo anche a coloro i quali o le quali hanno inserito questa mia storia fra le loro preferite:

- Ceci Princessofbooks

- Fanny91( che avevo già ringraziato, ma continuo a ringraziare lo stesso!XD!)

- IF Leila

- Joey_ms_86

- Yuki no Hime

Bacissimi anche a voi!!!

 

E adesso, dedico a voi, cari lettori e care lettrici misteriosi e misteriose, un grande ringraziamento e un grandissimo sorriso!!! Continuate a leggere la mia fan fiction!!! Vi assicuro, che non vi deluderà e vi terrà sempre con il fiato sospeso!!! Baci baci Fuffy91!! ^___________________________^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


C10

“ State per entrare nelle terre di Holmes, le terre del mio signore.”              

Disse lo sconosciuto, incrociando il suo sguardo verde foglia con quello verde smeraldo del sovrano di Gondor, che non si scompose, mentre notava ,con la coda nell’occhio, gli occhi attenti di Taras verso di lui, come se stesse cercando di rammentare qualcosa che, al momento, gli sfuggiva.

Uno dei suoi compagni quasi urlò:

“ Sono spie, mio signore! Glielo si legge negli occhi che nascondono qualcosa!”

Non aveva tutti i torti. In effetti, la Compagnia celava con sé qualcosa di molto importante, che per il momento rimaneva tranquillo nelle mani di un piccolo hobbit della Contea, che sussultò a quelle parole, ma non dandolo a vedere.

Aragorn aprì bocca per replicare, ma il giovane cavaliere lo prevenne, voltandosi accigliato ,ma parlando con molta tranquillità, verso il suo iroso guerriero.

“ Non possiamo dirlo con certezza. Per il momento, ci limiteremo solo ad invitarli a volgere indietro o a proseguire per altra via il loro viaggio.”

“ Ma, signore…”

“ Questi sono i suoi ordini, soldato. Non discutere oltre!”

Disse un altro guerriero, al fianco destro di quello che doveva essere il suo comandante.

Ma quest’ultimo con un sorriso:

“ No, lascia pure che esponga i suoi pensieri.”

Aragorn approvò di buon grado quel rimprovero amichevole, che sortì l’effetto di far intimidire il suo fedele compagno e sorridere l’improvvisato insubordinato, che avanzò al suo fianco sinistro.

“ Se permettete ,mio signore, vorrei invitarvi ad osservare i membri di questa strana brigata. Non sembrano anche a voi, tipi piuttosto sospetti? Guardate…”

Disse indicandoli con una mano:

“ Quattro uomini, due elfi, un nano e quattro…quattro…”

Non seppe continuare, cominciando ad osservare attentamente Frodo, che nascose lo sguardo, intimorito, seguito dai suoi coetanei, che rivolsero i loro sguardi curiosi anche verso Sam, Pipino e Merry, che come il loro amico, prima di loro, si nascosero, timidi ed accigliati.

“ Non osservarteli così. Non è educato.”

Li rimproverò sempre con un sorriso e con una calma straordinaria il giovane comandante, i cui uomini distolsero lo sguardo, impressionati dal suo sorprendente sangue freddo.

“ Vi chiedo perdono da parte dei miei uomini. Vedete, non credo abbiano mai visto degli hobbit della Contea, fin ad oggi.”

Disse, rivolgendosi in particolar modo a Frodo, che sorrise riconoscente. Anche se nemico, quel cavaliere gli ispirava una certa simpatia e un senso di calma che venne condiviso anche dal resto dei suoi parenti e amici, che ricambiarono anch’egli il sorriso.

“ Ma voi chi siete?”

Chiese Gandalf, improvvisamente interessato a quel giovane giudizioso.

“ Il mio nome è Ser Falcum, figlio di Edmund, cavaliere di Holmes.”

“ Falcum…?”

Disse interrogativo e meravigliato Taras avvicinandosi al fianco di Aragorn, che lo scrutava curioso.

Ser Falcum lo guardò per un momento pensoso, ma poi il suo sorriso si rispecchiò in quello del suo interlocutore.

“ Taras? Non può essere…ti credevo morto, amico mio!”

Esclamò smontando da cavallo e correndogli incontrò, imitato poi da Taras, che sorpassò il limite da egli stesso imposto, senza curarsene realmente e riabbracciando fraternamente il suo ritrovato amico.

“ Sei…così…diverso! Ma dove sei stato tutti questi anni?”

“ Dopo l’ultima battaglia, mi sono rifugiato nel regno di Bosco Bianco. Non appena ristabilitomi dalle ferite riportate, sono partito con i miei compagni alla volta del regno delle Terre di Mezzo, Gondor, precisamente, al cospetto di Sir Aragorn, chiedendo il suo aiuto per sconfiggere definitivamente la Signora delle Tenebre, e liberare quella che fu , un tempo,la vera Venia, al fianco di quella che viene ricordata come la Compagnia dell’Unico Anello dell’istinto Sauron.”

Ser Falcum annuì al suo racconto, segno evidente che aveva appreso pienamente le parole dell’amico e la loro situazione.

“ Quindi, voi siete Sir Aragorn, re di Gondor?”

Chiese Falcum retoricamente ad un Aragorn sorpreso, per il modo in cui si era capovolta la situazione, ovviamente a loro favore, ma felice del ritrovamento di un amico così prezioso per il suo nuovo compagno d’avventura.

“ Si.”

Fu la semplice risposta, a cui Falcum sorrise e s’inchinò al suo cospetto.

“ Vi domando scusa, in questo caso, mio signore, per esservi stato inaspettatamente d’intralcio nel vostro importante viaggio, che potremmo giudicare una missione, in un certo senso.”

Aragorn annuì, smontando da cavallo e avvicinandosi al cavaliere con passo leggero e regale, tendendogli una mano, in segno di amicizia.

“ Non importa. Comprendo appieno le vostre ragioni. Stavate eseguendo solo un ordine riportato dal vostro sire.”

Ser Falcum ricambiò il sorriso e strinse con energia la mano tesa di Aragorn, stipulando silenziosamente il loro accordo di pace.

“ Più che giusto, dopotutto, di questi tempi. In guerre come queste, è difficile distinguere gli amici dai nemici.”

Aggiunse con la sua voce ,sonora ma sommessa, Gandalf, attirando l’attenzione di entrambi e di Taras, che stava rimontando a cavallo, avanti a Frodo.

“ è stato Sir Hector a darti l’ordine di salvaguardare i confini di Holmes, immagino.”

Disse Taras, immergendosi evidentemente nel ricordo dei giorni passati in compagnia del sovrano di Holmes. Ma il sorriso gli si spense all’imbrunirsi dello sguardo verde foglia acceso del suo caro amico, come del resto anche quello dei suoi compagni. L’allegria del ritrovamento era stata spazzata via da un ombra di tristezza, scaturita da quel nome che, probabilmente, non sentivano pronunciare da molto. Taras, come del resto l’intera Compagnia, non riuscì a capire quell’improvviso mutamento d’umore.

Quasi a malincuore, Falcum sorrise al suo compagno confuso.

“ Vedi, Taras. Sir Hector è venuto a mancare.”

Taras impallidì e l’ombra di tristezza ,unito allo stupore, inghiottì anche lui.

“ Come? Quando?”

Sussurrò, trattenendo un improvviso magone.

“ Un anno fa, durante un attacco nemico ,nel nostro regno. Fu trafitto al petto da una lancia di un Andes.”

“ Quell’essere immondo lo ha colpito di spalle. Venia gli ha insegnato come combattere disonestamente, questo è certo.”

Disse con una nota di astio e rabbia lo stesso soldato che poco prima aveva cercato di contraddirlo,  spronando il suo cavallo con forza.

“ Sono le leggi imposte dalla guerra ,fin dall’inizio dei tempi. Purtroppo, oltre ai malvagi, periscono anche gli uomini giusti e valorosi.”

Disse sospirando Ser Falcum, placando in parte l’ira del suo giovane ed impulsivo insubordinato.

Poi, rivolgendosi al suo amico, ormai preda dello sconforto che quella notizia aveva causato, gli disse:

“ Se volete, potrò condurvi al cospetto di Sir Edward. Sono convinto che gradirà molto fare la vostra conoscenza.”

Taras alzò di scatto il volto, rivolgendo il suo sguardo perlaceo verso quello verdeggiante di Ser Falcum, che sorrise della sua espressione stupita.

“ Edward?!”

Chiese interrogativo e meravigliato al con tempo.

“ Chi è Edward?”

Chiese interessato Will.

“ è l’unico figlio di Re Hector X, naturalmente, legittimo erede al trono.”

Specificò Falcum, rispondendo con calma al suo quesito.

“ Ma è solo un ragazzo!”

Esclamò Taras, con un tono che rilevava una certa inquietudine.

“ Ha appena compiuto 18 anni. Si può dire che sia un uomo, ormai.”

Disse sorridente Falcum, con tono scherzoso.

“ Oltre ad essere considerato un grande re, amato e ben voluto da tutti.”

Disse uno dei soldati, alleviando per un momento l’espressione preoccupata di Taras.

“ Venite! Vi scorterò alla sua reggia.”

Disse Falcum, invitandoli a seguire lui e i suoi compagni, verso il regno ancora sconosciuto di Holmes.

Aragorn montò a cavallo, guardò per un momento Gandalf e poi Taras e sorridendo ad entrambi, galoppò al fianco di quel cavaliere che cominciava a stimare.

Holmes era uno dei regni più vasti delle Terre dell’Ovest. Appena varcate le sue alte soglie, rimasero  stupiti dalla grande popolarità che predominava, a dispetto di quel periodo così controverso, per gli uomini soprattutto.

Bambini che giocavano allegri in quella che identificarono come la piazza principale, ciottolata e a forma di uovo, contornata di fiori di ogni tipo, piantati e difesi ai piedi di un grande salice piangente. Donne che parlavano ridenti affacciate alle balconate delle loro dimore in pietra rosata, o sedute ai piedi del ponte in pietra battuta, con mazzi di rose o cibarie per il pranzo tra le mani.

Uomini, giovani e vecchi, che parlottavano fra di loro o vendevano le cose più utili per il fabbisogno comune o gli oggetti o il vestiario più stravaganti.

Era un insieme di colori forti e vivaci, risate ed allegria che finirono per contagiarli. Invece di osservare i nuovi visitatori con sospetto, li accolsero con grande simpatia e semplicità, inchinandosi al loro cospetto, in segno di rispetto e salutandoli con un sorriso. Una bambina deliziosa regalò anche una camelia rossa a Luthien, che ringraziandola con un sorriso a fior di labbra, l’annusò e la intrecciò fra i fili di cuoio della cintola, mentre Will disperse sorrisi accattivanti e baci volanti a molte fanciulle in età da marito, che arrossirono e si nascosero il volto fra le mani, in preda a risolini timidi. Legolas rise all’espressione rassegnata e quasi irritata di Luthien.

Attraversarono con tranquillità il paese sereno nella sua felice prosperità, giungendo ai piedi di una verdeggiante collina, il cui castello, posto in una posizione strategica  per gli attacchi nemici, sorgeva imponente e fiero, con lo sfondo di un glorioso boschetto, di cui se ne intravedevano le cime scure e appuntite degli abeti e le foglie delle grandi querce.

Dopo aver seguito il sentiero segnato tra l’erba e le rocce sporgenti, ma no troppo, fra di essa, finalmente, ad un preciso ordine di Ser Falcum, vennero spalancate le porte in ferro levigato di quell’immensa e solida fortezza. I cavalli vennero scortati nelle stalle adiacenti al cortile dai soldati della brigata di Ser Falcum, il quale, invece, illustrò la via per giungere più velocemente nella sala delle udienze, luogo dove in quel momento, Sir Edward era impegnato in un udienza con i suoi fidati consiglieri.

Ma una volta attraversato il corridoio, le cui arcate affacciavano esternamente su un prato immenso e fiorito, dove alcuni soldati si allenavano con il tiro con l’arco o la spada, fu allora che fecero un incontro inaspettato.

Una fanciulla, svoltando l’angolo, correva a tutta velocità, guardando indietro e ridendo allegramente, mentre la gonna del suo vestito d’organza blu oltre mare, frusciava intorno alle sue gambe ad ogni movimento, mentre i suoi ricci scuri e ribelli fuoriuscivano dall’elaborata acconciatura, con roselline blu e bianche ad adornarla.

“ Maestà, fermatevi, vi prego!”

Urlò una voce maschile e affannata dietro di lei, ma la ragazza continuava a correre incessante, oltrepassando un servitore che portava in equilibro tre bicchieri di cristallo, il cui schianto al suolo fu inevitabile, una volta che lo spinse senza volerlo, facendolo capitolare in terra, amareggiato e rassegnato.

“ Scusa!”

Esclamò, senza fermarsi e con un sorrisino inequivocabile. Ma accadde qualcosa che forse non aveva previsto, infatti si fermò di scatto, non appena vide Ser Falcum ,arrestatosi non appena la vide, con le braccia conserte e un sorriso a fior di labbra sul volto, mentre gli altri li guardavano interrogativi.

Non ricambiando il sorriso, si affrettò a salire sul cornicione che fungeva da base per le arcate, saltandolo agilmente e cominciando a correre per il prato verdeggiante e ben curato, verso i soldati.

“ Però, bel salto.”

Commentò Will, mentre gli altri la guardavano stupiti.

Ser Falcum sorrise ancora di più e scosse il capo lentamente, per poi balzare con un movimento agile, simile ad un ghepardo, il cornicione, per rincorrere la sua piccola preda.

Intanto era sopraggiunto un uomo tarchiato, di mezza età, con occhiali piccoli e rotondi sul naso a patata, la cui veste azzurra non riusciva a celare la mole del suo ventre, che scrutava l’orizzonte, con un relativo affanno, con i suoi occhi piccoli e porcini, asciugandosi con un fazzoletto ,sbucato dal nulla, la fronte ampia e la radice dei capelli leggermente mossi e lunghi fin dopo le spalle, color grigio pallido.

La sua espressione preoccupata si rilassò non appena vide Falcum ritornare, portando di peso, sulla spalla sinistra ,la sua scalciante discepola, riponendola a terra non appena varcate le arcate e trattenendola con un braccio, evitando, così, un’ulteriore tentativo di sfuggirgli.

“ Non è giusto! Vi odio, Ser Falcum!”

Quest’ultimo rise di gusto, per poi dirle sorridente:

“ Come volete, maestà. Ciò non toglie che avete cercato nuovamente di scappare.”

“ Ma è colpa sua!”

Esclamò, come per giustificarsi, la fanciulla imbronciata, puntando il dito contro uno stupito e sussultante precettore.

“ Ma…come…come colpa mia? Maestà, con tutto il dovuto rispetto, siete voi che non avete alcun desiderio di apprendere i miei insegnamenti.”

“ è vero, mia signora, quello che afferma il vostro precettore?”

Chiese Ser Falcum, ora con espressione severa.

“ Ma lui mi tortura. Vuole che impari tutte le gesta dei re di Holmes. È un’impresa impossibile. Diteglielo anche voi, Ser Falcum!”

Disse ora implorante, la giovane sconosciuta, supplicandolo con occhi da cerbiatta e un sorriso dolce, che il cavaliere ricambiò con uno divertito.

“ Voi, ora, non siete più la principessa di Ruer, maestà. Siete la regina di Holmes, e come tale dovete apprendere la nostra storia e la nostra cultura.”

La ragazza sbuffò, contrariata, incrociando le braccia al petto e storcendo le labbra fini e rosse come il sangue.

“ Futura regina. Per ora sono ancora la principessa di Ruer.”

Ser Falcum e il suo precettore sospirarono rassegnati dalla sua testardaggine, finché non la sentirono sussurrare.

“ Sir Hector IX stipulò la Pace di Catherine con il regno di Murter, che prende il suo nome dalla sua consorte, ed ogni quattro anni viene ritrattato.”

Il suo precettore sorrise e le chiese, apprezzando lo sforzo:

“ Esattamente, complimenti maestà. E chi fu a sconfiggere in un duello il capo dei barbari delle Foreste Notturne?”

“ Uhm…”

Mentre rifletteva, la futura regina di Holmes venne attratta da una ranocchia gracidante e saltellante che si dirigeva verso lo stesso prato che aveva percorso poco prima, per la sua fuga.

“ Hector VII?”

Chiese, mordendosi il labbro inferiore e cercando di acchiapparla.

“ No.”

“ Allora Hector VI?”

Riprovò, mentre scendeva le scalinate velocemente, per afferrare la ranocchia saltellante.

“ Non esattamente, ma ci siete quasi.”

“ Allora, potrebbe essere…”

Iniziò ad alta voce, affinché non si accorgesse del suo abbandono di postazione e propria mentre si accucciava per afferrare definitivamente la ranocchia, esclamò:

“ Hector V!”

“ No, fu Hector IV, che colpì il suo avversario con l’impugnatura della sua spada spezzata, sul capo con tanta violenza, da farlo cadere a terra morto.”

Rispose una voce calda e vellutata al suo posto, che attirò l’attenzione di tutti, che si sporsero per scorgerne il proprietario, di cui la principessa riusciva perfettamente a vedere gli stivali lucenti e in pelle nera, per poi alzare lo sguardo per incrociare quello oro liquido del suo futuro marito.

“ Buon giorno, Diana.”

“ ‘Giorno.”

Sussurrò Diana, alzandosi di scatto, per scorgere nei minimi particolari il volto del giovane che la osservava con un sorrisino sghembo, che avrebbe fatto perdere la testa a qualsiasi fanciulla nei dintorni.

“ Oh, Sir Edward, vi prego. Lasciate che risponda sua maestà.”

“ Perché? Non era forse giusta la mia risposta?”

“ Certo che lo era, ma…”

“ Bene. Tanto Diana non avrebbe comunque risposto con esattezza.”

“ Cosa te lo fa credere?”

Disse la principessa di Ruer, distogliendo lo sguardo da quello ipnotico di Sir Edward, corrucciata.

“ Perché eri troppo impegnata a cercare di prendere la ranocchia che stringi fra le mani.”

Rispose sempre vellutato il sovrano di Holmes, sorridendo ancora di più, mentre i suoi capelli corti, arruffati e deliziosamente disordinati, di un colore simile al bronzo, venivano investiti da un caldo raggio di sole.

Diana abbassò lo sguardo sulla testolina giallastra della rana dagli occhi rossi, decidendo di liberarla e lasciarla saltellare da un filo d’erba all’altra, mentre due farfalle bianche si rincorrevano nell’aria frizzante del mattino.

“ Non sapevo avessi una passione per le rane.”

Aggiunse, ironico, il suo interlocutore, più alto di lei di una spanna.

“ Sai com’è…convivendo con un ranocchio la stessa residenza, una comincia a farci l’abitudine.”

Rispose la fanciulla dagli occhi azzurro tempesta, mentre il giovane dagli occhi color topazio, abbassava lo sguardo sogghignando divertito.

“ E immagino…”

Cominciò avvicinandosi a lei a passo lento, catturando una ciocca dei suoi ricci corvini e intrecciandoli fra le dita lunghe e affusolate della mano destra, un gesto che doveva essergli abituale, ma che fece comunque arrossire la giovane ribelle.

“ …che sia io, il ranocchio in questione.”

Sussurrò amabile, giocando ancora con i suoi capelli.

Diana annuì, distogliendo ancora lo sguardo da lui.

“ E, dimmi: sarai tu a darmi il bacio che mi tramuterà nuovamente in re?”

E lei, imporporandosi ancora di più le guancie, si scostò da lui ed esclamò:

“ Nemmeno se morissi, arrogante che non sei altro!”

E detto questo scappò via, calpestando a grandi passi l’erba ancora bagnata di rugiada, diretta verso l’interno del castello, mentre Edward le urlava sorridendo e ridendo nell’insieme:

“ Attenta a non inciampare.”

Giurò di aver sentito un ringhio di frustrazione, e di questo rise ancora di più.

“ Quando la smetterai di punzecchiarla?”

Disse Ser Falcum, appoggiato al cornicione delle arcate, illuminato dal sole abbagliante, mentre il suo signore si avvicinava con passo felpato, simile ad un leone orgoglioso, verso di lui, salendo le scalinate che li dividevano ,a due a due.

“ Lo sai che adoro farla arrabbiare.”

Gli disse, sempre sorridendo alla vista dell’espressione contrariata del suo migliore amico e delle urla di implorazione del precettore di Diana, che ricominciò a correre dietro di lei, implorandola di fermarsi, mentre Pipino e Merry se la sghignazzavano, mangiucchiando due mele rosse, regalate loro da un gruppo di passanti, in paese.

“ Ma voi siete…Taras! Oh, che gioia, siete tornato ad Holmes, amico mio!”

Disse abbracciandolo con la felicità ad illuminargli il bel volto da ragazzo, a cui Taras ricambiò con la medesima intensità.

“ Anch’io sono felice di rivederti, Edward. Vedo che ora, sei stato proclamato re di Holmes. Congratulazioni.”

“ Ti ringrazio. Anche se è più di un anno che ho succeduto mio padre, purtroppo decaduto in battaglia, al trono.”

“ Mi dispiace molto, Edward. Lo sai: tuo padre era un mio buon amico.”

Edward gli mise una mano sulla spalla, con espressione triste.

“ Lo so. Dispiace anche a me. Ho elogiato la sua morte con tutti gli onori che si rispettino per un grande sovrano come lui. Il nostro popolo è rimasto in lutto per una settimana intera.”

“ Devo complimentarmi con voi, Sir Edward, per la grande prosperità che regna nel vostro popolo, grazie alla vostra guida.”

Si congratulò Aragorn, il cui sguardo smeraldino venne catturato da quello dorato del giovane sovrano di Holmes, che gli sorrise ed annuì riconoscente.

“ è vero. Non ho mai visto regno più felice ,in tempi di guerra come questi.”

Continuò Gandalf, che gli sorrise a sua volta.

“ Vi ringrazio. Perdonate se non vi ho degnato della mia attenzione prima, signori. Potrei sapere, or dunque, i vostri nomi?”

“ Certamente. Il mio nome è Aragorn, e come voi sono re di Gondor.”

“ Gondor?”

Chiese interrogativo, Edward.

“ Il mio regno è lontano, mio signore. Si trova nella remota Terra di Mezzo.”

Edward guardò Taras e Falcum, che annuirono alla sua silenziosa domanda:

“ Quindi voi siete il leggendario erede di Isildur.”

Non era una domanda, ma Aragorn annuì lo stesso.

“ Venia vorrà vedervi morto, allora.”

Disse sogghignando Sir Edward, con la sua voce vellutata ed ammaliatrice.

A Legolas ricordò molto quella di Luthien, in versione maschile, la quale era seduta sul cornicione, racchiusa fra una piccola arcata e una colonna, ad intrecciare i suoi splendidi capelli castani, lontana dal resto del gruppo, dalla conversazione e da lui.

Aragorn non riuscì a trattenere un risolino divertito per l’ironica perspicacia di quel giovane re.

“ E non solo lui, purtroppo. Ultimamente, la sua sete di potere e di gloria è cresciuta a dismisura.”

Costatò con tono severo Gandalf, che guardò di sottecchi Frodo, che non si sottrasse al suo sguardo enigmatico ed indagatore.

“ Parlate con molta decisione. La Signora delle Tenebre vi ha forse arrecato qualche danno, durante il vostro tragitto?”

“ Si, e ce ne arrecherà degli altri, sicuramente.”

“ Posso conoscerne il motivo, se non sono indiscreto?”

Chiese Edward con un tono caldo e rassicurante, che avrebbe storto la parola anche al più temibile e taciturno dei nemici. Una nota incisiva che aveva l’aria di aver usato molte volte, nel corso della sua esperienza.

Gandalf lo scrutò, per un momento, in quegli occhi d’oro fuso, mugugnando silenziosamente e alzando un sopracciglio bianco, chiedendo a sé stesso se fidarsi o meno di quel giovane, che a discapito della sua età, si trovava a sostenere il peso di un regno, in apparenza felice ma che nascondeva, nei profondi recessi della sua anima, una ferita forse ancora sanguinante. La sua acuta sensibilità non era riuscita nel trattenersi a vagare in quegli occhi limpidi e senza ombra, in ognuno di quelle persone gentili ,che li avevano accolti a braccia aperte. E l’aveva vista: una macchia, piccola ma presente. Una macchia di rancore e disperazione, che macchiava ed oscurava il loro sorriso. La stessa che riusciva ad identificare in quello sguardo che aveva il colore accecante del topazio.

Sospirò e guardò Frodo che, consapevole della sua lotta interiore, gli sorrise incoraggiante e annuì silenziosamente, proclamando ufficialmente il suo consenso. Fu allora che il buon mago sorrise e fece la sua decisione.

“ No, non lo siete. Anche se sono convinto, che Venia stia dando filo da torcere anche a voi, Sir Edward, o sto forse errando?”

Gli chiese, sorridendo sornione, certo della sua risposta e reazione.

Infatti, Edward si irrigidì per un momento, il suo sguardo si incupì, ma inseguito, con un gran sospiro, i suoi occhi tornarono a lanciare scintille dorate, e il sorriso sghembo tornò a solcare le sue labbra sottili, ben delineate e con il labbro inferiore leggermente più carnoso di quello superiore.

“ No, non errate, purtroppo. Anche noi stiamo passando tempi difficili. Si direbbe che Venia abbia intensificato la sua sete di sangue e di dominio. Vuole conquistare tutte le terre che mancano alla sua collezione, e sterminare chiunque le si opponga.”

Sospirò di nuovo, e guardò la linea invisibile, segnata dall’orizzonte, con aria assorta.

“ Compreso il mio regno e la mia gente.”

Sussurrò con sguardo lontano.

“ Allora ci troviamo nella stessa situazione.”

Disse Aragorn, investendolo con il suo sguardo deciso, che avrebbe contagiato con il suo entusiasmo anche il più scoraggiato degli uomini. Edward rimase meravigliato da così tanta determinazione.

“ Anche le nostre terre sono state sfiorate dall’ombra oscura trasportata dalla Dama dell’Oscurità, e prima che possa inglobarle del tutto, dobbiamo agire, arrestando definitivamente i suoi piani di conquista.”

Proseguì Aragorn, mentre i suoi compagni, lo osservavano con orgoglio. Non si poteva affermare che non fosse nato per diventare re.

“ E voi sapete anche quale arma usare, affinché ciò possa avverarsi, non è forse così?”

Gli chiese il sovrano di Holmes, guardandolo con il suo sguardo d’oro intenso.

“Si.”

Rispose Frodo per lui, catturando l’attenzione di tutti.

“ Noi sappiamo come fermarla.”

Continuò calmo, incatenando i suoi occhi azzurro cristallo con quelli color topazio di quel giovane re, che sorridendogli, si inginocchiò alla sua persona, accompagnando il sorriso con un sospiro, mentre Sam lo guardava di sottecchi.

“ E voi siete…?”

“ Frodo Baggins.”

Rispose con decisione Frodo, per nulla intimidito da quello sguardo avvolgente e da quella voce morbida e calda.

“ Mm.”

Mugugnò, puntando i suoi occhi dorati su un punto indefinito del suolo, facendo scoccare la lingua, pensoso. Poi lo osservò di nuovo, con un movimento rapido del capo, sorridendogli rassicurante e con aria sbarazzina.

“ In questo caso, siete invitati a pranzo.”

Falcum sorrise a quella frase, mentre Frodo inarcò le sopracciglia scure, sorpreso dalle sue parole. Come lui, anche il resto dei presenti era sconvolto, mentre seguiva ogni passo di Sir Edward che si stava allontanando fischiettando lungo il corridoio e voltandosi verso di loro, li incitò a seguirli.

Ben presto, si ritrovarono in una grande sala dal pavimento a mosaico, con il soffitto a volte a crociera dorate, dove vi era dipinto un cielo con nubi rosate e giallastre, che rievocava le prime luci dell’alba, una grande tavola rettangolare in legno di ciliegio, con un grande vaso di rose di tutti i colori al centro, e due candelabri ,con sei candele accese ciascuna, grandi e dorati ai suoi due lati.

Era da molto tempo, oramai, che si trovavano seduti intorno a quell’immenso tavolo, che sembrava occupare mezza sala. Gandalf, insieme ai frequenti interventi di Aragorn e Taras, in relazione con le battute sprezzanti ed ironiche di Will, spiegò la loro delicata missione, nella quale si sarebbero giocati il tutto per tutto, puntando ambiziosamente alla salvezza sia della Terra di Mezzo che a quella delle Terre dell’Ovest, unite sotto un unico vessillo di pace e guerra contro la malvagità incombente. La pedina più importante in quella complicata partita a scacchi sarebbe stata ovviamente Frodo, il portatore della Gemma del Destino, soluzione e allo stesso tempo causa di tutti i loro mali.

“ Quindi, se ho capito bene, dovrete scortare Frodo…”

Lo indicò Edward, seduto sulla sua seggiola in legno di quercia, con inciso il simbolo del suo regno, l’incrocio fra la spada e la rosa rossa spinosa, sul suo schienale, a capo tavola, ai cui lati destro e sinistro, sedevano rispettivamente Taras ed Aragorn, mentre Falcum si trovava alzato, vicino alla parete di colore beige, con le braccia incrociate, gli occhi verde foglia brillanti nella penombra, che non perdeva di vista il suo re.

“…nel Castello di Cristallo di Venia, affinché possa collocare la Gemma del Destino nella nicchia di Luce, e purificare così non solo le Terre dell’Ovest della magia oscura che le ricopre, ma anche la stessa Signora dell’Oscurità, giusto?”

Molti di loro annuirono, ma solo Gandalf, il suo principale interlocutore, gli rispose:

“ Si, esattamente.”

Edward lo scrutò con i suoi incantevoli occhi dorati, con espressione seria e quasi scura.

“ Non sarà impresa da poco. Non solo perché dovrete affrontare Venia personalmente, ma anche perché sarete costretti ad affrontare un esercito numericamente incalcolabile di orchi, troll e goblin sparsi qua e là nelle viscere di quelle terre morte. Senza contare gli Andes.”

Lo sbuffo roco di Gimli echeggiò nella grande stanza, come anche il suo:

“ Bah, sciocchezze! Abbiamo affrontato di peggio nel corso della battaglia contro Sauron.”

“ Si, ma non eravamo in undici contro un esercito intero.”

Gli disse calmo Legolas, seduto di fianco a lui, mentre di fronte, per la prima volta da quando la conosceva, vi era Luthien, occupata a giocherellare con le ciocche dei suoi capelli lucenti, fra Merry e Pipino.

“ Ha ragione. Avremmo bisogno di più alleati possibili, per estirpare definitivamente il male dalle sue fondamenta.”

Edward sorrise alle parole del sovrano di Minas Tirith, e disse con la sua voce vellutata.

“ Su questo, non me ne preoccuperei.”

Tutti lo guardarono perplessi, mentre lui continuava a sorridere cordiale, con le mani incrociate, poste davanti al mento.

“ A dire il vero, signori, io e i soldati del mio personale esercito, non vedevamo l’ora di impugnare le armi e scatenare una guerra in grande stile.”

Detto questo, voltò lo sguardo verso Ser Falcum, che ricambiò il sorriso malizioso.

“ Dico bene, Ser?”

“ Dice benissimo, Sir!”

Esclamò Falcum, voltando lo sguardo e facendo si che un raggio di sole, filtrato da una vetrata trasparente, investisse i suoi capelli lisci e di un colore simile alla pece.

“Di recente ho firmato un trattato di pace duraturo con il regno di Ruer, che diventerà permanente non appena sposerò la donna che sta entrando con la furia impressa nei suoi splendidi occhi azzurri.”

Ad ogni parola, molto simile ad un sussurro, si accompagnava un passo leggero ma sonoro, la cui proprietaria era la principessa di Ruer, futura regina di Holmes, che sotto lo sguardo di molti, si sedette all’altro capo del tavolo, con aria imbronciata.

“ Ovviamente questo si celebrerà dopo la fine della suddetta guerra, ma date le circostanze, state pur certi che Sir Rayon, signore di Ruer, ci appoggerà fino all’ultimo uomo e suono di spade incrociate.”

“ Mio padre potrà anche appoggiarti, ma io di certo non ti sposerò.”

Gli disse Diana, annusando quasi distratta una rosa rossa come le sue labbra.

Edward alzò gli occhi al cielo.

“ Ci risiamo. Eccola che ricomincia. Ah, le donne! Le guerre sono una passeggiata al confronto.”

Molti risero di quella battuta, ma lo sguardo tempestoso di Diana li fulminò, soprattutto Merry e Pipino, che si crogiolavano dalle risate.

“ Io non ci trovo nulla di divertente.”

Sibilò, incapace di trattenere la rabbia.

I due hobbit smisero di colpo, deglutendo quasi spaventati.

“ Dopo che tutto questo sarà finito, ritornerò a Ruer.”

Comunicò la ribelle Diana, di una bellezza quasi selvaggia, raddolcita dai lineamenti delicati del suo volto pallido, mentre i capelli di un riccio stretto e indomabile, si proiettavano in tutte le direzioni, come la criniera di una leonessa imponente. Come Sir Edward, anche Dama Diana era molto giovane, forse di qualche anno meno di lui.

“ No, non lo farai.”

Disse convinto il suo futuro sposo, osservandola con uno sguardo dolce, nonostante l’espressione quasi dura.

Diana alzò lo sguardo in segno di sfida.

“ Si, invece. È una follia e tu lo sai.”

Quasi urlò, furiosa. Anche Gimli arretrò di poco sulla sedia, portandosi involontariamente vicino a Legolas, che sogghignò divertito.

“ Pensala come vuoi. Ma hai preso un impegno e devi rispettarlo, che ti piaccia o no.”

La rimproverò ora serio.

“ No, non voglio. È un’ingiustizia. Questo non è stato un impegno preso da me, ma da mio padre.”

“ Adesso basta, Diana. Smettila di comportarti come una bambina viziata.”

Per un momento si guardarono in cagnesco, incuranti dei presenti, mentre uno stato di tensione assoluta occupò l’intera stanza. Quando Diana si sentì ormai sopraffatta da quegli occhi dorati così intensi ed espressivi, voltò lo sguardo brillante di lacrime di collera, e si morse le labbra nervosa.

“ Io voglio tornare a casa.”

Sussurrò con le guance arrossate per l’amarezza, mentre una lacrima silenziosa sgorgò ribelle.

Frodo e Sam si guardarono dispiaciuti. In fondo era solo una ragazza, evidentemente confusa sul suo avvenire, in un regno a lei estraneo.

 Inaspettatamente, una mano affusolata e candida come la sua pelle gliela asciugò con due dita, e la fanciulla si ritrovò ad incontrare gli occhi caldi, avvolgenti e color topazio di un Edward premuroso.

“ Ma tu sei a casa.”

Le disse, con la sua voce caldissima e vellutata.

Diana gli sorrise, mentre i suoi occhi e la sua espressione si raddolcirono con un sospiro, catturando fra le sue piccole mani quella di lui.

Fu proprio in quel momento di riconciliazione che suonò la campana d’allarme.

Aragorn e Gandalf, seguiti da Taras, Will e Legolas si alzarono in contemporanea. Luthien alzò il viso di scatto, con ancora una ciocca dei suoi capelli castani fra le dita. Frodo sentì la gemma ridestarsi dal suo apparente torpore, assumendo una posa ansiosa, ma Sam lo tranquillizzò con i suoi occhi caramellati e sicuri. Merry e Pipino rimasero sbigottiti ed increduli e si guardarono per darsi coraggio a vicenda. Gimli quasi cadde dalla sedia per l’impeto che ci mise per alzarsi.

Ser Falcum si precipitò alla finestra di vedetta, voltandosi subito dopo verso il suo re che si era avvicinato svelto e felino verso la sua persona, attento ad ogni sua parola.

Il lampo che vide nei suoi occhi muschiati non lasciava dubbi.

“ Ci attaccano.”

 

 

 

Ed ora, ecco a voi, signori e signore…

L’angolo dei saluti:

 

Fanny91: Sono contenta che ti sia divertita in vacanza e sono felicissima che ti sia piaciuto anche questo decimo capitolo ( WOW già 10!!!XD) !!! Vedo che Herion ha fatto colpo su molte di voi!!! Ne sono entusiasta!! Vedremo se ricomparirà nel corso della storia ( non posso anticipare nulla, sorry!!! ;D)!!! Spero che tu abbia apprezzato anche il personaggio di Sir Edward ( che io adoro particolarmente!) !!! Vedrai che combinerà nel corso delle avventure della nostra Compagnia!!! Si, rido da sola quando scrivo le scenette comiche tra Legolas e Gimli mentre combattono!!! Hihi!!! Ma il personaggio che prediligo di più è sicuramente Luthien e sono contenta che anche tu la apprezzi così tanto!!! Ami le mie descrizioni??? Oh, quale onore, grazie mille!!! Bacioni e al prossimo commento!!! Fuffy91!! ^__^

LadyElizabeth: Mia cara Elizabeth, posso affermare con certezza assoluta che sei mitica!!! Ti lascio immaginare la scena: io che ridevo da sola davanti al computer, mentre leggevo il tuo strepitoso commento, soprattutto il tuo attimo di follia, e mia sorella che mi guardava e scuoteva a testa come a dire: “ Questa è matta!”.Strano che non se ne sia mai accorta in 16 anni, no?? Detto questo, passo alla risposta della tua favolosa recensione; innanzitutto, sono contentissima che ti sia piaciuta la sena degli specchi e dei riflessi e quelle durante la battaglia nella Foresta dei Vel, con protagonisti indiscussi Aragorn ( non svenire mentre lo nomino!), Legolas ( definiamolo pure un Dio Greco versione Elfo!) e Gimli ( il nanetto rossiccio!!) !!! Come hai potuto vedere, anzi leggere, il nostro avvenente Sir Edward ha intenzioni buone e pacifiche ed è del tutto intenzionato ad aiutare i nostri eroi!!! Speriamo bene!!! Detto questo, grazie mille volte per il tuo impeccabile commentino e al prossimo cap!!! Baci baci Fuffy91!!! ^__^

Mel: Cara Mel, devo dire che i tuoi commenti sono sempre quelli più dolci e riflessivi, mi piacciono molto!!! Sei pessimista??? Non lo avrei mai detto!! Allora hai molte cose in comune con il nostro Frodo!!! Prima di tutto, sono arci contenta che tu abbia apprezzato la scena dei riflessi e soprattutto quello del nostro amico hobbit in comune!!! Hihi!!! Si, Herion non parte con loro, però abbiamo sempre la “ dura guerriera” Luthien, anche se, riprendo le tue parole, anche lei, in fondo ha un cuore! È un po’ brusca, ma in fondo sa essere anche divertente quando vuole. Basti pensare a come punzecchia Will, uno dei personaggi più appassionati, sinceri, ironici e svitati che abbia mai creato ( lo adoro!! La storia non avrebbe quel non so che senza di lui, a mio parere!). Uhm…non so dirti se Luthien sia “ impegnata” con il nostro Legolas ( anche se, quest’ultimo spera ardentemente, nel suo intimo, che sia vero!) ma d’altra parte, chi può dire cosa passi nella mente di quella principessa guerriera elfo??? Hihi!!! Purtroppo, non so dirti se entrerà o meno un altro personaggio femminile nel “cast”, come tu affermi…ma mai dire mai, nella vita!!! Grazie alla millesima potenza del tuo commento e al prossimo capitolo!! Baci baci Fuffy91!!! ^__^

 

 

Ed ora, cari amici lettori e care amiche lettrici, misteriosi ed enigmatici come sempre e che on mi deludono mai, un grazie sincero anche a voi tutti e a prestissimo!!! Baci baci Fuffy91!!!

^_________________________________________^

P.S.: Ragazzi, inizia la scuola ( di sabato, poi! Che scemenza!!!)!!! Che tragediaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!! Ehm…perdonate lo sfogo!!! Ma io continuerò a scrivere e terminerò questa splendida storia, volente o nolente, cadesse il mondo!!! Bacioni Fuffy91!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


C11

“ Alzate il ponte! Rinforzate le mura di cinta! Difendete la fortezza!”

Urlò Ser Falcum percorrendo i luoghi del castello, incoraggiando i soldati del regno di Holmes ad impugnare le armi, per difendere il loro popolo e il loro re.

Sguainando la spada, Falcum trafisse con il suo sguardo verde foglia i visi tirati per la tensione di tutti i membri della Compagnia della Gemma del Destino, che lo seguivano ad ogni passo, scrutando raccapricciati lo spettacolo di malvagità che si presentava in primo piano, davanti alle solide mura del castello in pietra massiccia.

“ Ma come è possibile? Attaccano di giorno?”

Si chiese quasi fra sé Taras, osservando le fila degli orchi di Venia forzare la porta principale, cercando una breccia in quella difesa impenetrabile, con spade, lance e un tronco d’albero massiccio, i cui tonfi sordi sulla parete in legno levigato, ma resistente, fecero sobbalzare la futura regina di Holmes, con lo sguardo fiero ma il volto tetro e pallido a tradire la sua inquietudine.

“ Diana, devi andartene di qui. E alla svelta, anche.”

Disse Sir Edward, con la sua voce vellutata ma severa al con tempo, mentre camminava a passo misurato verso la sua interlocutrice e si affrettava ad allacciare i cinturini di cuoio fino della sua armatura argentata, molto simile a quella dei suoi soldati, ma più aderente e forse di metallo più ricercato e resistente.

“ Tra poco riusciranno a varcare la soglia della fortezza e uccideranno chiunque ostacoli il loro cammino. Non credo che siano così galanti e rispettosi di risparmiare la vita di una dolce donzella come te, non credi?”

Le disse regalandole quel suo classico sorriso sghembo che sortiva sempre l’effetto di far accelerare i battiti del suo cuore di ragazza, anche se il suo corpo non lanciava nessun segnale che potesse smascherarla.

“ Va nella mia stanza. Sulla parete di destra c’è una piccola biblioteca. Cerca il libro intitolato “ La mia salvezza”. Toglilo dallo scompartimento e vedrai che la biblioteca si aprirà insieme alla parete. C’è una rampa di scale che ti condurrà nelle segrete del castello. Procedi sempre dritto. Troverai una porta che ti condurrà all’esterno, dall’altra ala del castello. Continua a correre e rifugiati nel boschetto e rimani lì finché non sei certa che tutto sia finito. Sono stato chiaro, Diana?”

Le chiese osservandola con i suoi occhi color topazio, ma non riuscì a catturare i suoi occhi tempestosi, dato che lei aveva abbassato lo sguardo.

Edward ,con un debole sorriso, le alzò il capo catturandole il mento con due dita, accarezzandoglielo con il pollice.

“ Diana, hai capito le mie istruzioni?”

Le chiese gentilmente e in un solo sussurro.

Diana, incapace di parlare annuì e lo abbracciò stretto, affondando entrambe le mani nei suoi capelli bronzei, accarezzandoglieli quasi disperata.

“ Edward…io…Edward…”

Disse in preda ai singhiozzi Diana, nascondendo il volto arrossato e rigato di lacrime di amarezza sulla sua forte spalla.

Edward le cinse la vita ricambiando l’abbraccio delicatamente, annusando il profumo dei suoi ricci stretti ed indomabili, intrecciandoli tra le dita affusolate, aggrottando le sopracciglia e serrando le labbra al pensiero che forse avrebbe potuto farlo per l’ultima volta. A malincuore si distaccò dall’abbraccio ,consegnandole un pugnale, con fodero intagliato nel legno con impressa una rosa e una spada incrociate, fregio del suo reame, tra le mani tremanti.

“ Prendi e spera di non doverlo usare.”

Diana lo ringraziò con appena un bisbiglio, mentre allacciava il suo dono ,con un nastro azzurro, attorno al suo giro vita. Poi ,asciugandosi gli occhi con il dorso della mano, non ebbe il tempo di accorgersi che Edward le aveva preso la testa tra le mani grandi, marchiandole la fronte con un bacio caldo e disperato.

Si guardarono per l’ultima volta negli occhi e lasciandola andare del tutto, le sussurrò con voce caldissima ed accorata.

“ Và, Diana, và!”

E guardandola correre, il sovrano di Holmes sospirò amareggiato, bisbigliando fra sé e sé:

“ Và…amore mio.”

Poi ,osservando l’esercito di orchi ai piedi della sua fortezza, la sua espressione si indurì e serrò la presa sulla spada che portava infoderata sul fianco destro, smanioso di denudarla e bagnarla del loro sangue.

“ Falcum!”

“ Si, mio signore?”

“ Qual è la situazione?”

Lo videro chiedere con un’autorità e una voce perentoria ,che non ammetteva tentennamenti, inimmaginabili  Aragorn e Taras ,che si scambiarono uno sguardo stupito, seguito poi da un sorriso di ammirazione per quel giovane re.

“ Gli orchi hanno circondato l’area sud del castello. Vogliono cercare di entrare nella porta principale, come voi già sapete. Le vedette stanno scagliando frecce contro di loro incessantemente, diminuendone il numero, anche se lievemente.”

“ Possiamo dire approssimativamente quanti sono?”

500.”

Disse Legolas, scorgendo attento con i suoi brillanti occhi elfici la macchia nera che chiazzava ,con la sua perfidia, il verde rigoglioso di quelle terre magnifiche.

Tutti lo osservarono costernati, tranne i membri effettivi della sua Compagnia, tra cui Aragorn che gli si accostò al fianco, guardando pensoso nella sua stessa direzione, mentre un venticello freddo faceva ondeggiare dietro le sue spalle le onde lucenti dei suoi capelli castano scuro.

“ Non sono poi così tanti.”

Costatò, facendo increspare di un sorriso le labbra ,dalla linea elegante, di Legolas, finché non vide un orco scagliarsi contro Aragorn dall’alto, usando lo slancio ricevuto da un suo amico troll dal basso. Lo scostò con un solo movimento e quando si voltò, lo vide a pochi centimetri di distanza, con la spada a solleticare la pelle candida del suo collo, con la bocca aperta e gli occhi sbarrati.

Senza capire, seguì il movimento della spada impolverarsi sul pavimento una volta scivolata dalle sue mani, udendo più del lecito il tonfo della sua carcassa cadere in terra, sulla schiena visibile una freccia con piume bianche, che era riuscita a perforare la sua robusta armatura e a trafiggergli il cuore, tanto la violenza con cui era stata scagliata.

“ Ora sono 499.”

Affermò una voce delicata e melodiosa, la cui proprietaria era seduta comodamente sul cornicione merlettato della balconata, tendendo una nuova freccia dal suo arco bianco e delizioso nei particolari.

“ Incredibile! Siete stata agilissima, complimenti!”

Disse Falcum ad una Luthien distratta, con una luce d’ammirazione negli occhi verdeggianti.

Quasi imbronciata, saltò giù sinuosa dal cornicione e si diresse ,velocissima ad occhio nudo, tanto che riapparve a tutti ,dall’altra parte della balconata a scagliare frecce infallibili come fulmini divini.

“ Niente rancori, messer.”

Disse con uno dei suoi sorrisi accattivanti Will ad un Falcum frastornato, e impugnando anch’egli le impugnature delle sue spade leggendarie, e facendo un occhiolino incoraggiatore a Merry ,che lo ricambiò con un sorriso, sguainò con un sonoro sciabolare le zanne lavorate del leggendario drago Amlach. Si portò verso la sua compagna e saltò la balconata, non dopo aver sussurrato qualcosa a Luthien in un orecchio, che le fece alzare gli occhi al cielo, rassegnata.

“ Grazie, Legolas.”

Disse Aragorn, sguainando a sua volta la spada e sorridendo ad un Legolas ancora stupito, ma che ricambiò prontamente, riscuotendosi da quell’apparente torpore:

“ Di nulla.”

E impugnando a sua volta il suo arco, tese velocemente una freccia con piume tricolori, per poi scoccarla in direzione di un orco ,che cercava di scavalcare le mura con l’uso di una rozza corda.

Aragorn e Gimli scesero sullo scenario principale della battaglia, appena in tempo per vedere Will trafiggere con un attacco incrociato tre orchi in una sola volta, che più che per il dolore delle ferite riportate, sembravano lamentarsi per le scottature che marchiavano internamente le lame di Amlach che ,con il loro alone infuocato, evaporavano all’istante il sangue delle loro vittime, apparendo sempre luccicanti ed mai utilizzate.

Il sorriso di William era compiaciuto ed euforico insieme. Non lo avevano mai visto realmente combattere, se non occasionalmente, una volta alla reggia di Minas Tirith, e un’altra ancora nella Foresta dei Vel, ma nelle vesti di protagonista indiscusso di un’intera battaglia.

Bisognava ammettere che l’avvenente giovanotto dal sorriso accattivante e dalla battuta sempre pronta cedeva radicalmente il posto ad un irriducibile guerriero dagli occhi di fuoco e dal ghigno omicida. Ad Aragorn tornarono alla memoria le parole di Taras all’uscita delle porte di Gondor e a Gimli vennero i brividi a fior di pelle a quella seconda immagine del giovane Brown, e ringraziò i suoi antenati che fosse suo alleato.

Dal canto suo, Will colpiva, trafiggeva e uccideva orchi e goblin a destra e a manca, godendo ad ogni sferzata, in un crescendo di eccitazione, che lo faceva apparire agli occhi di una sua graziosa ammiratrice, un feroce e bellissimo dio assassino, tanto da guardarlo stupita ed intimorita al con tempo.

“ Le consiglierei di fuggire, mia signora.”

Le disse dopo aver abbattuto l’ennesimo orco. Lo sciabolare delle sue lame nel fendere l’aria circostante la fecero sussultare e per tranquillizzarla, Will le regalò uno dei suoi sorrisi più belli.

La povera servitrice sembrava più spaventata da lui che nemmeno dagli orchi che avrebbero potuto ucciderla senza alcuno sforzo, come accadde in quel preciso istante. Ma il suo urlo di terrore morì sul nascere quando vide Aragorn trafiggerlo e farlo cadere a terra morente. I suoi occhi smeraldini erano sicuramente più rassicuranti di quelli azzurro trasparente e velati da una sfumatura di follia dovuta allo scontro, del suo compagno, tanto che riuscì a strapparle un sorriso di riconoscenza e un ringraziamento bisbigliato in un sussurro.

“ No, non ringraziatemi. Presto, ora: fuggite!”

Le intimò calmo e con la sua voce profonda e la fanciulla corse nella direzione che le aveva indicato il suo salvatore.

Will scosse la testa ,sorridendogli.

“ Non è giusto! Io l’ho salvata per primo, eppure sei tu che hai avuto successo!”

Aragorn trattenne a stento una risata e fece spallucce, scatenando una sua risata fragorosa.

Entrambi e Gimli, impegnato a tenere il conto dei nemici che faceva cadere a terra come mele mature, alzarono lo sguardo per scorgere la figura del giovane signore di Holmes saltare la balaustra in pietra della scalinata che conduceva nel cortile, teatro dello scontro, e colpire alla giugulare con la sua spada un Uruk-hai ringhiante. Con un sospiro e un mezzo sorriso, che sembrava più il ringhio di un ghepardo pronto a scattare sulla preda, ne trafisse un altro e un altro ancora, fino a che la fila dei nemici si allungò, evidentemente dopo aver compreso chi fosse realmente l’uomo con cui stavano combattendo, ed entrarono in scena, fianco a fianco, Taras e Falcum, per correre in suo soccorso.

Aragorn, Will e Gimli si sorrisero e si unirono a loro, formando ,così, un piccolo esercito di valorosi guerrieri, mentre ai piani superiori, Legolas e Luthien scoccavano le loro frecce per impedire agli orchi di risalire le mura del castello, quasi in sincronia, mentre Gandalf e i quattro hobbit uniti, contribuivano nell’esito della battaglia.

Fu un susseguirsi di spade incrociate, urla di dolore e di vittoria, magie difensive ed abilità guerriere innate o mai svelate. Frodo sentì la gemma affievolire la sua luce, e fu allora che con ancora la spada luccicante ricoperta di sangue e Sam, Merry e Pipino che davano insieme la scoccata finale ad un orco resistente, si affacciò titubante al parapetto e tra l’insenatura di una merlatura vide i soldati di Holmes esultare, i suoi compagni riporre le armi sorridenti o sospiranti e Sir Edward pulire la sua spada su un lembo dell’armatura di un orco e sorridere gioioso ad un Falcum trionfante.

Scorse con la coda nell’occhio Legolas e Luthien riporre anch’essi i loro archi e le loro frecce mai scoccate, per poi sorridersi a vicenda, il primo luminoso e la seconda a fior di labbra, per poi allontanarsi furtiva, e sentire, infine, l’urlo di gioia dei suoi amici della Contea, dietro le sue spalle e la mano destra ,ancora un po’ annerita, di Gandalf posarsi sulla sua spalla. Incontrò i suoi occhi azzurri e sornioni, e ricambiò il suo sorriso soddisfatto.

“ Si, Frodo. La battaglia è stata vinta, nel regno di Holmes.”

“ Si, ma…la guerra è ancora aperta e segnerà il nostro cammino e quello di coloro che incontreremo, dovunque andremo.”

Disse Frodo, con un velo di tristezza ad incupire i suoi occhi cristallini e la sua voce leggera.

“ Si, è così.”

Fu la placida risposta di Gandalf, a cui Frodo rispose con un sospiro di delusione. Lo stregone bianco lo osservò, con il capo chino rivolto al pavimento murato, e sorrise enigmatico.

“ Ma non dobbiamo disperare, Frodo. Perché altrimenti, faremo il gioco del nostro nemico.”

Una pausa, in cui portò lo sguardo verso i festeggiamenti per la rivincita contro Venia, dei soldati di Holmes e dei suoi compagni, che discutevano allegramente.

“ La disperazione e l’angoscia sono sentimenti che sono devoti, molto spesso, ad opprimere il coraggio. Solo avendo fiducia in sé stessi e negli altri, è possibile demolire il più terribile e massiccio dei macigni.”

Continuò, voltandosi verso un Frodo attento:

“ Basta avere i picconi più robusti.”

Frodo ricambiò il suo sorriso.

“ Quindi ricorda, mio buon Frodo: non cedere alla disperazione prima ancora che essa ti abbia sfiorata e, quando sei in preda al dubbio, cerca in te stesso la risposta che sarà sicuramente la più giusta, oppure, trova conforto e sostegno negli amici che ti amano.”

Frodo annuì alle sagge parole del suo caro amico, che lo vide allontanarsi pieno di nuova speranza con i suoi amici, al fianco di un premuroso Sam.

Scrutò le nuvole dense e grigiastre trasportate dal cielo plumbeo che ricopriva le terre morte della Signora delle Tenebre, aggrottando le sopracciglia in preda al più intricato ed inaccessibile dei pensieri, mentre un vento di vita gli solleticava il viso e i capelli di un bianco accecante.

Fu in quel momento che lo udì, agghiacciante nella sua mente. L’urlo di Venia, un urlo di sconfitta.

Sir Edward corse verso il boschetto, raggiante come non mai, contando i secondi che lo separavano dal riconcilio con la sua amata. Era certo che, con le sue istruzioni, Diana sarebbe riuscita a fuggire indenne dallo scontro.

Seguito poi da Ser Falcum, Taras ed Aragorn, smontò da cavallo appena sopraggiunto ai piedi del boschetto verdeggiante, alle prime luci del crepuscolo, e fu proprio un raggio di quel sole rossastro a rivelare l’immagine di un orco, ormai esanime, vicino ad un alto tronco di un salice piangente, e poco più in là, un pugnale ricoperto di sangue bluastro tra i fili d’erba ,morbidamente arcuati e mossi dal venticello leggero mollemente. Preoccupato, lo raccolse con le mani delicatamente e lo osservò da vicino. Intagliati sul suo manico in legno levigato, vi erano una rosa spinosa e una spada incrociati fra di loro. Non vi era alcun dubbio: era il suo pugnale, la piccola arma che aveva consegnato a Diana prima di correre verso una salvezza che, in quel momento, per Edward, non risultava più tanto certa.

Lentamente portò nuovamente i suoi occhi dorati sull’orco decaduto, poi sul pugnale e lasciandolo cadere a terra con malagrazia, corse verso il folto del boschetto, urlando a gran voce il nome della principessa di Ruer.

Intanto, i suoi compagni, smontati uno ad uno dalle rispettive cavalcature, corsero con lo sguardo ai due elementi estranei al suolo verdeggiante, per poi circoscriverli e raggiungere il giovane in ansia.

Aragorn si soffermò più del dovuto a scrutare attentamente l’orco trafitto mortalmente, finché il suo occhio esperto non cadde su alcune orme lasciate sull’erba, che si susseguivano molto rapidamente.

Le tastò con le dita delicatamente, poi con l’intero palmo della mano, misurandone l’ampiezza. Sorrise quello che fu, un tempo, il ramingo del Nord. Erano le tracce lasciate da Diana.

Le seguì istintivamente, senza curarsi di avvisare gli altri, fino a giungere ai piedi di una grande quercia, poco distante dallo scenario dello scontro.

Lo circoscrisse lentamente, scrutandolo in ogni direzione, dalle radici, fino alle alte fronde, senza successo, fino a che non sentì un mugolio provenire ,quasi paradossalmente, dall’interno della quercia stessa. Aragorn accostò l’orecchio sul tronco rugoso, in ascolto di un qualche segnale, che prontamente arrivò, con un rinnovato mugolio, in cui riuscì a distinguere le parole “E” e “Ard”.

Quasi precipitosamente, scostò alcune foglie che, con sua enorme sorpresa, celavano un grande incavo all’interno del tronco d’albero.

Si accostò e con un sospiro di sollievo, vide la principessa raggomitolata su sé stessa, con solo i folti ricci e la lunga gonna azzurro oltre mare, nascondere il suo corpicino tremante e il volto rigato di lacrime, forse dovute alla paura e alla disperazione.

Delicatamente, per non turbare il suo apparente sonno, Aragorn tese le braccia e la riportò alla luce rossastra e dorata del tramonto, togliendole alcune foglie dai capelli mentre la avvolgeva in un rassicurante abbraccio, come avrebbe fatto anche per un bambino indifeso.

“ Edward.”

La sentì bisbigliare con la voce rauca per il pianto.

“Edward.”

“ Non preoccupatevi, mia signora. Presto lo rivedrete.”

Le sussurrò Aragorn, cercando di tranquillizzarla, riscuotendo il risultato voluto. Infatti, la fanciulla sorrise e si strinse istintivamente al suo ritrovatore, come una bambina bisognosa di conforto.

Appena li vide superare un alto faggio, Edward sospirò e corse verso di loro, ringraziando felice Aragorn:

“ Vi ringrazio, Sir Aragorn. Non lo dimenticherò.”

E ad un cenno solenne del capo da parte del suo interlocutore, in segno di risposta, con un nuovo sorriso ad increspare le belle labbra modellate, Sir Edward accolse tra le sue braccia il corpo di Diana, tenendola stretta a sé come un gioiello prezioso, affondando il viso nella sua massa di ricci ribelli e annusandone il profumo di rugiada.

Quando ritornarono alla reggia, tutto era ritornato al proprio ordine. Edward affidò Diana alle cure dei medici e delle dame di corte, insieme ad un precetto in ansia per la sua sorte. Aragorn e Taras si unirono ai loro compagni e riunitisi tutti nella sala dei banchetti, inaugurarono i primi bagliori lunari della sera con una festa in lode alla loro vittoria.

 

 

Perdono, perdono, perdono!!! Ritardo immenso, immensissimo!!! Ma, vedete…scuola, compiti, compiti in classe, 25esimo anniversario dei miei…eh, una si stressa, primo, secondo, devo confessare che la vena ispiratrice si era fatta sentire di meno, ultimamente (mente affollata, cercate di comprendere!!!). Ma adesso, bando alle giustificazioni e passiamo all’attesissimo…

 

L’angolo dei saluti:

 

LadyElizabeth: Il tuo spettacolo di uomo, mia cara Elly, viene messo in rilievo anche in questo cap, come hai potuto leggere!!! Sono contentissima, come sempre, che ti sia piaciuto il mio cap precedente, come sarò arci-contentissima se apprezzerai anche quest’ultimo!!! No, dai…così arrossisco!!! Paragonarmi a Tolkien!!! È un onore se non un privilegio!!! Oh Dio!! Mi sto Tolkionizzando!!! Parlo come Aragorn!!! Hihi!!! Ti sono piaciuti i soprannomi, vedo?? Bene, bene!!! Tranqui, il prossimo cap ( Attenzione: Spoiler, spoiler!!!), sarà tutto dedicato al nostro Dio Greco versione Elfo, ma non è detto che ci saranno sviluppi di qualche genere fra la nostra ipotetica coppia elfica!!! Hihi!! Basta, non dico altro, altrimenti…che gusto c’è a leggerlo, poi!!! Grazie di tutto, Elizabeth e a prestissimo ( ‘sta volta, dico sul serio!!!)! Baci baci, Fuffy91! Ciaoooo!!! ^____^

 

Mel: Mel, Mel!!! Non vi ho abbandonato!!! Scommetto che vorresti ammazzarmi, dì la verità??? Mi dispiace!!! Sono enormemente in ritardo!!!! Mi scuso ancora!!! Sob, sob…me misera!!! Beh, però sono qui e ti ho regalato un altro cap pieno di colpi di scena!!! Spero ti sia piaciuto con lo stesso entusiasmo dei precedenti e che me lo farai sapere al più presto!!! Ed ora, passiamo alla risposta al tuo ultimo comment: però, che occhio!!! Ebbene si, lo ammetto: mi sono ispirata, leggermente, all’Edward di Twlight ( libro meraviglioso, di cui leggerò anche il seguito e che invito a fare a molte di voi, care amiche lettrici! Oh…Pubblicità Occulta!!! Vermone di Fiorello!!!Hihi!!! è certo: deliro!!!), anche se, ti posso assicurare e forse sarò costretta a deluderti, questo Edward non è poi tanto complicato come il personaggio di Stephanie ( non è un vampiro o cose del genere, tranqui!). Per quano riguarda i suoi rapporti con Diana…beh, può darsi…hihi, rimango sull’ambiguo, poi vedrai, vedrai!!! Ancora grazie per i tuoi meravigliosi commenti e, tranqui, mi piace questo tuo lato di trovare complicazioni ovunque! Io le trovo soprattutto con i compiti di mate!!! Hihi!!! Bacioni e a presto (promesso!!) Fuffy91!! ^____^

 

Fanny91: Supposizione azzeccata, quindi il tuo cervellino non penso sia tanto malato, ma si avvicini, piuttosto, a quello di Agata Christie!!! Hihi!!! Ebbene si: come ho già esposto a Mel, mi sono ispirata più o meno ad Edward Cullen, che adoro come se fosse reale!!! Sono contenta che comunque ti piaccia, come sono contentissima che tu abbia apprezzato il mio penultimo cap e, spero, anche l’ultimo ( ma approssimativamente!!). Grazie per il tuo incoraggiamento scolastico!! A presto e bacioni di cuore Fuffy91!!! ^____^

E ovviamente, bacioni anche a tutti voi, lettori e lettrici misteriose!!! Un saluto di cuore palpitante di gratitudine anche per voi tutti!!! Continuate a seguirmi sempre, mi raccomando!!! Non ve ne pentirete!!! Baci Baci e a prestissimo Fuffy91!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


C12

Quando Diana riaprì gli occhi azzurro tempesta, la prima cosa che vide fu il bagliore luminoso della fiamma della candela appoggiata accanto al suo comodino in mogano, riuscendo a seguire il corso di una goccia di cera scivolare velocemente e cadere sull’appoggio in oro puro.

