Frail

di Blacklu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Incontri negativi, incontri positivi ***
Capitolo 3: *** La partenza ***
Capitolo 4: *** Un' uscita tra amiche ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




Prologo

Bridgette non sorrideva molto spesso; ultimamente anche meno del solito.
Da quando suo padre perse il lavoro due settimane fa, il clima che c’era in casa non aiutava la piccola bionda sedicenne. Sua madre, Ilary, riusciva qualche volta a strapparle un sorriso con qualche barzelletta, ma anche lei sapeva che in sua figlia c’era qualcosa di strano.
Ogni mattina, Bridgette usciva di casa e tornava sempre poco prima di cena. Sua madre tentava di darle un panino o una merenda per pranzo, ma Bridgette rifiutava sempre.
Tornava sempre arrabbiata e ogni giorno, dopo aver mangiato l’ultimo boccone della cena, tornava fuori.
Ilary piangeva a tavola. Sola.
Il padre di Bridgette era sempre in città, lontano dalla campagna, dove vivevano loro, per trovare un altro lavoro, e rientrava in casa in orari improponibili.

Il ventidue Agosto, Bridgette non andò fuori. Restò in camera sua a leggere un libro nuovo che sua madre comprò al mercato del paese, poco lontano da lì. Il libro si intitolava: La roccia blu, e a quanto pare Bridgette lo apprezzava a tal punto da averne già letto metà.
Guardò fuori dalla finestra e vide la macchina di suo padre John parcheggiata fuori; capì che era tornato dalla città, prima del solito. Questo la stupì.
Non passarono nemmeno due minuti, che la porta della sua camera si aprì.
“Ciao mamma” disse Bridgette, continuando a tenere gli occhi fissi sul libro.
Ilary sorrise e si sedette ai piedi del letto, accarezzando le ginocchia di sua figlia.
Guardò a terra e riguardò ancora sua figlia, e disse: “Ho una bella notizia.”
Bridgette la guardò, curiosa.
“Papà ha trovato un nuovo lavoro!” continuò Ilary, ampliando sempre di più il sorriso.
“Ma è fantastico!” Bridgette abbracciò la madre, mettendole le dita tra i suoi capelli bruni e lisci come la seta.
“Che lavoro è?” chiese la piccola bionda.
“Controllerà se le apparecchiature nelle ditte siano operative e sicure” spiegò Ilary, tenendole le mani.
Bridgette sorrise..
“Ma quali ditte? Qui non ce ne sono. Siamo in campagna.” Bridgette fece questa osservazione, che spense il sorriso della madre.
Ilary le si avvicinò di più, e le disse con tono calmo: “Appunto… Lunedì ci trasferiremo in un luogo molto lontano da qui.”
“Cosa!?” Bridgette spalancò gli occhi, assumendo un’espressione agghiacciante.
“Il lavoro non è qui in questo posto tesoro.” spiegò la madre accarezzandole il viso.
Bridgette si scansò per togliersi di dosso la mano di sua madre, e furiosa gridò: “E dov’è?”
Ilary, scontenta, le sussurrò: “E’ vicino a Miami, in Florida.”
“Io di qui non mi muovo!” urlò Bridgette, sbattendo i pugni sul letto.
“Il cugino di tuo padre gli ha trovato il lavoro. E’ ricco. Ci ha prenotato già una camera d’albergo. Sarà fantastico, ti divertirai!”
Ilary cercò di convincere sua figlia, descrivendole il posto e sottolineando la fortuna che hanno avuto.
“Stiamo parlando della Florida. C’è tutto là. Andrai in una scuola fantastica e conoscerai delle persone meravigliose!” continuò Ilary.
Bridgette diventò rossa e sua madre capì che le era stato toccato un tasto dolente.
Bridgette ha vissuto sempre nelle campagne del Minnesota, trascorrendo la sua infanzia e creandosi grandiose amicizie, e adesso avrebbe dovuto gettare tutto all’aria. Avrebbe dovuto dire addio alle sue due migliori amiche, che le sono state sempre vicino in momenti come questi.
“Dopodomani partiamo… mi dispiace.”
Sua madre uscì dalla stanza di Bridgette, asciugandosi qualche lacrima; mentre la bionda le lasciava cadere lungo tutto il suo viso, macchiando le pagine del libro.
Uscì di casa correndo.
Corse lungo tutta una strada piena di spighe di grano e velocemente salì su una collina verde.
Quello era il posto dove ogni giorno andava per distrarsi, e lì, solo lì, riusciva a trovare la pace.
Si sedette, portandosi le ginocchia al petto, e chiuse gli occhi
.


N.d.A:
Zalve a tutti.
Questa sarà la mia prima long-fic romantica.
Spero solo di non cadere nella banalità e che non ce ne siano di simili (anche se, suppongo che l'dea del trasferimento possa essere alquanto monotona, già.) perché ho in mente delle idee piuttosto speciali per questa fiction.
Ringrazio chiunque abbia letto il prologo.
Al prossimo aggiornamento!
Ciao!

BL

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Capitolo 2
*** Incontri negativi, incontri positivi ***






Capitolo 2:
Incontri negativi, incontri positivi.


