L'amore che non salva, danna, corrode e rende fedeli

di Mania
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** O1 • La bellezza non è effimera, va solo preservata ***
Capitolo 2: *** O2 • L'arte segreta dell'impressionare ***
Capitolo 3: *** O3 • E poi c'è chi da importanza a cose diverse ***
Capitolo 4: *** O4 • La devozione genera a sua volta devozione ***
Capitolo 5: *** O5 • Nelle pagine dei libri ci si incontra ***
Capitolo 6: *** EXTRA • Lui è cattivo, folle, totalmente sbagliato ***
Capitolo 7: *** O6 • La Fedeltà è arma al servizio dell'Inganno ***
Capitolo 8: *** O7 • Distanze intime ***
Capitolo 9: *** O8 • Giochi di illusioni per celare, o forse per svelare ***
Capitolo 10: *** O9 • Nei risvolti delle danze ***
Capitolo 11: *** 1O • Le parole mentono, i sentimenti no ***



Capitolo 1
*** O1 • La bellezza non è effimera, va solo preservata ***


PROLOGO



▬ C A P I T O L O 1
“ La bellezza non è effimera, va solo preservata



La prima volta in cui aveva incontrato Loki, Sigyn era appena entrata nelle reclute della Guardia Reale e conosceva poco e male gli abitanti del palazzo vicino al quale avrebbe vissuto d’ora in avanti. Erano più dicerie che altro, quelle attraverso cui aveva iniziato a scoprire chi erano le persone che avrebbe dovuto difendere con la propria vita; e dai soli bisbigli dei corridoi periferici, le mettevano soggezione per la sicurezza che i loro gesti e sguardi trasmettevano dai racconti, nei quali venivano dipinti con carichi di qualità e difetti da renderli affascinanti - mitici, in un certo senso.
Era poco più che una bambina, ed era una delle poche ad aver superato gli esami di ammissione all’accademia militare, ancora fortemente maschile, ma da quando Lady Sif aveva dimostrato che una donna poteva combattere meglio di una ventina di soldati sporchi e privi di grazia, le restrizioni per poter accogliere anche ragazze si erano fatte meno aspre. E lei aveva infuso ogni briciola di sé per dimostrare fin dall’inizio che anche se non era forte, aveva più abilità di quante se ne potessero immaginare per un corpicino gracile e minuto come il suo. Nel giro del primo anno, non era certo la migliore della sua divisione, ma era tra l’élite e quel risultato era una conquista esaltante, nonché fonte di soddisfazione per lei che ambiva a essere accettata più di quanto potesse ammettere. E per quanto i suoi gesti da regina decaduta le avessero attirato le antipatie di molti, chi aveva imparato a conoscerla sapeva quanto il suo cuore fosse capace di dedizione, fedeltà e dolcezza, nonostante la brutalità dei suoi fendenti e la tenacia nell’annientare l’avversario - un intruglio di contrasti, debolezze e contrappesi di energia inaspettata a renderla, proprio per questa coesistenza bizzarra, una delle allieve di spicco.
Quel pomeriggio di eterna primavera, seduta sul bordo della ringhiera di marmo di uno dei corridoi meno frequentati della Caserma Reale, con le spalle appoggiate alla colonna solida e i petali bianchi a caderle in testa dai vasi appesi tutt’attorno al pilastro, se ne stava tranquilla a godersi il panorama mentre tagliava i propri ricci biondi. Lunghi la intralciavano negli allenamenti e nelle prime battaglie a cui aveva cominciato a prendere parte, nelle retrovie insieme ai suoi compagni, così aveva acquistato l'abitudine di tenerli corti, appena sopra le spalle. Li sfoltiva a malincuore, perché erano l’unica cosa che aveva ereditato da sua madre e ne andava orgogliosa per la loro bellezza – lucenti naturalmente, dai boccoli delineati con precisione, non necessitavano dell’uso di trucchi per renderli tali, rimanendo quasi sempre perfetti a circondarle il volto grazioso.
Lasciava cadere le ciocche come steli strappati oltre il balcone, guardandoli disperdersi nell’aria e confondersi nei dettagli del suolo, piccoli e confusi dell’altezza, prima che toccassero terra. Non sapeva se sentirsi triste per quella perdita, o in un qualche modo rafforzata dal liberarsi di un peso che le impediva di raggiungere l’ascesa come guerriera; traguardo a cui aveva anelato da quando la sua famiglia si era disgregata lentamente e lei non aveva avuto la forza per potersi opporre - e poco importava se si assumeva un carico di responsabilità non suo, perché quella mancanza l'aveva fatta sentire debole, esposta e vulnerabile e mai più voleva riprovare tale sensazione. La via scelta era una redenzione e la ricerca di trovare quel potere in se stessa di cui si era sentita così desolatamente priva, tanto da farla arrivare a una scelta più drastica di quanto lei stessa aveva inizialmente pensato.
«Pensavo che in quest’ala della caserma non vi fossero le reclute», la voce che la sorprese, riscuotendola dai suoi pensieri affacciati sul passato prossimo, la spaventò tanto da farle rischiare di cadere insieme ai suoi ricci amputati. La mano salda di chi l’aveva interrotta da quel rituale personale, l’afferrò per l’avambraccio, trattenendola in equilibrio sul davanzale di marmo bianco e osservandola con aria divertita, macchiata di velata curiosità nei confronti di quella piccola guerriera.
«N-non è proibito venirci, signore» rispose titubante Sigyn, corrugando la fronte in un’espressione allarmata per quell’imprevisto, con ancora il cuore a scuoterle la gabbia toracica per lo spavento sia dell’arrivo inaspettato del giovane uomo, sia per il pericolo corso di finire sfracellata parecchi metri più in basso. Con il respiro corto per tranquillizzare l’adrenalina, osservò incuriosita lo sconosciuto dai tratti lievemente appuntiti e occhi di un verde splendente, intenso – troppo, pensò Sigyn, tanto da darle la sgradita sensazione di essere capaci di sbucciare i suoi pensieri e leggerli come un libro.
«Può essere, ma so per certo che è un’area riservata alla burocrazia e tu non mi sembri far parte di tale apparato» osservò con l’ovvietà nel tono e nelle sopracciglia alzate, ad accompagnare un lieve gesto con il capo, reclinandolo lievemente di lato. Teneva lo sguardo fisso nelle iridi nere della ragazza, buchi neri nei quali vi era allarme per la sua apparizione, ma dietro quel terrore, si celava un lieve fastidio mascherato abilmente perché sapeva, anche se averne la piena conferma era improbabile sul momento, di essere davanti a un superiore di cui non conosceva rango e nome.
«No, signore.»
Si stava tremendamente annoiando, Loki, nel seguire la visita che suo padre stava conducendo nella caserma, così si era allontanato per provvedere a trovare qualcosa di interessante da solo, invece di aspettare che arrivasse un improbabile cambiamento di colore nella guida del generale, che si occupava dell’addestramento delle reclute dell’Accademia tanto efficacemente quanto tediosamente, e dandogli così qualcosa con il quale trascorrere il tempo. Il divertimento, per Loki, era assai diverso da come molti giovani della sua età lo intendevano e per questo era assai più difficile soddisfare i suoi gusti – non che avesse l’inclinazione di aspettare dagli altri affinché ciò avvenisse e, in egual maniera, non che desse modo al mondo di scoprire quali inclinazioni precise possedesse.
Aver trovato quella minuta ragazzina, quasi bambina, sembrava poca cosa, ma nella stanchezza che gli metteva addosso quel luogo scevro di interessi, la faceva apparire una vera conquista. Eppure, anche dopo che il primo entusiasmo della scoperta si fu acquietato rapidamente, trovò curioso che la recluta si fosse rifugiata fin là su, unicamente per far strage dei suoi dorati boccoli con l’aria cruciata e malinconica. Non appariva assolutamente soddisfatta di una tale decisione, eppure, la risoluzione nelle sue forbiciate era stato vibrante, tanto da risuonare nell’aria attorno a lei - fendenti contro se stessa.
Vestita con pantaloni conficcati negli stivali pesanti, e una maglietta logora a renderla quasi un maschio se non fosse stato per i lineamenti tremendamente femminili e l’accenno delle forme che cominciavano a cambiarle il corpo. La brezza che annunciava l'arrivo prossimo dell'estate, cosparsa dei profumi dei fiori sopra di lei, intenti nell’abbellirla con i propri petali nivei, le donava un’aria eterea, quasi fosse stata una delle illusioni create tanto accuratamente dalle mani del principe. Il biondo dei suoi capelli era acceso dai raggi del sole, rendendo quasi opaca la sua figura imbevuta dei riflessi di luce, e ampliando, in contrasto, il nero profondo delle sue iridi – portali per un mondo vasto, tenuto in quiescenza.
«Come mai ti stai tagliando i capelli?» domandò interessato, ma lasciando che la sua curiosità risuonasse di circostanza, privandola di una personalità di cui non sentiva la necessità.
«Perché sono scomodi, signore, in battaglia mi infastidiscono» spiegò semplicemente, alzando le spalle in un gesto meccanico, a sottolineare come tale scelta fosse del tutto logica dal proprio punto di vista. Eppure, nel pronunciare tale frase, Loki ritrovò quel fastidio mesto che aveva scorto nell’osservarla, in un primo momento, compiere la sua operazione senza disturbarla.
Quel contrasto, tra la sua risolutezza e il suo rimpianto, gli parve bizzarro e insieme affascinante. Sintetizzava in modo tanto naturale tale lotta interiore da trasformarla in una vittoria personale su se stessa, e la autoincoronava - regina di un regno unico e privato. Un tale ruolo le si addiceva per le sue movenze delicate ed eleganti con le quali compiva ogni più piccolo spostamento: come impugnava le forbici, come si spostava per voltarsi completamente verso di lui, come accavallava le gambe e sollevava il capo, alzando il mento con sottile arroganza ammorbidita da un contegno femminile.
«Sei molto giovane, ma non è difficile indovinare che diventerai una delle stelle più splendenti di Asgard» asserì Loki, allungando appena la mano per sfiorarle i ricci superstiti, esaltando con quelle sue parole il germoglio che intuiva esserci in lei e che sarebbe potuto fiorire in modo meraviglioso, tanto da poter ammaliare oltre le aspettative che si potevano scorgere fluttuarle dentro. Eppure, quella scelta di deturparsi, rendeva quell’alba di grazia meno splendida di quanto sarebbe potuta essere, smorzandola per una ragione semplice che sfuggiva alla mente della giovane, per un’impossibilità di scrutare in un bagaglio di esperienza che le mancava. Esitò, Loki, se proseguire o meno, ma la possibilità di poter avere al proprio servizio una donna con il potenziale che scorgeva nello sguardo d’inchiostro di lei, era pensiero intrigante. «Non dovresti abbandonare così facilmente ciò che sei per diventare qualcun altro.»
«Perdonatemi la franchezza, signore, ma voi non mi conoscete. Non avete alcun diritto di dire ciò» asserì prontamente lei, irrigidendo la schiena d’un colpo, assottigliando le sopracciglia chiare sui suoi occhi, rendendoli carichi di un risentimento per un giudizio approssimativo quanto avventato. Una linea irregolare mosse le labbra, rendendole rugose nel tentativo di trattenere altri commenti indelicati nei confronti di quel superiore che mai aveva visto, e che non doveva essere un visitatore frequente della caserma.
I suoi abiti erano di fattura pregiata, nobiliari, dai ricami d’oro a intessere decorazioni astratte a ramificarsi lungo i bordi dei lembi vermigli. Era il portamento deciso, sicuro e l’aria raffinata a rendere la sua immagine una calamita per l’attenzione, e del merito andava all’intricata varietà di sfumature che si profilavano nei suoi occhi, quasi fastidiosi nel loro essere capaci di fissarsi sui dettagli - strumento segreto per sezionare con accuratezza la realtà. Vi era un’insana capacità di mettere a disagio con nulla più che poche parole e uno sguardo, un dono raro e mellifluo, ma che rendeva Singy unicamente combattuta tra la curiosità e l’irritazione verso di lui.
«Il mio voleva essere un complimento, e un consiglio» si scusò prontamente, nascondendo uno sbuffo divertito dietro i propri lineamenti tirati in un sorriso malizioso, prima di completare la sua frase con una spiegazione alle sue prime parole: «Puoi tagliarti fino all’ultimo boccolo, ma non dovresti permettere che questo deturpi la tua bellezza.»
«La bellezza è cosa effimera» replicò prontamente, trattenendo la foga rabbiosa che l’annotazione appuntata su di lei tanto facilmente aveva scatenato, ma le aveva anche reso più facile la parlantina, solitamente trattenuta da un senso di inadeguatezza che la perdita e l’abbandono avevano alimentato, un senso di difesa precario che imbrigliava il cuore della sua personalità. «Perché vi interessa tanto?»
«Perché, recluta, voglio che le mie guardie siano forti nel corpo quanto nello spirito, e chi cede qualcosa tanto facilmente non è degno di proteggere me, il principe», con la calma a costruire un’impalcatura di soddisfazione ostentata soffusamente, Loki gustò l’effetto delle proprie rivelazioni: la fronte invasa dalle rughe, la muscolatura tendersi per spalancarle gli occhi, le labbra dischiudersi in affermazioni morte prima ancora di essere pensate. La lasciò nello stallo della consapevolezza gelida, gustando come la rivelazione della propria identità l’avesse immobilizzata d’un tratto, togliendole la risposta celere, per quanto educatamente formulata, riportandola allo stato di confusionaria sorpresa iniziale. «Qual è il tuo nome, recluta?»
«Sigyn, principe Loki.»
«La bellezza non è cosa effimera, richiede solo la giusta dedizione e può diventare uno dei più grandi inganni, Sigyn» cominciò a spiegare, mantenendo con estrema semplicità lo sguardo cucito a quello di lei, senza sforzarsi di metterla a disagio perché non gli occorrevano tali sotterfugi con una creatura ancora pura e ingenua – malmenabile. «Spesso avrai avversari stupidi, che penseranno che solo perché sei una bella donna non puoi essere anche pericolosa, e ciò sarà un vantaggio per te.»
«È un consiglio prezioso-»
«Come tutti quelli che do, quindi fanne buon uso» la interruppe, decidendo che era durata abbastanza la loro conversazione e che i semi che aveva gettato erano sufficienti. Non gli rimaneva che attendere di scoprire in futuro se mai essi sarebbero germogliati come il suo corpo, e se avrebbe potuto servirsi di essi – ignorando ancora quanto le sue parole l’avrebbero modificata nel suo essere più di quanto si aspettasse. «Arrivederci, recluta.»
Voltandole le spalle, non trascorse molto prima che il ricordo del volto reso ovattato dalla luminosità dei suoi capelli dorati, ricoperti di raggi caldi, si staccasse dalla sua mente, venendo accantonato – non dimenticato, messo semplicemente da parte, in attesa che fosse Sigyn stessa a farlo riemergere. All’epoca del loro primo incontro non poteva sospettarlo, e nemmeno immaginarlo, ma l’influenza che lui aveva avuto su quella piccola ragazzina sarebbe un giorno stata pari a quanta lei avrebbe potuta esercitarne nei suoi stessi confronti. Ma non sarebbe giunto quel momento per diverso tempo, e sarebbe occorso passare attraverso a più avventure – o disavventure – di quante la fantasia di Sigyn aveva intessuto nelle fantasticherie notturne, durante gli anni dell’Accademia alla Caserma Reale.
Fu al termine del primo ciclo della sua vita, quando ormai era una donna ai primi albori, e aveva perso l’indeterminatezza della fanciullezza, che venne assegnata, in quanto una tra le migliori del suo anno, alla guardia di Frohheimr e dei suoi abitanti – la guardia personale della famiglia reale.
In formazione, lei e i suoi compagni se ne stavano ad attendere la fine della cerimonia che li vedeva formalmente dislocati nella posizione più centrale di Goðheimr; e con il capo fisso, non aveva osato rotare il collo nemmeno quando aveva scorto la figura del grande Odino, accompagnato dai suoi figli, giungere per visionare personalmente chi si sarebbe unito alla cura della difesa del palazzo. Per quanto gli anni fossero apparentemente trascorsi rapidamente, forse per la monotonia delle sue giornate, grazie all’allenamento che aveva occupato interamente quasi ogni suo pensiero, sfinendola tanto da non concederle molta libertà per dedicarsi ad altre attività, Sigyn non aveva dimenticato Loki e i sentimenti contrastanti che le aveva suscitato. Per questo non provasse ansia, ma una lieve trepidazione e incertezza – perché, in fondo, faceva fatica a convincersi che lui si sarebbe ricordato di quel lontano pomeriggio, perso in un momento di tranquillità, in cui aveva ritrovato le fila del proprio io -, non poteva evitarsi di illudersi attendendo qualcosa privo di un appellativo.
Tutti e tre, con Odino davanti ai due figli, passarono davanti a lei, scrutando con la stessa attenzione annoiata la schiera dei nuovi giunti. Quando pensò finalmente di aver avuto ragione, di essere naturalmente l’unica a serbare le memorie comuni, distendendo la tensione con un sospiro di liberazione da quel peso dettato dall’ignoto, si ritrovò nuovamente davanti il giovane erede al trono a scrutarla con il capo leggermente piegato lateralmente e un sorriso di soddisfazione a propagarsi per il volto.
«E così sei stata ammessa nella Guardia di Palazzo, Sigyn?» domandò retoricamente, studiando come i ricci corti continuassero a non arrivare a sfiorarle le spalle, ma a differenza di quando era poco più che una bambina, gli occhi pece erano risaltati dal trucco – il nero del contorno e le tonalità della terra a decorarle le palpebre esaltavano la forma in cui le pupille padroneggiavano una sicurezza ammaliatrice - e le labbra accese dalla tonalità scarlatta. Le lentiggini puntellavano la pelle, senza che alcuna copertura le attenuasse, ma fossero esaltate dal colorito ramato di un abbronzatura ottenuta dal restare spesso all’aria aperta. L’armatura non era ancora personale, ma quella normale in dotazione ai soldati semplici, ma nonostante l’omologazione dei suoi abiti, aveva trovato il modo di risaltare senza eccessi o volgarità, evidenziando ciò che era – rivendicando la propria bellezza, evitando che soffocasse sotto il peso delle sue scelte.
«Sì, principe» rispose, dopo un momento di sorpresa, recuperando rapidamente la parola, al contrario del loro primo incontro.
«Molto bene, continua a cercare di impressionarmi», si lasciò scappare un sorriso più pronunciato, lasciando che un genuino compiacimento lo guidasse in una piega quasi involontaria. Non aggiunse altro, ma voltandogli nuovamente le spalle, gli risultò più difficoltoso accantonare la sua figura come aveva fatto in passato.
«Ci riuscirò, principe» assicurò Sigyn, trattenendo tra le labbra, morse dai denti, un sorriso di puro appagamento.





M A N I A’ s W O R D S
Allora, diciamo subito che questa piccola shot non ha nessuna pretesa. La figura di Sigyn so benissimo che non è presente nei film e io dei fumetti non conosco niente, quindi la mia idea di lei l’ho costruita tutta fantasticando su come potrebbe essere. Vorrei scrivere anche altre shot con lei e Loki, basandomi su tutti gli headcanon che mi sono costruita da sola, il che non so quanto sia interessante come cosa, ma questa scena del loro primo incontro avevo proprio voglia di scriverla e pubblicarla, quindi spero possa esservi piaciuta.
Da quel poco che so, Sigyn non è una guerriera, però a me piace questa idea di una dea della fedeltà combattente, perché per essere fedeli ci vuole uno spirito da vera guerriera, cosa assai utile inoltre per proteggere ed essere utile a Loki. So anche di non aver detto molto sul passato di Sigyn, ma per quanto possa sembra di morte e devastazione, non è così, è molto più normale di quanto possa apparire e non mi ci sono soffermata unicamente perché non era il fulcro del discorso; ma in una futura shot non escludo di ritornarci.
Inoltre nella mia personale visione, lei ha qualche secolo (?), decennio (?), anno (?) in meno di Loki – perché adoro le differenze d’età nelle storie d’amore, sempre che non si rasenti la pedofilia, ovviamente!
Ovviamente è ambientata prima del primo film di Thor, ma penso si sia compreso.
Ultime note tecniche che derivano dalle mie piccole ricerche riguardo la mitologia norrena e spero siano corrette:
Frohheimr è, nella mitologia norrena, il nome del palazzo di Odino;
Goðheimr è il nome del pianeta su cui si trova Asgard, che in realtà sarebbe solo il nome della città principale, ma spesso viene identificata con il regno completo.
Credo di aver detto tutto, quindi lascio la parola a voi, e vi prego di lasciarmi un commento, che davvero mi farebbe molto felice ~

Note aggiuntive del 16/12/2013: Ho deciso di trasformare questa iniziale one shot in una raccolta di altrettante - di un numero ancora imprecisato. Mi sembrava insensato riempire il fandom di una serie di fic collegate tra loro senza riordinarle, ed essendo una mezza maniaca dell'ordine, ho preso questa decisione. Spero che la raccolta vi piaccia e ringrazio sinceramente chi ha letto, inserito tra le preferite e ricordate, ma soprattutto commentato, questa piccola prima shot. Grazie di cuore.

Note aggiuntive del 17/12/2013: Ho creato un piccolo banner con le mie alquanto scarse capacità di grafica, ma ne vado comunque orgogliosa, quindi pregherei che nessuno se ne appropriasse indebitamente. L'attrice scelta per far da presta volto alla mia Sigyn è Chloe Grace Moretz - so che non ha i capelli ricci e corti, ma il viso lo immagino come il suo e non ci sono immagini di questa attrice con la pettinatura che vedo per Sigyn, datemela buona!

Note aggiuntive del 27/03/2014: Allora, ho cambiato banner. E ho cambiato attrice come prestavolto, e questa decisione merita una piccola spiegazione. Nei primi capitoli di questa raccolta, la differenza di età tra Sigyn e Loki si nota, quindi come prestavolto Chloe era più indicata all'inizio, ma da sempre, da quando mi sono figurata Sigyn più grande al fianco di Loki, l'ho vista con il volto di Natalie Dormer - sì, è una gran gnocca lei e io Sigyn la dipingo sempre come una ragazza normale, quindi diciamo che si avvicina a Natalie Dormer, ecco, ha qualcosa di lei.


Mania■


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Capitolo 2
*** O2 • L'arte segreta dell'impressionare ***


