La via sbagliata

di Oneirox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


POV di Abel

 

Probabilmente era già cominciata, ma Ethan iniziò a porsi qualche domanda solamente la notte in cui, dopo l'ennesima missione di pattugliamento lungo il perimetro dello spazio della Sleipnir, Cain si gettò sul materasso al suo fianco, grugnendo stancamente un "'notte", e semplicemente chiuse gli occhi, accoccolato su di un fianco e rivolto verso la parete.

Prima di allora, il Navigator era riuscito a trovare una giustificazione per il comportamento insolito del partner nella stanchezza dovuta agli allenamenti, di cui poco o nulla sapeva, ma della cui ferocia ritrovava le tracce sulla pelle ricoperta di graffi e tagli. O forse si trattava della tensione per l'imminente attacco finale alla base dei Colterons, quello che avrebbe decretato le sorti della guerra. Eppure, se c'era qualcosa che Ethan aveva imparato a riconoscere nel Fighter che lo accompagnava, era che nessun modo di allontanare lo stress era migliore di una buona nottata di sesso.

La schiena rivolta a Cain, le orecchie tese ad ascoltare il suono del suo respiro; Ethan trovava difficile comprendere quell'assenza di provocazioni, di inviti osceni o anche solo di gesti, di tocchi di cui cominciava a sentire la mancanza sul proprio corpo. Quando infine si accorse che il Fighter si era completamente addormentato, non potè fare a meno di mordersi il labbro inferiore, una punta di rabbia e frustrazione nel sospiro che seguì.

 

 

POV di Cain

 

Sapeva che la notte sarebbe stato il momento peggiore. Non si scappa, di notte, non c'è scusa, di notte, perchè non c'è nessun fottuto allenamento, o sessione di test degli armamenti, o colloquio con i comandanti a cui dare la colpa per potersela svignare, e non dover finalmente pensare a tutto il casino che a causa di Abel, solamente a causa di Abel stava accadendo. Lo sapeva, Sacha, e se ne ricordò quando una gelida sensazione lo attraversò, dalle gambe lungo tutta la schiena, costringendolo a riaprire gli occhi.

- Fanculo, togli quei cazzo di piedi. - Mugugnò appena il Fighter, cercando di sembrare più assonnato di quanto in realtà non fosse. Avrebbe preferito evitare qualsiasi discussione e fingere di dormire, ma i piedi fottutamente congelati di Abel gli avrebbero regalato una nottata pessima, se non fosse riuscito a farglieli levare dalle proprie gambe.

- Allora sei sveglio. - Sacha grugnì alle parole ed al tono stizzito del Navigator, una troietta mestruata, ecco cosa, e solo perchè non scopavano da qualche giorno. Rimase immobile nella propria posizione, sbottando.

- Sì che lo sono, per colpa dei tuoi fottuti piedi. Levali dal cazzo e fammi dormire. - Disse, per poi richiudere ostinatamente gli occhi, come per convincersi della fine di quella fastidiosa conversazione notturna. Ovviamente così non accadde, e la voce di Abel tornò a riempire lo spazio claustrofobico della stanza.

- Si può sapere che diavolo hai, ultimamente? -

- Un Navigator rompicoglioni. Ora, cazzo, vedi di chiudere il becco e lasciami stare. - Ecco. Eccolo di nuovo, come uno spillo, ed era colpa di Abel se ora lo sentiva affondare nel petto, e già sapeva che non si sarebbe riaddormentato. Detestava quella sensazione, che si ripresentava sempre e solo quando si trovava in compagnia del biondino, quando lo provocava, quando lo feriva, quando gli ricordava, dopo ogni scopata, che solo di scopare si trattava. Ed ora, il fottuto spillo tornava a torturarlo anche nel sentirlo fremere contro la propria schiena, l'aria che si faceva pesante come quando il Navigator decideva di mettersi a frignare, giusto perchè non era ancora abbastanza facile prenderlo per il culo.

Ma Abel non pianse. Al contrario, gli afferrò una spalla e Sacha, preso alla sprovvista, fu costretto da un fottutissimo gracile Navigator a voltarsi nel letto, per ritrovarsi faccia a faccia con la ragione di tutti i suoi recenti problemi.

Non doveva guardarlo, non così da vicino. Il labbro inferiore marchiato dai suoi stessi denti, la pelle chiara alle luci artificiali della Sleipnir, lo sguardo fermo, deciso a porre fine a quella storia. Sacha sentiva crescere l'erezione sotto le lenzuola, e stavolta sarebbe stata ancora più dura del solito, decidere di non scoparselo.

