Incontri molto ravvicinati

di steph808
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo1Capitolo 1

«Fermi dove siete!»

Beckett e Castle si immobilizzarono un passo oltre la soglia dell’appartamento, bloccati da una voce imperiosa.

«Ecco un ordine perentorio. Hai sentito, Beckett? È questo il tono con cui dovresti dare gli ordini alla tua squadra.»

«Stai zitto, Castle. E non toccare niente.»

«Sono l’uomo più inoffensivo del mondo, lo sai.»

La detective scosse il capo e diede uno schiaffo sulla mano dello scrittore. L’uomo più inoffensivo del mondo stava toccando un soprammobile su una mensola dell’ingresso. Quello non era un semplice appartamento, era la scena del crimine.

«Fermi, ho detto! Vi vedo, sapete?»

«Lanie, dove sei?»

La dottoressa Parish, medico legale del dodicesimo distretto, apparve da dietro un mobile dell’ampia cucina-soggiorno. Indossava le soprascarpe sterili e aveva i capelli raccolti in una cuffia protettiva.

«Sono qui, Kate. E lo ripeto per la terza volta: non muovetevi da lì. Stanno per arrivare i colleghi della scientifica e non voglio che contaminate la scena del crimine.»

«Lo so bene, ma io devo vedere il cadavere.»

«Allora prendi le protezioni.»

«Anch’io voglio vedere, anch’io!»

«Castle, tu è meglio che...»

«Lascialo venire, Kate. Basta che non tocchi niente, Castle.»

«Parola di boyscout» promise lo scrittore.

 

Pochi minuti dopo si avvicinavano a Lanie e al cadavere. Un uomo di mezza età giaceva riverso in una pozza di sangue.

«Cos’abbiamo qui?»

«Un’ampia scelta di cause di decesso» replicò la dottoressa. «Un proiettile al cuore, due ai polmoni, altri tre dal busto al collo.»

«Da quanto tempo è morto?»

«Abbiamo ricevuto la chiamata tre ore fa. Alcuni vicini hanno sentito degli spari e hanno chiamato subito il 911. Quella è l’ora del decesso.»

«Sappiamo l’identità?»

«Paul Mack, 53 anni. Era il proprietario dell’appartamento. Viveva da solo. Ryan ed Esposito stanno indagando nello stabile e nei paraggi.»

«Parlerò con loro.» Kate si guardò intorno. «Castle! Cosa stai facendo?»

Lo scrittore si era alzato in piedi e aveva preso in mano una strana pietra caduta sul pavimento a non più di un metro dal cadavere.

«È solo un sasso, Beckett.»

«Avevi dato la tua parola di boyscout che non avresti toccato niente!»

«Non sono mai stato nei boyscout.»

Beckett gli rivolse un’occhiataccia. Identica a quella di Lanie Parish.

 

Un uomo affascinante con una spiccata capacità di intuizione. Un pasticcione incapace di seguire gli ordini con un ego spropositato. Erano queste le caratteristiche principali dell’uomo chiamato Richard Castle e la detective Beckett non sapeva decidere se prevalessero i pregi o i difetti. Nel frattempo, le faceva compagnia nelle indagini e cercava di rendersi utile. E lei un po’ lo sopportava e un po’ lo ammirava.

Perlomeno la causa del decesso è chiara. Anche l’identità della vittima. Rifletté. Con un po’ di fortuna, l’assassino non è ancora lontano.

Quando arrivarono gli uomini della scientifica per le loro rilevazioni Beckett e Castle uscirono sul pianerottolo. Si erano fatti un’idea abbastanza precisa della morte del signor Mack. Non che fosse particolarmente complicato.

Gli altri due membri della squadra di Beckett, i detective Ryan ed Esposito, aspettavano per riferire i primi risultati delle indagini

«Ehi, Beckett.»

«Che avete da riferire, ragazzi?»

«Molti dettagli a caldo…» iniziò Ryan.

«…E abbiamo due testimoni» concluse Esposito. «Hanno visto l’assassino fuggire.»

«Ogni tanto un colpo di fortuna. Molto bene! Dove sono i testimoni?»

I due poliziotti sembravano reticenti.

«Cosa c’è, ragazzi? Non vi ho mai visti così preoccupati. È una buona cosa che ci siano dei testimoni.»

«Non questa volta, Castle.»

«In ogni caso sono nel loro appartamento. Due piani qui sopra» Ryan fece un cenno verso l’alto con la matita che teneva in mano.

Esposito completò di nuovo la frase.

«Sono due fratelli che giocavano nel cortile interno. Sette e nove anni.»

Beckett chiuse gli occhi.

«No. Non dei bambini.»

 

 

NdA

Ciao a tutti! Sono qui per raccontarvi un’altra storia con Beckett e Castle. Un altro omicidio, tanto per cambiare. E ho delle sorprese e dei colpi di scena in mente che spero vi terranno compagnia.

Proverò di nuovo a misurarmi con i collegamenti imprevedibili e l’ironia che contraddistingue la serie. Dato che mi piace un sacco che Beckett e Castle facciano scintille tra loro, ambienterò il tutto nella prima stagione.

Ringrazio di cuore chiunque leggerà.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo2Capitolo 2

Salirono immediatamente a parlare coi due giovanissimi testimoni. I bambini sedevano sul divano del loro appartamento e sembravano tranquilli.

Beckett e Castle si avvicinarono sorridendo.

«Ciao!» salutò la detective, fingendo un buon umore che non provava. I bambini non dovrebbero mai essere coinvolti in queste cose.

«Ciao. Voi siete della polizia?» domandò il bambino più grande.

«Sì. Io mi chiamo Kate. Lui è Richard.»

«Perché non indossate la divisa?» domandò il fratellino.

«Perché… noi siamo detective. Possiamo vestirci come vogliamo.»

«Bello.»

Intervenne la madre dei bambini, che assisteva preoccupata.

«Bambini, raccontate ai detective cosa avete visto.»

«Sì, vi ascoltiamo. Raccontateci. Avete visto qualcuno che usciva di nascosto?»

«Scendeva dalle scale.»

«Quali scale?»

«Le scale antincendio. All’esterno.»

«Stavamo giocando in cortile…»

«…e lui è sceso.»

I due fratelli si completavano le frasi a vicenda come Ryan ed Esposito. In altre condizioni, Beckett ne avrebbe riso, ma in quel momento era troppo preoccupata che i bambini fossero rimasti sconvolti da qualcosa o che fossero in pericolo in quanto testimoni.

«Chi è “lui”? Potreste descrivercelo?»

I due fratelli si consultarono per qualche secondo.

«Aveva la testa grossa…»

«… le braccia sottili…»

«… gli occhi grandi…»

«… la pelle grigia…»

Castle capì per primo che non si stavano riferendo ad una persona umana. Un gatto? Un cane? La loro descrizione era molto confusa e contraddittoria.

Nel frattempo Beckett sorrise, improvvisamente più serena. Preferiva di tutto cuore non avere nessun testimone che coinvolgere due bambini.

«Non fa niente. Dunque avete visto un animale scendere per le scale?» domandò.

I due fratelli avevano già descritto con tutti i dettagli quello che sapevano. Alzarono le spalle perplessi. Non avevano altre parole per spiegarlo in modo diverso e, se i poliziotti non avevano capito, non sapevano cosa aggiungere.

«No… non era un animale» disse il più piccolo. «Ma non era nemmeno un uomo.»

«Ho visto un cartone alla tv, una volta» aggiunse l’altro. «Secondo me quello… era un alieno.»

 

I due bambini erano convinti e sicuri. Raccontavano la stessa versione dei fatti senza mai entrare in contraddizione. Non potevano averlo inventato. Qualsiasi cosa avessero visto, era uscita dalla finestra dell’appartamento di Mack, era scesa per le scale esterne e aveva saltato a terra con agilità, svanendo poi in un vicolo laterale.

«Testa e occhi grandi, membra sottili e pelle grigiastra. È chiaro: hanno visto un grigio!»

Sbottò Castle quando uscirono di nuovo sul pianerottolo.

