White as milk, as red as blood.

di tempestadentroquietefuori
(/viewuser.php?uid=550230)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 capitolo ***
Capitolo 7: *** 7 capitolo ***
Capitolo 8: *** 8 capitolo ***
Capitolo 9: *** 9 capitolo ***
Capitolo 10: *** 10 capitolo ***
Capitolo 11: *** 11 capitolo ***
Capitolo 12: *** 12 capitolo ***
Capitolo 13: *** 13 capitolo ***
Capitolo 14: *** 14 capitolo ***
Capitolo 15: *** 15 capitolo ***
Capitolo 16: *** 16 capitolo ***
Capitolo 17: *** 17 capitolo ***
Capitolo 18: *** 18 capitolo ***
Capitolo 19: *** 19 capitolo ***



Capitolo 1
*** 1 capitolo ***


Ci sono due modi per guardare il volto di una persona. Uno è guardare gli occhi come parte del volto. L’altro è guardare gli occhi e basta, come se fossero il volto. È una di quelle cose che mettono paura quando le fai. Perché gli occhi sono la vita in miniatura. Bianchi intorno, come il nulla in cui galleggia la vita, l’iride colorata, come la varietà imprevedibile che la caratterizza, sino a tuffarsi nel nero della pupilla che tutto inghiotte, come un pozzo oscuro senza colore e senza fondo.
 
Io scelgo la seconda, e voi? Infondo è risaputo, gli occhi sono lo specchio dell’anima.
Con uno sguardo puoi capire se tutto va bene, oppure tutto va male, ma non lo dici, no, preferisci avere il sorriso stampato sulle labbra e far credere agli altri che stai bene; ma gli occhi ti tradiscono, si, sono i primi traditori per noi, perché con loro non si può mentire, mai.
 
 
Ops, che sbadata! Non ci siamo ancora presentati, vero?
Bene; mi chiamo Sana Kurata, dal mio cognome potrete capire che sono giapponese, ebbene si, sono nata a Tokyo ed io 18 anni. Frequento il liceo scientifico Jimbo, sono brava a scuola, non una secchiona, ma me la cavo. Per quanto riguarda il mio aspetto esteriore sono una ragazza che non ha la tipica bellezza giapponese: ho lunghi e morbidi capelli rossi che ricadono un po’ più giù delle spalle, perché capelli rossi vi chiederete? In effetti  la maggioranza in Giappone ha capelli neri, io no, perché mia madre è di origine francese e mio padre giapponese, per cui ho lineamenti misti anche se sono più accentuati quelli francesi. Ho grandi occhi color nocciola, un colore molto caldo, talmente caldo che sembrano essere liquidi ed emanano dolcezza al sol vederli, non per vantarmi; piccole ma carnose labbra ed una carnagione, purtroppo,  chiara, forse troppo.
Devo dire che il colore dei miei capelli rispecchia molto il mio carattere: vivace, solare, dolce, spensierato.
Amo molto la vita, non ne avrei mai abbastanza: amo viaggiare, scoprire cose nuove, posti nuovi, gente nuova. Ho sempre desiderato imparare a suonare la chitarra, ma sono davvero negata, quindi parto spiazzata già dal principio.
Però c’è una cosa che mi hanno insegnato e da cui non smetto mai di ricevere lezioni: la vita.
Si, la vita. Perché con la vita non ci sono le istruzioni per l’uso; tu le segui, e se il cellulare non funziona c’è la garanzia; lo riporti indietro e te ne danno uno nuovo.
Con la vita no, se non funziona non te la danno indietro nuova, ti devi tenere quella che hai, usata, sporca e mal funzionante.
 
Per cui, siete pronti  per immedesimarvi nella mia vita?

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 capitolo ***


I professori sono gli unici vampiri che agiscono di giorno. All’alba escono dai loro sarcofagi per succhiare il nostro giovane sangue; cinque ore di trasfusione!
 
Sono qui, nel mio banco, intenta a mordicchiare il tappo della mia biro nera e fare qualche scarabocchio qui e lì sul foglio.
Si, li faccio di continuo, senza accorgermene, è una cosa più forte di me. Non mi piace il bianco: rappresenta il nulla, il vuoto ed il vuoto è così grande, così immenso, ancora sconosciuto, che mi fa paura, si.
 
Perché ogni cosa è un colore. Ogni emozione è un colore. Il silenzio è bianco. Il bianco è un colore che non sopporto: non ha confini.
Passare una notte in bianco, andare in bianco, alzare bandiera bianca, lasciare il foglio in bianco, avere un capello bianco . . . Anzi, il bianco non è neanche un colore. Non è niente, come il silenzio. Un niente senza parole e senza musica. In silenzio: in BIANCO.
 
<< Kurata ci degna della sua presenza ? >> mi domanda il prof. Suzuki riportandomi alla realtà.
 
Tutta la classe esplode in una risata forte e acuta. Il prof. sbatte più volte la mano sulla cattedra per attirare l’attenzione e creare silenzio. Ci è riuscito.
 
<< Ero solo un po’ distratta, non capiterà più. >> rispondo io ricevendo un’occhiata dal prof. che continua con la sua lezione interrotta.
 
Più volte scopro Naozumi  a guardarmi.
Vi domanderete di certo chi è Naozumi.
Naozumi è un mio compagno di classe. È dolce, simpatico, carino. Certe volte mi passa per la mente che sia innamorato di me. Non lo so il perché, ma il suo affetto nei miei confronti non lo definirei come amicizia, no, non proprio. Però io non sono attratta da lui in quel senso, non l’ho mai visto e mai lo vedrò sotto altri occhi, occhi di chi è innamorata.
 
Cado di nuovo nel mio mondo, ma questa volta c’è il suono  campanella a risvegliarmi.
Mi alzo, raccolgo le mie cose ed esco dalla classe, seguita a ruota da Naozumi.
<< Cos’hai oggi? Ti vedo soprappensiero , successo qualcosa? >> mi domanda premuroso.
 
<< No, nulla di che . . . >>  rispondo io noncurante.
 
<< Cos’abbiamo oggi ? un po’ soprappensiero Kurata? >> domanda beffardamente una voce da me ben riconoscibile arrivata di soppiatto al mio fianco.
 
<< Niente che ti riguardi Hayama, non credi? >> domando io infastidita.
 
Gia, infastidita da quel tipo. Da quell’ Akito Hayama. Un altro mio compagno di classe, che, al contrario del primo, ha carattere tutt’altro che uguale: stronzo, menefreghista, simpatico si, ma fin troppo.
Il nostro rapporto non è un granché, siamo compagni di classe, niente più. Di certo il saluto non ce lo neghiamo, però nemmeno ho con lui il rapporto che ho con Naozumi.
 
<< Uh-uh nervosette stamattina? >> domanda provocandomi.
 
<< Tu pensi? >> rispondo io sarcastica.
 
<< Vabbè, non è aria. Meglio che me ne vada, ciao. >> mi dice salutandomi con una mano e allontanandosi da noi.
 
<< Nao io vado a casa, ci vediamo dopo alla nostra panchina? >> domando io.
 
<< Certo, ti aspetto. >> mi risponde lui sorridendomi e salutandomi con un bacio sulla guancia, per poi sparire dalla mia vista.
 
“ La nostra panchina” .
Già, è come un rifugio per noi, sin da quando ci conosciamo. È li che siamo cresciuti, sfogandoci sulle nostre vite e così via. Abbiamo passato momenti belli e brutti insieme, gli voglio bene come un fratello.
Cammino sola tra le strade di Tokyo, però ho un i- Pod in compenso.Eh si, perchè quando esci e sai che ti aspetta una giornata al sapore di asfalto polveroso a scuola e poi un tunnel di noia tra compiti, genitori e professori e poi di nuovo, fino a che morte non vi separi, solo la colonna sonora può salvarti. Ti sbatti due auricolari nelle orecchie ed entri in un’altra dimensione. Parte la tua playlist, che ascolteresti ore ed ore senza mai stancarti, perché la musica è vita, la musica ti mette allegria, speranza. Faccio parte della generazione con la playlist piena zeppa di canzoni, ma che ascolta sempre le stesse.
Con le note di “ wild child – Elen Levon “ tornai a casa.
Una bella villetta nel centro di Tokyo. Gia, la mia famiglia non ha problemi economici: mia madre fa la scrittrice e mio padre l’imprenditore. Per cui hanno deciso di comprare la villa più bella qui a Tokyo. In tanti mi fanno i complimenti per la mia casa ed io sono contenta che piaccia, perché è davvero bellissima a parer mio.  
 
Entro nel viale di casa e mi avvicino al campanello. È la signora Patricia ad aprirmi la porta. È una cara e anziana signora che fin da piccola mi ha fatto da badante. La voglio bene come se fosse mia nonna, fa parte della famiglia: è dolce, premurosa, mi accontenta su tutto.
 
<< Caio signora Patricia! >> esclamo io sorridendo ed entrando in casa.   
 
<< Salve signorina Sana, come è andata a scuola oggi? >> domanda lei affettuosamente, chiudendo la porta.
 
<< Tutto bene, anche se mi sono annoiata particolarmente oggi. ah signora Patricia quante volte le dovrò dire di chiamarmi solo ed esclusivamente Sana ? >> domando io.
 
<< Lo so, lo so, è che sono abituata ormai. >> si giustifica lei sorridendomi dolcemente.
 
<< Eh va bene! Ah, oggi verso le 16:00 vado al parco, mi aspetta Naozumi. >> dico io.
 
<< Va bene, avverto sua madre? >> mi domanda.
 
<< No no, faccio io, grazie. >> le rispondo io sorridendo.
 
Salgo le scale per andare al piano superiore da mia madre. Sicuramente starà scrivendo un suo nuovo libro o almeno starà cercando di farlo per non rinviare nuovamente la data di consegna.  Mia madre è una donna allegra, stramba e mi ha insegnato molto dalla vita. È come un qualcosa da seguire, un esempio da prendere. Sin da piccola mi ha incoraggiato a credere nei miei ideali, a far realizzare i miei sogni, la amo per questo.
 
Busso alla porta, fin quando la sua voce mi invita ad entrare.
 
<< Mamma sono io. >> dico io entrando e chiudendo la porta alle mie spalle.
 
<< Oh Sana. Come è andata a scuola? >> mi domanda.
 
<< Come al solito. Tu con il libro? Riuscirai questa volta a rispettare il termine della consegna? >> domando io sorridendo.
 
<< Dovrò lavorare giorno e notte, ma penso che ce la farò. Non dovrò distrarmi, questo libro è davvero importante per me e la mia carriera. >> mi risponde affettuosamente.
 
<< Di cosa parla ? >> domando io curiosa avvicinandomi alla scrivania.
 
<< Di una ragazza quattordicenne  che sta per varcare una soglia magica e spaventosa: l’inizio del liceo. I corridoi della nuova scuola sono pieni di fascino ma anche di minacce, nel primo intervallo dell’anno scolastico si stringono alleanze e si emettono sentenze capaci di segnare il futuro. Chiusa nella sua stanza, con il tepore del sole estivo ancora sulla pelle, lei  si sente come ogni adolescente: un’equilibrista su un filo sospeso nel vuoto. Solo l’amore dei genitori, della straordinaria nonna Teresa, del fratellino le consentono di lanciarsi, di camminare su quel filo, di mostrarsi al mondo e provare a diventare grande con le sue forze.
Ma un giorno ascolta un messaggio in segreteria telefonica. È suo padre: annuncia che non tornerà più a casa. Per lei si spalanca il vuoto sotto i piedi. Ancora non sa che sarà proprio attraversando questo doloroso smarrimento che a poco a poco si trasformerà in una donna, proprio come una splendida perla fiorisce nell’ostrica in seguito all’attacco di un predatore marino. Perché questo è il segreto del dolore: sa dove si nasconde la vita e se ne nutre per farle crescere le ali.
Questa volta però la saggezza sorridente di nonna Teresa non le basterà e sarà dal suo nuovo mondo, quello scolastico, che giungeranno nuove voci in grado di aiutarla: quella di Leila , la compagna di banco capace di contagiarla con il suo entusiasmo, quella profonda di Nakao , il ragazzo più misterioso della scuola, e anche quella di un professore, un giovane uomo alla ricerca di sé eppure capace di ascoltare le pulsazioni della vita nelle pagine dei libri. Proprio in un libro lei legge  la storia del protagonista e trova le energie per partire in un viaggio alla ricerca del padre che cambierà radicalmente il suo destino. >> mi risponde lei.
 
<< Mamma ma è stupendo! Non vedo l’ora di leggerlo, sarò la tua prima cliente! >> esclamo io felice, dopo aver sentito la trama del suo libro.
 
<< Sono contenta che ti piaccia, adesso torno a lavoro, a dopo tesoro. >> dice lei.
 
<< Va bene mamma. Volevo solo dirti che dopo esco. >> rispondo io.
 
