La Nostra Vita di Matt2291 (/viewuser.php?uid=107961)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Noi Siamo Fairy Tail! ***
Capitolo 2: *** Vite comuni ***
Capitolo 3: *** Nuovi (vecchi) approcci ***
Capitolo 4: *** Mi ricorda qualcosa ***
Capitolo 5: *** Come una fiaba ***
Capitolo 6: *** Dove arriva l'amore ***
Capitolo 7: *** Oltre le parole ***
Capitolo 8: *** Nel cuore del coraggio ***
Capitolo 9: *** Il silenzio di un ricordo ***
Capitolo 10: *** Gli occhi della luna ***
Capitolo 11: *** Questa strana realtà ***
Capitolo 12: *** Il sogno di proteggerti ***
Capitolo 13: *** Punto di non ritorno ***
Capitolo 14: *** Come siamo ora ***
Capitolo 15: *** Avvolti nell'ignoto ***
Capitolo 16: *** Attacchi e Memorie ***
Capitolo 17: *** Esplorazione ***
Capitolo 1 *** Noi Siamo Fairy Tail! ***
***
Anno
x792.
A
circa 10km fuori da Magnolia c’è una tranquilla foresta,
ricca nella sua natura incontaminata e brulicante di molte specie di
animali.
Un
luogo poco conosciuto, se non per veri amanti della quiete. Un posto
dai profumi delicati o intensi, ma sempre piacevoli.
Da
quel magnifico paradiso, ora, sgorgavano sangue e morte.
Vari
crateri avevano preso il posto degli alberi che vi erano prima,
mentre altri semplicemente marcivano; le foglie secche si
sgretolavano in parti finissime che scomparivano al minimo accenno di
vento.
Sangue.
Sui
tronchi morti, vicino a pochi cespugli imbruniti e anche tra la
polvere, carcasse di poveri animali che si erano solo ritrovati per
caso da quelle parti giacevano immobili nella loro linfa vitale che
ora era sparsa ovunque, come se un qualche pennello gigante si fosse
divertito a ricolorare tutta la zona con quell’orrendo color
cremisi.
Man
mano che ci si addentrava si potevano scorgere le zone più
colpite, dove non era rimasto più nulla se non pochi rami
secchi e polvere, tanta polvere.
L’ultima
esplosione aveva causato una gran nube di terra che non mostrava
quasi nulla di quel che restava della vegetazione, ma ciò che
principalmente si potevano udire, erano le grida e i pianti
disperati.
Sporca,
stanca e distrutta, sia nel corpo che nell’animo, Lucy
Heartphilia piangeva tutte le sue lacrime di quell’orrore che
stava vivendo.
Il
sangue le sporcava i suoi bei capelli dorati, ora opachi e privi di
lucentezza, alcune ciocche erano state strappate via e aveva ferite
ovunque, una profonda al fianco sinistro che era stata bendata con
una veste strappata.
A
terra, come le sue chiavi, sparse vicino a lei, quasi fossero state
buttate perché inutili. Ma non era così.
La
verità era che Lucy non ce la faceva più, aveva perso,
si era arresa e desiderava solo che tutto finisse in un istante. Era
stanca, perché non sentiva altro che paura, dolore e
sofferenza, troppa sofferenza.
-
L-Lucy… -. Un lamento che le sue orecchie aveva sentito troppe
volte in quel breve lasso di tempo, e mai prima di quell’incubo.
C’era
un ragazzo nella gilda di Fairy Tail, che non mostrava mai le sue
spalle al nemico, né mai aveva anche solo pronunciato una
parola che fosse sinonimo di “arrendere”. Quel ragazzo,
aveva la testa poggiata sulle sue gambe, ricoperto di sangue e colmo
di lacerazioni che non accennavano a stagnarsi.
-
N-Natsu! Ti prego, resisti! - si disperò tra le lacrime Lucy,
osservando il suo compagno come mai lo aveva visto.
Altri
lamenti, molti.
Intorno
a lei, tutti i suoi compagni erano a terra, nelle condizioni di Natsu
o meno, ma anche peggio, come Erza, che non si muoveva più da
qualche minuto.
Lucy
avrebbe voluto andare a vedere come stava, se era ancora viva, ma non
riusciva a muoversi, il suo corpo tremava e basta. A malapena
riusciva a sentire il proprio respiro.
L’aria
era impregnata di un odore ferroso, insieme al tanfo che proveniva da
tutto ciò che era intorno a loro, ormai privo di vita.
Gray
era a pochi passi da lei, respirava a fatica ma sembrava ancora in
grado di reggersi in piedi. Sull’addome, come sulle gambe,
aveva chiuso alcune ferite con il suo ghiaccio, ma era comunque molto
provato. Si voltò verso Lucy, il viso era ancora più
pallido di come se lo ricordava ed era stremato dalla battaglia che,
probabilmente, non sarebbe durata ancora molto.
-
Come sta? - domandò, facendo un debole cenno verso il corpo
dell’amico.
Lucy
guardò ancora una volta Natsu e avvertì un conato di
vomito quando quell’immagine orrenda e drammatica si ripresentò
di nuovo ai suoi occhi.
Si
coprì la bocca con una mano e strinse gli occhi. Deglutì.
-
C-credo che abbia qualche costola r-rotta e ha p-perso molto s-sangue
-.
Faceva
male anche parlare, probabilmente anche lei ne aveva qualcuna rotta e
anche inclinata. Il fianco le doleva terribilmente.
Gray
strinse i denti e voltò la testa di scatto, come a voler
scacciare le parole che aveva appena sentito. Tornò a guardare
davanti a sé, e si odiò, perché, come gli altri,
non era stato in grado di fare nulla.
Un
doloroso mormorio alle sue spalle lo fece irrigidire. Si voltò,
lentamente, e il respirò gli si mozzò quando trovò
Lluvia trascinarsi a fatica sulle braccia, mentre tentava di
chiamarlo.
La
raggiunse più in fretta che poté, si inginocchiò
accanto a lei e l’aiutò a mettersi seduta.
-
Piano, Lluvia, non sforzarti - pronunciò in un sussurro. Era
così mal ridotta che temeva che si sarebbe sgretolata tra le
sue mani se non avesse fatto attenzione.
-
Grazie… Gray-sama… -.Veder Lluvia tentare di sorridere
in quella situazione così disperata gli fece pizzicare gli
occhi, ma si trattenne, non poteva lasciare che il suo animo
crollasse o sarebbe impazzito.
Tutti
erano malridotti, anche Gerald e Meldy, che erano giunti in aiuto di
Fairy Tail, seppur inutilmente.
Wendy
e Charle erano poco lontano, entrambe svenute e ricoperte di ferite e
terra; lì vicino, Levy, ridotta male come gli altri, cercava
di vegliare su di lei. Non muoveva il braccio sinistro da un po' e
Lucy, con orrore, se n'era accorta.
Come
era potuta accadere quella completa disfatta? Ma soprattutto, chi o
cosa ne era la causa?
I
corpi dei maghi erano sparsi, ma seguivano un certo ordine: formavano
un grande cerchio, come se all’interno di questo si fosse
sprigionata un’esplosione che li aveva lanciati un po’
ovunque, e probabilmente era stato così.
Infatti,
al centro di tutti, si stagliava qualcosa. Una figura.
La
poca polvere rimasta sospesa nell’aria poco a poco si stava
depositando a terra, accarezzata da una leggera brezza proveniente
dal nord.
Apparve
una veste scura, circondata da un’aura sinistra, demoniaca
forse, ma per nulla rassicurante, anzi.
Un
paio di occhi scuri osservarono freddi e atoni i vari maghi che poco
prima aveva respinto con facilità, usufruendo di un potere
troppo grande da contrastare.
Mirajane
Strauss, utilizzatrice del Satan Soul, il Take-Over forse più
potente di tutti, stava tremando.
Se
era necessario, quella candida e dolce ragazza poteva diventare un
demone e combattere come tale, ma mai si sarebbe aspettare di doverne
affrontare uno vero.
Sì,
perché quello non era un uomo, neppure un mostro,
quell’appellativo era fin troppo buono per quell’essere
che era stato capace di fare una strage.
Come
se avvertisse ogni pensiero, la figura si voltò verso
l’albina, che sussultò e strinse ancor più il
corpo svenuto della sorella, Lisanna, che mostrava ematomi e ferite
in tutto il corpo, come tutti del resto. Tutti tranne Lui.
-
È viva? - disse improvvisamente la figura alla Strauss,
intuendo che si riferisse alla sorella. Abbassò lo sguardo e
strinse i denti, l’aveva già persa una volta e non
voleva che succedesse di nuovo. Semmai fosse successo, l’avrebbe
seguita, senza esitazione.
Alzò
di nuovo il capo e fece un lieve cenno affermativo, seppur
riluttante.
Poco
distante, Elfman si stava reggendo miracolosamente sulle possenti
braccia, ma che in quel momento non sarebbero neppure state in grado
di sostenere una pietra.
Osservava
gli occhi spaventati della sua sorella maggiore, ma che ugualmente
tentava di reggere lo sguardo distaccato e glaciale del loro nemico.
Strinse
i denti e, con un immane sforzo riuscì a mettersi in
ginocchio, avvertendo comunque fitte lancinanti su tutto il corpo.
Ansimò,
fece un paio di respiri profondi e rialzò lo sguardo.
-
Lascia stare le mie sorelle! - urlò, lasciando però
trapelare una nota di timore. Non avrebbe visto le proprie sorelle
lasciare quel mondo, il primo sarebbe stato lui, nell’atto di
proteggerle.
La
figura voltò gli occhi, e in seguito si degnò di
mostrare il suo viso al ragazzo, che a stento si stava mettendo in
piedi.
-
T-Tu… -. Si rialzò, seppur ancora con la schiena
ricurva. - Non hai… -. Alzò maestosamente il suo
possente busto, mostrando un sorriso di scherno che sembrava più
una smorfia per trattenere il dolore che sentiva.
-
Ancora vinto! -.
Un
evidente tremolio attraversò il corpo di Mira, che con occhi
sbarrati e terrorizzati, muoveva meccanicamente la testa in segno di
negazione, mentre dalle sue labbra non proveniva che un flebile
sussurro, continuo, perentorio.
Diceva
“No”.
-
Tu, desideri morire? - chiese lentamente e con voce gelida la figura
del ragazzo dai capelli corvini, che aveva lasciato la sua postazione
e si stava avvicinando a Elfman.
-
Fermati -.
Il
sandalo scuro rimase per un momento sospeso in aria, poi, con grazia,
tornò a posarsi a terra.
-
Basta così, Zeref - disse ancora il ragazzo alla sue spalle,
dal quale provenivano flebili scariche elettriche.
-
Laxus, che stai facendo? - soffiò Mira, più a se stessa
che al biondo. Ma non venne udita.
Il
mago oscuro si voltò per metà e osservò
alternativamente i due maghi rimasti in piedi.
-
Voi, non mi interessate -.
Alzò
entrambe le mani e in un istante generò una sfera nera in
ciascuna di essere che lanciò addosso ai due. Elfman venne
colpito in pieno, sotto lo sguardo sconvolto di Mirajane, mentre
Laxus tentò un contrattacco, ma ancora prima di sferrare il
suo colpo venne spazzato via da una seconda sfera.
I
presenti, quelli che per lo meno erano ancora coscienti, assistettero
impotenti a quell’attacco che aveva scaraventato via entrambi
quei possenti corpi come fossero state piume sospinte dal più
brutale dei tornado.
Finirono
diversi metri più lontano, ancora una volta tra la polvere.
Un
forte gemito di dolore, un tonfo e uno slittamento tra la terra. Più
nulla.
-
Tu, maledetto! -.
Un’improvvisa
fiammata investì in pieno Zeref, che scomparve tra le fiamme.
Natsu
si era rialzato, mostrava un grande affaticamento e lo sforzo di
quell’attacco l’aveva rimesso in ginocchio.
Lucy
gli fu subito accanto e cercò di sostenerlo, anche se non
poteva fare molto con le sole forze rimaste.
Provato
e debilitato dalla perdita di sangue, il rosato afferrò con
fermezza la mano di Lucy, che sussultò.
-
Natsu? -.
-
Lucy, va via, se rimarrai ancora qui, morirai - mormorò,
ansimante.
La
bionda strinse istintivamente la mano del ragazzo e nella sua mente
quelle parole assunsero un’aura veritiera. Se fosse rimasta lì,
sarebbe certamente morta, ma…
Abbassò
lo sguardo. I suoi occhi stanchi si nascosero sotto una frangia
lurida e fuori posto, indecente l’avrebbe definita lei stessa
se si fosse guardata allo specchio.
Sospirò.
-
Non voglio… - sussurrò.
-
Lu… -.
-
Non voglio! - Alzò stavolta la voce, guardando con immane
determinazione ma malcelata sofferenza Natsu.
Le
fiamme erano scomparse e al loro posto restava solo un po’ di
fumo che stava sparendo velocemente. Zeref era ancora lì.
Un’aura nera lo aveva protetto dall’attacco, lasciandolo
incolume.
I
suoi occhi, privi di una qualsiasi emozione, ora si erano soffermati
su Natsu, su colui che aveva atteso per tanto tempo.
-
Lo sai, Natsu, se me ne andassi ora, perderei tutto - sussurrò
malinconicamente Lucy. La sua voce parve incrinarsi, ma mantenne
comunque un tono fermo e delicato. Alzò lo sguardo, e Natsu
trattenne il fiato.
-
È molto più divertente quando siamo insieme, te lo
avevo già detto, no? -.
Il
sorriso di Lucy era consapevole che il suo futuro e quello di
chiunque fosse lì era appeso a un filo sottilissimo, in
procinto di strapparsi da un momento all’altro.
Natsu
strinse i denti e guardò preoccupato la sua compagna.
Sollevò
piano una mano, superò il mento e le labbra di Lucy, ancora
aperte in quel sorriso che aveva paura di ciò che sarebbe
successo a lei e alle persone a cui voleva bene, e cacciò via
una lacrima che le aveva attraversato la guancia. Quando vide il
sorriso di Natsu, riuscì a percepire il calore di quel gesto
che le irradiò tutto il corpo e restituì la speranza.
Speranza.
-
Fairy Tail ti ha cambiata molto, Lucy. Hai capito che questa famiglia
resta sempre unita e combatte per e con i propri compagni. Sempre -.
I
suoi occhi fiammeggiarono, e con nuova determinazione si rimise in
piedi sulle sue gambe.
Alzò
lo sguardo sul mago oscuro, che rimase impassibile.
La
rabbia delineò il viso di Natsu, quasi a cambiarne i
particolari. Alcune squame di drago comparvero sotto i suoi occhi e i
canini gli si allungarono.
-
Zeref! - Ruggì iracondo, con una voce che spaventò
Lucy, il quale osservava pietrificata il ragazzo che aveva di nuovo
intenzione di affrontare colui che li aveva sconfitti tutti quanti.
Come
ci riesce?
La
sua sciarpa veniva cullata dolcemente dal vento mentre al contempo
l’aura di energia che proveniva dal suo corpo la faceva
vibrare.
-
Fairy Tail non cadrà per mano tua, nessuno di tutti noi lo
permetterà! -.
Come
se le sue parole risultassero l’alba di un nuovo giorno, tutti
i maghi cominciarono ad alzarsi: Gray si affiancò a Natsu,
Lucy si asciugò le lacrime e raccolse le sue chiavi, le ripose
poi nella loro custodia, ma ne tenne comunque una in mano, pronta a
dar battaglia. Anche Erza, rinvenuta poco prima, si era rialzata ed
ora indossava l’armatura del fulmine. Roteò la sua
lancia e si affiancò a Lucy.
Laxus,
Elfman, Mirajane, Lisanna ma anche Lluvia, Freed, Evergreen, Cana,
Gajeel, Levy e tutti gli altri, si issarono di nuovo, spinti dalle
parole del Dragon Slayer di fuoco.
La
famiglia di Fairy Tail aveva appena ritrovato la lucidità di
cui aveva bisogno, un punto luminoso e fisso da seguire e tenere nel
proprio cuore.
Insieme,
rappresentavano il vero potere che Fairy Tail aveva sempre
evidenziato.
L’amicizia
di tutti e la volontà di proteggersi a vicenda, di unire i
propri cuori in un bene comune e trasformarlo in una grande forza.
Zeref
guardò confuso tutti coloro che si stavano rialzando e che
ora, lentamente e a fatica, si affiancavano gli uni agli altri. Si
sostenevano, aiutavano a vicenda e non lasciavano nessuno indietro.
Che
sta succedendo?
-
Cosa significa, tutto questo? - Chiese dubbioso, osservando torvo
tutti quanti.
-
Tu non puoi capire - si fece avanti Erza, stringendo la sua lancia.
-
Una famiglia si sostiene in ogni situazione, il loro legame è
più indissolubile di quanto si pensi - intervenne Gerald,
posando una mano sulla spalla della Scarlett.
-
Noi, anche nelle avversità, non ci lasciamo condizionare! -
parlò coraggiosamente Levy.
-
Anche quando abbiamo paura, ci sosteniamo l’un l’altro -
sorrise Mira, abbracciando Lisanna ed Elfman.
-
Le risse sono uno spasso! - Ghignò Gajeel, tenendosi un
braccio ferito.
-
Ho capito che proteggere i propri compagni, ci rende più forti
- accennò un sorriso Gray, sostenendo per un braccio Lluvia,
che annuì con serenità alle parole del ragazzo.
-
Dare tutto se stessi per raggiungere anche un piccolo obiettivo, in
questa nuova casa ho compreso il valore dell’amicizia e che ciò
che conta è solo il presente vissuto con le
persone più importanti - disse con sicurezza Lucy,
guadagnandosi placidi sguardi di assenso.
-
Noi siamo Fairy Tail, il legame che ci unisce è il più
forte che tu possa trovare a questo mondo! - Esplose come un vulcano
Natsu, avvolgendosi completamente tra le fiamme e assumendo
un’espressione terrorizzante.
-
Noi non ci arrenderemo. Mai! - Il suo grido d’incitamento
attraversò i cuori di tutti i presenti, che esplosero in un
boato che squarciò il cielo e ridiede loro il coraggio di
farsi avanti, proseguire e non arrendersi più.
Natsu
aveva dentro di sé quel grande potere, la capacità di
persuadere con la propria forza d’animo chiunque lo ascoltasse
e gli fosse vicino. Lui era impavido, caparbio ma anche fin troppo
impulsivo. Le sue parole avevano comunque ridato nuova grinta a
tutti.
-
Andiamo! -.
Fairy
Tail non era semplicemente una gilda dove si riunivano molti maghi,
ma era un unico cuore, che batteva per tutti, e anche in quel
momento, la vita stava battendo all’impazzata in ognuno di
loro.
Il
marchio di Fairy Tail li avrebbe sempre protetti.
Nello
stesso tempo, Zeref non riusciva a comprendere appieno il significato
delle loro parole.
Il
mondo era solo un’illusione di bontà, ogni luogo che
aveva visto nella sua lunga vita rivelava sempre la malvagità
degli individui che si sovrapponeva al bene, che veniva
inevitabilmente soppresso.
Non
vigevano regole, i sogni si dimostravano solo fantasie per credere
che la propria esistenza avesse uno scopo, ma nulla era vero.
Rimasto
lontano da tutto e tutti per centinaia di anni, desiderò solo
sparire e dimenticare gli orrori che lo avevano segnato a vita.
Incise a chiare lettere, sulla sua anima, le parole “morte”,
“sofferenza” e “rabbia” si ripercuotevano in
un periodico cerchio nella sua testa, logorandolo sempre più
da tempo sconosciuto.
Ed
ora era lì, a combattere contro coloro che pensavano di aver
trovato il loro posto nel mondo.
Si
sbagliavano.
Erano
solo alcuni dei tanti illusi che ancora esistevano.
Erza
e Laxus caricarono i loro fulmini, Natsu le sue fiamme, Lucy strinse
la sua frusta in una mano e una chiave nell’altra, Mira si
trasformò nell’ultimo stadio del Satan Soul, Gray unì
le mani e così tutti gli altri, si prepararono a sferrare i
loro colpi migliori, in quello che sarebbe stato il loro ultimo
attacco.
Zeref
non si mosse, i suoi occhi si chiusero solo qualche istante, giusto
il tempo per formulare un unico pensiero.
Vi
sbagliate.
Un’enorme
forza magica spazzò via terra e polvere dal campo di
battaglia, lasciando quella sottostante integra e compatta.
Ancora
una volta, un’aura scura avvolse Zeref, che riaprì gli
occhi, mostrando le sue iridi rosso sangue.
I
maghi di Fairy Tail però, non si fermarono o indietreggiarono,
anzi, continuarono coraggiosamente ad avanzare.
I
loro sguardi non mostravano più alcun timore o paura, il
coraggio e la passione scorreva nelle loro vene e si poteva ben
percepire la loro determinazione.
L’anima
di Fairy Tail non aveva vacillato.
Il
mago oscuro sollevò un braccio verso il cielo, e in pochi
secondi, un’aura nera avvolse ogni cosa nel raggio di centinaia
di metri, compresi tutti i maghi.
La
devastazione di quello strano fenomeno stava spazzando via alberi,
carcasse di animali e qualsiasi altra cosa che interponeva nel suo
cammino. Le speranze di salvezza, forse, si erano davvero esaurite.
Poco
lontano, su un’altura tra le rocce, la figura minuta di una
ragazza con lunghi capelli biondi e buffe ali d’angelo che le
uscivano si lati della testa osservava, priva di emozioni, tutta la
scena.
Mavis
Vermillion chiuse gli occhi, aprì le braccia e si lasciò
cadere nel vuoto, precipitando per diverse decine di metri, finché
anche lei non finì all’interno di quella nube
distruttrice.
Pochi
secondi dopo, all’interno, si sprigionò un intenso
bagliore bianco, che avvolse tutta l’enorme cupola.
La
luce sostituì le tenebre e divenne sempre più luminosa
e abbagliante,
finché, ad un tratto, si dissolse completamente e scomparve.
In
quella che una volta era una magnifica e rigogliosa foresta, non
restò nulla, se non Zeref. Il mago oscuro abbassò il
braccio e scrutò con aria atona il cielo, notando solo in quel
momento che un tramonto rosso tenue era ormai prossimo.
- Mavis…
- Disse solamente, prima di avanzare un passo e prendere una
qualsiasi direzione.
Angolo
Autore:
Salve!
Questa è la
prima storia che pubblico su Fairy Tail, manga che mi ha appassionato
in pochissimo tempo **
Spero che la
seguiate e vi piaccia, sarà un qualcosa con risvolti
particolari e sorprendenti (credo .-.)
Intanto, grazie per
aver letto questo capitolo ^^
Ciao!
Matt
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Capitolo 2 *** Vite comuni ***
***
Era
una tranquilla mattina di inizio autunno. I tetti trattenevano
qualche foglia caduta e il vento ne sospingeva molte altre mentre
l’aria ritrovava la freschezza che non esisteva in estate,
quando ogni notte veniva disturbata dal calore e dall’afa.
All’interno
di una camera, un ragazzo sonnecchiava pacificamente nel suo letto,
quando, improvvisamente, la sveglia cominciò a suonare.
Segnava le 07:30 del mattino.
Con
malavoglia, fece uscire una mano da sotto le coperte e cominciò
a tastare la spalliera del letto, il comodino, la lampada li vicino,
alla ricerca della fonte di quel fastidiosissimo suono. Una volta
trovata, zittì la sveglia con un colpo sicuro.
Pigramente,
riuscì a mettersi seduto sul materasso, tra sospiri e
incomprensibili mugugni.
Si
guardò intorno, mentre la vista tentava di rimettere a fuoco
l’ambiente intorno a lui.
Si
voltò verso la finestra, scoprendo con delusione che il tempo
era nuvoloso e che probabilmente gli sarebbe toccato andare a scuola
sotto la pioggia.
Spostò
lo sguardo ai suoi piedi e accennò un sorriso; il suo gatto
stava ancora dormendo sul tappeto lì vicino e un po’ lo
invidiò.
Stiracchiò
le braccia verso il cielo e, con uno scatto, si mise in piedi,
dirigendosi verso il bagno.
Si
lavò la faccia, tolse il pigiama, sistemò alla meglio i
capelli, che come al solito erano sparati come volevano e tornò
in camera. Si infilò i soliti vestiti della scuola, mise le
calze e un paio di scarpe scure, prese lo zaino, accarezzò il
suo gatto un paio di volte e uscì dalla camera, salutandolo e
dicendo che sarebbe tornato più tardi.
Scese
velocemente le scale e come al solito, un profumo di pancake lo
investì in pieno, facendogli spuntare il primo vero sorriso
della giornata.
Svoltò
verso la cucina e trovò sua madre ai fornelli, con la sua
solita acconciatura da ventenne, anni che assolutamente non aveva ma
dimostrava e un grembiule rosa pallido a coprirle il corpo longilineo
e curato. Trasmetteva un’aura di serenità senza pari.
-
Buongiorno, mamma! - salutò allegro il figlio, prendendo posto
sulla sedia.
-
Oh, Natsu, buongiorno - sorrise amorevolmente sua madre, voltandosi
con i suoi scintillanti occhi verdi.
Il
ragazzo prese la teca dal bollitore del caffè e se ne porse
una tazza, aggiunse un paio di cucchiaini di zucchero e cominciò
a mescolare.
-
Oggi cominci l’ultimo anno di superiori. Mi raccomando,
metticela tutta e tieni sempre a mente che hai gli esami! - gli
ricordò con zelo la donna, prendendo anche lei una tazza di
caffè e sedendosi a l'altro lato del tavolo.
Natsu
storse le labbra e sbuffò.
-
Vedrò che posso fare – tagliò corto, prima di
degustare la sua bevanda.
-
Niente scuse e tieniti al passo con i studi! - lo minacciò,
senza però apparire davvero spaventosa.
Il
ragazzo poggiò la tazza sul tavolo, prese una brioche e la
ingurgitò in pochi secondi, corse in bagno a lavarsi i denti e
ritornò di nuovo in cucina, prese lo zaino, salutò sua
madre e corse fuori, prendendo la strada che l’avrebbe condotto
verso la scuola.
Il
cielo non era minimamente cambiato, anzi, sembrava che le nuvole si
fossero fatte ancora più minacciose di quanto non lo fossero
pochi minuti prima. Si diede mentalmente dell’idiota per aver
lasciato a casa l’ombrello, ma ormai era oltre metà
strada e se fosse tornato indietro sarebbe sicuramente arrivato in
ritardo, così accelerò il passo e pregò che il
tempo tenesse ancora per una decina di minuti.
Neanche
a farlo apposta che la prima goccia lo colpì un secondo dopo
aver formulato quel pensiero.
-
Ma allora ce l’hai con me! - urlò verso il cielo,
probabilmente a quella che doveva essere l’entità che
governava la pioggia.
Al
suo fianco c’era il tendone di un negozio di DVD, chiuso quella
mattina ma comunque gli bastava avere uno spazio per evitare di
bagnarsi, così ci si infilò sotto e attese che
spiovesse.
La
pioggia aumentò di intensità e questo gli fece
constatare che probabilmente sarebbe arrivato tardi alla cerimonia di
apertura del terzo anno. Forse avrebbe fatto meglio a mettere da
parte il suo odio per la pioggia e cominciare a correre.
Stava
per farlo, quando, poco lontano, sbucò una figura con un
ombrello in testa, che camminava con assoluta calma e disinvoltura
sotto quel diluvio.
Natsu
aguzzò la vista e vide che portava nella mano una cartella
scolastica della sua stessa scuola.
Forse
può aiutarmi.
Non
appena la ragazza gli passò affianco, la chiamò.
Questa,
spaventata, si voltò di scatto, indietreggiando un passo.
-
S-Sì? - disse, balbettando e alquanto timidamente. Indossava
un lungo cappotto blu cobalto e portava un cappello di pelo, molto
più scuro.
-
Scusami se ti ho spaventato, mi chiamo Natsu - disse con più
calma, mostrando un ampio sorriso.
-
E, cosa vuoi da Lluvia? - chiese confusa, avanzando di un passo ma
tenendo sempre la guardia alta.
Il
ragazzo si scompigliò i capelli, in difficoltà con
quanto doveva dire, ma se non l'avesse fatto si sarebbe ridotto a uno
straccio inzuppato.
-
Ecco, purtroppo la pioggia mi ha preso alla sprovvista e non ho
l’ombrello con me. Stavo per mettermi a correre quando ti ho
vista, e ho pensato di chiederti, sempre che tu voglia, di potermi
scortare fino a scuola -.
La
ragazza piegò il capo di lato e si sorprese un po’ per
quella richiesta. Esaminò meglio il ragazzo e notò che
aveva lo stemma della sua stessa scuola. Dai colori, sembrava anche
lui dell’ultimo anno.
-
Ecco, veramente Lluvia non sa se… - sussurrò,
stringendo le spalle nel cappotto.
-
Tranquilla, non sono un malintenzionato! - Intervenne velocemente il
ragazzo, prendendo poi lo zaino e aprendolo, mostrando il contenuto
alla ragazza.
-
Non ho neppure oggetti pericolosi con me come puoi vedere, quindi non
c’è niente di cui preoccuparsi - sorrise ampiamente,
richiudendo poi lo zaino e rimettendoselo in spalla.
La
ragazza ci pensò ancora un momento, ma dopotutto non aveva
nessun motivo apparente per rifiutare.
Che
tipo strano, pensò,
avvicinandosi comunque a Natsu.
-
Va bene - sospirò. Natsu non perse tempo e, velocemente, si
infilò sotto il riparo della ragazza, ringraziandola.
Con
gentilezza, gli tolse l’ombrello di mano e lo tenne lui, poiché
era anche un po’ più alto e non poteva certamente
camminare gobbo tutto il tempo.
Ancora
un po’ dubbiosa, la ragazza dai capelli blu gli lasciò
il manico del suo piccolo ombrellino e posò entrambe le mani
sulla cartella che stava portando con l’altra mano.
-
Scusami, ma non ricordo il tuo nome - diede improvvisamente voce ai
suoi pensieri Natsu, mentre ormai entrambi stavano camminando da
qualche minuto.
-
A dir la verità, Lluvia non te l'ha detto - lo corresse,
guardandolo con la coda dell’occhio.
Natsu
si voltò verso di lei e questa distolse immediatamente lo
sguardo, volgendolo verso la pioggia.
Ma
se quando parla dice sempre il suo nome. Magari non se ne accorge.
-
Oh, è vero, scusami - disse pensieroso, chiudendo lì il
discorso. Aveva capito che la ragazza era piuttosto diffidente verso
chi non conosceva, ma non poteva fare molto se lei era così,
no?
-
Lluvia - sentì sussurrare al suo fianco.
-
Come? -.
-
Lluvia, mi chiamo Lluvia - ripeté la ragazza, alzando un po’
più la voce.
-
Piacere mio, Lluvia -.
Il
sorriso di Natsu era come al solito luminoso e trasmetteva
tranquillità e sicurezza, o almeno era quello che gli diceva
sempre sua madre e il ragazzo finì per crederci.
Per
quel motivo, ogni volta che voleva davvero essere riconoscente verso
qualcuno, sorrideva come meglio poteva, un sorriso che gli veniva
naturale e che faceva spesso, come se la vita meritasse solo di
essere accolta in quel modo.
Quando
Lluvia vide quelle labbra delinearsi, non poté evitare di
sorprendersi della dolcezza di quel gesto, così naturale.
Distolse
ancora una volta lo sguardo, rivide nella mente l’istante di
poco prima e le venne naturale portarsi una mano sul petto, a
disagio; probabilmente non le avevano mai rivolto un sorriso migliore
di quello da quando esisteva.
-
Eccoci, finalmente! -.
Lluvia
tornò a guardare davanti a sé e nella fitta pioggia
riuscì a riconoscere l’edificio della scuola.
Le
mura in genere erano bianche e luminose, ma quel maltempo le aveva
particolarmente imbrunite. Lo stemma svettava fiero sopra l’atrio
e sotto recitava il nome della scuola.
Fairy
Tail High School – Mavis Vermillion.
Il
nome della fondatrice era stato inserito solo pochi anni prima, per
ricordare grazie a chi, esistesse quella scuola.
Superarono
il cancello, raggiunsero l’atrio e finalmente entrarono. Natsu
restituì l’ombrello a Lluvia, che richiuse e scosse
dalle gocce di pioggia in eccesso.
-
Ti ringrazio ancora per l’aiuto, mi hai decisamente salvato! -.
-
M-ma no, stai esagerando… - mormorò timidamente,
stringendosi in sé stessa.
L’ingresso
gremiva di studenti, dal primo all’ultimo anno ma per fortuna
il posto era abbastanza ampio per contenerli tutti abbondantemente.
Natsu
si guardò un po’ in giro, riconoscendo subito i volti
dei suoi amici. Stava per raggiungerli, quando si fermò
improvvisamente.
-
Lluvia? -.
La
ragazza sussultò.
-
Sì? -.
-
Se non hai nulla da fare, ti va di venire a conoscere i miei amici?
Sono persone simpatiche - la rassicurò Natsu, avvicinandosi e
guardandola sorridente.
Non
aveva la minima idea di cosa rispondere.
Aveva
passato i primi due anni in un’altra scuola e si era trasferita
lì solo quell’anno e in effetti non conosceva nessuno.
Si
guardò un po’ attorno; quelle nuove facce non le
dicevano assolutamente nulla e il timore di inserirsi in una nuova
classe si stava facendo strada in lei.
Balbettò,
sfregò le mani chiuse in un paio di guanti, come a volerle
scaldare quando in verità stavano bruciando.
Improvvisamente,
il contatto sulla sua spalla le fece alzare lo sguardo e incontrare
gli occhi scuri di Natsu, che la tranquillizzò.
-
Non devi preoccuparti, con me non hai avuto difficoltà, no? -
chiese, guardandola negli occhi blu.
-
Cosa? Lluvia non capisce… - disse confusa, aprendo ancor più
i suoi occhioni.
Natsu
trattenne una risata. Quella ragazza era davvero molto timida ma al
tempo stesso sembrava ingenua oltre ogni modo.
-
Sto solo dicendo che non hai avuto nessuna difficoltà a fare
amicizia con me, e vedrai che con tutti loro sarà ancora più
semplice! Sono persone magnifiche, vedrai -.
Lluvia
sbarrò ancor più gli occhi e restò a bocca
aperta, sapeva di aver capito bene ma doveva esserne sicura.
-
A-amici? Cioè, Lluvia è amica di Natsu? - chiese
ancora, stringendo le braccia al petto.
-
Ma certo, che domande! - disse come fosse la cosa più naturale
del mondo. Lluvia non poteva crederci, era appena arrivata e aveva
già un amico, e presto ne avrebbe conosciuti degli altri.
Quel
felice pensiero le irradiò il viso, aprendole le labbra in un
meraviglioso sorriso che lasciò Natsu interdetto per qualche
secondo.
Una
volta riposto l’ombrello dentro uno dei tanti porta-ombrelli
presenti, il ragazzo trascinò letteralmente Lluvia dietro a
lui, diretto verso un gruppo di ragazzi e ragazze che parlavano
animatamente.
-
Oh, salve a tutti gente! - Salutò allegro Natsu, guadagnandosi
gli sguardi di tutti.
-
Sei in ritardo, fiammifero - lo riprese Gray con un ghigno divertito,
scatenando l’ira del ragazzo, ma ancor prima di poterlo
attaccare, venne circondato da due braccia che gli cinsero il busto.
-
Buongiorno, Natsu! - salutò dolcemente la ragazza albina che
gli si era attaccata e che non sembrava intenta a staccarsi.
-
Ah, ciao Lisanna, sembri di ottimo umore stamattina - decretò
in imbarazzo Natsu, cercando gentilmente di staccarsi l’amica
di dosso.
-
Suvvia Lisanna, lascia un po’ di respiro a Natsu - intervenne
con zelo un’altra ragazza, anch’egli albina e con lunghi
capelli che gli arrivavano oltre metà schiena.
-
Nee-chan, io stavo solo salutando Natsu - disse contrariata la
ragazza, gonfiando le guance come una bambina e staccandosi
finalmente dal ragazzo, che si allontanò un paio di passi,
sospirando.
-
A quanto pare hai fatto conquiste, ti senti focoso stamattina? - lo
prese in giro una ragazza vicino a lui, con capelli biondi e occhi
scuri. Si sbottonò il cappotto lasciando intravedere, oltre
alla divisa della scuola, un corpo formoso e slanciato.
-
Oh, nulla di nuovo, solo le solite reazioni quando la mia presenza
viene rilevata, mia cara Luigi! - le fece eco il ragazzo,
guadagnandosi un’occhiataccia inviperita.
-
Mi chiamo Lucy, idiota! Da quando mi hai conosciuta l’anno
scorso e hai sbagliato il mio nome la prima volta ti diverti a
chiamarmi in quel modo per farmi imbestialire! - ringhiò
adirata, lasciando però sul viso del ragazzo un’espressione
soddisfatta.
-
A quanto pare funziona ancora - convenne Natsu, per poi mettersi a
ridere sotto lo sguardo furioso della bionda.
La
bionda stava per ribattere, quando alle spalle del ragazzo, vide una
ragazza vestita con ogni tonalità di blu. Aveva il capo chino
e sembrava triste.
-
Scusami? - si fece strada Lucy, superando il ragazzo che solo in quel
momento si era ricordato che doveva presentare Lluvia a tutti.
Oddio,
sono un'idiota!
Quando
la bionda gli fu davanti e gli chiese chi fosse, Lluvia non seppe
cosa fare, tanto che stava quasi per fuggire via. Se non fosse stato
per Natsu che la raggiunse subito, prendendola per le spalle,
probabilmente si sarebbe fatta strada tra i vari studenti per
sparire. La spinse in mezzo a tutti, con fare gentile.
-
Ragazzi, questa è Lluvia, e mi ha salvato la vita - presentò
a tutti, scatenando un brusio di perplessità.
-
Ti ha salvato la vita? Andiamo, non starai esagerando? - fece
perplessa Lucy, guardando torva il ragazzo.
-
A dire il vero, mi ha accompagnato fin qui sotto il suo ombrello, io
non lo avevo - confessò, guadagnandosi occhiate basite.
Lluvia
sentì l’imbarazzo crescere ed ebbe la sensazione che
quella situazione non si era rilevata affatto semplice come le aveva
assicurato Natsu.
Improvvisamente,
vide una mano tendersi verso di lei. Alzò lo sguardo e trovò
la figura minuta di una ragazza dai capelli di un colore simile ai
suoi, forse solo un po’ più chiari e uno sguardo gentile
a rassicurarla.
-
Piacere, io sono Levy. Da come Natsu ti ha presentato sembri una
persona gentile e premurosa, sono sicura che andremo d’accordo
- sorrise la ragazza, facendo mostra di un’espressione dolce.
Seppur
titubante, Lluvia alzò la sua mano per stringere quella della
ragazza, quando si accorse che stava per farlo con ancora indosso i
guanti. Armeggiò freneticamente per toglierseli e si presentò.
-
Piacere mio, io sono Lluvia e sono f-felice di fare la tua conoscenza
-.
Un
po’ per volta, si presentarono tutti e Lluvia si rese conto che
Natsu aveva proprio ragione: nonostante la difficoltà
iniziale, il suo cuore si era rilassato quando quelle facce che prima
la vedevano in modo strano, ora le sorridevano pacificamente.
-
Io sono Gray - si presentò un ragazzo con occhi scuri e
capelli corvini con particolari riflessi blu. Portava la divisa della
scuola sulla spalla e nonostante facesse abbastanza freddo, era
rimasto semplicemente con una maglietta a mezze maniche bianca e blu.
-
Devi sapere che questo fiammifero detesta la pioggia, e ad essere
sincero, non mi sorprende che abbia abbordato la prima ragazza con un
ombrello per salvarsi da quattro gocce - fece sarcastico,
guadagnandosi un’occhiata di fuoco dal rosato che si stava già
preparando alla rissa.
-
Brutto ghiacciolo pervertito, non dire fesserie! -.
-
Ah! Vuoi dirmi che non è vero, fiammifero bruciacchiato?! -.
I
due stavano per passare alle mani, quando una figura si mosse
velocissima e assestò un pugno in testa a ognuno di loro,
mettendoli al tappeto, doloranti.
-
Finitela una buona volta, chiaro?! - ringhiò una ragazza ai
due malcapitati, che quando videro di chi si trattava, tremarono
spaventati.
-
T-tranquilla, Erza, hanno capito e non lo faranno più, vero? -
disse in tono eloquente Lucy, dando un’occhiata fugace ai due,
che annuirono vigorosamente.
La
ragazza con lunghi capelli rossi lanciò un’ultima
frecciatina sui due ragazzi, per poi andarsene.
-
Wow, certo che la nostra rappresentante del consiglio studentesco è
davvero agguerrita - parlò un ragazzo appena arrivato,
guadagnandosi gli occhi di tutti i presenti a quella scenetta.
-
Professor Gerald! Che ci fa qui? Non dovreste essere nella sala del
consiglio per stabilire gli ultimi particolari della cerimonia di
apertura? - chiese confusa Mirajane.
Gerald
mise le braccia conserte e sorrise, il suo tatuaggio sull’occhio
sinistro si raggrinzì leggermente e i suoi capelli blu si
mossero insieme a lui quando fece alcuni passi per andarsene.
-
Abbiamo finito, tra cinque minuti si entra. Mi raccomando, siate
educati con quelli del primo! - si raccomandò, prima di
sparire nella massa di studenti e ritornare per i corridoi della
scuola.
-
Secondo me, stava seguendo Erza - se ne uscì semplicemente
Lisanna, ricevendo assensi da tutti quanti.
Natsu
tese le braccia verso l’alto, in un gesto liberatorio, e con un
rilassante sospiro aprì ancora una volta le labbra in un nuovo
sorriso.
-
Bene, direi che quest’anno è cominciato nel migliore dei
modi, ci saranno nuove persone da conoscere e abbiamo una nuova
amica! - Esclamò, felice, rivolgendosi a Lluvia
e sperando di trovarla contenta, solo che quando si voltò,
vide la ragazza a fissare un punto fisso. Storse le labbra, confuso.
-
Lluvia? - la chiamò, senza però ottenere risposta. Si
avvicinò alle sue spalle, e osservando i suoi occhi,
stranamente lucidi, cercò di capire dove stesse guardando.
Seguì
la traiettoria, ma non vide nulla di strano.
-
Ehi, Gray! Puoi scostarti un momento? -.
Il
ragazzo osservò perplesso l’amico, che gli faceva gesto
di scansarsi. Scrollò le spalle, mise le mani in tasca e fece
alcuni passi di lato.
Natsu
tornò a guardare nella direzione di Lluvia, ma si rese conto
che quest’ultima aveva spostato lo sguardo da un’altra
parte, dove si era messo Gray.
Stava
osservando lui?
Dal
canto suo, Lluvia si sentiva strana.
Da
quando quel ragazzo, Gray, si era presentato a lei, non aveva smesso
un momento di guardarlo. Non seppe dire quanto tempo fosse trascorso,
ma era sicura che qualcosa, nella sua mente ma soprattutto nel suo
cuore, si era mosso.
-
Lluvia! - si sentì chiamare vicino l’orecchio,
abbastanza improvvisamente da farla sobbalzare e quasi cadere se non
fosse stato per l’intervento di Natsu.
-
Scusa, non volevo spaventarti! - Fece mezzo preoccupato il ragazzo,
lasciandole la mano con il quale l’aveva sorretta.
-
T-Tranquillo, non fa niente - mentì, mentre cercava di calmare
i battiti del suo cuore.
Voltò
ancora una volta lo sguardo verso Gray, e per un istante ebbe la
sensazione che la stesse guardando anche lui con la coda dell’occhio.
-
Ma, Lluvia, mi stai ascoltando? -.
La
ragazza si sentì scrollare leggermente la spalla e tornò
a guardare davanti a sé, il quale trovò
lo sguardo torvo di Natsu ad osservarla. Si scusò
immediatamente.
-
Dai, tranquilla. Piuttosto, ti stavo dicendo che è ora di
entrare, andiamo! -.
Solo
in quel momento Lluvia si rese conto che un’enorme massa di
studenti si stava facendo strada attraverso le porte dell’edificio,
diretti, probabilmente, nella palestra dove avrebbe avuto luogo la
cerimonia di apertura.
Dubbiosa
e ancora sovrappensiero, annuì al ragazzo e lo seguì,
per evitare di perdersi in quella scuola che non aveva ancora mai
visitato.
Prima
di confondersi tra gli studenti, cercò ancora una volta il
viso di Gray, che le era sembrato tremendamente familiare, troppo,
secondo i suoi pensieri.
Lo
vide, solo per pochi istanti, ma gli bastò per essere sicura
di una cosa: la stava seguendo con gli occhi.
Angolo
Autore:
Salve!
Dunque, presumo che
all'inizio vi siate sentiti disorientati, ma è proprio così
che deve iniziare!
Avverto che il cap 3
e 4 saranno come questo, di transizione, ma dal 5° in poi ci
saranno sconvolgimenti!
Ringrazio:
bekkuzza_chan e LadyAstral per aver recensito il primo capitolo,
grazie! ^^
Alla prossima, ciao!
Matt
|
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Capitolo 3 *** Nuovi (vecchi) approcci ***
***
La
cerimonia di apertura fu meno noiosa di quanto si pensasse.
Il
preside Makarov Dreyer, un vecchietto alto mezzo metro ma molto
arzillo per la sua età, aveva dato un caloroso benvenuto a
tutti gli studenti, vecchi ma soprattutto nuovi, dal quale si poteva
vedere un barlume di nervosismo.
Aveva
così spiegato che la Fairy Tail High School rappresentava un
luogo dove nulla veniva lasciato al caso, e che per ogni problema,
aiuto e semplice consiglio, professori e lui stesso avrebbero
lasciato la propria porta sempre aperta.
“Questa
scuola sarà la vostra famiglia per i prossimi anni, spero
davvero che vi troverete bene!”.
Cosi
aveva detto, e un applauso accolse quelle parole.
Finita
la cerimonia, ogni professore, con una lista in mano, cominciò
a chiamare gli studenti che avrebbero formato ogni classe.
Natsu
e Lucy erano seduti uno affianco all’altra, e Lluvia subito
dopo Lucy, che sembrava aver fatto amicizia con Levy, seduta al suo
fianco; probabilmente tra capelli blu se la intendevano meglio.
