Tra il passato e la morte

di lightbluedreams
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amelie Drecht ***
Capitolo 2: *** La pagina nera ***



Capitolo 1
*** Amelie Drecht ***


Le parole scivolano lente dalla mano alla carta, sporcando di china macabra nera le pagine ormai ingiallite dal mare del tempo.
Il vento fruscia tra le foglie secche, raggrinzite dal freddo invernale.
Il laghetto ghiacciato, fuori dalla finestra, resta lì immobile a fissare quell’uomo che entra nella sua dimora dopo aver giocato a palle di neve con i suoi bambini.
Anche i pettirossi hanno smesso di cinguettare: si sente solo un corvo nero gracchiante.
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Amelie Drecht  è una rispettabile ed elegante signora sulla cinquantina.
Non ha mai un dubbio.
Non ha mai un’esitazione.
Si dice anche che non abbia mai avuto un’anima.
La chiamano “cuore di pietra” le altre anziane del club di poker, ma lei preferisce farsi soprannominare “iceberg”, perché ritiene che sia più opportuno e consono alla sua figura.
Amelie non ha avuto figli da giovane, nonostante fosse una donna molto affascinante e, tutti i suoi vecchi amanti sussurrano ancora ai più curiosi, bramosa di lussuria.
La signora Drecht ha una vita molto abitudinaria: alle 6 in punto si sveglia e alle 22 in punto si corica a letto. Non un minuto in più né uno in meno. Mai.
L’unico strappo alla regola si verifica un giorno a settimana, il Mercoledì, quando si riunisce il club di poker del piccolo paese inglese in cui abita, ormai composto solo da pensionati.
Che bel gioco il poker.
Amelie vince sempre. E’ la migliore a bluffare, ma soprattutto scommette sempre su sé stessa, non si affida mai alla fortuna o alle cattive giocate altrui.
La signora Drecht è una vincente, non bisogna nemmeno discuterne.
E’ sera, uno di quei tanti momenti della giornata in cui riflette sui suoi amori falliti e una domanda sorge inevitabile: Amelie era senza ombra di dubbio una promettente donna in carriera, curava molto il suo aspetto, era anche gentile un tempo… cosa le mancava allora?
Amelie ogni sera se lo domanda, anche se ne conosce l’amara risposta: le mancava l’amore.
Tutte le sue relazioni passate erano basate sull’apparenza, sulla stima e la passione, ma non avevano mai un sentimento amoroso.
Il primo fu William Brown, imprenditore di successo, famoso per le sue doti di corteggiatore, poi toccò a Friedrick Marc Bailtz, un affascinante e talentuoso musicista tedesco, dopo quest’ultimo la sorte scelse Timothy Watson, un elegante inglese aspirante politico, appartenente all’alta borghesia.
William, Friedrick e Timothy non vedono Amelie da quasi vent’anni.
Il primo era stato lasciato dalla signora Drecht  dopo un viaggio in India per controllare l’andamento della raccolta di the nelle proprie piantagioni; soffrì così tanto da decidere di regalare, anche per scaramanzia, tutto il raccolto.
Friedrick Marc Bailtz, dopo un concerto a Vienna, trovò un biglietto di Amelie, che lo informava della sua partenza e della loro separazione.
Infine Timothy Watson, il dolce ed elegante Timothy, durante un discorso in pubblico per una festa tra i membri dell’alta borghesia, si dichiarò ad Amelie e le chiese di sposarlo: lei, ovviamente, rifiutò.
La signora Drecht quando prendeva una decisione era irremovibile, non c’era molto da discutere.
Questo suo particolare caratteriale è rimasto nel tempo e, anche ora, mentre ripensa ai suoi tempi di gloria ormai lontani, Amelie Drecht rimprovera la povera cameriera perché le ha portato del the nero al posto che un caffè macchiato completamente amaro, come il suo carattere.
Amelie, infatti, abita sola con una cameriera di nome Ginny e, solo occasionalmente, una donna di servizio la aiuta nelle faccende domestiche.
Madeline, così si chiama, si reca in casa Drecht quasi sempre di Giovedì mattina, quando deve riordinare la casa dopo l’abituale partita del club di poker del Mercoledì sera.
Tornando ad Amelie, sono le 22 in punto, è ora di coricarsi, ma suona il campanello dell’immensa e maestosa villa:
“Chi è?” chiede Ginny meravigliata.
“Bonsoir, mademoiselle, il mio nome è Hercule Poirot e cerco la signora Amelie Drecht” esclama in tono cortese lo strano ometto sconosciuto.
“Si accomodi” risponde infastidita la diretta interessata
“Non conosce le buone maniere monsieur Poirot? Cosa sta cercando da me?” domanda la signora Drecht, ricordando solo dopo di aver visto sul giornale locale, giusto la mattina precedente, una sua fotografia.
“Mademoiselle, mi permetta di presentarmi: come le ho già detto sono Hercule Poirot e sono un investigatore. Ora, lei si domanderà il motivo della mia visita a quest’ora della notte e la risposta è semplice: è morto un uomo” afferma lui arrotolandosi sul dito indice uno dei due folti baffi neri che incorniciano il viso di quel volto così interessante.
Amelie Drecht rimane con la schiena ritta, quasi fosse paralizzata, e Ginny, che stava portando loro dei sigari di ottima qualità e una tazza di the per l’investigatore, lascia cadere involontariamente dalle proprie mani l’intero vassoio, facendolo finire a terra e rompendo sia la teiera sia la preziosa tazza del servizio nuovo.
“Oh mi scusi, mi scusi!” esclama la cameriera mortificata
“Ginny, vuoi lasciarci un attimo soli?” dice la signora con voce stridula e stizzita.
La cameriera, impaurita e imbarazzata per la strana situazione in cui si trova, si dirige veloce in cucina in silenzio ad origliare.
“Ah, mademoiselle, le cameriere non sono più quelle di una volta! La mia donna di servizio, per esempio, non riesce a distinguere i macarones dai bignè… che assurdità!”
“Ha perfettamente ragione. Tornando al dunque, chi è la persona a cui si riferisce?”
“William Brown, famoso imprenditore inglese e suo vecchio compagno. Ha qualcosa da dire al riguardo mademoiselle Drecht?”
“Non lo vedo da vent’anni. Questo è tutto” risponde lei seccata.
“Ne sono al corrente, il fatto curioso è che il signor Brown non aveva figli, mogli o amanti ed è morto nella sua villa appartata in un bosco mentre scriveva una lettera indirizzata proprio a lei. William Brown è morto all’età di 62 anni per infarto, nonostante fosse un uomo in salute.
Coincidenze? Non credo.
Il suo corpo è stato trovato grazie alla chiamata del postino del paese alla polizia che, non vedendolo uscire di casa da circa un mese, si era preoccupato.”
“Le ripeto: non l’ho più visto né sentito. Era simpatico a tutti, amava l’avventura e le sfide...”
“Anche io amo le sfide, mademoiselle, proprio per questo sono qui da lei.”
“Mi dispiace, quello che le ho riferito è tutto quello che so. Arrivederci, monsieur Poirot, buona serata.”
“Au revoir mademoiselle, ci rivedremo presto” disse  baciando delicatamente la mano della signora Drecht e si congedò.
Amelie pensò a quello che aveva detto quell’ometto curioso, si girò e vide Ginny che, in cucina, riagganciava il telefono.


