Twilight - Vendetta

di FORZAVIOLA70
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
Chicago, 24 Dicembre 1980
 
La neve scendeva lentamente sulla città, imbiancandone i tetti e regalando ai suoi cittadini l'atmosfera natalizia di cui tutti sentivano il bisogno.
Il vento era pressoché assente e le poche persone per strada si stavano affrettando a tornare a casa con i regali dell'ultimo minuto, per festeggiare il Natale in famiglia.
C'era gioia ovunque, e l'aria di festa rendeva piacevole passeggiare in quella notte così densa di sentimento.
Lui sentiva quell'atmosfera di felicità così intensamente che il sentimento lo contagiò facendolo sorridere gioioso, cosa che non gli accadeva spesso.
L'uomo biondo rallentò il passo, per allungare la durata di quella felicità effimera, mentre la neve aumentava di intensità.
Era vestito in maniera molto elegante, con un lungo cappotto col collo di pelliccia, un maglione a dolce vita aderente ed eleganti pantaloni di lana, malgrado fossero anni ormai che caldo e freddo non avevano più alcun significato per lui.
Ciò nonostante, l'apparenza era tutto nella sua esistenza.
Anche se non era più uno di loro da tanto, troppo tempo, doveva comunque continuare a sembrarlo.
La gente che gli passava vicino, questo invece sì che aveva effetto su di lui!
Il loro profumo era così invitante ed era così difficile resistere alla tentazione...
Ma l'auto-disciplina che si era imposto da quando stava con la sua “famiglia” lo metteva al riparo dal cedimento, dalla sua debolezza.
Certo, a volte era davvero una tortura!
La sua mente fantasticò per un attimo su quanto sarebbe stato facile placare il desiderio: il mostro dentro di lui fremette di eccitazione al solo pensiero...
Poi la sua mente si concentrò su di lei, la sua metà, la sua ancora di salvezza, l'unica cosa che rendesse quella pseudo-vita a malapena sopportabile: non poteva deluderla così, anche se lei gli avrebbe perdonato tutto senza esitare.
Lo faceva sempre, per amore.
Nella sua mente ricostruì l'immagine del volto di lei, così squisito e delicato, e le emozioni che provava stando con lei: accarezzarla, baciarla, farci l'amore...
Perché aveva scelto lui?
Se lo era sempre chiesto, ma non aveva mai osato esprimere quella domanda fondamentale ad alta voce, per paura della risposta.
Ma quello che contava era che lei lo amava davvero.
Sorrise mestamente e si avviò a passo appena più svelto del normale al luogo dell'appuntamento.
Lei lo aspettava ed al telefono gli era sembrata impaziente, in maniera quasi infantile.
D'altronde, lei amava festeggiare.
Dall'altra parte della strada c'era una gioielleria ancora aperta e lui ebbe l'idea di farle un regalo, un diamante magari: le sarebbe piaciuto così tanto, e lui voleva solo vederla felice.
Fece per attraversare, ma improvvisamente una folata di vento portò con sé un odore che lo paralizzò all'istante: un profumo così soave e delizioso, assolutamente irresistibile!
Il mostro dentro di lui esultò: “Avanti!”, gli gridò nella sua mente, e lui si mise subito a seguire quell'odore, dimentico di ogni altra cosa che non fosse la caccia.
Un centinaio di metri più avanti, una coppia con un ragazzo adolescente si affrettava verso un parcheggio sotterraneo: lui capì che la fonte dell'odore era in quel gruppo e li seguì a breve distanza, facendo uno sforzo sovrumano per resistere all'impulso di prenderli lì dove si trovavano.
Doveva essere prudente, qualcuno poteva vederlo.
In quel momento, l'uomo innamorato e felice di pochi minuti prima era sepolto molto in profondità nella sua anima.
Ora lui era un cacciatore, spietato ed astuto.
Li seguì nel parcheggio e, quando fu sicuro che nessuno lo avrebbe disturbato, attaccò a velocità sovrumana.
L'odore veniva dalla donna, una quarantenne bionda, bella ed elegante: le si avventò sopra e le squarciò la gola con furia, suggendo avidamente quel nettare delizioso che sgorgava a fiotti nella sua bocca dalla giugulare recisa.
L'uomo che era con lei, suo marito, fece per difenderla ma bastò un niente per afferrarlo alla gola e spezzargli di netto l'osso del collo, senza nemmeno lasciare la presa sulla donna.
Lui la dissanguò velocemente, sentendo la vita che la abbandonava sorso dopo sorso, malgrado lei lottasse con tutte le sue forze.
Ah, quanto gli era mancato quel senso di appagamento!
Mentre era ancora preda della frenesia del banchetto, sentì che qualcosa lo percuoteva sulla schiena con la forza di una carezza: il ragazzo!
Aveva una spranga in mano, presa chissà dove, e lo colpiva ripetutamente urlando “Lasciala!”, ma lui se ne curava appena.
Il sangue era l'unica cosa che contava in quel momento!
Poi, appena finì di dissanguare la donna, si voltò ed afferrò anche il ragazzo, pronto a ucciderlo, in preda ad una fame inarrestabile... O quasi.
“No, fermo, non farlo!”, urlò una voce alle sue spalle.
Lui si voltò con un ringhio e lei era lì, delicata e bellissima nel suo abito da sera scuro, sul volto l'espressione più triste che avesse mai visto.
Lei lo aveva certamente visto commettere quell'abominio in una visione ed era corsa a cercarlo, nella vana speranza di fermarlo in tempo.
“Ti prego...”, sussurrò lei di nuovo, avvicinandosi lentamente.
Lui sentì che la follia che lo stava sopraffacendo si dileguava, permettendo alla sua mente di riacquistare il controllo e, con esso, la consapevolezza di ciò che aveva fatto.
Lasciò immediatamente il ragazzo con una smorfia di orrore e di disgusto per sé stesso sul viso.
Il rimorso lo colpì come un proiettile, la pena per quelle vite spezzate lo attanagliò.
“Cosa ho fatto...”, le sussurrò inorridito.
Lei lo abbracciò dolcemente e gli sussurrò in tono rassicurante: “Va tutto bene, stai calmo. Va tutto bene...”
Il ragazzo era ancora a terra e tossiva convulsamente, tentando di respirare di nuovo normalmente.
Lei gli si avvicinò e fece per aiutarlo a rialzarsi, ma lui si divincolò: “Non toccarmi!”, urlò con voce roca, “Stai lontana da me!”
Il ragazzo vide i corpi dei suoi genitori riversi uno sull'altro, lo sguardo vitreo della madre e la sua gola squarciata, la testa del padre piegata ad un'angolazione assurda.
Li guardò immobile, attonito, come se non capisse realmente ciò che era appena successo e la sua mente non riuscisse ad elaborare la tragedia che si era appena consumata, poi alzò lo sguardo verso colui che aveva assassinato i suoi genitori e verso la donna minuta che lo abbracciava protettiva, quasi materna, come se fosse lui, quel mostro, la vittima.
“Mi dispiace così tanto... Perdonami”, sussurrò l'uomo in tono disperato e stranamente il ragazzo capì che era sincero.
La donna si limitava a guardarli prima uno e poi l'altro con infinita tristezza, senza dire niente.
Intorno ai corpi c'erano sparsi ovunque i pacchi dei regali di Natale: uno di essi si era rovesciato ed aperto e l'oggetto in esso contenuto era rimbalzato sull'asfalto.
Un carillon.
La sua musica dolce e malinconica si diffuse tutt'attorno, avvolgendo i protagonisti della tragedia che si era appena consumata.
Dopo un istante che parve eterno, lei prese l'uomo biondo per un braccio e gli disse: “Jasper, dobbiamo andare. Non possiamo fare più niente per loro ormai. Vieni.”
“Sì, Alice. Andiamo. Gli altri ci aspettano... Oh Dio, cosa ho fatto! Dio, perdonami!”
Lui si fece trascinare via dalla donna ed i due sparirono in un lampo, ad una velocità pazzesca.
Jasper.
Alice.
Il ragazzo ripeté nella sua mente i nomi dei demoni che in quel momento dominavano il suo inferno personale.
Jasper e Alice.
Jasper e Alice.
Jasper e Alice...
Poi, riavutosi momentaneamente, il ragazzo si inginocchiò accanto al corpo dei genitori, accarezzando i morbidi capelli biondo cenere della madre e tenendo la mano del padre.
“Mamma, papà...”, sussurrò ed iniziò a piangere irrefrenabilmente.
In lontananza, la sirena di un'auto della polizia si faceva sempre più vicina, coprendo col suo stridere la dolce musica del carillon...

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo Uno.
 
Camp Lejeune, Virginia, 24 dicembre 2014
 
“Voleva vedermi, signore?”
“Entri pure, maggiore Wolf. Si sieda. Volevo parlarle di una cosa.”
“Dica, generale.”
Il generale di divisione Stuart Anderson, comandante di Camp Lejeune, base della 1a Divisione di Fanteria del Corpo dei Marines degli Stati Uniti, prese una lettera da un cassetto della sua scrivania e la porse al maggiore che sedeva di fronte a lui.
“La informo ufficialmente che la sua richiesta di congedo dal Corpo a partire dal 1° Gennaio è stata accolta. E' sicuro di quello che sta facendo? Non vuole ripensarci?”
“No, signore, la ringrazio. Oramai ho preso la mia decisione.”
“Secondo me sta facendo una sciocchezza: lei è un eccellente ufficiale, maggiore, è in predicato per la promozione a colonnello e tra qualche anno potrebbe anche sedere su questa poltrona. Lo meriterebbe. Il suo stato di servizio, poi, è impressionante. La prego, ci ripensi.”
“Mi dispiace deluderla, generale, ma la mia decisione è definitiva.”
“Posso chiederle quali sono le sue motivazioni?”
“Motivi personali, signore”, rispose gelidamente il maggiore.
“D'accordo”, sospirò il generale, “Se è questo ciò che vuole... Firmi i moduli all'ufficio personale e renderà la cosa effettiva. Mi dispiace perderla, Alan. Dio solo sa se ho bisogno di lei, ora. Ci rimandano in Afghanistan il mese prossimo. Ho appena ricevuto gli ordini dal Pentagono.”
“Capisco, signore. Ma troverà qualcuno adatto a sostituirmi, ne sono certo.”
“Lei ha già un nome da suggerirmi?”
“Sì, signore. Il maggiore Kidman è un eccellente ufficiale esecutivo. Ho lavorato molto bene con lui. E' adatto al compito, se vuole la mia opinione.”
“Molto bene. Lo convocherò più tardi per conferirgli l'incarico.”
Il generale Anderson si alzò e fece il giro della scrivania per stringere la mano all'uomo con cui aveva lavorato e combattuto per quasi quattro anni: “Buona fortuna, Alan. E buon Natale. Semper fidelis.
“Grazie, signore, di tutto. Buona fortuna e buon Natale anche a lei.”
Il maggiore salutò impeccabilmente, come ogni ufficiale dei Marines deve saper fare, ed uscì per recarsi all'ufficio personale, dove firmò i moduli per il congedo definitivo.
Era molto triste nel congedarsi: i Marines erano stati la sua casa per vent'anni e nel Corpo aveva tutti i suoi più cari amici.
Ma una nuova missione lo attendeva, una missione per la quale si era preparato senza sosta sin da una fredda vigilia di Natale di quasi trent'anni prima.
Il momento era finalmente giunto.
Era pronto.
Era preparato.
Ed aveva un piano.
Nessuno lo avrebbe fermato.
Andò nel suo alloggio e fece i bagagli, stipò tutte le sue cose nel grosso fuoristrada di appena due anni che possedeva e lasciò la base per sempre.
Jasper e Alice.
Alan Jericho Wolf ripensò ai nomi che lo ossessionavano ormai da anni ed assaporò per un momento il gusto della vendetta, una pietanza che va sempre servita fredda.
E dopo quasi trent'anni era molto fredda.
Il fuoristrada dell'ex maggiore Wolf imboccò l'autostrada diretto a Seattle quando il sole cominciò a calare all'orizzonte, in uno spettacolo mozzafiato di colori e magnificenza, ma lui non lo degnò della minima attenzione.
Jasper e Alice, solo loro contavano, adesso.
Fu così che il maggiore Wolf andò di nuovo alla guerra.
La sua guerra personale, stavolta.
 
Forks, Washington, 3 gennaio 2015
 
“Nessie! Ciao piccola, vieni in braccio al nonno!”
Renesmee si fece mettere giù da Jacob e corse a perdifiato in braccio a suo nonno: “Ciao nonno Charlie!”, gli urlò la piccola scoccandogli un bacione sulla guancia.
Lei era sempre entusiasta di stare con nonno Charlie e zia Sue.
“Ciao papà.” Isabella Swan Cullen salutò il padre con un dolce sorriso e lo strinse in un abbraccio, facendo molta attenzione a non stringerlo troppo.
Se non avesse avuto il pieno controllo della sua forza, avrebbe potuto facilmente stritolarlo.
In gola, un'arsura improvvisa le ricordò la tentazione del sangue umano.
Era in quei momenti che Bella capiva perfettamente le difficoltà che aveva avuto Edward con lei, quando era ancora umana.
Bella diede un bacio a Charlie sulla guancia e si accorse subito della reazione del padre al contatto con la sua pelle gelida.
“Gesù, tesoro, sei sempre gelata!”
“Sì, in effetti è un po' freddo qui fuori”, rispose lei evasiva.
“Già...”, fece lui perplesso.
Malgrado sapesse che c'erano stati profondi cambiamenti in sua figlia dal momento del ritorno dal viaggio di nozze, non vi si era ancora abituato del tutto e forse non lo avrebbe fatto mai.
La pelle dura e fredda come il ghiaccio, gli occhi castano dorati, la bellezza ultraterrena, il fatto che non fosse più la goffa liceale adolescente che era venuta a vivere con lui appena tre anni prima, ma che fosse una moglie e madre forte e sicura di sé lo lasciavano tuttora dubbioso ed interdetto.
Era diventata come tutti i Cullen e, stranamente, sembrava essere straordinariamente a suo agio.
“Andiamo, Charlie, qui si gela!”, si lamentò Jacob, togliendo tutti dall'imbarazzo.
“Edward?”, domandò Charlie.
“Sta arrivando. Ci saranno tutti.”, rispose Bella.
“Anche Jasper?”
“Sì, certo. Dai papà, non fare quella faccia!”, lo rimproverò lei in tono bonario.
“Quale faccia?”, rispose lui in tono innocente, coccolando la nipote.
Jasper era l'unico dei Cullen con cui Charlie non aveva legato fino in fondo; non che il biondo fratello di Edward fosse scortese con lui, ma manteneva sempre educatamente le distanze ed anche i giovani Quileute lo evitavano se potevano, pur mostrando un riluttante rispetto nei suoi confronti.
Per Charlie, Jasper era un vero mistero.
Una volta aveva perfino chiesto ad Alice perché si comportasse così.
“E' timido”, le aveva risposto lei col suo tipico sorriso, “ma ti posso garantire che è affezionato a te quanto me, anche se non lo da a vedere.”
“Questo è sicuro...”, aveva borbottato tra sé Charlie, suscitando l'ilarità di lei.
Il rombo di una Maserati Quattroporte V8 lo riportò alla realtà del momento.
La berlina italiana, nuovissima, nera ed elegante, parcheggiò dietro la sua auto di servizio e ne scesero Carlisle, Edward, Esme, Jasper ed Alice.
Un grosso fuoristrada Hummer giallo, immediatamente dopo, annunciò l'arrivo di Emmett e Rosalie.
Carlisle, Esme e Charlie si salutarono calorosamente, mentre Edward ricevette una goffa stretta di mano ed un'imbarazzata pacca sulla spalla, oltre ad un “Benvenuto” a mezza bocca.
Nonostante Edward fosse sposato con Bella da più di un anno e la rendesse immensamente felice, era sempre quello che divideva il letto con la sua unica figlia appena maggiorenne e questo, per un padre, è un rospo sempre difficile da mandare giù.
Carlisle ed Esme risero tra loro nel vedere l'imbarazzo di Charlie e la cortese, affettuosa educazione di Edward verso il suocero.
Alice, dal cantò suo, danzò sorridente verso Charlie, mano nella mano con Jasper, e gli diede un bacio sulla guancia in risposta al suo caloroso saluto.
Emmett lo prese bonariamente in giro per la sconfitta dei Seahawks contro i 49ers, mentre Rosalie gli sorrise, godendosi lo sguardo ammirato che il padre di Bella le aveva rivolto.
Sei troppo vecchio per questo genere di idiozie!, si rimproverò mentalmente Charlie, ammirando più del dovuto la bellissima Rosalie e suscitando così l'ilarità di Edward, che aveva percepito quel pensiero nel momento stesso in cui la mente del suocero lo formulava.
Anche i Quileute accolsero i Cullen con rilassata cordialità: ormai l'odio reciproco era quasi del tutto cancellato, anche se Leah faceva di tutto per mantenere salde le “vecchie abitudini”: infatti, la ragazza si era rifiutata categoricamente di trascorrere la serata “con quei fetidi succhiasangue”.
Ma era rimasta l'unica e tutti scommettevano che presto o tardi si sarebbe rabbonita anche lei.
La serata fu grandiosa: armonia e felicità erano il tratto comune di quella che era diventata un'unica grande famiglia.
Era quasi l'alba quando la compagnia si sciolse per tornare alle rispettive abitazioni.
Pacche sulle spalle, strette di mano, bonari sfottò...
I Cullen ed i Quileute erano in giardino a salutarsi quando improvvisamente Alice si bloccò, paralizzata in una smorfia di terrore da una delle sue visioni.
“Alice! Che c'è, cos'hai visto?”, chiese Jasper in tono ansioso mentre tutti si radunavano attorno a lei.
“Tutti a terra!!!”, urlò Alice improvvisamente.
Proprio in quell'istante, il fuoristrada di Emmett esplose in una palla di fuoco e rottami incandescenti, accompagnata da un boato assordante che frantumò tutte le finestre delle case circostanti che si affacciavano sulla via.
Charlie uscì di casa con la pistola in pugno e si gettò sopra Bella e Renesmee per far loro scudo col suo corpo, benché in realtà non ve ne fosse assolutamente bisogno.
“Che succede?”, urlò Charlie terrorizzato.
“Non lo so!”, rispose Edward rialzandosi da terra, “Sembra che la macchina di Emmett sia saltata in aria, ma non capisco come sia successo!”
Sia i Cullen che i Quileute, miracolosamente illesi, si radunarono cautamente attorno al fuoristrada distrutto, mentre Charlie afferrò il cellulare di Bella e chiamò la Centrale per avere rinforzi.
“E' possibile che sia stato un incidente?”, chiese Jacob.
“Le macchine non esplodono da sole, Jake”, rispose Edward.
“Ha ragione”, disse Sam, “Qualcuno l'ha fatta esplodere. Ma chi? I Volturi, forse?”
“E da quando i vampiri usano l'esplosivo?”, disse Carlisle, “No, qui i vampiri non c'entrano nulla secondo me.”
“Allora chi?”, chiese Bella, stringendo a sé Renesmee per proteggerla e confortarla.
“Non saprei... Non sento alcun odore riconoscibile. E voi?”
Sia i vampiri che i licantropi dovettero ammettere che l'olfatto infallibile di cui erano dotati stavolta non era d'aiuto.
“Sta arrivando la Scientifica”, disse Charlie, “Restate tutti qui, ho bisogno delle vostre deposizioni.”
Ormai il Charlie padre e nonno bonario aveva lasciato il posto al Capo della Polizia di Forks.
“Carlisle! Sam! Guardate qui!”
Emmett prese un oggetto che era stato lasciato sul cofano della Maserati e lo porse al padre adottivo: un carillon, piuttosto vecchio ed alquanto malandato.
All'interno c'era un messaggio.
Emmett aprì il carillon che cominciò a suonare e per Jasper ed Alice fu come salire su una macchina del tempo.
Nella mente di Jasper, i ricordi sepolti di una notte terribile tornarono prepotentemente a galla: la neve, il parcheggio, i due umani che aveva massacrato, il ragazzo e la musica, dolce e malinconica, del carillon.
Anche Alice ricordò e sussurrò: “Oh Dio, no...”
“Che succede?”, chiese Bella vedendo i loro volti così sconvolti.
“Dopo, quando saremo a casa”, disse Edward bruscamente, conscio della situazione per aver letto i pensieri dei fratelli.
Jacob era curioso, ma vide la faccia di Edward ed abbozzò.
Emmett aprì il messaggio ed anche Sam, Jacob e Charlie lo lessero.
Ci vediamo presto. Vi ammazzerò tutti.
“Beh, decisamente non è stato un incidente...”, disse Charlie.
 
A circa due chilometri di distanza, in mezzo al bosco, perfettamente mimetizzato, l'ex maggiore Wolf osservava la scena dal visore notturno del mirino telescopico di un fucile di precisione di grosso calibro M107.
Ad un certo punto, il maggiore fissò il reticolo del mirino su Jasper.
“Sarebbe così facile...”, sussurrò a sé stesso.
Un colpo da quasi duemila metri in assenza di vento contro un bersaglio stazionario: non un gioco da ragazzi, ma nemmeno un tiro impossibile per un Marine addestrato come lui.
Il silenziatore avrebbe attutito il rumore dello sparo persino per l'udito straordinariamente sviluppato di un vampiro ed il proiettile avrebbe avuto un tempo di volo di non più di un secondo, forse un secondo e mezzo...
Chissà, si disse, magari non ce la fa a reagire tanto velocemente!
Per un attimo, Alan Wolf pregustò la scena: il proiettile in tungsteno calibro .50, supersonico ed altamente perforante, che impattava il cranio del vampiro e lo faceva letteralmente esplodere, riducendolo in mille pezzi.
Che provassero pure a ricomporlo, allora!
Il dito indice della sua mano destra tolse la sicura e si appoggiò al grilletto.
Spara! Adesso!, gli sussurrò una vocina all'interno della sua testa.
La tentazione era quasi irresistibile...
Perché no? E' quello che stiamo aspettando da quasi trent'anni! Fallo, Alan, ora!, urlava adesso la voce dentro di lui.
Ma la disciplina a cui era stato addestrato per gran parte della sua vita ebbe la meglio: ignorò le proteste della voce, tolse lentamente il dito dal grilletto e rimise la sicura all'arma.
Aveva un piano ed una precisa tabella di marcia e vi si sarebbe attenuto alla lettera.
Poi, lentamente, senza il minimo rumore, strisciò via dalla sua postazione e si allontanò.
Presto, Jasper.
Presto.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo Due.
 
“Pensi davvero che chi ha fatto saltare la macchina di Emmett voglia in realtà te?”, chiese Bella.
“Sì, Bella, ne sono sicuro”, rispose Jasper sprofondato nel divano, lo sguardo perso nei ricordi di una vita fa.
“Vuole noi, Jazz”, intervenne Alice, “C'ero anch'io, ricordi?”
“Ma come potete essere sicuri che sia lo stesso ragazzo? Io penso che bisogna prima esserne certi!”, disse Emmett.
“Il punto è un altro”, disse Carlisle col suo solito tono calmo ed autorevole, “Alice non ha visto nulla finché la macchina non è saltata in aria e, da quanto mi hai raccontato, anche trent'anni fa hai avuto una visione quando era ormai troppo tardi, mentre noi sappiamo che, di solito, le tue visioni precedono di giorni o settimane, se non di mesi, eventi di questo tipo...”
“E' vero”, disse Edward, “E c'è dell'altro: io non ho avvertito pensieri ostili attorno alla casa, né stasera, né in precedenza. Nessuno ha mai cercato di avvicinarsi a noi per farci del male.”
“Per quanto ne sai...”, borbottò Jacob.
“Sì, per quanto ne so”, confermò Edward.
“Non è granché.”
“No, hai ragione. Ma il mio potere non è illimitato, e nemmeno quello di Alice. Il problema è che tutti fate troppo conto su di noi, ma anche noi abbiamo i nostri limiti!”
“Così non va”, disse Bella dopo un lungo momento di silenzio, “Abbiamo bisogno di informazioni. Partiamo dal ragazzo di trent'anni fa. Sono sicura che le risposte che cerchiamo lui può darcele!”
“E come lo troviamo? Se fosse un vampiro sarebbe facile, ma è un umano tra milioni di umani!”, esclamò Esme.
“In questo caso, ci serve un professionista. Ed io conosco chi ci può aiutare...”
 
“Signora Cullen, che piacevole sorpresa!”
“Il piacere è mio, signor Scott.”
L'avvocato Jason Scott era sinceramente felice di avere a che fare con l'incantevole Bella Cullen, invece che col suo spaventoso cognato Jasper: “Si accomodi la prego! Qual buon vento la porta nel mio ufficio?”
“Avrei bisogno di informazioni su una persona, rapidamente e discretamente. Immagino che lei possa aiutarmi, giusto?”, chiese Bella con un dolce sorriso.
“Oh, sì, naturalmente. Vede, il mio studio si avvale di, uhm, professionisti nel campo della raccolta di informazioni, i cui servigi la lasceranno senz'altro soddisfatta. E' sufficiente che mi dica il nome di colui che sta cercando.”
“E' questo il problema. Non lo conosco. Ma ho un indizio per lei: i suoi genitori furono uccisi in un parcheggio a Chicago nel 1980, la notte della vigilia di Natale. Voglio sapere tutto del figlio della coppia e, soprattutto, dove si trova adesso. Ci può riuscire?”
Jason Scott prese furiosamente appunti e poi disse: “Senz'altro, signora Cullen. Certo, le costerà parecchio: ci sono parecchie ruote dell'ingranaggio da ungere, se capisce ciò che intendo...”
“Bastano?”, chiese Bella posando sulla scrivania ventimila dollari in banconote da cento.
“Oh, sicuro. Vedrà che lo troverò. Come devo fare per contattarla? Il solito numero va bene?”
“Sì, può passare senz'altro per i canali normali. La ringrazio, signor Scott.”
“Piacere mio, signora Cullen.”
 
Forks, Washington, 8 gennaio 2015
 
“Carlisle, sai che cos'è l'Octol?”
“Octol? Non ho mai sentito questo nome... Che cosa sarebbe, Charlie?”
“Un esplosivo, Carlisle, lo stesso che ha mandato in orbita la macchina di Emmett. La Scientifica ne ha rilevato tracce sui rottami della macchina.”
“Sembra un dettaglio importante.”
“E lo è, Carlisle, per questo sono venuto a trovarvi. Vedi, l'Octol non è certo un esplosivo comune come il C4. In effetti, ha due particolarità. La prima è che si tratta di un esplosivo molto stabile e molto più potente del C4; in pratica, è una miscela di due esplosivi, l'RDX ed il TNT, entrambi di uso esclusivamente militare.”
“E la seconda particolarità?”
“L'Octol è costosissimo e la produzione è scrupolosamente registrata. In effetti, negli Stati Uniti ci sono solo quattro clienti per l'Octol: esercito, marina, aviazione e Marines. Carlisle, gli unici acquirenti dell'Octol sono i militari.”
Carlisle e gli altri Cullen si guardarono stupefatti.
“I militari? Che significa questo, papà?”, chiese Bella.
“Quello che ho detto, tesoro. L'anno scorso, tutta la produzione di Octol è stata assorbita dall'USSOCOM (United States Special Operations Command, Comando Operazioni Speciali degli Stati Uniti, NdA): in pratica, Navy SEALs, Rangers, Delta Force, Berretti Verdi ed il Battaglione Operazioni Speciali dei Marines. Nessun altro, nemmeno all'estero, ha effettuato acquisti di Octol. E non credo che sia possibile procurarselo per vie traverse, dati i controlli delle varie agenzie federali sulla produzione... Allora, gente, chi avete fatto incazzare?”, concluse Charlie in tono fintamente lieve.
“Nessuno, Charlie”, rispose Carlisle con un sorriso rassicurante, “Anzi, sono certo che c'è una spiegazione a tutto ciò. Tu ci conosci e sai che conduciamo una vita molto tranquilla, senza dare fastidio a nessuno.”
“Già, io vi conosco...”, sussurrò Charlie guardando Carlisle con sospetto, “Ma in realtà quanto vi conosco? Quante cose mi avete tenuto nascoste da quando ci conosciamo? Top secret, ricordi? Andiamo, lo so che dietro alla facciata della tua famiglia c'è molto di più di quanto sembri! Carlisle, forse è giunto il momento di fare una onesta chiacchierata io e te da soli, da uomo a uomo. Non dimenticare che ci sono anche mia figlia e mia nipote in pericolo. Voglio risposte, Carlisle, e le voglio adesso!”
Carlisle sospirò e rispose: “Spiacente, Charlie. Le risposte che cerchi non possiamo proprio dartele, in parte perché nemmeno noi le abbiamo. Sappi comunque che non abbiamo mai fatto del male a nessuno qui a Forks, per cui non so proprio chi potrebbe avercela con noi.”
“Qui a Forks... Un'interessante precisazione, Carlisle. E in altri posti?”
“Mi dispiace, Charlie, ma non ho altro da dirti”, rispose gelidamente Carlisle.
Charlie fece un sorrisetto e si alzò: “Come vuoi, Carlisle. Ma sappi che scoprirò ciò che voglio sapere, in un modo o nell'altro.”
Charlie si avviò alla porta, ma prima di uscire si voltò e disse: “Un'altra cosa: meglio che non vi venga voglia di fare trekking sulle Montagne Rocciose nel prossimo futuro, chiaro?”
“Stai dicendo che non possiamo lasciare Forks?”, chiese Edward, ben sapendo quale sarebbe stata la risposta.
“Esatto, Edward. In fondo, siete appena sfuggiti ad un attentato, no? Come faccio a proteggervi, se non so dove siete? Buona giornata, ragazzi. Ci vediamo, Bella. Salutami Nessie.”
“Papà!”, esclamò Bella facendo per andargli dietro, ma Carlisle la fermò: “No, lascialo andare. Peggioreresti solo le cose. Sospetta già qualcosa. Se ce ne andiamo, avremmo non solo lui alle calcagna, ma forse anche l'FBI. Ora come ora, la cosa migliore che possiamo fare è tenere un basso profilo. Piuttosto, hai avuto notizie dal signor Scott?”
“Sì, mi ha chiamata poco fa. Vuole che vada da lui a Seattle.”
“Bene, vai allora. Ti copriremo noi con Charlie, non ti preoccupare. Prendi la Ferrari, farai prima.”
 
La Ferrari 458 di Bella schizzava a quasi trecento chilometri all'ora sull'autostrada verso Seattle, ma anche a quella velocità l'attenzione che lei aveva bisogno di dedicare alla guida era minima. Per il resto, la sua mente spaziava su quanto aveva detto Charlie poco prima. E se si fosse messo ad indagare a fondo sui Cullen? E se avesse scoperto la verità? E se i Volturi fossero venuti a saperlo? E se, e se, e se...
Bella si sentiva di impazzire, con tutte quelle domande.
Poco dopo, Bella arrivò allo studio dell'avvocato Scott, che curava da molti anni diversi affari della famiglia Cullen.
“Buonasera, signora Cullen. Benvenuta. Prego, si accomodi”, fece l'avvocato con la sua solita cordialità.
“Ha avuto le informazioni che le ho chiesto, signor Scott?”, chiese Bella.
“In effetti, sì. E' tutto in questo fascicolo. Lei non immagina neppure quanto è stato difficile averlo!”
Il fascicolo recava scritto sull'intestazione “Corpo dei Marines degli Stati Uniti – File personale” e, più in basso, “Maggiore Alan Jericho Wolf, matricola 1888657/A”.
Un ufficiale dei Marines? Fantastico, pensò acidamente Bella.
“E' una lettura molto interessante, signora Cullen”, disse l'avvocato Scott destandola dai suoi pensieri, “Interessante e terrificante...”
“Si spieghi.”
“Ecco, signora Cullen, diciamo che il maggiore Wolf non è esattamente il tipo d'uomo che mi piacerebbe avere come nemico... Non so se capisce...”
“Perfettamente, le assicuro”, rispose Bella freddamente.
“Ah, davvero? Bene. In ogni caso, il maggiore Wolf ha di recente rassegnato le sue dimissioni senza un motivo apparente, buttando alle ortiche una carriera di sicuro avvenire nei Marines. La mia fonte al Pentagono mi ha detto che aveva la strada spianata per la promozione a colonnello e che entro tre anni avrebbe avuto la stella di generale ed il comando di una brigata. Il Comando Generale del Corpo lo riteneva uno degli ufficiali migliori e più affidabili. Quanto alla attuale localizzazione del maggiore Wolf... Beh, ecco, a questo proposito ci sono state delle difficoltà.”
“Difficoltà, signor Scott? Di che genere?”, chiese Bella.
L'avvocato sospirò e rispose: “Ecco, il maggiore Wolf è letteralmente sparito dalla faccia della Terra. Ogni tentativo di rintracciarlo è stato vano e, temo, così sarà per tutti quelli futuri. Data l'esperienza del maggiore Wolf, dubito molto che riusciremo a trovarlo, a meno che lui non voglia farsi trovare. Allo stato attuale, è come se il maggiore Wolf non esistesse...”
“Capisco...”, mormorò Bella, che in realtà sapeva perfettamente dove fosse il maggiore Wolf.
A dare la caccia a noi, ecco dov'è! Maledizione...
“Bene, allora è tutto. Se c'è altro che posso fare per la famiglia Cullen...”
“Grazie, signor Scott. Lei è stato molto prezioso, come al solito.”
 
“Un Marine? Diavolo, sono ossi duri quelli!”, esclamò Emmett.
“In questo caso, osso duro è dir poco! Leggete qui: primo del suo corso all'Accademia Navale di Annapolis, esperto di esplosivi, armi da fuoco e tattiche. Battaglie, promozioni, decorazioni fino alle stelle e, udite udite, persino la medaglia d'Onore del Congresso! Dannazione, Carlisle, questo non è il curriculum di un bombarolo qualunque! Questo qui fa parte dell'elite dei soldati professionisti. Super addestrato, super equipaggiato ed altamente specializzato. Ci darà filo da torcere, se davvero ce l'ha con noi!”
“Sì, temo proprio che tu abbia ragione Edward. Cos'altro dice il fascicolo?”, chiese Carlisle.
“Che spara da Dio, ecco che dice: addestrato alla Scuola Tiratori Scelti del Corpo dei Marines di Quantico, primo del suo corso. Trasferito subito dopo ai reparti da ricognizione, prima in Iraq e poi in Afghanistan. Qui dice che ha eliminato 98 bersagli confermati ed altri 51 non confermati! Carlisle, sono 149 nemici uccisi in combattimento!”
“Dannazione!”, esclamò Rosalie.
“Siamo in grave pericolo! Che facciamo?”, chiese Bella stringendo a sé Renesmee per proteggerla e, al contempo, per trarre conforto dalla sua vicinanza.
“Lo affrontiamo.”
Tutti si voltarono verso Jasper e lo guardarono come se fosse impazzito, ma lui non se ne curò e proseguì: “Se fuggiamo, continuerà a darci la caccia. Ci ha già trovato, Dio solo sa come, e quindi dobbiamo presumere che ci riuscirà di nuovo. Se scappiamo ora, scapperemo per sempre. Io dico, affrontiamolo. E' un soldato coi fiocchi, è vero, ma è pur sempre un umano solo che non ha più l'elemento sorpresa e noi siamo in otto!”
“Sei sicuro che sia solo?”, domandò Alice, la cui domanda rimase ignorata.
“Figlio mio”, disse Carlisle, “Capisco le tue intenzioni, ma non voglio uccidere il maggiore Wolf. Ogni vita è preziosa, anche quella del nostro nemico. E non si può negare che noi gli abbiamo recato un gravissimo torto...”
Noi, pensò Edward: era proprio da Carlisle accomunarsi ad un crimine orrendo che non aveva commesso, pur di non abbandonare uno della famiglia.
“Io penso che dovremmo incontrarlo e tentare di parlare con lui”, proseguì Carlisle, “Forse c'è una possibilità di farlo ragionare. In fondo, non è ancora successo nulla di irreparabile.”
“Pensi che sia prudente?”, chiese Rosalie.
“Non lo so, Rose, probabilmente no; ma sento che dobbiamo tentare.”
“Bene, allora lo faccio io”, ribatté la bellissima vampira bionda.
“Scordatelo! Non ti permetterò di andare da sola.”, esclamò subito Emmett.
“Em, amore, non devi preoccuparti per me, so badare a me stessa. E poi, chi altro manderesti? Alice e Jasper? Questo qui gli sparerebbe a vista. Tu? Non hai la necessaria... diplomazia. Edward e Bella? Bella è ancora una neonata che può sempre perdere il controllo. E poi chi baderebbe a Renesmee? Manderesti Esme o Carlisle? Sai benissimo che non hanno l'istinto della lotta, qualora ve ne fosse bisogno. No, amore, devo andare io. Sono l'unica che può parlare con lui senza rischiare di farsi uccidere o di ucciderlo. Carlisle, vado io. Il problema è trovarlo...”
“Beh, Rose, ho come l'impressione che, presto o tardi, ci troverà lui.” 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo Tre.
 
“Incontrarlo? Tu sei pazza! D'altronde, ho sempre saputo che non avevi le rotelle a posto. Stupida bionda...”, borbottò Jacob.
Rosalie sbuffò divertita: “Da quando ti preoccupi per me, lupastro?”, disse a Jacob.
“Per me puoi farti sparare quando vuoi, ma Renesmee ti adora, sei la sua zia preferita. Se ti succede qualcosa, soffrirà moltissimo!”
“Ah, capisco... E' davvero la sofferenza di Renesmee il tuo unico motivo di interesse?”
Jacob la guardò irritato, senza darle risposta.
“Non posso crederci! Attenti tutti, il cane si preoccupa per me! Questa poi!”, esclamò Rosalie e scoppiò in una risata squillante.
Jacob, sconfitto, la ignorò ma non risparmiò nulla del suo scetticismo riguardo le intenzioni dei Cullen.
“Ragionate: quest'uomo ha visto morire i genitori per mano di Jasper ed ha fatto della vostra distruzione la missione della sua vita: credete davvero che due paroline gentili lo renderanno docile come un agnellino e disponibile al perdono? Quanto sarete idioti voi vampiri? Bionda, quell'uomo ti ridurrà in briciole non appena mostrerai il tuo bel faccino!”
Rosalie sbuffò di nuovo e rispose con sarcasmo: “La tua preoccupazione mi commuove, cane. Ma so badare a me stessa!”
“Questa l'ho già sentita...”, mormorò Emmett, decisamente di cattivo umore: “Rose, il can... Jacob ha ragione. Non puoi esporti. Nessuno di noi può. E' troppo rischioso!”
“Davvero? Allora suppongo che abbiate un'altra idea!”
Lo sguardo di Rosalie adesso fiammeggiava di rabbia, puntando ora Jacob, ora Emmett.
“In effetti sì, io un'idea ce l'avrei...”, disse Jacob, “Possiamo pensarci noi del branco a questo maggiore Wolf.”
“Il branco protegge le vite umane, Jacob, non le distrugge. Nessuno di noi vi chiederà mai tanto.”, disse Carlisle in tono secco.
“E chi ha parlato di uccidere? Vedi dottore, lui probabilmente sa tutto di voi... Ma non sa nulla di noi! Conosciamo la zona meglio di lui e se si avvicinerà troppo lo prenderemo, vivo naturalmente, così voi potrete parlarci. Se è già nei dintorni come sostiene Bella, allora non può che essere nei boschi attorno a Forks. Non ce lo vedo che prende una camera in affitto in un motel con un carico di armi e munizioni come bagaglio. No, è nei boschi, accampato da qualche parte... E noi lo troveremo! Anzi, vado subito da Sam, così ci potremo coordinare.”
“In effetti è un piano niente male, Jake!”, sorrise Edward, facendo scontrare il suo pugno con quello di Jacob.
“Forse...”, concesse Rosalie, “Ma il maggiore Wolf potrebbe comunque decidere che vale la pena far saltare le cervella anche a voi, cane. Non che la cosa mi rattristerebbe più di tanto...”
Jacob sbuffò divertito e fece per uscire, ma si fermò e disse, rivolto a Rosalie: “Ehi Psycho, senti questa: lo sai quante bionde ci vogliono per avvitare una lampadina?”
 
Jacob, tu, Embry, Quil e Seth perlustrerete il lato nord del fiume a partire dalla casa dei Cullen, noi il lato sud.
La voce di Sam risuonò nella mente di Jacob col caratteristico timbro dell'alfa.
Molto bene. Chi trova il maggiore per primo ulula. Lo circondiamo e poi lo prendiamo, rispose Jacob con la stessa autorità.
D'accordo, Jake.
I due branchi si divisero e si lanciarono nel bosco a velocità folle, seguendo tutti i possibili odori umani che potevano percepire.
Seth, intanto, si era staccato dal suo branco seguendo un flebilissima traccia che portava nel fitto della boscaglia, a nord-est rispetto alla casa dei Cullen; man mano che procedeva, l'odore si faceva sempre più forte.
Sembra caffè... Jake, forse ho trovato qualcosa!
Aspettaci Seth, rispose Jacob, non proseguire oltre da solo.
Tranquillo Jake, è tutto sotto controllo. Vedo una tenda.
Aspetta ti ho detto!
Seth entrò in una piccola radura e si avvicinò silenziosamente alla tenda; c'era un fuoco da campo acceso, su cui stava un bricco di metallo con del caffè dentro.
Sembra abbandonato, Jake. Mi avvicino alla ten...
Improvvisamente, Seth si sentì mancare il terreno sotto le zampe e sprofondò in una grossa buca nel terreno, nascosta da un letto di frasche e foglie morte; degli spunzoni di metallo piantati sul fondo della buca lo trafissero in più punti, facendolo ululare di dolore.
SETH!, urlò Jacob, Resisti, arriviamo!
Fa male, Jake! si lamentò Seth.
Resisti!
“Credevi davvero che fosse così facile sorprendermi?”
La voce calma e rilassata del maggiore Wolf giunse da qualche parte oltre il bordo della buca, insieme al rumore dello scatto dell'otturatore di un arma cui veniva messo il colpo in canna.
Immediatamente, Seth voltò la grossa testa con uno sforzo doloroso e vide un uomo in tenuta mimetica, armato di M16, che lo sovrastava.
“Ciao, cucciolotto. Quei vermi devono essere proprio disperati se si sono rivolti a voi”, disse il maggiore con una punta di compiacimento nella voce.
Proprio in quel momento, Jacob e gli altri del branco entrarono nella radura.
L'aria si riempi di bassi ringhi minacciosi, a cui il maggiore rispose puntando l'arma contro Seth con un sorriso beffardo.
“Vi avverto”, disse il maggiore rivolto ai lupi, “Provate ad attaccarmi e spappolo il cranio del vostro compagno. Mi capite? Ricordate che non siete più veloci di un proiettile...”
I lupi ringhiarono in risposta ma Jacob li zittì con un secco latrato; poi si sedette sulle zampe posteriori ed assunse la forma umana: “Non sparare. Non ti vogliamo fare del male. Ma se tu spari a Seth, giuro che ti faremo a pezzi.”
“Uh... Che paura!”, rispose beffardo il maggiore che, stranamente, non aveva mostrato alcuna sorpresa di fronte alla trasformazione di Jacob.
“Faresti meglio ad averne”, ringhiò Jacob con rabbia.
“Certo... A proposito, Jake, Sam è con te?”
Come fa a sapere di noi?, pensò Jacob lasciando trasparire la sua sorpresa, ma fu un attimo: “E' qui in giro. Sta arrivando anche lui. A quel punto che farai? Già ora siamo troppi per te. E' solo il nostro rispetto per la vita umana che ci impedisce di tagliarti la gola qui e ora. Sei stato bravo, te lo riconosco, ci hai preso alla sprovvista. Ma ora basta. C'è gente che ti vuole parlare. Lasciaci prendere il nostro compagno e arrenditi. ”
“Altrimenti?”
Un tremito percorse il corpo di Jacob, che strinse i pugni e si sforzò di mantenere un tono di voce calmo: “Meglio per te se non lo scopri...”
Dal fondo della buca, Seth guaì di dolore e gli altri lupi cominciarono ad avanzare lentamente; allora il maggiore alzò il fucile d'assalto che imbracciava e lo puntò su Seth.
“Fermi dove siete. Non un passo oltre o il vostro amico muore. Non ve lo ripeterò ancora!”
I lupi si bloccarono immediatamente ad una decina di metri oltre la buca, sul lato opposto a quello dove stava il maggiore.
Improvvisamente, in lontananza si udì un rumore di spari che durò circa un paio di minuti, per poi cessare: “Ah, sembra che Sam abbia incrociato i miei uomini...”
Merda! Non è da solo..., pensò Jacob allarmato.
I lupi iniziarono ad ululare ed a ringhiare inferociti.
Immediatamente Jacob si trasformò e nella sua mente risuonarono grida di aiuto.
Jake... Aiuto!
SAM!
Una trappola... Ci aspettavano... Collin e Brady... Morti. Leah è ferita... Jake, vieni!
“E' meglio se vai, Jacob. I tuoi amici hanno bisogno di aiuto.”
Jacob emise un ringhio basso, prolungato e feroce all'indirizzo del maggiore.
“Stai perdendo tempo, Jake. Non preoccuparti per Seth, non gli farò del male e le sue ferite non sono mortali. Non ancora, almeno...”, disse il maggiore in tono minaccioso, togliendo la sicura all'M16 che impugnava.
In lontananza, si udì il rombo di un fuoristrada che si avvicinava.
“Oh, la mia macchina sta arrivando. Ora me ne vado. Non seguitemi, vi avverto. Vi fareste solo male.”
Una grossa Jeep Hummer, armata con una mitragliatrice calibro .50 sul tetto, emerse dal fitto della boscaglia; un uomo in mimetica brandeggiò l'arma e la puntò contro i lupi.
Il maggiore vi salì sopra e la Jeep partì sgommando in retromarcia, rientrando nel bosco ed allontanandosi velocemente.
Intanto, dall'altra parte i Cullen arrivarono sul posto: “Jake!”, urlò Bella.
Jacob tornò umano e raccontò ai Cullen l'accaduto, mentre Emmett e Carlisle aiutavano Seth.
Edward e Rosalie, invece, si precipitarono da Sam.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo Quattro.
 
Edward e Rosalie schizzarono come fulmini verso il luogo dell’agguato e ciò che trovarono li raggelò: i corpi senza vita di Collin e Brady, crivellati di colpi, giacevano riversi uno sull'altro, mentre Leah si contorceva dal dolore, ferita in più punti.
Sam prestava aiuto a Leah, mentre Jared e Paul si aggiravano scioccati per la radura, quasi non sapessero che fare.
“Sam, cos’è successo?”, chiese Rosalie, mentre Edward leggeva la risposta nella mente del licantropo.
“Ci aspettavano”, ripeté Sam in stato di shock, “Erano mimetizzati tra gli alberi, avevano coperto il loro odore con fango e sterco di animale… Ci hanno preso in mezzo ad un fuoco incrociato, armi automatiche… Collin e Brady non hanno avuto nemmeno una possibilità… Maledetti! Ci siamo ritirati e loro ne hanno approfittato per dileguarsi. Ci sono tracce di grosse Jeep duecento metri più avanti.”
Un grido di dolore da parte di Leah attirò la sua attenzione, mentre Edward la esaminava.
“Hanno usato proiettili a frammentazione”, gli disse Edward, “Quando penetrano in un corpo, si frantumano in una decina di schegge affilatissime che recidono muscoli, tendini, nervi e si conficcano nelle ossa. Le schegge sono ancora dentro, Leah non riesce a guarire bene. Devo portarla da mio padre, lui può aiutarla. Devo portarla via, Sam.”
“Sì, Edward. Vai! Ora!”, rispose Sam.
Edward prese Leah in braccio e si fiondò nel fitto della boscaglia diretto a casa sua, mentre Rosalie disse a Sam: “Vai con loro, io voglio seguire le tracce delle Jeep e vedere dove portano.”
“No, Rosalie, ferma!”, gridò Sam, ma la bellissima vampira bionda si era già lanciata a caccia dei responsabili dell’agguato.
Allora Sam guardò Paul e gli urlò: “Che fai ancora qui? Valle dietro, prima che si cacci in un’altra trappola!”
“Ma Leah…”
“Leah è in ottime mani, Paul, non preoccuparti! Tu vai con Rosalie. Aiutala!”
Paul ringhiò infastidito ma ubbidì e, dopo essersi trasformato, corse dietro a Rosalie, raggiungendola ad una biforcazione del sentiero qualche chilometro più avanti.
“Si sono divisi. Una Jeep è andata verso Forks e l’altra in direzione opposta. Dobbiamo dividerci anche noi. Io vado a destra, tu a sinistra. Ulula, se hai bisogno di aiuto.”, disse Rosalie in tono deciso.
“E se ne avessi bisogno tu? E poi Sam mi ha ordinato di restarti attaccato, per cui vado dove vai tu. Separarsi non è prudente. Scegli una strada e seguiamola.”, disse Paul, che si era trasformato per poter comunicare con lei.
Rosalie sbuffò infastidita ma subito rispose: “D’accordo. A destra allora. Andiamo!”
I due seguirono le tracce fino ad una radura dove c’era un'Hummer apparentemente abbandonata.
“Prudenza, cane. Potrebbe essere un tranello. Senti qualcosa? Riconosci qualche odore che potresti aver sentito prima che vi sparassero addosso?”
Paul annusò l’aria e scosse la testa in segno di diniego.
Rosalie annuì e gli fece cenno di avvicinarsi al fuoristrada da destra; la bionda vampira aggirò l’Hummer a sinistra, ma improvvisamente notò che, in alcune zone attorno alla vettura, il terreno era smosso, come se qualcuno avesse scavato delle piccole buche e poi le avesse ricoperte.
Allora Rosalie si fermò e gridò: “Paul, fermo, forse siamo in peric…”
L'avvertimento di Rosalie giunse troppo tardi.
Paul fu investito in pieno e dilaniato dalla serie di esplosioni che si succedettero nel giro di due secondi ed anche Rosalie fu investita da una miriade di schegge e scagliata contro un acero dall’onda d’urto; quando fece per rialzarsi, dopo un attimo di stordimento, si trovò circondata da una decina di uomini armati che le puntavano contro i loro fucili automatici.
“Arrenditi, Rosalie. Non hai scampo.”
Rosalie ringhiò contro l’uomo che le aveva parlato, ma lui le rispose con lo stesso tono di voce calmo e misurato: “Rosalie, guardati le gambe.”
Concentrata com’era sui nemici, Rosalie non si era accorta che le esplosioni le avevano amputato di netto la gamba destra sopra il ginocchio e la gamba sinistra di poco sotto.
“Cerchi queste?”, fece la voce in tono divertito.
Il gruppo di uomini che la circondava si aprì ed un uomo avanzò verso di lei con le sue gambe tra le braccia.
“Certo che la soglia del dolore di un vampiro è piuttosto alta... Un umano urlerebbe a squarciagola dopo una ferita così. Dicono che nel vostro caso basti avvicinare i moncherini perché le due estremità si saldino. E’ vero?”
Rosalie non rispose, limitandosi a fissarlo con odio feroce.
“Lo prenderò per un sì”, disse l’uomo ridendo.
“Tu sei il maggiore Wolf, vero?”, domandò Rosalie.
“In carne ed ossa.”
“Come sta il lupo?”, chiese Rosalie, improvvisamente ansiosa.
“Diciamo che non si sente molto bene, sono spiacente. Temo proprio che i suoi amici licantropi dovranno raschiarlo via dalla corteccia di quegli alberi laggiù! Direi che sono cose che succedono, quando si mette il piede... Pardon, la zampa su una fila di mine anti-uomo.”
“Maledetto!”, ringhiò Rosalie.
“Tu maledici me? Ehi, zucchero, non sono stato io a versare sangue per primo. Tu conosci il mio nome, quindi sai anche la mia storia. Tra parentesi, bella mossa quella di servirvi di quell’avvocato, quel Jason Scott. Beh, ora non potrete più farlo, a meno di non contattarlo con una seduta spiritica…”
“L’hai ucciso?”, mormorò Rosalie, stupita da tanta crudeltà.
“Eh già. Ho dovuto. Sapeva troppo, per i miei gusti. Lui pensava di essere stato furbo e discreto, ma nessuno può chiedere informazioni su di me senza che io lo venga a sapere. Trovarlo è stato un gioco da ragazzi e dato che aveva già molti nemici, non è stato difficile farlo fuori e dare la colpa a loro.”
“L’avvocato, i licantropi… Quanti ancora ne ucciderai per prendere quelli che vuoi veramente? Quanti innocenti dovranno morire per saziare la tua sete di vendetta?”
“Quanti ne sarà necessario.”, rispose lui freddamente.
“E sarei io il mostro? Un vampiro uccide per nutrirsi, tu uccidi per piacere!”
“Come osi dirmi una cosa simile con tanta disinvoltura? Chi sei tu per giudicarmi? Tu, una fredda assassina che si nutre di sangue…”
“Io non uccido esseri umani! Non ho mai assaggiato sangue umano!”
“Può darsi. Di sicuro tuo fratello Jasper non può dire altrettanto. Io c’ero, sai? L’ho visto mentre lo faceva. Ho visto il suo godimento nel succhiare via la vita di mia madre! E tu fai la predica a me! Beh, ad ogni modo fra non molto ammazzerò quel bastardo con le mie mani e sai una cosa, zucchero? Tu vivrai per vedere quel momento. Voglio che tu veda mentre io mi prenderò la sua vita e quella della tua sorellina Alice. Giuro su Dio, li squarterò davanti ai tuoi occhi e tu non potrai farci un cazzo di niente!”
“Ti sbagli! Noi ti fermeremo!”
“Tu sogni, zucchero…”
“Non chiamarmi zucchero, bastardo!”
Allora il maggiore Wolf prese un M16 da uno dei suoi uomini, vuotò con rabbia il caricatore addosso a Rosalie e poi gettò le gambe accanto al corpo esanime.
“L’ha uccisa, signore?”, chiese sorpreso uno dei suoi uomini.
“No, si riprenderà tra poco, non appena il suo organismo espellerà tutte le schegge dei proiettili. L'M16 non è abbastanza per loro. OK, qui abbiamo finito. Tutti sulle Jeep, andiamocene!”
 
Rosalie si riprese pochi minuti dopo, il corpo completamente risanato ed immacolato; allora prese le gambe e le riattaccò ai moncherini, attendendo che le estremità si risaldassero di nuovo.
Quando fu nuovamente in grado di reggersi in piedi e camminare, si alzò e andò dove giaceva il corpo martoriato di Paul.
Lei aveva sempre odiato i licantropi, per il pericolo che rappresentavano per la sua famiglia in virtù del patto.
Ma da quando quelle creature potenti e coraggiose si erano schierate al loro fianco così tante volte senza chiedere nulla in cambio, aveva imparato ad apprezzarle e rispettarle, se non addirittura a volergli bene come a Jacob.
Aveva sempre pensato che volesse bene a Jacob solo per via di Renesmee, ma china su quel cadavere martoriato si rese conto che aveva sempre ingannato sé stessa: i licantropi erano loro amici… No, si corresse, erano loro fratelli, creature mistiche che, come i vampiri, dovevano trovare un proprio posto nel mondo.
E con tutto ciò che potevano essere, avevano scelto di essere dei protettori, degli angeli custodi dell’umanità.
Rosalie accarezzò il volto senza vita di Paul sentendo lacrime che non poteva più versare pungergli gli occhi, e gli diede un bacio d’addio sulla fronte.
Non lo conosceva bene, ma in quel momento si sentiva legata a lui come a nessun altro, tranne la sua famiglia.
“Giuro su ciò che ho di più caro che la tua morte non sarà stata vana. Ti vendicherò, amico mio. Non importa quello che dovrò fare, ma Alan Jericho Wolf morirà. Te lo prometto!”, mormorò Rosalie al cadavere di Paul.
Quindi raccolse delicatamente i resti del licantropo, li avvolse in un telo che trovò nella Jeep semidistrutta lasciata lì dal maggiore Wolf e dai suoi uomini, li prese tra le braccia e tornò a casa.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo Cinque.
 
