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di slanif
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 05/04 – Takenori Akagi X Kiminobu Kogure ***
Capitolo 2: *** 10/04 – Shin’ichi Maki X Nobunaga Kiyota ***
Capitolo 3: *** 04/05 – Toru Hanagata X Kenji Fujima ***
Capitolo 4: *** 13/06 – Kiccho Fukuda X Soichiro Jin ***
Capitolo 5: *** 14/06 - Kazushi Hasegawa X Hisashi Mitsui ***
Capitolo 6: *** 01/07 - Ryota Miyagi X Ayako ***
Capitolo 7: *** 06/07 – Akira Sendo X Hiroaki Koshino ***
Capitolo 8: *** 11/10 - Hanamichi Sakuragi/Kaede Rukawa ***



Capitolo 1
*** 05/04 – Takenori Akagi X Kiminobu Kogure ***


Ciao a tutte!
La prima coppia è quella formata da Akagi e Kogure… sono una coppia che amo molto, ma che non ho mai trattato! Insomma, questa è la mia prima fan fiction su questa coppia e soprattutto la prima fan fiction in cui prendo in esame un personaggio come Akagi! Personalmente lo adoro, ma non so se sono riuscita a renderlo al meglio! Speriamo bene!
Questa fan fiction è basata subito dopo la fine del Campionato Prefettorio, quando lo Shohoku, battendo il Ryonan, riesce ad aggiudicarsi l’accesso al Campionato Nazionale nonostante l’assenza di Anzai, dovuta al suo malore e quindi al ricovero in ospedale. Faccio dei riferimenti, perciò se non ve lo ricordate, andate a darci un’occhiata! (p.s.= Ricontrollando a mia volta il Manga, ho notato che tale evento accade a Giugno e non ad Aprile… beh, passatemela, su! u.u Non ho voglia di cambiare trama, perché ho sempre immaginato succedesse dopo quell’incontro! XD!)
Per le spiegazioni dettagliate del progetto di “Get Together”, vi aspetto alla fine di questa fan fiction!
Buona lettura!



Get Together
di slanif



*



05/04 – Takenori Akagi X Kiminobu Kogure



La partita contro il Ryonan è finita.
Dopo tre lunghi anni di fatiche e sacrifici, alla fine ce l’abbiamo fatta: siamo stati ammessi al Campionato Nazionale.
Lo sognavo dalle medie, da quando ero ancora un ragazzino buono a nulla, con l’altezza come unica qualità dalla mia parte. Avevo anche l’impegno e la costanza, certo, ma a volte mi domandavo se fossero sufficienti… a volte mi sentivo sfinito, un perdente. Ma per fortuna non sono mai crollato. E in quei pochi momenti in cui tentennavo, mi rendevo conto che dovevo stringere i denti non solo per me, ma anche per Kiminobu, che mi è sempre stato vicino sin dalla prima media.
Se da principio lui ha cominciato a giocare a Basket solo per rafforzarsi nel fisico, alla fine ha capito che anche per lui il Basket è importante tanto quanto lo è per me. Alla fine, anche Kiminobu ha capito che voleva arrivare al Campionato Nazionale.
E quest’anno, grazie a un branco di quattro deficienti totali che sono senza ombra di dubbio la mia peggior spina nel fianco, siamo giunti alla qualificazione per il nostro sogno.
Nei nostri primi due anni di superiori, purtroppo, nessuno era in grado di fornirci una squadra degna del Nazionale. E anche se Hisashi e poi Miyagi si sono iscritti, per un motivo o per un altro, le cose sono andate allo sfacelo. Quest’anno, però, si è iscritto anche Rukawa e con il ritorno di quelle altre due teste calde, la squadra ha subito un notevole passo avanti.
Come dite? Che mi sono dimenticato una certa testa rossa? No che non me ne sono dimenticato! Come faccio a dimenticare un cretino simile? Come faccio a dimenticare l’unica persona che riesce a farmi perdere la pazienza ogni mezzo secondo? E’ impossibile! Ma quello scemo ha ancora molto da imparare, e per il momento crea solo casini! A volte vorrei staccarli la testa a suon di pugni, ma per fortuna c’è Kogure che mi riporta sulla retta via…
Già, Kogure…
Alla fine i miei pensieri riportano sempre a lui.
Ma di cosa mi stupisco?
L’ho capito da molto tempo che Kiminobu per me è molto più che un amico… vorrei illudermi che è solo la stanchezza degli allenamenti che mi fa sragionare, ma la verità è che ho capito di tenere a lui a poco a poco, nel corso degli anni, rendendomi conto sempre più che mi è indispensabile.
Intendiamoci: io sono una persona autonoma e indipendente, so cosa voglio e come raggiungerlo, e non mi piace affidarmi agli altri per creare il mio futuro, ma ho capito che camminare avanti seguendo la mia strada con al fianco Kogure, rende tutto questo meno faticoso e pesante.
“Ma mi stai ascoltando?”.
E’ proprio la voce di Kiminobu che mi fa sobbalzare. Siamo nel solito bar, a prenderci un frappè. Io al cioccolato, lui alla fragola. Abbiamo appena comunicato la lieta notizia anche al signor Anzai, ancora ricoverato il ospedale, e dopo aver gridato di gioia e lanciato in aria l’allenatore con gli altri, io e Kiminobu siamo venuti qui.
“Sì, Kimi-kun, scusami” rispondo, girando distrattamente la cannuccia verde acido dentro al liquido denso del mio frappè.
“Sembri distratto…” mi fa notare lui, poggiando il viso sulle mani. I suoi grandi occhi neri mi fissano curiosi, incorniciati dai buffi occhiali che non sono né rotondi né quadrati. I capelli sono un po’ spettinati, ma gli danno un aspetto tenero. Il naso è piccolo e la bocca è arricciata in un sorriso. La sua espressione è di quelle indagatrici.
“E’ solo stanchezza” mento.
Sì, sono distratto.
Abbiamo vinto l’accesso al Campionato Nazionale, sono felice come non mai, eppure continuo a pensare che la mia felicità sarebbe completa solo se riuscissi ad avere anche te.
Che pensieri schiocchi per un omaccione come me, eh?
Eppure ogni giorno che passa mi rendo conto che è proprio così che mi sento… come se ci fosse sempre un tassello che manca. E quel tassello è Kiminobu, non c’è dubbio.
Ma come posso credere di conquistarlo?
Siamo amici intimi, probabilmente io sono la persona con cui ha più confidenza, ma all’infuori di questo non posso vantarmi di niente.
Soprattutto non posso sperare di conquistarlo, se per rivale ho un bel ragazzo come Mitsui.
Eh, sì…
Da quel che ho intuito, Kiminobu e Hisashi fanno coppia.
Lì per lì ci sono rimasto di sasso. Kimi-kun e quell’imbecille? Non potevo crederci… ma quando l’impeto di gelosia assoluto è passato e ho cominciato a riflettere sulla cosa, sono giunto a una conclusione: okay che Kogure mi vuole bene, ma Hisashi ha tutte quelle qualità fisiche che a me mancano. Certo, è una testa calda, ma è anche una persona simpatica e affidabile, quando ci si mette… io invece non posso vantare un bell’aspetto e anche se sono sicuramente quello più integerrimo tra i due, direi che sono burbero abbastanza da tenere lontani tutti. Kogure mi rispetta e mi stima, ma a parte come un amico e un esempio d’impegno da seguire, non penso mi veda in nessun altro modo…
“E’ normale. Siete stati grandi” mi sorride lui, lasciando cadere il discorso, capendo che non ne voglio parlare. Sa che ho qualcosa, mi conosce troppo bene, ma per lo stesso motivo sa che non è il momento di affrontare ciò che mi tormenta.
“Anche tu hai dato un contributo importante con quel canestro, Kimi-kun” dico io, annuendo.
Lui ride: “Macché! Prenditi i tuoi meriti e lascia stare me!” si schernisce.
“Ma io sono serio!” ribatto.
“Lo so, Take-kun, ti ringrazio…” annuisce lui, sorridendomi grato.
Davanti agli altri non usiamo certi vezzeggiativi per chiamarci, perché io ho pur sempre una reputazione da Gorilla duro & puro da mantenere, però è una cosa che mi piace, che mi chiami così e di chiamarlo così, perché sottintende un rapporto intimo tra di noi…

Chiacchieriamo per qualche altro minuto, poi lui guarda l’orologio e mi fa: “Accidenti! E’ tardi! Avevo promesso a Mitsui di incontrarci a casa sua alle cinque!”.
Io lo fisso: “Ah” un attimo di pausa “Va bene” dico. Mi costa fatica, perché vorrei domandargli qualcosa, ma non penso di averne il diritto. La sua vita è sua e basta, e non è colpa sua se a me piace. Perciò è giusto che io, essendo il suo migliore amico, sia contento per lui e basta, senza lamentarmi o fargli capire il mio dispiacere.
Sono un uomo maturo, dopotutto.
Kogure se ne va subito dopo un breve saluto, e io a quel punto mi alzo a mia volta e mi avvio verso casa.
Appena entro, subito l’abbraccio euforico di mia sorella Haruko mi sommerge: “FRATELLONE! SEI STATO GRANDE!” mi urla, abbracciandomi stretto per il collo e allacciando le gambe intorno alla mia vita.
Io la afferro per la schiena, passandole un braccio intorno ai fianchi, ed abbracciandola la ringrazio, mentre lei scende tutta felice, battendo le mani. Ha gli occhi lucidi e commossi, e sono contento che sia felice tanto quanto me. Anche i nostri genitori si congratulano. Papà mi da una pacca sulla spalla e mamma mi promette una cena coi fiocchi, fatta di tutti i miei piatti preferiti!

Dopo una doccia rilassante e una cena a dir poco abbondante, mi chiudo in camera mia con l’intenzione di mettermi a dormire subito, cosicché domattina io sia sufficientemente riposato per svegliarmi alle cinque e fare il mio solito allenamento mattutino. Anche se abbiamo passato questa fase, adesso arriva quella più difficile e non bisogna abbassare la guardia. La vera sfida comincia solo adesso. Il Campionato Nazionale non ha nulla a che vedere con quello Prefettorio, perciò devo riuscire a diventare invincibile.
E poi, se mi alleno con impegno e costanza, riesco a distogliere la mia mente dal pensiero di Kiminobu e Mitsu che fanno coppia ed è tutto di guadagnato!
Mi infilo velocemente nel letto e spengo l’abat-jour sul comodino. Afferro il cellulare e sto per spegnere anche lui quando comincia a vibrare e la luce azzurra del display si accende.
Alzo un sopracciglio, confuso: chi diavolo è a quest’ora?
Premo il tasto per la lettura del messaggio e subito schizzo a sedere sul letto:

Ciao Take-kun!
Posso passare da te un attimo? Ho bisogno di parlarti…
Kimi-kun.


Kogure ha bisogno di parlarmi? Che diavolo è successo?
Sono sicuro che c’entra quel decerebrato di Mitsui… chissà cosa diavolo ha combinato!
Lo sto ancora maledendo mentalmente mentre digito la risposta per Kiminobu, assicurandogli che non c’è problema e che lo aspetterò di sotto.

Kogure è a casa mia poco dopo.
L’ho aspettato sbirciando dalla finestra della sala per vedere il suo arrivo, in modo tale che non suonasse e non svegliasse i miei genitori e mia sorella. Appena l’ho visto sbucare dall’angolo della via, sono andato subito ad aprire la porta.
In men che non si dica, lui è di fronte a me che, sistemandosi gli occhiali, mi sorride tranquillo: “Ciao Take-kun. Grazie per avermi detto di venire nonostante l’ora…”.
“Non c’è problema” assicuro “Andiamo di sopra”.
Faccio strada su per le scale fino alla mia camera, bianca e spartana, con solo un letto e una scrivania, oltre l’armadio. Libri di scuola e riviste di Basket sono le uniche note di colore sui ripiani bianchi. A terra, svariati attrezzi da palestra per rafforzare i muscoli delle braccia.
Mi siedo sul letto e subito Kogure si siede vicino a me. Poggiamo entrambi la schiena al muro mentre lui sbuffa.
“Che succede?” domando.
Kogure mi guarda un attimo, poi si passa una mano tra i capelli: “Scusami, Take-kun, è che Hisashi è in grado di farmi perdere qualunque barlume di buon senso…”.
A queste parole mi innervosisco, oltre che mi insospettisco.
“Cosa intendi dire?” domando, guardingo.
“Ma niente, è il solito idiota…” sbuffa Kogure, facendo spallucce.
“Ti ha fatto del male?” domando, già con le mani che prudono, pronto a riempire di cazzotti quel deficiente.
Kiminobu si volta verso di me a guardarmi con occhi sbarrati, poi agitando le mani, con tono concitato, mi fa: “Ma no! Cosa vai a pensare?”.
“Con quel teppista non si sa mai…” bofonchio, rilassato che non sia accaduto niente di violento tra di loro. Kiminobu non è mio, ma io posso sempre difenderlo e fare in modo che sia felice anche solo essendogli amico…
“Al massimo…” riprende piano Kogure, fissandomi di sottecchi “Sta facendo del male a se stesso…” dice.
Lo fisso basito.
“Che ha combinato adesso, quel povero deficiente?” sbraito. Non vorrei alzare la voce, perché comunque la mia famiglia dorme, ma… dannazione! Possibile che quel decerebrato debba sempre infilarsi in qualche casino? Sono stufo di cacciarlo fuori dai guai… e ancor di più mi fa arrabbiare che ci abbia infilato in mezzo anche Kiminobu, che essendo una persona così buona, alla fine ecco che gli da retta anche se è sbagliato, perché vuole aiutarlo a tutti i costi! Nella mia mente si affacciano le peggio immagini che riesco a creare. Dapprima riguardano lui e Kiminobu, avvinti nelle peggiori litigate e scotimenti, ma poi mi si parano davanti agli occhi le immagini di lui che si droga, o che si ubriaca, che si taglia le vene, che fa a botte con i teppisti, che ha spaccato una bottiglia in testa a qualcuno, che ha preso sotto qualcuno con la moto insieme a quel suo amico Tetsuo, che si è rotto di nuovo il ginocchio… di tutto!
“L’amore gli fa fare cose stupide” ride Kogure, in tutta risposta, mandandomi una stilettata al cuore e facendo crollare tutte le immagini catastrofiche che la mia mente aveva creato.
Okay che oggi al bar ho detto che non cercherò di fare niente, ma cazzo… così è difficile! Non so se sono disposto a sopportare di sentir parlare Kogure di tutte le (inesistenti, direi! Tsk!) qualità positive di quel teppista!
Il mio silenzio deve aver insospettito Kogure, perché mi fissa interrogativo: “Cosa c’è, Take-kun?” mi chiede, sporgendosi appena verso di me, con sguardo preoccupato.
“N… niente!” dico frettolosamente “E’ che mi dispiace che tu debba sopportare i suoi colpi di testa, essendo…” inghiotto a vuoto “Beh…” ma che mi prende? Da quando in qua il grande Takenori Akagi tartaglia? “Il suo… come dire…” porca miseria! “Fidanzato…”. L’ho detto! E non ha un bel suono, cavolo!
Mi volto imbarazzato verso Kogure, che mi fissa a occhi sbarrati.
Lo vedo sbiancare, poi arrossire furiosamente fino alla punta delle orecchie: “FIDANZATO?” urla.
“Sssttt!” dico, mettendomi l’indice teso davanti alla bocca “Svegli i miei!”.
“S… scusa!” si affretta a dire Kogure, agitandosi sul letto “Ma… è che mi hai lasciato sconvolto!” mi dice, a occhi sbarrati “Fidanzato?” mi domanda di nuovo, confuso.
“B… beh…”.
Tartaglierò ancora per molto? No, per sapere…
Perché devo essere così imbranato nei rapporti personali?
“Ma cosa ti fa pensare una cosa simile?” mi domanda Kogure, pacato.
Cosa me lo fa pensare? Il fatto che tu ti sia arrabbiato tanto quando Mitsui è entrato in palestra, con ancora i capelli lunghi e senza i denti davanti, a sbraitare che lui odiava il Basket. Il fatto che tu gli abbia fatto quella ramanzina e tu sia rimasto in piedi davanti a lui, fieramente, nonostante il pugno ricevuto in piena faccia. Il fatto che lo tiri sempre su di morale e lo inciti ad ogni partita. Il fatto che spesso passate la pausa pranzo a scuola insieme. Il fatto che lo aiuti con i compiti di matematica, perché altrimenti il professore gli ha detto chiaro e tondo che senza almeno una sufficienza in tutto l’anno lo farà radiare dal club di Basket. Il fatto che esci molti pomeriggi alla settimana con lui. Il fatto che gli sorridi in quel modo dolce, e io sono geloso…
Ma come posso dirgli tutte queste cose? Non esiste un modo. E non devo e basta… perciò faccio spallucce, senza proferir verbo.
Kogure afferra al volo, perché mi conosce bene, perciò alla fine dice: “Beh, ti sbagli di grosso!”.
Strabuzzo gli occhi: “Cosa?”. Dire che sono sorpreso è dir poco…
Kogure ride: “E’ vero, Hisashi è innamorato…” annuisce, fermandosi un attimo “Ma non di me”.
COOOSAAA?
Nel mio petto sento una serie di sentimenti indefiniti, ma sicuramente quello più rilevante è il sollievo.
Kogure ride: “Ad Hisashi piace Hasegawa dello Shoyo” mi spiega.
COOOSAAA?
“Hasegawa dello Shoyo?” domando, stupefatto. Quel numero sei? Ma davvero? Roba da matti…
Kiminobu annuisce: “Sì! Devi vederlo com’è preso!” ride “Mi fa tenerezza! Ci tiene davvero!”.
“E allora qual è il problema?” domando, decisamente più rilassato. Kogure non sta con nessuno, tanto meno con Hisashi. Come potrei non sentirmi sollevato?
“Beh… il fatto che è un grande imbranato in fatto di rapporti interpersonali!” mi dice Kimonobu, con tono ovvio “Per questo volevo un tuo parere, perché stasera l’ho visto davvero in crisi…”.
“Un mio parere?” domando, indicandomi il petto, sorpreso. Un parere mio sui sentimenti? Spero che Kogure si renda conto che sono la persona meno indicata del Mondo… guarda che situazione ho con lui proprio adesso!
Kogure annuisce.
“Non penso di essere la persona più adatta…” dico piano.
“Beh, tu sei una persona matura e con la testa sulle spalle, Takenori. Perciò immagino che tu possa consigliarmi come fare con quella testa calda e cercare di regolarlo, in modo tale che non sprechi la sua occasione con Hasegawa!” mi spiega, con quel sorriso rassicurante che lo caratterizza.
Sospiro: “Qual è il problema?” domando, felice che Kiminobu pensi che io sia una persona matura e con la testa sulle spalle tanto da domandarmi come agire, nonostante lui sia una persona fin troppo ponderata e che riflette a lungo sulle cose.
“Oh, beh…” inizia a raccontare Kogure con un sorriso “Dopo svariate lamentele e tentennamenti che mi hanno stressato per settimane, alla fine si è convinto a chiamarlo, visto che Haseagwa gli aveva lasciato il proprio numero dopo la partita contro lo Shoyo, e con la scusa di un one-on-one, si sono incontrati al campetto vicino alla spiaggia…” si ferma un attimo, guardandomi, e io annuisco per fargli capire che lo sto ascoltando “Mi ha detto che sono stati bene, e hanno parlato anche un po’, attaccando bottone su quando erano alle medie, su Hanagata e Fujima e su cosa facessero adesso che il campionato era finito… cose così!” mi spiega “Io gli avevo detto di non spingere troppo sull’acceleratore, di andare per gradi, ma lo sai com’è fatto lui… è uno istintivo, un gran casinista, e alla fine mi ha detto che gli ha chiesto di uscire a cena, dicendogli anche che gli piace! A quel punto, visto che Hasegawa non ha risposto subito, lui è scappato via dicendogli che aveva detto una scemenza ecc…” sbuffa “Quindi adesso è in paranoia e sta facendo andare in paranoia anche me!” finisce, ridendo.
Io annuisco.
“Certo, è il solito casinista idiota…” commento. Hisashi Mitsui: non ti smentisci mai, davvero!
Kogure ride di cuore: “Sì, è sempre il solito!” annuisce “Mi ha chiesto nel panico cosa fare, ma io non so cosa suggerirgli! Non ho molta esperienza in questo campo…” ammette, grattandosi la punta del naso, imbarazzato.
“Qualcosa gli avrai pur detto, no?” chiedo, temporeggiando.
“Beh, certo! Gli ho detto di mandargli un messaggio, e vedere se Hasegawa risponde, ma quello sciocco ha spento il cellulare per non farsi rintracciare e non vuole darmi ascolto!” mi dice Kiminobu.
“Sembra una ragazzina imbranata…” sbuffo.
“Beh, imbranato lo è senz’altro…” commenta Kogure, con tono asciutto ma divertito. Quindi si volta verso di me e mi pone la domanda che speravo con tutto il cuore non mi ponesse: “Tu cosa faresti al suo posto?”.
Ecco.
Cosa farei, io?
Bella domanda…
“Beh…” comincio, incerto. Sono grande e grosso, deciso in campo come pochi, ma quando si tratta di rapporti interpersonali sono una vera frana! Un po’ come Mitsui, insomma…
Ma adesso Kogure ha bisogno di me, e io alla fine, sospirando, dico ciò che mi esce spontaneo: “Penso che quando ti piace una persona, tu debba fare di tutto per averla. Non importa se fai delle figuracce, o se sei pieno di dubbi… devi affrontare le tue paure e farti avanti”.
Appena finisco di parlare, la prima cosa che mi viene in mente è che predico bene e razzolo male…
Mi volto verso Kogure, un po’ imbarazzato, e lo vedo che mi fissa a occhi sbarrati e a bocca leggermente socchiusa: “Wow!” commenta, sorridendo “Sei davvero una persona matura, Takenori!” mi dice.
La sua espressione tenera mi fa sorridere, e parlo senza pensare: “Già, peccato che sia molto più bravo a dare consigli agli altri che metterli in pratica su me stesso!”.

