Shared Fate

di _mandragola_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I - 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** Parte II - 1 ***
Capitolo 8: *** 2 ***
Capitolo 9: *** 3 ***
Capitolo 10: *** 4 ***
Capitolo 11: *** 5 ***
Capitolo 12: *** 6 ***
Capitolo 13: *** 7 ***
Capitolo 14: *** 8 ***
Capitolo 15: *** Parte III - 1 ***
Capitolo 16: *** 2 ***
Capitolo 17: *** 3 ***
Capitolo 18: *** 4 ***
Capitolo 19: *** 5 ***
Capitolo 20: *** 6 ***
Capitolo 21: *** 7 ***
Capitolo 22: *** 8 ***
Capitolo 23: *** 9 ***
Capitolo 24: *** 10 ***
Capitolo 25: *** 11 ***
Capitolo 26: *** 12 ***



Capitolo 1
*** Parte I - 1 ***


  Shared Fate




Tutti, stretti in cerchio, stavano in silenzio. Il crepitio del fuoco lo rompeva ritmicamente, sospiri di uomini, singhiozzi di una donna. I singhiozzi si interruppero bruscamente, la donna mise il cappuccio in testa e andò via. Un ragazzo, l'allievo del Maestro che era diventato parte della Forza, non potè fare altro che seguirla con lo sguardo e sperare di rivederla, un giorno.


Aveva poco più di tre anni quando sua madre morì. Ci fu un'incursione,  la vide prendere la sua spada laser e resistere, combattere, ma non abbastanza a lungo. I laser dei fucili la trapassarono. Un uomo con il cappuccio calato in testa, nero, e la spada dal laser rosso nella mano destra le si avvicinò con delicatezza. Disse qualcosa su quanto la Forza fosse potente in quella bambina così piccola e impaurita e le prese la mano. La condusse nella nave e le chiese il suo nome. 
«Herzebeth.», disse tra i singhiozzi. Non potè fare altro che parlare, tutti quegli strani soldati con i fucili in braccio le facevano paura.
«Tranquilla, Herzebeth. Non ti faremo del male. Io sono Darth Tyranus, ti allenerò affinché tu possa usare quell'immenso potere che hai con consapevolezza.», le disse l'uomo, accarezzandole la guancia. Lei abbassò gli occhi, singhiozzando. Sentì una puntura al braccio, poi divenne nero.


«Avete visto come ho parato quei laser, Maestro? E' stato fantastico!»
Il ragazzino quindicenne saltava da una parte e dall'altra della strada deserta. La sua treccina al lato, tipica di ogni Padawan, svolazzava seguendo il suo ritmo. Il suo Maestro, Qui-Gon Jinn, lo guardava saltare e imitare i rumori della battaglia che avevano appena affrontato con la coda dell'occhio, sorridendo. «Sì, sei stato grande, Obi-Wan.»
«Grazie, Maestro! Pensate che diventerò un Cavaliere Jedi, prima o poi?». Qui-Gon si fermò e lo squadrò per bene. «Perché vorresti farlo?»
«Beh, mi piace combattere, fare tutto ciò che facciamo noi, aiutare le persone.». Il Maestro gli sorrise di nuovo. «Certo che diventerai un Cavaliere. Ma vai piano, hai ancora 15 anni e tanta strada da fare.»
Obi-Wan Kenobi divenne serio. «Sì, Maestro, lo so. Magari diventerò anch'io un Maestro, prenderò subito un allievo e lo addestrerò per bene, come voi avete fatto con me.»
Qui-Gon, invece di rispondere, lo bloccò. «Obi-Wan, guarda.»
«C'è qualcuno alla fine della strada. E viene verso di noi.»
I due sguainarono la loro spada laser, verde per il Maestro e blu per il Padawan, aspettando che quella figura incapucciata si avvicinasse. 
«Mi raccomando, mio giovane Padawan. Prima si usa la diplomazia, poi si passa all'attacco, se necessario.»

La figura si fermò di fronte a loro, almeno a 50 metri, e con lei un gruppetto di sei robot armati di fucile. «Sono della Federazione.», disse sottovoce Qui-Gon ad Obi-Wan, «Non credo siano qui per le chiacchiere. Sta' in guardia.».
La figura tolse da sotto il mantello la sua spada, rivelando le sottili dita affusolate. La strinse, un laser rosso si accese all'istante. I due Jedi si misero in posizione per attaccare, così fecero i sei robot dietro alla figura incapucciata. Ma quella, con un movimento rapido, mozzò di netto la testa al robot che aveva accanto. Si girò e perse il cappuccio che le copriva la testa, mostrando i lunghi capelli neri raccolti in una coda. I rimanenti cercarono di contrattaccare, gracchiando: «Attenzione, imprevisto, si è ribellata!» con la loro voce meccanica. Nessuno fu risparmiato, ogni singolo colpo sparato venne rimandato al mittente. Solo dopo quando nessun robot muoveva più nemmeno un arto meccanico, la ragazza spense la spada e il laser rosso, tipico dei Sith, scomparve. 



______________________________________________________
Ok, note dell'autrice: 
Qui metterò avvisi, note e sviste (si spera solo quelle volute) che ci sono nel testo. Se mi fate notare qualche incongruenza segnalatemela e la segnerò qui. Sono una grande fan di Star Wars ma qualcosa sfugge sempre.

1. Lord Tyranus, ovvero il conte Dooku, si converte al Lato Oscuro solo dopo la morte del suo ex-padawan Qui-Gon Jinn. Quando ho scritto la storia non avevo considerato questo particolare, ma Dooku mi sta troppo simpatico, quindi l'avrei messo comunque aggiungendo questa nota, come faccio ora.

2. La storia, dalla Parte II in poi, riprende quella dei film della trilogia prequel. Ovviamente adattati secondo il gusto della qui presente e per fare in modo che ci entri anche un altro personaggio 



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Capitolo 2
*** 2 ***


I due Jedi guadarono sbigottiti ciò che era successo in una manciata di secondi. La ragazza buttò la spada a terra e si voltò, rivelando il suo viso. Aveva la carnagione chiarissima, grandi occhi azzurri con un ricciolo che vi cadeva davanti. Non doveva avere più di 15 anni. 
Fece qualche passo in avanti e si mise in ginocchio, il più grande segno di sottomissione di un Sith, di fronte a Qui-Gon. «Mi hanno mandato ad uccidervi, Qui-Gon Jinn. Voi e il vostro allievo.»
Qui-Gon la guardò senza proferire parola, lo sguardo perso. Obi-Wan le rispose, incantato da quella ragazza così giovane eppure così agile ed esperta nel maneggiare l'arma di Jedi e Sith. «Perché non l'hai fatto?»
«Non prenderò più ordini dai Sith. Non m'importa di ciò che mi dicono. Io non sono fatta per stare lì, per uccidere gente che nemmeno conosco, che non mi ha fatto nulla, innocenti.»
«Come ti chiami?»
«Herzebeth.»
«E poi?»
Lei stette in silenzio per qualche secondo, abbassando lo sguardo. «Non ho mai conosciuto mio padre. Non so chi sia, come si chiami. Il mio Maestro Sith mi ha detto che anch'egli era un Sith.»
«Ma tu non ci credi.»
«Esatto. E' una cosa che sento, non posso essere figlia di un Sith, altrimenti non avrei fatto ciò che ho fatto oggi. Non avrei nemmeno lontanamente pensato di fuggire e ribellarmi.»
Qui-Gon interruppe la conversazione: «Non è saggio restare qui, torniamo alla nave. Lì approfondiremo la nostra conoscenza.»
Herzebeth si alzò e lo guardò con gli occhi lucidi: «Vuol dire che... cioè... posso venire anch'io?»
Il Maestro annuì. «Non posso lasciarti in balia del Lato Oscuro. E poi vedo che al mio Padawan interessa conoscerti meglio.»
Obi-Wan si schiarì la gola e arrossì leggermente. Herzebeth sorrise.

La ragazzina aveva sciolto la sua coda e dondolava le gambe avanti e indietro, quasi a disagio. Aveva tolto il lungo mantello e la tipica veste dei Cavalieri Sith, del tutto simile a quella dei Jedi, ma nera. Qui-Gon Jinn la osservava seduto di fronte a lei, Obi-Wan era in un altra saletta della nave, insieme ai comandanti. 
«Dove siamo diretti?», chiese Herzebeth con un filo di voce.
«Andiamo verso il Tempio Jedi. Parlerò con il Maestro Yoda, ti farà stare lì, al sicuro.»
«Per un po'.»
«Per quanto sarà necessario.»
Ripiombò il silenzio gelido, rotto dalla voce rassicurante del Maestro. «Herzebeth, che bel nome.»
«Grazie, signore.»
«Chiamami Qui-Gon, ti prego.»
La ragazza annuì, lui continuò: «Sento un tremito nella Forza ogni volta che mi avvicino a te. Sei molto potente.»
«Me l'hanno sempre detto, anche se io non ho mai visto o sentito questa potenza. Il mio Maestro mi ha insegnato come controllarla e sfruttarla per uccidere.»
«Non serve a questo, la Forza. E' un potere che tutte le creature hanno. Dovrebbe servire ad aiutare, non ad uccidere.»
«Non è ciò che fate voi? Non mettete forse la vostra Forza al servizio delle persone?»
Qui-Gon annuì. «Hai una famiglia, ragazza?»
«No, non più ormai. Il mio Maestro mi ha detto che mia madre è morta durante il parto. Mio padre è stato ucciso da un Jedi. Sinceramente non credo che mio padre sia morto così. I Jedi raramente uccidono, altrimenti sarebbero identici ai Sith.»
«Come si chiama questo tuo Maestro di cui parli?»
«Mi allenò il conte Dooku, o meglio, Lord Tyranus.»
Qui-Gon rabbrividì nel sentire quel nome. «E così Dooku accetta ancora Padawan.»
«Lo conoscete?»
«Sì, allenò anche me. Dooku era un Jedi. Ci ha traditi. E' passato al Lato Oscuro in cerca di potere.»
Herzebeth lo guardò con un'espressione sorpresa. «L'ha ottenuto. Non c'è Lord che lo batta a duello, nessuno che conosca la Forza come lui.»
«Ti ha mandata lui qui?»
«No, Qui-Gon. E' stato... »
«Maestro!». La voce del giovane Obi-Wan interruppe bruscamente la conversazione. «Siamo arrivati.»

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Capitolo 3
*** 3 ***


Il Tempio Jedi era la cosa più maestosa che Herzebeth avesse mai visto. Era immenso, la maggior parte della struttura dava direttamente sul mare. Da lì uscirono tutti i Jedi che erano in circolazione fin dall'alba dei tempi. La ragazza si era bloccata, fissava l'edificio incantata. Sentì che qualcuno le mise due mani sulle spalle: «E' qui che ti nasconderai. Sono certo che il Maestro Yoda sarà contento di ospitarti per quanto tu vorrai.»
«Maestro Jinn, potrò mai ringraziarvi abbastanza per questo?»
«A me basta sapere che sarai al sicuro.»
Obi-Wan arrivò correndo vicino ai due. «Ti piace?»
«E' magnifica.»
Il Padawan drizzò la schiena con fare regale, atteggiamento che fece scappare un sorriso al suo Maestro. «E' qui che ho studiato, io.»
«Rispetto all'Accademia dei Sith, quest'edificio è parecchio più antico. L'Accademia è molto più tecnologica.»
Appena fuori l'entrata, il Maestro Yoda aspettava con trepidazione l'arrivo di Qui-Gon. «Qui-Gon, arrivato tu sei!»
Herzebeth si mise quasi sull'attenti, guardando Obi-Wan con un'espressione interrogativa. Lui fece segno con la mano che le spiegazioni sarebbero arrivate dopo. Lei gli sorrise e annuì, tornando a guardare quello strano ometto.
Qui-Gon fece un leggero inchino. «Sì, Maestro. Permettimi di presentarti questa ragazza. Si chiama Herzebeth, è molto potente.»
Yoda si avvicinò alla ragazza, squadrandola.     «La Forza scorre potente in lei. Non sei forse tu la ragazza addestrata dai Sith?»
«Sì, signore. Sono io.»
«Presenza del Lato Oscuro io, in te, non sento.»
«Anche se cresciuta nel Lato Oscuro, non ho mai sentito di farne parte. Non è il mio posto.»
«Si sente, si sente.»
«Maestro.», intervenne prontamente Qui-Gon, «Hanno mandato qui Herzebeth per uccidere me ed Obi-Wan Kenobi, il mio Padawan. Lei si è ribellata e ci ha risparmiati. Ora i Sith la stanno cercando, ha bisogno di un posto dove stare.»
«Altro non dire, Jedi Qui-Gon. Herzebeth considerare questo Tempio come sua casa, ora può.»
Lui sorrise e la guardò soddisfatto. Lei tenne lo sguardo basso, pensierosa. 

«Non sei felice di questo cambiamento?»
Qui-Gon si sedette sul letto di Herzebeth, accanto a lei. «Non fraintendermi, sono molto felice di avere finalmente una casa e un po' di sicurezza, ma...»
«Ma cosa?»
«Ho paura.»
Il Jedi si girò verso di lei, mettendole una mano sulla spalla. «Non hai niente da temere qui, sei al sicuro.»
«Non è per la mia sicurezza che temo, ma per quella di tutti gli altri. Sono troppo potente, a quanto pare. L'hai sentito tu, Maestro, e il Jedi che ci ha accolto, come l'hanno sentita tutti i Sith. Verranno a cercarmi e non esiteranno ad uccidere per riportarmi con loro.»
Il Jedi la guardò per qualche secondo e la abbracciò. «Di questo non devi preoccuparti. C'è Yoda, hai conosciuto Windu, ci sono tantissimi altri Jedi che vigilano continuamente sul Tempio e su chi ci abita.»
«Forse mi preoccupo troppo.»
«Sai, sei identica ad una mia vecchia amica.»
Herzebeth alzò gli occhi e guardò quelli del Maestro. «Chi?», domandò curiosamente. Lui ridacchiò. «Una mia cara amica. Aveva occhi azzurri come il mare, esattamente come i tuoi. Ed era paranoica, sai? Parecchio paranoica.»
«Le è successo qualcosa di brutto?»
Qui-Gon rimase per un po' in silenzio. «Morì per mano dei soldati della Federazione, quelli che avevi tu con te quando ci siamo incontrati la prima volta.»
«Mi dispiace tanto, l'ennesimo omicidio ingiustificato dei Sith. Era una Jedi?»
«Lo era. Ed era una delle Jedi più potenti che io abbia mai conosciuto. Tuttora non ho trovato nessuna che la potesse superare. Beh, a parte te.»
«Io non sono una Jedi.»
«Ma sei molto potente. Sento pulsare in te una Forza fuori dal normale.»
«Il Maestro Dooku ha detto che è perché mio padre era potente.»
Qui-Gon scosse la testa. «No, se fosse stato solo tuo padre tanto potente, la Forza sarebbe sì presente, ma non a livelli così alti. E' una cosa che mai è successa, sono due poteri uniti.»
Herzebeth rimase sbigottita: «Vuoi dire che... sia mia madre e sia mio padre possedevano la Forza?»
«E'... molto probabile, ragazza.»
«Ed erano entrambi Sith o entrambi Jedi?»
«Questo non si può stabilire senza conoscerli.»
La ragazza abbassò gli occhi, delusa. «Ho sempre voluto conoscere mio padre. So che è ancora vivo, in qualche modo.»
Qui-Gon la strinse ancora più forte. «Lo farai, un giorno.»
«Maestro Qui-Gon?»
«Sì?»
«Non ci sono speranze perché io possa seguirti, vero?»
Si aspettava questa domanda. Anzi, si chiese come mai non gliel'avesse già fatta. «Mi dispiace, Herzebeth. Posso portare con me solo un Padawan e solo uno alla volta. E' scritto nel Codice Jedi.»
Lei annuì, affondando la testa sul suo petto. «Verrai a trovarmi qualche volta?»
«Ma certo che sì!»
Rimasero così per qualche secondo, momenti che sembrarono interminabili. 
«Posso dirti una cosa?»
«Cosa, piccola?»
«Sento che ti voglio bene, come se te ne avessi sempre voluto.»
Qui-Gon Jinn deglutì. «Te ne voglio anch'io, bambina. Te ne voglio anch'io...»

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Capitolo 4
*** 4 ***


La grande sala dedita agli allenamenti era completamente vuota: tutti gli altri Padawan erano fuori a giocare o a studiare, era una bellissima giornata. Il ticchettare dei passi di Herzebeth rieccheggiava nella sala. Si rigirò tra le mani una spada laser adattata agli allenamenti, in modo che non ferisse nessuno, e la accese. «Vuoi allenarti da sola?»
La voce di Obi-Wan la fece sobbalzare, si girò di scatto e puntò l'arma contro di lui, per poi riabbassarla. Lui ridacchiò. «Obi, mi hai fatto prendere un colpo.»
«Non chiamarmi Obi, è orribile.»
«Non è vero, è forte. Fa rima con il tuo cognome, ringrazia se non ti chiamo Obi Kenobi.»
Lui la guardò male per qualche secondo, poi risero entrambi. «Sei una bravissima spadaccina, questo devo riconoscertelo.»
Herzebeth prese un'altra spada e gliela lanciò. «Vediamo se posso dire la stessa cosa di te, Kenobi.»
Il ragazzo prese al volo la spada e la accese, mettendosi in posizione d'attacco. Lei, invece, fece roteare la sua. Obi-Wan le si lanciò contro, Herzebeth parò facilmente il colpo e gli diede un leggero calcio. Appena cadde, gli puntò la spada al collo e premette con il piede sulla mano dove teneva la spada. «E' questa la tua tecnica? Hai attaccato basandoti solo sulla forza perché sei partito dal presupposto che io non potessi parare il colpo.»
Gli tolse il piede dalla mano e lo aiutò a rialzarsi. «Sono certa che puoi fare di meglio, Obi.»
Il ragazzo riprese la spada e seguì il suo consiglio. Fece roteare l'arma e partì all'attacco con una raffica di colpi ben piazzati. Lei li parò quasi tutti, qualcuno era scappato e l'avrebbe ferita se quelle fossero spade vere. Cercò di attaccare, ma Obi-Wan parò il colpo. Spinsero entrambi verso direzioni opposte, le due spade sfrigolavano. All'improvviso Herzebeth smise di spingere, fece fare un giro completo alla sua spada e mozzò la testa ad Obi-Wan, preso alla sprovvista. Lui rimase immobile per qualche secondo, poi fece finta di morire, cadendo a terra. La ragazza scoppiò in una fragorosa risata. «Sei uno stupido.»
«Da quant'è che non ridevi?»
Lei lo guardò per qualche secondo, perplessa. «Scusami?»
Obi-Wan si alzò. «Hai capito la mia domanda.»
«Beh, a dire la verità... da un bel po'.», gli rispose, arrossendo.

«Interrompo qualcosa?»
La voce di Qui-Gon li fece scattare entrambi sull'attenti e ripeterono all'unisono: «No, Maestro!»
Qui-Gon li guardò per bene e poi annuì. «Vi allenavate?»
«Sì, Maestro. Herzebeth è formidabile nel combattere.»
«Qui-Gon, dovresti insegnare al tuo Padawan che la forza è una delle cose meno importanti in un combattimento con le spade laser.»
Obi-Wan la fulminò con lo sguardo. Qui-Gon sorrise e, con la Forza, prese la spada laser dalle mani del suo allievo. «Giovane Obi-Wan, non ti dispiace, vero?»
Il Padawan scosse la testa e si fece da parte. Qui-Gon accese la spada e la soppesò, per poi invitare Herzebeth a fare lo stesso. «Qui al Tempio dicono che sei il miglior spadaccino Jedi degli ultimi cinquecento anni.»
«Il mio allievo ha detto che sei formidabile. E poi sono esagerazioni. Sono l'allievo del miglior spadaccino degli ultimi cinquecento anni, come lo sei anche tu.»
«Esagerazioni o no, è comunque una voce contro altre cento.»
Qui-Gon fece una piroetta e cercò di colpirla al fianco destro, colpo parato immediatamente. «Ottima velocità», commentò. La ragazza tentò di attaccare, questa volta, mirando al braccio ma poi cambiando subito direzione. Il Maestro non ebbe nessuna difficoltà a parare anche questo colpo. «Sei furba, un altro punto a tuo favore.». Lei gli sorrise per poi iniziare ad attaccare e parare ritmicamente. Ogni singolo colpo scagliato da una delle tue parti era parato dall'altra, in una danza che sarebbe stata mortale se le spade fossero state vere. Obi-Wan osservava lo spettacolo a debita distanza, ammirando non solo le mosse agili e veloci del suo Maestro, che ormai conosceva benissimo, ma anche la grazia e la velocità della Sith. Sul serio addestravano i loro apprendisti così bene? Oppure era solo una dote innata di Herzebeth, fatta per combattere? Vide che il suo Maestro la prese alla sprovvista, facendola cadere. Herzebeth trattenne il fiato quando lui le puntò la spada al collo, come lei aveva prima fatto con Obi-Wan. Stettero così per un paio di secondi e poi, con una mossa talmente veloce che nemmeno il giovane Padawan aveva visto bene, lei rotolò via dalla spada puntata, si aggrappò alla gamba di Qui-Gon e lo fece sbilanciare. Si alzò immediatamente, spingendolo a terra e bloccandolo come aveva fatto con Obi-Wan. «Gran bella mossa, ma di certo sei stata aiutata dalla tua giovane età.»
«Grazie, Maestro.»
«Non reagisco perché vedo che hai il fiatone, non vorrei stancarti troppo.»
«E' l'ultimo dei miei problemi, Maestro.»
«Ora, gentilmente, puoi lasciarmi andare?»
Herzebeth fece qualche passo indietro, spegnendo la sua spada. Qui-Gon si rialzò, facendo lo stesso e lanciandola al suo allievo. «Credo che sia formativo per entrambi se passate un altro po' di tempo insieme.»
Obi-Wan sorrise. «Sarei felice se mi insegnassi la mossa che hai usato per evitare che il mio Maestro ti perforasse il collo.»
Herzebeth riprese fiato, scosse la testa per riprendersi e riaccese la spada. «E io sarei felice di insegnartela. Forza, Obi. Fatti sotto!»

