Ho trovato in te quello che cercavo da tempo

di linda1997
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PARTENZA ***
Capitolo 2: *** Una nuova città ***
Capitolo 3: *** Nei suoi occhi ho visto l'oceano ***



Capitolo 1
*** PARTENZA ***


PARTENZA Ciao, mi chiamo Sophie Butmann, ho quasi quarant'anni, sono sposata da quasi vent'anni, molto giovane ma molto innamorata, con un uomo meraviglioso e ho tre bambini: una femmina: Mary Rose, e due maschi, Tyler e Chris. Giunta a quest'età vorrei fare un balzo nel passato e raccontarvi come la mia vita cambiò completamente con una semplice ma drastica decisione. FLASHBACK Tutto cambiò quel fatidico giorno, quando con mio fratello Abel, venni convocata in soggiorno da mia madre Annie, una bella donna sulla quarantina e da mio padre Fred, un po' più vecchio di mia madre. Mamma stava piangendo, mentre mio papà impassibile, senza lasciar trapelare dal volto alcuna emozione, ci disse: "Preparate i bagagli, domani ce ne andiamo. L'Inghilterra ci aspetta!". Guardai mia mamma che stava piangendo sempre più forte, non dissi niente e uscì di casa. "Non ci potevo credere, avrei dovuto abbandonare la mia terra, la mia Australia. Cosa ne sarà dei miei amici koala?"-pensai tristemente. Mi sedetti all'ombra di un'albero e mi guardai intorno: tra un po' non avrei rivisto mai più quel panorama meraviglioso, gli animali, il tramonto, mai più Era buio inoltrato quando decisi di ritornare a casa. Mamma stava preparando la cena, Abel stava finendo di preparare i suoi bagagli e papà stava finendo di fumare la sua pipa. Mi diressi subito in camera mia, senza mangiare, e rimasi in piedi a memorizzare nella mente ogni minimo particolare. Guardai lo specchio posto sull'armadio di fronte a me. Vedevo una ragazzina di tredici anni, molto alta per la sua età, con gli occhi di un verde smeraldo mai visto prima, così diceva la gente quando mi fissava, i capelli ondulati e castani lunghi fino alle spalle, le labbra piene. Che brutta, pensai tra me e me. Sospirai e mi affrettai a fare la valigia dove misi lo stretto indispensabile: vestiti, maglie, libri e quant'altro. Mi addormentai presto, perchè dovevamo essere all' aeroporto per le 6 in punto. 5.25 Drin. Mi svegliai di soprassalto, mi vestii, feci colazione con il resto della tribù e salimmo in macchina. Arrivammo in aeroporto a meno cinque alle 6. In fretta e furia giungemmo davanti al "mostro volante", così lo soprannominavo io, e salimmo. Ovviamente presi il posto vicino al finestrino e mi misi ad osservare quello che si poteva intravedere dell'Australia. Sentii una lacrima sfiorarmi la guancia e poi sentii il boato che indicava la partenza. Sentii l'aereo decollare e con le mani attaccate ai vetri guardai, per quella che credevo fosse l'ultima volta, la mia amata terra. Ero ufficialmente partita.

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Capitolo 2
*** Una nuova città ***


Pioggia. Ecco cosa noto appena metto piede giù dalla nave. Nient'altro che pioggia. Un clima molto diverso rispetto a quello australiano: lì sole, caldo e cielo limpido, qui pioggia, freddo e cielo scuro coperto da enormi nuvoloni neri. - Muoviti che dobbiamo andare a vedere la nostra nuova casa- vengo così risvegliata dal mio stato di trance dalla voce stridula e un po' emozionata di mia mamma. - Arrivo mamma - le risposi tirandomi indietro i capelli con un gesto secco. Mentre i miei fratelli tengono il passo ai miei, io resto indietro e camminando per le strade bagnate della nuova città non posso fare a meno di paragonare quelle strade a quelle della mia Australia. Del verde che copriva la mia terra qui non se ne vedeva nemmeno l'ombra, gli animali non c'erano, o meglio, c'erano soltanto cani che si lasciavano trascinare svogliatamente dalla gente quando si vedeva che avevano piuttosto una gran voglia di correre liberi. Le strade erano asfaltate, la gente cammina frettolosamente. Io sono solo un'insignificante ragazzina messa lì a caso. Quello non è il mio posto, quella non è casa mia. - Bene ragazzi, questa è la nostra nuova casa - dice mio padre con orgoglio. - Oh caro, è proprio bella- esclama con un tono piuttosto sdolcinato mia mamma. - Che schifo- borbotto io sottovoce nella speranza di non essere stata sentita. - Eh no signorina, così proprio non va. Adesso entriamo e scegliti una camera che sarà il tuo rifugio per i prossimi anni- Mia mamma a volte sa essere molto insopportabile. Sta di fatto che appena superato l'uscio della porta mi precipito direttamente sulle scale senza dare nemmeno un'occhiata all'ingresso. CI sarebbe stato tutto il tempo necessario dopo, no? Apro una porta a caso e rimango letteralmente a bocca aperta: questo sarà il posto dove trascorrerò i prossimi schifosi anni. La stanza è dotata di un immenso letto a baldacchino al centro, messo vicino alla finestra dalla quale si può scorgere tutto il paesaggio urbano, sulla parte opposta c'era un comodino che avrei sfruttato successivamente per le mie letture del mio amato Nicholas Sparks e meraviglia delle meraviglie, ho un bagno tutto mio! Quando ero in Australia invece ero costretta a dividerlo con i miei fratelli. Dopo aver osservato l'intera stanza, mi butto sul letto e ripenso alla mia terra: chissà se l'Inghilterra mi aiuterà a dimenticare? Cosa mi succederà?