-
Che hai Natsu? Sembri stanco - sussurrò piano la bionda,
avvicinandosi all’amico dopo averlo visto sbadigliare e
coprirsi mento e bocca con la sciarpa bianca a scaglie che portava
sempre con sè.
Il
ragazzo mugugnò qualcosa di incomprensibile, guadagnandosi
un’occhiata interrogativa. Abbassò la sciarpa e sospirò.
-
Né, Lucy, hai mai avuto la sensazione di essere fuori posto?
Che tutto quello che facessi non fosse davvero ciò a cui sei
destinata? -.
Lucy
non poté evitare di fare mostra di una faccia estremamente
perplessa.
-
Che intendi? Davvero, ma con quali contorti pensieri filosofici ti
sei svegliato stamattina? - chiese, mettendogli una mano sulla
fronte. Natsu gli lanciò una frecciatina corrucciata.
-
Eppure la febbre non ce l’hai -. Tolse la mano e incrociò
le braccia al petto, guardando di traverso il ragazzo, che sbuffò.
-
Lascia stare, è solo un pensiero che mi è venuto in
mente poca fa, non so nemmeno io il perché - liquidò la
cosa con un gesto sciolto della mano e, con aria annoiata, incrociò
le braccia dietro la testa in attesa dello smistamento delle classi.
Diceva
che non era importante, ma quel pensiero non riusciva proprio ad
accantonarlo. Tutto ciò gli era venuto all’improvviso,
una sensazione simile a quella di smarrimento.
Il
primo anno che aveva varcato le porte di quella scuola era davvero
felice e sentiva che si sarebbe divertito un mondo, e così fu.
Non
era molto bravo nello studio ma in un modo o nell’altro era
sempre riuscito a spuntarla, così come il secondo anno, dove
però arrivò per la prima volta quella sensazione di
poco fa.
Un
anno prima, quando conobbe Lucy, ebbe l’impressione che
qualcosa del genere fosse già successo, esattamente con lei.
Allora
gli chiese se si fossero già visti da qualche parte ma lei fu
sicura di non averlo mai visto prima, e tutto finì lì.
Quando
sbagliò il suo nome, di nuovo quel pensiero lo aveva
tormentato, e non solo per qualche minuto ma per tutto il giorno e
anche quello dopo.
Desiderava
da tutta la vita fare grandi cose, ma non cercava un posto d’onore
tra grandi capi di chissà quale azienda, organizzazione o
simili. Lui voleva l’adrenalina e le vere emozioni che si
provano nei momenti del rischio, quando la tua vita dipende
esclusivamente da una singola azione che farai nel prossimo secondo,
e che deciderà se resterai in vita o no. Quelle erano le
sensazioni che la sua anima chiedeva, e lui l’accontentava come
meglio poteva.
Così,
da quasi sei anni praticava Muay Thai, e nel tempo libero si
dilettava nel Parkour, sport che gli avevano permesso di avere un
fisico asciutto e ben delineato.
Però,
sembrava non bastargli. Gli piaceva quel che faceva, ma non sentiva
di esserne pienamente soddisfatto.
-
Dragneel Natsu -. L’interpellato riemerse dai suoi pensieri al
richiamo del suo nome e si alzò immediatamente per raggiungere
altri studenti che erano stati chiamati.
-
Fullbaster Gray, Heartphilia Lucy e Lockser Lluvia. La classe III F
è completa e può andare -.
Lucy
e Lluvia salutarono Levy, dispiaciuta di non essere in classe con
loro quell’anno, ma comunque si promisero di rivedersi durante
l’intervallo.
Insieme
a tutti gli altri, i quattro amici seguirono il professore verso la
loro classe.
-
Natsu! - squillò una voce, che non gli diede il tempo di farlo
voltare che qualcuno gli si aggrappò alla schiena, cingendogli
il collo con le braccia.
-
Quest’anno sono in classe con te, sono così felice! -
esclamò ancora, stringendo forte il ragazzo e ridendo allegra.
-
Ehi, Lisanna, scendi dalla mia schiena! Cos’è, devo
percorrere tutta la scuola con te sulle spalle? -.
-
Perché no? - Chiese innocentemente l’albina, stringendo
le gambe sull’addome di Natsu. - A me sta bene anche così
- sussurrò suadente, avvicinandosi al suo orecchio e
soffiandoci sopra, gesto che fece rabbrividire il ragazzo.
Con
un gesto secco afferrò le caviglie dell’amica e se le
staccò di dosso, scrollandosi anche le braccia e facendola
scendere in fretta, mentre diversi sguardi facevano finta di non
vederli.
-
Ma uffa! Era divertente! - si lamentò Lisanna, facendo una
faccia teneramente imbronciata.
-
Poteva essere divertente, ma io non mi stavo divertendo! - sbraitò,
prima di voltarsi, sistemare la cartella sulla spalla e riprendere la
sua strada, seguita a ruota dall’albina che gli si affiancò,
cercando di scusarsi.
Natsu
conosceva Lisanna e sua sorella da quando aveva messo piede in quella
scuola e fin dai primi tempi la sorella più piccola aveva
preso l’abitudine di giragli intorno, cosa che non aveva dato
fastidio, anzi, Lisanna era una presenza piacevole e molto spesso si
ritrovavano a parlare in sintonia, senza che la ragazza se ne uscisse
con qualche abbraccio o frase facilmente equivocabile.
C’era
però un’altra cosa, che procurava a Natsu un sacco di
problemi; Lisanna era una ragazza tenace e solare, molto simile a lui
e per questo subiva il suo fascino.
Era
oltretutto molto carina e i suoi grandi occhioni azzurri erano
difficili da evitare quando ti catturavano.
Non
sembrava, ma Natsu non aveva modo di comportarsi normalmente quando
Lisanna mostrava il suo lato audace, semplicemente cercava di
respingerlo e fare finta di niente, ma la verità era che lo
imbarazzava, e molto.
Certe
cose gli davano fastidio perché quella ragazza era capace di
metterlo davvero in difficoltà, mentre altre scatenavano i
suoi istinti di teenager giovane e forte.
Altre
volte aveva cercato di chiarire i suoi sentimenti per quella pazza,
ma senza successo. Forse era attratto da lei, e la soluzione poteva
essere più semplice di quanto sembrasse, ma la prospettiva di
annullare così la loro amicizia per qualcosa di cui non era
minimamente sicuro non lo allettava molto, era un grosso rischio.
Voltò
appena lo sguardo e, come se avesse anticipato i suoi pensieri,
Lisanna si era voltata guardandolo con un dolce sorriso. Distolse
velocemente lo sguardo e si mise la mano libera in tasca, avvertendo
un improvviso calore risalirgli lungo il petto.
Poco
lontano, dietro di loro, Lucy osservava la coppia con un sorrisetto
malizioso, mentre al suo fianco, Lluvia alternava gli occhi dai due
amici alla ragazza la suo fianco, indifferente.
-
Povero Natsu, chissà quanto potrà andare avanti in quel
modo - sospirò con melodrammaticità Lucy. Lluvia la
guardò, un po’ sorpresa.
-
Lluvia non riesce a capire a cosa Lucy si sta riferendo - disse,
sinceramente confusa. Lucy gli fece un sorriso e iniziò a
spiegare.
-
Lisanna è cotta di Natsu da quando hanno iniziato insieme
questa scuola, però sembra che Natsu non si voglia arrendere
alle attenzioni di quella ragazza -. Tornò a guardarli,
cambiando leggermente espressione e assumendone una più
malinconica.
-
Lei sta lottando con tutte le sue forze, sempre con il sorriso sulle
labbra, e per questo un po’ la invidio, ma al tempo stesso la
ammiro -. Fece una pausa, abbassando lo sguardo ai suoi piedi.
-
Non credo riuscirei ad essere caparbia come lei -. Si portò
una mano sul petto, e con cautela, alzò appena gli occhi,
giusto in tempo per vedere Lisanna prendere a braccetto un Natsu
imbarazzato e intento a staccarsela di dosso, seppur con non troppa
forza.
-
Sta lottando da molto tempo, e non penso di essere qualificata per
diventare sua rivale - sussurrò tristemente, talmente piano
che Lluvia non la sentì, e per Lucy fu molto meglio così.
Sempre
poco lontano dalle due ragazze, Gray non aveva smesso di fissare
Lluvia nemmeno un momento da quando stavano aspettando che gli
venisse assegnata una classe, e questo suo comportamento lo lasciava
perplesso.
-
Lluvia Lockser… - pronunciò sovrappensiero,
assottigliando gli occhi sulla figura che camminava davanti a sè.
Da
quando si era presentato e i suoi occhi avevano incontrato quelli blu
scintillante di lei, aveva provato una sensazione nostalgica.
Non
l’aveva mai vista prima, ne era certo, anche perché era
una bella ragazza e difficilmente gli sarebbe passato di mente un
viso come quello.
Allo
stesso tempo, gli era sembrato che quella non fosse la prima volta
che se la ritrovava davanti, o per essere più precisi, la sua
presenza gli era sembrata fin troppo naturale, e questo gli dava
parecchio da pensare.
Il
corridoio che stavano percorrendo aveva pareti bianche e alla base,
una striscia azzurra l’attraversava in tutta la sua lunghezza.
Gray
guardò distrattamente gli alberi fuori le varie finestre che
man mano incontrava lungo il cammino e si chiese se sarebbe spuntato
il sole quel giorno.
Arrivati
in classe, ognuno prese il posto che preferiva e quelli scelti
vennero assegnati per tutta la durata del primo trimestre.
Natsu
aveva preso posto all’ultimo banco vicino la finestra e davanti
a lui aveva preso posto Lisanna, sotto le vane obiezioni del rosato.
Lucy
prese il banco affianco a Lisanna e Lluvia subito davanti a lei.
Gray, aveva preso il posto vicino la finestra e alla sinistra di
Lluvia; voleva tenerla d’occhio ed eventualmente, capire perché
sentisse il bisogno di venire a capo di quella faccenda. Sentiva che
era importante.
Poiché
era il primo giorno, questo venne occupato tra le varie presentazioni
e libero spazio tra gli studenti per conoscersi meglio. Inutile dire
che Lisanna non aveva perso tempo e si era messa a chiacchierare con
Natsu di qualsiasi cosa gli venisse in mente.
Poco
lontano, Lucy osservava con un po’ di tristezza quella scena ma
comunque era felice di avere un rapporto di amicizia con il ragazzo a
cui voleva molto più che bene.
Gray
invece era più il tipo che resta sulle sue e difficilmente
attaccava bottone con qualcuno, ma quel giorno fu diverso. Prese un
po’ di coraggio e si sedette davanti a Lluvia, posto che era
stato temporaneamente lasciato libero da un altro studente.
Non
appena la blu sollevò lo sguardo, ritrovandosi gli occhi neri
e profondi del suo nuovo compagno di classe, sentì il suo
cuore balzare improvvisamente in petto e una sensazione di disagio
invaderle il corpo.
-
Allora, Lluvia, come ti sembra questa nuova scuola? - chiese
indifferente, tanto per parlare di qualcosa.
-
Oh, Lluvia pensa che questa scuola sia piena di persone simpatiche e
spera di fare tante nuove amicizie! - rispose agitata, rendendosi
conto di comportarsi in modo un po’ troppo strano.
Gray
annuì appena e accennò un sorriso.
-
Cerca di rilassarti di più, se sei agitata il primo giorno,
come sarai tra un settimana? - Scherzò, puntellando il gomito
sul tavolo e poggiando il mento sulla mano, guardando la ragazza con
il solito sorriso appena evidente.
Lluvia
sentiva che si stava agitando sempre più, Gray era troppo
vicino e il suo cuore stava pompando sangue troppo in fretta. Un
calore eccessivo le invase tutto il corpo, tanto da risaltare sulla
pelle, cosa che non sfuggì al ragazzo, poiché Lluvia
aveva la pelle particolarmente bianca e vedere un simile cambio di
colore così repentino non poteva che saltare subito
all’occhio.
-
Ehi, stai bene? Sei molto rossa - si preoccupò Gray, vedendo
soprattutto che gli occhi della ragazza erano rimasti fissi su un
punto e che ora si stavano chiudendo lentamente. Intuendo cosa stesse
per accadere, si alzò di scatto dalla sedia e con un braccio
riuscì a sostenere il corpo di Lluvia prima che la testa
toccasse il suolo.
-
Lluvia! Ehi, Lluvia! - la chiamò agitato, attirando gli
sguardi di tutta la classe che, rendendosi conto di cosa era
successo, si preoccuparono anche loro.
La
scosse un po’, ma non sembrava dare segni di vita.
-
Che è successo?! - Arrivò velocemente Lucy,
inginocchiandosi davanti il ragazzo per chiedergli spiegazioni.
-
Non lo so! Stavamo parlando e improvvisamente è svenuta! -
esclamò, sinceramente ignaro e sorpreso di ciò che era
successo.
-
Faresti meglio a portarla in infermeria, avanti muoviti! - gli ordinò
preoccupata la bionda, rialzandosi in piedi.
Natsu
e Lisanna si avvicinarono in tempo per vedere Gray issarsi sulle sue
gambe con una Lluvia svenuta tra le braccia.
Preoccupati,
chiesero cosa fosse successo e Lucy spiegò cosa Gray aveva
detto, mentre quest’ultimo uscì dall’aula e corse
verso l’infermeria.
Nel
frattempo, in un’altra classe, Levy McGarden sbuffava
sonoramente, rigirandosi abilmente una penna tra le mani.
Non
era impegnata in qualche difficile compito in classe, il primo giorno
sarebbe stato esasperante persino per un tipo studioso come lei.
La
situazione era molto più semplice e spinosa.
-
Ehi, nanerottola, ma non sei un po’ piccola per fare il terzo
anno? -.
Alle
sue spalle, c’era un ragazzo che aveva subito preso in
antipatia e che un giorno o l’altro avrebbe certamente preso a
sberle.
Si
voltò di scatto, inviperita e minacciosa, cosa che però
sembrò non turbare quel tipo pieno di piercing e lunghi
capelli neri da metallaro che gli arrivavano fino alla schiena.
-
Primo, abbiamo la stessa età, anche se il tuo cervello deve
essere rimasto indietro con i tempi, e secondo, io ho un nome, ed è
Levy! Terzo, lasciami in pace Redfox! - sbraitò, per poi
tornare composta e con i nervi a fior di pelle.
Da
quando quel tipo strambo l’aveva adocchiata non aveva perso
tempo per prenderla in giro sulla sua figura minuta, e a questo Levy
non andava giù. Era una studiosa, ok, ma non era come quei
secchioni che subiscono bullismo senza provare a difendersi, se solo
l’avesse voluto avrebbe ridotto la faccia di quel tizio a una
massa informe.
Dal
canto suo, Gajeel Redfox trovava quella ragazzina molto divertente e
se all’inizio voleva solo divertirsi a farsi beffe di lei, ora
aveva il presentimento che quell’anno si sarebbe rilevato
diverso ma soprattutto interessante.
-
Stavo solo scherzando, non voglio che quest’anno inizi con uno
screzio tanto futile. Ti va se ricominciamo? - Chiese il ragazzo alle
sue spalle, con fare stranamente meno burbero di prima.
Levy
ponderò per bene l’idea. Doveva trascorrere un intero
anno in compagnia di quell’individuo e farselo amico forse era
l’unica sua possibilità per avere un po’ di
tranquillità.
Si
voltò completamente e tese la mano.
-
Levy McGarden - disse semplicemente.
-
Gajeel Redfox, molto piacere - rispose, stringendola appena. - Brava
bambina - aggiunse poi, facendo intuire istantaneamente a Levy che
quell’idiota la stava ancora trattando da poppante.
Lasciò
immediatamente la mano del ragazzo e con imbarazzo tornò a
guardare il suo banco.
-
Mi dici almeno quanto sei alta? - sussurrò lascivo e ghignando
in modo particolare.
Levy
cominciò a tremare, ma non per la paura. La rabbia le stava
invadendo il corpo ed era sul punto di esplodere. Freneticamente,
aprì la cartella, prese un foglio e cominciò
velocemente a disegnare, lasciando il ragazzo perplesso.
Un
paio di minuti dopo, vide il braccio della ragazza sporgere verso
l’esterno con in mano una matita, ma questa aveva qualcosa di
strano; aveva disegnato una minuscola caricatura della sua faccia,
piercing compresi, e l’aveva attaccata alla parte superiore
della matita. Gajeel storse la bocca, confuso.
-
Mi hai fatto davvero somigliante, ma perché un’immagine
così piccola? - chiese, poggiando le braccia sul banco e
guardando perplesso l’oggetto.
Levy
non rispose. Alzò il pollice esattamente parallelamente alla
piccola immagine del ragazzo, e, senza alcun preavviso, aumentò
la presa e spezzò la matita con un colpo secco.
Dopodiché,
poggiò quel che restava sul banco di Gajeel, che deglutì,
decisamente turbato.
Probabilmente,
quello era solo un avvertimento.
Angolo
Autore:
Salve!
Sì, lo so,
sono in ritardo, ma avevo un problema con i file di documento (più
o meno risolto).
Allora, che ne
pensate? Giusto per dare un'occhiata alle loro nuove vite ;)
Ringrazio:
bekkuzza_chan e LadyAstral per le recensioni, grazie ^^
Alla prossima, ciao!
Matt
|
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Capitolo 4 *** Mi ricorda qualcosa ***
***
La
pioggia si era fermata solo pochi minuti quel giorno, giusto il tempo
per regalare false speranze a qualche persona che sperava nel sorgere
del sole.
Contrariamente
alle aspettative, il suo martellante scalpiccio riprese da dove aveva
interrotto e la sua intensità non fece altro che aumentare e
diminuire, senza mai smettere.
Gray
osservava assorto fuori la finestra.
La
pioggia non gli piaceva molto, preferiva una bella giornata
soleggiata, secondo lui metteva più vivacità alle
persone.
Decisamente,
non poteva definirsi un tipo vivace, probabilmente tutto il
contrario. Gray appariva come un tipo tranquillo ma a cui piaceva
attaccare briga con Natsu quando capitava, probabilmente era uno dei
suoi pochi amici che lo capiva meglio di chiunque altro.
Sospirò.
Si
voltò verso il letto dell’infermeria, e non appena vide
Lluvia riposare serenamente, inevitabilmente il suo pensiero tornò
a qualche ora prima, quando l’aveva conosciuta.
Perché
sento questa sensazione così familiare quando ti guardo?
Fai
parte del mio passato? O sei il futuro che la mia anima ha
riconosciuto?
L’ultima
domanda lo lasciò basito; probabilmente doveva concentrarsi e
porsi i giusti quesiti.
Ma
ne avrebbe trovato risposta?
Quella
era la domanda principale che lo faceva impazzire. Possibile che
tutta quella storia fosse solo frutto della sua psiche, e che in
verità non aveva semplicemente mai visto quella ragazza in
vita sua?
Ancora
una volta, non seppe rispondersi.
Si
allontanò dalla finestra, prese uno sgabello vicino il
comodino e lo mise al ridosso del letto, per poi sedervi. Il respiro
lento e quieto di Lluvia era una melodia così rilassante che
gli fece dimenticare tutti quegli sciocchi ragionamenti, portandolo
ad osservare la ragazza nei particolari.
Le
labbra erano molto chiare e davano la sensazione che fossero morbide
e delicate. Appena dischiuse, da esse proveniva un sospiro regolare e
silenzioso.
La
pelle era di un rosa molto tenue. Allungò una mano, e le
sfiorò delicatamente il viso, avvertendo il calore che esso
emanava.
Non
seppe spiegarsi perché lo fece, era stato un gesto spontaneo e
non ci vide alcun male finché non si rese conto di averlo
davvero fatto.
Strinse
i denti e si guardò velocemente intorno, finché non fu
sicuro di non essere stato visto.
Sospirò,
di nuovo.
Tornò
a guardare la ragazza e l’imbarazzo di poco prima riemerse
all’istante a fagli battere il cuore. Un altro sospiro.
L’infermiera
di poco prima gli aveva rassicurato che la ragazza era sanissima e
che probabilmente doveva solo aver avuto un malore. La notizia lo
aveva tranquillizzato ma aveva deciso di restare in attesa che si
svegliasse, tanto quello era il primo giorno di scuola e non avrebbe
perso alcuna lezione.
A
dirla tutta aveva in mente di chiedere a Natsu come l’avesse
portata da loro, quella storia che era passata casualmente con un
ombrello a salvarlo dalla pioggia sembrava un qualcosa troppo simile
al classico “destino” che si sente in giro.
Mai
aveva avuto sensazioni così particolari nel vedere una
ragazza, ciò che gli trasmetteva era forza, ma anche una certa
inquietudine che non seppe spiegarsi per bene.
Incrociò
le braccia al petto e chiuse gli occhi, rimuginando ancora una volta
nella strana logica degli eventi, e di se.
Un
improvviso mugolio l’ho portò ad abbassare lo sguardo,
giusto in tempo per vedere Lluvia aprire lentamente gli occhi.
-
Finalmente ti sei svegliata - disse con una piccola nota di sollievo.
Gli occhi blu della ragazza focalizzarono la figura di Gray in un
istante e in quel frangente mandò all’aria le coperte
scattando come una molla, azione inaspettata che spaventò il
povero ragazzo che cercando di combattere contro la forza di gravità
ebbe però la peggio e dopo un paio di secondi di instabile
equilibrio cadde all’indietro sbattendo violentemente la
schiena sul pavimento.
Imprecò
dolorosamente mentre Lluvia si precipitò subito ad aiutarlo,
estremamente dispiaciuta.
-
G-Gray, mi dispiace tanto! Non so nemmeno io perché ho reagito
in quel modo quando ti ho visto! - esclamò angosciante mentre
il ragazzo approfittava del letto vuoto per far riposare il dolore.
-
Va bene Lluvia, tranquilla - mormorò, mentre si distendeva .
-
Ma perché sono qui? - disse confusa guardandosi intorno. - Che
posto è? -.
-
Ma non ti ricordi? Sei svenuta improvvisamente in classe, così
ti ho portato in infermeria -.
Lluvia
fece mente locale e non ci volle molto prima che le sue mani le
coprissero il viso rosso e imbarazzato.
-
E adesso che hai? - chiese guardandola con la coda dell’occhio
dal suo giaciglio senza la benché minima intenzione di
lasciarlo.
-
Nientenientenienteniente!! - quasi urlò, scuotendo la testa
così veloce che sembrava gliene fossero spuntate altre due.
Gray la guardò basito e lasciò perdere.
-
Vuoi riposarti ancora un po’? - chiese il ragazzo, osservando
il soffitto. Lluvia era rimasta in piedi come uno stoccafisso dopo
aver visto sottrargli quello che prima era il suo temporaneo letto ma
a dirla tutta non ne aveva alcun bisogno, si sentiva bene.
-
Sto bene così Gray, grazie - lo rassicurò la ragazza,
raccogliendo lo sgabello e sedendovisi sopra.
Per
un paio di minuti nessuno parlò, la situazione sembrava
essersi fatta improvvisamente imbarazzante con quel silenzio e Lluvia
stava rimuginando su cosa poter dire.
-
Gray è rimasto a farmi compagnia tutto il tempo, devo per lo
meno ringraziarlo, o l’ho già fatto? Forse quel grazie
di prima lo ha inteso per tutto? E se non fosse così? Potrebbe
offendersi e non rivolgermi più la parola! -.
In
effetti la povera Lluvia stava vivendo un intenso conflitto
interiore, cosa di cui Gray era assolutamente allo scuro; i suoi
pensieri erano ben altri, e decise di non tenerli solo per sé.
Aveva bisogno di una qualche risposta e quella notte non sarebbe
riuscito a chiudere occhio.
Si
volse alla sua sinistra e chiamò lo ragazza. Questa alzò
di scatto la testa in preda ad una fortissima agitazione. Gray
respirò, con calma.
Si
mise a sedere e prese ad osservare Lluvia, azione che la mise
immediatamente in soggezione.
-
C-che c’è? - chiese ancora titubante, cercando di
regolarizzare i suoi respiri.
Nel
frattempo, fuori la finestra, la pioggia si fece improvvisamente più intensa.
-
O no! Sta piovendo a dirotto! - si lamentò Natsu in fondo alla
classe, beccandosi un rimprovero da parte di Lucy che stava cercando
di concentrarsi.
-
Ancora con quel romanzo? Ma da quanto tempo lo stai scrivendo? -
domandò perplesso il rosato alzandosi dal posto e
affiancandosi alla bionda che sembrava scarabocchiare qualcosa. Si
abbassò per dare un’occhiata ma Lucy mise prontamente le
braccia sul foglio guardandolo male.
-
Te l’ho già detto un mucchio di volte, non voglio che
nessuno lo legga finché non sarà finito! -.
-
Sei troppo superstiziosa - borbottò Natsu incrociando le
braccia dietro la nuca con fare annoiato e tornando al suo posto,
continuando a lamentarsi del maltempo.
Nel
mentre, Lucy riaprì il foglio che gelosamente custodiva, lesse
velocemente le ultime righe e riprese a scrivere. La penna scorreva
sicura sotto la sua mano e si fermava solo per controllare di aver
scritto ciò che effettivamente aveva in mente.
Era
ormai un anno e mezzo che stava dietro a quel libro, non seppe
neppure spiegarsi perché lo avesse iniziato ma nonostante
qualche dubbio la sua inspirazione non era quasi
mai tramontata e non appena trovava un momento libero prendeva un
foglio qualunque e ci scarabocchiava sopra tutte le idee che
successivamente avrebbe valutato se trascrivere o meno
nell’originale.
-
fu così… che… la ragazza… scoprì…
che accanto… a lei… viveva uno… spirito delle
stelle… Leo, il leone - mise un punto di chiusura frase e
rilesse.
Intorno
a lei c’erano studenti che chiacchieravano, camminavano,
qualcuno forse correva, poteva distinguere le lamentele di Natsu e di
quanto Lisanna lo stesse stringendo forte. Tutte informazioni che non
elaborava poiché la concentrazione su quanto stava concependo
era massima.
La
scorsa notte aveva fatto un sogno strano, c’erano degli strani
esseri e degli umani particolari, come una ragazza con cotonati
capelli rosa e due corna in testa, un’altra vestita da
cameriera e un altro con i capelli sparati in aria, occhiali sottili
e un’aria molto elegante e cortese. Poi una sirena con un vaso
in mano, due pupazzetti identici che danzavano in aria e anche una
enorme capra bipede in smoking. Se fosse andata da uno psicanalista
probabilmente l’avrebbero rinchiusa in qualche istituto a
prendere decine di pastiglie colorate.
Quello
che era stato un singolare sogno si era invece trasformato in
materiale per il suo romanzo che aveva preso una nuova svolta negli
eventi.
Sorrise
soddisfatta del proprio operato. Piegò accuratamente il foglio
e lo ripose nella cartella, avrebbe continuato in un secondo momento.
Stava
per alzarsi e sgranchirsi un po’ le gambe quando dalla porta
entrarono Lluvia e subito dopo Gray, dalle loro facce sembravano aver
avuto diversi tipi di esperienze:
Lluvia
osservava Gray di tanto in tanto, incuriosita da chissà cosa e
Gray, che si era seduto al suo posto, sembrava deluso per qualcosa e
non sembrava avere intenzione di socializzare.
Prima
di potersi avvicinare, Lisanna e Natsu gli passarono accanto veloci
come fulmini, raggiunsero Lluvia e gli chiesero come si sentisse.
Lucy
invece si avvicinò a Gray, che aveva nascosto il viso nelle
braccia incrociate sul tavolo.
-
Ehi, che succede? Ci hai provato con la ragazza nuova e lei ti ha
scaricato? - lo canzonò sorridente Lucy, sedendosi sulla sedia
di fronte il banco del ragazzo.
Gray
mostrò a malapena gli occhi che finirono sul seno di Lucy
senza però trovarvi stimoli particolari. A quanto pare le
questioni che gli vorticavano per la testa avevano una priorità
maggiore.
-
Niente del genere, è solo un periodo un po’ strano -
mugugnò tra i vestiti, continuando ad osservare il petto della
ragazza in sovrappensiero.
Lucy
dovette sforzare il suo udito per comprendere quella voce ovattata ma
comunque ce la fece. Storse le labbra.
-
Quest’anno siete tutti strani, prima Natsu durante lo
smistamento delle classi, io che faccio sogni strani e adesso tu, ma
che succede? - imprecò accigliata verso il ragazzo che non
pensava di avere colpe. Si sollevò del tutto fino ad avere
Lucy faccia a faccia e, incuriosito, chiese di cosa stesse parlando.
-
Cosa intendi? Prima Natsu e tu con i tuoi sogni? -.
-
Scordatelo se pensi che ti parlerò dei sogni assurdi che
faccio, per quanto riguarda Natsu puoi sempre chiederlo a lui, ma ti
assicuro che non è nulla di che -.
Fece
un cenno per indicare il rosato comportarsi come al solito; in quel
momento stava parlando con Lluvia mentre cercava di staccare Lisanna
che gli stritolava un braccio.
-
Come puoi vedere, va tutto bene - concluse Lucy allegramente.
Era
vero, tutto pareva andare come al solito e l’unico problema di
quel giorno, oltre alla pioggia, pareva essere solo lui.
Levy
si era sempre considerata una ragazza studiosa ma che al contempo
riusciva a coltivare le proprie amicizie, alternando il proprio tempo
nei giusti spazi.
Non
che si organizzasse, ma si conosceva abbastanza da sapere che una
serata con le amiche è molto meglio di una nottata sui libri.
Nonostante questa teoria poteva vantare una media stellare in ogni
materia.
Oltre
a questo, aveva anche l’hobby della decriptazione e lo studio
di lingue e testi antichi, un argomento che l’aveva sempre
affascinata e quando poteva si recava nella biblioteca della città
e grazie alla sua amicizia con il custode aveva libero accesso alla
sezione libri antichi che visionava e studiava con grande emozione.
Il
passato e le varie culture erano il suo pane e cosa più
importante, i suoi amici non avevano mai messo bocca al riguardo,
anzi, restavano meravigliati da tanta determinazione e passione, per
questo li adorava.
Sebbene
fosse un tipo dalla indole gentile era purtroppo capitato di
incontrare persone che la guardassero con occhi diversi, come se
fosse una sfigata che non ha nient’altro da fare che
rinchiudersi in quattro mura a leggere vecchi libri ammuffiti.
Sapeva
ignorare questi soggetti e non si preoccupava affatto di cosa
potessero pensare di lei, stava bene comunque.
Peccato
che uno di quei tanti problemi adesso fosse alle sue spalle e
probabilmente ci sarebbe rimasto per tutto l’anno accademico;
Gajeel Redfox.
Dopo
quel singolare avvertimento sembrava aver rinunciato a infastidirla,
infatti il ragazzo era vicino la porta con le spalle poggiate al muro
e le braccia incrociate al petto. l’espressione del suo volto
non traspariva alcuna emozione, era impassibile, o probabilmente
attendeva che il tempo scorresse più velocemente per arrivare
alla pausa pranzo.
Levy
guardò l’orologio, mancavano solo cinque minuti
all’intervallo.
Mise
via le sue cose e chiuse accuratamente la cartella, si alzò in
piedi e si stiracchiò per bene, allungando le braccia per
quanto le era possibile. Sospirò.
Senza
farsi notare, con la coda dell’occhio, sbirciò in
direzione di Redfox. Le sue intenzioni sembravano essere state
previste perché vide il ragazzo girarsi dalla sua parte e
guardarla.
Levy
sobbalzò per essere stata scoperta e frettolosamente si voltò.
-
Mi
avrà visto? - si
chiese titubante, deglutendo. Aveva appena risolto la situazione e a
dirla tutta non aveva voglia di ricominciare da capo, quel tipo le
era antipatico e non voleva avere niente a che fare con lui.
-
Ehi, McGarden -. Un brivido d’irritazione le attraversò
la schiena quando udì quella voce possente chiamarla alle
spalle.
-
Sì,
mi ha visto - pensò
sconsolata, voltandosi e assumendo un’espressione autoritaria.
-
Che c’è? - rispose nel modo più graffiante che
conosceva. Il ragazzo storse le labbra, contrariato da quel tono. Poi
mostrò un ghigno divertito.
-
Tra poco è ora di pranzo, che ne dici mangiare qualcosa
insieme alla mensa? -.
Levy
non poteva credere alle sue orecchie.
-
Ti dico no! E per due motivi: primo, ti sei volutamente reso odioso
ai miei occhi e per questo non vedo un solo valido motivo per
accettare il tuo invito. Secondo, ho un impegno precedente quindi non
avrei comunque accettato! -.
Non
appena finì di parlare la campanella suonò e senza
aggiungere altro superò Redfox e uscì dall’aula.
Gajeel
si voltò solo per guardala uscire e prendere il corridoio
verso la mensa.
-
Che
tipetto rumoroso - pensò
divertito, mettendosi le mani in tasca. - Prova
parecchio astio nei miei confronti, le sue parole poi sanno pungere
-.
Uscì
dall’aula e si diresse anch’egli verso la mensa,
rimuginando sui suoi ultimi pensieri.
-
Pungere…
pungere… scorpione? No, troppo rude. Prova dell’astio,
quindi potrei chiamarla astice? Non suona male, ma piccola com’è…
sembra più un gambero con quelle gambe sottili -.
Si
fermò, colto da un improvviso pensiero.
-
Gamberetto? - pronunciò assorto, senza curarsi delle persone
che gli erano passate affianco guardandolo perplessi.
-
Da quello che so non servono gamberetti in mensa oggi - disse un
ragazzo che probabilmente aveva udito. Poi se ne andò, mentre
Gajeel restò lì, pensieroso.
-
Perché
ho questa sensazione di dejà vu? -. Quel
particolare soprannome, era sicuro di averlo già pronunciato
in passato, ma nonostante questo non gli veniva in mente nessuna
occasione simile.
Ancora
dubbioso, riprese a camminare, cercando di fare mente locale.
Nel
contempo, Levy era ormai arrivata in mensa. Prese un vassoio e
cominciò a curiosare tra le pietanze del giorno.
Dopo
qualche minuto, conclusa la fila, ne uscì con un’insalata,
patate lesse, una fettina di carne bovina, una mela e un succo.
Quel
posto gremiva di studenti, c’erano vassoi su ogni tavolo,
ragazzi e ragazze che parlavano animatamente e finalmente, nonostante
la sua bassa stazza, riuscì a riconoscere i volti dei suoi
amici, poco lontano.
Sorridente,
andò loro incontro.
Lucy
e Lluvia si erano già apparecchiate su un tavolo con i loro
rispettivi vassoi, in attesa che i ragazzi concludessero il
razzolamento delle provviste.
Arrivò
poi Levy, che venne accolta gioiosamente da Lucy. Si sedette anche
lei, chiedendo subito dove fossero gli altri.
-
Conosci Natsu e Gray, se non hanno almeno una tonnellata di cibo a
testa non sono contenti - dichiarò, sconsolata e divertita.
Levy rise.
-
Non sapete come mi mancate, nella mia classe invece c’è
un tipo odioso che non fa altro che prendermi in giro! - ringhiò
al solo pensiero di rivedere quel brutto muso nella prossima ora.
-
Su tranquilla non pensarci, se ti darà così fastidio
allora Natsu e Gray gli andranno a parlare e vedrai che non riceverai
più noie - la rassicurò Lucy. Ma Levy scosse la testa.
-
No, so cavarmela da sola, non ce né bisogno, dico davvero! -
Ribatté, tenendo però gli occhi sul suo cibo e la testa
china. In quel momento arrivarono Natsu e Gray che subito si fecero
notare.
-
Eccoci, abbiamo fatto rifornimento! - Disse allegramente Natsu,
ricevendo però immediatamente dei rimproveri imbestialiti.
-
Ma siete impazziti?! Avete derubato la mensa?!? - Quasi urlò
scandalizzata Lucy nel vedere la stratosferica quantità di
cibo con cui erano tornati, particolare che non sfuggì neppure
a Levy e Lluvia che restarono basite:
Innanzi
tutto erano tornati non con uno ma con tre vassoi a testa, ove
posavano almeno tre diversi tipi di carne, frittate, insalata,
patate, fagioli, onigiri, takoyaki, involtini, pane e altre pietanze
non identificate.
-
Che c’è? Io ho fame! -.
-
E anch’io, stamattina non ho fatto colazione - disse Gray,
posando i suoi tre vassoi sul tavolo e sedendosi vicino a Lluvia che
arrossì leggermente.
-
Siete sicuri di farcela? Guardate che la pausa finirà tra
quindici minuti - pronunciò dubbiosa, guardando l’orologio.
-
Tranquilla! Pronto Gray? - Si rivolse all’amico, che sorrise.
-
Via! -.
Cominciò
un’abbuffata senza precedenti, sembrava una competizione
gastronomica.
Qualcuno
si sbracciava per vedere meglio e qualcun altro addirittura faceva
video e foto per documentare quanto ciò che stava avvenendo,
in quanto qualcosa di così singolare in genere si poteva
vedere solo in TV.
Ma
quella era la mensa della scuola.
Mentre
Natsu si metteva in bocca un’intera frittata, Gray faceva a
pezzi una coscia di pollo.
Inutile
dire che le ragazze sprofondarono nell’imbarazzo e, senza farsi
vedere, sgattaiolarono da un’altra parte a consumare il loro
pranzo in tranquillità.
Angolo
Autore:
Salve
.-.
Scaramuccie
varie, altro capitolo transitorio ma il prossimo avrà
qualcosina in più u.u
Ringrazio:
bekkuzza_chan.
Alla
prossima, ciao!
Matt
|
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Capitolo 5 *** Come una fiaba ***
***
La
fine della giornata giunse velocemente.
Non
ci furono lezioni ma solo le presentazioni di alcuni professori,
oltretutto si concluse un’ora prima ma dal giorno dopo ogni
studente avrebbe dovuto riprendere il proprio ritmo e cominciare a
impegnarsi seriamente.>
La
campanella suonò e i corridoi si riempirono di studenti in un
batter d’occhio. Qualcuno corse velocemente all’uscita,
altri si davano appuntamento in serata.
Natsu
era felice che quella giornata fosse finita ma allo stesso tempo
sapere che da domani il ciclo si sarebbe riaperto lo demoralizzava.
Ad ogni modo non poteva farci nulla.
Raggiunse
gli armadietti posti vicino l’uscita, aprì il suo, si
mise le scarpe ed uscì.
La
pioggia aveva smesso di cadere e le nuvole scure si stavano sempre
più dissipando nel cielo, lasciando posto a un prossimo
tramonto che avrebbe irradiato la città con ogni tonalità
di giallo e arancione.
L'ingresso
della scuola rappresentava un vialetto perfettamente dritto che
andava dall'entrata al cancello d'uscita, ma i lati erano entrambi
costituiti da un bel prato verde che in quel momento dire che fosse
zuppo pareva un eufemismo.
“Natsu,
aspettami!“ Incespicando lungo il viale, la bionda iniziò
subito a correre, richiamando l'attenzione del ragazzo.
“Lucy?“
disse sorpreso. “Perché, dovevo aspettarti?”
chiese dubbioso, una volta che la ragazza lo raggiunse. Questa lo
guardò a bocca aperta.
“Te
ne sei dimenticato? Dobbiamo andare a casa di Mirajane! Ha invitato
tutti gli amici per festeggiare la vittoria della squadra di suo
fratello Elfman al campionato di football!”
Natsu
si diede mentalmente dello stupido per essersi dimenticato di una
cosa così importante. Tre giorni prima aveva promesso che ci
sarebbe stato sicuramente. Se non fosse per Lucy ora si troverebbe a
casa, ignaro di tutto.
“Mi
era sfuggito di mente!” esclamò, con nuova lungimiranza.
“Grazie, Lucy” sorrise poi, ammiccante.
La
sua amica non poté che arrendersi a quella figuraccia, se non
ci fosse stata lei domani Natsu avrebbe avuto molto di che scusarsi.
“A
che ora dobbiamo essere là?” Chiese il ragazzo,
riprendendo a camminare con al seguito Lucy che guardò l’ora.
“Alle
18:00, quindi fra due ore, ma io le avevo detto che sarei andata
prima perché dovevo aiutarla con i preparativi”. Fece
una pausa. “E anche tu dovresti venire con me” aggiunse
poi, minacciosa. Natsu sbuffò.
“Va
bene, prima però vado a casa e faccio una doccia, vi raggiungo
più tardi” spiegò, sorridente.
“Promesso?”
Chiese dubbiosa Lucy, fermandosi e guardandolo torva.
“Promesso!”
la rassicurò Natsu per poi salutarla e correre via dalla parte
opposta. La ragazza, rimasta sola sul marciapiede, non poté
far altro che incamminarsi, aprendo le labbra ad un malinconico e
timido sorriso. Non passarono che pochi secondi quando le venne in
mente un particolare che aveva omesso.
-
Ho dimenticato di dirgli che ho invitato anche la nuova amica, Lluvia
- disse in sovrappensiero, scrollando poi le spalle e liquidando la
cosa.
“Non
ci riesco, la barriera è ancora troppo forte!” Disse una
voce ovattata e molto lontana.
“Prova
ancora, dobbiamo riuscire a parlargli!” Disse un’altra
voce, ma si poteva percepire più squillante.
“Stasera
proveremo di nuovo, speriamo solo di convincerla”.
Lucy
si immobilizzò, convinta di aver sentito qualcuno parlare, ma
anziché guardarsi intorno alzò invece gli occhi al
cielo, convinta che le voci provenissero da sopra la sua testa.
Sfregò
nervosamente le dita della mano sinistra mentre la destra strinse un
po’ più la bretella del suo zaino posto sulla spalla, il
viso si contrasse leggermente e ricominciò a camminare,
accelerando il passo.
Giunto
a casa, Natsu trovò sua madre nel cortile, intenta ad
approfittare del bel sole appena risorto per far asciugare il bucato.
“Sono
tornato!” annunciò, sbucando da dietro un lenzuolo
“Oh,
Natsu, bentornato” sorrise la donna, mettendo a stendere una
maglia, probabilmente del figlio. “Com'è andata oggi?”
“Niente
di particolare, cerimonia e professori che sperano di apparire
autoritari. Poveri illusi” sorrise divertito, facendo intuire
alla madre l'insincerità di quelle parole.
“Non prendere nulla sotto gamba, non voglio che rimani indietro”.
Natsu
sbuffò. La donna prese una maglia rossa e la mise sul filo,
staccò una molletta lì vicino e la chiuse su
l'indumento, l'altra gliela passò il figlio, che ringraziò.
“Stasera
vado a casa di Mirajane, la squadra di suo fratello ha vinto il
campionato di football e ha invitato un po' di persone”.
Osservò pensieroso delle piccole margherite sul prato, i cui
petali tremarono leggermente ad un soffio di vento. Una goccia di
rugiada scivolò via da un petalo, scomparendo nel terreno.
“Nessun
problema, vai pure e divertiti.” Si mise una molletta in bocca
e sistemò un altro capo. Natsu la ringraziò e avvertì
che si sarebbe fatto una doccia per poi andarsene subito dopo,
dopodiché entrò in casa.
Con
un pesante sospiro, la donna lasciò cadere le braccia lungo i
fianchi, osservando poi assorta la porta d'ingresso. Abbassò
lo sguardo e vide che nel cesto erano rimasti solo due calzini. Li
osservò, incerta. Scrollò le spalle e li appiccò
insieme sul filo. Aveva finito.
Qui
ho finito.
La
sua piccola mano accarezzò un lenzuolo bianchissimo, animato
dal poco vento che sopraggiungeva da ovest. Strinse un lembo, per poi
lasciarlo andare. Chiuse gli occhi e respirò a fondo, tradendo
un certo nervosismo.
Prese
il cesto e rientrò in casa, chiudendosi dolcemente la porta
alle spalle.
Nel
cortile, il lenzuolo di poco prima presentava una macchia scura molto
evidente. Ad un esame più attento, chiunque si sarebbe reso
conto che la stoffa si era bruciata.
Alla
Strauss's house, i preparativi procedevano a rilento.
La
sala hobby era stata adibita a luogo della festa ma c'erano delle
difficoltà, soprattutto mancanza di manodopera. Mira dava
ordini su ordini con il suo incantevole vestito viola scuro intero,
la cui gonna presentava cuciture di pizzo bianche e reticolate.
“Lisanna,
prendi altre cinque sedie da casa e portale qui, su vai!”
“Nee-chan!
Possibile che debba correre io da tutte le parti? Dov'è Lucy?”
“Sta
aiutando in cucina perciò qui dovremo cavarcela da sole, ora
vai, io penserò ad attaccare i palloncini”.
“Vado
vado” sbuffò Lisanna, prima di correre fuori.
Raggiunto
il tavolo principale che sarebbe stato adibito a buffet, Mira prese
una busta di palloncini colorati, l'aprì, ne prese uno e
cominciò a gonfiare.
Dopo
averne attaccati una decina cominciò a sentirsi la testa
girare.
“Ma
perchè nessuno viene a darmi una mano?” mormorò,
abbassando lo sguardo.
In
quel momento, il citofono collegato in strada e anche in casa suonò
un paio di volte.
Mira
ripose un palloncino giallo sul primo tavolino e andò a
rispondere.
“Sì?”
“Sono
io.”
“Mi
chiedevo quando saresti arrivato, entra!” Con un nuovo sorriso,
Mira premette il pulsante accanto al ricevitore e un suono
metallico risuonò poco lontano. Dopodiché aprì
la porta e attese che il suo ospite la raggiungesse. Riprese il
palloncino giallo e soffiò con forza, colorandosi
immediatamente il viso di un acceso color aragosta.
“Fermati,
o potresti svenire per lo sforzo.” Senza alcuna possibilità
di reagire, si vide il palloncino ancora mezzo gonfio sottrarsi dalle
sue mani e incontrare un altro paio di labbra, ma soprattutto
polmoni, che lo gonfiarono con un solo profondo soffio.
“Grazie,
Laxus. In effetti avevo un po' di vertigini.”
Il
ragazzo abbassò il palloncino, rilevando finalmente il suo
viso.
Una
cicatrice a forma di saetta gli attraversava l'occhio destro e i
capelli biondi corti e puntati verso l'alto davano comunque una
sensazione di morbidezza.