Bridgette, è pronta la colazione.”
La bionda dormì ben quattordici ore per via del viaggio straziante.
Bridgette si alzò dal letto molto lentamente e dopo cercò disperatamente le sue pantofole blu, che solitamente si trovavano vicino al comodino.
“Che stupida” si disse Bridgette tirandosi un colpo in testa con la mano “Non sono più a casa”.
Si voltò e aprì la valigia, appena di fianco al letto; la controllò buttando all’aria qualche vestito e infine, con soddisfazione, trovò le pantofole.
Si incamminò verso la piccola cucina della nuova casa, che ammirò attentamente. Era così… piccola.
Era abituata alla sua vecchia cucina del Minnesota, spaziosa, con un odore di torta appena sfornata in ogni angolo e molto rustica. Questa le dava l’aria di un laboratorio quadrato senza senso. I bicchieri erano dei rettangoli tagliati ad un’estremità e le tazze erano rotonde e senza manico. I muri erano bianchi e tutto aveva degli spigoli.
“Già, mi manca la vecchia casa. Questa cucina è troppo moderna. Sembra quelle che ci sono nei film del futuro.” Disse sconsolata la ragazzina.
“E’ molto geometrica.” Affermò Ilary, sua madre.
Bridgette, dopo aver osservato tutta la cucina si limitò a fissare con aria disgustata una pietanza deforme, color marrone, appoggiata sul tavolo, ben servita su un piatto, anch’esso quadrato.
“Mamma… non credo riuscirò a mangiare con quella schifezza sul tavolo.” Disse Bridgette con voce tremolante.
Ilary prese con solo due dita il piatto e lo appoggiò disgustata su un davanzale della cucina, tossì anche dall’odore orribile che emanava.
“Dovrebbe essere un regalo dei vicini. Stamattina si sono presentati davanti alla porta con questa e… per non essere scortesi l’abbiamo presa.” Disse Ilary.
“Scommetto che sono due vecchietti con cento gatti o una coppia rompiscatole senza figli.” Ipotizzò Bridgette sorseggiando il succo di frutta dal bicchiere.
Ilary fece il numero due con la mano destra per indicare che era la seconda ipotesi quella corretta.
La ragazza sospirò guardando il panorama fuori dalla finestra, battendo le unghie sul bicchiere vuoto.
“Che hai intenzione di fare oggi?” chiese Ilary a sua figlia.
“Tornare a casa.” Rispose secca Bridgette.
“Buona fortuna… sono un po’ di chilometri, magari con un taxi e con milioni di dollari potre-“
Il campanello della porta principale suonò, interrompendo Ilary. Dopo pochi secondi suonò di nuovo e la porta busso violentemente.
“Ma chi diavolo è?” sbottò Bridgette, dirigendosi verso la porta.
La aprì.
“Ma ciao ragazzina, tu devi essere Brittany, non è così?”
Una donna bassina, con capelli color platino e piena zeppa di fondotinta, da coprirle anche le sue piccole labbra scarlatte, urlò tutta la domanda, da far assumere alla bionda un’espressione stranita.
“In realtà mi chiamo Bridgette, signora.” Disse sconvolta dalla voce stridula della donna.
“Io sono Carla, la tua vicina di casa!” disse stringendole la mano con entrambe le sue.
Bridgette riusciva a sentire la pelle ruvida e i residui di crema per le mani sulle sue nocche, un po’ callose.
Si girò verso sua madre con occhi spalancati, mentre Carla continuava a scuoterle il braccio, ed Ilary alzò gli occhi al cielo. Cambiando espressione, si avvicinò alla porta, e con un sorriso disse “Signora Carla, che piacere rincontrarla!”
“Sono passate solo due ore cara signora Hudson!” disse Carla facendo un gesto sbarazzino con  una mano, mentre con l’altra stava ancora scuotendo quella di Bridgette.
Ilary tentò di sorridere di più, ma la vena pulsante sulla fronte stava ad indicare che già Carla non le stava molto simpatica. Fortunatamente la vicina era troppo stupida per accorgersi dei sorrisi falsi e, con tranquillità, si autoinvitò in casa loro, chiudendo addirittura la porta.
“Venga pure in cucina, signora.”
Ilary le indicò con la mano la direzione della cucina e la vicina, tenendosi con le mani il suo lungo vestito rosso e la borsetta verde, si accomodò su una sedia.
“Io vado. Non voglio avere niente a che fare con quella pazza!” disse Bridgette a bassa voce stringendo i denti.
“D’accordo ma non ti allontanare tanto, non conosci ancora il posto.” Le raccomandò sua madre.
“Basta seguire le urla di quella là.” Finì dando uno sguardo a Carla, che parlava da sola di quanto fosse meravigliosa la nuova casa degli Hudson.
La madre le fece l’occhiolino e  Bridgette corse via da quella casa.
Scese le scale dell’albergo, gli ascensori erano tutti occupati.
 Giunta alla base, Bridgette guardò la donna della reception, e anch’ella ricambiava lo sguardo, ma con aria piuttosto ridicola.
Bridgette storse il naso, non capendo il motivo di quello sguardo che la receptionist le stava dando.
Poi si accorse del misfatto. Sospirò e alzò gli occhi al cielo.
Era scesa in pigiama.
Imbarazzata tanto da mordersi con forza il labbro, la ragazza corse vicino agli ascensori, saltellando davanti alla porta di uno di essi.
“Andiamo, andiamo, andiamo!” mormorò Bridgette, sperando che sarebbe sceso subito.
Infatti l’ascensore scese, ma, per la sfortuna di Bridgette, all’interno c’era un uomo, vestito per andare al lavoro, e una domestica, che la guardarono imbarazzati.
Bridgette entrò di fretta nell’ascensore e aspettò che entrambi uscissero. L’uomo si girò anche fuori dall’ascensore per guardare Bridgette nuovamente.
Schiacciò il bottone del’undicesimo piano e aspettò.
Si specchiò all’interno dell’ascensore, sperando che almeno i capelli non fossero fuori posto.
Una volta arrivata corse in casa e raggiunse la camera in poco tempo. Si buttò su letto per riprendere fiato e dopo qualche minuto si cambiò.
“T-shirt bianca, jeans corti, scarpe sportive… casual. A posto. Figo. Fatto.” Disse la bionda velocemente, cercando di essere accettabile per uscire.
Andò in cucina per un sorso di acqua, sapeva che c’era Carla, ma aveva davvero troppa sete.
“Sei uscita in pigiama tesoro?” le disse Carla con una risata isterica.
“Ehm… sì.” Rispose fredda Bridgette, versandosi dell’acqua in un bicchiere. L’avrebbe bevuta volentieri dalla bottiglia, giusto per vedere la reazione di Carla, che le sembrava una tutta schizzinosa e perfettina.
“Ah. Oh. Mio. Dio. Spero che nessuno ti abbia vista dolcezza.” Disse nuovamente Carla tirando fuori dalla pochette un rossetto bordeaux.
“In verità mi hanno visto in tre.”
A Bridgette non è mai piaciuto dire bugie, neanche agli estranei.
Carla spalancò la bocca per mettersi il rossetto e dopo averlo messo tutto, strofinò le due labbra screpolate per unire il tutto. Poi lo porse a Bridgette e le chiese “Vuoi un po’?”
Bridgette non riusciva ad immaginarsi con quel rossetto orribile, inoltre, sapendo che aveva toccato le sue labbra piccole e screpolate innumerevoli volte, le veniva il voltastomaco.
