Lo sò che il mio amore è una patologia

di katvil
(/viewuser.php?uid=132679)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ***E' quello che sai che ti uccide o è quello che non sai?*** ***
Capitolo 2: *** ***Without you I'm nothing*** ***
Capitolo 3: *** *** Not strong enought *** ***
Capitolo 4: *** *** Slave to this love *** ***
Capitolo 5: *** ***Non passerai*** ***
Capitolo 6: *** *** Giro di boa *** ***
Capitolo 7: *** *** Begin the end *** ***
Capitolo 8: *** ***VIII*** ***
Capitolo 9: *** *** Someone like you *** ***
Capitolo 10: *** *** Second chance *** ***
Capitolo 11: *** *** Bury me deep inside *** ***



Capitolo 1
*** ***E' quello che sai che ti uccide o è quello che non sai?*** ***




E' quello che sai che ti uccide o è quello che non sai
a mentire alle mani, al cuore, ai reni
lasciandoti fottere forte
per spingerti i presagi
via dal cuore su in testa, sopprimerli
non sai
non sai
che l'amore è una patologia
saprò come estirparla via[1]

"Oh cazzo!" La sveglia non ha suonato o, come al solito, l'ho ignorata... In ventiquattro anni non ricordo un giorno in cui mi sia alzata puntuale. Volo giù dal letto, m'infilo una delle maglie sparse sul pavimento, i pantaloni, le scarpe ed esco dalla porta di corsa.
"Ciaooo! Ci vediamo stasera!"
"Amòòò!"
Sara mi chiama dal balcone... Cosa ho dimenticato questa volta? Fortuna che la testa l’ho attaccata al collo altrimenti lascerei in giro pure quella...
“Gioia... cosa ho dimenticato questa volta? E' tardissimo, dai che perdo la metro!"
"Amore... ma oggi è domenica, dove vuoi andare? Torna su dai!"
Domenica? Ed io sono volata giù dal letto, mi sono precipitata giù dalle scale rischiando di rompermi una caviglia pensando di essere in super mega ritardo (come al solito…) ed è domenica mattina? Sono proprio rimbambita… Guardo Sara che mi fissa dalla ringhiera: il suo sorriso disarmante riesce a rendere meno destabilizzante anche il fatto di essermi alzata alle otto la domenica!
"Anzi no, aspettami lì che arrivo. Andiamo a far colazione da Tommy così vediamo che faccia ha dopo ieri sera, diamo un'occhiata al giornale e vediamo come riempire questa mattinata."
“Ok…” Che palle… una mattina che posso dormire… me l’ha sempre detto mia mamma che, tra le tante cose che potevano capitarle nella vita, il buon Dio le ha mandato una figlia stordita… Vediamo il lato positivo della cosa: almeno il bar di Tommy è aperto e non ci tocca fare colazione con i biscotti stantii del discount.
Mentre aspetto Sara, mi siedo sulla panchina di fronte al palazzo dove abita Lui: le serrande sono chiuse. Mi chiedo se sia lì dietro. Me lo immagino che dorme o che magari si è appena svegliato e sta prendendo il caffè. Nero, ristretto. Come piace a Lui. Ricaccio indietro le lacrime bastarde che provano a scendere. Perché mi fa male saperlo così vicino, ma allo stesso tempo lontano e irraggiungibile. Mi fa male incrociare i suoi occhi verdi nei miei pensieri, rivivere i momenti in cui Lui è stato mio, o almeno io credevo fosse così. Mi fa male sapere che l’ho perso e non poter fare niente per riportarlo da me.
Cerco di concentrarmi su altri pensieri: non voglio che Sara mi veda così. I manifesti del concerto di ieri sera sono ancora lì: c'eravamo tutti, tranne Lui naturalmente. E' stato un vero successo, Tommy ne sarà felice. I ragazzi sono fantastici e se lo meritano davvero. Sono riuscita pure a parlare con Frank senza che mi uccidesse e poi ho visto Nik… Mi fanno così male i suoi occhi ogni volta che li incrocio, ma davvero non potevo fingere e continuare a prendere in giro me stessa, ma soprattutto lui, non se lo merita. Forse però avrei dovuto parlargli, cercare di chiarire le cose, ma non ci riesco: ogni volta che incrocio i suoi occhi mi trafiggono come lame e mi allontano senza dire una parola. Forse un giorno…
“Eccomi qua!” La voce di Sara blocca il flusso dei miei pensieri: ha raccolto i suoi lunghi capelli biondi in una treccia. Un trucco leggero, azzurro, incornicia i suoi splendidi occhi verdi. Come faccia a essere così radiosa anche appena sveglia è un segreto tutto suo. Sorride sempre, anche nei momenti più difficili. E' la mia luce. Se quel giorno di cinque anni fa non l'avessi conosciuta non sarei la ragazza che sono adesso.
Ero in palestra, come ogni giorno. Stavo cercando di capire come funzionasse il nuovo tapis roulant e lei mi si è avvicinata.
"Ti serve una mano?"
“Ehm… magari… non capisco proprio come funzioni quest’affare…”
“E’ semplicissimo: basta che schiacci questo pulsante, si accende e con questa rotellina regoli la velocità”.
Da quel momento siamo inseparabili. Dopo due mesi vivevamo già insieme e siamo ancora qua, a dividerci le gioie e i dolori. E’ diventata il mio punto fisso, non posso più fare a meno di lei. Il nostro rapporto è talmente intenso che spesso la gente si fa strane idee sul nostro conto, idee che noi ci divertiamo ad alimentare perché non c’è niente di così divertente come gli sguardi stupidi dei vicini impiccioni che vorrebbero sapere, ma non sanno e allora rosicano.
“Che c’è amò?”. Mi guarda, guarda il palazzo di fronte e mi abbraccia senza dire una parola: è inutile, con lei non posso fingere, mi conosce forse meglio di quanto io conosca me stessa. Il calore del suo affetto è il mio toccasana. Rimaniamo così per qualche minuto poi un po’ riluttante mi stacco e la guardo.
“Sei pronta? Andiamo?” Con un sorriso mi prende la mano.
“Sono prontissima! Dai che Tommy ci aspetta!” Le sorrido e c’incamminiamo.
“Sara…”
“Dimmi…”
“Ti voglio bene.”
“Anch’io scemotta.”
Scoppiamo a ridere mentre il sole tiepido del mattino arriva a scaldare i nostri volti. 

"Ciao Tommy, il solito!"
"Maaax! Due cappuccini, due cornetti e una rosa rossa per i mie angeli"
La rosa... ecco come fa Tommy a ingelosire tutte le avventrici del "Bar della Piazza". La compra tutte le mattine dal pachistano all'angolo e la conserva apposta per i suoi angeli, tanto sa che non manchiamo mai. E dovreste vedere le facce delle signore al bancone quando Max poggia il vassoio sul nostro tavolino! Tommy (al secolo Tommaso Riccoboni, ma chiamatelo sempre Tommy che fa più figo, da quel tocco d’internazionalità che non guasta mai) non è proprio quello che definireste un gran figo, ma ha fascino e carisma da vendere. Bassino, con un naso che definire "importante" è decisamente un eufemismo, un ciuffo di capelli biondi sempre spettinati che ricade sui suoi occhi azzurri. Due occhi intensi, che ti guardano fisso ogni volta che gli parli, quasi a voler leggere i tuoi pensieri. Tommy ha una cultura immensa: con lui puoi parlare di calcio come di filosofia e sa sempre cosa dire e come catalizzare l'attenzione. Da dieci anni gestisce il "Bar della Piazza" con Max, suo amico d'infanzia, ma il suo sogno è fare tutt'altro: vorrebbe vivere di musica, la SUA musica. Con Frank, Nik, Gio e Jack hanno una band, i Jumpin' Frog (non chiedetegli da dove esca questo nome... probabilmente non lo sa nemmeno lui... dev'essere semplicemente il frutto di un qualche Jack Daniel's di troppo...). Appena il bar gli lascia qualche minuto libero, si reca al garage/studio di registrazione a buttar giù pezzi che scrive e canta. La musica è la sua vita, ma le bollette, purtroppo, non si pagano da sole perciò, in attesa del grande salto (perché prima o poi ci sarà questo salto!), prepara cappuccini e aperitivi.
"Ieri sera siete stati unici! Il vostro miglior concerto!"
"Sara, amore, lo dici tutte le volte. Non è che ti perdi un po' troppo a guardare un certo chitarrista?"
"Piantala Tommy! Stai sempre a prendermi in giro... siete stati davvero super! Ma non hai visto quanta gente c'era? Tutti che saltavano, che cantavano. E' stato bellissimo! Poi da quando Nik e Frank suonano con voi avete davvero una marcia in più. Diglielo anche tu Lau che sono fortissimi, a te mica può dire che sei di parte. Diglielo che sono bravissimi!" L’entusiasmo di Sara per i Jumpin’ Frog è contagioso: è impossibile non innamorarsi della band sentendola parlare di loro. E non credo che sia dovuto solo a questioni di cuore. Sara e Gio, il chitarrista della band, hanno una storia, anche se a dire il vero sarebbe più corretto affermare che Sara ha una storia con Gio mentre lui ne ha non si sa quante con non si sa chi e ogni tanto si ricorda che esiste pure lei. Perché il Sig. Giovanni Catalfani è un vero donnaiolo e sembra proprio che non abbia la men che minima intenzione di mettere la testa a posto, nonostante non sia più un ragazzino. Credo che la parola “fedeltà” non faccia parte del suo vocabolario. Con Sara si frequentano da un po', ma glielo dico tutti i giorni che non ne vale la pena buttarsi via così per uno stronzo come lui. Lei, ovviamente, non mi ascolta... è innamorata persa! Ma poi chi non lo sarebbe di un tipo così? Gio è più giovane di Tommy di una decina d'anni, come del resto anche gli altri ragazzi della band, anche se la differenza d'età non si nota molto. Non ha lo stesso carisma, ma in quanto a fascino non deve prendere lezione da nessuno! Capelli neri, occhi neri, sorriso disarmante e lo sguardo di chi sa bene cosa vuole e come ottenerlo. Conosce Tommy un paio di anni fa a un festival e da lì iniziano a suonare insieme. Sono loro la vera anima dei Jumpin' Frog.
"Lau, guarda qua: c'è un mercatino dell'antiquariato, di quelli che piacciono a te. E' vicino a casa di Gio. Che dici? Andiamo? Dai, così lo butto giù dal letto!"
"Ok..." Rispondo distrattamente. In realtà non ho neanche sentito cosa mi ha detto. La porta del bar si è aperta ed è entrato Lui e da quel momento è stato come se tutto intorno fosse sparito. Il cuore ha iniziato a galoppare come se volesse uscire dalla cassa toracica, il respiro si è fatto affannoso e i miei occhi sono stati rapiti da quei maledetti occhi verdi che mi scalfiscono l’anima come lame.
"Allora andiamo! Ciao Tommy, ci vediamo più tardi!" Sara mi prende per un braccio e mi trascina via. Come al solito riesce a leggermi dentro e sa benissimo che deve portarmi lontano da lì. Meglio così, almeno non rischio d'incrociare Nik...

***

"Frank, dove cavolo hai messo le lamette?"
"Sono nell'armadietto in bagno, dove vuoi che siano?"
"Evidentemente non ci sono altrimenti non te l'avrei chiesto..."
"E allora saranno finite... sei tu che le usi, io no di certo!"
"E adesso come faccio? Che palle... è pure domenica... mi gratterò tutto il giorno come una scimmia..."
Quando una giornata inizia male è meglio tornare a letto, chiudere gli occhi e risvegliarsi il giorno dopo. E svegliarsi perché un piccione tenta il suicidio sfondano il vetro della finestra della tua camera alle 6.30 di domenica mattina non è proprio il modo migliore per partire.
"Dai Nik... mettila così: la barbetta ti da quell'aria da uomo vissuto. Sei così sexy... mmm quasi quasi..."
"Frank è inutile che insisti: non avrai mai il mio culo! Meglio che leviamo le tende da qui va... Andiamo da Tommy che almeno facciamo una colazione decente."
Francesco si guarda allo specchio, scuote la testa a destra e a sinistra per sistemarsi il ciuffo di ricci neri ribelli, si passa la mano sulla barba e mi guarda col suo solito sorriso sornione.
"Ok Capo, anche se un colpetto potresti lasciartelo dare ogni tanto…"
"Ma lo sai che quando ti ci metti sei proprio tutto scemo?"
"Certo, non te l’ho mai detto che è la mia dote migliore?" e scoppia in una delle sue fragorose risate, talmente contagiosa che non posso fare a meno di seguirlo. Ormai sono quindici anni che sento quella risata, ma ogni volta mi fa sempre lo stesso effetto.
"Passiamo alle cose serie che è meglio. Hai chiamato Fra?"
"Si, ci raggiunge da Tommy. Dovrebbe esserci anche Jack, sempre se riesce a scendere dal letto prima di mezzogiorno..."
"Allora scordiamoci pure di Jack!" Giacomo, il batterista della band dove suoniamo io e Frank. Che uomo strano! A vederlo non gli daresti un centesimo: magrino, con quei capelli biondi sempre spettinati e quegli occhi azzurri sempre spalancati, come se avesse visto chissà cosa. Non è uno che parla molto, ma quando lo fa riesce a zittire persino quel cagacazzo di Tommy! Poi come picchia con le bacchette: come si siede dietro la batteria si trasforma, sembra indiavolato. Il risultato è che dopo ogni concerto non lo vediamo in giro per almeno due giorni. Non so cosa ci faccia con quella batteria, fatto sta che ne esce devastato. 

"Ehilà Tommy!"
"Buondì bella gente! Siete arrivati tardi, le fanciulle sono appena uscite."
"Meglio così..."
"Ancora pensi a quella storia?? Nik ripigliati!"
“Tommy non incominciare con le tue solite battutine per piacere che stamattina non è proprio quella giusta…”
“Noto che qualcuno è sceso col piede sbagliato dal letto… Sarà meglio che vi porto la colazione…”
Cerco d’ignorare Tommy, tanto è perfettamente inutile che gli stia a spiegare tutte le volte le stesse cose, proprio non capisce.
Mi accorgo di una presenza... Guardalo lì, seduto al tavolo a bere il suo cappuccino... Che poi non ho nessun motivo per odiarlo, non è colpa sua se Laura è una stronza, tanto più che mi conosce a malapena, ma non ci posso far niente. Ogni volta che lo vedo mi sale il sangue alla testa: ritornano i flash di quella giornata maledetta e sento dentro un forte istinto di prenderlo a calci. E Frank lo sa.
"Nik... vuoi che andiamo?"
"Lascia perdere... sta anche arrivando Fra e quella sai com'è... poi s'incazza come una iena se non ti trova..."
"Ok... io però non ti capisco… Perché non ti alzi e vai a chiarire questa situazione con Andres una volta per tutte? Cazzo Nik, non hai due anni! Lo sai che le cose non si risolveranno mai se fai così… A volte ti prenderei la testa e te l’aprirei in due!”
“Ok, hai ragione… un giorno vado a parlargli va bene? Ma non oggi, non adesso.”
Frank mi guarda poco convinto…
“Fai come ti pare Nik, ma io continuo a non capirti…"
Eccolo che si alza. Viene verso di noi. Ma cosa cavolo vuole adesso?
"Hola! Que pasa?"
"Ciao Andres..." Frank lo saluta mentre io cerco d'ignorarlo sperando sparisca.
“Francesco… Nicola…”
Continua a ignorarlo, continua a ignorarlo.
Fortunatamente Andres capisce che non è il caso d’insistere così passa e se ne va portandosi via anche la mia voglia di fare colazione. Mi resta solo un groppo alla gola e il bisogno di uscire da quel bar, di prendere una boccata d’aria altrimenti sento che da un momento all’altro potrei scoppiare.
"Frank, io vado. Mi è passata la voglia di mangiare. Salutami Fra."
“Nik...” Francesco mi guarda, ma non dice niente, tanto sa che qualsiasi cosa direbbe non cambierebbe il mio umore, anzi… non farebbe altro che peggiorare la situazione e finirei per litigare anche con lui. Gli fa male vedermi così e sapere che non può fare niente per aiutarmi. Lui c’è sempre per me ed io per lui. Siamo come due fratelli separati alla nascita e non potrei fare a meno di lui, ma non adesso. Questo è uno di quei momenti in cui devo stare da solo. Meglio che esca e vada a farmi una passeggiata.
Un raggio di sole mi colpisce dritto in faccia e mi costringe a ripararmi con una mano. Provo a chiudere gli occhi e respirare e pieni polmoni, ma il groppo in gola non se ne va. Allora inizio a camminare lungo il marciapiede: la città è praticamente deserta e i miei pensieri iniziano a correre. Non capisco perché mi faccio sempre mettere in crisi da Andres. Ogni volta che lo incrocio è sempre la stessa storia. Non riesco a far finta di niente, a non pensare a lui e Laura. Laura.. già... ecco il vero problema. Non è Andres, lui non c'entra niente.
Camminando mi accorgo che sono arrivato al parco, QUEL parco e i miei pensieri tornano a una settimana prima. Quel pomeriggio stavo andando con Frank al garage di Tommy per le prove...
"Ma nooooo!!! La macchina non parte..."
"Te l'ho detto che ormai è un rottame! Dai... andiamo a piedi... tagliamo per il parco e per questa volta vorrà dire che Tommy ci perdonerà un po' di ritardo..."
"Già... perché noi siamo sempre puntuali..." Frank scoppia a ridere mentre mi lancio in un'imitazione perfetta di Tommy e della sua ennesima ramanzina.
Beh... non fossi mai passato per quel parco, almeno mi sarei evitato una scena pietosa. Non credevo ai miei occhi: Laura, la MIA Laura era lì, su quella maledetta panchina e si stava baciando con un altro. Ma non è stato tanto il bacio a sconvolgermi, ma il modo in cui lo faceva e le parole che diceva. Parlava d'amore, diceva di non averlo mai dimenticato. Era come se per lei io non esistessi. In pochi secondi mi è crollato tutto: è stato come se un camion mi avesse investito. Non riuscivo più neanche a respirare. Non stava accadendo realmente, era impossibile. Frank mi ha preso e trascinato via. Siamo arrivati al garage di Tommy e lì sono crollato. Gio, Tommy e Jack mi guardavano come se fossi un fantasma, non capivano cosa stesse succedendo ed io non avevo nessuna voglia di dare spiegazioni.
Dopo quel maledetto pomeriggio non avrei voluto rivedere più Laura, ma è impossibile non incrociarci dal momento che lei e Sara sono sempre insieme e Sara sta con Gio... Non abbiamo mai parlato di questa storia, non ho voluto avere spiegazioni. Non ne ho bisogno. Non ho bisogno che mi dica frottole o che si giustifichi. E non ho nemmeno bisogno che mi racconti il perché. Va bene così. Mi faccio bastare quello che ho visto e intanto provo ad andare avanti.


[1] Frase tratta dal brano “Ci sono molti modi” degli Afterhours
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Angolo dell'autrice

Eccomi qua con la mia nuova "opera" :) In realtà non è proprio nuova: l'avevo già pubblicata un po' di tempo fa, ma siccome non era uscita proprio benissimo la sto praticamente riscrivendo da capo. Fatemi sapere se passate di qua e se vi piace :)

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** ***Without you I'm nothing*** ***




I'm unclean, a libertine
And every time you vent your spleen,
I seem to lose the power of speech,
Your slipping slowly from my reach.
You grow me like an evergreen,
You never see the lonely me at all[1]

La musica è l'unica cura quando mi sento così: mi chiudo in camera, lo stereo a palla e i miei cd. Tutto il resto è fuori e per un po' m'illudo che sia sparito. Oggi è una di quelle giornate dove ho bisogno di chiudere il mondo fuori. L’incontro con Andres di stamattina mi ha totalmente destabilizzato e il fatto che Sara sia uscita con Gio lasciandomi qui da sola non ha fatto altro che peggiorare il mio umore. In realtà mi aveva chiesto di andare con loro, ma l’idea di stare tutto il giorno ad ammirare le effusioni dei due piccioncini non rientra proprio nel mio ideale. Così eccomi qua, a passare una domenica chiusa in casa a deprimermi. Almeno ho la musica a farmi compagnia. Com’è che poi però va sempre a finire che scelgo gli album sbagliati? Va beh... Signor Molko, per oggi sono già abbastanza depressa perciò chiudi la bocca. Ecco... mi sono mossa... mai una volta che riesca ad alzarmi dal letto senza far finire tutto quello che c'è sul comodino a terra. Forse ha ragione Sara: dovrei decidermi a riordinare... sembra di essere in un campo di battaglia... Ok Laura, vedi di riprenderti e dai un aspetto decente a questa stanza, almeno vediamo di rendere produttiva questa domenica del cavolo. E questa? Uddio... ma perché conservo ancora questa foto? La sera che l’abbiamo scattata io e Andres dovevamo essere sotto l’effetto di una qualche droga strana: io ho i capelli arruffati manco avessi usato un gatto come pettine, gli occhi sono sbarrati come i suoi ed entrambi abbiamo un’espressione allucinata. Un autoscatto qua in camera durante un momento di delirio totale. Dovrei decidermi a buttarla, ma proprio non ce la faccio. Forse perché tenerla mi fa pensare che una parte di Lui sia ancora mia, anche se in realtà Lui non è stato mai mio.
Ricordo come fosse ieri il giorno in cui Tommy ci ha presentati: io e Sara eravamo al bar ed è entrato Lui.
"Andres, vieni qua che ti presento i miei angeli. Loro sono Laura e Sara. Ragazze, lui è Andres. E' appena arrivato dalla Spagna, vedete di trattarlo bene!”.
Andres si è allungato verso di noi per stringerci la mano ed io ho sentito come se ci fosse una forza che mi attirava verso di lui. E’ stato come se i suoi occhi si fossero trasformati in due calamite verdi pronte a trascinarmi verso un baratro.
"Stasera vi va se usciamo a bere qualcosa? I ragazzi vengono, voi che fate?"
"Beh... se c'è Gio io vengo sicuramente!"
"Sara... non avevo dubbi..." Tommy ha pronunciato questa frase col suo sguardo malizioso, che lascia intendere tutti i doppi sensi possibili.
"Tommy smettila di prendermi in giro! Ma trovati una donna pure tu no?"
"E chi ti dice che non ce l'abbia? Mica devo dirvi tutto..."
"Va beh... sei sempre il solito... Chiamo Fra così Frank è contento e ci vediamo qua verso le 20."
Il mio sguardo era come perso negli occhi di Andres, in quegli occhi verdi che ancora non sapevo quanto male mi avrebbero fatto.