Laxus
mostrava una massiccia corporatura, formata probabilmente con vari
tipi di allenamenti, il tutto incorniciato da una camicia verde prato
appena sbottonata e un pantalone bianco assolutamente scoordinato con
le scarpe di un blu elettrico.
Fece
un nodo al palloncino e lo restituì alla ragazza, che sorrise.
“Grazie.
Ci sei solo tu?”
“Evergreen
e Bixlow arriveranno tra una ventina di minuti, sai com'è
Ever.” Prese un palloncino rosso e cominciò a gonfiarlo.
Mira trattenne una risata.
“Sì,
ricordo quanto ci tiene a farsi bella per mio fratello.” Laxus
scrollò le spalle, dando un'altra gonfiata, chiuse la fessura
tra le dita e tirò l'estremità per fare un nodo, ma il
palloncino gli sfuggì di mano e volò via per tutta la
stanza con un suono facilmente equivocabile, finendo poi la corsa
davanti i suoi piedi. Mira scoppiò a ridere.
“Quanto
odio questi affari” sbottò, raccogliendo il palloncino e
dandogli una pulita.
“A
proposito, ho sentito del tuo nuovo lavoro. Ti ci trovi bene?”
“A
fare il buttafuori? Non è male, è l'unico lavoro in cui
ti danno una pacca sulla spalla quando prendi a calci qualcuno.”
Ripose il palloncino rosso ben gonfio e ne prese uno verde dal
sacchetto. Se lo rigirò tra le mani, incerto.
“Tu
invece, a scuola?” Mira sorrise appena, trovando
improvvisamente essenziale contarsi le dita delle mani.
“Essere
una ripetente ha i suoi vantaggi, posso stare insieme a Lisanna ed
evitare che si metta nei guai, o darle sostegno nello studio.”
“Io
mi riferivo a te, no a lei”
“Lo
so”
Una
pausa di pochi secondi, ma comunque sufficienti a interrompere la
discussione: Lisanna rientrò proprio in quel momento. Alla
vista del ragazzo, sorrise.
“Laxus!
Ciao, da quanto sei arrivato?”
Ma
le sue parole sembrarono aver perforato le pareti ed essere fuggite
con la stessa velocità con cui erano arrivate, perchè
nessuno sembrò sentirla. Si immobilizzò, percependo
un'aria tesa. Sua sorella e il suo sorriso cordiale restavano
immutati davanti l'espressione imperscrutabile del ragazzo, la quale,
dopo essersi voltato e aver fatto un cenno a Lisanna, si spostò
in un angolo e gonfiò il palloncino verde.
Lisanna
si avvicinò, pensierosa.
“Mira-nee,
che cosa stava succedendo prima che arrivassi?” Chiese,
sussurrando nell'orecchio della sorella.
“Non
preoccuparti Lisanna” rispose Mira tranquilla, prendendo uno
scatolone di addobbi sulla sedia e dirigendosi verso l'esterno. “La
tempesta si è placata.” Ed uscì.
Laxus
ricominciò a gonfiare i palloncini, aiutato con fatica da
Lisanna che tentava di non svenire ad ogni sforzo, mentre Mira
pensava all'esterno.
Poco
dopo arrivarono anche Evergreen, identificata poi come la ragazza di
Elfman, Bixlow, un amico comune di tutti e Freed, amico di vecchia
data di Laxus.
Con
così tante persone a disposizione, Mira non poté
evitare un gridolino di gioia. Lisanna già tremava.
“Chi
di voi è bravo ai fornelli?” Cominciò
l'interrogatorio Mira, ricevendo le mani alzate di Freed ed
Evergreen. La ragazza castana manteneva sempre un certo atteggiamento
di superiorità un po' con tutti i suoi amici, ma con Mira
sembrava più collaborativa. Bixlow aveva detto a Laxus che
probabilmente la relazione con Elfman le aveva fatto capire quanto
fosse importante mantenere uno stato socievole con le sorelle
Strauss, soprattutto con la maggiore.
Venti
minuti dopo i preparativi erano conclusi. Almeno quelli
d'arredamento. Per il cibo si sperava che Ever, Freed e Lucy
facessero un buon lavoro.
Bixlow
aveva scaricato dalla macchina un impianto hi-fi, con mixer,
amplificatore e due grosse casse acustiche. In meno di quindici
minuti aveva già montato tutto e fatto alcune prove di audio.
Nel
frattempo, Mira aveva deciso di recarsi in cucina a controllare che
tutto procedesse per il meglio. Appena aperta la porta di casa, un
divino profumo di pasta da dolci appena sfornata le aveva investito
il viso e fatto nascere un'espressione di beatitudine sul suo volto.
Trotterellò
fino in cucina, dove ciò che vide la lasciò
letteralmente a bocca aperta.
Il
ripiano di marmo, accanto al lavello, era occupato da tre teglie
impilate una su l'altra, piene di biscotti di varie forme tra cui
cuori, palloni da football e stelle. Successivamente sarebbero stati
immersi nel cioccolato fondente e lasciati ad asciugare.
Il
tavolo era un nuovo mondo, abitato a nord da teglie di lasagne
fumanti e brulicanti di mozzarella fusa. Spostandosi al centro, si
potevano intravedere specie diverse di cosce di pollo che brucavano
fameliche in una montagna di patate dall'aspetto più che
invitante.
Infine
a sud, dove Mira dovette attaccarsi agli stipiti della porta per
trattenersi dal lanciarsi in quella enorme macedonia di frutta tra
cui riconobbe fragole, pesche, ananas, mele, pere, banane e altre
meraviglie degli alberi da frutto che il mondo regalava. Per poco non
sbavò.
“Che
te ne pare?” sorrise ammiccante Lucy, mentre amalgamava il
bianco frullato di alcune uova a una crema di tuorli, farina,
zucchero e scorze di limone, dal quale sarebbe nato un altro
fantastico dolce. Gli occhi di Mira luccicarono dalla commozione.
“Oh
mio Dio, Lucy! Stai seriamente mettendo in dubbio la mia
eterosessualità!” Esplose Mira, correndole incontro e
regalandole un vero bacio sulle labbra. La bionda scattò
indietro, sconcertata.
“Oh,
scusami Lucy, è solo che tutto questo è magnifico”
“Ehi”
si fece avanti Freed con un grembiule bianco con macchie di diverso
colore. “Non ha mica fatto tutto lei qui. Stasera bacerai anche
me dopo aver assaggiato le mie lasagne”
“Prima
di decidere aspetta di provare la macedonia” intervenne
Evergreen in tutta la sua perfezione, tranne per una striscia rosso
fragola sulla guancia e qualche macchia sul grembiule. “Ma non
voglio baci, mi accontenterò di un - Sei fantastica, Evergreen
-” concluse, facendo l'occhiolino.
Mira
non aveva minimamente intenzione di scegliere chi fosse il migliore,
perchè tutto ciò che vedeva era molto più di
quanto sperasse.
Per
questo scrollò leggermente il capo, e abbracciò tutte e
tre con quanta più gioia che poteva trasmettere.
Seppur
sorpresi, i tre cuochi si sentirono davvero orgogliosi del loro
operato. Quando udirono i primi singhiozzi, l'abbracciarono anche
loro e la strinsero forte, sussurrandole un flebile “di nulla,
Mira.”
La
famiglia Strauss aveva era da sempre orfana. Cresciuti in un
orfanotrofio, La sorella maggiore, Mira, a soli 12 anni aveva deciso
di lasciare quel posto e cominciare a lavorare per mettere da parte
dei soldi. Così, iniziò la sua vita prima di cameriera,
ma arrivata a 14 anni, diventò ballerina nei locali notturni,
dove la puzza nauseante di alcool e fumo ti stordisce al primo
impatto. Dove gli ubriachi che ti lanciano sguardi lascivi e
desiderano quel corpo ancora troppo giovane non fanno che aumentare
il desiderio di fuggire.
Mira
non ebbe altra scelta. Doveva continuare quella vita, per loro. Per
sua sorella e suo fratello. La speranza in qualcosa di migliore
risiedeva nelle sue sole forze.
A
15 anni non sapeva più cosa significasse essere una ragazza
adolescente. Era cresciuta. Troppo in fretta.
La
mattina andava a trovare i fratelli all'orfanotrofio, il pomeriggio
faceva la barista in un posto che non era affatto male, la compagnia
non le mancava. La sera invece, quando la mezzanotte batteva
rintocchi fin troppo lontani, dal sorriso gentile e premuroso che
donava dalle prime luci del giorno, la notte mascherava tutto ciò
che era, e diventava provocante, suadente e ingannatrice.
In
una gabbia, sul palo da lap-dance, su un palchetto o direttamente tra
vecchi uomini di mezza età con fin troppi soldi da spendere e
voglie represse che ribollivano.
Per
diversi anni, Mira non fu che un oggetto.
A
18 anni, raggiunta la maggiore età, ottenne la custodia dei
suoi fratelli e li trasferì con lei nell'appartamento nel
quale viveva.
Lisanna
ed Elfman non conoscevano i lavori che la loro sorella maggiore
intraprendeva con impegno, ma non potevano permettersi di vederla
continuamente con le occhiaie, con la stanchezza che stava pian piano
consumando il suo corpo, e neppure di sentire quelle solite tre
parole: va tutto bene.
Avevano
una zia da qualche parte. Non si poteva occupare di loro
personalmente ma comunque mandava sempre una discreta somma ogni
mese, e anche se non era sufficiente, loro ne erano comunque grati.
Quando
divorziò, appena un paio di anni prima, ottenne la casa del
suo ex marito. Si trovava nella loro città, e quando la
andarono a vedere se ne innamorarono a prima vista.
Era
una villetta su due piani, tetto spiovente e mura di un giallino
tenue.
C'erano
due entrate alla proprietà. Un cancelletto per le persone e
uno più grande, dal quale poteva benissimo entrare un auto e
lasciarla lì parcheggiata.
Poiché
la loro zia non aveva la minima intenzione di lasciare la propria
dimora, non ebbero problemi a ottenere le chiavi e la residenza, a
patto che avrebbero provveduto loro a mantenere la casa pulita e in
ordine.
A
quasi 19 anni, Mira e la sua famiglia ricevettero più di
quanto avessero sperato di ottenere.
Una
magnifica casa, un buon conto in banca grazie ad anni di sacrifici e
incubi, e tutta la famiglia riunita.
Elfman
e Lisanna non avevano mai smesso di andare a scuola, sotto le precise
minacce di Mira, e loro non ebbero modo di dissuaderla.
Ad
ogni modo, Elfman, dopo la scuola, dai tempi delle medie, aveva
trovato lavoro presso un vivaio. Il suo impiego prevedeva trasportare
vasi, innaffiare, disseminare, spalare terra, e molto altro. Un
impegno assai duro, ma allo stesso tempo gli aveva donato un corpo
muscoloso e ben allenato.
Con
il passare del tempo, divenne un vero pollice verde, tanto da
riuscire a conquistare Evergreen, una ragazza che mostrava se stessa
solo quando era a tu per tu con piante e fiori. La scintilla scoccò
in un qualsiasi giorno di qualche mese prima, e così iniziò
tutto.
Anche
Lisanna aveva imitato suo fratello, e nel fine settimana si
guadagnava qualche soldo in una tavola calda come cameriera. La
proprietaria disse che Lisanna è amata da tutti e quando c'è
lei il locale si riempie in poco tempo. Dal suo sguardo, capirono che
non l'avrebbe mai licenziata.
Tutti
erano sistemati, ma c'era un ultimo punto da cambiare.
Dopo
immense fatiche, Lisanna ed Elfman avevano convinto Mira a tornare a
scuola, a iscriversi nel loro stesso liceo. Anche se aveva 19 anni e
frequentava solo il secondo anno, nell'ultimo sarebbe comunque
riuscita ad ottenere il suo diploma. Andava bene così.
“Dai,
Mira, basta piangere o mi farai preoccupare” sussurrò
dolcemente Lucy, accarezzandole i capelli. L'albina sembrò
calmare i sussulti delle spalle. Indietreggiò un passo e si
asciugò gli occhi con le dita. Tirò su con il naso e
riassunse un po' di controllo. Mancava solo da sistemare gli occhi.
Lucy
si tolse il grembiule, allungò una mano sulla schiena della
ragazza e, con fare gentile, la accompagnò in bagno.
Evergreen
scosse mestamente il capo. “Tutti prima o poi si lasciano
andare.”
Angolo
Autore:
Salve
.-.
Si
lo so, avevo detto che nel prossimo capitolo ci sarebbe stato
qualcosa di più... ma avete visto quanto è lungo?? Non
potevo scrivere di più!
Nel
prossimo avrete qualcosa di nuovo, promesso ;)
Allora,
nello scorso capitolo vi siete moltiplicati! Sono felice! ^^
Ringrazio:
Laxus99chan, CrazyLoL102, Riders98, bekkuzza_chan e LadyAstral ^^
Grazie
mille a tutti :)
Alla
prossima, ciao!
Matt
|
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Capitolo 6 *** Dove arriva l'amore ***
***
Per
Natsu la doccia era un vero supplizio. Preferiva di gran lunga un bel
bagno caldo, ma in quel caso avrebbe impiegato chissà quanto
tempo a prepararsi e allora sì che Lucy si sarebbe vendicata.
Dieci
minuti dopo si stava velocemente asciugando, sfregandosi i capelli
con un asciugamano più piccolo.
Si
diresse in camera, aprì un cassetto e prese una camicia rossa
che mise sul letto. Ne aprì un altro e prese un pantalone nero
carbone, che accostò alla camicia. Dopo vari esercizi facciali
di dubbio, decise quell'abbinamento.
Il
suo gatto, di un insolito blu cielo invernale, saltò sul letto
e lo osservò con un'espressione che sembrava contenta.
Si
sedette sul letto e lo accarezzò.
“Mi
piacerebbe portarti con me, Happy, ma è una festa e non credo
ti piaccia molto il chiasso, vero?”
Happy
scosse il musetto. “No, non mi da fastidio!”
Silenzio.
Natsu
batté le palpebre, le labbra ancora ferme in una linea di
sorriso, anche se la mano posata sul pelo di Happy aveva cominciato a
tremare leggermente. Rise.
“Cavolo
Happy, ho appena avuto la sensazione che tu parlassi! Assurdo eh?”
“Aye!
Davvero assurdo!”
Pausa.
Il
sorriso di Natsu non rimase immutato ancora a lungo, mentre quello di
Happy sembrava del tutto nuovo. In effetti i gatti non dovrebbero
essere in grado di sorridere. Natsu si alzò, molto lentamente,
per poi appiattirsi contro la parete della camera, sconvolto.
“Tu
parli!”
“Aye!”
“E
che significa aye?”
“Significa
sì.”
“Ma
allora di' sì”
“Suona
male, meglio aye!”
Scosse
la testa. Non poteva essere reale, gli animali parlanti non
esistevano di certo altrimenti se ne sarebbe sentito parlare.
“Ma
perchè parli?” chiese, ritrovando un po' di calma.
“Non
lo so.” Ammise il gatto, scrollando le spalle.
“Il
mio gatto ha appena fatto spallucce. Ok, sto male.” Scosse
la testa e si diede dell'idiota.
“Come
non lo sai?” sbottò, vicino all'isterismo. “Non ha
senso!”
“Tu
perchè parli?” chiese a sua volta Happy.
“Come?
Perché so parlare ovviamente!”
“Io
non ho problemi se tu sai parlare!” Sorrise Happy, issandosi su
due zampe e puntandone una al cielo. Per poco a Natsu non venne un
infarto.
“E
ti reggi pure sulle zampe posteriori!”
“Aye!”
Esausto,
si accasciò lungo la parete, prendendosi la testa tra le mani
e ripetendosi che tutto ciò non aveva senso. Happy,
preoccupato, saltò giù dal letto e gli si avvicinò.
“Natsu?”
lo chiamò, con un'improvvisa nota triste. Il ragazzo rialzò
lo sguardo, sorpreso.
“Mi
hai trattato con tanto affetto da quando mi hai accolto in camera
tua. Ora che parlo, non puoi più volermi bene?” chiese,
in procinto delle lacrime.
Un
gatto con anche solo una zampetta ferita può far commuovere un
essere umano, figuriamoci vederlo piangere. Scosse la testa e lo
prese in braccio.
“No
Happy, io ti voglio tanto bene!” Lo rassicurò, con tono
calmo e gentile.
“Davvero?”
“Davvero.
Scusa per prima, ma non avevi mai parlato e non sapevo come
comportarmi.” ammise.
“Dispiace
anche a me, Natsu. Non volevo spaventarti” mormorò
tristemente. Il ragazzo lo accarezzò.
“Va
bene. È passato. Ma adesso dimmi” lo rimise a terra
davanti a sé e incrociò le gambe. “Davvero non
sai perchè parli?”
Il
gatto scosse la testa, e Natsu non poté che sospirare.
Stava
succedendo qualcosa di nuovo, questo pensò Natsu, incrociando
le braccia al petto e osservando assorto il cielo oltre la finestra
che si stava sempre più oscurando con il passare dei minuti.
Ciò
che lo sorprese ancora di più, fu la sua rapidità di
adattarsi a quella nuova scoperta. D'accordo, un gatto che parla
scioccherebbe chiunque, ma in quel momento la cosa non gli faceva né
caldo né freddo. Semplicemente Happy parlava, ed era
fantastico.
Toc
toc!
Natsu
scattò in piedi, chiedendo freneticamente chi fosse.
“Come
chi è? Chi può essere? Sono tua madre” rispose la
donna dall'altra parte della porta, perplessa.
“Ah,
ehm, si ok, aspetta un momento!”
Afferrò
Happy con uno slancio e si nascosero insieme dietro il letto.
“Allora,
Happy” cominciò Natsu, sussurrando per non farsi
sentire. “Non devi parlare assolutamente, la mamma potrebbe
spaventarsi. Ok?” Lo guardò dritto negli occhi, cercando
la promessa dietro la sua raccomandazione.
“Aye!”
Rispose Happy, soffocando la sua esclamazione e sorridendo
dolcemente, puntando di nuovo la zampetta al cielo. Natsu Annuì.
Si
alzò e andò ad aprire, trovando la donna poggiata sullo
stipite della porta con sguardo torvo e confuso.
“Mamma.”
“Ma
che stavi facendo?” Chiese, entrando nella stanza e guardandosi
intorno. Con la coda dell'occhio notò Happy acciambellato sul
letto che sonnecchiava.
“Mi
stavo mettendo i pantaloni” rispose, cercando di essere
convincente.
La
donna si voltò a guardarlo, lasciando cadere istintivamente
gli occhi sui vestiti del figlio, come una sorta di gesto meccanico.
Dopo alcuni secondi di incertezza sembrò ridestarsi e tornare
in sé.
“Devo
parlarti” disse seria. Natsu avvertì un'improvvisa
preoccupazione in quelle parole. Per quanto ricordava non aveva mai
sentito qualcosa di simile uscire dalla bocca di sua madre. Si
accigliò, non capendo la situazione.
“Che
succede mamma?”
Una
ciocca di capelli di un colore rosso intenso le sfuggì
dall'orecchio quando abbassò lo sguardo, ma evitò
di sistemarla. Non sembrava preoccupata e neppure triste. Natsu non
riusciva a leggere quell'espressione imperscrutabile ora che
era tornata a guardarlo, e la sua ansia crebbe.
“Natsu”
cominciò, congiungendo le mani davanti la gonna e mantenendo
un tono calmo e posato. “Io devo andare via.”
Natsu
piegò la testa di lato e corrugò la fronte.
“E
dove devi andare? È quasi sera.”
La
donna sorrise appena e scosse leggermente la testa. Natsu avvertì
sulla sua pelle e nel suo stomaco che qualcosa non andava. Sua madre
si stava comportando in modo troppo strano.
“No
Natsu, non è quello il senso delle mie parole.”
Il
ragazzo non aveva idea di cosa pensare, e anche Happy sembrava
particolarmente interessato dalla situazione, tanto che si era messo
seduto ad osservarli da sopra le coperte, senza però
nascondere un'espressione fin troppo intuitiva per un gatto.
“Mamma,
mi stai spaventando” mormorò, avanzando di un passo, ma
la donna alzò una mano, gesto che accrebbe ancora di più
i timori del ragazzo.
Lo
guardò dritto negli occhi, e mai parole che uscirono dalle sue
labbra furono più sconvolgenti.
“Io
non sono tua madre.”
In
un istante, il mondo si capovolge e il cielo si sbriciola in infiniti
frammenti, dilaniando tutto ciò che incontrano durante la
caduta nell'oblio, dove non ne usciranno più.
Ciò
che rimane è la rovina, avvenuta così in fretta da
lasciarti spaesato e terrorizzato, e con una precisa domanda a cui
non troverai mai risposta: perchè?
Happy
non spiccicò parola, perchè ascoltare un gatto blu
parlare sarebbe forse stato l'unico espediente per fermare il
decadimento che stava avvenendo nella mente di Natsu, e nel suo
cuore.
Un
leggero tremolio si impossessò del suo labbro e le gambe
stavano seriamente minacciando di cedergli, ma resistette. Forti
brividi gli attraversarono il corpo, immobilizzandolo in una specie
di ibernamento compiuto dal cervello, che aveva quasi smesso di
svolgere le consuete funzioni vitali nell'udire le parole di poco
prima.
Batté
le palpebre, convincendosi che quello fosse solo un brutto
sogno.
“Devo
andare, per potermi ricongiungere a te.”
Altre
parole confuse, al quale non si sforzava neppure di dare un senso.
Era fin troppo chiaro che quello era un sogno. Senza rendersene
conto, si mise a ridere.
“Ma
certo, come ho fatto a non pensarci prima!”
Gesticolò,
fece un paio di passi in ogni direzione e rise ancora, rallegrandosi
di aver capito.
“Era
ovvio che Happy non potesse parlare, perchè questo è
solo un sogno, e tu mamma, ne fai parte senza ombra di dubbio.”
La
donna si girò verso Happy, che rendendosi conto di essere
osservato, abbassò le orecchie e indietreggiò qualche
centimetro, senza dire nulla.
“Happy,
hai recuperato la parola?” Chiese la donna, che sembrava
piacevolmente sorpresa.
Il
gattino blu si voltò verso Natsu per cercare una risposta, che
non tardò ad arrivare.
“Parla
pure Happy, tanto questo è solo un sogno” disse il
ragazzo, che sorrise ammiccante e sicuro di sé. Happy si
preoccupò, perchè sapeva benissimo che quello non era
un sogno. Certo che non lo era.
“Sì”
rispose. “Posso parlare.” Il tono era basso e sommesso,
ma la donna udì chiaramente quelle parole, e sorrise contenta.
Allungò una mano e lo accarezzò sulla testa, dicendo di
non preoccuparsi.
“Happy,
puoi farmi un favore?” Chiese poi, guardandolo dolcemente.
Non
appena vide i suoi occhi verdi, Happy si accorse che non avrebbe mai
rifiutato, qualunque richiesta si fosse trattata
Deglutì,
stringendo il musetto in un'espressione commossa e prossima alle
lacrime. Annuì.
La
donna si allontanò di qualche passo, fino a raggiungere il
centro della stanza. Natsu, che era convinto fosse solo un sogno,
avvertì le sue certezze vacillare. Guardò sua madre, e
lei guardò lui. Uno sguardo carico di significati, di parole e
di sentimenti. Il ragazzo cominciò a muovere la testa in segno
di negazione, non avendo la minima idea di cosa sarebbe successo ma
trovando tutto assolutamente sbagliato.
“Mamma,
che vuoi fare? Ti prego, dimmelo!” Urlò, mentre
avvertiva un forte calore circondarlo sempre di più.
Un
sospiro caldo, ma allo stesso tempo confortante e gentile. Natsu sà
che il fuoco brucia, ma per qualche strana ragione, anche se
l'ambiente si stava facendo sempre più bollente, non percepiva
alcuna minaccia.
Tutto
ciò era familiare e parte di lui..
Lo
sguardo dolce della donna tornò ad Happy, che non si era
minimamente mosso, in attesa di quelle parole. Nel contempo, i
capelli rossi ondeggiavano parsimoniosi, sospinti da una forza
invisibile e per nulla minacciosa. La pelle aveva assunto un colore
arancio acceso, per poi passare su tutte le tonalità del
rosso, che non raggiunse mai la sua massima intensità
“Prenditi
cura di Natsu.”
Le
fiamme divamparono in un istante, illuminando con la stessa forza del
sole quella stanza fin troppo piccola per poter contenere una tale intensità.
Le
urla si mescolarono tra quelle di Natsu ed Happy, che si portarono
dietro il letto, osservando con orrore lo spettacolo che gli si
parava davanti.
Il
pavimento si carbonizzò in pochi secondi, mentre la tempesta
di aria incandescente smuoveva fogli di carta da tutte le parti, che
venivano ridotti in cenere se finivano intrappolati dalle fiamme che
avevano completamente avvolto quel corpo.
Nonostante
questo, nessun urlo di dolore, preghiera o spasmo per spegnere le
fiamme. Nulla.
La
luce intensa allungava e sfocava le ombre repentinamente, confondendo
le forme e riducendo la percezione di solidità di tutto ciò
che li circondava. Ma i loro occhi, colmi di lacrime e strazio non
avevano smesso di guardare le fiamme consumare sempre più la donna dai capelli rossi e quello sguardo sempre dolce che ora non era possibile distinguere. Uno
scintillìo verde apparve improvvisamente, laddove c'erano quegli
occhi tanto conosciuti.
“Mamma!”
Un urlo disperato, un ultimo richiamo di fronte alla speranza che va
spegnersi sempre più e non lasciare più nulla, se non
quel verde, che tornato tra le fiamme, non ebbe più modo di
mostrarsi.
La
luce diminuì, così come l'intensità delle fiamme
e il calore, lasciando al suo posto un'area completamente bruciata e
sconosciuta.
Happy
era rimasto a terra, troppo impaurito dopo aver visto quegli occhi tra le fiamme, mentre Natsu non aveva avuto modo di
distogliere lo sguardo, lasciando che il dolore della perdita di
fronte ai suoi occhi lo sfregiasse sempre più.
“Io,
non ho fatto nulla per salvarla, io...” ma
non c'era molto da dire o pensare, oltre ad aver assistito impotenti
ad uno degli spettacoli più orribili del mondo.
L'ultima
fiammella sospesa nell'aria, non più grande di un pugno, si
dissolse improvvisamente, lasciando al suo posto un piccolo bagliore
sferico giallo-arancione.
La
piccola sfera era lì, che galleggiava impercettibilmente, come
se fosse in attesa di qualcosa.
Natsu
batté le palpebre e si alzò dal suo nascondiglio, preda
di gesti meccanici e senza quasi una propria volontà.
Tutto
troppo strano, troppo in fretta e troppo agonizzante da assimilare.
Avanzò
di qualche passo, osservando assorto la piccola sfera al centro di
quella che prima era la sua camera.
Alzò
il braccio e allungò la mano per toccarla; emanava calore,
dello stesso tipo che aveva percepito prima che le fiamme lo
investissero in tutta la loro atrocità.
Assottigliò
lo sguardo e fermò la mano a pochi centimetri, incerto sul da
farsi.
Happy
venne fuori, osservando quello che stava succedendo e chiedendosi
cosa fosse quella sfera.
Natsu
irrigidì lo sguardo, deglutì, e con uno scatto, avvolse
nella mano la sfera.
Immediatamente,
una forte luce si sprigionò dal suo pugno, così intensa
che lo costrinse a chiudere gli occhi. Il calore aumentò ma
non voleva lasciare la presa, sentiva di non doverlo fare. Strinse
più forte, il suo sguardo si contrasse nella forza della
determinazione e il secondo bagliore più intenso lo investì
in pieno, circondandogli tutto il corpo.
“Natsu!”
Il
grido che ne seguì, sovrastò completamente il richiamo
di Happy, che restò paralizzato di fronte quanto stava
accadendo.
La
musica probabilmente raggiungeva anche le case di fronte per quanto
era alta, ma nessuno era ancora venuto a lamentarsi, anche perchè
erano appena le 20:00 di sera e la festa non era ancora entrata nel
vivo.
Bixlow
si trovava perfettamente nel suo ambiente, tra i vari mixer
improvvisati delle moltissime canzoni che si succedevano e la
regolazione di suoni bassi e alti che adattava al meglio su ogni
canzone.
Era
un vero successo.
In
pochi minuti gli invitati si erano moltiplicati, e comprendevano
diverse classi della Fairy Tail High School più tutta la
squadra di football, protagonista indiscussa della festa.
“Ancora
una volta! Hip hip!”
“Urrà!”
Elfman
aveva sollevato due suoi compagni, e tra le risate generali se li
stava portando a spasso come se fosse stati sacchi di patate, a
dimostrazione della sua forza.
“Siamo
i migliori!” qualcuno aveva urlato, e un coro generale si era
alzato in cielo, riuscendo per qualche secondo a sovrastare la
musica.
Non
tutti però si stavano divertendo: Mira non aveva avuto la
minima idea che la festa avrebbe avuto così tanti imbucati,
così, con l'aiuto di Freed, Evergreen e Lucy, si erano tutti
rigettati in cucina a cucinare ogni sorta di piatto commestibile che
accontentasse quegli stomaci senza fondo.
“Lucy,
è pronto il cioccolato?”
“Un
momento Mira, sta ancora finendo di fondersi” rispose,
passandosi l'avambraccio sulla fronte e prendendo un po' d'aria.
Si
sentiva esausta Lucy. Erano ormai tre ore che armeggiava con forno e
fornelli, preparando una quantità industriale di biscotti e
preoccupandosi di non far bruciare il cioccolato che serviva a
ricoprirli. Il grill trillò l'ennesima volta e un nuovo
ripiano di biscotti giunse sul tavolo, vicino a Mira, che si occupò
di guarnirne la metà con un ciuffo di panna montata.
Evergreen
tagliava la frutta con velocità e maestria, la riponeva in
ciotole e in un secondo momento aggiungeva zucchero e limone in
giuste dosi.
Freed
invece sembrava avesse assassinato almeno tre pollai con tutte le
cosce di pollo che gli stavano intorno, cotte e ancora da cucinare. E
tutto il lavoro di secondi e dolci veniva svolto da un singolo forno.
“Penso
che il prossimo mese riceverai una bolletta molto salata” aveva
detto Freed, facendo sbiancare ancora di più Mira, che per
qualche minuto aveva avuto bisogno del sostegno di una sedia.
Passò
un'ora così, tra corse in cucina e nella sala hobby, dove un
lungo tavolo aveva ospitato decine di teglie che venivano spazzolate
in meno di un minuto dalla folla affamata.
Nel
cuore della festa erano presenti praticamente ogni genere di facce
che a scuola ormai si conoscevano. Forse le uniche persone che
mancavano erano quelle del primo anno, il quale, anche avendone
sentito parlare, non si sentivano all'altezza di imbucarsi ad una
festa delle classi più alte.
Fiumi
di birra si districavano tra la folla accalcata, che si dilettava ad
andare a ritmo della musica o si riuniva a gruppi per chiacchierare
animatamente.
Una
persona però, si sentiva completamente estrania a tutto quello
che gli succedeva intorno. Quelle facce non gli dicevano nulla e la
musica era talmente alta da confonderle i pensieri.
“Lluvia
non sarebbe dovuta venire.” Pensò,
facendosi strada tra la gente che occupava il viale e riuscendo ad
entrare nella sala hobby, riconoscendo con un balzo al cuore il viso
di Gray, che si stava servendo della macedonia in una coppa di
plastica.
Si
scostò dalla porta, in modo da non ostacolare il passaggio
alle altre persone e tornò ad osservarlo.
Gray
indossava una camicia bianchissima e un paio di jeans abbastanza
semplici. Scarpe nere e,
alzandosi in punta di piedi, Lluvia notò anche uno scintillìo
d'argento appeso al collo.
Probabilmente era una collana.
Uno
sguardo lontano, laddove i suoi occhi non erano mai giunti, ma che
ora era improvvisamente apparso nella mente. Ad un tratto, ebbe la
sensazione di essere troppo esposta, che osservare qualcuno in quel
modo fosse sbagliato.
Sentiva
lo strano impulso di nascondersi.
“Lluvia?”
Spalancò
i suoi occhi blu, tornando alla realtà e alla musica che
sembrava essere aumentata di volume. Davanti a lei, Gray la guardava
con un lieve sorriso.
“Ah,
Gray. Buonasera” disse, alzando la mano e accennando un saluto.
“Non
c'è bisogno di essere così formali, anche un semplice
ciao andava bene.”
Lluvia
strinse le spalle e biascicò qualcosa che Gray non capì,
ma non seppe dire se per colpa della musica o dei suoi occhi, che
erano scesi ad osservare la figura davanti a lui in ogni dettaglio.
Indossava degli stivali blu scuro fin quasi al ginocchio, che
coprivano le calze di una tonalità più chiara. Il
cappotto era diverso da quello di oggi, quando l'aveva vista a
scuola. Questo, aveva una sfumatura blu cobalto più intensa.
I
lunghi capelli blu erano in parte nascosti da un cappellino di pelo,
al quale era attaccato un piccolo fiorellino giallo.
Ciò
che però lo colpì maggiormente, furono i suoi occhi,
che rifrangevano, luminosi, ogni tipo di luce che li colpiva.
“Bellissima.”
Pensò.
“Stai
bene con il blu” disse invece, trovando interessante guardare
il bracciolo del divano alla sua sinistra.
La
musica cambiò ritmo, passando dal pop a un genere da
discoteca, che smosse ancora di più gli animi e scatenò
il desiderio di scendere in pista e ballare.
Lluvia
si voltò, osservando tutte quelle persone sorridenti che
sembravano perfettamente a loro agio in quell'ambiente, mentre lei
non aveva neppure il coraggio di muoversi senza un viso amico
ad accompagnarla.
Gray
smorzò le labbra, imboccò un paio di cucchiai di frutta
e lasciò il resto sul tavolo più vicino. Si avvicinò
a Lluvia, e parlandole nell'orecchio, le chiese se le andava di
ballare.
In
un primo momento non seppe cosa rispondere. Le piaceva ballare ma non
era mai stata a una festa e non era sicura di volersi mescolare in
mezzo a tutta quella gente.
Abbassò
lo sguardo, notando la mano di Gray che non aspettava altro che
essere afferrata.
Voleva
dire qualcosa, ma i suoi occhi blu si fusero con quelli neri e
rassicuranti di lui, e in un istante le parole scomparvero, lasciando
al loro posto un brivido di piacere lungo il corpo.
La
sua mente si perse per qualche secondo, riemergendo solo quando si
accorse di aver intrecciato quelle dita nelle sue. Sentì la
presa farsi gentile, e una carezza le raggiunse il cuore, che
sussultò, senza il minimo controllo.
“Andiamo,
Lluvia. Divertiamoci.”
Insieme,
mano nella mano, si unirono alla massa danzante, al quale Lluvia
riconobbe una sincera sensazione di estasi e sano divertimento.
All'inizio incerta, ma poi, trovò il ritmo nell'aria che si
unì al suo corpo, il quale più volte si era avvicinato
a quello di Gray, assaporandone ogni volta le sensazioni piacevoli
che le procurava.
Angolo
Autore:
Salve!
Mamma mia che figata
questo capitolo! **
Se potessi lo
recensirei io stesso XD
Allora, adesso vi
chiedo: avete capito cosa è successo? Tutto quel casino
insomma. Io lo so! u.u (che scoperta)
Se qualcosa non è
ancora del tutto chiaro non disperate, a suo tempo vecchi e nuovi
misteri avranno le loro risposte ;)
Passiamo ai
ringraziamenti:
Ringrazio: Riders98,
Laxus99chan, bekkuzza_chan e LadyAstral. Grazie per il vostro
sostegno ^^
Inoltre, ringrazio
tutte le persone che hanno inserito la storia tra le preferite,
ricordate e seguite :)
Sono contento che la
storia vi piaccia, spero di incuriosirvi sempre piu'!
Alla prossima!
Ciao!
Matt
|
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Capitolo 7 *** Oltre le parole ***
***
All'interno
della sala hobby, adibita a punto riposo e ristoro, c'era un tavolino
con un'elegante carta arancione che lo proteggeva dalle macchie,
tutto riservato alla zona dolci.
Svettavano
fiere nei loro colori le crostate di frutta di ciliegie, more e
albicocche, affiancate da una distesa collinetta di biscotti al
cioccolato in tutte le forme.
Nell'ultimo
lato poi, c'erano le torte: alla panna, al cioccolato, pandispagna e
crema.
Tutte
erano state attaccate da una bocca affamata, e i grandi piatti
mostravano tristemente gli avanzi e le poche fette che ancora non
erano state raggiunte.
Una
di queste in particolare, aveva attirato gli occhi di qualcuno, che
cautamente, si stava avvicinando.
Le
sue attenzioni erano rivolte ad una singola fetta di torta ricoperta
di panna, sul quale si poteva intravedere un morbido strato di
pandispagna.
Una
bellissima fragola rossa, priva di ciuffo, svettava fiera sulla vetta
e nessuno sembrava averci ancora fatto caso.
La
ragazza prese velocemente un piattino, si avvicinò a quella
fetta e... con un singolo gesto se la vide portare via.
In
un primo momento delusa, ma subito dopo raggiunse in poche falcate il
ladro di torte, che non appena vide chi gli aveva posato la mano
sulla spalla, sbiancò come un lenzuolo.
“P-Presidente
Scarlett!”
“Quella
torta l'ho vista prima io!” Disse minacciosa, ottenendo il
risultato sperato. Tre secondi dopo il ragazzo si era dileguato e
Erza aveva finalmente la sua fetta di torta con panna e fragole.
Trovò
un posticino appartato fuori, su una panchina posta a un lato del
vialetto, dove la gente si era buttata in pista a ballare.
Dolcemente,
affondò la forchetta di plastica nella panna, se la portò
alle labbra e l'assaporò, beandosi immediatamente di quel
gusto fresco e perfetto.
“È
stata un'ottima idea venire a controllare che quegli scimmioni non
facessero danni” si congratulò con se stessa,
continuando a mangiare con gusto.
La
sua professionalità e senso di giustizia non aveva eguali,
soprattutto per quel motivo era stata per la seconda volta eletta
presidente del consiglio studentesco.
Le
ragazze l'adoravano e i ragazzi ne erano intimoriti e ammaliati al
tempo stesso. Con lei in corsa, non c'era stata gara alla carica di
presidente.
Purtroppo,
anche l'ultimo pezzetto finì e Erza non poté far altro
che gettare il piattino in un cestino.
Guardandosi
intorno, dovette ammettere che l'aria era ben movimentata. I ragazzi
della squadra si comportavano abbastanza decentemente e non si era
vista l'ombra di super alcolici; la birra poteva starci.
“Presidente!”
Nonostante
la musica alta, Erza riuscì comunque a distinguere il
richiamo, e quando vide che si trattava di una sua amica, sorrise.
“Levy,
non c'è bisogno di chiamarmi con quell'appellativo, stasera
sono solo Erza.”
Levy
rispose con un'espressione dolce e tornò subito alla carica
con qualche domanda.
“Allora,
Erza, come mai questo abbigliamento così particolare stasera?”
Disse maliziosa, suscitando le perplessità della ragazza dai
lunghi capelli rossi.
Erza
si guardò: ai piedi aveva dei sandaletti scuri rialzati 6cm,
le gambe nude, coperte appena a metà coscia da una gonna blu.
Una
maglietta smanicata bianca le copriva il corpo, lasciando però
intravedere le sue generose forme, e un fiocco blu era stata
applicato al colletto.
Erza
tornò a guardare la piccola ragazza, senza capire appieno la
sua domanda.
“Non
capisco a cosa ti riferisci, sono vestita normalmente.”
“A
scuola sei sempre con la solita divisa e una giacca rossa”
disse pensierosa. “Forse è per questo che non siamo
abituati a vederti in altre vesti, non ti fai vedere se non a scuola”
concluse.
Erza
non seppe esattamente cosa dire, ma se quello che diceva Levy era
vero, allora era davvero così poco socievole oltre gli orari
scolastici?
Per
qualche secondo pensò a quello che in genere faceva dopo la
scuola, e capì.
Non
vedeva mai nessuno.
Il
mattino presto andava a correre, poi la scuola, spesso oltre l'orario
per i vari controlli dei club, organizzazioni varie, rendimenti
scolastici e altro.
Quando
tornava a casa, si faceva una doccia per poi restarsene un paio d'ore
davanti alla TV prima di andare a dormire, sapendo che il giorno dopo
tutto sarebbe ricominciato da capo.
La
sua vita era quella routine, a scuola poteva parlare con chi voleva,
ma nessuno alla fine la conosceva davvero.
Improvvisamente,
si sentì sola.
C'erano
degli amici che le volevano bene, conosciuti il primo anno in cui
aveva messo piede in quella meravigliosa scuola, e per colpa dei suoi
impegni stava perdendo tutto.
Abbassò
lo sguardo, nascondendo il viso sotto la sua folta capigliatura.
“Scusami
Levy, devo dire al DJ di abbassare la musica quando arriveranno le
23.”
Si
defilò velocemente, rendendo inutili i richiami della piccola
Levy, che s'intristì per la reazione dell'amica.
“Cos'ho
detto di male?” Si chiese, tristemente, guardandosi le scarpe
da ginnastica. Osservò la panchina li vicino, e senza pensarci
vi si sedette, sospirando.
Vedeva
Erza di rado. Anche se frequentavano la stessa scuola le possibilità
di incontrarla erano comunque minime.
Improvvisamente,
avvertì un peso sulle spalle.
“Non
capisco perchè è fuggita. Spero solo che non sia colpa
mia.”
La
sensazione di pesantezza si fece più forte, quasi fosse una
sorta di risposta a quel suo ultimo pensiero.
La
gente ballava senza freni e ogni tanto qualcuno si allontanava per
bere qualcosa e rinfrescarsi. A quella scena le venne improvvisamente
sete.
Spostò
lo sguardo, individuando Lisanna che ballava con al seguito Elfman
che teneva lontani gli sguardi troppo languidi. Probabilmente
qualcuno l'aveva riconosciuta per il suo lavoro alla tavola calda.
Sospirò.
Tanto valeva buttarsi nella mischia, oltretutto quel peso sulle
spalle, più che senso di colpa, sembrava qualcosa di fin
troppo reale.
Fece
per alzarsi, ma non ci riuscì. Qualcosa la tratteneva.
Preoccupata,
voltò lentamente lo sguardo, scoprendo con orrore due grosse
mani posate sulle sue esili spalle.
Ancora
prima di gridare, una di queste si mosse velocemente e le tappò
la bocca. Cercò di dimenarsi ma venne letteralmente trascinata
all'indietro.
Entrando,
il vialetto presentava alla sinistra la grande villetta, e sulla
destra, invece di un muro, c'era una folta siepe, ma non era
completamente chiusa.
La
proprietà infatti si estendeva qualche metro oltre.
Appena
entrati dal cancelletto, alla destra ce n'era un altro.
Attraversandolo, si entrava in un lungo corridoio largo non più
di un metro e mezzo, costeggiato sulla sinistra dalla siepe, e alla
destra dall'effettivo muro di mattoni che chiudeva la proprietà.
Ed è lì che Levy era finita.
Dopo
aver attraversato la siepe, non seppe dire dove fosse finita ma la
paura che qualcuno la stesse rapendo era più che evidente.
Si
stava ancora dimenando e cercando di urlare, quando una voce la
immobilizzò.
“Ehi,
piano gamberetto, ti agiti più della coda tagliata di una
lucertola!”
Avrebbe
riconosciuto ovunque quella voce, anche se gliela avessero anche solo
mimata.
La
presa cessò, e Levy poté finalmente voltarsi e sfogare
tutta la sua collera.
“Redfox!
Mi hai fatto prende un colpo!” Urlò, aggredendolo con un
pugno che venne prontamente afferrato.
Il
ragazzo si mise a ridere, facendo solo aumentare la rabbia ma anche
l'imbarazzo di Levy, che desiderò scuoiarlo vivo.
“Non
ho resistito alla tentazione di farti uno scherzetto” disse
divertito, appoggiandosi con la schiena al muro e guardandola con un
ghigno.
A
denti stretti, Levy resistette all'impulso di saltargli addosso e
massacrarlo di botte.
“Stavo
morendo di paura, brutto idiota!” Urlò ancora Levy,
lasciando trapelare una lacrima che venne subito cacciata.
Gajeel
spense il suo sorriso di scherno. La ragazza abbassò lo
sguardo, abbracciandosi le spalle con fare protettivo.
Tremava
leggermente.
Gajeel
piegò le labbra, avvertendo i sensi di colpa premergli sul
petto. Inspirò profondamente e si grattò la guancia, in
evidente difficoltà su cosa dire.
“Scusami”
bofonchiò, guardando insistentemente il fogliame scuro davanti
a sé.
Il
volume della musica era minore in quella zona, anche se non di molto.
Ma Levy udì comunque quelle scuse.
Non
disse nulla, ne mostrò un qualche gesto di aver capito. Si
appoggiò anche lei alla parete e sospirò, continuando a
sfregarsi le braccia nude.
Seppur
incerto, Gajeel tolse la felpa che indossava, voltò Levy con
impacciata grazia e gliela posò sulle spalle. Quando si voltò
per chiedergli spiegazioni, il ragazzo disse: “Pensavo avessi
freddo. E poi nei film mettono sempre una coperta sulle spalle di una
persona, dopo che è stata soccorsa. Dicono che sia per lo
shock.”
Un
singolo battito di ciglia, prima di capire che quello era il suo modo
di rimediare. Levy guardò altrove, senza riuscire a fermare
gli occhi per più di due secondi su qualcosa in particolare.
Alla fine, cedette.
“Grazie.”
Strinse
la felpa a sé e tornò a guardare a terra. Quel
ringraziamento le era costato un enorme sforzo dopo quello che gli
aveva fatto, ma se stava cercando di aggiustare le cose, non poteva
certo rendere inutili i suoi sforzi.
“Che
ci fai qui?” ruppe il silenzio Levy, ritrovando la calma.
“Passavo
di qua e ho sentito la musica.”
Si
voltò a guardarla, e nonostante il buio, per un secondo ebbe
la sensazione che anche lei lo stesse guardando. Scrollò le
spalle.
Passò
un minuto di silenzio, scandito dalla musica che Gajeel si dilettava
a seguire picchiettandosi i pantaloni con l'indice.
“Perché
oggi a scuola te la sei presa con me?” Domandò Levy.