“No, grazie” si limitò a dire la ragazzina, tornandosene fuori.
“Se vuoi te ne presto un po’, ne ho un’intera collezione. Pensa che vicino a noi c’è un negozio che vende solo cosmetici di alto livello.” Disse Carla sistemandosi i capelli e facendo gesti snob con le mani.
“Preferisco acqua e sapone. Provengo da una campagna non da un centro di bellezza.”
Detto questo, sbatté la porta e scese le scale sicura di sé stessa. Fece rimanere Carla e sua madre a bocca aperta per qualche secondo, per via della sua reazione.
Uscì dall’albergo, tirando prima un’occhiata agghiacciante alla receptionist, facendole capire che sarebbe stato meglio per lei non dire a nessuno che l’aveva vista uscire in pigiama.
“E mia madre non ha nemmeno detto niente.” Mormorò tra sé e sé incamminandosi verso la spiaggia. “Magari non se ne era accorta.”
Girandosi a destra e a sinistra per controllare un po’ il luogo, la bionda si accorse di un negozio di abiti e adocchiò una maglietta verde scuro con delle scritte blu, appesa ad un manichino bianco.
Entrò nel negozio, chiamatosi Exthek e andò vicino al manichino. Toccò la maglietta per capire il tipo di tessuto: “Cotone…” bisbigliò Bridgette.
Controllò il prezzo. 12 dollari.
Mise una mano in tasca e sperando di trovare qualche soldo. Sentì qualcosa di cartaceo.
“Dieci dollari!” pensò sorpresa Bridgette. Però guardò con aria rassegnata la maglietta.
Per soli due miseri dollari non riusciva ad arrivare alla cifra che le serviva per comperare l’indumento.
“Questa si chiama sfortuna”
“Hai bisogno di aiuto?”
Bridgette si girò di scatto alla sua sinistra e vide una figura femminile molto snella. Alta, con capelli biondo scuro, mossi. Indossava una maglietta scollata viola, che copriva i pantaloncini bianchi. Bridgette ammirò per qualche secondo gli stivali che indossava la ragazza davanti a lei. Alti fino al polpaccio, marrone scuro, simili a quelli di una cow-girl.
“No, grazie. Non… non riesco ad arrivare alla cifra per comprarmi la maglietta. Comunque hai proprio dei bei stivali.” Disse Bridgette, contemplando ancora gli stivali.
“Vuoi davvero comprare quella maglietta?” domandò stranita la ragazza bionda.
“Mi sembrava carina.” rispose Bridgette.
“E quanto costa?”
“Dodici dollari. Io ne ho solo dieci.”
Con un sorriso, la ragazza bionda estrasse dalla tasca posteriore dei pantaloni degli spiccioli e gli diede a Bridgette.
“Mi sembra davvero di essere una poveraccia. No, grazie, i soldi li ho, è che… non li ho presi.” Disse Bridgette timida.
“Non importa. Se proprio ci tieni me li ridarai. Non troverai gente qui a Miami che ti regalerà due dollari.” La ragazza insistette nel darle i soldi, sempre con un grosso sorriso sulle labbra.
“No, davvero. Non ti conosco nemmeno.” Le parole uscirono dalla bocca di Bridgette sempre con più timidezza.
“Mi chiamo Alicia. Ora mi conosci. E ora prendiamo questa maglietta.”
Detto questo, Alicia tolse dal manichino la maglietta e rubò dalle mani di Bridgette i dieci dollari. Andò alla cassa e gliela comprò; poi tornò da lei buttandole la maglietta in faccia.
“Provatela.” Disse con tono deciso Alicia.
“L’hai comprata? Sei pazza?! Non so nemmeno come mi sta!” sbottò Bridgette, togliendosi la maglietta dalla faccia.
“Infatti. Vai in quel camerino e provatela!” ordinò Alicia, indicandole un camerino alle sue spalle.
Bridgette entrò e chiuse la tendina. Si tolse la sua maglietta bianca e si provò quella che le comprò Alicia.
“Hai fatto, straniera?” domandò la bionda da fuori.
“Sì.” Rispose Bridgette grattandosi la testa.
Alicia entrò nel camerino e contemplò Bridgette dalla testa ai piedi.
“Fortuna che è questa la mia taglia.” Disse Bridgette sistemandosi le pieghe della maglietta.
“Già… che fortuna. Comunque… come hai detto che ti chiami?” domandò curiosa Alicia.
“Bridgette. Bridgette Hudson.” Rispose Bridgette fissandola.
Alicia prese Bridgette per il braccio e con l’altra mano le prese la sua T-shirt bianca, che buttò nella borsa del negozio e uscirono.
“Io sono Alicia McKayle.” Disse presentandosi. “Ehm… posso chiamarti Brie? E’ troppo lungo il tuo nome.”
“Ehm… certo. Sì, puoi. Tutti mi chiamano così.” Disse insicura Brie.
“Bene…” proseguì Alicia. “Due bionde come noi devo sparire in fretta dalla circolazione. I ragazzi si puntano molto quest’anno.”
“Gossip del momento?” domandò sarcastica Bridgette.
“No Brie, lo dice Internet.” Rispose Alicia, incamminandosi verso la spiaggia.
“Ah, io non posso allontanarmi molto.” Fece presente Bridgette, toccandole la spalla.
“E perché?” chiese Alicia.
“Mi sono appena trasferita ieri dal Minnesota. Non conosco questo posto.”
“Capisco.” Disse Alicia mettendosi le mani ai fianchi. Fissò per terra per pensare, mordendosi le labbra inferiori e con un sonoro “Ah!” riprese a guardare Bridgette, che si stava sempre più impressionando da questa ragazza.
“Ti va di andare all’Howling Gale?” propose Alicia, eccitata.
“Cos’è?” chiese Bridgette.
“E’ il bar di un’amica. Si chiama Brook Evans. Ti starà simpatica… i suoi genitori lo hanno aperto da Giugno.”
“Magari domani. Adesso, sono sia scossa che felice. E anche un po’ stanca.” Disse Bridgette massaggiandosi le tempie.
“D’accordo, come vuoi. Ci vediamo!” Disse Alicia sempre con aria felice, incamminandosi verso il bar della sua amica.
“Aspetta!” urlò Bridgette.
“Ehy, ci sento. Sono qui.” Disse Alicia girandosi.
“Mi… mi potresti dare il tuo numero?” domandò con voce tremolante Bridgette, girandosi i pollici. “Vedi, non ho amici qui e sai, siccome ti ho incontrato e mi sembri simpatica, vor-“
“Ok. Ho capito! Mamma mia quanto parli.” Disse zittendola Alicia
“In realtà sono molto introversa.”
“Sarà per il mio carattere contagioso. Tira fuori il telefono.” Disse Alicia.
“Ecco… detta il numero.”
Improvvisamente ci fu un silenzio tombale tra le due. Bridgette guardò Alicia, e notò in lei una faccia tremendamente disgustata.
“Cose c’è?” chiese Bridgette “Ho qualcosa in faccia?”
“Quel coso è un telefono?” domandò Alicia prendendo il telefonino di Bridgette.
Lo guardò facendoselo roteare tra le mani.
“E’ vecchio” riprese la nuova amica, schiacciando qualche pulsante del telefono. “Da dove hai detto che vieni?”
“Minnesota. E non è vecchio!” rispose seccata Brie, assumendo un’aria imbronciata.
Alicia le registrò il numero sul telefonino e le disse: “Domani ti inverò un messaggio. Prendi qualche soldo che andremo da Brook. Ci farà degli sconti!”
Bridgette si riprese il suo telefono e disse: “Sì, fammi saper l’ora.”
“Va bene…” disse Alicia, voltandosi. “A presto, Brie.”
“Ciao.” Disse Brie facendo un cenno con la mano.

