Il principe e la strega - Tra ciò che è giusto e ciò che vuoi

di _joy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un'amicizia interrotta ***
Capitolo 2: *** Nervosismi ***
Capitolo 3: *** L'armadio ***
Capitolo 4: *** Offerte di matrimonio ***
Capitolo 5: *** Narnia ***
Capitolo 6: *** Il re e la strega ***
Capitolo 7: *** Nel ricordo di Susan Pevensie ***
Capitolo 8: *** Cair Paravel ***
Capitolo 9: *** Scoperte ***
Capitolo 10: *** Sofferenza e insofferenza ***
Capitolo 11: *** Costellazioni e mappe astrali ***
Capitolo 12: *** Uguaglianza e diritti umani ***
Capitolo 13: *** Un sincero esame di coscienza ***
Capitolo 14: *** Riflessioni notturne ***
Capitolo 15: *** Luce e purezza ***
Capitolo 16: *** Sospetti ***
Capitolo 17: *** All'alba ***
Capitolo 18: *** La Casa di Aslan ***
Capitolo 19: *** Il bacio ***
Capitolo 20: *** Un regalo ***
Capitolo 21: *** Il ballo del Solstizio ***
Capitolo 22: *** Il ritorno della Strega Bianca ***
Capitolo 23: *** Una vecchia storia ***
Capitolo 24: *** Fierezza e sangue puro ***
Capitolo 25: *** Una proposta di matrimonio ***
Capitolo 26: *** Sì ***
Capitolo 27: *** Amici e alleati ***
Capitolo 28: *** La storia di Jadis ***
Capitolo 29: *** Il momento di scegliere ***
Capitolo 30: *** Non è la fine ***



Capitolo 1
*** Un'amicizia interrotta ***


Hermione si infilò di corsa in uno dei cubicoli del bagno del secondo piano.
 
Chiuse la porta e posò la borsa a terra, per assicurarsi di non fare rumore.
Si mise in ascolto e, dopo poco, la porta si aprì e si sentirono parole inframmezzate di risatine.
«Ma non dirmi!» trillò una voce femminile «Allora è ufficiale che tu e Ron…»
Una valanga di risatine isteriche fece perdere a Hermione la fine della frase.
Calì, pensò la ragazza.
«Eh, sì» disse poi una seconda voce, compiaciuta «Assolutamente, totalmente ufficiale. Con buona pace di quella Granger»
 
Hermione serrò la mascella.
Quella Granger?
Oh, quando Lavanda Brown aveva bisogno di aiuto con i compiti di Trasfigurazione, lei non era “quella Granger” ma la “carissima Hermione”.
Ma, evidentemente, le cose erano cambiate.
Per colpa di quel grandissimo idiota di nome Ronald Weasley.
 
E così, Ron si era messo davvero con Lavanda.
Diretta alla lezione di Antiche Rune, Hermione rimuginava sulle stranezze del cervello maschile.
Ron, che aveva avuto una cotta per Fleur Delacour, che almeno era una bellezza spettacolare.
E, siccome il mondo non sempre era equo, aveva anche cervello: infatti era stata uno dei campioni del Torneo Tremaghi.
Ma, detto questo, Ron con le ragazze era parecchio imbranato.
Anche Harry, a dirla tutta.
La sua cotta per Cho Chang, Cercatrice di Corvonero, era stata leggendaria e, secondo le intuizioni di Hermione, era anche bella che sepolta.
La giovane strega si era accorta da tempo che Harry guardava Ginny in un certo modo parecchio attento.
 
Ed era ora.
Ginny era pazza di lui, era bellissima, intelligente e simpatica.
Ma gli uomini hanno delle fette di prosciutto sugli occhi, è cosa nota.
 
Quando era arrabbiata, Hermione tendeva ad usare metafore babbane con più frequenza.
Sedendosi al banco, rimuginò ancora sull’empietà di Ronald, che d’improvviso, senza un motivo particolare, si era messo con Lavanda e non le rivolgeva più la parola.
Harry le aveva dato una vaga spiegazione che spaziava dagli ormoni, al colpo di fulmine, a Victor Krum.
«Victor Krum?» aveva chiesto Hermione, sbalordita.
Harry aveva sospirato.
«Ginny e Ron hanno litigato e lei… bè, gli ha sostanzialmente fatto notare che lui è l’unico di noi a non aver mai avuto una ragazza»
«E quindi?» Hermione era senza parole.
«E quindi…eh… è normale, dai. Si sentiva solo e…sfigato»
 
Ma cosa c’era di più sfigato che spupazzarsi Lavanda Brown davanti a tutti, con l’eleganza di un Troll?
Hermione proprio non riusciva a capirlo.
 
Il problema era che neppure lo studio riusciva davvero a distrarla.
Le dava la scusa per isolarsi, il modo di non pensare, ma non si riesce mai davvero ad allontanare la mente dalle cose che sono per noi più importanti.
E, a peggiorare il tutto, Lavanda e la sua migliore amica Calì erano nel suo stesso dormitorio.
Solitamente, quando Lavanda saliva dalla Sala Comune, dopo aver scambiato con Ron quantitativi di saliva indicibili, Hermione fingeva di dormire, seppellita sotto le coperte.
E, invece, restava sveglia per ore, a sentire i racconti di Lavanda a Calì, e oltre.
 
Aveva perso Ron, come ragazzo e come amico.
E l’amicizia che condivideva con lui e Harry, per quanto profonda, si era già dimostrata poco capace di restare in piedi quando due dei tre membri del team erano in crisi.
Come altre volte, quella non aveva fatto eccezione.
Harry tentava di starle vicino, ma quando era con Ron Hermione restava sola.
E le sembrava che tutti, a scuola , le ridessero dietro.
Tutti bisbigliavano per il fatto che Ron non le parlava più e accostavano questo fatto al suo recente status di fidanzato.
Quindi, traevano la conclusione che lei avesse il cuore spezzato per un amore non ricambiato.
 
E, per tutti i calderoni forati, un po’ avevano ragione.
 
 
Non lo amo, non davvero. Non me lo sono mai permessa, sapevo che c’era di mezzo l’amicizia. Però…bè, sì, magari qualche volta ho pensato che… Comunque. Niente di che.
Con foga, Hermione mescolava l’antidoto a un pericoloso veleno mentre si ripeteva nella mente queste parole.
E come osano tutti guardarmi con compassione? Nemmeno gli avessi chiesto niente!
 
Alzò la fiamma sotto il calderone con troppa foga e si alzò una vampata di fuoco esagerata.
Hermione ringhiò e sentì Ron ridacchiare, due banchi più a destra.
«Hermione pare nervosetta, che dite?» chiese Ron a nessuno in particolare.
Harry si affrettò a dargli una gomitata, ma Hermione ebbe comunque la sua vendetta a fine lezione, quando Lumacorno diede a Ron una D.
 
Mai vendetta le era parsa tanto amara.

 

N.d.A. Non volevo, davvero. Volevo aspettare a postare questa storia, visto che ne ho varie aperte, tra cui una proprio su Narnia.
Però, anche grazie all'appoggio delle mie carissime Susan The Gentle e Fedra, alla fine ho ceduto all'istinto... ed eccomi qui.
Prometto un aggiornamento ogni due settimane, per ora, così mi dedico alle altre storie aperte.
Siete autorizzati tutti a tirarmi le orecchie se sgarro :)

Un'ultima cosa... il titolo richiama quella che forse è la mia frase preferita in tutta la saga di Harry Potter:

"
Quando e se per voi dovesse venire il momento di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile, ricordate cos’è accaduto a un ragazzo che era buono, e gentile, e coraggioso, per aver attraversato il cammino di Voldemort"

La pronuncia Albus Silente, nel quarto libro della saga, "Harry Potter e il calice di fuoco", al banchetto di fine anno.
Non che serva ricordarlo agli esperti!


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Buona lettura a voi!

 

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Capitolo 2
*** Nervosismi ***


Era tutto così noioso.
 
Caspian stava supervisionando la costruzione di una nuova nave per la flotta di Narnia, nei cantieri allestiti appositamente al porto.
Drinian, suo vicecomandante e nocchiero, lo accompagnava e gli illustrava ogni singolo progetto e miglioria.
Caspian era fiero della flotta di Narnia.
 
E allora perché, dannazione, mi sento così nervoso e irascibile?
 
Si ripeté quella domanda nella testa, cercando di mostrarsi calmo e rilassato agli occhi dei suoi uomini.
Annuì distrattamente a una spiegazione di Drinian e si massaggiò sovrappensiero il collo con una mano.
 
Le cose prosperavano, a Narnia.
Dal suo ritorno a Cair Paravel dopo il viaggio verso la Terra di Aslan tutto filava liscio.
Narnia aveva consolidato la sua pace fino ai confini del mondo conosciuto.
Ma Caspian era rimasto solo.
 
Di nuovo.
 
Edmund e Lucy Pevensie, assieme al loro cugino Eustace, avevano fatto ritorno nel loro mondo.
Ripicì, valoroso topo e cavaliere di Narnia, era andato oltre: Aslan gli aveva permesso di entrare nella sua Terra.
Caspian aveva avuto la stessa possibilità e, per un attimo, aveva sognato di lasciarsi tutto alle spalle e rivedere suo padre e sua madre.
Ma poi il suo senso del dovere aveva prevalso.
Narnia viene prima di me e dei miei desideri, aveva pensato.
E così, era rimasto.
Aveva salutato gli amici e li aveva visti uscire dalla sua vita, sapendo che ormai erano troppo grandi per fare ritorno a Narnia.
Non li avrebbe più rivisti, come era già successo con i loro fratelli maggiori, Peter e Susan.
 
Con Peter non era mai davvero riuscito a legare, sebbene lo stimasse come sovrano, ma della regina Susan si era innamorato quando era ancora un ragazzino.
Pensava ancora a lei e, testardamente, rifiutava ogni donna che conosceva o che gli veniva proposta dai suoi Lord.
«Maestà, dovete sposarvi per dare un erede a Narnia» gli ripetevano quelli.
Lui annuiva e lasciava cadere il discorso.
Ancora no. Ancora no.
Nessuno dei miei amici resta con me, non basta già questo?
 
A cosa serviva vivere mirabolanti avventure con ragazzi che diventavano a tutti gli effetti i fratelli che non aveva mai avuto, se poi tutti lo lasciavano solo?
 
*
 
Drinian osservò lo sguardo annoiato del suo re e represse un sospiro.
Da quando erano tornati dalla Terra di Aslan a volte Caspian si comportava in modo strano.
Era sempre il giovane valoroso e gentile che tutti a Narnia amavano e stimavano, ma, a tratti, qualcosa in lui cambiava.
Era come se affiorassero in lui una rabbia e un livore che non gli erano propri.
Un nervosismo che il giovane si sforzava di celare, senza riuscirci completamente.
Come ora.
 
E, dietro i suoi occhi scuri, a volte a Drinian pareva di scorgere un bagliore sinistro.
Un bagliore che aveva visto solo in un’altra occasione: quando una nebbia verde e innaturale aveva circondato il Veliero dell’Alba, durante la sua missione alla ricerca dei Lord scomparsi durante il regno dello zio di Caspian, Miraz l’usurpatore.
Ma era impossibile.
Ogni volta che l’uomo si scopriva a formulare un pensiero del genere si rimproverava da solo e si affrettava a relegare quell’idea assurda in fondo alla mente.
Ricordava anche troppo bene come quella nebbia misteriosa aveva influito sui pensieri e sul comportamento dell’equipaggio.
Erano emersi contrasti e i contrasti erano sfociati in vere e proprie liti furiose.
Anche re Caspian e gli antichi re di Narnia, Lucy e Edmund, ne avevano risentito.
Ma tutto questo era passato.
Finito, concluso con la fine del viaggio e la loro vittoria.
 
Ora, sotto il cielo azzurro e terso di Narnia, cosa c’era da temere?
Nulla, proprio nulla.
Sono uno stupido, si ripeté Drinian.
Ma non riuscì a impedirsi di seguire con gli occhi Caspian, che si allontanava lungo il molo.
 
 
Tornato al castello, Caspian si sentì dire da due dei suoi Lord del consiglio che quella sera sarebbe stata ospite a Cair Paravel Lilliandil con suo padre, Ramandu, emissario di Aslan.
«È un grande onore avere con noi la bellissima Lilliandil, mio re» disse Lord Dagospian.
Caspian si accigliò prima di rispondere, risentito:
«Forse volete dire che è un grande onore avere con noi Ramandu, immagino»
«Ah…sì…certo» balbettò quello.
«O forse volete dire che state di nuovo insistendo perché io chieda in sposa la prima donna che mi passa davanti agli occhi?»
La sua voce suonò eccessivamente dura alle sue stesse orecchie.
Il Lord deglutì nervosamente e balbettò:
«Ehm…altezza, io…insomma, tutti noi speriamo…»
«Lasciate perdere» Caspian lo zittì e si allontanò a grandi passi «Fatemi sellare un cavallo»
«Dove…dove andate mio re, se posso chiedere?»
«Lontano da qui!» lo gelò il re.
 