Nota dell’autrice:
Ciao a tutti! Grazie mille per aver letto il primo capitolo di questa storia, sto scrivendo il prossimo, spero vi sia piaciuto.
Ho cercato di rimanere abbastanza fedele al personaggio di Hercule Poirot e l’ambientazione è in Inghilterra nell’800 primi del ‘900.
Se avete dei suggerimenti o dei commenti per favore recensite, mi interessa sapere cosa ne pensate, perché è la seconda storia che pubblico e sono abbastanza insicura…
Grazie mille, alla prossima! 

 

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Capitolo 2
*** La pagina nera ***


-Cara Amelie,
la  vecchiaia è ormai giunta e anche la morte sta bussando alla  porta della mia inutile esistenza.
Ti ricordi del nostro viaggetto, dove andammo insieme al carnevale di Venezia? Rammenti cosa mi dicesti?
“Vedi, tesoro, ritengo che il carnevale sia una ricorrenza inutile. Ogni singolo giorno indossiamo delle maschere e fingiamo di essere allegri più di quanto non siamo in realtà.
Nella vita, però, le maschere ci rimangono incollate addosso e, ahimè, diventano parte di noi. Non trovi anche tu?”
Cara Amelie, ho ripensato alle tue parole, ho pensato a te durante tutti questi venti lunghi anni e solo ora, vecchio e solo, sono pronto a dirti tutto ciò che ho sempre celato dietro la mia maschera dell’apparenza: ti ho amata, Amelie, ti ho amata tanto e ti amo tuttora.
Ti ho anche tanto odiata per avermi lasciato in un modo così improvviso e ingiustificato, ma il mio amore è sempre stato superiore a tutto ciò.
E’ difficile per un uomo orgoglioso come me chiedere aiuto ma, Amelie, sei l’unica che può salvarmi, in tutti i sensi.
Abito sempre presso la stessa residenza di una volta.
Spero che anche tu lascerai cadere la tua maschera, almeno con me, ti aspetto
William Brown
P.S. –

