Fight for Freedom

di Dragon_Flame
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Il calore molesto del fuoco distruttore bruciava la pelle del ragazzo. La foschia fumogena che annebbiava l'aria impregnava i suoi polmoni, facendolo respirare difficoltosamente. I suoi occhi erano rossi e irritati dal fumo, facendogli vedere a fatica. Intorno a lui c'erano solo fiamme e le ceneri di Forestopoli.
Una solitaria figuretta sottile e vestita di un fino abito bianco correva a perdifiato via dalla città, le chiome dorate che frustavano l'aria intorno a sé nella fuga precipitosa. Gli occhi verdi del ragazzo si soffermarono per un breve istante su di essa, stupiti dal fatto che la popolazione stava fuggendo verso tutt'altra zona. Poi le fiamme cominciarono a divorare il passaggio attraverso il quale la giovane fuggiasca era passata, nascondendone la vista.
Ceneri e braci ardenti nevicavano dal cielo, vividi frammenti di rami bruciati e piante devastate dal fuoco. La cortina fumogena che sprigionavano anneriva l'aria, rendendola irrespirabile.
Chris si guardò attorno incredulo e annientato, osservando con rassegnazione le rigogliose pletore arboree che ospitavano la verde città nel nord di Hoenn. Non rimanevano che tronchi secchi e contorti, neri come pece e coperti di brace scintillante che divoravano e scavavano la corteccia. Le piante non ancora intaccate dalle lingue di fuoco erano pericolosamente vicine a quelle che ardevano vivacemente.
Il moro sentiva sulle spalle il peso della sconfitta: avevano perso. Anche Forestopoli era caduta nelle mani del nemico. Non potevano permettersi di fallire nuovamente, oppure l'intera Hoenn sarebbe caduta nella spirale della tirannia, dilaniata dalla minaccia che aveva penetrato i suoi confini e che stava portando devastazione nei suoi territori.
Stupidamente, Chris pensò che forse non tutto era perduto a Forestopoli: poteva spegnere le fiamme con l'aiuto del suo fedele Gyarados. Non poteva permettersi di fallire ancora. Doveva salvare quella città. Non poteva lasciarla in balia del nemico.
Stava estraendo la sua Poké Ball, quando una voce sottile ma decisa si levò al di sopra del crepitio delle fiamme.
"Christopher, non fare sciocchezze! Vieni via di lì, ormai è troppo tardi per salvare Forestopoli!"
La voce si intervallava tra singhiozzi e respiri profondi. Una graziosa giovane di non più di vent'anni lo stava osservando, facendogli nervosamente cenno di muoversi di lì. Il pallido volto era distorto in un'espressione di disperazione e dolore. Due lucide scie di sale correvano giù dagli angoli dei begli occhi lavanda della ragazza, brillando tenuamente al chiarore del fuoco. Era Alice, la Capopalestra.
"Christopher, ti prego: fuggi via di lì! Fra poco sarà troppo tardi per andarcene. Sìamo rimasti solo tu e noi Capopalestra nella città. Dobbiamo abbandonarla adesso, altrimenti le truppe d'invasione ci cattureranno!" insistette la giovane, arrivando a strattonarlo per il braccio.
"Come puoi dire questo?! Forestopoli è la tua casa, la tua città! E la stai abbandonando a se stessa?" replicò Chris senza muoversi di un millimetro. La Capopalestra era troppo piccola e minuta per competere con la mole più elevata e robusta del ventunenne.
"Pensi che per me non sia una sofferenza? Hanno appena distrutto la mia casa!" Ora Alice piangeva sommessamente, chinando la testolina violetta e posandola pesantemente contro la spalla del compagno di lotta. Grosse, amare lacrime correvano lungo le sue gote pallide. "Però dobbiamo seguire gli ordini di Rocco. Abbiamo portato in salvo tutti gli abitanti della città e i Pokémon della Foresta. Non possiamo rimanere a domare il fuoco che divora le abitazioni. Fra poco arriveranno gli uomini del Conquistatore e potrebbero catturarci. Noi abbiamo il dovere di difendere Hoenn, lo ricordi? Non servirai a nulla se ti fai catturare! Forza, andiamo via."
Con la morte nel cuore e seppur riluttante, Chris si rese conto che Alice e Rocco avevano ragione.
"Va bene, andiamo" sussurrò arrendendosi.
"Seguimi. Ci dobbiamo trovare tutti sulla strada per Alghepoli. Su, corri!"
Alice e Christopher sparirono presto dalla città ormai distrutta, sfrecciando nella rigogliosa foresta che di lì a poco sarebbe stata divorata dal fuoco.


La corsa procedeva inarrestabile, sfiancante. Alice e Christopher stavano fuggendo più velocemente possibile da Forestopoli.
Davanti a loro c'era gente che correva forsennata e spaventata; alcuni erano pure leggermente ustionati.
Non c'era traccia della ragazza. Chris se ne accorse perché tra tutti i fuggitivi nessuno aveva dei capelli così lunghi e splendidi. Erano lisci e biondi come un raggio di sole e avrebbero risaltato assai sulle teste nere e castane appartenenti alle figure che correvano davanti a lui.
L'incendio stava divorando lentamente tutta la Foresta. Fumi impuri e ardenti annerivano l'aria e il cielo. Le fiamme crepitanti si levavano sempre più alte ad ogni folata di vento, cancellando ogni cosa.
Era questo che succedeva a ogni cosa o persona che si trovava disgraziatamente sulla strada in espansione continua del Nuovo Ordine del Caos: essere cancellate dalla faccia di Hoenn.
Ma la battaglia è appena cominciata, pensò Christopher mentre sfrecciava tra gli alberi. E noi la vinceremo.


***

Angolo dell'autrice:
Salve a tutti e buon pomeriggio. Quasi sicuramente nessuno arriverà a leggere fino in fondo a questo nuovo schifo che propongo al pubblico che mi segue (se qualcuno c'è), ma se ci dovesse essere qualche fortunato sopravvissuto, gli faccio i miei complimenti per essere giunto indenne, o quasi, fino a qui.
La storia è ambientata a Hoenn, in un tempo di guerra immaginario, e vi sono stati inseriti dei miei OC. Appariranno i Team Idro e Magma e i personaggi del videogioco, ma anche i membri di una nuova organizzazione criminale che ho partorito io dalla mia mente contorta e malsana.
Spero che il prologo vi sia piaciuto e mi auguro che mi seguirete in tanti (anche se sarà già una fortuna se qualcuno cacherà di striscio questa storiella >.>'' ).
Se ci sono errori, segnalatemelo. Grazie.
Mi aspetto recensioni, sappiatelo. (?) xD
Per il resto, non ho altro da aggiungere.
Buon pomeriggio e buon inizio settimana a tutti. A presto!