PROLOGO



▬ C A P I T O L O 2
“ L'arte segreta dell'impressionare



Aveva molti segreti, Lady Sigyn, più dei boccoli che si era amputata, più dei sorrisi serafici che sfoderava al posto di parole di replica acida che ci si sarebbe aspettati dopo insinuazioni sulla sua abilità in combattimento, più delle rivalse di gesti e non di frasi che si era conquistata in battaglia. Non amava i gioielli, ma considerava preziosi, come le gemme che componevano i decori sfarzosi delle altre dame di Asgard, tutto ciò che mai aveva mostrato, custodendolo al riparo del suo cuore delicato.
Erano prevalentemente memorie, antiche immagini di un mondo perso nella decadenza della casata nobile di cui aveva fatto parte, durata per secoli nella sua maestosità e che aveva cominciato a creparsi prima ancora della sua nascita, aspettando la sua infanzia per crollare rovinosamente, rubandole una serenità di cui gli anni da bambina si sarebbero dovuti fare portatori. Aveva imparato a non rimpiangere più una famiglia di cui era stata privata dai componenti stessi, l’unica cosa che era perdurato nel suo animo era il desiderio di forza – non solo dello spirito, in modo che alcuna lacrima potesse nascere dall’abisso oscuro dei suoi occhi, ma anche del corpo. Per questo era diventata una guerriera di Asgard, per questo si era innalzata al di sopra della media, profondendo ogni briciolo della sua energia per giungere a dimostrare, non agli altri, ma a se stessa di potersi forgiare con le proprie mani. E ora che vigilava sul palazzo del Padre degli Dei, facendo parte della Guardia Reale, scelta per la divisione più vicina alla famiglia di Odino, sapeva di essere come non mai vicina al suo nuovo traguardo.
Una novità relativa, in realtà, solo secondo la vita degli asgardiani, perché era un secolo e mezzo che provava a impressionarlo e sperava di poterci finalmente riuscire da un giorno all’altro. Per questo si allenava fino allo sfinimento, con i corti capelli d’oro ad appiccicarsi al collo, attaccati alla pelle dal sudore, sporcandosi di terra per quante volte finiva nel fango dell’arena, rialzandosi immancabilmente.
Nonostante le iridi di Sigyn fossero più nere della notte – come i sentimenti più tetri -, Lady Sif si accorse che ardevano come braci perpetue in quel pomeriggio in cui l’aria era piena del profumo dei mandorli in fiore. La osservò per ore prima di decidere di avvicinarsi a lei, allontanando il suo avversario – non degno per la bravura della tecnica astuta della piccola guerriera – per poter essere la sua nuova meta da sorpassare.
Com’era logico aspettarsi, Sigyn non riuscì nemmeno a toccare la pelle di Lady Sif, ma la giovane non demorse nemmeno per un attimo davanti alla differenza di abilità e il suo sguardo non venne scalfito dalla demoralizzazione, che sarebbe stato naturale sentimento davanti a tale sconfitta - totale. Un nuovo fendente tentò di penetrare nella difesa della dea della guerra, ma tale era il suo titolo e molto tempo sarebbe dovuto ancora trascorrere prima che Lady Sigyn potesse combattere quanto meno maggiormente alla pari con lei – e sarebbe stato il tempo della loro amicizia, quando il sole avrebbe brillato e illuso ognuno con la più grande della menzogna: la speranza che nulla sarebbe mutato mai in quell’idillio di felicità precaria.
«Come ti chiami?», glielo domandò sorridendo con soddisfazione incredula, vedendola rialzarsi una volta in più, dopo che tanto veemente l’aveva colpita al fianco. Non sapeva se fosse ricoperta maggiormente dalla fanghiglia a rapprendersi anche tra i mezzi ricci, o dai lividi che le aveva provocato dopo averla costretta a piegarsi ai suoi piedi – e nonostante avesse rotto ogni sua mossa, infranto ogni difesa e attacco, nessuno degli spettatori aveva esultato per Lady Sif o schernito Lady Sigyn, perché la dignità tremendamente testarda con la quale quest’ultima perseverava, zittiva le chiacchiere. Affascinava, con la sua perseveranza inscalfibile, forse perché pareva essere esageratamente immensa rispetto al corpo sottile nel quale risiedeva, o forse perché sarebbe stato eccessivo per qualsiasi contenitore – come se tutta la cocciutaggine dell’universo si fosse riversata in lei.
«Sigyn, mia signora» rispose la guardia reale, abbandonando la posizione di guardia per raddrizzare la schiena, ammorbidendo i lineamenti del volto e riportando alla serenità sornione gli occhi risaltati dal trucco.
«Non chiamarmi così, sono solo Lady Sif» la rimproverò la donna, prima di proseguire nei suoi quesiti per comprendere l’anima di quella strana ragazza. «Come mai sei entrata nell’esercito?»
«Perché non farlo, mi sono domandata» ambigua, Sigyn sviò da ciò che le era stato chiesto con innocenza. Non intendeva dissetare la curiosità del suo superiore, nemmeno sotto ordine perentorio, perché i suoi segreti erano una collezione privata e sua madre le aveva confidato, nel cuore di una notte nella quale entrambe non riuscivano a prendere sonno, che le vere donne erano coloro che avevano misteri con il quale adornarsi, perché solo chi non ne possedeva ripiegava sulle perle e diamanti. Lady Sigyn ne aveva parecchi, li amava e coltivava, se ne era vestita ovunque andasse, mischiandoli all’aria di gran dama decaduta – un contegno nobiliare, così stridente con il suo essere guerriera, eppure, così ben sintetizzato nelle sue movenze.
«La tua non è una risposta.»
«Forse non ne ho una che possa soddisfarvi, Lady Sif.»
Lady Sif storse il naso, chinandosi appena verso la più giovane, domandandosi se la stesse deliberatamente prendendo in giro. Le aveva fatto comprendere chiaramente di non amare i formalismi, e Sigyn l’aveva ignorata nella stessa maniera gentile con la quale stava evitando di soddisfare le sue richieste di conoscenza sulla sua persona.
«Qual è il tuo scopo?» chiese semplicemente, pensando potesse essere più semplice ottenere qualcosa di chiaro da parte di Lady Sigyn, ma si ingannava.
«Impressionare
Solo chi le aveva ordinato di provare in quell’impresa avrebbe potuto comprendere una simile risposta, ma Loki non era presente e solo a sé rimase perfettamente limpida l’unica parola che pronunciò. Riempì il silenzio nel quale Lady Sif continuava a scrutarla, cercando di scavare nell’inchiostro dei suoi occhi per trovare ciò che negava di rendere visibile in modo tanto semplice, efficace, da non poterle essere mosso nemmeno un rimprovero, con un sorriso delicato. Aveva cancellato dalla propria persona la foga razionale con la quale aveva combattuto fino a qualche precedente attimo, riportando la quiete tra i contorni del volto ovale, lasciando che sommergesse la tempesta di determinazione che aveva tentato di travolgere, inutilmente, la guerriera infinitamente più esperta e capace di lei. Era rimasta talmente sorpresa che Lady Sif le concedesse l’onore di allenarsi con lei – o forse sarebbe stato più corretto asserire allenarla – che non poté fare a meno di esprimerle gratitudine per aver sprecato il suo tempo libero, dedicandolo a lei.
Il risultato fu che Lady Sif fu solo più confusa riguardo il quadro generale della giovane, così tanto che l’immagine di quella ragazzina piena di terra, con i capelli impiastricciati, gli occhi ardenti marcati dalla matita nera a vibrare di passione, e con il corpo esile di una bambina, le si appiccicò alla mente per il resto della giornata, ammaliandola nelle contraddizioni rimaste irrisolte.
«Oggi ho incontrato una strana ragazza tra le guardie di palazzo» asserì in mezzo alla cena, senza seguire il filo della conversazione portata avanti da Fandral e assecondato dagli altri, chi con più interesse e chi solo perché sospinto dalla discussione.
«Hai lanciato la moda delle donne guerriere, mia buona amica» scherzò Volstagg, dissetandosi con l’ennesimo calice di vino – il numero di quale esso fosse, ormai, faceva parte di un conteggio obnubilato dai fumi dell’alcol.
«Non credo sia merito mio», in un primo momento anche lei aveva pensato qualcosa di simile a ciò a cui alludeva il compagno di battaglie, ma in realtà era giunta alla conclusione che nonostante le frasi di ringraziamento per essersi accorta di lei, tanto da spingersi a farle da avversario, non erano ciò a cui tendeva Lady Sigyn. Per quanto fosse apparsa soddisfatta per aver attirato lo sguardo di Lady Sif, quest’ultima era certa di non aver appagato quel desiderio espresso ambiguamente nell’ultima risposta.
«Come mai ti ha tanto colpito?» chiese Thor, incuriosito da come quella sconosciuta guardia avesse attirato tanto lo sguardo di una delle guerriere più prodi di tutta Asgard.
«Forse perché lei stessa desidera tanto impressionare» osservò Lady Sif, senza accorgersi che con tale risposta aveva ora conquistato l’attenzione dell’altro principe, i cui occhi versi di spostarono su di lei per ascoltare con maggiore interesse le parole. «Anche se non credo di essere nuovamente io il destinatario.»
Inconsapevolmente, esortata dalla battuta di Fandral nel sapere se si trattasse di una bella donna, Lady Sif raccontò il suo incontro con Sigyn a chi era il reale soggetto delle attenzioni a distanza di quest’ultima.
Di come aveva notato il rispetto dei suoi commilitoni racchiuso nel non trascurabile gesto di non beffarsi della sua perdita, come se vi fossero altri meriti sconosciuti per i quali la tenevano in così alta considerazione – ed era quella sua tenacia il valore aggiunto ad aver creato tale stato di generale ammirazione. E durante la narrazione dell'amica, Loki fu l’unico a non commentare in alcun modo, neanche sottilmente come suo solito, distaccandosi più del consueto dalla conversazione comune – celando così la curiosità suscitata nuovamente in lui da Sigyn, nonostante la lontananza di tempo dall’ultima volta in cui le loro strade si erano intrecciate.
Ancora non lo sospettava, il dio degli inganni, ma era un nodo quello formato dalle loro rispettive vite che non si sarebbe potuto sciogliere, nemmeno con la fine dei Nove Regni. E se lo avesse saputo ne avrebbe avuto timore per la profondità di un tale legame, tanto da evitare che l’interesse di cui era vittima – e artefice, perché era stato lui a incitarla a prodigarsi per compiacerlo – lo guidasse, il giorno successivo, a cercarla tra i corridoi del palazzo. La osservò a distanza, nel suo ruolo di comando fissato a metà della gerarchia, posizione del tutto degna data la sua età, impressionante vista l’assenza di minacce a scaturire dalla sua figura, destreggiarsi abilmente tra l’impartire e l'eseguire gli ordini, del tutto a suo agio. Era naturale nei suoi piccoli tic – tirare lievemente gli angoli delle labbra, per una fazione di secondo, quando era invisibilmente contrariata; puntellarsi il polpastrello del pollice con l’unghia del medio; sfiorare l’elsa della spada, cimelio di famiglia, con la noncuranza di un gesto intriso di pacatezza aggressiva -, ed era come ricordava fosse la sua persona, fusa in una regalità ancestrale e la sua anima di guerriera.
«E così stai iniziando a suscitare l’interesse dei tuoi superiori», la colse, come al loro primo incontro, di spalle, senza avvisarla della propria presenza. Ma questa volta lei non rischiò di cadere, né la sorpresa durò tanto da renderle la risposta arrancante; ebbe il solo effetto di far esplodere il sorriso sulle sue labbra dipinte di scarlatto, con tonalità talmente sincere, fuoriuscite dagli abissi dei suoi segreti sepolti, da essere accecante come i riflessi dei suoi capelli.
«Faccio del mio meglio, principe.»
La scrutò, limitandosi a tenere imperturbabile il ghigno sulla bocca, mentre cercava di penetrarla con il verde lacerante dei propri occhi, mordendo la superficie quieta di cui Sigyn si rivestiva. Era cresciuta dall’immagine che serbava di lei, diventando l’affascinante donna che aveva scorto nei lineamenti di un’appena ragazzina secoli prima, conservando la sua femminilità come le aveva suggerito. Ma aveva serbato la brutta abitudine di tagliare via i ricci delineati tanto sapientemente dalla natura, e anche se ora compensava tale perdita con il trucco a sottolineare la bellezza dei propri lineamenti, mentre gli abiti, non essendo più quelli omologanti dei soldati semplici, ma personali di chi aveva guadagnato il privilegio di rendere palese la propria unicità, le fasciavano le forme del corpo, Loki continuava inspiegabilmente a sentirsi contrariato per quell’atto che considerava sacrilego.
«Continui a tagliarti i capelli» osservò con tono piatto, puntellato da fastidio, mentre tornava a sfiorare le punte d’oro come durante quel giorno di fine primavera perso nelle loro memorie.
«Ho seguito il vostro consiglio.»
«Molto bene, anche» commentò Loki, senza che la soddisfazione per la riuscita di tale semplice impresa alterasse la contrarietà per l’atto di deturpazione. «Eppure, persevero nel ritenere che sia un tale spreco che la tua chioma venga così guastata.»
«Sono onorata che vi piacciano tanto i miei capelli» asserì cercando di nascondere di essere compiaciuta, ma alle gote era affluito più flusso sanguineo di quello che potesse essere un quantitativo ragionevole, rendendo palese quanto quella preoccupazione – se tale afflizione per le sorti dei suoi capelli poteva essere definita tale – fosse capace di illuminarle lo sguardo, al punto da stravolgere la quiete composta di cui sempre si ricamava.
Di poco, vedendola incapace di contenere le emozioni di liquida purezza, dense nella loro essenza, prive di macchie a contaminarle, offuscando la loro dirompenza come spesso capitava a lui, Loki tirò maggiormente gli angoli del sogghigno con il quale si gustava il risultato sorprendente che sue stesse parole avevano avuto su lei – erano attecchite, più radicalmente e differentemente di quanto avesse immaginato.
«Allora, se veramente lo sei e se continui a desiderare di impressionarmi, accontenta il tuo principe e non tagliarli più» proseguì Loki, abbassando la mano dal riccio mozzato a metà giro, per lanciare una sottile sfida e vedere come quella volta si sarebbe trasformata – se di nuovo avrebbe scelto di compiacerlo. «Fammi vedere se anche con i boccoli a scorrere oltre le tue spalle, sai essere ugualmente una guerriera di valore.»
Mentre si allontanava senza aspettare replica, lasciandola sola nel corridoio maestoso e deserto, con gli ultimi sbuffi di sole cremisi a irrompere all’interno del palazzo, dipingendola con sfumature calde, riempiendola esteriormente di quel fuoco che sapeva far fremere l’intero suo essere, Loki era concentrato sul se delle azioni di Sigyn. Ma come avrebbe imparato a comprendere, mai avrebbe dovuto dubitare dell’esecuzione di una richiesta che le avrebbe impartito, ma il come sarebbe stata realizzata.
Sigyn aveva dei segreti e tra questi vi era quello del suo amore per i capelli ereditati dalla madre, ma il desiderio di essere forte l’aveva portata ad amputarseli come erbacce, gettandoli via con sofferenza. Tra gli altri vi era la sua silente ammirazione per Loki e per quella serie di strafottenti consigli – o sfide – che ogni volta le lanciava addosso, forse non perché davvero apprezzava la bellezza della sua chioma, ma perché era incuriosito dal sondare fino a dove si sarebbe spinta pur di accontentarlo. E in quel repertorio di gemme personali, vi era anche la gratitudine verso di lui per averle chiesto di tornare a farsi crescere i boccoli, dimostrandogli che non erano qualche decina di centimetri di fili biondi a impedirle di essere una gloriosa guerriera. Sguazzando tra altri suoi segreti, vi era quello di desiderare di compiacerlo, ma di non dargliela vinta, perché Sigyn, anche se era giovane e di Loki conosceva poco, aveva intuito che quello era l’unico modo per impressionarlo. Era solo un’intuizione, ma una manciata d’anni dopo, Loki si sarebbe ritrovato con la fronte aggrottata in un disappunto divertito, osservando la donna camminare per il corridoio, dopo essere stata nella sala del proprio comandante a far rapporto sugli scontri in province lontane alle quali era stata assegnata, per mettere alla prova la sua valenza come capo di un battaglione – riuscendo egregiamente nell’intento di mettersi in evidenza, tanto da donarle l’aria compiaciuta che raramente le si delineava tanto platealmente sul viso. E vedendo la treccia laterale accarezzarle la guancia, ricadendo sul suo petto, realizzò come Sigyn fosse la più scaltra delle creature in cui si era imbattuto fino a quel momento della sua vita – escludendo, ovviamente, se stesso.
«Non mi vuoi proprio concedere il piacere di vederli sciolti, mia devota Sigyn?» le domandò con fin eccessiva aria contrita, ostentazione a rendere teatralmente ambigue le sue parole, ottenendo l’unico risultato di farla ridere – e fu la prima volta che Loki provocò tale scoppio di acqua scrociante, e ne fu celatamente incantato, quasi quanto dai suoi dorati capelli.
«Avete chiesto di farli crescere, non avete imposto altra condizione» osservò la donna, mantenendo un sorriso dolce rivolto unicamente a lui – per lui.
«Sei meno delicata di quello che appari, Sigyn» asserì Loki, senza specificare in alcun modo la sua constatazione, lasciandola galleggiare nell’aria, quasi per prendere lui stesso coscienza di una tale realtà fino a quel momento sfuggita. E non poteva che apprezzare il modo che aveva avuto di accontentarlo ed insieme negargli parzialmente ciò che aveva richiesto, talmente semplicemente da essere affascinante in quella continua sintesi di poli opposti – motivo che l’aveva indotto, quando ancora era una recluta, a rivolgerle la parola. «Riconosco di essere lievemente impressionato»
«Ne sono felice, principe», e Sigyn gli sorrise con prepotente gioia sentendo quell’ultima affermazione. Riuscendo, un po’ meglio dell’ultima loro conversazione, a contenere maggiormente l’imbarazzo felice per ciò che alle sue orecchie appariva come uno dei più bei complimenti che le potessero essere rivolti. Per bilanciare l’impossibilità di contenere le proprie emozioni, Sigyn decise che era arrivato il suo turno di lanciare una piccola sfida a se stessa – e anche a lui. «Cercherò di farvi levare quell’avverbio la prossima volta.»
Alzando un sopracciglio mentre lasciava un sorriso sbilenco a piegargli gli angoli delle labbra, accarezzando con la punta delle proprie dita la treccia per un pugno di secondi, Loki si abbassò un poco verso di lei per tagliare via lo spazio vuoto in eccesso, cercando di affondare maggiormente nell’anima di quella bizzarra creatura che riusciva addirittura a catturare il suo interesse. E prima di allontanarsi, le rivolse una preghiera che sapeva ancora una volta di ordine: «Non farmi aspettare troppo, Sigyn, sono curioso di scoprire come ci riuscirai.»





M A N I A’ s W O R D S
Lo avevo detto che mi sono incantata con loro, e infatti rieccomi con un’altra shot Loki/Sigyn. Anzi, come noterete ho proprio trasformato la prima one-shot in una raccolta, perché mi sembra assurdo infestare la sezione con mille piccole storie, per altro tutte collegate tra loro, quando potevo riordinarle. Inoltre, dato che sto lavorando alla preparazione di una long che vuole riprendere i film ma anche il filo del rapporto tra Loki e Sigyn da me inventato con queste piccole fic, mi sembrava una scelta migliore.
Come avevo già precisato nell’altra shot, Sigyn è praticamente una mia elaborazione originale, perché non conoscendo assolutamente niente dei fumetti e basandomi unicamente sui film e in parte quel pochetto che so della mitologia norrena, alla fine è un mio personaggio. Quindi non ha alcuna pretesa di adattarsi alla visione né dei fumetti né tanto meno della mitologia, ma solo e unicamente ai miei headcanon che mi sono creata a furia di pensare a lei e Loki. E lo stesso lo sono tutti gli accenni che ho fatto su altri fatti - tipo la famiglia di Sigyn o la sua amicizia con Sif -, che probabilmente riprenderò in altre shot o nella long a cui sto pensando.
E tra questi headcanon ho quello dei capelli. Questo dettaglio lo riprenderò anche in altre shot probabilmente, perché mi fa tanta tenerezza trovo la trovo molto intima come cosa, senza contare che è un elemento che mi permettere di mettere in evidenza aspetti caratteriali di entrambi – l’egoismo di Loki, ma anche una capacità di attenzioni fatte a proprio modo, nascoste; e la dedizione di Sigyn a voler risaltare agli occhi di lui, ma in una chiave che non la vede succube.
Ok, penso di aver finito di vaneggiare inutilmente. Volevo solo ringraziare infinitamente chi ha letto la precedente shot, e soprattutto chi l’ha commentata, mi avete resa veramente felice! Quindi non siate timidi e lasciatemi un piccolo parere ~

Note aggiuntive del 17/12/2013: Ho creato un piccolo banner con le mie alquanto scarse capacità di grafica, ma ne vado comunque orgogliosa, quindi pregherei che nessuno se ne appropriasse indebitamente. L'attrice scelta per far da presta volto alla mia Sigyn è Chloe Grace Moretz - so che non ha i capelli ricci e corti, ma il viso lo immagino come il suo e non ci sono immagini di questa attrice con la pettinatura che vedo per Sigyn, datemela buona!


Mania



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Capitolo 3
*** O3 • E poi c'è chi da importanza a cose diverse ***


PROLOGO



C A P I T O L O 3
“ E poi c'è chi da importanza a cose diverse



Non poteva certo lamentarsi di non essere stata messa in guardia, ma Lady Sigyn era la personificazione della quieta cocciutaggine, e poco le importava se il principe Loki fosse conosciuto per la sua magia e i suoi inganni. Al contrario di quanto mormoravano nelle retrovie, sui cambi di battaglia, lei non trovava che fosse in alcun modo meno degno combattere con le risorse che si avevano a disposizione, anche se queste divergevano da quelle degli altri; anzi, nell’ottica capovolta della nobile decaduta, riuscire a vincere con abilità diverse era più meritevole di lode.
Nella sua ingenuità, nella sua vita giovane per la longevità del suo popolo, Lady Sigyn aveva già colto la meccanica dei ragionamenti comuni, quindi non credeva veramente alle battute lievi che sentiva sulle capacità di combattimento di Loki – non perché non fossero giuste, ma perché erano pronunciate dal timore e non dall’obbiettività. Quindi, quando lo difendeva con battute sarcastiche, sottolineando come tutti loro sarebbero nei migliori dei casi mutilati se il principe non fosse intervenuto personalmente, con quelli che erano definiti come giochetti di prestigio, si ritrovava cuciti addosso sguardi perplessi intenti a scoprire cosa la legasse tanto a quell’uomo talmente distante da lei.
Nonostante ciò che pensavano gli altri, Lady Sigyn aveva intuito molto più di tutti loro messi assieme la natura di Loki e a dispetto dello spavento che quello squarcio su di lui avrebbe dovuto evocare, inaspettatamente ne era rimasta maggiormente affascinata. L’inganno, come aveva compreso, non era un’arte che si può scegliere liberamente, vi erano semplicemente persone che si nascondevano, celavano se stessi insieme al cumulo di sentimenti rappresi malamente nel cuore, e non avevano altra scelta che illudere il mondo esterno – con la retorica, la recitazione e anche, per chi ne possedeva il dono, la magia. L’evolversi di questa natura era plasmabile, mutevole e mai continua, perché era quello il rischio che ci si portava appresso nell’abbracciare la menzogna: essere a propria volta vittime di ciò che si riteneva di poter governare. Eppure, quel rischio, Lady Sigyn reputava che il principe non l’avrebbe mai corso, troppo magnificamente a suo agio in quell’ambiente indefinito – era ancora giovane, piena di speranze e un giorno avrebbe pianto in ginocchio davanti al trono del Padre degli Dei per ciò che sarebbe successo, e anche davanti alla morte, non avrebbe rimpianto nulla, ma si sarebbe solo data della sciocca per tale calcolo drammaticamente sbagliato.
Rimase con la schiena dritta, seduta sulla panchina dei giardini reali, spostando solo le iridi scure per seguire i passi di Loki, intento a ruotarle attorno, scrutandola con indefinita espressione. Non era a conoscenza dei suoi pensieri, nessuno avrebbe potuto esserlo, ma non occorreva grande maestria psicologica per concludere che stava tentando di intessere una trappola ai danni della sua giovane devota. Si divertiva troppo nel sondare quanto e come Sigyn si sarebbe spinta oltre per poterlo compiacere, adorava vederla inventarsi ogni volta nuovi modi per poter realizzare le sue richieste, senza farlo pienamente, per dispetto. Era una ragazza dannatamente pacata, la sua anima non si agitava nemmeno sul campo di battaglia se non per la travolgente adrenalina ad acutizzare i suoi spostamenti, ma mai cadeva vittima delle passioni e la sua ragione rimaneva ancorata alla lucidità più sfacciata.
«Posso domandare la ragione di questo silente incontro?» chiese Sigyn, interrompendo l’imposta assenza di parole da parte dell’uomo che continuava appositamente a tirare le labbra sottili in un ghigno, dai risvolti illeggibili nell’ambiguità intrinseca di cui era composto.
«Nessuna, in realtà. Volevo solo vedere quanto fossi cambiata» asserì mantenendo l’aria sornione, lasciando che le proprie parole non risuonassero con un senso definito, ma si allacciassero a una moltitudine di significati lasciati palesemente in sospeso. Era interessante, per lui, osservare quella ragazza che aveva osato talmente tanto nell’accendere la sua curiosità, sollevando un flebile attaccamento alla sua persona, al punto di ricercarla con lo sguardo nei momenti di noia nel palazzo e in quelli di tensione per il campo di battaglia. Non era classificabile come preoccupazione nel senso comune del termine e in nessun altro modo, forse perché in lui non vi era nulla di quotidiano e catalogabile come rientrante nei canoni asgardiani, ma era un dettaglio al quale evitava di porgere deliberatamente attenzione.
«Spero di non esserlo troppo» commentò sorridendo, quasi sbuffando per trattenere una risatina leggera, intrappolandola tra le labbra cremisi, che a differenza di quelle dell’uomo erano piene, carnose e rimanevano sempre lievemente dischiuse, come se vi fossero parole perennemente in attesa di essere pronunciate o un lieve stupore perpetuo a impregnarle.
«La treccia si è allungata.»
«Un’altra cosa che spero è di sapere, un giorno, come mai i miei capelli vi stiano così tanto a cuore.»
«Perché, mia devota Sigyn, sono ancora più splendenti di quelli di qualsiasi altro asgardiano» osservò Loki, stranamente sincero nel risponderle, piegandosi in avanti, da dietro le sue spalle, per affacciarsi al lato sinistro del suo volto accarezzato dall’intreccio a ricaderle sul petto. La chioma della ragazza non era sempre stata di quella sfumatura che aveva acquistato crescendo, abbandonando il rilucere dell’oro caldo e afferrando una nota fredda nello scolorirsi, diventando quasi luce abbagliante da quanto il giallo si era avvicinato al bianco del gelo; ma la vera meraviglia di quella pioggia di raggi condensati erano i ricci magnificamente delineati nei loro aspirali, tessuti con una sapienza divina più alta, la stessa che aveva inventato le stelle e la loro grandezza. Erano talmente ben piegati nei risvolti, scivolando come sdruccioli di neve, che Loki aveva sempre considerato un peccato prima amputarli e poi imprigionarli in quella pettinatura, tanto da fargli pensare che lei non meritasse un dono del genere se non sapeva apprezzarlo pienamente.
Forse era perché i suoi di capelli erano del tutto diversi da quelli degli altri suoi concittadini. Non era una tonalità atipica, come quella di Sigyn, era l’opposto totale, radicale, l’estrinsecazione del suo essere distante da quel mondo a cui avrebbe dovuto appartenere e che spesso lo avvertiva opprimerlo, stringerlo in una morsa di soffocamento per quel volerlo elevare – o abbassare – a una condizione che non gli apparteneva. E quel contrasto, quella lotta tra ciò che sentiva di essere e ciò che avrebbe voluto essere per vedere orgoglio negli occhi di suo padre, lo stesso del quale si infiammavano nel soffermarsi su suo fratello, lo affliggeva con più prepotenza di quanta mai aveva dichiarato persino a se stesso – e che per tutta la vita lo avrebbe assillato, un martello a battergli sul cuore, consumandolo. E mentre si ritrovava disperso in considerazioni nate da qualcosa di tanto insignificante come i boccoli della sua personale guerriera, udì la voce della stessa proporre qualcosa di assurdamente impensabile: «So che avete reso i capelli di Lady Sif neri per dispetto, fatelo anche con me.»
«E perché dovrei?» chiese, colto alla provvista, incapace di celare in modo perfetto lo stupore per quella richiesta.
«Perché a me piace il colore dei vostri, di capelli. Neri, come la notte, i miei occhi, il cuore dell’universo, come il freddo e il nulla» spiegò con la calma di cui erano costruiti i pilastri del suo animo quieto, spalancando gli occhi nel pronunciare il colore dal quale era rimasta affascinata, abbagliata dalle sfumature di cui le ombre si condensavano e che scorgeva nel verde degli occhi del principe. A differenza di quando molti pensavano di lei, Sigyn non era poi così ingenua nel ritenere che chi sapeva tanto ingannare con maestria avversari terribili potesse avere un’anima immacolata, ma questa considerazione non aveva alleviato il fascino che Loki esercitava su di lei, al contrario, ne aveva ampliato le dimensioni, conducendola a decidere di sondare sulla propria pelle – anzi, sui propri capelli – quella natura melliflua.
«Potresti mai sopportare di essere diversa? Hai appena espresso il desiderio di non cambiare» le fece notare Loki, afferrando nella propria mano, sempre restando dietro di lei, la treccia, tastandola con più precisione di quanto non avesse mai fatto in precedenza, assaporando con i polpastrelli la morbidezza dei fili di luce e la loro consistenza esile.
«Nello spirito, mio principe» chiarì semplicemente, vincendo la voglia di voltarsi alla ricerca dello suo sguardo, restando invece impassibile nel tenere fissi i propri occhi verso l’ingresso del palazzo, illuminato dalle lanterne su cui danzavano fiamme di zafferano e sangue. «Quanto al resto, non afferro cosa ci sia di tanto strano.»
«Lo sai benissimo, non prenderti gioco di me», in uno scatto di improvvisa irritazione, Loki si rialzò distaccandosi dalla figura di lei. Non apprezzava essere schernito e avvertiva quell’ultima affermazione come una leggerezza imperdonabile, perché lui aveva perfettamente in mente quanto fosse complicato essere differenti, ne aveva dovuto portare il peso e l’aveva trasformato in un’arma a proprio vantaggio, ma mai era stato sufficiente a rendere la sua persona all’altezza degli standard che ci si attendeva da chi era nato ad Asgard.
«Non era quella la mia intenzione» rispose tranquillamente Sigyn, sinceramente incapace di comprendere come qualcosa di fuori dagli schemi potesse essere dileggiato, invece che rendere succubi della suggestione creata dall’aver infranto la monotonia. Ma la cosa che ancora più la rendeva perplessa, era come si desse così tremendamente importanza a quale tono avesse impregnato i capelli alla nascita di un individuo; e a conti fatti il suo era stato solo un infantile desiderio, che non nasceva dal volersi rispecchiare con chioma abbinata alle sue iridi, ma da qualcosa di assai infinitamente più prezioso. Glielo disse, per fargli intendere come non volesse in alcun modo mancargli di rispetto, e fosse interessata unicamente a rimanere visibile ai suoi occhi. «Davvero non capisco il motivo di tanta importanza a una minuzia del genere. Il mio era più un capriccio, perché desideravo qualcosa da voi e nulla di più.»
«Potrei accontentarti, ma non so quanto ti piacerebbe» e nel dirle quelle parole tornò a piegarsi verso il suo orecchio, sollevando la treccia per portarla a scivolare lungo la schiena, attendendo una risposta da parte di lei. Sigyn non aveva mai compiaciuto completamente una sua richiesta, così, dato che non aveva intenzione che quel gioco potesse perdurare unicamente in una direzione, se avesse deciso di perseverare a stuzzicarlo, le avrebbe dato dimostrazione del motivo per cui era stato chiamato dio degli inganni. E avrebbe anche, in quel modo, visto quanta finta fedeltà vi fosse nel comportamento di ossequia riverenza con la quale la donna lo aveva sempre cosparso, cercando di dissetare quel narcisismo con cui era nato e si era alimentato – avrebbe visto quanto reale fossero le sue affermazioni di devozione, fino a che punto fosse disposta a mettersi da parte per lui, e nell’incapacità di scorgere ancora quanto profonda fosse tale capacità di Sigyn, pensò che avrebbe distrutto la maggior parte di ciò che li teneva legati.
Le sciolse la treccia, finalmente osservando come i boccoli di disperdessero scorrendo in sciami di spirali verso il basso, riprendendosi dalla costrizione a cui lei li aveva relegati. Li scrutò a lungo, nonostante il capo di Sigyn avesse già annuito dandogli la possibilità di far quel che desiderava della sua chioma, e cercò di imprimersi nella memoria con quanta più forza potesse i giri naturali con i quali cadevano, tinti di una luce argentea dalla luna a renderli eterei, privandoli di quel residuo di biondo che era rimasto a dividerli dalla sostanza del gelo invernale. Lasciò trascorrere i secondi, assimilando ogni loro dettaglio prima di decidere la magia, con la quale l’avrebbe punita per non essere stata capace di percepire la perfezione di cui era stata in possesso e per la sua continua sfida nel non voler soddisfare con pienezza i suoi ordini.
Glieli lisciò, togliendole quei boccoli dei quali era sempre andata segretamente fiera e che aveva ereditato dalla madre, spianandoli fino all’ultimo e non lasciando nemmeno un’onda a smuoverne le punte. La privò completamente della delicatezza delle curve di cui le sue ciocche erano stati ricchi, e aspettò con trepida soddisfazione di scoprire quale sarebbe stata la prima emozione nascere nel suo volto – se l’orrore, lo sconcerto, la paura o la disillusione per quello scherzo di discutibile gusto.
Ancora una volta, come lo sarebbe stato per l’eternità, oltre quelle vite per affondare nelle loro reincarnazioni, Sigyn lo stupì con la noncuranza della sua natura imprevedibile, di cui lei stessa non aveva percezione, ma che gli altri avvertivano tanto chiaramente da rimanerne sbigottiti.
«Mi sono sempre chiesta come sarebbero stati lisci» disse semplicemente, afferrandosi con le falangi sottili una ciocca e alzandola per poterla studiare con maggior precisione. Sigyn era persona razionale, nonostante il fascino che il principe sortiva su di lei, mai le avrebbe offuscato la vista e quando aveva pronunciato quella richiesta aveva perfettamente messo in conto i rischi che correva, dunque, non si sentì in alcun modo umiliata, perché, anche se in modo diverso da quello da lei espresso, aveva ricevuto qualcosa da lui e ciò era più che sufficiente. Dunque semplicemente sorrise, radiosa più di quanto potesse mai immaginarsi Loki, relegato a un mutismo per quella reazione inspiegabile. Lo avrebbe imparato con il tempo, Sigyn non dava importanza alle cose con la scala con cui le persone calcolavano il valore della moltitudine dei pezzi della loro esistenza, ma in base a una logica costruita in una vita in cui aveva visto decadere la più nobile delle casate di Asgard e in cui lei, dall’aspetto tanto mansueto e innocuo, era diventata una delle guerriere più temibili.
«Sei del tutto insensata, Sigyn» commentò infine, spostandosi finalmente davanti a lei per poterne studiare in modo più compiuto i lineamenti, provando a sondare gli ingranaggi che muovevano la sua mente – e il suo cuore. «Solitamente le persone sono così facili da capire, riesco a comprendere come si muovono tanto bene da poterne prendere il posto senza destare sospetto. Ma tu, Sigyn, sei del tutto impossibile da prevedere.»
«Credavate mi sarei offesa? Ve l’ho chiesto io di giocare con i miei capelli, non sono persona tanto sciocca da sottovalutare il dio degli inganni.»
«Dimmi, Sigyn, perché tu vieni da me e brami la mia compagnia, la mia attenzione, il mio interesse, la mia compiacenza?» domandò senza precisare come riuscisse, in un modo o nell’altro, a ottenere tutta l’intera serie da lui elencata con una facilità di cui Loki stesso rimaneva sorpreso, sfuggendogli il come tutto quello avvenisse concretamente. «Solitamente non sono io quello a cui le donne aspirano.»
Sigyn perseverò a tenere gli angoli delle labbra curvati in un tiepido sorriso, mentre ricomponeva la propria treccia con il capo piegato lateralmente, facendo passare le proprie dita tra la propria chioma e prestando attenzione a come sentisse diverso quel gesto che per anni le era risultato tanto naturale, riscoprendolo nuovo. Le sarebbero mancati i suoi ricci, le sarebbe mancato alzarsi la mattina e passare minuti davanti allo specchio tentando di togliere ogni nodo da essi, e ne avrebbe provato malinconia ricordando di aver perduto l’ultimo contatto tangibile con sua madre; tuttavia, mai avrebbe rimpianto di aver posto a Loki quella richiesta e con quel pensiero si sarebbe consolata.
«Solitamente, mio signore, le donne spalancano gli occhi davanti ai gioielli sgargianti e ignorano il carbone dei loro focolai, imprecando quando si attacca alle loro vesti, senza sapere che è da esso che nascono i diamanti di cui vorrebbero ricoprirsi» rispose alzando un sopracciglio, lievemente infastidita non da lui, ma da come le sfuggissero i capelli ora lisci sotto le dita, e facendole sembrare difficoltoso quel processo di intrecciarli che fino ad allora le era apparso incondizionatamente automatico come respirare. «E poi i diamanti sono talmente scontati nella loro presunta bellezza, che è meglio inzozzarsi del nero del carbone.»
«Una buona risposta» notò Loki, chinandosi su di lei, per aiutarla inaspettatamente a tener fermo lo snodo dell’ultimo intreccio in modo da renderle meno complesso il passaggio di legarli con il nastro verde – che poco c’entrava con i colori di cui vestiva, ma si abbinava perfettamente ad altro. «Quindi, posso pensare che mi seguirai qualunque strada prenderò?»
«Conoscendovi, principe, credo che la strada ve la farete da solo e io sarò mezzo passo dietro di voi.»
Loki aveva conosciuto molte persone nella sua lunga vita e ancora di più ne avrebbe incrociate, ma mai avrebbe scoperto una creatura con la stessa capacità di sorprenderlo come quella di Sigyn. Si era aspettato di vederla retrocedere dalla sua posizione di servirlo, di rimanere a lui fedele e di continuare a provare a impressionarlo, invece con quello scherzo aveva solo ottenuto di essere lui quello a rimanere colpito da lei – una volta in più e notevolmente, ma non le avrebbe rivelato di essere riuscita, almeno mentalmente, a fargli sostituire il precedente avverbio con uno che oltrepassava le sue aspettative.
Le si sedette accanto quando ebbe finito di sistemarsi le ciocche, e decise che quella volta l’avrebbe seriamente accontentata per premiare l’impavida tenacia a rimanergli accanto nei modi più disparati e variopinti, nonostante fosse conscia di come fosse mutevole e ingannatrice la sua anima. Tese le mani in avanti, piegando lievemente il collo per sussurrarle all’orecchio, e cominciò a costruire illusioni che erano squarci su pianeti mai visitati, su scenari non ancora accaduti e panorami di cui non si conosceva l’ubicazione.
«Ti mostrerò qualcosa di unico, mia devota Sigyn, qualcosa solo per te, come desideravi.»