 
Mentre cavalcava assaporando il vento che gli scarmigliava i capelli e i movimenti armoniosi del suo cavallo, Caspian rimuginava su Lilliandil.
L’aveva vista una sola volta, durante il viaggio sul veliero dell’Alba, alla Tavola di Aslan.
Era bellissima, ma di una bellezza fredda, algida.
Non la bellezza viva di Susan.
 
Susan.
 
Chissà dov’era e cosa faceva.
Non si faceva illusioni: Edmund gli aveva detto che nemmeno lui e Lucy vedevano i fratelli maggiori da tempo.
Però… lui pensava ancora a lei.
Edmund gli aveva detto che doveva andare avanti, che non doveva usare Susan come scusa per nascondersi dalla realtà.
La discussione non era finita molto bene e Edmund non era più tornato sull’argomento.
 
Il problema non era Lilliandil, come non era nessuna delle donne che aveva conosciuto nella sua vita.
Il problema era lui.
 
La cavalcata di ritorno al castello fu lunga e piena di cupi pensieri.
 
 
 
 
 
NdA: Ed eccomi qui!
Ammetto che vorrei postare più velocemente questa storia, ma devo darmi dei tempi per portare avanti anche le altre che ho aperte, 
per cui per il momento vi chiedo pazienza!
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Capitolo 3
*** L'armadio ***


Le lezioni di Trasfigurazione non erano mai state così difficili.
 
Tutte le lezioni, a dir la verità, non erano mai state così difficili.
Il prossimo sarebbe stato l’anno dei M.A.G.O. e il contenuto delle lezioni rasentava l’impossibile.
Persino Hermione era in difficoltà e questa considerazione, da sola, bastava a scoraggiare la metà degli studenti della scuola.
 
Quel giorno, la Professoressa McGranitt li stava facendo lavorare sulla Trasfigurazione Umana.
Niente di più difficile.
Per metà della lezione non accadde nulla.
Poi, all’improvviso, dalla bacchetta di Ron sgorgò un lampo e lui sparì in una nuvola di fumo.
Hermione mosse automaticamente un passo verso di lui, ma ovviamente Lavanda si catapultò dalla sua sedia urlando come una Banshee:
«RonRon!!!»
Ron era riapparso e non sembrava essersi fatto nulla, ad eccezione del paio di baffoni giallo canarino che ornavano il suo viso.
Hermione scoppiò a ridere, in parte per il sollievo e in parte perché quei baffi erano la cosa più stupida mai vista.
Harry e metà della classe rise con lei.
Ron si offese a morte e, dopo che la Professoressa McGranitt lo ebbe risistemato, si vendicò con un’imitazione cattiva di Hermione che saltellava con le mani per aria per rispondere a una domanda.
Calì e Lavanda scoppiarono a ridere.
Hermione, invece, fissò lo sguardo sul banco mentre sentiva le lacrime pungerle gli occhi.
Harry le strinse una mano, ma lei non lo guardò neppure.
In quel momento suonò la campanella e la ragazza ne approfittò per schizzare fuori dall’aula, diretta in bagno.
Harry apostrofò duramente Ron, ma Hermione non ottenne delle scuse neppure a pranzo, dove sedette vicino a Neville.
Harry venne a sedersi con loro per dimostrare la sua disapprovazione nei confronti di Ron, ma quando lui e Lavanda passarono accanto a loro Ron tirò dritto.
Fu invece Lavanda a fermarsi per sogghignare in direzione di Hermione.
«Harry, non vuoi sederti con noi?» chiese, sorniona «Mi sembra che qui la conversazione sia abbastanza noiosa»
Hermione sollevò la testa di scatto.
«Rispetto a quale parametro di giudizio? Il tuo? Perché, sai parlare di altro a parte l’oroscopo?»
Lavanda si offese.
«Guarda nel tuo piatto, Granger, e lascia in pace RonRon!»
«E chi diavolo sarebbe RonRon?» chiese Hermione, sprezzante, alzandosi «Io non conosco nessuno che abbia un nome così imbecille!»
Detto questo, marciò fuori dalla Sala Comune.
E si diresse… in bagno.
 
Ormai praticamente abito nei bagni. Di questo passo diventerò amicona di Mirtilla Malcontenta, pensò, asciugandosi con rabbia una stupida lacrima.
E aveva saltato la cena.
Di nuovo.
Il suo stomaco brontolò mentre Hermione si lasciava scivolare per terra e apriva con gesto automatico la borsa.
Prese il volume di Aritmanzia e iniziò a sfogliarlo.
L’abitudine prese in sopravvento e, quando si riscosse dai calcoli mentali che stava tentando di concludere, si scoprì infreddolita e indolenzita.
Si alzò e rimise il volume nella borsa.
Uscita dal bagno, percorse il corridoio e salì una rampa di scale.
All’improvviso, però, le scale si mossero, separandosi da quella che sarebbe stata la rampa successiva e ricongiungendosi ad un’altra scalinata, più buia della prima.
 
Nessuno studente di Hogwarts si stupiva o si scoraggiava per tanto poco.
Infatti, Hermione si limitò a sbuffare e riprese a salire, cercando di orizzontarsi.
Quel castello aveva più scale, passaggi e stanze che una città intera.
«Dove accidenti sono, per le mutande sporche di Merlino?»
Quel corridoio non le diceva proprio nulla.
Hermione mosse qualche passo esitante fra arazzi cupi e torce ardenti, guardando a destra e a sinistra.
I suoi occhi caddero su un quadro molto grande che occupava buona parte del muro alla sua destra.
Accese la bacchetta per osservarlo meglio.
 
In lontananza c’era il mare, di un azzurro scintillante, solcato da una maestosa nave ornata a prua da una testa di drago.
Ma era lontana.
La scena principale era dedicata a una donna bionda, avvenente, vestita di un abito che sembrava risplendere persino sulla tela.
A Hermione ricordò Fleur Delacour e la degnò appena di uno sguardo.
Si concentrò invece sul giovane uomo che le stava di fronte.
Alto, moro, con un accenno di barba, molto virile.
Aveva una spada legata al fianco e un aspetto possente e fiero, ma guardava la donna e sembrava così…triste.
Come se lei gli stesse precludendo qualcosa, come se lo stesse ferendo…
L’espressione che aveva era così intensa che rapì Hermione al punto da farle percepire con ritardo una cosa invece ovvia: i personaggi del quadro non si muovevano.
 
A Hogwarts i dipinti erano magici, come i libri e le fotografie.
Nessuno dei personaggi del mondo magico restava intrappolato su una tela, o sulla carta.
Anche loro vivevano.
Ma questo ragazzo era immobile, bloccato nel suo dolore.
 
Hermione si diede della stupida, ma si sentiva a disagio.
Forza, su – si ripeté – ora preoccupati del personaggio di un quadro, tanto hai già poco a cui pensare…
Ma non si mosse ancora per un po’.
Poi, all’improvviso, una brezza gelida spense una delle torce e nel corridoio si allungarono le ombre.
La ragazza sussultò, guardandosi attorno.
 
Nessuno.
 
Diede un’ultima occhiata al quadro e poi si volse per tornare indietro: meglio rifare le scale che perdersi su un piano sconosciuto.
Persino Silente ammetteva spesso di non conoscere interamente Hogwarts, quindi figuriamoci se…
Hermione si fermò bruscamente.
Cos’era quel bagliore?
Una luce debole, azzurrina, proveniva da una porta socchiusa alla sua sinistra.
Esitò, ma poi alzò la bacchetta e spalancò la porta.
 
La stanza era vuota.
 
Hermione prese fiato (ricordava ancora la volta che lei, Ron e Harry erano finiti per sbaglio nella stanza di Fuffy, al primo anno) e si diede una scrollata mentale.
Non c’era nulla, nella stanza, tranne un armadio di legno, addossato alla parete.
Una delle ante era socchiusa e da lì proveniva la luce.
Ignorando l’impulso di andarsene velocemente da lì, Hermione avanzò incantata.
Toccò leggermente l’anta dell’armadio e quella si aprì dolcemente.
 
Hermione sbatté le palpebre.
 
Dentro l’armadio, dove doveva trovarsi il fondo di legno, c’era invece…un prato.
L’armadio non era chiuso, era una porta.
Ma una porta per dove?
Esitò.
Ma poi si tirò indietro.
Mai fidarsi di un oggetto magico sconosciuto.
Mai fidarsi di portali che si aprono su realtà ignote.
Ma soprattutto mai, mai mai e poi mai infrangere le regole della scuola (tranne che in caso di pericoli mortali…sì, era capitato. Ma solitamente lei era una studentessa molto diligente).
Le regole della scuola prevedevano che gli studenti restassero dentro la scuola.
E, qualunque posto fosse quello che lei stava osservando, di certo non era Hogwarts.
 
Ma, proprio mentre Hermione toccava l’anta per richiuderla, un tasso attraversò correndo il suo campo visivo.
E quel tasso parlava.
Anzi, gridava.
«Aiuto! Aiuto!»
Poco dietro di lui, un Poltergeist volava basso sull’erba, con un braccio teso e pronto a ghermire il tasso.
Senza pensarci un secondo, Hermione si lanciò nell’armadio.
 
Rotolò sull’erba soffice ed estrasse la bacchetta.
«Petrificus Totalus!» urlò, puntandola contro il Poltergeist.
Quello si immobilizzò a mezz’aria e cadde di schianto sull’erba.
Hermione si rialzò e tolse dalla gonna i fili di erba che si erano impigliati.
Alzando gli occhi, vide che il tasso la fissava a bocca aperta.
«Ciao» gli sorrise «Stai bene?»
Quello emise un verso strozzato.
«Oh, avanti, lo so che parli. Ti ho sentito, poco fa»
«Tu…tu…tu sei…chi sei?» balbettò quello.
«Mi chiamo Hermione Granger»
«Che cos’è…Hermione Granger
«Come sarebbe? È il mio nome!»
«Ma che razza di nome è?»
«Ma come? Perché, tu come ti chiami, scusa?»
«Tartufello» rispose quello, orgoglioso.
«Bè, se parliamo di stranezze…» rispose lei «Ora scusa, se stai bene me ne vado. Tanto non mi sembra che…»
Ma le parole le morirono in gola quando si volse e vide che l’armadio non c’era più.
 
Non c’era più traccia della stanza.
C’era solo un bosco: alberi alti e forti da tutte le parti.

Buongiorno! Sono molto scontenta di me perchè sono due settimane che non scrivo nemmeno una riga... Il lavoro mi toglie anche l'aria! :(
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Capitolo 4
*** Offerte di matrimonio ***


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La cena stava davvero diventando noiosa.
 
Seduto a tavola, nella Sala dei banchetti di Cair Paravel, Caspian soffocò uno sbadiglio chiedendosi se davvero gli ospiti erano incredibilmente insopportabili o se era lui a non trovarli interessanti in quanto troppo occupato a preoccuparsi dei tranelli matrimoniali dei suoi Lord.
Lilliandil gli sorrise, cortese, e lui ricambiò con le labbra serrate.
 
Ma insomma, cosa sto cercando? – si chiese, angosciato – È bellissima. È regale. Cos’è che non va bene, allora? Cosa voglio davvero?
 
Inutile.
Se lo chiedeva ormai da tanto, ma non trovava una risposta.
Rivoleva la spensieratezza di quando si era innamorato di Susan, quello stesso abbandono, quella totalità, la follia e la magia di quei giorni.
Non c’era stato nulla, con Susan, se non un bacio.
Lei non era voluta restare.
Caspian se lo ripeteva ancora, con angoscia e vergogna.
Se lei lo avesse voluto davvero, avrebbe chiesto da Aslan di farla restare a Narnia.
E allora perché stava ancora pensando a lei, perché paragonava a Susan ogni donna che incontrava?
 
Di malumore, tagliò un pezzo di arrosto e lo portò alle labbra.
Ramandu gli fece una domanda sui suoi futuri viaggi e Caspian rispose evasivo.
Si sarebbe preso a schiaffi da solo perché sapeva che si stava comportando come un bambino maleducato, ma non poteva farci nulla.
Di nuovo, quella sensazione indefinibile di malessere si era impadronita di lui.
La cena si trascinò ancora a lungo e, quando finalmente terminò, Lilliandil espresse il desiderio di vedere il giardino immerso nella luce della luna.
Caspian soffocò un sospiro, ma non poté esimersi.
Si alzò e le tese la mano, sulla quale lei posò la propria e che non lasciò andare nemmeno dopo che fu in piedi.
Ramandu sorrise a entrambi.
 