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Capitolo 5
*** 5 ***


Qui-Gon entrò nella biblioteca del Tempio. «Non me la ricordavo così... grande.»
Jocasta Nu, la custode Jedi della biblioteca, sorrise. «Qui-Gon, è sempre un piacere rivederti. Da quando non entri qua dentro?»
«Beh, non vorrei dire da quando ero un Padawan ma...»
«Il solito ignorante.»
«Non è colpa mia se non ho tempo per leggere!»
Jocasta si mise a ridere, una risata cristallina che risuonò per la biblioteca deserta. «Sei un uomo di cultura e ti è sempre piaciuto apprendere, non hai necessariamente bisogno di leggere.»
«Gentile come sempre, Nu.»
«Proprio come la piccola che hai portato al Tempio. E' da stamattina che è chiusa qui dentro.»
«Volevo appunto chiederti questo, dov'è Herzebeth?»
«Credo sia nell'ala ovest. Immersa com'è nella lettura dubito che ti senta. Vieni.»
Qui-Gon la ringraziò con un cenno del capo e la seguì.
La trovo lì, con una decina di ologrammi aperti che fluttuavano alla sua destra e alla sua sinistra, sul tavolo aveva aperto un grande tomo e qualche altro libro le copriva la visuale. La guardò leggere attenta, con la fronte corrucciata e lo sguardo che si spostava svelto, la mano che tentennava nel cambiare pagina, e sorrise. «Cosa legge?»
«Non so cos'ha preso, dalle immagini sembrano libri di storia. Forse desidera recuperare ciò che i Sith non le hanno insegnato, forse è interessata alla storia dei Jedi. Ma qualunque sia il perché posso dirti che nessuno, Jedi, Padawan o Iniziato che sia, ha mai letto tutti questi libri in un solo giorno. Ti faccio notare che le schede alla sua destra le ha già lette.»
«Notevole.»
«E' una ragazzina intelligente, non c'è che dire.»
Herzebeth si chinò a prendere i foglietti che le erano caduti. Qui-Gon si schiarì la gola e lei quasi sbattè la testa sul tavolo per alzarsi. Si mise sull'attenti e chiuse tutte le schede. «Maestro Qui-Gon.»
«Che cosa leggi?»
«Leggevo un volume di storia, è interessante come sia così diverso da quello che c'era nel computer centrale dei Sith ed è bello come qui ci siano ancora dei libri.»
«Sì, la biblioteca è un po' antica. Hai scoperto qualcosa di interessante?»
«Solo che non potrò mai conoscere la verità sul passato perché le fonti non sono e non saranno mai attendibili completamente.»
«Ottima osservazione.»
Lei sorrise e lo ringraziò, spostando sulla destra il tomo. «Hai ancora intenzione di leggere?»
«Non so, Maestro. La sala degli allenamenti aprirà tra un po'.»
«Non ti dedichi mai alla meditazione?»
«Lo faccio prima di andare a dormire.»
«Non segui gli orari degli altri ragazzi che si allenano qui?»
«Loro non si allenano solo con la spada o con la meditazione. Si allenano anche a seguire delle regole precise. A me non serve, starò qui ancora per poco e non per diventare una Jedi.»
Qui-Gon prese una sedia dal tavolo accanto e si sedette di fronte a lei. Passò un dito sui titoli in rilievo dei volumi a destra e vi trovò anche il Codice dei Jedi. Cercò di prenderlo senza rovesciare nessun libro e lo aprì. «Lo hai letto?»
«Sì, tutto d'un fiato.»
«Ricordi quali sono i cinque precetti?»
Lei ripetè meccanicamente i precetti dei Jedi: «"Non c'è emozione, c'è pace. Non c'è ignoranza, c'è conoscenza. Non c'è passione, c'è serenità. Non c'è caos, c'è armonia. Non c'è morte, c'è la Forza."»
«Sei una bravissima studentessa. Ricordi ancora i precetti dei Sith?»
Lei lo guardò con uno sguardo interrogativo. Lui fece un gesto per dirle di esporre ciò che sapeva, così Herzebeth cominciò: «"La pace è una menzogna. Con la passione ottengo la forza. Con la forza ottengo il potere. Con il potere ottengo la vittoria. Con la vittoria le mie catene sono spezzate. La Forza mi renderà libera."»
«Sono precetti interessanti, non li avevo mai sentiti.»
«Sì, sono molto interessanti. Sicuramente meno nobili di quelli dei Jedi, ma ugualmente interessanti.»
«I precetti Jedi non sono fatti per essere imparati a memoria, ma per essere capiti.»
«Sì, così come i precetti Sith. Ma credo che per capire bene i vostri ho bisogno di un altro po' di tempo.»
«E invece sapresti spiegare i precetti dei Sith?»
«Beh, le spiegazioni sono sempre soggettive, non le ho mai esposte a nessuno.»
«Pensaci, sarei curioso di sentirle.»
Lei riflettè per qualche secondo. «"La Pace è una menzogna" significa che la Pace non esiste né è possibile ottenerla. Se la si ottiene è comunque una pace momentanea, destinata a cadere presto.»
Qui-Gon annuì e le fece cenno di continuare. «"Con la passione ottengo la forza" significa che la passione, intesa come emozione forte, non è uno sbaglio o una cosa da evitare, ma piuttosto una cosa che serve a crescere e a diventare mano a mano più forti. Ho sempre notato che, se sono arrabbiata, i sensi si acuiscono e i colpi sono più potenti. Ma sento anche che ciò che faccio è molto pericoloso.»
«La Forza amplifica i tuoi sentimenti, una volta entrata nella spirale della rabbia potresti non uscirne più. Sta' attenta per il futuro, ma continua.»
«"Con la forza ottengo il potere". Questo può essere interpretato in molti modi, in base al significato che si dà alla parola "potere". Se si intende il potere di governare o simili è una frase negativa, ma se si intende ciò che si acquista mano a mano che si avanza con l'allenamento e l'età credo sia una cosa non così brutta. Ma il secondo significato ci sta male, quindi mi sono sempre soffermata sul primo.»
«Non è molto nobile.»
«"Con il potere ottengo la vittoria". Scollegato dal significato precedente questa frase significa ciò che sembra. Se si è più potenti dell'altro si vince.»
«Più potenti in ogni senso: più veloci, furbi, agili...»
«Esattamente. Poi viene "Con la vittoria le mie catene sono spezzate". Nell'ottica dei Sith, vincendo si acquista potere e il potere li rende liberi da ogni regola. Insomma, i potenti creano regole che trasgrediscono, nessuna catena può tenerli prigionieri. Infine, "La Forza mi libererà". E' la visione Sith di questo immenso potere. La Forza come fine per scopi personali e non per aiutare gli altri. I Sith sono egocentrici.»
Qui-Gon tamburellò con le dita sul tavolo mentre pensava alle parole della giovane ragazza. «Jocasta ha ragione, sei sveglia.»
«Grazie, Maestro. Mi sono sempre preoccupata della mente. In fondo anche lei ti tiene in vita in un combattimento.»
Lui sorrise annuendo e rimasero in silenzio per un po'. «Come sono Maestri e Apprendisti nel Lato Oscuro?»
«Il più delle volte sono scontrosi e permalosi, ma raramente si trova anche qualcuno di amichevole. Io ho avuto la fortuna di trovarne uno.»
«Oh, chi?»
«Lord Tyranus. Cioè... il conte Dooku.»
«Sì, lui è un bravissimo maestro. Secondo Jocasta, la custode della biblioteca, è il Jedi più carismatico e interessante che lei abbia mai conosciuto.»
«E' stato gentile con me, lui mi manca.»
«E' stato un peccato perderlo tra le fila dei Jedi.»
«E' stato anche il tuo maestro, quindi?»
«Sì, lo è stato. I miei ricordi di Padawan sono alcuni dei ricordi più belli che conservo.»
Herzebeth lo guardò per qualche secondo prima di chiedere. «Quali sono gli altri?»
Lui non le rispose, la ragazzina pensò che forse l'aveva irritato e si affrettò a digli: «Scusami se spesso sono irritantemente curiosa.»
«Non è per questo, è che ho giurato di non parlarne mai con nessuno. Ma sono certo che, appena diventerai più grande, potrò parlartene.»
Lei annuì, quasi delusa. Si fidava ciecamente di un Maestro che quasi nemmeno conosceva, mentre lui non voleva condividere con lei nemmeno i suoi ricordi piacevoli. La campana che avvisava tutti gli Iniziati e i Padawan dell'apertura della sala allenamenti la distolse da quei pensieri. Notò solo quando si riprese che Qui-Gon la stava guardando. «Ti senti bene?»
Si affrettò a sorridere: «Sì, Maestro, sto bene.»

Entrarono nell'atrio continuando a parlare quando Obi-Wan li raggiunse. «Maestro, è tutto pronto.»
Herzebeth guardò interrogativa prima Qui-Gon e poi il suo allievo. «Cos'è pronto?»
«Volevo appunto dirtelo, in biblioteca. Ce ne andiamo.»
«Per quanto tempo?»
«Forse per un mese, ma non per più di tre.»
«E dove andate?»
«Terre di Confine», intervenne subito Obi-Wan, «C'è stato un po' di disordine in quelle zone e il Consiglio ha scelto Qui-Gon e me per andare a controllare cosa sta succedendo! Non è fantastico?»
Lei li guardò con gli occhi lucidi. «Sì, fantastico...»
Il Maestro lo notò, mandò Obi-Wan a fare una commissione e si inginocchiò davanti a lei. «Piccola, è solo per un po' di tempo.»
«Io mi sento persa in questo posto senza voi due. Sono completamente sola.»
«C'è Yoda, Windu. Jocasta, la custode della biblioteca, è sempre disponibile a fare due chiacchiere con una ragazza come te e, se le dici chi è stato il tuo Maestro, fidati che non ti lascerà in pace nemmeno un secondo.». Vide con dispiacere che una lacrima era già scappata e che le sue parole non stavano funzionando. Sentì che Obi-Wan parlava con qualcuno lì vicino e si affrettò ad asciugargliela. «Dai, sorridimi. Non vorrai che Obi-Wan pensi che stai piangendo per lui. Si monta la testa facilmente, sai?». Lei guardò il ragazzo parlare con un coetaneo, lo vide mettersi a ridere e tirargli un pugno scherzoso alla spalla. «Sembra un bravo ragazzo.»
«A parte la sua testardaggine è un ragazzo diligente e intelligente. Impara in fretta. Oh, a proposito. Grazie per le lezioni che gli hai dato in così poco tempo.»
«Non c'è bisogno né che tu mi ringrazi, né che lo faccia lui. E' stato un piacere allenarsi con lui, ho imparato tante cose anch'io.»
«Ho avuto l'occasione di allenarlo personalmente e devo dire che mi hanno spiazzato alcune sue mosse. Gli hai insegnato qualcosa del tuo ex-Ordine?»
Lei tirò su col naso, imbarazzata. «Sono stata addestrata a combattere con le tecniche dei Sith, mi muovo come Darth Tyranus mi ha insegnato in modo ormai naturale. Mi dispiace, ho infranto qualche regola?»
Lui rise e si alzò. «No, semplicemente sa fare cose che non so nemmeno io!»
Obi-Wan arrivò di corsa e abbracciò Herzebeth. «Ciao Beth, ci vediamo tra qualche mese. Fammi trovare qualche regalo di bentornato.»
«Contaci, Obi.», gli rispose, in un tono così triste che anche nell'euforia della partenza lui se ne accorse. Si allontanò e la osservò per bene. «Certo che ci conto, stupida!»
Qui-Gon lo esortò ad andare. «Beh, sembra che ci dobbiamo salutare. Stai attento, ricorda ciò che ti ho insegnato. Non basarti sulla forza, ma sull'agilità. Ricorda la posizione corretta delle mani per ogni stile e...»
Obi-Wan le stampò un lungo bacio sulla guancia. «Ci vediamo tra qualche mese, cerca di non combinare guai.», e corse via.
Herzebeth rimase lì a guardarlo per qualche altro secondo prima di accorgersi di stare fissando un punto ormai vuoto.

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Capitolo 6
*** 6 ***


Herzebeth si buttò sul letto, guardando il soffitto illuminato dal debole chiarore della luna. Erano già passati due mesi da quando era entrata nel Tempio. Qui-Gon Jinn era andato via, insieme ad Obi-Wan, partiti per le Terre di Confine. E lei era lì, a leggere libri che non sarà mai tenuta a studiare e ad allenarsi con il Maestro Yoda, l'unico che la superava nel combattimento. Ammetteva che le mancava parecchio quello stupido di Obi-Wan. Non riusciva più a meditare in pace perché pensava continuamente a lui e a quel bacio che le diede per congedarla. Ed era stato formativo allenarsi insieme: ora lui conosceva ogni sua mossa, e viceversa. Se in futuro si fossero trovati a combattere insieme sarebbero stati in perfetta sintonia. «Se.», disse lei a voce alta, pensierosa. 
Non si sarebbe di certo aspettata che una voce le rispondesse: «"Se" cosa, piccola Herzebeth?»
Scattò a sedere sul letto, terrorizzata, cercando con le mani la sua spada laser. «Cerchi forse questa?»
Un uomo con il cappuccio nero calcato bene in testa, dall'altra parte della sua stanza, le sventolò la sua spada laser. Herzebeth cercò di riprendersela usando la Forza, ma venne spinta via, sbattendo la testa contro il muro dietro il letto. «Pessimo errore ribellarsi, pessimo errore rifugiarsi qui, bambina.»
«Lord Maul...»
«Tranquilla, anche se sai che ho sempre voluto, non ti farò del male.»
«Non tornerò con te all'Accademia, non sarò mai più al servizio del Lato Oscuro.»
«Il tuo posto è lì, che ti piaccia o no.»
Il cervello della ragazza lavorava in fretta, gli occhi spaventati scattavano da una parte e dall'altra della stanza in cerca di una possibile via di fuga. Chiamare aiuto non sarebbe servito, Darth Maul avrebbe ucciso chiunque fosse accorso al grido. L'unica possibilità era la finestra, ma la sua era a picco sul mare, troppo alta, sarebbe morta di certo se si fosse buttata. Si voltò verso Lord Maul, che si era appena tolto il cappuccio, mostrando la sua faccia orribilmente dipinta con disegni tribali neri. Stringeva la spada della ragazza in una mano e la sua nell'altra, la temibile spada che lui stesso aveva costruito, con laser rossi da ambo le parti. «Hai ucciso qualcuno per arrivare fino a qui, Lord Maul?»
«Non ancora, ma non esiterò a farlo se non mi seguirai.»
Lei sorrise, aveva un piano: «Non ne dubito, conoscendoti. Rimani sempre un vecchio verme.»
«Verme? Ma sentila, la signorina che ha tradito l'ordine a cui apparteneva suo padre! E per cosa? Solo per salvare la vita ad un lurido Jedi bastardo e al suo piccolo allievo!»
«Ti hanno mandato a completare il lavoro?»
«Non ancora, ma stai pur certa che presto manderanno me o qualcun altro a farlo.»
«Dubito mandino te. Sanno bene quanto sei incapace.»
Darth Maul accese i laser della sua spada. «Attenta a come parli, bambina.»
«Altrimenti cosa? Mi uccidi?»
Sentì chiaramente il respiro del Lord farsi più affannoso per la rabbia. «Non puoi farlo, non puoi reagire.»
«Posso anche dire di averti trovata morta da qualche parte.»
Herzebeth sorrise. «Non mi fai paura.»
Lui, in balia dell'ira, tentò di attaccarla. Approfittando di questo momento di distrazione, la ragazza evitò il colpo che squarciò il letto e, con la Forza, recuperò la sua spada. «Non puoi sconfiggermi, ragazza, sono molto più potente di te.»
«Incorretto, Lord Maul. Tutti hanno sempre detto il contrario.»
Di nuovo attaccò la ragazza con violenza, che riuscì a parare ogni colpo, con difficoltà. Doveva ammettere che, in tutto quel tempo, era diventato un ottimo spadaccino. Lui continuava imperterrito con la stessa velocità. Herzebeth lo spinse via usando la sua Forza, facendolo andare a sbattere contro l'armadio, che si ruppe. Si rese conto che aveva pochissime speranze di uscire da un combattimento contro Darth Maul viva o con tutti gli arti attaccati al corpo. Trattenne un urlo quando la lama della spada di Maul la ferì di striscio al braccio, bruciandola, e prese una decisione. Parato un altro colpo corse verso la finestra della sua camera e si lanciò nel vuoto.


«Yoda! Perché mi avete richiamato, che cosa è successo?»
Qui-Gon era allarmato, affrettò il passo per raggiungere il Maestro Jedi, accanto alla porta aperta di una stanza. Obi-Wan corse verso di lui, rendendosi conto che quella stanza era quella di Herzebeth. «Che cosa le è successo, Maestro?»
«Giovane Padawan, ancora bene non lo sappiamo. Trovato solo questo, abbiamo.»
Qui-Gon entrò nella stanza, guardando il disordine che c'era, sconvolto. Si avvicinò al letto, tagliato quasi a metà, con i lati del taglio bruciati. «C'è stato un combattimento.»
Obi-Wan deglutì, inginocchiandosi di fronte al letto. «Anche... piuttosto violento.»
«Yoda...». Si bloccò. Non riusciva a pronunciare la domanda perché temeva la risposta. «Yoda, la senti ancora?»
L'ometto verde sospirò, appoggiandosi sul suo bastone. «Tremiti nella forza non sento, non si è unita al Lato Oscuro. Se sono venuti a prenderla solo per questo... non posso darti una risposta sicura.»
Un silenzio gelido calò nella stanza, Obi-Wan affondò il viso sul materasso del letto strappato. I vocii di qualche bambino che passava di fronte alla camera erano le uniche cose che indicavano che il tempo stava continuando a scorrere. Lì erano tutti immobili. Qui-Gon si passò una mano tra i capelli. «Non potevano ucciderla, a loro serve viva.». Non avrebbe dovuto portarla lì, non avrebbe dovuto lasciarla sola. «Non potevano ucciderla, lei non può essere morta.»
Yoda sospirò. «Tutto possibile per quelli contaminati dal Lato Oscuro è.»
Il Jedi si sedette a terra, con lo sguardo basso.

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Capitolo 7
*** Parte II - 1 ***


«Maestro? Abbiamo un... piccolo problema.»
Obi-Wan Kenobi andò verso Qui-Gon Jinn. «L'iperguida non funziona, dovremmo sostituirla. Ci è stata danneggiata quando ci hanno attaccati. Il comandante sta atterrando su Tatooine.»
Aveva ormai compiuto vent'anni ed era prossimo nel sostenere gli esami e diventare un Cavaliere Jedi. Il suo Maestro annuì, alzandosi da dov'era seduto. Il comandante atterrò e loro scesero, accompagnati da un'ancella della regina Amidala, Padmé. «Quindi... questa è Tatooine.», disse Obi-Wan guardandosi attorno. «Io vedo solo rocce, sabbia, deserto e... oh, che sorpresa! Sabbia!»
«Mio giovane Padawan, cosa ti ho detto riguardo a queste battute di spirito?»
«Scusi, Maestro.»
Padmé ridacchiò. «Signori, credo di vedere un villaggio lì, nascosto dietro quella duna.»
«Sei un'ottima osservatrice, Padmé.»
«Grazie, Obi!»
Lui rabbrividì. «Mi chiamo Obi-Wan.»
«Oh.», disse, imbarazzata. «Scusami, Obi-Wan.» Qui-Gon si girò verso l'allievo che guardava dritto davanti a sé e gli mise una mano sulla spalla. Lui si scostò delicatamente. «Bene, buona fortuna, allora.» Guardò Qui-Gon e Padmé allontanarsi, per poi tornare indietro.

Il sole tramontava, Obi-Wan Kenobi era uscito dalla nave, spazientito. Il sole cocente gli faceva pesare ancora più il caldo soffocante di quel pianeta, considerò l'opzione di proporre al Consiglio di disegnare tuniche più traspiranti. Scosse la testa e si riprese da quei pensieri vagamente stupidi per un Padawan. Guardò di nuovo in direzione del villaggio mettendosi una mano sulla fronte, per coprire gli occhi dal sole. Ancora nulla. Quanto ci vuole per ottenere un pezzo di ricambio? Pensò poi che avevano fatto un buco nell'acqua e che gli abitanti di quel villaggio in mezzo al niente non sapessero nemmeno cosa fosse un'iperguida. Gli venne l'impulso di inginocchiarsi e meditare, ma si trattenne. Doveva stare attento ad ogni minimo movimento per proteggere la nave e soprattutto la Regina Amidala da eventuali attacchi. Ma il massimo del movimento che riusciva a scorgere era la sabbia che roteava a formare cerchi concentrici per pochi secondi, trasportata dal vento. Non sapeva se esserne sollevato o spazientito.
«Che diamine stanno facendo?», chiese al capitano della nave, che era sceso ad ammirare il panorama del deserto. «Sta per alzarsi una brutta tempesta di sabbia, spero per loro che si siano riparati da qualche parte.»
«Io spero che la Regina non si irriti per questo cambio di programma.»
«Jedi Kenobi, mi dispiace interromperti, ma... laggiù.»
Gli indicò la figura seduta sulla duna, troppo distante per riconoscerla. Parlava con una bambina e muoveva la sabbia con le mani. Il vento si alzò e la sabbia le scappò dalle dita. La bambina corse verso il villaggio e la figura si alzò da terra, con i lunghi capelli che sventolavano al vento. Li raccolse e li mise dentro al cappuccio, iniziando a camminare verso il villaggio, ma una voce la fermò. Il ragazzo non ci pensò due volte e corse verso la direzione della figura, tenendo stretta in mano la sua spada laser. «Ehi!» L'ombra si fermò. Appena lui fu abbastanza vicino, una voce femminile gli parlò. «Obi-Wan Kenobi. Ne è passato di tempo.»
«Ti conosco?»
«Ti sei già dimenticato di me?» La figura si girò e si tolse il cappuccio.
Obi-Wan fece cadere la spada laser a terra. Un paio di occhi azzurri e freddi come il ghiaccio luccicarono. «Ma forse è meglio tornare alla tua nave, le tempeste di sabbia sono particolarmente violente, qui.»

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Capitolo 8
*** 2 ***


Appena messo piede sulla nave, tutti i passeggeri armati puntarono i fucili contro la donna. Obi-Wan si affrettò a spiegare ai presenti che non era pericolosa e che poteva viaggiare con loro, la conosceva. Non avevano proferito parola mentre si avvicinavano alla nave, il ragazzo era troppo confuso per parlare. Ma, ora che erano dentro alla nave, seduti, sentì che aveva bisogno di parlarle. Herzebeth aveva tolto il lungo mantello nero, mostrando il fisico perfetto. La maglia era stata bruciata vistosamente ai lati, lasciando scoperta parte della pelle. Le spalle nude erano coperte solo dai suoi capelli neri arruffati, meno lunghi di quanto Obi-Wan ricordasse. Il viso era sporco per la polvere di chissà quante tempeste, era cresciuta, era ormai una donna, ma i suoi occhi erano identici a quelli di cinque anni fa. «Sì, Obi. Lo so che sono invecchiata.»
«Non pensavo questo. Sei... bellissima.»
«Sei cresciuto, Padawan.»
«Dove sei stata tutto questo tempo?»
«In giro per la galassia, più che altro, a portare giustizia e pace. Ma per la maggior parte del tempo sono stata qui.»
Il ragazzo mise le mani sulle sue. «Perché te ne sei andata? Cos'è successo?»
«E' una storia troppo lunga da raccontare, troppe volte ci ho pensato. Prima o poi te lo dirò, croce su cuore.», e si fece una croce sul petto, sorridendogli. Guardandola gli venne spontaneo imitarla. «Obi, dov'è Qui-Gon?»
«Al villaggio qui vicino, spero torni a breve.»
«Che cosa è andato a fare al villaggio?»
«L'iperguida è rotta, abbiamo bisogno di una nuova.»
«Siete sicuri che qui a Tatooine ci sia qualcosa?»
«Beh, tentar non nuoce.»
Lei si alzò graziosamente, aprendo la porta con la Forza. «Esistono delle cose chiamate pulsanti per aprire le porte, sai?»
Herzebeth si girò. «Quelle sono solo per chi non possiede la Forza, giovane Padawan.»
«Non vedo l'ora di salire di grado solo per non sentirti più rivolgerti a... Herzebeth?»
La donna fissava un punto fuori la nave. Obi-Wan seguì il suo sguardo, ma non vide nulla. «Stai bene?»
Lei non rispose e uscì.

Avanzò a passo veloce per i corridoi e per poco non sbattè contro Sua Maesta in persona. «E tu chi sei?», chiese la Regina con tono autoritario. Herzebeth la guardò per bene. «Regina Amidala, se non erro.»
«Non hai risposto alla mia domanda.»
«Sono solo una povera donna amica dei Jedi che vi hanno accompagnata fin qui, Vostra Altezza.»
Padmé bisbigliò qualcosa all'orecchio della Regina. «Herzebeth. Il tuo nome è famoso a Naboo e nei sistemi vicini, la tua faccia un po' meno. Ti immaginavo più graziosa.»
«So di essere una personalità di spicco, sì. Mi dispiace aver deluso le vostre aspettative sul mio aspetto, Vostra Altezza. Però non potete arrestarmi sul suolo di Tatooine, un po' mi dispiace.»
Intanto anche il Padawan si avvicinò al gruppetto di donne. «Cosa hai combinato, Herzebeth?»
«Lunga storia, Obi.»
«Jedi Kenobi, perché questa feccia è su questa nave?»
«Feccia?»
Padmé si girò verso la Regina muovendo leggermente la testa, come per dire di non andare oltre. Obi-Wan sentì che Herzebeth si era alterata al suono di quella parola e si sbrigò ad afferrarle un braccio. «Respira.»
«Feccia?», ripetè lei. «Ma se è stato per merito mio se quell'omicida è morto!»
«E' stata per merito tuo anche la morte di altre persone!»
«Non è stata colpa mia, io non ho ucciso nessuno! Potete incolparmi di qualche furto, non posso nasconderlo, ma non ho ucciso innocenti!»
«Non credo che Jedi o Sith abbiano avuto intenzione di uccidere civili, come non credo che altri posseggano spade laser.»
Lei stette in silenzio, quasi fumando dalla rabbia, mentre Amidala continuava ad accusarla.
«Andiamo.», disse infine, furiosa, alle sue ancelle. Padmé guardò per un ultima volta il viso di Herzebeth contratto in una smorfia prima di allontanarsi con le altre verso la parte opposta della nave. «Vieni, stupida. Credo tu abbia bisogno di un po' di riposo.»
«Non ho intenzione di viaggiare con Sua Maestà a bordo, domani me ne andrò.»
«Prima dovresti parlarne anche con il Maestro Qui-Gon. Ora, però, seguimi. Stenditi sul mio letto e rilassati. E' scesa la notte.»
Herzebeth guardò il Padawan che passava avanti e le faceva cenno di seguirlo. Si voltò per l'ultima volta verso l'oblò della nave, verso quella duna. Non sentì più il brivido che prima aveva provato. Mise una mano sulla sua spada laser e seguì Obi-Wan.

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Capitolo 9
*** 3 ***


Obi-Wan si alzò dal letto del Maestro che aveva occupato. Lui non era ancora tornato e nel suo ci dormiva Herzebeth. Sussurrò un: «Ehi, sei sveglia?», ma non ottenne risposta. Aprì pigramente gli occhi e guardò verso il suo letto, disfatto e vuoto. Provò a chiamarla. Mentre si alzava e si infilava la tunica e le scarpe iniziò a tormentarlo il pensiero che avesse deciso di andarsene appena fosse sorto il sole. Solo dopo essere uscito si accorse che era lì, di fronte alla finestra della stanza dove ieri avevano parlato, che guardava l'alba. «Pensavo te ne fossi andata.»
«Prima di aver salutato Qui-Gon? Non me lo perdonerebbe mai.»
Obi-Wan sorrise e annuì. «Andiamo nella cabina di pilotaggio. Abbiamo deciso di scendere ed andare verso il villaggio se non tornano entro mezzogiorno.»
Herzebeth rabbrividì, di nuovo. Guardò verso la direzione del giorno prima e questa volta vide qualcuno. «Questo è un guaio, un enorme guaio.»
«Che c'è?»
La donna fece segno con il mento di guardare fuori dalla finestra. Prima che Obi-Wan potesse fare o dire qualcosa, sentirono lo sportello aprirsi, corsero verso la cabina, dove il comandante era già ai posti di comando, e videro Qui-Gon e un bambino correre verso la nave. «Cosa ci fa il tappetto con lui?», chiese Herzebeth con un sorrisone. Obi-Wan fece spallucce. Improvvisamente una moto corse verso i due, il bambino si buttò a terra e Qui-Gon accese la spada laser. Herzebeth vide il bambino correre ed entrare e riconobbe lo sfidante del Maestro. «Devo uscire ed aiutarlo. Da solo non può farcela contro di lui.»
«Ferma, abbiamo tutto sotto controllo. Comandante, partite.»
«Partire?»
Lo sportello si chiuse. «Partire? Vuoi lasciarlo solo con Darth Maul? E' un Sith, è pericoloso e terribilmente forte!»
«Lascia fare a me.», disse Obi-Wan calmandola definitivamente. Indicò i due che combattevano e diede istruzioni precise al comandante. Non appena si avvicinò abbastanza riaprì lo sportello e Qui-Gon saltò su. Solo quando lo sportello si chiuse definitivamente Herzebeth tornò a respirare.

