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di bulmasanzo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chemistry: l'amore che vince sulla Natura ***
Capitolo 2: *** Regrets: i dubbi di un re ***
Capitolo 3: *** Assaulted: questa NON è una vendetta ***
Capitolo 4: *** I'm evil, but not the only one: soci in un losco affare ***
Capitolo 5: *** Caught and conquered: il terrore che vince sull'innocenza ***
Capitolo 6: *** To the rescue: non si può combattere il Fato ***
Capitolo 7: *** Loathsome: vita detestabilis ***
Capitolo 8: *** Pain: il tradimento ***
Capitolo 9: *** The Lady of the puddle: la seconda parte della profezia ***
Capitolo 10: *** Long live the king: notte critica ***
Capitolo 11: *** Humanity: una deviazione di percorso ***
Capitolo 12: *** Farewell: qualcosa da imparare, qualcosa da comprendere ***



Capitolo 1
*** Chemistry: l'amore che vince sulla Natura ***


Si trovava come ogni giorno nel suo laboratorio che in realtà era costituito da un semplicissimo tavolo e un mobiletto porta-dispense pieno di provette nel giardinetto dietro la sua casa.

Fedele alla sua ambizione di diventare un grande stregone, stava pasticciando con le pozioni magiche nel tentativo di creare uno scudo di pura energia per fortificare il regno di Danvilot e dintorni al fine di scongiurare la minaccia di possibili attacchi nemici.

Era già la mente più brillante della sua classe di magia, gli mancavano pochi mesi al sospirato diploma, ma era stato suo fratello Ferbillotto a commissionargli tale incantesimo, e lui ci teneva a non deluderlo.

Da quando era diventato re, dopo aver trovato la spada Excaliferb e aver sconfitto, grazie anche al suo aiuto, il crudele mago Malifishmertz, lavorare insieme era diventato un affare molto raro.

Le sue responsabilità erano aumentate all'improvviso e lo avevano schiacciato.

Si vedevano pochissimo.

Anche se veniva aiutato da tutte le creature del regno e dai suoi sudditi, si trattava comunque di un carico enorme per un ragazzino di appena tredici anni.

Phineas sapeva che suo fratello era quotidianamente sottoposto a un carico di stress enorme, perciò faceva del suo meglio per aiutarlo.

Un discreto Toc-toc risuonò sul rozzo legno della recinzione, Phineas non si voltò nemmeno, già sapeva di chi si trattasse, e anche che cosa avrebbe detto.

Una specie di farfallina dalle ali splendidamente variopinte svolazzò fino a lui, ma quando parlò aveva una voce umana.

-Che cosa stai facendo?-

Era Isabel, lo spiritello acquatico che li aveva aiutati nella loro impresa.

Phineas le doveva molto. Le sorrise e le rispose, cercando di nascondere il rossore che da qualche tempo lo coglieva quando era in sua presenza.

All'inizio non gli succedeva, ma si conoscevano da ben tre anni e in quel tempo lui era cresciuto e aveva maturato un vero affetto per lei.

In realtà, la loro era una situazione piuttosto complessa.

Da quando s'erano conosciuti, veniva lì ogni giorno a curiosare e diceva sempre la stessa frase, ormai si era abituato alle sue visite e le gradiva.

Era una buona compagnia, Phineas la trovava simpatica e la apprezzava anche perché dopotutto si sentiva solo.

Dopo la nomina e la conseguente partenza di Ferb, infatti, anche sua sorella maggiore Candavere non abitava più nella casa materna, avendo compiuto diciotto anni si era sposata ed era andata ufficialmente a vivere insieme al suo fresco marito Jeremiah.

Lui invece era ancora troppo giovane per essere fidanzato, ma prima o poi i suoi genitori avrebbero preso accordi con qualche altra famiglia per sistemarlo.

Lui semplicemente odiava quella prospettiva e aveva già deciso che se mai lo avessero costretto sarebbe andato via da casa, c'erano tanti posti che meritavano d'essere visitati e non aveva intenzione di perderseli per sposarsi con una sconosciuta.

Ma di tale argomento ancora non se ne parlava, forse perché i suoi davano per scontato il suo assenso, cullandosi ancora in quell'illusione.

Nell'attesa che le cose precipitassero, Phineas non trovava nulla di male nel passare molto tempo con la sua amica Isabel.

Si intendevano.

Lui aveva sospettato e poi aveva avuto la conferma che Isabel fosse innamorata di lui.

Non glielo aveva detto esplicitamente, seppure fosse chiaro come il sole.

Ma c'era uno spiacevole calcolo da tenere in conto, loro non erano sulla stessa linea, lui era umano e lei una fata. Una fata di dimensioni molto ridotte per gli standard umani.

Non solo non avrebbe mai potuto funzionare, ma era anche proibito da una sorta di legge di natura.

Per quello che lo riguardava, anche se lo rendeva triste, dovevano essere semplicemente due compagni di gioco molto affezionati.

Era stato, a malincuore, attento ad essere molto chiaro su quel punto, a non lasciarle intendere più di ciò che poteva essere. Ma non era sicuro di esserci riuscito.

Se avesse avuto la possibilità si sarebbe anche fidanzato con lei, ma quella possibilità non esisteva e quindi sarebbe stato assolutamente inutile farsi delle illusioni.

Phineas era un ragazzo pratico, in fondo.

-Fammi parte del segreto dell'alchimia!- disse Isabel battendo giocosamente le manine.

Lui si distolse dalla sua rêverie con un sussulto.

Le pozioni intorno a lui ribollivano e gli diedero da pensare che magari stava sprecando il suo talento, perché l'alchimia lo circondava, eppure non era e non sarebbe mai stata tra di loro.

Allungò un dito e la farfalla vi si posò su con una piroetta aggraziata da ballerina di danza classica. Ne rise, era deliziosa.

Scrutò in fondo ai suoi microscopici occhi innamorati e venne definitivamente sopraffatto dal rimorso.

Era così graziosa, ma sicuramente da qualche parte esisteva già uno spiritello come lei pronto ad accoglierla, quando si fosse finalmente tolta lui dalla testa.

Sapeva che, per il suo bene, avrebbe fatto meglio a mandarla via subito, tuttavia, scopriva ogni volta che non ci riusciva.

Forse le si era troppo affezionato, ma doveva farlo.

E continuava lo stesso ad aver paura di innamorarsene.

Se ne era reso conto. Se mai lo avesse fatto, ne avrebbe sofferto troppo.

La fatina si accorse del suo sguardo e si allontanò in fretta, rivolgendo la propria attenzione alle pozioni che aveva preparato.

-Posso assaggiare?- chiese come se si trovasse di fronte a un banchetto.

Ne prese una completamente a caso e la sorbì come un nettare zuccherino.

Phineas scoppiò a ridere e lei chiese uno specchio.

Si rotolò anche lei dopo aver scoperto di aver assunto le sembianze di un piccolo e orribile mostriciattolo peloso.

-Se avessi sempre questo aspetto...- mormorò Phineas tra le lacrime che gli erano involontariamente uscite per il troppo ridere dandole l'antidoto.

Invece la fata tornò a essere più bella di prima.

Scosse la testa.

Aveva preso la sua decisione da molto tempo, ma aveva ancora voglia di un'ultima boccata di gioiosa ingenuità puerile.

Cercò seriamente di non pensare a questo mentre si dedicavano al gioco.

Il giorno passò in fretta, troppo in fretta, portando con sé il peso della separazione imminente.

Esausto, Phineas si buttò di schiena sull'erba fresca e morbida.

Isabel gli si accoccolò sul petto.

-Vorrei stare qui con te per sempre...- sussurrò beatamente.

Phineas la guardò con la tristezza che lo copriva come un manto.

Era raggomitolata e risultava così piccola che aveva l'impressione di poterla schiacciare tra due dita. Ma non le avrebbe mai fatto del male.

-Non dici niente?- fece la fatina stupendosi un po'. Ma non sapeva che dentro di lui si stava svolgendo un terribile conflitto.

Esitò ancora, poi capitolò.

Le parole gli uscirono più crudeli e il tono meno sofferto di quanto avrebbe voluto.

-Isabel, la dobbiamo smettere di vederci!- sbottò e il cuore gli diventò istantaneamente un macigno pesantissimo al punto che fu incapace di sollevarlo.

Isabel spalancò le ali facendole vibrare, allarmata. Era sbiancata visibilmente.

-Perché?- gridò riuscendo a malapena a farsi sentire.

Phineas si drizzò a sedere e la raccolse in una mano.

-Non lo immagini?- le disse più gentilmente che poteva -Ci stiamo vedendo troppo e se continuiamo in questo modo finiremo per rovinare tutto.-

Era chiaro, era logico, ma perché faceva così male?

Se avessero finito per innamorarsi sul serio sarebbe stato un grosso problema, e lei doveva saperlo, ma come dirglielo, come spiegarle, come consolarla?

Isabel cercò di protestare, come lui si aspettava, e aveva la risposta pronta.

-Siamo amici! Siamo così in sintonia! Come possiamo distruggere la nostra amicizia?-

-Se si trattasse solo di amicizia non avrei nemmeno iniziato a parlare! Ma tu non vuoi solo questo.- le disse Phineas, una volta per tutte -Non è così?-

La fatina sembrò brutalmente ferita a morte da quell'ammissione così esplicita.

-Pensavo che non te ne fossi accorto... Continuavo a sperare...- abbassò la testolina.

Phineas non riuscì più a risponderle, l'intensità del dispiacere che si stava accorgendo di provare lo stupì e quasi lo soffocò.

-Non credere che io non ti voglia bene, Isabel. Ma anche tu sai che questa è l'unica cosa che posso darti.-

Lo spiritello sollevò di scatto la testa, i suoi occhi improvvisamente fiammeggiavano.

Il piccolo mago allontanò la mano, lei stava letteralmente bollendo di rabbia e l'aveva scottato.

Una fata delle sue dimensioni non era in grado di gestire più di un'emozione alla volta, e adesso, dopo la costernazione provata, stranamente era la collera e non la tristezza a prendere il sopravvento.

-Se trovassi il modo di cambiare!- urlò con gli occhi rossi -Se fossi in grado di trasformarmi fisicamente in qualcuno che fosse alla tua altezza, Phineas...-

Il ragazzino era spaventato, non aveva mai visto prima la sua amica arrabbiata.

-Isabel, per favore, cerca di calmarti!- esclamò con il tono semi-tranquillo che assumeva quando veniva preso dal panico -Io non penso assolutamente che tu non sia alla mia altezza, non capisci... Io... vorrei che ci fosse un modo per...-

Ma sembrava che Isabel non lo ascoltasse più. Sembrò che si fosse trasformata in qualcosa di simile a un lapillo incandescente di lava. Sembrò ricomporsi e deformarsi, si sgonfiò come un palloncino, sembrò incattivirsi, sembrò una carica pronta a esplodergli in faccia... e quando successe davvero, pochissimi attimi dopo, Phineas ne fu investito e devastato, ne rimase del tutto sopraffatto, al punto che per un momento non seppe più distinguere il cielo dalla terra, non ebbe più la percezione di quell'entità che si agitava freneticamente pulsando di luce viva abbacinante.

Riuscì a urlare la propria confessione solo perché essa venisse sovrastata dal pericoloso fragore acclamante di un corpo di dimensioni infinitesimali che si disfaceva in un milione di altrettanti piccolissimi frammenti.

Phineas non capì subito, ma si rese conto che qualcosa lo aveva avvolto e che non riusciva a parlare.

Isabel era cambiata, il suo corpo da farfalla si era distrutto e tutti i microscopici pezzi che lo avevano costituito giacquero al suolo volteggiando come piume.

Al suo posto c'era un essere completamente nuovo, brillante come un diamante d'acqua rilucente del riverbero di tutti i colori dello spettro.

Lo stava abbracciando con delle braccia umane, gli s'era avvinghiata ed era lei a trattenerlo.

Ma soprattutto, lo stava baciando ed era per questo che lui non riusciva a parlare.

La sua lingua esplorava prepotentemente l'interno della sua cavità orale.

Si incontrò con la sua e si allacciarono.

Phineas continuò a non capire, ma un istinto atavico gli impedì di respingerla.

Ricambiò l'abbraccio, ricambiò il bacio e si scoprì desideroso di non interrompere mai quel contatto.

Ma si interruppe, e lui ne fu così sconvolto che scoppiò in lacrime brucianti.

Isabel lo guardò con un misto di pietà e tenerezza.

-Cos'è successo?- chiese preoccupato e confuso dominando i singhiozzi.

Lei era vera, era reale. Aveva l'aspetto e le dimensioni di un'umana in carne e ossa.

Le sue ali non c'erano più, erano scomparse.

-Tutti noi abbiamo questa facoltà.- disse serissima -Possiamo rinunciare alla nostra condizione, ai nostri poteri, se lo desideriamo. Ma dev'essere per sempre. O sarà impossibile tornare indietro.-

Dopo che ebbe detto questo, sembrò disorientata.

Phineas la resse cercando di assimilare ciò che lei gli aveva rivelato.

-Vuoi dire che potevi diventare un'umana quando volevi?- chiese incredulo.

-Non quando volevo.- chiarì lei. -Allontanandomi per non ferirmi ho sentito il tuo amore, e ciò mi ha confermato che ne vale la pena.-

Sorrise, finalmente, e Phineas, semplicemente, se ne scoprì contento, anzi si accorse di esserne enormemente felice.

Fu chiaro per lui quale fosse la vera ragione per cui aveva deciso di lasciarla andare, ma ora si sentì inorridire all'idea di essere stato a un passo dal perderla sul serio.

Prese lui l'iniziativa e la baciò ancora,con tanto impeto da trascinarla per terra.

Forse, l'alchimia che aveva sentito così lontana da loro c'era, dopotutto.

E, non per la prima volta nella sua vita, si sentì fiero di essersi sbagliato.

Più tardi, Isabel aprì gli occhi lentamente godendo della sensazione del calore del sole sulla pelle.

Quando la cortina rossa delle palpebre si dissipò, mise a fuoco il ragazzino che aveva di fianco ed ebbe un guizzo d'eccitazione infantile nel vederlo finalmente nelle sue giuste proporzioni.

Fino a quel momento le sue percezioni erano state falsate, lo aveva sempre visto enorme rispetto a com'era, ma la sua imponenza non l'aveva mai spaventata.

Lo fissò per pochi minuti incantata, lui era supino e profondamente addormentato.

Con quelle braccia aperte, abbandonate involontariamente ai lati della testa, e i pugni quasi chiusi, aveva l'aria di un angelo e le ispirava protezione da ogni poro.

Si sollevò sulle mani e ne allungò una verso di lui per una carezza.

Le fece una ben strana impressione riuscire a coprirgli interamente la guancia lattiginosa.

Avvicinò le mani al proprio viso per esaminarle e considerò di piacersi.

Per restare in quella forma, aveva dovuto rinunciare ai suoi poteri di spiritello acquatico e la cosa le stava affatto bene. Non li aveva però ancora persi del tutto, si trovava, per così dire, in un periodo di prova al termine del quale avrebbe reso permanente quella condizione.

Chissà se ci sarebbe riuscita, se la sua motivazione sarebbe bastata.

Affondò la mano nei suoi capelli rossicci e il tatto le restituì una forte emozione che la fece arrossire.

“Non devo mollare.” pensò “Questa sensazione vale mille volte l'immortalità a cui ho rinunciato.”

Si sentì euforica, felice dopo una vita che fino ad allora le era parsa così vuota.

Avrebbe resistito fino all'annullamento totale.

Phineas non si mosse finché la sua pressione non passò dall'essere delicata all'appesantirsi leggermente.

Allora la fronte gli si corrugò e batté gli occhi più volte, con l'aria dolce e stralunata di chi s'è appena destato.

Ancora immerso in quel momentaneo stato di confusione, si voltò verso Isabel e istintivamente le sorrise. Isabel si sentì scivolare dalla tenerezza e seppe di amarlo sinceramente.

Poi lui si puntellò sulle mani per sollevarsi in una posizione seduta senza parlare, ma dalla smorfia che fece, Isabel capì che, dopo quella notte passata a dormire per terra, doveva certamente avere mal di schiena.

Lei c'era abituata, nella contea delle fate non esistevano letti.

E in più, la presenza delle ali sulla schiena l'aveva sempre costretta a dormire a pancia sotto.

Anche quella notte aveva assunto inconsciamente, per abitudine, quella posizione, ma si augurava di perderla con il passare del tempo.

Voleva essere un'umana in tutto e per tutto, anche negli aspetti più insignificanti.

Phineas perse per un momento lo sguardo nel vuoto.

-Non ho finito l'incantesimo!- esclamò ricordandosi improvvisamente -Devo mettermi al lavoro!-

E subito saltò in piedi già pronto per cominciare, senza mostrare più alcun segno di affaticamento.

Isabel rise, era quello uno degli aspetti che amava di lui.

-Non posso aiutarti.- lo informò -Almeno, non con la magia. Però posso essere la tua assistente.-

Lo aveva sempre osservato senza poter intervenire, adesso Phineas stesso capì quanto ci tenesse.

Non voleva negarle nulla, s'era già privata di abbastanza da sé.

Senza farsi pregare, le mise in mano una manciata di provette.

Passarono le ore tra polveri, filtri, calcoli sbagliati e ogni tanto un piccolo gesto di affetto.

Quando il sole fu alto non ne erano ancora venuti a capo.

-Pausa?- propose, con il sudore che ruscellava sulla fronte.

-Pausa.- confermò lei, stupita nell'accorgersi che stava iniziando anche lei a risentire della stanchezza degli umani. Non le era mai capitato prima di sentirsi così spompata, fisicamente e mentalmente, così in fretta, lavoravano solo da circa sei ore.

Lo ritenne interessante, era tutto nuovo per lei.

“Sono davvero così deboli?” non poté però impedirsi di pensare.

Tuttavia, quando lui la prese per mano e la condusse in casa promettendole un pasto caldo per ristorarsi, capì che era davvero ciò che voleva per la sua vita.

Non era che una banalità, ma gravi difficoltà sarebbero sicuramente arrivate, e peggiori. E voleva essere in grado di affrontarle, di abbracciarle.

Per quanto potesse sembrare impossibile o ridicolo, sapeva che insieme a lui avrebbe potuto riuscirci.

***

 

 

 

 

 

 

-Finora, è una splendida storia d'amore, Carl.- osservò il Maggiore Monogram -Ma sinceramente non capisco cosa c'entri con quella precedente...-

Il tirocinante alzò il naso dalle pagine, senza far trapelare di sentirsi leggermente irritato per quella interruzione inattesa.
Sapeva di essere un talento sprecato, quell'uomo non lo pagava neanche e aveva sempre qualcosa da ridire.

-Quello che ho letto finora è solo una specie di prologo, signore, e questo è un romanzo scritto in modo diverso dall'altro, è più...articolato. Ma vedrà che, se avrà pazienza, arriverà anche la parte emozionante.-
-Non che questa non lo sia, a modo suo.- disse Francis con aria seria -Continua, voglio sapere come finisce.-
-Grazie, signore, le piacerà.-
“Almeno speriamo.” aggiunse mentalmente, deluso.

Saltò di proposito, seppur con riluttanza, la pagina con cui si stava per concludere il primo capitolo e passò direttamente al successivo.
Finse di cercare il segno sulla pagina, anche se avrebbe dovuto cominciare dalla prima parola stampata.
Afferrato il senso di ciò che leggeva, dato che lo aveva scritto lui, giudicò seriamente la possibilità di optare per un riassuntino improvvisato.

Ma l'amore per il proprio lavoro lo avrebbe spinto a continuare regolarmente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

spazio autrice:

salve a tutti. Ho avuto l'ispirazione per questa fanfiction naturalmente dopo aver visto l'episodio Excaliferb: mi ha letteralmente fatto impazzire e ho continuato a immaginare senza sosta. Non so perché, ma sono rimasta molto colpita dal personaggio di Isabel, e beh... Spero che in questo capitolo i protagonisti non siano risultati troppo OOC. Visto che effettivamente non si tratta di quelli 'ufficiali', però, mi sono permessa di prendermi qualche libertà. Ho in mente tutto il resto, ma non so se avrò il tempo di scriverlo. Una recensione per dirmi se avete voglia di leggerlo, e io mi impegnerò a buttarlo giù. Se invece mi fate capire che non va bene, faremo finta che si tratti di una semplice one-shot. Intanto, me ne vado in vacanza. Vi voglio bene. Saluti.

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Capitolo 2
*** Regrets: i dubbi di un re ***


 

Da qualche tempo, la corona che aveva coraggiosamente scelto di indossare, malgrado la sua verde età, stava diventando sempre più pesante.

Nel suo cuore aveva luogo un tumultuoso, inconcludente scontro che vedeva da un lato la sua vita e la sua felicità personale e dall'altro il suo regno e l'amore sincero che provava per il popolo che lo aveva scelto.

Le due cose andavano inarrestabilmente fondendosi insieme e lui aveva spesso la sensazione che la sua vita non gli appartenesse più, che vi avesse implicitamente rinunciato in nome di un bene superiore.

Un grande timore lo coglieva sopratutto nel cuore della notte, quando le sorti del regno sembravano avvolte dalle tenebre più fitte.

Si accorgeva che l'onere che s'era preso, di guidarlo, era troppo grande per lui, il futuro dipendeva da tutte le scelte che compiva e dunque la responsabilità delle stesse ricadeva esclusivamente su di lui.

A volte avrebbe voluto non essere mai partito per andare a recuperare quella maledetta spada.

Eppure l'impresa di estrarla da quella roccia era stata una delle emozioni più grandi che avesse mai provato, lo aveva esaltato, lo aveva fatto sentire invincibile.

Quella sensazione era poi svaporata nel corso del tempo al punto che ora faticava perfino a ricordarsene. La vedeva come un oggetto inutile che non aveva fatto altro che portarlo a una scelta obbligata, gli aveva cambiato la vita quando quella che già aveva gli piaceva così tanto.

Molte persone si affidavano alla sua parola, ma si mostravano troppo fiduciosi per capire veramente di averlo crudelmente privato della sua infanzia.

Lo avrebbero giustificato se mai avesse fatto fiasco, avrebbero tenuto conto della sua inesperienza?

Lui sicuramente non si riteneva infallibile e aveva paura, paura di deluderli, paura di non farcela, di rivelare al mondo la propria debolezza.

Ed era re solo da pochissimi anni, era straordinario che un ancora minorenne fosse arrivato a quel livello. Ma comunque, necessitava di un tutore che nella teoria avrebbe dovuto prodigarsi per far mettere in atto le sue scelte, ma che nella pratica ne sminuiva il potere e spesso lo sostituiva.

Opporsi era inutile, avrebbe dovuto continuare ad affidarsi a lui fino al compimento dei diciotto anni, per poi rendere definitiva la propria condanna per tutto il resto della vita.

All'inizio aveva amato quella prospettiva, essere re, avere un grande potere nelle mani.

Ma adesso che erano sorte le prime gravi difficoltà si sentiva ogni giorno più sfiduciato, più inadatto.

E sognava segretamente di tornare a casa da suo fratello, di lasciarsi alle spalle quella dorata prigionia soffocante e ricominciare a essere un ragazzo come tanti altri, se avesse potuto.

Phineas gli mancava, lo vedeva raramente e l'ultima volta solo per chiedergli un ennesimo servigio.

Era stato lui a riparare la spada Excaliferb, spezzatasi ancor prima della lotta contro il nemico, con una nuova e rivoluzionaria magia che lo aveva confermato nel ruolo fondamentale che continuava ad avere nella sua vita, seppur ormai non ne facesse più parte.

E non lo aveva neanche ringraziato.

Che vergogna!

-Sire, dovete prendere una decisione.- insistette l'uomo che gli parlava -La fortificazione dei confini è in stallo, mancano le garanzie che lo stato di pace perduri!-

Senza contare che Malifishmertz potrebbe essere ancora lì fuori a meditare vendetta, pensò.

Non era una minaccia esplicita ma comunque sempre presente. Come se non avesse già abbastanza problemi.

A volte gli veniva in mente che dichiararsi sconfitto sarebbe stato molto più semplice.

-Consulterò l'oracolo- dichiarò irritato -e farò la mia scelta con calma.-

-Sire...- cominciò l'altro ma lui lo interruppe con un eloquente gesto della mano che significava che doveva ritirarsi e lasciarlo da solo.

Percepì la sua estrema riluttanza nell'obbedire al suo ordine.

Era già solo, eppure non riuscì a sostenere l'orrore del vuoto, della solitudine in quell'enorme sala del trono.

Saltò giù e corse via liberandosi del mantello regale e lasciando che l'inestimabile corona d'oro rotolasse a terra lasciando scoperti i suoi capelli verdi che gli erano diventati lunghi e ricci sulla nuca.

Vi passò sopra le dita beandosi di quella sensazione setosa al tatto. Che sollievo!

La Dama della pozza si presentò a lui in tutta la sua bellezza eterea e mesmerica, quando la invocò presso il pozzo.

Il suo viso evanescente e candido lo aveva sempre affascinato e ogni volta che la guardava doveva resistere al potere ipnotico del suo sguardo da cerbiatta.

-Fa' la tua domanda, mio sire.- lo invitò la donna aprendo le braccia.

Ma Ferbillotto non voleva parlare.

Si inginocchiò come se si trovasse di fronte a una dea ed espresse la sua richiesta mentalmente sapendo che la Pusa l'avrebbe sentita.

Quello che gli rivelò senza esprimersi fu terribile, Ferb ne fu sconvolto al punto che non riuscì a rialzarsi, e quando se ne fu andata rimase a contemplare l'acqua sul fondo del pozzo per lunghissime ore e la mischiò con le proprie lacrime.

Il suo odiato tutore lo trovò lì, come un cucciolo addormentato e corroso dentro l'animo.

Ferb sentì la sua pietà e fu insopportabile l'idea di aver mostrato la propria debolezza proprio a lui, seppur per un attimo, ma rimase impassibile e tornò al suo posto, sforzandosi di apparire dignitoso agli occhi di quello che in fondo rimaneva il suo suddito.

Si lasciò rimettere indosso il mantello ma si ritrasse quando cercò di porgli la corona sul capo.

La prese tra le mani e vide se stesso riflesso sul metallo lucido.

-Quanto spreco!- mormorò contando le gemme splendide che la impreziosivano.

Perché un re avrebbe dovuto possedere tale ricchezza mentre il suo popolo pativa la fame?

Aveva già effettuato numerose donazioni, aveva ridotto le tasse, aveva amministrato la giustizia con saggezza nel tentativo di ridurre la povertà e la criminalità e di far prosperare il regno, ma tutto ciò non era bastato, le scorte si stavano lentamente assottigliando e certe spese si rivelavano indispensabili.

Aveva già avuto l'idea di vendere la corona e lo scettro, ma sarebbe stato impensabile, anche dopo che fosse stato in pieno possesso dei suoi poteri regali. C'era in gioco il suo ruolo, oltre che la sua figura.

“Phineas, tu sapresti come consigliarmi!” Pensò con una nota di rammarico e di disperazione.

Mai come in quel momento aveva avuto tanta voglia di rivederlo, si sentiva così turbato e un suo abbraccio gli avrebbe fatto bene.

Poi ebbe un attimo di rabbia.

Aveva pensato di convocarlo con la scusa dell'incantesimo che giorni addietro gli aveva richiesto.
E allora perché non farlo!
Poteva anche permettersi di ordinarglielo.
Era o non era il re?

 

 

 

***

“Se fossimo in una grafic novel, qui sarebbe opportuno inserire una didascalia del genere nel frattempo...”, pensò Carl sconcertato. Non aveva la stoffa del narratore, non sapeva come rendere le pause del suo discorso. Cosa ne avrebbe pensato il Maggiore?
-Adesso si cambia focalizzazione.- improvvisò -La avverto per evitare di lasciarla spaesato...-
-Non ce n'è bisogno. Continua così come l'hai scritta, per favore.-
-Il fatto è che siamo alla fine del paragrafo. Come esprimo a parole lo spazio bianco?-
-Puoi dire qualcosa del genere “nel frattempo”...-
Gli venne da ridere.
La storia lo stava prendendo e il fatto che ne fosse coinvolto e lo spronasse a continuare lo faceva sentire contento. Ma non era forse in grado di leggere da solo?

***

 

 

 

Phineas sospirò asciugandosi la fronte e sorrise alla sua assistente.

Ci aveva messo l'anima, e alla fine era riuscito a portare felicemente a termine l'incarico che gli aveva affidato suo fratello.

Esaminò controluce il liquido rosato all'interno del becher saggiandone la trasparenza e la densità e annuì soddisfatto.

Adocchiò una pianticella attorno alla quale ronzavano alcune api.

Vi versò su una goccia per fare una prova e immediatamente vi si creò intorno un piccolo campo di forza invisibile e una delle api, attratta dal nettare del fiore, ci andò a sbattere contro senza raggiungerla.

Sorrise, era riuscita alla perfezione.

Pose le mani sui fianchi con aria tronfia e soddisfatta fissando il frutto dei propri sforzi.

-Bene, qui abbiamo finito! Che cosa farò domani?- si chiese ad alta voce.

Isabel gli prese una mano e lo guardò sbattendo le ciglia con fare civettuolo.

-Domanda retorica.- disse ironicamente.

La semplice stretta della mano si trasformò in una coccola. Isabel gli pose la testa sul petto e lui la abbracciò senza che lei si esprimesse.

Si misero a ridere insieme senza motivo.

Gli piaceva quando avevano questi momenti, mai avrebbe creduto che gli sarebbero venuti così naturali.

La polvere si sollevò poco distante e Phineas riconobbe la carrozza regale.

Ebbe un moto di gioia e aspettò che arrivasse con impazienza stringendo senza accorgersene la mano di Isabel che da parte sua non ebbe nulla da obiettare.

-Ferbillotto vorrà il suo incantesimo.- le disse e subito lo andò a prendere sperando di essere ricevuto di persona.

Gli uomini del re lo salutarono, ma, notò, senza la solita simpatia.

-Buongiorno, come va?- esordì Phineas allegramente.

-Il re ha ordinato di trasferire l'intera famiglia a corte.- disse la guardia in tono duro, quasi si trattasse d'una condanna -Prendete tutto quello che avete e salite sulla carrozza.-

-Cosa?- disse sorpreso -Come mai?-

-Non discuto gli ordini, li eseguo e basta.- alzò le spalle l'uomo.

-Ok, allora.- fece, continuando a non comprendere. Avrà le sue ragioni, pensava.

Chiamò i suoi e disse loro di prepararsi, poi ficcò in una sacca tutti i suoi effetti personali, le pozioni e i libri di alchimia. Seguì sua madre e suo padre dando il braccio a Isabel che non aveva nulla da prendere.

La madre di Phineas era stata entusiasta di loro, anche se aveva sperato di trovare un buon partito per suo figlio, mentre quella fatina era figlia di nessuno.

Ma era una signora molto ospitale e sopratutto si fidava di suo figlio, era l'ultimo che le restava e non voleva perderlo, così l'aveva accolta dividendo quel poco che aveva con la nuova ospite.

Isabel era stata confusa dalla sua gentilezza, si aspettava qualche ritrosia, e pensava sempre al modo in cui avrebbe potuto ingraziarsela.

Erano rimasti soli nel buio relativo della carrozza.

Si guardarono tutti quanti un po' straniti, quel cambiamento non era giustificato.

Arrivarono in pochi minuti.

La reggia non era eccessivamente sfarzosa perché Ferb, contro il parere di tutti, aveva fatto smontare gli ornamenti inutili e li aveva venduti, ma restava comunque degna del suo nome.

Phineas era emozionato all'idea di rivederlo, ma si comportò bene.

Roger, il tutore di suo fratello, li scortò tutti e quattro fino alla sala del trono, che era vuota, disse loro di attendere in tono asciutto e si ritirò.

Era un bell'uomo, dalle spalle larghe e il mento importante, a Candavere sarebbe sembrato fascinoso, ma era un po' antipatico, rigido, non sorrideva ma sogghignava.

Qualche minuto dopo il portone si aprì ed entrò Ferbillotto.

Phineas si rese conto immediatamente della sua aria smarrita, ma lui la nascose in fretta dietro la sua eterna faccia da poker.

-Ciao, tesoro.- disse la madre, mentre il padre gli rivolse un semplice saluto con la mano.

Phineas gli andò incontro senza dir nulla e aprì le braccia.

Ma Ferb esitò guardando incerto la ragazza dietro di lui.

-Tranquillo, è Isabel.- lo rassicurò -Ti ricordi Isabel, lo spiritello acquatico? È diventata un'umana e adesso vive insieme a noi. Non è grandioso?-

Ferb la guardò sorpreso, poi annuì come se comprendesse.

Ora che l'aveva riconosciuta si era visibilmente tranquillizzato.

Phineas lo abbracciò e lo sentì sciogliersi lentamente prima di ricambiare la stretta con calore ed entusiasmo e per quel minuto scarso si trovarono in una sorta di compenetrazione perfetta.

-Ti ho portato il filtro che mi hai chiesto!- disse -Scusa se ci ho messo tanto.-

-Ci vorrà ben altro.- bisbigliò Ferb nel suo orecchio. Phineas non capì se lo stesse ringraziando o no.

Abbracciò anche gli altri, mentre a Isabel strinse cortesemente la mano.

-Perché ci hai convocati tutti? È successo qualcosa?- chiese la madre preoccupandosi.

Il re scosse la testa.

-Di' la verità, ti siamo semplicemente mancati!- ipotizzò il padre.

Lui annuì di nuovo.

-Quindi è davvero questo il motivo? Vuoi davvero che restiamo qui?-

Annuì per la terza volta.

La famiglia si consultò per un breve momento, poi Phineas pose amichevolmente una mano sulla spalla di suo fratello.

-Sai che pensavamo che non ce l'avresti mai chiesto?-

-Già, che ti fossi montato la testa, che non avessi più tempo per noi...- aggiunse scherzosamente il padre.

Ferb fece uno dei suoi rari mezzi sorrisi, ma parlò in tono serio.

-Ci sarà sempre tempo nella mia vita per la mia famiglia.-

Ci fu un attimo di imbarazzo a quest'affermazione, seguito subito dopo da uno di ilarità generale.