Volterra, Italia, 11 gennaio 2015
 
“Allora, che notizie ci porti Alistair, mio caro?”, chiese Aro con tono amichevole.
“Pare che qualcuno stia attaccando i Cullen ed i loro amici licantropi, signore”, rispose Alistair.
“Vampiri?”, chiese Marcus col suo solito tono annoiato.
“No, signore. Un umano.”
Aro e gli altri Volturi presenti si guardarono l'un l'altro, scioccati dalla notizia.
“Un umano? Spiegati!”, ordinò Caius.
“Pare che uno dei Cullen abbia sterminato la sua famiglia e lui si stia vendicando. So che questo umano è, o perlomeno era, un soldato. So anche che alcuni licantropi sono morti a causa sua.”
“Molto interessante...”, mormorò Aro. Poi si rivolse a Caius e Marcus e disse loro: “A quanto pare sembra che presto avremo una nuova opportunità.”
“Cosa? Non intendi intervenire contro questo umano? Sta uccidendo vampiri come noi. Chi ci garantisce che, dopo aver sconfitto i Cullen, si fermerà? Potrebbe persino rivoltarsi contro di noi! Aro, dobbiamo fare qualcosa!”, disse Marcus.
“Caius? Anche tu la pensi così?”, chiese Aro con un sorrisetto.
“Marcus ha ragione”, rispose Caius, “L'umano va fermato. Ma non necessariamente adesso. Lasciamolo fare con i Cullen e vediamo che succede: se dovesse avere fortuna ed eliminasse i loro combattenti migliori...”
“...Lasciando la piccola Renesmee, Alice, Edward e Bella senza difese, noi avremmo campo libero...”, proseguì Aro, “Sì, è un'ottima idea, caro fratello. Anzi, magari dovremmo dare una mano a questo utile umano, ovviamente senza farci scoprire. Jane, cara, faresti una cosa per me?”
“Tutto per voi, signore.”
 
Poco dopo, in un altra stanza dell'immenso palazzo, fu inviata un'e-mail, diretta dall'altra parte del mondo.
Arrivano i Volturi. Preparati.
 
La Push, 12 gennaio 2015
 
I corpi di Paul, Collin e Brady erano avvolti in delle coperte finemente lavorate dalle donne Quileute ed erano adagiati su dei soppalchi di legno.
Tutt'attorno, i familiari e gli amici li piangevano e li onoravano.
Rachel, incinta del loro primo figlio, era china sul corpo di suo marito Paul e singhiozzava senza sosta, mentre Jacob e Billy cercavano vanamente di consolarla.
I genitori di Collin e Brady mostravano un dolore immenso, mascherato dietro una ferma e solenne dignità.
Gli anziani della tribù pronunciarono l'elogio funebre e poi l'intera tribù accompagnò i suoi figli nel loro ultimo viaggio verso il cimitero dove avrebbero riposato per sempre.
Anche i Cullen erano presenti: le donne vestite di nero, in segno di lutto, con dei veli di pizzo nero a ricoprire i loro volti, gli uomini impeccabili e composti, rispettosi e desiderosi di vendetta.
 
La casa di Jacob ospitava sia i lupi superstiti che i Cullen.
Bella consolava Jacob, abbracciandolo ed accarezzandogli i lunghi capelli neri.
Edward parlava sommessamente con Sam ed Emily, mentre Seth ed Alice sedevano silenziosi ed afflitti, uno accanto all'altra.
“Dobbiamo fare qualcosa!”, esclamò Bella all'improvviso, “Non possiamo permettere al maggiore Wolf di ammazzarci uno ad uno. Ci sono già stati troppi lutti. Ora basta! Wolf e la sua banda ci hanno dichiarato guerra e noi dobbiamo rispondere!”
“Sì!”, esclamò Edward schierandosi prontamente al fianco della moglie.
Carlisle fece per replicare ma lei lo prevenì e continuò: “Senti Carlisle, capisco il tuo punto di vista e lo rispetto. Ma il tuo ossessivo rispetto per la vita, per ogni vita, sta diventando una debolezza che non ci possiamo più permettere. E' ora di reagire, vi dico!”
“Sono d'accordo con loro, Carlisle”, disse Rosalie, “Ti ho riferito quello che mi ha detto il maggiore. Tu speri ancora in una soluzione pacifica ma io ti dico che non si può ragionare con lui, né si può patteggiare con lui! Il maggiore Wolf non sente né pietà, né rimorso, né paura e niente lo fermerà dal compiere la sua missione di sterminarci tutti, tranne la morte. E poi i Quileute meritano la loro vendetta ed io intendo aiutarli!”
A quelle parole i Quileute la guardarono sorpresi.
“Loro sono nostri amici, Carlisle”, proseguì Rosalie, “Devo ricordarti quante volte si sono già schierati al nostro fianco? Se non fosse per loro, non saremmo sopravvissuti nemmeno all'esercito di neonati di Victoria, figurarsi ai Volturi! Guardati intorno, Carlisle: Paul, Collin, Brady... Di quanti altri lutti hai bisogno per aprire finalmente gli occhi? Dimmi, saresti stato altrettanto tollerante se al loro posto ci fossi stata io, o Edward o persino Esme?”
“Ha ragione, Carlisle”, disse Emmett, “Io sono con lei e gli altri e li aiuterò, anche contro il tuo parere. E poi è una sfida grandiosa ed io non me la voglio perdere!”
I Quileute osservarono la scena senza intervenire: i Cullen dovevano mettere in chiaro queste cose tra loro, liberamente.
“Anche noi vi aiuteremo”, intervenne Alice, “In parte perché siamo il bersaglio finale del maggiore Wolf, ma soprattutto perché non possiamo permettere ulteriori lutti a causa nostra. Credimi Carlisle, io e Jazz ci rendiamo perfettamente conto di aver recato un torto gravissimo al quel bambino di trent'anni fa. Ma ora quel bambino si è fatto uomo ed ha deciso di perseguire la strada della vendetta contro di noi. Ha fatto la sua scelta ed è giusto che ne affronti le conseguenze. Togliere una vita non è una cosa che faremo con leggerezza e sarà un momento triste per tutti noi. In quell'istante terribile, io e Jazz non vedremo in Alan Wolf il maggiore dei Marines che vuole sterminarci, ma sempre e solo quell'innocente bambino a cui abbiamo distrutto la vita! Ma amo troppo Jazz e tutti voi per permettere che questo scempio continui. Bella, Edward, Rose, Em, Sam, Jake... Noi siamo al vostro fianco. Il maggiore Wolf se l'è cercata!”
“Carlisle”, disse Esme alzandosi e unendosi ai suoi figli, “ritengo che a questo punto tu sappia come la penso.”
“Esme, anche tu...”, mormorò Carlisle con profonda tristezza.
Allora Esme si avvicinò a lui, lo abbracciò, lo baciò e, tenendogli la testa tra le mani, gli disse: “Amore mio, ho condiviso con te ogni giorno di questa vita immortale. Sono sempre stata al tuo fianco, ti ho sempre appoggiato. Tutti noi lo abbiamo fatto. Tu sei la nostra coscienza, l'anima più profonda e nobile della nostra famiglia. Sei l'unico di noi che non ha mai versato nemmeno una goccia di sangue umano. Sei un medico. Salvi le vite, non le togli. Ma oggi ti chiedo di guardare i tuoi figli in faccia. Guardali e dimmi: sacrificheresti anche uno solo di loro sull'altare dei tuoi principi? Io non posso. So cosa significa togliere una vita, mi è già successo, ricordi? E tu eri al mio fianco, quando il rimorso mi torturava l'anima. E' solo grazie a te se ho trovato la forza di andare avanti. Grazie a te ed a loro. Li amo troppo per esporli ad un pericolo così grande! Morirei se dovesse accadergli qualcosa! Non posso permetterlo. Non voglio permetterlo. Tu sei libero di non aiutarmi, ma io sono con i miei figli!”
Carlisle si lasciò cadere sul divano e si nascose il volto tra le mani.
Allora Sam si fece avanti e gli posò una mano sulla spalla e gli disse: “Sei un grande uomo, Carlisle, ed io ti rispetto moltissimo per questo. Solo i grandi uomini sono pronti ai sacrifici più estremi in nome dei loro principi. Sappi che se non vorrai affrontare questa lotta, io e gli altri capiremo e non te ne faremo una colpa. Nessuno di noi ti rinfaccerà mai questa scelta.”
Carlisle sospirò e rifletté per un momento.
Poi si alzò e disse: “Sam, io non sono un grande uomo. In effetti non sono nemmeno più un uomo, da quasi quattrocento anni ormai. Ma ho le passioni di un uomo, i sentimenti di un uomo, i desideri di un uomo... Ho una famiglia, ed è più di quanto avrei mai potuto desiderare. Tutti voi mi avete sempre reso orgoglioso. I lutti che stai soffrendo, Sam, non sono solo tuoi, perché anche voi siete parte della mia famiglia. L'ho capito ora, vedendo mia moglie ed i miei figli schierarsi al vostro fianco. A che serve salvare vite ogni giorno in ospedale, se poi permetto che le vostre siano in pericolo? Combatteremo. Anche io. Che altro potremmo fare?”
Sam e Carlisle si abbracciarono, non più licantropo e vampiro ma entrambi uomini con un comune fardello, il benessere della loro grande famiglia, una famiglia molto più umana di quanto avessero mai potuto immaginare.
A quel punto, mentre tutti discutevano sul da farsi, Carlisle si avvicinò a Bella e le disse: “Grazie, Bella.”
“Per cosa?”, rispose lei.
“Per avermi ricordato cosa vuol dire avere la responsabilità della mia famiglia. Per decenni mi sono crogiolato nel mio autocompiacimento. Vedevo Esme e gli altri vivere secondo i miei principi, le mie regole ed ho finito per pensare che queste fossero assolute ed imprescindibili, fregandomene delle conseguenze. Che idiota sono stato! Ma grazie a te, ho aperto gli occhi. Tu mi hai ricordato che la mia famiglia è una conquista da difendere giorno per giorno. Per questo ti ringrazio e ringrazio Edward di averti portato nella famiglia.”
“Sono senza parole, Carlisle... Quello che hai appena detto è bellissimo! Fin da quando vi ho conosciuto, ho sempre desiderato essere una Cullen. Non ho mai avuto una famiglia numerosa ed improvvisamente avevo tutti voi che vi prendevate cura di me... Tu non hai nulla di cui ringraziarmi, Carlisle. Semmai, è vero il contrario. Ho un debito verso di voi che non riuscirò mai a saldare. Un debito di amore. Se ho la vita che ho sempre desiderato accanto all'uomo che amo più della mia vita, è grazie a voi. Se ho una figlia bellissima che cresce felice e sicura, è grazie a voi. Se sono finalmente parte di qualcosa di speciale, è grazie a voi. Tu ringrazi me? No, sono io che ringrazio ognuno di voi dal profondo del mio cuore.”
“Sei sempre un'inguaribile romantica, Bella...”
“Allora, adesso che siamo tutti d'accordo nell'agire, che si fa?”, intervenne Jacob, spezzando l'idillio.
“Finora abbiamo agito confidando troppo sui nostri poteri e sulla nostra presunta superiorità. Siamo stati arroganti e stupidi. Questo deve cambiare. D'ora in poi, agiremo con prudenza. E prima d'ogni cosa, dobbiamo capire come fa il maggiore Wolf a sapere tanto di noi e ad essere sempre un passo avanti!”, gli rispose Edward, “Ed abbiamo bisogno di aiuto.”
“Riconvochiamo i vostri amici succhias... Ehm, i vostri amici vampiri?”, disse Jacob, chiaramente poco entusiasta all'idea di rivedere quelle creature potenti e terrificanti aggirarsi nei dintorni di Forks e La Push.
Vladimir e Stefan turbavano tutt'ora i suoi sogni.
“No, non ce ne sarà bisogno. O meglio, basterà chiamare i Denali. Ma non è questo l'aiuto a cui mi riferivo. In effetti, io pensavo a Charlie ed alla Polizia di Forks.”

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo Sei.
 
“Non sono entusiasta di quest'idea, Edward. Dovremmo lasciare in pace Charlie. Ti rendi conto del pericolo cui lo esponiamo?”
“Ne abbiamo già discusso, Bella. Credimi, se ci fosse un'altra possibilità non penserei nemmeno per un istante di coinvolgere Charlie in questa storia. Ma in questo momento, abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile e tuo padre può darci una grossa mano.”
“Ne parli come se fossi sicuro che questo basterà a fermare il maggiore Wolf!”, esclamò Bella esasperata.
“Senti, Bella: proteggeremo tuo padre, non permetteremo che gli accada nulla. Il maggiore non riuscirà nemmeno ad avvicinarglisi!”
“Certo! Anche i lupi dicevano la stessa cosa prima dell'altro giorno e guarda com'è andata a finire! Non voglio partecipare al funerale di mio padre, Edward!”
Vedendola così scossa, Edward l'abbracciò e le baciò i capelli, tenendola stretta a sé e sussurrandole la sua ninna nanna.
Quella melodia aveva uno straordinario effetto calmante su Belle e lei si rilassò subito tra le sue braccia; poi alzò il viso e, guardandolo dritto negli occhi, gli disse: “Promettimi che mio padre sarà al sicuro. Prometti, Edward!”
“Te lo giuro sulla mia vita, amore mio. Farò in modo che a tuo padre non accada nulla. Fidati di me, Bella.”
“Sempre”, rispose lei e lo baciò con una passione talmente ardente e disperata che, per un attimo, Edward rivide in lei la fragile e delicata ragazza umana che aveva fatto breccia nel suo cuore muto.
Edward e Bella rimasero abbracciati ed in silenzio per qualche minuto, poi Bella disse: “C'è un'altra cosa, Edward. Voglio essere io a dire tutto a Charlie. Voglio che senta da me tutta la verità. Lo merita. Ha fatto tanto per me e la verità è l'unico modo di ripagarlo di tutto.”
“D'accordo. Andiamo.”
 
Charlie aveva appena finito il turno in Centrale quando inserì la sua chiave nella toppa della porta d'ingresso e si accorse che questa era aperta.
Sue era tornata nella riserva e stava badando a Leah, per cui non doveva esserci nessuno in casa.
Charlie slacciò la fondina ed estrasse la pistola.
Nemmeno ricordava più l'ultima volta che aveva dovuto usarla in azione.
Fece scorrere il carrello ed inserì il colpo in canna alla Beretta 9mm Parabellum in dotazione alla Polizia di Forks, poi entrò tenendosi rasente al muro.
In cucina la luce era accesa.
Lentamente, Charlie andò in quella direzione, voltandosi ogni tanto per essere sicuro che nessuno lo sorprendesse alle spalle.
Charlie irruppe in cucina e, con sua sorpresa, vide Bella seduta al tavolo che lo aspettava.
“Ciao, papà.”, lo salutò Bella con un sorriso.
Dio, com'è bella!, pensò Charlie vedendo la figlia. Poi disse, rinfoderando l'arma: “Bella... Non ti aspettavo. Perché non mi hai detto che saresti passata? Mi sono spaventato...”
“Volevo solo farti una sorpresa, papà. Tutto qui. Mi manchi, sai?”, rispose lei che si alzò e lo abbracciò.
Lui la strinse a sé, notando appena la consistenza marmorea di Bella: il suo bisogno di riavere anche solo per un momento la sua Bella era quasi insopportabile.
“Papà, ti devo parlare. E' molto importante.”
“Davvero? Ed a che proposito? Magari hai qualche storia da raccontarmi sul perché tre giovani Quileute sono morti in circostanze misteriose e la Polizia della Riserva non fa nulla per indagare? O vuoi propinarmi qualche altra balla sul perché i Cullen vivono così a ridosso del pericolo? Oppure è tutto ancora top secret? Puah!”
“Papà, sono qui perché abbiamo bisogno del tuo aiuto. Siamo in pericolo. C'è qualcuno che vuole ucciderci e che non si fermerà mai finché non avrà raggiunto il suo scopo. Non possiamo farcela da soli. Ti prego, papà, aiutaci!”
“Uccidervi? Lo so, Bella, ma il fatto è che non riusciamo a trovare indizi. E chi sa, non parla... Chi è che vuole uccidervi?”, chiese Charlie.
“Questo te lo dirò dopo. Ora devo dirti un'altra cosa. E' importante che tu sappia finalmente la verità. La verità su di me, sui Cullen, su ciò che mi è accaduto dopo il matrimonio con Edward... Tutto, insomma. Dopo potrai decidere se aiutarci o no.”
“Non capisco, Bella. Ti pare il momento? Che c'è di più importante di qualcuno che vuole uccidervi?”
“Papà, credimi, quello che ho da dirti è molto importante. Indirettamente, è a causa di questo che corriamo un simile pericolo. Dopo avermi ascoltato, potresti persino decidere di non aiutarci...”
“Tesoro, sei mia figlia. Certo che ti aiuterò! Se è davvero così importante, ti ascolterò. Ma allora niente più segreti. Basta con le menzogne. Voglio sapere tutto e voglio i dettagli.”
“Davvero ci aiuterai comunque, qualsiasi cosa io dica? Ti avverto, quando ti avrò raccontato tutto, potresti non essere più dello stesso avviso... E comunque, non avrà importanza. La verità è che voglio dirti tutto. Lo meriti. Meriti di sapere chi è veramente tua figlia.”
Charlie si sedette ed attese che Bella parlasse con uno sguardo curioso ed indagatore sul volto.
“Papà... Dio, com'è difficile...”, sospirò Bella, “D'accordo, non facciamola tanto lunga: papà, guardami. Ho ventuno anni ma sono uguale al giorno in cui mi sono sposata. E sarà così anche negli anni a venire. Ricordi il giorno in cui sei venuto da noi, dopo che ero tornata dal viaggio di nozze e Jacob ti aveva mostrato chi era in realtà?”
“Non potrei mai dimenticarlo. Eri così cambiata...”
“Sì. Cambiata è la parola giusta. Ma non spiega tutto. Papà, noi ti dicemmo che saremmo rimasti vicini a te per qualche tempo, ma che un giorno saremmo dovuti partire comunque, perché non possiamo restare troppo a lungo in un posto.”
“Perché non potete?”
“Perché altrimenti la gente noterebbe che noi non invecchiamo.”
“Come? Non capisco... Che vuol dire che non invecchiate?”
“Vuol dire che io rimarrò per sempre nei miei diciannove anni. Per sempre, capisci? Io non invecchierò di un giorno da come mi vedi ora! E nemmeno Edward e nemmeno gli altri Cullen. La vecchiaia, le malattie e la morte naturale non possono più toccarci. Noi siamo immortali.”
“Cosa... Che stai dicendo?”
“Papà, ragiona... La mia pelle ora è fredda e dura mentre prima era calda e morbida. I miei occhi hanno cambiato colore. Sono incredibilmente forte e veloce. Non dormo più e non mangio più... Cibo, naturalmente. Non ti dice nulla tutto ciò?”
Charlie rimase in silenzio, guardandola dritto negli occhi, e poi chiese con un filo di voce: “Cosa sei diventata, Bella?”
“Un vampiro, papà. Un'immortale bevitrice di sangue. Ecco cosa siamo. Io, Edward, Carlisle e tutti gli altri... Siamo vampiri.”
“Vam...vampiri? Impossibile! I vampiri non esistono! Che razza di balle mi stai raccontando, Bella??”, sbottò Charlie.
Improvvisamente Bella, che era seduta di fronte a Charlie, svanì come se non fosse mai stata lì e immediatamente dopo la sua voce giunse da dietro di lui: “Non è una menzogna, papà. E' la verità che ti abbiamo sempre tenuto nascosta, per proteggerti.”
Charlie si girò di scatto e la vide alla base delle scale; poi lei svanì di nuovo e riapparve seduta di fronte a lui come se non si fosse mai mossa.
Charlie boccheggiò, ma riuscì a mantenere una parvenza di controllo: “Come... Come hai fatto?”
“Proprio come fai tu o chiunque altro, papà. Con una serie di semplici gesti. Solo che io mi muovo così veloce che tu non riesci nemmeno a vedermi. Ma a me i miei movimenti sono sembrati lenti, quasi languidi. Ecco, questa è la differenza che c'è tra il tuo modo di vedere ed il mio.”
“Gesù, Bella...”, mormorò Charlie.
“Ho saputo di Edward sin da poco dopo il mancato incidente a scuola, ricordi? Lui mi salvò la vita usando le sue facoltà di vampiro. A quel tempo, io ero già innamorata di lui e lui di me, ma la nostra storia non era ancora iniziata. Ma io ho sempre saputo. I Cullen non hanno mai avuto segreti per me, perché era destino che io divenissi parte della loro famiglia, un giorno. E così è stato.”
“Tu... Sapevi? Eppure hai continuato a vederli?”
“Sì.”
“Dio... E Renesmee?”
“Ho concepito Renesmee quando ero ancora umana. Infatti lei è umana per metà. Ma l'altra metà è di Edward. Allora non sapevamo che un'umana ed un vampiro potessero concepire. Quando Renesmee è nata ho rischiato di morire. Allora Edward non ha avuto scelta e mi ha trasformata. Ma questo sarebbe avvenuto comunque. Avevo già deciso prima di sposarlo che sarei diventata come lui. Per quanto riguarda Renesmee, anche lei è un'immortale. Crescerà ancora fino a diventare una ragazza adulta e poi... Niente. Anche lei rimarrà giovane e bella per sempre, papà.”
Ormai Charlie era ben oltre lo shock.
Si alzò in piedi e barcollò, tanto che dovette rimettersi a sedere.
Bella stava cominciando a preoccuparsi nel vedere il padre così pallido, ma lui riprese a parlare e le chiese: “Tu... Bevi sangue per nutrirti?”
“Sì. Ma non sangue umano. Noi non uccidiamo. Beviamo il sangue degli animali. Cacciamo nella foresta e prendiamo quello che ci serve per mantenerci in forze. Ma mai sangue umano. Mai. Carlisle non lo permetterebbe. Te lo giuro, papà, nessuno di noi uccide esseri umani!”, disse Bella in tono accalorato.
“E' tutta una follia...”, mormorò Charlie coprendosi il volto con le mani.
“No, non lo è, papà. E' la verità. E' ciò che sono.”
“Edward... Dov'è ora?”
“Sono qui, Charlie.”
Charlie sobbalzò sentendo la voce del genero che scendeva le scale.
“Bella mi ha chiesto di poterti raccontare tutto da sola e così vi ho lasciato un po' di privacy.”
Charlie si alzò e lo apostrofò con rabbia: “Bastardo! Mostro! Cosa hai fatto a mia figlia? E' questo il tuo modo di amarla, maledetta carogna? Non mi sono mai fidato di te, ed avevo ragione!”
“Papà!”, esclamò Bella, attonita per la reazione del padre.
“No, Bella. Ha ragione. Sono un mostro. Charlie, non avevo il diritto di desiderare tua figlia, ma l'ho fatto. Non avevo il diritto di trascinarla con me in questa vita, ma l'ho fatto. Mi rendo conto che qualsiasi cosa dica o faccia, tra di noi ora non cambierà nulla. Tu mi odi ed io ti capisco. Ma dimmi, Charlie, permetterai al tuo odio di cancellare l'amore che hai per Bella e per Renesmee? Le lascerai in pericolo, accetterai che possano morire per il tuo orgoglio ferito?”
“Tu! Figlio di puttana, come osi!”, esplose Charlie, scagliandosi contro Edward ed afferrandolo per il bavero della camicia, “Morirei per mia figlia e per mia nipote! Sono l'unica cosa bella che abbia mai avuto in vita mia! Ma tu... Tu, lurido bastardo, non ti perdonerò mai per ciò che hai fatto a Bella. Mai! Capito?”
Edward annuì tristemente e rispose: “Sì. E' giusto. Ma ora devo chiederti di mettere da parte il tuo odio per me, almeno per il momento. Abbiamo davvero bisogno del tuo aiuto.”
“Sì, vi aiuterò”, disse Charlie lasciando Edward, “ma non lo farò per te, né per la tua famiglia. Non mi importa nulla di voi. Lo farò solo per Bella e Renesmee. Chiaro?”
“D'accordo. Vieni, allora. Andiamo a casa nostra. Ci sono anche Jacob e Sam e lì potremo parlare.”

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo Sette.
 
L'atmosfera a casa Cullen era pesante.
Il risentimento di Charlie per i Cullen era più che tangibile, ma per fortuna Jasper riusciva a tenere a bada con il suo potere le reazioni emotive più dannose.
Però, dato che quando Charlie era arrivato dai Cullen lui era a caccia, non aveva potuto evitare che l'infuriato padre di Bella rovesciasse su Carlisle e su Edward venti minuti buoni dei peggiori insulti che conosceva.
In effetti, Bella non aveva mai visto due vampiri farsi così piccoli di fronte ad un umano, mentre Emmett e Rosalie sghignazzavano al piano superiore; Sam e Jacob, dal canto loro, si stavano letteralmente sganasciando dalle risate.
Alla fine fu Alice a riportare Charlie alla ragione: “Oh, basta ora! Guardami Charlie: sono la cara, vecchia Alice di sempre! Io ti voglio bene, Carlisle ti vuole bene, tutti qui ti vogliamo bene! Non te lo abbiamo forse dimostrato? Abbiamo protetto te e Bella sin da quando lei ed Edward hanno cominciato a frequentarsi. Bella è amata qui. Ora, non potresti sotterrare per un attimo l'ascia di guerra e ragionare?”, esclamò infuriata.
Charlie la fulminò con lo sguardo, inspirò profondamente un paio di volte e disse: “D'accordo. In fondo sono venuto qui per dare una mano, non per litigare. Ma con voi due”, disse rivolgendosi a Carlisle ed Edward, “non ho ancora finito...”
 
“Certo che ve li sapete scegliere davvero bene i vostri nemici! Non fosse per il fatto che minaccia direttamente Bella e Renesmee, questo maggiore Wolf mi andrebbe quasi a genio...”, disse Charlie in tono pungente dopo aver letto il fascicolo militare del maggiore Wolf.
“Papà, ti prego...”, sospirò Bella esasperata.
Charlie la ignorò e proseguì: “Dunque, se ho capito bene, vorreste che dessi il via ad una caccia all'uomo... E su che basi? Ufficialmente, il maggiore Wolf è colpevole tutt'al più di campeggio abusivo: non posso accusarlo di omicidio senza coinvolgervi nell'indagine e portare armi è un diritto sancito dalla Costituzione degli Stati Uniti... Merda, che casino!”
“Devi trovare un modo, Charlie. Noi contiamo su di te”, disse Carlisle, guadagnandosi un occhiataccia da parte di Charlie.
“D'accordo, gente. Ecco quello che faremo. Sam, se come mi hai detto il capo della Polizia della Riserva è a conoscenza del vostro segreto, lui può aiutarci. Digli di fare una richiesta al mio ufficio per un'indagine congiunta su... dei rapinatori di banche. E' un reato abbastanza importante per giustificare una caccia all'uomo, ma non abbastanza da far drizzare le orecchie all'ufficio di Seattle dell'FBI. Vedete, se il responsabile di un crimine nella Riserva valica il confine con un'altra giurisdizione o viceversa, è come se varcasse il confine di uno stato ed allora il caso è automaticamente di competenza dell'FBI, a meno che i federali ritengano che le autorità locali possono sbrigarsela da sole. Noi dobbiamo far sì che non si immischino. Se l'FBI sente puzza di bruciato e manda qui una Task Force, la partita è chiusa per noi e vi toccherà fare le valigie di corsa.”
“Chiamo subito il Capo Reatala. Sarà senz'altro d'accordo”, disse Sam.
“Quanti sono di preciso?”, domandò Charlie.
“Presumiamo una decina, non di più”, rispose Alice.
“Bella mi ha parlato del tuo potere. Perché non mi dici dove saranno, diciamo, domani a mezzogiorno?”
“E' questo il punto, Charlie. A quanto pare, anche lui sa di me, conosce bene i miei limiti e agisce di conseguenza. Non riesco a vederlo se non pochi istanti prima che faccia ciò che vuole fare. E' frustrante, ma non posso farci niente. Posso darti due, tre minuti di margine al massimo.”
“Non è molto...”, mormorò Charlie, “Beh, dovrà bastare. Ti darò una radio e sarai sempre in contatto con me. Qualunque cosa vedi, dammi quei tre minuti, Alice.”
“Lo farò, Charlie.”
“Io vengo con te”, disse Edward.
“Grazie, ma non ce ne sarà bisogno. E poi, come potrei giustificare la tua presenza con i miei agenti? No, tu mi servi con Alice: appena lei vede qualcosa, tu e gli altri venite ad aiutarci. Ma fino ad allora, dovete restare in retroguardia. Io ed i miei uomini siamo perfettamente in grado di gestire la situazione. Anzi, se vi foste rivolti a me prima, forse saremmo riusciti ad evitare questo casino!”, esclamò Charlie con rabbia.
“E' inutile rimuginarci sopra, Charlie”, gli rispose Carlisle, “L'importante è risolvere la situazione senza ulteriori spargimenti di sangue. Ci sarà tempo dopo per le recriminazioni.”
“Giusto”, ammise Charlie di malavoglia, “Ora prendiamo questo bastardo.”
 
Nei boschi attorno a Forks, 13 gennaio 2015
 
“Eccoli, signore. Polizia di Forks e della Riserva. A quanto ne sappiamo, stanno cercando dei rapinatori di banche...”
“Certo, come no...”, rise il maggiore Wolf, “No, Bill, cercano noi. Furbi, questi Cullen. Confidano sul fatto che, essendo i poliziotti degli esseri umani, non gli spareremo addosso.”
“Non lo faremo, vero signore? Un conto è ammazzare quei mostri, ma questi sono umani come noi.”
“Non preoccuparti, non ho intenzione di uccidere nessuno di quei poliziotti. Ma non possiamo comunque permettergli di intralciarci. Capisci cosa intendo, vero Bill?”
L'uomo rispose annuendo con un sorriso spavaldo.
“Bene. Avverti gli altri. Ci muoviamo tra dieci minuti. Li prenderemo uno alla volta. Io mi occupo del Capo Swan, voi prendete gli altri.”
“Ricevuto, signore.”
 
La radio di Charlie gracchiò e la voce del suo vice lo informò che le squadre si erano allargate a ventaglio e procedevano in direzione del fiume.
“Bene, Mike. Dì agli uomini di stare larghi e di tenere gli occhi aperti.”
La foresta era illuminata da quei pochi raggi del sole che filtravano tra le fronde degli alberi e c'era una nebbiolina che conferiva all'ambiente un'aria spettrale.
Cristo, sembra di vivere un romanzo dell'orrore!, pensò Charlie che procedeva lentamente, con cautela, prestando molta attenzione a dove metteva i piedi.
Ad ogni passo, tastava leggermente il terreno con la punta della scarpa per vedere se c'era qualche trappola nascosta e poi avanzava.
C'era molto silenzio.
Strano, si disse Charlie, non si sente nemmeno un animale!
Una goccia di sudore gli colò giù lungo la schiena, procurandogli un brivido.
Non mi piace, non mi piace per niente. Alice, dove sei? Parlami!
Crack!
Un rumore di rami spezzati lo fece voltare di scatto alla sua sinistra; in mano aveva un fucile d'assalto M16 che, fino ad allora, era rimasto sempre sotto chiave nel suo ufficio.
Che ci faccio qui?, si ripeté Charlie spaventato, io sono solo un poliziotto di provincia!
Charlie prese la radio e si sintonizzò sulla frequenza di Alice: “Alice, ci sei? Alice! Vedi qualcosa? Parlami!”, sussurrò Charlie con un'improvvisa nota di panico nella voce.
Nessuna risposta, solo scariche di statica.
Oh, merda!
Charlie riprese a camminare, i sensi in stato di massima allerta.
Ogni rumore della foresta lo faceva sobbalzare.
Non fare il codardo, coglione! Bella conta su di te! Muoviti!, si disse Charlie a mò di sprone.
Charlie avanzò verso dei cespugli dietro i quali intendeva nascondersi per un momento, quando uno di essi prese improvvisamente vita, lo disarmò con disumana rapidità e lo sbatté con la schiena contro il tronco di una sequoia.
Un Ka-Bar, il classico coltello da combattimento dei Marines con la lama in acciaio al carbonio, era puntato alla sua gola.
Il panico attanagliò Charlie, poi il cespuglio rivelò un volto ed una voce umani.
“Ciao Charlie. Sono Alan Wolf. Piacere di conoscerti”, disse l'uomo che lo aveva assalito con voce assurdamente amichevole.
Charlie lo guardò: l'uomo era perfettamente mimetizzato, con il volto dipinto di almeno tre tonalità di verde e le frasche attaccate all'uniforme mimetica che lo rendevano indistinguibile dalla natura circostante.
Gli occhi erano i più terrificanti che avesse mai visto, puro acciaio azzurro.
“Piacere mio...”, rantolò Charlie, nel tentativo di mantenere il controllo.
“So perché sei qui, Charlie. Buona idea quella dei rapinatori di banche. Ti ha permesso di tenere fuori dai piedi l'FBI.”
“Maggiore Wolf... La dichiaro in arresto... Per l'omicidio di tre giovani Quileute. Lei ha il diritto di rimanere in silenzio...”
“Charlie, Charlie, Charlie... Ora ascoltami bene, perché quello che sto per dirti te lo dirò una volta sola: lascia perdere. Lascia perdere, Charlie. Non sei alla mia altezza. Non hai speranze contro di me. Lascia perdere, o giuro su Dio che ti scateno contro una guerra che non te la sogni neppure! In città la legge sei tu, qui sono io. Questo è il mio regno. Torna a casa e restaci. La prossima volta che ti rivedo razzolare da queste parti, ti taglio la gola e lascio il tuo cadavere in pasto agli orsi, mi sono spiegato?”, disse il maggiore con voce vellutata e, per questo, ancora più minacciosa.
“Và all'inferno! E lascia in pace i Cullen!”
“Uh, accidenti che grinta! Hai le palle, Charlie, te lo riconosco. Ma con me non basta. Forse hai bisogno di un incentivo per darmi retta una volta per tutte...”
Il maggiore Wolf prese un auricolare e se lo mise all'orecchio, premette un pulsante sulla radio attaccata alla cintura e disse: “Cacciatore Leader a Cacciatore Uno, Due, Tre e Quattro: i nostri amici hanno bisogno di essere dissuasi. Eseguite come stabilito. Cacciatore Cinque e Sei, restate in copertura.”
 
Il vice di Charlie, Mike Templeton, udì un rumore di passi alla sua sinistra a cominciò a correre in quella direzione, brandendo l'M16 come aveva visto fare nei film d'azione.
Saltò un tronco d'acero caduto con un solo balzo e finì dritto in una trappola piazzata subito oltre; gli spunzoni di legno nascosti dietro delle frasche si conficcarono in profondità nelle sue gambe, immobilizzandolo e mancando le arterie femorali di millimetri.
 
L'agente Walker udì le grida di dolore di Mike e corse a perdifiato nella sua direzione.
Uno degli uomini di Wolf, Cacciatore Due, attese che arrivasse in un punto stabilito e fece esplodere una mina radiocomandata.
L'esplosione investì l'agente, riempiendogli le gambe di schegge incandescenti che gli recisero entrambi i tendini di Achille e lo lasciarono a terra agonizzante ed incapace di muoversi.
 
Cacciatore Tre fu più diretto: attese l'agente Samuels e l'agente Sabowski, che stavano andando in soccorso dei loro colleghi, e li affrontò corpo a corpo.
Colpì Samuels con un calcio al plesso solare, mozzandogli il respiro, poi gli prese il braccio destro e lo fece andare in torsione dietro la schiena, distruggendogli le articolazioni della spalla, del gomito e del polso in un unico movimento, fluido e micidiale.
Sabowski ebbe appena il tempo di alzare l'M16 verso il loro aggressore, quando questi lo colpì con un violento calcio frontale dritto al ginocchio, che frantumò letteralmente l'articolazione piegandola a 90° nella direzione sbagliata.
 
Cacciatore Quattro vide il sergente Lewis, una bella ragazza con i capelli rossi e le lentiggini sul viso, fermarsi di colpo.
Da ogni parte le giungevano alle orecchie richieste di aiuto da parte dei suoi colleghi.
Incerta sul da farsi, il sergente Lewis si attaccò alla radio per chiamare aiuto, ma non poteva sapere che le frequenze erano disturbate dagli uomini del maggiore Wolf.
Il rumore di un ramo spezzato la paralizzò un attimo, ma la donna si riprese immediatamente e, con un urlo selvaggio, aprì il fuoco tutt'attorno a sé in modalità completamente automatica, vuotando in pochi secondi il caricatore dell'M16.
Allora la Lewis premette il pulsante di sblocco del caricatore vuoto, ne inserì uno nuovo, mise il colpo in canna, alzò gli occhi e... Il sergente Lewis fece appena in tempo a vedere un uomo in tenuta mimetica apparire all'improvviso a meno di un metro dinanzi a sé, che questi la disarmò e la pugnalò allo stomaco con un coltello da combattimento.
Il sergente Lewis si sentì subito mancare le gambe e l'uomo la sorresse, sussurrandole: “Shhh... Shhh... Buona, ragazza. Stai ferma... Ecco, così, sdraiati a terra... Fa male, lo so, ma non è una ferita mortale... Stai buona qui e vedrai che tra non molto verranno a prenderti...”
Cacciatore Quattro le tirò via il coltello dalla profonda ferita facendola urlare di dolore, comunicò con il maggiore Wolf e si allontanò indisturbato, lasciando la sua vittima a terra a contorcersi dal dolore.
 
“Ecco fatto, Charlie. I tuoi uomini sono tutti a terra, feriti più o meno gravemente. Hai visto? Ti assicuro che per noi è stato un giochetto da ragazzi. Ma non ci è piaciuto, puoi starne certo. Tu mi hai costretto a questo. Ma ora basta. La radio non è più disturbata e puoi chiamare i soccorsi. Se ti sbrighi, i tuoi uomini si salveranno tutti.”
“Bastardo, cosa avete fatto ai miei uomini?”, urlò Charlie tentando di assalire il suo nemico.
“Concentrati, Charlie!”, lo apostrofò il maggiore Wolf risbattendolo contro l'albero e tenendolo sotto mira con il suo stesso fucile, “Pensa ai tuoi uomini. Chiama i soccorsi e lascia perdere questa inutile caccia. Ma prima ascoltami molto attentamente: questo è il primo ed ultimo avvertimento che ti do, la prossima volta ti sotterro accanto ai Cullen, insieme ai tuoi uomini! Non mettere alla prova la mia determinazione, Charlie: se devo scegliere tra le vostre vite e la mia vendetta, io vi massacro tutti senza pietà, dal primo all'ultimo, chiaro? E' CHIARO, CHARLIE??”, gli urlò infine il maggiore.
“Sì... Ho capito...”, mormorò Charlie, sconfitto.
“Bene. E questo è affinché tu non dimentichi quello che è successo oggi!”, disse il maggiore e conficcò brutalmente il coltello con cui lo aveva minacciato nella parte esterna della coscia destra di Charlie, passandola da parte a parte.
Charlie urlò e cadde a terra, gemendo e tenendosi la gamba ferita.
Il maggiore Wolf lo guardò freddamente, pulì il coltello sulla manica della giubba e gettò la radio di Charlie a terra accanto a lui.
“Eccoti la tua radio. Chiama i soccorsi, Charlie. E non ti azzardare a tornare o ti ammazzo!”, disse il maggiore.
Poi premette di nuovo il pulsante della sua radio e disse: “Cacciatore Leader a tutti i Cacciatori: ritirarsi. Torniamo alla base.”
Dalla radio di Charlie, finalmente priva di disturbi, eruppe la voce preoccupata di Alice che tentava di contattarlo...

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo Otto.
 
I feriti giunsero all'ospedale di Forks in meno di un ora.
Il più grave era il sergente Lewis, che aveva perso molto sangue.
Il dottor Carlisle Cullen fu il più instancabile nel prestare i soccorsi ai feriti e, grazie alle sue superiori capacità mediche, tutti furono curati in tempo e si sarebbero rimessi, chi prima, chi dopo.
Infine fu il turno di Charlie, che aveva insistito affinché le prime cure fossero prestate ai suoi agenti.
La sua ferita non era poi così grave, lui non era in pericolo di vita e l'emorragia era stata arrestata dai paramedici che lo avevano soccorso sul luogo dell'agguato.
Poco dopo il suo arrivo all'ospedale, Bella ed il resto della famiglia Cullen si erano precipitati da lui.
La figlia, il volto innaturalmente bello stravolto dall'angoscia, si gettò tra le sue braccia e lo strinse a sé più del solito.
Poi fu la volta di Renesmee catapultarsi in braccio al nonno e chiedergli, con tutta l'innocenza di un bambino, se poteva dargli “un bacino sulla bua, così passa subito!”
Anche gli altri Cullen furono molto gentili e premurosi: Esme gli portò un ricambio di abiti puliti e si offrì di fare il turno insieme a Bella per tutto il tempo del suo ricovero, Rosalie si sedette protettiva al suo fianco insieme ad Emmett, mentre Alice ed Edward si profusero in mille scuse per non essere riusciti ad avvertirlo in tempo del pericolo.
Jasper rimase fuori dalla stanza perché l'odore del sangue era troppo intenso per lui ma, fermo sulla porta, usò il suo potere per ridurre al minimo il dolore ed il senso di colpa di Charlie per aver trascinato i suoi agenti in una trappola simile.
Quindi giunse Carlisle e gli altri uscirono per permettergli di operare la medicazione, tutti tranne Renesmee, che si era addormentata accanto al nonno e si rifiutava categoricamente di lasciarlo.
“Come stanno i miei agenti?”, chiese Charlie con voce stanca.
“Il sergente Lewis ha perso molto sangue, ma si ristabilirà presto. Walker avrà bisogno di almeno quattro operazioni e di un lungo periodo di riabilitazione. Samuels perderà in parte l'uso del braccio destro. Il ginocchio di Sabowski è completamente distrutto e malgrado la ricostruzione chirurgica dell'articolazione non camminerà mai più come prima e rimarrà zoppo a vita. Il tuo vice è quello che si rimetterà prima: un paio di settimane, forse tre, e sarà come nuovo.”
“Grazie, Carlisle. Le infermiere mi hanno detto quello che hai fatto per i miei agenti. Ti sono debitore per loro.”
“Ho fatto solo il mio lavoro, Charlie. Non hai bisogno di ringraziarmi”, rispose Carlisle sorridendogli.
Carlisle cominciò a pulire e suturare la ferita sanguinante di Charlie.
“Come fai?”, chiese ad un certo punto Charlie, decisamente incuriosito, “Non hai voglia di bere tutto questo sangue?”
Carlisle sorrise e rispose: “Abitudine, Charlie. Oramai sono secoli che svolgo questa professione. Dopo tutto questo tempo non ci faccio nemmeno più caso.”
“Incredibile...”
Charlie sospirò e poi proseguì: “Ti devo delle scuse per come mi sono comportato con voi di recente, Carlisle. So che siete brave persone. Tutto considerato, siete molto migliori della stragrande maggioranza degli umani che conosco.”
“Grazie, Charlie. Lo apprezzo moltissimo. Anche noi ti vogliamo molto bene. Sei il padre di Bella e per quanto ci riguarda sei parte della famiglia. Lei, poi, ti adora e non sopporterebbe che ti accadesse qualcosa.”
“E' vero tutto quello che mi ha detto? Che non invecchierà e non morirà mai?”
“Beh, anche noi possiamo essere uccisi, Charlie. E' molto difficile, ma è possibile. Comunque, tecnicamente parlando sì, quello che ti ha detto Bella è tutto vero.”
“Tu... Quanti anni hai?”
“Quasi quattrocento.”
“Da come lo dici sembra la cosa più normale del mondo!”
“Per me lo è, Charlie.”
Charlie rimase per un attimo in silenzio a rimuginare su ciò che Carlisle aveva appena detto, poi chiese: “Bella mi ha detto che tu credi in Dio, ma che sei anche convinto che se dovessi morire andresti all'inferno. E' vero?”
Carlisle sospirò, rifletté un attimo e poi rispose: “Una volta ne ero convinto, sì. Ma ora non lo sono più tanto. E' Bella che mi ha convinto a riconsiderare alcune mie convinzioni. E' così incredibilmente piena di amore per Edward, per te, per tutti noi... Com'è possibile che una simile creatura sia destinata all'inferno? Com'è possibile che Dio tolleri una cosa del genere? No, mi sono convinto che Dio non permetterà che Bella sia dannata. E se non lo permetterà per lei, forse non lo permetterà nemmeno per noi, se viviamo secondo determinati principi e nel pieno rispetto della vita umana. Forse persino per Jasper c'è ancora una possibilità di redenzione. In fondo la Bibbia stessa predica che anche i malvagi possono redimersi ed aspirare così al Regno dei Cieli, no?”
“Certo. Carlisle, vi prenderete sempre cura di Bella e di Nessie, vero? Anche quando io non ci sarò più...”
“Hai la mia parola, Charlie. Bella è come una figlia per me e adoro Nessie. Non devi nemmeno chiederlo.”
“Li ami tutti come se fossero davvero figli tuoi, non è così?”
“In parte loro sono davvero figli miei, dato il legame di veleno che ci unisce. Ma sì, l'amore che provo per loro è lo stesso che hai tu per Bella.”
“Allora proteggili da tutto questo. Fuggite! Ora, subito! Avete il mondo a disposizione per nascondervi dal maggiore Wolf. Lui è come me, invecchia e prima o poi morirà. Perché correre rischi?”
“Perché Forks è casa nostra. Amiamo questo posto, tanto che stiamo considerando di stabilirci qui definitivamente. Ne ho già parlato con Sam e Jacob, quando verrà il momento di sparire per un po' ci accoglieranno nella Riserva e, dopo qualche decennio, potremo tornare di nuovo a Forks. E poi Bella non vuole staccarsi da te e Renesmee ti adora.”
Charlie accarezzò i capelli della nipotina, profondamente addormentata.
“E' stato difficile per Bella metterla al mondo, vero?”
“Non immagini quanto. Se non fosse stato per il nostro veleno, sarebbe certamente morta.”
“Ho paura, Carlisle. Per lei, per Bella, per tutti voi. Tu non immagini neppure di cosa è capace il maggiore Wolf. Quello non è umano, è una macchina! E' freddo, calcolatore, assolutamente spietato. I suoi occhi fanno paura. Leggere il suo fascicolo è un conto, ma vederlo in azione è tutt'altra cosa. Lui ed i suoi ci hanno spazzato via in cinque minuti e alla fine non erano nemmeno sudati!”
“In effetti, il maggiore Wolf ha un notevole talento nel tendere imboscate. Finora la sua tattica è stata impeccabile. Ma anche lui farà un errore, prima o poi. Noi dovremo essere pronti ad approfittarne.”
“Il problema è che non conosciamo il suo piano...”
“Che intendi dire, Charlie?”
“Carlisle, i Marines non vanno neanche di corpo senza avere un piano. Ragiona, poteva farvi fuori già la sera della cena a casa mia, e poi quando ha attaccato i lupi... Ma per qualche strano motivo, non lo ha fatto. Comunque, è evidente che ha una tabella di marcia molto precisa. Il punto è che finora stiamo giocando secondo le sue regole ed i suoi tempi. Ha lui l'iniziativa e finché sarà così temo proprio che non abbiamo speranze.”
 
Finito il suo turno, Carlisle andò nello spogliatoio a cambiarsi per tornare a casa.
Benché avesse fretta, si arrese al desiderio di una doccia calda.
Data la sua natura di vampiro, Carlisle non era mai stanco fisicamente e non aveva mai bisogno di dormire o riposarsi, ma come tutti gli umani poteva avere dei momenti di forte tensione e di stanchezza mentale.
In quei momenti, Carlisle benediva l'inventore della doccia: amava sentire l'acqua scorrergli addosso, l'effetto calmante, la sensazione di benessere che lo avvolgeva insieme al calore dell'acqua...
Dopo una lunga doccia ristoratrice, Carlisle si diresse al suo armadietto e si cambiò, indossando i suoi soliti vestiti firmati provenienti dalle lussuose sartorie londinesi di Savile Row, di cui apprezzava i tessuti pregiati e la cura nei dettagli.
Perso nei suoi pensieri, Carlisle rifletté su quanto gli aveva detto Charlie.
Dovevano assumere l'iniziativa, gli aveva detto il padre di Bella.
Ma come?
In tutta la sua vita, non si era mai trovato in una simile situazione: fino ad allora, tutte le minacce alla sua famiglia erano giunte da altri della sua specie come James, Victoria ed il suo esercito di neonati o i Volturi e loro sapeva come affrontarli.
Mai, però, avevano corso simili pericoli ad opera di un umano!
Carlisle era talmente assorbito nei suoi pensieri che a malapena si accorse che la porta dello spogliatoio si era aperta e che qualcun altro era entrato.
Alzò gli occhi e vide un uomo seduto sulla panca di fronte alla sua che lo guardava con un'espressione placida e sorridente sul volto, un volto molto simile a quello della foto nel fascicolo del maggiore Wolf.
Carlisle annuì, con un sorriso amaro sul volto, e disse: “Buonasera, maggiore Wolf. Finalmente ci incontriamo.”
“Oh, ti prego Carlisle, chiamami Alan”, rispose il maggiore in tono cortese, “Anch'io ero ansioso di fare la tua conoscenza.”
“I miei complimenti, Alan. Non è facile sorprendermi come hai fatto tu. Ti muovi quasi come... Un vampiro.”
“Grazie. Lo prenderò per un complimento. Che vuoi che ti dica, mi sono addestrato bene per questa missione. Come sta Charlie?”
“Bene, ma non grazie a te”, rispose Carlisle con rabbia.
Alan sorrise e rispose: “Era necessario. Lui non c'entra con tutta questa storia. E' una questione solo fra di noi. Doveva capire il messaggio.”
“Tu sei un uomo che confida molto in sé stesso, Alan. Dopo tutto quello che hai fatto, cosa ti fa credere che ti lascerò uscire vivo da questa stanza?”
“Innanzitutto, tu non sei quel tipo d'uomo, Carlisle. Non riusciresti ad uccidere a sangue freddo, nemmeno per salvare te stesso. Altrimenti, mi saresti già saltato addosso. In secondo luogo, un mio uomo è nella sala infermiere con un'arma e se non esco di qui illeso entro dieci minuti, ucciderà chiunque si trovi lì.”
Carlisle lo guardò con odio e fece un profondo respiro per ritrovare la calma.
“Cosa vuoi, Alan? Hai avuto l'opportunità di ucciderci diverse volte, ma non l'hai fatto.”
“Non è così semplice, Carlisle. Sì, è vero, potevo già uccidervi, ma non sarebbe stato... Giusto. Vedi, i miei genitori non hanno avuto alcuna possibilità quella notte. Il tuo Jasper gli è piombato addosso e li ha macellati in meno di due secondi. Non avevano scampo. Io non agirò così. A differenza di voi, io ho un codice d'onore, Carlisle. E grazie a questo codice, tu e gli altri avrete almeno una possibilità di vincere. Ti do la mia parola di soldato, su questo. Quando verrò a porre fine alle vostre vite, lo farò apertamente, faccia a faccia.”
“Mi rendo conto che ti è stato recato un torto orribile. Tua madre, tuo padre... E' stato terribilmente ingiusto. Ma ucciderci non li riporterà in vita.”
“No, è vero. Ma mi farà sentire molto meglio. Tu non immagini com'è stato in tutti questi anni. Sono passato di famiglia adottiva in famiglia adottiva, sballottato come un pacco postale. Se non fosse stato per i Marines, non so cosa sarei diventato. E devo dire grazie al tuo figlio bastardo per questo. Che cosa vorresti ora, Carlisle? Perdono? Comprensione per la vostra natura? Spiacente, amico mio, ma non posso concederti né l'uno, né l'altra. Ormai ho imboccato una strada da cui non c'è ritorno... E da cui non ho alcuna intenzione di recedere.”
“Sei pieno d'odio, Alan. Ma anche se ci uccidi, non ti sentirai meglio. Ti sentirai semplicemente solo, come sei sempre stato. Smettila con questa follia! Hai massacrato degli innocenti per niente!”
“Smetterla? No, Carlisle. Non mi fermerò mai. Non finché uno tra me e Jasper non giacerà senza vita.”
“Non ti lasceremo uccidere Jasper o Alice. Non sperare che ce ne resteremo in disparte. Combatteremo per loro.”
“Non mi aspetto niente di diverso da te. Ogni genitore combatte per i propri figli. Ma ciò nonostante, io li ammazzerò lo stesso.”
“Allora vieni! Ti aspettiamo! Smettiamola con questi giochetti! Lasciamo fuori tutti gli altri, la Polizia, i lupi... Affrontiamoci, dunque!”
“Tutto a suo tempo, Carlisle. Vedi, prima c'è un'altra cosa da sistemare. Tu ancora non lo sai, ma alla nostra partita si è appena aggiunto un nuovo giocatore...”
“Cosa? Chi?”
“I Volturi.”
Carlisle rimase quasi paralizzato dallo shock: “I Volturi? Come sai di loro? E che cosa c'entrano adesso?”
“Un mio informatore mi ha detto che un certo Alistair, che tu certamente conosci, è andato da loro e gli ha riferito ciò che sta succedendo qui a Forks e loro hanno mandato della gente nella speranza di saldare il conto aperto che hanno con voi.”
Carlisle rimase per un attimo in silenzio a riflettere, poi chiese: “Perché me lo dici? Se i Volturi ci attaccassero ora, per te sarebbe più facile.”
“Carlisle, nessuno può farvi del male tranne me. Nessuno, chiaro? Le vostre vite sono mie e di nessun altro. Non permetterò ad un qualsiasi vampiro del cazzo di prendersi la mia vendetta!”
“Capisco... Ho una domanda: chi è il tuo informatore?”
“Questo non ti riguarda. Tieni gli occhi sulla palla, Carlisle, concentrati! I Volturi sono il tuo problema più immediato.”
Detto ciò, Alan tirò fuori dalla tasca un cellulare e lo diede a Carlisle, poi aggiunse: “Tu ed i lupi tenetevi pronti per ogni eventualità. Quando i Volturi si faranno vivi, ci penseremo noi a sistemarli. In caso di necessità, ti chiamerò a questo telefono e stabiliremo il da farsi. Ora scusami, ma devo lasciarti. I dieci minuti stanno per scadere. Ci vediamo, Carlisle.”

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo Nove.
 
L'aereo privato proveniente dall'Italia atterrò all'aeroporto di Seattle al tramonto.
Una serie di lussuose berline BMW 760Li si accostarono alla scaletta ed accolsero i passeggeri del jet, tra cui vi erano due ragazzi e sei tra uomini e donne, tutti molto pallidi e vestiti con mantelle grigie più o meno scure, più una donna bionda molto bella, sulla trentina, elegante e sofisticata.
Nessuno di loro, comunque, notò l'uomo che li osservava con un binocolo dalla terrazza del terminal principale.
Appena il corteo di berline si mise in marcia, l'uomo chiamò col suo cellulare e disse semplicemente alla persona che aveva risposto: “Sono arrivati. Si stanno muovendo adesso. Sei BMW Serie 7 nere. Ricevo il segnale GPS del telefono del nostro amico. Si trova sulla terza vettura, sedile del passeggero.”
L'uomo chiuse la comunicazione e si avviò tranquillamente al ristorante per consumare la sua cena.
La sua parte nella vicenda si era conclusa.
 
“Ci vorrà ancora molto, Gianna?”, chiese Jane con voce annoiata.
“Circa mezz'ora. Ma dobbiamo fermarci alla prossima stazione di servizio per fare il pieno. Questione di minuti.”
Jane sospirò e si voltò a guardare fuori dal finestrino quel paesaggio così diverso dall'Italia e dalle dolci colline della campagna toscana cui era abituata.
Lì in America la natura era splendida e terrificante, incontaminata e oscura, tanto affascinante che avrebbe potuto innamorarsene.
Il paesaggio le ricordò una bionda ragazzina umana che viveva in un posto molto simile insieme a suo fratello gemello, quando entrambi erano ancora umani.
Ecco, quel posto somigliava molto alla natia Inghilterra del 1500: sterminate ed impervie foreste, piccoli villaggi di allevatori e contadini...
Prima della trasformazione, Jane ed Alec vivevano in un piccolo villaggio di nome Catterick, vicino alla città di York, il centro più importante della regione, quasi al confine con la Scozia, un posto che amavano ma nel quale non erano mai stati completamente felici, soprattutto lei.
A quel punto ricordò anche che lei ed Alec stavano per essere bruciati sul rogo per stregoneria dai loro stessi compaesani e che, se non fosse stato per Aro, ora sarebbero cenere da cinquecento anni!
Scacciò via quel pensiero, infastidita.
Odiava ricordare il tempo in cui era umana e debole.
Tornò ad osservare il paesaggio notturno dello stato di Washington e, per un attimo, la sua mente vagò libera, immaginando come dovesse essere vivere lì: notti fredde e illuminate dalla luce della luna e lunghe, cupe giornate senza il caldo sole mediterraneo... E poi, vivere in mezzo agli umani, come facevano i Cullen, senza il timore di essere scoperta... Addirittura socializzare con loro o innamorarsene, perfino!
Non avrebbe mai capito cosa spingeva i Cullen a vivere in quel modo.
Gli umani erano le loro prede naturali, perché rinunciarvi?
La caccia era così eccitante e il potere di disporre di ogni singola vita era così inebriante!
Dio stesso prendeva il ricco ed il povero, il giovane e il vecchio, l'uomo e la donna e così faceva lei, convinta che nessuna creatura di Dio fosse come loro, nessuna fosse simile a Lui quanto loro.
Ed i Cullen rinunciavano a tutto questo per rassegnarsi ad un'eternità di rinuncia e di... Ascetismo, sì, ecco cos'era.
Per lei i Cullen erano come eremiti che rinunciavano al mondo per vivere il resto della loro vita da soli, in una grotta!
No, decisamente lei non avrebbe mai capito...
 