- Non sono io, Cain. Sei così da giorni, e non osare dare la colpa a me. Ti ho assecondato, maledizione, sono stato attento a non infastidirti e a non farti incazzare. Ma mi sono stancato. - Non piangeva, almeno, e Sacha potè ritenersi sollevato almeno in questo. Ciò nonostante, la voce spezzata di Abel riuscì a spingere lo spillo più a fondo, e se non fosse stato forte com'era, Sacha era convinto che avrebbe potuto perforargli un polmone e soffocarlo. - ... E adesso parli. -

No, non voleva parlare. Scopare sarebbe stato più facile, il modo migliore di far tacere Abel era sempre stato quello di fargli chiudere le labbra attorno ad un uccello. E tuttavia, era la cosa sbagliata da fare.

Coglione. Sacha aveva sempre avuto un certo talento, ad imboccare la via sbagliata.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


POV di Abel

 

Anche quella mattina se n'era andato prima di lui. Ancora Ethan non capiva come ci riuscisse, senza nemmeno puntare una sveglia, senza che venisse convocato da nessuno. Come fosse spinto soltanto da un fortissimo desiderio di non incrociare il suo sguardo, dopo una notte di sesso, talmente forte da farlo alzare a quelle che dovevano essere non più delle sei della mattina. Il solo pensiero gli portava un amaro in bocca, ed Ethan decise di scacciarlo, sostituirlo con quello più urgente dell'incontro con il tenente.

 

- ... I circuiti sono sistemati, possiamo già chiedere ai tecnici di installare il centralino sulla navetta da simulazione. - Spiegava, una mano sullo schermo, a mostrare a Keeler il frutto del suo lavoro, l'altra a tamburellare sul tavolo, nervoso o eccitato per chissà cosa poi.

- D'accordo, chiederò più tardi a Vicks. Ottimo lavoro, Abel. - Lo premiò con un sorriso, il tenente, ed uno sguardo dolce e soddisfatto che un po' affascinava Ethan. Lo vedeva così serafico, assolutamente fuori luogo lì, in mezzo ad una guerra, ad uccidere. A fare cadaveri.

- Ehm... Signore, mi chiedevo se non avrei potuto assistere personalmente all'installazione. - Azzardò Ethan, maledicendosi mentre sentiva le gote scaldarsi. Ma non nascose il volto, lo fissò invece con sguardo fermo, sforzandosi di tenere immobili le dita sulla scrivania. - Sa, nel caso andasse storto qualcosa potrei saperlo immediatamente, e provare a rimediare sul posto. Inoltre potrei dare istruzioni personalmente ai tecnici, sarebbe un enorme risparmio di tempo. -

- Abel... Il tuo turno finisce tra mezz'ora. Non hai bisogno di sovraccaricarti di lavoro, ci penseranno i tecnici. - Rispose il tenente, piegandosi su Ethan con un fare a metà tra il materno ed il seducente, perché in Keeler ogni cosa sembrava ambigua, ed Ethan stesso era combattuto tra una sensazione di pace ed una di disagio.

- Non mi pesa affatto, signore. La prego, ci terrei davvero molto ad assistere. - Ed era vero, era il frutto della sua fatica, della sua preparazione e della sua volontà. Era la dimostrazione delle sue abilità, quelle che suo padre aveva sempre cercato di ignorare, quelle che gli avrebbero permesso di fare la differenza.

Keeler si sollevò con un sospiro e si guardò attorno. Ethan fece altrettanto, scoprendo un laboratorio semivuoto, pochissimi computer ancora accesi e soltanto un paio di Navigator al lavoro. Il pannello sopra l'entrata segnava le ore ventidue.

- Alzati. - Disse, e se da parte di qualsiasi altro tenente sarebbe potuto sembrare un ordine ben preciso, la voce di Keeler era riuscita a renderlo quasi una preghiera, una stanca richiesta da parte di un amico, o di un genitore. Ethan sbatté le palpebre ed obbedì con un cenno del capo. Keeler era poco più alto di lui, i lunghi capelli chiari ad esaltare la sua figura slanciata e ad incorniciare un viso che era un perfetto ovale dai lineamenti quasi femminili. Una madre, nel suo preoccuparsi dei suoi soldati, ed ora nel suo chinare il collo flessuoso per incrociare lo sguardo di Ethan.

- C'è qualcosa sotto, non è così? - Le parole del tenente lo colsero di sorpresa, Ethan ci mise un po' a realizzare ed aggrottò la fronte.

- Cosa? - Chiese, non capendo. Keeler sospettava di lui? Per cosa, poi? Pensava forse fosse una spia dei Colteron, e perché avrebbe dovuto crederlo?

- Sono giorni che va avanti questa storia, lavori fino allo sfinimento, resti in laboratorio fino a tardi. E ora, ti inventi persino di voler seguire i tecnici. - Era vero, era tutto vero, ma questo non faceva certo di Ethan un traditore. Si agitava, ora, sentiva la mancanza del tavolo su cui tamburellare le dita. Eppure, il tono di Keeler non era accusatorio: Ethan riusciva a cogliere una nota di stanchezza, quasi rassegnazione.