AAARRRGGGHHH!
PORCA DI QUELLA MISERIA!
Ma che mi è preso? Da quando in qua do aria alla bocca senza pensare? Che il morbo d’idiozia di Sakuragi mi stai contagiando?
Fisso Kogure a occhi sbarrati, che a sua volta mi fissa in stato di shock. Ma so che il suo astuto cervello sta cominciando a muovere gli ingranaggi e infatti, in men che non si dica, dalla sua bocca esce immediatamente: “TU SEI INNAMORATO!”.
AAARRRGGGHHH!
“N… no!” mento, scuotendo la testa e alzandomi in fretta dal letto, andando a sedermi sulla sedia della scrivania. Non so perché, ma stargli più lontano fisicamente mi fa stare più tranquillo…
Respiro a fondo.
“Che bugiardo!” mi dice infatti lui, ridendo “Non mentire proprio a me, Take-kun, dai!”.
Lo fisso.
Infatti non voglio mentirgli, ma che fare? Ho paura che confidandogli il mio sentimento, a quel punto rischierò di perderlo. E non voglio perdere il mio amico, perché è il migliore che io abbia mai avuto! Non voglio espormi troppo, perché giochiamo insieme tutti i giorni, e adesso sta arrivando un momento fondamentale in cui tutti dobbiamo dare il massimo! Che succederebbe se, come penso, Kogure mi rifiuta? Si creerebbe una situazione difficile, in cui entrambi saremmo distratti da altre cose e non potremmo concentrarci sul Campionato Nazionale.
In poche parole, sarebbe un disastro!
“Non credo sia il caso di parlarne” dico alla fine, sospirando.
“Per via del Campionato Nazionale?” domanda subito Kogure, intuendo i miei timori.
Il fatto mi stupisce. Come ha fatto a capire? Voglio dire… che diavolo pensa?
“Come fai a saperlo?” domando, confuso.
“Beh… tu o sei in classe o sei in palestra. In classe non c’è nessuno che ti interessi, lo so per certo…” e mentre lo dice, mi guarda intensamente “Perciò rimane solo la palestra!” deduce lui, candidamente, non sapendo quanto in realtà mi stia mettendo in difficoltà…
Mi ammutolisco, perché non so esattamente cosa dire. Che mi invento?
“E’ Rukawa?” mi chiede lui, diretto.
Io strabuzzo gli occhi: “NO! Che vai a pensare?”. Rukawa? Okay, è un bel ragazzo, ma è un musone di prima categoria! Sa che belle conversazioni a suon di pugni che faremmo!
“Allora…” continua lui, grattandosi il mento, pensando: “E’ Sakuragi!” ride.
“Non ti rispondo nemmeno…” sbuffo, incrociando le braccia al petto, pensando a quell’idiota esaltato che è in grado di scatenare il lato peggiore di me anche limitandosi a respirare la mia stessa aria…
“Okay, okay… scherzavo!” ride lui “Allora… Miyagi?”.
“Quell’attaccabrighe idiota?” domando, alzando un sopracciglio “No, grazie!”.
“Allora è proprio il nostro Mitsui!” dice Kogure, schioccando le dita.
“ASSOLUTAMENTE NO!” tuono “Quel teppista da strapazzo meno lo vedo e meglio mi sento!”.
Kogure sbatte gli occhi: “Ayako?”.
“Ma sei tutto matto?” domando. Okay, la nostra manager è carina, ma a parte che non mi interessa, è comunque l’oggetto del desiderio di Ryota e non potrei mai pensare di fare una bastardata simile al nostro playmaker!
Però, avendo negato tutti, alla fine, la deduzione è spontanea.
Scontata.
E la faccia concentrata di Kogure, seguita dalle sue parole, me lo conferma: “Non è mica… che sono io?” domanda, indicandosi.
Sento la faccia diventarmi bordeaux, e abbasso lo sguardo. Il grande Takenori Akagi che abbassa lo sguardo? Ma come mi hai ridotto, Kimi-kun?
Di fronte a me, totale silenzio. Non ho neanche il coraggio di alzare gli occhi… nelle mie orecchie il cuore mi martella e nella mia testa il solo pensiero che ho rovinato tutto.
Sento un fruscio, e nel mio campo visivo entrano i piedi di Kogure. Vedo una sua mano avvicinarsi a me e puntellarmi il mento, alzandomi il viso.
Appena lo faccio, ancora bordeaux, mi ritrovo di fronte il suo viso rilassato, abbellito da un dolce sorriso.
Lo vedo sporgersi in avanti verso di me, e poggiare le sue labbra sulle mie, lievemente.
Il cuore perde un battito.
Appena si stacca, io lo fisso a occhi sbarrati.
“Lo sai da quanto tempo è che aspettavo questo momento?” mi chiede, timidamente, arrossandosi anche lui sulle guance.
Io sbatto gli occhi, confuso: “Eh?”.
Sono talmente confuso che le parole di Kimi-kun mi appaiono come montagne insormontabili. Come se la risposta fosse dall’altra parte, ma io rinunciassi già prima di cominciare a scalare. Mi sento confuso, la testa gira e non ho mai provato tanta tensione nemmeno prima di una partita importantissima. Nemmeno prima della partita con lo Shoyo di Fujima, o del Kainan di Maki, o del Ryonan di Uozumi e Sendo…
“Sì, insomma…” mi dice timidamente lui, riportandomi alla realtà, avvicinandosi ancora di più “E’ tanto tempo che mi chiedo se poteva esserci qualcosa di più tra me e te… ma non avevo il coraggio di farmi avanti” ammette, arrossendo ancora un poco.

Lo guardo, e improvvisamente mi ritrovo al di la della montagna, a scivolare giù semplicemente, non sentendo più fatica. Improvvisamente un forte sollievo e una grande consapevolezza mi assalgono.
Gli sorrido, passandogli automaticamente le braccia intorno alla vita e avvicinandolo a me, facendo coincidere i nostri corpi: “Meglio tardi che mai…” sussurro, prima di baciarlo ancora una volta…
Finalmente, dopo quasi sei anni, sei mio, Kimi-kun…



**FINE**



Questo progetto è nato per caso, mentre rileggevo il Manga di Slam Dunk… non so bene quale collegamento astruso abbia compiuto il mio cervello, fatto sta che mi è venuta in mente questa cosa qua, e perciò vi tedierò con le mie storie! XD!
Il titolo della fan fiction è piuttosto eloquente, direi, e cioè le mie one-shot (tutte autoconclusive e nessuna legata tra loro (forse! u.u)) saranno basate sul concetto del “Mettersi Insieme”. Avevo indetto anche un Contest con questa prerogativa sul Forum di EFP, e alla fine mi sono decisa a cimentarmici anch’io! XD! Io però ho scelto non solo di incentrarla sul Fandom di Slam Dunk, ma di fare una one-shot sul “Mettersi Insieme” per ogni mia coppia preferita! L’aggiornamento avverrà nel giorno del CoppiaDay! Ovvero:
05 Aprile: Takenori Akagi/Kiminobu Kogure
10 Aprile: Shin’ichi Maki/Nobunaga Kiyota
04 Maggio: Toru Hanagata/Kenji Fujima
13 Giugno: Kiccho Fukuda/Soichiro Jin
14 Giugno: Kazushi Hasegawa/Hisashi Mitsui
01 Luglio: Ryota Miyagi/Ayako
06 Luglio: Akira Sendo/Hiroaki Koshino
11 Ottobre: Hanamichi Sakuragi/Kaede Rukawa
Come molte di voi sanno, o hanno intuito, il, che ne so, HanaRu Day è stabilito in base ai numeri di maglia (10 Hanamichi e 11 Rukawa). Ovvero il Seme (cioè l’attivo) della coppia è il mese mentre l’Uke (cioè il passivo) è il giorno.
Spero di essere stata il più chiara possibile!
Inoltre non avranno tutte lo stesso stile… può essere che una sia scritta nel POV di un solo personaggio (come in questo caso), ma può essere che cambi anche e utilizzi tutti e due i POV in un’altra fan fiction… inoltre non saranno tutte lunghe uguali, ovviamente, perché a volte ci sono più cose da spiegare e da creare per rendere credibile una storia: l’importante è che riesca a non annoiarvi! Insomma… staremo a vedere insieme che cosa combinerò! XD!
Intanto vi dico che ci vediamo tra cinque giorni, al Maki/Nobu Day!

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Capitolo 2
*** 10/04 – Shin’ichi Maki X Nobunaga Kiyota ***


Ed eccoci alla seconda parte di questa mia raccolta!
Questa coppia mi piace moltissimo! Mi sembrano un papà con un bambino da educare (o una scimmia da ammaestrare, come direbbe Hanamichi! Ahahah! XD!)!
Come per la prima parte, non ho mai scritto nemmeno su questa coppia, perciò chissà cosa ne uscirà fuori? Speriamo qualcosa di decente!
Buona lettura!



*



10/04 – Shin’ichi Maki X Nobunaga Kiyota



Cosa devo fare con lui?
Me lo chiedo spesso, soprattutto quando ha uno di questi momenti da perfetto idiota.
Eccolo lì, che fa un gran casino e ride come un esaltato, neanche avesse due anni e fossimo all’asilo.
“Smettila, Kiyota, qui dobbiamo allenarci seriamente” lo ammonisco, con sguardo duro.
Lui si volta di scatto a guardarmi, con gli occhi fuori dalle orbite: “Ma… Maki-san(*01)…” bisbiglia, gli occhi lacrimosi.
Se si mette a piangere lo ammazzo…
“Niente ma! Questo è il Kainan King, non un campetto del parco!” sbotto, dandogli un sonoro pugno in testa.
Lui come da copione si lamenta, inginocchiato a terra, tutto rannicchiato su se stesso, con le mani ben premute sul punto offeso: “Cattivo, Maki-san!” si lagna.
“Vuoi un altro pugno?” lo minaccio, sventolandoglielo davanti al naso, inginocchiandomi a mia volta di fronte a lui.
Lui mi guarda malissimo, ma non dice niente.
Dopo questa solita parentesi, finalmente Kiyota comincia a concentrarsi e l’allenamento procede regolarmente…

Siamo ormai negli spogliatoi e io mi sto facendo la doccia. Sento i miei compagni chiudere le loro e avviare a vestirsi, ma a me piace crogiolarmi a lungo sotto il getto caldo, perché mi rilassa molto i muscoli tesi dal duro allenamento a cui li sottopongo tutti i giorni. Rimango sotto il getto sempre per almeno una buona mezzora, insaponandomi lentamente e massaggiandomi contemporaneamente i muscoli indolenziti, cercando di distenderli.
Quando finalmente mi decido ad uscire dalla doccia e a dirigermi di nuovo nella stanza adibita a spogliatoio, mentre sono nel piccolo corridoio con specchi e lavandini che divide le due zone, sento dei singhiozzi.
Mi fermo un attimo sorpreso ad ascoltare, cercando di capire di chi si tratti.
Possibile che qualcuno si sia intrufolato negli spogliatoi, pensandoli deserti, e sia lì a piangere?
Oh, no… e adesso io come faccio a cambiarmi? Che gigantesca seccatura…
Sbuffo, indeciso sul da farsi.
Se vado là in accappatoio ed è una ragazza si potrebbe traumatizzare e darmi del maniaco (perché le giapponesi ragionano in modi strani, c’è poco da fare…). Se è un ragazzo probabilmente mi darebbe un pugno pur di farmi scucire la promessa di non dirlo a nessuno (cosa che ovviamente non mi interessa minimamente fare). Se invece, come temo, è un mio compagno di squadra, allora questa opzione numero tre è la peggiore di tutte… perché se è un mio compagno di squadra che sta frignando e io, il capitano, lo becco così… a parte la voglia di dargli un pugno in testa per dargli una svegliata, ma poi si creerebbe imbarazzo e basta!
Sbuffo di nuovo, sempre più scocciato.
Comincio a sentire freddo e questi pensieri tanto non porteranno a niente… forse questa persona rimarrà qui a piangere per un’altra ora e io che faccio? Me ne sto nascosto qui per tutto questo tempo con solo l’accappatoio addosso? Non se ne parla!
Perciò alla fine esco allo scoperto dal mio angolino in ombra ed entro nella grande stanza dove ci sono gli armadietti. Il pavimento è di mattonelle bianche, adesso sudice d’acqua e pedate nere di innumerevoli scarpe da tennis. Ci sono delle panche di legno chiaro e il muro è bianco, un po’ sporco di strisciate nere in vari punti. La luce è piuttosto forte e rimbalza accecante sulle pareti bianche. Ad aiutare tale situazione ci sono sicuramente gli armadietti grigio chiaro che riflettono la luce in modo fastidioso. Ce ne sono uno per studente, e il mio è proprio al centro nella parete destra. In teoria davanti, sopra la panca, dovrebbe esserci la mia sacca sportiva, ma l’ho infilata nell’armadietto, affinché nessuno ci andasse a guardare dentro (eh, sì… ho scoperto più di un compagno a guardare nella mia sacca! Jin mi ha detto che è perché sono troppo stoico, quindi tutti pensano che nascondo dei segreti! Sì, proprio! Nella sacca sportiva, poi! Jin ha riso e ha detto che speravano di trovarci una rivista porno… che roba!), perciò è normale che la persona che ho adesso davanti pensava di essere sola…
Persona…
Nobunaga?
Non può essere…
Eppure sembra proprio lui quello tutto rannicchiato sulla panca, con le gambe al petto, a piangere con la testa sulle ginocchia. D’altronde chi altri ha quei lunghi e lisci capelli sempre un po’ disordinati? Nessuno, che io conosca… e quella pelle un po’ abbronzata, quei muscoli sodi e gli arti piccoli e magri sono senza dubbio i suoi!
Eh? Come? Che dite? Che lo conosco molto bene? E vorrei vedere! Passo la maggior parte degli allenamenti a guardarlo, come faccio a non rendermi conto di come è fatto?
Eh, sì… Shin’ichi Maki, ovvero me medesimo, si è accorto da qualche tempo di avere una cotta per quella maledetta testa calda…
Come è potuto succedere?
Me lo chiedo anche io ogni giorno…
“Kiyota” lo chiamo piano, avvicinandomi, e lui alza la testa di scatto. Ha gli occhi lucidi spalancati e un’espressione sconvolta. Appena mi riconosce, arrossisce ancora di più.
“M… Maki-san…” balbetta, tirandosi in piede di scatto “S… scusami, me ne vado subito! Pensavo non ci fosse più nessuno!”. Il fiume di parole che gli esce dalla bocca è talmente veloce che non riesco quasi a comprendere tutto.
Fa immediatamente per andarsene, quasi correndo verso la porta passandomi di fianco, ma io lo blocco per un polso: “Dove credi di andare?” domando, fissandolo di sbieco col mio sguardo più serio.
Okay, odio la gente che piange e ammetto che la mia faccia non è tra le più espressive della prefettura, però non posso vederlo così! Se c’è qualcosa o qualcuno che lo ha fatto piangere io lo devo sapere!
“No, Maki-san, ti prego, lasciami andare…” sussurra lui a testa bassa, nascondendo il volto con i capelli lunghi che ricadono in avanti.
Sbuffo spazientito: “Da quando Nobunaga Kiyota fugge? Non sei tu che non fai altro che proclamare a tutto il Mondo che sei la matricola numero uno della prefettura?”.
Kiyota mi rivolge un sorriso triste: “Qui c’è poco da fare l’esaltato…” ammette “Ho già perso in partenza”.
Il suo tono è così mesto e la sua espressione così tanto da cane bastonato che non posso esimermi dallo strattonarlo e dirgli con voce dura: “Non ci si arrende mai se non dopo aver tentato”. E in questo ci credo. E non importa a cosa Kiyota si riferisca, perché vale per tutti gli aspetti della vita.
Lo sguardo che Nobunaga mi lancia è decisamente il più strano che io gli abbia mai visto. I suoi occhi neri come la notte, così tanto scuri che non si vede nemmeno la pupilla, sono leggermente socchiusi e liquidi, carichi di sentimenti che non riesco a comprendere. Li vedo combattuti, lucidi, si muovono di continuo. E mi fa strano, davvero, perché l’ho visto con milioni di espressioni diverse (felice, esaltato, corrucciato, concentrato, serio… esaltato l’ho già detto?), ma mai con un’espressione così… così… profonda, ecco.
Un sorriso amaro gli dipinge le labbra: “Non è così semplice…” sospira.
Lo fisso per un secondo intensamente, poi lo strattono fino a farlo sedere di nuovo sulla panca di legno dello spogliatoio. Lui mi segue docilmente, senza proteste, e questo è ancor più inquietante di vederlo piangere…
Mi siedo a mia volta e mi volto a guardarlo intensamente: “Se non mi spieghi quale sia il problema, dubito che io possa aiutarti, Kiyota…”.
Okay, detesto i deboli e le persone che si piangono addosso, ma non posso vederlo così!
Non lui!
Nobunaga è l’incarnazione della gioia, della felicità, della solarità, della spontaneità… e invece eccolo qui che ha quest’aspetto mogio e depresso!
I suoi occhi continuano a fissarmi seri, profondi e lucidi di pianto. Sono un po’ arrossati e si muovono velocemente a destra e sinistra, incapaci di concentrarsi troppo su niente. Eppure sento, non so come, che la sua attenzione è tutta calamitata su di me…
Lo osservo ancora una volta e come ogni singolo istante in cui i miei occhi si posano sul suo splendido viso, dentro il mio petto sento agitarsi milioni di sentimenti, il cui principale è sicuramente il fatto che mi piace da pazzi… ed è assurdo per me, perché non mi era mai capitato. Non mi sono mai innamorato di nessuno prima d’ora, anche se ho fatto le mie esperienze, e sapere di amare proprio lui, che è così diverso da me e così indifeso in questo momento, mi ha decisamente scosso, all’inizio. Ma poi ho immaginato fosse inevitabile… io sono serio e composto, fin troppo maturo per la mia età. E lui è una ventata d’aria fresca e una gioia, un sorriso continuo, un sorriso che ti spunta sulle labbra che quando non hai voglia o nulla per sorridere.
Lo vedo sospirare stanco, mollando pesantemente le braccia tra le gambe, come fossero due arti morti: “Tu sei l’ultima persona con cui vorrei parlarne, Maki-san…” mi confessa.
Io alzo un sopracciglio: “E perché mai?”.
Lui si volta a guardarmi con i suoi grandi occhi lucidi che mi scrutano dentro. Lo sento inghiottire rumorosamente, mentre vedo il suo pomo d’Adamo muoversi su e giù: “Perché la fonte di tutti i miei problemi sei tu” ammette.
Eh?
“Io?” domando, decisamente sorpreso e confuso.
Come un fiume in piena mi affiorano alla mente migliaia di immagini di questi mesi insieme. Qualunque cosa posso aver fatto o detto… ma a parte i pugni in testa e le solite ramanzine, direi che non mi sono mai comportato in modo sgradevole con lui. E i pugni e le ramanzine ci sono da mesi, e prima non erano un problema!
Lui annuisce, sorridendo amaramente: “E purtroppo sarà così per sempre fin quando ci conosceremo, e forse anche oltre…” sospira piano.
“Non credi che sia il caso di dirmi qual è il motivo per cui ce l’hai con me? Suppongo non sia qualcosa di irreparabile” dico, con quel tono maturo e serio che mi fa sembrare sempre più vecchio.
“Il problema, Maki-san, è che c’è poco da dire…” sorride tirato “Questa situazione, che tu la sappia o no, non ha un finale felice, e perciò è una cosa che mi porterò dentro per sempre e basta…”.
Lo fisso sconcertato: “Continuare a girarci intorno non serve a niente” dico, con tono asciutto, quindi mi faccio ancor più serio: “Parla, Nobunaga!”. Il tono è duro, ma è così che voglio apparire. Non mi piacciono i giochetti di parole, né girare intorno alle cose. Le situazioni vanno affrontate di petto, non schivate.
Lo vedo irrigidirsi appena, quindi i suoi occhi sgranarsi ancora di più. Trema appena, e le sue spalle vengono scosse da un singhiozzo. Serra forte le labbra, e poi se ne morde un angolo con i denti. Continua a fissarmi indeciso, arrovellandosi le dita in disegni contorti. Quindi alla fine esala lentamente quel pensiero che tanto lo tormenta, e che mi sconvolge al solo sentirlo: “Sono innamorato di te, Maki-san…”.
“Eh?”.
Okay. Non è la cosa più intelligente da dire, ma seriamente mi aspettavo qualunque cosa tranne questo!
Kiyota ha appena detto che è innamorato di me? Ho sentito bene?
“Sono innamorato di te, Maki-san” ripete, inghiottendo il groppo di saliva che aveva in gola.
Mi sento confuso e non posso che stare lì a fissarlo ad occhi sbarrati, troppo sorpreso per reagire.
Vedo il suo labbro inferiore tremare appena, quindi fa per alzarsi ma io lo blocco di nuovo per il polso, costringendolo seduto.
“Maki-san, lasciami! E’ già abbastanza imbarazzante così…” geme lui, divincolandosi con forza dalla mia stretta. Ha il viso in fiamme, e gli occhi talmente lucidi che non ho dubbi che stia per piangere ancora. Si è pentito di aver parlato, ma vista la mia reazione non posso dargli torto…
“Tu non vai da nessuna parte…” gli intimo, tirandolo verso di me.
Lui trema più forte, quindi chiude gli occhi, serrandoli, mentre una lacrima sfugge al suo controllo. Pensa che io voglia picchiarlo, ma non ha idea di quanto si sbaglia…
O forse ce l’ha quando le mie labbra si posano sulle sue e i suoi occhi si spalancano.
L’attimo di confusione è passato. La sorpresa ha lasciato il posto alla gioia.
“Anche tu mi piaci, Nobunaga…” sussurro piano, staccandomi per un secondo dalle sue labbra, prima di tornare a baciarlo di nuovo.
Lui continua a fissarmi stralunato per qualche secondo, poi le sue braccia mi circondano il collo e con uno slancio è su di me, che mi abbraccia forte e mi bacia profondamente.
“Ti piaccio sul serio?” mi chiede, con voce tremate, staccandosi appena da me e fissandomi con quei grandi occhi felici.
“Ti pare che altrimenti mi invischierei con un rompi scatole come te?” domando con sarcasmo.
Lui ride: “Mi piaci tanto, Maki-san…”.