«Un che cosa

«Un grigio! Esistono diverse razze aliene, Beckett, lo sanno tutti.»

«Io non lo so.»

«Beh, ci sono i rettiliani, i nordici e i grigi... In realtà i grigi sono i più diffusi.»

«Un assassino alieno. Questo mi mancava.»

«Non ci credi, vero? Eppure è quello che hanno detto i bambini. Fino all’ultimo dettaglio.»

Kate si allungò per guardare fuori da una finestra. Il palazzo in cui si trovavano non era né ricco né povero, semplicemente uno dei tanti complessi di appartamenti di New York, di stile moderno americano. Paul Mack viveva al quarto piano, i bambini al sesto.

Da dov’erano, il piano della strada non era troppo lontano e si aveva una buona visione degli edifici circostanti.

«Laggiù.»

«Cosa?»

«Quella è una banca. La vedi, all’angolo? Secondo i bambini, il tuo alieno è fuggito da quella parte.»

Castle fece una smorfia di disappunto. Di certo Beckett voleva farsi dare le registrazioni di sicurezza delle videocamere che circondavano il perimetro.

«È tempo sprecato. Gli alieni non si fanno riprendere dalle telecamere a circuito chiuso, sono molto più intelligenti di noi.»

«Forse sono più intelligenti di te, Castle.»

«Ehi, Beckett, cosa vorresti insinuare…?»

La detective scese le scale senza lasciarlo finire.

«Ryan, dove sei? Abbiamo bisogno di un mandato!»

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo3Capitolo 3

Avevano allestito la lavagna delle indagini nella sede del dodicesimo distretto. Al centro, la fotografia di Paul Mack, la vittima.

Molti dei dati erano già chiari: ora della morte e causa, ovvero ferite multiple da arma da fuoco. L’arma del delitto, invece, non era stata trovata, ma si trattava di una pistola calibro 38.

Sotto questo aspetto, il caso era sufficientemente chiaro. Mancavano ancora degli indizi sull’assassino. La porta dell’appartamento non era stata forzata, quindi Mack aveva aperto al killer. Questa parte delle indagini doveva essere sviluppata, perché era decisiva. Lanie e i ragazzi della scientifica si sarebbero occupati di ricavare quanti più dettagli possibili.

Mancavano anche le informazioni sulla vita della vittima. Insomma, c’era molto da lavorare. Castle aveva procurato due bicchieri di caffè e Kate sorseggiava il proprio davanti alla lavagna.

«Ehi, Beckett.»

«Dimmi, Esposito.»

«Abbiamo ricevuto le registrazioni della banca. Le stiamo guardando adesso.»

Il detective Ryan stava scorrendo le immagini a velocità doppia sullo schermo del suo computer. Passanti e clienti sfrecciavano rapidi.

Kate lo raggiunse proprio mentre Castle arrivava di corsa.

«Eccomi! Mi sono perso qualcosa?»

«Non ancora, Castle. Guarda con noi.»

Si affollarono alla postazione di Ryan, con la squadra investigativa al completo, tutti impazienti.

«Questa è l’ora presunta dell’omicidio.»

«Scorri avanti. Ancora.»

Adesso le figure si muovevano a velocità normale. La risoluzione delle telecamere era piuttosto sgranata. Ad un tratto, si vide una sagoma comparire al margine dell’inquadratura.

«Ecco. Fermo!»

Ryan bloccò il video e provò a ingrandire. La telecamera sul retro della banca, che inquadrava parzialmente il vicolo, aveva ripreso una figura di sfuggita. Entrava ed usciva dallo schermo in poco più di due secondi, in un angolo piuttosto buio dove nessuno guardava né passava.

Aveva la testa grossa e quelli che sembravano due occhi a mandorla molto più grandi del normale in un volto privo del naso. Anche l’altezza era superiore alla media. Alla media degli uomini, perlomeno.

Il primo a rompere il silenzio fu Castle.

Si mise a saltellare per la stanza urlando: «Lo sapevo, lo sapevo! I bambini avevano ragione. È un alieno! L’assassino è un alieno.»

«Forse c’è un’altra spiegazione.»

«Beh, Beckett… Se mi chiedessero di descrivere un alieno, darei proprio questa foto» replicò Ryan, anche se non condivideva l’entusiasmo di Castle.

«È troppo sgranata. Mi rifiuto di crederci.»

Il capitano Montgomery uscì in quel momento dal suo ufficio.

«Signor Castle! Detective Beckett! Che succede qui?»

Kate fece un cenno verso lo scrittore, facendo intendere che era lui l’unico ad aver perso il controllo.

«Lo scusi, capitano. Abbiamo le immagini del presunto assassino di Paul Mack.»

«Fate vedere. Accidenti, detective, questo sembra proprio un alieno.»

Castle si avvicinò alla scrivania di Ryan dove di nuovo erano chinati tutti ad osservare il monitor, guardando e riguardando gli stessi due secondi di filmato.

Con fare sornione, lo scrittore strinse le labbra e fischiettò adagio cinque note. Era il celeberrimo tema di “incontri ravvicinati del terzo tipo”.

 

«Richard, caro, Kate ha ragione. Non può essere stato un alieno.»

«Lo so mamma. Razionalmente, l’ho pensato anch’io. Ma le telecamere di sicurezza non mentono.»

Martha Rodgers inclinò la testa in risposta. Un gesto di dubbio molto espressivo, degno dell’attrice che era stata in gioventù.

«Potrebbe essere un effetto di grafica digitale?» ipotizzò Alexis, la figlia dello scrittore.

«Non credo. Era una figura in carne e ossa. Abbiamo dei testimoni che l'hanno visto.»

«Un costume, allora?»

«È quello che pensa Beckett. Solo che dove dimostrarlo. Per adesso ho ragione io. L’hanno detto anche i bambini del sesto piano. È un alieno.»

«Poveri bambini. Saranno sconvolti il resto della loro vita.»

«Spero proprio di no, Alexis. Per fortuna, non hanno assistito a scene violente. Hanno solo visto una creatura galattica.»

«Io sarei rimasta sconvolta.»

«Alexis, cara, sei diventata grande con me e tuo padre. Credo che nulla possa sconvolgerti più di così.»

Stavolta fu Castle a lanciare un’occhiata di rimprovero alla madre.

«Beh, Richard, è la verità.»

Alexis rise, per nulla preoccupata.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo4Capitolo 4

«Ricominciamo da capo. Siete con me?»

Beckett fissò i suoi collaboratori uno per uno. Ryan ed Esposito annuirono con convinzione. Quando incrociò gli occhi di Castle si fermò. Il volto dello scrittore era inespressivo. Lui non disse niente e ricambiò lo sguardo con fermezza.

«Siamo tutti d’accordo?» ripeté Kate.

Si aspettava da un momento all’altro una battuta, una citazione, uno scherzo. Qualsiasi cosa.

«Sì, Beckett, sono d’accordo con te» disse Castle.

Il tono era sicuro e privo di ironia.

«Niente più alieni?» domandò Esposito.

«Ehi, Javier, quella dell’alieno è una teoria. Niente di più, niente di meno. Beckett ha ragione: non dobbiamo accontentarci della prima spiegazione. E, in ogni caso, dobbiamo acchiapparlo, questo alieno assassino…»

«Sono felice di sentirtelo dire. Dunque… facciamo il punto della situazione.» Beckett passeggiava davanti alla lavagna delle indagini. «Chi era Paul Mack, la vittima?»

«53 anni, divorziato, senza figli» lesse Ryan dai suoi appunti. «Nessun precedente penale. Benvoluto dai vicini. Un uomo come tanti.»

«Lavoro?»

Fu Esposito a replicare. «Tecnico informatico. Ha lavorato fino al giorno dell’omicidio per una società. Niente di particolare da segnalare.»

«Amici e parenti? Hobby e passioni?»

«Un fratello che sta rientrando da un viaggio di lavoro in Europa. Poi abbiamo rintracciato l’ex moglie. Si chiama Susan.»