Gajeel
fece un verso incerto, forse perchè non conosceva neppure lui
la risposta a quella domanda.
“Era
per scherzare, non ce l'ho mai avuta con te.”
Un
altro momento di vuoto, riempito solo dalla musica incalzante.
Levy
si voltò a guardarlo, le mani ancora strette nella felpa e gli
occhi a cercare di riconoscere i lineamenti di quella mattina.
“Non
sembri cattivo.”
Lo
vide alzare gli occhi al cielo, per poi piegare appena la testa per
cercare di scorgerla.
“Non
penso di esserlo” disse semplicemente, e il silenzio tornò
tra loro.
Idee
confuse si accavallavano nella testa di Levy, chiedendosi quanto
effettivamente era possibile fidarsi di Gajeel Redfox. Quella mattina
era decisamente partito con il piede sbagliato, ma chissà,
forse voleva solo mettere paura per accaparrarsi un po' di rispetto.
Si
rese conto di non conoscerlo affatto, praticamente non sapeva nulla
di lui se non che occupava il banco dietro al suo. Nonostante tutto,
la voglia di capirci di più non era così grande,
soprattutto dopo lo spavento che gli aveva fatto prendere.
“Usciamo
di qui” disse improvvisamente Gajeel, sfiancato da quel momento
vuoto creato.
Senza
riuscire a controbattere, Levy si ritrovò spinta lungo il
corridoio, fino ad arrivare a un vecchio cancelletto arrugginito. Il
loro passaggio lo fece cigolare e finalmente tornarono al vialetto,
dove le persone si stavano divertendo tra balli e bevute.
“Dai
vieni, beviamo qualcosa” propose Gajeel, alzando un po' più
la voce per farsi sentire e precedendola di qualche passo.
Levy
lo seguì senza discutere, guardando incuriosita quella lunga
distesa di capelli neri che nascondevano una canottiera grigia
piuttosto attillata.
Non
poté notarlo prima perchè entrambi erano nascosti dalla
luce, ma con il favore delle lampade rimase sorpresa dai lineamenti
di quelle braccia muscolose. Trasmettevano forza e vitalità.
Entrarono
nella sala hobby e Gajeel prese subito un bicchiere di plastica,
versò un po' d'acqua e lo mise tra le mani di Levy, che lo
guardò con un cipiglio interrogativo.
Lui
invece si versò un po' di birra da un barile.
Si
voltò per controllare la situazione, e vide che il bicchiere
era rimasto intatto.
“Non
bevi?” Chiese dubbioso, assaporando un sorso di birra.
Levy
guardò ancora una volta il bicchiere e poi Gajeel. Sorrise.
“Mi
hai forse preso per una bambina?” Disse sfottente, posando il
bicchiere sul tavolo e prendendo una bottiglia di birra sotto lo
sguardo incredulo di Gajeel.
Era
chiusa. Si guardò intorno alla ricerca di un cavatappi, ma non
vide nulla di simile.
Sbuffò,
infastidita.
“Come
cavolo la apro adesso?”
Non
seppe neppure lei perchè il suo cervello l'aveva portata a
posare l'acqua e afferrare quella bottiglia. La birra le piaceva, al
massimo una riusciva a sorseggiarla, e davanti a Gajeel le sembrò
la cosa migliore da fare.
Anche
se cercava di essere gentile, in un certo senso la stava ancora
trattando da poppante, e doveva fargli capire come invece stavano le
cose.
Divertito,
Gajeel finì il suo bicchiere.
“Da
qua, ci penso io” disse, prendendogli la bottiglia tra le mani.
Levy non aveva idea di come l'avrebbe aperta, finché non lo
fece: afferrò un lembo del coperchio in metallo con i denti e
lo piegò senza il minimo sforzo.
La
ragazza restò a bocca aperta.
“Ma
non ti fai male?” Disse, leggermente turbata, riprendendosi la
bottiglia, ora aperta. Gajeel sorrise con il tappo tra i denti e lo
sputò sul tavolino.
“Niente
affatto, ho la dentatura di uno squalo!” E il sorriso che ne
seguì mostrò effettivamente dei denti perfetti, senza
alcun tipo di scheggiatura.
Levy
fece un mezzo sorriso e tracannò un gran sorso dalla sua
bottiglia. Gajeel rimase piacevolmente colpito dai modi di fare di
quella piccola ragazza, e dovette ricredersi sul suo conto. Quella
mattina l'aveva presa di mira perchè gli era sembrata un tipo
debole, ma che se la cava sui libri. Il classico secchione.
Invece,
oltre al cervello, Levy mostrava grande adattamento e spirito
combattivo, oltre a un carattere che sapeva come stupire.
“Non
sei affatto male, gamberetto.”
Levy
lo guardò male, ripetendosi nella mente quell'appellativo che
gli sembrava comunque un'offesa.
“Guarda
che io mi chiamo Levy, brutto buzzurro!”
Il
tempo smise di avere un senso per loro, che finirono per litigare e
parlare, lanciarsi occhiatacce e di nuovo litigare.
Gajeel
non aveva mai incontrato un tipetto così piccolo e rumoroso al
tempo stesso, e il fatto che riuscisse a tenergli testa era di per se
un punto a suo sfavore.
“Per
caso ti sei imbucato?” Chiese Levy, una volta ripresa dal
dibattito sanguinoso che aveva riguardato quel soprannome con cui il
ragazzo se n'era uscito.
Non
sapeva perchè, ma lo detestava. Alla fine però, non
avevano raggiunto un compromesso e Gajeel continuava imperterrito a
chiamarla in quel modo.
“È
un osso duro.” Pensò,
stringendo i denti.
“Proprio
così” rispose, addentando un biscotto. “Come
immagino la metà delle persone che sono qui.”
Levy
non poteva certo controbattere, dopotutto aveva ragione. I suoi occhi
si posarono su una coppietta che stava amoreggiando sul divano.
“E
sei venuto da solo?” Chiese distrattamente, sorseggiando un
altro sorso di birra.
“Ho
sentito parlare della squadra che aveva vinto il campionato estivo, e
che avrebbe dato una festa, così ne ho approfittato.”
Addentò voracemente una coscia di pollo e mise delle patate in
un bicchiere, che ogni tanto veniva di nuovo rifornito.
Levy
lo guardò, sbalordita. Sembrava Natsu e Gray quando mangiano.
“Dovrei
farti conoscere i miei amici, sono una buona forchetta proprio come
te” disse sorridente.
Gajeel
inghiottì il boccone e disse che per lui non c'erano problemi.
Poco
dopo, Levy riuscì a trovare Gray e Lluvia, che si erano
buttati sulla pista da ballo. Dopo le presentazioni, fu la volta di
andare in cucina, dove un'impacciata Lucy stava uscendo in quel
momento e non poté evitare di spiaccicare una torta alla crema
in faccia a Gajeel, che venne subito dopo deriso nell'imbarazzo
generale.
Mentre
si puliva con un intero rotolone di carta, conobbe la fonte dei suoi
guai, Lucy Heartphilia, che si scusò per l'inconveniente, e la
padrona di casa, Mirajane Strauss, che sembrava volerlo maledire con
lo sguardo. Probabilmente non aveva accettato che un'intera torta
fosse finita sul suo muso.
Levy
non conosceva bene Evergreen, e Freed non l'aveva mai visto, così
passò una buona mezz'ora tra presentazioni e chiacchiere
varie.
“A
proposito” disse Levy. “Non ho visto Natsu in giro, voi?”
Lucy
fu la prima a farsi avanti, con una faccia perplessa.
“Come
sarebbe a dire? Non è di sotto a divertirsi?”
Levy
scosse il capo. “Sono arrivata alle 19:00, quando ancora c'era
poca gente. Pensavo fosse di sopra a dare una mano.”
“Assolutamente
no!” Riprese Lucy con vigore. Poi si ricordò della
promessa che il ragazzo gli aveva fatto, e lui non era tipo da non
mantenerle.
“Mi
aveva detto che sarebbe venuto subito dopo una doccia a dare una
mano” disse ricordandosi, sfumando la sua voce in un tono
sempre più preoccupato. “Ma non si è fatto
vedere. Pensavo fosse di sotto a ballare, e che se ne fosse
dimenticato.”
Non
si accorse nemmeno di aver cominciato a torturarsi un'unghia con i
denti.
Levy
non sapeva cosa dire, ma se Natsu non si era fatto vivo doveva
esserci un buon motivo.
“Hai
controllato se ti ha mandato un messaggio?” Intervenne
inaspettatamente Gajeel, che ricevette solo un'occhiata veloce prima
che la bionda si fiondasse sulla sua borsa e ne estraesse il
cellulare. Illuminò lo schermo, speranzosa, ma non vide nulla.
“Niente.”
Ora sembrava davvero preoccupata.
“Che
ore sono?” Chiese Mira, avvicinandosi, stavolta con aria seria.
“Quasi
le 22” intervenne Freed, scostando la manica e controllando
l'orologio.
Non
andava affatto bene, quattro ore di ritardo erano un'infinità.
“Lucy”
la chiamò Levy, cercando di apparire tranquilla. “Chiamalo
al cellulare, vedi se risponde.”
Senza
farselo ripetere, andò in rubrica e selezionò la voce
Natsu.
Attese
qualche secondo, finché il cellulare non prese a squillare.
La
finestra era in pezzi.
I
vetri erano esplosi e alcune schegge persistevano sul bordo.
La
puzza di fumo aleggiava ancora nell'aria, nonostante questa
continuasse a riciclare.
Lo
schermo di un cellulare si illuminò, cominciando
fastidiosamente a vibrare, stonando particolarmente con il silenzio
che aleggiava.
Al
centro della stanza, una forma circolare nera era tutto ciò
che restava delle assi in legno del pavimento.
Nonostante
tutto, non c'era grande disordine; solo gli oggetti più
leggeri si erano ritrovati altrove.
Alcuni
fogli di carta ripresero a svolazzare, per poi tornare a terra, in
modo perentorio.
A
terra, sul cerchio nero, Natsu era privo di coscienza da qualche ora
e non accennava a muoversi. La camicia si era sporcata di fuliggine,
così come i capelli e il viso.
Poco
lontano, Happy cominciò a rinvenire, accorgendosi subito di
Natsu a terra.
Si
alzò velocemente e lo raggiunse, cominciando a smuoverlo.
“Natsu!
Ehi, Natsu!”
Contemporaneamente,
il telefono posto sul letto smise di vibrare.
Lucy
deglutì.
Tolse
il cellulare dall'orecchio, e lentamente, premette il pulsante di
chiamata terminata.
“Non
ha risposto.” Lasciò cadere il telefono sul tavolo e si
sedette, cominciando a respirare.
“Coraggio,
Lucy, probabilmente non lo sente perchè ce l'ha silenzioso”
cercò di aiutarla Levy, posandole delicatamente una mano sulla
spalla.
Natsu
aveva promesso che ci sarebbe stato, l'avrebbe aiutata con i
preparativi e tutto il resto. Era inutile preoccuparsi solo perchè
probabilmente aveva avuto un contrattempo, e anche se non aveva
avvertito non significava che qualcosa non andasse, no?
“Promesso?”
“Promesso!”
Si
alzò di scatto dalla sedia e velocemente superò tutti.
Inutili i richiami.
Aprì
la porta d'ingresso e scese le scale, spalancò il cancelletto
e prese la strada, cominciando a correre.
Era
veloce, in pochi secondi la musica si era notevolmente affievolita e
il fiato cominciò a uscirgli prepotentemente dai polmoni.
Non
c'era bisogno di sapere dove stesse andando, era evidente.
“Natsu,
spero tu abbia una scusa valida.”
Una
frase forse pronunciata con fastidio, sul filo di una futile promessa
infranta. Solo una ragazza innamorata vedrebbe in quelle parole,
qualcosa che non può essere spezzato. È allora che una
futile promessa diventa una lama che può squarciare se non
venisse rispettata, perchè lei, di Natsu, si fida.
Più
di chiunque altro.
Angolo
Autore:
Salve!
Com'è
difficile gestire la Gale XD
Ma comunque credo di
averli introdotti abbastanza bene, i loro rapporti sono migliorati ;)
Mi dispiace un po'
per Erza, ma non è ancora il suo momento :/
Ho dei dubbi sapete?
Lo stile sembra così spigoloso... Boh :/
Spero che il cap vi
sia piaciuto! ^^
Ringrazio:
Laxus99chan, Riders98, Kyros, bekkuzza_chan e LadyAstral. Mi date un
gran forza sapete?
Grazie :)
Ah, un'altra cosa.
La trama deve ancora entrare nel vivo, nel frattempo sto
intensificando i rapporti XD
Sei capitoli
lunghissimi (il primo non conta) e nella storia non è passato
un solo giorno, vi rendete conto?? XD
Alla prossima!
Ciao!
Matt
|
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Capitolo 8 *** Nel cuore del coraggio ***
***
Quella
sera non aveva il turno alla discoteca, perciò decise di
improvvisarsi buttafuori per la festa a casa di Mira.
Laxus
osservava imperscrutabile quella mandria di pecore danzanti, trovando
fin troppe similitudini con il suo lavoro: birra, urla, risate e i
neuroni che si sciolgono come neve al sole.
“Quanta
immondizia” pensò
stizzito, poggiando le spalle al muro e chiudendo gli occhi.
Improvvisamente, una folata bionda lo rinsavì. Il massimo che
riuscì a scorgere fu una Lucy che apriva frettolosamente il
cancelletto e correva via.
Confuso,
guardò le scale che portavano alla porta d'ingresso della casa,
rimasta spalancata.
“Che
è successo?”
Si
guardò ancora qualche secondo attorno, concludendo che poteva
assentarsi il tempo di scoprire perchè Lucy era fuggita così
velocemente.
Salì
di corsa le scale ed entrò, chiudendosi lentamente la porta
alle spalle. Dal fondo del corridoio, sulla sinistra, una luce era
accesa e un chiacchiericcio gli giungeva confuso. Senza farsi troppi
problemi varcò la soglia.
“Che
succede qui?”
Le
parole si interruppero al suo arrivo, ma solo il tempo di verificare
chi fosse che subito ricominciarono.
“Ah,
Laxus” si fece avanti Mira. “Come stanno andando le cose
di sotto?”
“Tutto
bene” rispose sbrigativo. “Ho visto quella tua amica,
Lucy, andare velocemente via. È successo qualcosa?” Il
suo sguardo torvo lasciava ben poche tergiversate. Non amava le mezze
risposte o troppi giri di parole, ma solamente il punto della
situazione.
“Hai
presente Natsu?” Intervenne Levy. Laxus abbassò lo
sguardo fino alla piccola ragazza, ricercando quel nome nella sua
memoria.
Se
non andava errato era un amico di Mira e l'aveva visto anche qualche
volta. Delle volte ebbe l'impressione di averlo già visto da
qualche parte ma non perdeva tempo a pensarci.
“Sì,
ricordo chi è.”
“Doveva
venire alla festa ma non si è fatto vivo. Lucy l'ha chiamato
al cellulare ma non ha risposto, quindi si è preoccupata ed è
corsa a cercarlo, probabilmente a casa sua.”
Era
chiaro, anche se non ci vedeva tutta quella grande urgenza.
“Da
come la bionda correva sembrava fosse morto qualcuno” disse
scettico, incrociando le braccia e guardando torvo la piccoletta.
“Laxus,
non dire queste cose” lo riprese Mira, guardandolo male. Il
ragazzo scrollò le spalle, per nulla preoccupato.
“Vedrai
che non è successo nulla.” Voltò lo sguardo,
accorgendosi solo in quel momento di una faccia nuova piena di
piercing.
Una
lama di luce gli attraversò il cervello, e vide un luogo
sconosciuto. Un grande albero, dei fulmini uscire dalle sue mani, e
quel tipo che li bloccava trasmutando il suo arto superiore sinistro
in qualcosa che sembrava ferro. Una sequenza sfocata, rapida e
inusuale, nel quale notò persino il viso sorpreso di Levy.
Senza
rendersene conto si appoggiò alla parete, portandosi una mano
alla testa e emettendo una specie di mugolio fastidioso.
“Laxus,
che hai?” Mira gli fu subito davanti, preoccupata. Gli poggiò
una mano sul viso e il mondo sembrò distorcersi, risucchiato
all'interno di un tubo troppo stretto.
Laxus
aprì gli occhi, trovando davanti a sé due cristalli
azzurri che lo guardavano con intensità tale da sciogliere
persino la sua corazza da duro.
“Sto
bene, tranquilla” soffiò, poggiando la sua mano su
quella ancora posata sul viso. Mira trattenne il fiato per qualche
secondo a quel contatto, chiedendosi perchè succedesse sempre
in presenza di Laxus, con quel viso conosciuto durante il suo periodo
di lavoro nei locali. Un nuovo sorriso le nacque spontaneo, e senza
rendersene conto, si ritrovò isolata da tutto ciò che
le era intorno, tranne che da lui.
“Scusate?”
Un
momento idilliaco, divenuto triste realtà alla voce di Freed,
che aveva osato interromperlo. Gli occhi di Laxus divennero dei veri
e propri fulmini di rancore, tanto da far indietreggiare il povero
Freed mentre tentava di scusarsi.
“Su,
stiamo calmi” interpose Levy, alzando le braccia come per
separare una rissa. “Direi che qui non abbiamo più nulla
da fare. Torniamo di sotto a controllare la situazione?”
Nessuno
obiettò e subito dopo si ritrovarono tutti fuori dalla cucina,
Laxus e Mira a chiudere la fila.
“Ehi
tu, con i capelli lunghi.”
Gajeel
si fermò, voltandosi e guardando scocciato il biondo che
l'aveva appena chiamato in quel modo poco gradito. Si fermò
anche Levy, incuriosita.
“Non
ci siamo già visti da qualche parte?” Disse Laxus,
assottigliando lo sguardo.
Gajeel
lo guardò da capo a piedi, e i suoi occhi tradirono una nebbia
nella sua mente, che lasciava intravedere solo una sagoma.
“Forse.
In effetti hai un viso familiare.”
“Anche
tu.”
Un
lungo sguardo, silenzioso ma privo di secondi fini, intento solamente
a scavare nella propria memoria alla ricerca di utili informazioni.
Gajeel
era sicuro di averlo già visto, così come ebbe la
sensazione di aver già incontrato Levy, e anche le facce nuove
che gli aveva presentato sembravano già viste.
Tutto
ciò era fin troppo strano.
Una
volta usciti, ognuno prese una direzione diversa, secondo le proprie
necessità: Mira andò a controllare Lisanna, Laxus
rimase poggiato contro la parete della casa e di tanto in tanto
controllava la situazione, mentre Gajeel e Levy ci diedero dentro con
un'altra birra.
Poco
lontano, seduti su una panchina, Lluvia e Gray si stavano riposando
dopo aver passato gran parte del tempo in pista a ballare e
divertirsi.
“Com'è
divertente Gray-sama!” Gioì la ragazza, non riuscendo a
rimanere ferma un solo secondo. A quanto pare quando cominciava a
ballare non si fermava più.
Dal
canto suo, Gray si voltò a guardarla con un cipiglio
interrogativo.
“Come
mi hai chiamato?” Chiese stranito, avvicinandosi per farsi
sentire.
Solo
in quel momento Lluvia si rese conto delle sue parole, e non riuscì
a capirne il motivo.
“Lluvia
non capisce perchè ti ha chiamato Gray-sama.”
Le
era venuto spontaneo, semplice come aprire gli occhi la mattina o
chiuderli per andare a dormire la sera. In un istante le era sembrato
che Gray fosse tutto ciò di cui avesse bisogno, e mai pensiero
appena concepito le sembrò più imbarazzante.
“Va
bene. Certo che è strano, quando l'hai detto ho avuto una
sorta di deja-vu” confessò, osservando senza vedere
l'informe massa danzante di ragazzi e ragazze.
Lluvia
si fece improvvisamente curiosa e con un saltello si accostò
ancora di più a Gray, arrivando a toccargli la spalla con la
propria.
“Che
deja-vu? Lluvia è curiosa.” si sporse per guardarlo in
viso, e quando Gray si voltò si vide intrappolato in due
grandi e limpidi oceani blu.
Senza
il berretto, Lluvia rilasciava tutto il suo fascino senza minimamente
rendersene conto. I lunghi capelli le scivolarono dolcemente sul viso
e una piccola mano ne scostò una ciocca, che portò
dietro l'orecchio.
I
pensieri si arrestarono, spinti via da una gigantesca onda del mare che lo travolse. Uno stato privo di volontà, nel
quale si sentì cadere sempre più. Le sue labbra si schiusero in un
sospiro, ammaliate dal quel viso appena roseo e longilineo.
La
musica era assordante ma le sue orecchie non recepivano più
nulla, così come i suoi occhi, che avevano cancellato tutto
tranne che quelli di Lluvia, e il suo viso, e le sue labbra.
“Gray?”
Un
singolo richiamo, ma che bastò a eliminare quella cupola di
vetro che aveva rallentato il mondo per poi farlo ripartire con una
velocità eccessiva, che lasciò Gray spaesato e confuso.
“Eh?
Cosa?”
Lluvia
lo guardò come se non lo avesse mai visto prima.
“Lluvia
ti ha chiesto che deja-vu hai avuto” disse perplessa, piegando
la testa di lato.
Mai
come in quell'istante si era sentito piu' idiota. Era caduto vittima
del fascino di quella ragazza con una velocità spropositata,
cosa che non era mai successa da quando era nato.
Distolse
lo sguardo, capendo di non poter più reggere oltre, ma rispose
comunque alla sua domanda.
“Ecco,
riguardo a prima...” guardò il cielo, cercando le parole
giuste. “Ho avuto la sensazione di vederti nella mia mente, in
un altro luogo e forse un altro tempo.”
Un
istante troppo tardi realizzò quello che aveva appena detto:
si era ufficialmente reso ridicolo a vita.
Si
prese il viso tra le mani e si diede mentalmente dell'idiota. Stava
per voltarsi e dire di dimenticare quello che aveva appena detto,
ma la faccia di Lluvia lo lasciò particolarmente perplesso.
Era... affascinata?
“Allora
Gray ha avuto una vita precedente dove era presente anche Lluvia!”
Credeva
di apparire impazzito con quelle parole, ma adesso aveva capito di
stare parlando con un'autentica pazza. Lluvia credeva alla teoria
delle vite precedenti?
“No,
io non credo sia così importante...” tentò di
sviare il discorso, ma Lluvia sembrava invece attratta da
quell'argomento.
In
un impeto di eccitamento, avvolse le sue piccole mani in quella di
Gray, che avvampò.
“Lluvia
crede ciecamente che esistano vite precedenti. Nessuno ne ha mai
dimostrato l'esistenza, ma neppure è stato in grado di
smentirla quindi è tutto avvolto nel mistero!”
Le
sue parole scorrevano veloci, sicure e piene di meraviglia. In un
certo senso era come se quella passione che probabilmente non aveva
condiviso con nessuno avesse finalmente trovato una valvola di sfogo,
e che ora decine di informazioni non riuscissero piu' a trattenersi
dal desiderio di farsi conoscere da qualcun altro: Gray.
Il
ragazzo ascoltava in silenzio, annuendo quando non capiva e trovando
invece affascinanti altre sfaccettature della teoria che Lluvia gli
stava spiegando. Non era poi così male.
Nel
frattempo, Erza aveva lasciato la festa.
Le
strade erano a malapena illuminate dai lampioni e di tanto in tanto i
fari di un'auto aiutavano a coglierne i dettagli.
Erza
era calma e camminava senza preoccupazioni lungo il marciapiede.
Ripensava alle parole di Levy e poi alla sua vita, continuando a
trovarci troppe similitudini.
“Perché
mi sento così sola? E perché me ne sono andata?”
Contrariamente
a quei dubbi, il suo passo non rallentava o dimostrava incertezza, lo
sguardo perso verso l'asfalto della strada e ad una piccola pietra
che aveva appena calciato. Si fermò, laddove la luce
artificiale lasciava posto a quella della luna.
Alzò
gli occhi al cielo e contemplò la perfetta forma luminosa e
sferica di quel piccolo satellite che girava intorno alla terra da
tempo immemore.
“Anche
la luna fa sempre le stesse cose, mi chiedo come si senta poiché
non ha possibilità di cambiare il suo destino.”
Un
pensiero che la colpì in pieno, facendole prendere atto di
un'improvvisa verità: ognuno è padrone del proprio
destino.
Dischiuse
le labbra e si appoggiò contro il muro di recinzione di una
piccola villetta a due piani, gli occhi sempre al cielo, luogo dove
la realtà riusciva a mascherarsi anche solo per pochi secondi,
regalando un attimo di vera libertà.
Dei
passi in lontananza riportarono la sua mente indietro. Si voltò,
riconoscendo la figura di qualcuno che correva in modo costante.
“Non
sapevo si facesse jogging anche a quest'ora” disse in
sovrappensiero, guardando distrattamente la persona che si stava
sempre più avvicinando; ormai sentiva le sue forti
espirazioni, segno che stava correndo da molto.
Quel
volto venne illuminato dalla luce di un lampione, e Erza restò
di sasso quando vide di chi si trattava.
Indossava
una tuta grigio chiaro alle gambe e una semplice canottiera bianca a
mettergli in risalto dei muscoli fin troppo possenti per un
professore di liceo.
Il
tatuaggio sull'occhio di distese in un'espressione sorpresa quando
riconobbe Erza, che a sua volta lo guardava come imbambolata.
Rallentò la sua corsa, finché non si fermò ed
entrambi furono faccia a faccia.
“Erza,
che ci fai qui da sola?” Chiese un po' preoccupato, avanzando
un altro passo.
“Eh?
Ecco io...” senza spiegarsi come, le parole vennero meno. Gli
occhi restavano puntati sui muscoli del petto e gli addominali che
riusciva a scorgere attraverso la stoffa erano maestosi. Distolse lo sguardo, chiedendosi che sensazione le avrebbe dato toccarli.
“C-che
mi succede? Perché provo queste emozioni così forti?
È il mio professore!”
Afferrò
una ciocca di capelli e cominciò a lisciarla.
“Stavo
facendo una passeggiata” disse titubante.
Gerard
girò il polso e guardò l'ora.
“Alle
22:15?” Chiese perplesso.
“Che
c'è di male?” Sbottò, infastidita. “È
una bella serata!”
Cambiò
improvvisamente espressione dopo le sue parole e al malo modo con cui
le aveva gettate. Abbassò lo sguardo e si scusò.
“Mi
scusi.”
Gerard
non lasciò trasparire alcun tipo di emozione, ma si chiese
comunque cosa avesse quella ragazza che la turbasse. Alzò gli
occhi al cielo, scorgendo qualche stella più luminosa.
“La
vedi quella?” Disse, puntando un dito verso gli astri.
Erza
seguì la traiettoria e riconobbe un minuscolo puntino luminoso
poco distante dalla luna.
“Sì.”
“Sai
cos'è?” Chiese enigmatico. Erza accennò un
sorriso.
“Presumo
sia una stella” rispose ironica, piegando la testa di lato e
facendo ridere il professore.
“Non
ti sbagli in effetti, ma se vogliamo essere pignoli, quella stella fa
parte della costellazione di Pegaso, però non riesco a
individuare le altre.”
Storse
le labbra in un broncio fin troppo infantile per un professore e Erza
si ritrovò a guardarlo come ammaliata e incuriosita.
A
scuola il professor Gerard insegnava disegno tecnico, materia noiosa
per molti ma grazie al carisma riusciva comunque a farsi volere bene.
Non parlavano molto e c'era sempre stato solamente un rapporto
scolastico.
“Si
riferisce al Mito del cavallo alato?”
“Già”
rispose, con strano tono malinconico. “Pegaso nacque con la
morte di Medusa per mano di Perseo. Inizialmente Zeus lo usò
per trasportare le folgori sull'olimpo, in seguito venne
addomesticato da Bellerofonte e lo usò come cavalcatura per
uccidere Chimera. Quando anche Bellerofonte morì, cadendo da
Pegaso, quest'ultimo ritornò tra gli dei.”
Interruppe
la storia, voltandosi velocemente verso Erza e scusandosi.
“Oddio,
mi dispiace, probabilmente ti sto annoiano!” Disse imbarazzato
e sforzandosi di sorridere, ma l'espressione dolce della ragazza lo
ammutolì con un sobbalzo del cuore.
“La
prego, continui” disse cortese. Gerard sorrise e tornò a
guardare in cielo.
“Esistono
varie leggende su Pegaso, ma so che visse tantissime avventure
insieme a Bellerofonte, finché, durante la cavalcata verso
l'olimpo, non fu disarcionato dallo stesso Pegaso.” Un pausa
delle parole, scandita dal leggero ronzio delle lampade accese.
“Secondo
te, Pegaso è stato punito e trasformato in una costellazione
per l'eternità, oppure, addolorato per la morte del suo
compagno, ha preferito far fronte a tutte le sue forze per volare
oltre il cielo e trasformarsi in una nube scintillante che diventò
l'omonima costellazione?”
Erza
guardò il cielo, trovando tutta quella storia affascinante e
piena di significati. Il coraggio, l'amicizia, la lealtà e
l'onore. Tutte qualità che prediligeva con tutta se stessa e
la faceva sentire una specie di guerriero contro il male.
“Se
Pegaso provava un forte legame con il suo padrone, non può che
aver scelto la seconda, seguendo il suo compagno con una morte più
che onorevole.”
Le
luci delle lampade si abbassarono improvvisamente e il cielo si
illuminò con milioni di punti luminosi a formare uno
spettacolo indimenticabile.
Erza
restò letteralmente a bocca aperta. La Via Lattea era nitida e
imponente davanti i suoi occhi. Le stelle più grandi
sembravano inviarle piccoli bagliori e il buio venne sostituito da un
immenso blu dalle mille sfumature.
“È
magnifico” sussurrò, per poi voltarsi verso Gerard,
trovandolo sorprendentemente a guardarla con un'espressione
compiaciuta.
“Che
c'è?” Chiese dubbiosa, sentendosi un po' troppo
osservata.
“Ah?
Oh, niente!” tornò velocemente a guardare altrove e la
cosa finì lì.
Come
erano scomparse, le luci dei lampioni ricominciarono a ronzare e il
cielo sembrò tornare improvvisamente buio.
Delusa
e allo stesso tempo scocciata che le luci avessero interrotto quella
piacevole atmosfera, non rimase molto da fare se non salutarsi.
“Io
ora devo andare” disse Erza, giocherellando con la gonna. “A
lunedì professore, buonanotte.”
“Erza”
la chiamò, prima che potesse anche muovere un solo passo.
“Chiamami Gerard” disse tranquillamente, accennando un
sorriso.
Il
cuore le si sciolse letteralmente e una caldaia sembrò essersi
accesa nel suo petto a minacciarla con quel calore che scompiglia
altamente i sensi e i pensieri.
Balbettò
qualcosa di incomprensibile, ma alla fine riuscì comunque a
sussurrare un “va bene” sotto lo sguardo divertito di
Gerard.
Si
salutarono e il ragazzo riprese la corsa con un'andatura più
leggera.
Altamente
a disagio, continuava a vedere il suo professore, a sentire la sua
voce e soprattutto a percepire l'impulso di toccare con le sue mani
quel corpo tanto virile.
“Erza,
calmati!” Urlò, facendo scappare un piccolo gattino
dall'altra parte della strada che sparì oltre il cancello
di una casa.
Fece
un profondo respiro e riprese a camminare a passo spedito, lasciando
però che i suoi occhi scorgessero ancora una volta il cielo,
alla ricerca di quella stella.
Buia
e silenziosa, la camera ascoltava muta i richiami di Happy verso il
suo amico, che dopo alcuni minuti, sembrò ridestarsi.
Un
mugugno sommesso e gli occhi si aprirono lentamente, scorgendo subito
la preoccupazione sul viso del piccolo gatto blu.
“Ehi,
Happy” sussurrò, per poi issarsi sulle braccia e
riuscire a mettersi seduto.
“Natsu,
ti senti bene?”
Il
ragazzo si massaggiò la testa, cercando di riordinare i
ricordi confusi che si interrompevano bruscamente.
La
sfera, l'intenso bagliore arancione e il nulla.
“Credo
di sì, solo un po' stordito” disse stancamente, per poi
guardarsi intorno. “La stanza è un disastro”
constatò tristemente, abbassando lo sguardo e accorgendosi
solo in quel momento dove fosse seduto.
Spaventato,
si alzò freneticamente e allontanò da quella macchia
scura che gli fece venire i brividi.
“Le
sue ceneri.”
Si
guardò la camicia sporca e deglutì, assumendo però
un po' di controllo.
Cosa
era accaduto davvero?
Rallentò
la corsa per poi fermarsi e posare le mani sulle ginocchia, alla
ricerca di più aria possibile.
Era
arrivata.
Il
cancello era aperto e la casa completamente buia.
Lucy
entrò e percorse circospetta il vialetto, pensando a come mai
fosse tutto così tetro ma soprattutto silenzioso.
“C'è
qualcosa di strano.”
Era
già stata una volta nella casa di Natsu, fu lo scorso anno
quando malato, lo andò a trovare per portagli i compiti.
Arrivò
davanti la porta e suonò il campanello.
Angolo
Autore:
Salve!
Perdonate il leggero
ritardo, ma stavo scrivendo altro, oltre a qualche impegno ^^'
Almeno scrivo
capitoli chilometrici XD
Scusate ma vado di
fretta!
Ringrazio:
LadyAstral, bekkuzza_chan, Riders98 e Kyros. Grazie per il supporto!
* Inchino *
Alla prossima!
Ciao!
Matt
|
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Capitolo 9 *** Il silenzio di un ricordo ***
***
Il
chiarore della luna aiutava a distinguere le forme dei vari oggetti,
così come il profilo serio di Natsu, quando avvertì il
campanello di casa suonare.
“Chi
potrebbe essere?”
Si
affacciò alla finestra.
L'angolazione
non permetteva di vedere chi ci fosse davanti l'entrata principale,
poiché la tettoia in legno ne bloccava la visuale.
Istintivamente fece un respiro più profondo, colto da
un'improvvisa fragranza familiare nell'aria.
“Ehi,
ma, questo odore io lo conosco.”
Happy
saltò sul davanzale della finestra e annusò anche lui
l'aria, convenendo di sentire qualcosa, anche se quasi
impercettibilmente.
“Io
invece lo sento molto forte” disse a bassa voce, sporgendosi
per cercare di vedere meglio. “E sono sicuro che sia l'odore di
Lucy. Ma non capisco.”
Udì
ancora il campanello, stavolta due scampanellii in rapida sequenza,
segno che chiunque ci fosse stava perdendo la pazienza.
“Ehi,
c'è nessuno in casa?” Sentì Natsu, eliminando
definitivamente i suoi dubbi. Era Lucy.
“Come
ho fatto a percepire il suo odore da qui?” Un
pensiero che lo accompagnò lungo le scale, ove riuscì a
riconoscere chiaramente ogni odore in casa: la frutta nel cesto sul
tavolo in cucina, lo shampoo alla pesca in bagno, i detersivi del
ripostiglio e persino quello dei mobili.
Si
avvicinò alla porta, Happy al suo seguito in religioso
silenzio, mentre il ragazzo continuava a guardarsi intorno senza
capire cosa significasse tutto.
“Che
mi sta succedendo? È come se avessi il fiuto di un cane!”
Afferrò
lo maniglia, non riuscendo a muoversi ulteriormente per via dei suoi
pensieri che stavano tornando indietro, a quando aveva afferrato
quella sfera.
Il
calore era diventato insopportabile ma subito dopo sembrava che si
fosse dissipato attraverso il corpo. Poi il risveglio.
“Devo
andare, per ricongiungermi a te”
Quelle
parole non avevano senso. Innanzi tutto aveva stabilito che non fosse
un sogno, perciò quella era la strana realtà in cui era
caduto, dove il normale possedeva delle sfaccettature del tutto
sconosciute, oppure dove il mistero esisteva ma veniva celato.
Un
paio di colpi alla porta lo riportarono tra quelle familiari, e allo
stesso tempo, sconosciute mura; il senso di smarrimento si stava
insinuando e non poteva far altro se non aprire quella porta e
lasciare che qualcuno gli tendesse una mano.
A
parte Happy, ora non aveva più nessuno.
Abbassò
la maniglia e il profumo di Lucy lo investì come un soffio di
vento primaverile; così rilassante e buono.
I
capelli erano sciolti e il pugno che stava per battere ancora sulla
porta si fermò a mezz'aria, per poi cambiare idea e
precipitare sulla testa di Natsu.
“Ahi!”
Si
sarebbe aspettato di farsi male come sempre quando Lucy lo colpiva,
arrabbiata. Ma la sua sorpresa fu enorme quando vide la sua amica
prendersi il polso dolorante. Dal canto suo, aveva si avvertito il
colpo, ma molto meno del solito.
“Cavolo,
ma da quando hai la testa così dura?” mormorò
dolorante, massaggiandosi la mano e aprendola e chiudendola più
volte, a controllare che non ci fosse niente di rotto.
“Io...
non lo so.”
La
voce stranamente incredula di Natsu fu sufficiente affinché
Lucy dimenticasse il dolore per osservarlo. Mostrava degli occhi
confusi e persi in chissà cosa.
Si
avvicinò, posandogli una mano sulla guancia per poi ritirarla
subito dopo, sorpresa.
“Oddio,
ma sei bollente! Vado a prenderti un termometro.”
Superò
il ragazzo e corse sulle scale.
“Cosa?
No ferma!” Natsu le corse dietro e riuscì a bloccarla
per un polso una volta in cima.
“Natsu,
ma che hai? Lasciami!”
Il
ragazzo lasciò la presa e abbassò lo sguardo,
scusandosi. Happy sopraggiunse subito, correndo su quattro zampe e
guardando entrambi molto preoccupato. Si avvicinò al ragazzo,
che lo guardò, trovando subito in quegli occhi una richiesta.
Con
un pesante sospiro, si mise seduto per terra, per poi chiedere a Lucy
di fare lo stesso, che obbedì, seppur ancora preoccupata.
Quando
l'aveva toccato era stato chiaro che la temperatura fosse troppo
elevata. “Quindi non è venuto perchè stava
male? Avrebbe comunque potuto avvertire” Pensò
irriverente, guardandolo.
“Lucy,
io non so da dove cominciare” ammise Natsu, guardandola
stancamente. Ma la ragazza scosse il capo.
“Non
fa niente, ho capito tutto.”
“Cosa?
Davvero?!” La sorpresa non poteva che essere grande. Senza che
dicesse una parola aveva già compreso la situazione. In un
istante gli venne comunque un dubbio.
“E
cosa avresti capito?” Chiese cauto, poggiando le mani sulle
caviglie.
“Non
sei venuto alla festa perchè ti sei ammalato, mi sembra
ovvio.”
I
muscoli del collo sparirono e Natsu si ritrovò con la testa a
penzoloni, mugugnando qualcosa d'incomprensibile. Happy cadde di
lato, improvvisamente esausto.
Rialzò
il capo, cercando di trovare un punto per spiegare. “Sto
benissimo Lucy, almeno credo, solo che mi sono successe delle cose...
e non so se mi crederesti.”
Quel
viso era così serio e abbattuto al tempo stesso, che Lucy fece
fatica a ritrovare quella stessa faccia nei suoi ricordi, e infatti
non la trovò.
“Tranquillo
Natsu, so che mi diresti sempre la verità, quindi non temere e
dimmi” lo rassicurò, delineando il viso in
un'espressione dolce che sembrò infondere fiducia a Natsu, che
alzando gli occhi verso il soffitto, ricercò le parole
migliori con cui spiegare.
“Ho
scoperto che il mio gatto, Happy, è in grado di parlare.
Subito dopo è entrata mia madre in camera mia e dopo alcune
parole senza senso, ha preso fuoco ed è sparita, lasciando al
suo posto una piccola sfera galleggiante che quando ho afferrato ha
sprigionato una forte luce e calore che mi hanno fatto perdere i
sensi. Adesso non so come, ma ho la sensazione di avere la pelle più
dura e riesco a distinguere gli odori di tutta casa.”
Quando
Natsu finì di parlare, un ferale silenzio ne seguì.
Non
serviva essere particolarmente svegli per capire perchè Lucy
si fosse alzata qualche secondo dopo dicendo “vado in bagno a
cercare un termometro”.
Si
rivolse al suo gatto, che fortuitamente non aveva aperto bocca.
“Happy,
secondo te come possiamo convincerla?”
“Se
parlassi forse capirebbe.” “O ci resterebbe secca. Sai
Happy, solitamente i gatti blu non parlano.”
“Ho
un'idea!” disse contento il gattino blu, per poi fare segno a
Natsu di avvicinarsi. Dopo vari bisbigli, Natsu lo guardò con
un cipiglio dubbioso, ma alla fine accettò la proposta.
“Povero
Natsu, deve avere la febbre molto alta” sussurrò
tristemente Lucy, cercando nell'armadietto dei medicinali il
termometro, che finalmente trovò.
Si
avvicinò alla porta, per poi fermarsi e portare una mano
all'altezza del cuore.
“Forse
potrò prendermi cura di lui stavolta.”
Desiderava
tanto avvicinarsi un po' di più a quel ragazzo che tante volte
l'aveva fatta sorridere e desiderato di rompere quella amicizia per
azzardare qualcosa di più.
Quel
pensiero le scaldò il cuore, che accelerò vivacemente
la sua corsa fino a colorarle teneramente le gote. Un piccolo sorriso
le nacque spontaneo e senza ulteriori indugi uscì dal bagno,
stranamente felice di essere lì.
Una
presa ferrea la bloccò da dietro, finendo impossibilitata a
muoversi.
“Ti
ho presa!” Esclamò Natsu, sorridendo soddisfatto.
Tutti
i pensieri dolci di poco prima sparirono in un istante e la
confusione prese il sopravvento.
“Natsu,
ma che vuoi fare? Lasciami andare!”
Lucy
si dimenava, scalciava più volte ma Natsu era troppo forte.
“Su
stai ferma! Happy ti deve parlare.”
“Cosa?!”
Lucy guardò davanti a sé, trovando il piccolo gattino
blu camminare sulle due zampette e guardarla con aria preoccupata.
Aprì e chiuse gli occhi, stranita.
“N-Natsu,
sei stato tu a insegnare a Happy a camminare in quel modo, vero?”
Chiese speranzosa, senza nascondere un timore nella voce.
Natsu
scosse la testa. “No, ha fatto tutto da solo. E adesso guarda.”
La esortò, convincendo Lucy a tornare a guardare Happy.
Fece
un altro passo, per poi fermarsi. Aprì la bocca.
“Lucy?”
“Waaaaa!!!
Ha parlato!!!”
L'intuizione
di Happy fu giusta. Non appena avesse aperto bocca, certamente Lucy
si sarebbe data alla fuga, per questo era stato necessario
immobilizzarla, e quel compito era spettato a Natsu, i cui timpani
erano esplosi con quell'urlo.
La
presa rimase comunque salda ma la ragazza continuava a tirargli calci
sugli stinchi e a gridare.
“Lucy,
calmati!” Urlò Natsu, ormai stufo di trattenerla.
Con
il fiato corto, Lucy cominciò ad agitarsi sempre meno,
probabilmente per la mancanza di forze dovuta allo spavento.
Lentamente, si accasciò sulle ginocchia, accompagnata da
Natsu.
Il
ragazzo le posò una mano sulla schiena e la tranquillizzò.
“Ti
senti bene?”
Annuì.
Respirò con calma e sembrò riprendere il controllo di
se stessa. I suoi occhi si posarono poi su Happy, che ci era rimasto
molto male per la reazione della ragazza.
“Lucy.”
Ancora
quella voce, estremamente tenera, ma sentirla da un gatto metteva i
brividi. L'interpellata sussultò, ma non si mosse.
“S-sì?”
“Mi
dispiace averti spaventata.”
Un
mormorio dolce e colpevole, che attanagliò il cuore di Lucy.
Per un istante dimenticò che un gatto blu stesse parlando e si
mise invece nei suoi panni; che colpa aveva se Happy parlava?
Adagio,
si avvicinò a gattoni, fino ad averlo davanti per poi
scrutarlo come se fosse una reliquia rara.
Happy
non fiatò, preso ad osservare gli occhi curiosi di Lucy che
sembravano voler capire cosa avesse davanti. Era una sensazione
strana, come nascere nel mondo sbagliato, e quindi vivere la propria
normalità di parlare e camminare su due zampe come un qualcosa
di stupefacente per dove si trovasse.
“Quindi
sei un gatto parlante?” Se ne uscì diretta Lucy,
concentrata.
Happy
si limitò ad annuire.
“E
sai fare altro oltre a camminare come una persona e parlare?”
Happy
ci pensò su, poi scosse il capo.
Il
viso di Lucy si rilassò, per poi sorridere e prendere Happy in
braccio.
“Quindi
sei un tenero gatto alieno senza intenzioni bellicose, meno male!”
“Cosa?
Alieno?” Lo scetticismo di Happy era più che
giustificato. Pensava di essere un gatto come tanti, invece Lucy
diceva che fosse un alieno.
“Ma
quale alieno!” Intervenne Natsu, avvicinandosi e togliendo
Happy dalle mani di Lucy. “Happy è un gatto, non un
alieno!”
Lucy
lo guardò accigliata, per poi puntare un dito contro il povero
gatto blu.
“Natsu,
non esistono gatti parlanti! A meno che non sia un esperimento da
laboratorio non può che venire dallo spazio. Quale opzione ti
sembra più accreditata?”
“Io
non vengo dallo spazio e non sono mai stato in un laboratorio”
intervenne il diretto interessato, con assoluta tranquillità.
“Allora
dove sei nato?” Chiese Lucy, ormai totalmente tranquilla di
avere davanti un gatto parlante.
Happy
si ammutolì. Chiuse gli occhi, pensandoci, ma non riusciva a
ricordare. Era come se la sua vita fosse iniziata dentro la stanza di
Natsu.
“Non
lo so” disse stranito. “Non ricordo nulla se non di
essere sempre stato nella stanza di Natsu.”
Quella
risposta lasciò sia Lucy che Natsu pieni di dubbi. La ragazza
chiese allora a Natsu dove avesse preso Happy, ma stranamente, non lo
ricordava neppure lui.
“È
strano. È come se Happy fosse rimasto sempre con me.”
