Anarchist Hunters

di LianaGrindcore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Chi sei, tu? ***
Capitolo 2: *** 1.2 Spy ***
Capitolo 3: *** 2. Trust ***
Capitolo 4: *** 3. Angylah Rye ***
Capitolo 5: *** 4. What is love? ***



Capitolo 1
*** Prologo - Chi sei, tu? ***




Trailer della storia: https://www.youtube.com/watch?v=5ejGqBV3GSA&feature=youtu.be









Prologo - Chi sei, tu?


 


Dicono che quando nasci subito dopo sei già destinato a qualcosa.
Ed è vero. Ognuno di noi è fondamentale in questo mondo, siamo destinati a qualcosa di grande, solo che non lo scopriamo facilmente. Alcuni di noi muoiono senza scoprirlo e così passano l’eternità nell’aldilà a sentirsi inutili, con la consapevolezza che non hanno fatto niente di eccezionale nella propria vita. 

Io ero una bambina come tutti gli altri.
Ero una piccola peste che non faceva altro che far arrabbiare i propri genitori, se solo tornassi indietro li abbraccerei molto di più. E poi non so se ero davvero una piccola peste, ricordo davvero poco del mio passato. Ho dei ricordi sfocati ma è meglio di niente.
Ricordo il volto di mia madre. Era davvero bellissima, una semplice donna con lunghi capelli biondi ed occhi magnificamente azzurri.

Ho preso da lei il colore degli occhi e forse anche la forma.
Ector, quello che dovrebbe essere il nome di mio padre, aveva i capelli neri come i miei. O almeno credo. In realtà non ricordo niente di mio padre, non ho nessun ricordo di lui, so solo che c’è stato ed adesso… non c’è più. Proprio come mia madre.

Sono andati via insieme.
Sono morti un po di anni fa ma non ricordo come.

Ero una normale bambina di sei anni prima che morissero.
Dopo la loro morte tutto cambiò ma non ricordo se prima o dopo del funerale, non ricordo nemmeno se ci fu un funerale. Ricordo solo che da un giorno all’altro, non so quando precisamente, mi ritrovai sola in compagnia di una persona che non conoscevo.

Ed adesso questa persona è l’unica di cui mi fidi.
Gustav, questo è il suo nome, si è sempre preso cura di me. Lui mi ha dato una casa, mi ha fatto sentir protetta, amata e non sola. Stav, come amo chiamarlo io, mi ha insegnato tutto quello che adesso so. Non si è fatto scrupoli. Ha preso una bambiba di sei anni, ormai abbandonata al mondo, e l’ha cresciuta come solo lui potrebbe fare. Ha preso questa bambina di soli sei anni e l’ha resa la cacciatrice più potente di tutti i tempi. 

Non ho mai capito del perché lui avesse scelto me, del perché lui fosse così sicuro che Angylah Rye sarebbe potuta diventare una delle più potenti cacciatrici di vampiri. Forse non ho mai avuto il coraggio di chiederglielo o forse non mi è mai interessato davvero. 

Per i miei 13 anni, il mio caro Stav, mi fece un enorme regalo.
Lui lo chiamavva “regalo” ma sapevamo entrambi che c’era un motivo per il quale portò a casa altre due ragazze che avevano più o meno della mia stessa età. Secondo lui mi sarei bevuta la  storia del “volevi una famiglia e ti ho portato due sorelle” ma non è stato così. 

Helysia e Cassie sono diventate veramente delle sorelle, per me. E credo che lo pensino anche loro. I nostri destini si sono intrecciati ed il nostro compito è quello di distruggere le intere popolazioni di vampiri che regnano su questa Terra. Nessuno escluso. Non  c’è tempo per la pietà, c’è tempo solo per la vendetta e noi la nostra non l’abbiamo ancora  avuta.

Le mie “sorelle” iniziarono fin da subito a chiamarmi Angie e, grazie a questo soprannome pensato così per caso, adesso nessuno riesce a collegare Angie Laryas a Angylah Rye. E’ così che riesco a sfuggire ed uccidere la maggior parte dei vampiri che incontro, se non tutta. 
Sono la più forte delle tre, questo è risaputo.

Ysia e Sie, i loro soprannomi inventati da me per il semplice fatto di tenere anche loro al sicuro, non sono paragonabili alla mia dote di cacciatrice. Esse sono cresciute insieme, si sono allenate insieme e sono ciò che sono perché sono state sempre insieme.

Io sono cresciuta da sola. 
Non ho avuto nessuno al mio fianco, nessuno che mi proteggesse da un Stav arrabbiato o da tutto ciò che mi aspettava. Secondo Stav è per questo che sono diventata la più forte.

Ma lui aveva un piano già dall’inizio; Stav  aveva fatto crescere Ysia e Sie lontane da me ma le aveva fatte crescere insieme. Aveva insegnato ad Ysia a difendersi e il difendere le altre, cioè me e Sie. Aveva insegnato a Sie come attaccare. Aveva parlato chiaro fin dall’inizio, con loro. Dovevano combattere ed essere pronte per essere al mio fianco. 
Ha dato loro l’opportunità di essere a contatto con altre persone, di essere delle persone. 

A me no. 
Io sono stata isolata fin da subito. Per me la mia vita è iniziata proprio quando avevo sei anni, del passato non ricordo quasi niente. E’ come se fossi rinata in quel momento. 
Stav mi trattava come se fossi una delle Killer più spietate al mondo ma, in realtà, ero solo una bambina piena di paura. Una bambina che una volta cresciuta non ha potuto far altro che dire “Grazie Stav”.



 
.



 
Quando una delle tue sorelle decide di andar lontano, in un posto che a nessuno vuol dire, e ti ritrovi ad affrontare tutto senza di lei, senza il suo aiuto e la sua forza allora ti rendi conto di quanto indispensabile sia per te. 

Ysia e Sie si sono sempre sentite imponenti senza Angie ed ecco perché la sua improvvisa partenza, di un mese fa, aveva lasciato tutti molto scossi e sorpresi. Non è un mistero il fatto che senza di lei non erano in grado di far niente. Angie era la loro forza, Angie è la forza ed Angie dev’esserlo ancora.

Stav aveva bisogno di lei. 
Non si era dato pace da quando la ragazza entrò nel suo studio e, come se niente fosse, disse: “Devo andare via. Solo per un po’. Non cercatemi, Stav. Quando ci sarà davvero bisogno di me sarò qui da voi in un nanosecondo”. Stav era rimasto a dir poco schoccato ma non aveva avuto la forza di fermarla.

Certo, non che mettersi contro una potente cacciatrie fosse nei suoi piani ma… accidenti! Aveva cresciuto e allenato lui quella cacciatrice di cui era dannatament fiero ma paurosamente spaventato.

Angie stava mandando a monte tutti i loro piani, tutti i suoi piani.

Dovevano trovare una soluzione e dovevano farlo subito.
Da quando si era sparsa la voce che una delle tre cacciatrici più temute era praticamente svanita, ma non scomparsa, ogni vampiro di una qualsiasi razza si era presentato a Firenze con l’inteto di uccidere le altre due. 

Il problema era proprio la frase “svanita, ma non scomparsa” a far venire i brividi alle ragazze e sopattutto a Stav. Non era preoccupato per Ysia e Sie, loro se la sarebbero cavata insieme mentre invece Angie si trovava là fuori da qualche parte praticamente indifesa.

Sì, Angie era forte ma non immortale, ed in più era sola.

-“Forse dovremmo darle più tempo. Angie è andata via per qualche motivo a noi sconosciuto ma tornerà.”- sospirò Sie sprofondando nella poltrona in pelle. Non ne era sicura nemmeno lei del fatto che Angie sarebbe tornata ma si fidava di lei. Angie non avrebbe mentito alle proprie sorelle.

Stav battè il pugno sulla scrivania -“Non abbiamo tempo. I vampiri continuano a moltiplicarsi. Bisogna agire, non possiamo lasciare che ne nascano degli altri.”- non poteva lasciare che tutti i suoi sacrifici andassero perduti. Angie doveva tornare e dove farlo adesso.

Sie sobbalzò nel mentre Ysie si alzava di scatto dalla sedia. Puntò il suo sguardo in quello chiaro di Stav; era il suo capo ma non il suo padrone. Nessuno doveva osare mettersi contro di loro e se Angie le aveva insegnato qualcosa allora era proprio il “non lasciare che ti mettano i piedi in testa. Tu sei più forte” e questa regola valeva anche per Stav.

Infatti l’uomo abbassò subito il suo domandandosi dove aveva sbagliato. 

Sbuffò, roteò gli occhi e poi decise. Era ora che le sue adorabili ragazze si scontrassero con i vampiri più forti mai esistiti. Angie non poteva rinunciare ad una cosa del genere, aspettava con ansia quel momento.
Sarebbe tornata davvero in un nanosecondo. Ed a quella affermazione Stav ghignò.
-“Ho un lavoro per voi.”- rialzò lo sguardo con un po’ di più coraggio –“tre vampiri, so che non mi deluderete.”- sorrise alle faccie sconvolte delle ragazze. Oh, quante cose ancora dovevano imparare.

Sie si alzò di scatto facendo cadere la sedia, un rumore tonfo riempì la stanza –“Non possimo!”- urlò più a sé stessa che a lui –“Non abbiamo mai distrutto tre vampiri, non senza Angie”- non se non sarebbe tornata, non se… e se…? 

Sie voltò la testa verso Ysia, cercando la sua approvazione che non tardò ad arrivare. Stav stava giocando sporco e a loro non piaceva giocare sporco. Angie lo considerava anche come un padre ma per loro era solo l’uomo pieno di segreti che le aveva strappate da una vita normale per farle entrare all’inferno.

Nel suo inferno.

Ma se Stav voleva giocare sporco allora l’avrebbero accontentato. Ripagandolo con la stessa moneta. 
-“Dove?”- chiese solamente Ysie raccogliendo i suoi capelli scuri in una coda alta.
-“Germania, più precisamente ad Amburgo. Vivono lì, vi stanno cercando ma non si sposteranno prima di altre tre settimane. Avete un po’ di tempo.”- riferì loro, con sguardo fiero.

-“Germania”- ripetè Sie fissando Ysie. 
Angie amava la Germania e questo lo ripeteva in continuazione quando era ancora lì con loro. Però Stav non lo sapeva, Stev non sapeva mai cosa passasse nella testa di Angie. –“Chi sono?”- continuò.

Stav guardò fuori dalla finestra, rifiutandosi di guardarle in faccia –“Non ho molte informazioni. Due sono gemelli, per il terzo non so proprio niente. Trovateli.”- sorrise. Angie avrebbe amato quel misterioso caso.

-“Non sono abbastanza informazioni Stav, non possiamo trovarli così!- esclamò Ysie.

Questa volta Stav si voltò a fissarle –“Oh, li troverete.”- concluse. -E così Angie ama la Germania, eh?- pensò mentre le ragazze lasciavano la stanza non poco sconvolte. 



 
.



 

Non era mai stata un’amante delle discoteche. Preferiva di gran lunga i concerti, non che ci fosse mai stata ma solo l’idea la madava in estasi. 

Però quella sera si trovava lì, davanti la porta di quella discoteca pronta a violentarla con la musica che le avrebbe fracassato i timpani e quelle persone così strette che sembravano tanto delle sardine dentro un boccaccio di vetro.

Avrebbe dovuto affrontare la musica assordante ma anche le sue narici non si sarebbero salate; avrebbe scommesso anche milioni, quelle persone dovevano sudare come porci. Forse i porci erano anche meglio. 
Certo, l’idea di maiali che si rotolavano nel fango non era allettante ma cosa c’era di diverso che entrare dentro quel porcile? 

Eppure doveva farlo.
La sua vacanza stava per finire e avrebbe dovuto abbandonare la sua amata Germania per tornare nell’odiosa Firenza e tornare la cara e vecchia Angylah. Quella era la vita reale doveva tornarci. Non poteva più chiudersi nei suoi sogni ma nessuno le avrebbe strappato via quell’ultima sera di libertà.

Non sapeva perché si trovasse lì, aveva semplicemente seguito l’istinto. 
Così fece un bel respiro pronfono e varcò la soglia. In quel momento non sentii il frastuono della musica ma solamente un’odiosa musichetta che il suo cervello aveva elaborato sul momento. Tanto per accompagnarla nella sua impresa, gentile. No, per niente. Somigliava tanto a quelle musichette dei film d’horror.

Quando le persone iniziarono ad appiccicarsi addosso sii maledì mentalmente. Stupido istinto e stupido cervello per averle fatto pensare alla musica dei film horror!

