Ti sei innamorato in un bar.

di afumacdougall
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Una settimana. ***
Capitolo 3: *** La notte. ***
Capitolo 4: *** Trent'anni. ***
Capitolo 5: *** Una vita. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Ti sei innamorato in un bar.

 
 
 

Ti sei innamorato in un bar, così come si prende un caffè.
Mentre aspettavi quel liquido scuro e denso, con gli occhi che viaggiavano ovunque, annoiati e spossati.
Una giornata di lavoro troppo pesante, niente di nuovo, la solita routine che a volte ti fa mancare il respiro. Anche perché, fondamentalmente, non ci sei nemmeno abituato.
Il cameriere che ti sorride, forse un po’ troppo, e tu ricambi.
Stai per andartene quando la porta fa dlin e poi dlon. Allora alzi gli occhi al cielo, perché hai sempre odiato quei cosi, e in quella città è tutto così dannatamente dlindlon.
Vedi un ragazzo entrare, guardare male le campanelline, e semplicemente ti innamori.
Ti innamori di quel broncio, di quegli occhi semi chiusi, strizzati.
Ti innamori d i quella camminata scoordinata, di quelle gambe troppo lunghe e magre.
Ti innamori della sua schiena, e l’istante dopo sei di nuovo seduto al tuo tavolino, e chiedi al cameriere di portarti un altro caffè.
Lungo, stavolta.
Lui annuisce, con enfasi, troppa enfasi, e tu rimani lì a guardare quella schiena.
Mi basta, ti dici, mi basterebbe per sempre.
Ma poi quel ragazzo si gira, nello stesso momento in cui arriva il tuo secondo caffè, e gli occhi di quel ragazzo sono dello stesso colore del caffè che il cameriere ti sta porgendo, indugiando, sperando di far scontrare le vostre dita.
Cosa che non succede, perché tu rimani totalmente imbambolato a guardare quegli occhi.
Te lo lascia sul tavolo, sbuffa e se ne va.
Quel ragazzo ancora ti guarda.
E ti viene sete.
Lo vedi prendere una cioccolata e un cornetto, e speri, speri che si metta nel tavolino accanto.
Lui si muove, sempre un po’ scoordinato, e a mano a mano che si avvicina inizi a notare più cose, ed è sempre e ancora e comunque bellissimo.
Ti prendi in giro, perché hai trent’anni, mai provato l’amore vero e ora senti le campane per un ragazzo che ne avrà sì e no venti.
Lo speri, almeno.
Lui prende una sedia, la sposta, e si siede al tuo tavolo.
Senti il tuo cuore battere furiosamente.
 


Ti sei innamorato in un bar, di un ragazzino di cui non sai niente, se non quei nei che gli adornano il viso.
«Ciao.» ti dice, con disinvoltura, come se vi conosceste da sempre.
«Ciao.» ricambi.
E inizia a parlare, normalmente.
Inizia a dirti il suo nome – anche se dubiti che Stiles sia un nome – inizia a parlarti della sua vita, e parla, parla.
Ti viene voglia di picchiarlo, per quanto parla. Ma quelle labbra sono così belle che finiresti per picchiarti tu.
 


Ti sei innamorato in un bar, di Stiles, un ragazzino.
E arriva la fatidica domanda, quella che hai voluto ritardare tutto il tempo, guardandolo mentre  ti parlava, e faceva gesti e davvero che mani grandi che ha.
Un brivido ti percorre la schiena quando pensi a come quelle mani potrebbero essere usate. E mentre guardi i suoi nei, ti chiedi se li abbia anche in tutto il corpo, come una specie di mappa, un percorso, una caccia al tesoro. E tu sei sempre stato bravissimo a caccia al tesoro.
Sei anche bravo con le mappe, per quel tuo lato avventuriero che ti ha fatto girare mezzo mondo.
È tutto perfetto, quindi.
Vorresti allungarti e prendergli già la mano, e condurlo  nel tuo mondo.
Ma poi arriva, la batosta.
 


Ti sei innamorato in un bar, pure brutto, di Stiles Stilinski, figlio dello sceriffo,  e non volevi, davvero. A trent’anni a capire l’amore con lui.
«Quanti anni hai?»
«Diciassette.»
Ti sei innamorato in un bar, e davvero, non volevi farlo.





