Quando il destino ci mette lo zampino.

di blackswam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il bambino senza padre. ***
Capitolo 2: *** Non tutto è stato detto. ***
Capitolo 3: *** Dopo il mare c'è una tempesta. ***
Capitolo 4: *** Allo stupore non c'è mai fine. ***
Capitolo 5: *** Il dolore con il tempo si affievolisce. ***
Capitolo 6: *** C'è nell'aria un certo feeling. ***
Capitolo 7: *** Il destino comanda e decide. ***
Capitolo 8: *** L'incontro tanto atteso... ***
Capitolo 9: *** Il passato ritorna: E' tuo figlio? ***
Capitolo 10: *** Mente batte sempre cuore. ***
Capitolo 11: *** Chiamami Giulietta. Chiamami Romeo. ***
Capitolo 12: *** Operazione: Cupido senza pannolino. ***
Capitolo 13: *** Quale luce spunta lassù da quella finestra? Quella finestra è l'oriente e Giulietta è il sole! ***
Capitolo 14: *** La vita spesso tradisce, pugnala e ci fa soffrire. E' il prezzo per vivere. ***
Capitolo 15: *** Padre purosangue prima parte. ***
Capitolo 16: *** Padre purosangue seconda parte. ***
Capitolo 17: *** Le verità più cattive sono quelle che passano tra bocca e bocca. ***
Capitolo 18: *** Notte insonne: nessuno riesce a dormire. ***
Capitolo 19: *** Paralyzed. ***
Capitolo 20: *** Mai disturbare il mostro che dorme. ***
Capitolo 21: *** Crediamo sempre di conoscere i nostri sentimenti, ma ci sbagliamo. ***
Capitolo 22: *** Tutto bene quel che finisce bene? ***
Capitolo 23: *** La felicità non è sempre durativa. ***
Capitolo 24: *** Certe verità fanno male, ahia. ***
Capitolo 25: *** E' davvero possibile vivere felici e contenti? E se ci fosse il terzo in comodo? ***
Capitolo 26: *** L'essere umano è codardo quando si trova difronte ai problemi. ***
Capitolo 27: *** Decisione ***



Capitolo 1
*** Il bambino senza padre. ***


Quando il destino ci mette lo zampino.


L'argomento che ci rende tutti partecipi e il quale abbiamo continuamente voglia di parlare è il destino. Il futuro che ci aspetta d'ora in avanti, sapere in anticipo le difficoltà per poterle scavalcare, conoscere per bene ciò che ti accadrà restando bene con la coscienza. Sapere che in un futuro prossimo tutto sarà come tu speravi, anche se fosse un sogno mal costruito. Perdersi nell'illusione che la vita sia una magia e che tutto ciò che desideri si trasformi in zucchero. Dolce e scivoloso.
Lasciare che il destino assuma la forma di desiderio attraverso il quale ricominciare a sperare che tutto può accadere, e non perdere mai quei sogni infantili che facevamo da bambini. La magia, la magia esiste nell'animo di ognuno di noi. Il principe azzurro, non proprio su un cavallo bianco, ma spesso può trovarsi dietro l'angolo, un castello anche se ci spingiamo un po altre dalla realtà stessa, ma nel nostro universo, nel nostro futuro e ciò che accadrà.
Basta guarda il cielo e specchiarsi in quel mare azzurro e immergere il nostro viso tra le soffici nuvole. Un sensazione di dolcezza e tranquillità ci pervade trasportandoci in un altro pianeta. Tutto ciò che desideriamo si rializza, tutto ciò che immaginiamo si materializza e i sentimenti negativi esplodono trasformandosi in polvere. L'aria è afosa, ma anche piuttosto calda.
L'odore dei fiori, l'odore dell'aria che ci circonda pervade le narici facendoci torcere la pancia. Le mani senza alcun comando sono libere in aria mentre le gambe senza pieno controllo prendono a correre in una meta non specificata.
Una porta si apre, ancora un altra, e un altra ancora.
Sentiamo dentro di noi il tempo scorrere veloce, mentre la vita ci passa davanti agli occhi. E in un batter d'occhio ci ritroviamo adulti. Il destino che speravamo purtroppo non si è realizzato e il nostro lato da bambini ne ha risentito e adesso vaga solo in un abisso in pena.
Non riesce a trovare uno spiraglio di luce e succube delle tenebre. Però l'oscurità troverà sempre la sua luce.


_

Violetta Castillo. Ventinove anni. Capelli in un marrone chiaro, corti che gli ricadono sulle spalle, labbra sottili e cremose, occhi castano chiaro, abbastanza alta e snella.
Vive in un piccolo appartamento vicino alla metro con suo figlio Manuel di tre anni. Egli ha i capelli castani ereditati dalla madre, una statura lineale per la sua età, occhi verdi chiaro. Un sorriso coronava sempre il viso del bambino e lui era l'unico che donava luce e allegria alla casa. Il suo buongiorno bastava più di mille parole o più di mille gesto. Riusciva a farti smaltire le ore pesanti del lavoro e a farti scacciare qualsiasi pensiero negativo.
Il padre? Purtroppo il caro giovanotto non ne ha uno.
Questo tasto dolente non è stato toccato molte volte, anzi a dilla tutta soltanto una. Manuel vedendo il viso della madre rattristarsi al solo pensiero aveva optato l'opzione di non chiedere più anche se moriva la voglia di sapere. Purtroppo avendo un solo genitore non poteva fare granché, ma soprattutto aveva bisogno di una figura maschile che gli insegnasse a diventare uomo.
Fortunatamente il fratello del suo migliore amico gli aveva insegnato alcuni trucchi per il calcio e tante altre cose da uomini.
Per il momento è seduto comodamente sulla sedia a scarabocchiare su un foglio accompagnato da un leggere canto che la mamma gli mormorava tutte sere prima di andare a dormire.
Violetta era appena ritornata da lavoro e anche se stanca era rimasta ad osservare il figlioletto disegnare appoggiato allo stipite della porta.
Il bambino sentendo una presenza alle sue spalle si volta contento. Scende dalla sedia e corre ad abbracciare la madre regalandole un dolce benvenuto. Violetta con la poca forza che gli rimane prende il bambino tra le braccia e allo stesso tempo appoggia le chiavi di casa sul tavolino.
<< Come andata a scuola? Ti sei divertito?>>
Sfortunatamente la mora non riesce più a essere disponibile per il figlio come una volta, troppo impegnata con il lavoro anche se Manuel cerca sempre di non farglielo pesare cercando di mascherare i suoi sentimenti.
<< Bene la maestra ci ha dato i compiti a casa. Fare un bel disegno della nostra famiglia.>>
<< Fa un po vedere>>
La mora prende il disegno tra le mani e un sorriso si increspa sul suo viso. Il bambino aveva ritratto lei e lui che si tenevano per mano mentre con l'altra salutavano chi stava guardando. Aveva addobbato il disegno con il sole che brillava in alto nel cielo, un paio di nuvole e gli uccelli che volano tra di essi.
<< Davvero ben fatto. Questo è il mio bambino>>
Lo stringe in un caloroso abbraccio cercando di nascondere il suo tono di malinconia. Vedere ritratti soltanto due persone invece di tre rende il tutto un po triste.
<< Mamma sto soffocando>>
Violetta rendendosi conto di star per uccidere il figlio in un leggiadro soffocamento lo lascia andare sempre però tenendoselo tra le braccia. Infondo il suo lato infanitile e da bambina non l'aveva mai abbandonata. Aveva sempre bisogno ripetutamente di coccole e quelle le poteva ricevere solo da suo figlio. A causa del lavoro la mora ha perso molti dei suoi vecchi contatti. Amici, familiari, conoscenti. Dopo aver partorito si era rinchiusa in un buco, lasciandoci spazio soltanto e unicamente per suo figlio. Molti avevano cercato di contattarla, persino suo padre, ma lei in qualche modo era riuscita a non farsi cercare e a terminare le intermittenti chiamate. Lavorava come barista in un locale e li aveva stretto belle amicizie. Donne di mezza età, sia donne della sua età.
Lavoro in giro in questi tempi non se ne trova, ma la fortuna non l'aveva abbandonata ed è riuscita a trovare un lavoruccio. Al tempo stesso nel weekand andava a lavorare in un negozio di musica dove passerebbe il maggior periodo del suo tempo. Sin da quando era giovane era sempre stata appassionata dalla musica, e il suo sogno era diventare una cantante professionista, ma la gravidanza improvvisa aveva sventato i suoi piani.
L'intenzione di abortire non l'aveva scossa all'inizio, ma l'idea di dover uccidere un esserino così piccolo, il suo esserino, le torceva il cuore e con tutto l'amaro che portava dentro aveva deciso di tenerlo. Adesso non si è mai pentita della sua scelta, anche se quel sogno non l'abbandonerà mai. Era parte di se come lo era la musica.
<< Manuel che ne dici di venire a vedere il lavoro di mamma?>>
<< Si, andiamo.>>


Il negozio era già aperto e mancavano sei minuti al suo turno. Come al suo solito era sempre puntuale ed entra con la sua solita diplomanza senza lasciar trapelare nulla.
Ogni talvolta che entrava in quel negozio saliva la voglia di scatenarsi, ballare e cantare come era solita fare tempo fa.
<< Buongiorno. Spero di essere arrivata in orario.>>
Il proprietario l'accoglie con gentilezza facendola accomodare sulla sedia e regalando il bambino un dolce leccalecca.
<< Noto con piacere che ha portato anche suo figlio. Sa non sapevo che fosse sposata non ho visto fedi al vostro dito.>>
<< Questo perchè non sono sposata.>>
Tal tono e dal viso della ragazza si poteva trapelare ogni cosa. Il vecchio proprietario aveva capito di aver toccato un tasto dolente e decide di tacere le sue domande. Almeno per il momento.
<< Manuel adesso mamma deve lavorare sta buono e guarda la Tv.>>
Il bambino annuisce contento mentre continua a girare canali su canali.
Violetta con un sospiro continua a leggere la sua rivista cercando un modo di placare la sua noia.
Il rumore della porta che si apriva e chiudeva la desta nel fare ciò che stava facendo e a rivolgersi all'individuo appena entrato alla porta.
<< Come posso servirvi signori.>>
<< Violetta? Sei proprio tu?>>
Una ragazza abbastanza alta, capelli corti raccolti in un fermaglio, occhi di un castano chiaro,vestita con colore allegri e sbarazzini la guardava sorpresa. Era attaccata al braccio di un altro ragazzo anch'egli abbastanza alto, capelli scuri e neri, occhi castano chiaro.
<< Francesca? Marco? Quando tempo.>>
La gioia di rivedersi dopo molti anni era tanta. Le due ragazze presero ad abbracciarsi con le lacrime agli occhi. Marco era rimasto a guardare con un sorriso sulle labbra mentre vedeva la sua amata finalmente felice. Erano molti anni che Francesca non era riuscita a superare la divisione con la sua migliore amica ed era bello vedere come tutto si era sistemato.
Un bambino si aggrappa alla gonna di Violetta tirandola leggermente.
<>
Francesca nel vedere il piccolo Manuel salta dalla gioia e lo stringe forte forte. Era da quando era in fasce che non lo vedeva ed era stata proprio lei a battezzarlo con quel nome. Insomma era una sottospecie di madrina.
<< Manuel che bello rivederti. Come sei cresciuto.>>
Il bambino cerca di staccarsi dalla morsa della ragazza senza successo. Grazie all'intervento di Marco il giovanotto era riuscito a salvarsi da morte certo.
Prima mamma e adesso questa signora. Qui vogliono ammazzarmi tutti.

Mentre il bambino torno a guardare la Tv, accompagnato dal nobile Marco, Francesca lascia il suo sguardo allegro e diventa seria tutto di un colpo. Violetta già aveva intuito doveva voleva andare a parare e quindi risponde prontamente.
- No, lui non lo sa ancora.
- Violetta sbagli lui ha diritto di sapere. E' il padre.
- Forse ne aveva un tempo. Adesso ha una vita davanti. Ho saputo che si sta per sposare.
- Violetta tu puoi fermare questo matrimonio. Lui è convinto che tu l'abbia tradito.
- Pensa quello che vuole, ma è finita. Lui è morto per me ed io e mio figlio stiamo bene così.
Francesca guarda nervosamente l'orologio guardando che si era fatto piuttosto tardi.
- Adesso deve andare altrimenti io e Marco faremo tardi alla riunione di famiglia. Promettimi che ci rincontreremo.
- Te lo prometto.
- Rimanderemo questa chiacchierata. A presto amica mia.



Nota autrice: Buonasera lettori e lettrice di EEP.
Spero che questo intro vi abbia almeno incuriosito. La prima parte di questo capitolo è un po deprimente, ma più andiamo avanti e più le cose si fanno interessanti. Parto subito nel dire che come me le cose saranno imprevedibili quindi state molto attenti.

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Capitolo 2
*** Non tutto è stato detto. ***


Non tutto è stato detto.


- Buonasera avrei una prenotazione per il tavolo 5.
La gentile signora accompagna la dama al tavolo richiesto.
Li si trovavano già seduto due giovani, una coppietta di fidanzati. Erano presi in un tenero e fugace bacio dal quale non avevano voglia di staccarsi. Spesso si chiedeva come potessero fare cose così esplicite in pubblico.
La mora si schiarisce la voce facendo voltare i due che con le labbra gonfie e il respiro lento si voltarono verso le due donne. Il viso della ragazza era diventato rosso fuoco paragonabile a un pomodoro maturo. In poco tempo tutto l'imbarazzo che aveva mascherato si era rivelato alla realtà.
- Bene piccioncini. Visto che avete finito di pomiciare credo che adesso possiamo cenare.
La mora si siede comoda, come se nulla fosse, al suo posto cercando nel menu qualcosa di buono da ordinare.
- Sempre sarcastica vero, Violetta?
La ragazza rise abbassando il menu sul tavolo.
- Come sempre mio caro Diego. Noto con piacere che in questi anni tu non sia affatto cambiato.
- Touché. Però neanche tu sei cambiato molto.
Il ragazzo si verso una mazzetta di vino sul bicchiere di vetro. Con la mano destro se lo avvicina alle labbra sorridendo malignamente verso la mora.
- E come sempre mi tagliate sempre fuori nei vostri battibecchi.
La bionda, che era stata in silenzio per tutto il tempo, si era stancato di ascoltare la loro conversazione e aveva deciso di far esplodere la loro bolla. Aveva sempre odiato la mora per questo motivo. Riusciva, con due semplici parole, ad attirare l'attenzione di Diego e farlo ridere come un ragazzino. Lei non c'era mai riuscita e sebbene sappia che lui l'ama non riesce a fidarsi completamente.
- Ludmilla fai ancora la ragazza gelosa. Lo sai che amo so te.
E termina la frase con un promettente bacio. La bionda si stacca lentamente mettendo un piccolo broncio.
- E' normale che lo sia. Un tempo voi eravate fidanzati.
- Questo è vero, ma questo prima che capissi che splendida persona tu sia.
Violetta dopo quelle parole aveva dovuto ricredersi. Non era vero che Diego era rimasto sempre lo stesso, almeno per un po era cambiato.
Grazie a Ludmilla e all'amore che gli ha saputo d'onore era diventato un vero agnellino. L'amore può fare miracoli.
- Marco lo sapevo siamo sempre in ritardo e tutto questo è per colpa tua. Buonasera ragazzi, ma questo imbecille non sapeva decidersi che tipo di maglia mettersi. Peggio di una donna.
- Senti chi parla chi è stato tutto il tempo a specchiarsi allo specchio? Marco questo trucco ti piace? La matita mi sta bene? Il colore mi dona? No, sono orribile. Ricominciamo tutto daccapo.
- E' più colpa tua.
- Francesca non essere infantile, sai benissimo che colpa tua no?
Il battibecco continuò per un altra mezz'ora, ma grazie a Ludmilla la pace era ritornata tra noi. I due neo innamorati dopo non poco cinque minuti presero a baciarsi come se nulla fosse successo.
La mora sospira amaramente pensando che era l'unica ragazza single presente in quel locale. Ovunque si girasse trovava fidanzati che non la smettevano di sbattergli in faccia la loro relazione.
Spero che vi separiate così vi sbatto io qualcosa in faccia.

La serata procedeva tranquillamente, ma della tensione c'era nell'aria. Francesca, Marco, Diego e Ludmilla presero a guardarsi negli occhi capendo che era ormai giunto il momento.
- Violetta noi ti abbiamo invitato qui per parlarti di un argomento delicato.
- Sapevo che c'era qualcosa sotto. Su sparate.
Ludmilla appoggia la testa sulla spalla del suo ragazzo e riprende il discorso lasciato da Francesca.
- Violetta voglio essere sincera con te, senza giri di parole. Dovresti dire tutto a Leon e anche il più presto possibile.
Violetta sbuffa esasperata. Quella situazione la stava sfiancando più del previsto. Era il suo problema no? Perchè dovevano intromettersi?
- Ragazzi vorrei parlare francamente con voi. Sono stufa delle vostre continue intromissioni. E' la mia vita e sono abbastanza grande da prendere le mie decisione. Quindi grazie per la cena, ma ho mio figlio che mi aspetta.
Violetta fa per alzarsi, ma Diego la blocca per il polso indurendo lo sguardo. Mai, mai nella sua vita Violetta aveva visto Diego con quello sguardo. Era realmente incazzato.
- Sai che a me Leon non mi è mai andato a genio però non si merita quello che gli stai facendo.
- Voi non capito quello che ho dovuto passare per colpa sua. - Questo perché tu non ci hai mai voluto dire niente.
Violetta stava per perdere la pazienza. Per molti anni avevano tenuto per se quel terribile segreto e neanche oggi che era grande e vaccinata riusciva a raccontarlo. Si morde il labbro superiore tirando indietro le lacrime che volevano uscire.
- Non sono affari vostri e lasciami Diego!
Con uno strattone riesce a liberarsi della presa dell'amico e corre via dal locale correndo verso casa propria mentre la lacrime cadevano traditrici sul suo viso.



Nel frattempo nel locale i ragazzi stavano ancora discutendo dell'accaduto. Non riuscivano a darsi una spiegazione del comportamento della ragazza e volevano delle risposte.
- Come faremo adesso a convincerla?
- Non lo so, ma adesso quello che mi preoccupa e il sapere cosa la turba tanto. Sembrava davvero terrorizzata.
- Ti capisco anche io sono preoccupata però non possiamo fare affidamento su di lei. Non ci dirà nulla.
- Forse meglio chiedere al diretto interessato.
- Sei impazzito Ludmilla? Lo sai che Leon non vuole vedere più nessuno.
- Lui non vuole vedere voi. Io, che sono una sua vecchia amica mi dovrà ascoltare lasciate il compito a me.
- Visto che non abbiamo altra scelta.
La bionda sorride radiosa stampato un bacio a stampo al suo ragazzo prima di riprendere a mangiare.




Violetta con il cuore che batteva a mille, le guance bagnate per le troppe lacrime e gli occhi rossi e gonfi, il respiro spezzato e le gambe stanche si accascia a terra appoggiando la schiena sulla porta.
Fortunatamente erano le dieci di notte e Manuel era a letto a dormire. Vedendola in quello stato si sarebbe sicuramente spaventato. Appoggia le chiavi sulla tavola e poco dopo si avvicina sul divano notando Dorota, la babysitter dormire sul bracciolo dei divano. Con molta dolcezza e delicatezza la invita a dormire e la signora accetta con piacere sistemandosi nella camera degli ospiti.
Stanca morta la mora, come ogni notte, decide di prendersi un bicchierino di camomilla, almeno quello riusciva a calmare quei enormi pensieri che si affollavano sulla testa. Seduta sulla sedia, con i gomiti sul bancone, il bicchiere posto a mezz'aria e mezzo vuoto, si guardava intorno. Un silenzio richiudeva quel quadro pieno di solitudine. Prima di andare a dormire si sofferma a guardare la porta del figlioletto e dopo averlo guardato per interminabili minuti decide di entrare.
I capelli castani ricadevano sul cuscino, la bocca era aperta e da essa fuoriusciva un pizzico di saliva, i suoi occhi smeraldo carichi di allegria si erano spenti. Poteva sembrare un bambino qualunche, ma per lei era un angelo. Gli scosta una ciocca di capelli davanti al viso, ma questo gesto lo fece svegliare.
- Mmh... mamma?
- Dormi bambino mio. Domani hai la scuola.
Il bambino annuisce cercando la mano della mamma mentre lei gli rimboccava le coperte. Era rimasta a vegliare su di lui finché non si è addormentato. Pochi attimi dopo aveva deciso di mettersi anche lei a letto e abbandonarsi alle braccia di Marfeo.

__

- Pronto? Chi parla?
Una ragazza dai lunghi capelli biondi si scosta la ciocca di capelli dietro l'orecchio e con un sorriso che non prometteva niente buono prese la parola.
- Una tua cara e vecchia amica.




Nota autrice: Bonjour.<3
Ebbene si, sono riuscita ad aggiornare a tempo di record.
Devo approfittare di questi periodi in cui non sono così impegnata ed usarli per aggiornare più spesso.
Nel prossimo capitolo comparirà il caro Leon. Cosa sarà successo tra i due? Perchè Violetta non vuole più rivederlo? E chi sarà l'amante di Leon?
Tutto nella prossima puntata, ahahaha.

P.S Confessate all'iniziato avete pensato che la coppia fosse Francesca e Marco vero?

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Capitolo 3
*** Dopo il mare c'è una tempesta. ***


Dopo il mare c'è una tempesta.


L'aria era calma e creava un senso di tranquillità.
La luce del sole che penetrava dalle finestre era lieve e opaca lasciando un senso di oscurità nella casa. Il tutto era abbastanza silenzioso, tutto si muoveva lento e conciso sempre con lo stesso meccanismo.
La bionda si sentiva estranea in quella casa così ambigua, soltanto la presenza del maggiordomo riusciva a tranquillizzarla.
- Ludmilla Ferro.
Il maggiordomo, che era rimasto ad aspettarla per tutta la giornata, le fa un lieve inchino annunciandole che il padrone l'aspettava in camera sua. Quest'ultimo la invita a seguirlo facendo intuire che sarebbe stato stesso lui ad accompagnarla.
La casa era arredata con mobili e quadri molto antichi. Sembrava di essere in uno di quei musei e lei era la turista. Ovviamente il qui presente maggiordomo per interrompere il fastidioso silenzio che si era creato preso a parlare di ogni singolo dipinto o arredamento come se ne fosse un esperto. Ludmilla lo lasciò fare vedendo quanto tenacia e quanta passione aveva nel raccontare.
Arrivati dinnanzi alla porta del ragazzo Ludmilla ringrazia il maggiordomo per averla accompagnata con le sue incantevoli parole e con un sospiro trattenuto bussa alla porta con un lieve tocco.
- Avanti.
La bionda afferra la maniglia della porta lasciandosi ad un ultimo sospiro. Nella sua mente cerca di rimanere calma e di recitare sempre la stessa parte. Come da copione.
- Permesso. Spero di non averti fatto aspettare a lungo.
Il moro era seduto comodamente sulla sedia vicino al comodino. Portava un paio di occhiali, leggeri fatti appositamente per leggere, i capelli era corti, ma scombinati segno che si era appena svegliato.
Era assorto in una lunga e colma lettura, ma con la mente era rivolta alla ragazza che era appena entrate nella stanza.
- Ludmilla Ferro.... quanto tempo.
Ludmilla era infastidita dal comportamento del ragazzo. Erano amici di vecchia data si meritava più attenzione rispetto a quella che stava ricevendo. Indifferenza e menefreghismo.
La bionda, però, cerca di essere naturale e di non far trapelare nulla. Sfodera il sorriso più falso che ci sia in questo mondo assecondando il ragazzo.
- Eh già... ti vedo cresciuto.
Finalmente il moro lascia perdere il libro, tenendo il segno con l'indice e offre la sua visuale alla bionda.
- Basta con queste sciocchezze. Tu non vieni mai qui per nulla, cosa vuoi sapere di preciso Ferro?
Ludmilla sorride malefica riconoscendo in quell'uomo il suo amico.
Ci mancava poco che stava per perdere le speranze, abbandonandosi all'idea che non fosse il suo migliore amico, ma un semplice fantoccio al quale hanno rubato tutte le emozioni.
- La stessa lingua tagliente vedo. Però hai ragione sono qui per parlarti di una faccenda molto importante.
- Senti non mi interessa se hai litigato con il tuo fidanzatino e non coinvolgermi più in cose del genere.
Alla diretta interessata non poteva non scappare una rumorosa risata intuendo a cosa si riferiva il moro. In parole povere, un tempo aveva litigato con Diego e per farlo ingelosire aveva usato Leon come cavia. Non era esattamente un bel ricordo, tecnicamente per lui, ma per la bionda era stato il momento più importante e divertente della sua intera vita.
- Tranquillo, niente del genere. Voglio parlarti di Violetta.
Il viso del moro, che era rimasta impassibile e freddo per tutto il tempo, aveva cambiato espressione. Era spaventato e agitato.
Cosa che alla bionda non ero sfuggito affatto.
- Leon per l'amore del cielo che cosa è successo quella notte? Perché siete così misteriosi?
- Ludmilla credo che sia il momento che tu te ne vada.
La bionda cominciava a spanzientirsi. Perché tutti questi segreti? Erano amici, no? Perché non poteva confidarsi con lei.
- Leon sono la tua migliore amica. Mi preoccupo per te e questo tu lo sei, ma così non mi aiuti.
Sospira lentamente cercando di alleviare il male alla gola senza successo.
- Puoi fidarti di me.
Tutto si era fatto silenzioso. Un senso di tensione fluiva liberamente nell'aria rendendo la ragazza ancora più nervosa.
- Non voglio essere giudicato da te. Proprio tu che sei la mia amica più cara.
Ludmilla non ci capiva più nulla. La sua fragile mente non riusciva ad assimilare tutte quelle informazioni. Si scompiglia i capelli biondi sedendosi sul letto esasperata.
- Voi mi farete diventare matta. Perchè te ne esci con questa frase adesso? Cosa avresti mai fatto da farle nascere dell'odio nei tuoi confronti? E tu lo sai io sono sempre dalla tua parte.
- Tu non puoi capire questa faccenda e molto complicata. Nulla può tornare come era prima!
Il tono della ragazzo era elevato quasi da mettere paura, ma Ludmilla Ferro non si lasciava intimorire facilmente.
Tu urli, io ti spracasso quei pochi timpani che ti ritrovi caro mio. - Perchè sei così testardo. Tutto può essere aggiustato basta che tu lo voglio, ma la tua testa di coccio non lo vuole capire!
Entrambi avevano perso le staffe. Nella intera casa si sentivano distintamente le loro voci che facevano eco alla casa, mentre fuori la pioggia faceva da cornice all'atmosfera.
- Sei tu che non capisci, non posso essere perdonato.
- Perché? Che cosa le hai fatto?
- L'ho violentata, ecco...


****





Il mattino non era mai stato così faticoso come quest'oggi. La sveglia suonava con intermitenza ricordandole che doveva andare a lavoro e svegliare il bambino che doveva andare a scuola. Violetta ancora insonnolita scaglia la sveglia letteralmente in faccia al muro, unendosi alle altre nove sveglie già atterra da settimane, si alza di malvoglia dal letto aggiustandosi con le mani l'enorme ciuffo che si era creato nel suo viso.
Violetta al risveglio solitamente non era mai tranquilla.
Prima doveva passare circa venti minuti, darle il tempo di focalizzare la situazione, il momento, e la stanza dove si trovava.
Il piccolo Manuel lo sapeva bene, solitamente dopo aver svegliato la cara mamma se l'era svignata in bagno aspettando esattamente venti minuti.
- Manuel la colazione è pronta.
Il bambino tutto contento abbraccia forte la mamma e poi lascia la sua attenzione alla colazione appena preparata.
Violetta si siede comodamente accanto al bambino, ma il suono del campanello la desta nel suoi piani.
Stizzita, ma nascondendolo molto bene, apre la porta cercando di essere il più educata possibile, ma...
- Eh tu che cosa ci fai qui?



****





- Marco ti ricordi il nostro primo incontro?
I due neo innamorati erano comodamente sdraiati sul divano, o per meglio dire Francesca era sdraiata sul petto di Marco che le accarezzava le mani con se volesse sentire il loro calore, la loro presenza. Le intreccia e se le porta sul suo cuore.
- Il momento più importante della mia vita.
Francesca volta lo sguardo verso di lui e lo bacia. Delicato quasi impacciato. Con il tempo il bacio divento sempre più passionale quasi possessivo.
- Marco vorresti mai un figlio da me?
Marco sorride e prendendola per la nuca le bacia sulle labbra ormai rosse per i troppo morsi.
- Mi piacerebbe l'idea di un marmocchio girozolante per la casa.
- Si, ma quel marmocchio sarebbe tuo figlio. Con i tuoi occhi, i tuoi capelli, il tuo viso, il tuo cognome.
Ogni singola parole un bacio. Sugli occhi, sul naso, sulla guancia, sull'altra guancia, sul mento.
- Magari una femmina. Con i tuoi occhi, i tuoi capelli, il tuo viso, e il tuo caratterino insterico e da ragazzina.
Francesca si stacca tra le braccia del suo ex fidanzato perchè tra non molto aveva le ore contate.
- Certo che sei bravo a rovinare le atmosfere romantiche. Brutto cafone.
- Ti ho mai detto che sei bella quando di arrabbi.
- Non me ne importa.
Marco sorride perchè sapeva che l'avrebbe perdonato. Come sempre del resto. Il loro rapporto era isolito e così sarebbe stato per sempre. Litigavano, di continuo e spesso era principalmente per colpa sua, ma non potevano fare almeno l'uno dell'l'altro. Erano l'ossigeno, l'acqua, il cibo separati non potevano soppravivere.
- Ti amo.
Francesca interrompe il suo monologo di insulti guardando il viso serio del suo fidanzato.
- Anch'io. E questo non potrà mai cambiare.




Nota autrice: Scusate per l'enorme ritardo, ma per alcuni problemi non ho potuto aggiornare lasciando il fatto che il mio computer è da buttare.
Bhè in questo capitolo c'è stata una vera è proprio svolta. Come avete ben notato la storia non è ambientata come nella serie. Quindi Violetta e Ludmilla nemiche e così via... quindi aspettatevi di tutto.
Finalmente si è scoperto il segreto di Leon, ma come saranno andate veramente le cose? Mi spiace, ma voglio lasciarvi con il fiato sospeso.
Chi avrà mai bussato alla porta della cara Violetta?
Momento romantico FrancescaxMarco tutto per voi.<3
Tutto nella prossima puntata, no okay, alla prossima. Ah, BUONA PASQUA!!

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Capitolo 4
*** Allo stupore non c'è mai fine. ***


Allo stupore non c'è mai fine.


Buio, oscurità, solitudine.
L'aria era silenziosa, tutti gli oggetti che rendevano vera la vita non esistevano, viveva nel nulla.
Ombre sfocate abbandonavano la sua visuale.
Ridevano felici e spensierati quasi non si accorgessero della sua esistenza.
Quasi non si accorgessero delle sue lacrime, del cuore che ormai aveva smetto di battere,
delle sue insicurezze sgretolate in briciole.
Un bambino correva allegro nella sua direzione. Aveva le braccia aperte con l'intento di abbracciare qualcuno.
Come distinto si abbassa verso quel bambino volendosi far abbracciare,
ma non poteva immaginare che quest'ultimo gli sarebbe passato attraverso.
Correva verso le braccia di un uomo.
La figura non era sfocata e il viso dell'uomo era distinto, mentre una donna era al suo fianco.
Il viso non era chiaro, ma vedere quella scena l'aveva commiserata.
Correva a per di fiato, voleva raggiungerli, riprenderli con se ma...