Con non poca fatica riuscì ad arrivare in una zona tranquilla. 
Non sapeva cos’era o a cosa servisse. Il suo sguardò cadde sulla scritta “Privè”, alzò le spalle ed entrò. Si richiuse la porta alle spalle e finalmente la musica si abbassò di volume. Sospirò guardandosi intorno; la stanza era enorme tra colori che variavano dal nero al rosso. Dietro ogni tenda si trovavano dei divani e poltrone che sembravano così comode. Avrebbe dato oro solo per potersi sedere un po’. 

Alcune tende erano chiuse quindi dedusse che erano occupate. 
Una piccola ed accogliente musichetta iniziò a risuonare nella stanza. Forse avrebbe potuto avere un po’ di tranquilltà, forse il suo istinto voleva solo che si godesse quel posto.

Trovò una tenda aperta ci si fiondò dentro. Sprofondò dentro la poltroncina rossa, poggiò i piedi sul tavolino e chiuse gli occhi. Era stanca, doveva solo riposarsi un po’. Doveva solo godersi la sua ultima sera di libertà.

Riaprì gli occhi e il suo istinto la portò a girare il volto verso la porta che si aprì. Se il suo istinto voleva che si godesse quella sera allora aveva pensanto proprio a tutto! 

Non riusciva a staccare gli occhi da quel ragazzo poco distante da lei. Le venne spontaneo alzarsi per dirigersi verso di lui. Non era solo, era in compagnia di altri ragazzi e di altre ragazze ma le venne spontaneo fermarsi poco distante da lui. Il ragazzo incrociò il suo sguardo e ad Angie venne spontaneo anche poggiare la propria mano sul viso di lui.

Non la respinse. 
Quel ragazzo con  i capelli neri stava lì a fissarla immobile. Quel ragazzo con gli occhi truccati stava lì a poggiare la propria mano sul viso di lei. 

A quel ragazzo dagli occhi nocciola venne spontaneò chiederle –“Cosa sei, tu?”- in un sussurro che quasi Angie pensò di aver immaginato. 

-“Joseph?”- lo richiamò alla realtà il ragazzo accanto a lui, poggiandogli una mano sulla spalla. Joseph si voltò verso di lui ed Angie, tornando alla realtà, ci mise solo due minuti per sparire da quella stanza. Da quella discoteca in cui non voleva nemmeno entrare.

Stupido istinto.


 
End.
Continue...


 
Canzone del trailer: Lost in Paradise - Evanescence
Foto fatta da: Alexa Fazio (la foto non può essere presa ed usata da altri).

 
 

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Capitolo 2
*** 1.2 Spy ***








1.2 Spy

 
Si stavano guardano negli occhi, nessuno dei due riusciva a muovere un muscolo. C’era una strana forza esteriore che li teneva incollati a terra e una strana forza interiore che desiderava avvicinarsi, toccarsi. 

Il ragazzo teneva la schiena poggiata al muro con le braccia che ricadevano lungo i fianchi. Voleva rimanere lì fermo a fissarla ma un’altra parte di lui avrebbe voluto staccarsi da quel dannato muro e correre lì, da lei, ad abbracciarla e coccolarla. Sapeva di conoscerla, sapeva di averla già vista ma la sua mente non riusciva a collegarla con la sua vita. 

Quella ragazza era entrata nella sua vita solo poche ore prima ed adesso non riusciva a toglierla dai propri pensieri. Non riusciva a capacitarsi del fatto che una sconosciuta potesse fargli quell’effetto.

Sapeva che era sbagliato, sapeva che non doveva avere niente a che fare con quella ragazza. Lui era innamorato di Janice e doveva aspettarla, l’aveva promesso. 
Ma se Janice non fosse più tornata, se Janice fosse morta in un’altra Era e non avrebbe più avuto i mezzi per tornare allora lui doveva saper andare avanti, giusto? Stava aspettando già da troppo tempo ormai, ogni ragazza che aveva il suo aspetto non era mai veramente lei.

Janice non sarebbe tornata, quella sconosciuta invece l’aveva stravolto in due secondi. 

Aveva qualcosa di particolare, qualcosa che non aveva mai visto prima d’ora. Non riusciva ad entrare nella sua testa, qualcosa lo teneva bloccato fuori ed il suo sangue… il suo odore era qualcosa che non aveva mai sentito.

Voleva sapere cos’era perché di certo non era umana. Così, come poche ore prima, la domanda uscì dalla sua bocca senza che lui lo volesse –“Cosa sei, tu?”- chiese in un sussurro. Erano lontani ma sapeva che l’avrebbe sentito.

La ragazza chinò il capo di lato e lo guardò con curiosità.
Era seduta sul terriccio bagnato senza preoccuparsi del fatto che si sarebbe sporcata. La sua schiena poggiata ad un tronco d’albero, le spalle curve e le braccia abbravvano le ginocchia. Si sistemò una ciocca dietro l’orecchio e socchiuse gli occhi –“Cosa sono io? Cosa sei tu!”- esclamò guardandosi intorno –“E dove diavolo siamo?”- domandò con più curiosità.

Solo in quel momento lui si rese conto di non sapere come ci fosse arrivato lì. Erano in un bosco che  lui conosceva bene ma come faceva lei ad essere lì… quello era un mistero. –“Sono.. un ragazzo.  Forse ti sembro strano a causa del trucco?”- le sue labbra si curvarono in un piccolo sorriso, senza nessun motivo per sorridere. 

Lei sorrise quasi radiosa –“No, affatto. Sei bellissimo.”- e in quel momento quelle due parole le uscirono senza controllo. Abbassò gli occhi, quel tanto per distogliere gli occhi dai suoi –“Volevo dire… che…”- per la prima volta non aveva niente da dire; niente scuse, niente battute. 

Il sorriso del ragazzo si allargò e stava quasi per ridere dall’espressione buffa che aveva assunto la ragazza –“Anche tu lo sei.”- ammise –“Hai un qualcosa di straordinario. Mi dici che essere sei? Non ne ho mai visti come te.”- si mise le mani in tasca.

-“Sono Angie.”- si alzò abbassandosi un po’ la minigonna scozzese –“Sono Angie e sono italiana. Non ha mai visto una ragazza italiana?”- domandò provando a fare un passo verso di lui. Quella forza che la teneva ferma adesso non c’era più.

La fissò per un attimo e poi provò a fare la stessa cosa. –“So cosa sono le ragazze italiane. Intendo… sai che c’è qualcosa di speciale in te? Sai chi sei, Angie?”- chiese fermandosi ad un passo da lei. Era ancora più bella da così vicino e la cosa strana era che riusciva a sentire il suo calore, come poco prima in discoteca.

Angie alzò lo sguardo e lo puntò in quello di lui –“Non riesco a comprenderti. Joseph, giusto?”- il suo tono di voce adesso era ridotto ad un sussurro, quasi avesse paura che qualcuno potesse sentirli.
Il ragazzo prese la sua mano –“Joseph. Angie toccami, te ne prego.”- chiuse gli occhi mentre avvicinava la sua mano al proprio viso –“Riesco a sentirti ed è incredibile.”- ammise lasciandosi andare a quel calore.

Angie sorrise anche se un po’ confusa. Joseph era incredibilmente freddo ma non le importava. Si chiedeva solamente come potesse trasmetterle tanta sicurezza. Come un perfetto sconosciuto potesse farla sentire speciale.



Aprì lentamente gli occhi e quasi si maledisse per essere andata a letto così tardi. Quando era arrivata a casa voleva solamente buttarsi sul letto e farsi abbracciare da Morfeo, ma quando il suo corpo toccò finalmente il letto non potè far altro che pensare a poco prima. 

Si rigirò nel letto e si lamentò mumugnando qualcosa di incomprensibile.
Era scappata. Era scappata come una bambina di due anni scappa quando vede un insetto. Anzi, no. Era scappata come una codarda, come una normalissima ragazza senza coraggio. 

-“E poi da cosa sono scappata?”-

Era scappata da un normalissimo ragazzo, forse molto attraente ma normale. O forse no.
C’era qualcosa in quel ragazzo, qualcosa che l’aveva trascinata praticamente difronte a lui. Qualcosa l’aveva fatta alzare da quella poltrona.

E poi l’aveva anche sognato –“Accidenti quant’è bello!”- esclamò passandosi una mano sugli occhi –“Peccato che adesso si torna alla solita vita. Alla solita e noiosa vita. –“Le ragazze!”- quasì urlò mentre si ricordava di dover chiamare e avvertire le proprie amiche.

Scacciò le lenzuola con i piedi ed afferrò il cellulare sul comodino accanto al letto. 
Non le sentiva da un mese esatto, sperava davvero che non fossero arrabbiate con lei. Era sparita dalla loro vita senza dare spiegazioni, come se la colpa fosse loro ma la colpa era solo ed unicamente sua. Aveva bisogno di un po’ di tempo per sé, doveva uscire da quella vita e capire davvero chi fosse. 

Poco tempo prima di partire aveva scoperto che suo padre non era nella tomba accanto a quella di sua madre. Qualcuno aveva preso i resti di suo padre oppure suo padre non era mai morto. Doveva scoprirlo, doveva sapere in che casino di vita fosse nata e del perché tutto questo. Purtroppo non aveva scoperto proprio niente.

Sbuffò sedendosi sul letto e aspettando che Ysia rispondesse al cellulare, cosa che non tardò. Quando Ysia rispose al cellulare il cuore di Angie perse un battito. Respirò profondamente –“Ysia, sono Angie.”- rispose.

-“Angie?!”- si affrettò a rispondere –“Angie dove sei?”- chiese frettolosa di sapere tutto. 
Angie sorrise, la solita e vecchia Ysia –“Sono in Germania ma non preoccuparti, torno oggi.”- si alzò dal letto spostandosi i capelli dal viso.

Ysia sospirò ed Angie si bloccò di colpo –“Cosa succede? Perché hai sospirato?”- guardò la sua immagine nello specchio e si ricordo del sogno di poco prima.
-“Lo sapevo.”- disse solamente. Angie stava per chiedere spiegazioni ma si bloccò appena sentì Ysia urlare il nome di Sie. 

Sentì Sie afferrare il cellulare –“Tu! Sai cosa ci hai fatto passare?! Come stai? Va tutto bene, vero?”- chiese preoccupata ma l’unica cosa che Angie riusciva a pensare era il sospiro di Ysia.
-“Cosa sta succedendo a Firenze?”- provò a riformulare diversamente la domanda ma nessuno osava rispondere. –“Sie.. Ysia…”-

-“E va bene! A parte che troppi vampiri sono qui per ucciderci, bhè… Gustav ci ha mandate in Germania. Partiremo oggi e pensiamo che lui sapesse dove tu fossi.”- sospirò anche lei.

Angie scoppiò in una risata mentre scendeva le scale –“Ragazze questo è impossibile. Non ho detto a Stav dove mi trovo e non può saperlo. Vi avrà mandate qui solo per lavoro.”- sorrise aprendo il frigo e richiudendolo subito dopo.

-“E’ vero ma ci ha mandate lì per distruggere tre vampiri di cui due gemelli.”- intervenne Ysia.

Angie si bloccò un attimo sentendosi ossevata –“E con questo?”- chiese avvicinandosi alla finestra e guardando fuori. Isolato.

-“Non ci ha detto altro.”- l’unica risposta.

Angie guardò ancora  fuori e sbattè un paio di volte le palpebre. –“Impossibile. Come fate a trovare tre vampiri con così poche informazioni? Stav si sarà confuso.”- 
Eppure si sentiva ancora osservata.

Ci fu una lunga pausa finché Sie non prese parola –“Senti Angie ne riparliamo domani, saremo lì di mattina.”- 

Angie rispose con un semplice okay e chiuse la chiamata.

[…]

Voleva semplicemente aspettare prima di chiamare Stav ma erano già passate tre ore da quando aveva parlato con le ragazze e doveva chiedere spiegazioni. Stav non poteva sul serio pensare che Ysia e Sie potessero trovare tre vampiri con così poche informazioni. Forse si era dimenticato qualcosa, forse aveva altro per la testa.

In più non si sentiva più al sicuro.
Si sentiva una codarda, solo i codardi corrono da qualcuno solo nel momento del bisogno ma si sentiva davvero spiata. Qualcuno la stava pedinando dalla sera precedente e in più aveva scoperto dove vivesse.

Se si era spinto così in là, se l’aveva seguita persino fino a casa allora era una cosa seria.
C’era qualcuno che passava il tempo dietro di lei, qualcuno che voleva qualcosa e lei avrebbe dovuto scoprire cosa. Sarebbe stata sola solamente fino alla mattina seguente ma in un giorno può sempre succedere di tutto.