Trovarono Qui-Gon a terra con accanto R2D2 che lo guardava riprendere fiato. Obi-Wan si inginocchiò davanti a lui e il bambino chiese se stesse bene. Dopo una rapida presentazione del piccolo Anakin Skywalker al suo Padawan, Qui-Gon si rialzò. Herzebeth lo aspettava in piedi davanti alla porta. «Tu...»
«Sono passati cinque anni, Maestro Qui-Gon.»
Nessuno dei due disse una parola in più. Lui la strinse in un caloroso abbraccio con una faccia incredula. «Ti credevamo morta.»
«Mi dispiace essere sparita così.»
«Va tutto bene, mi basta sapere che sei viva e vegeta. Avevo perso le speranze di rivederti, ormai.»
Herzebeth rise e poi scoppiò a piangere, cadendo a in ginocchio insieme a Qui-Gon. «Mi sei mancato tanto.»
«Anche tu, bambina. Guardati, sei diventata una donna, ormai. Sei diventata una splendida donna.»
«La Federazione ha chiamato i Sith per eliminarvi e loro hanno inviato il loro soldato migliore.»
«Lo conosci?»
«Mi ha reso la vita un inferno per dodici anni, evidentemente ha deciso di continuare. Si chiama Maul, Darth Maul, ed è il più pericoloso degli spadaccini del Lato Oscuro. E' uno Zabrak, dovrebbe già dire tanto.»
Anche se Herzebeth oppose un po' di resistenza, il Maestro si sciolse dall'abbraccio, l'aiuto ad alzarsi e le mise le mani sulle spalle. «Sento una grande paura in te.»
«Credo sia lecito.»
Lui le accarezzò la guancia e uscì, seguito da Obi-Wan. Herzebeth li guardò uscire e si voltò verso il bambino. «Anie, sai dove andremo ora?»
Lui scosse la testa. «A Coruscant. Ho sempre percepito la tua potenza. Ti addestreranno e diventerai un Jedi.»
«Ne sei certa?»
«Più che certa. Qui-Gon è un bravo Maestro Jedi, sa ciò che fa.»
Lui le sorrise e andò a sedersi sul tavolo, quando irruppe uno strano lucertolone parlante: «Ani, chi es esta... WOW! IO NO ES UN NEMICO!»
«Signorina Beth, è un amico, puoi abbassare l'arma!»
Herzebeth spense la spada e lo squadrò per bene, per poi aprire la porta, sempre con la Forza, e tornare nella stanza di Obi-Wan.

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Capitolo 10
*** 4 ***


Quando Qui-Gon e Obi-Wan ritornarono, videro già Herzebeth che indossava il suo mantello. Si girò per andarsene, ma fece un passo indietro quando li vide alla porta. «Che c'è?»
«Dove credi di andare?», le chiese Qui-Gon con una smorfia.
Lei si guardò intorno, disorientata. «Via?»
«E tu credi davvero che ti lasci andare via così, dopo cinque anni?»
«La Regina Amidala non gradisce la mia presenza.»
Qui-Gon si guardò a destra e a sinistra, abbassò il tono della voce e disse solo un: «Me ne sbatto di cosa gradisce o meno la Regina!»
Obi-Wan si girò verso il Maestro, guardandolo sconvolto. Non aveva mai usato toni del genere con nessuno. Herzebeth spostò lo sguardo prima sul Padawan e poi sul Maestro. Sospirò, si tolse il mantello e lo buttò su uno dei due letti, alzando poi le braccia in segno di resa. «Non starò qui per sempre, vi avviso.»
«Questo lo dici tu, signorina.»
«Qui-Gon, sono una donna ormai. So benissimo badare a me stessa.»
Lui sospirò. «Ne sono più che certo.»
Herzebeth sentì l'atmosfera appesantirsi, quindi sfoderò il suo sorriso migliore e disse, con tono allegro: «Non vedo l'ora di tornare a Coruscant, sarà divertente!»
Qui-Gon rise e scosse la testa, Obi-Wan si limitò a continuare a sorridere. «Sono contenta abbiate preso Anakin. E' un bravo ragazzo, è come un fratellino per me.»
«E' vero che non ha un padre, come mi ha detto Shmi?»
Herzebeth sospirò e si sedette sul letto di Obi-Wan. «Così dicono.»
«E' molto potente, credo che sia stato concepito dalla Forza stessa.»
Entrambi i ragazzi guardarono il Maestro, confusi. «La Forza può fare ciò?», chiese Obi-Wan.
«In casi rarissimi, ma sì. La Forza Vivente abita ogni creatura che vivi su qualsiasi pianeta, perché non potrebbe creare Lei stessa la vita?»
«Beh,», si intromise Herzebeth, «è un ottima osservazione.»
«Maestro, pensate che lui sia il Prescelto della profezia?»
Qui-Gon annuì distrattamente. «Sento che è colui che riporterà l'equilibrio, sì. Deve essere allenato. Mi occuperò io stesso della sua educazione.»
«Ma un Maestro può avere un solo Padawan, giusto?»
«Sì, Herzebeth. Obi-Wan ha ormai vent'anni, è abbastanza maturo e sa tutto ciò che deve sapere. E' pronto per le Prove.»

Il ragazzo tenne gli occhi bassi anche quando Qui-Gon si congedò e si allontanò. «Obi, c'è qualcosa che non va?»
Lui non rispose. Herzebeth si alzò dal letto per trascinare anche lui su di esso, facendolo sedere. «Mi hai sentito?»
«Non riesco a credere che io sia già pronto per le Prove. Ricordo ancora quando Qui-Gon mi recuperò dai Corpi Agricoli. Mi sembra ieri.»
Lei gli sorrise. «Prima o poi tutti invecchiano, perfino tu. Cerca solo di non rimanere un moccioso qua dentro.», gli disse, dandogli un leggero colpetto sulla fronte. Lui abbozzò un sorriso ma niente più. «Non è solo questo, vero?»
«Le Prove mi preoccupano, sento di non essere abbastanza pronto.»
«Beh, facciamo mente locale. Le Prove per voi Jedi sono cinque, giusto? Per la Prova di Abilità tu non hai nessun problema: sei un bravissimo spadaccino. Dovresti lavorare sul controllo, ma sono certa che in cinque anni hai fatto progressi.»
Obi-Wan restò impassibile, quindi proseguì, cercando di risollevargli il morale: «La Prova di Coraggio, probabilmente, potrai anche saltarla. So cosa hai fatto a Qui-Gon su Bandomeer.»
«Come lo sai?»
Gli sorrise ancora e ignorò la domanda. «C'è la Prova della Carne, però. Ringrazio di non dover diventare Jedi solo per non affrontarla.»
«I tempi sono cambiati. Non si mozzano più arti nella Prova della Carne, solo dolore psichico.»
«Credo sia anche peggio, ma andiamo avanti. C'è la Prova dello Spirito. Hai qualche sentimento che celi?»
Con qualche esitazione scosse la testa. «Spero per te che sia così, Kenobi. Per la Prova di Saggezza avrai qualche problema. Non sei tanto sveglio.»
Lui le tirò un pugno sulla spalla. «Cambia battute, sei diventata monotona.»
Lei arricciò il naso e fece una smorfia. Risero entrambi, interrotti solo da una lieve scossa. «Bene, siamo entrati nell'iperspazio. Presto torneremo a Coruscan. Yoda sicuramente sarà felice di rivederti.»
Lei annuì. Interruppe poi il momento di silenzio che era sceso tra i due: «Obi-Wan?»
«Mi hai chiamato con il mio nome completo?»
«Obi-Wan, non è solo questo.»
«Cosa vuoi dire?»
La donna lo guardò nei suoi occhi azzurri. Il Padawan si sentì quasi a disagio, vide nei suoi occhi un guizzo di luce. Si sentì come se lei lo stesse spogliando della corazza per strappargli il cuore, con quello sguardo serio. Dopo qualche secondo sbatté velocemente gli occhi e scosse la testa per riprendersi. «Vuoi dirmi tu cos'hai o preferisci dica ciò che ho visto?»
«Sentiamo cosa avresti visto.»
Herzebeth sentì la sfida nella sua frase. «Mai sottovalutare un Sith. C'è una tecnica che Lord Tyranus e io abbiamo perfezionato negli anni, non gli abbiamo ancora dato un nome. Riesco ad usare la Forza per leggerti la mente.»
Obi-Wan ridacchiò nervoso. «Impossibile.»
«Non sei solo spaventato per le Prove, né sorpreso che il momento di affrontarle sia arrivato così in fretta. Tu hai paura del dopo, di cosa succederà quando sarai Cavaliere, quando ti ritroverai per la galassia solo, senza Qui-Gon.»
Lui la guardò, sbalordito. «E quel bambino... hai la sensazione che quel bambino ti rubi in qualche modo la persona più vicina ad un padre che hai, l'affetto più grande che ai Jedi è consentito provare. E non è solo questo. Tu non riesci a capire se Qui-Gon ti vuole bene davvero, come un Maestro dovrebbe voler bene al suo Padawan, dopo che ti ha spronato ad affrontare le Prove. Senti che non l'ha fatto perché crede che tu sia davvero pronto o perché crede in te, ma solo per toglierti di mezzo e prendere come nuovo allievo Anakin.»
Lui si alzò e si diresse verso la porta. «Ti sbagli.»
«Ti sembra così strano che il tuo Maestro, tuo padre, il tuo mentore, voglia più bene ad un bambino conosciuto due giorni fa che a te, allenato da lui per ormai tredici anni. E dubiti anche che, dopo cinque anni di lontananza, Qui-Gon ti avrebbe accolto come ha fatto con me...»
Obi-Wan premette con violenza il pulsante per aprire la porta e uscì, non ascoltando ciò che Herzebeth aveva poi aggiunto: «Ma lui ti vuole bene, sei suo figlio, niente potrà sostituirti nel suo cuore! Obi-Wan! Torna qui!»

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Capitolo 11
*** 5 ***


Il Tempio era esattamente come la ragazza se lo ricordava: maestoso, immenso, alto. Le scappò un sorriso, ricordandosi i momenti passati ad allenarsi in quella magnifica struttura. In fondo aveva avuto l'onore di allenarsi insieme a Maestri come Windu e Yoda senza dover diventare una Jedi, cosa che pochi, se non nessuno, potevano vantare. Accelerò il passo quando notò che Qui-Gon ed Obi-Wan erano già molto più avanti di lei, che si era persa ad ammirare la figura del Tempio. Lasciò che anche la Regina, insieme a Padmé e le altre ancelle, la superassero e poi fece qualche passo verso il Tempio. Una voce squillante dietro di lei la fece sobbalzare: «Questo es el edificio maxi big che abbia mai visto!»
«Ah, non hai ancora visto l'interno.»
«Io non potes entrare, ma credo es maxi accogliente!»
«Già, maxi maxi accogliente.», ripeté lei, sospirando. Il lucertolone le tese la mano. «Jar Jar Binks, milady.»
Herzebeth lo guardò incerta, poi ricambiò la stretta, schiarendosi la voce, e pronunciò il suo nome: «Herzebeth.»
«Tu es stata aqui una volta?»
Lei annuì. «Quando ero più piccola sono stata portata qui da Qui-Gon Jinn. Ci ho vissuto per qualche mese.»
«Porquoi tu es andata via?»
«E'... una storia troppo lunga da raccontare. Ho avuto qualche problema.»
Lasciò che Jar Jar raggiungesse la scorta della Regina per andare con lei in un palazzo vicino, dove sarebbe stata al sicuro. Attese lì fuori qualche minuto, finché Anakin non uscì. Fece una corsetta per raggiungerlo, un momento prima che salisse sulla nave per salutarlo. «Cosa ti hanno detto, Anie?»
Lui fece spallucce. «Non sono d'accordo sul mio addestramento, credo.»
«E perché?»
«Il Maestro Yoda sente una grande paura in me.»
Herzebeth gli mise le mani sulle spalle. «La paura è un sentimento onnipresente. E' normale che tu ne abbia, sei stato catapultato qui da un momento all'altro.»
«Ma il Maestro dice che la paura conduce...»
«...alla rabbia, la rabbia all'odio, l'odio alla sofferenza e tutto ciò conduce al Lato Oscuro.»
Il bambino annuì, tirando su col naso. Herzebeth gli fece alzare la testa e lo guardò negli occhietti tristi: «Anakin Skywalker, tu diventerai un grande Jedi.»
«Ma...»
«Ti fidi di me?»
«Sei stata sempre una buona amica. Sì.»
La donna gli sorrise e gli diede un bacio sulla fronte. «Vai, piccolo Jedi. Aspettano solo te!»
Anakin corse verso la nave della Regina, si girò e le sorrise. Herzebeth ricambiò quel sorriso e lo salutò con la mano finché era sicura che poteva vederla. Sì, Anakin Skywalker: diventerai un grande Jedi.
Un brivido le percorse la schiena.

Ce ne andiamo.
La voce di Qui-Gon le risuonò nella testa quando calpestò il bel pavimento della sala d'entrata del Tempio. Proprio lì il Maestro aveva pronunciato quelle parole, cinque anni fa. Lo rivide in quel punto, inginocchiato davanti ad una ragazzina che stringeva i pugni e strizzava gli occhi per non piangere. Scosse la testa e le scappò una risata a quel pensiero, guardando poi con la coda dell'occhio gli Iniziati e i Padawan che erano in attesa di ripartire che la fissavano curiosi. Che stupida che era stata, Qui-Gon non poteva mica restare lì per lei, era comunque un Maestro Jedi, uno dei più forti. Sorrise ad un Iniziato che le si era avvicinato e che guardava quella figura avvolta in un mantello nero, con le mani completamente nascoste nelle maniche e con il cappuccio calato in testa: «Sei una Sith?»
Herzebeth scoppiò a ridere di fronte a quella domanda posta con così tanta innocenza. Si tolse il cappuccio e alzò le mani. «No, sono solo una ragazza che un tempo studiava qui. Come ti chiami, piccolo?»
«Zett. Quindi sei una Jedi?»
«No. Non sono né una Jedi né una Sith.»
Notò che il bambino aveva qualche difficoltà nell'elaborare il concetto: «Ma se uno non è un Sith è un Jedi. E se uno non è un Jedi è un Sith.»
«Non si vive di assoluti! I Jedi sono bianchi, i Sith neri e, in un certo senso, io sono grigia, ecco.»
«Ma grigio chiaro o scuro?»
Herzebeth gli sorrise e alzò gli occhi al cielo. Beata giovinezza. «Chiaroscuro.»
L'Iniziato assunse un'aria seria e se ne andò scuotendo la testa. Herzebeth alzò lo sguardo e vide Obi-Wan dall'altra parte che assisteva allo spettacolo. La risata si ridusse ad un lieve sorriso, abbassò lo sguardo e decise di concentrarsi su due busti di bronzo di due Perduti che non conosceva, piuttosto che reggere lo sguardo di Obi-Wan. Aveva esagerato, prima, non avrebbe dovuto farlo. Le venne in mente quando Darth Tyranus usò quel potere su di lei, sotto il suo consenso, per verificare se funzionasse. Si sentì spogliata, debole, in qualche modo sola. Voleva bene ad Obi-Wan e il solo pensare di averlo fatto sentire in quel modo le faceva venire i sensi di colpa. Se non voleva dirglielo perché strapparglielo con la forza? Sentì la sua presenza avvicinarsi, ma non si girò. «Fa sempre bene al cuore vedere dei bambini così ingenui. E pensare che loro diventeranno, un giorno, Cavalieri e Maestri.»
La ragazza non rispose, continuando a guardare il busto in bronzo e i lineamenti gentili di quel volto scolpito. «E' un Perduto, lo conosci?», le chiese il Padawan nel vano tentativo di farla parlare. Lei scosse la testa. «Nemmeno io. Non capisco perché chi fa questi busti si ostina a non mettere il nome del raffigurato sulla colonna.»
«Forse perché non vogliono ricordare.»
Obi-Wan sorrise, fiero di averla fatta parlare. «Probabile, ma non sarebbe molto nobile da parte dei Jedi, non credi?»
Herzebeth si guardò attorno, stando bene attenta a non girarsi. «Non è detto che un Ordine nobile lo sia in tutto.»
«E' una strana osservazione.»
«Me ne rendo conto.»
«Herzebeth, ti andrebbe di girarti e guardarmi negli occhi mentre parliamo?»
Lei, con riluttanza, si girò. Obi-Wan notò che le guance pallide avevano assunto un colorito roseo acceso. «Perché arrossisci?»
«Credo... credo che io ti debba le mie scuse.»
«Herzebeth, non importa, sul serio. Ho esagerato io nel reagire, non dovevo andarmene così.»
Lei scosse la testa e abbassò gli occhi. «Ehi, vieni.»
«Dove?»
«Ti voglio mostrare una cosa. Questo busto me l'ha ricordato.»
Obi-Wan le tese la mano. Herzebeth la guardò e allungò lentamente la sua, sorridendo quando sentì le dita calde del ragazzo appoggiarcisi. Lui la strinse e si diresse verso la biblioteca del Tempio.

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Capitolo 12
*** 6 ***


«Dove mi porti? Ci sono già stata qui!»
«Sei stata nella biblioteca, non qui.»
«Dove siamo qui, se non in biblioteca?»
«Vuoi stare un po' zitta?», le disse, ridendo. Herzebeth alzò gli occhi al cielo. «Piano, così mi stacchi la mano!»
Improvvisamente Obi-Wan rallentò il passo. «Eccoci.»
Herzebeth si guardò intorno: «Cos'è questo posto? Accendi almeno una luce!»
Detto fatto. Le luci si accesero e Herzebeth spalancò gli occhi. Decine di busti, del tutto simili ai due che erano all'entrata, erano allineati in un corridoio che conduceva verso un portone chiuso. «Pensavo ti facesse piacere vedere una cosa.», le disse il ragazzo, notando la sua espressione confusa e sorpresa. Le indicò un busto poco lontano da lei, la ragazza gli si avvicinò, confusa. «Ma lui è...»
«Esatto. Lui è Dooku. Ed è qui, tra i Perduti. Personalmente non rispetto la scelta che ha fatto e non mi fido più di questo grande Jedi. Ma è il Maestro del mio Maestro e tuo, quindi merita il mio rispetto.»
Herzebeth guardò il volto gentile del suo Maestro, accarezzò il bronzo delicatamente, quasi come se non volesse fargli male. «Grazie per avermelo mostrato, mi fa piacere vedere che, in fondo, non serbate rancore per chi si è allontanato dal Lato Chiaro.»
Obi-Wan si sentì soddisfatto. «Quello che è successo prima, sulla nave... sul serio un Sith è capace di farlo? Come funziona?»
Allontanò la mano dal busto e guardò il Padawan. «C'è una tecnica Sith utilizzabile solo dai più esperti in battaglia per la portata quasi estenuante di concentrazione e Forza che si deve applicare. E' nota come “Via della Memoria” e la sua applicazione originale serve a risvegliare nella mente del bersaglio ricordi tragici o umilianti con lo scopo di farlo cedere durante gli interrogatori. Lord Tyranus è stato così abile da permettere ai ricordi risvegliati, che di norma solo il bersaglio può sentire, di essere sentiti anche da chi mette in pratica questa tecnica. A poco a poco è riuscito a non far rivivere questi ricordi al bersaglio e a leggere non solo ciò che è successo e che lui conserva, ma anche quello che prova o pensa nello stesso istante che lo esamina. La quantità di Forza necessaria per fare tutto ciò è stata troppa perfino per lui.»
Herzebeth sorrise, persa nei ricordi, e gli occhi diventarono lucidi. «Ricordo quando, dopo i suoi primi esperimenti, si stendeva a letto “per riposare senza dormire”, diceva lui. Dopo un po' finiva per addormentarsi irrimediabilmente, ma la Forza non è clemente con chi la adopera per scopi così loschi. Il sonno per recuperare energia era tormentato, sentivo che si agitava e si lamentava, sudava, come in preda ad una febbre. Vegliavo su di lui con il cuore in gola, pensando ogni volta al peggio. Gli asciugavo la fronte imperlata di sudore quando si svegliava. Dopo che si era ripreso si rialzava e, senza guardarmi, riprendeva i suoi appunti. La prima volta l'ho pregato perché la smettesse di sperimentare e ridursi in quello stato, ma lui si rifiutò fermamente di farlo. La seconda mi offrii come cavia: lui mi avrebbe detto cosa fare e come fare, io avrei eseguito e avrei patito i dolori del dopo. Rifiutò la proposta con ancora più fermezza e mi rimproverò, dicendomi che non dovevo più pensare ad una cosa del genere. La terza non parlai, me ne stetti seduta a terra a guardarlo. Quella volta lasciò le carte e mi venne vicino, abbracciandomi. Disse che poteva prendersi un giorno di pausa. Fu una lezione importante, per me: molto spesso il silenzio è l'arma più importante che si ha. Ne ho fatto sempre tesoro di quell'insegnamento.»
Obi-Wan la guardò e le fece cenno di continuare. «Ma tu non dovresti andare via?»
«Qui-Gon ha una faccenda da sbrigare con Windu. Possiamo permetterci due chiacchiere ma, ti prego, continua a raccontarmi della tua vita nell'Ordine.»
Lei, quasi in imbarazzo, gli chiese cosa altro volesse sapere. «Si chiamano Padawan gli apprendisti Sith?»
«Che domanda stupida.»
«Scusa, ma non mi viene altro in mente.»
Lo guardò. «Dark Padawan. Ufficialmente si chiamano così, personalmente il nome mi fa troppo schifo per usarlo. Sembra il nome di una banda di Alkner't che si aggira per i peggiori bar di Tatooine.»
Lui rise. «In effetti non è un bel nome. Com'è la struttura gerarchica?»
«E' la stessa della vostra. Solo che il rapporto tra Maestro e allievo è un po'... diverso.»
«Cosa intendi dire con “diverso”?»
«Hai mai sentito parlare della Regola dei Due?»
Il ragazzo scosse la testa. Herzebeth sospirò. «Hai mai sentito parlare dell'Ordine Sith?»
«Ah ah ah.»
«Va bene, facciamo un po' di storia. Darth Bane, molto tempo fa, disse una frase destinata ad essere la sintesi di tutta la sua teoria, su cui poi l'Ordine si basò: la Forza non è un fuoco, è un veleno. Secondo lui, la Forza non era un potere per tutti ma destinato solo a pochi, così come il veleno diluito in tanti calici era solo irritante, ma quello contenuto in una sola botte, letale. Istituì quindi la Regola dei Due: ogni Maestro doveva avere un allievo che, alla fine del suo addestramento, l'avrebbe ucciso.»
Obi-Wan sbattè le palpebre: «Un attimo, aspetta. Cosa?»
«Sì, hai capito bene. Il Maestro allenava l'allievo affinché lui lo uccidesse. Così la Forza si tramandava da generazione in generazione senza che venisse indebolita. Spesso un Maestro prendeva anche due allievi, per poi aizzarli uno contro l'altro e aspettare si distruggessero a vicenda.»
Il Padawan era senza parole. Herzebeth fece spallucce. «Non capisco perché sei così sconvolto.»
«Il legame tra Maestro e Padawan, per noi, è quasi sacro. Non riesco nemmeno lontanamente ad immaginare di uccidere il mio Maestro.»
Herzebeth lo guardò con occhi comprensivi: «Nemmeno io.»
«Come hai fatto con Dooku?»
«Sono andata via prima di completare il mio addestramento.»
«E se non l'avessi fatto?»
Herzebeth guardò per l'ennesima volta il viso del suo Maestro. «Non è stato Darth Tyranus ad educarmi, ma il Jedi Dooku. Il nostro legame non era un continuo tramare per ottenere il potere o per non perderlo. Il nostro legame era una cosa sacra, più sacra del legame di sangue. Lui era il mio padre acquisito e ciò era molto pericoloso nel mio ex-Ordine. Molte volte pensavo a quando sarebbe arrivato il momento e molte volte sono arrivata alla stessa conclusione.», disse la donna, fissando un punto vuoto della stanza.
«Quale?»
Rimase in silenzio per un po', poi fece una risatina, sempre guardando qualcosa di inesistente, per infine rispondergli, secca e diretta: «Il suicidio.»