M A N I A’ s W O R D S
Perché io Sigyn non ce la vedo a prendersela per cose tanto futili, e soprattutto perché credo che lei sappia esattamente com’è fatta l’anima di Loki e lo ami per quello che è e non per ciò che vorrebbe che fosse – sia la luce sia le ombre di cui è fatto.
Come notate io poi ho una certa fissa per i capelli, ma questa volta non volevo fossero messi in mezzo solo quelli di Sigyn, così ho coinvolto anche quelli di Loki – che probabilmente avrebbe voluto che glielo risparmiassi.
Come sempre poi c’è il riferimento all’impressionare. Non so se ve lo ricordate, ma nella precedente shot Sigyn aveva detto che avrebbe fatto levare l’avverbio a Loki, che diceva di essere lievemente impressionato da lei, e alla fine riprendo questo punto – anche se in modo indiretto e lei non lo sa.
So che la frase sui dimananti e il carbone è tremendamente cliché. Lo so. Passatemala, perché penso di averla usata discretamente bene e resa meno banale di quanto potesse essere in questo contesto - o forse no. Ma anche perché Sigyn è molto giovane secondo la longevità degli asgardiani e lo è anche rispetto a Loki, quindi ce la vedo a fare discorsi usando figure lievemente banali - banali nella forma, non nella sostanza.
Poi, so che c'è un pezzo che fa spoiler! su ciò che ho pensato per il futuro, nel caso abbiate in mente di chiedermi chiarimenti, non vi accontenterò. Non è cattiveria - solo un filino, forse - ma è perché fa parte della long sulla quale sto lavorando, e dato che se tutto va bene per dopo le vacanze natalizie dovrei riuscire a postarla, non mi pare il caso di dare ora delucidazioni.
Ultimissima cosa prima dei ringraziamenti, ho messo il banner - già da qualche giorno, ma chi aveva già letto il secondo capitolo non se ne è potuto accorgere, così rimetto le note già inserite nei due precedenti capitoli. L'ho creato io, e lo so che non è proprio questa meraviglia, ma non sono una grafica anche se mi improvviso tale per occupare il tempo - che non ho, ma ok. L'attrice che fa da prestavolto alla mia Sigyn è Chloe Grace Moretz - e se negli altri capitoli dicevo che mi dispiaceva che non avesse i capelli ricci, qui mi scuso se non li ha completamente lisci e lunghi. Però il volto lo immagino proprio come il suo, quindi anche se l'acconciatura non è quella precisa, patate (?).
Comunque vorrei sentitamente ringraziare chi ha inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite, davvero, mi fa molto piacere che questa piccola raccolta sia apprezzata. Quindi vi prego, lasciatemi anche una recensione, perché i vostri pareri sono importanti per me e a tal proposito ringrazio tantissimo Yoan Seiyryu, Helen L e Serendipity__ per le recensioni che hanno lasciato fino ad ora, mi avete reso migliori queste giornate di malattia.
Ne approfitto anche per agurarvi a tutti buon Natale, buone feste, buon Capodanno e di divertirvi, mangiare e giocare a palle di neve se il tempo ci fa tale grazia. Il prossimo aggiornamento probabilmente arriverà o a fine anno o i primi giorni, a presto!

Mania

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Capitolo 4
*** O4 • La devozione genera a sua volta devozione ***


PROLOGO


C A P I T O L O 4
“ La devozione genera a sua volta devozione



Una delle cose che Loki odiava maggiormente era doversi sentire in pensiero per qualcosa, ancora di più per qualcuno. Quando accadeva - ed era raramente - si ritrovava a dover lottare tra la parte del proprio essere che sentiva di potersi concedere – almeno di tanto in tanto – di lasciarsi andare in modo più marcato a sentimenti di cui avvertiva i movimenti nel proprio cuore, e l’altra che preferiva acquietarli, per tenerli sotto controllo e non lasciarsi sopraffare dagli stessi, evitando di caderne vittima, ma soprattutto di mostrare possibili indizi a esterni osservatori per decifrarlo. Era quella la ragione dell’incredibile ondata di irritazione che serrava la sua mandibola, calcando le sopracciglia sullo sguardo tremendamente freddo con il quale scrutava le mura anguste dei sotterranei, cunicoli stretti e dai soffitti esasperatamente alti.
Eludere le guardie non era stato difficile, con la propria magia Loki poteva permettersi di prendere qualsiasi strada desiderasse, senza dover dar conto a nessuno – scivolando via dagli occhi indiscreti, muovendosi in ombre unicamente sue e di cui aveva il controllo. Mosse le dita lunghe della mano sinistra, evocando lontani suoni a catturare l’udito di chi stava tenendo sotto sorveglianza l’ultimo corridoio delle prigioni dei Demoni di Muspelheim, e attese che si muovessero in coppia verso la fonte in movimento degli scricchiolii prima di addentrarsi tra la fila di celle. Le sbarre spesse erano di un nero denso, quasi fossero tenebra stessa a tenere segregati i prigionieri, dividendoli dal mondo con una prepotenza esasperante, relegando le anime desolate a una dimenticanza perpetua. Pochi gemiti provenivano dagli abissi di abbandono, sommessi e rivolti alle proprie anime arrugginite in rovina, e Loki nemmeno prestava loro attenzione, conoscendo la propria meta grazie alla scia di sangue fresco a rilucere sulle mattonelle di grezza pietra, rischiarate dai riflessi delle torce sporadiche appese alle pareti.
Non gli fu di alcuna difficoltà aprire la serratura, così semplice da scassinare all’esterno quando impossibile farlo dall’interno, ma per fortuna di Lady Sigyn, il principe era assai abile in quel genere di attività e gli bastò intessere una magia, lievemente più complicata del normale, per poter accedere all’antro che era stato riservato alla prigioniera di guerra. Anche se la vittoria era sempre più vicina per gli asgardiani, vi erano stati dei prigionieri tra le loro file durante gli ultimi scontri che tentavano di ricacciare l’avanzata dei Demoni, sempre più impregnati in un’espansione territoriale violenta. Lady Sigyn era tra coloro che erano caduti nelle mani dei nemici e per sua sventura il Padre degli Dei non intendeva contrattare, proibendo a chiunque di tentare di invadere il campo avversario per tentare nel vano intendo di liberare i compagni – quando avrebbero vinto, li avrebbero ritrovati, concesso ovviamente che fossero sopravvissuti fino a quel tempo. E Loki non aveva certo tutto quel tempo per attendere, senza contare che sapeva con assoluta precisione di come il fianco della guerriera era stato squarciato da una lama nemica, affondando nella sua carne e mettendone in vista il rossore interno, mentre da sola aveva tentato una mossa azzardata nell’occuparsi di un manipolo di uomini. Per quanto la manovra da lei organizzata avesse seriamente messo in difficoltà l’esercito nemico, aveva avuto il contrappasso di esporla eccessivamente.
Spiegarlo a parole, il motivo per cui era lì, era semplicemente impensabile. Il solo provare a concretizzare una concatenazione di passaggi logici nella propria mente era difficoltoso, aveva solo deciso, non appena si era accorto dell’assenza della donna nell’accampamento e ricordando di averla vista in ginocchio, ricoperta di sangue suo e demoniaco, che l’avrebbe riportata indietro – in modo del tutto discreto, e non perché stava disubbidendo a un ordine di suo padre, ma più stranamente per non rendere palese qualcosa di cui non conosceva nemmeno lui la forma.
Si chinò lentamente sulla sagoma rannicchiata contro uno spigolo dell’angusto luogo, dove l’umidità bagnava le rocce e la luce filtrava malamente, offuscata da polvere e sporcizia. Respirava appena, tamponandosi la ferita con un pezzo di stoffa strappata dalla propria maglia lercia – o da ciò che ne rimaneva, più che altro -, con un filo di sensi a trattenerla in uno stato cosciente. Le parlò piano, all’orecchio, sfiorandole la palle con il movimento delle labbra mentre passava appena una mano sulla sua guancia per farle comprendere di non aver allucinazioni: «Sigyn, guardami e non morire. È un ordine
Un fremito lieve scosse il corpo esile della donna, anticipando il tendersi dei muscoli del collo che la portarono a sollevare appena il mento di qualche millimetro, quel tanto che le permettesse di socchiudere maggiormente gli occhi e osservare la fonte della voce. Era incerta sulla sua presenza lì, in quella prigionia, perché non aveva mai visto la parte del salvatore ritagliarsi sulla figura di Loki. Eppure, avvertiva i polpastrelli di lui delinearle i lineamenti, partendo dallo zigomo per scendere lungo la guancia, arrivando a tracciare il contorno della mandibola, giungendo al mento e spingendolo maggiormente verso l’alto.
«Non ho intenzione di morire, mio principe, non c’è bisogno che me lo ordinate» pronunciò le parole con una tale fatica da apparire più come mormorii perduti, memorie a risalire nella mente, che sillabe appena fatte risuonare. Non vi era alcuna forza, erano strascicate, le labbra avevano vibrato appena nel definirle, e la debolezza del corpo aveva coperto – quasi soppresso – il vigore dello spirito, per mancanza concreta di qualsiasi tipo di energie a cui far affidamento. La pozza di sangue sotto di lei era ampia, non concedeva alla fantasia di dubitare su quali fossero le sue condizioni.
Era talmente leggera da non recare alcun problema a Loki nel sollevarla, e mentre richiudeva la cella e occultava la loro presenza scivolando nuovamente via come un’ombra – una delle tante agli occhi dei carcerieri -, si premurò di far attenzione a compiere spostamenti bruschi che potessero riportare la ferita di lei a sanguinare copiosamente. La tenne in braccio, come una bambina, con la testa appoggiata alla sua spalla e ne avvertì il respiro infrangersi sul suo collo con una fiacca pari solo alla fatica con la quale mangiava l’ossigeno. Eppure, nonostante fosse consapevole che Sigyn non potesse muoversi, che necessitasse di cure immediate, non riuscì a completare la sua opera di salvataggio - ad essere premuroso fino in fondo.
«Sigyn, quando saremo fuori di qui ti lascerò a qualche chilometro dal nostro campo. Non voglio che tu dica che sono stato io, dì che sei scappata, inventati qualsiasi cosa o di che non ricordi niente, viste le tue condizioni, ti crederanno.. Mi hai capito?»
L’avvertì annuire, incapace forse di chiedere spiegazioni o forse non gliene occorrevano. Lady Sigyn era sempre stata perspicace, soprattutto con lui, e lo aveva dimostrato, quindi non emise il più fievole dei lamenti quando la lasciò nella landa desolata che aveva ospitato lo scontro della giornata appena bruciata nel sangue e nella morte. E lui non si voltò, mentre tornava all’accampamento per lavarsi via le macchie scarlatte dagli abiti, prima che qualcuno potesse notare il suo allontanamento, per sapere se sarebbe riuscita ad alzarsi e tornare dove l’avrebbe aspettata.
Non ne aveva bisogno di accertarsene, sapeva che sarebbe arrivata. E arrivò, perché glielo aveva ordinato e lei, la sua devota Sigyn, lo aveva accontentato ancora una volta – una in più e una non accora abbastanza. Era rimasto ai confini delle tende, senza dover dare troppe spiegazioni, perché i suoi modi erano sempre state incognite per tutti gli asgardiani e avevano smesso di chiedergliene il conto, semplicemente assecondandolo, così da permettergli di muoversi molto più liberamente – e si era potuto concedere il lusso di attenderla, di puntare i propri occhi all’orizzonte per poter essere lui il primo a scorgerla. E mentre guidava i soccorsi per recuperarla, mostrandosi rigido come era abituato a farsi vedere dagli altri, lo scompiglio aveva attirato chi era più abile dei normali soldati ad accorgersi delle crepe di mutamento sulle sue innumerevoli maschere.
Suo fratello Thor si rivelò di una premura incomparabile con Sigyn, fu lui a sollevarla da terra e a portarla nella tenda in cui i guaritori si sarebbero presi cura del corpo martoriato della giovane. Lo fece mosso da un senso di sincera compassione per le condizioni della donna, ma anche perché si ritrovò ad essere più che meravigliato nel ritrovare Loki a supervisionare i recuperi di un soldato. Di Lady Sigyn, Thor, aveva sentito parlare esclusivamente dall’altra Lady dell’esercito, con tale entusiasmo misto a bizzarria da esserne seriamente incuriosito lui stesso, ma era sempre stato così impegnato negli scontri e in divertimenti da non essersi mai preso la premura di conoscerla; ma se avesse saputo che la stessa giovane aveva addirittura sollevato l’interesse di suo fratello, si sarebbe precipitato a scoprire che genere di fanciulla potesse mai destreggiarsi in una simile impresa.
«Non mi avevi detto di conoscerla così bene», non era un vero rimprovero quello che mosse Thor, ma era più un pacato risentimento per essere stato tenuto all’oscuro di qualcosa che riteneva talmente rilevante da avergli fatto abbandonare la seconda ripresa del banchetto, per poter scoprire i miglioramenti delle condizioni di Sigyn dopo le cure e, se ci fosse riuscito, conversare con Loki.
«Mi è sfuggito il momento in cui me lo hai chiesto evidentemente» replicò con inspiegabile freddezza il dio degli inganni, spazientito da quel commento tanto innocuo. Strinse i pugni, pendendosi per aver perso la propria compostezza tanto facilmente, lasciandosi visibile più di quanto avrebbe desiderato, perché anche se si trattava di Thor, non desiderava mostrare a nessuno ciò che ora gli puntellava il petto. Non si preoccupò nemmeno di domandarsi quanto normale fosse stato, da parte sua, tenere nascosta la sua conoscenza con Lady Sigyn, perché di canonico né lui né tanto meno lei possedevano qualche tratto - e non gli sarebbe occorso troppo per scoprire che era una forma di egoismo, reciproca, quella di non farsi mai scorgere quando parlavano, perché entrambi preferivano rivestire quei momenti di un’intimità che sfociava nella clandestinità autoimposta.
«Capisco che tu sia preoccupato, ma non vedo perché prendertela con me. In fondo ha solo fatto il suo lavoro, e anche egregiamente» osservò Thor sollevando un sopracciglio, ma senza alcuna intenzione di polemizzare, semplicemente incuriosito da un comportamento tanto sentimentale da parte di Loki – e fece fatica a nascondere il lieve divertimento per tale aspetto, un divertimento affettuoso, perché era contento di trovare in lui un aspetto nuovo con sfumature dalle tinte tiepide, premurose.
«Non sono preoccupato». Era furibondo. Ed erano troppe le cose che gli serravano la mascella, tendendo i muscoli non solo del collo ma della spalla, affondando nel braccio teso per poter far infossare le unghie nel palmo, cercando di sfogare in quelle contrazioni, trattenute per il lasso di tempo maggiore, la rabbia che sentiva rimontargli nell’anima. Era per l’essersi lasciato condizionare da Sigyn – fino ad andare salvarla, lui stesso! -; era per l’essersi seriamente sentito cruciato per le sue sorti; era per l’essere stato colto in quel frammento di debolezza e Loki non poteva sopportare di mostrare in qualcun modo i propri sentimenti – nemmeno quelli puri, veri, non ancora macchiati da alcun inganno meschino. Ed era anche perché Thor si permetteva di sminuirla affermando che aveva fatto solo il suo lavoro, quando la strategia messa a punto di Sigyn batteva in astuzia ed efficacia la azioni impulsive, arroganti e affrettare del dio del tuono – per lui, d’altronde, pianificare un attacco era cosa fuori dal suo essere.
«È un vero miracolo che sia riuscita a scappare e ne sono felice. Per te» continuò Thor, appoggiandogli una mano sulla spalla, cercando lo sguardo sfuggente del fratello, incollato al volto niveo della giovane, ancora profondamente addormentata dopo le cure dei guaritori nel suo giaciglio.
«Fratello, non intendo trattenerti ulteriormente, sarebbe il caso che tu raggiunga gli altri per i festeggiamenti. La tua assenza si nota», si voltò per recitare al meglio quella frase, imprimendogli una delicatezza di cui non si sentiva possessore ma che occorreva per poter convincere Thor a lasciarlo da solo. Vi nascose un frammento di gelosia fuoriuscito insieme alla frustrazione rabbiosa, ma lo fece con tale dovizia che l’altro non vi fece alcun caso a quella nota di poco fuori tono rispetto alle altre.
Quando rimase nuovamente in compagnia della guerriera addormentata, non vi fu nessun rumore a perturbare l’aria della stanza se non i riverberi della festa che giungevano fino a lì. Le torce si consumavano con lentezza perpetua, lanciando frecce scarlatte a colorare l’ambiente di quell’onnipresente tonalità, come se il mondo fosse stato inzuppato dal sangue. Si sedette sulla poltrona lasciata libera dal guaritore che si era preso cura di lei, appoggiandosi completamente allo schienale e incrociò le dita davanti al proprio petto con i gomiti piantati nei bracciali mentre la scrutava. Respirò tanto a fondo, con un’imposta regolarità, da sentir distintamente i battiti del proprio cuore diminuire d’intensità e abbandonare le tonalità di furia nera che aveva sentito propagarsi, come un morbo, dentro di sé come mai prima di quel tempo.
Non fu scosso da alcun fremito di rinnovata irritazione quando Lady Sif si presentò qualche ora dopo, quando la notte era tanto profonda da essere quasi al termine e il banchetto si era ormai estinto, per dare qualche ora di riposto a soldati che non avrebbero combattuto il giorno dopo, perché così era stabilito dall’accordo di tregua di tre giorni per seppellire i rispettivi morti. La voce della donna era tiepida, nonostante la tonalità acuta donatole dal vino, era dolce nel domandare le condizioni in cui versava Sigyn; fu la premura sincera, rispettosa, con cui educatamente pose il suo interrogativo a indurre Loki ad alzare le verdi iridi su di lei per risponderle.
«Loki, non è tornata da sola, vero?»
«Stai insinuando che io abbia disubbidito agli ordini di mio padre per andare a salvare una guardia reale, Lady Sif?», non si turbò per quell’affermazione nascosta da un interrogativo fasullo. Fece ricadere l’attenzione di Sigyn, tranquillo ché mai la dea della guerra avrebbe in alcun modo messo al corrente altri delle sue certezza non provate. Non fu sorpreso della perspicacia di Lady Sif, era di gran lunga la più arguta e acuta osservatrice tra i molti che facevano parte della cerchia più rispettabile di Asgard, ed era una delle poche persone che persino Loki teneva in flebile considerazione, conscio delle sue abilità.
«Se fosse, troverei tale gesto nobile» asserì pacata, sorridendo morbidamente. «Se ti dovesse stare a cuore la sua vita, non credo che ciò possa essere in alcun modo sbagliato.»
«La sua devozione merita di essere ripagata, nulla di più», fu probabilmente perché sapeva che Lady Sif avrebbe capito solo a metà – ma comunque compreso – ciò che intendeva dire con quell’affermazione che la formulò ad alta voce invece di segregarla dentro di sé. Ed era il motivo per il quale era andato da lei, in quella prigione seppellita, dimenticata nel gelo della desolazione, perché aveva dimostrato più di chiunque altro di non pretendere nulla in cambio della propria fedeltà – e paradossalmente proprio ciò aveva generato in Loki il desiderio di trovare un modo proprio per mostrarle che non era sentimento mal risposto.
Tuttavia, proprio quel circuito chiuso era stato il fertilizzante per far spuntare emozioni collaterali delle quali il principe non aveva alcuna intenzione di identificare la forma, preferiva rimanessero opache presenze perse nella luce soffusa dell’alba, come fantasmi ad evaporare con i raggi novelli del giorno e nient’altro. Ciò che non poteva lavare via era invece il senso di perenne fastidio, meno corroso dal rancore, ma persistente a martellargli le tempie per tutto il tempo che rimase al capezzale della ragazza. Fu questo a impedirgli di darle un buongiorno anche solo decente, ripiegando su un rimprovero come prima frase da rivolgerle, quando ancora il senso di vertigini le riempiva il corpo e il corpo le sembrava un formicolio unico – per non parlare delle orecchie sature di fischi inesistenti e la vista invasa da nebbie mai scese.
«Non era questo che intendevo dire quando volevo che mi impressionassi.»
«Se è per questo, non era ciò che intendevo quando ho detto che l’avrei fatto», impiegò diversi minuti per poter rispondere con voce impastata dal sonno imposto dai medicinali e resa imprecisa dall’assenza di energie. Eppure, nonostante la debolezza, mentre con estrema fatica riusciva a tirarsi su a sedere appoggiandosi ai cuscini incastonati dietro la sua schiena, portandosi una mano al fianco per tastare come esso fosse già quasi completamente guarito grazie alla magia curativa, non poté trattenersi da una domanda che nascondeva la propria soddisfazione. «Tuttavia, un po’ l’ho fatto, non è vero?»
«Togliti quel compiacimento dal volto, Sigyn. Non ti è concesso morire» tagliò corto Loki, impedendole di poter gongolare per le proprie strategie di guerra acute, ma troppo spericolate per i gusti del principe – eccessivamente pericolose, in modo improprio.
«Vi ho già assicurato che non lo farò.»
L’uomo non parlò subito, la lasciò assettarsi nel letto, cercando di riprendere confidenza con i propri arti, infilando le dita tra la stoffa degli abiti puliti per assicurarsi che ogni osso fosse al posto corretto. Le falangi sottili si inabissavano tra i fili sottili di capelli ormai lisci, resi ramati dalla luce dei fuochi, tentando di portarvi un ordine – ma il groviglio era intricato, troppi nodi rimanevano fissi e alimentati da una moltitudine di sottili fili chiari. Il pallore del volto era dovuto all’ingente perdita di sangue, ma il colore era tornato almeno in parte sulle guance e le iridi d’inchiostro rilucevano della condensazione del suo animo contradditorio. Vi erano movimenti dei quali Loki era certo che Sigyn non si rendesse conto, come l’alzare un angolo delle labbra maggiormente rispetto all’altro, o arricciare lievemente il naso, e nemmeno di come si tirasse indietro le ciocche prendendole tra il pollice e l’indice, con il palmo rivolto all’esterno. Era deliziosa nella moltitudine di gesti incondizionati, abbastanza da smontare almeno in parte l’irritazione di cui era responsabile.
«Sei tu che devi servire me, non il contrario» spiegò piano, modulando con estrema precisione le singole lettere – teatralmente, perché in fondo Loki era un attore, il migliore – per rendere estremamente lampante il senso delle proprie parole.
Ma quelle parole erano del tutto superflue alle orecchie di Sigyn, perché era stata lei la prima a volere tale situazione, l’aveva ricercata e Loki le aveva concesso di poterla instaurare tra loro – o forse non ne aveva avuto realmente scelta, ma era impossibile poterlo comprendere e non vi era nemmeno un senso in una tale ricerca. Sorrise, con difficoltà per la spossatezza nella quale si sentiva incatenata, ma cercò di collocarci una delicata nota di sincera riconoscenza per essere venuto a ripescarla, salvarla – come il principe immacolato che non era e mai sarebbe stato.
«Grazie a me voi e vostro fratello siete vivi, credo di aver adempiuto al mio compito», tuttavia, nonostante tale senso di gratitudine, era del tutto impossibile a Sigyn cercare di non difendere il proprio operato, perché quando aveva escogitato la mossa tattica che aveva portato lei e i suoi uomini a scontrarsi sul fianco più estremo dell’esercito nemico, aveva protratto il proprio attacco unicamente in vista della salvaguardia del nucleo centrale dove vi erano i due principe – dove vi era Loki. Eppure, non completò la propria difesa che già scorse rughe d’espressione contrariate definirsi sulla fronte del dio dell’inganno e seppe di aver aumentato il suo palese discontento.
«No» asserì, pacatezza esasperata sia nelle parole sia nel chinarsi verso di lei, avvicinandosi per poter sviscerare con più precisione l’anima inestricabile – un mistero anche per lui, di cui era affascinato inevitabilmente, al contrario anche del proprio volere. «No, tu non devi pensare a nessun altro all’infuori di me, a meno che non sia strettamente necessario. Ed è tuo specifico dovere rimanere in vita per continuare tale compito. Mi hai capito?»
«Assolutamente, mio principe», annuì, provando a staccare le spalle dalla soffice superficie dei cuscini candidi, ma giunse la mano di Loki a bloccarla, appoggiandosi sul suo petto per trattenerla al proprio posto. Era un contatto abbozzato quasi, non vi era nessuna forza, eppure, a Sigyn apparve più premuroso dell’esserla andata a liberare, maggiormente intimo in quell’essere libero di potersi prendere cura di lei. L’aria la tratteneva tanto inconsapevolmente quando lo era ripiegare un pezzo del labbro inferiore, vicino all’angolo destro, all’indentro per morderlo appena per placare la crescita dell’ansia imbarazzata nel sentire quel tocco – e le dita di Loki sfiorarle la pelle del collo, per poi cadere lungo il braccio di lei per trovare le sue di falangi, da stringere.
«Mia devota Sigyn» cominciò con un sogghigno quasi divertito, intriso di una patina di dubbiosa ironia. «Sono ancora indeciso nel valutare se feci bene o meno a rivolgerti la parola quel giorno alla caserma.»
«È un po’ tardi per i rimpianti, mio principe», ridacchiò, Sigyn, sinceramente divertita per quell’affermazione, perché anche lei spesso se lo era chiesto come sarebbe stata se quell’imperituro giorno di tarda primavera Loki non l’avesse interrotta, impegnata a stroncarsi i ricci defunti perpetuamente. «E non vi stanno nemmeno bene.»
«Hai ragione. Quindi vedi, per una volta, di eseguire in modo puntuale i miei desideri» concluse il principe ritornando con la schiena dritta, riportando distanza tra i loro volti, ma perseverando a trattenere ancora gli ultimi centimetri delle falangi di Sigyn tra le proprie. La facoltà di riuscire ad apparire tanto fragile ed insieme indispensabile ai suoi occhi era solo una delle contraddizioni nella collezione di Lady Sigyn, ma probabilmente quella che rendeva Loki maggiormente debole di fronte a lei – incline a farsi vedere, almeno ai suoi occhi, con maggior precisione, o forse dandole solo la prova di ciò che già da sola sapeva.
«Però voi cercate di non rendermi difficile adempiervi, se ce la fate» replicò con candore, non riuscendo a concedergli l’ultima parola nemmeno dopo quello che aveva fatto per lei – ma Loki si limitò a scuotere lievemente il capo, marchiando il sogghigno sulle proprie labbra, lasciando cadere il silenzio e aspettando che ritornasse a dormire, vegliando sui suoi sogni senza sapere di essere anche in essi.




M A N I A’ s W O R D S
Sono lievemente in ritardo sulla mia tabella di marcia nel postare, scusatemi. Purtroppo la malattia mi ha scovata e afflitta in codesti giorni di festività – e niente, ero troppo a terra per poter scrivere, ma soprattutto rileggere e controllare. In realtà non è che mi sia proprio ripresa – proprio per niente -, quindi se mi è sfuggito qualche errore abbiate pietà di me, ricontrollerò il capitolo non appena mi sarò riavuta.
Ora, le note tecniche.
Punto primo: io non ho la minima idea di come si chiamano i popoli dei Nove Mondi – a parte quelli di Asgard e Midgard/Terra, ovvio – quindi mi sono fatta le mie ricerche. Muspelheim è uno dei Nove Regni e la wiki della Marvel mi dice che è la dimora dei Demoni di Fuoco – che suppongo corrispondano ai graziosissimi Giganti di Fuoco della mitologia norrena -, quindi li ho chiamati solo Demoni ma mi riferisco a loro. Ovviamente il conflitto me lo sono inventato, perché come detto precedentemente non ho la minima conoscenza del mondo della Marvel – e rimarrà così, troppe cose da recuperare.
Punto secondo: ho deciso che la raccolta sarà di dieci shot (e ho già tutte le idee). Per chi leggerà la long – che è in lavorazione, ma preferisco terminarla prima di postarla, e non dovrei davvero metterci molto tempo – questa raccolta è da intendersi come un prequel, perché il rapporto tra Loki e Sigyn che vi sarà nella long sarà il risultato di tutto il percorso che si vedrà in queste shot. Quindi, credo che la long la posterò dopo la raccolta, per ovvie ragioni di senso, o quanto meno quando mancheranno tre/quattro shot alla conclusione. Comunque non si tratterà di una lunghissima attesa, perché questa raccolta verrà aggiornata ogni dieci giorni più o meno – sessione d’esame permettendo.
L’ultimo e più importante punto sono i ringraziamenti. Ora, non ho veramente parole per esprimere tutta la mia gratitudine per l’apprezzamento che vedo per questa mia piccola raccolta e ve ne sono più che grata. Mi state rendendo felicissima, sia chi ha inserito tra i preferiti/seguite/ricordate sia chi – e soprattutto – chi ha commentato. Quindi grazie a tutti, in particolare a PaddyRockS, Yoan Seiyryu, Helen L, Zarael e Cassandra14 – e mi scuso con le ultime due se ancora non ho risposto, ma appunto sono stata poco bene e ho preferito dedicare le mie energie alla stesura del capitolo, entro sera conto di farlo. Grazie ancora ♥

Mania

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Capitolo 5
*** O5 • Nelle pagine dei libri ci si incontra ***