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Here I am! Salve, eccomi con una... long! Ahhahha, sì, una long. Oddio, non penso di scrivere tantissimi capitoli, penso un tot di dieci, quindici, ma chi lo sa? E niente, sarà una storia molto fluff, anche se, ovviamente, non sarà solo quello. L'idea mi è venuta pensando che, effettivamente, Stiles  e Derek si tolgono un bel po' di anni, e da qui, con l'aiuto di 8tracks che è diventato la mia ossessione, ecco che scrivo questa storia. Spero vi piaccia! Fatevi sentire, un bacione ♥ Afu

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Capitolo 2
*** Una settimana. ***


Ecco il primo capitolo! Vi devo immensamente ringraziare per il caloroso benvenuto che avete dato a questa storia, davvero. Sono felicissima. Spero vi piaccia! Fatemi sapere, buona lettura (?) Afu

1.


 

 
 
 
Ti manca il respiro. Finisci di corsa il caffè, e inizi a ridere istericamente.
«Lo so, lo so cosa stai pensando. Ma non scappare. Non hai fatto niente di sbagliato.»
Ridi davvero, stavolta. «Fatto no, ma desiderato… immaginato pure troppo.»
Vedi le guance di Stiles diventare rosse, e  quei nei si fanno più visibili.
Ti viene voglia di mangiarti le mani, e il fegato, e tutto il corpo.
«Anche tu mi piaci.» Ti dice, con quella sua voce così immatura, che diamine! come hai fatto a non capirlo prima?!
«Ma ho trent’anni!» urli, con gli occhi fuori dalle orbite, e le mani tremanti.
Dannato, dannato ragazzino!
«E allora? Fra cinque mesi sarò maggiorenne!»
Ti sbatti una mano in faccia, e dal rumore si gira il bar  intero. «Potrei essere denunciato per pedofilia, per quello che ho… oddio, diciassette anni.»
«Quasi diciotto.» puntualizza.
Poi si fa serio, e ti guarda con quegli occhi da cerbiatto. E tu vorresti sprofondare, un trent’enne  che sente le ginocchia molli per uno sguardo.
«Se ti dicevo che avevo diciotto anni, avresti reagito in modo diverso?» chiede, tutto serio.
Diventi rosso.
«Dio mio, ma non capisci?! Stiles, ci togliamo, quanto? Tredici anni! Quando sei nato ho capito di essere gay!» la tua voce tende a diventare stridula, ora.
«È stato destino, vedi? Che diventassi gay proprio quando sono nato io.»
E proprio non ce la fai, perché ti guarda serio, e lo vedi che ci crede. Ed è così dolce, e scoppi semplicemente a ridere, e per quell’attimo ti dimentichi che ha diciassette anni, e tu trenta.
Ride con te, e cerca di sporgersi in avanti. Lo blocchi con lo sguardo, e vai a pagare.
Ritorni al tavolo e gli dici «La cioccolata e il cornetto li ho pagati io. Grazie per la compagnia, Stiles.» e fai per girarti.
Te lo ritrovi immediatamente accanto, che ti ferma per un braccio. «È un addio, questo? Un ti ho pagato la cioccolata e quindi va bene così e ciao addio, sei bello ma sei piccolo?» gesticola tutto, e la sua faccia è a chiazze.
Non sorridere, Derek, non… Derek, smettila di crederlo immensamente dolce e carino e sexy allo stesso tempo.
Ha diciassette anni. Suo padre è sceriffo. Suo padre ha una pistola. E non solo in mezzo alle gambe.
Sbianchi, all’idea che suo padre possa scoprire tutto questo, anche se obbiettivamente non c’è niente, e gli rispondi che sì, Stiles, è un addio.
Il suo guardo si fa triste, e tu ti allontani.
«Tanto questa città è piccola, Derek Hale! Ti troverò! Dovessi arrivare a trent’anni!»
Scoppi a ridere, e lo saluti con la mano senza girarti.
Sospiri, e sorridi.
Da  quant’è che non lo facevi?
 
 
 