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Capitolo 3
*** Nei suoi occhi ho visto l'oceano ***


Era l'inizio di un nuovo giorno, il primo che avrei trascorso in questa grigia città. Mamma aveva deciso di aspettare ancora un po' prima di mandarci a scuola, dopotutto eravamo appena arrivati. Ne approfittai così per andare a curiosare un po' questa gigantesca città. -Mamma, io esco. Ritornerò per l'ora di cena- esclamai a mia madre mentre cercavo di infilarmi quelle maledette e stramaledette converse rosa. -D'accordo tesoro, stai attenta e coprimi che in questa città si gela - mi raccomandò. - E allora cosa ci siamo venuti a fare qui?- borbottai sottovoce. -Hai detto qualcosa?- mi chiese. -No mamma, non ho detto niente, ciao- e detto questo uscì. Fuori faceva un freddo cane eppure i bambini correvano allegramente indossando magliette a maniche corte e pantaloncini corti. I passanti erano impegnati a guardare i loro cellulari per fare caso a una ragazzetta come me. Meglio, mi dissi. Mentre camminavo, mi accorsi di essere arrivata di fronte al cancello di quello che doveva essere un parco, mi feci coraggio ed entrai. Rimasi letteralmente a bocca aperta quando vidi l'interno di quel parco londinese: era coperto di verde, le aiuole erano ricolme di fiori che alla luce del sole splendevano come gemme colorate. Al centro era situata una fontana, attorno alla quale correvano i bambini accompagnati dalle loro madri. Piano piano mi avvicinai ad essa e mi sedetti ascoltando il dolce suono dell'acqua che mi faceva ricordare l'oceano di casa mia. Non mi accorsi di aver chiuso gli occhi fino a quando non sentii una voce risvegliarmi completamente dai ricordi. -Ehi signorina, si sente bene? - mi chiese una voce profonda. - Si grazie, stavo solo pensando- e mentre aprii gli occhi gli sorrisi. Non l'avessi mai fatto: di fronte a me se ne stava un ragazzo sulla ventina. E che ragazzo! Rimasi completamente abbagliata da quegli occhi che erano dipinti di un blu oceano, i suoi capelli erano castani e un ciuffo gli ricadeva dolcemente sull'occhio destro. Dio, che bello. Credo di essere arrossita e infatti... - Perchè sei arrossita? Non sarò mica io la causa vero?- scherzò il ragazzo dagli occhi magnetici e dal sorriso perfetto. - No no credo che sia il caldo sai com'è- e arrossii di nuovo, non mi potevo inventare una balla migliore? Ci saranno più o meno 8 gradi. - Come vuoi - mi sorrise - comunque io sono Louis, Louis Tomlinson e tu? - cazzo, il suo sorriso. - Io mi chiamo Sophie - gli dissi stringendogli la mano che mi stava porgendo. - Bene Sophie, non penso di averti mai visto da queste parti quindi presumo che ti sei appena trasferita - mi sorrise. - Sei un mago per caso? Sì, è vero. Io sono nata e ho vissuto in Australia fino a poco tempo fa quando i miei mi hanno detto che ci saremmo dovuti trasferire a causa del lavoro di mio padre- gli dissi. - E non sei felice immagino- contastò. - Eh già. Vedi lì ho lasciato tutto il mio mondo, la mia casa d'infanzia, gli animali, l'oceano, tutto insomma- e presa dalla nostalgia cominciai a raccontargli la mia storia fino a quando non posai lo sguardo sul cellulare e vidi che erano già le 20.00. Mamma mi avrebbe sicuramente ammazzato - Senti Louis, adesso devo proprio andare. Dovevo essere già da un pezzo a casa e adesso devo correre- gli dissi. - No problem, ti accompagno io in moto- e mi fece l'occhiolino. - Ok grazie- risposi. Abbracciata a lui sulla moto sentii delle emozioni strane che mai fino ad allora avevo provato: le farfalle nello stomaco, le guance arrossate, il cuore che tra un pò mi sarebbe scoppiato dal petto. Cosa mi stava succedendo? Quando arrivammo, ringraziai Louis e feci per entrare in casa quando all'improvviso mi sentii trascinare da qualcuno. Era Louis che mi diede un bacio sulla guancia prima di andarsene e di lasciarmi lì come una scema con una faccia da ebete che si portava una mano sul punto in cui la guancia era stata sfiorata dalle labbra. Louis. E mentre mi voltai per entrare dentro, paragonai i suoi occhi all'oceano.

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