Aprì e chiuse le palpebre due o tre volte, per poi volgere lo sguardo verso il tetto morbido e trasparente del suo letto a baldacchino, con tende color verde smeraldo, come gli occhi di quel re venuto da lontano, dalle Terre di Mezzo. Le sembrava di aver udito la sua voce in quei momenti di terrore, dovuti allo scontro, ancora vivido nella sua mente, con quell’orco sbucato dal salice piangente, all’inizio del boschetto, che evidentemente l’aveva scorta durante la penetrazione dalle mura del castello, e aveva deciso di seguirla per proclamare la sua morte con la sua spada assassina.

Rammentò il brivido di pura paura che l’aveva scossa interamente, e forse avrebbe dovuto ringraziare i suoi buoni riflessi che l’avevano spinta a schivare il suo colpo, che le aveva solo strappato un lembo della manica del vestito e al suo istinto di sopravvivenza ,che l’aveva portata a trafiggerlo con il pugnale di Edward, una volta che aveva cercato di immobilizzarla con il peso del suo corpo, al suolo verdeggiante.

Una volta scansatolo, aveva lasciato cadere il pugnale ed era fuggita, senza sapere il perché del suo timore improvviso. Si era nascosta nell’incavo di quella grande quercia, ricoprendolo con una massa di foglie e poi…e poi…il nulla l’aveva inglobata.

Ed ora si ritrovava nel suo letto, in compagnia di una candela accesa e di un irreale silenzio, intorno a lei. Si portò una mano sulla fronte, sorprendendosi di quanto fosse debilitata, e massaggiandosi le tempie doloranti, a causa di un mal di testa martellante.

Improvvisamente, sentì una mano tiepida scostarla delicatamente, per poi poggiarvi una pezzuola fresca, che subito le provocò un sollievo immediato.

Senza curarsi di chi fosse stato ad accudirla, forse una delle sue dame di compagnia o un medico di corte, sorrise debolmente e mormorò un ringraziamento:

“ Grazie.”

A quel punto, fu sorpresa di sentire una voce tanto familiare e così tanto gradita:

“ Non devi ringraziarmi di nulla, Diana.”

Quest’ultima si portò a sedere di scatto, facendo cadere sul lenzuolo di lino color panna la pezzuola, ora diventata calda, a contatto con la sua pelle, spalancando la bocca e sgranando gli occhi per la meraviglia. Lì, seduto comodamente su una sedia e con un sorrisino beffardo ad increspare le belle labbra modellate, con le gambe incrociate e le mani affusolate intrecciate sul suo grembo, c’era Edward, l’uomo che, dopo quella epocale guerra, sarebbe diventato suo marito e il suo nuovo re.

“ Cosa…cosa ci fai qui?”

Gli chiese dopo un attimo eterno, riscuotendosi da quel momento di torpore.

La risata che sgorgò dalla sua gola e dalla sua bocca vibrò nelle sue orecchie come il più bello dei suoni, e questo la sconcertò e la tranquillizzò contraddittoriamente.

“ Come sarebbe a dire cosa ci faccio qui?”

Le chiese a sua volta, falsamente arrabbiato, continuando a sorriderle. Alzatosi molto lentamente, riprese la pezzuola, la sciacquò nuovamente in una bacinella posta all’altro lato del letto, su un comodino gemello, e facendola reclinare delicatamente sul cuscino in piume d’oca, le mormorò:

“ Accudisco la mia principessa malata.”

Disse tranquillamente, mentre le scostava una ciocca di ricci ribelli dalla fronte, soffermandosi ad intrecciarla tra le sue dita affusolate, come faceva di solito, facendole socchiudere gli occhi a quella dolce carezza, per poi rinfrescarla con un lembo della pezzuola, dolcemente e senza fretta, come se fosse lui il suo medico.

“ Non…non sono malata.”

Gli rispose in un soffio Diana, ancora percorsa dai brividi che le aveva procurato l’espressione “mia principessa”, uscita dalle sue labbra.

Senza contestarla, ma rispondendole con un ghigno, Edward si chinò e le baciò una tempia, facendola sussultare per la freschezza delle sue labbra a contatto con la sua pelle accaldata.

“ Si che lo sei.”

Le sussurrò, per poi depositarle un altro bacio nel centro della fronte:

“ Hai quella che i medici definiscono…”

Si interruppe per baciarle l’altra tempia e guardarla con i suoi occhi color topazio:

“…febbre da paura.”

“ Io non ho nessuna paura.”

Diana si meravigliò di rispondergli con così tanta tranquillità, dopo quel breve ma intenso assalto emotivo.

“ Adesso no, ma quando ti abbiamo trovata nascosta nell’incavo di quella quercia, si.”

Diana non replicò, e lo guardò allontanarsi da lei e risedersi nella stessa posizione in cui l’aveva scorto appena sveglia.

“ Mi hai trovata tu?”

Gli chiese, cercando di immaginarsi la sua espressione non appena l’aveva ritrovata.

“ No. Ti ho cercato nel folto del boschetto, chiamando più volte il tuo nome, ma tu non mi rispondevi. Cominciavo davvero a preoccuparmi. Ma poi è arrivato Sir Aragorn, che si era allontanato nella parte opposta, ritornando da noi con te tra le braccia. Non immagini quale sia stato il mio sollievo rivederti sana e salva.”

“ Ah, è stato Sir Aragorn? Allora non mi ero immaginata la sua voce, mentre mi rassicurava.”

Edward aggrottò le sopracciglia bronzee come i suoi indomabili capelli, quasi sorpreso delle sue parole.

“ Dovevi proprio aver provato una paura terribile se non rammenti nemmeno cosa è successo in seguito.”

Diana scosse la testa in segno affermativo, e vide Edward abbassare la testa sospirando e nascondere il viso tra le mani giunte, poste sulle ginocchia, ora divaricate.

Ci furono attimi di silenzio carichi di tensione, dove entrambi erano immersi nei loro pensieri. Finché Diana non lo sentì mormorare:

“ Mi dispiace.”

“ Come?”

Chiese convinta di aver capito male:

“ Mi dispiace di non averti potuto risparmiare questo strazio, di non aver saputo proteggerti come avrei dovuto. Se puoi, perdonami, Diana.”

Perché le stava chiedendo perdono? Che fosse davvero convinto delle sue parole? Era davvero convinto che non l’avesse protetta a dovere? Come si sbagliava! Era solo a lui che doveva la vita e a nessun altro. Scivolando lentamente sul morbido materasso e scostando le coperte impercettibilmente, incurante di avere solamente una leggera camicia da notte leggermente scollata e di un colore azzurro pallido, gli toccò quasi timorosa le dita intrecciate, a cui lui rispose con una scatto del capo e incatenando i suoi occhi d’oro fuso con quelli tempestosi e dolci di lei, un’espressione che non le aveva mai visto prima e che lo lasciò esterrefatto.

Inginocchiandosi alla sua persona, gli disse accorata e sincera come non lo era stata mai prima di quel giorno nei suoi confronti.

“ Edward, non devi rimproverarti di nulla. Anzi, sono io che dovrei chiederti perdono di non essere la donna temeraria che tu vorresti al tuo fianco. Da quando sono venuta a vivere qui, con te, in questo castello, ad Holmes, ti ho solo provocato disturbi ed impicci, ricevendo da me solo ritrosie e litigi. Vedi io…all’inizio ero arrabbiata con te e con mio padre, perché entrambi avete avuto la libertà di decidere della mia vita , del mio futuro, solo con un misero pezzo di carta. Holmes è sempre apparso ai miei occhi come una prigione dorata, di cui non riuscivo a trovare una via di fuga. E tu, il mio carceriere…il mio bel carceriere, che un giorno avrei dovuto sposare, non importa se dopo o prima della guerra. Decisi di non aver nessun contatto con te, che sarei stata più distaccata possibile nei tuoi confronti. Avevo anche progettato di esasperarti a tal punto che prima o poi mi avresti scacciata dal tuo castello. Ero così disperata ed infelice della mia sorte ,che avrei preferito il disonore e l’esilio piuttosto che vivere il resto dei miei giorni in un paese che non amavo e che consideravo estraneo, accanto ad un uomo che avrei finito con l’odiare fino alla morte e che avrei sempre considerato come un mio nemico.”

Diana sorrise e alzò gli occhi verso quelli dorati ed intensi di lui, che non mostrava la minima sorpresa nel significato delle sue parole.

“ Ma poi, non è andata come avevo previsto. Non avendoti mai incontrato prima, credevo che fossi uno di quei vecchi e noiosi re che si credevano saggi e potenti…”

Risero entrambi a quella descrizione, per poi continuare:

“…e invece, fui sorpresa di vedere nella sala del trono, non appena giunta nel tuo palazzo, un ragazzo all’incirca della mia età, giovane, atletico e…affascinante come te.”

Voleva dire “bellissimo”, ma si trattenne, arrossendo appena.

“ Anche caratterialmente, dopotutto, avevi un certo interesse ai miei occhi, ma nonostante tutto, decisi che non avrebbe fatto alcuna differenza, che il mio piano iniziale sarebbe continuato comunque. Ma…”

Esitò, arrossendo ancora un po’:

“ Ma…?”

Incitò Edward, stringendole le mani per incoraggiarla, quasi divertito:

“ Ma è successo qualcosa che non avevo previsto…qualcosa che non avrei mai lontanamente immaginato.”

Edward serrò la stretta intorno alle sue mani, deglutendo emozionato, mentre il cuore di Diana andava a mille, ma spavaldamente, alzò lo sguardo deciso verso di lui e gli disse tranquilla con voce velata:

“ Mi sono innamorata di te, Edward. E credo di averlo capito solo ora.”

La reazione di Edward fu imprevedibile. Sciolse le sue mani con quelle di Diana, lasciando che le riponesse sul suo grembo, e cominciandole a torturare quando lo vide nascondere la bocca tra le sue mani giunte e con le dita incrociate, quasi nella stessa posizione di poco prima, con gli occhi chiusi e le gambe che vibravano, nervose. Diana portò lo sguardo verso il pavimento, credendo in un suo rifiuto. E fu solo quando lo sentì sospirare che decise di rompere quel silenzio imbarazzante:

“ Edward…”

“ Ti prego, non dire più nulla.”

La interruppe lui, facendola alzare e andare verso il letto, a capo chino e con le prime lacrime di delusione ed amarezza che cominciavano a luccicare nei suoi occhi, troppo orgogliose per sgorgare libere sulle sue guancie.

“ Si, capisco.”

“ No, tu non capisci.”

Quasi le urlò Edward, alzandosi di scatto anche lui e raggiungendola con sole due falcate e prendendola per le spalle ,scuotendola leggermente.

“ Tu non capisci affatto.”

Le mormorò con la sua voce caldissima a pochi centimetri dalle sue labbra, con la fronte appoggiata alla sua. Quasi con un moto di sollievo, catturò la sua bocca in un bacio da togliere il respiro, stringendola a sé con dolcezza e passione insieme.

“ Oh, Edward…”

Le bisbigliò Diana, una volta staccatosi dalle sue labbra.

“ Ti amo.”

Le disse in un sussurro, per poi trascinarla in un altro bacio intenso, ma più breve del precedente:

“ Ti amo, Diana.”

Un altro bacio.

“ Dimmelo.”

Le disse, baciandole la guancia e brevemente le labbra ancora più rosse per i baci continui.

“ Dimmelo anche tu.”

Un bacio quasi scherzoso, adesso.

“ Dimmi che mi ami, Diana.”

E prima che potesse baciarla di nuovo, Diana gli prese il viso tra le mani, accarezzandogli i capelli bronzei, morbidi e fluidi fra le dita.

“ Ti amo, Edward.”

Lui sospirò gioioso, sorrise luminoso e la baciò dolcemente e senza fretta.

Finalmente, il loro amore giovane e sincero era stato svelato e adesso potevano vivere felici e senza più segreti.

Intanto, nella sala dei festeggiamenti, come al solito, i balli e le canzoni popolari di Pipino e Merry intrattenevano e scaturivano risate gioiose e felici in tutti i presenti e mentre Taras e Ser Falcum brindavano alla loro vittoria e alla loro salute, Gandalf rideva e applaudiva a ritmo di musica lo spettacolo dei due hobbitt, Frodo scherzava con Sam, in un angolo della grande sala, Will cercava di convincere in tutti i modi la giovane servitrice che aveva salvato più di una volta, in quel combattimento ad ultimo sangue, a concedergli un ballo innocente.

“ Oh, suvvia, mia signora. È solamente un ballo. Non vi mangio mica, sapete?!”

Le disse, anche se il lampo che passo nei suoi occhi azzurro vivo, smentiva le sue parole in apparenza sincere.

La ragazza rise divertita di quel giovane straniero intraprendente, che ora, al di fuori dello scenario in cui si era disputato lo scontro, non sembrava più tanto temibile. Dopo tante insistenze, stava per cedere alle sue lusinghe, concedendogli di ballare per quella sera con lei, ma il “si” di affermazione le morì in gola, quando scorse l’immagine del suo secondo salvatore. Infatti, proprio in quel momento, Aragorn si era accomodato accanto a Gimli e a Legolas che discutevano vivacemente di un qualche argomento, sorridendo ai loro battibecchi.

“ Perdonatemi.”

Comunicò la giovane trasognata, avvicinandosi a grandi passi al tavolo dei tre guerrieri del Nord, ad un Will sorpreso e deluso al con tempo.

“ Perdonate mio signore.”

Disse la fanciulla con aria imbarazzata ad un Aragorn rilassato e meravigliato nello scorgerla ancora una volta.

“ Non so se vi rammentate di me, ma…vorrei comunque porgervi i miei ringraziamenti per avermi salvato la vita.”

“ Ma certo che mi ricordo di voi, mia signora.”

Le disse Aragorn con la sua voce calda e profonda, che stava minacciando l’equilibro emotivo della giovane ammiratrice.

“ E sono costretto nuovamente a rimproverarvi nel non ringraziarmi ulteriormente. Credetemi: era il minimo che potessi fare in quella circostanza.”

La fanciulla gli sorrise imbarazzata e felice delle sue parole, e incespicando nelle parole, gli chiese timida:

“ Perdonate allora la mia sfacciataggine…ma…potrei conoscere il nome del mio salvatore…almeno.”

“ Non vedo il motivo per cui dovrei rifiutare la vostra richiesta.”

Iniziò, alzandosi dalla sedia elegantemente, e facendola indietreggiare di qualche passo, imbarazzata visibilmente.

“ Sono Aragorn e provengo dalle lontane Terre di Mezzo.”

“ Dalle Terre di Mezzo? Così lontano?”

Aragorn e i suoi compagni sorrisero divertiti del semplice stupore della fanciulla.

“ Si, mia signora.”

“ Oh!”

Esclamò entusiasta la ragazza, unendo le mani in segno di meraviglia.

“ E voi, siete?”

“ Miriam, figlia di Lotrien.”

“ Sono onorato di conoscervi.”

Le disse, inchinandosi leggermente, rispondendo all’inchino della sua interlocutrice.

“ Ehm, ehm.”

Fu l’interruzione di William, sopraggiunto dietro le spalle di Miriam, che sorrise non appena lo vide, sorriso a cui seguì quello di Aragorn, forse più cosciente della fanciulla sulle proprie intenzioni.

“ Perdonatemi se interrompo il vostro idillio…”

Cominciò, facendo imbarazzare la giovane, che chinò lo sguardo, mentre Aragorn ammoniva con gli occhi Will, che gli rispose con un occhiolino ammiccante.

“ …ma la signorina devi concedermi ancora un ballo.”

“ Oh, è vero, avete ragione. Accettate le scuse per la mia dimenticanza.”

“ Non importa. Sono abituato ai rifiuti da parte delle donne.”

Risero tutti i presenti a quell’affermazione.

“ E comunque, non per disilludervi, ma lui è un re con tanto di regina al fianco.”

Le sussurrò Will, mentre gli altri erano ancora impegnati in un eccesso di risa dopo l’altro, dovuto anche a una scenetta comica di Pipino e Merry.

“ Oh, dite sul serio?”

Gli chiese delusa Miriam, abbassando il capo afflitta. Will si passò una mano fra i capelli, dispiaciuto di averla abbattuta, ma poi, come al suo solito, la prese tra le braccia e la fece volteggiare fino alla pista da ballo, facendola ridere di una ritrovata felicità e facendole dimenticare il piccolo dispiacere provato.

“ Quel ragazzo non cambierà mai.”

Disse Gimli scuotendo la testa, rassegnato.

“ è giovane, Gimli. Lascia che si diverta, almeno per una sera.”

Gli disse Aragorn, osservandoli compiaciuto e contento per loro, mentre Legolas sorrideva al mugolio di disapprovazione del suo amico nano, sorseggiando un boccale di birra mezzo pieno.

“ Ehi, vacci piano con quella bevanda. L’ultima volta per poco non svenivi.”

Lo ammonì Gimli, togliendogli il bicchiere dalle mani e ingurgitandone il contenuto tutto in una volta, sotto gli sguardi sorpresi dei due compagni. Ma siccome ne aveva già bevuti molti, cadde a terra con tutta la sedia. Legolas , che era riuscito a prendergli il boccale di porcellana dalle mani, prima che si fosse ridotto in mille pezzi al suolo, si sporse a guardarlo e con una smorfia divertita e mezza compiaciuta, comunicò al suo attuale interlocutore:

“ Beh…non c’è bisogno di alcun commento, credo.”

Disse riponendo il boccale, ormai vuoto, sul tavolino in legno, mentre Aragorn  diceva fra le risate:

“ No, lo credo anch’io.”

Disse, portando a sua volta il proprio boccale alle labbra.

Vide il suo amico elfo guardarsi intorno e sospirare.

“ Lei non c’è, vero?”

Gli chiese, sorridendogli comprensivo.

Legolas trasalì alle sue parole e guardandolo dritto negli occhi smeraldini, abbassò lo sguardo sulle venature del tavolo, con un sorriso ad increspare lievemente le sue labbra e sospirò nuovamente, ma con meno energia.

“ No. Non c’è.”

“ Avresti voluto che fosse qui con noi?”

Legolas lo guardò di nuovo e gli rispose sincero.

“ Non lo so.”

Aragorn ripose il boccale sul tavolo, che provocò un lieve tonfo, e gli chiese senza capire.

“ Come?”

“ Vedi, Aragorn…”

Iniziò Legolas, abbassando nuovamente i suoi occhi azzurro mare sulle sue mani intrecciate compostamente.

“ …ultimamente mi sento così confuso. Sono combattuto su ciò che posso o non posso fare. Fin dove posso spingermi e dove devo fermarmi.”

Aragorn lo ascoltò in silenzio, intuendo lo sfogo interiore del suo amico.

“ Ovviamente, tu hai capito quali sono realmente i miei sentimenti. Siamo amici da molto, ormai, e sono convinto che tu sia l’unico che riesca a comprendermi meglio di quanto non faccia io stesso.”

Una pausa in cui lo guardò di nuovo negli occhi verdi ed attenti:

“ Dammi un consiglio, amico mio. Cosa devo fare? Ormai non lo so nemmeno più io, perché non riesco più a riconoscermi.”

“ Ti senti diverso. È normale che tu non riesca più a riconoscerti.”

 Poi continuò, guardando verso Will e Miriam, che stavano ancora ballando allegri e felici, come a cercare le parole adatte che potessero alleviare il suo tormento:

“ L’amore è un sentimento che cambia chiunque ha la possibilità di provarlo. Io stesso posso affermare di aver subito dei cambiamenti da quando mi sono innamorato di Arwen. Lei è stata la luce che mi ha infuso coraggio e mi ha strappato nell’ombra in cui perennemente ero costretto a vivere.”

Continuò guardandolo nuovamente, sorridendogli rassicurante:

“ Non devi aver timore dell’amore, Legolas, o delle azioni o delle scelte che ti conduce a fare. Fidati sempre di quello che ti dice il tuo cuore, senza preoccuparti di nulla. Credimi: io l’ho imparato a mie spese.”

Concluse sorridendogli, e sentendosi ricambiato.

“ Il fatto è che…è lei a confondermi, non il mio cuore. Si, forse anche lui, ma…non lo so, non so più come esprimermi.”

“ Allora passa ai fatti. Perché ora non vai a cercarla e provi a schiarirti le idee?”

“ Non credo che ci riuscirei.”

Sorrise Legolas.

“ Provaci.”

Gli consigliò Aragorn e non appena sopraggiunse il resto della compagnia, Legolas decise di alzarsi e seguire il consiglio del suo migliore amico, che lo incitò con un cenno affermativo e un sorriso di incoraggiamento.

Aspirò a pieni polmoni l’aria della sera, godendo del vento che gli sollecitava le ciocche di capelli biondi e setosi, e sorridendo al pallido viso della luna crescente e lattea.

Passeggiò lungo le vie delle mura, fino a scoprire un piccolo giardino dietro un’alta statua d’alabastro, raffigurante Sir Hector V, uno dei tanti re di Holmes.

Una fontana zampillava al centro del giardino, oltre il piccolo e semplice labirinto di siepi fiorite, e una volta accostatosi, giocherellò con un pesciolino dalle scaglie dorate e dalle pinne bianche, che sembrava trovare delizioso il sapore della sua pelle di miele.

Mentre sorrideva sereno e con la mente leggermente meno affollata, scorse un aiuola di iris rigogliosi. Affascinato dalle splendide sfumature di lilla e d’azzurro dei loro petali, si avvicinò ad annusarne il dolce nettare e l’inconfondibile profumo, che ricordava molto quello di lei, solo per riscoprirlo in un quel particolare fiore. Ma quando si accinse ad afferrarne dolcemente lo stelo, le sue dita si scontrarono con quelle candide e affusolate dell’oggetto perenne dei suoi attuali pensieri.

L’azzurro mare di lui si fuse con il castano nocciola degli occhi di lei, che si scostò lentamente, forse per non spaventarlo con i suoi movimenti repentini, e accompagnando il suo sollevamento dal terreno con quello di lui.

“ Sembra quasi che lo facciate apposta.”

Gli disse, quasi contrariata. Legolas strabuzzò gli occhi, sorpreso:

“ Come?”

“ A turbare la mia solitudine, ovviamente.”

Lo illuminò, allontanandosi dalla sua persona e attirando la sua attenzione allo zampillio sonoro e vivace delle acque della fontana.

Legolas non riusciva a comprendere il suo comportamento così scostante. Eppure, non era stata forse lei a rivelargli i segreti che si celavano nel suo intricato passato? Non era stata forse lei a donargli quel fuggevole bacio sul volto? Non era stata lei ad aiutarlo durante il combattimento di quel pomeriggio? E allora, perché ora quei silenzi e quell’ostentata indifferenza?! Sospirò, amareggiato. No, ne era certo. Non avrebbe mai potuto comprenderla. Era come essere affascinato dall’ignoto. Follia, pura follia. Era un’impresa folle voler carpire l’ignoto.

“ Se cercavate la solitudine, perché vi siete unita alla nostra Compagnia?”

Fu sorpreso del suo stesso tono indifferente e di una calma irreale, che non lasciò imperturbabile nemmeno Luthien, che si voltò ad ammirarlo, senza trapelare la benché minima emozione dalla sua enigmatica espressione.

“ Veramente, siete stati voi ad unirvi a noi, me, Taras e William, intendo, non il contrario.”

“ Si, certamente. Ma non contesterete il fatto che sareste potuta benissimo rimanere nel vostro regno, lontano dalle brutture della guerra e dei pericoli che questa comporta.”

Luthien alzò nuovamente lo sguardo dalle sue ciocche castane, che stava torturando in mille giochi con le sue dita, una volta sedutasi comodamente sul bordo della fontana.

“ Dove volete arrivare, mio signore? ”

Nonostante i battiti accelerati del suo cuore che quelle due semplici parole gli avevano causato, Legolas si impose di non lasciarsi affascinare ulteriormente, e le rispose:

“ Sto solo esponendo una mia opinione, mia signora.”

“ Dunque secondo la vostra opinione, io sarei dovuta rimanere  nel tranquillo calore familiare a contare i minuti, le ore e i giorni che sarebbero scanditi fino alla fine della guerra?”

“ In un certo senso, si.”

“ E per quale ragione, di grazia?”

“ Così sareste stata al sicuro.”

Luthien sorrise e si avvicinò a lui molto velocemente, facendolo trasalire a quell’improvvisa vicinanza.

“ Sicuro…avete uno strano concetto della sicurezza, mio signore.”

“ Ritengo che non ci sia posto più sicuro della propria casa. Non vedo alcuna stranezza in questo.”

“ Il vostro regno è stato al sicuro nella guerra contro Sauron?”

Chiese scettica:

“ No, non lo è stato.”

“ Allora concorderete con me che il vostro ragionamento non ha logica in questione. Come in quella precisa battaglia, anche nella guerra contro Venia le nostre case non sono ritenute sicure. Io stessa mi preoccupo, ogni giorno, per l’incolumità del mio popolo, di mia madre e di mia sorella, come credo che lo facciate anche voi, o mi sbaglio?”

Legolas scosse la testa:

“ No, non vi sbagliate.”

“ Allora, come me, capirete il motivo che mi muove ad abbandonare i miei cari per combattere al fianco di valorosi guerrieri ,così da estirpare definitivamente il male dalla faccia di queste terre. E con questo, credo di non dover aggiungere altro.”

Disse sbrigativa, sedendosi nuovamente e velocemente sul bordo della fontana, ricominciando ad intraprendere il suo passatempo preferito.

Legolas non riuscì a trattenere un risolino, che destò nuovamente la sua attenzione.

“ Cosa c’è adesso?”

“ Nulla. Pensavo.”

Le comunicò Legolas, giocando a fare il misterioso e sedendosi anch’egli fluidamente sul bordo della fontana, a pochi metri da una Luthien incuriosita.

La vide aprire bocca per parlare, ma poi scosse la testa, forse ripensandoci e tornò a giocherellare con quei capelli meravigliosi e luccicanti alla luce argentea della luna.

Legolas sorrise di nuovo, forzando il suo sguardo a distogliersi dalla sua figura perfetta.

“ Pensavo…alla prima volta che ebbi una conversazione con voi e a quello che mi diceste.”

Sembrava impossibile che fossero passati solo pochi giorni da quella memorabile sera, quando scoprì di provare anche altri sentimenti oltre all’amicizia e alla fiducia. Sentimenti o sensazioni che non riusciva ancora a definire pienamente, ma che tuttavia non cercava di estirpare. Confusi ed ignoti ,seppure piacevoli nella loro pace e tranquillità.

“ A cosa, precisamente?”

Si sentì chiedere forse per smorzare quel suo momento di astrazione dalla realtà.

“ Che amate avere l’ultima parola.”

Luthien lo guardò intensamente e gli sorrise in un modo diverso da tutti gli altri, quasi a voler preannunciare una risata. E con sua enorme sorpresa, questa scaturì dalle sue labbra come l’acqua che scaturisce da una roccia. Era dolce e contagiosa, pur nei suoi toni melodiosi. Era una risata bellissima, che lasciò Legolas felice, per averla provocata lui, e frastornato, per non averla mai udita prima.

“ Allora è per questo che ridevate prima. Perché, ho avuto l’ultima parola alla nostra piccola discussione.”

Non era una domanda, ma Legolas annuì ugualmente, ascoltando ancora una volta un suo risolino quasi compiaciuto.

“ Avete una risata magnifica.”

Le sussurrò, con tono trasognato e velato d’emozione. Luthien lo osservò, ora senza più traccia di divertimento negli occhi luccicanti e sul volto dai tratti delicati, seppur nella loro fierezza.

“ Dovreste ridere più spesso.”

Continuò, incurante della sua reazione al suo complimento inaspettato.

“ Per quale motivo?”

Gli chiese, quasi fredda.

“ Perché…diventate molto più bella quando ridete.”

Le rispose il principe di Bosco Atro, per nulla intimorito dalla nota dura che caratterizzava ora la sua meravigliosa voce.

Si guardarono per alcuni istanti, durante i quali nessuno dei due voleva cedere all’intensità delle iridi dell’altro. Ma poi, fu Luthien stessa ad interrompere quello scambio di sguardi, alzandosi velocemente dalla fontana e passeggiando quasi distrattamente da un ‘aiuola all’altra, sfiorandone ogni tanto i fiori variopinti e schiudendoli, per consentire ai candidi raggi della luna di baciarli dolcemente.

La sentì trarre un profondo respiro e se la immaginò chiudere gli occhi, mentre alzava il volto verso il cielo stellato.

“ Non dovreste parlare così.”

“ è solo ciò che desidero dirvi.”

Le disse, disarmante nella sua sincerità.

Un altro sospiro, che la portò a volgere il volto verso il suolo, quasi combattuta.

Erano inspiegabili le sue reazioni. Era certo che, se fosse stata un ‘altra fanciulla al suo posto, a detta di altri, sarebbero state lusingate di ricevere così tanti complimenti da lui.

Legolas sorrise fra sé. L’aveva forse dimenticato? Luthien odiava i complimenti.

Fu proprio in quell’istante che decise di attuare il consiglio di Aragorn. Seguì ciò che gli dettava il cuore, e ciò che gli suggeriva, risultava inaccettabile alla sua mente razionale e contestatrice. Ma, stringendo i pugni sul freddo marmo e alzandosi lentamente e con grazia, si diresse verso la figura esile e meravigliosa che lo tentava ,come un’ape soggiogata dal delizioso nettare del fiore più bello di un giardino fiorito.

Le sfiorò delicatamente e quasi con timore le dita sottili ed affusolate, notando con meraviglia che, nonostante entrambi avessero una pelle candida ed evanescente ,come tutti i loro simili, la sua era sorprendentemente più lattea e luccicante.

Lei si destò a quel lieve contatto, alzando lo sguardo di scatto verso di lui, per poi portarlo verso le loro mani. Con un moto più lento e misurato, incatenò i suoi occhi nocciola a quelli azzurro vivo di Legolas, il quale, incoraggiato dal suo non rifiutare il suo tocco, intrecciò le sue dita con quelle di lei, deliziandosi del calore che emanavano in quella fredda sera.

Gliele strinse dolcemente, mentre entrambi continuavano a guardarsi negli occhi. In seguito, quelli di lui si portarono verso le sue labbra dischiuse, e sentì una scarica di emozioni e calore percorrerlo quando lei se le inumidì in un moto istintivo.

“ Non fatelo...”

Le sussurrò lei, risvegliandolo proprio nel momento in cui stava per unire le loro labbra, sorprendendosi della sua stessa audacia.

“ è sbagliato.”

Gli disse, scostandolo con la mano libera premuta sul suo petto, rivestito da una elastica veste d’arciere color verde muschio.

Lui gliela imprigionò con la sua più grande, ma comunque delicata nella sua mascolinità, e inaspettatamente ne baciò le dita, gustando il loro sapore di fiori con le labbra leggermente dischiuse.

“ Perché siamo compagni?”

Le chiese, usando un tono di voce più sicuro e flebile nella sua emozione crescente, sentendola per la prima volta incespicare nelle parole. Che fosse riuscito, finalmente, a trovare una breccia nella sua corazza di apparente freddezza?

“ No…non è per questo.”

“ E allora, per cosa?”

Luthien esitò per un istante, ma poi lo scrutò in quei suoi occhi luccicanti di pagliuzze turchesi, e gli rispose:

“ Per quello che sono.”

Era chiaro ora. Era la parte oscura della sua anima ad intimorirla e a frenare le sue azioni.

Legolas sorrise e le si fece ancora più vicino, impedendole di indietreggiare, bloccandola tra il suo corpo e quello robusto di un albero ,dalla corteccia rugosa, dietro di lei.

“ Dalle vostre parole, deduco che avete una concezione totalmente diversa di voi stessa.”

“ Voi sapete quello che sono. Conoscete il mio più grande timore.”

Gli disse con tono duro e che non ammetteva repliche, mentre Legolas intravedeva un lampo di sfida nei suoi splendidi occhi.

“ Dunque avete paura.”

Affermò l’elfo biondo di rimando e con voce delicata ed ammaliatrice, accompagnando la parola con una carezza lieve sulla guancia vellutata di lei.

“ Io non ho paura di nulla.”

Affermò lei, con tono duro, trafiggendolo con uno dei suoi sguardi intensi e determinati.

Lui sorrise a quelle parole, abbassando per un momento il volto verso le loro dita ancora intrecciate.

“ Dunque, non avete timore di nulla.”

Disse, quasi fra sé, Legolas, come a dare prova di aver compreso le sue parole.

“ Si, esatto.”

“ Allora, deduco, che non avrete paura nemmeno di me.”

Le disse, vedendola trasalire a quella sua affermazione, e notando un bagliore d’incertezza nel suo sguardo incantatore.

“ Per quale motivo dovrei averne?”

Gli chiese, quasi titubante.

Legolas le si fece ancora più vicino e reclinando il capo verso il suo orecchio, le bisbigliò.

“ Forse perché io potrei compromettere l’equilibro del vostro animo.”

Lei sbuffò, cercando di celare il più possibile il turbamento che le avevano provocato le sue parole, dettate da un tono così intriso di dolcezza da sciogliere anche il cuore più gelido.

“ Che presunzione.”

Lui rise sommessamente, facendo sorridere anche lei.

“ Non ho ragione?”

Le chiese, serio.

Luthien lo guardò in attimi che gli parvero eternità, finché si decise a rispondergli, incerta.

“ In parte.”

Lui sospirò, togliendosi un peso dal cuore, che stava minacciando di opprimerlo.

Poi, portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, saggiandone per la prima volta la morbidezza, delicatamente, per non essere causa della sua ritrosia, con il cuore in tumulto, le disse in un sussurro:

“ Allora…permettetemi di districarvi da questo dilemma interiore.”

E detto questo, reclinò nuovamente il capo ,lentamente, alitandogli a pochi centimetri dalle sue labbra.

“ Permettetemi di aiutarvi a scegliere.”

Legolas capì che non era più tempo delle parole, e lasciando dominare l’istinto sulla ragione, catturò la sua bocca semi-dischiusa in un casto bacio, dove cercò di trasmetterle tutto ciò che sapeva di provare per lei, sentimenti contrastanti che minacciavano di condurlo alla pazzia. Ma ora, a contatto con le sue labbra dal sapore di lampone, tutti i nodi che stringevano il suo cuore, si sciolsero uno dopo l’altro, fino a che lei non si distaccò, guardandolo attonita, sorpresa e…impaurita?

Legolas vide Luthien toccare leggermente il profilo del suo volto, posarvi una dolce carezza, negli occhi quasi un velo di tristezza,  portare l’altra mano sulle sue labbra, strabuzzare gli occhi, mormorare parole incomprensibili e dileguarsi come vento nella notte misteriosa.

Rimasto solo, Legolas strinse il pugno contro il tronco rugoso dell’albero, posandovi la fronte, ora dolorante per le troppe emozioni accavallate in quei brevi istanti, aspirare l’ultima scia del suo profumo, chiudere gli occhi e bisbigliare alla notte crescente:

“ Cosa ho fatto.”

 

 

 

 

 

L’angolo dei saluti:

 

Questa volta un saluto generale a tutti coloro che mi seguono e che avranno letto questo capitolo, arrivato, purtroppo, me ne rendo conto, molto molto in ritardo!!!!

È il minimo che possa fare, per farmi perdonare!!!!

Ovviamente, un saluto e una tempesta di baci alle mie critiche d’eccezione, ringraziandole tutte in egual modo di aver commentato sempre e comunque ad ogni mio aggiornamento:

LadyElizabeth: Liz, cara! Ti ringrazio mille e spero che mi commenterai anche questa volta!!! Sono convinta che questo cap all’insegna dell’amore, tra sbaciucchiamenti e coccole, sia stato di tuo gradimento!!! A prestissimo, Fuffy91!!! ^___^

StellySisley: Calma, calma Stelly!!! No problem!!! Anzi, mi fa piacere che ti piaccia la mia storia, come sarò contenta se continuerai a leggerla, con un po’ di pazienza ( non preoccuparti se ti dimentichi di commentarmi!!! Basta il pensiero!!!XD)!!! Bacioni Fuffy91!!!^___^

Mel: Oh, Mel!!! I tuoi commenti sono quelli che più mi mettono in crisi ( in senso buono del termine!)!!! Mi piacciono i tuoi tanti perché, come mi piace anche risolverli, quasi come un enigma complicato!!!XD Sono convinta che ti sia piaciuto anche questo cap!!! Mi dispiace, ma per quanto riguardo gli e-book, non ti so dire!!! Prova sul sito ufficiale di Twilight o sul sito della Meyer!!! Perdonami se ti ho fatto attendere così tanto, ma di la verità…non ne è valsa la pena??? Hihi!!! XDXDXD Baci baci e a presto Fuffy91!!! ^___^

Fanny91: Ciao Fanny!!! Grazie per la comprensione, ma scusa lo stesso l’imminente ritardo!! “^^

Sono contentissima che ti sia piaciuto il mio cap, come spero con tutto il cuore di non perdere mai le tue critiche tempestive!!! A presto anche a te!!! Baci baci Fuffy91!!!^___^

 

P.S. Hey, aspettata a chiudere la finestra!!! Ora è il momento della pubblicità!!!

Ho scritto anche una one-shot su Twilight, intitolata:

Vuoi ballare con me?

Fatemi sapere se vi piace almeno un po’, ok??? Ci conto!!!

Spoiler: Sto scrivendo anche un’altra, che pubblicherò a momenti!!! Bacio ni Fuffy91!!!ù

^____________________________________^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

Un passo. Due passi. Tre passi. Piccoli deliziosi passi, i primi che un grazioso fanciullo dai capelli riccioluti e neri come la pece, compiva per la prima volta in tutta la sua vita, con gli occhietti vispi sorridenti, di un color nocciola intenso, la stessa intensità che si rispecchiava negli occhi della madre, che tendeva le braccia verso di lui, pronta ad accoglierlo nel suo abbraccio caloroso.

Più in là, appoggiata ad una colonna, c’era una giovane donna vestita da cameriera, che guardava la scena sorridente e con le guance colorite dall’emozione che essa riusciva a trasmettere solo con un languido e fuggevole sguardo.

“ Coraggio, amore mio. Vieni dalla mamma. Su, un altro passettino…ah, no, non ti fermare.”

Intimò la regina di Ruer, Dama Tamara, portandosi le mani ai fianchi con finta minaccia e sorridendo maliziosa, al suo secondogenito di appena tre anni, Michael, che rideva contento battendo le manine paffute, mentre ricominciava a camminare, barcollando appena.

Proprio allora, varcò la soglia un ambasciatore, con il compito di accompagnare Sir Edward e i suoi ospiti, nonché i membri della Compagnia al completo, al cospetto dei sovrani legittimi.

“ Bravo, così, un altro passo…”

Disse sorridente la regina verso il piccolo Micheal, tutto intento a sfiorare le spalle di sua madre, ricoperte da un elegante e regale abito lungo da regina, con le sue manine tese, mentre l’ambasciatore cercava di attirare la sua attenzione schiarendosi rumorosamente la gola.

“ Si, bravo, tesoro mio!”

Esclamò Dama Tamara, afferrando il suo pargolo e girando su sé stessa con in braccio il bambino ridente, contagiato dall’entusiasmo della madre, che si prodigò a ricoprirlo di baci e lodarlo per la sua piccola dimostrazione.

“ Chi è il più bravo principe delle Terre dell’Ovest, eh? Si, sei tu!”

Gli disse, toccandogli il nasino mentre lui le afferrava il dito indice con la mano destra stretta a pugno, mentre con l’altra giocava con i suoi lunghi ricci tanto simile ai suoi, adornati da un diadema in oro.

“ Mia regina…”

Cercò di iniziare l’ambasciatore, senza successo, visto che lei era completamente rapita da suo figlio.

“ E chi è il più bel principe? Si, sei sempre tu! Oh, il mio amore!”

Disse carezzevole, girando di nuovo e baciandolo sulla fronte e sulla guancia destra, deliziandosi delle sue risate.

“ Mi perdoni, mia signora…”

Ritentò l’ambasciatore, seguito da un cenno della cameriera, senza riuscire.

Nel frattempo, Edward, Taras ed Aragorn si guardarono comprensivi e sorridenti, come del resto tutto il resto del gruppo.

Fortunatamente, il sovrano di Holmes decise di intervenire, prima che la situazione degenerasse.

“ Buongiorno, mia signora.”

Disse, avanzando di un passo senza autorizzazione, tanto da garantirsi uno sguardo tagliente da parte dell’ambasciatore e uno imbarazzato da parte della cameriera.

Solo nell’udire la sua voce, la regina si voltò, portando la sua attenzione sul giovane re che gli si parava davanti, illuminandolo con un sorriso che andava a ricambiare il suo.

“ Oh, Edward, caro, che piacere!”

Esclamò felice, avanzando verso di lui ed abbracciandolo goffamente, visto che aveva ancora Micheal tra le braccia.

“ Oh, che sbadata…perdonami, ma ero così occupata ad insegnare a Micheal a camminare, che non mi sono accorta di ciò che si verificava intorno a me.”

Disse affermando tra le righe la sua disattenzione alla realtà, portando gli occhi nocciola al cielo e sorridendo mortificata.

Edward sghignazzò di rimando.

“ Non importa, mia signora. È giustificabile. Ciao, Micheal. Ma sei diventato un ometto.”

Costatò, afferrando con il pollice e l’indice la mano che Micheal gli porgeva, stringendogliela dolcemente. Lui ricambiò ridendo e sporgendosi verso di lui.

“ Ti adora.”

Gli disse la regina di Ruer, accarezzandogli la testolina riccioluta.

“ E, chi sono quei signori che si nascondono nell’ombra?”

Chiese, quasi ironica.

“ Mia regina, permettetemi di presentarvi, Sir Aragorn, re di Gondor, nelle Terre di Mezzo, Taras, un mio fedele amico, Gandalf, un mago bianco dai grandi poteri, Legolas, un principe elfico guerriero, Gimli, il più impavido dei nani che abbia mai conosciuto, Luthien, anch’ella una principessa elfica guerriera, William Brown, un cavaliere dalle grandi virtù ed infine quattro giovani hobbitt della Contea, dal coraggio grande quanto la bontà che si cela nel loro cuore.”

Ad ogni parola di Edward, susseguiva un inchino devoto di Aragorn, Taras, Gandalf e Legolas, uno sbuffo di Gimli, un cenno di Luthien, un ammiccamento e un sorriso biricchino di Will, un inchino imbarazzato di Sam, due buffi di Pipino e Merry e un placido sorriso ed inchino di Frodo.

A tutti, Dama Tamara ricambiò con un sorriso e un inchino degno dell’eleganza e del portamento di una regina, mentre Micheal voltava il visetto sorridente verso la massa di ricci indomabili della madre per affondarvi le manine curiose, del tutto indifferente alle formalità delle presentazioni.

“ Sono lieta di conoscervi, miei signori. È incredibile come ci si possa circondare di una folla di uomini in meno di pochi secondi. Fortuna che c’è una donna di grande bellezza a supportarmi.”

Disse ironica, facendo ridere tutti i presenti, mentre Legolas si voltava a guardare Luthien abbassare lo sguardo, sorridendo leggera, ma con un cipiglio di fastidio. Era chiaro che la regina si riferisse alla sua innegabile bellezza. Il ricordo della sera prima lo colpì come uno schiaffo in pieno viso, ma scosse la testa amareggiato. Non era il momento di pensarci.

“ Allora, immagino vogliate discutere di battaglie e guerre imminenti. Ma, ahimé, non sono io la diretta interlocutrice. No, decisamente.”

Disse, quasi disgustata e meditabonda, si diresse verso la finestra spalancata della camera da gioco del principino, guardando con lui l’orizzonte.

“ In effetti, mia signora, vorremmo chiedervi di avere un colloquio con vostro marito, Sir Rayon.”

Disse Edward, scandendo molto lentamente le parole, quasi analizzandole e soppesandole con cura.

Frodo ritornò con la mente all’avvertimento di Edward prima di varcare le pesanti porte in ottone di Ruer:

“ Mi raccomando. La regina Tamara in apparenza, può sembrare una donna piena di spirito, e lo è, naturalmente. Ma, purtroppo è anche molto rigida per quanto riguarda certi argomenti.”

“ Del tipo?”

Chiese Aragorn, guardandolo perplesso, mentre spronava il suo cavallo ad avvicinarsi al suo.

Edward lo guardò serio negli occhi verde smeraldo, proseguendo:

“ Battaglie, guerre, tutto ciò che ha a che fare con la violenza la turba profondamente. I suoi genitori sono morti massacrati dagli orchi quando era ancora una bambina. Naturalmente questo ricordo intinge il suo animo spensierato di una profonda e pulsante tristezza, per poi cedere il posto alla rabbia, una rabbia cieca.”

“ Quindi non possiamo parlare con lei?”

Chiese Pipino curioso:

“ Immagino che, almeno, dovremo richiederle un colloquio con il re, Sir Rayon. Lui è molto più pacato e flessibile. Superato l’ostacolo, per così dire, della regina, il resto dovrebbe volgersi a nostro favore.”

Aragorn annuii alle sue parole, mentre Edward ricambiò con un sorriso che non raggiunse gli occhi dorati.

“ Mio marito tornerà a momenti. Si è recato nel regno di Murnirm, immagino per rivalutare la loro posizione e sottoscrivere la loro alleanza.”

Disse, scostando la mano di suo figlio, che ora le tirava un ciocca di capelli ricci e ribelli.

Gli occhi azzurro cielo di Gandalf si illuminarono a quelle parole, come quelli attenti di Aragorn che incrociarono per un momento i suoi, poi quelli perlacei di Taras ed infine quelli color topazio di Edward, così intensi che minacciarono di mandare a fuoco le tende vermiglie della finestra ad arco a tutto sesto.

“ Alleanza, avete detto?”

Chiese cordiale e leggero Gandalf, portando la regina a voltarsi a guardarlo curiosa, per poi riprendere la sua aria quasi scontrosa, che non si addiceva al suo viso leonino, così simile a quello di sua figlia, la principessa Diana, che ora si trovava a mille miglia di distanza da lei. Frodo si stupì che ancora non avesse chiesto sue notizie ad Edward, ma forse era troppo presa dal momento per valutare quella richiesta.

“ Si, o quel che è!”

Esclamò ad un tratto quasi adirata, scrollandosi le ciocche ribelli dal volto, con un gesto di stizza che non lasciava dubbi sul suo vero stato d’animo.

“ Guerre, guerre, guerre! Voi uomini, non parlate e non volete altro!”

Disse con un tono di voce che lasciava trasparire in modo cristallino il suo odio nei riguardi dell’aria di violenza che, evidentemente, non sopportava ma che era costretta a respirare.

Nonostante lo sconcerto generale dei presenti che si guardarono perplessi, mentre Will era intento a stuzzicare le orecchie di un gattino dall’aspetto docile e mansueto, portando su la sua coda a spazzola, Pipino e Merry analizzavano circospetti un’armatura in oro, domandandosi evidentemente cosa ci facesse in quella stanza, adibita agli svaghi del piccolo principe, Edward fu l’unico a sorridere comprensivo e quasi…divertito? Possibile!

“ Oh, mia cara, è bello sentirti definirmi implicitamente un assassino di prima mattina, e insieme a me, tutto il resto del genere maschile.”

Tutti ci voltammo nell’udire quella voce sommesse e se possibile, con la coda nell’occhio, Frodo notò il sorriso di Edward accentuarsi. Non bastò molto a tutti loro per capire che quell’uomo di molti anni più grande di Sir Edward, dal portamento regale e composto, appoggiato quasi annoiato allo stipite della porta, dalle labbra marcate e sottili incurvate in un sorrisino gioviale, con gambe e braccia incrociate non fosse altro che Sir Rayon in persona.

Il gruppo di compagni si aprii inevitabilmente in due ali, ancora incapaci di credere di non averlo notato prima di quel momento, dietro di loro.

“ Edward! È un piacere rivederti, figliolo. Spero che mia moglie non vi abbia offeso in alcun modo, signori.”

Disse Sir Rayon, avanzando di qualche passo e rivolgendosi direttamente ad Aragorn e guardando con curiosità e leggermente accigliato Taras.

“ Dov’è che ho già visto questo volto?”

Si domandò, quasi fra sé, mentre Taras ricambiava lo sguardo confuso, seppur pieno di rispetto dinanzi al re di Ruer.

Gli occhi nocciola azzurro tempesta del sovrano lo guardarono circospetto, finché non intervenne Edward, che si appoggiò con una mano alla sua spalla destra, in modo confidenziale ed amichevole, come quando arricciava tra le dita i ricci della sua prossima consorte, Dama Diana.

“ Forse vi ricorda quello di Ettelen, mio signore. Lui è Taras, un guerriero valoroso e un mio caro e fedele amico.”

Gli occhi di Sir Rayon si illuminarono e le labbra si aprirono in un sorriso sorpreso ma felice.

“ Oh, il figlio di Ettelen, ora ricordo, si! Mi aveva parlato di te, ragazzo.”

Gli disse, afferrando il suo braccio e stringendolo forte in segno di amicizia e comprensione. Frodo e Sam si guardarono sorpresi ed ammirati nei confronti di quel re così amichevole, lodando la sua fiducia.

Ben presto Sir Rayon fece la conoscenza di tutti i membri della Compagnia, scambiando battutine con Will e ridendo gentile, rivolgendo uno sguardo di ammirazione nei riguardi di Gandalf, dimostrando di conoscere le sue gesta per via di amici e contatti con il regno di Mezzo, e diventando subito amico di Aragorn, tanto da meritarsi un abbraccio solidale.

Tutto continuò per il meglio, finché uno sbuffo contrariato della regina non portarono tutti alla realtà.

“ Amore mio, perdonami, non ti ho ancora salutato a dovere.”

Disse gioviale e quasi ironico, incamminandosi verso la sua regina, ora seduta imbronciata su di una poltrona dai cuscini bordeaux con contorni di un oro acceso, con le ginocchia occupate dal piccolo Micheal, che ora giocava con i lacci del suo corsetto, senza scioglierne lo stretto fiocco.

Baciò la sua guancia e accarezzò la testa riccioluta di suo figlio, rivolgendogli uno sguardo amorevole che lui ricambiò con una risata, tendendo le braccia verso suo padre, che subito lo afferrò e lo tenne  vicino alla sua spalla, lasciando che vi si aggrappasse e che le sue manine afferra tutto affondassero nei suoi capelli di un biondo cenere che alla luce del sole risultavano bianchi.

“ Cosa c’è, Tamara? Non gradisci i nostri ospiti?”

Le chiese sempre con lo stesso tono di prima, facendo un occhiolino complice verso di loro, facendo scappare qualche risolino divertito.

“ Smettila di prendermi in giro! Lo sai che non è così! E ridammi mio figlio!”

Disse, alzandosi di scatto e afferrando la vita di suo figlio, cercando di afferrarlo.

“ Dimentichi che è anche mio figlio.”

Disse sottolineando il possesso, mentre glielo consegnava docile e con delicatezza, affrontando con un sorriso il suo sguardo torvo.

“ Solo in parte. Dimentichi, tesoro, che gran parte del lavoro l’ho fatto io!”

Esclamò sorridendo beffarda e uscendo a grandi passi dalla stanza, con ancora in braccio il suo principe ridente e giocherellone, non prima di essersi congedata con un placito ed educato:

“ Buongiorno, signori.” Sotto lo sguardo ammirato e pieno d’amore di suo marito.

“ Beh, in fondo ha ragione.”

Disse con una scrollata di spalle, facendo ridere fragorosamente e all’unisono tutti, tranne Luthien che si limitò a sorridere leggera e ad osservare la cameriera rincorrere lungo i corridoi la sua padrona, ora leggermente più serena.

“ Bene, vogliate seguirmi. Questioni urgenti ci attendono. Venia è in movimento.”

Disse ora serio, mentre spalancava le porte di una sala grande il doppio di quella di prima e adiacente a quest’ultima. Si sedette sul seggio di pietra finemente decorato, con lo stemma del regno, un leone dorato che apre le fauci e mostra gli artigli contro un orso argentato alzato sulle zampe anteriori, su uno sfondo bordeaux a sottolineare il tutto, e con le gambe divaricate e il braccio destro puntellato sul bracciolo del seggio, mentre con la mano si sosteneva il viso, chiese loro, sempre serio e compito, nonostante l’aria rilassata.

“ Ditemi tutto.”

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

 

Scusate il ritardo madornale, ma tra la scuola che finalmente è terminata, la famiglia e le altre storie in mente, non ho più ripreso questa, che ora cercherò di terminare!!! Ringrazio tutti coloro e tutte coloro che la seguono con amore ed interesse, soprattutto le ultime che mi hanno commentato, diciamocelo, decenni fa!!!!

 

Stellysisley: Grazie per aver recensito per prima, e scusami per l’aggiornamento ritardatario più del dovuto!!! Si, Luthien è davvero un mistero e se vuoi, ci perdiamo insieme nel bosco con Aragorn, che dici??? Alla prossima!!!^__^

LadyElizabeth: Ciao cara!!! Scusa, come tutte, il ritardo enorme,ma non ho potuto fare altrimenti!!! Sono contenta ti sia piaciuto il capitolo precedente!!! Si adoro Edward/Diana, Legolas/Luthien (anche se non si scioglie del tutto!) e l’amicizia tra Aragorn e Dio Greco versione Biondo!!! Grazie per i complimenti e a presto!!! Baci baci Fuffy91!!!

Mel: Mel, cara, spero di non averti perduta del tutto!!! La mania Twilight mi ha contaggiata!!!! Sono rimasta contenta della tua recensione! Si, l so che adori Miriam e Will, ma di questa coppia, mi dispiace dirlo, non ne sentirai mai parlare! Del resto, Will è un don Giovanni di prima categoria a cui piace scherzare e si, immagini bene, è molto bello, ma il fascino di Aragorn…è il fascino di Aragorn, colpisce sempre!!! HIHI!!! Eh, si, Legolas è incappato in un bel rompicapo, ma riuscirà a uscirne fuori, vedrai, vedrai!!!! Inquietante Luthien??? Uhm, beh ognuno la vede come vuole! Io, a dire il vero, la vedo un po’ criptica!!! Dopotutto, ha avuto un passato difficile!!! Cmq, Spero ti sia piaciuto anche questo cap e quello che seguirà sarà pieno di rivelazioni, colpi di scena e lotte all’ultimo sangue (per gli orchi, almeno)!!! Siiiiiiiiiii!!! Baci baci Fuffy91!!!

Vodia: Oddio, Vodia!!! Ti ringrazio per i complimenti e scusami per il ritardo!!! Allora, mi hai posto una serie di domande a cui non su se potrò rispondere a tutte, non avendo letto il libro ma visto solo i film.

1)  Infatti, la natura di Venia è proprio simile a quella di Gandalf e Sauron!!!

2)      Non sapevo nemmeno l’esistenza di Morgoth!!!

3)      Già fatto, grazie del consiglio!!!^-*

4)   Mi appassiona più Terre dell’Ovest, ma vedi questo non è un nome inerente alla geografia è un po’ come le Terre di Mezzo!!! E in quanto ad Aman, non avendo letto il libro, non ne sapevo l’esistenza, ma cmq non riguarda loro, te ne assicuro!!! È pura fantasia, quindi non farti problemi!!!

5)      Elfi Scuri, sono più avventurieri!!! E poi, Luthien mi sembra proprio la loro descrizione ideale, no???

6)      Sarebbe troppo difficile, comunque ci penserò!! Se vuoi te lo spiego!! Si trovano molto, molto lontano dalle Terre di Mezzo! La loro entrata è oscura, le sue terre pullulanti di segreti e  luoghi mai esplorati ( come la Foresta dei Vell o Bosco Bianco), inoltre per accedere ai vari regni bisogna passare per scorciatoie, evitare luoghi molto pericolosi, pareti rocciose, pianure brulle e paludi ricoperte di sabbie mobili. Insomma, come puoi vedere è molto diverso dai luoghi descritti da Tolkien, immagino! Tutto made in Fuffy91!!!

7)      A Gondor, Frodo, Pipino, Merry e Sam sono appena arrivati alle porte della città, immaginando un loro ritorno a casa prima del matrimonio di re Elessar.

8)      Immagino anch’io!! Però, William è molto più carino ed affabile non trovi???

 Spero di averti soddisfatta abbastanza!!! Baci baci e alla prossima, Fuffy91!!!

Fanny91: Oh, fanny, mia cara e dolce fanny!!! Da quanto tempo!!! Sono contentissima che ti sia piaciuto il cap!!! Già, ha tempra e fegato la ragazza per abbandonare il nostro Legolas così!!! Poi vedrai cosa succede, questo non è nulla!!! Baci Baci e alla prossima Fuffy91!!!

 Un saluto speciale a tutti coloro che mi seguono, sperando che non mi abbiate abbandonato!!! Baci baci Fuffy91!!!

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo14

Una lancia trafisse un soldato in pieno petto, mentre un suo coetaneo scagliava una freccia nel momento in cui quest’ultimo si accasciava a terra esanime.

Uomini rivestiti di armature lucenti, d’argento per i soldati di Holmes e di bronzo per quelli di Ruer, guidati dai loro re a cavallo, mentre i loro vessilli fendevano l’aria satura di morte, sangue e speranza per entrambi i fronti, trasportati dai loro comandanti.

Fra di loro, a spade sguainate, vi erano anche Aragorn, re di Gondor, che si affiancava a Taras, combattente pieno di coraggio e libero dagli obblighi regali. Poco lontano da loro, la chioma biondo-grano di William Brown spiccava nella notte più buia e tetra che le Terre dell’Ovest avessero mai sostenuto. Gli orchi tremavano nel vedere le grandi e roventi lame del drago Amlach, ma venivano oltrepassati da una scarica di brividi solo incrociando lo sguardo azzurro acceso del giovane Will, le cui labbra erano solcate da un sorriso eccitato. Si scagliò contro di loro, come da una sponda di un lago cristallino, mentre al suo fianco, oltrepassandolo e correndo leggiadra come una gazzella, la chioma castana mossa dal vento notturno e gelido, si avventava contro un Urck-hai pronto a tagliarla in due con la sua grande sciabola. Ma Luthien, aggraziata, lo trafisse con tre frecce scoccate nello stesso istante dal suo arco decorato deliziosamente, ma resistente più del ferro, nei punti giusti, facendolo accasciare di schiena al suolo già ricoperto di cadaveri, stendardi stracciati, elmi rovesciati e sangue essiccato.

Mastro Gimili, intanto, teneva il conto degli orchi e degli Urck-hai che uccideva o a cui tagliava la testa, spiando e sogghignando di tanto in tanto verso Legolas, posto in cima alla torre di vedetta, che guidava gli arcieri di entrambi i sovrani, Edward e Rayon, nel trafiggere nei punti deboli i propri nemici e scoccare nel momento adatto, con velocità e precisione. I suoi occhi azzurro-mare saettarono da Aragorn, che stava appena tagliando la gola ad un orco dalla faccia deformata e ricoperto di simboli maligni, ed inginocchiato ai suoi piedi, a Galdalf, che stava trafiggendo con la sua spada luccicante e allo stesso tempo bastonando con il suo bastone magico il cerchio di nemici lugubri ed inermi davanti al suo bagliore di mago bianco e puro, mentre ordinava a Pipino e a Merry di tener d’occhio Frodo, che poco più in là stava abbattendo un Uruck-hai abbastanza forte con l’aiuto di Sam, cogliendo un loro sorriso complice prima di ricominciare a difendersi.

Infine il suo sguardo si posò su Luthien, che stava uccidendo con i suoi dardi infallibili un Andes piuttosto resistente. Vide un orco piccolo e rachitico, ma veloce, alzare la spada arrugginita per colpirla di spalle, ma prima che lui potesse scoccare la sua freccia nella sua direzione, notò Luthien afferrare un coltellino e ucciderlo da dietro, alla gola.

Sorrise e passò oltre. La battaglia infuriava attorno ai valorosi guerrieri e ai tre re uniti sotto un unico vessillo di pace e benessere per la propria popolazione, al sicuro e al riparo dalle brutture dell’orda disumana, esercito di Venia, nei sotterranei del castello, in compagnia della sovrana, con gli occhi sul soffitto in pietre massicce, in pena per il suo uomo, stringendo al petto il piccolo Micheal, ora con una smorfia di pianto dipinta sul bel viso paffuto da fanciullo, e la cameriera accanto a lei, pronta a consolarla.

Sul terreno di battaglia, all’improvviso, comparve un bagliore verde ed accecante, che portò gli orchi, gli Uruck-hai e gli Andes rimasti ad arretrare e a strisciare sul suolo polveroso e putrido, strillando come serpenti spaventati.

Gandalf urlò agli altri di raggiungerlo, mentre un sudore freddo gli imperlava la fronte rugosa e i capelli resi ispidi e disordinati per lo scontro:

“ Dietro di me, subito! Legolas, scendi e di agli altri di arretrare!”

Legolas annuii e dopo aver detto agli arcieri rimasti di arretrare, scese rapido la rampa di scale in pietra e con un salto leggiadro, si diresse rapido dal gruppo, accanto a Gimli e dietro Aragorn, tutti con le armi puntate verso la luce sinistra che ora stava sparendo a poco a poco, minacciosa.

Frodo assottigliò gli occhi azzurro-cristallo, riparato dalla veste immacolata di Gandalf, che impeccabile e compito, ma con lo sguardo accigliato e minaccioso,  aveva lo sguardo rivolto verso l’ignoto.

L’hobbitt della Contea, circondato dai suoi coetanei all’erta, sentii la Gemma del Destino premere contro il suo petto, e per un momento si estraniò dal mondo circostante, ammaliato dal suo calore insidiante e dalla sua luce evanescente, che rendeva la sua camicia color panna, candida come la veste di Gandalf.

All’improvviso, il buio lo inglobò, il dolore di antiche ferite lo invase e la paura della Gemma divenne la sua paura. Sam urlò il suo nome, mentre si sentiva accasciarsi a terra e circondarsi di attenzione da parte di tutti i suoi amici e compagni, finché non la vide.

Venia, la Dama dell’Oscurità, la Signora delle Tenebre, era lì, proprio al loro cospetto, sorridente in modo maligno che voleva sembrare cordiale, in groppa ad un cavallo che, a guardarlo bene, sembrava un unicorno, ma orrendo rispetto a quelli che pascolavano nelle praterie fiorite di Bosco Bianco. Quell’unicorno era nero pece, con il manto liscio, scheletrico, gli zoccoli roboanti, la coda arricciata in modo disordinato, la criniera avvolta a bozzoli, il muso lungo dalle narici sbuffanti, i grandi occhi rotondi e vitrei cattivi ed arrabbiati e il grande corno appuntito a spirale e velenoso come il pungiglione di un’ape.