È passata una settimana da quello strano incontro.
E non l’hai nemmeno incrociato per strada. Il che è un po’ strano, visto che Beacon Hills è piccolina.
Il che, in realtà, ti ha anche fatto rimanere un po’ male. Pensavi che se lo avessi incontrato per caso, niente e nessuno ti avrebbe impedito di salutarlo, o anche solo guardarlo da lontano.
O farlo passare dalle strisce pedonali.
Salutarlo con la mano che nemmeno muovi, per non farti notare troppo.
Con un cenno. La testa che va giù e su.
È passata una settimana da quell’incontro, e tu hai trent’anni, qualche mese e settimana in più, e finisci le sere con una birra in mano, le scartoffie lasciate all’ufficio, televisione accesa e cervello pieno di sue immagini.
E ti viene da ridere. Sei così patetico, che tutti quei muscoli che hai non ti servono a niente, e questa tua aria da duro sta iniziando a dissolversi nell’aria.
Ti chiedi anche, nei momenti di silenzio, che a casa tua sono sempre troppi, come tu abbia potuto vivere trent’anni senza mai innamorarti.
E pensi a Stiles, perché lui ha quello sguardo. L’hai notato. Ha lo sguardo di chi ha amato, di chi è abituato a guardare in faccia l’amore e sorridergli.
In effetti, ti domandi a cosa Stiles non sorrida.
E lo hai conosciuto solo per un pomeriggio, per poche ore, e com’è possibile averlo sempre nella mente?
Vorresti solo rivederlo. Ti dici che è solo questo.
Semplice desiderio di incontrarlo di nuovo, per vedere se quell’emozioni che hai provato, siano state solo tante piccole stelle cadenti o qualcosa di più.
Anche se poi con quel cosa di più non potresti fare niente, non t’importa.
Vuoi capire. Sei sempre stato così metodico, scientifico, nella tua vita. Vuoi fare la prova del nove.
Ed è passata una settimana da quell’incontro, e ancora non l’hai incontrato, perché hai trent’anni, ma degli umani non hai  mai capito molto.
Perché se solo, per una solo dannata volta, ti fossi  avvicinato a quel bar, avresti visto un piccolo diciassette Stiles Stilinski passare i pomeriggi la dentro.
Ma non lo fai, ed è già passata una settimana, e speri di vederlo in posti dove lui non potrebbe mai essere.
E capisci, capisci che lo fai apposta. Una sera, mentre sei ina una discoteca gay, così volgare e sciatta.
Cosa ci farebbe mai un ragazzino come Stiles, la dentro?
Lo hai sempre cercato in posti dove lui non avrebbe mai potuto trovarsi.
Perché hai trent’anni, e degli uomini non hai mai capito niente.
 




È passata una settimana, o poco di più, da quel pomeriggio al bar, dove ti innamorasti di un ragazzino di diciassette anni, e te ne stai per andare a casa con un ragazzone tutto muscoloso che ti si struscia addosso.
Ma poi ti blocchi, quello finisce sopra di te, e ti manda al diavolo.
Tu sei ancora fermo.
È passata una settimana, o poco più, e tu hai sempre cercato Stiles Stilinski in posti dove non sarebbe mai potuto essere, ma lui no. Lui ti ha cercato in posti dove saresti potuto essere. E ti ha trovato.
Perché ancora non lo sai, Derek Hale, ma Stiles Stilinski è decisamente più bravo di te a caccia al tesoro.
E ti saluta. E il tuo cuore batte, batte forte.

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Capitolo 3
*** La notte. ***


Saaalve! Scusate il ritardo, scusate ç_ç ma ieri non ho avuto un secondo di tempo. Volevo ringraziarvi immensamente per l'affetto che state dando a questa storia, sul serio. Non me lo sarei mai aspettata. Spero di vedervi ancora :) Buona lettura (?) Afu

2.

 