Flame

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


Affaticato per la corsa sfiancante e veloce che era stato costretto a fare, con ancora i polmoni pregni dell'odore pungente del fumo che aveva respirato prima, Chris stava accasciato a terra fianco a fianco ad un'esausta Alice, grondante di sudore e rosso in viso per l'intenso sforzo compiuto, aspirando profondamente l'aria pulita della foresta vicino Porto Alghepoli.
Poco distanti da loro stava in piedi l'intera popolazione di Forestopoli, disperata e piegata dal dolore per la perdita delle proprie case e della propria tranquilla quotidianità. C'erano con loro anche tutti i Capopalestra di Hoenn, i Superquattro della Lega di Iridopoli e Rocco Petri, il Campione della regione. Avevano l'aria sconfitta e amareggiata. Anche Forestopoli era caduta in mano nemica.
La popolazione della città devastata dalle fiamme fu accolta a braccia aperte dai vicini di Porto Alghepoli, allertati dell'incendio scoppiato nella Foresta e pronti a prestar loro soccorsi e aiuto. Ben presto la gente cominciò ad andarsene, lasciando soli i membri del gruppo d'élite della regione.
Rocco allora s'avvicinò a Chris, lasciando Alice alle cure premurose e attente di Adriano. Il Capopalestra di Ceneride provava una forte attrazione per la dolce Allenatrice di Pokémon Volanti, anche se non era ricambiato. Tuttavia, anche e soprattutto per questo motivo, ora le era accanto, per sostenerla moralmente e aiutarla in tutto ciò che poteva, dato che la sua città era stata spazzata via dalle fiamme, così come i fitti meandri della selva lussureggiante che cingeva Forestopoli in un abbraccio erano stati divorati dall'incendio propagatosi dalla città.
Alice singhiozzava disperatamente, cullata nell'abbraccio silenzioso e confortante del Maestro d'Acqua.
Il Campione s'appressò al moro, piegandosi sulle ginocchia. Gli porse una bottiglietta di Acqua Fresca.
"Bevi e riprendi fiato. L'acqua ti pulirà la gola. Non sentirai più il sapore del fumo" gli raccomandò poi, mettendosi infine a sedere accanto a lui.
Chris bevve un sorso con avidità, senza curarsi di detergere il fluido che scorreva lungo il suo mento, gocciolando quindi sul petto. Tirò un gran sospiro, lasciando che i muscoli smettessero di fremere per la tensione e si rilassassero.
"Grazie, Rocco" lo ringraziò, sedendosi in modo composto.
Gli occhi grigi del giovane si spostarono su di lui per un breve momento.
"Di nulla, Christopher. Piuttosto, siamo noi membri della Lega di Hoenn a doverti ringraziare. Nessuno, finora, si è schierato con noi per impedire l'avanzata del Nuovo Ordine del Caos. Siamo rimasti soli. La gente ha paura e si sottomette senza insorgere, oppure fugge dalle proprie case. Nessuno si preoccupa di contrastare questi criminali. E il tuo aiuto si sta rivelando prezioso, anche se la situazione è difficilissima."
A Rocco tremava leggermente la voce. Doveva essere la preoccupazione che pesava sulle sue spalle come un macigno a renderlo così. In passato non si sarebbe mai lasciato sopraffare dall'emozione. L'inizio del conflitto l'aveva segnato profondamente.
"Non mi dovete proprio niente, ragazzi. Hoenn è la mia casa, e anche se non sono nato qui combatterei per lei in qualsiasi momento. Morirei anche, per la mia regione. Non la voglio abbandonare al suo destino." Il sorriso che gli affiorò alle labbra era agro.
Un sospiro interruppe il breve istante di silenzio che era calato sul gruppo. Chris si voltò verso Alice, che ora si reggeva stoicamente in piedi, nonostante sembrasse quasi sul punto di crollare a terra. Un braccio di Adriano le avvolgeva la vita, offrendole sostegno.
"Stai meglio?" le chiese con tono controllato.
La viola negò. "Non sto affatto bene, Christopher. Forestopoli è distrutta, la popolazione è stata evacuata ma non ha più niente e i Pokémon della Foresta sono feriti, ustionati e confusi. Ci eravamo opposti con forza all'avanzata dell'Ordine ma abbiamo perso, quindi ora la mia casa non c'è più. E ci vorranno decenni prima che gli alberi tornino a crescere forti e rigogliosi come prima." Fece una pausa, prendendo un respiro. "Si può dire che la situazione è molto grave. E io sto male dentro. Ho fallito nel proteggere la mia città."
Alice scoppiò a piangere di nuovo.
Chris girò il volto verso l'alto, coprendoselo con le due mani. A parole era proprio un cretino. Non ci sapeva proprio fare a parole.
Gli altri Capipalestra, rimasti in silenzio a seguire la scena, si volsero verso Rocco, aspettando una direttiva. Era lui, in fondo, il capo di quell'esigua resistenza. Il Campione comprese subito ciò che passava per le menti confuse delle persone che gli stavano davanti, perciò s'affrettò a pensare.
Chiamò a sé Drake, Walter, Frida e Fosco, i più anziani membri della congregazione. Aveva bisogno di un consiglio; lui era poco più che un venticinquenne.
"Io non so come procedere. I ragazzi vedono in me il loro leader, ma sono appena più grande di loro, se non coetaneo o più giovane. Datemi un consiglio: ne ho veramente necessità" esordì appena gli furono accanto.
Il baffuto Maestro di Draghi prese la parola per primo, posando una mano callosa sulla spalla destra del ragazzo dai capelli argentei.
"Rocco, sei giovane, è vero, ma hai il dono del comando. I Capipalestra e i Superquattro fanno affidamento su di te perché sei affidabile e competente. Non farti fermare da queste incertezze. Ora necessiti di un consiglio e noi te lo daremo sempre e comunque, ma impara anche a pensare da solo" gli disse, brusco ma sincero.
Il grigio annuì. "Non mi faccio abbattere, Drake. Il problema adesso è come agire. L'Ordine potrebbe spostarsi verso Ciclamipoli, oppure puntare ad Alghepoli. Ma se qualche altra unità dovesse attaccare in un'altra zona di Hoenn? Mi serve una strategia, ma non so come muovermi. Voi cosa pensate sia meglio fare?"
Nei seri occhi d'acciaio di Rocco si riflettevano il timore e la preoccupazione che lo tenevano nel dubbio di sbagliare tutto.
"Non possiamo essere in grado di prevedere le mosse del nemico, però possiamo agire affinché vengano limitati i danni che ne deriveranno. Secondo me sarebbe opportuno creare un appostamento in ogni città, mettendo persone di nostra fiducia a sorvegliare le vicinanze e i percorsi tra le varie città per poter controllare ogni singolo angolo della regione. Se ci sarà un attacco, giungeremo sul posto per poter difendere la zona colpita. Di più non possiamo fare."
Il suggerimento di Frida era una buona strategia, ma era difficile da attuare.
"La cosa che dovremmo fare sarebbe pensare a cosa stanno cercando questi criminali. Hanno cominciato la loro invasione conquistando Bluruvia. Da lì hanno poi sferrato il loro attacco ad Orocea e a Porto Selcepoli, ma fino ad allora sembrava che si apprestassero a sottomettere Hoenn da sud-est. Ora però hanno attaccato e distrutto Forestopoli, senza apparente motivo. Come tattica non ha alcun senso, perché potevano conquistare città strategicamente più importanti, come Ciclamipoli, passando dalla quale si può arrivare a tutte le altre città della regione, oppure Porto Alghepoli, che è il più importante porto di Hoenn. O ancora avrebbero potuto attaccare Ferrugipoli, dove si trova la Devon Spa, controllando quindi anche una fetta non indifferente dell'economia e dei rifornimenti dell'intera Hoenn. Perché proprio Forestopoli?" Fosco espresse il suo dubbio dopo essere stato a lungo in silenzio ad ascoltare gli altri discutere.
"Cercano qualcosa di importante, questo è sicuro" constatò placidamente Walter, anche se la cosa era chiara a tutti.
"Sì, ma cosa?" insisté Fosco, che con il suo acume non riusciva a capire [cosa] poteva interessare a quel modo il Nuovo Ordine del Caos. "Deve trattarsi di qualcosa di estremamente utile per la conquista di Hoenn per causare tanta devastazione. Hanno praticamente distrutto una grande porzione di foresta, nonché Forestopoli. Dobbiamo capire chi è che sta dietro a tutto ciò e cosa sta cercando, altrimenti non sapremo contrastarne l'avanzata."
"Fosco ha ragione. Però da dove possiamo cominciare per avere informazioni su questa [cosa]?" disse Rocco scettico. Non credeva molto che fosse la cosa giusta da fare, ma non aveva altre possibilità.
"Qualcuno potrebbe infiltrarsi nell'Ordine" propose Frida.
I tre uomini e il ragazzo che erano con lei la osservarono increduli.
"Chi di noi può penetrare tra gli scagnozzi di quell'organizzazione? Siamo tutti personaggi in vista, Capipalestra o Superquattro, e ci riconoscerebbero immediatamente. Non possiamo coinvolgere altre persone perché potrebbero essere in combutta con l'Ordine. Come facciamo ad attuare un piano così folle? Finiremo per farci ammazzare!" Drake, con la solita delicatezza, non uso mezzi termini per esprimere il suo disappunto e lo scetticismo. "Frida, non dire balle, dobbiamo elaborare una tattica per riuscire a capire come annientare l'Ordine prima che Hoenn venga sottomessa, non offrirci su un vassoio d'argento ai nostri nemici!"
Frida mantenne la sua impassibilità anche di fronte alla brusca critica del collega Maestro di Draghi.
"Anche questa volta, mio caro Drake, tu e gli altri uomini presenti avete dimostrato che noi donne riflettiamo più di voi." Sulle labbra sottili della donna spuntò un sorrisino di scherno. " Fa' attenzione a ciò che implicano le sottigliezze e i dettagli in ogni frase. Non ho detto [chi] deve infiltrarsi, ma che [qualcuno] deve farlo." Gettò un'occhiata eloquente a Chris, che se ne stava tranquillamente steso sull'erba ad osservare la loro riunione da lontano. Sentendo su di sé l'attenzione dei cinque che stavano discutendo, il moro si raddrizzò di scatto, voltando subito lo sguardo verso un altro punto. " E quel qualcuno altri non può essere che Christopher, che apparentemente è un semplice, innocuo cittadino di Hoenn, ma che sotto copertura sostiene la nostra causa. E' insospettabile, quindi è pure il più - nonché l'unico - adatto a ricoprire questo ruolo. Sempre che intenda accettare, è chiaro."
I colleghi maschi della donna ammutolirono. Il suo discorso non faceva una piega.
"E così hai dimostrato che la tua tesi è vera, Frida" si ritrovò ad ammettere Drake, massaggiandosi la nuca.
"Però ora la questione è seria, quindi parliamo del vero problema. Chris accetterà di esporsi a questo rischio?" pose il quesito Walter, riportando gli interlocutori alla questione attuale.
Rocco allora si permise un cauto sorriso.
"Mi ha riconfermato nuovamente, poco fa, che servirà la nostra causa fedelmente, anche a costo della sua vita. Sì, sono certo che accetterà. Ora dobbiamo però metterlo al corrente dei nostri piani."
Il Campione però era combattuto fra due sentimenti contrastanti: da una parte c'era il desiderio di voler annientare l'Ordine e ripristinare la pace e la quiete nella sua regione; dall'altra, il timore che uno dei suoi più cari amici potesse rischiare ogni istante la sua vita per una situazione in cui non si sarebbe dovuto immischiare. Se lo avessero scoperto, per Chris sarebbe stata la fine.
La questione era spinosa, ma la decisione finale sarebbe spettata al diretto interessato, per cui Rocco non avrebbe potuto fare altro che consigliare il ragazzo. Non poteva fare null'altro, purtroppo. Se avesse potuto, avrebbe preso volentieri il suo posto; tuttavia lui era il Campione, uno dei personaggi più in vista della regione, e si sarebbe fatto subito smascherare. Il piano di insurrezione a quel punto sarebbe fallito e Hoenn non sarebbe più stata libera.
Ma poteva lui mettere a rischio la vita del suo migliore amico?
Rocco si prese la testa fra le mani, disperato e terribilmente disorientato, non sapendo minimamente che cosa fare e come agire .


Soffiava una lieve brezza marina sulla riva vicino Petalipoli. Il sole dorato splendeva alto nel cielo sereno. Sulla battigia schiumosa non c'era nessuno, tuttavia, a godersi il bizzaro tempo stabile di quella giornata di metà inverno.
Solo una flessuosa figura solitaria la attraversava in lungo, osservandosi intorno meravigliata. Darya era arrivata quella mattina stessa, totalmente ignara del conflitto che stava lentamente dilaniando Hoenn e fermamente decisa a starsene lontana per sempre dalla sua città.
Si godeva la frescura di quel venticello i cui soffi s'intrecciavano coi suoi morbidi capelli del colore delle nocciole, gustando per la prima volta la tanto agognata libertà a cui aveva sempre aspirato.
Aveva diciassette anni, quasi due decenni di imposizioni, obblighi e repressioni alle spalle e tanta voglia di fare esperienze e di vivere la vita a modo suo.
Ma la precaria tranquillità appena raggiunta sarebbe stata presto sconvolta. La guerra non avrebbe risparmiato nessuno, neanche una giovane completamente estranea a quei fatti, come lei.


***


Angolo dell'autrice:
Salve a tutti! :D
Eccomi tornata con l'aggiornamento della long su Hoenn. Ho deciso che saggiornerò regolarmente ogni lunedì pomeriggio/sera/notte fonda se necessario, salvo imprevisti.
Si ringrazia Andy Black, che ha recensito la storia e che la tiene d'occhio. Spero che questo capitolo ti piaccia ^^
So che è un po' cortino, ma andando avanti la lunghezza di essi aumenterà esponenzialmente - conoscendo la mia abitudine a dilungarmi, perloppiù inutilmente, sui dettagli o sulle vicende.
Bene, ho finito con la mia tiritera xD vi lascio al capitolo e, boh, buona serata.
A presto! <3