“ Ciao, Frodo.”

Gli disse, trafiggendolo con i suoi occhi neri, bui e profondi. Il tono della sua voce era mieloso, ma con un velo di follia. Con un sospiro da bambina, scese dall’orribile destriero, che nitrì indispettito.

La lunga veste nera con maniche cineree frusciò ad ogni suo movimento, mentre si guardava intorno affascinata e sorridendo meravigliata da quello spettacolo devastato.

Scavalcò con un piccolo salto una rovina di pietra proveniente dal castello, e a quel movimento i suoi capelli rosso fuoco trafissero l’aria come un’onda vibrante di panico e timore nei cuori di chi li osservava.  Gli orchi e gli Uruck-hai arretrarono ad ogni suo passo, nascondendosi a vicenda, spaventati. I membri della compagnia, Sir Edward e Sir Rayon rimasero immobili ad osservarla torvi ed all’erta, pronti a scattare ad ogni sua singola mossa.

Frodo, sostenuto dalle braccia di Sam e Merry, dietro di lui, che la guardavano con un misto di ritrosia e disgusto, ansimò in preda al dolore delle ferite che lei stessa gli aveva provocato, quel lontano giorno, nel giardino di morte dove lo aveva irretito nel suo incubo più vivo e reale di tutti.

All’improvviso rise e girò su sé stessa, come Frodo le aveva visto fare l’ultima volta e a quella mossa, deglutì fumosamente e non poté impedire alle sue membra di venire scosse da un violento tremore. Quella bambina troppo cresciuta e bellissima nella sua perfidia lo spaventavano. Sapeva troppo bene che cosa preannunciava quel movimento, e di questo ne ebbe paura. Ma non era il solo ad essersene accorto; Gandalf, accanto a lui, gli posò una mano sulla spalla libera, che subito lo risollevarono. Almeno il tremore aveva smesso di percuoterlo, e di questo ne fu grato al suo amico, di cui ricambiò il sorriso tranquillo con uno indeciso, seppur pieno di fiducia.

“ Uhm, così questa è Ruer.”

Disse, saltellando verso una fontanella che zampillava allegra dalla sua vaschetta rotta, osservandola come la cosa più affascinante che avesse mai visto. Ne sfiorò con le lunghe dita le gocce fresche e cristalline che al suo tocco leggero, divennero nere e putride, per poi scomparire del tutto. Frodo portò lo sguardo al terreno prima bagnato, ora asciutto ed arido, con increspature che lo segnavano in modo sinistro. La sorgente si era prosciugata all’istante, come i fili d’erba che crescevano ai suoi lati, ora neri come cenere.

“ Che città incantevole.”

Sussurrò cordiale, mentre tutti loro la guardavano male ma timorosi. Rise ancora, gioviale e deliziata, per poi rivolgersi al re di Ruer, che la osservava disgustato.

“ Salve Sir Rayon. Come stanno moglie e figli? Spero bene, come voi, del resto.”

Pronunciò che ultime parole strascinate, per poi alzare una mano diafana e puntarla verso su quello che doveva essere il capo del suo esercito, che venne subito lsciato in prima fila, mentre i suoi orrendi soldati arretrarono. Ad un suo comando, l’Urick-hai più grosso e possente che avesse mai visto atterrò ai piedi della Signora delle Tenebre, che subito lo rialzò senza nemmeno toccarlo, a mezz’aria, con i grandi piedi fasciati di cuoio rozzo penzoloni, e lo tenne per il mento con le lunghe dita dalle unghie come artigli e rosse come il sangue ad artigliargli la pelle rossa e sudata.

“ Non lo trovi anche tu in una forma smagliante, mio buon servitore?”

In risposta a quella calma, ma apparente, domanda, l’Urck-hai maestoso grugnì ed annuii veloce e tremante di terrore, come i suoi coetanei che guardavano la scena atterriti.

“ Beh, è curioso…”

Iniziò dolce, per poi stringere la presa attorno alla sua mascella, che scricchiolo, preannunciando un principio di rottura, e accostarsi al suo orecchio deformato e sibilare sibillina ma udibile nei riguardi dei suoni nemici:

“ Visto che ti avevo chiesto la sua testa.”

A quella frase, Sir Rayon rafforzò la presa sulla sua spada ricoperta di sangue nero e bluastro, e irrigidire le spalle e le gambe che si raddrizzarono pronte ad ogni suo possibile attacco, e come lui, anche Aragorn, William,che fece ruotare una delle sue lame, la rabbia che brillava nei suoi occhi d’angelo, Taras che fortificò la posizione di difesa e Sir Edward, che la trafisse con uno sguardo carico del più puro disprezzo.

“ Come mai non la vedo rotolare davanti ai miei piedi?”

Chiese al povero malcapitato, che chiuse gli occhi e serrò la mascella da cui ora sgorgavano rivoletti di sangue per la sua presa dolorosa, con un tono di voce più alto e vibrante di una rabbia già palpabile. A Frodo fece quasi pena l’Uruck-hai che mugolò dolorante.

“ Allora?”

Tuonò scuotendolo e con lo sguardo buio acceso di una furia che scosse la terra sotto i loro piedi e le montagne che difendevano il retro del castello luccicante di marmo bianco.

L’Uruck-hai non disse nulla ma si limitò a prepararsi a morire con dignità, osservandola implorante. Ma implorare la Dama dell’Oscurtà era come rivolgersi a un demone dell’oblio e pregarlo di non trasportarti nel baratro del nulla insieme a lui. Infatti, lei sorrise serena e maligna al con tempo, per poi bisbigliare con una dolcezza falsa:

“ Molto bene. Non importa, anche se dobbiamo rimediare un’altra testa con cui giocare.”

E detto questo, la testa dell’Uruck-hai, si staccò dal suo collo e crollò ai suoi piedi rotolando e mostrando la smorfia di dolore e disperazione a tutto il gruppo, che trattenne il respiro inorriditi da tanta crudeltà. Solo Gandalf rimase impassibile, e continuava ad osservarla imperturbabile, ma la presa sulla spalla di Frodo si fece più salda, come a scaricare la sua ira.

Dal canto suo, Venia si spolverò le mani pulite nonostante l’orrido atto, scalciò la testa dell’Uruck-hai, il cui corpo acefalo ora era ai piedi dell’esercito di orchi che inorriditi e spaventati, arretrarono sibilando e urlando, ai piedi immacolati di Gandalf, che non guardò al suolo.

“ Un regalino per te.”

Gli disse, sorridendo candida.

“ Tu!”

Esclamò additando un  Uruck-hai che ancora guardava sconcertato il suo coetaneo, con un osso umano tra le narici e i capelli lisci e sporchi intrecciati tra i fori di un teschio. Aveva tanto l’aria di essere un suo parente.

“ Congratulazioni, sei il nuovo capo dell’esercito. Vedi di non deludermi anche tu o farai la sua stessa fine.”

Disse, mentre l’altro annuiva sconvolto, e ordinava ai suoi di mettersi in riga. L’unicorno nero impennò allegro, quasi soddisfatto del sangue che la sua padrona aveva versato.

“ Siete spregevole.”

Sibilò con voce infuriata Aragorn, guardando lei e la testa dell’Uruck-hai disgustato ed irato insieme.

“ Ah, io sarei spregevole.”

Dise Venia, sogghignando sinistra, portando lo sguardo a terra per un attimo, per poi puntarlo ostinata, acceso di furia, sul volto fiero di Aragorn, che lo sostenne impassibile.

“ E voi? Voi, che vi vantate di essere tanto dei bravi e lodevoli uomini.”

Tuonò lei sprezzante, voltandosi e mostrando la schiena scoperta, mentre l’unicorno sbuffava adirato per quel cambio improvviso d’umore.

“ Siete solo degli scarafaggi insulsi e rivoltanti. Vi affannate a tamponare ogni luogo che cerco di sfregiare con la mia discordia. Vi crogiolate nelle vostre glorie, sguazzate nei vostri miseri valori, vi onorate di vittorie che non avete.”

Rise sonoramente e con sdegno:

“ Ma in realtà siete solo degli esserini insignificanti, senza pasta né lode, che non aspettano altro che essere schiacciati in uno solo dei miei pugni e dissiparsi nel vento come polvere.

“ Perché questo siete solamente…polvere, che si consumerò nelle fiamme della mia ira, se non mi consegnerete ciò che è mio.”

Detto questo, scoccò uno sguardo pieno di follia verso Frodo, che sentì brividi di freddo invadergli le membra.

“ Non temete, padron Frodo. Non può farvi del male.”

Gli disse all’orecchio Sam dietro di lui, stringendo la presa su di lui, che avvertì le ferite maligne farsi ancora più brucianti sotto la sua pelle.

“ Temo di si, invece, Sam. Temo proprio che sia questo il suo scopo. È per questo che è venuta qui. Per uccidermi ed impadronirsi della Gemma che mai come ora avverto come un peso.”

In effetti, la Gemma del Destino, captato il pericolo, pesava con un macigno sul petto di Frodo, bruciando di una luce impaurita e riluttante a raggiungere quella che fu un tempo la sua padrona.

“ Che cosa hai intenzione di fare Frodo? Lasciare che i tuoi compagni muoiano nel tentativo sciocco ed inutile, come la loro effimera esistenza, di salvarti…oppure mi consegnerai di tua spontanea volontà la Gemma che mi appartiene di diritto?”

Frodo la guardò scioccato, con la mente offuscata e completamente vuota per il subbuglio interiore che aveva nel cuore e nell’anima, e che si ripercuoteva nel suo stomaco.

Cosa doveva fare? Cedere e consegnarle la Gemma? Ma questo avrebbe significato dargliela vinta, condannare il mondo all’oscurità, la sua amata e luminosa Contea ad appassire, come il candore della pelle di Arwen che attendeva il suo amato di ritorno, o la gloria della giovane Dama Diana a mutare in disperazione, come quella di Dama Tamara, che ancora stringeva al petto il suo bimbo, chiusa nei sotterranei del castello di marmo. Troppe persone, troppe vite, troppe gioie dipendevano da lui. Ma, d’altro canto, se non avesse acconsentito alle proposte di Venia, lei avrebbe scatenato la sua furia assassina, uccidendoli tutti in un sol colpo. Non desiderava vedere le teste dei suoi amici rotolare ai suoi piedi come mele mature cadute da un albero. No, era inconcepibile.

Improvvisamente, però, accadde una cosa che lo distrasse dalle sue congetture, una cosa che nessuno, nemmeno Venia aveva previsto, una freccia, dalle piume bianche, fendé l’aria satura di attesa, e colpì la sua spalla scoperta dall’elegante e tetro vestito nero, facendola sussultare di sorpresa più che dolore, notò.

“ Perché non la smetti di prendertela con Frodo e ti rivolgi a qualcuno della tua taglia, strega?”

Tutti si voltarono a guardare Luthien scavalcare Aragorn ed Edward, che la guardavano allibiti, e mostrarsi in tutta la sua imponente bellezza a Venia, che la guardava con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati, incredula.

Legolas era rimasto sbalordito. Conosceva il suo coraggio, ma non si sarebbe mai aspettato un’azione simile, così avventata, istintiva e…fantastica. Mai come ora l’amava come non mai.

“ Oh, ti prego, sposami!”

Sussurrò Will adorante, facendola sorridere per un momento, ricambiando il suo sorriso accecante e pieno di ammirazione.

Ma non c’era nulla da sorridere, visto che la reazione di Venia non sarebbe tardata ad arrivare, e questo lo sapeva anche Gandalf.

“ Luthien, ti prego, no. Rimani dietro di me, non essere avventata.”

Le intimò, con sguardo accorato e severo, cercando di spingerla dietro il suo perimetro di protezione, ma lei si divincolò, quasi adirata.

“ No, fa silenzio, Gandalf. Restane fuori. È una faccenda fra donne.”

Disse, stupendo nuovamente tutti. Nessuno prima d’ora aveva zittito Gandalf, e ne tanto meno gli aveva intimato di non impicciarsi. Era proprio vero: quell’elfa era davvero fuori dal comune.

“ Si, lasciala fare, per favore.”

Disse Will di rimando, sorridendo ancora di più e appoggiandola in tutto e per tutto.

Improvvisamente, una risata squarciò l’aria, mentre la notte più fitta si accendeva di una luce verde e sinistra, proveniente da un bastone nero, contornate di smeraldi e rubini, e dalla ferita che Luthien, con la sua freccia, aveva inferto alla Dama dell’Oscurità, che ora, con uno strappo deciso, si tolse, mentre la sua ferita si ricucì senza cicatrici, in un bagliore offuscato e smeraldino.

“ Ma come siamo coraggiose, principessa Luthien. Cos’è, tutto ad un tratto ti rivolti contro di me?!

Eppure mi sembrava che fossimo buone amiche.”

Affermò soave, ma maligna, con un che di subdolo nella voce mielosa.

A quelle parole, gli occhi nocciola di Luthien lampeggiarono e subito tese una nuova freccia dal suo delizioso arco bianco, rimanendo immobile e sibilando con la sua voce melodiosa, ora intrisa di una rabbia che i suoi compagni non riuscivano a capire.

“ Tu, maledetta, smettila di prendermi in giro. Mi hai rovinato l’esistenza, e di questo non potrò mai perdonarti.”

A quelle parole, Venia rise ancora di più e Gandalf cominciava a mostrare segni di impazienza e nervosismo.

“ Luthien, per favore, ritorna dietro di me. Non provocarla ulteriormente.”

Ma Luthien non lo ascoltò, anche se non accennava a voler scoccare la freccia.

“ Luthien, ascolta Gandalf. Qualsiasi cosa ti abbia fatto Venia, non merita la tua vita.”

Disse Taras, avanzando di un passo e cercando di persuaderla, arrivando là dove nessuno forse era arrivato. E così Luthien voleva giocare il tutto per tutto, rischiando la sua stessa vita apertamente, più di quanto non avesse già fatto, per scoccare un colpo che, Frodo supponeva, non sarebbe certo stato mortale. Ma quello che si domandava era…

“ Perché? Perché sta reagendo così? Non si era mai comportata a questo modo, almeno da quello che abbiamo visto.”

Si chiese Merry, esponendo a voce alta un interrogativo che tutti si stavano rivolgendo.

“ Oh, ma loro non capiscono, vero principessa? Non sanno cosa ti affligge.”

Sussurrò Venia, facendo girare la freccia di Luthien tra le sue dita, il bastone ben saldo nella stretta della mano destra. Il bagliore verde che l’attorniava si faceva a poco a poco più intenso, preannunciando qualcosa di violento.

“ Il dono. Il dono che ti donai alla tua nascita…oh, eri così graziosa, così bella, che meritavi un regalo speciale, il più bello di tutti.”

“ Dono? Di che dono sta parlando?”

Chiese burbero Gimli, guardando Legolas al suo fianco, ora meditabondo e sconvolto dalla rivelazione della sua nemica.

Ripercorse con la mente a quella lontana notte, a Bosco Bianco, sul giaciglio di iris.

 Quando ero ancora in fasce, tutti concordavano nel ritenere che fossi una bambina bella al di sopra di ogni aspettativa. Chiunque si accostaste alla mia culla, rimaneva come incantato a scrutare la mia piccola figura.

Gli aveva rivelato, con tono grave e malinconico, quasi triste. Intanto, Venia continuò a stuzzicarla, rivelando una realtà che fin ad ora era stata nascosta.

“ Ma ben presto il dono che ti avevo donato, si è rivelato un pesante peso da portare, non è vero? Oh, povera cara!”

Disse, falsamente dispiaciuta e con tono lamentoso, anche se il sorrisino maligno che deturpava i suoi bei lineamenti, la tradiva.

Gli anni passarono come un soffio di vento primaverile, e più crescevo e più il mio fascino e la mia bellezza aumentavano enormemente, fino a diventare pericolosi.

Più Venia parlava, e più a Legolas le cose parvero chiare.

“ Una maledizione, non è vero? Ma poi  sei riuscita, con mio sommo dispiacere, a contrastarla.”

Dama Eruanna, consigliera e strega elfica devota al bene e di grande potere, un giorno si presentò all’interno delle mie stanze inviolate, comunicandomi la sua approvazione nel voler contrastare il mio dono, che in realtà è molto simile ad una maledizione…

Mi portò nella sua reggia, ai confini di Bosco Bianco, il Palazzo di Luce. Lì mi tenne inchiodata tre giorni e tre notti davanti allo Specchio dei Riflessi, uno specchio magico in grado di riflettere la parte nascosta della nostra anima. Da una parte c’ero io, dall’altra una Luthien tentatrice, capace di affascinare anche la più infida delle creature, soggiogare un intero esercito di uomini virtuosi solo con uno sguardo o un battito di ciglia. Solo allora, capii quanta malvagità si celava dentro di me, pronta per fuoriuscire in qualsiasi momento… solo quando finalmente riuscii ad accettarla ,ma non cadendo nei suoi tranelli, allo scadere dei tre giorni, la mia vera immagine prese vita sulla superficie magica dello Specchio dei Riflessi.

“ Ma ora, è giunto il tempo che ti restituisca ciò che ti appartiene di diritto, mia cara.”

Le sentì dire sibillina, per poi alzare il bastone magico, nel momento in cui Luthien scoccava la sua freccia, che si frantumò in una scintilla di stelle nere, con suo grande stupore, mentre un lampo nero come la pece, come quello che aveva colpito Frodo, che urlò agghiacciato a quella scena, nel suo incubo, le trafisse il petto, facendola contorcere al suolo in preda al dolore per ferite che non sanguinavano, ma che la facevano urlare come in preda alle fiamme.

Legolas fu subito accanto a lei, che a fatica, cercava di sottrarsi a quella tortura, come Taras e William, i suoi compagni più stretti. Will, con le lacrime agli occhi per la rabbia, cercò di avventarsi contro una Venia ridente e felice per il suo operato, ma le sue lame infallibili, trafissero solo l’aria e un orco che stava tornando alla carica, seguito dai suoi compagni. Prima di sparire del tutto, Gandalf, adirato e chino su una Luthien svenuta dopo il suo intervento, lanciò dal suo bastone un potente incantesimo che, come polvere di stelle, bianca e fatata, si insidiò nell’ultima fenditura verde, provocando il suono acuto di un urlo infastidito e dolorante.

Nel boato della battaglia, incapace di muoversi, Legolas stringeva il corpo pallido e tiepido di Luthien, ancora tramortito dalla visione di lei dolorate ed urlante di poco prima.

“ Portala al sicuro, lontano da qui!”

Gli urlò Aragorn, che impedì un orco di trafiggerlo con una spada, uccidendolo a sangue freddo.

Legolas annuì e lo sentì sussurrare prima in elfico prima di volare al castello con il consenso del re, che annuì convinto.

Abbi cura di lei.

E tu di te stesso.

Aragorn sorrise asciutto, per poi aiutare Taras, ancora scosso, ad uccidere un Uruck-hai armato di sciabola e balestra.

All’alba, quasi tutti gli orchi erano stati abbattuti e molti fuggivano in ritirata. Le urla di gioia non vennero condivisi da tutti. Quella vittoria, pensò Frodo, mentre vedeva i soldati dei rispettivi regni abbracciarsi fraterni, lampi bronzei con luci argentee, vessilli alzati a festa, trombe suonate festose, i volti dei suoi compagni sfiniti e meditabondi, lo sguardo antico di Gandalf puntato verso l’orizzonte, i passi di Taras e Will tornare per primi al castello, Merry, Pipino e Sam accerchiarlo preoccupati e sorpresi per le rivelazioni e gli ultimi eventi, il suo sorriso che non raggiungeva gli occhi: si, era decisamente una vittoria amara.

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Grazie per aver letto in tanti la mia storia e ringrazio soprattutto le mie commentatrici, che non hanno tardato a commentarmi appassionate.

Stellysisley: Mia simpaticissima stellysisley, ti ringrazio per i tuoi commenti e spero che questo Aragorn sdegnoso sia di tuo gradimento, come il nuovo cap che spero leggerai con piacere!!! A presto e baci baci da Fuffy91!!! ^__^

Fanny91: Cara e dolce fanny!!! Ebbene si, hai perfettamente ragione. Non è facile gestire tutti questi nuovi personaggi, ma spero di riuscirci al meglio. Sono contenta che il cap precedente ti sia piaciuto, e spero che anche questo sarà di tuo gradimento!!! Fammelo sapere al più presto!!! Baci baci da Fuffy91!!! ^__^

 

Un bacione fortissimo anche a tutti voi, cari lettori e lettrici. Ringrazio tutti quelli che mi hanno messo tra i preferiti e i seguiti!!! A prestissimo con un cap shock!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

“ Come sta?”

Chiese Will, non appena entrò nella sala di cura del castello dove, proprio al centro, dopo una fila di letti e giacigli in cui venivano medicati e curati i guerrieri feriti, chi vigile, chi incosciente, c’era Luthien, distesa  su un lenzuolo bianco panna e di lino, le cui pieghe dolci giocavano con i suoi splendidi capelli castani, scintillanti alla luce dei primi raggi del sole.

Con un sonoro tonfo, Will fece cadere lo scudo sul pavimento a mosaico, e con delicatezza sfilò le pesanti spade rinfoderate di rosso, come la sua tunica da guerriero, sporca di polvere e sangue nemico, appoggiandole senza far rumore accanto al letto della sua amica ferita. Osservò il suo volto disteso e i suoi occhi delicatamente serrati, sospirando affranto. Se non lo sapesse, le parrebbe profondamente addormentata.

Gandalf le teneva la mano destra abbandonata sul materasso in piume d’oca, con gli occhi chiusi ed un espressione meditabonda, mentre quella sinistra era sul suo grembo, muovendosi a ritmo del suo respiro regolare. Dama Tamara le passava di tanto in tanto una pezzuola bagnata sul viso, lavandole i segni della battaglia. Fu lei a rispondere al giovane Will:

“ è ancora incosciente. Sembra dormire profondamente.”

“ Ma non sta dormendo. Lei non può.”

Rispose lui, osservando Gandalf immobile, come in attesa di qualcosa, o alla sua ricerca.

Dama Tamara sospirò annuendo consapevole, risciacquando la pezzuola in una bacinella di legno e avvicinandosi ad un uomo in armatura bronzea, che si lamentava per una ferita al fianco, abbandonato sul letto al suo fianco.

“ Gandalf…cosa dici? Si rimetterà?”

Gli chiese, sperando in una risposta che tardò ad arrivare, tanto che pensò che non l’avesse ascoltato né si fosse interessato alla sua presenza.

“ Non ne sono certo. È come persa. Non so, non so…”

Disse scuotendo la testa con uno sguardo antico e segnato, il luccichio irale e il sorriso gioviale sparito dal suo volto rugoso. Come Will, guardò il bel volto di Luthien, accarezzandole la fronte con la mano destra, leggero e senza fretta.

“ Ci sono novità?”

Chiese una voce affannosa e profonda, entrando nella stanza seguito da un gruppo ben assortito di persone che avevano tutti il medesimo viso preoccupato.

Taras rimase in piedi accanto a Will inginocchiato sul pavimento, ricambiando il suo sguardo afflitto ed incredulo, per poi ricondurre gli occhi, sia azzurri che perlacei sul corpo abbandonato della loro compagna di avventure.

“ Si rimetterà. Lo so, si rimetterà. Ha affrontato di peggio.”

Disse quasi tra sé Will, sfiorandole i capelli lisci e sottili con le dita scoperte dai guanti di pelle.

“ Mi dispiace. Mi sento in colpa per quello che è successo. In fondo, Luthien ha agito in mia difesa.”

Disse Frodo accorato e osservando Luthien con il volto dipinto di pena.

“ No, Frodo, no. Non devi pensare una cosa del genere. Luthien è sempre stata così. Se ha agito a quel modo, lo ha fatto perché in quel momento lo riteneva giusto.”

Lo consolò Taras, con voce leggermente inclinata.

“ Io credo che ci sia dell’altro.”

Disse calmo e con voce profonda Aragorn, aiutando un soldato a mettere seduto un giovane con il capo fasciato.

“ Cosa vorresti dire?”

Disse Will, con tono quasi accusatorio, guardandolo accigliato.

“ Voglio dire che, quella di Luthien, non è stata una reazione avventata. Sembrava più una sfida nei confronti di Venia che, tra l’altro, sembrava di conoscerla perfettamente.”

“ Certo che la conosce. Tutti, in queste terre, conoscono Luthien. È la più brava arciere di razza elfica che esista. Ha ucciso milioni di orchi da quando ha cominciato ad impugnare un arco e a scagliare una freccia. C’è chi la ama e la rispetta e c’è chi la teme e la odia, come tutti noi del resto. Non mi sorprende che Venia faccia parte di quest’ultima categoria.”

Concluse in tono sprezzante Will, continuando a guardare serio Aragorn, che aveva tutta l’aria di non terminare lì il discorso.

“ Però ha parlato di un dono.”

Disse Pipino, ottenendo l’attenzione di tutti.

“ Si, un dono che…mi sembra di aver capito…le avrebbe dato quando era piccola.”

Continuò lentamente e con cautela, intimorito dallo sguardo accusatorio e quasi arrabbiato di Will.

“ Un dono che, con il passare degli anni, è diventato una maledizione.”

Rammentò Merry, senza guardare nessuno, se non la base del letto. Poi, alzò lo sguardo come colpito da una illuminazione.

“ Che sia per questo che si è scagliata contro di lei?”

Chiese a tutti loro, che si guardarono confusi a vicenda. Frodo notò lo sguardo di Aragorn puntato su Gandalf che, a sua volta, non staccava gli occhi da Luthien.

“ Chissà di quale dono parlavano?”

Sussurrò Sam, accanto a Frodo, assorto come il resto del gruppo.

“ Ma che importanza volete che abbia?!”

Esclamò burbero ed arrabbiato Gimli. Tutti si voltarono ad osservarlo, sorpresi.

“ Insomma…quel che importa ora è che la principessina, qui, sta morendo e noi stiamo qui a fare congetture e a pensare che cosa le abbia fatto quella strega. Al diavolo, facciamo qualcosa per farla riprendere, no?”

“ Pensavo non ti piacesse Luthien.”

Disse Legolas, dietro di lui, che per la prima volta, dopo la sventura di Luthien, sorrise di cuore. Non aveva lasciato il suo capezzale nemmeno un attimo, limitandosi, come Gandalf, a guardarla e ad attendere.

“ Beh…ma certo, non mi piace infatti. Ma, del resto, si, insomma…ehm, non auguro nessuno di morire così, no, senza senso. E poi ci serve, durante la battaglia!”

Esclamò burbero e risuonante, ma un rossore traditore gli imporporò le guance, mentre gli altr cercavano di nascondere i ghigni e i sorrisi.

“ Su una cosa hai torto, mio caro Gimli…”

Iniziò Gandalf, alzandosi dalla sediolina di legno in cui sembrava essersi incollato nelle ultime ore, donandola ad una curatrice che la prese con un sorriso di gratitudine.

“ Luthien non è in pericolo di vita.”

Annunciò, osservando prima Aragorn che annuì enigmatico, e poi a Will e a Taras che sospirarono di sollievo sorridendo felici.

“ Ma, se è così, perché non apre gli occhi?”

Chiese Frodo, portando lo sguardo da lui a lei.

“ Perché non si sente ancora pronta.”

Gli rispose Gandalf, accarezzandole di nuovo la fronte, assorto.

“ In queste ore ho vagato nella sua mente, alla ricerca di una qualche frattura, una ferita, una fiamma verde di terrore…ma nulla, uno strano intorpidimento sembra averla invasa, senza emozioni, né positive né negative. è perduta in sé stessa.”

Ripeté, quasi incapace di crederlo lui stesso.

Legolas deglutì nervoso, immaginando il perché del suo abbandono alla realtà.

“ Ma cosa le ha fatto, precisamente, la Signora delle Tenebre, quando l’ha colpita?”

Chiese gentile, Sir Rayon, accanto a Sir Edward, come lui perso nei suoi pensieri.

“ Già, in effetti, non ha ferite.”

Costatò Merry, accompagnando le parole con un gesto.

“ Non quelle che si possono vedere con gli occhi.”

Mormorò Gandalf, prima di aggiungere a voce alta.

“ Lasciamola, ora. Ha bisogno di riposo e di ritrovare se stessa, da sola.”

Terminò, guardando severo Will che, con un sorriso quasi di congedo e un’ultima carezza sul viso, delicata e leggera, si alzò, raccolse le sue cose, e si avviò verso l’uscita, seguito da Taras che le rivolse solo un  ultimo sguardo intenso, quasi come se si aspettasse di vederla aprire gli occhi e ridere contenta, gridando che era tutto uno scherzo. Ma scosse la testa, accertandosi di chiedere l’impossibile, per poi uscire dietro Will. Gimli la guardò, sbuffò, si guardò indietro, toccò la tastiera del letto, poi inclinò la testa e la salutò con un gesto frettoloso della mano piccola e paffuta, per poi correre deciso verso l’uscita. Sir Edward seguì Sir Rayon con sua moglie a braccetto, verso la porta, i capelli ramati accecati dal sole, mentre i ricci ribelli di Tamara si inclinarono di lato, quando lei si girò per rivolgerle un ultimo sguardo apprensivo, consolata dal marito che la cinse la vita con un braccio. Aragorn le toccò lieve il braccio e le sussurrò qualcosa in elfico, forse un augurio di guarigione, per poi avviarsi dietro i suoi compagni, mettendo una mano sulla spalla di Legolas, che ancora non accennava a muoversi. Ricambiò il suo sorriso incoraggiante, per poi vederlo varcare la soglia e voltare l’angolo insieme agli altri.

Pipino, Merry e Sam si morsero le labbra preoccupati, per poi toccarle a turno la punta dei calzari eleganti e seguire i loro compagni. Frodo rimase indietro, accanto a Gandalf, che lo osservò toccarle la tempia con le sua dita da bambino e pallide quanto la sua pelle d’avorio, sorridendole dolce e cercando di non essere dispiaciuto.

“ Mi hai salvato la vita due volte. Mai come ora vorrei ce ne fosse una terza.”

Gandalf sorrise e sghignazzò divertito, seguito da Legolas, ora appoggiato ad una colonna vicina, che increspò le labbra solo in un debole sorriso.

“ Torna da noi presto, Luthien,. Abbiamo bisogno di te.”

Sussurrò quasi imbarazzato, per poi sorridere a Gandalf che le toccò la spalla e gli fece l’occhiolino:

“ Si riprenderà, vedrai. È una donna coraggiosa e molto forte.”

Lo rincuorò avviandosi con lui verso l’uscita.

“ Lo spero davvero, Gandalf. Davvero tanto.”

“ Abbi fiducia, Frodo. Abbi fiducia, e non ne rimarrai deluso.”

Frodo sorrise ed annuì alle sue sagge parole, sentendosi ricambiare da un risolino piacevole.

“ Legolas.”

Lo chiamò Frodo, guardandolo ancora vicino alla colonna. Al suo richiamo, si voltò quasi strappato da chissà quali pensieri.

“ Non vieni anche tu?”

L’elfo biondo stava per rispondere, ma Gandalf lo prevenne.

“ Forse è meglio se lui rimanga qui, in caso di un qualche miglioramento. Puoi restare se vuoi, Legolas.”

Gli urlò quasi frettoloso, spingendo Frodo verso l’uscita e prima di richiudersi la porta alle spalle, lo vide ammiccare verso di lui, che gli sorrise sbalordito.

Rimasto solo con una Luthien apparentemente abbandonata, Legolas scosse la testa divertito: possibile che i suoi sentimenti fossero così evidenti? O magari questo faceva parte di un piano ingegnoso di Gandalf? Chissà.

Ora che erano soli, Legolas si concesse di avvicinarsi ancora di più a Luthien, ammirandone, seppur nella sofferenza, la bellezza e la purezza sconvolgente che il suo corpo sembrava emanare come un bagliore evanescente.

“ Vuole sedersi?”

Si sentì chiedere da una voce esitante.

“ Come?”

Si girò per incontrare gli occhi scuri di una giovane guaritrice, che gli sorrise incoraggiante, tendendogli una sedia di legno.

“ Le ho chiesto se vuole sedersi.”

Legolas guardò, quasi confuso e smarrito, troppo preso dai suoi pensieri e dalle sue emozioni per interessarsi della realtà, prima il volto della fanciulla e poi la sedia ed infine comprese e con un sorriso, rispose ed agì, prendendo tra le mani lo schienale della sedia.

“ Oh, si la ringrazio.”

La donna si inchinò con un sorriso e sparì dietro la colonna, che nascondeva gli unici due letti, quello di Luthien e quello del soldato con la ferita al fianco, ora profondamente addormentato, vicino ad una imponente porta finestra, dalla cui veranda si riuscivano ad odorare il profumo dei fiori di campo della foresta che si espandeva più in là, lungo la catena montuosa che abbracciava il castello. Legolas sorrise. Era proprio il posto ideale per un risveglio. Aveva scelto bene, quando l’aveva trasportata fino a qui, guidata da un servitore che era sopraggiunto, dopo aver annunciato alla sua regina e al resto del popolo di Ruer nascosto nei sotterranei, che la battaglia era finita.

Si sedette sulla sedia di legno, sentendola scricchiolare sotto il suo peso, mentre vagava con la mente a quei momenti di puro terrore ed ansia, nel vederla abbandonata, lì, inerme, con nessun segno di ferita aperta da curare, se non lacerata nel suo animo. Così era stata Venia a donarle quel flagello, il dono di una bellezza tentatrice che poi era diventata velenosa e dannosa su tutti coloro che la subivano, che l’avevano condannata per tanto tempo ad una vita di reclusione, di smarrimento, di colpa. A quei pensieri, Legolas strinse i pugni per la rabbia e l’impotenza che sentiva crescere nel suo animo e che gli faceva ribollire le viscere.

Si impose di calmarsi e di non pensare al volto maligno di Venia, ma solo alla salute di Luthien. Così sospirò e sciolse le mani in una posa rilassata. Tutto quel rancore non le faceva bene. Doveva donargli pace non inquietudine. Avrebbe voluto darle di più di un piacevole senso di benessere, in realtà. Ah, se solo le avesse dato la possibilità di amarla come avrebbe dovuto! Se solo lo avesse accolto, invece di respingerlo! Ma lei aveva paura, non riusciva a fidarsi di se stessa, a lasciarsi andare ad un sentimento così dolce che solo grazie a lei aveva scoperto e stava vivendo.

 Voi sapete quello che sono. Conoscete il mio più grande timore.

Si, lui lo conosceva. Sapeva di cosa lei avesse timore. Della parte oscura di sé stessa, quella tentatrice, subdola, che giocava con i sentimenti altrui. Ma quella non era la vera Luthien, non era quella la donna di cui lui era innamorato.

Il mio viso, la mia voce, perfino il mio odore sono fonte di attrazione per voi. Vi consiglio di cominciare a temere, mio signore, questo lato del mio carattere, da cacciatrice perfetta.

Ma come poteva temerla, se l’amava in una maniera incomprensibile anche per lui? Era impossibile! Quante volte gli aveva intimato di starle lontano, di lasciarla ai suoi pensieri, alle sue problematiche…ma come poteva abbandonarla, voltarle le spalle se tutto il suo essere anelava a lei, ma non in una maniera malsana, ma dolce, tenera, rassicurante, che gli riempiva l’anima e il cuore di sensazioni calde e positive.

Io non vi farò mai del male

Gli aveva sussurrato accorata e dolce prima di sparire dalla sua vista, quella lontana notte, in un tappeto di iris dalle corolle viola striate di blu notte.

Se lui si fidava di lei, allora anche lei doveva fidarsi di lui.

Ricordò il momento in cui le loro labbra si erano sfiorate in un bacio casto e sincero, la morbidezza della sua bocca rossa, il suo profumo di lampone…si sentì accaldato e in preda alle fiamme e cercò di non perdersi in quei ricordi meravigliosi. Si imbarazzò ricordando la sua audacia e si maledì ricordando il suo sguardo smarrito e spaventato a quel gesto.

Avrebbe tanto voluto vederla di nuovo scrutarlo con i suoi occhi scuri, intensi e brillanti di nocciola, le sue dita affusolate intrecciare le sue lunghe ciocche di un castano acceso e luccicante di polvere stellata, udire la sua voce melodiosa pronunciare le sue risposte sempre pronte… già, avrebbe voluto. Sentì un nodo stringergli la gola ed impedirgli di respirare al pensiero di vederla consumarsi su quel letto, intrappolata in un sonno apparente, senza la possibilità di ridestarsi alla luce del sole, imprigionata in un limbo senza fine. Lo avrebbe permesso? L’avrebbe lasciata proprio nel momento in cui aveva più bisogno di lei? No, assolutamente no!

Si voltò verso di lei, visto che il suo sguardo si era perso lungo le file di letti adiacenti, e quello che vide fu sconvolgente: Luthien era sparita, il suo letto era vuoto!

Si alzò facendo cadere la sedia all’indietro, preoccupato ed affannato, come dopo una lunga corsa.

Dov’era? Dove era finita? Come aveva fatto a non accorgersene prima? Che sciocco era stato! Si era perso nei suoi pensieri senza badare a quello che effettivamente stava accadendo intorno a lui ed accanto a lui.

“ Se sta cercando la fanciulla distesa su quel letto…”

Si sentì dire, da una voce affannata e dolorante. Era il soldato disteso accanto al letto di Luthien.

“ è uscita dalla porta-finestra. Mi ha fatto segno di tacere e di non dirle nulla, fin quando era distratto. Mi sembra che sia anche saltata giù.”

Cercò di urlargli, mentre si avventurava all’esterno e si affacciò sulla balconata in marmo levigato e più scuro rispetto alle pareti del castello color panna, sospirando di sollievo nel vedere due lunghe gambe azzurre con calzari bianco latte spiccare sul verde del prato spruzzante qua e là fiori gialli e rossi, e una testa castana dai riflessi dorati spuntare dai cespugli intricati di bacche profumate.

Con un balzo e un sorriso, si ritrovò sul verde pavimento e, molto lentamente, si avvicinò alla fanciulla posta di spalle, deliziandosi della vista dei suoi capelli sciolti intrecciati di perle danzare con i soffi leggeri del vento mattutino, carico di profumi aromatici.

Lei non si voltò, ma sapeva che riusciva ad avvertire i suoi passi leggeri e silenziosi, come anche la sua presenza che si avvicinava a poco a poco alla sua figura.

“ Mia signora.”

Sussurrò dolcemente e sempre sorridendo felice Legolas, inginocchiandosi dietro di lei, così vicino dal sentirne il profumo inebriante, e allungando una mano a toccarle una spalla  scoperta da un rombo contornato di fili bianchi, come gli arabeschi i fiori di ciliegio raffigurati sul suo abito d’arciere, molto femminile doveva ammetterlo.

La sfiorò appena con le dita affusolate, ma tanto bastò a fargli provare un brivido lungo la schiena.

“ Sono felice che siate guarita.”

La sentì sorridere, per poi dirgli con tono amaro:

“ Guarita?” una pausa in cui posò delicatamente un fiore selvatico sul letto di foglie cadute dal faggio che li sovrastava imponente: “ No, non sono guarita.”

Sussurrò triste, giocando con i petali del fiore riposto, chiudendoli e schiudendoli a piacere. Eh si, quella ne era una prova.

“ Andate via. Lasciatemi sola.”

Gli disse, senza dare alcun segno di volersi voltarsi e guardarlo negli occhi.

In risposta, Legolas alzò anche l’altra mano e la posò sull’altra sua spalla scoperta. Un altro tocco, un nuovo brivido.

“ No.”

Disse deciso, ma bisbigliando appena la sua negazione.

Lei sospirò e reclinò la testa all’indietro, quasi toccandogli l’inizio del petto. La immagino chiudere i suoi bellissimi occhi nocciola, affranta per la sua testardaggine. Non poté impedirsi di sorridere.

“ Vi prego, ho bisogno di solitudine per riflettere.”

Lo supplicò.

“ Potete farlo anche con me vicino. Non vi disturberò, promesso.”

Disse lui di rimando, facendo scorrere le dita di entrambe le mani sulle sue braccia coperte dall’abito aderente, che ne esaltava le morbide forme, muovendole in un movimento continuo, su e giù, instancabile.

Lei sospirò.

“ Lo state già facendo.”

Legolas, questa volta, rise divertito, proprio accanto al suo orecchio, ritrovando un sorprendente eco nella sua risata cristallina ma debole. Era ancora indebolita.

“ Forse dovreste tornare nella sala di cura. Siete ancora molto debole.”

Suggerì premuroso, ma Luthien appoggiò la sua mano destra sulla sua, ora ferma sulla sua spalla, stringendola appena e facendolo tremare leggermente.

“ No. L’unica cura di cui ho bisogno è proprio qui, non dentro una stanza scintillante di marmo.”

Disse con la sua voce suadente, forse più del solito, che portò Legolas a perdersi nelle sue note, come quando iniziò ad intonare una melodia sconosciuta ed antica, una canzone elfica struggente, che parlava di amore e guerra, unite in un legame indissolubile. Assomigliava molto alla loro storia.

Rimasero così per attimi eterni, finché non le chiese con voce velata d’emozione:

“ Perché non vi voltate?”

Lei non rispose, ma finì di intonare la sua canzone, che si spense elle ultime note malinconiche. Appoggiò il capo sul suo petto, sospirando dolcemente e chiudendo gli occhi, come per nascondersi.

“ Aprite gli occhi, vi prego.”

La pregò Legolas, desiderando specchiarsi in quelle pozze scure ed incantatrici, dove sapeva si sarebbe perso.

Ma, improvvisamente lei si staccò da lui, alzandosi di scatto e nascondendosi nell’ombra oscura del faggio, lasciandolo lì, indifeso e confuso, con il cuore palpitante d’amore.

“ No, no! Andate via! Lasciatemi sola! Non voglio vedervi!”

Urlò, quasi arrabbiata, con un tono di voce sempre ammaliatore ed incantatore.

“ Perché dite così? Io voglio solo aiutarvi.”

Disse lui accorato, alzandosi ed avvicinandosi a lei, che ad ogni suo passo si ritirava sempre di più nell’ombra, il viso nascosto dall’oscurità, mentre alcuni spazi di luce, che filtrava dalle foglie verdi del faggio, le illuminarono la veste azzurrina e luccicante del bianco dei piccoli fiori di decoro.

“ Non desidero il vostro aiuto, né quello di nessun altro. Andate via! Via!”

Esclamò di nuovo, irata ma suadente, nascondendosi ancora di più il volto tra le mani e le braccia, allungando la schiena sul grande tronco rugoso.

Legolas, per nulla scoraggiato ma desideroso di capire cosa avesse, si inginocchiò davanti a lei, cercando di portarle le braccia lungo il busto e guardare così il suo viso.

Ma lei si divincolò:

“ No, vi prego andate via! Fate come vi ho detto, per favore! Lasciatemi al mio destino!”

Lo pregò ancora, ma lui non demorse.

“ No, non vi lascio. Non posso, non voglio. Io so che avete bisogno di me, lo so.”

Disse Legolas convinto, cercando di trascinarla alla luce del sole, senza farle del male.

“ No, non è vero, siete un illuso! Io vi odio, vi detesto! Non vi sopporto, andate via!”

Ripeté per l’ennesima volta, Luthien. Nonostante quelle parole trafissero il suo cuore come lame di ghiaccio dolorose, Legolas sapeva, in fondo all’anima, che non era la verità quello che stava dicendo. Voleva solo allontanarlo da lei, colpendolo con le sue stesse parole, invece che con le sue frecce. Ma anche lui era un arciere abile, e non avrebbe ceduto al suo gioco senza lottare.

“ So bene che non è quello che pensate. Quindi ora, rimarrò con voi e vi porterò alla luce, che vi piaccia o no.”

Disse deciso, afferrandola per le gambe e la schiena, trasportandola in braccio fino al punto in cui si era allontanata, fuggendo da lui.

Quando la depose proprio dinanzi a lui, Luthien non accennava a voler aprire i suoi bellissimi occhi, nonostante il suo viso fosse più splendente e bello che mai.

“ Ora, aprite gli occhi.”

Le intimò dolcemente, scostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Luthien scosse la testa, decisa ed irremovibile.

“ No.”

“ Perché fate così?”

Le chiese ancora con un tono dolce e comprensivo, che invogliava ad aprirsi e parlare.

“ Perché non vedo alcun motivo per cui debba sottostare ai vostri ordini.”

Disse sempre melodiosa, ma aspra.

“ Ora, allontanatevi da me.”

Ordinò, perentoria.

Per tutta risposta, Legolas si fece ancora più vicino a lei, che rimase immobile dov’era.

“ No.”

Disse sorridente. Prima o poi avrebbe ceduto, ne era convinto.

“ Insomma, è ridicolo. Vi ho detto che vi odio, vi detesto, non sopporto la vostra vicinanza. Lo capite, oppure no? Devo dirvelo in elfico? Magari così sarò più chiara!”

“ Provateci.”

Lei sbuffò per il suo divertimento.

“ Perché fate tutto questo? Demordete dal vostro intento, mio signore.”

Legolas socchiuse gli occhi e avvicinandosi al suo orecchio le sussurrò in elfico, incapace di trattenersi, mentre il suo respiro caldo le solleticava la punta appuntita dell’orecchio.

“ Vorrei tanto essere davvero vostro.”

A quelle parole appassionate, Luthien si allontanò come scottata, abbassando il volto con ancora gli occhi serrati sul suolo erboso e rugiadoso.

“ No, non è vero. Non è questo ciò che volete, lo so.”

Legolas non l’aveva mai udita in elfico, e nella loro lingua, la sua voce sembrava molto più modulata e suadente, seppur intrisa di agitazione.

“ Perché dite così? Vi allontanate, mi dite che mi odiate, che mi detestate…ma io so che non è così. Lo sento, lo percepisco.”

Ad ogni parla, Legolas si era avvicinato a lei, e ora le stava accarezzando la guancia calda ed imporporato di un ritrovato e lieve rossore.

“ Non sapete cosa dite. Non siete in voi. La mia natura oscura vi ha plagiato.”

Allora era questo che pensava. Credeva che lui provasse quei sentimenti per lei solo perché ammaliato dalla sua parte oscura. No, non era così. Lui ne era convinto, si era innamorato di lei molto prima di conoscere la verità, forse proprio il momento in cui l’ha vista scendere dal suo cavallo bianco, nella sala da ricevimento del palazzo di Gondor, molto prima che vedesse il suo volto, molto prima di conoscere il suo nome. Si era innamorato della sua essenza, del suo coraggio, del suo animo nobile e gentile, dei suoi sorrisi, dei suoi sguardi indagatori, dei suoi cipigli increduli, delle sue battute ironiche con Will, del suo disappunto nel ricevere un complimento, della sua mania di intrecciare i capelli, del suo passato, del suo presente e del suo futuro, ora sapeva, sarebbe stato con lui. Questo era l’amore, Luthien, la vera Luthien era l’amore.

“ No, non è così.”

Lei alzò il volto verso di lui incredula.

“ Non è così.”

Ripeté, accarezzandole ancora il volto.

“ Voi siete importante per me, mia signora. Molto importante e io…”

Si avvicinò ancora di più a lei, sospirando, fronte contro fronte.

“ Io vorrei tanto vedere i vostri occhi, adesso.”

Luthien indugiò, cercando di protestare, ma lui glielo impedì:

“ Non abbiate paura. Io sarò qui, accanto a voi.”

Lei, quasi sconfitta ed abbattuta, si inumidì le labbra rosse e tremanti e con un debole battito di ciglia, aprì gli occhi, finalmente, mostrandosi a lui.

Non erano i suoi soliti occhi color nocciola. Erano neri e luccicanti, e la pupilla si univa a quel nero accecante e magnetico, creando un unico involucro ipnotizzante.

“ Lo so, sono un mostro. Ma è così che sono, in realtà. E questo non è nulla.”

Legolas, nonostante fosse molto turbato da quegli occhi penetranti, cercò di tenere viva nella sua mente l’immagine dei suoi occhi color nocciola, per poi avvicinarsi a lei e dirle sorridente:

“ No, questi occhi non sono i vostri. Io non vedo caldi e dolci occhi nocciola, qui.”

Lei sospirò affranta, ma sostenne il suo sguardo turchese, aspettando una sua mossa.

“ Mia signora, io…io volevo dirle…che…”

Ma non terminò mai la frase, visto che si unirono in un lungo bacio, all’inizio dolce e carezzevole, poi sempre più forte, deciso e passionale. In quel bacio, Legolas dimostrò tutto il suo amore, tutta la passione che nutriva per lei, irrimediabilmente lei.

Quando si staccarono, affannati e deliranti di sentimenti contrastanti, lui le accarezzò la guancia, dolce e delicato, e quando cercò di riappropriarsi delle sue labbra, lei lo fermò, sorridendo misteriosa e riaprendo gli occhi, ora nuovamente nocciola intenso.

“ Devo andare.”

“ No.”

Protestò lui, ma Luthien sorrise dolce e come un soffio di vento sparì dalla sua vista.

Legolas rimase disteso sul soffice tappeto verde, circondato dai fiori selvatici, per molto tempo, con il petto che si abbassava e si sollevava a ritmo del suo respiro affrettato. Sorrise gli occhi azzurro mare luminosi ora più che mai, per una nuova certezza. Aveva una speranza. Forse, sarebbe riuscito a farla innamorare di lui.

 

 

 

 

I commenti alle vostre recensioni al prossimo cap!!! Grazie a tutti coloro che leggono!!! Baci baci Fuffy91!!! ^____________________^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo16

“ Legolas. Legolas, svegliati, amico mio!”

Si sentì richiamare da una voce profonda e modulata, che lo costrinse a ritornare alla realtà presente, riaprendo gli occhi dolcemente ma con decisione.

Il suo volto era disteso sulle sue braccia incrociate, i capelli ad accarezzargli il volto, l’odore benefico e pungente di erbe medicinali a risvegliare i suoi sensi intorpiditi. Aragorn era lì, chino su di lui, il suo sguardo acceso di smeraldo deturpato da un cipiglio di preoccupazione. Quando aprì la bocca per parlare, la sua voce non era più offuscata da un velo di intorpidimento.

“ Ti senti bene? Cosa ti è accaduto?”

Gli chiese, aiutandolo ad alzarsi dalla sedia di legno che poco tempo fa gli era stata donata da una giovane donna, ora affaccendata a ripulire i letti vuoti dalle lenzuola macchiate di sangue purpureo.

Si voltò a guardare il letto dietro di lui. Anche il giovane soldato ferito al fianco era sparito, le lenzuola del suo letto cambiate ed immacolate. Si girò verso il letto della sua amata, sorprendendosi che fosse ancora lì, ad occhi chiusi, distesa ed immobile come l’aveva lasciata. Guardò la porta finestra, socchiusa per il leggero vento pomeridiano. Si stupì, era già trascorso così tanto tempo?

Ma, com’era possibile? Pensò osservando nuovamente Luthien. La aveva lasciata nel piccolo fazzoletto di terra verde sottostante, dove aveva cercato di rivelarle il suo amore. Ancora vivo era il ricordo del loro bacio appassionato, proprio lì, sulle sue labbra rosate, bruciate dalle sue, rosso ciliegia. Il loro discorso, i suoi occhi nero pece, dopo il bacio, ritornati a luccicare di nocciola…possibile che fosse solamente una vana illusione partorita dalla sua mente? Assurdo, non poteva crederlo davvero!

“ Io…non lo so.”

Rispose infine, guardando Aragorn confuso e deluso.

“ Proprio non lo so.”

Ripeté, guardando afflitto il corpo abbandonato di Luthien, splendente di bellezza ai raggi del sole pomeridiano.

“ Credo…credo di aver avuto una visione o qualcosa del genere.”

Ipotizzò, ancora smarrito.

“ Una visione? Di che genere?”

Chiese Aragorn cauto, cercando di non forzare la memoria in subbuglio dell’amico, confortandolo con una mano abbronzata appoggiata sulla sua spalla rigida come il resto del suo corpo.

“ Eravamo nei presi della foresta. Abbiamo parlato, abbiamo…com’è possibile? Sembrava così reale.”

Si chiese ad alta voce, ancora incredulo nell’accettare la cruda realtà dei fatti.

“ Abbiamo?”

Chiese Aragorn, cercando di aiutarlo a ricordare e di capirci qualcosa, seguendo il suo sguardo vacuo verso Luthien.

“ Tu e Luthien? Hai avuto una visione che riguardava entrambi?”

Ma Legolas non sembrava averlo ascoltato. Continuava ad osservare immobile e senza respiro l’oggetto del suo amore, incapace di credere che fosse stato tutto un’ amena finzione della sua mente offuscata dall’amore che nutriva per lei.

“ Legolas.”

Lo richiamò piano Aragorn, cominciando davvero a temere per la salute dell’amico, che sembrava perso come la sua compagna, abbandonata su quel letto di lino. Lo scosse cercando di farlo rinsavire.

“ Legolas, ascoltami. Va tutto bene. Qualsiasi cosa tu abbia visto, va tutto bene. Cerca di ritornare in te.”

Gli disse profondo e rassicurante, prendendolo per le spalle e scuotendolo forte, finché non lo vide focalizzare il suo viso e i suoi occhi tornare a brillare di turchese. Annuì più cosciente di sé. Aragorn sorrise tranquillo e tirando un sospiro di sollievo. Poi, cingendogli un braccio intorno alle spalle, fraterno, lo sospinse verso l’uscita.

“ Vieni. È da troppo tempo che sei qui. La battaglia ti avrà scosso come la tensione nei riguardi di Luthien. Sei preoccupato per lei. È normale, è successo anche a me di pensare ad Arwen nei momenti di maggior sconforto in passato. A volte il suo ricordo era così vivo nella mia mente da sembrare che potessi toccarla, stringerla e addirittura baciarla. Era tutto molto reale, ma era solo illusione. Un artefatto della mia mente.”

Gli spiegò tranquillo e rilassato, mentre lo conduceva verso la porta d’ingresso. Ma proprio mentre la stavano per oltrepassare, fu Legolas stesso a voltarsi  per guardarlo stupito.

“ Quindi credi che sia la stessa cosa che è capitata a me, poco fa? Credi che la mia mente mi abbia fatto vedere, sentire e provare quello che io desideravo avere?”

Aragorn annuì, ma poi aggiunse:

“ O magari è successo davvero e Luthien ha avuto modo di comunicare con te attraverso il portare dei sogni o, data la tua circostanza, essendo un elfo, i tuoi pensieri.”

Legolas annuì, molto più consapevole di questa che dell’altra ipotesi. Era troppo realistico per sembrare una visione, senza contare che, se fosse dipeso da lui, Luthien non si sarebbe mai allontanato da lui quando lo aveva fatto.

Riportò nuovamente lo sguardo verso Aragorn che ora lo osservava più rilassato, sorridendogli malizioso.

“ E così…Arwen comunicava con te attraverso i sogni? Non me lo avevi mai detto.”

Gli disse falsamente accusatorio, sorridendogli di sbieco. Aragorn annuì, abbassò lo sguardo verso un punto non definito del pavimento, sogghignando imbarazzato.

“ Beh…si, a volte.”

Aggiunse poi, disinvolto.

“ Non ti chiederò cosa facevate, anche se, ne ho una vaga idea, conoscendo Arwen.”

Gli disse, poi, Legolas, continuando a sorridere malizioso e sussurrando ambiguo.

Aragorn prima lo guardò scoccato, in seguito rise di cuore ritrovando il suo amico ironico e scherzoso di sempre. Legolas rise con lui, rivolgendo poi uno sguardo al letto inondato di sole della sua Luthien. Il sorriso si spense all’istante. Perché non si era ancora svegliata? Sospirò affranto.

“ Coraggio, andiamo. Gli altri ci stanno aspettando nella sala del trono.”

Legolas scosse la testa e annuì dolcemente al suo amico comprensivo, che lo precedette verso la loro destinazione. Prima di seguirlo, Legolas colse un ultimo sguardo alla figura inerte di Luthien, cercando di bearsi ogni suo singola sfaccettatura, per poi, con un sospiro e un sorriso che non brillò nei suoi occhi azzurro mare, affiancò la figura elegante di Aragorn che guardava dritto verso di sé, con sguardo concentrato, forse per le svolte della guerra.

“ Legolas.”

L’elfo biondo mugugnò in risposta.

“ Cosa volevi dire con la frase “conoscendo Arwen””?

Legolas rise allo sguardo divertito dell’amico.

“ Ma nulla, Estel.”

“ No, tu volevi dire qualcosa.”

“ Ti assicuro di no.”

“ D’accordo, mi fido.”

“ Fidati.”

Guardandosi negli occhi, i due risero piacevolmente.

Le porte della camera di guarigione si chiusero troppo in fretta, cosicché Legolas non poté cogliere il movimento sinuoso di Luthien che volse il viso verso il punto in cui lui era sparito, le ciocche castane e splendenti di striature dorate ad inondarle il viso, e le sue labbra incurvarsi in un sorriso finalmente sereno.

Quando Aragorn spalancò le porte della sala del trono, i suoi occupanti erano impegnati in una animata discussione.

“ No, Edward. Non credo che Orfin ci appoggerà in questa guerra. Lo conosci. Ha troppa paura di Venia, per partecipare attivamente alla battaglia.”

Stava affermando categorico Sir Rayon, seduto a capo di una tavola rettangolare, di legno d’abete molto sottile e chiaro, che si univa alle pareti marmoree perfettamente.

Sir Edward stava marciando avanti ed indietro, con un cipiglio impresso negli occhi dorati, la fronte liscia di giovane uomo corrugata in una ruga di preoccupazione.

“ Beh, ma dovrà pur prendere una posizione.”

“ Certo, la sua.”

Gli rispose Rayon, con un sorriso sprezzante.

“ Chi è Orfin?”

Chiese Aragorn entrando e sedendosi accanto a Frodo, che guardava sia Rayon che Edward preoccupato. Ma quando vide Aragorn accanto a lui, il suo volto si distese, come quello di Sam, al suo fianco. Loro sapevano che Aragorn sapeva sempre cosa fare.

Sir Rayon lo guardò, l’espressione di scherno non lo abbandonò mentre gli spiegava chi fosse l’uomo oggetto della loro discussione.

“ Sir Orfin, re di Murnirm. L’uomo più vigliacco che abbia mai conosciuto.”

Disse sprezzante, alzandosi di scatto, rivolgendo le spalle ad Aragorn che non abbandonò la sua figura, impassibile, come Gandalf appoggiato al suo bastone con entrambe le mani, soprappensiero.

“ Oh, andiamo Rayon!”

Esclamò quasi risentito a quel commento Edward, arrestandosi e osservando con un cipiglio irritato il suo interlocutore.

“ Beh, cosa? Vorresti forse negarlo?!”

Gli rispose irato Sir Rayon, voltandosi bruscamente verso di lui, alzando le braccia al cielo in un gesto eloquente, come a sfidarlo a contraddirlo.

Per un attimo si guardarono in cagnesco, occhi dorati contro occhi azzurro-tempesta.

Ma ben presto, fu Sir Rayon ad abbassare lo sguardo, ora rilassato, appoggiandosi allo schienale della sedia e sospirando a capo chino. I capelli biondo cenere illuminati dal sole che filtrava dalle finestre a botte in alto, sulle pareti rocciose.

“ Mi dispiace, Edward. Non volevo urlare così. È solo che…”

Una pausa, in cui rialzò lo sguardo, si risedette, sospirò di nuovo e si massaggiò la fronte con la mano destra.

“ Prima del vostro arrivo, ero andato a Murnirm per avere un colloquio con Orfin. Ma lui mi ha negato ogni tipo di incontro, cacciandomi fuori dal palazzo, ignorando apertamente ogni mio richiamo. Sono giorni che cerco di convincerlo, attraverso le lettere che gli invio, i reclami, le avvertenze, che la guerra contro Venia è imminente, che dobbiamo essere uniti per fronteggiarla. Ma nulla, è più testardo di un mulo.”

“ Immagino sia il timore a costringerlo a comportarsi in questo modo incosciente.”

Disse Gandalf calmo, fuoriuscendo dalle sue meditazioni.

Rayon sbuffò:

“ Diciamo pure che è l’ottusità a guidarlo, anche se, si, immagino sia anche impaurito.”

Sorrise il re di Ruer, ricambiato da un risolino di Gandalf e un sorriso leggero di Aragorn.

“ Sir Orfin è sempre stato così. Di fronte al pericolo, si è sempre tirato indietro.”

Aggiunse Sir Edward, risedendosi accanto a Rayon, che gli toccò una spalla fraterno, come a chiedergli perdono ulteriormente per la sfuriata di poco prima.

“ Ma ho sentito dire che i suoi eserciti sono ben addestrati, guidati da un uomo capace ed abile in battaglia.”

Aggiunse Taras, appoggiato ad una colonna, accanto a Pipino, acciambellato su un seggiolino accanto a Merry, intento a preparare un’ erba pipa rilassante.

“ Non è un uomo qualunque.”

Cominciò Edward, attorcigliandosi un filo di cuoio pendente dalla sua camicia nera, che esaltava il colore dei suoi capelli ramati, con aria quasi distratta.

“ è suo figlio, il principe Varen.”

“ Bravo uomo il principe!”

Esclamò all’improvviso Will, attirando l’attenzione di tutti, discendendo dal basamento del seggio reale con un balzo, e avvicinandosi calmo e misurato, con le mani in tasca e le pesanti e potenti spade di Amlach oscillanti dietro la sua schiena, ai suoi interlocutori, per poi sedersi accanto a Sam con lo schienale della sedia rivolto in avanti, appoggiandovi le braccia incrociate e poi il viso da fanciullo birbante, perennemente sorridente.

“ L’ho conosciuto durante un’imboscata nelle Paludi di Carcas. Mi ha salvato di persona, impedendomi di sprofondare nelle sabbie mobili. Un uomo molto nobile. Peccato che sia sfortunato con le donne.”

Bisbigliò a Sam che lo ascoltava rapito.

“ Troppo timido.”

Sam rispose al suo sorriso biricchino con una smorfia stranita, mentre Frodo al suo fianco, rideva a bassa voce, scuotendo la testa.

“ Tipico di te, sprofondare in quelle paludi.”

Disse di rimando Taras, incrociando le braccia e le gambe, sorridendo anche con i suoi occhi perlacei.

William scrollò le spalle voltandosi verso di lui, sempre divertito.

“ Che posso farci. Ero intontito. Avevo passato un’intera notte nelle Luci di Fata. Ti lascio immaginare il mio stato. Ero distrutto.”

“ Le Luci di Fata? Quel locale è altamente malsano. Non dovreste frequentarlo.”