Andava completamente contro il Protocollo, perché la famiglia di Ferb non era assolutamente nobile. Ma chi avrebbe potuto dire di no al re? In questo modo sarebbero per lo meno stati più vicini.

Poi però Phineas prese suo fratello in disparte e abbassò la voce per non farsi sentire dagli altri.

-Adesso è il momento di essere sinceri. Non me la bevo la storia del ''mi mancavate''. So che c'è qualcosa che ti turba, se avessi voluto saremmo potuti venire molto prima. Cosa c'è di così preoccupante? A me puoi dirlo.-

Ferb fece un gesto concordato tra loro che significava che aveva ragione ma che avrebbero dovuto parlarne quando fossero stati completamente soli.

Phineas aveva sviluppato un ottimo intuito, capì ma volle insistere.

-Ti prego, devo saperlo! Siamo forse in pericolo?-

Ferb sospirò -Non lo so.- disse piano -Ed è proprio questo il problema. Preferisco avervi qui se mai doveste avere bisogno di protezione...-

-Ma devo andare a prendere Perry!- esclamò Phineas ricordandosi improvvisamente -Lo abbiamo lasciato a casa! Come ho potuto dimenticarmi di lui? Vado e torno...-

Ferb sembrò preoccupato. Gli prese una mano per trattenerlo.

-Manderò qualcuno a prenderlo.-

-Perry non si fa 'prendere'.- gli ricordò -Scappa se qualcuno ci prova. Si fa toccare soltanto da noi due.-

Era vero. Loro erano gli unici di cui si fidasse abbastanza.

Ferb manifestò semplicemente con gli occhi il desiderio di accompagnarlo.

-No, sul serio, resta con mamma e papà. Sei il re, fa' gli onori di casa... uhm, di corte! Farò in un attimo!- lo rassicurò lui.

Lo sguardo fisso di Ferb parlò da solo.

-Va bene, va bene, prendo la carrozza...-

Gli occhi di Ferb ruotarono verso Isabel.

-Va bene, e mi faccio anche accompagnare da lei. Così sei più tranquillo?-

Ferb scosse la testa con decisione. Ma Phineas non gli diede retta.

-Poi torniamo subito qui con Perry. Promesso.-

Non sembrava ancora convinto, ma infine cedette alla sua insistenza e lo lasciò andare.

Phineas era sicuro di poterla spuntare sempre con lui, corona o non corona.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Ebbene, per la vostra disperazione gioia, ho deciso che dopotutto continuerò a scrivere la mia storia U_U. Sono stata in vacanza e credevo di dimenticarmi per un po' di questa serie... macché, anche lì me li sono trovati! Prima un bambino con la loro maglia mi passa accanto, poi al supermercato scopro le patatine San Carlo Junior... Mi seguono, sono dei cattivi ragazzi! E allora sarà stato il Cielo a volere che continuassi! Come noterete, ho inserito nelle info l'indicazione di genere azione. L'azione inizierà dal prossimo capitolo. Ringrazio marie52 per il suo commento, marti15_98 per il commento e per aver messo la storia nei preferiti, e invito la mia vecchia conoscenza Whiteney Black, che ha messo la storia nelle seguite, a commentare.

Prima di andar via, vi svelo un segreto, il Maggiore Monogram siete voi lettori e Carl sono io. Le sue incertezze mentre racconta la storia sono le mie e il suo desiderio di vedervi coinvolti è anche mio... insomma, avete capito, no?

Un saluto, amici, vi voglio bene ^^

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Capitolo 3
*** Assaulted: questa NON è una vendetta ***


Corse di nuovo a casa.

Si fermò a contemplarla e scoprì che gli dispiaceva abbandonarla, perché c'era nato e cresciuto e ogni suo ricordo era in qualche modo legato a essa.

Poi vide il draghetto addormentato in giardino. Parable, detto Perry. Lo indicò a Isabel.

Era uno splendido esemplare di ornitodrago, un raro animale che sembrava uscito dal sogno di un bimbo fantasioso.

La punta della coda a forma di freccia vibrava leggermente a ogni respiro e le piccole ali da pipistrello fremevano, raccolte sulla schiena pelosa. Dalle narici fuoriuscivano piccoli sbuffi di fumo rovente a intervalli regolari.

Lo raggiunsero. Gli vide drizzare le orecchie puntute e lo considerò come il segno che lo avesse riconosciuto.

Si era come invaghito di quella strana e interessantissima creatura dal giorno in cui lo aveva visto svolazzarsene in solitaria nella foresta.

La prima volta che si erano guardati in faccia naturalmente era scappato, diffidente, e Phineas ne era rimasto deluso, ma suo fratello lo aveva invitato a perseverare.

Gli avevano lasciato dei pezzetti di carne e lentamente lo avevano avvicinato, ma avevano dovuto continuare a offrirgliene ogni giorno prima di guadagnare la sua fiducia.

E in qualche modo li aveva accettati e aveva iniziato a vivere con loro.

"Pare che abbia una sorta d'attrazione verso le cose che volano." considerò accarezzandone la pelliccia verdastra e guardando Isabel di sottecchi.

Non si sarebbe mai stancato della sensazione di quella cosa viva e calda sotto le dita.

Si era rivelato un ottimo animale da compagnia, soprattutto quando si trattava di accendere il caminetto di casa o la stufa su cui scaldava le sue pozioni e mancava la pietra focaia, ma non solo. Gli era molto affezionato.

L'animale si destò al suo contatto arruffando il pelo e lo guardò con gli occhi più intelligenti e svegli che avesse mai visto.

Ma c'era una specie di sofferenza sotto di essi.

Phineas pensò che fosse dovuto alla sua età. Doveva avere sugli otto anni, che in età di drago corrispondevano a circa quaranta, una bella cifra!

Isabel si inginocchiò dall'altra parte raccogliendo elegantemente le gambe sotto di sé.

Si abituava in fretta alle scomodità date dall'ingombranza del nuovo corpo.

Le loro mani si incontrarono sfiorando il dorso di Perry, che subito si irrigidì, probabilmente perché non la conosceva.

-Va tutto bene, Perry, ci sono io qui.- disse Phineas accarezzandolo.

Lui si lasciò coccolare.

Isabel si tenne da parte. Le dispiaceva che non si fidasse di lei, ma in fondo non poteva pretenderlo.

Poi sobbalzò.

Phineas aveva sollevato il draghetto in braccio e aveva dato in un'esclamazione.

Fissarono entrambi inorriditi il profondo taglio sanguinante che gli deturpava la zampa anteriore destra.

-Cielo, è spezzata! Mi era parso che soffrisse!- esclamò il ragazzo costernato -Come te lo sei fatto, Perry?-

-Oh beh, è stato un incidente.-

Sia Isabel che Phineas trasalirono e si voltarono.

Si può dire che sentirono letteralmente i loro cuori smettere di battere.

-Salute a voi, bambini.- disse l'uomo che aveva parlato ridacchiando malignamente -Vi ricordate di me?-

Il drago ringhiò e tentò di sollevarsi ma il dolore lo fece schiantare di peso a terra.

-Malifishmertz!- Esclamò Isabel senza fiato. Era impossibile non riconoscerlo.

Era stato mimetizzato fino a quel momento contro la parete di fronte, fuso con l'ombra, ma ora era uscito allo scoperto e li fissava con aperto interesse.

I suoi occhi rossi sembravano fiammeggianti, penetranti come due spilloni e l'elmo con le corna ricurve da ariete sulla testa gli conferiva un'aria demoniaca, da esaltato, sottolineata in qualche modo dalla bocca larga che si arricciò scoprendo una fila di denti grandi e regolari, inusualmente appuntiti come zanne, probabilmente in modo artificiale.

-Oh, grazie per aver ricordato il mio nome, signorina.- le si rivolse in un modo tutto sommato cortese che contrastava completamente sia con il suo tono energico sia con quel suo aspetto spaventoso -Io invece non credo di aver avuto il piacere di conoscere il tuo.-

Isabel non osò parlare. Non l'aveva riconosciuta nelle sue nuove sembianze e non sapeva se dovesse rivelarsi.

Le sopracciglia di Phineas si abbassarono unendosi, in segno di rabbia.

-È stato lei a fare questo al povero Perry?- chiese indicando il drago.

-Non posso certo dire di vantarmene, ma sì, sì sono stato io.- confermò -Credevo d'essere arrivato tardi, ma a sorpresa siete tornati indietro.-

Phineas si alzò in piedi, incerto, a fronteggiarlo -Tardi per cosa?-

Il mago brandì la grossa bacchetta, e dalla gemma sferica posta all'estremità fuoriuscì una specie di fumo rossastro che si condensò in una sorta di nuvoletta.

-Non avrei potuto chiedere di meglio.- continuò senza dar segno d'aver udito la domanda -Così posso fare una prova-

La punta della bacchetta si illuminò e la nuvola si mosse, venne direzionata da essa andando a precipitare letteralmente addosso alla faccia di Phineas, così repentinamente da non dargli il tempo di scansarla, ostruendogli completamente la visuale.

Sentì di colpo un gran caldo asfissiante e, prima che se ne rendesse conto, l'aveva respirata e ne era stato completamente disidratato, al punto che le forze gli mancarono e non riuscì a stare più in piedi e crollò sulle ginocchia.

Sentì Isabel urlare e Perry mandare un verso lamentoso e strozzato.

Phineas li cercò a tentoni ma non riuscì a vedere più niente, era immerso nel fumo che gli bruciò gli occhi facendoglieli lacrimare, gli entrò in bocca e nel naso bloccandogli il respiro e gli si infiltrò nelle orecchie e gli ottuse i sensi.

Dopotutto, però, non era male, aveva un buon sapore e non gli provocava alcun dolore, solo un gran formicolio, come se tutte le membra gli si fossero addormentate per essere stato a lungo fermo in una posizione scomoda.

E poi si trasformò in solletico e quindi ebbe l'irragionevole impulso di mettersi a ridere irrefrenabilmente e l'accesso fu così violento che prese a tossire convulsamente, a ridere e tossire insieme, senza più riuscire a controllare le reazioni del proprio corpo.

-È un incantesimo esilarante!- esclamò Isabel spaventata.

-Già, e non è divertente?- si entusiasmò Malifishmertz -Stavolta niente pioggia insalubre né guerrieri di carne in scatola. È come se ridesse della disgrazia del caro Parable. Ohh, come sei cattivo, pensavo fossi mio amico!- aggiunse in falsetto scimmiottando il draghetto che rispose ringhiando irritato.

-Lo faccia smettere!- gli intimò la ex fata.

Phineas non la vedeva, ma sentì che nel suo tono c'era l'allarme.

Si stupì che lo conoscesse. Adesso era proprio arrabbiato, ma non poteva smettere di ridere e intanto il panico si impadroniva di lui perché sentiva di star lentamente soffocando e non poteva farci niente.

-Oh, è fenomenale!- si compiacque Malifishmertz con un gran ghigno -Nessuno, dico, nessuno è in grado di resistere a questo incantesimo, né contrastarlo. A meno che non lo cancelli. Così.-

Un secondo colpo di bacchetta e il fumo si dissipò.

Gradatamente, Phineas smise di ridere e rimase immobile al suolo anfanando convulsamente.

Sotto di lui s'era creata una larga pozzanghera di sudore, di lacrime e di urina, che non era riuscito a trattenere.

Isabel si chinò su di lui per aiutarlo a rialzarsi, non riusciva a parlare per il gran spavento.

-Stai bene?- chiese ansiosamente.

-È stato veramente orribile.- disse Phineas stravolto e pieno di vergogna.

Malifishmertz rise, ma la sua era una risata vera, forte, e manifestava tutta la sua cattiveria.

Puntò ancora la bacchetta su di loro, stavolta mirando entrambi.

-Ora voi due venite insieme a me, se non volete farvi altre due risate.- dichiarò assottigliando minacciosamente gli occhi.

Perry si trascinò dal suo padrone e gli leccò la mano con la lingua ruvida mentre Isabel gli si stringeva contro come per proteggerlo, ma nel contempo cercando protezione a propria volta.

Anche per la loro vicinanza, Phineas si sentì più lucido, sebbene sentisse ancora il sangue pulsargli forte nei vasi sanguigni.

Cercò in fretta una via d'uscita.

Aveva lasciato tutte le pozioni a corte e non poteva dunque sfruttarle nel tentativo di creare un diversivo. La carrozza che li aveva scortati lì si trovava dall'altra parte del cortile. Potevano provare a chiedere aiuto al cocchiere o tentare di raggiungerla e rischiare di farsi colpire ancora da quell'orribile maledizione?

Esitò ancora e l'uomo avanzò verso di loro coprendoli con la sua ombra deforme, come se li reclamasse.

L'idea lo colse all'improvviso.

Con uno scatto, afferrò Perry e gli tirò leggermente la coda.

Una vampata di fuoco scaturì per reazione dal becco scaglioso del draghetto e investì Malifishmertz che si trovò preso alla sprovvista e urlò di sorpresa.

Non perse tempo, chiuse nella mano il polso di Isabel e le urlò di correre verso la carrozza spingendola avanti a sé.

Corse più veloce che poteva, ma era rallentato dal peso di Perry.

-Aspetta! Non andare via!- lo chiamò Malifishmertz.

Cedette alla tentazione di voltarsi e fu solo per questo che riuscì a evitare il globo di elettricità che stava per colpirlo.

Si buttò di lato ma trovandosi in corsa perse l'equilibrio.

Cercò almeno di non atterrare su Perry, sollevandolo più che poteva dal suolo con le braccia.

Il raggio lanciato dal mago si infranse su un angolo della casa dietro il quale Isabel era appena sparita. Buona parte dei mattoni saltarono via.

Con uno sforzo, il piccolo drago spiegò le ali e riuscì miracolosamente ad alzarsi in aria, trasportando con sé Phineas che era rimasto ancora aggrappato a lui.

Ma non poteva andare troppo lontano, il dolore alla zampa ferita era intollerabile.

Si spinse in alto e poi planò dolcemente dietro il muro sbrecciato e si andò abbassando.

Quindi Phineas mollò la presa e si lanciò a terra.

-Sbrigatevi!- urlò Isabel già con un piede sul predellino della carrozza.

Perry si fiondò attraverso la portiera aperta passandole vicino.

Phineas allungò una mano aggrappandosi a quella di Isabel che lo tirò dentro.

-Vada!- gridò al cocchiere, che partì immediatamente dando di frusta al cavallo.

Isabel buttò le braccia al collo di Phineas mentre fuggivano dall'inseguimento furioso del mago.

Lui poté sentire il cuore di lei che batteva accelerato e capì quanto fosse spaventata.

Si trovò ad accarezzarle i capelli corvini dandole delle piccole pacche sulla schiena per farla calmare.

-Quel maledetto!- proruppe la ragazza -Con quel suo incantesimo! Cosa voleva da noi?-

Phineas non seppe cosa rispondere, ma neanche ne ebbe il tempo.

Ci fu uno schianto e vennero proiettati in avanti.

La carrozza si era fermata di botto.

Phineas si sporse dal finestrino e vide il cavallo che trottava a briglia sciolta, libero, e il cocchiere a terra, squassato dalle risate incontrollabili che sudava, piangeva e se la faceva addosso, gli stessi effetti che poco prima aveva subito lui.

Malifishmertz ricomparve dal nulla di fronte a lui come un fantasma silenzioso.

-Beccati!- gridò senza sorridere.

Allungò la mano attraverso il finestrino e acchiappò Phineas per il colletto tirandolo fuori.

Il suo viso era ustionato, spellato.

-Quella di spararmi il fuoco in faccia usando il drago come lanciafiamme è stata una bella mossa, e quando dico bella intendo che non era affatto bella!- urlò sputacchiando e contraddicendosi da solo, ma Phineas immaginò che fosse voluto.

Arrivò Isabel che senza esitare si lanciò a peso morto sul mago riempiendogli di pugni le gambe.

-Sta' lontana!- gridò Phineas, ormai consapevole della propria sorte -Vattene, va' via da qui!-

Ma lei non ascoltava, e per Malifishmertz fu facile togliersela dai piedi con un calcio.

Finì su delle pietre taglienti che le penetrarono nella pelle bucandola, magari erano state piazzate lì apposta per lei.

Cercando di ignorare il bruciore, tentò di trascinarsi verso le due figure che si stringevano insieme, si fondevano in una sola, si dissolvevano in una nuvola di lucente fumo biancastro che le entrava negli occhi appannandole la vista.

Quando riuscì a rimettere a fuoco, davanti a lei non c'era più nessuno.

Udì un ringhio insistente e subito dopo un gorgoglio strozzato, si voltò a fissare con orrore il cocchiere che era soffocato, Perry lo puntava freneticamente come se cercasse di aiutarlo. Della saliva insanguinata gli fuoriusciva da un lato della bocca.

Come per un riflesso involontario, gli andò addosso, alzò le braccia alte sopra la testa e lo colpì forte sul torace comprimendoglielo. Uno schizzo di bava si sollevò in aria mentre il ragazzo ritrovava il respiro e iniziava a tossire spasmodicamente.

Lei si girò su un fianco e vomitò sul vialetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

Dun dun dunnn. Che effetto vi ha fatto questo capitolo? Scrivetemelo se non vi è di troppo disturbo o se non siete troppo sconvolti dalla mia sfacciataggine. Lo so, non era quello che vi aspettavate... Ok, la pianto. Ringrazio la mia vecchia amica Lilly26 per aver recensito e l'utente iris1996 che aveva messo la storia nelle ricordate, poi chissà per quale motivo ha cambiato idea... Se stai ancora leggendo, questo è un invito a recensire. Ma se ci sono lettori nell'ombra, prego, venite fuori, non fatevi desiderare! Avrete notato che ho innalzato il rating a giallo. Se non avete capito perché, capirete in seguito. Appuntamento al prossimo e... vi ricordo che vi voglio bene!

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Capitolo 4
*** I'm evil, but not the only one: soci in un losco affare ***


Il Maggiore Monogram aveva bevuto un sorso di tè e poi l'aveva sputato bagnando tutte le lenzuola. -Che diavolo di capitolo era quello?!- chiese tossicchiando.

-Davvero è stato così sconvolgente?- fece Carl prendendo atto di quella per lui interessantissima reazione.

-Ma insomma, ma come si fa? Mettiti nei miei panni, hai cominciato con una storia d'amore e sei arrivato a... a questo!-

-L'avevo avvertita che non ci sarebbe stato soltanto del fluff, signore.- non poté non risentirsi lui.

-Sì, va bene, me lo potevo aspettare... Ma non così, è troppo presto per un cambio di registro! È sconcertante!-

-Io non direi, signore- lo contraddisse il tirocinante -Se mi dice questo, vuol dire che non ha capito il senso del capitolo due...-

Ma pareva che all'uomo non importassero le sue ragioni.

-Povero... povero Phineas! Cosa gli hai combinato? Ma i protagonisti non dovrebbero essere, tipo, perfetti?-

-E chi lo ha stabilito? Anche se il contesto è fantastico, stiamo pur sempre parlando di persone comuni, con tutti i limiti che la loro condizione comporta.- asserì Carl in tono stranamente filosofico -E poi, chi le ha mai detto che Phineas sarebbe stato l'unico protagonista della storia?-

-Cosa?- si stupì il superiore -Vuoi dire che a parte lui, Ferbillotto e Isabel ci sarà un altro personaggio principale? Non sarà mica...?-

-Ma io gliel'ho detto che sarebbe stata una storia ''articolata''! Deve continuare a leggere, signore. Crede forse che abbia scritto a vanvera? Vedrà che ci sarà una ragione per tutto...-

-Bah.- concluse il Maggiore e riprese a bere il suo tè, in attesa di sentire il resto.

Carl ebbe dei seri dubbi sulle sue capacità cerebrali.

***

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si erano dati appuntamento presso quella che era stata nominata la bettola più squallida del paese.

Lo conosceva, era un posto malsano e poco frequentato perché scarseggiava d'igiene, ma si trovava nel mezzo della via principale e andava benissimo per ristorare e dar conforto a dei viaggiatori stanchi e poco schizzinosi.

Aveva cercato di assumere l'aspetto più comune che poteva, nel tentativo di mimetizzarsi in mezzo agli altri astanti e di non farsi notare.

Ma la vanità gli aveva giocato un brutto tiro, s'era accorto fin troppo presto che la sua tunica rosso porpora dagli elaborati ricami blu non era negli standard e attirava malgrado tutto l'attenzione come una calamita. E se dei briganti si fossero accorti di lui? Avrebbe dovuto esporsi!

Non che avesse paura, ma aborriva il genere umano, se ne era allontanato così tanto che aveva praticamente smesso di sentirsene parte.

Si sedette sforzandosi di imitare la dignità di un qualche mercante, e ordinò qualcosa per ingannare l'attesa.

Come al solito, quell'idiota che stava aspettando era in ritardo e gli stava facendo perdere tempo prezioso, che avrebbe potuto sfruttare in un modo molto più distruttivo.

Rimestò in tasca per essere sicuro di non aver perso la pietra da consegnare. Senza più una donna in casa dimenticava spesso di effettuare i rammendi ai suoi abiti che spesso si bucavano a causa dei suoi esperimenti e le lotte che saltuariamente ingaggiava.

Lentamente, la gente si abituò alla sua presenza silenziosa e tornò ai suoi affari lasciandolo perdere.

Si concesse di ispezionare i dintorni, chiunque l'avesse guardato attentamente avrebbe colto il suo nervosismo e avrebbe capito che tramava qualcosa.

Cominciava a pentirsi d'aver accettato di venire proprio lì, avrebbero invece dovuto incontrarsi in mezzo alla strada anonima, al buio, e invece no, aveva dovuto scegliere per forza quell'orribile postaccio in cui chiunque avrebbe potuto riconoscerlo se non fosse stato cauto.

Come se non bastasse, la sbobba che gli avevano servito era fredda e non sapeva di niente.

La lasciò a guastarsi nel piatto, consolandosi con la birra -calda e dal sapore ferroso ma tutto sommato buona- e lasciando cadere la gran voglia che aveva di lamentarsi con l'oste. Ciò avrebbe peggiorato la sua già scarsamente solida posizione, si sarebbe messo allo scoperto.

Sarebbe stata una bella seccatura vedersi costretto a compiere una strage.

-È in mano tua?- chiese una voce nel suo orecchio, così all'improvviso che lo fece trasalire.

-Sei un vero idiota!- lo insultò.

-Rispondimi!-

-E tu dammi i miei soldi.-

-Col cavolo, prima devo esserne sicuro.-

Sorrise, anche se era pericoloso -Oh, per questo dovrai semplicemente fidarti, ma non credo che ci siano problemi, non è così?-

L'uomo si sedette di fronte a lui come un amico di bevute e lo squadrò.

-Sei diventato un mercenario.- si congratulò.

-Sai, è interessante che sia proprio tu a dirlo...- si pose sulla difensiva senza abbassarsi al suo livello.

-Comunque, complimenti per lo stile.- continuò l'altro imperterrito -Ho faticato a capire che eri tu, Heinz.-

L'oste venne a interromperli per prendere l'ordinazione del nuovo arrivato.

-Dia al mio compare una doppia razione di quello che mangio io.- ordinò prima che potesse fermarlo. Era la sua piccola rivincita.

-Tante grazie.- fece l'altro, furioso. Aveva scelto quel posto perché era comodo da raggiungere, non certo per la qualità del cibo.

-Figurati.- gli disse Heinz soddisfatto -Tanto pagherai tu.-

L'altro lo guardò sorpreso, poi ridacchiò piano -Dimentico sempre quanto tu sia infantile.-

Heinz sollevò un sopracciglio. Non riuscendo a trovare una risposta adeguata, disse semplicemente: -Piantala.-

Ci furono altre battute irrilevanti che servirono più che altro per tranquillizzare gli altri clienti sulla normalità delle loro discussioni, poi si tornò al sodo.

-Possiamo anche ammettere che sia in mano mia.- concesse -Ma comunque sia, tu non lo toccherai.-

-Immagino che lo tratti come un principe.- fece l'altro ironicamente.

-Non esageriamo. Non ho intenzione di mettere in mezzo questa robaccia inutile. Ho uno scopo soltanto, il potere. La vendetta gratuita non mi interessa.-

-Nobile intenzione. Ma non eri un cattivo?-

-Abbassa la voce.- si allarmò. Un uomo s'era voltato a curiosare. Gli lanciò uno sguardo talmente omicida che quello decise di essersi rifocillato abbastanza e se ne andò. -Sei sempre stato viscido.-sputò -Non capisco perché mi sia fatto convincere ad aiutarti.-

-Sarà meglio uscire da qui, mi viene la nausea.- propose l'altro senza poter più resistere al disgustoso cibo che aveva nel piatto. Finalmente qualcosa su cui fossero d'accordo.

Pagarono e si alzarono.

Quando furono fuori, gli porse un pacchettino di tela rigonfio.

-Questa fino a ora è l'unica cosa che sono riuscito a estorcergli.-

-L'ha fatta lui?- lo prese sbirciandovi dentro con molto interesse.

-Più o meno.- asserì -Diciamo che gliel'ho fatta completare. Lui non voleva.-

-E come avresti fatto?-

-Che domande, l'ho costretto.-

-Cioè, non l'ha fatta sua sponte? Dunque potrebbe non avere il giusto effetto...-

-La volontà non ha importanza. È il contributo che conta.-

-Se lo dici tu...- l'altro aprì il pacchetto e si versò in mano il contenuto.

Era una specie di piccola pietra delle dimensioni di un tartufo, dal colore di un verde brillante. Sembrava un gioiello.

-E come funziona?- chiese.

-Basta metterlo sull'oggetto da maledire. Se lo fai tu, ne sarai automaticamente immune.-

-E basta?-

-E basta.- confermò.

-No, intendo, non sei riuscito a fargli fare altro?-

-Non è così facile, si è rifiutato e dice pure di non saperlo fare. Ma figurati se è vero! Devo solo trovare il modo di convincerlo a collaborare, ho già una mezza idea. Credo però che mi servirà ancora un giorno. È testardo. Pensa che mi ha pure morso...- si arrotolò la manica per scoprire il braccio, c'era un segno rosso.

-E allora tu legalo stretto, negagli il cibo e minaccia di mutilarlo. Quanto potrà essere difficile tenere a bada un ragazzino?-

-...Si vede proprio che non hai mai avuto figli.- commentò a voce troppo alta.

-Figli?!- scattò -Ti sei seriamente ammattito? Potrai anche essere il 're del Male', ma rimarrai sempre un sempliciotto!-

-Piantala di chiamarmi sempliciotto, Roger, o te la faccio vedere io la potenza del Male!- si infervorò.

-Stai calmo, fratello, stai calmo. Ti ricordo che non dovresti dare nell'occhio.-

-Non chiamarmi nemmeno fratello! L'unica cosa che ci lega sono gli affari, hai capito?-

-Signorsì- fece Roger in tono ironico e mise su quel sorriso strafottente e odioso che solo lui riusciva a fare.

Lo guardò con antipatia, il suo atteggiamento da arrogante gli aveva sempre dato molto fastidio, non lo poteva sopportare fin da quando erano ragazzi, quando era nata la loro rivalità.

Ora che erano adulti non era cambiato assolutamente nulla.

C'era stato un tempo remotissimo in cui era lui quello buono, ma Roger era arrivato a rovinare gli equilibri della sua vita e gli aveva in qualche modo rubato la capacità di continuare a esserlo.

Tutto l'amore che avrebbe dovuto ricevere dalla sua famiglia era stato come risucchiato da quello che sembrava non averne mai abbastanza, lasciandolo solo e pieno di rabbia e di desiderio di rivalsa. Tutto ciò, oltre naturalmente alla maturazione di un perverso gusto per la distruzione e la conquista, aveva avuto un ruolo fondamentale nel suo sviluppo, ed era una delle cause primarie della sua scelta di vita di diventare ciò che era. E di tutte le altre.

Il cambio di nome in Malifishmertz, segno dell'assoluta consacrazione al lato oscuro, e lo studio delle arti magiche occulte avevano avuto come conseguenza l'allontanamento da parte della sua famiglia, sia quella originaria -mamma, papà e fratellino odioso-, sia quella che si era costruito in seguito.

Da quanto tempo non vedeva più sua moglie e sua figlia?

Loro lo avevano lasciato, disgustate da lui, per consacrarsi agli dèi abbandonando addirittura le vestigia umane. Non sapeva fin dove fossero arrivate, non le aveva più riviste, le aveva probabilmente perse per sempre.

Ci era rimasto così male, era stata una delle delusioni più grandi della sua vita, e pareva che esse fossero destinate a susseguirsi in continuazione.

E dopo il fallimento del suo piano di conquista e il confino, senza preavviso era tornato suo fratello, l'ultimo parente che ancora si ricordasse di lui, con una proposta di collaborazione e una promessa di grandezza.

Era assolutamente ridicolo, eppure eccolo lì, chissà in cosa aveva sperato. Lo odiava ancora di più per questo.

Quando poi aveva capito che il rivedersi non aveva affatto a che fare con loro due, che era solo un pretesto per aiutarlo a spodestare il re e portarlo al potere, aveva seriamente avuto la tentazione di incenerirlo nonostante il sangue che avevano in comune, che costituiva forse il suo unico freno.

Poi però ci aveva rinunciato quando s'era fatto corrompere dalle allettanti infinite ricchezze che aveva promesso di spartire con lui e aveva seppellito l'ascia di guerra.

Ora erano diventati soci e, per quanto gli convenisse, quella parola continuava a fargli schifo.

Aveva un ostaggio in casa -e già soltanto questo bastava a disturbarlo-, il tradimento dei propri propositi e la vita di un ornitodrago in via d'estinzione sulla coscienza, seppur fosse ormai molto tempo che avesse smesso -più o meno- di farsi guidare da essa.

''Mi faccio orrore da me." pensò con amarezza soppesando in mano la borsa d'oro di media grandezza che aveva preteso come pagamento per i propri servigi.

Se tutto fosse andato secondo il piano, Roger gli avrebbe dato il triplo, un posto a corte e un potere relativamente illimitato. Insomma, un buon prezzo per vendersi.

Pensò che avesse avuto ragione a definirlo un mercenario, ma dopotutto aveva un buon presentimento e dato che fino a quel momento i suoi piani erano sempre falliti, non aveva nulla da perdere a provare qualcosa di nuovo.

-Me ne vado- sbottò Roger una volta che ebbe capito che l'altro non era per niente intenzionato a continuare la chiacchierata -Ma prima, dimmi la verità, lo hai fatto apposta?- domandò a sorpresa.

-Di che diavolo parli?- fece Heinz seccato.

-Dico, lo hai fatto apposta a non finire il drago, a non catturare anche l'altra ragazzina...-

-Perché mai avrei dovuto?- si irritò.

-Per pietà, forse.-

Lui rise -Io sono il Male, non provo pietà per nessuno.-

-Sono lieto di sentirtelo dire.- riprese Roger, improvvisamente serio.

Heinz lo guardò, era sempre stato così brutto, così miserabile?

La scintilla che gli s'era accesa nel fondo delle pupille aveva qualcosa di inquietante, era gelida e per niente viva, non sembrava appartenere a un essere umano. Era lo scintillio di un rapace.

-Perché?-

-Perché alla fine di tutta questa storia non dovrai lasciare testimoni.-

E nonostante si fosse appena definito il Male, perfino Malifishmertz si trovò a rabbrividire a tali parole.

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Capitolo 5
*** Caught and conquered: il terrore che vince sull'innocenza ***


Phineas stava seduto sul pavimento di pietra, con le natiche che gli si congelavano e le gambe raccolte in avanti come se fosse in castigo. E un po', in effetti, in castigo ci si sentiva.

Ma era sommariamente positivo, Isabel non era stata presa e avrebbe avvisato Ferbillotto e lui sarebbe venuto a prenderlo ovunque si trovasse. Riponeva la sua fiducia in questo.

Doveva solo resistere, non sarebbe durata più di un paio di giorni.

Il suo rapitore non lo trattava male, ma lo aveva costretto a porre la mano su una specie di pietra e a pronunciare delle parole di cui non conosceva il significato. Quando lo aveva fatto, se ne era sentito come risucchiare l'anima e aveva provato un po' di timore, non aveva più voluto andare avanti.

Ora però insisteva perché mettesse a punto un certo filtro magico che però lui non era in grado di preparare. Quello non gli credeva e aveva minacciato di torturarlo se non l'avesse accontentato.

Aveva già provato gli effetti devastanti della maledizione esilarante e sapeva ormai come resisterle.

Phineas non temeva il dolore fisico, una delle materie che aveva studiato era l'autoipnosi. Non era un esperto, ma avrebbe potuto farcela se si fosse concentrato abbastanza.

L'unico difetto era che non essendosi ancora perfezionato tendeva a restare in uno stato di trance anche più del necessario, e ciò si poteva rivelare pericoloso.

Starnutì e decise di alzarsi in piedi per abbandonare quella posizione scomoda ed evitare di ammalarsi. Aveva i brividi di freddo e sentiva il bisogno di sgranchirsi.

Ma si trovava al buio totale e aveva il sospetto che Malifishmertz avesse piazzato in giro qualche trappola per sventare ogni suo eventuale tentativo di fuga.

Non gli andava di precipitare in un buco o di ritrovarsi rinchiuso in una gabbia di ridotte dimensioni.

Tastò accuratamente il pavimento con i piedi prima di provare ad avanzare. Sembrava solido, ma ugualmente non poteva essere sicuro della mancanza di tranelli.

Il pericolo però non era lì.

Si sentì toccare la gamba nuda da qualcosa di gelido e per reazione si irrigidì sul posto.

Se lo sentì scorrere lungo il corpo, raggiunse le braccia, poi le spalle e infine la nuca.

Si rese conto che si trattava di qualcosa di molliccio, umidiccio, scaglioso e di forma tubolare.

E quando gli sibilò nell'orecchio e gli si avvolse rapidissimo intorno al collo realizzò che si trattava di un serpente.

Phineas sapeva che se avesse tentato di strapparselo di dosso con un movimento troppo brusco avrebbe rischiato di essere morso o stritolato. Non sapeva quale delle due alternative fosse la peggiore.

Avrebbe potuto essere velenoso e, trovandosi nel covo di un mago malefico, poteva anche essere probabile.