Il corteo di BMW nere entrò in un'area di servizio a quindici miglia da Forks quando ormai era notte fonda.
Il distributore era illuminato a giorno, ma era completamente deserto a quell'ora ed era attivo solo il servizio self service.
Una alla volta, le berline cominciarono a rifornirsi mentre i passeggeri scesero per prendere una boccata d'aria.
“Dove vai, Gianna?”, chiese Jane alla donna, che si stava dirigendo verso il supermarket della stazione di servizio.
“Devo usare la toilette. Ci vorrà un minuto”, le rispose Gianna con un sorriso.
 
“Cacciatore Leader a tutti i Cacciatori: bersagli in vista. Sono fermi a fare rifornimento. I vampiri che il nostro informatore ci ha indicato devono essere abbattuti per primi. Tutte le unità pronte al fuoco. Confermare.”
Il maggiore Wolf ricevette via radio risposta affermativa dai suoi uomini, appostati a diverse centinaia di metri tutt'intorno all'area di servizio, in postazioni leggermente sopraelevate rispetto al piano stradale, dieci in tutto.
Coll'indice della mano destra, il maggiore tolse la sicura dal suo fucile di precisione M107 e centrò il reticolo del mirino da visione notturna sulla testa di Jane da una distanza di seicento metri e quindi comunicò ai suoi uomini: “Leader a Cacciatori: selezionate i rispettivi bersagli e confermate.”
Ancora una volta i suoi uomini eseguirono l'ordine e diedero conferma. Ognuno di loro aveva una foto del proprio bersaglio, fornita dall'informatore infiltrato tra i Volturi.
Tutto era pronto.
“Leader a Cacciatori: sotterriamoli. Mirate alla testa. Fuoco a volontà.”
 
Jane stava parlando col fratello Alec quando entrambe le loro teste esplosero quasi simultaneamente, ciascuna per l'impatto di un proiettile di grosso calibro ad alta velocità che giunse a bersaglio prima ancora che si sentisse il rumore dello sparo.
I Volturi si paralizzarono per un attimo, colti completamente di sorpresa e fu un attimo per loro fatale perché un intenso fuoco di armi automatiche li investì in pieno.
Demetri fu il primo a cadere, raggiunto da non meno di tre proiettili alla testa ed al torace che sbriciolarono letteralmente la parte superiore del suo corpo.
Felix cadde per secondo, quando un altro cecchino lo colpì alla nuca da dietro, decapitandolo.
Chelsea rimase paralizzata dallo shock di un attacco così selvaggio, finché tre proiettili al tungsteno calibro .50 la segarono letteralmente in due all'altezza della vita.
Gli autisti umani delle BMW caddero come mosche, falciati da una mitragliatrice.
I tre vampiri superstiti, in preda al panico dopo aver visto i più potenti di loro spazzati via in pochi secondi senza possibilità di scampo, si lanciarono dentro una delle BMW e sgommarono via a tutta velocità, vanamente inseguiti da numerose raffiche di mitragliatrice.
Con calma olimpica, il maggiore Wolf chiamò uno dei suoi uomini: “Cacciatore Otto, qui Leader. Tre vermi se la stanno svignando in macchina nella tua direzione. Provvedi.”
“Ricevuto”, gracchiò la radio in risposta.
La BMW aveva raggiunto di già i 120 all'ora e stava ancora accelerando; di fronte a sé, trecento metri più avanti, aveva una curva a destra e poi la salvezza.
Cacciatore Otto era appostato con un lanciamissili Javelin proprio all'imbocco della curva e vide la lussuosa berlina tedesca venirgli dritta incontro.
Il Javelin è un missile anticarro a spalla che può essere tranquillamente maneggiato da un singolo operatore.
Cacciatore Otto tolse la sicura al missile con calma e freddezza e mise la BMW al centro del mirino.
La testata autocercante all'infrarosso del Javelin agganciò il calore del motore in un secondo ed emise un bip di conferma, poi Cacciatore Otto premette il grilletto ed il missile partì.
Un altro secondo dopo, la BMW esplose in una palla di fuoco e frammenti metallici e di altro materiale, vagamente simile alla pietra...
 
“Cacciatore Leader a tutti i Cacciatori: cessare il fuoco ed avanzare verso l'obiettivo.”
Il maggiore Wolf ed i suoi uomini lasciarono i loro nascondigli e si diressero verso l'area di servizio.
A terra, giacevano i corpi massacrati di cinque potenti vampiri e di sei umani.
L'unica ancora in vita era Chelsea, la sola a non essere stata colpita alla testa.
La vampira si era trascinata lentamente fino ad una delle pompe e si era appoggiata ad essa con la schiena, lo sguardo vitreo rivolto alla metà mancante del suo corpo che tentava vanamente di raggiungerla, per ricongiungersi a lei in una magica guarigione.
Un rumore di passi le fece voltare lo sguardo terrorizzato alla sua sinistra, dove un uomo in tenuta mimetica le puntava alla testa un fucile d'assalto.
Cacciatore Sei, un gigantesco ex Marine di origini cubane, le sorrise e le sussurrò in spagnolo: “Hasta la vista, chica...”
Poi Cacciatore Sei sparò una lunga raffica alla testa della vampira da meno di un metro e per Chelsea fu il buio eterno.
 
Il maggiore Wolf ammirò il lavoro fatto dai suoi uomini con vivo compiacimento.
Tutti i nemici erano morti e nessuno dei suoi aveva riportato anche solo un graffio!
Li ho addestrati bene, si disse.
“Un gran bel lavoro”, disse la voce alle sue spalle, “Non credevo che ce l'avremmo fatta!”
“Te lo avevo detto che era un ottimo piano, no?”, rispose Alan.
“Sì, è vero. Peccato non aver potuto prolungare l'agonia di quella troietta di Jane. Mi sarebbe piaciuto vederla implorare per la sua vita!”
Alan sorrise e si girò verso la voce dell'informatore infiltrato tra i Volturi: “Bentornata a casa, Gianna.”
 
Prima di andarsene, il maggiore e la sua squadra diedero fuoco alla stazione di servizio, per bruciare i cadaveri dei vampiri e quelli degli umani coinvolti.
Poi il maggiore prese il cellulare e compose un numero che aveva memorizzato il giorno prima.
Dopo appena uno squillo, il dottor Carlisle Cullen rispose all'altro capo della linea.
“Mio caro Carlisle”, esordì Alan in tono allegro, “ti chiamo solo per informarti che i Volturi sono appena passati alla storia. Ora devo salutarti, tra poco la polizia sarà qui. 'Notte, mio buon dottore. Da domani potremo tornare ad occuparci della nostra piccola questione...”

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo Dieci.
 
Forks, 16 gennaio 2015
 
Charlie se l'aspettava ed accolse con rassegnazione l'uomo e la donna che entrarono nel suo ufficio quella mattina.
“Buongiorno, Capo Swan”, disse la donna mostrando il suo distintivo, “Sono l'agente speciale Susan Mallory e questo è l'agente speciale Kurt Braden. Siamo dell'ufficio di Seattle dell'FBI e siamo qui per indagare sulla serie di eventi che sta turbando la vostra cittadina da un paio di settimane a questa parte, l'ultimo dei quali è il massacro della stazione di servizio. Ovviamente, assumiamo il comando dell'indagine. Lei ed i suoi agenti... Perlomeno quelli ancora in grado di lavorare, rimarrete coinvolti come supporto. Piazzeremo il nostro comando operativo nella sua Centrale, per gli alloggi abbiamo requisito il Lodge Motel sulla statale. Ha preparato i rapporti sulle indagini come le avevo chiesto per telefono?”
“Sì, sono sulla mia scrivania”, ripose Charlie indicando una pila di cartelle piene di documenti.
“Grazie, Capo Swan. E' tutto per ora. La terremo informato.”
 
“Era Charlie, al telefono”, disse Carlisle dopo aver messo giù la cornetta.
“L'FBI, vero?”, chiese Edward in tono rassegnato.
“Già. Sono arrivati in forze da Seattle, circa una ventina di agenti, più due squadre tattiche SWAT (Special Weapons And Tactics, forze d'elite dell'FBI e dei corpi di polizia USA, NdA) ed un elicottero. Maledetto maggiore Wolf!”, rispose Carlisle in uno scoppio d'ira per lui decisamente inconsueto, stritolando il telefono con la mano destra e riducendolo ad un ammasso di frammenti di plastica.
“Che si fa?”, chiese Bella.
“Niente. Se ce ne andiamo, desteremmo troppi sospetti. Siamo in trappola...”
“Chi è in trappola, mamma?”, chiese Renesmee con voce innocente.
“Nessuno, tesoro. Non devi preoccuparti. Tu sei al sicuro.”, rispose Bella con un sorriso, mentre Rosalie le accarezzava dolcemente i riccioli bronzei.
In quel momento Jacob entrò, anche lui gravato da pessime notizie: “L'FBI sta indagando anche nella Riserva. Siamo bloccati.”
“Cosa?”, fece Edward, “Le Riserve Indiane sono territorio autonomo, non soggette alla giurisdizione dell'FBI!”
“Così credevamo... Peccato che le leggi successive all'11 settembre abbiano creato una scappatoia, se il reato su cui l'FBI indaga è terrorismo!”
“Voi pensate che il maggiore Wolf approfitterà di questo?”, chiese Rosalie.
“E' possibile, bionda. E' anche possibile che ciò facesse parte del suo piano fin dall'inizio. Merda, che casino!”
“C'è di peggio. Charlie ha detto che l'FBI potrebbe venire qui ad interrogarci”, disse Carlisle.
“Cosa? E perché?”, sbottò Emmett.
“Perché tutto è cominciato con l'esplosione della tua Jeep, ricordi? Quello è il crimine zero, per parafrasare una terminologia medica. Charlie ha dovuto consegnare all'FBI tutti i rapporti sugli eventi di questi giorni, tra cui quello sull'esplosione della Jeep. Lì c'è tutto: l'Octol, il carillon, il messaggio del maggiore... Tutto.”
“Oh, no!”, mormorò Rosalie.
Improvvisamente, Alice irruppe nella stanza con un sorriso stampato sul volto esclamando: “Ci siamo, gente! Finalmente hanno fatto un errore! Ho avuto una visione del maggiore e dei suoi uomini accampati sui monti Olimpici. Si sono dovuti ritirare lì quando è arrivata l'FBI. Conosco la zona, è vicino a dove Bella ed Edward erano accampati la volta che Victoria venne col suo esercito di neonati! Possiamo prenderli di sorpresa!”
“Aspetta, Alice: finora il maggiore non ti ha mai dato questa possibilità...”, disse Bella.
“Lo so, e infatti non ho avuto una visione sul maggiore, non direttamente. L'ho avuta su una persona che è con lui. Stavo cercando di vedere le reazioni dei Volturi al massacro dell'altro giorno quando bam!, ecco che mi ritrovo al loro accampamento!”
“Incredibile...”, mormorò Edward rivedendo la visione di Alice direttamente nella sua mente.
“Già. Ecco come ha fatto a trovarci e da dove gli sono venute tutte le informazioni che ha avuto su di noi. Gianna!”, disse Alice, pronunciando il nome della donna con rabbia.
“Gianna?”, fece Bella richiamando alla mente il volto squisito della segretaria dei Volturi, “Che c'entra lei?”
“E' lei l'informatore del maggiore. Ed è sempre lei che ha attirato i Volturi in quell'imboscata alla stazione di servizio”, rispose Edward, che proseguì: “Certo, ora sarebbe interessante capire come ha fatto a nascondersi da Aro e da quanto è in combutta col maggiore, ma questo per il momento non ci deve interessare. L'importante è che abbiamo una possibilità e la dobbiamo sfruttare!”
“Sì!”, esclamò Bella, “Ma con l'FBI in città dovremo attendere, stare attenti ai passi falsi ed avremo di nuovo bisogno di Charlie...”
 
Gianna sedeva con Alan davanti al fuoco da campo, per riscaldarsi e per bere una tazza di caffè caldo.
L'elegante e sofisticata segretaria dei Volturi aveva lasciato il posto ad una guerriera in tenuta mimetica armata fino ai denti, ex membro della Brigata Paracadutisti “Folgore” dell'Esercito Italiano.
Sull'interno dell'avambraccio destro spiccava un piccolo tatuaggio, retaggio della sua appartenenza a quella gloriosa unità, un gladio alato puntato verso l'alto sormontato da un paracadute e sotto il motto, “Come folgore dal cielo”.
Gianna lo accarezzò lievemente e sorrise.
“Bei ricordi?”, chiese Alan.
“Splendidi”, rispose Gianna, “Che stanno rivivendo grazie a te. Mi mancava la vita militare. Tu non immagini neppure il tedio ed il disgusto che provavo nel dover servire quei bastardi a Volterra. Promettimi che, una volta finito con i Cullen, sistemeremo anche ciò che resta dei Volturi!”
“Hai la mia parola, Gianna.”
“Bene”, mormorò Gianna, “Ma ora c'è qualcos'altro che vorrei ricordare. Vieni qui.”
Alan sedette accanto a lei e Gianna lo abbracciò e lo baciò con passione, un bacio che fu il preludio di una lunga notte d'amore...
 
A circa venti chilometri di distanza, più a nord rispetto al campo del maggiore Wolf, in una linda casetta in pietra, Edward e Bella saziavano l'uno il bisogno dell'altra, un bisogno così passionale ed intenso da essere quasi doloroso.
Ormai, grazie alla bravura di Bella nello staccare da sé il suo scudo, Edward aveva accesso ai suoi pensieri ed ai suoi ricordi e lui amava perdersi in essi, rivedere la Bella fragile ed umana che aveva stravolto per sempre la sua vita, colmandola di un amore eterno ed infinito.
Dopo aver raggiunto l'apice del piacere, si prese un attimo per percorrere dolcemente con la mano il profilo del corpo di lei, sfiorandolo ed assaporando la scarica elettrica che aveva sempre sentito quando la toccava così.
“Sei così bella”, sussurrò Edward nell'ombra, “A volte mi chiedo che ho fatto per meritarti.”
“Sciocco”, ridacchiò Bella, “Sono io che devo ringraziare Dio ogni giorno per avermi regalato te... E Nessie.”
Lui la baciò in un modo che Bella aveva sempre definito illegale e alla fine lei gli chiese: “Ancora, ti va?”
“Finché ne vorrai”, rispose lui in tono ardente ed ecco che i due amanti tornarono a concedersi totalmente l'uno all'altra...
 
Forks, 18 gennaio 2015
 
“E' sempre un piacere rivederti, Tanya”, disse Edward accogliendo il clan di Denali.
“Il piacere è mio, Edward. E dov'è quel tesorino di Nessie?”
Renesmee corse da zia Tanya e si fece prendere in braccio e coccolare, mentre con la manina appoggiata sulla sua guancia le faceva la cronaca degli eventi di quei giorni.
“Sembra che abbiate grossi problemi... Come al solito!”, disse Kate entrando, “Voi Cullen siete la versione vampiresca di Bella: attirate catastrofi come una calamita!”
“Così pare...”, le disse Edward, sorridendo amaramente.
“Beh, ora ci siamo noi a darvi una mano”, disse Garrett con un sorriso spavaldo che accese anche i suoi occhi dorati.
Edward non poté fare a meno di notare che lui e Kate si tenevano mano nella mano e non si separavano un attimo: era contento di ciò, le sorelle di Denali meritavano un po' di felicità dopo la tragica perdita di Irina.
“Dove sono gli altri?”, chiese Carmen.
“A caccia. Anche Bella. Ma torneranno presto, sono qui nei dintorni. Nessuno si fida ad allontanarsi troppo, ed uscire da soli è fuori discussione.”
“E' vero dunque quello che ci hai detto al telefono? I migliori tra i Volturi sono stati spazzati via da degli umani?”, chiese Eleazar, “Non posso crederci, dev'esserci un errore!”
“No, nessun errore amico mio. E' tutto vero. Gli hanno teso un'imboscata poco lontano da Forks grazie ad un traditore... Anzi, ad una traditrice.”
“Gianna... E' impossibile, assurdo! Lei era totalmente devota ai Volturi, nei sei anni in cui ha lavorato per loro gli è stata ciecamente fedele! E poi com'è possibile che Aro non se ne sia mai accorto? Nessuno è in grado di eludere i suoi poteri!”
“Tranne Bella, ricordi? Lei ci riusciva già quand'era umana...”, gli ricordò Carmen, “E' possibile che anche Gianna avesse la capacità di non fargli leggere proprio tutto o di fargli leggere solo ciò che voleva... Chissà...”
“Certo che ora i Volturi sono praticamente inoffensivi: a parte Aro e pochi altri, nessuno di loro ha più poteri soprannaturali”, proseguì Eleazar, “Questo è un mutamento importante nel nostro mondo. Nessuno è più in grado di far rispettare la legge. Non appena si spargerà la notizia, i clan del Sud ricominceranno a farsi a pezzi a vicenda e ciò potrebbe esporci agli umani. Se appena una dozzina di loro è in grado di tenere in scacco i nostri clan più potenti, cosa potrebbe farci un esercito? Vi rendete conto del pericolo che corriamo?”
“Sì, ed è per questo che il maggiore Wolf ed i suoi vanno fermati ad ogni costo. Tra l'altro, ora anche l'FBI sta indagando su ciò che sta accadendo e siamo tutti molto preoccupati per ciò che potrebbero scoprire. Per fortuna, Charlie, il padre di Bella, ci sta aiutando. Oggi ci ha passato una copia del rapporto dell'FBI sul massacro dei Volturi. A quanto pare, gli uomini del maggiore Wolf hanno fatto in modo di far sparire ogni traccia dei vampiri bruciando tutto.”
“Edward, quanto sa Charlie?”, chiese Tanya.
“Tutto. E' stato necessario dirgli la verità.”
“Ed i lupi?”
“Sono già stati colpiti molto duramente, Kate. Attualmente, col l'FBI in forze anche nella Riserva, stanno tenendo un basso profilo e si stanno riorganizzando. A quanto pare, la presenza di molti vampiri dovrebbe scatenare il gene mutante in alcuni giovani Quileute e la vostra presenza sicuramente aiuterà in tal senso.”
 
“Carlisle, questo rapporto è impressionante. L'FBI è sicura che il tutto non sia durato più di cinque minuti. Cinque minuti per spazzare via vampiri che hanno affrontato secoli di lotte! Incredibile!”, esclamò Eleazar attonito.
“Già. A quanto pare, col giusto addestramento e con le armi appropriate, gli umani sono perfettamente in grado di uccidere noi vampiri. I nostri corpi sono molto resistenti, ma le loro armi di grosso calibro possono fare danni irreparabili se ci colpiscono. Persino il nostro fattore di guarigione non riesce a riparare a tali disastri.”
“Quel che è peggio”, intervenne Edward, “è che continuiamo a sottovalutarli. Facciamo troppo conto sulle nostre capacità. Certo, nel corpo a corpo non hanno alcuna possibilità, siamo troppo forti, ma ecco che loro adottano tattiche di guerriglia per le quali si sono addestrati una vita! Quel maledetto maggiore è il Leonardo da Vinci delle imboscate! Colpisci e scappa, ecco come ci sta facendo a pezzi. A questo punto penso che dovremmo...”
Improvvisamente, Edward si paralizzò e si rivolse alla porta, per poi rilassarsi appena.
Qualcuno bussò lievemente.
“Edward, che succede?”, chiese Carlisle al figlio che andava ad aprire.
Edward aprì la porta e rimase a guardare il suo ospite con odio, ma questi gli sorrise e disse: “Edward, dove sono finite le tue buone maniere? Non ci fai entrare?”
Edward, con uno sforzo, sorrise educatamente e si fece da parte per far entrare i nuovi ospiti: “Ma certo, Aro. Caius, Marcus... Benvenuti a Forks.”

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo Undici.
 
Il grande tavolo da pranzo in soggiorno, mai usato per quelli che erano i suoi scopi istituzionali, vedeva i Cullen ed i Denali seduti da un lato ed i leader dei Volturi dall'altro.
Gelo e diffidenza reciproca erano i sentimenti prevalenti, malgrado il potere di Jasper operasse per smussare gli spigoli di personalità tanto forti.
Kate e Tanya guardavano Caius con odio profondo, memori dell'assurdo omicidio della loro amata sorella Irina e solo la necessità reciproca ed un senso di cortesia verso Carlisle impedivano loro di ucciderlo esattamente dove si trovasse.
“Cosa sei venuto a fare qui, Aro? E' vendetta quella che cerchi?”, chiese Carlisle.
“E cos'altro sennò, vecchio amico mio? I miei amati Jane ed Alec... Felix e Demetri... Chelsea e tutti gli altri... Non è abbastanza per cercare vendetta?”
“Se è per questo, a noi basta nostra sorella!”, gli ringhiò contro Kate.
“Ti prego Kate, risparmiami la tua collera! Ora non è il momento di sistemare vecchi rancori”, rispose Aro.
“No Aro, hai ragione: quelli come noi, che hanno l'eternità a disposizione, i vecchi rancori li coltivano...”
“Kate, ora basta”, disse Carlisle in tono secco, guadagnandosi un'occhiataccia, “Adesso abbiamo altri problemi, Aro in questo ha ragione. In questo frangente, dobbiamo fare fronte comune contro il nostro nemico, il maggiore Wolf ed i suoi uomini.”
“Aro, come mai non hai avuto alcun sentore del tradimento di Gianna?”, chiese Edward, venendo subito al punto.
Il volto di Aro si accese di rabbia: “Non lo so, maledizione! Mai una volta in lei ho percepito un solo pensiero che non fosse di totale dedizione a noi! Mai! Ancora non posso credere che lei ci abbia tradito... Siete sicuri che sia sopravvissuta? Forse lei è morta con gli altri ed il suo cadavere non è stato ancora trovato...”
“La mia visione non mente, Aro. Gianna si trova col maggiore Wolf in questo momento e non è sicuramente una prigioniera”, disse Alice porgendo all'ospite la sua mano, “Ecco, guarda tu stesso.”
Aro prese la mano di Alice e subito vide Gianna ed il maggiore nella loro intimità, due corpi che si davano piacere, due amanti nella notte...
Il volto di Aro divenne per un attimo una maschera di rabbia e di odio terrificanti, ma immediatamente egli riprese il controllo delle sue emozioni, tornando calmo, misurato ed immacolato come al solito.
“E' vero, dunque?”, fece Caius.
“Sì, fratelli. Per sei anni abbiamo allevato una serpe in seno, il cui tradimento c'è costato coloro a noi più cari. Beh, noi dobbiamo schiacciare la testa di questa serpe, ad ogni costo. Siamo qui per saldare i conti e Gianna è solo nostra, chiaro? Occhio per occhio, dente per dente, sangue per sangue!”
“Sì”, concordò Caius.
“Sì”, fece eco Marcus.
“E voi?”, chiese Aro rivolto ai Cullen ed ai Denali, “Che intenzioni avete? Siete con noi o no?”
“Ne avevamo già discusso molto prima del vostro arrivo e, per quanto ci costi tutto ciò, anche noi pensiamo che il maggiore Wolf debba essere fermato ad ogni costo. Anche i lupi sono con noi, hanno anche loro dei conti da saldare col maggiore”, rispose Carlisle.
“In tal caso dovranno mettersi in coda. Allora siamo d'accordo, vero Carlisle?”
“Sì, Aro. Ma tieni presente una cosa: non tollereremo che cacciate in questa zona. Se dovete soddisfare il vostro bisogno di sangue, dovrete andare lontano. Seattle andrà bene. E' una grande città e nessuno noterà nulla. Qui abbiamo fin troppi problemi!”
Aro sorrise e disse: “Ma certo, amico mio! Tutto ciò che vuoi. Intanto, ora che sappiamo cosa cercare, vedremo di procurarci delle informazioni su Gianna. Questo forse ci sarà d'aiuto nella conoscenza del nostro comune nemico.”
 
Forks, 19 gennaio 2015
 
Il giorno dopo, la congrega male assortita di vampiri si riunì di nuovo e Aro fece scivolare lungo il tavolo fino a Carlisle un fascicolo.
“E' il fascicolo militare di Gianna”, disse Carlisle stupito.
“Sì. Abbiamo amici molto potenti a Roma e loro ci fanno dei favori. Non è stato difficile averlo, una volta capito che poteva essere stata un membro dell'Esercito Italiano. Sapevamo cosa cercare, a quel punto. Magari ciò che c'è scritto può darci qualche informazione utile...”
 
“Forse ho trovato qualcosa”, disse Edward interrompendo la lettura del fascicolo militare di Gianna.
“Cosa?”, chiese Rosalie che, in quel momento, coccolava Renesmee pettinandole dolcemente i riccioli bronzei sotto lo sguardo pensoso di Aro.
“Ho fatto un confronto con la carriera del maggiore. Credo di aver capito dove si sono conosciuti lei e Wolf. Ecco qui, dal marzo del 2003 al giugno del 2006 sono stati entrambi assegnati ad un progetto effettuato sotto l'egida addirittura della NATO. Progetto Prometeo. Però, nessuno dei due fascicoli che abbiamo specifica di cosa si tratti.”
Prometeo... Un nome interessante”, mormorò Aro.
“Secondo la mitologia classica, Prometeo rubò il fuoco agli Dei per donarlo agli uomini... In questo caso quale credete che sia il suo significato?”, domandò Alice.
“Impossibile saperlo, tesoruccio”, rispose Aro mellifluo, “Ma quello che ci deve interessare sono le finalità di questo progetto. Avere quest'informazione ci potrebbe chiarire definitivamente chi abbiamo davanti.”
“E come pensi di ottenerla? Vai alla NATO e gli chiedi se ti fanno spulciare nei loro archivi super-segretissimi?”, rise Emmett.
“Ci sono altri modi, mio forzuto amico. Il denaro apre molte porte e, nel corso dei secoli, noi Volturi ci siamo assicurati le chiavi di queste porte per garantire la sicurezza della nostra specie. Fatemi fare una telefonata. Abbiamo un amico a Bruxelles, al Quartier Generale della NATO, un diplomatico tedesco che lavora a stretto contatto col Segretario Generale dell'Alleanza e che ha accesso alla stragrande maggioranza dei documenti segreti NATO. Lui ci darà ciò che vogliamo.”
“Fallo”, disse Alice, il cui sguardo si era fatto improvvisamente vacuo, “Noi intanto ci occuperemo di un'altra questione.”
“Ah sì? E quale? Cosa vedi, Alice?”, chiese Jasper.
“L'FBI. Stanno per arrivare. Telefonate a Carlisle ed Esme, ditegli di tornare.”
 
Charlie bussò alla porta ed Esme andò ad aprirgli: “Ciao Charlie. Benvenuto. Entra ti prego. Chi sono i tuoi amici?”, chiese lei, sapendo perfettamente la risposta.
“Ciao Esme. Loro sono gli agenti speciali Mallory e Braden, dell'FBI. Sono qui per farvi qualche domanda”, rispose lui con una punta di imbarazzo e di tensione nella voce.
“Prego, signori, accomodatevi”, sorrise Esme, perfettamente rilassata e padrona di sé.
Edward era al pianoforte con Bella seduta al suo fianco, Emmett e Rosalie guardavano la televisione, Alice e Jasper giocavano alla Playstation, Carlisle stava leggendo un libro di medicina.
Aro, Marcus e Caius erano andati fuori a caccia, non volendo rivelare la loro presenza né a Charlie, né all'FBI, mentre i Denali si nascondevano nei boschi intorno alla casa.
Carlisle si alzò dalla poltrona, andò ad accogliere i suoi ospiti con squisita cordialità e li fece accomodare: “Come possiamo essere utili all'FBI?”, chiese infine, dopo un minimo di convenevoli.
“Stiamo indagando sugli eventi che si sono succeduti a Forks dal giorno in cui la Jeep di suo figlio Emmett ha avuto... Come potrei definirlo... Uno sfortunato incidente?”, rispose l'agente Mallory con una vena di sarcasmo nella voce; poi proseguì: “Ci interessa in particolare questo bigliettino che è stato rinvenuto, secondo il rapporto del Capo Swan, in un carillon appoggiato sulla sua macchina. Ci vediamo presto. Vi ammazzerò tutti. Non proprio un bigliettino d'auguri, dottor Cullen.”
“Vorrei poterle dare una spiegazione, Agente Mallory, ma non ne ho nessuna. Come il Capo Swan le potrà confermare, noi conduciamo una vita molto ritirata, senza concessioni alla mondanità, e non ci spieghiamo come qualcuno possa avercela con noi fino a questo punto”, mentì Carlisle con assoluta naturalezza.
“Una vita molto ritirata... Anche in Alaska stavate molto per i fatti vostri, dottor Cullen... Eppure la gente di laggiù vi ricorda come autentici pilastri della società. Tanta stima e considerazione per persone che a malapena si fanno vedere in giro è un po' strana, non trova?”, insinuò l'agente Mallory.
“In gran parte dipendeva dal mio lavoro di medico presso l'ospedale locale. Le persone mi erano grate, tutto qui.”
“Già... A proposito del suo lavoro, dottore: i suoi colleghi sia qui che in Alaska la descrivono come il miglior medico con cui abbiano mai lavorato, scrupoloso, infaticabile, infallibile nelle diagnosi... Com'è che un professionista della sua levatura, laureato ad Harvard e specializzato nientemeno che alla Johns Hopkins Medical School, non è a Los Angeles o a New York a fabbricare milioni con una sua clinica privata per Paperoni multimiliardari? Perché accontentarsi dell'ospedale di Forks?”
“Che vuole che le dica, io amo la vita in campagna. Ci siamo trasferiti per un po' a Los Angeles, ma mia moglie non si è trovata bene e allora siamo tornati.”
“Certo... Il che non spiega il suo alto tenore di vita, dottor Cullen, suo e della sua famiglia. Ho dato un'occhiatina al suo garage appena arrivata: difficile non notare la Ferrari 458, l'Aston Martin DBS, la Maserati Quattroporte V8 e la Porsche 911 Turbo nuove di zecca che vi sono parcheggiate...”
“Oh, quelle... Beh, diciamo che noi investiamo saggiamente i nostri guadagni e così possiamo permetterci alcuni... sfizi, per così dire. Agente, noi non abbiamo nulla da nascondere, Charlie glielo potrà confermare.”
“Beh, il Capo Swan è il suo consuocero, è naturale che parli bene di lei... D'accordo, dottor Cullen, per il momento abbiamo finito. Se le dovesse venire in mente qualcos'altro, ci chiami. Ecco il mio biglietto da visita. Può contattarmi anche tramite il Capo Swan, se crede. Grazie per la sua collaborazione”, concluse l'agente Mallory.
Una volta usciti, l'agente Mallory si appartò un attimo col suo collega: “Questo dottor Cullen non mi piace, Kurt, è troppo lindo, troppo perfetto. Puzza di fasullo lontano un miglio!”
“Allora che si fa, Susan?”
“Pelo e contropelo, a tutti i Cullen, Kurt. Se si alzano di notte per andare al cesso, voglio sapere quanta ne fanno, chiaro?”
“Cristallino, capo!”, rispose l'agente Braden ridendo.
“Ah, un'altra cosa, Kurt: tieni fuori il Capo Swan. Facciamo che questa resta una cosa nostra, tutta FBI, OK?”
“Non ti fidi di lui?”
“Sì, certo che mi fido. Ma lui è troppo coinvolto e potrebbe pensare più alla figlia che al suo dovere. Per cui, lui è out.”
“Ricevuto.”
 
“Edward?”, chiese Carlisle al figlio, che aveva ascoltato la conversazione tra i due agenti grazie ai suoi poteri.
“Non se la sono bevuta, Carlisle. Ed ora indagheranno senza tenere Charlie informato. Non si fidano più di lui.”, rispose Edward contrariato.
“Non mi aspettavo che lo facessero”, sospirò Carlisle, “Alice, mi raccomando...”
“Tranquillo. Loro li vedo perfettamente. Rispetto all'FBI saremo sempre un passo avanti”, sorrise lei.
“Almeno una buona notizia...”, mormorò Jasper.
“Andrà bene, Jazz. Non preoccuparti”, gli disse Alice abbracciandolo.
“Sei sempre così ottimista!”
“Forse è perché finora ho sempre visto giusto, no?”
“Speriamo... Comunque, Carlisle, Aro ed i suoi dovranno starsene fuori dai piedi. Non voglio che l'FBI noti troppe facce nuove qui intorno.”
“Sono d'accordo”, disse Bella, “E poi io non li voglio a ronzare attorno a Renesmee. Avete visto come la guardano? Li odio!”
Edward l'abbracciò per rassicurarla e tornò al piano a suonare per lei la sua ninna nanna; poi presero Renesmee, che già dormiva, e tornarono alla loro casetta.
Rosalie si accoccolò su Emmett, che la strinse a sé ed entrambi rimasero così tutta la sera, a guardare stupidi programmi in TV.
Alice e Jasper tornarono a sfidarsi alla Playstation, dove con macchine virtuali correvano a tutta velocità su strade virtuali.
Esme prese per mano Carlisle e lo portò di sopra, nella camera da letto padronale, dove si concesse totalmente a lui, bisognosa d'amore e di conforto.
Fuori, il tramonto dipinse il cielo con tutte le sfumature del viola in uno spettacolo di straordinaria bellezza.
Un altro giorno era passato a Forks, stato di Washington.

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo Dodici.
 
“Ecco qua, Carlisle, come ti avevo promesso”, disse Aro posando sul tavolo un DVD-rom, “Ti consegno Prometeo!”
Edward inserì il disco nel lettore del computer portatile che Aro aveva con sé quel giorno ed aprì i file in esso contenuti.
“Prima che tu lo legga, lascia che ti faccia una breve introduzione, mio caro”, disse Aro con un sorriso, “Tutto nasce nei primi anni Novanta, subito dopo la prima Guerra del Golfo. Allora le prestazioni delle Forze Speciali americane erano state così convincenti, che tutti i governi delle nazioni più avanzate si fecero prendere da una specie di frenetica passione per i cosiddetti gruppi operazioni speciali, unità sceltissime di fanteria altamente specializzate ed equipaggiate con il meglio che il mercato mondiale delle armi potesse offrire. Poi venne l'11 settembre 2001 e la guerra al terrorismo ed i vertici militari delle suddette nazioni decisero improvvisamente che le Forze Speciali di cui disponevano non erano più sufficienti, che ci voleva qualcosa di nuovo, qualcosa di più. Ma una sola nazione non poteva affrontare da sola i costi e gli studi necessari a realizzare questo progetto, nemmeno i potenti Stati Uniti. Ed ecco che alla NATO si inventano il Progetto Prometeo. L'evoluzione delle forze speciali, qualcosa di mai visto prima, un'autentica rivoluzione nell'arte della guerra. Perché questi signori non si sono fermati ad un addestramento superiore e ad equipaggiamenti migliorati, nossignore. E poi saremmo noi i mostri...”, concluse Aro scuotendo la testa con un sorriso amaro.
Edward aprì il primo file, denominato Neuro-stimolazione a feedback negativo e lesse, mentre un espressione di sorpresa e di orrore si dipingeva sul suo viso.
“Carlisle”, mormorò Edward shoccato, “E' incredibile, leggi qui: volevano creare un soldato che non avesse paura, che non sentisse dolore, privo di qualsiasi remora morale, una macchina inarrestabile per le missioni più pericolose o improbabili. Guarda qui! Stimolazione di determinate aree del cervello per la modifica comportamentale! Pazzesco...”
“E non è tutto, temo”, disse Carlisle, “Apri questo file.”
Edward aprì il file indicato, denominato Terapia genetica per il potenziamento fisico e fu come se si spalancasse il sipario sul romanzo di Frankenstein divenuto realtà: “Hanno modificato il DNA dei soldati perché fossero più forti e veloci, avessero sensi più acuti, maggiore resistenza allo sforzo, maggiore capacità di resistenza in condizioni climatiche molto avverse... Mio Dio!”
“Già... Immagina solo la tecnologia necessaria! Se fosse usata a fini medici, potrebbe salvare migliaia di vite. Ed invece... E questo file qui? Cos'è?”
Personale dell'unità sperimentale “Cacciatori del Fuoco”.
Edward lo aprì ed apparvero sullo schermo le schede personali di dodici soldati di nazionalità diverse, tutte appartenenti alla NATO.
Il primo file era quello del maggiore del Corpo dei Marines degli Stati Uniti Alan Jericho Wolf, ufficiale in comando.
Il secondo era quello del vice-comandante dell'unità, il capitano Gianna De Marco, Brigata Paracadutisti “Folgore” dell'Esercito Italiano.
“Il file di Gianna è impressionante, vero?”, disse Aro con una punta di ammirazione nella voce, “Prima donna a qualificarsi alla Scuola Militare di Paracadutismo, corso ufficiali all'accademia, prima del suo corso. Ha pianificato personalmente almeno venti missioni di commandos dietro le linee nemiche in Afghanistan, durante il suo turno di servizio. La sua specialità è l'infiltrazione, il sabotaggio e la raccolta di informazioni.”
Edward e Carlisle esaminarono i dossier personali degli altri dieci membri dell'unità, i cui curricula bellici erano non meno impressionanti di quelli di Alan Wolf e Gianna De Marco.
Ognuno di loro aveva una propria area di specializzazione, dagli esplosivi alle comunicazioni, fino al combattimento corpo a corpo e tutti provenivano da unità d'elite degli eserciti NATO: SAS e SBS britannici (Special Air Service e Special Boat Service, NdA), Berretti Verdi, Marines e SEALs americani (Sea, Air, Land NdA), KSK tedesco (Kommando SpezialKrafte, NdA), Reggimento Dragoni Paracadutisti e Legione Straniera francesi, Reggimento “Col Moschin” italiano...
“Sapete, sembra proprio che le forza speciali dei migliori eserciti del mondo si siano coalizzate contro la famiglia Cullen!”, rise Aro.
Edward e Carlisle, cui si erano aggiunti tutti gli altri Cullen, lo ignorarono e continuarono a studiare il materiale.
“Qui dice che tutti loro si sono offerti volontari per il programma. Non glielo hanno ordinato, si sono presentati spontaneamente!”, esclamò Bella.
“Sicuramente pensavano che la partecipazione a quel programma gli avrebbe aperto le porte per una brillante carriera in seguito”, commentò Jasper.
“Jazz, guarda. Sono tutti ufficiali.”, notò Emmett.
“Ovvio. Sono quelli che hanno ricevuto l'addestramento più completo: armi, tattiche, attitudine al comando, capacità di discernimento... Sono stati selezionati con estrema cura, non c'è che dire.”
“Edward, apri quest'altro file per favore”, gli chiese Carlisle.
Rapporto finale sul Progetto Prometeo.
Edward cliccò sulla relativa icona ed apparve un documento classificato “Ultra”.
Ultra? Che vorrebbe dire?”, chiese Alice.
Ultra è il livello più alto di segretezza, superiore persino al top secret. E' il livello riservato ai vertici politici e militari della NATO”, disse Aro.
“Vediamo un po'...”, disse Edward cominciando la leggere.
Malgrado i risultati estremamente confortanti dal punto di vista del miglioramento delle capacità prettamente fisiche, gli effetti collaterali susseguenti alle modifiche comportamentali sono ancora tali da non giustificare il proseguimento del programma. I volontari che vi si sono sottoposti mostrano segni di manie ossessivo-compulsive, rabbia, allucinazioni, paranoia, squilibri emozionali, eccesso di fiducia in sé stessi e perdita completa di qualsiasi remora morale il che significherebbe, qualora questi soldati fossero utilizzati in battaglia, commettere le peggiori atrocità contro il nemico o persino contro i civili. Oltre a questo, alcuni soggetti hanno accusato anche sintomi fisici come forti emicranie, vertigini e nausea immediatamente dopo il trattamento. In seguito a ciò, si raccomanda il proseguimento degli studi sul Progetto Prometeo e, al contempo, la chiusura immediata della sperimentazione sul personale militare che, dopo attenta ed accurata valutazione psicologica, dovrà essere di nuovo trasferito alle unità di appartenenza.
Firmato, Generale di Corpo d'Armata Reb J. Langelaan, US Army, ufficiale in comando del Progetto Prometeo.
 
“Dunque, hanno chiuso il programma dopo i primi dodici Cacciatori, come li chiama qui...”
“Già, lo hanno chiuso più di tre anni fa, ormai. Nel frattempo, chi prima e chi dopo, tutti i dodici elementi dell'unità denominata Cacciatori del Fuoco si erano congedati e da allora sono letteralmente spariti, nessuno li ha più visti. Fino ad ora, ovviamente”, chiosò Aro, “E' anche possibile che, durante l'addestramento comune, Wolf gli abbia raccontato di noi e sia riuscito a far accettare ai suoi uomini l'esistenza di creature mitologiche come i vampiri. Dopodiché, per lui è stato facile pianificare la sua vendetta: in qualche modo è venuto a conoscenza dell'esistenza dei Volturi ed ha infiltrato Gianna nelle nostre fila, con il compito primario di trovare Alice e Jasper e con quello secondario di raccogliere quante più informazioni possibile su di noi, su di voi e sulle nostre capacità soprannaturali. Per quanto riguarda la capacità di Gianna di eludere la mia sonda mentale, io ritengo che derivi dal potenziamento del cervello che ha avuto. Uno degli interventi previsti dal programma riguardava anche la capacità per il soggetto di intervenire sui centri della memoria in maniera completamente volontaria, di modo che, in caso di cattura, non avrebbe potuto rivelare nulla nemmeno sotto tortura. E mentre Gianna faceva il suo lavoro, gli altri si equipaggiavano e si addestravano per conto loro, in attesa di notizie...”
“Pazzesco...”, mormorò Rosalie.
“Eh, già. E' come a scacchi, Rosalie. Prima piazzi i tuoi pezzi in posizione strategica e quando arriva il momento giusto, né prima, né dopo, colpisci senza pietà! Questo maggiore Wolf ha pianificato tutto con un sangue freddo eccezionale. Ha ideato un piano efficace, audace, flessibile e semplice. Ha calcolato persino il nostro possibile intervento e ci ha spazzato via in un'imboscata coi fiocchi. Ed è solo un umano... Che dire, Chapeau, Maggiore Wolf”, concluse Aro con un sorriso amaro sul volto senza tempo. 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo Tredici.
 
Porto di Odessa, Ucraina, 21 gennaio 2015
 
“Ha portato i soldi, monsieur?”, disse il russo.
“E lei ha portato la merce, tovarisch?”, rispose il francese.
Il capannone malandato situato ai margini del porto di Odessa era deserto, fatta eccezione per i due gruppi di uomini armati che si fronteggiavano, diffidenti l'uno verso l'altro e pronti a scatenare una sparatoria al minimo accenno di problemi.
Tra i due gruppi c'era un grosso tavolo lungo circa due metri e mezzo; un uomo per ciascuno dei due gruppi posò due valigie sul tavolo.
Valentin Kamarenko era uno dei più potenti mafiosi di tutta l'ex Unione Sovietica, con interessi che spaziavano dal narcotraffico, allo sfruttamento della prostituzione, al traffico d'armi.
Daniel Ducroix era invece un ex appartenente al 13° RDP (Regiment de Dragons Parachutiste, Reggimento Dragoni Paracadutisti, NdA), un'unità d'elite dell'Esercito Francese, divenuto in seguito uno degli uomini di punta del Progetto Prometeo.
“Apra le sue valigie, s'il vous plait, monsieur Kamarenko”, disse Ducroix.
“Contemporaneamente a lei, se non le dispiace”, rispose il russo.
D'accord.”
I due uomini aprirono le rispettive due valigie; quelle portate da Ducroix contenevano ognuna quaranta milioni di euro in titoli al portatore, quelle portate da Kamarenko contenevano ognuna un dispositivo regolato da una serie di comandi a tastiera ed uno schermo LCD come quello di un computer portatile.
“Lei non immagina neppure quanto sia stato difficile avere questo tipo di merce, monsieur Ducroix. Qualche anno fa sarebbe stato più facile e le sarebbe costato molto meno di una Mercedes. Ma ora le misure di sicurezza sono di nuovo molto serrate e non è più possibile fare gli affari di una volta. Che peccato...”
“In ogni caso, lei è stato molto ben ricompensato per aver soddisfatto la nostra ordinazione. Sono molto compiaciuto. Davvero un ottimo lavoro.”
Ducroix fece un cenno ad uno dei suoi uomini che prese le due valigette coi dispositivi.
“Portale sulla nave”, gli sussurrò Ducroix, “Addio monsieur Kamarenko.”
Dosvidania, tovarisch Ducroix.”
 
La nave con a bordo Ducroix ed i suoi uomini salpò mezz'ora dopo, diretta a New York, dove sarebbe giunta due settimane dopo e con una breve sosta a Napoli.
“Quel Kamarenko c'è riuscito davvero? Funzionano?”, chiese a Ducroix uno dei suoi.
“La risposta è sì ad entrambe le tue domande, Henri. Monsieur Kamarenko è davvero molto efficiente. Che peccato...”, sospirò Ducroix.
Il francese prese un cellulare e digitò un numero.
 
Valentin Kamarenko stava sorseggiando una coppa di champagne seduto sul sedile posteriore della sua Maybach 65, assaporando sia il gusto delicato del Dom Perignon del 2000, sia il pensiero degli ottanta milioni di euro al sicuro nel bagagliaio.
Fu l'ultima cosa che assaporò prima che l'auto esplodesse.
 
“Fatto?”, chiese il maggiore Wolf al telefono.
“Sì, signore. La merce sarà di sua completa soddisfazione. L'intermediario è stato eliminato immediatamente, come ordinato”, rispose Ducroix.
“Bene. Fra cinque giorni sarete a Napoli. Gianna vi aspetterà lì. Consegnale una delle valigette e porta l'altra a New York col volo privato che ho predisposto per voi. Io sarò lì ad accogliervi. Non avrete problemi alla dogana, ho già sistemato tutto io. Gli agenti di turno sono tutti sul nostro libro paga. Ottimo lavoro, tenente.”
Mercì.”
 
“Gianna, Ducroix ha compiuto la sua missione. Abbiamo le valigette. Sei sicura di quello che vuoi fare?”, chiese il maggiore Wolf.
“E' l'unico modo di essere sicuri, Alan. I Volturi sono troppo pericolosi, anche dopo quello che gli abbiamo fatto. Non possiamo più aspettare.”
“Mi preoccupo per te...”
“Non farlo”, rispose lei abbracciandolo, “Ce la farò, vedrai. E' la mia missione, no? Infiltrarmi nei Volturi, raccogliere informazioni ed eliminarli tutti. A questo punto, manca solo l'ultima cosa.”
“Sarà un fardello pesante da portare e con cui convivere. Molti, troppi innocenti moriranno. Sei sicura di questo tuo piano?”
“Sono pronta. E tu? Hai dei dubbi? Ci stai ripensando, Alan?”
“No. Ma questa è la mia vendetta. Tu non hai perso nessuno.”
“Sì è vero. Ma le centinaia di innocenti che ho visto massacrare dai Volturi in sei anni senza alzare un dito? Non contano?”
“Sì, certo, ed è per questo che ho affidato a te questa parte del piano. Ma le migliaia che moriranno per porre fine a questo incubo? Stiamo per varcare un limite mai superato da nessuno, Gianna. Il mondo proverà orrore per noi. Ci braccheranno ovunque per quello che stiamo per fare.”
“Non ho paura. E poi sarò con te. Per quanto riguarda coloro che moriranno per ciò che sto per fare... Come hai detto tu mille volte, ogni guerra ha le sue vittime innocenti.”
Alan Wolf guardò Gianna dritto negli occhi e vi lesse una spietata determinazione ed una fede incrollabile nella loro causa.
Allora annuì e disse: “Ricordati di stare attenta. Alice sicuramente ti terrà d'occhio, devi giocare con le sue visioni come ti ho insegnato.”
“Tranquillo, non si accorgerà di nulla fino all'ultimo momento.”
“Bene, allora. Vai, fai ciò che va fatto e torna da me.”
 
Forks, 25 gennaio 2013
 
“Dunque non c'è più traccia di quel dannato maggiore Wolf?”, esclamò Aro in tono irato.
“No. Lui ed i suoi uomini sembrano scomparsi, volatilizzati. Abbiamo trovato il loro accampamento vuoto, se ne erano andati da almeno due giorni”, rispose Edward.
“Dannazione!”, esclamò Aro in un impeto di rabbia, “Vi avevo avvertito che avremmo dovuto piombargli addosso subito! La vostra esitazione ci è costata un'ottima occasione per prenderlo!”
“Abbiamo l'FBI alle calcagna, ci sono agenti dappertutto, non potevamo correre rischi!”
“Al diavolo la vostra FBI! Da quando ci facciamo condizionare dagli umani?”
“Da quando corriamo il rischio di farci scoprire per soddisfare la tua smania di vendetta, Aro.”
In quel momento, il telefono cellulare ultramoderno di Aro squillò: “Sì?... Come?... Davvero?... E' una notizia davvero interessante, Anton. Ottimo lavoro. Come?... No! Assolutamente no! Aspettate il nostro ritorno. Saremo a Volterra entro domani.”
“Buone notizie?”, chiese Edward.
“Puoi ben dirlo, mio giovane amico! Gianna è tornata in Italia, il suo passaporto è stato usato all'aeroporto di Capodichino, a Napoli.”
“Torniamo a prenderla!”, esclamò Caius.
“Sì, fratello. Ormai non ci può più sfuggire, è solo questione di tempo... Dà ordine di prepararci, partiamo subito. Allerta la guardia, le daremo la caccia non appena scesi dall'aereo. Non vedo l'ora di passare un po' di tempo in compagnia della nostra segretaria...”, disse Aro con un ghigno feroce sul volto.
 
“Finalmente se ne sono andati!”, sospirò Bella.
“Già. Beh, una cosa in meno di cui preocc...”
Alice si paralizzò all'istante, il suo sguardo divenne vacuo ed un'espressione di sgomento le si dipinse sul volto.
“Alice, che succede?”, chiese Bella scuotendola per le spalle.
“Stavo... Stavo tenendo d'occhio Gianna quando è sparita. Lei, i Volturi... Spariti! Tutti!”
“Che significa?”
“Non lo so. Niente di buono, temo...”
 
Volterra, 27 gennaio 2013
 
La piccola città era coperta da un sottile manto nevoso e solo pochissimi sfidavano il freddo notturno uscendo dalle loro case riscaldate.
Il palazzo dei Volturi era completamente illuminato ed al suo interno c'era un febbrile attività.
“Dobbiamo trovarla! Com'è possibile che sia sparita?”, urlò Aro.
“Mi dispiace moltissimo, signore. Stiamo facendo del nostro meglio. Purtroppo, il fatto che sia un'umana l'avvantaggia. A Napoli l'abbiamo persa all’aeroporto tra la folla. E' stato incredibile! Un attimo era lì e l'attimo dopo era come svanita nell'aria...”
“Basta con le scuse, Anton! Trovala! Pretendo che tu la trovi adesso, chiaro?”
“Sì, mio signore”, rispose Anton in tono contrito.
“Signore!”, esclamò un altro membro della guardia facendo il suoi ingresso, “I Cullen voglio parlare con lei. Sono al telefono.”
“Passa la chiamata nel mio studio.”
 
“Allora?”
“Aro, sono Carlisle. Siete in pericolo!”
“Che genere di pericolo?”
“Alice ha avuto una visione... Stava tenendo d'occhio Gianna ed all'improvviso è scomparsa! Tutti voi siete scomparsi!”
“Scomparsi? Che intendi?”
“Intendo dire che vi ha visto morire tutti, Aro!”
“Sciocchezze! Ora scusami, Carlisle, ma ho da fare. Ho una traditrice da catturare!”
 
In un appartamento vuoto nel palazzo di fronte a quello dei Volturi, Gianna era seduta ad un tavolo con la valigetta consegnatale a Napoli aperta di fronte a sé.
In mano aveva una chiavetta.
La mano le tremava ed un velo di sudore le imperlava la fronte.
Non è nulla, si disse, non ho paura. E' solo eccitazione, tutto qui!
Con un profondo respiro, inserì la chiavetta nel dispositivo della valigetta e le fece fare un quarto di giro in senso orario.
Sul display LCD apparve una scritta in russo, lingua che Gianna padroneggiava benissimo: Dispositivo armato.
Seguendo le istruzioni che Ducroix le aveva dato, digitò un codice sulla tastiera e premette il tasto Invio.
Ciò fece apparire sullo schermo un cronometro per il conto alla rovescia, che Gianna settò a trenta minuti; poi girò la chiave di un altro quarto di giro in senso orario ed il cronometro partì.
Gianna chiuse la valigetta e la lasciò sul tavolo, uscì dal palazzo e si diresse alla sua macchina, una vecchia Fiat noleggiata a Napoli; appena girato l'angolo, notò una persona in fondo alla stradina che la osservava.
Era buio e nevicava leggermente, ma Gianna, con la sua vista potenziata, non poté non notare che era uno dei membri più giovani della guardia dei Volturi, Xavier, un esile vampiro francese di poco più di cinquant'anni.
Il vampiro la riconobbe a sua volta e si fiondò su di lei, assaporando gli onori e la gloria che sarebbero derivati dall'aver compiaciuto il suo signore portandole la traditrice Gianna.
Gianna mantenne la calma e si affidò al suo addestramento di Cacciatrice del Fuoco.
Xavier sferrò il suo attacco, ma Gianna lo schivò agilmente colpendo a sua volta il vampiro con un calcio in pieno petto che lo mandò a sbattere contro un muro.
Xavier si rialzò immediatamente, stupefatto da tanta forza.
“Il tuo padrone non ti ha detto niente di me? Dovresti sapere che non sono esattamente indifesa, Xavier...”, gli disse Gianna con un sorriso beffardo sul volto.
“Sta zitta, traditrice!”, esclamò Xavier lanciandosi contro Gianna.
Anche stavolta Gianna schivò l'attacco e colpì a sua volta con il suo coltello da combattimento, conficcandolo in profondità nel costato di Xavier e rigirandolo brutalmente nella ferita.
“Peccato che tu guarisca così in fretta, mostro!”, fece Gianna in tono rabbioso stringendo Xavier da dietro in una morsa d'acciaio, “Ma a tutto c'è rimedio...”
Gianna afferrò la testa di Xavier per i capelli e la fece scattare all'indietro, poi tagliò la gola al vampiro fin quasi all'osso: “Muori!”, ringhiò lei.
Con un ulteriore scatto del braccio armato, Gianna recise anche gli ultimi brandelli di pelle soprannaturale che tenevano la testa del vampiro attaccata al corpo; questo cadde a terra, ebbe alcuni sussulti e poi rimase immobile.
“Buon viaggio all'Inferno, dolce principe”, sussurrò lei in tono soave, lasciando cadere la testa a terra, “E voli di demoni ti conducano al tuo eterno riposo...”
“...Per poi tornare a prenderti e fare lo stesso con te, Gianna.”
Gianna si paralizzò sentendo la voce alle sue spalle; poi riprese il suo autocontrollo, si voltò e sorrise ad Heidi, che la fronteggiava.
“Heidi. Quanto tempo...”
“Troppo, in effetti. Che carina sei stata a farci visita”, disse la vampira con sarcasmo.
“Già, è stata davvero carina, Heidi...”
Un'altra voce emerse dalle tenebre.
Ora Gianna stava affrontando da sola due vampiri ed altri due si unirono a loro immediatamente dopo.
Gianna si rese conto di essere in trappola: poteva sopraffare un vampiro, ma sapeva che già con due non ce l'avrebbe mai fatta... e loro erano in quattro.
I vampiri l'attaccarono tutti insieme e la disarmarono con facilità, immobilizzandola.
“C'è qualcuno che vuole parlarti, Gianna”, le sussurrò Heidi in un orecchio, “Mi raccomando, comportati bene!”
“Fottiti!”, ringhiò lei.
Intanto, nell'appartamento lasciato da Gianna, il conto alla rovescia era a meno diciassette minuti...
 