Lo ammonì Sir Rayon, mentre tutti si guardavano confusi.

“ No, non è sempre così. È anche pieno di gente divertente e soprattutto di belle fanciulle spiritose e amorevoli. Ah, Romilda! Lei è la mia preferita. Mi ricopre sempre d’attenzioni quando faccio loro visita. Ora che ci penso, dovrò presentartela Taras. Mi sa che tu le piacerai.”

Si voltò nuovamente verso di lui, trovando un Taras incapace di trattenere le risa e scuotendo la testa affranto dal comportamento dell’amico.

“ Portai anche Varen lì, per sdebitarmi, sapete. Anche se un boccale di vino rosso unito alla menta non credo lo abbia giovato. In compenso Violet lo ha ricompensato tempestandogli il volto di baci.”

“ Hai portato il principe ereditario in un bordello dei bassifondi della città?”

Gli chiese ora scandalizzato Taras, mentre Edward sorrideva divertito al suo fianco, Sir Rayon si nascondeva il viso fra le mani non riuscendo a crederci, Merry si stava quasi affogando con il fumo grigiastro dell’erba pipa, mentre Pipino ridente gli picchiettava sulla schiena ricurva, Gimli si scambiò uno sguardo scioccato con Legolas, Gandalf e Aragorn sorrisero incapaci di credere alla sua follia e Frodo e Sam si guardarono eloquenti per poi puntare lo sguardo verso un William sorridente. Sul viso un’espressione di pura innocenza.

“ Se è per questo anche i suoi uomini. Credimi, loro non sembravano dispiacersene. E poi, te l’ho detto: Violet ha provveduto a farlo sentire come a casa sua.”

A quel punto Edward rise divertito, non riuscendo più a trattenersi, mentre in sottofondo si sentì Taras bisbigliare accigliato:

“ Idiota.”

Ma Will non sembrò turbarsene, e sorridendo birichino, si interessò alla conversazione che Aragorn decise di intraprendere.

“ Comunque sia, dovremo interagire al più presto con Sir Orfin. Non potrà ignorare a lungo l’insorgere di Venia.”

“ E se lui non vorrà discutere, ci rivolgeremo a suo figlio, che, a detta di Will, in principio alla sua nobiltà d’animo, non ci negherà il suo aiuto.”

Aggiunse Gandalf, avvicinandosi alla comitiva seduta, che lo guardò annuendo in una risposta affermativa.

Ben presto tutti si alzarono, seguendo i sovrani dai rispettivi regni e i compagni di viaggio verso l’uscita, per prepararsi alla partenza, verso il regno di Murnirm.

“ Molto bene. Così potrò rivedere Romilda.”

 

“ Non siate in pena, mio signore, per Dama Luthien.”

Sussurrò Dama Tamara a Legolas, dopo aver salutato con un bacio e un abbraccio caloroso il suo re, mentre l’arciere biondo montava il suo candido cavallo bianco, che nitrì dolcemente.

“ Farò in modo che non le manchi nulla e che si rimetta presto.”

Legolas rispose al suo sorriso cordiale con uno riconoscente, per poi inchinare il capo e raggiungere lo stallone nero ed insolente di Will, che sbuffò infastidito di riprendere il viaggio.

Gimli non fu da meno.

“ Secondo te, si rimetterà davvero?”

Gli chiese di soppiatto, facendolo trasalire.

“ Lo spero, Gimli. Lo spero.”

Terminò a bassa voce, mentre il nano amico, dietro di lui, mugugnava poco convinto. Legolas portò lo sguardo limpido sulle alte finestre del palazzo di marmo, illuminate del rosso cremisi dei raggi del sole in eclissi, dietro le montagne rocciose. Sospirò debolmente, per poi portare osservare la regina abbracciare forte suo genero, accarezzandogli i capelli corti e folti, scintillanti di rosso-rame.

“ Mi raccomando. Saluta mia figlia quando tornerai ad Holmes e dirle che mi manca.”

“ Lo farò, mia signora. E so che anche lei soffre la vostra mancanza.”

“ Abbi cura di te, Edward. Mi sei tanto caro. Mi prometti che non sarai sconsiderato, come mio marito?”

Edward rise con il volto sorretto dalle sue mani affusolate.

“ Cercherò di fare del mio meglio, lo prometto.”

Terminò serio, baciandole il dorso della mano destra, per poi montare il suo destriero color champagne e raggiungere Sir Rayon, a cavallo di una giumenta a macchie bianche e marroni, elegante nella sua stazza, mentre lo sguardo preoccupato di Tamara li accompagnò fino a che non divennero, insieme agli altri, dei puntini scuri e veloci, che scomparivano nell’orizzonte oscuro dipinto dei bagliori arancio e dorati del cielo.

Ben presto arrivarono a Murnirm, città che distava poche miglia da Ruer, nei pressi di una vallata concava, che accoglieva il grande palazzo dalle tre torri a guglie, i cui tetti erano interamente ricoperti di tegole in terra cotta.

La sua disposizione a U , sembrava come voler abbracciare le piccole case dai camini fumanti, forse per il pasto serale, mentre i bagliori di luce provenienti dalle lanterne al loro interno, luccicavano come fate in un lago di ninfee.

Poco più in là, verso destra, cominciavano a intravedersi le coste scure e brillanti degli ultimi bagliori cremisi del sole, e la brezza spumeggiante del mare agitato rilassò i nervi tesi di Frodo, che chiuse gli occhi per assaporare quella delizia, ad ogni galoppo del cavallo bruno di Taras, il cui sguardo serio era puntato solo ed esclusivamente sul palazzo roccioso, ma non massiccio come quello di Holmes, ma più delicato, seppur meno elegante di quello di Ruer.

Appena giunsero nel paese deserto, non solo per via dell’ora, ma anche per la tensione che vi aleggiava, seppur caratteristico, Murnirm sembrava un luogo dilaniato dalla paura e dal disaccordo. Quando sorpassarono un vicolo buio, Frodo sentii indistintamente urla di uomini arrabbiati, donne spaventate e rotture di bottiglia andate in frantumi.

Deglutii, contagiato dal nervosismo che albergava in quel luogo, cercato di trovare conforto nello sguardo di Sam, dietro Aragorn, ma che riuscì solo a ricambiare una smorfia di quello che doveva essere un sorriso. Anche lui era rigido e teso. La Gemma fremette insicura, vicina al suo cuore palpitante.

All’improvviso, la porta di un locale si aprì di botto, rivelando due uomini vestiti umilmente, forse contadini o viaggiatori, che si azzuffarono tra la polvere del terreno.

Due donne accorsero preoccupate, gridando abbracciate, con i capelli, gli uni rossi e gli altri biondi, scomposti e vestite di quelle che dovevano essere sottovesti di un rosa acceso.

Altri uomini, a quelle urla, corsero per separarli, ma entrambi li misero a terra con uno schianto di bottiglia sul capo e una coltellata al fianco, fortunatamente superficiale, vista la loro sbronza.

“ Will, dove vai?”
Disse Merry, dietro di lui, cercando di tranquillizzare il suo stallone irrequieto con le redini che lui gli aveva lanciato.

Will non gli rispose ma si prodigò a separare con un pugno e un calcio ben assestato i due contendenti, che ora si stavano avventando sulle due donne.

Quest’ultime lo guardarono ammirate, e non solo per il suo coraggio, visto gli sguardi languidi con cui lo oltrepassarono. Lui, di rimando, sorrise ad entrambe, dicendo con voce che voleva essere dolce ed ammaliatrice insieme:

“ Salve, mie belle signore.”

“ Oh, Will!”

Le sentirono esclamare, abbracciandolo entrambe e baciandogli le guance a testa, mentre lui rideva.

“ Sei tornato, zuccherino.”

Disse la rossa, baciandolo sul naso.

“ Già, dove sei stato caramello?”

Gli disse la bionda, sgomitando l’altra e abbracciandolo stretto. La sua compagna, risentita, la scansò e insieme, abbracciandolo ancora:
” Ci sei mancato!”

Will rise ancora di più, mentre dalla piccola porta cominciarono a fuoriuscire altre fanciulle, tutte vestite in modo succinto e troppo audace per le dame  normali. Per molte di loro, Merry, Pipino, Sam e Frodo voltarono lo sguardo, troppo imbarazzati anche solo per osservarle.

“ Will! Oh, amore mio! Sei tornato da me!”

Esclamò un’altra fanciulla, minuta e ricoperta solo da un paio di calze bianche e merlettate, i capelli castani rialzati in uno chignon sul capo, una ridottissima sottoveste e uno scialle di tulle bianco e trasparente, che le ricopriva solo le spalle candide.

Con un balzo, lo abbracciò superando le altre, che la guardavano irate. Will la fece girare contento, ricambiando l’abbraccio entusiasta.

“ Violet! Dolcezza, come stai? Oh, ma farti guardare. Sembri una principessa.”

Lei rise e si morse le labbra imbarazzata, mentre le altre la guardavano gelose e truci.

“ Insomma Violet! Lasciacelo abbracciare anche a noi.”

Ma la mora, ostinata, lo strinse ancora più forte, possessiva.

“ No! Aspettate il vostro turno.”

“ No, non è solo tuo!”

Esclamò un’altra, tirandola per un braccio.

In breve si scatenò una disputa tra donne, che culminò quando un’altra donna, molto più imponente delle altre, varcò la porta illuminata.

“ Smettetela, oche giulive. Rientrate subito nel locale! Vergognatevi, contendervi un uomo come se fosse una mela candita! Dentro, andiamo! Avete un lavoro da fare!”

Nonostante le proteste e le lamentele, molte cominciarono a rientrare, superandola e guardandola sconfitte o arrabiate.

“ Violet! Anche tu, forza!”

Esclamò decisa la donna di colore, vestita molto più normale rispetto alle altre, anche se le gambe e le spalle erano scoperte, e le braccia e le caviglie tintinnavano di bracciali di falso oro.

Violet, imbronciata, salutò Will con un bacio lieve sulle labbra e con una carezza sulla guancia, lo salutò sulla soglia del locale e scomparve tra i bagliori dorati delle lampade ad olio.

La donna sconosciuta guardò Will, con un’espressione imperturbabile. William, dal canto suo, si limitò a sorridere, forse molto più felice di quanto già non fosse.

Avanzò verso la donna che, incurante del suo movimento, si limitò ad osservarlo con aria impassibile, incrociando le braccia e scuotendo la lunga chioma nera raccolta in mille treccine. Frodo non aveva mai visto una donna così, imperiosa e bella allo stesso tempo. Luthien era elegante e di una bellezza inimitabile, quasi irreale; ma quella donna di colore, dalle labbra carnose e più scure, gli occhi a mandorla accesi di marrone scuro, quasi nero, scintillante di gioielli, sembrava una matrona selvaggia più che una leggiadra principessa.

“ Romilda, tesoro!”

Esclamò gaio Will, allargando le braccia come per stringerla a sé. Ma il suo sorriso accattivante non ebbe l’effetto che desiderava. Infatti Romilda levò la mano destra come una frusta e lo colpì in pieno viso, con tanta violenza quanta era la forza di cui disponeva. E non era poca, visto che lo sciocco del suo palmo sulla guancia di Will si udì fino al loro gruppo.

“ Ahi!”

Esclamò dolorante Will, massaggiandosi la guancia colpita e guardando disorientato e a bocca aperta una irata Romilda, con il respiro alterato per la furia imminente. Sul viso marcato un’espressione torva.

“ Come hai osato, Will?”

Disse con la sua voce sonora, facendo irritare i cavalli e preoccupare i loro padroni.

“ Cosa ho fatto?”

Chiese confuso, guardando circospetto i suoi compagni e cercando di calcolare quanto distasse la distanza fra il suo cavallo e Romilda, che ora ad ogni passo, costringeva ad indietreggiare il povero malcapitato.

“ E me lo chiedi? Ah, no, non osare allontanarti, razza di traditore e malfattore!”

Gli intimò minacciosa, trascinandolo per un lembo della veste scarlatta, che gli lasciava scoperto buona parte del petto, da cui pendeva il suo medaglione, con inciso il drago Amlach, e portandolo alla sua altezza, facendolo scontrare con il suo petto.

Frodo, come il resto dei membri della compagnia, si stupirono della sua forza.

“ Traditore? Malfattore? Tesoro, non so proprio di cosa tu stia parlando.”

Disse lui calmo, ma lei smorzò la sua tenacia e il suo sorriso sul nascere, strattonandolo violentemente e urlandogli contro con un sorrisino amaro ed irato che, stranamente, le donava.

“ Ah, non lo sai, vero? No, come puoi sapere cosa ha turbato me e le mie sorelle, non è così? Bugiardo!”

Esclamò adirata e gettandolo verso di loro, avvolgendolo in una coltre di polvere sabbiosa.

I cavalli indietreggiarono spaventati da quel gesto.

“ Insomma, Romilda, tesoro, che cosa ti prende? Mai come ora, posso affermare di non aver arrecato a te e alle…altre, nessuno offesa.”

Frodo si domandò chi fossero mai le altre di cui tentennava a parlare. Ma ben presto ebbe una risposta alle sue domande inespresse.

“ Oh, ma davvero? Povero piccolo innocente Will.”

Sibilò lei, acida, inginocchiandosi davanti a lui e avvicinandosi come se volesse baciarlo, ma in realtà gli strappò il medaglione dal collo e lo fece oscillare davanti ai suoi occhi sbigottiti, alzandosi in piedi e non curandosi di spolverare i granelli di sabbia dall’ampia gonna bordeaux.

“ E questo come lo chiami, uh?”

Will si alzò all’improvviso, avvicinandosi alla sua figura. Lei reclinò la testa verso il suo viso, vista la sua altezza, ma non indietreggiò. Will, ora, aveva un’aria piuttosto scontenta e nervosa.

“ è mio, mi appartiene di diritto. Sono il cavaliere di Amlach, no?”

“ Si, ma ti sbagli. Non era tuo diritto rubare il medaglione. Questo non era negli accordi!”

Esclamò irata, mentre le sue guance si scurivano ancora di più. Forse la rabbia l’aveva fatta arrossire, o magari la vicinanza di Will.

“ Io non ho rubato nulla. Mi è stato consegnato.”

Disse lui, mantenendo la calma ma respirando agitato.

“ Ah si? E da chi?”

Urlò arrabbiata.

“ Da  Meiscia.”

A quell’affermazione, Romilda indietreggiò di un passo, mentre un vento serale e frizzante gli frustava le mille treccine sulle spalle e scuoteva i folti capelli di Will, in lingue di grano illuminate dalla luna nascente.

“ No, non può essere. Tu menti. Meiscia non avrebbe mai…”

“ E invece l’ha fatto. Poco prima che partissi, mi consegnò il medaglione senza che io glielo chiedessi.”

Romilda sembrava sgomenta. Lo guardò come se non lo vedesse davvero. Frodo capì che la sua mente era altrove, vorticando in mille pensieri.

“ E cosa ti disse?”

Chiese sottovoce, osservando il medaglione luccicante d’oro, con le fauci del drago dagli occhi rubino rivolte verso di lei, come a volerla bruciare.

“ Nulla. Mi sorrise e mi congedò con un gesto d’amicizia. Niente di più, niente di meno.”

Disse Will, ritrovando il suo classico sorriso e scrollando le spalle.

Romilda portò lo sguardo scuro sul medaglione ed in seguito sul volto sorridente di Will. Lo osservò di nuovo e senza staccare gli occhi dai suoi si avvicinò a passo misurato verso di lui, soppesando il suo sguardo.

“ Mi stai dicendo la verità?”

Gli domandò per la prima volta calma e con una punta di incredulità bella voce, sottolineata da l’inarcamento di un suo sottile sopracciglio color pece.

“ Si.”

Disse serio ma rilassato Will, molto interessato alle sue labbra carnose che al suo sguardo indagatore.

Dopo un silenzio carico di tensione, questa si smorzò nel momento in cui con un sospiro, Romilda abbassò gli occhi e con un gesto delicato rimise il medaglione al collo di Will, che la guardò stupito.

“ D’accordo, ti credo. Del resto non sei molto bravo a mentire.”

Lui rise spontaneo, contagiando anche Romilda che si aprì in un sorriso luminoso. I suoi denti bianchi luccicarono al buio della notte crescente.

Alzò la mano destra e gli accarezzò la guancia che gli aveva schiaffeggiato, ora di un colorito rosato che si confondeva con quello della sua pelle, come a voler cancellare il dolore istantaneo che gli aveva procurato.

“ Mi dispiace di averti colpito.”

Disse sinceramente dispiaciuta.

“ Oh, non importa. Ci sono abituato.”

Disse lui, leggero, facendola ridere contenta.

Si distaccò da lui e gli tese la mano, amichevole.

“ Amici?”

Lui guardò prima la sua mano e poi il suo volto, aprendosi in un rinnovato sorriso, anche se Frodo distinse un bagliore furbetto attraversargli gli occhi chiari.

Le strinse la mano, cordiale.

“ Amici.”

Disse placido, per poi tirarla verso di lei e baciarle la bocca appassionato.

Molti sorrisero, ma Taras portò gli occhi al cielo esasperato. Frodo rise e la Gemma brillò come divertita.

Romilda si distaccò furente, facendo pressione sul suo petto. Will si limitò a sorridere soddisfatto.

“ Will!”

“ Che c’è?”

Chiese innocente.

“ Ma…come…non avresti dovuto. Sei un approfittatore.”

Disse irritata, sistemandosi le treccine e il vestito, agitata e nervosa.

“ Beh…non mi è sembrato che ti dispiacesse. E poi, scusami se mi permetto, ma ci hai messo un bel po’ a reagire.”

Lei lo guardò sbigottita. Chiuse ed aprì la bocca un paio di volte, come a voler controbattere, ma nessun suono le uscì dalle labbra. Will si limitò a sorridere sfacciato, mentre le gote di Romilda diventavano più scure. Poi lei pestò il piede a terra irritata, e si avviò a grandi passi verso la porta ancora spalancata della locanda Le Luci di Fata.

“ Tanto lo so che ti piaccio! Prima o poi dovrai dirmelo, tesoro!”

Le urlò dietro, sorridendo ancora divertito.

“ Will!”

Lo ammonì Taras, spronando il suo cavallo.

“ Ma è vero!”

Ribatté lui, sorridendo in modo disarmante, come un bambino testardo.

“ No, non lo è!”

Esclamò Romilda, ancora adirata.

“ Si, invece. E scommetto che popolo anche i tuoi sogni più segreti, mia cara.”

Romilda si limitò a ringhiare frustata, per poi scagliargli qualcosa contro con precisione, tanto che Will ridente si scostò di pochi secondi.

“ Vattene!”

Gli urlò, prima di chiudere la porta alle sue spalle.

“ Come vuoi.”

Disse placido, per poi montare all’istante il suo cavallo, facendo l’occhiolino a Merry, che gli consegnò le redini, sorridendo del suo comportamento.

“ Tanto lo so che non puoi fare a meno di me. E quando mi dirai di essere disperatamente innamorata di me, sarò ben lieto di riaffermare le mie parole e ricoprirti di baci, tesoro.”

Disse spontaneo senza alcuna vergogna, che si rispecchio nel viso scuro di Romilda, che immusonita si sbatté la porta alle spalle urlandogli una cascata di insulti.

“ Eh, si. È pazza di me.”

Costatò, mentre Sam commentò debolmente.

“ Se lo dici tu.”

Will gli sorrise convito.

“ Forza andiamo. Non c’è più molto tempo. La notte è quasi calata.”

Disse con la sua voce profonda ed autoritaria Aragorn, mentre gli altri annuirono spronando i loro cavalli al galoppo.

“ Will, chi era quella donna? E perché ce l’aveva tanto con il tuo medaglione?”
 Chiese curioso Pipino, aggrappandosi alla vita di Gandalf.

“ Oh, è una lunga storia. Diciamo che è stata lei insieme alle sue sorelle a rivelarmi di essere il cavaliere di Amlach. Mi consegnarono le spade che solo io riuscivo ad impugnare e mi insegnarono a maneggiarle con cura. Il loro unico diritto era tenere il medaglione, essendo le sue custodi da generazioni. Ma l’anziana del villaggio, una donna molto taciturna quanto strana,  mi trascinò nella sua tenda prima di partire con Taras e mi consegnò lei stessa il medaglione, mettendomelo al collo con un gran sorriso. Io non potetti rifiutare e così salutandola partii con Taras verso Bosco Bianco, a recuperare Luthien. Fine della storia. Quindi io sono innocente.”

Disse convinto, scuotendo la testa come a voler sottolineare le sue parole.

“ Si, ma chi sono le sue sorelle?”

Chiese Frodo che si stava ponendo quella domanda da quando l’avevano nominate.

“ Beh…anche questa è un’altra storia.”

“ Che racconterai la prossima volta. Siamo arrivati.”

Disse deciso e quasi sollevato Taras, puntando lo sguardo verso i cancelli del castello di Murnirm, che si aprirono non appena Sir Edward e Sir Rayon si fecero riconoscere.

Un uomo, dall’aria nobile, seguito da un gruppo di soldati rivestiti di un’armatura verde scuro, con lo stemma regale inciso sul petto d’acciaio, un’aquila che combatteva contro un serpente sibilante, si affrettò a raggiungerli, bloccandosi a metà passo e facendo disposizione che i loro cavalli venissero condotti nelle scuderie, sussurrando ad un paggio che si prodigò ad eseguire l’ordine.

Frodo, a quel punto, non aveva dubbi su chi potesse essere quell’uomo.

“ Benvenuti, signori. Vi stavamo aspettando.”

Edward sorrise e ricambiò la stretta dell’uomo, i cui occhi marrone chiarissimo trasmettevano una profonda gentilezza unita ad una semplice autorità.

Sir Rayon gli sorrise e inclinò la testa, seguita da lui.

“ Varen, principe di Murnirm.”

Disse semplicemente ad Aragorn, che ricambiò la stretta della sua mano tesa.

“ Immagino vogliate vedere mio padre.”

“ Immaginate bene.”

Gli disse Gandalf, scrutandolo come ad esaminarlo. Varen non si sottrasse al suo esame e con un sorriso cordiale li invitò a seguirli, verso una lunga scalinata in pietra lavorata.

“ Seguitemi, allora.”

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

 

Salve a tutti!!!! Sono ritornata con un nuovo appassionante capitolo, intinto di qualche mistero e l’arrivo di nuovi personaggi!!!! Il prossimo sarà ricco d’azione e di colpi di scena!!! Non perdetelo!!!

Ora passiamo alle risposte del capitolo 14, a cui non ho risposto perché troppo stanca!!! Mi scuso per il ritardo!!!

Fanny91: Hahaha…Fanny, mia cara, mi farai schiattare…ma dalle risate!!!! Grazie per l’appassionata e divertente recensione!!! Spero che tu abbia letto anche il 15° e 16° cap e che tu li abbia trovati da sclero e da schiattamento come l’ultimo che hai letto!!! Si, Venia è davvero terribile, ma del resto è questo che volevo!!! No, non ho pensato ad Eragorn quando ho scritto quella scena terribile in cui uccide il capo degli orchi e ne nomina un altro. Mi è venuta così!!!^^

Per quanto riguarda Legolas, è sempre più dolce e si preoccupa davvero per la salute di Luthien che, come vedi, lo sta rivalutando!!! Speriamo bene, no??? Gimli è sempre Gimli!!! Will è un personaggio divertente che spezza la tensione, e qui l’ho rivalutato molto!!! Spero ti abbia fatto ridere la sua semplice spontaneità e le sue follie!! A presto e spero di sentirti!!!! ^__^

Stellysisley: Ciao cara stelly!!!! Grazie per i complimenti!!! Si Venia è davvero una cattiva di classe e Frodo è sempre Frodo!!! Poverino, vero??? Ma poi, alla fine, avrà la sua parte di coraggio e decisione, vedrai!!!^^ Spero che la tosse ti sia passata e che il week-end in montagna ti sia piaciuta e ti sia divertita!!! I capitoli nuovi ti piacciono?? Fammi sapere al più presto!!! Baci baci!!!^__^

 E ora passiamo a:

LadyElizabeth: Ciao, ben tornata tesoro!!!! Come stai??? Spero bene!!! Allora, ti ringrazio per il tuo nuovo commento e per non avermi abbandonata!!! Ci tengo alle mie lettrici e commentatrici di fiducia, e tra queste, sei inclusa anche tu!!! ^^ Ma basta con le smancerie…passiamo alla risposta al tuo commento. Allora…si, Aragorn è un mito, Legolas è fin troppo dolce e gentile per essere reale, ma spero che un giorno lo troveremo, che dici??? Mai scoraggiarsi!!! Sono contenta che non sei morta d’infarto!!!! I capitoli ti sono piaciuti e di questo mi fa piacere!!! Spero che commenterai con piacere anche gli ultimi!!! Baci anche a te!!! ^__^

 

Beh, ed ora un bacioni fortissimi e ripetitivi anche a tutti voi, si proprio a voi che leggete e spero non abbiate chiuso la finestra troppo in fretta!!! Ehi, aspetto anche i vostri commenti!!! Baci baci e alla prossima, Fuffy91!!!!!^__________________________^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Capitolo17

La prima cosa che colpì Frodo non appena varcò le porte del castello di Murnirm fu il soffitto a chiave di volta, ricoperto da una strato di velluto verde scuro, trapuntato da milioni di stelline dorate, che colpite dai raggi della luna che filtrava dalle finestre di vetro soffiato, emanavano un bagliore evanescente che faceva luccicare d’oro le pareti immacolate, con falso marmo scuro ad adornarne i bordi.

L’entrata era immensa, costellata da colonne corinzie, sottili e scanalate, con statue di uomini gloriosi, forse gli antichi re di Murnirm, uniti a busti di dame dallo sguardo severo, intervallato a sorrisi a fior di labbra. Quando si inoltrarono nel largo corridoio, che portava ad una singola stanza, Frodo notò a destra una lunga scala ad S, formata da scalini ricurvi e smaltati d’avorio, con un corrimano composto da un lungo cordone dorato. Suppose che doveva condurre alle camere dei sovrani. Lungo le pareti, invece di statue ed armature, vi erano affreschi che mostravano paesaggi immensi e ricchi di primizie, dagli alberi da frutta ai fiori più variopinti, con cervi che saltellavano dalle dune, segugi che inseguivano delle lepri o volpi dal pelo color rubino e la spuma del mare che si infrangeva sulle coste ruvide e grigiastre, come erano nella realtà, mentre all’orizzonte vi era un galeone con una bandiera nera ad adornare la cima dell’albero maestro, che veniva bombardato da una nave da guerra con vele bianche e bandiera verde scuro.

Era uno scenario davvero caratteristico, popolato da così tanti particolari che vi si poteva perdere un’intera giornata per riuscire ad individuarli tutti. E fu proprio con quell’ultima scena da combattimento nautico che le porte dell’unica sala disponibile in cui imbattersi in quel luogo si aprirono, mostrando un ampio spazio illuminato da un grande lampadario di cristallo con candele parzialmente consumate ai lati accese dell’arancio della fiamma, come quelle delle varie lanterne poste verticalmente sulle due tavole di legno massiccio e scuro, poste una a destra ed una a sinistra, nascoste dietro una serie di ampie arcate di pietra calcarea, che se toccate lasciavano una polverina sottile ed inodore beige sul palmo della mano.

Al centro esatto della stanza vi erano due seggi regali, dalle cui sommità pendevano i già noti leone e serpente che si davano battaglia, l’uno dorato e l’altro argenteo, con uno sfondo di velluto verde muschio.

Su di uno vi era un uomo corpulento, con la barba lunga ed appuntita, riccia e ben ordinata, di un biondo rossiccio molto intenso, il viso paffuto e roseo acceso di preoccupazione, mentre il piede foderato di cuoio nero tamburellava agitato sul basamento di marmo scuro, con un sonoro ticchettare. Sulla testa quasi calva spiccava una corona dorata con smeraldi che ruotavano in un motivo ordinato e delicato. A Frodo bastò poco per capire che quell’ometto spaventato era Sir Orfin, anche se dovette costatarlo con non poco stupore. In effetti, Re Orfin era un incrocio tra un uomo adulto ma bassino e un nano come Gimli. Guardò scettico l’alto ed attraente principe Varen, chiedendosi se fosse realmente suo figlio. Ma il suo piccolo dubbio si dissipò non appena vide il re sbarrare gli occhi ed agitarsi preoccupato alla vista del figlio e del loro gruppo, tra cui Sir Rayon, che con uno sguardo divertito, incrociò le braccia in un gesto eloquente che voleva sottendere molte cose, fra cui quella di non demordere ad un suo nuovo rifiuto di accettare la sua alleanza.

A quello sguardo deciso, Sir Orfin si agitò ancora di più, alzandosi di scatto dal seggio e percorrendolo con insistenza, avanti ed indietro, nervoso e con l’aria di sentirsi braccato.

“ Padre. Sono arrivati Sir Rayon e Sir Edward, uniti ad una compagnia molto assortita di uomini molto valorosi.”

Disse rivolto verso di loro ed ammiccando soprattutto verso di lui ed i suoi contenei, che gli sorrisero senza accorgersene.

“ Si lo vedo, lo vedo.”

Rispose Orfin, fermandosi per abbracciarli in uno sguardo verde acqua preoccupato per poi ricominciare a ripercorrere l’intero basamento.

Ad Edward scappò un sorrisino mentre Rayon avanzò quasi minaccioso verso di lui, che lo guardò ad occhi sbarrati, fermando il suo percorso di botto ed indietreggiando come un topino spaventato alla vista di un felino deciso ed affamato.

Quando le sue gambe sottili e minute incontrarono la seduta del trono, barcollò pesantemente, minacciando di rovesciarsi all’indietro. Ma Sir Rayon sembrò quasi rinunciare al suo intento, sorridendo beffardo e presa una sedia elegante da uno dei tavoli, vi si sedette, con il viso rivolto a Sir Orfin, che non smise di osservarlo nemmeno un secondo.

“ Buonasera, mio caro Orfin. Vedo che sei in ottima forma.”

Stupendolo, Frodo notò che Sir Orfin assunse un’espressione quasi sdegnosa; il suo viso, prima divenuto pallido, si colorò di un ritrovato rossore, sedendosi con molta calma sul seggio broccato.

E sempre sdegnoso, gli disse:

“ Umpf! Come se non mi avessi visto ieri mattina!”

Voltò lo sguardo crucciato verso un punto non definito della parete, stando molto attento a non far trapelare alcun cedimento.

“ Hai ragione. Anche se, sei stato così ospitale da cacciarmi fuori come uno scomodo annunciatore.”

Orfin sbuffò ancora a quelle parole, mentre Rayon ghignò quasi compiaciuto da quella reazione.

“ Come hai precedentemente affermato, avevo le mie buone ragioni. E comunque non ti ho cacciato. Ti ho congedato, è diverso.”

Disse, con un gesto esplicito della mano, non accennando a voler incontrare il suo sguardo, ma ora molto interessato al bracciolo del suo seggio regale.

“ Come vuoi. Non intendo insistere.”

Alzò le mani in segno di resa Sir Rayon, accavallando le gambe ed incrociando le dita in una posa caratteristica, non smettendo di guardarlo nemmeno un attimo.

Sir Orfin sembrò captare il suo cambiamento di umore, tanto che si azzardò ad osservarlo di sottecchi.

“ Quindi, rinunci?”

Gli chiese titubante, ma sonoro.

“ Ho detto questo?”

“ Hai detto che non intendevi insistere.”

“ Si, ma a discutere con te.”

“ Bene. Quindi puoi anche andartene.”

Gli propose, quasi allegro e speranzoso, alzandosi dal seggio ed indicandogli l’uscita.

Ma Rayon scosse la testa sorridendo.

“ Eh no, mio caro Orfin. Io non mi smuoverò da qui finché non avrai accettato la mia proposta, e non avrai aiutato tutti noi a sconfiggere Venia.”

Il tono di Sir Rayon era calmo, ma non per questo meno minaccioso. La medesima impressione colpì la mente del sovrano di Murnirm, che si agitò di nuovo, torcendosi le dita, aggiustandosi la corona e scuotendo la testa come a voler scacciare una mosca, o un pensiero inaccettabile.

“ Come vedi, la mia intenzione è condivisa da tutti, in questa stanza.”

Disse deciso Rayon, puntando lo sguardo verso tutti loro che, su richiesta silenziosa di Sir Edward, erano stati invitati ad accomodarsi ognuno su una sedia diversa, occupando ora un’intera fila della lunga tavola destra. Ora Frodo sedeva tra Sam ed Aragorn, che non smise di osservare sia Sir Rayon e Sir Orfin. Come lui, sospettava che quella fosse una manovra per far capitolare la già poca presa di posizione di Orfin, che ora li guardava titubanti.

“ Non potrete cacciarci tutti.”

Disse sereno e sorridente Sir Edward, guadagnandosi uno sguardo scoccato.

“ Giusto. Senza contare che fra di noi, poveri folli, c’è anche tuo figlio.”

Aggiunse Sir Rayon, indicando Varen, che sedeva accanto a Gandalf, anche se non sorrideva.

Per un attimo, padre e figlio si guardarono, trasmettendosi un ignoto e sottile messaggio, che provocò smarrimento e tristezza in Sir Orfin, tanto che si risedette, con lo sguardo abbassato.

“ Per una volta, Orfin, ti consiglio di uscire dal tuo castello di carta, prima che crolli, e darmi ascolto. Sarà la cosa migliore per te, per la tua famiglia e anche per il tuo popolo, soprattutto per il tuo popolo.”

“ E per il nostro.”

Aggiunse Sir Edward, osservandolo intensamente, gli occhi dorati accesi di passione.

Sir Orfin ne sembrò quasi scottato, tanto che abbassò di nuovo lo sguardo acqua marina, velocemente e sospirando affranto.

Fu allora che Varen si alzò, nel volto inciso un’espressione desolata, avvicinandosi lentamente al suo re.

“ Padre…”

Ma fu allora che, come un uragano, entrò nella stanza satura di attesa una fanciulla deliziosa, tanto da sembrare una bambola di porcellana, con i capelli biondo ramato raccolti in grandi e larghi boccoli ondeggianti ad ogni suo movimento, la sua piccola figura ricoperta da un leggiero abito rosso cremisi, che dava alla sua pelle vellutata un tocco splendente, mentre il suo sguardo castano chiaro, tanto simile a quello del principe, che la guardava smarrito, mentre i restanti curiosi. Ma quello che colpì Frodo di più furono gli occhi azzurro tempesta di Sir Rayon, che sembrarono illuminarsi di speranza come il suo viso, alla vista della fanciulla dalle guance rosse ed inginocchiata sul pavimento, intenta a giocare con un cagnolino bruno dall’aria molto tesa.

“ Ti ho preso, Bain! Ora non mi scappi! Oh!”

Esclamò alla vista di suo padre e dei presenti, incrociando per un attimo lo sguardo azzurro di Will, il più vicino a lei, che gli sorrise ammaliante, studiandola da capo a piedi. A quel sorriso irresistibile, come da copione, le guance già rosse della fanciulla divennero due mele mature, ma non appena incontrò quello di Sir Edward e Sir Rayon, si ricompose e si alzò, lasciando cadere il cagnolino che guaì correndo all’impazzata verso l’uscita. Ma lei lo ignorò, andando incontro ai due conoscenti, urlando gioiosa.

“ Edward! Rayon! Che piacere vedervi!”

Corse ad abbracciarli calorosi, sotto gli sguardi sorridenti di molti di loro, inteneriti da quella scena.

“ Padre. Non mi avevate detto che venivano a renderci visita.”

Sir Orfin sbuffò infastidito, ma un bagliore di tenerezza sembrò attraversare i suoi occhi acqua marina, ereditati da nessuno dei suoi figli, entrambi, in compenso, di bell’aspetto e di un carattere più amichevole e malleabile.

“ Il piacere è tutto nostro principessa Molis. Perché non sedete con noi.”

Disse subito Rayon, ignorando Orfin che scattò immediatamente, mentre faceva accomodare al suo fianco la principessa contenta.

“ No!”

Urlò quasi spaventato, mentre tutti lo fissarono sbigottiti. Sotto i loro sguardi indagatori, sembrò ricomporsi, avanzando verso la figlia, scendendo per la prima volta dal seggio, tendendo una mano verso di lei.

“ Non…non credo sia il caso. A quest’ora dovrebbe già essere nel suo letto a dormire. Forza, è tardi.”

Le intimò, afferrandole la mano e tirandola con insistenza.

Ma Rayon intervenne, spingendo la principessa sulla sedia, mentre lei li guardava confusa.

“ Suvvia, Orfin. Non è più una bambina. E poi, si potrebbe dire che hai paura che tua figlia assisti ai nostri discorsi e oda qualcosa che potrebbe turbarla o…deluderla.”

A quell’ultima affermazione, Orfin si bloccò deglutendo nervoso, lasciandole la mano di malavoglia, e risedendosi sul suo seggio dopo una stoica camminata. Anche Varen si risedette, sospirando risollevato.

“ Bene allora. Di’ quello che devi e facciamola finita.”

Gli intimò, ora più deciso e minaccioso del solito.

“ La questione è molto semplice. Devi accettare la nostra alleanza, combattendo al nostro fianco per distruggere Venia.”

“ Ma è una follia, vuoi capirlo? Non vinceremo mai contro quella strega. Tanto vale arrendersi.”

“ Ed è qui che si sbaglia, Sir Orfin.”

Disse Gandalf, alandosi in tutta la sua altezza ed avanzando deciso verso di lui, che sembrò averlo notato solo ora. Molis aprì le labbra rosse in un sorriso adorante, incantata dalla sua figura luminosa.

“ Noi possiamo vincerla. E le dirò di più. Possiamo contrastare le sue difese e annientare la sua magia.”

Disse solenne, tanto da guadagnarsi la curiosità mista alla titubanza di Sir Orfin, che gli chiese:

“ E come?”

Gandalf si rivolse direttamente a Frodo, che si alzò ad un suo richiamo.

Frodo sentiva gli sguardi di tutti puntati su di lui, ma non ne sentiva oppresso. La Gemma ne sembrò quasi lusingata, tanto che quando la prelevò dal suo collo, brillò di una luce abbagliante, che oscurò per un momento le fiamme del lampadario, delle lanterne e della stessa luna.

Orfin ne sembrò impietrito, tanto che non mosse un muscolo, limitandosi a guardare sia Frodo che la Gemma del Destino con uno sguardo acceso di quella che doveva sembrare incredulità, ma che apparve come simbolo di una ritrovata speranza.

Frodo lo vide mormorare il nome della Gemma, scuotendo la testa lentamente, come a non volerlo credere davvero.

“ Grazie Frodo.”

Disse Gandalf, mentre lui annuì e la ripose nuovamente sul suo petto, vicino al suo cuore. Il bagliore si affievolì lentamente, tentandolo. Ma l’hobbitt della Contea non si scompose, cercando di puntare il suo sguardo e il suo interesse sulla prossima mossa del re.

“ Allora, Sir Orfin. Ora crede nelle nostre risorse, oppure è ancora scettico?”

Mormorò Gandalf, ora quasi divertito.

“ Credevo…credevo fosse solo una leggenda.”

La Gemma del Destino è solo la nostra punta di diamante, ma ciò che deve rincuorarvi è il coraggio che le vostre truppe, unite a quelle del regno di Ruer e di Holmes, potranno dimostrare sul campo di battaglia.”

Aggiunse tenace Gandalf, avvicinandosi verso di lui.

“ Frodo, pur essendo un semplice hobbitt, ha già dimostrato in precedenza il suo coraggio e sono convinto che non si tirerà indietro nemmeno ora.”

Sir Orfin puntò per un momento lo sguardo  smarrito su Frodo, che lo ricambiò con un’espressione serena.

“Lui ha accettato il suo destino. Ora sta a voi dimostrare la vostra tempra di re. Guidate le vostre truppe verso  il Castello di Cristallo di Venia, e distruggete con noi il male che l’avvolge.”

Terminò Gandalf, specchiandosi le sue iridi azzurre in quelle acqua marine del sovrano, ancora titubante. Molis si alzò e con passo calmo ma deciso, si avvicinò a suo padre, inginocchiandosi al suo fianco.

“ Padre, ascoltatelo. Io conosco il vostro coraggio. È il momento che anche il male più profondo ne abbia timore.”

Gli disse, sussurrandogli parole accorate con voce tenera e rassicurante. Alzò la mano destra, accarezzandogli la guancia ispida e immergendo le dita nella sua folta barba riccia. A quel tocco delicato, il re chiuse gli occhi, abbandonandosi alla dolcezza della figlia.

“ Oh, Molis.”

Bisbigliò, accarezzandole il viso arrossato e gioioso con una mano, contagiato dal suo disarmante sorriso.

“ Mia dolce Molis.”

Dopo un’altra carezza, fronte a fronte con la figlia, con un sospiro, bisbigliò.

“ Hai ragione.”

Poi, con una decisione e una solennità che Frodo non pensava potesse possedere, il re di Murnirm, si alzò seguito da tutti loro.

“ Hai perfettamente ragione, figlia mia. Troppo a lungo ho sottostato ai richiami maligni di quella strega. È giunto il momento di combattere.”

Concluse guardando fisso Gandalf, che gli sorrise ammirato.

“ E noi saremo al tuo fianco, Orfin.”

Disse deciso Rayon, annuendo come Sir Edward.

“ Tutti noi, lo saremo.”

Disse Aragorn, seguito da Taras, Will e Legolas, che annuirono convinti.

Sam sorrise a Frodo, rincuorato quanto lui per il risolversi della situazione. Ma i loro sorrisi si raggelarono, quando sentirono il castello tremare. Varen andò ad abbracciare sua sorella, proteggendola con il suo corpo da un masso che cadde dal tetto, rimanendone immobilizzato.

Accolsero ad aiutarlo, distruggendo il masso, ma il principe si alzò tremante e ancora scosso, per poi cadere inginocchiato a terra.

“ Sto bene. È solo un graffio.”

“ Maledetti. Si sono infiltrati nel castello. La pagheranno!”

Esclamò deciso Sir Orfin, accecato dalla rabbi alla vista di suo figlio ferito, sguainando la sua spada, mentre i rimbombi e le urla gutturali degli orchi si udivano da vicino.

“ Ben detto.”

Disse Rayon, sorridendo del ritrovato coraggio dell’amico.

“ Opera di un Andes.”

Disse Taras, guardando il soffitto, mentre si avviava all’uscita insieme agli altri, armati e decisi a combattere, al fianco di Aragorn.

“ Venia ha intensificato le difese.”

“ Bene. Questo vuol dire che ci teme. Dobbiamo approfittarne.”

Disse Gandalf, bastonando un orco agguerrito, seguito dagli altri.

Sir Orfin annunciò ai suoi soldati di prepararsi alla battaglia, mentre Gimli suonava il corno di avvertimento, sguainando la sua fedele ascia. Legolas colpì tre orchi nei loro punti deboli. Frodo uccise un Uruk, con l’aiuto di Sam, mentre al loro fianco Pipino e Merry misero fuori gioco due goblin orrendi ed urlanti.

Ben presto ci fu una battaglia senza esclusioni di colpi. Tutti i componenti della Compagnia lottarono al massimo delle loro forze. Ci furono molti feriti e perdite da entrambe le parti, tanto che lo scontro durò fino all’alba, quando i primi raggi del sole che si elevava ad est colpirono, quasi in una candida carezza il viso sporco di sangue e rivoletti di sudore di Aragorn, che trafisse con la sua fedele e leggendaria spada uno degli orchi rimasti, come Legolas, che scagliò una delle sue frecce micidiali, al suo fianco, Pipino e Merry si abbracciarono esultando per la vittoria ottenuta, o  forse per essere rimasti integri e salvi. A loro si unì Sam, saltellando felici e con le spade puntate al cielo rosato, mentre Frodo osservava felice Gandalf sorridergli con il bastone magico  saldato al terreno, mentre un’orda di orchi fuggiva al suo ultimo bagliore magico, Gimli fracassare il cranio dell’Andes abbattuto dai re, Taras ed Aragorn, che gli aveva lasciato un taglio profondo sulla guancia sinistra e Will rinfoderare le spade dietro la sua schiena, ammiccando contento. La Gemma brillò di una tenue luce, alleggerendogli lo spirito. Con il vento fra i capelli, Frodo sorrise di cuore.

Ce l’avevano fatta. Un’altra battaglia era stata vinta.

 

 

“ Abbiamo perso molti più uomini di quanto immaginassi.”

Disse Sir Rayon, seduto in una delle tavole della sala del trono, espirando dalla sua lunga pipa l’erba che Pipino gli aveva generosamente donato, come degna fine ad un lungo scontro.

“ La battaglia è stata dura. Era il minimo che ci potesse capitare.”

Commentò Aragorn, al suo fianco, intento a ripulire la lama della sua spada luccicante.

“ Ma siamo vivi. È questo ciò che conta.”

“ Hai perfettamente ragione, caro.”

Disse una voce malinconica, appartenente alla sovrana di Murnirm, seduta accanto al suo re, abbracciata al suo braccio, i lunghi capelli castano chiaro a confondersi con i ricci scomposti e biondo ramato di suo marito, che le accarezzò la mano con cui lo stringeva.

“ Non oso immaginare cosa sarebbe successo se non aveste vinto.”

La bella regina venne scossa da brividi di terrore al pensiero agghiacciante che la sua mente aveva appena partorito. Sir Orfin la consolò accarezzandogli il capo dolcemente.

“ Suvvia, cara. Non è successo nulla.”

“ Vostro marito ha ragione, Dama Amanda. Tranquillizzatevi.”

Le disse Sir Edward, toccandole una spalla con un sorriso, che subito venne ricambiato, anche se una lacrima sfuggì dai suoi occhi marrone chiaro, subito asciugata da suo figlio Varen, così simile a sua madre.

“ Si, ma il problema rimane comunque. Sir Rayon non ha torto. Non abbiamo abbastanza uomini per fronteggiare Venia. Dovremmo reclutarne altri.”

Disse pacato ma tenace Taras, perso con lo sguardo perlaceo verso la scena della dolce principessa Molis, che cercava di curare la profonda ferita di Gimli che tra un borbottio alternato ad un rossore acceso d’imbarazzo, cercava di evitare in tutti i modi le mani premurose della nobile fanciulla.

Forse era proprio vero che aveva un debole per le bionde. Frodo sorrise a quel pensiero.

“ E a chi ci rivolgeremo? Ai contadini?”

Disse pensieroso Gandalf, scettico alla sola proposta.

“ Io so a chi possiamo rivolgerci.”

Disse all’improvviso Will, risorto da chissà quale congettura mentale, guadagnandosi l’attenzione sconcertata di tutti.

“ Davvero? E a chi?”

Disse scettico Taras. Will rispose al suo crucciarsi con un sorriso che parve malizioso, visto che fece arrossire anche Dama Amanda, che si premurò a nascondere il viso al marito.

“ Ma a Romilda, naturalmente.”

A quelle parole, tutti si guardarono confusi a vicenda. Will ignorò i loro sguardi indagatori, alzandosi quasi trionfalmente.

“ Signori…venite. La soluzione dei nostri problemi si trova alle Luci di Fata. Prego, seguitemi…ah, Varen.”

A quel richiamo, il principe si voltò a guardarlo confuso come gli altri.

“ Vieni anche tu con noi. Violet muore dalla voglia di rivederti.”

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

 

Salve a tutti!!!! Come va??? Spero bene!!! Io tutto ok, non mi lamento!!! Ma bando ai convenevoli, passiamo ai commenti alle critiche bonarie che ho ricevuto!!!

 

Fanny91: Fanny, ciao carissima!!! Mi dispiace che per un po’ non commenterai!!! Ma non sono così egoista da augurarti di non  passare delle belle vacanze!!! Mi raccomando, scatenati e fai dei dolci incontri, magari come il nostro elfo preferito!!!XD Si, Will è favoloso e non hai ancora visto nulla!!! Bacioni e a presto Fuffy91!!! ^__^

LadyElizabeth: Ciao mia carissima Liz!!! Stai passando delle belle vacanze??? Spero da wow!!! XD Si, Aragorn e Legolas insieme sono una coppia bombosa ma più bombosa non ci sia!!! Will è un mito, con le donne è un vero maestro e Romilda poi, è una tosta, come vedrai!!! A presto con un tuo nuovo commento, si spera!!! Bacioni, Fuffy91!! ^__^

PrincessMalfoy: Ciao, ben arrivata!!! Mi ha fatto piacere il tuo commento!!! Si, anche io adoro la coppia Legolas/Luthien e Will è un personaggio tutto da ridere!!! Baci e aspetto anche un tuo prossimo commento!!! PS La tua storia mi piace, continua pure ad aggiornare!!! Fuffy91!!! ^__^

 

Saluti speciali anche a tutti voi, che leggete e non commentate, ma non importa!!! Mi fa piacere lo stesso!!! Baci baci da Fuffy91!!! Ciaoooooooooooo!! ^___________________________^

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo18

Le Luci di Fata era una locanda molto animata, dove deliziose fanciulle dilettavano i viandanti solitari o gli uomini sposati delusi dal comportamento delle mogli, risollevandoli con boccali di birra di malto e prelibatezze della casa. Nonostante l’ingenuità e la schiettezza del luogo, molti abitanti di Murnirm, soprattutto le donne di buoni costumi, lo consideravano malsano e privo di qualsiasi correttezza. Ma queste maldicenze non andavano ad intaccare l’ironica limpidezza di pensiero del proprietario, il signor Morgan, un uomo alla mano e privo di qualsiasi discrezione, sempre alla ricerca di nuovi volti femminili ad allettare i giovani bisognosi di attenzione. Conosceva tutti i nomi delle ragazze che lavoravano per lui e si prodigava affinché non mancasse loro nulla. Si vantava di non avere pupille, ma in realtà gli occhi gli luccicavano ogni qual volta incrociavano quelli di Romilda e Violet, le sue punte di diamante. Anche se svolgevano mansioni differenti all’interno del locale, la prima locandiera adibita alla gestione del bancone e la seconda prima ballerina del Palco delle Fate, un normale palcoscenico con sfondo di legno e un drappo rosso a fare da sipario, venivano trattate dal signor Morgan allo stesso livello di adorabile venerazione.

Il primo odore che Frodo annusò quando varcò la soglia delle Luci di Fata, fu quello della vaniglia unito alla cannella, che gli riempì i polmoni di dolcezza lasciandogli un senso di languido piacere.

Tutto era frastuono nel piccolo abitacolo in legno, con le fiammelle della candele, appese ai lati delle pareti e del soffitto, che luccicavano come delle reali fate.

I tavolini rotondi dalle sedie in legno ovale erano gremiti di gente, specialmente uomini, di tutte le specie, che si crogiolavano nelle loro bevante schiumose di birra o di vino rosso, abbracciati a qualche bella fanciulla che rideva non forzatamente, ma di cuore.

Frodo notò anche degli uomini in nero appostati agli angoli delle pareti, che seguivano le fanciulle con i capelli raccolti in ricci ordinati o sciolti, vestite con abiti corti rosati e trasparenti sul busto e ai bordi della gonna, che trottavano qua e là con vassoi carichi di vivande o bibite varie, ridendo sommessamente o sonoramente ad ogni battuta o discorso divertente dei loro clienti.

Frodo suppose dovevano essere le loro guardie, che dovevano intervenire nel caso qualche uomo allegro osasse allungare le mani un po’ troppo oltre la vita della fanciulla che gli sedeva accanto. Le sue supposizioni vennero confermate quando un soldato accarezzò in modo ambiguo la gamba di una giovane bionda vaporosa, che subito si ritirò dietro le spalle dell’uomo nero, sorridendo fiduciosa, mentre quest’ultimo minacciava l’uomo dalla mano birichina con un pugnale poco rassicurante, facendolo alzare e barcollare verso l’uscita.

Will sorrise a quella scena.

“ Mi dispiace amico, ti è andata male. Del resto si sa che le gambe di Kaite sono intoccabili.”

Al suono della sua voce, Kaite insieme a tutte le altre si voltarono a guardarlo stupite e sorridendo contente, volarono come libellule impazzite su di lui, gridando il suo nome e tempestandolo di baci ad ogni lembo di pelle che riuscivano a trovare.

“ Will! Tesoro, hai mantenuto la promessa!”

Iniziò una, finché un’altra la interruppe:

“ Si, sei venuto a trovarci più in fretta di quanto immaginavamo!”

“ Ti fermerai qui, stanotte, caramello?”

Disse un’altra fanciulla dalla chioma rosso-arancio, abbracciata al suo petto ed accarezzandoglielo adorante, trasmettendogli con gli occhi luccicanti una languida promessa. Will non si imbarazzò ma rise sommessamente, afferrandole la mano con cui lo stava accarezzando e scostandola gentilmente da lui.

“ No, Manny. Il tuo Will ha cose più urgenti da fare, ora.”

A quelle parole, le altre si indispettirono mentre Manny sorrideva ed arrossiva contenta, le guance dello stesso colore dei capelli.

“ Come sarebbe a dire?”

“ Will, ci avevi promesso che saresti stato con noi e che insieme ci saremmo divertiti molto.”

Disse un’altra ragazza, abbracciandolo e lamentandosi come una bambina a cui avevano tolto un dolce succulento.

“ Ha ragione Margherite! Sei cattivo Will!”

In breve, ci furono lamenti e proteste da parte delle giovani, che si contendevano gli sguardi e le parole di Will come se fosse un tesoro prezioso, ignorando deliberatamente il loro principe dietro di lui, Aragorn, Legolas, Gimli, Gandal, Taras, Frodo e i suoi amici hobbitt. Will aveva convenuto che i sovrani di Holmes, Ruer e Murnirm rimanessero al castello, un po’ per ulteriori attacchi e un po’ perché sospettava che avrebbero portato troppo scompiglio al locale.

“ Fanciulle, fanciulle, vi prego. Abbiate pazienza! Non ho detto che non starò con voi…”

A quel discorso, le fanciulle tirarono un sospiro di sollievo, sorridendosi a vicenda e guardandolo adorante.

“ Ma prima ho delle cose da sistemare, insieme ai miei amici. Perciò, lasciatemi andare. Prima termino le mie faccende e prima sarò da voi.”

Disse Will, ammiccando verso di loro e regalando il suo sorriso più accattivante, provocando sorrisini, risatine e rossori accesi.

“ Ma insomma, cosa succede qui?! Ragazze, fanciulle mie adorate, perché avete smesso di lavorare? Io…Oh, ecco perché! Scusami tanto, Jiulì cara! Will, mio buonissimo amico! Come stai?”

Gli chiese un uomo corpulento, grassoccio ma con la faccia da bambino monello, i piccoli occhi brillanti di felicità mentre abbracciava calorosamente Will, che ricambiò la stretta.

“ Non mi lamento. E tu, vecchio Morgan? Sempre alle prese con le donne più belle di Murnirm e dintorni, vero?”

Il signor Morgan rise gioviale, regalandogli pacche bonarie sulla spalla, mentre si tratteneva la pancia con un mano paffuta.

“ Sempre pieno di spirito, ragazzo mio! Oh, ma lo sai, non mi dispiace affatto la tua sprezzante ironia, giovanotto, no affatto! Ma come sono maleducato…vieni, vorrai riposarti dal tuo lungo viaggio! Oh, e chi sono questi gentil signori? Ma si, lui lo ricordo…il tuo amico Taras, sempre in forma giovanotto, vero?”

Gli disse, rivolgendosi a Taras che non poté sottrarsi alla presa ferrea della sua mano cordiale.

Ma i suoi occhi erano puntati altrove, alle sue spalle, dove si intravedeva sola l’uscita.

“ E, dimmi Will, ragazzo mio…”

Incominciò, avvicinandosi di soppiatto a Will, che a sua volta, dava occhiate furtive al bancone e al palco illuminato.

“ Dov’è quella più che graziosa fanciulla che viaggiava insieme a voi?”

Frodo notò che i suoi occhi vennero attraversati da un bagliore avido, mentre aspettava la risposta di Will.

“ Luthien, dici? Oh, beh, ha avuto un contrattempo, per così dire.”

Rispose vago, mentre Legolas si adombrava per un attimo al ricordo rovente della giovane donna elfo distesa un letto di lino inondato dal sole. Ma non fu il solo a rattristarsi: anche Morgan risultò deluso dalla notizia.

“ Capisco. Peccato, avrei desiderato rivederla di nuovo, ammirare i suoi splendidi capelli castani e il suo viso perfetto. Ah, beh, pazienza!”

Concluse sonoramente, facendoli sobbalzare ed invitandoli verso un angolo appartato, dove nessuno poteva sentirli. Il signor Morgan aveva riconosciuto il principe Varen e subito, tra un complimento ed un altro, gli aveva concesso la panca migliore del suo locale. E se avesse saputo che Aragorn era il re di un paese maestoso delle lontane Terre di Mezzo, Legolas un principe di razza elfica, Gandalf un mago bianco molto potente, che cosa avrebbe fatto? Avrebbe concesso loro la licenza del locale? O magari l’intrattenimento di tutte le sue fanciulle? Chissà! Frodo sorrise e scosse la testa a quel pensiero.

“ Allora, Will. Vuoi dirci perché dobbiamo rivolgerci a Romilda, per arruolare più uomini?”

Gli chiese Taras, spazientito dal comportamento vago dell’amico.

“ Non credo saranno le sue grazie ad aiutarci a convincerli.”

Disse sprezzante Gimli, nascondendo il suo volto barbuto nel boccale di birra servito da una deliziosa ragazza dai capelli nero pece.

“ E infatti non lo faranno, perché non ci saranno uomini da convincere.”

Rispose lui, sempre guardandosi intorno sorridente.

“ Cosa intendi?”

Chiese pacato Aragorn, mentre poco lontano una giovane cameriera dagli occhi chiari si dondolava indecisa se avvicinarsi a lui o meno.

Will lo guardò dritto negli occhi luccicanti di verde smeraldo, sorridendo birichino. Era preoccupante quando lo faceva.

“ Quando ho detto che Romilda ci avrebbe aiutato a rinforzare le nostre truppe, io non intendevo categoricamente dei guerrieri di sesso maschile, non so se mi spiego.”

Concluse ammiccando. A quelle parole per poco Pipino e Merry non si strozzarono con la birra che stavano ingerendo, sputandola sul viso di Gimli, che li guardò truci, mentre loro cercavano di raddolcirlo con un sorriso.

“ Dico, sei impazzito? Vuoi farci credere di voler far combattere delle donne?”

Disse risentito e quasi indignato Sam, guardandolo di traverso e poco amichevole. Evidentemente stava pensando alla sua Rosy con in mano una spada, che cercava di difendersi tremante da un accerchiamento di orchi assassini. Inaccettabile, a dir poco.

“ Non delle donne, amico mio, ma delle guerriere.”

Sam continuò a non comprendere, ma la mente di Frodo, al suo fianco, navigava in altre acque, molto più limpide e chiare rispetto alle sue.

“ Le sorelle.”

Lo sentirono mormorare. Gandalf sorrise sbuffando dalla sua lunga pipa. Evidentemente, la sua mente era proprio sulla sua stessa lunghezza onda.

Ma Frodo incontrò il volto sorridente di Will. E furono iridi turchesi in iridi cristalline.

“ Le sorelle di cui parlava Romilda e che tu ci hai accennato…ti riferisci a loro, dico bene?”

Will annuì convinto. A quel punto, Taras si innervosì sbattendo il boccale di vino bianco sul tavolo, sbigottendo i presenti che lo guardarono sconvolti, non comprendendo la loro reazione. Ma Will sembrò molto più cosciente di loro, visto che lo osservò con gli occhi sbarrati, il sorriso titubante e le mani alzate come a proclamare la sua resa.

“ Will, dimmi che non hai pensato a quello che io solo in questo momento ho valutato.”

Gli disse, sibilando minaccioso.

“ Beh…”

Iniziò, deglutendo preoccupato.

“ Dimmi che non vuoi chiedere a Romilda di far intervenire le sue sorelle.”

Quasi lo implorò, ma rimanendo sempre categorico, Taras.

“ Veramente…”

Continuò Will, intrecciando e sciogliendo le dita agitato. Il suo sguardo valeva più di mille parole.

Taras si alzò sbattendo i pugni sul tavolo e facendo tremare, mentre per un momento le risa cessarono e molti, uomini e donne, si voltarono preoccupati, per poi lasciarli alle loro discussioni, discreti.

“ Will, come hai potuto! Perché agisci sempre d’impulso? Come fai ad essere così irresponsabile?”

“ Oh, lo sapevo che avresti reagito così, capo! Per questo non volevo parlartene. Ma ti assicuro che questa volta non sbaglierò, mi comporterò bene! Non le offenderò in alcun modo e loro ci aiuteranno a ribaltare le sorti della battaglia.”

Disse lui, deciso come non mai, mentre Taras, anche se a fatica e ancora infuriato, si risedeva al suo posto.

“ E credi davvero che sarà così facile? Ti ricordo che l’ultima volta stavano per ucciderci ed appendere i nostri cadaveri all’albero più alto per darlo in pasto ai corvi.”

“ Che orrore! Ma chi sono le sorelle di Romilda? Selvagge?”

Chiese disgustato ed impaurito insieme Merry.

“ Peggio.”

Continuò Gandalf, incrociando lo sguardo di tutti i presenti.

“ Sono amazzoni.”

“ Amazzoni?!”

Esclamò interrogativo e sbigottito il principe Varen, portando lo sguardo sia a Will, che confermò le sue parole annuendo, e a Gandalf, che continuava a sorridere di un riso enigmatico.

“ Credevo che le amazzoni si fossero estinte, ormai.”

Costatò Aragorn, espirando un’altro piccolo alito grigiastro.

“ Si, ma non quelle che conosci tu, nelle Terre di Mezzo. Le amazzoni delle Terre dell’Ovest sono diverse dalle loro sorelle del nord. Amano le loro terre che battezzano come loro, difendendole ed uccidendo chiunque le attraversi. Sono orgogliose, testarde e molte di loro facili alla violenza. Credono nelle divinità della natura e venerano il drago Amlach, il drago che nelle loro leggende più remote, sconfisse gli orchi che sorsero dalle Paludi di Carcas, scampandole da una morte sicura.”

Gandalf guardò nuovamente Will, che gli sorrise complice.

“ Ma non credo che adorino anche il suo cavaliere.”

Will rise.

“ No, in effetti no. All’inizio mi consideravano un volgare ladro, disposto solamente a rubare i loro tesori. Fu Meiscia, la loro strega veggente, ad annunciare loro la mia venuta e mi aiutò a scampare ad un destino crudele, e mi fece diventare quello che sono ora. Però, c’è un problema, come giustamente Taras mi ricordava.”

“ E quale sarebbe?”

Chiese Pipino, curioso.

“ Ho cercato di sedurre il loro capo.”

Ammise dopo un sospiro amaro, ma sempre sorridendo.