**FINE**

(*01) Il –san è un suffisso che usano in Giappone come forma di rispetto per una persona più grande che copre un ruolo maggiore del tuo.

Nota di fine fan fiction: Scrivere questa one-shot è stato un tormento senza precedenti. hikaru83 lo sa bene, perché l’ho tormentata per settimane intere sui nefasti tormenti che mi coglievano quando dovevo aprire questo file e iniziare a scrivere (o meglio: a finire di scrivere!)! Perciò, anche se la ringrazio profondamente, non le dedico questa fan fiction perché ‘sta roba che non è credibile e i personaggi non mi piace neanche come li ho caratterizzati (temo di essere andata in OOC, perdonatemi! ç__ç) e mi vergognerei troppo a dedicarle una schifezza del genere dopo tutta la sua gentilezza!
Prima di nascondermi a vergognarmi, vi ricordo che ci vediamo il 04 Maggio per il Toru/Kenji Day!

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Capitolo 3
*** 04/05 – Toru Hanagata X Kenji Fujima ***


Ed ecco anche questa terza parte che tratta di una coppia su cui ho scritto in passato ma che poi non ho più affrontato!
Speriamo di aver fatto qualcosa di decente!
Buona lettura!
 
 

*
 
 
 
04/05 – Toru Hanagata X Kenji Fujima



“Perché sorridi, Toru?”.
La voce di Kenji è melodiosa, soave, un po’ ridacchiante.
I miei occhi scuri si posano nei suoi, verdi come i prati a primavera, e non so bene cosa dire.
Siamo sdraiati sul divano, a guardare la tv, ricordando i tempi del liceo.
So perché sto sorridendo, ma non so come esprimergli a parole la magia che quel ricordo mi ha trasmesso…
 
…La prima volta che i miei occhi si sono posati su Kenji, eravamo entrambi delle matricole dell’istituto superiore Shoyo.
Io mi sentivo molto agitato, perché quella era davvero una scuola facoltosa e io avevo faticato un po’ per superare i test d’ingresso, nonostante fossi sempre stato uno stupende brillante e lodato dai professori.
Kenji, invece, sembrava rilassato e senza preoccupazioni, con quello sguardo sereno e pacato che è caratteristico di lui. Ma d’altronde, anche se ancora non lo sapevo, lui è fatto così: lui è una persona positiva, che vede sempre il bicchiere mezzo pieno e mai mezzo vuoto. Lui è una persona decisa e affidabile, e quando ci ritrovammo anche in palestra, entrambe matricole della squadra di basket, capii che quell’enigmatico ragazzo nascondeva mille e più segreti, uno più affascinante dell’altro.
Diventammo amici in fretta, e da incontrarci casualmente nei corridoio e a vederci in palestra per gli allenamenti, cominciammo a incontrarci tutti i giorni a pranzo, nel grande giardino della scuola, mangiando seduti a terra o su una delle panchine, se erano libere. E poi gli telefonavo, e lui telefonava a me. E uscivamo, spesso. Molti pomeriggi, quando eravamo liberi, o subito dopo l’allenamento. Andavamo un po’ ovunque, principalmente al cinema o a mangiare qualcosa. Erano uscite senza né capo né coda, ma erano speciali. Perché erano con lui.
Quando mi resi conto di questo pensiero, nel mio cuore si scosse un gran disagio e paura.
Cercai con tutte le forze di rinnegare a me stesso quel sentimento, ma tant’è che più io cercavo di schiacciarlo, più lui si faceva forte e prepotente e usciva fuori.
Avevo paura.
Dannatamente paura.
Me la stavo letteralmente facendo sotto, a dirla tutta…
Come potevo accettare quei sentimenti, nati verso una persona che sì, era diventata mia amica, ma che conoscevo da neanche un anno scolastico?
Com’era possibile che il mio cuore avesse cominciato a battere all’impazzata quando lui mi correva incontro, salutandomi col braccio alzato, chiamandomi a gran voce con un sorriso aperto e sincero?
Com’era fattibile per me dire a lui, così bello e perfetto, così efebico e affabile, ben voluto e ammirato da tutti, che io, Toru Hanagata, spilungone con gli occhiali, avevo un vero e proprio sentimento per lui?
Perché non era una cotta sciocca, di quelle che passano in poche settimane, no… era un sentimento autentico e vero, sincero e duraturo. Immaturo, certo, ma capace di crescere ancora e ancora.
E mi faceva tremare le gambe.
Era sempre più difficile stare in sua compagnia, perché l’amicizia che avevamo creato era speciale e io non volevo per nulla perderlo. Però non volevo nemmeno ingoiare troppo a lungo il groppo di sentimenti che avevo in gola, e perciò ero molto combattuto…
La cosa che più mi bloccava, era che lui era sempre disponibile e gentile con me, ma rimaneva sempre quell’aura fredda come un muro sottile che divideva me da lui e lui da tutto il resto del mondo.
Mi sentivo in un certo senso privilegiato, perché ero uno dei pochissimi che era riuscito ad avvicinarsi a lui in modo più profondo (e sicuramente ero terribilmente invidiato da tutte le ragazze, ma anche moltissimi ragazzi, della scuola), ma al contempo ero consapevole che lui, comunque, mi teneva lontano.
E poi sì, avevo quindici anni, ma non ero un cretino: dire a Kenji Fujima che mi piaceva, implicava dire a me stesso che sono un omosessuale.
A quindici anni non vuoi pensare a queste cose, ne hai paura. E forse per questo cercavo di non pensarci troppo, di dirmi solo che mi piaceva una persona, senza specificarne il genere sessuale. E, anche se non so come, ciò mi ha aiutato.
“Hanagata-kun, pensi che quest’anno vinceremo il campionato nazionale?”.
Mi pose questa domanda un pomeriggio qualunque di inizio Maggio, quando la primavera era al culmine e le giornate erano soleggiate e calde senza essere asfissianti.
“Penso che ci impegneremo al massimo affinché ciò avvenga” gli risposi, omettendo che avremmo vinto sicuramente, perché in campo c’era lui, che era un vero e proprio talento. Ma non potevo dirglielo, ovviamente…
“Sei sempre molto composto, Hanagata-kun” mi ha sorriso lui, con un’espressione rilassata.
E in quel momento i suoi occhi hanno brillato ancora di più, facendo invidia con la sua bellezza a quella primavera che ci circondava e che era in pieno germoglio.
“Sei bellissimo…”.
Avevo quindici anni, e la mia bocca parlò da sola.
Quando me ne resi conto, diventati di mille colori. Osservai i suoi occhi sgranarsi sempre di più e fuggì letteralmente via, desideroso di sprofondare nel terreno e non rivedere mai più la luce.
Ovviamente lo evitai per settimane.
Ero davvero troppo imbarazzato, e non riuscivo a guardarlo in faccia!
E questo ovviamente ci ha portati ad allontanarci. Non ci siamo parlati per settimane intere.
E le settimane sono diventati mesi quando, di fronte ai suoi tentativi di avvicinarsi, io l’ho sempre allontanato con una scusa.
Per fortuna, comincia a fare amicizia con Hasegawa, anche lui nel club di basket, e le giornate diventarono meno pesanti da sopportare. Era un tipo simpatico, anche se ad una prima occhiata non si sarebbe mai detto, e ciò era piuttosto divertente…
Quando Fujima trovò il coraggio di affrontarmi, quasi sei mesi dopo l’accaduto, chiedendomi perché lo avessi allontanato così, io gli dissi solo che adesso era Hasegawa il mio migliore amico, e che non avevo più bisogno di lui.
Ovviamente era una scemenza bella e buona, e quando lo raccontai ad Hasegawa, Kazushi si arrabbiò moltissimo: “Ma sei idiota?” mi chiese, stizzito “Non usare me per metterti la coscienza apposto!” mi ammonì.
Sì, perché in una serata di delirio totale e depressione, avevo raccontato a Kazushi cosa era successo, e dei miei sentimenti per Fujima. Incredibilmente, lui era rimasto composto al suo posto e mi aveva solo chiesto che intendevo fare.
“Non lo so…” avevo risposto esausto.
E per questo, quel giorno, agii d’istinto e dissi a Fujima quella bastardata.
Da quel momento in poi, Fujima non mi rivolse più la parola, né mi guardò in faccia. Gli unici momenti in cui era più propenso a rivolgersi a me era in palestra, perché il basket è il basket e lì non ci sono sentimenti. Quelli si lasciano fuori dalla palestra.
E io provavo una gigantesca ammirazione per lui, per quel suo essere così deciso, perché io anche in palestra continuavo a pensare al fatto che fosse bellissimo e che mi piaceva da pazzi.
Ero depresso e triste, e più di una volta Hasegawa mi disse che ero insopportabile. Eppure rimaneva lì, sorridendo sornione, aspettando paziente che io mi decidessi a prendere in mano le redini della mia vita.
Passò molto altro tempo, e alla fine non dovetti nemmeno riuscire a racimolare il coraggio di farmi avanti.
Lo fece Kenji per tutti e due.
Era quasi un anno che quella tiritera andava avanti tra noi, e di nuovo la primavera era sbocciata e splendeva rigogliosa intorno a noi.
Mi bloccò nel giardino, sotto un grande albero di pesco in fiore. Petali bianchi svolazzavano ovunque, e lui era in piedi di fronte a me, con i pugni stretti e lo sguardo basso.
“I… io non lo so cosa ti ho fatto, ma non posso più sopportare che tu mi ignori così!” mi disse, non guardandomi.
Io lo sovrastavo già di almeno dieci centimetri, ed ero terribilmente imbarazzato. Fui sinceramente felice che mantenesse lo sguardo basso, senza notare il rossore sulle mie guance.
“Te l’ho già detto, Fujima” dissi, cercando di farmi uscire dalla bocca il tono più freddo che conoscessi, affinché lui credesse che io ero sincero “Adesso è Hasegawa il mio migliore amico”.
“E’ una scemenza!” ribatté deciso, alzando finalmente gli occhi nei miei e…
E…
Se non svenni, non so come feci.
I suoi splendidi occhi verdi erano offuscati da lacrime immonde che io, con la mia insensibilità e il mio volerlo ignorare a tutti i costi pur di non affrontare le mie paure, gli avevo fatto versare.
Mi sentii tremare, come percorso da un fulmine, e perciò lo abbracciai di slancio.
I miei piedi si mossero da soli, avanzando verso di lui, e le mie braccia si spalancarono e poi si chiusero intorno alle sue spalle ricurve, stringendolo quanto più forte mi riusciva di fare.
“C… che stai facendo?” balbettò Fujima, sconcertato dal mio comportamento. D’altronde, se era vero che non mi importava niente di lui, perché dovevo aver avuto quel moto di affetto, vedendolo piangere?
Il problema era che il mio cuore era andato in frantumi, vedendo quanto dolore gli avevo causato.
“Scusa…” dissi subito, staccandomi da lui velocemente.
“S… smettila di illudermi!” mi urlò addosso.
“Eh?” domandai confuso, cadendo dalle nuvole.
“Prima sei mio amico, mi tratti in un modo speciale, e addirittura arrivi a dire che sono bellissimo! Quando il mio cuore stava salendo alla mia gola dalla gioia, tu scappi via e poi prendi a trattarmi male!” ha sbraitato, mentre bollenti lacrime hanno cominciato a colargli sulle guance “E adesso mi abbracci!” ha urlato ancora, sempre più furente, spintonandomi “Deciditi!”.
“D… decidere cosa?” ho tartagliato.
“Ti piaccio o no?” mi ha sussurrato contro, con sguardo duro e serio.
Io ho annaspato come un completo idiota quale ero, preso letteralmente dal panico.
Fujima continuava a fissarmi intensamente, attendendo che io rispondessi.
E lo feci, anche se con un’altra domanda, nascondendomi di nuovo dietro alle mie paure: “I… io ti piaccio?” balbettai. Non volevo essere io il primo a espormi…
“Secondo te? Certo che sì! Mi metterei così in ridicolo, sennò?” ringhiò lui.
Il mio cuore fece le capriole e dopo tanto tempo, si sentì leggero. Sorrisi, avvicinandomi di nuovo a lui, mettendogli le mani sulle guance, facendo ben aderire i palmi ad esse, e lo baciai.
Il mio primo bacio.
Il suo primo bacio.
Dolcissimo.
“Anche tu mi piaci tanto, Fujima-kun…”…
 
…Sorrido, ripensando a quel momento, perché è quello che di più tenero c’è stato nella mia intera vita.
“Pensavo a quando ci siamo messi insieme…” dico.
“Oh, che imbarazzo!” ride lui, ricordando anch’egli quei momenti in cui la sua maschera è crollata per la prima volta di fronte a me.
“Eri dolcissimo…” sorrido, affondando il viso nei suoi capelli e depositandovi un dolce bacio.
“Neanche per idea!” ribatte lui, imbronciato “E’ stato terribilmente imbarazzante! E tu sei stato proprio uno stronzo!” mi rinfaccia.
Io rido: “Hai ragione…”.
“Certo che ce l’ho!” sbotta “Un anno intero sprecato!” sbuffa.
Lo bacio: “L’importante è che non abbiamo sprecato anche tutti gli altri…”.
 
 
 
**FINE**
 
Ho scritto e cancellato questa fan fiction non so quante volte… alla fine è venuta fuori ‘sta roba, che è più un esperimento che altro. Che sia gradevole o meno sta a voi dirlo. Io (ovviamente, tanto per cambiare…) non sono soddisfatta! u.u
Io vi ricordo solo il prossimo appuntamento: il 13 Giugno, con la Fuku/Jin!

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Capitolo 4
*** 13/06 – Kiccho Fukuda X Soichiro Jin ***


Ed eccoci a questa quarta parte della raccolta!
Per la coppia Fukuda/Jin ho dovuto invertire le date per forza, perché non esiste il tredicesimo mese!
Buona lettura!



*



13/06 – Kiccho Fukuda X Soichiro Jin
 
 
 
Ecco cominciare un’altra noiosa giornata scolastica come se ne susseguono regolarmente giorno dopo giorno.
Ormai sono al terzo anno delle scuole medie e il mese di Giugno è sempre stato il mio preferito: ci sono i festival scolastici (quindi meno lezioni) e l’aria è calda, ma non afosa. E’ il mese perfetto.
Appena entrato nell’atrio della mia scuola, apro il mio armadietto grigio con calma, lasciandolo socchiuso ma senza spalancarne l’anta. Prima mi slaccio le scarpe, poi afferro distrattamente quelle bianche di tela nell’armadietto e le infilo (*01), rimanendo a testa bassa verso il pavimento. Quindi afferro le mie scarpe da ginnastica per il bordo e mi tiro su, intenzionato a infilarle all’interno dell’armadietto.
Ma qualcosa mi blocca.
La vista di una busta bianca, adagiata molle sul piano del mio armadietto.
La afferro, posando intanto le tennis, e me la rigiro tra le mani.
Una lettera? Per me?
Non posso crederci…
Non sono un bel ragazzo, e non parlo quasi mai con nessuno.
Chi può aver deciso di scrivermi una lettera?
Forse è una lettera minatoria… sì sì, è probabile…
Con questa consapevolezza la apro distrattamente, già pregustando le risate che mi farò di fronte alle minacce di chissà quale imbecille, e inizio a leggere:
 
 
 

Caro Kiccho,
mi dispiace non aver trovato il coraggio di dirti quello che sto per dirti a voce, e mi dispiace anche di non essere stato sufficientemente coraggioso da consegnarti questa missiva a mano, ma…
Come andare da un proprio amico, uomo come me, a consegnargli una lettera d’amore come questa senza morire di vergogna?”.

