One friend can save a life

di Anthony96a
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Forse dovrei cominciare presentandomi...
Appunto dovrei, ma non mi va, prima di tutto perché quando leggo queste presentazioni la maggior parte delle volte mi annoiano a morte e poi perché non saprei proprio come descrivermi, il fatto è che non mi conosco per niente.
Vi diró il mio nome, almeno questo ve lo concedo, mi chiamo Prime ed ho 17 anni.
Vi starete chiedendo perché vi sto scrivendo e cosa voglia da voi.
Bene,in realtà voglio solo raccontarvi quello che mi sta succedendo nell'ultimo periodo, non vi chiedo niente, solo di ascoltarmi, magari sfogarmi in questo modo può fare bene a me e può far cambiare qualcosa in voi.
Quindi...cominciamo.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Ore 6:25
Ecco, tra cinque minuti ricomincia un'altra insignificante giornata...

-tesoro, devi alzarti forza!
-si mamma, sono già sveglio.
Comincio a girovagare per la stanza come uno zombie tastando le pareti per capire dove mi trovo, c'è un grande buio, mi ci trovo bene però, non so perché ma l'oscuro ha un qualcosa di affascinante. Una veloce rinfrescata, mi vesto e sono fuori,guardo l'orologio. 7:10 come al solito sono in ritardo, il pullman parte tra 5 minuti! Comincio a correre rischiando di scivolare più di una volta sulle pietre bagnate dalla pioggia caduta la notte prima.
Che bello il rumore della pioggia non trovate? Ho sempre pensato che la pioggia arrivi quando ti senti triste e hai bisogno di piangere, il cielo non vuole lasciarti piangere da solo e ti fa compagnia con la pioggia, si lo so sono un sognatore ma mi piace pensarla così, amo la pioggia.
Come sempre riesco a prendere il pullman per un pelo, e una volta salito come sempre avverto quella sensazione di disagio, la cerco con gli occhi, eccola! Sempre bellissima, i nostri sguardi si incrociano per un secondo e subito distolgo lo sguardo, metto le cuffie al massimo volume e cerco di non sentire la sua voce. Finalmente siamo arrivati, il viaggio sembra durare un'eternità...
Ecco che arriva Aaron a distogliermi dai miei pensieri.

-Prime andiamo? si sta facendo tardi.
-eccomi arrivo. Ci incamminiamo verso scuola, mi guardo intorno cercando Hana da qualche parte -ma dov'è?!- penso ad alta voce. 
-di chi stai parlando? 
-di...ehm...nessuno- sorrido imbarazzato
-bha,sarà...- mi risponde Aaron poco convinto. E poi eccola, Dio quant'è bella, quant'è bello il suo sguardo,quant'è bello il suo sorriso. La fisso per un po',il mio sguardo cade sulle sue labbra,poi mi soffermo su quelle ricce ciocche castane che le scendono lungo il viso,è perfetta! la saluto di sfuggita
 -Ciao Hana
-Ciao Prime- risponde accennando uno dei suoi meravigliosi sorrisi. È proprio questo che mi colpisce di lei, è sempre di buon umore, sempre sorridente, quanto la invidio e ammiro per questo,vorrei avere anch'io sempre il sorriso stampato sulle labbra ma la cosa mi riesce alquanto difficile vista la mia perenne malinconia, che per di più è anche insensata,non riesco a trovarne proprio il motivo mha.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Arrivato a scuola trovo la solita confusione, a volte la trovo divertente, ma in giorni come oggi vorrei stare solo da solo e mandare tutti a quel paese.
È che mi sento sempre solo, in tutta questa confusione sono solo, nessuno tende la mano per dirmi "ehi io ci sono", a scuola questa confusione è ampliata dalla mia poca voglia di studiare e anche dall'odio che provo per gran parte dei miei professori.
Avevo disegno tecnico quel giorno, e il professore...bhè diciamo che è molto soporifero, fatto sta che mi addormentai con la testa sul banco

-vedo che oggi c'è molta voglia di seguire- allude il professore facendo scoppiare le sonore risate dei miei compagni di classe, sentendo tutto quel baccano mi sveglio e alzando lo sguardo mi ritrovo l'attenzione di tutti addosso, Dio che odio! Odio quando mi fissano, odio essere al centro dell'attenzione, mi crea un senso di disagio che unito al mio umore non è di certo il massimo.
-mi scusi professore,ieri ho dormito poco e sono distrutto- cerco di scusarmi in fretta
-ah si? e cosa hai fatto per essere così distrutto stamattina?-
-non credo che la riguardi mi scusi. - gli rispondo con aria di sfida, Cristo che rabbia. Ma cosa gliene può interessare ?cerca solo di farsi bello davanti la classe per cercare di crearsi quel minimo di rispetto che non ha, poiché la mia classe non si può definire una "classe modello" anzi è molto maleducata.
-cerca di avere un po' di rispetto ragazzino! -
-e lei cerchi di pensare alla sua vita professore. -
-esci fuori immediatamente.chiamerò i tuoi genitori. -
-faccia pure. -  sbattola porta ed esco fuori rosso di rabbia.
Non la sopporto più questo schifo di scuola, vado da Elvira, la bidella del mio piano. È forse l'unica persona degna di stima all'interno di questa scuola, è davvero una grande donna, sempre pronta a difendere i ragazzi, sempre pronta a darti consigli e anche a farti fare due risate, ha un gran senso dell'umorismo e molta auto ironia poiché...bhè, diciamo che non è molto in linea ahahahah.
 -Buongiorno Elvira,è cominciata bene la giornata. - 
-Si può sapere cos'hai combinato? le urla si sentivano dal corridoio. -
-ma niente di che, c'è stato solo un pacato diverbio con il professore, non voleva farmi avere un meritato riposo.- cerco di sdrammatizzare ma il suo volto era tutt'altro che divertito, anzi stava per arrivare l'ennesima lavata di testa, eccola che arriva...
-Sei in quarto Prime, un altro anno e puoi mandare a quel paese tutti, ti sembra il momento giusto di metterti a fare queste ragazzate, sei un ragazzo intelligente dovresti capire qual'è il momento di parlare e quello di stare zitto non trovi? cos'ha detto, ci saranno conseguenze? -
-chiamerà i miei genitori... -
-almeno niente sospensione,da ora in poi stai attento a quello che fai. -
-di quello che potrà dire ai miei genitori mi interessa poco,ho altri problemi per la testa ora. -
-quali problemi? -
-non capiresti.-
*suona la campanella*
-ora torno in classe,grazie per la chiacchierata.-
-mi raccomando Prime.-
-stai tranquilla!- Le urlo correndo via per il corridoio.
In quel momento ero stranamente felice, mi piace parlare con lei, è quasi come una seconda mamma, anche se non le racconto della mia vita, alla fine l'importante è che mi distragga e lei lo fa molto bene.
Tornato in classe mi ritrovo di nuovo lo sguardo di tutti addosso per un attimo, prima di tornare alla solita confusione che ci fa riconoscere in tutto l'istituto. Come ho già detto prima in quella confusione a volte mi ci trovo bene e altre non la sopporto, ora era uno di quei momenti in cui ci stavo bene, e cominciai a far casino anche io.
Il casino nella mia vita fa da padrone, davvero, la mia vita è una continua confusione a partire dalla mia camera, perennemente in disordine, il vero problema è che senza quel disordine non la sentirei mia, ho imparato a convivere con questo fattore e non ne posso fare a meno.Poi bhè nella mia testa c'è tanta confusione, così tanta che non riesco a capire davvero cosa voglio, sono molto lunatico e questo condiziona tutte le mie scelte, insomma capite...io e la confusione siamo un unico insieme.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Odio la strada per tornare al pullman, più di un chilometro a piedi, col tempo è diventata quasi un abitudine e non ci faccio neanche più caso, non faccio fatica, i muscoli sono ben allenati. La cosa più brutta di quel tratto di strada è che penso costantemente ad una volta arrivati sul pullman, li troverò seduti vicini, si staranno abbracciando, non voglio pensarla eppure è sempre lì nella mia mente, anche ora che abbiamo rotto definitivamente è sempre al primo posto tra i miei pensieri.
Mentre sono assorto nei miei pensieri, camminando sul marciapiede mi scontro con una ragazza.