“ Per loro equivale ad un insulto. Un’amazzone sceglie il suo compagno arbitrariamente, nelle stagioni del raccolto. Raramente se ne innamorano. Di solito, quando il periodo del raccolto termina, o lo uccidono o lo rendono loro schiavo.”

Spiegò Taras.

“ Però…appassionate.”

Fu il commento di Pipino, a cui molti risposero con un sorriso.

“ E come te la sei cavata? Voglio dire, sei riuscito a non farti uccidere…ma come?”

Chiese Sam che dopo quei racconti, stentava a credere che un suo semplice sorriso abbagliante lo avesse salvato.

“ Diciamo che ho avuto fortuna. Di questo devo ringraziare Romilda. Fu lei a convincere il capo a non togliermi la vita. Dopotutto ero pur sempre il cavaliere di Amlach. Così me ne uscii solo con un calcio ben assestato, immagino tu sai dove.”

Disse lui, mentre Sam rabbrividiva per lui al solo immaginare il dolore atroce.

“ Ma se Romilda è un’amazzone…”

Iniziò Frodo.

“ Perché si trova a lavorare in questo locale?”

“ Perché è straordinariamente abile ad ammaliare gli uomini e raggirarli per fargli pagare un boccale di birra il doppio.”

Rispose una voce sognante dietro Will ,che prima che potesse proferire parola, si ritrovò inondato da una cascata di riccioli castani e stretto da due esili braccia candide e profumate di lillà.

“ Violet, tesoro mio, dov’eri finita?”

La saluto cordiale, mentre lei si accomodava sulle sue gambe e lo abbracciava al collo, baciandogli l’angolo della bocca, la veste ridotta e di pizzo bianco fluttuante al di sopra delle ginocchia.

“ Mi stavo preparando di sopra. Quando sono scesa, Kaite mi ha detto che eri qui. Ti stavo cercando, quando un uomo ubriaco mi ha stretta per la vita, cercando di baciarmi. Ma fortunatamente l’omino buono del signor Morgan mi ha salvata.”

Terminò il suo monologo sorridendo beata. “L’omino buono” doveva essere, evidentemente, uno dei suoi protettori.

“ Will, zuccherino, scommetto che sei qui per Romilda vero?”

Gli chiese di punto in bianco, sorridendo maliziosa. Will le rispose con un sorrisino gentile.

“ Beh, ammetto che principalmente ero venuto per lei, ma per parlarle di un certo affare. Però, non so dov’è finita…tu l’hai vista?”

Le chiese, allungando il collo in cerca di una chioma di treccine nere.

“ Si, stava discutendo con il signor Morgan per dei barili di vino da sistemare in cantina. Eccola, ora è al bancone. Però non è giusto, Will, tesoro, non mi coccoli come hai sempre fatto.”

Terminò imbronciata ed abbracciandolo calorosa. Frodo non poté fare a meno di sorriderle. Nonostante il suo ruolo in quel locale, aveva un’aria talmente innocente da riuscire a fargli tenerezza.

“ Violet, dolcezza, lo so. Ma ho da fare, adesso.”

Le disse, accarezzandole la schiena.

“ Perché non ti fai coccolare dal principe Varen? Ne sarebbe felice.”

Disse birichino e malizioso in volto, attirando la sua attenzione sul principe che ora lo osservava stupito. Come supponeva, Violet si illuminò alla sua vista e si fiondò con un gridolino eccitato sul povero malcapitato, abbracciandolo contenta e forse più stretto di quanto avesse abbracciato Will poco fa.

“ Oh, Varen, tesoro, sei tornato da me!”

Esclamò entusiasta e ridendo contenta, mentre gli affondava le mani nei capelli, accarezzandone le ciocche ondulate.

“ Veramente, io…”

Cercò di spiegarsi il povero principe, ma Violet lo zittì donandogli un veloce bacio stampo sulle labbra, provocando le risa di Will, i sorrisi di molti come il loro sbigottimento.

Subito dopo, la giovane si accoccolò sul suo petto, sfiorando i lacci della sua camicia con le dita, le guance tinte di un rosso di piacere.

“ Violet, piccolina, perché non dici al principe quello che mi rivelasti quel lontano giorno in cui te lo presentai.”

La invogliò Will, ammiccando verso di lei, che ricambiò come due bambini birichini che mettono in atto una marachella.

Violet abbracciò stretto il principe, appoggiando il viso sul suo petto, mentre lui si irrigidiva tra le sue braccia, visibilmente imbarazzato da tutta quella situazione.

“ Sapete principe che io vi avevo già conosciuto, già prima di venire qui?”

A quel punto, il principe la guardò curioso, mentre lei arrossiva sotto il suo sguardo, ma non lo distolse.

“ Dove? Perdonatemi, ma non ricordo.”

Lei sembrò lusingata da quella semplice confessione, tanto che lo abbracciò di nuovo stretto, forse per nascondere questa volta l’imbarazzo.

“ Cinque anni fa, al mercato della frutta, un uomo mi aggredì. Voi eravate a cavallo e non appena mi vedeste in quella spiacevole situazione, veniste a salvarmi. Oh, eravate così bello! Fu allora che mi innamorai di voi.”

Confessò senza imbarazzo, mentre lui sbarrava gli occhi per la sorpresa. Violet colse l’occasione per regalargli un tenero bacio sulle labbra dischiuse. Poi, quando si staccò,  gli accarezzò sorridente il volto, continuando il discorso intrapreso:

“ E poi, quando Will vi portò qui, alle Luci di Fata, feci di tutto per conquistarvi, ma credo senza successo.”

Disse sorridendo e scrollando le spalle affranta. Anche Varen si rattristò.

“ Io adoro Will, come tutte noi, perché non ha mai doppi fini, è gentile, dolce e ci tratta come regine…”

Una pausa in cui lo abbracciò di nuovo, questa volta teneramente e baciandogli lievemente il petto ricoperto.

“ Ma anche voi siete gentile, nobile e tanto, tanto tenero.”

Gli disse senza vergogna, baciandogli per l’ennesima volta le labbra, questa volta più divertita.

“ Vi amo moltissimo, forse siete il primo ed unico uomo che abbia mai amato, ma non mi faccio illusioni. Non sono né una principessa e né tanto meno appartengo a un rango nobile, quindi non posso nemmeno lontanamente sognare di diventare, un giorno, la vostra sposa.”

Concluse, sempre con un sorriso allegro, come se stesse raccontando l’ultimo acquisto di un vestito e non la disillusione del suo coronamento d’amore.

“ Beh, potresti sempre diventare la sua amante.”

Propose schietto Will, provocando molti sguardi sbalorditi e di ammonimento.

“ Solo tu potevi dire una cosa tanto sciocca.”

Disse Taras, scuotendo la testa.

“ Non hai tutti i torti.”

Disse allegra Violet, mentre Varen rideva divertito da quella giovane intraprendente. Violet si perse nella sua risata. I due giovani si guardarono per attimi eterni, finché Violet Non decise di afferrargli la mano destra e di invitarlo a ballare insieme ad altre coppie improvvisate.

Will sorrise a quella scena.

“ Violet potrebbe anche riuscire nel suo intento.”

Disse, quasi fra sé. Legolas non si trattenne dal chiedergli:

“ Quale?”

“ Beh, sposare il principe ovvio. A me non è sembrato tanto titubante nel valutare l’idea.”

Prima che qualcuno potesse controbattere, due boccali di birra vennero sbattuti con violenza sul tavolo, proprio vicino a Will che, non appena alzò lo sguardo sulla persona che l’aveva portati, sorrise luminoso.

“ Le vostre ordinazioni.”

Disse una voce femminile calda e profonda, per poi voltarsi in un gesto secco e fluido, facendo smuovere la sua lunga chioma di treccine color pece. Ma prima che Romilda potesse allontanarsi, Will le afferrò il polso e la strattonò contro di sé, facendola trasalire e accomodare sulle sue ginocchia, sorridendo amabile al suo viso stupito e subito dopo imbronciato.

“ Ma guarda…piovono donne.”

Disse ironico, mentre lei gli voltava il viso puntandolo verso Frodo, sorridendogli a fior di labbra. L’hobbitt bruno ricambiò di buon grado. Non sapeva il motivo, ma quella donna così imponente gli ispirava simpatia.

“ Ma se sei stato tu a costringermi a sederti sulle tue gambe?”

Gli disse arrabbiata, gli occhi scuri scintillanti.

“ Si, ma ancora una volta, amore mio, non mi sembra che ti sia ribellata.”

Le rispose sorridendole sfacciato, mentre lei cercava di divincolarsi puntando le mani contro il suo petto parzialmente scoperto.

“ Will, sei impossibile. Lasciami subito, devo lavorare.”

Ma Will non demorse. Anzi, intensificò la stretta senza farle male.

“ Si, ho notato come lavori impeccabilmente. Ammettilo, mi stai evitando da quando sono entrato nel locale. Ma non ci puoi fare nulla, tesoro…come vedi, il solo pensare che io sia così vicino a te, ti fa perdere la ragione e la concentrazione. Infatti, ci hai portato dei boccali di birra che non avevamo ordinato.”

Ignorando le sue proteste, affondala mano destra nei suoi capelli e avvicinò gentilmente il suo volto imbronciato al suo sorridente.

“ Ammettilo, tesoro…non puoi fare a meno di me.”

E detto questo, la baciò sulle labbra, incurante dei loro sguardi di rimprovero e di sgomento.

Ma prima che Taras potesse intervenire, Romilda gli diede un pugno dritto nello stomaco, tanto da farlo staccare dalle sue labbra carnose, poi una gomitata sul collo e infine gli tirò i capelli biondo grano, prima che potesse sbattere la fronte contro lo spigolo del tavolo, e mettendosi dietro di lui, gli strinse il braccio al collo, minacciando di soffocarlo.

“ Di un po’, Will, ti sei dimenticato che io sono un’amazzone? Se non vuoi che ti uccida, cavaliere di Amlach o meno, ti conviene tenere le mani a posto e la bocca sigillata, escluso per parlare o respirare. Sono stata abbastanza chiara e soddisfacente?”

Will, mezzo soffocato, le rispose sussurrando.

“ Cristallina, dolcezza.”

Per un attimo, Frodo temé che lo uccidesse davvero, ma poi, di scatto, lo lasciò andare, e mentre Will tirava un profondo respiro e si massaggiava il collo dolorante, Romilda, indispettita, fece per andarsene, se non prima di aggiungere:

“ E, per la cronaca, i due boccali erano per i tuoi piccoli amici. Quindi come vedi, non mi fai alcun effetto, mio caro idiota.”

I piccoli amici a cu si riferivano, erano Merry e Pipino, entrambi con i loro rispettivi boccali sospesi a mezz’aria e la bocca spalancata per la sorpresa di quella ribellione.

“ Aspetti solo un istante, mia signora.”

Questa volta fu Gandalf a parlare, che molto galantemente si alzò e sotto lo sguardo interrogativo di Romilda, la invitò ad accomodarsi al suo posto.

“ Sarebbe così gentile da offrirci un minuto del suo tempo e unirsi a noi? Avremmo una cosa da proporle.”

Disse il mago con la sua voce rassicurante e il suo sorriso più convincente, che fecero capitolare la giovane guerriera che, con una solennità invidiabile, si sedette accanto ad Aragorn, che fece il possibile per non sfiorarla con il gomito, riponendo la sua pipa e inclinando il capo in segno di rispetto nei suoi confronti. Per un attimo, Romilda rimase stupita dalla sua umiltà, ma poi con un sorriso titubante, ricambiò il gesto di cortesia, mentre Gandalf si sedette accanto a Frodo, facendogli un occhiolino sottinteso.

“ Cosa vorreste propormi?”

Chiese Romilda, con un tono caldo e tranquillo, rispecchiandosi dritto nei suoi profondi occhi azzurri.

“ Ecco, come avete voi stessa ammesso poco prima, durante la discussione movimentata con il nostro Will, siete un’amazzone.”

“ Si.”

Confermò come se dovesse difendersi da un’accusa. Il suo tono volubile, mutò nuovamente, non rinunciando ad una nota di difensiva minaccia. Gandalf non si scompose, ma annuì sorridendo pacato.

“ La nostra proposta è, se volete naturalmente, di condurci nei territori dove dimorano le vostre sorelle.”

“ E per quale motivo dovrei farlo?”

Chiese scontrosa, facendo agitare Gimli, che si dimenò al fianco di Legolas, cercando di farle moderare il tono, almeno con Gandalf. Ma lui stesso alzò una mano nella sua direzione per placarlo.

“ Per la semplice ragione di aiutarci a sconfiggere la Signora dell’Oscurità per sempre.”

“ E in quale modo le mie sorelle dovrebbero esservi utili?”

“ Noi pensavamo di proporre al vostro capo di accettare un’alleanza, così da unirvi alle nostre truppe e dirigerci verso il Palazzo di Cristallo.”

A quel punto, Romilda rise senza gioia, per poi guardare quasi feroce Aragorn che aveva parlato e che poteva sentire emanare dalla sua persona un’ondata di rabbia.

“ Le mie sorelle non si uniranno mai a uomini nemici delle loro terre. Noi agiamo sempre da sole, in battaglia. Di aiuto non ne abbiamo bisogno.”

Terminò dura, ma Aragorn non si sottrasse al suo sguardo di fuoco. Anzi, continuò profondo e deciso.

“ Purtroppo credo che in questa guerra dovrete mettere da parte il vostro orgoglio e combattere al nostro fianco. Venia è troppo forte, anche per un intero esercito di amazzoni.”

Frodo temette che Romilda si sarebbe lanciata contro Aragorn, minacciando di ucciderlo, ma invece con un profondo sospiro, chiuse gli occhi e sorrise amara annuendo.

“ Si, avete ragione, mio signore.”

A quel punto, sia Gandalf che Aragorn sorrisero, mentre gli altri si rilassarono tirando un silenzioso respiro, scaricando, così, la tensione accumulata.

“ D’accordo, vi condurrò al cospetto di Vanesia, il nostro capo. Sarò dalla vostra parte se le cose si risolveranno contro di voi.”

Concluse, guardandoli con gli occhi scuri scintillanti di sincerità e realtà.

“ Molto bene. Vi ringraziamo.”

Disse Gandalf, cordiale e rispettoso.

“ Di nulla. Ma sarà meglio partire subito. Il viaggio durerà dieci ore esatte. Se partiamo adesso, arriveremo a Marzia nel tardo mezzo dì.”

A quelle parole, tutti si alzarono rincuorati, seguendo Romilda che, dopo varie discussioni con il signor Morgan, che non voleva perdere la sua pupilla, ottenne il suo permesso per congedarsi dalle sue mansioni per un po’ di tempo.

“ Muoviti, Pipino.”

Intimò Merry al suo parente.

“ Arrivo. Un ultimo sorso.”

Gli urlò, mentre insieme agli altri si avviava verso l’uscita. Pipino trangugiò un ultimo sorso di birra di malto, che gli scivolò sul mento. E mentre si ripuliva, sorridente mise un braccio intorno al collo di Merry, che ricambiò il suo sorriso beato.

“ Comunque, io continuo a dire che non mi resiste.”

Sussurrò Will al principe Varen che rise alle sue parole, dopo aver regalato un galante bacio a mano a Violet, con la promessa che si sarebbero rivisti presto, con suo desiderio e invito, a palazzo.

Il sorriso e le guance arrossate per la felicità di Violet furono l’ultima cosa che  gli occhi di Frodo videro, prima che la porta delle Luci di Fata si chiudesse con un leggero tonfo. Sentì la Gemma brillare flebile quando montò a cavallo del cavallo bruno di Taras. Una nuova avventura li attendeva.

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Grazie per essere giunti, spero, fino in fondo!!! Allora, vi è piaciuto questo carambolante capitolo??? Sono convinta di si, soprattutto per…

LadyElizabeth: Hai visto, mia cara, come è andata a finire per la nostra Violet nei riguardi del principe Varen?? Spero sia finita come ti immaginavi e di non averti deluso nemmeno con il nostro mitico Will!!! Povera Romilda, che deve sopportare!!!XD Aspetto presto tue notizie e grazie per i tuoi splendidi e sempre graditi commenti!!! Bacioni Fuffy91!!!^__^

Ringrazio anche voi, si proprio voi, che mi state leggendo e che non avete ancora chiuso la finestra!!!^__^ E ora un appello a te, caro lettore misterioso…ti aspetto al prossimo cap, che sarà molto, ma molto ricco di sorprese e di personaggi forti e determinati!!! Non per niente, parliamo di amazzoni!!! Baci baci e a prestissimo, Fuffy91!!!!^__________________________________^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo19

Come previsto, la Compagnia della Gemma, capeggiata dall’amazzone Romilda, che cavalcava sicura il suo destriero bianco panna, giunse nei pressi dei territori delle amazzoni nel tardo mezzo dì. Avevano cavalcato il restante della notte, fino all’alba rosata e dorata, per poi essere coperti da un cielo turchese, privo di nubi e brillante dai raggi del sole infuocato.

“ Ecco, questa è Marzia, terra delle amazzoni dell’Ovest.”

Annunciò Romilda, arrestando il suo cavallo con una tirata di redini decisa e secca. Ben presto venne imitata dai suoi compagni, che crearono, ai suoi lati, due bande di cavalli maestosi posti in fila. Fra questi, spiccava Ombro Manto, il re di tutti i cavalli, che alla luce del tardo sole, il suo vello sembrava emanare una luce evanescente, come la veste e la chioma liscia del suo padrone, Gandalf il Bianco, che fu il primo a rompere il silenzio.

“ Molto caratteristiche, direi.”

In effetti, Mariza era una terra prospera di alberi alti, di tutte le specie, che si alternavano a praterie ricolme di alci, cervi e lepri saltellanti. Più in là, verso nord, si intravedevano alte rupi di roccia, dalle quali si videro svolazzare aquile stridenti che avevano posto sulle loro cime i loro ampi nidi.

“ Vogliamo andare?”

Propose, come se stessero per intraprendere una tranquilla passeggiata , per scegliere il posto adatto dove intavolare un pic-nic.

“ Certamente. Però vi avverto: dovremmo essere molto cauti. Le mie sorelle non sono famose per la loro ospitalità.”

Disse severa Romilda, e dopo un loro assenso, spronò il suo cavallo che corse lungo il declino della vallato, seguita dagli altri come un branco selvaggio. Per quanto fosse veloce, il destriero di Romilda venne superato da Ombro Manto, che si arrestò ai piedi della foresta su ordine gentile di Gandalf, che osservò il luogo in un misto di incredulità e desiderio di scoperta.

“ Sembra la Foresta dei Vell.”

Costatò Pipino, una volta che Gandalf scese dal dorso di Ombro Manto, che si allontanò con un nitrito, una volta che anche Pipino lo smontò.

Ben presto, i due vennero seguiti dai loro compagni e amici, anche se mancava Varen, che concordò con Taras di ritornare al palazzo di Murnirm per informare suo padre, Sir Edward e Sir Rayon degli ultimi positivi avvenimenti, e Luthien che, nonostante le speranze di Legolas, non si vide raggiungerli prima della partenza. Tuttavia, la pena dei suoi amici venne smorzata da Gandalf, che li rincuorò affermando che la loro compagnia li avrebbe affiancati nuovamente, molto presto.

In compenso, la sua assenza venne riempita da Romilda che, in veste di guida, li condusse nel fulcro di Marzia.

Nonostante il luogo sconosciuto, Aragorn mostrò di cavarsela molto meglio degli altri, a parte Legolas che, essendo un elfo silvano, era abituato a quel genere di vegetazione indomabile.

Anche Romilda lo notò, tanto che quando il re di Gondor aiuto Frodo a non cadere in una buca parzialmente profonda, gli disse:

“ Siete molto abile, per essere un damerino uscito da un palazzo di marmo.”

Aragorn sorrise alla sua ironia sprezzante, per poi risponderle con la sua voce profonda e pacata.

“ Ho vissuto come un ramingo per un lungo periodo della mia esistenza, viaggiando nelle Terre Selvagge del Nord.”

“ Curioso, anche Vanesia ha esplorato quelle terre. Forse l’avete incontrata.”

Aragorn ci pensò su, ma poi scosse la testa, rammaricato.

“ Credo di no. Quelle terre erano molto vaste. Non è da escludere che i nostri destini si siano incrociati, ma mai uniti.”

Romilda sorrise alle sue ultima parole, scostando un ramo raggrinzito con la sua spada.

“ Non credo. Vanesia non crede nel destino. È una donna molto concreta. Paradossalmente al suo ruolo, non solo una volta l’ho vista ridere delle nostre leggende. Ma penso che, sia proprio il suo carattere forte e deciso a farla diventare il nostro capo.”

“ Credi che ci appoggerà nell’impresa?”

Chiese Taras, saltando per evitare una zolla.

“ è possibile. Ma non ne sono sicura. Lei è pratica, sa riconoscere quando ha bisogno d’aiuto. Ma, come capo, deve adattarsi al volere della sua gente. E non sono sempre concordi con le sue idee.”

“ Quindi è finita.”

Urlò Will, tagliando un ramo ricolmo di foglie verdi, minacciando di bruciare l’intero albero.

“ Stupido! Non usare le spade di Amlach qui. Vuoi farci scoprire?”

“ Troppo tardi!”

Esclamò una voce squillante e femminile, che apparteneva ad una fanciulla che fuoriuscì dalle chiome di un faggio e atterrò dietro la schiena di Aragorn, immobilizzandolo e solleticando il suo collo con la lama luccicante di un pugnale.

“ Vi consiglio di deporre le armi, se non volete che la testa del vostro amichetto penzoli dal suo collo.”

Sibilò minacciosa ma divertita allo stesso tempo, forse per la posizione di stallo che si era creata.

“ Fate come dice.”

Li incitò Aragorn, alzando una mano verso Legolas che già aveva  teso una freccia dal suo elegante arco. Con il volto accigliato, ubbidì poggiando lentamente le sue armi al suolo erboso, seguito dagli altri, tranne Gandalf che depose la spada ma non il bastone. L’amazzone sembrò accorgersene, visto che gli disse:

“ Tutte le armi. Anche il bastone, vecchio.”

Gandalf le sorrise, con sorpresa di tutti, e fece cadere il suo bastone a terra, facendo tintinnare l’ammasso di spade, con i pugnali di Merry e Pipino, oltre che l’ascia fedele di Gimli.

“ Molto bene. Siete stati ubbidienti. Bravi bambini. E adesso, fate ancora i buoni e fatevi legale dalle mie sorelle.”

Suggerì dolce, mentre uno sciame di donne vestite di pelli di animali, che lasciavano il busto e buona porzione delle gambe e del decoltè scoperto, belle quanto pericolose, immobilizzarono con forza le braccia di tutti, trattenendo gli hobbitt per le spalle, stringendole forti quando cercavano di ribellarsi, tralasciando solo Romilda.

“ Tanya! Vieni a prendere il mio posto.”

Molto lentamente, l’amazzone ripose il suo pugnale, senza lasciare la presa su Aragorn che, stranamente, non si mosse né cercò di ribellarsi, quando l’altra di nome Tanya, prese il posto della sua aguzzina. Quest’ultima, poi, esaminò la sua persona da capo a piedi. In seguito, prese il manico della sua spada e quello del suo pugnale, nascosto nella cintola dei pantaloni da ramingo, gettando quest’ultimo a terra, insieme alle altre armi, ma esaminando a lungo la prima, sorridendo verso di lui.

“ Molto bella. Manifattura elfica, vero?”

Aragorn non rispose, ma lei proseguì.

“ Si, penso proprio che la regalerò a Vanesia. È il genere di arma che gradisce.”

“ No! Non potete farlo. Quella spada appartiene a lui di diritto. Nessun altro può impugnarla.”

Fu Legolas a parlare, dimenandosi alla stretta dell’amazzone che lo trattenne saldamente, afferrandolo anche per il collo. La sconosciuta lo guardò curiosa, ripiegando la testa da un lato e scrutandolo con occhi fiammeggianti di qualcosa molto simile alla ribellione. Quando avanzò verso di lui, Frodo la scrutò per la prima volta attentamente, illuminata com’era dalla luce del sole, che calda e vaporosa, filtrava dalle chiome degli alberi rigogliosi. Era una fanciulla molto simile a Violet, piccola e minuta, anche se i muscoli delle braccia e delle gambe erano tesi e tonici, rispetto alle membra morbide della biondina delle Luci di Fata. I capelli, corti e sbarazzini, le incorniciavano il volto ovale e delizioso, anche se i suoi tratti sembravano emanare tensione ed attesa, di un colore simile alla brace più infuocata. Alcune lentiggini spruzzavano sulle sue guance, sul nasino appuntito e sulle spalle, mentre gli occhi a mandorla brillavano di un nero di determinazione. Facendo vibrare la lama della spada di Aragorn, solleticò il mento perfetto di Legolas, che non si sottrasse al suo sguardo acceso.

“ Davvero? Nessun altro può? Strano, perché come vedi, elfo, io lo sto facendo.”

Gli disse, allontanando la spada da lui e caricandosela sulle sue spalle nude, continuò incurante di chi la stesse ascoltando.

“ E si sa, che non c’è nulla che io non possa fare.”

Annunciò allegra, guardandoli con superiorità.

“ Sempre modesta come sempre, non è vero…Oleandro?”

La ragazza si voltò verso colei che aveva pronunciato il suo nome, guardandola contrariata. Ma poi sorrise per nulla allegra.

“ Romilda, chi non muore si rivede. Anche se, avrei preferito non rincontrare il tuo bel faccino per un altro po’ di tempo.”

Romilda sogghignò alle sue parole, avvicinandosi a lei, per nulla impaurita. In breve le due donne si ritrovarono faccia a faccia nello spiazzo verde e luminoso che avevano creato.

“ Lo sai, Oleandro…mi sono sempre chiesta, dove sarebbe potuta arrivare la tua arroganza smisurata. Beh, oggi me ne hai dato la conferma. Non ha limiti.”

“ Ah, Romilda, Romilda! Mi deludi, lo sai…non avrei mai creduto che potessi scendere a tanto. Portare a Marzia un gruppo di stranieri senza il consenso della regina, solo per metterti in mostra. Oh, questo ti costerà molto.”

Concluse falsamente dispiaciuta Oleandro. Romilda rise della sua ipocrisia.

“ Quelle come te, Oleandro, mi fanno solo ridere.”

“ E quelle come te, invece, Romilda, solo piangere.”

“ Cosa vuoi?”

“ Combattere.”

Concluse l’amazzone, con gli occhi accesi di sfida, mentre un sorrisino eccitato si apriva sulle sue labbra.

“ Battermi con te e vincerti.”

Romilda sorrise beffarda. I suoi denti luccicarono al sole, spiccando sul suo viso color cioccolato.

“ Continua a sognare, Ole. Sai perfettamente che perderai, come sempre.”

“ Oh, chi è ora che pecca di presunzione, uh?”

Romilda e Oleandro si fissarono per attimi eterni, finché la tensione trasportata dall’attesa si sgretolò come polvere, quando Romilda parlò.

“ D’accordo, accetto. Ma a una condizione…”

“ Quale?”

“ Se vinco io, tu lascerai andare i miei amici e non ti opporrai quando li guiderò al cospetto di Vanesia.”

“ E se, come logico, vincerò io?”

Chiese Ole, facendo roteare la spada di Aragorn da un braccio all’altro, per poi lasciarla cadere al suolo, infilzandola in una zolla.

“ Se vinci tu, sarò tua schiava in eterno, finché non soccomberai, che sia la vecchiaia o la spada di un nemico a prenderti.”

A quella proposta, il viso di Oleandro si accese di piacere, per poi sorridere contenta.

“ Accetto.”

“ No, Romilda. È troppo per un semplice rilascio.”

Disse Will, animandosi.

“ Decido io se la posta sia alta o meno. E questa non lo è.”

Disse secca, zittendolo. Poi sfoderò la sua spada, mentre Oleandro impugnò due pugnali ben elaborati ed affilati.

“ Bene. A te la prima mossa.”

Le disse gentile, ricambiando il suo sorriso.

“ Con piacere.”

Poi con un urlo si avventò su di lei, attaccando incessante e senza freni. Romilda parò i suoi colpi uno ad uno, come se li conoscesse da sempre. Tuttavia si sbilanciò quando Ole le dette un calcio nello stomaco, dandole la possibilità di attaccarla al fianco, riuscendo solamente a strappare un lembo della sua veste.

“ Era nuovo, questo.”

Ole scrollò le spalle, facendo roteare tra le dita uno dei suoi pugnali.

“ Non importa. È orrendo.”

E detto questo, ricominciò lo scontro. Questa volta, Romilda decise di attaccare e, dandosi leva con i pugnali intrecciati alla lama della sua spada, saltò e atterrò dietro di lei che, pronta, parò il suo calcio con il proprio, sbilanciandosi a vicenda, ma senza cadere.

“ Sei migliorata.”

Le disse Romilda, mentre l’altra roteava in circolo, come una leonessa che decide la posizione giusta dove attaccare.

“ Già. Mentre tu ti dilettavi a lavare bicchieri, io mi sono allenata.”

Romilda rise, rispondendo al suo sorriso e parando il colpo del suo pugnale con la sua spada.

“ Ah. Ora capisco perché non hai una vita.”

Ole ringhiò in risposta, mentre Romilda rise, come se trovasse divertente farla arrabbiare. con un movimento fulmineo, girò su se stessa e con l’aiuto del piede sinistro, pensò di far perdere l’equilibro alla sua avversaria che, prevedendo il suo attacco, saltò come fa una bimba con la corda, per poi sorriderle beffarda e ricominciare il suo attacco con i suoi affidabili pugnali.

Con una mossa ben assestata, disarmò Romilda che seguì con lo sguardo la sua arma volare verso l’albero più lontano.

“ Ops! La piccola è rimasta senza caramelle.”

La schermì Ole, giocando con i suoi pugnali con lo sguardo da tigre che pregusta la sua preda indifesa. Romilda cercò di calcolare il tempo necessario per correre sull’albero e recuperare la spada, ma Oleandro sembrò prevedere anche questo, visto che rise sinceramente divertita dal suo stato.

“ Come pensi di correre con quella gonna così lunga? Inciamperesti ad ogni passo e io ti immobilizzerei da dietro. Oppure potresti anche farcela, ma ti impiglieresti tra i rami e io riuscirei comunque a raggiungerti, quindi…”

Disse scrollando le spalle sorridendo dolcemente.

“ L’unica cosa che ti conviene fare è arrenderti.”

Molte risero alle sue parole, urlando il suo nome come un ululato di vittoria.

“ Visto? Anche loro sono d’accordo.”

Disse Ole, con un ghigno dipinto sulle sue labbra sottili e un mano alzata, libera dal pugnale che ora stringeva nell’altra con il suo gemello, ad indicare le sue sorelle compiaciute.

Ma a dispetto di tutti,  Romilda rise sonoramente, facendo scomparire dal suo viso il suo ghigno beffardo e preoccupare le sue sorelle.

“ Ole, Ole…sei così tremendamente ingenua. Tu credi davvero che mi arrenda per così poco? Sei un’illusa! Ti ricordo che sono amazzone prima di te, quindi ora la tua sorellina maggiore ti farà vedere come combatte davvero un’amazzone.”

E detto questo si stracciò la gonna del vestito, rivelando le sue gambe scure e toniche, luccicanti al sole. Poi, con un altro strappo, stupendo tutti e facendo sorridere Will, si tolse le maniche immacolate, mostrando un bracciale di perline molto simile a quello di Oleandro.

“ Ah! Ora sono più a mio agio.”

E ammiccando verso di lei, cominciò a correre veloce verso l’albero dove si celava la sua spada luccicante.

Ole ringhiò feroce, per poi lanciare entrambi i suoi pugnali. Il primo si conficcò nel  terreno, mentre l’altro provocò un profondo taglio sulla guancia di Romilda, che non si fermò.

Frustata, con una serie di salti acrobatici, la raggiunse proprio mentre sfilava la sua spada dal ramo in cui si era conficcata. Con un balzo riuscì ad atterrare dietro Ole che, priva di pugnali, la guardava scontenta.

Romilda, nonostante la vittoria sicura, decise di buttare via la spada, con lo sconcerto loro e di Ole, che la guardò male, come se con quel gesto l’avesse offesa.

“ Così siamo pari.”

Ole rise della sua umiltà.

“ Oh, Romilda! È questa la tua debolezza. Sei così dannatamente nobile, anche in battaglia.”

“ Io non la penso come te, Ole. È per questo che non andiamo d’accordo. Tu pensi che la forza sta nelle armi che possiedi o nelle abilità che acquisisci. Ma in realtà, essere onesti e saper ragionare anche quando un tuo caro amico è in difficoltà, è la vera forza. Ma il tuo orgoglio e la testa calda che ti ritrovi non ti permetteranno mai di capirlo.”

Oleandro rise delle sue constatazioni, per poi risponderle a tono:

“ Puoi pensare quello che vuoi di me, tanto le cose non cambiano. Noi due saremmo potute essere una squadra vincente, ma abbiamo opinioni troppo differenti della vita per riuscire a trovare una giusta sintonia. Ma in fondo, questo nostro antagonismo non mi dispiace affatto. E sinceramente, il tuo idealismo mi da fin troppo sui nervi, per essere sopportato a lungo, senza contare che sei fin troppo antipatica per andarmi a genio.”

E sorridendo, si mise in posizione d’attacco, i muscoli vibranti pronti a scattare.

Romilda la imitò sorridendo divertita.

“ Già, lo stesso vale per me. Allora, la facciamo finita?”

Chiese, mentre il sogghigno di Ole venne illuminato dal sole filtrante.

“ Non chiedevo di meglio.”

Fu una lotta corpo a corpo molto dinamica, composta da salti, acrobazie, arti immobilizzati, colpi dati a segno o parati da entrambe le parti. L’aria sembrava accesa di un fuoco acceso, finché Romilda non afferrò un bastone, imitata da Ole, cominciando a fare sul serio. Il bastone di Romilda colpì lo stomaco di Ole, che si sbilanciò e velocemente, Romilda fece scivolare l’estremo del bastone dietro le caviglie di Ole, che perse l’equilibro e cadde a terra. Romilda si mise cavalcioni sul suo corpo, immobilizzandolo, mentre le puntava i pezzi di bastone spezzato ad incrocio sul collo, pronti a stringerli per strozzarla. Ansimando, nonostante Oleandro cercasse di sciogliere la sua presa, si rassegnò a rimanere immobile.

“ Allora, ti arrendi?”

A dispetto di molti, Oleandro sorrise, rispondendole anch’ella affannata:

“ Solo se lo fai tu.”

All’inizio nessuno capì cosa le desse così tanta fiducia, finché non notarono un luccichio sinistro sul fianco di Romilda, che si scostò, mostrando a tutti il pugnale di Ole che solleticava la carne scoperta dal vestito stracciato.

Entrambe sorrisero, ritrovandosi in una posizione di stallo. Nessuno fiatò, né i membri della Compagnia, né tanto meno le tese amazzoni dietro di loro. All’improvviso, dal folto degli alberi, venne scagliata una freccia dalle piume nere, che fece scostare Romilda dalla sua posizione e alzare Ole, che guardava torva la freccia che per poco non le aveva trapassato il ginocchio, infilandosi perfettamente nel solco creato tra i corpi intrecciati delle avversarie.

“ Adesso basta. Ho visto fin troppo.”

Il volto delle amazzoni era preoccupato, tranne quello attento di Romilda e quello infastidito di Oleandro. Anche la Compagnia era in trepida attesa per scoprire la proprietaria di quella voce autoritaria e sonora, che fece spiccare il volo ad uno stormo di passeri irrequieti dal folto della chioma spinosa di un abete.

Una figura esile, quanto possente, fuoriuscì dal baldacchino naturale che le edere rampicanti avevano creato, mentre una pioggia di ricci scomposti e biondo dorato, che si confondeva con i raggi giallastri del sole, si smuovevano attorno al viso fiero della proprietaria, come la criniera di un indomabile leone, anche se gli occhi color giada erano simili a quelli di un puma.

Indossava un vestito molto corto, che metteva in mostra due lunghe gambe dalle caviglie sottili, i piedi nudi affondati nell’erba corta, la vita di vespa fasciata da pelle di cervo, che terminava in un nodo sulla spalla destra, il suo colorito nocciola metteva in risalto quello dorato della sua pelle abbronzata.

Una lunga serie di collane di perline e bracciali su entrambi i polsi le conferivano un aspetto esotico, mentre un alone di fierezza e determinazione smorzava la sua bellezza, che sembrava un incrocio tra un elfo e un umano molto grazioso.

“ Oleandro. Immaginavo che la causa di tutto questo trambusto fossi tu.”

La sua interlocutrice sbuffò, voltando lo sguardo dalla sua persona e mutando l’espressione in una molto buffa, che fece ridere Pipino, il quale si gelò non appena lo sguardo deciso ed infuocato della sconosciuta incontrò il suo e quello degli altri.

“ Voi!”

Esclamò all’improvviso, e sentirono le loro soggiogatrici tremare al suo richiamo.

“ Che cosa state facendo? Non mi sembra di aver dato l’ordine di catturare sconosciuti.”

“ Proprio perché sono stranieri, ho dato l’ordine di catturarli.”

Disse spazientita Oleandro, non sottraendosi alle sue iridi verde giada funesti.

“ Come al solito sei indomabile, Ole. Agisci sempre di testa tua.”

“ Almeno io ho un cervello.”

Ribatté lei, i capelli accesi in lingue di fuoco, come il suo animo instabile.

“ Non credere di essere l’unica ad avere intelletto. Anche se, quando gli dei hanno distribuito presunzione ed arroganza, vedo che tu ne hai fatto buona scorta.”

Oleandro ringhiò risentita da quella battuta, mentre le sue sorelle ridevano e Romilda sorrideva.

“ Lasciateli andare e restituite loro le armi.”

Le amazzoni li lasciarono andare ed una ad una restituirono le armi, finché il mucchio al suolo non scomparve del tutto.

“ Cosa fai? Sei impazzita! Vuoi farti uccidere?”

Esclamò Oleandro, indignata dall’ordine di quella che doveva essere la sua regina. Aragorn uscì dal gruppo per recuperare la sua spada brillante al sole, ancora infilzata nel terreno, fra i ciuffi di erba smeraldina. Ma prima che potesse afferrarla, Oleandro lo precedette, scostandolo con una mano, che lo fece indietreggiare stupito, mentre un sorrisino beffardo increspava le sua labbra sottili.

“ Tieni. Almeno questa te la regalo, come consolazione per il mio lavoro che non è servito a molto, per colpa tua.”

Disse ancora indignata, ma serena in volto, lanciando la spada alla donna bionda, che la prese al volo per il manico scintillante di piccole gemme ed ornamenti.

La esaminò a lungo, soffermandosi a leggere la scritta in lingua elfica che Sire Elron di Gran Burrone fece incidere sulla sua lama.

Poi, con i suoi occhi scintillanti di giada, osservò Aragorn a lungo, sul suo viso altrettanto fiero e regale un’espressione di pura imperturbabilità, anche se divenne incredula quando la vide avvicinarsi e puntargli la sua spada contro. Poi, con un movimento invisibile, la rigirò, tendendogli il manico ed incitandolo ad impugnarlo. Così fece, e non appena le sue dita si chiusero intorno all’elsa, lei si rigirò, i lunghi capelli fluttuanti che lasciavano una scia di rose selvatiche e menta, le perle delle sua collane tintinnarono ad ogni passo, allontanandosi dalla sua persona senza dire una sola parola o trapelare alcuna emozione.

“ Ma cosa fai? Gliel’hai riconsegnata?!”

Le chiese incredula e trepidante Ole, osservando sia lei che uno stupito Aragorn. Vide la sua spada ritrovare la sua naturale luminescenza, per poi offuscarsi all’interno del suo fodero elegante.

Osservò Vanesia fermarsi e scrutarla attentamente, con lo stesso volto attento e severo che prima aveva riservato a lui, mentre una ciocca di ricci selvaggi e biondo dorato le offuscava il volto abbronzato.

“ Non potrebbe mai essere mia. Appartiene a lui di diritto.”

Oleandro trasalì a quelle parole, le stesse che Legolas le aveva rivolto quando aveva trapelato il desiderio di donarla proprio a lei. L’amazzone guardò truce Aragorn, come se volesse infiammarlo con il suo sguardo oscuro, le lingue di fuoco che si dimenavano al vento che filtrava dalle chiome degli imponenti alberi della foresta. Poi, indignata, si avvicinò a Romilda e con forza la strattonò verso di lei, scaraventandola al suolo. L’erba scricchiolò sotto il suo peso, mentre lei si spostava i capelli raccolti in trecce dal viso, guardando quella che poco prima era stata la sua avversaria con gli occhi luccicanti d’ira, per poi puntarli verso Vanesia che si voltò a guardarla con aria sospettosa.

La rabbia di Romilda scemò, ma non si alzò dal terreno, mantenendo il suo sguardo.

“ Ora non dirmi che la perdonerai dopo l’affronto che ci ha fatto? Ha portato qui, a Marzia, nelle nostre terre, degli stranieri, che potrebbero essere benissimo delle spie di Venia o di quanto altro. E non venirmi a dire che l’ha fatto per i nostri interessi, perché non ci credo!”

Esclamò risentita ed arrabbiata Oleandro, puntando il dito contro Romilda, che a quel punto si alzò forse più indignata di quanto si potesse sentire Ole in quel momento.

“ Come osi affermare una cosa del genere? A tal punto arriva il tuo odio per me Oleandro, da farmi passare per una traditrice agli occhi della regina e delle nostre sorelle?!”

“ Le mie sorelle, la mia regina, vorresti dire, Romilda!”

Esclamò avanzando di un passo e osservando truce ed accigliata Romilda, che non si sottrasse al suo sguardo di fuoco. Le altre amazzoni arretrarono nell’udire la sue voce squillante risuonante di rabbia, mentre Vanesia, osservata attentamente da Aragorn e Gandalf, mentre gli altri seguivano la scena, chi a bocca aperta, chi, come Will, con un sorriso elettrizzato, di chi ama le risse fra donne.

“ Tu, ormai, non sei più un’amazzone. Hai smesso di esserlo quando te ne andasti per inseguire un uomo che poi ti ha abbandonata come un cagnolino insistente, che abbagliava troppo per essere sopportato.”

A quelle parole, lo sguardo di Romilda si incupì, indietreggiando di un passo.

“ Cosa? Cos’è questa storia? Io non ne sapevo nulla!”

Esclamò Will, sorpreso quanto gli altri presenti, amazzoni comprese, che si guardarono a vicenda a bocca aperta e bisbigliando fra loro, ma ad uno sguardo accigliato della regina, ora seduta su una roccia sporgente, addentando una mela caduta da un albero, del tutto estranea, almeno in apparenza, alla discussione di due delle sue suddite.

Ole sorrise della tristezza della compagnia, ed ora a Frodo quel sorriso beffardo sembrò oltremodo cattivo. La Gemma brillò del suo ardimento, e per un momento lo sguardo verde-giada di Vanesia sembrò puntare su di lui, ma poi riprese a masticare la sua mela ad occhi bassi.

“ Non lo avevi raccontato a nessuno, nemmeno ai tuoi amici, vero? Oh, povera cara! Deve essere stato terribile per te, sentirti sola dopo aver avuto l’illusione di aver finalmente trovato una persona in grado di amarti come desideravi. Peccato che di uomini come quelli non ci possa fidare, vero? Scommetto che ti ha presa in giro tutto il tempo, facendoti promesse, per poi infrangerti il cuore abbandonandoti nella prima locanda che aveva trovato a Murnirm.”

Romilda non la guardava più, ma ascoltava triste e con gli occhi che minacciavano di traboccare di lacrime da un momento all’altro.

“ Ma non preoccuparti.”

Le disse, accarezzandole una ciocca di treccine nere e un lembo della sua guancia, pronta a darle la scoccata finale.

“ Scommetto avrà trovato conforto nelle tue amichette della locanda.”

Poi rise cattiva, godendo nel vederla triste e le lacrime cominciarono a sgorgare, rigandole le guance divenute più scure per la mortificazione subita.

“ Brutta strega! Ora le faccio…”

Ma prima che Will potesse reagire, con sua grande sorpresa venne preceduto da Vanesia che, senza che nessuno lo avesse previsto,  con un salto riuscì a raggiungere Oleandro e a farle perdere l’equilibro, grazie ad un calcio ben assestato allo stomaco, e prima che potesse cadere al suolo, la afferrò per un braccio e la scaraventò al tronco dell’abete vicino, con uno schianto tremendo ed un suo urlo di sorpresa e dolore, facendo tremolare la cima dell’abete e facendola cadere al suolo gemendo di dolore, mentre si teneva lo stomaco e sveniva con un singulto.

Accadde tutto così velocemente che solo in pochi riuscirono a capire la dinamica dell’attacco, ma Romilda, ora con lo sguardo luminoso di lacrime, la guardò a bocca aperta, mentre fredda e distaccata, come se avesse mosso un fuscello e gettato nel fiume vicino, ordinò ad una sua amazzone, che non appena si sentì chiamare sobbalzò impaurita e sorpresa, come tutti:

“ Daila!”

“ S-Si, mia regina?”

Vanesia indicò con un gesto secco del capo il corpo inerme di Oleandro, i ciuffi dei suoi capelli rosso-fuoco offuscati dall’ombra dell’abete, il corpo scomposto come una bambola di pezza, il viso nascosto tra l’erba corta.

“ Portala via e farla curare da Meiscia, e dirle che quando si sveglierà, non voglio vederla finché non si sarà scusata con Romilda per il veleno che le ha iniettato contro, in mia presenza. Non umilmente, tanto so perfettamente che l’umiltà non far parte di lei, ma almeno pentita, questo lo pretendo. Solo quando lo avrà fatto, riceverà le mie di scuse pubblicamente, hai capito?”

Le puntò contro uno sguardo di fuoco, e Daila rispose annuendo tremante, abbassando il capo e alzando le mani in una posa caratteristica, come per mostrare rispetto. Poi, veloce, raccolse il corpo di Oleandro caricandosela sulle spalle e scomparve nella vegetazione con un debole fruscio.

Vanesia guardò ancora gelida, ma con lo sguardo acceso di rabbia le sue amazzoni, che si irrigidirono all’istante.

“ Anche voi. Tornate al villaggio, adesso. Voglio che torniate alle vostre mansioni e che mandiate un avanguardia a proteggere i confini ad est. Sono stata chiara?”

Anche loro annuirono, ripetendo gli stessi gesti di rispetto e sottomissione, per poi sparire veloci come la loro precedente sorella nel fulcro della foresta, chi correndo, chi saltando fra gli alberi, chi seguendo semplicemente il percorso già seguito da Dalia.

In breve, rimasero solamente i membri della Compagnia e Romilda, che si stava asciugando con il dorso delle mani le ultime lacrime.

Vanesia sospirò e la posa rigida delle spalle si addolcì, per poi massaggiarsi la fronte con aria stanca, ad occhi chiusi, il volto parzialmente tranquillo.

Ignorando tutti loro, si voltò verso Romilda, che la guardò cercando di sorridere, ma il risultato fu una smorfia di dolore che quelle parole le aveva causato.

Vanesia le sorrise con una dolcezza che Frodo non credeva potesse avere, vista l’autorità fredda e decisa con cui aveva gestito la faccenda e dato ordini precisi alle sue sorelle.

Strappandosi un lembo del vestito, scoprendo sulla spalla una profonda cicatrice bianca a forma di stella, come una bruciatura, glielo porse a Romilda, che accettò ubbidiente.

“ Tieni. Asciugati le lacrime. Non servono, davvero. E non dovresti nemmeno soffrire per ciò che ti ha detto Oleandro, soprattutto perché non corrisponde alla verità.”

Romilda rimase sbalordita dalle sue parole, ma accettò le sue carezze sulle guance, mentre le sue dita, chiare in confronto alla sua pelle, andavano ad asciugare altre lacrime che cercavano insistenti di deturpare il suo volto fiero. Ma Romilda si sciolse grazie alla tenerezza che Vanesia le dimostrava, abbracciandola con trasporto e singhiozzando affranta, mentre lei le accarezzava i capelli gentile.

“ Ssssth…coraggio non piangere. Tu sarai sempre la benvenuta a Marzia, anche se un giorno decidessi di abbandonare queste terre. Oltre ad essere un’amazzone, sei pur sempre una mia amica, ricordalo.”

Romilda annuì tra i singhiozzi, mentre le sue spalle sussultavano ad ogni singulto, stringendola forte. Vanesia ricambiò l’abbraccio, finché non fu Romilda stessa a scioglierlo e a ridere di una ritrovata allegria, facendo sorridere sincera Vanesia.

“ Brava, così va bene.”

“ Mi dispiace per il vestito.”

Disse Romilda, schiarendosi la voce divenuta roca per il pianto. Vanesia scrollò le spalle reclinando il capo da un lato dolcemente.

“ Non importa. Non era uno dei miei preferiti.”

Romilda rise ancora, tendendo la mano per restituirle il lembo del vestito, ormai fradicio.

“ No. Tienilo tu, nel caso ti servisse ancora.”

Le disse, ammiccando serena.

Romilda sorrise annuendo e se lo fissò al braccio con un nodo stretto, riconoscente.

Intanto, Vanesia rivolse il suo sguardo ai presenti, che ancora la guardavano sia ammirati che sconvolti. Fu Will a fare un passo per primo, inginocchiandosi alla sua presenza, sotto lo sguardo sorpreso di Romilda e quello imperturbabile di Vanesia.

“ Le sono grato, mia regina, per aver difeso Romilda. Se non sareste intervenuta voi, non so cosa avrei fatto a quella…”

Terminò con rabbia, stringendo i pugni e tremando leggermente. Non lo avevano mai visto così adirato, forse solo nell’occasione in cui Luthien era stata colpita da Venia.

“ L’ho fatto perché mi sentivo di farlo. Non accettò rivalità né che ci siano ostilità fra le mie sorelle. È una cosa che non accettò e non tollero. Comunque, ti ringrazio per la tua solidarietà William Brown, cavaliere di Amlach.”

Will alzò lo sguardo sorridendo ammaliante, per poi essere ricambiato da uno a fior di labbra della regina.

“ Puoi anche alzarti. Non ce ne è alcun bisogno.”

Will la prese in parola, alzandosi e avvicinandosi a Romilda, abbracciandola nonostante le sue proteste, che presto svanirono sotto il suo tocco caldo, ricambiandolo con un sorriso. Vanesia alzò un sopracciglio dorato, sorridendo per poi puntare lo sguardo verso Gandalf, poi Aragorn, che come prima non si sottrasse al suo sguardo indagatore. Eppure fu Legolas a rompere il silenzio.

“ Voi siete una mezz’elfo, non è vero?”

Tutti lo guardarono stupiti, per poi vedere la reazione di Vanesia che non tardò ad arrivare.

“ Si, ho fatto parte dei Dunèdain, un tempo. Conosco quasi tutti voi, di fama, per così dire. Specialmente voi, Sire Aragorn, re di Gondor, colui che Venia vuole uccidere.”

I suoi occhi verde-giada si mescolarono nelle iridi cristalline di Frodo.

“ Oltre al portatore della Gemma del Destino, Frodo Baggins.”

“ Le voci girano in fretta.”

Mugugnò Gimli.

“ Più in fretta di quanto crediate, mastro nano. Non per nulla, le mie orecchie sono più fini delle vostre.”

Gli sorrise, facendo sorridere anche gli altri per la sua battuta.

“ Venite con me. Abbiamo molto di cui discutere.”

“ Del tipo?”

Chiese Pipino, cercando di non apparire nervoso da quella donna dal carattere volubile più di Romilda, senza contare che aveva anche autorità.

“ Tipo la nostra alleanza per combattere insieme Venia, Pellegrino Tuch.”

Gli disse, senza voltarsi a guardarlo, mentre li guidava nel fitto della vegetazione.

“ Conosce il mio nome!”

Esclamò Pipino, sbigottito. Gandalf gli sorrise, indicando il suo orecchio destro.

“ Udito fine, ricordi?”

Pipino annuì deciso, insieme a un Merry attento, seguendolo con dietro Frodo e Sam che si sorrisero divertiti.

 

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Salve!!! Scusate il ritardo, ma era un capitolo clù!!! Manca poco alla guerra decisiva!!! Chissà cosa decideranno di fare i nostri protagonisti, per sconfiggere e salvare, allo stesso tempo, la Signora delle Tenebre??? Lo saprete solo nei prossimi cap!!! Ora passiamo alle risposte alle recensioni di…

LadyElizabeth: Ciao carissima!!! Grazie per le tue immancabili recensioni!!! Hai visto?? Vanesia è una tipa tosta, ma spiacente, non è attratta da nessuno!!! Dopotutto, è un’amazzone fiera e determinata!!! Spero ti sia piaciuto anche questo cap, come il precedente!!! A presto e baci baci da Fuffy91!!! ^__^

Stellysisley: Ciao, ben tornata e ritrovata!!! Mi ha fatto piacere risentirti e leggere le tue recensioni! Spero ti diverterai alla tua prossima vacanza e che il mio nuovo cap ti sia piaciuto tanto!!! Baci baci e alla prossima Fuffy91!!!^__^

E adesso, un bacione speciale anche a tutti voi che leggete ma che mi fate comunque tanto contenta!!! A prestissimo, bacioni sbaciucchiosi Fuffy91!! ^______________________^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

Il cuore di Marzia era uno spiazzo verdeggiante, circolare ed immenso, contornato da alberi alti e maestosi, di tutte le specie. La vasta pianura era occupata dal villaggio delle amazzoni, costituite da tende color beige, case di legno massiccio, fuochi sparsi qua e là, stalle con cavalli dalle chiome selvagge e scalpitati, donne che si allenavano e tendevano frecce per colpire bersagli lontani, parlando in una lingua sconosciuta, né dolce come quella degli elfi né aspra come quella dei nani, più dura e modulata.

Al loro passaggio, li guardavano incuriosite o contrariate, per poi salutare, con il caratteristico gesto delle mani, la loro regina per poi ritornare alle loro mansioni. In alcune, Frodo riconobbe i volti già visti nel fulcro della foresta, e si sorprese vedendo un gruppetto di loro sorridere a Will, che le mandò un bacio ammiccando. Loro risero, per poi continuare ad allenarsi. Scosse la testa sorridendo. Quel ragazzo non si smentiva mai.

All’improvviso, vide l’amazzone di nome Daila correre per fare rapporto alla sua regina.

“ Mia regina, ho fatto come mi avete chiesto.”

“ Bene. Oleandro si è ripresa?”

Lei scosse la testa.

“ No, non ancora, mia signora. Ma ho riferito le vostre parole a Meiscia.”

“ Molto bene. Grazie, Daila. Ora raggiungi le altre d’avanguardia, e dì loro di tenere d’occhio soprattutto i confini a nord.”

Daila annuì, inclinò il capo ed alzò le mani in segno di rispetto per poi correre nuovamente verso il folto degli alberi.

“ Oleandro è ancora incosciente.”

Disse Romilda al suo fianco, con un’aria, nonostante tutto, preoccupata per la sua sorte. Ma Vanesia sorrise.

“ Oh, si riprenderà. Ha subito di peggio.”

“ è incredibile che, in una foresta così florida e fitta, ci sia una pianura inalterata e così vasta.”

“ Le leggende dicono che gli dei della montagna, per elogiare le antiche amazzoni, decisero di donare loro un posto sicuro nella foresta, dove poter vivere e preservare la loro razza.”

Spiegò Romilda ad un incuriosito Gimli, che annuì. Ma Vanesia rise.

“ Sono solo favole. In realtà è quella montagna che oscura il sole ad impedire la crescita di alberi. I suoi raggi non riescono a garantire lo sviluppo delle piante e il fiume scosse lontano, verso nord-est. È una catena di eventi. Gli dei non hanno alcun merito.”

Disse pacata e le parole di Romilda, sul suo conto, confermarono la loro veridicità. Vanesia non credeva alle leggende popolari della sua gente. Frodo si chiese, allora, in cosa, una donna fiera come lei, avesse fede. Aragorn contava sulla speranza. E lei, su quale ideale? Le sue congetture vennero frenate dalla stessa Vanesia, che si arrestò davanti ad una tenda molto più grande e sicuramente più confortevole.

“ Siamo arrivati. Venite, entrate.”

Poi si voltò verso un trio delle sue sorelle, che guardarono con interesse Taras, Legolas ed Aragorn, sfiorando ogni tanto un loro braccio o una spalla, con le dita sottili ma con unghie come artigli.

Vanesia afferrò il braccio di quella al centro, la cui mano aveva concesso una carezza fin troppo audace sul petto coperto di Taras, sibilando qualcosa nella stessa lingua sconosciuta, ma che non lasciava mistero sul suo tono contrariato ed adirato. Le tre amazzoni indietreggiarono pallide, per poi colorarsi di rossore sulle guance e sul collo, e sparire rapide verso un gruppo di donne lontano. L’ultima della fila osservò ancora una volta Legolas, con un’espressione molto simile al rimpianto.

Vanesia scosse la testa, sospirando.

“ Non si accontentano mai.”

Mormorò fra sé, per poi varcare le soglie della tenda, dove Gandalf si era già accomodato sui cucini e le pelli morbide e calde. Al centro, un focolare e più lontano, un’amaca dondolante. Appena la vide, le sorrise prontamente ricambiato.

“ Molto bello qui. Caldo, confortevole…”

Mormorò gentile, guardandosi intorno, come un bambino curioso. Vanesia si sedette davanti a lui, sorridendo ancora, seguita dagli altri. Will si mise accanto a Romilda, cingendole una spalla con un bracco che lei scrollò, irritata. Ma lui sorrise e guardò Vanesia, che ricambiò il suo sorriso luminoso. Fu Merry, inaspettatamente, a rompere il silenzio nella tenda, rivolgendosi direttamente a Vanesia:

“ Cosa volevano quelle donne?”

Vanesia lo osservò imperturbabile e con sguardo duro, e per un attimo Frodo vide Merry titubare, chiedendosi, ne era sicuro, visto che la sua espressione non trapelava alcun dubbio, se l’avesse offesa in qualche modo. Ma ogni dubbio ed incertezza si dissolse, quando la regina delle amazzoni si scostò una ciocca di capelli biondo-dorato dal viso, sbuffando quasi adirata.

“ Nulla. Credevano solamente che i vostri attraenti amici fossero dei prigionieri. Desideravano farne, per ciascuna di loro, uno schiavo.”

I tre interessati si guardarono eloquenti. Ma poi Will ruppe la tensione, chiedendole con un sorriso sardonico:

“ E tu cosa le hai detto?”

Vanesia, inaspettatamente, sorrise maliziosa, aggiungendo fascino alla sua bellezza già oltremodo dimostrata.

“ Che erano di mia proprietà.”

Rispose lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Will fischiò esplicito e Romilda rise. Taras la osservò stupito, Legolas abbassò lo sguardo limpido, mordendosi il labbro inferiore, forse a trattenere un sorriso, che comparve a mezzo tono sul volto di Aragorn, per nulla offeso all’idea.

Vanesia si riscosse, guardando direttamente quest’ultimo, seria:

“ Ovviamente, ciò non corrisponde al vero. Era sola una precauzione che, prima o poi, avrei dovuto prendere. Solo così, sarete tutelati dalle insistenze delle mie sorelle. Mi scuso se vi ho offeso.”

Aragorn reclinò il capo, accondiscendente. Vanesia rispose con un sorriso a fior di labbra. Poi, eclissò elegantemente l’argomento, ritornando al punto pratico e che più premeva della questione che li aveva condotti al suo cospetto.

“ Immagino vogliate discutere della nostra prossima alleanza.”

Aragorn annuì.

“ Si. In verità, vorremmo chiederle di unirsi a noi per combattere Venia definitivamente.”

“ Noi amazzoni sono anni che combattiamo la Signora delle Tenebre, e non abbiamo avuto mai bisogno d’aiuto.”

Disse lei calma, nessuna forma di risentimento nella voce modulata.

“ Ma questa volta, le nostre intenzioni non si limitano solamente a sconfiggere una sommossa di orchi.”

Ribatté lui, tranquillo e pacato come lei prima.

Si osservarono per un po’, finché il silenzio non venne rotto dall’entrata discreta di una vecchietta dai capelli neri striati di grigio, raccolti in due morbide trecce. In gioventù, doveva esser stata molto bella, vista la luminosità e le rughe solamente accennate sul suo viso abbronzato. Gli occhi a mandorla e luccicanti di azzurro trasmettevano gentilezza e bontà. Indossava una lunga veste rossa e con un sorriso dolce, iniziò a canticchiare una melodia sconosciuta, avanzando decisa verso un cumulo di coperte, sedendosi poco lontano da Frodo, che la osservava incuriosito, eppure non poté fare a meno di ricambiare il suo sorriso quando dolcemente si formò sulle sue labbra piene.

“ Ciao, Meiscia. Come stai?”

Le chiese Will, sorridendole accattivante. Lei sghignazzò e continuò a canticchiare distratta, afferrando un vestito e cominciando a ricamare.

Vanesia le concesse un debole sguardo, per poi ricominciare il discorso di poco prima, con Aragorn, che tornò ad osservarla solo quando sentì la sua voce.

“ Comprendo le vostre intenzioni, come le ragioni che vi hanno condotto qui, a Marzia, da me.”

Si fissarono nuovamente. Poi Vanesia, sospirando e passandosi una mano tra i larghi ricci biondi, disse:

“ Va bene, mi unirò a voi. Ma non vi garantisco la vittoria.”

“ Perché? Con voi amazzoni saremo in tanti a fronteggiare Venia. Non credo avrà scampo.”

Disse Will, sorridendo.

“ Purtroppo non è così, giovane Brown. E questo, la regina lo sa.”

Disse Gandalf, portando lo sguardo azzurro su quello traboccante di giada di Vanesia.

“ Le amazzoni sono in tante. Ma non bastano a fronteggiare gli eserciti di Venia, nemmeno se unite alle truppe di Murnirm, Ruer ed Holmes.”

Disse Taras, con sguardo lontano.

“ Abbiamo subito troppe perdite nell’ultima battaglia, senza contare i feriti.”

Mormorò fra sé Legolas, osservando assente il suo arco. Non era difficile immaginare a chi stesse pensando, affermando quelle parole.

“ Allora è finita?”

Domandò retorico Merry.

“ Non possiamo arrenderci così. Ci deve pur essere un modo.”

Costatò animato Sam, mentre Frodo lo guardava pessimista.

“ Un modo ci sarebbe.”

Disse una voce dolce ed antica, proveniente dai meandri della tenda, da una vecchietta ancora intenta a cucire, sorridendo fra sé.

Vanesia sbuffò, irritata.

“ Sai che dovrai farlo. Anche lui lo sa.”

Le disse dolce, indicando Gandalf che in effetti, sembrava troppo sicuro di sé ed attento ad osservare ogni minima mutazione nell’espressione di Vanesia che lo ricambiò accigliata.

“ Non lo farò mai. Non mi abbasserò a un tale livello di sottomissione.”