Conto alla rovescia: T meno 00:15:45
 
Aro, Caius e Marcus erano assisi sui loro troni con un'aria severa e pregustavano la vendetta contro Gianna.
La donna, immobilizzata, fu fatta inginocchiare di fronte a loro, tenuta ferma da Heidi e da Vittorio, un recente membro della guardia pretoriana dei Volturi.
“Gianna”, esordì Aro in tono solenne, “Noi ti abbiamo accolta come una sorella. Avevamo grandi progetti per te. Presto, saresti diventata una di noi. E tu ci hai ripagati col più osceno dei tradimenti! Cos'hai da dire a tua discolpa?”
“Io una di voi? Mille volte meglio morta!”
“Non temere, mia cara, presto ti accontenteremo. Sarai la nostra cena di stasera, Gianna. E' un onore, sai? Non vedo l'ora di assaggiare il tuo sangue...”
“Oh, lo immagino... Dimmi, mio signore, come ti sei sentito quando hai capito che ti avevo preso in giro per sei anni? Ah, cosa avrei dato per vedere la tua faccia!”
Aro le scoccò un'occhiata omicida e rispose: “Mi sono sentito molto meglio di come ti sentirai tu tra poco, quando io ed i miei fratelli affonderemo i nostri denti nella tua carne, stanne certa mia cara...”
 
Conto alla rovescia: T meno 00:10:18
 
Carlisle cercava di calmare Alice, ormai quasi in preda al panico.
“Sta per succedere qualcosa di terribile, Carlisle. La mia visione è solida come roccia! I Volturi, Gianna... Stanno per morire tutti! Sta per succedere qualcosa di orribile! E la luce... E' così forte, abbagliante! Persino io devo socchiudere gli occhi per sopportarla!”
“Luce? Che luce? Di che cosa stai parlando?”, chiese Bella.
“NON LO SO!!!”, urlò Alice in tono isterico.
 
Conto alla rovescia: T meno 00:05:55
 
“Siamo d'accordo, fratelli?”, chiese solennemente Aro rivolgendosi a Caius ed a Marcus.
“Sì”, rispose Caius.
“Sì”, rispose Marcus a sua volta.
“Ebbene, Gianna, noi ti condanniamo a morte. La sentenza è inappellabile e sarà eseguita immediatamente. Gianna, hai qualcosa da dire prima che la tua sentenza di morte sia eseguita?”, chiese Aro solennemente.
I Volturi si alzarono dai loro scranni e la circondarono, svettando imperiosi su di lei.
Gianna li guardò con odio feroce, poi alzò fiera il volto e disse: “Sì, ho qualcosa da dirti, Aro: vieni e vedi!”
“Come? Vieni e vedi? Non capisco... Che dovrei mai vedere, angelo mio?”, chiese Aro con un sorriso beffardo.
Gianna rise, una lunga risata folle e proseguì: “...E quando l'Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: vieni e vedi. Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l'Inferno...”(Apocalisse, 6:7, NdA)
Gianna rise ancora più forte.
“Cita le Sacre Scritture? L'Apocalisse, poi! Dev'essere completamente impazzita, Aro. Finiamola, sono stufo di questa ridicola commedia!”, disse Caius in tono di scherno.
Aro sorrideva ancora, ma sentì improvvisamente un brivido scorrergli lungo la schiena.
“Cos'hai fatto?”, sussurrò nell'orecchio di Gianna, chinandosi su di lei.
“Vi ho ammazzati tutti, ecco cos'ho fatto!”, ringhiò lei, “Stanotte ci faremo compagnia all'Inferno, mio signore!”
 
Conto alla rovescia: T meno 00:01:46
 
“Richiamali, Edward. Comincio a preoccuparmi anch'io”, disse Carlisle abbracciando Alice, che dondolava il busto avanti ed indietro in stato di shock.
“Vedo questa luce incredibile nella sua mente, Carlisle. Cosa sarà?”
“Ce ne preoccuperemo dopo. Chiama, Edward!”
Edward compose il numero del palazzo dei Volturi, che Aro gli aveva lasciato per eventuali comunicazioni e subito una voce soprannaturale rispose.
“Sono Edward Cullen. Voglio parlare col tuo padrone, subito.”
 
Conto alla rovescia: T meno 00:00:59
 
“Cosa c'è ancora, Edward?”, chiese Aro spazientito.
“La visione di Alice. E' ancora solida. Vi vede scomparire tutti. Gianna deve aver preparato qualcosa. Devi ascoltarci, Aro. Andatevene via da lì. ORA! Gianna vi ha teso una trappola. Ha usato il suo passaporto a Napoli perché sapeva che l'avreste rintracciata. Lo ha fatto per attirarvi di nuovo tutti a Volterra!”
“Gianna è pazza, Edward, e tu stai vaneggiando! L'abbiamo presa, non può farci più nulla! Alice si sbaglia!”
“Aro, il tuo potere non funziona con Gianna. Non puoi sapere quello che ha fatto. Dacci retta, andatevene...”
“No! Mai!”
 
Conto alla rovescia: T meno 00:00:41
 
“Alice non si sbaglia, Aro! Siete in pericolo! Un grave pericolo! Aro! AROOOO!!!”
Vedendo Edward parlare con tanta veemenza, Bella strinse forte a sé Alice: “Edward, che succede?”
“Ha riattaccato...”, mormorò lui in tono sconvolto.
 
Conto alla rovescia: T meno 00:00:29
 
“Cos'hai fatto?”, ringhiò Aro afferrando Gianna per la gola e alzandola di peso da terra, “PARLA, MALEDETTA!!!”
Aro serrò la presa sul collo di Gianna, che iniziò a soffocare.
Poi, la sveglia dell'orologio digitale di Gianna cominciò a suonare.
 
Conto alla rovescia: T meno 00:00:10
 
“Alice, tesoro, cerca di mettere ordine nella tua visione. C'è solo questa luce abbacinante, non capisco!”, chiese vanamente Edward a sua sorella, che continuava a dondolare il busto avanti ed indietro, abbracciata da Jasper.
“Edward...”, mormorò Bella in tono spaventato, guardando Alice in quello stato.
“Non so che fare, Bella. In effetti, a questo punto non credo ci sia più nulla che possiamo fare...”
 
Conto alla rovescia: T meno 00:00:05
 
“Fratello, che hai?”, chiese Marcus vedendo l'espressione terrorizzata sul volto di Aro.
Aro guardava Gianna fissa negli occhi e vedeva...
Nulla.
Nulla a parte tenebre ed oblio.
In quel momento, per il vampiro giunse la consapevolezza che la sua eternità era giunta al termine.
Allora, Aro lasciò la presa sul collo di Gianna, che cadde pesantemente a terra, poi si inginocchiò su di lei e le chiese in tono calmo e rassegnato: “Gianna, cosa hai fatto?”
Lei tossì, lo guardò trionfante distesa sul pavimento di marmo, aprì le braccia come per accogliere il suo destino e rantolò: “E luce sia...”
L'orologio di Gianna emise un ultimo bip.
Gianna chiuse gli occhi, con un espressione di pace assoluta sul volto.
Aro la guardò impotente, il volto sfigurato in una maschera di odio feroce, consapevole della fine imminente.
Caius e Marcus erano in piedi dietro di lui, solenni e senza tempo com'erano sempre stati.
E luce fu.
 
Conto alla rovescia: 00:00:00
 
La valigetta conteneva uno dei mille incubi della Guerra Fredda, una testata nucleare miniaturizzata portatile dalla potenza nominale di 2 kilotoni, meno di un decimo della bomba di Hiroshima; un tempo parte dell'arsenale nucleare sovietico, era sparita insieme alla sua gemella quasi dieci anni prima, nel marasma susseguente alla disintegrazione dell'Unione Sovietica.
All'interno del dispositivo contenuto nella valigetta, due micro-cariche di Semtex esplosero, scagliando una contro l'altra due piccole masse di plutonio di meno di mezzo chilo l'una di peso.
Lo scontro delle due piccole masse produsse, in meno di un centesimo di secondo, l'inizio di una reazione nucleare a catena che sprigionò un'enorme energia.
Un altro microsecondo dopo, la bomba esplose.
Improvvisamente, la notte divenne giorno e l'intera Volterra scomparve in un lampo di luce abbagliante, seguito da un boato immane udito a chilometri di distanza.
Aro era ancora chino su Gianna quando la luce li avvolse ed i loro corpi, quelli di tutti gli altri Volturi e quelli di oltre quattromila Volterrani furono vaporizzati dall'onda termica a più di ventimila gradi centigradi.
Circa tre secondi dopo il lampo, che aveva già ucciso più di metà dei cittadini di Volterra e raso al suolo l'intera città, l'onda d'urto atmosferica finì pietosamente i superstiti, mentre una nuvola a forma di fungo si levava alta nel cielo...
 
“Edward?”
Bella vide suo marito immobile, sotto shock, come quando sull'isola Esme seppe che lei era incinta, e quella vista la terrorizzò.
“E' finita. La visione di Alice è sparita. Sono morti tutti...”, mormorò lui sconvolto.
“Cosa? Che è successo, Edward?”
“Venite tutti qui! Guardate!”, gridò Rosalie che stava guardando la TV con Emmett.
Sullo schermo apparve l'annunciatrice di punta della CNN che, con sguardo atterrito, disse: “Atto terroristico senza precedenti oggi in Italia. Stando ai primi rapporti a nostra disposizione, la città di Volterra, un piccolo centro vicino a Firenze, è stata distrutta da un ordigno nucleare di potenza sconosciuta...”
A quel punto, Alice urlò ed urlò ancora...

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo Quattordici.
 
Carlisle fu il primo a riprendersi: “Dobbiamo andarcene da qui. Ora. Kate, andremo subito da voi a Denali e poi, da lì, valuteremo cosa fare e se spostarci ulteriormente. Forza, fate i bagagli.”
“Ma... E Charlie? Ed i lupi?”, chiese Bella.
“Charlie non è in pericolo, Bella. Non c'è tempo per i saluti. Lui capirà. Lasciagli un messaggio a casa. Poi penseremo ai lupi. Jake ci raggiungerà quando il pericolo sarà passato.”
Edward l'abbracciò per consolarla, poi presero Renesmee e si diressero al garage.
In meno di dieci minuti, tutti i Cullen ed i Denali erano già sulla strada per il confine canadese a bordo delle loro vetture, lasciandosi dietro l'unico posto in cui erano stati davvero felici.
 
Caro papà,
ti scrivo queste poche righe per salutarti e dirti addio.
Non so se è un addio definitivo e vorrei tanto salutarti nel modo giusto, ma la situazione è tale che dobbiamo scappare ora o potrebbe essere troppo tardi.
Tu, Jake, gli abitanti di Forks... Potreste già essere in estremo pericolo, tale che solo se ce ne andiamo sarete al sicuro.
A questo punto sarai già stato informato della distruzione di Volterra: ebbene, è stato il maggiore Wolf.
Non ha esitato a massacrare una popolazione civile inerme pur di colpire pochi di noi.
Come vedi, restare è troppo pericoloso.
Ovviamente, Nessie verrà con noi.
So di darti un grande dolore, ma non c'è niente altro da fare.
Non cercarci.
Non sarà possibile nemmeno comunicare in qualsiasi modo, non possiamo correre il rischio che ci trovi ancora.
Ti voglio bene, papà, te ne ho sempre voluto e sempre te ne vorrò.
Saluta mamma per me.
Sarete sempre nei nostri pensieri.
Addio, papà carissimo.
Bella.

 
Charlie era seduto alla scrivania in quella che era stata la camera di Bella prima che lei diventasse una Cullen e strinse la lettera contro il suo petto, mentre le lacrime gli scorrevano copiose.
In un attimo, aveva perso tutto.
Ci volle una buona mezz'ora perché la crisi passasse.
Poi piegò accuratamente la lettera, la mise nel cassetto della scrivania e rimase a guardare fuori della finestra, verso nord, verso Bella...
 
“Bella, dove state andando? Vi raggiungo subito!”, esclamò Jacob al telefono.
“No, Jake. Tu non verrai, per ora”, rispose Bella in tono asciutto.
“Cosa? Non capisco...”
“Jake, non possiamo permettere che il maggiore ci trovi. Potrebbe seguirti. No, Jake, mi dispiace. Non ti dirò dove stiamo andando. Quando saremo al sicuro, allora, forse...”
“Bella, non puoi farmi questo! Non puoi portarmi via Nessie! Ti prego, Bella, ti supplico!”
“Mi dispiace, Jake. Perdonami... Addio. Abbi cura di Charlie.”
Bella riattaccò, il cuore in frantumi e Nessie tra le sue braccia come unica ancora di salvezza, mentre Edward guidava la Ferrari alla massima velocità possibile, seguita dal corteo di auto dei Cullen e dei Denali.
A La Push, intanto, un lupo ululò di dolore e di rabbia...
 
“Signore? Signore, sta bene?”
Il maggiore Wolf si voltò verso la voce e rispose: “Sì, Bill, sto bene.”
“Mi dispiace molto per Gianna, signore. Era un'eccellente ufficiale ed una buona amica. La ricorderemo con onore, tutti noi.”
“Grazie, Bill. Significa molto per me. Bill, ora sei tu il secondo in comando. I Cullen se la sono svignata. Non possiamo perderli o non li ritroveremo più. Sai cosa fare, vero?”
“Allora si va avanti, signore? La missione continua?”
“Assolutamente, Bill. Ora più di prima non possiamo più fermarci.”
“Signore, gli uomini... Stanno discutendo. Di quello che è successo in Italia. Di tutti gli umani che sono morti. Oltre settemila, signore. Umani come noi...”
“Sì, Bill. Umani come noi. Innocenti. E allora?”
“Questa... mostruosità è sempre stata parte del suo piano, vero signore? Maggiore, si rende conto che abbiamo massacrato settemila persone per eliminare quanti? Venti, trenta vampiri? Una città intera spazzata via... Non è per questo che l'abbiamo seguita, signore. Eravamo d'accordo di distruggere queste creature ed abbiamo giurato di seguirla in battaglia contro di loro, anche a costo di sacrificare alcune vite umane, ma a tutto c'è un limite! In che cosa siamo migliori di loro dopo oggi? Mi risponda, maggiore! In che cosa?”
“Che intende dire, tenente? Che vuole mollare? Vuole andarsene, tornare a casa? E' questo che mi sta dicendo? Che gli uomini vogliono mollare?”
Il maggiore Wolf si voltò verso il suo secondo in comando e la luce del fuoco da campo diede ai suoi occhi una sfumatura sinistra, rossa come le fiamme dell'Inferno.
Il tenente Bill Anderson, ex SAS britannico, era sopravvissuto alle bombe dell'IRA in Irlanda del Nord, a due Guerre del Golfo, ai Talebani in Afghanistan, eppure si sentì gelare il sangue nelle vene.
Costui non è umano!, pensò il tenente, C'è qualcosa di soprannaturale in lui.
“Allora, Bill?”
“Allora niente, signore. Lei è il nostro comandante. Noi la seguiremo ancora. A questo punto, che altro potremmo mai fare? Non possiamo più tornare indietro. Anche a costo di avere altri orrori come questi sulla coscienza.”
“Trovi i Cullen, Bill. Usi qualsiasi mezzo riterrà opportuno e necessario, non si faccia scrupoli. Il tempo delle mezze misure, amico mio, è finito da un pezzo!”
“Agli ordini, signore.”
Il tenente Anderson uscì dalla tenda lasciando il maggiore Wolf da solo.
Nella sua mente, Alan Wolf vedeva solo quella stupenda donna italiana che gli aveva preso il cuore, l'unica che avesse mai amato davvero.
Se chiudeva gli occhi, poteva ancora sentire il profumo della sua pelle...
Alan Wolf aprì gli occhi ed il suo sguardo cadde sulla seconda valigetta nucleare in suo possesso.
E' così, si disse, il tempo delle mezze misure è davvero finito!
 
OLOCAUSTO NUCLEARE SU VOLTERRA – Ieri sera, approssimativamente alle 19.00, ora della Costa Orientale degli Stati Uniti, la cittadina italiana di Volterra, nei pressi di Firenze, è stata completamente distrutta da un'esplosione nucleare che ha ucciso, secondo fonti italiane, almeno settemila persone. Ancora ignote le ragioni e gli esecutori di questo barbaro gesto. La più ferma condanna è stata espressa dal Presidente degli Stati Uniti e da tutti i principali leader dell'Unione Europea, unitamente alla più sentita solidarietà alla nazione italiana per l'inaudito oltraggio subito.”
 
New York Times.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo Quindici.
 
IL MONDO VERSO UNA GUERRA NUCLEARE? - La distruzione di Volterra ha scatenato la più grave crisi internazionale dai tempi della crisi dei missili cubani del 1962. Tutti i principali gruppi terroristici internazionali hanno negato con decisione di essere responsabili dell'inaudito massacro. Intanto, gli Stati Uniti e la NATO hanno portato il livello di allerta al massimo livello, immediatamente imitati dalla Russia e dalla Cina. In un discorso alla nazione tenuto oggi al Congresso, il Presidente degli Stati Uniti ha affermato che i responsabili di questo insano gesto saranno presto individuati e che immediatamente dopo scatterà un’adeguata rappresaglia.”
 
Washington Post.
 
Denali, Alaska, 30 gennaio 2015
 
Bella ed Edward passeggiavano mano nella mano nella fitta boscaglia attorno alla residenza del clan di Tanya.
“Sei triste”, disse Edward.
“Non è una domanda”, rispose Bella.
“Non ho bisogno di chiedertelo. Ciò che stai provando è evidente.”
“Passerà. Ho imparato ad essere forte. E finché tu e Renesmee siete con me, starò bene. Come stanno Alice e Jasper?”
“Alice sta meglio, lo shock per la visione di Volterra è passato. Jasper, invece, mi preoccupa. Si è chiuso in sé stesso, non parla con nessuno, se ne sta sempre per conto suo... Temo che si senta responsabile di ciò che è successo.”
“Ma non è colpa sua! Non ha distrutto lui Volterra, ma quel pazzo assassino del maggiore Wolf e la sua degna compagna, Gianna! Jasper non deve sentirsi in colpa, Edward.”
“Dopo gli parlerò, Bella, cercherò di farlo ragionare.”
Camminarono in silenzio per un po', poi Bella disse: “Mi manca papà. E Jake. Non credevo che sarebbe stato così difficile. E' straziante. Renesmee ha pianto tutto il giorno, le manca il nonno...”
“E Jake...”, aggiunse Edward con una smorfia, “Rosalie mi ha raccontato tutto. E' ancora lì a consolarla.”
“Come mi ha detto Jake una volta, perché non dovrebbe essere così? E' difficile per una donna resistere ad una tale adorazione. Anche se anagraficamente ha solo due anni. Io lo so. In fondo non è la stessa cosa fra noi?”
“Sì, immagino di sì”, sospirò Edward.
“Ci troverà, vero? Non è finita.”
“No. Non finirà finché noi o loro non soccomberemo.”
“Dovremo... ucciderli, vero?”
Edward si voltò e l'abbracciò stringendola a sé.
“E' probabile”, le rispose lui dopo un momento, “A questo punto non vedo altre soluzioni.”
“Non so se sarò in grado di farlo, Edward. Con i Volturi era diverso. Erano vampiri come noi. Ma uccidere degli umani, anche i soldati del maggiore Wolf... Temo sia troppo per me. Ho giurato a mio padre che non ho mai ucciso umani, né mai lo farò. Non posso tradire il giuramento, Edward, non posso! Io...”
“Shhh, sta calma, amore mio”, sussurrò lui accarezzandole i capelli, “Nessuno ti costringerà a fare una cosa che non vuoi o non ti senti di fare. Tu non ucciderai nessuno.”
“Come? Ma se il maggiore ci troverà...”
“Ascoltami, Bella. Se mai ciò avverrà, tu ti dovrai preoccupare di Renesmee. Non possiamo correre il rischio di lasciarla sola. Lo capisci vero?”
“Cosa mi stai chiedendo, Edward?”, disse Bella guardandolo con gli occhi spalancati dallo stupore, “Di abbandonarti? Di abbandonare la mia famiglia?”
“Sì. Se e quando il momento dello scontro arriverà, tu prenderai Renesmee e tornerai di volata a Forks, da Jake. I lupi vi proteggeranno. Nella Riserva sarete al sicuro, almeno per un po'. Noi, intanto, cercheremo di farne fuori il più possibile.”
“Senza di te? No! Mai! Io non lo farò! Scordatelo!”, esclamò Bella inorridita.
“Ascoltami!”, continuò Edward afferrandola per le braccia, “Non rischierò che vi facciano del male. Tu e Renesmee siete tutta la mia vita, non potrei tollerare che vi accada qualcosa. So quanto sei forte e che grande potere hai, ma il tuo scudo non funzionerà contro i proiettili! Respinge attacchi psichici, non fisici, ricordi? Sarà un corpo a corpo contro gente forte quasi quanto noi, addestrata ad uccidere da tutta la vita! Io non potrò proteggerti indefinitamente... E se muori, allora che mi resterà?”
“E fossi tu a morire?”, mormorò Bella distogliendo lo sguardo, “Pensi che io potrei affrontare l'eternità se tu non ci sei?”
“Sì che potrai farlo. Perché ci sarà Renesmee con te. Sei sua madre e lei ha bisogno di te.”
“Ha bisogno anche di te, Edward!”
“Bella, quando Victoria venne col suo esercito accettai di restare in disparte perché ero certo del risultato. Sapevo che la mia famiglia avrebbe prevalso senza subire perdite. Ma stavolta... Bella, non posso abbandonarli. Hanno bisogno di me. Affinché voi siate al sicuro, io devo essere in prima linea con gli altri. E tu farai quello che ti ho detto.”
 
MOBILITAZIONE GENERALE IN ITALIA – Oggi, durante un drammatico discorso di fronte al Parlamento riunito in seduta congiunta, il Premier italiano ha annunciato l'immediata mobilitazione delle forze armate italiane, giunte al loro massimo grado di prontezza operativa dai tempi della seconda guerra mondiale. Lo spazio aereo italiano è attualmente chiuso al traffico civile. Intanto, la Francia e la Gran Bretagna hanno posto i loro arsenali nucleari in stato di massima allerta. Tutti i sottomarini lanciamissili francesi hanno lasciato le loro basi di Brest e Bordeaux, sulla costa atlantica, per destinazioni ignote, imitati poco dopo da quelli britannici, che sono salpati alcune ore fa da Falsane e Southampton, diretti nel mare del Nord.”
 
Reuters.
 
“Glielo hai detto?”, chiese Carlisle.
“Sì”, rispose Edward.
“Come l'ha presa?”
“Come ti puoi immaginare.”
“Non preoccuparti. Andrà tutto bene, figlio mio.”
“Hai predisposto tutto che ti ho chiesto?”
“Sì, lo studio legale Bendini, Lambert & Locke di New York ha già sistemato tutte le pratiche. Renesmee risulta intestataria di fondi fiduciari, proprietà immobiliari, portafogli azionari... A disposizione di Bella e Jake ci saranno i nostri conti cifrati in Svizzera e nel Liechtenstein. Anche Charlie ne beneficerà. Non avranno problemi economici... per secoli!”
“Bene. Sempre che il mondo abbia davvero secoli davanti a sé...”
“Hai già letto i giornali di oggi?”
“Sì. Quel maledetto pazzo farà saltare per aria il mondo intero pur di ottenere la sua vendetta! Ha usato una bomba atomica, Carlisle, ti rendi conto?”
“Sì, anche se con fatica... Mi chiedo come se la sia procurata e se ne abbia altre con sé. Non avrei mai immaginato di vivere giorni simili. Wolf va fermato. Adesso.”
“Già... Come se fosse facile. Ed anche se arrivassimo al faccia a faccia con lui... Non lo so, Carlisle.”
“Sembri sicuro che non sopravviveremo.”
“Normalmente, una simile eventualità non mi sarebbe mai passata nemmeno per l'anticamera del cervello. Ma stavolta non mi sento di scommetterci. Hai presente Volterra, no?”
“Carlisle!”, esclamò Rosalie irrompendo improvvisamente nella stanza, “Jasper ed Alice sono scomparsi!”
“Cosa?”
“Hanno lasciato questa...”, disse Rosalie porgendo una busta da lettera sigillata.
Edward gliela strappò di mano e l'aprì.
 
Io e Jasper abbiamo deciso di mettere fine a tutto questo da soli. Non lo facciamo a cuor leggero, lasciarvi ci spezza il cuore. Ma non c'è scelta. Non sopportiamo più che viviate nel pericolo a causa nostra. E' colpa nostra, in fondo. Noi abbiamo cominciato tutto, noi vi porremo fine, in un modo o nell'altro. In ogni caso, non cercate vendetta, non vogliamo che lo facciate. Trovate un posto tranquillo e vivete in pace il resto delle vostre esistenze. Carlisle, Esme, per voi solo una parola: grazie. Di tutto. Ci avete accolti e ci avete trattati come se fossimo davvero vostri figli. Serberemo l'amore che ci avete dato in fondo ai nostri cuori fino all'ultimo. Rosalie, Emmett, Edward: a voi auguriamo tutto il bene del mondo e la felicità che meritate. Vi abbiamo amato come se fossimo davvero fratelli e sorelle. Bella, sorella carissima ed amatissima: l'amore che hai portato nella nostra famiglia ci ha fatto di nuovo assaporare cosa vuol dire essere umani. Non ci sono parole per ringraziarti di un dono così prezioso. Bacia Nessie da parte nostra e dille che le inviamo un oceano d'amore. Ci mancherete moltissimo. Speriamo di rivedervi, in questa vita o nell'altra.
 
Alice.                            Jasper.
 
“Che facciamo, ora?”, chiese Edward sconsolato.
“Si faranno ammazzare! Da soli non hanno speranze. Che diavolo pensano di ottenere? Dev'essere un'idea di quella sciocca di Alice!”, disse Rosalie in tono accorato.
“Da quanto se ne sono andati?”, chiese Esme, “Dobbiamo raggiungerli!”
“A quest'ora saranno già a Forks, purtroppo...”, mormorò Emmett.
Carlisle rifletté un momento sul da farsi e poi, con una luce nuova negli occhi, disse: “Chiamate Tanya e gli altri. Si torna a Forks.”
 
ALTA TENSIONE IN MEDIO ORIENTE ED IN COREA – La tensione internazionale susseguente alla distruzione di Volterra sta crescendo ulteriormente. Nella giornata odierna, è stato reso noto dal Pentagono che consistenti movimenti di truppe sono stati individuati al confine tra Israele e Siria e lungo il confine che divide le due Coree. Truppe corazzate israeliane stanno muovendo anche dal deserto del Negev verso il confine con l'Egitto. In un infuocato discorso dopo la preghiera del venerdì, l'Ayatollah a capo della Repubblica Islamica dell'Iran ha preannunciato che se le truppe sioniste oseranno attaccare una nazione araba, l'Iran rovescerà su Israele una devastazione mille volte superiore a quella che ha distrutto Volterra.”
 
London Times.
 
Nei boschi attorno a Forks, 30 gennaio 2015
 
Il tenente Ducroix era a metà del suo turno di guardia sul lato settentrionale dell'accampamento degli uomini del maggiore Wolf.
La notte era appena scesa e la luna illuminava il paesaggio bianco, coperto di neve, dei monti Olimpici.
Improvvisamente, un rumore alla sua destra richiamò la sua attenzione.
“Leader, qui Cacciatore Due. Movimento a ovest della mia posizione. Vado a vedere”, comunicò Ducroix per radio.
“Ricevuto. Prudenza, Cacciatore Due. Rapporto ogni cinque minuti. Mando rinforzi alla tua posizione”, rispose il maggiore Wolf.
Il francese tolse la sicura al suo M16 e si diresse in direzione del rumore.
La sua tenuta mimetica bianca lo confondeva perfettamente col paesaggio innevato circostante.
Ducroix calò sugli occhi il visore notturno attaccato all'elmetto ed il paesaggio circostante si trasformò: le ombre divennero oggetti colorati di verde, il cielo appariva nero, la neve di un verde molto chiaro e tenue.
Improvvisamente, Ducroix vide del movimento alla sua destra, ma non fece in tempo a girarsi che si sentì afferrare da dietro in una morsa d'acciaio.
Un paio di mani gli strapparono via il visore e l'M16 e gli ci vollero circa due secondi perché la vista si riabituasse all'oscurità.
Quando ciò accadde, vide di fronte a sé una donna minuta e bellissima che giocherellava col suo visore.
L'arma era a terra, ai suoi piedi.
Improvvisamente, la morsa d'acciaio si allentò e Ducroix fu di nuovo libero.
“Raccogli la tua arma, soldato”, disse una voce maschile alle sue spalle, in tono autoritario.
Ducroix, esitante, lo fece e si voltò di scatto, puntandola contro l'uomo che lo aveva assalito.
“Tu... Tu sei Jasper Cullen!”, disse il tenente Ducroix.
“Sì. E lei è Alice Cullen. Portaci dal maggiore Wolf. Ci arrendiamo.”

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo Sedici.
 
RAPPRESAGLIA! - Oggi, approssimativamente alle 16.00, ora centrale Europea, un sottomarino d'attacco americano classe 'Los Angeles' in missione operativa nell'Oceano Indiano ha lanciato due missili cruise contro bersagli situati all'interno del territorio afgano, individuati come roccaforti di Al Qaeda. I due missili avevano ognuno una testata nucleare a basso potenziale ed hanno raggiunto i rispettivi obbiettivi circa quaranta minuti dopo il lancio. Tra le vittime, si segnalano diversi leader dell'organizzazione terroristica. Un portavoce del Pentagono ha subito confermato l'attacco, affermando che si tratta di una rappresaglia ordinata dalla Casa Bianca, di concerto con gli alleati della NATO, in seguito alla distruzione di Volterra.”
 
Le Monde.
 
Jasper ed Alice vennero condotti davanti al maggiore Wolf, mentre i suoi uomini li tenevano sotto mira.
Se solo si fossero mossi, un diluvio di proiettili li avrebbe investiti.
“Bene, bene, bene... Se non è una sorpresa questa!”, disse il maggiore Wolf in tono compiaciuto, “Jasper ed Alice Cullen... E' un vero piacere rivedervi, dopo tutto questo tempo.”
“Lo immagino”, rispose Jasper con sarcasmo.
“Mio caro Jasper... O preferisce che la chiami maggiore Withlock?”
“Solo Jasper andrà bene.”
“Bene, Jasper allora. Mio caro Jasper, non posso negare che l'epilogo di ciò che è cominciato in quel parcheggio trent'anni fa sia quasi... deludente!”
“Sì, ci credo... Ormai ti eri abituato a massacrare impunemente civili innocenti, addirittura con armi nucleari... Posso capire che la fine del tuo svago ti lasci un po' di amaro in bocca. Anche se, con tutto quello che l'attacco contro Volterra ha scatenato, il tuo disappunto non dovrebbe durare a lungo. Tra poco, il mondo intero sarà un unico campo di battaglia grazie a te.”
Il maggiore Wolf sorrise e disse: “Sai, Jasper, il sarcasmo è una cosa che non puoi permetterti data la situazione. Comunque, ti dirò una cosa, da soldato a soldato: non è mai stato uno svago o un piacere per me. Mi dispiace per quello che sta succedendo. Soffro per le vite perse a Volterra. Ma era necessario. Ne distruggo mille, di Volterra, se serve a liberare il mondo da creature come voi!”
“Il fine giustifica i mezzi, no?”, intervenne Alice.
“Qualcosa del genere, sì. Alice... Sai nel tuo sguardo c'è ancora la stessa tristezza e la stessa compassione di trent'anni fa. Non ce la fai proprio ad odiarmi, vero?”
Alice sorrise amaramente e rispose: “Io non ci ho mai neppure provato. Ho sofferto per i tuoi genitori, Alan. Quella notte avrei dato tutto per arrivare in tempo a salvarli.”
“Ti credo. Non ho dubbi che sei sincera. E sono altrettanto certo che il tuo Jasper condivide il tuo sentimento. Ma quello che avete fatto... Non è perdonabile. Occhio per occhio, Jasper. Sono sicuro che capisci. Al mio posto, faresti lo stesso.”
“Sì, è vero. Ed è per questo che siamo qui. Ti offriamo la tua vendetta, Alan, in cambio della vita dei Cullen. Puoi prendere le nostre vite, noi non faremo resistenza. Ma lascia in pace la nostra famiglia.”
“Molto nobile, Jasper... Davvero. Giusto per fare l'avvocato del diavolo, chi ti dice che una volta che vi avrò ucciso non andrò a finire il resto della vostra miserabile famiglia?”
“Nessuno. Avrò solo la tua parola di soldato. Da soldato a soldato, giusto?”
“Giusto... E se invece fossero loro a cercare vendetta?”
“Non lo faranno. E non per vigliaccheria, ma perché non servirebbe a nulla. E loro lo sanno. Piuttosto, per quanto riguarda Alice...”
"Jazz, non dirlo nemmeno! Io non ti lascio!", esclamò Alice.
"...Dicevo, non considereresti l'idea di lasciarla andare e di accontentarti della mia testa?"
"Spiacente, Jasper. Tu mi devi due vite ed io oggi mi prendo due vite. Nessun negoziato su questo."
"Capisco...", sospirò Jasper amaramente guardando negli occhi Alice, "Bene, allora. Fai quello che devi e finiamola qui."
“Quindi, mi stai dicendo che finisce qui, oggi...”
“Esatto, Alan. Finisce qui. Oggi.”
“Molto bene, maggiore Withlock. Apprezzo molto il vostro sacrificio. Rinunciate all'immortalità per salvare i tuoi cari. Dimostrate grande coraggio, una qualità che io ammiro, anche nei miei nemici. Ti prometto che entrambi avrete una morte onorata. Per il resto, ti do la mia parola di soldato che finisce qui. Immagino che vogliate restare un momento da soli, intanto che io organizzo la cosa...”
“Lo apprezzeremmo molto, Alan, grazie. Comunque, per quello che può valere... Mi dispiace per aver ucciso i tuoi genitori.”
“Vale molto per me, Jasper, davvero. Avete cinque minuti.”
“Grazie.”
Il maggiore Wolf uscì dalla tenda e cominciò ad abbaiare ordini.
Jasper ed Alice rimasero da soli, abbracciati l'uno all'altra.
“Sai, non pensavo che sarebbe finita così”, sussurrò Alice.
“Nemmeno io. Ma, alla fine, forse per me è giusto così. Invece tu... Tu potevi salvarti ed andare avanti. Perché hai voluto seguirmi?”
“E me lo chiedi? Innanzitutto, il maggiore Wolf ti ha chiarito che non si sarebbe accontentato solo della tua vita ed avrebbe continuato a darci la caccia. E poi, come posso concepire un'esistenza senza di te? Io ho cominciato a vivere nel momento in cui ti vidi per la prima volta in quel bar a Philadelphia, ho trascorso con te quasi tutta la mia esistenza immortale... Come puoi pensare che potrei vivere se tu muori?”
“Sai, ora mi vengono in mente tutte le discussioni sull'anima che ho avuto con Carlisle ed Edward... Pensi che ne abbiamo una? Pensi che ci sia qualcosa, dall'altra parte?”
“Se c'è, lo scopriremo insieme. Io non vedo più nulla su di noi, ma questo non significa niente. Le mie visioni non coprono l'aldilà.”
“Alice...”
“Sì, amore mio?”
“Quando sarò davanti a Dio per essere giudicato e Lui mi chiederà perché ho ucciso così tanti suoi figli innocenti... Che cosa gli dirò? Come mi giustificherò? Non credo che avevo fame sia plausibile come scusa”, disse lui con un sorriso amaro.
Alice lo guardò negli occhi e gli carezzò il viso con dolcezza, poi lo attirò a sé e lo baciò.
Fu un bacio lungo e tenero, colmo di adorazione.
Poi lo lasciò e disse: “Digli che ti dispiace. Diglielo sinceramente, col cuore. Lui capirà. Ed in ogni caso, anche io ucciso molte persone. Vada come vada, staremo insieme, in Paradiso o all'Inferno. O nel nulla assoluto.”
Allo scadere dei cinque minuti, il maggiore Wolf fece ritorno nella tenda: “E' ora”, disse solennemente.
Fuori dalla tenda, il reparto del maggiore Wolf era schierato sull'attenti e presentat'arm, per porgere gli onori militari.
“Un doveroso omaggio al vostro coraggio, Jasper. Sono sicuro che, essendo stato tu un soldato, apprezzerai il gesto.”
“Grazie, Alan.”
Alan li accompagnò da solo fuori dell'accampamento, verso una piccola radura innevata.
Al centro della radura era stata scavata una fossa, grande abbastanza per accogliere due corpi.
“Sapessi quanto ho atteso questo momento”, disse il maggiore Wolf rivolto a Jasper, “Mettetevi sul bordo della buca.”
Alice e Jasper obbedirono e si voltarono l'uno verso l'altra.
Alan Wolf caricò la sua pistola .44 Magnum Desert Eagle e si avvicinò, puntando per primo Jasper.
“Finisce qui, Jasper. Addio.”, disse, assaporando ogni momento, ogni sillaba.
Perso negli occhi di Alice, Jasper attese l'inevitabile... finché un ringhio sommesso non si diffuse dagli alberi tutt'attorno a loro.
Dalla foresta uscì per primo un enorme lupo rossiccio accompagnato da un altrettanto gigantesco lupo nero.
Dietro di loro, altri dodici lupi si aprirono a ventaglio, pronti ad attaccare.
“No!”, esclamò il maggiore Wolf.
Sam, il lupo nero, si lanciò sul maggiore ma questi si mosse a velocità incredibile per un umano e schivò l'attacco per poi lanciarsi nella foresta verso il suo accampamento, inseguito dal branco.
Il lupo rossiccio, invece, si sedette sulle zampe posteriori e si trasformò.
“Ciao, nanerottola. Jasper... Come butta, ragazzi?”, disse Jacob con un sorriso compiaciuto stampato in faccia.
“Che ci fate voi qui? Come lo sapevate?”, chiese Jasper, stupito dalla loro apparizione.
“Bella mi ha chiamato e mi ha detto tutto. Io ho solo passato parola a qualche amico... Seguire il vostro odore è stato uno scherzo. Bella era terrorizzata. Tra l'altro, mi ha detto di dirvi che vi aspettano guai grossi a casa. Parole sue...”, ridacchiò Jacob.
Un rumore di spari in lontananza annunciò il contatto tra il branco ed i soldati del maggiore Wolf.
Tempo un minuto, ed il branco riapparve.
Solo Sam era ferito e perdeva sangue dalla spalla anteriore destra.
Jacob si ritrasformò e parlò con Sam.
L'avete preso?, chiese Jacob.
No, ci è sfuggito. Due di quei maledetti erano appostati di sentinella dentro delle buche ed hanno aperto il fuoco appena ci hanno visto. Abbiamo dovuto ritirarci, rispose Sam.
Non importa. La missione era trovare e salvare Alice e Jasper. Quanto al maggiore... La prossima volta non ci sfuggirà!
D'accordo. Quando arrivano i Cullen?
Domattina. Per stanotte, Alice e Jasper vengono alla Riserva.
Cosa? Sei matto?, esclamò Sam, Portare due vampiri nella Riserva? Anche se sono due Cullen, non dimenticarti che Jasper non ha ancora il pieno controllo della sua sete!
Lo so. Ma avevamo già discusso della possibilità di ospitarli quando avessero dovuto sparire da Forks per un po', ricordi?
Sì, ma Jasper sarebbe stato sotto la responsabilità di Carlisle e degli altri! Tu vuoi ospitarlo da solo con Alice. E' troppo pericoloso!
Per questo rimarranno a casa mia, sorvegliati da me, rispose Jacob, Non devi preoccuparti per loro.
Va bene, come vuoi, razza di testone!, concesse Sam, Allora andiamocene, prima che il maggiore arrivi coi rinforzi... Questa maledetta pallottola mi fa un male cane e devo tirarla fuori!
 
Poco dopo, Alice, Jasper e Jake erano seduti davanti al fuoco del caminetto nel salotto di casa Black.
Alice era sul divano, accoccolata addosso a Jasper, che la abbracciava protettivo.
Jake, invece, sedeva sulla poltrona alla sinistra del divano e li guardava inespressivo, sorseggiando svogliatamente una tazza di cioccolata calda.
Jasper notò il suo sguardo e disse: “Cosa c'è, Jake, ti sembra strano che io possa provare dei sentimenti?”
“In effetti sì. Ti ho sempre visto come un assassino. Se non fosse stato per gli altri Cullen, a quest'ora ti avremmo già eliminato, vegetariano o no. Quindi capirai se mi sembra quantomeno strano che tu provi dei sentimenti. Tra parentesi, bella stronzata quella di offrirvi come agnelli sacrificali.”
“Come fai a non capire? Sarebbe finito tutto. Gli altri si sarebbero salvati. Ora invece...”
“Tranquillo. Si sistemerà tutto ora che branco è di nuovo in pista.”
“E l'FBI?”, chiese Jasper.
“Nella Riserva non hanno trovato nulla e se ne sono andati a Forks. Con loro avrete più problemi voi di noi. Charlie mi ha detto che stanno indagando a tappeto sui vostri trascorsi. Spero che i documenti falsi che avete sempre prodotto siano all'altezza di un'indagine così capillare...”
Jasper fece un'alzata di spalle, non era una cosa importante in quel momento.
“Grazie per averci salvato la vita e per averci ospitato a casa tua. Tutto sommato, non eri obbligato.”, disse Alice.
“Tu dici? Alice, se non mi fossi precipitato a salvarvi le marmoree chiappe, Bella mi avrebbe scorticato vivo! E comunque, mi saresti mancata.”
A quelle parole, Alice si illuminò con un sorriso abbagliante: “Grazie, Jake!”
“Figurati.”
Il cellulare di Jacob squillò: “Tutto a posto”, disse lui appena attivata la linea, “Stanno bene. Sono nel salotto di casa mia a godersi il fuoco del camino. Ci vuoi parlare? Ah... D'accordo. Sì. Sì. Va bene. Vi aspettiamo. Non passate da casa vostra, venite direttamente alla Riserva. OK. A domani.”
“Chi era?”, chiese Alice.
“Rosalie”, rispose Jacob, “Voleva sapere se era andato tutto bene. Psycho era molto in pena per voi.”
“E perché non ce l'hai passata?”, chiese Alice vagamente risentita.
“Gliel'ho chiesto, non hai sentito? Solo che è talmente incazzata con voi che ha preferito soprassedere. Eh sì, la bionda era davvero in ansia: mi avrà telefonato mille volte da stamane...”
“Ha il tuo numero di cellulare?”, chiese Jasper incuriosito, “Ma se a malapena vi sopportate!”
“E' per via di Nessie. Quando è da noi, chiama cento volte per assicurarsi che nessuno se la mangi. Come se fosse possibile che qualcuno del branco le facesse del male... Stupida bionda...”, ridacchiò Jacob.
“Lei ti vuole bene, Jake. Certo, non lo ammetterà mai, nemmeno sotto tortura, ma ti vuole bene. Ti considera uno di famiglia. Non essere troppo duro con lei”, lo rimproverò Alice.
“Già, già, certo...”, glissò Jacob, “Piuttosto, dobbiamo pensare all'immediato futuro: scommetto che il buon maggiore non ha preso molto bene la nostra missione di soccorso. Mi sa che gli girano...”
“Come minimo!”, disse Jasper, “Spero solo che non abbiate peggiorato le cose, salvandoci la vita. Non sopporterei un altro massacro di innocenti per colpa mia!”
Alice lo abbracciò forte per rassicurarlo, mentre Jacob lo guardò fisso negli occhi con un espressione corrucciata, come se si trovasse di fronte ad una situazione imprevista: “Caspita, ce la stai mettendo davvero tutta...”
“Come scusa?”
“Sai, noi abbiamo sempre pensato che non te ne importasse nulla... Degli umani, intendo. Mi sorprende che tu te ne preoccupi, tutto qui.”
Jasper si concesse un sorriso amaro: “Jake, io mi sono nutrito di esseri umani per quasi un secolo, ma questo non vuol dire che non me ne importasse nulla. Io facevo semplicemente ciò che era nella mia natura fare. Ma, a differenza di altri della mia specie, non ho mai provato piacere ad uccidere. Io mi ricordo di tutti quelli che ho ucciso, sai? Tutti, nessuno escluso. A volte penso che sia un bene che noi non possiamo dormire. Svegliarsi di soprassalto la notte con quei volti sempre nella testa... sarebbe orribile. Ultimamente mi sono chiesto spesso se Dio mi perdonerà mai per ciò che ho fatto. Io merito l'Inferno, Jake. E' quello il mio posto...”
“Non so se hai ragione”, rispose Jacob, “Ma se può farti stare meglio, dirò una preghiera per te. Non si sa mai, giusto?”
 
Poco dopo, Jacob russava rumorosamente sulla sua poltrona, mentre Jasper ed Alice guardavano un programma di quiz alla TV.
Improvvisamente, il programma si interruppe ed iniziò un'edizione straordinaria del notiziario: “Buonasera. Interrompiamo la normale programmazione della nostra emittente per dare notizia di una violenta battaglia attualmente in corso sulle alture del Golan tra l'esercito israeliano e quello siriano. Al momento, fonti giordane ci comunicano che l'esercito israeliano avrebbe respinto un attacco siriano contro le proprie postazioni ed immediatamente contrattaccato, superando il confine con il paese arabo in tre punti. Le truppe siriane sarebbero state travolte dall'avanzata israeliana. In risposta all'attacco israeliano, l'Iran ha dichiarato senza mezzi termini che si considera da questo momento in stato di guerra con Israele. Siamo in attesa di un commento da parte della Casa Bianca sull'accaduto. Il portavoce della Casa Bianca ha annunciato dieci minuti fa che il Presidente si rivolgerà alla nazione alle ore 12 di domani. E' probabile che il presidente annunci l'invio di truppe in Medio Oriente...”
“Incredibile...”, mormorò Alice, “Ma sono tutti impazziti? Che sta succedendo, Jazz?”
“Abbiamo sbagliato, Alice. Abbiamo sbagliato trent'anni fa a lasciar vivere quel ragazzo, ed abbiamo commesso lo stesso errore oggi. Non dovevamo andare dal maggiore Wolf a consegnarci. Avremmo dovuto andare lì a farlo fuori e basta! Ma non faremo lo stesso errore una terza volta, giusto?”, disse lui con un tono appena velato di rabbia.
“Che hai in mente? Sai che per tutto ciò che riguarda il maggiore Wolf sono praticamente cieca...”
“Domani, quando arrivano gli altri. Non possiamo fare tutto da soli. Ci servirà l'aiuto di tutti. Lupi compresi.”
Alice sospirò e si strinse ancora di più a Jasper.
Nel frattempo, il mondo intero scivolava verso la guerra.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo Diciassette.
 
In un discorso alla nazione durato quarantacinque minuti, il Presidente degli Stati Uniti ha annunciato che, malgrado gli auspici siano quelli di una soluzione diplomatica del conflitto arabo-israeliano in corso, verrà dato ad Israele il massimo appoggio politico e militare. Per tale motivo, il Presidente ha ordinato alle portaerei a propulsione nucleare 'Nimitz' e 'Reagan' ed alle relative unità di scorta di schierarsi nel Mediterraneo orientale a copertura di Israele. Inoltre, l'82a Divisione da Assalto Aereo e la 101a Divisione Aviotrasportata saranno immediatamente inviate nel teatro di operazioni pronte ad impegnarsi in combattimento. Il Presidente americano ha inoltre chiarito che gli Stati Uniti si riservano il diritto di utilizzare armi nucleari, qualora l'Iran faccia altrettanto. Intanto, da Berlino un portavoce del Cancelliere ha confermato che le forze armate tedesche non saranno coinvolte nel conflitto e manterranno compiti puramente difensivi all'interno del territorio della Repubblica Federale.”
 
Frankfurter Allegemeine.
 
La Push, 31 gennaio 2015
 
Il corteo di macchine che riportò i Cullen ed il clan di Denali a La Push arrivò poco dopo l'alba.
Jacob si compiacque nel vedere così tante auto di lusso parcheggiate davanti al portico di casa sua, ed anche gli altri membri del branco si concessero più di una sbirciatina alle potenti berline ed alle supersportive dei clan di vampiri.
Esme fu la prima ad abbracciare Jasper ed Alice non appena scesa dalla macchina: “Jasper! Alice! Oh, figli miei, che gioia!”, disse Esme con voce rotta, “Non immaginate quanto sono stata in pena per voi! Ma cosa credevate di fare, eh? Avete idea di come ci siamo sentiti quando abbiamo letto la vostra lettera? Promettete che non lo farete mai più!”
“Scusa... Mamma. Non lo faremo più. Promesso”, disse Jasper con un sorriso, mentre Alice si limitava a stringersi ad Esme in un abbraccio che avrebbe stritolato un tronco d'albero.
Poi fu la volta di Bella stringersi alla sorella preferita e baciarle i capelli arruffati con sollievo: “Non farmi mai più stare così in pena! Se ti avessi persa, sarei morta di dolore! Non devi mai più abbandonarmi, Alice!”
“Scusa, Bella. Io e Jasper pensavamo che fosse la cosa giusta da fare.”
“La cosa giusta da fare? Pensavate davvero che farvi ammazzare avrebbe risolto tutto? Come avete potuto essere così stupidi? Oh, Alice, non hai pensato a come ci saremmo sentiti senza di voi? E Renesmee? Non ha fatto altro che piangere!”
“Davvero?”
“Zia Alice! Zio Jazz!”, esclamò Renesmee non appena li vide.
Renesmee si fece mettere giù da Edward e corse in braccio alla zia, soffocandola di baci, mentre Jasper le accarezzava i riccioli bronzei; poi appoggiò le manine sulle guance degli zii e fece vedere loro quanto era stata triste al pensiero che non li avrebbe più rivisti.
“Scusaci, tesoro”, mormorò Jazz con voce commossa.
Mai in vita sua si era sentito parte della famiglia come in quel momento.
 
“Grazie, cane. Ti devo la vita dei miei fratelli. Saprò sdebitarmi un giorno, non dubitare”, disse Rosalie con un tono deciso.
Jacob ridacchiò e rispose: “Non preoccuparti, Psycho. E' stato un piacere. Alice mi è sempre stata simpatica. Non vai a salutarli?”
“Dopo. Ho ancora troppa voglia di strangolarli entrambi.”
Jacob rise di nuovo ed Alice prima le fece una linguaccia e poi le sorrise e le soffiò un bacio, mimando con le labbra le parole Ti voglio bene.
Anch'io, rispose Rosalie allo stesso modo, rivolgendo alla sorella un sorriso imbronciato.
“Sai, bionda, non ti facevo così sentimentale”, disse Jacob.
“Oh, smettiamola Jake, ti prego!”, esclamò Rosalie in tono esasperato, “Sono stufa di questo giochino. Ho i miei difetti, lo ammetto: sono vanitosa, egoista, superficiale... Ma loro sono tutto per me. Morirei per ognuno di loro, esattamente come faresti tu per uno del tuo branco. Tanti anni fa, una persona che credevo mi amasse mi ha tolto la vita, Carlisle e gli altri me ne hanno regalata un'altra, qualunque essa sia. Ed anche se ho dovuto rinunciare al mio desiderio più grande, essere madre, mi hanno resa felice e mi hanno fatta sentire amata, e non è poco. Io gli sono grata di questo, tanto quanto sono grata a te ora. Sei una gran bella persona, Jacob Black, e questa è una dote rara. So di non esserti simpatica, ma voglio dirti che sono molto contenta che tu sia nostro amico. Nessie è stata davvero fortunata.”
“Nemmeno tu sei tanto male... Rose.”
Rosalie lo abbagliò con un sorriso di bellezza devastante, sentendolo chiamarla per nome per la prima volta in tanti anni, gli diede un bacio sulla guancia e poi si avviò verso il resto della sua famiglia.
 
RECESSIONE! - Dopo la distruzione di Volterra e le misure di sicurezza varate dal Governo, il nuovo conflitto arabo-israeliano sta dando il colpo di grazia all'economia italiana: oggi il prezzo del petrolio a New York ha sfondato i 180 dollari al barile ed il prezzo medio della benzina alla pompa è di 2,5 euro al litro. Il Governo ha varato immediatamente severe limitazioni al traffico privato, con blocchi orari che interessano tutte le principali città. Il trasporto merci su gomma è quasi paralizzato, l'industria manifatturiera lavora a mezzo servizio per mancanza di approvvigionamenti di materie prime grezze e l'industria automobilistica è in ginocchio. L'Esercito presidia tuttora le maggiori città e su tutto il territorio nazionale vigono ancora il coprifuoco e la legge marziale. Nel frattempo, le squadre di soccorso che ancora operano a Volterra hanno concluso la loro opera di ricerca dei sopravvissuti. Un portavoce della Protezione Civile ha dichiarato che i livelli radioattivi sono talmente elevati che, anche se qualcuno fosse sopravvissuto all'esplosione ed al crollo della propria abitazione, le radiazioni lo avrebbero già ucciso. Pertanto, è stato deciso di non mettere ulteriormente a repentaglio altre vite, quelle dei soccorritori, inutilmente.”
 
Corriere della Sera.

Bruxelles, Belgio, 1° febbraio 2015
 
L'aula dove erano in quel momento riuniti i ministri degli Esteri e della Difesa dei venticinque paesi membri della NATO era percorsa da una tensione tale che si sarebbe potuta tagliare a fette.
Il limite che nessuno credeva sarebbe mai stato valicato era stato infranto ed ora il mondo era ad un passo dal baratro.
In una saletta attigua, due uomini osservavano la scena da un televisore al plasma collegato al circuito video interno.
“Sei sicuro di questa informazione?”
Il SACEUR (Supreme Allied Commander in Europe, Comandante Supremo Alleato in Europa, ufficiale in comando di tutti gli eserciti dei paesi membri della NATO, NdA) era un generale di corpo d'armata americano e, in quel momento, non portava l'uniforme d'ordinanza ma vestiva la tenuta mimetica. Solo quattro stellette nere ricamate su entrambi i lati del colletto lo identificavano per quello che era. L'unico altro distintivo sulla giubba era il suo nome, ugualmente ricamato: Robinson.
“Sì”, rispose il suo interlocutore, il generale Langelaan, “L'FSB (Federal’naja Služba Bezopasnosti, Servizio Federale di Sicurezza, il servizio segreto russo, NdA) ha verificato attentamente nei suoi archivi. Nelle foto si vede chiaramente il tenente Ducroix a Odessa mentre si incontra con un noto trafficante d'armi russo che, pochi minuti dopo, salta in aria con la sua macchina. Tra i rottami, sono stati trovati frammenti di carta identificati come parte di titoli al portatore in euro, segno che i due hanno posto in essere una transazione di qualche genere. La squadra NEST (Nuclear Emergency Support Team, Squadra di Supporto Emergenze Nucleari, dipendente dal Dipartimento dell'Energia del governo americano e responsabile dell'investigazione sugli incidenti nucleari, NdA) che abbiamo inviato in Italia ha già analizzato le tracce radioattive sulle macerie di Volterra: il plutonio è russo, Bill. Non c'è dubbio.”
“Se la cosa viene fuori... Ti rendi conto? Una squadra di soldati da noi addestrata, equipaggiata e predisposta per essere il non plus ultra sul campo di battaglia che annienta con una bomba atomica russa una città di una nazione della NATO! Cazzo...”
“Possiamo ancora gestire la cosa”, disse Langelaan, “Me ne occupo io. In fondo, sono quello che li conosce meglio, no? Li ho creati io e posso sempre disfare ciò che ho fatto.”
“Fallo, Reb. Trova il maggiore Wolf ed i suoi uomini e risolvi la cosa. Definitivamente. Mi sono spiegato?”
“Perfettamente, signore. E quanto al resto?”
“Quello, purtroppo, non dipende più da noi. Hai visto le notizie fornite dalla CIA, no? Gli Israeliani avanzano su Damasco e tra non molto si scontreranno con gli Iraniani. In Corea, le truppe del Nord sono pronte come non mai ed attaccheranno non appena il momento sarà più propizio. Noi, per parte nostra, siamo ancora incastrati in Afghanistan. Non possiamo essere dappertutto, Reb. Semplicemente, non abbiamo abbastanza soldati per gestire tre crisi di questa portata.”
“E allora?”
“E allora dobbiamo sperare che sia rimasto ancora qualcuno con un minimo di sale in zucca nella stanza accanto. Ho sentito cose da far rabbrividire! Gli Italiani sbavano per vendicare Volterra e vorrebbero ridurre mezzo Medio Oriente ad un deserto radioattivo e quel che è peggio, il nostro Presidente gli dà retta! I Francesi faranno di testa loro come al solito, gli Inglesi sono con noi ma hanno anche loro il dito sul grilletto nucleare. I Tedeschi se la stanno facendo sotto. Ed i Russi... Beh, loro sono il gorilla da trecento chili che può far saltare il banco. Gli Italiani non sanno che la bomba era russa e non sospettano che ci possa essere la Russia dietro tutto questo. Per ora manterremo il segreto, ma se dovessero scoprire tutto e decidere che la cosa è colpa dei Russi, anche solo indirettamente... Cristo, mi vengono i brividi solo al pensiero!”
“Pensi che useremo ancora armi nucleari?”
“Poco ma sicuro! Bisogna solo capire dove e contro chi le useremo. Le truppe di prima linea hanno già ricevuto in dotazione le rispettive riserve di armi nucleari tattiche. Come sai, sono le testate più piccole e mobili, quelle da usare contro le truppe nemiche. Ma se cominciamo con quelle, arriveremo presto ai missili intercontinentali contro le città. E' inevitabile.”
“Allora dobbiamo riuscire a contenere la crisi. Ad ogni costo.”
“Vedo che ci siamo capiti, generale Langelaan. Per parte mia, le concedo carta bianca. Usi qualunque risorsa ritenga più opportuna per chiudere questa storia. Se qualcuno le crea problemi, ci penso io.”
“Molto bene, signore. L'ultima localizzazione sicura del maggiore Wolf e del suo gruppo è nella Penisola Olimpica, stato di Washington. Vuole che la cosa rimanga segreta?”
“Non è necessario, Reb. Falli passare per terroristi, in fondo è quello che sono. Sfrutta anche le autorità locali, l'FBI, la Guardia Nazionale, persino i Boy Scout se devi: ma trovali ed eliminali senza pietà. Tutti, chiaro? Non possiamo permetterci il lusso di fare prigionieri. Coloro che si arrenderanno devono essere passati per le armi sul posto. Non possiamo permetterci che qualcuno parli.”
“Non si preoccupi, generale, in ogni caso non avremo questo problema. La resa non mai stata un'opzione per i Cacciatori del Fuoco. La resa non è il loro credo.”
Qualcuno bussò alla porta della stanza in cui i due generali si trovavano ed immediatamente dopo entrò l'aiutante di campo del SACEUR.
“Che cosa c'è capitano West?”, chiese il SACEUR.
“E' meglio che legga qui, signore. E' arrivato adesso dall'NCA (National Command Authority, Autorità di Comando Nazionale, identificativo militare del Presidente degli Stati Uniti, NdA).”
“Gesù...”, mormorò il generale Robinson sbiancando in volto.
“Che succede, signore?”, chiese il generale Langelaan.
Il SACEUR gli porse il foglio che stava leggendo.
 