-scusami ero distratt..- cerco subito di scusarmi ma prima che finisca di parlare sento colpirmi in volto.
-ma sei matta?!che problema hai?!- le sto quasi urlando in faccia, usando un tono molto aggressivo, la ragazza per tutta risposta continua a camminare indifferente e andandosene mi dice:
-la prossima volta guarda dove cammini-.
Era una ragazza molto strana, ci siamo guardati per circa 5 secondi negli occhi, aveva dei begli occhi grandi color nocciola, però erano vuoti, persi... aveva i capelli di un viola accesso che stavano benissimo con i suoi lineamenti delicati, uno stile molto particolare che somigliava a quello punk, era difficile da spiegare, era uno stile punk tutto suo ecco.
Mi incuriosiva molto... Ma soprattutto avrei voluto sapere il motivo di quella tristezza nei suoi occhi, era sorridente ma gli occhi dicevano il contrario, magari aveva dei problemi come i miei, o forse le era appena successo qualcosa a scuola, pensai a cosa potesse avere per tutto il tempo prima di arrivare al pullman.
Eccolo, bianco sporco con la scritta della ditta in blu sulla fiancata, niente male come pullman rispetto ai vecchi trabiccoli sparpagliati nel resto del terminal. Appena salito salutai con un cenno della testa i miei "amici" e passai dritto.
La prima cosa che feci fu cercarla con lo sguardo, era seduta molto dietro, affianco a lui, per un po' mi si fermò quasi il cuore quando li vidi abbracciati, felici, felice senza di me. Presi posto il più avanti possibile e scacciai le lacrime che volevano scendere, misi la musica al massimo volume.
È incredibile quanto possa farti cambiare umore la musica, può farti stare bene ma allo stesso tempo farti sprofondare ancora di più. Sento molta musica di vario genere anche se mi soffermo sul rock, l'importante sono i testi, scelgo di ascoltare prevalentemente canzoni con testi che mi rappresentino almeno in parte, in questo modo puoi viaggiare con la fantasia rimanendo però con i piedi per terra, la musica non può risolvere i problemi. Si possono risolvere solo affrontandoli però in questo modo spero di arrivare più preparato al momento in cui mi troverò di fronte alla resa dei conti con tutti i miei demoni. Nonostante le cuffie riesco a percepire la sua voce, ride, ride forte... C'è un'altra persona che ha preso il mio posto ad ascoltare quelle risate, continuo a fare finta di niente, a fare finta che vada tutto bene e guardo malinconico verso il finestrino, avrei voglia di rompere il finestrino e saltare giù, fuggire da tutto e tutti.
Per fortuna siamo arrivati, scendo senza salutare nessuno e mi avvio verso casa.
Ad accogliermi trovo il volto infuriato di mia madre, il professore aveva avvertito mia madre del piccolo "diverbio". La giornata stava per proseguire in maniera ancora più catastrofica...

-ti sembra il modo di comportarti?!ma che figura ci faccio io?!-
-mamma ti prego,lasciami in pace. -
-pensi di passarla liscia anche stavolta? Aspetta che arrivi tuo padre e vedrai. -
Vado in camera mia senza proferire parola, sono così stanco di tutto, eppure non posso cambiare le cose, non posso fuggire, non posso fare niente se non subire tutto in silenzio, con le mani legate...
Mi sdraiai sul letto stanchissimo, non ero stanco fisicamente bensì mentalmente. Cercai di dormire un po' senza nemmeno mangiare, ma appena chiusi gli occhi il cellulare cominciò a vibrare, diedi un occhiata per vedere chi era e appeni lessi il nome mi si fermò il cuore in gola per alcuni attimi... era Halison... i ricordi mi riaffiorarono in mente, i ricordi più belli che ho e che allo stesso tempo sono quelli che mi fanno morire...

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Ottobre 2012
-ehi amore-
-ciao... -
Le do un bacio sulla guancia
-cos'hai? -
-niente. - La guardo fisso negli occhi, era arrabbiata
-perché sei arrabbiata?? -
- ... stanotte ho fatto un sogno,eri con una ragazza e la baciavi. -
Dio quanto mi faceva impazzire la sua gelosia! la abbracciai forte