Uscirono dalle ampie finestre della sala e scesero la scalinata che portava al giardino.
In effetti, la vista era spettacolare.
La luce della luna si rifletteva nella grande fontana e nei suoi giochi d’acqua e ammantava del suo chiarore gli alberi, i roseti e i cespugli.
Lilliandil elogiò a lungo la bellezza che vedeva, ma Caspian si scoprì a pensare:
Se è un’emissaria di Aslan e suo padre è una stella, come può stupirsi di fronte a un semplice  giardino, per quanto bello esso sia?
Lei gli strinse appena le dita, lui finse di non accorgersene.
«Re Caspian» mormorò lei, dopo un lungo silenzio «Vi ho forse offeso in qualche modo?»
«No, certo, mia signora. Mi spiace se vi ho dato questa impressione»
«Siete così silenzioso…»
«Me ne scuso, a volte non riesco a cancellare del tutto le preoccupazioni per Narnia. Perdonatemi se vi ho offesa, non era mia intenzione»
«No, certo, capisco. Siete in ansia? Posso aiutarvi?»
«Siete gentile, grazie…» bravo, idiota, e adesso? «Ma non datevene pensiero, non è nulla»
Lei rimase ancora in silenzio, poi disse:
«Quando ci incontrammo alla Tavola di Pietra diceste che speravate di rivedermi…»
 
Io?
 
«Ah. Ehm. Sì, siete stata davvero preziosa in quell’occasione…» rispose debolmente lui.
Lilliandil tacque, anche se chiaramente non era quello che voleva sentirsi dire.
La passeggiata si concluse in un silenzio imbarazzato.
E la serata non era ancora finita.
 
Rientrato al castello, Caspian si imbatté  in Ramandu.
«Re Caspian» sorrise, gioviale «Il bicchiere della staffa?»
Caspian non poté fare altro che annuire.
«Bene, bene, ottimo!» Ramandu sorrise al re una volta che i due si accomodarono davanti al fuoco in un salone riservato «Sapete, re Caspian, vi ammiro molto. Siete giovane, ma avete già dimostrato di essere un ottimo re»
«Grazie, mio signore. C’è ancora tanto che devo imparare…»
«Eh, naturale…siete ancora così giovane! Ma siete un re e come tale dovreste ben sapere che avete ancora dei passi da compiere per assicurare la stabilità al vostro regno»
Gli lanciò un’occhiata d’intesa che Caspian finse di non cogliere, mentre centellinava il liquore che aveva nel bicchiere.
«Voglio dire…» continuò l’altro, implacabile «Ora che avete garantito la pace, certamente starete pensando alla successione al trono…»
«Veramente mi sembra prematuro…» tentò di arginarlo Caspian.
«Permettetemi di dissentire» si impuntò Ramandu «Vi siete spinto fino alla Terra di Aslan…cosa sarebbe successo se non foste tornato?»
«Ho lasciato la reggenza a Briscola e…»
«Ecco, appunto! Un nano! Sul trono di Narnia! State scherzando, vero? Ora che un figlio di Adamo siede nuovamente su questo trono non potete essere così irresponsabile da non considerare il problema!»
Caspian serrò le labbra, seccato per essere stato ripreso come un bambino.
«Quindi cosa suggerite, mio signore?»
«Ma che vi sposiate, è ovvio! Per dare un erede a Narnia e gioia alla vostra vita!»
«La mia vita è già felice, grazie per l’interessamento»
 
Più o meno.
Ma comunque sto meglio da solo.
 
Ramandu arricciò le labbra.
«Caspian, non siate testardo»
Il re sollevò lo sguardo a incontrare gli occhi dell’emissario di Aslan e decise che il gioco era durato anche troppo.
«Allora parlate chiaro»
Ma, esortato a venire al dunque, Ramandu sembrava avere dei problemi a formulare una frase compiuta.
Giocherellò con i bracciali che gli ornavano i polsi e poi sollevò gli occhi a incontrare quelli di Caspian.
«Siete diretto. Avete ragione. Non vi nasconderò che speravo di trovarvi con altre disposizioni d’animo, oggi. I vostri Lord speravano che…»
Esitò e Caspian disse, con voce misurata:
«I miei Lord sono consiglieri fidati e preziosi. Ma non hanno diritto di parlare per me»
Ramandu sospirò, intuendo che il ragazzo non glielo avrebbe reso più facile.
«Tutti siamo preoccupati per voi, Maestà»
«Per me?» Caspian era sinceramente stupito  «E perché mai?»
«Bè, ma ve l’ho appena detto…c’è la questione dinastica aperta e…»
«Ma non c’è fretta! Ho tempo! Non intendo muovermi da Cair Paravel per un po’…e poi scusate, mio signore, ma vi faccio notare che se io ipoteticamente prendessi moglie e mettessi al mondo un erede e poi partissi per un viaggio – tre cose estremamente improbabili, al momento - sul trono di Narnia lascerei un bambino! Allora, mi sembrerebbe meglio comunque lasciarci Briscola!»
«Bè, tecnicamente ci lascereste vostra moglie»
Gli rivolse un’occhiata penetrante e Caspian sospirò.
 
Ecco cosa voleva.
Sua figlia sul trono di Narnia.
 
«Mio signore» il re tentò un’altra strada «Voi siete un emissario di Aslan. Siete davvero molto buono a preoccuparvi di Narnia, ma davvero, va tutto bene. C’è tempo per pensare a queste cose»
«Mio caro Caspian, anche Aslan sarebbe felice se voi…»
«Se io?»
«Se voi…ecco…consideraste…»
Ramandu non riusciva a formulare la frase e Caspian non intendeva aiutarlo.
Si appoggiò allo schienale della sua sedia e assaporò il liquore, preparandosi al discorso che sapeva arrivare.
Infatti, poco dopo, l’emissario riprese:
«Sarò franco con voi, perché so che siete un giovane saggio e assennato»
 
E soprattutto perché ormai non puoi più tirarti indietro.
 
«Trovo che una soluzione perfetta è sotto i nostri occhi. La mia Lilliandil sarebbe una sovrana perfetta per Narnia: è regale, è unica. Non troverete mai una donna migliore di lei. E nulla mi renderebbe più felice che offrirla a voi e a Narnia. Sono certo che Aslan stesso ne sarebbe entusiasta»
«A me Aslan non ha fatto alcuna pressione» mise in chiaro Caspian.
«No, ma certo! Ma avere mia figlia…sono certo che per molti è un onore che nemmeno si potrebbe immaginare!»
Gli lanciò un’occhiatina, ma rimase deluso dall’espressione impenetrabile del re.
Il ragazzo non stava facendo i salti di gioia, lo avrebbe visto anche un cieco.
 
Ramandu si intestardì.
Chi era quel ragazzino per opporsi con tanta protervia all’idea di sposare sua figlia?
Era solo un uomo, mentre lei era figlia di una stella!
Accidenti all’arroganza dei Figli di Adamo!
 
«Vostra figlia è sicuramente fuori dalla portata di noi, miseri mortali» disse Caspian, sereno.
Dannazione!
Ramandu imprecò ancora dentro di sé.
Lo aveva messo con le spalle al muro, il ragazzino.
«Bè, quindi?» sbottò in modo poco signorile «Mi state dicendo di no?»
Caspian esitò, consapevole di muoversi su un terreno infido.
«Mio signore, davvero mi fate un onore che faccio fatica a…»
«Decidete, Maestà! Sì o no?»
Potevano farlo in due il braccio di ferro, pensò Ramandu.
I due si misuravano a vicenda, senza che nessuno abbassasse lo sguardo per primo.
 
E, alla fine, parlò Ramandu:
«Scusatemi, Maestà, sono stato molto brusco. Sono certo che nessuno di noi vuole usare toni drammatici… Non mi sembra proprio il caso! Del resto parliamo di un’occasione lieta! Proporrei, se voi siete d’accordo, che Lilliandil possa trascorrere un po’ di tempo a Cair Paravel…le piace così tanto il castello!»
Caspian sapeva che era praticamente un tranello, ma cosa poteva dire?
Che la figlia dell’emissario di Aslan non era la benvenuta?
 
Annuì.
«Per Narnia sarà un onore avere ospite vostra figlia»
Stette molto attento a calzare la voce sulla parola “Narnia”, ma il sorriso soddisfatto di Ramandu gli diceva che si trattava di una ben magra vittoria.
 


Buongiorno!
Iniziamo la giornata con un nuovo capitolo :)

La prima cosa che voglio fare è ringraziare infinitamente la mia gemella astrale, SusanTheGentle, che mi ha fatto un bellissimo banner per questa storia!
Grazie Sue: sei un'amica speciale!


Poi: visto che aggiorno con più frequenza, avrete capito che il mio geniale piano di proseguire con tutte le storie sta andando alla malora...
In compenso, in fila al supermercato, giovedì scorso, ho partorito l'idea per una nuova ff, che trovate qui:
 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2239039&i=1

Detto questo, altra nota positiva della giornata: ho sistemato l'URL della mia pagina Facebook, così ora la pagina si chiama Joy_10 e l'URL non dice più SerenaVdW, a scanso di equivoci :) https://www.facebook.com/Joy10Efp

Baci e buona lettura!
Joy
 

 

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Capitolo 5
*** Narnia ***


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Hermione si passò per la centesima volta le mani tra i capelli ricci, increspandoli ancora di più.
 
«Per tutti gli incantesimi malriusciti e i filtri inefficaci, dove accidenti è quel portale?»
Imprecò ad alta voce ignorando Tartufello che si era nascosto dietro un albero e la fissava ad occhi sgranati.
Hermione estrasse la bacchetta e il tasso lanciò uno strilletto, terrorizzato.
Ma tanto…
Come faceva a ritrovare il passaggio?
L’Incanto Quattro Punti non serviva: sapere dove era il nord non l’avrebbe certo riportata a casa.
Il passaggio era dietro di lei.
E ora… non c’era più.
Non doveva orientarsi, doveva trovare la porta.
 
D’accordo, calma.
Pensa.
 
«Accio portale!» gridò.
Tartufello si gettò a terra, coprendosi la testa con le mani.
Ma non accadde nulla.
 
Ovviamente.
 
«Sei un’idiota, Granger» si disse Hermione, ad alta voce «Una stupida, stupida, stupida idiota!»
Malgrado questo, ritentò, testarda:
«Accio armadio!»
Di nuovo, niente.
 
«Oh, 'fanculo!»
Hermione non diceva mai parolacce se non era davvero arrabbiata, o spaventata.
O entrambe, come in questo caso.
Arrabbiata con se stessa per non aver fatto dietrofront da quel corridoio in tempo e spaventata perché, per quanto la magia e le stranezze a Hogwarts fossero di casa, comunque tutta quella storia era parecchio atipica… a parte tutto, ora come si faceva a tornare indietro?
 
Prese un bel respiro e si sedette per terra.
«Ok, Tartufello, senti!» chiamò il tasso, ma quello rimase a terra, cercando di nascondersi.
«Che fai?» gli domandò, perplessa.
«Mi nascondo da te, che domande!» gemette lui «Tu sei una…una…»
«Una?»
«Una…!»
«Vuoi dire se sono da sola? Sì, accidenti!»
«No voglio dire una…una strega!» esclamò, rabbrividendo.
«Sì» disse Hermione, semplicemente.
«Ooooh, povero me! Povero me, una strega!»
«Perché, qual è il problema, scusa?»
«E me lo chiedi? Le streghe sono cattive! Malvagie!»
«Non è assolutamente vero» rispose lei, categorica «Una strega è una donna che può usare la magia. Quello delle streghe cattive è un pregiudizio! O meglio…ce ne sono, di cattive, ma non siamo tutte così»
«Certo che siete cattive! Se no che streghe sareste?»
«Guarda che “strega” è la parola femminile per dire “mago”!»
«No, non è vero! Le streghe sono cattive! Brutte, e cattive!»
«Oh, bè, grazie!» disse lei, acida «Brutta e cattiva, molto bene! Ma chi te le insegna, queste stupidaggini?»
«Tutti lo sanno! Che siete state cacciate perché siete immonde!»
«Immonde? Oh santo Cielo! E poi…cacciate da dove?»
«Da Narnia, no?»
«Cos’è Narnia?» chiese Hermione, perplessa.
«Ma come?» squittì lui «Narnia è…questa!»
Si sollevò sulle zampe e fece un cenno a indicare intorno a sé.
«Bè, non mi sembra così evidente, scusa» ribatté Hermione, sostenuta «Questa cosa? Questa porzione di bosco? Questa zona di terra? Questa foresta?»
 