Era seduta su una panchina intenta a fissare il lago. 
Doveva chiamare Gusav e doveva farlo subito. C’era qualcosa sotto, non sapeva cosa volesse fare Stav ma avrebbe scoperto anche questo.

Appena prese il cellulare dalla tasta si rese conto che non era sola. Qualcuno era seduto accanto a lei e non si era accorta di quando e come fosse arrivato.
Voltò il viso alla sua destra e per poco non perse il respiro –“Ciao.”- si buttò avanti il ragazzo. Angie non rispose, non ci riusciva così il ragazzo le sorrise –“Ti ho vista da lontano. Sei la ragazza di ieri sera, giusto?”- chiese anche se sapeva già la risposta.

Angie spostò lo sguardo sul proprio cellulare, avrebbe chiamato Stav più tardi. Tornò a fissare Joseph e annuì. Egli sorrise ancora di più, se possibile, e nella testa di Angie tornarono le immagini del sogno.

-“Ti chiami Angie?”- ed a quel punto Angie sobbalzò. 
Si alzò di scatto dalla panchina e tornò a fissarlo con fare minaccioso –“Come  fai a sapere il mio nome?”- chiese quasi terrorizzata. Era lui che la seguiva, ne era certa adesso.

Joseph si alzò –“Ti ho sognata e nel sogno mi hai detto il tuo nome. Non ero sicuro che fosse vero ma a quanto pare lo è.”- sorrise ancora e a quel punto Angie avrebbe voluto strappargli quel sorriso e lasciarlo sanguinare fino alla morte.

Non riusciva a fidarsi. In più anche lei l’aveva sognato e se avevano fatto lo stesso sogno allora qualcosa non andava. Qualcuno aveva mandato ad entrambi lo stesso sogno e di questo ne sonoin grado solo i vampiri. Ma chi avrebbe fatto una cosa del genere? Perché un vampiro avrebbe dovuti farli incontrare? 

Angie si voltò verso un auto che era appena arrivata. 
C’era un ragazzo che li stava fissando ma da così lontano non riusciva a vedere chi fosse –“Qualcuno ci sta spiando. Devo andare.”- disse senza dare spiegazioni. 
Forse non era Joseph l’uomo che l’aveva seguita.

Joseph si voltò verso l’auto e poco dopo vide scendere Chris –“Merda!”- esclamò Joseph. Voleva dire ad Angie che era tutto okay, che lo conosceva ma quando si voltò verso di lei Angie non c’era più. –“Sto seriamente pensando che anche lei sia un vampiro.”- sbuffò avvicinandosi a Chris –“Cosa ci fai qui?”-

Chris aveva il volto contratto dalla rabbia –“Ti ho seguito. Ieri notte sei scappato, stamattina mi alzo e non c’eri. Che diavolo stai combinando con quella ragazza?!”- non voleva che Joseph frequentasse qualcuna. Lui era il primo a provarci con tutte ma sapeva che se a Joseph interessava una ragazza allora si sarebbe innamorato. 

Joseph salì sulla propria Audi rossa –“Fatti i cazzi tuoi, Chris.”- disse semplicemente partendo.



 
.

 
Aveva ancora un po’ di tempo prima chele ragazze arrivassero ad Amburgo.
Aveva chiamato Stav chiedendo spiegazioni che non erano arrivate. Era tutto così strano, Stav non si era mai comportato così. Angie aveva anche alzato la voce, se dovevano lavorare allora dovevano farlo bene.

Stav aveva riattaccato e questo non le era piaciuto.
Non aveva fatto nemmeno in tempo per raccontargli dell’uomo che la stava seguendo, così avrebbe dovuto cavarsela da sola, come sempre.

Ecco perché adesso si ritrovava nella sua auto a spiare Joseph.
Aveva fatto un po’ di calcoli ed era arrivata alla conclusione che era proprio lui che la stava pedinando. Non sapeva come o perché ma l’avrebbe di certo scoperto.

Joseph si trovava seduto ad un tavolino con il ragazzo che aveva visto poco prima al palco. Si conoscevano quindi. Stavano chiacchierando allegramente con un altro ragazzo e una ragazza entrambi biondi. 

Angie si accese una sigaretta, avrebbe desiderato con tutto il cuore poter sentire ciò che si stavano dicendo. Si distrasse un secondo e in quel secondo Joseph guardò nella sua direzione.

La ragazza sgranò un po’ gli occhi appena vide Joseph alzarsi e dirigersi verso di lei. Chris alzò lo sguardo e contrasse la mandibola mentre il proprio fratello aveva raggiunto l’auto.

-“Mi stai spiando?”- chiese piegandosi appena sullo sportello.
Angie sorrise, facendo uscire il fumo dalla bocca senza curarsi del fatto che lui era proprio di fronte a lei –“Non è la stessa cosa che stavi facendo tu oggi?”- alzò un sopracciglio.

Joseph sembrò quasi schoccato –“Come fai a saperlo?”- stava quasi per balbettare.
In quel momento, se non fosse certo che quella ragazza non era di certo un vampiro, allora avrebbe immaginato il contrario. Però qualcosa era e di certo non era umana. 

Angie guardò per un attimo Chris –“Se vuoi sapere qualcosa su di me allora basta chiedere. Non spiarmi, non farlo più. E dì al tuo amico di calmarsi.”- girò le chiavi nel cruscotto e non aspettò nemmeno che Joseph si spostasse. 


 
End.
Continue...

 
Note finali: sono felice che questa storia stia piacendo sia a chi mi seguiva prima e sia a nuovi lettori!
 

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Capitolo 3
*** 2. Trust ***






2. Trust


 
Se ne stava seduto sul divano con le gambe poggiate sul tavolino di vetro.
Non stava facendo niente di interessante, non stava facendo proprio niente. Teneva il braccio destro poggiato sul bracciolo e la mano sotto il mento. Era perso a fissare il vuoto. Stava pensando, la sua testa era così piena che sarebbe potuta scoppiare da un momento all’altro.
 
Non vedeva Angie da due giorni.
Quando gli disse di dire a Chris di stare calmo pensò che la cosa migliore fosse tenerli lontani l’uno dall’altra. Voleva rivederla ma non voleva farla arrabbiare. Pensava che Angie volesse star lontano da lui.

Era così complicata quella ragazza, non riusciva a comprenderla.
Un attimo prima gli rivolgeva un sorriso straordinario e l’attimo dopo lo trattava come fosse niente. Angie era interessata a lui e questo lo sapeva ma  non si sarebbe mai lasciata andare come lui sperava.
 
Ciuppi saltò sul divano e questo fece tornare Joseph alla realtà. Si voltò verso il cane nero e gli accarezzò la testa. Ciuppi si mise comodo accanto al proprio padrone mentre Joseph notò Pumba che si avvicinava con l’intenzione di abbare contro il grosso cane.

Pumba era arrivato da poco nella famiglia ma già si sentiva il capo. Da quando Joseph l’aveva portato a casa Pumba aveva iniziato a fargli da guardia. Era un piccolo bulldog ma sapeva come farsi rispettare dagli altri tre cani. Era geloso di Joseph e si ingelosiva ogni qualvolta che qualcuno saltasse addoso al proprio padrone.
 
Joseph  si era affezionato a lui fin da subito ma non per questo si era dimenticato degli altri membri della famiglia. Ogni volta era una lotta per far star calmo Pumba ma lo adorava. Ormai dormivano anche insieme. Quando Joseph si sentiva solo lo stringeva a sé.
 
-“Pumba!”- lo prese in braccio prima che potesse abbaiare.
Il cane si accoccolò sulle sue gambe e guardò male Ciuppi. Di tutta risposta il grosso cane scese dal divano e corse verso il suo vero padrone, Chris.
 
Chris sorrise, abbassandosi alla sua altezza –“Pumba ti fa i dispetti? Sei più grosso, devi farti valere.”- lo accarezzò e puntò lo sguardo su suo fratello. –“Hai visto le nuove vicine?”- domandò quasi preoccupato.
Vide il fratello scuotere la testa –“Allora dovresti…”- lasciò la frase in sospeso –“…dovrebbe anche Daniel.”- continuò.
 
Per poco Joseph non fece cadere Pumba dalle proprie gambe –“Chi sono?”- chiese avvicinandosi al balcone.
Aveva ancora delle speranze ma non sapeva se sarebbero servite a molto. Chris si avvicinò a lui –“Guarda nel loro giardino.”- mormorò.
 
Il fratello spostò lo sguardo dall’entrata al giardino dietro la casa. Uscì sul balcone, facendo scendere Pumba e si concentrò sul giardino. Per poco non svenne appena la vide, non ci credeva ancora. Doveva avere la conferma, doveva essere sicuro che fosse lei. –“Chantal?”- chiese quasi con paura.
 
Chris annuì poco convinto. Nemmeno lui ne era convinto ma la speranza era sempre l’ultima a morire.
Si erano sbagliati per troppi anni. Per almeno 300 anni aveva incontrato ragazze uguali a loro ma nessuna era la prescelta. Tante ragazze avevano avuto il loro aspetto, tante ragazze erano state loro discendenti ma nessuna di loro lo era.
 
Chris sospirò –“Sono qui da due giorni. Le spio da allora ma non è facile sentire ciò che dicono, sembrano protette da qualcosa. Credo che la casa sia sotto incantesimo.”- vide Dreamys uscire in giardino e il cuore di Chris, se fosse stato umano, avrebbe perso un battito.
 
Gli occhi di Joseph si allargarono per lo stupore –“Quindi potrebbero essere loro?”- domandò ancora più speranzoso di prima. Sapeva che tutte le loro discendenti praticavano la magia ma mai era successo che le tre ragazze, identiche alle loro antenate, si incontrassero o per di più diventassero amiche. –“Janice?”- domandò.
 
Vide il fratello abbassare lo sguardo per un attimo e tutte le sue speranze andarono in frantumi. –“Non lo vista, almeno non è arrivata con loro. Joseph…”- non riuscì a trovare le parole adatte, esistevano parole esatte per dire qualcosa di brutto?

-“Lo so, lo so…”- continuò Joseph –“Janice era la più forte, Janice avrebbe anche potuto salvare le sue amiche. Janice potrebbe non avercela fatta.”- sospirò allontanandosi dal balcone.
 
Pumba scodinzolò ai suoi piedi, Joseph lo prese in braccio afferrando anche le chiavi dell’auto –“Ci vediamo più tardi.”- non aspettò una risposta ed uscì di casa.


 
.

 
Sie si sistemò sulla sdraio socchiudendo gli occhi.
Erano arrivate lì da soli due giorni e già si sentivano come a casa. Solo adesso capivano il perché Angie amassè la Germania. Era davvero accogliente, le persone molto gentili e le case da urlo.
 
Ysia le si piazzò davanti –“Non siamo qui per divertirci.”- disse interrompendo i pensieri della sua amica.
Per quanto le sarebbe piaciuto rilassarsi sapeva che non era il momento. Avevano poche informazioni, dovevano trovarne altre. Senza parlare di Angie che si era rifiutata di andare a vivere lì con loro.
 
Sie voltò la testa alla sua sinistra –“Hai notato come i vicini si impicciano?”- sbuffò mettendosi seduta –“Rilassati. Angie ha detto che ci saremo viste stasera per parlare di lavoro, lo faremo stasera.”- sbirciò di nuovo alla sua sinistra e quasi sorrise.
 
Ysia era spazientita –“Angie non è nemmeno voluta venire a vivere qui con noi! Si sta separando da noi.”- sospirò –“C’è qualcosa che non va, qualcosa che ci sta nascondendo.”- guardò verso la direzione in cui guardava Sie –“Smettila di fissare quella casa. Sono ragazzi, si monteranno la testa.”- si mise seduta sull’erba.
 
Sie si sistemò i lunghi capelli lisci dietro le orecchie –“Hai visto quello con le treccine? E’ davvero figo.”- sorrise ripensando a quel ragazzo. –“Comunque per quanto riguarda Angie, bhè… c’è qualcosa sotto perché è sparita per un mese. Se ha qualche problema di sicuro ne parlerà stasera. Ci siamò sempre fidate di lei, non possiamo dubitarne adesso.”- cercò lo sguardo di Ysia.
 
Di tutta risposta l’altra ragazza sospirò.
Si fidava di Angie, si era sempre fidata di lei ma ultimamente c’erano troppe cose che non funzionavano. C’erano troppi segreti, troppi misteri, troppe cose che non avevano un senso logico.  Non si era mai fidata di Gustav ma di Angie… lei era la sua forza ma adesso sembrava che lei avesse messo un muro tra di loro.
 