PROLOGO



C A P I T O L O 5
“ Nelle pagine dei libri ci si incontra



Non era mai stata nella biblioteca reale, in realtà non era mai stata in una qualsiasi libreria che non fosse quella dello studio di suo padre quando era piccola. I libri erano sempre rimasti dei grandi misteri per lei, pagine scritte affollati di arcani e lei non vi si era mai avvicinata se non per il periodo di istruzione privata – ma in quel contesto, erano solo stati volumi di studio e null’altro. Le storie di cui si era nutrita da bambina erano quelle raccontate da sua madre e dalle sue cugine, storie di amori leggendarie e di eroi valorosi, ma anche di sconfitte senza redenzione e di dannazioni perpetue mai rinnegate dai condannati; ed esse si erano trasformate nelle narrazioni di guerre riviste nella mente e nella riproposizione differente di cantastorie diversi quando era entrata all’Accademia.
Passando tra le alte mura ricolme di pesanti tomi, si sentiva di nuovo come prima di prendere tra le proprie dita la spada del padre senza fatica, quando pochi anni aveva sulle spalle e tutto le suggeriva di avere un timore reverenziale per ciò che sfuggiva alla sua comprensione – poi aveva assaporato la morte, immerso le mani nel sangue, scivolata nel fango e osservato le varie facce del mondo, comprendendo che nulla meritava un simile atteggiamento. Il luogo appariva una cattedrale alla cultura, alla conoscenza, ricolma di ovattata luce penetrante della alte finestre a interrompere la continuità degli scaffali. La serenità si respirava nella polvere dell’aria, e solo i suoi passi e quelli del principe Loki erano udibili – forse perché erano gli unici visitatori di quel posto, ma era impossibile stabilirlo, troppi antri vi erano, cunicoli costruiti in mezzo a storie vissute e ancora da vivere.
Era tutto nato da una battuta che aveva pronunciato Sigyn e di cui Loki aveva dubitato fosse stata gettata tanto spensieratamente, nonostante la naturalezza con le quali le sue parole erano scivolate dalla sua lingua muovendo le labbra carnose dipinte di corallo rosso – ed era in quei momenti che pensava, divertito, che lei avrebbe potuto gareggiare per rubargli il titolo di dio dell’inganno se si fosse impegnata. Dalla sua aveva l’innocenza pura dei lineamenti candidi e capelli di raso chiaro a rendere la sua figura ricamata di talmente tale immacolatezza da rendere del tutto impensabile il movimento dissestato dei suoi pensieri e del suo cuore. Era uno specchio per le allodole, una trappola in cui si cadeva senza accorgersene, un intruglio di elevata complicatezza da non sembrare affatto tale. Eppure, almeno su quel fronte, Loki era certo di poter tranquillamente vincere – mai, nemmeno nei secoli più bui, Sigyn avrebbe potuto raggiungere abissi di oscurità come quelli che si annidavano, celati, nell’anima di lui, e solo con simili voragini si poteva pensare di giostrare bugie, menzogne e manipolazioni.
«Voi leggete veramente molto, così tanto che mi chiedo come mai vi siate interessato tanto ai miei capelli senza prestare attenzione alla mia cultura», l’aveva intessuta di risate sommesse e sguardi divertiti – ossidiana nera a splendere dei stessi riflessi delle ciocche di biondo scolorito -, e si era ritrovato a scrutarla con dubbiosa aria incerta. Aveva capito che essa era una richiesta intrappolata in parole costrette dentro altre, velata, composta da note silenti in uno spartito in cui bisognava osservare ciò che mancava e non ciò che era presente; e lei adorava parlare in quel modo perché sapeva di attirare inevitabilmente il suo interesse – l’unica cosa che le sfuggiva era che non ne aveva bisogno, ma a Loki gustava segretamente tutti gli sforzi di Sigyn per compiacerlo e se ne beava senza darlo a vedere per riceverne sempre di più.
Era per quella ragione che si erano ritrovati a camminare tra le pile ordinate di libri, con le iridi smeraldine di lui intente a scrutare tra le file in cerca di qualcosa di indeterminato. Non aveva assolutamente idea di cosa poterle suggerire per cominciare ad appassionarsi alla lettura, non solo perché non si era mai dovuto preoccupare di trasmettere a qualcun altro un proprio interesse – condividendolo -, ma anche perché Sigyn con la sua imprevedibilità era un enigma di cui non era certo di poter venire a capo completamente – ed era proprio per questo che non si sarebbe mai potuto stancare della sua compagnia. Eppure, era proprio per quella ragione che sapeva di poter riuscire a trovare una qualsiasi via per scoprire come farle arrivare la propria passione per la letteratura – valeva lo sforzo, lei.
Si fermò di colpo, immobile rimase fermo sul posto a scrutare sopra di sé, alzando appena il mento e aggrottando la fronte nell’alzare gli occhi, perseverando nel mantenere le mani strette dietro la schiena nella sua postura rigidamente composta. La stessa che teneva la guerriera al suo fianco, il cui sguardo continuava a muoversi dall’elegante figura del principe agli scaffali, provando vanamente nel trattenere il sorriso di compiacimento, condito da felicità malcelata dai suoi lineamenti, affondando i denti nel labbro interiore per scongiurare l’uscita di incaute parole prima del previsto.
Il volume si spostò dal suo ripiano senza che Loki si dovesse scomodare a usare la scala per raggiungerlo, bastò il movimento di poche dita di una sua mano alzate nella direzione dello stesso, invitandolo a posarsi da solo nella presa della nuova proprietaria.
«Dunque, credo che questo potrebbe piacerti.»
«A voi piace?»
«Non importa, Sigyn, deve essere di tuo gradimento» asserì Loki, facendo scorrere le proprie lunghe e nodose dita lungo la copertina del libro sorretto dalla donna. Aveva scelto il primo titolo che gli fosse sembrato semplicemente adeguato, non aveva avuto alcuna logica in quella scelta e la cosa lo faceva dubitare della riuscita di quel primo esperimento – lui che prediligeva la razionalità gelida, cinica, all’istinto; eppure, nuovamente, si ritrovava a compiere un’eccezione per lei. «In realtà è difficile con te, non sono mai sicuro di come la tua mente si muova, quindi se non incontrasse il tuo gusto non mi stupirei. Direi di iniziare un po’ a caso all’inizio, giusto per farmi capire meglio cosa potrebbe interessarti.»
«Mi state dicendo che ho gusti difficili», non era una vera e propria domanda, quanto più una traduzione dell’affermazione del principe. Sigyn abbassò le sopracciglia, schiacciando i suoi occhi in un’espressione indeterminata – un miscuglio di orgoglio per non essere una facile lettura e un po’ di risentimento per non riuscire a cogliere se fosse un complimento o meno il labirinto di parole di Loki. E lui si accorse del calderone di frammenti discordanti di cui sempre si abbelliva, come unici gioielli con cui adornarsi, ed essi le conferivano, come i segreti di cui era in possesso, un fascino inarrivabile.
«Difficile è un eufemismo» asserì tirando maggiormente gli angoli delle labbra, un ghigno beffardo dai tratti arroganti con il quale rendeva la sua eleganza intinta di una coltre opaca, oltre la quale erano scorgibili unicamente ombre indistinte. «Credo sia una delle cose che mi fecero apprezzare maggiormente la tua compagnia, il non essere comprensibile.»
«E perché usate il passato?», domandò Lady Sigyn unicamente per continuare lo scambio di battute – e anche per scavare nei filamenti verdi delle iridi di Loki, provando a sondare la diramazione complessa delle tenebre di cui avvertiva l’esistenza. Era donna sveglia, Sigyn, abbastanza da sapere che anche con lei il principe si divertiva a non lasciare mai nulla di palesemente cristallino, sciorinando parole che ne sottintendevano altre, in un castello di sillabe nelle quali doveva orientarsi per scoprire il reale senso. Conosceva quel suo – anzi, loro – modo di comunicare abbastanza bene da non aver necessità di alcuna ulteriore spiegazioni al riguardo, intuendo che si riferisse a ciò che era conseguito da quello che era stato unicamente un punto di partenza, tuttavia la prospettiva di strappargli via altre parole era un banchetto irresistibile.
«Mi sembra scontato, ma se non lo è scoprilo» la invitò, piegandosi verso di lei per troncare via la distanza di intralcio e arrivare quasi a sfiorarle la pelle da quando stava scrutando da vicino il liquido nero, in eterno movimento, dei suoi occhi, piegando gli angoli della bocca in un sorriso stranamente scevro dalla maggior parte di incrostazioni di arroganza – una sincera richiesta di perseverare quel reciproco gioco di scoperta e comprensione, di avvicinamento.
Sigyn ricambiò il sorriso, sostenendo lo sguardo con più malizia di quanta ne avesse adoperata fino ad allora, osservandolo ritornare a raddrizzare la schiena per poi superarla. Non gli concesse molto margine di distanza, si voltò anche lei per rimettersi al suo fianco – l’unico posto all’universo nel quale desiderava essere, e così sempre sarebbe rimasto, a discapito di tutto ciò che sarebbe accaduto.
Non sarebbe bastata la distruzione, le lacrime, il sangue e l’amarezza a far dimenticare a Sigyn il sapore di quella collezione di momenti insieme, perché nonostante tutti gli avvenimenti funesti, non aveva scelto di rimanere strenuamente accanto a lui per desideri infantili, ma perché aveva sempre intuito che tutto il dolore che avrebbe patito era il giusto prezzo per ottenere un anfratto di qualcosa di ben più ampio. Anche se Sigyn era sempre ligia alle regole e ai doveri, se mai la parola ribelle sarebbe potuta essere accostata alla sua figura tanto responsabile, lo era unicamente perché le era stato insegnato a onorare le proprie promesse e tra queste vi era quella di servire rettamente Asgard; tuttavia, prima ancora di questa, vi era quella di essere fedele al dio degli inganni - era solo questione di secoli prima che le due non entrassero in collisione, costringendola a prendere una scelta che aveva già intrapreso. E per quanto fosse assurdo, inconcepibile a chi avrebbe assistito a ciò che sarebbe stato, Sigyn aveva sempre saputo che non si stava legando a un dio il cui animo splendeva di luce, ma era intriso di ombre, di sfumature, di bugie, ed era quel garbuglio indefinito a renderlo tanto attraente ai suoi occhi di serpeggianti tenebre; cresciuta in un mondo in decadenza dove ogni emozione, virtù, viltà e sfrenatezza erano state portate agli estremi, dove era stato celebrato l’animo in tutte le sue nefandezze e grandezze, aveva subito l’influsso di ciò che non era considerato moralmente giusto dalla maggior parte – semplicemente, fino a quando non fosse stato il momento, nessuno se ne sarebbe accorto.
Per il momento, rimaneva una delle Guardie Reali con maggiore bravura, con una nuova passione – la lettura. La si poteva scorgere raramente intenta a bersi le pagine scritte sapientemente a mano dagli antichi, spesso si rifugiava in angoli solitari, dove nessuno avrebbe potuta disturbarla mentre era intenta a vivere vite altrui, immedesimandosi nei protagonisti di quelle storie. Spariva improvvisamente, appena ultimati i suoi doveri, e nessuno era in grado di trovarla – con un’unica eccezione.
Loki non aveva alcuna difficoltà a individuarla, perché conosceva meglio di chiunque altro i luoghi più appartati. Nella maggior parte dei casi non le si avvicinava neanche, rimaneva unicamente a osservarla silenziosamente, occultando la propria presenza per poterla osservare scalpitare nel voltare le pagine con febbrile impazienza. Non aveva un’unica posizione in cui si dedicava alla lettura, le cambiava irregolarmente a seconda di quanta fosse l’impellenza di scoprire come si sarebbe dissolto il nodo della trama nel quale si era arenata. Tamburellava con i piedi o con le dita sul libro stesso, eliminando in quel modo le scorie di ansia, e si infilzava le labbra con i denti fino a levarsi il rossetto, rendendole rosse per l’irritazione di quel continuo gesto incondizionato. Non c’era alcuna ragione logica per cui si dovesse disturbare a perdere del tempo contemplandola, eppure non riusciva a impedirselo ogni volta che ne provava il desiderio – e non essendo uomo da rinunciare a ciò che voleva, non si lasciava condizionare eccessivamente da un non trovare una risposta, o nel non cercarla davvero, soprattutto quando essa era del tutto trascurabile.
Tuttavia, capitava che Lady Sigyn lo scorgesse comunque, a discapito di quanto provasse a celare la propria presenza. Non lo avrebbe mai capito, Loki, come lei riuscisse a districarsi tra le proprie bugie, ma trovava perfettamente sensato che se possedeva quel dono, doveva avere anche quello di riuscire a vedere nelle sue illusioni – almeno qualche volta, per percezioni che cadevano in campi oltre i normali cinque sensi e di cui lui non possedeva il dominio. Quindi, in quelle circostanze, la raggiungeva per sederle accanto, e mai vi era un meccanismo prestabilito: Sigyn avrebbe potuto chiedergli altre letture; commentare la corrente; discutere di tutt’altro o semplicemente continuare a mangiare parole come i bambini si ingozzavano di dolciumi.
«Vorrei chiedervi un favore», in una giornata di leggera pioggia e con il sole a intravedersi tra il sottile strato di nuvole a rendere la giornata uggiosa incredibilmente luminosa, Lady Sigyn chiuse con un gesto delicato il libro sulle sue ginocchia per voltarsi a guardarlo dopo più di un’ora di silenziosa lettura. Aveva sempre l’aria pacata, nonostante fosse una guerriera tra le più capaci, a discapito del suo carattere tutt’altro che remissivo, in quella continua contraddizione di cui lei deteneva il maggior numero e la rendeva uno delle sue peculiarità. E tra esse, Loki ravvisava anche il suo tono di voce, tanto formale – ostinandosi a usare una chiave di reverenza che era pressoché inutile tra loro – quanto capace di celare una capacità di manipolazione indiretta notevole.
«Usi sempre il voi e formule tanto artificiose, mia devota Sigyn, ma a volte mi sembra che sia quasi più di un imperativo» osservò Loki senza domandarle quale potesse mai essere ciò che aspirava ad avere questa volta da lui.
«Un inganno, come piace a voi.»
Il principe inclinò lievemente il capo mentre delineava sulle labbra fini un ghigno, compiaciuto dalla risposta e conscio che fosse veritiera. Era proprio per distorcere la realtà che Lady Sigyn perseverava a intessere le proprie frasi con una distanza che non vi era, per mantenerla in apparenza, per lasciare agli altri l’impressione che non vi fosse nulla più che un rapporto scevro di qualsiasi componente intima, e per concedere a lui la falsa idea che potesse comandare un gioco di cui nessuno dei due era né vincitore né sconfitto. «Cosa desideri?»
«Vorrei che leggeste per me, mio principe» rispose Lady Sigyn indicando con il capo il libro all’uomo, e con il sorriso a sottolineare il fascino di quell’idea e con le parole chiosando quanto piacere avrebbe avuto se le avesse consentito tale favore – o forse, semplicemente, si fiondò in una piccola apologia unicamente per dilettare l’animo narcisista del dio degli inganni, sperando in quel modo di ricevere più facilmente un’affermazione positiva. «Voi avete una voce tanto suadente, piena di sfumature, capace di articolare ogni emozione con profondità. L’arte della recitazione è vostra, dio dell’inganno, dunque, una storia letta da voi deve essere mille volte meglio di quanto la possa leggere io.»
«Potevi fermarti alla richiesta, senza l’adulazione.»
«Se mi fossi fermata lì, avreste comunque avuto qualcosa da ridere in ogni caso.»
Allargò il sorriso divertito, con note ambiguamente indefinite, alle parole di Lady Sigyn. Aveva ragione, come capitava quasi sempre quando si trattava di lui, ed era una delle motivazioni per cui la compagnia con lei era interessante – mai banale -, perché sapeva come lui era e non c’era bisogno che glielo rendesse chiaro, ma, soprattutto, non doveva giustificarsi per la propria natura. Era molto più di sentirsi accettato, perché, per quanto tutti provassero tale desiderio, non era tra le priorità del dio degli inganni; era sentirsi compreso in una forma tanto profonda – intima – da non poter essere espressa con nessun vocabolo esistente, in quanto affondava in radici dell’anima in cui pochi si erano addentrati e rare erano state le occasioni per parlarne ed inventare parole adeguate.
«Passamelo» disse infine, e più che per acconsentire alla sua richiesta, realizzò il suo desidero unicamente per poter sondare una volta in più il modo in cui il volto le si scompigliava quando veniva attraversato da felicità tanto pura da non averla mai osservata in nessun altro – forse, non ne aveva mai avuto l’interesse a farlo, se non con lei.





M A N I A’ s W O R D S
Rieccomi con l’aggiornamento! Come state? Spero vivamente meglio di me e il mio raffreddore.
In realtà questa volta non ho molto da dire sul capitolo, ma sono certa che riuscirò ad essere ugualmente prolissa nelle note come sempre. Partiamo dal fatto che io vedo Loki come un grandissimo lettore – anche prima di Thor 2 e della compagnia dei libri di Frigga in prigione -, quindi qualcosina non potevo evitarmela di metterla. Al contrario, Sigyn prima di questo momento non si era mai avvicinata ai libri se non appunto per studio, quando la sua famiglia non era ancora decaduta – “Ma ci dirai mai che cavolo è successo alla sua famiglia?” Sì, tranquilli, lo farò, a tempo debito e lentamente. Quindi mi piaceva l’idea che Loki fosse anche una specie di mentore per lei, perché hanno un’anima simile – con le dovute differenze, ma comunque entrambi divergono dagli standard di Asgard, e per quanto riguarda Sigyn ho accennato in parte la motivazione di ciò, ma l’approfondirò – e inoltre mi piaceva l’idea che condividessero qualcosa, che lui le insegnasse ad amare qualcosa che lui ama. È un buon modo per farli avvicinare ulteriormente, almeno credo.
Ah, i sentimenti si evolvono cioè, sono palesemente cotti uno dell’altro e io devo fare la persona seria e fare tutto con calma, però non disperate per l’arrivo a qualcosa di più – semplicemente stiamo parlando di Loki, e per quanto io non lo reputi uno psicopatico privo di emozioni, credo che l’affermazione di Frigga su di lui sia vero, ovvero che è assai poco perspicace quando si tratta di guardare se stesso.
Vi chiedo di perdonarmi eventuali sviste, ma essendo ancora malata – sì, il mio sistema immunitario fa proprio schifo – non è che sia proprio nella mia condizione migliore. Ho riletto due volte, ma i miei occhi cominciano a chiedermi di smetterla di fissare lo schermo, ricontrollerò questo e lo scorso capitolo non appena mi rimetto!
Noto che mi sono dilungata abbastanza, posso smetterla di sproloquiare.
Come sempre ringrazio veramente infinitamente tutte le persone che stanno seguendo questa storia, grazie davvero. Non sapete quanto mi motivate a continuarla e a dare il meglio di me – anche da malata! E ancora di più sono di grande supporto chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate. E a chi commenta mando a casa dei cioccolatini, del panettone, quello che volete, perché siete fantastici e io saltello di gioia a ogni recensione, mi fate veramente super felice! Quindi un migliaio di grazie aggiuntivo a PaddyRockS, Yoan Seiyryu, Helen L e Zarael per i commenti, vi abbraccio virtualmente ♥ Spero che il mio entusiasmo si senta almeno la metà di quello che provo, che già sarebbe parecchio!
L’aggiornamento con il prossimo capitolo sarà sempre al massimo tra una decina di giorni – esami permettendo, ma non credo di tardare!


Mania■


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Capitolo 6
*** EXTRA • Lui è cattivo, folle, totalmente sbagliato ***


PROLOGO



C A P I T O L O E X T R A ▬
“ Lui è cattivo, folle, totalmente sbagliato



«Di tutti gli uomini che potevi amare, hai scelto lui e ti porterà alla rovina.»
Il dubbio di quel momento, prima ancora a chi appartenesse la voce che aveva dato forma a quella frase o se la figura eterea che scorgeva distorta dalla nebbia a qualche metro di distanza era reale o frutto della sua immaginazione, era quale posto fosse quello in cui si ritrovava – anzi, antecedentemente c’era il come fosse finita in qualsiasi luogo fosse. Lo scricchiolio di foglie secche sotto la suola dei suoi stivali arrivava alle sue orecchie fondendosi a quello dei canti di civette e altri animali notturni, di cui Lady Sigyn non riusciva a indentificare la specie, ma che sentiva aggirarsi forsennatamente attorno a sé. Flusso imponente, prepotente, le sbatteva con furia sotto le tempie, grattando dall’interno con artigli sanguinei, quasi a voler fuoriuscire da quanto impeto possedevano quei tamburi naturali; e le dita le si alzarono senza comando nell’andare a tastare il punto dolente, creando cerchi invisibili nel tentativo di sedare la furia delle vene.
«Hai scelto lui e ti porterà alla rovina», nuovamente la stessa voce, piena di fronzoli di echi a prolungarne la permanenza nel vapore della notte rischiarato dall’argento della luna, fiocche cascate di tenue luce a districarsi tra le ramificazioni rinsecchite di legno, intrecciate in abbracci scheletrici ed eterni sopra la sua testa.
La confusione della situazione le rendeva difficile concentrarsi sulla voce con lucidità. Le domande su come fosse giunta dovunque ora si trovasse si accalcavano nello sforzo di ricercare l’ultimo ricordo privo di sbavature di cui era in possesso. Sapeva di aver seguito il principe Loki in una delle spedizioni insieme a suo fratello, Lady Sif e i Tre Guerrieri, anche se continuava ad arrancare nel focalizzare l’ambiente, il motivo e la dinamica degli avvenimenti – il vortice dei dettagli aveva la forza innaturale di un tornado e lei vi si sentiva trascinata dentro.
Forse dovevano ritrovare qualcosa.
Qualcosa di perduto in battaglia, che apparteneva ad Asgard.
Strinse i denti in uno spasmo di sofferenza per l’emicrania, scoprendo solamente in parte un candido dente nell’angolo sinistro – un canino – , mentre rughe si formavano attorno all’occhio soprastante, sottolineando come quel fiume in piena dentro le sue vene le stesse notevolmente schiacciando la concentrazione. Respirò a fondo, cercando di reprimere l’attimo di terrore nel non sapere dove potesse mai trovarsi Loki, perché anche in quella circostanza di perdita di punti di riferimento, sempre a lui correvano le sue ansie – forse a causa dell’essere lui stesso l’unico centro attorno al quale ruotava la sua vita.
La voce ripeté nuovamente la sua affermazione, con insistenza repressa nello scandire le sillabe. Ma Sigyn continuava ad essere troppo indaffarata nel racimolare informazioni, nel tirare il filo di lana delle sue memorie, comporre quel puzzle si frammenti che avvertiva arredare il pavimento della sua mente, come quella foresta era tappezzata di foglie sulla via della decomposizione. Cercò di modulare la respirazione, di evitare di pensare al nodo allo stomaco che le faceva figurare budella accrocchiate le une sulle altre, strette in una morsa di tremante ansia, per liberarsi di quei sentimenti che erano come scorie a impastare una macchina perfetta, rendendola inutile.
Dovevano intrufolarsi in un tempio dedicato alle antiche divinità della popolazione dei Laghi di Fuoco, ora riusciva a rievocare la loro meta – una distesa di acque incandescenti il cui colore era nutrito dalle alghe dalla pigmentazione particolare. Era una missione di recupero, per riprendersi una delle gemme di Odino, Padre degli Dei, caduta nelle mani di un ladro capace di sottrarla e rivederla al migliore offerente – offerente poco saggiamente astuto nel bearsene pubblicamente. E lei, Lady Sigyn, come suo solito aveva avuto un’altra missione, una secondaria affidatale nel segreto dal principe Loki.
«Di tutti gli uomini che potevi amare, hai scelto lui e ti porterà alla rovina.»
Nuovamente la nebbia le parlò, condensandosi in una forma priva di sostanza, finalmente Lady Sigyn lo capiva. Non vi era nessuno a parte lei, solo quella strana condensa a circondarla, provando a ghermirla con quel continuo risuonare nelle sue orecchie – e forse era ad essa che doveva il mal di testa di cui era afflitta.
Le parve finalmente famigliare il vapore nel quale si trovava e verso cui stava allungando le dita callose, non più impegnate nel vano tentativo di porre rimedio al testardo perseverare del picchiettio sulle sue tempie. Il biancore dell’essenza che la circondava si ritirava a contatto con il calore della sua pelle, rimanendole vicina senza appiccicarsi a lei, in una rispettosa distanza in cerca di risposte. E una sensazione distorta – improbabile – le pervase l’essere: ricordava di essere appena stata immersa in quell’evanescente sostanza, di essere stata poco prima in contatto con fumi argentei dotati di occhi invisibili a penetrarla, leggendole dentro.
Si schiarì la gola, per prendere altro tempo – come se non ne avesse, nonostante il suo incorporeo interlocutore non sembrasse particolarmente impaziente – e per far sapere a se stessa di essere sul punto di ricomporre il disordine mentale nel quale era precipitata. Erano le correnti di nubi bianche che salivano da quelli che le erano sembrati incensatori nella sala sacra nella quale Loki le aveva chiesto di intrufolarsi, discretamente, per recuperare antiche pergamene di cui aveva udito parlare, forse sarcofaghi di perdute magie o bisbigli perduti nello scorrere dei secoli potenzialmente utili.
«Parti dal presupposto che l’amore sia felicità, quando l’amore è tutt’altro – un caleidoscopio di emozioni» ripose infine, con voce titubante più per l’insensatezza di dialogare senza conoscere il proprio interlocutore che per le proprie frasi. «Io non lo amo per noia, per solitudine o per capriccio. L’ho amato, lo amo e lo amerò perché il desiderio di lui è più forte di qualsiasi felicità[1].»
Continuava a voltarsi, Sigyn, alla ricerca di un punto di riferimento, di qualsiasi elemento potesse suggerirle dove si trovasse. Aveva preso a camminare, rapidamente, con il fiato a diventare condensa effimera appena fuoriuscito dalle carnose labbra, tenute semiaperte nel seguire il ritmo alle proprie inspirazioni, muovendosi con la sensazione di star unicamente girando in un luogo privo di una collocazione spaziale. La sgradevole intuizione di non spostarsi di un centimetro nonostante l’accumularsi del numero dei passi le si delineava fastidiosamente nella testa, provocando un aumento del dolore al capo e l’incremento dell’ansia per non sapere dove lui fosse.
Serrò la mascella, infastidita dalla situazione inverosimile, con le sopracciglia ad affondare nella pelle tanto da creare maremoti di rughe e abbellire i suoi lineamenti di una sottile linea di terrore, appena visibile sotto la palpabile irritazione. Si trovava in un non luogo, era certa che fosse quella sostanza della sala nella quale era penetrata clandestinamente ad averle provocato quell’allucinazione – o qualsiasi cosa fosse -, trascinandola in un punto in cui vi era unicamente la sua anima e quella presenza. E se davvero aveva ragione, se tutto era frutto di colui che custodiva ciò che avrebbe dovuto sottrarre, allora poteva solo rimettersi al suo gioco, perché non aveva possibilità di fuga da dove l’aveva relegata – poteva solo essere lasciata libera.
«E come fai ad essere così certa, così tremendamente sicura che sia l’unico? Dopo tutto quello che ha fatto, dopo tutto quello che farà – e tu lo sai cosa sarà in futuro per causa sua, lo hai intuito –, come fai a rimanere al suo fianco? È un desiderio di cambiarlo? di redimerlo in tempo?»
«Ancora una volta parti da un presupposto errato, ovvero che io non abbia capito fino in fondo chi davvero Loki è, e di conseguenza che mi possa illudere che abbia bisogno di salvezza. Ma io, a differenza di tutti, l’ho scoperto prima di chiunque, l’ho scorto nel verde dei suoi occhi, nelle menzogne delle sue parole, nelle illusioni delle sue mani e nelle verità che sussurra solo a me», improvvisamente il tono di Sigyn si era tinto di venature rabbiose, quasi colleriche. Persino Lady Sif, sua amica, non riusciva a vedere e non avrebbe potuto comprendere la semplicità della realtà, forse perché quella che per Sigyn e Loki era normalità era inconcepibile anomalia per la maggioranza – ed era quel loro vivere in una dimensione fondata sulle loro distorsioni non sincronizzate a renderli comunque emarginati, e lì si erano incontrati, intessendo una relazione con troppe sfumature per poter essere classificata. Affondò le unghie nel palmo, solo per un frammento d’attimo, mentre quell’urlo di rancore evaporava via dal suo animo incapace di farsi prendere dalle passioni distruttive – vi era solo un’eccezione a questa sua particolarità, e sarebbe rimasta la sola per tutta la vita, lui.
Quando ricominciò a parlare la sua voce era calma come di consuetudine, ricca della forza di quell’animo sorto dalle ceneri della sua casata, affiorato a nuova esistenza grazie all’Inganno e fortificato nelle battaglie per poter servire una causa esclusiva. «Lui forse è cattivo, è folle e so che è totalmente sbagliato. Però, proprio per questo, lui è vero – non so se capisci cosa voglio dire. È una strada piena di curve assurde, che corre tra le alture e le pianure, senza preoccuparsi di dover tornare indietro. Senza nemmeno sapere dove sta andando. Lui è una di quelle strade dove probabilmente ci si ammazza[2], ma che vale la pena di percorrere proprio per questo.»
Non completò l’ultima frase, cucita assieme dalla stessa sicurezza con cui aveva costruito in parole ciò che da sempre sentiva – l’unica certezza della sua vita, perché tutto il resto era passabile di essere messo in dubbio ripetutamente, tranne Loki e quel rapporto non identificabile tra loro -, quando la nebbia cominciò a farsi più pressante attorno a lei. Fu onda a chiudersi su Sigyn, mentre vanamente si scostava per tenere lontano il vapore inafferrabile, e in essa perse conoscenza una seconda volta – o almeno così le parve, perché le sue percezioni vennero tappate completamente.
Si ritrovò nello stesso identico punto della sala sacra in cui si ricordava di essersi arrestata prima di sprofondare nella foresta appartenente a un luogo-non-luogo. Le iridi si spostarono freneticamente, assecondate dal movimento del collo, alla ricerca di un elemento che potesse suggerirle cosa esattamente fosse avvenuto, se davvero il discorso che ricordava di aver appena tenuto fosse stato reale o un’allucinazione – o entrambe le cose.
Un frastuono in lontananza le ricordò di essere a corto di tempo, la sua azione doveva essere furtiva, la sua lontananza dal gruppo era stata orchestrata per essere breve e credibile. Deglutì, correndo verso l’altare sul quale erano riposte le pergamene, e una volta riposte nella tracolla di pelle uscì correndo, svoltando nel labirinto di vicoli sotterranei con la sicurezza dovuta alla conoscenza del percorso imparato a memoria.
Impresse maggior forza nel passo che stava portano avanti, appena dopo aver superato un altro angolo, per bloccarsi sul posto evitando di andare a scontrarsi con il petto del principe Loki, dall’espressione lievemente accigliata nonostante il perenne ghigno serafico con cui si ricopriva – chiudendo qualsiasi spiraglio utile a chi era poco avvezzo ad aver a che fare con i rompicapi.
«Sembri sorpresa di vedermi, Sigyn.»
«Dovreste essere con gli altri» osservò lei, raddrizzando la schiena mentre apriva nella borsa per mostrare di aver recuperato ciò che le era stato chiesto.
«Sono anche con gli altri» spiegò pacatamente Loki, alzando appena un sopracciglio con l’ovvietà dalla sua parte a rendere le sue parole del tutto inutili di ulteriori specificazioni. «Ci stavi mettendo troppo.»
«Non dovreste dubitare di me, non mi sembra di aver mai mancato di eseguire un vostro ordine» ridacchiò Sigyn mentre riprendevano a correre entrambi per riunirsi al gruppo prima che l’assenza di lei potesse cominciare a sollevare sospetti e quella di lui smascherata. «Mio principe, è stato strano in quella sala sacra.»
«Strano?»
«Quel fumo... Penso fosse un guardiano, qualcosa del genere» cercò di formulare la sensazione che le aveva dato respirare l’aria carica di quello che aveva inizialmente pensato essere incenso. Eppure, ora che ci pensava, quando era tornata nella stanza – o quanto meno quando aveva ripreso coscienza in essa – la nebbia era scomparsa, come se mai fosse esistita e si era portata via l’odore opprimente di cui era satura all’inizio. Elementi discordanti insieme sensazioni troncate a metà le impedivano di avere un quadro chiaro di quanto fosse successo e ciò le lasciava un fastidioso alone di incertezza – soprattutto per via delle parole scambiate con qualsiasi cosa vi fosse a celarsi in quei reflussi inviolabili. «Forse era solo troppo denso e mi ha dato alla testa, non fateci caso», continuò dopo qualche secondo di silenzio, cercando di allontanare l’impressione di alterato che percepiva esserci nell’intero accadimento. Le sfuggiva, il dettaglio che avrebbe potuto portare chiarezza, ma in quella circostanza era del tutto inutile continuare a perseverare nel scervellarsi alla ricerca di qualcosa che non le era utile per completare l’operazione senza intoppi.
Non si accorse dell’occhiata divertita che Loki continuava ad appiccicarle addosso, studiandola di soppiatto nel suo rimuginare testardo, nel tentativo di incastrare nel verso giusto i cocci che aveva a disposizione. Era difficile, persino per lui, costruire illusioni tanto intricate da ingannarla, lei che era tanto brava nel vedere oltre l’apparenza – nel trovare quello che si annidava in ogni menzogna, quel frammento di verità celato in pozzanghere di pece.
«E poi sarei io il folle e totalmente sbagliato
«Avete detto qualcosa?» chiese Lady Sigyn, alzando improvvisamente lo sguardo su di lui, attirata dal mormorio appena udibile fuoriuscito dalle labbra sottili del dio degli inganni. Anche se non era riuscita a districarsi in mezzo alla matassa di sillabe incomprensibili, le erano parse inspiegabilmente famigliari – vere, sue, loro.
«Solo che sei strana, mia devota Sigyn, ma è per questo che la tua compagnia è tanto interessante» rispose Loki, stravolgendo solo in parte la versione precedente in una che potesse essere udita chiaramente. E sorrise nel vederla lievemente spaesata, serbando per sé il segreto di quell’illusione dannatamente appagante.