Tartufello la fissava a bocca spalancata, dimentico persino della paura.
E lei, osservando la sua confusione, si sentì improvvisamente più spaventata.
«Perché mi guardi come se…Oh Merlino!» Hermione lanciò uno strillo «Ma non è che…oh no! Oh no!»
Scattò in piedi e iniziò a passeggiare avanti e indietro, stringendo convulsamente le mani.
«Io l’ho già sentito il nome Narnia…ma dove? A Storia della Magia? Ad Antiche Rune?»
La ragazza borbottava tra sé, freneticamente.
Il tasso si avvicinò, incuriosito.
«O forse l’ha citata Vitious… O magari Vector? Oh, non me lo ricordo…Ah!»
L’urlo di Hermione rispedì il tasso a nascondersi dietro il tronco di un albero.
«E invece sì, certo! Oh, che sbadata! Lumacorno…! Tartufello! Dove sei?»
Si guardò attorno e vide il tasso spiarla da dietro il tronco.
«Bè, ma perché continui a nasconderti?» strillò, facendolo rabbrividire «Vieni ad aiutarmi!»
«Io? Io aiutare una strega? Sei matta!» borbottò quello in risposta, ma poi squittì spaventato quando si sentì afferrare per il pelo.
«Aiuto! Aiutooo!» gemette.
«Smettila di guaire» lo riprese Hermione, stancamente «Non sono una strega cattiva e non sto per cucinarti per cena. Potresti aiutarmi, per favore?»
Tartufello si contorceva tra le sue braccia, quindi lei lo posò delicatamente a terra.
Poi si chinò e gli disse:
«Non obbligarmi a correrti dietro, o ti Schianto, ok?»
«Cosa vuol dire che mi schianti?»
«Che ti faccio un incantesimo» rispose lei, minacciosa, ignorando il suo strillo «Ora, lasciamo perdere le stupidaggini e ascoltami: Narnia è una terra magica? Un mondo? È così, vero?»
«Sì» annuì lui, solenne «È una terra magica creata dal grande Aslan in persona, il sommo Leone»
«Oh, Morgana» gemette Hermione, nascondendo il viso tra le mani «Ricordo quello che ha detto Lumacorno a lezione… Una terra fatata, creata da Aslan con il suo canto di amore… oh no!»
«Come sarebbe, no?» esclamò il tasso «Certo che sì, invece! È proprio così! Tutte le meraviglie di Narnia – la terra, i fiumi, il mare – sono nati da…»
«Una sola ora trascorsa laggiù vale più di mille giorni passati in qualsiasi altro luogo...» mormorò la ragazza tra sé, per poi riscuotersi «No, ma io volevo dire…com’è possibile?»
«Perché Aslan può tutto» rispose Tartufello con semplicità.
Hermione sollevò il viso.
«Volevo dire: come è possibile che io sono finita qui
«Come sarebbe? Non sei di Narnia?»
«No! Sono…sono della Terra! Di Hogwarts!»
«Della terra di Hogwarts?» rispose l’altro, perplesso.
«Ma no, no, Hogwarts non è una terra! È una scuola di magia! Volevo dire: del pianeta Terra…ma non so poi se Narnia è in un altro mondo…di sicuro c’è un portale ad Hogwarts…»
 
Come sempre quando era agitata, Hermione parlava a velocità della luce, più per seguire il filo dei suoi pensieri che per farsi capire dagli altri.
«Scuola di Magia?» domandò il tasso.
«E di Stregoneria» completò lei, per abitudine più che per dovere di cronaca.
«Ma…ma è orribile! C’è una scuola dove vi addestrano?» ansimò lui.
«Tartufello, stai diventando ridicolo con questa storia delle streghe! Certo che dobbiamo avere un’educazione! Tu non sei andato a scuola?»
«A scuola? No!»
«Niente scuola?» Hermione lo fissò orripilata «Ma allora Narnia non è…civilizzata!»
 
Se c’era una cosa che sconvolgeva Hermione più dell’idea di trovarsi da sola in un mondo sconosciuto, era la mancanza di una debita istruzione scolastica.
 
«Narnia è estremamente civile, scusa» replicò Tartufello, offeso dalla sua aria sconvolta.
«Non mi pare proprio!»
«Scusa, ma nel tuo mondo vengono creati istituti per educare streghe malvagie e tu hai da ridire di Narnia, dove regna l’armonia, dove le creature magiche vivono accanto agli uomini felicemente…»
«…E da completi ignoranti!» lo interruppe lei.
Si guardarono in cagnesco.
«Hogwarts non è un istituto per streghe criminali!» mise in chiaro lei «È una nobile e antichissima scuola dove i giovani maghi e le giovani streghe studiano la magia ed educano i loro talenti, capito?»
«Se vi devono insegnare qualcosa allora non siete poi così speciali» si oppose il tasso «Vi insegnano la magia oscura?»
«Ma certo che no! Figurati che una delle discipline è proprio la Difesa contro le Arti Oscure!»
«Allora vedi che esistono? Se no non servirebbe una difesa!»
Hermione digrignò i denti.
«Le Arti Oscure esistono e i maghi cattivi pure. Questo non significa che tutti i maghi e le streghe siano cattivi!»
«Tu non sei cattiva?»
«No!»
«Perché dovrei crederti?»
«Perché a quest’ora ti avrei già fatto del male?»
Tartufello la studiò con il capo inclinato su una spalla.
«Potrebbe essere un punto di vista valido, in effetti. Ma quindi io dovrei credere che sei una strega buona finita qui per caso?»
«Esatto! È così difficile da credere?» esclamò Hermione, esasperata.
Ma si sentì gelare quando una voce gelida alle sue spalle rispose:
«Decisamente sì. È parecchio difficile da credere»
 
Si voltò e si trovò a fissare una decina di uomini armati e coperti da armature pesanti.



NdA: buon compleanno a me!!
In ritardo, ma comunque... :)
Volevo postare un capitolo nel giorno esatto del mio compleanno - data la quantità di tempo che passo su Efp, ci sta tutto -
ma ovviamente ho fatto mille cose e non ci sono riuscita!
Dopo questa informazione di vitale importanza... la storia avrà capitoli più lunghi man mano che entrerà nel vivo, 
per tutti gli aggiornamenti vi rimando a
​:
 https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref=hl

Baci!  

Joy


 

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Capitolo 6
*** Il re e la strega ***


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Evitare Lilliandil stava diventando un lavoro.
 
Un lavoro stancante.
 
Ogni mattina, prima di dedicarsi alle attività di governo del regno, Caspian si concedeva una cavalcata solitaria.
Quella mattina si era trovato Lilliandil che lo aspettava ai piedi della scalinata di ingresso al castello, in tenuta da amazzone e con un sorriso sul volto.
 
Lei ignorava deliberatamente i suoi scarsi tentativi di coinvolgerla e il suo disinteresse.
Anzi, peggio.
Si comportava come se tutto fosse meraviglioso e, in un certo e inquietante modo, tentava di affiancarsi a lui in ogni occasione di uscita pubblica.
Se nel castello lui poteva serrarsi nella sala del trono o nel suo studio, impegnandosi in riunioni infinite, in momenti come i pasti non poteva ignorare l’ospite.
E lei si dava ben da fare per farsi trovare impeccabile e presente.
Sempre.
Se il re usciva e andava a trovare gli abitanti del villaggio, o i contadini, lei si faceva trovare in strada e si offriva di accompagnarlo; se lui decideva di recarsi al porto, o verso le miniere, lei faceva in modo di incrociarlo e di lamentarsi per la sua inattività, domandando con falsa timidezza se poteva accompagnarlo.
Caspian non sapeva come arginarla.
Lei era sempre cordiale e gentile e rifiutare lo metteva in una posizione difficile, sia perché era stato educato a comportarsi con grande cortesia verso gli ospiti e, in particolare, verso le donne, ma soprattutto perché lei era la figlia di un emissario di Aslan e, in quanto tale, era oggetto di deferenza a Narnia.
Lilliandil accettava con naturalezza gli omaggi spontanei e disorganizzati della corte, non abituata a vedere una donna soggiornare a lungo a Cair Paravel.
Caspian la osservava e si infuriava in silenzio: capiva che Ramandu lo aveva abilmente giocato, obbligandolo a dare ospitalità a Lilliandil, perché si stava chiaramente insinuando nella mente di tutti che il re aveva finalmente deciso di scegliere una moglie.
Altrimenti, perché mai quella donna avrebbe soggiornato così a lungo al castello?
E ogni tentativo di Lilliandil di mostrarsi accanto a lui non faceva che rinforzare questa impressione.
Se Caspian si metteva al riparo da tête à tête indesiderati a cena, invitando i notabili del regno per fargli da scudo, lei comunque era una donna e per di più non era maritata, quindi le si doveva tributare un’attenzione particolare.
E, in quanto re e signore del castello, ovviamente toccava a lui.
E peggiori erano le uscite in pubblico.
Le persone comuni, i magici animali parlanti di Narnia, i suoi soldati: tutti (tutti!) sorridevano alla coppia, felici che il loro re non fosse più solo.
 
Peccato non sapessero che il re in questione stava entrando decisamente in panico.
 
Rifiutava testardamente di farsi incastrare da Ramandu e, se a volte cercava di razionalizzare il pensiero che comunque prima o poi avrebbe dovuto scegliere una moglie, sentiva però subito un senso di soffocamento che lo spingeva a cercare aria fresca e pace in sella al suo cavallo.
 
Fino a quella mattina, almeno.
 
Il vedersi privare della sua cavalcata rese Caspian taciturno e di pessimo umore per tutta la giornata.
E il vedere Lilliandil che, durante la cena, faceva beatamente le veci della signora del castello con la piena approvazione dei suoi Lord, lo fece incupire ancor di più.
Mangiò poco, in silenzio, mentre tutti contemplavano Lilliandil e conversavano piacevolmente con lei.
Nel vedere l’ammirazione dei suoi uomini per lei, Caspian arrivò a chiedersi se era davvero lui il pazzo, ad ignorarla.
La osservò per un attimo: i capelli biondi e lunghi, perfettamente lisci; gli occhi chiari, la carnagione pallida, le movenze contegnose.
Di certo non era umana.
Era troppo perfetta e lontana dal calore umano per avere dubbi.
Però era eccezionalmente bella.
Se solo non gli avesse comunicato quella sensazione di freddezza…
 
Forse sto davvero esagerando con la mia misantropia – rimuginò – Forse potrei davvero pensarci. È la figlia di un emissario di Aslan, sarebbe una perfetta regina… Se solo…
 
Ma in quel momento, a salvarlo dalle sue cupe riflessioni, giunse il Fato, nella persona di Briscola il Nano.
 
«Maestà! Maestà!»
Briscola fece irruzione nella sala gridando a squarciagola.
«Maestà, dovete venire!»
Caspian si alzò in piedi e i Lord con lui.
«Che succede?» chiese Caspian.
«Maestà, Lord Menicus e Lord Lauroti hanno catturato una strega!» rispose il nano.
 
La sala si riempì della grida dei Lord.
Lilliandil si portò le mani al viso, alcuni rovesciarono le sedie.
«Silenzio!» la voce di Caspian si impose su quella di tutti «Briscola, raccontaci tutto!»
«Mio re, Lord Menicus ha mandato avanti un messaggero per avvertirci. I Lord erano di pattuglia nel bosco e Tartufello si era attardato per raccogliere certe bacche che ama… bè, insomma, si è imbattuto nella strega, ma i Lord sono riusciti a catturarla!»
«Dove sono ora?» chiese Caspian, che già aveva allungato la mani ad assicurarsi che il cinturone con la spada fosse ben allacciato.
«Stanno tornando dalla foresta… Maestà, pensate sia saggio portare una strega a Cair Paravel?»
«Vado ad incontrarli» decise Caspian «E vediamo…»
Un coro di proteste si levò dai suoi Lord, che ben conoscevano lo spirito avventuroso del giovane re.
«Maestà, non siate precipitoso, aspettate…una strega!» disse uno di loro.
«Sì, Caspian» intervenne Lilliandil, prendendo il suo braccio «Ti prego, non fare nulla di affrettato o pericoloso. Preferirei saperti con me, al sicuro…»
«Al sicuro da cosa?» chiese seccamente lui.
«Dalla strega!»
«Quindi la soluzione sarebbe restare chiusi nel castello aspettando…cosa? Mi spiace, mia signora, non trovo sia giusto. Non mando i miei uomini ad affrontare un pericolo mentre io sono al sicuro nel mio castello!»
«Ma insomma!» esclamò lei, seccata «Non potete certo pensare che io venga a…»
«Voi? E chi ne ha parlato, mia signora? Restate pure qui, al sicuro. Non intendevo certo mettervi in pericolo!»
Se l’intento era gentile, forse il sollievo traspariva un po’ troppo forte dalle sue parole, almeno a giudicare l’occhiataccia di biasimo che Lilliandil e un paio di Lord gli lanciarono.
Ma Caspian era già praticamente fuori dalla sala dei banchetti, diretto verso le scuderie.
 