Sie si alzò –“Andiamo a prepararci, tra poco si esce!”- esclamò quasi felice.
Lei e Ysia, a confronto di Angie, avevano sempre avuto una loro vita. Erano sempre state libere di fare tutto ciò che volevano a patto che pensassero anche al loro lavoro. Erano divetate cacciatrici ma questo non aveva messo dei paletti di fronte alla vita.
 
Sie aveva anche avuto un ragazzo, in passato.
L’aveva conosciuto per caso mentre passeggiava per le vie di Roma. Le ragazze erano arrivate lì da pochi giorni e aveva sorpreso Dylan a spiare Angie. All’inizio pensava fosse cattivo ma non lo era.
Erano felici insieme finché Gustav non si mise in mezzo. Sie sapeva di essersi innamorata di un vampiro ma non le importava, purtroppo gli altri non la pensavano così.
 
Era una cacciatrice e le cacciatrici uccidono i vampiri, non ci si innamorano.
Gustav non aveva voluto sentire obiezioni, Sie non aveva altra scelta. Dylan era la sua vita ma non poteva mettersi in mezzo al proprio lavoro.
 
Invece Angie non aveva avuto mai niente. Si accontentava sempre e non chiedeva mai più del dovuto. Per questo non le dava colpe per come si stava comportando ultimamente. La compativa e le voleva bene. Non avrebbe mai potuto dubitare di lei.


 
.
 


Non aveva davvero voglia di tornare alla sua solita vita ma voleva farsi perdonare dalle sue sorelle. Sperava davvero che capissero cosa le stesse succedendo e che se non le metteva in mezzo era solo per proteggerle, come sempre.
 
Aveva pensato di fare un regalo ad ognuna, sapeva che non sarebbe bastato ma era un buon inizio. Certo, non sapeva cosa comprare per questo si ritrovava fuori dai negozi a fissare le vetrine. Era meglio una maglietta ma forse avrebbero preferito un profumo?
 
-“Angie!”- esclamò una voce maschile dietro di lei.
La ragazza sussultò spaventata voltandosi pronta ad attaccare. Joseph le bloccò la mano un po’ sorpreso per il gesto. –“Hey!”- indietreggiò di un passo.
 
-“Joseph! Oddio, scusami. Mi hai spaventata!”- passò dal dispiacere all’essere arrabbiata.
La stava ancora seguendo. Forse l’aveva trovata per caso ma la prima opzione era la più probabile. O forse quella che voleva credere lei.
 
Joseph sorrise. Quanto avrebbe voluto in quel momento entrare nella sua testa e capire la sua tristezza. Riusciva a vederlo dagli occhi quanto lei fosse triste. Forse poteva funzionare. Con lei poteva avere una relazione normale. Non poteva invadere il suo spazio, non poteva sentire i suoi pensieri.
 
Poteva addirittura sentire il calore che emanava il suo corpo.
Non avrebbe avuto altre opportunità. Quella ragazza lo faceva sentire finalmente vivo, non poteva essere vivo ma poteva sentirsi come i vivi. –“Tranquilla. Anzi, scusa se ti ho spaventata. Sei molto veloce comunque.”-
 
-“Bhè… anche tu lo sei. Mi hai afferrato il polso poco prima che ti colpissi.”- sorrise senza un motivo. Quel ragazzo la mandava fuori di testa. Joseph non rispose, le liberò semplicemente il polso e sorrise quando Pumba abbaiò per attirare l’attenzione su di lui.
 
Angie abbassò lo sguardò e quasi non si emozionò appena vide quella specie di peluche umano bianco con un enorme macchia marrone sull’occhio –“Ma…”- non sapeva cosa dire ma qualcosa l’aggiunse lo stesso –“…sei la cosa più bella che io abbia mai visto!”- esclamò prendendolo dalle braccia di Joseph.
 
Il ragazzo non disse nulla, la lasciò fare e si sorprese di come Pumba si accoccolò tra le braccia di lei –“Di solito non si fa toccare da nessuno.”- era strano ma era felice che quel sacco di peli, a cui voleva troppo bene, gli stesse aprendo una strada nel cuore di lei.
 
Angie sorrise coccolando quel cane –“Che vuoi che ti dica? Magari sono un angelo.”-

E in quel momento i pensieri di Joseph si fecero strada nella propria testa.
Non aveva mai creduto agli angeli ma se esistevano allora quella ragazza doveva essere una di loro. Non aveva mai visto una tale bellezza, tale amore con il quale coccolava quel cucciolo.

Solo in quel momento si rese conto di essere innamorato –“Bill.”- disse solamente.
Angie alzò lo sguardo un po’ confusa e il ragazzo sorride –“Chiamami Bill, è il mio vero nome.”- poteva fidarsi di lei? Poteva. In quel momento sapeva che quella ragazza doveva sapere di lui.

Angie non rispose ma sorrise.
Bill fu contento che nessuna domanda gli era stata fatta. Angie si fidava di lui e non poteva che esserne felice.
Il suo sguardo si spostò sulle labbra di lei. Erano rosse, piene curvate in un delizioso sorriso. Se non l’avrebbe baciata adesso si sarebbe ucciso una volta tornato a casa.

Così, come la prima volta che si erano incontrati, fece ciò che il suo istinto gli suggerì; si avvicinò di più a lei, tenendo lo sguardo dentro i suoi occhi azzurri e poggiò le labbra sulle sue. Angie indietreggiò di un passo ma subito dopo le sue labbra si scontrarono di nuovo con quelle di lui.

Bill sospirò di piacere quando il calore di quelle morbide labbra riscaldarono le proprie. Non aveva mai provato nulla di simile, forse quando era umano sì ma era passato così tanto tempo che non si ricordava nemmeno cosa si provasse.

Angie socchiuse le labbra mentre quelle di Bill la baciavano con più foga. Era il suo primo vero bacio ed era magnifico sentire quelle gelide labbra sulle proprie. Le loro labbra erano a pieno contrasto, tra freddo e caldo sembrava una lotta tra chi fosse il più forte.

E proprio in quel momento Pumba si sentì escluso e alzando una zampa, toccando il mento di entrambi, abbaiò.


 
.

 
Stavano aspettano ormai da mezz’ora e di Angie nessuna traccia. 
Si erano date appuntamento al bar in piazza alle 20.00 e di solito Angie era puntuale, soprattutto se si trattava di lavoro. Invece da quando era andata via sembrava fosse cambiata in tutto e per tutto. 

Ysia stava perdendo la sua fiducia. Voleva davvero fidarsi di Angie ma lei sembrava la prima ad essersi distaccata. Tutti quei segreti non le piacevano per niente. Sapeva che Sie voleva fidarsi, non era mai stata la tipa che metteva qualcosa in dubbio ma secondo Ysia doveva aprire gli occhi.

Sie stava tranquillamente sorseggiando del thé alla pesca mentre Ysia non faceva altro che muovere nervosamente le gambe sotto il tavolino. Stava per dire qualcosa quando vide l’auto di Angie svoltare l’angolo e parcheggiare. 

Sul viso di Sie si dipinse un piccolo sorriso mentre Ysia era sempre più nervosa, avrebbe parlato chiaro adesso. I loro volti cambiarono espressione appena Angie scese dall’auto con un cucciolo tra le braccia. Erano un po’ sorprese, un po’ stravolte. 

Da quando Angie aveva un cucciolo?

La ragazza con gli occhi azzurri si sedette accanto a Sie di fronte a Ysia. Aveva un sorriso stampato in faccia; uno di quei sorrisi che, se fosse notte fonda, farebbe risplendere l’oscurita. E non solo, anche i suoi occhi stavano  sorridendo.

Entrambe le ragazze si concentrarono sul piccolo cane che era intento a mettersi comodo sulle gambe della sua amica. Angie prese tra le mani i propri capelli  e cercò di scollarli dal propro collo sudato, appena ci riuscì li raccolse tutti in una coda alta.

Ysia sbattè le palpebre un paio di volte, poi alzò lo sguardo su Angie –“Da quando hai un cane?”- chiese fin troppo curiosa. Voleva anche chiedere del perché fosse così sudata perché, sì erano in piena estate, ma erano anche in Germania e lì non fa così tanto caldo.

Angie sorrise prendendo Pumba tra le mani ed alzandolo in aria, disturbando il piccolo che aveva finalmente trovato una posizione comoda –“Vi piace? Non…”- si bloccò un attimo e pensò che non poteva dire alle ragazze di Bill. Non voleva mentire ma se avrebbe raccontato di Bill allora avrebbero chiesto di più e lei sarebbe arrivata Joseph.

Non sapeva nemmeno lei del perché Bill usasse un falso nome e sinceramente non le importava, voleva fidarsi di lui ma le ragazze non l’avrebbero fatto –“Da oggi. L’ho trovato vicino alla mia auto mentre venivo qui”- non voleva mentire ma doveva.

Sie sorrise cercando di prendere Pumba in braccio ma appena si avvicinò iniziò ad abbaiare. –“Non sopporta gli estranei.”- sorrise Angie facendolo accolare sulle proprie gambe.

Ysia abbassò di nuovo lo sguardo sul cane –“L’hai appena trovato, l’hai portato qui bello e pulito e per di più sai anche che non sopporta gli estranei.”- alzò lo sguardo su Angie –“Sai… credo di soffrire di iperattività immaginativa, la mia mente ultimamente tende a saltellare di qua e di là e credo di confodere la fantasia con la realtà.”- era giusto mettersi contro Angie? Doveva farlo.

Ed Angie puntò lo sguardo su di lei con fare disinvolto –“Stai diventando pazza? Ti serve uno psichiatra?”- sorrise. Era ironica, non avrebbe dovuto esserlo, Ysia non aveva nessuna colpa.

-“Mi serve la verità! Ma se mi servirebbe uno psichiatra scommetto che me lo pagheresti tu, vero? Non hai problemi a spendere tutti i nostri soldi. Non hai badato a spese per la tua bella macchina!”- esclamò poco irritata. 

Sie sgranò gli occhi –“Ysia…!”- ma fu subito bloccata da Angie –“Mi sono adattata alla mia vita”- continuò Angie –“Spendo i MIEI soldi come e quando mi pare. Non ho fatto nessun torto a te. Sto avendo ciò che tu hai sempre avuto, è questo che ti da fastidio? Sapere che anche Angie può avere una vita?”-

Ysia non rispose, forse aveva colto il segno. 
La sua amica stava diventando invidiosa per ciò che Angie aveva. Angie non aveva avuto la libertà ma di certo era sempre stata brava in tutto. L’unica cosa che Ysia aveva, ed Angie no, era la libertà. Voleva solo avere qualcosa in più per superare Angie, quest’ultima la superava sempre in tutto.

C’era un silenzio assordante, sembrava che il mondo si fosse fermato, nemmeno Pumba osava abbaiare per attirare l’attenzione. Angie fece un sospiro recuperando alcuni fogli che aveva buttato a caso nella borsa –“Stav non ci darà altre informazioni, si starà fondendo il cervello anche lui. Quindi tocca a noi trovare qualcosa. Questa è una lista di tutti i vampiri che sono in Germania, o almeno quelli che ho trovato. Domani andrò a controllare questi  undici, voi separatevi i compiti come credete. Se trovate due gemelli allora avete fatto centro.”-

Non aggiunse altro, nessuna di loro osò aggiungere altro.
Angie si sistemò la borsa, prese in braccio Pumba e si diresse verso la sua auto. La serata era finita e non voleva pensare ad altro, pensare che aveva anche osato fare un regalo a quelle due. Sbuffò girando la chiave e andò via sgommando.

 
 




 
 
 
 

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Capitolo 4
*** 3. Angylah Rye ***






3. Angylah Rye
 
 
La pioggia batteva forte sulle finestre, le serrande si muovevano a causa del vento scricchiolando ogni tanto. Non faceva nemmeno freddo essendo in estate ma con il tempo che c’era sembrava di essere in pieno inverno.

Angie mormorò qualcosa contro il cuscino mentre fissava la porta chiusa illuminata da una strana luce che proveniva dalle finestre. Si alzò lentamente per non far sveagliare Pumba che di tutta risposta allungà le zampe mettendosi comodo.

Vedeva tutto sfocato, si era appena svegliata ed aveva ancora troppo sonno. Si stropicciò gli occhi avvicinandosi alla finestra e guardò fuori. Venne colpita da una forte luce, per istinto si portò le mani agli occhi e lì le luci si spensero.

Guardò nel buio e capì che erano i fari di un auto rossa, un auto che conosceva bene ormai. Accanto alla macchina intravide un ombra, ci mise un po’ a capire che si trattava di Bill. Angie sorrise, guardandolo da sopra; era bagnato a causa della pioggia, i capelli zuppi e il viso libero dal trucco.