Borbottò ancora la regina, alzandosi e camminando nervosa, seguendo un percorso immaginario.

“ Non sarebbe sottomissione, la tua.”

“ Si, infatti sarebbe ancora peggio. Un atto del genere potrebbe portare alla nostra rovina. Lo sai che ne approfitterà, in futuro.”

Continuò, ignorandoli ed ingaggiando un lotta fra sé stessa e la calma e sorridente Meiscia.

“ Non ci sarà alcun futuro se non metterai da parte il tuo fiero orgoglio, bambina.”

A quelle parole, Vanesia arrestò il suo passo e la guardò tra lo sbigottimento e l’irritazione. Non passò molto che quest’ultima prendesse il posto del primo.

“ Il mio orgoglio l’ho messo da parte molto tempo fa, Meiscia. E questo lo sai. Perché ora me lo rinfacci?”

Le sibilò contro. Ma Meiscia non si scompose e continuò a filare.

“ Oh, questo è quello che credi. Ma in realtà, non ti è difficile, talvolta, confondere la tua fierezza con l’orgoglio.”

Frodo ebbe quasi l’impressione che volesse scagliarsi contro di lei, tanto che vide Romilda trasalire. Ma tutto sfumò, quando vide Vanesia sorridere amara e sedersi accanto a Meiscia.

“ In questo non sono diversa da Oleandro, vero?”

Meiscia non rispose, ma Vanesia risolse da sola il suo dilemma.

“ Già, è così. Forse è per questo che mi irrita tanto. Ricorda la me stessa del passato, che talvolta riaffiora, prepotentemente.”

Mormorò assorta, osservando le fiamme danzare nel braciere.

“ Non mi resta che chiedere aiuto a Yoria.”

Meiscia le sorrise e le accarezzò i capelli dorati.

“ Brava bambina.”

Le accarezzò la guancia dolce. Lei si distaccò dolcemente con un sorriso e disse a tutti loro.

“ Molto bene. Abbiamo molte cose da fare. Seguitemi.”

Gandalf fu il primo ad alzarsi, affiancandola e picchiettando, al suo passaggio, la spalla di Aragorn che subito lo seguì, e dietro di lui Taras, Will, che trascinò Romilda con una mano, quasi distrattamente e Frodo che, prima che sparisse definitivamente dietro lo fenditura luminosa della tenda, preceduta da Legolas, vide le sue guance diventare più scure a quel semplice contatto. Ma quando uscì alla luce calda del sole, li vide già distaccati, ma Will ancora sorridente.

“ Secondo voi cosa vuole fare?”

Gli chiese Sam, bisbigliando quelle parole all’orecchio.

“ Non lo so. Ma mi fido di lei.”

“ Io no, invece. È troppo misteriosa.”

Commentò Merry, arricciando le sopracciglia, sospettoso.

“ A me invece è simpatica.”

Disse Pipino, sorridendo e sgranocchiando un cosciotto di pollo.

Merry si riscosse dai suoi pensieri dubbiosi, guardandolo sconcertato.

“ Dove l’hai preso?”

Gli domandò, indicando il cosciotto. Pipino lo sollevò, guardandolo innocente.

“ Questo? Me lo ha dato Meiscia.”

Disse, indicando dietro di sé. Frodo si voltò, osservando la vecchietta gentile salutarli con un sorriso molto dolce.

“ è stata molto gentile, vero?”

“ Si, molto gentile.”

Ripeté Frodo, girandosi a guardarla di nuovo, ma si sorprese nel non vederla più e l’apertura soffice della tenda della regina svolazzare a causa del vento, come i ricci ribelli dei suoi capelli color pece, sulla fronte pallida. Sam lo riscosse, scuotendolo per una spalla, ma il suo tocco gentile agì in lui come una rovinosa frana.

“ Padron Frodo. State bene?”

Gli chiese, scrutandolo preoccupato. Non si era accorto di essersi fermato, rimanendo indietro dal resto del gruppo.

“ Si.”

Gli rispose semplicemente, sorridendo.

“ Venite, allora.”

Lui annuì, seguendolo. Si volse ancora, come attratto da una forza misteriosa che lo tentava. Forse le iridi scure di quella antica strega amazzone? Non sapeva dirlo. Ma la Gemma brillò sulla sua pelle, facendo luccicare anche la sua camicia immacolata, e questo bastò per rifuggire da qualsiasi tentazione. Nascose la Gemma nel suo pugno, cercando di ignorare il calore avvolgente che lo pervase a quel contatto, finché non la sentì appassire, forse anche lei demoralizzata dal suo poco interesse, ma non per questo priva di speranza, come dimostrava il bagliore sottile che brillò all’interno delle sue pareti di cristallo e diamante, come un piccolo cuore pulsante, ma il cui battito era troppo debole affinché Frodo potesse percepirlo.

“ Dimmi che non vuoi farlo!”

Frodo sobbalzò a quella voce intrisa di rabbia, proveniente dall’amazzone Oleandro, che affiancò Vanesia, ignorando Gandalf ed Aragorn al suo fianco, rivolgendo a quest’ultimo uno sguardo truce, come se fosse colpa sua se la sua regina la stesse deliberatamente ignorando.

“ Dimmi che non vuoi andare a scongiurare quei vermi! Dimmelo!”

Le urlò. Vanesia osservò per un momento il suo sguardo di rimprovero, unito al disgusto, poi la sorpassò e si rivolse a Romilda.

“ Per favore, Romilda. Raggiungi Daila e le altre ai nostri confini e di loro di anticiparci alla Linea di Confine.”

Oleandro ringhiò indispettita, ma poi si riscosse a quelle parole e la raggiunse con tre balzi, guardandola come se non l’avesse mai vista prima.

“ E, se non è troppo disturbo, potresti recapitare un messaggio al capo degli Yoria?”

Romilda sbarrò gli occhi scuri per un attimo, come Oleandro, ma poi scosse la testa e annuì convinta.

“ Si, certo. Cosa…cosa devo dirgli?”

“ Tu sei pazza! Avanti! Dillo che sei pazza!”

Esclamò rabbiosa Oleandro, ma Vanesia la ignorò ancora.

“ Digli che è giunta l’ora di saldare quel vecchio conto in sospeso.”

Disse, ammiccando e con quel sorriso malizioso e contagioso che le donava tanto.

“ Lui capirà.”

Romilda annuì, sorridendo. Poi, con il solito e ormai comune gesto di saluto, corse alle scuderie.

“ Ah, Romilda.”

Quest’ultima si voltò interrogativa.

“ Prendi il mio cavallo. È il più veloce.”

Romilda annuì, per poi sparire fra le sue compagne.

“ Così gli farò venire un bello spavento. Che sia la volta buona che crepa, quel bastardo.”

Aggiunse quasi fra sé, facendo sorridere divertito Gandalf.

“ Hai chiesto scusa a Romilda?”

Chiese subito dopo ad Oleandro, che la trucidò con lo sguardo.

“ No, e non lo farò.”

Le urlò, risentita. Vanesia scrollò le spalle.

“ Come vuoi. Allora, non ti parlerò.”

Disse semplicemente, e Frodo notò un lampo di dispiacere negli occhi scuri della giovane amazzone che la osservò andare via, correndo rabbiosa e ringhiando verso le scuderie. Vanesia sorrise fra sé, poi si rivolse a Gandalf.

“ Verrete anche voi, alla Linea di Confine. Non intendo coinvolgervi completamente, ma solo che assistiate e che…siate presenti.”

Will annuì, sorridendole sornione.

“ Non vi deluderemo, mia signora.”

E, molto galantemente, le prese gentilmente la mano e fece per baciarla, ma lei lo discostò, il viso distorto in una smorfia irritata.

“ Odio queste galanterie.”

Mormorò quasi fra sé, guadandolo male e sorpassandolo, i capelli smossi dal vento.

Gandalf lo ammonì con gli occhi.

“ Che ho fatto?”

Taras scosse la testa, trascinandolo verso le scuderie, dove i loro cavalli nitrivano tranquilli, tranne Ombro Manto, seduto tra una coltre di soffice fieno. Appena vide il suo mago padrone, trotterellò verso di lui, che lo cavalcò con destrezza.

“ Sarà meglio che voi, hobbit, rimaniate qui.”

Disse, una volta uscito dalla stalla.

Pipino spalancò la bocca, Merry si crucciò e Sam abbagliò risentito.

“ Per quale motivo? Siamo giunti fin qui…”

“ è proprio per questo, Sam, che sarebbe più opportuno la vostra presenza a Marzia.”

Lo interruppe Aragorn, trascinando Frodo sulla sella del suo fedele destriero, che nitrì sommessamente. Frodo li guardò confusi.

“ Se le cose non andassero per il verso giusto, la tribù degli Yoria ci attaccherà come uno sciame di api infastidito e…immagino non abbiate mai visto un attacco degli Yoria, prima d’ora?”

Chiese retorica e quasi ironica Vanesia, affiancando il suo cavallo a quello di Aragorn, che nitrì infastidito dalla fermata violenta dello stallone color grigio perla, la cui criniera bianca era lasciata libera e selvaggia, a ricoprirgli gli occhi buoni e profondi.

“ Non posso contraddirvi.”

Disse Pipino, amareggiato. Vanesia gli sorrise maliziosa.

“ Ed è meglio che non lo vediate di persona. È troppo pericoloso per degli hobbit, seppur coraggiosi, della Contea.”

“ Allora, se è così, perché portate Frodo, con voi?”

Chiese Merry, con nessuna inflessione nella voce, ma osservando preoccupato l’amico, che ricambiò lo sguardo, ancora smarrito.

“ Lui è il portatore delle Gemma. Dovrà affiancarmi nell’impresa, quando dialogherò con Yoria, per convincerlo all’alleanza.”

“ Praticamente lo userete!”

Esclamò Sam.

“ E tanti saluti alla cortesia delle amazzoni.”

Borbottò, arrabbiato. Aragorn lo rimproverò, ma lui non ci badò e sostenne lo sguardo di fuoco di Vanesia, finché quest’ultima non alzò una gamba, trascinandolo, con l’ausilio di un piede, incastrato nella sua cintura, alla sua altezza, per poi prenderlo per il bavero della camicia e puntandogli un coltello lavorato in argento alla gola. Sam deglutì nervoso, con gli occhi sbarrati.

“ No, per favore!”

Urlò Frodo, sbilanciandosi e smontando da cavallo, sotto lo sguardo attento di Aragorn.

“ Ho ucciso per molto meno, Samvige Gaingie.”

Sam non rispose, ma cercò di sostenere i suoi occhi di giada, ora congelati da un gelo d’ira.

“ E tu, di certo, non farai eccezione.”

Sam chiuse gli occhi, sentendo la lama fredda del pugnale farsi più vicina al suo collo.

“ No, vi prego, lasciatelo andare.”

La implorò, Frodo.

“ Lui si preoccupa solo per me. Non aveva intenzione di offendervi.”

“ Ha ragione.”

Dissero in coro Pipino e Merry, trepidanti.

Vanesia guardò sia loro che Frodo, osservando a lungo la sua espressione.

Poi, sempre imperturbabile, lasciò la presa su Sam, allontanandogli il coltello dalla vena arteriosa pulsante, con un gesto secco e veloce.

L’hobbit cadde sul terreno erboso con un singulto, e subito i suoi amici lo aiutarono ad alzarsi.

“ Stai bene, Sam?”

Gli chiese Frodo, trattenendolo saldo con un braccio.

“ Si, si sto bene. Grazie, padron Frodo.”

Mormorò schiarendosi la voce, ancora turbato, massaggiandosi il collo e aggiustandosi la camicia stropicciata.

“ Ringrazia il tuo generoso amico, hobbit. E non osare mai più offendere me e le mie sorelle, altrimenti sarò felice di toglierti io stessa la vita.”

Disse dura e fredda Vanesia, poi si rivolse con la stessa pacata freddezza alla Compagnia. Oleandro, unitasi silenziosamente al gruppo, la osservò ammirata.

“ Se avete ancora intenzione di accompagnarmi, farete meglio a tenere il mio passo. Non ho tempo per i salvataggi.”

Terminò glaciale, per poi urlare qualcosa al suo cavallo in quella loro lingua sconosciuta. Fatto sta, che quest’ultimo impennò quasi entusiasta, cavalcò veloce come un fulmine, nei meandri della foresta.

“ Vieni, Frodo.”

Disse Aragorn, tendendogli una mano che lui afferrò.

“ Non temere, Sam. Non gli capiterà nulla.”

Sam annuì alle parole di Aragorn, che ricambiò il suo sorriso titubante.

“ Reggiti, ora.”

Frodo, dietro di lui, rivolse uno sguardo che sperò pacato e rassicurante ai suoi compagni, che lo salutarono con un saluto lieve e un sorriso amaro. Solo quello caramellato di Sam, sembrava spento e fu solo questo a rattristarlo.

Ben presto, arrivarono nei pressi della Linea di Confine, una striscia di terra larga circa quindici metri, dove si sorprese a vedere una fila di uomini dal torso nudo e le gambe lunghe e forti fasciate di pelle animale. Come le amazzoni, erano tutti differenti, anche se la pelle bronzea per il sole li acuminava. Si sorprese di vederli ostili, gli sguardi accesi di irritazione, nello scrutare la venuta della regina delle loro nemiche, la calma pacata di sempre aveva sciolto i suoi tratti tirati per la furia di poco prima con il malcapitato Sam e ora, mentre smontava da cavallo, sorrideva alle sue sorelle, che urlarono il suo nome e quello che doveva essere un saluto.

Legolas, Taras e Will furono gli ultimi a sopraggiungere, mentre Frodo, Gandalf ed Aragorn erano già smontati da cavallo, pronti per la nuova fase del loro viaggio.

“ Sono quelli gli Yoria?”

Chiese Frodo, scrutandolo tra la curiosità e il timore.

“ Si. Amichevoli, vero?”

Disse Gandalf, sorridendogli ironico. Frodo non lo ricambiò, troppo teso dalla prospettiva di dover avvicinarsi troppo alla loro persona. Visti così, sembravano irriducibili armi umane, adibite solo al combattimento. Ora capiva la titubanza di Vanesia a non coinvolgere anche Sam e gli altri.

Romilda corse da Will, mentre quest’ultimo smontava da cavallo.

“ Come mai ci avete messo così tanto?”

“ La tua regina ha avuto uno scoppio d’ira, che si è ritorta contro il povero Sam.”

Romilda impallidì, visto che il color cioccolato della sua pelle, divenne meno palese.

“ E…come sta?”

“ Oh, se la caverà. Nulla di rotto, almeno.”

Romilda sospirò, ricambiando il suo sorriso ammaliante. Poi, il suo sguardo venne catturato dalla figura di Oleandro, che, scesa dal suo cavallo, che nitrì dolcemente, dopo aver lanciato un’occhiata di fuoco ai suoi avversari, che emisero dei versi rabbiosi e stizziti, scrutandola accigliati, si accostò a lei, a braccia incrociate ed il volto tirato.

Romilda distolse anch’essa lo sguardo, concentrandosi sulla sua regina, che stava discorrendo circospetta con Daila e le altre sue sorelle.

“ Scusa, per prima. Credo di aver esagerato.”

La sentì dire, tra la riluttanza e la liberazione, sempre rigida al suo posto.

Romilda si stupì delle sue parole che, nonostante fossero dettate dal risentimento, in fondo, sembravano sincere.

“ Va bene. Accetto le tue scuse.”

Le disse, voltandosi con un lieve sorriso, tendendole la mano, in segno di amicizia. Ma, nonostante le sue più rosee aspettative, la sua rivale di sempre, la sorpassò, congedandosi solo con un rapido cenno del capo e un mugolio sbrigativo di assenso, per poi volare al fianco di Vanesia, sentendola esclamare, mentre la guardandola sbigottiva:

“ Ho chiesto scusa! Ora, mi vuoi ascoltare, considerare tutto questo una follia e ritornarcene tutte a Marzia?”

Vanesia, ignorandola, si accostò al fianco di Romilda, chiedendole pacata e scettica:

“ E’ vero? Ti ha chiesto, davvero, di perdonarla?”

Romilda, con un sospiro, confermò, portando gli occhi al cielo.

“ Si, ma non certo in modo cordiale e che si potesse definire, davvero, sentito.”

Vanesia rise sommessamente, divertita.

“ Be’, almeno stiamo migliorando.”

“ La facciamo finita, o no?”

Le chiese, ancora irritata, Oleandro, gli occhi fiammeggianti più dei suoi capelli rossi.

Vanesia la soppesò con lo sguardo, per poi scrutare gli Yoria, impazienti.

“ No, dobbiamo cercare una loro alleanza. Non abbiamo scelta.”

Le rispose, inflessibile, sostenendo gli sguardi inferociti dei suoi nemici.

“ Ma hai perso il senno? Ci trascinerai nel fango, se ti abbassi a un tale livello.”

Sibilò Oleandro, accigliata e tesa, per quella situazione, per lei assurda.

“ E’ la scelta più saggia, invece.”

Disse Gandalf, con la sua voce imperiosa, affiancando la regina delle amazzoni, seguito da Aragorn.

Ole li trucidò entrambi con gli occhi, stringendo le labbra, risentita ce Vanesia desse più ascolto a degli stranieri, che a lei, una sua sorella.

“ Divisi sareste entrambi deboli, ma uniti, costituirete un’arma vincente.”

Le spiegò Taras, stringendo le mani intrecciate, per dare un giusto significato alle sue parole. Sia  Vanesia che Romilda annuirono, seguite da uno sbuffo infastidito di Ole.

“ Oh, fate come volete. Ma alla fine dei conti, scoppierà sicuramente una guerra, ne sono certa, e allora, non venite a piangere da me.”

Intimò, rivolta alle sue sorelle, allontanandosi di gran passo dal gruppo, per fermarsi, a braccia incrociate e sguardo truce, all’ombra di una quercia.

“ Però, pessimista.”

Ruppe il silenzio William, inclinandolo con la sua allegria ed il suo ottimismo.

“ Non è, comunque, una possibilità da escludere, ciò che ha detto.”

Disse Aragorn, incrociando lo sguardo di Vanesia, che annuì.

“ Si, ma farò del tutto per evitarla.”

Aggiunse, subito dopo, osservando la barriera umana degli Yoria, che ora, si voltarono, distolti dall’arrivo di qualcuno.

“ E come?”

Non poté impedirsi, di chiedere, Frodo, osservandola incredulo.

Vanesia gli sorrise maliziosa, puntando il suo sguardo luccicante di giada, verso un punto definito dei suoi avversari.

“ Lo vedrai, hobbit, lo vedrai.”

Sussurrò misteriosa, costringendolo a puntare i suoi occhi azzurri, verso gli Yoria e quello che vide, lo fece sussultare nel profondo.

La muraglia umana e possente degli Yoria, si era aperta, per lasciare intravedere quello che, sicuramente, dato l’aspetto, non poteva essere che il loro capo. Alto, dai muscoli possenti delle braccia e del petto ampio, lasciato scoperto, come quello dei suoi seguaci; capelli color carbone, lunghi e raccolti in una coda, che gli ricadevano, in una sottile cascata, sulla spalla destra; gambe possenti ed atletiche, fasciate da un pantalone aderente, in pelle di cervo, marrone chiaro; piedi nudi ed occhi castani che, sembravano emanare scintille, sul volto fiero del combattente.

Mentre un suo compagno, gli bisbigliava all’orecchio, evidentemente, ciò che era accaduto in quegli attimi, il suo sguardo non distoglieva quello di Vanesia, che, portando una mano sulla spalla di Frodo, cominciò ad avanzare, intimandogli dolcemente, a bassa voce, e con tono rassicurante:

“ Non preoccuparti. Lascia parlare me, ed andrà tutto bene.”

Frodo annuì, deglutendo nervoso.

Ad un suo movimento, le amazzoni si tesero rigide e gli Yoria, di rimando, si agitarono, emettendo versi risentiti e rabbiosi, come cani rimasti legati troppo tempo ad un palo.

Ma, inaspettatamente, con un gesto della mano destra, il loro capo li ammutolì, continuando ad osservarla insistentemente, risentiti.

Solo quando Vanesia e Frodo, si fermarono a metà della Linea di Confine, il re degli Yoria, avanzò, affiancato dallo stesso uomo che aveva parlato, precedentemente, con lui.

Vanesia attese paziente che li raggiungessero, mentre Frodo, a mano a mano che si avvicinavano, notò una grande cicatrice affiorare, insistente alla sua vista, sull’ampio petto del capo degli Yoria che, non appena arrestò il suo passo, a circa un metro di distanza da Vanesia, lo scrutò, più curioso che risentito della sua presenza.

“ Vanesia.”

Pronunciò il suo nome, con voce roca e sommessa.

La regina della amazzoni lo scrutò a lungo, prima di rispondere al suo appello.

“ Yoria.”

Frodo capì subito che il nome del capo, ero lo stesso che distingueva la sua razza da quella delle amazzoni.

“ Mi hai inviato una messaggera, richiedendo la mia presenza e quella dei miei fratelli qui, alla Linea di Confine.”

Vanesia annuì.

“ Si, esatto.”

Lui arcuò un sottile sopracciglio color carbone, come i suoi capelli, stringendo le labbra carnose e dalla linea virile, senza capire.

“ Perché? Non è da te.”

Dal modo in cui pronunciò quella frase, Frodo capì immediatamente che, in fondo, non erano poi così diversi i due sovrani, sia nell’espressione fiera e determinata, dipinta sui loro volti, e sia per l’atteggiamento colloquiale e pacato, che li acuminava.

“ Venia è in azione. Ha già attaccato i regni al di là di Marzia e Zootek. Non mancherà molto, che il suo sguardo si poserà sulle nostre terre.”

“ E con questo? Abbiamo già affrontato i suoi eserciti.”

Disse, sorridendo sfrontato e derisorio il giovane Yoria, accanto al suo capo e il suo atteggiamento, ricordò molto, a Frodo, quello dell’eterna indignata Oleandro. E come lei, Vanesia ignorò il suo intervento, rivolgendosi esclusivamente a Yoria.

“ Erano solo contingenti. Un’intera milizia, ci spazzerebbe via in un attimo.”

Yoria non rispose subito, e sembrava che stesse soppesando le sue parole, finché non ruppe egli stesso, l’attimo di glaciale silenzio.

“ Quindi, tu proporresti un’alleanza.”

Non era una domanda, e l’implicita e silenziosa conferma di Vanesia, fece scoppiare in grosse risate il giovane combattente, rivolgendosi ai suoi compagni, urlando parole incomprensibili, in una nuova  lingua sconosciuta, che doveva essere quella locale del loro popolo, e al suo riso, si aggiunse quello di tutti i suoi compagni.

L’unico a non unirsi al loro divertimento collettivo, fu Yoria, che non distolse per un solo attimo, lo sguardo serio da quello di giada della regina.

“ Lo sai che è l’unica soluzione. Venia è troppo potente e le sue risorse infinite. Dobbiamo unirci agli eserciti di Ruer, Holmes e Murnirm, se vogliamo sopravvivere.”

“ E chi ci assicura la vittoria?”

Vanesia puntò il suo sguardo sulla piccola figura di Frodo, che si sentì osservato e soppesato sia dagli occhi della regina, che da quelli castani del re degli Yoria, che arcuò un sopracciglio scettico, dopo la sua analisi.

“ Questo esserino?”

Disse pessimista, con una nota d’incredulità nella voce, rivolgendosi a Vanesia, che ricambiò ancora seria e tesa, nonostante l’apparenza rilassata, annuendo decisa, i capelli dorati, luccicanti d’arancio ai raggi del sole del tramonto. Era già trascorso tutto questo tempo? Per Frodo, parvero pochi minuti.

“ Lui è il portatore della Gemma del Destino.”

A quelle parole, Yoria sgranò gli occhi, meravigliato, ed il suo compagno, smise di sghignazzare, osservandolo stupito e senza parole.

“ Fagliela vedere, Frodo.”

Frodo, nonostante fosse titubante, quanto la Gemma che si illuminò timorosa, nel palmo della sua mano, stretta a pugno, rilucendo come non mai, quando lo aprì, ponendola alla vista dei due Yoria, il secondo dei quali, si riparò gli occhi, accecato, mentre un sospiro ed un gemito sorpreso, uscì dalla labbra di ogni singolo Yoria ed ogni singola amazzone, colpiti dalla sua luce evanescente.

Con la coda nell’occhio, Frodo osservò Gandalf sorridere rassicurato, quasi divertito da quel tempismo perfetto.

“ Allora? Hai altre domande da pormi?”

Yoria non rispose al sottile sarcasmo di Vanesia, ma si limitò ad osservarla attento e penetrante.

“ Solo una.”

Vanesia attese, finché Yoria non aggiunse:

“ Chi mi assicura che, in seguito, non approfitterai dell’alleanza, per i tuoi scopi e che le tue amazzoni, non attaccheranno i miei fratelli?”

Domanda lecita, pensò Frodo, mentre seguì con lo sguardo sconcertato, Vanesia avvicinarsi a lui, facendo tendere ansiosi sia il compagno di Yoria, che si scostò di lato, ad un gesto del suo re, sia le amazzoni, avvertendo Romilda urlare un: “No!” terrorizzato.

Ma Vanesia non si curò delle reazioni di nessuno, arrestandosi a pochi centimetri di distanza dal corpo possente di Yoria, che si limitò ad osservarla con un cipiglio tra il curioso e l’allerta.

Vanesia alzò la mano destra, solcando con le dita la profonda cicatrice sul petto di Yoria, che sobbalzò, sorpreso da quel contatto, tra loro, sicuramente, proibito.

In seguito, Vanesia si abbassò lentamente, baciandolo proprio in quel punto, per poi, alzarsi ed allontanarsi, come se nulla fosse successo, osservandolo, in attesa di una sua reazione.

Frodo vide, con la bocca spalancata per la sorpresa di quel atto, Yoria tracciare la sua cicatrice confuso, per poi ricambiare il suo sguardo, fino a che non luccicò, nelle sue iridi castane, una scintilla di comprensione.

Così, sotto lo sguardo attonito di tutti, afferrò il braccio destro della sua antica nemica, in un gesto delicato e lento, girandolo per mostrare alla luce rossastra del sole crepuscolare, una cicatrice profonda che Frodo non aveva mai notato prima, sulla pelle di lei.

Imitandola, Yoria si portò il braccio alle labbra, percorrendo la liscia cicatrice con esse, fino all’incavo del gomito, per poi lasciare la sua gentile presa ed allontanarsi da lei, circospetto ed attento.

In breve, si ritornò al punto di partenza, come se quell’evento memorabile, non fosse mai accaduto.

“ Non abbiamo nient’altro da dirci, mi sembra.”

Disse Vanesia, per nulla turbata, osservando Yoria annuire, deciso.

“ Si, nient’altro.”

“ Deduco che l’alleanza sia stata stipulata?”

Continuò Vanesia, quasi incalzandolo, dando a Frodo l’impressione di battere il ferro finché era caldo.

“ Si. Aspetteremo le vostre chiamate.”

“ E noi, le vostre.”

Entrambi i sovrani dei popoli selvaggi, si scrutarono con sguardo fiero, per poi sguainare le spade velocemente, ed incrociarle dolcemente. A quel atto, le amazzoni esultarono in un solo coro, seguite dagli Yoria, mentre i loro sovrani riponevano le armi, voltandosi loro le spalle, dopo un breve, ma rispettoso inchino, con un secco gesto del capo.

“ Sei stata…”

Iniziò a bisbigliare Frodo, cercando di congratularsi per il coraggio da lei dimostrato, nonostante non avesse compreso a pieno, i significati di quei baci, quasi scambiati con amore e rispetto, come se fossero stati due innamorati, che non si rincontravano dopo tanto tempo, trascorso divisi. Ma Vanesia lo zittì, ammiccando maliziosa.

“ Dopo, Frodo, dopo. Raggiungiamo gli altri.”

Lui annuì, accelerando il passo come lei. Raggiunti gli altri, dalle espressioni esultanti, attorniati dal visibilio delle amazzoni, entusiaste ed orgogliose dell’operato della loro regina, Frodo si voltò ad osservare, per l’ultima volta, gli Yoria, ma si stupì di non trovare altro che una distesa di verde, priva di presenze umane.

“ Ma come hai fatto a convincerlo?”

Le chiese Romilda, ammirata.

“ E cos’era, quello?”

Le chiese Will, indicando la Linea di confine, gli occhi azzurro-cristallo luccicanti d’ammirazione.

Vanesia scrollò le spalle, non molto propensa ad ulteriori spiegazioni.

“ Un gesto degno solo di un grande sovrano.”

Rispose Gandalf, al suo posto, guardandola sorridente e con approvazione.

“ Baciare le ferite del proprio nemico, provocate da lei stessa, è un atto di grande rispetto che nessun patto scritto potrà eguagliare.”

Continuò, mentre Vanesia lo osservava, finalmente, più rilassata ed a suo agio, nel suo mondo.

“ Un gesto di grande coraggio e dignità.”

Approvò Legolas, anche lui stupito da tanta umiltà.

“ Con questo, l’alleanza sarà più salda e avrà maggiore valore.”

Aggiunse Aragorn, scrutando l’orizzonte ed affiancando il suo amico arciere.

“ Già.”

Convenne Gandalf, lo sguardo intenso, rivolto a molte miglia lontano da Marzia.

“ Ora non ci resta che aspettare una mossa delle Signora delle Tenebre.”

“ E noi la attenderemo, pronti a fronteggiarla e sconfiggerla.”

Disse Frodo, preda di un’euforia e di un nuova ritrovata speranza, che animò il suo animo di una calda fiamma, come anche di una nuova, esultante luce, la Gemma del Destino, ricambiando il sorriso di Gandalf.

“ Ben detto, Frodo. Ben detto.”

E la sua voce profonda, si perse nel turbine di vento tiepido della sera, annuncio di una nuova notte, pronta ad inglobarli nel suo buio, carico d’intrighi, ma anche di ritrovate promesse.

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Ben ritrovati, cari lettori e care lettrici del La Gemma del Destino. Lo so, lo so, purtroppo ho abbandonato questa storia, ma ora, ho deciso di finirla, per continuare, solo in seguito, le altre.

Come, giustamente, PetaloDiCiliegio ( che ringrazio dal profondo, davvero, e a cui dedico questo capitolo!XD) mi ha ricordato con tanto affetto e simpatia, questa storia  è troppo bella, per essere accantonata!!!

Così, ho deciso di impegnarmi, dopo un anno, di ricominciare a scrivere nuovi appassionanti capitoli, con protagonisti Frodo, Sam, Aragorn, Gandalf, Legolas ( che io amo particolarmente!), e tutti gli altri, personaggi originali e non, per concedere loro un finale degno di questa favolosa avventura!!!

Grazie mille a tutti quelli che hanno continuato a seguirmi, a leggere la mia storia e le molte altre che ho scritto!!!

Mille grazie a LadyElizabeth e fanny91, le ultime che mi hanno recensito, con affetto e ringraziamenti, non ho dubbi, sinceri!!! Spero di non avervi perduto definitivamente!!!XD

Dolcissimi baci, a tutti quelli che continueranno a sognare le magiche terre del regno di Tolkien, e, diciamocelo, anche quelle di Fuffy91!!!^__^

Baci baci e a presto ( lo giuro, salvo studio!XD),  dalla sempre vostra Fuffy91!!!

^___________________________________________________________________^***

 

<3<3<3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo21

Quella notte, fu una delle più gioiose che la Compagnia della Gemma, avesse mai trascorso.

Nei pressi di un falò maestoso e scintillante del rosso e giallo delle fiamme, le amazzoni delle terre di Marzia, danzarono in circolo, intonando canzoni antiche quanto il terreno brullo che calpestavano.

Tra queste, c’erano anche Romilda, vestita di un delizioso abito in pelle di volpe, che le lasciava scoperte le braccia e le gambe, tintinnante di perline, che si confondevano con le mille trecce dei suoi lunghi capelli. Con la mano destra stringeva quella di Daila, che le sorrideva ad ogni passo danzante, e con l’altra Oleandro, più accondiscendente e gioiosa, nel suo gruppo amico.

Mentre alcune si intrattenevano danzando attorno al fuoco luccicante, altre suonavano tamburi o flauti in legno, sedute con le gambe incrociate, su tappeti di porpora, verde muschio e giallo oro.

Fra loro, c’erano anche i membri della compagnia, che guardavano ipnotizzati la danza delle loro nuove alleate, come nel caso di Aragorn, Legolas, Frodo, Sam, Taras e William, anche se, lo sguardo di quest’ultimo, era puntato sull’immagine scura di Romilda, che risultava ancora più bella, con la pelle color cioccolato, bagnata dall’arancio delle fiamme.

Merry e Pipino, invece, dopo aver ascoltato interessati il lungo racconto di Frodo, sugli eventi che li avevano visti esclusi, verificatisi sulla Linea di Confine, tra gli Yoria e le Amazzoni, non fecero complimenti, trangugiando il buon vino rosso di Marzia e riempiendosi lo stomaco guaente con la selvaggina del banchetto, ridendo e scherzando, come sempre.

Gimili, seduto accanto a Legolas, beveva assetato, da un gran boccale in legno, il vino bianco, delle piantagioni vicine, e le sue guance, ben presto, divennero due mele mature, tanto erano rosse, confondendosi con la sua barba ispida e folta.

Gandalf, intanto, aveva avuto il privilegio, di sedere accanto alla regina, insieme con Meiscia, il sorriso dolce ad incurvarle le labbra, mentre ricamava, canticchiando, una veste verde smeraldo.

All’improvviso, però, il loro discorso venne interrotto, da Romilda che, evitando la mano protesa di Will, che cercava di afferrarle il braccio, per trascinarla, sicuramente, al suo fianco, corse da Vanesia, incitandola a ballare con loro, per festeggiare l’ avvenuta alleanza.

Vanesia, sorprendendo tutti, non si fece pregare, congedandosi con un sorriso da Gandalf  e raggiungendo le sue sorelle, che l’accolsero con gioia.

Stringendo entrambe le mani alla sua amica e protetta, Romilda, ballò la loro danza impeccabilmente, sorridendo e ridendo felice, ad occhi chiusi, mentre la sua pelle dorata, come i suoi capelli ricci, sciolti e svolazzanti sulle spalle, come la criniera di un fiero leone, ad ogni giravolta o movimento sinuoso, scintillava di milioni di brillanti rubini, alla luce del falò.

Romilda, stanca, si accasciò tra Frodo e Will, che le sorrise ammaliante, in contrapposizione all’hobbit divertito.

“ Vi state divertendo?”

Disse, rivolta soprattutto a Frodo, che annuì sincero.

“ Si, moltissimo. Ma è sempre così, da voi?”

Chiese, curioso.

Romilda rise, mentre Sam, sgranocchiando una pagnotta, li ascoltò interessato.

“ Si, spesso. Soprattutto quando ricorre una ricorrenza particolare o quando vinciamo una battaglia.”

“ E questo, capita quasi sempre.”

Aggiunse Will, attirando l’attenzione di Romilda.

“ E tu cosa ne sai? Sei presente anche tu, forse?”

Lo rimbeccò divertita, ancora leggermente ansante, per il continuo ballare freneticamente.

Will la investì con uno dei suoi sorrisi più belli, avvicinandosi di poco al suo volto, e soffiandole sul viso:

“ Forse non fisicamente. Ma, soprattutto quando combatti, il mio cuore batte all’unisono con il tuo, tesoro.”

Le disse, con la sua voce suadente e il fascino dei suoi occhi azzurri, trasparenti e limpidi, come l’acqua di un fiume, imbarazzandola per l’improvvisa vicinanza. Ma subito Romilda, allontanandolo con uno scossone sul petto, facendo tintinnare le perle delle sue collane e il medaglione del drago Amlach di Will, sul suo petto parzialmente scoperto, dalla sua veste da combattente, color rubino, si alzò indispettita, borbottando:

“ Sei sempre il solito.”

Facendolo ridere di gusto, e seguirla con lo sguardo, mentre raggiungeva le sue sorelle, divertito e con affetto.

“ Eh, si, amici miei.”

Disse, rivolto a Frodo ed a Sam, testimoni inconsapevoli di quella scena.

“ Non c’è ombra di dubbio. E’ proprio pazza di me.”

Disse con un sorriso, annuendo convinto e deciso. Sam sbuffò e sghignazzò insieme, mentre Frodo, con un sorriso, gli chiese:

“ E tu? Sei pazzo di lei o ti diverti solo a stuzzicarla?”

Will si avvicinò a lui con aria cospiratrice, ma con un sorriso da monello che stroncava ogni tensione.

“ Ti dirò. Per ora sto valutando. Poi si vedrà.”

Disse con un gesto della mano, come a voler rinviare ad un futuro prossimo la sua ipotetica storia d’amore. Frodo rise della suo atteggiamento disarmante ed incorreggibile, mentre lo vedeva raggiungere Romilda, discutere con lei, per poi danzare insieme, sorridenti.

“ Non cambierà mai, quel ragazzo.”

Disse Sam a frodo, portando gli occhi al cielo, esasperato.

“ Si, ma in fondo, meglio così no?”

Disse Frodo, sorridendo e beandosi, per un po’, del calore divertito della Gemma, senza sapere che Gandalf, lo osservava con un misto di preoccupazione e timore.

Lui sapeva, infatti, che nonostante Frodo non ne fosse cosciente, la Gemma, ormai, era entrata nel suo essere, brillando od affievolendosi, a seconda di ogni suo mutamento di umore. Temeva per la sua sorte, nel momento in cui, o per mano di Venia o per riporla nell’ apposita Nicchia di Luce, se ne sarebbe dovuto staccare. In entrambi i casi, nonostante avrebbe fatto di tutto, affinché la prima opzione, non si realizzasse, non potendo evitare la seconda, perché necessaria per il futuro delle Terre dell’Ovest e di quelle di Mezzo, prevedeva conseguenze negative o negaste, per il suo piccolo amico.

Sospirò, afflitto, arrovellandosi per trovare una soluzione, che potesse salvaguardare la vita di Frodo, ma, inaspettatamente, sentì una mano amica posarsi sulla sua, stretta a pugno in grembo. Alzò lo sguardo, incontrando quello scuro e bonario di Meiscia, che gli sorrise rassicurante, accarezzando la sua guancia segnata dalle rughe della saggezza e dalla folta barba bianca, del mago avanzato. Era millenaria, come lui e possedeva poteri forse al pari dei suoi, avvertendoli come mille brividi sulla sua pelle e dentro le sue ossa, toccando il suo spirito integro.

“ Andrà bene, mago, andrà bene.”

Gli disse, per poi scivolare il palmo della sua mano, lontano dal suo viso, avendo giusto il tempo di ricambiare il suo sorriso, per poi vederla scomparire, nell’ombra della sua tenda.

Si, sarebbe andata bene. Non doveva abbattersi, pensò Gandalf, ritornando ad osservare Frodo, ridente, tra i suoi amici. Lui era coraggioso, forte e valido più di qualsiasi altra creatura che avesse mai conosciuto, nel corso dei suoi lungi anni. Aveva già subito il male più atroce, sulla sua candida e vulnerabile pelle, e l’avrebbe sconfitto ancora, sicuramente, grazie all’amore e alla fiducia dei suoi amici, come Sam, che non si staccava mai da lui, rimanendogli sempre fedele.

E poi, c’erano Aragorn, Leglas, Gimli, i loro nuovi compagni valorosi, Taras e William, non escludendo Luthien, che avvertiva sempre più vicina, anche loro lo avrebbero protetto e difeso, anche al costo della vita.

Ed infine c’era lui, Gandalf il Bianco. Infondo, il suo, non era solo un titolo. Il bianco del bene era sempre più forte del nero dell’oscurità della Dama delle Tenebre, che sentiva sghignazzare nella sua testa, serpeggiante e maligna. Strinse il pugno sul suo bastone magico, aggrottando il viso, corrucciato. Era ancora vigile, su di loro, e pronta ad attaccare. Poteva avvertire il suo respiro gelido sulla sua pelle e il suo risolino beffardo scuotergli le viscere. Sbarrò gli occhi, alzandosi dal suo seggio di scatto, attirando l’attenzione di Frodo e di Aragorn, che seguì lo sguardo di Legolas, dilatato e teso, verso un punto indefinito della boscaglia.

“ Arrivano.”

Sussurrò, nel momento esatto in cui una massa brulicante di orchi fuoriuscì dagli alberi, urlando e sguainando le loro armi.

Una freccia nera colpì un’amazzone, che stramazzò a terra con un singulto. Quella fu la goccia, che fece traboccare il vaso già ricolmo. Vanesia urlò agguerrita, incitando le sue sorelle adirate, a prendere le loro armi, mentre lei già sguainava la sua spada, come Oleandro con i suoi pugnali, leccando una delle lame e sorridendo euforica, mentre l’affondava nello stomaco di un Uruk-hai.

Gandalf accecò gli esseri malefici con la luce della sua gemma, permettendo i suoi compagni e le loro alleate di prepararsi alla battaglia.

In breve, furono già pronte per distruggerli, aspettando solo un cenno della loro regina, che con lo sguardo ed un cenno del capo, permise a Gandalf di spegnere la sua luce, per poi dare inizio allo scontro.

Gli hobbit si chiesero a cerchio, e le loro spade lucenti, sembravano gli spilli di un riccio. Gandalf li raggiunge, stordendo con un colpo assestato di bastone un Uruk-hai urlante, per poi decapitarlo con la sua spada.

Gimli si lanciò da una sporgenza rocciosa, cadendo addosso ad un orco, rispondendo al suo urlo, e conficcandogli l’ascia nel cranio.

Aragorn e Legolas si occuparono degli orchi del lato destro della pianura, mentre Taras e Will di quello sinistro.

“ Prega che non arrivino Andes.”

Disse Will a Romilda, mentre l’aiutava a rialzarsi, dopo un attacco di un Uruk-hai particolarmente resistente, che il cavaliere di Amlach aveva provveduto ad uccidere.

“ Perché? Sarebbe più divertente.”

Disse Ole, causando una ferita a croce sul petto di un orco, uccidendolo sul colpo.

“ Non siamo nelle misure giuste per ucciderli.”

Spiegò Aragorn, trucidando a sangue freddo uno ed un altro orco.

“ Gli orchi sono in troppi. Non avremmo il tempo di concentrarci su di loro.”

Aggiunse Legolas, perforando, con le sue infallibili frecce, il petto ed il cranio di tre orchi.

“ Gli uomini. Sempre melodrammatici.”

Commentò Oleandro, uccidendo contemporaneamente due orchi, per poi trascinarli nella polvere con due calci ben assestati.

“ Hanno ragione, invece. Sarebbe troppo…”

Ma Romilda non terminò la frase, che vide gli orchi feriti e ghignanti, aprire il passaggio a ben due Andes, i più grossi e i più mostruosi che avessero mai visto, prima di allora.

“ Bene. Si mette male.”

Constatò Pipino, con voce tremolante, mentre Merry, al suo fianco, lo spingeva di lato, trascinandolo per un braccio,  urlando:

“ Via di qui!”

Infatti, per un centimetro, non evitarono il piede nudo e grigio di un Andes, che aveva l’ovvia intenzione di schiacciarli.

“ Per un soffio.”

Disse Pipino, sospirando sollevato, ad un Frodo sconvolto, ma sia lui, sia il suo parente e sia Merry, si raggelarono alla vista dell’Andes, di nuovo pronto a colpirli.

“ Via! Via! Via!”

Urlò Sam, trascinando Frodo lontano dall’Andes, mentre Pipino e Merry rotolarono ai lati opposti del gigantesco mostro.

“ Ma cosa hai fatto?! Dovevi venire qui, a destra, non lì!”

Lo rimproverò Merry, mentre Pipino, sbuffando ed irritato, gli rispose:

“ Scusami, se non ti leggo ancora nel pensiero! Ricordi che sono mancino?! Sono portato ad andare a sinistra!”

Si giustificò, annuendo convinto.

“ Ma se usi sempre la destra, per ingozzarti!”

Disse Merry, indignato.

“ Be’, ora sono mancino!”

“ Sei solo un bugiardo!”

“ Smettetela, ed allontanatevi da lì!”

Esclamò Frodo, mentre vedeva gli occhi piccoli e neri dell’Andes, puntati sul suo viso.

Ad un luccichio impaurito della Gemma, l’Andes si mosse verso di lui.

“ Si è accorto della Gemma. Via di qui, Frodo!”

Gli intimò Merry, spingendolo lontano.

Intanto, con la coda nell’occhio, il portatore della Gemma del Destino vide Aragorn ed i suoi amici, accanirsi contro l’Andes gemello di quello che li stava inseguendo e tentando, ad ogni sonora pedata, di schiacciarli come formiche.

“ Affrontiamolo!”

Propose Sam, superando con il tono di voce, i rimbombi sonori provocati dai passi pesanti dell’Andes.

“ E come? Hai visto quanto è alto?! Gli offriremo la possibilità di schiacciarci su un piatto d’argento!”

Gli disse Merry, correndo di qua e di là, seguito da Frodo e Sam, che si stizzì alla sua proposta.

“ Ma non possiamo scappare all’infinito!”

A quel punto, intervenne Frodo, arrestandosi nei cumuli di tende e case distrutte dai colpi di entrambi gli Andes.

“ Frodo! Cosa fai?”

Gli chiese sorpreso Merry, seguito da uno sguardo preoccupato di Sam, che scosse la testa, immaginando, le intenzioni dell’amico.

“ No. Padron Frodo, non fatelo.”

Gli sussurrò, implorante.

“ E’ l’unico modo Sam. E’ me che vuole. Venia deve averlo mandato per questo. Non posso rischiare di coinvolgervi, nessuno di voi.”

Disse, osservando anche Will, che aveva perforato la caviglia dell’Andes, arretrando il suo passo.

“ Frodo…”

Iniziò Merry, ma lui lo interruppe.

“ Voi andate. Scappate, avanti!”

Intimò, e non attendendo una risposta, corse verso l’Andes, temerario, ignorando la voce di Sam, che lo implorava di ritornare sui suoi passi. Ma la sua debole voce, si spense nel trambusto della battaglia, che ancora infuriava, fra le amazzoni e gli orchi ed Uruk-hai restanti.

Ignorò l’altro Andes cadere a terra e scuotere il terreno, come la voce profonda ed autoritaria di Aragorn, sporco di polvere e sangue, richiamarlo, come anche le mani di Pipino, che cercarono di afferrarlo.

Ma Frodo, continuava a correre verso il suo nemico, verso il suo destino, ascoltando solo il battito forsennato del suo cuore, il tintinnare della catenina d’argento e della Gemma sul suo petto e sul tessuto della sua camicia impolverata, il respiro accelerato, i sospiri fuoriuscire dalla sua bocca semidischiusa, azzerando ogni cosa, anche il richiamo imperioso di Gandalf, che sovrastava tutte le altre voci.

Ogni immagine sembrava rallentare il suo corso ad ogni suo passo, come il gesto brusco dell’Andes, che scostò dalla sua caviglia Will, che volò su un gruppo di amazzoni, tra cui Romilda, che lo sorresse, udendo distintamente anche la sua voce pronunciare disperato il suo nome.

Ora erano solo loro due, l’Andes e Frodo, che, in un atto di formidabile coraggio, sguainò la sua spada, brillante più che mai, mentre l’Andes avanzava verso di lui, emettendo il suo verso gutturale ed orripilante all’udito.

Ma proprio nell’attimo in cui, Frodo stava per scagliarsi sulla sua gamba destra, vide, come nel lontano palazzo di marmo di Gondor, una freccia dalle piume bianche, perforare il collo dell’Andes che ululò di dolore.

Frodo, ancora la spada a mezz’aria, si voltò ad osservare, ai primi raggi del sole che sorgeva ad nord-est, fra gli anfratti delle montagne, sull’ alto bordo della vallata, dove si intravedevano le cime aghiformi dei pini, un cavallo bianco, nitrire dolcemente e una figura immacolata far ricadere il suo arco, anch’esso bianco.

“ Non credo ai miei occhi.”

Sentì Taras sussurrare.

“ Be’, allora spalancali bene , capo. Perché è proprio quello che vedo io.”

Disse Will, alzandosi dal suolo,  un sorriso gioioso a solcare le sue labbra, seguito da Romilda, che guardava la figura lontana, confusa.

“ E’ Luthien!”

Esclamò Pipino, seguendo come gli altri, i capelli castani e rilucenti di riflessi dorati, di Luthien, smuoversi alla carezza del vento dell’alba.

“ E non è sola.”

Disse sorridendo Gandalf, sorreggendosi solenne al suo bastone.

Infatti, sotto gli occhi sconvolti delle amazzoni, degli orchi restanti e del Andes accecato dal sole, accanto al cavallo bianco di Luthien, si arrestò scattante uno marrone, cavalcato da Yoria, il capo della tribù di Zootek.

Vanesia sgranò gli occhi per la sorpresa, alla vista degli Yoria al completo, a cavallo e pronti a combattere.

Così, seguiti dal loro capo, cavalcarono, discendendo la vallata e raggiungendo la pianura, fronteggiati dagli orchi, che corsero loro incontro, rispondendo al loro urlo di battaglia e sciabolando le loro armi contro di loro. Ma si arrestarono bruscamente, nell’attimo in cui, i possenti cavalli degli Yoria, nitrendo, li sorpassarono, mentre i loro proprietari, li trafiggevano al cuore.

Luthien trafisse ancora incessantemente, con i suoi dardi invincibili, l’Andes confuso che, con l’aiuto di Taras e Will, risvegliati dal torpore e dallo stupore di rivederla, aiutarono ad uccidere.

Subito dopo la sua rovinosa caduta, gli occhi neri spalancati e senza vita, Luthien si avvicinò ad un Frodo impietrito per la sorpresa, caduto in terra, a causa dello scossone che il corpo decaduto del mostro, aveva provocato all’interno del suolo.

Smontando dal suo cavallo, che nitrì dolcemente, gli tese una mano, sorridendo a fior di labbra. Frodo notò, con piacere, che era ancora più bella e splendente, ai raggi del primo sole, di quanto ricordasse.

“ E con questo, siamo a tre, prode Baggins.”

Frodo rise, ricordando il suo ultimo saluto, prima di lasciala su quel letto di pietra, nelle stanze di guarigione di Ruer.

Afferrò la sua mano e si tirò su, investito, subito dopo, dagli abbracci dei suoi amici hobbit, e la voce di Sam, commossa, che lo rimproverava per la sua avventatezza.

Ma Frodo non riusciva a staccare gli occhi da quelli nocciola intenso di Luthien, che rispose al suo ringraziamento, con un cenno del capo.

In seguito, si voltò nella direzione dei suoi amici, Taras e Will, entrambi stravolti e ricoperti di polvere e sangue d’orco. Ormai, intorno a loro, si era creato il silenzio della ritrovata quiete, visto che gli Yoria, uniti agli ultimi sforzi delle amazzoni, avevano distrutto anche l’ultimo dei nemici.

Will fu il primo a reagire, colmando lo spazio che li divideva con due falcate, afferrandola per la vita e facendola girare fra le sue braccia, ridendo a crepapelle per la felicità.

“ Luthien, dolcezza, sei guarita! Che bello! Che bello! Sono così felice!”

E detto questo, la mise di nuovo a terra e, in un moto di gioia che faceva brillare i suoi occhi in mille stelle, le prese il viso fra le mani, cercando di baciarla, ma come al suo solito, Luthien si scostò velocemente, lasciandogli solo il tempo di abbracciare l’aria, stupito ed osservandola deluso.

“ Non cambierai mai, William. Sei sempre il solito approfittatore.”

Disse Luthien, le braccia incrociate e la voce ancor più melodiosa di quanto Frodo avesse memoria. Sembrava diversa. Chissà cosa le era successo, in quegli attimi di oblio.

“ Ma dolcezza, non è vero. Sono solo contento di rivederti.”

Si difese Will, il sorriso a solcare il bel viso d’angelo.

Luthien scosse la testa, sospirando rassegnata.

Poi, la sua attenzione, venne attirata dagli occhi perlacei di Taras che, per la prima volta, Frodo constatò, sembravano traboccare di commozione, privi di quell’espressione enigmatica che li rendeva insostenibili.

“ Taras.”

Lo richiamò lei, e quel richiamo bastò per sciogliere ogni sua resistenza e racchiuderla in un abbraccio forte ed accorato.

“ Luthien. Stai bene?”

Luthien chiuse gli occhi, sorridendo leggera, ricambiando l’abbraccio delicatamente.

“ Si. Tranquillo.”

Taras sospirò felice e si distaccò, ravviandosi i capelli, in un moto d’imbarazzo.

“ Scusa. Lo so che detesti tutte queste attenzioni.”

Si scusò, riponendo la sua spada.

“ Non importa. Ti perdono.”

Gli disse Luthien, scrollando le spalle.

“ Eh, ma non è giusto però! Lui lo perdoni, e a me no!”

Si indispettì, scherzosamente, Will, ponendo un braccio sulle spalle di Taras, che lo osservò sorridente.

“ Perché lui non ha secondi fini. Tu invece, si.”

Rispose placidamente lei, sorpassandoli leggiadra e sbrigativa, come sempre.

“ Siamo lieti di riavervi con noi, Luthien.”

Disse Aragorn, sincero. Luthien annuì, puntando lo sguardo sul volto raggiante di Legolas, che non poté celare la felicità di rivederla sana e salva, avvertendo il suo cuore battere follemente soltanto per lei. Avrebbe voluto dirle tante cose, avrebbe voluto esultare più sfacciatamente di quanto avesse fatto William. Eppure, il suo animo scosso dal suo sguardo penetrante e dal suo viso bellissimo, si placò nell’attimo in cui gli regalò un lieve sorriso, riempiendolo di calore e dolcezza.

Ma tutto si concluse, all’esultanza delle amazzoni e degli Yoria, che videro i loro rispettivi sovrani, stringersi la mano e sorridersi per la prima volta, illuminati dai raggi caldi del sole, trionfante in un cielo azzurro, sgombro di nuvole.

“ Un nuovo giorno inizia.”

Disse Romilda, quasi fra sé.

“ Si, e sarà il più splendente di tutti.”

Disse Gandalf, incrociando lo sguardo limpido di Frodo, che annuì.

La Gemma del Destino brillò intensamente. L’ultima guerra era vicina.

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Salve a tutti e a tutte voi!!! Vi è piaciuto il nuovo capitolo?? Fatemelo sapere, se volete!!!

Ringrazio tutti quelli che hanno letto il 20° capitolo, e tutti quelli che continuano a seguirmi!!!

Aggiornerò presto, prima di Pasqua, per darvi gli auguri come si deve!!XD

Ringraziamenti anche a:

Fanny91: Ciao, Fanny!!!! Come stai, carissima??? Si si, ho aggiornato, e continuerò a farlo, fino alla fine!!! Ti piace questo nuovo capitolo?? Vedrai, vedrai che succederà nei prossimi!! Eh, si! Le amazzoni sono proprio toste!!! Ti ringrazio moltissimo per la recensione, mi hai reso molto contenta!! Bacissimi e a prestissimo, Fuffy91!^__^*

Un piccolo spoiler per stuzzicare la vostra curiosità:

Era lì, e sembrava quasi irraggiungibile ai miei occhi. Avrei voluto stringerla a me, ma le mie mani sembravano quasi frenate da catene invisibili, avvolte intorno ai miei polsi.

Secondo voi, chi è che sta parlando?? E a chi si riferisce??? Lo scoprirete solo nel 22° capitolo!!!

Baci baci da Fuffy91!!!

^____________________________________^*** <3<3<3

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

Dopo l’incessante battaglia, sotto i raggi caldi del sole primaverile, le Amazzoni, aiutate dagli Yoria, ricostruirono il loro villaggio, rinsaldando le tende, rifocillando i cavalli scalpitanti e rinforzando il legno d’ebano delle case, sbarazzandosi dei detriti impossibili da ripristinare, i soli segni lasciati dai loro mostruosi nemici.

Le loro salme erano state accantonate e bruciate, ai bordi della florida pianura, e i corpi massicci degli temibili Andes, ormai esanimi, gettati giù dalla scogliera a nord-ovest, lasciandoli sprofondare nelle profondità del mare blu cobalto.

“ Romilda, dove vai? Scappi dalla fatica, vero?”

Chiese, deridendola, l’amazzone Oleandro, i capelli corti frustati dal vento, come la sua ridotta veste di lupo grigio, indicandole con il capo il gruppo di sorelle e, provvisoriamente, alleati Yoria, compiere il loro lavoro di ripristino, forniti di martelli ed utensili vari.

Romilda, lo sguardo corrucciato, le trecce corvine accarezzate dai soffi alterati dello zefiro e tra le mani, una bacinella di legno smaltato di rosso-terracotta, ricolma d’acqua, le rispose calma ma irritata dalla sua insinuazione.

“ No, come al solito, sei in errore, Ole. Sto andando ad aiutare Meiscia a curare i feriti.”

Disse, dirigendosi di gran passo, alla grande tenda dell’antica maga di Marzia.

“ Si, improvvisati pure guaritrice, ora. Tanto lo so che ti rendi utile, solo per sfuggire ai tuoi doveri, o magari…”

Lasciò la frase in sospeso, insospettendo Romilda, che si arrestò, voltandosi per incrociare lo sguardo scuro e il sorrisino di schermo della sua insopportabile sorella.

“ Magari?”

“ Magari ti dai tanto da fare per i feriti, perché tra loro c’è il cavaliere di Amlach. Immagino come ti renderai utile, per garantirgli una facile guarigione.”

Concluse incrociando le braccia e reclinando il capo di lato, il sogghigno ancora presente sul suo piccolo viso.

Romilda distolse lo sguardo sconvolta ed indispettita insieme, per le sue parole, avanzando, ignorandola del tutto, incassando il colpo tagliente del suo risolino ironico.

In quel momento, avrebbe voluto strozzarla, ma si trattenne, convincendosi che le avrebbe solo dato ulteriore soddisfazione, vedendola irritarsi per le sue illusioni gratuite. Un sorriso orgoglioso nacque sul suo viso color cioccolato, quando vide Vanesia rimproverare Oleandro di perdere tempo ed incaricandola di andare ad aiutare le sue sorelle, fra cui Taras ed Aragorn, a risollevare un pilastro portante di una casa, particolarmente resistente.

Non appena varcò la tenda, non le fu difficile individuare in quelle massa di capi bruni, i capelli biondo grano di Will, investiti da un raggio di sole filtrante da una fenditura del tessuto verde muschio della tenda, sorridendo osservandolo lamentarsi come un bambino insolente.

“ Ahi! Dolcezza, ti prego, piano!”

Implorò dolorante la sua compagna di viaggio, Luthien, che, china su di lui, ripuliva la sua ferita al braccio sinistro, provocata dalla lancia dell’Andes, prima di scaraventarlo su di lei ed un gruppo di sorelle Amazzoni.

Vide la bella principessa guerriera sbuffare debolmente, scostandosi una ciocca di capelli castani, che ricadde nuovamente sulla sua guancia, oscurandole la vista dell’occhio sinistro.

“ Insomma, William. Mostra un po’ di tempra. È solo un unguento.”

Lo rimproverò Luthien, nel tono di voce, una nota infastidita ad inclinare il tono melodioso della sua voce. Mi chiesi come un’inguaribile amatore come Will, non avesse ancora cercato di sedurla.

La osservò ancora, questa volta più attentamente. Era bella, non c’era alcun dubbio, ed anche coraggiosa, visto che era stata lei a richiamare gli Yoria e condurli a Marzia, per aiutarci durante la lotta con gli orchi di Venia.

Aveva un fisico slanciato ed atletico, seppur mantenendo intatta la sua femminilità, con quel abito d’arciere argentato indosso che, se baciato dalla luce del giorno, la faceva apparire una ninfa appena uscita dalle acque di un lago. I tratti del suo viso erano cesellati e il colorito della sua pelle così candido e splendente, da apparire fatto della stessa sostanza delle stelle.

 

Poi, il suo sguardo, si posò su Will. Era così bello vederlo ridere gioioso e senza remore, riempiendo l’intero abitacolo dei suoi sorrisi brillanti. Il solo guardarlo, le trasmetteva serenità e la felicità la colpiva violenta, invadendole le membra di dolce calore, quando lo scorgeva arrivare di corsa, in groppa al suo stallone nero. Quel simpatico ragazzo, era sempre stato la sua luce, dopo il periodo sventurato che l’aveva imprigionata e quelli difficili a venire.

Sorrise, nell’incrociare i suoi occhi brillanti e sollevati, nello scorgerla.

“ Romilda, tesoro! Ti prego, vieni a salvarmi da questa tortura. Dolcezza, per favore. Piano!”

Intimò, con tono lamentoso, ad una Luthien corrucciata, ai limiti della pazienza, mentre cercava di fasciargli il braccio offeso.

“ Va bene, come vuoi. Ti accontenterò.”

Disse infine, placida e pratica, raccogliendo le sue cose e spostandosi ad un altro lato, dove vi erano feriti, sicuramente, più gravi di lui.

“ Ma, dolcezza, non puoi lasciarmi così.”

Le sussurrò confuso, indicandole, con l’altra mano, il braccio lasciato a metà fasciatura.

Luthien si arrestò, senza voltarsi.

“ Invece lo farò. Però, c’è qualcuno che potrà, sicuramente, essere più paziente di me.”

Disse, osservandola e facendola sussultare, sotto il suo sguardo penetrante, ma comunque rassicurante.

Ricambiò il suo sorriso a fior di labbra, per poi seguirla con lo sguardo, allontanarsi e chiedere ad uno Yoria, contento di vederla, se Meiscia, che si trovava più in fondo alla tenda, ma comunque vigile e sorridente, come sempre, lo avesse già medicato.

“ Allora, sarai tu la mia nuova guaritrice. Bene, bene.”

Commentò Will, investendola con il suo solito sorriso disarmante.

Romilda si avvicinò a lui, inginocchiandosi accanto al suo giaciglio e riponendo, su cumulo di stracci, la bacinella ricolma d’acqua, specchiandosi per un labile momento.

“ Non gioire troppo presto. Sarò anche paziente, ma non tollero i capricci.”

Lo avvisò, sorridendo fra sé e sé, notando il suo tenero broncio.

“ Io non sono capriccioso.”

Replicò lui, indignato. Romilda rise, mentre gli afferrava il braccio delicatamente, risciogliendo la benda intorno ad esso.

“ Si, invece. Molto peggio di un bambino.”

Will sbuffò, corrucciando il volto angelico e giocando, con la mano del braccio sano, con la federa delle sue grandi spade.

Intanto, Romilda, distese le bende sul pavimento coperto della tenda, afferrando un barattolo di ceramica, riposto nella sua borsa di cuoio, che portava a tracolla, svitandolo e spalmandone il contenuto sulla stoffa bianca. Si trattava di una specie di pomata verde foglia, che emanava un piacevole ma pungente odore, che a Will, in un primo momento, sembrò menta unito a muschio.

“ Cos’è?”