Però, che razza di animale domestico!

Il cuore incominciò a tamburare forte per l'agitazione.

Aprì la bocca e il respiro si fece involontariamente affannoso.

Si impose di regolarizzarlo, ma si rivelò più arduo di quello che credeva.

Deglutì e lentamente, stando molto attento, pose la mano tra la propria gola e il corpo del rettile e con il palmo lo allontanò per impedirgli di avvilupparsi ulteriormente.

Lo sentì svolgersi e andare ad attorcigliarglisi nella mano assecondando il suo movimento e diede in un sospiro di sollievo.

Ma era ancora in pericolo e non sapeva cosa fare per tirarsene fuori, non poteva spostarsi senza rischiare una reazione.

Si chiese quanto avrebbe potuto resistere ancora.

Nel fondo della stanza, la porta si aprì e dall'esterno filtrò un rettangolo di luce.

Riuscì a intravedere così il serpente ed ebbe una sensazione di panico, era enorme, lunghissimo, con scaglie verde smeraldo iridescenti sul dorso e bianchicce sul ventre, grosse come piattini da tè che si affastellavano maestosamente lungo il corpo come tante tegole. La testa era romboide e piatta e gli occhi spalancati gialli erano brillanti e sembravano sporgere innaturalmente da essa. Vide le pupille verticali, erano fredde, crudeli, spietate e spaventose.

-Sta' buono, lascialo ché non è da mangiare.-

La voce di Malifishmertz sembrava allarmata, ma per Phineas fu incredibilmente rassicurante, soprattutto perché il serpente sembrava riconoscerla.

Ma questo non voleva dire che le obbedisse.

Le spire corsero intorno al torace stringendogli la mano sul petto e gli serrarono le gambe.

I piedi nudi si staccarono da terra.

In un attimo era stato immobilizzato.

La parte superiore del corpo della bestia si erse in posizione d'attacco.

Le fauci si spalancarono completamente e fu impressionante per le dimensioni che sembrarono quadruplicare.

L'interno della bocca era di un rosa pallidissimo e gommoso e, dietro la lingua nera, sottile e biforcuta, l'abisso che c'era in fondo alla gola sembrava non dovesse finire mai.

Phineas fissò ipnotizzato i denti puntuti, sottili, bianchi come l'avorio e stillanti di siero velenoso che ne segnavano l'ingresso e vi lesse morte, dolore atroce e, dietro, un inferno fiammeggiante ed eterno che lo aspettava.

Qualcosa nel suo cervello prese a urlare un ordine che si trasmise a lui, ma non poteva eseguirlo.

La bocca gli s'era seccata e impastata e tutto ciò che ne venne fuori fu un gemito strozzato.

Poi ci fu un lampo accecante.

Strinse gli occhi e aspettò di sentire il morso lancinante di quelle zanne che gli avrebbe penetrato la pelle e strappato via la carne viva e iniettato il veleno causandogli una morte sicuramente atroce e una lenta agonia. Ma non accadde nulla, a parte il diffondersi di un forte odore di bruciato.

Riaprì gli occhi e si accorse con un sussulto che il serpente non aveva più la testa. Essa giaceva al suolo a contorcersi e ad azzannare il vuoto.

Malifishmertz gliel'aveva staccata di netto, aveva ancora il braccio teso e la sua bacchetta sembrava incandescente, fumava e crepitava.

Ma il corpo dell'animale si muoveva ancora, era morto ma non smetteva di stringere.

L'uomo vi pose su la punta della bacchetta e quello evaporò, svanì come se non fosse mai esistito.

-Stupido essere senza cervello!- imprecò -Avrei dovuto essere più severo con lui.-

Phineas era libero dalla morsa che lo aveva quasi asfissiato, toccò il suolo con i piedi.

Ma immediatamente non lo sentì più, gli girò la testa e le ginocchia si piegarono.

Malifishmertz accorse a sostenerlo prima che cadesse a piombo a terra.

Lo sollevò in braccio e lo portò fuori, alla luce.

Phineas sentì il caldo accogliente del sole, l'aria fresca e frizzantina del mattino e ne fu come inebriato.

Alzò gli occhi sull'uomo che lo teneva. Parlava, vedeva la bocca muoversi ma non capiva una parola, tutto era confuso a causa di una strana eco.

Gli incollò gli occhi addosso come se fosse l'ultimo appiglio alla realtà che gli rimanesse e continuò a fissarlo per tutto il tragitto senza parlare.

Non s'era calmato, il cuore non aveva smesso di battergli forte e la sensazione di trovarsi in pericolo mortale non era passata.

Gli tornò in mente che avrebbe dovuto dominarsi e che non c'era riuscito, era stato pateticamente sopraffatto.

Aveva creduto d'essere refrattario alla paura e aveva fatto la sconvolgente scoperta d'esserne umanamente soggetto.

Improvvisamente gli mancò Isabel, gli mancò Ferb, gli mancò Perry, gli mancò Candavere, gli mancarono i suoi genitori e pensò che era stato a un passo dal perderli tutti quanti per sempre.

-Ripensandoci, non è stata un'idea geniale quella di mettere un serpente velenoso come guardiano.-Si sentì mettere a sedere, su un masso, probabilmente.

Malifishmertz ridacchiava, come se l'incidente appena avvenuto fosse stato molto divertente.

Qualcosa però non tornava, quella risata non suonava affatto di scherno.

Si sentì porre una tazza sotto le labbra e automaticamente le sue mani la presero.

-Bevi.- ordinò il mago e Phineas obbedì senza esitare, fidandosi per istinto.

L'intruglio era caldo e sapeva di miele, ma c'era una nota di acidità che non riuscì a identificare. Gli scaldò il cuore e le membra e questo fu il secondo tono di allarme.

Lentamente la paura si dissipò, lasciando spazio all'esaltazione per essere sfuggito alla morte.

Malifishmertz ritirò la tazza e lo guardò con soddisfazione.

Phineas notò che indossava abiti se non proprio comuni, almeno piuttosto normali. Senza l'elmo cornuto non sembrava più tanto diabolico e la sua faccia ovoidale appariva ora quasi simpatica.

Tutto ciò che provò per lui in quel momento fu gratitudine, anche se ancora non riusciva a sorridere né a dimostrargliela in alcun modo.

Si stava mostrando più gentile, ma 'troppo', sembrava quasi affettuoso.

Forse era semplicemente la sua immaginazione, ma i suoi sentimenti stavano cambiando, troppo in fretta per essere reali: quell'uomo non era più il suo rapitore, era colui che gli aveva appena salvato la vita.

Certo, prima lo aveva messo in pericolo, ma poi ce l'aveva tirato fuori, e non era questo ciò che contava?

Aveva le idee confuse, si contrastavano a vicenda.

Istintivamente si ritrasse quando lo vide allungare la mano a toccarlo, la stessa mano che l'aveva strappato al serpente. Entrambe si posero sulle sue spalle e finalmente il corpo tornò a rispondere.

Tutta quella situazione era assurda, allucinatoria.

Si drizzò in piedi e urlò fortissimo, poi diede di carica.

Nonostante la sorpresa, per Malifishmertz fu semplice bloccarlo.

Sentì i grandi polpastrelli premere sulla pelle dei polsi e trasalì per il male che gli causavano. Sarebbero rimasti dei bei lividi violacei.

-Lasciami andare!- supplicò perdendo le ultime briciole di dignità che gli restavano -Voglio tornare a casa. Aiuto!- non sapeva a chi si stesse rivolgendo, ma sapeva che non voleva più stare lì un secondo in più, si sentiva soffocare nonostante si trovasse all'aperto.

Tutta la positività che aveva accumulato inizialmente si sciolse come il burro e lui si sentì perduto.

Si divincolò ma non andò lontano, perché cadde sulle ginocchia.

Sentì il bruciore e vide il sangue e capì di essersele sbucciate, come un lattante che non fosse in grado di camminare. Fu troppo.

Senza nemmeno rialzarsi, con la faccia inzaccherata di fango, scoppiò in singhiozzi.

Non smise quando Malifishmertz lo raccolse, non smise quando lo spolverò e lo ripulì.

Ma poi, quando lo abbracciò, il calore inaspettato che gli trasmise lo fece sentire subito meglio.

-Mi dispiace.- lo sentì sussurrare.

Non aveva senso, tutto era sbagliato, non doveva andare in quel modo, non doveva sentirsi in modo diverso, non poteva cambiare tutto così repentinamente.

Ma -guarda un po'!- si accorse che non gliene importava assolutamente nulla.

-Farò tutto quello che mi chiederai di fare.- disse senza smettere di piangere -Hai vinto.-

Era stato definitivamente annientato.

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Capitolo 6
*** To the rescue: non si può combattere il Fato ***


La notizia del rapimento -il cui movente era oscuro, ma la reazione ad esso scontata- volò come un piccione viaggiatore che rechi pessime notizie raggiungendo presto le orecchie del re.

La prima cosa di cui si premurò fu di non farla arrivare a quelle dei genitori, la preoccupazione li avrebbe uccisi. Con una scusa li mandò a casa di Candavere e Jeremiah, ovviamente sorvegliati, e ordinò che nessuno li informasse, almeno finché non si fosse risolto questo bel pasticcio.

Isabel era tornata stravolta, ferita e affranta e durante il racconto era apparsa confusa, disorientata, non riusciva a calmarsi, così lui le aveva fatto somministrare una pozione soporifera.

Adesso era stesa sui cuscini del suo letto regale con una fasciatura sulla fronte dove s'era tagliata e lui la vegliava trascurando vergognosamente tutti gli altri doveri di re.

La zampa di Perry era stata medicata e steccata, il draghetto aveva protestato e tentato la fuga quando l'avevano dovuta cauterizzare, ma era riuscito a tranquillizzarlo con molte carezze e un paio di parole ben scelte. Ora ce l'aveva sulle ginocchia e dava giù di coccole e abbracci, ripetendogli ogni tanto che era stato bravissimo.

Più tardi, quando la ferita avesse cominciato a sanarsi, gli avrebbe fatto bere una pozione che avrebbe accelerato il processo di guarigione.

Gli piaceva ancora pasticciare con le pozioni alchemiche ma, a differenza di suo fratello, i suoi impegni da re lo avevano costretto a trasformare quella passione in un semplice hobby da praticare sporadicamente solo nel tempo libero, che non era molto. Gli mancava fare il mago, sentiva di aver perso molte occasioni che non sarebbero mai tornate.

Mentre pensava a questo, la sua espressione era talmente assorta che nessuno dei consiglieri che aveva fatto riunire avrebbe potuto capire che non si stava affatto concentrando su quello che dicevano.

La sua mente registrava tutto en passant.

La spada Excaliferb ardeva quando cercava di brandirla e questo era di pessimo auspicio.

Le parole della Dama della Pozza gli rimbombavano nel cervello e lo facevano stare male.

Il sacro Gladio precipiterà su colui che lo aveva impugnato con fierezza. Gli si rivolterà contro, berrà il suo sangue e pretenderà un sacrificio. Non sarà sazio finché costui non avrà visto in faccia la morte.

Era questo che aveva predetto la bellissima Pusa che in quel momento era apparsa come la dea della sofferenza.

Se aveva interpretato correttamente tale profezia, il “sacro Gladio” doveva essere la spada Excaliferb. Alla fine di tutto questo, dunque, qualcuno, forse lui, sarebbe dovuto morire.

La prospettiva non lo spaventava più di tanto, ciò che più lo disturbava era che tale profezia non era nemmeno completa.

Si odiava per non aver insistito di più ad accompagnare suo fratello, non esisteva alcun dubbio che ciò che gli era successo fosse colpa sua.

Era aggredito dalla frustrazione che gli faceva dubitare della sua posizione, peggio del solito. Forse era vero che non era adatto a fare il re, se nemmeno era stato in grado di garantire la sicurezza dei suoi sudditi più cari.

Si sentiva in quel particolare stato d'animo in cui sai di non aver fatto il tuo dovere.

Di conseguenza, tutto il resto gli stava sfuggendo inesorabilmente dalle mani, ma tutto quello che desiderava era di tornare al più presto dalla Dama della Pozza, nonostante avesse il tarlo che continuare ad affidarsi a quella donna che non gli si sarebbe mai donata del tutto fosse un modo per fuggire dalla realtà, il che era sinonimo di debolezza.

Eppure sentiva di aver bisogno per l'ennesima volta di un suo consiglio o, per lo meno, di vederla. Stava diventando una droga, una dipendenza da combattere.

Si costrinse a non pensare a lei per il momento e ad ascoltare il discorso, anche se si trattava pressoché di chiacchiere inutili, perché lui aveva già preso la sua decisione.

-Phineas è stato un elemento importante nella nostra spedizione.- stava dicendo Bufavulus, il Signore dei Venti, gran capo dei nani dei boschi -Senza di lui, a nessuno sarebbe mai saltata in testa l'idea del trattato di pace.-

-È un bravo mago.- ricordò Baljeetolas, l'elfo -Quando abbiamo condotto i mostri, lui li ha domati. E ricordate come era diventato grosso e minaccioso Parable?- indicò Perry che, alle sue dimensioni naturali, non lo degnò di uno sguardo.

Isabel mugugnò il nome di Phineas e, alla faccia del sonno indotto, spalancò gli occhi. Ferb vi lesse dentro la delusione per non averlo trovato accanto a lei. Poi rotearono, mentre lei si guardava intorno, si fermarono su di lui, su Perry e poi sugli altri. Pian piano che la consapevolezza li riempiva, andarono diventando liquidi. Ferb credette che avrebbe pianto. Ma le lacrime non scesero, rimasero lì, congelate.

E le prime parole della ragazza furono di circostanza. -Non dovrei stare nel letto del re.-

-Ma è stato il re a fartici mettere, visto che non lo stava usando.- le fece notare Baljeetolas.

-E poi non si tratta mica di un giaciglio sacro!- aggiunse Bufavulus, con il suo solito fare pratico.

Ma lei cercò comunque di alzarsi e Ferb la fermò con un gesto.

-Ma è sconveniente!- esclamò arrossendo e coprendosi. Aveva imparato presto l'istintivo senso di pudore umano.

Ferb strinse le palpebre per sottolineare tacitamente il suo ordine e lei smise di insistere.

-Hai bisogno di riprenderti.- le disse poi Baljeetolas sbrigativamente -Altrimenti non sarai al meglio delle forze, quando andremo a prendere Phineas.-

Lei sgranò gli occhi, colpita, guardando tutti -Sapete dove si trova?-

-Abbiamo degli indizi. Ferb ha già sguinzagliato i cercatori di tracce, che hanno definito una pista probabile.- confermò l'elfo.

-Cercatori di tracce?- la ragazza aveva qualche dubbio.

-Segugi.- spiegò -La magia nera lascia un'impronta ben definita, un odore particolare, e certi cani specificatamente addestrati sono in grado di individuarne l'usta.-

-Stiamo già facendo rifornimento, non appena ci saremo organizzati, partiremo. E, se sarà necessario, daremo battaglia!- disse la sua Bufavulus.

Isabel guardò Ferb negli occhi come se fosse stato lui a parlare. -Hai tutto il mio appoggio.-disse.

Baljeetolas alzò il suo arco e lo stesso fece Bufavulus con la sua mazza. Ferb sguainò la spada Excaliferb ignorando il bruciore che gli provocava alla mano toccandola.

La loro aria risoluta si sarebbe vista anche a una distanza notevole.

Incrociarono quelle armi tutte diverse e Isabel avrebbe voluto aggregarsi con la sua bacchetta magica, catalizzatore dei suoi poteri da spiritello, ma era sparita insieme alle ali quando era diventata umana.

Non ne sentì particolarmente la mancanza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

-Questa scena in cui incrociano le armi è ispirata al Signore degli Anelli. Ha colto la citazione, signore?- chiese Carl facendo finta di pavoneggiarsi un po'.

-Non sono particolarmente infarinato...- ammise Francis.

-Non ricorda il film? Intendo quella scena là... Capito quale? Quando dicono a Frodo, "hai la mia spada, hai il mio arco, hai la mia ascia." ...no?- nell'introdurre il discorso diretto aveva imitato un tono pieno di dignità.

-Isabel sarebbe Frodo?- fece Monogram confuso.

-No, signore, non c'è una corrispondenza di personaggi, è soltanto un'allusione...- alzò gli occhi al soffitto.

-Secondo me, hai detto questa cosa perché stai cercando di distrarmi.- commentò il Maggiore.

-Esattamente.- sorrise Carl.

-C'è un altro salto che non sai come rendere, per caso?-

-Lei è molto arguto, signore. È un cambio di tempo, stavolta.- confermò.

-E allora di': "più tardi" e poi continua a leggere!-

-Lei sì che sa sempre trovare le espressioni migliori.- lo lodò ironicamente Carl.

Naturalmente, non stava per niente andando bene.

 

 

 

***

 

Sembrava che i cani si fossero incartati, le tracce dovevano essere state confuse di proposito.

Erano ore che continuavano a girare freneticamente in tondo e gli uomini che li seguivano risentivano tutti quanti della stanchezza e dell'impazienza.

Siccome non si proseguiva da un pezzo, avevano deciso di lasciar riposare i cavalli e andavano a piedi conducendoli per le briglie, in modo che risparmiassero le forze quando ci fosse stato da correre. A condurli era il tutore di Ferb, che dirigeva gli altri servitori. A corte non era rimasto nessuno, nessuno sapeva della loro partenza e nessuno doveva saperlo o si sarebbe scatenato il panico. Un regno non dovrebbe essere lasciato senza nessuno che lo governi.

Ma c'era quella priorità che superava tutte le altre.

Ferb si sentiva piuttosto sfiduciato ma faceva di tutto per non mostrarlo agli altri, perché lui doveva essere l'elemento forte, il punto di riferimento. Se fosse crollato, nessuno avrebbe proseguito al posto suo, a parte forse Isabel.

Lei continuava ad arrancare, il suo viso di fata era arrossato dalla fatica e imperlato di sudore, ma non si era lamentata nemmeno una volta. Essendosi resa umana, era diventata molto più debole, ma riusciva bene o male a tenere il passo.

Il segugio di testa tornò indietro, seguito dal resto della muta.

-Vai avanti, sacco di pulci.- lo apostrofò Bufavulus -Renditi utile o con te ci faremo uno spezzatino di cane.-

L'animale non comprese la minaccia e restituì uno sguardo vacuo.

-Idiota.- sbottò il nano -Non vali niente!-

-Devi essere più gentile quando dai l'ordine.- consigliò Baljeetolas.

Si accovacciò davanti al cane con fare giocoso -Vai avanti, bello, se trovi Phineas ti daremo un bel premio!-

-Già, ti mangeremo per ultimo!- ghignò Bufavulus prendendo in giro l'elfo, che si girò irritato.

-Non sei d'aiuto.- lo accusò.

-Nemmeno tu.- concesse l'altro -Questi mica sono i cagnolini di casa tua! Bisogna usare le maniere forti.- puntò un ditaccio sul naso della bestia e la spinse in avanti -Muoviti, schifoso.-

Stavolta il cane capì il tono e ringhiò e abbaiò.

Il nano rispose con una madornale manata sul muso che lo fece indietreggiare con la coda tra le gambe.

-Non funziona, visto?- esultò l'elfo rendendo la sua voce più acuta e più irritante del solito.

-Vedrai che con un altro paio di ceffoni lo rimetto in riga.- promise il nano.

-Ti farai sbranare.- lo avvertì.

-Mica sono una mezza calzetta come te, io...-

No. Peggio.” Ferb si stava per spazientire a sentire quei due che litigavano in continuazione su come dovessero prendere i cani senza riuscire a farli andare avanti.

Si sentiva attaccato da uno strano malessere, c'era qualcosa che gli lacerava lo stomaco, come l'unghiata di un gatto selvatico.

La cosa più strana era che sembrava provenire tutto dal suo fianco, dove aveva riposto la spada.

Era impensabile, era come ammettere che quell'oggetto avesse una vita propria. Come se emettesse un'influenza negativa che lo disturbasse.

Forse si stava preparando a dar vita alle parole della Pusa.

Forse invece dipendeva semplicemente dal senso di colpa.

Eppure era così vivo, come la sensazione di aver commesso un errore madornale e irrimediabile.

Guardava in silenzio i due litiganti, ma con disapprovazione. Ci mancava ancora poco prima che intervenisse.

Più si perdeva tempo, più diminuivano le probabilità di ritrovare Phineas.

Era quello l'obbiettivo finale, non dimostrare chi avesse ragione.

Eppure, se non si fosse trovata una soluzione non si sarebbe andati mai avanti.

Una mano delicata sulla sua spalla lo fece voltare.

Isabel sembrava arrabbiata almeno quanto lui.

Lo superò, si mise in mezzo tra Bufavulus e Baljeetolas e allargò le braccia separandoli.

Poi mise decisa una mano sulla testa del cane.

Questi immediatamente si rizzò, attento.

-Va'- disse la ragazza, la voce era dolce e decisa insieme.

Il cane si ribaltò, annusò l'aria per un momento e puntò, alzando una zampa per indicare la via. Poi iniziò a correre trottando come un pazzo e tutti gli altri cani gli andarono dietro. Avevano ritrovato l'usta.

Baljeetolas e Bufavulus fecero tanto d'occhi mentre Isabel e Ferbillotto si affrettavano a montare sui rispettivi cavalli per seguire la muta.

-Restate qui?- li sfotté la ragazza e Ferb si mise a ridere, era la prima volta che gli capitava da quando aveva ricevuto la brutta notizia.

Isabel gli piaceva, considerò, era in gamba. Non si stupì che stesse con suo fratello.

La muta si inoltrò in un bosco e Ferb lasciò volare Perry in alto, sugli alberi.

La sua zampa era guarita egregiamente quasi del tutto e in tempo record, era piacevole vederlo scorrazzare nel suo ambiente naturale, da cui lo avevano tenuto lontano per molto tempo.

Il piccolo drago si arrampicò agilmente sui rami più alti di un pino, poi Ferb lo perse di vista.

Non poteva permettersi di cercarlo, poteva sperare solo che non si perdesse.

-Secondo te, perché ha preso Phineas? A cosa gli serve?- Isabel parlava con un tono normale nonostante l'affanno.

Ferb non le rispose perché non lo sapeva, era rimasto pochissimo a riflettere sulle ragioni del caso e molto a preoccuparsi delle conseguenze.

Il bisogno di parlare con la Dama della Pozza si faceva più insistente, avrebbe potuto evocarla anche in quel momento, se avesse voluto. Certo, sempre per pochi minuti, poi sarebbe dovuta tornare indietro...

-Non credi che potrebbe trattarsi di una trappola per te?-

Ovviamente aveva pensato anche a questo.

La prospettiva avrebbe dovuto metterlo in allarme.

Ma come spiegarle che la vita da re lo opprimeva al punto da desiderare che qualcuno lo liberasse da quella carica? Anche al costo di trovare la morte, se ci fosse stata una minima possibilità di ritrovare suo fratello, non tentare nemmeno sarebbe stato qualcosa di riprovevole da parte sua.

-Non ti biasimo se non vuoi parlarmi. Nemmeno io lo farei dopo quello che ho combinato.-

...Cosa?” pensò lui.

Ferbillotto fece soffermare la sua cavalcatura per guardare Isabel: teneva la testa bassa e continuò a galoppare imperterrita, costringendolo ad affrettarsi per non perdere il passo.

Non capiva. Credeva che ce l'avesse con lei?

La fermò trattenendola per una manica. Lei fermò la sua giumenta e si voltò.

Il suo sguardo triste in qualche modo lo irritò.

Lui non la conosceva benissimo, ma gli sembrava di aver già capito tutto di lei.

Era una brava ragazza, ma una vittima.

-Non ti devi sentire colpevole.- le disse a voce bassa -Hai fatto quello che potevi. Io non ti condanno e sai che non lo farebbe nemmeno lui.-

La superò a passo svelto lasciandola lì dov'era. Sperava di essere stato abbastanza esplicito.

Non la sentì più, si concentrò sulla pista dei cani che non aspettavano nessuno.

Dietro di lui, la ragazza continuò a seguirlo riflettendo su quanto le aveva detto.

Ancora più indietro, Parable l'ornitodrago li osservava allontanarsi, ben nascosto dal fogliame.

Appena era stato sicuro di non essere visto, si era calcato in testa la sua rudimentale Fedora di panno marrone, che non era una vera Fedora ma più un cappello da alpino, con la piuma verde che le dava sempre un tono chic, ed era scivolato dentro un buco.

Si trovava a suo agio sia in aria, sia sulla strada, sia sotto terra.

Da quando quelle belle ali da pipistrello gli erano cresciute sulla schiena diventando adatte al volo, grazie alla pozione di Phineas, il richiamo della foresta si era intensificato fino a farsi sempre più insistente. Avrebbe potuto abbandonarli in qualsiasi momento se solo avesse voluto.

In fondo, lui non era mai stato ufficialmente -e nemmeno sentiva di essere- di proprietà di nessuno. Apparteneva solo a se stesso. Eppure era rimasto insieme a loro senza chiedersi nulla, perché non lo avevano mai trattato semplicemente come uno stupido animaletto senz'anima quale fingeva d'essere, ma come un membro a tutti gli effetti della loro famiglia. La sua fedeltà se l'erano largamente meritata.

Gli era dispiaciuto doversi separare dai suoi amici umani, lui era per natura uno spirito solitario ma dopotutto era in grado di godere della loro compagnia.

Si era sentito in pena in particolar modo per Ferb: non avrebbe dovuto sentirsi così in colpa, forse non aveva ecceduto nelle misure precauzionali, ma non era certo lui quello che era rimasto indietro.

Stava combattendo, ovviamente, ma loro non potevano saperlo e Phineas era ancora convinto della sua assoluta innocenza, non sospettava nemmeno della sua indubbiamente non animalesca intelligenza, anche perché era sempre stata ben dissimulata sotto un atteggiamento da falso essere senza cervello.

Invece comprendeva bene, razionalmente, la situazione.

Nessuno era responsabile del rapimento se non il rapitore stesso.

Sapeva come raggiungerlo, aveva individuato l'usta della magia nera molto prima che slegassero i cani, ma non poteva mettersi lui in testa alla muta perché andava troppo veloce e lo avrebbero perso facilmente, sarebbe stato inutile. E ogni secondo era prezioso.

Riusciva a mantenersi in volo anche con la zampa ferita, che nonostante le cure gli faceva ancora molto male, se non aveva nessuno da trasportare.

E ugualmente aveva deciso che fosse suo dovere andarlo a prendere, un po' anche solo per ricambiargli il favore.

Quando lo 'scivolo' terminò raccolse le zampe e si esibì in uno splendido tuffo carpiato atterrando sul terreno paludoso senza fare il minimo rumore.

Attivò i boccioli olfattivi ed escluse immediatamente tutti gli odori inutili per concentrarsi solo su quello che gli interessava.

Nella sua memoria, Phineas sapeva di qualcosa che non si poteva definire in altro modo se non con la genuinità.

Ma c'era qualcosa di nuovo che lo copriva, era il tanfo innaturale di un'altra, da lui molto ben conosciuta, natura maligna.

Perry aveva il terrore che il ragazzo ne fosse sopraffatto e divorato, dunque senza perdere tempo spiegò le ali tendendole e gonfiandole più che poteva, doveva raggiungerlo per liberarlo prima che quella brutta prospettiva si verificasse.

Senza sapere che fosse già troppo tardi.































spazio autrice: scusate lettori cari, ma... che fine avete fatto??

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Capitolo 7
*** Loathsome: vita detestabilis ***


Aveva tradito suo fratello. Quell'accusa autoinflitta gli rimbombava nella testa.

Le esalazioni mefitiche del cinabro nella pozione che aveva preparato gli davano alla testa, sembravano stordirlo, gli penetravano dentro ad avvelenarlo.

Era nera come carbone liquido, bolliva gorgogliando nel pentolino e sapeva di Male.

Per essere la prima volta che praticava le arti oscure, gli sembrava che ci fosse riuscito alla perfezione.

L'idea lo ripugnava, ma aveva cercato di immaginare di farlo per se stesso. L'aveva preso come un ennesimo esercizio per affinare le sue abilità e ci si era impegnato dimenticando di star aiutando un malvagio. Prima di quel giorno non l'avrebbe mai fatto.

Ma ora che aveva finito si fece prendere dal rimorso.

Avrebbe preferito non averlo mai cominciato.

Il disagio si trasformò in qualcosa di fisico. Ebbe i crampi allo stomaco.

Era stanco e non mangiava e non dormiva da quando era stato portato lì, ed erano ormai più di dodici ore che lavorava senza sosta.

E Malifishmertz lo aveva sorvegliato per tutto il tempo.

Ma non era stato semplicemente a guardarlo, si era interessato al suo lavoro, aveva partecipato, seguendo con interesse attivo ogni passaggio e ogni tanto aveva fatto certe osservazioni che lo avevano stupito per l'acume che dimostravano.

Però, a volte si era perso in dettagli così insignificanti che quasi gli era sembrato di parlare con due persone diverse.

Era come se in lui convivessero due personalità contrastanti, una cattiva, lucidissima e spietata, l'altra fondamentalmente ingenua.

Comunque, si trattava di un tipo indubbiamente interessante, e anche divertente, quando voleva, lo aveva fatto ridere un paio di volte.

Se non fossero stati in quella particolare situazione avrebbe potuto considerarlo anche amichevole.

Il filtro si andò schiarendo, segno che iniziava a cuocere, ma non era ancora pronto.

Malifishmertz era impaziente.

-Deve diventare dorata.- gli spiegò -Devi lasciarla bollire per almeno tre ore.-

L'uomo sembrò scettico -Cerchi di guadagnare tempo?-

A questa domanda a Phineas venne l'affanno, non voleva che emergesse ancora la sua parte più ostile, l'aveva già vista e lo aveva spaventato. Scosse la testa -No. No, non è così. Sto dicendo la verità.- giurò.

-Ok, vedremo se hai ragione.- acconsentì l'uomo con una minaccia velata.

Phineas si quietò gradatamente e si stropicciò gli occhi che gli si andavano chiudendo, il suo organismo reclamava il sonno che fino a quel momento non gli era stato concesso.

Ma Malifishmertz non era del tutto spietato, capiva che fosse in buona fede e fu preso da un momento di compassione.

-Prendi. Sei stato bravo.- disse lanciandogli in mano un tozzo di pane nero che aveva sottratto alla propria cena appositamente per darlo a lui.

Phineas lo prese guardandolo come se quel gesto gli facesse troppo onore. Lo ringraziò quando non avrebbe nemmeno dovuto. Si accucciò a terra.

Evitò di guardarlo finché non ebbe finito, in qualche modo riusciva a sentire la vergogna per la sua debolezza e non voleva farsi coinvolgere emotivamente.

Poi però gli porse anche una tazza della preziosa acqua che aveva preso al pozzo e che aveva accuratamente bollito per uso esclusivamente personale.

Gliela vide bere come se fosse stata freschissima e si chiese perché gli desse tanto fastidio, perché gli si stesse stringendo il cuore. Non voleva ammettere che gli facesse pena.

Notò il lampo di allarme che gli passò negli occhi provati quando lo sollevò di nuovo di peso, ma non trovò alcuna resistenza, gli si sottometteva docilmente.

Lo schiacciò contro il suo petto costringendolo a mettersi a cavalcioni con le gambe e lo tenne così, con una mano sotto a reggerlo, come se fosse un bambino piccolo. Non pesava quasi niente.

Andò a sedersi in una poltroncina di giunchi portandoselo appresso.

Sentì il suo stomaco che gorgogliava per la digestione della misera cena e il cuoricino che batteva contro il suo. Era caldo, eppure gli faceva venire la pelle d'oca.

Pian piano lo sentì rilassarsi contro di lui, o forse -probabilmente- era stato semplicemente sconfitto.

Gli ci volle poco per addormentarsi, segno che fosse veramente stanco.

Per qualche ragione gli venne in mente che non teneva in braccio qualcuno in quel modo da quando sua figlia era piccolina.

Lo guardò attentamente mentre dormiva. Aveva un aspetto strano, con quella testa dalla forma inusuale e quel grande naso a punta, ma era un bel ragazzo, dopotutto, e quella spruzzata appena accennata di lentiggini chiare sulla fronte e sulle guance lo faceva sembrare molto più giovane di quanto non fosse.

Si ritrovò a pensare che doveva avere praticamente la stessa età della sua Vanessa il giorno in cui la madre l'aveva condotta via dalla casa paterna.

Doveva essere stato proprio un pessimo marito e, soprattutto, un pessimo padre per spingerle a quel gesto estremo.

Della donna che era stata sua moglie non gli importava poi molto, era lei quella che gli mancava.

Sentiva un gran senso di vuoto tutte le volte che ci pensava, e lo aveva riempito con tutto il Male che gli era stato possibile sostenere finché quello non gli aveva corrotto l'anima.

Si accorse di provare rimorso per aver strappato un ragazzino innocente alla sua famiglia. Che tra poco sarebbe arrivata a prenderselo se non vi avesse posto rimedio.

Sapeva di aver esagerato enormemente con quel serpente velenoso.

Eppure prima l'aveva trovata un'idea così geniale, lasciarlo lì appositamente per spaventarlo, giocando sul piano psicologico. Aveva creduto di vincere le sue resistenze con il capovolgimento del proprio ruolo, mostrando un atteggiamento di protezione, quasi paterno... forse, il vero motivo per cui l'aveva fatto era perché era da troppo tempo che non aveva nessuno cui dimostrarlo.

Quando gli aveva detto che gli dispiaceva era vero.

Non s'era aspettato che avrebbe avuto quell'effetto così deleterio su di lui, aveva immaginato di vederlo ridere di sollievo una volta scampato al pericolo e invece l'aveva visto letteralmente strisciare nel fango e arrendersi, annullarsi.

Nessuna persona al mondo avrebbe mai dovuto ridursi in quello stato, meno che mai una della sua età.

Ed era angustiante pensare che fosse in fondo esattamente ciò che aveva sperato accadesse, ma finché non lo aveva visto con i suoi occhi non aveva capito quanto dolore gli avrebbe causato.

Era sconvolgente.

E al sapere di esserne l'unico responsabile si sentiva lacerare dal rammarico.

Bisognerà trovare il modo di farsi perdonare, quel pensiero lo fece ridere.