Ci
furono alcuni minuti in cui nessuno fiatò, ognuno con i suoi
pensieri e riflessioni su quanto di strano stava accadendo. Alcuni
ricordi non riuscivano a venire a galla, mentre altri sembravano
interrompersi bruscamente, come se la mente si fosse dimenticata di
scriverli.
“Ad
ogni modo, Lucy, la storia che ti ho raccontato poco fa, è
vera.”
Quando
prima aveva sentito quelle che sembravano le parole di un moribondo,
non ci aveva creduto, ma adesso che aveva verificato che una parte
era vera, voleva dire che...
“Natsu”
disse titubante Lucy, affievolendo la sua voce, che sembrava non
voler uscire nella concretizzazione di quanto aveva sentito. “Tua
madre è davvero...”
“Bruciata.”
Senza
aggiungere altro, Natsu superò la ragazza lungo il corridoio e
aprì la porta della camera, voltandosi poi verso Lucy e
invitandola a entrare. Quando entrò, l'incredulità si
impossessò di lei, così come una morsa di paura le
attanagliò lo stomaco. Il dolore che avvertì
probabilmente non poteva paragonarsi a quello che aveva vissuto Natsu
in quella stanza.
Vide
le assi carbonizzate in forma circolare e deglutì, avanzando
un passo ma tenendosi comunque a distanza dal calpestare quella zona.
Natsu
mise Happy a terra e si sedette sul letto, osservando il vuoto. Lucy
si mise al suo fianco, le mani strette tra le ginocchia e la
tristezza ad avvolgerla. Non si stava chiedendo come fosse stato
possibile qualcosa del genere, perchè prima di tutto sapeva
che Natsu stava soffrendo e doveva fare qualcosa per lui.
Allungò
una mano e prese quella del ragazzo, intrecciando le loro dita, senza
la minima parola.
Happy
saltò sul letto, per poi sedervisi. Non c'era bisogno di
parole, gli animali hanno un istinto molto più sviluppato per
capire quando la situazione richiede solo un quieto silenzio.
Passarono
venti minuti o più, senza che nessuno fiatasse.
Lucy
era partecipe del dolore di Natsu, e la sua vicinanza sperava fosse
sufficiente ad alleviare almeno un po' quella improvvisa solitudine
che l'aveva colpito.
“Natsu?”
Disse Lucy in un sussurro, cancellando il silenzio che si era creato.
La presa nella sua mano si fece più salda.
“Cos'è
successo qui?”
Passarono
solo pochi secondi, e Natsu cominciò a raccontare tutto dal
principio. La scoperta di Happy, l'entrata di sua madre, esattamente
le parole che aveva detto e poi il fuoco, la sfera ed infine il
bagliore nella sua mano.”
Lucy
ascoltò in silenzio senza fiatare, trovando tutto ciò
assolutamente sovrannaturale. Ma dopo quello che aveva visto, non
ebbe alcun dubbio su quale fosse la verità.
“È
incredibile” disse solamente, a fine discorso. Natsu accennò
un sorriso, convenendo. “Ad ogni modo, se questa è la
verità, dobbiamo scoprire l'origine di tutto.”
“E
come?”
Natsu
non aveva idea di dove cominciare. Aveva avuto abbastanza emozioni
quel giorno e non aveva voglia di mettersi ulteriormente a pensare.
Oltretutto il suo stomaco gorgogliò paurosamente, tanto da far
sobbalzare Lucy.
“Sto
morendo di fame, alla festa di Mira è avanzato qualcosa?”
Lucy
sorrise arrendevole. Qualunque cosa fosse successa, Natsu era sempre
lo stesso e di questo non poté che essere felice. Guardò
l'ora.
“Sono
le 23, sicuramente di gente ce ne sarà ancora e anche da
mangiare.”
Tutta
la tristezza e debolezza venne spazzata via a quella notizia, e Natsu
balzò subito in piedi, dicendo di sbrigarsi.
“Anch'io
ho fame!” Intervenne Happy, tenendosi la pancia brontolante.
Natsu lo prese in braccio e disse che sarebbe venuto anche lui,
certamente Mira avrà avuto un ottimo pesce da dargli.
Così,
mentre gli occhi di Happy brillavano al pensiero di mangiare un
enorme pesce, tutti insieme uscirono di casa, incamminandosi poi
verso la festa.
Poco
lontano, nascosta dietro un muretto, c'era una ragazzina dai lunghi
capelli blu, che scrutava curiosa la scenette di quei due ragazzi.
Udì anche il gatto parlare, stupendosi.
“Charle,
avevi ragione, quel gatto blu può parlare!”
Una
piccola gattina bianca con indosso una corta gonna nera e una
camicetta bianca saltò in testa alla ragazzina,
rimproverandola poi di aver alzato la voce.
“Fa'
silenzio Wendy, o ti sentiranno!”
Incredibilmente,
anche quella gatta aveva parlato, ma dalla reazione della ragazzina,
sembrò essere un qualcosa di assolutamente normale.
“Scusami”
pigolò, massaggiandosi il capo. Indossava una divisa
accademica delle medie, rossa, con gonna blu scuro e calze dello
stesso colore.
“Ma
guarda te.”
Charle
si issò oltre il muretto, notando quelle persone che si
stavano allontanando sempre più.
“Seguiamoli,
dobbiamo scoprire di più” ordinò la piccola
gatta, che venne però fermata da Wendy.
“Aspetta,
ma perchè dobbiamo spiarli?
Charle
si fece seria, abbassando poi lo sguardo per non far vedere il suo
viso.
“Non
ne sono sicura, ma ho l'impressione che abbiano un qualche legame con
noi.”
Wendy
era più confusa che mai.
Si
era ritrovata immischiata in quella strana storia solo qualche giorno
prima, quando la sua gatta, Charle, aveva preso improvvisamente a
parlare. Quel giorno si spaventò a morte ed ebbe quasi un
infarto.
Quando
poi scoprì che non c'era nulla da temere, venne a sapere che
Charle riusciva a vedere delle immagini nella sua testa, cose che
accadevano successivamente. E quelle immagini l'avevano porta fin lì,
da quei ragazzi delle superiori e quel gatto blu, che a quanto pare
era anche lui in grado di parlare.
“Forza,
andiamo!” la scrollò Charle, per poi correre via,
seguita a ruota da un'impacciata Wendy, che inciampò su un
sasso e cadde a terra.
“Che
male... ma perchè tutte a me?” Si lamentò,
dolorante, per poi rialzarsi e riprendere l'inseguimento.
Angolo
Autore:
Salve!
Allora, qui avrei
voluto mettere un paio di scoperte in più, ma ho deciso di
passare XD
Questo era un cap
più sui sentimenti, spero sia venuto bene ^^
Ringrazio: Kyros,
bekkuzza_chan e LadyAstral. Continuate a seguirmi! ^^
Un ringraziamento
anche a CrazyLoL102, per aver recensito in ritardo XD
Alla prossima!
Ciao!
Matt
|
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Capitolo 10 *** Gli occhi della luna ***
***
Natsu
fu accolto con sollievo di tutti.
Durante
il tragitto, si raccomandò con Lucy di non fare parola a
nessuno di quanto accaduto, e lei lo promise.
Una
volta arrivati, furono subito notati da Laxus, che non aveva
abbandonato la sua postazione. Si limitò a osservare il
ragazzo, per poi scrollare le spalle e liquidare tutta la storia che
gli avevano raccontato, visto che era risolta.
“Quanta
gente!” Esclamò Natsu, mentre aggirava la folla, seguito
da Lucy e Happy, rigorosamente su quattro zampe.
“Probabilmente
si protrarrà ancora per un bel po'” rispose Lucy alle
sue spalle, osservando poi dei ragazzi della squadra di football
ubriachi fradici.
Entrarono
nella sala hobby e la gioia di Natsu esplose nel constatare che fosse
avanzato ancora del cibo. Senza perdere tempo, si lanciò su un
cabaret di patate e cosce di pollo, quasi completamente intatto.
“Che
appetito” constatò Lucy, per poi prendere in braccio
Happy e avvertire Natsu che lo avrebbe portato in cucina per dargli
un bel pesce. Il ragazzo annuì e mandò giù una
coscia con tutto l'osso, che poi sputò, perfettamente pulito
da qualsiasi residuo di carne.
“Mamma
mia, spero non mangi anche qualcuno.”
Una
volta uscita, vide in un angolino Levy in compagnia di Gajeel a
chiacchierare tranquillamente; lei rideva e lui sembrava essersela
presa per qualcosa.
“Non
ce la vedo proprio Levy con quel tipo, sono completamente diversi.”
Seppur
ancora in dubbio, era felice di vedere la sua amica divertirsi e
stare bene, forse Gajeel era davvero una brava persona.
Raggiunse
le scale ed entrò. La musica si attutì improvvisamente
una volta chiusa la porta, permettendo alle sue orecchie di riposare.
In
cucina non c'era nessuno, ma questo non le impedì di aprire il
frigorifero e tirarvi fuori un piccolo pesce che diede ad un felice
Happy, che cominciò a mangiarlo.
“Che
carino che sei!” Disse intenerita Lucy, accovacciandosi per
guardarlo meglio.
“Aye!
Che buono!”
La
musica sembrava molto lontana in quella parte della casa, tanto che
si potevano perfettamente distinguere i morsi di Happy mentre
divorava la sua cena.
Il
tavolo era ancora tutto disordinato, con macchie d'olio, di crema e
anche di sugo. I testi di alluminio svuotati era impilati uno su
l'altro e un vago profumo di carne era ancora ben distinguibile,
insieme a quello dei dolci.
“Sta
venendo fame anche a me” Pensò
irriverente, osservando assorta le varie teglie e gli strofinacci
buttati a caso.
Nel
frattempo, Lluvia propose una passeggiata tranquilla lontano dalla
musica, e Gray accettò.
Uscirono
dal vialetto e presero la strada, illuminati placidamente dai vari
lampioni a luce calda.
La
serata era limpida e mite. La luna osservava la terra dalla sua
postazione e qualche stella le teneva volentieri compagnia.
Gray
si sentiva davvero in pace. Nonostante quella ragazza fosse ancora in
parte un mistero per lui, dovette ammettere che la compagnia non gli
dispiaceva così tanto e in
poco tempo si erano abbastanza conosciuti.
Con
la coda dell'occhio osservò Lluvia. Teneva le mani dietro la
schiena e la schiena diritta, mentre gli occhi si perdevano tra gli
astri del cielo. Un lieve sorriso a illuminarle il viso, segno che
anche lei si sentiva bene, perfettamente a suo agio.
Giunti
a un incrocio, Gray indicò la strada a destra.
“A
poche centinaia di metri c'è il mare, ti va di farci un
salto?”
Il
sorriso bianchissimo di Lluvia fu decisamente una sufficiente
risposta.
“Lluvia
adora il mare!”
Venti
minuti dopo giunsero a un piccolo stabilimento balneare. Gli
ombrelloni blu chiusi sembravano tanti grossi funghi strani e di
sdraio non ce n'era nemmeno l'ombra. Lluvia corse sul vialetto di
legno e una volta arrivata alla fine, tolse i sandaletti, le calze e
immerse i piedi nella sabbia morbida e fresca.
“Meraviglioso”
mormorò, per poi camminare assorta fino alla battigia.
Riluttante,
alla fine Gray seguì l'esempio della ragazza e tolse calzini e
scarpe, per poi apprestarsi a raggiungerla.
Le
uniche luci ad illuminare quel posto erano quelle della strada,
abbastanza lontane da far sembrare l'acqua una trappola oscura.
Il
mare era calmo quella sera e piccole onde si creavano solo vicino la
riva, per poi scomparire al contatto con il suolo. La nenia melodiosa
di quei movimenti affievolì i pensieri di Lluvia, che chiuse
gli occhi, beandosi della brezza gentile che smuoveva dolcemente i
suoi lunghi capelli color dell'oceano.
Al
suo fianco, Gray teneva entrambe le scarpe in una mano, mentre
l'altra si grattava nervosamente i capelli.
Lluvia
era di una bellezza sconvolgente in quel momento. Con la poca luce
artificiale che sopraggiungeva, insieme a quella della luna, il
profilo rilassato che i suoi occhi osservavano era un qualcosa di
divino.
“Sembra...
Una fata.”
Un
lampo gli attraversò la mente. Sbarrò gli occhi e vide
una sequenza di immagini sovrapposte, i cui suoni si mescolavano
senza permettergli di capire nulla. Vide ancora lei, Lluvia, con dei
vestiti particolari e altre persone che sembrava di aver già
visto. Natsu, con la solita sciarpa al collo che sembrava avercela
con lui e la Presidentessa Erza, con una vera armatura da cavaliere.
Cacciò
via tutta l'aria dai polmoni e si accasciò a terra, tenendosi
la testa tra le mani.
Lluvia
aprì gli occhi a quegli strani suoni, e preoccupata, si
avvicinò al ragazzo, chiedendogli cosa succedesse.
Questi
scosse la testa, si passò una mano sul viso e fece un verso
scocciato, per poi osservare il mare.
“Non
lo so, Lluvia. Ho visto ancora delle strane immagini e non ho idea di
cosa significhino. Spero solo di non essere impazzito.”
Lluvia
si sedette accanto a lui, e con calma, gli chiese cosa avesse visto.
Era
difficile da spiegare, ma Gray cercò di essere il più
preciso possibile, dettagli che stupirono Lluvia, nei quali riconobbe
qualcosa di strano anche lei.
“Sai
perchè Lluvia crede alle vite precedenti?” Chiese
affabile, volgendo degli improvvisi occhi malinconici verso il mare.
Gray scosse la testa, impassibile.
“Perché
proprio come te, anche Lluvia qualche volta vede delle cose strane
che la riguardano. Ci sono persone che non ha mai visto prima, finché
Natsu non gliele ha fatte conoscere.”
“Un
momento!” La interruppe, intuendo qualcosa. “Stai forse
dicendo che i visi che vedi sono...”
“Voi”
concluse. “Però Lluvia non aveva mai visto Gray nella
sua testa, fino a oggi” sussurrò, guardando il ragazzo
che non lasciava andare la sua espressione confusa.
“Mi
chiedo cosa significhi” finì di dire, alzandosi e
dirigendosi verso l'acqua.
“Tutto
ciò è assurdo” disse Gray, scocciato, osservando
i lineamenti del sedere di Lluvia.
“O
forse c'è qualcosa che non sappiamo. Non ci resta che
aspettare.”
La
voce di Lluvia, unita al suono del mare, risultava ancora più
dolce di quanto sembrasse. Le calze giacevano al fianco di Gray, che
guardò distrattamente solo per qualche secondo.
Timidamente,
Lluvia allungò un piede nell'acqua, percependone una
temperatura piacevole che smise di farla esitare. Camminò per
qualche metro, finché non si vide le caviglie sparire
completamente.
Chiuse
nuovamente gli occhi, beandosi delle sensazioni del fresco risalirle
lungo i piedi, del vento sul viso e della dolce compagnia alle sue
spalle.
“Gray
è un ragazzo particolare, ma a Lluvia piace tanto” Pensò
con un sospiro, voltandosi e guardando il ragazzo giocherellare con
una sua calza. Sorrise a quella scena.
Per
tutto il tempo l'aveva ascoltata, forse anche capita, e soprattutto,
posta a proprio agio con i suoi timori. Desiderava poter tornare a
ballare insieme a lui.
Conoscere
Gray era forse stata la cosa migliore che le fosse capitata da molto
tempo, e questo grazie a Natsu, che l'aveva portata in quella nuova
cerchia di amici.
Quel
primo giorno di scuola era cominciato con una triste giornata di
pioggia, come tante che l'avevano sempre accompagnata. Preso il suo
affezionato ombrellino, aveva cominciato a percorrere quella lunga
strada seminascosta dalle gocce battenti, insieme al timore dei nuovi
volti e le difficoltà per inserirsi. Però, tutto era
sparito.
Dove
si sarebbe trovata, se quella mattina non avesse accettato di
accompagnare quello strano ragazzo dai capelli rosa e il sorriso
ammiccante?
Forse
a casa sua, avvolta nelle coperte, in attesa di svegliarsi e
ritrovarsi di nuovo sola.
Invece,
era lì, a tu per tu con il suo elemento preferito, al fianco
di quel ragazzo che le aveva recentemente accelerato i battiti del
cuore.
Un
suono più forte del mare le riempì le orecchie, e Gray
balzò in piedi, agitando una mano, per salutarla. Ricambiò,
ma il suo braccio si fermò a mezz'aria quando si accorse che
il vento era improvvisamente cambiato. No, non la stava salutando.
Faceva
dei gesti veloci, come se le stesse intimando di sbrigarsi. Poi tutto
si amplificò, e allora capì. Gray stava urlando.
“Lluvia,
esci dall'acqua! Corri!”
Confusa
e spaventata, avvertì le gambe improvvisamente pesanti, e
quando abbassò lo sguardo, i suoi occhi sbarrarono alla vista
di un mulinello che l'aveva intrappolata. Alle sue spalle, una
colonna d'acqua stava vincendo la forza di gravità,
sovrastandola con tutta la sua prepotenza. Ancora prima di urlare, e
di trovare lo sgomento sul viso di Gray, il mulinello avvolse
completamente il suo corpo e l'onda la sommerse, sottraendola contro
il suo volere.
“Lluvia!”
Urlò Gray, investito subito dopo dall'acqua che invase quasi
tutta la spiaggia e seppellì il suo corpo per interminabili
secondi.
Annaspò,
combatté contro un vero e proprio mare, finché non vide
tutta l'acqua ritirarsi laddove apparteneva. Ansimando, sgranò
gli occhi quando vide una sfera d'acqua sospesa in aria. All'interno,
Lluvia non dava segni di vita.
“Lluvia!”
Velocemente,
corse incontro a quello strano fenomeno che non riusciva minimamente
a spiegarsi.
“Che
diavolo succede? Il mare sembra vivo!”
A
pochi metri, un fascio accecante lo bloccò, costringendolo a
proteggersi gli occhi. La sfera d'acqua stava emettendo luce azzurra
e all'interno, solo per un istante, Gray notò che ad
illuminarsi non era l'acqua, ma il corpo di Lluvia.
“Dannazione,
non posso lasciarla lì! Non posso!”
Completamente
inutile. Ecco come si sentiva, ed era stufo che succedesse.
Da
piccolo, non era stato in grado di proteggere i suoi genitori, uccisi
da un bandito che voleva solo i loro soldi. Suo padre si oppose e
cercò di disarmarlo, ma partì un colpo, e poi subito un
altro. I suoi genitori caddero a terra e di quell'essere si seppe
qualcosa solo mesi dopo. Nessuno gli avrebbe comunque restituito suo
padre, né sua madre.
Gli
amici erano la sua famiglia. Era cresciuto con loro e non avrebbe
permesso a niente e nessuno di perderli.
Una
forte pressione gli risalì lungo il petto e un urlo squarciò
il cielo, gettato con tutta la rabbia e la disperazione di voler solo
essere più forti.
Strinse
gli occhi, frustrato, quando improvvisamente, la sua camicia bianca
cominciò a brillare. Scosso per tutto quello che stava
accadendo, non si preoccupò dei bottoni che fece saltare con
un gesto secco e poter vedere chiaramente cosa, anche a lui, stava
succedendo, e lo vide.
Il
medaglione, la croce d'argento che portava sul petto, stava emanando
una luce più chiara di quella che aveva davanti, e soprattutto
fredda. Molto fredda.
Quasi
inconsapevolmente, chiuse il medaglione nella sua mano, e si
inginocchiò, chiudendo gli occhi.
“Non
so cosa stia succedendo, ma ti prego... Fammi salvare Lluvia!”
L'intensità
crebbe, così come il freddo che attraversò tutto il suo
corpo, avvolgendolo in una morsa che di spaventoso, non aveva nulla.
Con
la vista sempre più offuscata, vide il bagliore proveniente da
Lluvia sparire dolcemente, e la ragazza cadere poi a terra, insieme a
l'acqua che l'aveva imprigionata.
Immobile,
il sollievo si impossessò delle sue labbra, e prima di
svenire, sussurrò poche e semplici parole: “Meno
male...”
Il
viso ricadde sulla sabbia, e tutto tornò tranquillo.
Le
piccole onde si infrangevano placide sul corpo privo di sensi di
Lluvia, il cui viso appariva tranquillo alla luce della luna,
testimone muta degli strani avvenimenti climatici. Se avesse potuto
parlare, di certo avrebbe negato ogni responsabilità.
Completamente
ubriaca, Levy continuava a parlare della letteratura antica e di
quanti testi di lingue poco conosciute avesse letto. Tutte cose che a
Gajeel, non importavano minimamente.
“Ehi,
gamberetto, posa quella bottiglia, credo vada bene così”
disse burbero il ragazzo,
togliendo dalle mani di Levy quello che stava considerando il suo
tesoro.
“No,
fermo! Brutto scimmione peloso! Ridammela!”
I
ridicoli saltelli che proponeva il suo repertorio di ciucca erano
esilaranti, ma Gajeel cercò comunque di non farle avere la
bottiglia, che per ripicca, se la finì di scolare lui con un
paio di sorsi. Il viso di Levy divenne una maschera di malignità.
“Maledetto!
Sei un imbecille!”
Neanche
il tempo di controbattere a quell'offesa che la vide incominciare a
piangere.
“Oddio,
no, la sbronza triste no!” Pensò
disperato, cercando un qualche appiglio tra la folla, che per fortuna
trovò.
“Ehi,
bionda con il gatto!” Urlò, guadagnandosi le attenzioni
dell'unica persona che sembrò essere fedele a quella grottesca
descrizione.
“Ehi,
io mi chiamo Lucy!” Poi notò le lacrime di Levy, e con
passo veloce e espressione infervorata giunse da quei due che aveva
notato prima. Levy sembrava felice e adesso stava piangendo, cosa gli
aveva fatto quel tipo?
Poggiò
Happy a terra e abbracciò l'amica, per poi chiedere in malo
modo cosa fosse successo.
“Io
non ho fatto niente, la tua amica ha bevuto troppo” disse
indispettito, ricevendo come risposta un calcio sullo stinco dal
piccolo gamberetto.
“Io
non ho bevuto nulla!” Peccato che la puzza di birra e le parole
tipicamente biascicate che le erano uscite spontaneamente, offrivano una
prova indiscutibile della sua bugia.
“Levy,
ma sei un container di birra!”
“Lucy,
ti ammazzo!” E per poco non ci riuscì. Prima che quelle
piccole mani avvolgessero il collo della bionda, Gajeel l'afferrò
prontamente per il colletto della maglia, chiedendo poi dove
metterla.
“Io
non sono un oggetto” piagnucolò, cominciando ad agitare
braccia e gambe per potersi liberare.
Completamente
spiazzata, domani avrebbe raccomandato Levy di non bere più
perchè diventava davvero pericolosa. Riprese Happy tra le
braccia e disse a Gajeel di seguirla dentro casa.
Arrivarono
al salotto, dove, con fatica, convinsero Levy a riposarsi un po' sul
divano.
“Ma
io non voglio!”
“Gajeel”
disse Lucy, dirigendosi verso la porta. “Tienila d'occhio, per
favore.”
“Cosa?
No aspetta!”
Troppo
tardi. Lucy se n'era andata e la responsabilità di quel
gamberetto annegato nell'alcool ricadde sulle sue spalle. Con la coda
dell'occhio visionò la situazione. Levy si era abbracciata ad
un cuscino bianco con un bellissimo broncio in bella mostra. Gli
occhi erano lucidi e le guance rosse come due mele.
Scocciato
per quella situazione e il suo improvviso impiego di baby-sitter,
sprofondò stancamente sulla poltrona vicina. Incrociò
le braccia al petto e inspirò, osservando la credenza con
alcuni bicchieri di cristallo dietro la vetrina.
Dalla
finestra, posta dietro il divano, le luci della festa imperversavano
senza esitazioni e la musica percuoteva i vetri all'aumento dei
decibel.
Le
tende rosse restavano ordinatamente ai lati e sul soffitto, un
lampadario spento rifletteva vivacemente la luce provenire
dall'esterno.
Gli
occhi si spostarono su Levy. Aveva chiuso i suoi e dischiuso le
labbra, dal quale proveniva un flebile sospiro.
“Si
è addormentata. Era ora.”
Quella
serata era stata divertente insieme a quella piccola e strana
ragazzina.
Quel
giorno era iniziato male per entrambi, ma si era risolto con
un'ubriacona sul divano; tutto sommato sembrava abbastanza positivo.
Si
chinò in avanti e osservò meglio quel viso. I capelli
azzurri, tenuti da una fascia arancione erano leggermente in
disordine e le coprivano parte del viso. L'odore di birra proveniva
prepotente da quelle piccole labbra e un'espressione accigliata
comparve sul viso di Gajeel.
“Forse
avrei fatto meglio a non farla bere troppo” sussurrò,
guardando distrattamente quel fondoschiena messo in evidenza dai
jeans stretti.
Storse
le labbra e si alzò. Raggiunse la cucina, aprì l'acqua
fredda del lavello e si diede una rinfrescata che cancellasse i
pensieri sconci che l'avevano improvvisamente colpito.
Fuori,
vicino le scale, Laxus aveva adocchiato una presenza fuori programma.
Senza farsi vedere, uscì dal cancello grande e raggiunse
quello più piccolo, dove era appostata una piccola ragazzina
che di certo non poteva avere più di tredici anni. Vicino a
lei, un gatto bianco con dei vestiti addosso.
“Si
vede proprio di tutto in giro” Pensò
con un mezzo sorriso, arrivando alle spalle dell'ospite.
“Ehi,
tu.”
L'urlo
che ne uscì probabilmente avrebbe attivato l'allarme di
qualche auto parcheggiata, ma, a quanto pare, non ce n'erano. Le
cuffie sulle orecchie l'avevano protetto per fortuna, o si sarebbe
ritrovato stordito.
Prima
che potesse fuggire riuscì ad afferrarla per il colletto,
guardandola poi con un'espressione accigliata.
“Che
ci fai qui a quest'ora?”
Wendy
osservò quel grosso ragazzo. Al confronto si sentiva una
nocciolina.
Charle,
ai suoi piedi, la guardò basita, senza opportunamente
spiccicare parola o sarebbero stati guai.
“I-io
non facevo niente!” Disse impaurita, torturandosi le mani e
guardando altrove.
Laxus
sospirò e la mise giù, guardandola poi con un cipiglio
severo.
“Dovresti
tornare a casa” consigliò, abbassando lo sguardo e
avendo la sensazione che quel gatto lo stesse osservando con
sufficienza.
Wendy
annuì, e Laxus incrociò le braccia al petto, come se
fosse in attesa di qualcosa.
Passò
un minuto di silenzio, nel quale la mente di Wendy era in preda alla
massima agitazione. Charle le aveva raccomandato che bisognava
entrare, ma adesso che erano state scoperte, come avrebbe fatto?
Poteva
chiedere di entrare? O l'avrebbe mandata via?
Un
tocco alla sua gamba la riportò alla realtà. Era
Charle, e dal suo sguardo, capì che dovevano comunque trovare
un modo per varcare la soglia.
“E-ecco”
cominciò Wendy, attirando l'attenzione del ragazzo. “Potrei
entrare?” Pigolò, guadagnandosi un'occhiataccia.
“Non
sei un po' piccola per questo genere di cose?” ribatté,
guardandola con sospetto.
“N-non
resterò molto!” Si affrettò a dire, agitando le
mani. “Devo solo parlare con una persona” sussurrò
poi, cercando di ritrovare un po' di calma.
“E
chi?”
La
sensazione che lo stesse prendendo in giro gli premeva sulla testa,
ma non se la sentiva di trattare male una ragazzina così
piccola.
“Q-quel
ragazzo con i capelli rosa” disse titubante, incominciando poi
a respirare con una certa ansia. Charle la toccò ancora, segno
che doveva andare fino in fondo. “Lui mi p-piace”
concluse, nascondendosi il viso in preda al completo imbarazzo.
Preso
completamente in contropiede da quella dichiarazione, Laxus non poté
evitare di ponderare bene la situazione: se quella ragazzina si fosse
messa a bere qualcosa e Mira l'avesse scoperto, di certo se la
sarebbe presa con lui. Al contempo, se diceva il vero, non aveva
motivo di non lasciarle qualche minuto libero con quel ragazzo.
“Maledette
cotte adolescenziali.”
“Come
ti chiami?” Chiese stancamente.
“Wendy”
rispose, abbassando lo sguardo e già pronta a sentirsi
rifiutare il permesso di entrare.
“Ti
do quindici minuti” e senza aggiungere altro, aprì il
cancelletto e la superò, in attesa che entrasse. Wendy non
perse tempo. Prese Charle in braccio e corse dentro.
“Ti
prego Charle, non farmi più fare una cosa del genere!”
La pregò la ragazzina, sussurrandole in un orecchio.
L'imbarazzo di quel che aveva detto prima ancora persisteva.
“Piantala
con queste lamentele, sapevo che avrebbe funzionato” disse
Charle, chiudendo lì la questione. Adesso bisognava trovare
quei ragazzi e il gatto blu.
Angolo
Autore:
Salve! ^^
Non so voi, ma
secondo me questo capitolo è venuto abbastanza decente .-.
Che bello costruire
le scene sovrannaturali! XD
E la mia Levy
ubriaca è un amore :3
Si passa ai
ringraziamenti!
Ringrazio:
LadyAstral, CrazyLoL102, bekkuzza_chan e Kyros per le recensioni ^°
Mi dispiace che
qualche recensore scorso non sia passato, spero di ritrovarlo in
questo cap :)
Il prossimo cap
arriverà tra 4-5 giorni, perchè questo è
arrivato prima u.u
Alla prossima!
Ciao!
Matt
|
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Capitolo 11 *** Questa strana realtà ***
***
La
stanchezza cominciò a mietere vittime e diversi ragazzi
iniziarono a sfoltire sempre piu' il vialetto, sedendosi per
ritrovare fiato o alla ricerca di un sorso d'acqua.
Wendy,
poggiata sotto la finestra della sala hobby, scrutava circospetta
l'interno alla ricerca di quei volti familiari. Ai suoi piedi, Charle
attendeva pazientemente.
“Allora?”
“C'è
il ragazzo dai capelli rosa, ma non vedo la ragazza e il gatto”
disse semplicemente, senza lasciare il campo visivo.
“Ricorda
che abbiamo poco tempo, dobbiamo per lo meno avvicinarci e tentare un
approccio.”
La
stanza gremiva di giovani e la visuale cominciò a risultare
faticosa per la mesta altezza di Wendy, che seppur sulle punte, non
riusciva piu' a vedere nulla.
Nel
frattempo, Happy era riuscito a liberarsi di Lucy che continuava a
portarlo a spasso senza conoscerne il motivo; poteva benissimo
camminare. Le persone apparivano così grandi ai suoi occhi e
qualcuno sembrava anche chiedersi da dove venisse quello strano gatto
blu.
Happy
scrutava quei volti, chiedendosi perchè anche lui non fosse
così grande.
“Forse
perché sono un gatto.”
Distratto
da quei pensieri, andò a sbattere contro qualcosa che si
lamentò con un irritato “ehi!”
Riaprì
gli occhi e ne ritrovò un paio tanto arrabbiati quanto belli,
e tremendamente familiari. Una gatta alta come lui, su due zampe come
lui, dal candido pelo bianco e particolarmente morbido. Happy rimase
quasi incantato da tale bellezza.
“Ciao!”
Disse felice, alzando una zampetta al cielo.
“Guarda
dove vai piuttosto” ribatté l'altra con sufficienza,
incrociando le zampette al petto. Happy spalancò i suoi
occhioni.
“Ma
parli anche tu!” Per tutta risposta si ritrovò una zampa
sul muso.
“Zitto,
o ti scopriranno!” Sussurrò adirata, facendogli intuire
che si riferiva alle persone che passavano accanto. Happy annuì
e fu poi libero.
Wendy
osservava placidamente quel particolare dibattito, senza però
rimanere sorpresa dall'esistenza effettiva di piu' gatti parlanti. Si
inginocchiò e salutò anche lei.
“Ciao,
io sono Wendy” sorrise, accennando un gesto della mano. Happy
restò qualche secondo interdetto, ma le parole di Charle lo
sbloccarono.
“Lei
è la mia padrona.”
La
nota scontenta con il quale aveva pronunciato quella frase non passò
indifferente alle orecchie di Wendy. Ci rimase un po' male, ma
preferì non dire nulla.
“Io
sono Happy” salutò, per poi tornare a guardare la gatta.
“E tu come ti chiami?”
Una
frecciatina stizzosa colpì Happy, che non riusciva a capire il
comportamento di quella coetanea.
“Quanto
è bella.”
“Charle”
disse scocciata, guardandolo con superiorità.
La
musica riempiva totalmente la proprietà e probabilmente anche
quelle vicine, che fortuitamente non avevano ancora chiamato la
polizia.
Lucy
si guardava intorno alla ricerca di quel gatto che aveva perso di
vista non appena distolto lo sguardo.
“Dov'è
quel gattaccio parlante?” Pensò
scocciata, scorgendo in mezzo la folla anche Mira in compagnia di
Laxus, che sembravano parlare di qualcosa di serio.
Non
voleva impicciarsi degli affari altrui, ma vedere Mira senza il suo
dolce sorriso era molto raro, e questo accadeva solo se qualcosa la
preoccupava molto.
Avanzò
un passo, spinta dalla curiosità e il desiderio di origliare
la loro conversazione, ma si trattenne. Non era quel genere di
persona, la privacy degli altri la rispettava sempre.
I
suoi occhi rinsavirono alla vista dei passi di Mira. Si era
avvicinata al ragazzo e gli aveva circondato il collo con le braccia.
Stava dicendo qualcosa d'impossibile da capire, poiché la
musica era troppo alta e loro troppo lontani. Ma Lucy poteva vedere,
e vedeva fin troppo bene.
Una
lacrima fugace solcò quella pallida guancia, lasciata libera
di percorrere tutta la sua strada fino a terra, luogo dove i piedi di
Mira si erano alzati sulle punte.
Sorpresa,
gli occhi di Lucy non batterono ciglio alla vista di quel bacio nel
pieno di un trasporto a lei sconosciuto. Solo pochi secondi, prima di
vedere quella ragazza allontanarsi senza voltarsi indietro, dove
Laxus, con un'espressione ancora piu' dura di quanto ricordasse, non
si era mosso.
“Stanno
soffrendo entrambi.”
Le
sue labbra si lasciarono sfuggire un sospiro, avvolto dall'immagine
di quel gesto che di romantico o dolce, aveva ben poco. In quel bacio
c'era una malinconia mai vista, priva di emozioni positive quale era
il cuore di entrambi probabilmente.
“Che
stiano condividendo un dolore comune?” Si disse Lucy,
osservando Mira riacquistare il suo dolce sorriso e sparire in mezzo
la massa di gente.
Arrivò
come un fulmine a ciel sereno, tanto improvvisamente da mozzarle il
fiato e costringerla a portarsi una mano sul cuore.
Mira
sorrideva sempre, mostrava grande dolcezza e gentilezza. Quindi era
così evidente? Non si era accorta prima di tutto perchè
aveva sempre visto Mira in quelle vesti?
La
conosceva da poco, ma tutti i suoi amici non si erano accorti di
nulla?
Lucy
scrutò di nuovo il volto di Laxus. Gli occhi erano fissi nel
vuoto e la mente concentrata su pensieri a lui conosciuti. Sembrava
alla ricerca di qualcosa, forse ricordi lontani, dove la luce non
filtrava da molto tempo.
Si
guardò intorno. Voleva togliere dalla mente quello che aveva
visto, perché non era nulla che la riguardava. Mira era
riuscita con le sue sole forze a permettersi una vita per lei e i
suoi fratelli, non aveva nulla da invidiare a nessuno. Ma allora
cos'era quello di prima? Una debolezza? Una difficoltà
inestricabile?
Non
poteva saperlo, ma qualcosa l'aveva intuito, ed era ciò che
piu' la sorprendeva.
“Mira,
da quanto tempo stai indossando una maschera?”
Che
dietro l'angelico viso di Mira si nascondesse un'oscurità che
l'aveva catturata molto tempo addietro?
Un
giorno o l'altro le domande che si poneva avrebbero trovato risposta,
ne era sicura.
Circondata
dagli avvenimenti, non si rese conto di essere arrivata alla sala
hobby, dove accucciata sotto la finestra, c'era Happy che parlava con
una ragazza dai capelli blu. Il cuore le saltò in gola.
“Sta
parlando? Ma è impazzito?!”
A
passo svelto, raggiunse il piccolo gruppetto e con un gesto rapido
prese Happy tra le braccia, spaventandolo e facendo sobbalzare Wendy.
“Brutto
gattaccio, che ti sei messo a fare?!” lo aggredì,
sfregandogli un pugno sulla testa che lo fece piagnucolare.
“Aye,
non ho fatto nulla di male!” mormorò, evidenziando
quanto Lucy gli stesse facendo male.
“Ehm,
scusate” Interpose Wendy, evidentemente a disagio.
Lucy
si voltò verso la sconosciuta, rendendosi conto che altri non
si trattava di una ragazzina molto piu' piccola di lei. Ai piedi, un
gatto bianco su due zampe, particolare che la sorprese.
“Ehi,
ma questo gatto si regge su due zampe!” Esclamò, non
però troppo sorpresa visto cosa aveva in mano.
“Io
sono una gatta!” Ribatté questa, aumentando lo stupore
di Lucy.
“E
parla come Happy!”
“Forse
è lui che parla come me!”
“Parlate
entrambi” pigolò Wendy, cercando di far tornare la pace.
Lucy
osservò meglio la ragazzina. Portava due code di cavallo molto
lunghe e aveva un'aria assolutamente normale quanto dolce. Si chiese
come mai anche lei avesse un gatto parlante, e soprattutto, perchè
adesso c'erano due gatti che parlavano.
“Anche
tu ti sei ritrovata un gatto alieno?” Chiese tranquillamente,
spaventando la povera Wendy. Non sarebbe piu' riuscita a vedere
Charle allo stesso modo.
“Ehi,
io non sono un alieno!” Si difese Charle, chiedendosi come
potessero esistere umani tanto stupidi.
“Lucy,
Charle non è un alieno” intervenne Happy dalle sue
braccia, un po' offeso per quella uscita della ragazza. Era la
seconda volta che ne parlava.
Dopo
un breve dibattito, si ritornò finalmente al punto della
situazione, innanzitutto non si era nemmeno presentata.
“Tornando
a noi, come ti chiami?”
“Wendy,
e lei è Charle” rispose cordiale, indicando la gatta
vicino a lei che per tutta risposta voltò lo sguardo da
un'altra parte con aria stizzita.
“Che
gattina impertinente” Pensò
Lucy irrisoria.
“E
che ci fai qui? Questa è una festa liceale, e tu non avrai
piu' di dodici anni.” Lucy era scettica al riguardo di
quell'ospite, probabilmente si era imbucata, ma tutta la brutta gente
che c'era e l'ora tarda non potevano proprio affibbiarsi a una ragazza
così giovane.
“Veramente
ho tredici anni.”
Lucy
la guardò con rimprovero, ricordandole comunque la domanda
principale, e cioè che ci facesse lì. Wendy tentennò
e non sembrava propensa a rispondere. Abbassò lo sguardo,
biascicando tratti di frase che Lucy non riusciva a capire.
Istintivamente
voltò lo sguardo verso la finestra, dove la faccia di Natsu
stava chiacchierando animatamente con alcune persone.
“Stavi
cercando qualcuno?”
Il
sussulto che ne seguì fu una sufficiente risposta. Lucy si
avvicinò fino ad averla a un palmo dal naso. La scrutò
con attenzione, cercandovi un qualche tipo di indizio in quegli occhi
interdetti e particolarmente nervosi per quella vicinanza e per
l'aspetto indagatore che stava prendendo la discussione.
Charle
osservava assorta quella odiosa ragazza dai capelli biondi, cercando
di riordinare e dare un senso alle immagini che vedeva.
Stava
accadendo qualcosa di strano, ne era sicura. In quanto mente e
personalità riflessiva, trovava strano anche per se stessa
parlare e vedere addirittura il futuro. Gli eventi quali la normalità
e la routine erano cambiati in modo repentino, e seguendo la sequenza
di strani fenomeni che la sua mente mostrava, fu sicura di affermare
che questi erano ancora in corso, e che non si sarebbero arrestati.
Chiuse
gli occhi, si concentrò al massimo e cercò di
focalizzare un futuro piu' remoto, molto piu' lontano, al fine di
scorgere cosa avrebbe comportato tutto quello sconvolgimento. Si
sforzava, ma non riusciva a intravedere nulla. Forse il controllo del
suo potere non era quello che credeva ma andava interpretato in un
altro modo, a lei ancora ignoto.
Vedendo
Wendy in difficoltà, decise di intervenire.
“Siamo
qui per scoprire la verità.”
Lucy
non aveva idea di cosa stesse parlando, ma se la ragazzina non voleva
aprire bocca, allora tanto valeva provare a parlare con la gatta, per
quanto strano poteva essere. Si accucciò, lasciando Happy
finalmente libero.
“Di
cosa stai parlando?”
Charle
chiese a Wendy di sollevarla e portarla alla finestra. Lì,
indicò Natsu.
“Quel
ragazzo, il gatto blu, e anche tu. Le vostre vite sono intrecciate
con le nostre. Non so dirvi perchè, ma io vedo il futuro, e in
quella sequenza di immagini ho visto voi tre, insieme ad altre
persone che però non ho ancora avuto modo di vedere, e
c'eravamo anche noi.”
“No
aspetta, non ti seguo piu'!” Erano troppe informazioni e di una
natura fin troppo fantasy per i suoi gusti. Quella era la vita reale,
no?
“Tutto
questo non ha senso!”
“Non
conosco le risposte, è tutto molto confuso” ammise,
tornando a guardare oltre la finestra. “Ma so per certo che
siamo tutti legati da un unico destino, piu' di così non posso
essere precisa.”
Cos'era
accaduto al mondo? Che qualche Dio si fosse stufato di vedere tutto
troppo normale e avesse deciso di cambiare le vesti dell'universo per
dare pepe alla vita dei suoi abitanti?
Qualcuno
forse l'aveva chiesto in qualche preghiera, ma era scontato che
niente si sarebbe mai avverato. O forse sì?
In
meno di un giorno, Lucy si era ritrovata due gatti parlanti,
un'autocombustione, strane premonizioni e un ignoto destino che non
aveva mai chiesto, e Natsu ne faceva parte.
“Sentite,
tecnicamente non crederei mai a una storia del genere.”
Gli
occhi tristi di Wendy non tardarono a mostrarsi. Anche per lei era
dura, ma dopo aver scoperto Charle parlare, si era incuriosita e
aveva deciso di andare fino in fondo. Fortuitamente, la frase
successiva le risollevò velocemente il morale.
“Ma
è anche vero che qui davanti a me ci sono due gatti parlanti,
quindi perchè non credere a una stranezza in piu'?”
Il
sorriso di Lucy parve arrendevole, ma si vedeva che in un certo senso
tutta quella storia la stava anche divertendo. Era emozionante, e la
piega degli eventi non poté che eccitarla.
“Grazie!”
Disse Wendy, lanciandosi sulla ragazza e abbracciandola.
Probabilmente quel gesto era stato dettato dal sollievo di non essere
piu' sola in quella strana avventura. Lucy ricambiò
l'abbraccio, intenerita da tanta dolcezza, ma il tempo stringeva e la
allontanò, sorridendole.
“Chiamiamo
Natsu, così potremo raccontargli tutta questa storia.”
Ancora prima di superarla, Wendy l'afferrò per un polso,
lasciandola confusa.
“Pensi
che mi crederà? È tutto molto strano lo so.”
Il
pensiero di essere stata creduta da Lucy le aveva alleggerito il
cuore, ma dover affrontare qualcun altro la intimoriva molto. Aveva
paura di essere presa in giro o non essere ascoltata.
Un
comprensivo sorriso apparve sul volto di Lucy, che con voce calma e
gentile, le disse di non preoccuparsi.
“Natsu
ti crederà, anzi, penso che prenderà la cosa molto
seriamente” la rassicurò, facendole l'occhiolino.
Così,
mentre Happy tentava di attaccare inutilmente bottone con Charle,
Wendy, tenuta per mano da Lucy, entrò nella stanza e insieme
portarono fuori un ignaro Natsu che tentava di capire perché
Lucy lo stesse trascinando per il colletto.
La
quieta nenia delle onde hanno un effetto rilassante sui sensi, se
questi sono attivi.
Il
suono continuo e perentorio, così familiare e meraviglioso,
ridestò la mente di Lluvia. Completamente stesa sulla
battigia, l'acqua le bagnava i vestiti e la sabbia si era
praticamente incollata lungo tutto il busto e lato destro del suo
cappotto.
La
testa dolente le lasciò sfuggire un tiepido lamento, e
lentamente, riuscì a mettersi seduta.
“Cosa
è accaduto? Lluvia non ricorda bene.”
Le
immagini apparivano frammentate e ostili. Si era ritrovata
prigioniera del mare, del suo elemento preferito, che senza pietà
l'aveva trascinata via con forza e portata via.
Le
gambe si erano immobilizzate sotto il mulinello, nel quale in un
istante l'aveva completamente avvolta in una prigione oscura. Non
ricordava altro.
Anzi
no. Forse c'era stato un momento di veglia, in cui si era sentita
estremamente leggera, quasi fosse sollevata da terra. In quel
frangente, le era parso di udire qualcuno che la chiamava per nome.
Facendo
forza sulle mani e sulle gambe, riuscì a mettersi in piedi,
per poi guardarsi intorno, preoccupata.
“Gray!”
Chiamò a gran voce, cercando di distinguere la figura del
ragazzo con l'ausilio della luce della luna. Finché non ci
riuscì.
La
camicia bianca era riversa a terra, così come quella scura e
folta capigliatura, il cui viso non era visibile ai suoi occhi. Non
perse tempo e gli corse incontro.
“Gray!”
Lo chiamò ancora, senza però ottenere risposta. Stava
temendo il peggio.
Cadde
sulla sabbia e afferrò velocemente il corpo del ragazzo. Lo
voltò e fece in modo di poggiare la testa sulle sue gambe,
pulendolo poi dalla sabbia che era rimasta sul viso.
Sussurrava
ancora il nome del ragazzo, quasi fosse una sorta di preghiera che lo
aiutasse a svegliarsi. Carezzò la sua guancia, e il cuore
perse un battito, così come una lacrima, che scese velocemente
insieme a tante altre.