 
 
 
Interrompo la lettura, sobbalzando: una lettera d’amore? Da un uomo?
Ma stiamo scherzando?
Sì, dev’essere per forza uno stupido scherzo…
 
 
 

Eh, sì, Kiccho, perché questa è proprio una lettera d’amore…
Io non ne ho mai ricevute, e penso nemmeno tu, perciò non so bene come devo comportarmi e cosa devo scrivere. C’ho pensato molto e alla fine mi sono detto che devo scrivere semplicemente quello che provo.
Ho impiegato molto tempo ad accettare i miei sentimenti, a capire che non era solo una cotta, ma un vero e proprio sentimento… il fatto che tu non sia mai amichevole con me mi ha frenato a lungo dal dirti tutto questo… eppure…”.

 
 
 
Ma chi è?
Cavolo…
Chi è che mi scrive?
Io tratto male chiunque! Non è esattamente una cosa anomala…
 
 
 

Eppure non posso fare a meno di scriverti tutto questo per dirti che mi piaci.
Perché tu mi piaci tanto, Kiccho.
Per come sei, perché sei introverso, perché sembri chiuso e scontroso ma in verità hai un animo gentile… perché sei bravo nel basket e mi stimoli a fare meglio. Perché pranzi con me, anche se hai sempre quell’aria un po’ scocciata. Perché torniamo a casa insieme…”.

 
 
 
Asp… aspetta un attimo… gioca con me a basket? Pranziamo insieme? Torniamo a casa insieme?
Que… questa lettera me l’ha scritta…
 
 
 

Se anche tu provi lo stesso, ti prego, presentati nello spogliatoio del club di basket a ora di pranzo.
Se non lo farai, so che la tua risposta sarà negativa…
Con affetto,
Soichiro Jin”.

 
 
 
J… Jin? Soichiro Jin? Non posso crederci…
Se prima pensavo che fosse uno scherzo, sapendo che si tratta di Soichiro…
Come posso pensare una cosa simile?
Inghiotto a vuoto.
Soichiro Jin è innamorato di me?
Sono sotto shock…
 
Le ore di lezione scorrono lente. Continuo a pensare a cosa fare…
Jin è un bravo ragazzo, e lo trovo simpatico. E’ uno dei pochi che non ho voglia di picchiare e pranzare con lui mi piace. Parla moltissimo, raccontandomi tante cose divertenti, e completando i miei monosillabi, senza farsi scoraggiare dalle mie risposte secche.
Torniamo a casa insieme perché abitiamo nello stesso quartiere e anche lì lui mi racconta la sua giornata, commentando qualche evento divertente, o una materia in particolare, andando in due classi diverse.
E’ una delle persone con cui sto più bene in assoluto, ma non ho mai pensato a lui sotto questi termini.
Non ho mai pensato a nessuno sotto questi termini, e la sua lettera mi ha scosso.
Che fare?
Non mi va di ferirlo e di rifiutarlo, ma non mi va nemmeno di dirgli che mi piace anche lui…
Non lo so se è così! Non credo, almeno!
Sbuffo, irritato.
Che casino… quando ci si mettono di mezzo i sentimenti è sempre tutto troppo confuso!
Io non sono tipo da fidanzamento o smancerie… non sono uno che pensa che un abbraccio possa essere qualcosa di speciale!
Perciò come faccio io, Kiccho Fukuda, a iniziare una relazione con qualcuno?
 
Quando apro la porta dello spogliatoio, sento la gola chiudersi.
Alla fine ho deciso di venire qui e dirgli quello che penso.
“S… sei venuto…?”.
La sua voce incerta e imbarazzata, un po’ timorosa, mi fa sobbalzare.
Mi agito un po’, chiudendomi la porta alle spalle, quindi inizio subito a parlare: “Ho letto la tua lettera…” dico, con tono asciutto.
“Lo immaginavo…” dice lui, arrossendo fortemente sulle guance, sbarrando un po’ quei grandi occhi da cerbiatto che si ritrova.
“Non credo di provare quello che provi tu…” inizio.
I suoi occhi si sgranano ancora di più e immediatamente si fanno lucidi. Ha voglia di piangere, si vede…
Perciò continuo velocemente: “Però non mi sei neanche indifferente, perciò…”.
“P… perciò?” domanda lui, con il labbro inferiore che trema.
“Perciò… credo che potremmo… ehm…” balbetto, inghiottendo a vuoto “Provarci…”.
Il sorriso che si apre sulle sue labbra è enorme.
In un lampo, mi abbraccia per il collo stringendomi forte, affondando il viso nella mia spalla.
“Va bene… anche così… va bene…” sussurra.
Gli passo le mani intorno alla vita.
E’ una bella sensazione…
Forse…
Forse davvero certi abbracci hanno qualcosa di speciale…
 
 
 
**FINE**
 
(*01) In Giappone è usanza togliersi le scarpe che si portano da casa e indossarne delle altre per entrare negli edifici scolastici.
 
Nota finale: Sì, lo so… la lettera d’amore fa schifo ma io non sono mai stata brava con le romanticherie… u.u

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Capitolo 5
*** 14/06 - Kazushi Hasegawa X Hisashi Mitsui ***


Ed eccoci a questa quinta parte!
Qui trattiamo una coppia che, lo ammetto, credo piaccia solo a me! Ahahah! XD! Ma che ci posso fare se li trovo adorabili insieme? u.u
Comunque alcuni fatti di questa one-shot fanno riferimento ad alcuni presi in programma nel primo capitolo (quello su Akagi e Kogure). Dicendo invece qualcosa di nuovo, direi che in un certo qual senso, queste due one-shot sono collegate!
Buona lettura!



*



14/06 – Kazushi Hasegawa X Hisashi Mitsui



Merda. Merda. Merda. Merda!
Perché sono così idiota?
Me lo sono domandato spesso negli ultimi anni…
Se alle medie ero una stella del Basket, nominato MVP e con un futuro apparentemente spianato, giunto alle superiori si è ribaltato tutto. Improvvisamente, un infortunio al ginocchio ha cambiato tutte le carte in tavola. A quel punto avevo due scelte: o continuare a tracciare un futuro che avevo già iniziato a impostare, o cambiare tutto e iniziare qualcosa di nuovo.
Con vergogna ammetto che non vedere subito dei miglioramenti mi abbia scoraggiato e alla fine mi ha portato a fare quello che più sbagliato non poteva essere: mollare tutto. Il Basket, gli amici, la mia vecchia vita.
Ma soprattutto il Basket.
Ho pianto notti intere, chiuso da solo nella mia stanza, alla disperata ricerca di una risposta sensata a tutto quello.
Perché mi era stata portata via la cosa che amavo di più fare? Perché il mio ginocchio non si era ripreso? Perché mi era scivolato tutto tra le dita?
Certi pensieri mi tormentavano, e con essi la rabbia saliva.
Alla fine mi sono ritrovato sopraffatto da un tumulto di emozioni così potenti che mi hanno stordito, e quando mi sono risvegliato e ho aperto gli occhi, l’unica cosa certa è che ero incazzato nero. Ce l’avevo col Mondo intero, perché era ingiusto tutto quello che stavo vivendo. Era ingiusto che una sorte simile fosse toccata proprio
a me.
E da lì, è cominciata l’escalation di stupidaggini che hanno confermato ogni giorno quanto io sia irrimediabilmente un idiota: mi sono unito alla banda di Tetsuo, il peggior teppista di Kanagawa, uno con una fedina penale lunga come un’autostrada che collega due estremità di un paese. E con lui ho cominciato a fare a pugni. All’inizio ero una vera schiappa! Non lo avevo mai fatto, e si vedeva. Le prime volte ce le prendevo e basta. Ma insieme ai capelli che crescevano, cresceva anche la mia rabbia e la mia capacità di fare a pugni e alla fine, quando i capelli neri toccavano le spalle e io non mi riconoscevo più allo specchio, ero diventato sufficientemente bravo a fare a pugni tanto da essere diventato il braccio destro di Tetsuo e un teppista decisamente temuto nella mia scuola, forse il più temuto.
Temuto da tutti, ma non da Miyagi.

Quella testa calda era un pessimo elemento anche al primo anno, e quando ho scoperto che giocava a Basket, la mia cattiveria nei suoi confronti è aumentata. Da piccoli diverbi iniziali, alla fine ce ne siamo date così tante che siamo finiti tutti e due in ospedale, lui con la faccia spaccata e io senza denti. Che bel quadretto…
Ad ogni modo, quando uscì dall’ospedale, mi sentivo ancora più incattivito. E le risse aumentarono.
Quando Miyagi uscì dall’ospedale e io lo scoprì, andai subito a cercarlo.
La rissa che ne seguì in palestra penso che rimarrà negli annali della peggiore scazzottata avvenuta tra quelle quattro mura! Come rimarrà indelebile la figura patetica che ho fatto implorando il signor Anzai di farmi tornare a giocare!
Ecco: qui sì che ho avuto la conferma che sono un perfetto idiota!
Avevo sprecato tempo, e solo perché ero stato io stesso a deciderlo, troppo immaturo e impaurito di non tornare quello di un tempo, di non meritarmi più il titolo di MVP. Ero diventato una pessima persona e un crudele teppista. Eppure in quel momento ero lì a piangere come un bambino perché “La prego signor Anzai… io voglio giocare a Basket!”. Non dissi niente di falso, intendiamoci, ma mi piovve addosso tutto con una tale violenza che mi atterrò. Letteralmente. Fino a quel momento non avevo mai valutato l’idea di tornare, e quelle poche volte che il pensiero affiorava alla mia mente, subito lo scacciavo con prepotenza. Eppure lui era lì, in fondo al mio cuore, pronto a uscire di nuovo fuori alla prima occasione. Sarà stata la palestra, il parquet lucido, l’odore di sudore e della plastica della palla, sarà stato il rimbombo del palleggio sulle pareti, sarà stato rivedere Kogure e Akagi che avevano creduto in me… non lo so. Fatto sta che alla fine, ho ammesso a me stesso che io, senza Basket, non posso vivere.
E quindi il giorno dopo, capelli quasi rasati come mai li avevo portati, ho ricominciato la mia nuova vita. Da capo. Di nuovo.
Ma stavolta non mi spaventava.
E alla fine sono tornato in campo. Contro lo Shoyo. Prima partita, subito un grande avversario.
La mia squadra, lo Shohoku, era in svantaggio e lo Shoyo ci stava sovrastando, ma io mi sono dato una smossa, soprattutto perché nei bagni avevo sentito due giocatori dei bianco-verdi dire che non mi avrebbero fatto segnare più di cinque punti. Come si permettevano? Io ero sempre Hisashi Mitsui, l’ex MVP! Mica una mezza sega qualunque! Perciò ho combattuto la fatica e a poco a poco, nonostante la marcatura serrata, ho segnato dodici punti.
Alla fine, però, sono stramazzato al suolo.
E, di nuovo, mi sono sentito un perfetto idiota.
Mi sono ritrovato seduto vicino agli spogliatoi, ai piedi di una grossa scalinata di cemento pitturata di bianco, a piangermi addosso e a domandarmi perché avessi sprecato così tanto tempo. Perché ero stato così idiota.
Ma la risposta la conoscevo, ed era perché ero stato un vigliacco, e questo mi faceva arrabbiare ancora di più.
Quando la partita finì e la mia squadra vinse, mi sentivo al settimo cielo!
Ero anche sufficientemente di buon umore da rispondere a Kazushi Hasegawa dello Shoyo, che mi aveva avvicinato prima che entrassi negli spogliatoi. Era stato lui a dire che non avrei fatto più di cinque canestri. Era stato lui a marcarmi tanto strettamente da farmi tramortire al suolo. Perciò lo guardai con un po’ di diffidenza.
“Cosa c’è?” domandai. Mi sentivo abbastanza spavaldo, perché avevamo vinto e perché comunque lo conoscevo anche alle medie. Benché all’inizio il suo nome e il suo viso non mi avessero detto niente, durante la partita mi era tornata in mente una partita che avevamo giocato contro alle medie e avevo constatato i suoi incredibili miglioramenti. Altrettanto, purtroppo, non aveva potuto fare lui.
“Volevo farti i complimenti” mi disse, guardandomi con i suoi occhi piccoli e allungati “E scusarmi con te. Ho detto una bastardata nel bagno”.
Lo fissai dritto negli occhi, e mi resi conto immediatamente che era sincero: “Non importa. Capita a tutti di dire delle scemenze” dissi.
Lui mi sorrise.
A quel punto, pensando che la cosa fosse finita, feci per entrare negli spogliatoi, ma la sua voce mi chiamò ancora: “Aspetta, Mitsui!” mi voltai a guardarlo “Mi sento comunque in colpa, perciò vorrei offrirti almeno un caffè per sdebitarmi… o un frappè, o un gelato, o quello che ti pare…” mi disse frettolosamente.
Io lo fissai con un sopracciglio alzato: “Sei sicuro?” domandai. Che motivo c’era? Era una stupidata, in fondo…
“Certo! Ti lascio il mio numero” mi disse, porgendomi un foglietto “Se ti va, chiamami” disse semplicemente, prima di salutarmi con un cenno della mano.
Io lo vidi allontanarsi con la mia migliore espressione da perfetto idiota (di nuovo).
Lì per lì non compresi, ma a pensarci adesso, quella è stata la prima volta che io e Hasegawa ci siamo parlati all’infuori del campo da Basket. Quel preciso momento, porta il nome di quello che mi sta succedendo adesso e del perché mi sento così irrimediabilmente idiota!
Ebbene sì, perché dopo lo sbigottimento iniziale, arrivato a casa e buttatomi a peso morto sul letto, ho continuato a rigirarmi quel foglietto tra le mani per quasi due ore. Che dovevo farci? Perché dovevo chiamarlo? E soprattutto: perché era così importante per lui sdebitarsi? Il teppista che ero stato fino a qualche giorno prima avrebbe voluto chiamarlo solo per dargli appuntamento e prenderlo a pugni, ma la mia anima di sportivo tornata finalmente a prevalere mi diceva che era una cortesia a cui io non potevo sottrarmi, soprattutto perché l’avevamo battuti. Per Hasegawa, Hanagata e Fujima, quella era l’ultima opportunità per partecipare al Campionato Nazionale, e noi gliel’avevamo portata via. Ora: okay che nel gioco è così, c’è una squadra che vince e una che perde, ma in un certo senso mi sentivo in colpa. Me lo meritavo davvero? Mi meritavo davvero di andare avanti quando per due anni avevo buttato via ogni possibilità, mentre quei tre erano in palestra a sudare giorno e notte? No, ovviamente. Non me lo meritavo.
E questo senso di inadeguatezza, mi spinse a mandargli il primo messaggio, dopo un paio di giorni:


Ciao, sono Mitsui.
Quando vuoi, sono libero per un caffè.
Ci si vede!

Era un messaggio un po’ banale e stupido, ma pensai che andasse bene. Dopo pochi minuti, mi giunse la risposta:

Ciao Mitsui!
Allora facciamo domani dopo le lezioni. Ti aspetto vicino alla fermata della metro della tua scuola, va bene?
A domani!