«In mancanza di meglio, potremmo iniziare da lei. Convochiamola.»

 

Un paio d’ore più tardi, Castle chiuse la porta della sala degli interrogatori e sedette accanto a Beckett.  L'ex moglie di  Mack era una signora sui cinquant'anni, giovanile, con lunghi capelli castani. Era tesa e preoccupata e si guardava intorno con apprensione.

«Innanzitutto le porgo le nostre condoglianze» iniziò Beckett.

«Grazie, detective. Eravamo divorziati e non lo amavo più, ma Paul era una brava persona, in fondo. Non meritava di morire così.»

«Lei può dirci qualcosa di più? Aveva dei nemici?»

«Non che io sappia.»

«Quando vi siete visti l’ultima volta?»

«Un… un paio di giorni fa. Abbiamo parlato di scartoffie legali.»

Kate prese qualche appunto su un foglio.

«Susan, noi pensiamo che il suo ex marito abbia fatto entrare il suo assassino.»

«Non saprei cosa dire.»

«Suo marito aveva problemi sul lavoro?»

«Non che io sappia.»

«Si vedeva con qualcuno? Un nuovo amore?»

«Non lo so. Non facevo più parte della sua vita.»

«Amicizie pericolose?»

L’ex moglie di Paul scosse la testa.

Non si stava rendendo utile. La vittima era un uomo mite, senza problemi né nemici. La loro storia era finita e lei non aveva più interesse nella vita di lui, se non per le questioni legali relative al divorzio.

Terminata la chiacchierata, Susan se ne andò senza aver fornito nessun indizio interessante. Un agente la accompagnò verso l’ascensore che conduceva all’uscita.

Dopo che ebbe svoltato l’angolo, Beckett si voltò verso Castle. Prima che lei potesse parlare, lui disse: «Quella donna nasconde qualcosa.»

Lei sorrise. «Lo pensavo anch’io.»

Anche lo scrittore sorrideva. Si fissarono con gli occhi negli occhi per un lungo momento di un’inattesa complicità.

Troppa intimità. Distolsero lo sguardo, improvvisamente imbarazzati.

«Esposito!»

«Eccomi, Beckett.»

«Voglio gli spostamenti di Susan Mack negli ultimi sette giorni. Devo sapere dov’è andata e con chi in ogni secondo. E voglio anche i tabulati delle sue telefonate.»

«E l’estratto conto della sua carta di credito» aggiunse Castle.

Esposito e Beckett lo fulminarono con lo sguardo.

Chi ti credi di essere per dare ordini a un detective?

«Ehm, scusate, io…» tossì rumorosamente. «Qualcuno di voi vuole un caffè? Che dite, ve lo vado a prendere?»

Lo scrittore si allontanò imbarazzato mentre i due colleghi ridevano alle sue spalle.



NdA
Ciao a tutti! Non amo moltissimo intromettermi nelle storie, ma ogni tanto due parole ci vogliono. Innanzitutto, Castle si sta comportando a tratti un po' da immaturo. Non so perché, ma a volte i personaggi non obbediscono agli autori, chi scrive lo sa! Lo ricondurrò alla ragione, vedrete, e in ogni caso non mi sembra troppo incoerente col Castle della prima serie.
Ho tra le mani questo alieno e ho già deciso che fine fargli fare, e poi bisogna spiegare perché questo signore così pacifico è stato ucciso. Non è semplice pensare a dei gialli decenti! Questo mi fa riflettere su quanto siano bravi gli sceneggiatori di Castle (oltre agli attori, è chiaro).
Ringrazio chiunque leggerà: tanti o pochi, per me è sempre bello sapere che qualcuno legge quello che esce dalla mia immaginazione!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo5Capitolo 5

«Ehi ragazzi, guardate cos’ho trovato.»

Beckett e Castle si voltarono verso il detective Ryan.

«Mi sono procurato le registrazioni di sicurezza del semaforo all’angolo del palazzo. Questo è il giorno del delitto, un paio d’ore prima che l’alieno facesse fuoco con la sua pistola protonica.»

Ryan mimò un colpo sparato con una pistola.

«Ha usato una calibro 38, non una pistola protonica.»

«Beckett, non essere sempre così puntigliosa» replicò Castle. «Forse la pistola protonica era scarica, in quel momento.»

Lo scrittore scambiò un gesto d’intesa con il detective di origini irlandesi.

«Vieni al punto, Ryan.»

«Sì, Beckett. Vedi questa macchina? Appartiene a Susan Mack.»

«È passata davanti alla casa del suo ex proprio il giorno in cui è morto?»

«Non solo. Ha parcheggiato poco più in là. È un parcheggio custodito a pagamento, abbiamo le prove.»

«Tutto lascia pensare che sia andata a trovare il suo ex.»

«Ci ha mentito» specificò Castle. «Aveva detto di averlo visto l’ultima volta alcuni giorni prima della sua morte.»

Javier Esposito arrivò giusto in tempo per introdursi nella conversazione.

«C’è di più. Ho controllato le telefonate di Susan. Ha chiamato molto spesso negli ultimi giorni un certo numero di cellulare. Appartiene a Michael Forrester. Non indovinerete mai quello che ho scoperto. Il signor Forrester ha precedenti per violenza aggravata e rissa. E la sua macchina è passata a quello stesso semaforo un’ora prima e un’ora dopo la morte di Paul Mack.»

«Probabilmente hanno fatto una riunione di famiglia» osservò Castle. «Tutti loro e l’alieno» aggiunse soprapensiero.

«Bene, ragazzi, finalmente qualcosa si muove» disse Kate. «Convocate di nuovo Susan e trovatemi questo Forrester. Io chiamo il procuratore e gli dico che abbiamo ufficialmente dei sospettati.»

 

Si divisero gli interrogatori. Beckett e Castle avrebbero parlato con Michael Forrester, Ryan ed Esposito con la signora Mack.

I sospettati arrivarono accompagnati dagli agenti. Senza manette ai polsi, per il momento. La signora Susan passò con gli occhi bassi mentre la portavano in sala interrogatori.

Michael Forrester, invece, lanciava occhiate sprezzanti in giro per la sede del distretto. Era un trentacinquenne alto e magro. Lo condussero alla sala degli interrogatori e lui sedette al tavolo come fosse stato a casa sua.

«Perché sono qui?» domandò subito a Beckett. «Ho i miei diritti.»

«Abbiamo ragione di credere che lei fosse sulla scena di un delitto.»

«Ah! Quali prove avete?»

«I movimenti della sua auto davanti alla casa della vittima.»

«Migliaia di auto passano davanti a tutte le case di New York in ogni secondo, detective.»

«Abbiamo le sue telefonate con la signora Susan Mack, l’ex moglie della vittima.»

«Non posso telefonare a chi mi pare e piace?»

L’interrogatorio non stava andando bene. Beckett se ne rendeva conto alla perfezione. Forrester reagiva con arroganza e lei non aveva prove schiaccianti per incastrarlo.

«Quali sono i suoi rapporti con la signora?» domandò.

Kate non pensava che fossero amanti, a causa della differenza d’età, ma non si può mai dire.

«Siamo amici.»

«Dove vi siete conosciuti?»

«A un gruppo teatrale. È il mio hobby. Non sono un attore professionista, ma mi piace recitare, faccio parte di una compagnia dilettantistica. Anche Susan dopo il divorzio ha scoperto questa passione. Tutto qui.»

«Perché la sua macchina è stata inquadrata dalle telecamere davanti al palazzo di Mack proprio il giorno dell’omicidio?»

«C’è una lavanderia cinese da quelle parti. Sono andato a ritirare i miei vestiti.»

«Signor Forrester, deve ammettere che la cosa è sospetta. Lei ha dei precedenti per violenza e rissa…»

«La fermo subito, detective. Ho fatto delle stupidaggini quando ero giovane, ma ho pagato per questo e oggi sono cambiato. Quei precedenti risalgono a più di dieci anni fa. Non può accusarmi per quello.»

«Le stiamo solo chiedendo di collaborare.»