<< Va bene tesoro. >> afferma lei.
 
Esco dalla porta e mi soffermo a pensare su quel libro. Gia, mia madre è davvero brava. Le sue storie sono coinvolgenti, scritte con il cuore. Ti invogliano a leggere e lei è una brava scrittrice.
Vado in camera mia e mi preparo per uscire. Indosso i miei occhiali da sole neri, prendo la borsa ed esco di casa, dirigendomi al parco, alla panchina.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 capitolo ***


<<  Finalmente sei arrivata! >> esclama Naozumi nel vedermi.
 
<< Scusa il ritardo, mi sono fermata a guardare alcune vetrine dei negozi! >> mi scuso io imbarazzata, grattandomi la nuca.
 
<< Non fa niente, ti perdono. >> risponde lui sorridendomi dolcemente. << Allora. Dovevi parlarmi di qualcosa in particolare? >> mi domanda lui iniziando il discorso.  
 
<< No no, tu ? >> rispondo io per poi porgli la stessa domanda.
 
<< Beh, veramente . . . >> risponde lu colorandosi lievemente di rosso e grattandosi la nuca.
 
Non vorrà farmi una dichiarazione amorosa, spero (?)
 
<< Ehy guarda chi si vede ! >> esclama una voce familiare. Akito Hayama.
 
<< Hayama, qual buon vento ? >> domando io con tono ironico.
 
<< Ero di passaggio. A quanto ne so qui è ancora un luogo pubblico, no? >> domanda lui facendo lo sbruffone.
 
<< Ah ah ah ! >> esclamo io mettendo in scena una falsa risata.
 
<< Kamura successo qualcosa? Ti vedo tutto rosso! Non è che ho interrotto qualcosa?!? >> domanda lui guardandomi malizioso.
 
<< Ma per favore!! >> esclamo io indignata.
Quel ragazzo quando vuole sa essere proprio odioso!
 
<< Beh allora se non vi dispiace mi siedo qui con voi. >> dice lui sedendosi senza nemmeno chiedere il permesso.
 
<< Ma prego, fa pure! >> esclamo io ironica.
 
<< Grazie >> risponde lui beffardo.
 
Faccia da schiaffi proprio. È proprio una faccia da schiaffi!
Il resto del pomeriggio lo passammo lì, a battibbeccare, solo io ed Hayama, Nao ci guardava divertiti, un sorriso un po’ tirato per essere tale.
 
Pov . Naozumi
 
 
Li guardavo litigare, scherzare, sembravano cane e gatto, ma fatti a posta l’un per l’altro.
Più la guardo e più mi perdo nella sua bellezza. Sana è rosso. Come l’amore è rosso. Tempesta. Uragano che ti spazza via. Terremoto che fa crollare il corpo a pezzi. Così mi sento ogni volta che la vedo. Lei non lo sa, ma un giorno di questi glielo dico!
 
Mia madre è preoccupata per me. Dice di vedermi sempre assente, chiuso nel mio mondo. Una volta tornai a casa talmente tardi per via dei miei pensieri su di lei, che si preoccupò un casino. Ma che posso farci? Sono innamorato! Quando sei innamorato il tempo non deve esistere. Che posso farci? È l’amore! I momenti rossi della vita sono così : senza orologi.
Gli adulti non si ricordano com’è essere innamorati. Che senso ha spiegare qualcosa a qualcuno che non se lo ricorda più?
Che senso ha descrivere il rosso ad un cieco?

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4 capitolo ***


Quel giorno in classe arrivò una faccia nuova : il nuovo professore di filosofia. 
La verità? Aveva l'aria di essere uno simpatico, ma del resto mi sbaglio, perché tutti i prof di filosofia sono noiosi. 

<< Buongiorno ragazzi. >> esclama entrando in classe e attirando parte della nostra attenzione. 

<< Buongiorno >> rispondiamo noi in coro come un branco di pecore. 

<< Beh, sono il vostro  nuovo professore di filosofia. Mi presento, mi chiamo Michele Boccia. >> dice lui. 

<< Secondo voi perché hanno messo la filosofia al terzo anno? >> domanda nuovamente lui. 

<< Per rovinarci la vita e annoiarci in classe! >> esclama Hayama beffando e ricevendo una risata generale da parte della classe. 

<< Risposta non tanto sbagliata, però la verità è un'altra. 
Mettono la filosofia al terzo anno perché la maggior parte dei personaggi parlano d'amore. Più o meno questi sono gli anni in cui ci si innamora, si vivono le esperienze amorose, sono gli anni principali. Ecco perché mettono filosofia dal terzo anno, perché è una cosa più complessa, come l'amore. >> risponde il prof. 

Noi d'altra parte lo guardiamo ammutoliti, sorpresi della sua risposta e meravigliati da tanta facilità nel mettere a zittire Akito Hayama. 

<< L'amore prof? È una cazzata. Fa solo soffrire, quindi perché scegliere una cosa che ti fa star male piuttosto che cose  più semplici? >> domanda Hayama. 

È la prima volta che noi della classe lo vediamo esprimersi in questo modo, è la prima volta che si rende " partecipe". 

<< L'amore fa soffrire, concordo in pieno. Però fa anche crescere, il dolore ci cambia, ci fa maturare, ci fa ragionare in un modo più adulto. L'amore poi è anche bello, perché ti dimostra quanto puoi star bene con un'altra persona senza avere secondi fini. L' amore è restare anche quando la vita ti urla di correre. L'amore è dialogo e quando l'amore non c'è, le parole finiscono. >> risponde il prof. 

Sembra un dialogo solo fra loro due. Sembra una partita di ping- pong: uno da' e l'altro riceve e così via. 

<< Prof ma perché non la smette di dire queste cazzate? Queste quattro parole prese dai libri? La realtà è diversa da quella dei libri, si svegli! >> ribatte Hayama alzando di un tono la voce. 

<< La verità è che preferisco queste " quattro parole prese dai libri" che guardare la società in cui viviamo. I libri, anche se non esprimono la realtà, ti fanno immedesimare in un mondo migliore, diverso, affinché tu abbia degli ideali, dei sogni. 
Chi di voi ha un sogno ? >> domanda alla classe, che di risposta fa scena muta. 

<< Forza, chi ha un sogno alzi la mano. Non è mica un'interrogazione! >> ci incoraggia il prof. 

<< Prof non siamo mica tutti come lei! Non tutti hanno dei sogni! >> esclama beffardo Hayama. 

<< Ne è sicuro? >> domanda il prof guardandolo con ovvietà e notando che la maggior parte della classe stava alzando la mano. 

<< Non la pensano tutti come lei, a quanto vedo. >> dice lui. 

<< Beh prof. allora ci dica il suo sogno, visto che fa così tanto il saputello! >> dice Hayama sfidandolo. 

<< Il mio sogno è questo: insegnare. Io ho realizzato il mio sogno, fare il professore. E sapete perché è questo il mio sogno? Perché facendo il professore vivo in un modo meno ignorante, meno pecorone. Con gli adulti non c'è speranza, ma con voi ragazzi almeno il 10% non è perso. >> risponde lui. 

Tutti noi lo guardiamo interessati. È la prima volta che ci interessiamo in una lezione di filosofia. Forse perché il prof é diverso, forse il suo modo di insegnare è diverso, è meno noioso. 

Solo un suono metallico ci distrae: la campanella. Il prof esce dalla classe ed io lo seguo. 

<< Prof. >> esclamo io attirando la sua attenzione. 

<< Ah sei tu Kamura, dimmi pure. >> dice lui. 

<< Le vorrei parlare. >> dico io. 

<< Dimmi. >> risponde lui. 

<< Non qui. >> affermo io imbarazzato. 

<< Va bene, al parco alle 16:00? >> mi domanda. 

<< Okay, arrivederci prof. >> lo saluto, venendo ricambiato. 

Pov. Sana

È da quando il prof è uscito dalla classe che non vedo più Kamura. 
Ah si, eccolo, sta rientrando. 
Lo vedo sedersi al suo posto, poi il mio sguardo cambia meta, posandosi su Hayama. 
Solo ora mi rendo conto che è davvero bello, con i suoi lineamenti ben definiti e marcati. Con quegli occhi ambra penetranti e quei capelli color dell'oro.
Lo vedo girarsi e trovare il mio sguardo, mi sorride malizioso ed io dopo essere arrossita mi volto di scatto verso la prof che é entrata in classe. 

***

<< Kurata mi stavi fissando? >> domanda Hayama alle mie spalle. 

<< Chi io? Pura impressione! >> esclamo io facendo finta di niente. 

<< Ma davvero? >> domanda lui da finto ingenuo. 

Io annuisco e continuo la mia strana nei corridoi. 

<< Che ne dici di andare al Mc ? >> mi domanda lui. 

In effetti era ora di pranzo ed avevamo concluso le lezioni. Il mc ci stava proprio! 

<< Okay. >> rispondo solamente io. 

Lui annuisce e si fa strada tra gli alunni prendendomi la mano ed uscendo nel cortile verso la sua moto. 
Un momento . . . La sua moto?!?

<< Hayama, toglimi una curiosità. Con cosa andremo al mc? >> domando io speranzosa. 

<< Con la mia moto, logico no? >> domanda ovvio. 

<< No, no e ancora no! >> rispondo io mettendo le braccia al petto. 

<< Dai su, non fare la bambina e sali! >> esclama lui porgendomi il casco e salendo in sella. 

Lo prendo e salgo anche io, sperando di arrivare sana e salva. 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5 capitolo ***


Pov. Naozumi

Uscii di casa quel pomeriggio e mi avviai verso il parco. 
Era davvero una bella giornata oggi, una di quelle belle giornate di primavera che sprizzavano vitalità da tutti i pori. 
Varcando il cancello del parco notai una sagoma seduta su di una panchina. Il prof. 
Mi avvicinai a passo calmo e schiarendomi la voce attirai la sua attenzione. 

<< Ah sei tu Kamura, vieni siediti. >> dice il prof invitandomi a sedermi. 

<< Prof posso chiederle un favore? >> domando io. 

<< Certo, dimmi pure. >> afferma lui. 

<< Fuori dall'ambito scolastico può chiamarmi semplicemente Naozumi? Mi sento più a mio agio. >> dico io. 

<< Va bene, come vuoi. Dovevi dirmi qualcosa, giusto ? >> domanda lui.

<< Si prof, io ho un sogno, però questo mio sogno è irrealizzabile, come posso fare ? >> domando io.

<< Nessun sogno è irrealizzabile se lo si desidera. Dimmi, qual è  il tuo sogno? 
>> domanda apprensivo. 

<< Il mio sogno è Sana, si, Sana è il mio sogno. >> affermo io sicuro. 

<< Ma non è Kurata della tua classe? >> domanda lui. 

<< Si, proprio così. >> rispondo. 

<< E perché dovrebbe essere impossibile? Nulla in amore è impossibile! >> esclama lui. 

<< Prof lei non mi corrisponde! Mi sento un errore. Un errore di ortografia prof.  Una doppia dove non ci va. Un ‘fà’ con l’accento. Un colpo di bianchetto ed io sparisco. Come tutti gli errori. Il foglio resta bianco, pulito, e nessuno vede il dolore nascosto da quello strato bianco. >> dico io dolorante. 

<< L’amore non esiste per renderci felici, ma per dimostrarci quanto sia forte la nostra capacità di sopportare il dolore. >> risponde lui. 

<< Si prof, ma io non sono sicuro di poter sopportare tutto questo dolore. >> dico io afflitto. 

<< Anche se non lo vuoi far credere, anche se non lo pensi e non credi, tu sei forte. Forte abbastanza da affrontare tutto ciò, forte abbastanza per cercare di conquistare il suo cuore. >> risponde lui. 


<< Grazie prof. >> dico io alzandomi. 
<< Adesso devo andare. >> continuo.

<< Grazie a te, a domani. >> afferma il prof sorridendomi. 


Pov. Sana


Dopo aver pranzato al mc, io ed Hayama siamo andati a fare un giro per la città. Sembra strano ma mi piace passare del tempo con lui, anche se certe volte con i suoi comportamenti mi fa imbestialire. 

<< Ti piace il mare? >> domanda improvvisamente lui. 

<< Si, molto >> rispondo io sorpresa di quella domanda. 
<< A te? >> continuo. 

<< Anche, mi fa sentire libero, mi sento in pace con me stesso ascoltando il rumore delle onde e i gabbiani che volano in cielo. >> risponde lui. 

Sorrido visibilmente e lui lo nota. 

<< Perché sorridi? >> domanda confuso. 

<< Perché è quello che penso anche io. >> rispondo io con un sorriso dipinto sulle labbra.

<< Dai, qualche volta ti ci porto! >> esclama lui. 

<< Ne sarei davvero contenta! >> rispondo di rimando io.


Così tra una chiacchiera e l'altra iniziò a calare il sole e mi riportò a casa. 