Usciti dalla sala, i due ragazzi trovarono il Maestro all'entrata, che li aspettava. «Dove siete stati?», chiese, senza preoccuparsi di nascondere il suo sospetto.
«Ho mostrato ad Herzebeth la sala dove sono custoditi i busti dei Perduti.»
Qui-Gon annuì, comprendendo il perché erano andati lì. «E... vi siete divertiti?»
Herzebeth rise. «Qui-Gon, non abbiamo fatto nulla di male! Smettila di... di...»
«Herzebeth, stai bene? Sei sbiancata.»
Lei guardò gli occhi del Maestro, assente, poi si tolse il mantello e alzò la manica della tunica. Non ebbe il coraggio di sfiorare con le mani tremanti la ferita che aveva al braccio.
«Obi-Wan, vai a chiamare un Guaritore! Corri!», lo esortò Qui-Gon, sconvolto. A Herzebeth tremarono le ginocchia, perse l'equilibrio e cadde tra le braccia del Maestro. Lui, stando ben attento a non toccarle la ferita, si sedette e la fece sistemare su di lui. La tenne come una bambina, con la sua testa appoggiata alla spalla, continuando a guardare quell'orrenda ferita. Lì, dove cinque anni fa Darth Maul l'aveva bruciata, prima che lei scappasse, la bruciatura rimasta era diventata nera, come le vene attorno ad essa, che pulsavano e risaltavano dolorosamente sul pallore della carnagione della ragazza. «Che cosa è successo?»
«Non... lo... so...»
Herzebeth deglutì, respirando affannosamente: «Fa... male...»
Qui-Gon la strinse a sé, portando quasi automaticamente una mano fra i suoi capelli e dondolandosi, senza rendersene conto. «Resisti, ora arriverà un Guaritore. Passerà tutto. Resisti.»
Intanto notò che le vene si annerivano ogni respiro che faceva, scendendo sempre più giù. Dalle labbra di lei uscivano respiri accompagnati da gemiti di dolore. Il Guaritore arrivò correndo: «Che cosa diamine le è successo?»
«Non lo so, non lo so! Fa' qualcosa, Vaemir!»
Qui-Gon sentì Herzebeth cedere e fece scendere la mano che aveva sui suoi capelli sulla guancia della giovane, guardando con orrore i suoi occhi chiusi e la bocca socchiusa. «Veleno.», annunciò il Guaritore. «Ci serve sveglia, falla restare sveglia.»
Obi-Wan aveva il respiro affannoso per la corsa e per l'ansia, vide il suo Maestro sussurrarle qualcosa.
«Svegliati, piccola. Svegliati. Devi restare sveglia. Forza, bambina, lo so che puoi farcela. Apri gli occhi, svegliati. Svegliati.»
«Non... posso...»
«Sì che puoi, Herzebeth. Apri gli occhi. Stai sveglia.»
Lei si sforzò ed eseguì gli ordini, guardando gli occhi grigio-azzurri del Maestro. Abbozzò un lievissimo sorriso, appena percettibile. «Ecco...»
«Guardami, ora. Guardami e non perdere la concentrazione, non addormentarti, non lasciarti andare, non chiudere gli occhi.»
Il dolore dell'ago nel braccio scosse il corpo della giovane, che reagì con un gemito soffocato quando sentì l'antidoto entrare in circolo. «Bru... cia...»
«Ho bisogno che la ragazza reagisca e cerchi di far scorrere l'antidoto con la Forza.»
Sentendo che Qui-Gon stava preparandosi per farlo al posto suo, il Guaritore si affrettò a fermarlo: «Se lo fai tu, la tua Forza verrà irrimediabilmente infettata e non ho antidoti per questo.»
Lui lo guardò, stringendo i pugni. Il suono di una specie di risata lo distrasse. «Prima... regola...»
«Non c'è emozione, c'è pace.»
Herzebeth non tolse un attimo gli occhi dai suoi. Lo guardò e, venendole quasi impossibile muoversi, cercò di annuire con lo sguardo, se possibile. Fu interrotta da un dolore sparso per tutto il corpo, contraendosi con violenza. Urlò, poi cercò di mordersi il labbro per non farlo, urlò ancora. Qui-Gon guardava ora lei, ora il Guaritore, ora il suo Padawan. Obi-Wan restava poco lontano da loro, con le membra irrigidite e completamente in preda alla paura. «E' un buon segno, è l'antidoto che combatte il veleno.»
«Che razza di veleno è questo?», gli rispose di getto Qui-Gon, accorgendosi solo dopo averlo detto di aver urlato. Le contrazioni si affievolirono, la ragazza si abbandonò di nuovo su di lui. «No, no, no, piccola, no.»
«Lasciala stare, Jinn. Ha fatto ciò che doveva. Portiamola sul suo letto, parleremo lì.»

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Capitolo 13
*** 7 ***


Qui-Gon camminava avanti e indietro, nervoso, sotto gli occhi del Guaritore. «Non ho mai visto niente di simile, credo che solo gli alchimisti esperti del Lato Oscuro siano capaci di produrre un tale veleno. Per saperne di più dovrei prelevare un campione dalla ferita della ragazza.»
Qui-Gon si bloccò davanti all'entrata della stanza. «Solo se lei è d'accordo.»
Lui annuì ed entrò, avvicinandosi al letto di Herzebeth. Obi-Wan le asciugava il viso e il collo mantidi di sudore con una pezza, guardandola riprendere lentamente conoscenza. «Stai bene?», le chiese il Guaritore non appena fu abbastanza vigile da poter capire le parole di qualcuno. «Non riesco a muovermi.»
«E' l'effetto del veleno, passerà.»
«Era mortale?»
«Potenzialmente. Ma, per sapere quale tipo di veleno fosse e da dove proviene, dovrei prelevarti un campione. L'antidoto non l'ha completamente spazzato via, credo di riuscire a isolarne un po' e studiarlo.»
Obi-Wan si bagnò un dito e glielo passò sulle labbra diventate secche per il troppo sudare. Herzebeth era un po' imbarazzata, ma gli sorrise come meglio poteva per ringraziarlo. «Sì, sento che non se n'è andato completamente.»
Vaemir annuì soddisfatto, si alzò e, in men che non si dica, tornò con una siringa vuota. «Ti preleverò un po' di sangue. Come ti sei fatta quella bruciatura?»
«E' una storia lunga.»
«Il riassunto?», le chiese con un sorriso, mentre infilava con delicata fermezza l'ago al centro della ferita. Herzebeth contrasse i muscoli per il dolore e strizzò forte gli occhi, rilassandosi subito dopo. «Un mio vecchio “amico” mi ha fatto visita qualche tempo fa.»
«E questo “amico” è un Sith?»
La ragazza sospirò e guardò ciò che poteva guardare in quella posizione: il soffitto. Vaemir controllò la siringa controluce e si alzò. «Lo prendo per un sì. Qui-Gon, ti farò sapere i risultati non appena saranno disponibili.»
Il Maestro balbettò un «Grazie.» e lo guardò uscire, per poi avvicinarsi al letto di Herzebeth. «Ha fatto bene a prenderlo per un sì?»
Lentamente e tra non pochi lamenti, lei si girò verso di lui, in modo da guardarlo meglio. Lo guardò soltanto, senza dire niente. Il Padawan osservò la scena in silenzio, sentendo che con quei soli sguardi avevano già detto tutto ciò che dovevano. Il Jedi sospirò e spostò gli occhi da quelli di Herzebeth, che continuò a guardarlo. «Grazie per prima. Non credo sarebbe stata la stessa cosa se fossi stata a contatto con l'impercettibile calore del pavimento e non con l'avvampante calore umano.»
«Mi hai preoccupato.»
Prima che Herzebeth potesse replicare, entrò di corsa Vaemir. Lui prese la pezza dalle mani di Obi-Wan, imbevette la sua punta nell'acqua e, con forza, la passò sulla bruciatura della ragazza, senza tanti complimenti. Herzebeth urlò per il dolore e Qui-Gon lo allontanò con la forza. «Cosa diavolo ti salta in mente, Vaemir?»
«Quel veleno non è un semplice veleno. Guarda!»
Aprì la pezza e mostrò un minuscolo ragnetto metallico che ancora zampettava. Lo richiuse con cura nella pezza e lo poggiò sul tavolo, attento che non scappasse. «Scusa per la violenza con cui ti ho strofinato la bruciatura.»
«Fi... gu... ra... ti...», gli rispose sarcastica lei, cercando di riprendere il fiato dopo il dolore atroce che aveva provato. «Quel veleno non è un semplice intruglio a scoppio ritardato. Chiunque ti abbia bruciato il braccio, oltre al veleno ti ha applicato sopra anche un ragnetto robotico che, mandandogli ogni dato che riusciva a recepire dall'ambiente e dal tuo corpo, ha poi attivato il veleno. Era controllato a distanza, è una cosa incredibile. Ti avrebbe uccisa se non fossimo intervenuti subito.»
«Un... ragnetto?»
Vaemir annuì, continuando a dare indicazioni su come il robot minuscolo funzionasse. Herzebeth ragionava senza ascoltarlo. Diamine, Lord Sidious. Non posso negare che pensi sempre a tutto. «Una spada laser può essere intrisa di questo veleno?», chiese interrompendo il suo discorso.
«Certo che sì. Il ragnetto non si è bruciato a contatto con il laser perché è stato applicato dopo il veleno, che ha creato una patina sicura per il robot.»
«Beh... wow.»
«Praticamente questo robot...»
«Vaemir, vieni fuori, vorrei farti qualche altra domanda.» tagliò corto Qui-Gon, che lo accompagnò fuori.
Non appena furono usciti, Obi-Wan le si buttò addosso, stringendola in un abbraccio quasi liberatorio. «Mi hai fatto morire di paura.»
Herzebeth trattenne il gemito di dolore per quella stretta improvvisa e forte. Cercò di alzarsi e mettersi a sedere, portando lentamente gli arti sulla schiena del Padawan. Ora riusciva a muoversi un po' di più. «Scusa Obi, era l'ultima delle mie intenzioni.»
«Temevo di perderti senza nemmeno averti riabbracciata.»
Herzebeth sbattè gli occhi per un momento: l'aveva detto sul serio? Poggiò la testa sulla spalla di Obi-Wan. «Sarei stata molto scortese, io sono tutto tranne che scortese.»
Il ragazzo la guardò negli occhi e le sorrise. Herzebeth sostenne lo sguardo, ma era inebriata dalle sue labbra, così vicine da riuscire a sentirne perfino il profumo. Socchiusero entrambi gli occhi, avvicinandosi un po' di più...
La ragazza si allontanò di colpo, abbandonandosi sul cuscino e portandosi una mano sulla fronte. «Dovrei riposare un po', scusami.»
«Sì, dovresti, hai ragione. Io sto qui, nel caso tu abbia bisogno di qualcosa.»
Un «Mh.» stentato uscì dalle labbra di Herzebeth per fargli capire che aveva inteso e si girò dall'altro lato. Le scese silenziosamente una lacrima, allungò la mano cercando a tentoni quella di Obi-Wan. Non appena l'ebbe trovata, la strinse forte e chiuse gli occhi.
Fu un riposo non poco tormentato. Fece un incubo nel quale un bel giovane dai riccioli castani le tagliava urlando la mano, per poi decapitare con un solo, elegante colpo, anche Dooku in ginocchio. Fu confortata solo dal calore della mano di Obi-Wan, l'unico contatto che aveva con il mondo reale, e si svegliò in preda al panico quando non lo sentì più.

Si guardò intorno, il sole splendeva alto e quasi accecavano i raggi riflessi dal mare tranquillo. Si mise con fatica a sedere e cercò di riprendere fiato, per poi chiamare debolmente il Padawan. Dopo un po' la porta si aprì e Obi-Wan corse dentro, sedendosi sul suo letto. «Stai meglio? Hai dormito per un bel po'.»
«Sì, sto bene.»
Cercò di alzarsi ma lui la bloccò. «Vaemir ha detto che devi stare a letto.»
«Quando andrete via?»
Obi-Wan la guardò e passò una mano sui suoi capelli corvini: «Oggi. Mi dispiace.»
«Vengo con voi.»
Cercò di alzarsi e di uscire ma, dopo nemmeno un passo, cadde rovinosamente a terra. «Che tu sia maledetto, Lord Sidious.», riuscì a biascicare sottovoce, mentre Obi-Wan l'aiutava a rialzarsi e la riportava a letto. «Vedi?»
«Se proprio dovete andare, fa' venire qui Qui-Gon. Ti prego.»
«Non devi pregarmi per farlo, Herzebeth. Vado a preparare il necessario per partire, gli dirò di raggiungerti subito.»
Si alzò dal letto, ma Herzebeth gli prese la manica, fulminea. Guardò la sua mano stringere il tessuto della tunica e la tirò indietro, quasi in colpa. Obi-Wan sorrise, le prese il viso tra le mani e poi l'abbraccio forte. «Torneremo presto, cerca di rimetterti. Non dimenticarmi.»
Le diede un lieve bacio sul collo poco prima di staccarsi. Lei si limitò a guardarlo aprire la porta e a sorridergli di rimando poco prima che lui se ne andasse. Nemmeno una parola su ciò che era successo, meglio così. Si sfiorò il collo continuando a fissare la porta ormai chiusa. Non era affatto giusto ciò che stava facendo, ciò che Kenobi stava provando, se provava davvero qualcosa. Obi-Wan deve vivere per l'Ordine, non per un'altra persona. Deve servire tutti, non solo una persona. Dev'essere dei bisognosi, non mio.
Non appena entrò Qui-Gon scattò sull'attenti, mettendo da parte i suoi pensieri. Se il Maestro l'avesse scoperto sarebbe stata la fine per Obi-Wan. E sarebbe stata tutta colpa sua.
«Come stai, ragazzina?»
«Qui-Gon, ho vent'anni. Sono una donna.»
«Ma certo che lo sei, ragazzina.», le rispose lui, sorridendole. Herzebeth scosse la testa e si mise a ridere. «Allora... dove andrete ora?»
«La Regina vuole tornare su Naboo.»
«Ma non è pericoloso?»
«Vuole eliminare il Vicerè lei stessa e liberare la sua città.»
«Che razza di sconsiderata.»
«Sconsiderata o no, è la regina. Dobbiamo darle ascolto.»
«Sconsiderata e pure stupida, con un gregge che la segue.»
Qui-Gon si fece serio: «Non dovresti rivolgerti così alla Regina, Herzebeth. Merita rispetto.»
«Per me rimane una stupida megalomane che mette in pericolo la vita degli altri.»
«Herzebeth, lo fa per liberare il suo popolo!»
Lei stette in silenzio, poi sospirò e chiese scusa al Maestro per il tono che aveva usato. «C'è qualcosa che ti turba? La mia Herzebeth non dice queste cose senza un motivo.»
«Sono... solo preoccupata per voi due.»
Lui la studiò, attento. «Sicura?»
«Ho solo una brutta sensazione.»
Annuì: «Obi-Wan dice sempre così.»
Sentendo il suo nome ad Herzebeth ricominciò a battere forte il cuore. Le sembrò che Qui-Gon se ne fosse accorto, ma decise di far finta di niente come lui. La porta si spalancò e apparve il Padawan. Fece un cenno al Maestro, guardò per l'ultima volta la ragazza e richiuse la porta. Tutto in un lasso di tempo così breve da lasciare quasi delusa Herzebeth, che avrebbe voluto vederlo ancora una volta e un po' di più. «Ragazzina?»
Lei si scosse al suono della voce del Maestro. Sbattè le palpebre e posò lo sguardo su di lui. «Devi andare?»
Come risposta la strinse in un caloroso abbraccio. Le diede un bacio sulla fronte e si diresse verso la porta. «Qui-Gon?»
Si bloccò. «Sì?»
Herzebeth lo guardò, deglutendo. Se ne stava andando, di certo Darth Maul era sulle sue tracce. Andava a Naboo con il suo Padawan per liberare un popolo in catene, oppresso dalla Federazione, dai Separatisti capeggiati nientemeno che dal suo Maestro. Era un Jedi così fiero da far venire i brividi. Ora che la guardava con l'aria interrogativa, fermo alla porta, faceva quasi pensare ad una statua, ad uno di quei busti in bronzo, forti ma così belli da infondere fiducia. Le vennero gli occhi lucidi e, quasi come una bambina che vede la figura paterna andare via in guerra, gli disse solo: «Torna.»



La notizia della morte del Jedi Qui-Gon Jinn le giunse il giorno stesso che la salma fu portata al Tempio per essere cremata. Obi-Wan Kenobi, neo-Cavaliere, aveva ucciso Darth Maul, praticando il Mou Kei. La trovò appoggiata al torace del suo Maestro, sulla pira funeriara che avevano allestito, a stringergli un lembo della tunica e a stare in silenzio, con gli occhi gonfi dal troppo piangere persi nel vuoto. Quando si dovette allontanare dal cadavere, gli diede un bacio sulla fronte, si mise il cappuccio e si allineò agli altri presenti, dalla parte opposta di Obi-Wan e del piccolo Anakin. Non riuscì a controllarsi e ricominciò a piangere ma, essendo ormai quasi senza lacrime, le uscirono dalla gola solo singhiozzi strozzati. Scosse la testa, si sistemò il cappuccio del mantello nero e corse via.

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Capitolo 14
*** 8 ***


Corse verso l'uomo che l'aspettava spavaldo sulla collina. Il verde del prato e l'aria della primavera erano in netto contrasto con il nero del mantello dell'uomo e le emozioni di Herzebeth. Rabbia, odio, emozioni che non sentiva da ormai tantissimi anni. Rallentò la corsa quando arrivò abbastanza vicino da distinguere ogni, singolo disegno sul suo volto. Ci fu un attimo di silenzio, come se tutta la natura si fosse fermata. Si fissarono.
Dopo secondi che sembrarono anni, la natura si riprese e l'uomo fece qualche passo avanti e indietro, facendo girare l'elsa della sua asta senza ancora i laser accesi. Herzebeth lo guardò, cercando di eliminare lo stupore e raccogliere tutta l'ira che provava, convogliandola in attesa del momento adatto per farla esplodere. Nessuno dei due disse una parola. Herzebeth rimase impassibile, fece scivolare la mano sulla spada laser. Darth Maul sorrise. Accese improvvisamente l'asta e, con un salto, si trovò di fronte ad Herzebeth. La donna accese anche lei la spada, ma aspettò che lo Zabrak attaccasse per primo. «Era una mossa calcolata, quella del veleno, vero?»
«Non ti volevo tra i piedi, ragazza.»
«Obi-Wan aveva praticato il Sai Tok, su Naboo. Come hai fatto ad essere sopravvissuto?»
Lui ridacchiò, mostrando i suoi denti bianchi che quasi stonavano sul suo volto cosparso di disegni tribali. «Evidentemente non l'ha praticato bene. Evidentemente il suo Maestro non l'ha...»
«Non. Nominare. Il suo. Maestro.», sibilò Herzebeth, scandendo ogni parola per bene. Maul vide la sua rabbia e scoppiò in una fragorosa risata. A quel suono l'ira che la donna aveva accumulato esplose. Herzebeth attaccò con un urlo il Darth. Il colpo venne parato, ma era stato inferto con così tanta violenza che l'attaccante si sbilanciò. Se Herzebeth non fosse stata una così abile spadaccina il colpo con cui Maul contrattaccò l'avrebbe di certo tagliata in due. Herzebeth continuò ad attaccarlo con violenza quasi sbavando dalla rabbia, Maul sembrava divertito mentre parava i colpi e cercava di penetrare la difesa della donna che si affievoliva dopo ogni colpo. La giovane spinse via Maul con la Forza, facendolo rotolare giù per la collina. Sentiva di essere ceduta alla rabbia, ma non se ne preoccupava. Un ghigno le percorse il volto, si sentiva così bene, così forte. Si sforzò di ricordarsi le parole del Maestro, cercando di tenersi ancora vivida e di non cedere al Lato Oscuro. «La Forza amplifica i tuoi sentimenti, una volta entrata nella spirale della rabbia potresti non uscirne più.»

Darth Maul spuntò dalla collina con un altro salto, atterrò dietro di lei e la colpì con l'elsa dell'asta spenta sulla fronte. La vista di Herzebeth si annebbiò e cadde a terra, ma il colpo non era stato abbastanza forte da impedirle di contrattaccare. Le due lame rosse cozzarono. «BASTARDO!», urlò Herzebeth mentre continuava a spingere verso la direzione opposta di Maul, con una voce ancora sua ma tremendamente roca: «PAGHERAI PER LA VITA CHE HAI SPEZZATO!»
Darth Maul rise e di nuovo la rabbia si impossessò della donna, che lo spinse via con un calcio nello stomaco e iniziò ad attaccarlo con più foga.
La lotta imperversava, Herzebeth alternava tratti di lucidità a tratti d'ira folle cercando di penetrare le difese del Sith. Darth Maul continuava a difendersi: forse aspettava il momento in cui la donna fosse caduta a terra senza forze per darle il colpo di grazia.

Herzebeth. La mente della giovane cercava di riprendere il controllo del corpo. Herzebeth, sta usando la stessa tecnica che usasti tu cinque anni fa. Reagisci, non lasciare che la rabbia si impossessi di te e ti trascini verso il Lato Oscuro, di nuovo.
Il corpo non le dava retta, continuava a mugugnare, a sbavare per la rabbia, attaccando con violenza il Sith. No, non sei un bestia. Sei un essere vivente sensibile alla Forza. Sei dalla parte dei Jedi, anche non essendo una di loro. Fai parte del Lato Chiaro, ora.
Il braccio iniziava a farle male per lo sforzo, aveva il fiatone. La forza non è tutto nel combattimento. L'hai detto ad Obi-Wan cinque anni fa, devi ricordarlo anche tu. L'agilità, l'astuzia, la Forza. Sei stanca, Herzebeth, cadrai a terra sfinita e lui ti taglierà la testa. Reagisci, Herzebeth, Reagisci.
Maul contrattaccò, il corpo parò il colpo ma la forza fu tale da buttarla a terra. La rabbia incominciava a scemare insieme alle sue forze. Osserva ciò che ti circonda. Nulla è come sembra. Nemmeno la più ovvia delle cose.
Darth Maul la guardò dov'era prima, non si era avvicinato ad ucciderla. Cosa aspettava? Lentamente, Herzebeth si rialzò, aprendo le braccia per restare in equilibrio. Guardò attentamente il volto del Sith. Spese la spada e una voce ancor più roca di quella che parlò prima disse: «No, non sei tu.»

Herzebeth guardava lo Zabrak. «Tu eri morto.»
«A quanto pare no.»
«I tuoi disegni sono diversi da quelli di Darth Maul. Anche se appartenete alla stessa razza, avete le stesse caratteristiche e perfino la stessa voce, i disegni non potrebbero essere mai identici. E' disonore per uno Zabrak copiare i disegi tribali dell'altro, ma tu hai modificato solo una piccola parte, per non essere tanto diverso dal vero Maul.»
«E quale?»
«Zona destra, sotto. Non c'era nessuna spirale, lì vi era una piccola spina che si diramava per avvicinarsi al mento. Tu non sei lui.»
Lui sorrise. «Dov'è il vero Maul?»
«Se non sono lui, cosa ti fa pensare che sia ancora vivo?»
Questa volta fu ad Herzebeth che scappò un sorriso. «Lo sento. La Forza me lo sussurra.»
«Non ti dirò mai dov'è.»
Herzebeth, spazientita, lo prese per il collo della tunica. «Dimmi immediatamente dov'è Darth Maul.»
Lui rise, gli arrivò un pugno sul naso. «Dimmi dov'è.»
Un'altra risata, un altro pugno. Herzebeth ripetè di nuovo la stessa domanda, ma non ottenne risposta. Stava per tirargli un altro pugno, ma la mano si fermò a mezz'aria al suono di una parola che rimbombò nella mente della donna: «Fermati.»
Lasciò andare lo Zabrak che, barcollante, riaccese l'asta. Lei si portò una mano sulla fronte e recuperò la sua spada. La riaccese, ma la voce tornò prepotentemente nella sua mente. «No, fermati.»
Al suono di queste due parole Herzebeth sbiancò, fece qualche passo indietro e corse via, lontana dallo Zabrak, lontana dal passato, dai ricordi, da tutto e tutti.

«Brava.» 

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Capitolo 15
*** Parte III - 1 ***


«Anakin, maledizione. Rilassati, agiti anche me così.»
«Scusa, Maestro.»
Obi-Wan sorrise, guardandosi attorno. Si tolse il cappuccio marrone e fece per aggiustarsi la treccina. Ancora doveva abituarsi al non averla più e ai capelli più lunghi di quanto li aveva da Padawan. Ora che era un Maestro aveva tutta la libertà di tenerli come più desiderava, ma il suo allievo gli consigliava sempre di tagliarli. Anakin aveva la pettinatura da Padawan, la treccia gli ricadeva dolcemente sulla spalla. Teneva le mani davanti al bacino, la postura diritta, e cercava di mantenere la calma, emettendo respiri regolari.
L'ascensore arrivò a destinazione. «Sei così agitato perché devi rivedere la Senatrice Padmé, vero?»
Anakin Skywalker arrossì. «No, Maestro Kenobi. E' solo un... incarico molto... importante.»
Obi-Wan sorrise di fronte all'imbarazzo del suo Padawan diciassettenne e uscì con dall'ascensore. Dopo aver superato il corridoio la Senatrice e un gruppo di suoi collaboratori gli andarono incontro. «Maestro Kenobi! E' un piacere riaverti qui!», squillò l'allegra voce di Padmé, che lo abbracciò. «E' un piacere rivedervi, Senatrice.»
Si sciolsero dall'abbraccio e Padmé vide Anakin. «Anie! Quanto sei cresciuto!»
«Sono dieci anni, ormai, Padmé. E tu sei sempre più bella.»
Una voce interruppe quel momento: «Senatrice, ho controllato la camera dove vi dovrete stabilire, è...».
La ragazza uscì dalla stanza e, non appena vide i nuovi arrivati, si bloccò. Obi-Wan si voltò di scatto, incredulo. «Herzebeth?»
Lei gli andò incontro, abbracciandolo. «Herzebeth, credevo che non ti avrei più rivista!»
«A quanto pare i nostri destini sono legati, ormai, Obi. O forse devo chiamarti Maestro Kenobi?»
Si guardarono per qualche secondo negli occhi, sorridendo, fino a quando si ricordarono che c'era anche altra gente nella stanza e, imbarazzati, si allontanarono. Herzebeth ne approfittò per salutare il Padawan di Obi-Wan. «Anakin! Ma guardati, sei diventato un omone!»
Lui si mise a ridere, stringendola forte. «Sono passati dieci anni ormai, signorina Beth.»
«Dieci anni non ti autorizzano a crescere così tanto. Sei perfino più alto di Obi-Wan, ormai!»
Sentì che chi era stato chiamato in causa si schiarì la gola e si mise a ridere.