“È
freddissimo... Ti prego, no! Non può essere morto, no!”
Lo
scosse un poco, gli diede anche dei piccoli schiaffi sul viso, ma
solo i capelli sembravano muoversi al suo tocco. Il respiro divenne
sempre piu' affannato. La verità si stava insinuando dentro di
lei e piu' questa la invadeva e piu' provava paura. Nell'impeto della
disperazione, saltò a cavalcioni sul ragazzo, lo prese per il
colletto e urlò.
“Gray!
Svegliati, ti prego! Gray!” Le parole unite alle lacrime, allo
foga di percuoterlo sempre piu' per ottenere un minimo segnale di
vita. Non si sarebbe mai aspettata però quanto successo dopo.
All'udire
di quelle urla, Gray aveva sbarrato gli occhi e urlato a sua
volta. Il cuore che scoppiava dallo spavento e la confusione di
ritrovarsi bloccato a terra da quella ragazza.
Lluvia
spalancò gli occhi e il sollievo le scaldò il cuore.
“Ma
sei impazzita? Mi hai fatto morire di paura!” Era davvero
arrabbiato, e forse la stava anche offendendo, ma Lluvia
probabilmente non udì neppure una parola.
Si
lanciò sul ragazzo, singhiozzando e piangendo sempre piu'
forte, ripetendo quanta paura avesse avuto e che credeva fosse morto.
Le
parole di poco prima apparirono in un istante insignificanti. Aveva
aggredito Lluvia mentre lei si stava disperando in un'angoscia che
lui conosceva fin troppo bene: il terrore di perdere qualcuno.
L'abbracciò,
senza pronunciare parola, lasciando che le lacrime facessero il loro
corso. Il conforto delle sue braccia, sperò, fossero
sufficienti per alleviare almeno un po' lo spavento che aveva
indirettamente dato a quella ragazza. La strinse piu' forte,
sussurrandole che andava tutto bene, e che non c'era piu' niente di
cui preoccuparsi.
Restò
in attesa che quei singhiozzi diminuissero e il mare in burrasca nel
cuore di quella ragazza cessasse, per lasciare posto alla calma, ma
qualcosa non quadrava.
Si
sentiva la schiena bagnata, il che non era strano. Lluvia stava
piangendo e poi si era inzuppato prima, quando l'onda l'aveva
investito. Allora perchè aveva la sensazione di essere immerso
nell'acqua?
Con
delicatezza, scostò la ragazza dal suo abbraccio e quello che
poté finalmente vedere intorno a lui lo lasciò senza
parole.
Ricordava
benissimo come la spiaggia, quando si era svegliato, fosse umida ma
priva di pozze. Adesso invece, l'acqua gli arrivava quasi al fianco,
e nonostante fosse seduto, era comunque una quantità notevole.
Ma non si limitava solo alla sua zona; parte della spiaggia era
letteralmente allagata!
“Ma
che è successo? Si è alzata la marea?”
Una
domanda retorica, lasciata in sospeso e che forse non avrebbe trovato
risposta, per quel motivo non riuscì subito a capire perché
Lluvia stesse muovendo leggermente la testa in segno di negazione. La
cosa che lo colpì però, fu il suo sguardo; sembrava
spaventata, forse ancora per quella brutta emozione che aveva
vissuto.
“La
spiaggia era asciutta” disse Lluvia, portandosi le mani agli
occhi e scacciando delicatamente le lacrime. “Ma quando Lluvia
si è messa a piangere, a poco a poco si è riempita di
acqua.”
Un
improvviso dubbio pervase Gray. Tirò fuori la mano da
quell'acqua, e senza sapere perché, la portò alla bocca. Era scioccato.
“Lluvia,
quest'acqua... sono lacrime.”
Angolo
Autore:
Salve!
Piccolo ritardo, ma
non è niente dai, dopotutto ognuno ha i suoi impegni ^^
Sentite ma, per caso
i capitoli sono troppo lunghi? Forse potrebbero stufare così
dilunganti .-.
Li faccio piu' corti
se volete, non ci vuole molto ^^
Piaciuto il cap?
Tenera Lluvia! :3
Ringrazio: Kyros,
CrazyLoL102, LadyAstral e jaki star per le recensioni. Grazie ^^
Alla prossima, ciao!
Matt
|
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Capitolo 12 *** Il sogno di proteggerti ***
***
Quel
poco che Natsu capì, fu comunque sufficiente a fargli dire sì.
Conobbe
con piacere Wendy, restò stupefatto davanti un altro gatto
parlante di nome Charle e gli spiegarono la faccenda almeno tre volte
prima che riuscisse a capire in parte il punto della situazione.
“Allora
Natsu, hai capito?”
Il
ragazzo in questione alzò gli occhi al cielo, sbuffando per
come Lucy sembrava volerlo trattare a tutti i costi come un'idiota.
“Dunque,
se ho ben capito, si tratta di una specie di legame che abbiamo
tutti. E questo legame avverrà in futuro?” Chiese,
rivolgendosi a Charle, in piedi sulle gambe di Wendy mentre questa
era seduta su una panchina al lato del vialetto.
“Non
credo, le mie immagini mostrano un luogo totalmente diverso. È
come se tutto fosse accaduto in un tempo sconosciuto, oppure dovrà
accadere in un futuro così remoto da cambiare il mondo in sé,
ma quest'ultima ipotesi è da scartare, perchè se fosse
così, voi non esistereste.”
I
loro sguardi vagarono negli occhi degli altri, in attesa. Fu Lucy a
distrarre i pensieri di tutti.
“È
possibile che si tratti di una vita precedente?”
Tutti
la guardarono interdetti e sorpresi, incapaci di rispondere. Se
davvero il loro filo del destino era una vita precedente, allora
tutto si sarebbe spiegato, piu' o meno. Ma come poterlo dimostrare?
“Potrebbe
essere,” rispose Charle, guardando a terra, pensierosa. “Ma
se davvero fosse così, allora perchè sono l'unica ad
averne dei ricordi?”
Lucy
e Natsu si guardarono, sconosciuti dai pensieri dell'altro.
L'indecisione di raccontare i loro strani eventi li preoccupava,
anche perchè potevano non avere nessun legame specifico con
quelli di Charle.
“Veramente,”
cominciò Natsu, riluttante. “C'è qualcosa che in
effetti non mi spiego.”
Senza
alcun preavviso, Wendy si ritrovò Charle sulla testa, intenta
a scrutare Natsu.
“Ehm,
Charle?” Cercò di capire Wendy.
“Che
intendi?” Chiese, probabilmente ignorando sotto di lei la
piccola Wendy, che s'incupì.
“Ecco,”
disse, cercando scegliere le parole migliori. “Qualche tempo fa
ho avuto un forte senso di deja-vu. È stato quando ho
conosciuto Lucy” mormorò, indicandola. Quest'ultima lo
guardò con un'espressione confusa.
“Ma
lei mi disse di non avermi mai visto prima di allora, e la cosa finì
lì. Ma a pensarci bene, ricordo cosa comportò
quell'avvenimento.”
Il
racconto aveva preso un'improvvisa nota di mistero. Wendy osservava
in attesa gli occhi concentrati di Natsu, assorto in chissà
quali ricordi. La curiosità la stava divorando.
Lucy
era completamente ignara a quella parte della storia. Dopo un momento
di confusione si era ricordata quell'episodio, ma non essendosi mai
particolarmente interessata alla situazione, non aveva fatto domande.
Ora invece, non aveva voglia di fare altro.
Tutti
restarono in attesa, anche Happy si era incuriosito particolarmente,
saltando sulla parte di panchina vuota in modo da avere maggiore
campo visivo del suo amico.
Ricordava
come, per un paio di giorni, Natsu aveva passato gran parte del tempo
sul letto. Un braccio a coprirgli gli occhi e dei leggeri sussurri
che non era possibile percepire, tranne per un gatto.
Natsu
ripeteva sempre: “dove l'ho vista” e “quel nome,
Lucy, è così familiare.”
In
quanto gatto, non aveva potuto fare altro che acciambellarsi sul
materasso o sul tappeto, in attesa di carezze e del cibo.
Dopo
un tempo che parve interminabile, finalmente delle parole
cominciarono a fuoriuscire.
“Ricordo
un'immagine in particolare che mi ritrovai improvvisamente nella
testa, e ancora oggi persiste molto vivida.”
Istintivamente,
i suoi occhi si spostarono su Lucy, che sembrò irrigidirsi
davanti quel particolare sguardo. Sembrava volerla scrutare nel
profondo.
Il
gioco di luci provenienti dai riflettori creavano una strana
atmosfera nel suo cuore, i cui occhi non riuscivano a districarsi da
quelli scuri di Natsu.
Fu
lui a lasciare i suoi, riportandola alla realtà e riuscendo a
ritrovare l'aria che, improvvisamente, si era dimenticata di
respirare.
“Ecco,
ricordo che era buio, e c'erano delle case”
Dei
profili scuri campeggiavano dinnanzi. Suoni mescolati tra loro a non
voler lasciare spazio alla comprensione. L'attenzione si spostò
in alto, dove l'oscurità sembrava essere attaccata da un
infinito esercito di bagliori. Quello era sicuramente il cielo.
“Sono sicuro che stavo
correndo”
La
movenza repentina non lasciava spazio ai dettagli, tanto che
l'intenzione era solo quella di allontanarsi velocemente. Era
l'istinto a guidare quei movimenti.
“Voltai lo sguardo, e
la vidi. Ricordo che la stavo tenendo per mano, e lei mi guardava tra
lo stupito e il confuso”
Nella
fioca luce dei lampioni, gli occhi catturarono una figura che correva
vicino. Il lungo abito rosso non sembrava infastidire la sua veloce
andatura, anche se lo sguardo sembrava preoccupato. La sensazione di
calore nel tenere quella piccola mano nella propria, non sembrava
l'unica a fargli percepire quel sorriso che stava mostrando, perchè
era sicuro di stare sorridendo. La particolare rilegatura dei capelli
biondi al lato della testa era una prova esauriente, e anche se il
volto non era molto chiaro, non furono i dubbi di chi fosse a
impensierirlo.
“La vidi?” Disse
Lucy, cercando di capire se avesse inteso bene. Natsu annuì.
“E chi era?”
Chiese, cercando di nascondere quella nota di impazienza. Natsu si
voltò, mostrando ancora quello sguardo. Le labbra si mossero,
e il suono, seppur chiaro, giunse lentamente.
La mente di Lucy elaborò
e archiviò il significato di quelle parole, che in un decimo
di secondo erano riuscite a farle palpitare il cuore. Meraviglia?
Sorpresa? Non seppe dire cosa l'aveva colpita, ma ripensarci, non
faceva altro che accumulare una serie di emozioni che difficilmente
riusciva a tenere a freno.
“Ero... io?”
Ripeté, forse senza nemmeno rendersene conto.
La
mano di Lucy stretta nella sua, il suo sorriso, sorto dopo alcune
parole, sembrava il piu' bello che avesse mai visto. Stavano correndo
insieme, fuggendo forse, ma erano comunque felici.
“Sì, Lucy.
Eravamo noi due” disse affabile, mostrando un sorriso così
bello che sembrò voler far scoppiare il cuore di Lucy una
volta per tutte.
“Ehi, Charle”
disse Wendy sottovoce, cercando di non farsi sentire. “Hai
visto com'è arrossita?”
“Umani” rispose
semplicemente, mettendo le mani sui fianchi e guardandoli scocciata.
L'atmosfera aveva svettato un po' troppo romanticismo per i suoi
gusti, così cercò di farli tornare sul punto della
situazione. Si rivolse a Natsu.
“Non c'è
nient'altro da riferire?”
Il ragazzo si voltò,
cercando di non mostrare il leggero disagio per essere stato beccato
tra le nuvole.
“Bé, in effetti
ci sarebbero le parole.”
“Parole?” Ripeté
Lucy, tornando ad essere curiosa.
“Parole.”
Confermò.
“Di che stai
parlando?” Chiese Charle, infastidita.
Era esasperante dover fare
ogni volta una domanda per ricevere qualche informazione, non
potevano semplicemente dire tutto e basta?
“Mi riferisco a questo
mio ricordo, alle parole che ho detto mentre io e Lucy correvamo. Ci
ho pensato per molto tempo, e alla fine credo di aver inteso cosa
avessi detto. Anche se, a dir la verità, mi sembra
improbabile.”
Incrociando le braccia al
petto, Natsu acquisì improvvisa riluttanza nel voler recitare
quanto aveva in testa poiché gli sembrava parecchio
incoerente.
“Stiamo aspettando”
lo esordì Charle, guardando con rimprovero. Natsu restituì
lo sguardo e sbuffò.
“D'accordo. Allora,
per quello che credo, dissi: - Tu, vuoi entrare a Fairy Tail, vero?
Allora vieni con me! -. Ecco, l'ho detto.”
Finito di parlare, Natsu
trovò particolarmente interessante guardare la siepe.
Lucy non aveva idea di cosa
pensare. Perché mai il nome della loro scuola aveva assunto
una così strana sfumatura opaca con quella rivelazione?
“Cioè, noi
correvamo... perché io volevo entrare alla Fairy Tail?”
L'espressione basita di Lucy lasciava ben pochi dubbi su quello che
stava pensando.
“Te l'ho detto che mi
sembrava improbabile!” Si difese Natsu, imbronciandosi.
“No, aspetta.”
Tutti si voltarono verso
Charle, sorprendendosi per come fosse concentrata.
“Ripeti la frase, per
favore.”
Natsu la guardò,
senza capire dove volesse arrivare. Sciolse le braccia e
l'accontentò.
“Vuoi entrare a Fairy
Tail? Allora vieni con me.”
Ad occhi chiusi, Charle
ripeté lentamente quella frase, analizzandone la forma e forse
ogni sillaba. Probabilmente si stava anche immaginando il tono con il
quale era stata recitata. Infine, diede voce ai suoi pensieri.
“La frase ha una
costruzione particolare” sussurrò. Wendy la esortò
a spiegarsi meglio.
“Se ti stessi
riferendo ad una scuola, allora il modo giusto di esprimersi sarebbe
stato 'alla Fairy Tail' e non 'a Fairy Tail'. Presumendo che tu sia
abbastanza sveglio per costruire una frase, verrebbe allora da
chiedersi perchè esprimersi in quel modo.”
Seppur leggermente offeso,
Natsu cominciò a pensarci su. Il ricordo di quanto aveva in
testa era quello, e sapeva benissimo come riferirsi ad una scuola.
Allora, se non aveva sbagliato, la domanda da porsi poteva
considerarsi una sola.
“Quindi, cos'è
Fairy Tail?” Intervenne sorprendentemente Happy, guardando un
po' tutti, senza che questi riuscissero a dare una risposta.
Per tanto tempo, quel nome
non era stato che relegato esclusivamente ad una scuola superiore.
Che anche quell'edificio avesse qualcosa a che vedere con quanto li
stava accomunando?
“Sentite,”
intervenne Charle. “Forse domani dovremmo dare un'occhiata a
questa vostra scuola.”
Natsu e Lucy non poterono
evitare una faccia poco propensa a collaborare. Domani dovevano
sorbirsi una giornata di lezioni, e in piu' Charle gli stava
chiedendo di restare oltre l'orario per controllare l'edificio.
“Dobbiamo proprio?”
Si lamentò Natsu, immaginandosi che avrebbero potuto vivere
avventure piu' emozionanti di un giro a scuola. Ma Charle si dimostrò
irremovibile.
“Dobbiamo pur
incominciare da qualcosa” precisò, costringendo entrambi
ad arrendersi. Era deciso, l'appuntamento sarebbe stato a l'ingresso
dopo le lezioni.
“Ah, dimenticavo,”
disse Charle, mentre con la coda dell'occhio notava il ragazzo biondo
che le aveva fatte entrare guardarsi in giro da un po' di tempo;
probabilmente le stava cercando per mandarle via. “Vedete quel
tipo laggiù?” e indicò Laxus. “Anche lui fa
parte di tutto questo.”
Il verso stupito di Wendy
bloccò quello degli altri sul nascere. “Ne sei sicura?”
“Assolutamente, ma non
credo ci crederebbe, perciò, teniamolo all'oscuro per ora.”
Charle riuscì a
malapena a terminare la frase, che per poco non si ritrovò
schiacciata da Natsu. Quest'ultimo per fortuna riuscì comunque
mantenere l'equilibrio. Due braccia gli si erano avvolte intorno la
vita e sembravano stringerlo parecchio.
“Natsu! Finalmente
riesco a vederti, come mai tutto questo ritardo?”
“Lisanna! Per poco non
mi facevi cadere!” Si arrabbiò Natsu, cercando di
voltarsi per guardarla in volto. La ragazza scrollò
semplicemente le spalle, senza mostrare particolare timore.
“Volevo prenderti alla
sprovvista” si giustificò, poggiandogli poi la guancia
sulla schiena e sorridere.
Particolarmente infastidita
da quella scena, Lucy cercava in tutti i modi di non dare a vedere il
suo nervosismo, anche se le reazioni di Natsu un po' aiutavano a
tirarla su di morale.
Intenta a tenere saldamente
il ragazzo tra le braccia, i suoi occhi si posarono solo dopo su due
gatti seduti sulla panchina, in compagnia di una piccola ragazzina.
“E voi?” Chiese
allegramente, staccandosi da Natsu e prestare attenzioni sugli
sconosciuti. Il ragazzo sospirò di sollievo.
Wendy incespicò un
pochino sulle parole. Conoscere qualcuno di nuovo la metteva sempre
un po' in soggezione, ma il sorriso affabile di quella ragazza
l'aveva tranquillizzata in un istante. Quegli occhi esprimevano
purezza, contornata da un'aura allegra e gentile. Il sorriso
bianchissimo, come i suoi capelli, davano un senso di serenità
senza eguali.
“Io sono Wendy, e
questa è Charle” disse, mostrando un sorriso e prendendo
la gatta in braccio.
“Lui è Happy,
il mio gatto” intervenne Natsu, mantenendo comunque la guardia
alta dagli abbracci che potevano sopraggiungere.
“Come sono carini!”
Esclamò Lisanna, poggiando entrambe le mani sul capo dei
gatti.
Charle aveva una voglia di
scostarsi e mandarla al diavolo, che dovette fare forza a tutta la
sua volontà per starsene zitta. Al contrario, Happy era
contento di quelle carezze.
Un bagliore irradiò
gli occhi di tutti, cancellando per qualche secondo tutto ciò
che avevano intorno.
Con un braccio a
proteggergli gli occhi, Natsu riuscì a intravedere il punto di
origine di quelle due improvvise luci. Venivano da Charle e Happy.
“Che sta succedendo?”
Lucy osservava meravigliata, cercando di scorgere attraverso l'eccessiva
luminanza. I bagliori sembrarono spostarsi e infine congiungersi in
uno solo, che lentamente, ridusse la sua luce, fino a prendere le
sembianze di una piccola sfera bianca.
In quel frangente di calma,
Lisanna osservava trasognata quel piccolo globulo luminoso, provando
un forte impulso di toccarlo.
Tutti quelli presenti nel
vialetto si erano ritrovati irradiati da quel bagliore, e adesso
osservavano il piccolo gruppetto di persone senza riuscire a capire
cosa fosse successo. Fu però Lucy a inventare una scusa.
“Scusate, il flash del
mio telefono è un po' forte!”
Una balla colossale, che
però sembrò funzionare. In poco tempo gli sguardi
indiscreti tornarono a farsi gli affari propri e il corpo di tutti a
ricongiungersi con il ritmo che aleggiava.
Happy e Charle riaprirono
gli occhi, accorgendosi solo in quel momento della piccola sfera
luminosa che volteggiava tra loro e lo sguardo assorto di Lisanna.
“Cos'è?”
Sussurrò l'albina, allungando una mano per toccarla. Una presa
salda sul polso la bloccò. Era Natsu.
“No, ferma!”
Disse risoluto, lasciando la ragazza colma di interrogativi.
Natsu si guardò
intorno, in cerca di un luogo adatto per ciò che ne sarebbe
conseguito dopo. Quella piccola sfera era proprio come quella che era
capitata a lui, cambiava solo il colore, in quanto di un bianco quasi
accecante.
Lo sguardo finì
infine sulla casa. Sembrava davvero l'unico luogo adatto. Tornò
a guardare Lisanna, assumendo un'espressione combattuta.
“Lisanna, quando te lo
dico io, afferra la sfera, ok?”
“Che vuoi fare?”
Intervenne Lucy, percependo poi il cuore sobbalzare quando quelle
braccia forti avevano sollevato Lisanna, lasciandola di stucco.
“Lucy, vai ad aprire
la porta della casa, svelta.”
Seppur ancora confusa, annuì
alla richiesta. In quanto a Wendy, Charle ed Happy, la seguirono a
ruota, sotto il diretto ordine di Natsu. Erano rimasti solo loro.
“Ok, Lisanna,”
disse Natsu, posizionandosi in modo da eseguire uno scatto. “Afferra
la sfera.”
Lisanna annuì.
Percepiva il suo cuore battere all'impazzata per quanto stava
accadendo, ma la sicurezza di Natsu era un'ancora forte e
affascinante, che la faceva sentire protetta. E la cosa le piaceva
molto.
I suoi zaffiri si spostarono
su quella piccola luce sospesa da chissà quale forza
sconosciuta. Timidamente, allungò il braccio. Non aveva idea
di cosa sarebbe successo dopo ma Natsu sembrava saperlo bene, e
questo le diede il coraggio necessario per avvolgere completamente il
globulo nella sua mano.
I piedi di Natsu staccarono
il suolo. Doveva correre velocemente verso le scale e varcare la
soglia di quella porta prima che la luce diventasse troppo forte e
attirasse troppi sguardi.
Prima ancora di rendersene
conto, i suoi occhi trovarono il corridoio buio. La porta si chiuse
alle sue spalle e una luce abbagliante riempì ogni angolo di
quei muri.
Il corpo di Lisanna non era
solo luce, ma anche fonte di energia in quel momento.
Natsu aveva raccontato come
si era svolto quello strano fenomeno nella sua camera, ma vederlo con
i propri occhi era tutta un'altra cosa. Erano questi i pensieri di
Lucy, uniti alla trepidazione di sapere cosa avrebbe conseguito tale
meraviglia.
Happy e Charle restavano
entrambi a bocca aperta. I muscoli immobilizzati dallo stupore, così
come Wendy, impaurita e appiccicata alla parete.
Tutta l'attenzione era
rivolta a Lisanna, per quel motivo nessuno si accorse di un altro
paio di occhi, che sopraggiunti dal salone, rimasero interdetti di
fronte quel particolare spettacolo.
Sulla via del ritorno,
l'aria si era fatta particolarmente frizzante ma sia Lluvia che Gray
non sembravano intenzionati a spiccicare parola. Il mutismo faceva da
padrone in un ciclo di eventi che nessuno riusciva a spiegarsi.
Poco prima, Gray era sicuro
che quella spiaggia si fosse allagata non di acqua di mare, ma di
lacrime. Lluvia non sapeva come ribattere a tale informazione, poiché
come lei, anche Gray trovava quell'ipotesi ridicola.
Alla domanda se fosse stata
lei, Gray ottenne uno sguardo allibito, che poté ben capire.
Si diede dell'idiota.
Tuttavia, non erano riusciti
a dare una spiegazione a quanto accaduto. Un evento singolare della
natura? Forse.
Continuando a guardarsi le
mani, cercava di capire cosa gli succedesse. Il suo corpo era freddo
ma allo stesso tempo lo sentiva proprio del suo essere, per quel
motivo non lo infastidiva particolarmente.
La preghiera lanciata, nella
speranza di salvare Lluvia, aveva forse scatenato qualcosa di cui non
si era ancora reso conto? Tutto ciò che ricordava era il
bagliore provenire dalla sua croce che aveva afferrato senza indugio,
nella speranza di essere ascoltato da un qualsiasi essere superiore.
“Lluvia si sente
strana.”
Gli occhi di Gray ricaddero
al suo fianco. Lluvia continuava a tenersi lo stomaco, senza
nascondere un'espressione tra il sofferente e l'imbronciato. Forse
qualcosa le aveva fatto male.
“Ti fa male lo
stomaco?”
“No, ma è come
se fossi piena di liquidi.”
Gray voltò lo
sguardo, vagamente imbarazzato.
“Devi andare in
bagno?”
“Cosa? No!”
Si fermò sul posto.
L'imbarazzo di quanto udito, aveva portato i suoi occhi verso il mare
che si erano lasciati alle spalle.
“Se non ti senti bene,
dimmelo, ok?”
Un mistero. Ecco cos'era
Gray per lei. Sembrava avere una specie di carattere disinteressato
ma allo stesso tempo ci teneva alle persone. Chissà quale tipo
prediligeva.
Camminarono ancora per
qualche minuto in assoluto silenzio. L'unico suono che di tanto in
tanto li accompagnava, era in frinire dei grilli. Entrambi stavano
pensando a cos'era successo in spiaggia. Quale strano fenomeno
meteorologico poteva generare una sfera d'acqua priva di gravità
e un mulinello a pochi metri dalla spiaggia?
Gray si stava facendo quelle
domande e anche altre di piu' da così tanto tempo che avvertì
il cervello sul punto di esplodergli. Si fermò, osservando
l'asfalto sotto i suoi piedi.
“Qualcosa non va?”
Chiese Lluvia, una volta accortasi di non avere piu' il ragazzo
vicino. Questi alzò gli occhi al cielo, inspirando
profondamente.
“Vorrei tanto sapere
cos'è successo poco fa” disse stizzito. Il mistero in se
era affascinante, ma ritrovarsi in mezzo senza conoscerne la causa
era frustrante.
Lluvia si spostò in
mezzo la strada. Il tepore di un lampione a illuminarla in parte.
“Lluvia non sa cosa
pensare, ma forse un giorno lo scopriremo” disse, voltandosi e
sorridendo. Gray non disse niente, pensando che forse la ragazza
avesse ragione.
Il rombo di un motore
cominciò a riecheggiare nell'aria, finché i fari di
un'auto non sbucarono da dietro la curva. Stava andando molto veloce
e non sembrava essersi accorta di Lluvia, che si era voltata
immediatamente a quelle prime vibrazioni. Le forti luci l'abbagliarono,
e nessun stridio di ruote stava segnando l'asfalto. Il conducente procedeva senza controllo verso la ragazza, il quale capì che ormai era troppo tardi per evitarla.
Gli occhi di Lluvia
sbarrarono, terrorizzati, mentre l'urlo del suo nome cancellava ogni
altro suono presente. Poi l'impatto.
Fu un frastuono fortissimo,
come quello di una potente esplosione, ma stracolma di graffianti
parti metalliche che cozzavano tra loro in un concerto
raccapricciante.
Un suono perentorio cominciò
a risuonare fastidiosamente in tutta la zona. Lluvia capì che
si trattava del clacson rimasto bloccato.
Quando aveva chiuso gli
occhi, fu sicura di essere arrivata al capolinea. L'auto l'avrebbe
investita e il suo corpo sarebbe stato sbalzato molti metri piu' in
là, esanime e in una pozza di sangue. Un'immagine orribile per
l'ultimo momento di vita, che non aveva dato volto a nessun bel
momento della sua esistenza.
Stordita,
sollevò le palpebre. La prima cosa che vide fu il bianco della
camicia di Gray, che gli dava le spalle, mentre queste si alzavano e
riabbassavano a ritmo affannoso. Davanti a lui, c'era qualcosa di
molto grande, e non era l'auto, anche se questa era comunque visibile
al di là di quella particolare parete.
“Vetro?”
Pensò,
mentre il forte battito del suo cuore le rimbombava nelle orecchie.
Superò il ragazzo,
che aveva poggiato le mani sulle ginocchia per riprendere piu' aria
possibile, e raggiunse quella strana lastra bianca-azzurra. Lluvia si
accorse di potervisi specchiare dentro, in quanto molto lucida.
I suoi occhi grandi
scrutavano ogni particolare. Le venature regolari si intrecciavano in
disegni particolari e complessi, mentre la trasparenza permetteva la
visuale in lontananza, nonostante qualche distorsione venisse
comunque evidenziata da bombature e avvallamenti di quel materiale.
Affascinata, toccò la superficie, percependola estremamente
fredda.
“Ma questo, è
ghiaccio?” Sussurrò, voltandosi istintivamente alle sue
spalle, dove, lo notò solo in quel momento, le mani di Gray
emanavano un particolare fumo bianco e opaco, molto simile al sospiro
di una persona in un ambiente molto freddo. Quella, quindi, era
condensa?
Guardò con attenzione
quelle mani, e poi la parete di ghiaccio alle sue spalle. Inutile
dire che la temperatura non poteva essersi abbassata di colpo senza
che lei se ne fosse accorta, e la stessa cosa probabilmente la stava
pensando anche Gray. O forse no?
Il ragazzo non aveva
staccato un secondo gli occhi dalle sue mani, che ancora emanavano un
vapore freddissimo. Forse, era per quel motivo che stava tremando?
“Gray?” Udì
vicino a sé. Alzò appena gli occhi, trovando
l'espressione piu' stupita che avesse mai visto sul volto di Lluvia.
“Sei stato tu?”
Non rispose. Quando aveva
visto quell'auto andare contro Lluvia non ci aveva pensato due volte
a piazzarsi davanti a lei e farle da scudo. Voleva tentare in tutti i
modi di ridurre l'impatto, così, in assenza di altre idee,
aveva allungato entrambe le mani davanti a sé. Fu in quel
momento che, d'improvviso, un freddo glaciale era partito dallo
stomaco e propagato lungo gli arti, fino alle mani. Lì, in un
istante, si era generato un vero e proprio scudo di ghiaccio, che
aveva arrestato l'auto, trasformandola in quell'ammasso di lamiere
che adesso riusciva a intravedere.
“L'auto!” Urlò,
ricordandosi che probabilmente c'era una persona ferita. Colto da
questi pensieri, lo scudo sembrò ascoltarlo, perchè si
disintegrò. Le schegge si persero per vari metri e con il
tempo si sarebbero sciolte e scomparse.
Dimenticandosi completamente
della domanda di Lluvia, si precipitò dalla parte del
guidatore, tentando di scorgere qualcuno che fosse ferito. La ragazza
gli fu subito accanto.
“Ma qui non c'è
nessuno!” Esclamò stupito, spostandosi anche ai sedili
posteriori, senza trovare nessuno. Puntò gli occhi oltre
l'auto, al di là della strada, ma non vide nulla neppure là.
Dovunque guardasse, non vedeva alcuna forma umana tranne Lluvia.
“Ma che...?”
Girava su se stesso, si guardava le mani, tradendo paura e timore e
poi quell'auto, priva di guidatore. Ed infine Lluvia, i cui occhi
spaventati lo riportarono improvvisamente alla realtà. Doveva
stare calmo, o anche lei si sarebbe spaventata.
“Lluvia, andiamo via”
disse risoluto, prendendola per mano e incamminandosi insieme verso
casa di Mirajane, accompagnati dall'assordante suono del clacson, che
neppure per un momento aveva interrotto il suo stridio.
Angolo
Autore:
Salve!
Che ci crediate o
no, non riuscivo a trovare un punto di chiusura in questo capitolo!
Volevo interrompere
al momento dell'impatto dell'auto, ma pensavo che qualche particolare
in piu' avrei potuto mettercelo... ed ecco dove siamo arrivati! Non
sono proprio bravo a lasciare la suspance :/
Questo capitolo è
stato il piu' lungo mai scritto, spero ve lo siate goduto ^^
Ringrazio:
bekkuzza_chan, LadyAstral, Kyros e jaki star per le loro recensioni,
sappiate che sto cercando di migliorarmi ^^ (senza risultati)
Alla prossima, ciao!
Matt
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Capitolo 13 *** Punto di non ritorno ***
***
Lentamente,
il corpo di Lisanna assunse sempre meno peso, finché non si
separò dalle braccia di Natsu, sconvolto per quella novità.
“Happy,
anch'io mi sono sollevato da terra?” Balbettò, senza
riuscire a staccare gli occhi dal corpo fluttuante della ragazza,
così come tutti i presenti, che non riuscivano a
capacitarsene.
“No,
niente del genere!” Gridò il piccolo gattino, tornando a
bocca aperta.
Costantemente
illuminata, la videro passare da una posizione orizzontale a
verticale: adesso si stagliava davanti a loro come una specie
apparizione divina. Poi, tutto cessò.
Priva
di sensi, Lisanna fu di nuovo vittima della forza di gravità,
ma Natsu riuscì prontamente ad afferrarla. Preoccupato,
avvicinò il suo viso al suo, mostrando sollievo nel constatare
che respirava.
“Meno
male” sussurrò, colmo di sollievo. Adagio, la portò
in salotto, accorgendosi solo in quel momento di un tizio dalla
faccia sconvolta che li stava guardando.
“Tu
chi sei?” Chiese sbrigativo Natsu, mostrando subito diffidenza.
Lucy interpose subito tra i due.
“Natsu,
lui è Gajeel, un compagno di classe di Levy” Spiegò
con calma, invitando poi tutti ad accomodarsi in salotto, dove Levy
non si era ancora risvegliata dal suo sonno.
“Che
diavolo era quella roba?!” Urlò Gajeel, particolarmente
scosso. Si sedette pesantemente sulla poltrona, osservando tutti i
presenti con serietà.
Charle,
che nel frattempo aveva evitato di spiccicare parola per ovvi motivi,
ebbe improvvisamente un nuovo flash di una grande struttura di
mattoni, quasi in stile medievale e l'interno accuratamente in legno,
provvisto di molti tavoli e panche. Gremiva di persone e tra queste
fu sicura di aver visto anche il volto non solo di quel Gajeel, ma
anche della ragazza che in quel momento stava dormendo sul divano.
Quindi, tutte le persone presenti in quel momento erano accomunate
dal medesimo passato?
Decise
comunque di non dire nulla e attendere che si calmasse ed
eventualmente, studiare le sue capacità di comprensione.
Natsu
adagiò dolcemente il corpo di Lisanna su un secondo divano,
per poi sedersi a terra e guardare Gajeel con cipiglio di rimprovero.
Lucy
si era seduta su un'altra poltrona, poco lontana da Levy, e Wendy
nello spazio che restava sul divano, in quanto grande e la ragazza
distesa piuttosto piccola. Happy e Charle a terra, sul tappeto.
Lucy
prese fiato, cercando una valida scusa da rifilare a Gajeel, appena
entrato nella lista dei problemi da disfare. Purtroppo, non le veniva
niente in mente, per quel motivo si fece una seria domanda: potevano
fidarsi di quel ragazzo?
“A
dirla tutta, non sappiamo neppure noi cosa sia successo”
rispose Lucy, guardando distrattamente Lisanna dalla parte opposta.
“Ma
non raccontate balle!” S'infervorò Gajeel, alzandosi di
scatto e guardando male Lucy, che sussultò. Natsu prese
immediatamente le difese.
“Stai
calmo, noi non lo sappiamo, intesi?” Sibilò, mostrando
uno sguardo agghiacciante. Un verso di stizza spezzò
l'improvviso silenzio e Gajeel tornò a sedersi.
Wendy
restava in religioso silenzio, troppo scioccata anche solo per
ascoltare cosa stessero dicendo. Riviveva le particolari immagini di
poco prima e si chiedeva se quella ragazza che aveva appena
conosciuto stesse davvero bene. Senza alcun preavviso, si alzò,
per poi dirigersi verso Lisanna che sembrava solo dormire. Si sedette
al suo fianco, guardandola preoccupata.
“Wendy?”
la chiamò Lucy, interdetta.
“Sono
solo preoccupata” mormorò la ragazzina, poggiandogli una
mano sulla spalla.
“Cosa
gli è successo allora, controllava le ragnatele sul soffitto?”
Continuò imperterrito Gajeel, indicandola come se la
incolpasse di qualcosa.
“Cos'è
tutto questo trambusto?”
Lentamente,
Levy aprì gli occhi, infastidita per tutto quel vociare che
aleggiava intorno a lei. Con una mano a tenersi la testa, si mise
seduta, osservando poi tutti i presenti con aria ancora assonnata.
“Ma
che succede?” Mugugnò, stropicciandosi un occhio.
“Ah
Levy, scusa se ti abbiamo svegliato. Ti senti bene?” Chiese
Lucy, un po' in colpa per via del luogo che avevano scelto per
parlare.
“Potrei
stare meglio” borbottò, guardandola di sfuggita. I suoi
occhi ricaddero poi su Wendy.
“Tu
chi sei? E perché Lisanna sta dormendo sul divano?”
Notò, alzandosi e barcollando leggermente prima di sentirsi di
nuovo stabile.
“Io
sono Wendy, piacere”
“Io
Levy, piacere mio” sorrise, per poi passarsi una mano sul viso,
preoccupata. “Oddio, devo avere un aspetto orribile!”
Lucy
tentò di rassicurarla ma la ragazza, senza prestare alcuna
attenzione, uscì di fretta dal salone e si diresse in bagno.
“Perché
è scappata via in quel modo?” Chiese ingenuamente Natsu.
“Lascia
stare” sospirò Lucy, sollevando gli occhi al soffitto.
Nessuno
aveva la minima idea di cosa parlare, senza contare che Gajeel aveva
visto tutto e questo forse implicava immischiarlo in quella storia. E
se non c'entrasse nulla?
Questo
pensiero la fece voltare istintivamente verso Charle, che
accorgendosene, restituì un'espressione confusa. Senza farsi
troppo notare, prese Charle in braccio e, nascosta dietro di lei,
chiese sottovoce cosa fare.
“Dobbiamo
dirgli la verità” sussurrò, cercando di muovere
il musetto il meno possibile. Fortuitamente Gajeel era impegnato a
parlare con Natsu e a scambiarsi occhiatacce.
Lucy
rimase sorpresa da tale affermazione.
“Perché?”
“Perché
anche lui ha un legame con noi, e lo stesso quella ragazza di nome
Levy”
“Cosa?!”
Completamente
dimenticatosi di stare sussurrando per non essere ascoltata, la sua
voce riecheggiò fino ai piani alti dell'abitazione, attirando
ovviamente l'attenzione di tutti, che la guardarono sbigottiti.
Charle,
le cui orecchie si trovavano a pochi centimetri dalla bocca di Lucy,
aveva perso l'udito ed ora era a terra semi svenuta, e sussurrava
tutte le maledizioni che le venivano in mente. Wendy la prese subito
tra le braccia, preoccupata.
Nel
contempo, Lucy non riusciva a capacitarsi delle parole sussurrate da
Charle. Anche Levy adesso?
“Ma
quante persone fanno parte di tutta questa storia?” Si
chiese, trapelando nei suoi pensieri tutta quella isteria nella voce
che non avrebbe mai avuto il coraggio di mostrare in pubblico.
“Quindi,
adesso siamo io, Natsu, Wendy, Happy, Charle, Laxus e adesso anche
Gajeel e Levy” elencò,
conteggiando sulle proprie dita e accorgendosi solo dopo di cosa
stare facendo. Circospetta, rialzò lo sguardo, accorgendosi
che nessuno aveva smesso di osservarla. Colta in flagrante, avvertì
l'imbarazzo della situazione.
“Scusate,
stavo pensando alcune cose!” Disse sbrigativa e desiderando di
sprofondare.
Levy
rientrò in quel momento, accorgendosi subito che la tensione
era palpabile. Senza dire nulla, tornò sul divano, dove ci si
era messo anche Natsu nel frattempo.
“Allora,
che ci fate tutti qui? La festa è noiosa?” Buttò
lì, cercando di rompere il ghiaccio, ma il mutismo di tutti
dissolse la sua risata, così come il sorriso.
“Charle,
scusa per prima, non volevo” mormorò Lucy, mostrando un
sorriso di circostanza verso la gattina, che la guardò con
odio.
“Guarda
che puoi anche evitare di scusarti. È un gatto, non ti
capisce” grugnì Gajeel, guardandola di sottecchi.
“Mi
hai quasi distrutto i timpani, non aspettarti che accetti le tue
scuse tanto presto!” Ribatté, incrociando le zampette al
petto e voltandosi da un'altra parte. Lucy rise nervosamente.
Natsu,
nell'udire Charle parlare, gli venne spontaneo aprire le labbra in un
sorriso sornione. I suoi occhi si indirizzarono verso Gajeel. Aveva
la bocca spalancata e praticamente gli occhi fuori dalle orbite.
Sghignazzò, voltandosi poi verso Levy, che invece guardava
Charle confusa. Natsu non poteva vedere il suo viso ma stava
ripetutamente battendo le palpebre, come se si aspettasse di
risvegliarsi o di veder quel gatto sparire da un momento a l'altro.
“Lucy,
questo gatto ha parlato” disse meccanicamente, stringendosi
convulsamente le ginocchia.
“Levy,
stai calma” cercò di rassicurarla Lucy, usando il tono
di voce piu' dolce del mondo.
“Quel
gatto ha parlato” continuò, cominciando a tremare.
Happy
camminò fino ai piedi di Levy, guardandola placidamente. La
ragazza volse lo sguardo irrigidito verso il gattino blu che non
aveva notato prima, e non riuscì a pensare a nulla se non che
si stava reggendo su due zampe.
Natsu
si prese il viso tra le mani, mugugnando stancamente un “oh,
no.”
“Aye,
io sono Happy!”
Scoppiò
il panico.
Levy
cominciò a urlare come una pazza, mentre si dibatteva tra le
braccia di Natsu che prontamente l'aveva afferrata prima che fuggisse
via. Lucy cercava di calmarla mentre Wendy, spaventata, si era
rifugiata in un angolo della stanza.
Gajeel,
seppur paralizzato dallo stupore, aveva particolarmente trovato
interessante tapparsi le orecchie per evitare di venire stordito
dalle urla della ragazza, senza però smettere di osservare
quei due gatti che avevano incominciato a parlare. Poiché
Wendy, Natsu e la ragazza bionda non avevano avuto alcun tipo di
reazione, era logico pensare che fossero abituati a quello strano
fenomeno e quindi non ci fosse nulla da temere.
Stufo
di quegli schiamazzi, decise di intervenire anche lui per sedare
l'isteria di quel gamberetto.
Ci
vollero tre bicchieri d'acqua, tante parole di conforto e due persone
che tenessero quelle gambe e braccia che continuavano ad agitarsi per
riportare un po' di calma a Levy. Prima che Gajeel intervenisse,
Natsu ricevette trentacinque calci sugli stinchi da quelle piccole
scarpe da ginnastica particolarmente dure, e quattro testate sul
naso. Sembrava appena uscito da una rissa.
“Ecco
il ghiaccio.”
Wendy
fece capolino con uno strofinaccio chiuso a fagotto.
“Grazie”
rispose grato Natsu, vedendo poi il proprio sollievo essere portato
via da Lucy.
“Guarda
che non è mica per te” puntualizzò, poggiandolo
delicatamente sul capo di Levy, che trattenne una smorfia.
“Ma
se mi ha quasi rotto il naso!” Protestò, ricevendo
un'occhiataccia.
“Però
è Levy che si è fatta piu' male, sapevo che avevi la
testa dura” ribatté, tornando ad occuparsi dell'amica.
Natsu
s'imbronciò e decise di starsene zitto. Oltretutto Lucy aveva
in parte ragione; nonostante i colpi ricevuti non sentiva molto
dolore, il che gli sembrò strano.
“Ti
sei calmata?”
Levy
alzò appena gli occhi, notando come Gajeel la stesse scrutando
per capire come si sentisse. In un certo senso era piacevole che si
preoccupasse per lei.
“Meglio,
grazie” sussurrò, prendendo un altro sorso d'acqua dal
bicchiere che aveva in mano.
“Ehi,
voi”
Tutti
si voltarono verso l'angolo della stanza, dove erano Happy e Charle.
“Possiamo avvicinarci o dobbiamo rimanere relegati qui a vita?”
Chiese scorbutica Charle. Lucy trattenne una risata. L'avevano
pregati di allontanarsi finché Levy non si fosse calmata in
quanto erano la causa indiretta dello spavento.
Lucy
si rivolse a Levy, in attesa di una risposta. Al debole cenno di lei,
i gatti tornarono sui propri passi, mantenendo comunque una debita
distanza dalla ragazza.
“Qualcuno
mi spiega che sta succedendo?” Piagnucolò Levy, che poco
prima pensava di essere impazzita. “Quei gatti stanno parlando
oppure ho bevuto troppo?”
Non
era mai stata tipo da credere alle leggende o ai fatti che non
trovassero una spiegazione logica, perché Levy era soprattutto
questo; fatti.
Rideva
davanti i club dell'occulto e ignorava coloro che dicevano di credere
agli ufo. La scienza, la letteratura e i testi antichi erano quanto
di piu' tangibile potesse esistere della storia umana.
Fedele
alle teorie dimostrate, percepiva tutto ciò che costituiva la
sua vita crollare come il piu' debole dei castelli di carte. Due
gatti stavano parlando, e tutti i suoi amici sembravano prendere bene
la cosa.
“Presumo
che Charle sia la piu' adatta al compito di chiarire i tuoi dubbi,
anche se alla fine ti ritroverai con ancora piu' domande”
Scherzò Lucy.
“Ehi,
voglio delle spiegazioni anch'io” intervenne Gajeel,
guardandoli male.
“Tranquillo,
le avrai” ridacchiò Natsu, tornando poi serio
nell'osservare il viso rilassato di Lisanna dormire.
“Io
e Lisanna abbiamo avuto entrambi un contatto con due sfere, molto
simili. Cosa ci succederà ora?”
“Fermati,
aspetta!”
Gray
procedeva a passo svelto. Non si voltava indietro ma grazie a
quell'andatura erano quasi arrivati a destinazione, la musica si
distingueva nitidamente.
“Ho
detto fermati!”
Con
uno strattone, Lluvia riuscì a liberarsi dalla presa di Gray,
che per un momento si ritrovò sorpreso e in equilibrio
precario; non pensava che quella ragazza fosse tanto forte. Ritrovato
l'asfalto sotto i piedi, mantenne comunque i propri occhi lontani da
quelli di Lluvia, che percepiva distintamente su di sé.
“Sei
stato tu a creare quel ghiaccio, vero?”
Una
domanda quasi retorica, perché Lluvia conosceva benissimo la
risposta, al contrario forse di Gray, che tentava di autoconvincersi
del contrario.