Quella sera non mi sentii molto bene. Mal di testa e capogiri iniziarono a tormentarmi, così, credendo che fosse solo stanchezza andai a letto. 
La mattina seguente mi svegliai nuovamente con un forte mal di testa ed anche molto accaldata, così, chiamando mia madre, decisi di vedere se avevo qualche linea di febbre. 

38-1/2. 

* Viola oggi non vengo a scuola, ho la febbre, dillo ai prof. *

* Va bene, riguardati e guarisci presto. Un bacio! * 


Viola. Una mia compagna di classe, precisamente la mia compagna di banco. Ci conosciamo dal primo anno delle superiori. Inizialmente non parlavamo troppo, si e no ci salutavamo, quest'anno invece le cose hanno preso un'altra piega: siamo diventate amiche. 

Decisi di rimanere a letto avendo una febbre così alta e un continuo mal di testa, così mi feci portare la colazione in camera. 
Magra com'ero potevo sembrare agli occhi degli altri una che non andava troppo d'accordo col cibo, invece è il contrario. Il cibo lo amo, fa parte di una delle cose che mi rende felice! 


Pov. Akito 

Stamattina in classe mancava la presenza di Sana. Chissà perché non era venuta. 
I miei pensieri furono disturbati dalla voce del nuovo prof di filosofia. 
Anche se era un prof e quindi di conseguenza una persona altamente noiosa, lui mi teneva testa e questo lo ammiravo, in un certo senso ammiravo lui. 

<< Buongiorno ragazzi! >> esclama entrando dalla porta. 

<< Buongiorno prof. >> rispondiamo noi in coro. 

La giornata si presentava in una maniera alquanto schifosa: un'ora di filosofia, due di matematica, una di fisica e una di inglese. Ah a chi mi ha fatto scegliere lo scientifico! 

<< A quanto vedo manca la nostra Kurata. Qualcuno ne sa qualcosa? >> domanda. 

Tutti in silenzio quando la voce di Viola fa eco nella classe. 

<< Ha la febbre prof. >> dice. 

<< Va bene, speriamo che guarisca presto. Ora facciamo l'appello. >> dice. 

Sana ha la febbre ? Com'è possibile? Ieri stava benissimo! Forse è una persona molto debole e le basta stare una giornata fuori per ammalarsi. Si, sarà sicuramente così! 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6 capitolo ***


 Pov. Naozumi 


È passata una settimana. Una settimana da quando Sana continua a non venire a scuola. Non c'è neanche alla fermata del parcheggio. Una settimana in cui le mie giornate sembrano non avere colore, non avere fine, bianche. Sono bianche come quelle di Dante quando non vide più Beatrice. 
Non ho niente da dire, perché quando non c'è l'amore le parole finiscono. Le pagine diventano bianche, manca inchiostro alla vita. 

Sono appena arrivato a scuola e mi avvicino ad Akito. Si, Akito. Da quando Sana non viene più a scuola io e lui abbiamo iniziato a parlare, ad intenderci pur avendo caratteri diversi, siamo diventati amici. 

<< Ehy Nao! >> esclama lui avvicinandosi a me. 

<< Oh Akito! >> dico io con il suo stesso tono. 

<< Tutto bene? Hai una pessima cera oggi! >> esclama preoccupato lui. 

<< Il solito. >> mi limito a dire io. 

Tra una chiacchiera e l'altra vedemmo Viola avanzare verso di noi con uno sguardo stranamente vuoto, pieno di tristezza. 

<< Ehy Vio' successo qualcosa? >> domanda Akito preoccupato. 

<< S-Sana è malata. . . >> dice lei con un filo di voce. 

<< Lo sappiamo, ha la febbre. >> rispondo io. 

<< No, è malata sul serio. Ieri ha fatto la sua prima chemio. >> dice afflitta. 

Chemio. 

Chemio. 

Chemio. 


Questa parola mi rimbomba nella mente. Sento il mio cuore battere forte, poi stopparsi. 
Com'è possibile? Sana una chemio? Sana ha il tumore? 

<< Viola che cazzo dici?!? >> sbotta Akito. 

<< La verità. La dolorosa verità che ieri ho scoperto. >> dice lei mentre una lacrima solca sul suo viso, percorrendo il suo profilo. 

<< Ma come ? Com'è successo ? >> domandiamo all'uniscono io e Akito. 

<< Inizialmente aveva capogiri, mal di testa, febbre alta. Nonostante i farmaci, la febbre non diminuiva, i dolori aumentavano.
È stato chiamato il medico di famiglia, le ha fatto un controllo e . . . >> dice lei soffermandosi non sapendo più come continuare, presa dalla disperazione. 

<< E?? >> domandiamo impazienti io e Akito. 

<< Sana ha la leucemia. >> dice tutto d'un fiato. 

Il mondo intorno a me si ferma. Non sento più nulla, solo il muoversi veloce degli alunni al suono della campanella. Ognuno prende la sua strada, io no. Voglio andare da lei. 
Vado via, nonostante i continui richiami di viola e Akito. 


 Nella mia mente continuavano a rimbombare  le parole di Viola. 
" Sana ha la leucemia. "

Leucemia . . . 


  - Leuos: Bianco. Da questa deriva la parola italiana "luce."
- Aima: Sangue. Da questa deriva la parola italiana "ematoma" (grumo di sangue).
Se metti insieme quelle due parole paurose, ne viene fuori una ancora più terribile: leucemia
Un nome che deriva dal greco e significa "sangue bianco"
Lo sapevo che il bianco è una fregatura. Come può il sangue essere bianco?
Il sangue è rosso e basta.
Le lacrime sono salate e basta.
Viola me lo ha detto il lacrime. 

- Sana ha la leucemia. - 

E le sue lacrime sono diventate le mie. 
Mi sono sempre chiesto perché amore e sangue avessero lo stesso colore: adesso lo so. 

Pov. Sana

Viene il giorno che ti guardi allo specchio e sei diverso da come ti aspettavi. Sì, perché lo specchio è la forma più crudele di verità. Non appari come sei veramente. Vorresti che la tua immagine corrispondesse a chi sei dentro e gli altri, vedendoti, potessero riconoscere subito se sei uno sincero, generoso, simpatico… Invece ci vogliono sempre le parole, i fatti. E’ necessario dimostrare chi sei. Sarebbe bello doversi limitare a mostrarlo. Sarebbe tutto più semplice.

Ho la leucemia. 

Non posso crederci. Sto morendo. Mi sento così stanca. 
Desideravo fare tante cose nella mia vita: viaggiare, imparare a suonare la chitarra, conoscere gente nuova, vivere le emozioni della vita. Invece mi ritrovo qui, in un ospedale freddo e ostinatamente bianco, non avendo neanche la forza di andare a fare una doccia. 

Sono qui, su questo lettino d'ospedale. Mi riposo dopo la mia recente chemio. Sono molto stanca, priva di forze. 

Ho perso anche i miei bellissimi capelli, sapete? 
La cosa che forse ho di più prezioso al mondo. 
Quel rosso vivo che ora si è spento, proprio come me. 
Se mi concentro sul mio corpo sento dolore, e se mi concentro sui miei pensieri sento ancora più dolore. Perché il dolore ha deciso di diventare il migliore amico?





Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7 capitolo ***


Pov. Naozumi

In quell'istante stesso sono corso all'ospedale dove tenevano Sana. 
Arrivato li sono corso come un pazzo e, facendomi dire il numero della stanza, sono corso da lei. 
Aprendo la porta vedo tante persone malate. Mi addentro nella stanza e noto un lettino esposto alla luce. Una donna senza capelli per via della malattia riposava, chiedo informazione ad una signora seduta su di una sedia. 
Chiedo di Sana, se è li, come sta. 
La signora, seguendo le mie indicazioni, indica proprio la sagoma di quella donna che poco fa avevo visto dormire. 

Non è possibile. Quella è la mia Sana? 
Vederla li, priva di forze, senza capelli, con un colorito biancastro mi fa sentir male, mi fa sentir un groppo in gola. Mi sento morire dentro. 
Com'è possibile che una creatura così deve affrontare tutto ciò? 
Come farà a sopportare tutto questo?
E se . . . No, meglio non pensarci. 

Pov. Akito

Da quando Naozumi è scappato via da scuola, per l'intera mattinata non l'ho sentito. 
Nella mia mente frullano altri pensieri: Sana ha la leucemia.
Com'è possibile? Perché proprio a lei? 
Sembra strano dirlo, ma mi sto affezionando a lei. 
Non mi era mai successo prima d'ora, di solito per paura di scottarmi mantenevo sempre una certa distanza nelle relazioni. Invece con lei no, è diverso. Con la mia volontà ho voluto avvicinarmi a lei, starle accanto, ha una strana luce negli occhi, chissà, sarà quella giusta? 

Le lezioni sono terminate, così torno a casa facendomi dare il numero di telefono della mamma di Sana per sapere informazioni. 
Prendo il telefono fra le mani, lo giro e lo rigiro, poi mi decido: chiamo. 

* Pronto chi parla? * 

* Buon pomeriggio signora. Sono un amico di Sana, volevo sapere sue notizie. *

* Ah, mi fa piacere. Beh sai già della sua malattia? *

* Si  signora, so tutto. *

* Beh, continuano le chemio, ora stiamo in ospedale, continua a riposare, è molto stanca e priva di forze. *

* C'è possibilità che si salvi? *

* Una su cento di possibilità. Dobbiamo affidarci solo nelle mani di  Dio. *

* Non credo tanto in Dio signora, però spero con tutto il cuore che vada a buon fine. * 

* Grazie ragazzo, a presto. *

* A presto signora. * 


Terminata la chiamata mi butto sul letto, senza rendermene conto mi addormento. 
 

Pov. Sana

Quando avevo cinque anni, mia madre mi ripeteva sempre che la felicità è la chiave della vita. Quando andai a scuola, mi domandarono come volessi diventare da grande. Io scrissi “felice”. Mi dissero che non avevo capito il compito, ed io dissi loro che non avevano capito la vita.

Ora mi rendo conto che la mia felicità avrà breve tempo. Mi sto indebolendo sempre più, non riesco a stare alzata, ho solo la forza di chiudere gli occhi ed addormentarmi. 

I miei pensieri vengono disturbati dal suono della porta. 

<< Avanti. >> dico io con voce flebile. 

<< Ciao Sana. >> dice Nao facendo la sua entrata in stanza. 

<< Nao, come stai? >> domando io. 

<< Tutto bene grazie, e tu, come ti senti? >>  domanda lui sforzando un sorrido. 

<< Così come mi vedi. Stanca, afflitta, debole, con nessuna speranza. Già, perché la speranza è l'ultima a morire, ma anche la prima ad illudere ed io non voglio illudermi di poter vivere ancora. >> dico io amaramente. 


<< Non dire così, ce la farai ed io sono qui al tuo fianco! >> esclama lui incoraggiandomi. 

<< Grazie Nao. Grazie anche per essere venuto, oggi da sola non ce l'avrei fatta. >> dico io. 

<< Che vuoi dire? >> domanda lui. 

<< Ho paura. >> affermo io. 

<< Di cosa? >> domanda lui. 

<< Di perdere tutto, di finire nel nulla, nel silenzio, di sparire e basta, di non avere mai più le persone a cui voglio bene. >> sbotto io amara. 










Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8 capitolo ***


Pov. Naozumi 


Tristezza, solitudine, rabbia. Quasi tutte le canzoni che mi piacciono ne parlano. Suonandole è come se affrontassi quei mostri, soprattutto quando non riesci neanche a dare loro un nome. Poi, però, finita la musica, quelle cose restano lì. Certo, magari adesso le sai riconoscere meglio, ma nessuno le ha magicamente spazzate via.

Sana sta morendo e non ci si può fare nulla. Mi sento così inutile. Internet questa volta ha sbagliato tutto. Chi se ne frega se Sana risorgerà. Io la voglio qui ed ora, voglio vivere con lei per tutti i giorni della mia vita e accarezzare i suoi capelli rossi e il suo viso, guardare i suoi occhi e ridere con lei e farla ridere e parlare, parlare, parlare senza dire nulla ma dicendo tutto. La morte è un problema che non mi riguarda più, adesso devo occuparmi solo della vita e siccome è poca e fragile devo renderla molta e forte, piena e indistruttibile. Dura come il ferro. 

Come tutte le mattinate, ora sono seduto su di una sedia, nel mio banco, nella mia amatissima classe. Amatissima in senso ironico, ovvio. 
Da quando Sana non è più con noi in classe, sembra tutto più vuoto, più cupo, più noioso, meno vitale. 
Lei era il raggio di sole in una giornata di pioggia; il tramonto in una sera d'estate al mare; la ciliegina sulla torta; l'arcobaleno dopo la pioggia; l'accento su di una parola; i perché ad ogni motivazione o dubbio; lei era lei, ha un senso, è importante, lei rende tutto migliore, quella cosa che manca per rendere tutto perfetto. 