Non ci mise molto a raggiungerlo.
Aprì la porta e gli disse di entrare, in tutta risposta Bill le disse di uscire lei. Non ne capiva il senso dato che pioveva a dirotto ma non ci pensò due volte. A piedi nudi calpestò l’erba bagnata sotto di sé e lo raggiunse.

Angie aveva ancora il sorriso sulle labbra quando Bill incollò le proprio labbra alle sue. La ragazza fu colta di sorpresa infatti emise un suono indecifrabile mentre si faceva trasportare da quel bacio. Notò che Bill continuava ad essere gelido mentre lei, seppur sotto la pioggia e ormai zuppa, aveva le labbra che prendevano fuoco.

Bill lo trovava troppo piacevole quel calore, proprio per questo forzò di più il bacio facendo schiudere le labbra ad Angie. Quest’ultima sorrise leccandogli il piercing al labbro mentre il ragazzo le leccava il labbro superiore –“Sei così calda.”- sussurrò facendola indetreggiare fino all’albero e facendole poggiare la schiena sul tronco.

Angie gli morse il labbro –“Tu sei così freddo”- rispose cingendogli la vita con le gambe. Il ragazzo la premette contro il tronco mentre Angie gli cinse il collo con le braccia –“Perché non sei voluto entrare?”- chiese con un filo di voce.

Bill le accarezzò i fianchi –“Non invitarmi mai ad entrare, non invitare mai nessuno.”- non sembrava un ordine ma Angie annuì senza chiedere spiegazioni. Bill le lecco le labbra facendo scontrare il proprio piercing con le labbra di Angie.

Solo in quel momento Angie si rese conto che il ragazzo che stava baciando aveva un piercing alla lingua. Un piercing che la stava mandando letteralmente fuori di testa. Afferrò il piercing con i denti e Bill gemette di piacere mentre le calde dita di Angie gli accarezzavano la schiena.

Accarezzò le gambe nude di lei e si rese conto che indossava solo una magliettina e gli slip.
Sorrise sulle sue labbra, scese a baciarle il collo ed Angie chinò la testa all’indietro poggiandola al tronco. I canini di Bill si allungarono e quando vennero a contatto col caldo collo di lei Angie sospirò.

Le lecco un’arteria e poggiò i canini sulla vena pulsante.
La ragazza socchiuse gli occhi mentre Bill stava per affondare dentro di lei. Appena i canini toccarono la vena Bill venne scaraventato dall’altra parte sbattendo la schiena contro l’auto mentre Angie cadde al suolo spalancando gli occhi.




Spalancò gli occhi mettendosi velocemente seduta sul letto.
Pumba se ne stava ai piedi del letto ad abbaiare mentre Angie si passò una mano sulla fronte. Era sudata e non solo la fronte, era sudata su tutto il corpo. Si tolse la maglietta bianca, la sentiva ormai stretta, e rimase solo col reggiseno.

Si alzò dal letto avvicinandosi alla finestra; non pioveva, il prato non era nemmeno bagnato e non c’era un filo di vento freddo. L’auto di Bill non c’era, lui non era entrato in casa e non si erano nemmeno visti.

Era stato solo un brutto sogno. 
Un brutto sogno in cui ritraeva Bill in un vampiro, un vampiro che la stava per mordere e che è stato scaraventato dall’altra parte rispetto a lei.

Non doveva pensarci, non c’era niente a cui pensare, era stato solo un brutto ed orrendo sogno. Bill non era un vampiro, Bill non le avrebbe mai fatto del male. Mai.

Si avvicinò a Pumba, lo prese in braccio, lo accarezzò –“Shh, tranquillo. Va tutto bene.”- si mise seduta sul letto guardandosi intorno. Il ragazzo che aveva baciato non poteva essere un vampiro ma un vampiro poteva entrare nella sua testa.

Era così. 
Qualcuno entrava nei suoi sogni, qualcuno voleva che lei si mettesse contro Bill. Non ne capiva il motivo ma era sicura: Bill non c’entrava. 

Pumba muoveva le zampe cercando di scendere, Angie lo lasciò andare ancora con lo sguardo perso nel vuoto. Il cane scodinzolò fino alla borsa di lei attirando la sua attenzione –“Pumba! Non si ficca il naso tra le mie cose!”- non era arrabbiata, stava quasi per ridere.

Se la stava prendendo con un cucciolo che non aveva niente a che fare con quella vita, la sua vita. Sorrise prendendolo in braccio –“Va a giocare da un’altra parte.”- prese un peluche, Pumba lo afferrò con le zambe e si allontanò da lei. 

Angie tornò a concentrarsi sulla borsa. La aprì e ci guardò dentro, non c’era niente di nuovo. Prese i fogli tra le mani, doveva andare da quei vampiri. Spostò lo sguardo sulla finestra e si rese conto che era ancora buio. Non poteva uscire così presto, non c’era nemmeno il sole!

O forse poteva. Non era più una ragazzina, non c’era lì Stav per dirle cosa o cosa non fare. Era grande, viveva da sola ed era l’unica che poteva decidere per la propria vita. Era indipendente.

Sorrise pensando al fatto che era sempre stata in grado di decidere per sé. In più era una delle più forti cacciatrici esistenti, poteva farcela. 



 
.


 
Arrivò a casa appena il sole spuntò. Poteva tornare a casa prima ma voleva  passeggiare per schiarirsi le idee. Il suo cellulare non smetteva  di suonare ma non ci faceva caso. Era sicuramente suo fratello, l’avrebbe affrontato a casa.

Infatti appena aprì la porta suo fratello lo scaraventò contro il muro. Bill emise un gemito di dolore mentre il fratello si avvicinava a lui –“Che diavolo hai in testa?!”- esclamò alzando la voce. Era arrabbiato, questa volta non l’avrebbe scampata.

Bill si alzò tranquillamente passandosi una mano sul viso –“Dimmi, Tom. Non hai nient’altro da fare che pedinare tuo fratello?”- sembrava tranquillo allora perché aveva alzato la voce sulle ultime parole?

Tom diede un pugno al muro –“Non nominare il mio nome! Dimmi un po’, ti sei fottuto il cervello? Che diavolo ti sta accadendo? Quella umana ti sta facendo il lavaggio del cervello, te ne rendi conto almeno?”- sbattè la porta di casa.

Il biondino scese velocemente le scale –“Che cazzo succede alle…”- spostò lo sguardo sull’orologio appeso all’entrata –“…sette di mattina?”- alzò la voce –“Siete fuori di testa?”- si avvicinò a loro notando le facce incazzate di entrambi.

-“Joseph si è innamorata di un’umana!”- esclamò Tom. Stava per ridere ma forse c’era da piangere.

Invece Bill scoppiò a ridere –“Non è un’umana!”- guardò la faccia sorpresa di Andreas –“Non lo è! C’è qualcosa in lei, qualcosa… non so che diavolo c’è ma, te lo giuro Chris, non è umana!”- sorrise ripensando al suo tocco.

Tom indietreggiò –“Allora cos’è che ti fa pensare al fatto che non è umana?”- domandò più sarcastico che curioso.

-“Sento il suo calore. Non fare quella faccia, lo sento. Riesco a sentirlo, sento il suo odore e non è umano. No, non è un vampiro. Lo sento davvero, Chris, sento il calore quando mi tocca. In più sono entrato nel suo sogno stanotte e… ho  provato a morderla e qualcosa mi ha scaraventato via.”-

Andreas abbassò lo sguardo –“Joseph, non puoi affidarti ad un sogno. Lo sai che i sogni non possiamo manipolarli in tutto e per tutto.”- non voleva distrugge i suoi sogni ma sapeva benissimo che i sogni non erano affidabili.

-“Casa sua è protetta?”- chiese Tom.
Era suo fratello, voleva fidarsi di lui ma quella ragazza lo stava trasformando in qualcosa che non era. Suo fratello era innamorato, si era innamorato in pochi giorni e questo non doveva succedere. Sapeva che forse Janice non sarebbe tornata ma non era un buon motivo per lasciarsi andare con un’umana. Non umana!

Joseph sospirò –“No. Altrimenti non sarei potuto entrare nella sua mente. Non fa uso di magia, almeno non credo.”- ma come lo spiegavano il fatto che lui poteva sentirla? Non era frutto della sua immaginazione, la sentiva davvero.

Chris si grattò la nuca –“Non usa la magia, okay. Ma non puoi comunque stare con un’umana , è contro le regole. Okay, okay!”- esclamò –“Non guardarmi così! Umana o no… qualsiasi cosa lei sia, non puoi. Appunto perché non sappiamo cosa sia non possiamo correre rischi. Per noi esistono gli umani e i vampiri…”-

-“E i licantropi.”- intervenne Andreas con una faccia disgustata.
Chris guardò male il suo amico –“E i licantropi.”- ripetè –“Non esiste altro. Finché non sappiamo cosa sia, bhè… non avvicinarti a lei.”- non era un consiglio, era un ordine. Usava questo tono quando aveva paura di qualcosa, suo fratello lo sapeva bene.

E Bill non riusciva a capire cosa c’era di pericoloso, del perché suo fratello avesse tanta paura. Bill voleva solo vivere, innamorarsi e non pensare più al passato. Chiudere con il passato.
Voleva solo andare avanti. Doveva andare avanti.

Bill si rese conto che suo fratello era già andato via, prima che lui stesso potesse rispondere.
Non avrebbe abbandonato Angie, non adesso. Forse lei non aveva bisogno di lui ma lui aveva bisogno di lei. Adesso. Tom non poteva mettersi in mezzo, lui aveva trovato la sua amata. Forse.

Andreas si avvicinò con lo sguardo perso nel nulla –“Mi spieghi una cosa?”- chiese senza guardarlo.
Bil alzò lo sguardo su di lui aspettando la vera domanda. –“Perché sei entrato nei sogni di questa… ragazza?”- e in quel momento alzò lo sguardo scontrandolo con quello dolce di Bill.

Aveva un qualcosa che non vedeva da molto tempo negli occhi di Bill. Era innamorato, lo era davvero.
Bill sorrise –“Perché merita la verità. Voglio abituarla al fatto che sono un… vampiro.”- ed Andreas lo trafisse con lo sguardo.

Bill sorrise, per non ridere, si allontanò senza dare ulteriori spiegazioni.
Angie poteva sopportarlo, Angie sarebbe stata sua. Con o senza il consenso degli altri vampiri.


 
.



Camminava ormai da ore, doveva essere già pomeriggio ma non ne era sicura. Il sole batteva forte ed aveva costretto Angie a legarsi i lunghi capelli. Ringraziò il cielo per aver indossato shorts comodi e un top rosso. 
Si moriva dal caldo ed era raro in Germania.

Non c’era traccia dei vampiri. Era stata in tre case diverse, in due pub in cui lavoravano due di loro, nei boschi ma niente. Sembrava come se fossero scomparsi dalla faccia della terra. Come se fossero stati avvertiti. 

Si sistemò la cinta con il paletto e due pistole con pallottole di legno infilate dentro. –“Dannazione!”- esclamò rendendosi conto di aver lasciato il cellulare a casa.

Aveva deciso di lasciare Pumba in casa, Bill le aveva detto che non aveva problemi a rimanere un paio d’ore solo in casa, soprattutto se era in compagnia di qualche peluches. Sembrava adorarli. Non poteva di certo portarselo dietro e rischiare la sua vita. Quel cucciolo non aveva niente a che fare con questa merda.

Si passò una mano sulla fronte sudata.
Era in quel bosco da molto tempo ma non c’era niente di niente. Nessuna traccia, nessun vampiro. –“Ma è uno scherzo?!”- urlò dando un calcio ad un albero. –“Dove diavolo siete finiti tutti?”- domandò al vento –“Dove diavolo siete stupidi, sporchi, vampiri?!”- alzò di più la voce, girado su sé stessa e guardandosi intorno.

Sentii dei passi dietro di sé –“Sono qui.”- sussurrò una voce maschile alle sue spalle.
Angie si voltò di scatto incrociando lo sguardo con lui. –“Sono Andrylos, dovrei essere…”- fece finta di pensarci –“…il terzo nella tua lista?”- chiese.

Angie fissò l’uomo di fronte a lei. Era muscoloso, molto. Era a pochi passi da lei quando altri passi la fecero voltare dal lato opposto –“Io dovrei essere il decimo.”- sorrise –“Patch, piacere occhi blu.”- aveva un sorriso di sghembo.

-“Come fate a sapere della lista?”- chiese Angie. Non aveva paura ma come diavolo aveva fatto a mettere mano sulla lista se lei la portava sempre con sé?