Flame

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
 

Una figura solitaria passeggiava sulla battigia, rabbrividendo lievemente al fresco alito di vento che spirava, facendo danzare la rada erba che era disseminata lungo tutta l'altura su cui si trovava la casa del Signor Marino. Questi era un vecchio lupo di mare, ora capitano di una grande nave che faceva scalo nei più bei porti di Hoenn. Ovunque andasse, il Signor Marino si faceva sempre accompagnare dal fedele amico di una vita, Peeko, ossia il suo adorato esemplare di Wingull.
Darya si strinse con più forza il leggero cappotto addosso. Le dorate dita solari avevano spazzato via le nubi che ingombravano il cielo, lasciando poi lo spazio ad un pallido sole, tuttavia faceva freddo comunque. Era una giornata di fine inverno, ma la primavera s'era attardata ad arrivare. La ragazza si pentì di non aver portato con sé un cappotto più pesante, ma ormai era ben lontana da Ebanopoli, la sua città natale, per cui doveva smettere di rammaricarsi per quella sua sciocca dimenticanza.
Venti di guerra soffiavano su Hoenn da un po' di settimane, ma lei non ne sapeva nulla. S'era diretta a Petalipoli subito dopo essere partita da Olivinopoli, con destinazione Porto Selcepoli. Aveva litigato per l'ennesima volta con i suoi genitori, due persone che avevano influito, per quanto possibile, più negativamente di chiunque altro sulla sua giovane vita. Era ancora piccola quando le era stato imposto un ruolo che non le piaceva, cioé quello di rappresentante dell'onore della sua famiglia. La stirpe a cui apparteneva era antica e gloriosa e la storia dei suoi antenati s'intrecciava a più riprese con quella del Clan dei Draghi in cui era nata. Gli Spencer, i suoi familiari, erano una delle famiglie più in vista della città e perciò dovevano mantenere alto il proprio onore e la propria rispettabilità sociale.
Darya aveva un fratello maggiore, Travis, ma era partito alla volta di Altopiano Blu, all'inseguimento della corona d'alloro di cui era decorato il capo del vincitore della Lega Pokémon. Travis le aveva lasciato un pesante fardello, ma lei s'era ribellata alla situazione. Era sempre stata una gran testarda, un'ostinata e inflessibile bimbetta, ma con l'adolescenza, contrariamente a quel che speravano i suoi genitori, questa sua ostinazione s'era acuita, fortificata da una profonda avversione nei confronti della società cui apparteneva e della famiglia che le aveva imposto quell'obbligo. Era una Domadraghi talentuosa e le piaceva dimostrarlo, più che definirsi tale; però non aveva completato l'addestramento, dato che era fuggita di casa a quattordici anni, quindi non poteva fregiarsi di quel titolo.
Recentemente era tornata a Ebanopoli per tentare una riconciliazione con suo padre, il vero, arduo scoglio da sormontare per poter vivere una vita più libera e meno soffocante. Lui però era come la figlia, incapace di farsi piegare dalle volontà altrui e non incline a un facile perdono, per cui l'accesa discussione che avevano avuto forse li aveva allontanati definitivamente.
Scuotendo la testa, Darya lasciò scorrere via quei pensieri molesti, preferendo piuttosto concentrarsi sul panorama che stava distrattamente osservando. Era proprio un bel posto, quello lì: tranquillo, sereno, quieto. Come piaceva a lei. Lanciò uno sguardo alla casa vicina al molo, pensando con invidia che chiunque ci abitasse avesse una gran fortuna.
Socchiudendo gli occhi dalle gelide sfumature metalliche, la - quasi - Domadraghi levò lo sguardo al cielo, così azzurro da confondersi quasi con il mare all'orizzonte sfumato.


I Capipalestra, i Superquattro e il Campione di Hoenn si erano riuniti in uno dei moli del Porto di Alghepoli, elaborando un piano per contrattaccare all'avanzata del Nuovo Ordine del Caos. C'era pure un giovane estraneo fra loro, ma non sembrava prestare molta attenzione alla strategia in fase di costruzione.
Chris in realtà non ne capiva neanche molto di queste cose; in fondo, lui era un semplice Allenatore di Pokémon, seppur con molta esperienza. Era da nove anni che viaggiava. Aveva figurato anche nelle selezioni per la Lega di Sinnoh, Johto e Hoenn, ma solo nell'ultima era riuscito a trionfare, finendo poi però travolto dalla potenza micidiale dei tipi Acciaio del Campione attuale, Rocco Petri. Tutto questo era successo tre anni prima, e da allora era nata tra loro una profonda, sincera amicizia. Per aiutarlo a fronteggiare l'invasione della regione, Chris si era schierato con lui e lottava al fianco di tutti i membri della Lega, anche se avrebbe voluto fare di più. Stavano perdendo. Già alcune città erano cadute in mano nemica, ma la tattica utilizzata dai conquistatori per acquisire i territori della regione non seguiva un filo preciso; sembrava che non fosse uno, ma bensì tre o quattro i gruppi criminali intenzionati a far cadere Hoenn nell'anarchia. Erano state aggredite varie zone del paese.
Fino all'incendio di Forestopoli, però, Chris non aveva mai assistito a una devastazione di così grande portata. L'Ordine portava caos - come diceva il nome - e distruzione, ma per piegare la resistenza della gente. Non s'era però mai spinto ad incendiare una città intera senza apparente motivo. Ci doveva essere sotto qualcosa.
Chris ripensò alla donna che aveva visto fuggire nella Foresta, furtiva e silenziosa come un Taillow. Pareva non volesse farsi vedere dagli altri, perché correva rapida, gettando di quando in quando un'occhiata dietro di sé. Era sfuggita all'attenzione degli altri abitanti e perfino dell'Ordine, fuggendo volontariamente per un'altra via dalla città in fiamme, evitando di unirsi agli altri fuggitivi.
[Perché è fuggita?] Chris si arrovellò il cervello con questa domanda. Non poteva essere fuggita per caso verso quella direzione. Forse era inseguita. Forse era lei l'obiettivo dell'Ordine. Ma perché? Perché? [Perché?]
I ricordi del fumo che gli perforava i polmoni con quell'odore penetrante, delle lacrime che gli offuscavano gli occhi irritati dalla cortina fumogena, del corpo debilitato dal bisogno impellente di aria pulita in procinto di cedere, lo travolsero con impeto, causandogli un attacco di nausea. Era stata un'esperienza terribile.
Però le bionde chiome fluenti di quella fuggiasca, vestita semplicemente da un abitino leggero che non l'avrebbe protetta dal gelido inverno che regnava sulla regione, richiamarono l'attenzione di lui su una questione non ancora presa in considerazione.
Forse la ragazza sapeva qualcosa di troppo, oppure era la chiave per arrivare a ciò che il Nuovo Ordine del Caos stava disperatamente cercando - [se] cercava effettivamente qualcosa. Probabilmente lui non avrebbe mai saputo cosa le era successo. Era comunque una pista su cui indagare; se si fosse rivelata utile, le indagini sul motivo dell'aggressione ai danni di Hoenn sarebbero decollate.
Chris decise di parlare con gli altri del suo sospetto, augurandosi ardentemente che potesse rappresentare una pista attendibile.
Cercò Rocco tra le persone che discutevano lì in modo animoso, scervellandosi per trovare una tattica utile a fronteggiare l'avanzata di quei criminali dell'Ordine. Quando lo vide, distolse quasi immediatamente lo sguardo. Un cipiglio tormentato aleggiava sugli occhi d'acciaio del suo amico. E quell'espressione preoccupatissima era diretta a lui. Ci dovevano essere cattive notizie che lo riguardavano.


La cosa che parve strana a Darya - dopo un bel po' di tempo, in cui si era impegnata nel cercare il perché - era la mancanza di gente. Non c'erano i soliti bambini rompiballe - a lei i bambini non piacevano per niente - a giocare sulla spiaggia a costruire dei castelli con la sabbia, rincorrersi o allontanarsi a nuoto a una distanza tale da far esasperare le madri ansiose. Non c'erano le coppiette che passeggiavano lungo la battigia tenendosi per mano e sbaciucchiandosi - o letteralmente [mangiandosi la faccia], come era solita asserire la castana. Non c'erano i bulletti sfigati che facevano i prepotenti con tutti gli Allenatori e che appena vedevano l'ombra di uno dei suoi draghi colossali se la davano a gambe come vigliacchi, pallidi in volto come un panno lavato. Non c'erano i vecchi lupi di mare che, memori e nostalgici degli anni passati a fronteggiare tempeste e a percorrere acque immote sotto il sole cocente, se ne stavano per ore al molo della casa del Sig. Marino - ma lei non sapeva a chi appartenesse quella casetta accanto al pontile legnoso - a osservare il turbinio delle acque solitamente agitate della zona. Insomma, non c'era gente da nessuna parte. Sembrava sparita come un Diglett sotto terra.
La spiaggia era fin troppo tranquilla per essere così vicina a una delle città principali di Hoenn. Petalipoli era una cittadina abbastanza piccola, ma piuttosto vivace e frenetica. Inoltre ospitava una Palestra prestigiosa attraverso la quale passava sempre un sacco di gente.
Forse era accaduto qualcosa, si disse la Domadraghi. Magari c'erano problemi. Problemi che non la riguardavano. Problemi in cui non sarebbe dovuta andare a impelagarsi.
Ben presto, come prevedibile, la sua curiosità mordace ebbe la meglio sulla prudenza. Darya abbandonò quasi subito la spiaggia spenta su cui era atterrata a dorso del suo fiero Salamence. Camminando a passo veloce, la castana risalì su per l'altura che l'avrebbe portata dritta a Petalipoli.
Imboccando la stradina che conduceva alla città, Darya si bloccò, allarmata.
La cittadina era circondata. Da chi, non sapeva dirlo. Non aveva mai visto quelle persone. Molte di esse erano abitanti di Petalipoli, si vedeva dagli abiti borghesi che indossavano e dall'espressione sgomenta e spaventata che segnava i loro volti. Ma altre erano lì con chiare intenzioni bellicose. Imbracciavano armi semiautomatiche e vestivano uniformi scure e aderenti che risaltavano la marzialità dei loro corpi. Grossi Houndoom e feroci Arcanine ringhiavano e tenevano a bada quei pochi Allenatori presenti nella città, seguendo gli ordini a loro assegnati per evitare eventuali controffensive.
La Domadraghi sarebbe stata presto vista dagli offensori, se non fosse stata trascinata improvvisamente nell'alta erbaccia secca che spuntava appena dopo essere usciti da Petalipoli. Una mano era posata sulla sua bocca, un grido le si era bloccato in gola.
Ma non aveva urlato. Aveva compreso istintivamente che non si trattava di una persona con intenzioni malvagie. Non sapeva né perché né percome, ma aveva la singolare certezza di essere stata appena tratta in salvo da quelle persone in uniforme nera che tenevano sotto la minaccia dei Pokémon e delle armi una cittadina innocente.
Stesa - o meglio, gettata - fra le sterpaglie, Darya osservò con stupore e un certo sollievo la ragazzetta di non più di sedici anni che l'aveva sottratta alla vista di quei criminali. C'erano con lei un giovanotto della stessa età e una ragazza di pressappoco quattordici anni. L'attenzione della Domadraghi si soffermò tuttavia su quest'ultima, intenta a guardarla con diffidenza. I suoi occhi violetti non riflettevano la spensieratezza e la serenità che dovevano caratterizzare l'adolescenza di ogni giovane. Quegli occhi duri e diffidenti rispecchiavano il cinismo e la corruzione di un adulto. Quelle pozze viola erano abissi di freddezza e indifferenza, erano indice di una vita consumata e logorata, di una mente cresciuta, corrotta, vissuta. Non erano innocenti occhi da bambina, quelli. Quella ragazza [non] era quel che sembrava. Non poteva essere un'adolescente.
Gli altri due ragazzi - pressappoco della stessa età di Darya, che era diciassettenne - si sporsero in avanti, sorridendole timidamente. Il giovane aveva un buffo cappello bianco in testa, sfrangiato all'estremità, e degli occhi che un tempo avrebbe definito [vispi]. Quelli non erano occhi vispi. Erano scaltri. Anche quel ragazzo doveva aver subito una crescita forzata, forse in una situazione estrema.
La prima ragazza - che dimostrava di essere il leader del trio - aveva una bandana rossa a trattenerle i capelli castani in una capigliatura normale. L'espressione sulle sue iridi azzurre era impassibile e non lasciava trasparire alcuna emozione, sebbene il fatto che stesse a debita distanza dalla Domadraghi tradisse la sua diffidenza nei confronti di quest'ultima.
Alla fine, il ghiaccio fra i quattro fu rotto proprio da Darya.
"Perché mi avete trascinata qui? E chi siete voi? E quei criminali che stanno minacciando gli abitanti di Petalipoli?"
La castana con la bandana diede subito una risposta ai suoi dubbi.
"Ti spiegheremo dopo il motivo della nostra azione. In quanto a quei mascalzoni... beh, ti spiegheremo più tardi anche quello. Ora, l'importante è che tu ti fidi di noi, perché altrimenti rischi di finire in un casino che non avrà più fine. Ah, già, dimenticavo... io sono Vera, un'Allenatrice di Pokémon, e questo qua è il mio amico Brendon. Lui è un Coordinatore. E lei... beh, lei è Amber, una nostra amica." Li indicò uno per uno.
"Io mi chiamo Darya. Sono una Domadraghi - quasi - e sono qui perché pensavo di trovare un po' di tranquillità almeno a Hoenn." La ragazza scosse la testa, soffocando una risata amara. "Evidentemente però la sfiga ha deciso di seguirmi fin qui da Ebanopoli, perché già mi ritrovo in un guaio."
"Il guaio non è colpa tua" la smentì Brendon. La sua voce sottile vibrava di spavento e un'altra emozione che Darya non riuscì a decifrare. "Il guaio l'abbiamo causato noi. Siamo noi tre - io, Vera e Amber - il motivo di questo casino."
"Specialmente io" aggiunse l'altra giovane, facendo rabbrividire lievemente Darya con la sua anormale voce da adulta. Solo allora la Domadraghi notò che Amber indossava una semplice veste di lino, presumibilmente da camera, sotto un cappotto pesante. E che aveva dei capelli dorati e lunghissimi, che le arrivavano oltre la vita. E che, più che per il freddo, sembrava tremare di terrore. Di puro, completo terrore.
"Perché siete voi la causa?" fu la legittima domanda di Darya. Cominciava a sentirsi spaventata da quella situazione assurda.
***