<< Bene ragazzi, parliamo di Dante e Beatrice. 
Nella vita nova Dante celebra l'amore per Beatrice. All'inizio vuole conoscerla, cerca di avvicinarla, solo che è timido, si vergogna; la forza stessa del suo amore,che lo paralizza. 
L'amore che legava Dante a Beatrice è un amore puramente spirituale in quanto Beatrice evoca la figura della donna-angelo: fonte di ispirazione e di verità spirituale. Beatrice, come il viaggio attraverso i mondi ultraterreni, porta alla purificazione e al perfezionamento della personalità di Dante. L'amore tra loro due era il vero amore, l'amore puro, non contaminato, senza ipocrisia. E' l'amore compassionevole e autentico. >> spiega il prof. 

Lui si che è diverso dagli altri prof. Spiega in un modo che ti prende, in parole semplici, concise e dirette. 

<< Prof ma alla fine come va a finire ? Riusciranno a vivere il loro amore? >> domanda Viola. 


<< No, purtroppo quest'amore è conosciuto come amore platonico. >> risponde il prof. 

<< prof e voi siete qui per insegnarci l'amore platonico ? >> domanda Akito. 

<< Questi sono programmi che si devono fare nell'ambito scolastico, ma io penso che l'amore va vissuto. Quindi ragazzi quando vi passa per mano, non ve lo lasciate scappare! >> esclama lui. 

Già. Non devo farmi sfuggire le cose fra le mani. Non posso permettermi di perderla. 

Pov. Akito 

Finito l'orario di scuola decido di andare a trovare Sana a casa sua. Ebbene si, per comodità sua le hanno permesso di stare a casa. 
Camminando, camminando arrivo in una strada in centro, la sua strada.
La imbocco e la sua grande casa scorge in lontananza. 
Mi avvicino man mano. Man mano mi avvicino a lei, al sol vederla mi fa qualcosa allo stomaco. Che sarà? 

Suono il campanello e, sorridente, sua madre mi invita ad entrare. 
È impossibile non notare quanto in realtà quel sorriso è tutt'altro che sincero. 
È spento, smorzato, stampato. Come biasimarla, vede sua figlia perdere le forze, consumarsi senza poter far nulla. 

La seguo in svariati corridoi, fin quando ci soffermiamo dinanzi una porta di legno bianca. 
Bussa e mi lascia li, solo. 

<< Avanti. >> dice lei nella stanza. 

Mi faccio coraggio ed apro la porta, chiudendola alle mie spalle. 

<< Ciao Sana >> dico io sorridendole. 

<< Ehy Akito. >> mi risponde lei sorridendo stancamente. 

<< Come ti senti ? >> domando io apprensivo avvicinandomi al suo letto. 

<< Se ti direi " bene " ti mentirei, di sicuro. Posso dirti soltanto che sono stanca, non so più che fare, oramai mi sono rassegnata, spero soltanto di non soffrire così tanto a lungo. >> dice lei. 

<< Vedrai che le cose andranno nel verso giusto. Tu guarirai! >> esclamo io. 

<< Non ci credo così tanto, anzi, non ci credo proprio. È raro che qualcuno scampi alla leucemia. Il mio sangue diventa sempre più bianco ed il rimante rosso si sta estinguendo, divorato dal veleno che scorre nel mio corpo. 
Sai, ora, molto spesso, mi capita di pensare alla mia vita da bambina e di invidiarla. Si, invidiarla. Prima credevo in Dio e mi sentivo migliore. Ora non troppo, non ho più quella fede, ma la vorrei di nuovo indietro. 
A volta mi capita di scrivergli. Si, scrivo a Dio. Gli dico il perché di tutto questo, perché proprio a me, perché strapparmi dalla vita così giovane; perché morire in una maniera così brutale. >> dice lei amaramente. 

Vengo colpito da quelle parole. Un fulmine a ciel sereno. 
Non ero pronto a quelle parole, non mi aspettavo che uscissero dalla sua bocca. 
La mia risposta fu il silenzio. 

<< Troppo diretta vero? Parlo in maniera troppo cruda ? È così. Diventi così quando sai che a breve morirai, stai per essere strappato dalla tua vita. Non dirmi " guarirai, non pensare alla morte. " perché poco voglio crederci, preferisco non illudermi, preferisco non avere delusioni. >> afferma lei con voce affannata. 

<< Penso che hai tutte le ragioni del mondo per parlare così, per pensare così. Non è cosa da tutti i giorni stare appesi su di un filo tra la vita e la morte. Io al posto tuo non ce l'avrei fatta già da subito, ma tu sei forte, più di quanto tu voglia far credere. 
Ti dico solo una cosa : resisti Sana, resisti. Non permettere che uno stupido veleno ti tolga la vita, il tuo sorriso, la tua bellezza, la tua voglia di vivere. Sii più forte di lui, combatti, distruggilo, non gliela dar vinta. Ti prometto che farò il possibile perché tu sia qui con noi, con me. >> dico io. 

<< Grazie Akito, non sai quanto piacere mi facciano le tue parole. Wow, cos'hai fatto all'Akito che conoscevo ? >> domanda lei divertita. 

<< Sembra proprio che il prof di filosofia mi abbia contagiato! >> esclamo io scherzoso. 




Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9 capitolo ***


Pov. Naozumi


Sono passati minuti? Ore? Da quando sto a computer cercando informazioni sulla sua malattia. 
Leucemia: sangue bianco. 
Come cazzo può essere il sangue bianco?
Tra le varie informazioni scopro che forse c'è un rimedio per guarire Sana: trapianto di midollo. 

Sono pronto per donare il mio midollo osseo alla persona che più amo? 
Si, certo che si. 
Stampo i vari moduli per acconsentire questo trapianto e vado a dirlo ai miei. 

* * *

<< Mamma. Papà. Ho deciso di donare il mio midollo osseo. >> dico io sicuro. 

Da che loro stavano serenamente pranzando, tutto il cibo che avevano in bocca lo sputano. 

<< Tu cosa? >> domandano sbigottiti all'uniscono. 

<< Voglio donare il mio midollo osseo per Sana. Ha la leucemia. >> dico io. 

<< Naozumi caro, queste non sono sciocchezze. Sei sicuro di farlo? Dopo dovrai prenderti le tue responsabilità. Hai raggiunto la maggior età e tu, per legge, sei libero di scegliere anche se per noi resterai sempre il nostro bambino. Tu vuoi veramente questa cosa? >> domanda mia madre. 

<< Si, lo voglio. Voglio almeno provare a salvarla. Mi sento così inutile e impotente vederla lì soffrire senza poter far nulla. >> dico io afflitto. 

<< Eh va bene tesoro. Dove dobbiamo firmare ? >> domanda mia madre. 

<< Qui. >> dico io porgendole il foglio. 

Sotto i miei occhi firmano. Una sola firma per cercare di salvare la vita di Sana. 
Non preoccuparti tesoro mio, io ti salverò. 

Pov. Akito 

Valla a trovare. Cristo santo, non hai ancora capito che con le persone non puoi comportarti come con le magliette. Tu compri una maglietta che ti piace da morire e la usi il minimo necessario, in occasioni speciali, perché non faccia i buchi, si sbiadisca, si rovini. Funziona. Ma con le persone no. Le migliori sono tutte sbiadite, bucate e consunte per quanto te le sei sentite addosso. 

Non so che fare. Mi tormenta. Tutto mi tormenta. Ho paura di soffrire di nuovo, ma oramai è troppo tardi, ci sono dentro fino al collo. 

Per schiarirmi le idee serve solo una cosa: correre. 
Prendo le cuffie, indosso la tuta ed esco fuori casa. 
Corro, corro a più non posso. Corro perché è una delle poche cose che mi rimane. Corro perché mi fa bene. Corro per sfuggire a tutto, anche se in realtà, tutto mi tormenterà per sempre. 
Penso a lei, lei che ora sta soffrendo ed io non posso fare nulla. 
Mi sento così incapace. Quanto è in realtà piccolo l'uomo in confronto al potere della natura? 
Boh. Non me lo so spiegare. 

Tra i miei pensieri raggiungo il parco. 
Vedo una figura a me familiare. Il prof. di filosofia. 

<< Buongiorno prof. >> lo saluto io. 

<< Ah sei tu. Buongiorno Akito. >> dice lui. << Siediti. Ti va? >> domanda. 

Non me lo faccio ripetere due volte e mi siedo. 

<< Allora, successo qualcosa? >> mi domanda apprensivo. 

<< Come fa a saperlo ? >> domando io. 

<< Sapere cosa? >> domanda di rimando lui. 

<< Come fa a sapere che non va tutto bene? È così chiaro agli altri? >> domando io. 

<< Lo vedo dai tuoi occhi. Sono cupi, spenti, vuoti, pensierosi. Che ti tormenta Akito ? >> domanda lui apprensivo. 

<< Ho paura. >> dico io. 

<< Di cosa hai paura? >> domanda. 

<< Delle persone. >>

<< E perché ? >> 

<< Le persone fanno promesse e poi non le mantengono. Le persone ti guardano negli occhi e ti mentono. Le persone disturbano i tuoi pensieri per dire i loro. Loro entrano nella tua testa e ti fanno svegliare la mattina e non ti fanno dormire la notte. Le persone fanno male. >>

<< E lei? >>

<< Lei chi? >>

<< Sana. Non pensare che non l'abbia notato che muori per lei. >>

<< Ah. . . Certo prof che a lei non sfugge proprio niente! >>

<<. Ahahahahahah già, ricordati che sono stato giovane anche io! >>

<< Comunque. . . Lei ? Non è forse anche lei una persona? Non hai paura di lei? >> 

<< Forse. Ma lei è lei. La mia persona preferita. >>

<< E perché non glielo dici? >>

<< Ho paura. E se mi facesse promesse per poi spezzarle? Se anche lei mi guardasse negli occhi e mi mentirebbe? Se disturbasse i miei pensieri per dire i suoi? >>

<< Non hai paura che entri nella tua testa per svegliarti la mattina e non farti dormire la notte? >>

<< Oh, ma questo lo fa già. >> 




Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10 capitolo ***


Pov. Naozumi 

<< Ho deciso di fare una cosa per Sana. >> dico io ad Akito. 

<< Cosa? >> domanda curioso lui. 

<< Donerò il mio midollo osseo per lei. Forse così avrà qualche possibilità in più per continuare a vivere e guarire. >> dico io. 

<< Ah. . . E quant'è la possibilità che possa guarire? >> domanda lui. 

<< Purtroppo una su mille. Se sei compatibile bene, altrimenti via. >> lo informo. 

Lo vedo annuire per poi andare via improvvisamente. 
Lo chiamo e lo richiamo ma sembra non voltarsi. Che gli sia successo qualcosa? 

Intanto mi reco all'ospedale, è giunta l'ora per fare le analisi. 

Entro in quell'enorme edificio bianco. Quel vuoto ed enorme edificio bianco. Mi avvicino al bancone chiedendo informazioni, così una delle infermiere mi porta in un reparto dove potrò fare le mie analisi. Camminiamo, camminiamo lungo un infinito corridoio fin quando lei dice 

<< Aspetta qui. Ti chiameranno. >> 

* * *

Sono passati minuti da quella frase. Molti minuti. Ho avuto modo di pensare a quello a cui sto andando in contro e man mano che passa il tempo e ci penso su, mi autoconvinco che non so facendo cosa migliore di questa. 

<< Kamura. >> 

Mi alzo da quella sedia su cui sono stato seduto per diverse ore. Entro in una stanza. 
Mi fanno accomodare su di un lettino, poi un'infermiera prepara il tutto per l'analisi. 
Man mano si avvicina a me con quell'ago per poter prelevare il mio sangue. 
Fin da piccolo ho avuto sempre paura degli aghi, ma questo non è il momento di aver paura. 
Nauzomi pensa a Sana. 
Chiudo gli occhi non riuscendo a reggere lo sguardo sul mio braccio, poi tutto finito. 

<< Ecco fatto. Le faremo noi sapere gli esiti se lei è o non è compatibile con il sangue di Sana Kurata. >> mi informa l'infermiera. 

<< Va bene, grazie. Arrivederla. >> la saluto io uscendo dalla stanza. 

Pov. Sana 

Le mie forze vanno via via ad esaurirsi. 
Doveva essere proprio questa la mia fine? Una fine lenta e dolorosa? 
Non era nei miei piani ciò. 
In realtà non era nei miei piani morire a soli diciotto anni. 
La mia morte la immaginavo a tarda età, veloce e spontanea. Indolore. 
Seduta su di una sedia a dondolo, davanti ad un caldo camino con una calda coperta a farmi sentire protetta. Intenta a leggere un buon libro e poi tutto all'improvviso: i miei occhi man mano, con lentezza, iniziano a chiudersi; il battito del mio cuore pulsa sempre più lentamente, fino a fermarsi. 
Così me la immaginavo. Invece sono qui, nel letto della mia camera a soffrire tra il dolore ed appesa ad un filo tra la vita e la morte. 
Sono stata davvero una persona così pessima da fare questa fine? 