Ma a che cosa gli serviva, lui era il Male, non aveva bisogno del perdono, non avrebbe dovuto avere sentimenti, i sentimenti erano per i deboli, lui doveva essere in grado di godere del dolore causato agli altri... Ma continuare a mentire a se stesso era utile solo fino a un certo punto.

Sapeva bene di non poter essere appieno ciò che faceva credere a tutti di essere.

Questo per il semplice motivo che nella sua vita aveva già conosciuto l'amore, ne aveva sperimentato la grandezza.

E sebbene l'avesse ormai irrimediabilmente perduto, non avrebbe mai potuto dimenticarlo.

Forse, se non avesse mai avuto quella bambina nella sua vita, sarebbe riuscito veramente a diventare il Male e non avrebbe avuto bisogno di quel filtro che aveva dovuto farsi preparare con le minacce e altri meschini trucchi.

E invece non era che un involucro vuoto.

Lei c'era stata. Forse non l'avrebbe mai più rivista, ma c'era stata.

Sarebbe potuto sembrare banale, ma Phineas non era poi così diverso da lei.

Senza rendersi realmente conto di ciò che faceva, lo strinse a sé più forte cercando in lui del puro calore umano. Era così morbido, così piccolo, ispirava protezione e profumava di bebè, nonostante la naturale sporcizia e il sudore acido che lo coprivano, che non gli aveva ancora permesso di rimuovere.

Gli ricordò ancora Vanessa, se si escludeva che era lei quella che allora faceva i capricci per lavarsi.

Se si fosse svegliato in quel momento, era sicuro che lo avrebbe respinto.

Non ebbe modo di accertarsene perché si assopì anche lui.

Ebbe un fugace sogno di sua figlia, in fondo era lei quella che stava abbracciando.

Come un predatore scatta quando sente il richiamo della sua preda, Heinz si drizzò di colpo non appena sentì avvicinarsi il nemico.

Phineas stava ancora dormendo. Dovette svegliarlo bruscamente.

-Va' nella tua camera e fa' silenzio.- gli intimò in tono duro che non ammetteva repliche.

Phineas lo guardò con aria smarrita, ma ubbidì senza fare domande.

Malifishmertz fece appena in tempo a indossare l'elmo con le corna che il piccolo ornitodrago aveva già spaccato il muro e s'era precipitato dentro. Era proprio quello che ci voleva, una buona occasione di collaudo.

-Ciao.- lo salutò -Ti sei già rimesso, vedo.-

Perry tese i pugni e produsse un ringhio basso.

Che fosse venuto a vendicarsi o a salvare il suo amico poco importava, lo scontro era ciò che aspettava con impazienza.

Ma finì nella trappola, come aveva previsto, come succedeva ogni volta. Stavolta era una semplice rete che gli si avvolse addosso immobilizzandolo, avrebbe potuto benissimo sfuggirvi ma chissà perché ci finiva sempre dentro.

La risata malvagia gli venne spontanea, non poté trattenerla.

-Stavolta non mi darai fastidio. Sappi che ti ho usato. Ora il futuro dell'Area Dei Tre Regni è nelle mie mani.- afferrò la casseruola contenente il filtro e ci buttò dentro uno sguardo distratto -Questa è la pozione che mi permetterà di impadronirmene.- spiegò e gliela mostrò esaltandosi -Ammira! Magia nera praticata da un innocente! Effetto triplo! La più devastante che possa esistere!-

Le tre ore non dovevano essere ancora passate, anzi probabilmente non erano passati che una ventina di minuti. Era già un bel po' chiaro, ma non ancora del tutto dorato ed era possibile che gli effetti non sarebbero stati soddisfacenti.

Decise che non importava poi molto, che ci avrebbe tentato ugualmente, sperando di non scottarsi la lingua.

Ma non ebbe il tempo di berlo che un colpo di coda lo frustò in faccia. Riuscì per miracolo a non rovesciarla, appoggiandola sul pavimento.

-Come hai fatto a liberarti così in fretta?- chiese sapendo già che non avrebbe mai trovato risposta. Succedeva ogni volta, come se si seguisse uno schema prestabilito.

E ora veniva il momento in cui il drago gli saltava addosso e iniziavano a lottare.

Cercò di portarlo via da quel punto, non voleva rendere vano il frutto di dodici ore di lavoro, ma non era facile contrastare quel tenace animaletto. La forza delle sue piccole zampe era sorprendente.

Finse di fare resistenza più che poteva quando in realtà ne impiegava un minimo.

Si lasciò spingere indietreggiando impercettibilmente e, nell'attimo in cui lo vide tendersi al punto massimo, si buttò strategicamente all'indietro da sé. In tal modo riuscì a sbilanciarlo e approfittò di quei preziosi secondi di confusione in cui lui ritrovava l'equilibrio per buttarsi a terra e afferrare la bacchetta lì dove l'aveva lasciata.

Lanciò il primo incantesimo che gli venne in mente, cercando di prenderlo alle spalle.

Perry saltò per evitarlo, solo la punta della coda fu colpita e diventò rossa.

Esultò, ma subito vide le stelle, aveva ricevuto un pugno in pieno viso, proprio nel punto in cui c'era la bruciatura che s'era beccato quando s'erano scontrati prima, non ancora del tutto guarita.

Menò un colpo alla cieca usando la bacchetta come una mazza e si stupì quando si rese conto che avesse impattato davvero contro di lui.

Perry si schiantò a terra restando spalmato lì, con le quattro zampine spalancate e il fiato mozzato.

Fu naturale per lui porgli sullo stomaco un piede per tenerlo fermo. Ma non tenne conto dei suoi riflessi involontari. Il becco scaglioso infatti si aprì sparando fuoco.

Era la seconda volta che ci cascava! Stavolta però si bruciò pochissimo, si tenne indietro quanto bastava per non farsi investire, senza togliergli il piede di dosso.

In risposta gli lanciò contro un raggio di elettricità.

Sembrò illuminarsi come una torcia, avrebbe urlato se avesse potuto. Vederlo contorcersi gli risollevò decisamente il morale.

-Noo! Fermo!-

Contro le sue previsioni, Phineas era uscito dalla sua camera disobbedendo all'ordine che gli aveva dato e correva incontro a Perry. Non se ne stupì più di tanto.

-Lascialo!- urlò. Sembrava agguerritissimo, non era più quel cucciolo smarrito di poco prima. Ma gli somigliava ancora tanto.

Un secondo raggio partì comunque dalla bacchetta colpendo il ragazzino al petto e arrestando la sua corsa. Finì a terra, ma ciò non bastò a scoraggiarlo.

-Perché gli fai questo? È solo un animaletto indifeso!-

Malifishmertz non trattenne un ghigno. Se solo avesse saputo cos'era davvero!

-Indifeso!- ripeté -Divertente!-

Ma la risata gli morì sulle labbra.

Phineas aveva arraffato il tegamino con la pozione che aveva lasciato a terra.

-La butto via se non lo lasci immediatamente.- minacciò sollevandolo sopra la testa.

-Pensi di spaventarmi? Ti costringerò a rifarla da capo.-

-Ma io non lo farò neanche per sogno.- mise su un'aria infinitamente cocciuta.

Sapeva che fosse capace di gesti avventati ma non fin dove potesse portarlo la rabbia, non doveva provocarlo. -Aspetta.- disse -Guarda.-

Sollevò la gamba per liberare il draghetto -Lo lascio andare. Vedi? Metti giù il filtro.-

Phineas attese che Perry si rimettesse in piedi, poi abbassò lentamente le braccia.

Fulmineamente, Malifishmertz gli si piazzò di fronte e gli strappò la marmitta dalle mani.

A questo punto, perdere ancora tempo prezioso sarebbe stato da veri idioti.

Mentre il ragazzo correva a soccorrere il suo animaletto, lui ne ingoiava in due sorsi tutto il contenuto.

Aveva un sapore interessante, amaro ma aromatico, come quella spezia particolare che si importava dal nuovo continente. Se la sentì rimestare nelle viscere, ma a parte questo non sembrò che facesse alcun effetto.

Fu assalito da un dubbio che per la sua natura divenne subito e senza prove una certezza. -Mi hai imbrogliato!-esclamò.

Phineas stringeva Perry guardandolo con una faccia inespressiva. Scosse la testa, ma doveva credergli?

Gli sferrò una bacchettata brutale, naturalmente Perry si interpose per difenderlo e finirono per essere colpiti entrambi.

Ma questa volta c'era qualcosa di nuovo, il colpo che aveva inferto sembrò molto efficace, sangue di drago e di bambino si mischiarono schizzando da tutte le parti...

Malifishmertz guardò la mano con cui stringeva la sua arma. Aveva qualcosa di strano, sembrava più grande del solito. Era attraversata da una fitta rete di nervi rossastri di grosso spessore che sporgevano dalla pelle e sul dorso e alla base c'erano delle piccole scaglie biancastre, come delle unghiette, che sembravano crescere di attimo in attimo.

-Questo è interessante.- disse, e si rese conto che anche la sua voce era cambiata, aveva assunto una nota più grave e sembrava quella di uno sconosciuto, aveva perfino perso l'accento che la contraddistingueva.

La schiena gli si raddrizzò. Il mondo divenne piccolo, o in realtà era lui che stava crescendo di statura.

Si sentì rinvigorire, si sentì più forte. Forse stava funzionando, dopotutto.

Allungò una di quelle mani mostruose verso il ragazzino che giaceva esangue e stordito sul pavimento e riuscì a chiuderlo quasi tutto nel pugno.

Non strinse. Non voleva fargli male, voleva solo saggiare la capacità di quelle mani enormi.

Le aveva sempre avute grandi, ma ora lo erano in maniera decisamente esagerata.

-Ci sarà da divertirsi.- sogghignò, poi scoppiò in una vera fragorosa risata di esultanza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Spazio autrice:

Cari lettori, so che non dovrei fare nomi, ma mi voglio rivolgere direttamente a voi, ci provo: Lilly26, Whiteney Black, marti15_98 e marie52. Avevate iniziato a recensire la mia storia ma poi vi siete praticamente volatilizzate. Siete ancora lì o mi avete abbandonata? La cosa che più mi spaventa è che (ad eccezione di marti15_98) siete sparite proprio dopo il capitolo 3, quello da cui il tono generale ha iniziato a cambiare... ciò mi dà seriamente da pensare. Sinceramente, a fronte di questo silenzio da parte vostra m'era venuta voglia di cancellare la storia e non pensarci più. Se non fosse stato per Nintendolove00 e Dark Aleilva che hanno cominciato a farsi sentire al vostro posto, magari lo avrei pure fatto (A proposito, grazie ragazze!). Sappiate che se continuaste a recensire mi fareste davvero un enorme piacere. Non abbiate paura di dirmi che la storia non vi piace più, io lo capisco e continuerò a volervi bene lo stesso...
Per gli altri: mancano tre voti per ammettere Melanie nella lista dei personaggi. Fatevi avanti, dai, dai!
Ok, ho finito. Tanti Klimpaloon a tutti!

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Capitolo 8
*** Pain: il tradimento ***


 

La terra iniziò a tremare, i cani a innervosirsi e gli uomini a temere per la loro vita.

Ferb fece dare l'ordine di arrestare i cavalli, avevano fiutato anch'essi il pericolo e se li avessero costretti a continuare c'era il rischio che si imbizzarrissero.

Per quanto fosse passata in fretta, la scossa sismica era bastata a spaventarli.

Tranquillizzò il baio sotto di lui, che s'era allarmato e sbuffava pesantemente aria dalle froge umide, con poche pacche sulla testa e vide che Isabel faceva lo stesso con la sua giumenta stellata.

-Cosa li avrà spaventati?- gli si rivolse la ragazza.

L'istinto del re era di non rispondere mai a ciò a cui non sapeva dare una risposta.

Stavolta lei aveva capito e non si offese.

Videro i cani che tornavano ancora una volta indietro abbaiando e gli uomini che faticavano a zittirli. C'era decisamente qualcosa di strano, si avvertiva una tensione elettrificata nell'aria.

Sfiorò l'impugnatura della spada Excaliferb con il dorso della mano e la sentì incandescente al punto che dovette immediatamente ritrarla, sembrava che avrebbe potuto sciogliere il fodero.

Bufavulus li aveva raggiunti e si sporse dalla sella gravando sul collo del suo castrone nero che non ne fu affatto contento. Pose una mano sopra la fronte a schermare gli occhi dal sole e aguzzò la vista come un marinaio esperto che scruta l'orizzonte.

-C'è una creatura enorme, lì in fondo.- dichiarò con la voce resa ancora più roca del solito dall'emozione -Sembra il diavolo!-

-Macché diavolo! I diavoli non esistono!- fece Baljeetolas, che lo seguiva. Lo sperava, più che esserne sicuro.

-Il diavolo esiste eccome.- lo contraddisse il nano in tono serio -È lo spirito provocatore di tutto il male che viene perpetrato nel mondo per la perdizione dell'uomo.-

-Ma non è una creatura fisica, non puoi averla vista...- insistette l'elfo.

-Insinui che non ci vedo?- lo minacciò alzando il pugno.

Stavano ricominciando con i loro stupidi litigi, ma furono interrotti dalla voce del tutore di Ferb che si intromise, in tono disfattista: -Sire, faremmo bene a ritirarci. Stiamo andando troppo oltre e se dovesse succederle qualcosa non resterà nessuno a guidare il regno...-

Ferb lo guardò senza nascondere l'antipatia. Aveva fatto tutte quelle storie per accompagnarli, ma ora non si rivelava altro che un peso morto. Non aveva assolutamente voluto lasciargli il comando, eppure avrebbe potuto farlo.

-Vuoi scherzare?- rispose Bufavulus per lui -Non siamo mica dei vigliacchi. Tornatene indietro da solo, se credi!-

L'uomo si irrigidì e tacque, ma non per il rimprovero.

I cani avevano ripreso a latrare.

Dall'altra parte della montagna, emerse una figura titanica che sembrò coprire il cielo oscurandolo.

Ferbillotto lo fissò senza dar segno di esserne minimamente colpito, Isabel urlò, Baljeetolas si strinse al suo piccolo Fjord e Bufavulus rise nervosamente. Roger invece sembrò esaltarsi.

La creatura si stagliò contro il sole e la sua stazza interminabile venne alla luce.

Aveva un'identità umana seppur deforme, con un che di scimmiesco, ma al contempo conservava una grazia felina, come un enorme leone ingobbito dalla vecchiaia, con dei muscoli delle braccia e del torace molto sviluppati e ricoperti da scaglie da rettile che ricordavano quelle di un grande coccodrillo, bianche che sembravano sbiadite dal sole.

Chiunque lo guardava avrebbe potuto definirlo in maniera sempre differente, sembrava cambiare in continuazione, sembrava una combinazione di tutto e di niente.

Ma su una cosa tutti avrebbero potuto concordare: era indubbiamente innaturale e faceva spavento.

-È veramente mostruoso!- esclamò Baljeetolas impugnando con mano tremante il suo arco.

Per quella loro facoltà di avvertire il pericolo, i cani erano tutti impazziti e battevano in ritirata, gli uomini non poterono fermarli, nemmeno Isabel con la sua sensibilità ci riuscì.

-Dovremmo imitarli.- si azzardò ancora una volta a suggerire quel codardo del tutore. E già si accingeva a far ripiegare il suo cavallo.

-Non azzardarti a muoverti da qui! Nessuno osi tornare indietro!- Ferb stringeva in mano la spada e gliela puntava contro.

Il metallo era arroventato come se fosse stato immerso nel fuoco.

S'era avvolto una striscia di cuoio intorno al palmo per non scottarsi eppure sembrava che non servisse a niente, che la consumasse raggiungendo la pelle.

Strinse i denti per resistere, ma la sua mano intanto friggeva e si carbonizzava.

-Ferb!- esclamò Isabel accorgendosene -Lasciala andare.-

Ma lui non poteva farlo.

Fece ruotare la lama indirizzandola verso il mostro.

Si crearono mille barbagli colorati di luce riflessa, ed era il segnale di attacco.

Spronarono i cavalli scagliandosi sul nemico, urlando e strepitando.

Ma andandogli incontro sembrava che il mostro diventasse sempre più grande, più imponente e più minaccioso.

Erano come delle formiche contro una tigre sbranauomini. Sì, formiche armate di frecce e spade roventi e mazze chiodate.

Tutto ciò che riuscirono a fare fu di pungergli le dita dei piedi.

E lui, naturalmente, li sollevò per schiacciarli.

-Scansatevi!- gridarono. Ci fu un po' di parapiglia, ma riuscirono a non farsi calpestare.

Il mostro parlò. Non s'era accorto del loro arrivo finché non erano arrivati a disturbarlo.

-Già qui? Avete fatto in fretta!- disse con una voce gutturale che sembrava amplificata da un'eco demoniaca.

-È un diavolo!- strillò Baljeetolas.

Bufavulus lo guardò come se volesse mollargli una sberla.

-Comunque, non abbastanza in fretta.- continuò il gigante -Di questo potete ben capire il perché.-

Tese il braccio destro.

Nel pugno stringeva il corpicino, minuscolo al confronto, di un ragazzetto esanime. Nonostante fosse riverso, il suo viso triangolare era impossibile da non riconoscere.

La spada Excaliferb sfuggì dalla mano di Ferbillotto e cadde al suolo producendo un gran clangore.

La striscia di cuoio che aveva messo a protezione del palmo s'era infine spezzata, la svolse in fretta rivelando che la pelle sotto era ustionata e coperta da vescichette.

La lama della spada era di un rosso fosforescente come se fosse appena uscita dalla forgia e nessuno avrebbe potuto toccarla.

Ferb non capiva come fosse possibile, l'unica irrazionale spiegazione era che fosse sotto l'effetto di una maledizione... Ma certo! Perché non ci aveva pensato prima?

-Ferb, fa' attenzione!- gridò la voce della fata.

Ma perché non era più precisa? Attenzione a cosa? Al mostro? Da dove arrivava il pericolo? Dalle spalle, dall'alto, dal sottosuolo? Perché gli venivano in mente tutte quelle inutili obiezioni invece di voltarsi ad affrontarlo?

Forse la spada non era l'unica cosa a essere stata maledetta.

Forse anche lui era sotto l'influsso di un sortilegio, perché vedeva tutto quanto così rallentato?

Vide Isabel saltar giù dalla sua cavalla, sollevare le mani in alto e allungare una gamba in avanti. Sembrava che i suoi piedi non avrebbero mai toccato il suolo.

Vide le dita del mostro schiudersi una alla volta, vide il corpo di suo fratello che ne scivolava giù, inerme, indifeso, sembrava che sotto di lui non ci fosse il vuoto ma un materiale viscoso che gli impedisse di attraversarlo senza fargli mai toccare terra.

Le ginocchia di Isabel si piegarono, la ragazza sembrò alzarsi in volo.

Ma non era certo possibile, non più, forse stava semplicemente saltando.

Contemporaneamente vide Roger, il suo tutore, che si piegava dalla sella e allungava la mano verso la spada Excaliferb infuocata.

Gli sembrò strano quel gesto. Sapeva di non essere autorizzato a toccarla, non si sarebbe mai permesso di contravvenire al suo ordine, giusto?

Ma forse voleva semplicemente restituirla al suo legittimo proprietario.

Cercò di avvertirlo, si sarebbe fatto molto male se avesse tentato di prenderla, ma dalla sua bocca non venne fuori nessun suono intelligibile.

La mano dell'uomo sembrava avvolta da una sorta di barriera blu, perché mai avrebbe dovuto essere blu? Non era un colore molto naturale!

Quando afferrò l'elsa non si bruciò. La chiuse in una presa solida.

La sollevò come se fosse stata molto leggera.

E poi la direzionò contro di lui.

Avrebbe dovuto porgergliela dall'impugnatura, invece la stava tenendo al contrario, come se volesse pungerlo con la lama.

Cosa credeva di fare?

-Sta' al tuo posto, mio re.- la voce era piena di disprezzo, di rabbia, di cattiveria e di spavalderia.

Sentì le proprie membra irrigidirsi autonomamente come se avessero appena obbedito a un comando.

Era come se si trovasse in una dimensione onirica in cui non poteva imporsi su se stesso, come se fosse condannato a restare immobile a osservare ciò che accadeva, senza potersi scansare.

Sentì la punta della lama premere sul suo petto.

L'uomo tirò indietro la mano di scatto all'improvviso e immediatamente dopo la tese.

La sensazione dell'impatto di un ferro che entra dentro la carne viva doveva essere ben strana, sarebbe stato interessante riuscire a sentirla esplorare l'interno del suo corpo, sfiorare i suoi organi vitali, troncare i tendini, dissezionare i fasci muscolari, penetrare le ossa, semplicemente con il tatto.

Invece, si attivò subito la dimensione del dolore.

E tutta la sua visuale fu occupata dal ghigno di Roger che sembrava più malefico di quello di Malifishmertz.

Nello stesso momento, Phineas arrivava al suolo dopo essere precipitato per Dio solo sapeva quanti metri, e Isabel lo prendeva al volo.

Il suo peso concentrato a piombo la gettò in avanti, ma lei riuscì a non cadere, si piegò solo un po' sulle ginocchia.

Phineas era sconcertato, buttò istintivamente le braccia al collo della sua salvatrice, ma non ci fu molto da festeggiare, non solo perché si era ancora al centro della battaglia.

Isabel lo rimise in piedi, nei suoi occhi c'era una angoscia terribile e lui vide che non riusciva a spiccicare parola a causa dell'affanno.

Seguì il suo sguardo in tempo per vedere Ferb che cadeva da cavallo, scivolando giù da una spada rossa di sangue retta da un uomo molto bello e dallo sguardo orribilmente crudele.

-No!- gridò sentendosi mancare.

Lasciò andare Isabel, ma non riuscì ad avvicinarsi a suo fratello, fu respinto da una forza misteriosa.

La lama dell'Excaliferb roteò di fronte a lui producendo dei bagliori demonici che in qualche modo riuscì a riconoscere.

Magia nera! E, ciò che era peggio, era opera della sua mano!

-Il mostro si sta ritirando!- gridò qualcuno.

-Sì, ma non è merito vostro.- la stazza di Malifishmertz sembrò smorzarsi leggermente, non arrivava più al cielo ma era ancora grande e grosso e minaccioso e aveva ancora l'aspetto alterato dato dalla pozione che aveva bevuto.

Si aspettavano che li avrebbe attaccati, invece si mosse così in fretta che sembrò materializzarsi accanto a Roger.

-Cosa diavolo stai facendo?- gli urlò contro -Non era questo il piano!-

Roger si strinse nelle spalle -Ho pensato che se dovevo eliminare il re, tanto valeva farlo bene.-

Ferb ebbe come uno spasmo e si sollevò a sedere facendo leva sulle mani.

La corona che aveva in testa ballò pericolosamente, in bilico.

Roger vi fece passare la punta della spada attraverso e gliela sfilò.

Poi, con un gesto di disprezzo, la gettò via lontano da sé.

-Ne avrò una più bella di questa, una che non sia insudiciata dalle tue orribili buone maniere.- disse, non si accorse che Malifishmertz lo guardava arrabbiato.

Ferb alzò lo sguardo su di loro.

-Caino.- riuscì a dire. E i suoi denti si macchiarono di rosso.

Poi arrivò Bufavulus a prenderlo.

Con la mazza parò il colpo di spada che Roger gli rivolse, mentre con l'altro braccio lo sollevò di peso e lo buttò a sacco sul suo castrone.

Lo fece scartare e tornò indietro dagli altri.

-Attenti! Il nostro re è stato ferito!- gridò agli uomini -Circondate il traditore!-

Un buon numero di lame venne puntato contro i due nemici. Che non si impressionarono minimamente.

-Questa spada mi darà il potere necessario per spazzarvi via e impadronirmi del regno.- disse Roger in tono sprezzante -E anche tu, renditi utile, non sei qui proprio per questo?- aggiunse rivolto a Malifishmertz.

Questi annuì, seppure con una smorfia di disappunto, e spalancò le fauci rivelando le zanne sparando subito dopo un getto d'acido sui soldati.

Per fortuna avevano gli scudi, ma dopo quell'attacco si sciolsero.

-Uh, è notevole, ma anche schifoso!- commentò Roger -Ti sei fatto pure brutto, anzi più brutto, sai?- lo punzecchiò.

-Ti sei guardato allo specchio, di recente?- sibilò Heinz.

-Io sono un bell'uomo.- si vantò Roger.

Ed era vero, dannazione, e quella spada gli dava anche un'aria così immeritatamente eroica!

Mentre la battaglia continuava a svolgersi, i cinque ragazzi s'erano appartati.

Buford aveva scaricato Ferb su una roccia e Isabel esaminava la sua ferita.

-È molto profonda.- disse -Non so se riusciremmo a tornare indietro in tempo per curarla, anche se partissimo subito. Non puoi far nulla per lui?- chiese a Phineas.

Il ragazzo non rispose subito, si stava agitando e quando succedeva era pericoloso.

Cercò di riassettare le idee.

-Qui dietro c'è la casa di Malifishmertz, è dove mi ha tenuto prigioniero, ha un piccolo laboratorio. Ferb, cerca di restare cosciente, ok? Mi inventerò qualcosa.-

Ferb annuì, era diventato molto pallido, ma resisteva.

-Ma quelle che avrà lui non saranno adatte solo alla magia nera?- obiettò Baljeetolas.

-Sono elementi chimici, dovrebbero andare bene per qualunque tipo di pozione.- spiegò Phineas. Si vergognava ancora per aver aiutato il nemico, ma forse adesso avrebbe potuto rimediare.

Bufavulus prese di nuovo in braccio il re, che ormai senza la spada non sarebbe più stato re. -Copriteci!- ordinò ai suoi uomini.

Phineas si mise in testa per guidarli. Ma poi si fermò e si guardò intorno, incerto, come se si sentisse spaesato.

-Ti senti bene, Phineas?- chiese Isabel vedendolo vacillare.

-Sì, è solo che... Non sono più sicuro di dove sia...-

Come se l'avesse chiamato in soccorso, il draghetto comparve dal nulla precipitandosi dritto tra le sue braccia.

-Eccoti qua, Perry!- esclamò regalandogli un abbraccio frettoloso prima di lasciarlo -Puoi aiutarci? Portaci dov'eravamo prima, è un'emergenza...-

L'animale sembrò sorridere, anche se per ovvie ragioni il suo becco avrebbe dovuto impedirgli tale manovra, e saltò a terra.

Si erse in posizione eretta e fece un gesto per incitare i ragazzi a seguirlo.

Loro non esitarono, salvo Baljeetolas che sussurrò all'orecchio di Bufavulus un retorico: -Come mai indossa un cappello?- a cui il giovane nano rispose stringendosi nelle spalle.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Note dell'autrice :
Questo capitolo è il mio 'regalo di compleanno' per la mia affezionata lettrice
Dark Aleilva. Spero che quello che ho scritto non ti faccia andare di traverso la torta. Mi spiace che non sia stata esattamente la parte più 'tranquilla' della storia, ma capisci che avevo definito da tempo quello che sarebbe dovuto accadere, e purtroppo è capitato... Pare che Ferb odierà per sempre il giorno del tuo compleanno (o quello seguente). U_U A costo di sembrare banale, in un ridicolo tentativo di 'alleggerire la tensione' ti canto ''Tanti auguri a te''... e io non sono stonata quindi sforzati di esserne contenta XD, un Kiss.
Un ringraziamento particolare a marti15_98 che ha risposto al mio appello e a f9v5 che ha iniziato a commentare, questa storia aveva proprio bisogno di nuove recensioni. Per gli altri: sappiate che anche il vostro parere è sempre gradito. Graaaazie mille.

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Capitolo 9
*** The Lady of the puddle: la seconda parte della profezia ***


Malifishmertz non aveva nessuna intenzione di cavalcare un destriero.

C'era un brutto ricordo legato a una cosa simile, una coppia di donne che si allontanava al galoppo dalla sua residenza per poi sparire per sempre, perdendosi nell'orizzonte con un ultimo sbeffeggiante nitrito che si perdeva lontano.

L'imponenza e l'incutere timore erano ottenibili anche con altri metodi, per esempio indossare un mantello nero borchiato e un casco dalle corna ricurve. E per il problema pratico della dislocazione fisica, si poteva sempre sfruttare l'arte magica del teletrasporto.

Non era propriamente malefica, ma sicuramente di grande effetto, soprattutto quando si trattava di lasciare con un palmo di naso i nemici che ormai credevano di averti in pugno.

Perciò arrivò prima di quell'imbecille che disgraziatamente era suo fratello -chissà per quale orrendo motivo il destino aveva voluto tirargli un simile scherzo!- e fu costretto a fare qualcosa che odiava: aspettarlo.

"Di volata!" aveva pensato, e il suo corpo mostruosamente deforme si era sollevato dal suolo e aveva iniziato a galleggiare come una bolla divenendo momentaneamente incorporeo. Roger gli aveva detto che c'era una barriera invisibile creata da Phineas per impedire l'accesso dei nemici entro i confini del regno. Ma avendo avuto ragione di lui, se n'era reso immune e adesso poteva attraversarla senza alcun problema. Sentì solo la resistenza che gli veniva opposta, sembrava provocare una piccola scossa elettrica. Ma superato l'ormai innocuo pizzicore, in un attimo fu dall'altra parte, pronto a devastare, se fosse stato nello stato d'animo giusto per farlo.

Non aveva condiviso il gesto di suo fratello, perciò aveva deciso di penalizzarlo lasciandolo a cavarsela da solo contro quelli del re.

Secondo il piano concordato insieme, il re doveva essere semplicemente deposto, non assassinato.

Era giovane. Ma prima o poi sarebbe divenuto un uomo, aveva ribattuto Roger. Sì, ma era sempre giovane, questo a maggior ragione lo avrebbe reso un martire e avrebbe spinto i suoi seguaci a rivoltarsi contro di loro.

Non avrebbe dovuto importargli, era immorale ma la moralità non era nel suo dominio.

Quello che secondo Roger lui non aveva capito era che avrebbe dovuto pretendere di elevarsi al di sopra della semplicistica divisione tra bene e male. Il potere non si otteneva certo in quei modi antiquati che aveva adottato lui, creare un esercito proprio per contrastare quello già esistente non sarebbe servito a niente, ci sarebbe sempre stato qualcuno in grado di combatterlo.

Ciò che avrebbe funzionato per davvero era installarsi nella mente di un popolo, facendogli credere d'essere libero quando invece lo si portava a una dominazione subdolamente imposta. Bisognava avere la pazienza di guadagnarsi la fiducia del pubblico, portandolo a rovinarsi con le proprie mani. Era così che si faceva politica!

Invece lui la pensava diversamente, a suo avviso questo contrastava con il suo metodo, non si poteva semplicemente impugnare una spada e reclamare un trono.

Bastardo, gli stava togliendo anche questo!

Si sentiva molto più qualificato di lui a diventare il nuovo re. L'oro che aveva in tasca non significava che avesse rinunciato a quella possibilità.

Roger dava per scontata la sua lealtà soltanto perché erano fratelli di sangue. Peccato che i legami di parentela non gli interessassero. A lui non era certo stato riservato un bel trattamento, mai, da nessuno, nemmeno da mamma e papà.

Si diresse al pozzo.

Si diceva che presso quel luogo il re avesse la facoltà di evocare l'Oracolo e interpellarlo per conoscere le sorti del regno.

Voleva darci una sbirciata, credeva già di sapere cosa aspettarsi.

Si poteva dire che simili ingiustizie perpetrate dagli umani gli dessero il voltastomaco.

Le porte d'accesso erano sorvegliate da tre uomini di una certa età che in realtà si annoiavano e passavano il tempo chiacchierando, mangiando dolciumi e strimpellando un po' di bella musica, cosa che non guasta mai.

Sogghignò, pregustando già la neutralizzazione di quegli ostacoli, si divertiva a farlo e tre gli sembravano una bazzecola, non erano certo un esercito intero.

Sollevò la bacchetta e se la diede in testa, certo non per farsi male, ma per rendersi invisibile.

Il suo aspetto ancora alterato dalla pozione li avrebbe fatti scappare o resi ostili e lui non avrebbe avuto la sua occasione di spassarsela alle loro spalle.

Si avvicinò tranquillamente e colse uno stralcio della loro conversazione.

-Sapete quando tornerà il re? È partito con la scorta senza dire nemmeno dove sia andato.- diceva quello con dei lunghi capelli castani, baffi e barbetta da hippy, dall'aria inquieta, che aveva una bella voce.

-Dov'è andato?- chiese il tipo brizzolato con gli occhiali tamburando nervosamente due bastoncini sul piccolo scudo che aveva in grembo, producendo un ritmo interessante -Voi lo sapete?-

-È un segreto ma, non ditelo a nessuno, pare che abbiano sequestrato il fratello e che sia andato a riscattarlo.- rivelò il tizio con un vaporoso caschetto bianco e il mento pronunciato che pizzicava le cordicelle di una minuscola lira.

-Scherzi? Quello è un pezzo di pane!- sobbalzò l'altro.

-Chi potrebbe fare una cosa simile? Andiamo! A lui?-

-Ma infatti non è lui ad avere dei nemici.-

-Chi detiene il potere deve guardarsi continuamente le spalle.-

-Sì, e doveva evitare di mettere in pericolo i suoi cari.-

-Ma se decidono di toccarteli, le precauzioni che prenderai non saranno mai abbastanza.-

-Allora sarà per questo motivo che ha fatto trasferire la famiglia?-

Mentre loro ciarlavano al vuoto, Malifishmertz si lasciava trasportare dalla creatività del momento, senza minimamente ascoltarli.

“A quello con i capelli bianchi scatenerò contro un esercito di formiche rosse che inizieranno a pizzicarlo, gli entreranno nei vestiti e nelle mutande e si dovrà spogliare di fronte agli altri due. Scommetto che strillerà come una donnicciola. Che spettacolo!”

Amava definirsi uno che si sapeva intrattenere con poco.

Si acquattò per non fare rumore.

Dimenò per aria la bacchetta invisibile e lanciò il suo incantesimo.

Una pioggia di quelle creaturine pestifere comparve dal nulla e assaltò in silenzio la sua vittima.