Da: Autorità di Comando Nazionale tramite Comitato degli Stati Maggiori Riuniti e Dipartimento della Difesa.
A: Tutti i Comandi Operativi.
Ultra.
 
DEFCON 1 – NORME DI COMBATTIMENTO. Questo messaggio deve essere considerato come preavviso di guerra. Ostilità tra la NATO e la Federazione Russa altamente probabili ma non certe. Adottare tutte le misure necessarie per l'approntamento operativo delle truppe. Le ostilità potrebbero avere inizio senza alcun preavviso. In tal caso, eseguire illimitate operazioni belliche terrestri, aeree e marittime contro la Federazione Russa. L'assegnazione e l'uso di armi nucleari tattiche è a discrezione del comandante in capo del teatro operativo. Non, ripetiamo, non utilizzare tali armi per primi. Forza! Firmato, Maggior Generale J.T. Anderson, Capo di Stato Maggiore.
 
“Merda...”, fu l'unico commento del generale Langelaan.
“Già. A Washington pensano che sia colpa dei Russi... Reb, non c'è più tempo da perdere. Corriamo contro il tempo. Esegui i tuoi ordini.”
“Signorsì”, rispose il generale Langelaan.
 
Mosca, Federazione Russa, 1° febbraio 2015
 
“Ma perché lo fanno? Non capiscono che noi non c'entriamo nulla con un simile abominio?”
La voce del Presidente della Federazione Russa era quasi un urlo stridulo.
Il suo paese era sull'orlo della guerra contro la NATO e lui non capiva il perché, né sapeva cosa fare per evitarlo.
“Signor Presidente, dalle analisi condotte dall'FSB, nei nostri arsenali mancano due testate nucleari portatili. Abbiamo controllato tre volte, per essere sicuri. Una di esse è stata certamente usata per distruggere Volterra, dell'altra non si hanno notizie. Gli Americani hanno mandato in Italia una squadra di scienziati e fisici che ha appurato al di là di ogni ragionevole dubbio che il plutonio della bomba era nostro. Dunque, gli Alleati occidentali pensano che siamo stati noi.”
La voce del Maresciallo Ustinov, Capo di Stato Maggiore delle forze armate russe e Ministro della Difesa risuonò calma nella sala del palazzo del Cremlino dove era riunito il Consiglio dei Ministri.
“Ma non siamo stati noi! Io non ho dato alcun ordine del genere!”, esplose il Presidente russo, “E poi, perché Volterra? E' un paesino talmente insignificante, non c'era nulla lì che giustificasse un simile attacco, persino per un terrorista!”
“Beh, qualcuno non era d'accordo con lei, signor Presidente”, disse con una vena di sarcasmo il direttore dell'FSB, “Per qualcuno Volterra era abbastanza importante da giustificare il massacro di quasi diecimila persone. Tutto sta nel capire che cosa ci fosse di così importante.”
“E il nostro meraviglioso FSB che sta facendo per capire tutto ciò?”, chiese con altrettanto sarcasmo il Maresciallo Ustinov.
Il direttore dell'FSB ignorò il velato insulto e proseguì: “Sappiamo che un ex ufficiale dell'esercito francese, Daniel Ducroix, ha comprato le bombe ad Odessa da un trafficante d'armi di Mosca, Valentin Kamarenko, deceduto subito dopo lo scambio in circostanze misteriose...”
“Lo hanno fatto fuori”, mormorò il Maresciallo Ustinov.
“Sì, è probabile. La sua auto è esplosa poco fuori dai cancelli del porto. Ad ogni modo, le bombe sono state imbarcate su un mercantile diretto negli Stati Uniti, al porto di New York, con un solo scalo intermedio, il porto di Napoli in Italia. Lì, a quanto pare, una delle bombe è stata presa in consegna da un ex ufficiale italiano, una donna, tale Gianna De Marco, che per ragioni misteriose l'ha portata a Volterra e l'ha fatta detonare. Stiamo cercando questa De Marco per mari e monti, ma finora nulla. E' come se fosse sparita.”
“Forse è morta anche lei. I mandanti eliminano l'esecutore. Non sarebbe la prima volta che succede...”
“No, ha ragione signor Presidente. Ma non abbiamo prove che la De Marco sia morta, per cui dobbiamo presumere il contrario e continuare a cercarla finché non saremo sicuri che è davvero morta. Ora il problema è che gli Italiani potrebbero pensare che la De Marco fosse un nostro agente, un traditore o un dormiente (Dormiente: agente infiltrato in un paese straniero che assume l'identità di una persona del posto e rimane inattivo finché non gli viene ordinato di entrare in azione, NdA).”
“Avete qualche idea sui mandanti?”, chiese il Ministro degli Esteri.
“No. Non ci risulta alcun gruppo terroristico in grado di portare avanti un'operazione del genere. Nemmeno Al Qaeda ci riuscirebbe, non dopo le perdite subite ad opera degli Americani dal 2001 in poi. Inoltre, l'attacco nucleare americano di pochi giorni fa ha eliminato tutta la leadership dell'organizzazione che, al momento, è allo sbando. No, secondo le nostre valutazioni gli Arabi non c'entrano nulla stavolta.”
“E' allora chi è stato?”, chiese il Presidente.
“Non è chiaro, signore. Sappiamo però che Ducroix e De Marco sono legati ad un misterioso gruppo di ex militari che i servizi segreti dei paesi della NATO stanno cercando assiduamente da giorni.”
“Ex militari? Mercenari, forse?”
“Non si sa.”
“Insomma, non sappiamo nulla...”, mormorò il Presidente russo.
“Sappiamo che gli Americani stanno nascondendo qualcosa. Secondo me, vale la pena indagare. Col suo permesso, signore, vorrei attivare le nostre fonti interne ai servizi segreti americani per capire che sta succedendo. Io credo che la soluzione del mistero e di tutti i nostri guai verrà da lì.”
“D'accordo, direttore Filitov. Lo faccia. Nel frattempo, lei Maresciallo Ustinov porrà la nostre forze armate in stato di massima allerta, comprese le Forze Missilistiche Strategiche. Non voglio che, se si arriverà allo scontro nucleare, gli Americani ci colgano con le braghe calate. Signori, è tutto per ora.”
 
Fort Lewis, stato di Washington, 3 febbraio 2015
 
Fort Lewis era ancora avvolta nell'oscurità quando, all'interno della gigantesca base militare poche miglia a sud di Seattle, un'interminabile colonna di automezzi si avviò verso il vicino aeroporto internazionale di Seattle.
Carlisle e Rosalie stavano andando a Pierce, una cittadina vicina alla base, dove avrebbero reperito delle scorte di sangue per il nutrimento di tutta la famiglia Cullen, visto che uscire a caccia era assolutamente escluso.
Subito dopo una curva, la Maserati di Carlisle incrociò la colonna militare: decine di camion carichi di truppe, tir-rimorchio che trainavano i giganteschi carri armati M1A2 Abrahms ed i trasporti truppe M2A2 Bradley, veicoli comando, radar mobili, veicoli lanciamissili...
“Carlisle, che succede?”, chiese Rosalie.
“E' la 2a Divisione di Fanteria dell'esercito, di stanza a Fort Lewis. La CNN diceva che oggi sarebbero stati trasferiti in Germania per via aerea e da lì in Polonia via treno, per fronteggiare un'eventuale invasione russa del paese. La televisione diceva che molte divisioni russe si stanno ammassando al confine tra l'enclave russa di Kaliningrad, la Bielorussia e la Polonia, dopo che la Bielorussia ha annunciato di voler appoggiare la Russia contro quella che hanno chiamato l'aggressione occidentale al mondo slavo... Pazzi idioti!”
“Come ci siamo arrivati, Carlisle? E' davvero quello che è successo trent'anni fa la causa di tutto? Può una sola persona, anche se si tratta del maggiore Wolf, causare tutto questo?”
“Rose, se elimini l'impossibile tutto ciò che rimane, per quanto improbabile, è la verità. Wolf ha distrutto Volterra. Wolf ha rubato ed usato armi nucleari contro una popolazione civile inerme. Ora, per quanto improbabile, dobbiamo ritenere che lui sia la causa di tutto questo.”
 
Nei boschi intorno a Forks, 4 febbraio 2015
 
“Allora?”, chiese il maggiore Wolf all'uomo entrato nella sua tenda mimetizzata.
“Sono lì, maggiore. Gli indigeni li stanno nascondendo nella Riserva, ma siamo riusciti ad avvistare la macchina del dottor Cullen uscire e poi rientrare nel territorio Quileute ieri mattina molto presto.”
“Molto bene, tenente Doenitz. Finalmente li abbiamo dove volevamo! Avverta gli altri, è ora di muoversi. Cominciamo la fase finale dell'operazione.”
Jawohl, herr Major!”, rispose il soldato tedesco conosciuto come Cacciatore Nove e poi uscì dalla tenda a riferire gli ordini ricevuti.
Alan Wolf rimase solo e gettò uno sguardo alla valigetta nucleare da cui, ormai, non si separava neppure un momento.
Sto arrivando, maledetti Cullen!

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo Diciotto.
 
La Push, 7 febbraio 2015
 
Bella e Jacob stavano tornando da casa di Sam, dove avevano trascorso una piacevole e distensiva serata. Renesmee dormiva profondamente in braccio a Jacob.
“Vuoi prenderla tu?”, chiese Jacob notando che Bella guardava la figlia collassata tra le braccia di colui che le aveva giurato amore eterno.
“No, tranquillo, tienila pure”, rispose Bella distogliendo lo sguardo e continuando a camminare lungo il sentiero innevato.
“Non voglio metterti a disagio, Bells, lo sai. Capisco che per te ed Edward possa essere difficile da mandare giù, a volte...”
“A volte?”, rispose lei con una risatina.
“Beh, ora almeno sai come mi sono sentito io quando tu ti sei rimessa con Edward dopo che vi eravate lasciati.”
Touchè”, mormorò Bella, “Ma avrei preferito che ti fossi preso la rivincita in un altro modo.”
“Non l'ho scelto io, Bella. E' successo. Avresti forse preferito avere Nahuel come futuro genero?”
“Oddio, no di certo! Non fraintendermi Jake, io sono felice che lei abbia te. So che la proteggerai, l'amerai e tutto il resto. Ma non so ancora se devo essere felice che tu abbia lei. Capisci quello che intendo?”
“Sì, credo di sì. Per te è ancora una bambina in età da scuola elementare, ma sappiamo entrambi che intellettualmente è molto più matura e che, fisicamente, lo diventerà tra poco. Dimmi, la vedrai allo stesso modo anche quando avrà raggiunto il massimo della crescita? Non manca molto ormai, ricordi?”
Bella sospirò pesantemente e rispose: “A dire il vero non so nemmeno se saremo ancora qui domattina, figuriamoci se posso dirti come mi sentirò fra cinque anni! Ha visto anche tu il telegiornale, no?”
“Parli di quella faccenda della Polonia? Nah, secondo me alla fine non succederà nulla. Nessuno è così idiota.”
“Tu dici?”, replicò lei in tono scettico.
Improvvisamente, un rumore di ramo spezzato ad una cinquantina di metri sulla destra attirò la loro attenzione: “Cos'è stato?”, mormorò Bella irrigidita ed all'erta.
 
Merda, merda, merda!, pensò tra sé il tenente Doenitz bloccandosi dietro un gigantesco tronco di sequoia.
Era stato un avvicinamento da manuale, sottovento per non far sentire loro il suo odore ed assolutamente silenzioso.
Maledetto ramo!
Cinquanta metri, forse sessanta lo dividevano da Jacob e Bella.
Posso farcela? Ormai sono in allarme, ma io sono un Cacciatore del Fuoco! Sono più forte di loro!, si disse Doenitz per farsi coraggio.
 
“Dietro quella sequoia, Bells”, mormorò Jacob in tono glaciale, “Prendi la piccola.”
Jacob le passò Renesmee e disse: “Vattene. Ci penso io a questo qui.”
“Jake...”, mormorò Bella.
“Non discutere, per una volta. Fai come ti ho detto. Torna da Sam, non ce la faresti ad arrivare a casa mia, non se ce ne sono altri di quei bastardi per strada.”
Bella lo guardò e poi si fiondò via a velocità folle verso la casa di Sam, mentre Renesmee si svegliava chiedendole: “Che succede, mamma?”
Jacob ed il tenente Doenitz rimasero da soli.
“Vieni fuori. So che sei lì”, disse Jacob rivolto verso il posto dove il soldato tedesco si stava nascondendo.
 
Cazzo!
Il tenente Doenitz proferì una bestemmia a mezza voce: era stato scoperto!
Ed ora? Il bersaglio era la troietta succhiasangue, ma lei è scappata! Rimane solo il licantropo... Beh, buono anche lui da ammazzare. Il maggiore sarà comunque soddisfatto.
“Come vuoi, mostro. Eccomi.”
Jacob gli rivolse un sorriso feroce: “Fatti sotto, soldatino!”
 
Bella arrivò di corsa alla casa di Sam e bussò urlando: “Sam! Sam! Apri, presto! Jake è in pericolo! Sam!”
Nessuna risposta.
La casa era completamente buia.
Che succede qui?, pensò Bella, mentre un brivido le corse lungo la schiena.
La giovane vampira afferrò il cellulare e lo aprì per comporre il numero di Edward, ma dopo poco si rese conto che la linea era muta, non c'era segnale, malgrado l'indicatore di campo lì, di solito, segnasse sempre il massimo.
'Fanculo!, pensò Bella gettando via il telefonino con rabbia.
Una sensazione di pericolo le attraversò la mente e, per riflesso, lei strinse a sé Renesmee.
“Mamma”, sussurrò la bambina terrorizzata, “Ho paura!”
“Shhh!”, le rispose Bella, “Andrà tutto bene, vedrai, tesoro mio.”
Silenziosa come solo un vampiro può essere, Bella fece il giro per entrare dal retro, ma quella che prima era una casa illuminata e gioiosa, data le circostanze, ora era buia, tetra e silenziosa.
Bella notò che la finestra al primo piano della era aperta e, con un balzo di felina eleganza, usò quell'apertura per entrare in casa.
Lei e Renesmee si trovavano nella camera da letto di Emily e Sam e l'unico odore che sentivano era il loro.
Bella rimase immobile contro la parete e si sforzò per udire anche il più piccolo rumore, sussurro, respiro o cigolio proveniente dal resto della casa.
Nulla.
Solo silenzio.
Allora Bella aprì la porta del guardaroba e vi fece entrare Renesmee: “Rimani qui e stai zitta”, sussurrò, “Non fare nemmeno un rumore, va bene amore mio? La mamma va a vedere dove sono Sam ed Emily.”
La bambina annuì tremante e si rintanò tra i vestiti appesi, mentre Bella chiuse le ante e si avviò verso il corridoio.
 
La luce della luna illuminò la lama in acciaio al carbonio del coltello da combattimento del tenente Doenitz.
Nel combattimento corpo a corpo, in cui il tedesco era un maestro, il fucile era inutile: bisognava sporcarsi le mani.
Jacob si trasformò in un lampo ed i due avversari cominciarono a studiarsi in attesa di un attimo di esitazione fatale.
Doenitz fece il primo affondo ma Jacob lo evitò con un balzo all'indietro e ricominciò a muoversi fronteggiando il suo nemico.
Improvvisamente, una solitaria nuvola oscurò per un attimo la luna: fu come un segnale per entrambi, che si scagliarono l'uno contro l'altro con inaudita velocità e ferocia, Doenitz urlando e Jacob ruggendo...
 
Bella si muoveva silenziosamente, aderente alla parete per evitare di farsi sorprendere alle spalle.
Tutti gli odori che sentiva le erano familiari, secondo i suoi sensi incredibili era tutto normale... Ma lei non credeva più ai suoi sensi, ormai era un essere di puro istinto e l'istinto le urlava che era in pericolo, un mortale pericolo.
Improvvisamente, la porta in fondo al corridoio si socchiuse ed una lama di luce squarciò l'oscurità che avvolgeva l'interno della casa di Sam.
Bella si arrestò istantaneamente: sapeva che il pericolo mortale che stava per affrontare era oltre quella porta e se fosse stata da sola si sarebbe limitata ad evitarlo, fuggendo via verso la salvezza di casa Cullen.
Ma Renesmee era con lei e Bella non poteva permettersi il lusso della fuga. L'avrebbero inseguita e forse avrebbero anche potuto far del male alla piccola!
Improvvisamente una rabbia gelida l'avvolse ed una sfumatura rosso sangue annebbiò il suo sguardo.
E va bene, maledetti bastardi, se davvero volete giocare, giochiamo!, si disse Bella ed un attimo dopo spalancò la porta.
 
“Il primo sangue è mio, mostro”, ghignò il tenente Doenitz.
Jacob perdeva sangue da un profondo taglio sopra la spalla sinistra e la ferita gli faceva molto male.
Ma lo scherno dimostratogli dal suo nemico lo fece infuriare ancora di più: un profondo ruggito eruppe dalla sua gola e quello fu il prodromo per un secondo assalto.
Anche stavolta il tenente Doenitz si dimostrò molto veloce, ma non abbastanza.
Jacob lo colpì con la forza di un ariete e lo mandò a sbattere contro un albero, assaporando la soddisfazione procuratagli dal rumore delle costole del tedesco che si spezzavano nell'impatto.
Con un rantolo, Doenitz si rimise in piedi, il respiro affannoso e dolorante: “Non cantare vittoria”, rantolò, “Non è ancora finita, mostro. Avanti, fatti sotto!”
 
Ciò che vide nella stanza illuminata fece inorridire Bella: Sam ed Emily giacevano in una pozza di sangue e, chinato sui corpi esanimi, c'era uno sconosciuto che stava pulendo dal sangue la lama di un coltello da combattimento sui vestiti di lui.
L'uomo si voltò con calma raggelante, le sorrise e le disse: “Buonasera. Tu devi essere Bella. Io mi chiamo Daniel Ducroix, molto piacere di conoscerti.”
 
Il tenente Doenitz era ormai allo stremo delle forze: sapeva che le sue ferite erano troppo gravi, perdeva sangue dalla bocca ad ogni respiro e questo era segno che una delle costole rotte doveva avergli perforato un polmone.
Non mi resta molto, pensò il giovane soldato, tanto vale provare a portarlo con me all'altro mondo!
Doenitz raccolse le forze per un ultimo, decisivo affondo e si lanciò su Jacob con un urlo selvaggio.
Jacob si fece cogliere di sorpresa e la lama del coltello gli affondò nel ventre, ma questo portò il tenente tedesco a portata delle sue zanne micidiali...
 
“Erano miei amici... E tu li hai uccisi...”, rantolò Bella in preda ad un misto di orrore, tristezza, odio e rabbia omicida.
Ouì, cheriè”, rispose il francese con espressione addolorata, “Ma non preoccuparti, li rivedrai prima di quanto immagini...”
Bella si rese conto appena in tempo del movimento in affondo del tenente Ducroix ed evitò di millimetri la lama del suo Ka-Bar, che le sfiorò appena la guancia.
Agendo di puro istinto, Bella sferrò un calcio al ventre del suo avversario con tutta la forza che aveva e lo vide schiantarsi contro la parete opposta, che era a circa sei metri di distanza.
Quindi, in preda ad un'ondata di furore, staccò dal muro accanto a lei un tomahawk Quileute, l'antica ascia di guerra degli Indiani americani che Sam teneva appesa lì a mò di ornamento, e la scagliò contro Ducroix con tutta la forza che aveva, colpendolo in piena fronte e conficcandogli la lama in profondità nel cervello.
Un espressione di stupore accompagnò il francese nell'oblio della morte, mentre Bella rimase a guardare il soldato morire, congelata in un istante di puro disgusto per sé stessa.
Ho ucciso, si disse guardandosi le mani come se grondassero sangue, Oh Dio, perdonami, ho ucciso! Ho ucciso un essere umano!
E mentre Bella stava realizzando ciò che era accaduto, una mano le afferrò la caviglia facendola urlare.
 
Jacob era di nuovo umano e sanguinava ancora copiosamente dalla ferita al ventre, mentre si trascinava nudo e terribilmente debole verso la casa di Sam.
Nessie, questo era il suo unico pensiero, Nessie, Nessie, Nessie!
Il corpo del tenente Doenitz giaceva morto alle sue spalle, la gola squarciata ed il suo sangue che arrossava la neve, diventata il luogo del suo eterno riposo.
 
“Aiuto... Bella...”
“Sam!”
Bella si chinò su di lui, mentre l'odore del sangue saturava la stanza scatenando in lei i tormenti della sete.
“Emily... Aiuta Emily, ti prego... Io tra poco starò bene”, rantolò il giovane Quileute.
Bella fece girare Emily e per poco non perse il controllo. La moglie di Sam aveva una profonda ferita di coltello all'addome che sanguinava copiosamente, ma non era ancora morta.
Violentando sé stessa, la giovane vampira si ordinò di ignorare il sangue e premette le mani sulla ferita per arrestare l'emorragia, facendo gemere Emily di dolore.
“Renesmee!”, chiamò allora Bella.
In un attimo sua figlia arrivò nella stanza ed anche lei rimase sconvolta da ciò che vide. La metà non umana di Renesmee assaporò la sete che si era scatenata nella sua gola ma la bambina, in quanto mezza umana, ebbe gioco molto più facile nell'ignorarla.
“Renesmee, amore, telefona al nonno Carlisle e digli dove siamo e quello che è successo. Digli che deve venire qui di corsa. E digli anche che siamo tutti in pericolo, che gli uomini del maggiore Wolf ci stanno attaccando proprio ora! Presto, tesoro!”
Senza perdere tempo, la bambina si fiondò al piano inferiore dove c'era il telefono fisso e chiamò il nonno, che le garantì che sarebbe arrivato in brevissimo tempo.
Infatti, cinque minuti dopo, Carlisle era al fianco di Bella e stava curando la ferita di Emily.
Lungo la strada aveva anche raccolto Jacob, che si stava riprendendo dalle sue ferite e che ora teneva in braccio Renesmee e la coccolava.
Dal canto suo, Sam era ormai guarito quasi del tutto ed assisteva atterrito al tentativo di Carlisle di salvare l'unica cosa che contasse davvero nella sua vita.
“Carlisle, hai sentito gli altri?”, chiese Bella mentre Carlisle era concentrato su Emily.
“Emmett e Rose sono con i Denali nella Riserva, con loro ci sono gran parte dei lupi. Jazz ed Alice li stanno raggiungendo”, rispose lui senza nemmeno alzare lo sguardo.
“Ed Edward ed Esme?”, chiese Bella con tono improvvisamente colmo di timore.
Carlisle la guardò per un attimo, poi tornò a concentrarsi su Emily: “Non so nulla di loro”, rispose semplicemente.
Il dottore, in cuor suo, pregava Dio che stessero entrambi bene, ma la sua espressione diceva quello che non aveva trovato il coraggio di esprimere a parole: Esme ed Edward sono in grave pericolo!

Esme ed Edward stavano tornando da casa di Charlie a bordo della Ferrari di Bella.
Rivedere il suocero e la sua gioia nel sapere che Bella stava bene ed era tornata gli avevano risollevato l'umore, fino ad allora piuttosto cupo e preoccupato.
“Toc toc, c'è nessuno in casa?”, gli disse Esme con un sorriso, risvegliandolo dai suoi pensieri.
Edward sorrise controvoglia: “Scusa, mamma. Avevo la testa altrove”.
“Ti preoccupi per tutti: per me, per Bella, per Nessie, per la famiglia... Quand'è che ti preoccuperai un po' per te stesso?”
“E' più forte di me. Vorrei che tutto questo finisse, in un modo o nell'altro. Credevo di essere forte abbastanza da sopportare qualsiasi avversità ora che Bella e Nessie sono con me a darmi forza e voglia di vivere. Ma questo... Mi sta logorando, poco a poco. L'esercito di Victoria, i Volturi, ora questo! Perché non possiamo vivere in pace, mamma? In fondo non chiediamo altro che questo!”
Esme rifletté un attimo prima di rispondere: “E' difficile dare una risposta alla tua domanda. Ma credo che alla fine tutto si sistemerà per il meglio. In fondo, la tua storia recente è lì a dimostrarlo, no?”
Edward non fece in tempo a ribattere, perché il mondo si capovolse all'improvviso con un boato.
La Ferrari rossa si cappottò più volte, andando a schiantarsi contro un albero poco oltre il ciglio della strada.
Un secondo dopo, il serbatoio esplose riducendo la vettura in pezzi.
 
“Centro perfetto, Bill”, commentò il maggiore Wolf con un ghigno.
“Grazie, signore”, rispose il suo secondo riponendo nella sua custodia il radiocomando che aveva fatto esplodere una fila di mine Claymore al passaggio della Ferrari guidata da Edward.
“Nessuno può essersi salvato. Due di meno di cui preoccuparsi. Ora possiamo passare alla fase due del piano.”

“Ti fa male?”, chiese Edward ad Esme.
“No, non molto. Sono stata peggio. Passerà presto, vedrai”, rispose lei.
Tutto il lato destro del corpo di Esme era devastato dall'esplosione delle mine, avvenuta sul lato passeggero, dai rottami della portiera e del finestrino che l'avevano investita ad alta velocità e dalle fiamme dell'incendio.
Per fortuna, Edward era rimasto illeso e l'aveva tirata fuori dalla macchina appena in tempo, grazie alla velocità ed alla forza che possedeva.
Da sola non ce l'avrebbe mai fatta.
“Ecco, vedi? Il mio corpo si sta già risanando. Dammi una mezz'ora e sarò come nuova”, gli sorrise la madre adottiva.
“Il mio cellulare non funziona ed il tuo è distrutto. Non possiamo chiamare nessuno. Dovremo aspettare qui finché non sarai completamente risanata. Davvero non ti fa tanto male?”, chiese lui sforzandosi di osservare con calma le ferite che deturpavano il corpo splendido di Esme.
I vestiti erano praticamente a brandelli e lei era rimasta pressoché nuda, con la metà destra del corpo bruciata. Edward si sorprese a notare, per la prima volta in tanti anni, che Esme era davvero una gran bella donna, anche da un punto di vista meramente fisico.
“Va bene così, non preoccuparti”, rispose lei con voce dolce ma sofferente, “Era tanto che non provavo più il dolore fisico, non ci sono più abituata, tutto qui... Ma ciò a cui non sono davvero abituata è il modo in cui mi stai guardando. Se potessi, probabilmente arrossirei come faceva Bella!”
“Beh, sai...”, balbettò lui in imbarazzo, “in effetti è la prima volta che ti vedo... ecco... insomma...”
“Nuda? E' questo che vuoi dire?”, ridacchiò lei.
“Ehm... sì. Sei mia madre. O almeno io ti considero tale. Ogni figlio è imbarazzato dalla nudità della propria madre.”
“Sei davvero un gentiluomo, Edward. Beh, se sei così in imbarazzo, sono sicura che quando starò bene mi cederai volentieri la tua camicia, giusto?”
“Giusto”, rispose lui con una risata.
Allora Edward la portò in un avvallamento nel bosco e la fece appoggiare dolcemente ad un tronco di sequoia: “Aspettami qui, Esme. Torno subito.”
Edward si fiondò nel bosco a velocità incredibile e tornò da Esme pochi minuti dopo con il cadavere di un cerbiatto in braccio: “Ecco, Esme, bevi. Il sangue di una preda accelererà la guarigione.”
Esme bevve il sangue del cerbiatto e ciò contribuì a risanare le sue ferite più in fretta.
Dieci minuti dopo, Esme era di nuovo perfetta.
“Allora, come sto?”, chiese lei con indosso la camicia di Edward.
“Sei... sexy”, rispose lui in imbarazzo.
Ciò fece ridere Esme, che rispose: “Sarà meglio che Bella e Carlisle non vengano mai a sapere che mi vedi così, o il maggiore Wolf si risparmierà un sacco di fatica, visto che ci ammazzeranno loro!”
Edward rise con lei: “Sai, penso che Bella lo farà comunque: ho appena sfasciato la sua Ferrari!”
“Beh, in verità non sei stato tu, ma Wolf. E poi dai, sai che Bella non ci tiene alle macchine.”
“Di solito è così, ma la Ferrari... Aveva fatto breccia nel suo cuore, diciamo così.”
“Edward, è questo il bello di avere tanto soldi: non sarà difficile comprargliene un'altra!”
 
Edward ed Esme rimasero nascosti fino a notte fonda nel fitto della boscaglia, finché Edward non ritenne ragionevolmente sicuro muoversi verso La Push.
I due vampiri si muovevano silenziosi e rapidi, alternando brevi scatti a folle velocità a lunghi momenti di sosta nascosti dietro un tronco o in un avvallamento nel terreno, ascoltando con i loro sensi super sviluppati ogni singolo rumore della foresta.
Gli uomini del maggiore Wolf potevano essere in agguato ovunque.
Al termine di un scatto particolarmente veloce, si trovarono ad incrociare il sentiero che da casa di Sam portava a quella di Jacob.
Esme richiamò immediatamente l'attenzione di Edward: l'odore di sangue umano era inconfondibile.
Con grande prudenza, seguirono la scia temendo una trappola e giunsero al punto dove giaceva il cadavere del tenente Doenitz.
“E' morto da poco”, disse Edward esaminando il cadavere mentre Esme rimaneva in disparte. Il sangue le scatenava ancora la sete, malgrado i decenni di imposta autodisciplina.
“Chi sarà stato?”, chiese lei in tono preoccupato: e se fosse stato uno dei suoi figli?
O addirittura Carlisle stesso?
Esme scosse la testa come per scacciare via quel pensiero terribile dalla sua mente ed esaminò il terreno innevato nei pressi del corpo.
Malgrado fosse buio pesto, ci vedeva come se fosse giorno.
“Guarda, Edward! Queste tracce... Ci sono impronte umane e poi... Uno dei licantropi, di sicuro! E' stato uno dei licantropi ad uccidere questo soldato!”
“Sì”, confermò Edward, “Hai ragione. Lo senti l'odore? Aspetta...”
Edward girò attorno ad un tronco di sequoia e trovò una maglietta a brandelli. L'odore era inconfondibile: “Jacob. Era lui il licantropo. E Bella e Renesmee erano con lui, dovevano andare a casa di Sam.”
Esme rimase agghiacciata nell'udire le parole di Edward ed il tono con cui le aveva pronunciate, un'anticipazione di morte per coloro che avessero osato torcere un capello a Bella ed alla piccola Nessie.
“Andiamo da Sam”, propose lei.
Edward non si degnò nemmeno di risponderle e si fiondò a tutta velocità lungo il sentiero verso casa di Sam, seguito con difficoltà da Esme, che non era mai stata altrettanto veloce.
I due vampiri ci misero meno di due minuti per raggiungere la casa di Sam.
“L'odore, Esme... Bella e Nessie sono qui!”, esclamò Edward.
Edward entrò in casa e salì subito al piano superiore, dove c'era l'unica luce accesa in casa, finendo quasi a sbattere contro Jacob.
“Jake!”, esclamò Edward, notando subito Renesmee addormentata tra le sue braccia, “Dov'è Bella?”
“Edward!”
La porta della stanza si spalancò e Bella si catapultò tra le braccia del marito, stringendolo a sé con tutte le sue forze.
“Temevo per te”, sussurrò lui accarezzandole dolcemente la testa, “Ho trovato il cadavere di quel soldato nel bosco ed ho pensato... Ho temuto...”
“Ed io temevo per te, amore mio! Carlisle non aveva notizie di te ed Esme ed io ero così spaventata! Se ti fosse successo qualcosa... Oh, Dio, non voglio nemmeno pensarci!”
Immediatamente, l'odore di sangue raggiunse le sue narici: “Che è successo qui?”
Bella lo guardò negli occhi ed Edward si rese immediatamente conto che c'era qualcosa che lei gli nascondeva. Allora si sciolse dal suo abbraccio ed entrò nella stanza. Lì trovò Carlisle che stava medicando Emily sotto lo sguardo atterrito di Sam ed un cadavere, un altro dei soldati del maggiore Wolf, con un tomahawk conficcato in fronte.
“Edward!”, disse Carlisle non appena alzò lo sguardo per vedere chi fosse arrivato, con la voce colma di sollievo, “Esme?”
“Sono qui”, rispose direttamente lei facendo il suo ingresso ed andando ad abbracciare Carlisle.
Poi anche Esme vide il cadavere del soldato e rivolse a Carlisle un'occhiata interrogativa.
Carlisle scosse la testa quasi inavvertitamente ed indicò Bella.
Immediatamente, Edward capì cosa le nascondeva la moglie.
“Mi dispiace, io non volevo...”, sussurrò lei mentre Edward la prendeva tra le sue braccia, “E' stato orribile, un attimo prima mi guardava ed un attimo dopo era morto... E l'ho ucciso io, Edward!”
“Shhh, non preoccuparti, amore, va tutto bene. Non avevi scelta, è stata legittima difesa. Lui non avrebbe esitato a far del male a te ed a Renesmee se ne avesse avuta l'occasione. Tu hai fatto l'unica cosa che potevi fare, date le circostanze. Non fartene una colpa.”
“Ma Renesmee... ha visto... Ed ha sentito... Oh, Edward!”, piagnucolò Bella.
“Non importa. Renesmee capirà. L'hai protetta, le hai salvato la vita. Credi davvero che te lo rimprovererà?”, le sorrise lui prendendo il suo viso delicato tra le mani, “Quel soldato era un uomo malvagio, un nostro nemico. Era o lui o te. Meglio lui.”
Edward l'abbracciò di nuovo e solo Jacob notò lo sguardo omicida negli occhi di Edward.
Pagherai anche per questo, maggiore. Te lo giuro, maledetto!, si disse Edward; poi rivolse lo sguardo a Jacob ed indicò Renesmee con un cenno del capo.
“Sta bene. Ronfa. Non ti preoccupare, mi prendo cura io di lei. Tu pensa a Bella”, gli rispose lui con un sussurro appena udibile.
Edward lo ringraziò con un altro cenno del capo e si dedicò a Bella, abbracciandola e sussurrandole la sua melodia.
Intanto, Carlisle finì di medicare Emily: “Ecco fatto, ora è stabile e può essere trasportata. Ho arrestato l'emorragia, tutto ciò che dobbiamo fare è portarla all'ospedale. Esme, chiama gli altri, digli che ci vediamo lì. Non voglio che rimangano da soli nella Riserva, non con quegli assassini in giro.”
“Carlisle... Grazie!”, mormorò Sam con gli occhi colmi di gratitudine e di sollievo.
Esme telefonò a Rosalie e gli disse di andare all'ospedale con gli altri e poi restituì il cellulare a Carlisle, il quale si rese conto per la prima volta della mise di Esme e la guardò aggrottando le sopracciglia.
Lei scambiò uno sguardo complice con Edward e rise delicatamente, abbracciando e baciando Carlisle.
 
“Fatto.”
“Dov'è?”
“L'ho piazzata accanto alla casa di quel Jacob Black, a un centinaio di metri. Loro sono tutti lì o nella casa di Sam Uley. Comunque, sono abbastanza vicine e non farà alcuna differenza.”
“Ottimo”, sussurrò con un ghigno malefico il maggiore Wolf.
Ci siamo. Finalmente! 
Il maggiore ed i suoi uomini si ritirarono verso i monti Olimpici, mentre poco dopo Rosalie e gli altri montarono in macchina e si diressero all'ospedale di Forks.
Nel frattempo, la seconda valigetta nucleare aveva iniziato il suo conto alla rovescia verso Armageddon...

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo Diciannove.
 
Ospedale di Forks, all'alba dell'8 febbraio 2015
 
L'ospedale di Forks si trovava a metà strada tra Forks e La Push, a circa venti miglia di distanza da entrambe, a ridosso di una collina boscosa dall'aria cupa e selvaggia.
La struttura era ultramoderna (grazie anche ai generosissimi, ancorché anonimi, finanziamenti della famiglia Cullen) ed il personale eccellente.
Carlisle arrivò poco prima che albeggiasse, in un momento in cui non c'era un gran via vai di pazienti, per cui affidò subito Emily all'equipe di infermiere in servizio ed ordinò che venisse subito preparata una sala operatoria.
Pochi minuti dopo, arrivarono anche il resto della famiglia Cullen che non era con lui a casa di Sam e tutti i componenti dei due branchi.
Carlisle, che nel frattempo si era cambiato ed aveva indossato il camice operatorio, descrisse brevemente a Sam come si sarebbe svolto l'intervento e lo rassicurò circa il prevedibile esito. “Oh, a proposito”, aggiunse prima di imboccare la porta della sala operatoria, “Congratulazioni, Sam.”
“Per cosa?”, chiese Sam con voce preoccupata e stanca.
“Beh... Lo saprai fra circa otto mesi...”, rispose Carlisle in tono allegro, facendogli l'occhiolino e sparendo in sala operatoria.
Sam rimase in mezzo al corridoio a bocca spalancata, mentre tutti si congratulavano con lui.
 
“Pronto, papà?”
“Bella? Bella, tesoro mio! Oh Dio, che sollievo sentire la tua voce! Dove sei, piccola?”
“All'ospedale di Forks, con gli altri. La moglie di Sam è stata ferita gravemente.”
“Non dirmelo: gli uomini del maggiore Wolf?”
“Sì.”
“Bastardi...”, ringhiò Charlie al telefono, “Ascolta piccola, dammi venti minuti e sono lì da te, ok?”
“Sì, ti prego, vieni. Ho bisogno di te, papà...”
“Che succede Bells? Cosa c'è che non va?”
“Quando sarai qui ne parleremo. Ti aspetto, papà.”
“Sarò lì in un attimo.”
 
Conto alla rovescia: T meno 00:10:20
 
Il motore dell'auto di servizio di Charlie ruggiva mentre lui la lanciava a tutta velocità verso l'ospedale di Forks.
Finalmente avrebbe rivisto Bella!
In cuor suo sapeva che un giorno o l'altro avrebbe dovuto affrontare di nuovo quella separazione così dolorosa e, stavolta, in maniera definitiva. Lo sapeva e sapeva anche che non sarebbe riuscito a sopportarla. Aveva vissuto per quasi diciassette anni lontano da Bella, ma da quando era tornata la sua vita era cambiata irreversibilmente. L'amava troppo per lasciarla andare via di nuovo. Amava troppo essere padre e solo da quando lei era tornata nella sua vita si era reso conto di ciò che si era perso fino ad allora. Ed anche se Bella era diventata una creatura soprannaturale, doveva stare con lei, semplicemente. In quel momento, Charlie decise l'impensabile.
 
Conto alla rovescia: T meno 00:10:00
 
Rosalie ed Emmett erano in sala d'attesa insieme a Sam ed a Jacob.
Rosalie si era attaccata ad Emmett e non lo lasciava mai. Aveva bisogno del senso di protezione che lui riusciva a trasmetterle.
“Non aver paura, Rose”, le disse Jacob, “Noi non permetteremo che qualcuno ti faccia del male o che ne facciano a chiunque altro. Sei al sicuro. Vero Em?”
“Ci puoi scommettere, Jake! Se uno di quei bastardi si fa vivo, lo faccio a pezzi con le mie mani! Non preoccuparti, amore, non ti arriveranno neppure vicini.”
 
Conto alla rovescia: T meno 00:09:45
 
Bella, Edward, Esme, Jasper ed Alice erano seduti nell'ufficio di Carlisle, una specie di lussuoso miniappartamento dotato di tutti i comfort.
Esme si stava cambiando, indossando i vestiti che Rosalie le aveva portato da casa; Bella aveva Renesmee in braccio e giocherellava distrattamente con una ciocca dei suoi capelli, seduta accanto ad Edward sul comodissimo divano in pelle dell'ufficio; Jasper guardava fuori della finestra mentre Alice stava seduta imbronciata sul pavimento, a gambe incrociate.
“Che c'è, Alice?”, chiese Edward alla sorella.
“Non capisco le mie visioni”, rispose lei in tono seccato, “Sto cercando di vedere i Cacciatori del Fuoco ma ciò che vedo è confuso... Li vedo rintanarsi in una grotta sui monti Olimpici e poi muoversi con calma in mezzo ad un enorme incendio nel bosco. Li ho visti incrociare un gruppo di persone con i vestiti a brandelli e grosse ustioni sul corpo... Non capisco, non capisco...”, ripeté Alice massaggiandosi le tempie con le dita come a cercare sollievo da un'emicrania.
“Prova a concentrarti su di noi, Alice”, la esortò Jasper, “Magari ne vieni a capo...”
“Buona idea”, rispose lei e subito si concentrò sul futuro immediato dei Cullen.
 
Conto alla rovescia: T meno 00:09:20
 
La calma della corsia dove si trovavano i Cullen fu interrotta da un urlo agghiacciante da parte di Alice, un “nooo” intenso e prolungato, intriso di terrore e disperazione.
Tutti, licantropi e vampiri, accorsero nello studio di Carlisle solo per vedere Jasper che sosteneva Alice e lei che ripeteva “Non di nuovo! Non di nuovo!”
“Alice! Che succede? Parlami, piccola!”, le gridò Jasper scuotendola vigorosamente.
Improvvisamente, lei si scosse dalla sua disperazione, guardò Jasper e disse: “E' come subito prima di Volterra, Jazz. Ho visto una grande luce... Stanno per usare un'altra bomba atomica, qui a Forks!”
“Quando?”, ringhiò Jacob, il cui corpo era percorso da fremiti di rabbia che preludevano alla trasformazione.
“Questione di minuti... Forse meno...”, rantolò Alice, disperata.
 
Conto alla rovescia: T meno 00:08:10
 
“Ci siamo, ragazzi. Ripararsi!”, urlò il maggiore Wolf ai suoi uomini.
Tutti si infilarono nella trincea che era stata scavata all'ingresso della grotta a circa venti miglia da Forks in cui si erano rifugiati, seguendo la procedura standard in caso di attacco nucleare.
Alan Wolf fu l'ultimo a scendere in trincea, ma prima si sistemò sugli occhi gli occhiali neri da saldatore per poter vedere la detonazione senza timore di essere accecato dal lampo.
Aveva atteso tutta la vita questo momento ed ora non se lo sarebbe perso per nulla al mondo...
 
Conto alla rovescia: T meno 00:05:00
 
Carlisle ed il gruppo di infermiere si adoperò per mettere i pazienti delle varie corsie al riparo.
In effetti, a parte lui, solo un'altra decina di persone in tutto il nosocomio sapeva quello che sarebbe successo di lì a poco.
Carlisle pregò di avere tempo a sufficienza per salvare quanta più gente possibile...
Allora prese una decisione: muovendosi come un lampo, senza curarsi di coloro che lo vedevano, andò di stanza in stanza, aiutato dalla sua famiglia e dai lupi, sotto lo sguardo attonito ed a volte terrorizzato di colleghi ed infermiere.
Al diavolo la segretezza, disse tra sé Carlisle, l'importante è salvare più gente possibile!
“Carlisle, che diavolo...”, chiese uno dei suoi colleghi guardandolo come se fosse un marziano.
“Non c'è tempo, Bob. Raduna tutto il personale, adesso! Dobbiamo portare i pazienti al riparo!”
“Ma perché? Cosa sta succedendo?”
Carlisle gli rispose con una semplice parola: “Volterra.”
Il collega sbiancò ed iniziò ad abbaiare ordini alle infermiere e così fecero i colleghi che gli stavano vicini, come se lo shock salutare inferto da Carlisle si trasmettesse di persona in persona.
Dopo pochi secondi le urla erano scese al livello di caposala e poi di infermiera.
Improvvisamente, Bella si bloccò e rivolse ad Edward uno sguardo terrorizzato: “Mio padre! Edward, Charlie sta venendo qui, è per strada!”
Bella fece per lanciarsi fuori dall'ospedale a tutta velocità alla ricerca del padre, ma Edward e Rosalie la bloccarono: “No! Lasciatemi, devo andare da mio padre! Papà! Papaaà!!”
“E' troppo tardi, Bella!”, le urlò Rosalie.
“Nooo!!!!”
Insieme, e con un grande sforzo, Edward e Rosalie la trascinarono verso le scale che conducevano al garage sotterraneo dell'ospedale, il punto più sicuro della struttura, l'unico che poteva offrire un qualche minimo riparo da un'esplosione nucleare, sia pure a bassa potenza.
 
Conto alla rovescia: 00:00:00
 
Esattamente come a Volterra, la valigetta nucleare esplose ad un centinaio di metri dalla casa di Jacob con un abbagliante lampo di luce che illuminò tutta la vallata in cui si estendevano Forks e La Push.
 
Billy Black tornava da casa di Sue Clearwater, trascinandosi sulla sua carrozzina e chiedendosi dove si fosse cacciato Jacob.
Fu l'ultima domanda che si pose in vita sua, prima di essere vaporizzato.
 
Sue Clearwater stava pensando a Charlie Swan, come suo solito ormai, ed a come gli avrebbe chiesto di sposarla. Lo amava così tanto!
Ma nessuno si sarebbe più sposato a Forks, stato di Washington...
 
Mike Newton e la sua fidanzata Jessica si misero in macchina per recarsi a Seattle, all'Università di Washington, quando un lampo di luce abbacinante apparso all'orizzonte distrusse loro le retine, subito prima che l'onda termica ad oltre ventimila gradi li incenerisse.
 
Angela Weber stava uscendo di casa per fare un po' di spesa quando l'onda termica dell'esplosione incenerì anche lei, lasciando come ultimo ricordo di un'esistenza un'ombra su un muro alle sue spalle.
 
Charlie era poco oltre metà strada dall'ospedale quando, alle sue spalle, fu come se il sole fosse esploso sulla Terra. Fortunatamente, lui non guardava direttamente l'esplosione e così si salvò le retine, ma rimase temporaneamente abbagliato e dovette accostare, giusto un attimo prima che l'onda d'urto dell'esplosione colpisse la sua vettura come il maglio di un titano e la scagliasse un centinaio di metri più avanti in una serie di cappottamenti che si arrestarono contro il tronco di una sequoia. L'auto di Charlie si spezzò in due, così come la sua spina dorsale e quasi tutte le costole del lato sinistro della cassa toracica. Alle sue spalle, una gigantesca nuvola a forma di fungo saliva alta nel cielo plumbeo di Forks...
 
L'onda d'urto colpì l'ospedale di Forks circa venti secondi dopo l'esplosione, mandando in frantumi tutte le vetrate e sventrando la facciata nord della struttura.
Essendo la bomba un ordigno a bassa potenza, il resto dell'ospedale rimase in piedi, sebbene gravemente danneggiato.
Grazie al pronto ricovero dei pazienti e del personale nel garage sotterraneo, non vi furono vittime, tranne un'anziana donna Quileute che ebbe un infarto quando l'onda d'urto raggiunse l'ospedale.
 
Cheyenne Mountain, Colorado, 8 febbraio 2015
 
Cheyenne Mountain ospitava da quasi trent'anni nelle sue viscere più profonde il NORAD (North American Air Defense Command, Comando per la Difesa Aerea del Nord America, NdA), un comando congiunto USA-Canada responsabile dell'individuazione e dell'identificazione di ogni minaccia nucleare contro il continente nordamericano.
Quella mattina, il sergente dell'Aeronautica degli Stati Uniti John Toshack stava sorseggiando un caffè davanti allo schermo della sua console, che gli permetteva di gestire i satelliti da ricognizione in tempo reale in orbita geostazionaria sopra l'Oceano Pacifico.
Improvvisamente, un satellite rilevò il lampo dell'esplosione ed inviò un segnale al NORAD, dove il computer indicò una situazione di allarme sullo stato di Washington e la identificò come NucFlash (Nuclear Flash, Lampo Nucleare, NdA).
“Cazz...”, esclamò il sergente versandosi il caffè bollente addosso, “Maggiore! Maggiore, venga qui, presto!”
L'ufficiale responsabile del turno raggiunse la console del sergente Toshack: “Che c'è, sergente?”
“Signore, ho un NucFlash confermato sullo stato di Washington.”
“Cosa?! Mio Dio... Verifica, sergente!”
“Già fatto, signore. Non è un errore o un fenomeno atmosferico. Configurazione a lampo durata almeno cinque secondi, aumento della temperatura al suolo a circa ventimila gradi... E' un'esplosione atomica, signore, non c'è dubbio, purtroppo...”
Il maggiore afferrò la cornetta del telefono e si mise in contatto col centro comunicazioni del NORAD: “Qui maggiore Jennings, mi metta subito in contatto con il generale Ryan. Qual è il bersaglio, sergente? Seattle? Le installazioni militari di Fort Lewis?”
“No, signore. Il bersaglio è... Forks.”
Nella voce del sergente si lesse tutta la sua perplessità.
“Forks? Ne è sicuro?”
“Sì, signore. Assolutamente.”
“Generale Ryan, qui maggiore Jennings, signore. Ho un NucFlash confermato sopra la città di Forks, stato di Washington nord-occidentale, Penisola Olimpica. Potenza stimata dell'esplosione due, forse tre kilotoni.”
 
La Casa Bianca, Washington D.C., 8 febbraio 2015
 
La notizia della distruzione di Forks risalì la catena di comando fino allo studio Ovale della Casa Bianca, dove un assonnato Presidente degli Stati Uniti stava leggendo i report mattutini lasciatigli sulla scrivania dalla sua segretaria.
Mentre era immerso nella lettura di un rapporto sulla imminente riforma del sistema fiscale, il generale Anderson, capo di Stato Maggiore di tutte le forze armate americane, entrò nel suo ufficio con aria sconvolta.
“John! Qual buon vento?”, lo salutò il Presidente, “Il briefing sulla situazione militare con la Russia è alle 10, giusto? Cos'è successo per farla venire qui così di buon mattino?”
Il generale Anderson si ricompose, si mise sull'attenti e disse: “Signor Presidente, è mio tristissimo dovere informarla che la cittadina di Forks, nello stato di Washington nord-occidentale, è stata distrutta dieci minuti fa da un attacco nucleare di sorpresa.”
“Cosa...? Mio Dio!”.
Il Presidente si lasciò cadere sulla sua sedia, inebetito.
“E' impossibile, John... Ci deve essere un errore! Non può essere, dovete controllare meglio, dovete...”
“Nessun errore, signore. Mi dispiace.”
“Chi... Chi ci ha fatto questo?”
“Non lo sappiamo, signore. E' passato troppo poco tempo. Ma lo sapremo presto. Intanto, signore, lei salirà subito sull'Air Force One con la sua famiglia.”
“Devo lasciare Washington?”
“Sissignore, per la sua sicurezza. Lei è il Comandante in Capo. Il Vice-Presidente è già in volo verso una località segreta, così come i presidenti della Camera ed i giudici della Corte Suprema. I membri del suo Governo stanno venendo evacuati in questo momento. Venga, signore. Potrà gestire tutto non appena saremo in volo.”
 
Il Cremlino, Mosca, 8 febbraio 2015
 
Nel momento in cui il telefono digitale sulla sua scrivania cominciò ed emettere il suo caratteristico trillo, il Presidente russo si accingeva ad andare a cena con sua moglie e le sue due figlie adolescenti.
Da un punto di vista puramente personale, quello era il momento della giornata che preferiva: ormai le vedeva così di rado!
La questione del giorno era tra la piccola Tamara, che voleva farsi un tatuaggio, e sua madre, che era ovviamente contraria.
Il Presidente emise un divertito sospiro di sopportazione, preparandosi ad esercitare a tavola le virtù gemelle della pazienza e della tolleranza: sarebbe stata una serata interessante...
“Pronto?”
“Signor Presidente, sono il Maresciallo Ustinov. Devo informarla di una questione della massima urgenza che riguarda la sicurezza dello Stato.”
Guai in arrivo, pensò subito il Presidente, Come se non bastassero quelli che già abbiamo con gli Americani!
“Mi dica, Maresciallo. Qual è questa emergenza?”
“Un satellite spia in orbita geostazionaria sopra la costa occidentale degli Stati Uniti ha rilevato un'esplosione nucleare sulle coordinate geografiche corrispondenti alla città di Forks, nella parte nord-occidentale dello stato di Washington, vicino al confine con il Canada.”
Il Presidente russo ebbe un attimo di smarrimento, necessario ad assorbire lo shock della notizia, poi si riprese e disse: “Maresciallo Ustinov, mi dica che la seconda valigetta nucleare mancante dal nostro arsenale non è appena esplosa in territorio statunitense, causando la morte di qualche migliaio di Americani...”
La cornetta rimase muta per qualche secondo, poi il Maresciallo Ustinov rispose: “Mi dispiace, ma non posso darle la conferma che mi ha chiesto. Anzi, ritengo probabile che le cose stiano proprio come lei teme, signore.”
“Andrei Michailovic”, disse il Presidente, usando il patronimico alla maniera russa per rivolgersi al suo interlocutore, “Nel momento in cui gli Americani appureranno che il plutonio della bomba che ha appena ucciso migliaia di loro cittadini era nostro, ci salteranno alla gola con tutta la loro forza militare. Non crederanno mai che noi non c'entriamo! Due città distrutte da due bombe russe... Non crederanno mai alla nostra parola!”
“E' probabile che lei abbia ragione, signore. A questo punto, ritengo indispensabile che lei parli con il Presidente degli Stati Uniti tramite la Linea Rossa. Lo convinca che noi non c'entriamo, a qualsiasi costo. In questo momento sarà un uomo sconvolto e sotto pressione. I suoi capi militari spingeranno per una rappresaglia immediata, probabilmente con armi nucleari, e lui acconsentirà. Non è necessario ricordarle che gli Americani hanno fatto fuori l'intero gruppo dirigente di Al Qaeda con una bomba nucleare giusto pochi giorni fa, vero? Lo faccia ragionare. Gli faccia capire che siamo dalla sua parte e che collaboreremo con lui.”
“E se non dovesse ascoltarmi?”
“In quel caso, molto probabilmente sarà guerra e milioni di persone innocenti moriranno. A tal proposito, raccomando che lei mi permetta di diramare lo stato di allarme rosso a tutti i comandi militari, comprese le Forze Missilistiche Strategiche.”
“Maresciallo, allertare i Reggimenti missilistici potrebbe apparire agli Americani come una provocazione e quello che otterremmo sarebbe proprio ciò che tentiamo di evitare. Sembreremo solo più colpevoli, agendo così!”
“Signor Presidente, l'alternativa è farci cogliere impreparati in caso gli Americani non le credessero e sferrassero un primo attacco con missili intercontinentali. A quel punto sarebbe troppo tardi per una qualsiasi reazione. Dobbiamo essere pronti a difenderci, signore!”
“Sì, ha ragione. Va bene, Maresciallo Ustinov, faccia i suoi preparativi. Io riunirò subito il Consiglio dei Ministri e mi metterò in contatto con il Presidente americano. E che Dio ci aiuti, mio caro Maresciallo.”