Improvvisamente un ricordo passa per la mia mente. 

 Inizio flashback. 

<< Papà, ma perché muoiono sempre le persone migliori? >> domando io ingenuamente. 
 
<< Se tu vai in un giardino, quali fiori strappi, quelli belli o quelli brutti? >> domanda lui. 

<<  Quelli belli! >> esclamo io senza pensarci su. 

<< Ecco. Anche Dio fa così. Ci strappa via le persone migliori. >> dice lui scompigliandomi i capelli affettuosamente. 

Fine flashback. 

Pov. Naozumi

Da quella volta all'ospedale sono passati due? Tre? Quattro giorni? 
Poi finalmente una chiamata. 
Una chiamata che mi ha portato a scoprire una cosa che non avrei mai voluto sapere. 

<< Signor Kamura lei non è compatibile con la signorina Kurata. >> mi informa l'infermiera delle analisi. 

Un fulmine a ciel sereno, ecco cos'era. 

Ed ora? Come farò? Come farà lei? La vedrò morire e spegnersi nella sua bellezza?
Scosso da quella notizia non faccio neanche attenzione alle parole dell'infermiera e lentamente, con fare vagabondo, mi avvio all'uscita dell'ospedale. 
Cammino tra le strade di Tokyo scontrandomi con diverse persone, ma non ci faccio caso, fin quando mi sento strattonare un braccio. 
Mi giro quasi svogliatamente e con una pessima cera e mi rendo conto che è Akito. 
Riesco solo a dirgli una frase. 

<< Non sono compatibile. >> 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** 11 capitolo ***


Pov. narratore esterno 

I giorni passavano, il tempo scorreva e nella fredda e innevata Tokyo l'inverno si avvicinava. 
Il clima non era uno dei migliori, le strade innevate, file chilometriche di automobili che invadevano la città. 
L'inverno si avvicinava e, con l'arrivo del Natale, della sospensione delle attività didattiche e dello stare in famiglia, portava con se una scia di felicità in tutti gli abitanti di Tokyo, o almeno quasi tutti. 

Le chemio continuavano, i controlli anche e per Sana il dolore e la sofferenza continuavano. Il Natale era la sua festa preferita, la trascorreva in famiglia e si sentiva amata. Invece ora è costretta a stare a letto, senza nemmeno avere la forza di farsi una doccia.

Questo però non turba solo lei. 
Anche Akito e Naozumi sono preoccupati. 
Naozumi non riesce a capacitarsi del fatto di non essere compatibile eppure lui se lo sentiva. Sentiva di essere quello giusto. 
Akito con i suoi dubbi percorre la sua strada in solitudine. Neanche più Naozumi è con lui a fargli compagnia. Pensa che la solitudine sia la miglior cosa. 

Come al solito le lezioni seguivano il loro percorso e i nostri amici, anche se controvoglia, continuano il loro percorso. 

Pov. Naozumi 

È ora di filosofia. 
Forse in molti pensano che sia una noia mortale. Infatti. Lo pensavo anche io fin quando a varcare quella porta è stato il nuovo prof. Con lui mi sono sentito capito, la sua materia è una delle poche che reggo. 

<< Prof perché la vita è così dura? Perché dolore, tristezza e disperazione invadono le nostre vite? >> domando io improvvisamente, dicendo una cosa completamente diversa da ciò che stavamo trattando. 

<< Beh . . . Penso che sia dura e piena di sensazioni negative perché ti vuole forte per poter affrontare tutto ciò; ti vuole duro per non mostrarti impreparato di fronte a determinate situazioni; ti vuole maturo e determinato per affrontare le cose di tutti i giorni. >> mi risponde lui. 

<< Prof non penso che tutti abbiano questa forza. Il mondo è pieno di persone deboli che dopo svariati avvenimenti vogliono dire basta, ma manco quello sanno fare, perché nel profondo sperano che non ci sia mai una fine, o almeno se deve esserci deve essere un lieto fine. >> dico io. 

<< Tipo tu? >> si intromette Akito. 

<< Si, io. Tipo io. >> affermo io ancora scosso da quella sua domanda mista ad affermazione. 

<< Non c'è niente di male ad ammettere di essere deboli. Anzi, il vero coraggio, la vera forza sta proprio in questo: ammettere di essere deboli. Ammettere che questo mondo è troppo più grande di noi, troppo più potente da poter essere affrontato da noi, problematici esseri umani. >> si intromette il prof zittendo tutti. 

La mattinata passa tra lo scorrere delle diverse materie. 

Il mio parere sulla scuola è questo: 
La scuola sarebbe migliore se non ci fossero voti. Si studierebbe per avere una cultura  e non per ottenere un sei stiracchiato. Io mi divertirei di più. Sarei sempre sereno, sempre entusiasto. 
Invece devono valutarci, misurare quello che sappiamo con un secco numero. A volte ci sembra che diano un voto anche a noi. Hai preso quattro? Fai schifo, sei un perdente. 
Hai preso otto? Bravo, sei il più intelligente. 
Sempre giudicati, sempre denigrati. 
Siamo giovani, vogliamo una cultura, non un numero rosso su un foglio bianco! 

Dopo due giorni . . . 

Pov. Sana 

Una chiamata dall'ospedale. 
Mi diranno che non ho più nessuna via di scampo? 
Mi diranno che marcirò li, nel mio letto, aspettando la morte? 
Mi diranno che nessuno farà nulla per impedire ciò? 
Mi diranno che io, una semplice adolescente, devo rinunciare alle cose belle che mi offrirà la vita? Alle cose che volevo fare? Ai miei progetti? 


Insieme a mia madre con la sua auto ci incamminiamo verso l'ospedale di Tokyo. 
Arrivate li mia madre mi aiuta ad alzarmi e poi, poggiando una mano intorno al mio collo e l'altra intorno alla vita, mi aiuta a camminare per poi farmi sedere su di una sedia a rotelle che è stata la mia " compagna di viaggio" in tutto questo tempo. 

* * * 

<< Signora l'abbiamo fatta venire qui per dirle che abbiamo buone notizie. >> inizia a parlare il medico che ha seguito il mio caso durante tutto il periodo della mia malattia. 

<< Allora?  Mi dica! >> lo incita mia madre. 

<< Beh, abbiamo trovato la persona compatibile con il sangue di vostra figlia. L'operazione avverrà fra poche ore, così potremmo sapere se la malattia che divora vostra figlia scomparirà o meno. >> ci informa il medico. 

<< O santo cielo! Quante sono le possibilità che mia figlia si salvi ? >> domanda mia madre più che contenta. 

<< Più del 50% signora, direi davvero buone! >> esclama il medico. << Ora aspetti nella sala di attesa, la chiameremo noi. >> dice continuando. 


Mia madre annuisce ed insieme ci sediamo sulle poltrone della sala di attesa. 

Non è possibile. Forse guarirò? 
È quel forse che non mi piace. 
Quel forse che accende in me delle speranze che probabilmente potranno essere false. 
Quel forse che mi porterà a stare in ansia fino al termine dell'operazione. 
Quel forse che mi tiene appesa ad un filo tra la vita e la morte. 


L'ora è arrivata. Il medico fa cenno di seguirlo. Vengo portata in una sala, preparata per andare in sala operatoria e portata li su di una barella. 
Sento mia madre stringermi la mano fino all'entrata della sala, poi il buio. 

Con l'anestesia ho perso i sensi. Non sento nulla. Nessun collegamento con il mio corpo. Che brutta sensazione. È come se stessi in un altro mondo, in attesa che la realtà mi chiami e mi porti con se. 
Non so di preciso quanto tempo sia passato, ma man mano sento le palpebre dischiudersi, fino a mettermi in contatto con la realtà. 

<< Ti sei svegliata! >> esclama mia madre avvicinandosi al letto. 

<< Si, sembrerebbe proprio di si. >> dico io ancora con un senso di vuoto e un mal di testa. << Come è andata l'operazione ? >> domando io. 

<< Bene, ha detto il medico che sei guarita! >> esclama contenta mia madre. 

<< Guarita? >> domando io incredula più a me stessa che a lei. 

<< Si, guarita! È tutto finito, finalmente! >> esclama lei. 

In tutta risposta le sorrido e mi avvicino di più a lei per abbracciarla. 
Avevo proprio voglia dei suoi abbracci. Infondo chi non ama gli abbracci della propria madre? 

Questo momento viene disturbato con l'arrivo del medico nella stanza. 

<< Bene, ti sei svegliata. >> mi dice. 

<< Si. Dottore posso sapere chi ha donato il midollo? >> domando io.

<< Aspetta un momento. Sarebbe una questione di privacy però faremo un'eccezione. Vediamo un po' . . . >> dice aprendo una cartellina e scorrendo con le dita fino a fermarsi. << Un certo Hayama. Si, Akito Hayama è colui che ha donato il midollo. >> mi informa. 


Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12 capitolo ***


Pov. Akito

Erano giorni che ci pensavo. 
Giorni in cui pensavo di fare qualcosa per lei, di regalarle almeno un sorriso, forse l'ultimo. 
Così, impuntandomi, ho convinto i miei genitori a firmarmi le varie scartoffie per l'autorizzazione del trapianto di midollo e, senza rimpianti, sono andato li, pronto per affrontare una cosa più grande di me. 

Direi che tutto ciò è andato a buon fine, visto e considerato che il mio sangue era compatibile con quello di Sana e che grazie a me la sua malattia è svanita come per magia. 
Il suo sangue sta diventando lentamente di nuovo rosso. 
Rosso, ecco come deve essere. 

Chissà come starà; chissà se sarà felice; chissà se sarà contenta del mio gesto. Lo spero. Lo spero 
davvero . . .

Oggi piove.
Niente di speciale, niente di diverso, una semplice giornata di Dicembre.
Ma, oggi piove.
Ho sempre amato la pioggia, per vari e fantasiosi motivi. Perché mi mette tranquillità. Perché penso che ci sia qualcosa mi lega con qualcun altro, nei giorni di pioggia. 
Perché, avete presente quelle giornate di pioggia grigie, acquose e rumorose? Quelle giornate in cui vorresti stare nel tuo caldo e amato letto ? Quelle giornate in cui ti senti stanco e scombinato, con un aspetto un po' trasandato ? Quelle giornate che vorresti fossero giornate per due? Ecco, io quelle giornate le amo.

Oggi piove e c’è scuola.
Oggi guardo fuori dalla finestra dell’aula e penso a te. Penso a te che sei così vicina a me, eppure così lontano.Penso alla sensazioni che provo quando ti vedo. Alle sensazioni che provo quando vedo i tuoi occhi. Il tuo sorriso. La tua bocca. E penso: se non è amore, questo cos’è? Una buona imitazione, forse.
Perché io sono innamorato di te. Lo ammetto, mettendo da parte il mio orgoglio. Perché si,non è una cotta. Perchè senza di te si è un po’ più soli, un po’ più vuoti. Perché l’esistenza di qualcuno è strettamente legata all’esistenza di qualcun altro. E per noi è così. E per me è così.

E se io ti amassi?
Ma tu non mi ami, ecco. E io sono qui, osservo la pioggia, penso: e se ti amassi? Perché con la pioggia è più semplice pensarlo. E forse è più semplice dirlo. Hai mai provato a pensare col sole? No, troppe distrazioni. Ma la pioggia concilia il pensiero, fa venire a galla sensazioni difficili da spiegare.
Ti amo e c’è la pioggia. Sì, sono sicuro, ti amo.
Ti amo perché mi fai ridere quando mi imiti. Ti amo quando pronunci il mio cognome e ti amo perché non mi chiami mai col mio nome di battesimo. Ti amo perché quando ridi ,rido anche io. Ti amo perché quando ti guardo negli occhi io muoio, e tu, muori anche tu? Ti amo perché quando sfiori le punte delle mie dita, mi vengono i brividi. Non per il freddo, no, per il caldo. Per il caldo con cui si riempie il mio cuore. Non sono buone ragioni per amare una persona, queste? Io penso di sì, tu?

E, intanto, fuori, continua a piovere.
E suona la campanella. È il mio momento preferito della giornata, il suono della campana, perché, se sono fortunato,  facendo passare un po di tempo, faremo la stessa strada a piedi. 
Sai, Dante era talmente innamorato di Beatrice che sentiva il bisogno di raccontarlo a tutti. Io farei lo stesso. Ma prima lo racconterei a te. Tu lo devi sapere in anteprima.
‘Ti amo, so che non provi lo stesso, ma ti amo.’ Ti dico.
E te lo dico sotto la pioggia, perché è più facile dirlo, quando piove. E te lo dico mentre i nostri vestiti sono inzuppati, perché, magari, mi abbracci.
‘Ora, so che io sono insignificante, ma dopo questa confessione, vorrei un abbraccio.’
‘Stupido, ti amo anche io. Avevo solo paura di dirtelo.’ Vorrei sentirti dire. 
Oggi piove e ti amo.
Oggi piove e mi ami.
Ma con la pioggia è più facile, dircelo, che ci amiamo.
Oggi piove e ci amiamo.