 
****


“Allora. Ti sei divertita oggi?” chiese Ilary a sua figlia, durante una grossa cena all’italiana.
Bridgette annuì, poiché aveva troppo cibo in bocca.
“Ho incontrato una ragazza. Domani mi accompagnerà da una sua amica.” rispose a sua madre
“Vedo che stai già facendo amicizie.” Disse compiaciuto John, accarezzandole la testa.
“Sì…” continuò lei scansandosi dalla mano del padre.
“Mi passi l’acqua?” chiese Ilary a John.
John fece per passarle l’acqua, quando le mani unte dall’olio che usò per condire l’insalata, gli fecero scivolare di mano la bottiglia, versando tutta l’acqua su Bridgette.
“La mia nuova maglietta!” urlò Bridgette infuriata.
Ilary trattenne le risate mettendosi una mano davanti alla bocca, e John cercò disperatamente di asciugare la nuova maglietta della figlia con il tovagliolo… che ovviamente era sporco di cibo, rovinandola ancora di più.
“Papà! Basta!” urlò di nuovo Bridgette.
“Scusa Brie, è che non va via.” Si scusò John.
“Ma ho la maglia tutta sporca di sugo. E’ disgustoso!”
“Sempre meglio che mangiare questo…” disse Ilary mettendo al centro della tavola una pietanza giallastra.
Bridgette si tappò il naso dalla puzza che emanava quel piatto.
“Tesoro… togli quella schifezza dalla tavola.” Supplicò il padre di Bridgette, voltandosi.
“Sembra vomito putrefatto.” Disse Bridgette tossendo.
“E’ l’ennesimo piatto di Carla… domani ci ha invitato a cena.” Disse disperata Ilary.
“Io sono con Alicia. Ciao!”
Detto questo Bridgette si alzò dalla tavola e corse, sempre col naso tappato, verso camera sua, mentre i suoi genitori la guardarono senza dire niente.

Chiuse la porta e si buttò a peso morto sul letto. Si tolse la maglietta che le regalò Alicia e la lanciò nel cesto dei panni sporchi, vicino alla scrivania; poi controllò il telefono.
“Ancora nessun messaggio” disse tra sé e sé la bionda.
Prese il cucino e se lo mise dietro la testa.
Inviò un messaggio a Leona, la sua amica del Minnesota, scrivendole:

“Oggi  ho preso una maglietta bellissima. E’ verde e blu. Costava dodici dollari e io ne avevo solo dieci. Alicia, una nuova amica, me ne ha sganciati due. Ho sempre più paura del posto e voi mi mancate sempre più. Domani mi hanno invitato in un bar, lo gestisce un’amica di Alicia. Spero sia simpatica.
Fammi sapere come stanno andando le cose lì.
Baci.”


Prima di inviare il messaggio guardò fuori dalla finestra, sopra il suo letto. Al posto di assumere un sorriso, magari dato dalla bella vista e dal formidabile tramonto, Bridgette assunse un’aria sospettosa, inarcando le sopracciglia. Continuò a scrivere sul cellulare…

“Ps:  Ora che ci penso, temo che dovrò stare attenta ad Alicia. Non è normale che una come lei sbuchi dal nulla per darmi due dollari. Come se fossi la poveraccia di turno. Questa cosa mi ha dato un po’ fastidio.”

Premette ‘Invio’, e sperò in una risposta da parte di Leona.

 

 
N.d.A:
Ciao a tutti!
Scusate per il ritardo enorme, ma la voglia di aggiornare era sotto lo zero.
Mi stupisco sempre di più di come la notte fonda mi ispiri per le fiction.
Ad ogni modo... dal prossimo capitolo in poi, aspettatevi una miriade di nuovi personaggi, scoop e tanto altro ancora.
Be', al prossimo aggiornamento!
Ciao e grazie!

BL

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Capitolo 3
*** La partenza ***