La sera ci siamo trovati con la compagnia davanti al bar. All’epoca Nik non usciva ancora con noi. Era come una meteora che ogni tanto passava senza fermarsi. Era strano, ma non ho mai capito che tipo di problemi avesse. Frank ci raccontò che stava passando un periodo difficile e gli si leggeva in faccia che era seriamente preoccupato per lui, anche se cercava di non farlo vedere, forse perché non voleva dare troppe spiegazioni sullo stato del suo amico. Dal canto suo, lui era in fase “corteggiamento selvaggio” nei confronti di Francesca, ma la morettina faceva la preziosa, anche se tutti avevano già capito che alla fine sarebbero finiti insieme quei due: sono fatti l’uno per l’altra, come le metà di una mela che combaciano perfettamente. Quella sera stranamente c’era anche Jack con noi: ammetto che il suo sguardo allucinato, con quegli occhi azzurri sempre sbarrati, m’inquieta ogni volta. Penso che sia pazzo, anzi vedendolo suonare la batteria ne ho la certezza! Tommy aveva deciso di deliziarci con uno dei suoi monologhi sulla vita e le sue incertezze: la sua voce leggermente gracchiante mi entrava nelle orecchie rimbombandomi nel cervello perché il signor Riccoboni, quando fa i suoi discorsi “filosofici”, non parla, ma declama. Come se fosse la reincarnazione di Carmelo Bene, entra in scena e incomincia con i suoi sproloqui. E’ un attore nato: sembra stare sempre in scena, anche quando serve i cappuccini al bar. Sul palco con i Jumpin’ Frog poi è davvero una forza della natura: è nato per stare lì. Peccato però che quando è ubriaco diventa di una pesantezza unica e quella sera aveva davvero fatto il pieno con le birre! Se non fosse stato per Andres mi sarei addormentata direttamente sul tavolo della birreria. Per tutto il tempo non sono riuscita a staccargli occhi di dosso e lui ha fatto lo stesso con me. Mi ha raccontato di essere catalano, di Barcellona per l’esattezza. Là ha un’attività con i suoi genitori d’import export ed è venuto in Italia per curare un paio di affari. Stava cercando un posto dove stabilirsi per seguire meglio il tutto.
"Ragazzi, noi leviamo le tende" Gio e Sara sono andati via per primi, evidentemente avevano qualcosa di meglio da fare che subirsi i discorsi filosofici di Tommy. Jack li ha seguiti a ruota e così anche Frank e Fra.
"Ragazzi... io andrei a fare la ninna che domani alle 4.30 canta il gallo. Vi scoccia se vi lascio soli?" Domanda retorica: Tommy era ubriaco perso, ma aveva capito benissimo che non aspettavamo altro.
"Ningun problema para mì"
"Vai pure Tommy, ce la caveremo benissimo anche da soli."
"Non ho dubbi a riguardo... " Mi ha lanciato una delle sue solite occhiate maliziose e barcollando è uscito dal locale.
"Ehm... Laura... tengo un problema... Mi sono ricordato che ero in macchina con Tommy e adesso non so come tornare al mio albergo..."
"Bene... io ero con Sara. Prendiamo un taxi e vediamo di levare le tende pure noi.”.
Non scorderò mai quel viaggio in taxi. Dico al tassista di portarci a casa mia: l'idea era che io scendessi e che Andres proseguisse poi da solo la sua corsa, ma non è andata esattamente così. Come ci siamo trovati vicini sul seggiolino posteriore di quella macchina ho sentito come se ci fosse una forza incontrollabile che mi spingeva verso di lui. Eravamo come due calamite che si attraggono senza potersi opporre. I suoi occhi verdi mi fissavano e in pochi secondi le sue labbra erano sulle mie. Senza rendermene conto, mi sono trovata a ricambiare quel bacio con la foga di un bambino che si butta sul vaso di caramelle che osservava da giorni. E' stato il bacio più elettrizzante di tutta la mia vita.
Arrivati davanti a casa, il tassista ha fermato la sua corsa.
"La tua amica non è in casa giusto?"
"No, dorme dal suo ragazzo."
"Vuoi che salga a farti un po' compagnia?"
Neanche il tempo di rispondergli ed eravamo già sul divano di casa a chiacchierare. Il suo accento, il suo modo di gesticolare e di toccarsi i capelli mentre parlava, quell’aria adulta data dai suoi quarant’anni lo rendevano ancora più affascinante. Sarà stata anche colpa di un qualche bicchierino di troppo, fatto sta che ci siamo ritrovati in camera mia. Mentre lo baciavo e passavo le mani tra i suoi capelli mi sembrava di essere sul monte più alto del mondo. Sentivo il suo profumo, il suo corpo avvicinarsi al mio che non poteva fare altro che assecondarlo.
"Aspetta... Laura, fermati un attimo" Ad un tratto il suo sguardo si è fatto serio "Io tengo la fidanzata in Espana... E' una historia un po' complicata, ma..."
"Ssssh! Non parlare, non importa.” L’ho zittito portando un dito sulla sua bocca “Stanotte ci siamo solo noi, il resto non conta.” L'ho stretto a me e l'ho baciato dimenticando le parole che mi aveva appena detto. Non potevo fare altro, era inevitabile. 

Il mattino dopo mi sono svegliata stranamente abbastanza presto. La luce entrando dalle fessure delle serrande si posava sulla schiena di Andres. La sera prima non avevo notato i suoi tatuaggi. Mi sono messa a fissarlo, come a voler incidere ogni centimetro della sua pelle nella memoria. Sarei rimasta lì a guardarlo dormire per ore, mi sembrava di vivere un sogno. Peccato che lo squillo del suo telefono abbia interrotto tutto. L'ho visto alzarsi di scatto e allontanarsi per rispondere. Parlava in spagnolo, ma ho capito subito chi c'era dall'altro capo. Così mi sono vestita e sono andata in cucina dove Sara, che era appena rientrata, stava già preparando il caffè.
"Buongiorno Amò. Vedo che è andata bene anche per te la serata”.
"Sara... ti racconto tutto più tardi..." L’ho guardata con un sorriso poco convinto: sapevo che la mia favola di lì a poco si sarebbe interrotta.
"Senti... io devo andare... ci vediamo." E così Andres uscì dalla porta, lasciandomi lì a fissare il legno scuro per non so quanti minuti sperando di vederlo rientrare. Una notte, una sola maledettissima notte che è però bastata per farmi cadere in un vortice dal quale sarei difficilmente uscita.
Dopo quella sera ci siamo visti un paio di volte in compagnia con gli altri, ma non è più successo niente, anche se entrambi avremmo voluto andasse diversamente. Dopo una settimana Andres è ripartito per la Spagna. L'ho accompagnato all’aeroporto e al momento di salutarci mi ha stretta e baciata con passione. Sono scappata verso i bagni, non volevo mi vedesse piangere. Mi stavo sciacquando il viso quando nello specchio vedo il riflesso di un volto che conoscevo bene, ma che non avrei mai voluto fosse lì. Mi sono voltata ed è bastato un attimo: mi ha stretto in un bacio lasciandomi senza fiato e mi ha trascinato verso uno dei bagni. L’ho sentito stringermi sempre più forte finche i nostri corpi non si sono uniti. Entrambi sapevamo che quella sarebbe stata l’ultima volta e che chiunque sarebbe potuto entrare da un momento all’altro. Questa sensazione ci faceva crescere il desiderio e la passione. Poi mi ha guardato negli occhi per un ultimo momento: non scorderò mai il suo sguardo, quella strana luce negli occhi, come se non volesse dirmi addio. L’ho visto scappare verso il cancello d'imbarco sparendo tra la gente in fila per prendere l'aereo portandosi via un pezzo del mio cuore.
Dopo pochi mesi è venuto a vivere qua, nel palazzo di fronte a casa mia, ma non è più lo stesso, almeno non per lui, anche perché adesso c'è pure la sua ragazza.
Ho passato un periodo davvero schifoso: a fatica uscivo da casa e Sara cercava in tutti i modi di farmi uscire da quel guscio dove mi ero rinchiusa. Poi c’era Frank: con lui ho sempre avuto un rapporto particolare. La sua aria da musicista scapestrato mi ha sempre affascinato: non che provi attrazione verso di lui, ma ha quel qualcosa che riesce a catalizzare sempre la mia attenzione quando sono in sua presenza. Sarà forse la sua parlantina o perché quando è sul palco è impossibile non notarlo, anche se in realtà nasconde una timidezza di fondo che lo rende dolcissimo, caratteristica che cozza parecchio col suo aspetto fisico così rude. O forse sarà quel suo modo così fisico di approcciarsi alle persone che ti fa desiderare di essere oggetto di uno dei suoi abbracci. Fatto sta che se non ci fosse stato lui non so se sarei mai uscita da questa maledetta storia e probabilmente oggi sarei ancora lì, sdraiata sul letto a deprimermi per colpa di Andres. E’ diventato il mio confidente, il fratellone maggiore che mi mancava. Mi ha fatto conoscere Nik che in quel periodo usciva da un periodo in cui aveva dovuto combattere con diversi demoni. Bene o male ne era uscito vincitore, anche grazie al fatto che Frank non l’aveva mollato un solo giorno. Diciamo che insieme abbiamo ricominciato a vivere: è un ragazzo dolcissimo, che sa come far sentire amata una donna, ma... ma tra noi alla fine c’era sempre qualcosa, o meglio qualcuno. Più passava il tempo e più mi rendevo conto che nel mio cuore c’era un’altra persona: Andres. Per quanto potessi provare a ignorarlo, lui era sempre lì e ogni volta che incrociavo i suoi occhi, il mio cuore cominciava a galoppare come una mandria di cavalli selvaggi. Così un giorno mi sono decisa e l’ho affrontato: era inutile continuare a prendere in giro lui e me stessa. Gli ho dato appuntamento al parco vicino al garage dove provano i ragazzi (pessima scelta, ma al momento non mi sembrava di avere molte alternative…) e gli ho detto quello che provo per lui col risultato che Nik ci ha beccati proprio sul più bello e potete ben capire che non ne voglia più sapere di me mentre Andres cerca di evitarmi per non rovinare tutto con la sua fidanzata. Ed io mi ritrovo sola a pensare a come sarebbe potuto essere.
 


[1] Frase tratta dal brano “Whitout you I’m nothing” dei Placebo




Angolo dell'autrice

Finalmente sono arrivata in fondo anche a questo capitolo... allora? Vi piace questa storiella? Non siamo ancora entrati nel vivo, ma le basi ci sono già tutte :) Vedo che siete tanti a leggere, ma pochini a commentare (direi nessuno, a parte la mia pisella Heaven_Tonight che ringrazio <3 ) Se volete lasciare un segno del vostro passaggio (anche solo scrivermi che la storia fa schifo... è già qualcosa...) ve ne sarò grata.
Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** *** Not strong enought *** ***




And it's killin' me when you're away, I wouldn't leave and I wouldn't stay.
I'm so confused, So hard to choose.
Between the place I'm around the pain.
And I know it's wrong, and I know it's right.
Even if I try to win the fight, my heart would overwhelm my mind.
And I'm not strong enough to stay away[1]

"Perché ti lasci trattare così? Non ti rendi conto che ti fai solo del male mentre a lei non importa niente?"
Frank mi guarda dritto negli occhi per pochi minuti poi si volta passandosi le mani tra i capelli: il suo sguardo deluso mi ferisce più delle parole che mi sta sputando in faccia.
"Voi non ci siete quando siamo insieme... non potete giudicare..."
Cerco inutilmente di giustificarmi con parole che mi escono quasi sussurrate mentre abbasso lo sguardo.
"Ok... non ci siamo, ma siamo noi che ti aiutiamo ogni volta a raccogliere i cocci. Chiamalo come vuoi Nik, ma questo non è amore. Non so cosa possa essere, ma sicuramente NON E' AMORE!"
Fra appoggia le mani sulle mie spalle e mi fissa con i suoi occhi neri mentre cerca di spiegarmi il suo punto di vista scandendo bene e ad alta voce le ultime tre parole. Ha ragione, lo so benissimo, ma non posso farci niente. Ogni volta so già come andrà a finire, ma è più forte di me. Dovrei mandarla via, chiuderle la porta in faccia ed invece la faccio entrare e...

Ormai sono quattro mesi che Laura se n'è andata. E' andata a vivere chissà dove, sparendo da un giorno all'altro senza una spiegazione. Dopo quel maledetto pomeriggio del bacio sulla panchina per un po’ non avrei voluto avere a che fare con lei, ma era impossibile non frequentarci per via di Sara e Gio. Così dopo un paio di settimane mi ero quasi convinto a riprovarci. Abbiamo ricominciato ad uscire insieme, ma non era più lo stesso. Lei non era più la stessa e da un giorno all’altro ha preso e se n’è andata.
Per un mese non l’ho vista e non ho più saputo niente di lei. Ho provato a chiedere a Sara, ma anche lei non sapeva niente o, più probabile, non voleva dirmi niente. Una sera ero in casa da solo perchè Frank era rimasto da Fra. Squilla il telefono: non potevo credere ai miei occhi quando ho visto comparire quel nome sul display.
“Ciao Laura.”
Ho risposto cercando di mantenere la voce atona nonostante il cuore stesse correndo all’impazzata.
“Nik… Come stai?”
“Bene… e tu?”
Dall’altra parte solo un respiro.
“Laura… cosa vuoi?”
“Sei a casa da solo?”
“Si… tu dove sei?”
“Apri la porta.”
Ritrovarmela davanti è stato un colpo al cuore: è stato come se un mese della mia vita fosse stato cancellato come fanno le onde del mare con le scritte sulla spiaggia. D’un tratto non m’importava più dove fosse stata, cosa avesse fatto. Non m’importava più nemmeno di Andres, di quella panchina, di quel bacio. L’unica cosa che vedevo erano i suoi occhi azzurri davanti a me.
“Posso entrare?”
Ho fatto un cenno di assenso con la testa: ero totalmente incapace di pronunciare anche solo una sillaba.
Ci siamo guardati negli occhi per un attimo poi si è avvicinata e le sue labbra si sono incollate alle mie. Una miriade di sensazioni si sono accavallate dentro di me: sentivo un misto tra il desiderio di averla ancora tra le mie braccia e la rabbia per il fatto che fosse sparita per tutto quel tempo. Velocemente ci siamo spogliati e abbiamo fatto l’amore con una forza e una passione che non c’erano mai state fra noi. Era come se fossimo due persone che s’incontrano per la prima volta, era come se tutto quello che c’era stato fra noi, tutto il male che ci eravamo fatti fino a quel momento fosse rimasto fuori dalla porta. Avevo tante domande nella testa, ma non ho detto una parola perchè in quel momento sentivo che non c’era nient’altro che noi due: avremo avuto il tempo per parlare il giorno dopo. Almeno così pensavo…
Il mattino seguente mi sono svegliato e Laura non c’era. Com’era arrivata così era sparita, all’improvviso. Un’altra volta. E io mi trovavo ancora solo a cercare risposte che nessuno avrebbe saputo darmi. Ho provato a cercarla per capire cosa fosse successo, ma niente. Credevo davvero che questa volta non l’avrei rivista più e invece ieri sera si è ripresentata: ancora una volta è entrata come uno tzunami da quella porta sconvolgendo quel poco di stabilità che stavo cercando di recuperare e ancora una volta è sparita così, senza dirmi una parola, senza nemmeno darmi il tempo di capire cosa stesse succedendo. Lo so che ha ragione Frank, che non dovrei lasciarle fare quello che vuole di me, della mia anima, del mio cuore, ma non ci riesco. Non ho mai provato un sentimento così forte per nessun'altra. Laura mi assorbe totalmente, è una parte di me che non posso dimenticare e lasciare andar via, anche se fa un male pazzesco.

"Cazzo Nik, non puoi permetterle di fare quello che vuole con te. Non capisci che ti sta usando? Per lei sei come un giocattolino: ti prende quando ne ha voglia, ma quando si stufa ti rimette nel tuo angolino, ben sapendo che se e quando vorrà ancora giocare tu sarai lì ad aspettarla."
"Frank, non puoi dire così! Che cazzo ne sai tu di com'è quando siamo insieme? Che cazzo ne sai di quello che facciamo?"
In un lampo gli occhi di Frank diventano come due lame che affondano nei miei mentre mi urla in faccia.
“Cazzo ne so? Mi chiedi CAZZO NE SO? Ne so abbastanza per capire che stai male e la persona che ami non dovrebbe farti stare così. L'amore deve farti stare bene, non deve farti sentire una merda!”
Poi si ferma, prende un attimo di respiro per cercare di calmarsi e torna ad affrontarmi. Appoggia le mani sulle mie spalle e prova a scuotermi.
“Nik, lo so che per te è difficile accettare quello che ti sto dicendo, ma devi uscire da questa storia. Devi lasciarti alle spalle Laura e andare oltre. Se ti parlo così è solo perché ti voglio bene e vederti così mi fa paura. Sappiamo entrambi come sai essere autolesionista quando ti ci metti e io non voglio che ti riduci ancora nello stato in cui eri pochi mesi fa.”
Poi si ferma, chiude gli occhi un attimo, prendere un respiro profondo e torna a guardarmi.
“Adesso vado perché non ho voglia di litigare con te per quella stronza..." ed esce dalla stanza sbattendo la porta.
Ha ragione. Come al solito, Frank ha ragione. Riesce a sentire anche quello che non dico, gli basta guardarmi. Siamo amici da una vita, anzi, siamo più che amici. Frank per me è più di un fratello: i fratelli me li sono trovati, ma lui l'ho scelto. Ci SIAMO scelti. Il destino ha fatto si che quel giorno a scuola m'imbattessi proprio in lui, ma poi siamo stati noi a fare tutto il resto. Uno stupido libro di biologia è stato galeotto: mi è caduto proprio sul piede di Frank! Da lì ci siamo trovati a suonare insieme nel gruppetto che aveva formato con alcuni suoi compagni di classe. Facevamo cover dei Beatles in chiave punk-rock e cercavamo di far venire un infarto al preside ogni volta che ci facevano suonare per qualche festa scolastica. Ricordo le sue lezioni di pianoforte: si era fissato che dovevo imparare a suonarlo a tutti i costi e si dava le arie da gran maestro. La faccia che ha fatto quando si è accorto che tutte le volte dormivo invece di ascoltarlo non la scorderò mai! Era più di forte di me... il piano non è nelle mie corde. Poi c’erano le serate passate a fantasticare in giardino su quando saremo diventati delle rock-star: due sacchi a pelo, il pratino che mio padre taglia accuratamente ogni domenica, un cielo da scrutare al quale regalare i sogni di due ragazzini e mia mamma che ci portava la camomilla dicendogli "Tua mamma l'ho già chiamata io, tanto lo sapevo che dormivi qua". E quella volta quando, forte del suo anno in più, ha deciso che era ora che diventassi un uomo, finita con mia mamma che entra in camera sul più bello e caccia fuori a pedate lui e le ragazze? Se ci penso adesso mi viene da ridere, ma all’epoca non è stato così divertente… Non dimenticherò mai la sua faccia, lui che s'imbarazza anche se una ragazza gli fa un complimento. Ci siamo scannati, insultati, ma in quindici anni non abbiamo mai messo in dubbio la nostra amicizia. Lui c'è sempre stato per me ed io per lui. Qualche mese fa poi mi ha letteralmente salvato la vita. Ha ragione da vendere quando dice che sono un dannato autolesionista che si va sempre a ficcare in cose più grosse di lui. Questa volta però ero finito in un giro strano e se non avessi avuto Frank al mio fianco probabilmente prima o poi sarei andato al creatore.
Da qualche mese è arrivata Fra, ma il nostro rapporto non è cambiato di una virgola, anzi… adesso ho pure una sorella, era inevitabile.
E ogni volta che parliamo di Laura va a finire sempre che Frank prende la porta e se ne va, tanto è inutile. Gli fa troppo male vedermi così e non poterci far niente.
E dire che è stato proprio lui a farmela conoscere! Era un periodo un po' strano la scorsa estate. Io e Frank suonavamo da qualche mese nella band di Tommy. Lui stava cercando di convincere Francesca che loro due sarebbero stati una coppia perfetta (e aveva ragione, lo sono davvero) mentre io… io stavo cercando di lasciarmi alle spalle una storia finita male che mi aveva portato sull’orlo del baratro. Anzi, nel baratro ci ero proprio finito con tutte le scarpe! Posso tranquillamente affermare che mi comportavo come un cretino, facendo anche cose che a pensarci adesso non capisco cosa mi stesse passando per la testa. Nel momento in cui ho deciso che dovevo dare una svolta alla mia vita e uscire da certi giri, ecco che è arrivata lei. Laura era molto amica di Frank, lo aveva preso come un fratello maggiore al quale confidare tutto. Era in crisi perché aveva avuto una storia con Andres andata non proprio nel migliore dei modi e aveva bisogno di una scossa per uscirne fuori. Così ci ha presentati. Non so come sia andata, ma fatto sta che nel giro di due giorni ero già perso. E' difficile rimanere indifferente a Laura, ai suoi lunghi capelli neri, a quei pezzi di cielo che ti scrutano quando parla, al suo fisico statuario. Così ci sono caduto in pieno. Tutto andava a meraviglia, o almeno io pensavo fosse così... Poi è arrivato quel pomeriggio, quel parco, quella panchina ed è cambiato tutto.

Corro in giardino.
"Frank! Fermati!"
Non si volta neanche, continua a camminare velocemente verso il cancello.
"FRANK! FERMATI DANNAZIONE!"
"Nik... lascia perdere... ti ho detto che non ho voglia di discutere perché poi finirebbe che ti direi delle cose che non voglio dirti. Non voglio ferirti o litigare con te. Per QUELLA poi... non ne vale la pena! Vado da Tommy a smaltire un po' la rabbia e ci vediamo più tardi."
Accelero il passo e in pochi secondi gli sono alle spalle. Così allungo un braccio e lo fermo poggiando la mia mano sulla sua spalla.
"Ehi..." Solo una parola, nient'altro.
Frank si volta verso di me e ci guardiamo negli occhi. Ora il suo sguardo è cambiato, non è più quello pieno di rabbia di pochi minuti prima. Ci guardiamo senza dire niente. Non una parola. Non un gesto. Dopo alcuni minuti scoppiamo a ridere e ci abbracciamo nel modo che abbiamo solo noi.
Fra nel frattempo ci raggiunge.
"Guardali lì... lo sapevo che andava a finire così! Nik, inizio ad essere un po' gelosa!"
"E fai bene! Ricordati: io c'ero prima di te e ci sarò anche dopo di te. Sarò il tuo incubo!"
Poi mi volto verso Frank e gli do un bacio sulla guancia.
Frank mi guarda con un’espressione da finto schifato mentre si sfrega la faccia come per pulirsi. Francesca continua a guardarci con l’aria a metà tra il contrariato e il rassegnato.
"Quando avete finito di fare i cretini, che ne dite se andiamo da Tommy per un birrino?"
Alzo un sopracciglio, mi sfrego il mento con la mano destra e fingo di pensarci un po’ su.
"Mmm... ci può stare, ma..." la guardo per un attimo, le faccio un sorriso malizioso poi mi volto di scatto e prendo il braccio di Frank "Frank è mio e tu tieni giù le tue mani!" e corriamo via ridendo come due bambini incuranti di Fra che ci urla di fermarci.
E' sempre così: riesce sempre a farmi dimenticare tutto e con poche parole riesce a farmi tornare il sorriso e a farmi pure ragionare, almeno un po'.

****

Dopo quattro mesi non mi sono ancora abituata a rientrare in casa e non trovare Sara. Mi manca. Mi manca tantissimo, ma non potevo andare avanti così, mi faceva troppo male. Non potevo continuare a cambiare strada per non incontrare Andres. Tanto più dopo che si è portato pure Rosy a vivere proprio di fronte casa mia! La situazione era diventata insostenibile: non potevo manco uscire per gettare la spazzatura che me la ritrovavo alla finestra intenta a stendere i panni oppure sul terrazzo che spazzava. E ogni volta mi veniva voglia di entrare in quel appartamento e dare fuoco a quella chioma riccia che si ritrova in testa. Va beh che non è lei quella con cui me la dovrei prende, ma piuttosto quello stronzo che ha in giro per casa… Lei non credo sappia di me: forse è convinta sia una psicopatica. Anzi, sicuramente è così! Me ne sono accorta dallo sguardo di terrore che aveva ogni volta che per entrava al bar di Tommy con Andres e mi vedeva lì. Per me era un colpo al cuore: sentivo dentro una voce che mi diceva di alzarmi e andare a tirare un cazzottone sul nasino perfetto dello spagnolo e un’altra invece che mi incitava a saltargli addosso e farmelo direttamente lì sul bancone tra gli aperitivi e gli espositori delle caramelle. Il risultato era che rimanevo a fissarlo per tutto il tempo con lo sguardo allucinato e lui che, per evitarmi, prendeva Rosy sotto braccio e usciva dal bar in tutta fretta. Una volta ci siamo incrociati sulla porta d’ingresso: lui usciva ed io entravo. Per non guardarmi negli occhi, si è voltato verso la sua bella morettina finendo per inciampare nel gradino e rovinare clamorosamente a terra tra le risate di tutti quelli che in quel momento affollavano la piazza. E’ stata una scena splendida e non so cosa mi ha trattenuta dall’infierire ulteriormente tirandogli un calcione sul suo bel lato B.
Poi c'è Nik... E’ un ragazzo davvero speciale. Ogni volta sa cosa fare e cosa dire per farmi stare meglio. Gioca, mi prende in giro e fa sembrare tutto naturale, come se ogni gesto che compiamo fosse la giusta conseguenza di quello precedente. Come la prima volta che abbiamo fatto l'amore: Frank ci aveva presentati qualche giorno prima e Nik mi ha invitato a casa sua. Abbiamo incominciato a parlare e ci siamo ritrovati a ridere delle stesse scemenze e a prenderci in giro. E alla fine fare l'amore era l'unico modo per finire la serata. E' stata una sensazione strana: non mi sono mai sentita così con nessuno. Credevo davvero di essermi innamorata, che questa volta sarebbe stata quella giusta. E per un po' è stato così. Andava tutto a meraviglia finche Andres non è tornato, finche Nik non ci ha visti nel parco quel giorno maledetto. Però anche quella volta è riuscito a stupirmi: dopo che ha sbollito la rabbia per quella storia, avevamo deciso di riprovarci. Pensavo davvero potesse andare con lui, ma alla fine non ce l'ho fatta. Sono dovuta scappare perché mi sentivo soffocare. Stavo prendendo in giro lui e anche me. Però... c'è sempre un però in ogni cosa che faccio, in ogni decisione che prendo. Ma perché non riesco ad essere coerente con me stessa? E così ogni volta che ho bisogno di sentirmi amata vado da Nik... Lui rimane il mio punto fisso, la mia ancora di salvezza e ogni volta che sto male è lì che torno, sapendo che ci sarà sempre. Quando sono davanti alla sua porta non so mai se sperare che mi apra o preferire che mi chiuda la porta in faccia. Almeno, forse, così riuscirei a metter fine a questa storia. Che poi dipende tutto da me. Per una volta sono io la più forte. Per una volta posso decidere io il destino di questa storia. Per una volta non sono io quella che si fa del male. Lo so che non è giusto, che Nik non lo merita, che non dovrebbe pagare lui per gli errori che ho fatto, ma non riesco a comportarmi diversamente, a dargli quello che vorrebbe.
Ieri sera stavo malissimo: mi era preso un attacco di malinconia assurdo. Non volevo stare da sola tra queste quattro mura così ho chiamato Sara, ma non l’ho trovata. Mi rimaneva solo Nik e sono andata da lui. Abbiamo finito per fare l’amore senza parlare, senza dirci niente. Nei suoi occhi azzurri come il cielo nelle giornate di sole ho letto il bisogno di avere spiegazioni, ma io non sono pronta a dargliene, forse perché prima dovrei spiegare a me stessa cosa mi sta succedendo.
Stamattina mi sono svegliata con lui al mio fianco. Svegliarmi abbracciata a Nik, sentire l’odore della sua pelle è la cosa che mi fa star meglio al mondo, ma al contempo è quella che mi spaventa di più. Vederlo dormire è bellissimo, starei per ore a fissarlo. I suoi capelli biondi sparsi sul cuscino, il suo viso da bambino che nasconde benissimo i suoi ventinove anni, le sue labbra. Sembra un angelo e forse lo è. E' il mio angelo e ogni volta vorrei restare, ma non posso. So già che se restassi gli farei del male. Lui vorrebbe che stessimo insieme, come una coppia normale, ma io non ci riesco. Ogni volta che vivo una situazione che potrebbe farmi star bene mi faccio prendere dall'ansia, dalla paura che tutto finisca da un momento all'altro. Forse perché ho paura di ridurmi come mia madre, che da vent'anni aspetta che mio padre torni. No, io non voglio finire così. Non voglio amare una persona che poi mi farà del male. Dentro di me so benissimo che con Nik non andrebbe così, lui è troppo speciale, non mi farebbe mai soffrire. Ma non ce la faccio. Forse è anche questa consapevolezza a bloccarmi. Ho paura di vivere un amore. Sono una vigliacca e ogni volta alle prime luci dell’alba esco da casa sua come una ladra fuggendo dall’unico posto dove mi sento veramente a casa, dall’unica persona che mi fa stare davvero bene.
 