M A N I A’ s W O R D S
Questa shot può essere considerata come uno spin-off della raccolta, nel senso che non era totalmente contemplata nel conteggio iniziale e l’ho scritta d’impulso basandomi su due citazioni di Baricco, che sono quelle a cui ho messo i numeri. Le originali sono lievemente diverse, ve le riporto in modo fedele.
[1] La prima è: «Non ti ho amato per noia, o per solitudine, o per capriccio. Ti ho amato perché il desiderio di te era più forte di qualsiasi felicità
[2] La seconda: «Perché era cattiva. Era matta, era tutta sbagliata. Era una strada piena di curve assurde, che correva in aperta campagna, senza preoccuparsi mai di tornare. Senza nemmeno sapere bene dove stava andando. Era una di quelle strade su cui ci si ammazza
Consideratele sempre come parte della storia di Loki e Sigyn anche se è in un contesto che è molto in avanti a quello cronologico a cui sono giunta sino ad ora. Tuttavia, avendola scritta e piacendomi molto, volevo comunque postarvela e spero che anche a voi sia piaciuta – è un modo per farvi vedere come sto costruendo anche Sigyn, in un certo senso, e il suo modo di vedere Loki per quello che è. Questo è un elemento molto importante nella storia che voglio raccontare, ovvero che lei non crede affatto che ci sia qualcosa da redimere in Loki, perché lei ama il dio degli inganni e lui è semplicemente così, un ingannatore - e non propriamente con l'anima immacolata, perché è pur sempre ripreso dalla mitologia dove è il dio del male e del caos.
Mi sa che ho leggerissimamente divagato, ma fa niente!
Ah, mi sono finalmente ripresa - giusto in tempo per la sessione d'esame.
Ovviamente, come sempre, ringrazio tantissimo chi ha inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite, mi fate sempre molto contenta vedendo che la storia vi piace e la seguite. Inoltre, un ringraziamento particolare a chi spende un po’ del suo tempo a farmi ancora più felice lasciandomi una recensione, ovvero Helen L, Yoan Seiyryu, Zareal e PaddyRockS, non sapete quanto ciò mi riempia di gioia e mi appaghi – oltre a stimolarmi veramente moltissimo a continuare.

Mania■



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Capitolo 7
*** O6 • La Fedeltà è arma al servizio dell'Inganno ***


PROLOGO



C A P I T O L O 6
“ La Fedeltà è arma al servizio dell'Inganno




Ci passava, di tanto in tanto, davanti all’antica villa che aveva un tempo ospitato la nobile famiglia di cui aveva fatto parte. Non vi era mai una ragione specifica a tale visita, semplicemente, le piaceva riaffermare nei ricordi i dettagli sopiti dallo scorrere dei secoli, riassestare le rifiniture delle pareti e rievocare gli antichi momenti vissuti da bambina, quando ancora non aveva ben capito chi lei fosse – intuizione lasciata vagare e mutare con movenze flebili. Solo molto tempo dopo, mentre era intenta ad amputarsi i ricci ereditati dalla madre, avrebbe trovato l’inizio della consapevolezza di sé e sarebbe stato l’Inganno a suggerirgliela, con fare elegantemente sornione – una scommessa lanciata e raccolta.
Era nata in una casata che si era lasciata corrodere dalle passioni, dai vizi, dalla fedeltà a idealismi sovrapposti al resto. In un mondo in cui sua madre si era lasciata bruciare dagli amori clandestini, in cui suo padre aveva preferito la morte per preservare l’onore per tramandarlo intatto a sua figlia, in cui i suoi zii erano perduti della dissolutezza del gioco e sepolti dalla ricerca spasmodica di risposte a domande trascendenti nei fogli scritti dagli antichi, lei era sorta nei fumi di esasperati sentimenti. A pensarci riguardando le sue fondamenta, Sigyn si ritrovò a pensare che non sarebbe potuta diventare differente da ciò che era – con quella distorsione, quel mal funzionamento nell’osservare il mondo e non capirlo mai appieno, se non quando contraeva le sue regole a proprio vantaggio. Esattamente come stava per fare ora, per il principe Loki – una volta in più, e non l’ultima.
«Ci hanno attaccato, mio signore» cominciò a rispondere Lady Sigyn, con il capo chino davanti al trono del Padre degli Dei, intento a scrutarla con sguardo severo alla ricerca di crepe nel perfetto autocontrollo della giovane guerriera, dettagli che potessero svelare il suo essere in torto. «Avevamo lasciato meno sentinelle ai confini dell’accampamento, perché era stata stabilita la tregua. Poi, nel cuore della notte, un attacco furtivo guidato dal figlio del Lord delle Pianure di Rugiada ci ha colto nel sonno e non restava altro che contrattaccare. Molti dei nostri sono caduti, mio signore, ma molti più dei traditori hanno subito medesima sorte.»
«E li avete inseguiti fino al loro di accampamento?»
«Sì, mio signore.»
Odino, Padre degli Dei, sedeva sul trono che possedeva quando si muoveva in guerra, ma la sua maestosità, come quella della sua tenda, rimaneva abbagliante, soprattutto trattandosi dell’interno di una costruzione mobile. Nessuno avrebbe potuto dubitare di essere alla presenza di un re – il più grande di tutti. L’unico occhio di cristalli di cielo limpido la scrutava con severità indecifrabile nel domandarle spiegazioni, e la rigidità con cui pronunciava le proprie domande era la medesima con la quale rimaneva seduto in eretta posizione elegantemente prepotente. La forza del Padre degli Dei era palpabile in ogni suo gesto, anche in quelli che non compiva, come il riuscire a rimanere perfettamente immobile a fissare chi rimaneva inginocchiato al proprio cospetto.
«Chi ve lo ha ordinato?»
«Nessuno, mio signore. Semplicemente, il nemico non ha dimostrato onore, ha mancato alla propria parole a al proprio giuramento – ha mancato di risposto al mio re e ad Asgard. Non potevamo permettere loro di fuggire.»
Captò, Lady Sigyn, una millimetrica contrazione del muscolo laterale all’occhio del sovrano, ma non seppe interpretarla. Non poteva immaginare che Odino semplicemente trovasse interessante il modo con cui la giovane guerriera, facente parte della Guardia Reale – il corpo più preparato del suo esercito -, riuscisse tanto facilmente a sostenere non solo lo sguardo, ma l’intera conversazione. Non un fremito, nemmeno un’involontaria flessione dei muscoli facciali o una deglutizione di troppo che potesse dar segno dell’insofferenza per l’interrogatorio al quale la stava sottoponendo.
«Uno dei principi fatto prigioniero, in realtà l’unico dei cinque sopravvissuto, il minore ancora fanciullo, ha riferito che l’attacco è giunto per via di informazioni che suggerivano loro il nostro prossimo tradimento.»
«Voci ovviamente infondate.»
«Un viandante, o meglio, un informatore clandestino fatto infiltrare nel nostro accampamento, ha comunicato loro che le sentinelle erano state tolte per ingannarli, facendo abbassare loro la guardia, mentre un manipolo era stato fatto uscire di nascosto dalle porte ad Est. Per avvalorare le sue parole ha consegnato un ordine in cui si dava il comando clandestino di portare tale azione, in linguaggio cifrato» raccontò il re, sollevando appena un sopracciglio, dando maggior enfasi alla riproposizione del racconto che gli era stato sottoposto direttamente dal giovane risparmiato, l’unico che era stato lasciato in vita dall’ondata di vendicativo furore dei suoi uomini – inizialmente, di una sola parte, quella guidata dalla donna ora davanti a lui.
«La squadra uscita ad Est non risponde a me, mio signore, ma so che sono usciti a caccia perché le provviste scarseggiavano. Dubito si potessero scambiare per un manipolo in spedizione punitiva, l’equipaggiamento della caccia diverge da quello della battaglia. E suppongo, credo correttamente, che detto fantomatico messaggio mai sia stato ritrovato.»
«Il viandante disse loro che li avrebbero cacciati come selvaggina» perseverò Odino, senza concederle la soddisfazione di sentirsi dar ragione sulla fine di quel documento di cui non si erano trovate né resti o tracce. Eppure, in quando Padre degli Dei, per quanto quel racconto da parte del nemico arrecasse più punti cigolanti – per voler essere gentili –, non riusciva a impedirsi di trovare alquanto strano come un avversario che si era arreso davanti alla loro predominazione si fosse lanciato in un’operazione ridicolamente stupida, nefasta e disonorevole. Ma anche se avesse voluto credere immediatamente alla giovane guerriera, Lady Sigyn, si sarebbe comunque visto costretto a condurre quel teatrino, il cui gusto cominciava a diventare velenoso per la palese inutilità – le risposte erano lineari, precise tanto quanto il tono e l’assenza della benché minima traccia di menzogna –, perché in quanto re aveva anche il compito di essere imparziale giudice.
«È altrettanto ovvio che questo viandante o non esiste o farneticava. In ogni caso non comprendo se mi state attribuendo la colpa di codesto evanescente personaggio o altro, mio signore», domandò senza domandare la guerriera, usando tono remissivo e non macchiandolo di iracondo atteggiamento per l’essere sottoposta a tale questionario dopo ore passate a versare sangue, scampando alla morte.
«Nessuna colpa, mia prode guerriera, solo chiarimenti necessari affinché la mia vista non si adombri. Qualcosa di strano si cela in questa faccenda, o forse è solo la speranza che vi siano ancora nemici onorevoli, capaci di mantenere la propria parola. È ciò che mi fa sperare che qualcosa abbia guidato le loro gesta. Evidentemente, è solo vano ciò, perché chiare solo le vostre azioni» rispose Odino, cambiando in fine posizione, invitandola a rialzarsi con un cenno della mano libera dallo scettro. Non era la prima volta che sentiva parlare di quella donna, ma mai prima d’allora l’aveva osservata con i propri occhi – o almeno, aveva fatto prestato solo tenue caso alla sua presenza, perché essa non ne deteneva una particolarmente forte vista la sua esile costituzione. «Tu e i tuoi soldati verrete premiati per i meriti di questa battaglia, vinta in un momento di svantaggio e per l’onore del nostro popolo.»
Il sospiro che scivolò fuori dalle sue labbra carnose, quando entrò nella tenda del principe Loki, non fu di sollievo, ma di stanchezza trattenuta a lungo. Anche se avrebbe preferito dirigersi verso la propria branda, riteneva di potersi concedere un cedimento all’atteggiamento implacabilmente fermo con cui si era dovuta mostrare davanti al Padre degli Dei. Il gelo del vento mattutino era stato uno schiaffo prepotente, abbastanza da mozzarle a metà il primo respiro sul sentiero, che l’aveva condotta fino al tepore rossastro delle candele accese sotto il telone in cui stanziava il principe minore. Lo sporco le metteva addosso l’ardente desiderio di lavarsi, ma prima che potesse chiedere il favore di potersi sistemare, per poi tornare in modo da dedicarsi al resoconto che probabilmente Loki desiderava, venne vinta sul tempo dall’altro sulla presa delle redini del discorso.
«Sei un’attrice splendida, mia devota Sigyn», con il dorso delle dita mancine le accarezzò la guancia con lento movimento ripetitivo, fino a roteare la mano per sospingerla a scorrere sul collo sottile della guerriera. Non aveva bisogno di costringerla verso di sé per farle compiere un passo in più, tanto da far entrare in contatto i loro corpi, ma affondò comunque lievemente le unghie nella carne di lei per incitarla a tale movimento. Non dovette insistere, per quando Lady Sigyn adorasse contraddirlo unicamente per dispetto, la sua resistenza fu di breve durata e lo scontro tra loro meno pacato di quando lui si sarebbe immaginato – abbastanza da fargli allargare il ghigno dipinto sulle labbra sottili.
«Per voi, mio principe» chiosò inutilmente la donna. «Ho fatto ciò che mi avete domandato, spero che siate soddisfatto della vostra vendetta.»
Non amava uccidere Sigyn a discapito del lavoro che aveva scelto. Tuttavia, se era ordine del dio degli inganni, piegava semplicemente il capo in un assenso quiescente – soprattutto quando comprendeva le sue ragioni, anche se non le condivideva. E il suo principe era poco avvezzo a perdonare coloro che provavano a metterlo in ridicolo, biasimarlo o deriderlo – mentre lei era lievemente propensa a poter perdonare simili offese, e nel caso contrario avrebbe preferito adottare altre metodologie.
Appoggiò nella mano libera di Loki gli stemmi regali dei principi che aveva sconfitto nell’attacco notturno, sorridendo tiepidamente. La superficie era appiccicosa nonostante fossero stati ripuliti rapidamente, residui di sangue intaccavano l’assenza di imperfezioni dell’oro lavorato sapientemente dai nani, ma agli occhi dell’Ingannatore erano gemme diversamente preziose – almeno in quel momento, fino a quando la sazietà regalatagli da Lady Sigyn su coloro che avevano osato provare a ridicolizzarlo sarebbe durata. Li osservò brevemente, per poi appoggiarli sul tavolo di legno scuro al proprio lato, senza nemmeno osservare i propri gesti per continuare a osservare lei.
«La soddisfazione è per chi non sa trovare nuovi obbiettivi» asserì mentre le sfilava i pezzi di armatura, per poter osservare se e quante ferite solcavano la sua pelle. Fino a quando l’acciaio e la stoffa l’avrebbero ricoperta, gli era impossibile stabilire se le macchie dal sapore metallico fossero prodotte dal suo sangue o da quello dei suoi nemici, piegati, inginocchiati davanti a lei. «Dimmi, Sigyn, non hai provato disagio a mentire al tuo re?»
«Tutti mentono, mio principe, a se stessi o agli altri, o entrambe le cose. Poi c’è chi ne fa un’arte e chi è meglio se non vi si addentrasse. In ogni caso, reputo la menzogna una parte dell’esistenza delle persone e non la condanno, essa è solo un mezzo, non il fine.»
Sostenne come sempre lo sguardo magnetico di Loki, senza asserire null’altro, evitando di domandargli perché avesse fatto scivolare via la maglia rovinata, sfilacciata e inzozzata di fango e liquido vermiglio – l’aveva gettata ai loro piedi, facendola sedere sulla poltrona alle sue spalle. Non si preoccupò nemmeno di indagare la ragione per cui ora era intento a passarle una spugna umida lungo il collo, le braccia, le falangi, il palmo, il petto e il ventre; lavando via le scorie di sangue incastrate su di lei. Fu tentata di abbassare le palpebre, sia per alleviare la sensazione ustionante dello sguardo penetrante – troppo – di Loki, che la faceva sentire completamente nuda anche se non lo era, sia per tentare di alleviare i fremiti di cui era pervasa e dei quali solo il dio degli inganni era il responsabile e non la freddezza dell’acqua, sia per assaporare insieme quelle stesse sensazioni da cui si sentiva scossa e che affondavano nelle sue viscere, alleviandole la lucidità. Sentiva di non riuscire a impedire al proprio corpo tremiti e movimenti che la rendevano vulnerabile, completamente leggibile – si mordeva l’interno della bocca, si torturava i polpastrelli con le unghie, e le ginocchia cozzavano tra di loro a intervalli irregolari.
«Risposta tortuosa, ma apprezzabile» osservò non poco pieno di compiacimento nell’assaporare con vibrante soddisfazione la sensazione del proprio potere su di lei – e anche l’effetto, soprattutto l’effetto che lui le faceva. «Dunque, stando alle tue parole, mi reputi al di sopra di categorie come buono o cattivo.»
«Mio principe, se voi rientraste in una delle dette categorie, sareste noioso come tutti gli altri» rispose quasi con tono perfettamente controllato, ma note roche le sfuggirono nonostante la volontà di nascondere, almeno nella voce, le reazioni che semplici perle trasparenti le provocavano se erano prodotte da gesti appartenenti a lui. Avvertiva i propri sensi acutizzati e non sapeva se era colpa della situazione o di qualche magia di Loki, ma era certa che il percorso delle finte lacrime che scivolavano sino l’ultimo frammento di tessuto che le era rimasto a coprirle i seni, inzuppato di poco, fosse stranamente marchiato da una precisione incendiaria nella sua mente – rendendola pregna di sensazioni esaltate, drogate nella loro eccessività.
«Gli inganni possono creare e distruggere, Sigyn, sono solo illusioni – come la mia magia. A tutti serve la forza per fare anche la più piccola impresa, ma non si rendono conto che la pura violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci.[1]»
Non era uno sciocco, non lo era mai stato e mai lo sarebbe divenuto. Gli atti di forza avevano la loro utilità, oltre a un certo quantitativo di teatralità utile se usato nel modo adeguato, ma la brutalità delle azioni dispotiche era solo una sottigliezza da adottare in un piano che doveva basarsi su qualcosa di assai più ampio e complesso. Le macchinazioni, gli imbrogli e le menzogne erano le vere armi da adottare quando si desiderava conquistare qualcosa, e Loki lo aveva compreso istintivamente.
La sua attitudine alla magia era stata una benedizione per il suo animo portato all’inganno, un trucco maestoso in cui celarsi insieme alla sua capacità d’attore. E conosceva anche la sua unica pecca – quella vera, non quella che gli rifilavano gli altri sorreggendosi su una differente morale, ma non per questo necessariamente migliore – ed era l’essere poco attento alle pieghe della propria anima. Era bizzarro il modo in cui si era ritrovato a comprendere finalmente la mutevolezza delle sfumature che lo legavano a Lady Sigyn, solo nel momento in cui aveva deciso che non l’avrebbe più assecondata tanto quando le aveva permesso fino ad allora. Ma nonostante il nuovo livello di autocomprensione, non aveva intenzione di interrompere in alcun modo il suo divertimento in quella zona grigia – di confine –, nella quale poteva permettersi di osservarla nel ruolo della preda – anche se dubitava fortemente che mai lo sarebbe potuto essere completamente, perché il suo modo di inchiodare le liquide iridi nere nelle proprie era così poco affine a chi sapeva di essere caduto in trappola. Lei voleva essere catturata, voleva essere circuita da lui, glielo stava solo permettendo e Loki aveva la sgradevole sensazione che se Sigyn non avesse gradito la sua presenza sarebbe riuscita a liberarsene – erano entrambi perennemente affissi a ruoli indefiniti, dove si mescolavano in un tripudio di effervescenti contraddizioni in cui nessuno dei due poteva predominare.
Finì di lavarle via il sangue con accortezza, una cura con cui le cucì addosso una pressione ambigua e silente. Sapeva cosa Sigyn stava leggendo negli propri occhi verdi, riusciva a scorgere il riflesso di essi in quelli di lei e ciò che trasmettevano – e non aveva paura, come di consueto, nonostante l’evidente carica di maliziosa lussuria con la quale continuava a far scorrere la spugna lungo il suo corpo. Dubitava che al mondo vi fosse qualcosa capace di intimorirla, nemmeno la morte probabilmente – ma si sbagliava Loki, almeno quella volta, perché Lady Sigyn aveva paura, anche se di una sola cosa e per quanto assurdo fosse, era certa che prima o poi si sarebbe avverata. E aveva ragione.
Quando ebbe finito la lasciò da sola nella propria tenda, ritornando in quella di suo padre per scoprire come si sarebbe mossa ora la diplomazia – non che gli interessasse alla luce di informazioni da lui solo possedute e che lo ritraevano nell’aver raggiunto il proprio scopo, ma almeno avrebbe dato alla donna il tempo di completare da sola la propria sistemazione.
«Tu non mi biasimi per la mia scelta di vendicarmi su più persone per i peccati di pochi», le aveva sussurrato all’orecchio prima di allontanarsi, innalzandosi nella sua nodosa elegante altezza, senza attendere possibili parole da lei, uscendo nella frescura dell’alba inoltrata.
Per quanto potesse non concordare con le scelte, perfino considerarle sbagliate nonostante vi si attenesse per fedeltà a lui, mai avrebbe potuto provare spregio per il dio degli inganni.
Lady Sigyn non aveva mai compreso per quale ragione la morale dei più dovesse essere considerata di conseguenza la migliore. Nel corso dei secoli – dei millenni – erano sorti e sgretolati molti regni che si facevano portatori di una concezione della vita diversa da quello precedente, e ogni volta si erano tutti ritenuti nel giusto – non per la giustizia intrinseca, ma per il prevalere su ciò che era il passato. Lei, lo sapeva bene, era detentrice di una visione del mondo divergente in molti tratti da quella di cui si fregiava Asgard, lei non amava la battaglia fine a se stessa, non riteneva la verità superiore alla menzogna, non credeva nella superiorità fisica, non pensava che il loro re fosse di più alta considerazione di quelli degli altri imperi. Lady Sigyn vedeva sfaccettature in ogni dettaglio e non poteva catalogare l’esistenza e le sue parti in due colonne sempre nettamente distinte, dove il nero dello sbagliato era in contrasto con il bianco della rettitudine.
Come aveva imparato, poi, dal dio degli inganni, le menzogne non erano dello stesso colore dei capelli di lui, ombre nella notte, ma erano di luce pura, come al contrario le proprie ciocche quasi bianche – accecavano, privavano della capacità di visione con la forza dei soli, rendendo cieco chi ne capitava vittima. Molti spregiavano le bugie, i raggiri, le parole melliflue, ma lo facevano solo quando erano succubi di codeste, non quando ne traevano vantaggi, e si ostinavano a non comprendere come esse non servissero un fine né buono né malvagio – erano campo neutro, unicamente mezzi, al servizio di colui che era in grado di maneggiarle con più maestria di tutti, e chi possedeva un simile dono non poteva essere relegato a una fazione, a una definizione. E questa era forse la principale ragione per cui vedeva in Loki l’unico capace di comprenderla, nonostante anche le loro concezioni della morale non si sovrapponessero in modo completo, ognuno dei due rispettava quella dell’altro e non vi erano tentativi di prevaricare.
Le sue dita si stavano muovendo con sapienza, guardandosi allo specchio con capo reclinato a destra, intrecciando i biondi capelli simili a gelidi raggi di sole, quando Loki tornò nella propria tenda. Nessuna parola mosse le labbra inclinate in uno sghembo sorriso soddisfatto, avvicinandosi a lei per rimanere in piedi alle sue spalle, osservando il riflesso dello specchio per poterne studiare i filamenti di espressione sul volto provato dalla fatica della battaglia.
Lady Sigyn era bella nonostante sulle sue mani vi fossero costellazioni di calli, nonostante sulla sua pelle fossero dipinte cicatrici, nonostante le sue spalle fossero lievemente sproporzionate nell’ampiezza, nonostante vi fosse spesso sangue rappreso sotto le sue unghie, nonostante per alcuni potevano essere troppi i nei a dare indizi di disegni nascosti sul suo corpo. La collezione di difetti fisici erano particolarità estremamente interessanti agli occhi del dio degli inganni e mai avrebbe potuto definire altrimenti tali sue accezioni.
«Sigyn, la tua fedeltà a me si sta rivelando la mia arma più preziosa» asserì andandosi a sedere sulla poltrona sulla quale prima vi era stata lei, intenta a sottoporsi ad attenzioni di cui mai era stata prima di quel momento calamita.
«Ne sono molto felice, mio principe», le falangi continuavano a cucire nodi tra le ciocche, cercando di scendere con pazienza per evitare che il duro lavoro fosse annientato dalla foga di completare la treccia. Le liquide iridi d’inchiostro di Lady Sigyn si muovevano dal suo stesso riflesso a quello alle sue spalle dell’uomo, scorgendolo con il capo appoggiato al dorso della mano il cui gomito si impuntava nel bracciolo della poltrona. Non era la stessa impellente voracità con cui l’aveva sbucciata con precisione millimetrica poche ore prima, eppure nella sua espressione Lady Sigyn continuava a ritrovarci torpide tracce fameliche. Per quanto mantenesse la sua consueta aria nobiliare, delineando i suoi gesti di compostezza placidità, evitando sbavature e permanendo nella sua aria di dama dall’eretta postura adornata di movenze femminili, le era impossibile reprimere i moti interiori dell’anima – del cuore. Disagio non era il sentimento che stava provando, perché le era impensabile potersi sentire tale in sua compagnia, era più l’imbarazzo di essere stata privata di ogni difesa con la scusa di prendersi cura di lei, intaccando la sua arte recitatoria facendo leva sui sentimenti che provava per lui.
«E il tuo amore un balsamo sulla mia insoddisfazione» consumò piano quelle sillabe, per gustarsele nel loro suono e nella forma che assumevano nella bocca quando le delineò, seguendo lo spostamento della lingua e delle labbra per captarne più in profondità le sfumature con le quali stava dipingendo la propria rimonta nel loro privato gioco – intimo. «Non ti avevo mai visto arrossire», ridacchiò senza l’obbiettivo di prenderla in giro – vi era quasi una nota di dolcezza nel coglierla in un attimo di abbandono a un istinto indomabile, che la riportava a una vulnerabilità di cui solo Loki era a conoscenza e di cui era la causa.
«Deve essere un po’ di fatica per la guerra, mio principe», le parole vennero modulate con tanta naturalezza che se non fosse stato il dio degli inganni il suo interlocutore, sarebbero parse credibili. Lady Sigyn sapeva di non poter mascherare in alcun modo ciò che il suo volto dichiarava apertamente, tuttavia poteva almeno prendersi un’inutile rivincita nel non dargliela vinta ricostruendosi un tono deliziosamente innocente quanto bugiardo.
«Menti benissimo, ma sono io il dio degli inganni, non ti aspetterai che non scorga oltre le tue bugie?»
«La chiamerei storpiatura, più che bugia.»
Come Loki, nemmeno Lady Sigyn era una persona sciocca, sapeva che lui le aveva sempre concesso più vantaggio di quanto ne avrebbe avuto se solo lo avesse desiderato. Il principe era persona nata per dominare, e anche in quel loro rapporto lasciato senza nome non poteva aspettarsi che sarebbe sempre stata lei ad averla vinta. Non si meravigliava tanto che i suoi sentimenti fossero stati scoperchiati – perché, in fin dei conti, sarebbe stato più difficile lasciarli ricoperti dall’indifferenza –, quando che lui ne parlasse. Una sorpresa la cui spinta elettrizzante lasciò crogiolarsi nelle acque calme della sua anima, senza esporre anch’essa allo sguardo mellifluo del dio.
«Essia, allora. Storpierò anch’io ciò che avevo intenzione di dirti chiaramente», non serviva lo sguardo di ironica perplessità di Lady Sigyn a rendergli chiaro quanto poco potesse credere alla menzogna appena pronunciata, perché lei aveva sempre saputo nuotare nel fango delle sue bugie. Eppure, per una vota, fu lui a provare il desiderio di poter credere nella sua stessa fasulla affermazione, almeno un po’, il giusto per poter pensare che quantomeno un frammento di sé aveva effettivamente preso in considerazione quell’ipotesi – ma sapeva che non era in quel modo che stavano disposti effettivamente gli spazi del suo cuore. E nonostante la consapevolezza, quel desiderio evanescente, logorato dalla sua stessa natura, aleggiò nella frase finale che le rivolse prima di vederla girarsi, sorridendogli con quella straordinaria felicità che solo lei riusciva a rovesciargli addosso. «Sei indispensabile per il perseguimento dei miei scopi.»






M A N I A’ s W O R D S
Eccomi con l’aggiornamento! Come state miei adorati?
Io mi scuso se ci ho messo un filino di più ad aggiornare, ma stamattina avevo un esame, quindi capirete che non potevo ieri e l’altro ieri mettermi a correggere tutta questa shot così lunga. Inoltre non so nemmeno se è corretta perfettamente dato appunto che ho sostenuto un esame e sono lievemente stanca, ma spero di sì.
Allora, questo capitolo è un po’ più lungo dei miei soliti – e giuro che mi sono trattenuta. Tuttavia doveva essere perfetto in ogni sua parte perché ci tengo veramente parecchio, sarà che c’è una tiepida svolta nel rapporto tra Loki e Sigyn? Sì, credo sia per quello.
Come avevo accennato nelle risposte alle recensioni, Loki aveva semplicemente concesso un po’ di vantaggio a Sigyn nel loro rapporto, nonostante lei sia comunque brava a usare le parole per inganni, in realtà i ruoli sono molto più equilibrati – e Loki direi che qui ha un vantaggio lievemente schiacciante. Avevo anche accennato al fatto che io il nostro caro dio degli inganni lo vedo poco propenso ad essere un buon osservatore di se stesso, ma essendo tanto bravo a prendere il posto degli altri, è comunque una persona che conosce i meccanismi della psiche e del cuore, quindi non lo vedo affatto ad aver paura dei propri sentimenti – semplicemente ci mette un po’ ad accorgersene semplicemente. E ora vuole un po’ divertirsi, una specie di piccola rivincita, ecco.
Il discorso sulla morale mi ha preso molto tempo perché volevo fosse il più possibile chiaro e spero lo sia. Ovviamente sottolineo una banalità, ma le opinioni di Sigyn e Loki in merito non sono le mie, io mi limito a descrivere la loro di psicologia e il modo di pensare. Per quanto entrambi abbiano visioni che si discostano dallo standard normale, tengo a precisare che quello di Loki è parecchio più distaccato di quello di lei – o almeno lo sarà –, e le ragioni per cui Sigyn possiede questa visione diversa si fonda nella sua famiglia. Ne avevo accennato nel quinto capitolo, ma Sigyn è cresciuta in una famiglia in cui i sentimenti, le virtù e i vizi erano ugualmente portati all’eccesso, in un certo senso celebrati – ed è proprio questa tendenza che ha causato la caduta della sua casata, ma comunque lo spiegherò meglio.
Ah, il Lord delle Pianure di Rugiada me lo sono bellamente inventata, prendetelo per buono.
Ci tengo a precisare, per quanto riguarda la nota precedentemente inserita e ora tolta, che comunque la storia verrà continata e il seguito verrà scritto - anzi, informo che ho già provveduto a mettermi d'impegno per sistemare la long precedentemente da me iniziata, in modo tale che possa spronarmi nuovamente a continuarla, e per farlo ho dovuto cambiare alcuni tratti della storia, per tale ragione probabilmente ritarderò un po' nel pubblicarla. Tuttavia i tratti fondamentali sono già stati scritti, e prima o poi pubblicherò il tutto.
La nota segnata nel testo:
[1] È una citazione di Asimov, di uno dei libri che fanno parte del ciclo della Fondazione.
Come sempre ringrazio infinitamente chi segue la storia, tutti quelli che la inseriscono tra i preferiti/seguite/ricordate che mi fanno ovviamente un oceano di piacere. Le statue le faccio però a chi commenta, che mi riempie le giornate di felicità e gongolaggine (?), ovvero a Pitonia, Helen L, Zarael e Yoan Seiyryu. Non avete idea di quanto stimolo a continuare a dare sempre di più ricevo ad ogni vostra recensione ♥
Alla prossima,

Mania■




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Capitolo 8
*** O7 • Distanze intime ***