Capitolo 1
La partenza

Passarono due giorni dall’ultima notizia, e Bridgette passò quest’arco di tempo piangendo, passando gli ultimi momenti nella campagna, a rivisitare ogni posto a lei caro: dal ruscello sopra la collina, al boschetto di aceri rossi. Quanto amava quel bosco.
In tutte le stagioni i colori delle foglie cambiavano radicalmente: dal rosso al verde.
Andò anche a trovare per l’ultima volta le sue due amiche, Amber e Leona, che le regalarono un braccialetto viola con inciso sopra un riquadro di metallo le loro iniziali.
Bridgette pregò le ragazze di non farsi vedere il giorno in cui sarebbe partita, perché sarebbe stato troppo doloroso. Loro capirono, e la abbracciarono per l’ultima volta, piangendo sulle sue spalle.
La mattina della partenza giunse.
Bridgette si svegliò scompigliata e con i capelli arruffati. Si alzò dal letto, si strofinò gli occhi e camminò lenta verso la porta del bagno, al che si girò verso uno specchio, proprio dietro la porta, e si guardò disgustata.
La mattina aveva proprio un aspetto orribile.
Si sciacquò la faccia e si lavò le mani, asciugandosele con l’accappatoio, scambiandolo per un salvietta.
Uscì stanca ed incontro sua madre, che la accolse con un grosso abbraccio.
Non ci fu parola tra le due, Ilary sapeva che sarebbe stato un giorno doloroso per sua figlia, e capì che quando Bridgette era di malumore, era meglio non parlare.
La bionda andò in cucina e trovò tutto l’occorrente per fare colazione.
Si voltò verso un armadietto, lo aprì e mangiò un biscotto al cioccolato, poi bevve un sorso di succo direttamente dalla bottiglia.
“Sono sfinita” pensò la ragazza, sedendosi sulla sedia accanto al tavolo.
Si guardò attorno e sbuffò.
Tutto era vuoto. Escluso qualche mobile da smontare e qualche quadro, la casa era deserta.
Sentì solo il rumore dei mobili che venivano portati in macchina e sua madre che ultimava il trasloco.
Affondò poi la testa tra le sue braccia conserte, sperando che fosse un semplice incubo.
“Venti minuti!”
Papà John diede l’ultimatum alle due ancora in casa.
“Meglio vestirsi” pensò Bridgette, alzandosi dal tavolo.
Si diresse in camera sua, e vide sua madre prendere le ultime cose. In mano aveva un album di foto.
“Posso vederlo?” Chiese Bridgette alla madre.
“Tieni.” Rispose Ilary porgendole l’album “Sono le tue foto di quando eri piccola.”
Bridgette sfogliò qualche pagina. Stette a lungo a vedere una foto di lei con le sue amiche di scuola e un’altra foto, che tirò fuori dall’album.
Era una foto scattata mentre Bridgette, di qualche anno più piccola, era in piedi sulla collina dietro casa, con le braccia alzate e un grosso sorriso.
La bionda assunse un’espressione felice, rimettendo la foto nell’album, che chiuse.
Aiutò sua madre e suo padre a sistemare le ultime cose, e inchiodò nel terreno di fronte a casa un cartello con scritto “Vendesi”, in rosso.
“Brava tesoro, ora sali in macchina, ti raggiungiamo tra poco.” Disse John, strofinandosi le mani.
Bridgette salì in macchina, e accese il telefonino; nel mentre si voltò verso la collina.
Lì passò tutta la sua vita, era il posto che più le stava a cuore e non voleva dimenticarsene.
Abbassò il finestrino premendo un pulsante e scattò tre foto con effetti diversi al suo luogo magico.
Sospirò e appoggiò il gomito sull’angolo di una valigia, che sporgeva dai sedili posteriori della macchina. Vide sua madre andare nell’altra macchina, ancora più carica di bagagli.
Qualcosa però distolse la sua attenzione: un rumore. Pareva come se qualcuno stesse graffiando la macchina. Curiosa, Bridgette aprì la portiera e le apparve un grosso sorriso sulle labbra.
“Thom!” Gridò felice, battendo le mani dallo stupore.
Thom era un cagnolino piccolo, grigio e bianco a pelo medio-lungo; era il cane della casa confinante a quella di Bridgette e i loro padroni lo lasciavano sempre libero, siccome era molto intelligente.
Quando Bridgette passava verso quelle zone, Thom la seguiva e giocavano per qualche minuto.
La ragazzina prese il cagnolino in braccio e lo abbracciò, dandogli un bacio sulla testina minuta.
Thom, per ringraziarla di tutto, la leccò su tutta la guancia destra.
Bridgette lo rimise a terra e accarezzandolo sotto il collo gli disse “Mi raccomando, fai il bravo.”
Thom, abbaiò, le diede la zampa come segno di saluto, per poi correre verso casa sua.
Bridgette non si sarebbe mai aspettata che il cane dei vicini le avrebbe fatto visita, ma fu sicuramente un episodio che le rallegrò la giornata.
Dallo specchietto retrovisore vide suo padre con in mano gli ultimi bagagli, che mise nel baule, chiudendolo in fretta. Egli salì in macchina e girò la chiave, guardando Bridgette con aria contenta, dandole una carezza sulla spalla.
John era sempre stato molto giovanile; forse perché aveva solo trentacinque anni e per un padre vuol dire essere ancora un giovanotto.
“Pronta Brie?” chiese il padre eccitato per la partenza.
“E le macchine?” disse Bridgette guardando lo schermo del suo telefonino.
“Vengono i vicini a prenderle, le riporteranno nel loro garage, ho lasciato loro una coppia di chiavi.” Rispose lui, mentre faceva la retro.
Bridgette guardò fuori dal finestrino la macchina di sua madre, che alzò il pollice dall’altra macchina in segno che sarebbe andato tutto bene. La bionda sorrise e spostò lo sguardo sulla collina, che salutò con un bacio con la mano.
“Salutiamo casa!” gridò John “Ciao!”
E con enfasi partirono verso Miami, lasciandosi alle spalle la vecchia vita di campagna.

 
****


Bridgette fece tutto il viaggio con lo sguardo incollato al finestrino, senza dire nemmeno una parola.
Suo padre capì che per sua figlia sarebbe stato un duro colpo, per il fatto che Bridgette era ancora giovane e avrebbe dovuto stare più tempo con le sue amiche, prima di spostarsi; che avrebbe dovuto avere i suoi spazi e i suoi affari.
John si sentì responsabile di tutto ciò e si morse il labbro per calmarsi.
“Sarà bellissimo… te lo prometto.” Disse dando uno sguardo a Bridgette, che se ne stava annoiata a sospirare sul finestrino, appannando il vetro.
Lei non rispose, chiuse solo gli occhi per provare ad addormentarsi, cercando di non fare caso ai dossi che il padre prendeva anche con una certa velocità, e la radio accesa.
Infatti non passarono molti minuti che Bridgette crollò dal sonno, e John la coprì col suo giubbotto leggero.
Sapeva che sua figlia non avrebbe dormito bene senza qualcosa che la coprisse.
Poi sorrise, come se già quella fosse una maniera per chiederle scusa, e le avrebbe fatto ancora tanti favori, per non aver opposto resistenza al trasferimento.
In fondo, anche lui da giovane si trasferì per lo stesso motivo, e rimase passivo a tutto.
Sentiva ancora quel rimorso e si ricordò di quel che dovette lasciare: il suo paese, la sua casa… e Ilary.
Fortunatamente tornò anni dopo per sposarla e per dare alla luce la splendida Bridgette, che in quel momento, dormiva avvolta dal tiepido calore del giubbotto.
John diede un’occhiata allo specchietto retrovisore per vedere se la macchina di sua moglie c’era ancora.
Ilary stava guidando mentre cantava una canzone degli anni ’80, e John sorrise ricordandosi quei tempi.

 
****

Parcheggiarono all’aeroporto del Minnesota e ogni membro della famiglia prese un bagaglio a mano e un trolley, il resto: mobili leggeri, oggetti e cianfrusaglie con un valore affettivo, venne dato a dei signori, che lo portarono direttamente nel bagagliaio dell’aereo.
Dopo tutta la procedura del check-in, dello strappo dei biglietti e dell’interminabile attesa sull’aereo, con poca aria condizionata, il volo partì.
Bridgette non volò mai in tutta la sua vita, e avrebbe voluto riaddormentarsi per non ricordare l’esperienza, ma le energie le aveva recuperate tutte in macchina.
Strinse la mano a sua madre, vicino a lei, che le disse “E’ indimenticabile il primo volo. E’ magico.”
“Ho un po’ di paura.” Mugolò Bridgette.
“Oh, dai… non è mica la fine del mondo. Rilassati e non pensare a niente.”
“Ci proverò”
Bridgette chiuse gli occhi e l’aereo decollò.
La sedicenne si sentì piccola, come una formica, dentro un enorme apparato digestivo in subbuglio.
La sensazione di cadere e morire le dava delle brutte immagini dell’aereo che crollava o esplodeva dal nulla, facendole stringere i denti; ma dopo qualche secondo, tirò un respiro di sollievo e sorrise alla madre.