Risposi affermativamente e il giorno dopo, come da accordi, Hasegawa era lì che mi aspettava. Portava la divisa dello Shoyo, con quella giacca verde e la camicia bianca, e in spalla aveva la borsa della palestra. Era distinto e dritto, e io mi sentii di nuovo un teppista con la mia schiena curva e la divisa blu notte dai grandi bottoni dorati. Lo salutai, e lui salutò me con un sorriso, poi domandai: “Hai allenamenti?”.
“Sì, anche se non andremo al Campionato Nazionale, vogliamo continuare ad allenarci” mi disse, facendo spallucce.
Annuii, ma non dissi altro.
“Allora… andiamo?” mi disse lui, voltandosi verso i tornelli della metropolitana. Annuii di nuovo.
Durante il viaggio in treno fu lui a parlare, più che altro. Io mi limitavo ad annuire, o a rispondere a monosillabi. Ero troppo concentrato a domandarmi per quale diavolo di motivo fossi lì…
Anche il resto del tempo fu tranquillo. Andammo in un bar e io ordinai un cappuccino, mentre lui un caffè. Parlammo un po’ delle partite, e dei nostri progetti dopo le superiori.
“Io penso che verrò bocciato…” sbuffai.
Lui alzò un sopracciglio, mescolando il caffè, in una tacita richiesta di spiegarmi meglio.
“Beh, la prima parte dell’anno l’ho saltata. E non sono uno studente così brillante da essere giustificato…” spiegai.
“Come mai hai saltato la prima parte dell’anno?” mi domandò. Ovviamente lui non poteva sapere del gigantesco casino che avevo combinato, così glielo spiegai con poche frasi e lo sguardo basso, intenzionato a dimenticarlo il più in fretta possibile. Lui dovette intuire, perché a parte un: “Oh!” sorpreso, non disse altro, ma anzi cambiò argomento: “Io penso di iscrivermi all’università di Giurisprudenza insieme ad Hanagata. Ne stavamo parlando anche stamattina… il test d’ingresso è tosto, ma penso che ce la faremo”.
“Sei bravo a scuola, quindi” dedussi.
“Me la cavo” sorrise lui, sorseggiando il suo caffè “Hanagata è molto più secchione di me!”.
Risi.
Fu la prima volta, e sono sicuro che ad Hasegawa non sfuggì.
Parlammo un altro po’, poi ci salutammo e lui, come promesso, pagò il conto anche per me.
Quando fummo fuori dal locale, si fermò un attimo a salutarmi, dovendo andare lui a sinistra e io a destra: “Grazie per aver accettato il mio invito” mi disse con un sorriso “A dire la verità non ci contavo proprio…” ammise.
Io sorrisi: “Sorprendo sempre anche me stesso” dissi, mentre lui mi sorrideva. Poi se ne andò.
I giorni successivi continuai a pensare a quel pomeriggio, rendendomi conto che ero stato bene. Non avevo detto molto, ma Hasegawa non era stato petulante e non mi aveva tormentato, anzi! Aveva rispettato i miei silenzio e li aveva riempiti con le sue parole, anche se a una prima occhiata non sembrava uno che parlasse molto…
Dopo tre giorni il mio cellulare vibrò nella mia sacca sportiva, mentre mi asciugavo e rivestivo dopo la doccia di fine allenamento. Fui sorpreso, e lo afferrai mentre le antenne di Miyagi, Sakuragi e Kogure, vicino a me, si sintonizzavano sulla mia zona vitale. Io cercai di ignorarli, mentre leggevo il messaggio, notando i loro occhi che cercavano disperatamente di leggerne il contenuto. Sobbalzai, quando lessi di chi era.
Hasegawa mi invitava di nuovo a prendere un caffè, più o meno con le stesse modalità della volta precedente, per due giorni successivi, se mi andava. Fissai il display del cellulare come imbambolato, poi alla fine risposi “Okay” di getto.
Me ne pentì subito, ma ormai il danno era fatto…
E perciò, ignorando le battute idiote di Miyagi e Sakuragi (“Cos’è, il nostro teppista ha un appuntamento?”) e i risolini di Kogure, due giorni dopo mi presentai davanti alla fermata della metropolitana guardandomi le spalle con la netta impressione che quei tre idioti mi stessero seguendo.
Cambiammo bar, ma all’incirca fu come la volta precedente. Unica eccezione è che dopo facemmo una passeggiata per le vie del centro. Ne approfittai pure per andare a comprare una polsiera nuova per gli allenamenti, perché quella che avevo era consumata e vecchia delle medie e aveva visto giorni migliori.
Ci salutammo come l’altra volta, andando una a destra e uno a sinistra, dandoci appuntamento direttamente per il giorno successivo. Successe così per quattro giorni di fila.
Due giorni dopo l’ultima uscita, gli scrissi io, invitandolo per uno one-on-one al campetto vicino alla spiaggia.
Avevo preso quella decisione dopo aver parlato con Kogure.
Alla fine, durante una pausa pranzo, lui si era avvicinato a me e con circospezione aveva cominciato a farmi l’interrogatorio: “Allora…” aveva esordito, sbocconcellando dal suo pranzo “Ho notato che sono un po’ di volte che sparisci subito dopo le lezioni e che torni solo per gli allenamenti…”. Era evasivo, e il suo sguardo vagava, ma sapevo perfettamente dove volesse andare a parare.
“Ho avuto da fare” risposi laconico.
Non avevo analizzato io cosa era successo, come potevo spiegarlo a Kogure? Sapevo solo che ero stato bene.
“Certo, capisco…” disse lui, tranquillamente, addentando un pezzo di carne portato alla bocca con le bacchette di legno chiaro “Però secondo me c’entra una ragazza”.
Ammutolì.
Ragazza…
“Non proprio” dissi, vago.
“Allora un ragazzo” mi sorrise lui, fissandomi sornione.
Io sobbalzai: “Ti odio…” dissi soltanto, sbuffando.
Kogure rise di cuore: “Ci avrei scommesso!”.
“C’è poco da ridere” gli dissi, riempiendomi la bocca di riso.
“Rido perché sono contento per te!” mi disse lui, annuendo. I suoi occhi erano sinceri, e io seppi che potevo fidarmi. Così gli raccontai brevemente quello che stava accadendo.
Lui continuò ad annuire per tutto il tempo e alla fine del racconto mi disse: “Beh, ti ha sempre invitato lui! E’ il caso che faccia tu il primo passo stavolta, no?”.
La sua affermazione mi lasciò spiazzato: “Primo passo? Guarda che non stiamo mica uscendo insieme…” dissi.
Kogure rise: “A me pare proprio di sì, invece!”.
Io rimasi basito a fissarlo, e non dissi più niente. Ma quelle parole mi fecero riflettere e alla fine mi resi conto che sì, Kogure aveva ragione: stavamo uscendo insieme. Se come amici o con qualche altra intenzione da parte sua, non lo sapevo… ma adesso la cosa che doveva preoccuparmi era una sola: che intenzioni avevo io? Anche se sono sempre stato un bel ragazzo, alle medie ero troppo concentrato sul Basket per dedicarmi al gentil sesso, perciò oltre qualche bacio fugace, palpata di seno e un paio di appuntamenti con qualche ragazza, non avevo fatto molto altro… con un ragazzo, poi, non avevo mai avuto a che fare! Se da una parte mi pareva più semplice, essendo anche io un uomo, dall’altra mi pareva un problema insormontabile. Oltretutto che Hasegawa non aveva mai fatto accenni a riguardo, perciò non potevo sapere che intenzioni avesse lui… io, da parte mia, c’ero uscito una prima volta per un senso di obbligo, come detto, anche di colpa, se vogliamo… ma poi? Perché c’ero uscito tutte le altre volte successive? Per attenuare il mio senso di colpa sarebbe tranquillamente bastato quel primo caffè… ero stato cortese, e fine. E se anche lui mi avesse scritto di nuovo (come ha fatto), io avrei potuto sempre dirgli di non scocciare più (non proprio in questi termini, ma insomma…)! E invece avevo accettato anche il secondo invito, e il terzo, e il quarto e così via… non che avessimo fatto grandi uscite, ma alla fine era la persona che avevo frequentato di più negli ultimi tempi, se si escludevano quelli della squadra. E perché lo avevo fatto? Scoprirlo sarebbe stato il passo successivo…
E perciò lo avevo invitato a quello one-on-one alla spiaggia. L’appuntamento era verso le sei, e mentre giocavamo l’aria era meno tersa e più respirabile.
La partita finì con venti a diciotto per me, e quando ormai il sole stava tramontando, ci sedemmo sul bordo del campetto ad ammirare il mare e a bere un po’ d’acqua.
“Domani dovrete giocare contro il Ryonan… sei nervoso?” mi chiese lui, in tutta tranquillità.
“Per chi mi hai preso?”. Ero stizzito.
Hasegawa sorrise, continuando a guardare il mare: “Per un giocatore che si sta giocando l’accesso al Campionato Nazionale” mi disse “Io ero molto nervoso, negli anni scorsi” ammise.
Lo fissai un attimo, poi mi rilassai: “Sono un po’ nervoso” ammisi “Non mi sento ancora molto in forma”.
“A me sei sembrato in forma” obiettò, indicando con il pollice il campetto alle nostre spalle, facendo riferimento allo one-on-one appena concluso.
“I due anni di stop si fanno sentire” obiettai.
“Questo non vuol dire che tu non sia in forma” ribatté lui.
Lo fissai: “Sei troppo gentile…”.
Già.
Era stata quella sua gentilezza a sorprendermi, all’inizio. In campo non ero stato tenero con lui, sbeffeggiandolo, eppure era venuto a scusarsi con me. Mi aveva invitato con discrezione e mi aveva aspettato lontano dalla scuola, in modo tale che non potesse darmi fastidio che ci vedessero insieme. Mi aveva parlato con calma, senza prendersela per il mio mutismo e mi aveva offerto il cappuccino senza fiatare. E nonostante fossi stato, appunto, poco loquace, lui mi aveva invitato di nuovo, mantenendo sempre quell’aspetto calmo e composto che, incredibilmente, mi metteva a mio agio.
Forse fu per queste consapevolezze che lo invitai anche il giorno dopo nello stesso posto, dopo la partita contro il Ryonan.
Fu una partita dura, ma alla fine vincemmo aggiudicandoci l’accesso al Campionato Nazionale. Akagi pianse. E io fui fiero di tutti noi.
E dopo essere andato a trovare il signor Anzai in ospedale e aver festeggiato anche con lui, mi diressi di nuovo al campetto sulla spiaggia.
Hasegawa era già lì che mi aspettava, congratulandosi con me per la partita e per la mia prestazione. Scoprì così che era venuto a vedere. Lo ringrazia, un po’ impacciato, e per togliermi dall’imbarazzo gli dissi di iniziare a giocare.
Il nostro one-on-one finì come il giorno prima: venti a diciotto per me. E come il giorno prima, ci sedemmo sulla spiaggia al limitare del campo, a sorseggiare una bibita e a guardare il mare.
Restammo in silenzio, e io ebbi modo di osservarlo bene. Guardava il mare davanti a noi, detergendosi il viso con un asciugamano bianco posato intorno al collo. La faccia ha dei lineamenti marcati, da uomo. Il naso è dritto e fino e gli occhi piccoli e allungati sono neri e profondi. E’ molto alto, e le sue spalle sono larghe. Mi piacciono le sue gambe, lunghe e magre.

Tutto sommato, il suo corpo mi piace, pensai, e anche il suo essere così gentile.
E fu proprio dopo quelle considerazioni fatte senza troppo impegno con me stesso che, spontaneamente, dalla mia bocca uscì l’irreparabile: “Sai, sei un tipo interessante, Hasegawa… se dovessi dirti, direi che mi piace come sei. Perciò vorrei invitarti a cena, la prossima settimana”.
Lui si voltò verso di me a occhi sbarrati, e dire che era sorpreso era dire poco! Ma altrettanto ero sorpreso io di me stesso! Lo fissai a mia volta a occhi sbarrati e poi mi sentì avvampare. Alla fine, sentì il mio viso diventare bollente e alzandomi di scatto ho farfugliato: “No, cioè, scusa, Hasegawa… ho detto una cavolata”. Ho afferrato di corsa la mia roba, stringendomela al petto: “Ciao. Scusa ancora!” ho detto, e poi sono letteralmente scappato via.


E questo ci riporta alla realtà dei fatti e alla mia domanda iniziale: perché sono così idiota?
Partendo dal presupposto che non sono mai scappato di fronte a niente e nessuno, per quale arcano motivo ho detto una cosa come quella?
D’istinto spengo il telefono, per paura che lui mi contatti, e mi dirigo a passo spedito verso casa mia dove alle cinque mi devo incontrare con Kogure. Arrivo un po’ in ritardo, ma mi rallegra vedere che lui non è ancora arrivato. Strano… di solito è così puntuale!
Cerco le chiavi nella sacca sportiva e nel mentre mi sento chiamare: “Mitsui!”. Mi volto, e vedo che è Kogure.
“Ciao Kogure. Sei in ritardo” dico. Lo sono anch’io, ma per una volta che posso rinfacciarglielo non mi farò sfuggire l’occasione…
“Lo so, scusami, ero con Akagi a prendere un frappè” mi dice, col fiatone, poggiando le mani sulle ginocchia e piegandosi in avanti, per riprendere fiato.
“Non importa. Scherzavo” dissi “Entriamo in casa?”.
Kogure sorride: “Certo!”.
Quindi, in pochi minuti, ci ritroviamo stravaccati sul divano del salotto di casa mia. I miei genitori sono entrambi al lavoro, perciò siamo soli e nessuno può romperci le scatole. Per questo motivo, allungo i piedi sul tavolinetto basso lì di fronte, in un gesto che di solito fa infuriare mio padre. Ma visto che lui non c’è…
Kogure è seduto vicino a me in silenzio, ma so che sta per sbottare, e infatti… “Allora?” mi chiede, tutto contento “Com’è andata?”.
“Un disastro!” sbotto.
Lui alza entrambe le sopracciglia e socchiude la bocca in una chiara espressione sorpresa: “E perché?”.
“Perché sono un coglione!” mi lagno, battendomi forte le mani sul viso, palmi ben aperti, nascondendolo alla sua vista.
“In che senso?” domanda lui “Che sei un po’ rimbambito ci sta…”. A questa affermazione gli schiocco un’occhiataccia, fissandolo tra le dita allargate, che lui ignora bellamente e continua a parlare: “Ma che hai combinato di così grave?”.
Mi sistemo meglio sul divano e mi metto di traverso, poggiando il fianco destro sulla spalliera e il gomito sul poggiatesta. Quindi comincio a parlare un po’ incerto: “Ma niente… abbiamo fatto la partitella, come ieri, e poi ci siamo messi a risposare guardando verso il mare”.
“Che romantico…” sospira lui. Io gli schiocco un’occhiataccia.
“Comunque niente, mentre eravamo lì in silenzio io mi sono messo a fissarlo e alla fine…”. Esito.
“Alla fine?” domanda Kogure trepidante, ad occhi sbarrati. Le labbra gli tremano, chiaro segno che non vede l’ora di sentire il resto della storia.
“Alla fine…” ripeto, inghiottendo a vuoto “Gli ho detto che mi piace e l’ho invitato a cena fuori!”.
“WOOOW!” mi interrompe Kogure urlando e battendo le mani.
“Ma cosa,
wow? Lui ha sbarrato gli occhi e non mi ha neanche risposto! A quel punto me ne sono andato di corsa, come un idiota!” sbotto.
“Ah” dice Kogure, perdendo subito l’entusiasmo.
“Avrei preferito che mi insultasse!” sbotto di nuovo, sbuffando.
“Non mi sembra il tipo…” mi dice Kogure.
“Ma se neanche lo conosci!” dico.
“Sì, okay, ma non mi sembra comunque il tipo che ti prende a parole per una cosa simile…” ripete lui.
C’è un attimo di silenzio, poi il quattr’occhi continua: “Adesso che intendi fare?”.
Lo guardo a occhi sbarrati: “NIENTE! Cosa vuoi che faccia?” domando.
“Beh, potresti scrivergli, per esempio…” mi dice lui, lentamente.
“Scordatelo!” dico, scuotendo la testa.
“E perché?” si stupisce lui.
“Ma neanche per sogno!” urlo “Ho pure spento il cellulare affinché non mi telefoni per insultarmi!”.
Kogure mi fissa basito, poi scoppia a ridere in maniera indecente.
Io rimango ancora più basito di lui: “Ma sei matto? Che c’è da ridere?”.
Lui continua a ridere a crepapelle, poi, cercando di calmarsi, mi fa: “Scusa, Mitsui, è che vederti così preso dal panico è davvero comico!” e ride di nuovo. Che screanzato!
“KOGURE! Non c’è niente da ridere!” sbraito.
Lui si asciuga le lacrime dagli angoli degli occhi (maledetto!) e poi, cercando di calmarsi, mi dice (vuole sembrar pacato, ma è chiaro che gli viene ancora da ridere! L’ho già detto che è un maledetto?): “Scusami tanto, Mitsui, è che ti avevo detto di andarci piano e guarda che hai combinato… sei il solito impulsivo!” ride.
Già…
Stamattina il mio cellulare aveva vibrato e sul display era comparso questo messaggio:


Mitsui-kun!
Gambatte ne(*01) per oggi! Vedrai che batteremo il Ryonan e andremo al Campionato Nazionale!
E per il tuo tet-a-tet amoroso di oggi pomeriggio… VACCI PIANO! La fretta è una cattiva consigliera…
A dopo!
Kogure

L’avevo ascoltato? Ovviamente no…
Sbuffo.
“Dai, Mitsui… vedrai che non è una cosa irreparabile…” mi sorride lui.
“Lo è eccome!” sbotto.
“Piantala di fasciarti la testa prima di essertela rotta e mandagli un messaggio!” mi consiglia, con tono calmo e pacato.
“Non se ne parla!” sillabo, in modo tale che il concetto sia chiaro.
“Ma perché no?” mi chiede lui, esasperato.
“PERCHE’ NO!” sbraito.
E andiamo avanti così praticamente per tutto il resto del pomeriggio e buona parte della sera, visto che lo invito a rimanere a cena e a farmi compagnia. I miei genitori sono a cena fuori, come tutti i sabati.

Quando Kogure se ne va e io rimango solo, mi butto a peso morto sul divano e mi copro gli occhi con un braccio. Vorrei sprofondare, mentre sento nella mia tasca il cellulare che mi tira i pantaloni della tuta facendo spessore. Mi sembra quasi che bruci sulla mia pelle, ma so che è solo una mia impressione dovuta al panico che mi sento nello stomaco…

Che mi è saltato in mente?
Non ne ho sinceramente idea… quel che è certo è che ho fatto un bel casino! Per una volta tanto che avevo trovato una persona gentile che non mi giudica un completo decerebrato, io combino un casino! Davvero non mi smentisco mai, eh! Oltretutto che non riesco nemmeno a capire perché io abbia detto una cosa simile! Voglio dire… come mi è uscito che mi piace? Okay: ho ammesso con me stesso che il suo modo gentile di trattare con me mi piaceva, e che anche il suo aspetto tutto sommato non mi dispiace, ma da qui a dire che mi piace ce ne passa di acqua sotto i ponti! Non lo conosco per niente… siamo usciti diverse volte, è vero, ma quanto posso dire di conoscerlo? Fatico a conoscere anche quegli imbecilli patentati che giocano a Basket con me tutti i giorni, perciò come posso dire che mi piace Hasegawa se nemmeno so che tipo è in realtà? E’ vero, con lui sono stato bene. Ma bene davvero. Come non mi capitava da tanto tempo!, ma da qui a dire che voglio invitarlo a cena… aaahhh! Come mi sono sentito idiota! Chissà cosa avrò pensato di me Hasegawa… che sono un idiota, probabilmente! Ma ormai l’abbiamo capito che lo sono, no? Perciò è giunto il momento di accettare la cosa e prenderne atto… il fatto è che mi rode di dover stare qui a rimuginare, perché io non sono un tipo così! Io prendo e agisco! E questo, lo ammetto, è decisamente la fonte di tutti i problemi che ho avuto in passato! Kogure qualche giorno fa mi ha detto che mi vede maturato, che sono una persona nuova, ma io mi sento sempre lo stesso teppista di qualche mese fa, che non sapeva cosa farne della sua vita e che aveva troppa paura, quindi la sprecava perdendo tempo e denti…
Sbuffo.
Merda.
Odio sentirmi così!
Mi tiro a sedere di scatto, portando il busto dritto e i gomiti sulle ginocchia. Lo sguardo perso di fronte a me, una mano chiusa a pugno e l’altra a coprirla sopra. Sbuffo di nuovo.
Per quanto non mi piaccia, devo fare i conti con me stesso.
Infilo una mano in tasca e tiro fuori il cellulare.
Me lo rigiro un attimo tra le mani, poi alla fine lo accendo.