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo Venti.
 
“State tutti bene? C'è qualche ferito? Se qualcuno ha bisogno di aiuto, il personale è a vostra completa disposizione per qualunque necessità.”
La voce di Carlisle risuonò forte ed autorevole all'interno dell'improvvisato rifugio antiatomico dell'ospedale di Forks.
“Bob, dobbiamo andare su a prendere tutte le scorte di medicine di cui disponiamo e portarle giù. Medicine, bende, garze, aghi e fili da sutura, flebo... Tutto, insomma”, disse Carlisle rivolgendosi al suo più stretto collaboratore.
“Carlisle, ai piani superiori le radiazioni saranno più forti! Uscire ora di qui è un suicidio!”, rispose il suo collega.
“Non preoccuparti. Andremo io ed i miei figli. Non c'è pericolo, Bob.”
“Cristo, Carlisle, sei impazzito? Siamo in pieno fallout radioattivo, sopra il secondo piano il contatore Geiger segna già 250 rad, dal quarto in poi siamo a 500! Ci lasci la pelle, se vai lì!”
“Ti ho detto di non preoccuparti. Piuttosto, dobbiamo comunicare in qualche modo con l'esterno. C'è qualche cellulare che funziona?”
“No, macché! L'impulso elettromagnetico generato dall'esplosione ha fritto ogni circuito elettronico da qui a Seattle, l'energia elettrica manca, la rete telefonica fissa è collassata e quindi anche i ponti radio dei cellulari. Radio e TV sono mute. Le auto sono fuori uso. Merda! Chi ci ha fatto questo, Carlisle? Gli Arabi? O i Russi? Beh, chiunque sia stato, la dovrà pagare cara!”
“Ora non dobbiamo preoccuparci di questo, Bob. Ora la nostra priorità sono i nostri pazienti”, disse Carlisle tentando di sviare il discorso.
“Sì, hai ragione”, rispose il suo collega dandosi un contegno più calmo e professionale, “Però c'è un'altra cosa di cui vorrei parlarti: io e le infermiere ne stavamo parlando poco fa. Vedi, noi abbiamo visto te e la tua famiglia fare... delle cose. Cose che nessuno dovrebbe essere in grado di fare.”
Carlisle lo guardò negli occhi e gli disse: “Non ora, Bob. Dopo, quando tutto questo sarà finito, ti darò tutte le spiegazioni che vuoi. Ma adesso non è il momento. Adesso ho bisogno che tu e gli altri siate al mio fianco in questa crisi. Posso contare su di voi, vero?”
“Sì, naturalmente. D'accordo, Carlisle, rimandiamo. In fondo non è così importante...”, glissò Bob.
 
“Bella?”
“Non cercare di fermarmi, Edward! Non ho notizie di mio padre e voglio uscire a cercarlo!”
“Sì, certo. Volevo solo venire con te.”
Bella gli sorrise e lo prese per mano ed entrambi schizzarono via dal rifugio improvvisato.
 
L'auto di Charlie era capovolta lungo il ciglio della strada, un ammasso di rottami informi e fumanti al cui interno c'era un corpo umano martoriato.
Charlie non aveva allacciato la cintura ed ora giaceva disteso in una posizione innaturale sul tettuccio della macchina. Inoltre, perdeva sangue dalla bocca ma quello che più lo preoccupava era che non sentiva nulla dalla vita in giù.
Eppure, vedeva chiaramente le fratture esposte alle gambe!
Oddio, mi sono spezzato la schiena!, pensò subito.
Il padre di Bella tentò di trascinarsi fuori dalla macchina, ma appena si mosse un violento capogiro ed un conato di vomito lo costrinsero a rimanere immobile.
Charlie, con uno sforzo dolorosissimo, girò la testa e guardò fuori dal finestrino: l'aria era pervasa di fumo ed una strana pioggia di cenere cadeva giù dal cielo.
Per il resto, c'era solo silenzio.
Che strano, pensò Charlie, Non si sente nessun rumore, nemmeno gli uccelli o il vento tra i rami degli alberi... Che diavolo è successo?
Malgrado si sforzasse, Charlie non riusciva a ricordare come mai avesse avuto l'incidente.
Ricordava solo la luce, calda, abbagliante, ovunque...
Un altro conato di vomito lo scosse.
Dio, come sto male!
 
Bella ed Edward raggiunsero la macchina di Charlie cinque minuti dopo essere usciti dall'ospedale.
Charlie giaceva svenuto all'interno del rottame della sua vettura di servizio.
Subito, la giovane vampira cominciò a chiamare il padre: “Papà! Charlie, mi senti? Edward dobbiamo tirarlo fuori! Penso che sia incastrato! Aiutami!”
“Aspetta Bella. Prima fammi dare un'occhiata.”
Edward scardinò le portiere della macchina con facilità, facendo attenzione a non dare scossoni alla vettura che potessero involontariamente peggiorare le condizioni del suocero, poi scivolò agilmente all'interno.
Quello che vide non gli piacque.
“Bella, ascoltami”, disse lui appena uscito dalla macchina, “Charlie è molto grave. Ci vorrebbe un'ambulanza attrezzata per portarlo via di qui, ma quelle dell'ospedale sono distrutte per cui dovremo cavarcela da soli. Dobbiamo costruire una barella, mi capisci? Vedi quell'albero caduto lì? Bene, devi scavare il tronco in maniera tale che possa contenere il corpo di Charlie. Dobbiamo portarlo via muovendolo il meno possibile.”
“Edward...”, chiese Bella, “Cosa vuol dire che è ferito gravemente?”
“Probabilmente si è spezzato la schiena. Inoltre, ha entrambe le gambe fratturate ed una commozione cerebrale. Peggio, la cenere radioattiva lo ha contaminato. E' messo male, Bella.”
“Ma si salverà, vero? Carlisle lo salverà, perché lui è il miglior dottore del mondo, vero?”
Edward la guardò negli occhi per un lungo istante e rispose: “Vai a fare ciò che ti ho detto.”
 
A bordo dell'Air Force One, 8 febbraio 2013
 
“Signor Presidente, la situazione è chiara! Per qualche motivo tutto loro, i Russi hanno scatenato de facto una guerra nucleare contro gli Stati Uniti. Adesso dobbiamo contrattaccare!”
La voce del Segretario alla Difesa degli Stati Uniti era quasi stridula, malgrado i modi fossero ancora controllati.
“Sciocchezze!”, intervenne il Segretario di Stato, “E' pura follia! I Russi scatenerebbero una guerra nucleare contro di noi ed attaccherebbero... Forks? Cristo, Brian, è una città talmente piccola ed insignificante che ho dovuto cercarla su Google! Nessuno attaccherebbe Forks con una bomba atomica! Non c'era nulla che ne valesse la pena lì! Fort Lewis è quasi cento chilometri più a sud e Seattle altrettanti più a est, a meno di non voler affermare che i nostri nemici sono talmente idioti da aver sbagliato il loro bersaglio di circa cento chilometri! E poi, perché non usare un missile intercontinentale o uno lanciato da un sottomarino? Ne hanno a decine nella base navale di Vladivostok cui basta uscire dal porto per arrivare a portata di lancio!”
“Andiamo, Roger”, rispose adirato il Segretario alla Difesa, “Se non loro chi potrebbe essere stato? Al Qaeda? Ma se li abbiamo polverizzati la settimana scorsa! Anzi, lo avessimo fatto nel 2001 ci saremmo risparmiati un sacco di rogne inutili! Terrorismo interno? Andiamo, quelli non sono nemmeno capaci di fabbricarsi un'autobomba avendo una berlina e dell'esplosivo, figurarsi mettere le mani su un'arma atomica russa! E poi, hai visto il rapporto NEST, no? Il plutonio è russo, come quello di Volterra. Di quante altre prove hai bisogno? Signor Presidente, io insisto: dobbiamo contrattaccare!”
Il Presidente degli Stati Uniti batté la mano sul tavolo: “Ora basta, tutti quanti! Vi state comportando come dei bambini isterici! Esigo che ognuno di voi mantenga la calma!”
Il richiamo presidenziale smorzò immediatamente il caos che regnava attorno al tavolo dove era riunito il Governo; poi, dopo essersi assicurato il silenzio, il Presidente si rivolse al Capo di Stato Maggiore e gli chiese: “Che stanno facendo i Russi in questo momento, generale? E' davvero l'inizio di una guerra nucleare contro il nostro paese?”
“Signore, vi sono alcuni segnali molto preoccupanti”, rispose il generale Anderson, “L'NSA (National Security Agency, NdA) e la CIA (Central Intelligence Agency, NdA) hanno intercettato traffico criptato fra Mosca e tutti i comandi militari più importanti. In seguito a ciò, stiamo assistendo ad un drastico innalzamento del livello di prontezza operativa delle forze armate russe... Comprese le Forze Missilistiche Strategiche.”
“Visto?”, lo interruppe il Segretario alla Difesa, “Si stanno preparando a darcele!”
Il Presidente lo ignorò e chiese ancora: “Generale, lei considera questa mossa di natura offensiva o difensiva?”
“Può adattarsi ad entrambe le situazioni, signori. Sicuramente i Russi hanno rilevato l'esplosione. In effetti, possono aver agito così anche in buona fede, temendo un attacco anche nel loro territorio. O forse è una misura puramente precauzionale. Ma al momento non posso confermarle questa ipotesi, purtroppo.”
“Signor Presidente, forse è il caso di parlare con Mosca...”
La voce del Consigliere per la Sicurezza Nazionale era pacata ed autorevole e tutti si voltarono a guardarlo.
“Pensi davvero che dovrei farlo, Jack? Non rischio di apparire debole se sono io a chiamare per primo?”
“Signore, temo che non ci sia tempo per questi giochini psicologici. Il rischio è troppo alto.”
“Hai ragione”, rispose il Presidente; poi afferrò la cornetta del telefono alla sua destra, premette un pulsante e si mise in contatto con l'ufficiale addetto alle comunicazioni: “Capitano, qui è il Presidente. Attivi la Linea Rossa.”
 
Fino alla fine degli anni '80, la Linea Rossa era una normale linea telefonica ad alta sicurezza che collegava direttamente la Casa Bianca con il Cremlino ed il cui unico scopo era mantenere un canale aperto tra le due Superpotenze anche nei periodi di massima crisi.
Poi, con l'evolversi dei sistemi di telecomunicazione, anche la Linea Rossa si era trasformata in un sistema di ultimissima generazione governato da computer sofisticatissimi.
Il Presidente degli Stati Uniti ed i suoi consiglieri assistettero in silenzio mentre un ufficiale dell'Aeronautica attivava la Linea e si sedeva alla console di controllo per digitare con una tastiera le parole esatte del Presidente.
“E' tutto pronto, signore. Quando vuole”, disse l'ufficiale alle comunicazioni.
“Bene. Signori, prendete posto. Si comincia. Scriva, capitano. Signor Presidente della Federazione Russa...”
 
Il Cremlino, all'interno del bunker sotterraneo
 
“Ci siamo! Gli Americani ci stanno contattando!”
“Finalmente. Temevo che non sarebbe mai accaduto.”
Il Presidente russo emise un sospiro di sollievo mentre prendeva posto alla console della Linea Rossa attorniato dai suoi consiglieri.
“Ecco il messaggio decodificato, signore”, annunciò l'ufficiale che lo assisteva.
 
Signor Presidente della Federazione Russa, come lei sicuramente saprà un ordigno nucleare è stato fatto esplodere all'interno del territorio nazionale degli Stati Uniti. Le vittime si contano nell'ordine delle migliaia. Dopo l'Italia, anche il mio paese deve conoscere l'orrore dell'olocausto nucleare. Ho appena dato avvio alle operazioni di soccorso, ma non prevediamo di trovare molti superstiti. Non sappiamo ancora chi ci ha fatto questo, ma la informo che troveremo il responsabile e che costui, o costoro, pagheranno per ciò che hanno fatto. Come misura puramente precauzionale, ho dovuto ordinare ai miei capi militari di innalzare il livello di prontezza operativa delle nostre forze armate in tutto il mondo. Voglio rassicurarla che questa mossa ha scopo puramente difensivo e non costituisce in alcun modo una minaccia contro il suo Paese. Piuttosto, mi chiedo perché voi abbiate fatto altrettanto: temete forse anche voi un attacco simile? La informo anche che le squadre NEST stanno analizzando dei campioni provenienti da Ground Zero e ci risulta che, come per la bomba di Volterra, anche in questo caso la provenienza del plutonio è russa.
 
“Prevedibile”, commentò il Maresciallo Ustinov, “Non fa minacce a vuoto e si limita ad esporre i fatti, ma ci fa sapere che chi gli ha fatto questo subirà la stessa sorte. Poi ci rassicura che le sue mosse sono puramente difensive... Perché lo fa? E' ovvio che sia così. Se uno ti vuole attaccare mica te lo viene a dire...”
“Mi sembra che abbia il pieno controllo della situazione, Maresciallo. Che ne pensa?”
“Sono d'accordo, signor Presidente. Penso che possa mandare la risposta che avevamo preparato prima.”
“La invii”, ordinò il Presidente russo all'ufficiale alla sua destra.
 
Signor Presidente, innanzitutto la prego di accettare le condoglianze mie e di tutto il popolo russo per il tremendo lutto che vi ha colpito. Avete già dei sospetti su chi possa essere stato a fare una cosa simile? Lei deve credere che la Federazione Russa non ha nulla a che fare con un atto del genere. Ho ordinato uno stato d'allerta superiore alle nostre forze armate come misura puramente precauzionale ed a scopo esclusivamente difensivo.
 
“Molto veloci. Strano, anche tenendo conto del tempo che ci vuole a tradurre e decodificare il messaggio, sono stati molto rapidi...”, commentò subito il Segretario alla Difesa.
“Pensa che fosse una risposta preparata in anticipo?”, chiese il generale Anderson.
“Stronzate!”, esclamò il Segretario di Stato.
“Davvero? Guarda lì, Roger! Deve credere che la Federazione Russa non ha nulla a che fare con un atto del genere... Che vorrebbe dire? E' come se sapessero che sospettiamo di loro! Secondo me, la risposta è preconfezionata ed è un ulteriore indizio che sono stati loro a colpirci!”
“Signore, sono d'accordo con il Segretario alla Difesa. Penso che sia stata un'ottima idea fargli sapere che siamo pronti a difenderci da qualsiasi attacco e che quello che abbiamo subito non resterà impunito. Questa faccenda puzza, signore...”
Il Presidente rifletté un attimo e poi dettò un nuovo messaggio.
 
Signor Presidente, non abbiamo alcun motivo per sospettare un coinvolgimento russo in questo terribile evento. Ma lei comprenderà che, essendo stati le vittime di questo proditorio attacco, dobbiamo intraprendere ogni misura necessaria per proteggere gli Stati Uniti da ulteriori, tragici eventi del genere. Per questo, le nostre forze armate sono in fase di mobilitazione. Questa misura è necessaria anche ai fini del mantenimento dell'ordine pubblico nell’area colpita e per facilitare le operazioni di soccorso. Parallelamente a ciò, stiamo conducendo delle indagini serrate per individuare i responsabili, così che, se dovessimo intraprendere una azione militare offensiva, non lo faremo a caso e senza giusta ragione.
 
“Rassicurante da parte sua farcelo sapere”, commentò acidamente il Presidente russo.
“Signore, sappiamo che gli Americani in questo momento sono a DEFCON-1, un livello di allerta operativo mai raggiunto nemmeno nei periodi più bui della guerra fredda. La crisi in atto tra i nostri due paesi in Europa rischia di aggravare la situazione. Dobbiamo fargli sapere che non ce ne staremo seduti con le mani in mano di fronte ad un'aggressione da parte loro!”
“Scriva.”
 
Signor Presidente, abbiamo notato l'aumento del livello di prontezza operativa delle vostre forze armate, un livello che risulta non abbiate mai raggiunto nemmeno durante la guerra fredda. Naturalmente comprenderà che, date le recenti incomprensioni reciproche in Europa, anche noi siamo obbligati a fare altrettanto. Suggerisco di procedere in maniera tale che nessuna delle due parti intraprenda azioni che potrebbero essere intese come provocatorie o fraintese. In un momento come questo nessuno può permettersi il benché minimo errore.
 
“Stavolta non aveva la risposta pronta...”, disse il generale Anderson.
“Che significa?”, esclamò il Presidente, “Prima ci dice che non sono stati loro senza che nessuno li abbia accusati, ora ci avverte di non provocarli... A che gioco sta giocando? Generale, voglio degli altri pareri. Mi metta subito in comunicazione con il comando NORAD e con il SACEUR, li voglio subito in videoconferenza.”
“Sissignore.”
 
“EDIZIONE STRAORDINARIA - Buonasera dalla redazione giornalistica della CBS. Apprendiamo in questo momento da fonti del Dipartimento della Difesa e della Homeland Security che un ordigno nucleare di potenza e provenienza sconosciute è appena esploso nello stato di Washington, distruggendo la cittadina di Forks, che si trova nella parte settentrionale della Penisola Olimpica. Siamo in attesa di una dichiarazione ufficiale da parte della Casa Bianca, anche se ci risulta che il Presidente e la sua famiglia siano stati immediatamente evacuati. Non appena possibile, proveremo a collegarci con la nostra sede di Seattle per i servizi di approfondimento riguardanti questa immane tragedia…”
 
CBS News

Edward e Bella portarono Charlie all'ospedale superando a folle velocità una massa indistinta di profughi e di feriti, alcuni lievi, altri orribilmente ustionati, che si dirigevano nella loro stessa direzione sotto una pioggia di cenere altamente radioattiva.
Malgrado il pronto soccorso dell'ospedale di Forks stesse letteralmente scoppiando, Carlisle si precipitò da Charlie.
Ad una prima occhiata, si rese subito conto che il padre di Bella era spacciato.
Guardò Edward negli occhi e poi si rivolse a Bella: “Tesoro”, le disse lui con voce pacata portandola via da quel caos assurdo, “Dobbiamo parlare.”
“Carlisle, perché perdi tempo con me? Aiuta mio padre, che aspetti?”, chiese lei con voce stridula e disperata.
“Mi dispiace, Bella, ma non c'è nulla che io possa fare per salvarlo. Nulla. Le sue ferite sono troppo gravi e la contaminazione radioattiva troppo elevata. Mi dispiace, ma non c'è più niente da fare. Charlie non ce la farà.”
L'ultima frase la colpì come un maglio: “No... Non è vero... Tu sei il miglior dottore del mondo... Tu puoi salvarlo...”
Carlisle scosse tristemente la testa e rispose: “Ascolta, Bella: non c'è medicina al mondo che possa salvarlo. Charlie è al di là delle possibilità della medicina... ma non del veleno. Per questo ti ho voluto parlare. L'unico modo che Charlie ha di sopravvivere è come vampiro. I suoi giorni umani sono finiti in ogni caso. Lui è privo di sensi e non può dirmi cosa vuole. Devi decidere tu. Sei sua figlia, sei l'unica che può prendere questa decisione. Spetta a te. Ma fai in fretta. Ogni minuto che passa, lo avvicina sempre più al punto in cui anche il veleno sarà inutile.”
“Oh, mio Dio!”, mormorò Bella mettendosi le mani nei capelli, “E ora che faccio? Edward!”
“Sono qui, amore.”
“Che devo fare?”, chiese lei con voce disperata.
“Il tuo primo istinto è il bisogno egoistico di continuare ad averlo al tuo fianco. Lo capisco. Ma non devi decidere basandoti solo su questo. Devi farlo basandoti anche su ciò che lui avrebbe voluto. Questo è il migliore aiuto che posso darti.”
“Carlisle, lo puoi svegliare? Ho bisogno che lui mi dica ciò che vuole. Non posso decidere da sola! Non posso!”
“Va bene, ci proverò. Ma non sarà lucido e durerà poco. Fai in fretta.”
Carlisle iniettò al consuocero una dose abbondante di adrenalina e questo svegliò Charlie, che emise un lungo gemito di dolore.
“Papà? Papà, mi senti? Sono Bella.”
Charlie voltò la testa verso la voce e rantolò: “Tesoro... Sei salva... Sono così felice che tu stia bene... Nessie... Dov'è Nessie?”
“Sta bene, è con Jake. Ascoltami, non abbiamo molto tempo. Sei ferito gravemente... Stai morendo, papà. Carlisle non può fare più nulla per te come medico. Ma può aiutarti come vampiro...”
“Vuoi dire che... l'unico modo per salvarmi... è diventare come voi?”
“Sì. Non hai altra scelta. Se ti lasciamo così, morirai. Oppure puoi restare con noi per sempre, papà. Io, tu e Nessie. Ma devi dirmi se vuoi venire con noi in questa realtà o no, e devi scegliere ora!”
Charlie aprì gli occhi e, con uno sforzo titanico, sollevò una mano per accarezzare il volto della figlia: “Tesoro mio...”
“Papà, ti prego...”, piagnucolò Bella.
“Sue... dov'è Sue?”, domandò Charlie.
Bella esitò un attimo e poi rispose: “E' morta. Sono tutti morti a Forks. E' esplosa una bomba atomica. I tuoi amici, i tuoi colleghi, i Quileute, gli agenti dell'FBI... Tutti morti. Non hanno avuto scampo. Siamo rimasti solo noi e pochi altri.”
“Sue...”, mormorò Charlie mentre una lacrima solitaria gli rigava il viso tumefatto.
“Papà, è ora. Devi decidere.”
“Bella”, rantolò Charlie, “Non voglio morire...”
Bella sospirò di sollievo, gli accarezzò dolcemente i capelli e gli disse: “Allora dì addio alla tua forma umana, perché tra poco sarai come me. Carlisle, ti prego...”
“Ci penso io. Uscite e sorvegliate la porta. Che nessuno entri”, disse il capo della famiglia Cullen.
Carlisle e Charlie rimasero da soli ed il vampiro sedette sul bordo del letto: “Eccomi, Charlie. Sei pronto?”
“Farà... male?”
“Molto. Ma noi saremo con te. E quando tutto sarà finito, non ci sarà più dolore, amico mio, mai più.”
Lui e il padre di Bella si guardarono negli occhi per un lungo istante, poi Charlie disse: “Fallo”, e Carlisle si avventò sul suo collo...
 
Nel frattempo, sull'Air Force One
 
“Vorrei la sua opinione, generale Robinson. Pensa che i Russi attaccheranno in Polonia?”
Nel suo comando di Bruxelles, il SACEUR pensò un attimo a come rispondere alla domanda del Presidente: Non posso dirgli che sappiamo chi è il responsabile di tutto ciò. Sarebbe una catastrofe. Non posso nemmeno dirgli di attaccare i Russi. E non posso neppure garantirgli che i Russi non faranno l'idiozia di attaccare per primi... Mio Dio, che faccio ora?
“Signor Presidente”, disse il SACEUR con voce controllata, “Secondo me i Russi non hanno intenzione di attaccare, ma lo faranno se si riterranno minacciati. La prima regola della guerra è che la miglior difesa è l'attacco. Se pensano che li attaccheremo, lo faranno loro per primi. Non andrebbero lontani, ma scombinerebbero tutti i nostri piani per la difesa della Polonia. Non siamo ancora pronti, anche se riusciremmo a respingerli prima che arrivino al confine tedesco. Signore, il mio consiglio è di continuare a negoziare con loro, guadagni tempo.”
Il generale Langelaan, presente nella stanza ma non ripreso dalla videocamera che trasmetteva le parole del suo superiore in videoconferenza, annuì approvando la cauta scelta delle parole del generale Robinson.
“Al diavolo!”, esplose il Segretario alla Difesa, “Guadagnare tempo? E per cosa? Siamo stati attaccati, generale. La NATO, che lei comanda, è stata attaccata. Due volte! E lei vuole prendere tempo?”
“Signor Segretario”, rispose il generale Robinson mescolando verità a menzogna, “E' una questione puramente militare: nella loro enclave di Kaliningrad ed in Bielorussia i Russi schierano undici divisioni corazzate, noi ed i Polacchi per ora ne abbiamo quattro, ed anche se le nostre truppe hanno armi e tattiche migliori, la disparità numerica è troppo ampia. Ci serviranno almeno quarantotto ore per schierare le truppe della 2a Divisione Corazzata in arrivo dalla Germania. Stiamo parlando di quasi ventimila uomini e mille carri armati. Quindi, dobbiamo prendere tempo.”
Fa che mi credano, mio Dio, fa che mi credano!
“Sono d'accordo con il generale Robinson”, intervenne il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, seduto accanto al Presidente, “Se sbagliamo, ne pagheranno il prezzo le nostre truppe in Polonia. E se per arrestare i Russi dovremo ricorrere alle armi nucleari, sarà una catastrofe globale. Non potremo più fermarci. Ci pensi, signore.”
Il Presidente si prese un attimo di riflessione, poi fece un cenno all'ufficiale addetto alla Linea Rossa e dettò le sue parole.
 
Signor Presidente, in questo momento la NATO è sotto attacco ed il nostro nemico non si fa scrupolo nell'utilizzare armi nucleari che noi sappiamo provenire dal suo paese. Lei nega ogni coinvolgimento della Russia ed io voglio disperatamente crederle. Ma le vostre azioni contraddicono le vostre parole. Come potete chiederci di smobilitare quando migliaia di soldati e carri armati si stanno ammassando alla frontiera polacca? Come possiamo noi ignorare le migliaia di morti che abbiamo già subito?
 
“Qual è il suo nome?”, chiese il Presidente russo.
“Come, signore?”
“Il padre del Presidente americano. Come si chiama di nome?”
“John, signore”, rispose il direttore dell'FSB.
“John... E' Ivan in russo, vero?”
“Sì, signore.”
“E lui si chiama Andrew. Andrei, giusto?”
“Sì, signore.”
“Scriva”, ordinò il Presidente russo al suo addetto alle comunicazioni.
 
Andrei Ivanovic, noi ci siamo già incontrati due volte. Abbiamo parlato di tante cose, di ciò che vogliamo fare per i nostri paesi, di come vogliamo costruire un mondo nuovo e più giusto, in cui il forte non prevarica più il debole. Io sono ancora convinto di ciò. E lei? Signor Presidente, non ho autorizzato alcun genere di azione militare contro la NATO, eppure voi ci minacciate di guerra. Deve credermi quando le dico che non abbiamo alcun interesse a scatenare una guerra contro il suo paese. Noi desideriamo solo vivere in pace, come voi. Ma se ci attaccherete, noi dovremo reagire e sarà un olocausto che causerà la fine di ogni forma di civiltà sul pianeta e causerà la morte di miliardi di persone, troppe perché uno di noi due possa permettersi di agire irrazionalmente. La scelta spetta a lei, signor Presidente. Confido che le persone al suo fianco sapranno consigliarla per il meglio.
 
“E' ragionevole...”, disse il generale Langelaan in tono speranzoso, commentando l'ultimo messaggio dei Russi sulla Linea Rossa.
“Come no!”, rispose acidamente il SACEUR, “Reb, il Presidente russo ha appena dato del pazzo al nostro! Ma se ci attaccherete, noi dovremo reagire e moriranno milioni di persone, troppe perché uno di noi due possa permettersi di agire irrazionalmente. Irrazionalmente, capisci? Il Presidente russo sta dicendo che il nostro Presidente non ha il pieno controllo della situazione! Questo gli farà saltare i nervi!”

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo Ventuno.
 
“IL PANICO ATTANAGLIA GLI STATI UNITI – Dopo la distruzione della cittadina americana di Forks, gli Stati Uniti sono in questo momento percorsi da un’ondata di panico senza precedenti. La popolazione, nel timore di nuovi attacchi atomici e di una guerra nucleare con la Russia, ha dato l’assalto ai supermercati razziando i generi di prima necessità, medicine e, soprattutto, armi. La crisi ha inoltre scatenato le gang delle grandi città che si stanno dedicando attivamente al saccheggio delle attività commerciali, senza che la polizia possa porvi un argine. In diverse occasioni, gli esercenti hanno difeso con le armi i propri negozi, scatenando dei veri e propri conflitti a fuoco con i membri delle gang. Le vittime si contano a decine in tutto il paese. Il governatore dello stato di New York ha mobilitato la Guardia Nazionale, subito imitato dai colleghi della California e del Texas. Intanto, il Presidente ha parlato alla nazione dal suo bunker segreto invitando i cittadini a non lasciarsi prendere dal panico ed a rispettare le disposizioni delle autorità, garantendo altresì che i responsabili della distruzione di Forks saranno trovati e che pagheranno per il loro disumano crimine.”
 
Los Angeles Times
 
Dolore.
L'unica cosa attorno alla quale ruotava tutto il mondo di Charlie era il dolore.
Il dolore era ovunque, persino nel profondo della sua mente.
Da solo, chiuso in una stanza in un'ala evacuata dell'ospedale di Forks, Charlie sentiva il mutamento avanzare attraverso le ondate di dolore che arrivavano da ogni parte, una dopo l'altra, senza tregua.
La porta si aprì e Charlie aprì gli occhi.
Erano Bella ed Edward.
“Bella... Fa male... Fallo smettere, ti prego!”
Bella gli prese la mano e gli sussurrò: “Lo so, ma tu devi resistere. Passerà, vedrai, e starai di nuovo bene. Staremo insieme per sempre. Io resto qui, accanto a te. Anche Edward. Aspetteremo insieme a te, papà.”
Improvvisamente, la parte inferiore del corpo di Charlie riprese vita ed il dolore esplose nella sua mente ancora più violento, facendo urlare ed urlare ancora...
 
L'ospedale di Forks era una struttura al limite del collasso, quando anche i profughi di La Push vi giunsero.
Le corsie erano stipate da centinaia di feriti, alcuni in condizioni disperate, molti altri in preda ai primi sintomi della contaminazione da radiazioni.
Urla di dolore, lacrime ed imprecazioni erano la straziante colonna sonora di quella plumbea mattina di febbraio.
Tutti i Cullen ed i lupi si offrirono volontari per aiutare la gente che affluiva al pronto soccorso come un fiume in piena.
Rosalie fu la più assidua nel prodigarsi, malgrado l'odore del sangue la torturasse come mai in passato.
I suoi occhi erano neri come l'ala di un corvo, ma la bellissima vampira si rifiutava di cedere, con ammirevole stoicismo.
“Rose, stai bene?”, chiese Jacob vedendo nel suo sguardo il riflesso della sete, “Non devi dimostrare nulla, bionda. Non è necessario che voi Cullen soffriate così. Tanto, dubito che ci sia qualcosa che possiamo fare per loro...”
“Non mi importa”, ringhiò lei, “Non posso restare con le mani in mano ed al diavolo la sete. Sono allenata a resistere al sangue, riuscirò a farcela anche stavolta!”
“Rose.”
“Smettila, Jacob. Non voglio ascoltarti.”
“Rose, è inutile. Stanno morendo. Le radiazioni non gli daranno scampo. Non puoi aiutarli. Nessuno può...”
“NO! Mi rifiuto di accettarlo! Non è giusto! Che c'entrano loro? Perché devono morire così? Tu ce l'hai una risposta per tutto questo, Jake? Perché?”
“Rose.”
Jacob l'abbracciò e Rosalie si lasciò andare ad un urlo straziante di dolore e rabbia, abbandonandosi poi tra le braccia del licantropo.
Jacob fece un cenno ad Emmett, che stava aiutando una giovane madre col corpo orribilmente ustionato dall'onda termica, e lo invitò entrare nella stanza.
Anche gli occhi di Emmett erano neri.
“E' crollata”, gli disse Jacob affidandogli Rosalie, “Occupatene tu. Ci penso io a quelli là fuori.”
“Sì, forse è meglio. Io vorrei aiutarli meglio... Ma la sete... E' troppo difficile... Non ci riesco, Jake...”, mormorò Emmett, controllandosi a fatica.
“Stai tranquillo. Non c'è problema. Resta con lei.”
“Mi dispiace, Jake”, disse Emmett con lo sguardo rivolto verso terra.
“Non hai nulla di cui vergognarti, Emmett. Nessuno di voi. Non è colpa vostra.”
 
Jasper era nella stanza di Charlie, rannicchiato in un angolo e tentato dall'odore del sangue che veniva da dietro la porta.
Edward si inginocchiò di fronte a lui e gli chiese: “Tutto bene, Jazz?”
“Non ce la faccio, Edward! Il sangue... E' troppo!”, rantolò il fratello.
“Resisti. Devi. Non puoi uscire, non faresti nemmeno dieci metri prima di saltare addosso a qualcuno. Ci sono io con te, Jazz, coraggio.”
“Grazie”, rispose Jasper.
Edward si sedette accanto a lui e gli mise un braccio attorno alle spalle, tirandolo a sé e stringendolo in un abbraccio.
“Andrà tutto bene, vedrai”, gli disse.
Intanto, sul letto dall'altra parte della stanza, vegliato momento per momento da Bella, Charlie continuava il suo calvario verso l'immortalità...
 
Murmansk, Federazione Russa, 8 febbraio 2015
 
“Secondo, pronti a mollare gli ormeggi”, ordinò il comandante Juri Sergetov.
“Ormeggi mollati, comandante”, rispose l'ufficiale in seconda.
“Sala macchine, qui la plancia. Aumentare la potenza del reattore al 25%. Macchine pari avanti piano, velocità cinque nodi. Usciamo dal porto. Prepararsi all'immersione non appena fuori dalla baia.”
“Agli ordini”, ribadì l'ufficiale in seconda.
Il sottomarino lanciamissili a propulsione nucleare Ottobre Rosso, l'ultimo gioiello della classe Typhoon, cominciò a scivolare lentamente nelle gelide acque artiche della baia di Murmansk, nell'estremo nord della Russia, quasi al confine con la Finlandia, diretto in mare aperto.
Il sottomarino recava con sé ventiquattro missili balistici intercontinentali SS-N-20, ognuno dei quali portava otto testate nucleari indipendenti, e rappresentava una parte essenziale dell'arsenale nucleare russo.
Concepito per l'attacco a sorpresa ed entrato in servizio appena tre anni prima, l'Ottobre Rosso aveva ricevuto l'ordine di lasciare la base di Murmansk e di incrociare nelle acque del Nord Atlantico, mantenendo sia l'Europa che il Nord America a portata dei suoi micidiali missili.
“Pronti per l'immersione. Chiudere tutti i boccaporti esterni”, ordinò il comandante.
“Boccaporti esterni chiusi ed in sicurezza. Sottomarino pronto all'immersione al suo comando, signore”, riferì l'ufficiale in seconda.
“Profondità sotto la chiglia, signor Kafelnikov?”
“Profondità rilevata ottanta metri in aumento.”
“Bene. Immersione, signor Borodin. Timone dieci gradi a scendere, profondità trenta metri, velocità dieci nodi, rotta uno uno sei.”
“Agli ordini.”
 
Nel frattempo, al largo delle coste russe
 
“Plancia, qui sonar, rilevato nuovo contatto denominato Sierra Uno. Dall'analisi del computer posso identificare Sierra Uno come sottomarino lanciamissili classe Typhoon, rotta uno uno sei, velocità stimata dieci nodi, distanza ventimila metri.”
Lo USS Sea Tiger, era un sottomarino d'attacco americano a propulsione nucleare di ultima generazione di classe Seawolf, progettato per dare la caccia ai sottomarini avversari e distruggerli prima di essere rilevato dai sonar avversari.
“Sonar, qui il comandante. Rilevate altre unità russe in zona?”
“Plancia, qui sonar, rileviamo diverse navi russe in uscita da Murmansk. Stanno mettendo la flotta in mare, signore. Attualmente rilevo due incrociatori classe Kiev, almeno cinque fregate classe Krivak e due... No, mi correggo, tre cacciatorpediniere classe Kresta.”
“Sonar, contatti sommersi?”
“Nessuno per ora, a parte il Typhoon.”
“D'accordo. Sonar, riferire immediatamente qualunque nuovo contatto sommerso, chiaro?”
“Agli ordini.”
Il capitano Frank Carrera, comandante del Seawolf, si chinò pensieroso sulla cartina della zona di operazioni.
“Non mi piace...”, mormorò rivolto al comandante in seconda, “Stanno mettendo in mare tutto quello che hanno, compresi i sottomarini lanciamissili. Ti risulta che l'avessero mai fatto prima?”
“Mai tutti insieme. Di solito ne mandano fuori in pattugliamento due o tre a rotazione e tengono gli altri in porto. Brutta cosa...”
“Puoi dirlo forte... Si aspettano una guerra e fanno uscire tutta la flotta. Saliamo a quota periscopio, dobbiamo comunicare con il comando.”
 
Comando NORAD, Cheyenne Mountain, 8 febbraio 2015
 
Il gigantesco Air Force One era atterrato venti minuti prima all'aeroporto della vicina base militare ed il corteo di vetture che trasportava il Presidente degli Stati Uniti oltrepassò il check point sulla strada che conduceva nelle viscere di Cheyenne Mountain, nell'enorme bunker anti-atomico sotterraneo dove operava il comando NORAD.
“Benvenuto, signor Presidente”, disse il generale Ryan accogliendo il suo Comandante in Capo nel bunker, “Sono lieto che lei sia giunto qui sano e salvo, signore.”
“Grazie, generale. Novità?”, chiese il Presidente.
“Un nostro sottomarino in servizio di pattugliamento nel mare di Barents, davanti alla base russa di Murmansk, ci ha appena comunicato che i Russi hanno messo in mare tutto quello che hanno, compresi tutti i sottomarini lanciamissili. In questo momento, il sottomarino, l'USS Sea Tiger, ne sta seguendo uno diretto nel Mare del Nord.”
“Merda...”, mormorò il Presidente, “Ed i nostri sottomarini?”
“Stanno prendendo il mare in questo momento dalle basi di King's Bay, San Diego, Norfolk e Pearl Harbor. Le portaerei stanno assumendo uno schieramento più offensivo nel Mare del Nord, nell'Atlantico settentrionale e nel Pacifico.”
“Bene. E per quanto riguarda la situazione in Polonia?”
“Il SACEUR non riferisce novità. Le unità della 2a Divisione Corazzata hanno appena attraversato il confine tedesco-polacco e ci vorranno ancora circa ventiquattro ore perché siano in posizione. Quello che più mi preoccupa, però, è che lungo il confine tra la Polonia e l'enclave russa di Kaliningrad ci sono in volo centinaia di caccia delle due parti armati fino ai denti. Per ora ognuno resta dalla propria parte del confine, ma basta un niente per ritrovarci in mezzo alla più grande battaglia aerea dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.”
“Generale, voglio essere molto chiaro: nessuno dovrà sparare senza un mio ordine diretto, sono stato chiaro? Nessuno, né a terra, né in mare, né in cielo. Mi sono spiegato?”
“Signorsì.”
“Bene. Ha attivato la console della Linea Rossa interna al comando NORAD come le avevo ordinato?”
“Sì, è tutto pronto, signore.”
“Bene. Voglio proprio vedere cosa ha da dire il Presidente russo adesso!”
 
Signor Presidente della Federazione Russa, i nostri satelliti da ricognizione hanno rilevato l’uscita in mare in massa della vostra flotta dai porti di Murmansk, Sebastopoli e Vladivostok, compresi i sottomarini lanciamissili. La avverto che consideriamo questa mossa come un atto ostile nei confronti degli Stati Uniti e della Nato, al pari della massiccia presenza di truppe e velivoli da combattimento al confine polacco. Al fine di evitare spiacevoli incidenti che potrebbero avere le più gravi conseguenze, la invito seriamente a riflettere sulle sue mosse future. Lei mi ha detto che tutto ciò che la Russia vuole è vivere in pace, ma a me sembra che i fatti smentiscano le parole.
 
“Incredibile! Ci accusa di comportarci in maniera ostile, quando le portaerei americane navigano ad un tiro di schioppo dalle nostre acque territoriali! Cosa dovevamo fare, lasciare le nostre navi ormeggiate perché potessero fare da bersagli ai loro aerei? Signor Presidente, queste accuse esigono una dura risposta!”, esclamò furibondo il maresciallo Ustinov.
“Scriva”, ordinò il presidente all’addetto alle comunicazioni.
 
Signor Presidente, le vostre portaerei minacciano direttamente le nostre coste, state spostando intere divisioni in Polonia, avete fatto decollare decine di bombardieri dalle vostre basi e lei accusa noi di provocarvi? Signor Presidente, abbiamo il diritto di difenderci e lo faremo fino alle estreme conseguenze. Sto cercando in tutti i modi di convincerla che noi non centriamo nulla con gli attacchi contro Volterra e Forks, ma vedo che lei continua a non credere alla mia parola. Il mio paese non è un covo di terroristi, signor Presidente. La avverto, se ci attaccherete, ve ne pentirete amaramente.
 
Ospedale di Forks, nella notte tra l'8 ed il 9 febbraio 2015
 
Carlisle entrò nella stanza dove Charlie stava affrontando la trasformazione, attorniato dal resto della famiglia Cullen.
Il suo camice verde era completamente macchiato di sangue, il cui odore si diffuse nella stanza, stuzzicando la sete dei presenti.
“Come sta andando?”, chiese Carlisle a Bella.
“Soffre indicibilmente. Ma la trasformazione va avanti. Quanto credi che ci vorrà?”
Carlisle si avvicinò al letto dove giaceva Charlie e lo esaminò superficialmente: “Ancora un giorno, forse un giorno e mezzo. Le ferite sono tutte risanate, guarda. Il veleno ha funzionato. Ce la farà, Bella.”
Bella sospirò e tornò a sedersi accanto al padre, mentre Carlisle andò dagli altri.
“Jazz, stai bene?”
“Sì, non ti preoccupare. Ce la faccio”, mentì lui ritraendosi a fatica dal camice insanguinato del padre adottivo.
Solo allora Carlisle si rese conto dello stato del suo camice: “Oh, scusami. Non mi ero reso conto...”
Immediatamente, si strappò di dosso il camice e lo fece volare fuori dalla finestra, restituendo un minimo di sollievo al resto della sua famiglia.
Carlisle li guardò meglio: i loro occhi erano molto scuri, in alcuni casi del tutto neri.
Maledizione alla sete! Ora proprio non ci voleva!, pensò tra sé Carlisle, proferendo un'imprecazione a mezza bocca.
“Non ti preoccupare, Carlisle”, gli sorrise Alice, “Ce la facciamo. Non è un problema così urgente. Non ancora, almeno.”
“Non è il caso di fare gli eroi in questo momento, Alice”, le rispose Carlisle, “Dovete nutrirvi. Vi farò avere qualche sacca di sangue, così sentirete meno il tormento della sete.”
“No!”, esclamò Rosalie, “Il sangue serve ai feriti. Noi ce la faremo. Non è necessario nutrirci ora, vero?”
“Rose”, disse Carlisle con un tono di voce dolce e rassegnato, “Ti posso assicurare che qualche sacca di sangue è l'ultima cosa di cui ha bisogno la stragrande maggioranza delle persone ricoverata qui. Nell'ultima ora sono morte più di duecento persone a causa della sindrome da radiazioni. Alla fine, sarà un colpo di fortuna se saremo riusciti a salvare un decimo delle persone ricoverate. Ti assicuro che qualche sacca di sangue in più o in meno non farà proprio nessuna differenza...”
“Oh, Dio...”, mormorò sconvolta la bellissima vampira bionda.
Carlisle le diede un bacio in fronte e poi si rivolse al resto della famiglia: “Resistete ancora un paio d'ore, poi vi farò avere delle sacche di sangue. Tornerò a vedere come sta Charlie appena finisco il turno. Bella, se ci sono mutamenti nelle sue condizioni, avvertimi subito, ok?”
“Sì, va bene. Carlisle... No, nulla, lascia perdere.”
“Su, Bella. C'è qualcosa che vuoi dirmi?”
“Io... Ecco... Mi chiedevo se c'è qualcosa che possiamo fare. Per la gente, intendo.”
“Non capisco.”
“Hai detto che non potete salvarli. Forse noi possiamo... Col veleno.”
I Cullen si voltarono a guardarla come se fosse improvvisamente impazzita.
“Bella, che cosa vorresti fare? Trasformare tutti in vampiri?”, domandò Edward.
Bella non rispose, limitandosi a fissarlo inespressiva.
“Tu vuoi creare un esercito!”, esclamò improvvisamente Rosalie in tono rabbioso, “E' questo che intendevi, vero? Vuoi creare un esercito e scatenarlo contro il maggiore Wolf! Non è così, sorellina?”
Rosalie sputò quell'ultima parola come se fosse un'oscenità e guardando Bella come se volesse aggredirla, tant'è che Edward si pose subito in posizione difensiva davanti alla moglie.
Allora anche Emmett si sentì di intervenire a fianco di Rosalie e la stanza si riempì immediatamente di ringhi bassi e minacciosi.
“Ora basta, tutti quanti!”, disse Carlisle con tono autorevole.
“Sì, Rose, hai ragione. Voglio creare un esercito. Voglio annientare il maggiore Wolf. Voglio vendetta per mio padre, per Sue, per Billy e per tutti quelli che quel pazzo maniaco ha massacrato!”, esplose Bella rivolgendosi a Rose con uno sguardo carico d'odio, “E se tu non hai il coraggio di farlo, lo farò io! Sono stufa di vedere tutti quelli che amo morirmi intorno come mosche!”
“Sciocca ragazzina ignorante!”, le rispose Rose con la stessa acrimonia, “Cosa ne sai tu? Una stupida mocciosa che ha appena cominciato il suo viaggio nell'immortalità! Credevo che avessi capito quando ti raccontai che cos'è questa vita per me! E tu, ora, vorresti condannare altri innocenti a questo... questo orrore? No, non te lo permetterò! Prova soltanto ad avvicinarti a qualcuno oltre quella porta e ti faccio a pezzi esattamente dove ti trovi, mi sono spiegata?”
Vedendo Rosalie e Bella litigare così furiosamente, Renesmee cominciò a piangere, vanamente consolata da Alice, che seguiva la vicenda attonita.
Rosalie e Bella erano a quel punto faccia a faccia, l'una di fronte all'altra, misurando l'una la forza e la determinazione dell'altra.
“Dici che sono sciocca, Rose? Forse hai ragione. Ma almeno io mi sto battendo per salvare la famiglia di cui entrambe facciamo parte. Mi sto battendo per mia figlia! Guardala! E tu dici di amarla? Eppure ti fai scrupoli che altro non fanno se non metterla in pericolo! Me ne frego dei tuoi principi, Rose! Non permetterò a quei bastardi di fare del male a mia figlia! Ti rendi conto che, se fossimo rimasti a casa di Jacob, ora saremmo tutti morti? Tutti, maledizione! Anche Renesmee! Ed io dovrei permettere tutto questo? No! Mai!”, urlò Bella, a stento trattenuta da Edward.
“Tu non ti rendi conto!”, rispose Rose, a sua volta trattenuta da Emmett, “Se agiamo così, allora il maggiore ha già vinto! Possibile che tu non capisca? Non è solo una lotta per la sopravvivenza! E' anche una lotta per preservare ciò che siamo! Anche se facciamo come dici tu e vinciamo, che vittoria sarà? Se cediamo oggi ad un compromesso del genere, allora lo faremo per sempre! Ed anche se Alan Wolf a quel punto sarà morto, avrà comunque vinto lui perché avrà dimostrato al mondo intero che non siamo degni di vivere, che non siamo degni di essere parte della comunità umana! E tu, l'ultima arrivata, vorresti gettare via tutto quello che abbiamo costruito in quasi un secolo? Non te lo permetterò, Bella. Se vuoi andare avanti con il tuo piano, dovrai passare sul mio cadavere!”
Le due vampire si guardarono in cagnesco, con odio e rabbia a malapena trattenuti, finché Esme si fece largo frapponendosi alle due.
“Figlie mie”, esordì Esme con pacatezza, “ora basta.”
“Esme, io...”, abbozzò Bella.
“Ora basta, ho detto”, ribadì lei con pacata fermezza costringendo Bella a zittirsi con la sola autorità che traspariva dalla sua voce.
Esme le fece calmare, tanto da permettere ad Edward ed Emmett di lasciarle senza pericolo che cominciassero a lottare tra loro, poi si rivolse a Bella e le disse: “Bella, tesoro, io capisco le tue ragioni. Sento per te e per gli altri un sentimento fortissimo e non sono nemmeno la mia vera famiglia, quindi non posso nemmeno immaginare quanto possa essere forte il sentimento che lega te e Nessie: lei è carne della tua carne, sangue del tuo sangue. Non c'è paragone, lo capisco benissimo. So che le tue intenzioni non sono malvagie. Vedi, in questo caso tu hai assolutamente ragione ed assolutamente torto allo stesso tempo. Hai ragione a non tollerare più un simile pericolo per Nessie. Ma hai torto nella soluzione che hai scelto per eliminare tale pericolo. Quando Rose ti ha accennato ai sacrifici che un immortale deve fare per poter essere degnamente parte dell'umanità, sa di cosa sta parlando. Tu no. Tu non hai dovuto soffrire i morsi della sete degli inizi. Tu non hai mai ucciso spinta dalla tua fame. Tu non hai mai dovuto fare i conti col rimorso. Tu sei stata fortunata, tesoro, hai avuto il meglio della nostra condizione senza dover subire il peggio. Ah, quanto ti abbiamo invidiata, tutti noi. Hai avuto Nessie. Io e Rose volevamo così tanto essere madri! Tu hai avuto tutto dall'immortalità. Per questo sei come una figlia viziata che non ha mai dovuto affrontare le fatiche e le privazioni dei genitori e che, quindi, finora non ha saputo apprezzare davvero ciò che ha.”
“Esme, io...”, disse Bella, abbozzando una protesta, ma Esme la zittì con una carezza sul volto e proseguì: “Lo so, Bella. Lo so quanto ci vuoi bene. Lo so che tu vuoi il meglio per noi. Sei sempre stata affezionata a noi ed il tuo affetto è sempre stato disinteressato. Per questo ti amiamo così tanto. Perché fin dal principio hai dato senza nulla chiedere in cambio. Ma tuttavia, far parte di questa famiglia, comporta il rispetto di poche, semplici regole, la più importante delle quali è il rispetto della vita umana. Decidendo di combattere il maggiore Wolf ed i suoi uomini abbiamo già fatto una deroga enorme ai nostri principi, principi che ci guidano da un secolo ormai. Ma non andremo oltre. Quelli che tu vuoi trasformare sono innocenti. Questa vita, figlia mia, è una condanna, non un dono. Ricordi l'esercito di Victoria? Ricordi Bree? E tu vorresti ridurre persone che conosci da tutta la vita, tuoi amici persino, in quello stato? E che ne sarebbe di loro dopo averli scagliati contro il maggiore ed i suoi uomini, ammesso e non concesso che sopravvivano? Hai pensato a questo? Hai pensato al fatto che, agendo come hai proposto, infrangeremmo il patto con i Quileute?”
“No”, mormorò Bella sconfitta.
“Bella, i tuoi amici, tutte quelle persone che stanno morendo di là... Devi lasciarli andare. Il loro destino è segnato. Lascia che sia così.”
“Hai... ragione.”
Bella tornò a sedersi sul letto dove giaceva il padre senza una parola, colma di vergogna.
Avrebbe pianto, se avesse potuto.
Edward provò a consolarla, ma lei lo allontanò e lui non insistette.
Allora Rose le si avvicinò e le accarezzò la testa, strappandole un mezzo sorriso.
“Non prendertela, ragazzina”, disse Rose con dolcezza, “Tutti perdiamo la direzione, a volte. L'importante è che ci sia qualcuno che ti rimette in carreggiata, no?”
“Sì”, mormorò Bella, “Immagino che sia così. Ah, Rose...”
“Sì?”
“Mi dispiace.”
“Lo so. Credi davvero che non ti avrei già strappato gambe e braccia se così non fosse?”, rise la sorella facendogli l'occhiolino, “Anche a me dispiace per alcune delle cose che ti ho detto. Ci perdoniamo a vicenda?”
“Sempre”, rispose Bella sorridendole a sua volta.

“GUERRA? – Secondo fonti interne al Ministero degli Esteri, non confermate ufficialmente ma molto affidabili, le relazioni fra gli Stati Uniti e la Federazione Russa sarebbero al limite della rottura ed un conflitto armato tra le due superpotenze sembra ormai inevitabile. Mentre l’intera Europa segue col fiato sospeso l’evolversi della vicenda, il Governo ha dichiarato che la Spagna assolverà agli obblighi assunti in qualità di membro della Nato ed in conseguenza dei trattati internazionali. Il Governo ha altresì dichiarato che si adopererà fino all’ultimo per una soluzione diplomatica della crisi.”
 
El Pais.
 
Nelle acque al largo della costa norvegese
 
“Contatto sonar, comandante! Di poppa, distanza stimata... seimila metri.”
“Identificate il contatto”, rispose con calma il comandante Sergetov.
L'Ottobre Rosso navigava in immersione ormai da più di quindici ore, con metà dell'equipaggio a rotazione costantemente ai posti di combattimento e l'altra metà a riposarsi e mangiare.
Nel frattempo, non c'erano stati ordini particolare da Mosca.
“Signore, crede che rientrerà tutto, alla fine?”, chiese il comandante in seconda Kafelnikov.
“Non lo so, Vassili. Quello che so è che dobbiamo essere pronti al lancio dei missili in qualsiasi momento...”
“Plancia, qui sonar”, disse una voce eccitata nell'interfono di bordo.
“Sonar, qui plancia. Avanti”, rispose Sergetov.
“Contatto identificato, comandante. Sottomarino d'attacco americano, classe Seawolf. Velocità approssimata dieci nodi, ci sta seguendo lungo la nostra stessa rotta!”
“Dannazione”, imprecò Sergetov.
Sottomarino d'attacco classe Seawolf, propulsione nucleare, dotato di tutte le più avanzate tecnologie sonar, otto tubi lanciasiluri, siluri Mark 48... Come lo batto un avversario così? E' più piccolo dell'Ottobre Rosso, più veloce e più agile... Noi abbiamo solo più armi, ma nessuna utile contro quel bastardo...
“Vassili.”
“Signore?”
“Non possiamo battere l'americano in velocità ed il suo sonar è migliore del nostro. Inoltre, sappiamo che gli Americani mettono sui Seawolf i loro comandanti migliori e più aggressivi. Dobbiamo sfruttare la cosa a nostro vantaggio.”
“E come?”, chiese il secondo di Sergetov.
“Guardi qua”, disse Sergetov illustrando al secondo la carta dei fondali della zona, “Qui la profondità non è troppo elevata, duecentoottanta metri, ed il fondale è roccioso, con dei canyon sommersi. Lì il suo sonar perderà efficacia e non riuscirà più a seguirci. Laggiù riusciremo a seminarlo.”
“Cosa? Vuole davvero condurre il sottomarino dentro quei canaloni? Signore, è troppo pericoloso...”, mormorò Kafelnikov per non farsi sentire dagli altri membri dell'equipaggio presenti in plancia, “Siamo troppo grossi e la nostra manovrabilità è uno schifo! Se sbagliamo la rotta anche di poco, ci schianteremo contro le pareti rocciose!”
“Lo so, Vassili. Ecco perché dovremo fare la massima attenzione...”, sorrise Sergetov.
“E' un rischio enorme...”
“Beh, Vassili, se avessimo voluto una vita priva di rischi non ci saremmo arruolati in marina! E' la nostra unica possibilità. Non voglio trovarmi quell'americano alle calcagna qualora dovessimo lanciare i missili. Dia gli ordini, Vassili. Scendiamo a duecentosessanta metri, rotta uno quattro sei, rallentare velocità a sei nodi.”
Kafelnikov guardò negli occhi il suo comandante: navigava con lui sin da quando erano entrambi cadetti dell'allora marina sovietica ed avevano formato una squadra quasi imbattibile, che aveva permesso loro si scalare rapidamente la scala gerarchica.
Jurij è soprannominato “il professore” per la sua bravura. Mi sono sempre fidato di lui, si disse Kafelnikov, e non ha mai corso rischi inutili...
“Molto bene, signore. Faremo come ha ordinato. Timoniere!”
 