Altri passi –“Quinto, Sangya.”- la ragazza si voltò di nuovo mentre il ragazzo si leccava i canini.
-“Fredric, ottavo.”- sorrise mentre Angie si voltava ancora... –“Sesto, Olivier.”- e ancora… -“Eric, undicesimo.”- …e ancora… -“Lyan, secondo.”- e ancora.

-“Che diavolo…”- Angie continuava a voltarsi senza capire. Non capiva il perché tutti quei vampiri fossero lì o perché fossero insieme. Sperava solo che non ci fossero tutti quelli nella lista, non poteva ucciderli tutti insieme. Non era abbastanza forte.

Uno di loro rise –“Quarto, Giohan.”- si avvicinò un po’ di più –“Paura?”- chiese.
“Giohan non giocare. Piacere sono Velyss, il nono.”- Giohan fece un passo indietro ghignando. –“Loyd…”- Angie si voltò ancora –“Il settimo.”- continuò lei.

-“Esatto.”- rispose Loyd.                    
Angie si voltò un’ultima volta verso l’unico posto vuoto. –“Andreas.”- sussurrò Angie.
Il posto vuoto venne subito riempito da un ragazzo biondino. Non si fermò, si mise ad un passo da lei –“Il primo.”- sorrise il ragazzo. –“Dimmi, occhi blu, cosa volevi farci con la lista?”- 

Angie sorrise allontanandosi da lui –“Dicevano che il primo fosse il più pericoloso, Andreas. A guardarti non si direbbe.”- mise le mani sui fianchi.

Andreas si leccò i canini –“Non giudicare dall’apparenza, tesoro.”-   fece un cenno del capo a tutti gli altri che si avvicinavano sempre di più. –“La mammina non ti ha insegnato che non si gioca con i vampiri?”- sorrise.

-“La mammina ti spaccherebbe il culo, non provare più a nominarla!”- esclamò. Si allontanò di poco, prese una piccola rincorsa, saltò e gli diede un calcio sul viso. Andreas cadde all’indietro affondando le dita nella terra. Angie sentii qualche vampiro ruggire come un animale.

Si guardò intorno e prima che la raggiungessero fece un salto rimanendo sospesa in aria. Angie si guardò intorno confusa mentre Andreas si alzò fissandola –“Cosa diavolo sei, tu?”- ringhiò afferrandola per le gambe e buttandola  a terra.

La ragazza arrivò a terra sbattendo la schiena, emise un gemito di dolore –“E perché diavolo continuate tutti a chiedermi cosa sono?!”- quando Andreas le liberò una gamba lei fece leva sull’altra rimettedosi in piedi. –“Sono quella che ti romperò il culo!”- alzò l’altra gamba dandogli un altro calcio.

Andreas gli lasciò andare anche l’altra gamba tirandosi indietro. Angie afferrò il paletto, si girò di scatto e lo conficcò nel cuore di Patch, con una precisione millimetrica. –“Ti hanno addestrato bene!”- ringhiò un altro afferrandola per i fianchi e lanciandola verso un albero.

Angie urlò accasciandosi a terra. Vide Andreas correre via senza un motivo –“Fottuto vigliacco!”-. La ragazza si alzò tenendosi dall’albero. Sentì uno di loro dare l’ordine di prenderla ma lo sentii molto lontano. Si stropicciò un occhio rendendosi conto di non sentire più un bel niente. Aveva sbattutto la testa, non poteva permettersi di svenire adesso.

Uno di loro si avvicinò afferandola per il braccio. Non riusciva più a distinguerlo dagli altri. Appena il vampiro si avvicino al suo collo, sfiorandolo con i canini, venne scaraventato dalla parte opposta.
Angie si era procurata una brutta ferita sulla testa ed una sulla schiena. Il suo sangue scorreva velocemente e non era di certo una buona cosa.

Si trovava in mezzo a undici vampiri, nove contando quello che ha ucciso e Andreas che se l’è data a gambe. Poteva farcela, doveva solo riprendersi subito. Adesso. Afferrò le due pisole sulla cintura ed alzò lo sguardo.

Nessuno metteva i piedi in testa ad Angylah Rye.


 
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Andreas l’aveva chiamato poche ore prima. C’era una nuova cacciatrice in città, una molto forte che aveva scoperto fin troppe cose. Per quanto ne sapeva lui e Chris erano al sicuro ma non avrebbero lasciato un amico in pericolo.

Avevano trovato una lista, non sapeva come. Era certo che avevano pedinato la cacciatrice e in un modo o nell’altro avevano rubato la lista.

Andreas non gli aveva detto il luogo preciso in cui l’avrebbero circondata ma sapeva di non essere lontano. Riusciva a sentire gli altri vampiri e la cacciatrice, il suo sangue. Era ferita.

Sorrise. Adorava fare fuori i cacciatori, erano gli unici umani che riusciva ad uccidere senza sentirsi in colpa. Si sarebbe divertito a dissanguare quella cacciatrice. Si sarebbe divertito…

Si fermò per un attimo. Abbassò la testa socchiudendo gli occhi, qualcosa non andava. Quel sangue, riuscivaa a sentirlo meglio adesso, era denso e dolce. Il suo odore era qualcosa fuori dal normale. L’odore della sua pelle… -“Angie…”- sussurrò.

-“Ma che diavolo, devono per forza attaccare un innocente per divertirsi?!”- si concentrò sulle urla cercando di capire il punto esatto. Alzò lo sguardo.

-“William.”- la biondina sorrise avvicinadosi a lui.
Bill sgranò gli occhi –“Rebekah? Cosa ci fai qui?”- la guardò dal basso verso l’alto, c’era qualcosa di strano in lei. –“Non eri andata in Francia solo ieri?”-

Rebekah rise –“No, cambio di programma. Ho sentito che qui c’era da divertirsi.”- prese una ciocca di capelli e se la rigirò tra le dita. –“Ho sentito…”- fece segno verso il bosco.

-“Già, adesso devo andare.”- fece un passo in avanti e Rebekah gli poggiò una mano sul petto.
Sorrise –“Non troppo in fretta, William.”- si avvicinò a lui.

-“Mi chiamo Bill, non William. Devo andare da lei!”- esclamò quasi infuriato. –“Se succede qualcosa ad Angie perché tu mi tieni bloccato qui, ti assicuro, non troverò pace finché non ti avrò trafitto quella sotto specie di cuore che ancora ti rimane!”- allungo i canini, il viso contratto dalla rabbia.

La biondina scoppiò a ridere –“Allora è vero. Tu sei innamorato di quella umana, è così tragicamente divertente.”-

Bill espirò –“Rebekah…”- si allontanò da lei.
-“Tu sei un vampiro. Loro sono il tuo cibo, questa è la nostra natura!”- esclamò irritata. Si avvicinò di nuovo a lui poggiandogli le mani sulle spalle.

-“No!”- urlò lui –“E’ la tua natura.”- la spinse facendola cadere a terra –“Lasciami. In. Pace.”- scandì le parole per farsi capire bene. Nessuno doveva mettersi davanti quando Angie era in pericolo.

Rebekah si rialzò –“Se dico a mio fratello…”-
-“Né tu, né Andreas, né nessun  altro d’ora in poi dovrà mettersi in mezzo! Nessuno!”- urlò allontanandosi.

Ci mise esattamete due secondi ad arrivare da lei.
Era stesa a terra, con gli shorts strappati, piena di lividi e il sangue che continuava ad accarezzare il suo corpo. Alcuni vampiri erano stesi a terra privi di vita, altri erano bruciati al sole, quelli rimasti si stavano avvicinado a lei.

Bill corse verso di lei prendendola in braccio –“Via!”- urlò –“Allontanatevi da lei, adesso!”- si allontanò da loro abbassando lo sguardo su Angie. Era svenuta. –“Maledizione! Se dovete attaccare qualcuno allora andate da un’altra parte!”-

-“Bill, che diavolo ti prende?”- Andrylos si avvicinò di qualche passo.
Bill strinse la ragazza tra le braccia –“Ho detto: andate via!”- esclamò correndo via con la ragazza tra le braccia.



Da quando l’aveva incontrata tutto era cambiato. 
Riusciva a provare qualcosa di molto bello, e se non era amore allora era la cosap più vicina all’amore che avesse mai provato. Anche in fin di vita riusciva ad essere meravigliosa.

Angie era distesa nel letto di lui. Aveva inzuppato le coperte bianche di sudore e sangue. Bill le stava accanto, fissandola, cercando di trattenersi. Il sangue di Angie doveva essere davvero molto buono ma non poteva provarlo. Non voleva provarla. 

Le aveva sfilato gli shorts e tolto il top. L’aveva lasciata in biancheria intima per poterla aiutare meglio. Era da una buona mezz’ora che continuava a bagnare lo straccio per poi posarlo sulle sue ferite. Non funzionava, il sangue continuava ad uscire e ne stava perdendo troppo. 

Quando è accanto a lei riesce a sentirsi vivo. 
Cosa  succedebbe se lei lo abbandonasse? Se un giorno lo lasciasse, lasciasse questo sporco mondo che non è degnod di lei. Bill morirebbe con lei. Di certo non potrebbe sopportare la sua morte, per questo la sua ora non doveva arrivare.

C’era una sola ed unica possibilità: il sangue l’avrebbe salvata, almeno questa volta.

Si chinò su di lei dandole un bacio sulla fronte –“Angie, mi senti? Lo faccio solo per salvarti. Perdonami.”- le accarezzò il viso. Angie si mosse appena ma non aveva la forza di parlare o anche solo aprire gli occhi. 
 

Non voleva farla precipitare in quell’abbisso ma non l’avrebbe nemmeno lasciata morire.
Allungò i canini mordendosi il polso. Quando il sangue iniziò a scorrere lo avvicinò alle labbra di Angie. –“Bevi, ti prego.”- sussurrò.

Angie non risponse limitandosi a bere.
Non sapeva cosa stava facendo, non sapeva nemmeno dove si trovasse. Trovò automatico bere quel liquido che le bagnava le labbra.

Il sangue inziò a scendere nella sua gola provocandole un bruciore insopportabile. Angie si mise di scatto seduta iniziando a tossire e sputare fuori il sangue. Bill la fissò senza capire.

-“Che succede?”- chiese accarezzandole i capelli.
Ancora una volta non rispose. Si allontanò dal letto vomitando tutto il sangue che aveva appena ingerito. Le ferite erano guarite ma erano rimasti tutti i lividi sul suo corpo.

Bill si guardò intorno confuso non riuscendo a capire. Perché Angie non poteva ingerire il suo sangue?

-“Che è successo?”- chiese la ragazza, ancora tossendo.
Il ragazzo si sedette sul letto –“Non ne ho idea!”- esclamò. Adesso ne era più che sicuro, Angie non era umana.

Angie tossì ancora, Bill si alzò velocemente accarezzandole la schiena –“E’ tutto okay.”- sussurrò facendola sedere sul letto. –“Sei al sicuro adesso.”- sorrise abbracciandola.

Lei appoggiò la testa sul petto di lui e socchiuse gli occhi. Si sentiva stanca, pesante e dolorante. –“Perché sono qui?”- chiese mentre lui la stringeva a sé.

Le baciò la testa –“Ti ho trovata nel bosco. Stavo girando da quelle parti e ti ho vista a terra.”- sussurrò sorridendo mentre lei gli accarezzava il braccio –“Amo quando mi tocchi, sei così calda.”-

Lei continuò ad accarezzargli il braccio con le dita –“Non vuoi sapere perché ero lì?”- domandò insicura.

 

-“No.”- sussurrò –“No, non importa. Però dobbiamo parlare.”- si sistemò bene appoggiando la schiena alla tastiera del letto. Fece mettere comoda Angie in modo che potessero guardarsi negli occhi, sempre tenendola tra le braccia –“Angie, chi sei tu? Hai qualcosa di diverso, qualcosa in più degli umani.”-

Angie sorrise appena –“Come sarebbe a dire?”- si sporse in avanti dando un bacio al collo di Bill.

Egli sorrise accarezzandola –“Angie. Angie non è un nome comune, è un diminuitivo?”- vide Angie osservarlo con gli occhioni, incuriosita, osservò le sue labbra e si avvicinò per stamparle un morbido bacio.

Angie ricambiò il bacio –“Sono semplicemente Angie.”- sussurrò riappoggiando la testa sul petto di lui. Bill sorrise compiaciuto –“Sai che puoi fidarti di me, vero? Io mi fido di te.”- 

Angie rabbrividì, c’era uno strano vento freddo che proveniva dalla finestra. Bill sentii il suo corpo raffreddarsi appena –“Le lenzuola sono sporche.”- prese una coperta lì vicino e l’avvolse.