L'uomo aveva appena messo in bocca un dolcetto. Lo sputò e iniziò ad agitarsi interrompendo il suo piccolo concerto.

-C'è qualcosa che mi morde!- disse -Ci sono le pulci!-

-È la tua immaginazione.- minimizzò il 'batterista' -Qui è pulitissimo.-

Ma l'altro si mise a saltellare quando, a un comando silenzioso della bacchetta di Malifishmertz, le formiche diventarono più grosse e più feroci.

-Piantala, Bobby!- lo rimproveravano.

-Non vi sto prendendo in giro!- protestò il poveretto.

Il mago si godette le sue successive urla stridule e la reazione degli altri che non capivano e credevano che fosse posseduto da una creatura maligna.

Fu così esilarante che lo fece rotolare dal ridere.

Sentirono le sue risa e si impaurirono perché non vedevano nessuno.

-Chi è là? Fatti vedere!- gli intimarono, ma naturalmente il tono risultò meno minaccioso di quanto sperassero.

Li stuzzicò facendoli continuamente trasalire finché il gioco non lo annoiò.

E allora fece partire una piccola esplosione che bastò a disperderli.

Quindi aprì la porta e, a fatica, abbassandosi perché era troppo stretta e bassa per lui, la oltrepassò senza più curarsi di loro.

Si ritrovò in una cameretta non troppo grande. L'interno era oscuro, c'era una finestra da cui filtrava la luce della luna, ma non si vedeva quasi nulla.

Si rese di nuovo visibile e fece partire un raggio dalla bacchetta e lo direzionò verso il soffitto. La stanza si illuminò a giorno.

-Questo sarebbe il famoso pozzo magico?- chiese ad alta voce.

Era più piccolo di quanto avesse immaginato. Era piazzato esattamente al centro.

Era strano, di solito i pozzi si trovavano all'aperto. Immaginò che la stanza vi fosse stata costruita intorno. C'era da scommettere che fosse stato Phineas a progettarla.

Ma in fondo che cosa gliene importava!

La bocca era stata coperta da un disco di legno, come se qualcuno temesse che l'acqua venisse contaminata. La spinse con entrambe le mani, facendola cadere rumorosamente dall'altra parte.

Si sporse per guardare di sotto.

Sul fondo del pozzo l'acqua era cristallina e vagamente rosata.

Ne aspirò il profumo, sapeva di mistico.

Ruppe la magia -Ehilà! Signor oracolo!- chiamò a gran voce -Dove sei? Che cosa si deve dire per farti uscire fuoriii?-

L'eco gli rispose. Ma non fu l'unica.

-Parla più piano, uomo rumoroso! Questo è un luogo sacro!-

Heinz si voltò lentamente sorridendo -Oh, scusami tanto! Non avevo intenzione di disturbare il tuo sonno eterno.-

Di fronte a lui c'era una specie di fantasma evanescente che avrebbe dovuto intimorirlo e invece non faceva che attrarre il suo sguardo.

I tratti del viso erano sfocati come se li si guardasse attraverso un vetro appannato, ma le curve si notavano fin troppo bene.

-Ma tu guarda, chi l'avrebbe mai detto? Da quand'è che si permette a una donna di diventare oracolo?- in realtà, lo sapeva benissimo e la cosa lo lasciava terribilmente amareggiato.

Lei avanzò. Indossava un lungo abito nero di ottima fattura dalle maniche larghe con dei meravigliosi ricami azzurri alle estremità che brillavano per via di qualche magia. C'era un diadema che le adornava la fronte, con una piccola gemma esattamente al centro

-Cosa sei venuto a fare qui, se non hai nessuna domanda da porre?- chiese la ragazza in tono duro.

-Chi te lo dice che non ce l'abbia?- la contraddisse.

-Io vedo tutto. Tu sei arrivato qui mosso dalla curiosità. Molti prima di te hanno avuto questo desiderio senza capire che non si possono infastidire gli dèi senza motivo.-

-Tu non sei una dèa.- disse con disprezzo.

-Corretto.- concesse l'oracolo -Sono un tramite per comunicare agli uomini il disegno degli dèi. Ma non mancarmi di rispetto, mi trovo sempre al di sopra della tua miserevole vita mortale.-

Scattò prima che potesse farsi da parte.

Sembrò proiettarsi in avanti con un movimento secco del bacino.

Heinz pensò che gli venisse addosso e sollevò le braccia per ripararsi il viso.

Ma arrivata a lui, si dissolse come fosse stata nebbia.

Comunque, lui se ne sentì ugualmente colpito, come da una valanga di schegge acuminate. Le sentì bruciare e lacerare la sua pelle spessa e mostruosa.

La ragazza si ricompose alle sue spalle, con i piedi scalzi sollevati dal suolo.

-Non giocare con me, uomo.- disse con uno dei toni più velenosi che avesse mai sentito -Non puoi vincere.-

-Non sono un uomo.- disse lui -Sei cieca? Non hai notato il mio aspetto?-

-Non sei altro che un uomo con un aspetto ridicolmente modificato da una magia.- ribadì lei.

-Sono uno stregone! E sono molto potente. Mi installerò su questa corte e mi impadronirò di Danvilot e di tutta l'Area dei tre Regni.-

-No.- disse tranquillissima lei -Come puoi essere così sicuro di quello che farai? Sei forse un profeta? Sai forse prevedere l'esito delle tue meschine azioni?-

-Tu puoi farlo?-

-Io sono l'Oracolo, io so tutto. Possiedo la Sapienza divina.-

A simili parole gli saltarono decisamente i nervi.

-No, NO! Tu non sai tutto!- le urlò contro con rabbia incontrollata -Voi credete di trovarvi sempre e comunque al di sopra di noi comuni mortali, ma io so benissimo quello che siete in realtà! Non possedete nulla e per questo non ci sarà mai nulla di cui voi possiate fare parte! E tu sei come tutte le altre che hanno sostenuto questo ruolo prima di te, sei soltanto una bambina che è stata strappata via dalla sua famiglia e che è stata cresciuta da un idolo nella vece dei tuoi genitori legittimi e iniziata al suo culto contro la tua propria volontà. Ti hanno costretta a rinunciare alla tua vita, tu non sai cosa sia la sapienza di cui tanto blateri, non ne hai la minima idea. Tu non hai nessuna esperienza di vita, perché ti è stata tolta senza rimedio. E sono stati... crudeli... perché non ti hanno permesso di scegliere, ti hanno usata, ti hanno manipolata e distrutta. Ti avranno fatto studiare, ti avranno imposto la loro visione del mondo finché tu stessa non ti sarai convinta d'essere nata per questo. Non sei che uno strumento nelle loro mani. E inoltre... ti hanno fatto dimenticare quello che sei e che sei stata, negandoti quello che avresti potuto essere!-

Fu interrotto da un nuovo attacco che lo colpì violentemente allo stomaco e gli fece perdere l'equilibrio.

Andò a finire riverso sul bordo del pozzo e ciò che vide fu se stesso, l'immagine di quello che era diventato, cospiratore, traditore del proprio nome, del proprio sangue, ladro di bambini. Nient'altro che feccia, un mostro orripilante, riflesso sulla superficie dell'acqua.

Sputò una boccata di sangue e saliva che la raggiunse e vi si mescolò imputridendola. Le increspature distorsero la sua immagine e lui guardò meravigliato il proprio volto tornare quello di un tempo, quello che aveva sempre conosciuto.

In confronto a com'era prima, sembrava quasi bello, adesso. Le iridi degli occhi tornarono prima rosse e poi blu, come erano state un tempo.

Poi, alle sue spalle comparve la Dama e lui ne vide i connotati definirsi sempre più finemente.

Sobbalzò e la guardò direttamente, il cuore in petto gli era diventato pesante e dolente come se avesse ricevuto un pugno che gli avesse fracassato la gabbia toracica.

Gli occhi di lei erano di un blu profondo del tutto simile al suo, di forma leggermente allungata e con palpebre un po' pesanti che però li facevano risultare misteriosi e sensuali. Ed esprimevano un enorme sconvolgimento.

-Parli come qualcuno che ho conosciuto tantissimo tempo fa.- disse, e l'aura luminosa che l'aveva attorniata fino a quel momento si andò dissolvendo, rivelandola nella sua essenza. Ne vide il viso tondo dal mento un po' a punta, il naso all'insù, le labbra carnose a bocciolo, gli zigomi alti e nobili. Era così bella!

Heinz allungò le mani verso di lei, non in modo minaccioso. Le scostò una ciocca di capelli castani dalla faccia per poterla vedere meglio, per capire, per essere sicuro.

-Sei cresciuta così tanto.- disse e già sentiva formarsi, inaspettate, delle lacrime agli angoli degli occhi.

Le lasciò tracimare, ma batté subito le palpebre per evitare che gli si offuscasse la vista.

La Pusa aveva lo sguardo di chi non riesce a credere a ciò che vede.

Poi sembrò che le venisse da svenire, si lasciò cadere in avanti e Heinz la afferrò sorreggendola.

Quella presa diventò in modo molto naturale un abbraccio in cui entrambi si persero, dimenticando d'essere appena stati nemici, d'essere stati un maligno e una semidea, un mago e una profetessa, non furono nient'altro che loro stessi, un uomo e una donna, un padre e una figlia.

-Sapevi che sarei arrivato?- le chiese.

-Sì, padre. Lo sapevo.- rispose Vanessa tra le lacrime -Sapevo che sarebbe successo, ma non sapevo quando. E non potevo crederlo. Non avrei mai voluto lasciarti. È stata mamma...-

-Lo so. Lei ha deciso per te. Lei credeva che sarebbe stato meglio così.-

-Mi ha portato via quando non avevo ancora alcuna cognizione di cosa fosse giusto per me stessa. Mi dispiace!- Vanessa piangeva senza vergogna ed era estremamente addolorata.

Heinz la strinse più forte e gli tornò in mente quanto l'avesse disperatamente cercata in Phineas.

Allora mise in discussione tutto quello che era e tutto quello che stava facendo.

-Sono stato così stupido! Sarei dovuto venire subito a cercarti.- disse biasimandosi -Avrei recuperato un sacco di tempo che ormai ho perduto per sempre, mi sarei risparmiato tutte le delusioni che sono succedute al tuo abbandono.-

-Perché non sei venuto prima?-

-Non sapevo dove ti avessero portata! Non credevo assolutamente che fossi tu la famosa Dama della Pozza, l'Oracolo...-

-Devi andare, adesso.- Vanessa lo allontanò bruscamente da sé.

-Scherzi? Ti ho appena ritrovata!-

-Devi finire quello che hai cominciato. È il destino!-

-Cosa? Vuoi che continui ad aiutare Roger? Che mi importa di lui, del suo oro! Andiamocene via insieme e che le sorti di questo regno non ci riguardino mai più!-

Segretamente Vanessa pensò che fosse una proposta allettante, ma la rifiutò. -Non hai capito, io non posso allontanarmi da qui, questo è il mio posto, sono stata consacrata all'idolo per sempre.-

-Io posso liberarti!- insistette Heinz.

-No. Non puoi. Non lo farai. È impossibile. Se anche mi portassi via, gli spiriti mi riporterebbero indietro.-

-Deve esserci un modo!- esclamò l'uomo disperato.

Gli occhi di Vanessa si adombrarono -L'unico che conosco è quello di portarmi a perdere il potere della veggenza. A quel punto non potrei più essere l'Oracolo e gli spiriti mi lascerebbero andare.-

-E come si fa? Farò di tutto!-

Lei esitò. -Serve un sacrificio.- disse dopo un pesante sospiro -Qualcuno deve prendere il mio posto.-

-Niente di più semplice!- si entusiasmò Malifishmertz -Il mondo è strapieno di gente sacrificabile. Qua fuori c'erano tre persone inutili che...-

-Non può essere chiunque!- si irritò la ragazza -Deve essere addestrato! Deve possedere l'animo adatto, in modo che io possa trasferire a lui il potere della veggenza. Deve essere come ero io prima che diventassi come sono adesso.-

L'uomo sbuffò. -Mica posso perdere tempo ad andare a cercarmi uno con la Sapienza, dove mai lo trovo?-

Fu come se avesse detto ad alta voce una parola d'ordine.

Le pupille e le iridi degli occhi di Vanessa sparirono improvvisamente e le sue orbite si illuminarono trasformandosi in due veri fari. La ragazza fu avvolta dalla luce e si staccò da terra. La sua bocca si aprì, la sua voce divenne imponente e riempì tutta la stanza.

Heinz si spaventò, stava assistendo a una Profezia.

Colui che ha cercato ricchezza per se stesso con la frode sarà destinato alla vacuità perenne del Limbo dei dannati. Colui al quale il sogno di grandezza è stato negato sarà guidato verso un nuovo inizio che lo porterà a risplendere in eterno. Ma non potrà farlo se sarà lasciato da solo. E sarà colui che fu il suo avversario a dovergli porgere aiuto.

Heinz restò affascinato da quelle parole, ma lì per lì non riuscì a comprenderle. Però, per una strana ragione, esse gli si installarono nella memoria, avrebbe potuto ripeterla dopo ore senza sbagliare. E forse, era proprio quello che bisognava fare.

Dopo che ebbe parlato, la luce abbandonò la ragazza, che si accasciò come se non avesse più energia.

La sollevò dolcemente.

-Non me ne importa niente di quello che hai detto, io ti porto via.- e uscì fuori dalla stanza tenendola in braccio.

Non aveva pensato a quello che avrebbe trovato fuori dalla porta. Vi si era radunato un esercito intero, e tutti puntavano le loro armi contro di lui, lo stavano aspettando.

I tre uomini che aveva preso di mira prima erano nel mezzo della folla, dovevano essere stati loro ad avvisare gli altri.

Lo indicarono. -È Malifishmertz!- gridarono, riconoscendolo.

Già, non aveva più l'aspetto di un mostro, adesso.

-Vuole rapire la Dama della Pozza! Fermiamolo!-

Era quello che appariva ed era anche plausibile, chi mai avrebbe creduto alla verità?

Quello che accadde dopo successe così in fretta che non riuscì quasi a comprenderlo.

Seppe solo che gli parve di ergersi su tutta quella gente e superarla con un grande e impossibile balzo. Sentì urla sovrapposte e vide le frecce che gli lanciavano dietro passargli vicinissimo ma non se ne curò.

L'unica cosa che riusciva a fare, che doveva fare era portare sua figlia lontano da quel luogo.

Non pensò nemmeno al teletrasporto, tanto era agitato. Gli venne in mente dopo. Quando si rimaterializzò fuori dal castello, si accorse che stava finalmente arrivando Roger.

-Non mi hai aspettato!- lo accusò quello -Perché cavolo te ne sei andato lasciandomi nei pasticci? La scorta del re mi ha inseguito fin qui e hanno rischiato di ammazzarmi! Non avevamo detto che dovevi tenermeli buoni mentre io andavo avanti?-

-Chi sono, la tua guardia del corpo? Avevi la spada per difenderti, no?- lo rimbeccò.

Il fratello lo guardò meglio. -Perché, in nome del cielo, non sei più in quello stato in cui ti avevo lasciato? E chi è quella ragazza? Ti sarai mica messo a rimorchiare mentre io ero in pericolo?-

-Non potresti piantarla di dire idiozie, almeno per un giorno? Questa è l'Oracolo del re. Guardala bene! Non la riconosci?-

-Vedo solo un fantasma dai connotati sfumati...-

Heinz abbassò lo sguardo su Vanessa e la vide nitidamente.

-Non ha importanza.- riprese Roger ansiosamente -Può pure essere la tua amante segreta. Ritrasformati in quel mostro di prima e uccidi quelli che mi inseguono. Stanno per arrivare!-

-Prendi con te la Dama.- gli disse.

-È un ostaggio?- fece l'altro ottusamente.

-No!- si arrabbiò -Trattala bene! Nascondetevi da qualche parte. Ci penso io a quelli.-

Vanessa sembrò preoccupata.

-Stai bene, tesoro, va' con lo zio. Sto per tornare.- le sussurrò, poi la spinse per farla salire sul cavallo di Roger.

Si allontanarono al trotto.

E di colpo Heinz pensò di aver fatto un errore a lasciarla con lui.

Ma non ebbe tempo di ripensarci, la scorta del re era arrivata e si chiese come contrastarla, dato che l'effetto della pozione di Phineas era già svanito. L'aveva bevuta quando non era ancora a puntino, immaginava fosse questa la ragione.

Ma non era tutto, anche il suo interesse a continuare era oramai bello che andato.

Senza starci molto a pensare, tirò fuori la bacchetta, la puntò contro il suolo e fece comparire una voragine. Quindi la occultò con un secondo colpo di bacchetta e fece in modo di mettersi bene in vista dall'altra parte.

Quando lo avvistarono, gli vennero incontro e finirono inesorabilmente nella trappola, uno di seguito all'altro.

Naturalmente, però, a cascarci fu solo la prima fila.

Cavalli e cavalieri si contorcevano là in fondo al buco mandando grida di aiuto.

E gli altri lanciavano le loro frecce cercando di individuarlo.

Ma a questo punto, lui era già andato via.

-Roger!- chiamò -Ti ho fatto guadagnare un po' di tempo. Adesso sei pronto a espugnare il tuo regno con l'inganno?-

Era questo il semplicissimo piano che quello stupido aveva deciso di attuare, sarebbe tornato indietro a reclamare il trono per sé, spada Excaliferb in pugno. In quanto tutore del re, sarebbe stato eletto naturalmente il suo successore, diceva.

Lui intanto avrebbe dovuto liberarsi dei testimoni del suo tradimento.

Ma non si poteva dire che l'avesse fatto per bene.

A lui non piaceva uccidere le persone, lo reputava un gesto estremo cui soltanto i vigliacchi ricorrevano per eliminare la fonte di un problema.

-Roger? Vieni fuori, brutto idiota!- lo chiamò ma quello non si faceva vedere.

-Dannazione, vuoi vedere che quel cretino se n'è andato da solo incontro a quelli da cui stavo scappando! Non l'ho avvisato! Si riprenderanno Vanessa!- e partì per l'ennesima volta, desideroso di torcergli le gambe.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 






 

spazio autrice:
Avrei voluto aggiornare ieri mattina ma non ho avuto tempo di farlo, oggi ho preso il capitolo e l'ho postato senza rileggerlo, quindi se ci sono errori che mi sono sfuggiti vi chiedo scusa. Auguro a tutti i miei lettori un buon Natale e... sappiate che una recensione potrebbe essere il regalo perfetto. :)

9/3/2014: metto qui questa nota apposta per fartela leggere quando ci arriverai, Koopafreak. Volevo chiederti di essere assolutamente sincera e dirmi che cosa, secondo te, questo capitolo abbia che non va. Praticamente, ho avuto due ulteriori abbandoni a partire da qui: credi che ci sia qualcosa che non torna? Per me che l'ho ideata fila tutto, ma magari gli altri che non riescono a leggermi nella testa hanno trovato qualcosa di inaccettabile. Dimmi un po' tu che, ho notato, sei così intelligente e intuitiva, io proprio non ci arrivo. PS: grazie per aver letto.

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Capitolo 10
*** Long live the king: notte critica ***


Premessa: devo avvisare che verso la metà di questo capitolo ci sarà una scena che forse potrebbe dar fastidio ai lettori più sensibili. Lo scrivo per correttezza e mi scuso fin da subito, ma non sapevo come alleggerirla... se doveste pensare che per questo sia opportuno alzare il rating ad arancione (anche se io credo di no) ditemelo.

 

Phineas aveva riconosciuto il posto in cui era stato rinchiuso per diversi giorni, dove per poco non era stato divorato da un serpente gigante e dove era entrato a contatto con quell'uomo dalla personalità così incoerente che lo aveva spinto a fare ciò che non voleva.

Scoprì di avere qualche ritrosia quando si trattò di rientrarci, anche se forse da questo sarebbe dipesa la vita di suo fratello.

Il tetto era sfondato, perché quando Malifishmertz aveva iniziato a trasformarsi era cresciuto al punto che gli spazi di quel locale non erano più bastati a contenerlo.

–È questa?– Isabel gli prese la mano. Era così fredda da dare l'impressione che il sangue non le scorresse più nelle vene, ma gliela strinse per farsi coraggio.

Chiuse gli occhi ed entrò insieme a lei, non sapeva se da solo ne avrebbe avuto la forza.

Poi gliela lasciò. –Da questa parte.– disse, dirigendosi immediatamente verso il laboratorio.

Buttato in un angolo c'era un materasso che era stato il giaciglio di Malifishmertz, Bufavulus vi fece sedere Ferbillotto e poi lo forzò a sdraiarsi anche se lui non voleva e faceva resistenza cercando di restare diritto.

–Come va?– gli chiese poi, come per riprendersi dalla brutalità che si era visto costretto a usargli.

Lui sollevò il pollice per dire che era tutto a posto, ma la sua fronte s'era imperlata di minuscole goccioline di sudore e la sua faccia aveva perso ancora più colore. Si premeva il ventre con le mani e tra le dita colava il sangue.

Era stato piuttosto fortunato, perché era stato colpito nella parete più alta dello stomaco, più o meno al centro tra i muscoli addominali, sopra l'ombelico. Nessun organo interno sembrava essere stato lesionato, per lo meno non in modo serio, ma questo non lo toglieva dal pericolo, la perdita copiosa di sangue poteva essere ugualmente dannosa.
–Trovate delle bende pulite. Dovrebbero essercene.– disse Phineas, che già si affannava nel reperire le giuste sostanze che avrebbero potuto servirgli, ma non è che ci fosse un granché di buono, lì in mezzo.

–Posso farti da assistente?– si offrì Isabel.

–No.– rispose Phineas –Qui non devi toccare niente.–

–Ok.– fece la ragazza ritraendosi, quasi spaventata dal suo tono secco.

Phineas si accorse di essere stato un po' rude e se ne pentì. –È che queste sostanze non le conosco tutte e potrebbe esserci qualcosa di pericoloso.– spiegò –Aspetta che le abbia esaminate, poi ti dirò quali puoi toccare senza rischio.– aggiunse.

–Va bene.– annuì la ragazza, convinta solo in parte.

Andò all'ingresso per non disturbarlo.

Perry si era messo a guardia della porta e Baljeetolas e Bufavulus controllavano le condizioni di Ferb che, anche se li aveva rassicurati, aveva inevitabilmente iniziato a non respirare bene, si era rigirato su un fianco ed era tormentato dalla tosse. Il fazzoletto di seta che si teneva davanti alle labbra era sporco di goccioline rosse.

I due gli avevano aperto la casacca e stavano cercando di fasciarlo con dei lenzuoli che avevano trovato lì e che avevano tagliato a strisce.

–Ma cosa fate?– li riprese Isabel –Prima dovete pulire la ferita! Vado a cercare dell'acqua.–

La sua specialità. Non è che fosse perfettamente indicata, ma poteva bastare in attesa che Phineas trovasse qualcosa di meglio.

Nella stanza attigua c'era un secchio mezzo vuoto, probabilmente era stato riempito in qualche pozzo vicino. Ringraziò il cielo per averlo trovato e lo spinse sul pavimento per portarlo da Ferb, poi vi immerse una pezza che una volta posta sul taglio si intrise di rosso.

La strizzò e reimmerse tre volte prima di riuscire a vedere cosa c'era sotto.

Ebbe un sussulto di pura sorpresa che nessuno notò.

–Usa questo.– Phineas era tornato e le porgeva una provetta.

–Che cos'è questa roba?– gli chiese Bufavulus.

–Una soluzione disinfettante. Non aggiusta ma aiuta.–

Isabel non aveva idea di cosa fosse ma si fidava di lui. E perché non avrebbe dovuto?

Versò il liquido trasparente sulla ferita di Ferb, che ebbe un trasalimento involontario e cercò di alzarsi, ma tale movimento gli fu impedito da Bufavulus che lo trattenne giù sul materasso semplicemente spingendolo con una mano.

Isabel arrossì vistosamente.

Ferbillotto si era aggrappato al braccio di suo fratello e si era del tutto scoperto, il petto era praticamente nudo. La vita di corte, in genere, appesantiva i sovrani. Lui non era certo il tipo che se ne restava seduto tutto il giorno sul suo trono a guardare gli altri dall'alto in basso, ma dalla sua corporatura esile non avrebbe mai detto che avesse un fisico così atletico e asciutto.

Ed era straordinario che resistesse ancora, che il suo sguardo fosse ancora così lucido. Quello di Phineas non lo era altrettanto.

–Lasciami, Ferb, non ho ancora finito...– protestò il ragazzo.

–C'è qualcosa che devo dirti.– sembrò che ogni parola gli costasse un grande sforzo –In privato. Per favore.–

Phineas fece il segno di uscire dalla stanza e loro li lasciarono soli.

Passarono quasi cinque minuti a chiedersi cosa mai avessero da dirsi in una situazione tanto critica.

Nessuno badava a lei.

Perry si muoveva nervosamente, passeggiando avanti e indietro per la stanza.

Lo guardò incuriosita.

Lo aveva notato prima, non sembrava più comportarsi come un animale, sembrava aver assunto atteggiamenti tipicamente umani. E in quel momento, la preoccupazione era molto evidente sul suo visetto peloso.

Non appena gli si avvicinò si fermò a fissarla.

Si accovacciò accanto a lui aspettandosi quasi che scappasse, ma non lo fece.

La sua espressione ora sembrava sorpresa. No, quegli occhi marroni erano troppo penetranti per essere quelli di un animale senza cervello.

–Noi due siamo simili, lo sai, Perry?– gli sussurrò abbozzando un sorriso –Vorresti essere un umano anche tu, non è così?–

Perry sgranò leggermente gli occhi e lei seppe che aveva capito perfettamente quello che gli aveva detto.

–Lo so, perché anche io ho tanto voluto esserlo. Però ora mi piacerebbe poter riavere i poteri che ho perso per aiutare i miei amici. E per poter parlare con te, poter capire cosa dici...–

Perry emise un verso strano, ma ancora più strano fu ciò che fece dopo.

Lasciò che lei avvicinasse una mano al suo viso e quando lo toccò, non solo accolse quel buffetto ma lo assecondò piegando la testa.

Isabel sentì quanto fosse morbido quel bel pellicciotto che lo ricopriva e pensò che stesse cercando di dirle qualcosa.

Phineas le aveva detto che Perry non si faceva toccare mai da nessuno che non conoscesse, quindi si sentì quasi una privilegiata.

Aveva da sempre un feeling speciale con gli animali, li comprendeva e loro capivano lei.

Era grazie a quella sua predisposizione se prima era riuscita a mettere in riga i segugi.

Ma stavolta non riusciva proprio ad afferrare.

Quello non era un animale come gli altri. Era una creatura straordinaria, per la sua essenza avrebbe meritato anche lui un corpo degno di ospitarla. Ma forse non era come lei, forse non lo avrebbe voluto, forse si amava e si accettava in toto per com'era. Anche se non poteva parlare, anche se i suoi sentimenti non sarebbero mai stati espressi allo stesso modo di quelli degli umani.

Non ci volle molto perché Perry perdesse tutte le resistenze e si lasciasse accarezzare senza problemi. Stavano facendo amicizia, e in un momento del genere!

Sentì un mezzo borbottio a bassa voce da parte di quei due che commentavano la scena, ma non aveva affatto voglia di preoccuparsene.

Phineas era rientrato. Si soffermò un attimo a fissarla, non riuscì a sorriderle e passò avanti.

Sembrava di fretta ed era evidente che avesse pianto. Non era esattamente una cosa comune da vedere, ma, dopo tutto quello che aveva passato, doveva credere che fosse naturale.

–Tutto ok?– gli chiese.

–Sì, devo finire...– fece lui debolmente.

Si asciugò gli occhi e la sua faccia sembrò cambiare completamente, si concentrò sul suo lavoro e sembrava che per lui non esistesse altro. E magari presto sarebbe stato così.

Isabel si rese conto della propria impotenza, adesso che non era più una fata.

Nella contea in cui era cresciuta aveva sempre conservato il suo ruolo e non aveva mai avuto il bisogno tutto umano di sentirsi felice.

Le fate non creano la vita, ma aiutano la natura a prosperare, avviano i processi di crescita delle piante, dirigono l'esistenza della fauna, non sono al mondo se non per quest'unica ragione che diventa il loro scopo.

Nel corso della vita che aveva preceduto la scelta di rendersi mortale non aveva conosciuto nient'altro.

Eppure lei non era mai stata come le altre, lei aveva sempre provato dei sentimenti.

Era stata uno spirito immortale, dai poteri legati alla terra, e aveva sempre avuto piena coscienza di cosa fosse.

Sua madre l'aveva istruita a svolgere i suoi compiti e un giorno, se mai ne avesse avuti, anche lei avrebbe dovuto fare altrettanto con i suoi figli.

In quanto immortali, infatti, le fate non hanno bisogno di riprodursi, restano giovani per sempre. Lei aveva compiuto centododici anni ed era ancora in fiore, non aveva nemmeno raggiunto l'età adulta. Ci sono anche delle fate vecchissime di settemila anni e più che conservano l'aspetto di creature giovanissime.

Ma a differenza di tutte le sue compagne che la trovavano grandiosa, quella prospettiva non le era più piaciuta. Aveva sempre sentito che c'era qualcosa di sbagliato in questo, ma non poteva capire che cosa fosse.

Era continuata in quel modo fino al giorno in cui aveva incontrato Phineas.

Non era previsto che una fata si innamorasse di un mortale.

Non sapeva perché, ma aveva sentito di amarlo sinceramente, quasi da subito. Legarsi a lui era stata una faccenda molto naturale.

E le era sempre stato detto che quando una fata si lega a qualcuno è per l'eternità.

Aveva dato per scontato che quel qualcuno sarebbe stata un'altra fata come lei. Sarebbe stato anche normale.

E dato che l'eternità trascende la vita mortale, non sarebbe mai stata felice sapendo che, un giorno, la persona che aveva scelto di avere al proprio fianco sarebbe dovuta morire.

Ecco perché era diversa dalle altre, ecco perché aveva scelto di diventare come lui.

E nonostante la sua impotenza, non si sarebbe mai pentita della sua decisione, nemmeno quando la sua pelle perfetta avrebbe iniziato ad avvizzire, nemmeno quando sarebbe giunto il momento di lasciare questo mondo. Era il cerchio della vita.

Non era stata una decisione avventata. L'aveva meditata a lungo prima che Phineas la mettesse di fronte a quella possibilità. Era stato spietato ed era per questo che lei lo avrebbe amato per sempre. Dio, quanto lo amava! E aveva rischiato di perderlo. Sarebbe stato un dolore troppo grande, insopportabile. Non sapeva se sarebbe riuscita a sopravvivere.

Sì, perché adesso la sopravvivenza non era più scontata.

Anche ora che Phineas era di nuovo libero, la sua sorte era decisamente incerta.

Lo vedeva lavorare troppo, avrebbe potuto morire soltanto per la fatica. Cercava di salvare suo fratello, naturalmente, e non c'erano intenzioni più nobili, ma lo sforzo eccessivo avrebbe potuto ucciderlo.

–Sono stanchissimo.– lo sentì mormorare, come se avesse sentito il suo pensiero. I suoi occhi erano iniettati di rosso. Stava per crollare.

–Per favore, devi riposarti.– gli disse –Hai fatto del tuo meglio.–

–Non posso!– esclamò lui –Che razza di suddito e sopratutto che razza di fratello sarei se lasciassi morire il mio re solo per...– esitò –...per pensare a me stesso?–

–In questo stato non riusciresti comunque a fare molto.– cercò di farlo ragionare, anche a costo di adottare un tono severo –Anche se non vuoi ammetterlo, tu hai avuto un trauma. E come potresti non averlo avuto? Ti hanno rapito e segregato, e non obiettare che sei stato trattato bene perché io ho visto il modo in cui quel mostro ti teneva. Chiunque al tuo posto ne sarebbe uscito distrutto, eppure tu sei qui, ancora in piedi, ad annientarti con le tue mani.–

Phineas mise su una faccia triste ma cocciuta. Ma doveva sapere che era lei ad aver ragione.

Gli cinse dolcemente le braccia e gli fece lasciare il becher che impugnava.

–Prenditi soltanto una mezz'ora. Ne hai bisogno.– sussurrò. Non glielo stava chiedendo, glielo stava prescrivendo –Le condizioni di Ferbillotto non sono così gravi da non poter aspettare.–

–Non è vero. Lo ha passato a fil di spada.– singhiozzò il ragazzo con una nota di disperazione nella voce, non riusciva più a trattenersi, era sopraffatto dalle proprie emozioni.

E forse lei stava mentendo, ma non le importava. –Ma lui è resistente, lo sai. Mezz'ora.– ribadì –Ti sveglio io.– gli promise.

Lo baciò e lo sentì rilassare le spalle e aprire la bocca docilmente.

–Sai che mi sei mancata?– le disse piano, senza staccare le labbra, ma lei lo allontanò gentilmente.

–Avremo tutto il tempo della nostra vita per coccolarci.– rispose, sempre dolce ma seria –Adesso fa' quello che ti ho detto.–

Phineas lasciò con riluttanza il suo lavoro a metà.

Praticamente si accasciò sul pavimento, non riusciva nemmeno più a reggersi in piedi.

Non c'erano altri materassi in quella casa, a parte quello occupato da Ferb, ma lei aveva raccolto della paglia da fuori per costruire un lettuccio.

Non era esattamente comodissimo, ma Phineas vi si addormentò istantaneamente non appena ebbe chiuso gli occhi, come un soldato.

Si soffermò a contemplarlo per qualche secondo.

Forse sarebbe stato questo il suo nuovo compito, prendersi cura di lui, assicurarsi che stesse bene, che non si ammazzasse di lavoro.

Decise di lasciarlo in pace e tornò al laboratorio. Guardò le sostanze che stava usando e si rammaricò di non essere in grado di continuare al suo posto.

–Isabel.– si sentì chiamare piano da una voce dolce che conosceva e che la fece allarmare.

–Ferb, cosa ci fai in piedi? Non dovresti nemmeno essere in grado di alzarti!–

Il ragazzo la guardava in modo strano. –Hai detto tu che sono resistente. Lasciami provare.–

–Provare a fare cosa?–

Lui indicò il lavoro incominciato da Phineas.