Interrompo i miei pensieri, pensandoti troppo potrei sciuparti e non voglio. 

Sono troppo sdolcinati i miei pensieri? 
Che posso farci; il mio amore per te mi rende così. Forse almeno ti piacerò. Almeno un po'.


Pov. Sana

Davvero Akito ha fatto questo per me? 

Davvero è stato capace di donarmi il suo midollo? 

Davvero la mia vita è così importante da poter compromettere la sua? 

Voglio vederlo. Si, ora. Voglio vederlo e ringraziarlo. Forse ringraziarlo all'infinito non potrà mai essere paragonato a quello che ha fatto lui, ma voglio vederlo, il più presto possibile. 

<< Ora vi lascio sole. Riposati Sana. >> mi dice il dottore sorridendomi amorevolmente ed uscendo dalla stanza. 

<< Mamma voglio parlare con Akito; voglio vederlo. Dammi il tuo cellulare, lo voglio qui, ora. >> affermo io decisa. 

Mia madre fa come le ho detto e mi porge il suo cellulare. 
Noto l'orario, 13:45. 
A quest'ora saranno finire le lezioni. 

" Sono Sana.
Se non chiedo troppo, voglio la tua presenza qui in ospedale. 
Voglio ringraziarti personalmente. Hai fatto una cosa bellissima per me, non potrei mai sdebitarmi. " 


Dopo poco arriva una risposta. 

" Tra poco sono da te. Il tempo di arrivare. 
Ah e per quello che ho fatto, non preoccuparti, l'ho fatto molto volentieri. " 

Sorrido per quelle semplici parole che messe insieme in quel messaggio sono molto importanti e sono ad effetto. 

Poco dopo sento dei passi provenienti dal corridoio adiacente alla mia stanza. 
Sarà lui? 

Subito fa il suo ingresso un ragazzo avente più o meno la mia età. 
Biondo, occhi ambra, lui.


<< Akito! >> esclamo io dalla gioia. 

<< Sana! Vedo che stai molto meglio. Come ti senti adesso? >> si avvicina al mio letto, mentre mia madre toglie il disturbo chiudendo la porta alle sue spalle. 

<< Molto meglio e tutto questo grazie a te! >> esclamo io gioiosa. 

<< Ma di cosa, figurati! >> risponde lui di rimando. 

<< Siediti! >> lo invito io. 

Fa come gli dico e si siede, proprio accanto al mio letto, sulla sedia su cui poco fa era seduta mia madre. 

<< Posso farti una domanda? >> domando io. 

<< Certo, dimmi pure. >> dice lui sorridendomi dolcemente. 


<< Perché hai fatto tutto questo? >> domando io senza peli sulla lingua. 

<< Perché ci tengo a te. Forse in modo un po' particolare. 
Forse non come amico. Forse come un qualcosa di più. >> mi dice lui facendomi rimanere senza fiato. 

<< C-cosa? >> domando io ancora scossa. 

<< Hai capito bene Sana. Ci tengo a te come più di un amico. E sai perché? Perché io ti amo.
Mi fai venir voglia di chiamarti nel bel mezzo della notte.
Mi fai venir voglia di abbracciarti fino alla luce del mattino.
Mi fai venir voglia di amarti, mi fai venir voglia di morire.
Mi fai venir voglia di far arrendere a te la mia anima.
Sai che è questo ? Un sentimento che non posso combattere.
Sei la prima e l'ultima cosa nella mia mente.
Voglio sapere se la pensi come me
E dimmi se senti il mio dolore.
Non lasciarmi pieno di dubbi. >> dice tutto d'un fiato, lasciando altrettanto me senza fiato. 


Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13 capitolo ***


Pov. Sana 

<< Comunque, se sei stanca e non ti va di parlare, potremo rimanere in silenzio e andrà bene lo stesso. A me basta starti vicino. >> dice lui. 

Rimango interdetta dalle sue parole. 
Akito mi ama? Davvero? 
È stato così dolce, con quello sguardo così vero di chi si è tolto un peso dentro più grande di lui, che mi ha fatto sciogliere il cuore. 
Ed io? Io lo amo? 
Ultimamente i miei pensieri ricadevano sempre su di lui, si. Però questo è amore? Non ne sono sicura. 
Non sono stata sempre molto brava nelle questioni amorose. La delusione e la paura hanno sempre preso il sopravvento. 
Quindi mi domando se sono pronta ad amare di nuovo, dopo tanto tempo. 
Forse sono rimasta troppo a pensare. Ritorno alla realtà. 

<< Akito . . . I-io non so che dirti. Se devo dirti che con queste tue parole mi hai rimasto senza fiato allora si, è proprio così. >> dico io solamente. 

<< Lo so, forse è un po' prematuro, ma io mi sentivo di dirtelo. Non ti chiedo di rispondermi ora, non vorrei un " no" affrettato come risposta. Quindi prenditi il tuo tempo, riflettici e fammi sapere cosa ne pensi. Io sono qui ad aspettarti, non mi muoverò di un dito. >> afferma lui deciso. 

Nuovamente dalla mia bocca non esce alcun suono. Lui se ne accorge e riprende parola. 

<< So che ho poco da offrirti. Ho solo me stesso, e non credo che basti. Non basto mai. Però vorrei tanto che nel mio piccolo sia significativo per te. 
Forse ti parlo in un modo non mio, in un modo un po' troppo sdolcinato. È vero, mi sono rincoglionito. Ecco un effetto dell'amore e non so se sia un bene o un male. >> dice sorridendo imbarazzato e grattandosi la nuca. 

Con lo sguardo fisso, immobile, attento su di lui, mi chiedo perché il dolore e la gioia piangano allo stesso modo. 
Sento qualcosa bagnarmi la guancia destra. Qualcosa di umido, sento qualcosa di umido solcarmi la guancia, scorre lentamente fino ad arrivare al confine tra il viso e il collo. Piccole lacrime silenziose scendono dai miei occhi, perché piango? Perché sto piangendo? 
Non lo so nemmeno io. So solo che ora mi sento come se avessi toccato il cielo  ad un metro con un dito, anzi, forse di più. Forse tre metri sopra al cielo. 

Lo vedo avvicinarsi di più, ad una distanza forse equivoca. I suoi occhi brillano, si, emanano una luce diversa, un velo di spensieratezza, felicità e forse . . . Amore(?) 
Mi accarezza la guancia con movimenti lenti, delicati e circolari. Al suo tocco rabbrividisco. È un tocco piacevole, molto. 

<< Perché piangi ? >> mi guarda confuso. 

<< Non lo so il perché. Forse le tue parole, forse per i tuoi gesti. Non sono resistita. Ciò che posso assicurarti è che sono lacrime di gioia. >> affermo io sorridendogli dolcemente. 
  
Di tutta risposta sento le sue braccia intorno alla mia vita. La mia vita nelle sue mani. 
Mi sento protetta avvolta tra le sue forti braccia. Emanano calore, protezione, affetto, sicurezza . . . 

Mi stringe. Mi stringe senza dire niente e  lascia che mi sfoghi. Senza muoversi  mai. Rimane semplicemente seduto, la sua faccia premuta contro la mia così forte che la sua pelle sta per  assorbire le mie lacrime. Le sue braccia rimangono ancora serrate intorno a me. Abbastanza strette da essere di conforto, e allo stesso tempo abbastanza sciolte da rassicurarmi sulla mia libertà. 
Aveva parlato, poco, ma quanto basta per  farmi scegliere. Ci sono parole come le conchiglie, semplici ma con il mare dentro. E le sue erano una di quelle. Con la loro semplicità hanno fatto breccia nel mio cuore. 
Già credo proprio di essermi innamorata. 
Mi sono innamorata  di Akito  Hayama, ci credete? 

Pov. Naozumi 

Chi se lo avrebbe mai immaginato? 
Chi avrebbe immaginato che un giorno avrei lasciato la mia amata Tokyo. 
Solo pochi giorni fa ero tra un misto di disperazione e tristezza per non essere ricambiato da Sana ed ora? Ora che non la vedrò più? Ora che lascerò tutti qui, come sarà? 
Incomincerò una nuova vita, si, questo si. Forse in un giorno lontano riuscirò a dimenticarla, per ora mi rimangono solo frammenti di ricordi che terrò sempre con me. 

Circa trenta minuti fa ho avvisato Akito e Sana per incontrarci nel parco. Dovevo dare loro la notizia. 
Li vedo arrivare insieme, strano. 

<< Hey ragazzi! >> esclamo io. 

<< Ciao Nao! >> esclama Sana sorridente. 

<< Oh Nao! >> risponde Akito. << Di cosa volevi parlarci? >> domanda continuando. 

<< Eh infatti, di cosa volevi parlarci? >> ripete nuovamente Sana. 

<< Sediamoci. >> dico io andando verso la panchina più vicina e sedendomi, seguito a ruota dagli altri due. 

<< Ecco . . . La mia famiglia ha deciso di trasferirsi. >> dico io tutto d'un fiato. 

<< Che cosa?? >> sbottano entrambi sgranando gli occhi.  

<<  Già. La mia stessa reazione appena mi è stato detto. >> dico io affranto. 

<< Ma perché ? >> domanda triste Sana. 

<< Mio padre ha avuto il trasferimento,così per comodità, essendo una città  molto distante da qui, hanno deciso di trasferire con tutta la famiglia. >> dico io. 

<< Dove ti trasferirai di preciso? >> domanda Akito che fin ora sembra stato in silenzio ad ascoltare senza interrompere il discorso. 

<< America, precisamente New York. >> affermo io. 

Un urlo di stupore esce dalla bocca di entrambi ed io, di riflesso, sorrido per le loro facce e per il loro stupore. 

<<  Già. >> dico io. 

<< Ma è lontanissimo da qui! Non ti rivedremo più? >> domanda Sana delusa. 

<< Non sempre, però verrò. Durante le feste tornerò ogni tanto. In fondo la mia famiglia è qui, tutti i miei parenti sono qui. Qualche volta mi piacerebbe anche che voi mi veniste a trovare! Ovviamente pago tutto io, altrimenti vi verrebbe a fare un mutuo! >> esclamo io divertito. 

<<  Ovvio. Non dobbiamo perdere i contatti. Ci mancherai ad entrambi, vero Akito ? >> domanda Sana rivolgendosi ad Akito. 

<< Si, ci mancherai amico. >> afferma lui deciso. 

<< Beh, adesso devo proprio andare. Il volo è domattina e le valigie non si preparano da sole. A presto amici! >> esclamo io sorridendo ad entrambi. 

Loro di tutta risposta aprono le braccia e mi accolgono fra se. Un abbraccio in amicizia. Un abbraccio sincero. Un abbraccio che ci voleva! 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** 14 capitolo ***


_Dopo due settimane

Pov. Sana

Sono passate due settimane dalla partenza di Nao. 

Sono passate due settimane da quando se ne è andato, mi manca tanto, mi manca il mio amico Nao. 

Sono passate due settimane da quando la mia vita ha ripreso il suo percorso: la scuola, i compiti, le uscite, le chiacchierate in amicizia e in famiglia, le feste, . . . 

Sono passate due settimane dal discorso di Akito. Due settimane da quando le sue parole rimbombano nella mia mente. Ancora non gli ho dato una risposta. 

Sono passate due settimane da quando vedo Akito mantenere le distanze da me. 

Sono passate due settimane da quando non gli parlo, da quando la mia vita non è più la stessa, da quando la mia felicità ha cessato di vivere. 
Perché ora sono cambiata. Perché ora sono differente. Sono quella che preferisce la pioggia, preferisce i temporali, come quelli che ho dentro. 
Quella della cioccolata calda e un film sotto le coperte. Quella delle canzoni tristi e lacrimogene, Brondi, Paramore, Ed sheeran, Lana del rey.  Quella dei libri sullo scaffale e il libro sul comodino. Le citazioni sul muro, sui banchi, frasi impresse in ogni dove. Quella sempre nell’ultimo posto sul pullman, a guardare la strada invece che il cielo, o magari a guardare il cielo e sognare che sia vicino. Quella che ama i treni e che quando sente una notizia di qualcuno morto alla stazione non pensa che non ci sia più sicurezza negli impianti, ma che probabilmente quella persona aveva una vita difficile ed era una come me . Una sola ma forte come due. Per troppo tempo. 
Perché io faccio parte degli "altri", quelli del ‘per sempre’, che credono che valga la pena per tutto e tutti, che credono che prima o poi un giorno arriverà la ricompensa di tutte quelle notti insonni, tutti quei messaggi non inviati o inviati alla persona sbagliata, tutti quegli sguardi persi, non ricambiati, quelle mani non intrecciate o il coraggio che ci e’ mancato. Sara’ servito a qualcosa no?
 Perché sono quella che sta male, perché non smette mai di crederci. Sono coraggio, emozione, sensazione, aria, lacrime, passione, lotta, potenza, tramonto, mare, bellezza. 