Il rumore di una tazza che cade e si frantuma ai piedi del tavolino la desta dal suo sogno/incubo.
Con molta fatica apre lentamente gli occhi, strofinandoli con il dorso della mano. Si trovava in cucina, visto che la sera precedente era troppo stanca per fare le scale della propria camera, e dopo aversi fatto una camomilla si era appisolata sul tavolo.
Curiosa si avvicina alla causa del rumore trovando Camilla, che disperatamente stava cercando di recuperare tutti i pezzi.
Era stanca e numerose occhiaie disegnavano il suo viso, segno che non dormiva da giorni. Violetta raccoglie gli ultimi pezzi di vetro, aiutando la stessa Camilla ad alzarsi da terra.
Aveva gli occhi rossi, le guance bagnate dal troppo pianto, doveva aver smesso due minuti fa quando aveva sentita la tazza cadere.
Tremava come una foglia, poteva percepire la sua paura e il dolore come se lo provasse nella sua pelle. Infondo lei c'era passata, da sola nessuno con cui affidarsi. Ovviamente per sua scelta, si reputava abbastanza matura da prendersi cura di se stessa e della creatura che aveva in grembo. Lei c'era riuscita, aveva formato la proprio famiglia, ma sapeva che per Camilla non sarebbe stato affatto così. Entrambe era caratterialmente diverse.
Camilla era una ragazza bisognosa di affetto, lei adorava gli abbracci, le carezze, sentirsi amata, sentirsi dire parole romantiche, anche un semplice "ti voglio bene". Spesso quando erano all'università Violetta si lasciava abbracciare dall'amica sapendo quanto lei ci teneva. Secondo lei l'amore bisognava dimostrarlo anche attraverso i gesti. La solita scusa per rubarle il secondo abbraccio.
Violetta non era mai stata una persona affettuosa, anzi tutt'altro. Con il tempo, però, l'amore per il figlioletto era riuscita a cambiarla trasformandola in un pezzetto di pane.
Quest'ultima sorregge Camilla con entrambe le mani e la fa sedere sulla sedia di legno. Le versa un bicchiere d'acqua nel bicchiere offrendoglielo cercando di farla calmare, riuscendoci momentaneamente.
- Adesso che ti sei calmata puoi dirmi che ti è successo?
Violetta preoccupata cerca di comprendere la situazione. Accarezza la sua guancia trasmettendole tutto il suo calore e la sua presenza. Il quel momento Camilla voleva dare libero sfogo alle sue lacrime, ma ormai si erano prosciugate e c'è ne voleva di tempo per ricaricarle.
- Camilla cos'è che ti preoccupa costantemente? Non sono stupida sai, ho notato che sono notti che non dormi. Sai che questo non fa bene per il bambino? Non mangi nemmeno di giorno, si può sapere che stai combinando?
Violetta era adirata. Poteva capire perfettamente la sua situazione, ma non comprendeva questo piangersi addosso. Non lo tollerava assolutamente. Lei, una ragazza così piena di vita deve abbassarsi a miseri livelli. Doveva essere superiore, lottare perciò in cui credere.
- Io non sono come te.
Buttò acida Camilla. Voleva tanto bene alla sua migliore amica, però non poteva permettersi di giudicarla così.
- Tu sai che la mia vita non è perfetta, non lo è mai stata. Per colpa dei miei genitori avevo difficoltà a creare rapporti con gli altri e quando ho conosciuto te mi è sembrato tutto così surreale.
Tu eri la sorella che non avevo mai avuto, eri l'unica che accettavi i miei gesti d'affetto senza esserne disgustata e senza rifiutarla.
Quando tu te ne sei andata il mondo mi era caduto letteralmente addosso fin quando non ho conosciuto Brodway, ma quando anche lui mi ha abbandonato il mio cuore non è riuscito a reggere e adesso i miei voglio farmi sposare un uomo che non amo.
Domani* dovrei incontrarlo.
Violetta la comprendeva e come se la comprendeva, ma non riusciva ancora a dare un senso logico alle sue azioni. Voleva farle capire che lei l'avrebbe aiutata, sia in famiglia che con la gravidanza, infondo lei era la persona più indicata.
- Camilla ti capisco e comprendo la situazione che stai vivendo. Tu mi reputi una persona forte, coraggiosa, ma non sono aggettivi perfetti per descrivere me stessa.
Vivere da sola mi spaventava molto, e spesso nella mia mente passava anche l'idea di arrendermi e chiedere aiuto, ma avevo fatto una promessa a me stessa.
Non avrei creato dispiacere, preoccupazione di nessun genere, a nessuno. Dovevo essere una donna che riusciva a cavarsela, alla pari con un uomo insomma.
La speranza non mi ha mai abbandonato ed ora eccomi a crescere un figlio di tre anni.
Camilla era rimasta ad osservarla per tutto il suo discorso. Aveva notato il sorriso dolce mentre parlava del suo bambino. Poteva percepire il suo amore verso quella creatura.
- Tu gli vuoi molto bene, vero?
Violetta sorrise quasi ironica e anche sbalordita.
- E mio figlio come farei a non volergliene. Solo un pazzo non amerebbe il proprio figlio.
Camilla sorrise come non faceva da giorni. Quella casa era parecchio accogliente. Si aveva fatto la scelta giusta a chiedere aiuto a Violetta.
- Violetta senti... ma quando si partorisce... ecco... fa male?
Violetta si lascia ad una sonora risata senza però fare troppo rumore altrimenti avrebbe svegliato l'intero vicinato.
- Non proprio, ma successivamente quando avrai tra le mani il tuo bambino la contentezza supera anche il dolore.
- Ha Ha, lo sapevo farà male. No basta, non voglio più partorire. Abortisco.
- Camilla non fare la scema e poi che male fa un po di dolore.
- Basta ho deciso, da domani ritornerà una semplice donna di ventinove anni.
Violetta era rimasta sottoshock. La sua amica quando ci metteva sapeva davvero essere idiota. Però nessuno poteva frenare le risate che arrivarono attimi dopo. Non avrebbe mai abortito, neanche sotto tortura, ormai quella creatura faceva parte del suo stesso essere.




****




Leon, rimasto ormai solo, si lascia cadere sul letto esausto.
Finalmente si era tolto un grande peso dal cuore, il senso di colpa lo tormentava da anni e non riuscire a condividere questo segreto con nessuno lo uccideva. Però una cosa non gli era ben chiara. Perchè Ludmilla si era fatta viva solo adesso? Non aveva idee nella sua mente troppo occupata da altri pensieri bellamente interrotti dal suonare della porta.
- Signorino Leon sua madre è arrivata.
Leon sbuffa annoiato. Odiava quando la madre veniva a trovarlo. Lo trattava ancora come un bambino e non la smetteva di organizzargli appuntamenti ogni santo giorno. Adesso gli era venuta in mente la geniale idea di un matrimonio combinato. Era riuscita a fargli pronunciare quel si solo sotto tortura. Sarà sicuramente venuta per lo stesso e ovvio motivo. Parlargli della sua futura compagna.
Come suo solito era seduta sulla comoda poltrona, con la sua solita area severa e composta. Era una donna estremamente permalosa e sapeva essere anche abbastanza acida, ma quando la conosci bene è un pezzetto di pane.
- Buongiorno madre, voleva vedermi?
Dopo l'ennesimo inchino Leon si accomoda sulla sua solita sedia.
Queste usanze ricordavano gli anni passati, come un tempo si usava fare con i principi e le principesse, ma la madre era una donna all'antica e per lei queste usanze come i valori erano tutto.
- Certamente figliolo. Saprai il motivo per cui sono venuta qui.
Brutta strega pensi che non lo sappia?
Leon accavalla le gambe appoggiando le mani incrociate su di esse.
- Non saprei, forse una visita di cortesia?
La donna nega con il capo. Tra le mani portava un fascicolo che poggia sul tavolo davanti al ragazzo.
- Questa sarà la ragazza che dovrai sposare. E di nobile famiglia e i suo genitori sono miei vecchi amici.
Leon, infondo incuriosito, apre il fascicolo restando fermo a guardare la foto della ragazza.
- E' molto carina e abbiamo la stessa età.
- Ha ventinove anni, ha terminato l'università a pieni voti quindi una donna molto intelligente. E' brillante in tutto quello che fa, ma soltanto un problemino. E' incinta.
Leon ne era sconvolto. Non solo doveva sposare una donna che non amava, ma doveva pure crescere il bambino di qualcun'altro?
Lancia il fascicolo sul tavolo alzato stizzito e adirato.
- Mi rifiuto. Non voglio fare da padre ad un marmocchio che non ha nemmeno il mio stesso sangue.
- Non puoi rifiutare. Ormai l'accordo è stato fatto e tra poche ore vi incontrerete.
- Come puoi farmi questo madre? Sposare una donna che non amo, persino incinta di un altro uomo.
- Tutto al tempo caro. Magari inizierai ad amarla come la creatura che ha in grembo. Per me fanno già parte delle nostra famiglia. Ti prego, non mi disubbidire. Mi resti soltanto tu al mondo e desidero il meglio per te, ricordalo.
Leon odiava quando usava la carta della povera vittima, ma come sempre ci cadeva. Sbuffa indispettito.
- Come si chiama costei?
- Camilla... Camilla Torres.



Domani= Dovevano circa essere l'una di notte quindi domani è intesto come oggi, quindi quella stessa giornata.




Nota autrice: Non ho molto da dire soltanto grazie per aver letto. Voglio soprattutto ringraziare chi segue la storia, chi l'ha messa nei preferiti e chi recensisce. Mi rendete una ragazza fortunata.
Dedico questo capitolo a tutti voi, siete la mia forza e la mia fonte di ispirazione.

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Capitolo 5
*** Il dolore con il tempo si affievolisce. ***


Il dolore con il tempo si affievolisce.


-Che cosa ci fai qui?
Violetta era rimasta incollata davanti alla porta, immobile e allibita. La mano era ancora arpionata alla porta senza lasciar in alcun modo far entrare l'ospite. La sconosciuta in questione era rimasta a guardarla con un sorriso sulle labbra, complice e allegra, con entrambe le mani alzate pronte a ricambiare un caldo abbraccio che non tardò ad arrivare.
Violetto dopo aver visualizzato la persona che aveva davanti aveva lanciato la pentola che aveva tra le mani, che poverina era caduta sul divano, mentre la diretta interessata era rimasta incollata con le braccia al collo della straniera.
- Camilla sono così contenta di rivederti.
Camilla Torres. Ventinove anni. Capelli rossi e corti, più o meno a caschetto, occhi castano chiaro, un corpo snello e abbastanza alto.
Era vestita con abiti molto professionali, abbandonando definitivamente il carattere da bambina di un tempo. Il tempo cambia come le persone. Camilla aveva capito che bisognava crescere e non rimanere chiusi nei sogni, a sperare, a riflettere bisognava agire e conquistare i desideri con i proprio sogni.
Adesso portava una semplice maglietta bianca, un jeans a bassa vita, scarpette da ginnastica e aveva raccolto le ciocche di capelli con due forcine.
- Come mai questa visita improvvisa?
Camilla era la sua compagna di stanza all'università. Probabilmente lei aveva anche preso la laurea.
Purtroppo Violetta a causa della sua situazione non è riuscita a portare a termine gli studi ed quindi ottenere un lavoro decente, ma era soddisfatti dei suoi risultati e della vita che conduceva. Violetta non era sfuggito lo spostamento del viso della fanciulla. Allegro e depresso. La invita ad entrare in casa, la fa sedere sul divanetto ritornando in cucina per prepararle una camomilla.
Manuel, che per tutto il tempo era rimasto in disparte, corre in salotto per dare il benvenuto alla signorina amica della mamma. Camilla alla vista di Manuel le si scoglie il cuore. Gli scompiglia i capelli, sorridendo amorevolmente, stringendolo forte al petto. Sentiva dentro di se una malinconia e il cuore torceva forte. Camilla accarezza le guance del bambino senza smettere di cullarlo tra le sue braccia.
Violetta ritorna in salotto con la tisana tra le mani, l'appoggia sul tavolino e invita Manuel a giocare nella sua stanza.
- No, può restare se vuole.
Violetta nega con il capo dicendo che ormai era giunto il momento di chiacchiere da adulti. Manuel corre come un fulmine nella sua stanza, senza però prima aver dato un bacio sulla guancia alla sua mamma.
Camilla guarda la scena con occhi tristi, sofferti, quasi gli avessero strappato qualcosa nel petto. E forse il dolore poteva essere tale...
- Avanti raccontami cosa ti è successo?
Camilla sospira rassegnata. Era venuta li per una ragione soltanto e sapeva che Violetta era una persona di cui si poteva fidare.
- Sono incinta.
Violetta per poco non si strozzava con l'acqua.
Muoveva velocemente gli occhi, le mani era nervose, e con tutta se stessa sperava di aver capito male.
- Esatto sono incinta.
Violetta ritorna seria guardando il viso dell'amica. Quasi con rimprovero e amarezza.
- Di quanti mesi?
Camilla si strofina la testa con la mano. Morde forte, quasi volesse strapparlo il labbro inferiore.
- Due mesi.
Violetta era incazzata nera. Perché non era venuta a raccontarglielo prima? Sapeva che poteva aiutarla, ma la rabbia scemò piano piano quando vide il volto della amica farsi bianco e il corpo tremare terrorizzata. Violetta l'abbraccia forte facendole appoggiare il capo sulla sua spalla mentre lei si lasciava andare al pianto più disperato.
In questo momento Camilla era la disperazione in persona.
- Il padre lo sa?
Camilla annuisce per poi ricominciare a piangere. Violetta le asciuga una lacrima che cadeva libera e tranquilla sulla sua guancia.
- Perché non mi racconti tutto dal principio?
Camilla annuisce sistemandosi meglio sul divano. Il cuore prese a martellare forte, il respiro col tempo iniziava a calmarsi. Forse sfogarsi poteva fargli bene.
- Dopo che tu hai lasciato la scuola le cose sono cambiate. Tutti mi evitavano perchè era una misera nessuno, credevano che volessi apparire intelligente per mostrarmi superiore, importante. Le persone che definivo amici mi hanno abbandonata, e ogni giorno veniva lasciata sola a piangere della mia solitudine.
Una sera decisi di uscire per prendere una boccata d'aria, era troppo stanca per pensare ai pericoli che mi potevano accadere uscendo da sola, ma ormai la solitudine era diventato il mio pane quotidiano. Lungo il tragitto di casa intravidi un ragazzo. Si trovava difronte alla mia porta, con la testa appoggiata sul legno, addormentato. Mi faceva una tremenda tenerezza, ma in qualche modo doveva entrare in casa mia e così lo svegliai.
Da quel giorno in poi scoprii che era diventato il mio vicino di casa, uno mio compagno di scuola, un mio amico, un mio amante. Era l'unico che mi dava attenzione, e non mi faceva patire le pene della solitudine. Ne ero grata, tanto che una notte come ricompensa decisi di abbandonarmi a lui. Così come tante e tante volte. Scoperto un giorno che ne ero rimasta incinta non la presi molto bene, l'idea di abortire ammetto che era il primo dei mie pensieri, ma Brodway così si chiama era riuscito con le sue dolci parole a farmi cambiare idea.
Nelle prime settimane tutto filava lisci, anche nel mese successivo, ma durante il secondo mese iniziarono a nascere i problemi. I miei non hanno mai accettato il nostro fidanzamento, e hanno fatto di tutto per cercarmi marito trovando addirittura qualcuno che si prendesse cura di una donna incinta. Brodway ed io decidemmo di scappare, ma nulla può fermare mia madre.
Brodway mi ha lasciato, dicendomi che per me e per il bambino era meglio vivere in una famiglia nubile. E mi ha lasciato sola, anche lui mi ha abbandonata.
Violetta che era rimasta ad ascolta per tutto il tempo coinvolge l'amica in un abbraccio pieno di calore e affetto. Piansero tutta la notte, versando ogni singola lacrima.
Matrimonio combinato. Ancora oggi esistono?


Ludmilla era rimasta allibita dalle parole del ragazzo. La sua mente era in tilt e non riusciva a collegarsi bene.
- Come? Leon spero che tu stia scherzando.
Il moro nega con il capo amareggiato.
- Mai stato così serio.
Ludmilla si avvicina alla sua camicia tirandola al suo viso. Era furibonda, ma non solo per il gesto, ma anche perchè ne era venuta a conoscenza soltanto adesso.
- Siediti è una storia lunga e complicata.
Ludmilla si accomoda sul letto. Era curiosa di scoprire di più sulla faccenda.
- Ehm... come ben saprai tra me e Violetta non era mai stata un relazione rosa e fiori. Il nostro rapporto non era basato esattamente sull'amore, ma sul possesso.
Nella mia mente lei era l'unica donna per me, non doveva essere guardata o toccata da nessuno. Violetta sapeva del mio problema, ma aveva deciso di sopportarmi e di starmi accanto comunque. Era convinta che la sua vicinanza mi avrebbe cambiato, ma povera illusa. Più mi stava vicina, più allimentava la mia possessione. Ero diventanto geloso anche delle ragazze, persino di te. Ero malato, malato della sua presenza.
Un giorno venni a sapere che un certo Federico le aveva fatto la corte e lei non ne era per niente disgustata. Davanti a lei fingevo, fingevo di avere fiducia in lei, ma in realtà morivo di gelosia. Scovai quel ragazzo e lo massacrai di botte.
La notte stessa andai a casa di Violetta, era in condizioni pessime ed ubriaco marcio. La testa mi girava, le gambe era molli e pesanti, e non riuscivo a vedere oltre alla rabbia e la gelosia. La insultai, la maltrattaii. Lei urlava, mai io fingevo di non ascoltare. Ero diventato un mostro, un burattino finito e senza vergona.
Ludmilla era rimasta tutto il tempo ad ascoltare con tristezza. In pena per l'amico e l'amica e dei problemi che hanno subito.
- Successivamente ho deciso di curarmi in una clinica per persone malate di mente. E adesso sono come nuovo. Decisi di tornare da lei, almeno per scusarmi, ma se n'era andata lasciandomi solo.
Ludmilla corse ad abbracciare l'amico riempendolo di coccole.
- Non ti giudicherò. Penso che tu sia un bastardo egoista, ma non ti giudicherò. Tu sei un pezzo importante della mia vita, e non voglio lasciarti andare. Mi fido di te.
Leon si stringe nell'abbraccio della ragazza ringranziandola beandosi del suo profumo.




Nota autrice: Eccomi tornata ad aggiornare un nuovo capitolo.
Pieno di rivelazioni, no? Vi ho almeno sorpresi un pochino? Camilla incinta? Povera oltre ad aver patito le pene dell'inferno deve anche sopportare un amore combinato. Una vita senza amore.
Leon finalmente ha riacquistata una vecchia amicizia. Come si rivoluzionerà la situazione?

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Capitolo 6
*** C'è nell'aria un certo feeling. ***


C'è nell'aria un certo feeling.


Il momento tanto atteso era arrivato.
Camilla era nervosa, le mani attorcigliate per il troppo nervosismo, ma cercava di non far trapelare nulla e di sembrare più seria possibile. La sera precedente si era messa d'accordo con Violetta per rifiutare cortesemente la richiesta così da uscirne illesa. Non aveva mai rifiutato qualcuno quindi non sapeva da che parte cominciare.
Non sapeva nulla di quel ragazzo, oltre il suo nome ovviamente. Era circa cinque minuti che stava seduta su quel tavolo, da sola ad aspettare il suo futuro compagno, e mano mano che il tempo passava si sentiva una vera idiota per essersi presentata però ne avrebbe tratto anche vantaggio.
Madre è un viscido mi ha lasciato da sola in un locale poco frequentato. Non voglio più avere a che fare con lui. Ed ecco come si era liberata di questa seccatura. Purtroppo niente va come la nostra mente immagina, infatti contemporaneamente ai pensieri della ragazza, un ragazzo era entrato dalla porta chiedendo espressamente lo stesso tavolo dove era seduta.
Camilla sospira rassegnata. E' un ragazzo davvero carino, degli occhi verdi splendidi quasi ti leggessero dentro, un corpo niente male e quell'aria composta e seria creava nell'aria tensione e mistero.
- La signorina Camilla Torres?
La rossa educatamente si alza presentandosi porgendogli la mano. Sorride quando le loro mani entrano in contatto. Il castano mischiato con il verde. Un mano muscolosa al contatto con una piccola e minuta. Si siedono rispettivamente nei loro posti senza dire una parola.
- Ehm... voglio scusarmi per questa situazione così scomoda. So bene che neanche tu voglia sposarti con una ragazza che non ami e che è persino incinta.
- Non mi crea forti problemi.
Sbottò indifferente Leon. Doveva mentire, altrimenti tutto sarebbe andato a monte. Pertanto la madre l'avrebbe rimproverata ricominciando la sua scenata.
- Però sono curioso. Come mai non sei con il padre? Non vuole riconoscerlo?
Camilla sorrise triste. Non amava parlare del passato, soprattutto del passato con lui. Ogni volta che ne parlava il cuore le doleva, il respiro si faceva lento e spezzato e le lacrime ricominciavano a bagnare il suo viso.
- No, non è questo. Anzi lui era molto felice di questo bambino, ma mia madre come suo solito ha dovuto intromettersi e ci ha separati e subito dopo mi ha cercato marito.
Leon l'ha capiva, l'ha comprendeva essere succube della propria madre non era facile. Dover rispettare il volere di qualcun'altro è difficile e doloroso.
- Ti capisco benissimo. Credimi, mia madre è da una vita che mi progetta appuntamenti.
- Quanto le odio. Costringere i loro figli ad amarsi contro il loro volere. Vivere una vita come una menzogna. Sono crudeli.
Leon sorride malinconico. Incrocia le mani e appoggia il mento su queste.
- Invece io credo che tengano molto a noi. Mia madre aveva notato che ero distrutto per la separazione con la mia ex e lei ha fatto di tutto per farmela dimenticare. Non vuole vedermi soffrire più in quel modo, a costo di legarmi ad un ragazza per l'eternità. Camilla era rimasta ad ascoltarlo per tutto il tempo ammirata. Non c'era crudeltà, sofferenza oppure ira nelle sue parole. Vorrebbe accettare la situazione esattamente come la stava affrontando lui, però...
- Perché non mi racconti un po di te? Chi sei Camilla Torres?
- Non c'è molto da dire. Ho ventinove anni, sono incinta da circa due mesi, amo mangiare quasi tutto, odio la falsità e l'ipocresia e soprattutto non sopporto le menzogne. Non sono una persona che si tiene tutto dentro, quando ho da dirti una cosa te la faccio sapere e voglio che le altre persone facciano altrettanto, anche se ci resto male come un cane. Sono stramba. Sono molto fragile e bisognosa di affetto condizionatamente. E tu? Chi sei Leon Vergas?
- Ho ventinove anni. Sono un ragazzo serio, diplomatico, abbastanza bastardo lo devo ammettere. Riesco a mostrare il mio affetto soltanto con poche persone e quando mi stai antipatica non ti vengo nemmeno a parlare. Non ho peli sulla lingua, per niente. So essere romantico soltanto con la mia ragazza e abbastanza possessivo.
Meglio non toccare la storia della violenza. La potrei solo spaventare.
- Sai devo ammetterlo mi affascini. Siamo tanto uguali, ma così diversi.
Leon sorride malefico. Anche lei gli era piaciuta subito, non che si possa definire amore, ma una certa attrazione c'era. Forse un giorno si potrà sviluppare in amore oppure in una semplice amicizia, ma questo solo il tempo ne era a conoscenza.
- Vero, sono pienamente d'accordo.
Leon alza il bicchiere di vino, che poca fa hanno gentilmente versato, e lo alza in aria.
- Brindiamo alla vita e tutto ciò che ci servirà il futuro.
Camilla lo segue alzando il proprio bicchiere.
- Brindiamo alle nostre misere vite e alla nostra futura amicizia.
Il rumore dei bicchieri che si incontrano e due parole pronunciate contemporaneamente.
- Salute.


****




Ludmilla dopo la giornata passata a casa di Leon era ritornata a casa. Come aveva promesso non aveva raccontato nulla a nessuno, nemmeno a Diego. Però questo segreto era troppo grande per essere contenuto e Diego di certo non contribuiva ad alimentarlo. Conosceva molto bene la sua ragazza. Sapeva quando mentiva, quando voleva rivelare un segreto.
- Tu non me l'ha dai a bere. Che cosa vi siete detti tu e Leon?
Diego iniziava a spazientirsi. Era circa mezz'ora che si trovano in cucina e cercare di rubargli qualche informazione.
- Te lo ripetuto mille volte. Non mi ha voluto dire niente.
- Ludmilla non sei brava a mentire e questo lo sai.
- Diego non ti sto mentendo. Però adesso basta parlare e baciami.
Ludmilla cercava di cambiare argomento non riuscendo più a frenare quel bisogno di rivelare tutto. L'unico modo per distrarlo era quello di fare molte coccole, ma il ragazzo non era della stessa opinione.
- No Ludmilla. Non terminerai tutto in questo modo.
Ludmilla era furiosa anzi furibonda. Perché tutto questa importanza? Era per Violetta? Che provasse ancora qualcosa per lei?
- Basta non capisci che così mi fai del male? Preoccupandoti di questa situazione mi fai capire che sei ancora legato a Violetta. Mi fa male il petto e tu nemmeno te ne accorgi.
Diego era rimasto basito. Come poteva pensare che provasse ancora qualcosa per Violetta dopo quello che hanno passato? Certo le voleva ancora bene, c'era sempre dell'affetto legato nei suoi confronti, ma non è amore.
Si avvicina con cautela al viso della bionda baciandole il capo e poi le labbra in un lieve bacio. La coccola tra le sue braccia, rassicurandola.
- Non c'è nessuna ragazza al mondo che possa far battere il mio cuore in questo modo. Sembra quasi voglio uscirmi dal petto. Forse non te lo dico spesso, ma ti amo. Sei parte della mia vita ormai e non ho intenzione di lasciarti andare. Però voglio che tra di noi ci sia completa fiducia.
Ludmilla si lascia andare ad un pianto liberatorio. Si armpiona alle sue spalle.
- Scusami e ti amo. Ti racconterò tutto, voglio fidarmi di te.



****




Violetta era rimasta per tutto il tempo ad aspettare il ritorno della sua amica quando sentì la porta aprisi. Vede quest'ultima entrare dalla porta, chiuderla a sua volta e appoggiare la schiena sulla porta sospirando.
- Allora l'hai rifiutato?
Camilla nega con il capo sorridendo.
- Molto meglio. Quel ragazzo è un fico da paura, mi ha colpita e spero tanto di rivederlo. Magari lui può aiutarmi a dimenticare Brodway.
Violetta sorride vedendola felice dopo tanto tempo. E doveva ringraziare questo ragazzo che Camilla doveva assolutamente presentare.
- Dovresti proprio farmelo conoscere questo ragazzo.
- E' una grande idea. Ti piacerà vedrai.
Camilla radiosa corre a cercare Manuel. Giocava come un tempo, sembrava essere ritornata la Camilla del passato. La Camilla bambina.
- Si, mi piacerà sicuramente.



Nota autrice: Scusatemi per questo aggiornamento frettoloso, ma da domani non so quanto potrò aggiornare. Il computer si è inceppato, è iniziata la scuola e ho troppe interrogazione da fare.
Vabbè passiamo al capitolo.
Voglio aggiungere che Camilla non conosceva affatto il nome del padre del bambino quindi perciò non aveva idea che potesse essere l'ex della sua migliore amica. Tra i due c'è feelings, ma si tramuterà in amore?

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Capitolo 7
*** Il destino comanda e decide. ***


Il destino comanda e decide.


Casa Dominguez era famosa per la sua parlantina, per i lunghi schiamazzi e per le risate e urla troppe esagerate.
Però quella sera del 1 maggio tutto si era fatto sinistro, tetro, e silenzioso. Una moltitudine di voci bisbigliavano preoccupate. Esse decidevano sul da farsi, sulla decisione da prendere per affrontare la faccenda.
Ludmilla Ferro, la padrone di casa, si stringeva forte le mani voltandosi spesso a guardare il viso del marito, come per cercare del conforto. La sera precedente dopo aver raccontato tutto, Diego aveva subito cercato il telefono chiamando Francesca e Marco e avvisarli che l'inddomani dovevano incontrarsi per parlare di un argomento importante.
Ludmilla era contraria sin dall'inizio, ma poco attimi dopo è riuscita a farsi convincere dal marito che non tutto deve rimanere segreto specialmente se vogliano aiutare due amici idioti.
Francesca e Marco avevano appena ricevuto la notizia e ancora sdentavano a crederci che Leon, un così caro ragazzo, avesse potuto compiere un atto così impuro e disgustoso.
- Ammetto di essere molto incazzato con lui, però sono certa di quando adesso sia dispiaciuto.
Ludmilla annuisce. Lei, che ci aveva parlato aveva potuto leggere nei suoi occhi il pentimento e il terrore dell'atto che aveva commesso. Lei lo conosceva più di chiunque altro, era il suo migliore amico, e ci sarebbe sempre stata per lui.
- Bene adesso come ci muoviamo?
La bionda si volta verso Marco, che aveva posto la domanda, cercando di darsi una risposta. Anche lei se lo chiedeva. Adesso che loro sapevano che bisognava fare?
- Semplice dobbiamo farli incontrare.
- Si Francesca, ma come? Violetta ormai lo detesta non accetterà mai un incontro con lui.
Francesca sorrise malefica.
- E chi ti dice che lei debba saperlo? Fingeremo che sia un normale incontro tra amici, nessuno dei due saprà la presenza dell'altro, e il gioco è fatto.
Ludmilla sospira pensierosa. Poteva essere una buona idea, però qualcosa dentro di se gli diceva che sarebbe andato tutto storto, sentiva come un morso dentro lo stomaco, come se qualcosa di cattivo stesse per accadere.
- La fai facile tu. Chi ti dice che qualcosa non vada storto?
- Non essere pessimista Ludmilla, mi sono mai sbagliata oppure ti ho mai delusa?
La bionda sospira rassegnata peccato che quel brutto presentimento continuava a tormentarla.


****



Violetta era rimasta l'intera mattinata a lavorare.
Era appena uscita dal negozio, guardava frettolosa l'ora sul orologio da polso, mentre camminava come una pazza scatenata.
Il vento le spostava i capelli scompigliandoli più del dovuto, il respiro si era fatto sempre più pesante e il battito del cuore accelerava minuto dopo minuto.
Doveva correre a casa, doveva preparare la cena, altrimenti Camilla l'avrebbe ammazzata. Le donne incinte sono assai permalose.
Ricontrolla nuovamente l'orologio costatando di essere arrivata appena in tempo, apre frettolosa la porta e ci si fionda dentro troppo stanca anche per parlare. Lancia le chiavi sul divano, chiude la porta alle spalle, e con la schiena attaccata alla porta si lascia cadere sul pavimento. Sfinita non era la parola giusta, esausta nemmeno, insomma era letteralmente uccisa. Non riusciva a fare un passo che le gambe si facevano pesanti però sapeva che era il momento di mettersi a lavoro.
Il piccolo Manuel stava giocando ai videogiochi sul divano e stava divorando un pacchetto di patatine. Violetta detestava fare la mamma cattiva, ma in qualche modo doveva far imparare l'educazione al proprio figlio. Afferra il pacchetto tra le mani chiudendolo con un elastico.
- Fra poco è l'ora di pranzo non dovresti rimpiazzarti di queste schifezze. Non so quante altre volte devo ripetertelo.
Il bambino stizzito incrocia le braccia come sorta di protesta.
- Neanche mi hai dato un bacino, nemmeno mi hai detto un buongiorno, sei brava solo a sgridarmi.
Violetta sorride al cambio di umore del suo bambino. Era esattamente come lei, inizialmente si distacca a qualsiasi forma di affetto, ma quando non se li riceve per così tanto tempo ne si sente la mancanza.
La mora prende il volto del bambino tra le mani dandogli leggeri baci sulle guance e coccolandoselo al petto.
- Buongiorno bambinone.
Il bambino sorride accoccolandosi ancora di più alla sua mamma però rimanendo offeso del nomignolo che gli aveva dato la madre.
- La zia Camilla? Non è ancora scesa dalla sua camera?
- Sta ancora dormendo.
Violetta accarezza il capo del bambino chinandosi alla sua stessa altezza.
- Potresti andare a svegliarla?
Il bambino annuisce correndo contento nella stanza della sua nuova zia. Per lui tutti gli amici della mamma erano zie e zii. Si divertiva a dare questi appellativi perchè sentiva la sua famiglia più grande è più calda.
Violetta più serena incomincia a cucinare perchè tra pochi minuti il terremoto stava per aprire gli occhi.
- Violetta!.
Appunto...


****



- Prima dobbiamo andare a casa di Violetta e invitarla a cenare insieme a noi. Diremo che sarà un incontro per ricordare i vecchi tempi non accennando minimamente del fatto che ci sarà anche lui. Tutto chiaro?
- Si signora, come desiderate!
Ludmilla, Diego e Marco in posizione da combattenti di guerra era in posizione di saluto per salutare il capo Francesca.
- Smettetela e fate i seri. E' il momento ti attuare il piano e mi raccomando nulla deve andare storto. Sono anni che cerco di avvicinarmi alla mia vecchia amica Violetta, la rivoglio indietro esattamente come era un tempo.
- Non sei l'unica a pensarla in questo mondo. Tutto lo vogliamo.
Diego quando si trattava di questo argomento era abbastanza serio. Violetta era un amica molto importante, non perchè fosse ancora innamorato di lei, ma grazie a lei era riuscito a cambiare il suo orribile carattere, ed è riuscito a farsi degli amici. Non poteva restare a guardare mentre lei si allontanava da loro, restando da sola isolato da tutto ciò che respira e che ama.
- Diego su non farti così serio. Sono sicuro che tutto andrò bene fidati e adesso muovetevi lumache.
Francesca allegra incomincia a correre. Non vedeva l'ora di rivedere la sua amica, abbracciarla e parlarle come facevano un tempo.
- Forza lumaconi, muovete quei salsicciotti che avete apposto delle gambe.
- Francesca, aspetta, attenta!
Luce, clacson, suoni e urla. Persone che arrivano, che vanno via, e poi il buio più totale.


****



Camilla era parecchio agitata. Stringeva forte la mano di Violetta mentre camminava frettolosamente. Erano a distanza di pochi centimetri e avrebbero incontro il fantagomico principe dei sogni.
Violetta era assolutamente curiosa di sapere chi sia questo presunto principe e cosa abbia così attratto la sua amica.
Mancavano due centimetri, attraverso la porta trasparente poteva notare la figura di un uomo di spalle che aspettava in un tavolo. Camilla lo indicava elettrizzata. Violetta allunga la mano, stava per aprire la porta quando una voce la desta dal suo movimento.
- Violetta!
Violetta si volta verso la voce che l'aveva chiamata. Ludmilla era parecchio agitata e Diego era al suo fianco con le stesse medesime condizioni.
- Francesca ha avuto un incidente.



Nota autrice: Sono riuscita ad aggiornare. Non è un granchè ma... spero che almeno a voi piaccia.
Non potevo far andare tutto liscio, quindi come vi ho detto aspettatevi tutto.

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Capitolo 8
*** L'incontro tanto atteso... ***


L'incontro tanto atteso...


Cos'è questo rumore? E questo calore?
Mi attraversa le dita della mano, attraversa il polso, tutto il braccio fino ad raggiungere il petto riscaldando.
Pianti e piccole gocce di lacrime cadono sul suo viso, scendo sul collo ormai ritornato caldo.
Il cuore aveva ripreso a pulsare, la pelle era bollente come se della vita ci fosse ancora all'interno. Era nuova quasi profumata. L'odore dei fiori era inconfondibile. Rose rosse, i suoi fiori preferiti. Ritorna di nuovo quel calore così familiare, ma perchè non riusciva ad aprire gli occhi?
Ecco, una voce, stava pronunciando il suo nome.