Accidenti!
E’ tutto il pomeriggio che provo a chiamarlo ma niente! Il cellulare è sempre spento!
Hisashi Mitsui, dannazione!, accendi questo dannato telefono!
Sono talmente esasperato che chiudo di scatto il libro, facendo sobbalzare Toru, che mi fissa sconcertato da dietro gli occhiali quadrati dalla montatura nera: “Che ti prende?” mi chiede.
“Scusa…” sbuffo “Sono nervoso…”.
“Lo vedo” annuisce lui “E’ tutto il pomeriggio che sei attaccato a quel cellulare…”.
“Mi dispiace” ripeto “So che dovrei impegnarmi nello studio, ma ho la mente da un’altra parte…”. In teoria sono qui con Hanagata per studiare per il test d’ingresso all’università di Giurisprudenza, ma la mia mente ha un solo soggetto costante: Hisashi Mitsui.
Lui ridacchia: “L’ho notato…”. Fa un attimo di pausa, poi prosegue: “Non è che per caso c’entra una certa guardia di una certa squadra rosso e nera che porta il numero quattordici sulla maglia?”.
Sobbalzo, fissandolo a occhi un po’ sbarrati.
Lui ride: “Lo sapevo!” dice, buttando la matita sul libro con una certa veemenza “Ci avrei scommesso che ti piaceva quel Mitsui! Eri troppo fissato in questi anni nel volerlo battere! E quando mi hai raccontato di averlo incontrato a inizio anno con quei capelli lunghi e in giro con dei teppisti e che c’eri rimasto così male(*02)… cavolo! Adesso metto insieme tutti i pezzi!” ride ancora lui, analizzando la situazione meglio di quanto sia mai stato in grado di fare io.
Ripensare a quell'episodio mi fa male.
Avevo saputo che Mitsui si era fatto male, ma non credevo avesse abbandonato tutto. Anche se non ci siamo parlati (a parte il suo “Che cazzo hai da guardare?” che mi ha lasciato basito…), ho capito subito che aveva mollato. Quei capelli lunghi e quelle brutte facce con cui girava erano più eloquenti di mille parole. E mi sono sentito amareggiato, perché non potevo credere che un talento come il suo potesse essere sprecato così! Mi ero allenato tanto duramente in quegli anni per batterlo… e lui non giocava neanche più a Basket? Impossibile…
Forse è proprio perché ero così amareggiato che ho detto quella bastardata in bagno prima della nostra partita, sul fatto di non fargli fare più di cinque punti. Ovviamente lui con la sua classe mi ha smentito, ma mi sentivo comunque un verme perché ero stato pessimo. Perciò l’ho invitato per quel caffè.
Non ci speravo, intendiamoci, e infatti gliel’ho anche detto, ma alla fine lui ha accettato! E non solo quella volta, ma anche tutte quelle successive… addirittura, alla fine, è stato lui ad invitarmi.
E in tutti quei pomeriggi insieme, anche se tentavo disperatamente di non ammetterlo con me stesso, alla fine mi sono dovuto guardare dritto in faccia e ammettere che sì, Hisashi Mitsui mi piace. Dapprima era solo ammirazione, ma poi… beh, poi c’è qualcos’altro. L’ho capito uscendo con lui, osservando la sua faccia imbronciata, con quel sorriso sarcastico che vuole dargli l’aria di un duro, ma che in realtà è lì solo per nascondere le sue insicurezze. L’ho capito ascoltando i suoi silenzi, che piano piano sono stati sostituiti da frasi sempre più lunghe. L’ho capito osservando i suoi occhi blu, curiosi e attenti, ma sempre sfuggenti.
“Sei meglio di un investigatore privato…” sbuffo.
Toru ride: “Dai, solo un cieco non se ne accorgerebbe!” mi dice “Che è successo?”.
Gli spiego brevemente dei nostri incontri, e dell’ultimo, quando lui ha detto quelle cose.
“E perché sei rimasto zitto? Non era quello che volevi?” mi domanda Toru, sinceramente sconcertato, aggiustandosi gli occhiali sul naso con un dito.
“Infatti!” dico di slancio “E’ solo che…” sospiro “Non me lo aspettavo, ecco!” ammetto.
“E perché mai?” mi domanda lui, facendo rotolare la matita da una parte all’altra della pagina del libro, utilizzando le dita indice per dargli la spinta.
Lo fisso come se fosse idiota: “Beh… come perché? Perché è Hisashi Mitsui!”.
“E quindi è una bestia rara?” mi chiede Hanagata, rimanendo calmo.
“Stai forse cercando di farmi perdere la pazienza? Sai che è un’impresa difficile…” dico, guardandolo con sguardo minaccioso.
Toru ride: “Figurati! Non ti ho mai visto spazientito in tre anni che ti conosco!” dice “Almeno fino a oggi…”. E mi guarda di sottecchi.
Io alzo un sopracciglio: “Non sono spazientito”.
“Lo sei” mi contraddice subito lui “Perché lui non ti risponde e questa cosa ti fa andare in escandescenza, perché hai paura che non ci possa essere nient’altro che quelle poche uscite” analizza Hanagata, con quella calma pacata che lo contraddistingue.
Lo fisso malissimo: “Ha finito, signor psicologo?” gli dico.
Lui ride: “Forse!” fa spallucce “Tu continua a chiamarlo… noi ci vediamo domani, quando sarai più sereno e riuscirai a concentrarti meglio”. E quindi si alza, raccattando le sue cose.
“Mi dispiace…” dico di nuovo.
Toru scuote la testa con un sorriso: “L’amore prima di tutto!” ride.
“Te l’ho già detto che ti odio?” domando, con uno sbuffo divertito.
Toru annuisce sorridendo: “Non direttamente, ma tanto non ci crede nessuno… ci vediamo domani, Kazushi!” e agitando una mano, mi lascia da solo.
Sono nel parco cittadino, seduto su una panca di legno con i libri e la borsa poggiati sul tavolo dello stesso materiale. Il sole sta calando e anche se ormai è metà Giugno, la sera l’aria è abbastanza fresca. Sarà che sono comunque accaldato dallo one-on-one fatto con Mitsui poche ore fa, fatto sta che mi dirigo subito a casa e mi infilo dentro la doccia, per darmi una rinfrescata. Mentre sono sotto il getto tiepido dell’acqua, la mia mente vola inevitabilmente a Mitsui.
Questi pomeriggi insieme a lui sono stati stupendi. Non abbiamo fatto niente di che, intendiamoci, ma è stata proprio la sua vicinanza a rendere tutto così bello, per me… finalmente, dopo così tanto tempo, avevo modo di avvicinarmi a lui. Avevo tante aspettative, e avevo paura fossero deluse, e invece era meglio di quanto credessi! Già sapevo che era un grande atleta, ma anche come persona mi piace. Certo, come detto all’inizio non sapevo se mi sarei trovato bene con lui, e il suo quasi totale mutismo della prima uscita mi ha un po’ spiazzato, rendendomi incerto se invitarlo ancora, ma alla fine mi sono detto: ho qualcosa da perdere? No. Al massimo mi manda al diavolo… e se anche questa prospettiva non era per nulla allettante, ho mandato il secondo messaggio. Dopo poco, lui ha accettato. Dire che ho fatto i salti di gioia è riduttivo! Mi sono trattenuto dal farli davvero solo perché ero a fare spesa con mia sorella e mi avrebbero preso per pazzo!
Mi sono sentito sul filo del rasoio anche per tutti gli inviti successivi, visto che da parte sua non c’era mai stato un cenno, ma mi consolavo col fatto che avesse accettato di uscire con me.
Alla fine, però, anche stavolta la mia perseveranza mi ha premiato e, come nel Basket dove sono migliorato moltissimo, anche Mitsui alla fine mi ha invitato, senza aspettare che lo facessi io.
Mi ha invitato in quello che per noi è più congeniale: una partita di basket. Al campetto sulla spiaggia.
La prima volta, è stato nel pomeriggio inoltrato e io ho potuto godere di un tramonto bellissimo, seduto vicino a lui, con le schiene poggiate sulla rete metallica e i piedi affondati nella sabbia bianca e calda. L’oro del sole creava giochi di luce stupendi sulla sua pelle bronzea e io ho dovuto fare affidamento su tutto il mio autocontrollo per non saltagli addosso.
Il giorno dopo sono andato ad assistere alla loro partita contro il Ryonan, dove sono stati grandi e si sono aggiudicati l’accesso al Campionato Nazionale. E poco dopo ci siamo ritrovati nello stesso campetto. Stesso iter del giorno prima, ma stavolta purtroppo niente tramonto… poco male: la sua vicinanza era sufficiente a rendermi contento.
Certo, paragonata alla contentezza che ho provato quando dalla sua bocca sono uscite le parole “Mi piaci” e “Voglio invitarti a cena” nella stessa frase, era niente in confronto! Ed è stata quella contentezza assoluta a bloccarmi le parole in gola. L’ho guardato scioccato e sono rimasto un secondo di troppo in silenzio, perché lui lo ha interpretato male e se n’è andato.
Appena mi sono ripreso ho afferrato al volo il cellulare dalla sacca sportiva per chiamarlo, inciampando sull’asciugamano e finendo quasi a faccia avanti nella sabbia, ma l’ho trovato subito spento.
Ho provato a richiamarlo due ore dopo, mentre ero con Toru, ma ancora niente.
Sbuffo, mentre mi asciugo bene con l’accappatoio e lo butto sul letto, infilandomi quindi i boxer e la tuta che utilizzo per casa. Mi butto a sedere sul letto e afferro di nuovo il cellulare, lanciato sul cuscino. Compongo subito il numero di Mitsui (ormai lo so a memoria!) e sto per pigiare il tasto verde della chiamata, ma mi trattengo. Anche se muoio dalla voglia di sentirlo, non voglio sembrare pedante…
Con uno sbuffo lancio di nuovo il cellulare sul cuscino e nel mentre sento la voce di mia sorella che mi chiama per la cena.
Scendo e mangio controvoglia, sotto lo sguardo indagatore della mia famiglia, a cui il mio comportamento non sfugge. Mia sorella prova pure a fare una battuta, ma io la fulmino con lo sguardo. Lei ridacchia, per nulla impaurita.
Sbuffo per l’ennesima volta in questa giornata.

Appena finisco di mangiare me ne ritorno sconsolato in camera e mentre apro la porta, sento il cellulare vibrare e la luce azzurra del display è accesa. Chiudo la porta di botto e mi lancio a peso morto sul letto, afferrando di corsa il cellulare. Dalla fretta mi scivola dalle mani, e io impreco. Quindi lo afferro di nuovo e rispondo di getto, con tono frettoloso: “Pronto?”.
“Kazushi?”. La voce interrogativa di Toru dall’altro lato mi sgonfia subito l’entusiasmo.
“Ah, sei tu, Toru…” dico mogio, non riuscendo a mascherare la mia delusione.
“Questo tono depresso mi fa intendere che non sei ancora riuscito a parlare con Mitsui!” ride lui.
“Sì, e c’è poco da ridere…” bofonchio.
Lui ride di nuovo: “Allora ti lascio subito il cellulare libero!”.
“Aspetta!” dico “Se mi hai chiamato ci sarà un motivo, no?”.
Tanto Mitsui non mi chiamerà…, dice una vocina nella mia testa.
Sento un nodo in gola a quel pensiero.
“Volevo solo sapere come procedeva. Ho ottenuto la mia risposta, quindi ti saluto e torno a dedicarmi a ciò che stavo facendo!” mi spiega Hanagata. In sottofondo sento la voce di Fujima che ride e mi saluta.
“Sì, sì… lo so io che cos’è che hai da fare!” rido.
Anche Toru ride: “Ci si vede domani! Ciao!”.
“Ciao Toru, grazie della chiamata. Saluta Kenji” e metto giù.
Mi giro a pancia in su sul letto e allargo le braccia: “Beati loro…” sbuffo, con una nota d’invidia nella voce. Quei due si amano dalla prima superiore. Sono una coppia fantastica e io ho sempre desiderato avere un rapporto che almeno si avvicinasse a quello che hanno loro…

Me ne sto lì ancora per un po’, con la mente che vaga in immagini senza senso, poi alla fine faccio il numero di Hisashi e spingo verde. Sono quasi rassegnato a spingere direttamente il rosso al primo segnale che il cellulare è ancora spento quando…
Il cuore mi salta in gola.
Scatto a sedere sul letto mentre il suono, finalmente, è libero.
Squilla un po’, ma alla fine la voce di Mitsui mi risponde dall’altro lato: “Hasegawa?”.
“Sono io” dico di getto.
Sì, sì, sì! Sono troppo felice!
Okay, a pensarci bene non so neanche cosa devo dire, ma ha riacceso il cellulare e mi ha risposto, e sono troppo felice lo stesso! Qualcosa… mi inventerò! Sono o non sono uno dei più brillanti studenti dello Shoyo?
Lui non spiccica parola, ma sento il suo respiro nervoso, perciò penso di dover essere io a parlare: “Finalmente hai riacceso il telefono…” dico, sorridendo. Lo sento sbuffare divertito “Ascolta…” inizio “Mi dispiace di aver fatto scena muta, prima…”.
Lui mi interrompe: “No, scusa tu, ho detto una cavolata…”.
Io alzo un sopracciglio, con lo stomaco in subbuglio: “Perciò l’invito non è più valido?”. Okay. Non so da dove mi sia uscita tutta questa spavalderia, ma penso derivi dal fatto che voglio tentare il tutto per tutto pur di riuscire ad averlo. Sono anni che aspetto il momento di poter finalmente avere a che fare con lui, e adesso che ho assaporato quanto sia bella la sua compagnia, non posso rinunciarci!
Dall’altra parte solo silenzio, poi la sua voce, incerta, mi dice: “Mi stai dicendo che accetti di venire a cena con me?”.
“Certo che sì!” dico, di getto.
“Ma… perché?”.
Okay… calma: “Perché…” inizio, ma poi mi blocco: “Senti, non mi va di parlarne per telefono. Ti va bene se ci vediamo un secondo? Ti raggiungo io ovunque tu sia”.
Detta così sembra che io sia un cavaliere d’altri tempi, me ne rendo conto, ma davvero non voglio dirgli certe cose per telefono! E davvero lo raggiungerei anche in capo al Mondo!
“Okay. Però io sono a casa mia… semmai possiamo…” mi dice lui, ma io lo interrompo: “Casa tua va bene. Dammi l’indirizzo”.

Dopo aver ricevuto l’indirizzo, lo cerco un attimo su internet e mi rendo conto che è dall’altra parte della città. Poco male… è ancora abbastanza presto e la metro funziona ancora. Con un paio di cambi, riuscirò a raggiungere velocemente casa sua.
Quindi mi cambio velocemente, afferro una giacca leggera e dopo aver detto una bugia ai miei genitori (“Toru ha bisogno di una mano per il test… non so quanto ci metterò! Torno il prima possibile, e ho dietro il cellulare, comunque!”) che li ha convinti ma non ha convinto quell’impicciona di mia sorella che mi ha guardato con un sopracciglio alzato e un sorrisetto furbo, esco di casa.
Come previsto, con un paio di cambi della metropolitana raggiungo casa di Mitsui in circa trentacinque minuti.
Il viaggio è stato lunghissimo… o per lo meno, l’ho percepito tale perché non vedevo l’ora di arrivare!
Imboccando la via di casa sua, cerco con lo sguardo il numero civico che mi ha detto, ma poi lo vedo poggiato a un cancello di una bella villetta e mi avvicino correndo: “Mitsui!” lo chiamo.
Lui si volta a guardarmi, le mani affondate nelle tasche: “Ciao…” mi dice.
Gli arrivo di fronte e mi fermo. Lo guardo, e lo trovo sexy. Ha i capelli spettinati e una tuta larga e sformata, nera. La maglia bianca a mezze maniche dal bordo liso fa intuire che la porta spesso. Ai piedi un paio di ciabatte azzurre.
“Esci con le ciabatte?(*03)” domando, notandole.
Lui si guarda i piedi: “Mh… sì. Mi rompo a cambiare sempre le scarpe” mi spiega, facendo spallucce.
Io rido.
“Entriamo in casa?” mi chiede.
Il cuore batte forte.
“Sì”.


Appena siamo dentro, Mitsui mi porge un paio di ciabatte verdi e io le infilo.
“Non ci sono i tuoi?” domando, notando l’assoluto silenzio della casa.
“No, sono fuori a cena, come tutti i sabati”.
Lo guardo interrogativo, quindi lui mi spiega: “Sì, hanno quest’usanza da quando si sono sposati… tutti i sabati, dopo il lavoro, se ne vanno a cena insieme per starsene in santa pace”.
“Wow! Che bella cosa” commento “I miei non hanno di queste abitudini…”.
“Mah, se hai una nonna incapace di cucinare, credimi, saresti stato molto infelice per tutti i sabati della tua vita come lo sono stato io…” sbuffa.
Io rido: “Non oso immaginare…”.
“E fai bene!” annuisce, avviandosi verso il salotto e facendomi segno di seguirlo “Mi ha avvelenato per anni…”.
“Strano… di solito le nonne sono le migliori cuoche della terra…” commento, sedendomi dopo di lui sull’elegante divano scuro.
“La mia è l’eccezione che conferma la regola!” dice, sedendosi di sbieco sul divano.
Ci guardiamo un attimo negli occhi, e io mi sento nervoso. Le mani sudano e io me le asciugo sui jeans, facendo finta che ne stia lisciando la stoffa.
“Allora… hai detto che non ti andava di dire quello che dovevi per telefono…” inizia lui, senza giri di parole.
“Infatti” annuisco.
“Quindi?” mi domanda, fissandomi dritto negli occhi.
Adesso non c’è più l’incertezza e la vergogna di oggi sulla spiaggia. Non c’è insicurezza o tentennamenti. Il suo sguardo è fiero e dritto nel mio, consapevole.
Una volta di più mi rendo conto di quanto il suo animo sia forte. Come nel Basket, anche oggi ha tentennato, ma ha subito trovato la forza e lo spirito per rialzarsi e affrontare la vita a testa alta. Ha un temperamento deciso, e anche se a volte sembra cedere, riesce sempre a rialzarsi. E’ una persona forte, e me lo sta dimostrando.
“Beh…” comincio, passandomi di nuovo le mani sui jeans, in un gesto nervoso “Per telefono non mi sembrava una cosa carina da dire, ecco…”.
“Guarda che puoi dirmelo tranquillamente che vuoi mandarmi al diavolo” mi dice lui, con tono calmo e freddo.
Mi volto a guardarlo di scatto: “Mandarti al diavolo?”. Ma è matto?
“Voglio dire…” fa spallucce “Lo capirei”.
Lo fisso con sguardo torvo: “C’è poco da capire!” sbotto “Se volevo mandarti al diavolo secondo te mi preoccupavo di chiamarti?”. La mia logica non fa una piega, e deve averlo pensato anche lui, perché lo vedo che si innervosisce, muovendosi un poco sulla poltrona morbida.
“Forse no…” bofonchia.
Lo guardo dritto negli occhi, e lo vedo imbarazzato.
Io mi sento la sudarella, nonché la tremarella, ma non posso più starmene zitto.
Lo afferro per le spalle e parlando con la voce più seria che riesco a trovare, butto fuori tutto: “Se non me ne importava un accidenti, non ti avrei mai lasciato il mio numero, né ti avrei invitato una volta, né le successive” sospiro “E’ vero, oggi sono rimasto muto come uno scemo… e mi dispiace, davvero!, ma mi hai preso alla sprovvista! Non me lo aspettavo, e non ho avuto la prontezza di riprendermi subito…” ammetto.
Lui continua a fissarmi, ma non dice niente, aspettando che io finisca il mio discorso.
“Il fatto che se sono rimasto così sconvolto non è il motivo che pensi tu, ma è perché… beh…” tentenno, sentendo le guance avvampare “Sì, insomma…” inghiotto a vuoto “Anche tu mi piaci” ammetto alla fine, vedendo i suoi occhi che si spalancano “E mi piaci da parecchio… perciò non credevo possibile che tu potessi interessarti a me a tua volta” ammetto.
Ho il fiato corto, perché ho parlato a lungo e di fretta, e il suo silenzio mi innervosisce.
“Io ti piaccio?” domanda lui, con la migliore delle sue facce sorprese, indicandosi il petto “Sul serio?”.
Ha l’espressione più comica del Mondo, e vorrei abbracciarlo forte, ma mi trattengo. Già solo il contatto con le sue spalle con i palmi delle mie mani è abbastanza destabilizzante…
Porca miseria…
Come mi hai ridotto, Mitsui?
“Beh, se sto facendo la figura del cretino così tanto, direi che sono sincero, no?” domando, sorridendo un po’.
Lui mi fissa con la faccia sorpresa e curiosa, come un bambino, con gli occhi grandi che mi scavano dentro.
Poi accade.
In un battito di ciglia, le sue labbra sono sulle mie.
Sono morbide e calde, ma ho pochissimi secondi per dirlo, perché si stacca subito.
Mi ritrovo a fissare i suoi grandi occhi blu a pochi centimetri dai miei, che mi scrutano da sotto le lunghe ciglia nere. Lo vedo inghiottire, mentre aspetta una mia qualsiasi reazione.
E dopo lo sbigottimento iniziale, direi che non mi faccio attendere.
Gli circondo il volto con le mani e lo attiro a me, baciandolo profondamente. Le sue labbra sono morbide e calde come le avevo percepite e appena spingo con la lingua per chiedere accesso alla sua bocca, lui le dischiude e la sua lingua risponde subito alle mia e in men che non si dica, ci ritroviamo distesi sul divano, lui sotto e io sopra. Le sue braccia mi circondano il collo e le mie cominciano a vagare sul suo corpo, carezzandogli il busto da sopra la maglietta.
Okay.
Sono morto e sono in Paradiso.
Non c’è altra spiegazione.
Perché non può essere vero!
Non posso davvero stare baciando Hisashi Mitsui!
Per la miseria…
E’ meraviglioso in una maniera incredibile, come nemmeno nei miei sogni più sfrenati poteva essere…



Allontano il suo viso dal mio e lo guardo negli occhi: “Quindi sei serio…” dico, con tono ironico.
Lui sbuffa: “Secondo te?” mi chiede.
“Secondo me direi che abbiamo saltato qualche passaggio, tipo la cena fuori…” dico.
“E non va bene?” mi domanda lui.
Lo guardo, e vedo i suoi profondi occhi neri fissarmi intensamente, con una passione bruciante che mi fa tremare: “Direi che va benissimo…” dico, prima di riacciuffarlo e baciarlo.
Le sue labbra sono fameliche sulle mie. Percepisco in un solo istante quanto abbia desiderato baciarmi.

Quando ha detto quelle cose non ci credevo che potesse dire sul serio, ma il suo sguardo mi è parso sincero, e in questi giorni non ho mai avuto la sensazione che lui fosse una persona subdola, anzi! Mi ha dimostrato più di una volta di essere sincero e maturo, pacato. Tutto il contrario di me, insomma…
Perciò, questa sua passione nel baciarmi mi sorprende e mi aggrada, perché sono felice di essere stato io a scatenargli tanta enfasi.
Quando ho visto il cellulare illuminarsi e il suo nome sul display, lo avevo appena riacceso. Non credevo che mi avrebbe chiamato, perciò ho fatto un balzo. Ho risposto dopo un po’, incerto sul da farsi, e sentire che era davvero lui, mi ha scatenato subito un sospiro di sollievo. Ho sentito le spalle contratte rilassarsi e ho ringraziato il cielo che mi avesse cercato.
Dopo aver riattaccato, aspettando che lui arrivasse, mi sono domandato che diavolo mi era preso, a sentirmi così contento, e alla fine l’ho dovuto ammettere: quello che avevo detto di slancio giù alla spiaggia, era solo quello che sentivo. Solo che il mio cuore era stato più veloce della mia testa nel comprenderlo…
Perciò…
“Mi piaci, Hasegawa” dico, mentre le nostre labbra sono divise per un attimo.
“Anche tu mi piaci, Mitsui…” mi sussurra lui, prima di baciarmi ancora “E chiamami Kazushi, ti prego…” dice piano.