 
«Ciao.» ti dice, con quel giubbottino scuro, e la t-shirt stupidamente gialla e verde di sotto.
«Ciao.» rispondi, scrollandoti di dosso quell’omone, con il tuo solito giubbotto di pelle e la canottiera che fa figo, anche se non lo sei.
L’omone ti manda al diavolo. Tu nemmeno lo senti.
«Che ci fai qui?» chiedi.
«Due passi.»
«In una discoteca gay?»
«Mai detto di essere etero.» ti risponde, serio in volto.
Scoppi a ridere, e decidi di lasciar perdere.
L’hai incontrato, è questo l’importante.
Quindi, Derek, cosa senti?
Ti senti come la prima volta che l’hai incontrato?
Guardalo, illuminato dalla luce finta dei lampioni, in questa fredda notte. Guarda i suoi capelli, i suoi occhi, i suoi nei, ed è possibile che ne abbia uno nuovo?
Guardalo, memorizzalo nella tua mente.
«Che ne dici se continuiamo a fare questi due passi?» domandi.
«Con piacere.» E andate.
Camminate un po’ lontani, per i primi minuti. Poi lui inizia ad avvicinarsi, e sembra che il giubbotto di pelle non gli faccia paura, quindi metti le mani nelle tasche e fai finta di niente.
Dentro le tasche, quelle ti tremano, come foglie in autunno.
Giri a guardarlo, e noti che anche i suoi occhi sono come le foglie in autunno; dorate, sul rosso, con del marrone come tanti nei.
Pensi che lui sarebbe sicuramente l’autunno.
Non sai bene perché, oltre che per i colori, ma ogni volta che lo guardi, hai quel brivido lungo la schiena, che non è propriamente solo freddo, e quindi è come in autunno, con quel freddo non freddo che ti fa venire la febbre.
A te la febbre è venuta sempre e solo in autunno, mai in inverno.
Al freddo sei abituato.
«Come va a scuola?» gli domandi, per fare un po’ di conversazione.
Lui arriccia il naso. «Bene, tutte A.»
«Oooh, ma quindi sei un secchione?»
«No, solo intelligente. Tu sei andato al college?»
Sorridi. «Sì. Economia.»
«Oh, noioso. Con quanto sei uscito?»
«Con il massimo.» rispondi, guardandolo e sorridendo.
Lui ricambia lo sguardo e si apre in un sorriso che gli prende tutta la faccia.
«Ahaha, secchione!» ti prende in giro.
Scoppi a ridere. «Sì, da morire! Ero quei tipi tutti occhiali e capelli gellati, pantaloni a vita alta e maglioni anche in primavera.»
Stiles si ferma, di botto. Spalanca gli occhi. «Non posso crederci!»
«Giuro!» ribatti.
«No, è impossibile. Voglio le prove.»
Alzi gli occhi al cielo, sbuffi e prendi il portafoglio. Esci una foto di te e tua sorella Laura del periodo del college. Gliela mostri e lui scoppia a ridere talmente forte che gli vengono le lacrime e si tiene la pancia per il dolore.
«Smettila, però, dai.» gli dici, offeso.
Mica tanto, poi. Ti stai divertendo davvero tanto a vederlo così. È tutto rosso, pieno di macchie qua e là, ha gli occhi lucidissimi e la sua bocca è di dimensioni non umane.
E non puoi farne a meno… è bellissimo.
Bellissimo come le cose che non puoi avere, quelle che ti fanno male. O quelle che ti farebbero troppo bene, che poi alla fine è la stessa cosa.
«Okay, okay, scusa. Ma eri così… così…» e scoppia di nuovo a ridere.
Gli dai uno scappellotto, e inizi a camminare senza di lui.
Ti raggiunge immediatamente, correndo un po’.
«Dai, scusa. Dove lavori?»
«Nell’azienda di famiglia.»
«Classico.» borbotta.
«Scusami se non rispecchio la figura che ti eri fatto di me.» gli dici, offeso.
«Oh, nono. È proprio questa l’impressione che ho avuto di te. Metodico, pratico, con un buon lavoro che gli piace ma che vorrebbe fosse un po’ diverso, a volte. Gay fino al midollo ma con un aspetto da etero sciupafemmine. È esattamente ciò che sei.»
Le sue parole ti colpiscono come un fiume in piena. Come le onde del mare quando è bandiera rossa e tu sei sempre così coraggioso da farti il bagno lo stesso.
«Non sono solo questo.» sussurri, più a te che a lui.
«Lo so.» risponde. «È per questo che voglio avere a che fare con te. So che sei altro. Solo che questo non l’ho capito bene.»
«Quindi cosa sono? Un caso da scoprire?»
«Esattamente.»
«Bene.» rispondi, e non ti fai vedere ma sorridi un po’.
Scoprimi quanto vuoi, Stiles. In tutti i modi tu voglia.
Ti viene da ridere per quel pensiero, e lo vedi fare gli occhi di nuovo grandi, come se avesse scoperto che la nonna è il lupo, in realtà.
«OH! MA SEI COSI’ DEPRAVATO!»
«Che ho fatto?!»
«So cos’hai pensato! Avevo quell’identico sguardo quando ti ho guardato il culo, prima!»
«Perché? Mi hai guardato il culo?» gli chiedi, incuriosito.
«Non tergiversare, tu, grande lupo depravato. E comunque sì, voglio dire, conosco le leggi, sono figlio di uno Sceriffo, e da qualche parte c’è scritto che è un reato non guardare un culo del genere.»
«C’è anche la foto vicino a questa legge?»
«No. Il disegno. Ma non gli rende giustizia.»
Scoppi a ridere, e gli accarezzi la testa.
Lui si allontana infastidito. «Mi fai sentire piccolo.»
«Ma lo sei, cappuccetto.»
«Ah, nono! Non entriamo in questo cliché, per favore.»
«Ma sei stato tu prima a chiamarmi lupo!» rispondi alzando le mani in aria.
«Solo perché il lupo è il mio animale preferito!» sbotta, parlando velocissimo.
Si ferma, ti guarda. Guarda in cielo, e vede poche stelle. Chiude gli occhi, si da uno schiaffo.
«L’ho detto veramente?» ti chiede, vergognosamente.
Tu neanche provi a non gongolare, e annuisci felice.
«Togliti quell’espressione da schiaffi e accompagnami alla macchina, invece, che ho già sforato il coprifuoco da ore.»
Guardi l’orologio e vedi che sono le quattro passate.
Guardi di nuovo lui, e sì, è ovvio. I ragazzi di diciassette anni hanno un coprifuoco.
I ragazzi di diciassette anni non si dovrebbero trovare in giro con un trent’enne con una canottiera bianca sotto un temibile vecchio e logoro giubbotto di pelle.
I ragazzi di diciassette anni vanno accompagnati fino alla macchina, con il musone, perché la realtà per un po’ se n’era andata ed era stato tutto così magico, che ti eri di nuovo sentito quel ragazzo sfigato del college.
Libero, spensierato.
Arrivate alla sua macchina, e fai per salutarlo.
«Sono stato bene.» ti dice. «Grazie per la passeggiata.» continua.
«Grazie a te.» rispondi, con la voce grave.
Come riesci a cambiare umore da un momento all’altro, nessuno mai.
Lui se ne accorge e si avvicina.
Ti alza il volto prendendoti il mento in mano, e fa scontrare i vostri occhi.
«Ci sono così tante cose ingiuste nella vita, così tante cose sbagliate, come questo cielo senza stelle, come il fatto che mio padre sia fuori di notte ad andare a beccare la gente cattiva. Così tante cose sbagliate, e questo non lo è. Cosa abbiamo fatto di male?»
«Niente, ma…» non ti fa continuare, perché ha poggiato le sue labbra sulle tue, in un tocco così delicato che non hai avuto neanche il tempo di chiudere gli occhi.
«Allora niente. Ci vediamo, Derek Hale.» ti saluta, sale sulla jeep azzurra e se ne va.
Tu rimani ancora in mezzo al parcheggio, immobile.
Alzi lo sguardo al cielo, e noti tante stelle in più, tutte luminose.
E sorridi.