-Francesca.
La mora anche se con troppa fatica sbatte le ciglia aprendo lentamente gli occhi.
Dopo aver messo a fuoco, e dopo aver compreso il luogo in cui si trovava cerca con la mano di nuovo quel calore trovandolo e affondando le dite in quella mano misteriosa. Era una mano muscolosa, le dita era molto più lunghe delle sue, poteva riconoscerle tra mille. Le aveva accarezzate, strette a se troppe volte da averle memorizzate alla perfezione.
- Marco.
Quest'ultimo, era rimasto per tutto il tempo con il capo seduto sulla sedia, aveva il capo abbassato sulle braccia incrociate e stava dormendo bellamente dopo una lunga notte di insonne.
Sentendo la voce della sua amata era saltato dal suo posto baciandola con forza, con passione e disperazione. Erano stati i due giorni più orribili della sua vita. I medici non davano notizie, il massimo che potevo dire era: tutto è nelle mani delle ragazza.
Erano medici no? Il compito di guarire è il loro. Era rimasto seduto su quella sedia per due giorni interi, senza toccare cibo, e beveva massimo qualche caffè tanto per tenersi su e anche sotto richiesta dei suoi amici. Parlava molto alla ragazza, illudendosi che durante il suo sogno potesse sentirla, sperando con tutto il suo cuore che la sua voce potesse svegliarla.
- Non... non farmi più scherzi di questo tipo.
Era arrabbiato, ansioso e sollevato.
Dopo aver chiamato il dottore si era riseduto sulla sua sedia, accarezzando il capo della ragazza. Non aveva riportato gravi lesioni, fortunatamente se l'era cavata con una frattura alla gamba e una lieve commozione celebrale.
- Questo spiega il mio enorme mal di testa.
Il dottore saluta la paziente augurandole una buona guarigione, dicendole che il mattino dopo sarebbe stata rimessa, ma sarebbe dovuta ritornare per alcuni controlli. Inutile dire che, uscito il dottore, una folla di persone invasero la stanza.
A partire dai genitori della ragazza ai suoi amici più stretti. Tra di essi mancava Violetta, essa infatti quella mattina era impegnata al lavoro promettendo però di passare il pomeriggio.
Francesca osserva con sorrisi l'allegria e l'amore che gli stava trasmettendo sentendosi una ragazza davvero fortunata. Spinta dalla passione o non so che cosa appoggia la propria mano su quella di Marco guardandolo intensamente negli occhi.
- Ti amo.


****



Camilla era parecchio preoccupata.
Aveva saputo che Francesca, un tempo amiche adesso solo conoscenti, aveva subito un incidente.
Le mani si muovevano frettolose, le ciglie si attorcigliavano, spostava nervosamente il bracciale da una parte a l'altra.
Questo dettaglio non sfuggì agli occhi attenti di Leon, che aveva osservato tutto il movimento della ragazza.
- C'è qualcosa che ti preoccupa? Ti vedo nervosa.
Camilla ritorna sul pianeta terra concedendo a Leon l'attenzione dovuta.
- Mi rincresce per la mia maleducazione, ma sono molto preoccupata per una mia amica.
- Problemi di cuore? Amicizia terminata?
- Ha avuto un incidente due giorno fa.
- Ah, mi dispiace.
Camilla annuisce stringendo la mano del ragazzo, accarezzandola.
- Vorrei tanto farle visita però non mi piace l'idea di andarci da sola, adesso l'amica con cui convivo deve essere a lavoro quindi non può accompagnarmi.
Leon poteva leggere nei suoi occhi amarezza e tristezza. Come poteva non accompagnarla.
- Ti accompagno io, tanto non ho nulla da fare quest'oggi.
Camilla sorride abbracciandolo come sorta di ringraziamento. Ogni giorno di più quel ragazzo riusciva sempre a renderla felice, cosa che pochi riuscivano a fare. Si sentiva bene in sua compagnia, e sapeva bene che la cosa è reciproca. Entrambi si sono raccontati le rispettive storie e potevano dire di conoscersi come nessun altro.
La loro apparente amicizia si stava rafforzando.


****



Violetta aveva terminato prima del previsto.
Fortunatamente il capo gli aveva dato questa opportunità, visto i disastri che stava combinando e allora aveva deciso di approfittare per fare un salto a casa prendere Manuel e andare all'ospedale.
La cosa strana fu non trovare Camilla a casa, ma forse voleva farsi soltanto una passeggiata o altro. Peccato, visto perchè anche lei voleva fare visita a Francesca.
Preso Manuel si dirige all'ospedale. Chiedono della sala dove è stata ricoverata Francesca e si dirigono verso quest'ultima.
Bussa alla porta avvertendo un avanti da parte della ragazza.
- Scusami per il ritardo, ma felice per il tuo risveglio.
Le due ragazze si salutano. C'era chi piangeva e chi sorrideva. Lo spavento era stato enorme, ma la mora era contenta che Francesca non si sia fatta nulla di male. Altrimenti avrebbe rimpianto tutti quei momenti che aveva rifiutato le sue domande, i suoi messaggi e le sue telefonate e per essere stata un'amica poco presente.
- Non pensare queste cose cattive di te. Ti conosco molto bene e so che adesso ti stai commiserando, ma non c'è ne bisogno. Credimi.
Violetta sorride asciugandosi la lacrime che stava per uscire nuovamente dal suo occhio.
Manuel abbraccia la zia Francesca porgendole i fiori che aveva comprato lungo il tragitto.
Iniziarono a parlare del più e del meno quando sentirono la porta bussare.
-Avanti?
- Sono Camilla, la ex compagna di stanza di Violetta, sono venuta a sapere delle tue condizioni.

Ed è così che avvenne, l'incontro.




Nota autrice: Ebbene si, siamo giunti all'incontro.
Prima vorrei ringraziare chi segue fermamente la mai fiction e quelli che hanno recensito il capitolo precedente. Voi siete le mie muse e mi date la forza di scrivere.
Il realtà questo aggiornamento anticipato è dovuto perché il mio computer e ancora farsi riparare, quindi sto usando quello di mia sorella, e ancora non so quando avrò questa opportunità e pertanto eccomi qua.
Finish al prossimo capitolo.

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Capitolo 9
*** Il passato ritorna: E' tuo figlio? ***


Il passato ritorna: E' tuo figlio?


Le coincidenze non sono così casuali, talvolta vogliono anche sottolinearti ciò che la linea del destino ti ha prescritto.
Tutto accade per uno scopo, tutto accade perché è in evitabile.
Leon non credeva alle coincidenze, non ne era il tipo. Era un ragazzo che si lasciava andare, decideva tutto in modo sbrigativo nel momento in cui stava accadendo l'azione, aspetta che la soluzione arrivi da lui.
E ora si trovava davanti la persona che aveva tormentato i suoi pensieri, colei che gli aveva fatto vivere per anni il rimorso della colpa, che aveva scatenato in lui sentimenti ripugnanti e senza pudore.
Non riusciva a pronunciare quel nome, un groppo alla gola si era formato, fa un lieve movimento con le labbra, le apre come per dire qualcosa, ma le richiude.
Camilla, estranea ai sentimenti provati dai due giovani, con una furiosa allegria entra nella stanza smorzando la tensione; che ovviamente non aveva percepito.
Francesca ancora scioccata dalla presenza del moro cerca di essere più calma è possibile, anche se non poteva nascondere il disgusto che avevo provato vedendo la sua faccia, ma subito il pensiero ricade sul bambino. Era ancora troppo piccolo e non avrebbe capito e retto la situazione quindi aveva fatto finta di niente accogliendo la ragazza con un sorriso.
- Ragazze lui è Leon Vergas, il mio futuro sposo.
Quella parole entrarono come un mantra nella mente delle due ragazze. La prima, Francesca, prese a mordersi il labbro inferiore costatando che il suo piano stava per essere rovinato. La seconda, Violetta, era rimasta impassibile. Il suo viso era freddo, non trasmetteva emozioni, ma dentro il suo cuoricino era in subulio.
- Ehm... felice di conoscervi.
" Bene quindi fa finta di non conoscermi? Farò altrettanto."
Violetta si alza dalla posizione seduta, si aggiusta il vestito e sposta i capelli all'indietro e con educazione si rivolge al ragazzo porgendogli la mano.
- Piacere, Violetta Castillo.
Fare quel semplice gesto non era stato poi così difficile, ma sorridere quello era stato faticoso. Le immagini di quella notte riaffioravano nel suo subconscio e come flashback riapparvero nella sua mente insinuandosi nelle poche difese che le rimanevano.
In un attimo sentiva il bisogno di lasciar perdere quella sceneggiata e sfogare tutta la sua collera e dolore sul suo attuale carnefice, ma un bambino con le mani timide gli tirava il vestito in cerca della sua attenzione.
- Mamma, chi è il signore?
Violetta si morde nervosamente il labbro cercando una risposta adatta per la situazione.
" E' tuo padre. Dannazione è tuo padre!"
- E' un amico di zia Camilla. E' venuto insieme a lei a trovare zia Francesca.
Il bambino annuisce tenendo ancora ben salda la presa. Tira ancora la stoffa verso di se facendo abbassare la madre sulla sua stessa altezza. Il bambino sussurrando si avvicina al suo orecchio. Violetta annuisce sconsolata mentre il bambino si avvicina al moro.
- Tu sei il fidanzato di zia Camilla, vero? Io mi chiamo Manuel Castillo ti va di essere mio amico?
Leon sorridendo amorevolmente si abbassa per guardare il bambino notando che aveva i suoi stessi occhi.
" Coincidenza? Non me ne può fregare di meno, ma..."
- E' tuo figlio?
La mora era come elettrizzata, frizzata, insomma immobile. A mala pena riusciva ad annuire con il capo. Il moro sorridendo accarezzando con la mano la testa del bambino. Una scarica elettrica penetra fin dentro la sua carne. Un sensazione di calore lo pervase, sentiva un profondo affetto per quella creatura, un affetto nato nel nulla.
Violetta stanca e preoccupata per la troppo tensione decide di andarsene e lasciare tutto nelle mani di Francesca.
- Manuel dai è il momento di andare a casa, saluta tutti e andiamo.
Il bambino però non aveva nessun intenzione di abbandonare la stanza. Stringe le maniche della camicia del ragazzo negando.
- Mamma io voglio restare con zio Leon, per favore.
Violetta era sorpresa nonchè preoccupata. Suo figlio nella mani di quell'essere. Non l'avrebbe mai permesso, ne ora ne mai. Però le parole di Francesca la precedettero.
- Violetta lascialo stare. Lui e Camilla saranno badare al bambino e infondo lei deve fare pratica, no?
Francesca sorride rivolgendosi verso la rossa che annuisce contenta. L'immagine di lei, Manuel e Leon insieme la rende felice. Li rendeva come un famiglia. In realtà Francesca non fa nulla che non sia a suo vantaggio.
Potrebbe essere una ragazza ingenua, ma non stupida. Era meglio che il bambino si abituasse alla presenza del ragazzo e che iniziasse a provare affetto nei suo confronti. Forse il suo piano sarebbe stato più facile del previsto, però rimaneva la faccenda Camilla.
"Indagherò sulla faccenda e vedremo come sistemare il tutto."
Violetta ormai rassegnata accetta allontanandosi dalla camera, prima però dopo aver dato un bacio al piccolo Manuel.


****



- Diego, spiegami, chi sarebbe questa Maria?
Diego era un bravo ragazzo, alcune volte freddo, insolente, maleducato, arrogante, suscettibile e anche bambino però aveva del buono dentro il suo cuoricino; però aveva commesso un errore.
Lasciare il suo numero alla sua collega soltanto per questioni di lavoro.
- Nessuno, tesoro, nessuno.
Diego stava steso sul divano annoiato per l'ennesima scenata della ragazza. Cercava di cambiare inutilmente il canale e inutilmente di riuscire a vedere qualcosa, ma la ragazza non faceva che mettersi davanti alla sua visuale.
- Poco male, mi farò un pisolino.
Diego appoggia le mani incrociate dietro la testa illudendosi, ancora, di potersi addormentare. Ludmilla quando iniziava una delle sue scenate era irrefrenabile. Diego riascolta nuovamente il suo solito sproloquio, che ogni giorno dedicava soltanto a lui.
- L'hai baciata? Ci sei andato a letto? Perché ha il tuo numero? Per fortuna che ho risposto io altrimenti il tutto sarebbe accaduto dietro alle mie spalle. Immagino tutte le mie amiche che ridono di me e me sola e abbandonata a piangere sul questo divano. Cosa ho fatto di male per meritarmi un marito traditore? Perchè non riesco ad odiarlo e sbatterlo di casa?
- Oh, amore, una cosa su cui sono d'accordo?
Ludmilla sbuffa arrabbiata sedendosi sulla poltroncina. Aveva terminato gli insulti, le parole, le frasi. Magari più tardi avrebbe ricominciato.
Diego aveva notato il viso sconsolato della bionda e con passo lento e leggero le si mette dietro avvolgendola con le braccia.
- Lei non rappresenta nessuno. Quante volte dei ripeterti che tu sei il mio tutto, l'aria che mi da il respiro, l'acqua che soddisfa la mia sete. Tu sei la donna che ho scelto, nessun altra. Perché non riesce a capirlo e fartene una ragione.
Ludmilla sorride alle sue parole. Erano quelle le parole che voleva tanto sentire. Diego non era affatto una persona romantica, si concedeva a queste frasette soltanto quando facevano i piccioncini in camera oppure quando litigavano. Però lei era una donna estremamente romantica, voleva che il suo affetto vengo dimostrato ventiquattro ore su ventiquattro.
- Lo so, ma a volte mi piacerebbe sentirlo più spesso.
Diego la stringe a se dicendole le due parole che la ragazza amava sentire: Ti amo.


****



Violetta rigirava nervosa nella sua camera non smettendo di guardare l'orologio che era appeso al muro.
Era preoccupata e ansiosa nel pensare che il suo bambino era nelle mani di quell'uomo, ma in realtà era la cosa che la tormentava di meno. La mora era preoccupata che notasse la somiglia evidente che c'era tra di loro e che capisse tutto. Quindi tutta la vita che faticosamente si era creata sarebbe caduta in frantumi.
Stava per chiamare Camilla quando il campanello ha preso a suonare. Con grande velocità si affretta ad aprire, tira con fretta il bambino per il polso e l'abbraccia forte.
- Mi sei mancato. Lo sai che a tua madre non piace restare sola.
Il bambino sorride per l'affetto dimostratogli. Doveva ammetterlo che anche lei gli era mancata.
- Anche tu mi sei mancata e scusami mamma. Però sai mi sono divertito.
Il bambino sorrideva felice, come un cucciolo che scodinzolava contento. Leon e Camilla era ancora fuori la porta e in qualche modo cercava di entrare.
- Ehm... si... scusatemi entrate.
Il bambino inzia a raccontare della giornata divertente con gli zii, quando poi si sofferma su un particolare.
- Sai mamma un attimo fa una vecchia signora si è fermata davanti a noi. Ha detto che siamo una bella famiglia, però io ho precisato che tu sei la mia famiglia.
Violetta sorride amara a quella visione per poi riprendersi alle ultime parole del bambino.
- Però sai mamma, la vecchia insisteva e continuava a dire che io assomigliavo allo zio Leon.
Violetta rimane pietrificata. Il moro, che era rimasto a guardarla per tutto il tempo, si era reso conto del suo irrigidimento però non disse nulla.
- Nahh, forse solo per gli occhi, sai semplice coincidenza.
Il bambino annuisce continuando a raccontare finché non si era addormentato sul bracciolo del divano. Violetta lo prende tra le braccia portandolo nella sua camera.
- Grazie per aver giocato con lui e scusate per il mio restio all'inizio, ma non mi piace l'idea di restare sola a casa.
- Non preoccuparti a noi ha fatto piacere tenerci Manuel, almeno così ho fatto molta pratica, vero Leon?
Il ragazzo annuisce anche se non aveva partecipato alla discussione troppo preso nei suoi pensieri.
Violetta prima di dormire saluta Leon, con un falso sorriso, successivamente saluta Camilla che stanca stava per andare a dormire nella sua camera. La mora però quella sera non era riuscita a fare sogni tranquilli, troppi fantasmi tormentano il suo passato.




Nota autrice: Finalmente il tanto atteso incontro.
Spero di non aver reso tutto troppo banale e chi abbia appassionato.
Nel prossimo capitolo ci saranno più svolte interessanti, visto che Francesca entrerà in azione.
Ringrazio chi recensisce la storia, che l'ha messa nella preferite, seguite e ricordate.

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Capitolo 10
*** Mente batte sempre cuore. ***


Mente batte sempre cuore.


Il tempo scorreva velocemente, i giorni passavano e con se aumentava l'ansia della povera Violetta.
Dentro di se cresceva il tormento di essere scoperta, di essere costretta ad abbandonare una vita che gli andava a genio, di dover subire la pietà di qualcuno che non meritava la sua compagnia, ma ciò che la tormentava era il non rivelare alla sua amica che il suo futuro sposo era il padre del suo bambino.
E' inutile dire che la notte non riusciva ad abbandonarsi a sogni tranquilli, essa infatti ripercorreva numerosi incubi riguardanti questo argomento.
Manuel diventava sempre più legato con lo zio Leon. Non c'era giorno che non passassero tempo insieme, pertanto un altro problema si elencava alla lista della mora. Come se non avesse già i suoi problemi..
Purtroppo però sapeva che presto o tardi Leon avrebbe chiesto il confronto, ma non poteva aspettarselo così presto. Leon non era mai stato una persona sbrigativa, spesso ti concedeva del tempo per pensare dandoti i tuoi tempi.
- Violetta voglio risposte.
Il volto deciso quasi di rimprovero.
dal parte del ragazzo lasciava basita Violetta. Non poteva concepire, che proprio lui potesse rivolgersi con quel tono nei suoi confronti. Violetta adirata sbatte le mani sul tavolo stizzita procurandosi un lieve rossore su di esse.
- Non ammetto questo tono. Non me lo merito.
- Ah, no?.
Leon praticamente si stava scavando la fossa da solo. Sapeva di essere dalla parte del torto, sentendosi anche lui in qualche modo il colpevole della situazione, ma la rabbia dentro di lui non riusciva a farlo ragionare.
- Non sono certo andato io a letto con un altro ed hai avuto pure un figlio con lui. Dov'è lui? Chi è?
- Non sono affari che ti riguardano.
- Violetta è inutile che fai questi giochetti con me, lo sai che mi fanno soltanto innervosire. Ti ho fatto una domanda corta e decisa. Chi è il padre del bambino?
Violetta sospira non nascondendo però il suo timore.
- Sai che sei noioso?! Ho detto che non sono affari che ti riguardano.
- Invece si. Sono il tuo ex-ragazzo.
- Ecco, infatti, sei soltanto un ex. Non sei più nessuno nella mia vita, non credo potrò mai perdonarti per quello che mi hai fatto, però in un lato devo ringraziarti.
- Perché mai?
- Perché hai restituito il sorriso a Camilla e le hai ridato la forza di andare avanti. Spero che la vostra amicizia si tramuti presto in amore e che cresciate suo figlio insieme.
Mentire, mentire, ancora una volta.
Leon davvero non riusciva a capire dove voleva andare a parare la ragazza, ma di una cosa era convinto. Si era dimenticato di lui. Il moro aveva passato gli anni della sua vita illudendosi di poterla dimenticare, di dimenticare i suoi baci, di dimenticare i suoi abbracci e le parole dolci che spesso si dedicavano.
Però, adesso, trovandosela davanti agli occhi avrebbe voluto stringerla a se, baciarla senza lasciarle un attimo di respiro, scusarsi per quell'errore commesso e chiederle di ricominciare tutto da capo (cuore), ma l'orgoglio (la mente) non era d'accordo.
- Camilla è una cara ragazza potrei innamorarmi di lei.
Queste parole caddero sulla ragazza come un macigno schiacciandola del tutto.
Il cuore le doleva, cosa che non accadeva da molti anni. Nella sua mente riaffioravano tutti i bei momenti passati insieme, a quando si immaginava una famiglia con un marito al suo fianco, ma il destino a scelto diversamente. Negli anni trascorsi era riuscita a dimenticare il dolore e colui che l'aveva causato, ma trovandoselo davanti agli occhi tutte le sue difese stavano per cedere (cuore), ma l'orgoglio non era d'accordo (mente).
- Pertanto vai ad importunare lei, invece di immischiarti nelle vite altrui.
Il ragazzo annuisce e adirato si alza dalla posizione seduta aprendo di scatto la porta per poi fermarsi a guardare un punto preciso. - Cosa c'è ancora?
- Una cosa non mi è ben chiara. Perché Manuel mi assomiglia così tanto?
Violetta era rimasta di sasso letteralmente pietrificata. Cercando di essere il più naturale possibile sposta la ciocca di capelli dietro l'orecchio.
- Coincidenza.



****



Francesca era appena stata dimessa dall'ospedale e adesso si trovava a calduccio, nella sua stanza, nel suo comodo letto. Aveva una penna sopra l'orecchio mentre con un altra penna scriveva nervosa su un foglietto cancellato innumerevoli volte.
Erano ore che cercava di trovare un modo per far funzionare il suo piano, ma nessun era fattibile. Conosceva i suoi amici, sapeva quanto tenessero al loro orgoglio, ma un spintarella non poteva nuocere a nessuno.

Lista:
Rinchiuderli in uno sgabuzzino a parlare. No, finirebbero per ammazzarsi.
Incontri per pure caso, sotto vigilanza degli amici. Fattibile almeno posso controllare di persona il mio piano.
Raccontare tutto a Leon di essere il padre del bambino. E poi Violetta mi ammazza e poi chi lo sente Marco. Lui e i suoi: Te l'avevo detto.
Raccontare tutto a Camilla. Meglio di no, con la sua boccaccia manderebbe tutto a monte e poi tutto deve essere credibile.
Gelosia. Mmh, Camilla in questo può essermi molto d'aiuto.
Creare vecchi ricordi, per puro caso, facendoli ricordare i bei momenti insieme. Non male, cerchiamo di non farci scoprire però.
Ricreare il loro primo incontro. Ah, il momento più magico.
Farli ritornare amici, al loro vecchio rapporto e infine farli riscoprire l'amore. Sono già innamorati, tutto già fatto.

Il piano era stato messo per iscritto e adesso bisognava metterlo in pratica. La mora si lascia a un sorriso maligno, lasciandosi a una risata malvagia mente Marco guarda la sua bella con aria spaventata.
Mi sono fidanzato con una pazza.


****



Camilla lungo il suo cammino verso casa dell'amica sentiva qualcosa percorregli tutto il corpo. Come se qualcuno stesse tramando alle sue spalle. Aveva spesso sentito quella sensazione, e tutto a causa della madre. Troppo decisionaria e padrona della sua vita.
Il rumore di un cellulare la desta dai suoi pensieri.
- Pronto? - Sono io.
La rossa quasi lascia andare il telefono. La gola le doleva e le parole quasi non le uscivano dalla bocca. Pronunciare quella nome era diventato assai difficile.
- Brodway.



Nota autrice: Ebbene si, sono ritornata.
Francesca ha attuato il suo piano adesso basta soltanto metterlo in pratica. Sarà davvero così facile?
Camilla ha ricevuto una chiamata inaspettata, come reagirà?
Il confronto tanto voluto da tutti, spero di avervi soddisfatto.
Vi dedico nuovamente il capitolo e ringrazio chi ha messo la storia nella preferite, ricordati e seguite.

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Capitolo 11
*** Chiamami Giulietta. Chiamami Romeo. ***


Chiamami Giulietta. Chiamami Romeo.


- Camilla come mai tu qui?
La rossa, ignara dei pensieri dispregiativi della mora, si rivolge ad essa con garbo e un sorriso cristallino.
- E' stato Leon ad invitarmi. In pratica ha sentito dire che si potevano invitare i propri compagni.
Francesca annuisce accompagnato con un sonoro sorriso. Nel suo viso si poteva trapelare finzione, ma Camilla era troppo ingenua per accorgersi di un dettaglio così rilevante.
- Con permesso, ma dovrei cercare il mio cavaliere.
Francesca aveva letto in quelle sue parole preoccupazione, amarezza, paura. Allunga la mano e ferma il tentativo della ragazza di fuggire dalla situazione.
- Devi dirmi qualcosa?
Francesca annuisce con il capo e con la mano la porta a sedere su una poltrona. Non conosceva così bene Camilla, ma un tempo insieme a Violetta erano state amiche; però il tempo, la lontananza le hanno separate rimanendo solo semplici conoscenti. Anche se, sebbene non la conoscesse come la conosce Violetta riusciva ancora a capire quando c'era qualcosa che non andava. Camilla era come un libro aperto, pronto per essere sfogliato e letto. Non è mai stata una grande attrice, ogni talvolta che voleva nascondere oppure soltanto fare uno scherzo tutto andava a monte. Non era in grado di fingere, perchè lei non sopportava la finzione anche se essa fa parte dell'animo umano. Però la sua anima non riesce ad accettarla, l'allontana e la elimina completamente.
- Non siamo più grande amiche come un tempo però riesco ancora a capire quando c'è un problema.
Il sorriso che prima coronava il volto del rossa era scomparso del tutto. Le mani erano strette a forma di pugno su entrambe le gambe, gli occhi si stringono forti, le sopracciglia si stringono a loro volta cercando in qualche modo di fermare qualsiasi lacrima.
- Forse non è il momento adatto, neppure il luogo però so che posso fidarmi di te.
Le due ragazze si guardano nei occhi cercando di trapelare l'una nella pupille dell'altra per cerca qualche risposta o informazione.
- Come ben saprai il padre dei mio bambino è un certo Brodway. Ebbene lui si è fatto vivo.
Francesca per poco non cadeva dalla sedia e soltanto la mano di Camilla era riuscita a fermare il forte urlo che stava per uscire.
- Come sarebbe a dire che si è fatto vivo?
- Quello che ho detto: si è fatto vivo. E non solo vuole riconoscere il bambino come suo figlio, vuole ritornare a vivere con me e ricominciare a lottare per la nostra felicità.
- E tu? Che cosa hai deciso di fare?
Camilla aveva iniziato a mordersi il labbro inferiore, e le gambe si muovevano a ritmo della musica sempre più velocemente.
- E questo il punto. Non voglio mentirti. Brodway è ancora molto importante per me, ma dall'altra parte c'è Leon. Non voglio perderlo Francesca. Lui in questi giorni mi è stato vicino, è il mio promesso sposo, facciamo parte della stessa classe sociale. E se il destino ha deciso che dovremmo stare insieme? Nulla succede per caso Francesca mia, forse il destino ha deciso di darmi un' altra possibilità con lui e che il ritorno di Brodway serva solo per rendermi conto di ciò.
Francesca aveva ascoltato il suo lungo discorso interessata alla vicenda. Nella sua diabolica mente aveva già iniziato a progettare un nuovo piano, una nuova coppia da mettere insieme. Non poteva perdersi un occasione d'oro. Velocemente stringe le mani della rossa - che era rimasta scioccata dallo scatto fulmineo della mora- e le sorride dolcemente.
- Non bisogna mai rinunciare ad un amore, soprattutto quanto è vero. Tu Leon non lo ami davvero, provi semplicemente gratitudine nei suoi confronti, affetto, amicizia; ma non è amore di questo puoi starne certa. Forse è semplice attrazione, ma essa affievolisce con il tempo mentre l'amore è per sempre.
Camilla chiude gli occhi sospirando e contemporaneamente si alza dalla posizione seduta.
- Mi ha fatto piacere parlare con te, ma ho deciso di scoprire i miei sentimenti da sola. Voglio scoprire che tipo di sentimenti provo per Leon, di quando lui mi accarezza, mi abbraccia oppure mi tocca la mano. Voglio scoprire se posso riuscire a dormire nel suo stesso letto, voglio scoprire se posso essere sua. Con permesso, vorrei andare dal mio fidanzato.
- Ehm.. si ciao.
Francesca era rimasta ad ascoltare la ragazza, ma si era dimenticata di un piccolissimo dettaglio.
- Aspetta, ma che sto facendo. Camilla! Camilla!


****



- Avete visto che non siete affatto male?
- Questo perché voi siete un ottimo ballerino.
- Che ne dici di darci del tu. Il lei mi sembra troppo vecchio stile e nella mia famiglia di vecchio non ci sono solo i mobili.
La ragazza che avevo le braccia sul suo collo - mentre lui sui suoi fianchi- sorride divertita. Però si rendeva conto che più il tempo passava più aumentava la convinzione di conoscere quella persona.
- Non so perché, ma ho la sensazione di conoscerti da una vita. Lo so è strano ma...
- No, non è strano. Anche per me è come te. Non so come spiegartelo, ma come se il mio cuore mi stesse parlando.
- Ahia siamo pure romantici. Non è che questo ragazzone stasera vuole fare colpo.
Il ragazzo in questione sorride.
- No, niente secondi fini. Anche se non crede che alla ragazza possa dispiacere poi così tanto, vero?
- Vero. Voglio che tu mi corteggi. Mi piace, lo ammetto.
- Però non posso corteggiarti in mezzo a tutta questa folla, pertanto seguimi.
Il ragazzo stringe la mano della ragazza e la porta in giardino. L'aria era fredda e solitaria. Insomma un posto perfetto per parlare.
- Stupido, ma che fai?
- Ti sto rapendo. E' un male?
- Lo sai che potresti finire in prigione? Potrei anche denunciarti.
- Non lo faresti mai.
- Ah si è perché?
- Perchè ti piaccio troppo.
Violetta sorride divertita dalle parole del ragazzo. Era davvero un presuntuoso, un vero bastardo, ma questo suo carattere la eccitava.
- Voglio vederti. Voglio toccare con queste mani il tuo viso. Voglio baciare le tue morbide guance.
- Però facendolo in questo modo perderesti l'eccitazione, il senso dell'ignoto, la curiosità e tutto diverrebbe così banale e poco divertente.
- Lo so, me ne rendo conto. Però mi piace stare con te. Emani aria di protezione e sicurezza. In qualche modo mi sento sicura con te.
- Posso comprendere cosa tu stai provando, perché provo lo stesso anch'io.
- Non sono una ragazza facile, non credo nelle favole o al principe azzurro ingroppa a un cavallo bianco.
- Questa sera, però, sarò io il tuo principe azzurro.
I due giovani si guardano negli occhi mentre il lori visi si facevano sempre più vicini. Le due bocche finalmente si rincontrano, le labbra sono in simbiosi e una scarica di adrenalina scuote entrambi.
Il bacio - inizialmente semplice e diretto- si fa sempre più passionale. Soltanto l'ossigeno poteva interrompere il momento magico.
Violetta allunga le mani sulla maschera del ragazzo.
- Voglio vederti o una voglia irrefrenabile di vedere il tuo viso.
Stava anche per riuscirci quando il suono del telefono non la desta dal suo intento. Era una chiamata dalla babysitter e quindi era l'ora di tornare a casa.
- Adesso devo scappare. Spero un giorno di rivederti.
- Ci rivedremo.
Si danno appuntamento in un piccolo bar che conosco entrambi e mentre Violetta fa per andarsene la voce del ragazzo la ferma.
- Come devo chiamarti?
- Giulietta. Chiamami Giulietta. E tu?
- Romeo. Solo Romeo.


****



Camilla era ormai esausta. Le gambe le dolevano e la testa era stonata dalla troppa musica.
Era passata circa un ora non è riuscita ancora a trovare Leon. Si era scontrata con parecchi ragazzi, che con casualità portavano lo stesso costume pertanto questo ostacolava la sua ricerca.
Questi non erano altro che Diego e Marco. Sotto le direttive di Francesca avevano fatto in modo di destare il percorso della ragazza e quindi in qualche modo di avvicinarsi a Leon.
Stava per arrendersi e tornare a casa quando vede la figura del moro dirigersi verso di lei.
- Leon! Finalmente sono riuscita a trovarti.
- Camilla? Ma cosa ci fai qui?
La rossa mette un piccolo e adorabile broncio.
- Ma come sei stato tu ad invitarmi. Non te lo ricordi più?
- Ah si scusami e che sono ancora stonato per la troppa musica.
- Hai fatto baldoria vero? Hai ballato con qualche ragazza?
- Ehm... no. E' stata una serata noiosa però adesso andiamo che ti accompagno a casa.
La rossa si appoggia al braccio del ragazzo sorridendo contenta. Era felice di sapere che non era stato con nessuna, si sentiva sollevata, senza sapere che dietro ogni sorriso si nasconde il tradimento.





Nota autrice: E allora spero che in questo nuovo capitolo vi abbia appassionati. La situazione si sta evolvendo e Francesca è sempre la solita impicciona. Adesso vuole torturare anche la povera Camilla. Almeno lei risparmiala. Però Camilla non è ancora disposta a rinunciare a Leon. Come andrà a finire?

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Capitolo 12
*** Operazione: Cupido senza pannolino. ***


Operazione: Cupido senza pannolino.