“Io...
non lo so” esitò, guardandosi le mani.
“Si
che sei stato tu, come te lo spieghi allora?” Alzò la
voce Lluvia, guardandolo con espressione accusatoria.
“Se
è vero, allora come ti spieghi che ci sia riuscito?”
Ribatté con il medesimo tono.
“Come
sia possibile, non lo so” ammise. “Ma che tu abbia creato
quello scudo di ghiaccio è innegabile!”
Gray
strinse i denti. Perché Lluvia era così convinta delle
sue parole? Ma soprattutto, perché tentava in tutti i modi di
convincerlo?
“Si
può sapere che ti prende? Continui a dire che sono stato io, e
se anche fosse? Significherebbe solo che sono diventato un fenomeno
da baraccone!”
“No
invece!” Urlò Lluvia, abbassando lo sguardo. “Non
è vero” mormorò poi, improvvisamente combattuta.
Gray si accigliò, sempre piu' confuso.
“Ma
che stai dicendo?”
Senza
alcun preavviso, Gray si ritrovò Lluvia tra le braccia. Restò
interdetto quando la sentì incominciare a piangere.
“Ma
che...”
“Sei
uno stupido!” Gridò, piangendo ancora piu' forte e
intrecciandogli le braccia attorno al corpo. “Stupido!”
“Ma
perchè mi stai offendendo?” Urlò a sua volta e a
disagio per quella situazione.
Lluvia
sollevò di scatto la testa. Gli occhi blu scintillanti e rossi
di dolore, la bocca tesa nell'intento di trattenere inutilmente le
lacrime e l'espressione così triste da spaccare il cuore.
“Perché
hai salvato la vita di Lluvia rischiando la tua!”
Lo
sguardo di Gray cambiò in un istante. Se prima iracondo e
confuso, ora era colto da un'improvvisa lucidità.
“Quelle
lacrime... sono per me?”
“Se
tu non fossi riuscito a creare quello scudo di ghiaccio, a fare
quella specie di magia, saresti morto!”
“Lluvia,
io...” tentò di dire Gray, ma non ci riuscì.
Lluvia
piangeva, stringeva con forza la sua camicia e lui la lasciava fare,
completamente inerme. Tutta la paura di quei momenti era venuta fuori
con la consapevolezza; se non fosse subentrato quello strano
fenomeno, probabilmente sarebbero morti entrambi.
“Io,
ho fatto una cosa stupida” ammise debolmente, stringendo i
pugni. “Avrei dovuto afferrarti di slancio, così da
toglierti dalla traiettoria, avrei dovuto...”
“Gray”
soffiò Lluvia, cercando i suoi occhi. Una mano toccò il
suo viso, freddo e teso per i pensieri che lo stavano attraversando.
“Grazie per aver salvato la vita di Lluvia.”
Il
calore di quella mano penetrò nel suo corpo e raggiunse il
cuore, che palpitò sempre di piu' di fronte quegli occhi così
blu da mozzare il fiato. A discapito di tutto, aveva davvero
rischiato la sua vita per quella ragazza che conosceva da meno di un
giorno, e questo non riusciva minimamente a spiegarselo. Semplice
istinto? Non seppe dire cosa l'avesse spinto a un gesto tanto
estremo, ma gli fu impossibile anche solo tentare ragionarci in quel
momento. Le labbra di Lluvia l'avevano completamente avvolto in un
tepore rilassante, suggestivo e ipnotico. La sua mente si stava
svuotando sempre piu', le sue braccia intorno a quel corpo latteo e
la sensazione di assaporare l'altro era divina. I sospiri presero a
mescolarsi quando, lentamente, si separarono. Riaprirono gli occhi, e
non ci fu alcun barlume di errore nel loro gesto, perchè nel
profondo, lo avevano desiderato entrambi.
“L-Lluvia
si scusa” sussurrò debolmente, senza riuscire a staccare
gli occhi dai pozzi neri di Gray, che sembravano volerla rapire.
Per
tutta risposta, le loro labbra ripresero da dove avevano interrotto,
approfondendo la conoscenza con un contatto molto piu' focoso e
perverso di prima.
“Mi
scuso anch'io” sussurrò in risposta Gray, trovando
estremamente eccitante il respiro accelerato di Lluvia sulla sua
bocca.
Le
labbra di entrambi si aprirono in un sorriso, le fronti si sostennero
a vicenda, e tutta la tensione vissuta in quella particolare serata
sembrò essere definitivamente sparita.
Qualcosa
si mosse nel campo visivo di Gray. I suoi occhi si spostarono al lato
e in un istante Lluvia si ritrovò catapultata a terra, sotto
di Gray.
“Ma
che...?”
“Lluvia,
stai giù!”
Gray
si voltò appena in tempo evitare un nuovo attacco. Si sorprese
della sua stessa agilità, e si chiese se non facesse parte del
pacchetto stranezze che aveva ricevuto in regalo quella sera. Tentò
di focalizzare cosa li stava cercando di colpire, ma era difficile
definirla. Sembrava una nuvola, ma completamente nera e non piu'
grande di una scarpa. Si muoveva rapida e insisteva nell'attaccare
Gray, che evitava abbastanza facilmente quello strano essere. Si
guardò le mani, che avevano cominciato a emanare vapore
ghiacciato.
“Devo
fare qualcosa, forse posso congelarlo.”
La
nuvola tornò di nuovo all'attacco, ma stavolta non la evitò.
Non aveva idea di come usare il ghiaccio, ma se ci era già
riuscito, poteva di nuovo farlo, quindi si limitò a desiderare
che il suo attacco riuscisse.
“Ti
prego, congelalo... congelalo!”
Le
sue mani brillarono di luce fredda. La nuvola era vicinissima, non
c'era piu' tempo.
“Vai!”
Afferrò
la nuvola oscura con entrambe le mani e nello stesso istante, del
ghiaccio la ricoprì interamente, arrestando definitivamente la
sua corsa. Oramai inerme, il blocco cadde al suolo, sgretolandosi in
tanti bei pezzi che confermarono così il decesso di quella
cosa.
Il
vapore si diradò con un accenno di vento, e anziché
trovare lo spavento, Gray vide negli occhi di Lluvia una grande
meraviglia, seguita da un sorriso che delineò sempre piu'
quelle pallide labbra.
“Ce
l'hai fatta!” gridò Lluvia, alzandosi e abbracciando il
ragazzo di slancio, che restò sorpreso.
“Ma,
non hai avuto paura?”
Un'entità
oscura li aveva attaccati e lei sorrideva? Lluvia scosse la testa.
“Forse
un pochino, ma tu eri con me” disse dolcemente, abbracciandolo.
Gray
non disse niente. Il suo sguardo si perdeva verso quei pezzi di
ghiaccio che avevano intrappolato il loro nemico.
“Cos'era?
Perché ci ha attaccati?” Pensò
Gray, preoccupato.
Non
poteva saperlo, ma anche Lluvia si stava facendo quelle stesse
domande nella sua testa, e allo stesso tempo sapeva di non poterci
dare una risposta. Non ancora.
“Lluvia
ha vissuto molte emozioni stasera insieme a Gray” sorrise
mestamente, giocherellando con la stoffa della camicia del ragazzo.
“Tutte strane e anche spaventose, ma una anche molto bella.”
Lo
sguardo languido suggerì a Gray la risposta; Lluvia parlava
del loro bacio.
Non
seppe dire cosa gli fosse preso in quel momento, ma di certo non
rimpiangeva il suo gesto, anche se ripensarci lo metteva leggermente
a disagio.
“Credo
sia ora di tornare” suggerì Gray, sviando il discorso.
Lluvia annuì e lo prese per mano, poggiando poi la testa sulla
spalla del ragazzo.
Gray
assottigliò le labbra, incerto.
“Ho
la strana sensazione di essere finito nei guai.”
Angolo
Autore:
Salve!
Immagino la vostra
confusione! XD
Ma sappiate che
nulla è messo al caso, tutto questo ha un giro logico che non
vi dico XD
Ah, mi scuso per il
capitolo, è scritto un po' male ma andavo di fretta...
Piaciuto? Fatemi
sapere qualcosa!
Ringrazio:
LadyAstral, Kyros e jaki star per le recensioni :)
Alla prossima!
Ciao!
Matt
|
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Capitolo 14 *** Come siamo ora ***
***
“Ascolta.”
Era
mezzanotte passata ormai. La festa a casa di Mirajane stava per
giungere ad una conclusione, in quanto il giorno dopo ci sarebbe
stata scuola.
Fuori
dal cancello, Gray aveva fermato Lluvia sul posto, evitandole così
di entrare. Quell'innocente contatto le aveva fatto saltare il cuore
in gola. Il suo autocontrollo era pressoché inesistente quando
si trattava di quel ragazzo. Si vergognava di averlo baciato dopo
neanche un giorno di conoscenza, la faceva sentire una poco di buono
o una ragazza dai facili costumi e la cosa la intimoriva molto.
Si
fermò, prestando attenzione allo sguardo serio che Gray le
stava rifilando. Temeva già un ripensamento.
“Mi
sembra scontato dirti di non fare parola con nessuno di quanto
accaduto stasera, ok?”
Un
sospiro di sollievo alleggerì la tensione di Lluvia, e con
nuova gioia, annuì.
“Lluvia
non dirà nulla, tranquillo.”
“Sarà
meglio, oltre a non crederci potrebbero dire che siamo pazzi, e la
cosa mi darebbe fastidio” disse irrisorio, superandola e
aprendo il cancello. Lluvia lo trattenne per un braccio,
costringendolo a voltarsi.
“Ma
hai le prove, se Gray mostrasse di saper generare il ghiaccio...”
“Finirei
segregato in un laboratorio e sottoposto a continui esperimenti senza
piu' avere la possibilità di rivedere la luce del sole”
concluse ironico.
Lluvia
s'incupì. Gray aveva ragione, in un modo o nell'altro non
potevano comunque dire la verità a nessuno.
“Ma,”
riprese Lluvia, rinsavendo. “Non ti fidi neppure dei tuoi
amici?”
Gray
esitò. La verità era che non desiderava altro che
raccontare tutto a Natsu, Lucy, Levy e tutte le persone con il quale
aveva condiviso metà della sua vita. Mostrare quel che era
diventato lo spaventava, perchè temeva di vedere allontanarsi
quelle persone a lui care, e non voleva rischiare.
“Sì,
Lluvia. Mi fido di loro” mormorò, prima di dirigersi
verso l'interno della casa con al seguito la ragazza, che lo guardava
preoccupata.
Aprì
la porta, Lluvia entrò insieme a lui e la richiuse,
dirigendosi poi verso la cucina. Ma non fece che due passi, prima di
notare un gruppo di persone parlottare dentro il salotto semi buio.
Conosceva quasi tutte le voci, altre invece gli erano totalmente
nuove.
“E
voi che ci fate qui?”
Tutti
si voltarono verso il nuovo arrivato. Qualcuno lo salutò con
sollievo, altri con il sorriso, e Gray riconobbe subito la grande
familiarità che regnava insieme a loro.
“Dov'eri
finito? A un certo punto non ti ho piu' visto” disse Lucy,
guardandolo torva. Anche Lluvia entrò nel salone, ed
educatamente, salutò tutti. A quel punto Lucy mostrò un
sorrisino malizioso, che preoccupò Gray.
“Oh,
adesso capisco dov'eri. Non ti facevo così marpione”
ridacchiò, ottenendo le immediate proteste del ragazzo.
“Ehi,
cosa avresti capito?” Sbraitò. Qualunque cosa Lucy stava
pensando in quel momento, non si sarebbe neanche un po' avvicinata a
ciò che Gray e Lluvia avevano invece vissuto.
Charle,
al fianco della poltrona di Lucy e quindi invisibile ai nuovi
arrivati, strattonò la gamba della ragazza, che si voltò.
“Cosa
c'è?” Chiese sottovoce, avvicinandosi.
“Quei
due, ci sono anche loro nei miei frammenti.”
Prima
che Lucy pronunciasse sillaba, si ritrovò una zampa sulla
bocca. Probabilmente Charle aveva intuito un nuovo attacco sonoro e
si era premunita.
“Che
facciamo?”
“Mi
sembra ovvio” disse semplicemente Charle. Lucy annuì.
Nel
frattempo, Gray si era pesantemente seduto sul tappeto, mentre Lluvia
aveva trovato un angolino vicino a Lisanna, che ancora non aveva
ripreso i sensi.
Entrambi
conobbero Wendy, che si era improvvisamente trovata a disagio insieme
a tutta quella gente. Erano troppe facce per lei.
“Ehi,
Natsu, ma questo non è il tuo gatto?” Chiese Gray,
osservando curioso l'animale seduto poco lontano da lui. Ebbe la
sensazione che lo stesse osservando.
“Già,
vedo che te lo ricordi.”
Levy,
seduta affianco a Natsu, non era ancora riuscita ad aprire bocca.
Prima che Gray e Lluvia entrassero, le stavano spiegando la
situazione in cui si erano cacciati.
Più
ascoltava e meno ci credeva. A dirla tutta, l'ipotesi che quello
fosse un sogno le era sembrata molto veritiera, ma purtroppo non lo
era.
Stava
cercando di assimilare ciò che le avevano detto nel frattempo,
e cioè di quelli che sembrano frammenti d vita passata che
riguardavano tutti loro.
Ricordava
di aver letto qualcosa a riguardo: secondo il buddismo, ogni
individuo era in grado di reincarnarsi in un altro, che fosse uomo o
animale. I ricordi della forma precedente scomparivano e l'entità
viveva come fosse la prima volta. Succedeva che alcuni individui
rivivessero flash della loro vita passata, e secondo la religione,
che non obbligava nessuno a credere, questo dava la possibilità
di mostrare fede. Ma lei non ci credeva affatto.
Si
nasce, cresce, riproduce e alla fine si muore. Punto, non c'è
piu' niente.
Forse
avrebbe potuto accettare quella teoria, ma il punto fondamentale di
tutta quella storia erano i due gatti, coloro che distorcevano
qualunque spiegazione razionale le venisse in mente.
La
reincarnazione non prevedeva certo il trasferimento delle capacità
espressive e cognitive del precedente corpo. Allora come si
spiegavano quei due gatti senzienti?
Si
convinse che il mondo nascondesse ancora molti segreti importanti,
cose che capitano solo a pochi individui, e lei era finita tra
questi. Non sapeva se ridere o piangere.
Natsu
e Gray parlavano tranquillamente e Lucy interponeva quando avvertiva
l'avvicinarsi di una rissa; quello non era certo il momento e luogo
adatti.
“Gray,
Lluvia,” chiamò Lucy, diventando improvvisamente seria.
“Vi devo parlare.”
I
due la guardarono con curiosità, prestandole attenzione.
Charle restava in attesa.
Lucy
sfregò le mani, in evidente disagio. Non voleva che Charle o
Happy cominciassero a parlare improvvisamente, spaventando anche
loro, quindi cercò di prendere l'argomento un po' piu' alla
lontana.
“Vi
è successo qualcosa di particolare ultimamente?”
L'impulso
di mettersi a ridere fu davvero grande per Gray, ma riuscì a
trattenersi.
“Che
intendi?” Chiese, pensando immediatamente a quella serata ricca
di sorprese e fatti strani.
“Bé,
cose che magari non riuscite a spiegarvi, ecco.”
Gray
non sapeva proprio come rispondere, e lo stesso Lluvia. Sembrava che
Lucy sapesse qualcosa, ma aspettasse che fossero loro a incominciare
a parlare.
“Sai,”
riprese Lucy, distraendo entrambi dai quei pensieri combattuti. “C'è
una cosa che forse dovremmo dirvi. Dire a tutti voi.”
Si
alzò, dirigendosi verso Natsu. Gli sussurrò qualcosa
all'orecchio e dopo un minuto di insicurezza, il ragazzo annuì,
incupendosi subito dopo. Lucy, anziché tornare alla poltrona,
rimase seduta vicino a lui. Prima di incominciare a parlare, prese la
mano di Natsu, stringendola nella sua.
“C'è
una cosa che io e Natsu non vi abbiamo detto, ma visti i recenti e
particolari sviluppi, credo sia opportuno informarvi.”
L'attenzione
si focalizzò tutta su di loro, compresi i due gatti, che non
avevano idea di cosa avrebbe detto.
Osservando
le loro mani intrecciate, Levy immaginò per un momento che
quei due si fossero messi insieme, ma l'espressione di dolore sul
viso di Natsu cancellò in un istante quel pensiero.
Gray
e Lluvia non avevano la minima idea di cosa stesse parlando. Poi,
un'intuizione improvvisa colpì Gray, anche se gli sembrò
impossibile; che anche loro avessero avuto strani eventi come era
capitato a lui e Lluvia?
Lucy
prese coraggio e incominciò a parlare.
“Stasera,
prima che Natsu venisse qui, gli è accaduto un fatto...
doloroso.”
“Lucy,”
la interruppe il ragazzo, continuando a osservare il pavimento.
“Parlo io se non ti dispiace.”
“Sicuro?”
Chiese, preoccupata.
“Sicuro.”
Rialzò
un poco lo sguardo, senza mai lasciare la mano di Lucy che gli
trasmetteva il coraggio di cui aveva bisogno. Chiamò Happy,
che in un attimo gli fu affianco.
“Gray,
Levy. Voi vi ricordate di mia madre, vero?”
I
due annuirono subito. Ricordavano bene come quella donna fosse stata
gentile con loro dallo scorso anno, quando, di tanto in tanto,
andavano a trovare Natsu insieme agli altri amici.
Lucy
gli strinse ancora di piu' la mano, e il ragazzo deglutì.
“È
morta.”
La
notizia ebbe l'effetto di una bomba. Una serie di domande si levarono
subito nell'aria; come? Quando? Com'è successo?
Gray
era il piu' sconvolto. Gli occhi sbarrati e l'incredulità sul
suo volto, immaginando tutto il dolore che Natsu poteva provare in
quel momento, perché lui era in grado di comprenderlo.
Natsu
aveva solo sua madre. Non conobbe mai il padre e la sua figura
materna gli era sempre rimasta vicino. Fino a qualche ora prima.
Wendy,
Lluvia e Gajeel non conoscevano quella persona, ma ad una notizia
simile non restarono indifferenti; porsero le loro
condoglianze e Natsu li ringraziò.
“Com'è
successo?” Chiese cautamente Gray, senza forzarlo. Natsu
trattenne una risata, che sorprese l'amico.
“Questo
è un po' piu' difficile da spiegare” ammise, con
malcelata ironia.
Natsu
volteggiò le mani fino al cielo, mimando qualcosa che Gray e
gli altri, tranne Lucy e Happy, non riuscivano a capire.
“Volata
via?” Chiese Gray, pensando che lo shock avesse fatto impazzire
l'amico. Natsu scosse il capo, sogghignando.
“Ha
preso fuoco.”
“Cosa?!”
Urlarono tutti, impressionati.
Esattamente
ciò che era successo, e la chiazza bruciata sulle assi del
pavimento avrebbe confermato quella versione. La storia era così
inverosimile da farlo sorridere, e questo inquietava molto gli amici
che lo stavano ascoltando. Tranne Lucy.
Contrariamente
a quanto potevano pensare tutti, Natsu affrontava placidamente quella
scomparsa, perchè in un certo senso la sentiva viva dentro di
sé.
Dopo
le varie spiegazioni, tutti assunsero un aspetto estremamente
confuso.
“Una
sfera?” Ripeté Wendy, guardando istintivamente Lisanna.
“Esatto,
dopo essere scomparsa tra le fiamme, è rimasta solo quella
sfera. L'ho afferrata e il resto l'ho detto.”
“Incredibile”
sussurrò Lluvia, voltandosi poi verso Gray, che continuava a
torturarsi le mani.
Stava
pensando esattamente ai dubbi che l'avevano assalito prima di
entrare: raccontare tutto ai propri amici o tenere tutto per sé.
Dopo
quanto aveva detto Natsu, l'idea di esporre quanto gli era successo
non sembrò piu' così sbagliata. Sospirò.
I
suoi occhi andarono a Lluvia, che sorrise appena, facendogli un cenno
del capo. Lei era d'accordo.
“Ragazzi,
anch'io e Lluvia dobbiamo dirvi delle cose” confessò.
La
passeggiata fino alla spiaggia liberò un paio di sorrisini
maliziosi da parte di Levy e Lucy, che immaginarono quei due mano
nella mano come una coppietta felice. Il seguito invece sorprese
tutti: la sfera d'acqua, la croce illuminata e poi il buio.
Gray
e Lluvia non avevano alcuna risposta alle domande che gli venivano
poste, semplicemente rispondevano di non avere idea di cosa fosse
successo. Poi il racconto andò avanti.
“Sulla
via del ritorno, un'auto è sbucata all'improvviso dietro la
curva e stava per investire Lluvia, ma sono riuscito a evitarlo.”
Il
tono sommesso con il quale aveva pronunciato quelle parole non
trasmetteva alcuno orgoglio, e questo fu abbastanza strano per Natsu
e per le ragazze.
“Ma
come, non sei felice? Sei stato un eroe!” Si complimentò
Lucy, sorridendo a entrambi, ma il ragazzo non mostrò alcuna
emozione. Lluvia abbassò semplicemente il viso, intristita.
“Invece
che toglierla dalla strada, mi sono messo davanti a lei, convinto che
sarei riuscito a fermare l'auto.”
“Quindi,”
disse Levy, ragionando su quello che aveva sentito. “Se siete
qui, e non siete stati investiti, le uniche possibilità sono
che l'auto vi ha evitati oppure ha frenato in tempo.”
Gray
scosse mestamente il capo, lasciando Levy interdetta.
“È
proprio di questo che non so se parlarvi o no” sussurrò,
stringendosi le mani. Lluvia percepì una certa tensione nella
voce, ma non disse nulla.
“Gray,
siamo i tuoi amici. Fidati di noi” lo ammonì dolcemente
Lucy, rassicurandolo con un sorriso.
Il
ragazzo annuì, seppur ancora combattuto.
“L'auto
non ci ha evitati, ma ha puntato dritto. Se ci avesse colpiti saremmo
certamente morti.”
“Ma
siete qui!” Gli ricordò Natsu, serio. “State bene,
e qualunque cosa sia successa ormai è acqua passata!”
“Non
è così!” Urlò Gray, alzandosi di scatto.
“Io quell'auto l'ho fermata!”
L'aveva
detto. In un istante, tutta la tensione che persisteva sui lineamenti
del suo viso si sciolse, lasciando posto alla consapevolezza di non
poter piu' tornare indietro.
“L'hai
fermata? Ma che vuoi dire?” Chiese Lucy, leggermente a disagio.
Gray
abbassò lo sguardo e osservò le sue mani. I suoi occhi
scrutavano le nocche appena rosse, le varie rughe dei palmi e alcune
piccole pellicine vicino qualche unghia. Sentì subito il
freddo risalire lungo le braccia, e in un istante ebbe un rapido
flash. Vide quelle stesse mani in una sequenza di fotogrammi. La
destra che si chiudeva a pugno, per poi torcersi di 180° gradi e
poggiarsi sul palmo aperto della sinistra. Nient'altro.
Perplesso,
ebbe una sensazione di deja-vu, ma non riusciva a ricordare quando
fosse successo qualcosa di simile.
Come
dettato da quel ricordo, ripeté lentamente quei movimenti,
trovandovi una strana sintonia. Non appena poggiò il pugno sul
palmo, tutto il potere che percepiva scorrere dentro si sé
acquisì un perfetto equilibrio. Sentiva di poterlo
controllare, ne era certo.
Guardò
Happy vicino a Natsu. In pochi secondi studiò la forma, i
lineamenti e approssimò l'altezza di quel piccolo gatto.
“Posso
riuscirci.”
“Guardate.”
Le
sue mani incominciarono improvvisamente a brillare di un bianco
invernale, unito a una sfumatura azzurra molto tenue. I presenti
rimasero increduli ed ebbero la sensazione che la temperatura si
fosse improvvisamente abbassata di qualche grado.
Gray
strinse i denti. Il flusso glaciale che lo stava attraversando
sembrava non finire mai. Puntò gli occhi al tappeto, e appena
fu sicuro, rilasciò entrambe le mani a terra.
La
stanza si riempì di condensa freddissima, tanto che qualcuno
si ritrovò a battere i denti. Non ci volle molto perché
questa si diradasse e mostrasse agli occhi di tutti cosa fosse
successo.
Sul
tappeto, c'era una scultura lucida e riflettente. Le orecchie erano
ben modellate e la coda perfettamente liscia e dalla forma morbida. I
dettagli del muso erano ben evidenziati anche senza la distinzione di
colori e il corpo rispettava tutte le proporzioni.
Il
primo a parlare fu Natsu.
“Ma
quello, è Happy?” Chiese, ancora shoccato.
“È
una scultura di ghiaccio” chiarì Gray, anticipando
probabilmente la domanda di qualcuno.
Il
piccolo gatto si avvicinò alla sua immagine modellata,
osservandola pieno di meraviglia.
L'altezza
di Happy e la statua erano praticamente identiche, così come
sotto ogni aspetto. Il piccolo gatto sembrava molto contento di
quello che forse stava considerando un regalo, mentre gli altri
pensavano ad altro.
“Gray,
ma... come hai fatto?” Domandò Lucy, senza smettere di
guardare Ice-Happy.
“Sono
in grado di modellare il ghiaccio, ecco tutto” disse
sbrigativo. Oramai era inutile continuare a tergiversare.
“Probabilmente è accaduto durante gli eventi della
spiaggia.”
Levy
piu' osservava la statua di ghiaccio, uscita magicamente dalle mani
di Gray, piu' si stava convincendo di essere dinnanzi ad una scoperta
senza precedenti.
“Sei
un alchimista del ghiaccio,” mormorò.
“Un
alchimista?”
“Sì,”
confermò, cominciando a spiegare. “In poche parole
possiedi il fattore esoterico e metafisico per la modellazione del
ghiaccio che può anche trasmutare elementi liquidi e gassosi.
È incredibile!”
“Io
sono rimasto a esoterico,” ammise Natsu.
“Ehi,
un momento!” Si animò Lucy. “Tu dici che quanto
successo potrebbe essere accaduto dopo le cose strane avvenute in
spiaggia.”
Gray
annuì, non capendo il punto del discorso.
“Ma
allora,” Lucy si voltò. “Anche a Lluvia potrebbe
essere successo qualcosa?”
Gli
sguardi di tutti s'incollarono alla ragazza, che si ritrovò
immediatamente a disagio. Non aveva idea se anche lei avesse qualcosa
di particolare come Gray, e a dirla tutta non aveva molta voglia di
scoprirlo.
“Lluvia
non ha nulla che non va” balbettò, stringendosi in se
stessa. Gray si avvicinò, accovacciandosi poi davanti i suoi
piedi. Scrutò i suoi occhi, trapelando un tono di voce in
grado di rassicurarla.
“Ne
sei sicura? Davvero non senti niente di diverso in te?”
Lluvia
esitò. Da quando erano tornati dalla spiaggia, avvertiva
qualcosa di strano. Sembrava di avere ogni angolo del corpo ricolmo
di liquidi, ma allo stesso tempo non mostrassero alcuno spessore.
La
ragazza guardò le proprie mani e poi il viso di Gray.
Improvvisamente, avvertì tutta la sicurezza che quel ragazzo
era in grado di trasmetterle. Qualcosa si muoveva distintamente
all'altezza dello stomaco, e non erano le farfalle da ragazza
innamorata.
Sciolse
a malincuore l'intreccio dei loro occhi e si alzò in piedi.
“Lluvia
ci prova” decise, regalando un lieve sorriso di ringraziamento
a Gray, che annuì.
Puntò
entrambe le mani davanti a sé e chiuse gli occhi.
Immediatamente, qualcosa fluì lungo il busto e attraverso gli
arti. Era facile controllarlo perché aveva la stessa
sensazione di muovere una qualsiasi parte del corpo.
Qualunque
cosa fosse, poteva averne il perfetto controllo. Un istante dopo, lo
spazio fu occupato da una grossa sfera. L'acqua di cui era composta
vorticava circolarmente contro ogni legge gravitazionale e fisica,
meravigliando gli occhi di tutti.
“Questa
è forte!” Si sorprese Natsu, alzandosi in piedi e
immergendo le dita nell'acqua, che si infrangeva al loro passaggio.
Stava sorridendo come un bambino.
“Lluvia,
sei in grado di manipolare l'acqua!” Gioì Levy,
estasiata davanti quel magnifico spettacolo.
La
bolla scomparve e Lluvia tirò un sospiro, sorridendo davanti
la faccia soddisfatta di Gray, che mimò un “fantastico”.
“Ehi,
adesso il soprannome ghiacciolo ci sta tutto per te!” Lo
punzecchiò Natsu, ridacchiando.
“Natsu,
non provocarmi o ti congelo seduta stante!” Ribatté,
ottenendo un mutismo che lo fece sentire superiore.
“Che
cavolo, perché loro hanno dei poteri e noi no?” Si
lamentò, riferendosi a Lucy e Levy.
“Ma
chi diavolo siete voi?” Se ne uscì Gajeel, che per tutto
il tempo si era limitato ad ascoltare e osservare tutte quelle
stranezze.
“Non
lo sappiamo neppure noi a quanto pare” intervenne Charle,
spiazzando Lluvia e Gray, che non credettero alle loro orecchie.
“Tranquilli”
disse Lucy con un sorriso stanco. “È una serata un po'
così” ridacchiò.
“Natsu,
che stai facendo?” Chiese Levy, osservando il ragazzo tutto
teso e costantemente sotto sforzo.
“Voglio
vedere se anch'io ho dei poteri!” Grugnì, continuando a
irrigidirsi e facendo cambiare colore al suo viso, che si stava
accendendo di un bel rosso gambero.
“Stai
calmo o ti ver...-.”
Prima
ancora che Levy terminasse la frase, una luce rossastra accecante
illuminò tutto il soggiorno. Il calore improvviso investì
i presenti, che si allontanarono rapidamente verso le pareti per
evitare di rimanere coinvolti.
“Non
posso crederci...” mormorò Lucy, i cui occhi
interponevano caldi e repentini bagliori tra il rosso e il giallo.
“Quello
è...” cominciò Gray, ma Natsu lo anticipò,
mostrando un ghigno vittorioso.
“Sono
tutto un fuoco!”
Angolo
Autore:
Salve!
Finalmente la storia
sta per cominciare!
Sì, avete
capito bene, questi 14 capitoli erano il prologo XD No scherzo, però
siamo lì .-.
Le avventure stanno
per incominciare. Prendete posto, e godetevi lo spettacolo! ;)
Ringrazio:
LadyAstral, bekkuzza_chan, Kyros e jaki star per le recensioni, il vostro
sostegno è prezioso, così come quello di tutti voi
lettori :)
Grazie ^^
Alla prossima!
Ciao!
Matt
|
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Capitolo 15 *** Avvolti nell'ignoto ***
***
A
poco a poco il vialetto si stava svuotando sempre piu'. Era
mezzanotte e mezza passata e gli studenti della Fairy Tail High
School, con la poca lucidità rimastogli dopo vari ettolitri di
birra in corpo avevano deciso di ritornare alle proprie dimore.
Da
brava padrona di casa, Mira si era appostata al cancello d'uscita,
ringraziando ogni singola persona di essere venuta. Probabilmente
alcuni erano così sbronzi da non accorgersene minimamente.
Elfman,
in compagnia di Evergreen, si occupava di trasportare i corpi rimasti
nella sala hobby fuori nel vialetto. Una volta lì, la ragazza
pensava bene di svegliarli con sonori schiaffi.
“Questo
si che è lavoro di squadra! È da veri uomini!”
Ruggì Elfman, mostrando un ghigno determinato.
“Ed
io mi diverto un mondo” rispose Evergreen, sciogliendosi le
dita e dando una ripassata al muso di un ragazzo, che saltò
dalla sedia prima di barcollare, cadere a terra, rialzarsi e correre
via sotto le risate di entrambi.
Evergreen
si sistemò gli occhiali dal taglio sottile, sorridendo
malignamente.
“Peccato
che quello fosse l'ultimo” mormorò, guardandosi la mano
rossa che non la preoccupò minimamente.
“Che
disastro che c'è qui fuori” constatò Elfman,
osservando scocciato le decine di sedie buttate alla rinfusa per
tutto il vialetto, senza contare la sala hobby decisamente malconcia.
“Ehi,
ragazzi, io andrei se non vi dispiace” disse Bixlow, con in
mano la custodia della sua tastiera elettrica e un grosso zaino
grigio in spalla, probabilmente contenete mixer e amplificatore.
“Aspetta,
ti prendo le casse così non devi tornare a prenderle.”
Senza
alcuno sforzo, Elfman prese una grossa cassa acustica per ciascuna
mano e accompagnò il ragazzo fuori. Alle sue spalle, Evergreen
sorrideva maliziosa.
“Non
mi abituerò mai ai suoi muscoli.”
Rimasta
sola, cominciò a sistemare qualche sedia una dentro l'altra.
Erano tutti stanchi per la serata ma alla fine si era anche
divertita.
Uscita
dalla cucina, aveva trovato Elfman a parlottare con alcuni compagni
di squadra che conosceva solo di vista. Poiché desiderava
divertirsi, l'aveva letteralmente trascinato sulla pista da ballo
mentre ancora stava parlando. Probabilmente nella confusione aveva
urlato di lasciarlo andare, e Evergreen conosceva il perché:
Elfman odiava ballare. Ecco spiegato come intendeva divertirsi;
semplicemente stuzzicandolo.
Coinvolta
nel ritmo, strusciava il proprio corpo contro quello marmoreo del
compagno, che in pista era decisamente un pezzo di legno
assolutamente esilarante.
In
tutta sincerità poteva ammettere di essersi divertita e se
succedeva in compagnia di Elfman, allora l'importanza del sorriso
spontaneo mentre riponeva l'ennesima sedia raggiungeva picchi molto
piu' importanti.
Con
lui stava bene. Anche se era grosso, impacciato, rozzo e molto altro,
a lei piaceva. Che poteva farci?
Sfortunatamente
per lui, Evergreen non mostrava mai il suo lato romantico, al
contrario. Appariva continuamente autoritaria e minacciosa sotto
tutti i punti di vista. Un accenno alla sua diversa natura avveniva
solamente in presenza di piante e fiori, da sempre la sua passione.
I
ricordi la portarono a qualche mese prima, quando in una calda
giornata estiva, il lavoro al vivaio era piu' faticoso del solito.
C'erano
alcuni grossi vasi di ulivi appena arrivati ed era necessario
trasportarli altrove, poiché erano stati scaricati
praticamente in mezzo la strada.
Evergreen,
figlia del proprietario, leggeva attentamente sulla propria
cartelletta che tutte le piante fossero state consegnate e ne
verificava anche le condizioni. Mentre aspettava che il dipendente
tornasse con un carrellino, arrivò Elfman.
Il
sudore a imperlargli la fronte, la maglia blu scuro aderita al corpo
a risaltare enormemente ogni mastodontico muscolo e una bottiglia
d'acqua quasi vuota nella mano nonostante fosse solo mezzogiorno.
Il
ragazzo non era estraneo a Evergreen, poiché lavorava là
da molti anni, ma tra loro c'era sempre stato un rapporto
strettamente capo – dipendente, e a Elfman andava bene così.
Aveva
spesso sentito delle voci su quella donna, e non sempre erano
rassicuranti. Dicevano che era in grado di lamentarsi per una foglia
rotta, o il petalo di una rosa disgraziatamente strappato via per
colpa, a parole sue, dell'incapacità dei dipendenti, che non
capivano quanto le piante fossero sensibili. Da una parte era
ammirevole la dedizione e passione per il suo impegno, dall'altra un
vero strazio, e questo Elfman lo sapeva bene.
Non
appena lo vide, Evergreen assunse un cipiglio severo, come se stesse
cercando una valida motivazione per prendersela con lui. Elfman fece
finta di niente e tirò dritto.
“Ehi,
tu!”
Tutto
inutile. Se il capo chiama bisogna ubbidire.
“Sì?”
Chiese cautamente, raggiungendola.
“Non
vedi questi cinque vasi? Vanno portati dietro la serra.”
Evergreen
puntò il dito verso la costruzione di legno e nylon distante
una trentina di metri. Dietro questa, c'erano altri ulivi ed era stato
fatto posto per l'ordine del giorno dopo.
“Nel
magazzino qui dietro c'è un carrellino per trasportarli”
disse categorica, voltandosi a braccia conserte verso un altro
edificio, costruito con mattoni e una porta metallica senza piu'
traccia di verniciatura.
Si
voltò per aggiungere altro, ma le parole si persero nella sua
mente. Il ragazzo di poco prima se ne stava andando verso la serra in
tutta tranquillità con un vaso da 200kg in spalla. E stava
anche fischiettando!
“Ehi,
fermati!” Urlò, correndogli dietro. Elfman si bloccò,
leggermente scocciato. “Ma che stai facendo?” Gridò,
sbigottita.
Elfman
la guardò come se fosse impazzita.
“Sto
portando questo ulivo dietro la serra, come ha detto lei”
rispose semplicemente, sistemandosi meglio il peso sulla spalla.
“Ma
questa pianta, con tutto il vaso, peserà almeno 200kg!”
“Forse
250kg. Anzi, se non le dispiace...” e riprese a camminare,
cercando di capire cosa fosse preso a quella donna.
Lì,
in compagnia dei deboli accenni di vento che smuovevano appena i suoi
capelli, percepiva quanto non fosse sufficiente per attenuare
quell'improvviso caldo che l'aveva circondata. Il sole batteva
violentemente nel cielo ma era sicura che non fosse quello il
problema, perché si era sentita così nel momento in cui
i suoi occhi si erano posati su quel dorso incredibilmente virile.
Elfman
portò dietro la serra tre vasi, degli altri due se ne
occuparono gli altri dipendenti che erano tornati con un apposito
carrello per il trasporto.
Durante
quel lavoro, Evergreen non era riuscita un solo secondo a staccare
gli occhi da quel ragazzo. Alla domanda perché lo seguisse,
Evergreen aveva celato il suo imbarazzo dietro l'importanza della sua
posizione, e di conseguenza controllare che il lavoro fosse svolto
nel migliore dei modi.
Arreso
a quella nuova ombra, portò a termine l'incarico non con poca
fatica. Alla vista della sua bottiglia ormai vuota, si lasciò
sfuggire un sospiro stanco e deluso.
Un
paio di colpetti sulla spalla lo portarono a ritrovare gli occhiali
di Evergreen, che guardando da un'altra parte, gli aveva spiattellato
sulla faccia una nuova bottiglia d'acqua.
Incredulo,
e anche leggermente dolorante, Elfman la ringraziò.
“Hai
fatto un buon lavoro” si giustificò, per poi andarsene
via sotto gli occhi confusi di Elfman, che guardò poi la
bottiglia, prima di stapparla e berne un sorso.
“È
buona.”
I
ricordi si fermarono alla vista di Elfman che stava tornando. Non
seppe spiegarsi perché, ma gli corse incontro e l'abbracciò,
sorprendendolo per quell'improvviso gesto espansivo.
“Forza,
aiutami a sistemare dentro” lo rimbeccò, lasciandolo
andare ed entrando nella sala hobby. Elfman non poteva vederla, ma
stava sorridendo.
“Natsu,
sei un idiota!” Urlò Levy.
“Concordo
anch'io” disse Lucy, guardandolo male insieme a tutti gli
altri.
Il
ragazzo era seduto a terra e si grattava stancamente il capo con aria
colpevole: non avrebbe mai dovuto provare a verificare se possedesse
o no dei poteri. Non là dentro.
“Chi
lo dice a Mira?”
Il
solo nome fece rabbrividire tutti, persino Gray, che osservava
nervosamente il disastro che regnava in quel salotto.
“Non
potevo mica saperlo!” Ripeté per l'ennesima volta Natsu,
ma qualunque cosa dicesse non sarebbe di certo servita a salvarlo.
“Potevi
fermarti quando ti sei reso conto di cosa fare!” Ribatté
Lucy, trattenendosi dal dargli un pugno in testa perché sapeva
che si sarebbe fatta male. “Gray, dagli un pugno!”
Il
ragazzo colse la palla al balzo e mollò un potente destro
sulla testa del ragazzo che gli fece assaggiare la stoffa bruciata
del tappeto.
“Gray,
maledetto!” Ringhiò, avvolgendo la propria mano nelle
fiamme che sembrava aver imparato a controllare.
“Fermatevi,
non è assolutamente il momento!” Gridò Levy,
mettendosi in mezzo. I due continuarono comunque a guardarsi in
cagnesco.
“Scusate,
ma adesso che facciamo?” intervenne Wendy, osservando
leggermente preoccupata il tappeto e divano in parte bruciati. Non
poteva di certo definirsi un problema di poco conto.
“Lluvia
pensa di evitare il come sia avvenuto.”
Non
potevano di certo darle torto. Un simile danno avrebbe sicuramente
portato un certo costo nelle loro tasche, ma ancora peggio sarebbe
stato dirle come fosse successo. Come avrebbe reagito Mira a quella
storia di poteri venuti fuori nel piu' intrinseco mistero del
destino?
“Questa
Mira, è la padrona di casa?” Chiese Charle, che stava
cercando di mettere insieme i vari pezzi. Lucy annuì,
preoccupata.
“Esatto,
hai qualche idea su come giustificare tutto questo?” Chiese
speranzosa.
Charle
incrociò le zampe al petto e ci pensò su. Trovare un
modo di appiccare un incendio in salotto non era affatto facile. Solo
un vero idiota ci sarebbe riuscito.
“Potreste
dirle che vi è caduta una sigaretta sul divano e...”
“Nessuno
di noi fuma” l'anticipò Levy, ormai arresa.
“Allora
ditele che è stato Natsu, il solo nome del colpevole le
basterà.”
La
proposta accese gli occhi di tutti, tranne quelli del diretto
interessato, che nonostante i suoi nuovi poteri, temeva comunque il
peggio.
“Ehi,
ma volete tradirmi in questo modo?”
“Suvvia,”
lo rassicurò Lucy. “Con le tue nuove potenzialità
di certo sarai in grado di risarcire Mira in poco tempo.”
“Eh
no, non ci provate! Voi eravate insieme a me, quindi siete complici!”
“Io
con voi non c'entro assolutamente niente” disse tranquillamente
Gajeel, prima di andarsene.
“Dove
stai andando?” Chiese Gray.
“Non
avete visto fuori? La festa è finita ed io me ne torno a casa.
Ci vediamo.”
Inutili
le proteste, Gajeel aprì la porta e la richiuse alle sue
spalle. Dall'interno si potevano udire i passi attutiti lungo le
scale che stava discendendo velocemente.
Lluvia
osservò fuori dalla finestra, convenendo che in effetti non
c'era piu' nessuno. Con il trambusto che avevano causato e il tempo
passato a parlare non si erano resi conto dell'ora fatta.
“Direi
che è ora di andare anche per noi” propose Levy,
prendendo a braccetto Lucy per poi trascinarla via.
“E
noi che dovremmo fare?”
Lo
sguardo disperato di Natsu nel mezzo della zona semi distrutta dalle
fiamme provocò in Lucy una grande pena. Addolcì i suoi
occhi e gli sorrise.
“Dovrai
cavartela da solo, ciao!”
Così,
mentre Levy e Lucy uscivano di casa ridendo, Natsu si stava
autoproclamando morto. Di certo Mira avrebbe richiesto delle
spiegazioni e quel punto sarebbe stato parecchio problematico
raccontare tutto.
Gray
e Lluvia se ne andarono subito dopo e con loro Wendy e Charle. La
ragazzina rimase mortificata davanti lo sgomento del ragazzo, ma se
l'avessero trovata lì sarebbe stata nei guai e quindi doveva
andarsene prima possibile.
Alla
fine, rimasero solo Natsu e Happy, con Lisanna che ancora dormiva.
“Ehi,
Happy, che possiamo fare?”
Il
piccolo gatto blu si caricò in spalla la sua riproduzione di
ghiaccio con una certa fatica, dopodiché puntò i suoi
occhi in quelli di Natsu.
“Che
ne dici di scappare?”
Cinque
secondi dopo, in quel salotto rimase solo la dormiente Lisanna.
Natsu
ed Happy, senza farsi vedere, scavalcarono il muro e corsero via
attraverso la notte illuminata dai lampioni che, dopo una certa ora,
avevano diminuito la loro luminosità.
“Cosa
succederà quando Mira troverà quel disastro in
salotto?” Chiese Happy, cercando di tenere il passo.
Natsu
smorzò le labbra, preoccupato. Si sentiva in colpa per il
guaio che aveva provocato, ma dopo tutto quello che era accaduto non
se la sentiva di affrontare quella cara e dolce ragazza.
“Le
diremo la verità domani, promesso. Nel frattempo torniamo a
casa e dormiamoci su, abbiamo avuto una giornata pesante.”
Lungo
la strada, la mente corse alla sua camera da letto, dove sua madre
era bruciata tra le fiamme, per poi trasformarsi in quella sfera
luminosa.
Devo
andare, per ricongiungermi a te.
“Quelle
parole...”
Quando
le udì, non aveva neppure provato a interpretarle. Non ce
n'era motivo perchè quanto percepiva in quei momenti sembrava
totalmente sbagliato e fuori luogo. Ora, al chiarore della luna,
tutto sembra assumere una particolare sfumatura sovrannaturale.
“Ricongiungermi
a te... Che quella sfera, questi poteri e queste fiamme che adesso
bruciano dentro di me, che siano... Lei?”
Un
ragionamento non da sottovalutare. Poggiò la propria mano sul
petto e un sorriso malinconico gli sorse sulle labbra. Dopotutto,
quale calore potrebbe essere piu' forte se non quello dei sentimenti
di una madre?
Giunta
a casa, Lucy raggiunse immediatamente la sua camera. Il letto a una
piazza posto sotto la finestra, la scrivania a pochi passi con
diversi fogli impilati ordinatamente sopra, il tappetto morbido ai
piedi del letto e una porta semi aperta che mostrava nella penombra
un lavandino lucido; quello doveva essere il bagno.
Scostò
la sedia e si sedette, aprì una cassetto e tirò fuori
un foglio bianco con una penna.
Sicura,
la prese tra le mani e incominciò a scrivere.
Cara
mamma,
La
mia vita ha avuto una strana svolta oggi!