[1] Frase tratta dal brano “Not strong enought” degli Apocalyptica
 



Ed eccoci qua all'ennesimo capitolo dei miei deliri. Qua si è entrati nel vivo della storia, di questo amore patologico e iniziamo anche a capire meglio la nostra Laura e la sua testa matta. Che dite? Posso andare avanti o vi siete addormentati sulla tastiera? Ogni commento (anche se negativo) è sempre gradito, almeno mi lasciate un segno del vostro passaggio ;)
Grazie alla mia pisella Heaven_Tonight e alla cognatina virtunale  TheDarkLadyV  per i commenti e grazie anche a tutti i lettori silenti (palesatevi per piacere, vi voglio bene lo stesso anche se mi dite che la storia fa ribrezzo!)
Se la Musa non fa i capricci, ci leggiamo presto :)

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** *** Slave to this love *** ***




We've been slaves to this love
From the moment we touched
And keep begging for more
Of this resurrection[1]

“E anche per oggi è fatta.”
Tommy chiude la grata e gira la chiave nella toppa della porta del bar sbuffando: un’altra giornata di lavoro è finita e adesso può correre al suo garage e chiudersi in quel mondo fatto di note che lo fa sentire vivo. Prima o poi arriverà l’ultima grata da tirare, l’ultima porta da chiudere e potrà finalmente sentirsi davvero libero. Si guarda intorno per controllare che tutto sia a posto, inserisce l’allarme, da un ultimo colpo di spugna al bancone poi si avvicina al tavolino dove sono seduta da un po’, sposta una sedia e si siede di fianco a me.
“Allora Laura, hai deciso di dormire qua o vuoi venire a farmi compagnia al garage?”
“Sarai solo?”
“Si, tranquilla. Nik e gli altri stasera hanno la serata libera: devo sistemare alcuni testi che non mi convincono e quando sono preso dall’estasi creativa è meglio che gli altri ragazzi se ne stiano alla larga.”
Scoppia a ridere, si alza, prende una bottiglia di Jack Daniel’s dallo scaffale poi mi guarda.
“Allora che fai?”
“Va bene, vengo con te. Tanto non è che abbia delle grandi scelte poi sono curiosa di vedere il genio al lavoro.”
Mi guarda con un sorriso amaro e uno sguardo malinconico e insieme ci dirigiamo verso la porta che dà sul retro. Percepisco che c’è qualcosa che non va: quello che ho davanti non è il solito Tommy sbruffone e sicuro di se. E’ pensieroso, serio, come se avesse un peso dentro.
Il garage dista un centinaio di metri dal bar e in pochi minuti siamo lì. Tommy apre il portone ed entriamo. Mi siedo in un angolo e rimango a osservarlo mentre alterna annotazioni su un blocco per appunti a strimpellamenti con una chitarra acustica fumando e bevendo dalla bottiglia che si è portato dal bar. Stranamente è piuttosto silenzioso: è difficile vedere così proprio lui che ama deliziarci con i suoi monologhi e sfoderare la sua parlantina. Non capisco se sia solo una conseguenza dell’estasi creativa, come l’ha chiamata lui, o se ci sia dell’altro.
D’un tratto straccia tutti i fogli su cui aveva scritto, lancia la chitarra in un angolo, spegne la sigaretta gettandola e pestandola nervosamente poi si siede a terra. Piega le ginocchia portandosele vicino al petto, ci si appoggia con i gomiti e si passa le mani tra i capelli. Si volta verso di me con uno sguardo smarrito: i suoi occhi azzurri, sempre vivi e così attenti al mondo, hanno una luce spenta, sono come offuscati da lacrime che vorrebbero scendere, ma che restano lì, sospese tra le sue ciglia.
Scende uno strano silenzio nel garage dove l’aria odora di sigaretta mista ad alcol. Dopo un po’ mi decido a parlare per rompere la tensione.
“Tommy, è tutto a posto?”
“Tutto a posto… mi chiedi se è tutto a posto… Non lo so Laura. Ecco, sei riuscita a trovare una domanda alla quale Tommaso Riccoboni non riesce a rispondere.”
Accenna un sorriso ironico, ma il suo sguardo è perso. Prende un altro sorso di Jack Daniel’s, sospira poi alza lo sguardo verso di me.
“Laura… credi davvero che prima o poi riuscirò a dare una svolta alla mia vita? Ho quasi quaranta anni e mi sento come se non avessi concluso niente di buono. Certo, ho un bar che gestisco e va abbastanza bene, non mi posso lamentare, ma sento che questa vita inizia ad andarmi stretta. Non è quello che voglio. La mia vita non è servire cappuccini: io voglio stare su un palco, vivere della mia arte. Credi che ce la farò?”
Vedere Tommy così insicuro mi stranisce: per qualche minuto non riesco a rispondergli, rimango attonita a guardare i suoi occhi così diversi dal solito. Non mi aspettavo un discorso del genere proprio da lui. E’ sempre così spavaldo, sicuro di quello che fa. E’ lui che prima dei concerti incoraggia i ragazzi a salire sul palco e spaccare tutto. Anche quando le cose con Jumpin’ Frog non andavano benissimo, è stato sempre lui a cercare Francesco e Nicola, a inserirli nella band per cercare di dare una svolta a quella che è la parte più importante della sua vita, quella alla quale ha sempre detto di non poter rinunciare perché sarebbe come negarsi l’aria che respira. Ed è sempre lui che s’incazza quando i ragazzi non s’impegnano come dovrebbero con la band o quando li vede scoraggiati.
Mi alzo e vado verso di lui poggiando una mano sulla sua testa come farebbe una mamma con il suo piccolo deluso dalla prima caduta in bicicletta. Mi abbasso e mi siedo al suo fianco carezzando i suoi capelli biondi e cerco di parlargli col tono più rassicurante che mi possa uscire.
“Certo che ce la farai. Tommy, tu sei una vera forza della natura, sei nato per stare su un palco. Hai carisma da vendere e vedrai che prima o poi arriverà anche il momento per te di spiccare il volo.”
Mi guarda, ma non sembra molto convinto di quello che ho appena detto poi torna a rivolgere lo sguardo alla bottiglia e se la porta alle labbra per un ultimo sorso. Torna a voltarsi verso di me.
“Sei sicura Laura che ce la farò? Perché io non sono più sicuro di niente, neanche del fatto che valga ancora la pena farmi il culo con la band.”
“Ma che dici Tommy? Ma non vedi che ai concerti c’è sempre più gente? E dopo tutti si affrettano al banchetto dei gadgets per comprare il vostro cd. Poi non sei tu quello che dice sempre che dobbiamo avere il coraggio di seguire i nostri sogni?”
Gli appoggio una mano sulla spalla e lo stringo a me. Lui si appoggia al mio fianco destro, la testa piegata sulla mia spalla.
“Ti fa star bene quello che fai con i Jumpin’ Frog?”
“Certo che mi fa star bene: è l’unica cosa che mi fa sentire vivo.”
“E allora vivila: non scappare da quello che ti fa star bene, vivi al massimo le tue passioni e vedrai che prima o poi anche il mondo si accorgerà di voi.”
La sua espressione cambia e negli occhi rivedo la luce che conosco bene e che li anima da sempre.
“Forse hai ragione… Non potrei mai mollare la musica, lasciar perdere tutto. I Jumpin’ Frog sono la mia vita ed è qua, in questo garage o su un palco, che sento davvero di essere a casa, di essere vivo. Prima o poi anche il mondo si accorgerà dei Jumpin’ Frog e allora si che dovrete avere paura perché non ci fermerà nessuno.”
Il suo sguardo è puntato in avanti, verso un punto nell’infinito, e sulle labbra disegna un sorriso sghembo dei suoi. Mi abbraccia e rimaniamo lì, seduti sul pavimento freddo di quel garage pieno di sogni. Dopo qualche minuto prova ad alzarsi, anche se le gambe non lo reggono molto: forse avrebbe dovuto chiudere con il suo amico JD prima di vedere il fondo della bottiglia.
“Si è fatto tardi, io vado verso casa che domani alle 4 ho la solita cazzo di sveglia che suona e comunque sono troppo ubriaco per concludere qualcosa. Tu che fai?”
“Non lo so… andrò un po’ in giro: è un po’ che non mi faccio una passeggiata per la città, soprattutto da quando mi sono trasferita. Mi manca rivedere i posti che sento miei.”
“Ok.. domani mattina ti rivedrò al bar?”
“Non credo, sai che non mi va di fermarmi troppo a lungo da queste parti…”
“Ancora pensi ad Andres o è qualcun altro il problema?”
Abbasso gli occhi e rispondo “Un po’ tutti e due…”
"Va bene…”
Capisce che non è il caso di proseguire oltre: non è un discorso che amo affrontare...
Usciamo dal garage e Tommy chiude il portone.
“Allora ciao… ci vediamo presto…”
Lo saluto mentre un silenzio imbarazzante scende tra di noi.
“Ciao Laura… alla prossima…”
Si volta e s’incammina verso casa sua. Pochi passi poi si ferma e torna a volgere lo sguardo verso di me.
“Laura, forse dovrei farmi i cazzi miei e magari sto sbagliando dicendoti queste cose, ma attenta a quello che fai con Nik. Lo stai facendo soffrire e se gli vuoi bene evita di andare da lui: prima cerca di fare chiarezza dentro di te, di capire cosa vuoi veramente. Nicola non si merita di essere trattato così, lo sai bene anche tu.”
Il suo sguardo si ferma per un attimo nel mio poi si torna a voltare e continua la sua camminata storta verso casa tenendosi rasente il muro per non rovinare a terra.
Vorrei rispondergli, ma le parole mi muoiono in gola, anche perché mi rendo conto che non posso aggiungere altro: ha ragione, ha maledettamente ragione. L’aria fresca della notte mi punge il viso, ma non mi dispiace. Le strade sono deserte, giusto una qualche auto che passa a interrompere il frinire dei grilli. Mi stringo un po’ nelle spalle mentre cammino persa nei miei pensieri. Le parole di Tommy mi risuonano nella testa “attenta a quello che fai con Nik. Lo stai facendo soffrire e se gli vuoi bene evita di andare da lui: prima cerca di fare chiarezza dentro di te, di capire cosa vuoi veramente”. So benissimo che Nik sta male, che ogni volta che ci vediamo si rompe qualcosa dentro di lui, ma allo stesso tempo non posso fare a meno di vederlo. Sono come schiava di lui, del suo bene, dell’unica persona che sento davvero mia, anche se solo per qualche ora. Ho bisogno di lui, di sapere che anch’io ho il mio porto sicuro dove tornare. Poi mi tornano in mente le parole che ho detto a Tommy. “Non scappare da quello che ti fa star bene”. Sono stata proprio io a dirlo? Chissà perché siamo sempre bravi a dare consigli agli altri, ma quando si tratta di noi stessi siamo sempre confusi e scegliamo le strade più sbagliate.
Camminando non mi accorgo neanche che sono arrivata sotto il palazzo dove abita Nik. Guardo le finestre: la luce è accesa, chissà se è a casa solo o se c’è anche Frank. Vedo un’ombra avvicinarsi alla persiana e mi nascondo dietro l’angolo. Dopo poco lo vedo affacciarsi mentre Frank e Fra escono dal portone di casa.
“Frank ricordati di portarmi la colazione domani: cappuccino e due brioches!”
“Agli ordini Signor Cavezzi! Desidera altro? Perché sa che io e la mia Signora siamo a Suo totale servizio.”
“Smettila di fare il cretino. È il minimo che mi devi dopo che vi ho preparato la cena. Poi mi lasci sempre solo perciò devi farti perdonare. Portami la colazione e non rompere!”
“Va bene mio Signore della Cucina!” Poi fa un inchino e si mette a ridere: amo la risata di Francesco, così rumorosa e contagiosa che è inevitabile sorridere sentendola. Mi mancano le nostre chiacchierate, i suoi abbracci così avvolgenti, mi manca il mio fratellone, ma non potevo pretendere che le cose tra noi non cambiassero dopo tutto il casino con Nicola. Una lacrima scende a rigarmi il viso e mi sale il groppo in gola pensando a tutte le volte che sono corsa da lui per cercare quelle parole di conforto che solo Frank è in grado di trovare. Poi la voce di Nik mi riporta alla realtà.
“Ma sarai scemo? Vai prima che la tua bella si congeli. Ci vediamo domani da Tommy barbone.”
“A domani coglione!”
Le loro risate risuonano nell’aria: sono così cristalline e un po’ sento d’invidiarli per questo rapporto che hanno.
Vedo Frank e Fra allontanarsi e sparire dietro l’angolo mentre Nik rimane alla finestra a scrutare il cielo: i capelli biondi leggermente mossi dal vento, gli occhi resi luminosi dal riflesso delle luci della città. Rimango per qualche minuto rintanata nel mio angolino a osservarlo: è così bello e sereno. Poi le gambe iniziano a muoversi, come attirate da una forza incontrollabile e mi ritrovo sotto quella finestra a guardarlo col naso in su. Non si accorge subito della mia presenza, impegnato a scrutare il cielo, poi abbassa lo sguardo e i suoi occhi incontrano i miei.
“Laura..”
I suoi occhi cambiano improvvisamente e la sua espressione gli disegna sul volto tutto lo stupore di trovarmi lì.
Resto a guardarlo, incapace di pronunciare anche solo una parola. I secondi scorrono lenti come se fossero ore, giorni mentre fisso quegli occhi azzurri che mi stanno scrutando dall’alto.
“Sali.”
Solo una parola che suona perentoria, quasi un ordine. Lo vedo rientrare, chiudere la finestra e dopo poco sento lo scrocchiare della serratura del portone che si apre. Lo spingo ed entro. Mentre salgo le scale, sento una strana ansia crescermi nello stomaco e il cuore inizia a battermi all’impazzata. Ad ogni gradino mi assale un misto tra la voglia di perdermi tra le braccia di Nik e il desiderio di scappare via. Arrivo davanti alla porta che si apre e me lo trovo lì, a petto nudo, con i jeans sui fianchi e i capelli spettinati che gli ricadono sugli occhi.
Mi fa entrare e richiude la porta alle nostre spalle. In un attimo tutti i pensieri se ne vanno e sento solo la voglia di abbracciarlo, di stringerlo tra le mie braccia e baciarlo con passione come tutte le altre volte. Ma questa sera c’è qualcosa di diverso in lui. A un tratto le lacrime che trattiene a fatica offuscano i suoi splendidi occhi azzurri, quegli occhi che mi hanno sempre stupito per la capacità di essere luminosi in ogni circostanza. Si avvicina, le sue labbra sulle mie ad annullare qualsiasi distanza tra di noi.
"Laura... Dimmi che questa volta non te ne andrai, che domani al mio risveglio sarai ancora qua. Ho bisogno di sentirmelo dire perché così non ce la faccio più. Quando ti vedo davanti alla mia porta, spero sempre che tu sia tornata per restare, ma quando mi sveglio e non ti trovo sto male. Mi fa male non sapere dove sei, cosa fai, se e quando tornerai. Ogni volta che esci da quella porta una parte di me viene con te. Ho bisogno di te, di averti qui con me."
Pronuncia queste parole tutte d'un fiato, come se sapesse che fermandosi anche solo per respirare non sarebbe più riuscito a dirmele. I suoi occhi fissi nei miei feriscono più di mille pugnali. Mi fa male vederlo così e sapere che la causa di tutto sono io.
Lo stringo a me. Lui appoggia la faccia sulla mia spalla. Sento il suo cuore battere e le lacrime bagnare la mia maglietta.
"Nik... abbracciami... ho bisogno del tuo abbraccio, di sentirti vicino. Non pensare a domani, viviamo ora, in questo momento."
Alza il viso: i capelli spettinati a coprirgli appena gli occhi ancora velati dal pianto. Rimaniamo così, a guardarci per alcuni minuti. Poi le sue mani s’insinuano sotto la mia maglia e me la sfilano. Mi abbraccia così stretto che per un attimo penso voglia entrarmi direttamente nello sterno. Sento la sua pelle contro la mia, il battito del suo cuore così accelerato che sembra uscirgli dal petto. Poi mi bacia: le sue mani a cercare la mia pelle, le mie a cercare la sua. Ci spogliamo e facciamo l’amore, ancora una volta in silenzio, senza dire una parola perché, per motivi diversi, entrambi abbiamo paura di quello che l’altro potrebbe dire.

Mi sveglio e sono tra le sue braccia. Mi volto appena per guardarlo cercando di non svegliarlo. Con lo sguardo percorro tutto il suo corpo: i capelli che ricadono sul cuscino, gli occhi chiusi, la sua schiena che si muove al ritmo del respiro. Sento come uno strano calore provenirmi da dentro: starei ore a guardarlo, ma non posso. Devo uscire da questo letto, da questa stanza prima che si svegli perché se solo incrociassi il suo sguardo tutto sarebbe più difficile. Cerco di sollevare il suo braccio e lentamente scivolo fuori da quell’abbraccio, da quel calore che solo Nicola sa darmi, ma dal quale devo fuggire perché ho troppa paura che si trasformi in un incendio e di bruciarmi. Mi rivesto e prendo uno dei tanti foglietti che ha sparsi sulla scrivania.

Ciao Nik,
come vedi non sono riuscita a restare neanche questa volta.
Lo so che ti sto facendo del male. Se puoi perdonami, ma se restassi te ne farei di più.
Tornerò, lo sai che tornerò, non posso farne a meno.
Non so se ti troverò ancora ad aspettarmi. Non me lo merito e soprattutto tu meriti molto di più.

Ti voglio bene
Laura

Poi esco e scendo le scale velocemente, senza voltarmi perché se mi fermassi anche solo a guardare quella porta il desiderio di perdermi ancora una volta tra quelle braccia potrebbe avere la meglio ed io non voglio, non posso permettermi di abbassare del tutto le mie difese, non ancora. Chiamo un taxi e torno a casa, in quell’appartamento dove fuggo lontano da tutto e da tutti, dove non mi sento così vulnerabile come quando sto con Nik.
 


[1] Frase tratta dal brano “Resurrection” degli Him



Allora? Siete arrivati in fondo a questo delirio o vi siete addormentati prima? Spero siate arrivati fin qua... In questo capitolo ho dato un po' di spazio a Tommy e ai suoi dubbi, alle sue paranoie alcoliche. Piano piano penso di dare un po' di spazio a tutti i Jumpin' Frog, per la gioia di cla_mika che vorrebbe conoscere Giacomino ahahahahha!
Che dire? Ringrazio come al solito la mia pisella 
Heaven_Tonight, la cognatina virtuale _TheDarkLadyV_   che non mancano mai e la new entry non che mia gemellina musicale cla_mika e ringrazio anche chi passa, legge, ma non commenta (fatevi vivi però ogni tanto, almeno vedo che ci siete). Sperando che la Musa non faccia i capricci, ci leggiamo "very soon" XD
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** ***Non passerai*** ***