Francesca, quella mattinata, era tutta su di giri. Aveva organizzato una rimpatriata con i vecchi compagni di scuola superiore, a cui sarebbero certamente venuti le due vitti- cioè i due innamorati.
Marco era stato al gioco e insieme a Ludmilla e Diego avevano aiutato la mora ad organizzare tutto appoggiando a pieno la lista che la ragazza aveva accuratamente portato.
Marco si era fatto carico di informare tutti gli invitati.
Diego si era occupato della musica e di tutto ciò che c'era da pagare.
Ludmilla, invece, insieme a Francesca si erano occupate dei preparativi, di scegliere il locale, il tema.
Avevano optato per il tema ballo in maschera, banale ma abbastanza coinvolgente. Era stata creata la durissima norma di non togliersi la maschera e di lasciare ai presenti il senso dell'ignoto.
Francesca per intrattenere gli ospiti aveva organizzato anche numerosi giochi, ai quali Leon e Violetta dovevano partecipare assolutamente. Poteva riconoscerli dalle maschere che avrebbero portato, quando ci si mette sapeva essere anche abbastanza investigativa.
Dopo essersi lasciata andare sul divano, ricontrollando per l'ultima volta l'enorme lista segnata da enormi X rosse, sospira contenta. Finalmente il tutto era dannatamente pronto.
Era stata dura far filar tutto liscio soprattutto per la balia di competenti che aveva assunto: Diego e Marco. Rassegnata ad dover convivere con due imbecilli sposta una ciocca di capelli riccioluta dal viso portandola dietro l'orecchio.
- Finalmente un po' di pace.
- Francesca!Francesca!
Sapevo che era troppo bello per essere vero.
- E adesso cosa diavolo c'è?!
- Ah, niente.
Francesca era una persona abbastanza calma, educata e anche comprensiva, o almeno quando voleva. Però quando si imbestialliva diventava peggio di una belva, e gli occhi rosso fuoco che stavano nascendo nelle sue pupille rendevano bene l'idea.
- Marco, tesoro, si può sapere quest'oggi a chi vuoi romper i cog-
- Ah, non si dicono parolacce.
Mentre il ragazzo fa per andarsene la mora sospira potendosi meritare finalmente il suo silenzio, ma...
- Francesca?
- Marco si può sapere che cosa vuoi adesso?
- Ti amo...
Oh, amore mio, ti amo anch'io anche se certe volte vorrei strozzarti.
- ... anche se sei una vecchia bisbetica.
Appunto.
Ci sono persone abbastanza furbe che comprendono le situazioni che devono evitare, ma il caro Marco non le ha ancora comprese.


****



Violetta non riusciva a capire come si era cacciata in quella brutta situazione. Perché avrebbe dovuto presentarsi ad un festa di ventinovenni con la puzza sotto il naso? Conosceva i suoi vecchi compagni di classe e non li aveva mai sopportati, escludendo la sua fascia di amici. Tra cui Francesca, Ludmilla e Maxi. Il resto era tutti troppo tristi, così penosi che farebbero di tutto per stare al centro dell'attenzione. Perché aveva accettato?
Ah si, perché Francesca le aveva letteralmente pregata in ginocchio e poi era ancora in periodo di convalescenza, e tutti gli era concesso. Però si era messo in un grosso pasticcio. Non solo doveva chiamare la babysitter per occuparsi di Manuel, ma doveva andare pure alla ricerca di un costume da mettersi per la festa.
Pertanto eccola la, a quella festa tanto indesiderata, ma con l'unico sollievo. Leon non sarebbe stato presente.
Francesca allegra tira il braccio dell'amica - ignara di tutto ciò che sarebbe accaduto - facendola entra nella sala e accomodare su una poltroncina.
Era una festa abbastanza chiassosa, sembrava come ritornare ai vecchi tempi quando avevano diciotto anni. Vecchi compagni si fermavano a guardarla e a rivolgerle qualche parola. Non erano state chiacchierate lunghe, ma in poco tempo aveva compreso che il tempo cambiava le persone. Non tutte, ma alcune sono maturate comprendendo che fuori ci sono così più importati che incipriarsi il naso.
Nonostante tutto, però, non riusciva a divertirsi. Tutte aveva un proprio compagno da presentare e sfoggiare mentre lei era rimasta sola per ammirare tutte le coppiette ballare.
- Come mai signorina è qui tutta sola? Non le va di ballare?
Violetta alza lo sguardo ammirando un ragazzo dai capelli castani, occhi verdi, ma il viso era nascosto da quella insopportabile maschera. La sua voce era così suadente e sensuale, e in qualche modo aveva scosso qualcosa dentro il suo stomaco, anche se aveva qualcosa di non che familiare.
- Come si dice meglio soli che mal accompagnati.
Lo sconosciuto si accomoda vicino alla ragazza continuando l'allegra chiacchierata.
- Se alla signorina non dispiace vorrei tenerla compagnia.
Violetta scuote la testa torturandosi le mani e guardando il pavimento.
- Non vorrei essere troppo precipitoso, ma le va di ballare?
- No, io non ballo.
Lo sconosciuto si alza dalla posizione seduta, si inchina davanti alla ragazza e le porge la mano.
- Non sa quante donne mi hanno detto questa frase, ma poi si sono scoperte tutte perfette ballerine. Avanti non sia timida.
Violetta non riusciva a resistere alla sua voce. Come in trans appoggia la sua mano su quella del ragazzo ed lui ne approfitta per farle il bacia mano.
- Non se ne pentirà. Sarà la notte più bella della sua vita.


****



Francesca era rimasta in disparte ad assistere alla buona riuscita del suo piano. Marco le cingeva le spalle, aveva il mento appoggiato sulla sua spalle mentre la musica li cullava dolcemente.
Però non tutto accade come abbiamo calcolato. Un altra ospite arriva nella sala, in ritardo.
Francesca incuriosita si avvicina alla sconosciuta cercando di capire che sia.
- Ehi tu, buonasera.
La ragazza in questione con un sorriso si rivolge alla mora. Con la mano si sposta i suoi lunghi capelli rossi e riccioluti.
- Buonasera è davvero una bella festa.
- Eh si ma... chi sei?
La ragazza sorride divertita girando due volte su se stessa.
- Non mi riconosci? Sono Camilla.
Addio piano.
Non posso farli incontrare, non ancora almeno.
Okay, nuovo piano. Operazione: Eliminare la riccioluta.




Nota autrice: Bonjour gente.
Sono ritornata con qualche periodo di ritardo, ma sono sorti svariati problemi che non sto qui a raccontarvi altrimenti vi annoierete.
Nel prossimo capitolo vedremo come svolgerà il piano di Francesca contrastata da Camilla. Nel prossimo capitolo capirete perché della sua presenza.

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Capitolo 13
*** Quale luce spunta lassù da quella finestra? Quella finestra è l'oriente e Giulietta è il sole! ***


Quale luce spunta lassù da quella finestra?
Quella finestra è l'oriente e Giulietta è il sole!





Leon era rimasto steso sul proprio letto per tutta la mattinata.
Ha espressamente chiesto di non essere disturbato e di non ricevere visite. Erano ore che pensava e ripensava alla sua Giulietta.
Alla sua pelle vellutata, ai suoi morbidi capelli che profumavano di buono, alla sua voce candida emanava calore, le sue mani piccole e delicate e le sue labbra rossastre e soffici.
Distinto porta un dito sulle labbra. Poteva ancora sentire la morbidezza delle sue labbra al contatto con la ragazza e il senso di completezza che lo riempiva come non succedeva da tempo. L'unica che era stata in grado di fargli vivere quelle emozioni era stata Violetta e mai... mai poteva immaginare che un altra donna sarebbe riuscita a farlo impazzire così. Si, stava impazzendo completamente.
Non era un tipo che si innamorava facilmente, ma gli occhi di quella ragazza l'avevano ipnotizzato e l'avevano reso schiavo. Nella sua mente alberga l'idea di inginocchiarsi davanti a quella ragazza, giurarle fedeltà e amore per tutta l'eternità.
Con un sonora risata si porta le mani sui capelli spostandoli appena.
- Leon riprenditi. Stai impazzendo!
Decide di liberare un po le idee godendosi il panorama sul suo balcone. Riusciva sempre a dargli un senso di calma e spensieratezza. Però la sua mente fu di nuovo occupata da pensieri - che lui un tempo avrebbe definito inutili- sulla notte precedente. Da sopra il suo balcone nota una ragazza, sembrava avere fretta e si stava dirigendo verso la sua dimora. Con fare scherzoso si rivolge alla giovine, che nel frattempo era giunta sull'uscio di casa sua.
- Quale luce spunta lassù da quella finestra? Quella finestra è l'oriente e Giulietta è il sole!
La ragazza alza il viso guardando il ragazzo in questione. Occhi color marrone mischiato con un verde abbastanza chiaro.
- Violetta? Che cosa ci fai qui?
- Leon non ho tempo per le domande e neppure per le tue sciocchezze. Ho bisogno del tuo aiuto. Manuel sta male!
Arrivarono verso casa Castillo con un tempo minimo dieci minuti considerando anche la distanza. Il ragazzo - mosso da chissà quale forza- aveva preso tutto l'occorrente e insieme alla ragazza si erano diretto dal bambino.
La babysitter - che era rimasta ad accudirlo per tutta la notte - spiega gli avvenimenti accaduti la notte precedente e di come il bambino era svenuto d'improvviso davanti ai suoi occhi. - E poi ho chiamato la signora Violetta.
- Si, grazie signora Maria adesso continuo io. Dopo appunto essere tornata a casa e aver scoperto le condizioni di mio figlio ho cercato di fargli calare la febbre, ma come vedi non ha fatto che peggiorare. Ho avuto la febbre tutta la notte e per la temperatura troppo alta ha inizia persino a delirare.
Leon finito di ascoltare si avvicina al bambino, che si stringeva forte alle coperte e si lamentava del troppo caldo. Le parole era diventate difficili da pronunciare, la gola era troppo secca, le gambe gli dolevano, ma nonostante il dolore continuava a scalciare.
- Portatelo sotto la doccia dobbiamo fargli calare la temperatura.
Il bambino sotto il contatto con l'acqua fredda iniziava a provare un po' di sollievo e dopo essere stato asciugato e rivestito con dei vestiti nuovo viene rimesso nuovamente al letto. Dopo aver rimisurato la febbre la ragazza aveva notato che sia era notevolmente abbassata anche se era ancora abbastanza alta.
- Bene adesso che la febbre è calata ti prescrivo alcune medicine così che non ci siano rischi che salga di nuovo.
E prima di uscire dalla stanza con la ragazza si abbassa all'altezza del bambino dandogli un bacio sulla fronte.
- Mi raccomando, rimettiti campione.
Violetta era sollevata e nervosa. Si massaggia la spalla con una mano. Cercava di trovare le parole giuste, ma non sapeva davvero cosa dire se non: va bene, okay, senz'altro.
- Leon!
- Si?
- Grazie. Davvero ero parecchio spaventata.
Leon le sorride.
- Non ho fatto niente di che. Sono un medico è il mio lavoro.
- Lo so, ma è la prima volta che si ammala e non sapevo davvero cosa fare. Era terrorizzata e così abbattuta di non essere riuscita a fare niente per il mio bambino. Sono una madre inutile. Leon gli da un colpetto sulla testa sorridendo rumorosamente, ma restando anche un po arrabbiato.
- Non biasimarti sei una madre fantastica. Insomma hai mantenuto un figlio da sola, non è cosa da tutti. Sei una ragazza formidabile, questo lato di te mi è sempre piaciuto.
Un silenzio imbarazzante ricade su di loro. Violetta era parecchio imbarazzata, però nella sua mente ritorno in mente la persona che si trovava davanti e rindossa nuovamente la sua maschera composta e severa.
- Okay, grazie per aver aiutato mio figlio adesso puoi andare.
- Ehm si... chiamami se dovesse sentirsi di nuovo male. Correrò subito qui.


****



Leon lungo il cammino verso casa sua era parecchio sollevato e piuttosto allegro per due motivi particolari: Primo, il piccolo Manuel stava piuttosto bene e perciò non era nulla di grave. Non sapeva come spiegarselo, ma provava un profondo affetto per quel bambino e la paura che gli fosse successo qualcosa si era impadronita di lui e le sue gambe si era mosse da sole come del resto tutto il suo corpo. Quel bambino gli faceva uno strano effetto. Secondo, era che tra pochi minuti doveva dirigersi verso il bar è aspettare la sua fantomatica Giulietta.
Dopo essere ritornato a casa, essersi cambiato, lavato, lascia perdere tutti i suoi impegni per dirigersi verso il bar dopo sarebbe avvenuto l'incontro. Erano la cinque. Era in anticipo di circa trenta minuti, ma non gliene poteva fregare di meno.
Il ritardo della ragazza non lo preoccupava visto perché era fin troppo presto, ma dopo essere passata circa mezz'ora la cosa era più che preoccupante. Lei gli aveva dato buca. Forse aveva sbagliato posto? Forse aveva sbagliato orario oppure il giorno? No, tutto era perfettamente in ordine. Lei si era dimenticato di lui, del suo Romeo e di quella magica notte. Era più che evidente.
- E' stato solo un bellissimo sogno e quello rimarrà per sempre.
Stanco di rimanere da solo ad aspettare prende il suo telefono cliccando sulla rubrica. Due nomi gli compaiono davanti alla sua visuale.
Violetta Castillo. - Camilla Torres.
Senza nemmeno pensarci clicca il nome di Camilla e dopo due squilli la ragazza risponde.
- Pronto?
- Camilla sono Leon. Ti andrebbe di uscire?


****



Violetta era rimasta tutta la giornata a vegliare su Manuel, ma un peso le opprimeva il cuore. Oggi era il giorno del appuntamento con Romeo ed lei non era riuscita ad arrivare in tempo. Infatti dopo che la febbre era calata del tutto, aveva indossato frettolosamente la giacca e correndo a perdifiato si era diretta verso il bar non trovando nessuno.
- Romeo caro, se il destino vorrà ci rincontreremo di nuovo. Chissà...





Nota autrice: Buonasera<3 Forse ho dimenticato di dirvi la professione di Leon. Colpa mia, ma passiamo oltre. I nostri due Romeo e Giulietta non sono riusciti ad incontrarsi, bhè si ma... voi sapete come è andata, no?
Leon ormai si è arreso all'amore e trova Camilla come una perfetta sostituta sia per Violetta sia per Giulietta. Era sottinteso, ma spero che il messaggio sia arrivato a tutti.
Alla prossima dalla vostra blackswam.

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Capitolo 14
*** La vita spesso tradisce, pugnala e ci fa soffrire. E' il prezzo per vivere. ***


La vita spesso tradisce, pugnala e ci fa soffrire. E' il prezzo per vivere.





Fiducia? Quando capiamo di fidarci davvero di una persona?
Di poter rimanere con l'anima in pace, di sapere che non ci siano scheletri nell'armadio.
Mai. Nessuno ha pienamente fiducia in una persona, che fosse sua sorella oppure sua madre. La vita è assai imprevedibile, è traditrice e pertanto può attaccarti alle spalle. La notte bisogna consigliare di dormire con un occhio chiuso mentre l'altro aperto, no?
Perché si sa, fiducia e amore talvolta non vanno d'accordo. Ludmilla ha sperimentato questa cosa e adesso sta soffrendo come un cane.
La bionda siede sul suo letto, con il suo faccino rivolto alle coperte bagnate dalle troppe lacrime e in qualche modo cerca di nascondere la proprio sofferenza, il proprio dolore. Nella sua mente balena l'idea o meglio la consapevolezza che mai sarebbe riuscita ad amare di nuovo.
Appoggia la mano sul suo cuore - che aveva ripreso a pulsare- e continua a piangere. A prima vista poteva essere descritta come una donna distrutta. Capelli in disordine, il trucco rovinato dalle lacrime, le unghie mangiate per il troppo nervosismo. Ad accompagnare questa atmosfera angosciosa era anche l'arredamento della stanza.
Il letto era disfatto, cuscini lanciati a terra come altri oggetti presi a caso, altri invece erano stati lanciati direttamente dalla finestra. D'improvviso straccia di dosso gli abiti che portava, correndo nel salotto e li lancia nel camino. Non voleva nessun regalo da lui.
Violetta e Francesca dopo aver saputo la notizia erano corse in gran fretta dalla ragazza, che conoscendo il suo carattere, avrebbe potuto commettere qualsiasi sciocchezza.
Ludmilla Ferro è una ragazza matura, sempre disponibile, pronta ad ascoltare, ma sa essere molto impulsiva. Agisce e poi pensa al suo sbaglio. Fortunatamente quando entrarono nella casa trovarono la ragazza sul divano e a quello visione si sentirono sollevate.
La bionda guardava il camino in silenzio, il suo volto era illuminato dalla luce rossa del fuoco, e i suoi occhi vuoti, privi di qualsiasi anima ed emozioni erano spenti, neri, quasi rinchiusi in un vuoto. Non si era accorta della presenza delle ragazze, che avevano fortunatamente le chiavi di casa, e sconfitta appoggia il capo sul cuscino tirando su il naso.
- Ludmilla?
La voce di Francesca riesce ad animare la ragazza, che però non si muove e rimane sempre nella stessa posizione.
- Siamo venute appena saputo.
Ancora niente. Nessuna parola, nessun gesto.
- Vogliamo soltanto farti sapere che noi ci saremo sempre per te. Nulla. Sembrava come una bambola priva di qualsiasi vita. Un burattinaio senza una fata, senza un po di magia che riesce a rianimarla.
- Lo so è difficile, ma parlaci. Ti prego.
La bionda abbraccia ancora di più il cuscino nascondendo il viso su questo.
- ..... ui!
- Non credo di aver capito. Puoi ripetere?
- Mi fidavo di lui!
Francesca e Violetta si guardano negli occhi. Come in simbiosi si dirigono verso la bionda alzandola dalla posizione scomoda e abbracciandola forte. L'abbraccio, rendersi conto della vicinanza, era l'unica cosa di cui aveva bisogno. Però non era abbastanza. Aveva bisogno del suo abbraccio, dei suoi baci, delle sue parole dolci.
Come un flashback gli riappare la visione di Diego di spalle mentre era intento a farsi la sua segretaria sulla scrivania del lavoro. Era venuta a salutarlo, come ogni mattina, ma mai si sarebbe aspettata questa scena. Lui aveva cercato di giustificarsi, ripetendole che l'amava e che in quel momento non era in se.
Ripeteva che era stordito, la sera precedente e anche il mattino successivo non aveva fatto altro che bere fino ad ubriacarsi. Ed proprio così che venti minuti dopo all'accaduto era tornato da lei, pregandola di poter ritornare da lui.
Aveva gli occhi rossi, il viso pallido, i capelli bagnati e sparpagliati. Si era reso ridicolo per un uomo orgoglioso come lui, ma per la bionda non era abbastanza. La sua fiducia si era ormai distrutta e dove non c'è fiducia non c'è più amore.
Il cuore si era diviso in due:
1. Quello che non vuole lascialo andare, di stringerlo forte a se e gli chiede di perdonarlo.
2. Quello che non prova più compassione, quello triste, abbandonato, abbattuto, quello che vuole soltanto che sparisca dalla sua vita. - Grazie ragazze la vostra presenza mi fa sentire bene.


****



Leon era parecchio innervosito. Era appena venuto a conoscenza della notizia e non vedeva l'ora di spaccare la faccia al grande Diego Domiguez. Non gli era mai andato a genio quel ragazzo e adesso aveva l'opportunità di dargli un bel cazzotto sul quel muso di papà. Per due motivi molto semplici: non solo gli aveva rovinato l'appuntamento con Camilla, ma aveva anche fatto soffrire la sua migliore amica.
Dentro di se si era trasformato come un essere indemoniato, ma fuori sembrava più rilassato per non far terrorizzare Camilla, che era rimasta al suo fianco. Erano diretti verso la nuova abitazione di Diego pronto per fare alcune chiacchiere, però sia Leon e la stessa Camilla sapevano che non sarebbero state soltanto parole.
Dopo aver bussato innumerevoli volte il campanello, una donna apre la porta di casa mentre a pochi passi Diego si trovava dietro di lei.
Leon non ci vide più a quella visione e prese per il colletto il moro e iniziò a prenderlo a pugni. Lui non osava muoversi, sapeva di meritarsele quindi non opponeva resistenza e riceveva tutti i colpi, ben assestati a dirla tutta.
Le due donne cercavano di separarli, ma Leon le allontana con un movimento brusco e si volta rivolgendosi alla sconosciuta.
- Tu non dovresti toccarmi e non dovresti nemmero rivolgermi il tuo sguardo. Voi mi fate schifo, avete fatto soffrire una ragazza così debole di cuore e a voi non ve ne può fregare di meno.
- Guarda, ragazzo, che hai capito male. Io sono soltanto venuta a scusarmi.
- Scusarti, con lui? Allora sei rimbambita. Non è lui la persona a cui dovresti rivolgere le tue scuse, ma scuse di che?
Leon era fuori di se e soltanto la vicinanza di Camilla e la sua mano stretta alla sua riusciva a calmarlo almeno quanto poteva.
- Tutto questo è stato colpa mia. Sono io che lo sedotto e che ho permesso che tutto questo accadesse. Lui era ubriaco, non padrone delle sue azioni, non mi ha nemmeno riconosciuta tanto che...
- Tanto che cosa? Cosa?
- Mi ha chiamata Ludmilla.
Leon rivolge il suo sguardo curioso e colpito al ragazzo ferito rimasto a terra. Anche dopo aver sentito ciò che voleva ancora riempirlo di botte, ma semplicemente si dilegua con un: ci vediamo.
Stringe la mano di Camilla e la trascina fuori da quella casa.
Leon lungo il cammino era rimasto in silenzio. Non sapeva come risolvere il problema, perchè adesso era troppo arrabbiato per poter pensare. Camilla aveva intuito i suoi pensiero e per rilassarlo gli accarezza la mano e gli bacia la guancia e contemporaneamente continuavano a camminare. Leon si tocca la guancia appena baciata dalla ragazza è sorride. Sapeva sempre come rassenerarlo ed proprio per questo amava stare in sua compagnia.
- Grazie per essere sempre con me e per farmi stare così bene.
- Infondo è quello che voglio. Stare al tuo fianco.
Leon allontana una ciocca di capelli rossi dal suo viso, gli accarezza la guancia e rimane ad osservarla.
- Posso baciarti?
- Non aspettavo altro.
Le due labbra si incontrano. Da un bacio delicato, elementare, impacciato via via si fa sempre più passionale. Le lingue si incontrano e un sensazione di gioia e completezza li pervade.
Terminato il bacio si guardano nuovamente nei occhi e sorridono riprendendo da dove avevano interrotto.


****



- Olga e adesso che cosa faremo?
- Non lo so Roberto, ma Violetta deve venirne subito a conoscenza.
- Come facciamo a metterci in contatto con lei?
- Lascia fare a me.





Nota autrice: Buonasera.<3
Noto come mio dispiacere che vi fate sempre più pochi, come mai? La mia storia non vi appassiona più?
Per adesso questo capitolo è dedicato alla coppia LudmillaxDiego, per non dare sempre tutta la mia attenzione alla Leonetta. Leon e Camilla si fanno sempre più vicini e purtroppo l'amicizia si sta trasformando in qualcosa di più.

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Capitolo 15
*** Padre purosangue prima parte. ***


Padre purosangue prima parte.





Casa Castillo era famosa e riconosciuta per la sua tranquillità, ma quella mattina nulla in quella casa era silenzioso. Olga, la cameriera e pasticciera, era letteralmente sudigiri mentre Roberto, autista e migliore amico del proprietario, come suo fidanzato aveva il compito di calmare la sua fidanzata.
- Devo chiamare Francesca, lei saprà il numero di Violetta, no?
Roberto annuisce assecondando i movimenti dell'amata parecchio nervosa. Andava a destra e a manca senza una meta precisa. Dopo aver selezionato il numero continua a muoversi agitata, soprattutto perché dopo la voce di una signora che diceva: segreteria telefonica...
- Non risponde. E va bene pertanto andremo noi da lei. Roberto, mettiti la giacca e andiamo.
- Olga, tesoro, e le valigie? Non possiamo presentarci a casa sua così?
- Roberto ti ho forse lasciato una scelta? Muoviti!
Di fretta e fuori gli lancia le chiavi della macchina. Dopo essere entrati dentro l'agitazione di Olga non faceva che aumentare. Dovevano arrivare in fretta. Violetta doveva essere preparata. Dovevano muoversi.


****



Camilla era parecchio stanca. La testa le doleva, la pancia mano mano diventava sempre più grande e tonda, tavolta gli veniva qualche capogiro, ma il medico gli ripeteva che non era niente di grave e che il tutto era dovuto da troppa stanchezza.
Finalmente era giunta al terzo mese di gravidanza e tra poco di tredici minuti sarebbe venuta a sapere il sesso del bambino.
Erano tutti parecchio agitati, Violetta aveva deciso di rimanerle accanto e pertanto si trovava accanto a lei, sedute sulle sedie dell'ospedale e le teneva ben salda la mano. La madre di Camilla era corsa subito dopo entusiasta per l'arrivo della sua nuova nipotina. Infatti la signora Torres sperava con tutto il suo cuore che fosse una bambina così da poterla coccolare, riempirla di giochi, dargli consigli. Infondo tra donne ci si intende. Subito qualche minuti più avanti sopraggiunge nel luogo anche la madre di Leon accompagnato da quest'ultimo.
Camilla sorride alla visione del ragazzo e si alza raggiante correndo ad abbracciarlo.
- Grazie per essere venuto.
Crack. Crack.
Un rumore di un cuore che si spezza. Un cuore che si credeva fosse morto già da tempo, ma invece era ancora rimasto un pizzico di vita. Violetta era gelosa quasi invidiosa della sua stessa migliore amica.
Il suo bambino non aveva padre, la sua vita non era meglio della sua, ma nonostante tutto era felice. Aveva Leon, che sicuramente l'avrebbe aiutata, aveva sua madre che anche se ero considerata una donna di ghiaccio voleva bene a sua figlia e la madre di Leon che provava profondo affetto per quella ragazza e la creatura che porta in grembo.
Che abbia sbagliato ad isolarmi. A vivere e crescere Manuel da sola.
La madre di Leon non l'aveva degnata di uno sguardo. Non poteva essere altrimenti. Non si era mai andate a genio soprattutto anche perchè adesso la donna crede che lei sia la causa delle sofferenze che ho dovuto patire il figlio, ma infondo non aveva del tutto torto.
- Signorina Torres è il momento.
Camilla annuisce prendendo la mano di Leon e Violetta.
- Voglio che siate voi due ad accompagnarmi.
I due annuiscono anche se Violetta a malincuore. Era già stata li dentro, molto tempo fa, ma da sola. Nessuno era entrata con lei, nessuno.
- Buongiorno signorina. Prego si stenga qui e si alzi un po la maglia. Dopo aver spalmato un po di gel sulla pancia il dottore prende la sonda e incomincia ad attraversare tutta la pancia.
- Bene, questa è al testa. La vedete?
Camilla sorride mentre calde lacrime scendono dai suoi occhi. Stringe più forte la mano di Leon, che si trovava al suo fianco ammirando dalla visione di quel bambino, non suo, ma sempre bellissimo. Era un emozione grande e immaginava già di averne dei propri figli e mettere a confronto i due sentimenti.
Violetta era rimasta in disparte, con le mani incrociate. Il suo viso era un misto tra felicità e rabbia. Perché lei tutte queste attenzioni? Vorrebbe tanto andarsene, ma meglio non fare scenate.
Terminata l'ecografia il dottore preparare tutte le carte e glielo porge ai due ragazzi e augurandogli buona fortuna per la loro bambina.
- Dottore quindi è una femmina?
Quest'ultimo annuisce mentre i tre ragazzi lasciano la stanza.


****



Camilla dopo aver preso un caffè al bar con Leon, Violetta e le due madri si sentiva molto stanca quindi decise di tornare a casa per riposarsi. Leon, sotto anche suggerimento della madre, si è offerto di accompagnarla e Violetta - visto perché è anche casa sua- si avvia insieme a loro nella sua umile dimora.
Manuel accoglie i tre arrivati con un enorme abbraccio. Tira per ld mani Leon per raccontagli la sua giornata, come è solito fare tutti i giorni. Spesso Leon li veniva a trovare, però non sapeva se lo faceva per Camilla o per passare del tempo con Manuel oppure entrambe le cose. Quello che è per certo era che Leon amava quel bambino e il bambino voleva tanto bene a zio Leon.
- Zio Leon! Zio Leon! Lo sai che la zia Camilla ha una bambina nel pancione?
- Si, eccome se lo so.
- Sai neanche lei ha il papà come me.
- Ti sbagli. Invece si che c'e l'avete.
Il bambino guardava il moro stranito non capendo dove volesse andare a parare.
- Sarò io il vostro papà, no?
Il bambino annuisce contento e prese a stringerlo forte a se. Corre contento verso la madre che stava per apparecchiare la tavola.
- Mamma! Mamma!
- Non adesso Manuel.
- Mamma lo zio Leon ho detto che sarà mio padre.
Violetta lascia cadere il piatto tra le mani che incontrandosi con il pavimento si rompe lasciando piccoli pezzi di vetro. Dopo essersi scusata per la sua sbadataggine sorride al bambino e gli dice di ritornare a giocare. Non andava bene e questo lei lo sapeva.
Si sta affezionando. Non posso lasciare che Manuel soffra. Ma come, come posso fare?
Il rumore del campanello che suonava la desta dai suoi pensieri. Dopo aver ripulito il tutto ed esserci asciugata le mani si dirige verso la porta.
- Si, chi è?
Nessuno parola, nessuna risposta. Violetta curiosa e stranita apre la porta trovandosi la figura di un uomo, abbastanza vecchio. La barba bianca, i capelli neri ai quali si intravedevano ciocche di colore bianco, un fisico slanciato e piuttosto magro.
- Papà. Sei tu non è vero?
- Si, bambina mia.
Violetta si lancia tra le sue braccia stringendolo forte affondando il viso sulla sua spalla e annusando il suo profumo.
- Non sai quanto mi sei mancato.
- Anche tu piccina mia.
- Come mai questa tu visita?
- Vorrei presentarti una persona o meglio mia moglie.
Una donna occupa il fianco del padre. Una donna ben conosciuta dalla ragazza.
- Jade?







Nota autrice: Heilà.
Lo so, sto aggiornando abbastanza velocemente, ma al termine di giugno non pensò di riuscire ad aggiornare quindi cercherò di farlo in questi giorni.
Il capitolo sarà diviso in due parti e saranno tutti pieni di colpi di scena, ragazzi, siete pronti?

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Capitolo 16
*** Padre purosangue seconda parte. ***


Padre purosangue seconda parte.





- Si, sono io... Violetta cara.
Violetta era rimasta senza parole come i presenti che erano rimasti alle sue spalle quindi Camilla, Leon e il figlioletto.
- Papà questo è uno scherzo, vero?
- No, bambina mia. Dopo il tuo abbandono alcuni mesi fa ci siamo rincontrati e abbiamo deciso di sposarci.
- No, no, no questo è un incubo.
Violetta era esausta. Esausta della sua stessa vita e dei suoi problemi. Spaventata ed isterica si scompiglia i capelli e si lascia cadere a terra mentre Manuel corre dalla madre preoccupato. German non aveva mai visto suo nipote e vederlo li così docile, bambinetto, carino niente poteva frenare la sua voglia di abbracciarlo.
- Nipotino mio. Finalmente riesco a riabbracciarti.
Jade osserva la scena sorridendo radiosa. Vedere di nuovo suo marito felice le rincuorava il cuore, ma non era soltanto questo il vero motivo della loro presenza.
- Scusate se interrompo questo momento, ma German...
German si asciuga le lacrime, che tutti questi anni aveva versato senza che nessuno riuscisse ad ripulirle. Si volta verso i due sconosciuti riconoscendo tra questi Leon. Lui non era a conoscenza della vera identità del padre del bambino, infatti Violetta gli aveva detto il minimo indispensabile però a detti stretti e tra le lacrime gli aveva rivelato che non era Leon il padre biologico. Il vero motivo non lo sapeva nemmeno lei. Forse per pietà o per cercare di dimenticare e illudersi che nulla sia accaduto. German vede il ragazzo come una vittima e pertanto voleva aiutarlo, però adesso aveva questioni più importanti. Chiede gentilmente a Leon, Camilla e il piccolo Manuel di allontanarsi dalla stanza. Nessuno doveva ascoltare, solo lei.
Violetta preoccupata per la riservatezza del padre si era lasciata prendere dall'ansia e dalla preoccupazione. Nel frattempo si era accomodata sulla sedia mentre anche German e Jade la seguirono a ruota.
- Violetta quando tu te ne sei andata sono successe cose molto strane.
- Strane?
- Si. Sai piccola mia, ci sono verità che fanno male e quella che sto per dirti è una di queste.
- Papà non credo di seguirti.
- Tesoro, si tratta della tua mamma.
- La mamma è morta, no?
- Non esattamente.
- Papà scusami, ma non ci sto capendo niente. Che intendi dire con questo. Mia madre Maria è morta, tu mi hai detto cosi? Sono andata a visitare la sua tomba, no?
- Giustissimo, ma la verità è che la tua mamma non è Maria Castillo. - Papà, ma cosa stai dicendo?
- Papà... non sono tuo padre bambina mia. In un giorno di inverno, io e Maria avevamo deciso di fare una passeggiata per goderci l'aria aperta, ma mentre attraversavamo la porta trovammo una bambina appena nata sotto l'uscio di casa. Piangeva, piangeva. Era molto bella, la bambina più bella che avessimo mai visto. Io e Maria c'è ne innamorammo subito e avevamo deciso di adottarla. Sai come l'abbiamo chiamata?
Violetta nega con la testa, anche se sapeva bene la risposta.
- Violetta.
Violetta sospira rassegnata ormai all'evidenza dei fatti mentre calde lacrime le corniciavano il viso. Jade - che era rimasta in silenzio- prende le mani della ragazza e le accarezza dolcemente.
Quest'ultima allontana con uno schiaffone la mano della donna che si massaggia la mano dolorante piangendo. Lei la odiava e non poteva essere altrimenti.
- Dimmi padre oppure dovrei chiamarti German. Perché tutto questo adesso?
- Perché siamo riusciti a trovare la tua vera madre biologica.
Violetta alza lo sguardo spaventata. Aveva paura di sapere la risposta, perchè ne sapeva l'esito, ma aveva bisogno di sentirselo dire con le proprie orecchie.
- E-e chi è?
- E' Jade. Jade è la tua madre biologica.
Un coltello le trafigge lo stomaco. Lei, quella donna, non poteva essere sua madre. Non poteva aver i suoi geni, era del tutto innaturale. Lei, la donna che gli aveva rovinato la vita, che l'aveva maltrattata, umiliata, cacciata di casa, derisa, giudicata. No, lei non poteva essere sua madre.
Ad interrompere quel momento di tensione è il rumore del campanello che suonava. German corre subito ad aprire trovandosi davanti Roberto e Olga parecchio stanchi e sudati. Dovevano aver corso molto.
- No, siamo arrivati troppo tardi.
Violetta si alza di scatto dalla sedia. Si asciuga le lacrime e si rivolge ai due nuovi arrivati.
- Quindi anche voi lo sapevate e non mi avete detto niente?!
- Non è così. Eravamo venuti qui per dirtelo, ma non abbiamo fatto in fretta. Mi spiace.
- Bene adesso che avete fatto quello che dovevate fare, andatevene fuori e non fatevi più vedere.
Jade era rimasta in disparte per tutto il tempo a soffrire da sola tutto quel dolore lancinante nel sentire nuovamente la perdita della propria figlia. No, non ancora.
- Violetta, bambina mia, ti prego dammi una possibilità.
- Possibilità? Possibilità? Se volevi avermi con te non avresti dovuto abbandonarmi. E adesso fuori, tutti. Nessuno escluso.
- Se questa è la tua decisione la rispetto e l'accetto, ma non perderò mai la speranza. Sai sempre dove trovarmi.
Violetta distrutta si lascia cadere sul divano mentre i quattro escono dalla porta lasciando nell'aria un enorme silenzio.