«È quello che ho fatto. Ho collaborato. E adesso o mi arresta oppure mi lascia tornare a casa mia.»

 

Nel frattempo, Ryan ed Esposito interrogavano Susan.

«Sono in arresto?» domandò lei.

«Signora, lei ha mentito. Sappiamo che ha parlato con il suo ex marito il giorno della sua morte.»

«Sì, è vero. Ci siamo visti e ho avuto paura di dirlo. Ma non l’ho ucciso io. Quando me ne sono andata era ancora vivo.»

Susan guardò a turno i due detective.

«Non mi credete, vero? Pensate che sono stata io a sparargli?»

Iniziò a piangere. Faceva quasi pena.

«Deve raccontarci la verità.»

«Ve l’ho già detto. Non l’ho ucciso io!»

Continuava a piangere e non rispondeva più alle domande.

Ryan ed Esposito uscirono dalla stanza per consultarsi e lì incontrarono Castle e Beckett che avevano terminato l’altro interrogatorio.

«Nulla di fatto.»

«Anche noi. Non possiamo trattenere Forrester.»

«Che dici, Beckett? Arrestiamo la signora? Ci ha mentito già una volta e, in più, è reticente.»

Kate rifletté per qualche secondo.

«Torchiate ancora per un po’ la signora e poi, se non vi dice altro, lasciateli andare entrambi. Non abbiamo niente per accusarli. Metteremo sotto sorveglianza le loro chiamate. Per adesso, non possiamo fare altro.»

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo6Capitolo 6

Avevano dei sospettati, ma nessuna prova. L’ex moglie aveva protestato la sua innocenza fino all’ultimo. Forrester non poteva essere accusato senza delle prove.

Beckett rifletteva sul caso, domandandosi quale fosse il ruolo dell’alieno. Secondo i due bambini, era uscito dalla finestra della casa della vittima. Secondo le registrazioni della banca, una figura con la testa a triangolo e la pelle grigia era comparsa nel vicolo.

Due testimonianze fragili ma, nello stesso tempo, che concordavano tra loro in modo impressionante. Quella creatura grigia era esistita veramente: che fosse un alieno venuto dalle profondità della galassia oppure no, di certo era reale.

Il telefono la riscosse dai suoi pensieri.

«Beckett.»

«Kate, sono Lanie. Abbiamo qualche risultato. Il signor Mack è stato ucciso dai proiettili, su questo non c’era proprio nessun dubbio. Il colpo che gli ha trapassato il cuore è stato fatale. Dai fori di entrata abbiamo stabilito che l’assassino era alto, tra il metro e ottanta e i due metri.»

«Ho un sospettato che è molto alto.»

«Sì, e c’è un alieno che sarebbe ancora più longilineo.»

«Molto divertente, Lanie.»

«Beh, Kate, dobbiamo ammettere che questi alieni sono fortunati. Non fanno fatica a tenersi magri e in forma. L’ultimo alieno grasso che ho visto è Jabba the Hutt di Guerre stellari…»

«Lanie…»

«Ah, c’è un’altra novità. Viene dai laboratori della scientifica. Ti ricordi quel sasso che ha preso in mano Castle sulla scena del crimine, vicino al cadavere?»

«Certo che lo ricordo. Se Castle ha inquinato le prove, gli faccio una scenata che si ricorderà per il resto della vita!»

«Tranquilla Kate, per una volta Castle non c’entra. Secondo i cervelloni della scientifica, quella pietra arriva da un meteorite.»

 

«Arriva da che cosa?» domandò Castle poco dopo.

«Da un meteorite» ripeté Beckett rassegnata.

«Forse l’alieno era venuto per quella pietra…» disse lo scrittore.

«Sapevo che l’avresti detto.»

«Però, se era quello il suo obiettivo, perché l’ha abbandonata?»

Lei lo guardò speranzosa. Non era un bambinone a tempo pieno.

«No. Non ha senso» continuò il romanziere. «L’alieno… sì, hai ragione, forse era un uomo vestito da alieno… era lì per un’altra ragione.»

Beckett prese la giacca dalla spalliera della sedia e la infilò.

«Dove vai?»

«A fare il mio lavoro. È inutile farsi troppe domande, bisogna indagare. Il vecchio metodo è sempre il migliore: recarsi sul posto e verificare di persona. Vieni anche tu?»

 

Parcheggiarono davanti al palazzo dove abitava la vittima.

«Secondo Forrester c’è una lavanderia cinese nei paraggi. Troviamola.»

Fecero un giro dell’isolato.

«Guarda, Beckett. C’è davvero!»

La detective annuì ed entrò nel negozio.

«Polizia di New York. Ha mai visto questo signore?»

Il titolare del negozio strinse gli occhi a mandorla.

«Sì. Visto. Lui cliente.»

«Ha portato qualcosa da lavare, recentemente?»

«Sì, sì…»

Il cinese si consultò con un suo collaboratore nella loro lingua.

«È venuto due giorni fa» confermò.

«Il giorno dell’omicidio» osservò Castle. «Il suo alibi funziona.»

«Ha portato anche…»

Dopo un nuovo flusso di parole in mandarino, il titolare del negozio spiegò a fatica che Forrester aveva portato delle cose da lavare, aveva pagato in contanti e in anticipo e aveva lasciato alcuni sacchi pieni di abiti da buttare.

«Cosa significa?»

I due cinesi spiegarono che spesso i clienti lasciavano loro dei vecchi abiti. Li ritiravano per un tanto al chilo e poi vendevano tutto ad un loro parente che gestiva un’azienda di riciclo di materiali tessili.

Forrester aveva consegnato loro alcuni sacchi, appunto, di vecchi abiti.

«Lui attore. Così ha detto a noi. Buttato vecchi costumi di scena.»

«Costumi? Che tipo di costumi?»

«Molti diversi.»

«Possiamo vederli?»

Il cinese annuì. Il loro parente sarebbe arrivato quella sera a ritirare il materiale. Ordinò al suo collaboratore di portare i detective al deposito.

«Mi sento in una scena di “Agguato a Chinatown”» osservò Castle mentre percorrevano il vicolo sul retro del negozio.

«Non ho mai sentito questo film.»

«Infatti non esiste. Potrei scrivere io la sceneggiatura.»

«Qui. Ecco.»

Il cinese mostrò loro un cassonetto e si mise in un angolo a testa bassa ad aspettare.

Beckett guardò sconsolata la montagna di sacchi.

«Oh, no! Ci saranno centinaia di chili di vestiti.»

«È impossibile sapere cosa abbia consegnato Forrester.»

«Accidenti a lui e ai suoi costumi. Per un attimo avevo sperato di poter trovare qualcosa di utile.»

Castle si sporse dentro il cassonetto.

«Maleodorante e malsano. Chissà cosa combinano con questa spazzatura.»

Kate gli fece un cenno. Attento a quello che dici. Il cinese potrebbe ascoltarci.

«Naaa… non parla la nostra lingua. Prova a chiedergli se ha visto un costume da alieno dentro questa montagna di roba.»

«Sì. L’ho visto.»

Kate e Castle si voltarono. Era proprio il cinese ad aver parlato.

«Parli la nostra lingua?»

«Sì. Piuttosto bene, in realtà.»

Aveva solo un leggero accento.

«Avete detto di un costume teatrale da alieno?»

«Esatto! L’hai visto?» domandò Kate.

«Sì, l’ho trovato due giorni fa mentre buttavo alcuni sacchi.»

«È la prova di un delitto. Dobbiamo sequestrarlo subito.»

«Non è lì dentro. L’ho tenuto io, mi piaceva. Ma non ditelo al padrone.»

L’uomo fece strada verso un ripostiglio dove teneva le sue cose.

Nel frattempo, Castle borbottò: «Da quando i cinesi si travestono da alieni per il loro carnevale? Ho sempre visto dragoni, maschere, ma alieni mai…»

Beckett gli diede una gomitata.

Lo scrittore fece un gesto che voleva dimostrare che al cinese mancavano circa quaranta centimetri d’altezza per riempire il costume, pensato per una persona molto più alta.