PROLOGO



C A P I T O L O 7
Distanze intime




Le distanze non erano tutte uguali, molto spesso erano amare, straziavano il cuore lacerandolo nelle profondità, e davano vita solo a lacrime; ma poi ve ne erano delle altre che sapevano di un’intimità delicata, rispettosa e complice tale da far invidia a chi rinunciandovi, pensava di aver guadagnato qualcosa in realtà inconsistente.
Lady Sif pensava sempre questo quando le capitava di scovare Loki e Sigyn interagire. Ad onor del vero, quel ragionamento si era insinuato nella sua mente in un tempo piuttosto recente, quando si era decisa a chiedere alla giovane amica per quale incomprensibile spinta invisibile si ostinasse a comportarsi come una semplice subordinata, invece di spogliarsi delle formule dell’etichetta inutili. Solitamente Lady Sigyn non le rispondeva mai in modo diretto – anzi, non le rispondeva proprio, cambiando argomento – quando si trattava del più giovane dei principi, si limitava a sorridere serafica sistemandosi la sua lunga treccia di fili di luce condensata. Non avrebbe saputo affermare se la compagna di addestramento fosse innamorata del dio degli inganni, quello che era certo era che tra i due – scambievolmente, per quanto strano potesse essere parlando di Loki – vi era una complicità palpabile. La giovane Guardia Reale era fedele a Loki, più profondamente di quanto chiunque li osservasse riusciva a comprendere e per il momento, Lady Sif non era affatto preoccupata di quel legame nato in modi a lei sconosciuti.
«È perché non ho bisogno di usare frasi confidenziali con lui per avere un rapporto personale, questi sono solo fronzoli per giocare», aveva risposto Lady Signy ritornando in posizione di guardia dopo l’ennesima rotolata nel fango, nonostante gli ematomi sul corpo e la spossatezza del fisico messo a dura prova dalle ore passate nell’arena con la dea della guerra. Loro conversavano prevalentemente durante gli allenamenti, forse perché quelli erano gli unici momenti in cui si ritrovavano ad essere davvero sole.
«Continuo a chiedermi, Lady Sigyn, come mai la tua attenzione sia sempre così tanto calamitata su Loki», Lady Sif era curiosa, non tanto perché le sembrasse strano che qualche donna potesse interessarsi al dio degli inganni, il fascino non gli mancava ma insieme a esso trascinava dietro un’aria ambigua, melliflua, intrisa dal potere di mettere soggezione e anche tra la maggioranza degli uomini c’era difficoltà a scovare chi non ne provasse timore – chi riuscisse a sostenere il suo sguardo dalle ardenti braci. Lady Sigyn invece non aveva alcun problema, la sua era molto più che capacità di fissare gli occhi smeraldini di Loki, non metteva alcuno sforzo in quel gesto molto più complesso di quanto si potesse erroneamente supporre.
Lady Sigyn parò il fendente, con il fiato corto e l’espressione marmorea di chi non ha alcuna incrinatura nella propria certezza di perseverare a cadere per poi riergersi davanti al nemico. E ogni volta che ciò accadeva, Lady Sif sbuffava divertita e scocciata assieme, credendo che mai sarebbe arrivato il giorno in cui l’altra sarebbe semplicemente rimasta sdraiata nella polvere della terra, ansimando famelicamente in cerca di ossigeno e priva di energie per ritornare a posizionarsi per un nuovo scambio di colpi.
«Potrei domandarti, di contro, come mai la tua sia tanto affannata a seguire l’altro principe. Ma non lo farò, amica mia, perché entrambe sappiano che le rispettive ragioni sono incomprensibili all’altra» replicò Lady Sigyn con sorriso sornione, alzando gli angoli della bocca in una piega dai risvolti insondabili.
Osservò la donna scuotere il capo rassegnata, solo per il momento. Ovviamente non ne aveva la certezza, ma supponeva che Lady Sif continuasse a schiacciarla così impunemente durante l’allenamento con il doppio fine di avere il gusto di ammirarla nel non ritornare ad alzarsi, e anche quello di stancarla nell’anima – così magari avrebbe risposto seriamente, invece di sfuggire a qualsivoglia domanda.
Come tutti ad Asgard, anche la sua unica amica non riusciva a comprenderla fino in fondo, e Lady Sigyn sapeva che non era responsabilità da attribuire unicamente agli altri, perché lei aveva impiegato ogni suo artifizio e abilità di attrice per coprire le pieghe del suo essere che divergevano dal giusto percorso – o quanto meno quello considerato tale dalla maggioranza. Solo una persona, l’unica per tutta la sua lunga vita, era stata in grado di smascherarla, forse perché aveva più ampia esperienza di lei nella sottile arte della menzogna o forse perché erano affini sotto una moltitudine di aspetti.
Ricordava la passeggiata di due giorni prima, l’ultima che avevano avuto modo di compiere in solitudine, senza occhi indiscreti riparati sotto l’arte magica di Loki. La giovane guerriera era propensa a classificare quel gesto come una forma di egoismo, non era orgoglio nel non volersi mostrare in sua compagnia, ma era desiderio di mantenere esclusivi quei momenti – ne voleva disporre come voleva, senza dover rendere conto ad alcuno. Non che lui le avesse mostrato il dispiegarsi dell’incanto attorno a loro o in qualche modo avvertito della sua presenza, ma Sigyn riusciva a percepire in molti casi – non sempre, perché per quanto i suoi sensi fossero acuti, di magia e illusioni non ne conosceva le basi – la particolare vibrazione dell’aria, il cambiamento sottile e impercettibile a chi non aveva una particolare sensibilità.
«Sigyn, non mi hai mai detto perché sei entrata nell’esercito invece che scegliere la via delle Valchirie[1]», come quasi sempre Loki non si disturbava a domandare direttamente, probabilmente trovava troppo poco artificioso e insieme adorava mantenersi in una posizione di superiorità alla curiosità comune. Eppure, quando le sue iridi chiare, macchiate di nebbia a nascondere segreti impronunciabili, si abbassavano su Sigyn non poteva che costatare quanta scarsa impressione potesse suscitarle in quel modo. Troppo capace a sviscerare i sostrati delle sue frasi, era una donna la cui acutezza mentale era paragonabile a quella di pochi altri – e vista la bassa opinione che Loki aveva della stragrande maggioranza, era una considerazione il cui peso non era da sottovalutare.
«Volevo mettermi alla prova. Che prova sarebbe stato entrare in un corpo femminile di guerriere? La mia riuscita sarebbe stata a dir poco scontata, invece, mettermi l’obbiettivo di arrivare nell’élite dell’esercito personale – nel reparto delle Guardie Reali – del Padre degli Dei era molto più intrigante» rispose camminando piano, avvolta in abiti da dama e non da guerriera, perché a lei piaceva cambiare ed essere ciò che era a seconda dell’occasione. Era stato Loki, d’altronde, a spiegarle come la bellezza andasse preservata e niente dovesse essere sacrificato a cuor leggero, bisognava lottare per trattenere il più possibile di ciò che si era e trasformare in povere parti di sé con parsimonia e assennatezza, per non rischiare di perdersi. Per questo Sigyn curava il proprio aspetto, in un’eleganza distinta, dove era la semplicità a predominare, esaltando la nobiltà della sua femminilità scevra da eccessi; non come le aveva insegnato la sua adorata madre, troppo dedita a coltivare amori clandestini, intrappolandoli in forme provocatorie a far trasparire con molta poca immaginazione la lussuria, ma come aveva appreso da sola. La raffinatezza era equilibrio, la sobrietà era furbizia – un inganno, e lei amava gli inganni.
Il giardino ad Est di Frohheimr[2] era il più silenzioso e poco frequentato tra tutti, probabilmente per la lontananza alle stanze degli ospiti e alla Gendarmeria. Era prevalentemente la famiglia reale a incamminarsi per i suoi sentieri, persi tra le aiuole colme di fiori dai petali della stessa tonalità delle stele e i salici piangenti. Mentre camminavano, un gruppo di farfalle passò attorno a loro, volteggiando in vortici accanto ai loro passi e Sigyn si chiese se erano vere oppure frutto di una piccola magia – non che le importasse, perché il loro splendore era indiscutibile.
«Tuo padre fu un grande condottiero, la spada che ora porti tu uccise molti nemici di Asgard. Tu ne ucciderai molti altri, mia devota Sigyn.»
«Di nemici, indubbiamente. Di chi, poi, è ancora da decidere» chiosò lei divertita, senza ombra di polemica, con la sola intenzione di puntualizzare per prendersi un po’ gioco del principe e per provocarlo.
Non raccolse l’insinuazione, limitandosi ad ampliare il sorriso magnetico e ravvivandolo con ombre indecifrabili nell’assaporare la frase della donna. Era stato più fortunato di quanto si aspettasse decenni prima, quando l’aveva scovata a staccarsi tristemente i capelli una volta ricci, non avrebbe mai immaginato che la bambina con la quale aveva parlato potesse diventare tutto ciò che lei ora era. Ed era un miscuglio perfettamente disomogeneo di un’infinità di elementi per poterli elencare, così si limitava ad apprezzarli più o meno discretamente – esaltare le sue abilità di guerriera e stratega non era un problema, ma non avrebbe proferito parola riguardo a quanto le donasse l’abito celeste con il quale aveva deciso di affrontare la passeggiata notturna.
«A differenza di molti altri, Sigyn, tu non hai rinunciato a nulla per essere anche una guerriera. La forza di non bruciare via parti di sé per ottenere ciò che si desidera, è di un tipo talmente raro quanto potente. Ho avuto ragione quando la scorsi in te, anni or sono », avrebbe potuto dire molto altro, Loki, ma convenne con se stesso che di tempo ne aveva per profondersi in altri tipi di apprezzamenti e non aveva alcuna fretta – gustare con lentezza poteva essere snervate, necessitava di una pazienza ponderata, ma rendeva il tutto molto più godibile alla fine.
«Voi avete sempre ragione quando si tratta di me, come io con voi.»
Si fermarono ai confini del giardino, prima dello strapiombo della rupe sotto il quale le luci delle torce scarlatte, puntellate di zafferano, brillavano e regalavano vita alla città che si estendeva ai loro piedi. I rumori arrivavano ovattati, distanti, portati a loro dai refoli scheggiati da note fredde e colorati dall’argentea luce della luna, tingendo il tempo di sfumature eterne, estendendo ai sensi la durata dei secondi. Appoggiata al marmo bianco della balconata, Sigyn scrutava tra i preziosi affissi nel cielo, in cerca di nulla in particolare, divagando con la fantasia nell’immaginarsi i mondi di cui non conosceva l’essenza.
Le dita lunghe di Loki sfioravano la sua treccia, un’abitudine cresciuta con gli anni, di cui Sigyn aveva smesso di domandare la ragione – non le importava che ve ne fosse una, preferiva esistesse il gesto privo di fondamenta, per puro piacere. Non piegò la testa per incrociare lo sguardo con quello del principe, preferendo rimanere immersa nelle moltitudini delle costellazioni per infantile dispetto. Il silenzio non le metteva alcun tipo di ansia di riempirlo di vuote parole, e prediligendo attendere fosse lui a dire qualsiasi cosa trattenesse sulla lingua, in attesa dell’attimo ritenuto più congruo. Troppo bene sapeva quanto Loki apprezzasse le pause enfatiche, quanto i suoi modi fossero teatrali e il suo stesso essere era quello di un attore, così gli lasciava recitare i monologhi che aveva scritto per se stesso – e lei si sarebbe limitata a rovinargli i dialoghi che architettava anche al suo posto.
Se lo delineava perfettamente, Sigyn, il dio degli inganni tessere mentalmente conversazioni in cui le risposte si susseguivano logicamente, portate avanti da uno schema a lui chiaro e che per tutti funzionava – tranne con lei. Per qualche motivo sconosciuto, e scevra dall’intenzione di farlo, portava sempre fuori dai binari qualsiasi dialogo Loki si fosse preparato, affinando le proprie risposte precedentemente. E mai ne rimaneva scontento, anzi, probabilmente nel contrario dei casi lo sarebbe stato, afflitto dalla banalità di cui lei non era fatta. Era anche per quello che Loki amava Sigyn, perché era caos, una complessa tela in cui tutto non aveva un ordine e in cui il disegno generale riusciva comunque ad assumere note armoniche.
«Siamo diversi, Sigyn. In questo mondo, io e te siamo estranei che si fingono avere qualcosa in comune con il resto di una popolazione che ignora la loro natura. E siamo diversi tra di noi, eppure, nonostante queste crepe ramificate in originali disegni astratti sulle nostre anime, siamo così compatibili che mi viene da domandarmi se non avessimo altro destino che quello di incontrarci.»
«Il destino» formulò a bassa voce, sillabando, tale parola. La soppesò in quel processo, vagliandone i significati e i reflussi che implicava, fino a decidere di scuotere lievemente il capo in segno di dissenso. «Non credo che per noi ci sia qualcosa del genere, non credete principe? Siamo troppo fuori dagli schemi per essere tra i rami di Yggdrasill[3]. Trovo molto più… Non mi sovviene un altro termine se non romantico, perdonatemi, per definire come sarebbe il nostro incontro se fosse solo opera nostra – e lo è, per me» asserì con una sicurezza placida tale da non poter ammettere repliche, nemmeno se arricchite dalle più profonde argomentazioni logiche e filosofiche, perché il suo tono era filato da forza incontrastabile.
Spostò le scure iridi su Loki solo quando lo sentì ridere piano, sommessamente, trattenendo il suono tra le labbra, incurvate nel sorriso serafico di cui spesso si ammantava. Per quanto fossero chiari gli occhi del principe, a Sigyn davano sempre l’impressione di essere fuochi, tizzoni ardenti, braciere perpetuamente accese; scintillavano di una luce contorta e conturbante di cui lei apprezzava le sfumature – ci si perdeva in esse.
«Romantico trovo che sia calzante» asserì, abbandonando i percorsi imparati a memoria dell’intreccio dei suoi capelli e depositando un appena accennato bacio sulla sua fronte.
Forse Lady Sigyn si distraeva troppo quando si allenava in compagnia della dea della guerra e per questo ne usciva con una collezione di ematomi notevolmente ampia, tuttavia le domande della seconda suscitavano in lei reminiscenze frammentate nelle quali non riusciva a impedirsi di scivolare. Per il suo stato fisico non era il massimo, avrebbe dovuto trattenere più concentrazione e maggiore rigore, ma lei preferiva di gran lunga qualche contusione in più e un sorriso imperituro sulle labbra cremisi.
«Non mi rispondi mai quando ti domando del tipo di rapporto tra te e Loki» si lamentò Lady Sif, sia per l’appunto appena sottolineato, sia per il rivederla nuovamente in piedi, con la spada tesa davanti a sé. Si arrese alla testardaggine della giovane amica, perché per quella sessione di allenamento pensava di averle causato abbastanza dolori muscolari a cui pensare per un po’ – una quantità che compensava anche la sua frustrazione nel non ricevere mai repliche soddisfacenti.
«Se lo facessi, Lady Sif, potresti pentirti di avermelo domandato», la prese in giro, rinfoderando la spada, con fare infantile.
«E perché mai?»
Lady Sigyn si avvicinò al muro che circondava l’arena, issandosi sopra per poter rimanere lì a riposare per un po’, osservando imperscrutabilmente la donna di fronte a lei. Non sarebbe mai riuscita ad arrivare al suo livello, d’altronde se era la dea della guerra un motivo doveva esserci, ma lei era quella della fedeltà e anche per essa c’era una ragione più che valida. Tirò maggiormente gli angoli della bocca, riuscendo a mantenere un’area quiete nonostante le devastanti ore passate a combattere.
«Perché ciò che non si conosce e capisce, fa paura. Comunque, puoi perseverare nella tua domanda e io continuerò a rialzare la spada.»





M A N I A’ s W O R D S
Ed eccomi con il nuovo aggiornamento!
Non so da voi, ma da me piove da giorni – settimane! –, non ne posso più. Questa cosa non c’entra assolutamente niente, ma volevo condividere con voi il mio sfinimento per il maltempo. E poi, non so, sono in vena di consigli di libri, ho appena finito di leggermi «American Gods» e ve ne consiglio la lettura caldamente, per chi ama le divinità e le storie intricate è un’opera da non perdere – e poi potreste incontrare una vecchia conoscenza.
Detto questo, veniamo al capitolo.
Allora, lo avevo già anticipato, ma Sigyn e Sif sono amiche, sarà che sono le uniche due donne dell’esercito, sarà che sono due donne dal forte carattere, ma le vedo bene insieme, anche se la seconda non riuscirà mai a capire del tutto la prima – e probabilmente anche il contrario. È abbastanza tranquilla come shot, nessun avvenimento straordinario, ma un modo per mostrare l’affermazione di una presa di coscienza di Loki e Sigyn, e anche per mostrare come da fuori appaiono – ovvero non si capisce per niente che razza di rapporto abbiano, d’altronde lui è il dio degli inganni e lei si diverte troppo ad assecondarlo.
Il riferimento al fatto che Loki ami Sigyn perché è caos deriva dal fatto che Loki nella mitologia norrena è dio del caos e del male, si alimenta di caos, quindi dato che Sigyn è così tanto fuori dagli schemi comuni e percorra una sua logica staccata da quella convenzionale, ricrea un piccolo cosmo disordinato - perché ve l'ho già detto, ma il mio Loki si avvicina molto di più alla visione della mitologia. Contorto come pensiero, lo so, ma mi piaceva troppo, l’ho creata così apporta.
Detto questo, le note tecniche segnate nel testo sono:
[1] Le Valchirie, come molti sapranno, sono il gruppo femminile di combattenti al servizio di Odino. Sigyn ho preferito fosse nell’esercito maschile come Sif per le ragioni da lei esposte.
[2] È il nome del palazzo di Odino.
[3] Yggdrasill è l’albero cosmico che regge i Nove Mondi, secondo la cosmologia della mitologia norrena, e si dice che tra i suoi riami siano intessuti presente, passato e futuro, intessuto dalle tre Norme.
Ah, ho riletto solo due volte, perché ho un esame lunedì, un altro, e mi sto ammazzando di studio. Appena la sessione d'esame finisce rileggerò tutti i capitoli!
Come al solito io ringrazio infinitamente chi segue la storia, veramente, mi date un supporto incredibile! E chi mi commenta è l’amore, davvero, vi adoro perché mi spronate ad aggiornare velocemente e a dare il meglio di me in ogni capitolo – e mi scuso se non rispondo subito alle recensioni, ma sono un po’ impegnata in questi giorni, lo farò al più presto! Quindi il mio più grande grazie va a Zareal e Helen L, ai quali probabilmente dedicherò una statua in diamante – perché l’oro è mainstream – per la loro dedizione a commentare con tanta regolarità ♥ Ovviamente un sentitissimo grazie anche a chi ha inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite, siete adorabili e bho, vi ringrazierei uno a uno portandovi cioccolata a casa.
Al prossimo capitolo, e appunto ricordatevi che una recensione rende felice l’autrice, quindi non fate i timidi!

Mania■



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Capitolo 9
*** O8 • Giochi di illusioni per celare, o forse per svelare ***


PROLOGO



C A P I T O L O 8
Giochi di illusioni per celare, o forse per svelare




Una delle poche cose che Loki trovava fastidiose di Lady Sigyn era la sua capacità di non farsi troppe illusioni – e chi non se ne creava non poteva essere facilmente ingannato. Chiunque avesse un cuore ricolmo di emozioni era incline a lasciarsi andare a fantasticherie, chiunque provasse pulsioni di qualsiasi natura lasciava vagare la propria mente in scenari irrealizzabili in cui tutto era possibile; Lady Sigyn invece aveva sempre e solo vagato con l’immaginazione su quanti nemici avrebbe abbattuto per poter raggiungere gli scopi di Loki, divenuti poi anche i suoi, e mai se sarebbe caduta tra le braccia di chi amava, perché non ne aveva la benché minima intenzione. Cadere era per i bambini, lei era una guerriera – lei risorgeva dalle macerie della sua casata abbattuta dalla dissolvenza, cupidigia e bramosia di uomini inetti, e non avrebbe mai permesso al proprio cuore di piegarsi a sentimentalismi della medesima natura.
A Loki fu chiaro quella sua capacità di discernimento quando ormai si era scoperto – e lei con lui –, e nonostante la rassicurazione convincente della guerriera, era certo che era stato lui ad essere stato beffato. Una chiarezza lampante a trafiggerlo quando il fendente del nemico si stava per abbattere alle sue spalle – su di una delle innumerevoli delle proiezioni che riempivano l’area del vecchio maniero diroccato – e la spada di Sigyn si frappose per allontanare il nemico; perché lei sapeva che quella era la reale figura di Loki. Lo avrebbe negato e il dio degli inganni già lo sapeva ancora prima di domandarglielo, per il capriccio malizioso di lasciare nell’incertezza perpetua gli avvenimenti del giorno prima.
Nelle pianure di ghiaccio di quel remoto pianeta non vi era nulla, ma era la sola possibile strada per giungere al campo nemico prendendolo alle spalle. Essendo un’azione, quella programmata celermente per mancanza di tempo, che richiedeva un certo grado di astuzia e capacità di rimanere in incognito, non era stato assolutamente un problema assegnare tale incarico al principe Loki e alla sua fedele guerriera, Lady Sigyn. Nessuno meglio di loro poteva adempiere tale compito di sgattaiolare nelle retrovie, tagliare via parte dei rifornimenti nemici e intrufolarsi nel cuore dell’accampamento per recuperare le reliquie che il Padre degli Dei rivoleva – non che ne avesse realmente diritto, ma era stato il pegno che aveva stabilito con il sovrano di quelle terre, oltre altri innumerevoli doni e concessioni, quindi non vi era davvero da stupirsi se gli appartenenti alla Resistenza avevano aperto nuovamente le ostilità per l’affronto di Odino nel sottrarre ciò che di più sacro vi era per loro.
«Ci siamo persi» asserì con uno sbuffo Sigyn, bloccando il passo alzando lo sguardo verso l’altro.
«Non ci siamo persi» sicuro, con timbro fermo, replicò Loki senza alcuna incertezza e una flebile nota di risentimento per aver insinuato una simile assurdità.
Attorno a loro vi era una massa bianca a bloccare la visuale a più di una trentina di centimetri dal volto. La nebbia era calata all’improvviso, li aveva raggiunti circondandoli, una cortina implacabilmente fitta oltre il quale non potevano scrutare, come se fosse stato un sipario a tenerli esclusi dal resto del mondo.
Scosse appena il capo, Sigyn, con un mezzo sorriso a definirsi sulle labbra cremisi, crepate di una venatura quasi compassionevole per quella che appariva una presa di posizione a difesa del proprio orgoglio. Prendere alla sprovvista il dio degli inganni non era cosa sicuramente comune, quindi dubitava fortemente avrebbe mai ammesso di essersi seriamente smarrito. Ma d’altronde le veniva difficile credere il contrario con la totale assenza di punti di riferimento ai quali fare appello – non era possibile scorgere oltre la punta del naso, sarebbe stato impossibile per chiunque riuscire a seguire un qualche percorso.
«Con tutto il rispetto, mio principe, ma temo proprio di sì» ribatté imperterrita, per niente intimorita dallo sguardo bieco che ricevette a quelle parole. Ma Lady Sigyn non provava il minimo timore di fronte all’irritazione di Loki, del tutto immune dal manto di gelida reverenza che provocava negli altri grazie al portamento saturo di un fascino dalle sfaccettature melliflue, subdole e inclini a suscitare timore naturale. «Questa nebbia è incredibilmente fitta. Oltre ad essere strana, non trovate?»
«Probabilmente dipende dal fatto che non è nebbia, ma sono effluvi di vapore che risalgono da sotto il terreno. Qui sotto vi è lava che si dirama per tutta la pianura, e quello è il vulcano in quiescenza» indicò una zona totalmente appannata, un grigiastro chiaro che non lasciava intravedere nessuna sagoma oltre all’indice dell’uomo che con tanta sicurezza aveva puntato tale direzione.
Il sopracciglio destro di Lady Sigyn si inclinò pericolosamente, formando un arco maggiormente accentuato rispetto al gemello, sottolineando con la mimica facciale come l’intero discorso del dio degli inganni le suscitasse palese perplessità e una certa dose di preoccupazione alla rivelazione. Spostò le iridi di liquida notte dal volto di Loki ai propri piedi con una vena di nervosismo a insinuarsi sul volto, socchiudendo appena le labbra con la voglia di ribattere e le parole ancora non formulate a bloccarla a operazione iniziata.
«State dicendo che ci troviamo sopra una fucina con liquido incandescente sui seicento gradi?» riuscì infine a domandare, immobilizzata sul posto e un’inspiegabile sensazione di calore autosuggestionato a invaderle il corpo. Non apprezzava particolarmente le temperature alte, anzi, se proprio doveva essere sincera preferiva le stagioni rigide con l’aria talmente fredda da regalare la sensazione di spilli a conficcarsi nella pelle. L’inverno la faceva sentire viva, le regalava la voglia di muoversi per trovare conforto alle estremità intirizzite, mentre l’estate le gettava addosso unicamente una stanchezza appiccicosa.
«Credo che superi i mille in questa zona» la corresse superandola, con l’aria supponente e un ghigno sbieco serafico – forse nascondeva divertimento per la reazione o forse era il pensiero di quanto le donasse la testardaggine di impuntarsi su dettagli. «Qualcosa ti preoccupa?»
«Preferisco morire congelata, tenetelo a mente la prossima volta» rispose raggiungendolo, per niente soddisfatta di star camminando su un ponte a separarla da un mare di fuoco liquido.
«Non dire sciocchezze, non morirai.»
«Si chiama umorismo, mio principe» replicò levando appena il capo per poterlo guardare per qualche secondo con espressione truce, con la quale palesare teatralmente tutto il suo disappunto. Non solo si erano persi – e questo punto era oggettivo, non ammetteva la minima replica Sigyn, se non davanti a un’evidenza del tutto improbabile -, ma ora scopriva che praticamente stavano attraversando una zona nata da lava indurita nei secoli della cui solidità e stabilità non conosceva assolutamente nulla. Non che provasse paura per la situazione, ma le sarebbe piaciuto esserne messa a parte della faccenda in precedenza, invece di sentirsela scivolare addosso casualmente in mezzo alla discussione – anche se non credeva che Loki avrebbe mai potuto fare altro che quello: lasciare andare indizi di ciò che era la sua realtà, per metterla a parte dandole unicamente frammenti e mezze istruzioni su come completare un puzzle architettato da lui.
La cosa che maggiormente la indisponeva, tuttavia, rimaneva il non sapere dove fossero. Loki aveva indicato un vulcano celato dalle nebbie con tale sicurezza da crepare la certezza di Sigyn di essere solamente lei quella priva di punti con cui orientarsi. I passi del dio degli inganni erano incredibilmente certi, si inabissavano nel bianco sporco del vapore in continuo movimento con l’arroganza della conoscenza, e a lei non rimaneva che seguirlo – ovvero l’unica costante della sua vita.
Navigava in un oceano di incognite e non aveva mai provato a fare diversamente. Aveva sempre creduto che non si potessero costruire salvagenti di fermezza da tenere come ancore di salvataggio, perché la vita era tutto fuorché lineare e riservava ciò che desiderava senza chiedere il permesso. Aveva avuto solo l’eccezione che quell’uomo rappresentava per lei, quindi, per quanto le costasse un colpo feroce al proprio orgoglio, si rimise alla sua guida con la frustrazione di essere unicamente lei quella smarrita.
Furono rumori distanti, attutiti, a far arrestare entrambi dopo lasso di tempo indeterminabile. Rimasero in ascolto con attenzione, accovacciandosi al suolo contemporaneamente, consci che se davvero erano vicini al campo dei ribelli era conveniente fare la massima attenzione. Era lampante che avessero scelto quella zona per essere al sicuro da attacchi, protetti com’erano dagli effluvi del vulcano scorrere sotto i loro piedi, ma d’altro canto c’era anche il contrappasso di non poter avvistare nemmeno loro nemici in avvicinamento – tuttavia, sicuramente, essendo cresciuti e vissuti in quei territori a loro sarebbero risultato semplice qualsiasi azione.
«Credo che siamo vicini, inaspettatamente» borbottò Sigyn quando avvertì l’insistenza delle smerdaldine iridi, macchiate di scintillante soddisfazione, su di sé.
«Te l’avevo detto che non ci eravamo persi» commentò con una lieve risatina a disperdersi attorno a loro, provocando a Sigyn brividi di nervoso nella contrazione i muscoli del braccio, tesi nel pugno per poter sfogare l’irritazione nata dall’offesa di aver torto, e costringendola a mascherare divertimento per la presunzione affascinante di cui Loki si ammantava. Alzò gli occhi al cielo, con fare teatrale, prima di posarli su di lui e bloccarsi a ricambiare lo sguardo con un’inspiegabile nodo in gola, giunto a mozzarle il respiro chissà poi come tanto celermente.
La stava mangiando con gli occhi, come aveva già fatto poco tempo addietro per poi relegare quelle note di famelica brama, sciolte ed evidenziate nel verde arroventato delle iridi, in un dimenticatoio lasciato aperto – solo spiragli, flebili lampi. Fu improvviso il cambiamento con il quale la scrutava, tale che Lady Sigyn rimase con le sillabe attaccate al palato, succube di null’altro che un pensiero lascivo che riusciva a percepire ma del quale non poteva conoscere alcun dettaglio. E si maledisse, in quell’istante, perché entrare in possesso di un simile sapere non la spaventava, la elettrizzava al contrario, e l’avrebbe voluto veder tramutarsi in concretezza – troppo, ma non abbastanza da farla desistere dal negarsi di seguire l’istinto che la voleva condurre ad abbassare lo sguardo sulla bocca di lui.
Indugiare era attività pericolosa con il dio degli inganni e Sigyn aveva un senso di quali limiti non valicare quasi assente – era troppo intrigante la possibilità di tentare azioni poco consigliabili e lei possedeva poco discernimento. L’unica cosa della quale non aveva carenza era l’orgoglio, il senso di non piegarsi a nessuno – soprattutto a lui nonostante la propria fedeltà, non in quel campo.
«Oh, chiuda la bocca o ci sentiranno» riuscì infine a pronunciare, provando ad apparire scocciata per essersi rivelata lei quella in torto su chi avesse davvero perduto l’orientamento – e ferita lo era, Sigyn, nell’orgoglio per non possedere la magia e altre abilità su cui far affidamento per non smarrirsi, ma anche per essere rimasta tanto a lungo incantata davanti allo sguardo magnetico del dio, incapace di reagire con prontezza, a tessere frasi morte in boccheggi muti.
Gli angoli della bocca si tesero in un sogghigno più ampio, divertito per la reazione della sua devota guerriera. Era adorabile nel suo voler rimanere nella ragione anche quando non lo era – e sapeva di esserlo –, l’amor proprio le impediva di cedere del tutto, non potendo concedergli una vittoria tanto abissale. E a Loki piaceva come lei perdurasse nelle sue posizioni, la sua testardaggine non era cieca od ottura, semplicemente era lo sfizio di non dover dare voce ai dati di fatto, prendendone unicamente atto, limitandosi ad accovacciarsi su se stessa per leccarsi le ferite all’orgoglio.
La baciò unicamente perché voleva farlo in quel preciso momento.
Non c’erano altre ragioni e d’altronde qualsiasi altra sarebbe stata sbagliata, la sola per inchinarsi su di lei ad unire le loro labbra mentre la tirava verso il proprio corpo. Ed essendo in ginocchio, in quel strattonarla e sentirsi tirare a sua volta, l’equilibrio a qualcuno vacillò – e se avesse avuto il tempo e la voglia, si sarebbero incolpati a vicenda – tirandosi scambievolmente a terra. La tenne schiacciata tra l’erba umida e il suo corpo, senza concederle troppa aria da ingerire facilmente, perché era da tempo che immaginava quale sapore potesse mai avere e ora che aveva deciso che era giunta l’ora per smetterla di andare a tentoni, non aveva intenzione di prendersi poco.
Non c’erano nemmeno molti motivi che l’avessero indotto a comprendere che quello era l’attimo corretto, semplicemente, non aveva più voglia di non compierlo. E altrettanto sicuramente non aveva timore di un rifiuto, perché che Sigyn lo amasse era una delle poche cose vere, scevra di menzogne, che avesse nella propria vita e avrebbe preteso che rimanesse così in eterno.
Avrebbe voluto far passare lui le proprie mani tra le cascate di luce opaca dei suoi capelli, ma come sempre erano intessuti nella lunga treccia e si dovette accontentare di sentire le falangi della donna passare tra le proprie di ciocche nere. Le morse le labbra, fino a tingergliele di scarlatto per l’irritazione del gesto e non per via del rossetto, impedendole di compiere troppi movimenti – la voleva quasi incatenata, in suo potere, perché così doveva essere e anche perché vederla provare a ribellarsi almeno un po’ era uno degli spettacoli più soddisfacenti.
Quando puntò le ginocchia nel suolo ai lati dei suoi fianchi, per poi passare una mano sotto il collo di lei e tirandola verso l’alto, la guidò nel ritornare seduti con ancora il respiro corto nel trattenere le labbra a cucirsi baci – vocarci, erano come graffi e dove la dolcezza era solo l’ultima più vitrea sfumatura tra la smania e la passione.
«La prossima volta dovresti specificare il come» asserì con l’arroganza a fuoriuscire copiosamente dalle proprie parole, mentre si sfiorava appena le labbra con i propri polpastrelli a sottolineare la vittoria devastante ottenuta a sue spese. Lo sguardo magnetico con cui la inchiodava sul posto non era il motivo per cui Sigyn rimaneva in silenzio, ma solo l’ultimo fattore tra altri decisamente più considerevoli – e il fiato corto con il quale si ritrovava ne era una prova. E Loki non necessitava di ulteriori premi, così si alzò lievemente, tirandola su per un braccio per incitarla a muoversi. «Ma per ora direi di non fermarci per un’inezia del genere visto lo scarso tempo a nostra disposizione. Vieni, non ci sentiranno né vedranno.»
Intrufolarsi nel campo nemico era solo la continuazione della precedente passeggiata quando si aveva a propria disposizione la magia a far da scudo solito e impenetrabile. Si spostarono tra le tende e si mossero tra i ribelli senza essere scorti, facendo unicamente attenzione a non provocare rumori sospetti o scontrarsi con qualcuno. E mentre sgattaiolavano furtivamente da un rifugio all’altro alla ricerca dei tesori di Odino, si presero il disturbo di sabotare le armi – il dio degli inganni trasformò in ruggine le lame delle spade e Lady Sigyn manomise archi, carri e catapulte. Fu un lavoro semplice, nonostante l’impiego di diverse ore e la nebbia a rimanere fitta cortina attorno a loro, ma non vi furono imprevisti a rendere pericoloso il loro incarico.
Fu un sollievo, in realtà, per Lady Sigyn che ebbe modo di distrarsi e recuperare le fila della propria maschera, riportando la propria mente a uno stato se non di quiete, di fasulla tranquillità. I maremoti di un bacio come quello non erano facili da sottomettere – erano impossibili da imbrigliare alla ragione e nemmeno ci si doveva provare -, sollevavano troppo dagli abissi portando detriti di desideri mai ammessi nelle rive distrutte dal loro passaggi. E così si ritrovava a dover fare i conti in maniera più sfacciata con i propri sentimenti, con l’amore che provava per il dio degli inganni, e non poteva più ignorare il fruscio di fondo dei pensieri sollevati dai battiti del proprio cuore. Sapeva che era inutile domandarsi cosa sarebbe stato, perché con Loki non era quello l’interrogativo corretto – non ce n’era uno, in verità -, ma solo che quel bacio vi fosse stato.
Eppure la logica era debole di fronte a un tale urto e deboli immaginazioni non potevano essere frenate se non dall’occupazione del momento. Fu grata che il campo nemico fosse abbastanza grande, in modo da dover coprire un certo numero di punti in cui setacciare per ritrovare i gioielli sacri e per continuare a sabotare l’armamento nemico, mentre un po’ meno felice fu quando una lieve emicrania cominciò a insinuarsi, lambendole le tempie in un abbraccio stritolante. Aumentò d’intensità solo quando abbandonarono le tende dei ribelli, lasciandosele alle spalle per tornare nella zona in cui stazionava l’esercito di Asgard, fuori da quel terreno tanto insidioso.
«Sigyn?», l’afferrò per una spalla impedendole di cadere a terra dopo aver inciampato in una sporgenza rocciosa. Ormai erano fuoriusciti da qualche metro dal fitto vapore condensato sopra la pianura, l’aria era dolcemente fredda nel suo essere pulita e le regalava un po’ di benessere alla sofferenza del perseverare di lancinanti chiodi invisibili conficcati in testa. Erano tanto acute le scosse dolorose da impedirle di concentrarsi a dovere, a tratti le offuscavano la vista e si domandò a cosa potessero mai essere dovute – visto quanto spinose erano divenute, non erano pensieri rimestarti a sentimenti gli artefici di un simile disturbo.
«Non è niente, mal di testa» minimizzò portandosi il palmo alla tempia destra, rotando appena il polso fisso sul punto sofferente per cercare di trovare un po’ di pace.
«È per via di quelle esalazioni nebbiose. È satura di elementi che possono provocare lievi malesseri e allucinazioni» spiegò Loki afferrandole il mento con un paio di dita, costringendola ad alzare lo sguardo verso di lui per poterla studiare con precisione. Si soffermò con attenzione a scrutare le iridi arrossate della donna e la pelle pallida resa lucida dal sudore, tirata per via della fastidiosa emicrania.
«Allucinazioni?» ripeté con una lieve nota acuta che tradì il suo voler apparire il meno possibile sconcertata da una simile rivelazione. «Significa che prima...»
«Che prima cosa?»
Ancora una volta le labbra di Sigyn si dischiusero antecedentemente alla formulazione concreta di frasi, e lì si congelò mentre un’idea cominciò a prendere piega tra gli altri pensieri – ma la nascose. Un lieve tremito di un angolo della bocca indecifrabile fu tutto ciò che si palesò all’esterno, anticipando lo scorrere ora regolare delle parole non nate in precedenza.
«Che prima parte di quello che ho visto o sentito potrebbe essere stato frutto della nebbia?»
«Direi che è una possibilità da non escludere» asserì annuendo lievemente, con espressione incuriosita per quell’interrogativo posto con tono smarrito appena accennato. Avrebbe volentieri sondato più a fondo le ragioni di un simile afflizione di cui erano dipinti i lineamenti di Sigyn, ma non vi era tempo per indulgere ulteriormente in mezzo ai campi, in posizioni tanto scoperte. «Ora, dovremmo davvero andare, Sigyn.»
Con il senno di poi, Loki comprese che quel lieve fremito dell’angolo delle labbra di lei era l’avvertimento che era stato scoperto, le sue bugie lavate via per lasciare unicamente ai fatti nella loro limpidezza. Era stato talmente minuscolo da non avergli attribuito il giusto valore fino a quando non si concretizzò davanti a lui l’indiscutibile realtà che non era riuscito a giocarla come aveva pianificato, che tutto il suo lavoro per piazzarla in una zona di indefinitezza si era sgretolato davanti all’indiscussa abilità di Lady Sigyn di trovare la verità in mezzo al pantano delle sue menzogne, macchinazioni e inganni.
«Come lo sapevi?», glielo chiese veementemente una volta rimasti da soli, quando l’attacco dei ribelli era stato completamente sedato e i sopravvissuti messi in catene. L’aveva spinta contro una delle pareti delle sue stanze, appoggiando una mano sopra la sua spalla e piegandosi sopra di lei nel vano tentativo di incuterle una qualche sorta di paura, spinto dall’irritazione per l’essere stato smascherato e dal bisogno di sentirselo dire.
«Cosa, mio principe?» evitò il quesito sospinto da voce eccessivamente ingenua, ma Lady Sigyn non si privò del piacere di recitare egregiamente ora lei la parte principale. Aveva voluto ingannarla e ora toccava a lei muovere i fili per torcergli contro il suo stesso piano, rendendogli il piacere di non avere risposte definite ma solo percezioni – e per quanto fosse in collera, per quanto vedesse la frustrazione liquefare il verde dei suoi occhi tramutandolo in tizzoni ardenti, sapeva che in fondo anche lui preferiva così.
«Hai parato quel fendente come se fosse certo che non fosse una mia proiezione ma davvero io.»
«Non lo sapevo, era solo che non ho margini d’errore» osservò con ovvietà ostentata la guerriera, alzando le sopracciglia in un’espressione in cui mischiò la naturalezza delle proprie parole, lo stupore per la reazione del dio e una punta di astio per il trattamento a rendere più verosimile la sua interpretazione. E con l’eleganza delle grandi attici, fece scivolare il dorso delle dita lungo la guancia dell’uomo piegando appena il capo, cruciando lo sguardo alla ricerca del motivo di tanto disturbo. «Qualcosa vi turba, per caso?»
Chiuse gli occhi, Loki, lasciando evaporare via l’irritazione e soppiantandola con la soddisfazione per quanto sorprendente si rivelasse ogni volta la sua devota Sigyn. Fece scorrere la mano appoggiata al muro più in alto, in modo da appoggiare l’intero avambraccio e portando anche l’altro in posizione parallela, chiudendo la donna tra la poca distanza del proprio corpo e la superficie di mattone freddo dietro di lei.
«Alcunché di particolarmente gravoso» rispose infine, tornando a osservarla con un ghigno i cui risvolti non promettevano alcunché di buono e quello stesso sguardo concupiscente con il quale si era messo ad arroventarle l’anima, strappandole più dichiarazioni mute di quante ne avrebbe mai pronunciate.
«Me ne rallegro, non vi dona affatto l’aria cruciata.»
«E quale aria mi dona, mia devota Sigyn?»
«L’aria imperscrutabile, eternamente cosparsa dal vostro miglior sogghigno e un pizzico di alterigia regale» rispose lei, passando entrambe le braccia attorno al collo di Loki, rievocando la sensazione di far scorrere le proprie dita tra i fili d’inchiostro dei suoi capelli.
Forse l'orientamento nella nebbia non le riusciva egregiamente, ma nelle sue bugie e confessioni mai pronunciate, condite da piani artificiosi anche ai suoi datti, Sigyn si era sempre destreggiata con una bravura inconcepibile. Un tale senso le proveniva dal semplice fatto che lo conosceva e accettava per ciò che Loki era - fino in fondo, fino alla piega più buia e impregnata di oscurità -, e non aveva mai provato a sfuggirgli, cambiarlo o credere che fosse migliore di quanto si mostrasse per recitare il ruolo che gli conveniva.
«I tuoi gusti, Sigyn-»
«I vostri, principe.»
Se c’era una cosa che a Loki risultava irritante di Lady Sigyn era l’impossibilità di ingannarla completamente, perché lei lo lasciava vincere per vincere a sua volta e si ritrovava sempre a dover ammettere – almeno a se stesso – di essere molto più che impressionato da lei. E la cosa ridicola, profondamente insensata e drammaticamente folle, era che proprio essa fosse la ragione per la quale ai suoi occhi Lady Sigyn risaltava cosparsa di un fascino unico per la sua ricchezza. Ma non glielo avrebbe mai confessato, se ne sarebbe beato dietro un ghigno serafico, e non gli importava se si sarebbe pentito di lasciare ancora quella fasulla distanza tra loro, ma il loro gioco era più stimolante di qualsiasi altro tipo di relazione e l’avrebbe mantenuta imperturbata per il maggior lasso di tempo – fino a quando non sarebbe capitolato dinnanzi a lei senza accorgersene, e si sarebbe forse arreso all’evidenza.
Per il momento, invece, avrebbe continuato a rubarle baci dietro illusioni fallaci – ma non solo, altrimenti non sarebbe stato divertente -, pretendere la sua compagnia e sorridere beffardo di quella finta lontananza che Sigyn teneva e lui assecondava – o forse era il contrario. O forse ancora, era intimità secondo i loro modi d’essere.