*
 
«Per favore, ascoltatemi! Io non sono una strega malvagia!»
Hermione gridò ancora e ancora, inutilmente, intrappolata in una gabbia fatta di viticci spinosi e duri.
 
Aveva esitato a colpire degli uomini non armati (di bacchetta magica, ovviamente, perché armati lo erano), convinta com’era che delle ragionevoli spiegazioni avrebbero risolto tutto.
E invece era stata circondata e privata della bacchetta, poi issata a forza sulla groppa di un cavallo e portata nel luogo in cui stanziava una guarnigione di soldati.
Era stata accolta da grida e fischi degli uomini che urlavano oscenità alla volta della strega, poi buttata dentro quella gabbia che non le permetteva di stare completamente dritta in piedi perché troppo bassa, ma neppure seduta, perché i rovi le ferivano la pelle e le strappavano i vestiti.
Hermione aveva chiesto di essere ascoltata, più e più volte, aveva implorato e chiamato.
Ma nessuno era venuto da lei.
I soldati si erano tenuti ben lontani dalla gabbia e, sentendosi al sicuro, da lontano la sbeffeggiavano.
Poi, dopo quelle che le parvero ore, sei uomini si avvicinarono alla gabbia, per issarla su un carro.
Nessuno le rivolse la parola.
L’uomo a capo delle guardie che l’avevano catturata osservava da lontano la scena.
Lei lo chiamò, chiedendo che la ascoltasse, ma avrebbe potuto parlare a una pietra per i risultati che ottenne.
La gabbia fu scaraventata con malagrazia sul carro e lei non trattenne un urlo di dolore quando finì con il fianco destro contro la parete di spine.
Sbattè le palpebre per cacciare le lacrime e vide Tartufello osservarla perplessa da sotto il carro.
Hermione soffocò un singhiozzo e osservò sconsolata la foresta attorno a lei.


*


«La strega, la strega!»
 
Le voci degli uomini erano un solo, cupo rombo che si faceva sempre più pressante e accompagnava la marcia.
Quando il carro si fermò, Hermione aveva rinunciato a contare i tagli e i graffi che le spine avevano prodotto, a causa degli scossoni del carro che la sballottavano a destra e sinistra.
Sbirciò tra i viticci e notò che si erano radunati molti più uomini rispetto a quelli della guarnigione che l’aveva catturata.
«Il re!» gridò all’improvviso qualcuno.
«Il re, il re!» esclamarono tutti.
«Il nostro re è venuto per te, strega» disse l’uomo che l’aveva presa prigioniera, avvicinandosi alla gabbia «Spetta a lui giudicarti!»
«La prego, mi ascolti» disse lei, in risposta «Davvero, io non sono una strega….cioè sì, sono una strega, ma non sono malvagia! Se solo potesse…»
«Zitta, strega!» esclamò lui a gran voce «Non osare parlarmi! È tipico della vostra razza immonda mentire e giurare il falso, ma non ti servirà per salvarti!»
Hermione digrignò i denti.
«Stai a sentire, zotico selvaggio! Ma come ti permetti…»
Ma la frase finì in un urlo di dolore quando lui colpì il carro e la mandò di nuovo a colpire i viticci spinosi.
Hermione tentò di rimettersi in piedi, almeno per quanto lo spazio della gabbia le consentiva, e osservò il suo carceriere inginocchiarsi.
Per quello che riusciva a vedere tra i viticci, tutti gli uomini erano in ginocchio.
Sentì una fitta d’ansia.
 
Questo fantomatico re sarebbe stato disposto ad ascoltarla?
A Narnia c’era la pena di morte?
No, vero?
Lumacorno ne aveva fatto cenno?
No, aveva parlato solo delle bellezze di Narnia.
Bè, bella al momento a lei non sembrava proprio.
A lezione di Storia della Magia aveva imparato che i roghi non servivano a uccidere le streghe: bastava un semplice Incantesimo Freddafiamma per rendere il fuoco inoffensivo. Durante i tempi della persecuzione medioevale, maghi e streghe dovevano semplicemente lanciarne uno e limitarsi a fingere di morire.
Facilissimo.
Peccato però che lei non aveva più la bacchetta.
E che tra il dire e il fare…
 
Hermione era abituata a dare il massimo sotto pressione.
Ma per “sotto pressione” lei generalmente intendeva gli esami finali ad Hogwarts, o un’interrogazione a sorpresa.
Non una situazione dove rischiava il collo.
In quei casi il suo amico Harry era il vero eroe, quello che sapeva come combattere e comportarsi.
Perché nessun libro, per quanto valido, ti diceva come essere coraggioso, audace e riflessivo in momenti di vero pericolo.
 
Cercando di non battere i denti, Hermione si preparò a convincere il re.
Stai calma. Puoi farcela. Puoi farcela. Puoi farcela – si ripeteva ossessivamente.
La prima cosa che vide di lui furono degli stivali di pelle.
Si fermò vicino al suo carceriere e lei sentì una voce giovane, molto più giovane di quanto si sarebbe aspettata, dire:
«Lord Menicus, alzatevi. Briscola mi ha detto che avete catturato una strega»
«Esatto, Maestà» Menicus si alzò «Una strega pericolosa, che girava nella foresta e compiva sortilegi!»
 
Hermione sbuffò, forte.
Sapeva che doveva stare attenta, ma fu più forte di lei.
Quel bugiardo pallone gonfiato.
 
Gli stivali di pelle si voltarono nella sua direzione e il loro proprietario si mosse di qualche passo, mentre il Lord le intimava a gran voce di tacere.
Sbirciando tra i viticci della gabbia, Hermione vide un braccio, delle spalle larghe e dei capelli scuri muoversi attorno alla gabbia, ma nessuna immagine definita.
«Aprite la gabbia» disse poi la voce del re.
«Maestà, è pericoloso!» obiettò una seconda voce.
«Siete riusciti a catturarla con dieci uomini, Lord Lauroti, e ora siamo cinque volte tanti»
 
Hermione si sentì morire.
Cinquanta soldati?
Anche se avesse avuto in mano la bacchetta sarebbe stato difficile scappare.
E poi… scappare, ma per andare dove?
Come faceva ad orizzontarsi, a ritrovare l’armadio?
Come poteva tornare a Hogwarts?
 
«Comunque, voglio parlarle» disse ancora il re.
Nessuno osò replicare, ma Hermione vide molti stivali e molte armature avvicinarsi al sovrano, pronti a fargli da scudo.
All’improvviso, la porta della gabbia si aprì e due mani rudi la tirarono fuori, sbattendola a terra senza troppi complimenti.
La ragazza finì lunga distesa e sentì in bocca il sapore del sangue.
Si sollevò su un gomito e portò una mano al labbro spaccato.
Quindi alzò gli occhi e osservò i volti minacciosi che incombevano su di lei.
 
Uno solo non la guardava con cattiveria o repulsione, ma con curiosità.
Era il volto di un ragazzo…
Hermione sbarrò gli occhi.
Era il ragazzo che aveva visto nel quadro, a Hogwarts.
Quello immobile.
Alto, con i capelli scuri che sfioravano il colletto della camicia e degli occhi nerissimi che la studiavano, attenti.
 
Il primo pensiero che attraversò la mente di Hermione fu un pensiero per il quale la ragazza si diede
dell’idiota per giorni: è stupendo.
Rimase a fissarlo a bocca aperta e, quando se ne rese conto, arrossì.
 
Improvvisamente, il ragazzo si chinò sulle ginocchia e allungò una mano verso di lei.
Hermione si ritrasse, mentre vari uomini urlavano e si avvicinavano al re.
Il ragazzo alzò una mano, imponendo istantaneamente il silenzio.
«Non voglio farti del male» le disse poi, con un sorriso «Scusa. Ma stai sanguinando»
Hermione abbassò gli occhi e constatò lo stato in cui era ridotta: la divisa di Hogwarts era strappata, aveva perso il cappello nella foresta ed era piena di graffi e tagli.
Tolse la mano dalla bocca e la vide piena di sangue.
Improvvisamente ebbe voglia di piangere, ma strinse i denti.
Era una strega ed era una Grifondoro.
 
Godric Grifondoro non si sarebbe certo messo a frignare.
E non l’avrebbe fatto nemmeno Harry, che aveva affrontato addirittura Voldemort in persona.
 
E non lo farò nemmeno io, si ripromise Hermione.
 
Prese fiato e alzò la testa, guardando il ragazzo negli occhi.
Lui non disse nulla, ma si stupì della determinazione che le vide in viso.
Quella, una strega?
A lui sembrava una ragazzina scarmigliata e spaventata.
Era piccolina, malconcia e con una grande chioma riccia che incorniciava un visetto pallido.
Era giovanissima.
Caspian ripensò a Jadis, come gli era apparsa nella Grotta di Aslan durante l’assedio di Miraz: imponente, maestosa, pericolosa.
Gli venne quasi da ridere a confrontarla con quel folletto che aveva davanti.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso e, improvvisamente, la ragazzina gli lanciò un’occhiata di fuoco.
 
«Sono felice di vedere che ti diverto, mio re degli ignoranti» disse, gelida, cercando di mettersi in piedi «Non vedevo l’ora di diventare il giullare di un idiota»
Caspian rimase senza parole, ma una delle guardie spinse la ragazza di nuovo a terra, con violenza.
Lei gridò e Caspian, istintivamente, allungò le braccia per sollevarla da terra.
«Non toccatela!» intimò.
Con il suo aiuto, lei si sollevò in ginocchio e lui vide che si sforzava di non piangere, ma aveva gli occhi pieni di lacrime.
 
Sbattè le palpebre, preso in contropiede dal senso di protezione che quella vista gli scatenò.
La ragazza tirò su con il naso, in modo molto poco femminile, e lui si intenerì.
Tutto si aspettava, tranne che una bambina in lacrime.
«Mi spiace, piccola» le disse di nuovo «Credo ci sia un errore. Mi risulta difficile credere che tu sia una strega»
La ragazza piantò gli occhi nocciola nei suoi.
«Io sono una strega» disse, decisa «Ma non sono una strega cattiva o pericolosa, come ho cercato di spiegare a questi tizi che mi hanno imprigionata. Se siete talmente ignoranti da non sapere la differenza, bè, non è colpa mia!»
Caspian le lasciò il braccio.
«Tu sei una strega?»
«Sì!»
«Ma…»
«Ma, che cosa? Non volo su una scopa? Non ho il naso adunco? Non ho un gatto nero? Non rimescolo in un paiolo?»
Hermione alzava sempre di più la voce e Caspian si trovò ad alzare le mani per fronteggiare quell’aggressione verbale.
Dietro di lui, i suoi uomini rumoreggiavano.
«Ehi, calma! È mio diritto cercare di capire cosa sta succedendo. Sono Caspian X, re di Narnia»
«Io sono Hermone Granger, studentessa di Hogwarts, e lascia che dica, caro re dei miei stivali, che se questi uomini sono un esempio di come amministri il tuo regno, allora povera Narnia!»
Caspian sbatté le palpebre, esterrefatto.
«Tu confessi di essere una strega?» ripeté, incredulo.
«Sei tardo? O sordo? Sì, sì e sì! Sono una strega ma sono una strega buona» scandì lei «Chiaro?»
Lui arricciò il naso di fronte al tono della ragazza.
Una guardia la agguantò per il braccio e la tirò rudemente in piedi.
«Devi parlare con rispetto a sua Maestà, capito?»
La scrollò facendole battere i denti, ma Caspian si alzò e fece cenno al soldato di lasciarla.
Hermione barcollò e il re allungò una mano per evitarle di cadere.
 
Vicinissimi, si fissarono negli occhi per un lungo attimo.
Hermione era spaventata e, insieme, furibonda; Caspian era sconcertato da quella ragazza che stava tenendo praticamente tra le braccia.
Lei si divincolò dalla sua presa, raddrizzandosi.
Ignorando le sue guardie, lui si strappò una parte della manica della camicia e fece per tamponarle il labbro.
Hermione serrò la mascella e gli prese la stoffa di mano.
 