Quando
sono entrata alle Fairy Tail High School ero sicura che avrei trovato
degli amici, fatto tante cose divertenti e, ovviamente, mi sarei
impegnata nello studio.
Tutto
questo è accaduto velocemente, te l'ho raccontato nelle mie
lettere precedenti, ma oggi è stato qualcosa d'incredibile!
Vorrei
tanto dirti di cosa parlo ma purtroppo è un segreto, comunque
tranquilla perchè è qualcosa di assolutamente
meraviglioso che renderà i miei giorni di scuola molto piu'
interessanti.
Spero
tu stia bene, mi manchi tanto, ogni giorno che passa...
Ah,
non parlare di questa cosa con papà, chissà cosa
potrebbe pensare.
Un abbraccio,
Lucy
Una
volta terminato, piegò accuratamente il foglio e lo mise
dentro una busta da lettera. La sigillò per poi guardarla con
una certa nota triste e malinconica. Poggiò la busta sulla
scrivania e si sedette sul letto, sospirando.
“Mi
manchi molto, mamma.”
Dopo
una doccia e essersi infilata il pigiama, s'immerse nelle coperte e
spense la lampada, attendendo poi che il sonno la trascinasse con sé
fino alla mattina successiva.
Una
luce particolare a filtrarle attraverso gli occhi. È
fastidiosa ed è costretta ad aprirli per capire cosa sia. In
quel momento, capisce di non essere piu' nella sua camera.
Davanti
a lei si erge un immenso cielo stellato. Gli astri emanano bagliori
tra il blu e il rosso, probabilmente dipendente dallo loro distanza.
Le nebulose sono uno spettacolo senza precedenti; i colori variano
tra l'azzurro, l'arancio e il rosso uniti tra loro in una
luminescenza opacizzata e anche deframmentata. Sono corpi enormi e
contengono stelle probabilmente non ancora conosciute.
“Dove
sono? Si tratta dell'universo?”
Guardandosi
intorno, nota con enorme stupore il proprio corpo sospeso in
quell'immensità. Non prova alcun peso nei movimenti ma poi un
altro particolare le salta all'occhio: è circondata da un
bagliore sfumato, che sembra quasi proteggerla.
Improvvisamente,
qualcosa di enorme le passa sopra la testa, spaventandola. Viaggia
molto velocemente e lascia alle sua spalle una scia azzurra composta
da detriti e ghiaccio che non riescono a sopportare la forte
pressione di quella velocità, probabilmente di migliaia di
anni luce.
“Quella,
era una cometa!”
“Esatto,
principessa.”
Ancora
con i nervi a fior di pelle, mai si sarebbe aspettata di sentire la
voce di qualcuno proprio vicino a lei. Un urlo incontrollato le
sfugge e con occhi sbarrati, si ritrova l'ultimo essere che si
sarebbe aspettata di vedere.
“Ma
tu sei una cameriera” balbettò, in evidente disagio.
Ritrovarsi all'interno dello spazio tra le meraviglie dell'universo
con una cameriera dai corti capelli viola non era certo da tutti i
giorni.
“Devo
dedurre che non mi riconosce, principessa.”
“Ma
perché mi chiami principessa? Io mi chiamo...”
“Lucy,
lo so, principessa.”
La
discussione non sembrava avere un particolare senso logico, e per
Lucy fu comunque sicura di stare sognando. Che altro poteva essere?
“Principessa,
non ho molto tempo quindi mi ascolti bene per favore.”
Il
tono di voce, prima fermo e cordiale, ora sembrava essere una sorta
di ordine a cui Lucy non si sentì di sottrarsi. Incapace di
parlare, restò in attesa, mentre i loro corpi galleggianti
superavano un piccolo pianeta ricoperto da nubi scure.
“Abbiamo
cercato varie volte di contattarla, ma i nostri tentativi sono sempre
stati vani a causa della barriera che vi ha intrappolato. Senza avere
la possibilità di fare qualcosa, non abbiamo fatto altro che
attendere, fino a questo momento. La barriera si sta indebolendo e
tutti voi, a questo punto, siete in pericolo.”
Lontana
con la mente ed estrania al luogo e tempo, Lucy si sentiva preda
della confusione piu' totale. Man mano che ascoltava quelle parole,
sempre piu' domande le sorgevano spontanee e repentine, perché
davvero non capiva cosa stava succedendo.
Solo
le ultime tre parole, sembrarono destarla dalla confusione, le uniche
che l'allarmarono davvero.
“Siamo
in pericolo? Ma chi?”
La
preoccupazione della cameriera sorse non appena il suo corpo frizionò
dei rapidi schiarimenti; il tempo era scaduto.
“Tutti
voi principessa, siete in pericolo!” Urlò ancora, mentre
Lucy riusciva distintamente a vedere le stelle attraverso il suo
corpo.
“No,
aspetta, non conosco neppure il tuo nome!” Lucy le afferrò
la mano, stupendosi di esserci invece passata attraverso. Cercò
quegli occhi azzurri ancora una volta, dispiaciuti di non essere
riusciti a fare di piu'.
“Virgo,
principessa” sussurrò, prima di sparire in tanti
meravigliosi bagliori di luce che si dissolsero davanti gli occhi
increduli di Lucy.
Un
prepotente risucchio la tirò indietro, e quello che prima era
stato un viaggio lento e tranquillo, ora rappresentava una cupola
sfocata dalla velocità. Poi, tutto scomparve.
Lucy
si svegliò di soprassalto nel proprio letto. Il respiro
affannato e i capelli bagnati appiccicati sulla fronte e sul collo.
Il cuore le rimbombava violentemente nelle orecchie fino quasi a
fargliele scoppiare e l'aria calda intorno a lei non sembrava
soddisfare i suoi polmoni, che continuavano a richiedere sempre piu'
ossigeno.
Colma
d'ansia, si alzò velocemente dal letto per raggiungere il
bagno. Barcollò, si resse alla parete e la vista annebbiata
non l'aiutò a cercare l'interruttore della luce.
Una
volta dentro, aprì l'acqua del lavandino e si sciacquò
il viso piu' volte, riuscendo finalmente a ritrovare una leggera
regolarità nei respiri.
Esausta,
si accasciò lentamente a terra. Poggiò la schiena al
water e raccolse le gambe nude al petto, chiudendole tra le braccia.
I suoi occhi si concentrarono nel vuoto, oscurato dai ricordi di quel
sogno fin troppo reale, quello sguardo colmo di sofferenza scomparso
ironicamente tra bagliori simili a lucciole.
Prima
di sparire, aveva urlato di un pericolo incombente, una priorità
che aveva anteposto a sé stessa e a quanto le era successo. In
quel sogno, aveva percepito i sentimenti di quella ragazza; percepiva
rispetto, poi disperazione e infine rassegnazione poco prima di
sparire.
I
respiri si calmarono, confondendosi poi ai singhiozzi. In quel
piccolo angolino, Lucy pianse per una cameriera di nome Virgo,
scomparsa all'interno di un sogno.
Angolo
Autore:
Salve!
Che dire, qualcosa
adesso la sappiamo, e cioè che la barriera si sta indebolendo.
Ma perché sono in pericolo? Mah!
Elfman e Evergreen
sono tipi difficili sapete? Non sai bene cosa fargli fare .-.
Fatemi sapere
qualcosa su questo cap! ^^
Ringrazio: jaki
star, Kyros, bekkuzza_chan e LadyAstral, meno male che ci siete voi
^^
Grazie a tutti
coloro che seguono la mia storia! (mi pare che siano tanti)
Alla prossima!
Ciao!
Matt
|
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Capitolo 16 *** Attacchi e Memorie ***
***
Il
ronzio del cellulare cominciò a produrre un fastidiosissimo
attrito sul comodino vicino al letto. La forza era tale da smuovere
il dispositivo con intervalli regolari e niente sembra rendersene
conto.
Lentamente,
il disturbo accigliò il sonno di Natsu, che stancamente tasta il
mobile toccando la lampada, la sveglia e una penna che finisce poi a
terra.
Aprì
un occhio, sbuffando sonoramente. Il display del cellulare si
accendeva e spegneva in continuazione, in attesa che la chiamata
venisse assecondata. Allungò una mano e voltò lo
schermo nella sua direzione.
Il
nome era “Levy.”
La
sera prima, una volta tornato a casa, si era dato da fare per dare
una rapida ripulita alla camera. I frammenti di vetri erano stati
rimossi dal pavimento, gli oggetti sparsi risistemati al loro posto e
i rimanenti pezzi di vetro sul bordo della finestra distrutti. Ora
restava un grande buco dal quale spirava un vento che gonfiava e
faceva vibrare la tenda di tela blu, dove filtravano sottili raggi
del sole mattutino.
Si
stropicciò un occhio, sbadigliò sonoramente e rispose.
“Pronto?”
“Natsu!
Era ora, ma che stai facendo?”
“Stavo
dormendo, tu che dici?”
“Senti,
non c'è tempo. Casa di Lucy dista poco da te.”
“Lucy?
Ma che c'entra lei adesso?.”
“Non
risponde al telefono e sono preoccupata!”
“Forse
sta ancora dormendo.”
“Potresti
passare da lei e vedere se sta bene? Ti prego!”
“Va
bene, ci penso io. Ci vediamo dopo a scuola.”
Una
volta chiusa la chiamata, restò ad osservare lo schermo nero
senza un'apparente ragione. Pigiò un tasto e controllò
l'orario: le 07:28.
Sembrava
strano riprendere la solita routine dopo tutto quello che era
accaduto il giorno prima. Il mondo si era presentato ai loro occhi
come mai lo avevano visto, e loro si erano presentati a lui come non
si sarebbero mai aspettati.
Poteva
benissimo essere definito un nuovo inizio nella loro vita, che non
sarebbe di certo rimasta sempre la stessa.
Sembrava
di essersi appena risvegliati da un sogno incredibilmente fantastico
e quindi impossibile, ma non era così. La chiazza carbonizzata
alle sue spalle, sapeva che se si fosse voltato l'avrebbe trovata lì,
nonostante il tappeto preso dal salotto la scorsa sera nulla avrebbe
cancellato quell'immagine ai suoi occhi e dalla sua mente.
Acciambellato
sulle coperte, Happy sonnecchiava tranquillo, completamente rilassato
e probabilmente privo di qualsiasi preoccupazione.
“Chissà
se posso fare come lui.”
Alzò
una mano fin davanti il viso, e sotto diretto ordine della sua mente
questa prese fuoco, riempiendo l'ambiente di ombre prima d'ora
invisibili.
Studiò
i colori di quella fiamma nei minimi particolari, trovandovi
l'impossibilità di definirla perché costantemente sotto
continuo cambiamento. Proprio per quello l'affascinava.
La
fiamma ardente dentro di sé lo faceva sentire vivo, e se è
vero che l'utilizzo delle proprie capacità rispecchia il suo
utilizzatore, allora doveva esserne assolutamente cosciente.
“Ieri
ho bruciato solo delle cose a casa di Mira, ma avrei potuto ferire
qualcuno.”
Spense
la fiamma e fissò il vuoto, l'espressione tesa sul suo volto e
i pensieri attivi sulle conseguenze delle sue azioni dal quel momento
in avanti.
“Utilizzerò
questi poteri solo se necessario, non posso rischiare” strinse
un lembo della coperta e annuì, convinto delle sue parole.
Scosse
dolcemente Happy fino a svegliarlo, dopodiché si alzò e
si chiuse in bagno. Scesero entrambi a fare colazione, arrangiandosi
stavolta a prepararsi qualcosa per conto proprio e uscirono di casa,
chiudendo accuratamente la porta a chiave.
Ricordava
bene di dover passare prima a casa di Lucy, quindi, per evitare di
fare un viaggio a vuoto, prese il cellulare e compose il numero
dell'amica. Pochi secondi dopo incominciò a squillare.
Il
letto appariva completamente disfatto e abbandonato. Poco lontano, la
porta del bagno era spalancata e di tanto in tanto una corrente
d'aria la smuoveva di qualche centimetro. All'interno, delle lunghe
gambe nude restavano immobili sul freddo pavimento, così come
il resto del corpo nella sua sottana acqua marina, stropicciata e in
parte bagnata. Stesa su un fianco, Lucy si trovava sotto il lavandino
e vicino il water, priva di sensi. I capelli sparsi sul pavimento e a
coprirle la fronte e parte della guancia e un'espressione di
sofferenza a rovinarle il viso.
La
musica del suo cellulare cominciò a risuonare dalla camera,
che però non venne udita. Né da lei, né da
nessun altro.
La
finestra, rimasta socchiusa trapelava forti spifferi che smossero
qualche foglio di carta sulla scrivania della ragazza. Su questa, la
lettera scritta la sera prima si sollevò appena. Poi, un
soffio piu' forte la spinse oltre il bordo, facendola cadere a terra.
Volteggiò, prima di toccare il pavimento in assoluto silenzio.
Il cellulare smise di squillare e i vetri della finestra esplosero
verso l'interno, spargendo schegge in tutte le direzioni.
“Niente
da fare, non ha risposto.”
Natsu
ripose il telefono in tasca e incominciò a camminare, seguito
da Happy, che lo guardava incuriosito.
“Che
hai, Natsu?”
Il
piccolo amico si era subito accorto dell'espressione strana che aveva
assunto il ragazzo, e nonostante fossero insieme da molto tempo non
aveva mai visto nulla di simile. Ad ogni suo passo, Happy ne faceva
due.
“Levy
è preoccupata per Lucy, e non so perchè adesso lo sono
anch'io” ammise, assottigliando le labbra.
Casa
di Lucy distava solo pochi minuti dalla sua e il passo svelto gliela
fece raggiungere senza quasi rendersene conto.
Come
la sua, Lucy abitava in una casa su due piani, anche se un po' piu'
piccola. Il giardino ben curato aveva delle piccole aiuole ovali
formate da pietre bianche e sulla destra, un tavolino rotondo con tre
sedie faceva la sua figura come emblema estivo, seppur passato.
Raggiunse
la porta e cominciò a bussare, senza però ottenere
risposta.
“Lucy,
sono io, Natsu!” Gridò, battendo pugni sempre piu'
forti.
Indietreggiò
alcuni passi e puntò gli occhi ai piani alti, dove c'era la
camera della ragazza. Il balcone non permetteva la visibilità
quindi fece altri passi indietro, finché non vide qualcosa di
molto familiare. Il bordo della finestra occupava tutto lo spazio, ma
il vetro era stranamente scomparso. Aguzzando la vista, vide dei
luccichii affilati come lame spuntare lungo il legno.
“Ma
la finestra è rotta?” L'ansia avvolse la sua voce, e in
un batter d'occhio un calcio scardinò la porta, che volò
verso l'interno in un gran trambusto.
“Lucy!”
Volò lungo le scale e aprì un paio di porte prima di
trovare quella giusta.
Aprì
di slancio la camera della ragazza, e il silenzio sembrò
calare solo in quel momento. Entrò, lentamente, esaminando le
coperte prive della sua amica che sembravano volerlo soggiogare.
Happy arrivò solo in quel momento, guardandosi intorno con
aria circospetta.
Il
graffiante scricchiolio sotto le scarpe di vetri rotti rendevano la
scena suggestiva e particolare. Il chiarore del sole a illuminare
quell'ambiente era una chiara contrapposizione di emozioni. La
preoccupazione di non vedere Lucy e i vetri rotti suggerivano una
infiltrazione esterna.
“Natsu,
è qui!” Gridò Happy dal bagno. Il ragazzo corse
subito a vedere e un groppo in gola gli si formò
improvvisamente.
“Lucy,
mi senti?!” S'inginocchiò subito vicino a lei e la prese
tra le braccia, portandola poi in camera. Happy tolse i frammenti di
vetro dalle coperte e la ragazza venne delicatamente adagiata.
Sembrava
respirare normalmente, quindi forse non c'era nulla di grave.
Natsu
prese velocemente il cellulare e incominciò a digitare.
“Chi
stai chiamando?”
“Un
dottore” rispose, portandosi il telefono all'orecchio e
buttando l'occhio sull'espressione tranquilla della ragazza. La veste
striminzita metteva in risalto ogni minima curva di quel corpo
slanciato e questo Natsu non poté evitare di constatarlo. Si
chiese se dormisse sempre in quel modo.
Happy
scrutava entrambi, preoccupato in particolar modo per la ragazza che
avevano trovato distesa sul pavimento del bagno. Se si era sentita
male dovevano subito fare qualcosa.
“Andiamo,
rispondi!” Il telefono continuava a squillare senza alcun
risultato e questo non faceva che farlo arrabbiare e preoccupare allo
stesso tempo.
Un
cigolio improvviso fece voltare entrambi di scatto. I loro occhi
videro un'anta dell'armadio aprirsi molto lentamente e terminare la
sua corsa con un suono gracchiato e piu' basso. All'interno, si
potevano vedere una moltitudine di vestiti di ogni sorta di colore e
stile, ma non fu quello a far assottigliare gli occhi di Natsu, che
ebbe la sensazione che qualcosa si muovesse nella penombra.
L'istante
divenne infinito, fino a quando delle fauci sguainate non puntarono
su di lui, che evitò per un soffio buttandosi a terra.
Si
rialzò immediatamente, studiando la strana creatura dal pelo
nero e disordinato che li guardò con i propri occhi di un
rosso vivo e macabro. Il sospiro di rabbia provenire da quei denti
affilati appariva caldo e nauseante, la schiena ricurva tipica di un
predatore pronto ad attaccare e squartare la sua preda con ogni
muscolo teso e tremante di malignità.
“Un
cane!” Gridò Happy, spaventato a morte.
Natsu
capì immediatamente che quello non era un cane come gli altri,
emanava una sinistra carica negativa. Senza alcun preavviso, la
creatura scattò ancora verso di lui, che si schiantò
contro l'armadio dopo averla di nuovo evitata. Tuttavia, il colpo non
sembrava avergli procurato molti danni e con ferocia lo attaccò
ancora. Stavolta Natsu non si fece trovare impreparato e infuocò
il suo pugno che si abbatté con forza sul muso del mostro, che
finì contro la parete, crepandola. Pensò di averlo
sconfitto, ma questi rialzò quasi subito, scrollò la
testa e ripartì all'attacco.
Le
arti marziali gli avevano donato un'ottima agilità e non gli
fu difficile evitare gli attacchi e contrattaccare allo stesso tempo.
Un pugno sulla schiena immobilizzò la creatura a terra e con
rapidità la bloccò per il collo. Dimostrava una gran
forza sotto la sua presa ma Natsu strinse ancora piu' forte,
impedendogli di fuggire.
“Va'
all'inferno!” Con un sonoro crack, l'incontro finì.
Gli occhi rossi si spensero fievolmente come lampadine e ogni minimo
movimento cessò del tutto.
Natsu
si rialzò, ansimante. Sebbene se la fosse cavata non aveva
trovato risposta alla domanda cosa fosse. Pochi secondi dopo, il
corpo si dissolse in una nebbiolina scura, che sparì
nell'aria, lasciando il ragazzo con ancora piu' domande.
Un
altro suono gli fece affiorare i nervi, ma il sollievo sostituì
la preoccupazione quando si accorse che si trattava di Lucy che
riprendeva conoscenza.
“Natsu?”
Sussurrò, riconoscendolo immediatamente. Aprì gli occhi
del tutto, ritrovandosi spaesata in mezzo tutto quel caos. Happy
sbucò da dentro il bagno, tirando un sospiro di sollievo nel
sapere che era tutto finito.
“Che
è successo alla mia camera?” Appena vide la busta della
sera prima a terra si alzò di scatto, e ignorando i frammenti
di vetro che probabilmente stava calpestando, la prese e strinse
forte a sé, nascondendola.
“Lucy,
aspetta, così ti farai male” prese velocemente un paio
di ciabatte e gliele porse. Lucy lo ringraziò e prima di
metterle, tolse le piccole schegge di vetro che si erano solo
attaccate alla pelle senza ferendola. Tranne una.
Un
frammento si era conficcato nella pianta del piede e adesso stava
gocciolando sangue sul pavimento. Lucy non poté che darsi
della stupida.
Una
volta seduta sul letto, Natsu prese delle pinzette e un
disinfettante.
“Non
hai visto i pezzi di vetro per terra?” Chiese il ragazzo
rimproverandola, mentre toglieva la scheggia di vetro senza farle
troppo male.
“Si
può sapere che è successo in camera mia?”
Ribatté, ignorando la domande. Natsu sbuffò e svitò
il tappo del disinfettante, ne porse un po' nell'ovatta e tamponò
la ferita.
“Prima
dimmi perché ti ho trovata priva di sensi in bagno.”
Lucy
s'ammutolì. In un primo momento restò confusa, ma poi
capì di non essersi mai alzata la notte scorsa dal gelido
pavimento.
“Vuoi
dire che mi hai messa tu sul letto?”
Natsu
annuì, posando la bottiglietta e prendendo un cerotto.
Il
ricordo di quel sogno si ripresentò alla sua memoria, e subito
avvertì una morsa al cuore. Sebbene quei bagliori fossero
meravigliosi, la ragazza sembrava soffrire quando è scomparsa
e i suoi sentimenti li aveva chiaramente avvertiti.
“Ho
fatto un sogno strano stanotte. C'era una ragazza che diceva fossimo
tutti in pericolo” mormorò, distogliendo lo sguardo
verso la parete che presentava una evidente spaccatura. “Perché
il mio muro è rotto?” S'arrabbiò, voltandosi e
perdendo improvvisamente le parole alla vista così vicina di
Natsu, che la stava osservando stupito. La prese per le spalle,
sorprendendola.
“Lucy,
raccontami esattamente quel sogno!”
La
campanella trillò per la seconda volta e tutti gli studenti
rimasti in cortile si apprestarono a raggiungere le loro classi. I
postumi della sbornia si poteva vedere su alcuni volti scavati
dall'insonnia o dalla ritrovata mattina abbracciati al water a
rigettare pure l'anima.
Erza,
in quanto presidente d'istituto, si trovava nell'aula del consiglio
studentesco a controllare il rapporto dei corsi della scuola. Le
nuove iscrizioni degli studenti del primo anno erano arrivate e
toccava a lei trascrivere ogni nome negli appositi registri.
“Presidente,
la campanella è suonata, sicura di voler restare qui?”
Chiese una ragazza con corti capelli neri, vicino la porta.
“Sì,
non preoccuparti, verrò piu' tardi in classe” detto ciò
la ragazza accennò un inchino e lasciò Erza da sola.
Le
lezioni erano incominciate ma Gray non riusciva a concentrarsi. Di
tanto in tanto si voltava verso i posti vuoti dietro di lui,
chiedendosi dove fossero finiti Natsu e Lucy. Stesso per Lisanna, che
sembrava particolarmente pensierosa e questo Gray se ne era accorto.
Poco
prima, quando l'aveva chiamata, questa non si era minimamente accorta
di nulla, tirando dritta e lasciando il ragazzo confuso. Anche in
quel momento la lezione sembrava l'ultimo dei suoi problemi. La penna
picchiettava il banco svogliatamente e un broncio non voleva
lasciarla andare.
Ricordava
degli strani dettagli della sera precedente, così nitidi che
faticava a credere che si fosse trattato solo di un sogno. Natsu
l'aveva presa in braccio e rassicurata con degli occhi estremamente
determinati. Il solo pensiero le faceva galoppare il cuore.
Aveva
stretto la sfera nella sua mano e da lì ricordava solo di
essersi svegliata in camera sua. Quella stessa mattina non era
riuscita a ragionare ulteriormente sulla questione poiché le
urla di Mira l'avevano terrorizzata. Con orrore, scoprì che
qualcuno aveva bruciato parte del tappeto e del divano. Gli indizi a
disposizione era inesistenti e non era stato possibile indicare un
colpevole. Ora come ora, Mira si trovava nella sua classe a seguire
placidamente la lezione, ma dentro di sé la collera cresceva
in modo esponenziale. Voleva assolutamente sapere chi era stato,
perciò decise che durante l'intervallo avrebbe chiesto un po'
a tutte le persone che erano venute, senza però forzarle. A
fine giornata, se il colpevole avesse ammesso la sua colpa subito,
avrebbe ponderato l'idea di perdonarlo. Caso contrario, avrebbe
impiegato tutte le sue forze per scoprire il colpevole e rovinargli
la vita per sempre.
Poco
lontano dalla Fairy Tail High School c'è una scuola media, la
Fairy Hills, filiale della scuola superiore. Capitavano delle volte
che professori di una scuola si recassero nell'altra per sostituirne
qualcuno assente, e quel giorno era toccato a Gerard.
Il
ragazzo passeggiava tranquillamente lungo il marciapiede con la sua
cartelletta alla mano e un fischiettio ad accompagnarlo. Raggiunto
l'entrata, poté constatare la differenza con la sede centrale.
L'edificio era certamente piu' piccolo ma non per quello meno
accogliete. Le mura erano di un giallo sporco e il tetto in tegole
color ceramica.
All'esterno,
parcheggiate ordinatamente, lunghe file di biciclette appartenenti
agli studenti campeggiavano ai lati del viale, affiancato da un corto
prato a circondare l'intera proprietà. Una decina di finestre
formavano tutte le classi esistenti e nulla piu'.
Gerard
tirò fuori dalla tasca un foglietto e lesse il nome della
classe: 2E.
Entrò
nell'edificio, salutò la segreteria didattica posta nell'atrio
e prese le scale fino al primo piano. Le mura erano di un verdino
pallido e le porte di ogni aula bianche e in resistente plastica e
ferro. Superate alcune, raggiunse quella assegnata. Bussò un
paio di volte ed entrò. Il vociare dei ragazzi lo colpì
immediatamente. Qualcuno ascoltava la musica, alcuni erano riuniti a
gruppi a chiacchierare e i piu' timidi seduti al proprio banco a
leggere un libro o farsi gli affari propri.
Rassegnato,
prese posto sulla cattedra, invitando i giovani studenti a fare lo
stesso. Dopo vari richiami, riuscì a portare un po' di ordine,
soprattutto tra le ragazzine, che sembravano divorarlo con gli occhi.
“Bene
ragazzi, il vostro insegnate è assente oggi quindi lo
sostituirò io per un paio d'ore. Fate quello che volete ma in
silenzio mi raccomando. Per qualsiasi cosa sono qui, domande?”
Una
ragazzina alzò subito la mano.
“Sì?”
“Lei
è fidanzato?” La domanda provocò una risatina
maliziosa unisona, ma Gerard non ne restò turbato e rispose.
“No,
non lo sono” disse tranquillo, suscitando sguardi ancora piu'
provocanti.
Non
poteva dirlo, ma a quella domanda una persona era subito apparsa
nella sua mente. Poiché non sembrava esserci altro scostò
la sedia per sedersi, ma una mano si alzò lentamente verso
l'alto, richiamando la sua attenzione. La ragazzina aveva dei lunghi
capelli blu raccolti in due code e l'uniforme scolastica
assolutamente impeccabile. La cosa che lo stranì fu il suo
sguardo, come in trance. S'avvicinò, chiedendo cortesemente di
parlare.
“E-ecco
io volevo sapere se per caso ci fossimo già visti da qualche
parte” sussurrò, temendo di apparire una sciocca. Gerard
la osservò a lungo e n effetti il suo viso non gli sembrava
affatto nuovo, anche se non gli faceva venire nulla in mente.
“Non
saprei, posso sapere il tuo nome?”
“Wendy,
Wendy Marvel.”
Ed
ecco il cagnolino che chiameremo Pallino ^^
Angolo
Autore:
Salve!
Sono un po' in
ritardo lo so, ma vi avverto che la cosa potrebbe ripetersi.
Sono in periodo
esami e non posso battere la fiacca, perciò il tempo per
scrivere si accorcerà un po' :/
Senza contare che
questo caldo è terribile!
Allora, niente di
particolare purtroppo, ma qualche volta servono capitoli così
^^
Ringrazio: Kyros,
jaki star e LadyAstral, un caloroso (no, grazie) abbraccio XD
Alla prossima!
Ciao!
Matt
|
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Capitolo 17 *** Esplorazione ***
***
La
prima campanella segnò la fine di mezza mattinata.
Gray
lasciò il suo banco e gli fu concesso un solo passo prima di
venire aggredito da una Lluvia adorante che gli si attaccò al
braccio.
“Ehi!
Ma insomma, lasciami respirare!”
“Lluvia
ha lasciato tranquillo Gray per tutta la lezione, ora Lluvia vuole un
po' di attenzioni!”
Gray
sbuffò, cercando in qualche modo di staccarsela di dosso
mentre entrambi uscivano dall'aula seguiti da Lisanna, che sembrava
particolarmente in sovrappensiero. Si fermò sulla soglia,
voltandosi a osservare i banchi vuoti di Natsu e Lucy.
“Ma
dove sono finiti quei due?” Pensò,
un po' preoccupata. Prese il cellulare dalla tasca e selezionò
il nome di Levy.
Dopo
un paio di squilli la ragazza rispose, salutando l'amica che per
tutta risposta andò subito al punto.
“Levy,
sai qualcosa di Natsu e Lucy? Non si sono ancora fatti vedere.”
“Che
cosa?!” Urlò, costringendo Lisanna ad allontanare il
telefono dall'orecchio. “Stamattina ho chiesto a Natsu di
andare a controllare perché Lucy non rispondesse e adesso mi
dici che non sono arrivati!?”
“Levy,
calmati, probabilmente Lucy non si sentiva bene e Natsu ha pensato di
restare a tenergli compagnia, non c'è bisogno di preoccuparsi”
tentò di tranquillizzarla. Udì un paio di lunghi
respiri, lenti e controllati.
“Va
bene” disse infine Levy, stavolta con voce un po' piu'
tranquilla. “Però adesso la chiamo subito!”
La
conversazione si chiuse e Lisanna non poté aggiungere altro.
Restò ad osservare il cellulare per qualche secondo, forse
anche lei preoccupata su cosa fosse successo a Lucy e a Natsu, con il
quale doveva assolutamente parlare.
Le
tende della camera si gonfiarono lentamente per poi ridestasi
nuovamente al loro posto, agitandosi di tanto in tanto ad ogni nuova
corrente provenire dalla finestra in frantumi.
Natsu
restava seduto sulla sedia della scrivania, le mani sotto il mento e
l'espressione accigliata e immersa in profondi pensieri. I suoi occhi
osservavano senza particolare interesse il corpo dormiente di Lucy,
coperta fino alle spalle da un sottile lenzuolo.
Erano
passate almeno due ore, anche piu', non ne era sicuro. L'ultima volta
che aveva sbirciato il display del cellulare erano le 09:48, poco
dopo la fine del racconto di Lucy che l'aveva immerso in una serie di
interrogativi e riflessioni. Verità? Coincidenze? O solamente
bizzarri sogni?
L'unica
cosa certa era lo stravolgimento che il mondo si stava divertendo a
mostrare loro, sorprendendoli ma mettendoli anche in pericolo.
Prima
i poteri e poi la strana creatura sconfitta poco prima per salvare
Lucy. Tutto ciò era misterioso, anche eccitante per certi
versi, ma sbagliato.
Quello
non era un videogioco, un anime o qualche film di bassa lega, ma una
realtà che la storia non aveva mai raccontato.
“Natsu,
a cosa pensi?” Chiese Happy, non riuscendo a sorridere.
Il
ragazzo guardò il suo piccolo amico. Chiuse gli occhi e
inspirò profondamente, guardando poi il soffitto e portandosi
le braccia dietro la testa.
“Il
mondo è molto piu' strano di quanto mi aspettassi”
mormorò, smorzando le labbra e ripensando a quello strano cane
nero. Scattò in piedi, concentrandosi sul viso rilassato e
dormiente di Lucy. S'avvicinò, facendo attenzione a non fare
rumore e si sedette sul letto al suo fianco. La tranquillità
di Lucy lo faceva sentire bene, era contento che non avesse visto
quella brutta bestiaccia o ne sarebbe rimasta probabilmente
sconvolta.
Un
ronzio improvviso spostò la sua attenzione sul comodino; era
il cellulare di Lucy. L'afferrò, leggendo il nome di Levy sul
display. Probabilmente si era accorta che non erano ancora giunti a
scuola e voleva avere loro notizie. Aprì lo sportellino e
rispose.
“Pronto?”
“Natsu,
sei tu!?”
Il
ragazzo allontanò l'apparecchio dall'orecchio, leggermente
stordito dalla preoccupazione dell'amica.
“Sì,
sono io, tranquilla va tutto bene.”
“Ma
perchè tu e Lucy non siete a scuola? E lei dov'è?”
Era
abbastanza percettibile la sua ansia, ma la voce dell'amico così
tranquilla la rilassò un po'.
Natsu
lanciò un'occhiata alla finestra e al muro danneggiato senza
nascondere un certo nervosismo. Avrebbe di certo raccontato tutto ma
per telefono non gli sembrava il caso.
“Non
preoccuparti, vi spiegherò tutto al nostro incontro dopo le
lezioni, ora Lucy sta dormendo.”
Dall'altra
parte ci fu un momento di silenzio, rotto poi da un sospiro.
“Non
dirmi di non preoccuparmi! Così è peggio!”
Natsu
sorrise, ricordando i vari avvenimenti della serata precedente e
dell'appuntamento proposto dalla gatta Charle per incominciare
qualche indagine che spiegasse tutta la storia.
“Tranquilla,
resto qui con Lucy e poi vi raggiungiamo” disse rassicurante.
Levy, dall'altra parte, avvertì chiaramente il sorriso di
Natsu e questo la fece desistere dal continuare a preoccuparsi.
Annuì.
“Vi
aspettiamo.” Il trillo di una campanella riecheggiò nel
corridoio e anche Natsu la udì, intuendo che le lezioni
stavano per riprendere. Levy osservò il proprio orologio e
sbuffò per la fine della pausa decisamente troppo breve. “Ora
devo andare, mi raccomando dopo le lezioni per le 15:00, ciao!”
E mise giù.
Natsu
ripose il telefono dove l'aveva trovato. Percepiva una sorta di
tensione nell'aria, unita ad una particolare trepidazione per quel
conto alla rovescia. Sperava di poter scoprire qualcosa, ma piu' di
tutto voleva che fosse qualcosa di entusiasmante.
“Per
quanto ne so, potremmo essere tutti dei guerrieri magici reincarnati
dopo migliaia di anni, chissà!”
La
sua mente viaggiava velocemente e lontano, ignaro di quale fosse la
verità. Probabilmente stava anche dimenticando l'equilibrio
che il mondo è costretto a mantenere; ad una grande forza
positiva, ce ne sarà sempre una contrapposta negativa a
stabilizzare entrambe le parti.
Il
suo cuore ardeva di curiosità, ma sarebbe stato abbastanza
forte per affrontare ciò che gli aspettava?
Alle
14:45, Levy attendeva davanti il cancello della scuola con ancora la
cartella sulla schiena. Le lezioni erano finite alle 14 ma il cortile
era tutt'altro che deserto per via dei club scolastici, soprattutto
sportivi. Poteva perfettamente udire le grida di incitamento
dell'allenatore della squadra di atletica o le schiacciate delle
pallavoliste nel campo dietro la scuola.
“Le
14:50. Certo che potrebbero anche arrivare in anticipo, non mi piace
essere l'unica ad aspettare.”
Poco
prima di uscire dalla scuola, aveva visto Gajeel prendere
tranquillamente la strada di casa. Dopo ieri, credeva ci sarebbe
stato anche lui, ma a quanto pare la cosa non gli interessava.
Bofonchiò qualcosa sulle responsabilità e il senso del
dovere verso le persone e tornò a guardare l'orologio; erano
passati solo due minuti.
“Scusami?”
Un
piccolo grido le scappò dalla bocca e si voltò
velocemente, ritrovandosi di fronte la figura di Wendy che la
guardava spaventata.
“T-ti
ho fatto paura? Mi dispiace!”
“No,
tranquilla, ero solo in sovrappensiero.” Rise.
“Ci
sei solo tu?” Chiese invece Charle, la piccola gattina ai piedi
di Wendy. Era incredibile come fosse abile a mostrare uno sguardo
saccente con le fattezze di un felino, si disse Levy, ritornando
automaticamente alla sera prima, a quando aveva vissuto
l'impossibile.
Una
scarica di adrenalina sembrò attraversarla su tutto il corpo
ma cercò di mantenere salda la sua voce. Era tutto nuovo e non
si era ancora abituata.
“Per
ora sì.”
“Sono
quasi le 15, farebbero bene a muoversi, non mi piacciono i
ritardatari.” Mentalmente, Levy si chiese se Charle si
stesse riferendo a qualcuno in particolare, ma lasciò quasi
subito perdere.
Il
motivo per il quale erano lì non le era ancora molto chiaro,
ma lo stilizzò come una sorta di punto di partenza per capire
cosa fosse successo ai suoi amici. A parte quella ragazza che non
conosceva bene, Lluvia, gli altri avevano un legame che durava ormai
da tempo e il fatto che questi poteri si fossero risvegliati in due
suoi amici non poteva essere una coincidenza. Lluvia era arrivata
solo da un giorno ma per via delle circostanze sembrava come se il
rapporto tra tutti loro si fosse solidificato in un istante,
soprattutto con Gray, il che le sembrò davvero strano dato che
il ragazzo, da quando lo conosceva, non aveva mai dato confidenza a
qualcuno in così poco tempo.
“E
se le piacesse?”
Non
poteva certo immaginare che quei due si fossero avvicinati molto piu'
di quanto pensasse.
“Ragazze!”
La
vista Natsu insieme a Lucy la riportò velocemente alla realtà.
Sembrava stare bene. Notò che con loro c'era anche Happy.
“Insomma
Lucy, si può sapere che ti è successo? Mi sono
preoccupata molto stamattina, sai?!”
“Mi
dispiace tanto, ieri sera non mi sentivo bene, non ho programmato la
sveglia e avevo il telefono silenzioso. Scusa.”
Il
viso rammaricato di Lucy le bastò a desistere e perdonarla,
tuttavia qualcosa non le quadrava, o meglio, qualcuno. Natsu sembrava
un po' troppo serio, cosa strana, soprattutto quando le si avvicinò
e prese un braccio per allontanarla dalle altre.
“N-Natsu,
che c'è?
“Non
voglio che Lucy senta” sussurrò, mentre si accostavano
al muretto vicino e a qualche metro dalle ragazze, che sembravano
distratte dalla loro conversazione.
Una
volta appartati, Levy tentò di capire cosa passasse per la
testa dell'amico, era chiaro che qualcosa lo turbava.
“Ascolta,
Levy” iniziò, guardandola così intensamente da
trasmettere nella piccola ragazza una non definita preoccupazione.
“Sai che non sono molto bravo con le parole, quindi sarò
schietto.”
Qualunque
cosa stesse per dirle, un'intuizione sfiorò la mente di Levy,
e un forte tumultuo le prese vita nel petto. Non era assolutamente
possibile. Deglutì.
“È...
è molto importante?” Tentennò, non riuscendo a
guardarlo in faccia.
“Assolutamente.”
Rispose risoluto.
Levy
non sapeva come comportarsi, temeva di essere finita dentro una stufa
o di esserne stata tramutata. Possibile che non si fosse accorta di
nulla? E da quando Natsu la guardava in modo diverso? Era tutto
troppo improvviso, non poteva rischiare che la loro amicizia si
rovinasse!
“Ascolta,
Natsu, noi siamo amici da tanto ma io... ecco... non ho mai provato
nulla di piu', capisci?”
“Siamo
in pericolo.”
“Abbiamo
sempre avuto un buon rapporto e non voglio che venga rovinato da dei
sentimenti contras... eh?” Si bloccò, smettendo di
respirare.
“Dopo
ieri, spero tu possa credere a quello che piu' tardi dirò a
tutti. Ti ho presa in disparte per dirti solo di non avere piu'
dubbi, perché ho come la sensazione che presto le cose
diventeranno piu' pericolose.”
“Aspetta,
che intendi con piu' pericolose? Cosa stai dicendo?”
Natsu
si allontanò per raggiungere le altre, ma prima di farlo mimò
un “stammi vicino” che lasciò spiazzata Levy.
“Ma
cosa è successo?” Si
chiese, non sapendo che altro pensare se non a quel “stammi
vicino”. Se c'era una cosa che però sapeva bene, era
quanto Natsu non scherzasse su quel genere di cose, e se era vero che
qualcosa stava per succedere, allora dovevano tenersi pronti.
“Ma
cosa potrei fare io...?” Mugugnò, tornando lentamente
dagli altri.
Alle
15:05 anche Lluvia e Gray arrivarono, beccandosi i rimproveri di
Charle. Più che sentirsi in colpa, entrambi non si erano
ancora abituati a sentire parlare dei gatti.
Entrarono
nell'edificio, superarono l'atrio tanto familiare e presero il
corridoio principale che conduceva alla palestra e alla mensa.
“Da
dove cominciamo?” Chiese Lucy, sistemandosi il colletto della
divisa scolastica.
“Non
ne ho idea” Rispose Natsu per lei, guardandosi intorno. A
quanto pare sembravano non avere un piano.
“Conosciamo
questo edificio come le nostre tasche, per quanto ne so potremmo
perdere solo tempo” sentenziò Gray, osservando distratto
le pareti bianche.
“No,
qualcosa deve esserci” insistette Charle. Si voltò verso
gli altri.
“Pensateci
bene. In ogni edificio scolastico c'è sempre un qualche posto
dove gli studenti non possono entrare.”
Ognuno
cominciò a pensare al da farsi, a farsi venire in mente dove
la loro curiosità non li aveva mai ancora spinti in tre anni
di permanenza alle superiori. Solo Lluvia e Wendy sembravano un po'
più a disagio poiché loro erano nuove del posto.
“Non
saprei” disse Levy. “Proviamo a fare un giro, qualcosa ci
verrà in mente.”
Con
il consenso di tutti, il gruppo raggiunse la mensa. Non l'avevano mai
deserta, tranne per Levy che delle volte si fermava lì per
studiare fino al tramonto.
Da
lì, si spostarono per i vari piani, passano di classe in
classe. Passò un'oretta senza alcun risultato e alla fine
giunsero sul tetto, dove si concessero un po' di riposo.
“Che
noia!” Esplose Natsu. “Speravo di trovare qualcosa di più
eccitante da fare e invece abbiamo solo fatto un tour turistico della
scuola!”
“A-a
Lluvia non è dispiaciuto” intervenne timidamente la
ragazza. “Almeno adesso conosco bene la mia scuola.”
Un
piccolo sorriso scappò dalle labbra di Gray, così come
le ragazze che risero leggermente davanti un Natsu imbronciato. Wendy
restava sulle sue con al fianco Charle, concentrata nei suoi
pensieri. A quanto pare sembrava l'unica davvero interessata alla
faccenda.
“E
adesso?” Chiese Happy, ammutolendo tutti. Il silenzio bastò
a rispondere alla sua domanda; nessuno ne aveva idea.
“Ah!”
Urlò Gray, facendo sobbalzare tutti.
“Che
cavolo Gray, mi hai spaventata!” Abbaiò Lucy, che non
venne calcolata nemmeno di striscio.
“Natsu,
ti ricordi quando a metà anno del primo superiore, mi pare
fosse novembre, abbiamo “accidentalmente” fatto volare lo
zaino di Levy dal terzo piano?”
Come
poteva non ricordarlo. Avevano avuto l'ennesima lite e tra gli
oggetti che si stavano lanciando capitò anche lo zaino della
ragazza che prese il volo fuori la finestra.
“Brutti
stronzi...” sussurrò la diretta interessata, guardandoli
in malevolo modo.
“Come
no, ci ha inseguito fino al piano terra finché non siamo
riusciti a seminarla” rise Natsu, senza rendersi conto di stare
rischiando con Levy li vicino, che sembrava voler sputare veleno.
“Maledetti
bastardi...”
“E
ti ricordi dove ci siamo nascosti?”
Natsu
ci pensò un momento. “Abbiamo superato la palestra e
trovato la stanza dove tengono il macchinario che rinfresca la scuola
d'estate”
“Condizionatore.
Questo sconosciuto” sospirò Lucy.
“Ci
siamo infilati là dentro ma era tutto buio, così
abbiamo tenuto la porta appena socchiusa ad aspettare che Levy ci
superasse per darcela a gambe.”
“Già
giusto! Che bei ricordi eh?”
“Ecco
dove eravate finiti!” Si arrabbiò Levy, puntandogli in
dito contro. “Me la pagherete, sappiatelo! Quando meno ve lo
aspetterete!”
“Arriviamo
al punto!” Urlò Charle, con i nervi a fior di pelle.
Un'altra parola e avrebbe compiuto un genocidio.
“Possiamo
darci un'occhiata, anche perché sulla porta c'è scritto
'riservato solo al personale autorizzato'. Ci siamo entrati solo
quella volta e potremmo esserci persi qualcosa.”
La
proposta di Gray valeva la pena essere presa in considerazione, era
sempre meglio di niente, anche se nessuno sperava di trovare qualcosa
di interessante.
Charle
si alzò in piedi e annuì. “Va bene, proviamoci.
Fateci strada.”
Di
comune accordo, cominciarono a scendere il centinaio di scale che li
attendeva.
“Tu
che ne pensi, Lucy?” Chiese Levy. Le due ragazze chiudevano la
fila.
“Del
tour scolastico? Un po' noioso per ora.” Risero entrambe,
tornado con lo sguardo sui scalini.
“Tutto
ciò mi incuriosisce molto, ma ho anche paura” confessò
Lucy, mostrando un sguardo rammaricato. “Potremmo scoprire
qualcosa di molto più grande di noi e non riuscire a gestirlo.
Tutt'ora, non sono certa di fare la cosa giusta, ma una cosa la so
per certo.” Si voltò verso Levy e sorrise. “Voglio
stare insieme ai miei amici, qualunque cosa succeda.”
Nessuna
delle due parlò per il resto delle scale, ma Levy condivideva
ciò che Lucy aveva detto. Anche per lei era così.
“Natsu...
penso che seguirò il tuo consiglio, anche se avresti dovuto
dirlo a Lucy.”
Prese
per il braccio Lucy e insieme si affiancarono a Natsu.
Angolo
Autore:
Salve!
Questa storia era
ferma da un po', e non avete idea di quanto mi dispiace anche perché
ne andavo fiero...
Comunque, dovrebbe
riprendere a partire da questo capitolo, cercherò di darmi una
mossa.
Con grande ritardo
ringrazio: Kyros, bekkuzza_chan e LadyAstral.
Alla prossima (si
spera)
Ciao!
Matt
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