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Capitolo 4
*** Trent'anni. ***


Okay! Salve, lo so, sono in ritardo madornale, ma non è colpa mia ç_ç il mio computer mi ha abbandonato per una settimana, e solo ora ha avuto un po' di vita e quindi ne sto approfittando. E niente, mi sa che ce ne saranno davvero pochi capitoli, oltre questo. Vi ringrazio per l'immenso calore che mi date sempre, e alla prossima! Buona lettura (?) Afu. ps: se volete, sotto, spendo due parole per la 3x23.
3.







 

 
Ti ricordi il tuo primo amore, o almeno, è così che dovrebbe definirsi il tuo primo fidanzato.
Anche se poi non l’hai amato mica tanto, e non è mai riuscito ad entrarti dentro.
Non ricordi neanche il suo nome, e allora ti chiedi cosa, esattamente,  tu stia ricordando, seduto dietro la tua scrivania con un caffè in mano che non è dello stesso colore di quegli occhi, ma si ci avvicina e quindi è più buono di tutte le altre volte.

Ti ricordi quell’amore senza ricordartelo veramente, come se per te non avesse avuto poi tutta quest’importanza, ed è vero.
Ricordi il giorno in cui vi siete detti addio. Ricordi le sue lacrime, le sue accuse. E ricordi come tu non avevi capito, a quei tempi.
«Mi hai mai amato?! Derek, guardami quando ti parlo! Sono qua, nudo davanti a te e tu mi dici che non può più andare avanti?! Ma cosa, Dio, cosa è andato avanti? Cosa sono stato per te, cosa? Che scemo… che illuso, ad innamorarmi di una persona che non amerà mai. Hai il cuore di pietra, Derek Hale. Spero che un giorno qualcuno te lo frantumi in tanti piccoli pezzi. Solo così capirai.»