«Maestà, abbiamo un testimone!» esclamò Lord Lauroti, vedendo che il re non sembrava affatto convinto dalla loro storia.
Fece un cenno e due guardie si scostarono per far avanzare Tartufello.
Il tasso, ritto sulle zampe posteriori, si avvicinò al sovrano e si inchinò.
«Ciao, Tartufello. Cosa hai da dirmi?» gli chiese Caspian.
«Maestà, io ero nel bosco con le guardie e non volevo…proprio no, ma…le bacche, sapete…»   
Un paio di guardie sbuffarono di fronte all’espressione contrita dell’animale, ma Caspian sorrise: la golosità del tasso gli era nota.
«Lo so. Vai avanti»
«Bene, sì. Allora io ero… e mi sono allontanato un po’… ed è sbucato da non so dove un Poltergeist…e io sono scappato e all’improvviso…è arrivata lei, che lo ha colpito con un incantesimo»
 
Nella radura scese il silenzio.
Caspian guardò Hermione, incredulo.
«Hai fatto un incantesimo?»
Lei annuì.
«L’ho fatto al Poltergeist, per proteggere Tartufello»
«Perchè?»
«Perché il Poltergeist stava per prenderlo!»
Caspian guardò il tasso, che annuì.
«A te ha fatto del male?» chiese.
L’animale scosse il capo e Hermione sbottò:
«Certo che no! Perché avrei dovuto? Io non lo farei mai!»
«E perché non avresti dovuto?»
«Perché cosa ne avrei ricavato, scusa?»
Caspian incrociò le braccia sul petto.
«Piacere. Soddisfazione. Non lo so, io non ho idea di come ragioni una strega»
Hermione strinse gli occhi, riducendoli a due fessure.
«Una strega ragiona come qualunque essere umano dotato di un po’ di cervello»
«Mi stai dando dello stupido?»
Caspian spalancò gli occhi.
«Lo hai detto tu, Maestà» replicò lei, soave.
Lui si morse un labbro e tornò a guardare il tasso.
«Da dove è arrivata la strega?»
«Non so, Maestà. Non c’era nessuno…e un attimo dopo c’era lei»
«Maleficio!» urlò qualcuno dei presenti.
Hermione alzò gli occhi al cielo.
«Da dove arrivi?» le chiese il re, puntandole addosso quei suoi occhi scurissimi, così particolari.
 
Hermione rifletté al volo.
Poteva mentire, ma non sapeva abbastanza di Narnia per raccontare una bugia soddisfacente.
Ma se diceva la verità, rischiava di cacciarsi in guai peggiori.
Eppure, quel ragazzo non sembrava volerla condannare a priori.
«Arrivo dall’Inghilterra, da una scuola di Magia che si chiama Hogwarts» disse, d’un fiato.
Caspian sbarrò gli occhi, insieme a molti dei suoi soldati.
«Hogwarts è una scuola per maghi e streghe e io… Io sono capitata per caso in un corridoio che non conoscevo e ho aperto un porta. Dentro c’era un armadio, che però non era un armadio. Voglio dire: non aveva il fondo, dentro c’era una foresta. Lì ho visto Tartufello, ho visto che era in pericolo. E sono entrata nell’armadio. E sono finita qui»
Si zittì, mordendosi il labbro, consapevole di quanto penosa risultasse quella storia.
I soldati, infatti, gridavano a gran voce e il Lord che l’aveva catturata borbottava infuriato qualcosa sul fatto che le streghe sono bugiarde e mentitrici, come sanno tutti, e che lui una storia più ridicola e assurda non l’aveva mai sentita.
 
Hermione cercò Caspian con gli occhi e lo vide fissarla, incredulo e pallidissimo.
Fece due passi verso di lei, quasi barcollando, e la afferrò per le braccia.
Hermione sussultò e fece per tirarsi indietro, ma lui serrò la presa.
«Un armadio? Davvero? Sei passata…attraverso un armadio?»
Sembrava febbricitante, delirante.
Lei annuì.
«E…e…hai detto  Inghilterra
Hermione annuì ancora e si guardò attorno, preoccupata.
Improvvisamente, la situazione le sembrava ancor meno normale.
Tentò di divincolarsi ma lui strinse forte le braccia tra le sue mani e lei poté solo notare che aveva delle mani grandi, eleganti e affusolate, con le dita lunghe.
«Puoi farmi vedere quell’armadio?» mormorò all’improvviso lui.
La ragazza sbarrò gli occhi.
«Ti prego» bisbigliò il ragazzo, come se avesse paura di farsi sentire «Ti prego, voglio solo vederlo»
«Non…non so dov’è» balbettò lei «Quando mi sono voltata indietro era sparito…Altrimenti sarei subito tornata a casa!»
 
Impossibile fraintendere l’espressione di lui: delusione pura.
 
«Possiamo cercarlo?» le chiese ancora.
«Guarda, io sarei la persona più felice del mondo se lo trovassimo, così potrei andarmene di qui!»
Si guardarono ancora per un attimo, poi Hermione mormorò:
«Mi fai male…per favore…»
Caspian sembrò riscuotersi da un sogno ad occhi aperti e le lasciò le braccia con aria colpevole mormorando una scusa.
Poi le diede le spalle e si passò una mano sugli occhi.
«Maestà?» disse titubante uno dei suoi uomini.
Ma lui alzò la testa e si limitò a dire:
«Andate a cercare questo portale. Immediatamente»



Buongiorno!
Il mio piano di chiudere le altre storie aperte mi sta facendo concentrare su "Escape", che è prossima all'epilogo... Ma non posso abbandonare questa nuova ff :)
Ho unito due capitoli, perchè volevo farvi leggere dell'incontro tra Hermione e Caspian. Spero vi piaccia!

Ancora grazie a SusanTheGentle, la mia gemella astrale e bravissima autrice qui su Efp, per il supporto che mi dà sempre e per il banner bellissimo che ha fatto per questa storia: grazie Sue, amica mia! <3
E in tema di ringraziamenti non può mancare un abbraccio infinito alla mia Clairy 93, amica preziosa :)

Poi: vi ricordo che ho iniziato un'altra storia, fandom Harry Potter, che trovate qui: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2239039&i=1
E, per tutto, vi ricordo la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/Joy10Efp

Buona lettura,
Joy

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Capitolo 7
*** Nel ricordo di Susan Pevensie ***


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Sei un pazzo.
È impossibile.
Non lo troverai.
E non troverai lei.
 
Caspian si ripeté quelle parole nella mente per la centesima volta, ma poi, testardamente, si rimangiò l’ordine di tornare a Cair Paravel.
 
Voleva sapere.
Doveva sapere.
 
La ragazza aveva detto che era entrata in un armadio, che veniva dall’Inghilterra… proprio come lei.
 
Come Susan.
 
E se c’era anche solo la minima possibilità che quel passaggio esistesse, che lui potesse trovarlo… doveva provare.
Appena sentito dell’armadio, aveva rimosso ogni altro pensiero: se la ragazza era o no una strega a lui non importava, purché lo aiutasse a ritrovare quel varco.
Sapeva che i suoi uomini erano impauriti e sconvolti per la sua decisione, ma non gli importava neppure quello.
Né di essere reputato infantile o irragionevole.
Aveva un solo pensiero.
Susan. Susan. Susan.
 
Susan, ti troverò.
 
Caspian prese un respiro profondo e si guardò attorno nella foresta.
Vedeva solo alberi e piante.
E soldati, che si aggiravano nella vegetazione perplessi e guardinghi.
«Eri qui?» domandò alla ragazza per la centesima volta.
Lei si tolse dal labbro la stoffa della sua camicia, quella che le aveva dato lui e che ormai era intrisa di sangue, e gli scoccò un’occhiata decisamente scocciata.
«Non lo so» scandì «Come ti ho ripetuto fino allo sfinimento, questa dannata foresta è tutta dannatamente uguale!»
Lui sospirò e si avvicinò a lei, prendendola delicatamente per un gomito e accompagnandola vicino a un masso, sul quale le fece cenno di sedere.
Hermione lo guardò, diffidente.
Tre guardie li affiancarono subito.
Lui si inginocchiò a terra ignorandole e si strappò un’altra parte della manica.
«Acqua» disse a uno dei soldati, che corse subito via.
 
Fissò Hermione dal basso verso l’alto, sereno.
«Non vuoi sedere? Non ti mangio»
Lei sbuffò.
«Avevo capito che quello che muore di paura qui sei tu»
Caspian sorrise del suo tono spavaldo.
«Giusto, pericolosa strega. Prego, siedi»
Hermione lo occhieggiò, diffidente, ma poi cedette.
Caspian bagnò la stoffa con l’acqua che gli venne porta e la avvicinò al labbro di lei.
«La ferita deve essere pulita»
Lei gli prese la pezza di mano.
«Faccio io» rispose, secca.
«Come desideri. Non c’è di che» le disse, ironico «Le streghe lo sanno che è pericoloso non pulire bene le ferite?»
Hermione gli rivolse un’occhiata piena di dignità.
«Per tua informazione, sommo re degli spiritosoni, i miei genitori sono dentisti»
Fu premiata dall’occhiata persa di lui.
«Prego?»
«Sono medici. Dottori. Ne avete qui di dottori, o siete completamente non civilizzati?»
Caspian aggrottò le sopracciglia.
«Non civilizzati? Noi? Certo che abbiamo dei dottori»
«Bè, scusa tanto» ribatté lei, altezzosa «Ma il tasso mi ha detto che non avete scuole, quindi tanto civilizzati non siete di certo»
«Scuole?»
L’argomento “scuola” era sacro per Hermione, tanto che abbassò la pezza, sconvolta.
«I posti dove si insegna ai bambini e ai ragazzi, hai presente? O non ti hanno nemmeno insegnato a leggere e scrivere?»
«Ma certo che so leggere e scrivere! Ma io sono stato educato a corte, da un precettore…noi non abbiamo delle “scuole”…»
«Bella roba» commentò lei, sdegnata «Ah, certo, tu sei ricco e potente e te ne freghi, ma non è giusto non dare a tutti una cultura. Serve per coltivare l’animo oltre che l’intelletto, serve per aprire i tuoi orizzonti e darti delle prospettive nella vita che non siano solo pulire le stalle, o portarti il cibo, o…bè, quello che fanno per te!»
 
Caspian la fissò, smarrito.
«Io…mia madre mi insegnò a leggere, ma poi, dopo che morì, mio padre mi affidò al dottor Cornelius, un uomo sapiente. Mi insegnò le antiche storie di Narnia…e mi salvò la vita, quando mio zio Miraz tentò di uccidermi…»
 
Ma perché glielo sto raccontando? – si chiese.
 
Hermione lo guardò, sorpresa.
«Oh. Mi spiace» bofonchiò, prima di coprirsi il labbro con la stoffa bagnata, tamponandolo delicatamente.
«Per le scuole?»
«Per te, zuccone» rispose, acida «Mi spiace per tua madre, non volevo essere scortese»
Il re le sorrise, un sorriso sincero.
 
E a dir poco abbagliante.
Il cuore di Hermione perse un battito: quel sorriso trasformava un volto già bello in qualcosa di spettacolare.
 
Cretina – pensò.
 
«Sei stata scortese dal momento in cui hai aperto bocca» le disse.
«Oh, scusa la mia disposizione d’animo, mio re» rispose in tono di scherno, ancora in subbuglio per quel sorriso «Del resto sono solo stata catturata, insultata, sballottata dentro una gabbia piena di spine, ferita, accusata, minacciata…e per cosa? Perché le streghe sono cattive»
Caspian aggrottò le sopracciglia di fronte al tono sarcastico di lei.
«Le streghe lo sono. Cattive»
«Sei ridicolo! Quante streghe hai conosciuto, sentiamo?»
«Una. E francamente l’esperienza mi è bastata» rispose lui con sincerità.
Hermione lo occhieggiò, perplessa.
«Che strega?»
«Jadis, la Strega Bianca. Da tempi immemorabili cerca di spodestare Aslan e di soggiogare Narnia al suo potere malvagio. Gli scontri con lei sono epici. La hanno affrontata i re del passato, l’ho affrontata anche io. Lei è il male»
«Tu hai incontrato solo una strega e fai questa generalizzazione? Ma hai idea di quante streghe ci siano al mondo?»
Caspian le rivolse un’occhiata allarmata.
«Nel tuo mondo ce ne sono tante?»
«Sì! Stiamo bene attenti a non farci scoprire dai babbani….dalle persone senza poteri magici, cioè. Il Ministero della Magia regola severamente la convivenza…»
«Ministero della Magia?» chiese lui, perplesso.
«Sì, è….ehm, come te lo spiego… il Ministero è l’insieme delle organizzazioni, attività e dipartimenti del governo. C’è un Primo Ministro, che è un po’…ehm…il capo, diciamo, però non ha autorità assoluta…»
Hermione si stava ingarbugliando, ma Caspian sembrava affascinato.
«Non ha autorità assoluta? Ma allora come fa a governare?»
«I maghi non hanno un re o un’autorità assoluta. Siamo una democrazia»
Se gli avesse detto che il sole sorgeva a ovest lui si sarebbe stupito di meno.
«Ma senza un re…è il caos!»
«Proprio per niente! Dipende dal Ministero mantenere l’ordine, certo, ma non serve affatto un autocrate che ti dica cosa mangiare e come vestirti per vivere, sai?»
«Io non sono un autocrate!» si scaldò subito lui «E un re non serve a dire alla gente cosa fare, serve a proteggerli e ad assicurare la pace e la stabilità…»
«Quello può farlo benissimo anche un Ministero!» lo interruppe lei «Se prendi il Ministero della Magia…»
Hermione si interruppe bruscamente a metà frase.
Scosse il capo e poi riprese.
«Ok, no. Non è un esempio calzante, al momento. Devo ammettere che noi  siamo  in guerra ora, però in generale…»
«Siete in guerra? Con chi?»
«Con il più pericoloso mago oscuro degli ultimi secoli» rispose lei, cupa «Si chiama Voldemort, e il suo solo nome basta a terrorizzare quasi tutti i maghi del mio mondo, tanto che i più lo chiamano Tu-Sai-Chi… Ha commesso crimini orrendi una ventina di anni fa… e ora è tornato»
«Tornato? Da dove?»
 