Stava ormai per tramontare il sole. Herzebeth faceva avanti e indietro di fronte ad Obi-Wan, che la guardava seduto sul divano. Osservò i suoi lunghissimi capelli neri: aveva due trecce ai lati del viso, il resto dei capelli era fermato in uno chignon che lasciava ricadere sulla schiena una lunga coda, fino al bacino. Entrambi non riuscivano a togliersi quello stupido sorriso sulla faccia.
«Ti, prego, siediti. Mi sta venendo il mal di testa a guardarti.»
Si fermò e, senza discutere troppo, si sedette vicino a lui, girandosi per averlo di fronte. «E' passato così tanto tempo, Obi. Dieci anni da quel giorno.»
«Perché sei andata via?»
Lei drizzò la schiena e assunse un'aria seria. «Non potevo restare, mi sentivo in qualche modo responsabile.»
«Tu non c'entri nulla.»
«Ti ricordi quando sono andata via dal Tempio, quindici anni fa?»
Obi-Wan appoggiò la testa sulla schienale, chiudendo gli occhi. «Nitidamente.»
«Quella notte Darth Maul, chi ha ucciso Qui-Gon, era venuto a prendermi. Ho lottato con tutte le mie forze per rimanere viva e intera. La bruciatura che ho sul braccio... è stata lui a provocarmela. Se avessi avuto riflessi un po' più lenti me lo avrebbe tagliato. L'unica cosa che potevo fare era scappare, così mi sono buttata dalla finestra e mi sono svegliata sulla riva il giorno dopo, lontana dal Tempio, non so come ma ancora viva. Ho ringraziato la Forza come Yoda mi aveva insegnato, ho raccolto le forze che avevo e sono corsa via. Mentre correvo verso la cittadina, tutta zuppa e con ancora addosso il vestito da notte, ho incontrato un pilota che stava per partire. Gli raccontai una storiella tristissima, non ricordo nemmeno quale, e lui, preso da compassione, mi invitò a salire a bordo e mi diede dei vestiti. Eravamo diretti a Tatooine. Il resto è troppo confusionario per ricordarlo, ricordo solo quando vi ho visti, dopo cinque anni.»
«Quando non ti hanno trovata il giorno dopo, ci hanno chiamati. Io e Qui-Gon siamo accorsi il più velocemente possibile, lasciando a metà la missione, affidata poi ad altri due Jedi. Mi ricordo la porta spalancata e la tua camera vuota, in disordine. Ma soprattutto ricordo quel letto squarciato. Non potevo dire con certezza se ti era successo qualcosa, le spade laser cauterizzano il taglio e il sangue non cola. Ma in qualche modo sapevo che tu eri ancora viva, lo sentivo. Sapevo che eri da qualche parte, sana e salva. Ma Qui-Gon... quando Yoda gli disse che non riusciva a sentirti e che non era certo che tu stessi bene si è seduto a terra, con lo sguardo perso nel vuoto. Per almeno un anno si è incolpato dell'accaduto, dicendo che non ti aveva protetta abbastanza.»
Herzebeth aveva gli occhi pieni di lacrime: «Non avrebbe potuto fare nulla, se fosse stato lì Darth Maul l'avrebbe ucciso, davanti ai miei occhi.»
«Mi manca.»
«Lo so, Obi. Manca anche a me.»


Il sole era calato e tutti si dirigevano verso la grande sala da pranzo per cenare. Nessuno dei due, però, aveva la forza o la voglia di alzarsi dal divano. Ricominciarono a parlare del più e del meno, di come Obi-Wan avesse superato gli esami e di come Herzebeth fosse tornata dalla Regina Amidala, poi nominata Senatrice. Quando scoprì che la vera regina era Padmé e non Sabé tirò un sospiro di sollievo. La vera Regina Amidala era dolce e disponibile a fare amicizia con la ragazza che aveva badato al piccolo Anakin. Herzebeth le raccontò come aveva conosciuto la madre Shmi e come aveva convinto Watto a trattare bene sia lei che il bambino. Erano diventate buone amiche e le confessò che in dieci anni lei non fece altro che pensare a quel bambino che avevano liberato dalla schiavitù a Tatooine, ad immaginare come fosse diventato dopo tutto quel tempo. «Non hai visto i suoi occhi quando ha rivisto Anakin. E lui, in ascensore... mi aveva messo una terribile ansia addosso con quell'agitarsi, fidati!»
«Beh, sono comprensibili. Così innamorati e separati per dieci anni...»
Rimasero un po' in silenzio. «Herzebeth, non c'è giorno che non ti abbia pensato in dieci anni.»
Lei aveva lo sguardo fisso sulla finestra, dove le punte dei palazzi si illuminavano e il traffico incominciava ad aumentare. Non gli rispose, allora lui continuò: «Non ho mai pregato la Forza come Yoda mi diceva sempre di fare, ma in questi dieci anni ho pregato, pregato perché tu tornassi da me. Perché quella bellissima ragazza dagli occhi azzurri che ha graziato me e il mio Maestro quel giorno tornasse. E ora che sei qui... sento che non riuscirei più a lasciarti andare.»
«Io sento che ti stai agitando.»
Lui si alzò e si mise di fronte a lei, prendendole il viso tra le mani. «Herzebeth, io ti...»
«Zitto, no.» Si scostò, alzandosi. «Obi-Wan, sei un Jedi. I Jedi non possono provare rabbia, odio... amore.»
Lui si limitò a guardarla andare via, per poi girarsi e respirare profondamente. «Ricordi quel bacio sulla guancia che mi desti quand'eravamo ragazzi, prima che partissi con Qui-Gon per le Terre di Confine? Io sì, perfettamente. Non ho fatto altro che ripensarci per cinque anni. Quando ti rividi a Tatooine ho desiderato ardentemente che tu lo rifacessi. Dopo che mi ero ripresa da quel veleno, tu ti sei avvicinato. Eravamo lì, vicini, soli. Quell'immagine mi ha tormentata per anni. Quando me ne sono andata, dopo pochi minuti ho sentito una stretta al cuore: non ti avrei più rivisto, di nuovo. Ma eccoti qui, per la seconda volta. Non ripeterò più il mio errore.»
Si avvicinò a lui e gli accarezzò la guancia. «Sei la mia casa, la mia famiglia, ciò che ho di più caro. Lo sei sempre stato, Obi-Wan, da quindici anni. Lo sei sempre stato...»
Lui la prese e la strinse a sé, restando così per minuti che sembrarono eterni. Infine lei parlò: «Non dovresti provare tutto ciò.»
«Non si può rinnegare l'amore per sempre. Ti distrugge più di quanto possa distruggerti l'accettarlo.»
Affondò la testa sulla sua spalla e sentì che Obi-Wan aumentò la stretta, come se fosse in cerca di approvazione. «L'attaccamento provoca gelosia, la gelosia è l'ombra della bramosia e...»
«E la bramosia conduce al Lato Oscuro.», terminò la frase lui. La conosceva fin troppo bene. «Non darmi motivi per essere geloso, allora.»
Lei lo guardò: i grandi occhi azzurri luccicavano dalla felicità, finalmente, dopo tanto tempo. La sua bocca si aprì in un sorriso e le venne spontaneo imitarlo. «E' da tanto, allora, che Yoda non rinnova le sue frasi, eh?»
Risero entrambi senza sciogliersi dall'abbraccio.
«Non andremo oltre.», disse poi, con un velo di tristezza, Obi-Wan.
Herzebeth annuì. «Sarebbe pericoloso.», continuò lui.
Lei annuì ancora. «Ciò non vuol dire che io non desideri andarci.»
Un altro movimento della testa per indicare che aveva capito, poi parlò: «E' la cosa più giusta da fare. Ma ora aspetta, non andartene. Stringimi ancora un po'.»

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Capitolo 16
*** 2 ***


Quella notte fu più movimentata del solito. Riluttante, Herzebeth aveva deciso di lasciare che Anakin e il suo Maestro badassero da soli alla Senatrice e accettò di andare nella sua stanza a riposare. Erano tre giorni che dormiva per poco più di un'ora, Obi-Wan insistette dicendole che più sonno avrebbe recuperato, più sarebbe stata in grado di difendere Padmé. Si alzò comunque in fretta e furia quando percepì il disordine nella camera di Amidala. Si precipitò lì con la spada sguainata, giusto in tempo per vedere Obi-Wan aggrapparsi ad un droide e sfrecciare via. Gli urlò contro qualche imprecazione in Huttese -pensava infatti che l'Huttese fosse il dialetto più indicato per le imprecazioni e lo usava spesso- e andò vicino a Padmé, accertandosi che stesse bene. «Anakin, che ci fai ancora qui? Il tuo Maestro svolazza per la città appeso ad un droide, va' a prendere una navicella e va' a recuperarlo!»
Non se lo fece ripetere due volte, Anakin uscì di corsa e pochi secondi dopo era già nel traffico di Coruscant per cercare di raggiungere Obi-Wan.
«Che razza di idiota!», sbottò infine lei. Padmé si sedette sul letto. «Suvvia, Herzebeth. Sono certa che Anakin avesse intenzione già da prima di inseguire Obi-Wan.»
«Non mi riferivo a Skywalker, ma a quell'irresponsabile del suo Maestro. Come gli è saltato in mente di aggrapparsi a quel droide? Non siamo nemmeno sicuri che lo regga!»
«Quando tornerà a casa potrai rivolgergli di persona tutti gli insulti che hai detto in Huttese, ma ora non pensarci!»
Lei continuò a guardare fuori la finestra rotta, come se ancora li vedesse, mentre la voce calma e dolce di Padmé continuava a tentare di rassicurarla. «Non ho i vostri “poteri”, amica mia, quindi non posso sentire o meno se tutto andrà bene o se loro stanno bene.», le diceva. «Ma sono fiduciosa. Io mi fido di loro, so che possono farcela, confido nelle loro capacità. Sei troppo preoccupata, inutilmente. Sii anche tu più fiduciosa.»
«Padmé, conosco Obi-Wan da quando avevamo quindici anni e Anakin da quando ne aveva quattro. Io ripongo la mia totale fiducia in loro, so che sono potenti e capaci di fronteggiare ogni pericolo. Non è questo il punto. E' che...»
Le parole le si strozzarono in gola, scosse la testa. Padmé in qualche modo comprese cosa voleva dire, si alzò e le mise una mano sulla spalla. Herzebeth poggiò la mano sulla sua e si girò verso di lei. «Forse è meglio che tornate a dormire, Senatrice.»
«Dovresti anche tu.»
«Ho dormito più di quanto abbia dormito in tre giorni, sono perfettamente in grado di stare sveglia e di proteggervi.»
«Evita di darmi del voi quando ci siamo solo io e te, mi fa sentire vecchia!»
Si misero a ridere entrambe, finché Herzebeth non si congedò dalla Senatrice e uscì dalla sua stanza, sedendosi accanto alla sua porta. Proprio in quel momento accorse una persona a lei fin troppo familiare, per controllare se la Senatrice stesse bene. «Quindici anni ed ecco cosa mi trovo davanti: non più una piccola, stupida ragazzina ma una grande, stupida donna.»
«Mentirei se dicessi che è un piacere rivederti.»
«Abbiamo dimenticato le buone maniere?»
«Oh, chiedo scusa.», disse, ironica, «Riformulo: mentirei se dicessi che è un piacere rivedervi, Lord Sidious. Oh, ma forse dovrei chiamarvi Palpatine, nel caso qualcuno ci senta.»
«Stai bene attenta, piccola Herzebeth. Un solo passo falso e... il Jedi sparirà all'improvviso.»
Lei deglutì, guardandolo tornare alla sua camera. Non volle dargli la soddisfazione di vederla arrabbiata, quindi appoggiò la testa al muro e chiuse gli occhi.

Qualcosa la scosse dal torpore del sonno. Uno schioccare di dita. Herzebeth aprì pigramente gli occhi, accorgendosi solo in quel momento del dolore al collo. Le ci vollero un paio di secondi per capire dove si trovava e chi stava cercando di svegliarla. Si strofinò gli occhi e guardò in faccia Obi-Wan. «Che c'è?»
«Buongiorno, principessa!», disse lui con un tono canzonatorio. Herzebeth lo guardò male, per quanto riuscisse a farlo con gli occhi ancora assonnati. «In dieci anni sei invecchiato molto, ma il tuo spirito umoristico resta stupido come quello di un tempo.»
«Acida come sempre, eh?»
«Come ti è saltato in mente di saltare su quell'aggeggio?»
Si guardò attorno e, constatando che non c'era nessuno, lo stritolò in un abbraccio. «Mi hai fatto prendere un colpo.»
«Ehi, rilassati. Sono un Maestro, sono Cavaliere da dieci anni, so il fatto mio.»
«Avete almeno trovato il responsabile?»
«Sì, ma era stata inviata da qualcuno di più potente. E' stata uccisa con questo dardo prima che ci potesse dire il nome del mandante.»
Herzebeth si girò tra le mani il dardo. «Cosa hai intenzione di fare?»
«Contatterò un mio vecchio amico, di sicuro saprà da dove proviene. Andrò a controllare di persona. Anakin, intanto, provvederà a sorvegliare la Senatrice durante il trasferimento.»
La donna sgranò gli occhi. «Dove la portate?»
«A Naboo, crediamo che per ora lì sia più al sicuro.»
«Fantastico. E ora con chi parlerò, io?»
«Beh, ci sono io.»
Herzebeth lo squadrò, poi gli sorrise e incrociò le braccia: «Preferisco parlare con Jar Jar!»
Lui si accigliò, gli diede un bacio sulla guancia. «Stoopa!», gli disse solo, allontanandosi.
Lui seguì quel fiancheggiare non troppo accentuato che non aveva mai notato prima finché la donna non entrò in una delle stanze lì vicine. Cosa diavolo mi frullava in testa e non ti ho baciata quel giorno? Alzò poi un sopracciglio, ricordandosi di ciò che le aveva detto qualche secondo prima: «S...toopa?»

Padmé era pronta per partire, Herzebeth era entrata nella sua camera per salutarla. Appena entrò Anakin nella stanza, Herzebeth si alzò dal letto. «Non volevo disturbarvi, se volete vado...»
«Anie, non preoccuparti. Stavo giusto andando via.»
Herzebeth strinse in un caloroso abbraccio Amidala, approfittando di quel momento per sussurrarle qualcosa all'orecchio. Lei la guardò sorpresa, si mise a ridere e, quasi come una ragazzina, gridò eccitata: «Lo sapevo! Lo sapevo!»
L'altra le fece un leggero inchino prima di andarsene. Diede una pacca sulla spalla ad Anakin e lo guardò dritto negli occhi: qualcosa le diceva che anche Padmé le avrebbe detto qualcosa di simile al suo ritorno. «Mi raccomando, Skywalker. Bada ad Amidala. Conto su di te.», gli sussurrò, prima di uscire e richiudere la porta alle sue spalle, lasciandoli soli.
Andò ad appoggiarsi alla colonna di fronte la camera momentanea di Obi-Wan, che aveva lasciato la porta aperta. Lo guardò indaffarato mentre preparava il necessario per partire, pensieroso passò in rassegna ogni oggetto della camera per decidere se fosse il caso di prendere altro. La donna trattenne a stento una risata quasi materna. Si chiese se fosse il caso di andarlo a salutare, ma era certa che non c'era bisogno di cerimoniosi addii per poi accoglierlo con feste di benvenuto altrettanto cerimoniose. Sarebbe tornato, sarebbe stato come se fosse andato via per una gita al Tempio. Una missione non è niente di speciale per un Jedi e non deve esserlo nemmeno per la persona a lui più vicina. Preoccupazione e ansia non avrebbero di certo giovato al Maestro. A quanto pare lo sapeva bene anche lui: solo quando uscì notò che Herzebeth lo osservava silenziosa, ma si limitò a darle una carezza ed andare via. Lei decise che quello fosse il gesto più bello che avrebbe potuto fare per salutarla. 

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Capitolo 17
*** 3 ***


«Qui a Kamino stanno costruendo un esercito di Cloni. Dicono che è stata la Repubblica a richiederli, voi ne sapete qualcosa, Maestri?»
Yoda e Windu scossero la testa. L'ologramma di Obi-Wan appariva un po' disturbato, lo scroscio della pioggia copriva le sue parole. Sembrava perplesso. «Com'è possibile che la Repubblica abbia richiesto un esercito così vasto senza il consenso del Consiglio Jedi?»
«Riflettere su questo, dobbiamo.»
«Obi-Wan, hai scoperto chi vuole uccidere Padmé?»
Obi-Wan sorrise non appena vide Herzebeth avanzare tra i due Maestri: non si preoccupava nemmeno dello sguardo intriso di disappunto di Windu e della risatina di Yoda.
«Herzebeth, un po' di rispetto per...»
«Apprezzare la schiettezza di questa donna, noi dobbiamo, Maestro Windu!», esclamò Yoda, interrompendolo.
Obi-Wan si schiarì la voce, urlò per coprire il rumore dell'acquazzone: «Come ho già detto ai due Maestri, l'esercito lo stanno costruendo prendendo un cacciatore di taglie come stampo per i Cloni. Il dardo è suo, si chiama Jango Fett.»
«Da noi portarlo tu devi. Interrogarlo, dobbiamo.»
«Sì, Maestro. Sarò di ritorno non appena l'avrò preso.»
Herzebeth si affrettò ad augurargli buona fortuna qualche secondo prima che l'altro chiudesse la comunicazione.
Il Gran Maestro Yoda si voltò verso di lei: «Allora, cara Herzebeth, di questa situazione tu cosa pensi?»
«E' tutto molto strano, a partire dalla storia dell'esercito che a Kamino stanno creando. Cosa mai servirà un esercito alla Repubblica se ha un intero Ordine che ha giurato di proteggerla?»
Yoda annuì, seguendola con lo sguardo quando lei si alzò e si mise a misurare la stanza a grandi passi, mentre continuava a riflettere ad alta voce: «E poi la storia del cacciatore di taglie... insomma, è cosa nota che i cacciatori di taglie, o i mercenari, devono lavorare per qualcuno. Non hanno ideali e non hanno intenzione di sacrificare la propria vita mettendosi così in pericolo se dietro non c'è denaro. Quindi il problema principale è: chi l'ha assoldato? Possibile che siano stati i Separatisti?»
«Tutto possibile, è.»
«Spero che il Maestro Kenobi sappia a cosa va incontro, se finisce per sfidare i Separatisti.»
«E' sveglio, il Maestro Obi-Wan.», intervenne Windu. «Sono certo che riesca a tener testa anche al Conte Dooku, il capo dei Separatisti, se l'occasione si presenterà.»
Herzebeth abbassò lo sguardo. «Non bisogna mai sottovalutare un Sith.»
«Ragione di credere che sia ancora più potente dall'ultima volta che lo vidi, io ho. Contaminato dal Lato Oscuro, egli è stato.»
«Herzebeth, l'hai conosciuto quand'eri una Sith?»
«Conobbi Darth Tyranus quando avevo all'incirca tre, quattro anni. E' stato lui a prelevarmi ed è poi diventato il mio Maestro quando avevo soltanto sette anni. Sì, direi che l'ho conosciuto piuttosto bene.»
«Ed è molto potente?»
«Ho girato la galassia in lungo e in largo in quindici anni. Ho conosciuto molti Jedi, percepito la Forza in molti bambini, visto cosa Maestri e Cavalieri sono capaci di fare. Ma mai ho conosciuto qualcuno, oltre al Maestro Yoda, che eguagliasse in potenza e conoscenza della Forza il Conte.»
«Nemmeno il suo Padawan?»
«Nemmeno il suo Padawan.», disse solo lei, dandogli le spalle.
«Per questo, signori, vi consiglierei di non sottovalutarlo. Magari la sua età può trarre in inganno, ma vi assicuro che anche nel combattimento con la spada laser pochi riescono a superarlo. Ha tenuto testa a numerosi Jedi e Sith durante la sua vita. Per quanto io ammiri e conosca le capacità di Obi-Wan Kenobi, in uno scontro contro il mio Maestro avrebbe sicuramente la peggio. Ora, con permesso, toglierei il disturbo.»
«T'informeremo se Obi-Wan ci recapiterà altre informazioni.»
Lei lo ringraziò con un cenno del capo e oltrepassò la porta, richiudendosela alle spalle.

Dopo nemmeno due giorni gli Iniziati che giravano per il Tempio rividero la figura nera incappucciata correre verso le sale più interne dell'edificio. Entrò nella sala dove il Consiglio si riuniva stravolta, si affrettò a togliere il cappuccio e fece un inchino sbrigativo. «Maestro, mi avete chiamata? Avete notizie di Obi-Wan?»
Yoda fece partire l'ologramma che il Maestro gli aveva mandato, lasciando che la donna osservasse Kenobi chiedere ad Anakin di ritrasmettere il messaggio ai Maestri e, qualche secondo dopo, venire assalito. «Anakin Skywalker questo ci ha mandato.»
«Dobbiamo... fare qualcosa.», disse lei mordendosi il labbro e cercando di non far trapelare nessun'emozione che potesse compromettere lei o Obi-Wan. «Ci ha detto dov'è, dobbiamo andare a recuperarlo.»
«Come?», chiese un ologramma di uno dei Maestri che componevano il Consiglio. «Con quale autorità?»
«La nostra, o meglio, la vostra! Siete Maestri Jedi, siete a capo dell'Ordine più potente della Repubblica! E non saremo soli.»
Herzebeth si voltò verso Yoda, l'unico nella stanza che sembrava la comprendesse. «Abbiamo un esercito.»

Che stupido che era stato. Lui, un Maestro Jedi, catturato in un modo così stupido! Ora era lì, bloccato in una barriera energetica con catene ai polsi e alle caviglie. Il continuo girare gli stava dando il voltastomaco. Era abbastanza sicuro che presto sarebbe stato portato via per essere giustiziato. Che stupido, che stupido.
La porta si aprì e a fargli compagnia entrò nientemeno che il capo dei Separatisti, un volto che Obi-Wan conosceva fin troppo bene. «Dooku.»
«Obi-Wan, mi dispiace per la tua cattura.»
Aveva voglia di sputargli in un occhio, non comprendeva il motivo per cui non l'avesse ancora fatto: era per colpa della barriera o il fatto che aveva davanti il Maestro di Herzebeth lo frenava? «Che cosa vuoi?», chiese solo.
«Sono venuto a proporti un accordo. Unisciti alla mia causa, insieme libereremo la Repubblica dall'immonda sporcizia in cui si trova!»
«Mai.»
Sentì Dooku sospirare: «Qui-Gon Jinn non ti ha insegnato a guardare oltre le apparenze, a quanto pare.»
«Qui-Gon Jinn non si sarebbe mai unito a te.»
«Non dimenticare che era mio allievo, come tu eri il suo. Se solo avesse visto la sporcizia del Senato stai pur certo che mi avrebbe appoggiato.»
«Io ho i miei concreti dubbi.»
Lord Tyranus fece una piccola passeggiata attorno alla barriera che teneva fermo e buono il Maestro Kenobi, pensando a cosa dire per convincerlo. «E se ti dicessi che a capeggiare i Senatori c'è un... Signore Oscuro dei Sith?»
«Menti spudoratamente.»
«Lord Sidious è riuscito ad infiltrarsi nel Senato. Ha preso il suo controllo. Dieci anni fa il Viceré si ribellò a lui, mi disse tutto ciò che era successo solo dopo che io ebbi accettato di aiutarlo.»
Obi-Wan lo guardò ancora non convinto. «Unisciti a me, Obi-Wan.», lo esortò ancora Dooku. «Sconfiggeremo i Sith, insieme.»
«Non mi unirò mai a te, Conte Dooku. Non voglio più ripeterlo.»
«Che cosa direbbe Herzebeth di tutto ciò?»
Obi-Wan strinse i pugni. «Lascia Herzebeth fuori da questo discorso.»
«Lei era una Sith, sa chi è Sidious. Ma purtroppo non puoi chiedere la sua consulenza se prima non intercedo con i tuoi aguzzini per la tua liberazione.»
Non rispose, Dooku cercò di fare un ultimo tentativo: «Voglio salvarti perché so che cosa provi per Herzebeth. E' qualcosa di troppo forte per passare inosservato a chi ha migliorato la tecnica della Via della Memoria. Non voglio farla soffrire uccidendoti o non facendo niente per farti condannare a morte e mi rendo conto che saresti un valido alleato per porre fine al dominio di Sidious e dei Sith una volta per tutte.»
Obi-Wan fece due giri completi su sé stesso prima di rispondere. «Non cambierò idea.»
«Va bene.», si arrese Dooku. «Sarà molto difficile convincerli per la tua liberazione.»
Detto questo, se ne andò, lasciando Obi-Wan da solo, a ripensare al discorso appena concluso.