M A N I A’ s W O R D S
Ed ecco qui l'aggiornamento, scritto con somma fatica, lo ammetto, per via degli esami che ho avuto nel frattempo. Ma anche se vi ho fatto attendere un po', avete avuto la scena del bacio - rubatissimo - e spero che vi sia piaciuta, perché sinceramente non me la sono mai immaginata diverso da questa, fin da quando avevo progettato la raccolta. Come sempre però, come notate, non è che ci sia un vero vincitore tra i due - ed è una cosa che mi piace molto mantenere, perché lo trovo un punto della loro relazione fondamentale, che da ai due piccioncini protagonisti un equilibrio unicamente loro.
Ovviamente tutto il contesto è inventato di sana pianta, come la cosa della nebbia/vapore allucinogeno - e non l'ho spiegato apposta perché volevo rimanesse indeterminato se fosse davvero allucinogeno o se Loki si fosse inventato quel particolare per ingannare Sigyn, quando invece poteva solo dare sintomi di spossatezza.
Inoltre il fatto che Sigyn dica che preferisce il freddo al caldo è un indiretto e incosapevole collegamento al fatto che Loki sia un Gigante del Ghiaccio.
Ah, come notate la narrazione è lievemente diversa dal solito - in realtà non so se si nota, ma lo specifico comunque. Dato che io amo moltissimo G. G. Marquez e il suo stile di scrittura, a volte cerco di cimentarmi in qualcosa di simile, ovvero una narrazione "ad immagini" attraverso cornici temporali - ok, Marquez ci mette molti più piani temporali, io solo due perché m esercito - e non prettamente in ordine cronologico, per questa ragione tutto è narrato con lo stesso tempo. Non pretendo certo di essere al suo livello immenso, però amando molto come stile, a volte mi piace provarci a scrivere qualcosa in questo modo - o almeno provarci.
Bene, ne approfitto per farmi un pochettino di pubblicità.

• Per chi non l'avesse vista, ho pubblicato una shot slegata dalla raccolta ma sempre con Loki e Sigyn. È da considerarsi un What if? a questa, diciamo. Eccola: «Fino alla fine, per tutta l'eternità».
• Poi ho anche scritto una shot Crossover, con Loki e Elsa (di Forzen). Eccola: «Anche se dovesse essere un inganno».
• Infine, ecco, questa è una cosa piuttosto particolare perché mai prima di questa ho mai scritto qualcosa su una persona realmente esistente, ma mi è giunta l'ispirazione e perché mai scacciarla? Non si scaccia, infatti, e questo è il risultato. È con Tom, credo potesse essere intuibile dato che la propongo qui, quindi niente, ecco pure questa. Eccola: «Nessuno sconto { Sapore di antico }»
Come sempre ringrazio immesamente tutte le persone che seguono la storia, chi l'ha inserita tra le preferite/seguite/ricordate, che siete sempre di più e io non so cosa inventarmi per dire in modo originale quanto io vi sia grata. E ancora di più lo sono a chi commenta e ripaga così tutto il mio impegno per affinare al meglio i miei scritti per poterli pubblicare - ovvero, Helen L, Lakky, Cassandra14 e Zarael.
Ricordate: «Una recensione per il mio regno!», o al massimo vi do un biscotto, ecco.
Alla prossima per il penultimo capitolo - mi dovete sopportare ancora per poco! -, non so quando, non so dove, non so tante cose, ma so che ci sarà un ballo (è tipo da settimane che voglio scrivere questa scena!) #Spoilertime
Buona apocalisse a tutti, come sempre,

Mania

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Capitolo 10
*** O9 • Nei risvolti delle danze ***


PROLOGO



C A P I T O L O 9
“ Nei risvolti delle danze




L’illuminazione aveva tonalità dorate, cascate di fiotti calde che si espandevano per tutto il salone, decorato finemente da sfarzosi scie di cristallo affisse tra le varie colonne ad abbinarsi ai vari lampadari a pioggia, sotto i quali si diramavano le piastrelle della sala da ballo del medesimo colore di tutto l’ambiente circostante. L’oro predominava, diramandosi dalla cromatura del luogo a quello delle acconciature dei presenti – anzi, della maggioranza. Le eccezioni erano poche e risaltavano con prepotenza raffinata, nonostante quella di Lady Sif fosse cosparsa di una femminilità feroce e quella del Principe Loki avvolta dell’altezzoso fare mellifluo. La prima danzava, come si voleva durante una festa come quella, e il secondo rimaneva ai margini a scrutare le figure spostarsi con movenze estremamente annoiate.
Poche erano le persone che desistevano dalla magica attrazione delle musiche, la maggior parte di queste erano per riprendere fiato prima di ricominciare. Solo una donna rimaneva con il suo lungo abito candido, dalle fini decorazioni, ai margini di tutto, con la spalla sinistra appoggiata a una colonna con la penombra ad abbracciarla in un tiepido abbraccio, rendendola poco visibile – non a lui.
«Non sono di tuo gradimento i balli, Lady Sigyn?», glielo domandò arrivando alle sue spalle ma non vi era speranza di coglierla alla sprovvista, perché Loki sapeva bene quanto lei fosse incredibilmente difficile da scuotere. Dunque non si meravigliò quando la osservò inclinare all’indietro il capo, lievemente, per rivolgergli un sorriso mentre rimaneva a mimetizzarsi nell’ombra.
I capelli li aveva raccolti in un’elaborata treccia tirata su in passaggi troppo complessi per essere compresi a occhi. Quasi scoloriti, più vicini al bianco che allo zafferano vivo di cui erano ripieni quelli degli altri asgardiani, erano abbelliti di piccole perle infilate negli snodi degli intrecci. A differenza delle altre dame nella sala, nessun gioiello abbelliva la sua pelle, solo le cicatrici evidenziate dalla luce calda, in un gioco di chiaroscuri suggestivi. Non aveva alcuna necessità di adornarsi di preziosi, il trucco lieve con il quale risaltava i propri lineamenti era sufficiente ad evidenziare la sua bellezza senza la necessità di attirare l’attenzione con rilucenti gemme.
«Lo sono, ma non come ci si aspetterebbe» rispose sornione, rimanendo per tre quarti voltata verso la sala, senza concedergli la vittoria di attirare completamente la sua concentrazione. A Sigyn piaceva guardare le persone, rimanendo in disparte a scrutare i loro gesti, sviscerandoli senza che se ne accorgessero, catalogandoli e scoprendo i loro peccati tanto visibilmente rispecchiati nei loro occhi da essere troppo facilmente afferrabili per chi era tanto incline all’osservazione come lei. Era un’attività rilassante soffermarsi a studiare le vite altrui scorrere, sapendo che un giorno o l’altro tutto ciò che aveva carpito le sarebbe tornato utile per servire il suo Re.
«Quanti sciocchi si aspettano ancora di poterti comprendere, mia devota Sigyn. Non sei mai stufa di tutti loro?»
«Ho grande pazienza, mio principe, non è facile che io mi annoi.»
Non era l’unica in grado di cogliere i piccoli dettagli – quelli che facevano la differenza –, quindi non era sfuggito a Loki quanti pretendenti avessero sfilato davanti a lei alla ricerca di un assenso per condurla in mezzo agli altri, banalizzandola in danze monotone condotte da cavalieri inadatti a tale carica. Fastidiosi, ecco come li trovava il principe, ma c’era soddisfazione nel notare quanta precisione ci fosse ogni volta nelle parole di declino di Sigyn, la quale non si scomponeva in alcun caso, imprigionata nella sua aria di nobiltà nel rifiutare i vari inviti. Con chiunque degli uomini che avevano provato a ottenere un suo consenso si sarebbe annoiata, in quel caso anche la sua incrollabile pazienza si sarebbe ritrovata a cigolare sotto il peso invincibile di una ripetizione insipida di persone, dotate di così scarsa personalità.
«Hai declinato molti inviti a ballare» asserì infine, scrutando l’ultimo di una lunga fila di aspirante in avvicinamento nella sua direzione. Viso conosciuto, fin troppo dal punto di vista di Loki, il quale insieme a quel pensiero si chiedeva ironicamente come mai ci avesse messo tanto Fandral a dedicare un po’ delle sue attenzioni anche a Lady Sigyn – forse troppo impegnato con le sue altre fanciulle, molto più inclini e facili da conquistare, o forse aveva atteso che lo sguardo di Lady Sif non fosse pronto a rimproverarlo nell’andare a infastidire la sua giovane amica. Qualsiasi fosse la ragione, il dio degli inganni non portava con sé alcun dubbio su come si sarebbe conclusa anche quell’ennesima conversazione in cui un invito a danzare sarebbe stato posto e rifiutato, dunque si ritrasse nelle pieghe più profonde delle ombre per assistere alla scena con la complicità delle stese.
«L’ho detto che mi piacciono tali cerimonie ma non per le ragioni che sarebbero ovvie» replicò a bassa voce, quel tanto che serviva per essere captata da lui e soltanto lui, e prima che potesse comprendersi la ragione del suo volto di qualche grado rivolto all’indietro, tornò a tenere le scure iridi fisse dinnanzi a sé. Se Loki preferiva rimanere imbevuto delle tenebre, lei non era alcuno per metterlo in mostra contro il suo volere, così non avrebbe dato da pensare che fosse in compagnia di qualcuno all’uomo che ora era ad appena qualche passo da lei.
«Voi non danzate, dolce Sigyn?» con sorriso ammiccante e l’aria sicura, Fandral pose la sua domanda senza troppi ricami introduttivi. Avrebbe potuto quasi giurare – se non si fosse così tanto distratto dietro gli strascichi delle altre donne – che la giovane guerriera fosse fin dall’inizio della serata vicina a quella medesima colonna, con lo sguardo puntato sulle figure intente a dedicarsi a movimenti basati sulle musiche suonate dall’orchestra migliore di Goðheimr[1].
«Il cielo ce ne scampi» replicò ridendo appena, portando la mano destra a tenere il gomito del braccio opposto, lasciato scivolare lungo il fianco. L’allegria traspariva dalle sue parole, un’allegria riservata e privata che non ammetteva di essere condivisa per molto tempo con altri – era palpabile nel suo essere la solitudine incastrata a fondo negli ingranaggi della sua personalità, esternata non con veemenza ma con sottile eleganza racchiusi in gesti raffinatamente signorili.
«Nemmeno se sono io a chiedervelo» era più una nota di ovvietà quella di Fandral, che non era così sciocco da non aver compreso già da quello breve scambio di battute il naturale rifiuto a cui sarebbe andato incontro. Le rivolse comunque il migliore sorriso del quale disponesse, ben sapendo che non sarebbe servito a vincere la sua volontà di rimanere esattamente dove si trovava – a meno che, questo era il leggero sospetto di chi si era soffermato a rifletterci, non fosse stato il principe Loki a domandarle il contrario.
«Oh, non sarei mai così orribile a toglievi alla compagnia di fanciulle tanto adoranti, che meglio di me sanno gustarsi tale occasione. Troppo impacciati sono i miei passi, vi metterei solo in ridicolo.»
La piega delle labbra di Sigyn era del tutto innocua a occhio inesperto, ma per Loki, abituato ad avere tanto a fondo alla sua presenza, era perfettamente leggibile in essa una sfumatura di divertimento compassionevole. La sua devota Lady seguì solo per qualche attimo Fandral allontanarsi dopo averle rivolto un inchino garbato, per poi tornare a studiare i componenti del ballo con la doviziosa attenzione di cui disponeva. Quanti amanti segreti, odi malcelati, rancori lasciati a macerare, inimicizie appena sorte, simpatie il cui esito solo il futuro avrebbe potuto definire, si mischiavano in un calderone animato dagli archi degli strumenti. Erano segnali minimi, gesti che andavano interpretati alla giusta luce – l’esperienza e la malizia di saperli scorgere – e che in quel momento non avrebbero significato alcunché, ma tutto, anche il più piccolo elemento, un giorno avrebbero potuto giocare le sorti per la riuscita di un buon piano.
Avvertì lo spostamento lieve dell’aria alle proprie spalle anticipare la presenza estremamente più ravvicinata di Loki, arrivato dietro di lei fin quasi a sfiorarla per potersi chinare verso incavo del proprio collo, sul quale lasciò scivolare le proprie parole – il fiato le si appiccicava alla pelle, invisibile ma percettibile nel suo ustionante peso. «A dispetto di quanto tu abbia asserito precedentemente all’ingenuo Fandral, dubito fortemente che qualsiasi attività svolta da te possa risultare meno aggraziata di ogni altra. Persino quando combatti sembri delicata come non sei
«Ah, non sarei delicata?» domandò alzando un sopracciglio con evidente aria risentita, teatralmente accentuata per chiosare quanto poco le fosse stato gradito un simile non complimento.
«Non come ci si aspetterebbe» asserì tirando il ghigno con fare ammaliante, appoggiando le lunghe e affusolate falangi con sicurezza intima sul fianco di Sigyn, per tirarla contro il proprio corpo – poca gentilezza che riusciva a risultare incredibilmente ammantata di eleganza regale, alterigia. «Mi piace il modo in cui lo sei. E so che ballerai con me.»
«Datemi un buon motivo», non le serviva alcunché del genere, perché ne aveva già a sufficienza di suo e altrettante ne sentiva provenire silenziosamente da lui. Tuttavia Lady Sigyn era sempre stata troppo tentata dalla prospettiva di stuzzicare il dio degli inganni, ed era proprio a causa di quella sua naturale inclinazione che si era ritrovata ad essere la sua fedele compagna, dunque nulla di diverso ci si sarebbe potuti aspettare uscire dalle sue cremisi labbra – sangue liquido.
«A parte averti chiesto di concedermelo?» domandò retoricamente Loki, alzandosi appena per poterle ora sussurrare all’orecchio, sfiorandola appena nel muovere le labbra. Non attese di sentirsi replicare che in realtà non aveva effettivamente composto alcuna richiesta in tal senso, limitandosi a un'imperativo secco, dunque optò per anticiparla accontentandola. «Come desideri. Non sarà qui, ma da un’altra parte in cui non saremo scorti da sguardi indiscreti.»
Fu quando lei si voltò completamente, per la prima volta nel corso della serata, verso di lui che il ciondolo a forma di goccia appeso alla sottile catenella d’argento si rese visibile. Nel corso dei secoli passati assieme non era quella la prima volta in cui prendevano parte a feste e non era nemmeno una novità che ballassero assieme – più o meno in pubblico, quelli erano dettagli lasciati alle circostanze e capricci del momento –, invece risultava essere del tutto inaspettata la presenza di un gioiello a ricoprirla. Era discreto, nonostante vi fossero piccoli smeraldi trapuntati sulla superficie a forma di goccia nuda, e scorreva per centimetri sul petto di Sigyn fino ad avvicinarsi alle pieghe della stoffa a ricoprire i seni. Era per la sua modestia che non ne aveva scorto prima la presenza da lontano, e ora lo sondava con curiosità poco sobria, domandando solo con lo sguardo quale fosse l’origine del prezioso.
Lady Sigyn si limitò a sorridere appena, aprendo lei la strada tra le ombre delle colonne verso un luogo maggiormente appartato. Avrebbe potuto rivelare chi glielo aveva donato, ma anche se non vi era stata l’espressa richiesta di non menzionarla, la guerriera aveva comunque compreso che la Regina Frigga preferiva non essere citata. Inoltre, anche volendo, non avrebbe saputo raccontarlo a dovere l’incontro avuto con la madre del principe, troppo criptica nel farle tale dono e le sue parole ancora rimanevano un mistero indecifrabile – e lo sarebbero rimaste per molti anni a venire. Frigga parlava del futuro privando del tutto l’interlocutrice di riferimenti ad esso, come se fossero assi chiari a chiunque e non solo a lei che possedeva il dono della chiaroveggenza[2]. Non era mai stabile, il flusso del tempo venturo, doveva essere complicato provare a fare ordine tra le sue pieghe, ma insieme Lady Sigyn supponeva fosse un’arte raffinata di cui era contenta di non doverne portare il peso del segreto.
«Mio figlio ti ha molto a cuore, molto più di quanto si permetta di mostrare. Tutti vi guardano di nascosto per cercare di capire, ma in realtà nessuno di loro lo vuole davvero e voi, sospetto, vi divertite molto per tutto ciò», fu la risposta che le diede quando Sigyn aveva chiesto per quale ragione era stata convocata al suo cospetto, nelle sue stanze. Non era mai stata persona incline al nervosismo, Lady Sigyn, ma il contesto e quelle parole un certo fremito glielo avevano smosso nello stomaco, tanto da non identificare se esso fosse frutto dell’imbarazzo per l’argomento o per chi fosse la sua interlocutrice – probabilmente erano ambedue le ragioni a mischiarsi in una pozione dai poteri poco rilassanti.
«Non credo di afferrare il senso del discorso» aveva glissato Lady Sigyn, sperando di superare in quel modo le difficoltà del momento. Le piaceva molto la Regina, era una donna accorta, con un portamento risplendente di nobiltà calda, avvolgente, capace di mettere a proprio agio ma riuscendo insieme a suscitare il rispetto che le si doveva. Sufficientemente a disposizione di tatto da inviare Fulla, Gná e Hlín[3] – le sue tre ancelle personali – a compiere mansioni che impiegassero il tempo necessario a poter avere un colloqui privato con lei. Probabilmente era per la saggezza di cui tutti la facevano detentrice, giusta consigliera del Padre degli Dei, sposa e madre devota, preoccupata per le sorti del Regno e per quelle della sua famiglia in equale misura, a renderla capace di suscitare un moto di naturale ammirazione.
Era l’unica della famiglia reale di cui Loki le avesse mai parlato con più di qualche vago riferimento e ogni volta aveva scorto l’amore di un figlio nei suoi racconti, saturi di una sincerità di cui poche volte aveva assistito nei risvolti dei suoi discorsi. Probabilmente in maggior misura la buona opinione che Lady Sigyn aveva della Regina derivava proprio da quest’ultimo elemento, tuttavia anche senza l’influenza del dio degli inganni in quel particolare contesto, dubitava avrebbe mai potuto pensare male di una persona di tale spessore.
«Tutto ciò che desidero da te, Lady Sigyn, è che portiate questa collana con voi, sempre. Non dovete mai toglierla e non ha importanza che sia stata io a darvela, mi avete compresa? Dovete conservarla con voi fino a quando non sarà il momento», le aveva depositato nella mano il ciondolo prima ancora che la guerriera potesse ribattere in qualche modo, guidando le sottili falangi della stessa a richiudersi sull’oggetto con le proprie e fermandosi a stringerle con amorevolezza. Erano calde le mani della Regina, sfioravano la pelle con una delicatezza morbida, capace di incantare per quanta tenerezza riuscissero a suscitare compiendo un gesto talmente semplice.
«E quando sarà il momento?»
«Lo saprai, perché non potrai evitarlo», nessun riferimento, nessun indizio. Il nulla le aveva lasciato in mano e Lady Sigyn ancora una volta non era stata capace di chiedere delucidazioni aggiuntive – non che ritenesse ne avrebbe avute in alcuna maniera, ma prima di quella riflessione vi era stata l’impossibilità materiale di proporre quesiti sotto lo sguardo penetrante di Frigga. «Ma ora non ci devi pensare, non pensarci mai più fino a quel tempo, pensa a rimanere al fianco di mio figlio, a servirlo come lui desidera. Colleziona momenti insieme a lui, più che puoi, e fai che siano felici fino a quando si potrà.»
Criptica, per l’appunto, rifletté nuovamente Lady Sigyn ripensando al breve colloquio avuto con la Regina. Le aveva ricordato molto il minore di due principi, entrambi possedevano un magnetismo unico e un portamento saturo di una regalità che non era semplicemente un’eredità di nascita – alcune persone nascevano per essere nobili, anche se mai lo sarebbero diventati e loro due rientravano in quella rarità. Vi erano sfumature incontestabilmente differenti, eppure una sostanza di similitudine era più che facilmente afferrabile, come quel loro modo di parlare in cui ci si perdeva e niente aveva una forma definita – solo loro sapevano a cosa stessero facendo riferimento, era un segreto con se stessi di cui gli altri eccezionalmente venivano messi a parte.
Era da quando gliel’aveva deposta sul fianco che la mano di Loki non aveva abbandonato tale posizione, mentre l’altra aveva intrecciato le propria dita con quelle della giovane mentre prendevano a danzare sulle note lontane dell’orchestra. Dalla terrazza la musica arrivava sospinta da refoli effimeri, portata come se giungesse da altri mondi accompagnata dal chiacchiericcio lieve di chi vi si immergeva completamente in tali passatemi mondani. Privati della necessità di comunicare a parole, dissetati dal solo godere della presenza l’uno dell’altra, rimasero per molto con le labbra cucite in sorrisi da mille sfaccettature – una cromatura che passava dalla malizia, alla silente sfacciataggine, per affondare in una dolcezza differentemente graduata tra di loro, fino a lasciare trasparire la reciproca complicità intima di cui godevano reciprocamente.
«Un nuovo gioiello» si decise infine a notare ad alta voce, non ricevendo spontaneamente alcuna notizia al riguardo. Era sicuro che Lady Sigyn voleva che glielo chiedesse e lui era altrettanto deciso a non concederle completamente la vittoria, preferendo omettere un punto interrogativo del quale era facile sbarazzarsi.
«L’unico, mio principe, non ne possiedo altri come voi ben sapete.»
«In realtà non pensavo ne possedessi nemmeno uno» replicò accigliandosi appena Loki, contrariato dal non conoscere con esattezza ogni particolare che riguardasse la donna – non che lei non potesse possedere i suoi segreti, ne aveva ancora molti da rivelargli, ma un gioiello aveva sempre storie interessanti alle proprie spalle e alcune erano di tipologie che il Principe preferiva non vedere affrancarsi alla sua devota Sigyn.
«È un cimelio di famiglia», aveva l’impressione di non stare mentendo del tutto, perché quel ciondolo apparteneva a Frigga e aveva avuto la strana sensazione, da quando lo aveva ricevuto, che la storia di esso affondasse in miti e origini perduti vicini alla Regina. «Una madre a volte esprime desideri che non ci sono chiari, ma che si devono esaudire come atto di fede.»
Quella era un tipo di storia che si abbinava bene a Sigyn, scevro da sentimentalismi romantici se non nella misura in cui si rivolgevano alla famiglia e fu sufficientemente convincente da non destare ulteriori quesiti – in fondo, a trovare la madre ci andava saltuariamente nonostante non apprezzasse particolarmente il suo saltare dalla casa di un uomo all’altro.
Abbassò le verdi iridi verso la scollatura nella quale affondava precipitosamente il ciondolo, sorridendo maliziosamente prima di commentare. «Qualsiasi sia la ragione per cui lo indossi, ti donano gli smeraldi.»
«Il loro colore è l’unico che mi si abbina perfettamente» osservò Sigyn, rispondendo all’allusione con un’altra, senza sentirsi a disagio sotto il penetrante sguardo arso da più che sottili lampi di cupidigia.
«No, non è il colore in sé. È la persona che si abbina ad esso e le persone tra loro