‘La lettera è incompleta! Il post scriptum non è stato inserito!’ pensò Ginny dopo aver letto velocemente la lettera che era scivolata dalle tasche di quello strano ometto misterioso in salotto.
D’istinto prese il telefono e compose il numero dell’amica Evelyn, anch’ella domestica  di una delle amiche della signora Drecht.
Le stava raccontando tutto quando si accorse che, in salotto, era rimasta solo la signora Drecht che la stava fissando; di scatto riagganciò il telefono, si diresse al tavolo della cucina e finse di sbucciare delle mele per preparare una torta la mattina seguente.
‘Per fortuna! Per un pelo! Ma adesso come faccio con la lettera? E’ qui nella tasca del mio grembiule; sarà meglio che dopo, quando la signora torna a letto, sarà prudente porla ai piedi della poltrona dove era accomodato l’ospite di questa sera’ pensò Ginny sospirando.
“Ginny, ti ho vista al telefono! La prossima volta vedi di non far cadere nemmeno una briciola di biscotto da quel maledetto vassoio! Invece di telefonare alla tua amica Evelyn potevi preparare almeno del the per il signor Poirot o portare dei biscotti, era un ospite, Ginny, un ospite!’ urlò frustrata Amelie.
“S-signora, lei mi aveva detto di andarmene…” balbettò la cameriera.
“Che sia l’ultima volta. Buona notte Ginny, non fare tardi.”
Appena la signora Drecht uscì dalla cucina, la cameriera si accertò che fosse nella sua stanza e, furtivamente, fece scivolare la busta contenente la fatidica lettera sotto la poltrona.
Contenta per l’impresa riuscita, anche Ginny andò a dormire.
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La luce della notte trapassava il sottile tendaggio della camera della signora Drecht, proiettando sul muro opposto l’ombra dell’albero frondoso del suo giardino.
Amelie non riusciva a dormire, continuava a pensare a William: che cosa voleva scriverle? Chi l’aveva ucciso?
La sua mente la assaliva di domande e i suoi ricordi divenivano sempre più nitidi; le venne in mente il loro ultimo bacio, prima della sua partenza e del loro definitivo addio.
Ma ora era passato troppo tempo, era troppo tardi.
Amelie si alzò dal letto e si diresse verso il bagno, ma improvvisamente udì un corvo gracchiare e il suono del pendolo che, con tre solenni rintocchi, segnava la mezzanotte.
Amelie vide  materializzarsi davanti a sé il viso dell’uomo che amava, le gambe cedettero, si accasciò sulla moquette lilla della sua stanza e il corvo smise di gracchiare.
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“C’est la vie” disse Poirot ad uno dei poliziotti mentre perlustrava la casa in cerca di indizi.
Era una villetta su due piani in pieno centro abitato, in Gardenrose Street, numero 9; aveva ben due stanze da letto (una per la signora e una per la cameriera), entrambe affacciate sul giardino.
“Signor Poirot, non ci sono indizi, è inutile continuare a cercare: l’assassino ha scassinato la porta, ha fatto irruzione nella stanza e l’ha strangolata.”
“Uomo o donna?”
“Certamente uomo, anche se non ci sono impronte digitali, ma i segni delle mani sono troppo grandi per essere quelli di una donna.  Probabilmente, però, si tratta di due o più complici, ma chi l’ha strangolata è sicuramente un uomo.”
“Interessante” disse Poirot mentre si arricciava i baffi e corrucciava la fronte.
Il suo sguardo cadde sulla moquette, accanto a dove si trovava il cadavere della signora Drecht.
“Un anello...”
Poirot scese velocemente le scale e cercò dappertutto, aprì cassetti, guardò sotto il letto, sotto il divano, ma nulla: la lettera che cercava, come si aspettava, non c’era più, era sparita.
“Vorrei  interrogare la cameriera e la domestica al più presto, se possibile oggi pomeriggio. Sono le principali  indiziate e possibili testimoni.”
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“Monsieur Poirot, c’è una persona che le vuole parlare con urgenza”
“Chi è?”
“Madeline, la domestica”
“Tempismo perfetto, falla entrare”


Nota finale dell’autrice
Ciao a tutti! Scusatemi se ho pubblicato il secondo capitolo così tardi, ma sono molto impegnata con la scuola e ho pochissimo tempo da dedicare alla storia.
Ho deciso, seppur con rammarico, di non inserire il capitano Hastings, che personalmente amo, perché vorrei mettere in primo piano i personaggi di Amelie e di Poirot.
Spero che vi stiate appassionando alla storia e che per ora vi sia piaciuta.
Grazie mille a chi mi segue e a chi ha recensito le mie storie.
Alla prossima, aspetto numerose recensioni, un abbraccio 
Ali

 

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