Chiese, curioso e dubbioso, ad una meticolosa Romilda.

“ Un infuso di erbe e semi di piante guaritrici.”

Gli rivelò, mentre iniziò a riporgli le bende, intorno al braccio offeso.

Will fu percorso da un brivido di gelo, al tocco della pomata con la ferita aperta, che subito lasciò il posto, a una sensazione di bruciore, ma, stranamente, piacevole come il tepore di un focolare acceso.

“ Va già meglio, vero?”

Gli chiese, notando il sollievo che mostrava il suo volto ed il suo sorriso accennato, che si allargò ulteriormente, quando incrociò il suo.

Will annuì, rasserenato.

“ Si, va meglio.”

Confermò, anche se, a parere di Romilda, non ce n’era alcun bisogno. Le sue espressioni avevano già risposto per lui.

“ Bene. Sono contenta. Così non ti lamenterai più.”

Disse divertita, prendendolo in giro e facendolo, stranamente, sorridere e sghignazzare con lei.

“ Non sopporto le ferite.”

Le disse, mentre l’osservava compiere gesti precisi ed attenti, per fornirgli una buona fasciatura.

“ Si, l’ho notato. Forse perché, non ne hai mai ricevute.”

Will scrollò le spalle.

“ Possibile. Anche se, fin da piccolo, non sono mai stato molto tollerante, ad ogni genere di malattia o ferita.”

Rise, ad un ricordo lontano.

“ Povera madre mia. Quante ne ha dovute sopportare. Ero un bambino impossibile, all’epoca.”

“ Be’, non sei cambiato molto, no?”

Gli disse, legando la benda con un nodo deciso, avvitando il vasetto lasciato scoperto e riponendolo nella borsa, sorridendogli allegra.

“ Spiritosa. Volevo vedere te, da piccola. Un vero diavolo!”

La accusò, mentre si sollevava, spolverandosi la gonna dai granelli di polvere.

“ In realtà, sono sempre stata una fanciulla molto buona e rispettosa. È con il tempo, che ho subito delle deformazioni caratteriali, per tua sfortuna.”

Gli rispose, facendolo sorridere divertito.

“ Forza, andiamo, ora.”

Gli disse, in seguito, tendendogli la mano destra. Will la guardò confuso.

“ Dove?”

“ Nella tenda che abbiamo allestito per voi. Lì potrai riposarti, insieme ai tuoi compagni di viaggio. Credo che i piccoli hobbit, siano già cullati da un dolce sonno. Non ti andrebbe di seguirli? Ne avresti bisogno.”

Gli propose, tracciando, con la punta delle dita, le occhiaie che cerchiavano i suoi occhi, segno di un’evidente stanchezza.

Will catturò la sua mano, sorridendo.

“ Tranquilla, sto bene. Però…”

Sussurrò, investendola con uno sguardo acceso di una ritrovata malizia, sbilanciandola e trascinandola sul suo corpo, ancora semidisteso, circondandole le spalle, con il braccio sano.

“ Se tu dormissi accanto a me, sarebbe tutta un’altra storia.”

Le disse, sorridendo seducente, per poi bisbigliarle all’orecchio:

“ Sai, avrei tanto bisogno di coccole.”

Concluse, baciandole la guancia destra, mentre Romilda, indispettita ed imbarazzata, cercava di liberarsi dalla sua stretta.

“ Non essere ridicolo, per favore, Will. Sei sempre il solito approfittatore.”

Disse, per poi accasciarsi su di lui, sospirando rassegnata.

“ Insomma, vuoi lasciarmi andare? O vuoi rimanere così per l’eternità?”

Will rise sulla sua pelle, sfiorandole la tempia con le labbra schiuse in un sorriso.

“ Non sarebbe una cattiva idea. Ma tu, vorresti rimanere abbracciata a me, all’infinito?”

Romilda portò gli occhi al cielo, esasperata.

“ Immagino sia evidente la mia risposta.”

Will intensificò la sua stretta, cingendola anche con l’altro braccio, toccandola solo con la punta delle dita. Romilda percepì un lamento sommesso a quel suo gesto e, preoccupata ed accigliata, lo osservò in volto.

“ Non fare gesti avventati. L’infuso deve ancora fare effetto. Per questo devi riposare, altrimenti, domani, non potrai affrontare gli eserciti di Venia.”

Gli spiegò, pregando in un suo barlume di ragione.

Will sorrise lievemente, abbandonandosi sul cuscino di piume, guardandola dolcemente, mentre accarezzava i suoi capelli intrecciati.

“ Ti preoccupi per me. Sei tanto cara, tesoro.”

Romilda compì un gesto stizzito con il capo, facendo leva sui gomiti, per alzarsi.

“ La stanchezza ti fa delirare. Di bene in meglio.”

Concluse, cercando di evitare i suoi tentativi di afferrarla e stringerla, nuovamente, a sé, visto che, finalmente, era riuscita a divincolarsi dalla stretta delle sue braccia.

Will mugugnò di protesta, mentre la vedeva afferrare le sue cose, scrollarsi i capelli ricaduti sulle spalle, in una cascata di trecce, ed avviarsi verso l’uscita. In un ultimo tentativo di trattenerla, Will si allungò ad afferrarle il polso, incrociando i suoi occhi e leggendo nei suoi, una supplica silenziosa.

“ No, rimani qui.”

Romilda sospirò combattuta. Non poteva rimanere. Aveva le sue mansioni da compiere. E poi, doveva lasciarlo riposare. La sua presenza, sicuramente, lo avrebbe distratto.

Romilda incrociò lo sguardo di Luthien che, notando la sua situazione, annuì, dandole un placido appoggio.

“ Che succede?”

Chiese Vanesia, entrata improvvisamente nella tenda, investendola con la sua voce calda e rassicurante. Sorrise nel rivederla.

“ Will non vuole lasciarmi andare.”

“ Perché?”

Le chiese Vanesia, puntando lo sguardo sulla sua mano avvinta al polso della sua protetta.

“ Vorrebbe che riposassi con lui.”

Le rispose, quasi vergognosa, per l’implicito significato delle sue parole.

“ Va bene.”

Acconsentì Vanesia, annuendo decisa.

Romilda la scrutò sconvolta.

“ Come?”

“ Va bene. Accontentalo. Riposerai nella tenda della Compagnia, accanto a lui. Così lo terrai fermo e buono, il tempo necessario per fargli recuperare le forze.”

Vista dalla sua prospettiva, non era poi così male, come idea. Si sarebbe ripreso in un lasso di tempo breve e non avrebbe dato fastidio a nessuno e né tanto meno, danneggiato sé stesso.

“ D’accordo, allora. Lo porto dai suoi amici.”

Vanesia annuì, sorridendole, mentre la vedeva prenderlo sotto braccio, già ubriaco di stanchezza, ma con ancora la stretta della sua mano, salda su di lei.

Romilda la vide avvicinarsi a Meiscia, guardando con sospetto Luthien, per poi allontanarsi e dirigersi verso la tenda color beige, varcandola senza sforzo, nonostante sostenesse Will, ad occhi socchiusi e già con un piede nel mondo dei sogni.

La prima immagine che vide, fu quella dei quattro hobbit rapiti dal loro riposo, scossi da respiri regolari e pesanti. Sorrise nel vedere Pipino e Merry muoversi e contorcersi nelle coperte, schiaffeggiandosi o calciandosi a vicenda. Sam era posto su un fianco, accanto a Frodo, la cui Gemma brillava al ritmo del suo respiro. Lo trovò singolare, ma non indagò oltre, trovandolo normale. In fondo, era pur sempre il suo portatore.

Depose Will sul suo nuovo giaciglio, sorridendo nel vederlo mugugnare ad occhi chiusi. Le sembrò molto tenero. Lo osservò circospetta, mentre allentava la sua stretta e riponeva la sua mano sul suo grembo, ricoprendolo con una coperta ed allontanandosi in punta di piedi.

“ Dove vai?”

Le chiese Will, con voce impastata, ancora ad occhi chiusi, tanto da farle credere che stesse ancora dormendo.

Ma una sua mano che la invitava ad avvicinarsi, le fece cadere ogni speranza. Sospirò. Non le restava che assecondarlo.

Si avvicinò a lui, sedendogli accanto. Magari, se attendeva che si addormentasse, sarebbe potuta sgusciare via senza provocare alcuna reazione.

“ Vieni qui. Stenditi.”

Le disse ancora, scostando la coperta e mettendosi di lato, per darle il suo spazio.

Romilda arcuò un sopracciglio, osservandolo scettica.

“ Cosa hai in mente? Guarda che io sono qui, solo per assicurarmi che tu dorma.”

Precisò, a bassa voce, per evitare di destare gli hobbit dal loro sonno ristoratore.

“ E chi ha detto altro? Dai, vieni qui, vicino a me.”

Le intimò, concludendo la richiesta, sussurrando strascinante le ultime parole, battendo una mano sulla morbida coperta. Romilda, colta da una divertita tenerezza, lo assecondò ancora una volta, stendendosi al suo fianco.

“ D’accordo, hai vinto tu. Ma  ti avverto: tieni le mani a posto, altrimenti....”

Lasciò la frase in sospeso, minacciosa, mentre si copriva con la coperta rosso rubino, come la veste di Will.

“ Si, si. Va bene. Faccio il bravo.”

Le assicurò, ancora con quel tono strascinante e sonnolento, che la fece sorridere.

Con un sospiro, si abbandonò sul cuscino in piume, chiudendo gli occhi, quasi per abitudine. Ma, stranamente, si sorprese di provare uno strano languore che sciolse le sue membra, rilassandola.

Il calore emanato dal corpo di Will, accanto al suo, contribuiva a rendere il tutto molto piacevole.

Sbarrò gli occhi, però, quando lo sentì avvolgerle la vita con il braccio e trascinarla di fianco, con il viso rivolto verso il suo petto scoperto.

Con la mano le accarezzò languido la schiena, per poi baciarle la fronte e, tenendola stretta a sé, costringendola a raggomitolarsi sul suo petto, con il mento che solleticava la catenina che sosteneva il medaglione di Amlach, si abbandonò alla tensione con un sospiro sereno.

Per alcuni attimi, Romilda non si mosse, deglutendo nervosa.

“ Will, ma, che cosa…”

“ Ssssht…”

La zittì lui, strofinando la guancia destra, sui suoi capelli.

“ Dormi.”

Le sussurrò, baciandole, ancora, la fronte ed accarezzandole, di nuovo, la schiena, come per tranquillizzarla.

Romilda rimase completamente immobile, quasi come se le sue forti braccia l’avessero impietrita. Non sapeva come districarsi da quella situazione insidiosa, ed era combattuta con sé stessa.

Infatti, non le sembrava appropriato giacere, in quel modo, con un uomo destabilizzante come Will. Era così imprevedibile! Alzò il capo, sondando la sua espressione e cercando di comprendere le sue intenzioni. Ma, dovette ricredersi, sorridendo con un sospiro.

Will, le palpebre dalle lunghe ciglia bionde strettamente serrate, a nascondere il luccichio di stelle dei suoi occhi azzurri, il respiro regolare a sottolineare il suo placido stato di quiete, sorrideva, strofinando il mento sulla sua fronte, solleticandone la pelle scura con l’accenno di barba, ben visibile.

Romilda sorrise intenerita, rilassando i muscoli tesi e ricambiando la sua stretta, cingendogli la schiena con le braccia esili e nascondendo il volto sul suo petto, parzialmente scoperto, appoggiando l’orecchio sul suo cuore, cullata dai suoi battiti.

Quando credette, ormai, di oltrepassare la soglia del portale dei sogni, una voce sussurrata la richiamò alla realtà, tanto lieve da sembrare irreale. Lei mugolò in risposta, alzando il capo nuovamente, incontrando, questa volta, gli occhi spalancati di Will, che sembravano volerle scrutare l’anima, tanto erano intensi, con quella sfumatura scura intorno all’iride, che li rendeva ipnotici.

“ Romilda.”

La richiamò di nuovo lui, scontrando la sua fronte con la sua, accarezzandola con i ciuffi biondo grano dei suoi folti capelli, e sospirando sulle sue labbra serrate.

“ Cosa c’è?”

Gli chiese Romilda, scivolando con il palmo della mano destra sulla sua ampia schiena, ed affondando le dita tra i suoi capelli, sorprendendosi della loro morbidezza. Credeva fossero più ispidi.

Will socchiuse per un attimo gli occhi a quella carezza affettuosa, abbandonandosi totalmente, per poi incatenare ancora il suo sguardo confuso dal suo mutamento d’umore, ricambiando l’attenzione ricevuta, con un piccolo bacio posato al centro della fronte.

Romilda sorrise a quello slancio, ma il sorriso gli morì sulle labbra, quando avvertì quelle stesse labbra percorrerle il profilo destro del viso, segnando un percorso che partiva dalla tempia, per poi scivolare sulla guancia, la mascella contratta, il mento appuntito, la punta del naso, sentendolo sorridere a quel suo gesto, per poi concentrarsi sulla sua bocca, dischiusa per la sorpresa.

Accarezzò prima il labbro superiore e poi quello inferiore, più carnoso del primo, mordendolo delicatamente, strappandole un gemito sommesso.

Maledizione, si trovò a pensare Romilda in un attimo di lucidità, la stava seducendo. E, accidenti, se era bravo, nella sua opera!

Will sorrise sulle sue labbra, come se l’avesse letta nel pensiero, per poi distaccarsi e portando la mano del braccio sano sul suo viso, accarezzandolo lievemente.

“ Romilda, provo l’irresistibile desiderio di baciarti.”

Lei sbatté più volte le palpebre, cercando di diradare la nebbia di meraviglia e confusione che le intorpidiva la ragione, stordendola. Baciarla…come se non avesse altro per minuti interi! Ma perché glielo aveva permesso? La risposta si affacciò molto semplicemente alla sua mente: perché, in realtà, lo aveva desiderato anche lei, irretita dal suo potere seduttore.

Scosse la testa, maledicendosi per la sua debolezza. Stava cedendo ancora alle brame di un uomo, accantonando la propria dignità di amazzone. Solo che, nel primo caso, si era davvero innamorata di quel giovane guerriero dell’ est, dagli occhi neri e dal  sorriso lieve, per poi vederlo morire per opera di nemici, e vani furono i suoi tentativi di salvarlo. L’unica differenza tra lui e Will era che, per quest’ultimo, avvertiva un sentimento diverso ed indecifrabile.

Provava sicuramente affetto per quel testardo bambino troppo cresciuto, ma con il sorriso più solare che avesse mai visto, capace di sciogliere tutte le sue barriere. Un affetto che, spesso, si tramutava in un vago senso di piacere, quando la baciava improvvisamente o l’afferrava, stringendola in un dolce e forte abbraccio.

Il suo cuore sobbalzava, in quei momenti, doveva ammetterlo a sé stessa, ma questo non voleva dire che fosse amore ciò che sentiva per lui. Era così confusa e disorientata, quando c’era lui nei paraggi.

Lo aveva sempre preso in giro per la sua spavalderia, anche se era proprio questa ad attrarla, facendola sorridere anche nei momenti più tristi.

Lo osservò, ricambiando, senza accorgersene, la carezza sul viso, vedendolo abbandonarsi sul palmo della sua mano, scivolando sulla sua pelle, per baciarne il palmo.

Era così tenero, così dolce, che avrebbe voluto tenerlo con sé, per sempre, coccolandolo come un cucciolo bisognoso di calore umano. Ma si rattristò, al pensiero che, solo l’indomani, sarebbe partito a combattere contro la morte. Strinse il pugno della mano sinistra, incapace di credere a tale ingiustizia.

Will aggrottò la fronte, ricambiando la sua espressione velata di malinconia, con una accigliata.

“ Cosa succede?”

Le chiese, temendo di averla turbata con la sua rivelazione.

Lei si ridestò trasalendo, rassicurandolo con un sorriso. In seguito, lo riabbracciò, raggomitolandosi sul suo petto, mentre lui seguiva i suoi spostamenti, confuso.

“ Dormi, Will. Domani ci aspetta una giornata lunga.”

“ Ma…”

Voleva controbattere Will, ma lei glielo impedì, posando un dito sulle sue labbra.

“ Dormi, cucciolo, dormi. Domani, vedremo se accontenterò la tua richiesta.”

Lui sorrise a quel appellativo, usato solo una volta, da lei, alle Luci di Fata, mentre brindavano a lume di candela, trangugiando del vino appena consegnato. Ricordò con piacere il suo sorriso languido e la carezza della sua mano tra i capelli, scompigliandoglieli affettuosamente.

“ Sei proprio un cucciolo, Will.”

Gli disse, per poi sparire nel retrobottega, canticchiando. Fu in quel momento, che si accorse di provare qualcosa in più della solita attrazione, per lei. Ma non glielo aveva mai rivelato.

Quella notte, in barba al braccio ferito e alla prospettiva di una guerra imminente e decisiva, aveva desiderato di averla, di farla sua, ovviamente con il suo consenso, con l’ardore che sapeva, perché lo sentiva nel tremito che la scuoteva quando la sfiorava, pari al suo.

Ma, evidentemente, era costretto a rinunciare al suo intento. Sospirò sconfitto, ma sollevato. Chiuse gli occhi, stringendola ancora di più al suo petto, lasciando che avvolgesse la sua gamba alle sue, deliziandosi di quel gesto involontario, scivolando tra le braccia di Morfeo, con il profumo selvaggio dei suoi capelli, nelle narici.

Si, forse, era meglio aspettare.

Era ormai notte inoltrata, e tutti, Amazzoni, Yoria e i membri della Compagnia della Gemma, dormivano tranquilli, cullati dal silenzio della vallata di Marzia e dai soffi caldi del vento, che trasportavano l’odore degli alberi e il profumo di salsedine, del mare lontano.

Aragorn e Taras si sorpresero, varcando la tenda, loro rifugio per la notte, di trovare Will e Romilda abbracciati e dormienti. Con uno sguardo eloquente, i due si sorrisero a vicenda, scuotendo il capo, per poi augurarsi un buon riposo, stendendosi l’uno accano all’altro, le loro fedeli spade a separare i loro giacigli.

Gandalf si sedette su di una sporgenza rocciosa, osservando i piccoli fuochi spegnersi in scoppiettanti scintille, uno ad uno, lasciando tutto nell’ombra e nella quiete.

Ma il vecchio e saggio mago bianco sapeva che, questa, non era altro che la quiete prima dell’impareggiabile tempesta.

Emise una nuvoletta di fumo dolciastro e grigia, tenendo tra le labbra la sua pipa. La luce della Gemma si faceva sempre più intensa. Riusciva a distinguere il suo bagliore anche a quella distanza. Era diventata più forte, nel corso dei giorni, grazie alle cure del giovane Frodo, alimentandosi della sua energia vitale, senza farglielo risentire, ingannandolo con la sua arrendevolezza, ma in realtà, quel gioiello di enorme potere era sempre stato in vigile attesa, usandolo, al momento giusto, per difendersi da quella che, in ere passate, fu la sua padrona. Avvertiva la sua malvagità e non voleva ritornare  a brillare di una luce oscura. Il suo era solo silente istinto, non certo volontà di scelta.

 La Gemma del Destino, non aveva un proprio arbitro, come l’Unico Anello, e questo lo tranquillizzava. Ma le probabilità di sopravvivenza di Frodo diminuivano ad ogni sua piccola evanescenza. Ormai, erano diventati un tutto uno, e Gandalf temeva per la vita del suo amico.

Ma lui sarebbe stato lì, durante la battaglia contro Venia, la Signora dell’Oscurità, impedendo che gli facesse ulteriormente del male o che, peggio, lo uccidesse.

Avrebbe, dunque, evitato ogni suo tentativo di finirlo, come l’abbandono della Gemma, che sarebbe stato inevitabile in tutti i casi possibili, sia di trionfo che di sconfitta. Sapeva che questo avrebbe condotto Frodo verso un doloroso destino, ma scosse la testa, cercando di scacciare i pensieri nefasti. Doveva essere positivo, perché la giustizia, la speranza e il bene erano dalla sua parte. Con questi e con i suoi fedeli compagni avrebbe vinto contro il male. Di questo era sicuro, temendo soltanto le perdite e i sacrifici. Ma avrebbe fatto del suo meglio, usufruendo di tutte le sue arti magiche, per sostenere la causa e il coraggio dei suoi amici.

Sarebbero tornati tutti sani e  salvi, ne era certo.

“ Non riesci a dormire?”

Gli chiese una dolce e melodica voce, che egli riconobbe subito, lasciando che la proprietaria si sedesse accanto a lui, sorridendo al buio della notte.

“ Pensieri irrequieti mi distolgono in queste ore buie.”

Si voltò, la lunga pipa ancora fra le dita, sorridendo ad una Luthien ancora più bella, con la pelle scintillante d’alabastro ai raggi tenui della luna piena.

“ E quali sono i tuoi, a renderti deconcentrata?”

Lei si portò le ginocchia al petto, racchiudendole nella stretta delle sue braccia, lasciando che i lisci capelli di seta castana, scivolassero lungo le sue spalle.

“ Non ho alcun pensiero a distogliermi, che non sia quello volto alla battaglia imminente.”

Rispose pacata e con tono sussurrato, causando un nuovo sorriso increspato sulle labbra di Gandalf.

“ Ah, capisco.”

Disse, per poi voltarsi verso il campo, tirando un nuovo sospiro di fumo grigiastro.

“ A quanto pare,  Legolas sembra turbarti molto più di quanto tu non voglia dare a vedere.”

Luthien  si voltò di scatto verso di lui, spalancando gli occhi ed imbronciando le labbra, indignata da quell’insinuazione gratuita.

Gandalf ricambiò la sua fredda espressione, con una sorridente e leggermente divertita.

“ E’ a lui che devi la vita. Non dimenticarlo.”

Lei si indispettì ancora di più a quelle parole, alzandosi di scatto, ma sempre con un movimento leggiadro, per poi allontanarsi da Gandalf, di gran passo.

Che assurdità! Lei non aveva bisogno di nessuno, né tanto meno di quel elfo, per salvarsi. Certo, doveva ammettere che il suo appoggio era servito a destarla da quell’oscuro torpore, ma di certo non era stato determinante.

Eppure, si arrestò all’improvviso ricordo del suo bacio e dei suoi occhi azzurro mare, così limpidi e fiduciosi, da far capitolare ogni suo scudo. Quel bacio…si portò le dita alle labbra socchiuse, sfiorandole con la punta delle dita affusolate, sedendosi tra i fiori selvaggi di una piccola vallata in mezzo agli alberi maestosi della foresta di Marzia, cullata dalla freschezza del vento che le incollava la veste argentata d’arciere alla pelle, evidenziando ogni curva, e scompigliandole i capelli, che le accarezzavano le spalle e la schiena, ondeggiando ad ogni soffio dispettoso.

Non sapeva come era giunta in quel luogo, ma sospirò, cercando di ritrovare il suo equilibro.

La lotta contro la malvagità che risiedeva nel suo animo, per colpa del “dono” di Venia,  era stata dura e, per un breve attimo, aveva creduto di non riuscire a sovrastare tanta cattiveria.

Ma, fortunatamente, era riuscita a cavarsela, vincendo ogni suo dubbio, ogni suo tormento, tutte le sue più inconsce paure, abbattendo le catene dell’incertezza che la imprigionavano, riacquistando il dominio su sé stessa.

Eppure sapeva che, finché Venia fosse stata corrotta dal male, il suo destino era ancora in bilico fra il bene e il male. Bastava un piccolo squilibro, per lasciare che il mostro che la logorava dentro, tornasse prepotente a galla.

Si nascose il volto fra le mani, combattuta. Per quanto ancora avrebbe resistito alla potenza dell’odio e del rancore che covava nel suo essere, come un bimbo demoniaco piangente?

E poi, quel elfo non le rendeva certo la vita facile, tentandola, con ogni suo gesto ed ogni sua parola, verso la via della perdizione. Non aveva incontrato essere più testardo e caparbio!

Non riusciva a capire che lei era un essere pericoloso, che necessitava tranquillità e non turbamento?

Non riusciva a comprendere che avrebbe potuto ucciderlo, senza volerlo realmente, solo se avesse lasciato per un labile momento, che la Luthien malvagia e tentatrice prendesse il sopravvento su quella controllata e pacata.

Perché? Perché continuava a tormentarla con i suoi sorrisi e le sue parole confortanti? Perché non abbandonava il suo intento? Non riusciva a capirlo.

Si abbandonò ad un nuovo sospiro, cominciando ad intonare la canzone di sua madre, cercando di ritrovare la sua naturale quiete.

Non poteva certo sapere che l’oggetto dei suoi pensieri, senza volerlo, si era imbattuto in lei e che ora la osservava dal folto dei cespugli e delle fronde scure degli alberi.

Legolas si era inoltrato nella foresta, per cercare sollievo nella serenità che solo gli alberi e il verde dell’erba fresca, potevano conferirgli, immaginando, per un attimo, di essere ritornato nelle sue lontane terre, dove veniva accarezzato dai sussurri delicati delle foglie verdi della vegetazione florida di Bosco Atro, bagnato dal dorato della luce solare e rassicurato dal calore che i suoi raggi emanavano.

Inconsapevolmente, si era arrestato e il suo cuore aveva perso un battito alla vista di Luthien, raggomitolata tra i fiori ed illuminata dalla luna e dalle lucciole che le giravano intorno, posandosi sulle corolle variopinte.

Era lì, da sola, e sembrava quasi irraggiungibile ai suoi occhi. Avrebbe voluto stringerla a sé, confortarla, ma le sue mani sembravano quasi frenate da catene invisibili, avvolte intorno ai suoi polsi.

Era impietrito ed imbarazzato, al tempo stesso. Non sapeva come comportarsi. Il suo più grande desiderio era quello di uscire fuori dall’ombra, ma si vergognava al pensiero che il ricordo del loro bacio e delle emozioni che evocava in lui, così intense da lasciarlo tramortito e di desiderare di ripetere l’esperienza al più presto.

Pensieri proibiti e segreti, che lo tramortivano e lo lasciavano accaldato e pieno di languore inappagato. Sensazioni mai provate, eppure così belle da riempirlo di felicità.

La osservò ancora e preso coraggio, uscì allo scoperto, cedendo al bisogno impellente di confidarsi con lei, di renderla partecipe delle sue emozioni. Bisognoso di rivelarle il suo amore. Perché era amore, ne era sicuro, ciò che faceva palpitare freneticamente il suo cuore e a colmarlo di quel caldo benessere.

Luthien, avvertendo i suoi silenziosi passi, grazie all’udito sensibile che li acuminava, si destò dal suo torpore, riprendendo vita e sgranando gli occhi nel vederlo apparire alla luce della luna evanescente.

L’ombra scivolò lontano dal suo viso e il vento ne approfittò per renderlo oggetto dei suoi giochi, smuovendo delicato le sue vesti elastiche d’arciere, e i capelli lunghi e lasciati sciolti lungo le spalle, di un biondo dorato, che riluceva d’argento, sotto i raggi lunari. Solo due ciocche ai lati delle tempie erano intrecciate in due delicate trecce, che gli conferivano un aspetto fragile, nonostante la forza che emanava il suo corpo snello ed etereo.

Seguirono attimi dove solo il silenzio riempiva lo spazio circostante e quando il venticello cessò, Legolas sembrò animarsi, socchiudendo la bocca per parlare.

“ Siete qui.”

Lei trasalì al suono della sua voce. Non la sentiva da tanto.

“ Si. Anche voi, vedo.”

Legolas annuì, portando lo sguardo al suolo, quasi per nascondere il rossore che Luthien vide apparire sulla punta delle sue orecchie e sulle sue guance pallide. Sorrise tra sé, intenerita, nonostante tutto. Chissà cos’era ad imbarazzarlo così?

“ Siete imbarazzato?”

Lui sostenne il suo sguardo, sgranando gli occhi, meravigliato alla vista del sorriso luminoso, nato sul suo viso, posato sulle sue ginocchia, raccolte dall’abbraccio delle sue mani.

Ricambiò, ancora stordito, per poi annuire.

“ E cos’è che vi intimidisce?”

Gli chiese curiosa, ancora il sorriso ad incurvare le sue labbra, mentre lo vedeva avvicinarsi e sedersi accanto a lei, con le braccia posate sulle sue gambe divaricate.

Poso il suo sguardo su di lei, percorrendo interamente la sua figura e avvertendo il cuore stretto nella morsa dell’amore, ormai traboccante in lui ed evidente anche agli occhi di Luthien, che si drizzò all’erta.

Non ebbe il tempo di scansarsi, quando Legolas allungò una mano ad accarezzarle il viso e trattenendola sulla sua guancia, compiendo dei movimenti circolari sulla sua pelle, con le dita, come per sciogliere la sua tensione, marchiandola con la lucentezza e l’intensità dei suoi occhi azzurri, come il mare di mezzogiorno.

“ Voi. Siete voi, a provocare il mio imbarazzo.”

Luthien abbassò un attimo lo sguardo, immobile, per poi incatenarlo nuovamente al suo, tramortita dal tono della sua voce, basso e musicale.

“ La vostra voce mi stordisce. La vostra bellezza mi paralizza. I vostri occhi sembrano indagarmi l’anima, tanto è la loro intensità. I vostri lievi e dolci sorrisi fanno sussultare il mio cuore. Il vostro profumo mi inebria i sensi.”

Disse con voce velata d’emozione, per poi portare la sua mano, al mento di lei, sollevandolo con il pollice e il medio, accarezzando lievemente il suo labbro inferiore, saggiandone la morbidezza.

“ E le vostre labbra, mi tentano ad assaggiarne, sempre più spesso, la straordinaria morbidezza.”

Le sussurrò in un soffio, per poi declinare il capo, avvicinando il suo viso al suo e fermandosi a pochi centimetri dalle sue labbra, frementi le sue e socchiuse quelle di lei.

Erano così vicini, da poter sentire il suo fresco e dissetante respiro, infrangersi sul suo viso. Poteva vedere tutti i piccoli particolari che la contraddicevano, che, nell’insieme, la rendevano ancora più bella, come le pagliuzze dorate nelle sue iridi color nocciola, le piccole lentiggini che fiorivano sulla punta del suo naso all’insù, il rossore bruciante della sua bocca.

Aspettò che lo scostaste ma, si sorprese nel notare il suo totale abbandono, nonostante la sua evidente paralisi. Sembrava quasi che attendesse il suo bacio, e questo lo riempì di gioia.

Sorridendo, chiuse gli occhi e baciò l’angolo sinistro della sua bocca. Si allontanò dopo aver avvertito il suo debole sospiro infrangersi sulle sue labbra, lasciandola libera dalla sua presa e attese, finché non fu lei a parlare.

“ Cosa state cercando di dirmi?”

Lui sorrise e rise fra sé, osservandola per la prima volta, in sua compagnia, più sicuro di sé e determinato. Forse, questo improvviso coraggio, era dovuto alla consapevolezza dei suoi sentimenti.

“ Non è evidente?”

Lei aprì e chiuse la bocca, portando lo sguardo verso le fronde degli alberi, torturando una ciocca dei suoi capelli fra le dita. Gli sembrò a disagio e questo lo incuriosì e lo compiacque, al tempo stesso. Un sorriso comparve sul su volto. Allora, non le era del tutto indifferente.

Per toglierla da quel attimo di turbamento, si avvicinò e, afferrando la sua mano, se la portò gentilmente alle labbra, baciandone le dita, tiepide ed affusolate.

Alzò lo sguardo verso il suo viso, sorprendendosi di trovare una lieve sfumatura rosata ad abbellire le sue guance candide. Il suo cuore ebbe un sussulto e avvertì lo stomaco contrarsi in uno spasmo di tensione. Che non fosse davvero una sua vaga impressione? Che Luthien cominciasse a provare, davvero, qualcosa di diverso dal rispetto e dalla fiducia che nutriva per lui?

Al pensiero, la tensione accumulata fin a quel istante, si sciolse in una calda colata di speranza.

Le regalò uno dei suoi sorrisi più rassicuranti e avvertì le dita della sua mano vibrare, costrette dalla prigionia della sua.

Luthien distolse lo sguardo ancora una volta, e Legolas si perse nel movimento fluido dei suoi capelli che scorsero lungo la sua spalla, andandole a coprire una parte del seno coperto, ma ben visibile sotto la stoffa aderente dell’abito.

“ Volete forse dirmi, che mi amate?”

Sbottò all’improvviso, con voce ferma e melodica, facendolo trasalire.

La presa della sua mano si fece più salda e, portandola fra i ciuffi d’erba, ne intrecciò con delicatezza le dita, non forzandola in alcun modo e giocando con i polpastrelli.

“ Si.”

Confermò, rispondendo con sincerità alla sua richiesta ed intercettando il suo sguardo, nel momento stesso in cui lei si voltò ad osservarlo sconvolta e lui alzò il volto dal suolo e dalle loro mani unite.

“ Si, io vi amo, mia signora.”

Fu in quel momento, che Legolas sentì il macigno che gli opprimeva l’anima, sgretolarsi ad ogni sua parola, avvertendo una sensazione di leggerezza e di felicità invadergli l’essere intero.

Finalmente, le aveva confessato il suo amore. Finalmente, aveva spalancato le porte del suo cuore, lasciando che le parole fluissero via dalle sue labbra, come acqua che sgorga da una fresca fonte fra le montagne.

Ora, non bastava che attendere la sua risposta. Le lucciole illuminavano i loro visi, affievolendo ed intensificando le loro luci giallastre, sottolineando ogni ombra e rendendo gli occhi di Luthien due pietre scure d’incredulità e quelli di Legolas, due zaffiri luccicanti di attesa ed aspettativa.

“ Non è possibile.”

Disse lei, cercando di sciogliere l’intreccio delle loro mani. Ma le dita di Legolas si piegarono, arrestando il loro intento e trattenendola.

“ Perché dite questo? È così difficile credere che possa amarvi, come non ho amato nessun altro prima d’ora?”

Le chiese trepidante ed accorato, avvicinandosi di più a lei, ad ogni suo ritrarsi. La sua espressione era ancora dipinta di sgomento. Sembrava che non lo avesse mai visto prima d’allora.

Le sue labbra si serrarono e i denti perfetti ne andarono a turbarne la morbidezza. Scuoteva la testa, come a cancellare un pensiero molesto.

“ No, non può essere. Tutto questo non sta accadendo davvero.”

Sussurrò fra sé, melodica e pallida in volto, cercando di sfuggirgli, incapace di sostenere oltre il suo sguardo.

Ma Legolas, liberando con un movimento invisibile le loro mani, le circondò il viso con entrambi i palmi, nonostante cercasse di sfuggire alla sua presa, mormorando dei “no” disperati, come se la stesse sottoponendo a chissà quale tortura insostenibile.

Legolas portò le loro fronti a scontrarsi, respirando il profumo dei suoi sospiri agitati ed avvertendo le sue tempie pulsare frenetiche, come impazzite dai troppi pensieri contrastanti o in preda ad una terribile febbre.

“ Sssssh, va tutto bene.”

La rassicurò con voce morbida e carezzevole, accarezzandole i capelli e baciandole lieve l’apice del capo, circondandola con le sue braccia e lasciando che ascoltasse il suo cuore battere frenetico, sotto il suo orecchio.

“ Va tutto bene. Ci sono io, qui, ora. Non sei più costretta a combattere da sola, la battaglia contro te stessa.”

Le mormorò fra i capelli, nella lingua melodica degli elfi, cullandola fra le sue braccia e cercando di  placare quella che gli sembrava una crisi di nervi. Povera Luthien. Chissà come doveva essere combattuta, impaurita dalle sue stesse emozioni.

Dopo attimi che gli parvero eterni, con il suo ed il profumo dei fiori bagnati di rugiada nelle narici, le bisbigliò dolce, questa volta all’orecchio, sfiorandone la punta ad ogni parola con le labbra socchiuse.

“ Luthien,…”

La chiamò per la prima volta per nome, dandole del “tu”, con disinvoltura, come se l’avesse sempre fatto, causandole un tremito nelle membra, che avvertì indistintamente, dato che le stava accarezzando i lisci capelli castani, così fini sotto le sue dita d’arciere.

“ Io ti amo, perdutamente ed incondizionatamente. E continuerò ad amarti, anche se tu mi respingerai. Perché l’amore è un sentimento che si può solo donare e non sempre ricevere. Ma non importa…”

Disse con un sorriso malinconico, intensificando la stretta del suo corpo al suo, così fragile e minuto, ora, imprigionato nella sua tenera stretta.

“ Tu sarai sempre la donna meravigliosa che amerò per tutti i lunghi anni che mi restano da vivere. Per sempre, amore mio, delizioso angelo celeste, incantevole sirena dagli occhi color nocciola, l’unica che abbia stregato il mio cuore. Tienilo, appartiene a te.”

Le bisbigliò le ultime parole fra i capelli, baciandone la radice e sospirante, commosso dalle troppe esaltanti emozioni che lo incendiavano interamente, anima, corpo e mente.

Luthien appoggiò il palmo delle mani, inerti, sul suo petto, ascoltando il ritmo calzante del suo respiro e cullata dalle pulsazioni singhiozzanti del suo cuore.

Le sue parole le avevano perforato l’anima dannata, accarezzandola con il suono modulato della sua voce limpida e pura, come il suo animo, che sentiva soffiarle dolci sussurri d’amore.

Sorrise. Si, ora sapeva, comprendeva il motivo che lo spingeva a tormentarla. Non era ossessione, non era passione. Era quello sconosciuto, quel sentimento che accomunava ogni uomo e che incendiava lo spirito guerriero dei suoi compagni e che li spingeva e li rendeva più forti.

L’amore. Chiuse gli occhi, abbandonandosi alle cure di quel folle principe elfo. Che strano sentimento.

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

 

Allora??? Allora??? Vi è piaciuto, uhm??? Un capitolo all’insegna del romanticismo. Che Luthien si sia davvero innamorata di Legolas??? Chi può dirlo!!! Non perdete il prossimo cap, sicuramente, ricco di azione. Si avvicina la battaglia e anche la fine della storia, purtroppo! T-T

Beh, pazienza!!! Non è detto che vi farò sospirare ancora molto!!! Ne vedrete delle belle, in seguito, ve lo assicuro!!! Scuola permettendo, aggiornerò più in fretta!!!

Ringraziamenti a:

Fanny91: Grazie mille per aver commentato, nonostante le difficoltà!!! Bacissimi e a prestissimo, Fuffy91!!!^__^*

Ringrazio anche tutti quelli che leggono e che seguono la mia storia e che l’hanno aggiunta ai preferiti e fra le storie da ricordare!!!

Baci baci e prestissimo, Fuffy91!!!

^________________________________^****

<3<3<3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Capitolo23

Quel mattino, Frodo si ridestò con l’inconfondibile odore di brina ad invadergli le narici. Respirò profondamente, incurvando le labbra rosee in un sorriso sereno, alzando le braccia e puntellando i piedi, fasciati dalla coperta che sentiva accarezzargli le gambe, stiracchiandosi con un mugolio soddisfatto.

Solo allora, aprì gli occhi, sbattendo più volte le palpebre, per abituarsi alle prime luci del sole, i cui raggi penetravano attraverso la fenditura creata dall’apertura dell’ampia tenda, in cui lui ed i suoi compagni, avevano trascorso la notte. Nel momento in cui si levò a mezzo busto, lasciando che la coperta in pelle di cervo, scivolasse dal suo petto, fino alla sua vita, in un morbido fruscio e stropicciandosi gli occhi, ancora velati di stanchezza, avvertì la Gemma del Destino, brillare di una luce rassicurante, riscaldandolo con il suo calore, dolcemente e senza fretta.

Frodo, quasi inconsciamente, la strinse nel pugno della sua mano, avvertendola, per la prima volta, pulsare come il cuore di un pulcino. Sorpreso, la osservò sul suo palmo, lasciando che i suoi bagliori luminescenti, colpissero Sam, disteso al suo fianco e che, infastidito, mugugnò, strizzando le palpebre serrate, aprendo gli occhi ambrati di scatto, levandosi come se gli avessero gettato un secchio d’acqua fredda sul viso. Si guardò intorno, circospetto, per poi puntare lo sguardo sbalordito, sul volto del suo padrone ed in seguito, sul piccolo sassolino di diamante e cristallo, che brillava nel palmo della sua mano.

“ Brilla spesso, ultimamente.”

Costatò, sospirando affranto, Sam.

Frodo annuì, osservando la Gemma, rapito da invalicabili pensieri.

“ Si, molto spesso.”

Sam lo osservò a lungo. La preoccupazione dipingeva il suo volto bonario. Era da un po’ che Frodo gli appariva più sereno, rilassato, sorridente come molti anni, dopo l’avvento dell’Unico Anello di Sauron, non era mai stato. Questo, da un lato,  lo riempiva di gioia, ma dall’altro era fonte costante di ansietà.

La Gemma appariva come una lucciola nell’oscurità di un bosco, illuminandosi ad intermittenza, come se seguisse i battiti di un cuore. In un lampo, una scoccante consapevolezza lo raggelò. Ricambiando quasi automaticamente, il sorriso del suo padrone, non udendo le sue parole rassicuranti, mentre lo seguiva con gli occhi alzarsi e dirigersi verso la tenda, ad un tratto, il mondo sembrò gravargli sulle spalle come un peso opprimente, e quasi era tentato a richiamarlo, per arrestare il suo passo, come se fuoriuscire da quella tenda, equivalesse non rivederlo mai più.

Sam comprese che quella Gemma, quel piccolo gioiello magico, in apparenza così innocuo, stava succhiando via, dal suo migliore amico, giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, tutta l’energia vitale.

Lo illudeva, facendogli credere che la sua natura fosse buona, ma in realtà, agli occhi di Sam, sembrava più simile ad un parassita. Taras aveva detto la Gemma non era come l’Anello, che non fosse dotata di vita propria. Ma Sam aveva letto nello sguardo di Gandalf il timore quando la Gemma aveva preso vita nel palmo della mano di Frodo, quel giorno, a Gondor.

Lo stesso timore e la stessa ansia che aveva scorto nel mago, anche la sera prima, durante la cerimonia festosa delle amazzoni.

Il giovane hobbit sospirò, strofinandosi la testa con una mano, corrucciato. Pensieri frenetici affollavano la sua piccola mente, tutte concentrate sul rischio di vita del suo padrone.

“ Sam, va tutto bene?”

Si sentì richiamare alla realtà da un preoccupato Frodo, che non appena si era voltato per informarlo della loro prossima partenza, lo aveva trovato in preda ai morsi dell’agitazione, senza capirne il motivo.

Ma Sam lo tranquillizzò con un sorriso gentile, alzandosi a sua volta da sua giaciglio e dicendogli:

“ Tutto bene, Padron Frodo. Solo un po’ di mal di testa, sicuramente dovuto al vino di ieri sera.”

Cercò di sdrammatizzare. Ma il sorriso con cui lo ricambiò l’hobbit bruno, era debole. Non era riuscito a convincerlo del tutto.

“ Dimmi la verità, Sam. C’è qualcosa che ti turba, vero?”

Sam spense il suo sorriso ed abbassò lo sguardo, pensoso ed indeciso se renderlo partecipe dei suoi pensieri, oppure evitargli ulteriori affanni.

Frodo, notando la sua incertezza, si avvicinò e posò una mano sulla sua spalla, cercando di catturare i suoi occhi, improvvisamente tristi.

“ Qualunque cosa sia, non avere timore a confidarti con me. In tal caso, mi operò ad aiutarti, in qualsiasi modo.”

Sam rimase piacevolmente colpito dalle parole del suo amico, tanto da portare le sue labbra ad incurvarsi di un sorriso riconoscente, che Frodo ricambiò, ora meno teso. Era davvero fortunato, ad avere un amico come lui.

“ A dire il vero, Padron Frodo, ci sarebbe una cosa che mi angustia e di cui non riesco a liberarmi.”

Frodo annuì, serio ed attento.

“ Parla pure liberamente, Sam. Ti ascolto.”

Sam si mosse irrequieto, ma poi, preso coraggio, lasciò che le parole e tutti i suoi dubbi prendessero vita e fuoriuscissero dalle sue labbra, senza alcun freno.

“ Ecco…so che forse vi arrabbierete, ma io…devo dirvelo. È la Gemma, Padron Frodo. Ho timore che vi stia facendo del male, senza che voi ne siate cosciente.”

Frodo abbassò il capo al suolo, per poi sorridere ed osservarlo comprensivo e sereno.

“ Lo so, Sam, lo credo anch’io.”

Sam strabuzzò gli occhi, calmando il suo affanno, dovuto all’agitazione di quella confessione che, ne era convinto, avrebbe potuto scatenare una lite fra lui e Frodo. Credeva che si sarebbe rabbuiato e che avrebbe cercato di convincerlo che non era vero, che andava tutto bene, che la Gemma del Destino era diversa dall’Anello, che leniva le sue ferite, causate dall’oblio che il gioiello malvagio del Signore Oscuro aveva causato nella sua anima…di certo non si aspettava quella placida accondiscendenza.

“ Davvero? Lo credete anche voi?”

Frodo annuì, per poi sospirare e mormorare:

“ Ah, Sam! Mio caro Sam!”

Si sedette sul giaciglio, e Sam lo seguì, ancora sbigottito.

“ Sono perfettamente cosciente che la Gemma si sta impadronendo, a poco a poco, della mia essenza. Ed in fondo, non posso nemmeno fargliene una colpa. È questa la sua vera natura. La consapevolezza si è fatta strada dentro di me, da molto tempo, ormai.”

“ E, pur sapendolo, non volete rinunciare?”

Frodo scosse la testa, in segno di diniego, e Sam alzò gli occhi al cielo, esasperato.

“ Ma, Padron Frodo, non potete lasciare che accada di nuovo. Che un altro gioiello magico, si impadronisca di voi. Io…”

Disse, alzandosi e dandogli le spalle. Frodo lo osservò, sorridendo tranquillo. Ormai, qualsiasi cosa gli avesse detto, non sarebbe tornato sui suoi passi. Aveva deciso.

“ Io non ve lo permetterò! È troppo rischioso. Non sappiamo cos’altro potrebbe farvi Venia, nel momento cruciale della battaglia. E poi, anche se riuscisse a porre la Gemma nella Nicchia di Luce, e se questa riuscisse a purificare la Signora dell’Oscurità, che cosa succederà a voi, Padron Frodo?”

Lo osservò animato. Frodo, puntando lo sguardo limpido sulla Gemma, che brillava dolcemente nella sua mano, disse placido ma deciso.

“ Non ha importanza, Sam, cosa mi capiterà.”

“ Non ha importanza!? Ma, Padron Frodo…”

Esclamò indignato e sorpreso, allo stesso tempo, Sam, avvicinandosi a lui, nuovamente, e risedendosi al suo fianco.

“ Per tutti i troll, Padron Frodo! È la vostra vita, di cui stiamo parlando!”

“ Lo so, Sam. Ma…”

Aggiunse, prima che potesse investirlo con altre parole, per lui, ora, superflue.

“ Ho già rischiato la mia vita, Sam, in un’altra occasione, in un'altra guerra. Cambiano i nemici, cambiano i luoghi, ma il movente è sempre lo stesso, ciò che ci spinge a lottare, lottare, lottare senza sosta, finché l’ultima goccia di energia, defluisca dal nostro corpo.”

Si voltò verso Sam, per poi continuare:

“ Difendere il buono che c’è in questo mondo, Sam. Come tu stesso mi dicesti, quando ormai la disperazione e l’angoscia aveva schiacciato ogni mia speranza.”

Sam trasalì a quelle parole, e Frodo gli sorrise, circondandogli le spalle con un braccio.

“ Perciò, non posso arrendermi Sam. Non posso permettermelo, non ora né mai. Non posso e non voglio. Ma voglio aiutare Aragorn, Gandalf, Taras e tutti gli altri a sconfiggere il male. Voglio far continuare a sorridere la principessa Herion e concederle di correre liberamente, nei prati di Bosco Bianco. Voglio che i regni di Holmes, Ruer e Murnirm, siano liberi di pensare ad un futuro senza ombre. Voglio che Arwen veda Aragorn ritornare da lei, sano ed incolume. Voglio vedere Gimli scambiarsi battute taglienti con Legolas. Voglio che Gandalf ritorni a farci visita nella Contea, e a vivere tante altre avventure. Voglio che Will inviti Romilda a ballare con lui. Voglio vedere Merry e Pipino ritornare alla Contea e prendersi in giro, mentre fumano erba-pipa a volontà.”

Concluse, osservandolo e scontrando la fronte con la sua:

“ Ed infine, voglio vedere te, Samvige Gaingie, ritornare da Rosy, godere delle risate dei tuoi figli e piantare nel mio giardino tutti i fiori che più ti aggradano.”

Sam rise a quelle parole e staccatosi da lui, con lo stesso brillio di consapevolezza che vedeva risplendere negli occhi di Frodo, afferrò la sua spalla e gli promise:

“ Anch’io, allora, voglio restare al vostro fianco, Padron Frodo, fino alla fine, come sempre. E desidero, vedervi tornare con noi alla Contea e costruire un futuro in pace, senza alcuna malvagità a minacciarvi.”

Frodo gli sorrise, riconoscente.

“ Grazie, Sam.”

Fu proprio quando Sam ricambiò il suo sorriso, che Aragorn fece la sua entrata nella tenda. Li osservò e se comprese il motivo dei loro discorsi, non lo rivelò mai.

“ Frodo, Sam. È ora. Dobbiamo partire.”

****

“ Raggiungeremo Murnirm. E da lì, poi, ci imbarcheremo verso il regno di Venia: Isidras.”

Disse Taras, a Vanesia, che annuì, per poi comunicare le loro intenzioni alle sue sorelle Amazzoni, già, come lei del resto, in groppa ai loro rispettivi destrieri, armate e pronte a partire. Tra di loro c’era anche Romilda, a cui Will inviò un bacio, causandole un gesto di esasperazione, che causò una sua risata fragorosa.

“ Taras, hai detto, che ci imbarcheremo.”

Gli chiese Frodo, già posto dietro Aragorn.

“ Isidras è un’isola. Dovremmo raggiungerla per via mare.”

Lo informò il tenace Taras.

“ Sir Orfin ha delle navi capaci di contenere gli eserciti di Ruer, Holmes, Murnirm, quelli delle Amazzoni e degli Yorias?”

Gli chiese calmo Aragorn, che spronò il suo cavallo scalpitante.

“ Si. A detta di Edward, Orfin possiede tre vasti galeoni da guerra, che usa durante le lotte contro i mercenari.”

“ Tre non basteranno a contenerli tutti.”

Disse Gandalf, affiancandoli, in groppa al suo Ombro Manto, più bello e lucente che mai, ai raggi del sole.

“ Ce ne servirà almeno un altro, per riuscire a trasportare più di centomila uomini e donne…” aggiunse, ad un accenno indispettito di Oleandro che sorrise, per poi affiancare la sua regina:

“ …ad Isidras.”

Concluse il mago, nel momento in cui Will si unì a loro.

“ Magari Edward, Rayon o lo stesso Orfin, ci avranno già pensato, durante la nostra assenza.”

“ Lo spero vivamente.”

Sussurrò Gandalf, per poi riscuotersi e galoppare verso la base della vallata.

“ Forza, allora. In marcia verso il regno di Murnirm. Se partiamo ora, saremmo lì all’alba del secondo giorno.”

Gimli, in groppa al cavallo di Legolas, con l’elfo che stringeva le redini, sbuffò amareggiato.

“ Ci toccherà cavalcare senza alcuna sosta, trascurando il rifocillamento ed il riposo.”

Borbottò il figlio di Gloin, facendo sorgere un sorriso involontario sulle labbra di Legolas.

“ Come disse qualcuno, Gimli: sono i cavalli che corrono, non noi.”

Luthien si voltò nella sua direzione e ricambiò il suo sorriso, con uno lieve ma sincero, per poi raggiungere i cavalli di Taras e Will, frapponendosi fra i due.

“ Beh, non hai tutti i torti.”

Disse Gimli, facendogli nascere un nuovo sorriso, il cuore addolcito dallo sguardo più morbido e luminoso della sua amata. Solo la notte precedente, le aveva confessato il suo amore. Lei non aveva risposto, ma non lo aveva nemmeno respinto, né aveva rifiutato le sue attenzioni né si era dimenata, risentita, nella stretta tra le sue braccia.

Ora, doveva essere paziente e concederle il suo tempo. Doveva prima imparare ad amare sé stessa, ed in seguito, concedergli di varcare le porte del suo cuore.

Si sentiva pervaso di una nuova energia e non gli sarebbe dispiaciuto inaugurare un’altra gara con Gimli, che gli stava intimando di muoversi a raggiungere gli altri, già partiti verso la loro meta.

Intanto, mentre il vento fischiava tra le orecchie, per via della corsa incessante, udendo i nitriti e rumore roboante degli zoccoli dei cavalli, che tastavano con violenza il suolo erboso, Frodo strinse la Gemma del Destino luminescente al suo petto, lo sguardo lontano, prima di incontrare quello di Sam, aggrappato alla schiena di Luthien, che annuì sorridendogli.

Si, si ritrovò a pensare, stringendo ancora di più la presa sulla Gemma, che sembrò battere d’impazienza e speranza come il suo cuore, sarebbe andato tutto bene.

Isidras sarebbe stato l’ultimo atto in cui si sarebbe disputata la resa dei conti. Vincere o perire. Frodo avrebbe fatto di tutto per portare a termine la sua e la battaglia di tutto il mondo, contro il male. Ora e per sempre.

****

Come previsto da Gandalf, giunsero a Murnirm all’alba del secondo giorno dalla loro partenza da Marzia. Gli abitanti della città, osservarono sbigottiti le tribù delle Amazzoni e degli Yorias, attraversare le ore strade, correndo incessantemente, fino ad arrestarsi definitivamente, nell’ampio cortile della fortezza, dove i loro soldati e quelli di Holmes e Ruer, era in fermento per ultimare i preparativi per il viaggio verso Isidras.

Venne loro incontro il principe Varen, sorridente più che mai.

“ Siete tornati. È una gioia rivedervi.”

Disse, abbracciando Aragorn e stringendo la mano di Taras, entusiasta.

“ Finalmente, siete arrivati. Orfin era diventato così impaziente, da minacciare di partire senza di voi.”

Disse il re di Ruer, Sir Rayon, i capelli biondo cenere, resi bianchi alla luce tenue del primo sole.

“ Fortuna che siete giunti, giusto il tempo per rendervi partecipe di un nostro problema.”

Gandalf sospirò alle parole di Sir Edward, mentre Varen e Rayon facevano la conoscenza di Vanesia e Yoria. La prima sorridente e fiera, l’altro deciso e sbrigativo.

“ Immagino, che il problema di cui parlate, sia la mancanza di mezzi.”

Edward strinse le sue labbra rosse e i suoi occhi dorati brillarono di frustrazione.

“ Si. Ah, maledizione! Proprio ora che eravamo ad un passo per disputare la battaglia definitiva contro la Dama delle Tenebre.”

Disse, indignato.

“ Potremmo costruire un’altra nave, se è questo che vi occorre.”

Si offrì Yoria, ottenendo un conferma di aiuto in Romilda, che otttenne.

Ma Aragorn soppresse la loro azione sul nascere.

“ No, occorrerebbe troppo tempo. Dobbiamo agire in fretta, per non evitare l’effetto sorpresa in Venia. Di certo non si aspetterà un’unione tra Yorias ed Amazzoni.”

“ Aragorn ha ragione.”

Disse Rayon.

“ Si, ma allora cosa proponete di fare? Non ci rimane altro modo, al momento.”

Disse Will, smontando dal suo cavallo ed affiancandosi a Taras e Luthien, intenta a giocare con i suoi capelli. Frodo si arrovellava per cercare un soluzione alternativa, ma all’improvviso, scorse in lontananza, fra i lavori dei soldati, Sir Orfin procedere a grandi passi verso il loro gruppo, più infuriato e sdegnoso, che entusiasta come il figlio ereditario, prima di lui, seguito da sua figlia, Dama Molis, i capelli raccolti in boccoli ordinati e biondo ramato, abbaglianti alla luce del nuovo dì, come l’azzurro intenso del suo elegante vestito.

A mano che si avvicinavano, Frodo riuscì a captare i loro discorsi.

“ Padre, vi prego, vi invito a ragionare. È l’unica soluzione possibile.”

Diceva lei, cercando di affiancarlo.

“ No, no, e ancora, no! Non permetterò mai che mia figlia scenda a patti con un delinquente, un furfante, un intrigante, uno scellerato, un fuorilegge, un…”

“ Un bravo uomo!”

Esclamò lei, arrestandosi di scatto e scrutandolo risentita, i pugni chiusi e le braccia tese lungo i fianchi.

Orfin si arrestò di scatto, voltandosi sorpreso dalla sua reazione. Evidentemente, non aveva mai visto la sua dolce figliola rivoltarglisi contro così, data la sua espressione sbalordita, sottolineata dagli occhi color acquamarina sbarrati e le labbra tremolanti socchiuse.

Romilda e Vanesia la guardarono con interesse, sorridendosi a vicenda e a Frodo parve di sentire la prima mormorare:

“ Però, che caratterino ha la principessina.”

“ Molis, cara, ti prego. Cerca di ragionare. È un mercenario della peggior specie. Io, non posso permettere che…ho delle responsabilità verso il mio popolo…non posso metterlo in pericolo, io…”

Ma Molis era irremovibile. Rimase in quella posizione autoritaria, quasi senza respirare, fino a quando non disse:

“ Lui verrà. Me l’ha promesso. Ci aiuterà. Non ha nulla da perdere. In fondo, la guerra contro Venia interessa anche lui.”

Insistette Molis, ma Frodo non riuscì a capire a quale lui si riferisse.

Orfin sbuffò, borbottando:

“ So io, che cosa interessa a quel manigoldo libertino.”

Molis rilassò le membra del suo corpo, per poi rivolgersi al re di Ruer, che la accolse tra le sue braccia, come se fosse un’altra delle sue figlie.

“ Ti prego, Rayon. Cerca di convincerlo tu, che è la cosa migliore per tutti.”

Lo pregò, gli occhi castani e grandi pieni di commozione, che minacciò di sciogliere il cuore troppo tenero del sovrano di Murnirm, che temporeggiò indeciso.

Sir Rayon sorrise alla principessa.

“ Ti aiuterei volentieri, dolce Molis, se solo sapessi a cosa ti riferisci.”

“ Per la nave in più che vi occorre. Devis ha promesso che sarebbe accorso a  Murnirm, per rederci il suo utile apporto.”

Rayon osservò prima Edward e poi Aragorn, che chiese gentile alla principessa, anche se la sua voce profonda, trapelava una nota di entusiasmo.

“ Chi è Devis, mia signora?”

Molis puntò il suo sguardo sul re di Gondir, per poi sorridere amabilmente.

“ E’ il mio migliore amico. Mi ha salvato da morte certa, cinque anni or sono. E da allora, le sono stata sempre riconoscente.”

A quelle parole, seguì un nuovo sbuffo del re.

“ Non esageriamo. Per aver ucciso un paio di orchi. Non vedo una riconoscenza eccessiva, in questo.”

Molis lo trucidò con lo sguardo.

“ E’ un bravo uomo. E ha salvato la vita di vostra figlia.”

“ Ha ragione padre.”

Disse Varen, scoccando nuovamente Orfin, che li guardò entrambi come se non li riconoscesse.

“ Oh, ma bene! Messo alle strette da entrambi i miei figli. È una cosa inammissibile! Io,  Sir Orfin, sovrano di Murnirm, chiedere aiuto a un…un…”

“ Se non c’è altra via, io approverei di buon grado la soluzione di Molis. Semplice e vantaggiosa.”

Approvò Rayon, ammiccando verso Molis, che mimò con le labbra un “ grazie” riconoscente.

“ Anch’io, se fossi in lei Sir Orfin, non la sdegnerei.”

Concluse Gandalf, appoggiandosi al suo bastone, sorridendo alla principessa, che ricambiò imbarazzata.

Ad un tratto, seguita la capitolazione di Sir Orfin, un soldato accorse trafelato. Portava un’armatura verde smeraldo, con un leone ed un serpente sul davanti, che si davano battaglia. Era uno degli eserciti di Murnirm.

“ Mio signore!”

Urlava, prima di giungere al cospetto del suo re, fermandosi affannato.

“ Mio signore…una nave, mio signore, …al porto, è attraccata…ha vele nere…mio signore, e sulla prua la testa di un leone.”

Lo informò, con relativo sforzo. A quelle parole, le guance di Molis si accesero di un rossore di piacere, sorridendo felice e luminosa.

“ E’ lui! E’ Devis! Solo lui ha una nave con un leone inciso nel legno della prua.”

Detto questo, corse lungo le pendici del monte ad est, seguita da suo padre e dal resto della compagnia, mentre gli Yoria e le Amazzoni avevano preferito unirsi ai soldati dei rispettivi regni, per affrettare la partenza.

“ Molis! Molis, aspetta! Oh, ma dove è andata!”

Disse Sir Orfin, arrivato ai piedi del porto, le cui entrate erano scolpite nella roccia. Frodo e Sam si meravigliarono nello scorgere tre grandi navi in legno di frassino, molto più simili a galeoni, riempire quasi interamente lo spazio. Ma grande fu il loro stupore nell’intravedere un’imponente nave con vele nere, con assi del colore della terracotta e le fauci spalancate della testa di un leone, che si confondeva con la prua.

Ai piedi del porto, con la spuma del mare che si infrangeva lungo gli scogli, il vento ricolmo di salsedine a smuoverle i capelli e la veste, c’era Molis, mentre in piedi, sul parapetto della nave, afferrato ad una cima, c’era un giovane vestito con abiti semplici, camicia bianca sbottonata ad intravedere il petto abbronzato, pantaloni di cuoio marroni, capelli neri più del carbone, lunghi, ondulati e lasciati sciolti sulle spalle, occhi anch’essi neri, ma brillanti di malizia.

Con un sorriso abbagliante, investì Molis, che ricambiò dolce, nonostante il rossore diffuso sulle sue guance.

“ Salve, principessa.”

 

 

Angolo dell’autrice.

Salve a tutti!!! Scusate il ritardo immenso, ma tra uno studio e l’altro, sono riuscita a regalarvi solo questo capitolo!!! Mi scuso umilmente per l’immenso ritardo! Vedrò di rimediare in seguito!!!