-tu sei mia e di nessun altro... ti amo e voglio passare la mia vita con te, non ci credo che ti sei arrabbiata per un sogno! -  scoppiai in una sonora risata che presto coinvolse anche lei, ci ritrovammo lì, abbracciati, con gli sguardi incrociati che sprizzavano gioia e amore.
-ma mica è colpa mia se era così reale e poi tu..- la bloccai prima che potesse finire la frase poggiandole due dita sulle labbra. La guardai in quegli occhioni azzurri, mi ricordavano il mare, mi ci perdevo dentro, naufragavo all'interno di quel mare così dolce e pieno d'amore, poi la baciai, un bacio lunghissimo in cui c'era tutto l'amore che provavamo.
Prima che la nostalgia mi avvolgesse completamente scacciai ogni tipo di pensiero e presi la chitarra. Una chitarra. Non ho bisogno di nient'altro per essere felice. La mia prima chitarra non si poteva definire di certo una "buona" chitarra, però ho intenzione di tenerla anche in futuro, magari la appendo sul muro o da qualche altra parte, ogni volta che la vedo voglio ricordarmi del primo giorno in cui cominciai.
Imparai a suonare da solo, avrei sempre voluto apprendere e quando trovai quella vecchia chitarra nell'angolo più remoto della cantina cominciarono a brillarmi gli occhi, era piena di polvere e di muffa ma ai miei occhi era l'oggetto più meraviglioso che ci potesse essere, una semplicissima chitarra classica, niente di più, di quelle che si usano ovunque per imparare a suonare.
Presi quel vecchio strumento, lo pulii facendo attenzione a non rovinare nessuna parte, anche se in realtà era piuttosto dismesso, e cambiai con cura tutte le corde, una ad una le cominciai a pizzicare, il suono che ne uscì era alquanto sgradevole all'udito! non ero capace di accordarla, così persi un pò di tempo nei giorni successivi a trovarne uno, una volta trovato cominciai ed ecco che prese vita la magia. Man mano che accordavo quei sei fili di nylon il suono si trasformava in qualcosa di sempre più raffinato, sempre più emozionante, era il suono più bello che avessi mai sentito.
Ormai quella vecchia chitarra non la uso più, è relegata nella sua custodia da non so quanto tempo, ma l'importante è che ci sia e che non mi faccia dimenticare quei momenti.
Non sono un granchè, lo ammetto, però strimpellare qualche canzone mi calma, mi fa sfogare, e sfogarmi ora è tutto ciò di cui ho bisogno.
Così quel giorno cominciai, cominciai a suonare stairway to heaven dei Led Zeppelin. E' una melodia lenta, malinconica, adatta insomma al mio stato d'animo e questo mi bastava. Di colpo entra in camera mio padre fuori di sè, mi toglie la chitarra di mano e la sbatte a terra con violenza. Il mio unico mezzo di sfogo eri lì,a terra, frantumato in tre parti.
E ora? era finita.

-E' l'ultima volta che fai stronzate del genere!-
urlò colpendomi ripetutamente nelle costole e in volto con calci e pugni.

-Se vengo a sapere di un'altro episodio simile giuro su Dio che ti ammazzo!-
Detto questo mi lasciò a terra sanguinante e senza fiato a causa dei colpi. Sentivo fitte lancinanti al fianco, avevo di sicuro qualche costola rotta.
Erò lì incapace di reagire, incapace di proferire parola, incapace di tutto, sapevo solo che non avrei potuto sopportare tutto quel disprezzo, tutta quella rabbia repressa ancora a lungo.
Dopo una ventina di minuti mi alzai, sentivo dolore dappertutto, mi alzai barcollando e mi avviai verso il bagno, due giri di chiave e poi mi guardai allo specchio, avevo il labbro superiore spaccato e le gengive sanguinanti, il sangue aveva macchiato buona parte superiore della maglia, mi lavai per bene e mentre l'acqua gelata mi avvolgeva il viso cercavo quasi di annegarmi con essa prima di lasciarla andare, era una sensazione che mi dava sollievo.
A cosa serviva tutto questo dolore? e per di più non potevo fare niente per ribellarmi, mi avrebbe come minimo mandato in ospedale altrimenti, mi asciugai e mentre stavo per uscire vidi il rasoio che usava per radersi sull'orlo del lavandino. Scoprii il braccio sinistro e feci tre piccole incisione. Dopo qualche secondo cominciò ad uscire un rigolo di sangue da ogni ferita andandosi a congiungere lungo il braccio. Mentre vedevo quella sostanza rossa e calda mi sentivo meglio, in quel modo almeno potevo sfogare tutta la mia rabbia e la mia delusione. Lavai il rasoio e lo lasciai dove l'avevo trovato, nella stessa identica posizione, nessuno si sarebbe accorto di niente.
Una volta uscito dal bagno decisi che dovevo cambiare aria altrimenti sarei impazzito, levai quella maglietta sporca del mio stesso sangue e la gettai a terra, ne presi un'altra a caso dall'armadio e scappai via. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Cominciai a vagare per il paese, non stavo andando da nessuna parte ma avevo bisogno di camminare, di fuggire da tutto e tutti.
Erano le tre del pomeriggio, a quest'ora la maggior parte della gente è a lavoro oppure a casa a riposarsi, così mi ritrovo a camminare da solo, dietro di me c'era solo la mia ombra a seguirmi.
Per un po' decisi di camminare senza nessuna destinazione, cominciai a percorrere la strada che usualmente faccio per andare a scuola ,mi soffermai per un po' su quella stradina, quel vicoletto in cui ho passato tanti pomeriggi con lei, ogni volta il tempo sembrava fermarsi e c'eravamo solo noi due.
Non volevo farmi ancora più male quindi decisi di continuare a camminare, arrivai nella piazza principale, c'era un silenzio tombale, mi piaceva quella tranquillità così decisi di sedermi su una delle panchine lì vicino. Di fronte a me c'era un albero, un tiglio maestoso, un simbolo di quel piccolo paese che lo rappresentava da secoli.
Quell'albero mi ha sempre impressionato fin da piccolino, mi ricordava la saggezza e l'imponenza degli uomini vissuti, chissà quante storie avrebbe potuto raccontare se solo avesse potuto parlare. Molte volte mi piace fantasticare su quello che potrebbe dire e sulle storie che potrebbe raccontare, magari di persone che erano sedute proprio qui dove sono adesso, magari qualche personaggio importante che un tempo si è soffermato qui in uno dei suoi lunghi viaggi, o magari non c'è stato proprio nessuno. Chissà quanti episodi ha potuto vedere quell'enorme albero...
Poi all'improvviso ecco! Dovevo andare alla stazione, cominciai a correre più velocemente possibile lungo quella salita che sembrava non finire mai.
Finalmente stanco e grondante di sudore arrivai all'entrata di quel luogo abbandonato.
Vi starete chiedendo perché decisi di andare proprio alla stazione. Il vero motivo non lo so neanche io, quel luogo mi affascina, ormai non ci va più nessuno, non c'è più nessuna fermata, i treni passano ogni tanto ma senza far scendere e salire nessuno.
Mi misi in mezzo alle rotaie e cominciai a seguirle fino alla prima curva, mi fermai per un istante lì, immobile a guardare i binari, mi piacerebbe proseguire e vedere dove portano, visitare tutti i luoghi uniti da quei binari. Credo che lo farò un giorno, ma ora non è il momento.
Tornai indietro, c'erano due porte, una era la sala d'aspetto, l'altra quella per i macchinisti. Quest'ultima era chiusa a chiave ma sapevo dov'era nascosta la chiave.
Aprii la cabina dove c'era il telefono per le chiamate d'emergenza, tastai dietro il telefono, c'era una sorta di scompartimento e presi le chiavi. Bastarono due giri e la porta si aprì, al suo interno c'erano delle apparecchiature, non avevo idea di come funzionassero ma comunque cominciai a toccare tutti gli interruttori ,sapete com'è, mi diverto con poco.
Al centro era posizionato un tavolo di legno ammuffito pieno di scartoffie ingiallite dal tempo, era tanto che qualcuno non entrava lì dentro, si capiva dalla confusione e dalla polvere su qualunque cosa fosse all'interno della stanza, probabilmente l'ultimo ad essere entrato lì dentro sono stato proprio io qualche tempo fa.
Sulla parete era posizionato un estintore, non aveva la chiusura di sicurezza così lo presi, sembrava pieno.
Uscii fuori dalla stanza azionai la valvola, cominciai a svuotare l'estintore prima fuori dalla stanza e poi nella sala d'aspetto. Era vuoto, quindi lo riposizionai al suo posto e chiusi a chiave la porta, ora il pavimento della sala d'aspetto era ricoperto di quella sostanza bluastra, mi piaceva quel colore, e poi con tutti quei "murales" calzava a pennello, si, ero proprio soddisfatto!
Misi di nuovo le chiavi al loro posto e andai via prima che potesse vedermi qualcuno, mi ero sfogato abbastanza, potevo tornare nella mia prigione.
Entrai nella mia stanza ed era tutto come l'avevo lasciato, la chitarra a pezzi e un po' di sangue sul pavimento, raccolsi i resti della mia unica finta di sfogo, il manico era intatto ma si era staccato dalla cassa, non avrei mai potuto ripararla.
Dio che nervi! Quella chitarra l'avevo comprata contando solo sulle mie forze, non aveva il diritto di romperla. Ma ormai il danno era fatto, non lo buttai, conservai anche quei resti per ricordarmi quel giorno. Ero stato via per molto, ormai era tardi ma nessuno si è preoccupato di me, di dove stessi o se mi fosse capitato qualcosa.
All'inizio questa cosa mi faceva stare anche un po' male ma dopo un po' non ci feci neanche più caso, divenne un abitudine. Domani sarebbe ricominciato tutto da capo, un'altra insignificante giornata come tutte le altre, non avevo nemmeno studiato ma ormai della scuola non mi importava proprio più, era solo un modo per allontanarmi da quest'inferno.
Mi misi nel letto ma il sonno non arrivava, ero disteso e guardavo con sguardo vuoto il soffitto, era buio pesto, mi alzai ed andai ad aprire la finestra, pioveva, non avevo dubbi, il mio ragionamento coincideva sempre con la realtà, avevo voglia di piangere e fuori pioveva, sarà una coincidenza ma io ci credo. scese una lacrima, un'unica lacrima rigó il mio viso prima di fermarsi all'attaccatura della bocca, abbastanza per farmi sentire quel sapore salato, ripromisi a me stesso che sarebbe stata l'ultima, non volevo più mostrarmi debole nemmeno a me stesso, tutti mi avrebbero ammirato per la mia forza e la mia freddezza.
Stavo per tornare a letto quando all'improvviso la porta si spalancò violentemente, era mio padre.