Il volo durò qualche ora, mangiarono un panino e bevvero un bicchiere di aranciata.
Dopo l’atterraggio e il ritiro dei bagagli, che si svolse in maniera piuttosto lenta, Bridgette salì su un taxi giallo, assieme ai suoi genitori.
“Dove vi porto, carissimi?” domandò il tassista con aria simpatica.
“Via Jackson, n° 34” rispose Ilary, leggendo il biglietto.
“Agli ordini.”
Il tassista fece partire il contatore e guidò per una strada rettilinea.
Mentre John si faceva consigliare qualche posto da vedere per qualche gita turistica, nonostante sarebbero diventati presto cittadini di Miami, Bridgette scrisse un messaggio a Leona:
“Siamo arrivati dopo un noiosissimo viaggio in macchina e un noiosissimo volo alla città dove il sole splende ventiquattro ore su ventiquattro: Miami. Un tassista ci sta portando alla casa, dove ci attendono già i bagagli coi mobili e il cugino di mio padre, Andrew. Mi mancate tantissimo.
Non vedo l’ora di tornare in Minnesota.
Vi penserò ogni giorno, ve lo prometto.
Dà un forte abbraccia ad Amber da parte mia. Kisses. Brie”

Inviò un messaggio, immaginandosi la faccia commossa di Leona quando lo riceverà. Per tutto il resto del viaggio, Bridgette fissò il panorama paradisiaco della città.

 
****

“Sono settantatre dollari.” Disse il tassista girandosi ai sedili posteriori.
“A lei!” disse Ilary, porgendogli i soldi, con un sorriso.
La famiglia scese dal taxi e prelevò i bagagli.
Ed ecco Andrew, che corse verso suo cugino abbracciandolo affettuosamente, dandogli qualche pacca sulla schiena; baciò Ilary e Bridgette ed invitò tutti ad entrare nella stanza del suo albergo. Esatto, suo.
Andrew era un architetto molto famoso lì a Miami, e quell’albergo era tutto frutto della sua mente da geometra.
“Qui starete non bene… da Dio! Troverete un sacco di persone disponibili.” Disse rivolto ai genitori “E un sacco di fustacchioni diciottenni!”
Questa volta si rivolse a Bridgette, facendole l’occhiolino. Lei si limitò a fare un sorriso falso per far finta di essere contenta; ma non lo era affatto.
Se c’è una cosa che Bridgette non riusciva a sopportare era la moda. Non era mai stata al passo coi tempi, arrivava sempre dopo, quando la moda già scadeva e proprio non riusciva a starle dietro.
La paura dei pregiudizi era arrivata alle stelle, e tra poche settimane sarebbe ricominciata la scuola. Non aveva mai avuto così tanta vergogna in vita sua.
Le ragazze del posto sembravano delle modelle, già bionde tinte a quindici anni e con un seno prosperoso. All’apparenza sembravano maggiorenni.
E i ragazzi… erano più simili a statue greche, con addominali e pettorali scolpiti e lucidi dall’olio abbronzante, per non parlare del loro atteggiamento vanitoso.
In campagna non c’erano tutte queste mode da rispettare, lì si poteva avere lo stile che ognuno riteneva opportuno, sia nel vestirsi che nel comportarsi.
Miami non era certo il suo habitat naturale.
Pensò, che la scuola sarebbe stata la sua spina del fianco.
“Finirò per essere la secchiona senza amici” pensò Bridgette, piagnucolando. “Be’… nuova vita, nuove sfide. Per ora pensiamo ad andare in camera e a riposarci.”
Salì le scale, appoggiò i bagagli, e tutti e tr
e si sdraiarono sui letti soffici e morbidi, cadendo in un sonno profondo.

N.d.A:
Salve a tutti. Ecco il primo capitolo della fiction.
Diciamo che dopo questo i capitoli saranno meno noiosi, visto che la nostra Brie si dovrà mettere contro il mondo intero.
Be', al prossimo aggiornamento!
Un abbraccio.

BL

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Capitolo 4
*** Un' uscita tra amiche ***





!!!! AVVISO del 12/6: Ehy, non sono morto sto bene. Purtroppo non sto più aggiornando da un po' perché lo schermo del mio pc si è rotto e quindi, nonostante il pc in sè funzioni, non riesco a vedere ciò che scrivo per via dei cristallli liquidi frantumati, posso solo vedere collegandolo alla tv, ma aggiornare sarebbe un casino. Inoltre tra poco partirò per le vacanze e non credo porterò il computer. Anche perché è rotto. Se tutto va bene a fine Giugno riuscirò a riaggiornare perché ho da poco ordinato un nuovo schermo del pc. Buone Vacanze a tutti e scusate per l'inconveniente.



 
Capitolo 3:
Un’uscita tra “amiche”.


Beep. Beep. Beep. Bee-

“Che due scatole…”
La voce assonnata di Bridgette era talmente bassa e roca da far venire la pelle d’oca perfino a sé stessa.
Spense la sveglia e controllò il telefono.
Leona aveva da poco risposto al messaggio che Bridgette le aveva inviato la sera prima.

“Wow, sono contenta che hai già fatto nuove amicizie.
Sì, ti conviene stare attenta a quella Alicia, mi raccomando. Comunque, qui tutto procede per il meglio; mio fratello si è slogato un polso (non immagini quanto ci stia godendo in questo istante) e Amber è qui con me. Stamattina vogliamo andare al lago, quello vicino alla pineta. Un pic-nic tra amiche. Quanto vorrei che ci fossi anche tu qui con noi, ci staremmo divertendo un mondo. Saluti dal Minnesota. :P”

Quello era il modo migliore per iniziare la giornata: buone notizie.
Bridgette era contentissima che le sue amiche si stavano divertendo, e in un certo modo era contenta anche del fatto che anche lei mancava a loro; si sentiva come… importante. Lo si sentiva ancora di più, anche perché quel giorno, sarebbe uscita con Alicia, e avrebbe conosciuto altra gente.
Le mancava poco tempo, dopo tutto tra poco sarebbe iniziata la scuola, e quei momenti erano importanti. Sì, bisognava cogliere la palla al balzo.

Dopo una colazione abbondante a base di latte e cereali, la bionda aspettò sul divano finendo di leggere il libro che le comprò sua madre, la quale le fece compagnia sedendosi accanto a lei, sul divano del piccolo salotto.
“Papà dov’è?” chiese Bridgette non togliendo lo sguardo dalle ultime pagine del libro.
“Al lavoro…” rispose Ilary, sua madre.
“Come sempre…”
L’espressione di Bridgette sembrava piuttosto seccata, e a dir poco scontenta. Suo padre era presente solo a cena da quando si erano trasferiti a Miami; per questo le mancava ancor di più il Minnesota. Almeno là era tutto diverso, e soprattutto, molto più semplice.
Ilary annuì guardando il soffitto bianco latte.
“Cosa fai oggi?” chiese Ilary, mettendole una mano sulla spalla.
Bridgette, continuando a tenere lo sguardo sul libro, le rispose: “Esco con Alicia, l’amica che mi ha regalato questa maglia.”
Ilary alzò le sopracciglia, tenendo un’espressione comunque vuota, e le rispose: “Wow. Da quando la gente a caso regala le cose qui?”
“Infatti me lo sono chiesto anche io, ma la volevo così tanto. Mi ha prestato alcuni spiccioli per comprarmela. Solo che così ho fatto una figura da poveraccia.”
“Capisco…” disse Ilary “E dove dovreste andare di bello?”
“In un bar, lo gestisce una sua amica.” Rispose Bridgette.
Chiuse il libro e tirò un grosso sospiro, portandosi una mano alla nuca.
“Hai mal di testa?” chiese sua madre.
“La smetti fare domande?  Sei pesante mamma!”
Bridgette si alzò dal divano e andò in camera sua, lanciando il libro sul letto. Il telefono aveva lo schermo illuminato di bianco, e stava ad indicare che le era arrivato un messaggio.
“E’ Alicia.” Disse Bridgette.
Il messaggio diceva:

“Ehy Brie, alle 15:00 al bar di Brook? Ti vengo a prendere io?”