“Tommy, sai che ti dico? Che mi sono rotto il cazzo e la batteria te la suoni tu! Io vado a farmi una sigaretta!” Giacomo si alza di scatto, butta le bacchette a terra poi esce dal garage sbattendo la porta. Saranno tre ore che siamo chiusi qui dentro a provare e Tommy sta dando i numeri, come il solito. Domani sera dobbiamo suonare in un paese qua vicino e da una settimana non facciamo altro che chiuderci in garage a provare tutta la notte. Tommy è un maledetto perfezionista: deve sempre avere tutto sotto controllo, essere sicuro che ogni cosa vada esattamente come ha programmato lui. E’ un cagacazzo incredibile e per riuscire a farle girare anche a Jack vuol dire che stasera si è impegnato in modo particolare! Giacomo è il più piccolo della band con i suoi venticinque anni ed è sicuramente il più silenzioso. A differenza di Frank, che non riesce a star zitto per più di cinque minuti, lui è capace di passare un pomeriggio intero al garage senza aprir bocca, tanto che se non fosse per il casino che fa con la sua batteria ci scorderemmo di averlo con noi. In compenso ha la bocca sempre occupata dalle sigarette: ogni volta perdo il conto di quante riesce a fumarne in qualche ora di prove. E’ un essere indecifrabile: conosciamo davvero poco di lui, ma in fin dei conti va bene così. Come dice sempre, con noi ci deve suonare, mica andarci a letto, perciò non abbiamo bisogno di sapere altro se non come picchia con le bacchette. I capelli biondi sparati da tutte le parti quasi si fosse pettinato usando una bomba a mano e gli occhi blu sempre spalancati gli danno un aspetto quasi alieno, come se fosse appena arrivato da Marte con la sua navicella spaziale. Appena il batterista esce dalla porta, il cantante inizia a dare in escandescenza.
“Mi sono rotto il cazzo di voi quattro: ma non capite che domani sera dobbiamo suonare davanti ad un pubblico? Se non proviamo che cazzo facciamo? Andiamo lì a farci delle seghe?”
Io e Frank ci guardiamo senza dire una parola poi ci voltiamo verso Gio, che capisce al volo cosa deve fare.
“Tommaso, datti una calmata altrimenti qua non riusciamo a concludere niente.” Giovanni posa la chitarra, si avvicina a Tommy e gli appoggia una mano sulla spalla: è quello che lo conosce meglio ed è anche il più pacato di noi, quello che sa sempre come prenderlo anche quando ha esagerato con il suo amico JD ed è in preda ai suoi deliri alcoolici come in questo momento.
“Non puoi esasperare i ragazzi ogni sera. Abbiamo provato tutti i pezzi e vengono perfetti perciò non ti preoccupare: domani sera spaccheremo il mondo!”
Tommy lo guarda con un’espressione che non promette niente di buono: lo fissa di sbieco con i suoi occhi azzurri che hanno un qualcosa d’inquietante mentre la bocca è piegata in una smorfia. Nel frattempo Jack rientra e sbuffando si torna a sedere dietro la batteria pronto a ricominciare.
“Fermi tutti.” Tommy si alza di scatto poi si appoggia al muro per reggersi in piedi. “Vi devo chiedere scusa. Lo so che sono un rompiballe, che vi dico cose che non dovrei dire, ma sapete quanto tengo ai Jumpin’ Frog: in questo garage c’è tutta la mia vita e sono contento di condividerla con dei musicisti come voi.” Il JD incomincia ad avere un effetto deleterio sulla psiche di Tommy. Frank si volta verso di me con gli occhi terrorizzati mentre Jack inizia a mimare il gesto di tagliarsi le vene: ecco arrivato il momento del monologo alcoolico di Tommaso Riccoboni. Mi volto verso Giovanni con uno sguardo supplichevole, tipo cagnolino bastonato che cerca conforto dal suo padroncino. Il chitarrista ci fa segno con le mani di stare calmi e fa un cenno con la testa come a dire “Adesso ci penso io, tranquilli”.
“Tommy, tranquillo. Lo sappiamo quanto tieni ai Jumpin’ Frog e anche noi ci teniamo almeno quanto te, vero ragazzi?” e ci guarda facendoci cenno di acconsentire.
“Si si… certo… anche noi ci teniamo tantissimo!” Rispondo io e gli altri due fanno un cenno con la testa: speriamo basti per far si che Tommy si acquieti. L’ultima volta che ha attaccato con uno dei suoi discorsi filosifico-alcoolici siamo rimasti due ore ad ascoltarlo: il delirio!
“Ok… per stasera avete fatto abbastanza…” Tommy si passa una mano tra i capelli confuso “Ehm.. boh… ci vediamo domani mattina al bar… si… ok… al bar…” Con una mano si gratta il mento ed esce dal garage con lo sguardo basso perso chissà dove.
“Gio, chiudi tu qua ok? Io… io… io vado a casa…”
“Tranquillo, ci penso io. A domani Tommy.”
“Si… a domani…” E si allontana. Rimaniamo a guardarlo straniti: ormai dovremmo esserci abituati a vederlo così, ma ci fa sempre lo stesso effetto. Quando sta al bancone del bar o quando è sul palco, Tommy sembra così sicuro di se, con questa sua aria strafottente, con quel suo modo di declamare le cose quando parla come se fosse un gran attore e invece nasconde una grande fragilità. E’ un insicuro, per questo quando saliamo sul palco vuole avere tutto sotto controllo: segue ogni passo, dal posizionamento degli strumenti fino all’attacco dei vari cavi e delle luci. Non si muove una mosca se non ha la sua approvazione e questo, unito al suo fido amico JD, gli da l’illusione che tutto possa andare per il meglio. Quando saliamo sul palco diventa il perfetto contralto di se stesso, tanto da risultare persino spocchioso. E’ come se dentro di lui esistessero una sorta di Dottor Jekyll e Mr Hyde pronti a scambiarsi nel momento in cui imbraccia un microfono.
“Ragazzi, che facciamo? Andiamo?” Giacomo interrompe il silenzio che è sceso all’improvviso nel garage.
“Direi che possiamo levare le tende pure noi, tanto qua abbiamo finito. Ci vediamo domani mattina al bar di Tommy?”
“Ok, Gio. Ci vediamo domani mattina così ci paghi la colazione che ci devi da una settimana!”
“Ma sentilo! Frank, sei tu che dovresti pagare la colazione a me! Chi ti ha sistemato la chitarra durante l’ultimo concerto? Chi ti ha salvato il culo grazie alla sua scorta di corde? Io! Se non fosse stato per me avresti subito le ire di Tommy e a quest’ora non so se saresti qua a fare il furbo…”
“Ancora con questa storia? Per quanto hai intenzione di rinfacciarmelo? Così, tanto per saperlo che almeno ti evito per un po’…”
“Smemorato e pure permaloso… devo dire a Tommy di sceglierli meglio i musicisti.” Poi si passa la mano tra i capelli e si volta dall’altra parte guardando Frank con aria di sufficienza e con l’espressione di chi vuol dire “Per me è finita qua, vai pure avanti a discutere da solo che non me ne frega un tubo.
“Io sarò anche permaloso, ma tu sei il solito stronzo.” Frank e Gio non sono proprio quelli che definiresti “ottimi amici”: diciamo che si sopportano giusto perché condividono i Jumpin’ Frog altrimenti farebbero più che volentieri uno a meno dell’altro. Sono esattamente agli antipodi e difficilmente si sarebbero incontrati se non fosse stato per Tommy. Gio è il tipico belloccio, ben consapevole di esserlo e che fa di tutto per far capire a chi lo vede quanto lui sia figo. Capelli sempre in perfetto ordine, occhiali da sole fissi anche quando sta sul palco dove sfoggia le sue magliettine firmate e i suoi jeans aderenti. Lo prendiamo sempre in giro dicendogli che è un musicista rock, non una diva di Hollywood e lui s’incazza. Però è anche l’unico che sa come prendere Tommy e che riesce a farlo ragionare anche nei momenti peggiori.
E Tommy ne ha tanti di momenti no! Il nostro leader ha un carattere impulsivo e tende a partire in quarta e dare in escandescenza ogni volta che qualcosa non va come lui vorrebbe. Se poi ha fatto il pieno con il Jack Daniel’s, come sempre, è anche peggio! Una volta, durante un concerto, è sceso dal palco e ha tirato un cazzotto in faccia ad un tizio in prima fila colpevole di non apprezzare la nostra musica e di manifestarlo con insulti e quant’altro mentre in un’altra occasione ha lanciato il microfono in testa a quel poveraccio che stava cercando di sistemarlo dopo che lui l’aveva smontato facendolo cadere in un impeto di foga rock.
Sistemiamo gli strumenti e ci apprestiamo ad uscire dal nostro covo prima che Gio e Frank si scannino quando vediamo Tommy arrivare. Ci guardiamo tra noi, a metà tra lo stupito e il terrorizzato: non è che adesso ci fa ricominciare con le prove? Ha lo sguardo luminoso, ben diverso da quello smarrito di mezz’ora prima.
“Ragazzi vi annuncio che ho preso una decisione importante: tra un mese chiudo il bar e la musica diventerà la mia vita. Ho quarant’anni ed è ora che ci provi davvero!” Resta lì, in piedi a fissarci mentre noi non capiamo se sia uno dei suoi soliti deliri o se stia parlando sul serio. Lo guardiamo increduli.
“Beh… non venite a congratularvi con me? Mica vi ho detto che sto per andare in guerra.”
Ci guardiamo poi parte un abbraccio collettivo e tante pacche sulla spalla per Tommaso: il suo sguardo s’illumina maggiormente poi si stacca, ci saluta e torna ad incamminarsi verso casa. Questa volta però lo vediamo davvero felice, come se si fosse appena tolto un peso. Chissà se domani sarà ancora della stessa idea o se questa era solo l’ennesima sparata frutto del delirio alcoolico.
Decidiamo che è giunta l’ora anche per noi di andarcene: Gio chiude il garage a doppia mandata, come a non voler far scappare i sogni che sono rimasti lì dentro.
 
"Tommy, il solito!"
Come ogni mattina, io e Frank entriamo al Bar della Piazza, un po’ la nostra seconda casa. Stranamente, Giacomo e Giovanni sono già lì’ ad aspettarci.
"Maaax, 2 cappuccini per quei rompiballe dei MIEI musicisti! Andate a sedervi al tavolo con gli altri 2 che arrivo subito."
"Dai Tommy... coraggio che se Dio vuole questi sono gli ultimi che fai."
"Piano Frank... ne avrò ancora per un po', ma a fine mese giuro che lascio tutto. Ormai ho deciso. Farò i salti mortali, m'inventerò dell'altro, ma a quarant’anni suonati è giunta l'ora che prenda in mano la mia vita e mi metta a fare davvero il musicista!"
"Beato te che puoi... io e Nik ci barcameniamo tra mille progetti e nonostante tutto non riusciremmo a pagare le bollette se non lavorassimo nella fabbrica di suo padre... Poi tra un po’ Nik se ne va... Francesca si trasferisce da me… Vedremo come andare avanti, ma ci vogliamo provare."
"Wellaaaa!! Che news! E’ un periodo di grandi cambiamenti per i Jumpin’ Frog! Allora tu e Fra vi siete decisi! E bravi ragazzuoli!"
"Si... si trasferisce la settimana prossima..." Frank gonfia le guance e sbuffa come se fosse dispiaciuto della cosa.
"E me lo dici così? Mi aspettavo un pelino d'entusiasmo in più..."
"Ma si... sono contento che venga a vivere con me, ci mancherebbe, ma Nik... ufff..."
"Ehi... mica vado in Patagonia... Mi trasferisco solo al piano di sopra perciò già sai che sarò sempre lì a rompere!"
"Si... va beh... ma non sarà la stessa cosa..."
"Frank, ne abbiamo già parlato... E' giusto che tu e Fra vi facciate la vostra vita senza avermi tra i piedi. Mica posso passare tutte le sere in camera con i tappi nelle orecchie per non sentire i vostri rumori molesti. Vado solo fuori casa, non esco dalla tua vita. Non ti preoccupare!"
"Sei proprio scemo… e comunque i rumori molesti andiamo a farli a casa dei genitori di Fra, mica rompiamo le scatole a te. Va beh... lasciamo perdere che è meglio… però... ufffff!" A volte Frank sembra proprio un bambino. Se le cose non vanno come programma lui inizia ad andare nel panico, a farsi mille paranoie, soprattutto se si tratta di me o di Fra.
“Francesco piantala, non fare il bambino. Lo sai che tanto ho deciso e sai benissimo che è la cosa migliore per tutti e tre.”
Frank mi guarda poco convinto e mi fa una smorfia talmente buffa che scoppio a ridere mentre lui mi pianta il broncio perché lo prendo in giro.
Ci sediamo al tavolino con gli altri per fare colazione. 
 
E salgo ancora in alto perché
è lì che c’eri tu.
Ma ora serve il coraggio per me
di guardare giù.
E non c’è niente che resiste
al mio cuore quando insiste
perché so che tu non passerai mai,
che non passerà[1]
 
La musica cattura i miei pensieri e li porta altrove, dove non dovrebbero andare. E' passato un mese. Un mese durante il quale non l'ho sentita. Come al solito. Io non la cerco e lei neppure, anche perché se la cercassi inizierei a farle domande alle quali non risponderebbe e finiremmo per litigare. Meglio così. Francesco si accorge del mio cambiamento improvviso di umore.
"Che c'è Nik? Tutto ok?"
"Si Frank... non ti preoccupare..." Non posso dirgli dove sono i miei pensieri, meglio non parlare di Laura con Frank, non voglio discutere e so già come va a finire ogni volta che la nomino. Ma con lui so anche che non posso mentire: è come se leggesse i miei pensieri attraverso i miei occhi, mi conosce troppo bene.
"Non mi dire che stai ancora pensando a quella..."
"Frank… non ho voglia di discutere, lascia perdere ok?"
"E invece no che non lascio perdere! Devono sapere tutti come ti lasci usare da quella, così forse lo capirai anche tu."
"FRANK! TI HO DETTO DI SMETTERLA! Tommy, scusami mi è passata la voglia di far colazione. Ci vediamo più tardi." Mi alzo ed esco dal bar sbattendo la porta.
"Guarda che scappando non cambiano le cose! La realtà rimane sempre la stessa, anche se non vuoi vederla!"
Sento la voce di Frank alle mie spalle, ma decido di ignorarlo. Inizio a camminare veloce finche non mi trovo sotto il portone di casa. Salgo le scale, entro nell’appartamento che divido ancora per poco con Frank ed entro direttamente in camera mia buttandomi sul letto. Prendo il lettore mp3 e infilo le cuffie: voglio stordirmi, spegnere il cervello e non pensare a niente. Chiudo gli occhi e mi lascio trasportare altrove dalle note dei System of a Down.
Poi una vibrazione che arriva dalla mia tasca interrompe il momento catartico. Rispondo distrattamente, senza manco leggere il nome sul display.
"Pronto?"
"Ciao Nik... sono io..."
La voce che arriva dall’altro capo mi fa alzare di scatto.
"Laura... cosa vuoi?"
"Avevo bisogno di sentirti..." Dalla voce capisco subito che sta piangendo
"Che ti è successo? Dove sei?"
"Nik... non chiedermi niente..."
"E allora perché mi hai chiamato? Si può sapere cosa vuoi da me?"
"Niente. Scusa, ho sbagliato a chiamarti."
"Cosa vuol dire che hai sbagliato a chiamarmi? Non puoi fare sempre così! Laura..." Un nodo mi stringe la gola e non riesco più a parlare "... Laura... ti prego..."
"Nik... scusami..." E riattacca.
Resto lì, sdraiato sul letto a fissare il soffitto. Il cellulare ancora nella mano con quella scritta "chiamata terminata" a ricordarmi che per un attimo Lei è stata qua. Nell'altra il bigliettino che mi ha lasciato, quel "Ti voglio bene" conficcato come un pugnale nella mia anima. La sua maglietta, quella che ha scordato l'ultima volta, quella che ha ancora il suo profumo è qua. Come se stringendola stringessi anche Lei. Gli occhi si chiudono e una lacrima bagna il cuscino. Ti amo, non sai quanto non lo vorrei, ma non posso farne a meno.
 
[1] Frase tratta dal brano “Non passerai” di Marco Mengoni
 
Rieccomi :) Vi sono mancata? Mmmmmm... mah... Va beh... capitolo un po' così dove vi ho voluto far conoscere un po' le dinamiche nella nostra band del cuore perchè questa ff è si una storia d'amore, ma è anche il racconto delle avventure dei Jumpin' Frog e del loro cercare di emergere nel mondo della musica. Che dite? Vi è piaciuto? Se non vi è piaciuto è colpa della musica deprimente che sto ascoltando in questo periodo che ha risvegliato la Musa, ma lei fa quello che le pare e mi escono robe così...
Ringrazio 
LilyValo per essersi aggiunta alla (poco) folta schiera delle mie followers (stasera sono scemotta, abbiate pietà...), la mia amata cognatina _TheDarkLadyV_, la mia pisella Heaven_Tonight e la gemellina cla_mika che continuoano a seguire i miei scleri e tutti i fantasmini che passano di qua: palesatevi che mica mordo e almeno sò cosa pensate dei miei deliri :)
Vi lascio e vediamo se la Musa collabora ci leggiamo... VERY SOON ;)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** *** Giro di boa *** ***




Un ticchettio insistente contro il vetro della finestra della mia camera mi sveglia. Che ore sono? Mezzogiorno. Mi passo una mano tra i capelli grattandomi la nuca e con gli occhi ancora mezzi chiusi cerco di raggiungere il bagno. Ho come la sensazione di essermi scordato qualcosa, ma non ricordo cosa. Il cervello fatica a riattivarsi. Ieri sera abbiamo suonato con la band: Tommy ha detto che ci sono diversi contatti con locali un po' in tutta Italia. Forse è la volta buona che facciamo il salto! Il disco sta vendendo abbastanza bene. Intendiamoci, non facciamo sicuramente i numeri di Vasco o Ligabue, ma diciamo che riusciamo quasi a mantenerci con la nostra musica: da quando Tommy ha deciso di lasciare il bar si è buttato anima e corpo nei Jumpin’ Frog e il suo lavoro sembra stia iniziando a dare i suoi frutti. Al concerto c'era parecchia gente: ormai abbiamo il nostro gruppetto di fedelissimi, quelli che tutte le volte sono lì, sotto il palco, ma ogni sera ci sono anche tante facce nuove. Guardare la gente che si muove, che canta le tue canzoni è esaltate. Li vedi ondeggiare come una marea che sprigiona energia e te la butta dritta sul palco e tu gliela restituisci in uno scambio continuo. Quando è così, è meraviglioso.
Il ticchettio contro il vetro continua: è come se qualcuno stia tirando dei sassi contro la finestra. In effetti, mi accorgo che è così e sento pure una voce che mi chiama: Frank.
“Frank… che Diavolo ci fai lì sotto?”
“Come che Diavolo ci faccio? Non ti ricordi che dovevamo trovarci al garage stamattina? Tommy mi ha mandato a chiamarti: preparati che è leggermente alterato!”
Il pensiero di ricevere una strigliata da Tommaso appena sveglio non è che mi esalti molto… cerco di vestirmi il più in fretta possibile e vado a raggiungere Frank.
“Perché non hai usato il telefono invece dei sassi?”
“Se tu l’avessi tenuto acceso magari…”
“E il campanello?”
“E’ rotto: stanotte qualcuno ha visto bene di farlo saltare… poi tirarti sassolini alla finestra era un modo più romantico per svegliarti.” E mi guarda facendo la boccuccia a culo di gallina.
“Francesco, te l’ho mai detto che mi fai quasi schifo?”
“Amore, lo sai che mi eccito quando mi tratti male. Forza, continua a infierire. Continua così che mi piace!”
“Sei un cretino! Come fa Francesca a sopportarti? La faranno santa!”
“Si si, dimmi del cretino! Picchiami dai!” E scoppia a ridere mentre saliamo in macchina e andiamo verso il garage.
Tommy ci ha chiamato tutti a raccolta perché dice che deve comunicarci una grande notizia. Da un mese a questa parte, da quando ha detto a Max che avrebbe lasciato il bar, non ha fatto altro che cercare contatti per la band, organizzare concerti: abbiamo suonato di più nell’ultimo mese che nell’anno precedente! Credo abbia trovato finalmente la sua ragione di vita, la sua linfa vitale. E’ come rinato, tanto che ha quasi smesso pure con il suo amico Jack Daniel’s: non dico che sia sempre del tutto sobrio (in fondo ha ancora i suoi demoni, le sue inquietudini con cui combattere), ma almeno non è attaccato alla bottiglia ventiquattro ore su ventiquattro come prima. Però i suoi monologhi non mancano mai di ammorbarci… 
Arriviamo al garage: mi preparo a ricevere una ramanzina da Tommy per il ritardo, ma lui invece ci accoglie con un sorriso da un orecchio all’altro.
"Finalmente ci siete tutti e possiamo fare quello per cui vi ho chiamati qua. Ragazzi, è fatta!"
Tommy è euforico: a quanto pare deve dirci qualcosa d'importante e, a giudicare dalla sua faccia, deve essere una cosa fantastica.
"Che è successo?" Gio gli si avvicina, cercando di capire. Io e Frank ci guardiamo poi rivolgiamo lo sguardo verso Jack che allarga le braccia come a confermarci che neanche lui ne sa niente.
"Ragazzi... è successo! Finalmente è successo! Non sto più nella pelle!"
"Tommy, calmati e cerca di far capire qualcosa anche a noi!" Jack incomincia a spazientirsi, non gli piacciono molto i giri di parole e i misteri.
"Vi avevo detto che c'erano diversi contatti, che il mondo stava iniziano ad accorgersi dei Jumpin' Frog. Beh... tenetevi forte: mi hanno chiamato gli organizzatori del concertone dell'Arezzo Wave, ci vogliono sul palco! Certo... suoneremo al pomeriggio, tra i gruppi emergenti, ma saremo là!"
Nel garage scende un silenzio irreale: ci guardiamo tra di noi increduli. Poi guardiamo Tommy per cercare di capire se sia sano o se piuttosto non stia delirando davvero questa volta.
Frank sembra risvegliarsi all’improvviso e rompe il silenzio.
"MA E' UNA FIGATA PAZZESCA!" Non poteva essere altrimenti: lui ha sempre questo entusiasmo da ragazzino e soprattutto non riesce a star zitto per più di dieci minuti…
"Spiegaci un po' cosa ti hanno detto..." Gio è sempre il più scettico, quello che difficilmente si lascia andare a slanci d'entusiasmo. Sarà forse perché in dieci anni che suona ne ha prese parecchie di batoste...
"Niente... cosa vuoi che mi abbiano detto? Qualche mese fa mi ero iscritto tramite il sito: le band che avrebbero ricevuto più voti sarebbero state selezionate. Non vi ho detto niente perché non pensavo che i nostri fans fossero così tecnologici..."
"Mai sottovalutare i nostri fans! Sai le ragazzette che corrono dietro a Gio come sono scatenate?”
"Frank... sei sempre il solito cretino..." Gio non ama molto sentirsi dire che ha fans scatenate, ma obiettivamente tra noi è quello che agita di più gli ormoni delle ragazze.
"Va beh... cretinate a parte, sta di fatto che mi ero quasi scordato di questa cosa, infatti non ho praticamente mai controllato il sito per vedere a che punto fossimo. Fra lo sapeva, ma le ho detto di non dirvi niente per non darvi false speranze. Si vede che deve aver fatto un ottimo lavoro con la pagina su facebook e tutto il resto perché ce l'abbiamo fatta! Stamattina, quando mi hanno chiamato per dirmi che ci vogliono sul palco, non ci credevo! Vi rendete conto ragazzi? Tra pochi mesi saremo su un palco, un palco VERO!!!"
WOW! Finalmente le cose iniziano a girare! L'Arezzo Wave è uno dei più importanti festival in Italia. Ci hanno suonato gli Afterhours, i Guano Apes, Skin e adesso ci andremo anche noi! Non ci posso ancora credere!
"Ragazzi, stasera si festeggia! Venite al bar verso le 21 e poi ci diamo alla pazza gioia! Frank, porta anche Fra che è la vera artefice di tutta questa meraviglia! Ovviamente, Gio devi portare pure Sara e recuperiamo anche quello scoppiato di Andres. Devono esserci tutti! Però adesso diamoci un po' di contegno e mettiamoci al lavoro che dobbiamo provare i pezzi nuovi: dobbiamo spaccare su quel palco! Forza: muovete il culo e facciamo vedere al mondo intero chi sono i Jumpin’ Frog!”
Ecco che torna a uscire il Tommaso Riccoboni cagacazzo e schiavista, ma questa volta ci sta: dobbiamo davvero spaccare tutto su quel palco!

Il Bar della Piazza: eccoci qua, riuniti per l’ennesima volta in quella che ormai è la nostra seconda casa. E’ strano pensare che non vedremo più Tommaso dietro quel bancone, che non sentiremo più la sua voce che urla a Max di prepararci i cappuccini a colazione. Un paio di giorni e poi inizierà definitivamente la sua avventura da artista. Dubito riuscirà a stare lontano dal suo bar, ma almeno non lo vedrà più come un posto dove sta gettando alle ortiche i suoi sogni.
L'allegra brigata prosegue la sua vita: quanti cambiamenti ci sono stati in un solo mese. Sembra quasi impossibile. Francesca ormai vive con Frank ed io mi sono stabilito nell’appartamento che fu della signora Natalina: ci manca l’odore del ragù che invadeva le scale alle 7 del mattino o il suo stupidissimo cane che veniva a pisciare ogni mattina davanti alla porta del nostro appartamento. Quando ha detto che si sarebbe trasferita a vivere con il figlio quasi ci mettevamo a piangere… Un po’ mi è dispiaciuto lasciare l’appartamento che ho condiviso per quasi dieci anni con Frank, ma era giusto così: non potevo di certo stare lì a fare il terzo incomodo! Comunque va da se che quei due sono spesso da me perché Francesco ha paura che mi senta solo e che non mangi perciò fa preparare manicaretti alla sua bella morettina e poi vengono a mangiarli al piano di sopra (a volte penso sia convinto di essere mio padre e non il mio miglior amico…).
"Hola! Allora, che si festeggia?" Andres entra al bar con Rosy. Non mi dite che pensavate fosse andato via! No no, lo spagnolo ormai vive qua in pianta stabile: lui e Rosy continuano la loro vita tranquilli e felici. Poi, da quanto Laura se n’è andata, non corre neanche il rischio d’incontrarla in giro per il paese perciò non potrebbe stare meglio. La cosa più sorprendente, almeno da parte mia, è che sono riuscito a chiarirmi con lui: dopo tutti questi mesi non aveva davvero senso continuare a ignorarlo o a cambiare strada quando me lo trovavo davanti. Abbiamo parlato della storia con Laura e posso dire che non siamo proprio amici, ma almeno riesco a stare nella stessa stanza con lui senza sentire l'istinto di strozzarlo. Alla fine il problema non è mai stato lui, è giusto così. Poi questa chiacchierata è servita anche a me per togliermi un peso dallo stomaco e provare a ripartire.
“Vieni Andres che qua ci sono novità in vista: presto sentirai parlare dei Jumpin’ Frog anche dalla stampa spagnola, diventeremo una band internazionale!” Tommaso stasera è particolarmente euforico anche senza l’aiuto del suo amico JD. Lo spagnolo si avvicina al nostro cantante e gli batte una mano sulla spalla.
“Bravo Tommaso. Mi ha detto Max che finalmente lasci il bar per dedicarti alla musica. Un passo davvero coraggioso, complimenti.”
“Ancora due giorni poi basta, non mi vedrete più preparare cappuccini e aperitivi.” Gli occhi azzurri di Tommy vagano da un angolo all’altro del bar con fare malinconico: per quanto possa essere soddisfatto della svolta che sta dando alla sua vita, è consapevole che il Bar della Piazza gli mancherà. Scuote la testa come a voler scacciare certi pensieri e ricomincia a parlare rivolto verso Andres.
“Ma non è questa la vera notizia: aspetta che arrivino anche Sara e Gio poi sentirai cosa ho da dirvi!” Dicendo questo ritrova il suo ghigno mefistofelico e quella luce sicura che ha negli occhi quando si tratta della sua musica.
"RAGAZZIIIII!!!! Non ci posso ancora credere! Quando Gio me l'ha detto pensavo fosse impazzito!" Sara e Giovanni entrano dalla porta del bar proprio in quel momento. La biondina illumina la stanza con il suo sorriso: i suoi occhi azzurri brillano per l’entusiasmo. Lei è stata una delle prime a credere nei Jumpin’ Frog, ha sempre saputo che alla fine avremmo combinato qualcosa di buono e adesso che quasi ci siamo la sua gioia è davvero alle stelle.
"E invece no, carissima Sara. Si va all’Arezzo Wave, questa volta ce l'abbiamo fatta davvero!"
Tommy è esaltatissimo: è da tanto che aspettava l'occasione per prendere il volo e non vuole sprecarla. Abbiamo provato tutto il pomeriggio, non mi sento più le braccia! I pezzi nuovi spaccano davvero, questa volta si è superato! Il set per il concerto è quasi pronto, dobbiamo solo rifinire gli ultimi due brani, ma sono sicuro che sarà davvero una bomba. Abbiamo incaricato Sara e Francesca di preparare il nuovo merchandising: per il concertone sarà lì, al nostro banchetto con le due donzelle sempre pronte a farci da pr. A dire il vero sono più le magliette che regalano che quelle che vendono, ma va beh… a loro possiamo perdonare tutto.
"Eccomi qua!" Fra arriva in tutto il suo splendore: i suoi lunghi capelli neri raccolti in una coda alta, gli occhi così scuri, ma che hanno una luce che li rende luminosi. E’ bellissima, Frank è davvero un uomo fortunato.
"Fra, tu sei la nostra eroina!" Tommy le si avvicina stringendola in un abbraccio.
"Tommy non esagerare. Io mi sono limitata a farvi un po' di pubblicità, ma la musica che facevo ascoltare è la vostra perciò è solo merito dei Jumpin’ Frog se vi hanno selezionato. Adesso andate e spaccate! Fate sentire al mondo intero la vostra musica che ve lo meritate davvero."
La musica, la NOSTRA musica. Il resto non conta, non ora.
La serata scorre via veloce: siamo tutti esaltati per quello che ci aspetta da lì a due mesi. Siamo elettrizzati, ma anche un po’ spaventati: per la prima volta ci esibiremo davanti ad un pubblico “vero”, non i soliti amici che ritroviamo sotto il palco a ogni concerto. Sappiamo benissimo che ci aspettano giorni di duro lavoro: dovremo intensificare le prove, darci da fare davvero perché siamo consapevoli che non possiamo sbagliare questa volta per non rischiare di sprecare un’occasione, forse l’unica per iniziare anche solo a pensare di spiccare finalmente il famoso volo. Ce la metteremo tutta, come sempre, e sono sicuro che ce la faremo. Siamo i Jumpin’ Frog, cazzo, non gli ultimi sfigati che prendono in mano una chitarra!
“Ragazzi… sono le 2… che ne dite di andare tutti a nanna prima che Max ci sbatta fuori? Poi domani ci aspettano le prove. Mi raccomando: alle 8 in punto vi voglio al garage, anche tu Jack!” Tommy ci riporta alla realtà e lancia un’occhiata di fuoco al batterista che gli risponde mostrando il dito medio: se c’è una cosa che non cambierà mai è sicuramente la calma serafica con cui Giacomo manda a quel paese il nostro leader. Scendiamo dalla nostra nuvoletta decidendo di seguire il “consiglio” (anche se in realtà sembrava più un ordine…) di Tommy e andiamo consapevoli che questa notte riusciremo difficilmente a chiudere occhio.