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Capitolo 18
*** 4 ***


L'arena pullulava di forme di vita, umane e non. Alcuni Toydariani portavano Anakin e Padmé alle rispettive colonne, per incatenarli. Così facendo eseguivano la condanna a morte e offrivano spettacolo agli spettatori paganti: doppio vantaggio. Obi-Wan guardò Anakin che veniva condotto alla colonna. «Siamo venuti a salvarvi, Maestro.»
«Ah. Bel lavoro hai fatto.», gli rispose di getto lui, scuotendo la testa e guardando dritto davanti a sé. Anche se dava l'impressione di essere deluso, era solo preoccupato. Non sapeva nemmeno se da quella situazione sarebbe uscito vivo lui, ma ora era più preoccupato per il suo Padawan che per altro. Vide le porte spalancarsi per far uscire tre creature, applaudite dal popolo e stuzzicate con delle lance laser. E in particolar modo, vide un Acklay fissarlo con l'acquolina in bocca. Distolse lo sguardo dalla bestia verdognola grande 6 metri e dalle sue due zampe aguzze solo per vedere cosa sarebbe toccato agli altri due. Bene. Anakin sarà infilzato da un Reek e la Senatrice sarà sventrata da un Nexu. Ottimo lavoro, Maestro Kenobi.
Intanto, sopra di loro la voce di un abitante del luogo che parlava il dialetto di Geonosis dava il benvenuto agli spettatori e recitava il solito discorso prima di dare il via all'esecuzione. Il Viceré, il suo assistente e il Conte Dooku avevano il posto in prima fila per lo spettacolo. Il Conte guardò seccato il Viceré che continuava a ripetere per la ventesima volta: «Io la voglio morta!» con quell'accento che gli dava sui nervi. Tra gli spalti notò qualcosa di strano, facce già conosciute, ma decise che era solo l'agitazione che gli giocava brutti scherzi. Finito il discorso si diede il via alle danze. Padmé era riuscita a liberarsi in qualche modo e a salire fino in cima alla colonna, pronta a badare a quell'orribile Nexu che le girava attorno. Anakin era pronto per saltare sul Reek e domarlo, come aveva già fatto su Tatooine con altri animali selvatici, mentre Obi-Wan cercava di pensare velocemente per evitare che l'Acklay lo tagliasse a metà. «Forza, cuccioletto.» disse, evitando di pensare al peggio. Quelle zampe aguzze taglierebbero di certo la catena, ma poi?
«Perché non muore? La voglio morta!», ripetè per l'ennesima volta il Viceré, vedendo che i tre si erano liberati e avevano ucciso le bestie, ad eccezione del Reek che Anakin era riuscito a domare. Dooku era spazientito: «Con calma, la vuoi morta e la vedrai morta.»
Si complimentò poi con sé stesso per il tono calmo che aveva usato. Il suono di una spada laser lo distrasse, si girò per vedere una lama viola puntata sul collo di Jango Fett, che assisteva allo spettacolo insieme al figlio Boba accanto agli altri. «Maestro Windu, è un piacere rivederti.»
«Risparmia i convenevoli, Dooku.»
«Apprezzo il vostro tentativo, ma siete tanto coraggiosi quanto stupidi. Siamo in netta maggioranza. Vi uccideremo.»
Jango reagì e prese il lanciafiamme, Windu saltò giù dal palchetto immediatamente seguito da lui. «Maestro Tyranus, faccia qualcosa!», chiese di nuovo implorante la voce del Viceré. Ma lui era distratto. Seppur girato verso l'arena, sentiva una piacevole presenza dietro di lui, dove prima c'era Windu. «Ero certo che prima o poi ti saresti rifatta viva.»
Lei sguainò la spada, il rumore d'accensione tipico della lama dei Sith e il desiderio di vedere come la piccola bambina che aveva allenato era cresciuta fecero voltare Dooku verso Herzebeth. «Hai ancora la tua vecchia spada.»
Lei non rispose, rigirandosela tra le mani. «Che bella donna che sei diventata, mia giovane Padawan.»
«Dooku, ma che stai facendo? Ci ucciderà tutti, reagisci!»
Il Conte ce un segno con la mano per farlo tacere, ma lui urlò e chiamò le guardie. Dei robot possenti corsero verso Herzebeth e si misero a sparare. «Come ai vecchi tempi.», sussurrò lei un secondo prima che i robot del Viceré mettessero il dito al grilletto e, non appena lo premettero, con una capriola saltò giù dal palchetto.

«Obi-Wan!»
Il Maestro parò e rimandò ai mittenti i laser e si girò verso la donna che gli correva incontro. «A dopo i convenevoli!», le urlò, dandole un veloce bacio sulla guancia e ricominciando a parare i laser. Herzebeth si mise a ridere e lanciò la spada verso alcuni soldati. Mozzò la testa ad uno e, con la Forza, la diresse verso il suo compagno. Per poco i laser non l'avevano ferita, ma riuscì a far tornare la spada indietro appena in tempo per continuare a pararli e non ad evitarli. «Sono troppi e noi sempre di meno.», annunciò al Maestro Kenobi dopo che ebbe toccato la schiena dell'uomo con la sua. Si misero a girare attorno ai droidi, che si erano arrestati. Dovunque posasse lo sguardo c'erano cadaveri di Cavalieri e rottami di robot. Tutto taceva, i pochi sopravvissuti erano accerchiati dai soldati. Padmé sfiorò la mano di Herzebeth che guardava Dooku dall'alto del palco. «Arrendetevi, Windu. Non voglio mietere più vittime.»
«Per poi diventare tua merce, eh? Mai, Dooku!»
L'allieva notò la sincera rassegnazione nel viso del suo Maestro, che si scusò con il suo vecchio amico e diede ordine ai robot di ucciderli. Ma non fecero in tempo, il rumore di molte navicelle che si avvicinavano li distrasse. Tutti i presenti alzarono gli occhi e videro il Maestro Yoda sporgersi da una navicella piena dei Cloni dell'esercito della Repubblica. Herzebeth sorrise. Allora mi avete ascoltata, Maestro. Notò poi con la coda dell'occhio che, mentre i Cloni sistemavano i loro mezzi attorno ai Jedi rimasti vivi, Dooku era andato via. Sospinta dalla Forza saltò sul tetto della barricata e parò i colpi dei soldati, noncurante di Obi-Wan che le urlava di tornare indietro. Corse fra le file dei soldati della Federazione, tagliandoli a metà ed evitando i loro laser, per poi saltare sopra il palchetto e seguire la strada che aveva percorso prima.

Herzebeth rotolò sul pavimento della grotta dove il Conte Dooku era atterrato con un gemito di dolore. Aveva preso una moto simile alla sua per inseguirlo, ma una delle due torrette che aveva dietro le aveva sparato al motore, facendola arrivare appena in tempo alla caverna e facendole fare un atterraggio tutt'altro che morbido.
Tyranus la guardò quasi intenerito quando si rialzò e accese la spada laser, attendendo che facesse una mossa d'attacco. «No, no, no. Non attacco la mia allieva prediletta.»
«Maestro Tyranus, non sono più la vostra allieva.»
«E allora perché mi chiami Maestro?»
Herzebeth si morse la lingua. «Abitudine.»
Dooku si mise a passeggiarle attorno, lei spense la spada facendo lo stesso. «Ne è passato di tempo, mia piccola Herzebeth.»
«Quindici anni.»
«Ricordo ancora quando eri giovanissima e mi presi cura di te.»
Herzebeth ebbe un tuffo al cuore. «Siete stato come un padre per me.»
Lui si avvicinò e le sfiorò una guancia. «A proposito, non te l'hanno detto?»
Lei si allontanò con delicatezza, guardandolo con un'aria terribilmente seria. «Cosa non mi hanno detto? Chi avrebbe dovuto?»
Lui scosse la testa. «Sono Jedi, in fondo. Cosa mi aspetto da dei Jedi?»
«Non usate questi giochetti con me.»
Lui si fermò e si girò verso di lei, con un sorrisetto. «Hai sempre voluto conoscere tuo padre, non hai mai creduto che fosse morto.»
Lei deglutì. «Sì. E con questo?»
«Sai, tua madre non è morta di parto. E' stata uccisa.»
Herzebeth trattenne il fiato e ricacciò le lacrime sbattendo le palpebre convulsamente. «Da chi?»
«Dalla Federazione.»
Lei ebbe un deja-vù. Era piccola, aveva quindici anni. Ascoltava Qui-Gon parlare della sua amica. «Morì per mano dei soldati della Federazione.»
«Aveva occhi azzurri come il mare, esattamente come i tuoi.»
Possibile che fosse quella stessa donna di cui aveva un vago ricordo? La scena dei soldati che sparavano laser rossi, la donna dai capelli corvini con la spada verde che combatteva contro di loro e che cadde a terra poco dopo, sopraffatta dai robot della Federazione. Sembrò quasi mancarle il respiro. Non era stato solo un sogno?
«Sì, esattamente.» . Dooku interruppe i suoi pensieri, leggendo le sue emozioni. «E' la donna di cui ti ha parlato il mio allievo, Qui-Gon Jinn.»
Il cuore le batteva a mille. No, non lo era stato.
«E' stato davvero vostro allievo?»
«Lo è stato, sì. E' stato il mio allievo migliore, dopo di te.»
«Quindi lui conosceva mia madre?»
«Fin troppo bene, bambina mia.»
Un dubbio iniziava a rodere l'anima della ragazza. «Maestro Tyranus, chi è mio padre?»
«Credo che tu lo sappia già, Herzebeth.»
Lei lo guardò per qualche secondo, poi cadde in ginocchio.

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Capitolo 19
*** 5 ***


Esattamente in quel momento entrarono Obi-Wan ed Anakin nella grotta. Guardò assente l'allievo di Qui-Gon che attaccava Dooku, Anakin sbattuto dall'altra parte della caverna. Non riusciva nemmeno ad alzarsi in piedi. Obi-Wan era a terra, Anakin accanto a lui, senza un braccio. Dooku spense la spada e li guardò, riprendendo fiato, per poi spostare lo sguardo verso Herzebeth che era corsa da Obi-Wan. «Va tutto bene, Herzebeth, stai calma.» , cercò di dirle lui, stringendola con il braccio non ferito. «Bambina, hai sempre conosciuto colui che cercavi. Maul ti ha portato via la cosa più importante che avevi.»
Lei lo guardò, una lacrima scese lentamente sulla sua guancia. Stava per replicare, ma una voce distrasse entrambi. Era Yoda che era accorso a sfidare il suo vecchio allievo. Ci fu uno scontro a cui Herzebeth non assistette. Per tutto il tempo guardava Obi-Wan e controllava Anakin svenuto. Fino a quando, sospinta dalla Forza, non andò a sbattere sulla parete opposta della caverna. Quando si rialzò vide una colonna che stava per cadere su Obi-Wan e sul suo allievo, sostenuta a malapena da Yoda. Dooku stava scappando. Decise all'ultimo secondo di spingere con la Forza quella colonna contro la nave del Conte. «Maestro Yoda! Lasciate la presa!»
Il Conte prevedette questa mossa e rispinse la colonna verso di lei. Herzebeth fece appena in tempo a saltarci sopra e, con quella spinta, cadde sulla nave di Dooku che ormai era partita. In quel momento la navetta con i cloni arrivò e Obi-Wan Kenobi, seppur ferito, ci saltò su e ordinò ai cloni di seguire quella nave, che intanto zigzagava nel cielo e prendeva sempre più quota. Dopo qualche minuto il Maestro vide una figura cadere a capofitto nel vuoto, mentre la nave si ristabilizzava e sfrecciava via. «Herzebeth!»

Herzebeth vedeva la terra sempre più vicina. Aspettò, aspettò ancora. Appena arrivò quasi a sfiorarla si diede una spinta con la Forza, rilasciandola verso il basso. Spiccò di nuovo il volo, rotolando sul tetto della navetta dei cloni. Annaspò in cerca di un appiglio, senza successo. Sarebbe di nuovo caduta se Obi-Wan non l'avesse afferrata prontamente per i fianchi. Caddero entrambi sul pavimento della navetta, il Maestro urlò per il dolore delle ferite ma non lasciò andare Herzebeth. Lei si rialzò subito, un po' barcollante e sostenuta dai cloni che erano con Obi-Wan, continuando a guardare il punto dove la nave di Dooku era sparita. «Andiamo verso la base?» , le chiese un clone. Lei non si girò, rispose con tono assente: «Sì, dirigiamoci verso la base. Porteremo i feriti nella tenda del medico. Avvisa tutti che bisogna preparare una protesi, braccio sinistro.»
«Sì, signora.»

La donna guardava il traffico che sfrecciava poco lontano dalla sua finestra, sorseggiando una bevanda calda. Sentì la porta aprirsi, non si girò a controllare chi fosse. «Come stanno le ferite?»
Obi-Wan si avvicinò alla finestra e si fermò accanto a lei, osservando anche lui il traffico. «Meglio, riesco a muovere tutto senza dolori. Ancora pochissimi giorni e sarò di nuovo operativo.»
«Sicuramente l'esserti caduta addosso non ha aiutato.»
«Non l'hai fatto apposta, poi sono stato io a prenderti.»
«Te ne fai una colpa?»
«Beh... sì. Sarebbe stato bello vederti rimbalzare con la Forza come un pallone.»
Lei si girò verso di lui e lo fulminò con lo sguardo.
Risero.
Obi-Wan le andò dietro, cinse i suoi fianchi e appoggiò la testa sulla sua spalla. Stettero così per qualche secondo, finché lui non ruppe il silenzio. «Che cosa ti ha detto Dooku?»
«Perché parti dal presupposto che mi abbia detto qualcosa?»
«Non siamo riusciti ad arrivare subito nella grotta.»
«Possiamo anche aver combattuto.»
«No. No, tu vuoi bene a Dooku, non riusciresti a combattere.»
Lei stette in silenzio per qualche secondo. «Lo ammetto. Mi ha cresciuta, mi ha curata, mi ha allenata. Mi ha amata come avevo bisogno che qualcuno mi amasse. E' stato un... un...»
La sua voce si ruppe, cercò di non scoppiare a piangere di nuovo. «Non avrei mai potuto alzare un dito contro il mio Maestro.»
«Che cosa ti ha detto a proposito di tuo padre, Herzebeth?»
«Sento che dev'essere presente anche Yoda. E' l'unico che può negare o confermare i miei dubbi.»

Yoda si sedette sul divanetto tra Obi-Wan e Anakin. Herzebeth sedeva di fronte a loro su un altro divano, con accanto il Maestro Windu. Era scesa la notte al Tempio. «Maestro Yoda, devo parlarvi di una questione di vitale importanza per me. Ho bisogno di sapere la verità.»
«Quel che vuoi chiedermi già so, piccola Herzebeth, ma sentirlo da te, io voglio.»
«Ho avuto modo di parlare con Lord Tyranus, che mi ha raccontato qualcosa di mia madre. E' vero che è stata uccisa dai soldati della Federazione, dopo un attacco a sorpresa?»
«Sì, è vero.»
«Era una Jedi, vero?»
Yoda sospirò. «Non d'accordo su ciò che lei faceva io ero, l'amore porta alla gelosia. Ma lei non ne voleva sapere. Tuo padre amava e te voleva far nascere. L'Ordine lasciato lei ha, per darti una vita tranquilla.»
Herzebeth ebbe un brivido. «E mio padre... mio padre non è morto quand'ero piccola, vero?»
«Sì, è vero anche questo.»
«Io ho conosciuto mio padre.»
Yoda stette in silenzio, lei continuò: «Gli sono stata vicino, gli ho parlato, l'ho abbracciato e gli ho voluto bene. Yoda...» . Aveva gli occhi pieni di lacrime. «Rispondimi, per favore, ne ho bisogno.»
«Controllarti tu devi, ragazza.»
«Ti prego.»
Lui la guardò. «Ciò che hai detto tutto vero è.»
Herzebeth fece un respiro profondo. «Mio padre era Qui-Gon Jinn.»
Sentito questo, Anakin si alzò. «Non è possibile, Qui-Gon non avrebbe mai infranto il Codice Jedi!»
«Lo pensavo anche io, Anie. Ma Dooku...»
Questa volta fu Obi-Wan ad alzarsi. «Non credere a ciò che ti dice Dooku! E' un manipolatore! Concepire un bambino con un altro Jedi o Sith è severamente vietato dal Codice. Nascerebbe un bambino con poteri duplicati, pericolosissimo... proprio come...»
«Me.»
Obi-Wan si risedette, tirando un braccio anche ad Anakin, e si passò una mano tra i capelli. «Maestro Yoda, è così? Qui-Gon Jinn è il padre di Herzebeth?»
Yoda guardò la ragazza che attendeva trepidante una risposta e fece cenno a Windu di parlare. Lui si schiarì la gola. «Quando tua madre mi comunicò che stava per lasciare l'Ordine non mi disse del figlio imminente. Ma io lo intuii comunque, era palese che lo facesse per questo. Tua madre era una bravissima guerriera Jedi, amava il suo ruolo e non lo avrebbe lasciato nemmeno con la morte. La presi in disparte e le assicurai che non avrei aperto bocca su ogni cosa che mi avrebbe detto. Si notava che aveva bisogno di parlare con qualcuno di quello che stava accadendo, ma non sapeva con chi. Mi guardò con gli occhi azzurri lucidi e mi disse: "Maestro Windu, io sono incinta.". Nessun rimorso, lei era felice. Ti desiderava con tutta sé stessa, ti ha amata tantissimo. Io lì per lì rimasi spiazzato, i miei dubbi si erano rivelati fondati. Le chiesi chi fosse il padre, potevo permettermi di fare domande così personali, eravamo amici di vecchia data. Lei mi guardò senza dire niente per qualche secondo e poi, pregandomi di non dire niente a nessuno, si avvicinò a me e mi disse il suo nome all'orecchio. Avrei dovuto denunciarlo al Consiglio, è vero, ma davvero non potetti. Le avevo assicurato ogni protezione possibile quando se ne sarebbe andata, ma lei ha rifiutato, dicendomi che la Forza sarebbe stata l'unica sua protezione e che il padre sarebbe stato vicino al piccolo, o alla piccola, il più possibile. Il giorno dopo dovetti convocare assolutamente il padre da me. Era appena tornato da una missione con il suo Padawan. Si chiamava Xanatos.»
Obi-Wan alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. Windu continuò: «Venne anche Tahl, tua madre. Lei gli ripetè ciò che aveva detto a me, lui era d'accordo nel darti la sua protezione ogni volta che avrebbe potuto. Era una cosa che doveva rimanere segreta, perciò si decise che tu non avresti avuto il cognome di tuo padre per non comprometterlo. Tuo padre era un Jedi, Herzebeth, ora puoi usare il tuo nome completo: Herzebeth Jinn.» 

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Capitolo 20
*** 6 ***


Il silenzio gelido serrò le labbra di tutti. Herzebeth si era completamente abbandonata sullo schienale del divano, con lo sguardo fisso nel vuoto. Si riprese un attimo e guardò negli occhi Obi-Wan, sconvolto quanto lei. Avrebbe voluto che andasse lì ad abbracciarla e a dirle che andava tutto bene, ma capiva perché non lo faceva. In fondo anche il loro amore era pericoloso.
Finalmente riuscì a parlare: «Perché non me l'avete detto?»
Windu le rispose dopo una lunga pausa. «Perché non l'ha fatto Dooku? E' lui che ti ha mentito, lui doveva...»
«Non chiamate in causa il Maestro Dooku, Windu. Io chiedo solo perché voi non me l'avete detto.» . Il suo tono assumeva una sfumatura d'ira che agitava non poco Yoda. «Avevate paura della mia reazione? Reazione che ora è centuplicata dalla rabbia di aver conosciuto il proprio padre e di non averlo potuto amare come andrebbe amato un padre!»
Yoda chiuse gli occhi. «Calma devi stare, sento che ti stai agitando troppo. Rabbia, sento. Rabbia, odio.»
«E' ciò che provo, maledizione!»
«Herzebeth.» Obi-Wan si alzò e cercò di abbracciarla per farla calmare, ma lei lo respinse con fermezza. «Herzebeth, ti prego. Sento la tua rabbia perfino io. Calmati, so cosa provi.»
«Tu non sai cosa provo, voi non sapete che cosa provo! Non solo provo il dolore di non avere più un padre, ma quello straziante di averlo avuto accanto ma non averlo mai considerato tale!» . Il suo tono era aspro, intriso d'odio, urlava. Yoda sentiva tutto ciò, si portò una mano al cuore. «Ogni parola che tu dici ti avvicina al Lato Oscuro. Bada a come parli, bada a come parli...»
Herzebeth lo guardò furiosa, prese la sua spada laser e corse via.

Chiuse a chiave la porta della sua vecchia stanza. Era rimasta inutilizzata da quando era quindicenne e Darth Maul l'aveva trovata. Darth Maul... quanto avrebbe voluto ucciderlo con le sue mani. Era responsabile della morte di suo padre, probabilmente lui lo sapeva perfino che chi stava per uccidere era il padre della sua acerrima rivale. Tirò un pungo al muro per la rabbia, ma ancora ne aveva tanta, troppa da smaltire. Si ricordò improvvisamente di quello che aveva nascosto quindici anni fa. Frugò dentro l'ultimo cassetto del comodino, sperando che nessuno fosse entrato nella stanza. Tirò un sospiro di sollievo quando tra le mani le capitò ciò che cercava. Era un piccolo dispositivo ovale, premette un tasto e lo appoggiò sul letto. Attese.
Apparve un ologramma disturbato di una persona, che si schiarì dopo pochi secondi. Herzebeth chinò la testa per rispetto. «Il saluto che gli allievi riservano ai propri Maestri.», disse con un sorriso Dooku, che la imitò, chinando la testa però meno in basso e più velocemente. «Che c'è, piccola?»
«Ho parlato con Yoda e Windu di mio padre. Hanno confermato i miei dubbi, sono la figlia di Qui-Gon Jinn.»
«Te l'avevo detto. Mi dispiace non avertelo detto prima io, era mio dovere farlo.»
«Perché non l'avete fatto?»
«Herzebeth, aspetta che cali la notte. Vai in riva al mare. Ti aspetterò lì con la mia navicella. Parleremo con più tranquillità. Va bene?»
Lei deglutì. «Sì, Maestro. Aspetto con ansia.»
Chiuse la comunicazione e l'immagine di Dooku scomparve. Si abbandonò a terra, sfiorando con una mano il letto squarciato. Un brivido le percorse la schiena, si voltò, ma non c'era nessuno. Eppure aveva sentito qualcosa...
Tornò a guardare il letto e quasi non urlò quando vide una figura evanescente che emanava luce azzurrognola, seduta a terra, dandole le spalle. Herzebeth deglutì, fece qualche passo verso di essa. Arrivatale vicino, l'uomo si girò e si alzò. «Mi dispiace.»
La donna fece qualche passo indietro, confusa, spaventata, felice. Qui-Gon fece per accarezzarla, le dita la trapassavano ma lei sentì un piacevole torpore percorrerle la guancia. «La mia bambina...»
«Qui-Gon...», cercò di dire lei, tra le lacrime. «Perché non me l'hai mai detto?»
«Mi dispiace, l'avrei fatto quando sarei tornato da Naboo. Sentivo che quello non era il momento, per fortuna. La mia morte sarebbe stata ancora più straziante per te se avessi saputo chi fosse quel Maestro che partiva con la Regina.»
«Come fai ad essere qui?»
«Un'antica tecnica che t'insegnerò quando mi raggiungerai anche tu. Dovrai però aspettare ancora molto, molto, molto tempo.»
Lei sorrise, la voglia di abbracciarlo era grande, ma si trattenne, sapendo che non poteva farlo. «Perché sei scappata? Loro non hanno colpa.»
«Se Dooku non mi avesse spinto a cercare mio padre nell'Ordine loro non si sarebbero nemmeno scomodati a dirmelo!»
«Pensa, non agire d'istinto in situazioni come queste.»
«Ma loro...»
Lui si guardò attorno. «Devo andare, ora.»
«No!», urlò Herzebeth, senza riuscire a frenarsi. Si girò verso la porta quando sentì chiamare il suo nome da una voce familiare. «Obi-Wan, eh? Lo sapevo che c'era qualcosa tra voi due. L'avevo intuito fin da quando eravate ragazzini.»
Obi-Wan continuò a bussare, inutilmente, minacciando anche di bucare la porta con la sua spada. «Non andartene, ti prego.»
«Herzebeth, con chi stai parlando?»
«Prima o poi mi mostrerò anche a lui, quando sarà il momento.», disse Qui-Gon, con un sorriso. Scosse la testa: «Ah, il mio Padawan. Va bene, Herzebeth. Abbi cura di te, piccola mia. Promesso?»
«Non andartene, non lasciarmi sola. Ti prego... padre.»
Sentendo il suono di quella parola lui si bloccò. Le lacrime di Herzebeth non cessavano di scorrere, ma ora si accorse che anche lui la guardò con gli occhi lucidi, o almeno così le parve. «Aspettavo da trent'anni questo momento. Grazie.» e scomparve.
Quando Obi-Wan riuscì ad aprire la porta la trovò a terra a piangere incontrollatamente, mentre sussurrava tra i singhiozzi: «Resta qui, resta qui...»