-ti sembra l'ora do tornare a casa?- primo colpo. 
-ti avevo avvertito, d'ora in poi uscirai solo per andare a scuola- secondo colpo. 
-e sei fortunato che non ti ammazzo, cosa ho fatto per meritarmi una tale delusione, non servi a niente!-terzo colpo.
A questo punto mi prese per i capelli e mi si avvicinò così tanto che i nostri nasi quasi si toccavano e cominciò ad urlarmi in faccia

-Da quando sei nato non fai altro che rovinarmi la vita, quel giorno non lo dimenticherò mai, è stato l'errore più grande quello di farti nascere, tua madre avrebbe dovuto abortire come le dissi!-
Detto questo mi tirò un calcio violentissimo allo stomaco e andó via sbattendo la porta.
Stavolta mi alzai subito anche se dolorante, nemmeno una lacrima scese dal mio volto, ma questa era la goccia che fece traboccare il vaso, per la prima volta ero sicuro della scelta che stavo per prendere. Presi lo zaino, levai tutti i libri e i quaderni e cominciai a raccogliere le mie cose, misi un paio di vestiti di ricambio e chiusi il tutto. L'indomani non sarei andato a scuola, sarei scappato, e in quella casa non ci avrei messo piede mai più.
Tornai a dormire.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Mi svegliai presto quella mattina, mi lavai e mi vestii con molta calma. Aprii la finestra per osservare il tempo.
Nonostante fosse pieno inverno non faceva molto freddo perché non c'era vento. C'era un'aria così buona, un'aria pulita che arrivava dritta ai polmoni creando una sensazione di libertà e di freschezza.
Prima di uscire mi soffermai su tutti i particolari di quella casa, forse un giorno mi sarebbe mancata, ma quando chiusi per l'ultima volta quella porta provai una soddisfazione immensa.
Scesi quelle scale fatte migliaia di volte, stavo abbandonando per sempre il luogo della mia infanzia...
Cominciai a camminare quando mi accorsi che non avevo ancora deciso dove andare... Mi fermai un attimo a pensare. Per prima cosa volevo vedere per l'ultima volta tutte le persone che avevo odiato fino ad allora, e soprattutto voevo vedere i suoi occhi per un'ultima volta. Era ancora presto quando arrivai alla fermata così cominciai a giocherellare con le piante che c'erano lì intorno strappando le foglie, ripensandoci, poverine!
È un vizio che mi porto dietro fin da piccolo quello di strappare le foglie ma non saprei spiegarvi il perché, alcuni si mangiano le unghie quando sono nervosi, altri si mordono il labbro, io invece combatto il nervosismo in questo modo.
Cominciarono ad arrivare le prime persone, le salutai come tutti i giorni, nessuno si accorgeva di niente come sempre, e poi eccola! Appena la vidi in lontananza cominciai a correre e mi piazzai davanti a lei guardandola dritto negli occhi.