–Vorresti dire che puoi completarlo tu? Ma sei sicuro?–

Annuì. Il sudore ormai gli ricopriva ogni quadrato di pelle e le guance erano rosse per la temperatura corporea che si era alzata, nonostante l'apparente assenza di infezione. La benda che gli fasciava il ventre non era più del tutto pulita, anche se avevano fermato l'emorragia c'era il rischio che un movimento sbagliato riaprisse la ferita.

Isabel si chiese se ce l'avrebbe fatta.

La mano gli tremò violentemente quando cercò di prendere il becher e per poco non lo fece cadere. Quasi glielo strappò di mano.

–Ascolta. Lo faccio io. Tu dimmi semplicemente quello che devo fare. Ok?–

Lo vide deglutire e strizzare gli occhi lucidi per la febbre, come se quel gesto gli avesse fatto male. Ma in realtà stava mettendo a fuoco. La sua fronte si corrugò per un attimo.

Poi indicò una provetta, fece un segno a 'V' con le dita medio e indice quindi tornò a indicare il becher.

–Due gocce?– interpretò Isabel. Aspettò che lui le desse l'OK, poi mise l'imbuto sulla bocca del becher e vi versò attentamente due gocce -e non di più- del liquido della provetta.

Sussultò. La sostanza aveva cambiato colore. –È normale, questo?–

Ferb si morsicò un labbro, poi le indicò un'altra provetta e aprì la mano per indicare di mettere quattro gocce.

Obbedì, stavolta non cambiò colore ma si sentì una specie di sfrigolio come di olio che frigge.

Non fece in tempo a ripetere la domanda di prima che Ferb già le indicava un'altra sostanza. Gliene fece mettere altre cinque diverse, poi le disse di bollirla.

Appena messa sul fuoco era di un verde sporco. Isabel non ci capiva niente, ma si fidava dell'esperienza di lui, ed era lieta di potergli essere utile.

–Appena diventa blu limpida– disse Ferb –Vuol dire che è pronta.– detto ciò, fu come se avesse resistito solo per portare a termine quel compito, e venne meno.

Accadde di colpo. La voce s'era affievolita, gli occhi si rivoltarono nelle orbite mostrando solo la sclera bianca, la testa si reclinò in avanti sul corpo.

Isabel diede in un'esclamazione, la macchia di sangue s'era allargata in modo spropositato, forse aveva fatto un movimento che non doveva fare.

Chiamò Bufavulus e Baljeetolas, che stavano anche loro riposando nell'altra stanza, e lo stesero sul materasso.

Riaprirono in fretta le bende e di nuovo vide quella cosa che l'aveva tanto spaventata prima, ma stavolta la videro anche gli altri.

–Cos'è quello?– chiese l'elfo a occhi sgranati per la sorpresa e, forse, il disgusto.

C'era un corpo estraneo, piccolo ma non troppo, che spiccava scuro sotto la pelle cadaverica.

–Temo sia la punta della spada.– disse Isabel con calma apparente –Dev'essere rimasta dentro quando il traditore lo ha trafitto.– e sentì un conato di vomito ma lo mandò di nuovo giù, qualcosa le diceva di essere forte.

–Allora è spacciato!– sentenziò il nano.

–Niente affatto!– si arrabbiò –Mi sembra chiaro quello che dobbiamo fare: dobbiamo toglierla. Dammi il tuo coltello.–

Bufavulus se lo tolse dalla cintola e glielo porse –Stai attenta. Potresti ucciderlo.– la avvisò, come se questo la aiutasse a restare calma.

Isabel saggiò la lama con il pollice. Fece una piccola smorfia, era tagliente al punto giusto.

Le parve di escludere completamente tutte le emozioni dalla sua persona, chiudendosi in una specie di bolla di professionalità.

Esaminò il corpo, non sembrava conficcato molto in profondità, poteva farcela.

Fece passare la lama attraverso i lembi della ferita e spinse in giù finché non toccò quel piccolo pezzo di metallo.

Ma non appena ciò accadde, il corpo di Ferb ebbe una specie di impeto involontario nell'incoscienza che gli fece contrarre i muscoli.

E lei sentì una resistenza che non avrebbe mai immaginato, che attraversò la lunghezza della lama arrivando a farle sollevare di scatto la mano.

Ebbe paura, ma ancora non capiva.

–Tienilo fermo.– disse a Bufavulus che afferrò le braccia di Ferb per immobilizzarlo, e Baljeetolas fece lo stesso con le gambe.

Lei portò le dita della mano sinistra a schiacciare i labbri del taglio.

Reinserì la lama e stavolta, invece di toccare subito, tastò intorno sperando e pregando di non troncare qualche arteria importante.

Rigirò il coltello per qualche secondo. Poi, con un movimento secco e tutto in un colpo, ne rigirò la punta dal basso verso l'alto e, stringendo con l'altra mano, sentì l'oggetto risalire.

Allora cercò di afferrarlo utilizzando le dita nude come se fossero pinze, ma le sfuggì ancora una volta.

Sembrava assurdo, ma quella cosa aveva una volontà propria e non ne voleva sapere di essere tirata via.

Imprecò a bassa voce, ma non si perse d'animo e riprovò una seconda volta.

Fu costretta a tagliare un po', ma alla fine, dopo una breve lotta, esso si arrese e lei riuscì a estrarlo, facendo moltissima attenzione.

Lo strinse come se volesse fargli male. Non era più grande di un bottone, ma quanto dolore doveva provocare!

Ma non si trattava ancora di una vittoria, le cose iniziarono a precipitare quando vi fu una specie di scoppio di sangue.

–Tamponate!– ordinò con il tono di voce dell'urgenza.

–Meno male che era già svenuto!– perse tempo a commentare Baljeetolas. Buvafulus fu meno titubante e schiacciò la benda sulla ferita per fermare l'emorragia. Non sarebbe mai bastato a salvarlo, avevano bisogno di qualcos'altro e tutti e tre ne erano consapevoli.

Avevano solo una speranza.

Lei si alzò e andò ancora con le mani tutte insanguinate a controllare la pozione che aveva preparato.

Bolliva, ed era di un blu brillante.

Sentì la punta della spada che aveva asportato vibrarle tra le mani, come una farfalla che cercasse di sfuggire alla cattura, come se veramente avesse una testa propria.

–Che spada fenomenale.– disse in un soffio, ammirata nonostante tutto.

La poggiò sul tavolo e afferrò la pentolina.

–Isabel! Cosa succede?– Phineas s'era alzato e la guardava confuso.

–Spostati, per favore. Devo darla a Ferb.– gli disse con affanno.

Phineas guardò e capì. –Aspetta. Ma l'hai fatta raffreddare?–

Sentì un tuffo al cuore. –No.–

–Versala in una ciotola.– le consigliò.

–Non c'è tempo...–

–Fa' come ti dico!– insistette –Se no rischi di ustionarlo e fare ancora più danno.–

Lei prese un contenitore e ce la travasò.

Phineas le porse un fazzoletto per pulirsi le mani, poi mise un dito nella pozione per sentire se fosse ancora calda e la travasò nuovamente in un'altra ciotola. Per fortuna, abbondavano.

L'aspetto di Phineas sembrava decisamente migliore, era lucido e quasi pimpante, le occhiaie erano sparite. Il riposo, seppur fosse stato piuttosto breve, aveva fatto un miracolo. E ritornare ad affidarsi a lui fu una benedizione.

–Devo fargliela bere?– chiese.

–No, devi versarla dove c'è il taglio...– si interruppe irrigidendosi nel fissare Ferb con occhi sgranati –Che cavolo...è successo...– mormorò.

Isabel capì che era disturbato dalla vista del sangue. Ma avevano già perso troppo tempo.

Prese la ciotola, si inginocchiò sul ragazzo, strappò via la benda ormai martoriatissima e versò la pozione dentro la ferita.

Il liquido blu la riempì e colò da tutte le parti.

Ma non accadde niente. La pelle era sempre fredda e incolore.

Isabel rantolò angosciata.

Prese il polso di Ferb tra le dita e constatò che non c'era più nessun battito.

Il cuore si era fermato.

Realizzò che non ce l'avevano fatta, lo avevano perso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 








 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

–È uno scherzo, vero?- rabbrividì Monogram, tirando impercettibilmente su con il naso. -La pozione non ha funzionato? Me l'hai davvero fatto morire?-

–Si aspettava un finale lieto, signore?– sorrise in modo misterioso il diciottenne, soddisfatto da quella reazione. –Bisogna essere aperti a più di una possibilità.-

Era arrivato alla fine del paragrafo. Mostrò che il resto delle pagine era vuoto.

–Non dirmi che non hai altro.– cominciò l'uomo sbigottito –Non puoi farmi questo, non tenermi sulle spine, Carl. Giuro che ti licenzio se non mi dici subito...–

–Si calmi! Era sul serio uno scherzo!– alzò le braccia il ragazzo, ridendo.

Dalla borsa estrasse un'altra cartelletta, la aprì e ne tirò fuori un nuovo gruppo di fogli, notevolmente più piccolo di quello che aveva avuto in mano fino a quel momento.

–Allora, mi dica, si sente pronto per sentire il seguito?– fece, mettendosi già nella posizione di ricominciare a leggere, ma fu subito interrotto.

–Aspetta un attimo. E quegli altri invece che cosa sono?– chiese Francis dissimulando l'imbarazzo.

Carl seguì la direzione del suo dito teso, stava indicando un altro insieme di fogli che era rimasto nella cartella.

–Oh nulla...– minimizzò –Mi sono divertito a buttar giù un finale alternativo. Ma lei non se ne preoccupi, innanzitutto leggiamo questo.–

–Finale alternativo?– ripeté il capo impallidendo leggermente –Avevi paura che ciò che stai per leggere non mi soddisfi?–

Carl non rispose. Insistette nel suo gesto di mettersi alla lettura.

–Cosa c'è che potrebbe non piacermi?– incalzò l'uomo –Carl, non farmi stare in ansia, qual è il finale che stai per leggere?–

– Adesso lo scoprirà.– tagliò corto lui.

***

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pioveva.

O nevicava, non riusciva a distinguere bene di cosa si trattasse, ma cadeva dal cielo, era fredda e gli provocava dei brividi che correvano lungo tutta la lunghezza del corpo.

Poi si ricordò che non si trovava all'aperto, e allora ebbe un secondo di confusione in cui non capiva da dove potesse provenire.

Era forse ricominciata la pioggia insalubre che aveva dato origine a ogni cosa?

Cercò di guardare in alto, per scoprirne la fonte, ma non vide praticamente nulla se non un bianco immenso nel quale il suo sguardo si confondeva e si perdeva.

Tutto sembrava appannato.

Da dove proveniva quella nebulosa?

E c'era veramente o si trattava di un sogno?

O, magari, di un lucido delirio?

Era probabile che non lo avrebbe saputo mai.

Eppur nel dubbio, sentiva una calma innaturale, qualcosa che ancora non avrebbe osato definire 'pace', ma che sembrava avvicinarvisi parecchio.

Non vedeva il proprio corpo ma sapeva, per via di una irragionevole sicurezza, di essere da qualche parte, ancora vivo nonostante il dolore lacerante che gli stava perforando lo stomaco.

Gli parve di vedere la spada Excaliferb, era ancora conficcata nella roccia e l'inscrizione in calce alla sua base avvertiva che avrebbe potuto essere impugnata solo da un proprietario alla volta.*

Ed era stato lui quel proprietario, ma adesso gliel'avevano rubata.

Come era stato predetto, si era rivoltata contro il suo padrone poiché questi non era più degno di essa, e qualcun altro l'aveva reclamata per sé.

Chissà se Roger si sarebbe mostrato più forte di lui, che aveva sempre dubitato di se stesso, chissà che non avrebbe dimostrato di meritarsi quel simbolo di potere e di grandezza.

Anche se lo aveva ottenuto con l'inganno e il tradimento.

Anche se lo aveva assassinato.

In un attimo, le immagini che scorgeva nel buio si fecero indistinte e tutto cominciò a cambiare.

Nel centro esatto di quel nulla, infinito e indefinito, si cominciava a scorgere qualcosa in lontananza che si avvicinava rapidissimo. Strisciava e sibilava come un serpente guizzante.

Quella entità si rese enorme, si fuse con l'immensità circostante e poi se ne separò bruscamente.

Mentre l'uno si elevava in alto, l'altro precipitò in basso e turbinò in un vortice che cercava di inghiottire ogni cosa, e anche lui che si trovava lì non vi sarebbe mai sfuggito.

Senza aprir bocca invocò pietà, chiamò aiuto, pregò di non essere lasciato cadere in quell'abisso, di venire sorretto, di essere salvato.

Ma la sua voce -anche se non aveva più una voce- suonava orribilmente flebile e non raggiungeva neanche la seconda tonalità, chi mai avrebbe potuto sentirla?

Una figura imponente e luminosa si materializzò di fronte a lui, era di una nitidezza che lasciava sfocato tutto il resto.

Vide due mani bianche e scheletriche e un viso incavato, bianco e smunto come un teschio.

Pure ne sentì il tanfo, che spiacevolmente gli arrivò sulla lingua, un'incredibile e nauseabonda combinazione come di carogna putrefatta mischiata all'inconfondibile acidità pungente del sangue.

Voleva gridare mentre quel braccio ossuto si tendeva verso di lui per ghermirlo, ma le sue labbra sembravano fuse nell'acciaio.

La mano dell'essere sfiorò la sua testa, poi si infiltrò tra i suoi capelli e andò a impigliarsi tra i ricci, tastando la cute, e lui sentì quanto fosse gelida ed ebbe il terrore di esserne toccato ancora.

Sembrava che con solo quel ridicolo gesto potesse prosciugare tutto il suo sangue vitale.

E lui non ne aveva più nemmeno un litro nelle vene, perché era morto. O lo sarebbe stato presto.

E c'era un tumulo di terra sopra di lui, che cresceva di secondo in secondo trasformandosi in una montagna che lo schiacciava con il suo peso.

Qualcuno gliela buttava addosso con un badile, se la sentiva sbattere in faccia, entrare nel naso, negli occhi, nella bocca e rotolare giù per la gola soffocandolo.

Era disperato e pianse. Chiamò il nome di Phineas, voleva sentire la sua confortante presenza prima di andarsene, ma c'era qualcuno che gli ripeteva, che voleva a tutti i costi fargli credere, che lui non fosse lì e che non lo avrebbe aiutato.

Eppure qualcos'altro gli diceva che, nonostante quella situazione fosse senza ritorno, ancora una volta lui sarebbe venuto a prenderlo, così come era accorso lui per strapparlo dalle grinfie di Malifishmertz.

Poi sentì qualcosa di bagnato e caldo che entrava nel suo corpo.

Sollevò la testa e vide il suo ventre dilaniato e un liquido blu che vi si allargava sopra, che lo riempiva colando da tutte le parti.

Si sentì afferrare da un'altra mano. Calda, solida, forte e pulsante di vita.

Vi si abbandonò con una fiducia immensa e inaspettata che non aveva idea da dove provenisse.

Lo tirava via, al sicuro da tutto quell'orrore. E lui provò fin dentro al cuore un tepore rassicurante e fu sicuro che nessuno glielo avrebbe mai tolto perché qualcuno che lo amava lo stava reclamando per restituirlo alla vita.

Il sollievo lo travolse mentre l'immagine dello scheletro che voleva catturarlo si faceva sempre più indistinta e lontana.

Vi sfuggiva. Non in maniera decisiva, ma non sarebbe stato quello il giorno in cui la morte lo avrebbe avuto. Ma capì che non sarebbe passato troppo tempo prima di rivederla ancora una volta. La definitiva.

Gli sembrò di risvegliarsi da un incubo.

Risentì la voce di Isabel, piangente e lamentosa come una nenia.

–Non è possibile, ho fatto esattamente quello che mi ha detto.– stava dicendo. Attraverso le palpebre semichiuse la intravvide voltarsi verso Phineas in cerca di una spiegazione, di un conforto, ma lui sembrava interdetto almeno quanto lei.

–Guardate! Qualcosa sta succedendo.– sentì risuonare improvvisamente la voce acuta di Baljeetolas, che stava indicando lui con il dito.

Isabel si era leggermente scostata, capì che non voleva guardare più, che sentiva il bisogno di andar via da quella stanza.

Ma Phineas la prese per le braccia e lei non ebbe cuore neanche di voltarsi.

La sua faccia costernata sembrò rianimarsi in un modo e con una velocità sorprendenti mentre guardava affascinato le guance bianche di Ferb che si andavano ricolorando leggermente.

Il ragazzo si riebbe del tutto. Schiuse gli occhi che per un attimo sembrarono rossi. Ma il blu aggredì il rosso e lo dissolse come un solvente, mescolandosi ad esso.

Il respiro dapprima si fece affannoso, poi pian piano si regolarizzò.

Ritrovò la voce, anche se era molto flebile. –Ho visto la morte in faccia.– disse. Sul suo viso c'erano ancora i segni della debilitazione che l'aveva prostrato.

Fu aiutato a sollevarsi a sedere, Isabel vide che c'era un segno molto profondo che spiccava nitidamente sulla sua pelle, dato dalla doppia aggressione, ma il taglio si era chiuso e, sopra, il sangue si rapprendeva velocemente a formare una crosta parecchio brutta da vedere. Ma si poteva dire che stesse guarendo. Se ne meravigliò per qualche ragione.

Phineas si inginocchiò accanto a suo fratello. –Allora è accaduto quello che ti ha predetto la Dama della pozza.– disse –Non si era sbagliata. Ma sei sopravvissuto.–

Ferb ebbe uno slancio improvviso e abbracciò entrambi, insieme. Baciò anche le guance di suo fratello, senza mostrare nessuna vergogna per tale gesto. Non gli importava di tradire le apparenze, non in un momento simile.

Isabel non se lo aspettava per niente, ma nemmeno Phineas, perché in effetti era un ringraziamento del tutto insolito da parte sua. Doveva aver avuto seriamente paura.

Fu come se si ricaricassero delle pile scariche.

–Certo, ringrazia soltanto loro.– brontolò Bufavulus –Perché noi non abbiamo fatto niente, vero?–

–Non prendertela.– disse Phineas ridendo –Voi avevate già dimostrato la vostra lealtà.–

Arrivò anche Perry, quasi correndo, quasi scodinzolando di gioia. Saltò addosso a Ferb e gli si accoccolò sotto il braccio come se avesse bisogno del suo affetto.

Lui, in risposta, lo accarezzò sulla testolina.

Isabel guardò la scena intenerita. Poi provò rabbia ripensando a ciò che l'aveva causata e chiese delle direttive a quello che sembrava il capo naturale della situazione, a Phineas: –E ora che cosa dobbiamo fare?–

Lui stringeva in mano una nuova boccetta che nessuno aveva ancora notato, piena di un misterioso liquido di color magenta. La esaminava e non rispondeva.

–Che cosa dobbiamo fare?- gli chiese di nuovo, più lentamente.

Lui rispose come sovrappensiero: –Dovremmo capire quale sia il trattamento che si riserva ai traditori. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*NOTA: Nell'episodio, sulla roccia su cui è conficcata la spada Excaliferb vi è questa inscrizione: “ONE YANKETH PER CUSTOMER”. Ho cercato su Internet, ma non sono riuscita a capire cosa significhi, pare comunque sia qualcosa di ironico. La traduzione che ne ho dato, sicuramente sbagliata, è puramente ma volutamente personale, in quanto adattata alla storia.
–––––––
Spazio autrice:
Se siete sopravvissuti alla lettura vi faccio i miei più vivi complimenti. Non so cosa sia andato storto nello scorso capitolo per indurre DUE di voi ad abbandonare questa fanfic. Come se già ce ne fossero abbastanza a seguirla... -. - non posso implorarvi di tornare, ma posso invitare chiunque stia leggendo a lasciare una recensione critica, invece di disprezzarmi in silenzio.

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Capitolo 11
*** Humanity: una deviazione di percorso ***


 

Non si poteva negare che Roger fosse un ottimo cavaliere.

L'animale rispondeva egregiamente ai suoi comandi, accelerando il passo quando necessario.

Ma lei non aveva la sella e ballava. Si aggrappò alla sua schiena perché temeva di cadere.

Si accorse subito che stavano allontanandosi troppo dal punto in cui avevano lasciato Malifishmertz.

–Si può sapere dove accidenti vai? Dovresti aspettarlo.–

–Lui mica mi ha aspettato prima!– sbottò l'uomo, era come se borbottasse tra sé da solo.

–Perché tu non avevi rispettato i patti.– obiettò lei.

–Che razza di chiacchierone, ti ha raccontato tutto?–

Lei non rispose. In verità non gliel'aveva detto lui, era lei ad avere la facoltà di vedere ogni cosa.

–Ho avuto una grande idea.– riprese all'improvviso Roger –Io non so perché ti abbia presa, ma adesso ti riporto indietro e faccio credere di averti salvata. Così avrò doppio merito.–

–Assassinare a tradimento un ragazzo di tredici anni non è un merito.– sentenziò Vanessa con disprezzo. Si sentiva agitata a stare accanto a quell'uomo, era come se la sua stessa persona irradiasse qualcosa di notevolmente negativo.

Lui ebbe uno scoppio soffocato di risa. –Già, sarà meglio non raccontare questa parte. Cerca di fare la brava.– aggiunse in tono velatamente minaccioso.

Si tuffarono in una macchia di pruni.

Stava succedendo, sapeva che sarebbe successo. Gli spiriti agivano per mezzo di Roger per riportarla indietro.

Si irrigidì e immaginò di buttarsi giù dal cavallo, poteva tentare la fuga, magari sarebbe stata fortunata e avrebbe ritrovato presto suo padre. Si sarebbe potuta far male ma non le importava, aveva la capacità di guarire in fretta.

Comunque, Heinz aveva avuto ragione, non era vero che sapeva tutto, per esempio non sapeva cosa sarebbe successo se avesse cercato di opporsi al fato.

Non ci aveva mai provato, non aveva mai sentito il brivido di allontanarsi da quello che le avevano sempre indicato come il suo posto.

Ma quando Heinz gliel'aveva proposto, non poteva negare di aver avuto la voglia di fare un tentativo.

In quel momento il cavallo di Roger si impennò bruscamente.

Lui era più abituato a questi scatti e si appiattì sul collo per tenersi in groppa, ma lei perse l'aderenza e fu disarcionata. Si trovò a rotolare al suolo duro e si sentì strappare le vesti dalle radici degli alberi che spuntavano dal terreno.

Roger riuscì a fermare il cavallo e tornò da lei imprecando.

–Che è successo?– gli chiese boccheggiando per recuperare il fiato che le era venuto a mancare, cercando di rialzarsi, ma era atterrata su un fianco e le facevano male la gamba sinistra e il bacino.

–Ma che ne so, questo ronzino non vale niente, è un cavolo di coniglio.– ringhiò lui. Era visibilmente seccato e diede di frustino trattenendo nel contempo le redini, per fargli male senza però farlo correre. Un piccolo gesto di crudeltà che contrastò con quello apparentemente gentile che le rivolse subito dopo. Le tese una mano.

–Tirati su, bambola.– non aveva assunto nessun particolare tono di voce.

Vanessa lo guardò dal basso senza rialzarsi. Serrò gli occhi, aspettando che si tradisse.

–Ti vuoi muovere?– fece lui irritandosi subito, dandole conferma di quanto aveva pensato.

No, non voleva muoversi. Non voleva risalire su quel cavallo. Non voleva tornare indietro. Non con lui.

L'uomo ebbe un moto di impazienza che non tentò nemmeno di dissimulare.

Con un agile salto scese dalla sella e troneggiò su di lei. –Qual è il tuo problema? Ti sei forse rotta qualcosa?– le urlò in modo per niente gentile, come se la caduta fosse stata colpa sua.

Non aspettò la sua risposta, l'afferrò per la nuca come un gattino tirandole i capelli e la rimise in piedi bruscamente.

Lei rantolò leggermente per il dolore improvviso e la sorpresa ma strinse i denti e riuscì a non gridare né a gemere.

–Non stai mica così male!– sputacchiò, aveva cambiato completamente faccia, ora sembrava seriamente pericoloso –Vuoi soltanto farmi arrabbiare, oppure cerchi di farmi perdere tempo.–

Vanessa sentì una grande repulsione, seppe di non voler essere toccata da quelle mani. Erano in qualche modo sporche e infette.

Si scostò e gli schiaffeggiò le mani, ma non fu una buona cosa, perché lo fece infervorare ancora di più.

I suoi bei lineamenti si indurirono –Ma qual è il tuo problema? Brutta vacca! Non azzardarti più.– urlò –Strega.–

La ragazza sapeva che se aveva assunto quell'atteggiamento era perché ogni secondo in più poteva compromettere la riuscita del suo piano. Fu sollevata di peso ma continuò a fare resistenza.

Allora lui la colpì senza esitare a mano aperta sulla faccia e iniziò a trascinarla.

Un urlo di rabbia esplose come un tuono, sembrava il ruggito di una tigre assassina.

–Bastardo infame!– gridò Malifishmertz sbucando dal fitto della vegetazione.

Gli mollò senza tanti complimenti un cazzotto ben assestato in pieno viso e lo buttò a terra.

–Prova di nuovo a toccare mia figlia e ti massacro!– lo minacciò.

Vanessa si gettò di slancio tra le sue braccia e si strinse a lui, che la accolse gentilmente.

Roger si rialzò massaggiandosi il mento dolorante, gli s'era spaccato il labbro inferiore che ora sanguinava.

–Tua figlia? Ma cosa dici? Non può essere tua figlia!–

–Che ne sai tu, sei sempre stato un po' ritardato mentalmente.–

L'uomo serrò le palpebre, ma gli concesse quell'offesa.

Si raddrizzò e mise le mani aperte bene in vista, come se si arrendesse.

–D'accordo, fratello, se lo dici tu...– sorrideva, ma era un falso sorriso.

–Non azzardarti più a farle del male.– ribadì Heinz –È meglio che ti scusi. Subito!–

–Non volevo!– fece Roger, fingendosi dispiaciuto. Si rivolse a lei –Ti ho fatto male? Scusami, è che sono un po' di fretta e tu puoi capirne il motivo. Avrei semplicemente dovuto chiederti in modo gentile di risalire sul cavallo. Ma volevo solo essere un gentiluomo e stavo cercando di issartici io...–

–Guarda che non te l'ho lasciata perché tu la riportassi indietro.– lo rimproverò Heinz –Ho fatto bene a far impennare il tuo cavallo e fermarti. Certo, non volevo far male alla mia bambina, ma tu sei stato un cafone a trattarla così!–

–Va bene, va bene, hai ragione.– cercò di tagliare corto lui –Però adesso dobbiamo...–

Se anche avessi avuto ancora una misera possibilità che continuassi a seguire il tuo piano, adesso te la saresti giocata per sempre!–

Roger sgranò gli occhi. –Cosa? Che diavolo stai dicendo?–

–Sto dicendo che mi sono ufficialmente rotto le scatole di te!– ruggì –Per quello che mi riguarda puoi benissimo andare avanti da solo. Ciao ciao, Roger, ci rivedremo all'inferno.–

–Mi stai abbandonando?– chiese come istupidito, sembrava sconvolto –Stai lasciando tuo fratello... il sangue del tuo sangue!–

–Sì... Sì, è esattamente quello che sto facendo.–

–Ma abbiamo un accordo!– proruppe –Tu devi continuare ad aiutarmi! Ti ho dato metà del mio oro, non ti ricordi?–

–E me lo farò bastare. Non dimostrare ancora una volta di essere poco intelligente e sfrutta il vantaggio che hai invece di stare a discutere. Noi due usciamo ufficialmente di scena. Addio e buona fortuna. Andiamocene, Vanessa.– così dicendo, le mise una mano sulla spalla per condurla via.

–Non te ne puoi andare, non adesso!– lo richiamò Roger pestando i piedi, in un modo decisamente infantile –È troppo rischioso, se mi scoprono sono finito!–

–Chi non risica non rosica, no?– lo sfidò. Ma capì subito che non avrebbe dovuto farlo.

Nello sguardo di Roger si concentrò una rabbia tale che Heinz vi riconobbe un guizzo di follia omicida. E non era la prima volta che essa si manifestava.

E infatti lo vide estrarre la spada Excaliferb e puntargliela contro.

La lama era impercettibilmente sbeccata alla punta ed era ancora incrostata del sangue del re.

–Cosa credi di fare?– fece Heinz mantenendo la calma –Non essere idiota.–

–Se non vuoi più aiutarmi mi costringi a rafforzare la mia posizione.– disse a denti stretti.

Molto prevedibilmente dopo tale frase, gli saltò addosso urlando. Malifishmertz evitò abilmente il suo attacco. Ma per farlo dovette lasciar scoperta Vanessa, che era dietro di lui.

Allora Roger cambiò bersaglio e puntò decisamente su di lei. Una cosa inconcepibile!

Si mise in mezzo appena in tempo per difenderla e parò il colpo con la sua bacchetta, tenendola con entrambe le mani.

La formidabile spada, abbattendovisi al centro esatto, la spezzò in due parti che erano perfettamente della stessa lunghezza.

–Maledetto! Sei impazzito!– lo accusò.

Ma Roger roteò elegantemente a vuoto la spada che in qualche modo catalizzava la sua furia e la trasformava in energia negativa, ed era più lucido che mai.

Trovandosi disarmato, Heinz non trovò di meglio che cercare di bloccarla con le mani.

Se le sentì tagliare e vide nuovo sangue imbrattare la lama, non trattenne un gemito di dolore, ma cercò di resistere.

Sentì Vanessa gridare allarmata.

–Stai lontana, tesoro!– le ordinò.

Si piegò sotto la pressione di suo fratello che con il proprio peso lo spingeva sempre più verso il basso.

–Tu hai ucciso il re, ok?– incominciò Roger freddamente, pareva che non stesse facendo nessuno sforzo –E hai sterminato tutta la sua scorta. E anche l'ostaggio che avevi, tutti. E poi hai rapito la Dama della Pozza. Lo hai fatto per vendicarti, è un movente più che valido, visto che non ci stai con la testa. Ma io, da grande eroe quale sono, te l'ho tagliata, la testa, e così ho vendicato tutte quelle povere persone che hai ammazzato. È così che è andata.– il tono che aveva era andato diventando via via sempre più simile a quello di un esaltato, era come se fosse veramente convinto della sua storia assurda, come se ci credesse davvero –D'altra parte, se riporto indietro la tua testa chi potrà dubitare della mia versione? Sono il tutore del re, sono sempre stato dalla loro parte! Mi daranno la corona senza nemmeno farsi domande. Anzi, mi faranno perfino i complimenti! E sai anche che cos'altro ti dico? Sono stato sfortunato con te, credo proprio di non essere arrivato in tempo nemmeno per salvare quella povera sgualdrinella della tua amata bambina!– mise un accento particolare, derisorio, in queste due ultime parole.

Heinz lo odiò in modo viscerale, come non aveva mai odiato nessuno.

–Le cose non stanno esattamente come pensi tu.– gli rivelò –Sei proprio sicuro che la scorta del re sia stata sterminata?–

Sul suo volto vide comparire improvvisamente l'incertezza e seppe di aver toccato il giusto tasto.

Riuscì a guadagnare qualche centimetro nel respingerlo indietro.

–Non te ne sei occupato tu? Ho sentito le loro urla!– fece ottusamente. Credeva ancora che tutto fosse andato come aveva pianificato.

–Pensaci bene, usa il cervello, se ce l'hai, anche se ne dubito! Secondo te, basta questo? Ne sei necessariamente sicuro?–

Prima che gli rispondesse, scattò raddrizzando le ginocchia e le braccia e riuscì a sbilanciarlo e a toglierselo di dosso.

Roger perse l'equilibrio. Heinz gli mollò un calcio dritto nello stomaco, più violento che poteva, e lo fece cadere all'indietro.

Lui perse la presa e la spada Excaliferb si schiantò al suolo.

La lama corrotta si frantumò in un miliardo di piccolissimi pezzettini, come se fosse stata di porcellana.

–No!– gridò Roger tenendosi il ventre –La mia spada! Il simbolo della mia vittoria!– tese la mano che l'aveva stretta, ora impotente, e guardò il disastro combinato con aria afflitta e sconvolta.

Pareva che da un momento all'altro dovesse mettersi a piangere.

–Un bambino capriccioso, ecco che cosa sei!– Heinz gli sputò addosso per enfatizzare quanto lo disprezzasse –È sempre stato il tuo più grande problema.– continuò –Sei avido, qualsiasi cosa tu abbia visto l'hai voluta, per te stesso. Ma non è colpa tua, in fondo. Ti hanno abituato ad avere tutto fin da quando sei nato, non hai mai imparato a condividere le cose con gli altri. Né con me, né con mamma e papà, né con nessuno. Hai avuto la vita piena di soddisfazioni, ma non te le sei guadagnato, le hai viste come qualcosa di dovuto e la conseguenza di ciò è stata che quello che avevi non ti è mai bastato. Non potevi sopportare di essere soltanto un semplice tutore, no, dovevi essere per forza tu il re, e hai fatto quello che ti piaceva. Proprio non ce la fai ad accontentarti! Non ti importa di niente, sei tu l'unico che conti. È così che ragionano i poppanti. Ma non hai capito che non funziona così, fratello, no... – parlava in un tono che via via diventava sempre più amareggiato.

Si era andato accorgendo che gli dispiaceva, ma che era proprio quella la frustrante verità, che si ripercuoteva anche su di lui.

Aveva fallito ancora una volta. Era Roger il vero cattivo tra loro due.

Tale verità, però, si stava rivelando meno dolorosa di quanto avrebbe dovuto essere.

La presenza di Vanessa faceva passare tutto quanto in secondo piano.

Strinse le palpebre, il dolore gli aveva fatto ricordare all'improvviso della sua ferita alle mani. Se le guardò, c'erano dei segni profondi sui palmi ricoperti di sangue, sperò di non essersi tagliato qualche tendine.

Alzò lo sguardo e vide Vanessa con in mano la parte superiore della bacchetta che aveva raccolto da terra.

–Secondo me funziona ancora!– disse in tono quasi giocoso.

Le fece fare una specie di piroetta in aria.

Heinz la afferrò al volo e la sfera sulla punta si illuminò di una luce violacea, ma calda e in qualche modo rassicurante. Entrambi si distrassero a guardarla, era così magnetica!