Angolo dell'autrice:
Salve a tutti! :D
Beh, che dire... intanto, spero che la storia non faccia schifo come mi viene da pensare, data anche la mancanza di recensioni che smentiscano o confermino il mio dubbio.
Termino subito, per carenza di tempo e per lasciare a voi la possiobilità di giudicare questa storia.
Bon, aspetto recensioni. Giusto per sapere cosa ne pensate.
Buon pomeriggio e buon inizio settimana ;)
A lunedì prossimo!

Flame

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3



"Perché siete voi la causa?" aveva domandato Darya, cominciando seriamente a pentirsi di essersene andata da Johto. Un brivido le corse lungo la schiena, facendole provare la gelida morsa della paura. In qualsiasi situazione si fosse cacciata, temeva che non sarebbe stato per lei tanto facile uscirne.
"L'occupazione di Petalipoli è avvenuta a causa nostra" ripeté Amber trattenendo a stento le lacrime. Gli occhi violetti di lei furono abbandonati dall'adulto cinismo che trapelava da quelle iridi profonde per essere invasi dal dolore e dal rammarico, divenendo di colpo lucidi. Come per riflesso istintivo, Vera si precipitò ad abbracciarla, cingendo con un braccio le sue esili spalle tremanti. La bionda singhiozzava flebilmente.
"L'occupazione della città è avvenuta perché cercano noi" aggiunse Brendon. Darya si voltò verso di lui, completamente disorientata.
"Che avete combinato di tanto grave da scatenare la collera di un'organizzazione che presumo sia criminale?" insisté la Domadraghi innervosita. I tre dovevano evitare i giri di parole perché le davano su i nervi. E anche molto. "Se adesso non mi spiegate cosa avete combinato e cosa stanno cercando quei loschi tizi, provvederò io stessa ad informarli della vostra presenza vicino a loro. Sai, Brendo - o Bretton, o Brendan, o Brando, o come cavolo ti chiami... certo che hai un nome proprio orrendo! -, non mi ci vuole niente a uscirmene da questo fascio di erbacce secche per andare da loro e fare una soffiata a proposito di tre ragazzini ricercati che se ne stanno nascosti a poca distanza da Petalipoli. E, anche se doveste provare a fermarmi, ho i miei draghi che senza troppe cerimonie provvederanno a mescolarvi con la sabbia della spiaggia qui vicino, non appena vi avranno polverizzati. Perciò, coso, ti conviene dirmi perché siete ricercati."
La minaccia di Darya fu sottolineata dal gesto eloquente che fece accarezzando con delicata lentezza la superficie bianco-rossa di una delle sei sfere Poké che portava legate alla vita per mezzo di una cintura.
I tre adolescenti la guardarono con espressioni allarmate e deluse, quasi come se fossero stati traditi da una persona di loro fiducia. La loro interlocutrice sollevò un sopracciglio, facendo un cenno per incitarli a confessare il loro misfatto.
Alla fine Vera dimostrò il suo buon senso, facendosi avanti.
"Vedi, Darya... Noi non abbiamo combinato nulla di grave per provocare l'Ordine, cioé l'organizzazione che ci dà la caccia. Amber è ricercata perché custodisce un segreto pericolosissimo, da tenere completamente celato al mondo." Fece una pausa, prendendo un grosso respiro. "Io e Brendon siamo i suoi più cari amici e non possiamo lasciarla al suo destino, perché se viene catturata da quei criminali sarà costretta a svelarlo, anche sotto tortura. Questa gente vuole conquistare Hoenn con la forza e farla precipitare nel disordine e nel caos più totali. Se il segreto di Amber finisse nelle loro mani, sarebbe una catastrofe."
La Domadraghi era rimasta impietrita dalla rivelazione. La situazione non era semplice come le si era presentata all'inizio. C'era in gioco una regione intera. E migliaia, centinaia di migliaia di vite umane innocenti.
"Questo vuol dire che voi non proteggete solo Amber dalla cattura... ma anche Hoenn dall'anarchia" mormorò con tono debole.
Si sentiva quasi vorticare la testa per l'assurdità del momento. Lei non poteva essere finita in un casino di proporzioni tali. Non dopo aver affrontato l'ennesima tempesta in ambito familiare. Non poteva essere accaduto proprio a lei. La mente della ragazza voleva rifiutare anche di considerare quell'ipotesi: i tre ragazzini le dovevano aver sicuramente raccontato una balla colossale. Non poteva essere.
Eppure, qualcosa nelle loro espressioni la convinse a rinunciare alla sua quasi-convinzione. Non potevano essere così tanto spaventati per aver combinato un semplice guaio. No, forse loro erano davvero in un mare di casini per la protezione di quel segreto. E lei non poteva denunciarne la presenza all'Ordine - Ordine di che? Non aveva mai sentito dire di un'organizzazione criminale con un nome simile -, altrimenti avrebbe condannato l'intera Hoenn a crollare e piegarsi ai voleri del suo nemico.
"Ti scongiuriamo... non dire a nessuno che siamo qui. Non ci denunciare. Se ci prendono, la regione è finita!" la supplicarono in coro i tre adolescenti. Un misto di apprensione e tumultuosa preoccupazione oscurava i loro occhi.
Su questo punto Darya non aveva dubbi. Fece loro un sorriso tranquillizzante.
"Vi assicuro la mia omertà a proposito di voi. Nessuna parola uscirà dalle mie labbra per denunciare la vostra presenza qui, né in futuro smetterò di tacere per proteggervi da questo presunto Ordine" li rassicurò.
L'atmosfera si fece immediatamente meno tesa e più rilassata. I volti contratti di Vera, Amber e Brendon si distesero, e sul volto della prima giovane apparve addirittura un timido sorriso.
"Grazie, Darya... non sai quanto rischi nel proteggerci. Siamo ricercati in tutte le zone di Hoenn cadute in mano al Nuovo Ordine del Caos, che è l'organizzazione che ci sta alle calcagna." Il ringraziamento che Vera le rivolse era udibile quanto un lieve sussurro.
"In tutte le zone di Hoenn?" ripeté la Domadraghi sgomenta. "Quante città della regione sono state conquistate?"
I tre emisero uno stanco sospiro quasi simultaneamente.
"L'invasione è partita da Bluruvia ed è proseguita attraverso il sud di Hoenn. Io e Vera sapevamo che prima o poi quei criminali sarebbero arrivati a conquistare Forestopoli, la città in cui vive... viveva Amber. Qualche giorno fa ci stavamo dirigendo lì con l'intenzione di allontanarla dalla città. Forestopoli però è stata distrutta da un incendio perché Amber è fuggita da loro. L'abbiamo ritrovata nella Foresta e ci siamo allontanati dalla zona incendiata" le raccontò Brendon.
Amber piangeva in silenzio, gli occhi tristi fissi nel vuoto, come se fosse persa nei ricordi della terribile esperienza vissuta. Tacite scie salate solcavano i suoi zigomi nivei.
"Mia sorella Rainey... lei è dispersa. Custodisce il mio stesso segreto. Se dovesse essere catturata dall'Ordine, io... noi tutti... Hoenn intera sarà perduta!" singhiozzò sonoramente la bionda.
"Un altro segreto? Ma è sicuro che siate proprio voi l'obiettivo di questi mascalzoni?" protestò Darya scettica. "Che segreto celate al mondo, così tanto grave e pericoloso da minacciare un'intera regione? Voglio saperlo!"
"Ti prego, Darya... sii paziente. Non possiamo svelartelo" la pregò la sedicenne con la bandana rossa.
"Perché devo essere tenuta all'oscuro di tutto? Sono finita in mezzo a questo casino perché voi mi avete sottratta a quei criminali. Ma adesso voglio sapere. Anche perché pure io rischio la vita a stare con voi, giusto? Se devo morire per una causa, voglio almeno sapere quale."
I tre adolescenti che le stavano di fronte rimasero a fissarla a bocca spalancata, completamente stupiti.
"Quest-sto si-significa che... che..." balbettò Amber con i lucidi occhi sgranati per la sorpresa.
"Sì, intendo aiutarvi, moscerini" li rassicurò la Domadraghi con un sorriso a metà fra la riconoscenza e l'ironia. "Non posso lasciarvi nei guai. Mi avete salvata da dei criminali, e io ripago sempre i miei debiti. Sempre che voi desideriate il mio supporto, s'intende."
I tre amici si ritirarono in un angolino a discutere dell'offerta. Avevano bisogno di più aiuto possibile per attraversare indenni e - possibilmente - senza essere scoperti la grande distanza che li divideva dalle zone libere. Dovevano puntare a nord-ovest, verso Porto Alghepoli, perché sitava lì il quartier generale delle forze che si opponevano all'invasione. Da soli non ce la potevano fare, ma se si fossero alleati con Darya - che era una Domadraghi, per di più, e dall'aria tosta ed esperta - avrebbero avuto qualche possibilità.
Dopo qualche minuto di assemblea la decisione fu presa.
"Darya, noi vogliamo provare a fidarci di te, ma giura di non tradirci. C'è il destino di Hoenn in gioco."
Brendon, Vera e Amber avevano delle espressioni serissime dipinte sui volti.
"D'accordo, giuro di non fare il doppiogioco, né la vile traditrice, se questo vi rassicura. Però sappiatelo: non è con le parole che si dimostra la lealtà di una persona, ma con i fatti" li ammonì la castana.
"Ora, potete spiegarmi cosa è successo di preciso? Come siete entrati in possesso di questo segreto, come hanno fatto a scoprirvi... Non mi importa conoscere il segreto in sé. Sono solo curiosa di sapere qualcosa in più su voi e su cosa mi aspetta." L'espressione innocente negli occhi grigi della ragazza era quasi supplichevole e ci mise poco a convincere il trio ad aprirsi un po' con lei.
Brendon lanciò dapprima un'occhiata diretta alla città, cercando di vedere cosa stava succedendo a Petalipoli. La città era tranquilla. Questo significava che nessuno aveva reagito ai criminali che la stavano occupando. Almeno, si poteva evitare uno spargimento di sangue.
Scivolando a terra accanto alle amiche, il ragazzo dallo strano cappello sbuffò, cominciando a raccontare cos'era successo.
"Io e Vera siamo amici d'infanzia. Abbiamo cominciato un viaggio ad Hoenn per conquistare i Fiocchi da Coordinatore e le Medaglie delle Palestre. Durante uno dei nostri giri per la regione, incontrammo Amber e sua sorella Rainey a Forestopoli, la loro città di nascita. Ben presto si stabilì una forte amicizia fra noi quattro e perciò cominciammo a viaggiare insieme, esplorando Hoenn in lungo e in largo."
"Conosci la leggenda di Groudon e Kyogre?" chiese poi Brendon a Darya, interrompendo la sua narrazione.
La Domadraghi fece un segno negativo con il capo.
"Chi sono Groudon e Kyogre?" chiese, rapita dalla curiosità.
"Non conosci questi Pokémon Leggendari?!" Vera e Amber erano allibite.
"Questa è la prima volta che metto piede in Hoenn. E a Johto - la mia regione natale - abbiamo i nostri miti, che per fama e popolarità precedono di non poco i vostri. Tutto quello che so di tali Pokémon lo apprendo adesso da ciò che mi state dicendo voi" asserì la ragazza di Ebanopoli.
"Oh, è vero... tu non sei di qui. Mi ero dimenticata che vieni da fuori regione" considerò Vera.
"Comunquye, riprendiamo il discorso" le interruppe bruscamente Brendon, mettendo fine a quella divagazione. "I Pokémon Leggendari della nostra regione sono sei: tra questi figurano anche Kyogre e Groudon, rispettivamente i creatori delle acque turbinanti e della terra fertile di Hoenn."
"D'accordo; e fin qui ci siamo" annuì Darya. "Ma adesso vuoi arrivare al dunque, Brando - o come ti chiami - ?"
"Groudon e Kyogre, anticamente, entrarono in contrasto a causa della natura complementare degli elementi che padroneggiano, finendo quasi per distruggere il mondo. Fu l'intervento di Rayquaza, il Pokémon Leggendario che domina i fenomeni atmosferici e climatici, a calmare la situazione e a riappacificarli, facendoli quindi cadere in un sonno incantato per impedire loro di entrare nuovamente in contrasto. Per farli assopire, si servì di due Sfere." Fu con queste frasi che Amber continuò il discorso, rubando la parola a Brendon.
"Il mito della creazione del mondo narra anche dello scontro tra le due creature leggendarie" s'intromise Vera, frugando velocemente nella borsa a tracolla - evidentemente sua - che le stava accanto, posata malamente a terra. Ne tirò fuori un foglio piegato e, una volta aperto, lo porse a Darya. Era tutto raggrinzito e stropicciato, come se fosse molto vecchio o consumato da un uso continuo. Sopra vi erano scritte tante strofe in caratteri resi quasi illeggibili dal pessimo stato del foglio su cui erano stati frettolosamente trascritti. "Leggi il testo e capirai qualcosa in più di ciò che ti stiamo raccontando" le suggerì la castana, lasciandole il foglio nelle mani.
La Domadraghi lesse con attenzione ogni singolo verso. Il mito era lungo e affascinante, ma la cosa che più la colpì fu la parte che narrava del sonno eterno in cui erano caduti Kyogre e Groudon dopo la loro contesa.