-che ti prende ora?- Le misi un dito sulle labbra per farla stare zitta, non volevo rovinasse questo momento. La abbracciai e dopo un po' anche lei mi strinse a se. Aveva un così buon odore, era suo, inconfondibile, lo riconoscerei ovunque. Cominciai a darle dei baci sulla guancia, aveva la pelle morbida come quella dei bambini.
-ora mi dici che diavolo ti prende?! sono settimane che non mi calcoli e ora mi abbracci?! Era prevedibilmente infuriata per il mio comportamento ma ormai non aveva più nessuna importanza.
-volevo solo salutarti per l'ultima volta... Ciao Halison.-
-ma che significa... ?- Le diedi un ultimo bacio d'addio a cui lei non rispose, dopodiché il mio sguardo tornò ad essere quello freddo e sicuro di sempre e me ne andai, lasciandola così immobile a pensare chissà cosa.
Non avevo idea di dove potessi andare quindi decisi di tornare alla stazione, mi incamminai lentamente, più mi avvicinavo alla mia meta più mi si stringeva lo stomaco, che ne sarebbe stato di me? Era davvero la scelta giusta? Mi fermai di colpo, alzai la manica, sfiorai delicatamente le ferite del giorno prima. Appena il mio dito toccò quei piccoli tagli i brividi cominciarono a scorrere lungo tutto il corpo... Si! Era la scelta giusta.
Continuai ad andare verso la stazione mentre dal cielo cominciarono a cadere delle piccole goccioline di pioggia, alzai gli occhi verso il cielo cupo che impersonava la mia anima, tra tutti quei nuvoloni tetri si intravedeva un piccolo spiraglio di sole, quella luce era presente anche dentro di me, e avrebbe potuto salvarmi.
Cominciò a piovere discretamente quindi decisi di mettermi al riparo nella sala d'aspetto della piccola e ormai abbandonata stazione, c'era ancora quella sostanza bluastra proveniente dall'estintore quindi evitai di poggiarmi a terra, c'era una fila di sedie malridotte e mi sedetti lì. Aprii lo zaino. fortunatamente non avevo dimenticato niente. D'un tratto la mia mente fu attraversata dal ricordo di Hana. Non l'avrei rivista mai più, chissà se si sarebbe accorta della mia assenza, poi ripensai al suo magnifico sorriso, ripensai alla gioia che provavo e che proverei ancora nel vederlo e decisi che era giunta l'ora di partire, non potevo più restare qui.
Partendo pensando a bei ricordi credo che aiuti a sopportare meglio il viaggio, nel mio caso poi il viaggio non sapevo neanche quanto sarebbe durato, avevo bisogno di quel pensiero per cominciare e una volta inondato il mio sguardo dal suo sorriso ero pronto ad affrontare il viaggio.
Cominciai a camminare sui binari, pensavo sarebbe stato comodo ma in realtà mi sbagliavo, indossavo delle scarpe basse e questo peggiorava la situazione. Ad ogni passo sentivo le pietre come coltelli affilati che mi entravano nelle piante dei piedi. Decisi di spostarmi sulle rotaie, immaginando di essere un'equilibrista. Questa situazione mi riportò alla mia infanzia quando camminavo in bilico sulla soglia del marciapiede cercando di non cadere. Cambiava il luogo ma le sensazioni erano le stesse, allora ero spensierato, tranquillo e stranamente anche in quel momento lo ero. Forse perché stavo fuggendo dalla mia gabbia d'oro oppure non saprei, sapevo solo di essere tranquillo e spensierato.
Camminai non so quanto tempo, circa un ora credo, mi ritrovai alla prima stazione, provai un entusiasmo come quello dei bambini di fronte ad un nuovo giocattolo quando la vidi.
La scritta che indicava il nome di quel posto era illeggibile, completamente nascosto dall'edera, era una stazione anch'essa abbandonata e se si può addirittura più malconcia di quella che avevo appena lasciato alle mie spalle. Il paese era molto piccolo, le case erano quasi esclusivamente in pietra e ricordava molto un antico borgo medievale anche se c'erano chiari segni di progresso come tralicci della luce, piccoli negozi, insegne, bar.
Avevo messo un bel po' di soldi da parte poiché avevo intenzione di fare un viaggio. Con una parte di quei soldi avrei comprato una chitarra non appena fossi arrivato in una città che me l'avesse permesso mentre il resto sarebbe servito per i pasti e per passare la notte in qualche locanda o bed and breakfast, non avevo alcuna intenzione di dormire al freddo e all'umido.
Entrai in un piccolo negozio di alimentari per fare provviste e...non ci credo! E' la strana ragazza con cui ebbi lo scontro.
La osservai per un po', indossava una lunga felpa nera che le entrava due volte e dei leggins, aveva lo sguardo preoccupato e si guardava furtivamente attorno come se avesse paura di qualcosa. Mi avvicinai sfacciatamente. 

-chi non muore si rivede!- Sentendo queste parole sussultò, mi guardó per un po' e mi colpì di nuovo come quel giorno.
-insomma è un vizio il tuo!- le dissi sorridendo
-i tuoi genitori non ti hanno insegnato che non si fanno spaventare le persone?-
-in realtà no. Ma comunque eri già spaventata di tuo,cos'hai lì?- Le chiesi indicando la tasca della felpa in cui nascondeva qualcosa
-non sono affari tuoi!-
-non starai mica rubando?-
-... Ma va,cosa vai a pensare!- disse abbassando lo sguardo, nascondeva qualcosa.
Quanto mi intrigava quella ragazza!

-e comunque tu chi sei? Mi stai forse seguendo?!-
-non ci penso proprio a seguire una pazza psicopatica come te!-
-Meglio per te!-
-comunque piacere,sono Prime. -
-chi ti dice che voglia conoscerti? -
-i tuoi genitori non ti hanno insegnato a presentarti alle persone con cui parli? - Le strappai un sorriso
-Zoe-
-io ora vado, ciao Zoe. - Mi salutò con un cenno della testa e continuò il suo giro. Dopo un pò si avvicinò all'uscita.
-Ehi ragazzina!dove credi di andare! - Il negoziante tirò Zoe per un braccio e sul suo volto si dipinse una smorfia di dolore anche se non uscì neanche un gemito.
-svuota le tasche! - Aveva preso qualche bottiglina d'acqua e tanta, tanta cioccolata
-ti è andata male ragazzina,ora chiamo la polizia. -
-aspetti, lei è con me, pago tutto io. - Il negoziante guardò per un po' la ragazza con aria sospettosa
-per stavolta ti è andata bene ma non farti vedere mai più!-
Pagai tutto e poi uscimmo, appena fuori mi diede un altro schiaffo.
-non ho bisogno della tua pietà.-
-sei impazzita?! Invece di ringraziarmi mi tiri uno schiaffo?! -
-non te l'ho mica chiesto io di aiutarmi!-
Mi lasciò così, da solo, mentre andava chissà dove, non potevo lasciarla da sola.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***