Ti ricordi le sue ultime parole, e solo ora iniziano ad avere un vago senso.
Prima non capivi. Prima alzavi semplicemente le spalle, gli occhi al cielo, e ti dicevi che non era colpa tua se semplicemente non è scattata la scintilla.
Così con il primo, e il secondo, e il terzo, e poi tutti quei ragazzi che lasciavi ancora nudi e senza volto nel tuo letto, e tu andavi a lavorare.
Alzavi le spalle e chiudevi la parta all’amore, alle persone, senza curarti delle lacrime che silenziose scendevano sulle loro guance.
Non te ne importava, perché non capivi.
Non capivi cosa fosse l’amore, non capivi come esso possa far male. Non capivi perché certe persone riuscivano addirittura a viverci, di solo amore. Non capivi che è l’oggetto d’amore che fa girare il mondo interno, che crea il mondo.
Non capivi che l’amore è l’unica cosa che ci rende vivi.
Non capivi perché non l’avevi mai provato.
Sentivi sempre quel piccolo freddo sordo, all’altezza del cuore, quando prendevi per mano qualcuno e non sentivi niente.


Ti ricordi il tuo primo amore, che poi nemmeno amore è stato, e ti chiedi se hai perso tutto nella tua vita. Se hai vissuto a metà.
Mentre fai calcoli su calcoli, e ti allenti di poco la cravatta e liberi il collo anche dai primi bottoni della camicia. Mentre la tua testa vaga, e non aveva mai vagato tanto, e anche se è giorno, dentro di te diventa notte, e tu diventi un lupo, perché è il suo animale preferito.
Mentre ancora la mano scrive chissà quali calcoli, ti ritrovi a pensare ad un ragazzino che, non ci puoi far niente, associ all’amore come la neve all’inverno.
E la penna ti cade, i fogli si sparpagliano, la tua testa gira, e tu te la prendi tra le mani.
Devi vederlo. Devi sapere. Devi vivere.
Devi sapere se ancora la pensa come quella notte, se non ti ha dimenticato nel corso dei mesi, se è diventato maggiorenne e se il mondo ti guarderà meno male, se gli prendi la mano.
Sorridi, al solo pensiero. Prenderlo a scuola, accompagnarlo a casa e stare con lui tutto il pomeriggio. Lui a studiare e tu a guardarlo, fingendo di avere del lavoro arretrato.
Stuzzicarlo, avvicinartelo, studiare ogni suo neo, curare ogni sua ferita.
Ti chiedi se ti abbia dimenticato, e ti prendi per stupido perché stai davvero capendo cosa sia l’amore a trent’anni, e fra poco i trent’uno si avvicinano e tu hai così tanto paura di capire l’amore quando ormai non lo hai più tra le mani.
Hai così tanto paura che ormai sia troppo tardi.
E alzi quel tuo marmoreo culo che hai tenuto ancorato alla sedia per troppo tempo, alzi lo sguardo verso l’orologio e sai che ora lo sceriffo è a lavoro ‒ solo perché sei accidentalmente passato da lì qualche volta e hai visto la sua macchina parcheggiata, ovviamente.
E sai che Stiles è a casa perché lui non ha mai molto da fare, il pomeriggio, oltre ad aprire libri che non aprirà.
Hai saputo dove abitava per puro caso.
Semplicemente sei passato da quella via, e hai riconosciuto la sua jeep, e ti chiedi come sia stato possibile non notarla mai, quella casa, quando per andare a casa tua puoi prendere solo quella via.
È come se foste sempre stati collegati e sempre impossibili da trovare. Vicini e lontani anni luce, come Roma e New York.
Ma si sa che qualche romano a New York c’è sempre, e così qualche newyorkese  che fa foto al Colosseo e lancia la monetina nella fontana di Trevi.
E tu  vuoi essere quel newyorkese  freddo e cinico che diventa un pupazzo sciolto davanti a tutta quella bellezza.


Prendi la macchina e vai.
Arrivi davanti casa sua, parcheggi, e la sua macchina è lì, e il tuo cuore batte forte.
Respiro corto, mani che tramano; è questo l’amore?
Suoni, e aspetti.
Quando ti apre la porta, con i capelli un po’ più lunghi, e una delle sue solite magliette improponibili, e ti guarda con quei suoi grandi occhi, capisci che sì: è questo l’amore.
«Cosa ci fai qua?» ti chiede, con il fiatone.
«Io, io… non lo so. Quanti anni hai, Stiles?»
Lui apre di più la porta, ti sorride e si fa più vicino.
«Diciotto.» sussurra, contento.
Gli metti una mano sul fianco, e lo baci.
Hai il disperato bisogno di sentire di nuovo il suo sapore, e questa volta per bene.
Entrate dentro, e lui ti lascia fare tutto quello che vuoi.
E sei salvo, Derek Hale.
Perché hai capito l’amore,  con un diciottenne, e per fortuna hai ancora trent’anni.