M A N I A’ s W O R D S
L’aggiornamento! Ebbene sì, ci sono riuscita - ve lo faccio come mio regalo di compleanno (?).
So che come capitolo è un po’ particolare e in realtà getta le basi per quello che sarà il seguito della raccolta – se riesco a farlo, ma ci sono buone possibilità, darò comunque maggiori delucidazioni nel prossimo e ultimo capitolo. La collana, sì, è un elemento che nel seguito avrà una sua importanza, quindi tenetelo a mente – ma anche no, tanto lo segnalo nelle note nel caso, quindi, potete anche scordarvelo (?).
Allora, un paio di note tecniche:
[1] • Goðheimr, è il nome del pianeta su cui si trova Asgard, che sarebbe la capitale, ma moto spesso quest’ultima viene usata per identificare l’intero Regno.
[2] • Nei miti norreni si dice che Frigga sia dotata del potere di scrutare il futuro. In questo caso ha usato la sua capacità di preveggenza per far da shippatrice tra Loki e Sigyn per tentare di dare una mano a qualcuno.
[3] • Fulla, Gná e Hlín, sempre nei miti norreni, sono le tre ancelle che si occupano dei bisogni della regina Frigga.
In realtà non ho molto altro da dire, a parte che la suddetta oneshot è nata all’inizio da una fanart di Loki e Sigyn che ballano, e ho incastrato l’elemento della collana che invece avevo già in mente da quando vi dicevo che avevo in mente la long nei primi capitoli – nella long doveva servirmi ad altro, ma ho riadattato l’idea e quindi l’ho lasciata comunque. Sì, pure io sono criptica, ma non mi va di darvi spiegazioni spoilerose, a tempo debito vi deluciderò.
Inoltre l'ho riletto putroppo distrattamente, ma è un periodo un po' così, quindi mi dispiace se qualche errore mi è sfuggito - tornerò a betarlo non appena mi sarà possibile.
Spero di riuscire ad aggiornare se non prima della fine del mese – la vedo ardua –, almeno i primi aprile! Sì, insomma, mi mette molta tristezza dire che la prossima shot sarà l’ultima, ma è così. Mi sono molto affezionata a questa raccolta, a tutte le persone che l’hanno seguita fin dall’inizio, a quelle che man mano si sono aggiunte e a tutti coloro che mi hanno regalato le loro parole e supporto. Insomma, vi ringrazio infinitamente - in particolare poi ringrazio Helen L, Zareal, Adhamico e Yoan Seiyryu per aver recensito lo scorso capitolo, grazie di cuore.
Ah, poi io avrei un contatto Facebook, ma non mi va di piazzarlo nella pagina autrice perché non mi piace che chiunque possa aggiungermi impunemente (?), quindi se volete basta che mi mandiate un pm e ve lo do – così potete tartassarmi di domande o quel che volete, anche pomodori, a seconda del caso.
Ho terminato i miei sproloqui, sì, credo di sì, quindi alla prossima, sweeties

Mania ▬

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Capitolo 11
*** 1O • Le parole mentono, i sentimenti no ***


PROLOGO



C A P I T O L O 1 O ▬
“ Le parole mentono, i sentimenti no




Da qualche parte ricordava una frase – forse l’aveva letta o forse era una memoria passata a lei da qualcuno della sua famiglia, anzi, da suo padre se era quello il luogo d’origine di quelle parole, perché solo lui avrebbe potuto pronunciarle –, era breve e non riusciva a collocarla con precisione in quale tempo della sua vita l’avesse immagazzinata, quasi fosse da sempre dentro di lei. Recitava similmente a: «Solo i bambini, i matti e i solitari sanno essere se stessi»[1].
La condivideva, forse perché lei era stata almeno in un tempo tutte e tre le cose e ora le restavano – per l’inevitabile scorrere dl tempo – solo due caratteristiche appiccicate addosso. Sapeva fin troppo bene di non rientrare nella normale organizzazione mentale delle persone attorno a sé e non vi era mai stato un reale desiderio di potersi uniformare a comportamenti che fuoriuscivano dalla sua logica, tuttavia aveva cercato con un notevole margine di successo a non essere troppo visibile in quelle incrinature difformi. Non era perché non voleva essere vista come era davvero, ma più semplicemente perché era più facile compiere il suo lavoro se nessuno posava su di lei le proprie attenzioni – d’altronde, ci pensava già Loki a suscitare perplessità e dubbi, almeno uno dei due doveva impegnarsi ad assumere un basso profilo.
Recitare era piacevole, le piaceva assumere il ruolo che tutti credevano avesse e le rendeva divertenti momenti che non lo erano nemmeno lontanamente, tutto perché deteneva conoscenze che sfuggivano a chi la circondava. Il vero potere, in fin dei conti era proprio quello, la conoscenza – chi sapeva più cose vinceva, non era questione di forza, quest’ultima era una variabile secondaria.
Tuttavia, per sua fortuna, non sempre era costretta a impersonare i panni dell’attrice. Anche se era da qualche settimana che non aveva più l’occasione di concedersi di essere pienamente se stessa se non nei momenti di solitudine, essendo Loki partito insieme a suo padre, Odino, e Thor per una visita diplomatica lontana, nel regno di Vanaheimr[2].
Con un libro deposto sulle gambe, seduta sul davanzale del terrazzo della sua camera, Lady Sigyn leggeva con sotto di sé il vuoto per vari metri a separarla dal giardino. La luce rossastra delle lampade le illuminava a sufficienza la vista per consentirle di procedere nel racconto, ma la sua era una concentrazione vacillante – troppo spesso i suoi occhi si alzavano dalle pagine in direzione del ponte di collegamento tra i mondi. La sua falsa posa rilassata era tradita dall’attesa nel nero delle sue iridi, irrequieti gemme d’oscurità liquida che fremevano nella notte rischiarata da piccoli fuochi.
Le dita si muovevano sulle pagine, scorrendo tra le parole come a catturarne la sostanza intrinseca, ma senza che il suo sguardo si posasse realmente su di esse – ed era strano, perché quando un racconto era tanto narrato egregiamente come quello in suo possesso, solo le attività a lei adibite in qualità di Guardia Reale la potevano distogliere dalla bramosia di arrivare all’epilogo. Ma a occupare la sua mente vi era l’arrivo del principe, collocato troppo vagamente durante le ore in cui le stelle dominavano il cielo soprastante la bella capitale.
Fu un lampo nel cuore delle tenebre sul fondo del ponte scintillante, un solo frammento di eterna luce congestionato in un secondo in cui esplose in tutto il suo fragore - e seppe che era tornato. Incurvò appena le labbra, senza muovere alcun muscolo perché non era sua intenzione corrergli incontro o farsi trovare nelle sue stanze per dargli il bentornato personalmente. E per quanta fatica le costasse una tale decisione, la mantenne con la fermezza della donna nobile che era e quel pizzico di malizioso desiderio di giocare a chi resisteva maggiormente – lo stesso in cui si dilettavano quando erano a troppi pochi centimetri di distanza e si sfidavano silenziosamente a chi per primo avrebbe carpito un bacio, derubandolo all’altro e perdendo insieme.
Probabilmente era per via del semplice fatto che fosse Loki in vantaggio in quel loro scontro del tutto privo di una classificazione, che si prese il disturbo di scivolare nelle stanze della guerriera dimenticandosi di domandarle il permesso. Bussò sulla porta già chiusa alle sue spalle unicamente per attirare l’attenzione di Sigyn, ridacchiano appena a labbra chiuse nel vederla sobbalzare di lieve sorpresa – accadimento tanto raro da meritare di essere celebrato adeguatamente, si disse mentre si avvicinava a lei.
«Pensavo saresti venuta ad accogliermi» si rammaricò eccessivamente teatralmente per poter essere sincero – già prima di ritornare a palazzo sapeva che non l’avrebbe trovata dove avrebbe voluto scorgerla, come sapeva che sarebbe toccato a lui andare a prendersela. Le incollò addosso iridi infuocate – ardevano tizzoni ardenti tra le sfumature di verde – nel studiare i suoi spostamenti per mettersi seduta con le gambe a penzoloni verso di lui, restando sul davanzale protraendo il suo capriccio.
Non era tanto sciocco da credere che bastasse piegarsi maggiormente in direzione delle labbra carnose della donna per toglierle la capacità di rispondere adeguatamente, ma voleva comunque provare a vedere quanto tempo le occorresse per assemblare una risposta soddisfacente.
«In un certo senso è così, non trovate? È notte fonda e sto leggendo – tra parentesi mi piace molto, grazie per il suggerimento - seduta sul bordo del davanzale rivolta al Bifrost» osservò Sigyn, spargendo chiarezza nella sua posizione strategica e nelle attività che aveva deciso di compiere mentre la notte si protraeva, accarezzando con gesto morbido la guancia sinistra dell’uomo. Da quando ne aveva avuto la possibilità, a Sigyn piaceva potersi prendere la libertà di delineare con i propri polpastrelli quei lineamenti responsabili della malia di cui era succube – piacevolmente e senza rimpianti.
Loki, d’altronde, era il primo a comprendere come non avrebbe mai potuto avere il cuore della donna di fronte a sé in quel momento se non fosse stato un desiderio della stessa – troppa cocciutaggine viveva nelle pieghe del suo animo, troppa sfacciataggine cucita sotto sguardi da attrice e troppo desiderio di essere lei a vincere tra loro due si celava nelle sue frasi. Secoli addietro, quando era ancora una bambina e lui già si destreggiava nella magia con naturalezza incredibile, le aveva chiesto se era in grado di impressionarlo e in nessuna circostanza nella quale si erano ritrovati successivamente aveva mai disatteso un tale ordine.
«Mi fa piacere sia di tuo gradimento» asserì a bassa voce, non avendo alcun ché al quale aggrapparsi per ribattere alla risposta con la quale aveva messo a tacere ogni possibile risvolta di finto risentimento. Fu forse perché capitolò davanti a lei, arrendendosi davanti all’evidenza di un piano in cui non aveva calcolato quanto romantico potesse essere l’animo di Sigyn sotto veli inaspettati, che l’avvertì attorcigliargli le braccia attorno al proprio collo per spingerlo verso il basso, in modo da poter catturare con maggior semplicità le labbra in un bacio vorace.
A dispetto di quanto si potesse supporre, nonostante i gesti concitati e la poca pazienza, non vi era rudezza in nessuno dei due quanto trovavano il momento per lasciare emergere all’esterno sentimenti dei quali nessuno dei due voleva parlare – non per incapacità, ma perché entrambi sapevano quanto perfettamente l’altro fosse in grado di mentire usando le parole, dunque erano più i modi di comportarsi a riflettere i reciproci moti del cuore.
Quando le sottili falangi di Sigyn scorrevano tra le ciocche d’inchiostro di lui, lo facevano con la bramosia con cui si sarebbero potute tuffare in un torrente per cercare acqua con cui mettere a tacere il bruciore della gola. Era qualcosa di simile che doveva appagare, era una necessità di cui troppo abilmente fingeva di dimenticarsi per la maggior parte della propria giornata, per poi scintillare in piogge di passioni quando ve ne era l’occasione.
E i morsi con i quali Loki avrebbe quasi voluto strappare pezzi di pelle dal collo di lei, solo per avere la certezza che fosse solo ed esclusivamente un suo privilegio, non erano meno pieni di egoismo e apprensione nel ricercare un contatto di cui non era così interessato come lei a imprigionarli nelle segrete di angoli bui – ma l’assecondava, per l’unica ragione per cui aveva iniziato il tutto, ovvero per gioco, anche se poi gli era sfuggito di mano ed era finito preda di risvolti inaspettati ma ai quali di certo non aveva provato a sottrarsi.
«Avete creato un’illusione nelle vostre stanze?» glielo domandò ridendo, con le gambe attorcigliate alla sua vita, già sapendo la risposta, ma divertendosi a sapere quanto quel momento fosse ritagliato dentro un mondo che in un modo o nell’altro cercava di rendere tutto eccessivamente cristallino. Invece loro vivevano in zone di nebbia, in specchi opachi, a discapito di qualsiasi cosa.
«Troppe spiegazioni, no?», avrebbe potuto aggiungere su come in realtà lui non ne avrebbe mai date ed era unicamente lei quella che avrebbe potuto sentire una simile necessità, ma in verità non era esattamente la ragione per cui Sigyn adorava la clandestinità. Le piaceva abitare in confini indistinti e altrettanto anche il non lasciarsi visibile a nessuno; le spiegazioni, in fondo, non sarebbero state necessarie.
Le pieghe dell’abito bianco di Sigyn erano risvolti naturali, facili da ammaestrare con le dita, le quali scorrevano con fin troppa semplicità sotto di esse, cercando la pelle adornata da ricordi di vecchie battaglie a renderla più interessante agli occhi bramosi di Loki. E mentre oltre ad alzare i risvolti della gonna, spingeva di lato una spallina tirandola con i denti, alzò appena lo sguardo verso di lei per scoprire quale espressione avesse mai in quel momento. «Questa volta puoi disubbidirmi se non ti va.»
La lieve risata con cui rispose sull’immediato alla sua frase aveva sfumature di allegria e forse un po’ di presa in giro. «Ma io vi disubbidisco sempre, per una volta eviterò di farlo», asserì infine, con le sottili falangi macchiate di calli a slacciare la cintura di cuoio al quale vi erano appese le fodere dei pugnali, che cadendo al suolo produssero fragore metallico, coprendo il mezzo sbuffo di divertimento che sfuggì alle labbra di Sigyn mentre veniva sollevata di peso da Loki.
Le parve di sentire una mezza minaccia sussurrata al proprio orecchio, qualcosa che riguardava il fatto che si era andata a cacciare nei guai, ma lo sapeva da secoli, ormai, da quando gli aveva dato retta da bambina e si era tanto impuntata nel desiderio di impressionarlo. Ci era riuscita, indubbiamente, forse anche troppo.
E nel sentirsi precipitare sul proprio letto, tra lenzuola ancora da disfare, era consapevole che non avrebbe mai avuto il controllo di quella situazione – l’aveva voluta, ma avrebbe pagato unicamente gli effetti, e le era talmente chiaro al solo osservare il ghigno delineato sule sue labbra sottili prima che tornassero a baciarla e dal verde bruciato da lussuria liquida. Quando avrebbe potuto avere in mano le redini, sarebbe stato perché lui gliele concedeva – perché era Loki a volerla vedere dominante, e non perché poteva conquistarselo davvero. A dispetto della consapevolezza, non avrebbe demorso dal cercare comunque di afferrare almeno secondi di predominio su di lui, che fosse stato cercando di impedirgli i movimenti o di liberarsi dalle sue prese per essere lei a ribaltare le posizioni.
Le stringeva un polso per imprigionarla, lasciandolo andare unicamente per il frammento di tempo necessario liberarla dell’intralcio dell’abito di tessuto bianco, per poi riafferrarlo in modo da tenerla sdraiata. E Sigyn tramutò in un sogghigno carico di cupidigia lo sbuffo di divertimento con il quale tentava, per poi riuscire, a sfilargli la casacca di pelle e la maglietta sottostante con movimenti delle dita fluidi, interrotti unicamente dagli impeti con cui lui le strappava baci roventi sulla sua pelle.
Era impossibile stabilire se fosse Loki a scorrere sul di lei, o il contrario. Nonostante ogni cambiamento di intreccio tra i loro corpi fosse guidato più o meno direttamente dall’uomo, per quanto si susseguivano naturalmente, sembravano essere un’evoluzione che non sarebbe potuta essere diversa.
I grafi erano disegni astratti sulla schiena ricamati dalle unghie di Sigyn, strisce scarlatte a segnare il tentativo di trovare un punto qualsiasi al quale aggrapparsi con fermezza sotto i movimenti intrisi di veemenza - ma mai di brutalità, incartati malamente da una delicatezza celata non completamente. E i mezzo suoni rotti che venivano strappati dalla gola di lei non erano sempre di piacere scintillante, puro, ma macchiato da chiazze scure in cui la rudezza diveniva maggiormente arrogante, seppur mai rozza.
La notte non sembrò mai così breve, mai così poco dilatata nella sua essenza in cui si ritrovarono a vivere – consumandola come non era stato fatto prima e sarebbero state, invece, incalcolabili volte in futuro –, in un anfratto privato, fino a quando non si esaurì la cera e le traballanti luci rossastre si spensero prima che morisse anche la loro passione. Sotto lenzuola sgualcite, tirate su mai del tutto, in un groviglio di arti difficile da ricostruire nelle ombre in cui si addormentarono senza parole ulteriori, senza averne bisogno.
La ritrovò a dormirgli accanto, solo vicino e non più con i corpi a intrecciarsi in strani figure, sdraiata con la schiena lasciata scoperta dal lenzuolo per la quasi sua interezza e i capelli scivolare finalmente sciolti in percorsi diversi, scompigliati. Erano lisci, come li aveva resi lui con la propria magia, di un candore accecante nel bagno d’oro della luce dell’alba a filtrare dalle portefinestre socchiuse. Si girò sul fianco per poter far scorrere senza fatica le lunghe dita tra le ciocche, assaporandone le sensazioni dei fili setosi a contatto con i propri polpastrelli in cui erano già affondati poche ore prima, ma con voracità dall’apparenza insaziabile e senza l’attenzione con il quale ora studiava quell’elemento di lei che da sempre lo aveva affascinato.
In poche occasioni aveva avuto il piacere di osservarla con la chioma sciolta, perché Sigyn la teneva incatenata in una treccia per dispetto a lui – non glielo avrebbe mai dichiarato apertamente, ma sapeva che era per quella ragione che aveva preso l’abitudine a serrarli in tale acconciatura. E mentre passava lentamente in essi la propria mano, in carezze ammantate di una dolcezza di cui non era solito dar sfoggio se non in quei momenti trafugati e tenuti nascosti anche a lei, ricordò il giorno prima della partenza al viaggio che aveva preceduto quella notte.
Sarebbe stata una giornata del tutto normale se Lady Sigyn non avesse deciso di uscire dal palazzo senza dare avviso nemmeno a lui – probabilmente perché sapeva che non ve ne era necessità, Loki conosceva ogni suo spostamento anche se non possedeva lo sguardo di Heimdall. La raggiunse quando ancora non sapeva dove si stava dirigendo, affiancandosi ai suoi passi diretti verso la periferia della città, scegliendo di non pronunciare alcuna parola per domandare dove si stesse recando, preferendo scoprirlo.
La villa era in decadenza, avviluppata in piante rampicanti snodarsi sui muri una volta maestosi e lisci dell’edificio, ora crepati dal lungo tempo di abbandono. Molte finestre erano riempite solo in parte dai vetri, abbattuti forse da giovani che si erano dilettati a centrarle con pietre raccolte nel giardino, tramutato in boscaglia, o dalle intemperie a cui poi nessuno aveva badato per tamponare i danni lasciati. Non vi era la minima traccia di vita che non fosse animale, e si faticava a fantasticare per riesumare da quelle ceneri la grandezza di quella dimora principesca, appartenuta alla nobile casata in cui era nata Sigyn.
«Perché siamo venuti qui?» le domandò osservandola aprire il cancello con una chiave di cui lui non conosceva l’esistenza, tirata fuori da una delle piccole sacche tenute appese alla cintura – fu un lieve disappunto quello con cui si accorse di quel dettaglio, perché non ne aveva mai avuto coscienza nonostante i lunghi anni di vicinanza, ma anche con lieve soddisfazione per la continua scoperta che Sigyn era.
«In realtà io sono venuta qui, voi mi avete seguita senza fiatare» chiosò la donna alzando appena il capo per lanciargli un’occhiata divertita.
«Sottigliezze.»
La panchina sulla quale si sedette Sigyn era posta nel giardino dietro la dimora, l’unica che pareva essere stata risparmiata dalla morsa verde delle piante su cui sbocciavano fiori dai colori più vari. Non pronunciò alcuna parola per diversi minuti, ma il silenzio tra lei e Loki non era mai stato predominato dalle cadenze pesanti di tensioni, rimanendo su quiete note in cui vi era complicità e comprensione.
«È- Era casa mia» cominciò a spiegare, iniziando da una specificazione più che lampante, ma di cui sentiva di dover dar voce. «A volte ci vengo. Non c’è un motivo, è solo per rivivere meglio i ricordi, per evitare che si indeboliscano, perché a dispetto di tutto, sono miei, non li voglio cedere all’oblio. Mi hanno resa ciò che sono, non potrei mai rinnegarli.»
«Raccontami», sapeva poco di richiesta, anche se lo era in realtà, ma Loki era poco abituato a dare inclinazioni più mansuete alle proprie parole – e a Sigyn piaceva così, senza che i suoi contorni fossero stati smussanti.
«Voi sapete tutto sulla mia famiglia» ribatté lei, senza avere veramente intenzione di sfuggire all’implicita domanda, perché se avesse realmente voluto non raccontare nulla ci sarebbe riuscita, tuttavia provava una certa soddisfazione nel spingere Loki a prodigarsi almeno un po’ a protrarre i propri desideri di cui lei era il centro.
«Solitamente le storie sono più accurate quando sono narrate dai protagonisti, sicuramente più interessanti» osservò blandamente Loki, posando l’attenzione sui dettagli di deturpazione di quello che una volta doveva essere uno splendente roseto ad estendersi lungo il perimetro del palazzo, costeggiandolo. Ora appariva un groviglio di spire dagli aghi naturali pronti a ferire chiunque si avvicinasse a cogliere i boccioli candidi, bagnati da residui di rugiada non evaporata via all’ombra delle mura.
«Non per questo più veritiere.»
«La verità è una per ogni persona, non è assoluta e non vi è detentore che la possegga. È un’illusione creata dagli uomini, una distorsione della realtà, perché essa è troppo grande per le loro menti» asserì serio, voltandosi verso Sigyn per depositare sul suo volto gli occhi di cristalli liquidi, calamitici, ricchi di una serie di riflessi di cui lei si sarebbe potuta nutrire come se fosse stato ossigeno. «Non ti sto chiedendo la verità, solo la tua di verità.»
Fu Sigyn a tendere il proprio corpo per riuscire ad arrivare fino alle sue labbra con le proprie, depositando un bacio tenue, quasi una carezza per cui non c’era una reale ragione, semplicemente la volontà di elargirla. Un inizio per un racconto che non sapeva quanto potesse essere interessante, ma raccontare il principio di come lei era nata e plasmata da quella vita ormai incenerita da chi l’aveva spremuta fino all’ultima risorsa, non le dispiaceva se era Loki il suo auditorio.
L’aveva ascoltata con attenzione distratta, senza rendere presente fino in fondo quanto stesse in realtà succhiando ogni parola da lei pronunciata, imprimendola con decisione nella propria memoria per non farla appassire. Tuttavia, era abbastanza sicuro che Sigyn l’avesse scorta la sua bramosia e avidità verso quella narrazione, ed era stato probabilmente proprio per quello che aveva provato a scavare nelle collezioni di immagini di ciò che era stato secoli addietro. Un tempo in cui Loki conosceva unicamente il nome di quella nobile casata e vagamente, con assai poco interesse, il fatto che vi fosse una nuova componente a riempire i rami di una genealogia fitta. Se qualcuno gli avesse predetto il futuro su di sé e quella piccola creatura appena nata, avrebbe riso come non mai nella propria vita; mentre ora, nell’affondare le proprie dita tra la sua chioma, nel carpire il suo primo sguardo della giornata, facendolo proprio, e poi nell’osservarla scrollarsi di dosso le lenzuola, l’unico pensiero era su di quante fortune fosse stato ricoperto per l’aver trovato l’unica compagna degna di ricoprire il posto accanto a sé.
Lo sguardo che le aveva cucito addosso era indecifrabile. Seduto sulla poltrona, ne studiava i movimenti che compiva nel vestirsi e sistemarsi usando una cura ai minimi dettagli che solo Sigyn poteva possedere, la stessa con la quale conduceva la sua vita e con cui afferrava il mondo attorno a sé. Tenendo il capo sorretto dalla mano chiusa, controllava puntigliosamente i suoi spostamenti, cercando di afferrare ogni più piccola mossa usata per allacciare gli abiti da guerriera mentre ricordava di aver provato quanto flessuoso potesse essere anche in altri campi il suo corpo.
Fu mentre cominciava a ponderare l’idea di non uscire così presto dalla camera – in fondo, non era ancora sorto del tutto il sole e pochi erano già svegli –, Sigyn ruppe il silenzio con un’insolita domanda.
«Principe, voi credete che tutto sia una menzogna in questo mondo?»
Non c’era una particolare inclinazione nel tono di voce con cui pose la questione, forse unicamente una punta di curiosità. Una risposta sua, Loki, era certo che l’avesse e quell’interrogativo era unicamente rivolto a conoscere la sua di opinione, quindi l’accontentò con la sincerità che solo con lei spendeva con frequenza insolita – mentre le altre volte faceva affidamento sulle sue capacità di discernere, sotto la melma di bugie e cose non dette, ciò che negava di essere pronunciato dalla propria voce. E non gli servì capovolgere la domanda, bastò il sorriso di soddisfazione di lei per sapere che condivideva il suo pensiero, quindi si limitò a rimanere lì dov’era, seduto a osservarla fino a quando non fosse stata pronta per percorrere assieme quella giornata – quella successiva, e quelle future fino a quando sarebbe stato loro concesso.
«No, Sigyn, le bugie sono solo pezzi del mondo, sue interpretazioni e queste passano tramite le parole. Sono i nostri vocaboli a indurci a travisare, a scomporre e ricomporre al rovescio la realtà. Ci sono cose che però non passano attraverso tale percorso, ci sono cose che non possono essere espresse. Ci sono cose che si sanno essere così e basta, non è forse così, mia Sigyn





M A N I A’ s W O R D S
Ed ecco l’ultimo capitolo. E ci infilo hastag a caso per sottolineare il mio dolore #Sonomoltotriste #Piangotantelacrime #LokieSigynmimancherannoassai
Partiamo dalle note:
[1] • È una citazione di Fabrizio De Andrè. Ringrazio immensamente Maya90 che è stata così gentile da trovare a chi apparteneva, grazie!
[2]
Vanaheimr, è il Regno dei Vanir, ovvero gli Dei della Fertilità.
Ora, prima dei saluti e lacrime e commiati, specificazioni. La prima, partendo dal fondo, è una sottolineatura che spero in realtà non sia necessaria, perché so che siete lettori attenti, ma io sono pignola e mi piace sottolineare l’ovvio. Questa è la prima volta in cui Loki si rivolge a Sigyn senza mettere in mezzo all’aggettivo possessivo al "devota", una scelta non fatta a caso, per rendere più intima la cosa – spero sia chiaro.
Seconda cosa, io non sono proprio un’amante delle fic a rating rosso, questo perché solitamente – la maggioranza, eh, mica tutte – hanno descrizioni scadenti e prive di patos – che persino i video su youporn ne contengono di più – e pure molto ripetitive. Dunque, non ritenendomi superiore alla maggioranza di chi scrive queste scene, evito di farlo per scadere nello stesso errore e quindi mi evito le descrizioni morbose dell'atto sessuale.
Terza cosa, probabilmente qualcuno si attendeva se non il matrimonio, almeno la proposta – Loki che fa una proposta di matrimonio, scusate che rido e poi riprendo a fare le note /inserire svariati minuti di pausa/ –, quindi forse sarete un po’ delusi da tale scelta, me ne scuso. Ma troverete – forse, chissà, magari, non faccio spoiler! – maggiori soddisfazioni nella raccolta che fa da seguito a questa – «OMMIODIO! Allora alla fine c’è il seguito?!», vi starete chiedendo, ma magari no, io tiro a indovinare, ma in ogni caso la risposta è sì, e per maggiori approfondimenti andare al prossimo punto.
Quarta specificazione, come stavo dicendo c’è il seguito. Avevo in un primo momento detto che avrei fatto la long, e invece niente, perché ho cambiato trama a metà corsa dato che non mi soddisfaceva/stimolava/piaceva più e per un tot ho lasciato perdere la stesura. Poi l’ispirazione è tornata e ho deciso che comunque manterrò lo stile di una raccolta, nonostante vi sia una trama molto più elaborata – decisamente di più - e non sia prettamente romantico come genere – se questo può essere poi romantico, diciamo che lo è per gli standard dei protagonisti, ecco. Le spiegazioni per questa scelta le darò nel primo capitolo che posterò la prossima settimana se tutto va bene, perché non voglio che vi dimentichiate di me, quindi posto velocemente! Il titolo sarà «Cuore di sale» - link inserito! Cliccate sul titolo~ -, e niente, tutte le informazioni le troverete al suo interno.
Sì, poi il capitolo è decisamente più lungo del solito, ma volevo che fosse bello pieno e ricco per la conclusione. Insomma, una conclusione deve essere ben fatta, no? Quindi spero lo sia.
Ah, sì, mi sono fatta un nuovo banner. Yeeeh. No, seriamente, l’attrice è cambiata, perché nella prima parte della storia Sigyn era palesemente più piccola di Loki come aspetto fisico, e la bellissima Natalie Dormer non poteva starci come scelta. Ora che dimostrano più o meno la stessa età – ignorando che sono semi immortali e invecchiano lentissimamente -, ho usato lei. Comunque ora lo cambierò in tutti i capitoli, quindi niente, tutto questo discorso non vale – sono furba.
Detto ciò, vi ringrazio tutti quanti per avermi seguito fino a qui. Soprattutto a chi ha commentato, perché queste persone non hanno reso mai vani i miei aggiornamenti, il mio impegno e la mia voglia di continuare, quindi questa raccolta è dedicata a loro – ovvero Helen L, Yoan Seiyryu, Zareal, Serendipity__, PaddyRockS, Cassandra14, Pitonia, Lakky e adhamico e chi commenterà quest’ultimo capitolo ♥. Inoltre un grazie anche a tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite, e non vi cito solo perché siete tantissimi, ma vi ringrazierei uno a uno se vi avessi qui davanti ♥
A presto,


Mania ▬

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