Angie si accoccolò su di lui stringendosi nella coperta –“Angylah.”- disse –“Mi chiamo Angylah Rye.”-
 

 
 
 

 
 

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Capitolo 5
*** 4. What is love? ***



4. What is love?



Angie si mosse appena sotto le lenzuola intrecciando le gambe con quelle di Bill.
Il ragazzo sorrise stringendola un po’ più a lui. Non aveva dormito molto; Angie si era addormentata sul tardi, avevano passato intere ore a ridere e scherzare. Bill l’aveva presa per i fianchi facendole il solletico mentre lei rideva di gusto.
 
L’aveva amata in quel momento, finalmente la vedeva ridere ed era come se intorno a lei ci fosse un’aura bianca che voleva proteggerla. E se l’aura non sarebbe bastata allora l’avrebbe protetta anche lui. Sempre.
 
Aveva cambiato le lenzuola mentre Angie si era offerta di pulire il pavimento. –“Sono stata io a sanguinare sul tuo povero pavimento e quindi pulisco io.”- era finita così la discussione, con la risata di Bill che riempiva la stanza e il sorriso di Angie che la illuminava.
 
I capelli di Angie erano sparsi su tutto il cuscino. Bill le spostò l’unica ciocca che le copriva il viso e in quel momento lei aprì piano gli occhi. Alzò lo sguardo e si scontrò con quello di Bill, lo guardò un po’ confusa poi sorrise.
 
-“E’ ancora presto.”- sussurrò lui –“Puoi dormire ancora.”- sorrise affondando il viso nei suoi capelli.
Angie si strinse a lui –“Non ho più voglia di dormire.”- ammise lei accarezzandogli il braccio.
 
Le diede un bacio sulla testa –“Sei nervosa?”- domandò coprendola bene con il lenzuolo. Il tempo sembrava esser cambiato in un secondo; solo il giorno prima faceva un caldo pazzesco ed adesso si moriva dal freddo.
 
-“No.”- disse. Non era affatto nervosa. Il suo cuore batteva forte ma non era nervosa. –“Sono felice, allegra, eccitata.”- ammise dando un bacio sul petto di lui, attraverso la canotta nera.
Lo sguardo di Bill, che si era distratto per un momento, tornò subito a fissare lei. Non era nervosa, era felice, allegra e… eccitata.
 
Lei sollevò di nuovo lo sguardo. Il viso di Bill era contratto, le labbra corrucciate –“A cosa stai pensando?”- domandò curiosa. La fissò ancora per qualche secondo ed appena aprì bocca, per parlare, Angie lo femò –“Non… in quel senso.”-
 
Bill finalmente respirò –“Oh”- disse semplicemente.
Angie scoppiò a ridere, avvicinò il viso al suo e gli stampò un bacio sulla guancia. Bill si rilassò sotto il suo calore, socchiuse gli occhi incollando le labbra gelide alle sue. La ragazza sorrise sotto le sue labbra socchiudendo gli occhi con lui.
 
Non era più tempo di parlare e non c’era tempo per respingersi. Era semplicemente il tempo di amarsi.
 
Le piaceva che il fatto che lui fosse così grande, sentirsi piccola accanto a lui era molto confortante. Per la prima volta in vita sua si sentiva, non inferiore, ma innocente accanto a qualcuno. Bill era tutto ciò di cui aveva bisogno. Bill, per la prima volta in vita sua, la faceva sentire normale.
 
Quel bacio era così innocente, così semplice. Eppure mentre Bill la faceva sentire al sicuro, in pochi secondi, lei era riuscita a visitare l’intero paradiso.
 
-“Quante cose non sai.”- sussurrò interrompendo quel dolce bacio.
Angie riaprì gli occhi e lo guardò confusa, lui sospirò. Quante cose non sapevano l’uno dell’altra, quanti segreti sepolti per proteggersi a vicenda. –“Ci sono molte cose che tu non sai di me.”- confessò a bassa voce –“Bill, quante cose dovrei dirti. Troppe.”- gli stampò un bacio sulle labbra tirandogli appena il piercing al labbro –“Non importa adesso.”-
 
Il ragazzo sorrise appena leccandole il labbro superiore. Aveva ragione lei, in quel momento niente era importante se non loro. Se non il loro amore. –“Mi fidò di te.”- gli confidò Bill.
 
-“Mi fido di te.”- ripetè lei.


In quel momento non c’era più niente e nessuno. Era come se fossero in un universo parallelo, come se c’erano solo loro dentro quel letto e il mondo tagliato fuori. Erano fuori dalla realtà. Fuori dalla normalità, se in questo mondo potesse esistere qualcosa di normale.
 
-“Dovrei avere paura di te.”- affermò lei.
Bill si staccò di poco, quel tanto che bastava per guardarla negli occhi. Non c’era paura, terrore, c’era semplicemente… amore. –“Perché?”- domandò confuso.
 
Angie sorrise –“Perché sei l’unica persona in grado di rendermi felice con un solo sorriso.”- confessò arrossendo appena. In quel momento Bill sorrise, non l’aveva mai vista arrossire. Le sue guancia erano colorate di un rosso intenso sul suo viso candido. –“Allora perché dovresti aver paura?”- chiese interessato.
 
-“Perché sono anche la persona più triste quando ti sento distante.”- ammise.
 
Le accarezzò il viso. Per qualche strano motivo non poteva sentire i suoi pensieri ma in quel momento non gli importava. Anche solo osservandola riusciva a capire a cosa pensava, cosa voleva.
 
Aveva trovato una piccola ragazza, troppo piccola per questo mondo enorme. Aveva trovato una ragazza persa in sé stessa, chiusa e impaurita. Angie non l’avrebbe mai ammesso ma lui lo sapeva. Ogni volta che l’accarezzava la sentiva fremere. Ogni volta che l’abbracciava riusciva a sentire i suoi muscoli rilassarsi.
 
Stava sempre a lerta. Era sempre pronta a farsi valere, sempre pronta a difendersi da sola.
 
Le accarezzò il collo con le labbra –“Ti prometto una cosa”- sussurrò –“Non mi sentirai mai distante. Mai.”- la morse piano ed immaginò di morderla con i canini. Di penetrare nella sua pelle e assaggiare finalmente quel dolce sangue che possedeva.
 
Tornò alla realtà quando Angie lo spinse via. Si sdraiò sul letto fissandola stranito mentre lei si sedette a cavalcioni su di lui –“Bill…”- disse –“Bill… Bill. Qual è il tuo cognome?”- domandò un po’ confusa.
 
Bill sorrise accarezzandole le gambe –“Kaulitz. Bill Kaulitz.”- disse.
 
-“Bill Kaulitz non fare promesse che non puoi mantenere.”- si abbassò di poco, quel tanto che bastava per far unire le labbra alle sue. Bill, senza staccare le mani dalle gambe di lei, le lecco le labbra per poi baciarla.
 
-“Te lo prometto, Angie.”- sussurrò salendo per accarezzarle la schiena.
Le sue dita toccarono qualcosa, qualcosa di strano dietro la schiena di lei. –“Cos’hai qui?”- domandò seguendo la linea con un dito. Un livido, forse una cicatrce. Di certo non era piccola.
 
Angie gli stacco la mano dalla schiena –“Niente di importante.”- disse semplicemente.
 
Bill la guardò ancora un po’ prima di decidere di lasciar perdere. Gliel’avrebbe raccontato quando sarebbe stata pronta, lui poteva aspettare.
 
Le strinse i fianchi tornando a baciarla, chiudendo i pensieri in un posto lontano. Le mani di lui vagavano dolcemente sulla schiena di lei, pian piano. Il cuore di lei mancava qualche battito mentre il suo corpo rabbrividiva ad ogni tocco.
 
Il ragazzo si staccò lentamente dalle labbra di lei. Iniziò a baciarla scendendo lentamente; le baciò prima il mento, poi il collo, dolcemente. Sorrise sentendola fremere.
 
Angie arrossì sotto quei baci leggeri dati da quelle labbra che, se potessero essere umane, sarebbero stati bollenti in completo contrasto con la temperatura del suo corpo. Ed invece erano fredde, continuavano a lottare con le labbra di Angie e col suo intero corpo caldo.
 
La ragazza poggiò le sue calde mani sul petto marmoreo di lui, accarezzandoglielo con la punta delle dita. Riusciva a sentire muscoli di lui contrarsi ad ogni suo tocco.
 
Bill si staccò leggermente dal suo collo e la guardò negli occhi; l’afferrò per i fianchi, tenendola ben stretta e ribaltò le posizioni. Si posò leggermente su di lei. Cercò le sue labbra che trovò già schiuse e la baciò trasmettendole tutto ciò che riusciva a provare per lei.
 
Angie, un po’ intimorita, portò le proprie mani sui jeans di lui e li slacciò senza staccarsi da quel bacio. Bill sorrise, aiutandola a sfilarseli dalle proprie gambe e subito dopo tornò a concentrarsi su di lei.
 
Sapeva di essere il primo anche se Angie non l’aveva detto, forse non avrebbe ammesso nemmeno questo. Ma Bill poteva sentirlo, il suo sangue era puro e lui avrebbe fatto in modo che lo restasse. Era il primo ragazzo a far l’amore con lei e non le avrebbe fatto del male.
 
Le labbra di Angie erano in contrasto con le sue guance, doveva essere arrossita mentre Bill si toglieva definitivamente i jeans. Afferrò un lenzuolo e coprì entrambi, cercando di farla sentire al sicuro. Le diede un piccolo bacio sulla fronte –“Stai bene?”- le sussurrò all’orecchio.
 
Annuì. Il ragazzo scese a ribaciarle il collo, insinuando le mani dentro il reggiseno di lei, massaggiandoglielo piano. Le leccò una vena del collo che continuava a pulsare e si beava dei sospiri di piacere di lei.
 
Angie portò una mano sulla testa di lui, intrecciando i capelli fra le proprie dita mentre lui le slacciò delicatamente il reggiseno e lo buttò poco lontano da lì.
 
Angie pensò a quanto lui fosse perfetto. Non poteva desiderare momento più bello e più perfetto di quello ma forse, anche solo pensarlo, sarebbe stato pleonastico, perché tutti in lui era fantastico, naturale.
 
Lo aveva conosciuto per caso, in una discoteca in cui non avrebbe messo più piede. Sin da allora aveva capito che lui era qualcosa di più che un semplice ragazzo.
 
E lo era, anche se lei non lo sapeva. Era un vampiro, il suo vampiro. E per quanto potesse essere assurdo, immorale e sbagliato questo amore, di certo, non c’era amore più perfetto di quello. Perfetto nella sua imperfezione, morale nella sua immoralità, assurdo nella sua naturalità.
 
Bill si bloccò e cercò i suoi occhi che non tardarono ad incrociarsi con i propri. Il ragazzo le accarezzò i capelli, le diede un piccolo bacio sulle labbra –“Sicura di star bene?”- chiese preoccupato.
 
Angie sorrise –“Tutto bene, davvero.”- lo rassicurò tornando a baciralo.
 
Si baciarono per un tempo indefinito ma ben presto si stancarono di quel piacevole e lento gioco fatto di sguardi, carezze e baci. Dentro di loro si accese qualcosa e lo sentirono, era qualcosa che diceva loro di continuare; un inspiegabile, dolce, fretta in cui Bill le tolse ciò che rimaneva dell’intimo di lei e dei propri.
 
-“Sei stupenda.”- le sussurrò con la voce rotta dall’eccitazione.
La baciò subito dopo con più passione che fece perdere completamente quel poco di lucidità che lei possedeva. Si fece abbandonare completamente a lui, alla sensazione dei suoi dolci baci, delle sue mani su di lei, del suo corpo freddo contro il suo e a quei gemiti mal celati di lui ogni qual volta sentiva le mani di lei.
 
Bill si staccò leggermente dalle sue labbra. Le accarezzò il collo poi, con un dito, iniziò a tracciare una linea invisibile scendendo sempre di più, fino ad arrivare alla sua intimità. La toccò piano, sentii la mano di Angie stringere di poco la presa sulla sua spalla e il suo viso si dipinse ancora una volta di rosso.
 
-“Tranquilla.”- le sussurrò all’orecchio.
La penetrò appena con un dito e sentii il suo respirò mentre si smozzò per l’eccitazione. Mosse il dito dentro di lei aggiungendone subito un altro, muovendoli piano assieme mentre la fissava come ammaliato. Era calda e, grazie a lei, riusciva a sentirla appieno.
 
Angie gemette e a quel suono Bill fremette. Bill tolse le dita da lei e si fissarono per un po’. Le allargò le gambe posizionandosi tra di esse. Prese le mani di lei, intrecciò le sua dita con le proprie e portò sulla sua testa.
 