- E' il mio lavoro, signore. Mi sto impegnando per fare del mio meglio. - Disse Ethan, la voce ora più acuta, la mano stretta attorno al colletto della divisa. Keeler aggrottò le sopracciglia per un attimo, come disapprovasse quel gesto.

- Fai di tutto per non tornare nella tua stanza, o per starci il meno possibile. Dimmi perché. -

- No! Non è niente di tutto questo io... Non ho alcun motivo per non tornare in stanza! - Deglutì, Ethan, rendendosi conto di aver alzato troppo la voce quando gli sguardi dei pochi presenti in laboratorio si alzarono dai monitor per posarsi su di lui. Ora cominciava a capire di cosa si trattava. E di cos'altro, se non di Cain?

- Abel... Non ti sto dando alcuna colpa, ma devi farmi sapere che cosa succede se vuoi che ti aiuti. - Faceva quasi male vedere Keeler in quello stato, come angosciato e tutto per un equivoco. Certo, Cain doveva essersi guadagnato una certa fama, con i suoi atteggiamenti del cazzo, ma Ethan non si aspettava che neppure i comandanti si fidassero di lui.

- No, si sbaglia, Cain è un buon Fighter, non ha mai fatto nulla di male. - O forse sì? Chissà cosa gli nascondeva, dopotutto. Solo pochi giorni prima gli sembrava di aver fatto dei passi avanti, di aver cominciato a conoscerlo meglio, ma ultimamente c'erano solo silenzi, tra loro. E del sesso, del sesso che Ethan aveva imparato a detestare per com'era diventato distante, quasi insensibile. Eppure, era pur sempre un contatto.

- Non devi aver paura di dirmi se ti ha fatto qualcosa. Noi ti proteggeremo, possiamo fare in modo che non riesca più nemmeno ad avvicinartisi. - Suggerì Keeler, posando una mano sulla spalla di Ethan, che raggelò. Di cosa stava accusando, esattamente, Cain?

- Le assicuro che non mi ha mai toccato, signore. Non so come si comporti quando non siamo insieme, ma con me non ha mai osato... -

- Sposta quella mano, Abel. -

Ethan rimase a bocca aperta, realizzando improvvisamente. Non scostò la mano dal suo colletto, ricordava fin troppo bene cosa nascondesse, in quella posizione. Ma avrebbe dovuto avere decine di mani, per riuscire a celare tutti i segni che Cain aveva lasciato su di lui con i suoi graffi, i suoi morsi, le sue labbra così avide ed ingorde da volerlo marchiare a tutti i costi.

- Se il tuo Fighter ti sta obbligando a fare qualcosa che non vuoi, evitarlo il più possibile non è la soluzione. Devi solo fidarti di me e del comandante Cook. - Abbassò la voce, in modo che soltanto il suo interlocutore potesse sentirlo, e strinse la presa sulla sua spalla, non più severo, affatto. Solo più comprensivo, e tutta quella compassione nello sguardo di Keeler era come una pugnalata nello stomaco.

- Non è... - Ethan riuscì appena a pronunciare l'inizio della frase, bloccandosi però all'improvviso. Come giustificarsi, stavolta? Cosa avrebbe dovuto dire, che era perfettamente consenziente, che non riusciva a fare a meno a quelle notti di sesso, che quei morsi non facevano altro che portarlo più vicino all'orgasmo? Qual era la punizione per una cosa simile? Come minimo, non avrebbe mai più rivisto Cain.

- Basta una tua parola, Abel. Possiamo liberarci di lui, riassegnarti e trovarti qualcuno di normale. Ma serve che sia tu a dirmelo, perché siete i migliori e Bering non accetterà un'altra scusa. - Riassegnarlo, ma certo. E Cain dove sarebbe finito? Nelle Colonie, con tutta probabilità, in quello che doveva essere un inferno di metallo senza cielo, senza montagne, senza sole. No, Ethan si era ripromesso di portarlo via, sulla Terra, dove sarebbe tornato da eroe.

- Non voglio venire riassegnato. - Disse, con tutta la fermezza di cui era capace, ora che si sentiva le labbra tremanti. Keeler sembrò cogliere la sua determinazione, perché mollò la presa sulla sua spalla, lasciando ricadere il braccio a lato del busto. Sospirò, abbassando lo sguardo che ad Ethan parve impregnato di una certa tristezza di cui non riuscì a comprendere l'origine.

- ... Noi terremo gli occhi aperti. Ricorda che non sei solo, Abel. - Disse il tenente, cominciando già ad allontanarsi. Ed Ethan desiderò per un istante di lasciar perdere i tecnici e precipitarsi da Cain, stringerlo e cercare conforto tra le sue braccia. Cambiò idea, quando si rese conto che da lui non avrebbe ricevuto altro se non un soffocante silenzio.

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