“Allora a te toccherà chiamarmi Hisashi…” sorrido, mentre sento le nostre labbra che si sfiorano a ogni sillaba.
Lui mi guarda per un attimo, mentre il suo pollice mi carezza una guancia: “Mi piaci da impazzire, Hisashi” ripete, utilizzando stavolta il mio nome.
Nella sua voce, solo sincerità.
Sorrido: “Anche tu mi piaci, Kazushi… tanto” ammetto.
“Anche se abbiamo spinto sull’acceleratore?” mi chiede, sorridendo.
Io rido: “Poco male…” sussurro “Per una cena fuori c’è sempre tempo…”.
I suoi occhi si illuminano, e io mi sento felice come solo quando gioco a Basket…




**FINE**



(*01) Gambatte ne: Buona Fortuna in giapponese.
(*02) E’ una situazione che accade veramente nel Manga, ma purtroppo non ricordo in quale volumetto, mi dispiace! ç__ç
(*03) In Giappone è usanza togliersi le scarpe nell’ingresso e infilarsi le ciabatte, o andare scalzi per entrare in casa. Per uscire, bisogna rimettersi le scarpe. Esiste una specie di scalino che divide il pavimento di casa da quello dell’ingresso. Nella parte più bassa è concesso poggiare le scarpe, ma non salire lo scalino con esse. Idem non è concesso scendere lo scalino con le ciabatte.

Nota di fine fan ficiton: Rileggendo la fan fiction, ho notato che è impossibile che il fatto che Hasegawa e Mitsui si mettano insieme nella stessa sera in cui lo fanno Akagi e Kogure, perché appunto uno dei Day è ad Aprile (AkaKogu) e questo (HaseMit) è a Giugno. Però, essendo la AkaKogu incentrata sulla partita dopo il Ryonan che si svolge a Giugno nel Manga, direi che è decisamente la prima one-shot (la AkaKogu, appunto) ad essere del tutto sballata! Perdonatemi! ç__ç
Ci rivediamo il 1° Luglio per il Ryo/Aya Day!

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Capitolo 6
*** 01/07 - Ryota Miyagi X Ayako ***


Ed eccoci qui a questa sesta parte!
Che coppia tenera che sono! Due veri imbranati! Ahahah! XD!
Per Ryota e Ayako avevo solo la maglia di Ryota, ovviamente, ma Ayako è la manager n°1, perciò ho scelto il primo giorno di questo mese per festeggiare questa stupenda coppia!
Buona lettura!



*



01/07 – Ryota Miyagi X Ayako



Il nuovo capitano.
Sono il nuovo capitano.
BWAHAHAH! SONO UN FIGO! IL MIGLIORE! VIVA MEEE!

No.
Fermi tutti…
Così sembro quell’esaltato di Hanamichi! Diamoci una calmata…
Sospiro pesantemente, cercando di rilassare le spalle e di riprendere lucidità.
Sono felice come una Pasqua, e mi sento davvero esaltato da tutto questo, ma se riuscissi ad avere anche Ayakuccia allora sarei felice come non mai!
Già…
Ayakuccia!
Sento già le lacrime colarmi sulle guance…
Perché non mi ami, Ayakuccia? Okay, non sono un figo come Mitsui o Rukawa, ma non sono nemmeno idiota come quella testa rossa o osceno come il Gorilla! Insomma, anche io ho il mio sex appeal! E per la miseria se sono figo, se voglio! Eppure tu non mi consideri… perché? Cosa devo fare per riuscire a conquistarti?
Aaahhh…
Sono così sfiduciato!
Perché non ho fortuna in amore come ne ho nel Basket? Eppure ho la stessa passione per entrambe le cose…
Anzi, no. Forse mi piace di più Ayakuccia! Anzi, senza forse!
Ayako è la persona a cui tengo di più al Mondo! Ma lei non vuole capire!
PERCHE’?
Se pure quel deficiente della testa rossa è riuscito a conquistare quel gran figo di Rukawa, perché io non riesco a conquistare la mia Ayakuccia? E vogliamo parlare del fatto che pure quel Gorilla senza cuore è riuscito a farsi amare da quella buon’anima di Kogure? E Mitsui? Ah! Quel teppista da strapazzo è riuscito a mettersi con Hasegawa dello Shoyo, che sembra una persona per bene, al contrario di lui! Insomma, per farla breve, tutto sono riusciti ad accasarsi… tranne io!
E poi questo è anche l’ultimo anno delle superiori… alla fine di questo anno scolastico io e Ayako ci diplomeremo e lei sicuramente sceglierà qualche facoltosa università da frequentare, visti i suoi voti… magari lontano da qui, a Tokyo o a Osaka! E io? Io come farò senza poterla più né vedere né sentire? Non avrò più nessuna scusa per telefonargli e domandargli qualcosa degli allenamenti come faccio adesso… dopo lei non sarà più la nostra manager!
AAARRRGGGHHH!
Mi metto le mani nei capelli e me li scompiglio forte, con espressione afflitta e disperata, a denti stretti.
“Vuoi diventare pelato, Ryochan? Guarda che non serve che somigli ad Akagi anche nell’aspetto per essere un bravo capitano…”. La voce di Ayako mi fa sobbalzare.
“AYAKUCCIA!”. Mi volto di scatto verso di lei, che mi sorride tranquilla con quelle belle labbra carnose tinte di rosa “Io non voglio diventare brutto come il Gorillone!” dico sorridendo, spingendo con le mani sui piedi accavallati. Sono seduto a terra, nell’erba del giardino della scuola in pausa pranzo, a gambe incrociate. Sono nel parco davanti alla palestra, perché vederla mi rilassa e mi fa pensare lucidamente (beh, più o meno…).
La vedo sedersi vicino a me, compostamente, portando le gambe a sovrapporsi come una bella sirenetta. I suoi riccioli marrone scuro sono scompigliati dal venticello fresco di questa prima giornata di Luglio e lei profuma di rosa.
Aaahhh… come sei bella Ayakuccia!
“Se ti sentisse, probabilmente ti avrebbe già dato un sonoro pugno in testa!” ride lei “Vuoi?” mi chiede poi, porgendomi il suo pranzo nella confezione rosa e mostrandomi molte pietanze ben realizzate e ordinatamente disposte.
Il cuore mi batte forte: “Posso davvero?” domando, indicandomi con faccia ebete.
“Te l’ho detto io!” mi dice lei, scrutandomi con espressione un po’ divertita e un po’ severa.
Io annuisco, afferrando un pezzetto di quelle delizie. La addento subito e rimango estasiato dalla bontà di quella semplice pietanza.
La mia faccia ebete deve dire molto, perché lei ridacchia e mi fa: “Buono? E’ uno dei miei primi esperimenti in cucina…” dice, addentandone uno a sua volta.
Io sobbalzo: “L’HAI FATTO TUUU?” domando, con gli occhi fuori dalle orbite e il cuore che galoppa impazzito. Ayakuccia ha condiviso con me il suo pranzo. Pranzo squisito preparato da lei. Unbelievable! Non ci posso credere! Sono felicissimo! Sto mangiando qualcosa preparato dal mio amore segreto (che poi tanto segreto non è visto che lo sanno tutti, ma non state a puntualizzare, no? Quanto siete precise! Un po’ di brio nella vita, su!)…
Lei annuisce.
“E’ buonissimo, Ayakuccia, la cosa più buona che io abbia mai mangiato!” le dico di slancio, con gli occhi a cuore.
Lei ride: “Non dire scemenze, Ryo-chan(*01)!”.
“Non dico scemenze, Aya-chan! E’ davvero la cosa più buona che io abbia mai mangiato!” ripeto. Il mio complimento era sincero…
Lei sorride tranquilla, con un leggero sbuffo: “Sei troppo buono con me, Ryota…” mi dice in tranquillità.
“Io sono sempre sincero quando ti faccio i complimenti, Aya-chan…” sussurro, imbarazzato da morire.
Ma d’altronde è la pura e semplice verità. Lei per me è la donna perfetta, e lo so che non potrò mai amare nessuna come amo lei! Ayako è tutto, per me…
Lei mi sorride: “Sei seriamente innamorato di me, eh, Ryo-chan?”. Me lo sussurra lentamente, con tono calmo.
Io mi stupisco: “Certo che sì!” dico concitatamente. Possibile che non l’abbia ancora capito? Okay, faccio sempre la figura dell’idiota di fronte a lei, e non sembro mai serio, ma è solo perché l’imbarazzo mi corrode! “Io sono davvero innamorato di te, Aya-chan… da quando ti ho visto la prima volta…” sussurro con lo sguardo basso, sentendo le orecchie ustionare dall’imbarazzo. Lo so, sono bordeaux…
La sento sorridere: “Allora vorrà dire che è giunto il momento di premiare la tua costanza, Ryo-chan…” mi dice.
Alzo la testa di scatto, il cuore mi galoppa impazzito: “Ayakuccia tu… mi stai dicendo… che…” inghiotto a vuoto. Non posso crederci… non posso crederci… non posso crederci!
Lei mi guarda con biasimo: “Ti sto dicendo di stare zitto e darmi un bacio, idiota… o vuoi una sventagliata?” mi minaccia, chinandosi verso di me.
Io la fisso a occhi sbarrati: “T… tu… tu vuoi che… sì, insomma, ecco…” balbetto senza sosta, agitando le mani come un pazzo, col cuore che mi batte in ogni vena del mio corpo.
“Sta per partire la sventagliata, sappilo…” mi dice lei, minacciosa, avvicinandosi un altro po’, con le gote leggermente rosse dall’imbarazzo di essere stata lei a fare il primo passo.
La fisso nei grandi occhi marroni dalle lunghe ciglia delineate dal mascara. Il naso piccolo e all’insù. Le gote un po’ rosse e quelle meravigliose labbra carnose… labbra che lei, proprio lei, mi sta dando il permesso di baciare…
“Ayako…” sussurro, avvicinandomi a lei fino a sfiorare le nostre labbra.
La fisso negli occhi, chiedendo un’ulteriore conferma perché davvero non ci credo che stia succedendo proprio a me, e quando lei mi sorride, so che finalmente la felicità è giunta anche per me…



**FINE**



(*01) Il suffisso –chan come il –kun o il –san sono indicativi di una confidenza tra le parti che parlano. In questo caso, il –chan è un suffisso di buona confidenza tra le due parti. Il –kun lo si dice a compagni di classe o di squadra, quando non si è ancora amici ma nemmeno degli estranei. Il –san è invece quello con più onorificenza, e lo si usa di solito con persone più grandi.

Ci vediamo tra cinque giorni per il Sen/Kosh Day!

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Capitolo 7
*** 06/07 – Akira Sendo X Hiroaki Koshino ***


Ed eccoci a questa settima parte, la penultima, per la cronaca!
Tratta di una coppia che personalmente adoro e che è la mia preferita dopo la HanaRu (e insieme alla HaseMit! u.u)!
Questi due insieme sono… la pucciosità!
Buona lettura!



*



06/07 – Akira Sendo X Hiroaki Koshino



Quella che io, Akira Sendo, mi sto per trovare ad affrontare, è la sfida più dura, impervia, difficile e sfiancante della mia vita.
E no, non sto parlando di Basket.
Sto parlando di qualcosa di molto più faticoso di quaranta minuti di corse, salti, canestri e tensione. Sto parlando di una cosa mortalmente più dolorosa degli urli di Taoka nei miei poveri timpani.
Sto parlando di quell’unica persona che mi fa tremare le gambe.
Sto parlando di dire a Hiroaki Koshino che sono innamorato di lui!

Beh? Cos’è questa reazione tiepida?
PRONTOOO! Avete sentito che nome ho detto?
Hiroaki Koshino!
H I R O A K I  K O S H I N O !
Mica uno qualunque!
Parlo di quell’orso brontolone e manesco con cui gioco da tre anni a questa parte e che è il mio migliore amico dai tempi delle medie! Di quel musone numero uno (okay, forse Rukawa lo batte) che non solo critica ogni mio approccio col gentil sesso, ma che conosce anche tutti i miei più torbidi segreti.
E quest’ultima cosa è quella che forse mi fa tremare di più le gambe. Più del suo mutismo o dei suoi brontolii: la cosa che più mi spaventa è il fatto che lui sappia che tipo sono.
Non gli ho mai nascosto nessun mio fatto personale. Lui sa quando ho dato il primo bacio, quando ho fatto sesso la prima volta, con chi l’ho fatto e per quante volte. Lui sa con esattezza matematica quanti partner ho avuto e spesso e volentieri mi ritrovo a rendermi conto che, a dirla tutta, lui ricorda molto meglio di me tutta questa serie di cose…
Però, esattamente come lui conosce tutte queste cose di me, io conosco anche tutte queste cose di lui.
Cose che, nel suo caso, si riducono a una manciata di situazioni che non hanno mai sfociato nell’atto sessuale.
Perciò è qui che sorge il problema: come potrà fidarsi di me?
Conoscendo che tipo sono (ovvero quanto mi piace divertirmi), come farà a credere che con lui sono assolutamente, certamente, fedelmente serio?
Perché E’ COSI’, potete scommetterci!
Okay, faccio il cretino e ci provo con tutti, ma lui è… beh… LUI!
Insomma, potrei mai fare il cascamorto con Hiroaki solo per il gusto di farlo? Ovviamente no! Hiroaki è, innanzi tutto, il mio migliore amico. La persona che c’è sempre stata quando avevo bisogno di lui e che in assoluto non mi ha mai fatto mancare il suo appoggio. Anche quando sbagliavo e me lo diceva, ma se io ero convinto e proseguivo per la mia strada, lui mi era accanto.
E’ la persona più fedele che conosca, e qui sorge il tasto dolente…
Io non sono molto fedele, di solito…
Ma di solito non amo nessuno di quelli con cui finisco a letto, e questo è certamente un caso completamente differente!
Come perché?
Perché io AMO Hiroaki!
Sul serio, non come un cretinetto alla prima cotta.
Sono SERIAMENTE INNAMORATO di lui.
E mi tremano le gambe. D’emozione e paura, e mi sento un po’ scemo… ma è davvero così!
Non credevo che fossi un tipo che poteva innamorarsi. Ho sempre pensato che sono il classico tipo da una botta e via (che bella opinione ho di me stesso!), eppure… eppure mi sono innamorato di Hiroaki.
L’unica, assolutamente l’ultima persona che avrei mai pensato di poter amare.
Ma nonostante questo, da quando ho capito che quel groviglio di roba che sentivo alla bocca dello stomaco quando lui era con me (ma pure quando non c’era e ci pensavo) era amore, ho anche capito che è del tutto naturale che io mi sia innamorato di lui, perché lui è perfetto per me.
Io ho sempre la testa tra le nuvole, mi perdo in un bicchier d’acqua e sono decisamente sornione. Nessuno sa cosa si nasconda dietro al mio sfrontato e perenne sorriso. Nessuno tranne Hiroaki. Perché lui mi fulmina subito, quando sa che sto tramando qualcosa, e me lo dice in faccia, anche se sa che non mi piacerà per niente, anche se risulterà antipatico. Lui me lo dice. Ed è sicuro e certo, e non tentenna mai. Però è sensibile, terribilmente sensibile, e anche se preferirebbe mordersi la lingua piuttosto che ammetterlo, in fondo è un tenerone che si commuove anche di fronte a un film o a un libro romantico.
Sbuffo.
Mi sono decisamente preso una bella gatta da pelare…
“Sempre con la testa tra le nuvole tu, eh?”.
Mi volto sorpreso e chi mi ritrovo davanti? Hanamichi Sakuragi! L’ultima persona al mondo che avrei pensato di incontrare oggi!
“Sakuragi! Che sorpresa!” dico, e sono sincero “Sei da solo?” domando, osservando lo spazio intorno a lui.
“Ti dispiace che non ci sia anche Rukawa, eh?” mi ringhia lui, con sguardo minaccioso.
“Era solo un’innocente domanda, non ti agitare…” sorrido io con fare serafico, assumendo la mia migliore espressione da Buddha in pace coi sensi.
“Come no!” sbuffa lui, fermandosi di fronte a me con le mani affondate nelle tasche dei jeans. Mi fissa malevolo, con quei capelli rosso fuoco che riflettono il sole di Luglio in maniera accecante. Ha la pelle abbronzata, più del solito, e devo dire che con questo nuovo taglio di capelli non è niente male… certo, non sexy come Rukawa, ma sicuramente sta meglio che con quell’assurda banana che aveva in testa la prima volta che l’ho visto!
“Sono sincero. Te l’ho già detto: non mi interessa Rukawa in quel senso”.
Sì, perché il problema della sua ostilità è proprio questo: pensa che io miri a Rukawa e alle sue grazie.
E tutto questo perché dopo la fine del mio secondo anno e del suo primo anno, Rukawa è stato convocato nella Nazionale Juniores dove anche io ho partecipato per il secondo anno consecutivo. E caso volle che l’allenatore, sapendo che venivamo dalla stessa prefettura, ci ha messi in camera insieme.
Ho sempre pensato che Rukawa fosse un gran bel ragazzo, ma stop. E’ un giocatore eccezionale, e se penso a lui lo faccio come avversario. Ma la testa rossa qui presente non doveva vederla allo stesso modo perché ha tempestato di chiamate il povero Rukawa per tutti i giorni, continuamente, minacciandomi di morte solo perché respiravo la sua stessa aria.
Benché Rukawa non mi abbia mai detto niente, non c’è voluto di certo una cima per capire che quei due stavano insieme… così un giorno ho afferrato il cellulare di Rukawa e, con la migliore delle mie facce da schiaffi, ho detto a Sakuragi di rilassarsi perché non c’era davvero nulla di cui preoccuparsi. Ovviamente non c’è stato verso, e perciò adesso gli sto antipatico anche come persona, oltre che come giocatore…
Ma in fondo lo capisco. Anche io impazzirei di gelosia se qualcuno si avvicinasse al mio Kosh…
“Allora? Come mai sei in giro a bighellonare senza avere la possibilità di tenere d’occhio la tua dolce metà?” domando. Okay, Rukawa non mi interessa, ma punzecchiarlo è sempre divertente…
Lui in tutta risposta sbuffa malevolo: “Devo cercare un regalo per mia madre. Tra poco è il suo compleanno” mi dice. Ha la faccia afflitta, ma non posso dargli torto. Pure io sono un disastro nel fare i regali!
“E non hai trovato niente?” domando, giusto per chiacchierare un po’.
“Macché!” sbuffa lui, irritato.
“Senti, Sakuragi, che ne dici di schiarirti un attimo le idee prendendo un gelato con me?” domando.
Lui mi scruta: “Non accetto inviti dai porcospini maniaci” ringhia.
“Guarda che non è mica un appuntamento!” rido “Ho solo un gran caldo, e voglio rifugiarmi in un posto con dell’aria condizionata!” affermo “E magari fare quattro chiacchiere con un vecchio amico”.
“Io e te non siamo amici” specifica lui, ma io non gli bado. Lo afferro per un braccio: “Sì, sì…” dico con noncuranza, trascinandolo nel primo bar che mi capita a tiro.
 