Quattro del mattino: come volevasi dimostrare non riesco a dormire. Sono troppo eccitato per farlo. Appena provo a chiudere gli occhi, mi vedo ad Arezzo, sul palco. E’ impossibile riuscire a prender sonno così decido di scendere a respirare un po’ d’aria nel giardinetto dietro casa. Come esco mi accorgo di una presenza: Frank.
“Ehi, anche tu soffri d’insonnia?”
“Già… credo che sarà difficile anche per gli altri dormire stanotte. Fra dorme?”
“Si, quella è crollata appena ha toccato il letto. Sono sceso apposta per non disturbarla: vorrei mai che si svegliasse la belva!”
“Meglio lasciarla dormire! Hahahahha!”
Ci sediamo entrambi sull’erba. Frank si accende una sigaretta.
“Vedo che Fra non ti ha ancora convinto a smettere.”
“Se non ci sei riuscito tu in quindici anni dubito potrà farlo lei.” Mi guarda sorridendo poi si volta, aspira il fumo per poi gettarlo fuori alzando il mento verso l’alto in un gesto che gli ho visto fare milioni di volte: quando è nervoso o agitato per un qualsiasi motivo ha questo modo particolare di buttar fuori il fumo. Una brezza leggera gli scompiglia la chioma nera riccioluta.
“Nik, posso chiederti una cosa? Ma prima promettimi che non finiremo col prenderci a botte.”
Dalla premessa capisco benissimo di cosa o meglio di chi vuole parlarmi.
“Se vuoi chiedermi di Laura ti dico subito che sono almeno due mesi che non la vedo. L’ho sentita un mese fa che mi ha chiamato, ma ha subito riattaccato per tornare a sparire. Ormai non m’importa più di lei, che faccia quello che vuole.”
Mento cercando forse di convincere più me stesso che lui. Avvicino le ginocchia al petto, mi appoggio col gomito sinistro e mi passo la mano tra i capelli. Rimango con la mano sulla fronte, le dita intrecciate ai miei riccioli, il mento appoggiato nell’incavo del braccio e il volto girato dal lato opposto rispetto a quello dove si trova Frank sperando non noti le lacrime che puntano ai lati degli occhi per scendere.
“Nicola, guardami. Dimmi la verità: quanto ti fa ancora male questa storia?”
Perché non riesco mai a dargliela a bere? Odio quando Francesco riesce a leggermi dentro anche solo osservando i miei gesti. Mi volto verso di lui e i nostri occhi s’incrociano. Lui è l’unico che riesce sempre a farmi sputare tutti i rospi che cerco d’ingoiare.
“Quanto mi fa male? Non lo so Frank. Ormai credo di aver imparato anche a convivere col peso che sento dentro. Ogni giorno mi alzo e penso, spero di essere riuscito a mandarla via, ma poi basta una stupida canzone, una voce simile alla sua o semplicemente vedere passare una ragazza con i capelli simili ai suoi per far si che il mio pensiero vada a cercarla. Mi fa male ogni volta che la vedo arrivare e poi sparire, ma non posso farne a meno.”
Fa un tiro alla sigaretta poi si alza, la getta a terra e la spegne nervosamente col piede.
“Cazzate Nik! Se volessi potresti chiudere questa storia sbattendole la porta in faccia la prossima volta che si presenta o semplicemente brancando il telefono e dicendole chiaramente di stare fuori dalla tua vita.” Stranamente dice queste parole con voce calma, sembra quasi tranquillo.
Mi alzo e mi avvicino al mio amico.
“Lo so, lo so meglio di te che è quello che dovrei fare. Cosa credi che non ci abbia mai pensato o provato? Non passa giorno che non faccia il suo numero con l’intento di chiamarla e dirle chiaramente di non cercarmi più, ma poi non lo faccio e vuoi sapere perché? Perché il solo pensiero che potrei non rivederla mi toglie il fiato. Se penso che Laura potrebbe non tornare sento che mi manca l’aria, un nodo mi stringe la gola. Ho bisogno di lei, ho bisogno di sapere che è mia anche solo per metà piuttosto che non averla per niente.”
Mi volto e alzo gli occhi al cielo facendo qualche passo allontanandomi. Ho paura della reazione di Francesco: al solito in questi momenti da in escandescenza poi prende e se ne va, ma non questa volta. Sento una mano che si appoggia sulla mia spalla.
“Ehi Nik…” Mi sussurra dolcemente.
Mi volto e Frank mi passa un braccio dietro la nuca tirandomi verso di se. Appoggio il viso sulla sua spalla. Lui mi abbraccia e inizia a scorrermi una mano lungo la schiena accarezzandomi: le lacrime iniziano a scendere, come se i suoi gesti mi avessero tolto un tappo che le teneva bloccate. Con la faccia appoggiata nell’incavo del collo del mio miglior amico, inizio a parlare cercando di buttar fuori tutto quello che mi sto tenendo dentro da mesi e che mi opprime lo stomaco.
“Frank, dimmi che passerà, che smetterà di farmi così male, che tornerò a respirare da solo. Ti prego dimmelo: ho bisogno di sapere che riuscirò a togliermi Laura dalla testa, a liberarmi da questa storia prima di finire nel baratro.”
“Certo che passerà Nik. Non ti prometto che domani mattina ti sveglierai senza più pensare a lei e forse non lo farai nemmeno tra una settimana, ma passerà. Tu però devi trovare la forza per lasciarla andare, per tenerla definitivamente fuori dalla tua vita. Ha scelto di andarsene e allora che sia coerente e ti lasci in pace. Non devi permetterle di farti del male.”
Poi si stacca e mi tira su il mento per guardarmi in faccia. Con le mani appoggiate sulle mie spalle prende un respiro e rincomincia a parlare.
“Ti chiedo scusa se a volte sono duro con te, se ti dico cose che ti fanno star male, ma lo faccio per il tuo bene, per cercare di darti una scossa.”
Si passa le mani nervosamente tra i capelli e sulla barba poi si volta allontanandosi di qualche passo per poi tornare ad inchiodare i suoi occhi marroni nei miei con uno scatto.
“Cazzo Nik! Tu per me sei come un fratello, ti voglio un bene infinito. Per me vieni prima di qualsiasi cosa, persino della musica, persino di Francesca. Ti ricordi come ti sei ridotto lo scorso anno? Se tu non lo ricordi, io ce l’ho inciso nella memoria: serate passate a cercarti in tutti i vicoli più malfamati, tu che rientravi in casa ubriaco e totalmente fatto, la paura di non rivederti più ogni volta che uscivi dalla porta e la sensazione di impotenza perché non potevo fare altro che guardarti mentre ti stavi autodistruggendo. Sono stato malissimo e quando finalmente sei riuscito a lasciarti tutto alle spalle ho giurato a me stesso che non ti avrei mai più permesso di farti del male da solo. Lo so che questa situazione fortunatamente è molto diversa, ma vederti così mi fa male, non sai quanto. Vorrei aiutarti, ma non posso fare niente e perciò m’incazzo più con me stesso che con te.”
Mi avvicino e ci guardiamo negli occhi: anche quelli di Frank sono lucidi. Restiamo lì a fissarci per un tempo indefinito poi ci abbracciamo senza dire niente: a volte non servono le parole, soprattutto tra noi.
“Che dici se proviamo ad andare a dormire? Domattina se non siamo puntuali alle prove sentiamo le ire del Signor Riccoboni anche senza andare al garage.” Frank scioglie l’abbraccio e cerca di sdrammatizzare la situazione con uno dei suoi sorrisi migliori.
“Andiamo va altrimenti domani non ti basteranno i sassolini contro il vetro per tirarmi giù dal letto.”
Ci guardiamo e sorridiamo entrambi poi gli passo un braccio dietro il collo, lui fa lo stesso con me e rientriamo in casa cercando d’infilare la rampa di scale senza rovinare clamorosamente a terra.
“Grazie Frank, grazie di tutto. Grazie per esserci sempre.”
“Vai a letto Nik e cerca di pensare a quello che ti ho detto. Non dico che devi metterlo in pratica, ma almeno promettimi che ci penserai ok?”
“Ok, promesso. Buona notte.”
“Buona notte anche a te.”
Si richiude la porta dietro le spalle e io faccio l’ultima rampa di scale che mi separa dal mio appartamento con la consapevolezza che non riuscirò a chiudere occhio: non sarà facile fermare i mille pensieri che si affollano nella mia mente. La mia vita è ad un bivio e devo solo scegliere la strada giusta per cambiare rotta. Lo devo a Frank, ma soprattutto lo devo a me stesso.
 
Credavate di esservi liberati dei miei deliri? E invece no, eccomi qua con questo capitolo un po' lunghetto, ma mi serviva dare una svolta alle mirabolanti avventure dei Jumpin' Frog e pure dare una svegliata al mio Nicolino, speriamo duri fino al prossimo capitolo. Questa volta Laura l'ho lasciata in disparte, almeno non le tirate tutti gli improperi del mondo :)
Piccola curiosità:
visto che Tommy e Jack hanno attirato la vostra curiosità, beccatevi un paio di video!
Questo è il Tommy reale, almeno vi rendete conto di che cosa devono subire i ragazzi quando parte con i suoi monologhi 
https://www.youtube.com/watch?v=PhH-9bW4dAM
Questi invece sono il Tommy reale e il Jack reale (che per la cronaca si chiama Fraz Valente) in azione (questo video potrebbe essere tranquillamente un pezzo dei Jumpin' Frog che anche gli altri 3 assomigliano un po' ai miei bimbi... eh... bene o male la mia mente malata da qualche parte doveva attaccarsi...) https://www.youtube.com/watch?v=t0CK_spHYrE
Grazie ancora a tutte le mie seguaci e spero di tornare presto che adesso dovrei pure dedicarmi alla scrittura musicale "seria". Come al solito, faccio un appello ai fantasmini: commentate che mica vi mangio!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** *** Begin the end *** ***




No need to disguise or to pretend
Don’t misconstrue and don’t misapprehend
There’s nothing left, no fortress to defend
And tonight’s the night that we begin the end[1]
 
"Laura... no... questa volta no... Sono stanco... non ne posso più di questa situazione... Non posso continuare così... Non ce la faccio."
Improvvisamente Nik si allontana. Si alza dal letto, s’infila i pantaloni e si dirige verso la finestra. Ha le mani che tremano, gli occhi lucidi. Si muove nervosamente per la stanza guardandosi intorno come a voler cercare qualcosa o forse sta solo cercando di evitare il mio sguardo. Poi si ferma, si passa una mano tra i capelli e si volta verso di me.
"Sto male. Non ce la faccio. Non sai quanto vorrei fare l'amore con te adesso, ma so già che domani al mio risveglio non ti troverei e starei da schifo, come sempre. Non posso più continuare così. Ogni volta sento come se mi stessi conficcando un pugnale in pieno petto. Ogni volta che esci da quella porta, ogni volta che mi risveglio senza di te, ogni giorno che passo senza sapere dove sei, se tornerai tu mi uccidi. Mi stai portando via tutto e non posso più permetterlo. Lo devo a me stesso, lo devo a chi mi vede ogni giorno stare sempre peggio. Ho bisogno di tornare a respirare da solo, di ritrovare me stesso, di stare bene. Ho bisogno di concentrarmi su quello che conta davvero, sulla mia musica, ma soprattutto ho bisogno di trovare la mia stabilità per non autodistruggermi e se tu continui a entrare e uscire dalla mia vita non potrò mai farcela. Non sai quanto mi costa dirti questo, ma non posso fare altrimenti… ti prego... va via..."
Le lacrime gli rigano le guance mentre mi guarda negli occhi e mi dice quello che non avrei mai voluto sentire. Poi si volta e va in cucina lasciandomi sola in camera. Mi rivesto e lo raggiungo.
"Sei sicuro che sia questo quello che vuoi?"
Abbassa lo sguardo poi chiude gli occhi e prende un respiro profondo, come a voler cercare dentro di se la forza per finire quello che ha appena iniziato.
"Si Laura, è l'unica cosa da fare, lo sai anche tu. Ti prego..."
Si avvicina e mi accarezza una guancia spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Il suo sguardo adesso sembra quello di un bambino smarrito, avrei voglia di abbracciarlo.
"Io ti amo, ma non posso continuare così. Se rimani questa volta, non dico che debba essere per sempre, ma ti voglio qui domani al mio risveglio. Ho bisogno di averti accanto, di viverti giorno dopo giorno, di sapere che sei mia e di nessun altro. Ho bisogno di respirare l’aria che respiri ogni giorno, non solo per una notte perché adesso non mi basta più. In verità non mi è mai bastato, ma mi sono sempre detto che era meglio averti per metà piuttosto che non averti per niente. Adesso basta: devi prendere una decisione. O stai con me o esci da quella porta per non tornare più perché mi sono fatto già troppo male con questa storia e adesso non ho più la forza di continuare così."
Rimango a guardarlo incapace di pronunciare una qualsiasi frase: non mi aspettavo una reazione del genere da parte sua, non adesso. Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto, che non poteva andare avanti così per sempre: sapevo che Nik vuole di più di quello che gli offro, ha provato a dirmelo diverse volte, ma io ho sempre fatto finta di niente perché sono una stupida egoista vigliacca e ho preferito scappare piuttosto che provare a vivere le mie emozioni. Ho sempre avuto più paura del fallimento che della solitudine.
Nik continua a fissarmi: i suoi occhi azzurri cercano una risposta che non sono in grado di dargli. Mi avvicino per baciarlo, come se servisse a colmare la distanza che ha messo tra di noi che non è solo fisica: è una distanza che va oltre e me la sento addosso come un macinio. Lui mi ferma e mi allontana. Adesso il suo sguardo si è fatto duro, più deciso.
“Laura... ok… ho capito… come al solito non vuoi darmi risposte, non vuoi darmi certezze. Come al solito non capisci di cosa ho bisogno.”
Poi improvvisamente alza il tono della voce.
“Ma davvero credi che tutto si possa risolvere con una scopata? Cazzo… ti sto mettendo il mio cuore in mano, ti sto chiedendo di restare con me, di ricominciare tutto da capo e vivere finalmente la nostra storia e tu che fai? Non parli e non hai neanche il coraggio di guardarmi in faccia. Io davvero non ti capisco. Mi andrebbe bene qualsiasi cosa, anche un vaffanculo sarebbe meglio di questo silenzio.”
Si passa le mani sulla faccia e sospirava pesantemente. Poi ricomincia a parlare rivolto verso me: questa volta però il tono è più pacato, quasi rassegnato e gli occhi sono velati da lacrime che trattiene a fatica.
“Ormai ho capito che qualsiasi cosa possa fare o dire sarà sempre inutile: tu non provi per me quello che io provo per te. Non stai cercando quello che cerco io. Tu vuoi un amante part-time, io voglio un amore da vivere giorno per giorno, insieme. Guardami: non riesco neanche a starti vicino perché so già che se ti baciassi non riuscirei più ad aprire questa porta perciò se davvero mi vuoi bene come dici, va via.”
Poi si allontana, le braccia incrociate sul petto dandomi le spalle.
"Se è questo che vuoi, me ne vado."
“Non è quello che voglio, lo sai benissimo, ma è quello che devo fare. Non mi dai nessun’altra scelta.”
Prendo le mie cose ed esco. La porta si richiude. Rimango sul pianerottolo a fissarla mentre le lacrime mi rigano il viso. Prima o poi doveva accadere, me l'aspettavo, ma adesso mi sento persa, come se avessero strappato una parte di me. Scendo le scale lenta, sperando che quella porta si apra e che Nik mi chiami, ma niente.
In quel momento vedo Frank e Francesca che entrano dal portone: hanno il braccio intorno alla vita l’uno dell’altra, sorridono. Lui la guarda come se avesse tra le braccia il tesoro più prezioso di questo mondo e sento di invidiarli un po’: anch’io vorrei essere in grado di vivere una storia come la loro senza farmi sempre frenare dalle mie stupide paure e mi do della cretina perché so che con Nicola potrebbe essere così se solo riuscissi a mettere da parte tutte le mie stronzate.
"Cosa ci fai qua? Vedi di andartene alla svelta. Non pensi di averlo fatto già soffrire abbastanza? Vuoi distruggerlo del tutto?"
Lo sguardo di Francesco ferisce molto di più delle parole che sta pronunciando, soprattutto se penso a com’eravamo una volta. Mi manca il mio fratellone. E’ sempre così protettivo nei confronti di Nik. Vorrei anch'io avere vicino una persona così, qualcuno che mi faccia sempre sentire protetta. Se le cose fossero diverse, se la mia vita fosse diversa... Forse sarei in grado anch'io di amare incondizionatamente, senza farmi prendere da questa fottuta paura. Ho paura che le persone che amo mi feriscano, come ha fatto mio padre andandosene quando ero piccola e lasciandomi sola con mia madre. L'ho vista piangere di nascosto per non far preoccupare me e mio fratello. L'ho vista alzarsi da letto a fatica perché la schiena non ce la faceva a reggere le troppe ore di lavoro, ma comunque era sempre lì per noi, per farci studiare, per farci vivere una vita come quella di tutti i bambini. Mia madre ce l'ha messa tutta, ma a me mancava sempre qualcosa. Mi mancava un padre.
Così ho iniziato a cercarlo fuori casa, buttandomi in storie con uomini troppo grandi che regolarmente finivano perché non potevano funzionare. Sempre con questa paura come compagna. Paura di restare sola. Paura di non avere qualcuno cui appoggiarmi. Ho iniziato a passare da una storia a un'altra. Non ricordo un periodo della mia vita in cui fossi sola. Non m'interessava trovare l'amore, mi bastava avere qualcuno accanto.
Quando sono andata a vivere con Sara pensavo di aver trovato un po' di stabilità: finalmente stavo bene anche da sola. Avevo lei come punto di riferimento e mi bastava. Poi è arrivato Andres ed è cambiato tutto. Con lui non è stato come le altre volte. E' arrivato come un tornado e ha sconvolto tutta la mia vita lasciandomi senza un appiglio. Non volevo più sentirmi così e ho fatto pagare a Nik tutte le mie colpe, i miei errori, ma soprattutto le mie paure e insicurezze.

"Non ti preoccupare, ci ha già pensato Nik a mandarmi via."
"Allora forse inizia a capire anche lui come sei veramente. Laura, lascialo in pace altrimenti..."
"Frank, ti ho detto di non preoccuparti. Non mi vedrai più."
Scendo l’ultima rampa di scale ed esco dal portone: fuori c’è una leggera brezza che mi scompiglia i capelli e mi mette i brividi. Mi stringo nelle spalle mentre percorro il marciapiede a testa bassa ingoiando lacrime. Un senso di vuoto mi pervade lo stomaco, mi chiude il respiro. Alzo lo sguardo verso la finestra di Nik: la luce è ancora accesa e vedo la sua ombra muoversi per casa. Dentro di me un turbinio di sentimenti si fa largo e mentre salgo sul taxi che mi riporterà verso casa la consapevolezza di aver perso l’unica persona davvero importante della mia vita mi chiude il respiro, ma sento anche di aver fatto la cosa più giusta per lui.

***
 
Le braccia ancora incrociate sul petto, gli occhi chiusi a voler trattenere le lacrime e il respiro che non ne vuole sapere di uscire: la porta si è appena richiusa alle mie spalle e Laura se n’è andata. Fuori. Per sempre lontana da me e dalla mia vita.
Tendo l’orecchio per sentire i suoi passi che scendono le scale: il rumore del portone che si chiude scaccia anche la più debole speranza che lei possa tornare indietro, che decida di restare con me. Per me.
Mi lascio cadere sul letto, il viso schiacciato contro quel cuscino che ha ancora il suo profumo: inizio a prenderlo a pugni mentre le lacrime trovano un varco e iniziano a scendere come se fossero un fiume in piena. Perché non sei restata? Perché hai voluto negarci questa possibilità? Perché mi hai lasciato ancora una volta solo? Sento il vuoto farsi largo nello stomaco, invadere l’anima mentre realizzo che questa volta non tornerà più. Fa male, come se un cane rabbioso attaccato al mio cuore lo stesse facendo a brandelli con la stessa foga con cui divora un osso, ma era l’unico modo per poter andare avanti. Perché a volte l’amore non basta e per poter sopravvivere devi lasciare andare le persone.
Bussano. Non ho nessuna voglia di aprire, di parlare con qualcuno. Fingo di non essere in casa, ma l’ospite indesiderato non ha nessuna voglia di andarsene e continua a battere con insistenza contro la porta.
"Nik apri, lo so che sei lì. Ho appena visto Laura andarsene…"
Apro la porta e Frank mi abbraccia. Come al solito, con lui non ho bisogno di parlare, gli basta guardarmi negli occhi per capire tutto quello che ho dentro.
"Passerà Nik... hai fatto l'unica cosa che andava fatta, non potevi continuare così."
Appoggio la testa sulla sua spalla e comincio a raccontargli quello che sa già.
"Lo so, ma fa male... Frank... stasera ho fatto la cosa più difficile della mia vita. Stavamo per fare l'amore, ma non ce l'ho fatta, non questa volta. Il pensiero che domani mi sarei trovato ancora solo a soffrire come un cane mi ha fermato così l'ho mandata via. Non sai quanto avrei voluto baciarla, dirle di restare quando l'ho vista sulla porta che se ne andava, ma non potevo più andare avanti così. Mi stavo uccidendo e dovevo fare qualcosa per mettere fine a questa storia, ma adesso ho un vuoto dentro."
"Lo so Nik, lo so: adesso stai male, ma vedrai che passerà anche questa. Dovevi uscire da questa storia, lasciartela alle spalle e andare avanti. Adesso devi solo guardare davanti a te e proseguire sulla tua strada senza pensare più a quella stronza."
"Certo, ma non è facile: mi sento soffocare, come se una parte di me, la più importante, se ne fosse andata con lei."
Le lacrime scendono copiose mentre Frank mi attira a se e mi accarezza la testa con quel suo modo quasi paterno.
"Sssh! Lo so... non hai bisogno di dirmi niente se non ne hai voglia adesso."
"Adesso non riesco neanche a parlarne, sto troppo male. Se ripenso a Laura, a tutto quello che ho sopportato per lei… lei che non ha neanche avuto il coraggio di guardarmi in faccia mentre le aprivo il mio cuore. Non ci ha neanche voluto provare a far funzionare le cose: come al solito, se n’è andata lasciandomi solo.”
Frank mi stringe in uno dei suoi abbracci, quelli capaci di avvolgermi non solo il fisico, ma anche l’anima. Rimaniamo in silenzio per un po’ mentre Frank cerca di rassicurarmi.
“Francesco… posso chiederti una cosa?”
“Dimmi.”
“Ti va di stare qua con me per un po'?"
"Tutto il tempo che vuoi." E mi sfodera uno dei suoi migliori sorrisi, quelli che riescono sempre a scaldarmi il cuore.
Ci sistemiamo alla bell’e meglio in modo da passare la notte insieme e Frank avverte la sua bella brunetta che stanotte dormirà al piano di sopra.
"Frank..."
"Che c'è?"
"Grazie..."
"Scemo!"
Scoppiamo a ridere mentre spegniamo la luce cercando di dormire: domani mattina ci aspettano le prove. Cerco di concentrarmi sulla musica, sui Jumpin’ Frog e su tutte le emozioni che ci attendono mentre le mie due anime fanno a pugni e vorrebbero entrambe aprire quella finestra: una per gettarsi da basso e l’altra per spiccare il volo.