NdA
Okkei! Questo era quello che avevo in mente per l'alieno. Non poteva essere diverso, non credete? Però la mia mente malata ha escogitato altri colpi di scena, esattamente come nei migliori episodi della serie, dove fino all'ultimo non si capisce chi è il colpevole.
Come sempre, grazie molte a chi legge. A presto!

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo7Capitolo 7

Il costume era ben fatto. Comprendeva una tuta aderente color grigio e una maschera in stoffa di forma triangolare. Il volto dell’attore si infilava nella parte bassa della testa da alieno, che si gonfiava con la gommapiuma fino ad assumere un aspetto molto più imponente.

«L’alieno è Forrester» concluse Castle.

«Alto com’è, con questa roba addosso sembrava ancora più longilineo e con la testa gigante.»

«Proprio così. Ha ucciso Mack con il costume, poi è fuggito.»

«Si è cambiato nel vicolo e ha portato qui il costume, sperando che i cinesi distruggessero tutte le prove.»

Nel frattempo Beckett faceva squillare il telefono alla centrale.

«Ryan! Emana subito un ordine d’arresto. Michael Forrester è il nostro assassino!»

 

Beckett e Castle recuperarono la vettura di servizio per fare ritorno alla sede del Dodicesimo soddisfatti.

«Un altro caso risolto. Complimenti, detective.»

«Siamo stati fortunati, dopotutto. Era abbastanza evidente fin dal principio che l’alieno non poteva essere un vero viaggiatore dello spazio.»

«Perché sei così sicura?»

«Solo un umano può sparare con una pistola calibro 38. Gli alieni hanno le dita troppo lunghe e tozze per premere il grilletto.»

Lo scrittore sorrise.

«Uau, Beckett, inizi anche tu a scherzare! D’accordo, avevi ragione. Era un uomo. Vuol dire che l’assassino sarà un vero alieno nel mio prossimo libro.»

«Forse lo leggerò.»

«Te ne regalerò una copia autografata. Può bastare come incentivo?»

Kate finse di essere poco interessata.

«In ogni caso, dobbiamo ancora chiarire molti punti oscuri in questa vicenda. Sarà molto interessante interrogare Forrester e capire perché ha ucciso Paul Mack vestito con un costume così originale.»

Il loro sorriso soddisfatto fu disturbato dallo squillo del telefono.

«Ehi Beckett. Sono Ryan. Siete già arrivati al distretto?»

«Non ancora.»

«Allora cambiate destinazione. Vi do l’indirizzo di Forrester.»

«Che succede?»

«I ragazzi che sono andati ad arrestarlo l’hanno trovato. Intendo dire che… l’hanno trovato morto.»

 

Meno di mezz’ora dopo la squadra investigativa era di nuovo riunita al completo nell’appartamento di Michael Forrester.

«Hai mai una sensazione di deja vu?» domandò Lanie Parish alzandosi dal cadavere. «Io a volte sì. Conoscete già la vittima. Michael Forrester, 35 anni. Ucciso un colpo di calibro 38. Uno solo, ma fatale.»

«La stessa arma che ha ucciso Mack?»

«Proprio così. Stavolta, però, l’abbiamo trovata abbandonata qui.»

La dottoressa Parish mostrò un reperto chiuso in una busta di plastica trasparente.

«Ecco l’arma del delitto.»

«Accidenti. Siamo al punto di partenza.»

«Con un cadavere in più» aggiunse Castle.

Esposito si introdusse nella discussione.

«I vicini dicono di aver sentito un colpo alcune ore fa. Non hanno dato peso alla cosa. Questo non è un quartiere di lusso. Non è la prima volta che si sentono dei colpi d’arma da fuoco.»

«Non posso dire di essere contenta. Lanie, cosa puoi dirci dell’omicidio?»

«Non molto, per adesso. Il colpo è partito a bruciapelo. Forrester e l’assassino hanno lottato. Questo è quello che so. Devo procedere con l’autopsia per essere più precisa.»

 

L’omicidio di Michael Forrester era ancora più inspiegabile di quello di Paul Mack. Terminati i rilievi e il solito lavoro di indagine sulla scena del delitto, tornarono tutti verso sera al distretto.

L’ottimismo che aveva seguito la scoperta del costume da alieno si era volatilizzato.

Castle rifletteva in silenzio. Non era necessario essere uno scrittore di best seller per capire che mancava il movente.

Perché un attore dilettante e un tecnico informatico erano stati uccisi?

Beckett si mise alla scrivania a compilare i moduli dei rapporti, Castle aggiornò la lavagna delle indagini aggiungendo foto e dettagli.

Mentre lavoravano, ciascuno immerso nei suoi pensieri, sentirono dei rumori provenire dall’ingresso. Esposito e Ryan stavano cercando di trattenere un uomo che si dibatteva e urlava.

«Fate largo! Voglio parlare con il detective capo!»

Si avvicinavano a grandi passi alla scrivania di Beckett. Lei si alzò in piedi e andò loro incontro.

«Sono il detective Beckett. Sono io che coordino le indagini.»

L’uomo si scrollò di dosso Ryan che lo tratteneva e tese la mano.

«Finalmente! Mi chiamo Lewis e Paul Mack era mio fratello. Devo parlarle di alcune cose della massima importanza!»

Lo fecero accomodare in una saletta.

Il fratello che stava tornando da un viaggio di lavoro in Europa. Non l’avevano mai incontrato. Del resto, poiché era lontano il giorno dell’omicidio, non era mai stato nella lista dei sospettati.

Dopo l’ingresso tumultuoso, Lewis si calmò. Lo fecero accomodare in una saletta e tutti e quattro sedettero al tavolo con lui.

«Mio fratello è stato ucciso per colpa della sua passione per l’astrofilia, ne sono sicuro» disse.

«Può essere più specifico?»

«Era entrato in possesso di una vera rarità. Una pietra lunare.»

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo7Capitolo 8

Di nuovo lo spazio e gli alieni. Una pietra di meteorite era stata ritrovata sulla scena del crimine. Era un soprammobile della vittima. Adesso sembrava che una pietra lunare fosse la chiave dell’omicidio.

«Ci dica qualcosa di più» disse Kate a Lewis Mack.

«Mio fratello era un tecnico informatico, questo lo sapete. Però era un appassionato di astri e astronautica. Anche un piccolo collezionista.»

«Aveva dei pezzi di valore?»

«No. Nessuno. Fino a quando non è arrivata la pietra lunare.»

«Se non sbaglio le pietre lunari non si trovano sul mercato come altri metalli o gemme» disse Castle.

«Sì. A parte i frammenti di meteorite lunare, le vere pietre lunari sono state tutte riportate a terra dalle missioni spaziali. La NASA ne ha alcune tonnellate e sono materiale governativo segreto, altre agenzie, enti e musei vari distribuiti in tutto il mondo posseggono i rimanenti pochi chilogrammi.»

«Dunque le pietre della Luna sono il materiale più prezioso della Terra. Hanno un valore stratosferico. Per quanto paradossale, è proprio il caso di dirlo.»

«Infatti non sono in vendita. Il frammento che aveva mio fratello era illegale.»

«L’aveva rubato?»

«No, detective. L’aveva recuperato.»

Lewis Mack spiegò che il suo defunto fratello era entrato in possesso di una pietra lunare pesante un centinaio di grammi.

Poco più di un normale sasso, ma di valore eccezionale, sul mercato degli oggetti rubati.

Trafugato da un museo, era passato di mano in mano in modo fortuito e sempre illegale, fino a quando Paul non l’aveva ottenuto per puro caso.

«Voleva restituirlo alle autorità.»

«Andiamo, signor Mack… posso crederle fino ad un certo punto. Non vorrà dirmi che suo fratello intendeva lasciarsi sfuggire l’occasione di diventare ricco! Ammesso che una pietra di quel valore, ricercata da mezzo mondo, possa finire in mano ad una persona per puro caso, come ha detto lei.»