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Eccoci. So, grazie intanto per aver letto :) E niente, volevo solo parlavi delle reazioni che ci sono state, e potermi sfogare un po'. Quindi, qualora tu non avessi visto la puntata, chiudi subito la pagina - dopo aver lasciato una recensioncina ;) AHHAHHA.
Posso dire che tutte quelle lamentele sono state un po' stupide? Sì, okay,  la storyline è stata un po' smontata, ma si dovrebbe apprezzare solamente il gesto magnifico che
Jeff ha fatto.
Non è da tutti i giorni, che un produttore accetti che un attore arrivi e dica "Grazie per tutto quello che abbiamo fatto, ma voglio andarmene" (come giustamente ha fatto Crystal, in un mondo in cui tutti gli attori se ne vanno perché vengono pagati di meno, sia lodato il cielo che un'attrice voglia sperimentare altro, e okay io l'adoro e ancora piango quindi ç_ç), e lui semplicemnete dica "okay, rendiamo la tua fine grandiosa." Come è stata. E' stata stupenda. E non sono una Scallison convinta. Lo sono stata nella prima stagione, ma voglio dire, chi non si è emozionato? Chi non ha visto il vero amore, in quelle parole? E non è che se Allison provava qualcosa per Isaac, Scott scompariva. Molti non ci pensano. Quell'amore sarebbe durato per sempre, e se Crystal non se ne fosse andata, sarebbero ritornati insieme, poco ma sicuro. E si ameranno per sempre, ora ancora di più. E niente, era solo un mio sfogo. Voi come la pensate? Vi è piaciuto o meno?
 

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Capitolo 5
*** Una vita. ***


Salve! Lo soooo, mi odiate, e avete tutte le ragioni al mondo. E sì, questa è la fine. *si scanza da eventuali lanci di pomodori* Ma, uhm, era arrivato il momento. Questa storia è nata talmente per caso, che è così; pensieri e pezzi di vita di Derek Hale, quindi non sarei mai riuscita a scrivere più di un tot. Comunque sia, davvero, vorrei ringraziarvi un mondo. Siete state... dolcissime, e non vi nascondo che mi sono emozionata davvero, il più delle volte. Eeeeee devo darvi una bella notizia! Ho pubblicato il mio libro, Fire Escape, e se qualcuno vuole sapere altro, basta visitare il mio blog :3 http://aduascribano.wordpress.com/ buona lettura!

 
 

Epilogo.






 

 
 
Non è stato facile, per niente.
Dopo quel bacio la tua vita non è stata in discesa, non è stato facile. Hai pedalato una salita con la quinta messa, hai sudato e rischiato di svenire diverse volte.
Non è stato facile, no, non è stato facile per niente, dopo quel giorno.
Tu, trent’anni, e lui appena diciotto.
Cosa pensavi? Che il mondo non t’avrebbe guardato storto? Che suo padre non avrebbe rischiato l’infarto?
La verità è che non t’importava. E non riuscivi nemmeno a capire il perché; una vita passata a fare quello che la società vuole, a pensare  mille volte prima di agire, e poi ti sei ritrovato sopra un letto singolo in una camera con mille poster.
Ti sei ritrovato sopra quel corpo così candido, così pieno di nei, e con quegli occhi così grandi che ti bramavano. E semplicemente non hai più capito niente. Hai lasciato il mondo alle spalle, l’hai buttato via insieme ai vostri vestiti, l’hai chiuso fuori come hai chiuso la porta, con una bella mandata di chiavi. Hai spento il cervello come hai spento i suoi farfugli, e i suoi gemiti, e hai scoperto che la sua schiena sa inarcarsi in un modo che dovrebbe essere illegale e s’inarcava sotto di te, per te, e allora nemmeno l’universo aveva più senso.
Il mondo sublunare ha smesso di avere senso, per te, quando Stiles era pronto per accoglierti.
E sì, non è stato facile.
Perché tu sei un trent’enne, e lui un diciottenne.
Non è stato facile perché poi, da quel pomeriggio, le cose non sono per niente finite.
Non è stato facile perché sono continuate, e sono andate sempre meglio, e tu ti sei innamorato completamente.
 