Caspian non riuscì a decifrare l’occhiata che gli lanciò Hermione.
«Ottima domanda» disse lei «Si credeva che fosse morto, ma lui…bè, non lo era, per farla breve. Ma perché ti interessa?»
«Oh» lui si morse un labbro «Solo curiosità. Allora… questo portale»
Il re si alzò e Hermione si affrettò ad imitarlo, constatando quanto lui la superava in altezza.
Era persino più alto di Ron…
 
Ron! Harry!
Ormai a scuola si sarebbero accorti della sua assenza!
Non l’avrebbero sospesa…vero?
Mancava un anno al M.A.G.O.!
 
Ripromettendosi di incendiare l’intera Narnia in caso di danni alla sua carriera scolastica, Hermione si guardò ossessivamente attorno, come se il portale potesse apparire attirato dal suo sguardo.
«Cosa succede?» chiese Caspian, allarmato.
«Manco da un sacco di ore! Cosa succede se a scuola si accorgono che sono sparita?»
«Non ne ho idea» rispose lui con semplicità «Non so cosa succede nelle scuole…»
Lei gli si rivoltò contro, inviperita.
«Te lo spiego io, allora! Se succede che mi buttano fuori da Hogwarts per colpa di questa gita fuori programma io torno a cercarti, capito? Se non prendo il M.A.G.O. per colpa tua, razza di…»
Caspian fece due passi indietro, colto di sorpresa, ma Hermione si sentì afferrare per le spalle e sollevare da terra.
Scalciò e gridò, facendo girare metà dei soldati, ma l’uomo che la teneva sembrava fatto di roccia.
«Non devi avvicinarti al re, capito, strega?» le sibilò all’orecchio, prima di darle una spinta e buttarla per terra.
Lei strillò, piombando a terra, e ancora una volta fu Caspian ad aiutarla a rialzarsi.
«Accidenti, se sei aggressiva…»
«Aggressiva?» ruggì lei «Perché, sono io che mi circondo di omoni maneschi che malmenano chiunque mi parli?»
Incredibilmente, lui sorrise di nuovo.
«Perché, questo è il tono che usi in una normale conversazione?»
«Dipende dalla conversazione» rispose lei, con grande dignità «In questo momento sono molto arrabbiata e parecchio dolorante, quindi sì: questo è il mio tono, per il momento»
Lui fece una smorfia divertita.
«E perché sei arrabbiata?»
«Perché, grazie a quel tasso, sono saltata dentro un armadio che non si trova più e sono sparita da scuola. Ma a scuola dovrò rendere conto di questa assenza, perché non si può sparire e basta! Domani ho un compito di Antiche Rune, dovevo studiare! Se prendo un brutto voto, io…»
Caspian battè le palpebre.
«Cosa sono le antiche rune?»
«Una delle materie in cui mi voglio specializzare con il M.A.G.O.»
«Il mago?»
«Il M.A.G.O.! Magie Avanzate di Grado Ottimale! È il diploma più alto che si può prendere a Hogwarts e io porto sette materie, capisci quindi che sono un po’ sotto pressione!»
«Bè, veramente no» obiettò lui, sorridendo «Quando dovevo studiare tanto, o il dottor Cornelius voleva interrogarmi su qualcosa, di norma scappavo nelle scuderie»
Hermione lo fissò con gli occhi sbarrati.
«Scherzi, vero? Mai, mai, fare assenze ingiustificate!»
«Ok, calma, scusa…va bene. Ma secondo me esageri a preoccuparti così per lo studio. Non sei più spaventata all’idea di essere lontana da casa, finita in un altro mondo?»
Lei ci pensò su e Caspian rimase sorpreso dalla serietà con cui la ragazza ponderava la sua domanda.
«La mia carriera scolastica è importantissima per me. E per i miei genitori. Capisco però che questo è un pasticcio, ma… Lumacorno ci ha detto che Narnia è una terra incantata e, razionalmente, so che Hogwarts nasconde migliaia di segreti…perché non un passaggio per un altro mondo? Sono spaventata? Mha. Forse sono più seccata, alla fine…»
«Sei  seccata  perché sei finita in un altro mondo…» Caspian sembrava senza parole.
A Hermione improvvisamente sfuggì una risatina.
«Ok, capisco, sembra folle. Mi spiego: Lumacorno ha parlato di Narnia a lezione e io…»
«Chi è Lumacorno?» la interruppe lui.
«Il mio professore di Pozioni, che è una delle materie che seguo a scuola. Ha parlato di Narnia, una volta, e mi era rimasta una grande curiosità, tanto che ero andata in biblioteca per cercare qualche notizia e ho letto un libro magnifico in cui si raccontava di una spedizione fantastica dal punto di vista di una persona che c’era stata, Lucy Pevensie, e…»
«Lucy?» la interruppe Caspian, emozionato «Hai detto Lucy? Lucy ha scritto qualcosa sui suoi viaggi a Narnia?»
«La conosci?»
 
Di fronte a un testimone che aveva conosciuto un autore di un libro degno di finire nella biblioteca di Hogwarts, Hermione per forza di cose abbandonò il suo atteggiamento malmostoso a favore dell’entusiasmo più puro e fanatico.
«Sì!» esclamò lui «Lucy è una delle antiche Regine di Narnia! La chiamavano…»
«…La Valorosa!» completò la frase lei, entusiasta «Sì, ed è venuta due volte a Narnia, vero? E lei…»
«Maestà» li interruppe una voce secca, che riportò bruscamente entrambi alla realtà «Qui non c’è nulla»
Caspian si voltò con aria colpevole verso Lord Menicus e poi guardò Hermione.
«Ehm…sei sicura che fosse qui?»
Hermione gratificò di un’occhiataccia Menicus e poi si rivolse a Caspian:
«Non che non lo sono, come faccio ad esserlo? Questa foresta è tutta uguale!»
«No che non è uguale!» ribatté lui.
«Sì invece! Io vedo solo alberi…tutti uguali!»
«Gli alberi non sono tutti uguali» replicò lui, paziente «Io vedo almeno cinque specie di alberi solo nel tratto che stiamo battendo ora»
La ragazza si voltò a destra e a sinistra con aria smarrita.
Caspian guardò Menicus e quello annuì.
«L’abbiamo trovata qui, Maestà»
«Bene. Dai, concentrati. Dove si è aperto il passaggio?»
Tartufello avanzò, collaborativo, visto che lei era chiaramente confusa.
«Io ero qui» disse «E il Poltergeist è caduto lì»
 
A terra non c’era più, doveva essersi liberato dall’incantesimo ed essere scappato.
«Allora…» Hermione avanzò con gli occhi socchiusi, cercando di ricordare «Io ti ho visto sfrecciare da sinistra e destra, quindi guardavo la scena così…aspetta…ero più lontana…Più o meno qui, credo»
Caspian le si avvicinò, assieme al Lord e a cinque guardie, ma non c’era nulla.
Camminarono in varie direzioni, ma non apparve niente.
Nessun portale.
Nessun passaggio.
 
Hermione si lasciò scivolare contro il tronco di un albero.
«Per tutti gli Incantesimi malriusciti, ora come faccio?»
Nascose il viso tra le mani, perdendosi così l’espressione delusa che Caspian non riuscì a celare.
 
Niente.
Il passaggio non c’era.
 
Doveva saperlo, ma… non era riuscito a impedirsi di sperare.
Ma in che cosa poi?
 
Di trovare il passaggio?
Di attraversarlo?
Di arrivare in un altro mondo?
Di ritrovare i Pevensie, di trovare Susan?
 
Lui non poteva lasciare Narnia, il suo posto era lì.
 
Il re chiuse gli occhi e voltò le spalle alla parte di foresta che i suoi uomini stavano battendo.
«Basta, lasciate perdere. Torniamo al castello»
«E la strega, Maestà?» domandò un soldato.
Caspian non si girò neppure a guardarla, disse solo:
«Lei viene con noi»



Buongiorno!
Per prima cosa, ringrazio ancora la mia gemella SusanTheGentle per questo bellissimo banner!
Poi: mentre procede la pubblicazione di questa storia, sto terminando il crossover sulla serie "Vampire Academy" e ho iniziato una nuova storia, fandom Harry Potter. 
Per chi volesse leggerle, ecco i link: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1449810&i=1 e http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2239039&i=1

Per tutti gli altri aggiornamenti, vi ricordo la mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref=hl

Grazie alle amiche che sono sempre con me in questa avventura, a chi mi segue con fiducia incrollabile e a chi legge in silenzio: siete speciali, grazie di cuore!

Joy

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Capitolo 8
*** Cair Paravel ***


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Hermione sollevò di scatto la testa.
 
«Aspetta!» gridò «Io non voglio venire da nessuna parte! Voglio restare qui e trovare quel maledetto passaggio!»
Il re non si voltò nemmeno a guardarla, mentre prendeva le briglie del suo cavallo.
«Non ci sono passaggi, mi pare» rispose con voce dura «Lo hai visto anche tu»
Detto questo saltò in sella e spronò il cavallo partendo al galoppo.
Fu talmente veloce che prese in contropiede le guardie, molte delle quali si affrettarono a seguirlo.
 
Hermione fece per scappare, ma il suo debole tentativo fu stroncato da Menicus, che la afferrò per un braccio in modo talmente rude da farla urlare.
«Dove pensi di andare, strega? Hai sentito cosa ordina il re, no?»
«Lasciami! Lasciami, ti prego! Io voglio solo tornare a casa!»
«Smettila con questa storia di passaggi e portali!» gridò lui, scrollandola «Puoi anche incantare sua Maestà con le tue fandonie ma io non mi faccio certo raggirare dalle tue menzogne!»
La gettò con furia nella gabbia, nuovamente, e quella venne issata sul carro.
Iniziò così la lunga marcia che portò Hermione e Cair Paravel.
 
 
Caspian precedette la colonna di soldati a cavallo, rimuginando tutto il tempo.
Seccato con se stesso, arrabbiato con le sue stupide speranze, più di tutto ce l’aveva con Hermione, perché con la sua apparizione aveva risvegliato sogni e speranze che era meglio lasciare sopiti.
Arrivato al castello, condusse il cavallo verso le scuderie e smontò di sella dando solo una veloce pacca di saluto all’animale.
La fila di soldati stava rientrando e Caspian si mosse svelto per evitare di vedere la ragazza.
Ma, ovviamente, Lilliandil era scesa ad incontrarlo.
Scese a precipizio la scalinata di ingresso al castello, correndo poi verso di lui.
«Caspian!» gridò «Stai bene?»
Si attaccò al suo braccio con decisione, facendo aderire il corpo al suo e guardandolo con fare adorante e preoccupato.
«Ma certo che sto bene» rispose lui, secco «Non era una strega, solo una ragazzina spaventata»
Lilliandil batté le ciglia.
«Ti hanno convocato solo per una ragazzina? Ma, Caspian, è inaudito! E…cosa ci faceva una ragazzina nel bosco?»
Caspian serrò le labbra, restio a darle spiegazioni ma, prima di tutto, seccato per il suo atteggiamento eccessivamente confidenziale, che mezza corte aveva puntualmente notato.
In quel momento, il carro che trasportava la gabbia di Hermione si fermò e due guardie chiesero istruzioni al re.
«L’hai portata qui?» si intromise di nuovo Lilliandil «In una gabbia? Ma Caspian…perché?»
 
Perché sono un idiota.
 
«Pensavate che l’avrei lasciata nel bosco?» domandò, aspro.
La stella colse il tono seccato e prudentemente non insistette oltre, ma passò il suo braccio sotto quello del re.
«Maestà, la portiamo nelle segrete?» domandò uno dei soldati, intanto.
«Sì!» rispose di getto Caspian, mettendo a tacere la sua coscienza.
Quando vide Hermione bruscamente tratta dalla gabbia dovette mordersi il labbro per non pronunciare un ordine contrario.
Lei gli lanciò solo un’occhiata mentre veniva condotta via dalle guardie e fissata con insistenza e paura dalla corte di Cair Paravel, ma non disse una parola.
 