Fulmineo, Roger afferrò una caviglia della ragazza. Lei trasalì a quel contatto freddo.

–Non provarci, anzi non pensarci nemmeno!– gridò Heinz tirandogli un calcio in faccia senza troppi complimenti e facendogli mollare la presa.

Vanessa si allontanò da quell'uomo come se fosse appestato.

Heinz non esitò più e lanciò la sua maledizione preferita, quindi Roger si mise a ridere come un folle e se la fece nei pantaloni.

Lo fece continuare per un po' finché non credette che fosse stato abbastanza umiliato, quindi ritirò l'incantesimo prima che soffocasse.

–Ti è bastato?– gli domandò mettendogli un piede sul petto. Sotto, lo sentiva anfanare.

Poi smise di botto e restò immobile, i suoi occhi erano diventati vitrei e distanti, il colore dell'iride fu offuscato da una specie di cataratta biancastra.

–Cosa diavolo...?– Heinz si abbassò su di lui e ascoltò il battito. Era regolare, ma lui sembrava non dare alcun segno di vita. C'era qualcosa che non andava.

Guardò la bacchetta e notò che la sfera era crepata, e da quella crepa filtrava un minuscolo barbaglio di luce biancastra. Doveva essere stata irrimediabilmente compromessa.

E infatti bastò che la toccasse con un dito che essa si spense. Era inutilizzabile.

–Vanessa.– disse cautamente Heinz –Credi che si riferisse a questo, la tua profezia?–

–A che cosa?– fece la ragazza, confusa.

–Alla 'vacuità del Limbo dei dannati'.–

Vanessa non ebbe il tempo di rispondere.

Uomini, tantissimi uomini comparvero alle loro spalle e di fronte a loro.

Erano i soldati che li avevano inseguiti da una parte e la scorta del re dall'altra, che aveva aggirato la voragine. Li avevano circondati tagliando loro la ritirata.

L'uomo e la donna si abbracciarono, spaventati, centinaia di punte di lancia e spade e frecce li minacciavano e stavolta senza bacchetta non potevano fuggire.

Gli uni credevano Malifishmertz responsabile del sequestro della donna, gli altri lo credevano complice del traditore che aveva assassinato il re. Tutti però lo volevano morto.

–Cosa facciamo, adesso?– bisbigliò Heinz.

Vanessa prese il suo braccio e se lo fece passare sotto il collo. –Fingi di tenermi in ostaggio.– gli sussurrò –Così abbiamo una possibilità di andarcene.– era un tentativo disperato.

–È inutile, mi tireranno una freccia nel cuore alle spalle non appena mi volterò.– le indicò con un cenno della testa gli elfi che tendevano i loro archi. Non c'era speranza che fallissero un colpo così facile.

La lasciò andare e alzò le braccia per dichiararsi sconfitto.

Vanessa invece le tese di fronte a sé. –Fermi! Non attaccateci! Vi prego! Vi spiegheremo ogni cosa!– gridò, ma a quell'appello nessuno abbassò le armi.

–È lui il responsabile!– indicò Roger che a terra sembrava decisamente morto. Il suo gesto venne frainteso.

–Ha ucciso il tutore del re!– gridarono i soldati di sinistra.

–Lo aveva stregato. È stata la sua mano ad assassinare il nostro re!– dissero quelli di destra.

–No! No, non è così!– strillò Vanessa disperatamente.

A sinistra ci fu un brusio. –Il re è morto?– chiesero, poi lo affermarono: –Il re è morto!–

–Hanno anche distrutto la spada! Guardate!–

E poi iniziò la confusione più tremenda, gli uomini urlavano incitandosi a vicenda, le frecce stavano per scoccare e le spade brillavano, pronte a colpire. La situazione precipitava...

 

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In mezzo a tutto quel marasma si erse improvvisamente una figura nobile alta fiera sublime e meravigliosa che pareva raggiante di una luce propria viva e fantastica al punto che tutti rimasero abbagliati dalla sua meravigliosa armatura rilucente come dalla sua straordinaria bellezza e il suo portamento era regale e i suoi lunghi capelli castano-rossiccio ricciuti ballavano nel vento

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***

–CARL! Ci risiamo!– urlò il Maggiore.

–Cosa, signore?– fece il diciottenne in tono innocente.

–Stai riprovando a infilarti nella storia!– lo accusò.

–Ma, signore, l'ho scritta io!–

–Non puoi introdurre un personaggio nuovo così all'improvviso! Non ha alcun senso! Hai completamente rovinato l'atmosfera! E poi, un po' di punteggiatura, caspita, hai anche esagerato nella sua descrizione. Hai detto 'meraviglioso' due volte...–

–È un deus ex machina, signore.–

–Un cosa?–

–Serve per sistemare le cose quando la situazione a cui si è arrivati è diventata senza via d'uscita, si usava molto nelle tragedie dell'antica Grecia...–

–Ma questo è un romanzo, qui non funziona! E poi, mi pare che ci sia un altro modo per farla concludere, non c'è qualcos'altro che hai lasciato in sospeso...?–

Carl sbuffò e mise via, con riluttanza, la pagina che stava leggendo, l'aveva presa in silenzio dal fascio di fogli che conteneva il suo finale alternativo, quello che non avrebbe mai dovuto scrivere.

Si era aspettato quell'obiezione, per fortuna aveva qualcos'altro da offrire.

Avrebbe dovuto inserirsi dal principio, eppure quell'idea di mostrarsi all'ultimo minuto gli era sembrata così buona, dannazione!

 

 

 

***

Il cielo venne attraversato da un'ombra minacciosa.

Tutti guardarono in alto e videro Parable l'ornitodrago che planava su di loro volteggiando nell'aria in circoli sempre più ristretti, come un avvoltoio.

La gente venne colta da un timore riverenziale, sembrava l'angelo della morte venuto a reclamare le sue vittime.

L'animale si fermò di fronte a Malifishmertz e raccolse le ali sulla schiena.

–Sei venuto a salvarci?– chiese l'uomo, sorpreso.

Perry volse la testa emettendo un verso basso.

Poi si udì risuonare una voce bassa e calda, dolce e profonda, che sovrastò tutte le altre e che impose, da sola, il silenzio.

Ferbillotto si fece avanti, era più vivo che mai e sembrava calmissimo, la flemma in persona.

Aveva visto il suo tutore a terra e la Dama della Pozza che cercava di difendere Malifishmertz e voleva capire cosa stesse succedendo.

Mentre avanzava verso quel gruppetto così sgangherato e malassortito, tutti puntarono gli occhi su di lui, lo fissarono stupiti e senza parole. Mostrava la grazia innaturale di uno spettro, e dopo l'apparizione di Perry molti si convinsero decisamente che lo fosse.

Malifishmertz fu il primo a riprendersi. –Sei sopravvissuto, dunque.– disse in tono neutro.

A quelle parole sarebbe dovuta esplodere l'esultanza. Invece la gente non fiatò nemmeno, era come ipnotizzata e istupidita.

Vanessa fece una leggera riverenza, come era solita fare tutte le volte che riconosceva il suo re.

Ferb le fece segno di tenersi dritta. Non riusciva a sopportare che qualcuno si umiliasse per fargli piacere. Soprattutto se si trattava di lei.

Ma la ragazza non osò alzarsi. –Mi rimetto alla tua clemenza, mio sire.– disse continuando a tenere la testa bassa. A cosa si riferisse avrebbe dovuto essere evidente.

Nell'avvicinarlesi, Ferb poté notare che Malifishmertz diventava inquieto, come se temesse per lei, come se avesse potuto costituire una minaccia. Ma non si mosse, segno che ancora non aveva ben compreso quello che in effetti stava accadendo, o che considerava la possibilità di sbagliarsi.

A ogni passo sentiva la lacerazione che gli era stata inflitta incavarsi leggermente nel suo stomaco e far tendere la pelle. Non faceva eccessivamente male, ma era un po' fastidioso.

Non voleva che qualcuno dei suoi soldati se ne accorgesse, era sicuro che ciò avrebbe comportato lo scatenarsi di una pessima reazione. E a dirla tutta, preferiva mantenere un po' l'aria di mistero che s'era creata senza che lui la cercasse minimamente.

Alzò una mano, impartendo l'ordine silenzioso di deporre le armi.

I soldati lo riconobbero e obbedirono, anche se non capivano, anche se non avrebbero potuto comprendere, mai avrebbero richiesto spiegazioni.

Anche senza la spada, era lui quello che comandava, questo era indiscutibile.

Fece un cenno e da un piccolo gruppetto che s'era fuso con la folla vennero avanti due persone che si tenevano per mano. Sembrava che lui non volesse andare, invece lei lo spronava a farlo.

Malifishmertz era sconcertato, riconobbe Phineas e si accorse che lo guardava di sbieco. Non sentì ostilità nei propri confronti, ma si aspettò che volesse evitare qualsiasi contatto, anche solo di sguardi diretti, con la sua persona.

Dopo quello che gli aveva fatto, lo poteva capire.

Invece il ragazzo smentì questa sua impressione, sollevò la testa e lo sostenne senza nessuna riserva, senza provare vergogna, o risentimento. O almeno, senza mostrarli.

Ne fu estremamente colpito, non smetteva mai di stupirsi delle sue imprevedibili azioni e reazioni.

Notò che s'era ripulito e che aveva un aspetto riposato, lucido e relativamente tranquillo, quasi come se non fosse successo nulla.

Vide che aveva una provetta semipiena di un liquido di un rosa acceso, stretta nel pugno della mano sinistra. Il pollice continuava a strofinare nervosamente il vetro.

E, di colpo, ricordò di aver lasciato incustodito il proprio laboratorio, e si chiese se in realtà non lo avesse fatto perché inconsciamente sperava di lasciarglielo a disposizione.

Phineas sollevò la provetta, forse proprio per mostrargliela, e lui ne seguì il movimento.

Ma si sentì afferrare, qualcuno gli saltò sulla schiena, gli prese il braccio destro e glielo torse dietro.

–Ahia, Perry!– si lamentò. Non lo aveva visto ma sapeva che era stato lui, lo aveva afferrato in quello stesso modo un centinaio di volte, anche se mai così brutalmente –Fai più piano, se proprio devi!–

Il drago lo ignorò e lo spinse giù fino a farlo inginocchiare.

Per istinto tentò di resistere e subito da qualche parte arrivarono un elfo e un nano a trattenerlo schiacciato a terra.

–Non fategli male!– esclamò Vanessa in tono preoccupato.

Vide che Ferb la rassicurava prendendola per un braccio. Gli venne in mente che ciò che gli stavano facendo fosse soltanto scena e scelse saggiamente di stare al gioco.

Il nano era forzuto e allungò le zampacce sulla sua faccia per aprirgli la bocca a forza.

Quindi venne Phineas a versarci dentro il contenuto della sua pozione.

Non c'era rabbia in quel gesto, era come se agisse unicamente per ottemperare al suo dovere.

Da così vicino, notò il rosso sanguigno che era rimasto agli angoli degli occhi, che non se n'era andato. Uno di essi si chiuse e si riaprì immediatamente dopo, a modo suo era un gesto di intesa fin troppo inequivocabile.

Il sapore dolciastro della pozione gli travolse i sensi. Gli faceva schifo, anche per l'ironia, ma fu costretto a inghiottire.

Smise di combattere e quelli lo lasciarono andare.

Vanessa venne a sorreggerlo, sentì le braccia esili avvolgere il suo torace, il mento posarsi sulla sua spalla.

Ma non la guardò, continuò a fissare Phineas, che ora stava sorridendo per qualche motivo, finché la sua immagine non si distorse fino a diventare una sfuocata macchia di colore.

Batté le palpebre più volte, ma sembrava che ciò non facesse altro che peggiorare ulteriormente la sua vista.

Sentì una serie di domande e venne colto dalla voglia di rispondervi sinceramente.

Vanessa continuava a stringerlo, la cercò senza riuscire a vedere dove fosse, eppure la sentiva così vicina.

–Te l'avevo detto che sarei dovuta tornare indietro.– sentì che diceva –La buona notizia è che potrai venire insieme a me.–

Ebbe voglia di piangere.

Lui non era fatto per vivere in una prigione, lui voleva essere libero di esprimersi, di fare quello che voleva, lui voleva poter essere come chiunque altro, voleva ottenere la grazia di poter vivere in libertà insieme alla figlia che aveva perso e ritrovato. Non credeva di chiedere molto, in fondo.

–Ma io non sono prigioniera, e non lo sarai nemmeno tu.– gli promise Vanessa.

Sentì il suo bacio su una guancia, lasciato a fior di labbra.

Batté di nuovo gli occhi e stavolta riuscì a tornare a vedere chiaramente.

Si rese immediatamente conto di non trovarsi più nel bosco.

Erano tornati a corte, precisamente si trovavano nella sala del trono.

Pareva proprio che ci fosse arrivato con le sue gambe. Eppure non aveva nemmeno sentito lo spostamento. Le sue mani erano fasciate, qualcuno aveva medicato i tagli che si era procurato prima, ma non sapeva chi fosse stato.

Ferbillotto non era seduto sul suo trono, come avrebbe fatto un qualunque re, era in mezzo ai suoi sudditi, in mezzo a persone comuni, dall'aspetto umile.

Phineas stava riabbracciando quella che probabilmente era la sua famiglia, c'erano due uomini e due donne che non conosceva. Forse aveva già visto da qualche parte una di loro, ma non avrebbe saputo dire dove.

–Dov'è finito Roger?– chiese, notando la sua assenza con allarme.

–In gattabuia.– rispose Vanessa –Ho raccontato tutto quello che è successo al re e lui ha deciso che in fondo era il vero responsabile.–

–Nei dettagli?–

–Per quanto mi è stato possibile.–

–E questo cosa significa?– chiese alzando un sopracciglio.

–Che tu sei stato perdonato.–

–Quindi sono libero?– continuò, incredulo.

–Così pare.– fece la ragazza –Ma io vorrei davvero chiederti il favore di non andartene.–

Lui la guardò. –No?–

–Io non potrei seguirti, anche se lo vorrei tanto. Ma invece potresti essere tu a restare con me.–

Tacque per alcuni secondi, ponderando la proposta, in realtà cercando di capirla.

Veramente glielo stavano permettendo? Dopo quello che aveva fatto? Veramente?

Se lo chiese e chiese ancora, stupidamente.

Per quale ragione al mondo il re avrebbe dovuto fargli un simile favore invece di buttarlo nella stessa cella in cui aveva rinchiuso Roger?

Non si era certo comportato in modo da meritarsi un premio! Quella concessione era decisamente inaspettata.

Mentre se ne chiedeva il motivo, notò di sfuggita una cosa un po' strana. Ferb che guardava più volte sua figlia di sottecchi, pochi secondi alla volta e distogliendo subito dopo lo sguardo come se non volesse farsi scoprire.

E questa cosa gli fece venire un dubbio, considerando anche quanto fosse giovane e quanto fascino sua figlia dovesse essere in potere di esercitare sui ragazzi della sua età.

Magari non lo stava facendo per lui, era più probabile che lo stesse facendo per lei.

Avrebbe spiegato ogni cosa.

Sentì la propria bocca arricciarsi in un ghigno mentre il sospetto prendeva corpo in una certezza.

–Bene, piccola mia, sono lieto di poterti assicurare che resterò senz'altro qui con te.–

''Anche perché adesso ho qualcuno da tenere d'occhio.'' aggiunse mentalmente.

Vanessa non capì quella motivazione nascosta o fece finta di non capirla.

Si limitò a sorridere a sua volta e a dire: –Lo sapevo.–

Certo che lo sapeva.

E c'era da scommettere che fosse consapevole anche di quello che il re provava per lei.

Quella cosa però non gli dava fastidio, anzi non gli dispiaceva affatto.

C'era qualcosa che aveva bramato, ed era il potere.

Ma adesso non gli importava più niente.

Chissà se avrebbe avuto la fortuna di poter brillare di luce riflessa!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note d'autrice:

Finalmente ho avuto un attimino per aggiornare. Non sapete che frenesia questo mese, ho praticamente cambiato i miei ritmi di giornata in giornata e il tempo non passava più... Beh, ma non siete mica morti, nel frattempo, non è vero? Dai, che vi vedo che ancora vi muovicchiate a stento. Volevo lasciare qui dei ringraziamenti particolari per l'utente MaileenMoon, che appena iscritta su questo sito ha subito deciso di farmi sapere che seguiva la mia storia da un po' (e, a proposito, BENVENUTA sul sito!), e alla mia ormai vecchia amica (scusa se uso questo termine, m'è venuto naturale) koopafreak che ha avuto il coraggio di mettersi a leggere su un fandom che non conosce quasi per niente, dandomi fiducia solamente in riferimento al mio metodo di scrittura. :) Sappi, appena arriverai a questo capitolo, che ho apprezzato tantissimo le tue recensioni. 
La storia potrebbe anche concludersi qui, ma avrei un'ideuzza da sviluppare nel prossimo capitolo, che –annuncio ufficiale! –, sarà l'ultimo, ma proprio l'ultimo della mia vita...
Adesso, il grande dilemma amletico è: Ferbnessa o non Ferbnessa?
*Mumble mumble*

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Capitolo 12
*** Farewell: qualcosa da imparare, qualcosa da comprendere ***


Si lavò la faccia e restò per qualche secondo con le mani umide premute sulle guance, a pensare, a prendere dei profondi respiri, a godere della meravigliosa sensazione di essere vivo.

Gli sembrava di averla sempre data per scontata, per tutto il tempo della sua vita.

Non si era mai veramente soffermato a riflettere sul miracolo di un corpo fatto nient'altro che di carne che non soltanto è in grado di muoversi, ma anche di ragionare e, soprattutto, di provare sentimenti.

E in quel momento, riconosceva in sé una grande varietà di emozioni diverse, che però erano state tutte scatenate dalla stessa situazione.
Provava sollievo per non essere morto.

Provava rispetto e affetto sincero per Isabel che lo aveva salvato e per gli amici che gli erano rimasti accanto, anche in quelle gravi difficoltà.
La profezia che era stata alla base degli eventi che lo avevano condotto a un passo dall'inevitabile non aveva avuto soltanto un significato, ma anche uno scopo, adesso ne prendeva coscienza.

Provava felicità perché quella bruttissima esperienza, dopotutto, gli era servita a recuperare la fiducia in se stesso, a fugare i dubbi, ad accettare finalmente la sua vita, a trovare il suo posto riacquistando l'esaltazione iniziale -anche se la spada Excaliferb non esisteva più- e a comprendere cosa fosse veramente importante.
Provava vergogna per essere stato ingannato e tradito da parte di qualcuno di cui aveva voluto fidarsi, soddisfazione e sorpresa per il fatto che qualcun altro di completamente inaspettato fosse riuscito a fermarlo nei suoi folli piani di conquista, ma anche pena per via delle disagiate condizioni mentali in cui adesso versava.
Provava amore per il fratello che aveva ritrovato, fortunatamente ancora vivo e in discreta salute, e per Perry che si era rivelato tanto leale verso di lui da mettersi personalmente in pericolo pur di salvarlo.

Provava gratitudine verso il Signore che gli aveva concesso di riavere Phineas indietro.
E sicuramente provava rabbia verso l'uomo che gli aveva causato sofferenza, ma non solo questo.

Averlo visto praticamente indifeso nelle loro mani, aver sentito la Dama della Pozza invocare pietà per lui, aver capito che andava messo in discussione il suo ruolo in tutta quella maledetta faccenda, aveva scatenato la sua compassione.
E inoltre, era indeciso su come comportarsi nei confronti della stessa Vanessa.

Lei era così buona, lo aveva sempre guidato, lo aveva sempre consigliato, gli aveva dato conforto quando non si era sentito all'altezza.

E lui cosa aveva fatto per lei? Si domandava se sarebbe mai riuscito a ricambiarle il favore. Come farle piacere, come dimostrarle quanto la amava?
Per qualche motivo gli era tornato alla mente Perry, la sua gioia quando lo aveva lasciato tornare al suo elemento era stata impossibile da non vedere. Era estremamente ispiratrice.
Sapeva cosa avrebbe fatto.
Si asciugò per bene il viso con la salvietta di seta su cui aveva fatto cucire le proprie iniziali.

La guardò e pensò divertito che fosse praticamente l'unico lusso che si era concesso, a parte lo scettro e la corona d'oro con le gemme che aveva perso nella foresta.
Aveva mandato un piccolo gruppo di servitori a recuperarla, ma non è che gli importasse poi molto, stava pensando di regalarla a colui che l'avesse ritrovata e di sostituirla con qualcosa di più semplice. Essendo il re, naturalmente era ricco, inevitabilmente, ma se c'era una cosa che odiava era l'ostentazione.

Sfortunatamente, lui era quasi obbligato a indossare qualcosa che permettesse agli altri di riconoscerlo.
Aveva un diadema d'argento molto bello nella sua semplicità che aveva sperato di donare alla donna che un giorno avrebbe sposato. Ma visto che ciò che aveva in mente di fare avrebbe reso improbabile tale prospettiva, per lo meno nell'immediato futuro, decise di destinarlo a un uso personale.
Uscì dalla camera da bagno e raggiunse quella del tesoro per andarlo a prendere. Lo estrasse dalla sua teca, era molto antico ma moderatamente prezioso, era appartenuto al re che lo aveva preceduto.

Se lo pose sul capo, ignorando la lucentezza dell'oro che c'era intorno a lui, che aveva cercato di smorzare fin dal primo giorno di reggenza.

Si guardò per pochi secondi allo specchio da parete per vedere come stava, ma in realtà non gli importava molto del suo aspetto, perché quello che gli avevano sempre detto era che ciò che aveva importanza era la sostanza.
Uscì senza preoccuparsi di niente e si trovò di fronte la sagoma alta ma ingobbita di Malifishmertz.

Anzi, di Heinz. Aveva esplicitamente richiesto di non essere più chiamato con quello pseudonimo, rinunciarvi era stato il primo passo per lasciarsi la vita di prima alle spalle.

Il secondo era stato abbandonare le vesti da mago, e infatti adesso non lo si sarebbe più visto indossare quel casco con le corna che in passato lo aveva fatto assomigliare a un diavolo più che a uno stregone malvagio.

Il cambiamento di quell'uomo era stato sorprendente, si era abbassato a chiedere perdono per le atrocità che aveva commesso, per il dolore che aveva causato, e anche per la stupidità che aveva mostrato. Sapeva di possedere la capacità di essere una persona migliore e aveva deciso di diventarla. Ovviamente, era stato tutto merito di Vanessa.
Aveva sempre sospettato che ci fosse un segreto oscuro che riguardava il suo piccolo oracolo, ma arrivare ad apprendere che lei fosse addirittura figlia di quell'uomo lo aveva lasciato a dir poco perplesso. Non sembravano affatto compatibili, ma ciò spiegava il carattere ambiguo e incoerente di lui, che Phineas aveva avuto modo di testimoniare. Adesso che sapeva chi era, che aveva appreso le sue origini, la sua storia, aveva deciso di aiutarla.
Heinz era accompagnato da Parable, insieme formavano la coppia più improbabile e improponibile che si potesse concepire. Ferbillotto li salutò con un cenno del capo, in realtà non era tenuto a farlo.

Non era per niente sorpreso di trovarli lì, anzi li stava aspettando.
–Vorrei sapere cos'è che avevi di così importante da dirmi.– sbottò Heinz, senza usare formule di cortesia. Non dava l'impressione di essere seccato o arrabbiato, ma solo un po' annoiato.
Ferbillotto non usò mezzi termini, come sua abitudine quando decideva di dire qualcosa: –Ho intenzione di rendere a Vanessa la sua libertà. So come fare, ma ho bisogno del tuo aiuto per farlo.–

A quelle parole, Heinz si fece visibilmente più attento e collaborativo, e si mise a fare un sacco di domande che giravano più o meno tutte intorno all'entusiasmo. Si mostrò pronto e disponibile a fare qualsiasi cosa, anche a stregare qualcuno con la Sapienza pur di convincerlo a sostituirsi a lei. Naturalmente non era ciò a cui si auspicava di arrivare, ma Ferbillotto sentì nel suo tono affannato quanto fosse ansioso di riscattarsi, quanto realmente ci tenesse.

Alzò la mano per interrompere quel dirompente flusso di parole.
–La Dama della Pozza mi rivelò di non essere l'unica ad aver ricevuto dai sacerdoti dell'idolo i suoi poteri. Tu, più di chiunque altro, dovresti sapere chi altri potrebbe essere adatto a sostituirla.–
Heinz aveva una faccia ancora confusa, ma poi colse l'allusione e fece tanto d'occhi.

–Stai parlando di...lei?– chiese sconcertato.
–È l'unica che potrebbe farlo.– confermò il re –E tu sei l'unico a poterla convincere.–
–Ma mi odia!– protestò l'ex mago.
Ferbillotto lo guardò fisso e tacque per un po' di tempo. Era sicuro di no.

Heinz si sentì a disagio per il suo silenzio, istintivamente lo imitò e rifletté.

Guardò Perry, che lo guardava di rimando e assottigliava gli occhi come se volesse comunicargli qualcosa. Notò un impercettibile segno di intesa. Tornò a rivolgersi al re.
–E va bene, ci proverò. Per Vanessa.– concesse –Facciamo come dici tu.–

Ferb sorrise per la prima volta.

Evidentemente, quello era un interesse che avevano in comune.

Così, quei tre personaggi si ritrovarono a partire insieme per poi tornare dopo qualche giorno.

Nel regno di Danvilot era tornata la tranquillità, e la cosa più divertente era che era tornata senza alcun bisogno di spargimenti di sangue.

Isabel stava lavorando. Era un lavoro che aveva inventato lei che la gratificava al massimo, per il quale tutti coloro che ne avevano bisogno potevano rivolgerlesi.

Aveva capito di volerlo fare quando la vita di Ferbillotto era dipesa dalla sua abilità e dal suo sangue freddo. Avrebbero potuto dire che esisteva una enorme differenza tra ciò che faceva prima e ciò che aveva deciso di fare ora, ma per lei no, perché dopotutto si trattava sempre di aiutare qualcuno. Il balzo era stato assurdamente naturale. Prima prestava il suo contributo alla natura, ora salvava vite umane. E lo faceva senza ricorrere a trucchi.

Prima di allora, non si era mai fermata a riflettere su quanti bisognosi potessero davvero esserci in quel reame. Non si poteva fermare il loro disagio, anche se Ferb aveva combattuto la miseria in tutti i modi.

Ciò che aveva sbagliato era stato cercare di fare tutto da solo, senza chiedere aiuto a chi non avrebbe disdegnato di dargli una mano.

Lei lo aveva salvato, lui doveva fidarsi di lei. Era una questione di logica.

La sua idea era molto semplice: perché non mettere la scienza al servizio della vita? Phineas e le sue pozioni alchemiche potevano servire anche a questo.

Già era rimasta a dir poco affascinata quando Ferb l'aveva guidata facendole preparare quel filtro.

Aveva voluto capire meglio cosa aveva fatto e lui era stato lieto di spiegarglielo.

Capiva che era stato un modo per riscattarsi. Dato che non avrebbe più potuto farlo di persona, glielo avrebbe insegnato, in modo da non lasciare che la sua eredità si perdesse.

E lei sperava di non deluderlo. Si era allora messa a studiare di buona lena.

Lei non lo sapeva, ma stava nascendo quella che un giorno sarebbe stata conosciuta come la medicina.

–Ecco qui, il tuo disturbo dovrebbe guarire se prenderai queste con regolarità.– assicurò alla giovane donna che era venuta da lei dopo averla visitata, porgendole delle modernissime pillole. Le aveva impastate lei personalmente, dosandone le componenti con precisione minuziosa, seguendo la ricetta che lo stesso Phineas le aveva indicato.

Si poteva dire che si fossero messi in società, lavoravano insieme, anche se lui, dopo quella brutta esperienza che aveva avuto, aveva deciso di prendersi una 'pausa' per dedicarsi a nuovi interessi.

La paziente si mostrava incerta. –Non faranno male al bambino?– chiese sfiorandosi il ventre già prominente.

–Sono naturali.– le disse –Credi che ti darei qualcosa se sapessi che potrebbe fargli male?–

–Mi fido di te.– rispose la donna rincuorandosi un po' –Ti ha addestrata mio fratello, in fondo. E per quanto mi disturbi ammetterlo, lui non si sbaglia mai...– aggiunse girando leggermente gli occhi.

Isabel capiva la preoccupazione di Candavere, era la sua prima gravidanza e in fondo lei era un medico principiante.

Ma s'era comunque dimostrata una brava allieva, Phineas diceva che presto sarebbe stata in grado di continuare da sola, anche se lei aveva dei dubbi su questo.

Aveva molto ancora da imparare e ci teneva ad acquisire più informazioni, più pratica, più teoria che potesse, tutta quella che riusciva a immagazzinare.

La gente però non lo sapeva e restava sempre meravigliata da quel poco che sapeva fare. Con le dovute eccezioni.

Comunque, Candavere se ne andò piuttosto soddisfatta, annessi ringraziamenti e rassicurazioni immancabili.

Isabel disse : –Avanti il prossimo.– in un tono molto automatico e senza emozione, tanto si era abituata a dirlo.

Sentì dei passi pesanti e li riconobbe subito, ma non si volse a guardare.

–Potresti controllare se sia tutto a posto?– chiese garbatamente una voce dolce, giovane e profonda, ma inasprita da qualcosa di negativo.

Isabel non era affatto sorpresa che fosse venuto da lei.

–Sempre al tuo servizio. Siedi pure, sire.– disse.

Ferbillotto prese posto e lei svolse attentamente le ultime fasciature. Notò che il gonfiore si era riassorbito e che la pelle smetteva di essere violacea intorno alla cicatrice che purtroppo sarebbe rimasta per sempre.

–Direi che ormai sei guarito alla perfezione.– osservò. Poi, senza perdere tempo: –Qual è il vero motivo della tua visita?–
Ferb sorrise di sfuggita. –Sostegno morale.– sussurrò.
–Dunque hai davvero intenzione di farlo?– Isabel non poteva stupirsene, lo capiva bene.

Lui annuì con convinzione, ma non ce n'era bisogno. Era appena tornato dalla sua piccola spedizione. Se non avesse avuto intenzione di agire, di certo non sarebbe nemmeno partito.

–Sei una vera testa dura.– si concesse di prenderlo un po' in giro –Non hai pensato che potresti cercare di pensare al tuo bene personale, di essere egoista, per una volta? –
Ferb alzò gli occhi, in cui c'era una insolita determinazione, ma anche una vaga sorpresa per la sua uscita inaspettata. –Se a te avessero detto di esserlo, li avresti ascoltati?–

Si stavano decisamente pungendo a vicenda su un argomento focale.
–Mai in questo mondo.– rispose Isabel convintissima.

Ammirava la sua tenacia e il suo altruismo, ma continuava a pensare che si stesse facendo del male. Poi sorrise, risparmiandogli i suoi dubbi.

La sua nobiltà d'animo era della miglior specie. Non c'era bisogno di esprimere a parole il suo intento di sostenerlo comunque, qualunque sarebbe stato l'esito di ciò che stava per fare.

–La gravidanza di tua sorella procede alla grande. Credo proprio che sarà una femmina.– buttò lì quasi in tono casuale.
Ferb accettò il cambio di argomento.

Passò il resto del tempo ad ascoltare le informazioni che gli forniva.

Isabel lo guardò rivestirsi, ormai aveva smesso di arrossire in sua presenza.

Che fosse venuto a consultarla, in qualche modo, le fece particolarmente piacere. Era una persona che poteva sembrare forte e imperturbabile, praticamente imbattibile emotivamente parlando, ma naturalmente aveva, come tutti, delle debolezze.

Sentiva che, in un certo senso, avessero degli spiriti affini.

Aveva la sensazione di essersi fatta un nuovo amico.
Ferb poi la lasciò e andò dove veramente gli interessava andare.

Parlare con Isabel forse non era servito veramente, ma si sentiva se non più calmo almeno un po' più tranquillo, anche se in realtà l'emozione e l'eccitazione per ciò che aveva deciso di fare non lo lasciavano in pace un attimo.

Probabilmente era vero che non ci fossero speranze, ma sentiva di aver riflettuto fin troppo e che quello fosse il momento di smettere di ragionare con la testa e di 'pensare con il cuore', come si diceva.

Non sarebbe stato in pace con se stesso finché non ci avesse almeno provato. Che andasse come doveva andare!

La Dama era seduta sul bordo del pozzo presso il quale veniva sempre a trovarla, con la testa bassa, un po' incavata tra le spalle, e i piedi penzoloni nel vuoto.

Gli occhi lucidi catturavano i riflessi argentei della luce della luna, filtrante dalla finestra, e davano l'impressione di brillare come quelli di un gatto.

Aveva un'aria molto malinconica. Eppure aveva fatto di tutto pur di compiacerla.

Le aveva concesso la grazia per il nemico, aveva annullato il suo confino solo perché gliel'aveva chiesto, e tanto sarebbe dovuto bastare.

Tuttavia, ciò non cambiava il fatto che sarebbe sempre rimasta legata al luogo in cui si trovava, costretta a non lasciarlo mai completamente.

Forse era per questo che appariva così triste.

Aveva cercato di renderle il soggiorno più piacevole, ma evidentemente aveva fallito. Cosa non avrebbe dato pur di vederla di nuovo felice!

–Mio re.– disse la ragazza, sollevandosi in una posizione più dignitosa, quando si accorse d'essere osservata.

Quell'appellativo in fondo non gli dispiaceva, ma perché doveva essere sempre pronunciato proprio da lei? Avrebbe tanto voluto che lo vedesse in un modo diverso, che lo considerasse come un amico, un confidente, o per lo meno che si potessero confrontare da pari a pari, che si mettessero sulla stessa linea.

Scese dal bordo e atterrò al suolo. Era più alta di lui, ma non troppo, e s'era abbassata fino al punto in cui poté guardarla negli occhi senza costringerlo a porre inutilmente in evidenza tale dislivello.

Lo faceva per rispetto, ovviamente, ma quanto avrebbe preferito che la situazione si invertisse!

L'aveva un po' venerata, eppure sapeva bene che non era meno umana di lui.