***
So lately, been wondering
Who will be there to take my place
When I'm gone you'll need love
To light the shadows on your face
If a great wave shall fall
And fall upon us all
Then between the sand and stone,
Could you make it on your own[2]
 
Sono sdraiata sul divano, le braccia piegate sotto la testa e lo sguardo fisso sullo schermo della tv spenta. Dal lettore mp3 escono note che sembrano scritte per me…

If I could, then I would,
I'll go wherever you will go
Way up high or down low, I'll go wherever you will go
 
Se potessi tonare indietro, rifare tutto da capo, se solo potessi avere un’altra possibilità… La consapevolezza di aver perso l’unica persona in grado di farmi stare bene mi fa sentire completamente svuotata. E’ vero quello che dicono: non ti accorgi mai di quanto una persona conta se non nel momento in cui la perdi definitivamente. Ho perso Nik. Ho perso il mio porto sicuro, quello che era capace di rassicurarmi anche solo con un sorriso. E non posso incolpare nessuno se non me stessa. Brava Laura, ci sei riuscita anche questa volta: come al solito, hai mandato tutto a puttane e adesso non serve proprio a niente stare qui a piangerti addosso.
Avrei voglia di chiamare Nik, anche solo per sentire la sua voce. Prendo il telefono e faccio il numero, ma riattacco prima di far partire la chiamata: devo lasciarlo stare. Ha ragione Francesco: gli ho fatto già fin troppo male in questi mesi e non se lo merita.
Provo a mettermi a letto, ma mi ritrovo a fissare il soffitto: forse se crollasse seppellendomi starei meno male di come mi sento adesso.
Poi il telefono inizia a vibrare: una chiamata di Sara.
“Ciao Amò, come stai?”
“Ciao Sara. Come sto… non lo so come sto…” e inizio a raccontarle tutto quello che è successo con Nik.
“Amò, stai tranquilla. Sono sicura che troverete un modo per ritrovarvi. Voi due siete legati dentro da qualcosa di profondo, ne sono certa. Fai passare un po’ di tempo e vedrai che vi ritroverete.”
“Lo spero davvero Sara, non sai quanto.”
“Ti fidi di me?”
“Certo.”
“E allora vai a letto, dormici su e vedrai che domani sarà tutto diverso.”
“Grazie tesoro, non so come farei senza di te.”
“Non devi ringraziarmi, lo sai che ti voglio bene.”
“Anch’io, non sai quanto.”
“Lo so. Buona notte Laura.”
“Notte Sara.”
Riattacca e sulla faccia mi spunta un sorriso: Sara ha sempre la capacità di arrivare al momento giusto e tranquillizzarmi, come se sentisse quando ho bisogno di lei. Chiudo gli occhi e Morfeo arriva per portarmi altrove.
Domani sarà tutto diverso.
 

[1] Frase tratta da “Begin the end” dei Placebo
[2] Frase tratta dal brano “Wherever you will go” dei Calling
Chiedo venia a chi aveva già letto quetso capitolo e se lo ritrova, ma volevo correggere una roba e invece ho cancellato tutto perchè sono strordita >.<
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** ***VIII*** ***




Apro gli occhi e la vedo lì, che dorme al mio fianco. I suoi lunghi capelli neri disegnano un fiume di pece sul cuscino, i suoi occhi sono ancora chiusi, persi chissà dove. Non potrei immaginare visione migliore al risveglio. Era da tanto che speravo in un risveglio così: io, lei e il mondo fuori ad aspettarci. Potrei passare giorni, mesi a osservarla senza stancarmi. Poi la vedo muoversi appena e girarsi verso di me: i suoi occhi azzurri si aprono piano. Sbatte le palpebre per abituali lentamente alla luce. All’improvviso li vedo spalancati, puntanti nei miei. Laura si avvicina, mi bacia e…

“Buongiorno dormiglione!”.
Un tonfo e un dolore lancinante alla testa mi svegliano all’improvviso: com’è che sono finito sul pavimento? Che succede? Cos’è questa voce maschile che sento per casa? Mi guardo intorno smarrito: dov’è Laura?
Il cervello improvvisamente si accende: mi rendo conto che stavo solo sognando e che adesso mi trovo col sedere a terra perché sono caduto dal letto. Allungo le gambe e le braccia per cercare di svegliare i muscoli e stropiccio gli occhi.
Frank torna in camera e spalanca le persiane. La luce violenta del mattino mi fa strizzare gli occhi che non si sono ancora resi ben conto di cosa stia succedendo.
“Frank sei impazzito? Ma che ore sono?”
“Le 8.15 e Tommy ci aspetta tra mezz’ora al garage perciò alzati da quel pavimento e sistemati che oggi non ho proprio voglia di sentire le sue menate.”
Dolorante mi alzo e massaggiandomi la testa vado verso il bagno: l’umore del mio amico non è decisamente dei migliori stamattina e dal suo sguardo non mi sembra sia dovuto solo alle quattro ore scarse di sonno.
“Francesco, è tutto a posto?”
Frank si gira verso di me, ma non mi guarda: è come perso chissà dove.
“Come? Ah… si si… tutto a posto…”
Si passa la mano nervosamente tra i capelli e con lo sguardo fugge altrove.
“Senti… il caffè è in cucina. Tu… tu preparati e vai in macchina che io… io devo passare un attimo da Francesca poi arrivo ok?”
Non mi lascia manco il tempo di rispondergli: in un secondo si sta già precipitando per le scale. Frank ha qualcosa che non va, l’ho percepito anche ieri sera mentre parlavamo, ma poi sono stato troppo preso dalle mie cazzate per chiederglielo. Bell’amico del cazzo.
Accendo il cellulare e lo poso sul tavolo della cucina mentre cerco qualcosa di commestibile da mettere sotto i denti. Il pavimento gelato sotto i miei piedi nudi mi provoca la pelle d’oca e a poco a poco anche i sensi si risvegliano. Il rumore di un messaggio in arrivo mi distoglie dalla mia infruttuosa caccia e mi fa sobbalzare. Mi avvicino al tavolo e leggo il mittente del messaggio in entrata: Laura. Sento il cuore fermarsi e un tremolio mi corre lungo il braccio. Rimango per un tempo interminabile a fissare il display: una parte di me vorrebbe leggere, ma l’altra mi dice di cancellare tutto, di lasciarmi lei e questa storia alle spalle una volta per tutte. Pian piano mi torna in mente cosa è accaduto la sera prima: immagini di Laura, la sua voce, il suo profumo riaffiorano prepotentemente. Ancora mi chiedo dove ho trovato la forza per mandarla via, ma dovevo farlo: non potevo andare avanti così e quello forse era l’unico modo per mettere fine a questa storia. I miei occhi non si vogliono staccare da quel display, da quel nome che scava solchi nell’anima. Serro le palpebre e scuoto la testa: non posso ricominciare da capo. Cancello il messaggio senza leggerlo poi mi vesto ed esco: da oggi si va avanti, senza voltarsi indietro neanche per mezzo secondo.

 
Your love is a razorblade kiss
Sweetest is the taste from your lips[1] 
 
Frank si affretta a cambiare cd…
“Ehm… è Fra che si è fissata con questa roba…”
"
Si si… ci credo…”
“La finisci? E poi se anche mi piacessero gli Him che male ci sarebbe? Sempre meglio di quella robaccia che ascolti tu…”
“Va bene… hai ragione…”
Frank non riesce a convincermi e continuo a ridere come un matto immaginandolo sommerso da ragazze urlanti davanti a qualche palco mentre Ville Valo intona le sue canzoni.
Ci saranno 5 km da casa nostra al garage di Tommy, ma noi riusciamo a cambiare cd non so quante volte col risultato che non ascoltiamo mai un tubo. Oggi però decido di dar pace allo stereo (alla fine la musica dei paladini del Love Metal non dispiace neanche a me) e mi appoggio allo schienale del seggiolino sperando di riuscire a dormire altri dieci minuti.
“Non è possibile che tu riesca a dormire ovunque, Nik sei allucinante…”
“Pensa alla strada tu, che t’importa di quello che faccio io?”
“Svegliati va che siamo arrivati.”
“Frank, si può sapere cos’hai? Stamattina sei davvero un cagacazzo.”
“Non ho niente va bene? Fatti i cazzi tuoi Nik.” E stizzito entra nel garage.
“Ben arrivati!” Tommy ci accoglie con un tono tra l’ironico e lo scocciato.
“Tommy, non rompere che stamattina non è giornata.”
“Uh… il Signor Bassi si è svegliato con il piede sbagliato? Per caso Francesca non te l’ha data?”
Lo sguardo di Frank diventa duro e si volta verso il cantate come a volerlo fulminare.
“Non sono venuto qua per sentire le tue battutine di dubbio gusto. Dobbiamo provare per l’Arezzo Wave giusto? E allora proviamo e non perdere tempo con le tue solite cazzate.”
Io, Jack e Gio ci guardiamo straniti: non abbiamo mai visto Frank così. Al solito è sempre allegro, è quello che tiene su il morale della band, ma oggi è come se fosse da un’altra parte. La cosa però che ci stupisce maggiormente è la reazione di Tommy. Aggrotta le sopracciglia rimanendo in silenzio per qualche minuto. Tutti ci aspettiamo una sfuriata conoscendo il caratterino del nostro leader ed invece alza gli occhi al cielo, sbuffa poi prende il microfono e ci esorta ad iniziare. Lo scatto di Frank sembra averlo lasciato basito.
“Hai ragione, siamo qui per provare. Ragazzi, cazzo fate lì? Le belle statuine? Datevi una mossa e iniziamo.”
“E one.. e two.. e three…” Jack scandisce il tempo con le sue bacchette e iniziamo.
“Frank! Si può sapere cosa stai facendo? Dove cacchio hai la testa? Oggi non ne azzecchi una!”
Dopo mezz’ora Gio sbotta.
“Si può sapere cos’hai? Non sei concentrato e sei riuscito a sbagliare persino i pezzi che facciamo da una vita. Francesco, ci sono dei problemi?” Tommaso guarda Frank con uno sguardo quasi paterno: il fatto di essere più grande di noi lo fa sentire un po’ responsabile per tutti. Sono convinto che in fondo si senta un po’ il papà dei Jumpin’ Frog.
“Tommy… davvero… non ho niente… sono… sono solo un po’ stanco, tutto qua. Nik mi ha tenuto sveglio tutta notte, forse ho solo bisogno di dormire un po’.”
“Ehi, non scaricare le tue colpe su di me! E’ tutta mattina che sei intrattabile. Frank, si può sapere cosa c’è?”
“Ma non avete niente di meglio da fare stamattina che rompere il cazzo a me? Sapete cosa vi dico? Visto che qua non se ne parla di provare perché dovete farvi tutti i cazzi miei invece di pensare a suonare, potete andare a farvi fottere: io me ne torno a casa che ho di meglio da fare che perder tempo con quattro cretini.”
Frank esce sbattendo la porta del garage. Ci guardiamo straniti senza riuscire a capire costa stia accadendo.
“Tommy…”
“Nik, non devi neanche chiederlo: vai con lui e cerca di capirci qualcosa almeno tu.”
Mollo il basso ed esco di corsa dal garage.
“Frank aspetta! Dove vai? Vengo con te.”
“Nik, se devi venirmi dietro per rompere i coglioni stai pure lì.”
“Non ti preoccupare: non ti chiederò niente però vengo con te.”
“Ok. Alla prima parola però mi fermo e ti scarico.”
Saliamo in macchina e partiamo. Dopo un po’ Frank sembra calmarsi, anche se continua a picchiettare nervosamente con le dita sul volante. Io fingo di dormire, ma con la coda dell’occhio continuo a guardarlo cercando di scorgere qualche segnale.
“Nik, è inutile che fai finta di dormire. Piuttosto potresti almeno tenermi un po’ di compagnia.”
“Sei tu che mi hai detto di non parlare.”
“Hai ragione, scusami. E’ che oggi sono particolarmente nervoso.”
“Me ne sono accorto! Anzi, credo se ne siano accorti tutti. Lo so che mi hai detto di non chiederti niente, ma sai che è impossibile: mi vuoi dire cosa ti sta succedendo?”
“Nik, non ho niente, te l’ho già detto.”
Lo sguardo del mio amico si perde oltre il vetro della macchina. Frank è un gran chiacchierone, persino logorroico, ma quando si tratta di se stesso tende sempre a chiudersi a riccio e non permette a nessuno di entrare nel suo mondo. Non insisto, almeno per ora, ma prima o poi riuscirò a fargli sputare il rospo.
La musica degli Him accompagna il nostro viaggio: mi metto a canticchiare per stemprare la tensione, ma non sembra servire a molto.
“Ehm… Frank… guarda che casa nostra era giù per quella stradina… dove stai andando?”
“Che coglione… scusami, ma stamattina non so dove ho la testa…”
“Fermati un attimo!” Guardo Frank fisso e lo convinco ad accostare.
“Mi dici che hai? E’ da ieri sera che sei strano. Stamattina non ti si poteva neanche parlare. Se c’è qualcosa che non va puoi dirmelo per favore?”
Frank prende un respiro mentre continua a picchiettare nervoso con le dita sul volante, lo sguardo fisso sulle sue ginocchia. Poi si volta verso di me e inizia a parlare.
“Nik… uff… ecco… ieri sera Fra mi ha detto una cosa…” Frank ha una strana luce negli occhi, la vedo anche se tiene lo sguardo basso.
“Che c’è? Mi sembri preoccupato.”
“In realtà non so nemmeno io come mi sento… boh… è una sensazione strana… Fra… aspetta un bambino.”
La notizia mi lascia un attimo scioccato: Francesco papà? Fatico a visualizzare la scena nella mia testa. Per qualche minuto nell’auto scende un silenzio irreale.
“Beh? Non mi dici niente? Nicola, non ti ho detto che il figlio è tuo. Riprenditi.”
La voce di Frank risveglia il mio neurone che per un attimo pensava di essere finito su “Scherzi a parte”.
“Uddio… tu papà? Che storia! Allora vuol dire che diventerò zio? Ma dai! E’ una cosa bellissima!”
Superato lo shock iniziale, un sorriso si disegna sul mio viso. Frank invece non sembra ancora così convinto.
“Si… certo… però… boh… non è una cosa cercata e non ci eravamo preparati… cioè.. si… volevamo dei figli, volevamo una famiglia, ma non pensavamo così presto! E se non fossimo capaci di essere dei buoni genitori? E se non riuscissi ad essere all’altezza di Fra e del nostro bambino?”
“Non dire stupidaggini: siete una bellissima coppia, non riesco a pensare a nessuno che sia perfetto per Fra quanto te. Non siete due ragazzini e sarete dei genitori stupendi, ne sono certo. Troverete il modo per far andare tutto per il meglio, vedrai che sarete felici. State tranquilli.”
“Forse hai ragione tu… insomma… certo che hai ragione! Chi potrebbe essere meglio per Francesca di me? Basta con queste paranoie. Cioè… è una parola! Nik… ho una tale confusione in testa. Ti chiedo scusa per stamattina e domani mi scuserò anche con i ragazzi che sono stato davvero uno stronzo. Solo che questa cosa mi ha totalmente destabilizzato. Forse hai ragione tu: andrà davvero tutto bene e sono io che mi faccio troppi problemi. Dovrei vivere questa cosa con più tranquillità.”
Guardo il mio amico negli occhi: il suo sguardo sembra davvero smarrito. Gli appoggio una mano sulla spalla e mi avvicino con la fronte alla sua.
“Frank, stai tranquillo. Andrà tutto bene. Un bambino porterà solo gioia nel vostro rapporto. Certo… non ti sto dicendo che sarà una passeggiata, ma sarete perfettamente in grado di affrontare tutto e per qualsiasi cosa sai che potrete sempre contare su di me. Adesso andiamo a casa e abbraccia Francesca che sarà sicuramente più agitata di te. Ce la farete e crescerete un bambino stupendo.”
Finalmente vedo un sorriso spuntare sul viso di Frank che si rilassa e tira un sospiro.
“Ok, voglio provare a mettere da parte tutte le paranoie e godermi questa cosa con la mia piccola. Ti devo chiedere un piacere: non dire ancora niente ai ragazzi ok? So già che Tommy poi insisterebbe per festeggiare, per fare le cose in grande come al suo solito, ma per ora non me la sento. Prima voglio godermi questo momento con Francesca, mi capisci?”
“Certo che ti capisco: quando sarete pronti per urlarlo al mondo sarò il primo a festeggiare. Per ora me ne starò muto come un pesce. Piuttosto, cerca un modo per tornare verso casa che qua chissà dove mi stai portando.”
“Aspetta che faccio inversione e vediamo di tornare indietro.”
Mentre cerco di allacciarmi una scarpa, Frank si lancia in un’inversione a U improvvisa. Alzo gli occhi dalle mie All Star consumate e riesco solo a vedere 2 fari che ci vengono incontro. Una frenata fortissima, un tonfo e poi il buio.
Immagini confuse si accavallano nella mia mente: le sirene dell’ambulanza, qualcuno con una divisa (forse un vigile del fuoco…) che cerca di estrarmi dalla macchina tutto intero, un medico che mi chiede qualcosa e un gran dolore alla testa. Non riesco a vedere Frank. Dov’è Frank?
 
Mi risveglio in un letto d’ospedale. Non capisco cosa sia successo, com’è che sono finito lì, ma sento che ho dolori dappertutto. La testa è fasciata e ho un vistoso cerotto sul braccio destro mentre al sinistro ho attaccata una flebo.
“Ben tornato.”
Una voce lontana, ma famigliare proviene dalla mia destra. Mi volto e vedo il viso di Tommy che mi scruta. I miei occhi vagano da un lato all’altro della stanza, come a cercare un segno, qualcosa che mi possa fornire una spiegazione del perché mi trovo lì.
“Ehi… che è successo? Cosa ci faccio qua?”
Mentre cerco di capire mi tornano nella mente immagini di me e Frank in macchina.
“Davvero non ricordi cosa sia successo?”
“Ricordo che ero con Frank in macchina, che stavamo parlando… stavamo venendo al garage… ah no… stavamo andando a casa, ma lui ha sbagliato strada…”
La mente è confusa, la voce fatica ad uscirmi…
“Tu e Frank avete avuto un incidente…”
“Un incidente?”
All’improvviso nella mente si affollano immagini: fari, ambulanze, paramedici… poi rumore di lamiere che si piegano, di frenate, ma è tutto così confuso. E Frank dov’è?
“Dov’è Frank? Come sta? Perché non è qui?”
Inizio ad agitarmi. Voglio vedere Frank, sapere come sta, cosa gli è successo.
Tommaso si fa scuro in volto e si avvicina poggiando una mano sul mio braccio. Prende un respiro poi inizia a parlare.
“Frank… è in rianimazione… ma stai tranquillo che si riprenderà presto, non devi preoccuparti...”
Cerco di alzarmi per andare da lui, ma Tommy mi ferma. A parte che anche volendo non sarei riuscito a fare un passo giù dal letto…
“Stai tranquillo Nik. Ci sono le ragazze con lui. Jack e Gio sono scesi un attimo al bar, ma sono qua anche loro. Siamo tutti qua con voi, non devi preoccuparti di nulla. Cerca solo di riposarti.
“Come faccio a stare tranquillo? Ti prego… portami da Frank, devo vederlo.”
“Nik… ora non è possibile e poi tu non puoi alzarti dal letto. Tra poco scendo e vado a vedere come sta ok? Ma tu cerca di calmarti e riposarti un po’. Domani se starai meglio ti porterò da Francesco, ma adesso devi solo stare a letto.”
Tommy mi guarda negli occhi e capisce subito che qualsiasi cosa dirà non potrà farmi cambiare idea.
“Oh… dannazione Nik! Vado a cercare un’infermiera e vediamo che si può fare, ma tu stai tranquillo… ok?”
L’infermiera ci prova, ma poi capisce che è davvero impossibile farmi stare in quel letto così mi fa accomodare su una sedia a rotelle e mi porta verso il reparto di rianimazione.
Fra è in piedi davanti al vetro che si affaccia sulla camera di Frank e Sara è di fianco a lei che l’abbraccia. Ha gli occhi arrossati dal pianto. Ripenso a quello che mi stava raccontando Frank, al fatto che in quel momento saremmo dovuti essere in un qualche pub a festeggiare ed invece ci trovavamo in ospedale. Appena le ragazze si accorgono di noi ci vengono in contro.
“Nik!”
Fra mi abbraccia così forte che quasi mi sento soffocare.
“Come stai?”
“Be… bene credo…”
In realtà non so come sto, so solo che voglio vedere Frank. Mi avvicino al vetro e lo vedo lì, steso nel letto con un sacco di tubicini che gli escono da tutte le parti. Fra mi si avvicina e mi posa le mani sulle spalle.
“Si riprenderà presto, stanne certo.”
“E tu come stai?”
Lo sguardo mi cade inevitabilmente sulla sua pancia e lei capisce che so tutto.
“Sto bene, non ti preoccupare per me. Adesso pensa solo a rimetterti in piedi. Tra pochi giorni sarete fuori da qui, stai tranquillo.”
L’infermiera mi riaccompagna in camera mia perché dice che devo riposare… Tommy rimane un po’ con me poi se ne va. Ripenso a Frank in quel letto e a cosa potrebbe succedere se… no no… domani si sveglierà e mi guarderà con la sua solita faccia da schiaffi. I pensieri si affollano nella mia mente: rivedo attimi di quella mattina, dell’incidente… Sento la testa che mi scoppia finche la stanchezza e qualche calmante iniziano a fare effetto e finalmente mi addormento.
 