Il conflitto terminò
E la terra fu nuovamente quieta,
Ma una questione era rimasta aperta:
Come punire i due Leggendari
E impedire loro nuovi disastri,
Mettendo a rischio sé stessi e gli altri.

Due Sfere comparvero subitaneamente,
materializzandosi dal nulla nell'aria calma.
Rossa e blu erano le due,
Richiamanti i colori distintivi
Del manto pietroso dell'imponente Groudon
E della levigata superficie del placido Kyogre.

Rayquaza si servì di esse
Per stabilire una magnanima condizione:
Le due creature sarebbero vissute,
Padroneggiando i loro elementi,
Ma terra e acqua avrebbero dovuto
Coesistere serenamente nello stesso mondo.

Per impedire nuove lotte di supremazia,
Il potente drago dagli enormi artigli
Celò nei globi sferici un arcano potere
Che fece cadere nel sonno perpetuo
Le creature, causa del conflitto,
Mettendo a tacere per sempre le loro repliche.

Le due Sfere si dissolsero,
Sparendo ai quattro angoli del mondo,
Senza più ricomparire.
Rayquaza invece ascese al cielo
Per la seconda e ultima volta,
Non discendendone mai più.


Rilesse quelle cinque sestine più volte, tralasciando il finale. Alla fine comprese.
"Ho capito... Tu, Amber, proteggi il segreto dell'ubicazione delle Sfere, vero?" chiese Darya. Si sentiva profondamente turbata da quella constatazione. Doveva mantenere il riserbo su quella scoperta sconvolgente, perché altrimenti l'Ordine ne avrebbe approfittato per cercare le Sfere. Forse il loro obiettivo era di risvegliare i due Pokémon e portarli a un nuovo scontro, mettendo definitivamente in ginocchio Hoenn. Per conquistare la regione senza intoppi.
"L'Ordine cerca le due Sfere" disse la bionda ignorando la sua domanda. "E io so dove si trova quella Blu. Mia sorella Rainey invece è a conoscenza dell'esatta posizione dell'altra, la Rossa. Se il nostro segreto sarà svelato, la catastrofe si abbatterà su Hoenn."
Ora Amber piangeva. Piangeva, tremava, lottando interiormente per trattenere il dolore e la paura. Il dolore di essere la custode di un segreto terribile e la perseguitata da un'intera organizzazione criminale. La paura di poter perdere la sua amata sorella e di essere costretta a sciogliere nel supplizio il riserbo su quell'informazione se fosse stata catturata da quei malintenzionati.
Il tremore violento del suo esile corpicino da quattordicenne sottolineava il dilaniante conflitto interiore che la stava consumando. Ma l'adolescente era forte. Presto smise di piangere e si impose una maschera impassibile, anche se gli occhi arrossati e lucidi e le profonde occhiaie svettavano sul volto pallido ed esangue, esaltando le emozioni negative che lasciava di tanto in tanto esprimere dai guizzanti occhi violetti.
"Ragazzi, io non so se voi vi fidate di me... ma mi avete salvato da quei criminali e vi devo un grosso favore. Inoltre, ormai so troppo e sono fin troppo dentro a questa storia per ignorarla e fingere che nulla sia mai accaduto. Per cui, vi prego di accettare il mio aiuto." Gli occhi d'acciaio di Darya erano sinceri e determinati mentre dalle sue labbra carnose usciva quel solenne giuramento. "Vi aiuterò in tutto quel che potrò per tornare oltre i confini tra le zone invase e per ricongiungervi coi vostri cari. Vi aiuterò a combattere quest'organizzazione criminale di stronzissimi idioti rompipalle. Ve lo giuro - e scusate il linguaggio non proprio adatto a una promessa del genere."
I tre fuggitivi le rivolsero un ampio sorriso di accettazione.
"Grazie per il tuo supporto, Darya" la ringraziò Amber con un sorriso meno teso. Sembrava aver recuperato un po' di baldanza. "Questo mi dà una speranza in più per proteggere il segreto. E per rivedere Rainey. Spero solo che sia fuggita con gli abitanti di Forestopoli e che possa essere protetta da chi combatte nella Resistenza."
Si udì un pesante sospiro, esalato dalla quattordicenne dalle iridi del colore dell'ametista.
"Ti siamo grati per ciò che hai promesso di fare" considerò Vera.
"Io spero solo che non ci capiti nulla di male, perché anche tu che sei innocente finiresti in mezzo a un casino di proporzioni gigantesche" commentò Brendon con aria preoccupata.
Darya si sentì in dovere di tranquillizzarlo, perché nemmeno lei era tanto pessimista riguardo alla situazione.
"Sta' tranquillo. Lo faccio di mia spontanea volontà, per cui se mi capitasse qualcosa, la responsabilità sarebbe solo mia. E poi mi so difendere." Picchiettò lentamente, per tre volte, il dito indice su una delle sue sfere Poké. "E come se non bastasse, ci sono i miei piccoli cucciolotti draghettini a proteggermi, Brando."
Il ragazzo scosse il capo, sbuffando scocciato e facendo ondeggiare visibilmente le lunghe frange del cappello bianco che portava in testa.
"Comunque, il mio nome è Brendon, non Brando" borbottò fra sé.
***



Angolo dell'autrice:
Salve a tutti. Inizio il mio breve monologo augurandovi Buona Pasquetta.
Continuo ringraziando sakichan24 che ha recensito il precedente capitolo. Grazie anche a chiunque abbia letto la mia storia.
Proseguo affermando che i versi del 'mito' sono tartti da un'altra mia fanfic. La potete trovare completa nella pagina del mio account.
Termino dicendo che sospenderò la pubblicazione della storia per un tempo indeterminato, non avendo immaginazione, voglia e tempo per scriverla.
Bon, ho finito davvero.
Alla prossima!