«Eppure è così, detective. Paul era una persona onesta. Mi ha detto che un suo conoscente, un astrofilo molto facoltoso, aveva comperato questa pietra – sempre in modo illegale – e aveva bisogno di un prestanome per la compravendita. Paul ha accettato perché gli aveva promesso un premio in denaro e lui ne aveva bisogno, ma poi ha nascosto la pietra e ha deciso di restituirla allo Stato e ai legittimi proprietari.»

«Se è così, è stato ucciso per questo.»

«Le garantisco che è la verità, signor Castle.»

«Vogliamo il nome di questo amico facoltoso» disse Beckett.

«Mi dispiace, detective, non lo so. Non me l’ha mai detto.»

«Impossibile. È suo fratello. Se sa tutte queste cose, deve sapere anche il nome.»

Lewis scosse la testa. Non aveva nessun nome, neanche un indizio.

 

«Davvero insolito» osservò Castle.

«Già. Però abbiamo un movente. Una ragione molto “terrestre” per volere Paul Mack morto.»

«Non direi, Beckett. Paul Mack doveva restare vivo.»

«Cosa intendi?»

«Ci sto pensando in questo momento: aveva nascosto questa pietra lunare e voleva restituirla. Ebbene, solo lui sapeva dove l’aveva messa. Perché ucciderlo?»

«Perché non rivelasse ad altri il nascondiglio!»

«Allora…»

«Forrester l’ha ucciso dopo che ha rivelato il nascondiglio!»

Erano arrivati insieme alla stessa conclusione. Si guardarono negli occhi, raggianti per l’intuizione.

«No, Castle, aspetta.»

«Che c’è?»

«Forrester è stato ucciso. Quindi l’assassino di Forrester…»

«… a sua volta ha scoperto qual è il nascondiglio!»

«Stiamo completando le frasi come Ryan ed Esposito.»

«E come i due fratellini del sesto piano.»

«L’abbiamo appena fatto di nuovo.»

Lo scrittore alzò un sopracciglio.

«Non rubarmi le idee, Beckett.»

«Non rubarle tu a me, piuttosto!»

«Oh, vorresti dire che hai più intuizione di me? non avresti mai risolto questo caso senza il mio contributo!»

«Per nulla, signor scrittore. Il merito della risoluzione del caso è di Lewis Mack. Fosse per te, il colpevole sarebbe ancora un alieno venuto da Alpha Centauri!»

«Ah, davvero? Senza il mio alieno non avresti avuto il tuo costume e senza il tuo costume non…»

Esposito si schiarì la voce. Erano talmente presi dalla conversazione che non l’avevano sentito arrivare.

«Ehm… ragazzi? Disturbo?»

Beckett ritrovò subito un atteggiamento professionale.

«Dimmi, Javier.»

«Susan Mack è all’ospedale. In gravissime condizioni.»

«Che le è successo?»

«È stata investita da una macchina.»

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo9Capitolo 9

Beckett era convinta che nel suo lavoro le coincidenze non potessero esistere. L’assassino di Paul Mack era nella sala dell’obitorio di Lanie. La moglie, proprio lo stesso giorno, subiva un incidente grave. Troppi morti, troppe stranezze.

Kate chiamò l’ospedale e si fece passare il medico che l’aveva appena operata. Usciva in quel momento dall’intervento.

«In che condizioni è la signora Mack?»

«Non buone. È in rianimazione, detective. Se devo essere sincero, non so nemmeno se sopravvivrà. I danni sono estesi.»

«È il testimone chiave di un omicidio, dottore. Possiamo venire lì e parlare con lei?»

«In condizioni normali lo sconsiglierei.»

«Queste non sono condizioni ordinarie.»

«Mi dispiace, sarebbe inutile. Non è vigile. Non può parlare con nessuno nemmeno se lo volesse.»

Beckett salutò il medico e appoggiò il ricevitore.

«Siamo in un vicolo cieco.»

«Hai ragione, ma non ci arrenderemo.»

«È stata investita da un pirata della strada. Nessuno ha visto la targa, non ci sono dettagli.»

«Molto strano. Sembra che tutti i testimoni di questa vicenda siano in pericolo di vita.»

«Già…»

«Non fa niente, Beckett. La traccia è ancora calda. In fondo, un omicidio l’abbiamo risolto: Forrester è l’assassino di Paul Mack. Tra qualche giorno, Lanie ci porterà i risultati delle analisi nell’appartamento di Forrester e avremo la sua autopsia. Scopriremo di più e verremo a capo di questo labirinto.»

«Nel frattempo chi altri potrebbe morire?»

Kate aveva fatto la domanda soprapensiero. Era quasi una domanda retorica.

Improvvisamente, però, entrambi sussultarono.

«Lewis!»

 

Lo convocarono immediatamente al distretto.

«Signor Mack! Abbiamo ragione di pensare che lei sia in pericolo.»

«Perché mai?»

«Chi sta cercando la pietra lunare non si ferma davanti a niente e nessuno. Hanno ucciso sia suo fratello che Forrester. Tutt’e due sapevano dove si trova il nascondiglio. Sua cognata è in fin di vita, purtroppo. Lei è il prossimo.»

«Il prossimo… cosa?»

«Il prossimo sulla lista delle persone da uccidere.»

Lewis non sorrise e nemmeno si preoccupò.

«Ma io non so nulla! Comunque, tra due giorni riparto per un viaggio di lavoro. Stavolta in Giappone. Là dovrei essere al sicuro.»

«Nel frattempo, le forniremo una scorta.»

 

«Papà, credo di non aver capito.»

«È semplice, Alexis. Le cose stanno così: Paul Mack ha accettato di aiutare un amico astrofilo molto ricco a entrare in possesso di una pietra lunare rubata. Dopo la consegna, si è pentito e, invece di consegnarla all’amico, l’ha nascosta per restituirla al legittimo proprietario, cioè il museo da cui è stata rubata.»

«Fin qui è chiaro.»

«Allora questo amico ricco, che si è sentito ingannato e defraudato, ha pagato Forrester per ucciderlo. E poi ha ucciso lo stesso Forrester perché non rivelasse nemmeno lui il luogo del nascondiglio.»

«E la moglie?»

«È la stessa cosa. L’ha fatta investire da una macchina perché anche lei conosceva il nascondiglio.»

«Però non siete sicuri.»

«No.»

«E adesso credete che possa venire ucciso anche Lewis, il fratello, anche se dice di non conoscere questo famoso nascondiglio di cui nessuno ha mai sentito parlare.»

Lo scrittore annuì, ma la ragazza scosse i capelli rossi.

«No, papà, non capisco.»

«Alexis! Non ti riconosco più! Sei mia figlia, dovresti essere più intuitiva!»

«Infatti lo sono.»

«Brava ragazza!»

«Secondo me le cose non sono andate così.»

«Ah no…?»

«Ricordi? Paul Mack ha aperto al suo assassino. La porta non era scassinata.»

Lo scrittore annuì.

«Secondo te, avrebbe aperto a Michael Forrester, che non conosceva, vestito da alieno e con un revolver in mano? Forrester era un amico di Susan. Quante possibilità ci sono che il collezionista ricco assumesse proprio un amico della ex moglie per uccidere Mack?»

Castle rimase in silenzio per un minuto.

Alexis lo guardava cercando di studiarne i pensieri. Un minuto di silenzio in una conversazione è moltissimo.

«Ehi? papà? Sei ancora vivo?»

Lui si alzò e la baciò in fronte.

«Alexis, sei un genio!»

Infilò la giacca e uscì di corsa dall’appartamento.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo10Capitolo 10

Caste bussò all’appartamento di Kate che era ormai tarda sera.

«Beckett! Sono io! Apri!»

La detective gli aprì di malavoglia. Era struccata, vestita male e senza scarpe.

«Che succede, Castle? Spero sia importante!»

«Abbiamo i tabulati telefonici?»

«Quali tabulati?»

«Della vittima.»

«Ci sono due vittime…»

«Entrambe! Il misterioso mandante, Beckett! L’amico facoltoso che ha commissionato il furto e poi l’omicidio! Impossibile che non risulti nemmeno una chiamata tra loro!»