La guardò negli occhi, come se volesse un consenso da lei, che non tardò ad arrivare. Piano, senza distogliere gli occhi da lei, la penetrò. Angie contrasse il viso, lui rimase immobile poggiando le labbra sulla spalla di lei.
 
I canini si allungarono per l’eccitazione, si maledii mentalmente cercando di controllarsi. Tornò a guardarla, cercando di nascondere i canini e le accarezzò il viso. Ispirò appena l’odore del suo sangue; adesso che si trovava fuori dal suo corpo sembrava essere ancora più dolce.
 
Poggiò la fronte sul cuscino, socchiuse appena le labbra e respirò il profumo dei capelli di lei. Angie gli accarezzò la schiena trasmettendogli tutto il calore che possedeva. Bill iniziò a spingersi piano e regolarmente in lei.
 
Si amarono, si amarono di un amore così intenso che non esistevano nemmeno comuni parole che potessero descriverlo. Si amarono come due anime dannate dallo stesso oscuro e opposto destino. Si amarono come solo due anime diverse, come loro, potessero fare. Si amarono consapevoli di nascondere il fatto di essere lui un vampiro, lei una cacciatrice che stavano uscendo fuori dai propri ranghi di rivalità eterna.
 
Ma in quel momento non importava, non interessava a lui e nemmeno a lei. Angie non ebbe paura, tantomeno sentii dolore. Non ebbe nessun dubbito sul fatto che lui fosse suo e di nessun’altra.


E quando Angie si lasciò andare graffiandogli la schiena, mentre sentiva uno strano bruciore sulla schiena, non ebbe dubbio sul fatto che lei fosse ormai sua. Per sempre.


 

 
 
Se ne stavano sdraiati sul letto, coperti dalle calde lenzuola blu. Janice teneva le testa poggiata sul suo petto mentre lui continuava ad accarezzarle i lunghi capelli castani con delle piccole ciocche rosse. Janice si voltò verso di lui –“Vorrei sentire il tuo cuore.”- sorrise al solo pensiero di quel cuore che, se potesse battere, batterebbe solo per lei.
 
Bill sorrise compiaciuto –“Batterebbe solo per te.”- disse dando ragione ai pensieri di lei.
Rise sedendosi a cavalcioni su di lui –“Smettila di ascoltare i miei pensieri.”- si abbassò premendo le labbra su quelle di lui.
 
Il ragazzo ricambiò il bacio –“Non posso. Adoro ascoltare i tuoi pensieri.”- l’afferò per i fianchi ribaltando le posizioni. Janice rise mentre Bill affondava i canini nel suo collo. Gemette appena accarezzandogli i capelli.
 
Il ragazzo si concentrò sul suo sangue iniziando a leccarle il collo e succhiando il sangue. Janice sospirò quando Bill si sistemò tra le sue gambe e si spinse dentro di lei. La ragazza gemettè –“Bill, abbiamo finito cinque minuti fa.”- sospirò.
 
Bill si staccò dal suo collo, si leccò le labbra –“Non ne avrò mai abbastanza.”- sorrise attaccandosi alle labbra di lei. La ragazza si mossè sotto di lui approfondendo il bacio e leccando il proprio sangue rimasto sulle labbra di lui.
 
Il ragazzo rise –“A volte sembri più vampiro tu che io.”- ammise leccandole il collo.
Affondò di nuovo i denti dentro di lei e diede una spinta col bacino, affondando più in profondità. Janice gli graffiò la schiena, i segni rossi guarirono in pochi secondi mentre Bill continuava a muoversi ancora dentro di lei.
 
Janice lo spinse sedendosi a cavalcioni su di lui –“Sono solo una strega. Una strega innamorata di un bellissimo vampiro.”- appena le mani di lui si poggiarono sui suoi fianchi lei iniziò a muoversi su di lui.
 
Bill si lecco le labbra aiutandola con i movimenti –“La mia strega.”- sussurrò spingendo il bacino violentamente verso l’alto. La ragazza gemettè buttando la testa all’indietro e in quel momento lui si fiondò sul suo collo affondando i canini per la terza volta.
 
-“Non ne hai mai abbastanza?”- chiese lei stringendo i capelli di lui tra le proprie dita.
 
Sapeva che quando Bill si eccitava era impossibile tenerlo lontano dal sangue, soprattutto se quel sangue era il suo. Quello della sua strega, quello della ragazza di cui era innamorato.
 
E lui sapeva che Janice non gli avrebbe mai vietato di bere il suo sangue. Era un patto, quello; da quando si erano scambiati il sangue, da quando lei aveva bevuto quello di lui e lui quello di lei, erano diventati una cosa sola.
 
Bill continuava a nutrirsi solo da lei e lei continuava ad offrirgli il proprio sangue, proprio come gli offriva tutto il resto.
 
Erano come due giovani innamorati che pensavano in grande. Pensavano ad un matrimonio, ad una vita normale il più possibile. Due secondi dopo invece pensavano di concquistare il mondo, di dominare i vampiri, gli esseri umani e tutte le streghe esistenti.
 
Janice aveva il potere assoluto; era una delle streghe più potenti mai esistite. Una strega che andò contro la sua razza solo per poter stare con un vampiro. Un vampiro a cui aveva insegnato tutto ciò che sapeva, aveva affidato a lui il suo potere.
 
Bill invece era uno dei più forti vampiri che potessero esistere. Si era preso cura di Janice e l’aveva protetta, sempre. Aveva insegnato a lei ad essere forte, le aveva insegnato a combattere, ad avere la forza dentro di sé.
 
Avevano un piano e l’avrebbero portato a termine ad ogni costo.
 
Bill alzò il bacino affondando violentamente dentro di lei. Janice urlò di puro piacere mentre il suo vampiro si lasciava andare dentro di lei. Avevano fatto sesso, l’amore, per la millesima volta. E l’avrebbero fatto ancora, ancora e ancora finché non si sarebbero stancati l’uno dell’altra.
 
E questo, ne avevano la certezza, non sarebbe mai successo.




 
Continuava a fissarla mentre dormiva, si limitava ad accarezzarle i capelli come per cullarla nel sonno.
Erano stati a letto insieme, avevano fatto l’amore e l’aveva amata più di qualunque altra ragazza fosse passata per il suo letto.
 
L’aveva amata più di quanto aveva amato Janice, l’amore per lei stava scomparendo pian piano Non riusciva nemmeno più a ricordare il suo volto, il colore della sua pelle o quello dei suoi occhi. Il volto di Janice era ormai lontano dalla sua memoria.
 
L’unica cosa che riusciva a ricordare era l’amore possessivo che provava per lei. Le volte che, solo per proteggerla, si era messo nei casini e ne era uscito in fin di vita. Riusciva a ricordare le notti passate assieme e quelle sveltine fatte di fretta, presi da una voglia improvvisa di possederla.
 
Riusciva a ricordare le spinte violente, lei che con la sua forza prendeva il comando della situazione e si muoveva con fin troppa voglia su di lui. Ricordava le proprie mani sul suo corpo e ricordava di non sentire niente.
 
Non sentiva il suo calore, non sentiva nient’altro che piacere dentro il proprio corpo. E basta. Era sola fottuto sesso. Perché lui non riusciva a sentire le sue mani sul proprio corpo, non provava brividi e non sentiva il suo corpo sotto il proprio.
 
L’amava, ricordava, ma l’aveva amata davvero?
 
Perché adesso con Angie gli sembrava tutto così diverso. Perché aveva posseduto Angie, vero, ma con dolcezza e attenzione. Si era preso cura di lei, affondava dentro di lei lentamente ma con spinte decise. Non c’era niente di violento in quello che avevano appena fatto, non c’era nemmeno l’odore di sesso.
 
C’era solo odore di Angie e nient’altro.
 
Aveva sentito Angie sotto di sé, aveva visto le sue smorfie di dolore e subito dopo di puro piacere. Si era preoccupato per lei, voleva farla star bene e non far star bene sé stesso. L’aveva accarezzata lentamente, aveva scacciato il suo imbarazzo e l’aveva amata davvero.
 
Aveva sentito il calore fuori e dentro di lei. Era riuscito davvero a sentire dei brividi lungo la schiena e poi… e poi Angie l’aveva graffiato, proprio come faceva Janice. C’era solo una piccola differenza.
 
I graffi di Janice non li sentiva e guarivano in pochi secondi. Quelli di Angie li aveva sentiti; aveva sentito le sue unghie conficcarsi nella sua carne e aveva sentito la schiena in fiamme. Era come se gli stesse staccando la carne dal corpo.
 
E quei graffi si trovavano ancora lì, sulla sua schiena a bruciare ancora. Angie non era umana e dalle sue mani emaneva un potere mai visto prima.
 
E non l’aveva morsa. Sentiva il bisogno del suo sangue, di quel sangue che lo stava facendo impazzire ma non l’aveva morsa. Si stavano solamente amando. Non stavano scopando e lei non era il suo pranzo come lo era Janice.
 
Accanto ad Angie riusciva a sentirsi completamente umano.
 

 
.
 


La guardava con gli occhi dell’amore. Ogni cosa che Angie faceva o diceva per lui era stupendo. A volte si incantava a fissarla mentre rideva, altre volte abbassava lo sguardo perché guardarla era già troppo. Non si sentiva abbastanza. Lui, quel mostro qual era, non si sentiva abbastanza per lei.
 
Ed Angie non aveva capito ciò che era successo. Sapeva di aver fatto sesso per la prima volta, di essersi lasciata andare con un ragazzo che conosceva appena. Ma tutto quello si poteva chiamare amore?
 
La ragazza se ne stava davanti alla tv saltando da una parte all’altra. Bill le aveva affidato la sua wii e, per quanto avesse potuto capire, Angie non sapeva nemmeno cos’era. Era un gioco di danza e forse non era proprio il forte di Angie.
 
Il ragazzo aveva cercato di spiegarle come fare ma Angie l’aveva guardato malissimo. –“Si fa a modo mio!”- esclamò tornando a saltare a destra e sinitra. Ne avesse azzeccat anche solo uno, di passo.
 
Bill scoppiò a ridere nel vedere la sua ragazza intenta a ballare, almeno ci stava provando. L’aveva davvero pensato? Angie era sua ormai. Le leggi dei vampiri dicono questo: se due esseri si scambiano il sangue allora saranno uno parte dell’altra.
 
Però Angie non lo sapeva, era come se avesse fatto tutto contro la sua volontà. Lei non si ricordava nemmeno di aver bevuto il sangue di Bill. Quindi come stavano le cose?
 
Bill pensava di sapere cos’era l’amore, dopo Janice. Pensava che avrebbe potuto scrivere mille temi, che avrebbe potuto spiegarlo nei minimi particolari. Pensava davvero di sapere cos’era l’amore, ma poi ha incontrato lei. Angie.
 
E non voleva innamorarsi di lei, ma era successo. E ancora di piùnon voleva che lei si innamorasse di un essere come lui. Non l’avrebbe consigliato a nessuno, di amarlo.
 
Ed Angie, che l’amore non sapeva nemmeno cos’era, pensava di esere un insieme  di difetti. Un insieme di difetti messi assieme a cui Bill aveva dato senso. Si sentiva come una frase senza verbo a cui lui aveva dato un significato.
 
Come il mare d’inverno in cui lui aveva portato il sole. Come le brioches vuote insapore, lui era il cioccolto che le rendeva deliziose.
 
Era come un sorriso finto  che per sorridere davvero aveva bisogno di una ragion. E lui era quella ragione.
 
E se questo non era amore che li teneva vicini allora qualcuno doveva spiegar lo che cos’era. Che cos’era l’amore. Se non era tutto questo allora non avevano capito niente.
 
E forse uno di loro qualcosa aveva capito davvero mentre Angie cercava di pensarci il meno possibile.
 
-“Sei stata bene?”- le chiese Bill, interrompendo il suo strano ballo e cingendole la vita.


Angie sorrise annuendo, si voltò e gli stampò un bacio sulle labbra –“Forse dovrei andare.”- sorrise ancora mentre lui la riempiva di baci. –“Ho costretto Pumba a stare dalle mie amiche, credo che mi ucciderà per questo.”- continuò cercando di staccarsi da lui.
 
Bill sorrise –“Ti perdonerà.”- sussurrò.
 
Angie sorrise. Il sorriso le svanì subito dopo quando i pensieri iniziarono ad arrivare nella sua testa. Si voltò dall’altra parte fissando il vuoto. Poi, soprendendo perfino sé stessa, sussurrò –“Io non so cos’è l’amore.”-


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