[1] Frase tratta dal brano “Razorblade Kiss” degli Him
 

eccomi qua!! vi sono mancata? scusate, ma la testa si è persa in giro tra finnici, marsiani e milanesi che mi hanno svalvolato. ditelo ditelo che sono una mamma crudele, ma che ci volete fare? dobbiamo andare avanti con questa ff e devo far accadere qualcosa altrimenti poi vi annoiate :) il titolo... ci ho pensato tutto il giorno, ma non mi è uscito niente. si accettano suggerimenti XD a parte i miei deliri, spero vi piaccia questo capitolo e ringrazio chi continua a seguire le avventure dei miei ranocchietti e soprattutto chi commenta che mi da lo spunto per andare avanti. bene... se la Musa collabora, ci si legge... VERY SOON :)

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** *** Someone like you *** ***



 
Never mind, I'll find someone like you,
I wish nothing but the best for you, too,
Don't forget me, I beg,
I remember you said,
"Sometimes it lasts in love,
But sometimes it hurts instead"[1]
 
Il modo in cui le infermiere aprono le tende alle 7 del mattino non è proprio così delicato: sembra stia passando un tornado in camera! Dopo due settimane non mi sono ancora abituato. Il rumore del carrello della colazione, l’odore dei medicinali, le luci dei neon così fredde. Fortunatamente oggi mi dimettono.
“Buongiorno Signor Cavezzi, oggi allora andiamo a casa.”
“Buongiorno Dottor Costa.”
Il medico mi da un’occhiata: a parte qualche livido qua e là, sembra sia tutto a posto.
“Bene, passi più tardi dal mio ufficio per ritirare la lettera di dimissioni e siamo a posto.”
Il medico esce e rimango sdraiato a guardare il soffitto: devo alzarmi e andare da Frank.
Apro l’armadio e prendo i jeans, la maglietta e il borsone che mi ha portato ieri Tommy: in queste settimane è stato come avere un altro papà in giro per l’ospedale. Già non bastava mia mamma che ogni volta che metteva piede in ospedale mi faceva venire l’ansia, ci voleva pure lui! E’ stato allucinante: sempre a controllare che fosse tutto in ordine, a chiedere se stavo bene. Per un po’ credo si sia pure sentito in colpa per l’incidente: continuava a dirmi che se non avesse mandato Francesco a casa quella mattina non sarebbe successo niente. Ho cercato di rassicurarlo: certe cose non si possono prevedere, vanno così. Succedono perché devono succedere, non c’è altra spiegazione e penso l’abbia capita, o almeno ha smesso di scusarsi e colpevolizzarsi ogni volta che veniva a trovarmi. Quando ha saputo che oggi mi dimettevano è corso al mio appartamento a prendere tutta la roba che mi serviva.
Mi vesto ed esco dalla stanza per dirigermi verso quella di Frank.
“Buongiorno Nik.” Come tutte le mattine, Francesca mi viene incontro e mi abbraccia.
“Come va?”
“Così… Se poi non avessi questa maledetta nausea andrebbe un po’ meglio.”
I suoi occhi sono stanchi: nelle ultime due settimane è stata praticamente sempre qua e credo abbia dormito davvero poco.
“Sei pronto per andare a casa?”
“Diciamo di si… cioè… boh… mi sembra strano uscire di qua senza Frank.”
“Vai tranquillo: tra pochi giorni lo riporteremo a casa.”
Sul viso accenna un sorriso mentre lo sguardo si perde lontano.
“Ehi Nik.” Giovanni e Sara arrivano alle nostre spalle.
“Gio… Sara…”
Le due ragazze si abbracciano.
“Fra, sei stravolta. Non voglio sentire storie: tu adesso vai a casa, ti riposi un po’ e tra qualche ora torni. Se continui così tra un po’ dovranno ricoverare pure te. Devi pensare anche al vostro piccolino: pensi che Frank sarebbe contento di vederti così? Vai a casa, mangi qualcosa, dormi un po’ poi torni. Tanto io e Gio restiamo qua e se ci sono novità ti chiamiamo subito.”
“Sara come faccio? Non riesco ad andare via e lasciarlo qua.”
“Ti capisco tesoro, ma devi andare. Pensa al vostro bambino e pensa che devi star bene per lui e per Frank.”
Francesca la guarda non molto convinta, ma Sara è determinata così si rassegna.
“Ok, vado, ma prima entro un attimo a salutarlo. Nik vuoi venire con me?”
Faccio un cenno d’assenso con la testa, la prendo per mano ed entriamo. Mi avvicino al letto di Frank: almeno adesso non ha più tutti quei tubicini che gli uscivano da tutte le parti.
“Buongiorno, ancora dormi a quest’ora? Meno male che sono io il dormiglione dei due! Non so se Fra te l’ha detto, ma io sto andando a casa perciò vedi di non farti attendere troppo che lo sai che mi annoio se non ti posso stressare.”
Vederlo giacere inerme mi fa male: sono due settimane che ogni giorno entro in questa stanza sperando di vederlo aprire gli occhi, ma niente. I dottori dicono che ci sono segni di miglioramento, almeno sembra. Non lo so… L’unica cosa di cui sono certo è che vorrei vederlo aprire gli occhi e alzarsi da quel letto maledetto. I miei occhi si velano e a stento trattengo le lacrime.
Prendo la mano del mio amico tra le mie appoggiandole al lenzuolo che copre la sua gamba.
“Senti Frank, non pensi di aver dormito abbastanza? Vedi di svegliarti. Dobbiamo ancora festeggiare il fatto che diventerai papà e qua tutti ti aspettiamo che devi pagarci da bere.”
Abbasso la testa e appoggio la fronte sulle mani restando in silenzio.
Sento Francesca che mi abbraccia da dietro e per un po’ rimaniamo così: lei che stringe me e io che stringo le mani del mio amico.
“Nik, sono sicura che tra qualche giorno lo vedremo saltare giù da quel letto. Non può lasciarci così vero?”
Rimango a fissare gli occhi di Francesca che mi guardano speranzosi in cerca di rassicurazioni. Rassicurazioni che non so se sono in grado di darle. Ho paura e mi fa male stare qua, stringere la mano di Francesco e sentirla così fredda. Prendo un respiro e cerco di fare un sorriso.
“Certo che non ci lascerà: lo sai che Frank non potrebbe mai rinunciare a te, al vostro bambino. Poi abbiamo la band, l’Arezzo Wave.”
Mi volto verso il mio amico, sempre stringendo la sua mano, come se attraverso il contatto riuscissi a trasmettergli quella forza che gli serve per aprire gli occhi.
“Hai sentito quante cose importanti ti aspettano? Vedi di alzarti in fretta da quel letto che non possiamo perdere tempo ok?”
Mi alzo e faccio per allontanarmi quando sento qualcuno che mi tocca la mano ancora appoggiata sul letto. Mi volto e vedo la mano di Francesco che si muove e due occhi scuri che lentamente cercano di aprirsi. Il viso di Francesca s’illumina e si avvicina al letto incredula.
Francesco si guarda intorno: i suoi occhi sono stanchi e ci guardano confusi.
“Ehi… Che facce ragazzi: avete visto un fantasma?”
La sua voce è debole e anche il suo sorriso, ma non importa: io e Fra ci abbracciamo e le lacrime iniziano a scendere copiose. Tutta la tensione accumulata in queste due settimane si sta sciogliendo come neve al sole.
“Nik la vuoi smettere di stoccazzare la mia donna? Piuttosto spiegami cosa ci faccio qua e perché una mandria di bufali ha deciso di passarmi sopra: penso di non avere un muscolo sano in corpo.”
Le risate mie e di Francesca si diffondono nella stanza: finalmente possiamo tornare a respirare.
“Frank, davvero non ti ricordi cosa è successo?”
“Ricordo che stavo in macchina con te… ti stavo parlando di Francesca… poi boh…”
“Abbiamo avuto un incidente. Stavi facendo inversione e una macchina ci è venuta contro. Io mi sono fatto qualche graffio qua e là e tu sei finito in coma.”
“Sono due settimane che siete in ospedale.”
“Due settimane?” Frank si guarda intorno sempre più stranito mentre le infermiere e il medico entrano nella stanza.
Mi avvicino al letto e prendo la mano del mio amico.
“Adesso ti lascio che mi dimettono e torno a casa. Tra qualche giorno mi raggiungerai anche tu e avremo tutto il tempo per parlare. Poi dobbiamo prepararci per l’Arezzo Wave perciò datti una mossa a rimetterti in piedi: mica vorrai lasciarmi da solo a sopportare quel cagacazzo di Tommy?”
“Agli ordini!”
Francesco accenna ad un sorriso mentre io e Fra usciamo dalla stanza.
Usciti, Francesca corre in contro a Sara e raccontiamo a lei e Gio quello che è appena successo. Li saluto e torno verso la mia stanza per recuperare la mia roba e finalmente uscire da questo ospedale.
“Ciao…”
Mentre sto controllando di non aver dimenticato niente, sento alle mie spalle una voce che conosco fin troppo bene
“Laura… che ci fai qui?”
“Sara mi ha detto che oggi ti dimettono e così ho pensato… cioè… mi sa che ho sbagliato… se ti da fastidio vado via…”
“No, non andartene… grazie per essere venuta…”
“Non ringraziarmi. Come ti senti?”
Già.. Come mi sento… vederla lì dopo due settimane, dopo quella sera in cui l’ho mandata via cercando di chiudere un capitolo della mia vita mi ha completamente destabilizzato. Sento il cuore battere all’impazzata, come se volesse uscirmi dal petto. Mi ero illuso di averla dimentica, di poter davvero voltare pagina, ma ritrovarmela davanti così, all’improvviso ha fatto vacillare tutte le mie (poche) certezze.
“Be...bene… sto andando a casa perciò direi che sto bene.”
Mi passo una mano nervosamente tra i capelli cercando di non incrociare il suo sguardo.
“E Frank?”
“Non sei ancora stata da lui? Si è svegliato e credo che adesso stia bene. Un po’ ammaccato, ma tra qualche giorno si rimetterà in piedi pure lui.”
“Bene.. mi fa piacere.”
Abbassa lo sguardo e un silenzio imbarazzato scende tra noi. Nella stanza la tensione è così alta che l’aria si potrebbe tagliare con un coltello. I secondi scorrono lenti e i minuti diventano interminabili.
“Nik… stai aspettando qualcuno per farti portare a casa?”
“No… prenderò un taxi…”
“Beh… se vuoi… posso accompagnarti io…”
“Ok.”
Nel momento in cui pronuncio quella parola realizzo che probabilmente sto facendo la cazzata più grande della mia vita. Prendo le mie cose e ci dirigiamo fuori dall’ospedale. Saliamo in macchina e Laura accende il motore.
E’ un viaggio in macchina, solo questo poi tu tornerai alla tua vita e lei alla sua. Niente ripensamenti.
“Dopo la chiamata di Sara che mi diceva dell’incidente avrei voluto venire subito all’ospedale, ma non me la sentivo, non dopo il modo in cui ci siamo lasciati l’ultima volta. Però il pensiero era sempre lì. Per un momento mi sono immaginata come sarebbe stato se l’incidente avesse avuto conseguenze ben più gravi e ho sentito un tonfo nello stomaco. Per quanto provi a nasconderlo a me stessa, sei davvero importante per me. Sei una parte di me della quale non posso fare a meno. Ho cercato di starti lontana perché ho capito quanto male ti stavo facendo e che non è giusto che ti faccia stare così, ma quando Sara mi ha detto che oggi saresti uscito dall’ospedale ho sentito il bisogno di venire per vedere come stavi.”
Le sue parole mi arrivano come un pugno nello stomaco e mi manca il fiato. Mi volto a guardarla: vorrei dirle che andrà tutto bene, che possiamo scordarci tutto quello che è successo, ma il mio istinto di sopravvivenza prende il sopravvento e resto in silenzio ad osservarla mentre guida.
“Bene… siamo arrivati…”
“Già… così sembrerebbe…”
Laura ferma l’auto davanti il portone di casa mia e scendo.
“Allora… grazie per il passaggio…”
“Figurati… era il minimo…”
Avrei voglia di baciarla, di trascinarla giù da quella macchina. Scuoto la testa per cacciare via quel pensiero e apro il portone.
“Allora… Ciao Laura.”
“Ciao Nik…”
Mi richiudo il portone alle spalle e sento la macchina ripartire portando Laura lontano da me e mettendo definitivamente la parola fine a questa storia.
 
[1] Frase tratta da “Someone like you” di Adele
 
Sono tornataaaaaaaaaaaaaaaaa! Davvero credevate di esservi liberati di me? Invece no!! Eccomi qua, anche perchè non potevo rischiare di trovarmi Emma in bacheca per le feste di Natale... Visto che con il capitolo precedete ho ammazzato tutti i lettori (si è salvata solo la mia favetta che però ha minacciato le peggiori ritorsioni...), prima di Natale ho deciso di essere buona e farvi tirare un sospiro di sollievo, Che dire? Fatemi sapere che ve ne pare e perdonate la brevità del capitolo, ma ho la Musa stitica in questi giorni e faticano ad uscire le parole... Chi legge commenti, anche solo con un "che schifo" che è sempre meglio del nulla più assoluto... Grazie ancora a chi sta ancora seguendo questa storia delirante <3

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** *** Second chance *** ***




Sometimes goodbye is a second chance[1]
 
“Tommy che ne dici di una pausa? Sono due ore che suoniamo e non mi sento più le braccia.”
“Ok Nik: tu riposati un attimo, ma solo perché una settimana fa eri in ospedale. Voi due invece non pensate nemmeno per un secondo di mollare i vostri strumenti!”
Mollo il basso e inizio a sgranchirmi i vari muscoli: ho ripreso le prove con la band da qualche giorno e devo riabituarmi ai ritmi serrati di Tommy che è ancora più pressante ora che siamo ad un mese dalla nostra partecipazione all’Arezzo Wave.
“E tu dove credi di andare?”
“A farmi una sigaretta, ci sono dei problemi?”
Jack si alza dalla batteria e guarda Tommy con l’aria di quello che se ne frega altamente di ciò che lui può dire o fare: lo facesse chiunque altro si beccherebbe come minimo un microfono nei denti, ma Giacomo ha il privilegio di poter sfidare Tommaso in qualsiasi momento lasciandolo spiazzato anche solo con uno sguardo. E dire che non è che sia così grande e grosso da incutere terrore, ma quegli occhi da alienato inquietano il nostro leader: forse ha paura che dietro quegli occhi azzurri e quei capelli biondi sparati in aria si nasconda un pericoloso serial killer. Io e Gio ci guardiamo cercando di trattenere una risata mentre la faccia del nostro leader inizia a diventare paonazza: da un momento all’altro credo inizierà ad uscirgli il fumo dalle orecchie. Poi ad un certo punto sembra quasi calmarsi e con aria sarcastica guarda Jack.
“Ma certo, vai pure a farti una sigaretta, tanto qua abbiamo solo un concerto da preparare.”
Un lampo gli attraversa lo sguardo e la giugulare inizia a gonfiarsi.
“Peccato che questo cazzo di concerto potrebbe essere l’ultima occasione della nostra fottuta carriera! Ma tanto a voi che vi frega giusto? Chi se ne frega dell’Arezzo Wave, del suonare finalmente su un palco vero, dico male? Vai, vai pure! Fuma tutte le sigarette che vuoi e strozzati, tanto qua ognuno si fa i cazzi suoi! Uno fuma, uno fa stretching, tu cosa vuoi Gio? Vuoi che ti porto il giornale? Sapete cosa vi dico? Che possiamo anche andare tutti a casa così ci rilassiamo che tanto se dovete farvi i cazzi vostri tanto vale no?”
Dopo un attimo di silenzio in cui tutti ci guardiamo straniti, Gio prende la parola.
“Non sarebbe male come idea: dovremmo fare l’area lettura nel garage.”
Il chitarrista fa un sorrisino bastardo mentre Tommy sembra sul punto di prenderlo per il collo. Giovanni gli si avvicina e gli mette una mano sulla spalla.
“Dai Tommy, calmati. Sai che siamo tutti carichi per questo concerto, ma dobbiamo anche respirare. Nik poi è già tanto che sia qui: ti pare che avrebbe ricominciato subito con le prove se non ci tenesse alla band? Capisco che con questo concerto stai mettendo in gioco davvero tutto, ma devi cercare di stare tranquillo. I pezzi nuovi ormai li abbiamo provati talmente tante volte che si suonano da soli perciò su quel palco spaccheremo davvero! Forza: prendi un bel respiro, Jack si fa la sua sigarettina poi ripartiamo più carichi che prima.”
La capacità che ha Giovanni di tranquillizzare Tommy rimarrà sempre un mistero. Lui, che tra noi cinque è quello con l’aria più strafottente, quello che se la tira di più e fa il figo con le fans, quello anche più menefreghista a dirla tutta. Non riusciremo mai a capire questo rapporto che ha con Tommaso, ma finche riesce a contenere i suoi scatti d'ira va benissimo così.
Il cantante lo guarda poi si volta rassegnato verso il batterista.
“E va bene, vai a fumarti questa cazzo di sigaretta e vediamo di ricominciare con le prove prima che faccia notte!”
“Allora? Cos’è tutto questo casino?” Prima che la giugulare di Tommy possa scoppiare, si apre la porta del garage ed entra Frank con Francesca.
“Frank!” Tommaso cambia espressione nel giro di un secondo e corre incontro al nostro chitarrista che mi guarda soddisfatto: la sorpresa è riuscita in pieno.
“Quando sei uscito dall’ospedale? Quello stronzo di Nik non ci ha detto niente.”
“Un paio di giorni fa, ma gli ho detto io di non dirvi niente che volevo farvi una sorpresa e a giudicare dalle vostre facce direi che è riuscita davvero bene: sembra che abbiate visto un fantasma!” Frank scoppia in una delle sue fragorose risate mentre Gio e Jack raggiungono Tommy e vanno ad abbracciare il mio amico.
“Allora? Come stai?” Tommy si stacca dall’abbraccio e lo guarda.
“Direi che va tutto alla grande: mi hanno rimesso a nuovo. L’unica cosa è che dovrò cercarmi un autista che l’effetto della guida di Francesca è peggio di quello che ti può dare trangugiare il cibo stantio dell’ospedale. Poi tra un po’ diventerà una balena e manco arriverà al volante.” E così dicendo le tocca la pancia.
“Ma quanto sei scemo!” Fra gli da un pugno sul braccio destro poi lo guarda e ride: vederla così serena fa bene al cuore dopo tutte le sofferenze che ha passato. Adesso può finalmente godersi la sua gravidanza.
Non riesco a staccare gli occhi da lei e Francesco: non mi sembra vero vederlo qui. Per un po’ scende un silenzio irreale nel garage: è come se non ci rendessimo ben conto di cosa sta succedendo. Poi Francesca guarda Tommy con un sorriso ed estrae dalla borsa una bustina quadrata.
“Ragazzi… tenetevi forte: ecco qua la prima copia del nuovo cd!”
Così dicendo, Fra si volta verso di noi e ce lo mostra orgogliosa. La copertina l’ha disegnata Jack: uno sfondo verde, con un cerchio marrone e il nome della nostra band. Una cosa semplice, che non credo abbia un significato particolare, ma è piaciuta a tutti. Sapevamo che i cd erano in preparazione, ma vederlo lì è un’emozione fortissima che ci lascia senza parole. Tommy si avvicina a Fra e prende il cd in mano iniziando a guardarlo come se fosse il più prezioso dei tesori.
“Ragazzi, vi rendete conto che adesso si fa davvero sul serio? Fin’ora avevamo un qualche demo sgangherato da regalare dopo i concerti, ma questo è un cd vero. Questo è un nuovo inizio: da qua inizia la svolta dei Jumpin’ Frog. Da qua o si spicca il volo o ci si schianta a terra e io non alcuna voglia di spaccarmi il naso perciò diamoci sotto alla grande. Siete pronti a partire con me?”
“Io sono prontissimo! Se non sbaglio tra un mese abbiamo un palco importante che ci aspetta e io sono stato anche troppo lontano dalla mia chitarra.”
Frank imbraccia la chitarra iniziando a strimpellare.
“Bene… vedo che mi ricordo ancora come si suona perciò possiamo anche metterci al lavoro no?”
“Ehm… certo… certo…” Tommy per un attimo sembra smarrito, come se la voce di Frank l’avesse riportato sulla Terra. Credo non smetterà mai di sentirsi in colpa per l’incidente e rivederlo finalmente in piedi gli ha tolto un peso.
“Voi tre vi siete incantati? Forza! Al lavoro che non abbiamo tempo da perdere!” Il cantante ritrova la sua verve e si riparte, finalmente tutti al proprio posto. Frank si volta, da un bacio a Fra che si siede in un angolo del garage poi inizia a suonare. Mi avvolge una strana sensazione di calore, come quella che senti quando torni a casa dopo un lungo viaggio e finalmente ti butti nel tuo letto respirando quell’aria particolare che solo quelle quattro mura ti sanno dare: rivedere Frank finalmente al suo posto mi riempie di gioia.
Tommy è ancora stranito da quello che è appena successo. Chiude gli occhi e scuote la testa come a volersi destare da un sogno poi prende il microfono e si volta verso di noi.
“Bene ragazzi, adesso che ci siamo tutti smettiamola di perder tempo e vediamo se Frank si ricorda davvero come si fa a suonare: forza che tra un mese tutti dovranno ricordarsi dei Jumpin’ Frog.”
 
“E stop! Per oggi abbiamo dato!” Tommaso guarda l’ora e decide che possiamo finalmente uscire dal garage. Attacca il microfono all’asta poi si volta verso Frank.
“Come va? Tutto a posto?”
“Non potrei stare meglio: mi è mancata la musica. Non ci crederai, ma mi sono mancate pure le tue rotture di palle.”
“Io non rompo le palle. Io cerco di far andare avanti la baracca che se vi lasciassi fare qua andrebbe tutto a rotoli. Se non ci fossi io a controllare cosa combinate qua non si andrebbe da nessuna parte.”
Mentre Tommy parte con uno dei suoi soliti sproloqui, io e Frank ci guardiamo poi ci voltiamo verso Gio che cerca di trattenere una risata mentre Jack, che con la scusa di sistemare la batteria sta dando le spalle al nostro leader e gli fa il verso col risultato che scoppiamo tutti e quattro in una fragorosa risata.
“Quando avete finito di prendermi per il culo, voi quattro disgraziati potete anche uscire da questo garage!” Usciamo e Tommy chiude il portone poi si volta verso Francesco.
“Frank, tu ci devi ancora un giro di birre! Mica ci siamo scordati che hai qualcosa da festeggiare. Che ne dici di andare tutti a vedere che combina Max al bar della Piazza così gli portiamo pure il nostro cd, sempre se la tua signora non è troppo stanca?” Così dicendo si volta a guardare Francesca che sorride.
“Se Francesco ce la fa, per me non ci sono problemi.”
“Se Francesco ce la fa… Come sarebbe a dire ‘Se Francesco ce la fa’? Ce la faccio eccome!”
“E allora cosa stiamo aspettando? Muovete le chiappe e andiamo a vedere come se la cava Max senza il sottoscritto: spero solo si ricordi come si fa un caffè. Chi mi da un passaggio?”
“Vieni con me e Giacomo." Giovanni apre la portiera e fa salire Tommy.
“Tu Nik sali con noi?” Francesca mi guarda offrendomi un passaggio.
“Dai, così se guidi tu almeno arriviamo al bar interi!” Frank corre verso la macchina mentre Fra mi guarda sconsolata e scoppiamo a ridere.
 
*********
 
“Mi mancava il tuo caffè, dovrei venire più spesso a trovarti.”
Approfittando del fatto che Giovanni sarà tutta la sera al garage con il resto della band, ho deciso di andare a trovare Sara. Da quando sono andata via non abbiamo più tante occasioni per vederci, anche perché cerco di tenermi il più possibile lontano dai ragazzi, soprattutto adesso.
Mi alzo e vado sul terrazzo a fumare: in quel momento Rosy e Andres si affacciano al balcone di fronte. Lui mi vede, ma fa finta di niente e rientra in casa.
Aspiro dalla sigaretta e butto fuori il fumo rimanendo per qualche minuto a fissare quel balcone.
“Allora abita ancora qua…”
Sara esce e prende due sedie che sistema dietro di me.
“Chi? Ah… lui… beh… certo… dove vuoi che vada? Non dirmi che ti fa ancora effetto dopo tutto quello che è successo.”
“No… non mi fa effetto, o meglio… non nel modo che pensi tu. Non m’interessa più niente di Andres, ormai ho capito che tutta la storia con lui è stata una stronzata, ma rivederlo è sempre un colpo al cuore. Mi ero presa una bella scuffia.”
Sara mi avvolge da dietro le braccia intorno alla vita. Mi volto e ci abbracciamo. Rimaniamo per qualche minuto così, avvolte in quel calore che in questi mesi non abbiamo avuto. Poi Sara si allontana un attimo con la testa per guardami negli occhi, ma senza sciogliere l’abbraccio.
“Mi manchi Laura.”
“Anche tu mi manchi tantissimo. Mi ricordo quando passavamo le nottate a chiacchierare: tu che mi chiedevi come dovevi fare con Giovanni, io che cercavo di metter chiarezza in tutti i miei casini… Sembra passata una vita e invece sono solo nove mesi che non vivo più in questa casa. Sono cambiate così tante cose in questo tempo: tu e Giovanni che vivete insieme, Tommy che ha lasciato il bar per fare il musicista, Frank e Fra che stanno per avere un bambino, l’incidente, i ragazzi che andranno all’Arezzo Wave e poi ci sono io, che in tutto questo sono rimasta ferma al palo, come ad osservare il mondo. Me ne sono andata, sono scappata dall’unica persona che avrebbe potuto rendermi davvero felice e mi ritrovo come una stupida a pensare a come sarebbe potuto essere.”
“Stai parlando di Nik vero?”
“Certo che sto parlando di lui. Dopo l’incidente ho pensato tanto a tutto quello che è successo tra noi e mi sono resa conto che mi manca. Mi manca tantissimo, ma non posso pensare di riavvicinarmi a lui, non credo che me lo permetterebbe e ne avrebbe anche tutti i diritti! Sono stata terribile con lui, la peggiore delle donne che avrebbe potuto incontrare. E’ ora che lo lasci in pace, che gli lasci vivere la sua vita, che lo lasci libero d’innamorarsi.”
“Sei sicura che lui voglia davvero lasciarti andare?”
Mi volto e vado ad appoggiarmi alla ringhiera guardando verso il palazzo di fronte. Una leggera brezza mi scompiglia i capelli.
“Dammi solo un motivo per cui non dovrebbe: l’ho tradito, abbandonato per poi usarlo a mio piacimento quando mi tornava comodo. Più di una volta mi ha chiesto di restare, ma io l’ho sempre deluso scappando salvo poi accorgermi che ho bisogno di lui adesso che l’ho perso, che mi ha detto di stare fuori dalla sua vita.”
Sara si avvicina appoggiandosi alla ringhiera alla mia destra. Per qualche minuto anche il suo sguardo si perde sul palazzo di fronte poi si volta verso di me e con un braccio mi avvolge le spalle. La guardo: i suoi occhi azzurri hanno sempre quella luce che riesce a calmarmi, a farmi credere che tutto si sistemerà e andrà nel verso giusto.
“Laura, in questo periodo ho passato molto tempo con Nik, vuoi per via della band e un po’ per via del ricovero in ospedale e tutto quello che è successo con Frank, e ti posso assicurare che non ti ha dimenticata. Anzi… Sono certa che se tu lo cercassi sarebbe pronto a ributtarsi tra le tue braccia.”
“Sarebbe davvero uno stupido se mi volesse ancora vicino…”
“E’ semplicemente innamorato, ma tu devi fare chiarezza dentro di te: cosa vuoi da lui? Sei disposta a metterti in gioco, a darvi una possibilità? Se la risposta è si allora cercarlo e provate a vivere la vostra storia veramente.”
“L’incidente mi ha fatto pensare molto a come sarebbe stato perderlo, sapere di non poterlo rivedere più e davvero non saprei immaginare la mia vita senza Nik, ma allo stesso tempo ho paura di ferirlo, di fargli ancora del male e non se lo merita davvero. Non lo so Sara… per ora nella testa ho solo una gran confusione.”
Mi prende la testa e l’appoggia alla sua spalla carezzandomi i capelli con quel suo fare da mammina premurosa, quel tocco che sa essere un vero toccasana per me. Mi da un bacio sulla testa poi ricomincia a parlare.
“Senti… tra un mese i ragazzi saranno ad Arezzo per il concerto. In questo periodo devono concentrarsi sulle prove che con l’incidente di Nik e Frank sono stati fermi quasi tre settimane perciò non hanno tempo per altre distrazioni. Tu approfittane per pensare a te e Nicola, per fare chiarezza in questa testa matta che ti ritrovi e vedi di capire in che direzione vuoi andare. So già che verrai al concerto perché nessuno potrebbe tenerti lontana dal debutto su un palco importante dei nostri ranocchietti e allora vedrai che effetto ti farà rivederlo e potrete capire cosa fare della vostra storia.”
Chiudo gli occhi e inspiro profondamente: e se Sara avesse davvero ragione? Se davvero ci fosse un’altra possibilità per me e Nicola? Un mese. Un mese per pensare, un mese per capire cosa fare della mia vita.
 