«Oh, Castle, non puoi aspettare domani mattina?»

Lo sguardo dello scrittore spaziò nel soggiorno di Beckett.

«Stavi leggendo un mio romanzo?»

«No. Mi serviva come contrappeso per bilanciare la mensola» mentì Beckett.

«Allora perché è appoggiato sul tavolo e non sulla mensola?»

«Perché volevo usarlo per accendere il camino. Quel tipo di carta brucia molto bene.»

«Non vedo pagine bruciacchiate e non sento odore di fumo…»

«Sì, Castle, va bene! Lo ammetto! Lo stavo leggendo per documentarmi. Tu ti documenti su di me e sul lavoro della polizia, io mi documento su di te e sul tuo lavoro.»

«E come ti sembra la mia opera?»

«La trama non è molto realistica…»

«Come no? Ho vinto un premio della critica, con quel romanzo!»

«Si vede che io sono una critica migliore di quella che ti ha valutato.»

Castle le lanciò un’occhiata indagatrice. Beckett non avrebbe mai ammesso che quel romanzo le piaceva.

La sfida di sguardi si interruppe.

«Stavo parlando dei tabulati…» ricominciò Castle.

«E va bene! Faccio una chiamata in centrale.»

Beckett parlò con i colleghi del turno di notte e fece consultare i tabulati telefonici delle due vittime.

Un solo numero aveva chiamato sia Paul Mack sia Michael Forrester negli ultimi sei mesi: Susan, ex moglie dell’uno e amica dell’altro. Ma questo lo sapevano già.

«Contento, Castle? Posso andare a dormire?»

«Sì, vai pure. Io rimango sveglio a riflettere.»

«A casa tua.»

«Cosa?»

«Tu rimani sveglio a riflettere… ma a casa tua. Non qui.»

«Se vuoi, posso restare a vegliare sulla tua sicurezza.»

«Ho una pistola. È più che sufficiente per stare al sicuro.»

«Preferisci la tua pistola a me?»

«Sì.»

«A parte il fatto che è una dichiarazione abbastanza equivocabile…»

«A domani, Castle.»

 

Lo scrittore obbedì, ma, invece di tornare a casa, si recò al distretto e lavorò tutta notte. Al mattino, quando Ryan, Esposito e Beckett arrivarono per iniziare il lavoro, lo trovarono semiaddormentato su una sedia vicino alla lavagna delle indagini.

«Ehi Castle, sei arrivato presto!» domandò Esposito.

«O forse non sei mai andato via?» aggiunse Ryan.

Lo scrittore si stropicciò gli occhi. «Sono arrivato che era ancora ieri.»

«Ricordati che sei solo un consulente, Castle. Non hai diritto agli straordinari.»

«Non sei simpatica, Beckett. Ma mentre voi dormivate, io ho risolto il caso!»

Improvvisamente furono tutti attenti.

«Questo sì che è interessante. Racconta.»

 

Castle bevve una tazza di caffè, radunò le ultime energie e si mise a spiegare la sua versione dei fatti davanti alla lavagna delle indagini.

«Innanzitutto, ho svolto un controllo. Non è stato facile, a quest’ora. Sì, Paul Mack era un astrofilo. Sì, è stata rubata una pietra lunare. Sì, è stata venduta sul mercato nero. C’è un fascicolo aperto dai federali su questo furto.»

«Castle, non avrai coinvolto i federali in questa storia!»

«Calma, Esposito. Non ho fatto nessun passo falso. L’FBI non vi soffierà il caso, state tranquilli. Il furto è di loro competenza, questo caso è di nostra competenza.»

Beckett sorrise quando Castle accentuò che si sentiva coinvolto nella squadra.

«Stavo dicendo: tutte le cose che abbiamo saputo sono vere. Il movente dell’omicidio è la pietra lunare. Mack probabilmente sapeva dove si trovava.»

«Tu l’hai scoperto?»

«Una cosa per volta, ragazzi.»

Lo scrittore indicò la lavagna.

«La nostra vittima ha aperto al suo assassino. Questo dettaglio me l’ha ricordato Alexis. Non avrebbe di certo aperto a Michael Forrester vestito da alieno. È impossibile.»

«Però potrebbe aver aperto a sua moglie» disse Ryan.

«Esatto!»

«Allora Susan potrebbe essere una complice!»

«Esatto, Javier! Ecco come sono andate le cose. Susan si è fatta aprire la porta. Dietro di lei entra anche Forrester, vestito da alieno per non farsi riconoscere. I due sono amici, quindi si sono messi d’accordo. Il loro obiettivo è una semplice rapina: si fanno dire dove Mack ha nascosto la pietra e poi, non so se in modo premeditato oppure no, Forrester gli spara. Si dividono e fuggono. Ecco spiegato il primo caso. Poi Forrester a sua volta viene ucciso. Credo che sia stata proprio Susan. Ha eliminato il complice. A questo punto può tenersi la refurtiva e vivere da ricca per il resto della sua vita rivendendo quel sassolino lunare.»

Il silenzio calò sulla squadra investigativa.

«Però le cose non sono andate così. È stata investita.»

«Sì, ma è una casualità. Per una volta, una sola nella vita, è stato un puro caso. Chiamatelo un segno del destino, se volete. Chi di spada ferisce, di spada perisce.»

La concatenazione degli avvenimenti era credibile e sensata. Almeno fino a un certo punto.

«Beckett, non dici niente?»

«Hai dimenticato un dettaglio, Castle.»

«Quale?»

«Il collezionista ricco. Se Mack non ha rubato personalmente la pietra lunare – e sappiamo che era un tecnico informatico, non un ladro professionista – a chi l’ha sottratta per restituirla ai legittimi proprietari?»

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo11 Capitolo 11

La domanda di Beckett lasciò tutti senza parole.

Quel punto Castle non l’aveva saputo spiegare nella sua ricostruzione.

Ragionarono insieme per un po’ di tempo, ma senza esito. Ad un tratto, il capitano Montgomery si affacciò nella stanzetta.

«Eccola qui, detective. Oh, la squadra al gran completo, meglio così. Mi hanno telefonato dalla direzione dell’ospedale. Non so perché, ma si sono fatti passare il mio ufficio. Susan Mack si è svegliata: è sempre in rianimazione, è sempre molto grave, ma vuole rilasciare una dichiarazione.»

 

Mezz’ora più tardi, Castle e Beckett entravano nel reparto rianimazione. Un infermiere il condusse al letto dove giaceva la signora Mack.

Lei aprì gli occhi. Aveva il volto tumefatto, bende ovunque ed era attaccata ad un’infinità di macchinari ospedalieri.

«Detective Beckett…» iniziò. «È arrivata… forse sono ancora in tempo…»

«Mi hanno detto che voleva parlarmi.»

«Forse morirò presto… stavolta devo dirvi la verità…»

Kate si chinò sulla donna per ascoltare ogni parola.

«Io non volevo che andasse così. Glielo giuro, non volevo. Sono andata da Paul per le pratiche del divorzio. Mi ha fatto entrare in casa sua. Mi ero messa d’accordo con Michael Forrester. Un minuto dopo lui suona alla porta e io gli apro.»

«Perché il costume da alieno?»

«Ci sembrava una buona idea per una rapina, dato che Paul era un appassionato di stelle. Un astrofilo rapinato da un alieno. E nel frattempo Michael non sarebbe stato riconoscibile.»

«Volevate rapinarlo?»

«Sì. Sapevo che Paul aveva nascosto una pietra lunare, un’autentica pietra del suolo della Luna… vale una fortuna…»

«Sappiamo tutto, signora.»

«Volevamo rubargliela. Michael avrebbe fatto il lavoro sporco, mentre io avrei detto di non sapere niente. Poi avremmo diviso il ricavato.»

«Invece Paul è morto.»

«Non doveva andare così! Non era previsto! Ma Paul non voleva dire dove aveva nascosto la pietra, allora Michael ha perso la pazienza. Hanno iniziato a litigare. Io me ne sono andata. Lo giuro, ho sentito i colpi che ero già uscita dall’appartamento!»