Quando aveva ottenuto la grazia per lei quasi non era riuscito a crederci.

Se la sentiva sfuggire dalle mani e fu preso dal desiderio di toccarla, e lui non era il tipo che toccava facilmente gli altri.

Le prese il mento con due dita e le sollevò delicatamente il viso, scrutando nei suoi occhi con attenzione. Forse non avrebbe dovuto farlo.

Era bellissima come sempre. La sua pelle era vellutata e i microscopici peletti che la ricoprivano erano morbidissimi al tatto, ma notò un leggero livido su una guancia che le deturpava il volto perfetto, il segno di uno schiaffo.

Provò rabbia verso chiunque ne fosse responsabile.

Quando l'aveva vista lì in mezzo, si era chiesto cosa ci facesse fuori dalla stanza che aveva fatto preparare per lei e per quale ragione si stesse accompagnando a quell'uomo. Quello che inizialmente aveva creduto l'unico responsabile di ciò che era capitato a suo fratello.

Aveva sperato che non si sarebbe mai allontanata da lui, ma la profezia che aveva ascoltato forse aveva un secondo significato latente.

Non voleva che si fosse sentita intrappolata da lui, tutto ciò che aveva fatto era stato pensato con l'unico fine di proteggerla dalle intemperie e dalla cattiveria del mondo esterno.

Magari aveva sbagliato, ma l'aveva fatto in buona fede.

Quando aveva scoperto che Phineas, quello che pensava sempre e solo al suo lavoro, quello che non sembrava mai essersi interessato alle ragazze, era riuscito a trovare l'amore, non avrebbe potuto negare di averlo invidiato, lui che adesso poteva stare con la sua compagna senza nessuna limitazione.

Se qualcosa li aveva divisi, non esisteva più.

E si chiedeva perché lui non potesse fare lo stesso.

Arrivava sempre il momento il cui bisognava accorgersi che non si poteva vivere solamente di sogni.

–Maestà. Volevi chiedermi qualcosa?–

In quel momento, il suo desiderio fu che lo chiamasse con il suo nome. Come aveva fatto la prima volta che gli era apparsa, quando aveva mandato lui e suo fratello alla ricerca della spada e quando poi, in quella caverna, lo aveva guidato fino a essa.

Lei sentì il suo pensiero e sembrò sorpresa, era difficile sorprendere una che sapeva tutto.

–Come ti chiami?– farfugliò.

Ne fu costernato. Come aveva potuto dimenticarsene?

Era stata lei a chiamarlo per prima.

–Perdonami, non sono serena.– si riprese la Pusa –Sono stata qui dentro così a lungo che ho dimenticato perfino il mio, di nome.–

Ferbillotto fu tentato di andarsene, era probabile che quella donna non lo avrebbe mai amato la metà di quanto la amava lui.

Ma proprio per tale motivo doveva andare fino in fondo. Per qualche istante ancora voleva illudersi, voleva giocare tutte le sue carte.

Tirò fuori di tasca l'ennesima fiala, era un filtro che aveva preparato personalmente, quasi per gioco, qualche tempo prima, quando aveva realizzato di essere un re infelice, innamorato di una donna che non avrebbe mai potuto avere. Aveva capito di essere un disperato.

Non aveva mai avuto il coraggio di usarlo, l'aveva sempre conservato senza mai tirarlo fuori, adesso voleva scoprire se funzionasse.

La Dama si scostò permettendogli di recarsi al pozzo.

Mormorò qualche parola di scusa per quella profanazione, poi vi rovesciò dentro la pozione.

Non appena essa toccò l'acqua, una pioggia di gemme eruttò dal fondo come un geyser.

Diamanti, rubini, smeraldi, zaffiri, a decine, di varie dimensioni, dei più belli e dei più puri che si fossero mai visti, illuminarono la stanza di miriadi di piccole luci, di colori tutti diversi e le pareti sembrarono dissolversi mentre essi ricadevano al suolo come tanti coriandoli.

Sbirciò la reazione della Dama.

Notò che osservava il fenomeno con attenzione.

E, con sua gioia, vide che sorrideva, il suo viso esprimeva un'aria del tutto deliziata.

Poi la vide chiudere gli occhi, allargare le braccia e roteare su se stessa, raccogliere una manciata di pietre con le mani e lanciarle in aria ridendo.

Fu colpito e commosso da quel gioco infantile. Sembrava una bambina che accogliesse la neve.

Si era ripromesso di non perdersi nella sua contemplazione, e invece ecco che ci ricascava un'altra volta.

–Io invece non potrei mai dimenticarmene.– disse, senza staccarle gli occhi di dosso.

La Dama si fermò dal suo volteggiare. –Come hai detto?– fece, come interdetta.

–Il tuo nome.– riprese Ferbillotto –Me lo rivelasti una volta e non me ne dimenticherò mai più.–

–Io?– fece la donna, sembrava avesse dei dubbi.

Lui pose la mano destra sul proprio petto, sul cuore, a indicare che fosse sincero.

–Quando sono stato sul punto di morire, uno dei più grandi rimpianti che ho avuto è stato quello di essere destinato ad andarmene senza aver mai avuto il fegato di dichiararti quello che provo.– disse con voce ferma, seppur contenesse a stento la grande emozione che lo turbava –Ma tu non curarti di me. Non sentirti in obbligo, o in debito. Tutto ciò che desidero è la tua felicità e per questo ho deciso di farti un regalo.–

Vanessa non capì, ma dal fondo del pozzo, nel mezzo di quella luminosa pioggia di preziosi, emerse una figura nuova, aggraziata, dal portamento nobile e fiero.

Si levò per un momento a mezz'aria, poi discese dolcemente.

La studiò. Indossava una tunica azzurra del tutto simile a quella che portava lei, della stessa fattura ricercata, con lo stesso tipo di ricami brillanti ed evanescenti.

Ma fu quando toccò il suolo con i piedi nudi che finalmente la riconobbe.
–Madre!– esclamò, incredula, voltandosi a guardare prima lei, poi il re. Era confusa e si accorgeva di non avere più fiato –Cosa ci fai qui?–
La Dama del Lago sorrise alla figlia, ma tornò immediatamente seria. La sua figura ispirava sicurezza da ogni angolo.

–Figlia. È ormai molto tempo che siamo state separate. Ferbillotto è venuto a cercarmi per poter intercedere a nome tuo, per liberarti dal gravoso onere della veggenza che da troppi anni ti costringe a restare in questo luogo.– spiegò.
–Non capisco.– ammise la giovane Pusa –Io ho un ruolo, qui. Credevo che non fosse possibile sottrarsi alla consacrazione.–
–Non è del tutto vero.– riprese la donna. –Gli spiriti hanno parlato. Hanno osservato e deciso che tu hai già portato a termine il tuo compito e quindi non hai bisogno di continuare. Ti è concesso di interrompere il tuo servizio e di ritornare a vivere la tua vita. Qualcuno ti ama a tal punto da aver fatto in modo che tu te ne rendessi degna.–
Vanessa sentì improvvisamente il proprio cuore battere all'impazzata nell'acquisire coscienza di ciò che quell'incontro significava. –Ma il regno ha bisogno di un Oracolo.– protestò, molto debolmente a dire il vero –E io non posso essere sostituita da chiunque. È la regola.–
La donna si limitò a sorridere, perdendo quell'aura di severità che l'aveva attorniata. E lei comprese.
Tu prenderesti il mio posto?– fece lei confusa. Non aveva ancora capito bene cosa stesse accadendo, ma sentiva pian piano riaccendersi le ceneri della speranza.
–Diciamo che lo devo a tuo padre.– fu il sussurro di una moglie che ha fatto un grosso sbaglio e cerca, indirettamente, il perdono delle persone che ha ferito.
Vanessa si voltò a guardare Ferbillotto, che non mostrava più alcuna emozione sul viso.
Gli lanciò un'occhiata indagatrice. –Te lo ha chiesto lui, non è vero?– mormorò.
Ferb annuì impercettibilmente, ma non era soltanto una conferma, era molto evidente che ci fosse dell'altro. Uno struggimento inespresso.
Tornò a rivolgersi a sua madre.
–Dunque mi sarà concesso anche di partire insieme a lui?–
–Se lo vorrai.– confermò semplicemente la Dama. Poi le pose le mani leggere sulle spalle e abbandonò del tutto il suo tono altero –Figlia– riprese –Io ti chiedo scusa per averti costretta a questa vita. Non è mai stata fatta per te, ma me ne sto accorgendo troppo tardi. Per favore, perdona questa stupida donna. Occupare il tuo posto è il minimo che io possa fare per poterti aiutare a riguadagnare la tua vita, la tua libertà. Ho visto come ha agito tuo padre, ma non è da biasimare per aver commesso degli errori. Hai testimoniato il suo cambiamento, hai potuto constatare che è arrivato solo dopo averti ritrovata. Lui non aveva bisogno che di amore. Io, nella mia stupidità, gliel'ho negato. Adesso toccherà a te guidarlo lungo la giusta via.–
Non la fece continuare. Le si slanciò addosso e la strinse per qualche secondo.
–So che nel separarci non hai agito con cattive intenzioni. Ti perdono. Mi stai facendo... mi state facendo un regalo così grande.–
Dopo aver ricambiato l'abbraccio, la Dama del Lago impose i palmi sul capo della Dama della Pozza. E mormorò una preghiera con voce cantilenante.
Sebbene avesse studiato quella lingua, Vanessa si rese conto di non capire il senso delle parole che stava pronunciando.
Le sembrò che tutto il mondo intorno a lei si facesse più oscuro, più ostile, più caotico. Ma c'era una costante che le impediva di perdervisi dentro.

Tutto ciò che pensava adesso era che sarebbe stata libera. Sarebbe stata lasciata andare ovunque le sarebbe piaciuto andare, con chiunque le sarebbe piaciuto andare.
Era molto felice di questa prospettiva.

Al termine del rito, Vanessa constatò di non riuscire più a leggere nella mente di sua madre, era accaduto, i suoi poteri erano stati ritirati. La cosa la lasciò euforica, finalmente poteva dirsi esattamente come tutti gli altri.

Ma quella non era l'unica cosa che mancava.

–Dov'è andato il re?- chiese a voce alta.

–Per la sua strada, com'è giusto che sia.– affermò la Dama –Così come tu andrai per la tua.–
Ferbillotto stava per uscire dalla camera, aveva lasciato le due donne con molta calma e una gran tranquillità nel cuore. Si sentiva appagato, sapeva di aver fatto la scelta migliore.

A sorpresa, fu raggiunto da Vanessa che lo bloccò sull'uscio.
–Aspetta! Non andare, ti prego! Non varcare quella porta!– gli disse. Lo prese con sicurezza per un polso e lo fece rientrare, non trovò alcuna resistenza.

La Dama del Lago adesso era svanita, si ritrovarono di nuovo da soli.

Vanessa aveva delle lacrime di commozione agli angoli degli occhi che brillavano come dei piccoli diamanti. –Tu mi lasci sempre senza parole, e non è una cosa molto comune. Io non so come posso ringraziarti, nessuno aveva mai fatto qualcosa di simile per me. Tu sei il re, non avrai nessun vantaggio da questo. Allora perché lo hai fatto?–
Ferbillotto non le rispose a parole, perché il suo sguardo comunicava già tantissimo da solo.
–Lo hai fatto per me. Hai rinunciato ad avermi qui. Perché tu sai che me ne andrò. Mio padre ha detto che è disposto a restare qui, ma io lo so che lui non è in grado di restare.– la voce della fanciulla si fece lamentosa –Si sentirebbe in gabbia. È uno spirito libero, proprio come me. E io voglio seguirlo, voglio vivere la vita che fino a ora ci hanno sempre negato. Devi capirlo.–
Lo capiva perfettamente. Non l'avrebbe mai costretta a restare, se anche lo avesse voluto.

–Ti sarò sempre riconoscente. Non dimenticherò mai quello che tu sei stato per me, quello che mi hai dato, quello che hai fatto. Mi accompagnerà per sempre, ovunque sarò.–

Adesso lo sguardo del re era veramente triste.

Lei non sapeva cos'altro fare, le faceva male il petto, era il cuore che si lacerava.

Si accorse di ansimare leggermente.

Le era venuta un'ispirazione improvvisa e si chiedeva se fosse la cosa giusta da fare.
Smise di chiederselo, pensare troppo non avrebbe fatto altro che moltiplicare i dubbi quando invece aveva soltanto bisogno di agire.

–Io non dimenticherò mai più il tuo nome.– gli promise.

Si chinò su di lui, non più di quanto si fosse aspettata.

C'era da scommettere che entro qualche anno sarebbe stato lui a sovrastarla, lui a doversi chinare per raggiungerla.

Si accorse di sentire leggermente più caldo, stava forse arrossendo?

Gli rubò un bacio, leggero e fugace, sulle labbra.

Poi si allontanò prima che potesse realizzare quello che aveva appena fatto.
Ma probabilmente aveva sottovalutato le sue capacità cognitive.
Si sentì tirare per una manica, quindi si volse.

Lui l'aveva seguita per reclamare ciò che lei aveva semplicemente abbozzato.

Lo accolse, senza voler pensare a cosa ci sarebbe stato dopo, né a cosa sarebbe mancato.

Non si aspettava una tale foga, ne rimase meravigliata, c'era qualcosa che le pulsava forte dentro le vene e la faceva diventare irrequieta.

Era sconvolta e non capiva se ciò che stesse provando fosse amore o un semplice, fortissimo senso di gratitudine. Ma non poteva permettersi tale dubbio.

–Spero che, almeno, adesso che avrai di nuovo tuo padre nella tua vita tu sia contenta.– mormorò lui alla fine. Sembrava che quelle parole nascondessero una grande rassegnazione.

Capì che lui non avrebbe mai preteso niente da lei, l'avrebbe lasciata fare tutto quello che voleva.

Lo apprezzò ancora di più per questo.

Ma era inutile. Perché quello doveva essere il loro addio.

Lo seguì con lo sguardo mentre usciva, sconfitto, dalla stanza.

–Mi dispiace!– gli urlò dietro, prima che le chiudesse la porta in faccia, non brutalmente comunque.

Non appena fu dall'altra parte, Ferb si trovò a fissare di rimando due occhi freddi che lo scrutavano nel buio.

Si trovava in uno stato di particolare fragilità emotiva, perché altrimenti sarebbe passato oltre restituendogli uno sguardo di sfida.

La figura sembrò portarsi repentinamente in avanti, gli occhi divennero più grandi -o forse erano semplicemente più vicini.

Non poté fare a meno di rivedere in essa quella stessa entità che aveva già avuto modo di conoscere durante il suo deliquio, quando aveva rischiato la vita, quando aveva creduto che per lui fosse finita.

In qualche modo, la cosa che lui aveva identificato come l'angelo nero, la personificazione della morte, era sfuggita da quella dimensione onirica -che probabilmente era più reale di quanto potesse sembrare- ed era tornata per prenderlo.

Si chiese perché la rivedesse così presto. Dipendeva forse dal suo cuore spezzato?

Si trovò a indietreggiare, temendo di essere attaccato.

Toccò la parete alle sue spalle con la schiena, non c'erano vie di fuga, a meno di rientrare nella camera da cui era appena uscito. E lui non voleva certo rientrarci.

Un momento di irrazionalità però gli fece considerare accettabile anche l'idea di non opporre nessuna resistenza.

Adesso non aveva più rimpianti.

Vanessa era libera. Aveva compiuto il suo dovere.

Era già preparato al suo addio. Si era rimesso al suo volere e aveva dolorosamente accettato quello che aveva deciso.

Suo fratello era al sicuro. Se mai gli fosse capitato qualcosa, la corona sarebbe passata automaticamente nelle sue mani e lui e Isabel avrebbero regnato insieme al suo posto.

Non c'erano più affari in sospeso. Era tutto perfettamente sistemato.

Prima era scampato alla morte, ma presto o tardi ne sarebbe necessariamente dovuto essere vittima. Adesso che l'aveva affrontata una volta, però, poteva attenderla senza provarne nessuna paura, da uomo.

Scrutò la figura che aveva di fronte cercando di scoprire di chi si trattasse, cercando di capire se fosse ostile o meno.

Era a volto coperto, ovviamente, e di corporatura pareva piuttosto massiccio, ma non gli sembrava di averlo mai visto prima.

Roger non poteva essere, lo aveva fatto rinchiudere e quando lo avevano trascinato nella sua cella era in una sorta di stato catatonico.

Che si fosse ripreso e che fosse scappato, che lo avesse aspettato per vendicarsi? Era possibile.

Vide il suo braccio muoversi e si allarmò.

Ma quello si allungò sul muro accanto a lui senza sfiorarlo.

Il suono di una voce maschile appena udibile, soffocata, che era certo di non aver mai sentito in vita sua, gli comunicò di ascoltarlo.

Quella voce era particolare, dall'accento familiare ma contemporaneamente del tutto sconosciuto.

Ma chiamarla 'voce' era errato, perché nella realtà non c'era nessuno che parlava, le parole che sentiva sembravano risuonare all'interno della sua testa, come se si trattasse di un suo pensiero.

Gli disse che aveva appena superato una prova estremamente importante. Ma che esse non erano ancora concluse. Avrebbe dovuto farsi forza, perché nell'immediato futuro avrebbe avuto tanto ancora da dimostrare. Presto il suo popolo avrebbe avuto bisogno di lui e lui sarebbe dovuto essere pronto ad aiutarlo.

Prima che potesse anche solo pensare di rispondere, la figura si dileguò, lasciandolo solo.

Si trovò spaesato, l'adrenalina lo investì tutta in una volta.

Ebbe il dubbio se ciò fosse successo veramente o se fosse stata soltanto la sua immaginazione.

Durò pochi attimi. Respirò a fondo, poi si riprese e tornò nella sala del trono.

Phineas era semi-sdraiato su una pila di cuscini.

Aveva lo sguardo concentrato su un foglio blu. Ma non avrebbe dovuto studiare per i suoi esami da mago?

Si girò e gli sorrise. –La reggia ha bisogno di ristrutturazioni.– disse in tono vivace –Mi nomini architetto ufficiale?–

Ferb si strinse nelle spalle. Poteva fare tutto quello che gli paresse opportuno, gli dava carta bianca.

L'espressione di Phineas cambiò repentinamente, passando da allegria ad allarme. –Stai bene?– gli chiese –Hai una faccia!–

Ferb si sedette accanto a lui sui cuscini e gli raccontò quello che era successo nella stanza della Dama, omettendo il misterioso incontro avvenuto subito dopo.

Era una delle loro 'confessioni'. Avvenivano raramente, ma entrambi sentivano l'importanza di quei momenti fraterni. Li legavano in un modo incredibile.

–Sei stato generoso con lei.– disse Phineas alla fine, dopo aver ascoltato in silenzio –Credo davvero che tu sia il miglior re che questo regno potesse avere, sono certo che nessun altro, al tuo posto, si sarebbe privato di una felicità personale per favorire quella di un'altra persona. E credo anche che tu meriti qualcuno che ti possa dare quello di cui hai bisogno.– aggiunse.

Questo lo sorprese. Phineas non sembrava così saggio, ma l'apparenza poteva ingannare.

Avrebbe voluto che fosse così semplice come glielo presentava.

Sapeva che ci sarebbe voluto un po' per dimenticarsi di quella delusione.

Comunque, non era affatto pentito di averla lasciata libera, né di essersi dichiarato, anche se in fondo al cuore avrebbe preferito un esito diverso.

Si era tolto un grande peso, adesso sarebbe stato libero di cercare altre strade. Prima però doveva convincersene.

Si chiese chi gli suggerisse quelle belle perle di saggezza.

Forse era il perenne sorriso di suo fratello che gli ispirava una positività innata.

Forse era merito di quella ...cosa che lo aveva quasi assalito poco prima. Aveva avuto ragione.

Era impressionante con che velocità stesse tornando a ragionare lucidamente.

Continuare a struggersi non sarebbe servito assolutamente a nulla, la sua vita non era conclusa e sarebbe continuata ad ogni modo, anche se non aveva ottenuto quello che aveva sperato.

Stava a lui riempirla di novità, e avrebbe avuto tante altre occasioni per farlo.

Restituì il sorriso a Phineas e cercò in se stesso la forza di dominarsi.

Ci riuscì così alla perfezione che fu quasi sconcertante.

Phineas gli mostrò i suoi progetti e, prima ancora che potesse realizzare appieno cosa stesse succedendo, era stato nuovamente coinvolto nel suo piccolo e meraviglioso mondo fatto di imprese strabilianti, colossali e pazzesche. Un mondo da cui per anni era stato costretto a escludersi, ma che non gli sarebbe mai stato precluso veramente. Non da Phineas, non da se stesso.

Mentre i due fratelli ritrovavano la complicità perduta, una figura ammantata li osservava di nascosto sorridendo, per quanto il suo becco potesse permetterglielo.

–Non credi d'esser stato un po' avventato, Perry?– lo rimproverò Heinz.

L'ornitodrago si giustificò. Non parlava perché non possedeva un linguaggio verbale, comunicava mentalmente e Heinz lo capiva, proprio come se si esprimesse a voce.

–Lui mi ha fatto un favore enorme. E tu hai rischiato di spaventarlo a morte. Ottimo, l'effetto dell'incantesimo, vero? Sembravi proprio un omaccione brutto e violento.– sogghignò l'umano –Sinceramente, ti preferisco nelle tue sembianze naturali.–

Parable gli rivolse una domanda silente.

–Ma no, come avrebbe potuto riconoscerti?– gli rispose –Penso proprio che tu lo abbia preso nel momento migliore. Avrà creduto in un qualche fenomeno inspiegabile, presto smetterà di farsi domande...–

Parable aveva idea che tutto fosse stato inutile.

–Hai idea?– gli fece eco il non-più-mago –A me sembra che abbia funzionato. La profezia di Vanessa parlava chiaro. Qualcuno deve guidarlo.– sentenziò –Altrimenti, per lui sarà difficile prendere le giuste decisioni al momento opportuno. È così giovane, così inesperto della vita... e a quanto pare non vivrà così a lungo da acquisire esperienza. Non può sbagliare.–

Perry annuì. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di rendere Ferbillotto l'eroe che era stato predetto che sarebbe diventato.

Con Heinz si scambiarono un pugno amichevole, non avrebbe mai immaginato che sarebbe finita in quel modo, tra loro due.

La simpatia reciproca, anche se si erano trovati in contrasto, c'era stata da sempre.

Forse, nonostante tutto ciò che era successo, non soltanto tra loro due, avrebbero lasciato indietro la loro atavica rivalità per renderla qualcosa di simile a un'amicizia.

 

 

 

***

Carl aveva interrotto la lettura in un modo talmente naturale che Francis riuscì a capire senza dover chiedere che non avesse scritto altro.

–Dunque.– fece il ragazzo dopo diversi secondi di silenzio –Credo che questo sia tutto. Cosa ne pensa della mia storia? Secondo lei ho un futuro?–

Eccolo che si rimetteva per l'ennesima volta al suo giudizio. Possibile che non avesse ancora compreso la propria bravura, che non ci credesse abbastanza?

Non voleva deluderlo, ma nemmeno fargli capire quanto in realtà l'avesse appassionato.

Non voleva che si montasse la testa e decidesse di punto in bianco di cambiare mestiere, era importante tenerlo nelle righe, l'Organizzazione aveva bisogno di manodopera.

Misurò attentamente ogni parola.

–Come prima volta che ti cimenti in un'impresa del genere, direi che non c'è male.– disse –Capirai però che voler eguagliare una storia fantastica come Excaliferb era un traguardo molto ambizioso...–

Carl annuì, comprensivo, ma sembrò lo stesso molto deluso da questa risposta.

–Ho fatto ciò che potevo, signore.– fece, a disagio –Non pretendevo certo di scrivere il romanzo del secolo. L'ho fatto più che altro per divertimento.–

Monogram ebbe un rimorso e volle riprendersi.

–E trovo che sia stato già un buon lavoro così.– cercò di rincuorarlo –Figurati dunque come verrebbe fuori questa storia se dovessi fare sul serio… E poi, ci sarebbe un altro appunto.– continuò iniziando già a sentirsi un verme –Cioè, Carl, hai indubbiamente dimostrato che sei un bravo scrittore, ma non puoi cadermi su una cosa così evidente.–
–Credo di capire a cosa si riferisce.– fece il ragazzo, come sovrappensiero –È sicuro che non si tratti di una cosa voluta?–
–Beh, prima accertiamoci di parlare della stessa cosa.– replicò il Maggiore –Io stavo pensando agli anacronismi che hai sparso in giro per il testo...–
Carl diede in un pesante sospiro e rise di cuore. –Allora se ne era accorto!– esclamò –Mi sembrava che dovesse interrompere la lettura e correggermi ogni volta che ne incontravamo uno, e invece lei è rimasto in silenzio.–
–Perché non volevo rompere la magia della narrazione.–

Ma Carl non era d'accordo. In silenzio aveva già iniziato a raccogliere i fogli del manoscritto e a sistemarli accuratamente.

Francis non capì le sue intenzioni finché non lo vide alzarsi e avviarsi con passo lesto al distruggidocumenti.

In pochissimo tempo, il frutto di un intero mese di lavoro sarebbe stato ridotto a un migliaio di illeggibili striscioline di carta.

Lo fermò appena in tempo, prima che premesse il tasto di avvio, afferrandogli il polso.

–Perdonami, ma cosa diavolo stai facendo?– gli chiese.

–Elimino quest'obbrobbrio letterario dalla faccia della Terra!– disse Carl in un soffio.

–Non hai nessun diritto di definire il tuo lavoro un obbrobbrio! È un lavoro mediocre, sì, ma non fa completamente schifo.– lo rimproverò Monogram.

–Invece sì. Sono arrabbiato.– continuò Carl, disperandosi –Non era quello che volevo, non so dove abbia sbagliato. Credo che non avrei nemmeno dovuto iniziare a scrivere.–

–Sciocchezze!– esclamò Francis.

Senza mollargli il polso lo allontanò dalla diabolica attrezzatura d'ufficio e con l'altra mano ne tirò fuori il manoscritto. –Anche se non ti senti soddisfatto, non dovresti buttarlo via. Devi rimediare. Dimostrati che sei in grado di migliorarlo.–

–Ma non so come!– gridò Carl –Quando ho immaginato la storia mi era sembrata epica, una figata assurda... Ma evidentemente si trattava solo del delirio di un ragazzino senza talento che crede di poter scrivere qualunque cosa senza esserne davvero in grado!–

Monogram non riusciva a credere che si stesse buttando giù in quel modo, era quasi in lacrime.

Si rese conto che quello che doveva dirgli avrebbe potuto costargli molto.

Eppure, voleva assolutamente che ritrovasse il sorriso.

–Ascoltami.– esordì –A me questa storia è piaciuta moltissimo, davvero, non scherzo.–

Il ragazzo lo guardò scettico –Ha appena detto il contrario.– osservò.

–No. No, non è così.– lo contraddisse –La verità è che ho parlato per invidia. Mi sarebbe tanto piaciuto essere in grado di scrivere una cosa come questa. Ma non sono abbastanza bravo con le parole.–

Il diciottenne dissimulò uno scoppio isterico di risa. –Lei non sarebbe bravo con le parole?–

–No, Carl.– rispose tranquillamente –Credimi, ragazzo, mi hai stupito, ci sono stati dei passaggi che mi hanno quasi incantato. Hai del potenziale, non buttarlo alle ortiche.–

Sembrò che stavolta Carl riuscisse quasi a crederci.

–Dunque lei pensa... che potrei migliorarlo?–

Eccolo di nuovo! Perché era così difficile per lui aver fiducia nelle proprie capacità?

L'umiltà che stava dimostrando non era simulata. Non era a caccia di complimenti, se no non avrebbe davvero cercato di distruggerlo.

Forse l'errore era suo, forse, relegandolo fino a quel momento a tirocinante non pagato, non lo aveva trattato come si meritava, aveva sfruttato la sua collaborazione senza mai ripagarlo adeguatamente. Non lo aveva incoraggiato abbastanza da far in modo che credesse in se stesso.

–Fa' una cosa. Questo libro è stato battuto a macchina, giusto?–

–Al PC.– confermò Carl –L'ho fatto stampare solo per poterglielo leggere.–

–Deduco che tu abbia ancora tutto conservato nel tuo computer.– sperò.

Carl ci pensò su qualche secondo. –Forse l'ho cestinato.– ammise.

–Il computer?!– si confuse Francis.

–Ma no, il file!– esclamò esasperato Carl –Se siamo fortunati non ho ancora svuotato il cestino. Dimentico spesso di farlo...–

–Beh, normalmente non approverei, per una questione ecologica...– borbottò Francis –Ma questa volta forse è una benedizione. Tappati il naso e vedi di recuperarlo.–

Carl si mise a ridere nascondendo educatamente la bocca dietro una mano.

–Ah, giusto, tu sei nato privo di olfatto...–

–Non è per questo, signore. Lei sa cos'è il cestino di un computer?–

–Ma sicuro!– mentì Monogram –Sono secoli che non utilizzo uno di quei 'cosi', ma che diavolo, non sono mica stupido!–

Carl fece un sorriso sornione.

Andò in un'altra stanza e tornò con in mano un PC portatile. Era proprio piccolino.

Guardò attentamente mentre lo metteva sulla scrivania, si sedeva, lo accendeva, collegava il mouse e, con tutta la naturalezza del mondo, cliccava su un'iconcina a forma di qualcosa di dannatamente simile a un cestino per la carta straccia.

Si aprì una finestra. Dentro c'era un file denominato Excaliferb2

–Non l'ho cancellato, meno male.– sospirò il ragazzo.

Ci cliccò sopra e si aprì un menù a tendina. Selezionò: Ripristina. Il file sparì.

Monogram si allarmò. –Non lo avrai cancellato adesso!–

–No, stia tranquillo.– spiegò Carl –È semplicemente tornato nella cartella dei documenti.– in un secondo aprì anche questa.

Il file se ne stava lì tranquillo ad aspettare le modifiche.

–Adesso senti quello che devi fare.– disse il Maggiore –Prendi tutto quello che hai scritto fino a ora, te ne vai all'inizio delle pagine e ci scrivi: Libro uno. Dopodiché, te ne vai alla fine e scrivi: Libro due. E inizi a scrivere il seguito...–

–Ma io non ho un vero e proprio seguito, signore.– protestò Carl.

–Certo che ce l'hai! Spremiti le meningi! Hai scritto quanto, cinquanta, sessanta pagine? Ora ne scriverai altre centodiciassette...–

Il tirocinante sorrise. –Se lei crede che possa farlo...–

–Puoi.– tagliò corto lui –E mettici Monopunzel, questa volta.– era rimasto molto rattristato da quell'esclusione.

–Potrei introdurre anche l'eroe che prima mi aveva fatto escludere.– fece Carl, ispirato –Adesso avrebbe più senso, non trova? Molti 'seguiti di' introducono personaggi nuovi.–

–Sì, però prima inventa la sua storia. Spiega da dove arriva, non può essere una specie di creatura mistica che risolve tutto come se avesse dei superpoteri...–

–Beh, oppure potrei trovarci una giustificazione.– fece Carl, sfoggiando un ghigno che andava da un orecchio a un altro.

Come si vedeva che era stato di nuovo contagiato dalla febbre dello scrittore!

–La storia è tua.– gli sorrise a propria volta –Ma evita di scadere nel supereroistico.– lo ammonì.

–Non lo farei mai.– stavolta il ragazzo rise apertamente.

–Ti lascio scrivere in pace.– Monogram si avviò verso la porta.

–Signore.– si sentì richiamare. Si voltò.

–Non so come ringraziarla per il suo sostegno. Spero di non deluderla.–

Francis non disse nulla, aveva già la mano sul pomello.

Non lo avrebbe mai ammesso, ma Carl era per lui come un secondo figlio e, come un padre, ne era profondamente orgoglioso.

Aveva dimostrato svariate volte di essere un assiduo lavoratore, si impegnava con passione e amore in tutto ciò che faceva, le sue insicurezze sarebbero state superate con il passare del tempo, sicuramente avrebbe fatto carriera.
E lui gli avrebbe dato la spinta giusta.

Prima o poi lo avrebbe promosso.

E -chissà- alla fine sarebbe potuto diventare lui il maggiore!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Titoli di coda:

E siamo ancora una volta arrivati alla fine del nostro percorso. Sì, avete letto bene. Questa storia sarà lasciata volutamente con un finale un po' aperto.

Comunque, nella mia immaginazione, Carl sta continuando a scrivere... Ma io non farò lo stesso.
Come avrete sicuramente già intuito, avevo pensato di ritirarmi una volta terminata la storia, per lo meno da questa sezione. Ma ho avuto modo di riflettere a lungo e di darmi un po' di buoni consigli da sola. E sono arrivata alla conclusione che le fanfic, in fondo, abbiano lo scopo ultimo di esprimersi. Se una cosa ti piace davvero, perché smettere? [...]
Il titolo di questo capitolo non è a caso, doveva valere anche per me. 'Farewell' significa 'Addio' (e infatti sulla scena di Ferbnessa ero molto indecisa, così ho optato per una 'mezza vittoria', se vogliamo. So che ormai la Montnessa è canonica, ma questa storia si svolge su un'altra 'dimensione', perciò...)
In soldoni, sostituisco la parola “Fine” con la parola “Pausa”, che adesso mi sembra molto più appropriata.
Mi auguro di lasciare il fandom di Phineas And Ferb - una serie di cui, nonostante la mia età, ho amato praticamente tutto (tranne gli speciali di Natale e di Halloween -.- chi si sentono, i Simpson?!), nelle mani di qualcuno che credo possa avere tutte le carte in regola per dimostrarsi di gran lunga più bravo di me.
Un abbraccio, un ringraziamento e un arrivederci a quei pochi(ssimi) che, malgrado tutto, hanno continuato a supportarmi. E in particolar modo a Koopafreak, a te un abbraccio e un ringraziamento più grandi... <3. Non hai idea di quanto tu mi abbia aiutata.

Questo programma è stato offerto dalla dottoressa Bulmasanzo, qualsiasi riferimento a cose, persone o fatti è puramente casuale. L'opera non è stata scritta a scopo di lucro e tutti i personaggi ivi presentati sono di proprietà della Disney.

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