******
 
Le 4 e io non riesco a dormire. Lo sapevo che sarebbe finita così, mannaggia a Tommy e ai suoi giri di birra infiniti… Ho la testa che mi scoppia. Apro la finestra e mi affaccio per prendere un po’ d’aria quando vedo che c’è qualcuno in giardino.
“Frank che Diavolo ci fai lì? Francesca ti ha buttato fuori casa?”
“Più o meno.” E così dicendo scoppia a ridere.
“In realtà non riuscivo a dormire per la troppa adrenalina in corso che oggi è stata una giornata davvero intensa e sono sceso a fumare. Tu piuttosto perché non dormi?”
“Troppe birre e ho la testa che sembra un pallone.”
“Bravo cretino: te l’avevo detto di non esagerare e adesso ne paghi le conseguenze.”
“Grazie papà…”
A volte prenderei Frank a mazzate: è così protettivo che mi fa quasi sentire un menomato. Da quando ci siamo conosciuti ha sempre avuto la sindrome del fratello maggiore nei miei confronti. Sembra quasi che si sia assegnato la missione di difendermi dal mondo, come se io non fossi capace di farlo benissimo da solo e quando non deve fare l’angelo custode mi fa le ramanzine. Mi fa venire un nervoso allucinante, ma allo stesso tempo non potrei mai fare a meno di lui, del suo prendersi cura di me, del suo bene.
“A che ora ha detto che ci aspetta Tommy domani?”
“Verso le 9 al garage. Dici che ce la farà ad uscire dal letto? Era piuttosto alticcio quando siamo usciti dal bar.”
Frank getta a terra quello che resta della sigaretta e la spegne con la punta del piede poi mi guarda con una smorfia perplessa passandosi la mano sulla barba.
“Mmmm… temo che sarà là già per le 8 apposta per potersi lamentare del fatto che siamo sempre in ritardo.” E così dicendo si lancia in un’imitazione di Tommy che sclera che ci fa scoppiare a ridere.
In quel momento Fra si affaccia alla finestra mezza addormentata: guarda giù, si volta verso l’alto a guardarmi per poi tornare a rivolgere lo sguardo verso il mio amico.
“Avete finito di fare casino voi due o volete svegliare tutto il palazzo dopo aver svegliato me? Francesco, che ne dici di venire a letto? E tu Nicola? Vedi di chiudere quella finestra e infilarti sotto le coperte.”
“Il Generale Francesca è arrivato! Occhio che ci ha pure chiamato con i nostri nomi per intero perciò dev’essere parecchio incazzata. Nik, quasi quasi salgo da te.” Frank scoppia a ridere poi ci guardiamo.
“Facciamo quelli che vanno a dormire?”
“Sarà meglio prima che la tua donna salga e mi butti direttamente dalla finestra.”
“Guarda che non scherzavo sul fatto di salire da te: la vedo grigia la situazione… Mai svegliare il Generale!”
“Francesco, se finisci di fare il cretino e sali mi fai un piacere!”
Lo guardo come a dirgli “in bocca al lupo” poi ridiamo.
“Andiamo a letto va… Buona notte Frank.”
“Notte Nik, a domani. Ricordati di mettere la sveglia.”
“Già fatto papà. A domani.”
“Scemo.” Si dirige verso la porta, mi fa un sorriso e sparisce oltre la soglia d’ingresso.
Rimango in ascolto per sentirlo salire le scale ed entrare nell’appartamento sotto il mio poi mi metto a letto: mi mancava il mio fratellone.
 

[1] Frase tratta da “Second chance” degli Shinedown
 

E finalmente ci sono arrivata in fondo! Mi avevate dato per dispersa? E invece no! Eccomi qua con un capitoletto dove non succede niente di speciale, ma fa da transito verso il quasi finale della storia. Perchè non ci crederete, ma manca poco alla fine (ok... non piangete e non iniziate a festeggiare... ). I miei ranocchietti stanno per saltare davvero su un bel palco e Laura... metterà davvero la testa a posto? Sarà la volta buona che si stemano tutti o ci sarà una tragggggedia in aguato? Ai posteri l'ardua sentenza XD

Se volete vedere la copertina del cd dei ranocchietti, eccola qua (fa pena, ma come grafica valgo ancor meno che come scrittrice :( )

Ringrazio chi ha avuto il coraggio di seguire i miei deliri fino a qua e chi resisterà fino alla fine :)

See you soon! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** *** Bury me deep inside *** ***




Let me wake up in your arms
Hear you say it's not alright
Let me be so dead and gone
So far away from life
Close my eyes
Hold me tight
And bury me deep inside your heart[1]
 
Sento un rumore lontano, come se fosse avvolto da un’altra dimensione. Provo ad aprire gli occhi e mi rendo conto che è il telefono. Cerco di alzarmi da letto senza rovinare clamorosamente a terra e rispondo.
"Pronto?"
"AMOOOO!!!!! Dove cavolo sei???? Scendi che ti sto aspettando da un'ora!!!"
Ancora mezza stordita rimango imbambolata con la cornetta attaccata all’orecchio: che ci fa Sara qua?
Poi un lampo mi attraversa la mente: aspetta... ma oggi che giorno è? OH CAZZO!!! Oggi è il grande giorno!!!
"Sara, arrivo subitissimo!!!"
Il tempo d'infilarmi un paio di pantaloni e una maglietta e sono già sulla Smart della mia amica.
E’ un mese che non ci vediamo, dal giorno della nostra chiacchierata dopo l’incidente di Nik e Frank. Un mese in cui sono stata da sola cercando di fare chiarezza nella mia testa. Ho pensato a Nicola, a me, al fatto che oggi lo rivedrò: non so se farò la cosa giusta, ma finalmente ho deciso da che parte andare.
Non posso ancora credere che oggi i miei ranocchietti suoneranno all’Arezzo Wave. Ricordo quando Sara me l’ha detto: sono quasi impazzita! I ragazzi mi sono rimasti nel cuore, soprattutto Nik. Ricordo quando lui e Frank fantasticavano sul giorno in cui avrebbero spiccato il volo e adesso sono pronti per spiegare le ali. Non potevo mancare ad un evento così importante.
"Dai che andiamo, vorrai mica sentire le urla di Tommy?"
"No No! Sia mai!!! Anche se credo proprio che oggi avrà altro a cui pensare, non si accorgerà neanche di noi."
"Lui forse no, ma Fra mi uccide se non l'aiuto a sistemare il banchetto del merchandising!”
Saliamo in macchina e Sara mette in moto mentre iniziamo a chiacchierare.
“Come sta Fra? La pancia cresce?”
“Direi che sta benissimo! E’ felice: lei e Frank saranno dei genitori splendidi. Soprattutto è felice per come stanno andando le cose ai ragazzi.”
“I ragazzi come stanno? Tommy immagino sarà fuori di testa.”
“Tommy in questo mese è stato esasperante! Lui e la sua mania di perfezionismo… Ha praticamente rinchiuso i ragazzi nel garage: ci credi che ho visto pochissimo persino Giovanni? Praticamente arrivava a casa che già dormivo e al mattino avevamo giusto il tempo di fare colazione insieme che era già da Tommy. Quel rompiscatole mi ha fatto rifare non so quante volte la grafica delle magliette. Però alla fine ci sono riuscita e sono venute splendide. Stamattina è venuto a prendere Gio all’alba e non si teneva: sembrava tarantolato.”
“Per lui questa è davvero l’occasione della vita. Ha lasciato il bar per seguire i suoi sogni ed è ora che inizi a raccogliere i frutti di quello che ha seminato in questi mesi. Tu e Gio? Come va la convivenza?”
“Non ci vediamo mai perciò va benissimo! Ahahahhahah! A parte gli scherzi, direi che va tutto alla grande. E’ cambiato molto in questi mesi: finalmente sembra aver messo la testa a posto.”
Mentre racconta di lei e Gio ha gli occhi luminosi e un sorriso stampato in faccia: è bello vederla così, se lo merita proprio.
“Frank tutto a posto? Si è ripreso bene dopo l’incidente?”
“Si si, sta benissimo. Poi col fatto che sta per diventare papà è davvero al settimo cielo. Sai che lui e Fra hanno deciso di sposarsi? Passata questa cosa del concerto inizieranno ad organizzare il matrimonio in modo da celebrarlo prima che la pancia diventi troppo grossa.”
“Ma dai che bello! Sono davvero felice per loro.”
Lo sguardo si perde fuori dal finestrino e tiro un sospiro come se solo pronunciare quel nome mi costasse una fatica immane, come se dovessi sollevare un sacco pieno di rimpianti, di occasioni sprecate.
“E Nik? Come sta?”
“Nik è fuori come un balcone, ma sta bene.”
“Mi fa piacere. Non vedo l’ora di rivederli tutti.”
“Sai che ci saranno anche Adres e Rosy al concerto? Ormai quei due sono diventati parte della nostra tribù.”
“Ah… bene…”
L’idea di rivedere Andres e magari passarci insieme gran parte della giornata non mi esalta molto a dirla tutta: è vero che oramai mi sono lasciata alle spalle la storia con lui, ma vederlo mi fa sempre un effetto strano.
Nella macchina scende il silenzio: guardo fuori dal finestrino gli alberi, i cartelli rincorrersi veloci come i pensieri che si accavallano nella mia mente.
 
***
 
Mi tremano le gambe, il cuore è impazzito, lo stomaco è attorcigliato. Sbircio da dietro la tenda che ci separa dal palco: ammazza quanta gente!!
“Tommy sei sicuro che riusciremo a suonare? Ho una paura fottuta!”
“Calmati Nik. Prendi un bel respiro e smetti di guardare il pubblico. Certo che ce la faremo! Chi siamo noi?”
“I Jumpin’ Frog…”
“Come? Non ho sentito bene. Chi siamo noi?”
“I JUMPIN’ FROOOOG!”
“Ecco, i JUMPIN’ FROG! Allora metti via quell’espressione da pesce lesso, sfodera il tuo sorriso migliore e andiamo che questa volta SPACCHIAMO TUTTO!”
Tommy riesce sempre a trovare le parole giuste per caricarci, nonostante i suoi occhi tradiscano una certa ansia. Dice a me di smettere di guardare il pubblico quando invece è lui il primo che continua ad avvicinarsi a quella maledetta tenda. Gio si nasconde dietro i suoi inseparabili occhiali da sole che per una volta non gli servono solo per fare il figo, ma anche per nascondere l’emozione. Jack sta tamburellando con le bacchette sul bidone di plastica blu dell’immondizia mentre Frank finge di aiutare Fra a sistemare il banchetto del merchandising quando invece continua a guardare l’ora fumando una sigaretta dietro l’altra. Siamo frenetici e la tensione è talmente alta che l’aria si potrebbe quasi tagliare con un coltello: finalmente è arrivato il grande giorno, quello che stiamo preparando da un mese. Quasi non ci credo: ne sono successe di cose! Prima Tommy che lascia il bar, poi l’incidente, la gravidanza di Fra… è stato un mese intenso che ha segnato le nostre vite.
Controllo la scaletta: quelli che stanno suonando sono il gruppo prima di noi. Ad ogni brano che eseguono sento il cuore accelerare e lo stomaco attorcigliarsi. Frank mi raggiunge e allora noto che è arrivata anche Sara al banchetto con Francesca e non è sola. Chiudo gli occhi e scuoto la testa: in questo momento Laura dev’essere l’ultimo dei miei pensieri, devo concentrarmi sul concerto. Prendo un respiro profondo poi riapro gli occhi: mannaggia quanto è bella però. Pensavo che non vederla potesse aver cambiato qualcosa, ma il mio cuore non è dello stesso avviso.
Ci avvertono che il palco è pronto: è ora di salire. Tutti in cerchio abbracciati, “MERDA MERDA MERDA!” e via, si va a suonare!
 
"Ragazzi, è fatta!!! Avete visto quanta gente?? Certo, non erano lì per noi, non tutti almeno, ma siamo riusciti a coinvolgerli bene! Siete stati favolosi! Grazie!"
Siamo appena scesi dal palco, l'adrenalina è ancora in corso. E' stato davvero grandioso: non siamo abituati a certi numeri, al solito suoniamo in piccoli club. Subito eravamo al quanto imbarazzati, si sentiva la tensione tra di noi, ma quando Tommy è salito sul palco gridando "AREZZOOOOOO! NOI SIAMO I JUMPIN' FROG, SIETE PRONTI PER UN PO' DI ROCK'N'ROLL?" e il pubblico ha risposto con un boato tutto è sparito. Jack ha picchiato sulle pelli come non aveva mai fatto. Gio e Frank hanno tirato fuori dalle chitarre tutta la rabbia che potevano disegnando il tappeto di note sulle quali Tommy ha steso la miglior voce che aveva. Io, dal canto mio, ho cercato di fare del mio meglio. E nonostante mi sia partita una corda del basso, nonostante l'amplificatore fumante, abbiamo spaccato!
"Ragazzi, siete stati grandiosi!!"
Fra abbraccia Frank e gli schiocca un bacio sulle labbra: è entusiasta. E' tutto merito suo se siamo arrivati fin qua, è stata fantastica e non finiremo mai di ringraziarla. Andres e Rosy non fanno altro che congratularsi con noi. Arriva anche Sara, che salta al collo a Gio e inizia a riempirci di complimenti.
“Ragazzi… i cd sono andati a ruba!!! Li abbiamo venduti tutti!! Siete stati davvero fantastici!” L’entusiasmo di Sara contagia tutti, persino i tecnici che stanno cercando di smontare il palco e prepararlo per l’esibizione successiva. In un angolo, un po' in disparte rispetto a tutti noi, c'è Lei. La guardo e con la mano le faccio cenno di avvicinarsi a noi. Lei sorride imbarazzata poi scuote la testa: esce e se ne va. Non mi stupisce: penso si senta un pesce fuor d’acqua con noi e soprattutto penso voglia evitare di trovarsi faccia a faccia con Frank.
Tommy è euforico: sul suo viso ha stampato il migliore dei sorrisi e i suoi occhi sono lucidi. Non so se da oggi cambierà davvero tutto per i Jumpin’ Frog però sentire e vedere il pubblico così entusiasta ci ha davvero caricati e per il nostro leader è la realizzazione del suo sogno. Peccato che per festeggiare si sia scolato una bottiglia di Jack Daniel’s e dopo un po’ decida di partire con uno dei suoi soliti deliri alcolici…
Vedo Gio guardarsi intorno poi prendere Fra da una parte e Sara dall’altra.
“Ehm… ragazze… andiamo a smontare il banchetto e sistemare la roba.”
Jack getta a terra la sigaretta e fugge con la scusa di dover caricare la batteria sul furgone.
Persino Andres e Rosy iniziano a guardarsi intorno in cerca di un appiglio per poter evitare di dover assistere allo show del cantante, ma gli va male: Tommy si mette tra loro avvolgendo con le braccia i loro fianchi e obbligandoli a restare con lui.
Io cerco di defilarmi prima di fare la loro fine.
"Vado ad ascoltare un po' di musica. Frank, vieni con me?"
Il chitarrista non se lo fa ripetere due volte e mi risponde deciso.
“Certo che vengo!!!"
Francesco va a dare un bacio alla sua donna poi tutti fuggiamo lasciando i due poveretti in balia di Tommaso e dei suoi deliri.
 
Sto ascoltando non so quale gruppo, so solo che il cantante mi sta perforando i timpani con urla lancinanti. Mi guardo intorno per cercare Frank che è andato a prendere una birra più di mezz'ora fa e non è ancora tornato: è andato direttamente a raccogliere il luppolo? La gola inizia a diventarmi davvero secca…
Ad un tratto mi sento tirare per la maglietta. Due mani mi chiudono gli occhi prima che abbia il tempo di voltarmi e mi prendono da dietro per trascinarmi lontano dalla folla. Riconosco quelle mani. Riconosco quel profumo. Mi ritrovo sdraiato a terra con Laura che mi bacia mentre tenta di slacciarmi la cinta dei pantaloni. Realizzo quanto mi mancasse il suo sapore, la sensazione che solo lei sa darmi. Decido d'ignorare completamente quella parte di me che mi sta dicendo di rialzarmi e andarmene: ormai non posso più fare a meno di assecondarla. Com’era quella frase? Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce. Mannaggia a lui che si mette sempre in mezzo…
Il suo profumo mi invade le narici mentre il suo sapore si spande nella mia bocca. In quel momento sento come se il mondo intorno a noi fosse sparito: non m’importa di Frank che potrebbe tornare da un momento all’altro, della gente che potrebbe passare di lì. Non m’importa di niente.
Chiudo gli occhi e la stringo. Le mie mani s’intrufolano sotto la sua maglietta cercando quella pelle che gli è mancata così tanto. Metto la faccia nell’incavo del suo collo baciandola, respirandola, vivendola. Mentre le sue mani affondano tra i miei capelli, sento il suo respiro, il battito del suo cuore accelerare sempre più finchè non la vedo chiudere gli occhi e lasciarsi completamente cadere tra le mie braccia. La stringo a me con tutta la forza che ho e restiamo lì, i nostri corpi abbracciati come a non volerci lasciare più.
 
Mi volto verso di lei e avvicino la bocca al suo orecchio.
"Ti amo."
Glielo dico sussurrando, quasi come se avessi paura di una sua reazione. Poi torniamo a scrutare il cielo. Sarà da più di mezz'ora che siamo qui, sdraiati su un prato a guardare le nuvole rincorrersi. Solo le note che arrivano da lontano rompono il silenzio. Poi mi alzo e mi metto a sedere. Lo sguardo si perde altrove mentre nella mente si accavallano immagini che vorrei cacciare. Sento salire un groppo in gola mentre una domanda mi attanaglia la mente, ma ho paura di farla, ho paura della risposta che potrei ricevere così la caccio in fondo ai pensieri e cerco di concentrarmi su altro.
"Dovrei tornare dagli altri, Frank sarà preoccupato..."
Laura volge appena lo sguardo verso di me con un sorriso poi torna a fissare le nuvole. Prendo un respiro profondo e mi volto verso di lei.
"E adesso?"
"Adesso cosa?"
Si alza anche lei per guardarmi dritto negli occhi.
"Adesso che succede? Succede che sparisci tra la folla del concerto o..."
Mi zittisce posando l’indice sulle mie labbra.
"Shhhhh! Non dire niente. Adesso… Adesso non lo so Nik. Non so se e quanto durerà, ma questa volta sono qua per restare. Non voglio più scappare da te, da noi perché starti lontana è stata la prova più difficile che abbia mai dovuto affrontare, perché ho capito che tu sei parte di me. Lo sei sempre stato, ma ero troppo stupida per capirlo. La paura di averti perso per sempre mi ha aperto gli occhi. Nicola, adesso lo so: non posso stare senza di te perché è solo con te che sono completa, che sono veramente io. Il solo pensiero di non svegliarmi con te un altro giorno mi toglie il fiato. Non so se sei disposto a darmi un’altra possibilità: ti ho fatto del male, troppo male e non merito niente da te. Anzi… Credo che al posto tuo mi alzerei e sparirei tra la folla: è quello che mi merito.”
Sento il fiato mancare e per qualche minuto non riesco neanche a parlare. Poi mi volto verso Laura: i suoi occhi sono ancora più intensi del solito. Sono un mare nel quale mi perdo trovandomi ogni volta a sbattere come un naufrago in balia delle onde. Nella mente si accavallano immagini, sensazioni. Tutti questi mesi mi scorrono davanti e, nonostante tutto quello che ho passato per colpa sua, non riesco a non amarla. Ci ho provato, ma ogni volta mi bastava anche solo sentire il suo profumo per mandare tutto a puttane.
La stringo a me così forte che sento il suo cuore battere nel mio petto. Poi mi stacco e la guardo.
“Laura… non sai per quanto tempo ho aspettato queste parole, per quanto tempo ho sperato che tu decidessi di darci una possibilità. L’ho aspettato così tanto che ormai ci avevo rinunciato e invece sei arrivata e per l’ennesima volta hai sconvolto il mio mondo. Mi ero ripromesso di chiudere per sempre la storia con te, di lasciarti andare altrove perché è vero quello che hai detto: mi hai fatto male, troppo male. Mi hai usato, deluso, hai calpestato i miei sentimenti e adesso vieni qua e mi chiedi di lasciarmi tutto alle spalle.”
La guardo e mi si disegna un sorriso amaro sulle labbra.
“Secondo te cosa dovrei fare? Come dovrei risponderti?”
Laura abbassa lo sguardo imbarazzata.
“Non lo so Nik…”
Scuoto la testa, sorrido, prendo un respiro poi porto un dito sotto il suo mento e le alzo il volto puntando gli occhi nei suoi. Avvicino la fronte alla sua senza staccare lo sguardo.
That's the way it's always been, my heart stops beating only for you baby, only for your loving. Ti amo Laura, non ne posso fare a meno. Ci ho provato, Dio solo sa quante volte l’ho fatto, ma non ci riesco, non riesco a staccarmi da te, dall’amore che provo per te. Probabilmente tra due giorni me ne pentirò, ma voglio darti questa possibilità. Voglio sentire cosa si prova a svegliarsi con te, ad addormentarsi con te, a viverti.”
La bacio e per un po’ restiamo in silenzio, sdraiati a scrutare il cielo.
Poi Laura rompe il silenzio.
“Che dici se andiamo dagli altri prima che Frank chiami Chi l'ha visto? dandoti per disperso?”
"Prima dammi un bacio."
Avvicina la bocca al mio orecchio.
"So che ti sarà difficile crederlo, ma ti amo anch’io, non puoi immaginare quanto."
"Lo so Laura, lo so."
Mi bacia, torna a sdraiarsi e chiude gli occhi. Un raggio di sole che filtra attraverso gli alberi si posa sul suo viso rendendolo luminoso e m’incanto a guardarla: è un angelo, il mio angelo.
 
[1] Frase tratta da “Bury me deep inside” degli HIM

 

E allora????? Lo so, lo so... sono pessima.. vi ho fatto aspettare 2 mesi per quetso capitolo, ma la Musa si era persa altrove... Comunque con il MM di Frank e Fra vi avevo fatto vedere che non mi ero scordata di voi.
Veniamo al capitolo: eccoci giunti al finale delle avventure dei Jumpin' Frog. Piaciuto? Alla fine sono stata brava e non ho fatto intervenire tragedie varie :) Non escludo l'arrivo di altri MM sui nostri ranocchietti visto che bene o male vi siete affezionati a loro, ma per ora Jack, Tommy, Gio, Frank e il nostro piccolo cucciolotto Nik se ne vanno in vacanza :)
Grazie a chi mi ha seguita fino a qua e soprattutto a chi ha lasciato un segno commentando e dandomi lo spunto per proseguire.
Ci leggiamo alla prossima!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1980714