“Ok calma.” Pensò Bridgette.
Tutto questo era vero, non era un sogno. Le era davvero arrivato quel messaggio.
Si sentiva così potente ad avere già un’amica con cui uscire il pomeriggio e magari anche la sera, nel week-end.
“Bene, cosa le dico?”
Aprì una nuova pagina sul telefono per rispondere al messaggio di Alicia, e scrisse:

“Ok.”

Fece per inviare, con un sorriso, ma rilesse attentamente la risposta che le stava inviando.
“No! Annulla!” urlò, schiacciando il tasto ‘Annulla’ sul telefono.
Si girò verso la porta sperando di non aver urlato troppo, e di non aver attirato l’attenzione di sua madre.
Posò il telefono sul letto e guardò l’ora sull’orologio di camera sua.
“Le 12:30” disse, assumendo poi una faccia peprlessa “ … Ma perché non le ho guardate sul cellulare?”
Si sentiva così stupida.
“Non deconcentriamoci, troviamo una risposta adatta.” Si disse, tirandosi qualche schiaffo.
 

****

“Le 14:45!”
Le urla della bionda risuonavano in tutta la casa.
Non solo Bridgette si era distratta più volte dal messaggio di conferma che doveva inviare ad Alicia, dalle chiamate sul telefono fisso, dai favori che le chiedeva sua madre e dal pisolino dopo una colazione abbondante, ma si era addirittura dimenticata di pranzare.
Prese il telefono e rispose al messaggio di Alicia:

“Ok, sono pronta.”

“Invia.” Disse Bridgette, sedendosi sul letto.
Nello stesso momento il campanello di casa suonò.
“Vado io!” urlò Ilary per farsi sentire dalla figlia.
“No! Lascia rispondere me!” urlò a sua volta Bridgette, scansando la madre dal citofono.
Ilary venne spinta con così tanta forza da sbattere contro il muro che divideva il corridoio dalla cucina.
“Scusa” mugolò la figlia prima di rispondere al citofono “Chi è?”
“Sono Alicia, sei Brie?” chiese Alicia.
“Sì sì, sono io. Adesso scendo e andiamo ok?”
“Ok, ti aspetto.” Disse con un tono contento Alicia.
Bridgette si girò vedendo sua madre con la mano alla schiena.
“Oddio mamma, ti ho fatto male?” chiese Bridgette aiutandola a spostarsi di qualche passo.
“E’ tutto ok… credo.” Rispose Ilary “Vado a sdraiarmi un po’ sul divano. I soldi li hai?”
“Sì sì, ho tutto. Vado.”

Scarpe da ginnastic, jeans, e Bridgette era pronta ad uscire per la sua prima volta con un’amica a Miami.
Scese di corsa le scale e salutò la receptionist,  tirandole ancora un’occhiata minacciosa per l’ultimo avvenimento imbarazzante avvenuto all’entrata dell’hotel.
Uscì e trovò Alicia, vestita come una modella in maniera casual.
“Wow Alicia, dove dobbiamo andare?” chiese eccitata Bridgette, con un grosso sorriso stampato in faccia.
“Ehm… al bar. Mi pare ovvio. Te ne eri scordata?” chiese titubante l’altra bionda.
“No no, è che sei vestita bene.” Disse umilmente Bridgette.
“Pensavo te ne fossi scordata. Come ti sei scordata di rispondermi al messaggio.”
Alicia inarcò le sopracciglia e Bridgette era in preda ad un attacco di ansia. Il suo sguardo incuteva una paura folle.
“Io… Io ho cercato ma, mia mamma ha pr-“
“Sciocca stavo scherzando.” La interruppe Alicia ridendo. “Mica arrabbio per queste stupidaggini.”
Bridgette fece un grosso respiro e rise di gusto.
“Hai fatto un corso di recitazione?” chiese Bridgette curiosa?
“Sì, in seconda elementare. Ero Cenerentola.” Rispose Alicia, dirigendosi verso il bar di Brook.

 

****


Entrarono nel bar, chiamato Howling Gale.
Rustico, ben ordinato, ricco di bevande alcoliche e analcoliche e con qualche stuzzichino salato in una teca, dietro al bancone dove giaceva Brook, la figlia dei gestori del bar. Non troppo alta e sicuramente sottopeso, Brook aveva i suoi lunghi capelli castani tutti raccolti in una coda alta, la sua maglietta era color celeste, simile al colore dei suoi occhi, coperti da ciglia lunghissime.

“Bonjour ragazze.” Salutò Brook, agitando la mano.
Alicia le mandò un bacio con la mano, e si diresse verso un frigo pieno di lattine di bibite gasate; invece Bridgette si avvicinò al bancone, stupefatta dall’ordine e dalla lucentezza del bar di Brook.
“Ciao Brook. Mi chia-“
“Bridgette. Lo so, mi ha già raccontato tutto Ali.” Disse indicandola con lo sguardo.
Alicia si sedette su una sedia del bancone, aprendo una soda, e porgendone altre due alle sue amiche.
“Fai come se fossi casa tua.” Disse Brook a Bridgette “Basta che non ti scoli sette lattine di vario tipo come fa questa ragazza!” disse accanendosi su Alicia.
“Questo dimostra che sono davvero delle ottime bibite. Sono una dai gusti raffinati, e tu lo sai.” Disse la bionda  sorseggiandosi dolcemente la soda.
“Comunque… come ti sembra Miami?” domandò Brook a Bridgette, che allontanò da sé la lattina, per non sembrare troppo approfittatrice.
“La trovo carina per il momento. Non la conosco ancora molto bene, ma non mi lamento.” Rispose annuendo la bionda, battendo le dita sul tavolo.
“Ti mancherà tanto il Minnesota… deve essere bello lì.”
Brook aveva sempre sognato di andare a vivere in posti come quello, forse perché preferiva l’aria pulita e la natura, piuttosto che rumore e grandi città.
“Mio nonno vive da quelle parti sai?”
“Mh…” Alicia intervenne con un verso per prendere parte alla discussione, siccome si stava finendo la lattina di soda. “I suoi parenti sono sparsi in tutta l’America: nel Dakota, a Washington, a Philadelphia…”
“Nel Main e addirittura in Brasile e in Canada.” Disse Brook, con un sorriso, mettendosi a braccia conserte.
Era sempre stata fiera che la sua famiglia fosse così numerosa e soprattutto che vivesse in posti completamente diversi l’uno dall’altro.
“E tu li vai a trovare qualche volta?” chiese Bridgette, incuriosita.
“Non tutti ovviamente, ma ogni anno vado dai miei nonni, nel Dakota; poi vado dai miei zii, a Philadelphia. Ah e mio zio William nell’Ohio a volte.” Rispose Brook, elencando tutti i luoghi, facendo venire a Bridgette, la voglia di viaggiare il mondo intero.
“Dovresti andare in vacanza con lei qualche volta.” Disse Alicia “Due anni fa siamo andate dai suoi nonni in Dakota, è stato favoloso.”
“Non sai come mi piacerebbe!”
Bridgette diventava sempre più felice. Non solo perché stava facendo conoscenza con nuove persone, ma anche perché entrambe condividevano i suoi stessi interessi. Era stata davvero fortunata.
O almeno fino a quel momento.