****



Nel frattempo Leon e Camilla era rimasti nella stanza con Manuel per giocare ancora un po con lui o meglio Manuel giocava mentre loro non facevano che guardarsi negli occhi e fare i piccioncini.
- Leon volevo dirti grazie.
- Grazie e perchè?
- Per esserci sempre per me, per essere te stesso e per prenderti cura di lei.
Camilla accarezza con dolcezza il pancione seguito a ruota dalla mano di Leon. Quest'ultimo si abbassa all'altezza del pancino sperando di sentire qualche calcetto, ma niente.
- Non vuole farsi sentire.
- Direi di no.
- Camilla non mi hai mai raccontato molto del padre di tua figlia? Lui com'era?
Ripensare a lui, a quei momenti la rendevano molto triste. Lui per lei era stato molto importante e sarebbe sempre rimasto dentro al suo cuore.
- Era una persona molto speciale. Umile, dolce, di buon cuore, pensa sempre agli altri e poi a se stesso insomma un bravo ragazzo, no?
- E allora perchè vi siete lasciati?
- Perché la vita è ingiusta Leon. Il destino non ci ha voluti insieme e per questo ci ha separati.
- Si, ma però vi ha fatti incontrare.
- Forse è vero, ma allora perchè lui mi ha lasciato? Leon, ormai, l'ho accettato da tempo. Il mio destino o meglio la mia vita non andava condiviso con lui. Punto e adesso non parliamone più.
- Va bene, ma non arrabbiarti. Non mi piaci arrabbiata.
Camilla sorride stringendosi a lui. Adesso non le importava più di nulla aveva Leon accanto a se.
Il rumore del telefono che squillava interrompe il momento magico che si era creato. Era il telefono di Camilla.
- Oops, scusa è il mio.
Sconosciuto, ma chi sarà?
- Pronto? Parlo con Camilla Torres?
- Si chi parla?
- Sono Tamara, la madre di Brodway.
Per poco non le cadeva il telefono tra le mani, ma qualche forza dentro di lei era riuscita a mantenere la presa ben salda.
- Che cosa vuole da me signora.
- La prego, venga qui da mia figlio. Ha bisogno di lei.
- Lui non ha bisogno di me. Non più.
- La prego, lui sta male... signorina mio figlio sta morendo.






Nota autrice: Holaaa<3
Molti, probabile, quando avranno pensato che ci sarebbero state nuove novità e scoperte avranno pensato alla confessione di Violetta, invece no. Per quello manca ancora pochissimo tempo. Non preoccupatevi.
Spero che questo capitolo vi abbiamo incuriosito almeno un po. Alla prossima, un bacione.

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Capitolo 17
*** Le verità più cattive sono quelle che passano tra bocca e bocca. ***


Le verità più cattive sono quelle che passano tra bocca e bocca.





L'aeroporto era parecchio affollato quella mattina. Gente che si separava, gente che si rincontrava, gente che andava a fare una gita, un viaggio, un' avventura.
- L'ultimo volo per il Brasile parte tra venti minuti. Invito i passeggeri di salire sull'aereo.
- Bene è adesso che vada allora.
Camilla dopo la telefonata di ieri sera, e dopo essere rimasta sveglia tutta la notte per decidere sul da farsi aveva optato la scelta che per lei sembrava più giusta. Brodway poteva anche essere il passato, ma è comunque il padre di sua figlia ed essendo ancora molto importante dentro il suo cuore non poteva abbandonarlo in questo momento. Aver saputo quella notizia l'aveva sconvolta quasi da non volerci crederci. Il cuore si era fatto risentire, sentiva come se un pezzo della sua vita si fosse staccato da esso ed adesso lo reclamava, lo pretendeva. Quella mattina tutti i suoi amici più stretti, i suoi famigliari e Leon era venuti a salutarla.
Quest'ultimo si avvicina alla ragazza abbracciandola e augurandole buona fortuna.
- Ti prego, aspettami. Tornerò.
Il ragazzo annuisce mentre Violetta assisteva alla scena alle loro spalle. Di nuovo il suo cuore perse un battito, le lacrime volevano uscire, ma la sua determinazione era molto più forte. Si avvicina alla sua migliore amica abbracciandola forte. Come poteva odiarla se le voleva così bene?
Anche Francesca, Ludmilla e Marco erano venuti a salutarla. E dopo un ultimo abbraccio di gruppo la rossa si stacca sorridendo.
- Adesso basta o altrimenti perdo il volo. Tornerò molto presto. Ah Violetta ti do il compito di sorvegliare Leon. Che non si avvicina a qualche ragazza che lo strangolo, capito?
Violetta annuisce anche se non troppo convinta. Era ironico. Fare una richiesta proprio a lei, che aveva avuto un figlio con lui e che si ingelosiva come una ragazzina quando erano insieme. Esatto era gelosa, almeno in questo sapeva essere sincera. Le sembrava strano provare nuovamente sentimenti per colui che le aveva portato sofferenze e ogni notte ripensava che l'unico modo per riprenderselo è dire tutta la verità, ma poi realizzava che sarebbe stato egoistico da parte sua. Solo perché lei non aveva avuto il suo ' vissero per sempre felici e contenti' non vuol dire che neanche loro debbano essere felici.
Purtroppo era destina a stare sola, per sempre.


****



Erano passate svariate settimane e di Leon neanche l'ombra. E che si aspettava? Camilla se n'era andata e quindi non ha più obbligo di stare qui, no? Però, non sapeva come spiegarselo, ma sentiva un vuoto dentro di se. La casa era vuota, silenziosa, tetra quasi dipinta di nera pari all'oscurità. Soltanto l'arrivo di Manuel riusciva a colorare la sua vita, di un colore bianco pari alla luminosità della luce.
Il rumore del campanello le provoca le farfalle nello stomaco. Di corsa corre ad aprire la porta.
- Buonasera Violetta.
- Ah, sei tu.
Stupida! Che cosa ti aspettavi?
Francesca- che era rimasta ancora fuori alla porta- entra nella stanza adirata contro l'amica. Porta le mani sui fianchi e lo sguardo era di puro fuoco. Era parecchio offesa.
- Sono felice di vederti anch'io, amica mia.
Violetta le sorride portandosi le mani davanti al viso.
- Scusami, ma spero che fosse...
Francesca aveva intuito chi era la persona che stava aspettando. Le si siede accanto tirando fuori dal nulla un pacchetto di popcorn, bibite e svariati CD per un film di pura azione.
- Toc- Toc è qui il pigiama party?
Ludmilla, come suo solito, non riesce mai ad essere sempre puntuale. Sarà una ragazza ordinaria, spesso seria, ma il look era il suo pane quotidiano. Doveva essere perfetta in qualsiasi occasione, qualsiasi.
- Avanti entra, supernova.- la canzonò Francesca.
Supernova era il nomignolo che spesso Ludmilla si preannunciava quando erano alle superiori. A quei tempi era abbastanza superficiale, piuttosto vanitosa, ma stranamente sono riuscite ad andare d'accordo. Ludmilla all'esterno poteva anche apparire snob, una persona con l'anima d'acciaio, ma dentro di se aveva un cuore fragile che con qualsiasi rintocco del martello poteva rompersi in mille pezzi. Era stato proprio quel cuore ad attirare le due ragazze e a spingerle a fare amicizia con lei formando un gruppo di tre ragazze.
- Ah, non chiamarmi così. Ancora non posso crederci di essere stata così infantile.
La bionda - che in compenso al suo ritardo aveva portato altre patatine e caramelle - si accomoda sul divano accanto alle ragazze appoggiando la testa sul bracciolo.
- Allora qual'è film vediamo stavolta?
Il viso contento di Francesca lasciava intendere tutto. Ludmilla sospira battendosi la mano sulla fronte.
- No, ti prego. Non dirmi di nuovo Pirata dei Caraibi.
- Si!!
Durante tutta la notte le ragazze non avevano fatto altro che divertirsi per lasciarsi alle spalle tutti i loro problemi. Quella notte le avevano portate nel passato quando erano soltanto delle ragazzine, inesperti su tutto: sull'amore, sull'amicizia, sulla vita, sui loro progetti.
Adesso erano diventate abbastanza mature per avere una relazione, un bambino, di sopportare anche se dolorosamente un tradimento. Potevano sopportare e superare ogni cosa, finché avevano la forza e la resistenza di continuare a vivere. Cioè finchè restavano insieme era imbattibili.


****



Il mattino seguente casa Vergas era chiassosa, cosa alquanto strana soprattutto per i soggetti che vi abitavano.
La signora Vergas stava discutendo animamente con il figlio. Il motivo era che Leon voleva andare a trovare il piccolo Manuel e quindi questo chiedeva incontrare anche Violetta. Come abbiamo già accennato, la signora non vede di buon occhio la ragazza e non vuole che il figlio si immischi con lei. Sin da quando era giovane la vedeva una poco di buono e sen non altro ha aspettato il figlio di un altro dopo la rottura con il suo amato figlio.
- Non mi interessa il tuo legame con quel bambino. Tu non ci andrai. - Madre non sono un ragazzino, non devo sottostare ai tuoi comandi. - Invece si. Finché vivrai sotto il mio stesso tetto, sotto la mia casa devi rispettare le mie regole e le mie decisioni.
Era più di una settimana che la madre gli proibiva di uscire. Era più di una settimana che non vedeva il bambino, sorridere o giocare. Era più di un settimana che rispettava le decisioni della madre, ma adesso era maggiorenne, era un uomo.
- E allora andrò a vivere da solo.
- Leon, non essere sciocco. Non vivresti un minuti da solo. Tu sei nato in questa casa e sei nato per essere servito. Non sai nemmeno far bollire del latte, come potresti vivere per conto tuo.
- Eh allora ti sfido.
- Staremo a vedere, ritornerai strisciando.


****



Francesca - dopo essersi risistemata - si dirige verso casa trovando il suo caro fidanzatino poltrire sul suo comodo divano.
In punta di piedi si dirige verso quest'ultimo, avvicina le labbra al suo orecchio, apre le labbra per poter parlare quando il suono del campanello la desta dal suo scherzo andato a monte visto perchè Marco si era svegliato.
- Ah, maledetto campanello. Lo uccido.
Alquanto stizzita apre la porta afferrando per il collo la persona in questione minacciandolo di una morta molto lenta.
Leon - che voleva soltanto che gli fosse risparmiata la vita- incrocia le mani implorando perdono.
Francesca sospira rassegnata lasciando la maglia del povero ragazzo e solo dopo cinque minuti si rende conto della persona che aveva difronte.
- Leon? Che cosa ci fai qui?
- Oh somma Francesca, oltre ad essere una ragazza bellissima sempre dolce e carina siete anche una buona amica. La casa è sempre in ordine grazie alla vostra bravura e questa umile persona è venuto qui per chiedervi, dolce fanciulla, di dargli ospitalità per un po di tempo.
Francesca era rimasta ad ascoltarlo per tutti il tempo con un gocciolina in testa, come spesso guardiamo accadere nei cartoni animati.
- Eh?
Marco sorride raggiungendo la ragazza e abbracciandola da dietro.
- Sarà un vero piacere ospitarti, amico mio.
Il viso di Leon si illumina tirandosi dietro la sua enorme valigia entrando sotto lo sguardo allibito di Francesca dentro la sua casa. Come esausto il ragazzo si stende sul divano dedicandosi a una bella e sana dormita.
Francesca era furiosa. Non solo Marco aveva deciso tutta da solo, ma questo bel in busto neanche si degnava di spiegargli il motivo di tale richiesta e non solo. Stava dormendo sul suo divano, nuovo, tutto bianco, con le scarpe.
- Leon!!!


****



Era tarda serata. Francesca e Marco si trovavano nel salotto decisi sul da farsi. Leon gli aveva raccontato della scommessa fatta con la madre e i due avevano deciso di aiutarlo.
- Il suo legame con quel bambino sta diventando ogni giorno più forte. - prese parola Francesca.
- Si è persino ribellato alla propria madre, quindi è una cosa abbastanza seria.
- Non capisco perché Violetta non si ostini e rivelare la verità. Oramai Manuel è diventato grande, la somiglianza è sempre più evidente non potrà nasconderlo a lungo.
- Ah, già domani il piccolo Manuel compie quattro anni. Sai, però, hai ragione. Sarebbe meglio rivelarlo adesso altrimenti le cose si complicheranno.
- Però mettendomi nei panni di Violetta forse un po riesco a capirla. - Che intendi dire?
- E' la mia migliore amica e credo di conoscerlo molto bene. E' sempre stata molto scontrosa a volta, ma con gli amici è sempre stata leale e non farebbe mai soffrire un amica. Lo fa per Camilla, non vuole farle patire quello che ha subito lei. Vivere una vita da sola.
- Forse hai ragione, ma se le cose stanno davvero così Violetta è un vera masochista.
- Per questo devo continuare con il mio piano. Non possono nascondere l'amore che provano ancora fra loro. E per il bene nel mio bel nipotino, no?
- Esatto. Manuel deve avere il proprio padre con se come è giusto che sia.
- Peccato però che Violetta non voglia rivelare a Leon che è lui il padre del bambino magari forse si sarebbero avvicinati di più chissà...
- Tesoro, adesso basta parlare.
Marco spinge con la mano la testa della sua ragazza così avvicinando i loro visi che si accesero di pura e vera passione.
Però i due non sapevano che una persona, nell'oscurità a pochi passi da loro aveva ascoltato tutta loro conversazione. Le verità fanno male, soprattutto quando provengono da altre bocche.



Nota autrice: Ebbene, un capitolo più lungo, no?
Finalmente tutte le verità sono venute a galla, ma cosa farà il nostro protagonista? Come prenderà la cosa?
Camilla ha deciso di restare accanto a Brodway e sostenerlo fino ai suoi istanti di vita, ma raccomandando a Leon di rimanerle fedele ed aspettarla. Francesca non se ne andata, non scompare e nemmeno il suo piano di far rinnamorare i nostri due giovani, ma uno dei due n'è venuto a conoscenza quindi può ancora funzionare?
Alla prossima, un bacione.

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Capitolo 18
*** Notte insonne: nessuno riesce a dormire. ***


Notte insonne: nessuno riesce a dormire.





[ Casa Castillo ora 02:10]
Violetta era andata a dormire molto presto quella sera, ma durante la nottata un senso di angoscia, un senso di colpa la opprimeva.
Nervosa si rigirava nel letto, spostando la coperta che inevitabilmente entra in contatto con il pavimento.
Violetta di colpo si alza dal letto. Una goccia di sudore le attraversa il viso, partendo dalla fronte e scendere perpendicolarmente sulla guancia.
Il cuore le batteva forte nel petto e un attacco d'ansia si presentava fin dentro la sua gola che pizzicava. Proprio a questo proposito si accarezza il collo. Il prurito le creava molto fastidio ed era anche abbastanza secca quindi decide di berci sopra dell'acqua per attenuare il fastidio. A passo silenzioso, per non far svegliare Manuel, scende le scale e dopo aver attraversato il corridoio arriva in cucina. Ancora assonata, con gli occhi semichiusi anche se avevano quel piccolo spiraglio di luce che gli permetteva di poter camminare e distinguere le cose. Porta la mano sulle labbra e sbadiglia rumorosamente mentre con l'altra mano apriva il frigorifero per poi prendere una bottiglia d'acqua.
Stanca si siede sulla sedia, sul tavolo appoggia il bicchiere con al suo interno l'acqua mezza piena, mentre l'altra mano era occupata a fare da cuscino visto perché la ragazza si era addormentata. Il rumore del campanello la fa sobbalzare. Controlla l'orario dell'orologio che si trovava sulla parete notando che era circa le tre di notte.
E' il momento di madar a fanculo qualcuno questa notte.
La mora era pronta per la carica. Tutta la rabbia, lo stress e il nervosismo che sia era accomulato nel tempo stava per liberarsi e uscire fuori sbranando la povera vittima dietro la porta. Violetta stava per iniziare la sua ramanzina quando dalla porta fuoriesce Leon, abbastanza nervoso e preoccupato.
- Dov'è? Lui dov'è?
Violetta si accarezza gli occhi esasperata.
- Leon, ma lo sai che ore sono?
- Violetta dov'è?
- Dov'è chi?
- Mio figlio. Manuel.
La bomba era scoccata. Adesso che cosa avrebbe dovuto fare? Mentire oppure era arrivato il momento di essere sinceri una volta tanto?
Mentire, era la scelta più ovvia.
- Non capisco di cosa stai parlando. Sei ubriaco?
- Non sono mai stato così ludico. Violetta, per una volta nella tua vita, si sincera e comportati da adulta. Ti ripeto la domanda: Dov'è Manuel? Lui è mio figlio, non è vero?
Violetta abbassa lo sguardo accarezzandosi il braccio. La sua mente era tappezzata da mille pensieri talmente tanti da provocargli un forte mal di testa. Troppe cose stavano accadendo, tutte in una sola notte. Leon era rimasto ad osservarla per tutto il tempo e come diceva il detto: chi tace, acconsente.
- Perché non me l'hai mai detto? Perché me l'hai tenuto nascosto? Violetta non aveva parole. Sapeva come controbattere, ma le parole non riuscivano ad uscire fuori.
- E' così difficile rispondere ad una sola domanda?!
La ragazza invita il moro ad non urlare. Erano quasi le tre e mezza, tutto il vicinato stava dormendo compreso il bambino che dormiva nella stanza non troppo lontana. Con la mano gli indicava il divano e lo invita a sedersi.
- Ascolta. Io aveva i miei ovvi motivi per non raccontarti nulla. Scoprirmi incinta dopo quello che mi aveva fatto. Hai idea di come possa essermi sentita?
Il ragazzo si ammutolì di colpo riflettendo sulle parole della ragazza non trovando nulla da ridire.
- No! Come tuo solito devi fare l' egoista, la vittima il quale solo lui soffre, ma tu lo sai che ho partorito da sola? Lo sai che ho cresciuto mio figlio da sola?
Leon era rimasto a guardarla dispiaciuto ricordandosi soltanto in quel momento che lui era l'ultimo essere umano sulla terra che gli avrebbe potuto fare quella scenata.
- Mi conosci bene e sai quanto sono orgogliosa. Non accetto l'aiuto di nessuno, neppure quello della mia famiglia. Ho creduto in me stessa e sono riuscita a tirare avanti la mia di famiglia, da sola. Mia scelta, perché per colpa tua non riuscivo più a fidarmi, di nessuno. Con il tempo ho accettato la cosa, soprattutto grazie alla vicinanza di Manuel ho riacquistato vecchie amicizie. E tu vuoi venire qui a farmi la predica?
Leon era rimasto senza parole. Letteralmente. Non sapeva come difendere la sua tesi visto perché l'antitesi era fin troppo schiacciante. Lentamente si alza dal divano e rimane a guardare la ragazza davanti a se.
- So che non ho giustificazioni per quello che ho fatto e non me le merito, però ho solo una richiesta da farti.
La ragazza incrocia le mani, allunga una gamba, e rimane ferma a guardarlo. Fredda.
- Sentiamo, quale?
- Vorrei poterlo riconoscere come mio figlio.
Violetta stava per negargli questo diritto, ma Manuel aveva bisogno di un padre. Non doveva vivere la sua stessa esperienza. Assenza di una madre.
- Se è quello che desideri.
Violetta continuava con il suo tono altezzoso e indifferente. Leon, però, non voleva demordere. Non voleva certo il suo perdono, quello non lo avrebbe preteso mai, ma sperava almeno di riallacciare rapporti con lei. Anche minimi, per il bene del bambino ovvio.
Non è sano aver due genitori che si odiano, no?
- Senti so che sarebbe sciocco chiedertelo e anche abbastanza egoistico, ma... pace?
- Pace?
- Soltanto per il momento per il bene di Manuel. Facciamolo per lui.
- Ah, va bene. Pace.
Entrambi sporgono le proprio mani e se le stringono suggellando così il loro accordo. La loro pace.


****



Nel frattempo all'infuri di casa Castillo. Sopra un albero una donna e un uomo stavano seduto su un albero. La donna teneva un binocolo tra le mani e guardava la situazione in casa mentre l'uomo si chiedeva il perché si era lasciato trascinare da questa situazione, un altra volta.
Volevo essere soltanto un ragazzo ordinario, normale, come tutti gli altri. Adesso faccio anche lo stalker.
Li avete riconosciuti no? Non sono altro che Francesca e Marco che guardavano il loro operato dall'albero proprio difronte alla finestra di casa Castillo.
- Marco non muoverti potremmo cadere.
- Come se avessi scelta. Ti sei presa tutto lo spazio, domani dieta. - Che cosa vorresti dire che sono grassa?
Francesca era già pronta a sferrare il suo magnifico pugno quando la voce dolce di Marco riesce a calmarla.
- No, tesoro, tu sei perfetta.
- Oh, Marco per adesso ti sei salvato, ma quando mi dirai di nuovo che sono grassa ti uccido.
La ragazza si rimette il binocolo sugli occhi vedendo inizialmente i due ragazzi prendere un accesa discussione, ma un attimo dopo tendersi la mano. Entusiasta inizia a dare, non leggeri, schiaffetti sulla spalla di Marco.
- Visto! Visto! Sono diventati amici o almeno si sono dati tregua. Il mio piano sta funzionando. Tesoro, sai dovresti fare l'attore.
- Eh, ma anche tu non sei stata male. Credeva davvero di passare in osservato? Si muove peggio di un elefante.
- Almeno un problema in meno. Siamo riusciti ad riavvicinarli. Sta andando tutto per il verso giusto.
- Beh cara, non proprio tutto.
- Perché cosa ho dimenticato?
- Camilla?
- Non pensiamo a lei in questo momento. Ah, proprio adesso che era felice che il mio piano stava andando a buon fine.
Sconsolata riprende a guardare vedendo Leon appisolarsi su un divano con una coperta e un cuscino. Altri colpetti sul povero braccio di Marco mentre saltellava contenta.
- Ah, ah è rimasto a dormire a casa sua. E' andata meglio di quel che pensavo.
- Francesca non muoverti così tanto. Finiremo per cader...
Troppo tardi. Il ramo si era spezzato, ma un cespuglio ha attutito, fortunatamente la loro caduta.
- Bhé è stata divertente, no?- cercava di sdrammatizzare Francesca. Perché mi sono messo con una pazza che si crede cupido? Mamma augurami buona fortuna.


****



[Casa Ferro-Domiguez ore 04:00]
Era tarda notte e la bionda dormiva nel suo caro e comodo lettino. Dormiva sola ormai da una settimana e non si era ancora abituata.
Per molti anni aveva sempre condiviso il letto con qualcuno. Con sua madre. Con sua sorella. Con lui. Non si trovava a dormire in solitudine, c'era meno calore. Quella notte, come tutte le altre, non riusciva a prendere sonno. Un altra serata di insonnia pensava la ragazza. Andare a casa di Violetta o di Francesca ormai era troppo tardi quindi decide di andare nel soggiorno prendersi un bel latte caldo e guardarsi la tv in pace, uno dei privilegi di vivere da solo e che comandi tu. Mangi quando vuoi, bevi come vuoi, scegli tu il canale, l'ora di andare a letto, quando uscire e rientrare. Insomma godersi la vita.
La pace continuava ad esistere fin quando due colpi non spezzarono quel senso di tranquillità. Erano bei colpi assestati, come se volesse spaccare la porta.
La bionda dopo essere tolta una ciabatta avanza lemme lemme vicino alla porta. Guarda dallo spioncino. Non era altri che Diego.
- Diego vattene è tardi.
- No, Ludmilla ho bisogno di parlare con te. Subito!
La sua voce era strana come debole. Un tonfo sente alle sue spalle. Di colpo apre la porta trovandosi il corpo di Diego svenuto. Gli tocca la fronte vedendo che aveva la febbre alta e delirava nel sonno. Pronunciava il suo nome. Però non era il momento di intenerirsi, doveva fargli scendere la febbre.
Dopo averlo steso sul letto e avergli messo un asciugamano freddo in testa la febbre mano mano scendeva.
La bionda era rimasta al suo fianco, per tutta la notte.
Involontariamente gli accarezza i capelli guardandolo con gli occhi dell'amore.
- Ti sei ridotto così per me.
Il ragazzo afferra d'improvviso la sua mano sorprendendo la ragazza. Soltanto al contatto con il calore della pelle della bionda Diego era riuscito a rilassarsi e dormire in pace.
- Dormi per adesso, amore mio.
E prima di lasciarsi anche lei in un sonno profondo gli da un leggero bacio sulle labbra. L'aveva perdonato.






Nota autrice: Hola amigos<3
Ebbene qui stasera non dorme nessuno, no?
Tutti parecchi movimentati soprattutto Francesca e Marco che poverino deve sempre sopportare i comandi della sua ragazza. Quel ragazzo è un santo. Leon e Violetta si sono dati tregua, pace, amicizia, ma però dicono che sia soltanto per Manuel. (Per ora...) Ludmilla è riuscita a perdonare Diego, non del tutto perché fidarsi di una persona dopo il tradimento è difficile, ma decide di provarci. Per il bene di entrambi.
Alla prossima, un bacione.

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Capitolo 19
*** Paralyzed. ***


Paralyzed.





Fatica, sudore, dolore.
Davvero soffrire per dover sopravvivere è di vitale importanza per la vita in cui noi viviamo. Restare sempre calmi, razionali ad ogni tipo di situazione e accettarla senza battere ciglio.
Per il bene del prossimo bisogna accettare ogni sorta di costrizione, anche se questo significherebbe allearsi con il nemico.
Quella mattinata l'aria di Buenos Aires era afosa quindi la mora aveva optato per una maglietta a mezze maniche, con qualche scollatura sul davanti, scarpette a ballerina che gli dava un tocco di semplicità, occhiali da sole neri, i capelli che solitamente legava con una coda di cavallo erano lasciati cadere sulle spalle quasi nascondevano i due orecchini a cerchio della ragazza. Violetta era tutta in ghingheri quella giornata e stranamente si era anche truccata, cosa che non faceva nemmeno sotto tortura. Secondo lei la faceva apparire un pagliaccio. Però voi adesso vi chiederete, perché questo cambiamento? La ragazza era diretta, mano nella mano con il figlio, verso il bar cui lavorava e con tutte le coincidenze della vita, lo stesso bar dove Giulietta avrebbe dovuto incontrare il suo Romeo.
Erano diretti verso il locale, non per motivi di lavoro, ma dovevano incontrare una persona. Costui si trovava già seduto nel tavolo da loro prenotato. Beveva una tazza di caffè ed aveva come sempre la sua aria di superiorità che per il resto della sua vita l'avrebbe accompagnato. E' perfettamente inutile elencarvi il suo aspetto esteriore perché avete già capito di chi si tratta, no? Questa volta non voglio ingannarvi e voglio rendere realtà le vostre idee.
Leon li stava aspettando da circa mezz'ora. Egli ricordava che Violetta fin da adolescente era ed è tutt'ora una ritardataria cronica e sperava con tutto se stesso che il figlio almeno in questo non le somigliasse. Manuel aveva preso molti aspetti caratteriali della madre, ma nell'aspetto l'unica cosa che hanno in comune sono le labbra, invece per tutto il resto era un vero Vergas. Occhi verdi come i suoi, lui gli aveva ereditati dal nonno paterno, diciamo che era una caratteristica della sua famiglia. Le mani era forti, come quello di un vero uomo, ma quando le tocchi ti danno un senso di leggerezza pari alle mani di una donna. Leon vedendo arrivare finalmente la ragazza si annoda la cravatta - che ancora non capiva perché si era portato appresso- e si schiarisce la voce. Il motivo principale del loro incontro era che dovevano intrattenere il bambino per tutta la giornata, mentre gli altri preparavano la festa a sorpresa. Il voler passare del tempo con lui passava in secondo piano, ma possiamo aggiungerlo nella lista.
Manuel alla vista di Leon corre verso di lui - che immaginandosi il comportamento del bambino aveva già allargato le braccia- e si stringe forte all'uomo affondando il viso sulla sua pancia.
- Zio Leon, lo sai che giorno è oggi vero, vero?
Il bambino tutto allegro e contento alza il viso verso di lui aggrappandosi stretto alla sua maglietta.
- Certamente. Auguri, campione.
Il bambino sorride abbracciandolo nuovamente ricambiato dal moro rimasto inizialmente sorpreso, ma piano piano ha cominciato ad accettare quelle dimostrazioni di affetto.
Violetta era rimasta di spalle e un sorriso involontario nasce dal suo volto. Sospira alzando le spalle rassegnandosi che l'amore di un padre non può essere abbattuto con una semplice menzogna, una bugia.
Batte le mani - interrompendo il bel momento- per attirare l'attenzione di entrambi.
- Forza non siamo qui per divertirci?
- Si!- urlano all'unisono i due uomini.
La mora riassume l'esatta espressione di pochi minuti fa. Un sorriso felice, carico di amore e travolto da un pizzico di tristezza.
I tre iniziano a camminare senza una meta precisa.
- Allora dove volete andare?
- Io lo so, io lo so.
Manuel alza la mano contento, come farebbe un bravo scolaresco. Allunga le mani facendo intendere di voler essere preso in braccio accontentato subito dalla ragazza.
- Parco e gelato.
- Lo sapevo. Non cambi mai, vero?
Il bambino sorride in direzione della madre scendendo poi dalle sue braccia e prendendo le mani dei due ragazzi inizia a trascinarli verso la gelateria.
Violetta e Leon lungo la corsa si guardarono sorridendo mentre il vento accarezzava i loro volti.
Terminata la lunga e intensa corsa e dopo che Manuel aveva preso il suo gelato si erano seduti su un panchina nel parco.
Solitamente non era un posto molto affollato, ma per qualche strana coincidenza questa volta non era così. Il parco era affollato di vecchietti che davano da mangiare agli uccelli, coppiette che pomiciavano sulle panchine oppure passeggiavano, bambini che correvano e giocava con le loro rispettive famiglie e padroni che portavano a spasso i propri cani.
Manuel era rimasto affascinato da tutti quelle coppiette visto perché non riusciva ad immaginare sua madre fare quelle cose con un uomo. Sin da quando era piccolo non aveva visto la madre con nessuno uomo e talvolta credeva addirittura che li odiasse.
- Mamma, ma tu hai mai dato un bacino?
Violetta rimase spiazzata. Perché quella domanda?
- Certamente. Tu dovresti saperlo, no? Te li do tutti i giorni.
Il bambino scuote la testa.
- Non quel tipo di bacio. Intendo un bacio vero. Come quello.
Manuel indica un coppietta - seduta sulla panchina poco distante dalla loro- che si stavano baciando senza ritegno, con passione e voglia.
Violetta capisce a cosa si riferisce il bambino e arrossisce senza un motivo preciso. Forse perché aveva dato il suo primo bacio a...
- Ovviamente e bacia anche molto bene.
- Leon!- lo rimprovera Violetta. Non erano certo argomenti che un bambino di quattro anni doveva sapere.
- Non vi potete dare un bacino?
I due interessati assumono un colore rosso simile al pomodoro. Si guardano nei occhi incantandosi l'uno nell'altro per poi distogliere lo sguardo ancora più imbarazzati.
- No, non se ne parla.- esclamano entrambi con convinzione.
- Peccato.- sbuffa il piccolo Manuel portandosi un dito sulle labbra.
Come se avessi detto qualcosa di strano. Chi li capisce gli adulti.