Flame

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4



Christopher sgranò i verdi occhi per la sorpresa non appena realizzò il significato di ciò che gli era stato appena detto.
"Rocco, stai scherzando?! Davvero pensi che io sia il più adatto a questo genere di lavoro?" chiese incredulo al Campione.
Il venticinquenne dai capelli grigi lo guardò con aria convinta ed esasperata, dato che glielo aveva ripetuto almeno tre volte.
"Frida ha fatto questa proposta quando lei, io, Walter, Fosco e Drake eravamo in assemblea. Hanno tutti approvato all'unanimità, con la mia sola eccezione. Sono incaricato ad incoraggiarti ad accettare l'incarico, ma invece te lo sconsiglio vivamente. Temo per la tua sicurezza" lo supplicò.
"Hey, amico... Ho ventun anni, ormai! So badare a me stesso" lo rassicurò con un sorrisino ironico Chris, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
Il Maestro di tipo Acciaio s'irritò davanti a quel sarcasmo e batté sonoramente il piede in terra, come era solito fare nei momenti di collera e negli scatti d'ira. Strinse il pugno.
"Ma insomma, Christopher! Ti rendi conto che così rischi la vita?!" quasi gli urlò in faccia, livido di rabbia. "Ti voglio un gran bene, sei parte della mia famiglia ed è ovvio che io ti voglia fuori da questa situazione. Ti diverti a provocarmi andando a cacciarti in guai in cui non dovresti stare?"
Il moro impallidì lievemente di fronte a quella furia, cercando di reprimere il risolino di scherno che gli premeva contro le labbra. Cercò di darsi un contegno serio.
"Rocco, tu non hai ancora capito che ormai sono maggiorenne. Mag-gio-ren-ne. E posso fare quel che mi pare e piace. E se ti dico che voglio servire in modo attivo la causa che sostengo, intendo farlo. E non sarai tu a fermarmi." Sbuffò. "A volte mi tratti come un bambino piccolo e inerme. E sai che questo tono paternale con me non lo devi usare. Ti odio quando interpreti la parte della chioccia iperansiosa."
A braccia conserte, il Campione fulminò con lo sguardo l'amico, guardandolo malissimo. Tirò un sospiro sfinito.
"E' inutile che mi incazzo con te, tanto non stai mai ad ascoltarmi. Però, ti prego almeno di aprire bene le orecchie e recepire questo messaggio: non voglio che ti capiti nulla di male. Hai capito?"
"Sì che ho compreso il concetto. Ma non voglio stare qui con le mani in mano. Voglio rendermi utile e fare qualcosa per aiutare la Resistenza a prevalere sull'Ordine. Stiamo perdendo, te ne rendi conto? E non facciamo niente per fermare la nostra ventura disfatta."
"E va bene, fa' come ti pare!" esclamò Rocco ammettendo la sconfitta.
"Tanto sapevi già che avrei accettato l'incarico. Solo una cosa vorrei sapere: sapete per caso chi è la ragazza che ho visto fuggire da Forestopoli in direzione contraria rispetto alle altre persone? Ti avevo chiesto ieri di controllare tra gli sfollati. Dobbiamo sapere il suo nome" disse Chris cambiando argomento.
Rocco cambiò nuovamente posizione, posando stavolta le mani sui fianchi. L'espressione negli occhi d'acciaio era ora concentrata.
"Abbiamo un nome, ma non ci ha portato a niente. La ragazza che manca è Amber Reed, di quattordici anni. Mi è stato detto che è assai sensibile e umorale e risente molto spesso delle situazioni in cui si trova. Chi la conosce sostiene che si sia lasciata prendere dal panico e che sia fuggita verso dove non sarebbe invece dovuta andare. Escludono categoricamente che possa nascondere qualcosa che l'Ordine brami di possedere."
"In poche parole, la pista su cui pensavamo di indagare è un vicolo cieco" disse il moro traendo le sue conclusioni. Si portò entrambe le mani alla faccia, stropicciandosi gli occhi con vigore. "Eppure non sono convinto. Si guardava intorno con attenzione, come per evitare di farsi venere da qualcuno. Secondo me è fuggita volontariamente verso quella direzione."
"Beh, forse non lo sapremo mai" sospirò Rocco tentennando il capo. "Abbiamo mandato un gruppo di Allenatori esperti a controllare nella zona che hai indicato ma non abbiamo trovato nulla. Probabilmente è stata catturata dall'Ordine" terminò con tono basso e cupo.
"Mmh, tu dici... ma io sono convinto comunque che ci sia qualcosa che non torna. Anche se fosse effettivamente stata in preda al panico, che tuttavia a me non è sembrato, perché avrebbe dovuto prendere un'altra via di fuga? Avrebbe potuto seguire tranquillamente la massa di gente che stava scappando." Il tono della replicaa di Christopher non ammetteva repliche.
Rocco stava pensando a come mettere a tacere quel dubbio, per lui così poco concreto da considerare, quando i due furono interrotti da un curioso rumore di zuffa che proveniva dall'esterno dell'edificio. I due rimasero ad ascoltare cosa succedeva: c'era un battibecco in corso fra due persone. Chris stava per andare ad aprire la porta, quando essa si spalancò furiosamente.
Nell'ufficio fece il suo ingresso una ragazza giovane, sui diciannove anni, con i corvini capelli ricci che dondolavano ribelli ad ogni movimento scomposto del capo, scivolando giù lungo il corpo snello. Due cupi tramonti tempestosi di iridi risaltavano sulla pelle candida e senza pecche del volto teso e diffidente. Le labbra sottili e vermiglie erano serrate in una smorfia di dolore e rabbia malrepressa che fu sottolineata dal candore del bianco incisivo che fuoriusciva da esse, tormentando l'arcata superiore.
"Insomma, non può entrare, signorina!" fu la risentita protesta del giovane assistente di Rocco messo a guardia dell'edificio per bloccare qualsiasi intruso. "Il Campione è impegnato in una riunione molto importante; torni più tardi!" e le cinse il braccio pallido, trascinandola via.
Ma la mora resisté strenuamente alla presa, lottando per non essere buttata fuori di lì.
"Karl, aspetta! Lasciala parlare, non farla andare via" ordinò il grigio, facendo un cenno della mano.
"Devo parlare con te, Campione" esordì la ragazza, squadrando poi Chris con aria circospetta. "Ma da soli" aggiunse dopo un attimo di esitazione.
"Lui non se ne va" replicò prontamente Rocco. "Karl, grazie per averla fatta passare. Adesso puoi lasciarci? Grazie."
Il suo sottoposto ubbidì subito scattando via e uscendo dall'ufficio, premurandosi di chiudere bene la porta.
La bruna non si mosse dalla sua posizione precedente.
"Ho detto che non voglio gente oltre a te, Campione. Mandalo via" e fece un cenno a Chris. Il ragazzo se ne stava effettivamente uscendo dal locale, ma la fredda insistenza di Rocco lo fecero desistere.
"Io mi fido di lui, so che non dirà nulla. Con Christopher ciò che hai da dirci è al sicuro" la rassicurò, fcendole poi cenno di accomodarsi su una sedia vicino al tavolo da lavoro cosparso di cartine e progetti presso il quale era seduto.
"E va bene" concesse infine la giovane. Si sedette di fronte a Rocco, guardandolo dritto negli occhi con decisione. "Sono qui per chiederti aiuto. Il mio nome è Rainey Reed. Mia sorella è scomparsa durante la fuga da Forestopoli e non so dove sia finita. Non l'ho trovata tra i fuggiaschi della nostra città e inoltre nessuno mi sa dire qualcosa di rassicurante. Amber è sparita e temo che sia finita nelle mani dell'Ordine!" disse la ragazza, singhiozzando sul finale. Era quasi sull'orlo del pianto.
"Aspetta un momento, tua sorella Amber ha capelli biondi e lunghissimi e indossava una leggera camiciola notturna al momento della scomparsa?" chiese Christopher precipitosamente, morbosamente curioso di indagare su quello strano fatto.
Rainey scattò come una molla sui piedi.
"Certo! E' proprio lei! Ditemi, l'avete trovata? Sapete qualcosa su di lei?" insisté, negli occhi la preoccupazione di chi si aspetta qualche brutta notizia.
Rocco fece segno di diniego col capo, incupito nell'espressione.
"No, Chris l'ha solo vista fuggire. Non sappiamo nulla della sparizione di Amber, stiamo indagando."
"Potresti darci tu qualche pista per questa fuga, non credi?" proseguì imperterrito il ventunenne. Il Campione lo guardò levando un sopracciglio, colto di sorpresa dalla domanda e aspettando che il discorso dell'amico arrivasse al sodo.
"Sono qui proprio per questo" fu la risposta secca di Rainey. L'espressione dei suoi occhi purpurei però divenne smarrita e combattuta, come se la volontà della giovane si scontrasse con qualche impedimento.
"Che intendi dire?" la incalzò Rocco, levandosi in piedi dalla sua sedia, come per seguire meglio la conversazione. Il suo sguardo d'acciaio si posò su di lei, aspettandosi una risposta.
"Mi giurate che ciò che sto per raccontarvi non uscirà da questa stanza? State per venire a conoscenza di una questione rimasta segreta per sei anni e che rischia di portare ulteriori disordini se dovesse venir risollevata" disse con aria grave la mora.
Chris e Rocco rimasero un attimo sconcertati dall'enfasi e dalla preoccupazione che trasudavano da quelle parole: evidentemente la situazione era molto più seria di quanto avessero immaginato. Il ventunenne aveva vago sentore che la terribile rivelazione che Rainey si apprestava a fare c'entrasse in qualche modo con il conflitto. Gli pareva un'idea stupida, ma allo stesso tempo anche l'unica ipotesi plausibile e fondata.
Il Campione si portò una mano sul cuore, uno sguardo limpido e sincero negli occhi grigissimi.
"Te lo giuro" promise alla giovane con aria solenne.
Christopher lo imitò.
La ragazza sembrò rilassarsi, tuttavia presto tornò tesa come una corda di violino. Sembrava nervosa.
"Allora?" la incitò il moro ad andare avanti.
"Beh..." esordì Rainey, ma venne bruscamente interrotta all'inizio.
Un frenetico scalpiccio di passi rimbombò per il cortile dell'edificio, poi la porta della struttura fu aperta. Dentro l'ufficio piombò veloce come un fulmine il Prof. Birch, piegandosi poi nel mezzo della stanza per fermarsi a riprendere fiato.
Il Professore aveva l'aria stravolta e gli ci vollero diversi momenti per recuperare. Quando fu in grado di parlare, seppur a spezzoni dato che gli mancava l'ossigeno nei polmoni, si avvicinò a Rocco, afferrando fortemente la manica della sua giacca nera e viola.
"Brendon è sparito, Rocco! Mio figlio... è sparito!" esordì urlando quasi, in preda alla disperazione e allo sconforto.
"Che cosa?!" esclamò il Campione, ricomponendosi però subito dopo. Il suo sguardo indagatore non si spostava dalla figura prostrata dell'uomo. "Parla, che cosa è successo a Brendon?"
"Mio figlio... mio figlio... è disperso in una zona occupata... dall'Ordine! Lui è... era a Petalipoli, che... è stata invasa stamani! Oh, cielo, Brendon!" e il Professore si mise a singhiozzare, portandosi rapidamente le mani al volto per coprirlo. La sua era una dilaniante lotta interiore, nel disperato tentativo di mantenere il controllo e le lacrime per riuscire a ragionare lucidamente. Ma si trattava comunque di [suo] figlio Brendon.
"Cosa? Petalipoli è stata presa stamattina? E perché non mi hanno chiamato subito?!" fu la replica di Rocco, la cui voce era incrinata dalla stizza. Si riprese però in fretta da quell'attimo in cui aveva deviato la sua preoccupazione su un sentimento inutile come quello.
"Cosa è successo precisamente? E come siete riuscito a saperlo, Professore?" pose la domanda Chris, dando all'uomo una gentile pacca sulla spalla per comunicargli tutto il proprio goffo, sincero dispiacere.
Birch sembrava quasi fuori di sé.
"Poco fa mia moglie mi ha chiamato al telefono; lei e tutti gli abitanti di Solarosa e Albanova sono stati costretti a scappare nella foresta per evitare di essere catturati da quei criminali. Ma Brendon non era a casa con sua madre, era a Petalipoli... Sacro Rayquaza, il mio Brendon!" strillò Birch sull'orlo di un crollo nervoso, le mani tremanti fra i capelli arruffati.
Rainey e Christopher erano rimasti impressionati dalla sofferenza e dal racconto dell'uomo.
Il Campione invece, che aveva ascoltato la storia con gravità e apparente calma, tirò uno stanco sospiro.
"Mi dispiace, Professore... non credo che possiamo fare qualcosa di utile, adesso. E' difficile penetrare nelle zone occupate senza dare nell'occhio. Possiamo soltanto sperare che non sia stato catturato, per ora. Ma non disperarti, faremo tutto ciò che è in nostro potere per ritrovarlo e riportarlo da te e da tua moglie sano e salvo!" gli promise in un impeto di determinazione.
L'uomo sembrò quasi sul punto di scoppiare in lacrime.
"Non sai quanto mi sono di conforto le tue parole, Rocco! Non puoi proprio saperlo!" esclamò piangendo.
Un sospetto si fece improvvisamente spazio nell'animo del Campione. Vera, la figlia di Norman, la ragazza di cui era innamorato, era la migliore amica di Brendon, fin dall'infanzia. Che fosse stata con lui al momento dell'occupazione della città? Il cuore del grigio ebbe un tonfo di terrore al solo pensiero.
Un altro rumore di passi si sovrappose ai gemiti disperati di Birch. Un attimo dopo entrò il Capopalestra di Petalipoli in persona nell'ufficio, rosso in viso per lo sforzo di correre più celermente possibile.
"Norman! Che sta succedendo a Petalipoli?!" esclamò Rocco sgomento, dirigendosi subito verso di lui con il cuore pesante per il sospetto che stava mettendo radici nel suo animo.
"Campione! Finalmente ti ho trovato... sono venuto a dirti che la mia città è stata occupata stamattina. Solarosa e Albanova sono state evacuate per permettere ai cittadini di salvarsi, ma mancano due persone all'appello!" spiegò subitaneamente il padre di Vera con un'espressione tremendamente seria che aleggiava sul volto pallido e contratto.
"Chi sono? Brendon e...?" lo incalzò Rocco, preparandosi mentalmente al peggio. Si mise seduto su una panca, osservandolo attentamente.
"Si tratta di Brendon e Vera. Erano a Petalipoli nel momento in cui la città è stata attaccata!"
Una sensazione di gelo cominciò a infiltrarsi nel corpo di Rocco, prendendo il posto della vigile ma fredda attenzione che aveva prestato fino a quel momento ai discorsi dei tre che avevano fatto irruzione nel suo ufficio e alimentandosi dell'ansia e del sospetto che poco prima avevano germinato nel suo animo. Tutti i pensieri della sua mente furono spazzati via da una gelida sensazione di vuoto, di terrore, di ansia. Di [perdita]. Vera. Vera. La giovane, cara, bellissima Vera. La [sua] Vera. Vera era dispersa, forse era stata catturata dall'Ordine. A quella constatazione il Campione si sentì quasi mancare; se fosse sfortunatamente stato in piedi si sarebbe lasciato cadere a terra svenuto, ma l'essere seduto gli giovò. Il vuoto si scavò uno spazio nell'espressione concentrata dei suoi occhi.
Vera. Cosa le era successo? E come stava?
Una sensazione di sgomento e terrore puro appesantì il suo cuore, calando sul suo animo come un telo nero.
"Promettimi che farai anche l'impossibile per riportare la mia piccola sana e salva alla sua famiglia" mormorò Norman guardandolo dritto negli occhi con una preoccupazione e una sofferenza senza precedenti nello sguardo che gli rivolse.
Il Campione deglutì sonoramente, tremando e lottando interiormente per riprendere il controllo delle sue emozioni che rischiavano di tradire il suo profondo coinvolgimento.
"Ci puoi contare, Norman. Non permetterò che le venga torto anche solo un capello."
Chris si sentì intimorito da quello sguardo di implacabile determinazione che fece capolino nelle sue iridi scintillanti come l'accaio inossidabile. Rocco era deciso a mantenere la sua promessa e lo avrebbe fatto, anche a costo della sua stessa vita.
***