Che esistano o meno, i colpi di fulmine, non t’importa molto.
Pensi solo a quel pomeriggio di ormai tanto tempo fa, a quel pomeriggio in cui Stiles inciampò nella tua vita.
Perché è questo quello che fa Stiles: inciampare.
Stiles inciampa sui suoi piedi, su una risata, sopra di te. Stiles inciampa sulla vita, sull’amore, sul tuo cuore. Stiles inciampa dappertutto. Inciampa sulle scale di casa tua, al centro commerciale, sul marciapiede. Inciampa nella vita delle persone e lascia traccia indelebili.
Stiles inciampa perché è quello che di migliore sa fare, perché è talmente con la testa tra le nuvole, che il mondo per lui non è poi così importante. Ne esiste un altro, mille volte più bello, più colorato, con le persone che non muoiono e mamme che sono indistruttibili, e un giorno Stiles ti prende per mano, e ti dice che in questo mondo ci sei anche tu.
Ti dice che hai iniziato ad esserci sin da quel pomeriggio, e il tuo cuore ha iniziato a battere furiosamente. Ti ha detto che ti avrebbe voluto vivere ovunque; o in quello, o in questo, non gli importava. Basta che rimani accanto a me.
E tu ti sorprendi sempre di come un cuore giovane possa amare. Di come un ragazzo possa mettere nell’amore tutto se stesso, e non preoccuparsene.
Buttarsi senza paracadute, fare le più folli cose al mondo, ad occhi chiusi.
Lo hai da sempre ammirato, per questo. Dal giorno in cui ti sei innamorato di lui in un bar.
 



Ma sì; non è stato facile. Perché è  inusuale vedere due uomini amarsi, anche se siamo nel ventunesimo secolo. Ed è ancora più inusuale quando uno ha trent’anni e l’altro solo diciotto. E non è stato facile perché hai dovuto combattere il triplo per essere al suo fianco. Per far capire al mondo che ti eri innamorato davvero, e se qualcuno ti chiedeva il motivo per cui ti fossi così follemente innamorato, tu saresti rimasto zitto per un minuto, basito. Come faceva quella persona a non capire? Come poteva non guardare Stiles e ringraziare il destino per averlo messo al mondo?
Ma non è stato facile. Hai dovuto combattere con le crisi adolescenziali, con suo padre che gli  aveva vietato di vederti. Hai dovuto combattere con il suo migliore amico che ringhiava ogni volta che ti vedeva. Hai dovuto combattere con i tuoi dubbi, i tuoi sensi di colpa. Hai dovuto combattere i chilometri che vi dividevano quando Stiles è partito per il college. Hai dovuto combattere la fobia di essere lasciato, la gelosia di un compagno di corso troppo affettuoso.
Hai dovuto combattere i silenzi, i giorni no, i suoi occhi che si facevano più scuri quando il suo mondo era chiuso e sua mamma gli mancava così immensamente tanto che si metteva a letto in posizione fetale e nessuno doveva parlargli.
Hai dovuto combattere i tuoi incubi. Che sono tanti. Che erano tanti.
Hai dovuto combattere mille tuoi anni di pregiudizi, e hai dovuto abbattere ogni tua barriera.
Ma ci sei riuscito.
Ce l’avete fatta.
E ora, ora guardati, Derek Hale.
Una vita con lui e tanto altro tempo da trascorrere insieme.
Tanto altro da scoprire, perché con Stiles lo hai capito anni fa che la vita è una continua scoperta. Tanto da guardare, visitare.
E sembra strano, ma ogni giorno che lo vedi, noti sempre dell’altro. E non è il suo nasino perfetto, o i suoi nei – e sì, li hai contati, ne ha 43 in tutto il corpo – o le sue labbra disegnate.
Ah, quanto tempo hai passato a venerare quelle labbra.
Quanto tempo hai passato a proteggerlo, quando era lui a proteggere te. Quanto tempo hai passato a guarirlo dalla febbre, dal raffreddore. Quanto tempo hai passato ad abbracciarlo, la notte, perché Stiles è un ragazzo che sente sempre freddo, anche in estate, e anche se tu muori di caldo, lo abbracci così sai che sta meglio.


 
E sì, Derek Hale, chi te l’avrebbe mai detto?
Innamorarti in un bar di un ragazzino di diciassette anni, di Stiles Stilinski, e rimanerci una vita insieme.
Perché ti sei innamorato in un bar, e davvero, davvero, non volevi farlo.
A trent’anni, a capire l’amore con un diciassettenne.

GRAZIE, DAVVERO, DI TUTTO! Afu

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