****



Il tempo scorreva velocemente. Tra risate e chiacchiere.
Manuel giocava allegramente con gli altri bambini del parco mentre Leon e Violetta erano rimasti seduti su una panchina.
Non si rivolgevano parola, nessuno sguardo. L'atmosfera era parecchio imbarazzante e chiunque si avvicinasse a loro potevano trapelare la tensione che c'era nell'aria.
Violetta guardava un punto fisso, aveva le mani sulle gambe e le stringeva per il troppo nervosismo. Leon aveva il gomito appoggiato sul bracciolo della panchina e il mento sulla mano aperta.
Spesso i loro occhi si incontravano, ma un attimo dopo distoglievano lo sguardo continuando però a guardarsi sott'occhi. Nessuno dei due sapeva spiegare che tipo di sentimento stava nascendo dentro di loro, ma sentivano che non doveva esistere. Non volevano accettarlo e quindi facevano finta di nulla. Ritornando quelli di sempre.
Ad interrompere quell'atmosfera che potremo definire 'opprimente' era una donna. Essa tra le mani portava un regalo, si poteva scorgere un grosso fiocco blu attaccata ad esso. Violetta individuato il soggetto allontana il regalo con la mano per poi riprendere a farsi i fatti suoi.
- Tesoro, ascoltami...
- Non chiamarmi tesoro!- buttò acidamente.
La donna raccoglie il regalo - che dopo il colpo subito era caduto a terra- lo ripulisce e prova un nuovo tentativo. La mora ripete lo stesso comportamento. Leon aveva visto questa scena per circa cinque volte finchè troppo stanca prende il regalo lui stesso e spinge le due donne verso un bar a parlare.
Violetta, però, non era della stessa idea. Incrociando le braccia lascia intendere che non ha nessuna voglia di muoversi.
- Non ho niente da spartire con lei. E' un estranea.
- Violetta, non esigo il tuo perdono, ma voglio essere presente nella tua vita.
- Non ne hai il diritto. Non sei mia madre.
Jade, il soggetto, era crollata sul pavimento come senza forze. Un grosso macigno gli si era riversato sul suo fragile corpicino. Non avrebbe retto altre parole di disprezzo ne era sicura, ma adesso bisogna educare un adulta-bambina.
Con le poche forze che aveva in corpo, fiera e piena di rimprovero, si dirige verso la ragazza - che la guardava dura e fredda- e lo molla un forte schiaffone. Fortunatamente tutti erano troppo impegnati a fare altre cose, altrimenti tutti avrebbe fatto domande supposizioni inutili.
- Invece lo sono che tu lo voglia o no. Ripeto non voglio il tuo perdono, ma voglio che tu sia riconosciuta come mia figlia, quello lo pretendo.
Violetta era scioccata. Nessuno l'aveva mai picchiata. Arrabbiata e delusa si accarezza il punto dove l'aveva schiaffeggiata.
- Non lo avrai mai.
- Perchè? Già devo vivere con il dolore che mia figlia non mi voglia e non mi ami, almeno non distruggere le mie illusioni. L'illusione che un giorno tu mi possa perdonare e volermi bene.
Leon - che tra una botta e l'altra delle due- era riuscito ad afferrare il problema rimanendo alquanto scioccato, ma lui non era un tipo che si lasciava sopraffare dall'emozioni.
- Bene se così stanno le cose.
Dopo averle prese per mano e fatte sedere ordina un caffè per entrambe.
- Voi due adesso parlate qui, civilmente se è possibile, dopo di che prendo Manuel e c'è ne andiamo, okay?
Violetta scosta di poco la sedia, accavalla le gambe e sbuffa annoiata per poi pronunciare un okay.
Tze, ed io che credevo fosse una donna invece è ancora una bambina.


****



Le due donne dopo essere rimaste sole non avevano che da dirsi.
Violetta aveva tante domande, perché anche se non l'avrebbe mai ammesso voleva sapere di più del suo passato. Voleva sapere il motivo del perché l'aveva abbandonata, quando l'ha scoperto, la sua reazione, cose avrebbe voluto fare adesso.
La mora sapeva che non poteva continuare così a lungo quindi decide di fare lei la prima mossa. Rigirava, rigirava lo zucchero nel caffè.
- Allora hai detto che volevi parlarmi, no? Sentiamo.
Jade salta sul posto. Non credeva di aver avuto il permesso.
- Ehm... prima volevo scusarmi con te. Per averti abbandonata, per averti maltrattata. Parto con dirti che non volevo lasciarti, ma ero giovane e inesperta e saresti stata meglio con un altra famiglia.
- Una famiglia che non era mia, no? Come avrei potuto stare bene.
- Però ti hanno tirato su bene.
- Incinta di un bambino, che adesso ha quattro anni, senza un padre. Adesso capisco da chi ho preso questo carattere.
Jade abbassa lo sguardo mentre nella sua mente riaffioravano i ricordi.
- Tuo padre era davvero un buon'uomo. Era più giovane di me, era più che un bambino, ma il carattere di un adulto. Riusciva a farsi carico di ogni situazione e io l'amavo proprio per questo, ma...
- Ma?
- Però lui era troppo giovane. La sua giovinezza ci ha tradito.
L'amore è imprevedibile. Era uno studente mentre io la sua insegnante.
Dopo esserci sposati i nostri giorni erano sempre più belli e radiosi, ma ai suoi occhi non ero io la più bella. Con il tempo la mia bellezza, la mia giovinezza stava appassendo. In conclusione ha trovato un altra.
- Ti ha lasciato nonostante tu eri incinta?
- No, anzi lui mi è stato accanto. Però il suo non era più amore, ma compassione. I suoi occhi erano per quella ragazza ed io ne soffrivo ogni singolo giorno. Dopo avergli lasciato un biglietto me ne sono andata e sono partita per Buenos Aires senza lasciare alcuna traccia. Avevo chiesto a mio fratello Matias di ospitarmi ed a poco a poco il mio carattere si è stravolto. L'amore cambia Violetta.
- E quando hai incontrato mio padre?
- Tuo padre... lui è stato e sarà per sempre una persona speciale per me. Ci siamo incontrati per puro caso nell'ufficio di mio fratello e così ci siamo messi sempre in contatto. Amici e amanti. Lui mi ha fatto amare di nuovo e non accettavo l'idea che qualcuno non mi permettesse di stare con lui. Finalmente potevo essere felice.
Nessuno doveva ostacolarmi ne tu, ne tua zia Angie. Così la pensavo.
Violetta incrocia le mani accarezzandole rivolgendo l'attenzione dei suoi occhi su di esse.
- Perché mi hai raccontato questa storia? Ti aspetti che ti perdoni e che abbia compassione di te?
- Forse... o forse no. Sta a te decidere se perdonarmi oppure no.
Jade dopo aver pagato il proprio caffè si alza salutando con un cenno della mano mentre Violetta era rimasto al suo posto a pensare.


****



Cinque minuti dopo Manuel e Leon avevano raggiunto la ragazza.
Il viso di Leon lasciava intendere già la sua domanda.
- No, non lo perdonata.
Leon sorride. Violetta era sempre un libro aperto per lui. Non l'aveva perdonata apertamente, ma dentro il suo cuore si. Troppo orgogliosa per ammetterlo.
- Vuoi smetterla di fissarmi?
- Non ti fisso affatto.
Leon si lascia andare ad una risata continuando a guardare la ragazza.
- Smettila! Su andiamo va.
Lungo il tragitto Violetta osserva l'ora sul suo orologio. Era arrivata l'ora. In quel momento doveva già essere tutto pronto.
Non di preoccupare Violetta c'è Francesca a comando di tutto... Aspetta Francesca?!
In gran corsa si dirige verso casa e in circa dieci minuti i tre si trovavano fuori l'uscio di casa. Sperava con tutto il suo cuore che tutto andasse bene e che Francesca non avesse commesso sempre i suo soliti pasticci. Appena varcarono la porta Violetta avrebbe tanto voluto sterminare tutti coloro che si trovavano all'interno.
La sua casa era un vero campo di battaglia. Francesca tirava ogni singolo aggetto che aveva tra le mani contro il suo povero fidanzato e il suo caro compare Diego. La ragazza si schiarisce la voce attirando l'attenzione di tutti.
Francesca sorride impaurita dall'aura nera dietro la sua amica.
- Ehm... sorpresa!?- pronuncia sarcastica.
Violetta batte la mano sulla fronte rassegnata di avere degli amici così stupidi. Non sono nemmeno in grado di fare un festa a sorpesa.
- Signorina Cauviglia, mi potrebbe spiegare perché la mia casa potrebbe essere paragonata ad un campo di battaglia?
- Perché questi due sono un branco di incompetenti.
La mora lo sapeva. Meglio non fare altre domande altrimenti l'amica si sarebbe imbestialita nuovamente.
La serata nonostante tutto era stata divertente soprattutto passare il tempo con i pazzi zii come li definisce Manuel.
Violetta approfittandosi della confusione si avvicina a Leon.
- Come mai mi hai aiutato oggi?
- Bhè, così siamo pari.
- E? Che vuoi dire?
- Niente, niente.
Nella mente del ragazzo albergano vecchi pensieri. Tra cui quello in cui piangeva solo in un angolo dopo la morte di suo padre. Dava la colpa alla madre che lo sfrenava a lavorare e quel giorno, il giorno dell'incidente, era il suo giorno libero, ma sua madre gli aveva consigliato di non abbandonare il lavoro e quel momento fu l'ultimo volta che lo vide. Non voleva più tornare a casa, ma Violetta era riuscita a fargli capire che non era colpa di nessuno e che era arrivato il suo destino. Aveva raccolto le sue lacrime, asciugandole una ad una.
- Dai dimmelo.
- Dovrai ricordatelo da sola, mi dispiace.- termina il ragazzo con una linguaccia.
Adulti, non smettono mai di essere bambini.


****



La termine della festa tutti sono ritornati a casa. Poteva essere definita una festa indimenticabile. Violetta sospira ripensando alla torta che aveva comprato e con la scritta: Buon compleanno Lorenzo che spiccava su di essa. Mai, mai più avrebbe affidato loro qualcosa.
- Mamma?
Violetta prende tra le braccia il piccolo Manuel che letteralmente stava dormendo ad occhi aperti.
- Su andiamo a dormire.
- Mamma, domani verrà zio Leon?
- Non so. Perché?
- Lui mi piace. Mi farebbe piacere se fosse mio padre.
- Ah, davvero.- sorride la ragazza.
- Si, ma soprattutto lo sai perché mi piace?
- No, perchè?
- Perchè lui ti rende felice e ti fa ridere.
Violetta era rimasta allibita a questa rivelazione. Dopo avergli dato il bacio della buona notte si dirige verso la sua stanza.
Felice? E se fosse vero?




Nota autrice: Sono tornata.<3
Mi spiace disturbarvi con la mia presenza, ma prima di partire devo terminare la storia. Insomma chiudere in bellezza, no?
Leon e Violetta ogni giorno che passa diventano sempre più vicini e nel prossimo capitolo Francesca avrà un ruolo rilevante. Violetta ha perdonato Jade, anche se ci ha messo un po. Però perdonare è una parola grossa, soprattutto per tipe orgogliose come lei. Manuel è un bambino precoce ha già capito tutto.
Alla prossima, un bacione.

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Capitolo 20
*** Mai disturbare il mostro che dorme. ***


Mai disturbare il mostro che dorme.





- Ebbene. E' il momento di attuare il nostro piano.
Francesca era tutto il pomeriggio che stava scrivendo su quello strambo foglio, con quella stramba penna e quella stramba espressione. Chiunque a quella vista si sarebbe spaventato o almeno impressionato, ma per Marco era una routine di tutti i giorni. Nulla più riusciva a impressionarlo.
- Nostro? Vorresti dire il tuo. Questa volta mi taglio fuori.
- Marco, tesoro mio, hai idea di quello che hai appena detto? Tu ci sei dentro fino alle tasche siamo una squadra, no?
Marco esausto sbadiglia portandosi una mano sulle labbra mentre con l'altra si accarezza la nuca e poi come se niente fosse si stende sul divano ed appisolarsi. Lui era soltanto un buon uomo che desiderava avere una vita felice e tranquilla invece si era scelto la compagna più svampita e oltretutto le aveva chiesto anche di sposarla, ma cosa aveva in testa.
- Va bene! Vuol dire che penserò tutto io.
Sempre a occhi chiusi il ragazzo sorride nel sonno, ma ben presto quel sorriso sparì dalle sue labbra. Come un flashback, un immagine sfuocata penetra nella sua mente e come in un film, e dove lui è lo spettatore, osserva la sua amata occuparsi di tutta l'operazione che sicuramente non sarebbe andata a buon fine.
Marco rassegnato e addolorato lascia il suo comodo letto per sedersi accanto alla ragazza che aveva ripreso a scrivere sullo strambo foglio.
- Allora qual'è il piano?
Francesca sorride. Sapeva che Marco non l'avrebbe mai abbandonata. Felice con entrambe le mani tira a se il suo viso combaciando le sue labbra con le sue.
Francesca, dopo aver dato al ragazzo la sua ricompensa, riprese il figlio tra le mani dandogli tutta la sua attenzione.
- E' il momento di agire.- buttò lì sempre guardando il foglio in questione.
- E cosa vorresti fare?
- Oramai i due sono diventati amici o almeno hanno deciso di andare d'accordo. Quindi non dobbiamo fare altro che farli rinamorare. E cominceremo da questo.
Scenare il loro prima incontro. Certamente questo farà rinascere la scintilla e portare alla mente vecchi ricordi.
- Non è una brutta idea, ma come pensi di fare?
- Lascia fare a me.


****



Violetta era sempre stata una persona calma, autoritaria che non si scomponeva mai.
Però in questi ultimi anni le cose si sono rovesciate. Come adesso, quando si guardava allo specchio. Vedeva una ragazza, capelli castano chiaro e occhi marroni. Era felice, solare, sembrava aver tutto ciò che voleva. In quel momento il suo cuore, o meglio il lato oscuro, invidiava quella ragazza nonostante sia la stessa medesima persona. Odiarsi e amarsi è inconcepibile.
- Chi sei... Violetta Castillo?
Sempre. Sempre la stessa domanda.
Manuel - dopo essersi svegliato dal sonnellino- correva verso la mamma che lo prende tra le braccia. Il peso era aumentato, ma il calore era rimasto tale.
Lo stesso tepore, la stessa sensazione di completezza che ha provato il primo giorno, il giorno del parto. Il volto sorridente di Manuel riporta nella sua mente tanti altri brutti ricordi tra i cui quando aveva deciso di abortire. Quello era stato il primo dei suoi pensieri, aver un figlio dal mostro che l'aveva creato, ma durante il terzo mese non era riuscita ad lasciarlo andare, ad separarsi da quella creatura che cresceva dentro di se. Era piccola, minuscola, innocente. Non aveva colpe e pertanto non doveva essere punita.
- Amore mio, come mai già sveglio?
- E' arrivato zio Leon.
Tutti i giorni, alla stessisima ora Leon veniva a fare visita a casa Castillo.
Leon la notte precedente gli aveva accennato che viveva a casa di Francesca e Marco a causa di alcune incomprensioni con la madre di poca importanza.
Poca importanza, ma mi ha preso per una stupida?
Leon è sempre stato succube della madre, non provava mai a disubidirla per non provocargli dispiaceri, non se ne sarebbe mai andato di casa per uno sciocco litigio.
- Leon. Puntuale come sempre.- ironizza Violetta sorridente sarcastica.
- Perché quella lingua tagliente? So che adori la mia compagnia.- ribatte Leon.
Adoravano stuzzicarsi a vicenda. Anche quando era giovani, dei semplici ragazzi inesperti, che perdevano tempo a giocare, a insultarsi, a vivere insieme giorno dopo giorno. Era, insomma, il loro modo di dirsi: Ti amo.
La mora sorride alle sue parole e il suo cuore sembrava alleggerirsi. La sua vita in questi ultimi giorni era stata molto più semplice. Non doveva occuparsi di tutto visto perchè al suo fianco c'era Leon.
- E' allora? Vogliamo fare colazione?
- Si!- esclamano insieme i due ragazzi.
Violetta aveva già preparato tutto sul tavolo. Latte, biscotti, marmellata e tost, tovaglie e creali. L'imbarazzo della scelta, no? Il piccolo Manuel scelse latte con cereali mentre Violetta e Leon optarono per la marmellata con il tost.
L'atmosfera era colorata, calda e serena. Era una sensazione indescrivibile a parole, perchè non possono essere descritte e nientemeno rappresentate. Lasciamoci abbandonare nell'immaginazione e tutto ciò che ci rimane.
- Papà, mi cola il naso.- piagnucola Manuel tirando su il nasino.
Violetta sobbalza a quel nomignolo, ma il bambino la rassicura ricordandole che era stato lo stesso Leon, una settimana fa, a chiedergli di farlo.
Leon, ancora non pronto a sentirsi chiamare in quel modo, ebbe un sussulto al cuore che si riscaldava gioioso.
- Certo. Aspetta che ci penso io.
Come un padre modello si avvicina al bambino asciugandogli dolcemente il nasetto.
Il bambino sorride quando il ragazzo gli pizzica la guancia. Violetta- che aveva ripreso a mangiare- riesce ad osservare quella scena così adorabile, ma il rumore del telefono la desta da qualsiasi pensiero o intenzione. Era un messaggio.
Chi sarà mai a quest'ora del mattino? Eh... Francesca?
" Heilà, amica mia, quanto tempo.
Vorrei invitare te e Manuel ad una festicciola che si organizza nel paese.
Marco purtroppo non riuscirà a venire e non voglio andarci da sola quindi ci vediamo alle cinque in punto al parco, e vestiti carina."
Ma chi gli ha detto che avrei accettato? E' sempre la solita, non cambia mai.


****



Marco credeva di aver gia visto la sua fidanzata superare il limite, ma questo era davvero troppo.
- Bene Marmotta è il momento dell'azione!
Marmotta?
Era vestita tutta di nero, occhiali da sole, capello grigio tipico di Sherlock Holmes e un vestito nero abbastanza lungo che si fermava sulle gambe.
Marco, invece, una semplice maglietta e un comodo jeans, motivo della predica della ragazza nei suoi confronti che gli aveva raccomandato di vestirsi per la situazione. Francesca da nulla fa comparire due walkie talkie uno se lo mette in tasca mentre l'altro lo porge a Marco.
- Perfetto. Hai fatto la tua parte?
- Si. Leon dovrebbe essere qui tra venti minuti.
- Allontanati e seguilo. Ci terremo in contatto con questi.- afferma la ragazza indicando il walkie talkie.
Marco annuisce sospirando. Meglio assecondarla altrimenti diventerà una pazza svitata e poi chi la ferma più. Però, anche se non l'avrebbe mai ammesso, amava questo suo lato pazzo, indemoniato. Rendeva le sue giornate più divertenti e mai noiose per questo l'amava.
Da lontano intravede Leon che si stava dirigendo verso la sua direzione, ma troppo intento a camminare non si era accorto di lui. Marco si nasconde dietro un albero mentre il ragazzo lo attraverso superandolo.
Afferra il suo walkie talkie che nel frattempo aveva inizia a fare rumore.
- Qui è Falco, ci sei Marmotta. Pps.
- Marmotta?
- Sono i nostri nomi in codice, stupido.
- Ah, certo.
Perché non riusciva a trovarne un senso?
Aggiorna Francesca di tutti gli avvenimenti e di come Leon si stava dirigendo verso il parco. Francesca sorride maligna sfoderando una poderosa risata malefica come si vedono nei film. Marco sorride spaventato e dopo aver fatto il suo compito si dirige dalla ragazza.
- Piano riuscito.- afferma Marco facendo l'okay con le mani.
- Adesso tocca me. Bisogna soltanto allontanare Manuel.
Violetta arriva nel parco e prova a guardarsi intorno alla ricerca di Francesca.
Quest'ultima era nascosta dietro un cespuglio aspettando il momento giusto per attaccare. Francesca - dopo essersi tolta le foglie tra i capelli- si dirige verso l'amica. Sott'occhi vede Leon arrivare nel parco prende per mano Manuel dicendogli che prima gli avrebbe comprato un gelato.
- Okay, dov'è il gelataio più vicino?
- No, tu aspetta qui. Non ci metteremo molto, vedrai.
E prima però di aver fatto un segno a Marco corre di tutta fretta lasciando lì, sola e scioccata la povera Violetta. Rimasta ormai da sola, Violetta decide di farsi un giretto per il parco. Aveva accettato l'invito soltanto per una ragione, per pensare.
Violetta, ma che cosa stai facendo? Come puoi permetterti di provare qualsiasi sentimento per quell'uomo e per giunta il fidazato/futuro sposo della tua migliore amica. Non so perché, ma non riesco a sentirmi traditrice, ma tutt'altro. Mi sembra di essermi ripresa ciò che era già mio. Come se io fossi stata derubata e non il contrario.
Marco aveva ricevuto il segno di Francesca e adesso doveva attuare la terza fase del piano. Dopo essersi messo occhiali da sole, capelli e sciarpa prende una bicicletta scusandosi con il proprietario promettendo che gliel' avrebbe riportata.
Fase tre: Cercare di investire Violetta davanti agli occhi di Leon, che avendo i riflessi pronti riuscirà a salvarla.
E' il momento. La bici era partita, era in movimento, Violetta era a pochi passi da lui. Stavano per toccarsi, stava per accadere...
- Marco, ma cosa stai facendo?
Marco ferma la bici guardando davanti a se il viso di Violetta. La ragazza si era appena girata riconoscendo il ragazzo che preso dalla paura di essere scoperto parte a tutto gas. Francesca era rimasta a guardare per tutto il tempo mentre Manuel al suo fianco mangiava comodamente il suo gelato.
- Che babbeo si è lasciato scoprire.
Come se nulla fosse si dirige dall'amica ancora scioccata e stranita di questo strano scontro. Che mi fossi sbagliata? era questo che pensava.
- Francesca, ma per caso Marco doveva incontrarsi con qualcuno al parco?
- Eh, no. L'ho appena chiamato dal lavoro. Stava lavorando come un matto. Perchè questa domanda?- chiede Francesca sorridendo a denti stretti impaurita.
- No, niente. Alla questa festa?
Adesso che mi invento? No, non doveva andare così.
Leon stava aspettando ancora l'arrivo di Marco che tardava ad arrivare e ormai stanco decide di andarsene quando da lontano vede Violetta parlare con Francesca.
Decide di unirsi a loro tanto che c'era e in qualche modo cerca di attirare la loro attenzione.
- Violetta?!
Quest'ultima però non era riuscita a sentirlo. Troppo impegnato nel parlare con Francesca.
- Ehm, scusami credo di aver sbagliato giorno.
- Ah, dovevo aspettarmelo da te.- sbuffa Violetta sorridendo e appoggiando le mani ai fianchi.
- Bhè e forse meglio che ritorni a casa. Andiamo Manuel.- aggiunge un attimo dopo.
Il bambino annuisce lasciando le mani della zia Francesca rattristata della malriuscita del suo piano.
Violetta, però, era molto frettolosa e spesso inciampa nei suoi stessi piedi. Sapeva essere abbastanza imbranata. Però questa volta non era stata la sua sbadatagine a farla cadere, ma un semplice sasso, che l'aveva fatta sbattere contro un corpo caldo attutendo la sua caduta.
- Ehi. Tutto bene?
Violetta conosceva questa voce. Così bella, così melodiosa.
Due occhi marroni si scontrano con due occhi verdi. I due cuori battono all'unisono stretti l'uno all'altro come i loro petti. Le guance della ragazza si colorarono di un rosso accesso, i capelli - che erano raccolti in un codino- si erano sciolti sparpagliandosi un po all'aria, un po nelle mani del ragazzo e dietro la sua schiena. Tutto accadde lentamente.
La caduta di Violetta, Manuel che mangiava il suo gelato, Francesca che correva in suo aiuto e Leon che arriva prima salvandola da una possibile caduta.
- Si.- sussurra davanti al suo viso e sulle sue carnose labbra.
Era da un secolo che non le assaporava, non sapendo che invece non era così.
I fantomatici Romeo e Giulietta si sono rincontrati. Ognuno nei occhi dell'altro vedevano il proprio riflesso pertanto specchiandosi e godendosi di quell'attimo come se fosse l'ultimo. Dopo svariati minuti persi ad guardarsi, ad osservarsi decidono di staccarsi. Francesca alle loro spalle sorrideva radiosa.
Non è andata come sperava, ma forse così è ancora meglio.
Sempre con il sorriso sulle labbra si allontana, tirando fuori la lista della sua operazione.
Ricreare il loro primo incontro. Fatto, diciamo.
Perfetto adesso bisogna soltanto passare alla quarta fase del piano: Incontri per puro caso con gli amici. Passere del tempo insieme potrebbe andare bene. Preparatevi ragazzi, questo è solo l'inizio.


****



Francesca dopo essere ritornata a casa era decisa a perdonare Marco, ma trovandolo disteso sul suo divano, a dormire, con un piatto di patatine tra le mani, no questo era troppo.
- Marco Tavelli!
- Presente!- sobbalza il ragazzo dal divano.
- Perché, il mio divano è piano di briciole?- ringhia la ragazza a denti stretti.
Il ragazzo unisce le labbra a forme di o. Fingendo di non sapere nulla alzando le mani al cielo.
- Sono entrati i ladri!?- afferma con decisione.
- I... ladri?.-
- Si e si sono finite anche tutte le mie patatine. Ingordi.
Francesca abbassa lo sguardo sorridendo.
Ah bene, credo se la sia bevuta.
Marco si sporge verso la ragazza aspettandosi un bacio, ma tutto ciò che ottene fu un pugno ben assestato dritto sullo stomaco che lo fece roteare fino al divano.
- Idiota, Imbecille, stupido, buono a nulla. Non sei neanche capace di mettere in azione un piano.
Inizia a lanciargli tutto ciò che aveva tra le mani. Cuscini, bicchieri, fiori, vestiti.
- Francesca, amore, ti prego perdonami.- pronuncia disperato il ragazzo.
Marco ti hanno mai detto: Mai disturbare il mostro che dorme.








Nota autrice: Mi scuso per il ritardo, ma in questi giorni sono stata poco bene. Sperò che questo capitolo sia riuscito a soddisfarvi. Ah, il momento in cui Marco dice di sposarla è stato ammesso dalla autrice, cioè io. Alla prossima, un bacione.<3

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Capitolo 21
*** Crediamo sempre di conoscere i nostri sentimenti, ma ci sbagliamo. ***


Crediamo sempre di conoscere i nostri sentimenti, ma ci sbagliamo.





La colazione era già pronta sul tavolo mentre Manuel se ne stava seduto sulla sedia stropicciandosi un occhio stancamente. Riuscire ad alzarsi non era il suo forte. Tale madre, tale figlio.
- Mamma? Latte.
Violetta, anch'essa ancora stanca, immerge il latte sulla tazza e glielo porge al bambino. Manuel con le sue piccole manine grassotelle afferra la tazzina bevendo contento il suo latte caldo.
Violetta si siede al suo solito posto, bevendo il suo solito latte, con la sua solita tazza. La mora era assorta da mille pensieri, che interferiscono nella sua mente non permettendogli di gustarsi pienamente la sua colazione.
Osserva annoiata e pensierosa le dita che battevano sul tavolino. Battevano al ritmo del rumore del orologio che stava per segnare la lancetta sul dieci. Ora dieci del mattino.
Strano che non sia ancora arrivato.
Solitamente verso quest'ora oppure anche prima Leon veniva a fargli visita.
Facevano colazione insieme, poi passavano la maggior parte del tempo a guardare la televisione o a giocare. Spesso anche Violetta si univa a loro ciò che rallegrava il piccolo Manuel che nuovamente avvertiva il calore di una famiglia amorevole.
Non voleva farsi illusioni. Sapeva molto bene che tutto era temporaneo, ma voleva sfruttarsi questi momenti fin quanto poteva. Però, il bambino, voleva con tutto se stesso che Leon si innamorasse della sua mamma così sarebbe diventato a tutti gli effetti il suo papà.
Non avrebbe mai dimenticato il suo, quello originale, ma era sicuro che l'amore che provava verso Leon non sarebbe stato paragonabile al sentimento che provava verso quell'uomo che sarebbe suo padre.
Tutti i giorni invitava Leon a casa, senza consultare la madre, ed lui accettava senza esitare. Il vedere tanto entusiasmo nel volerlo a casa propria Leon non poteva che esserne felice.
La sua assenza si sentiva perché tutto ciò che lo rappresenta è essenziale per i due membri di casa Castillo. Violetta negli ultimi tempi aveva iniziato ad accettare la sua presenza, e un giorno senza di lui avrebbe significato la rovina, niente spalla su cui piangere, nemmeno un minimo di sostegno. Manuel vede lui come un compagno di giochi, una persona con cui passare il tempo, l'unico che riusciva a farlo ridere e divertire. Le giornate senza di lui erano una vera noia: come definiva sempre il piccolo.
Lui era assolutamente essenziale.
Il campanello si era deciso finalmente a suonare annunciando l'arrivo del tanto atteso ragazzo.
- Buongiorno famiglia. Mi stavate aspettando?
Violetta era tentata a rispondere di si, ma sarebbe stato troppo azzardato. Perciò rimase in silenzio mentre alla domanda del moro rispondeva felicemente Manuel.
Come sempre, Leon si accomoda sul suo solito posto assumendo quasi l'aria del capo famiglia mista ad un amico giocherellone.
- Papà come mai così in ritardo oggi?
- Già solitamente arrivi sempre presto la mattina.- precisa Violetta curiosa di sapere la risposta.
- Lo sapevo hai sentito la mia mancanza.- sorride ironico il ragazzo.
- Forse...- conferma la ragazza per niente imbarazzata.
Il ragazzo, però, non era della stessa idea. Era sorpreso visto perché si aspettava una risposta tagliente da parte della ragazza e così avrebbero ripreso a litigare.
Il moro tossisce interrompendo la tensione.
- Ehm... sono stato trattenuto.
- Tua madre?
Il ragazzo nega con la testa e abbassando lo sguardo sulle sue mani appoggiate sulle sue gambe.
- Ho ricevuto una telefonata. Era Camilla.
Camilla?
Soltanto il sentir pronunciare il suo nome il cuore della ragazza si era ristretto, il pancino era in subulio come la sua mente. Violetta era consapevole che questi sentimenti che lei provava erano a senso unico - anche se dentro di se sperava il contrario- ma credeva che almeno in questi giorni lui avrebbe pensato solo ed unicamente a lei. Voleva che almeno in questo tempo indeterminato lui la considerasse l'unica priorità. Si sentiva egoista, ma non una traditrice. Questo aggettivo non poteva essere affibbiato a una come lei, soprattutto a lei.
Non avrebbe mai pensato Camilla come una possibile rivale, oppure come una traditrice, visto perchè essa non sa di essere tale. La mora si sentiva una sciocca per non aver rivelato subito il suo nome.
- Ehm... che cosa voleva?
Leon sorride accarezzandosi le mani.
- Che mi tiene d'occhio. Ha detto che per adesso gli rimarrà accanto, ma quando arriverà il momento ritornerà qui. A Buenos Aires. Confesso che mi manca sai.- annuncia sorridendo lievemente.
Confesso che mi manca? Lo sapevo, illusa. Non ha mai pensato a te, un solo instante. Sei soltanto una sostituta.
- Eh già. Anche a me.- sorride falsamente la ragazza.
Leon credeva di conoscere bene la ragazza, ma in realtà si sbagliava. Non riusciva ancora a riconoscere quando sorrideva veramente oppure si sforzava. Forse la sua mente era troppo distratta o è semplicemente un idiota.
Manuel, invece, conosceva la propria madre e quel sorriso non lo convinceva. Voleva cambiare discorso.
- Televisione, papà.
- Sisi, televisione.
Mentre i due maschioni correvano sul divano a guardarsi la loro benedetta televisione Violetta era rimasta in disparte, seduta in cucina a pensare.
Violetta svegliati. Come puoi proprio tu riaffezionarti a lui, colui che ti ha creato tante sofferenze. Non è amore, ti stai illudendo. Ami soltanto questo calore che in poco tempo si espanso dentro il tuo corpo e perciò hai paura di perderlo. Credimi non è amore.
Violetta se non è amore perché ti tocchi il petto? Perché trattieni a stento le lacrime? Perché ti porti la mano al viso? Perché ripulisci le lacrime? Perché stai soffrendo?


****



- Ludmilla, amica mia, posso contare soltanto su di te.
La bionda scatta sugli attenti posizionandosi dinnanzi all'amica che disperata gli chiedeva aiuto e sostegno. Era l'unica su cui poteva fare affidamento visto perchè gli altri due era incompetenti.
- Tesoro, ma non è stata colpa mia.- provò a giustificarsi Marco.
- Zitto tu!.- l'ammonì la mora leggermente incazzata.
Marco sapeva che era inutile replicare altrimenti gli avrebbe lanciato un altra ciabatta sulla testa e così aggiungersi altri lividi per la sua interminabile collezione.
Diego si siede accanto a Marco circondandogli il braccio sulla spalla dolorante del ragazzo.
- Amico mio, non sei bravo a scegliere le donne.
- Hei, guarda che la tua Ludmilla non è proprio una santarellina.
- Questo perchè io sono riuscita a domarla, tu invece sei la preda e lei il cacciatore.- sorride vittorioso.
- Quindi tu avresti domato Ludmilla? Davvero?
- Eccome. Infondo è l'uomo che comanda... Aspetta la senti questa aria strana?.- domanda spaventato e incuriosito Diego.
Dietro di se avvertiva tante onde negative, pronto a sbranarselo in qualsiasi momento, un demonio stava per attaccarlo alle spalle.
Marco sorridendo gli indica la bionda - che aveva ascoltato tutto- carica di aura negativa pronta a fargli la sua ramanzina.
- Tu, chi avresti domato?
Diego spaventato si volta verso la moglie, si fa velocemente il segno della croce, unisce le mani al viso, deglutisce la sua stessa saliva.
- Nessuno, mia cara, nessuno.
- Ah, nessuno. A me pare di aver sentito tutt'altro.
- Ehm.... mi dispiace.- si arrende Diego inginocchiandosi davanti alla ragazza e prendendo la stoffa del suo vestito e portarselo al viso.
- Perdonami. Perdonami. Perdonami.
- Oh è va bene. Basta che la smetti.
- Si, subito.
Diego ritorna vittorioso da Marco facendo il segno della vittoria. Si era scampato una bella ramanzina. La sua mossa funziona sempre.
- Mi devo ricredere. Tu sei un grande fratello.- afferma Marco meravigliato.
Era un metodo imbarazzante e anche umiliate, ma almeno ne sarebbe uscito leso.
Francesca richiama tutti a comando strillando sempre più forte grazie a un megafono che si erano procurato e aveva trattato con molta cura.
- Francesca disturberai i vicini.
- Allora ragazzacci e Ludmilla non abbiamo più molto tempo. Ci servono telefono, vestiti, trucchi e soldi. E' il momento di attuare la quarta fase del nostro piano.
Marco stava per ridire qualcosa su quel nostro, ma fu zittito bellamente dalla mora con un semplice sguardo.
- Ludmilla hai prenotato il posto alla pizzeria?
- Fatto.
- Marco hai procurato i soldi?
- Certamente.
- Perfetto. Adesso nessuno ci fermerà. Nulla potrà andare storto, vero?
I tre ragazzi annuiscono non garantendo pienamente la buon riuscita del piano.
Il tutto era più che semplice. Non dovevano far altro che uscire come amici, non lasciar trapelare nulla ai diretti interessati per poi lasciarli soli sempre seguiti attentamente da loro. Non volevano perdersi un attimo della loro ricongiunta.
E' arrivato il momento.