I monitor iniziarono a emettere dei suoni preoccupanti. Il tranquillo bip-bip degli strumenti medici si trasformò in un allarme intermittente. Era la migliore conferma che Susan stava dicendo la verità. Due infermieri della rianimazione si avvicinarono.

«Detective, la signora deve riposare.»

Kate fece cenno che aveva capito.

«Un momento» disse ancora Susan. «Un’ultima cosa. Io e Michael… È stato Lewis.»

I monitor impazzirono e gli infermieri allontanarono Castle e Beckett dal letto mentre accorrevano anche alcuni medici.

 

Non potevano chiedere nient’altro. Le condizioni di salute di Susan erano talmente precarie che un ulteriore interrogatorio sarebbe stato possibile solo se si fosse ristabilita. Nonché se avesse superato quell’ennesima crisi.

Castle e Beckett uscirono dal reparto rianimazione.

«Ha accusato Lewis, suo cognato.»

«Il quale sta per partire per il Giappone.»

«Smetti di completare le mie frasi, Castle!»

«Smetti di iniziare le frasi che vengono in mente a me!»

Lasciarono passare qualche secondo.

«Io ho un’idea» disse lo scrittore. «Ricordi il dettaglio mancante? Stanotte non sono riuscito a ricostruirlo. Sembra non esserci nessun collegamento tra tutti i pezzi del rompicapo. Susan ci ha parlato di una rapina e non ha citato nessun furto su commissione. Lei e Forrester volevano rubare la pietra per rivenderla e diventare ricchi.»

«Così ha detto. Ha anche accusato Lewis di aver ucciso Forrester e di aver attentato alla sua vita.»

«Questo significa una sola cosa» iniziò Castle.

«Non c’è nessun amico collezionista ricco!» completò Beckett.

«L’unico che ha parlato di questo dettaglio è Lewis.»

«E il dettaglio non è stato confermato da nessun altro.»

«Per questa ragione…»

«…l’amico ricco è Lewis stesso!»

 

Meno di un’ora più tardi, la scorta accompagnò Lewis Mack nella sala interrogatori.

«Perché sono qui, detective? Ho delle valigie da fare. Tra poche ore parto per il Giappone.»

«Temo che dovrà rinviare i suoi viaggi.»

«Perché mai?»

«Perché lei è in arresto!»

L’altro rimase in silenzio.

«La capisco, signor Mack» iniziò Castle con tono pacato. «Non la giustifico, ma la capisco. Hanno ucciso suo fratello per una pietra. Una stupida preziosissima pietra di sua proprietà. Lei si è vendicato. Ha ucciso gli assassini di suo fratello. È questo il movente, vero? Vendetta. Suo fratello è morto per mantenere il suo segreto e lei lo ha vendicato. Paul non ha rivelato a nessuno il nascondiglio della pietra, anzi è morto per difenderlo.»

Lewis Mack si guardò intorno con apprensione.

«Non la lascerò partire per il Giappone» aggiunse Beckett. «La scorta che le abbiamo assegnato – pensando che lei fosse in pericolo di vita, ma questo non è vero, dato che è lei l’assassino – la accompagnerà in carcere immediatamente. Quindi, se pensava di fuggire una volta arrivato in Giappone, non potrà farlo. Quanto a noi, prima o poi troveremo le prove. Troveremo tracce della sua presenza all’appartamento di Forrester e prima o poi scopriremo che c’era lei alla guida dell’auto che ha investito Susan.»

«Le conviene confessare» riprese Castle. «Così potremo segnalare al procuratore che ha collaborato e otterrà uno sconto di pena.»

Lo scrittore si appoggiò allo schienale della sedia. Beckett rimase in silenzio.

 

«E va bene. Sì, sono stato io. Ho vendicato mio fratello. Quei due stupidi l’hanno ucciso. Lo dovevo a Paul, era una brava persona, non meritava di essere ucciso dalla cupidigia della sua ex moglie.»

«Da dove arrivava la pietra lunare?»

«Non era di mia proprietà. L’avevano solamente affidata a me. Io sono un contrabbandiere. Un contrabbandiere di lusso. Sposto da un continente all’altro oggetti rubati. È il mio lavoro. Quadri, statue, pezzi d’antiquariato e di archeologia, gioielli. Ho molte coperture, viaggio molto e seguo molte spedizioni, ma il mio lavoro è sempre questo. Spedire e consegnare in modo efficiente e riservato. Quando mi hanno chiesto di trasportare in Giappone una pietra lunare rubata, ho pensato che il mio fratellino appassionato di stelle volesse darci un’occhiata. Vedere e toccare una pietra lunare era il suo santo graal personale. Gliel’ho lasciata in consegna un paio di giorni, mentre finivo un lavoro in Europa. Lui dev’essersi lasciato sfuggire qualcosa, magari preso dall’entusiasmo. Di certo non si aspettava che la sua ex moglie fosse disposta ad ucciderlo per quella pietra.»

«Non voleva ucciderlo.»

«Però l’ha fatto!»

«È stato Forrester a sparargli.»

«Adesso starà spiegando la situazione ai suoi colleghi all’inferno!»

«Signor Mack, lei è un omicida.»

«Sono un vendicatore. Ho rimediato ad un torto. Lo meritavano per aver ucciso mio fratello.»

Beckett si alzò in piedi.

«La dichiaro in arresto per l’omicidio di Michael Forrester e il tentato omicidio di Susan Mack. Ha il diritto di rimanere in silenzio…»

 

--------

 

«Un altro caso risolto» disse Castle sedendosi accanto alla scrivania di Beckett.

«Non è stato facile.»

«Chi se l’aspettava? Siamo partiti inseguendo un alieno e abbiamo catturato un contrabbandiere.»

«Di mezzo c’è stata una rapina finita male e un sacco di problemi.»

«Io sono uno scrittore, ma questa storia è oltre la mia immaginazione.»

«Allora non sei un bravo scrittore. Qualsiasi scrittore decente potrebbe immaginare un caso simile!»

«Che vuoi dire, Beckett? Io ho venduto milioni di copie…»

Kate sorrise.

«Castle, non darti delle arie.»

«Stai scrivendo il rapporto sul caso?»

«Proprio così.»

«Allora sei una scrittrice anche tu.»

«Io non vendo milioni di copie.»

Restarono per un attimo a guardarsi.

«Questo è il punto in cui dovresti dirmi che anch’io sono un bravo poliziotto.»

«Tu non sei un poliziotto.»

«E tu non sei una scrittrice! L’ho detto solo per farti un complimento.»

Beckett sospirò.

Castle sospirò.

Lei spostò la tastiera del computer.

«Forza, signor scrittore-poliziotto. Ti insegnerò come si compila un rapporto della polizia. Sotto mia dettatura. E non sono accettabili modifiche! Avanti, inizia a scrivere la data…»




NdA
Siamo arrivati alla fine.
Lo ammetto. Questa storia è costruita attorno ad un'idea: un alieno come assassino. Siccome non poteva essere un alieno vero, da lì sono nati tutti i problemi. Per seguire la mia idea di giallo (niente "scherzi" al lettore, non nascondere le soluzioni e non proporre soluzioni a sorpresa, ecc...), per seguire la struttura a colpi di scena continui che sono tipici della serie, per ambientare nella prima stagione e far bisticciare un po' Castle e Beckett, insomma per tutto questo ho incontrato un sacco di ostacoli narrativi che ho cercato di superare e/o nascondere come meglio potevo. Spero e mi auguro che la storia sia stata abbastanza chiara: io ho fatto tutto il possibile. Se qualcosa dovesse essere sfuggito alla lettura - dato che c'è molta trama - inviterei a cliccare il tasto "stampa storia" in modo da avere tutto sott'occhio e dare una scorsa generale o di rileggere da capo. Nel mio computer sono 19 pagine di word, niente che non si possa sbrigare in una mezz'oretta al massimo.

Grazie di cuore ai recensori, a chi a seguito e letto fin qui. Alla prossima!

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