A bordo dell'USS Sea Tiger
 
“Ehi, ma che cazzo succede?”, mormorò l'ufficiale addetto al sonar, “Bob, guarda qui, il russo è sparito dal sonar!”
L'ufficiale che lo affiancava aumentò il volume delle cuffie collegate al sonar, tentando di ristabilire il contatto col sottomarino russo.
Nulla, solo il rumore di fondo del Mare del Nord.
“Plancia, qui sonar”, disse il sonarista nell'interfono, “il russo ci ha fatti fessi, è sparito!”
Tempo pochi secondi ed il comandante Carrera arrivò in sala sonar.
“Che significa che il russo è sparito? E' un sottomarino grande quanto un mercantile, non può sparire di punto in bianco!”, esclamò il comandante del Sea Tiger incollerito.
“Mi dispiace, signore, non so che dirle. Un attimo prima lo avevamo di prua a seimila metri, un attimo dopo è sparito. Ho solo sentito che rallentava.”
“Avete verificato che il sonar funzioni?”
“Sissignore, abbiamo lanciato il programma diagnostico due volte. Il sonar funziona. Il russo è davvero sparito.”
“Continui a provare”, disse il comandante prima di tornare in sala comando.
Appena giunto lì, radunò i suoi ufficiali al tavolo di carteggio e studiò per qualche minuto in silenzio la mappa dei fondali.
“E' nei canaloni”, mormorò dopo un paio di minuti di silenzio che nessun subalterno aveva osato disturbare.
“Cosa? E' una follia, signore. Quel russo è pazzo! Il rischio di schiantarsi contro le rocce è...”
“Accettabile”, lo interruppe il comandante, “Se l'alternativa è farsi piazzare un siluro nel culo da un sottomarino nemico. Pensateci, gente, è l'unica scelta logica che aveva. Questo russo ha due palle d'acciaio... Ha rallentato sotto i dieci nodi e si è infilato in un canyon perché così il nostro sonar non riesce più a distinguerlo dal fondale... E bravo il nostro russo! Ma io non mi faccio far fesso così. Guardate.”
Il comandante stese di fronte a loro la carta dei fondali che andavano dalla Norvegia all'Islanda.
“Non ce la faremo mai a seguirlo in mezzo a quelle rocce”, disse Carrera illustrando la sua strategia, “per cui ecco quello che faremo. Signor Cobb, tracci una rotta che ci porti qui, tra la Scozia e l'Islanda, dove finiscono i canaloni. Sarà stato bravo a seminarci, ma navigando lì dentro la sua rotta è obbligata. Arriviamo qui, alla fine dei canaloni e lo aspettiamo. Se navighiamo alla massima velocità, arriveremo quasi un giorno prima di lui. E quando salterà fuori dai canyon ricominceremo a pedinarlo, in attesa che il comando ci ordini di affondare quel bestione. Signor Anders, voglio che tutto l'equipaggio approfitti di questo lasso di tempo per riposare e mangiare. Li voglio svegli per quando incroceremo di nuovo i Russi. Signor Cobb, non appena tracciata la rotta aumenti la velocità a trentadue nodi. Bene, signori. Avete i vostri ordini. Potete andare.”
 
Ottobre Rosso
 
“L'abbiamo seminato! Ce l'ha fatta, comandante!”, esclamò l'ufficiale addetto al sonar quando non udì più il rumore del sottomarino americano.
Kafelnikov sorrise, ma Sergetov rimase pensieroso.
“Sì, l'abbiamo seminato, ma solo per il momento...”, mormorò il comandante del sottomarino.
“Signore?”
“L'americano non è stupido, Vassili. Non perderà tempo a seguirci nei canaloni. E sa benissimo che non posso rischiare di uscirne troppo presto, per timore che lui sia in agguato da qualche parte. Lui sa che dobbiamo percorrere tutto questo canyon fino a qui, tra Scozia e Islanda. Ed è qui che ci aspetterà. Almeno, io farei così.”
“Ed allora che facciamo, comandante?”
“Mescoliamo un po' le carte, Vassili. Macchine ferme. Rilasciare la boa radio fino alla superficie. Dobbiamo comunicare con il comando. Ho un'idea, ma abbiamo bisogno di aiuto...”
 
Ospedale di Forks, pomeriggio del 9 febbraio 2015
 
Come previsto da Carlisle, gran parte dei feriti giunti al pronto soccorso non aveva superato la notte ed un'altra parte era deceduta quel mattino.
“Carlisle”, disse il suo collega Bob Weinstein, primario di ortopedia, “Stiamo per finire i sacchi per cadaveri e le condizioni igieniche peggiorano di minuto in minuto. Tra poco dovremo fronteggiare i primi casi di dissenteria. Che facciamo?”
“Grazie ad un generatore portatile siamo riusciti a dare corrente ad un paio di sale operatorie e ne abbiamo approfittato per attaccarci una vecchia radio a transistor. A quanto pare, hanno resistito all'impulso elettromagnetico dell'esplosione. La radio ha detto che diverse unità della Guardia Nazionale e dell'Esercito stanno convergendo qui, dovrebbero arrivare ad ore. Inoltre, il bollettino meteo ha detto che i venti soffiano verso il mare e scaricheranno lì la radioattività residua. Ai piani superiori i valori stanno già scendendo. Tra poco sarà abbastanza sicuro da permetterci di uscire. A quel punto, porteremo fuori i cadaveri e coloro che sono spacciati. Non c'è abbastanza posto per loro. Quindi scaveremo delle fosse comuni e ci butteremo i cadaveri dentro.”
“Fosse comuni? Mio Dio, Carlisle, starai scherzando, spero!”
“No, Bob, per niente. O facciamo così, o ci ritroviamo un'epidemia di colera o di tifo in capo ad una settimana. E tu lo sai”, rimarcò Carlisle.
Il dottor Weinstein assunse un'aria rassegnata e rispose: “D'accordo, faremo come dici tu...”
“Bob, lo so che è dura. Ma non c'è altro modo, purtroppo.”
“Bene. Ordinerò alle infermiere di praticare ai condannati delle robuste iniezioni di morfina. Così, almeno, non soffriranno.”
Eutanasia, pensò Carlisle, è questo che ha in mente... Ma sì, perché no...
“D'accordo, Bob. Fallo. Di morfina ne abbiamo in abbondanza.”
 
Al piano di sopra, Charlie era arrivato allo stadio finale della trasformazione.
Il dolore aveva cominciato ad attenuarsi poco dopo l'alba ed ormai solo il petto gli doleva come se glielo stessero squarciando a colpi d'ascia.
Dio, ti prego, fallo smettere!, pensava Charlie.
L'unico conforto gli veniva dal fatto che i Cullen non lo avevano mai lasciato ed a turno vegliavano su di lui.
Ad un certo punto della notte, un odore che non aveva mai sentito prima ma che aveva scatenato in lui un desiderio quasi irrefrenabile si era diffuso nella stanza, ma così com'era arrivato, così se ne era andato.
“Ci siamo quasi”, sussurrò una voce che non riuscì ad identificare (Edward?).
“Sì. Finalmente”, rispose un'altra voce (Bella?).
 
“Allora? Come sta Charlie?”, chiese Jacob a Carlisle in un raro momento di pausa.
“Ci siamo quasi. Jake, sai perché l'ho fatto, vero? Non era mia intenzione trasgredire al patto. In realtà, non ci ho neppure pensato. Spero che questo non costituisca un problema. Date le circostanze, posso benissimo fare a meno di scontrarmi con voi...”
“Lo immagino. Sam è furioso, ma tu hai salvato Emily ed il figlio che ha in grembo e per questo non farà nulla. Per quanto mi riguarda... Ormai il patto non ha più valore per me. Era stato stipulato per proteggere i Quileute da voi vampiri, ma ora che i Quileute non esistono più...”
Le ultime parole le aveva pronunciate con voce rotta.
“Mi dispiace moltissimo, Jake.”
“Tutto ciò che eravamo, le nostre vite, le nostre famiglie, la nostra terra... Tutto finito. Non ci è rimasto più niente, Carlisle! I Quileute sono scomparsi nelle nebbie della storia. Chi ci ricorderà, eh? Chi porterà avanti le nostre tradizioni una volta che noi non ci saremo più? Quando smetteremo di essere lupi e ricominceremo ad invecchiare ed alla fine moriremo, il nostro retaggio morirà con noi!”
“Non so che dire, Jake. Se ti può consolare, noi ricorderemo. Noi saremo la vostra memoria storica. I Quileute non scompariranno nella notte, Jake, te lo prometto.”
“Grazie. Davvero. Bene, io torno di là. C'era un'infermiera che aveva bisogno d'aiuto. Tenete d'occhio Charlie.”
 
Alan Jericho Wolf ed i suoi uomini indossavano tutti l'equipaggiamento NBC (Nuclear, Batteriological, Chemical, NdA) per proteggersi dalle radiazioni residue che provenivano dalla zona morta di Forks.
Dall'alto della collina, il maggiore osservò con un binocolo all'infrarosso le rovine dell'ospedale di Forks e notò subito, all'esterno, due vampiri che non aveva mai visto prima.
Era quasi notte e vampiri ed umani erano facilmente distinguibili, data la differenza di temperatura corporea.
“Quelli devono essere i Denali”, mormorò il maggiore, “Gianna mi aveva parlato di loro. Sono i cagnolini da compagnia dei Cullen. Così se la sono cavata anche loro... Dannazione! Tutto questo per niente!”
Una rabbia gelida lo invase, mentre il suo secondo in comando gli disse: “Tra poco l'Esercito e la Guardia Nazionale saranno qui. Signore, le nostre possibilità di attaccare i Cullen con successo diminuiscono di minuto in minuto. Che facciamo?”
Il maggiore Wolf si concesse un sorriso crudele mentre una nuova possibilità gli si affacciava alla mente.
“Tu dici che le nostre possibilità stanno diminuendo, Bill? E' vero esattamente il contrario! L'arrivo dell'Esercito fa proprio al caso nostro. Dimmi, chi noterebbe una decina di soldati in mezzo a migliaia di altri? Hanno mandato circa cinquemila uomini a Forks. Beh, noi ci mescoleremo a loro e ne approfitteremo per colpire i Cullen una volta per tutte...”
 
 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo Ventidue.
 
Forks, 10 febbraio 2015
 
Quella mattina, le truppe inviate in soccorso della popolazione colpita giunsero in vista delle rovine radioattive di Forks.
Il paesaggio era spettrale.
Gli alberi ad alto fusto, sequoie, aceri, querce si erano come rinsecchiti ed in giro non si vedeva un animale.
Le squadre di decontaminazione entrarono a Forks da quella che un tempo era Main Street, la via principale della città.
In effetti, la riconobbero solo grazie al navigatore satellitare di cui erano dotate, poiché ogni edificio o riferimento di qualsiasi genere era stato spazzato via dall'esplosione.
Il convoglio, costituito da tre mezzi blindati M2A2 Bradley da ricognizione, giunse al confine tra la città di Forks e la riserva Quileute di La Push a mezzogiorno: laddove c'era la casa di Jacob ora non c'era altro che un gigantesco cratere di circa cinquecento metri di diametro e sessanta di profondità.
“Comando, qui Bravo Sei. Siamo arrivati. Qui c'è rimasto solo un grosso buco per terra. Forks è stata rasa al suolo. Ci dirigiamo verso La Push. Il contatore Geiger misura un livello di radioattività di quasi mille rad nel punto di esplosione.”
“Ricevuto, Bravo Sei. Rilevate segni di vita?”
“Comando, negativo per segni di vita umana o animale. Direi che si può dichiarare ufficialmente Forks come zona morta.”
“Ricevuto, Bravo Sei. In tal caso, inutile arrivare fino a La Push. Raccogliete qualche campione per le analisi delle squadre scientifiche e rientrate alla base. Da questo momento, Forks è ufficialmente Zona Morta.”
 
All'ospedale di Forks, il personale di soccorso inviato al seguito delle truppe trovò solo il personale medico, ormai esausto, ed un migliaio di superstiti, alcuni dei quali in condizioni critiche.
Davanti all'ospedale, laddove c'era un lindo giardino ben curato, ora c'era una gigantesca fossa comune ricolma di cadaveri ricoperti di polvere di gesso, per evitare che l'odore della putrefazione aggravasse le già critiche condizioni di vita dei superstiti.
Carlisle accolse il capo della missione medica, un ufficiale donna dell'Esercito.
“Dottor Cullen, sono il colonnello Carlson, comandante del 507° Reggimento Sanità dell'Esercito degli Stati Uniti. Mi hanno detto che lei è il primario anziano di questo ospedale.”
“Esattamente, colonnello. Sono molto lieto che siate qui. Abbiamo poco più di trecento pazienti in condizioni disperate, in seguito a grave avvelenamento da radiazioni. Gli altri hanno subito una lieve contaminazione o si sono feriti più o meno gravemente in seguito all'onda d'urto. Attualmente solo un terzo dell'ospedale è agibile, i restanti due terzi sono troppo danneggiati o devono essere decontaminati.”
“Le nostre squadre di decontaminazione si metteranno subito all'opera per porre la struttura in sicurezza, dottore. Nel frattempo, le comunico che l'intera area di Forks è stata posta sotto giurisdizione militare. Per quanto la riguarda, assumo il comando in questo ospedale. Lei e tutto il personale medico da ora prendete ordini da me, chiaro?”
Carlisle sospirò e rispose: “Me l'aspettavo. Molto bene, colonnello, io ed il personale medico siamo a sua disposizione. Ha degli ordini per noi?”
“Sì, dottore. Il Dipartimento della Sanità ha diramato una direttiva volta ad agevolare l'assistenza ai superstiti. Da ora in poi, vi baserete su quella per curare coloro che arriveranno qui. Ecco, qui ci sono tutti i documenti che ha bisogno di conoscere, compresi i protocolli da seguire in caso di nuovi attacchi nucleari. E' tutto, per il momento. Il personale militare si sistemerà nell'accampamento che stiamo allestendo dietro l'ospedale, e lì ci sarà anche il mio comando. Per qualsiasi cosa, potrà rivolgersi al mio secondo, il maggiore Hoth. E' tutto chiaro, dottor Cullen?”
“Sì”, rispose Carlisle che, dentro di sé, pensava: stupida burocrate.
“Molto bene. La ringrazio per la sua collaborazione. Date le circostanze, avete fatto un lavoro ammirevole. Ed ora, se vuole scusarmi...”
Il colonnello Carlson si diresse verso un mezzo blindato da trasporto truppe che fungeva da comando provvisorio, lasciando Carlisle da solo col dottor Weinstein, che lo aveva raggiunto nel frattempo.
“Che te ne pare?”, chiese il dottor Weinstein.
“Che sarà un disastro, Bob. Quella non è un medico, è una burocrate in divisa.”
“Oh, merda...”
“Puoi dirlo forte”, disse Carlisle in tono cupo, “Mi ha dato le direttive sull'assistenza ai feriti. Ecco, leggi qui. Oh, Dio...”
 
Da: Dipartimento della Sanità, tramite Comando Militare Costa del Pacifico.
 
A: Giunte Municipali della Penisola Olimpica.
 
Oggetto: Procedure concernenti l'assistenza ai sopravvissuti dell'attacco nucleare su Forks e La Push.
 
Le indicazioni di seguito fornite devono valere come protocollo medico standard per l'assistenza ai civili residenti nell'area colpita e soggetti a contaminazione radioattiva.
Al fine di fornire la migliore assistenza possibile, i feriti devono essere classificati in base ai sintomi presenti al momento della visita di controllo da parte del personale medico civile e/o militare.
Per operare la classificazione, le norme da seguire sono le seguenti:
SINTOMI DI LIVELLO 1 – DA 0 A 100 RAD
Nessun sintomo evidente. E' tuttavia necessario interrogare il soggetto per determinare il luogo di effettiva provenienza, la prossimità all'area colpita e l'eventuale esposizione a cibo oppure oggetti contaminati.
SINTOMI DI LIVELLO 2 – DA 100 A 200 RAD
Sintomi evidenti: affaticamento e malessere generale, nausea e vomito sin dal primo giorno. Più gravi sono i sintomi iniziali, più lenta è la guarigione. I soggetti in questione sono idonei all'assistenza medica.
SINTOMI DI LIVELLO 3 – DA 200 A 600 RAD
Sintomatologia variabile. Nausea, vomito e diarrea sono i sintomi più evidenti. Più gravi sono i sintomi, più è da presumere alta la dose di radiazioni assorbite. Le dosi più alte causano anche emorragie interne e perdita dei capelli, accompagnate da deperimento generale. Il tasso di mortalità varia dal 30 all'80 per cento. Il personale medico dovrà valutare caso per caso l'idoneità del paziente a ricevere assistenza medica, riservandola ai casi con più alta probabilità di sopravvivenza.
SINTOMI DI LIVELLO 4 – OLTRE I 600 RAD
I sintomi sono imponenti e di evidente gravità. In questi casi, il tasso di mortalità è del 100 per cento entro le due settimane successive all'esposizione alle radiazioni. Questi soggetti non sono idonei a ricevere assistenza medica di alcun tipo. In tali casi, si consiglia al personale medico di accelerare il decesso del paziente mediante la somministrazione di massicce dosi di oppiacei (morfina), al fine di evitare inutili sofferenze.
 
“Non possono dire sul serio... Ci stanno dicendo che dovremmo ammazzare i pazienti più gravi solo perché non possiamo curarli? E' una follia! Un conto è evitare le sofferenze di chi non ha più speranza, un altro è questo… questo… abominio!”, esclamò il dottor Weinstein.
“Già. Ma che possiamo farci? Ha lei il comando, Bob. E' lei che decide”, rispose Carlisle con amarezza, “Vieni, torniamo dentro. Abbiamo molti pazienti da assistere, amico mio...”
 
Charlie aprì gli occhi finalmente libero dal dolore e si tirò su inspirando profondamente.
Gli odori che sentiva erano tutti nuovi per lui, alcuni buonissimi, altri molto meno, ed un altro ancora assolutamente tentatore che risvegliava in lui un istinto ed una fame mai provati prima di allora.
“E' l'odore del sangue, Charlie. Ciò che provi è la sete.”
La voce di Edward lo aiutò a concentrarsi sui Cullen, che erano tutti riuniti accanto a lui per accoglierlo nei primi passi nella sua nuova esistenza.
Un volto in particolare attirò la sua attenzione.
“Bella.”
“Papà...”, mormorò lei, “Finalmente! Mi dispiace così tanto, papà. Ma non c'era scelta. Saresti morto. Io non volevo.”
Charlie le sorrise e disse: “Non fa niente, tesoro. Non è colpa tua. Dunque... E' così che ci si sente...”
“Dipende. Tu come ti senti?”, chiese Carlisle con un sorriso.
“Forte... Immensamente forte. Giuro che non mi ero mai sentito così! Mi sento come se potessi sollevare un'automobile!”, disse Charlie in tono entusiasta.
“E probabilmente è davvero così, amico mio.”
Improvvisamente, Charlie si ritrasse come se avvertisse una sensazione di disagio.
“E' la sete, Charlie. Avverti la sete nella tua gola. Devi bere”, disse Edward percependo i motivi del disagio.
“E tu come lo sai?”, chiese acidamente il padre di Bella.
“Perché leggo nel pensiero, Charlie. Sono un telepate.”
“Tu sei... cosa? Vuoi dire che... leggi nel pensiero?”
“Sì.”
“Leggi in tutte le menti? Sempre?”
“Sì.”
“Ed in tutti questi anni tu hai...”
“Sì”, ridacchiò Edward.
“Fantastico”, brontolò Charlie, “Davvero fantastico.”
I Cullen si concessero un breve momento di ilarità, ma Carlisle li richiamò subito alla realtà: “Ora dobbiamo farlo uscire da qui senza che nessuno lo noti o senza che salti addosso a qualcuno.”
“E come?”, chiese Emmett, “L'ospedale è più sorvegliato della Casa Bianca!”
“E poi dove dovremmo portarlo?”, chiese Rosalie.
“Via da Forks, ovviamente. I Denali lo porteranno con loro, noi li raggiungeremo appena avremo finito qui.”
“Scordatelo”, disse Charlie, “Io non vado da nessuna parte senza mia figlia e mia nipote. Se loro restano, resto anche io.”
Charlie e Carlisle si guardarono negli occhi.
Le iridi rosso fuoco di Charlie brillarono di una luce sinistra.
“Charlie”, disse Carlisle.
“Non cominciare nemmeno, Carlisle. Io resto. E se mi trovo quel bastardo di Wolf tra le mani, lo faccio a pezzi, giuro su Dio.”
“Non ne dubito, Charlie. Il problema è che tu, in quanto neonato, sei... difficilmente controllabile, per così dire. E' troppo pericoloso farti interagire con gli umani, in questo momento. La sete è troppo grande. Non possiamo rischiare che tu uccida qualcuno.”
“'Fanculo la sete! Ti ho detto che non me ne vado. Discorso chiuso. A meno che tu non voglia farmi partire con la forza... Ho sentito i discorsi che Bella ed Edward facevano mentre mi trasformavo, sulla forza dei neonati, eccetera. Pare che io sia una specie di Ercole, dico bene? Allora, Carlisle, vuoi davvero farti un testa a testa con me?”, disse Charlie con un sorriso malizioso.
Carlisle lo guardò con rabbia, poi sospirò e disse: “E va bene, resta. Bella, Edward, occupatevi di lui. Non lasciatelo solo un attimo. Tra poco vi faremo uscire da qui. Andate a casa nostra, ci vediamo là verso mezzanotte.”
“Tu che farai?”, chiese Esme.
“Io organizzo ancora un paio di cose e poi taglio la corda. Con l'ospedale di Forks ho chiuso. In effetti, tutti noi abbiamo chiuso con Forks”, rispose Carlisle con la voce colma di amarezza.
Esme lo abbracciò forte per un lungo momento, poi Carlisle si sciolse da quell'abbraccio e, prima di tornare al pronto soccorso, disse: “Fate attenzione. Quei bastardi potrebbero essere qui intorno.”
 
Nel frattempo, poco lontano da Forks
 
Il generale Langelaan ed i suoi uomini si radunarono a poche miglia dalla Zona Morta di Forks.
“Soldati”, esordì il generale, “Sapete tutti perché siamo qui e qual è lo scopo della missione. Non è necessario ricordarvi l'importanza di ciò che state per fare. Fermare il maggiore Wolf vuol dire fermare una guerra catastrofica che potrebbe anche distruggere il nostro paese. So che molti di voi conoscono e rispettano il maggiore Wolf. La sua fama di soldato è nota. Ma so che siete dei patrioti e che, quando verrà il momento, non esiterete. I Cacciatori del Fuoco devono essere spazzati via. Maggiore De Soto, mi aspetto il massimo da voi.”
“Sissignore, generale. Il maggiore Wolf ed i suoi uomini sono carne morta, signore. Per quanto rispetto potessimo avere per loro, ciò che hanno fatto è imperdonabile. Stia tranquillo, signore, riavrà i suoi Cacciatori del Fuoco... Un pezzo alla volta”, rispose il maggiore De Soto con un sorriso feroce.
Il maggiore De Soto comandava un reparto di appena dodici tra uomini e donne.
Ma valevano quanto un esercito.
Perché erano anche loro Cacciatori del Fuoco.

Zona Morta di Forks, 11 febbraio 2015
 
Bella vagava con aria triste sopra le macerie di casa Cullen, mentre recuperava pochi, semplici oggetti personali rimasti miracolosamente intatti dopo che l'onda d'urto dell'esplosione nucleare che aveva incenerito Forks aveva raggiunto l'imponente, antica residenza della sua famiglia immortale.
L'odore di morte e di putrefazione erano quasi insopportabili.
Esme e Carlisle la guardavano in disparte, seduti sul greto del fiume, accanto a carcasse di animali morti ed alberi rinsecchiti o scaraventati lì come stracci vecchi.
“Edward!”, lo chiamò Bella vedendolo spuntare sulla riva opposta del fiume che lambiva le macerie di casa Cullen.
Edward superò il fiume con un balzo e raggiunse la moglie.
“Allora?”, chiese lei.
Edward scosse la testa tristemente e rispose: “Non c'è rimasta nemmeno una pietra intatta. Ho riconosciuto il posto solo da quella roccia enorme che si vedeva dalla finestra della cucina. Casa nostra è stata spazzata via, Bella. Mi dispiace immensamente, tesoro.”
Bella sospirò tristemente e tornò a scavare quelle poche, piccole cose che riusciva a distinguere tra le rovine ed i calcinacci.
Intanto, dall'altra parte del fiume anche Rosalie, Emmett e Charlie tornarono dalla prima caccia del padre di Bella.
“Come se l'è cavata?”, chiese Bella a Rosalie con un sussurro appena udibile.
“Niente male, considerando che era la sua prima volta. Ci siamo dovuti allontanare di quasi cinquanta chilometri per trovare qualcosa. In effetti lui non ha cacciato, ha massacrato! Avresti dovuto vederlo, da non credersi... Ha decimato un branco di cervi per il puro gusto di ucciderli tutti. Bella, Charlie mi preoccupa. E' pervaso da un furore cieco e pericoloso. Parla con lui, è meglio...”
“D'accordo, grazie Rose”, rispose Bella. Poi, notando i suoi occhi quasi neri, le chiese: “Tu non ti sei nutrita?”
“No”, rispose Rosalie.
“Perché?”
Rosalie sospirò: “Ne avevo preso uno anche io. Lo avevo afferrato e bloccato a terra e poi, mentre stavo per morderlo, ho visto il terrore nei suoi occhi. Tanta paura in una creatura così indifesa... Non ce l'ho fatta. L'ho lasciato andare. Non me la sono sentita di ucciderlo. In effetti, non me la sento di uccidere nemmeno un animale, in questo momento. L'unico che ucciderei volentieri è quel pazzo maniaco del maggiore. A lui squarcerei la gola con immenso piacere, te lo assicuro. Ma quella creatura... Mi sarei strappata un arto piuttosto che morderla.”
“Ma ora avrai ancora più sete...”, mormorò Bella spalancando i suoi occhi color miele.
“Non importa. Tanto, chi vuoi che assalga più qui? Sono tutti morti!”
“Va da Carlisle e fatti dare una delle sacche di sangue che ha portato via dall'ospedale. Hai bisogno di rimetterti in forze, Rose. Non ci serve una vampira sconvolta dalla sete...”
Rosalie sorrise sardonica e rispose: “Perché, pensi che servirebbe a qualcosa di utile una vampira sazia? Guardati intorno, ragazzina. Non c'è rimasto più niente che valga la pena di essere difeso...”
Bella la guardò sedersi per terra ed abbracciarsi le gambe con un'espressione irata.
Non ho tempo per questo, ora, si disse Bella.
La ragazza si avvicinò a Charlie e chiese: “Hai ancora sete, papà?”
“Da impazzire. Dio, ma non passa mai?”
Bella gli sorrise con aria di comprensione e rispose: “Tieni duro. Passerà, certo, ma ci vorrà un po'...”
“Tu come hai fatto a sopportarlo?”
“In verità io sono stata una neonata un po' anomala. Non ho mai sentito la sete travolgermi come accade a te. La vicinanza con gli umani è stata difficile, certo, ma molto meno di quanto sarà per te. Ma tu non devi preoccuparti. Noi ti staremo vicini. E poi ora potremo stare per sempre insieme, papà.”
“Che faremo ora?”
“Jake è andato a La Push a vedere cosa c'è rimasto. Appena ritornerà, faremo il punto della situazione.”
 
Dio, questa non può essere La Push!
Jacob vagava solitario laddove prima c'era una fiorente riserva indiana ed ora c'era solo qualche brandello di muro ancora in piedi, a perenne ricordo della città che lì sorgeva.
Jacob camminò per ore nei luoghi dove era nato e cresciuto ridotti ora ad un piatto paesaggio radioattivo.
Qua e là incontrava un edificio che aveva resistito meglio alla distruzione, una macchina con un cadavere arso vivo all'istante dall'onda termica, un albero morto, la carcassa di un cane ucciso dalle radiazioni...
Dopo un po', Jacob arrivò laddove c'era casa sua.
La vista dell'enorme cratere che la bomba aveva scavato al suo posto fu l'ultimo shock prima di un totale crollo emotivo.
Il giovane cadde in ginocchio e cominciò a piangere irrefrenabilmente pensando all'anziano padre che si spostava con difficoltà sulla sua carrozzina, ai momenti belli e brutti che aveva vissuto in quel luogo, ai tanti amici che avevano accolto in quell'umile ma dignitosa dimora...
Jacob raccolse un pugno di terriccio misto a cenere e poi aprì la mano per vederlo disperdersi nel vento che veniva dall'oceano.
“Addio, papà...”, mormorò Jacob.
Poi si alzò, diede un ultimo sguardo al luogo natio, e se ne andò per non farvi mai più ritorno.
 
USS Sea Tiger, da qualche parte nelle profondità del Nord Atlantico
 
“Ci siamo, signore”, confermò il signor Cobb, ufficiale in seconda del sottomarino, “Abbiamo raggiunto la fine dei canaloni.”
“Sonar, qui plancia”, chiamò il comandante Carrera all'interfono, “Scansione sonar passiva ad ampio raggio. C'è traccia di contatti sommersi?”
“Plancia, qui sonar. Negativo per contatti sommersi o di superficie nel raggio di venti miglia dalla nostra posizione.”
“Bene! Siamo arrivati prima del nostro russo furbacchione!”, esclamò il tenente Cobb.
“Così pare...”, mormorò il comandante, “Ora non ci resta che aspettare.”
 
Ottobre Rosso
 
“Ancora niente da Mosca, Vassili?”, chiese il comandante Sergetov al suo secondo in comando.
“No, comandante, ancora nessuna comunicazione. A quanto pare, i nostri capi ed i loro stanno ancora negoziando. Forse, alla fine, finirà tutto bene e ce ne potremo tornare a casa”, rispose questi.
“Domani a quest'ora saremo fuori dai canaloni”, disse Sergetov osservando la carta nautica.
“Pensa che l'americano sarà lì ad aspettarci?”
“Certo. Assolutamente. Perciò dovremo essere pronti. Lasci riposare l'equipaggio ancora dodici ore, Vassili, poi metta l'equipaggio ai posti di combattimento. Voglio i siluri nei tubi di lancio per quando saremo fuori. Velocità cinque nodi, andatura silenziosa.”
“Che faremo se l'americano sarà lì?”
“Gli faremo pentire di averci seguito, Vassili.”
 
Ospedale di Forks, 12 febbraio 2015
 
“Insomma, dottor Weinstein, lei mi sta dicendo che il dottor Cullen è scomparso?”
“Sì, colonnello Carlson. Da ieri sera non abbiamo più sue notizie e non siamo in grado di rintracciarlo.”
“E' sicuro che non gli sia successo qualcosa?”
“Non saprei dirglielo. In effetti, il suo comportamento è stato molto strano da quando è esplosa la bomba.”
“Strano? Si spieghi...”
Il dottor Weinstein tirò fuori un DVD dalla tasca del camice e lo consegnò al colonnello Carlson: “Non so se faccio bene a darglielo, colonnello. Carlisle è un amico. Ma gli ho visto fare delle cose... E poi sapeva che stava per scoppiare la bomba...”
“Cosa? Lo sapeva in anticipo?”
“Sì, colonnello. E' stato lui a dare l'allarme, giusto in tempo per mettere i pazienti al riparo nel garage sotterraneo. Ed è stato allora che ho visto lui ed i suoi figli fare... Fare... Beh, guardi il DVD e vedrà con i suoi occhi.”
“Cos'è questo DVD?”
“E' una registrazione delle telecamere a circuito chiuso dell'ospedale. La registrazione si interrompe quando la bomba esplode per via dell'impulso elettromagnetico, ma finché il registratore ha funzionato, ha registrato tutto. Lo guardi, colonnello, e si renderà conto da sola di quello che intendo...”
 
Incredibile, pensò il colonnello Carlson dopo aver visto il contenuto del DVD, chi diavolo è davvero questo dottor Cullen? E come diavolo faceva a muoversi in quel modo ed a quella velocità?
Il colonnello Carlson rimase per altri dieci minuti buoni a riflettere su ciò che aveva visto, poi afferrò il telefono e disse: “Tenente, mi metta in comunicazione col comando di brigata.”
 
“Langelaan”, disse il generale in tono secco rispondendo al telefono.
“Generale, le passo il colonnello Carlson, comandante del 507° Reggimento Sanità, dall'ospedale di Forks. Dice che è molto urgente.”
Forks? Guarda un po’..., si disse il generale Langelaan: “Me la passi.”
“Generale Langelaan?”, disse una voce femminile non appena la comunicazione fu attivata.
“Sì, colonnello, mi dica.”
“Scusi se la disturbo, signore, ma devo segnalarle una situazione insolita qui all'ospedale di Forks.”
“Insolita? In che senso, colonnello?”
“E' sparito un medico, il primario anziano dell'ospedale.”
Tutto l'interesse del generale Langelaan evaporò all'istante: “E allora? La sparizione di un dottore? E' per questo che mi chiama, colonnello? Ho cose ben più importanti di cui occuparmi che non di un semplice dottorino!”
“Mi perdoni, generale, ma forse di questo dottorino farebbe bene a preoccuparsi”, rispose il colonnello, ignorando il tono irato del superiore.
“Si spieghi”, ordinò il generale Langelaan in tono secco.
“Signore, le ho inviato una staffetta con un DVD che dovrebbe vedere. E' un DVD che proviene dal circuito di registrazione interno dell'ospedale di Forks. Lo guardi, signore. E' importante. Forse abbiamo trovato qualcuno che sa qualcosa riguardo quello che è accaduto qui. Attenderò che mi richiami dopo che lo avrà fatto.”
 
La staffetta giunse dieci minuti dopo il termine della comunicazione e subito il generale Langelaan inserì il DVD in un lettore.
Sullo schermo apparve la vista di una corsia dell'ospedale di Forks, con molte porte che conducevano nelle stanze dei pazienti. In basso a destra dello schermo c'erano la data e l'ora della registrazione e segnavano cinque minuti prima dell'esplosione.
Improvvisamente, un'ombra si mosse nell'immagine e, subito dopo un letto con un paziente sopra apparve in mezzo al corridoio.
“Che diavolo...”, mormorò il generale Langelaan raddrizzandosi sulla sedia ed avvicinandosi allo schermo.
Subito dopo un altro letto diagnostico apparve dal nulla in mezzo alla corsia, affiancato all'altro. Dietro i due letti c'era un uomo biondo col camice da dottore che li spingeva verso l'ascensore come se non pesassero nulla e senza alcuno sforzo apparente.
Pochi secondi dopo, altri due letti apparvero in mezzo al corridoio di fronte alla stanza successiva ed una ragazzina alta sì e no un metro e cinquanta li spingeva anche lei come se fosse dotata di una forza erculea.
Il generale Langelaan rimase ad osservare incredulo mentre tutti i pazienti della corsia vennero evacuati in meno di due minuti da dei giovani poco più che liceali, tutti fortissimi e velocissimi, che spingevano via a coppie letti diagnostici del peso minimo di duecento chili l'uno come se fossero fuscelli.
Poi, circa due minuti dopo l'evacuazione dell'ultimo paziente, vi fu una luce fortissima proveniente dalle finestre della facciata rivolta a nord dell'ospedale e, nel giro di pochi secondi, la registrazione si interruppe.
Il generale Langelaan rimase a fissare incredulo lo schermo per parecchi minuti.
Che cosa ho visto? Chi sono quelle persone? E come c'entrano con tutta questa storia? Mio Dio, in che cosa mi sono imbattuto qui?
A quel punto, il generale Langelaan afferrò il telefono, premette un pulsante di chiamata automatica e, non appena la voce dall'altro capo del filo rispose, disse: “Generale Robinson, forse il maggiore Wolf non è l'unica cosa soprannaturale che c'è qui a Forks, signore.”
“E' una linea sicura?”, chiese il SACEUR.
“Signorsì. Signore, le sto facendo inviare via satellite una registrazione delle telecamere di sicurezza dell'ospedale di Forks riferite a cinque minuti prima dell'esplosione. Penso proprio che dovrebbe dargli un'occhiata...”

Zona Morta di Forks, 13 febbraio 2015
 
“Langelaan”, rispose come al solito il generale alzando la cornetta del telefono.
“Reb, qui il SACEUR. Ho visto il DVD”, disse il generale Robinson in tono asciutto, “Ed ho avuto un'idea...”
“Signore?”
“Reb, pensaci. Questo dottor Cullen ci ha fornito un perfetto capro espiatorio su un piatto d'argento! Prima che Forks saltasse in aria, l'FBI stava conducendo delle indagini su di lui relative a degli omicidi avvenuti il mese scorso che, per le modalità utilizzate, sono sicuramente riconducibili al maggiore Wolf ed ai suoi. L'agente responsabile dell'indagine, Susan Mallory, morta nell'esplosione, aveva inviato un rapporto preliminare secondo cui c'era qualcosa che non tornava nella documentazione anagrafica di questi Cullen. Lei pensava che fosse completamente fasulla. Quindi, Reb, se uniamo questo a quanto si vede nel DVD... Avanti, fai due più due...”
“Abbiamo un capro espiatorio perfetto fornitoci dall'FBI... Sì, può funzionare! Come intende procedere, signore?”
“Reb, devi passare tutte le informazioni raccolte dall'FBI attraverso i canali ufficiali unitamente al DVD. Tu devi sottolineare che i Cullen erano già sospettati dall'FBI di omicidio plurimo ma che, a questo punto, non è improbabile che siano invece una cellula terroristica che ha usato armi nucleari ottenute di contrabbando su Volterra e su Forks. Possiamo dire che le hanno comprate loro da quel mafioso russo, quel Kamarenko che è saltato in aria ad Odessa qualche tempo fa. I nostri ci crederanno perché è una storia assolutamente plausibile e supportata dai fatti, i Russi ci crederanno perché offre loro la via d'uscita da questo casino che stanno disperatamente cercando... Anzi, è probabile che alla fine ci daranno addirittura una mano! E' perfetto, Reb!”
“Sì, signore. Un ottimo piano. E col maggiore Wolf che si fa?”
“Procedi come stabilito. Wolf va eliminato e con lui tutti coloro che potrebbero smentire la nostra ricostruzione dei fatti.”
“A questo proposito, signore, il maggiore De Soto ed i suoi uomini sono a conoscenza dei fatti per come sono in realtà...”
“Reb, ascoltami: nessuno, e ripeto nessuno, di coloro che sanno come stanno le cose in realtà deve uscire vivo dalla Zona Morta di Forks. E' imperativo, Reb. Se De Soto ed i suoi sanno, allora devi provvedere. L'alternativa è la guerra con i Russi. Di fronte a ciò, il reparto del maggiore De Soto è sacrificabile. Inoltre, Reb, ne va delle nostre stesse vite: se la cosa si sa, non ci mettono a pulire cessi. Ci mettono al muro e ci fucilano tutti e due. Chiaro, generale Langelaan?”
“Assolutamente, signore. Stia tranquillo. Chiuderò tutti i conti in sospeso.”
“Eccellente, Reb. Davvero eccellente...”
 
Bunker sotterraneo di Cheyenne Mountain, 13 febbraio 2015
 
“Generale Langelaan, è sicuro di questa ricostruzione dei fatti?”
“Si, signor Presidente. Assolutamente. I Russi potrebbero davvero non entrarci nulla in tutta questa storia, ma essere vittime esattamente come noi. Chissà, magari lo scopo finale di questi terroristi era davvero quello di farci entrare in guerra con la Russia nella speranza che ci distruggessimo a vicenda!”
“Incredibile...”, mormorò il Segretario alla Difesa, “Signor Presidente, si rende conto che per colpa di questi fanatici abbiamo rischiato una guerra nucleare con la Russia? Mio Dio... Signore, dobbiamo informare i Russi di questi sviluppi. I negoziati sono ad un punto morto, siamo ad un passo dalla guerra. Questo potrebbe far rientrare tutto!”
“Sì, ha ragione”, disse il Presidente degli Stati Uniti, “Capitano, attivi la Linea Rossa, devo parlare con il Presidente russo immediatamente.”
 
Il Cremlino, Mosca, 13 febbraio 2015
 
“Allora, Maresciallo Ustinov, che ne pensa?”, chiese il Presidente russo in tono ansioso.
“E' la via d'uscita che abbiamo cercato per giorni, signore. E sono proprio gli Americani a fornircela! Dobbiamo accettare. Inoltre, ci permette di uscire da questa situazione senza sembrare deboli. E' perfetta. Anzi, fossi in lei, offrirei aiuto militare agli Americani per sbarazzarsi di questi terroristi. Potremmo inviargli un paio di squadre Spetznatz (Spetzial'nogo Naznacenija, Raggruppamento Operazioni Speciali, forze speciali russe, NdA) come gesto di buona volontà, per dimostrare che siamo uniti agli Americani nella lotta al terrorismo...”
“Ottima idea, Maresciallo. Lo faccia, io informerò gli Americani. Sono certo che il loro Presidente accetterà!”
“Solo una cosa, signore”, intervenne il direttore dell'FSB, “C'è qualcosa che non mi quadra nella ricostruzione che ci hanno fornito gli Americani. Ad esempio, sappiamo che è stato un certo Daniel Ducroix, un ex militare francese, ad incontrare Kamarenko ed a comprare le bombe. Sappiamo che è stata Gianna De Marco a portarne una a Volterra ed a distruggere la città. Questi Cullen da dove escono fuori?”
“Ha importanza?”, chiese il Presidente russo, “Forse loro sono i mandanti di Ducroix e della De Marco. O forse no e, comunque, che importanza ha? Direttore Filitov, gli Americani sono sicuri che sono stati loro ad ideare e realizzare questa... mostruosità. Ebbene, perché dissuaderli? Devo forse ricordarle a che punto siamo? Abbiamo oltre cinquecento missili intercontinentali americani puntati contro, noi ne abbiamo altrettanti puntati contro le maggiori città americane, ce n'è abbastanza da ridurre il mondo ad un deserto radioattivo! Le chiedo di nuovo, ha importanza se i colpevoli sono loro o no? Quello che importa, è che possiamo ritirarci con onore, salvare le relazioni con gli Americani e dimenticare questa brutta storia senza danni per il nostro paese. Per quanto riguarda questi Cullen... Che marciscano all'inferno! Capitano, scriva!”
 
Signor Presidente degli Stati Uniti, previa disamina delle prove che ci avete fornito, accettiamo la vostra ricostruzione dei fatti. Vi offriamo piena assistenza militare per combattere questa minaccia. Per quanto riguarda la sorte dei terroristi coinvolti, qualsiasi azione intraprenderà verso di loro e qualsiasi mezzo utilizzerà per eliminarli, la Federazione Russa non porrà obiezioni né ora, né in futuro. Noi ce ne laviamo le mani. Volevano distruggerci tutti. Che vadano all'inferno.
 
“Questo è parlar chiaro!”, esclamò il Presidente degli Stati Uniti leggendo il messaggio, “Ebbene, signori, ora come si procede?”
“Signor Presidente”, intervenne il generale Robinson che era collegato in videoconferenza dal suo comando di Bruxelles, “Innanzitutto le suggerisco di accettare l'offerta russa di aiuto militare. Gli Spetznatz sono soldati eccezionali e ci saranno senz'altro utili. Signore, attualmente tutte le nostre forze speciali sono sparpagliate tra i vari teatri di operazioni in giro per il mondo e ci vorrebbe troppo tempo per averne in numero sufficiente da affrontare la minaccia. Suggerisco di affiancare ai Russi due squadre SEAL dalla base di San Diego e le truppe che abbiamo a Forks, per la precisione la 3a Brigata della 1a Divisione Meccanizzata. Useremo queste truppe per stendere un cordone sanitario che impedisca a chiunque di entrare o uscire dalla penisola Olimpica. Il gruppo da battaglia della portaerei Eisenhower opererà in funzione di blocco navale, cosicché nessuno potrà andarsene via mare. Li intrappoleremo lì, li rastrelleremo e li faremo a pezzi.”
“Ottimo piano, generale Robinson.”
“Grazie, signore. Suggerisco inoltre di affidare il comando al generale Langelaan, mio secondo in comando, che si trova già sul posto.”
“Sì, d'accordo, generale. Proceda come stabilito. Mi aspetto che catturiate questi bastardi entro pochi giorni.”
“Non si preoccupi, signor Presidente. Non ci sfuggiranno!”
 
Il Cremlino, Mosca
 
Il Presidente russo si sentiva immensamente sollevato per come si era improvvisamente risolta la crisi con gli Americani. Per prima cosa, ordinò il ritiro delle truppe al confine russo-polacco e il ritorno alla condizione operativa del normale tempo di pace. Poi, sprofondato nella lussuosa poltrona del suo ufficio, si concesse un bicchierino di vodka col Maresciallo Ustinov.
“E' andata bene, Andrei Michailovic. Ci è andata davvero bene...”
“Sì, signore. Stavolta ho davvero temuto che avrei assistito alla distruzione del nostro paese. Per fortuna c'è stato questo colpo di scena dell'ultimo minuto.”
“Il direttore dell'FSB è convinto che ci sia qualcosa di strano nella ricostruzione fatta dagli Americani.”
“In effetti, ne sono certo anche io. Ma alla fine è il risultato che conta. Di questi Cullen in tutta onestà non me ne importa nulla. Se devono morire affinché tra Russia e Stati Uniti vi sia pace... Beh, amen!”
In quel momento, l'aiutante di campo del Maresciallo Ustinov entrò nella stanza e diede un messaggio al suo ufficiale comandante.
Il Maresciallo lo lesse ed il suo sguardo si adombrò.
“Che succede, Maresciallo? Problemi?”, chiese il Presidente.
“Forse... Non riusciamo più a comunicare con un nostro sottomarino lanciamissili, l'Ottobre Rosso, uno dei nuovi Typhoon. Finora, tutti i tentativi di trasmettergli l'ordine di rientro sono falliti. Probabilmente si tratta solo di un banale problema di comunicazioni...”
 
Ottobre Rosso
 
“E' grave il danno?”, chiese il comandante Sergetov in tono ansioso.
“Abbiamo perso la boa radio, signore. Il cavo si è impigliato in uno spuntone roccioso e si è tranciato. Abbiamo perso la possibilità di comunicare restando in immersione”, rispose l'ufficiale alle comunicazioni.
Sergetov proferì una bestemmia in tono furioso, poi si rivolse al suo secondo e disse: “Vassili, non possiamo riemergere per comunicare, non con quel maledetto Seawolf alle calcagna! Se dovesse essere scoppiata la guerra, ci affonderebbe prima ancora di arrivare a quota periscopica!”
“Ma così non sappiamo se la guerra c'è oppure no!”, rispose il signor Kafelnikov, “Non sappiamo nemmeno se dobbiamo lanciare i nostri missili o no!”
“Quanto manca all’uscita dai canaloni?”
“Due ore, due ore e mezza forse.”
“Posto di combattimento, signor Kafelnikov.”
“Signore, che intende fare?”
“Dobbiamo comunicare col comando, Vassili. Ma non possiamo rischiare finché quel sottomarino americano è in agguato. Se la guerra è già scoppiata e lui ci sta aspettando, la prima e l'ultima cosa che il nostro sonar sentirà sarà il rumore di due siluri Mark 48 che ci vengono addosso e allora sarà troppo tardi. Guerra o no, l'unico modo per comunicare in sicurezza col comando è sbarazzarci prima del Seawolf. Vassili, se vogliamo compiere la nostra missione, qualunque essa sia, dovremo comunque affondarlo.”
 

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Capitolo Ventinove.
 
SEATTLE EVACUATA! - Ieri pomeriggio è arrivata dall'ufficio del Governatore dello stato di Washington la notizia che, a causa del mutamento nella direzione dei venti che stanno convogliando il fallout radioattivo dalla Zona Morta di Forks verso l'interno e non più sull'Oceano pacifico, la città di Seattle dovrà essere immediatamente evacuata dalla popolazione. La Guardia Nazionale dello stato è in allerta pronta all'impiego per mantenere l'ordine pubblico e permettere un'evacuazione ordinata. Si segnalano comunque diversi episodi di saccheggio di grandi magazzini e negozi di alimentari da parte di bande o anche di singoli. La Polizia di Seattle non ha l'organico sufficiente per far fronte all'emergenza. I nostri esperti ci dicono che, data l'elevato tempo di dimezzamento degli isotopi del plutonio trasportati su Seattle, è probabile che la città debba essere definitivamente abbandonata.
 
USA Today
 
Zona Morta di Forks, tardo pomeriggio del 13 febbraio 2015
 
L'atmosfera nei boschi attorno a Forks era spettrale.
Tutto odorava di morte e di putrefazione.
Le immense sequoie caratteristiche del paesaggio erano diventate l'emblema di una gigantesca natura morta fatta solo di silenzio, buio e disperazione.
In mezzo a quel nulla, i Cullen, i Denali ed i lupi aspettavano, riuniti attorno ad un fuoco.
Una radio a transistor, recuperata dalle rovine di casa Cullen ed ancora funzionante, era il loro unico contatto con il mondo.
“Avete sentito le notizie di oggi? Stanno evacuando Seattle”, disse Jacob.
“Già. E forse anche Vancouver dovrà essere evacuata... La ricaduta radioattiva è arrivata fino a lì”, disse Sam.
“Come sta Emily? L'hai vista?”, chiese Carlisle.
“Sta bene. Migliora di ora in ora. Il tuo amico, quel dottor Weinstein è davvero bravo.”
“Sì, è uno dei migliori con cui abbia mai lavorato.”
“Ha chiesto di te. Voleva sapere dov'eri finito. Ovviamente gli ho detto che non ti vedo da giorni. C'erano anche dei soldati con lui e quel colonnello che comanda all'ospedale.”
“Grazie. Hai altre notizie sui superstiti?”
“Continua a morire gente, Carlisle. Alla fine ne avrà ammazzati più la radioattività che la bomba in sé...”
“Che si fa adesso?”, chiese Eleazar, “Non possiamo restarcene qui con le mani in mano in eterno!”
“E che potremmo fare, eh Eleazar?”, gli rispose Rosalie, “Ci sono soldati dappertutto ed è probabile che il maggiore ed i suoi ci stiano ancora dando la caccia... In ogni caso, prima di andarcene, dobbiamo chiudere i conti con lui!”
“Rose ha ragione”, disse Jasper, “E' arrivato il momento di farla finita una volta per tutte. Ed io so come.”
“Spiegati”, disse Emmett, mentre Edward assunse un'aria inorridita.
“Starai scherzando, spero...”, disse Edward a Jasper.
“Per niente. E' sempre stato lui a scegliere il momento ed il luogo dell'attacco. Stavolta saremo noi.”
“Jasper...”
“Edward, ci vuoi spiegare?”, chiese Emmett, che venne ignorato.
“No, Edward, non cominciare neppure.”
“Quello che vuoi fare... Noi non siamo così!”
“Oh, ti prego, risparmiami la tua indignazione”, rispose Jasper con una smorfia di disgusto verso il fratello, “Io farò ciò che ho deciso e nessuno riuscirà a fermarmi. Vedi, ci sono tre modi di affrontare questa prova: il modo, giusto, il modo sbagliato e quello militare. Abbiamo fallito il modo giusto, abbiamo perseguito fin troppo il modo sbagliato... Ora è il momento di risolvere la cosa col modo militare, e cioè con gli stessi metodi e la stessa spietatezza del maggiore Wolf.”
“Non mi piace, Jazz...”
“Non ti deve piacere. Edward, siamo arrivati alla resa dei conti. E' giunto il momento di scegliere se vuoi essere quello che viene crocifisso o quello che pianta i chiodi! Ora, fratello, se devo scegliere tra la nostra morale e ciò che va fatto, io scelgo ciò che va fatto!”
“Allora, ragazzi, qualcuno vuole spiegare anche a noi ciò di cui state parlando?”, esclamò Emmett spazientito.
“Certo. Ecco il mio piano...”
 
Nelle profondità oceaniche tra Scozia ed Islanda, 13 febbraio 2015
 
I Gemelli di Thor erano due enormi speroni rocciosi paralleli l'uno all'altro, che si ergevano dal fondale marino verso la superficie fino ad una profondità di oltre centosessanta metri come gli stipiti di una gigantesca porta che conduceva agli abissi dell'Atlantico Settentrionale.
Il Sea Tiger incrociava a quelle profondità da più di ventiquattro ore, in attesa di quella che si supponeva dovesse essere la sua preda.
“Sonar, qui plancia. Niente di nuovo?”, chiese il comandante Carrera per l'ennesima volta nelle ultime quattro ore.
Dove cazzo è finito quel maledetto russo? Doveva essere qui da ore, ormai!
“Plancia, qui sonar”, disse una voce monocorde all'interfono di bordo, “Contatto negativo con il Typhoon. Forse se l'è svignata, signore...”
Carrera ignorò l'ultimo commento dell'ufficiale addetto al sonar e si concentrò sulla carta nautica.
No, non se l'è svignata. Non poteva. Una volta nei canaloni poteva arrivare solo fino a qui. Se fosse uscito prima, l'avremmo rilevato, pensò Carrera, No, è ancora lì, ne sono sicuro!
“Signor Cobb.”
“Signore?”
“Il russo è vicino. Ha rallentato sperando che noi credessimo che se l'era svignata. Ma lui è ancora lì, da qualche parte, in attesa. Questa sarà una gara di resistenza, Arthur. Ma prima o poi, dovrà venire fuori da lì... E noi ci saremo. Posti di combattimento. Camera di lancio siluri in primo grado di approntamento.”
“Agli ordini, signore!”
 
Ottobre Rosso
 
“Quanto manca ai Gemelli di Thor, signor Kafelnikov?”, chiese il comandante Sergetov.
“Ci siamo. Cinquemila metri dritto di prua. Tempo stimato di arrivo alla velocità attuale, un'ora.”
“Bene. Posti di combattimento. Caricare i siluri nei tubi di lancio.”
“Sissignore!”
 
USS Sea Tiger
 
“Plancia, qui sonar! Rilevato contatto sommerso! Si sente appena, signore... Sta andando pianissimo... Ma avverto il rumore delle pompe di raffreddamento del reattore... Sì, è lui, signore! Sono qui!”
La voce eccitata dell'ufficiale sonarista non scalfì l'imperturbabilità esteriore del comandante Carrera, ma dentro di sé egli aveva un turbinio di emozioni.
Finalmente ci siamo!
“Timoniere, barra tutta a sinistra. Voglio mettermi di poppa al bersaglio. Lanciate una boa radio in superficie, dobbiamo informare il comando del rilevamento del nemico e della nostra intenzione di attaccare.”
“Come signore? Vuole attaccare? Ma non abbiamo ordini in tal senso dal comando! I nostri ordini sono ancora di inseguire, non di attaccare...”
“...A meno che io non ritenga che la nave sia minacciata, ricorda signor Cobb? I Russi hanno ordinato il rientro in porto a tutta la flotta, ma questo qui sta continuando nella sua rotta originaria. E se non avesse intenzione di conformarsi agli ordini?  E se non fosse in grado di comunicare col comando? Ebbene, io ritengo che questo sottomarino sia una minaccia alla nave ed al nostro paese ed intendo attaccarlo prima che lo faccia lui. Ed ora esegua i miei ordini, signor Cobb. Adesso.”
L'ufficiale in seconda si guardò attorno e vide le facce di tutti coloro che si trovavano in plancia voltate verso di lui, in attesa degli eventi.
Il signor Cobb si concesse ancora un attimo di esitazione, poi si rivolse all'ufficiale alle comunicazioni e disse: “Boa radio in superficie, signor Michaels. Trasmettere al comando che attacchiamo appena pronti.”
Inizia la partita..., pensò il comandante Carrera.
 
Zona Morta di Forks, nella notte tra il 13 ed il 14 febbraio 2015
 
Cacciatore Sei, un ex Marine di origine cubana, stava perlustrando la zona nei dintorni delle rovine di casa Cullen.
Si muoveva prudente e silenzioso, fermandosi ogni tanto ad ascoltare il silenzio spettrale tutt'attorno a lui.
“Cacciatore Sei, qui Leader”, disse la voce del maggiore Wolf nell'auricolare, “Rapporto.”
“Niente, signore. Ho trovato i resti di un fuoco da campo, ma quando sono arrivato se n'erano andati da un pezzo. Sto ancora perlustrando i dintorni di casa Cullen, ma di quei bastardi nessuna traccia, signore.”
“Ottimo rapporto, Sei. Continua a perlustrare la zona. Nuovo rapporto tra mezz'ora, se non ci sono novità.”
“Ricevuto, signore.”
Cacciatore Sei ricominciò a muoversi nel silenzio con agilità felina, osservando con attenzione e scrupolo tutt'intorno a sé e restando nascosto o mimetizzato tra ciò che restava della rigogliosa natura attorno a Forks.
Ciò che Cacciatore Sei non fece mai fu di guardare verso le cime degli alberi...
 