****



L'amicizia è un sentimento che ti dona allegria, spensieratezza, divertimento, ma in quel attimo ti può anche distruggere e annientare completamente.
Violetta aveva sempre pensato che non appena avrebbe trovato quelle persone, che lei riteneva giuste, se le sarebbe tenute strette però nei ultimi anni non aveva fatto altro che allontanarli e sapere che andavano alla ricerca della sua attenzione la rendeva felice. Così era all'inizio, ma adesso...
- Adesso basta, lasciatemi!- urla disperata la ragazza.
Francesca e Ludmilla si erano arpionate al suo braccio e non avevano intenzione di lasciarla andare. I loro sorrisi 'biricchini' non era visti di buon occhio dalla mora che già da tempo aveva avvertito che le sue amiche erano strane. Parecchio.
Ultimamente si sentiva molto lontana da Manuel, ma sempre più vicina a Leon. Lo strano comportamento di Marco, Francesca e il concerto. Che stiano tramando qualcosa? pensava la ragazza.
Violetta per stasera niente pensieri negativi. Goditi la vita.
Violetta aveva rimasto Manuel sotto le cure di Leon senza sapere che tra non molto entrambi si sarebbero incontrati. Coincidenza anche stavolta? No, non credo.
Esattamente in cinque minuti. Ora otto meno in quarto. Lunedì sera.
Due occhi marroni incontrano nuovamente due occhi verdi increduli entrambi. Manuel, invece, conversava con i suoi zii preferiti senza dare conto dell'arrivo della madre.
- E tu cosa ci fai qui?- domanda Violetta al ragazzo.
- Come ti avevo promesso stavo badando a Manuel e siamo usciti per fare una passeggiata quando ho incontrato loro.- racconta indicando Diego e Marco che fingevano di non ascoltare la conversazione.
- E voi? Dove stavate andando?.- continua dicendo Leon.
- Volevano andare a mangiare una pizza, ma già che ci siete perchè non vi unite a noi?.- domanda Francesca intromettendosi nella discussione.
Violetta stava per rinunciare dicendo che forse non era il caso.
- Che c'è? Hai paura di passare del tempo con me?- chiede Leon divertito.
Violetta si morde il labbro inferiore abboccando all'amo.
Infatti ecco che si ritrovava seduta sul tavolo della pizzeria con un evidente broncio.
- Non sei troppo grande per mettere il broncio?- ironizò Leon.
- Non sto mettendo il broncio. Protesto.- afferma decisa Violetta.
- Mamma, pizza. Fame, fame.
Violetta sorride accarezzando la testa di Manuel.
- Non preoccuparti. Vedi? Eccola che arriva.
Il bambino muove le gambe contento mentre Leon gli metteva il fazzoletto sul collo.
- Grazie papà.
Tutti scioccati sputarono la lattina di coca-cola che stavano digerendo adesso caduta sulle facce di chi avevano difronte. Vittime: Diego, Ludmilla, Francesca e Marco.
Non erano pronti a una cosa del genere e non credevano nemmeno che Violetta avesse rivelato tutto.
- Cosa?.- esclamarono tutti contemporaneamente.
- Non saltate a conclusioni affrettate. E' stato Leon a chiedercelo.
- Ah...- risposero in coro calmandosi.
Era stato un colpo troppo grande per loro.
Terminato di mangiare e dopo essersi sfidati a una gare di Karaoke lasciano la pizzeria.
- Che ne dite di dividerci?- domanda Ludmilla guardando Francesca complice.
- Si, per me va bene.- gli da mal forte Francesca arpionandosi al braccio di Marco.
Violetta acconsente prendendo per mano Manuel, ma la voce di Francesca la frena.
- Manuel vorresti fare un giro con noi? La zia Francesca vorrebbe chiederti una cosa.
- Si, mamma posso?
- Se per Francesca va bene, okay.
Il bambino si avvicina alla zia e saluta la madre promettendo di arrivare presto a casa.


****



La mora era sempre più convinta che non era una semplice coincidenza. Tutto troppo strano per i suoi gusti.
Lungo il cammino nessuno dei due si era rivolto la parola. Leon teneva le mani dentro le tasche, il viso fiero e sguardo da duro. Il padre amorevole era sparito del tutto.
Violetta, invece, sembrava essere ritornata una ragazzina. Sguardo basso, occhi puntati verso un punto impreciso, mani che ronzavano frenetiche.
La notte mascherava il loro imbarazzo, ma la luce dei lampioni illuminavano la strada per permettere di attraversarla.
- Leon, aspetta.
Il ragazzo non riesce neanche a fare un passo avanti che la ragazza lo ferma.
Essa infatti si era diretta verso un negozio che vendeva maschere nuove.
- Violetta, dai non sei una bambina.- l'ammonì Leon annoiato della cosa.
- Almeno per una volta potresti non darmi della bambina?-domanda esasperata Violetta mettendosi una maschera.
- Su andiamo, non farmi perdere altro tempo.
- Allora? Come mi sta?
Leon scocciato si volta verso la ragazza. Ciò che vide lo lascia a bocca aperta. No, non riusciva a credere a quello che pensava visto perchè è impossibile. No, era soltanto una maledetta coincidenza.
Coincidenza? Ma se non ci credo neanch'io.
Avvicina la mano sul volto della ragazza pronunciando lievemente un nome.
- Giulietta?.- sussurra piano tanto che la ragazza non riesce a capire.
- Eh, cosa?
- Nulla. Levati quella cosa e andiamo.- ordina Leon confuso dirigendosi con le mani nelle tasche dalla parte opposta.
- Leon aspettami.!- urla la ragazza cercando di raggiungerlo correndo.
No. Lei non poteva essere Giulietta. Insomma l'avrei riconosciuta, no? E poi lo pure baciata...
Leon osserva il viso della ragazza soffermandosi sui suoi occhi e sulla sua bocca.
Inconsapevolmente si tocca le labbra, ma ti scatto allontana le dita.
No! No! No! Leon calmati! Non sei uno stupido ragazzino, ma sei un adulto. Affronta la situazione con maturità.
- Ehm...
- Vuoi dirmi qualcosa?- chiede Violetta.
- Niente, niente.- sobbalza il ragazzo.
Meglio non dire nulla. Forse mi starò sbagliando.
- Leon vorrei ringraziarti.- prende la parola Violetta.
- Perchè?
- Perchè mi sei rimasto accanto e mi hai aiutato.
- E' mio dovere, no?
- Già è solo un dovere.- sospira rammaricata.
Leon allunga le mani appoggiandole sulla nuca come da cuscino.
- Sai, però mi piace tutto questo.
- Eh?
- Si. Io e te che parliamo e che ci prendiamo cura di Manuel. Mi piace, soprattutto perché sei tu.
Violetta arrossisce a quella sua rivelazione.
Ma che cosa diavolo sta sparando all'improvviso questo qua.
- Vuoi forse dire che ami la mia compagnia?
- Forse...
- Anche per me è lo stesso.
Ed entrambi sorridendo si dirigono verso una meta imprecisa, soltanto con la voglia di camminare e sentire il vento scompigliare i capelli.


****



- Ludmilla spostati non riesco a vedere niente.
- Hei, ma di chi è questo piede?
- Ragazzi cosi proprio non va.- afferma Francesca.
Stavano praticamente l'uno addosso all'altro dietro un cespuglio insieme al piccolo Manuel che più o meno aveva capito in che situazione si trovava. Bhe, più o meno.
- Siete gli zii più buffi del mondo.- sorride Manuel indicandoli.
- Oh, no li stiamo perdendo.- urla Ludmilla l'unica che sia riuscita a liberarsi da quel nodo che aveva creato.
- Su, coraggio, non possiamo perderli di vista.- e decisa si avvia insieme a Ludmilla a raggiungere le due povere vittime.
Marco e Diego era rimasti ancora li, a terra, dietro al cespuglio. Era stanchi e assonnati. Non voleva fare altro che tornare a casa, dormire e invece...
- Marco! Diego! Sbrigatevi!.- urlano insieme le due ragazze.
- Si! Si!- sobbalzano i due correndo verso le loro rispettive fidanzate.
- L'amore è proprio strano.- afferma con decisione il piccolo Manuel.

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Capitolo 22
*** Tutto bene quel che finisce bene? ***


Tutto bene quel che finisce bene?





Vent'anni prima. Casa Castillo. Ore tre del pomeriggio.
- Papà, ma tu sai che cos'è l'amore?
German, che stava bevendo il suo caffè, quasi si strozza a quella domanda. Non si sentiva la persona giusta per parlare di quell'argomento e soprattutto non voleva che sua figlia iniziasse a sperimentarlo su qualche ragazzo.
- Ehm... come mai mi fai questa domanda? - chiede ridacchiando German pulendosi con il tovagliolo i resti del suo caffè.
- Una mia amica si è innamorata. Sembra così contenta, ma alcune volte dice che le fa male il petto. Perché papà?
- Non so come spiegartelo.- risponde German massaggiandosi il mento. - L'amore è qualcosa di... di bello. Non c'è niente di così stupefacente e se non si prova un pizzico di amore non si è umani.
- Stai dicendo che non sono umana papà?- domanda stranita la bambina.
L'uomo nega con la testa cercando si sforzarsi per trovare le parole giuste.
Questo è uno di quel momenti che vorrei che Maria fosse con me.- pensò l'uomo.
- Certo che no. Dimmi, Violetta, tu vuoi bene al tuo papà?
La bambina annuisce mentre l'uomo sorride.
- Questo è amore bambina mia. E' soltanto diverso da quello che prova la tua amica, ma il valore è lo stesso. Capito?
Violetta porta le mani sul viso chiusi in un pugno e annuisce senza perdere il sorriso sulle labbra, Infantile, ma molto tenero.
- Papà, l'amore ti ha fatto soffrire?
German rimase a guardare la figlia in silenzio. Sorride triste lasciando quella domanda inconclusa, senza alcuna risposta. Era tentato a dirgli: Lo scoprirai, ma non lo fece.
Non voleva che lei provasse lo stesso dolore che aveva dovuto patire, ma sapeva che era inevitabile. Non poteva proteggerla su tutto, nessuno può sfuggire all'amore o al dolore. Altrimenti non si è umani.



*°*°*°*°*



Vent'anni più avanti. Casa Castillo. Ore cinque del pomeriggio.
Violetta lascia la sua attenzione alle gocce di pioggia che picchiettavano sulla finestra.
Inconsapevolmente, senza una propria volontà, alza la mano verso questa gocce senza però sfiorarle. Appoggia sconsolata la tesa sul vetro e poi mordersi preoccupata il labbro inferiore.
- Papà ho trovato la risposta che cercavo.- sussurra all'aria.
La mora sorride nel ripensare alla sua ingenuità e alla propria inesperienza sulla materia, questo però non poco tempo fa. A quei tempi aveva nove anni, ancora doveva venire a conoscenza di molte cose, ma soprattutto doveva ancora conoscere lui.
Non so cosa fare. Papà vorrei che fossi qui ad aiutarmi.
Voleva che gli accarezzasse la testa, gli sorridesse e gli baciasse la guancia ripetendogli che andava tutto bene.
Il tempo però di essere infantili era passato. Bisogna crescere, sapersi asciugare le proprie lacrime da sole, con il proprio fazzoletto, bisogna saper risolvere i problemi con maturità e diplomanza. La vita di una adulto non è facile, ma il ciclo della vita di cui noi facciamo parte lo prevede.
Violetta non è mai riuscita a superare bene quella fase.
C'è l'aveva fatta bene da sola, ma aveva bisogno del calore di un abbraccio, qualcuno che la viziasse con bacini e regalini, una persona che la coccolasse tutto il tempo.
Sapeva anche di aver scelto una vita sbagliata, insensata, e assolutamente insolita.
Quando era bambina non comprendeva cose come i sentimenti umani, la loro importanza, il loro volere e quando potessero sconvolgere le vite. La sua è stata letteralmente sconvolta da Manuel, da Leon, dai suoi amici. Prima di rincontrarli viveva una vita normale, semplice, tranquilla. Una madre ancora giovane che lavorava in un piccolo bar per potersi mantenere la casa. L'uniche strade che conosceva era o per accompagnare Manuel a scuola, o per andare a lavoro o per andare a casa. La sua vita era limitata soltanto a questo. Ad eseguire sempre lo stesso gesto, schematicamente.
Era alquanto noiosa, lei stesso lo ammetteva. Accogliere quel branco di scalmanati nella sua vita non aveva fatto altro che migliorarla.
Era la decisione giusta. Lo sapeva.
Non posso sbagliarmi, non ancora, non un altra volta.
Quando aveva deciso di voltare pagina l'aveva fatto. Senza mezzi termini. Aveva impacchettato tutta la sua roba in uno scatolone, aveva lasciato un biglietto sul suo vecchio cuscino, dopo aver assaporato per l'ultima volta la sua morbidezza, e aveva detto addio alla vita perfetta, perché lei di perfetto non aveva nulla.
Aveva commesso un errore e doveva scontarlo. Da sola.
Non aveva lasciato numeri di telefono. Si era imbarcata in un taxi qualsiasi facendosi portare nel hotel più lontano.
Non voleva allontanarsi troppo dalla sua città. Non voleva che il bambino nascesse in uno stato diverso dal proprio. Una cosa del genere gli faceva ribrezzo facendogli raddrizzare i peli delle braccia. Le chiamate, dopo svariati giorni, arrivarono. Come le visite, che però non aveva mai voluto accogliere.
Aveva bisogno dei suoi spazi, di sedersi sulla sedia con i gomiti appoggiati sul tavolo mentre con una mano manteneva stretta la sigaretta che si stava fumando. Non ne era dipendente, ma in quei momenti ne aveva estremamente bisogno.
Farà male al bambino.- ripeteva la sua coscienza.
Non le importava. Il quel momento l'importante era sentire l'odore soffocante della sigaretta e il suo fumo spandersi per tutta la casa e i suoi vestiti imprignersi di quella puzza.
Odiava la puzza che rimaneva dopo aver fumato pertanto doveva quindi correre in bagno per una bella sciacquata e cambiarsi nuovamente d'abito.
Ancora oggi, spesso, si lasciava andare. Ridiventando schiava di quella piccola, insulsa, bomboletta di fumo. Lo faceva quando doveva pensare, quando era triste oppure arrabbiata.
L'assaporava fino all'ultimo mozzicone fin quando, finita tutta, non deve essere altro che buttata.
Era la terza volta, in quella giornata, che si fumava la sigaretta della settimana sul balcone.
Mentre essa passava tra le sue labbra i ricordi della notte precedente riaffioravano nella sua mente. -Vorresti dire che gradisci la mia compagnia?
- Forse...
Non sapeva che quale motivo quella parola gli aveva fatto così piacere.
Era tutto di poco conto, come il loro legame, no?
Allora perché non riusciva a dimenticarlo? Nemmeno la sua 'sigarettatogliproblemi' era riuscita ad adempire nel suo compito. Anzi non aveva fatto altro che aumentare la sua collera.
La mora non sapeva più affrontare la situazione con maturità. Ragionava in modo infantile, troppo velocizzato e frettoloso. La sua mente era partita altrove mentre gli ingranaggi erano sballati.
- Basta, ho deciso! Andrò oggi stesso a chiarire la faccenda.


*°*°*°*°*



Leon Vergas. Trent'anni. Capelli castano chiaro, occhi verde smeraldo, un corpo mingrelino, ma sbilanciato.
Un fustacchione a tutto gli effetti.
Non poteva essere classificato come gli altri uomini, perché lui era più di un uomo. Tutte lo conoscevano, lo amavano e venerano come un dio oppure una divinità.
Era assai famoso non soltanto per la sua bellezza, con cui gli anni non era appassiti, ma anche per la sua ricchezza e fama.
Spesso circolavano molte voci su di lui. Bellamente smentite.
Tipo che era un donnaiolo e andava a letto soltanto con more più basse di lui. Oppure che era stato con una modella e l'aveva piantata in un hotel dopo una notte di fuoco. Altri dicevano che aveva messo incinta una donna, alcuni diceva che fosse sua cognata, sorellastra.
Le parole tra bocca e bocca posso influenzare lo stile di vita di una persona. Le persone con la loro lingua cambiano la storia, rendendo una questione semplice in un vero scandalo.
Leon conduceva questo stile di vita prima di incontrare la donna che gli avrebbe sconvolta la vita.
Era accaduto tutto alle superiori, quando aveva incontrato quel suo occhi color nocciola. Lei non passava inosservata, soprattutto per la sua indifferenza quasi da sembrare superficiale, ma dai sui modi di fare e vestire non lo appariva per niente.
Si sono conosciuti, sono diventati amici, fidanzati, si sono amati e persino lasciati.
La separazione più dura che il suo cuore abbia dovuto affrontare.
Sapere che il tutto è stato commesso per un suo errore, per la sua possessività, per la sua malattia la reso pazzo tanto da prendersi lui stesso l'appuntamento dalla psicologa.
Adesso era come nuovo. Dopo essersi data una spuntatina ai capelli, essersi fatto un buco all'orecchio sinistro può dirsi di essersi riscattato.
Era rinato, con una nuova vita. Era stanco di vivere nel rimorso, come la ragazza gli aveva augurato di vivere per sempre.
Non voleva sentirsi nuovamente un fallito. Doveva afferrare con entrambe le mani la sua vita, dettarsi una regolata trovandosi poi a trent'anni, con i capelli a mano mano crescevano e si trasformano in un colore biancastro, il corpo muscoloso era rimasto uguale, ha smesso di crescere rimanendo ancor però abbastanza alto.
Poteva definirsi soddisfatto della vita che conduceva perché finalmente si sentiva riscattato.
Ritrovarsi, però, la ragazza che aveva da sempre tormentato i suoi pensieri l'aveva reso ansioso.
Vecchi ricordi del passato era tornati a tormentarlo, come anche la sua vocina che gli ricordava la sua grossa colpa, il suo grosso errore.
Stando con Camilla si era ridato una possibilità promettendo con lei di non fare lo stesso errore, ma adesso tutti quei progetti e quei sogni non facevano pià parte della sua mente.
Scoprirsi padre di un figlio porta grandi responsabilità, ma non soltanto per il bambino, ma anche per la madre che l'ha tenuto in grembo per nove mesi tutto da sola.
Per ripagarle per tutti i mesi in cui non le era stato accanto cerca di starle vicino e accontentare ogni suo singolo desiderio.
Violetta amava tanta premura, però non lo dava mai a vedere ciò che rendeva confuso Leon che non capiva il comportamento enigmatico della ragazza.
Non riusciva nemmeno a capire il suo di comportamento in questi suoi ultimi giorni. Si era reso conto che Manuel era diventato con il tempo soltanto una scusa, una scusa per poter entrare in quella casa, assaporare quell'odore di buono capace di fargli sentire in pace e a casa.
Spesso dormiva da loro, sul scomodo divano, ma spesso Violetta l'aveva invitato a dormire nella stanza del bambino, ma lui non aveva mai accettato.
Desiderava sprofondare la testa sul cuscino del divano respirando l'odore di cotone mischiato a quella della ragazza che attimo prima era seduta in quello stesso medesimo posto.
E tutte le volte si ritrovava a farlo, ma attimo dopo lanciava il cuscino terra dimenticando l'accaduto.
Dimenticare... se l'era promesso molto tempo fa.
Dimenticare a chi andrebbe dette queste parole?
Leon quando tornava da Casa Castillo era sempre di buon'umore.
Francesca e Marco quella sua espressione non era affatto sfuggita, anzi li rendeva felice a loro volta, ma quest'oggi il ragazzo non era dello stesso umore.
Era moscio, moncio, triste quasi debole.
Spesso sospirava, rideva, sospirava.
- Leon, ti sei innamorato?- domanda scherzoso Marco.
Il moro - che era steso sul divano- alza il viso fulminandolo con lo sguardo e ritornando poi ad appoggiarsi alle le bracce incrociate.
- Non dire sciocchezze.- sbottò ripugnante Leon.
Il rumore della porta fa alzare Francesca dalla sedia. Era rimasta tutto il tempo a guardarlo ed era pronta a sferrargli un pugno dritto sul mento, ma si era trattenuta. Era una signora.
Signora? Se non fosse per la porta gli avresti già...
Zitta coscienza!

Violetta annuncia il suo arrivo in tutto il suo splendore. I capelli castano chiaro raccolti in uno chignon, un vestitino lungo che gli arrivava fino alle gambe e scarpette con il tacchetto abbinate con il vestito.
- Scusatemi per essere arrivata così di fretta.-
- No, tu sei sempre la benvenuta.- sorride Francesca.
- Come mai da queste parti? E' successo qualcosa?- domanda incuriosito Marco.
- Veramente sono qui per parlare con una persona.- annuncia guardando verso il ragazzo sul divano.
Francesca e Marco capita la situazione decidono di svignarsela per lasciare i due piccioncini, le sue due creazioni, i suoi bambini da soli.
- Leon, ti voglio parlare di ieri sera.
- Violetta credi davvero che il problema sia solo ieri sera?
- No, ma non ho fatto altro che pensarci. Ah, mi sembra tutto così assurdo.
- Se io non avessi commesso ciò che ho fatto non ti sembrerebbe assurdo.
- Leon ormai è successo quello che è dovuto succedere. Non ti ho ancora perdonato e forse mai ti potrei perdonare, ma non so perché però ti amo tanto quanto ti odio.
Leon a quella rivelazione non riesce più a stare seduto e si alza dal letto.
- Mi ami? - So che è assurdo, ma è l'unica soluzione a cui sono arrivata. Nei ultimi quattro anni ho fatto di tutto per starti lontano, dimenticarmi quella notte e odiarti per tutta la vita. Mi era ripromessa di non concedermi mai ai voleri di un uomo, soltanto uno. Mio figlio. Però quando ti ho rivisto tutti mi è scivolato sopra e le circostanze non hanno fatto altro che avvicinarci di più.
Leon, sono qui è ti sto aprendo il mio cuore, è stato difficile dirlo però voglio sapere una tua risposta. Non mi serve del tempo, voglio una risposta adesso. Leon, cosa provi per me?
Il moro era confuso e stremato. Era coscienzioso dei suoi sentimenti, ma non sapeva se era meglio lasciarli liberi allo scoperto.
Violetta aveva appena messo a nudo tutti i suoi sentimenti e lui non voleva essere da meno. Lascia bandire la sua indecisione.
- Dimenticare... era una parola che mi ripetevo come un mantra il giorno in cui ti ho persa. Era una sofferenza oltre ogni confine e voleva che scomparisse al più presto possibile. Fortunatamente riuscii nel mio intento, ma quel giorno all'ospedale non sono riuscito più a scordare il tuo viso, le tue lacrime e le tue suppliche. Vederti con un bambino mi ha ristretto il cuore e mi ha reso nervoso, ma mi ripetevo che non erano affari miei. Ero curioso di sapere chi era l'uomo che avevi sposato, ma di lui non c'era l'ombra. Sapere di essere io il padre di quella creatura mi ha reso contento, ma mi sono reso conto che nei ultimi giorni era soltanto una scusa.
- Una scusa?
- Per vederti, per stare con te, per fare colazione con te, dormire sul divano e respirare il tuo profumo, vedere la televisione con te e Manuel e assaporare l'aria di una famiglia.
- Leon Vergas, mi ami?
Domanda semplice e concisa.
- Si. Violetta Castillo, mi ami?
- Si, da sempre.


*°*°*°*°*



Dalla finestra Francesca osservava i suoi due capolavori sorridendo raggiante sopra le spalle di Marco. La finestra era troppo alta.
- Tesoro, adesso che hai visto potresti scendere?- domanda stanco Marco.
- Non fare il piagnucolone voglio vedere ancora un altro po. Ah, i miei bambini si sono fatti grandi. Appena chiama a Ludmilla gli dico tutto: il nostro piano è andato a buon fine.
Francesca incomincia a saltellare e a muoversi contenta mentre vedeva la sua opera sbocciare mentre Marco sotto con i suoi piedi sulle spalle non se la passava molto bene.
- Francesca non devi muoverti altrimenti cadiam-
Un tonfo, una caduta, due lamenti.

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Capitolo 23
*** La felicità non è sempre durativa. ***


La felicità non è sempre durativa.


Violetta era immobilizzata ad ammirare i lineamenti del viso del ragazzo soffermandosi sulle sue labbra come se aspettasse qualche azione da parte loro. Neanche il rumore di qualcosa che cadeva la desta dai suoi pensieri e il suo lavoro.
Leon, invece, faceva altrettanto. Soffermandosi non solo sulle labbra, ma su tutto quel corpo che un tempo aveva avuto il piacere di assaporare.
Lo sentiva. Lo stava aspettando.
Baciami, baciami.- ripeteva nella sua mente Violetta.
Il moro come se avesse ascoltato i suoi pensieri si avvicina al suo viso, allunga un braccio attorcigliandogli la nuca e tirandola verso di se facendo cozzare i loro visi che si facevano sempre più vicini. Per non essere troppo invadente inizia a darle dei lieve baci sul collo regalando alla ragazza delle scariche elettriche. Gemeva senza contegno portando la sua mano sulla nuca del ragazza, stende il collo facendo in modo che la bocca del ragazzo possa andare ancora più a fondo.
- Leon.- sussurra piano.
Il ragazzo smette il suo operato dedicandosi alla mano della ragazza dietro la sua nuca, la prende tra le sue mani e le bacia il gomito risalendo velocemente sulla spalla.
Bacia il collo, il mento, la guancia finchè non si trova davanti al suo obbiettivo.
Inizialmente fu un bacio tenero e semplice. Un semplice incontrarsi di labbra, ma con l'inserimento della lingua il bacio si fa più profondo come i sospiri che aumentavano. Violetta aveva portato le sue mani sul collo del ragazzo avvicinandolo sempre di più a se, mentre Leon appoggia una mano sul fianco mentre l'altra gli accarezzava la guancia. Riuscirono a separarsi soltanto perchè dovevano respirare.
- Volevi farmi soffocare?- domanda scherzosa Violetta.
- Come se ti fosse dispiaciuto.- afferma ironico Leon.
La mora sorride stendendosi sul letto e ridacchiando come una ragazzina.
- Non ci posso credere. Tutto questo è assurdo.- ridacchia la mora portandosi una mano sulla bocca.
- Cosa?- domanda sorridendo il ragazzo.
- Tu. Io. Noi. Tutto questo. Quattro anni fa non ci avrei mai creduto.
- E' una strana coincidenza.
- No, non esistono le coincidenze.- sorride la mora alzandosi dalla posizione stesa afferra il bavero della sua camicia e combacia le loro labbra.
Violetta aveva iniziato a smettere di credere alle coincidenze, fin troppe hanno sconvolto la sua vita e non potevano essere definite tali. Era tutta opera del destino che quando ci mette lo zampino combina solo guai.


*°*°*°*°*



Francesca era sopra Marco che aveva attutito la caduta del suo didietro dritto sulla sua faccia.
La risata della ragazza si libera nell'aria alzandosi contenta e in piena forma, forse un po indolenzita.
- Ah, sono viva. Marco alzati anche tu.- strilla la ragazza al ragazzo rimasto steso a terra ricoperto di foglie.
- Se potessi lo farei.
- Pappamolle. E' poi parlate di noi ragazze. Oh, mi si è spezzata un unghia.
Marco vorrebbe vedere come si fosse trovata lei al suo posto. Dopo averla sospesa per ben venti minuti e poi dopo aver attutito a tutto il suo peso. Come avrebbe potuto avere la forza di alzarsi?
Francesca gli allunga una mano e lo rimette in piedi.
Con la mano sposta i capelli sulle spalle, camminando a testa alta e passo felpato seguito a ruota da uno stremato Marco si avvia verso la propria casa sperando che non abbia interrotto nulla.
Al rumore della porta i due si allontanano cercando di rendersi presentabili.
- Francesca, Marco ben tornati.- saluta allegra Violetta alzandosi la spallina che 'causalmente' era caduta.
- Si, certo.- sbuffa Leon.
Entrambi era ancora affannati e le labbra violacee per il troppo mordersi e baciarsi. Si erano riempiti di punti rossi per tutto il corpo, volevano assaporare quello che avevano perduto e adesso ritrovato. Si tenevano stretti, l'uno all'altra, con la paura che uno dei due potesse scappare, si toccavano per convincersi che era realtà e non una pura e semplice fantasia oppure uno stramaledetto sogno dal quale svegliarsi il mattino precedente e vivere dimenticando.
No, quei morsi erano reali, quei baci erano veri, quelle mani che si toccavano avidamente e desiderio erano le loro.
Francesca sorride imbarazzata osservando Leon mentre si rimette la maglietta.
- Mmh... ho interrotto qualcosa?- domanda grattandosi una guancia.
- No, non ti preoccupare. Non stava succedendo niente.- si affrettò a rispondere Violetta muovendo le mano agitate al viso.
Leon, invece, sbuffava alle sue spalle. Non era mai stato d'accordo a questi giochetti e segreti.Si avvicina quindi alla ragazza abbracciandola da dietro e le bacia il collo.
- Invece si. Avete interrotto qualcosa.
Violetta voleva sprofondare e strozzare quell'idiota con il cuscino, ma doveva prima affrontare la reazione di Francesca.
L'amica era immobile, lo sguardo puntato sul pavimento. Si muove con lo sguardo basso verso il frigo, prendendo un oggetto non ben chiaro alle tre persone li dentro. A passo lento e deciso si avvicina a i tre.
- Bene. Perciò.... FESTEGGIAMO BEVENDO UNA BELLA BIRRA!.- strilla contenta.
C'è voluto un po per nasconderla, ma aveva finto alla grande. Apre la birra facendo volare via il tappo e ne versa verso i tre bicchieri posti sul tavolo.
- Brindiamo alla vostra ricongiunta.
E beve. Beve. Beve.
Cupido aveva svolto il suo lavoro. Adesso si era preso le ferie.


*°*°*°*°*



Ludmilla stava stesa sul divano quando gli avevano dato la notizia. Le due ragazze iniziarono ad urlare per telefono non smettendo si sghignazzare e fare pettegolezzi.
Diego, invece, siedeva accanto alla sua ragazza portandosi una mano sul viso massaggiandosi la testa. Voleva andare a salvare il suo amico Marco e scappare con lui in Florida. Aveva preparato già i biglietti, ma il senso radar della bionda era più ampio di quello che si aspettava.
La sua idea era stata spazzata via con la stessa velocità in cui il palmo della mano della bionda ha attraversato la guancia rossastra del moro.
- Il tuo piano ha funzionato.- afferma sorridente Ludmilla.
- Il nostro.- precisa Francesca.
Erano rimaste quasi un'ora a parlare del loro successo e il prossimo piano da realizzare. Il matrimonio.
- Io, mi occupo del vestito bianco mentre tu...-
La bionda non potè finire di parlare che il suo amabile ragazzo aveva preso con cura il telefono tra le mani e aveva attaccato il telefono in faccia.
Brutto maleducato.- si poteva sentire dall'altra parte dell'abitazione.
Era tarda notte, piuttosto tardi, se possiamo dire l'una di notte.
Voleva poter dormire in pace o almeno occupare il tempo in cose più utili.
Era una notte fredda, tanto da desiderare qualcosa di più che una semplice coperta a riscaldarti.
Diego adorava il calore, lo desiderava, lo pretendeva.
Voleva essere riscaldato, ma non con le coperte, non con una stufa o un camino, ma con un semplice contatto di pelle, di sudore e scontri di bocche di continuo.
Lentamente sposta la ciocca di capelli che era di intralcio e incomincia a darle piccoli baci all'altezza del collo lasciando una lieve scia.
La bionda però non amava essere dominata anzi prendeva spesso lei l'iniziativa. Si volta verso il ragazzo mordendogli il labbro inferiore e un attimo dopo avvicina ancora di più combaciando le loro labbra chiedendo con la lingua il permesso di entrare ed esplorarla.
Le sue mani vagano sul corpo abbronzato dell'altro, accarezzando ogni suo singolo muscolo e chiedendo con il suo corpo maggiore contatto. I loro petti continuavano a muoversi in sintonia, come i loro bacini che provocavano scariche di adrenalina ad entrambi.
- Ti voglio immensamente.- sussurra voglioso il ragazzo al suo orecchio.
Non poteva crederci che stava per perderla. Che quel corpo, tutto suo, stava per allontanarsi per sempre da lui. Mai. Mai avrebbe permesso una cosa simile.
- Tu sei solo mia.
Rivela accarezzandole i capelli baciando questi con tenerezza.
Lascia bandire la dolcezza e il buon senso lasciandosi trasportare dalla passione e il desiderio.
Gli occhi erano appannati dal troppo piacere che la bocca della ragazza aveva servito sul tutto il suo corpo. Sarebbe potuto venire con soltanto il suo respiro, il suo alito sul collo. Bastava soltanto sentire la sua voce per eccitarla e far rivivere qualcosa sotto di lui.
- Sono solo tua come tu sei mio.
Era possessiva, forse fin troppo.
Lei stessa lo riconosceva e odiava questo suo carattere, ma era il suo modo per dimostrare affetto. Si attaccava alle persone con questo carattere morboso diventato quasi noiosa e ripetitiva.
Molti si erano stancati di stare in sua compagnia, abbandonandola, lasciandola sola a pensare.
Però aveva trovato qualcuno che la trattava con la stessa possessività, così non avrebbe potuto avere problemi.
C'è stato un periodo di incertezza, di tradimenti, ma tutto è stato superato perché l'amore era vero e sincero.
Il moro riprese ad accarezzare quel corpo così caldo sotto di se, partendo dalla gambe, incominciando a sfilarle la gonnellina di seta rosa mentre la bionda gli sbottonava la giacca. Prosegue passando alla sua camicia slacciando tutti i bottoni con un semplice strattone.
- Hei, era una camicia nuova.- urla arrabbiata la ragazza.
- Te ne comprerai un altra.- sussurra un attimo dopo il ragazzo baciandola sulle labbra.
La bionda sospira, ma poi si abbandona a quei sentimenti carichi di pura passione, desiderio, follia e amore.
In un attimo le loro vesti era appoggiate in svariate parti della stanza. Sul divano, sul pavimento, sulle scale.
Il moro prese a baciarle le cosce fino al proseguire sul ginocchio e la caviglia. Erano lisce e bianche come la seta.
- Ti prego, non farmi male. Non uccidermi.
- Non potrei mai farlo.- dice respirando sul suo collo.
Con queste ultime parole entra dentro di lei, lentamente, beandosi di quel calore che nelle ultime settimane gli era mancato. L'aveva accarezzata, baciata dolcemente chiedendole scusa per il male che le aveva fatto. Non c'era parole per giustificare quello che aveva fatto, ma voleva provarci.
- Ti amo Diego Domiguez.- Ti amo Ludmilla Ferro.