Ora piove. 
È come se non mi sentissi poi così sola. È come se parte della mia solitudine è stata colmata. 
Ho la certezza che anche qualcuno, come me, soffre. 
Si soffro. Soffro per lui, per la sua indifferenza, per il suo improvviso allontanamento. 
Ora stiamo nella stessa stanza e non mi degna  nemmeno di uno sguardo, un saluto, un sorriso. E pensare che fino a due settimane fa mi aveva confessato che mi amava. 
È questo l'amore che provava ?!

La sua indifferenza mi fa star male; il suo essere tornato come prima mi fa star male perché, ebbene si, Akito Hayama è tornato lo scontroso, il buffone e lo strafottente di un tempo. 

Perché questo cambiamento, Akito? 

* * * 

Il suono insistente della campanella risveglia i miei pensieri. Non ho mai amato questo suono quanto oggi. Mi sento soffocata fra queste quattro mura. 

Esco dall'aula vedendo che anche Akito fa lo stesso. Faccio per raggiungerlo ma vengo fermata da Viola. 

<< Sana! Tutto bene? È da tanto che non parliamo! >> esclama lei. 

<< Si Viola, tutto bene. A te? Come vanno le cose? >> domando io per educazione. 

<< Tutto bene, grazie. Io e le ragazze della classe stavamo organizzando per domani un pomeriggio tutte ragazze, sei dei nostri ? >> domanda lei. 

<< Certo, vengo volentieri! >> esclamo io sorridendo. 
<< Ora scusami ma vado di fretta, ci sentiamo! >> esclamo io salutandola. 

Scruto con lo sguardo la presenza di Akito, fin quando lo vedo parlare con un gruppo di ragazze e ammiccare alla nuova della scuola. Alessia Levi. 
Non ha perso tempo a quanto vedo! 
Mi avvicino senza importarmene e lo afferro per il polso. 
Si gira sorpreso, però poi sul suo volto compare di nuovo la sua solita faccia da strafottente. 

<< Possiamo parlare? >> domando io. 

<< E di cosa? >> domanda con sufficienza. 

<< Se me lo concedi, in privato. >> dico io. 

<< E perché? Lo sai che è maleducazione lasciare gli amici durante una conversazione ? >> domanda beffardo verso di me per poi girarsi ed ammiccare verso il gruppo di oche affianco. 

<< Non mi importa. Voglio parlarti, adesso. >> affermo io decisa. 

<< Mi dispiace ragazze, sono troppo desiderato. Alla prossima. >> dice spavaldo lui e iniziando a camminare al mio fianco. 

Quando avevamo raggiunto un posto isolato ed ideale per parlare, presi parola. 

<< Perché? >> domando io solamente con tono deluso. 



Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** 15 capitolo ***


Pov. Akito. 

<< Perché ? >> mi domanda una volta fermi. 

<< Cosa perché ? >> domando io sperando che non sia la domanda che credo. 

<< Perché ti comporti così? Perché mi eviti? Perché mi tratti male? Sembri proprio . . . >> dice lei triste bloccandosi. 

<< Sembro proprio ? >> domando io incitandola a continuare. 

<< Sembri proprio l' Akito di un tempo . . . >> afferma delusa. 

<< In realtà non sono mai cambiato. >> dico io deciso. 


<< E le tue parole? Gli abbracci? Quel discorso fatto in ospedale? >> domanda lei con voce strozzata.

<< Tutta una tattica. >> affermo io mentendo spudoratamente.

<< Una tattica ? >> domanda confusa. 

<< Si. Una tattica per farti cadere ai miei piedi come le altre. Ci sono riuscito no? >> domando io fingendomi  strafottente.

<< Vuoi dire che fin ora mi hai sempre mentito ? >> mi domanda incredula sbarrando gli occhi. 

<< Beh, se vuoi metterla così . . . >> dico io continuando a mentire e combattendo tra il restare freddo e stringerla tra le mie braccia. 

<< T-tu >> dice lei mentre una lacrima traditrice le solca il viso, provocandomi una fitta al cuore. 

<< Io? >> 

<< Mi fai schifo! >> sbotta tra le lacrime per poi correre. Correre lontano da me. 

Perché le ho fatto questo? Perché con i miei comportamenti l'ho fatta piangere? Io volevo solo allontanarla da me, perché sapevo che non potevo renderla felice come davvero meritava. Ed ora? Ora mi odia. 
Non volevo questo.
Non volevo arrivare a questo. 
Quando quelle lacrime traditrici hanno iniziato a bagnare le sue gote, mi sono sentito morire nell'animo. Mi hanno provocato una fitta al cuore. 

Era proprio necessario comportarsi così e trattarla in quel modo? 
Si, era necessario. Almeno ora mi odia e potrà farsi una vita migliore di quella che posso offrirgli io.

E allora perché è come se dentro me ci fosse un vuoto incolmabile? 

Forse perché quando è corsa via da me ha portato con se quella parte che serve a colmarlo in modo da farmi ricordare che in qualche modo sarò sempre legato a lei. 

Mi sento estremamente solo. 
Non ho più Sana, Naozumi è andato via, ho una famiglia assente e amici che non possono essere chiamati tali. 
Insomma . . . Ho rovinato ciò che di più bello mi è capitato. 

Pov. Sana

Corro. 

Corro lontano; corro via da lui, dalle sue parole, dai suoi occhi penetranti, dalla delusione che mi ha dato. 

Perché si è comportato così? Eppure sembrava così sincero! 
Sembrava sincero nell'avvicinarsi a me;
Sembrava sincero nel sorridermi, nel parlarmi, nell'abbracciarmi;
Sembrava sincero quando mi confortava durante la mia malattia;
Sembrava sincero quando mi aveva detto che mi amava . . . 


Forse era solo una maschera che si era creato. 
Una maschera che si era creato per avvicinarmi a lui, come mi aveva detto. 
 Non riesco ancora a crederci, mi sembra assurdo. 
Quanto può fingere l'essere umano? Questo ancora mi è oscuro! 

Torno a casa e dopo essermi asciugata le restanti lacrime che inumidivano il mio viso, entro in casa. 
Passo per la cucina e vedo mia mamma intenta a cucinare ai fornelli. 

<< Ciao ma' >> esclamo io

<< Sana! Sto cucinando, vuoi qualcosa in particolare? >> mi domanda amorevolmente

<< No no, fai tu. >> dico io

<< Va bene tesoro. >> mi risponde. 

Oltrepasso la porta della cucina e vado a sedermi sul divano in salotto. 
Noto mio padre intento a leggere qualcosa sul giornale e incuriosita mi avvicino di più. 

<< Che leggi? >> domando io

<< Annunci per viaggi. >> m'informa lui. 

<< Per quando ? >> ribatto io curiosa. 

<< Vorrei fare un viaggio io, tu e la mamma. Vorrei andare in Italia. Che dici, ti  piace? >> domanda lui. 

<< Certo che si! Che parte dell'Italia ? >> domando io. 

<< Non saprei. Sono indeciso fra la capitale o qualche località di mare! >> esclama lui. 

<< Località di mare! >> esclamo io felice

<< Va bene tesoro. Vedrò di accontentarti. >> dice sorridendo. 


Sono emozionata! No dico, andrò in Italia ?! Che bello! 
Già mi immagino sulla spiaggia, intenta a prendere il sole e rilassarmi. 
Mi farà sicuramente bene staccare un po' dalla solita monotonia. D'altronde io amo viaggiare. 
Sarà un motivo in più per chiarire le idee su quanto accaduto oggi. 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** 16 capitolo ***


Da quella chiacchierata in salotto con papà sono passate diverse settimane, a tal punto che ora mi trovo davanti all'armadio, con le ante aperte, a scegliere cosa mettere in valigia. 

Andremo in Italia per una settimana, precisamente andremo in Sardegna, in un villaggio turistico. 
Siamo in un periodo in cui il clima è mite e considerando che la Sardegna è località di mare, non è troppo affrettato per andarci. 
Mi farà anche bene stare un po lontano da qui; cambiare aria; cambiare gente . . . A proposito di gente, stare lontana anche da Akito. 

Già, Akito. 
Da quella conversazione disastrosa, non abbiamo più parlato. 
Quando ci incrociavamo per i corridoi nemmeno un " ciao ", ognuno cambiava strada. 
È davvero doloroso sapere che poco tempo fa eravamo molto legati ed ora sembriamo due sconosciuti. 

Mi farà bene cambiare aria per qualche giorno. Chissà se gli mancherò . . . 

Basta pensarci! 

Prendo dei pantaloncini, delle magliette, intimo e tutto ciò che mi serve in questa settimana. 

<< Tesoro fra un'ora partiamo, tieniti pronta! >> esclama mia madre. 

<< Va bene! >> dico di rimando io. 

Okay. Devo muovermi! 

Prendo l'intimo in un cassetto e corro in bagno. 
Apro il getto d'acqua e lascio che scivoli su tutto il mio corpo che al suo passaggio si rilassa. 
Poco dopo esco dal box doccia, avvolgo il mio corpo in un morbido asciugamano e rientro in camera portando l'intimo con me. 
Lo indosso e prendo dall'armadio i vestiti che ho deciso di indossare : un pantaloncino di jeans ad alta vita, una maglietta verde acqua, giubbino di pelle nero e vans nere. Ovviamente i miei immancabili occhiali da sole e le mie cuffie! 

Preparo una borsa mettendoci l'occorrente dentro : portafogli, beauty-case, caricatore. 
Vado poi vicino allo specchio e decido di truccarmi un po. 
Prendo l'eye-liner nero e con un tratto sottile lo faccio scorrere lungo la palpebra cercando di non sbagliare e far venire la linea dritta, praticamente una missione. 
Poi passo alle ciglia dove applico un mascara nero volumizzante ed infine applico una matita nude sulle labbra. 
Metto un po' di profumo e passo ai capelli. 
Decido di farmi una morbida treccia a " spina di pesce " poggiata di lato, sulla spalla sinistra. 
Dopo aver finito decido di fare una foto per postarla poi su Facebook. 

Decido di farla dallo specchio, in modo tale da venire intera e dopo aver fatto click, modificandola con instagram, la posto si Facebook scrivendo come didascalia : Sto arrivando Italia! Sardegna, aspettami! 

Subito dopo mi scollego e metto il cellulare in borsa per poi scendere giù prendendo la mia valigia. 
Oramai mancano poche ore e sarò atterrata sul bellissimo territorio italiano.  

Pov. Akito 

Sono a casa, stamattina ho deciso di non andare a scuola, non ne avevo proprio voglia, soprattutto se so che avrei incontrato Sana e vederla con quello sguardo mi veniva voglia di andarle vicino e abbracciarla. 

Per noia mi butto sul letto, prendo il cellulare e mi connetto a Facebook. 
Scorro le varie notizie quando una in particolare attira la mia attenzione. 

" Sto arrivando Italia! Sardegna, aspettami! " 

Leggo e rileggo quella frase e guardo più volte l'immagine. 
Non che ci sia qualcosa di tanto sconvolgente in quella frase, più che altro per la persona che l'ha postata. 

Non ci posso credere. Sana va in Italia? 
Sarà così lontana da me, mi mancherà moltissimo!

Non riesco a starle lontano a scuola, figurati se so che ci sono milioni e milioni di chilometri a separarci! 
In realtà non la perdo mai d'occhio, faccio di tutto per non farmi vedere, ma in realtà seguo sempre tutti i suoi movimenti. Da quando la mattina entra all'ingresso della scuola, a quando entra in classe, a quando va in bagno, in mensa, a quando non ritorna a casa. 
Così potrei sembrare uno stalker, ma è più forte di me. 
I miei pensieri mi portano sempre a pensare ad una sola persona. 

Sana Kurata

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** 17 capitolo ***


Pov. Sana

Sono atterrata in Italia già da due giorni.
Qui è tutto bellissimo rispetto a Tokyo. Il mare è bellissimo, il luogo è bellissimo e non posso negare che i ragazzi italiani siano davvero bellissimi! I miei hanno scelto di alloggiare in un villaggio.
Forse è stata la scelta migliore, perché mi ha fatto conoscere Marco.
Vi domanderete sicuro chi è Marco.
Lui è il figlio del proprietario del villaggio. È qui per aiutare il padre con i turisti ed è molto simpatico! Ha un anno in più di me, quindi diciannove. Sta frequentando l'ultimo anno del liceo turistico ed è un gran bel ragazzo! Ha la carnagione scura, non troppo, ma che lo rende già da se molto bello. Un fisico niente male, addominali scolpiti, magro al punto giusto e alto. Ha degli occhi di un marrone scuro e capelli neri. Davvero bello agli occhi di tutte!
L'ho conosciuto la prima mattina che ho trascorso qui, in spiaggia. Lui faceva da bagnino ed io ero lì a prendere il sole tranquillamente.
Quando poi ho deciso di farmi un bagno, una voce mi ferma dicendomi che con quel mare agitato non era molto prudente tuffarsi in acqua. Mi giro e lo vedo; tra una chiacchiera e l'altra ci siamo conosciuti meglio ed ora siamo amici.