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Capitolo 21
*** 7 ***


Il mare era agitato, la temperatura era fredda ed Herzebeth tremava. Affrettò il passo quando vide la nave di Dooku in riva al mare, che l'aspettava. Lui aprì lo sportello non appena la vide, per farla entrare e per farla riscaldare. La donna sfregò le mani per riscaldarle e si sentì rinascere nel caldo confortante della navicella. «Ho manomesso i radar del Tempio, i cecchini non hanno visto la vostra navicella. Siete sicuro che siamo al sicuro qui, però?»
«Sì, siamo abbastanza nascosti, non ci vedranno da lassù.»
«Allora, Maestro. Perché non mi avete detto che Qui-Gon era mio padre?»
«Lord Sidious non me l'avrebbe permesso. Dirti che eri figlia di due Jedi avrebbe distrutto ciò che avevamo costruito. Te ne saresti andata e avresti voluto proseguire il cammino dall'altra parte, cosa che difficilmente sarebbe successa se ti avessimo detto che almeno uno dei due era un Sith. Ma non abbiamo considerato il tuo carattere ribelle e la presenza notevole in te della Forza che, nonostante la giovane età, già riusciva a vedere oltre l'apparenza.»
«Quindi il Signore Oscuro sapeva che Qui-Gon era mio padre. E mi ha mandato ad ucciderlo.»
«Era una prova che tu hai fallito, per lui.»
«E per voi?»
Dooku sospirò. «No. Avrei fatto anch'io ciò che hai fatto tu.»
«In fondo c'è sempre stato del buono in voi, Lord Tyranus.»
«Sei stata tu a risvegliarlo. Eri una bambina così spaventata quando ti ho visto la prima volta. Giurai a me stesso di proteggerti quando ti vidi piangere, terrorizzata dai soldati armati che ti fissavano. Ecco perché non avrei potuto mai combatterti nella caverna. Ti ho spinto sulla parete solo per non farti crollare la colonna addosso. Sei la mia Padawan, dopotutto.»
Herzebeth rimase senza parole. «Niente Regola dei Due per noi, vero?»
«Mi è venuto impossibile instillare in te l'odio e la sete di potere che dovevi provare nei miei confronti. Ho sbagliato, ti ho educato come Jedi. Non avresti mai potuto provare sentimenti simili per il tuo Maestro.»
«Meglio così. E' vero, avevo paura della prova finale, per fortuna sono scappata prima. Non avrei mai potuto farvi male, in nessun modo, per nessun motivo.»
«Lord Sidious mi dirà presto di ucciderti se non ti unirai a noi.»
«Non posso farlo, rovinerei tutto ciò che mio padre ha fatto per allontanarmi da lì.»
«Lo capisco.»
«Cosa succederà se non porterete a termine la vostra missione?»
Darth Tyranus stette in silenzio, Herzebeth capì. «La mia vita per la vostra, mi va bene.»
«Non dirlo nemmeno.»
Herzebeth scosse la testa, lui le mise una mano sulla sua e le disse:
«Non sei obbligata a tornare, come non sei obbligata a seguirmi. Posso portarti dove tu desideri, basta chiederlo»
Lei sospirò e appoggiò la testa allo schienale. Si girò e lo guardò, le tornò alla mente quando aveva visto il suo busto in quella sala sotto la biblioteca, quando aveva accarezzato il bronzo freddo del suo viso. Aveva sentito un peso al cuore, un macigno. Nostalgia. «Maestro, ricordate quando ero ancora un'Iniziata?»
Lui sorrise e si mise a contemplare il mare. «Certo.»
«E ricordate quando Suhow mi ferì?»
«Quell'idiota...», disse sottovoce il Sith, scuotendo la testa. Ad Herzebeth scappò una risata. «Pensavo fossero spade da allenamento, ma non considerai il fatto che già mi odiava. Se non mi fossi spostata prima mi avrebbe sventrato. Mi bruciò la pancia, io urlai per il dolore, stavo per scagliarmi addosso a lui e ucciderlo a suon di unghiate, ma voi siete accorso, gli avete tirato uno schiaffone e mi avete portato via da lì.»
Dooku si chiese dove voleva arrivare, ma la lasciò continuare. «Non mi avete portato nemmeno in infermeria, quel giorno, ma in camera mia. Avete usato la Forza per rimettermi in sesto in men che non si dica. Percepivo la tua preoccupazione, mentre mi curavi mi prendevi il viso chiedendomi anche per dieci volte di fila se stavo bene o se mi aveva fatto male da qualche altra parte. In quel momento posso dire con tranquillità che ero certa di aver trovato il mio Maestro, finalmente.»
Lord Tyranus la guardò con un sorriso, ricambiato immediatamente da lei. «Oh, e vi ricordate anche le nostre prime lezioni di telecinesi? Non riuscivo nemmeno a spostare un cuscino dopo due lezioni! Nonostante questo, non provai mai il dolore sordo del fallimento. Ricordo quando il cuscino mi cadde la prima volta. Il cuore mi si stritolò nel petto, mi girai verso di voi aspettandomi una ramanzina o una faccia delusa, ma voi mi sorrideste e mi diceste di girarmi.»
Rise. «Il cuscino svolazzava da una parte e dall'altra della stanza e io mi misi a ridere.»
«A poco a poco padroneggiasti quest'arte quasi meglio di me.»
«E senza provare nessun tipo di emozione negativa, che avrebbe minato di certo la mia autostima.», aggiunse Herzebeth. «Con questo voglio solo dirvi che, nonostante io ora sappia chi sia mio padre, voi rimanete il mio Maestro. Devo a voi la mia vita: se mi sono salvata, in certe situazioni, è stato solo per merito dei vostri insegnamenti. Se non fosse stato per il vostro metodo io ora sarei ancora al servizio di Sidious. Vi avrei ucciso. Sarei rimasta completamente sola, in balia dell'odio e della rabbia. Mi avete salvata, Maestro.»
Lui stette in silenzio, la donna sentì il suo animo agitarsi. Le voleva bene ed era ricambiato, anche se nessuno dei due osava dirlo esplicitamente. Dooku aveva imparato a rispettare il legame sacro che vigeva tra l'apprendista e il suo mentore nell'Ordine Jedi, Tyranus l'aveva instaurato con la sua unica apprendista Sith. Ed ora lei era lì, a ringraziarlo. Mai si sarebbe aspettato tutto questo da quella piccola bambina. Ma aveva anche capito che cosa voleva dire Herzebeth con quel discorso: «Resterai qui.»
«Sì, non posso fare altrimenti. E' questa la mia casa. E poi...»
«Cosa?»
Le guance le si rigarono di lacrime silenziose, era troppo stanca e stressata per cercare di trattenersi. «Qui-Gon è... è venuto da me. Era un fantasma o qualcosa di simile. Mi ha chiesto scusa per non avermi detto prima del nostro legame di parentela. Non posso andarmene, non me la sento.»
La donna si asciugò le lacrime con la mano e balbettò un «Scusa.» per il segno di cedimento che aveva mostrato, aprì lo sportello e subito una folata di vento gelido le penetrò nelle ossa. Abbracciò il Maestro che però non ricambiò la stretta, per poi uscire. Si girò l'ultima volta, prima che richiudesse lo sportello: «Che la Forza sia con voi, Maestro.»
Le fece un cenno e ripremette il pulsante.
«Che la Forza sia con te, mia Padawan.», disse lui quando lo sportello si richiuse, mentre osservava l'esile figura che si allontanava correndo, con i capelli neri al vento.
Arrivata nella sua camera al Tempio si buttò sul letto senza più forze, addormentandosi.

Entrò nel palazzo della Senatrice in silenzio, guardandosi attorno e sperando che suo padre tornasse a farle visita, invano. Si scusò con qualche parola veloce con Padmé e richiuse delicatamente la porta della sua camera. Sul letto notò un piccolo apparecchio per ologrammi, lasciato lì forse per lei. Premette curiosa il pulsante di accensione e le apparve davanti agli occhi un Obi-Wan piuttosto preoccupato: «Herzebeth, scusami ma sono dovuto partire con urgenza. Sei stata via per una settimana, credo che tu sappia badare a te stessa e che stai bene, ma sono molto preoccupato. Gentilmente, anzi, potresti almeno rispondere a questo messaggio, quando lo vedrai? Non ti vedo da fin troppo tempo per i miei gusti. Mi manchi.»
Si schiarì la voce guardandosi verso la sua destra e facendo un sorriso veloce. L'avranno forse beccato a fare lo sdolcinato? Qualunque sia stato il motivo, tornò a guardare verso di lei. «Ci hanno chiamati perché il Cancelliere è stato rapito dai Separatisti. Stiamo andando a recuperar...»
In uno scatto d'ira Herzebeth sfasciò completamente il piccolo dispositivo sbattendolo al muro. Si portò le mani tra i capelli, cercando di respirare e controllarsi, mentre malediceva Lord Sidious in ogni modo possibile. Una cameriera aprì timidamente la porta chiedendo se stesse bene: «Ho sentito il rumore di un oggetto contro il muro, sono venuta a controllare se fosse tutto a posto...»
«VATTENE!», gridò Herzebeth. Sentì di nuovo l'ira prendere il controllo, dovette cercare di rilassarsi, i suoi respiri divennero più affannosi. Ma come poteva farlo? Darth Tyranus non serviva più a Palpatine, perché quindi non farlo uccidere da due Jedi? Avrebbe accresciuto il suo nome, quello di Obi-Wan e quello di Anakin. Era abbastanza certa che avesse già scelto il suo sostituto, com'era abbastanza certa che quello fosse Skywalker. Non poteva impedirlo, non poteva far altro che aspettare il ritorno dei due Jedi vittoriosi. Il suo Maestro sarebbe morto.

Li vide tornare qualche giorno dopo, accolti da una folla trionfante. Se ne stette in disparte, appoggiata ad una colonna dell'entrata, ad osservare la festa e le urla di gioia della gente. Scosse la testa. Quello era il mio Maestro.
Obi-Wan la notò, non scese dalla navicella ma si limitò a fissarla. Lei distolse lo sguardo, sputando a terra quando sentì le finte parole di gioia di quel verme di Lord Sidious: «Finalmente il capo dei Separatisti è morto! La Repubblica è salva!»
«Per quanto, ancora?», si limitò a sussurrare a sé stessa mentre si allontanava, con le braccia incrociate sul ventre. «Per quanto, verme schifoso?»
«Piccola Herzebeth!»
Si bloccò. Cosa voleva da lei, ora? Palpatine la raggiunse e le mise una mano sulla spalla. «Piccola Herzebeth, non vieni anche tu a festeggiare?»
«Se non vuoi che ti sputi in un occhio davanti a tutti, schifoso bastardo, lasciami stare.»
«Su, su! E' un giorno gioioso, questo! Vieni, devo mostrati una cosa.»
Senza tanti complimenti le afferrò con forza il polso, dicendo alle sue guardie di lasciarli soli. La trascinò fin dentro la sua stanza. «Che cosa vuoi, Sidious?»
Lui premette un tasto sotto la sua scrivania, digitò in fretta e furia qualcosa sulla tastiera che era appena comparsa. «Voglio mostrarti qualcosa, in anteprima. Solo per te.»
Premette l'ultimo tasto e davanti ad Herzebeth apparve un ologramma. Dedusse che era stato girato da qualche aggeggio che Palpatine doveva avere al collo o nella zona del busto. Era senz'audio, dapprima vide solo luci di spade laser, poi una figura entrò nel campo visivo. Gli occhi le si riempirono di lacrime, capendo immediatamente cosa Sidious le voleva mostrare. Fece per andarsene ma lui la bloccò. «Aspetta, vuoi davvero perderti la parte più bella? Guarda!»
Vide Obi-Wan a terrà, svenuto, Anakin che combatteva contro il suo Maestro. Improvvisamente il ragazzo mozzò le mani al Darth, che cadde davanti a lui in ginocchio. Anakin riprese la spada laser rossa dal manico ricurvo, la preferita di Dooku. Da quella prospettiva, Herzebeth non poteva far altro che fissare i suoi occhi che imploravano pietà. Anakin si voltò verso Palpatine, annuì e, dopo qualche secondo di incertezza, tagliò la testa a Dooku con le due spade che aveva in mano. Herzebeth si portò una mano alla bocca, cadendo in ginocchio.
«Perché?», gli chiese solo, con la voce rotta dal pianto.
«Stava diventando stupido e debole. Ed è tutta colpa tua.»
Sidious rise, alzandosi dalla sedia e prendendole un braccio per trascinarla fuori. La donna gemette per la forte stretta, ma continuò a guardare a terra senza reagire. «Se solo tu non ti fossi preoccupata tanto di parlargli, piccola Herzebeth... stava diventando scomodo, stava per lasciare l'Ordine Sith come hai fatto tu.»
La fece alzare e le lasciò il braccio solo quando uscì fuori dalla porta. Le due guardie ai lati dell'entrata la guardarono con la coda dell'occhio, mentre faceva qualche passo indietro e andava via, sconvolta. E' stata tutta colpa mia, colpa mia, colpa mia...

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Capitolo 22
*** 8 ***


Entrata in camera si sedette accanto a Qui-Gon, che l'aspettava sul letto. «Mi fa un po' di impressione vederti così... azzurro.»
«Ti ci abituerai.»
Lei si sdraiò e si mise a guardare il soffitto. La presenza di suo padre la confortava, provava la sensazione di essere davvero a casa. Vide che il suo fantasma fece lo stesso e sorrise, tirando su col naso.
«Come fai a stare su oggetti solidi?»
«Misteri della Forza.»
«E senti la sensazione del letto sotto di te?»
«Quanto sei curiosa, bambina mia.»
Lei si girò verso di lui e vide il suo sorriso: era ancora più bello di quanto se lo ricordasse. «Papà, è morto.»
«Lo so. Non ascoltare Sidious, non è stata colpa tua.»
«Se non gli avessi parlato, se fossi stata zitta e se non avessi cercato di ricondurlo nel Lato Chiaro ora sarebbe ancora vivo.»
«Devi gioire quando qualcuno si unisce alla Forza Vivente, Herzebeth. Ora il nostro Maestro è in pace.»
«Verrà anche lui a trovarmi?»
«Non è una tecnica che si impara non appena si muore. Ci vuole pratica e molta volontà di farlo.»
«Mia madre non viene a trovarmi?»
Lui sospirò. «Crediamo sia meglio per te che venga solo io.»
Stettero per un po' in silenzio, Herzebeth si girò verso di lui appoggiandosi e trapassandogli il braccio. Non gli faceva male e lei lo sentiva più vicino, quel torpore la faceva tranquillizzare e il sorriso le spuntava come se fosse ancora bambina. «Mi parli di Tahl?»
Lui mise la mano sul suo braccio come per stringerla. «Tua madre era una donna eccezionale, l'ho conosciuta qui quando eravamo ancora Padawan. Aveva anche lei i capelli neri come i miei e degli splendidi occhi azzurri da cui potevo vedere tutta la Galassia, tutto l'universo. Infondeva una così grande fiducia che mi lasciava confuso, ero ancora troppo giovane per capire che mi ero già innamorato. Crescendo ho capito cos'era che me la faceva sentire così vicina, ma nel frattempo avevo imparato che non avrei dovuto provare amore per una persona, il Codice lo vieta. Passarono un paio d'anni, ma non riuscivo a reprimere l'amore che provavo per Tahl: i suoi occhi azzurri mi perseguitavano ed ero certo che lei provasse qualcosa per me. Un giorno ci trovammo insieme a dover portare a termine una missione di pace, cosa quotidiana per noi. Eravamo su uno sperduto pianeta sull'Orlo Esterno, seduti su una roccia a guardare le stelle. I riflessi degli astri sul suo viso la rendevano ancora più splendida, quasi fosse una specie di dea. Non potetti più reprimere il mio sentimento, le confessai cosa provavo per lei e la baciai. Consumammo il nostro amore quella notte stessa e, qualche tempo dopo, scoprii che avrei avuto una piccola guastafeste che si sarebbe dovuta chiamare Serena.»
«Ah, non mi piace.»
«Ma poi tua madre ha avuto l'idea di chiamarti Herzebeth. Mi piacque quel nome, aveva un bel tono. Herzebeth. Mia figlia, la mia bambina si sarebbe chiamata Herzebeth.»
Si prese una pausa per farle metabolizzare il tutto. Le stava parlando di una vita che ora non le apparteneva più, aveva sicuramente bisogno di tempo per riflettere e prendere fiato. «E ricordo anche quando sei nata. Sentivo tua madre urlare dall'altra stanza per il dolore del parto e stavo per impazzire, sentivo il dolore sulla mia pelle. Poi entrai, e ti vidi già tutta pulita e pallida tra le braccia di Thal. Lei rideva e tu anche, avevi dei grandi occhi azzurri e agitavi le braccia. Ti baciai la fronte e dissi a tua madre che era un peccato che tu non avessi preso niente da me. Eri così piccola, sentivo la Forza pulsare potente in te fin da quando hai visto la luce per la prima volta. Ti ho rivista quando avevi un anno, camminavi barcollando e ancora andavi a cadere. Tua madre aveva l'aspetto stanco, ma ti voleva così bene...»
«Lo so, le volevo anch'io. Sento che quel sentimento non l'ho dimenticato.»
«Non appena mi hai visto mi sei corsa incontro cadendo soltanto una volta e hai teso le braccia verso di me. Quando ti ho preso in braccio mi hai ricoperto di baci. Ero l'uomo più felice del mondo. E poi, quando tornai dopo due anni...»
«Non mi trovasti più.»
«Trovai tua madre a terra, senza vita. Potevo solo immaginare cosa fosse successo. Continuo ad incolpare me dell'accaduto, piansi per due giorni senza fermarmi. Avevo perso le mie due donne, avevo perso il mio unico amore e la mia unica bambina. Non sapevo cosa fare, ho pensato perfino di lasciare l'Ordine, ma sentivo che la Forza mi diceva di non farlo, che avevo altro da fare lì.»
«E poi mi hai vista dopo dodici anni. Mi hai riconosciuto?»
«Gli occhi della propria figlia non si dimenticano facilmente.»
Lei fece spallucce, come per dire “credo di sì”, e si alzò dal letto, prendendo la spada laser. La accese e la guardò bene, come se si accorgesse solo ora della sua lama rossa. «Il mio... il nostro Maestro è morto, padre.»
«Herzebeth, cosa vuoi fare?»
Lei si prese i capelli. «Il mio Maestro diceva sempre che non potevo tenere i capelli lunghi. Io lo facevo solo per ribellione. Non voglio più ribellarmi a lui.»
Qui-Gon non poté far altro che guardare i capelli neri di Herzebeth cadere morbidamente a terra e lasciò la figlia intenta ad aggiustarsi i nuovi capelli lunghi fino alla base del collo, scomparendo.

Quando Obi-Wan la vide quasi non la riconobbe. Era stretta in un vestito rosso come il sangue, lungo fino alle caviglie e con le maniche larghe che le nascondevano le mani come già faceva il suo mantello da Sith, che camminava graziosamente a fianco di Padmé. La bellezza del giardino impallidiva in confronto alla sua figura. Gli mancò il fiato, i capelli neri così corti risaltavano ancora di più la delicatezza dei tratti del suo viso. Quando arrivò davanti a lui lo guardò con occhi freddi, quasi severi. Erano davvero gli stessi occhi che qualche giorno prima lo guardavano con così tanto amore? Ad Obi-Wan venne spontaneo fare un piccolo inchino. «Che fine hanno fatto i tuoi capelli?»
«I capelli lunghi sono un tremendo punto debole.»
«Te ne accorgi solo dopo vent'anni?»
Padmé si voltò verso Anakin e si congedò velocemente da loro. Ad Herzebeth si strinse il cuore vedendo il bel ragazzo abbracciare la sua amata. L'immagine di quello stesso ragazzo a cui aveva badato da piccolo, a cui voleva bene come un fratello mentre uccideva Darth Tyranus era ben stampata in testa. Non sarebbe mai più riuscita a guardarlo con gli stessi occhi.
Poi si girò verso Obi-Wan Kenobi e la sua espressione si addolcì.
Lo abbracciò senza nemmeno badare a ciò che aveva detto, perdendosi nel suo profumo inebriante che tanto le era mancato e di cui tanto ne aveva avuto bisogno. «Mi hai sentito?», le chiese dopo aver ricambiato l'amorevole stretta.
«No, ripeti.»
«Ho detto che Grievous è scappato, il Consiglio ha mandato me a cercarlo, quindi dovrò andare via. Sono solo venuto a salutarti.»
«Odio il tuo Ordine, sai?»
«Mi dispiace tanto, anch'io avrei voluto passare un po' più di tempo con te...»
Herzebeth lo guardò dritto negli occhi, accarezzandogli la guancia, e gli sorrise. «Non importa, lo capisco.»
Il Jedi si ricordò improvvisamente di una cosa: «Herzebeth, quando sono stato catturato dai Separatisti il tuo Maestro mi ha detto una cosa. So che non è il momento adatto, ma...»
«Cosa ti ha detto?»
«Il Cancelliere è davvero un Sith?»
Herzebeth sussultò. Temeva che Dooku l'avesse riferito ad Obi-Wan ma lui non le aveva ancora chiesto nulla. Si ricordò delle parole che Sidious le rivolse quando la vide fuori la camera di Padmé e scosse la testa, decisa a mentirgli. «No, non è vero.»
«Lo sapevo.», disse poi lui, mentre Herzebeth continuava a scuotere la testa. Conosceva bene Sidious, aveva fatto la cosa giusta a mentirgli.
Obi-Wan le poggiò la testa al suo petto e le accarezzò i capelli, respirando a pieni polmoni l'aria profumata di rose del giardino e la pace che vi regnava. Preferì assaporare ogni secondo per bene, con la presenza dell'amata a confortarlo, con le sue mani sul petto come una bambina. Aveva la sensazione che tutto questo sarebbe durato troppo, troppo poco e la strinse ancora più forte.


 

E la pace non durò a lungo.
Herzebeth corse per il Tempio con il cappuccio ben calcato in testa e il mantello nero, sperando di non dare nell'occhio. I Cloni si erano ribellati, Anakin era impazzito. Sentiva da un po' l'inquietudine che stritolava l'anima di quel ragazzo ma non avrebbe mai pensato che la situazione avesse potuto degenerare così in fretta. Si fece mentalmente qualche calcolo e continuò la sua corsa nell'ombra verso la saletta dove i ragazzini si addestravano con Yoda. Probabilmente i piccoli si erano rifugiati lì e probabilmente erano il primo bersaglio di Anakin, chiamato da Sidious a distruggere l'Ordine dalle fondamenta. Prima che potesse raggiungere i bambini, vide qualcosa rantolare a terra. Corse verso la donna e la riconobbe: Jocasta. «Herzebeth... è troppo tardi...»
«Jocasta, chi è stato a farti questo?»
«Il ragazzo che... Qui-Gon...»
«Anakin...»
«Proteggi i bambini. Vai. I bambini...», la pregò l'anziana Jedi. Herzebeth deglutì e annuì, accarezzò la guancia rugosa di Jocasta e, con un movimento rapido, le chiuse gli occhi, pregando affinché la Forza la accogliesse. Spalancò poi la porta e indietreggiò di qualche passo davanti all'orrendo spettacolo: una decina di bambini erano morti, uccisi da una spada laser, a terra. Sentì il rumore di un combattimento in corso e un urlo acuto. Herzebeth non guardò a terra, corse dove aveva sentito l'urlo. Arrivò appena in tempo.

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Capitolo 23
*** 9 ***


Anakin Skywalker aveva alzato la sua spada sull'ultimo bambino rimasto in piedi, ormai troppo stanco per combattere ulteriormente. Lui chiuse gli occhi, terrorizzato, ma, quando non sentì ancora nessuna strana sensazione provocatagli dalla morte, li riaprì. Vide due spade laser che sfrigolavano proprio sopra la sua testa. «Corri, vai via!», lo incitò una voce femminile, «Vattene!». Lui si alzò e cercò conforto da quella voce che conosceva: «Signorina Herzebeth, ho paura!»
«Corri, vattene!». Non se lo fece ripetere più, riprese la spada e corse via.
Herzebeth smise di opporre resistenza ad Anakin ed entrambi fecero qualche passo indietro. Lei si tolse il cappuccio. «Anakin... perché? Perché fai tutto questo?
«Non saresti dovuta venire qui.»
«Cosa ti hanno promesso i Sith? Non potere, tu non sei bramoso di potere. Cosa, allora?»
«Non è affar tuo ciò che i Sith mi hanno promesso.»
Anakin attaccò ma Herzebeth parò ogni colpo per poi allontanarsi. Non aveva intenzione di combattere, ma di parlare, anche se si rendeva conto ogni secondo che passava che ormai era troppo tardi. «I Sith mentono quanto i Jedi, sono capaci di prometterti qualsiasi cosa ma di non mantenere la parola data. Ti stanno solo manovrando, Lord Sidious ti sta manovrando, fidati di me.»
Un altro attacco, la spada blu cozzò contro la spada rossa. Herzebeth roteò la sua spada, il laser nel buio quasi totale formava un cerchio rosso perfetto. La spada laser blu del nuovo Darth ciondolava avanti e indietro, seguendo i passi del possessore. Ogni tanto i loro visi erano illuminati dalle esplosioni e dai laser sparati dai cloni nei corridoi, nel cortile. «Non voglio ucciderti.», iniziò Anakin, «Non voglio ucciderti, vattene.»
«E io non voglio lasciarti in balia delle menzogne. Rimani comunque il piccolo Anie con cui giocavamo a rincorrerci per Tatooine.»
«Lord Sidious mi ha promesso il potere!»
«Tu non sei bramoso di potere!», gli ripetè quasi offesa Herzebeth. «Perché hai accettato?»
Lui si mise le mani fra i capelli, cercando di non dirle ciò che voleva dirle. Alla fine cedette: «Padmé! Ho sognato che Padmé moriva durante il parto. E' incinta!»
Herzebeth lo guardò compassionevole: «Lord Sidious ti ha promesso la sua salvezza.»
«Non posso vivere senza di lei.»
«Ti ha raccontato la storia del Maestro Sith che creò la vita e fu ucciso dal suo allievo, vero?»
«Io la amo, la amo immensamente.»
«Ed è stato lui a dirti di uccidere Dooku.»
«Sì, lo ha fatto.»
«Non è vero che era una minaccia, Anie. Avevo parlato con lui, sentivo che c'era sempre stato del buono. Ancora uno sforzo, un piccolo sforzo e avrei allontanato chi mi ha cresciuta dal Lato Oscuro, definitivamente. Lord Sidious lo sapeva e lo ha fatto uccidere prima che potessi farlo, da te. Se ti unisci a lui prima o poi arriverà anche il tuo momento, verrai ucciso dal suo nuovo apprendista.»
«Sta' zitta.»
Lei sospirò. «Ordine 66. Ha detto a tutti di eseguire l'ordine 66. Temevo che questo giorno sarebbe arrivato.»
«Di cosa parli?»
«E' l'ordine che Sidious aveva preparato per i cloni dell'esercito della Repubblica. L'ordine di cui andava più fiero: lo sterminio dei Jedi. Quanti sono sopravvissuti?»
«Non ho avuto notizie di nessuno.»
«Nemmeno del tuo Maestro?»
«Lui è morto.»
Herzebeth lo guardò negli occhi, gialli dall'ira e dall'odio che Palpatine gli aveva infuso. Improvvisamente cambiò espressione, inarcò le sopracciglia. Strinse con più forza la spada, il solo pensiero che Obi-Wan fosse stato ucciso...
«Se lui è morto, tu pagherai.»
Ora il piccolo Anie era sparito per lasciare posto ad altro.
Darth Vader sollevò di nuovo la spada, questa volta Herzebeth si difese e attaccò. «E' inutile parlare con te, Vader!», urlò, mentre la loro battaglia infuriava, «Sei stato corrotto da Palpatine, presto dimenticherai anche perché sei passato al Lato Oscuro, presto ucciderai perfino Padmé!»
Anakin urlò e si accanì su di lei, tagliandole la mano con cui teneva la spada e ferendola ad una gamba. Herzebeth cadde a terra, stringendo il braccio della mano mancante e cercando di non perdere i sensi. «Vuoi uccidermi così, a sangue freddo, quando sono inerme e disarmata come hai fatto con Dooku?»
«Lui era un pericolo!»
«Tu sei un pericolo!»
Anakin si preparò ad ucciderla, lei si sdraiò. Proprio quando la spada stava per abbassarsi, il braccio sano del ragazzo si piegò in modo innaturale. Urlò, perse la spada. «Non sei l'unico Sith qui, ragazzino.». Herzebeth si alzò, con qualche difficoltà riacquistò l'equilibrio. «Se Obi-Wan è morto, Darth Vader, giuro sulla Forza Vivente e su tutto ciò che Essa tocca che non avrò pace finché non avrò la tua testa mozzata ai miei piedi.»
Lui la guardò quasi sbavando dalla rabbia, ma decise di lasciarla andare via.