*°*°*°*°*



Poco lontano una ragazza era appena atterrata all'aereoporto di Buenos Aires. Aveva il viso stanco, ma felice.
- Sono tornata. Finalmente.


Nota autrice: Buonasera, amici.<3
Mi dispiace di avervi fatto aspettare, ma nei ultimi i tempi non ho avuto molta ispirazione per la storia. Non riuscivo a trovare un degno finale per il capitolo, spero almeno di avervi incuriositi. Ah, mi fa piacere ricevere i vostri messaggi riguardanti la storia, mi ha resa felice.
Un ultima cosa: Ho scritto una oneshot sulla coppia Diecesca se vi fa piacere vorrei sapere che cosa ne pensate.
Alla prossima, cerco di aggiornare molto presto.
Un bacione.<3

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Capitolo 24
*** Certe verità fanno male, ahia. ***


Certe verità fanno male, ahia.


[ Due giorni fa, ore cinque e trenta quattro.]
« Camilla, posso parlarti?», domanda la sua ex- futura suocera prendendo posto accanto alla ragazza. « Certo. Di cosa volte parlarmi?»
« So che hai amato molto mio figlio e per questo te ne sono grata.», la donna fa per continuare, ma la voce di Camilla la ferma. « Non deve essermi grata sono stata io la fortunata.», sorride tristemente Camilla raccogliendo un piccolo fiore sul folto prato.
« Sono sicura che lui ti ha amato tanto quanto tu amavi lui.», rivela la donna conoscendo le sofferenze che abbia dovuto patire il figlio e di quanto lei si sentiva inutile visto perchè non era riuscita a salvarlo dal suo dolore. « Vivi, perfavore, vivi per lui e per il vostro bambino. Sposati, ma non dimenticarti mai di lui.»
« Glielo prometto.», dice la rossa abbassandosi sulle ginocchia di fronte alla lapide con su scritto il nome del ragazzo che lei ha amato con tutta se stessa.
“ Sei stato il mio primo migliore amico, il mio primo amore, non potrò mai dimenticarti. Addio, amore proibito. ”


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« Cosa? E' tornata? Tesoro, mi spieghi tu come sai di questa faccenda se neanche i due interessati ne sanno nulla?», domanda Marco seriamente preoccupata per la sanità mentale della donna che stava per sposare.
« Ho le mie fonti.», sbotta seria la ragazza zittendolo con l'intera mano indaffarata a girare per la casa nervosa. « Non riesco a credere che ciò che ho progettato con così tanta fatica debba finire così presto.», sospira consolata mentre Marco esultava alle sue spalle stringendo in pungo in aria in segno di felicità.
“ Si è arresa. Oh, santi che siete lassù, avete avuto pietà di me. ”, sorride con le lacrime agli occhi Marco deciso a potersi rilassare sul suo comodo divano.
« No, non posso restare ferma ad aspettare. Devo fare qualcosa.», e il mondo di illusione del qui presente Marco era appena andato in frantumi. « Sapevo che era troppo bello per essere vero, allora qual'è il piano?», chiede il moro grattandosi la nuca stanco.
« Ehm... non lo so.», afferma sorridendo mentre il ragazzo allungava la mascella. « Su via, inventerò tutto sul momento.», dice Francesca afferrando i capotti di entrambi e trascinando il povero quanto sfortunato Marco presso una nuova avventura.
« No, aiutatemi, mi stanno rapendo!», urlava disperato mentre veniva trascinato dalla sorridente Francesca.


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Due mesi. Sessantuno giorni. Ore machisenefrega.
Felice. Maledettamente felice quando stringeva quel corpo bollente, vivo, realistico accanto a se. Era vestito, ma nonostante tutto sentiva il profumo della sua pelle che le faceva girare la testa e talvolta anche arrossire.
Maledettamente felice quanto facevano i piccioncini, con parole sdolcinate e bacetti vari sul tocco il corpo visibili e non.
Maledettamente felice di poter riabbracciare Manuel sentendo il calore di un altro uomo accanto a se, di non sentirsi sola e dover mantenere un peso così grande, di potersi rilassare al mattino bevendo una tazza di tè, accompagnando il bambino a scuola, andandolo a prendere, e giocare con lui.
Però la convivenza aveva anche i suoi svantaggi, non è vero?
« Leon smettila di poltrire sul divano e aiutami a pulire casa.» strilla arrabbiata Violetta con le mani ai fianchi. « Non capisco dove c'è ne sia il bisogno.», afferma tranquillo il moro mentre mangiava i suoi pop-corn cosparsi sul divano, sul pavimento, sul suo ombelico.
« Ohh.», stringe i denti la ragazza stringendo la scopa tra le mani alzandola in aria pronta per atterrare sulla testa di quel disgraziato sul divano. « Mamma, ho fame.»
“ Niente violenza davanti ai bambini. ” , si ripeteva come un mantra la mora riportando la scopa alla sua posizione originale.
« Ma certo, amore mio.», sorride fingendosi allegra la mora mentre un sopracciglio si muoveva velocemente. « Amore, già che ci sei potresti buttarmi questo sacchetto. », dice Leon porgendogli il sacchetto di patatine vuoto.
Violetta, prima di afferrare il pacchetto, osserva attentamente le due persone che erano presenti nella stanza soffermandosi a guardare il bambino che osservava la madre incuriosito.
« Lo sai che ti amo, no?», sorride divertito Leon vedendo la ragazza allontanarsi stizzita. « Se non lo sapessi ti avrei già buttato fuori a calci.»
« Dai lo sai che adoro vederti nervosa.», dice il moro aiutandola a sistemare e pulire ciò che aveva combinato. « Ti rende ancora più attraente.», sorride Leon avvicinandosi alla ragazza e stampargli un bacio sulle labbra.
« Leon c'è il bambino.», osserva rossa la ragazza mentre il bambino girava attorno ai due contento. « Mamma e papà si sono baciati, mamma è papà si amano.», gioisce il bambino saltellando contento.
« Manuel saresti felice se io fossi il tuo papà?», domanda d'improvviso Leon fermando il bambino nel ennesimo saltello. « Ma tu lo sei, no? »
« No, non papà del cuore. Papà di sangue.», dice Leon guardando il bambino abbassandosi alla sua altezza. « Certo, ma non è possibile non è vero?», chiede sorridente il bambino.
Violetta e Leon si guardarono nei occhi, era forse arrivato il momento?
« A questo proposito dovremmo dirti una cosa.», inizia Violetta afferrando la mano del ragazzo accanto a se. « Voglio parlarti del tuo papà.»
« Il mio papà? Cosa devi dirmi?», domanda Manuel seduto sul divano agitando i piedi ansioso. « Vedi, tesoro, tuo padre prima che tu nascessi fece molto male alla mamma. »
« Male?», chiede il bambino non riuscendo a capire. « Non mi sembri stare male, mamma.»
« Però me ne ha fatto e tanto così ho deciso di non farvi incontrare. Per vendetta, per paura.», dice Violetta stringendo la mano di Leon. « Adesso, però, tuo padre si è rifatto vivo. »
« Davvero? Posso conoscerlo? », domanda elettrizzato il piccolo Manuel. « Tu l'hai già conosciuto.», gli rivela la ragazza facendo incasinare la mente del piccolo bambino.
« Manuel, tuo padre sono io.», sussurra Leon stringendo gli occhi deciso a non guardare l'espressione del bambino. « Tesoro stai bene?», domanda Violetta preoccupata dall'improvviso tacimento del figlio.
« Vado in camera.», dice soltanto Manuel dirigendosi verso la sua camera con il viso rivolto al pavimento in silenzio.
Aveva bisogno di assimilare quella notizia, di esserne felice a modo suo, ma adesso non voleva fare altro che piangere? Lacrime di tristezza, rabbia oppure felicità? O forse tutte.


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« Francesca vorresti dirmi dove stiamo andando?», prega Marco chiedendo una risposta mentre veniva trascinato per il colletto del maglia. « Mi sembra ovvio dobbiamo parlare con Leon.»
« E' questa la tua idea?», domanda Marco speranzoso. « Ovvio che no, è il piano B. », afferma la mora trascinandolo in un negozio di costumi.
« Va bene Francesca, ma mi spieghi perchè dobbiamo vestirci così.», chiede Marco togliendosi la testa di coniglio. « Non ti sembra ovvio? Dobbiamo seguirla per scoprire dove abita e parlarci a quattrocchi.»
« Non sarebbe più semplice chiamarla e sapere in quale hotel si trova?», domanda Marco esasperato. « Si, ma non sarebbe divertente.», sbuffa Francesca incitandogli di rimettersi la testa.
« Shh, eccola che arriva seguiamola.».
Santi che siete lassù auguratemi buona fortuna.

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Capitolo 25
*** E' davvero possibile vivere felici e contenti? E se ci fosse il terzo in comodo? ***


E' davvero possibile vivere felici e contenti? E se ci fosse il terzo in comodo?.


« Francesca, sono due ore che camminiamo arrenditi l'abbiamo persa.», sospira affranto Marco non riuscendo più a reggersi in piedi. « Eh no, caro mio. La rossa non riuscirà a rovinare il mio capolavoro.», dice la mora digitando velocemente un numero sul cellulare.
« Pronto?», si sente dall'altro capo del telefono. « Ludmilla bisogna radunare la squadra il peperone rosso è tornato.»
« Si, signora lascia fare a me. Riunione a casa mia.», dice la bionda riattaccando subito dopo. « Ebbene, su Marco andiamo?», sbotta spazientita la mora alzando il fidanzato svenuto sul pavimento.
« Uomini, dei veri rammolliti.», sospira caricandoselo su una spalla.


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Leon, in tutta la sua vita, non si è mai sentito così agitato e ansioso.
Ne aveva passati di momenti terribili tra cui l'esperienza con Violetta che possiamo dire che sia la più drammatica. Erano parecchi minuti che se ne restava seduto su quella poltrona, con le mani sulla testa e il viso rivolto al pavimento mentre Violetta gli portava un bicchiere d'acqua sedendosi sul bracciolo della poltrona accarezzandogli la testa di tanto in tanto.
Soltanto il rumore della porta riesce a far rinsavire i due. Manuel li stava osservando con il viso bagnato e gli occhi rossi e nonostante sentiva le gambe molli niente poteva fermarlo a sentirsi stringere tra le braccia di quell'uomo che non era altro che suo padre.
« Desideravo tanto che fossi tu mio padre.», si stringe a lui in bambino piangendo sulla sua maglietta nera. « Lo so.», pronuncia soltanto Leon avvicinando la testa del bambino alla sua spalla.
Violetta osservava la scena con le lacrime agli occhi, sorridendo, dietro di loro. Aveva sbagliato per tanti anni, ma tutti possono avere una seconda possibilità, no?
« Però non posso perdonare la mamma.», singhiozza il bambino aggrappandosi alla sua maglietta. « Come? Ma che stai dicendo Manuel?», lo rimprovera Leon notando che per fortuna la mora non era arrivata a comprendere la situazione.
« Mi ha mentito, ho sempre mentito. A me e a te.», sussurra piano il bambino sulla stoffa di cotone. « Lei l'ha fatto perche ti ama.»
« No.», strilla quasi il bambino scuotendo la testa sul suo petto. « L'ha fatto per se stessa, perchè a me non vuole bene. Mamma è bugiarda.»
« Manuel, ascoltami.», dice Leon accarezzandogli la testa. « A volte gli adulti dicono delle bugie per poter proteggere le persone che amano. Però non per questo sono considerati bugiardi. Tua madre ti ama, su questo non puoi dubitare. »
« Si, ma...», pronuncia il bambino asciugandosi una lacrime con la manica della camicia. « Mi prometti che la perdonerai?»
Dopo un attimo di smarrimento Manuel sorride annuendo anche se sapeva quando fosso difficile. Infondo era ancora arrabbiato con la madre.
« La cena è pronta.», annuncia Violetta entrata nel salotto. « Sisi.», risponde il bambino facendo meravigliare la mora ferita.
« Tempo, dagli del tempo.», gli dice Leon guardando la figura del bambino voltare l'angolo diretto nella sala cucina.


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« Il peperone è tornata davvero allora.», contasta Ludmilla osservando la foto che ritraeva Francesca e Marco vestiti da coniglio mentre alle loro spalle si intravedeva il volto di Camilla. « Se sia davvero lei.», ribatte Diego spostandosi la foto lontano dai suoi occhi.
« E' lei, ovvio che si.», sbotta nervosa Francesca strappandogli con poca delicatezza la fotografia. « E il piano?», domanda Diego stendendosi sulla sedia mettendosi comodo.
« Semplice dobbiamo impedire che si incontri con Leon.», dice noncurante Francesca. « E come pensi che dovremmo fare?»
« Elementare Marco, due di noi dovranno pedinare il peperone mentre gli altri due danno la notizia a Leon e cercare di capire come risolvere la faccenda.», spiega la mora sistemandosi la ciocca di capelli. « Chi dovrebbe inseguire il peperone?», domanda Marco preoccupato di sapere la risposta.
« Per questo ve ne occuperete tu e Ludmilla.», afferma decisa Francesca. « Meno male.», sospira Marco bellamente zittito da una fulminata da parte della ragazza.
« Dobbiamo travestirci?», chiede elettrizzata la bionda mentre Francesca annuisce mostrando i due vestiti da spia. « Oh no, un'altra patita di cosplay.»
« Sù Marco non perdere tempo, andiamo!», strilla la bionda trascinando il ragazzo che nella sua mente riviveva un senso di deja vu.
'Perchè capitano tutte a me. ', sospira il moro mentre Diego gli augurava buona fortuna con lo sguardo mentre lui gli augurava lo stesso.
Gli amici si compatiscono a vicenda, soprattutto se le loro moglie sono due svitate fissata con i costumi.


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« Leon!», urla Violetta dall'altra parte della stanza. « Potresti prendermi della cioccolata?»
« Violetta, amore, ma il negozio è a mille isolati lontano da qui e in più piove e fa freddo. », si lamenta Leon desideroso di rimanere in casa sdraiato con la ragazza usando la scusa di riscaldarsi a vicenda per abbracciarla tutta la notte. « Leon devo ricordarti l'ultima volta che non hai fatto quello che ti ho detto?», dice con tono maligna la mora.
« No, no. Vado subito!», esclama Leon coprendosi la testa e la parte intima con le mani.
In gran fretta spalanca la porta non notando la persona che stava per bussare finendo quindi per scontrarsi.
« Ahio, scusami non ti avevo visto.», si scusa Leon. « Leon, sei tu?», domanda una voce fin troppo familiare.
« Camilla?», contasta il ragazza alzando lo sguardo. « Mi sei mancato.», e la rossa fa combaciare le loro labbra.
« Leon perchè sei ancora q-».
E' davvero possibile vivere felici e contenti? E se ci fosse il terzo in comodo?

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Capitolo 26
*** L'essere umano è codardo quando si trova difronte ai problemi. ***


L'essere umano è codardo quando si trova difronte ai problemi.


''Rimanere muti, immobili senza respiro perchè non puoi parlare. Non puoi urlare, spintonarla e strillare che sta baciando il tuo uomo, non puoi cacciarla di casa con un bambino in grembo, non si può rompere un'amicizia così forte e indispensabile. Il cuore va in pezzi, la mente si spegne, ma il viso impassibile"


<< Hei piccioncini, ricordate che in questa casa ci sono dei bambini?>>, ridacchia a mezzo sorriso il più falso che abbia mai fatto nella sua vita. << Invidiosa, tesoro?>>, ribatte la rossa stringendosi al moro mentre lui rimaneva immobile, ma il viso addolorato.
<< Non sai quanto!>>, mormora cambiando il tono con fare scherzoso anche se quelle parole le avrebbe facilmente urlate. << Mi sei mancata.>>, rivela la mora allargando le braccia coinvolgendola in uno stretto abbraccio.
<< Anche tu, molto.>>, sospira Violetta sul suo collo. Non poteva mentirle, infondo sentiva un senso di vuoto dentro il suo stomaco. << Hai portato dei regali?>>, cambia argomento Violetta non guardando nemmeno una volta il moro nei occhi.
Perchè? Perchè sapeva che se mai l'avesse fatto sarebbe caduta nel buio più totale, immergendosi in cui occhi verdi il mondo intorno a lei si sarebbe fermato, si sarebbe lanciata a capo fitto al forte sentimento che cresceva dentro quell'esserino che noi comunemente chiamiamo cuore dell'amore. Però perchè adesso sentiva come se una freccia ci si fosse conficcata dentro?
<< Sei troppo vecchia per i regali.>>, l'ammonisce la rossa posando le buste sul tavolo. << Manuel? Ho qualche regalo per lui.>>
<< Dorme.>>, afferma la mora ringraziando che il figlio non abbia assistito alla scena. Lui non deve vivere nel dolore e nella speranza di aver il padre sempre con se. << Brodway?>>
La rossa che un attimo prima sorrideva mostrando i vestiti per il bambino si ferma diventando seria e fermando il suo prossimo movimento.
<< Non è più a questo mondo.>>, la rossa si siede sulla sedia ridacchiando. << E' stato difficile vederlo ridotto così, lui mi stava aspettando e io l'ho ucciso.>>, sussurra la rossa con gli occhi bassi.
<< L'hai ucciso?>>, domanda Violetta confusa. << Nonostante fosse stato proprio lui a lasciarli, in un secondo momento ho lottato per il nostro amore, per il bambino che porto in grembo, ma è venuto a sapere del fidanzamento.>>, la mora stringe i pugni nascosti dalla tovaglia del tavolo.
<< Non sapevo del suo ritorno, mia madre l'aveva cacciato prima che lui arrivasse a me, quelli sarebbero stati i miei ultimi momenti con lui.>>, singhiozza asciugandosi il viso con la manica della camicia. << Non smetterò mai di volergli bene, e anche sapendo questo tu mi vuoi al tuo fianco?>>, domanda la rossa rivolgendosi al ragazzo muto alle sue spalle.
<< Sempre, no?>>, sorride sereno abbracciandola da dietro mentre Violetta sofferente annuiva. Spezzare un qualcosa del genere era da egoisti, loro due si amavano, no? Lei era l'unico sbaglio e pertanto doveva farsi da parte. << Sono stanca.>>, annuncia Violetta dando un ultima occhiata al ragazzo parlandogli negli occhi. Va tutto bene, ecco cosa dicevano.


*



<< Piano fallito, il peperone è nella casa, ripeto il peperone è nella casa.>>, afferma Ludmilla avvicinando il walkie talkie mentre la risposta arrivava immediatamente. << Lo vedo. Sono difronte alla casa.>>
<< E ovvio siete l'uno accanto all'altro.>>, affermano insieme Marco e Diego esasperati. << Oh già.>>, confermano le due donne ridacchiando.
<< E allora? Torniamo a casa?>>, domanda Marco che la domenica vorrebbe starsene nel suo caldo letto riempendo di coccole la sua fidanzata. << Casa? Non capisco che la mia migliore amica ho bisogno del nostro sostegno?>>
<< Domani, tesoro, andiamo a casa!>>, implora il ragazzo, anche se un attimo dopo la prende tra le sue braccia prendendola come un sacco di patate mentre Diego copiava il suo movimento.
<< No, lasciateci andare.>>, strillavano le ragazze battendo i pugni sulle loro schiena e quella notte i due giovani , per due volte, stavano quasi per rischiare la galera.
Mai contraddire una donna!


*



Non volevo arrivare fino a tanto. Avevo giurato a me stessa di non dipendere mai da nessuno, credevo di potercela fare con le mie sole forze, di non procurare fastidi di ogni genere, ma forse non è male chiedere aiuto ogni tanto.
Con le valigie tra le mani, Manuel che dormiva al in piedi e l'orologio che segnava le sei del mattino, la mora lascia un ultima occhiata alla sua casa, dove aveva vissuto i suoi istanti di maturità, sospira lasciando cadere il biglietto sul tavolo.
Il telefono che portava nella tasca del pantalone prese a vibrare. La ragazza risponde conoscendo il mittente dall'altro capo del telefono.
<< Papà sto arrivando non essere preagitato come al solito.>>, mormora stanca la donna. Non aveva dormito per niente la notte precedente. << Ti voglio bene anch'io.>>, termina così la chiamata.
Stava scappando, un altra volta, se ne rendeva conto, ma non voleva ammetterlo. Non le importava più se avrebbe dovuto vivere nella stessa casa di Jade, non le importava se suo padre l'avrebbe riempito di domande, non voleva più sentire quel dolore insopportabile.
Addio, arrivederci mia dolce casa.


*



<< Violetta, tesoro mio, non riesco a credere che tu sia di nuovo in questa casa.>>, la stringe forte Olga e con le mani congiunte annuncia di voler preparare un dolce per festeggiare. << Mi sei mancata, piccola bambina.>>, l'abbraccia tenero Roberto guardando la sua "bambina" crescere.
<< Papà non è venuto a salutarmi?>>, ma la ragazza non termina neanche la frase che si trovava due braccia stringerla intorno al busto facendole mancare il respiro.
<< Papà non respiro.>>, rivela a tratti mentre il padre mollava la presa.
L'uomo sorride accarezzando il viso della sua bambina, ormai diventata donna che teneva stretto fra le sue mani quella piccola creatura. Dopo essersi spuppazzato anche il piccolo Manuel, nonno è nipote vanno a giocare nella nuova stanza di quest'ultimo.
<< Bentornata a casa.>>, sorride serena Jade sopprimendo la voglia di abbracciarla. << Casa? E' vero.>>, annuisce la mora.
<< Vuoi ti aiuti a disfare le valigie, vuoi che ti prepari il bagno oppure vuoi...>>, la mora sorride al nervosismo della donna che pochi anni fa non avrebbe fatto niente del genere. << Frena, frena ho capito. Tu ci sarai sempre per me.>>
La donna annuisce teneramente avanzando verso la ragazza accarezzandole la guancia. Non è poi così male essere tua madre, ecco cosa pensava la donna.
<< Come mai sei ritornata qui?>>, domanda la donna osservando il viso sofferente della ragazza. << Vuoi parlarmene?>>
<< E' una storia abbastanza lunga.>>, risponde la ragazza rivolgendo l'attenzione al pavimento. << Ho tutto il tempo del mondo.>>
Fidarmi o non fidarmi?
<< Okay.>>, ormai ho commesso tanti errori, un altro in più non fa differenza. << Il tutto parte dal motivo per cui io e Leon ci siamo lasciati e il motivo per cui ho lasciato questa casa e tutta la mia vita.>>, incomincia la ragazza mentre la donna annuisce. << Leon mi ha violentata.>>, sbotta la mora mentre Jade allarmata le afferra distinto le mani. << L'ha fatto per gelosia, per disperazione, non so cosa gli passasse nella mente quella notte, ma quella fu l'ultima volta che lo vidi prima di scappare da tutto e da tutti. Mi sono rifugiata nel mio rifugio contando soltanto su me stessa e non provocando fastidio a nessuno. Soltanto pochi conoscevano dove abitavo, gli amici più fidati, ma con il tempo anche loro smisero di venire a trovarmi. Non è stato colpa loro, ma il tempo e il lavoro e il mio carattere scostante li ha allontanati.>>, mormora triste la ragazza. << Ho continuato questa vita per tre lunghi anni, quando nella mia vita mi riappare lui. Non so come, ma con il tempo il risentimento nei suoi confronti scemava sempre di più e la consapevolezza che lui non poteva essere mio, padre di Manuel perchè fidanzato con Camilla, mia migliore amica e incinta di un altro uomo, mi struggeva.>>, stringe la mano della donna che l'ha osservava dispiaciuta.
<< Mentre Camilla era via ci siamo lasciati andare dalla passione, ci sia baciati rivivendo i momenti di un tempo, abbiamo vissuto dei felici momenti insieme a Manuel come una vera famiglia, fin quando il mio mondo non mi è crollato contro. Camilla era tornata.>>, singhiozza la mora lanciandosi tra le braccia della donna. << Non poteva amarlo altrimenti avrei ferito lei, non posso tradirla, Manuel potrà vedere suo padre quando vuole, ma non al mio fianco. Lui diventerà il padre di un altro bambino, lui non farà mai parte di noi.>>, sussurra mentre le lacrime attraversavano il suo viso.
<< Tu non sarai mai sola, ricordalo. Si sistemerà tutto vedrai.>>, sussurra la donna dentro al suo orecchio coccolandola fra le sue calde braccia mentre la mora stanca si lasciava andare ad un lungo sonno.





Angola autrice: Heilà, eh già ho aggiornato.
Violetta non sa cosa far, come ogni volta decide di sacrificare la propria felicità e scappare davanti ai problemi. Manuel, infondo vittime dei tre adulti, si trova catapultato in una nuova casa, per il momento, dai due nonni. In questo capitolo non ritroviamo la riflessione del bambino, ma nel prossimo il bambino chiederà del padre, ma sarà molto difficile da spiegare. Camilla si ritroverà così a vivere da sola, senza sapere il vero perchè della partenza della ragazza, mentre Leon si è dovuto adattare al mondo della ragazza. Ma prima o poi Camilla dovrà sapere la verità, no?
Ah, ho scritto una nuova storia si chiama: Guardian Angeles, spero che passerete a leggerla e mi farete sapere il vostro parere.<3 Alla prossima, un bacio a tutti i miei lettori.

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Capitolo 27
*** Decisione ***


 

                                                                  Decisione


Invidia. In modo molto approfondita può’ essere definita come il rammarico e risentimento che si prova per la felicita’, la prosperità e il benessere altrui, sia che l’interessato si consideri ingiustamente escluso da tali beni, sia che  già possedendoli, ne pretenda l’esclusivamente il godimento… e’ il desiderio frustrato di ciò che non si può raggiungere per difficoltà o ostacoli non facilmente superabili, ma che altri, nello stesso ambiente o in condizioni apparentemente analoghe, ha vinto o vince con manifesto successo.
 Era questo ciò che provava rinchiusa in quella stanza afosa, quella che le era sempre stata appartenuta, ma mai come oggi poteva sentirla più lontana. Non riusciva a capacitarsi nel perché non riusciva a sentirsi a casa, del perché non riuscisse a provare quel bricioli di serenità che avrebbe potuto abbattere la sua amarezza. Talvolta riceveva delle profonde fitte sul petto, talmente forte che la portavano a stringere i denti, il volto brandiva di sudore e le gambe le cedevano. 
 Spesso si perdeva in cattivi pensieri, troppo oscuri e troppi disperati. Si sentiva da un certo punto di vita molto egoista. Era consapevole certo del suo atto eroico, di sacrifici, ma col tempo si manifestavano gli attimi di cedimento. Iniziava a porsi mille domande senza avere una risposta completa e vera.
E se fossi rimasta con lui? E se Camilla non fosse mai esistita? E se Manuel non fosse mai esistito?
Quando arrivava a quest’ultimo conclusione si sentiva una donna davvero meschina e si uccideva dentro. Manuel era la sua unica luce senza la quale adesso sarebbe cascato in un pozzo senza fondo. Era la sua allegria, la sua fanciullezza, la sua ingenuità a portarla  a sorridere, di tanto in tanto. Anche lui sentiva la sua mancanza, ma ciò non toglie che il loro posto era lontano, lontano da lui. 
Sapevo allo stesso tempo di essere una vigliacca. Stava scappando. E lo sapeva bene.
 <<  Mamma?>>, Manuel - che si ritrovava disteso sul letto della madre- emette uno sbadiglio stropicciandosi gli occhi. << Ritorna a dormire>>, sospira Violetta stringendosi a lui in un caldo abbraccio.
<< Mamma, non voglio dormire.>>, dice strofinando il naso sul petto della madre. << Come mai?>>
<< Ho paura che se chiudo gli occhi anche tu potresti andare via.>>, mormora Manuel. << Non succederà, mai.>>

 

 

 

 

                                                                                                             *

 

 Ludmilla Ferro. Ventinove anni. Professione casalinga professionale sotto la direzione del marito Diego Dominguez. E’ sempre stata una ragazza eccentrica, molto variopinta e senza peli sulla lingua. E’ molto sentimentale e impicciona. Pero la cosa che odio di più al mondo e che qualcuno ignori le sue chiamate anche se era quel idiota del suo migliore amico. 
<< Leon Vergas, razza di imbecille, ti decidi di alzare quella, maledetta, cornetta del telefono?>>, era ormai mezz’ora che sbraitava sul telefono mente il marito cerca di calmare in tutti i rimedi possibili. Ovviamente senza successo.
 L’uragano Ludmilla era difficile da gestire specialmente durante i suoi momenti si schizofrenia. Ovviamente tutto per colpa del marito. Era colpa sua che non aveva pagato le bollette del telefono, era lui se non aveva dormito tutta la notte a causa del suo troppo russare, e’ colpa sua che con il suo modo di fare la faceva innervosire ancora di più.
 << Diego, allontanati altrimenti potresti trovarti catapultato a calci in culo direttamente sul muro.>>, sbotta prendendo con rabbia la sua borsa e con passo felpato chiude la porta alle sue spalle.
Insomma se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto.

 

 

                                                                                                                

                                                                                                             *

Erano ormai settimane che si ritrovava rinchiuso in quel buco, con testualmente dovrebbe rappresentare la sua casa. Aveva appena finito di parlare con sua madre che non smetteva di parlare di questo presunto matrimonio e di questa presunta futura famiglia.  Erano giorni che aveva il solito sorriso finito stampato sul viso, gli stessi occhi di commiserazioni, e la stessa parte ripetuta per giorni e giorni.
Perché’ sempre lui doveva essere lasciato? Perché doveva sempre accontentarsi delle decisioni altrui? Perché deve sempre sottomettersi e subite passivamente tutto ciò che non desidera?
D’ altra parte era consapevole che se Violetta vuole vivere una vita senza che lui ne faccia parte non deve fare altro che accettarlo. Di nuovo.
Improvvisamente un battito di mano che battono fortemente sulla porta lo distolgono dai suoi pensieri.
<< Leon Vergas, apri subito questa porta.>>
Ludmilla?
<< Ludmilla che cosa ci fai->>, neanche il tempo di finire la frase che si ritrova catapultato sul pavimento con la guancia dolorante. << Ma che cosa ti prende?>>
<< Perché non rispondevi alle mie chiamate?>>, gli domanda incrociando le mani sui fianchi furiosa. << Non avevo voglia di ascoltare le tue prediche.>>
<< Eh no razza di imbecille adesso mi ascolterai forte e chiaro.>>, esclama per poi continuare.<< Alza in culo da quel pavimento sudicio che ti ritrovi e fatti a prendere la tua famiglia. Non mi interessa quale scusa avete inventato per stare lontani, ma dovete sistemare questa cosa. Non voglio di nuovo vedere freddo, senza amore.>>
<< Non posso.>>, abbassa gli occhi amareggiato portandosi la mani sui capelli.<< Codardo!>>
<< Cosa vuoi che faccia? Vuoi che lasci Camilla negli ultimi instanti della gravidanza, vuoi che abbandoni tutti gli anni in cui ho passato a compiacere i desideri di mia madre, vuoi che subisca nuovamente un rifiuto che potrebbe uccidermi definitivamente?!>>, esplode distrutto stringendo forte i pugni.
<< Esatto. Lasciati tutto alle spalle, non vivere una vita piena di punti interrogativi, di forse. Per una volta non ascoltare la tua testa.>>, termina la bionda. 
Il moro che per tutto il tempo era rimasto disteso sul pavimento si alza lentamente stringendo ancora molto forti i pugni delle mani. Aveva preso una decisione e non sarebbe tornato più indietro.

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