Cominciai a cercarla dappertutto ma sembrava sparita, il paesino era piccolo quindi non ci misi molto per esplorarlo tutto, ma ovunque andassi lei non c'era ed un po' a malincuore decisi di rinunciare.
Arrivato alla stazione con l'intenzione di proseguire il mio viaggio rimasi sbigottito quando la trovai lì, seduta a terra con la testa tra le mani e il volto rigato dalle lacrime. Non aveva la solita sicurezza, per la prima volta oltre a uno sguardo triste vidi lo sguardo di una ragazza sola e fragile.
-Zoe...
Appena alzò lo sguardo si asciugò immediatamente e riprese la sua arroganza.
- Perché continui a seguirmi e non mi lasci in pace?!
- Non lo so, potrei lasciarti qui da sola ma non me la sento, dov'è casa tua?
- Non ce l'ho più una casa, anzi, non l'ho mai avuta. Da un paio di giorni sono scappata via.
- Ora non hai neanche un posto dove andare?
- Ti ho detto di no!
- Ok calmati... Anche io sono scappato di casa proprio oggi.
- Non mi dire di calmarmi. Come mai sei scappato?
- Perché non stavo più bene. - Le mostrai l'occhio nero che mio padre mi aveva lasciato il giorno prima.
- Ohw... Capisco.
- Senti nemmeno io ho un posto dove andare però ho molti soldi, perché non vieni con me? almeno avremo un tetto sulla testa durante la notte.
- Perché dovrei seguirti? Non ti conosco nemmeno.
- Meglio stare con una persona anche se sconosciuta al caldo durante la notte che sola e al freddo o alla pioggia no?
- Devo pensarci su...
- Ma non ho tempo, sto partendo. Proseguirò lungo i binari visitando ogni paese o città mi capiti davanti.
Era titubante ma sapevo che una parte di lei voleva seguirmi, ne ero sicuro così le presi la mano guardandola negli occhi con sicurezza. Dietro la freddezza vedevo un piccolo bagliore di speranza, volevo vedere quegli occhi brillare.
- Vieni con me.
- Va bene... Ma solo finché non sarò riuscita a guadagnare abbastanza da proseguire da sola. - disse liberandosi immediatamente dalla presa
- Ci sto!
Quella ragazza nonostante le sue stranezze mi faceva sorridere. Volevo vederla felice.
Così ci incamminammo lungo i binari, lei cercava sempre di mantenere una certa distanza ed era molto diffidente nei miei confronti nonostante i miei tentativi di conoscerla meglio o perlomeno di fare quattro chiacchere.
- Senti un po' 
- Cosa vuoi?
- Hai detto che vuoi guadagnare abbastanza per proseguire da sola.
- Si, e allora?
- Hai già un'idea su come fare?
- In realtà no. Ma qualcosa mi inventerò.
- Capisco, io con una parte dei soldi comprerò una chitarra.
- Sai suonare la chitarra? - Disse entusiasta, forse avevo trovato qualcosa che le piacesse.
- Non sono bravissimo ma si, so suonarla.
- Io suonavo la batteria prima che me ne andassi.
- Wow! Ho sempre desiderato imparare a suonare la batteria, mi insegnerai vero?
- ahahahaha vedremo, non è cosa da tutti la batteria - Affermò ridendo di gusto.
- Per caso mi stai sfidando? Guarda che te ne penti - le dissi con tono di sfida. 
- Uhhh che paura, sì direi che è una sfida. - rispose divertita.
- Sfida accettata!
Stava sorridendo finalmente, non so quanto potesse essere sincero quel sorriso ma era bellissimo.
Mi ero così distratto nel guardarla che non mi accorsi di una curva così inciampai sul binario ferendomi con le pietre a terra.
- Prime stai bene? - mi chiese sbellicandosi.
- Si si, sto bene... che bella figura - dissi imbarazzato.
- Ma stai sanguinando!
- Dove?
- lì, sul polso.
C'era una piccola ferita provocata probabilmente da una pietra
- Ohw... non è niente tranquilla.
- Fammi vedere.
Fece per alzarmi la maglia quando con uno strattone riuscii ad evitare che lo facesse.
- Ti ho detto che non è niente!
Se avesse alzato la manica della maglia, avrebbe visto quel taglio, avrebbe capito tutto il suo disagio che provo, ed era l'ultima cosa che volevo.
Spesso si accosta il tagliarsi con l'essere emo, ormai è diventata una moda anche quella di tagliarsi, nel mio caso non era così.
Avrei potuto fare altro, mi sarei potuto sfogare suonando, ma la bestia che vive dentro mio padre l'aveva distrutta, mi era sembrata l'unica soluzione e infatti è servita. Ho provato piacere nel farlo. Lo rifarei altre mille volte se mi trovassi in situazioni del genere, ma comunque lei non doveva assolutamente sapere, chissà cosa avrebbe pensato e non avevo intenzione di farla scappare.
- E poi quella strana sono io. Stavo solo cercando di aiutarti, coglione!
- Non ho bisogno di aiuto per un graffietto ok?
- Ok.
Non parlammo per un bel po', fin quando non ci trovammo di fronte una nuova stazione, avevamo camminato per circa un'ora ed eravamo abbastanza stanchi entrambi. Ci sedemmo su una panchina nella stazione, avevo una gran fame.
- Ti va di mangiare qualcosa? - le chiesi offrendole i viveri comprati in precedenza.
- Non ho fame.
- E' ora di pranzo. Dovrai pur mangiare qualcosa.
- Ti ho detto che non ho fame! Sembri mia mamma.
Si allontanò lasciandomi sgomento, possibile che dicevo sempre la cosa sbagliata? Volevo farla stare bene e invece finivamo sempre per litigare. Lasciai tutto sulla panchina e andai da lei.
- non so più come comportarmi con te. Sono gentile e mi attacchi, sono distaccato e ti allontani, cosa devo fare per avere rapporto civile con te?
- Non saprei, prova ogni modo finché non trovi quello giusto.
- Mi sa di cosa complicata...
- Beh, io sono molto complicata!
- L'avevo capito, proverò ogni modo. - mi arresi sospirando
- Bravo, vedo che cominci a capire. 
E ora sorride... ma si può essere più lunatici? bho non la capirò mai, almeno potevo tornare a mangiare, c'era un lato positivo.
- Mentre tu finisci io comincio a vedere il posto.
- Va bene, nel caso non ci ritrovassimo torna qui ed aspettami.
- Va bene comandante! - esclamò portandosi la mano alla fronte a mò di saluto militare, poi se ne andò sorridente.
Era davvero carina anche con tutte le sue stranezze. Finito il mio pranzo cominciai a vagare anche io per la nuova cittadina, al contrario della precedente era di sicuro più affollata. C'era una grande piazza in cui erano riunite persone di tutte le età, dai ragazzi appena usciti da scuola ai più anziani. Inoltre gli edifici erano abbastanza moderni e c'erano anche degli Internet point. Mentre osservavo la grande piazza piena di gente in un vicolo vidi Zoe. Era in ginocchio, mi avvicinai e appena sentì dei passi abbassò le maniche del suo felpone, grande due volte lei.
- Zoe tutto bene?
- Si. Alla grande - cercò di convincermi sfoderando un sorriso fintissimo.
- hai visto quanta gente? Non è meraviglioso?
- No! Ho paura dei luoghi affollati e di stare a contatto con le persone.
- Wow! che strana fobia.
- E non è l'unica!
- Di cos'altro hai paura?
- Delle armi, e dell'abbandono... Ho paura di rimanere sola.
Lo disse con un filo di voce, aveva paura dei luoghi affollati ma allo stesso tempo di rimanere da sola. Ci pensai un po', e capii quello che voleva dire. In realtà era già sola. Si chiudeva in se stessa per non permettere agli estranei di capire le sue debolezze. Ma alla fine cercava solo qualcuno che la salvasse.
La abbracciai, lei tentò di divincolarsi ma ero più forte e la strinsi a me, non l'avrei lasciata più sola.
- Perché l'hai fatto?
- Perché voglio aiutarti.
- Aiutarmi? A fare cosa?
- A non essere più sola
- Io... io non sono sola!
- No non lo sei, perché ora ci sono io.
Rimase qualche istante in silenzio,sembrava sorpresa. Per la prima volta era davanti a me per quella che era, una ragazza debole, piena di paure. La luce in fondo ai suoi occhi era un po' più visibile.
- Sono sempre riuscita a nascondere tutto a tutti. Poi arrivi tu e senza neanche conoscermi dici tutto questo, com'è possibile?
-non lo so... Dalla prima volta in cui ti ho vista ho capito che c'era qualcosa di oscuro in te, ancora non riesco a capire cosa, ma voglio aiutarti ad essere felice davvero. A rendere visibile a tutti la luce dentro i tuoi occhi. Da oggi il mio obiettivo sarà solo questo, renderti felice.
- Non ci riuscirai, lasciami in pace, è meglio per tutti.
Scappó via. Ma perché?
- Aspetta!
Era tardi, era già troppo lontana.
Decisi di andare alla stazione ed aspettarla lì, il punto di ritrovo era quello.
Mi stesi sulla panchina e guardai il cielo. Le nuvole stavano lasciando il posto ad un cielo azzurrino, con un sole freddo ma piacevole. I raggi del sole mettono allegria, fanno apparire le cose in modo diverso, più chiare. Ora vedevo chiaro anche io, l'avrei salvata anche senza il suo consenso.
Mi addormentai così. Non so per quanto tempo, il suono della sua voce mi svegliò.
- A qualcuno piace dormire!
- Ma cos..?
Aprii gli occhi sbadigliando, mi prese la mano e mi tirò.
- Su forza andiamo, questo posto mi ha annoiata.
- Va bene ma non correre!
- Come sei noioso dai vieni!