È quasi sera e come sempre vado nella discoteca del villaggio a divertirmi un po'. Per l'occasione indosso un paio di pantaloncini di jeans chiari, delle converse bianche, una semplice t-shirt di un blu scuro e il giacchettino di jeans uguale al pantaloncino. Lascio i miei bei capelli rossi sciolti e mi trucco leggermente applicando un po' di eye-liner e una dose generosa di mascara nero.
Una volta pronta saluto i miei genitori ed esco dal bungalow dirigendomi in discoteca dove Marco mi aspetta.
Arrivata all'entrata saluto qualche conoscente che Marco mi aveva presentato e entro subito dentro alla ricerca di quest'ultimo.
Appena lo trovo mi avvicinino a lui e senza farmi notare gli urlo in un orecchio facendolo sobbalzare dalla paura.

<< Marco! >> urlo io

<< Mi hai fatto prendere un colpo! >> esclama lui riprendendosi dal piccolo infarto

<< Diciamo che era una mia intenzione >> affermo io divertita

<< Malefica! >> dice lui ridendo.

<< Ti va di ballare? >> mi domanda

<< Okay >> annuisco io

Andiamo al centro della pista ed iniziamo a ballare sulle note di "Animals- Garrix" .
Seguiti dalla massa urliamo alcune parole della canzone, senza accennare il modo in cui le diciamo . . . Poco stonati, si si.
Dopo un paio di canzoni Marco mi afferra il polso delicatamente e mi porta via dalla pista.

<< Vuoi qualcosa da bere? >> domanda avvicinandosi al bancone

<< Vodka Lemon >> dico io

<< Una vodka Lemon e un sex in the beach, grazie >> dice al barista

Quest'ultimo si allontana da noi per preparare i drink e ci da modo di parlare.

<< Volevi fare la sportiva stasera ? >> scherza lui

<< ahahaha si, decisamente! Non mi andava di applicarmi troppo, meglio essere comodi! >> esclamo io

<< Sono d'accordo con te! >> esclama di rimando

Veniamo interrotti dall'arrivo del barista con i nostri rispettivi drink.

<< Vodka Lemon ? >> domanda il barista

<< Mio! >> esclamo io ricevendo il mio drink

<< Sex on the beach ? >> domanda nuovamente

<< Mio >> dice Marco afferrando il bicchiere.

<< Aspetta! Facciamoci una foto! >> esclamo io euforica

<< Dobbiamo proprio ? >> domanda lui forzato

<< Certo che si! Non abbiamo nessuna foto insieme ed io voglio ricordare questa settimana ! >> esclamo io convinta

<< Eh va benee! >> esclama

Prendo il mio cellulare dalla tasca, tolgo il blocco, inserisco il codice e clicco l'icona della fotocamera.

<< Dici cheese! >> esclamo io sorridente

<< Cheeseee! >> esclamiamo entrambi immortalando questo momento.

<< Bene, mi piace! La posto su Facebook ? >> domando io

<< Aspetta fammela vedere! >> esclama lui prendendo il mio cellulare fra le mani.

Lo vedo osservare la foto molto attento.

<< Attenzione che si sciupa lo schermo! >> esclamo io prendendolo in giro

<< Ah ah ah . . . Spiritosa! >> dice lui

<< Chi è Akito ? >> mi domanda lui

<< Come scusa? >> domando io confusa, sperando di aver sentito male

<< Chi è Akito? Un tuo amico ? >> domanda nuovamente

<< Come fai a sapere Akito ? >> domando sbigottita io

<< Ti è arrivato un messaggio da parte sua. >> dice lui scrollando le spalle

<< Dai qua! >> esclamo io afferrando il cellulare

Guardo più volte lo schermo.
Eh già, un messaggio da parte sua, chissà che vorrà. Decido di non aprirlo, non voglio farmi rovinare la serata. Ripongo il cellulare in borsa e mi volto verso Marco bevendo l'ultimo sorso del mio drink.

<< Che fai non leggi? >> domanda lui

<< Ora no, non mi va' >> dico seccata io.


  Marco

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** 18 capitolo ***


Dall'episodio accaduto in discoteca con Marco, non abbiamo più toccato il tasto " Akito Hayama" e in più, sono passati quattro giorni. Ciò significa che dovrò lasciare la mia bella Italia e tornare alla mia normalità. 

Proprio in questo momento mi trovo in aeroporto, sto per imbarcarmi poiché il mio aereo decollerà fra pochi minuti. 
Prendo posto e afferro il mio iPod e clicco play. 
Parte la mia playlist con la canzone " Ti scatterò una foto- Tiziano ferro" è un cantante italiano e la canzone me l'ha fatta ascoltare Marco. 
Da subito mi è piaciuta e ha avuto l'onore di essere nella mia playlist. 

Al sol pensare che fra qualche ora mi troverò sotto la mia città natale mi viene un'ansia. 
Questa settimana è passata troppo, troppo in fretta e non c'è stato modo di riflettere su Akito e schiarirmi le idee. 

Al sol pensare che da domani lo vedrò tutti i giorni a scuola; incrocerò il suo sguardo ogni volta che ci vedremo per i corridoi; ogni volta il mio cuore perderà di un battito, si, perché è chiaro che Akito non mi è per niente indifferente e la sua indifferenza mi uccide. 
Chissà perché mi ha inviato quel messaggio . . . 
A pensarci non gli ho degnato nemmeno di una risposta. 

Tra questi pensieri mi addormento e cado in un profondo sonno

* * * 

<< Sana . . . Tesoro svegliati, siamo arrivati! >> dice mia madre dolcemente

Apro lentamente gli occhi e li strofino leggermente. 
Ad accogliermi c'è il sorriso di mia madre, raggiante come sempre.

<< Siamo già arrivati ? >>

<< Già arrivati?! Tesoro sono passate ben otto ore! >>

<< Davvero?! >>

<< Già. Ora preparati, l'aereo sta atterrando. >>


E con questo, dopo l'atterraggio, metto piede sull'asfalto. Dopo otto lunghissime ore ho toccato terra; la terra della mia Tokyo. 

Prendendo un taxi arriviamo a casa nostra. Dopo aver disfatto le valigie faccio una serie di telefonate : una a Viola, l'altra a Nao che voleva sapere come era andato il viaggio e un'altra a Marco, che voleva assicurarsi che tornassi sana e salva a casa. 
Si preoccupa troppo! 

Avrei voluto anche chiamare un'altra persona . . . Solo non so se la mia telefonata sia gradita. 


Dopo aver aiutato mia madre con le ultime cose da ordinare, decido di andare a fare una passeggiata. 
Esco di casa  e, senza una meta precisa, inizio a camminare. 

Il mio cuore perde di un battito alla vista di Akito. 
È li, di fronte a me che fa la sua solita maratona. 
Noto che si accorge della mia presenza e, prendendomi alla sprovvista, si avvicina verso la mia direzione. 

<< Ciao >> mi dice

<< Ciao . . . >>

<< Come è andato il viaggio? >>

<< Tutto bene >>

<< Bene, mi fa piacere . . . >>

<< E a te? Qui a Tokyo ? >>

<< Solita monotonia, dovresti saperlo. >> dice aggiungendo un sorriso forzato 

<< Già! >> 

<< Qualche giorno fa ti ho inviato un messaggio . . . >>

<< Lo so >>

<< E allora perché non mi hai risposto ? >>

<< Volevo riflettere. Pensare a questa situazione. Non possiamo andare avanti in questo modo >>


China la testa, guardando i suoi piedi per svariati secondi, poi lo vedo puntare gli occhi su di me. 

<< Già. Parliamone >> 


Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** 19 capitolo ***


Pov. Sana

" Già, parliamone. " 

Parliamone.

Sono pronta ad affrontare questa situazione? 
Ora o mai più! 

<< Iniziamo dal tuo comportamento, in primis >> dico io

<< Il mio comportamento? >> mi domanda confuso


<< Già, il tuo comportamento! Prima mi dici che mi ami, poi mi tratti da sconosciuta, non mi saluti, non mi parli, fai come se non esistessi, esci con altre ragazze, ritorni alla vita di prima . . . Sai, mi ritrovo a pensare se quelle parole che mi hai detto sono vere o meno! >> 

<< Certo che sono vere! Non pensare che dire " ti amo " ad una ragazza è così tanto facile, soprattutto se il ragazzo in questione a dirlo sono io, con il carattere chiuso che mi ritrovo mi sono stupito perfino di me stesso di quelle parole! >>

<< E allora perché?! >>


<< Perché ?!? Perché sono disorientato, cazzo! Non è mai successo che io mi sia avvicinato così tanto ad una ragazza; non è mai successo che mi sia affezionato a lei e ho fatto gesti molto altruistici nei suoi confronti; non mi è mai successo di provare queste emozioni, per me è una cosa nuova; soprattutto non è mai successo che dalla mia bocca uscissero due parole così importanti, non ho mai detto " ti amo " a nessuna, nè tantomeno mia madre o mia sorella. Tu sei la prima. Tu sei la prima ragazza che mi fa provare queste emozioni. La prima a rendermi estremamente felice, ma contemporaneamente mi crea uno stato di confusione! 
Dì la verità, mi hai stregato cara Sana ? >>


Le lacrime minacciano di uscire dai miei occhi. 
Le sue parole sono state bellissime, nella loro semplicità hanno fatto breccia nel mio cuore. 
È tanta la forza da impedirmi di scoppiare in lacrime per la tanta gioia, ma è più forte di me. 

<< Perché piangi adesso? >>

<< Perché mi hai fatto commuovere, sciocco! >>

Tento di asciugare le lacrime che bagnano il mio viso con la stoffa della mia maglietta, poi, di slancio, mi getto tra le sue braccia. 
All'inizio sentivo che era sorpreso del mio gesto, era rigido come un tavolo, poi, rilassandosi, mi circonda con le sue braccia. 
Ecco cosa mi mancava. 
Lui. 
Con lui mi sento sempre a casa. 

Ci distacchiamo lentamente, per poi guardarci negli occhi. 
I nostri volti sono distanziati da nemmeno due centimetri; è forte la tentazione di baciarlo. 
Come se mi avesse letto nel pensiero, lo vedo avvicinarsi a me ancora di più se è possibile, si avvicina a me e alle mie labbra. 
Io faccio lo stesso fin quando le nostre labbra finalmente si incontrano. 
All'inizio è solo un semplice bacio a stampo, dolce e casto. Quando poi con la sua lingua chiede accesso alla mia bocca, io, senza esitare, glielo concedo, facendo diventare quel semplice bacio in un bacio colmo di passione e amore. 

Già, amore. 
Non ve l'ho detto? Io amo Akito Hayama! 

Ci distacchiamo lentamente, nessuno dei due apre bocca. 
Alla fine lui prende parola e mi guarda dritto negli occhi. 

<< So che ti ho fatta soffrire; so che ti ho confuso con i miei comportamenti, ma soprattutto delusa; so che mi sono comportato da profondo idiota . . . 
Però che ne dici, quest'idiota può essere degno di diventare il tuo ragazzo ? >> 


Al termine delle sue parole, rimango per un attimo impassibile. 
Il mio piano di farlo confondere stava riuscendo, perché leggevo timore nei suoi occhi. 
Poi un sorriso si dipinge sulle mie labbra.
Non ho mai provato tanta gioia, mi sento come rinata! 
Senza esitare lo abbraccio di nuovo, mi distacco poi di quel poco da far incontrare le nostre bocche, poi mi decido a dargli una risposta. 


<< E me lo chiedi pure? Certo che voglio che tu sia il mio ragazzo! >> 

<< Fiuuh! Menomale! Questo tuo silenzio mi stava uccidendo, a parte per il bacio ! >> 

<< Ahahahaha diciamo che volevo un po' farti penare! >>

<< Ah ah ah! >>

<< Ed dai! Fai pure il permaloso? >>

<< Io non sono permaloso! >>

<< Seh, certo, come no . . . >> 

<< Aspetta un attimo . . . Quindi significa che ora sei mia ? >> 

<< Mmh . . . Si, sono tua! >>


<< In tutti i sensi? >> 


Noto una certa malizia nei suoi occhi e capisco già dove vuole andare a parare. 

<< In tutti i sensi! >> 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2544517