Quando arriva la nostra ordinazione, lui continua a fissarmi malevolo. Gli ho anche detto che offro io, ma non c’è verso che si rilassi…
“Non essere così di cattivo umore, Sakuragi, e mangia il tuo gelato!” dico. Sì, perché ha pensato bene (visto che pago io) di prendere una mega coppa di gelato con le creme più caloriche che c’erano sul menù. Io al contrario mi sono limitato a una granita al limone.
Lui affonda il cucchiaino dentro alla pallina di cioccolato, quindi continua a scrutarmi.
Io sorrido: “Perché mi fissi sempre in modo così malevolo?”.
“Mi stai antipatico” è la sua pronta risposta.
“Non riesco a capire perché ti sto così antipatico… te l’ho detto in ogni modo possibile che non mi interessa Rukawa, a parte che come avversario in campo!” gli ricordo.
“Come no…” sbuffa.
“No, davvero. Io sono innamorato di un’altra persona” dico. Non mi va molto di dirlo a lui, ma magari così la smette di trattarmi così male! In fondo, a me non piace litigare con nessuno… tanto meno con una persona come Sakuragi che mi pare tutt’altro che cattiva!
“Ah, sì?” domanda curioso, finalmente distendendo le sopracciglia scure in un’espressione rilassata e curiosa. Sono leggermente arcate verso l’alto, ma la riga severa che fino a quel momento gli disegnava il centro della fronte è sparita.
Annuisco.
“E chi è lo sfortunato?” mi domanda sarcastico, ingioiando una corposa cucchiaiata di gelato.
“Koshino” rispondo.
Lo vedo fissarmi stralunato, con ancora il cucchiaino in bocca. Mi fissa sorpreso.
“Non te lo aspettavi, eh?” domando, ridacchiando.
“Effettivamente no…” dice, serio “Non mi sembra molto il tuo tipo. E’ un gran musone” mi spiega candidamente, per nulla preoccupato che potrei offendermi delle sue parole.
“Nemmeno il tuo fidanzato è un mostro di simpatia…” gli dico, continuando a sorridere “E in quanto a mutismo, decisamente Rukawa batte Hiroaki”.
Sakuragi ride di gusto: “Hai proprio ragione!”.
Io sorrido.
“Dovrei essere l’ultimo a parlare, effettivamente…” mi dice lui, tutto contento, tornando a mangiare il gelato “Da quanto state insieme?”.
Un sudore freddo mi scende sulla tempia: “A dire il vero non stiamo insieme…”.
“Ah, no?” è la sua domanda a bocca piena.
“No. Non gliel’ho ancora detto” spiego. Ma perché mi sto confidando con Sakuragi?
“E che aspetti?” mi domanda.
Come che aspetto? Ti sei bevuto il cervello, Sakuragi?
“Ehm…” tentenno “Hai idea di chi stiamo parlando?” domando.
“Guarda che io sto con Kaede, che è anche peggio di Koshino. Lo hai appena detto tu” considera la testa rossa.
“Lo so, ma…” comincio, non sapendo neanche bene cosa voglio dire, ma Sakuragi mi interrompe: “Non esiste il ma. Se ti piace, allora devi dirglielo. Non importa se è Koshino e non ha un buon carattere. Se io avessi aspettato che Kaede fosse ben disposto, allora non ci saremmo mai messi insieme e mi sarei perso milioni di momenti indimenticabili con lui”.
La fiducia e sincerità, nonché sicurezza con cui dice certe parole mi lascia basito.
“Non ti facevo così maturo, Sakuragi…” dico, cercando di smorzare la tensione che mi attanaglia lo stomaco.
“Sono una persona piena di sorprese!” ride lui.
“A quanto pare…” dico, girando la cannuccia verde limone dentro la granita giallastra.
“A parte scherzi, Sendo, certe cose vanno dette. Se sei sicuro di ciò che provi allora devi confidarlo a Koshino. Poi sarà compito suo decidere cosa fare” continua con tono serissimo.
Io sono davvero sorpreso, ma gli sorrido: “Hai proprio ragione, Sakuragi!”.
 
Quando, mezzora dopo, ci salutiamo, io non posso fare a meno di ringraziarlo.
“Sono io che devo ringraziare te per il gelato. Buona fortuna, Sendo!” mi dice, agitando la mano in aria mentre si volta e se ne va per la sua strada.
Sei stato davvero una piacevole sorpresa, Sakuragi… ora capisco perché Rukawa si è innamorato di te!
Rincuorato dalle sue parole, afferro il cellulare e compongo il numero di Koshino. Lo faccio subito, fino a quando la baldanza di eccitazione ancora mi preme nel petto e mi da sicurezza. Se dovessi aspettare anche solo dieci minuti, so che non troverei più il coraggio…
Fa pochi squilli e poi la sua voce seria che mi risponde: “Pronto?”.
“Kosh, sono Akira” dico.
“Lo so” mi dice lui con tono scocciato. Cominciamo bene… sei davvero incoraggiante, Kosh, fattelo dire!
“Sei occupato?” domando, cercando di continuare a tenere un tono di voce allegro.
“Per te sì” mi risponde stizzito, quindi mette giù.
Rimango qualche momento imbambolato a cercare di capire che mi ha davvero riattaccato in faccia, ma quando il tu-tu del telefono mi martella i timpani da qualche minuto, capisco che lo ha fatto davvero.
Sono sconcertato, ferito e… e…
“KOSHINO! ME LA PAGHERAI CARA!” sbraito come un pazzo, facendo voltare tutti verso di me, attaccando a correre verso casa di Hiroaki con il mio peggior umore.
 
Ma quando entro in camera sua dopo che sua madre mi ha sorriso così allegra nell’ingresso, capisco che quello che è veramente sul piede di guerra è lui.
“Ciao…” dico, perdendo immediatamente tutta la mia baldanza.
La sua espressione è nera, talmente funesta che più funesta non si può. Ha le labbra piegate all’ingiù, come fa ogni volta che è arrabbiato, e le sopracciglia sono così aggrottate che sembrano quasi un’unica riga sulla sua fronte.
“Perché sei qui?” mi chiede, sibilando, mentre io chiudo la porta.
Inghiotto a vuoto: “Mi hai attaccato il telefono in faccia”.
“Mi pare il minimo!” schiocca la lingua lui, stizzito.
“E perché mai? Oggi non ci siamo mai né visti né sentiti, quindi non posso averti fatto niente…” gli faccio notare. E’ da ieri che non lo vedevo, e mi è mancato. Tanto. Sono uscito di casa a bighellonare proprio per cercare di non trucidarmi l’umore da solo!
“Oh, ma io ti ho visto…” mi dice lui, stringendo ancor di più gli occhi.
E’ solo una mia impressione o le sue pupille hanno fiammeggiato d’odio? Questo è un problema… sta per staccarmi la testa, me lo sento! Persino i miei capelli sparati in aria tremano un poco alla prospettiva… magari mi rapa a zero! Oh, no! Sarebbe un incubo!
No, va beh, non è il momento di dire scemenze… qui devo cominciare a capirci qualcosa!
“Ah, sì?” domando.
Akira, complimenti per la frase intelligente, davvero!
“Sì” dice.
“E quando?” domando, consapevole che se non lo tartasso di domande, non mi dirà niente.
“Meno di un’ora fa” mi dice, digrignando i denti.
Alzo un sopracciglio confuso, cercando di pensare… che stavo facendo meno di un’ora fa? Uhm…
Ah!
“Ero con Sakuragi!” dico, schioccando le dita.
Infatti” mi dice. Il tono è aspro, e sembra aver sputato le parole con cattiveria.
“E quindi?” domando, non riuscendo minimamente a capire quale sia il problema.
“E quindi sei incorreggibile!” mi ringhia.
“Eh?”. Io non ci sto seriamente capendo niente… “Qual è il problema, Kosh?” domando.
“Qual è il problema? Qual è il problema?” ringhia “Il problema è che potevo capire Rukawa, e lo avevo anche accettato, ma… SAKURAGI! Per la miseria!” sbraita.
EEEHHH?
“Cos’ha Sakuragi che non va?” domando. Che cacchio succede?
Lui si volta a fissarmi furente, peggio di una bestia in procinto di attaccare la sua preda. I sudori freddi che ho sentito prima sono niente in confronto al gelo che mi sta correndo lungo la schiena adesso.
Se c’è una cosa che ho capito di Koshino in tutti questi anni che lo conosco, è che è bene non farlo incazzare…
“Pensi forse che io sia un idiota?” mi sibila.
Io lo fisso sorpreso: “Certo che no!”.
“E allora perché mi fai certe domande?” continua a sibilare lui.
Sgrano gli occhi: “Perché davvero non riesco a capire quale sia il problema!”.
“Il… problema, caro il mio Akira Sendo, è che il fatto che esci con Sakuragi. E’ pietoso” sputa la verità lui.

“EEEHHH?” urlo “Chi esce con chiii?”.
“TU! Con Sakuragi!” mi indica lui, con rabbia “Vi ho visti, in quel bar, a sorridervi e a mangiare gelato come una coppietta felice!”.
Per un attimo lo fisso basito, poi scoppio a ridere. Ma a ridere di gusto, eh! Così forte che mi devo tenere la pancia con le mani per non sentire dolore. Perché è davvero… davvero…
“Assurdo!” rido, in preda alle convulsioni.
Cosa diavolo ci trovi di divertente?” mi ringhia lui.
“E’ tutto divertente, Kosh!” continuo a ridere io, sentendo le gambe farsi molli, costringendomi ad appoggiare la schiena allo stipite della porta per rimanere in piedi “Davvero… davvero hai creduto che io avessi un appuntamento con Sakuragi?” domando, cercando di calmare le risa e asciugandomi una lacrima che mi è uscita da un occhio a furia di ridere.
“Beh, era evidente, mi pare!” sbotta lui, rosso di rabbia in viso perché sto ridendo. Ma io non sto ridendo di lui! Sto ridendo dell’assurdità della cosa e del fatto che sono felice perchè, beh… una reazione del genere, implica forse che…
“Eri geloso, Kosh?”.
La domanda mi è uscita spontanea, ma non ho saputo trattenerla.
Lo fisso bene in volto, e lo vedo dapprima sobbalzare sorpreso, poi diventare bordeaux.
“M… ma che vai farneticando!” sbraita, dandomi le spalle.
Io sorrido, staccandomi dalla porta e avvicinandomi a lui: “Eri geloso…” mi piego verso il suo orecchio “Hiroaki?” domando piano.
Lo vedo sobbalzare ancora, quindi la punta delle sue orecchie diventa incandescente e rossa.
Sorrido ancora.
“Smettila di dire sciocchezze!” sbotta lui, fissandomi di sbieco con sguardo malevolo.
Io sorrido ancora: “Sei tu qui che dice sciocchezze…” preciso “Io e Sakuragi… ma sei matto?” ridacchio “E poi che c’entra Rukawa?” domando.
“Ho visto come lo guardi…” bisbiglia lui, stringendo forte i pugni e continuando a darmi le spalle.
Io sono sempre piegato in avanti, sempre con la bocca a un centimetro dal suo orecchio: “Mi sembri Sakuragi, morto di gelosia perché secondo lui guardo il suo ragazzo in una maniera strana…”.
“Eh?” domanda lui, voltandosi di scatto verso di me e facendo quasi combaciare le nostre labbra. Quando se ne accorge fa un passo indietro, diventando ancora più rosso, quindi per distrarsi continua a parlare: “Sakuragi e Rukawa stanno insieme?” domanda.
“Oh, sì! Da più di un anno!” dico io, tirando il busto dritto, sorridendo.
Sono felice.
Felice.
Felice!
Hiroaki è geloso di me.
“A proposito di Rukawa…” domando, cercando di scoprire qualcos’altro “Che c’entrava che lui andava bene e Sakuragi no?”.
E’ possibile diventare ancora più bordeaux? Evidentemente sì perché Hiroaki diventa ancor più rosso: “N… niente!” urla, agitato.
“Rukawa è bello quindi andava bene, mentre Sakuragi che è un ragazzo normale no?” insisto.
“S… smettila” mi dice lui, stringendo ancor più forte i pugni.
Mi avvicino di un passo: “Io non sto con Rukawa, né con Sakuragi, né con nessun altro”.
Mi avvicino ancora, e alla fine gli arrivo perfettamente di fronte.
Lui si irrigidisce ancor di più: “Non ancora…” sbotta.
Inghiotto a vuoto, quindi mi faccio coraggio: “Se tu ricambiassi i miei sentimenti, allora starei davvero con qualcuno, da questo momento in poi…” sussurro.
Un attimo di silenzio, poi i suoi occhi neri come la notte su di me, sbarrati: “E… eh?”.
“Sono innamorato di te, Hiroaki Koshino…” sussurro.
Lui sobbalza: “Non dire idiozie!”.
“Non ne sto dicendo, infatti” dico, schiacciando il suo corpo fra me e il muro, non dandogli possibilità di fuga. Voglio che mi guardi, e che ammetta che mi ama. Perché adesso lo so che mi ama. Questa era una scenata di gelosia in piena regola!
“Ti amo, Hiroaki”.
E non sto esagerando. Non è una parola troppo grossa. Lo conosco da quasi sei anni, e me ne sono innamorato a poco a poco, giorno dopo giorno. Dirgli che gli voglio solo bene è riduttivo, dirgli che mi piace non rende a pieno giustizia al mio sentimento. Io lo amo. E lo amo sul serio.
“Non dirlo…” geme lui. Vedo i suoi occhi farsi lucidi, quindi si morde le labbra per non piangere.
“E invece lo ripeto, anche: io ti amo, Hiroaki. Ti amo da morire. Ti amo da pazzi. Ti amo come si ama la cosa più preziosa della propria vita. Ti amo come non credevo di poter fare e come mai più farò. Ti amo perché sei burbero e silenzioso. Ti amo perché non me ne fai mai passare una liscia. Ti amo perché hai sempre quel broncio arrabbiato che io trovo terribilmente tenero. Ti amo perché ti emozioni per delle cose semplici e perché sei una persona di sentimenti. Ti amo perché sei tu. Ti amo perché mi hai fatto innamorare per la prima e unica volta nella mia vita, perché ti amo talmente tanto che so che ti amerò per sempre e non dovrò mai più innamorarmi, né guardare nessun altro, né desiderare o sognare nessuno che non sia tu. Ti amo così tanto che pensare di tradirti mi fa ribrezzo e mi fa salire la nausea. Ti amo così tanto che non so come ho fatto a non dirtelo fino ad ora… ti amo, Hiroaki Koshino, e non sono mai stato più serio di così” finisco.
L’ho sempre guardato negli occhi, e ad ogni parola ho visto che i suoi si sono sgranati sempre un po’ di più, diventando sempre un po’ più lucidi, fino a quando lacrime silenziose hanno cominciato a rigargli le guance.
“Non dire certe cose se non le pensi…” singhiozza, coprendosi gli occhi con le braccia, che alza e intreccia davanti alla sua faccia come se fosse a pancia sotto sdraiato sul letto e volesse poggiare la testa su di esse.
“Ti pare che ti dico certe cose e non le penso?” domando, un po’ dispiaciuto della sua reazione così tiepida, anche se so che lui è una persona terribilmente insicura “Sono serissimo, Hiro…” dico con sicurezza. Quindi allungo una mano a scostargli le braccia da davanti agli occhi, incrociando le sue iridi lucide e un po’ rosse: “Ti amo…” ripeto.
Lui singhiozza, poi mi butta le braccia al collo e mi abbraccia. Lo sento singhiozzare più forte, ma io me lo stringo forte contro, tirandolo per la vita e facendogli staccare un po’ i piedi da terra. Lui rimane aggrappato al mio collo, nascondendo il viso nell’incavo. Sento che sussurra qualcosa, ma la sua voce è talmente bassa e ovattata, che non capisco.
“Cosa hai detto, Kosh?” domando piano, per paura che parlando troppo forte io possa spaventarlo in qualche modo.
“Ho detto…” dice lui, più forte, alzando appena il viso e poggiando il mento sulla mia spalla “Che se ti azzardi a tradirmi o a fare lo stupido con chiunque altro, maschio, femmina o bambino che sia, giuro che ti eviro senza rimpianti!” mi dice, con un tono minaccioso ma impastato dal pianto che è decisamente comico.
E per questo scoppio a ridere di gusto, stringendolo più forte a me: “Te lo giuro” dico.
Quindi lo poso a terra e lui allenta la presa sul mio collo, poggiando i piedi sulla moquette della sua camera. Mi fissa di sottecchi, da sotto le ciglia nere e folte, e io gli sorrido.
“Posso darti un bacio?” domando piano.
Lui arriccia le labbra, quindi annuisce: “Certe cose non si chiedono, idiota…”.
Io ridacchio, sporgendomi un po’ in avanti, quindi a un millimetro dalle sue labbra gli sussurro ancora: “Ti amo…”.
“Anche io ti amo…” mi risponde flebilmente lui prima che le nostre labbra si incollino le una alle altre per la prima, indimenticabile, volta.



**FINE**

Lo ammetto: all’inizio Hanamichi non doveva entrare nella fan fiction, ma visto che hikaru83 odia questa coppia, ho deciso di addolcirgli la pillola schiaffandoci qualche pagina col suo amore! XD! Spero apprezzerai! u.u
Inoltre volevo precisare che, per chi l’ha notato, nelle altre fan fiction si dicevano “Mi piaci” o al più “Sono innamorato di te”. Qui si passa direttamente al “Ti amo”. E non perché io sia completamente fuori di testa (cioè, sì, ma non è questo il punto! è.e), ma perché Sendo e Koshino non sono tutte le altre coppie affrontate! Mi spiego (riferendomi ovviamente alle fan fiction che ho scritto sulle varie coppie in questa raccolta, non in generale):

  • Akagi e Kogure si conoscono da anni, ma non sono due persone espansive e affettuose, inoltre Kogure è davvero molto timido, perciò è improbabile che potessero essere subito così diretti.

  • Maki e Kiyota non hanno una confidenza tale, e comunque Nobunaga è in soggezione rispetto a Shin’ichi, perciò non potrebbe mai essere così aperto.

  • Hanagata e Fujima è la prima volta che si incontrano. Sono due quindicenni che devono ancora imparare a conoscersi a vicenda e a conoscere l’amore. Perciò no, non si amano all’inizio, anche se si piacciono molto.

  • Fukuda e Jin hanno avuto momenti di grande difficoltà, perciò stanno ancora cercando di capire cosa significa tutto quello e quindi nemmeno loro ancora possono amarsi.

  • Hasegawa e Mitsui si piacciono molto, ma non ce li vedo due come loro a dirsi “Ti amo” come se niente fosse. In fondo, la loro conoscenza è minima.

  • Ryota e Ayako si piacciono, e Ryota la ama sicuramente, ma Ayako ha finalmente accettato i suoi sentimenti dopo tanto tempo, e di certo non può spaventarla o bruciarsi l’occasione dicendoglielo subito.

  • Sendo e Koshino, invece, si conoscono sin da bambini. Hanno un rapporto di migliori amici e si conoscono a fondo. Inoltre Sendo lo ritengo un personaggio affettuoso e aperto, perciò per loro mi è parso naturale arrivare subito a un punto come questo.

Insomma, io ho cercato di fare le dichiarazioni in base a come vedo io i personaggi e a quanto secondo me possano essere audaci. Spero di essere riuscita a spiegarmi (ma ne dubito!)! XD!
Ci vediamo per l’ottava e ultima parte l’11 Ottobre: HanaRu!

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Capitolo 8
*** 11/10 - Hanamichi Sakuragi/Kaede Rukawa ***


Ho riflettuto a lungo su questa one-shot.
Ho provato anche a scrivere qualche pezzo di varie idee, ma nessuna mi convinceva.
E questo perché mi sono resa conto che io, come secondo me Hanamichi e Kaede si sono messi insieme, la fan fiction l'ho già scritta. Ed è "Il Piano Di Hanamichi", che trovate QUI e che spero avrete voglia di leggere.
Grazie per avermi seguita fin qui.
Alla prossima! :)

 

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