Jasper, dall'alto dei rami di una sequoia, vide il suo nemico avanzare lentamente e meticolosamente verso la sua direzione e si preparò all'attacco.
Non appena il Cacciatore del Fuoco giunse sotto di lui, Jasper gli si lanciò addosso con velocità sovrumana.
Malgrado fosse stato colto di sorpresa, Cacciatore Sei si divincolò con forza e riuscì a spezzare la presa di Jasper, poi estrasse il coltello e si voltò per affrontare il vampiro.
Jasper ringhiava ed era acquattato in posizione d'attacco, come un cobra pronto a colpire.
“Guarda guarda, Jasper Cullen... Oggi è il mio giorno fortunato!”, disse Cacciatore Sei con un ghigno feroce.
“Non credo proprio...” ringhiò Jasper.
“Come dici tu, amigo. Andiamo, fammi vedere quello che sai fare!”, lo sfidò il Marine.
Jasper cominciò a ringhiare sempre più forte, mentre Cacciatore Sei assunse una posizione di difesa e si concentrò sul suo nemico e su quelli che potevano essere i suoi punti deboli. Uno alla volta, identificò i punti da colpire che potevano causare al vampiro il maggior danno e si preparò a colpirli... Quando un maglio titanico lo colpì proprio al centro della schiena con violenza inaudita, mandandolo a sbattere con la faccia contro un tronco d'acero caduto.
Intontito dal colpo, Cacciatore Sei si ritrovò a terra immobilizzato da Jasper ed Emmett, che si era appostato su un albero vicino in attesa del momento giusto per colpire di sorpresa.
A quel punto anche Edward e Carlisle si fiondarono sul Cacciatore del Fuoco uscendo fuori dal cuore nero della foresta come spettri usciti da un incubo.
Cacciatore Sei lottò con furia, ma il risultato era inevitabile e si materializzò quando Edward lo colpì in testa con violenza facendogli perdere i sensi...
 
Cacciatore Sei riaprì gli occhi circa venti minuti dopo all'accampamento dei Cullen e degli altri, in mezzo alla foresta.
La prima cosa che udì fu un ringhio feroce e sommesso e la prima che vide fu la bocca irta di denti affilatissimi di un lupo rossiccio immenso, a pochi millimetri dal suo naso.
“Jacob, lascialo. Non ora”, disse una voce fredda e misurata dietro di lui.
“Dove... Dove sono?”, chiese Cacciatore Sei ancora intontito.
“Sei da qualche parte nell'inferno che tu ed il tuo maggiore avete creato”, rispose la voce.
Cacciatore Sei provò ad alzarsi, ma si rese conto di essere legato molto strettamente e, malgrado tentasse, non riusciva a fare leva per liberarsi in qualche modo.
Allora, il soldato scosse la testa con vigore per scuotersi dal torpore e mise a fuoco la vista.
Su di lui, torreggiava Jasper Cullen con un'espressione neutra sul volto. Dietro di lui, c'erano tutti gli altri Cullen e quelli che dovevano essere i Denali, pensò il Marine. In mezzo a loro, dei lupi immensi lo guardavano come se fossero pronti a divorarlo.
Cacciatore Sei, con un notevole sforzo, si mise in posizione seduta appoggiandosi con la schiena ad un grosso masso, poi rivolse a Jasper un sorriso sardonico e disse: “Ben giocata, amigo. Sei stato bravo, davvero. Non è facile cogliermi di sorpresa. Ed ora che mi hai preso, che succede? Mi ammazzi?”
Jasper continuò a guardarlo senza rispondere, finché dalla radio del soldato non uscì, inconfondibile, la voce del maggiore Wolf: “Sei, qui Leader. Rapporto.”
Allora Jasper raccolse la radio e rispose in tono beffardo: “Sei non è qui, Alan. E' fuori a giocare...”
Ci fu un lungo attimo di silenzio, poi il maggiore chiese in tono ingannevolmente calmo: “Dov'è il mio uomo?”
“E' qui con noi, Alan. Vivo... per il momento.”
“Perché non lo avete ucciso?”
“Perché volevo che sentissi mentre lo facevo, Alan”, rispose Jasper mellifluo; poi guardò Alice, che gli rivolse un cenno di assenso e, con rapidità inumana, afferrò Cacciatore Sei con una mano, lo tirò su e lo pugnalò in mezzo al petto col suo coltello da combattimento.
Cacciatore Sei emise un urlo di dolore mentre la lama gli penetrava in mezzo al petto e poi un lungo rantolo, mentre scivolava lentamente ed incredulo verso l'incoscienza.
Fatto ciò, Jasper si girò verso la sua famiglia con un sorriso feroce dipinto sul volto.
Carlisle lo guardava inorridito.
Edward lo guardava con disgusto.
Emmett con sconcerto.
Bella e Rosalie con paura.
Esme con una tristezza infinita sul volto.
Charlie guardò il sangue che usciva a fiotti dalla ferita del nemico e vi si gettò sopra per nutrirsi, vanamente trattenuto dalla figlia.
Alice, per parte sua, mantenne un'espressione neutra ed indifferente.
I Denali mantennero un certo distacco.
I lupi ulularono di rabbia e di vittoria.
Allora Jasper premette il pulsante di comunicazione della radio e disse: “Il tuo Cacciatore Sei se n'è appena andato all'altro mondo, Alan. Meno uno, amico mio...”
Ci fu un attimo di pausa, poi la voce del maggiore Wolf, colma di rabbia a stento trattenuta e di spietata determinazione, uscì dalla radio: “Sei morto, bastardo. Mi senti? Giuro su Dio, nemmeno ti immagini la velocità e la violenza con cui sto venendo a prenderti per finirti!”
“Provaci”, rispose Jasper in tono asciutto.
Una notte di furore e di vendetta era appena cominciata...
 
Poco lontano, tra la Zona Morta di Forks e la Zona Morta di La Push
 
Il maggiore De Soto era in attesa con i suoi uomini, quando una comunicazione via satellite arrivò sul suo computer portatile.
Il messaggio conteneva delle coordinate geografiche ed il file audio di una comunicazione radio intercettata da un satellite spia della CIA ed immediatamente girata al generale Langelaan che, a sua volta, l'aveva inoltrata a De Soto.
Il maggiore De Soto ascoltò la registrazione, che conteneva la comunicazione tra Jasper Cullen ed Alan Wolf e udì chiaramente il momento della morte di Cacciatore Sei.
Appena finito di ascoltare, un feroce sorriso da squalo si dipinse sul suo viso coperto di pittura mimetica, come quello dei suoi uomini.
Sembra proprio che Alan abbia trovato pane per i suoi denti... Questo facilità le cose. Vuol dire che lui ed i superstiti della sua squadra non si aspettano che stiamo arrivando. Magnifico!, pensò De Soto.
Poi, con un cenno silenzioso, ordinò ai suoi di muoversi verso il luogo del destino...
 
Un altro plotone ricevette la stessa comunicazione da parte del proprio comando.
Lo Spetznatz Gruppe Alpha, unità d'elite dell'Armata Rossa inviata da Mosca per aiutare gli Americani a distruggere i presunti responsabili di una quasi guerra nucleare tra Russia ed America, si trovava poche miglia fuori Forks in missione di ricognizione al comando del maggiore Arkady Renkov.
Immediatamente, Renkov spiegò la cartina della zona che aveva in dotazione e fece gli opportuni rilievi con il navigatore GPS (Global Positioning System, Sistema di Posizionamento Globale, NdA) per determinare la presunta posizione dei presunti terroristi che era stato mandato a distruggere.
Con un cenno del capo indicò la direzione alla sua destra ed attese che i suoi uomini sfilassero per mettersi in coda alla colonna.
I Cullen ed i Cacciatori del Fuoco ne erano ignari, ma arrivavano i Russi.
 
I Gemelli di Thor, Oceano Atlantico, mattina del 14 febbraio 2015, ora di Seattle.
 
Il Sea Tiger manovrò velocemente per mettersi di poppa all'Ottobre Rosso ed avere così la migliore posizione di vantaggio per lanciare i propri siluri.
Stranamente però, l'Ottobre Rosso continuava a mantenere una rotta rettilinea, senza alcuna manovra evasiva, né tentativo di reazione.
Che diavolo sta facendo? Possibile che non immagini che siamo qui? Noi siamo silenziosissimi ed il suo sonar è peggiore del nostro, ma un comandante così astuto non può fare una bestialità del genere...
Improvvisamente, un ping lungo ed acuto percorse il Sea Tiger da poppa a prua, gelando il sangue nelle vene del comandante Carrera; subito, la voce dell'ufficiale al sonar eruppe dall'interfono: “Plancia, nuovo contatto identificato Sierra Due, a poppavia, distanza quattromila metri... Il contatto ha usato il sonar attivo per rilevare la nostra posizione e la distanza. Il computer identifica il contatto Sierra Due come sottomarino russo d'attacco a propulsione nucleare classe Akula (Squalo in russo, NdA)!”
Carrera rifletté velocemente, con il suo cervello che processava veloce come un computer: Perché quel sottomarino ha usato il sonar attivo? Così facendo ha rivelato la sua posizione. Perché ha avuto bisogno di rilevare la distanza...
Improvvisamente, un brivido di paura percorse la schiena del comandante Carrera, che si voltò di scatto verso il timoniere ed ordinò: “Barra tutta a sinistra, timone dieci gradi a scendere, avanti tutta!”
Il timoniere eseguì prontamente, mentre il sonarista cominciò ad urlare nell'interfono: “Plancia, qui sonar, siluro in acqua! L'Akula ci ha lanciato contro un siluro! Distanza quattromila, velocità... Dio, quel siluro va a quaranta nodi!”
“Signor Cobb, i siluri sono nei tubi di lancio?”
“Sì, signore!”
“Bene! Allora tubi uno, due e tre lanciare sull'Akula, tubi quattro, cinque e sei lanciare sul Typhoon! Adesso!
 
Ottobre Rosso
 
“Signore!”, esclamò il comandante Kafelnikov in tono esultante, “La sua strategia ha funzionato! Il sottomarino che abbiamo chiamato ad affiancarci ha colto l'americano di sorpresa e l'ha silurato. Il sonar ha rilevato una forte esplosione alle coordinate del Seawolf e rumori di frattura dello scafo. Sta affondando, signore, è fatta!”
Il comandante Sergetov si concesse un sorriso compiaciuto, mentre pianificava la sua prossima mossa: sarebbe risalito a quota periscopica ed avrebbe comunicato col comando e, se gliene fosse stato dato l'ordine, avrebbe compiuto la sua missione fino in fondo lanciando i suoi missili contro gli Stati Uniti.
La voce improvvisamente angosciata del comandante Borodin interruppe i suoi pensieri: “Comandante, il sonar sta rilevando un'altra esplosione, stavolta alle coordinate del nostro Akula... Signore, il sonar riferisce rumori di frattura dello scafo... anche l'Akula sta affondando!”
“E loro hanno ucciso noi...”, mormorò il comandante Sergetov, conscio che anche il destino della sua nave era segnato.
“Signore!”, esclamò ancora Kafelnikov, stavolta in preda al panico, “Il sonar riferisce eliche ad alta velocità... Siluri in acqua, signore! Tre, americani... Mio Dio, ci vengono addosso! Distanza duemila metri, velocità quarantaquattro nodi!”
 
I tre siluri divorarono la distanza dall'Ottobre Rosso in meno di due minuti ed esplosero in rapida successione aprendo tre grossi squarci nello scafo di titanio del sottomarino.
Migliaia di tonnellate d'acqua si riversarono all'interno, affogando l'equipaggio e compromettendo la possibilità di un'emersione d'emergenza.
Meno di trenta secondi dopo essere stato colpito, l'Ottobre Rosso iniziò il suo viaggio senza ritorno verso gli abissi dell'Atlantico, verso la tomba del Sea Tiger e dell'Akula, che sarebbe così diventata anche la sua...
 
Zona Morta di Forks, 14 febbraio 2015, ore una del mattino
 
Il maggiore Wolf passò in rassegna i suoi uomini un'ultima volta.
Li guardò negli occhi uno ad uno mentre stava di fronte a lui, rigidi sull'attenti, e vi lesse la stessa determinazione, la stessa lealtà, la stessa feroce spietatezza che vi aveva letto anni addietro, la prima volta che li vide in una sperduta installazione militare in Germania.
Tanto tempo era passato, insieme avevano affrontato mille pericoli e si erano spinti dove nessuno si era mai spinto prima, oltre ogni limite, al di là di ogni immaginazione.
Era fiero di loro.
“Uomini”, disse il maggiore Wolf, “Ci siamo. Il momento tanto atteso è finalmente giunto. Stanotte porremo fine ad una delle più gravi minacce che la razza umana abbia mai dovuto affrontare. I Cullen sono una piaga, un cancro che vive e prospera tra noi, in mezzo ad uomini, donne e bambini innocenti, e che di loro si nutre. Ma dopo stanotte tutto questo finirà. Vi siete battuti magnificamente ed io sono fiero di ognuno di voi. Avete compiuto il vostro dovere come meglio non avreste potuto. Ora manca solo un ultimo sforzo. I Cullen hanno finalmente deciso di affrontarci in campo aperto... Che vengano, dunque! Stanotte porremo finalmente termine alle loro grottesche esistenze. Nessuna pietà. Nessuna esitazione. Nessuno potrà fermarvi! Stanotte dimostrerete ai Cullen che la loro immortalità era solo un'illusione. Uomini! Siete pronti alla battaglia?”
“Urrà!”, gridarono all'unisono i suoi soldati.
“La gloria è oltre quella radura e vi sta aspettando. Prendetela! E' vostra!!!”, li esortò il maggiore.
“Urrà!”, gridarono loro di nuovo, con ancora più ferocia.
Alan Wolf si concesse un sorriso spietato.
“In marcia.”
 
In quel momento, vicino alle rovine di casa Cullen, Edward prese da parte Bella e le disse: “Ti ricordi cosa ti ho detto a Denali? E' giunto il momento, Bella.”
Bella spalancò gli occhi dorati e rispose piagnucolando: “No, Edward, ti prego! Non voglio, non posso andare via! Fammi restare con te, ti supplico!”
Edward allora la afferrò per le braccia con forza e la scosse leggermente, apostrofandola bruscamente: “Ragiona, Bella! Non puoi restare, è troppo pericoloso. Inoltre, Renesmee ha bisogno di te. Tu devi portarla via di qui, il più lontano possibile! Vai via, vai a nord! Jacob verrà con te, così non sarai sola. Andate in Alaska. Se le cosa andranno per il verso giusto, vi raggiungeremo quanto prima. I Denali ed i lupi superstiti sono già partiti, voi li raggiungerete.”
“E Charlie? Che ne sarà di lui?”, chiese Bella in tono affranto.
“Lui resta con noi. E' un neonato, la sua forza ci farà comodo. Dai, Bella, vedrà che andrà tutto bene!”, disse lui, sforzandosi di essere ottimista.
“E se, invece, le cose dovessero finire in malora?”, disse Jacob in tono cupo.
“In tal caso, amico mio, non credo che qualcuno di noi sarà ancora vivo per preoccuparsene...”, rispose Edward con uno dei suoi caratteristici sorrisi sghembi.
“Edward...”, pigolò Bella.
Allora lui la prese tra le sue braccia e la baciò, un bacio lungo e disperato, che in quel momento era come se rappresentasse la parola fine di una grande storia d'amore.
Dopo un attimo che a Bella sembrò eterno, lui si sciolse da quel bacio, la guardò negli occhi e le disse: “Ora andate. E non voltatevi indietro.”
“Ci rivedremo”, disse Bella più per sé stessa che per reale convinzione, “In un modo o nell'altro troverò il modo di stare di nuovo con te!”
Edward la guardò come se volesse imprimersi in mente ogni dettaglio del suo viso.
“Andate”, disse infine. Poi prese in braccio Renesmee, la baciò con la tenerezza di un padre, l'affidò a Jacob e si allontanò senza dire più una sola parola...
 
All'interno della tenda adibita a comando, il generale Langelaan stava esaminando la situazione.
Chi diavolo sono questi Cullen? E da dove sono usciti?
In quel momento, il telefono da campo trillò.
“Langelaan.”
“Allora, Reb, a che punto siamo?”, disse la voce del generale Robinson.
“Sta per succedere qualcosa. Sappiamo che Wolf ed i suoi si stanno muovendo contro questi Cullen. Il punto è che sembra loro vogliano affrontarlo. I casi sono due: o questi Cullen sono incredibilmente forti o sono incredibilmente stupidi. A mio avviso, però, sanno chi hanno di fronte e non lo temono. Dalle comunicazioni che abbiamo intercettato, sembra che ci sia stato qualcosa, in passato tra Wolf e questi tizi e che ora il maggiore sia qui per vendicarsi.”
“Cosa? Mi stai dicendo che il maggiore Wolf ha fatto tutto questo per una vendetta personale?”
“Sì, signore, ne sono convinto. Comunque, c'è un'altra cosa.”
“Cioè?”
“Questi Cullen, signore... Mi lasciano sempre più perplesso. Abbiamo le copie dei rapporti che l'FBI aveva raccolto su di loro prima della distruzione di Forks e che sono stati inviati alla sede di Seattle. Ebbene, l'agente Mallory aveva scoperto una cosa interessante: esaminando i registri del catasto, aveva notato che la proprietà dove i Cullen vivevano è passata varie volte di proprietà nel corso dell'ultimo secolo. Solo che, dall'analisi grafologica delle firme dei vari proprietari sugli atti d'acquisto, è risultato che tutte queste persone sono in realtà una sola! La firma è sempre quella del dottor Cullen che, a quanto pare, di quando in quando fa finta di crepare e lascia tutto a dei parenti in realtà inesistenti o falsi. La Mallory aveva trovato delle corrispondenze tra le identità di alcuni proprietari di casa Cullen ed i certificati di morte di persone morte quando erano bambini e che avrebbero avuto l'età del dottor Cullen al momento della firma sull'atto di acquisto o di accettazione dell'eredità se fossero sopravvissute! Capisce, signore? Sembra che qui abbiamo un tizio che vaga sulla Terra da almeno centodieci anni e che in questo lasso di tempo non è invecchiato di un giorno!”
“Pazzesco... D'accordo, Reb. Cosa facciamo?
“Signore, dobbiamo saperne di più. Ma non dobbiamo lasciare la cosa all'FBI.”
“E col maggiore? Che facciamo?”
“Per quanto riguarda il maggiore ed il gruppo del maggiore De Soto, non cambia nulla. Loro vanno sotto terra. Dopo che avranno eliminato Wolf ed i suoi, il gruppo del maggiore De Soto verrà fatto sparire con discrezione...”
“Bene, generale. Ha la mia autorizzazione.”
“Grazie, signore.”
 
Zona Morta di Forks, 14 febbraio 2015, ore 02.30
 
Cacciatore Otto era in avanscoperta e stava perlustrando la riva opposta del fiume rispetto alle rovine di casa Cullen, quando del movimento alla sua sinistra attirò la sua attenzione.
Silenzioso come un gatto, Cacciatore Otto si acquattò a terra in una lieve depressione in mezzo agli alberi e scrutò nel buio con la sua vista potenziata.
Poi, quando vide qual'era l'origine dei movimenti che aveva percepito, attivò il canale radio...
 
Il maggiore Renkov condusse i suoi uomini nel fitto della boscaglia morente a sud di Forks.
Tutti loro indossavano una tuta anti-radiazioni di gomma dotata di maschera anti-gas, che li proteggeva dalla contaminazione radioattiva, ma che li limitava moltissimo nella visuale e nei movimenti.
Nessuno dei Russi, quindi, si accorse che Cacciatore Otto li stava seguendo silenziosamente, facendo regolare rapporto al maggiore Wolf.
 
“Chi diavolo sono quelli?”, chiese il maggiore Wolf alla radio.
“Non lo so. Ma dalla foggia delle uniformi e dall'armamento in dotazione direi che sono Russi. Spetznatz, secondo me”, rispose Cacciatore Otto.
“Bene bene... Dunque anche i Russi sono venuti a giocare con noi... Seguili. Intanto noi ci portiamo a nord della vostra posizione e li aspettiamo.”
“Ricevuto.”
 
Il maggiore De Soto intercettava tutte le comunicazioni radio degli uomini del maggiore Wolf.
L'ultima gli diede lo spunto per compiere la prima parte della sua missione.
“Allora, ragazzi”, disse De Soto ai suoi radunati in cerchio attorno a lui, “Il maggiore Wolf ed i suoi stanno andando a mettere su un'imboscata ai Russi. Dobbiamo precederli. Ci appostiamo per primi e, non appena arrivano, li facciamo fuori tutti.”
“Anche i Russi, signore?”, chiese uno dei suoi uomini.
“Gli ordini sono chiari. Spazzare via tutti. Quindi anche i Russi. Altre domande?”
Nessuno fiatò.
“Andiamo.”
 
Jasper ed Emmett erano sulla vetta della collina più alta che circondava le rovine di Forks.
Il fiume che lambiva le rovine di casa Cullen scorreva sotto di loro, le acque illuminate dalla luce della luna piena.
Emmett fu il primo a vederli.
Un gruppo di uomini armati che si muoveva silenziosamente lungo la riva sotto di loro.
“Ci siamo...”, mormorò Jasper con un ghigno feroce, “Avverti gli altri, Em. Stanno arrivando.”
Emmett schizzò via veloce come un proiettile, mentre Jasper, malgrado la distanza che lo separava dagli uomini che si spostavano sotto di lui, notò che uno di loro aveva sembianze familiari.
“A noi due, Alan...”
 
Rovine di casa Cullen, 14 febbraio 2015, ore 03.09
 
I Cullen, i Russi, gli uomini del maggiore Wolf ed il reparto del maggiore De Soto stavano convergendo tutti nello stesso punto gli uni all'insaputa degli altri.
Grazie alla loro velocità, i Cullen furono i primi ad arrivare.
“Nascondetevi tutti”, disse Jasper, “Non appena si fanno vedere, fateli avvicinare il più possibile e poi saltiamogli addosso!”
“Edward si avvicinò al fratello e gli chiese: “Che intenzioni hai con Charlie? Sai che non è possibile controllarlo!”
“Edward”, rispose Jasper con un sorriso malizioso, “Io non intendo controllarlo. Io voglio scatenarlo...”
“Cosa? Sei pazzo? Lo farai uccidere, così!”
Jasper lo guardò inespressivo.
“Mio Dio...”, mormorò Edward, “E' sempre stato questo il tuo piano... Tu userai Charlie, lo sacrificherai persino, per ottenere un vantaggio tattico!”
“Mi dispiace, Edward, ma Charlie è il più forte e veloce di noi ed è l'unico che possa farcela. Mentre lui attaccherà frontalmente e distrarrà gli uomini del maggiore, noi li attaccheremo dai fianchi di sorpresa e li finiremo una volta per tutte. Credimi, non è mia intenzione mandarlo al massacro. Ma questo piano è l'unica speranza che abbiamo di batterli.”
“Non puoi dire sul serio!”
Di nuovo, Jasper lo guardò senza rispondere.
“Non puoi farlo, Jazz! Dannazione, si tratta di Charlie! Non puoi usarlo come carne da macello!”
“Vai al tuo posto, Edward”, replicò Jasper freddamente.
Edward si rese conto che era inutile discutere con Jasper, il fratello aveva già deciso.
Ma lui non avrebbe permesso che il suocero venisse sacrificato in quel modo...
 
“Li vedi?”, chiese Rosalie vedendo Alice con lo sguardo perso nel vuoto.
“Sì. Ormai non stanno più giocando con le mie visioni. Stanno arrivando. Manca poco... Però... Rose, io vedo molti soldati. Gli uomini del maggiore non sono mai stati più di una dozzina, ma nella mia visione sono molti di più e lottano tra loro... Non capisco!”
 
Carlisle osservava la radura di fronte alla casa nascosto dietro le rovine della parete esterna di quello che una volta era il suo studio. Per terra, tra i calcinacci, c'erano i suoi libri, scaraventati lì dall'onda d'urto dell'esplosione. Tra le altre cose, vide anche alcuni pezzi bruciacchiati del crocifisso ligneo appartenuto a suo padre.
Che tristezza, pensò tra sé, Perdere così i ricordi di un'esistenza...
Esme era al suo fianco come al solito.
I due si guardarono negli occhi, uno sguardo senza parole che però diceva tutto, poi si acquattarono tra le macerie ed attesero come tutti gli altri il momento della verità...
 
Da qualche parte, lungo l'autostrada verso Vancouver
 
Jacob si fermò ad un distributore di benzina per fare rifornimento.
La Maserati Quattroporte nera di Carlisle, l'unica macchina del parco veicoli dei Cullen ancora in buone condizioni, portava sulla carrozzeria i segni del crollo di alcuni calcinacci nel garage sotterraneo dell'ospedale di Forks, nel momento dell'esplosione della bomba che aveva distrutto la città.
Tutto sommato, però, la macchina era ancora in grado di viaggiare e Jacob l'aveva presa per portare via Bella e Renesmee da Forks.
Dio, adoro quest'auto!, pensò Jacob mentre pompava benzina nel serbatoio, ricordando le emozioni che gli aveva suscitato il guidarla.
Renesmee riposava tranquilla sul sedile posteriore, mentre Bella camminava avanti e indietro a braccia conserte.
“Calmati, Bells. Tanto non puoi farci nulla. Ce la faranno, vedrai.”, disse lui per farle coraggio.
Bella non rispose, fermandosi un attimo a pensare. Poi si voltò improvvisamente e disse: “Hai sentito?”
“Cosa?”, chiese Jacob, anche lui all'erta, “Io non ho sentito nulla!”
“Laggiù!”, rispose lei ansiosa, indicando un punto dall'altra parte della carreggiata, in mezzo alla vegetazione.
Jacob si concentrò sul punto che le aveva indicato lei e stramazzò improvvisamente al suolo col cranio fratturato.
“Scusa, Jake”, mormorò Bella trascinando senza sforzo il corpo di Jacob sul sedile di guida.
“Che succede, mamma?”, chiese Renesmee con voce assonnata.
“Jacob dorme, tesoro. Torna a dormire anche tu. Va tutto bene.”
“Va bene...”, mormorò Renesmee riassopendosi.
Bella la guardò con gli occhi che le pungevano e le diede una carezza sui riccioli bronzei: “Ci vediamo, amore mio...”
Poi diede un bacio sulla guancia a Jacob, ancora svenuto e svanì nella notte, in direzione di Forks...
 
Zona Morta di Forks, 14 febbraio 2015, ore 03.45
 
Gli uomini del maggiore De Soto giunsero per primi in vista delle rovine di casa Cullen.
Dell'enorme costruzione, non rimaneva altro che un mucchio di calcinacci e qualche pezzo di muro ancora in piedi.
Il maggiore scrutò l'area dapprima con la sua vista potenziata, poi con il binocolo da visione notturna, senza scorgere alcunché.
“Via libera. Avanzare”, mormorò ai suoi uomini.
I Cacciatori del maggiore De Soto si lanciarono velocemente verso le rovine della villa per nascondersi là in mezzo in attesa degli uomini del maggiore Wolf, ignari che lì ci fossero i Cullen.
Fu un attimo.
 
I primi due Cacciatori non fecero in tempo a mettere piede in quello che una volta era il soggiorno, che Charlie saltò loro addosso uccidendoli con rapidità e violenza disumane, attirando così su di sé l'attenzione degli altri.
I Cacciatori, colti di sorpresa, aprirono il fuoco su di lui, ma Charlie si muoveva con rapidità inconcepibile e lo mancarono.
In quel mentre, gli altri Cullen attaccarono con un urlo selvaggio.
La violenza dello scontro fu inaudita.
Colti di sorpresa, il maggiore De Soto ed i suoi vendettero però cara la pelle, lottando corpo a corpo con tutte le loro forze, armati di coltello, pietre, pezzi di trave o anche a mani nude.
Esme rischiò di essere sopraffatta quando uno dei Cacciatori le affondò il suo coltello da combattimento proprio nel petto, rigirandolo con forza nella ferita e facendola urlare di dolore.
Fu Rosalie a salvarla, saltando addosso al soldato e staccandogli il braccio armato dalla spalla con un unico strattone, in uno zampillo di sangue che, per un attimo, fece quasi perdere la concentrazione ai Cullen.
 
Jasper fu il più feroce di tutti: si muoveva come il Dio della Morte in persona e, per quanto superbamente addestrati, gli ignari Cacciatori del maggiore De Soto non erano in grado di resistergli.
Il primo che gli si fece sotto tentò di prenderlo di mira con una raffica di mitra a bruciapelo, ma Jasper si mosse a tale velocità che il soldato colpì... aria e nient'altro.
Fu l'unica possibilità che ebbe: Jasper gli girò intorno, e lo colpì alle spalle con tutta la forza che aveva, sfondandogli la cassa toracica, afferrandogli il cuore e strappandoglielo via dalla schiena.
Malgrado ciò avesse scatenato la sua sete di sangue, Jasper fu costretto a concentrarsi sulla lotta dal maggiore De Soto, che lo aggredì e lo colpì con violenza tale da scaraventarlo contro un muro a quattro metri di distanza. Mentre il vampiro era a terra, il maggiore attraversò lo spazio che li separava in un lampo e si gettò su di lui con un urlo di guerra, affondandogli il Ka-Bar nel petto: “Muori!”, ringhiò il maggiore.
Jasper, in preda ad una furia disumana, afferrò la mano che brandiva il coltello e la stritolò insieme all'impugnatura, facendo urlare il maggiore De Soto di dolore, poi morse il maggiore al collo, recidendogli la carotide sinistra ed assaporando per la prima volta, dopo decenni, il sensuale e delizioso sapore del sangue umano...
 
Alice, dal canto suo, si muoveva con grazia ed eleganza in lungo ed in largo sul campo di battaglia, aiutando i membri della famiglia che vedeva in difficoltà.
Il primo che aiutò fu Carlisle, assalito da due Cacciatori, uno dei quali gli aveva staccato un braccio all'altezza del gomito con un’ascia. Alice lo aggredì alle spalle spezzandogli il collo come un ramo secco, prima di scagliare con forza disumana l'ascia del primo Cacciatore nel mezzo del petto del secondo, spaccandogli il cuore in due...
 
Emmett si gettò su due Cacciatori che si erano defilati per aggredire Rosalie alle spalle. Colpì il primo in pieno volto, assaporando il rumore delle ossa facciali che si frantumavano, ma non fece in tempo a gioire perché il secondo gli sparò a bruciapelo con un fucile a pompa, disintegrandogli il ginocchio destro ed staccandogli la parte inferiore della gamba.
Emmett era a terra ed il soldato, sopra di lui, mirò al volto per il secondo, fatale colpo ma proprio mentre stava per premere il grilletto, la sua testa esplose in una eruzione di sangue, pezzi d'osso e materia cerebrale.
Emmett voltò la testa e vide Rosalie sorridergli dall'altra parte delle rovine della casa mentre brandiva un arma automatica dalla canna fumante...
 
Il tutto era durato non più di venti secondi.
Il reparto del maggiore De Soto era stato completamente sterminato e l'unico rumore che si udiva era quello di Charlie che era chino su uno dei Cacciatori e si stava nutrendo...
 
Zona Morta di Forks, 14 febbraio 2013, ore 03.49
 
Che diavolo è successo?, si chiese il maggiore Wolf, Chi diavolo ha sparato?
“Fate attenzione”, mormorò ai suoi uomini, “sembra che qualcuno abbia raggiunto le rovine di casa Cullen prima di noi...”
 
“Abbiamo vinto!”, ruggì Charlie trionfante, “Li abbiamo ammazzati tutti!”
“No”, rispose Jasper, “Ti sbagli, Charlie. Questi non sono gli uomini del maggiore Wolf.”
“Cosa? Che stai dicendo? Hai visto come si muovevano? Hai visto come hanno combattuto?”
“Io sono stato al loro accampamento e li ho visti, Charlie. Non sono loro, ti dico!”, ruggì Jasper rabbioso.
“E allora chi diavolo sono?”, chiese Rosalie.
 
Il maggiore Renkov ed i suoi uomini giunsero ai margini della radura senza fare il minimo rumore, malgrado il disagio delle tute anti-radiazioni, e videro un gruppo di persone tra le rovine di una casa che trascinavano via dei corpi in uniforme mimetica.
Forse sono i terroristi!, pensò il maggiore russo.
Renkov fece un cenno ad uno dei suoi e gli indicò di aggirare le rovine da destra con altri tre Spetznatz, poi fece la stessa cosa con un altro gruppo di quattro indicando la sinistra delle rovine.
Lui e gli ultimi tre mantennero la posizione, pronti ad attaccare.
L'uomo al fianco del maggiore Renkov posizionò un fucile di precisione di grosso calibro Mossim-Nagant calibro 12.7 mm con un enorme mirino telescopico da visione notturna e fece per prendere la mira.
“Madre santissima...”, mormorò il soldato.
“Che succede?”, chiese Renkov con un sussurro.
“Guardi lei stesso, maggiore...”, disse il soldato porgendogli il fucile.
Il maggiore Renkov posizionò il fucile a sua volta e guardò attraverso il mirino telescopico restando agghiacciato: i corpi di quei terroristi, che nel mirino avrebbero dovuto splendere come candele nell'oscurità, erano poco più chiari dell'ambiente circostante ed il mirino indicava che la loro temperatura corporea era di poco superiore ai 23 gradi!
“Impossibile”, mormorò l'ufficiale russo, “Il mirino deve essere guasto!”
“No, signore, funziona! Ho controllato due volte! Quelli là hanno una temperatura corporea da cadavere!”
Il maggiore Renkov respirò a fondo riflettendo per un attimo, poi disse: “Non importa. A questo penseremo dopo. Ora preparati perché appena gli altri sono in posizione, attacchiamo!”
 
“Signore, i Russi sono appostati tutt'attorno a casa Cullen. I nostri sono immediatamente alle loro spalle. Che facciamo?”, chiese per radio Cacciatore Otto.
“Attaccateli. Ascolta, Otto, fate più rumore possibile. Se i Russi sono qui, quelli alla casa devono essere per forza i Cullen. Dobbiamo attirarli fuori di lì. Se andiamo a combattere tra le macerie, loro sono in vantaggio. Attirateli fuori, loro verranno a vedere che succede e noi andremo a prendere le rovine della casa, eliminando chiunque troveremo. Cominciate il fuoco fra quindici secondi. Leader, chiudo.”
 
Il rumore ed i lampi degli spari colsero i Cullen mentre questi si stavano riprendendo dal violento scontro con il reparto del maggiore De Soto.
Gli Spetznatz, malgrado colti di sorpresa, si batterono con coraggio e ferocia.
Cacciatore Otto, che aveva organizzato e guidato l'attacco ai Russi, non visse abbastanza da godere del suo trionfo perché un proiettile vagante lo colpì giusto in fronte, uccidendolo all'istante, mentre Cacciatore Cinque morì con la gola tagliata mentre tentava di uccidere il maggiore Renkov.
Ciononostante, la sorte degli Spetznatz era segnata: in meno di due ferocissimi minuti di combattimento, i soldati Russi vennero eliminati tutti, uno dopo l'altro.
 
“Eccoli...”, mormorò Jasper
“Cosa intendi fare?”, chiese Edward.
“Li andiamo a prendere!”, rispose il fratello.
“Sei sicuro che sia prudente? Quella boscaglia è troppo fitta e loro sono dannatamente bravi nel corpo a corpo...”
“Al diavolo la prudenza! Io voglio la vita di quel bastardo ed andrei a prendermela fin in mezzo alle fiamme dell'inferno, se necessario!”
Improvvisamente, il cellulare di Edward squillò: era Jacob.
“Jake, che succede? Siete già arrivati?”, chiese Edward.
“Col cavolo!”, esplose Jacob, “Quella pazza di tua moglie mi ha dato una botta in testa e mi ha lasciato qui con Nessie mentre lei se n'è tornata a Forks!”
Edward bestemmiò a mezza voce e poi disse: “Resta lì con Nessie. Bada a lei e non preoccuparti di niente altro. Con Bella me la vedo io...”
 
Bella giunse a Forks in meno di un'ora, giusto in tempo per udire il rumore della battaglia tra gli uomini del maggiore ed i Russi. Allora si addentrò nella boscaglia diretta verso le rovine di casa Cullen...
 
“Che succede, Edward?”, chiese Carlisle sentendo il figlio adoperare un linguaggio non esattamente cortese nei confronti della moglie.
“Bella ha deciso di suicidarsi, ecco che è successo! Ha messo Jake al tappeto e sta tornando qui... Maledizione!”
“Carlisle, mia figlia è capace di finire dritta in bocca al maggiore!”, esclamò Charlie, “Dobbiamo andare a prenderla! Io ci vado comunque, chi è con me?”
“Charlie, il piano...”
“'Fanculo tu ed il tuo piano, Jasper! Me ne frego del tuo piano! C'è mia figlia in pericolo ed io vado a prenderla!”, esclamò Charlie con gli occhi color rosso rubino che fiammeggiavano di rabbia.
“D'accordo, andiamo tutti”, disse Carlisle, “Ma dovremo muoverci veloci e con prudenza...”
 
“Hanno abboccato, si stanno muovendo!”, disse Cacciatore Tre alla radio, “Vanno velocissimi, verso il fitto della boscaglia!”
“Bene! Andiamo, tutte le unità convergere su casa Cullen!”
“Leader, qui Undici”, gracchiò di nuovo la radio, “C'è una novità. Vedo una dei Cullen. E' da sola.”
“Undici, qui Leader. Confermi che è da sola?”
“Sì, signore.”
“D'accordo. Eliminala, poi convergi anche tu su casa Cullen.”
“Ricevuto.”
 
Bella procedeva con circospezione, muovendosi silenziosa come un gatto.
I suoi sensi erano in stato di massima allerta, ma l'unico rumore che udiva era quello straordinariamente lieve dei suoi passi.
Che silenzio, pensò Bella, Dio, fa che Edward sia sano e salvo!
 
Cacciatore Undici si trovava trecentocinquanta metri alla sua sinistra, armato di un fucile di precisione M107 calibro .50.
Il soldato prese accuratamente la mira e centro il reticolo del mirino telescopico sul cranio della vampira.
Non puoi sfuggirmi!, esultò lui dentro di sé, Buon viaggio all'inferno, puttana!
 
Bella avanzava lentamente quando, all'improvviso, il terreno franò sotto il suo piede destro, che affondò per una trentina di centimetri in una buca nel terreno sbilanciandola e facendola cadere proprio mentre un proiettile in tungsteno, supersonico ed altamente perforante, passava alto di millimetri sopra la sua testa con un rumore simile a quello della tela strappata.
Oddio, cos'era?, si chiese Bella sorpresa...
 
Cacciatore Undici non poteva credere ai suoi occhi!
Maledizione, come cazzo ho fatto a mancarla?
Proferendo una bestemmia a mezza voce, il cecchino inserì un altro proiettile nella culatta e prese di nuovo la mira...
“Non così in fretta, soldato.”
Il cuore di Cacciatore Undici perse un battito nell'udire il tono gelido, quasi omicida della voce alle sue spalle.
Lentamente, girò la testa e vide Edward Cullen torreggiare su di lui con lo sguardo acceso di furia: fu l'ultima cosa che vide prima di morire.
 
Rovine di casa Cullen, 14 febbraio 2013, ore 04.00
 
“Leader a Cacciatore Undici. Undici, mi senti? Passo!”
Dalla radio giunsero solo scariche di statica, finché una voce giovanile disse: “Il tuo cacciatore Undici è morto, Alan. Ovviamente, ha fallito la sua missione. Preparati, perché ora tocca a te!”
Alan Wolf scagliò la radio a terra con rabbia, frantumandola in mille pezzi. Poi, non appena si calmò, radunò i suoi uomini: “Stanno arrivando.”
 
“Quei maledetti si sono asserragliati tra le rovine! Quel posto è come una fortezza con loro lì dentro armati fino ai denti. Se proviamo ad attaccarli, ci faranno a pezzi!”, esclamò Alice con tono rabbioso.
“Ma non eravate lì? Perché vi siete spostati?”, chiese Bella.
“Per venire a cercare te, dannazione!”, esplose Rosalie, “Se tu avessi fatto la brava, ora sarebbero ancora a brancolare nel mezzo della boscaglia, invece di avere una posizione difensiva fortissima! Ed ora come si fa a prenderli?”
“Penso che sia il caso di far assaggiare al maggiore Wolf ed ai suoi un po' della loro stessa medicina, non credete?”, disse Charlie con un sorriso.
Il padre di Bella imbracciava un fucile d'assalto russo AK-74 raccolto vicino al cadavere di uno Spetznatz.
“Raccoglietene uno ciascuno. Prendete le armi ai cadaveri. Vediamo come se la cavano contro bersagli che rispondono al fuoco. Finché eravamo disarmati, loro lì erano in una fortezza inespugnabile, ma ho idea che la loro fortezza sia appena diventata una trappola...”
 
Cacciatore Nove stava scrutando il fitto della boscaglia quando un proiettile calibro 7.65 gli portò via l'orecchio destro.
Subito dopo, le rovine di casa Cullen vennero bersagliate da raffiche di fucile automatico che costrinsero i Cacciatori del Fuoco a tenere giù la testa.
Maledizione, ci siamo chiusi in trappola!, si rimproverò Alan Wolf, Ora come ne usciamo? Se mettiamo la testa fuori, quelli ce la fanno saltare!
“Signore!”, gridò Cacciatore Dieci in mezzo al frastuono degli spari, “Guardi là!”
Il soldato indicava un passaggio semidistrutto ma ancora percorribile che conduceva al cavernoso garage di casa Cullen e da lì al fiume ed alla salvezza.
Bene, ora abbiamo una via d'uscita!
 
“Cessate il fuoco, non sparate!”, disse Charlie, “Risparmiate i proiettili. Tanto ormai non possono andare più da nessuna parte!”
I Cullen smisero di sparare ed Emmett, Edward e Carlisle andarono da Jasper per un consiglio di guerra volante.
“Che si fa ora, Jazz?”, chiese Emmett che ancora zoppicava un po' per la ferita ricevuta.
“Li andiamo a prendere. Voi dovete allargarli, aggirate le rovine e state più larghi possibile, il loro fuoco perderà di intensità. Sono rimasti in cinque ed uno l'ho ferito proprio ora. Un ultimo sforzo e finiremo questa storia una volta per tutte!”
“E tu che farai?”, chiese Edward.
“Io giro intorno alla casa e cerco di entrare dal garage, così li prenderò di sorpresa.”
“D'accordo. Vuoi che venga con te?”
“No, vado da solo. Mi muovo meglio, così. Tu resta qui e riempili di piombo!”, concluse Jasper con un sorriso ottimista.
“Io vengo con te”, disse Alice aggiungendosi al gruppo, “Non pensarci nemmeno a lasciarmi indietro!”
“Alice, tu...”
“Zitto”, rispose lei mettendogli una mano sulla bocca per zittirlo, “Abbiamo iniziato questa storia insieme, insieme la finiremo.”
Jasper sospirò e disse: “D'accordo, vieni, razza di testona! Voialtri sapete cosa fare!”
 
“Allora ragazzi, abbiamo una via d'uscita. Siamo ancora in gioco”, disse il maggiore con una nota ottimistica nella voce.
“Non noi, signore. Lei”, gli rispose con calma Cacciatore Dieci.
“Che vuoi dire, Carl?”
“Signore, se andiamo via tutti insieme falliremo. Ai Cullen sarebbe sufficiente bloccare quest'ingresso e l'uscita dal garage per intrappolarci come topi. Ed allora sarebbe davvero finita.”
“E' probabile, Carl. Quindi, tu cosa suggerisci?”
“Lei vada, noi restiamo ed attacchiamo i Cullen alla baionetta. Li terremo occupati finché non sarà uscito, signore.”
Alan Wolf guardò i Cacciatori superstiti uno ad uno e disse: “Sai che quello che stai proponendo è un suicidio, vero Carl?”
“Sì, signore.”
“Ciononostante volete farlo ugualmente?”
“Sì, signore. E' l'unica mossa che ci è rimasta.”
Il maggiore annuì lievemente e, dopo un attimo di silenzio, disse: “Avervi con me è stato un privilegio.”
“L'onore è stato nostro, signore. Buona fortuna. Li faccia fuori anche per noi.”
Il maggiore Wolf guardò i suoi uomini un ultima volta, esitando a separarsi da loro. In un attimo, ricordò tutti gli anni passati insieme a combattere ed a prepararsi per quella missione, i sacrifici fatti, le vite perdute...
“Apriamo il fuoco fra venti secondi, signore”, disse Cacciatore Dieci destandolo dai suoi pensieri.
Il maggiore Wolf si mise sull'attenti e salutò, poi si girò e corse via lungo il passaggio senza più voltarsi indietro...
 
“Sparano di nuovo!”, gridò Charlie non appena gli uomini del maggiore Wolf aprirono il fuoco.
Poi, a sorpresa, i soldati superstiti si lanciarono all'attacco con le baionette innestate sulle canne dei loro fucili, i visi trasfigurati in maschere d'odio e di furia.
“Che diavolo fanno, sono impazziti?”, si chiese Edward vedendoli avanzare.
I Cullen rimasero per un momento come imbambolati, poi Emmett li scosse urlando: “Sparate! Ora! Ci stanno venendo addosso!”
I vampiri aprirono il fuoco simultaneamente quando i Cacciatori superstiti furono ad una ventina di metri da loro, falciandoli come fili d'erba in una lunga, interminabile raffica di proiettili...
 
Il maggiore Wolf udì l'ultima scarica di fucileria quando era ormai giunto al fiume e comprese che i suoi uomini erano tutti morti. Allora si fermò e si voltò verso le rovine di casa Cullen da cui era uscito.
Non gliela darò vinta così! Potete aver ucciso i miei uomini, maledetti succhiasangue del cazzo, ma non è ancora finita...
“Vai da qualche parte, Alan?”
Il maggiore Wolf si paralizzò sentendo quella voce che aveva imparato a conoscere così bene. Lentamente, Alan si voltò e vide Jasper ed Alice Cullen uscire dal limite della boscaglia e venirgli incontro a passi misurati, fermandosi ad una decina di metri da lui.
“Jasper ed Alice... Bene, mi avete risparmiato la fatica di venirvi a cercare.”
“Alan, tra un po' giuro che ti pentirai anche solo di aver pensato di venire qui a fare ciò che hai fatto...”, ringhiò Jasper.
Alan rise sommessamente e rispose: “Beh, siamo qui, siamo io e te... Perché sprecare tempo in chiacchiere?”
“Sono d'accordo”, disse Jasper con un ghigno feroce, sentendo il veleno fluirgli in bocca, “Raccomandati l'anima al Dio in cui credi, perché tra poco sarai al suo cospetto!”
“Davvero?, In tanti ci hanno provato prima di te, a farmi fuori. Hanno tentato... e hanno fallito. Io sono ancora qui. Loro sono cibo per vermi. E così sarà anche dopo che avrò finito con te. Ti assicuro che prima che il sole sorga, io sorriderò guardando il tuo cadavere...”
Alan lasciò cadere a terra il suo M16 e lo stesso fece Jasper con il suo AK-74.
“Spostati, Alice”, disse Jasper.
“Cosa? No, Jazz, io...”
“Spostati”, ripeté lui in un tono che non ammetteva discussioni, “E' tra me e lui, adesso.”
Alice lo guardò e mormorò: “...E quando Achab vide la Balena bianca farglisi incontro per l'ennesima volta, l'affrontò con tutto l'odio di cui la sua razza era capace e avrebbe voluto che il suo petto fosse un cannone, per potergli sparare contro il suo cuore...” (Hermann Melville, Moby Dick, NdA)
“Citazione appropriata, Alice, davvero...”, rise Alan.
La vampira si scostò, lasciando i due eterni nemici a fronteggiarsi.
A est i primi chiarori dell'alba arrossavano il cielo notturno.
Tutt'intorno c'era solo silenzio.
Dall'alto delle macerie di casa Cullen, tutta la famiglia osservò la scena senza intervenire.
Era tempo che venissero saldati tutti i conti in sospeso.
 
Alan e Jasper si mossero all'unisono uno contro l'altro e fu uno scontro di titani: velocità, forza e ferocia erano un tutt'uno in loro.
La lotta era senza esclusione di colpi ed i due nemici si affrontarono con qualsiasi cosa capitasse loro per le mani: rami d'albero, pietre, le mani nude...
Come fa ad essere così forte? Modificato geneticamente o no, è solo un umano!, pensò Jasper, impressionato dalla forza del maggiore Wolf.
Alan continuò ad attaccare e Jasper ad incassare e schivare, finché il maggiore non commise un errore lasciando il fianco scoperto.
Allora Jasper colpì, veloce e micidiale come un cobra: un colpo violentissimo al costato, che fratturò tre costole al maggiore spingendole in profondità nei polmoni.
Alan Wolf barcollò e cadde in ginocchio, poi cercò di rialzarsi sputando sangue dalla bocca, ma non ci riuscì e cadde di nuovo in ginocchio.
Jasper osservò il suo mortale nemico finalmente alla sua mercé e disse: “E' finita, Alan. Stai morendo. Nessuno può sopravvivere ad una simile ferita, nemmeno un essere umano forte come te. Avresti fatto meglio a non intraprendere questa missione. Guardati! I tuoi uomini sono tutti morti, due città e migliaia di persone pure e per cosa, eh? Per cosa, Alan? Per vendetta? O per orgoglio? Perché, maledizione? Rispondi!!”
Alan Wolf tossì una risata e rispose: “No, né per l'una, né per l'altro. Io l'ho fatto... perché doveva essere fatto... perché altrimenti non avresti mai pagato per i tuoi... crimini... L'ho fatto per amore... perché amavo i miei genitori e tu... tu me li hai portati via. L'ho fatto per onore... perché quando li seppellii giurai a me stesso che non avrei avuto pace... finché non ti avessi ucciso. Ecco perché... ho fatto tutto ciò.”
Jasper scosse la testa incredulo, distraendosi un attimo...
 
Alan colse quell'attimo e, con le forze che gli erano rimaste, si scagliò su Jasper a velocità sovrumana.
Jasper si avvide dell'attacco all'ultimo istante e tentò di schivare, riuscendoci solo parzialmente, il colpo di violenza inaudita che lo prese in pieno al volto all'altezza della bocca, spaccandogli il labbro superiore e ferendo al contempo la mano di Alan, che si procurò un lungo taglio.
A quel punto, con Alan completamente sbilanciato, Jasper colpì di nuovo con un poderoso calcio al ventre, che fece piegare in due il suo nemico.
In un attimo, Jasper colse l'occasione per il colpo di grazia ed affondò la mano di taglio all'altezza della quinta vertebra cervicale di Alan, venendo gratificato dallo scricchiolio di ossa che si frantumavano.
Alan Wolf si afflosciò come una bambola di pezza sulla riva del fiume e scivolò lentamente nell'acqua a faccia in giù, trascinato via dalla corrente...
 
Jasper vide il corpo del suo nemico portato via dalla corrente, mentre tutti i segni della lotta mortale sul suo corpo guarivano all'istante.
Istintivamente, si passò la lingua sul labbro superiore per controllare che fosse guarito anch'esso ed avvertì per un attimo un sapore familiare in bocca mescolato a quello del veleno, ma ignorò la cosa e lasciò che Alice lo abbracciasse e lo baciasse, ringraziando Dio per avergli fatto superare quella prova.
Tutti i Cullen si abbracciarono esultanti per lo scampato pericolo, ma Jasper non poté fare a meno di rimanere a guardare il corpo senza vita di Alan Wolf scivolare via verso il mare, verso il nulla senza fine... 
 
 

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Capitolo 25
*** Epilogo ***


Epilogo.
 
Denali, Alaska, 30 ottobre 2015
 
Charlie era seduto in riva al lago dalle acque cristalline e stava pescando, quando Bella gli apparve accanto.
“Vedo che, malgrado tu sia un vampiro, non hai perso le vecchie abitudini...”
“Avevo bisogno di distrarmi. Sai, ho sempre questa maledetta sete che mi tormenta! Pescare mi rilassa come quando... Come prima.”
“E' bello qui...”, mormorò Bella osservando il panorama spettacolare del lago incastonato tra le montagne innevate.
“Sì, è splendido. Ma non è Forks. Forks era casa...”
“La mamma si è messa in contatto col Governatorato Militare della Penisola Olimpica per avere nostre notizie.”
“Come lo sai?”
“Jasper è tornato in incognito per sapere un po' come vanno le cose a casa.”
“E...?”
“Noi risultiamo dispersi. All'ospedale si stanno ancora chiedendo che fine abbiamo fatto. Alla mamma hanno detto che forse siamo morti per le radiazioni. E' stato un duro colpo per lei. Phil era con lei. Mamma era distrutta.”
“Ce la farà. Dubito che potesse vivere con noi, giusto?”
“No, decisamente non avrebbe potuto... Mi mancherà moltissimo.”
“Sì, anche a me, tesoro.”
“Seattle sarà abbandonata definitivamente, hai sentito? Troppe radiazioni, troppi soldi per decontaminarla. Peccato. Mi piaceva Seattle.”
“Che faremo ora, Bells?”
Bella si sedette sulla riva ciottolosa del lago accanto al padre, mentre Renesmee ed Edward li raggiungevano.
Anche Jacob li raggiunse poco dopo.
“Hai notizie dei branchi?”, chiese Bella.
“Sono in Canada, adesso. Il più vicino possibile a La Push. Jared è tornato a casa a scrivere il nome di Kim sul Libro dei Morti di Forks.”
“Il Libro dei Morti? Cos'è?”, chiese Charlie.
“E' un libro dove tutti scrivono il nome di quelli che sono morti a Forks e La Push. Al momento sono più di diecimila. Io ho scritto quello di mio padre, di Rachel e di mio nipote. Penso che sia un bel modo di ricordarli...”
“Torneremo mai a casa?”, chiese di nuovo Charlie.
“A Forks? No.”, sentenziò Bella, “E perché poi? Non c'è rimasto più nulla lì. No. In effetti, Carlisle voleva vivere per un po' in città e così abbiamo pensato ad Anchorage. L'ospedale di laggiù è già disposto ad accoglierlo.”
“Quando?”, chiese Jacob.
“Non c'è fretta. Tra qualche mese. Quando papà potrà stare in mezzo agli umani con ragionevole sicurezza. E tu?”
“Aspetterò che Nessie cresca, poi vedremo. Ne abbiamo parlato, a lei piacerebbe fare l'università a Los Angeles, alla UCLA (University of California Los Angeles, NdA)...”
Bella sbuffò, ma Edward le disse con un sorriso: “Dai, sai che non puoi tenerla incatenata a te per sempre. E poi è solo per il college, no?”
 
Poco lontano, nella grande casa di Denali, Rosalie stava riponendo degli effetti personali in un baule, quando le capitò in mano una foto che la ritraeva insieme alla sua famiglia, a Bella e Charlie ancora umani, Renee e Phil ed a tutti gli amici di Forks il giorno del matrimonio di Bella ed Edward.
Rosalie guardò la foto con commozione.
Avrebbe pianto, se avesse potuto.
Rimase a guardarla per più di un'ora, imprimendosi nella mente i volti di coloro che non c'erano più.
Poi prese un album, vi infilò dentro la fotografia e si mise per sempre alle spalle quella pagina della sua vita.
 
Spiaggia di La Push, 1° novembre 2015
 
La spiaggia era battuta dai cavalloni che portavano a riva alghe e tronchi d'albero.
Poco lontano, le macerie radioattive di La Push erano rimaste come monito di eventi che erano stati sulle prime pagine dei giornali per mesi e che ora erano solo argomenti di trafiletti.
Il mondo continuava.
La vita, altrove, andava avanti.
La Push, Forks... luoghi un tempo vivi ora erano morti e già dimenticati.
Nessuno avrebbe mai più vissuto lì.
Nessuno avrebbe mai più ammirato lo spettacolo dell'Oceano Pacifico infrangersi con furia contro la spiaggia.
Nessuno avrebbe mai visto le orme umane sulla sabbia che dal mare andavano verso l'interno, prima che l'ondata successiva le cancellasse...
 
FINE

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