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


All'inizio quella ferrovia appariva ai miei occhi buia, tetra. Rispecchi­ava un po' il mio aspetto interiore. Ma da quando c'era lei sembrava tutto diverso, nonostante il suo carattere restio ad aprirsi, Zoe irradiava energia e buonumore, stare con lei mi aiutava, e non poco.
 - Zoe...posso farti una domanda?
 - Si, dimmi.
 - Perché hai deciso di scappare?
 - Il rapporto con mia madre non era dei migliori. E dicendo così sono molto buona. Lei continuava ad insultarmi e a dirmi cose bruttissime, le soluzioni erano due, o ucciderla o scappare. Ho scelto la seconda, mi è sembrata la più giusta.
 Raccontandomi questo mi tornò in mente mio padre, in fondo la nostra storia era simile.
 - Capisco, e tuo padre?
 - Mio padre se n'è andato quando avevo 5 anni, non ricordo praticamente nulla di lui a parte i continui litigi con mia mamma.
 - Magari se mio padre fosse scappato come ha fatto il tuo non sarei qui ora. -  pensai ad alta voce.
 - Non vai d'accordo con lui?
 - direi di no. - indicai l'occhio nero.
 - Come mai non vi trovate bene?
 - Perché è sempre pronto ad insultarmi, a farmi sentire inutile. e continuava a ripetermi che sono stato solo un errore e quanto gli avessi rovinato la vita. Se ad esempio litigava con mia madre la colpa era la mia, oppure andava qualcosa storto a lavoro tornava e mi picchiava, ero la causa di qualunque suo problema e ora che aveva cominciato a bere la situazione era peggiorata molto.
 Ma perché mi stavo aprendo con lei? Di sicuro non sarà stata a sentire nemmeno una parola di quello che le ho detto.
 - Oh... Non pensavo avessi questi problemi, pensavo fossi un altro di quei ragazzini convinti di sapere tutto. Fanno i moralisti e poi.. Non sanno nemmeno cosa siano i problemi.
 - Da come ne parli devi averne incontrati parecchi.
 - Troppi! Talmente tanti che ora non riesco a fidarmi più di nessuno, sono diventata fredda come non lo sono mai stata.
E di questo ne avevo avuto la prova.
 - Come mai?
 - A parte i problemi con mia madre, non ho uno scopo per cui lottare, niente mi rende felice ormai da tanto e credo che non lo sarò mai più. 
- Non dire così, hai tutta una vita davanti per esserlo di nuovo, non puoi arrenderti alla tua età. A proposito, ma tu quanti anni hai?
 Si stava creando un'atmosfera piena di dolore, rimpianti, c­osì decisi di cambiare argomento, non volevo farla sentire triste o farle ripensare ai problemi da cui era scappata.
 - Ma insomma! Non si chiede l'età ad una signora non lo sai? - scherzò lei.
 - Va bene, allora provo ad indovinare.
 - Vai!
 Si mise in posa per permettermi di scrutare ogni piccolo particolare di lei che potesse aiutarmi a capire la sua età.
 Com'era bella, a partire dal viso, nonostante gli occhi fossero segnati da un'alone di mistero e sofferenza guardandoli bene mi ci perdevo dentro. Erano così grandi e profondi, il naso leggermente pronunciato ma che creava una sinfonia perfetta con il resto del viso, e poi le labbra, aveva delle labbra perfette, carnose e rosee quanto basta per indurmi a volerle baciare.
 - Allora, per prima cosa hai di sicuro più di tredici anni, si capisce dal mondo in cui parli e in cui esprimi le tue idee. Hai molta personalità, dai tratti del tuo viso invece direi che di sicuro hai meno di venti anni. -
 Sorrideva quindi ero sulla strada giusta.
 - I tuoi occhi mostrano che hai già vissuto molte esperienze significative,mmh... ­sedici? - tentai.
 - Bravo c'eri quasi! Ne ho quindici.
- Visto? Sono un mago!
 - Non esageriamo dai, chiunque ci sarebbe arrivato!
 - Ah si? - dissi con aria offesa voltandole le spalle.
 - Dai scemo! - Rise e mi tiró verso di lei.
 Magari non sarà stato un sorriso di quelli veri, ma in quel momento era serena, e sapendo questo ero felice. Avrei potuto guardarla ridere tutto il giorno, era così carina!
 - Guarda! Un'altra stazione, è grandissima!
 - Forse qui troverai un negozio di musica, dai andiamo!
 Cominciò a correre lasciandomi indietro. 
- Muoviti!
 - sto arrivando! dissi correndo.
 Ero più veloce di lei e la raggiunsi subito.
 Al contrario delle stazioni precedenti c'erano diverse linee ferroviarie, doveva essere una stazione importante. All'inter­no della stazione c'erano diversi negozietti, tutti illuminati, si avvicinava il periodo di natale.
 Esiste festa più inutile del natale? teoricamente dovrebbe rappresentare la nascita di Gesù. Ma ormai si pensa solo all'albero, ai regali, una festa prettamente commerciale come ogni singola inutile festività. Qualcuno potrebbe dire che almeno è un momento per stare insieme con la propria famiglia, creando un'atmosfera piacevole e rassicurante, bhè, io quell'atmosfera non l'ho mai vissuta. Ogni natale mi ritrovavo a cena da solo con mia madre, i miei fratelli erano fuori con gli amici e mio padre in chissà quale bar ad ubriacarsi. La odiavo quella festa. Magari ora lo ritroverò lo spirito natalizio, chissà.
 - Che ne dici troviamo un posto per dormire? proposi.
 - Si, buona idea.
 Era un posto immenso, perfetto, com­inciamo a camminare lungo il viale antecedente alla stazione. C'erano degli alberi piantati sia a destra che a sinistra, creavano un atmosfera abbastanza inquietante in questo periodo dell'anno. Sulla destra c'era un albergo, sembrava accogliente e abbastanza lussuoso.