Ma ora, passiamo ai

Ringraziamenti a…

LadyElizabeth: Non preoccuparti!!! Grazie mille per i tuoi commenti!! Sei dolcissima e cara, come sempre!!! Vedrò di farlo presente a Legolas, che sei disponibile anche se, come hai letto, è sempre più preso dalla misteriosa Luthien!! Sarà dura fargli cambiare idea!XD Vanesia e Yoria sono personaggi fieri e temerari che mi riempiono di orgoglio, mentre con Romilda e Will c’è sempre da ridere e scherzare, anche nei momenti più calienti!XD Spero ti sia piaciuto anche questo nuovo capitolo, e che mi seguirai anche in seguito!! Baci baci e grazie mille ancora, Fuffy91!!^__^*

Elizabeth Black: Accidenti, Fanny, mi piace troppo il tuo nuovo nick!! È così…Black!!!XD

Allora, che mi dici?? Ti è piaciuto questo nuovo cap??? Spero di si!!! Grazie mille per i tuoi immancabili commenti!!! Sei sempre carina e divertentissima!!! Quel “pezzo di elfo “ di Legolas sarà più fortunato, vedrai, vedrai!!! Ma non ti dico più nulla, altrimenti mi sbilancio!!!XD A prestissimo, allora!!! Baci baci, Fuffy91!!^__^*

Inoltre, ringrazio tutti quelli che leggono, che seguono, che hanno messo questa storia tra i preferiti e le storie da ricordare!!!

Baci baci a tutti voi!!! Fuffy91!!!

^________________________________________^***

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24

“ Salve, principessa.”

La salutò il mercenario, con un sorriso abbagliante ad incantarla. Molis, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro, arrossì al suono della voce profonda del giovane uomo, per poi compiere qualche passo verso di lui, esclamando, entusiasta:

“ Sei venuto! Ne ero sicura!”

Si arrestò, quando lo vide, con l’uso della cima, saltare dal parapetto ed atterrare agile a pochi millimetri da lei, che arretrò di riflesso, ancora sorridente, la mano destra stretta debolmente a pugno, posta sul petto, in prossimità del cuore, quasi a volerne placare i battiti, dovuto alla sua azione improvvisa .

“ Beh…avrei potuto mai negare aiuto ad una bella fanciulla?”

Disse Devis, studiandola con interesse, da capo a piedi. Ma Molis non sembrò farci caso, ridendo a quelle parole ironiche.

“ Non scherzare. Comunque, giungi proprio a pennello. Stavamo giusto parlando di te.”

Devis inarcò un sopracciglio scuro, sorridendo di sbieco.

“ Ah, si? Spero siano stati discorsi interessanti.”

Disse, mentre Sir Orfin era preda ad eccesso di collera, sottolineato da tremori diffusi in tutto il suo corpo e dai pugni chiusi lungo i fianchi. Forse, non gradiva l’estrema vicinanza fra la principessa ed il bandito, che, al contrario, aveva tutta l’aria di trovarsi a proprio agio in quella tesa situazione.

Molis fu preda di un nuovo risolino divertito, per poi, in uno slancio di complicità, prenderlo per mano, e trascinarlo verso il loro gruppetto. Sir Orfin sussultò al contatto fra i due giovani, stringendo i denti e serrando le labbra, indispettito.

“ Su, vieni. Vorrei presentarti gli amici di mio padre. Tra di loro, ci sono anche Sir Edward e Sir Rayon, sovrani, rispettivamente, di Holmes e Ruer. Poi, c’è Sire Aragorn, re di Gondor, e…”

“ Aragorn? L’erede di Isildur? Colui che è ritornato ad occupare il trono di Gondor, alla caduta dell’Oscuro Signore di Mordor?”

Chiese stupito Devis, mentre si arrestava, con ancora la mano destra, grande ed abbronzata, imprigionata in quella più piccola, bianca e delicata di Molis, che lo osservò prima confusa per poi sorridere serena.

“ Si, esatto. Sei molto informato.”

Devis si crucciò a quelle parole, lo sguardo scuro pensieroso.

“ Si. Dovevo partecipare anch’io a quella lotta, unendomi agli eserciti di Mordor.”

Molis si distaccò a quelle parole, pronunciate dall’uomo in modo quasi svogliato o indifferente, arretrando, come scottata, un’espressione di incredulità e paura sul suo volto a cuore.

“ Ma tu, non lo hai fatto, vero? Non ti sei unito a lui.”

Chiese, quasi tremante.

Devis la osservò impassibile, per poi incurvare le labbra in un sorriso enigmatico, ed avvicinarsi a lei, che non si scostò, piegandosi per accostare le labbra al suo orecchio destro.

“ E chi lo sa? Forse si o forse no.”

Mormorò, in modo che tutti potessero sentire, sfiorandole la punta dei lunghi capelli con le dita, in un gesto delicato, che irritò maggiormente il re di Murnirm, che si mosse agitato.

A quelle parole, seguirono risate scroscianti, provenienti dalla nave, dove vi erano un gruppo eterogeneo di mercenari. Tra di loro, si distingueva un uomo alto, con il petto scoperto, ampio e muscoloso, le braccia incrociate e l’espressione del viso seria, a differenza dei suoi compagni, che continuavano a sorridere, divertiti, sorrisi a cui si unì quello di Devis, che si allontanò da Molis, che lo guardava rammaricata, con una carezza sulla guancia e che scendeva sul collo e sulle spalle, a mano a mano che si allontanava.

“ Ehi, capitano! La principessina è rimasta di stucco!”

E da qui nuove risate.

“ Già! Non si fa così, capitano! Le spezzate il cuoricino tenero!”

Disse un altro marinaio, affacciato maggiormente al parapetto della nave, con le mano penzoloni e il sorriso giallastro dai denti sbilenchi, causando altre fragorose risate.

“ Tenero?! Diciamo pure ingenuo!”

Disse un altro, ridendo ancora più forte.

Molis divenne rossa d’imbarazzo e risentimento, cominciando a correre verso suo padre, che aveva sguainato la sua spada, con le labbra spalancate, pronte a pronunciare una minaccia, ma si bloccò alla vista di Devis che afferrava il polso di Molis e sguainando la sua di spada, puntandola sul suo equipaggio, che ammutolì all’istante.

“ Silenzio. Ora basta. Mi state irritando. Ritornate ai vostri doveri.”

Sibilò minaccioso, e a quell’implicita minaccia, i suoi compagni arretrarono, chi sbuffando, chi borbottando, chi preferendo dileguarsi silenziosamente, come l’uomo bruno, alto e massiccio che aveva colpito la curiosità di Frodo, che arretrò sorridendo a Devis, il quale ripose la sua spada, ricambiando con un cenno, mentre lo sentiva esclamare deciso e con tono forte:

“ Avete sentito il capitano? Poche chiacchiere e ai vostri posti! Stiamo per ripartire!”

Molis, a quelle parole, strabuzzò gli occhi, lasciando che Devis liberasse il polso dalla morsa della sua mano.

“ Parti? Ma allora, non hai intenzione di aiutarci. Ti sei burlato di me, deliberatamente.”

Gli disse, con un tono accusatorio, accigliata e con un rossore di risentimento ad imporporarle il viso.

Devis si voltò, incatenando i suoi occhi scuri in quelli luccicanti di castano di Molis, una maschera imperturbabile sembrava ricoprire il suo volto di uomo. Il vento soffiò ancora, investendoli come statue abbigliate, colmando il silenzio frappostosi fra i due.

L’atmosfera glaciale venne rotta da Devis che portò lo sguardo al suolo di pietra, per poi sorridere e venir scosso da una risata sommessa, che scatenò confusione sul volto fin troppo serio della principessa di Murnirm.

Si avvicinò con passi misurati a lei, per poi arrestarsi a pochi centimetri dalla sua esile figura, sorridendole ancora pacato, sussurrandole:

“ Vuoi venire con me?”

Molis sbarrò i grandi occhi a quella richiesta, arretrando di qualche passo, torcendosi le mani intrecciate, in un moto di nervosismo ed imbarazzo insieme.

“ Non…non è per questo che ti ho chiesto di approdare a Murnirm.”

“ Ah, no?”

Chiese lui, divertito dall’impaccio della ragazza, mordendosi il labbro inferiore, sorridendo malandrino.

“ Certo che no!”

Esclamò lei, voltandosi verso suo padre, suo fratello ed i membri della Compagnia della Gemma, che Frodo sentì brillare indistintamente, in attesa, come lui del resto, della prossima mossa della principessa, che si voltò nuovamente verso il suo interlocutore, che continuava a sorriderle divertito, le gambe divaricate e le braccia incrociate mollemente al petto.

“ Ti ho chiesto di venire, perché credevo, scioccamente, che avresti accettato di aiutare mio padre, mio fratello e i loro alleati a raggiungere Isidras.”

“ Isidras?”

Si sentì elevare una voce sul galeone di Devis, che non si voltò né si mosse quando un omino piccolo e magro, coperto unicamente da logori calzoni di pelle di daino, precipitò dalla vedetta della nave, attaccato ad una cima, dondolando a testa in giù accanto al suo capitano. La barba, poco curata, folta e lunga fino all’inizio del petto, le copriva metà viso, scavato e bronzo di sole.

“ Con tutto il rispetto di sua signoria, deve essere pazza per credere che il nostro giudizioso e responsabile capitano, ci conduca dritti dritti alla tana di Venia.”

Il timbro della voce del marinaio, era gentile e cordiale, nonostante avesse offeso Molis, che non si turbò e si rivolse direttamente a Devis, che ora osservava imperturbabile, con solo un sopracciglio arcuato, il suo mingherlino compagno, che gli sorrise amichevole e quasi complice.

“ Devis…abbiamo bisogno del tuo contributo. Mio padre, il re di Murnirm, ha a disposizione solamente due navi da asporto. I nostri eserciti, uniti a quelli di Holmes e Ruer, sono composti da più di un milione di valorosi soldati.”

“ Già, senza contare le Amazzoni e gli Yorias.”

Aggiunse Pipino, quasi fra sé e sé, guadagnandosi una gomitata da Merry, che soffocò ogni sua protesta con uno sguardo truce.

“ Le Amazzoni?!”

Ora il mercenario dondolante, sembrava molto impensierito e spaventato, tanto che si rivolse al suo capitano, tremante ed ansioso.

“ Capitano, quelle sono delle selvagge indemoniate. L’ultima volta che abbiamo oltrepassato le loro terre via mare, stavano quasi per spellarci. E non siamo nemmeno scesi a terra! Che succederebbe se le trasportassimo sulla nostra nave?”

Deglutì rumorosamente.

“ Non oso immaginarlo.”

Devis lo guardò esasperato, mentre, con un gesto teatrale, il compagno si accarezzava la nuca ed il collo.

“ Non sarete voi a trasportarle. Sarà un altro vascello ad ospitarle, insieme agli Yorias.”

Disse Sir Edward, guadagnandosi un’occhiata incredula da parte di Devis.

“ Amazzoni e Yorias insieme?! Quasi impensabile…”

Disse Devis, per poi scrutare Sir Orfin, che ricambiò il suo sguardo rigido e freddo.

“ Eppure possibile.”

 Continuò il giovane sorridendo, per poi rivolgersi alla Compagnia, osservando direttamente Gandalf.

“ Ditemi: siete stati voi a compiere il miracolo?”

Chiese incredulo. Gandalf gli sorrise pacato.

“ Diciamo piuttosto che sono state le circostanze a condurre l’alleanza. Come saprete, Venia, la Signora delle Tenebre, desidera ardentemente un oggetto che noi custodiamo. Un oggetto, che porterà alla sua rovina, se usato con giuste intenzioni. La solidarietà che ha unito le due tribù, rivali da sempre, è stato solo il desiderio comune di sconfiggerla. Ora ditemi, Capitan Devis: voi, quale parte, scegliete di affiancare?”

Gli chiese solenne Gandalf, osservando intensamente il giovane capitano, che sostenne il suo sguardo, come quello dei presenti restanti, per poi posarlo sulla figura di Molis, che gli sorrise.

Devis ricambiò quel dolce sorriso, per poi rivolgersi alla principessa.

“ Perché hai questa straordinaria qualità di mettermi in queste difficili situazioni?”

Le chiese, sussurrando e sospirando insieme. Molis rise delle sue parole, e al suo sorriso si unì quello di Devis e quello di Gandalf, che osservò la scena ridendo sommessamente e passandosi il bastone immacolato, da una mano ad un’altra.

“ E’ un’ingiustizia bella e buona. Uno viene qui, dopo un lungo viaggio, credendo, sperando che una bella principessa voli fra le sue braccia, e invece, ahimé, quella stessa principessa gli chiede di andare a morire.”

Disse Devis, in tono plateale.

“ No, non è vero. Io non ti sto chiedendo di sacrificarti.”

Si sentì in dovere di giustificarsi Molis, facendo sorridere Devis.

“ Dedalus?”

Si rivolse, con aria cospiratrice, al marinaio ancora penzolante a testa in giù e posto al suo fianco.

“ Si, capitano?”

“ Secondo te, credi che mi stessi riferendo a lei?”

Dedalus soppesò con lo sguardo Molis, per poi oscillare verso il suo padrone, aggrapparsi alla sua spalla e bisbigliargli all’orecchio, con un tono di voce facilmente udibile.

“ Beh, non è da buttare, però ne ho visto di donne più belle, capitano. E poi, a pensarci bene, sembra un po’ troppo mingherlina e non si può dire nemmeno che sia tanto formosa.”

Molis si portò le braccia al petto, arrossendo.

“ Questo è troppo! Ho sopportato abbastanza, mi sembra. Ora è il momento di agire!”

Esclamò infuriato Orfin, sguainando la sua spada e correndo verso Devis, che sorrise, scostando, con una mano sul viso, il suo compagno che, emettendo un verso euforico, si arrampicò veloce, come un ragno sul proprio filo, sulla cima e si rifugiò in vedetta.

Devis, intanto, sguainò la sua spada e incrociò la sua lama con quella del re, che, nonostante le proteste della figlia, preoccupata, continuò a combattere.

“ Ecco! Lo sapevo che saremmo giunti a questo, Sir Orfin. Mi chiedevo quando avreste cercato una scusa per attaccarmi. Vedevo che fremavate e ho visto che con gioia, avete sguainato la vostra spada, incrociandola con la mia. Ammettetelo…”

Disse con tono schietto ed adulante, aggiungendo accattivante:

“ Vi sono mancato, vero?”

Gli chiese quando, con una giravolta ed in ginocchio, aveva evitato che il re di Murnirm lo colpisse al fianco.

“ Sciocchezze!”

Esclamò adirato ed indignato Orfin, sciogliendosi dalla presa della lama di Devis, che si alzò in piedi, sorridente e quasi divertito dalla situazione. Molis era sempre più in ansia.

“ Dovresti avere più rispetto dei reali, ragazzo.”

Gli disse il re, girandogli intorno seguito dal giovane, che si mosse con lui, come a formare un cerchio perfetto ed immaginario.

“ Oh, ho molto rispetto signore.”

Disse serio ed annuendo solennemente, per poi ammiccare verso Molis.

“ E ho una vera e propria adorazione per le principesse.”

Orfin sbuffò per poi decidersi a rompere il loro moto continuo ed attaccarlo nuovamente, incrociando le loro lame e spingendolo verso il fianco destro del molo, contro la parete rocciosa della scogliera.

“ Ah, si? Ti consiglio di liberarti presto da questo tipo di adorazione.”

Ogni parola accompagnava una scoccata decisa, che finiva solo per infilzare la parete, provocando una nebbiolina densa di polvere, ad ogni pietra scalfita. Devis era molto agile, e riusciva ad evitare ogni attacco. Al momento, sembrava rimanere sulla difensiva, divertito dall’affannarsi del re.

“ Se fosse per me, potresti anche salpare senza guardarti indietro. Abbiamo uomini a sufficienza per costruire un’altra nave in breve tempo.”

Disse sbrigativo Orfin, cercando di disarmarlo, ma senza successo, visto che Devis, con un salto degno di un acrobata, lo sorpassò e gli pizzicò il centro della schiena con la punta della spada, facendolo voltare repentino e, sbuffando contrariato in risposta al suo sorriso divertito, attaccò nuovamente.

“ Ci sa fare, il ragazzo. Non c’è che dire. Orfin non è un avversario facile, come poterebbe sembrare.”

Commentò Sir Rayon, rivolgendosi a Sir Edward e ad Aragorn, che annuì ed aggiunse:

“ Si. Ha destrezza con la lama.”

“ Ah, io saprei fare di meglio.”

Disse Will, impugnando, con leggerezza e senza sfoderarle, le sue leggendarie spade del drago Amlack, che si infuocarono nella sua stretta, senza ferirlo. Luthien arcuò un sopracciglio, scettica.

“ Si, non ne dubitiamo. Del resto, sei un campione di egocentrismo.”

Aggiunse placida, mentre Will rispondeva alle sue ironiche parole con un sospiro e una risata rassegnata, senza aggiungere altro. Legolas, testimone della scena, rise dolcemente.

Intanto, Devis si era avvicinato a Molis e, con un sorriso, la imprigionò tra le sue braccia, ponendosi dietro di lei e solleticandole la gola , con la lama affilata della sua sottile spada. Molis trasalì ma non si ribellò a quel brusco gesto.

Sir Orfin, al contrario, aprì e chiuse la bocca, emettendo un labile “no” di diniego, abbassando di poco la sua spada.

“ Lasciala subito, manigoldo! Cosa intendi fare?”

Devis scrollò le spalle, sorridendo.

“ Nulla. Faccio semplicemente il mio lavoro.”

Disse ironico, infrangendo la sua risata sull’orecchio destro di Molis, che, a malincuore, venne contagiata dal suo sorriso. Orfin sembrava scioccato ed insieme adirato.

“ Vi dispiace se la rapisco?”

Orfin sussultò ed imprecò minaccioso.

“ Non oserai…”

“ Andiamo, Sir Orfin. Vi risulta che c’è qualcosa che non farei?”

Orfin si spazientì e si avvicinò di un passo, agitando la sua arma.

“ Devis. Ora basta. Non è il momento di giocare.”

Lo rimproverò garbatamente e per nulla turbata Molis, che si voltò di poco verso il suo viso, appoggiando il capo sul suo petto. Devis la guardò intensamente, per poi sussurrarle sorridendo.

“ Si, lo so. Ma non riesco a resistere.”

Molis sorrise e rise debolmente, mentre Devis abbassava di poco la sua lama. Orfin osservava la scena adirato e contrariato.

La principessa sollevò la mano destra e la posò sulla guancia leggermente ispida del mercenario, che si rilassò alla sua gentile carezza.

“ Allora? Non hai risposto ancora alla domanda del mago bianco. Ci aiuterai a sconfiggere Venia?”

Devis sospirò e volse lo sguardo altrove, voltando il viso e baciando lieve il palmo della sua mano.

In seguito, dopo lunghi ma brevi attimi di attesa e di riflessione, conficcò la spada nel terreno roccioso con un sorriso, cingendola ancora a sé e dicendole:

“ E sia. Mi hai convinto.”

Molis sorrise entusiasta del suo consenso.

“ A patto però, che accetti questo…”

Continuò lui, legandole qualcosa intorno al collo, che Frodo identificò come un gioiello, una catenina d’oro e con un unico smeraldo come ciondolo.

“ Oh, Devis. E’ bellissimo, grazie, ma non posso accettare.”

Devis zittì la sua protesta, ponendole due dita sulle labbra dischiuse, accarezzandole dolcemente, per poi sorridere e cullarla fra le sue braccia, accarezzandole i fianchi e lo stomaco e sussurrarle fra i capelli.

“ E se, alla fine dell’impresa, mi darai un bel premio.”

Molis sorrise, quasi come se si aspettasse una richiesta simile e, coprendo la sua mano destra, con le sue, si voltò verso di lui, e gli disse.

“ Va bene, accetto. Cosa desideri, in cambio del tuo aiuto?”

Devis, da abile mercenario, sorrise e si morse il labbro inferiore, per poi bisbigliarle all’orecchio destro.

“ Un bacio.”

A quel punto, Orfin divenne paonazzo ed avvicinandosi alla coppia ancora intrecciata, prese per il bavero della camicia Devis e lo strattonò con forza a pochi millimetri dal suo viso.

“ Se tu credi, di poter venire qui, a dettar legge e a proporre accordi subdoli, approfittando della gentilezza e dell’ingenuità di mia figlia, io…”

“ Suvvia, Sir Ordin, non è il caso di agitarsi tanto. Vi fa  male alla salute. Potreste compromettervi, prima della battaglia decisiva. Non siete più giovane come una volta.”

Lo interruppe Devis di rimando, sciogliendo la presa della sua mano con gentilezza e picchiettandone il dorso con la sua.

Prima che potesse replicare, si allontanò di gran passo e si voltò per esclamare:

“ Ed in fondo, sono anche stato un gentiluomo. Avrei potuto spingermi molto oltre e invece, per rispetto vostro e della principessa, non l’ho fatto. Sono o non sono un bravo uomo?!”

Disse, facendo ridere sonoramente i suoi compagni di viaggio, che si erano sporti dal parapetto, per assistere alla scena. Dedalus gli lanciò una cima e con destrezza, mentre Molis rideva con loro, sentì suo padre esclamare:

“ Tu sei la mia spina nel fianco! Se non ti togli mia figlia dalla testa, io…”

“ Mi dispiace, mio signore.”

Disse lui di rimando, in piedi sul parapetto, osservando la principessa Molis con intensità palpabile e sussurrando:

“ E’ l’unica cosa che mi è impossibile fare.”

Molis arrossì violentemente a quelle parole, sorridendogli subito dopo. In seguito, Devis, a gran voce, ordinò:

“ Avanti, uomini! Si salpa, verso Isidras! Andiamo a uccidere un po’ di orchi, di quella maledetta strega!”

A quell’esclamazione, seguirono urla di giubilo da parte della ciurma, che si mise subito all’opera per la partenza.

“ Gli uomini sono pronti per la partenza, mio signore.”

Informò Ser Falcum a Sir Edward, che annuì.

“ Bene. E gli altri eserciti?”

“ Pronti anch’essi, sire.”

Rispose il cavaliere, annuendo solenne.

“ Molto bene. Conducili al molo. Salperemo all’alba.”

Gli ordinò Edward, con il consenso di Taras, Sir Rayon ed Aragorn.

Ser Falcum corse lungo la scogliera e dopo pochi momenti impegnati nei preparativi, tutto fu pronto.

Gli eserciti di Holmes, insieme agli Yorias agguerriti più che mai, si unirono nel primo vascello di Murnirm. A capo, vi erano Yoria e Sir Edward. Nel secondo vascello, vennero ospitate le Amazzoni insieme ai soldati di Murnirm, ben restii dal solo osservarle, per rispetto più che per timore. Al loro seguito, vi erano Sir Orfin e la bella e temeraria Vanesia, con al suo fianco la fedele Romilda.

Sul terso vascello, vennero posti altri soldati dei tre regni delle Terre dell’Ovest, con a capo il principe Varen e Ser Falcum.  Ed infine, sul galeone dalle vele nere di Devis, La Leonessa, venne ospitata la Compagnia della Gemma al completo.

Partirono al primo sorgere del sole, i cui raggi colpirono le vele del La Leonessa, nel momento in cui si gonfiarono del vento di prua.

Devis sorrise ad Aragorn e a Gandalf, posti dietro di lui.

“ Ci siamo, signori. Si parte.”

E così ebbe inizio il viaggio definitivo, verso Isidras, i cui bagliori di un verde maligno, Gandalf riusciva già a scorgere e a percepire nella sua mente. Tuttavia, sorrise rassicurante a Frodo, stringendo la sua spalla, con gentile forza. Frodo ricambiò il sorriso, nonostante i battiti del suo cuore non riuscivano a frenare la loro corsa e i bagliori evanescenti della Gemma non smettevano di offuscargli la vista. Sam, notando il suo turbamento, lo affiancò e gli strinse il polso, la cui mano teneva imprigionata, nel suo pugno, il sassolino di cristallo e diamante luminescente.

“ Andrà tutto bene, padron Frodo. Ci siamo noi, insieme a voi.”

Frodo gli sorrise, sospirando, invaso da una debole ma benefica calma.

“ Lo so, Sam. Non ne ho mai dubitato.”

Insieme, i due amici hobbitt, osservarono l’infrangersi delle onde sui fianchi della nave pirata, assaporando l’odore della salsedine e lo sferzare del vento sul proprio volto.

La flotta guerriera si era messa in marcia e nulla avrebbe potuto arrestare il suo ardore.

 

****

 

La Signora delle Tenebre giaceva sul suo triclino di velluto verde smeraldo, celata nell’oscurità, traspirata dalle pareti del suo Castello di Cristallo. Appoggiato il viso sulla mano destra, il cui braccio era puntellato sul morbido cuscino dello schienale, con la sinistra lasciava scorrere fra le sue dita le onde rosso fuoco dei suoi lunghi capelli. I suoi occhi neri, erano lontani e le sue labbra velenose strette in una morsa serrata.

Tre colpi discreti alla porta dei suoi alloggi, la destarono dal suo apparente torpore e con voce calcolata e falsamente pacata, disse:

“ Vieni, Lantis.”

Il servitore della Dama dell’Oscurità varcò la soglia della sua stanza, richiudendosi la porta in legno nero alle spalle, con un movimento veloce ma privo di rumore. La sua padrona era stanca e desiderava silenzio.

“ Quali notizie, Lantis?”

Gli chiese Venia, quasi svogliatamente e senza degnarlo di un solo sguardo. A dispetto della sua indifferenza, Lantis si prostrò al suo cospetto, inginocchiandosi accanto alla sua persona, gli occhi vitrei adoranti ed intimoriti.

“ Mia signora. Porto notizie dal regno di Murnirm.”

Le rispose, affannato e sussurrando piano.

Venia non aggiunse altro, preferendo osservare le nubi oscure che vorticavano nel cielo plumbeo, aldilà della finestra delle sue stanze, attraverso il velo cupo delle tende smosse dal vento, come temibili vessilli. Ricominciò a scorrere fra le dita i suoi capelli rosso sangue, ignorando il suo servitore che continuò il suo resoconto.

“ Quattro vascelli ricolmi di nemici stanno navigando, diretti verso Isidras, mia signora.”

“ Lo so.”

Disse Venia, levandosi dal suo triclino ed avanzando verso la finestra, accarezzando distrattamente la Sfera delle Visioni, che prese vita al suo leggero tocco.

Lantis levò lo sguardo verso di lei, colmando il suo desiderio di scorgerla senza timore, beandosi della sua sottile ma potente figura, avvolta in un frusciante abito scuro, che le fasciava la vita e scopriva buona parte del petto e delle spalle.

“ Lo…lo sapete, mia signora?”

Chiese turbato Lantis, tremando al solo pensiero di essere stato inutile per la sua padrona.

“ Certo, mio servitore. Naturalmente.”

Gli rispose, quasi con tono dolce, sorprendendolo e deliziandolo al tempo stesso.

“ Guarda, Lantis.”

Gli impose, ora con tono duro, che lo pietrificò, nel momento in cui, con i suoi poteri, lo trascinò accanto al tavolino di pietra in cui giaceva la Sfera delle Visioni, che mostrò il volto sorridente del giovane hobbitt, portatore della Gemma del Destino.

“ Il giovane Frodo Baggins sta giungendo qui, insieme ai suoi compagni. Carini, non trovi, a renderci visita.”

Nell’attimo in cui la Signora delle Tenebre scostò le sue dita, dalla liscia superficie della Sfera, questa si ammorbidì fino a spegnersi del tutto. Venia si mosse, avvicinandosi a piccoli passi verso la finestra della sua stanza, osservando il terreno brullo su cui sorgeva il suo Castello, ricolmo di brulicanti orchi, gobelin ed Andes che lavoravano nelle loro officine, all’interno delle cave infuocate di lava, in cui forgiavano le loro armi e le loro corazze.

“ Il tempo è giunto.”

Sussurrò Venia, deliziandosi della vista del suo inarrestabile esercito.

“ Lasciamo che giungano senza intoppi. Devono affrettarsi. Voglio che si affrettino.”

Strinse nella mano destra il tessuto delle tende, che si incendiarono, facendo tremare il suolo ed emettere un urlo gutturale a Lantis, che si afflosciò al pavimento in marmo nero, riparandosi la testa con le mani e il corpo tremante, un urlo a cui si unirono quelli spaventati ed acuti degli orchi e dei gobelin, che si rintanarono nelle loro tane viscide ed oscure, mentre gli Andes sembravano gioire di quell’atmosfera di terrore, provocata dalla loro sola creatrice .

Le iridi della  Dama dell’Oscurità, erano nere come la pece, ricolme d’odio e di malvagità liquida.

“ Così sarà più piacevole schiacciarli tutti.”

Terminò con voce resa agghiacciante dal rancore e dal male che fluiva nelle sue vene, come lava incandescente nella terra.

Un urlo stridulo irruppe nella sua gola e, per non acuire l’ira della loro unica signora, i mostri ripresero più velocemente i loro rispettivi lavori.

L’ora dell’ultima battaglia, era prossima.

 

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Salve a tutti!!! Scusate il ritardo colossale, ma ero troppo impegnata con lo studio, ultimamente!!! Ho sostenuto l’esame di maturità e ho preferito riposarmi, durante questa settimana!!! Ma ora, eccomi qui, con un nuovo capitolo!!! XD

Come avrete capito, la fine è quasi alle porte. Pochi capitoli, e il nostro bellissimo viaggio nelle Terre dell’Ovest insieme a Frodo ed i suoi amici, terminerà!! Ma se deve essere la fine, allora sarà una grande fine!!!XD

Non disperatevi, c’è ancora tempo!!!

Piuttosto, vi è piaciuto questo nuovo capitolo??? Simpatico Capitan Devis, vero??? E Venia, sempre più malefica!!! Brrrr!!! Chissà che intenzioni avrà!! Curiosi, vero??? Abbiate pazienza, e lo scoprirete!!!XD

Adesso, è il tempo dei…

 

Ringraziamenti a…

 

Elisabeth Black: Ciao, carissima!!! Come stai??? E’ da tanto che non ci sentiamo (o per meglio dire, scriviamo!!!XD)!!! Stai passando delle belle vacanze??? Spero di si!!!XD Grazie mille per avermi commentato!!! Sei stata molto gentile, come sempre!!! Grazie ancora per i tuoi complimenti, mi fanno sempre arrossire di piacere!!^///^ Ti è piaciuto Devis??? Si, sempre Legolas Forever!!!XD Frodo e Sam sono sempre più uniti e i battibecchi fra Legolas e Gimli sono immancabili!!!XD Grazie mille ancora e spero che commenterai anche questo capitolo!!! A presto! Baci baci, Fuffy91!^__^*

LadyElizabeth: Ciao Elly!!! Come puoi aver ben capito, Devis è mooooooolto diverso dal galante e dolce Will dei Pirati dei Carabi!! La somiglianza, credimi, è solo a livello fisico!! XD Anche se, ti confesso, prima che tu me lo facessi notare, non avevo proprio pensato a lui!! Diciamo che Devis è il mio prototipo di pirata, dopo Capitan Uncino!!XD Come vanno le vacanze?? Ti è piaciuto questo nuovo cap?? Ora le cose si faranno più HotAndDark!!!XD Che bello, che bello!! Sono eccitata anch’io che le scrivo!!!XD Grazie mille per avermi commentato!!! Spero che ci scriveremo presto!!! Baci baci, Fuffy91!^__^*

_Elentari_: Oh, una new entry!!!XD Scherzo! Ciao, Elentari!! Benvenuta nel magico mondo di Fuffy91!! XD Sono contenta che tu abbia letto tutti e 23 capitoli tutti in un fiato!!! Vedo che ti piacciono i miei personaggi!!! Qual è quello che ti intriga di più??? Grazie mille per il tuo commento e per i tuoi complimenti! Mi hai reso molto felice!!! Spero che mi seguirai e commenterai ancora!! Ti aspetto!! Baci baci, Fuffy91!!! ^__^*

 

Ed ora, un ringraziamenti a tutti coloro che mi seguono e che leggono con piacere la mia storia!! Siete sempre in molti, e questo mi rende davvero davvero felice!!!XD Vi adoro!!!

A prestissimo!!! Sempre vostra, Fuffy91!!

^__________________________________________^***

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25

La Leonessa navigava leggera fra le onde calme del mare, sulle cui acque cristalline, veniva riflesso il bagliore arancio del sole al tramonto, unito a quello blu scuro della notte incombente.

Erano trascorsi due giorni dalla loro partenza dal porto di Murnirm. Gli eserciti di Holmes, Ruer e Murnirm, insieme con il popolo degli Yoria e delle Amazzoni, condividevano i luoghi dei tre galeoni in un clima di rispetto e di attesa.

Il capitano Devis sorrideva entusiasta, mentre urlava ordini agli uomini del suo equipaggio, conducendo il timone con grande destrezza e decisione. Il suo entusiasmo derivava non solo dalle ottime condizioni meteorologiche, ma anche dalla prospettiva di una nuova, rischiosa avventura.

“ Il rischio è il pane di cui mi sono sempre cibato. Non mi stupirei se, un giorno, non giocassi a carte con la Morte.”

Si trovò a commentare un giorno, durante l’ora del pranzo, ad un Aragorn interessato alla sua vita sregolata, che del resto egli stesso, durante la sua lunga esistenza di ramingo nelle Terre Selvagge, aveva vissuto. Aragorn aveva subito conquistato la fiducia di Devis, con cui si trovava a dialogare molto spesso, immersi in discorsi a volte seri, a volte leggeri.

Gandalf si limitava ad osservarli e non poche volte Frodo lo aveva trovato a sorridere e a sghignazzare divertito. Devis lo considerava un po’ come il suo nuovo balocco, chiedendogli spesso di fare una magia, magari per impreziosire la sua nave, che lui definiva:

“ Migliore di qualsiasi confidente e più testarda di un’amante.”

Inoltre, Frodo aveva notato che il riso e il divertimento erano l’ordine del giorno per quei mercenari fuori dal comune. Alcuni, nonostante contassero molti più anni del loro capitano, discutevano con lui come se fosse un loro pari, e nei loro occhi risplendeva una luce di ammirazione.

Mentre Sam trascorreva il suo tempo parlando con Frodo o insegnando al cuoco di bordo, un uomo corpulento, armato di coltelli da macello, qualche sua squisita ricetta, Merry e Pipino erano diventati ufficialmente i giullari di bordo, intrattenendo l’equipaggio con le loro melodie e filastrocche scanzonate, ballando su di una musica inesistente, a ritmo di applausi e gorgoglii di risate strascicate. Quella di Will era sempre la più squillante e contagiosa.

Anche il cavaliere di Amlach si era inserito perfettamente nel gruppo, conquistando la simpatia e il rispetto dei mercenari, con i suoi racconti coloriti, su donne e avventure passate, e il ruolo delicato che il destino aveva deciso per lui.

Taras, insieme ad Aragorn, Devis e Gandalf, era tutto preso dal suo compito di abile stratega, imbandendo comizi su come affrontare al meglio gli eserciti diabolici e mostruosi di Venia.

Legolas era affascinato dalla vita di bordo, osservando il lavoro frenetico dei marinai, che trottavano di qua e di là sul ponte della nave, eseguendo gli ordini del loro capitano e, talvolta, aiutandoli. Gimli sembrava quello più intollerante a viaggiare per via mare. Barcollava fra un capo e l’altro dell’imbarcazione, a volte trattenendo un singulto di nausea, borbottando fra sé, mentre gli altri, guardandolo, stiracchiavano le labbra screpolate dalla salsedine, in un sorriso divertito e compassionevole, spingendolo a sedersi, ignorando i suoi rimproveri.

Ma quella che attirava più sguardi di tutti, era la bella e distaccata Luthien. Non avendo mai osservato così da vicino una donna-elfo, per giunta una principessa di sangue reale, addestrata come una guerriera, era facile fonte di sguardi avidi e di distrazioni. Seduta sul parapetto della nave, come se fosse stato costruito a posta per lei, osservava il mare argenteo srotolarsi nell’orizzonte, giocando con le dita fra i lunghi capelli castani.

I suoi occhi color nocciola fungevano da magneti per gli uomini abbagliati, bloccandoli nel momento in cui erano intenti ad annodare cime ai propri estremi, oppure a trasportare pesanti carichi nella stiva, già ricolma. Più di una volta, Frodo aveva sorpreso Dedalus a ciondolare su una fune, a testa in giù, ad annusare a pieni polmoni il profumo emanato dai suoi capelli al vento, oppure quello più nascosto fra le pieghe del suo collo.

In quei momenti, conoscendola, Frodo temeva vivamente per l’incolumità di Dedalus. Ma i suoi timori, fortunatamente, venivano dissipati dallo scarto invisibile di Luthien che, seppur ignorandolo, avvertendone la presenza, si dileguava per poi apparire il più lontano possibile da lui, confuso ed interrogativo.

La Gemma del Destino continuava a brillare a singhiozzo, seguendo i battiti regolari del suo cuore, inondandolo di calore ad ogni suo più tenue bagliore. La sua luce, aveva notato Frodo, era diventata ancora più abbagliante, con l’avvicinarsi di una notte malvagia. Già, malvagia, perché all’arrivo di un nuovo giorno, il terzo, come anche Devis aveva annunciato, preparando la Compagnia e l’equipaggio, sarebbe stato anche l’inizio della definitiva battaglia contro Venia, la Signora dell’Oscurità, la Dama delle Tenebre.

Frodo liberò dalla stretta del suo pugno destro la Gemma, che per un attimo, giacendo sul suo piccolo palmo, emanò una luce che quasi lo accecò.

Egli stesso si rendeva conto, che risultava sempre più difficile resistere alla carezza benefica, con cui la Gemma leniva il male eterno che l’Unico Anello del Potere aveva inciso sulla sua pelle e nel suo cuore.

Ma era sempre più consapevole, che presto avrebbe dovuto abbandonare ogni proposito di possederla. Lui non era il suo padrone, ma soltanto il suo portatore. La Gemma doveva appartenere esclusivamente a Venia, ma soltanto quando lui, Frodo, l’avrebbe riposta nella Nicchia di Luce, del Palazzo di Cristallo. Ma se la Nicchia fosse stata distrutta? Taras aveva affermato il contrario, ma se Venia, intanto, l’avesse sgretolata con uno dei suoi raggi neri d’odio e malvagità, scaturito dal suo scettro d’ametista?

Frodo scosse la testa. No, niente scuse. La Gemma del Destino era sia l’arma che la chiave per distruggere la Signora delle Tenebre e far risplendere la Strega della Luce, la Signora dell’Ovest.

Una mano sulla spalla, lo strappò ai suoi pensieri. Si voltò ad incontrare lo sguardo corrucciato di Sam.

“ Padron Frodo, cosa fate qui?”

Frodo assunse un’espressione interrogativa. Si guardò intorno e si sorprese di trovarsi seduto sulle assi scheggiate del ponte della nave, stranamente silenziosa, appoggiando la schiena sul parapetto, nell’incavo della prua. Era buio, ormai. Il sole sembrava essere tramontato da molto tempo.

Ritornò a guardare Sam, il sui viso bonario era ora distorto da un’espressione ansiosa. Frodo gli sorrise, per rassicurarlo.

“ Nulla, Sam. Pensavo.”

Sam non rispose, ma agì, invitandolo ad alzarsi dal pavimento. Entrambe le gambe di Frodo, costrette fino ad allora in una posizione statica, una volta ritornate erette, furono entrambe attraversate da un formicolio addormentato, ma non era fastidioso, come si poteva pensare. Anzi, lo invitava a proseguire al fianco di Sam, che continuò a parlare:

“ Venite, Padron Frodo. Dovete riposare. Domani sarà un gran giorno…”

Sembrò voler aggiungere altro, forse un “ …e forse anche l’ultimo”, ma sembrò trattenersi o forse ripensarci, visto che scosse la testa, improvvisamente ottimista.

Frodo ricambiò il suo sorriso accennato, scendendo con lui le scalinate che conducevano ai dormitori. Merry e Pipino già dormivano, mentre Sam e Frodo si distendevano sulle loro amache, oscillando a destra e a sinistra, avvolti in un silenzio rotto solo dallo scricchiolio delle corde, che reggevano il loro peso.

“ Cercate di dormire, Padron Frodo.”

Frodo sbatté gli occhi, nascondendo il luccichio della Gemma, che ancora brillava febbrile, nei risvolti della sua camicia, sorridendo a mezzo tono.

“ Si, Sam. Buonanotte.”

Gli sussurrò, mentre lo sentiva mettersi sul fianco.

“ ‘Notte, Padron Frodo.”

Frodo lo imitò, cercando una posizione più comoda sulla sua amaca di paglia.

Cullato dal ronfare e dal respiro regolare dei suoi compagni e di quelli acquisiti, che lo circondavano, ascoltando i passi silenziosi di qualcuno che si spostava sopra di loro, sul ponte, chiuse gli occhi, cercando di riposare, svuotando la mente da qualsiasi pensiero cupo. Non si accorse di essere spossato dalla stanchezza, solo quando scivolò in un sonno senza sogni.

Intanto, sul ponte, un marinaio di fiducia conduceva il timone, mentre Devis, giaceva addormentato su di una panca di legno, dietro di lui. Dedalus era di vedetta, avvolto in una coperta malridotta, con un occhio aperto, puntato su ogni spiraglio di terra all’orizzonte, e l’altro socchiuso dalla stanchezza.

Legolas girovagava sul ponte, deliziandosi dell’aria ricolma di salsedine che riempivano i suoi polmoni, deliziandolo. Era stuzzicato dal desiderio di attraversare ben oltre quel mare inesplorato, di andare al di là delle terre dei suoi padri, di oltrepassare i confini del mondo. Convenne fra sé, che dopo quell’ennesima battaglia, se mai ci fosse stato un futuro, avrebbe intrapreso un viaggio alla ricerca di altre avventure per i mari. Era sempre stato affascinato da un’idea di quel tipo, ma ora che la viveva in prima persona, seppur per poco tempo, la voglia d’impresa era acuita in lui, come una fiammella alimentata fino a divenire un incendio.

E quando voltò lo sguardo ad ammirare la figura argentea di Luthien, seduta sul parapetto, le gambe rivolte all’esterno, il viso sollevato ad abbracciare il cielo, l’incendio divenne indomabile. Ah, se solo l’avesse convinta a seguirlo! Sarebbe stato tutto perfetto.

Ma la fiamma si affievolì, all’apparire di un suo sorriso amaro. No, non doveva illudersi prima del tempo. Aveva promesso a sé stesso che le avrebbe dato il suo spazio, che le avrebbe dato la possibilità di pensare a lui, a loro. Sospirò. Al momento, era un ipotetico loro. Ma non voleva del tutto disperare. Illudersi no, ma sperare…quello si.

Sorrise, tornando a posare lo sguardo azzurro-mare su di una Luthien ignara, forse, di lui. Non era tipo da arrendersi. Avrebbe lottato fino all’ultimo, per conquistarla.

Legolas si avvicinò al parapetto, la mente sgombra da tutti i pensieri, inebriata dal profumo salato del vento, unito a quello dolce di fiori traspirato da Luthien, che non si voltò a guardarlo, nemmeno quando, sicuramente, lo aveva avvertito sostare accanto al parapetto, qualche metro lontano da lei, le mani grandi e dalle dita sottili, da abile arciere, posate sul legno vivo.

“ Le stelle si nascondono e i raggi della luna si fanno più radi.”

Disse, dopo attimi eterni di silenzio. La sua voce, come sempre, era una melodia soffice, trasportata dalla natura.

Legolas sollevò lo sguardo, rabbuiando le sue iridi limpide, a causa del manto nero del cielo notturno.

“ Siamo vicini ad Isidras. La natura si ritira, alla presenza di tanto male.”

Le disse, tornando ad osservarla, rimpiangendolo subito dopo. Era difficile imbandire una conversazione a mente lucida ed impersonale, senza rimanere incantati dalla sua bellezza.

I suoi lisci capelli di seta, danzavano nelle ombre della notte, accarezzando le sue spalle, scoprendo la sua schiena, coperta da una veste d’arciere bianca, con riflessi d’argento, resistente ma elegante, con arabeschi argentei ricamati sul tessuto. Notò un leggero scintillio in alcuni punti, come sulla schiena, sugli avambracci, sui lati delle gambe e sul petto coperto ed incuriosito, la osservò meglio. Comprese che il bagliore era dovuto all’imbottitura dell’armatura, che impediva alle lame delle spade o alle punte affilate delle lance e delle frecce nemiche, di lacerare in profondità la sua pelle.

Eppure, c’era qualcosa di diverso. Era troppo prezioso, per essere solo semplice metallo lavorato.

Sgranò gli occhi, quando comprese del vero materiale dell’armatura.

“ Midhril.”

Sussurrò, fra sé, come ad auto-convincersi di quella incredibile scoperta.

Eppure, quel semplice bisbiglio, bastò per attirare la sua attenzione. Luthien, infatti, si voltò ad osservarlo, un cipiglio interrogativo increspava i suoi bellissimi occhi. Per un attimo, Legolas ne fu rapito, e non comprese immediatamente ciò che gli disse, tanto che dovette sbattere le palpebre più volte, per riprendere il controllo di sé.

“ Come?”

Le chiese.

“ Conoscete il Midhril. Immagino, grazie alle conoscenze di Mastro Gimli.”

Ripeté, senza menzionare il motivo della sua improvvisa confusione.

“ Si, ma anche Frodo possiede una camicia lavorata con il Midhril. Lo ha protetto in molte occasioni.”

Disse, distogliendo con certo sforzo lo sguardo da Luthien e puntandolo verso l’orizzonte più nero.

“ Voi, come fate a possederla?”

Le chiese, curioso.

“ Mia madre è la sola amica fidata dei nani delle Montagne Grigie. Si trovano ai confini di Bosco Bianco. In passato, mio padre ha cercato di conquistarle, ma hanno dimostrato grande resistenza.  Così, grazie anche all’intercessione di mia madre, abbandonò l’impresa. Da allora Gaal, il re dei nani, nutre una grande ammirazione e una profonda devozione per lei. In suo onore, donò coperte di Midhril, il più pregiato e resistente che possedesse, con cui in seguito, mia madre, fece cucire dalle sarte di corte dei vestiti per me. Ne possiedo molti, di questo tipo.”

Disse, percorrendo con le dita, i ricami sul suo petto, fatti con fili sottili di Midhril.

“ Sono molto resistenti e difficili da trafiggere. Con una veste così, non avrete problemi, in battaglia.”

Luthien annuì alle sue parole, ritornando ad osservare, questa volta, l’orizzonte sempre più buio.

“ Isidras è molto vicina, ora.”

Bisbigliò, quasi fra sé, portandosi una mano, stretta a pugno al petto, abbandonando l’altra sul fianco sinistro. Legolas notò che era preoccupata. Il timbro della sua voce era ancora più modulato e melodioso del solito e le iridi dei suoi occhi più brillanti e più scure. Era ovvio che l’influsso diretto dei poteri maligni di Venia, che saturavano l’aria, divenuta più gelida e secca, al loro avanzare, acuisse il suo dono incantatore. La maledizione di Venia avrebbe potuto facilmente compromettere il suo operato e, a giudicare dall’ansia e dalla tensione che cercava di nascondere, anche Luthien era del suo stesso avviso. Ma l’ansimare che scuoteva il suo essere, alzando ed abbassando il suo petto, unito al palpitare frenetico del suo cuore, la smascherava.

Incapace di rimanere impassibile, troppo preso da lei per ignorare il suo turbamento, le si fece vicino e catturò la sua mano stretta al suo petto, con la propria, in una presa avvolgente, ma non pressante.

Luthien non si ribellò, ma alzò il viso ad incrociare i suoi occhi, sospesa fra la sorpresa e l’indecisione.

I suoi occhi non erano mai stati così incantevoli. L’attrazione che esercitavano su di lui, talmente innamorato di lei da soffrirne, era palpabile e lo avvolgeva in un nodo stretto, difficile da sciogliere.

Le si fece ancora più vicino, lasciandosi trasportare dal suo stesso corpo, incurante dei rischi e dei voleri della sua mente, ora fin troppo intollerante a non assecondare il suo naturale istinto che, fin ad allora, era sempre stato l’ingrediente fondamentale per sopravvivere in battaglia. Ma adesso, mentre osservava rapito quei due pozzi scuri e brillanti di stelle, sapeva di essersi perso in essi, ancor prima che la sua coscienza annebbiata glielo suggerisse.

Quando parlò, si sorprese del tono nuovo della sua voce, sommesso e quasi seducente.

“ Non temete, mia signora. Io riesco a capire i vostri timori.”

Disse Legolas, per poi rafforzare la presa della sua mano nella sua, attirandola gentilmente a sé, lasciando che adagiasse il capo sul suo petto, perdendo se stesso, nella nuvola di profumo irresistibile emanata dal suo corpo, ora così vicino al suo, vincendo i suoi dubbi, stringendola a sé, accarezzandole con entrambe le mani la schiena, sentendo al tatto la consistenza del Midhril e il tepore nascosto della sua pelle, donandole conforto con carezze che sperò essere leggere.

“ Non abbiate paura. Ci sono io, con voi.”

Le sussurrò, stupendosi delle sue stesse parole, avvertendo il suo cuore gonfiarsi d’emozione.

La sentì trarre un profondo respiro, freddo e profumato come una notte di primavera, accompagnata dal gelo dell’inverno. Rabbrividì, ma non sciolse la sua presa gentile, riempiendosi i polmoni della sua inconfondibile fragranza di donna, eppure così diversa da ogni altra cosa avesse mai sentito. Era così inebriante, così potente, da annullare l’odore limpido della salsedine marina.

La sua vicinanza, cominciava a spossarlo, a renderlo ubriaco d’amore, confondendolo ancora di più di quanto già non fosse. Ma Legolas, ancora una volta, non la lasciò, nonostante avvertisse un languore caldo e soffuso ammorbidirgli le membra, tanto che sentì scivolare le braccia lungo la sua schiena, involontariamente, e le sue ginocchia diventare molli ed instabili, come se fosse stato troppo a lungo in piedi, nella stessa posizione, senza mai sedersi. Tuttavia, arpionò gentilmente le mani alla sua vita ed impose alle sue gambe di reggerlo, impedendogli di crollare.

Stava accadendo qualcosa a Luthien. Il suo dono indesiderato si stava espandendo sempre di più. Alla luce tremolante delle lampade ad olio accese, notò i suoi capelli diventare ancora più morbidi nelle sue dita, quasi inconsistenti, tinti di un colore più scuro del suo castano naturale, quasi neri, come quella notte sempre più oscura.

La sua pelle, nivea ma rosea in alcuni punti, calda come il primo raggio di sole d’estate, stava perdendo tutto il suo calore e pallida come il ghiaccio. Poteva sentire, sotto il palmo della sua mano, quella di Luthien diventare sempre più fredda.

Cercò di scostarsi, per raggiungere con gli occhi il suo viso, ma lei glielo impedì, nascondendolo fra le pieghe della sua veste, scuotendo il capo e strofinando il volto sul tessuto ruvido.

A quel movimento improvviso, il suo odore indescrivibile lo colpì come una schiaffo, tanto da costringerlo a chiudere gli occhi, gemendo di piacere. Sarebbe stato così facile, così semplice abbandonarsi a lei, completamente, diventando creta nelle sue mani, da modellare a suo piacimento. Completamente ed incondizionatamente suo, il suo eterno e devoto schiavo. Schiavo?!

A quel pensiero inaspettato, Legolas si riscosse, tornando in sé, sorprendendosi nel ritrovarsi in ginocchio, le braccia inerti lungo i fianchi, il volto reclinato al cielo. No, non al cielo, si ritrovò a costatare, sbattendo le palpebre più volte, per scacciare quel velo lacrimoso che gli offuscava la vista, rendendo il suo limpido sguardo, vacuo e fisso. Trasalì, quando si trovò a fissare un viso divino, perfetto, scolpito nel marmo più pregiato, liscio, privo di qualsiasi imperfezione, tanto da risultare ultraterreno. Nemmeno i Valar potevano competere con tanta, struggente bellezza.

Due occhi incantatori, neri come la pece, riflettevano il suo volto stupito. Una bocca sanguinea colorava di rosso vivo quel viso di porcellana e un ciuffo di capelli scuri, lisci e dritti, perfetti in ogni più piccola punta, offuscava di poco il lato destro di quel volto inumano.

Il giovane principe di Bosco Atro sussultò quando dita sottili ed affusolate, ma fredde come l’acqua ghiacciata del fiume d’inverno, sfiorarono i lati del suo volto, ancora proteso, rabbrividendo inconsapevole.

Per un folle, breve attimo, Legolas si chiese chi fosse mai quella dama di ghiaccio, ma subito dopo i suoi occhi si riempirono di consapevolezza. Lui conosceva quel viso! Quante volte lo aveva scorto nel corso del suo lungo viaggio? Poche volte aveva sfiorato quelle labbra, ma le sue, frementi, le avevano subito riconosciute. Quante volte si era perso nell’abisso profondo di quei due occhi color nocciola intenso? Nocciola, si, era il colore delle iridi di Luthien, la sua amata Luthien. Allora, perché, ora, erano così scure? Perché i suoi capelli non erano di qual vivo color castano scuro? Perché le sue guance non erano macchiate da un leggero strato di rossore? Perché quella bocca appariva così innaturalmente rigida, e non morbida, arrendevole e soffice come i petali di una rosa appena sbocciata?

No, quella creatura, che prima gli era parsa così bella, così perfetta ed incontaminata, ora era solo motivo di profondo disgusto. Cosa stava avvelenando il corpo etereo della sua Luthien?

Osservò lo spicco di cielo, che incorniciava quell’immagine ora intollerabile. Era nero, ma intriso di malvagità. Scrutò più a fondo, più in là dell’apparenza, al di là del suo normale sguardo, allargando le pupille per scrutare teso due occhi iniettati di sangue, neri più di quella notte dannata.

Si allontanò, scottato da tanta insana perfidia. Erano gli occhi di Venia, quelli che Legolas aveva appena scorto. Un loro pallido riflesso, si trovò ad ammettere amareggiato, albergava in quelli ancor incolori di Luthien.

Si sciolse, non senza alcuna fatica, da quello stato di statica prostrazione, levandosi con grazia, allontanando gentile quel tocco freddo sulla sua pelle, a cui Luthien non sembrò turbarsi. Per la prima volta, da quella strana notte, Legolas riuscì ad ignorare il suo profumo annebbiante i suoi sensi, più acuti e vigili che mai, il suo sguardo ipnotizzante, quelle labbra socchiuse che reclamavano a gran voce i suoi baci, e, racchiudendole il volto alterato fra le sue mani, fece scontrare la sua fronte bollente con la sua gelida.

Fu con sforzo ancor maggiore, che riuscì a parlare, e mai la sua voce gli parve più fievole, come se Luthien gliel’avesse succhiata via con l’inganno, in quei brevi momenti d’incoscienza. D’altronde, uno schiavo adora ed esegue gli ordini della sua padrona. Che motivo avrebbe di parlare?

Mia signora, vi prego, ridestatevi. Sono qui, vicino a voi. Sarò sempre vicino a voi.

Le sussurrò in elfico, incoraggiato dal suo improvviso affanno, come se stesse combattendo con se stessa, per liberarsi da quell’insana prigionia.

Non abbandonò il suo sguardo, fino a quando non vide i suoi occhi ritornare del loro naturale colore di sempre. Sorresse una Luthien improvvisamente stanca e priva di forze fra le braccia, fino a quando il suo respiro non ritornò regolare e i suoi occhi non ritrovarono i suoi.

Legolas sorrise, osservandola. Aveva vinto. Era tornata quella di sempre. Splendidi capelli castano scuro, che rilucevano di scintillanti riflessi dorati alla luce delle lampade ad olio, che ricominciarono a lambire la sua pelle, nuovamente rosea sulle guance morbide e nivea sul resto del corpo. Le sue labbra, ritornate alla loro arrendevole morbidezza, di dischiusero in un dolce e grato sorriso, che Legolas ricambiò di buon grado, amabile e più consapevole d se stesso.

“ Grazie.”

Sussurrò, inaspettatamente. La sua voce era musica per il suo udito, ma non così angelica e dannata insieme.

I suoi occhi color nocciola, brillarono nuovamente, investendolo con la loro ritrovata luce.

Legolas inclinò il capo in un breve inchino, senza parlare. Le parole, in quei casi, risultavano superflue.

Fu Luthien a sciogliere l’abbraccio, scostandosi per poi ravvicinarsi a lui, come presa da un ripensamento. Sorpreso, Legolas la vide allungarsi verso di lui, sfiorandolo appena, una mano poggiata sul suo petto, improvvisamente scosso da un improvviso affanno. La vide socchiudere gli occhi e dischiudere di qualche millimetro le labbra, le lunghe ciglia scure a solleticargli la pelle fremente delle guance, tanto che erano vicini. Legolas reclinò il capo in avanti, chiudendo gli occhi, pronto a ricevere il suo bacio, il cuore che voleva quasi trapassargli la cassa toracica, i battiti frenetici che gli rimbalzarono alle orecchie, offuscandogli l’udito, l’olfatto deliziato dal suo profumo di fiori e frutti di bosco, che gli accarezzò le narici, il suo respiro così fresco e dissetante, il calore delle sue labbra che stuzzicava le sue, così vicine, così pronte ad accogliere le sue, in un’unione mai così tanto desiderata, perché era lei, questa volta, a volerla. Deglutì emozionato, il cuore gli era saltato in gola, ostruendola. Ormai era così vicina da poter sentire la consistenza dei suoi capelli sul collo rigido e palpitante. Non aprì gli occhi, per gustare al meglio il momento, celando tutto il resto, tranne lei. Le sue labbra sottili si sporsero di un millimetro, cercando di accelerare il percorso delle sue. Non capiva il desiderio di tanta fretta. Era più un’urgenza, una voglia dolorosa della sua bocca, del suo sapore, del suo respiro, di lei, insomma. Legolas non si era mai sentito così in bilico, così abbandonato nelle mani di un’altra persona. Ma era così dolce lasciarsi andare. La sua mente era sparita, nel momento in cui l’aveva vista protendersi verso di lui.

Al gesto di catturare le sue labbra prima dei suoi tempi, l’aveva sentita sorridere e ritirarsi un po’, maledicendosi per la sua impazienza. Si impose, nonostante la situazione, calma e premura.

Ma il suo sangue era difficile congelarlo. Scorreva come lava nelle sue vene, infiammandolo in ogni angolo del suo essere, concentrandosi sulle guance, che avvertì ribollire di rossore, sul collo, sulla punta delle orecchie, sempre all’erta ad ogni suo spostamento, e in punti più intimi e delicati del suo corpo.

Sembrava passata una vita terrena, quando Luthien decise di ritornare a tenerlo in pugno, a pochi millimetri di distanza tra le sue labbra e quelle di lui. Legolas sapeva che era giunto il momento decisivo, quando avvertì una sferzata d’aria gelida e ricolma di salsedine, profumata di lei, rinfrescare il suo viso in fiamme, il suo cuore cessò di battere e la gola si liberò in un gemito strozzato e fievole di piacere, quando la bocca di lei si chiuse, con suo grande dispiacere, sulla sua guancia destra, mentre l’altra venne coperta dalla sua, libera.

Dopo un breve attimo, Luthien si distaccò, accarezzando la sua guancia sinistra, mentre lui apriva gli occhi, traendo un respiro liberatorio.

Incrociò i suoi occhi, quasi ridenti e si beò ancora del suo tenue sorriso.

Gli accarezzò la fronte e i capelli lunghi e biondo-miele, quando gli bisbigliò soave ed in elfico:

Siete nobile, mio signore. E non solo, perché siete principe.

E con queste parole, in un guizzo argenteo, si dissolse dal suo sguardo, lasciandolo accaldato e febbricitante.

Legolas si riprese solo quando una brezza leggera raffreddò il suo spirito rovente d’amore.

Tracciò con le dita il punto in cui, le labbra di lei, avevano lasciato un marchio indelebile. Sorrise, a malincuore.

Alzò lo sguardo, verso un cielo plumbeo, dove il sole, appena sorto, rendeva cupe e tuonanti di rabbia e di rancore acido.

Sentii qualcuno accostarsi ad entrambi i suoi fianchi, ma nessuno di loro, era Luthien.

“ Sorge un’alba nera.”

Disse, ad Aragorn, che annuì impercettibile, gli occhi dalle iridi di un azzurro primaverile, brillanti di determinazione.

“ Il momento è giunto.”

Disse Gandalf, voltandosi ad incrociare lo sguardo consapevole di Frodo, affiancato da Sam, che portò lo sguardo ambrato dal suo padrone allo stregone bianco. La Gemma brillò sul petto del piccolo hobbitt, tremante d’aspettativa.

“ La battaglia decisiva, dove si decideranno i nostri destini, si compirà, fra breve. Armiamoci  di coraggio e speranza, perché ne avremmo bisogno, in momenti più bui di questo cupo preludio.”

Frodo annuì, rispecchiandosi nelle iridi cristalline del suo vecchio e saggio amico, cominciando ad avanzare verso di lui o per meglio dire, verso il suo destino.

 

 

Angolo dell’autrice.

 

Perdonate il ritardo madornale, ma credo di essermi fatta perdonare, in qualche modo!!! Dedico questo capitolo, a tutti quelli che amano il romanticismo più sfrenato!!! Il prossimo, miei cari e miei cari, sarà ricco d’azione e d’avventura!!! Sono dolente nel dovervi annunciare, che tra pochi capitoli la storia terminerà!! Qualcuno dirà: “ E finalmente!”, ma per me è comunque un peccato!!! Ma credo, che, si, La Gemma del Destino abbia compiuto il suo corso, e sia giunta al capolinea!!!

E ora, bando ai sentimentalismi e passiamo ai…

 

Ringraziamenti a…

LadyElizabeth: Come vedi, Elly, ti ho accontentata!!! Ti è piaciuto il cap?? Conoscendo il tuo amore per la coppia Legolas/Luthien, penso proprio di si!!!XD Che dici? Secondo te, il nostro “Dio Greco Biondo” Legolas ha stuzzicato un po’ il cuore della nostra bella e complicata Luthien???

Io credo di…be’, che gusto c’è a dirti la mia opinione, che sono la narratrice???XD Voglio conoscere la tua, che sei la lettrice, e quindi, la più importante!!! Grazie mille per i tuoi commenti!! Sperio che tiu, non mi abbia abbandonata! Sai, confesso che mi sono impegnata a terminare un’altra storia, dopo questa!!! Ma ora, le mie energie saranno tutte per La Gemma del Destino!!! Grazie ancora per il tuo sostegno!! Bacissimi  a presto-promesso-Fuffy91!! ^__^*

_Elentari_: Ciao, Elentari!!! Grazie mille per i tuoi commenti, i tuoi complimenti e le tue opinioni!!! Ti è piaciuto il cap dedicato al “Legolas innamorato”???XD Spero di si, vivamente!!

La battaglia comincia, e non sarà facile come sembra!!! Povero, Frodo! Sempre nei guai!! Ma io lo adoro anche per il coraggio!!! Fammi ancora conoscere le tue opinioni!!! Bacissimi e a presto Fuffy91!! ^__^*

 

Bacissimi anche a voi, miei carissimi lettori e mie carissime lettrici!!! Grazie sempre per il vostro sostegno silenzioso!!!

Sempre vostra, Fuffy91!!!

^___________________________^***

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=253172