“Non dirmelo…”
Lo splendido viso di Brook, prima pieno di gioia si era spento. Fissava attentamente la porta d’entrata, fatta in vetro.
“Che succede?” domandò Bridgette.
“Io me ne vado.”
Alicia si alzò e ringhiò per un attimo e andò nel bagno delle donne.
Bridgette era un tantino disorientata dal comportamento di Alicia.
“Ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese Bridgette.
“Loro sono sbagliate.” Disse Brook indicando tre ragazze al di fuori del bar, che attraversavano la strada proprio dirigendosi verso di esso.
“Quelle tre ragazze!? Sembrano… un sottogruppo delle Spice Girls.” Disse Bridgette, guardandole attentamente.
“Ora arrivano, mostrati indifferente.” Disse Brook, facendo voltare Bridgette verso il bancone. “Questo sarà solo un assaggio di quello che faranno quest’anno a scuola.”
Detto questo, la ragazza centrale, bionda, con degli occhiali da sole e una borsetta rosa, aprì le porte ed entrò con uno schiocco di dita, assumendo un atteggiamento snob e da superiore.
“Bene bene… Brook Adams.” Disse la ragazza, con una risatina stridula.
“Cassandra…” disse Brook con tono altezzoso “Cosa ti porta qui?”
“La sete. Voglio una lattina di Soda.” Disse Cassandra, indicando il frigorifero.
“Anche noi la vogliamo.”
All’unisono, le due ragazze dietro Cassandra si fecero notare, non solo dal tono snob con cui chiesero da bere, ma anche dalla loro straordinaria uguaglianza. Entrambe castane con occhi scuri, ed entrambe con una maglietta bianca e pantaloncini viola.
“Chelsea e Crystal… come mai non avete anche le scarpe uguali oggi?” disse ironicamente Brook, con una risata.
“Non te ne frega. Voglio da bere!”
Cassandra continuava ad insistere e così Bridgette, per sembrare educata, le porse la sua lattina di soda.
La guardò con un sorriso, sperando che l’avrebbe ricambiato.
Peccato che Cassandra le rubò la lattina dalla mano e se la sorseggiò lentamente, poi si mise i capelli da una sola parte con un movimento sensuale e con uno sguardo magnetico.
Poteva anche essere una maleducata, ma la bellezza era il suo punto di forza. Specialmente le due gambe slanciate e perfette.
“Un dollaro e venti.” Disse Brook.
Chelsea e Crystal spalancarono lentamente la bocca, e una di loro se la coprì, ed  entrambe guardarono stupite sia Brook che Cassandra. Come se la prima avesse detto una bestemmia o un qualcosa di grave.
“Questo… è… oltraggioso!” urlò Crystal ìscandalizzata.
“Già… come ti permetti? Non ci hai neanche dato da bere a noi due.” Continuò l’altra ragazza castana, alzando un sopracciglio.
“Questo bar non ha per niente un buon servizio per i suoi clienti. Che tempo sprecato.”
Cassandra gettò la lattina vuota a terra e la schiacciò col piede, per poi guardare Brook con un sorriso malefico.
“Se non vi piace il bar allora perché siete venute?” chiese Brook, perdendo la pazienza.
Bridgette era molto disorientata. Non capiva bene cosa stava succedendo; non aveva mai assistito a cose simili prima d’ora.
Il Minnesota era sempre stato un luogo tranquillo e molto pacifico, dove regnava il rispetto e l’altruismo. Evidentemente le voci che le erano arrivate su posti come Miami e New York erano vere: tutti superiori.
“Noi ora ce ne andiamo di qui carina.” Disse Cassandra “stai pure con la tua amichetta sfigata.”
Bridgette alzò lo sguardo verso Brook e spalancò gli occhi. L’avevano chiamata davvero così?
Non si era mai sentita così umiliata.
E arrabbiata.
Graffiò con le unghie il bancone e strinse i denti. Chiuse gli occhi per mantenere la calma e fece finta di non aver sentito.
“D’accordo avete fatto abbastanza, uscite di qui!” Brook urlò e fece uscire dalla porta del bar Cassandra, Crystal e Chelsea, che se la ridevano fra di loro.
Alicia uscì finalmente dal bagno e andò a sedersi infuriata al posto in cui era seduta.
“Non posso vederle, solo la loro voce mi fa venire il sangue acido.” Disse la bionda nervosissima.
“Sono proprio delle maleducate. Ma come si permettono!?”
Bridgette era incredula per quel che Cassandra e le altre avevano fatto.
“Ogni giorno a scuola sarà così, ecco perché ne stiamo alla larga.” Spiegò Brook a Bridgette.
“Ma evidentemente avranno un radar, siccome ci trovano in continuazione!” urlò Alicia, furibonda.
Bridgette aveva già capito che quell’anno non sarebbe stato facile per lei a scuola. Specialmente con delle persone come quelle.
Il lato positivo era quello che aveva già delle amiche e che l’avrebbe difesa in ogni momento.
L’odio verso quelle tre, era un altro argomento in comune tra di loro.


 

 

Salve a tutti, scusate il ritardo megagalattico, di tipo... 3 settimane ^^"
La scuola sta finendo e come ogni studente può capire, il mese di Maggio è un inferno. Escluso compleanno.
Bene, in questo capitolo sono apparsi nuovi personaggi, nel prossimo ne arriveranno altri, di cui due molto importanti...
Riuscirà Brie ad avere un anno scolastico normale con queste tre e *nome del personaggio che apparirà nel prossimo capitolo*?
Io non ce la farei mai; ma stiamo a vedere.
A presto, e grazie :)

BL
 

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