 - Questo dovrebbe andar bene, andiamo?
 - Non sarà troppo costoso?
 - Non ti preoccupare, ho abbastanza soldi.
 - ...va bene. - non sembrava molto convinta, ma ignorai la sua espressione.
 Entriamo e... Wow! Era davvero meraviglioso, rimanem­mo senza parole. Dopo qualche minuto mi avvicinai alla reception per chiedere una stanza
 - Buonasera, vorrei una stanza per due persone.
 - letti singoli o matrimoniale?
 - Singoli.
 - E' fortunato, ne è rimasta solo una, ecco a lei.
 - Grazie mille.
 Numero 17...
 - Zoe! Andiamo
 - Che numero abbiamo?
 - La 17.
 - Il 17 è il mio numero preferito!
 Cominciò a saltellare come una bambina, la guardai sorridendo, era proprio pazza quella ragazza.
 La stanza era accogliente, c'erano tutte le comodità e per una notte andava più che bene.
 Nella stanza c'erano due letti divisi da un unico comodino, oltre ai letti c'era un piccolo tavolino, una tv a muro einoltre una piccola stanza per il bagno e un balconcino.
 - Zoe, c'è un solo bagno, vai prima tu.
 - Va bene.
 Le pareti erano di un giallo spento che di sicuro non dava un'aria allegra a quel posto, la vista dal balconcino in compenso era alquanto piacevole. Essa infatti affacciava sul viale, che illuminato, dava un senso di allegria e tranquillità. C'era un freddo pungente fuori, tornai dentro e mi distesi un po' sul letto, non mi ero mai sentito tanto stanco.
 Dopo un paio di minuti mi alzai di colpo sedendomi, presi lo zaino e cominciai a frugare al suo interno. C'era ancora da bere e da mangiare, sarebbe bastato sia per me che per lei. Posizionai un tessuto sul tavolino e preparai il tutto dividendolo in due porzioni.
 Mi ributtai di nuovo sul letto e mi resi conto di avere il cellulare in tasca. Lo presi. Non c'erano chiamate.
 Ovviamente mia madre e mio padre non si preoccupavano minimamente di dove fossi, anzi, di sicuro ora stavano festeggiando.
 C'era un messaggio da parte di Halison: "cosa significa quello che è successo oggi?"
 Buttai il cellulare sul comodino, ormai era passato un bel po' di tempo.
 Mi avvicinai al bagno. Non c'era il minimo rumore.
 Bussai.
 - Zoe! va tutto bene?
 Nessuna risposta.
 - Rispondimi!
 Ancora niente.
 - Zoe sto entrando.
 Provai ad aprire e la porta ed era aperta, sul lavandino c'era un taglierino, non l'avevo notato prima.
 La vasca da bagno era piena fino all'orlo e lei era immersa nell'acqua, corsi subito verso di lei e la tirai su.
 - Ma sei impazzita?!
 -.. N-no... Io... L-lo faccio sempre, mi piace sentire il battito del cuore che si fa sempre più intenso e lento, lo faccio fin quando non comincio a vedere tutto bianco. Stavolta stavo per  morire davvero. - sembrava molto scossa.
 - ... Non lo fare più per favore. -
 Annuì poco convinta.
 - Dai esci, così ceniamo. - dissi in tono rassicurante.
 - Va bene, arrivo.
 Stavo per uscire quando notai di nuovo il taglierino.
 - Ah, dimenticavo, ma questo è tuo? - le chiesi prendendo il taglierino.
 - no... era già li quando sono entrata, forse chi c'era prima di noi l'ha dimenticato.
 - Capito... -
 Stava mentendo, ma perché lo faceva? cosa doveva nascondermi?
 Dopo cena feci un bagno, durò un eternità ma fu estremamente rilassante. Una volta uscito vidi il taglierino, lo presi e tornai nella stanza.
 - Dov'è? - mi disse allarmata?
 - Cosa?
 - Il taglierino!
 - Ah, quindi era il tuo!
 rimase per un attimo interdetta.
 - ... Dammelo!
 - No! A cosa ti serve?
 - Non sono affari che ti riguardano. - mi disse con fare minaccioso.
 - E allora mi tengo il taglierino.
 - Ti ho detto di darmelo Cristo! - Era quasi in lacrime. Non mi aspettavo una simile reazione, ero scosso.
 - Prima fammi vedere le braccia.
 - ... No! Perché dovrei? - la mia risposta la spiazzò.
 - Voglio vedere.
 - No!
 Mi avvicinai di scatto e le alzai la manica. Era piena di tagli, non avevo mai visto niente di simile.
 Una lacrima rigò il mio volto, cominciai a baciarle il braccio.
 - Non meriti questo, stai già soffrendo molto. Gli unici segni sulle tue braccia dovrebbero essere quelli lasciati dai baci di chi ti ama. -
 Rimase in silenzio, sbigottita­non si aspettava una simile reazione da parte mia.
 Continuai a baciarle il braccio dove c'erano i tagli.
 - Uno per ogni taglio. -
 Mi guardava attonita, forse mi prese per un pazzo.
 Ora di sicuro non l'avrei lasciata mai più sola.
 - E' la cosa più bella che abbiano mai fatto per me... -
 Poi mi abbracciò, fu il suo primo gesto d'affetto, tanto inaspettato quanto infinitamente intenso e significativo.
 Era lì tra le mie braccia, l'avrei tenuta al sicuro da chiunque volesse fargli del male, la sentivo come una sorellina, non sopportavo vederla soffrire.
 - E' ora di andare a letto, domani dobbiamo svegliarci presto. 
 - Va bene - annuì, gli occhi lucidi fissi su di me.
 - Buonanotte - le diedi un bacio sulla guancia e sorrisi, volevo sembrare quanto più possibile rassicurante anche se dentro di me c'era un turbine di emozioni.
 - Notte! - i suoi occhi erano più accesi del solito, forse ci stavo riuscendo. Forse stavo riuscendo a salvarla dai suoi demoni.

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