Angolo dell'autrice:
Salve a tutti coloro che hanno letto il capitolo e sono arrivati fin qui!
Allora, l'unica cosa che voglio dire è che ho ripreso a scrivere la storia, anche se finora ho solo terminato questo capitolo, per cui solo il mio cervelletto idiota saprà quando avrò l'ispirazione per poter continuare la storia ed aggiornarla xD
Termino subito ringraziando chi ha letto e recensito questa storia.
Un bacione a tutti e buon sabato pomeriggio! :D


Flame

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


"Come possiamo organizzare la nostra fuga, ragazzi? Siamo praticamente circondati!" domandò innervosita Darya, facendo scorrere lo sguardo d'acciaio sui tre adolescenti che le stavano ai lati. Era preoccupata da morire.
"Dobbiamo inventarci qualcosa, ma è praticamente impossibile. Brendon è andato in ricognizione nel Bosco Petalo e si è fatto quasi vedere dai criminali che lo hanno già occupato e lo tengono d'occhio. Non possiamo passare per Bluruvia perché è già caduta in mano all'Ordine. Se proviamo a superare Petalipoli in direzione di Solarosa, forse verremo scoperti dall'Ordine, che quasi sicuramente ha invaso anche quella cittadina. Forse perfino Albanova è stata occupata. Come diavolo facciamo, Darya, secondo te? Ci riflettiamo con attenzione, punto e basta" la rimbeccò Vera.
"Non possiamo consegnarci" ricordò loro Amber, tacitamente rannicchiata in un angolo della piccola radura in cui erano andati a nascondersi per evitare di essere scoperti dai malintenzionati dell'Ordine in ricognizione per il Bosco Petalo.
I lunghi capelli dorati come grano maturo le ricadevano morbidamente sul dorso e sulle ginocchia incrociate, facendo pensare ad un'aurea cascata. I suoi occhi violetti osservavano preoccupati i tre amici riuniti in circolo davanti a lei.
"Lo sappiamo, Amber, ma è difficile elaborare una strategia per oltrepassare inosservati le zone invase." Brendon sospirò pesantemente. "Forse per noi è giunta davvero l'ora di farci catturare. Non usciremo mai di qui."
"Tira fuori le palle, Brando! Sei l'unico maschio tra di noi e al solo pensiero dell'Ordine tremi di paura più tu di un Dratini di fronte a un Vaporeon?" lo incitò la Domadraghi, lanciandogli un'occhiata severa.
"Mi chiamo Brendon, dannazione! E' così difficile per te memorizzare il mio nome?"
"Brando mi piace di più e già ti ci ho ribattezzato, quindi per me rimarrai sempre Brando."
"Basta, ragazzi! Non divaghiamo, pensiamo piuttosto a come riuscire a liberarci da questa situazione" s'intromise Vera con voce alterata, sedando così il battibecco tra i due compagni.
"Dunque dunque... che Pokémon avete con voi?" chiese ad un certo punto Darya, lasciando nello sconcerto il trio di amici.
"Darya, non mi sembra il momento opportuno per mettersi a discorrere di Pokémon" la rimbeccò Brendon lanciandole un'occhiata perplessa.
"No, aspetta un momento, Brendon. Che hai in mente?" la incalzò a proseguire Vera, negli occhi azzurri una grande curiosità.
"Io ho tre specie di Pokémon in grado di volare: un Salamence, un Flygon e un Charizard; e un Gyarados che può trasportarmi sull'acqua. Voi avete Pokémon in grado di trasportarvi per via aerea o marina?"
"Io ho un Pidgeot, un Lapras e un Mashtromp" mormorò l'Allenatrice.
"Tra i miei Pokémon, invece, ci sono Feraligatr e Tropius" le fece eco il Coordinatore.
"Io invece ho solo il mio Absol... non ho mai allenato Pokémon oltre a lui" disse Amber, arricciandosi con aria assorta i serici capelli dorati con un dito sottile.
"Stai per caso pensando di attraversare le zone occupate volando sul dorso dei nostri Pokémon o facendoci traghettare da loro? Ci scopriranno comunque" obiettò Vera.
"Non ho detto questo. Possiamo farlo nelle zone che non vengono controllate in maniera sufficiente" replicò prontamente la Domadraghi.
"E come pensi di fare, di grazia? Io non vedo soluzioni."
"Questo perché siete proprio voi i ricercati. Ma chi conosce me, che vengo da Johto e che ancora non sono stata vista in vostra compagnia da questi idioti criminali? Potrei facilmente infiltrarmi se arrivasse qualche altro contingente a Petalipoli o in qualche città qui vicino per rafforzare il controllo delle zone invase. Non mi ci vorrebbe molto. D'altronde, non è la prima volta che mi infiltro sotto copertura in un'organizzazione malavitosa."
Darya rivolse uno scaltro sorriso ai tre adolesenti, i quali replicarono con sommo stupore a quelle parole.
"Che vuol dire?" chiese Amber dopo qualche istante, dando voce alla muta domanda che aleggiava nell'aria.
La ragazza di Ebanopoli avvertiva su di sé le espressioni incuriosite del gruppo.
"Avete mai sentito parlare di Team Rocket?"
I tre giovani fecero un lieve segno di diniego con il capo.
"Ok. Comunque, si tratta di un'organizzazione criminale dedita a deplorevoli azioni illegali ai danni di Pokémon, cittadini onesti, governi regionali, città tranquille e imbelli. Due anni fa tentarono di conquistare la mia regione, ma Giovanni - il loro famigerato capo - e i suoi scagnozzi non riuscirono nel loro intento. Ripeterono un'azione simile a Kanto, ma anche lì fallirono miseramente. Poi il Team Rocket si sciolse e nulla più turbò la pace di Johto e Kanto. Io ero da poco fuggita di casa quando venni a conoscenza dell'ubicazione di una loro base vicino al Lago d'Ira, a due passi da Mogania. Lì avevano costruito un marchingegno in grado di forzare l'evoluzione dei Pokémon. Un piccolo Magikarp innocente era stato obbligato ad evolversi contro la sua volontà e si era quindi trasformato in un Gyarados cromatico." I cangianti occhi grigi di Darya ora erano lucidi di lacrime, persi nel ricordo dello sfortunato Gyarados rosso vittima di un'evoluzione forzata. "Ma la sua furia e la sua disperazione l'avevano fatto impazzire e perciò aveva cominciato a devastare le coste del Lago, minacciando la sicurezza dei suoi abitanti. Io ero capitata lì per caso: avevo da poco catturato il Gyarados con cui ancora oggi viaggio. Decisi di aiutare degli Allenatori molto in gamba a porre fine a quella crisi e collaborai con loro. Mi infiltrai perfino sotto copertura nel Team Rocket per scoprire qualcosa di più a proposito dei loro loschi piani. E' per questo che non dovete temere per me. L'ho già fatto e so cosa rischio, ma di conseguenza so anche come affrontarlo. Non dovete temere per me. Me la caverò."
"E se invece ti scoprissero? Ti ucciderebbero! Loro non tengono prigionieri. Loro fanno fuori qualsiasi sfortunato che capita nelle loro mani" l'ammonì Vera.
Nelle iridi azzurre splendeva una strana luce.
"Perché allora non hanno ucciso gli abitanti di Petalipoli? Non sono forse loro prigionieri?" obiettò la Domadraghi, arcuando un sottile sopracciglio castano.
"Sono prigionieri, ma non verrà loro torto un capello fino a quando se ne staranno buoni e non creeranno problemi" s'intromise Amber. Nella sua voce tremante c'era una strana nota di disperazione e terrore che Darya percepì nitidamente, avvertendo brividi di paura correrle rapidi e gelidi lungo la schiena. Quella quattordicenne non le pareva normale, non le sembrava normale. Non era una ragazzina. Era molto più adulta e corrotta di quanto poteva sembrare. Le incuteva un bizzarro timore. "L'Ordine mira a conquistare Hoenn, non a distruggerla completamente. E' vero che sta devastano grandi fette del suo territorio e non si risparmia spargimenti di sangue se trova opposizione, ma ciò succede solamente quando gli si oppone resistenza. E' per questo che vengono uccisi gli Allenatori che contrastano l'Ordine. E' per questo che tu rischi così tanto, Darya, se ti infiltrassi nell'organizzazione. E' per questo che... che il Conquistatore... ha da-dato ordine di... di distruggere... Fore-Forestopoli..."
La Domadraghi osservò Amber. La ragazzina tremava da capo a piedi come una foglia scossa dai refoli di brezza autunnale, mentre i suoi cupi occhi violetti erano lucidi di lacrime salate e guardavano verso il basso. Il pallore del suo volto era ancor più accentuato. Brendon le si fece vicino, cingendole le spalle esili con un braccio per trasmetterle il proprio sostegno.
Darya sospirò.
"Ditemi voi come possiamo fare, allora. Io non voglio né posso permettermi di farci catturare. Vi ho esposto le mie intenzioni perché penso che così, infiltrata nell'Ordine, potrei sapere con certezza in quali zone sarete al sicuro o per quali punti potrete fuggire senza farvi scoprire. Inoltre, se ci dovesse essere qualche membro della Resistenza - perché c'è qualcuno che si oppone all'Ordine, vero? - infiltrato tra i ranghi, potrei stabilire un contatto sicuro per permettervi di essere tratti in salvo. Io non vedo altre soluzioni."
"Lo so, Darya, ma temiamo per te" obiettò debolmente Amber, tirando su col naso.
"Amber..." mormorò la Domadraghi, che la cinse impulsivamente per abbracciarla. "Io non temo per me stessa. Temo per voi. Possono fare di me quello che vogliono, ma io so difendermi da sola con l'aiuto dei miei draghi. Ma voi? Voi rischiate molto più di me. Io non ho alcun collegamento con la Resistenza né tanto meno con voi, perciò potrei salvarmi la pelle, ma cosa sarà di te, Brando e Vera?"
"Mi chiamo Brendon" la corresse il diretto interessato con un tono stizzito e infastidito che, nonostante la gravità della situazione, scatenò l'ilarità del gruppo.
"Va bene, ti chiamerò Brendon, se questo ti fa piacere" lo rimbeccò la diciassettene, strappandogli un tirato sorrisetto di soddisfazione. "Comunque, ci state?"
"Se tu te la senti di rischiare così tanto, io non mi opporrò al tuo piano. E' l'unico modo per salvarci" concordò Vera.
La sedicenne con la bandana scarlatta le posò una mano sulla spalla, guardandola con un luccichìo di riconoscenza in fondo alle iridi azzurre come frammenti di cielo estivo.
"D'accordo. Ci sto" asserì Brendon con un sospiro carico di tensione.
"Sono costretta ad accettare, a quanto vedo" mormorò Amber, accennando ad un sì con un lieve tentennamento del capo.
"Bene!" esultò Darya, sfoderando un mezzo sorriso ottimista. "Ce la faremo ad uscire da questa situazione più spinosa di un Cacturne. Promesso!"