Si ritrovò di nuovo a correre per i corridoi, in cerca di quel bambino scappato. Aprì ogni stanza, fu lasciata libera di girare solo grazie al suo mantello nero e alla spada laser rossa, tipica dei Sith e quindi riconosciuta dai Cloni. Finalmente lo trovò nella stanza vicino alla sua, rannicchiato sotto il letto. Richiuse la porta dietro di sé e si tolse il cappuccio. «Sono io, piccolo. Vieni fuori, non voglio farti del male.»
«Anche Maestro Skywalker non voleva farci del male, ma ci ha uccisi tutti!»
Herzebeth sospirò guardando gli occhietti lucidi che spuntavano da sotto il letto, illuminati dal riflesso argenteo della luna. Solo in quel momento si accorse di averli già visti. «Ti avrei salvato se fossi stata dalla parte del Maestro Skywalker, Zett?»
«No.»
«Ma ho evitato che ti affettasse.»
«E' vero.»
«Fai bene a diffidare di tutti, ma devi sbrigarti ad uscire da lì, è pericolosissimo stare fermi. I soldati perlustrano le stanze e la prima cosa che guardano è il letto.»
Lui uscì in fretta tutto impolverato. «Non hai una mano, che fine ha fatto la tua mano?». Herzebeth lo prese in braccio con la mano ancora attaccata al suo corpo e lo coprì con il suo mantello nero. Non sarebbe potuta passare inosservata, ma se si fosse tenuta sempre nella parte non illuminata forse ce l'avrebbe fatta. «Mi raccomando, piccolo. Non una parola, respira il più piano che puoi. Stringi la tua spada laser ma non accenderla in nessun caso. Andrà tutto bene, so già dove i soldati non controlleranno e conosco la strada. Va bene?»
Lui annuì delicatamente appoggiato alla sua spalla.
«Come andrà?»
Una voce flebile le rispose: «Tutto bene.»
Herzebeth sorrise, un sorriso amaro, e uscì dalla stanza.

Arrivarono alla sala controllo illuminata a giorno. Herzebeth posò a terra il bambino che corse verso un posto più nascosto e sicuro, seguito da lei. Trovarono un posticino ben riparato e lontano da macchinari e telecamere, si accucciarono entrambi lì. Herzebeth considerò il posto sicuro e decise che potevano permettersi di scambiarsi qualche parola a bassa voce. «Non appena tutto si sarà calmato scapperemo anche noi da qui. Ti porterò al sicuro da un'altra parte, su un altro pianeta, se necessario.»
«Grazie, Maestra Herzebeth.»
«Non sono una Maestra né una Jedi, né tanto meno devi ringraziarmi. Sei diventato il Padawan di qualche Maestro?»
«Ancora no, signora. Yoda mi allena.»
La conversazione terminò lì, alcuni rumori zittirono i due. Si sentì la porta chiudersi delicatamente, passi veloci e voci indistinte. Herzebeth ebbe un brivido. «Non sono cloni, forse sono qui per salvarci!», disse Zett. Prima ancora che Herzebeth riuscisse a fermarlo lui sgattaiolò via. «Maledizione.», si disse sottovoce lei, uscendo dal nascondiglio. 

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Capitolo 24
*** 10 ***


Trovò Zett accanto a Yoda, che gli dava pacche sulla spalla. «Maestro Yoda, siete sopravvissuto!». Anche lui sembrava sollevato nel rivederla: «Herzebeth, molto per te abbiamo temuto, per fortuna viva tu sei!»
«Chi altri è sopravvissuto?»
«Per quanto ne sappiamo io, tu, il piccolo Padawan e il Maestro...»
«Herzebeth!», avanzò una voce.
Yoda sorrise e completò la frase: «... Kenobi, che appena finito di manomettere il segnale, lui ha.»
Herzebeth si buttò tra le braccia del Jedi, sollevata oltre ogni dire. «Temevo ti avessero uccisa.»
«Sapevo che eri ancora vivo, Obi. Ne ero certa, non potevi morire.»
«Ragazza, la tua mano... chi è stato a fare tutto ciò?»
«Controlla tu stesso nei nastri della sorveglia... ZETT!»
Il Padawan correva già via, con la spada laser accesa. Herzebeth fece per andare a sostenerlo nella battaglia, ma Yoda la fermò. «Non possiamo permetterci di perdere anche te. Lascia il bambino al suo destino.»
«Maestro, ma è un bambino!»
«Meglio una donna formata come te che un bambino, in una guerra, è. E' una cosa brutta, ma è la verità.»
Lei fece qualche passo indietro, guardando la luce verde della spada di Zett sparire. Senza togliere gli occhi dalla porta disse ad Obi-Wan di controllare quei maledetti nastri. «Solo dolore lì troverai.», lo mise in guardia Yoda. La donna sospirò avvicinandosi ad Obi-Wan per sostenerlo non appena avrebbe visto chi fosse stato l'autore di quello sterminio.

«Ho visto abbastanza.»
La mano tremante di Obi-Wan staccò il video. L'ologramma di Anakin inginocchiato davanti a Palpatine scomparve, ma Herzebeth restò a fissare quel punto per qualche altro secondo. «Non è possibile, perché l'ha fatto?».
Yoda si voltò verso la donna che, sentendosi osservata, scosse la testa per riprendersi e ricambiò lo sguardo, per poi guardarlo allontanarsi. Obi-Wan le prese le spalle, guardandola negli occhi. Lei vide i suoi, lucidi e disperati, e poté solo immaginare il dolore che stava provando in quel momento. «Herzebeth, perché l'ha fatto?»
«Per amore. Padmé è incinta e nelle sue visioni ha visto che moriva dopo il parto. Lord Sidious ne ha approfittato.»
«Per amore...»
«Non è la brama di potere a condurlo nel Lato Oscuro, ma l'amore.»
Obi-Wan sostenette lo sguardo di quei gelidi occhi azzurri, le accarezzò la guancia. «Non capiterà con noi.»
«Non deve capitare a te. Io sono già stata contaminata da quel Lato della Forza e ne sono uscita solo perché non ho conosciuto il Lato Chiaro. Ma un Jedi non reggerebbe, per quanto potente sia.»
«Pensi a Dooku?»
Lo guardò, stupita dal fatto che anche in un momento come quello riusciva a non pensare a sé stesso ma a lei. «Lui era un Jedi, non ha retto, ma avrebbe voluto farlo. Era una brava persona. Sidious sentiva che stava per cambiare e l'ha fatto uccidere.»
«Mi dispiace non essere stato lì a sostenerti come tu hai fatto con me ora.»
«E' passato, ora so che sta bene ed è finalmente in pace, lontano da ogni influenza negativa di Palpatine. L'unica cosa che ora conta è fermare Anakin.»
«E dobbiamo darti una nuova mano.»
Herzebeth alzò il braccio e guardò il polso bruciato. Si era completamente dimenticata della ferita, la tecnica che i Jedi usavano nelle battaglie per non sentire il dolore delle ferite funzionava alla perfezione. Ma, ora che la guardava, perse la concentrazione e cadde in ginocchio dal dolore. Obi-Wan le strinse il braccio e le chiuse la bocca con una mano. «Rilassati, respira, appena torneremo a casa ne avrai un'altra e ti passerà il dolore.»
Lei lo guardò e annuì. Il Maestro tolse la mano dalla sua bocca, lentamente. «Ecco, brava. Ora però andiamo, non possiamo perdere altro tempo.»


 

Herzebeth uscì dalla piccola infermeria che si trovava nel palazzo della Senatrice ancora stralunata. Guardava la mano metallica che le avevano impiantato e la muoveva lentamente come se non fosse la sua. Yoda le andò incontro. «L'abitudine serve, per queste cose.»
«E' così... strano avere una mano artificiale. Mi sento incompleta.»
«Le migliori nel campo esse sono. Molti Jedi i propri arti perdono in battaglia.»
«Considerando che per disarmare l'avversario il modo più veloce è quello di tagliare una mano o direttamente il braccio...»
Yoda annuì e si incamminò nel lungo corridoio, seguito dalla giovane. «Maestro Yoda, qual è la nostra prossima mossa?»
«Trovare Anakin dobbiamo.»
«Cosa gli succederà?»
Lui sospirò. Dopo un po' le rispose: «Il Maestro Kenobi deve considerare la sua pericolosità. Se lui pericoloso è, stare vivo non può.»
Herzebeth si fermò. «Obi-Wan deve andare ad affrontare Anakin da solo?»
«Il suo Padawan era, chi meglio di lui lo conosce?»
«Anakin è diventato un elemento molto pericoloso. Maestro, non possiamo rischiare di perdere anche il Maestro Kenobi.»
«Lui solo sconfiggerlo può.»
«Posso andare con lui.»
Yoda si fermò. «Lo stesso sentimento di tua madre, in te sento.»
Lei stette in silenzio, abbassando lo sguardo. «Anche Obi-Wan Kenobi questo sentimento per te prova.»
«Non possiamo farne una colpa a nessuno, Maestro.»
Lui scosse la testa. «Pericolosa tu sei per lui. Se tu andassi ad affrontare Anakin con Obi-Wan, solo la sua distrazione otterresti.»
Herzebeth dovette ammettere la resa. Yoda aveva ragione, avrebbe cercato di proteggerla e non si sarebbe concentrato su sé stesso. Se non ci fosse andata aveva qualche possibilità in più di tornare vivo. «Herzebeth, una cosa di cui non ti avevo parlato c'è.»
«Sì, Maestro?»
«La nube che ricopriva il tuo futuro schiarita si è.»
Con il cuore in gola, Herzebeth sostenne lo sguardo del Gran Maestro. «E?»
«E la tua morte ho visto. Un destino condiviso, è...»
La donna stette in silenzio in mezzo al corridoio, in piedi, ringraziando Yoda mentalmente per non essere stato più esplicito. Lui, invece, se ne andò sconsolato.

Obi-Wan e Padmé quasi le andarono addosso. «Ehi, ehi, piano! Dove andate?»
Padmé, con gli occhi gonfi dal pianto, si girò verso di lei. «Mustafar.»
Obi-Wan le mise una mano sulla spalla e la fece voltare. «E' lì che Anakin è andato.»
«Lo ucciderai, vero?», gli sussurrò Herzebeth.
Lui annuì lievemente. «Non posso fare altrimenti.»
Ebbe l'impulso di baciarlo, pensando che potesse essere l'ultima occasione per farlo, ma piuttosto si allontanò di qualche passo. Non poteva lasciare che Obi-Wan si distraesse, non ora. «Tornerò.», disse poi lui. «Tornerò. E' una promessa.»
Scappò via con Padmé, girandosi indietro per sorriderle solo una volta. Herzebeth sperò che Obi-Wan avrebbe mantenuto la promessa, ma soprattutto sperò che lei sarebbe stata ancora lì per constatarlo. 

 

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Capitolo 25
*** 11 ***


Obi-Wan scese dalla navicella ancora sconvolto. Aveva ucciso il suo Padawan. Aveva praticato il Mou Kei, il Segno di Contatto proibito, sul suo unico Padawan. Decise in quel breve secondo che non avrebbe mai più avuto allievi da quel momento in poi, non ce l'avrebbe fatta a guardare un altro ragazzo con gli stessi occhi con cui guardava Anakin Skywalker. Non sapeva nemmeno se l'avesse ucciso o meno, l'aveva semplicemente lasciato lì, solo, a bruciare. I suoi pensieri lo lasciarono per un po' in pace solo quando vide correre verso di lui Herzebeth. Si abbracciarono.
«L'ho fatto.»
«Hai fatto ciò che dovevi, Obi. Non sentirti in colpa.»
«Era il mio Padawan, ciò che di più vicino avevo ad un fratello.»
«Non era più lui, il Lato Oscuro l'aveva completamente cambiato. E' stato lui a tagliarmi la mano, lui ad uccidere gli Iniziati.»
Obi-Wan prese delicatamente la mano metallica della donna e la strinse, guardandola negli occhi. Una voce ruppe il momento: «Signore, ci sono problemi nell'ala ovest.»
Herzebeth si scostò dall'abbraccio. «Vado io, tu vai da Padmé. Sta morendo.»
«Sta' attenta, ho una brutta sensazione.»
«Tu e le tue brutte sensazioni siete adorabili.»
Rise e corse verso l'ala ovest della piattaforma. Lo sguardo di Obi-Wan indugiò su di lei finché non sparì, sperando che quella brutta sensazione svanisse presto.

Herzebeth rallentò quando arrivò sulla piattaforma dell'ala ovest. Si guardò attorno ma non vide nulla di strano. Stava per richiamare i soldati quando un brivido le percorse la schiena. Lo stesso brivido che aveva sentito dieci anni fa a Tatooine. «E così sei tornato.»
«Non posso starti lontana, mia bella Herzebeth.»
Lei accese la spada e si girò verso Darth Maul. «Nemmeno il Sai Tok ti può fermare, a quanto pare.»
Lui sorrise e si alzò leggermente la tunica, mostrando la gamba meccanica. «E' stata una fortuna trovare uno stupido che ha recuperato la mia parte superiore, appena in tempo. Quando avrò finito con te, stai pur certa che il tuo caro Jedi me la pagherà.»
«Non farò il suo errore, ti taglierò in pezzettini più piccoli.»
Herzebeth si voltò e partì all'attacco. Immediatamente Maul accese entrambi i laser della sua spada, appena in tempo per parare il colpo inferto dalla donna. I due laser rossi cozzarono, fu un susseguirsi di colpi velocissimi e letali parati da ambo le parti. Herzebeth piroettava e schivava con grazia maestosa i colpi e gli affondi del Sith, ma anche lui, agile e veloce, non era da meno. La danza continuò per tanto tempo ancora, nessuno dei due voleva darla vinta all'altro. Questa volta Herzebeth non sarebbe scappata. «Lord Sidious mi darà una cospicua ricompensa se gli porterò la tua testa mozzata.»
La donna si abbassò e saltò sospinta dalla Forza, facendo una capriola e atterrando dietro a Maul, che sferrò un colpo prontamente parato da lei. «Dovrai farne a meno, mi dispiace.»
Herzebeth usò la Forza per spingerlo dall'altra parte della piattaforma, ma il Sith rotolò e si fermò prima di arrivare al bordo e perdere l'equilibrio. Prese la rincorsa e le si lanciò contro, lei deviò il colpo. Darth Maul fece roteare l'asta e cercò di mozzarle la mano, ma fortunatamente si avventò su quella metallica. Herzebeth sorrise, fiera di aver consigliato il Cortosis ai medici. Fece una piroetta e fece cozzare la sua spada contro una delle sue due lame. Lo guardò dritto negli occhi, quegli orrendi occhi gialli, gli stessi occhi che dieci anni fa hanno guardato suo padre morire. La rabbia stava per travolgerla, ancora.
Improvvisamente lasciò che Maul vincesse quel piccolo scontro con le lame e gli bruciò la guancia. Lui barcollò, lei ne approfittò per scagliargli il colpo mortale. Finalmente era lì, inerme.
Ma Maul parò il colpo e fece spostare la lama della nemica verso la sua gamba, in modo da parare il suo attacco. Aveva calcolato tutto ed Herzebeth se n'era accorta, la rabbia lasciò il posto alla paura.
Prima che potesse replicare le arrivò un pugno sul naso. Si portò una mano lì, cercando di riprendere l'equilibrio fece qualche passo indietro. Maul ne approfittò e, guardandola negli occhi, la trafisse con la sua spada.
«Guarda un po' chi arriva...», disse lui, alla fine. Herzebeth cadde in ginocchio, vide che Obi-Wan correva con la spada laser accesa verso di lei, urlandole qualcosa. Maul la prese per i capelli e si preparò a tagliarle la testa.


Obi-Wan cadde a terra con le membra irrigidite. Non riusciva a muoversi, sentì che qualcosa gli impediva di avanzare. Urlò per l'ennesima volta il nome dell'amata, rivide come in un flashback la scena della morte del suo Maestro a Naboo.
Herzebeth, con l'ultima stilla di Forza che ancora non l'aveva abbandonata, aveva bloccato il corpo di Obi-Wan. Non poteva rischiare che venisse ucciso anche lui. Guardò negli occhi Darth Maul, l'uccisore di suo padre e suo, cercava di concentrarsi su qualcosa per non svenire e l'unica cosa su cui poteva farlo era il suo assassino. Maul sorrise. «Addio, vecchia nemica.», e sferrò il colpo.  

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Capitolo 26
*** 12 ***


Quando riuscì ad alzarsi era ormai troppo tardi. «Herzebeth...»
Vide che Maul sferrava il colpo ma, improvvisamente, la spada di Herzebeth si accese e si alzò da sola. Prima che il colpo potesse mozzarle la testa la spada la mozzò al Sith. Vide la testa di Darth Maul rotolare via, la spada cadere e il laser spegnersi, Herzebeth accasciarsi a terra. Corse verso di lei, disperato, le prese il viso tra le mani. «Non lasciarmi, stupida. Non farlo. Non ci pensare neanche.»
«Buffo... il destino del padre... è anche quello della figlia. Yoda aveva ragione, è un destino condiviso...»
«E' tutto tranne che buffo.»
«Scusa... se ti ho trattenuto. Sono stata io a farti cadere.»
«Avrei potuto aiutarti.»
«Il mio destino era... morire per mano di Maul. Non volevo trascinarti con me.»
«L'avrei preferito, Herzebeth. Non puoi lasciarmi.»
Lei gli sorrise debolmente e portò una mano su quella dell'uomo. «Hai un grande destino davanti a te. La morte rivela... dettagli che la Forza in una creatura vivente... non può cogliere.»
«Un futuro senza te non è degno di chiamarsi grande destino.»
«Addestrerai l'ultimo Jedi... tu... Obi-Wan...»
Dovette riprendere fiato, tenere gli occhi aperti e fissi su quelli del Jedi per non svenire. Ma sentiva le forze venir meno, era ormai giunto il momento. «Obi, io... mio padre... tutti i Jedi che sono morti... veglieremo su di te. Sei la nostra unica speranza...»
«Non lasciarmi.»
«Obi-Wan... baciami.»
Lui le alzò delicatamente la testa e, cercando di non scoppiare in lacrime, la baciò. Lei cercò di ricambiare, per quanto le forze glielo permettessero. Le scappò una lacrima, un sorriso.
«Non... non te l'ho mai detto per non... accettare che il sentimento proibito esistesse davvero, ma io...»
«Ti amo, Herzebeth.»
«Ti amo, Maestro Kenobi... perdonami... avrei dovuto dirlo...»
La mano metallica della donna tintinnò a contatto con il pavimento della piattaforma. Herzebeth Jinn chiuse definitivamente gli occhi e ad Obi-Wan non restò che stringere il suo cadavere.

 

Obi-Wan Kenobi fissò con lo sguardo assente le due donne. Padmé era meravigliosa: era vestita a festa, i suoi capelli agghindati da fiori erano sparsi per la bara. Ed Herzebeth era altrettanto bella. Non era agghindata in nessun modo particolare, Obi-Wan l'aveva impedito. Anche se non era una Jedi meritava un funerale da Jedi. Era avvolta nella tunica e sembrava dormisse. Il suo viso era disteso, sereno, era poco più pallida di quanto lo era in vita. Si avvicinò a lei e le accarezzò le labbra. «Avrei dovuto dartelo prima, quel bacio.», esordì. «Lo so che avresti voluto farlo anche tu, lo sentivo. Ogni volta che dovevamo salutarci, ogni volta che mi accoglievi da una missione... tu quel bacio volevi darmelo. Ti sei trattenuta solo per me, Herzebeth, non volevi che passassi al Lato Oscuro, che facessi la fine di Dooku... o di Anakin. Ti ho amato, Herzebeth, ti ho amato con tutto me stesso. Grazie per aver cercato di non compromettere la mia... posizione? No, salute mentale, più che altro. Ma a cosa sarei stato utile io, un Jedi come me, ai Sith? Guarda com'è finita con il mio Padawan. Sono un fallito. Avrei dovuto baciare le tue labbra quando ancora erano così morbide e rosse. Mi dispiace.»
Stette per un po' in silenzio, fissandola. «Ma cosa sto facendo? Sto parlando ad un cadavere.»
Al suono di queste parole da lui stesso pronunciate, scoppiò a piangere. Si buttò in ginocchio e poggiò il viso sul ventre di Herzebeth, bagnandole la tunica. Si aggrappò alla sua veste, come un bambino che si aggrappa alla veste della madre malata stesa a letto. «Torna da me, maledizione. Torna da me...»

Dopo essersi sfogato, si asciugò le lacrime e aspettò che venisse chi doveva per prendere la bara della Senatrice.
Guardò Padmé uscire e baciò la fronte di Herzebeth prima di prenderla in braccio.

La pira funeraria era pronta. Lì c'era Yoda che la guardava triste e solo quando appoggiò il corpo tra la legna e le scostò una ciocca di capelli dal bel viso, Obi-Wan notò anche il fantasma di Qui-Gon Jinn. Andò accanto a loro, senza dire una parola. Qui-Gon gli si avvicinò: «L'hai protetta bene.»
Lui scosse la testa, troppo sconvolto per essere contento che il suo Maestro era lì con lui. «E' morta.»
«Ha adempiuto al suo destino.»
Alzarono entrambi gli occhi e videro un'altra figura vicino alla donna. Il Conte Dooku la guardò sospirando, cercando di accarezzarle la guancia e maledicendo le dita che la trapassavano. «La mia Padawan...», si sentì sussurrare. Nessuno osò dirgli nulla.
Yoda diede fuoco alla pira. Le fiamme si alzarono immediatamente verso il cielo. Obi-Wan chiuse gli occhi e sussurrò per l'ultima volta il suo amore a quella donna diventata parte della Forza: «Che la Forza sia con te, Beth. Che la Forza sia sempre con te...»



«Sicuro di ciò che fai, tu sei?»
Obi-Wan salì sulla navetta. «Sì Yoda. Porterò il bimbo a Tatooine. Veglierò su di lui da lì.»
«Perché fai questo, Obi-Wan?»
Lui stette in silenzio, portandosi una mano alla spada con il laser rosso che aveva sulla cintura. «Ho perso le due cose più importanti della mia vita. Non ho più niente, qui.», e salì, chiudendo lo sportello.
Yoda non poté far altro che guardarlo andare via, sospirando.


 




Spazio dell'autrice:
Eccomi qui. Prima di tutto vorrei ringraziare tutti quelli che hanno anche aperto di sfuggita la mia storia, che l'hanno seguita, l'hanno letta, l'hanno vissuta. Vedere il numerino accanto al primo capitolo arrivare a 280 è stato qualcosa che mi ha resa immensamente felice. E' stato un bellissimo percorso per la mia prima long seria e che, per fortuna o purtroppo, ora è finita. Ringrazio tantissimo Blacky98 e AnaDarkLady97 che sono state sempre presenti nel recensire e che mi hanno dato tanti spunti per continuare a riempire i vuoti che avevo lasciato e mi hanno anche dato la motivazione necessaria per continuare a pubblicare i capitoli. E' davvero un peccato che sia finita, ma spero di rivedervi in qualche altra mia long :D
E grazie anche ad HikariMoon che credo mi voglia uccidere per come sia finita la storia. Scusami Hikari, ma il finale era già pronto dopo il capitolo due della seconda parte! :c
Vi ringrazio tutte quante qui, altrimenti a rispondervi una ad una risulto anche ripetitiva. Grazie grazie grazie! 

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