Rocco passeggiava nervosamente da un'estremità all'altra del suo ufficio, tormentandosi le mani raccolte dietro la schiena mentre fissava con aria afflitta e stravolta il pavimento lucido.
Christopher se ne stava appoggiato allo stipite della porta, accuratamente chiusa a chiave per evitare nuove interruzioni dopo le ultime tre che avevano scosso la vita del Campione di Hoenn. Rainey Reed, invece, se ne stava accomodata sulla sedia su cui si era seduta circa una mezz'ora prima, attendendo che il venticinquenne si riprendesse dallo stato di shock in cui era caduto. Con le lunghe gambe affusolate accavallate l'una sull'altra, il piede che oscillava furiosamente in tutte le direzioni e il cupo sguardo pregno di preoccupazione ed impazienza pareva completamente assorbita dal nervosismo di Rocco.
"Ora basta" esordì Chris ad un certo punto.
Il ragazzo era stanco di quel perpetuo andirivieni: quella tensione palpabile lo stava facendo impazzire.
"Che ne sai tu di cosa si prova quando la persona che ami è in pericolo?" gli ringhiò contro il grigio.
Il suo sguardo d'acciaio penetrò duramente nel verde delle iridi del ventunenne.
"Non posso certo capire ciò che provi, ma devi darti una calmata, Rocco. Ricordati che sei tu il capo della Resistenza. Il destino di Hoenn dipende da te, dalle tue decisioni, e devi ritrovare il controllo e tenere i nervi a bada, almeno per il momento. E poi c'è Rainey che sta ancora aspettando che tu ti degni di concederle un po' d'attenzione" lo avvertì l'amico, fronteggiando spavaldamente l'espressione fiammeggiante negli occhi del Campione e indicando la ragazza seduta che osservava la scena con una viva preoccupazione riflessa negli occhi purpurei.
Rocco sospirò pesantemente e a lungo, celando le iridi grigie al di sotto delle pallide palpebre orlate di sottili ciglia chiare. Si costrinse a rilassarsi.
"D'accordo."
Si udì un altro sospiro, poi Rocco riaprì gli occhi, rilucenti di fredda ed implacabile determinazione.
"Troveremo Vera, te lo assicuro. E poi lei sa cavarsela e sa difendersi. E sicuramente ci sarà con lei anche Brendon a proteggerla. Devi stare tranquillo" cercò di calmarlo l'amico.
"Ma non sappiamo niente su ciò che è successo loro" protestò debolmente il Maestro di Pokémon Acciaio.
"Proprio perché non sappiamo niente dobbiamo essere ottimisti. Forse hanno trovato il modo di sfuggire all'Ordine, oppure non sono stati catturati. E, anche se fosse... sono i figli di un Capopalestra e di un Professore e Ricercatore Pokémon. Sono, diciamo... ostaggi preziosi. Non credo che farebbero loro del male. In fondo il Conquistatore vuole la resa di Hoenn, e quale modo migliore c'è per poter perseguire il proprio scopo? Norman è un forte Allenatore. Se non si opponesse più, se lasciasse la Resistenza per evitare che possa essere fatto del male a sua figlia, l'Ordine avrebbe un nemico in meno da affrontare e la strada per conquistare la regione sarebbe più facile. Non faranno del male a Vera. Né tanto meno a Brendon. Non possono, se vogliono rendersi la conquista più semplice."
Quelle parole rincuorarono Rocco. Ragionando su quella possibilità, il venticinquenne si rese conto che doveva essere più positivo ed ottimista. Che doveva avere fiducia nel futuro, perché ancora la notizia di qualcosa di terribile che fosse accaduto alla sua Vera non era giunta al suo orecchio. Non tutto era perduto. Non ancora, almeno.
Le sue speranze e le sue illusioni s'infransero brutalmente di fronte al sorriso sgradevolmente sarcastico di Rainey. Negli occhi purpurei della diciannovenne Rocco non lesse niente di buono.
"Oh, fidatevi di me: esiste un modo migliore per poter accelerare la caduta di Hoenn. E, se Vera e Brendon dovessero essere con chi dico io, allora devono stare ancor più attenti, perché rischiano la vita perfino di più."
Rocco impallidì visibilmente a quelle parole. Il suo volto, già diafano, divenne bianco come uno straccio, mentre l'espressione trasfigurava, diventando tesa e disperata.
"Che intendi dire, Rainey? C'è la possibilità che facciano veramente del male a Vera?!" la aggredì, lasciandosi trasportare dall'emotività che così raramente  lo sopraffaceva.
Le si portò davanti, afferrandola con entrambe le mani per le spalle e scuotendola lievemente. Le sue iridi d'acciaio erano due pozzi di disperato terrore.
"Che diavolo intendi dire, insomma?! Perché la vita di Vera dovrebbe essere in pericolo? Di chi parli, eh? Rainey, esigo una risposta!" continuò Rocco, terminando la sua sfuriata con un sordo ringhio che vibrò nella voce e si sparse nella stanza come una singola, terrificante nota ferale che fece rabbrividire Christopher e la ragazza.
"Rocco, calmati" s'intromise il moro, posando su di lui uno sguardo sbigottito.
Chris non aveva mai visto il ragazzo infuriarsi così. Il suo sentimento d'amore per Vera doveva veramente essere profondo e radicato per farlo reagire così impulsivamente.
Respirando più lentamente e imponendosi di tranquillizzarsi, il Campione lasciò le spalle della mora, che ricadde seduta sulla poltroncina con un tonfo sordo, nelle pupille ancora dilatate per la paura uno strano luccichìo.
"Ebbene? Posso sapere cosa intendi dire? Io non riesco ad interpretare le tue parole" la incalzò Rocco, lanciandole un'occhiata severa.
La ragazza annuì con aria decisa, affrettandosi poi a raccontare brevemente ciò che era venuta a riferire al venticinquenne.
"Vera e Brendon, molto probabilmente, adesso si trovano con mia sorella Amber."
Gli occhi dei suoi due interlocutori quasi saltarono fuori dalle orbite oculari per la confusione che annebbiò le loro menti.
"Perché ne sei tanto sicura?" riuscì a chiedere Christopher, sebbene la sorpresa lo avesse lasciato ammutolito.
Rainey assunse un'aria contrita e combattuta. Era incerta se rivelare o meno il segreto che custodiva. Però doveva ritrovare Amber, la sua cara sorellina minore, nonché custode di un altro segreto altrettanto importante come quello che lei celava al mondo intero da ormai tre anni.
"Voi conoscete la leggenda di Kyogre, Groudon e Rayquaza?" domandò a sua volta la ragazza, evadendo la questione postale dal ventunenne.
Rocco s'accigliò.
"Ma certo. Che c'entra, però, con tutta questa storia?"
Rainey ignorò la sua insistenza.
"Sicuramente conoscete i fatti di tre anni fa, quando Hoenn fu minacciata dallo scontro tra il dominatore dei mari e il signore delle terre e e del magma. Ebbene, sorvolerò su quella parte, perché non è molto importante." La mora sospirò flebilmente. "Però sedetevi e preparatevi ad ascoltare con attenzione ciò che sto per rivelarvi, perché è di vitale importanza per la risoluzione del conflitto che sta dilaniando Hoenn. Vi rivelerò chi sono veramente io, chi è veramente Amber, che cosa c'entriamo noi con la guerra e perché l'Ordine dà la caccia ad entrambe. Poco fa mi avete promesso di portare con voi nella tomba il segreto che sto per svelarvi. E spero che manterrete la promessa."
***


N.d.A.
Buona serata a tutti! :)
Ebbene, eccomi qui dopo tempo immemore. Eh sì, alla fine sono riuscita a buttare giù un capitolo, seppur non così dinamico e pieno di novità.
Spero tuttavia che vi sia piaciuto e che la suspence che spero di aver creato con le ultime parole di Rainey a fine capitolo vi abbiano incuriosito abbastanza da voler seguire la storia.
Ringrazio ADS3_beatlemania is back che hanno recensito la storia e la seguono. E grazie anche a chi la legge.
Bon, ci si lege nuovamente con il prossimo capitolo - che chissà quando arriverà.
Bonne nuit ;)


Flame

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