Caspian rientrò a palazzo con Lilliandil e i due Lord, i quali aggiornarono il consiglio sui fatti del bosco.
«La ragazza è una strega?» domandò sgomento uno dei consiglieri del re.
«Lo ha ammesso lei stessa e Tartufello è testimone di un suo sortilegio!»
«Lord Menicus, ma questo significa che le streghe stanno…tornando?» domandò un altro.
«Non so che dire, miei signori… Posso solo riferirvi di questa vicenda, che a me è sembrato piuttosto un caso isolato. Se la strega avesse avuto compari, io credo, essi ci avrebbero attaccati per liberarla. Tuttavia…»
Menicus lanciò un’occhiata verso il trono, dove Caspian sedeva immobile e corrucciato.
Si schiarì la voce.
«Maestà, perdonatemi…» disse, consapevole che probabilmente il re non aveva ascoltato una parola di quanto detto finora «Cosa volete fare di lei?»
«Interroghiamola!» esclamò un ardimentoso.
«Per farci dire cosa?» obiettò un altro «Le streghe sono pericolose! Uccidiamola, dico io!»
In molti guardarono Caspian, il quale batté le palpebre, come se fosse perso in altri pensieri, e con una sola frase gelò il consiglio:
«Ucciderla? Ma se è solo una bambina!»
I Lord si scambiarono occhiate perplesse.
«Anche se è giovane, Sire, comunque… e poi diciamocelo: come si fa a stabilire l’età di una strega?»
«Giusto! Può essere un sortilegio a farla apparire piccola e indifesa!»
 
Caspian sbuffò sonoramente.
Aveva davanti agli occhi lo sguardo fiero di Hermione, che contrastava così penosamente con le vesti lacere e l’aspetto sperduto, e si sentiva rimordere la coscienza.
Non voleva imprigionarla.
Se l’era presa con una bambina, sfogando su di lei il suo malumore irrazionale…per cosa, poi?
Perché il suo stupido sogno era di nuovo infranto?
Perché sperava davvero di trovare quel mitico armadio che aveva portato i Pevensie a Narnia?
 
Allora era lui l’idiota, per Aslan!
 
Si premette le mani sugli occhi, cercando di scacciare l’immagine di Susan e il pensiero folle che quel giorno l’aveva persa una seconda volta.
«Certo questa apparizione incute timore» disse una voce soave che proveniva dalle sue spalle.
Caspian si riscosse bruscamente dai suoi pensieri e notò con sgomento la presenza di Lilliandil.
 
Era sempre stata lì?
Nella sala del Consiglio?
 
Dannazione!
 
Era talmente distratto che non si era accorto della sua presenza, con il bel risultato che ora lei aveva assistito a una riunione ufficiale del consiglio e tutti i suoi Lord ne erano testimoni.
Un altro bel punto per Lilliandil nella scalata verso il trono di Narnia.
 
Caspian serrò la mascella e si alzò di scatto, prendendo di sorpresa tutti.
«Ci rifletterò su e vi farò sapere» tagliò corto «Mi serve altro tempo per pensarci»
Detto questo, chiamò tre dei suoi Consiglieri, deputati alla sovrintendenza delle truppe di Narnia, e chiese una riunione privata, più per liberarsi di Lilliandil che per altro.
Fu distratto anche durante la riunione, tanto che i suoi uomini si scambiavano occhiate perplesse mentre parlavano tra loro di argomenti vaghi.
Ma, alla fine, prese una decisione.
 
Voleva vederla.
 
*
 
 
Hermione era raggomitolata sul freddo pavimento di pietra della sua cella, con le braccia strette attorno alle ginocchia.
 
Tirò su con il naso, rifiutandosi di cedere allo sconforto.
Cosa farebbe Harry in una situazione del genere? – si chiese.
Innanzitutto non sarebbe stato così idiota da restare immobile e farsi togliere la bacchetta – pensò, furiosa con se stessa – È inutile frequentare le lezioni dell’ES se poi dai una prova di te così mediocre, cara mia!
 
Starnutì e cercò di avvolgersi meglio nella divisa lacera.
E poi sentì un rumore.
 
Qualcuno stava scendendo le scale che portavano alla sua cella.
Hermione si mise in piedi, con il cuore in gola.
Non c’era modo di nascondersi alla vista, poiché una delle pareti della piccola prigione era interamente fatta di sbarre di ferro pesante e spesso.
In un angolo della cella c’era un fagotto di coperte sporche che lei aveva appena degnato di uno sguardo schifato e, come ulteriore arredamento, un secchio per l’acqua.
E nient’altro.
 
Hermione vide la luce proiettata da una torcia vincere il buio quasi totale che regnava nei sotterranei.
E poi, reggendo in alto una torcia, apparve lui.
 
Caspian e Hermione si fissarono negli occhi, separati dalle sbarre di ferro.
Lei aveva un’espressione gelida, lui sembrava rammaricato.
Il suo sguardo percorse velocemente il corpo di lei, valutandone le condizioni, poi il re si voltò per assicurare la torcia a uno dei supporti fissati nella parete e aprì la porta della cella con una chiave che estrasse dalla tasca.
Hermione arretrò in silenzio fino al muro.
Lui sospirò e poi disse, piano:
«Non voglio farti del male…»
 
Lei non lo lasciò neppure finire di parlare: si chinò e gli lanciò addosso il secchio dell’acqua.
Caspian fece appena in tempo a schivarlo, ma non poté evitare la cascata d’acqua che lo infradiciò completamente.
«Ma sei matta?» gridò, passandosi una mano sul viso per asciugarsi almeno gli occhi.
«Stronzo!» urlò lei in risposta «È il meno che ti meriti!»
«Va bene, mi dispiace, ma…»
«Ti dispiace? Ti dispiace? Mi hai fatta rinchiudere in una cella, nemmeno fossi una criminale!»
«D’accordo, ho capito, non gridare!»
«Io grido quanto mi pare e piace! Capito? E comunque sei il sommo re dei coglioni, no? Puoi sempre ordinare a qualcuno dei tuoi lacchè di imbavagliarmi!»
Caspian annullò con due passi la distanza tra loro e senza una parola sollevò Hermione come se fosse senza peso e se la gettò di traverso su una spalla.
A lei per un attimo mancò il fiato, ma si riprese subito, iniziando a scalciare come una selvaggia, mentre gli gridava di lasciarla.
«Smettila di contorcerti, accidenti! Volevo solo…» disse lui, prima che un calcio lo facesse gemere e piegarsi su se stesso.
Fecero talmente baccano che accorse uno dei carcerieri.
«Maestà!!»
«No, tutto a posto, sto bene» Caspian riprese fiato e si rimise dritto «Ci penso io, a lei»
Detto questo, superò la guardia e iniziò a salire le scale.
L’uomo lo seguì, perplesso, ma del resto cosa si poteva dire al re?
Lui certo non osava richiamarlo all’ordine.
 
Caspian, ignorando apertamente le guardie che lo fissavano sconcertate, percorse vari corridoi fino ad arrivare ai suoi appartamenti.
Lì, le sue guardie personali lo fissarono sbigottite, ma lui le tranquillizzò con un gesto.
«Tutto bene, grazie. State qua fuori»
Detto questo, entrò nelle sue stanze, chiuse la porta e solo allora mise giù Hermione.
Lei boccheggiò e, per prima cosa, tentò di tirargli un pugno, ma lui era pronto e le afferrò il polso in una stretta gentile ma ferma.
«Non pensarci nemmeno» le disse «Mi hai già dato un calcio, ritieniti fortunata»
Aveva un sorrisetto sulle labbra che fece digrignare i denti a Hermione.
Infuriata e stranamente felice di non avere la bacchetta giusto per poterlo uccidere a mani nude, lei fece per dare battaglia ma all’improvviso si ritrovò a indietreggiare, inciampando nei suoi stessi piedi.
 
Perché Caspian le aveva lasciato il polso e, con assoluta e sconcertante tranquillità, si era sfilato la camicia e l’aveva gettata su un divano.
E ora, a torso nudo, si dirigeva placidamente verso una seconda porta.
Voltò appena la testa – quanto bastava per assicurarsi che lei non gli lanciasse contro altro – ma quello che vide chiaramente lo sconcertò, facendolo fermare di botto.
«Che succede?» le chiese.
 
Che succede?!
 
«Ma…ma…» balbettò Hermione «Ma sei idiota davvero, allora?»
Li aggrottò un sopracciglio.
«Sto iniziando a perdere il conto degli insulti, francamente. Cosa c’è?»
 
Hermione si detestò profondamente, ma sembrava che i suoi occhi si muovessero secondo una volontà propria.
 
Non guardare – si ordinò.
 
Ma il suo sguardo scivolò comunque sul corpo di lui, nudo fino alla vita.
E, pur odiandosi, Hermione non poté fare a meno di arrossire.
«Oh» Caspian sorrise «Perdonami, ho avuto poco tatto. Ti prego di scusarmi, davvero»
Lei lo guardò sospettosa, ma lui sembrava sincero.
«È che mi hai completamente inzuppato e…»
«Lo so» bofonchiò lei, con il viso in fiamme.
Lui trattenne una risatina e sparì nell’altra stanza.
 
Hermione espirò lentamente e sbatté le palpebre.
Quel folle, ignorante, incolto e spregevole rapitore era…bè, Merlino, era… era caruccio.
Ma comunque era un idiota, questo è chiaro.
Come diavolo gli veniva in mente di spogliarsi davanti a lei, per tutte le Penne Scriventi Caramellate?
Non ce l’aveva un cervello?
Per chi l’aveva presa?
 
Nervosa, si avvicinò al camino e tese le mani verso le fiamme, studiando la stanza ampia e riccamente arredata in cui si trovava.
Doveva essere un salotto privato del re degli ignoranti.
C’era un grande divano, dall’aspetto molto comodo, dei tappeti morbidi e dei pesanti tendaggi alle finestre.
La stanza era confortevole, ma non eccessivamente decorata.
Era piacevole.
 
Peccato non ci fosse nulla di piacevole nella sua, di situazione.
Hermione strinse i denti e cercò di valutare le sue poche alternative.
Almeno non era più in cella.
O l’avrebbero rinchiusa di nuovo?
Dov’era la sua bacchetta?
Senza quella, non poteva andarsene.
Doveva…
 
«Hai freddo?»
La domanda di lui la colse di sorpresa perché, persa com’era nei suoi pensieri, non lo aveva sentito rientrare.
Cacciò un urlo tale da far agitare le guardie fuori dalla porta e lui le fu subito accanto.
«Scusa, non volevo spaventarti»
Lei ansimò e si portò una mano al petto.
«Basta con le sorprese per oggi, ok?» borbottò.
Lui sorrise.
«Va bene, certo. Mi spiace» esitò un attimo «Come hai detto che ti chiami?»
«Hermione»
«Non ho mai sentito un nome come il tuo»
«Bè, sì… è abbastanza atipico. Risale alla mitologia… A mia madre piaceva» disse a mo’ di spiegazione.
«Io mi chiamo Caspian, come mio padre, e come suo padre prima di lui»
 
Si fissarono per un attimo.
 
«Hai detto che sapevi già di Narnia»
Lei annuì.
«Io…» Caspian sembrava in difficoltà.
Mosse qualche passo per la stanza, poi sembrò riscuotersi.
«Ma…tu devi avere freddo» le disse all’improvviso, osservando i suoi vestiti laceri.
Hermione incrociò le braccia sul petto.
«Cosa vuoi da me?» chiese.
Lui batté le palpebre.
«Nulla»
Lei lo guardò torva.
«Oh…va bene, io… solo parlare. Per favore»
Il suo tono supplichevole la colse di sorpresa.
«Chiariamo una cosa» gli disse «Tu credi che io sono una strega?»
Caspian fece un gesto vago con la testa.
«Sei una bimba…»
«Come sarebbe? Cosa vuol dire?»
«Mha, avrai…quanti anni hai?»
«Quasi diciassette» gli rispose.
«Davvero?» la fissò sorpreso «Non pensavo, io…»
 
All’improvviso, il re arrossì.
«Ti prego, scusami per…per prima. Io non pensavo… pensavo fossi più piccola»
«A cosa ti riferisci? Alla cella? All’avermi trasportata come un sacco di patate?»
«Sì…no…» indicò vagamente la camicia zuppa, che aveva lasciato cadere per terra.
Anche Hermione arrossì.
«Ah. Ok. Quanti anni hai tu?»
«Venti»
 
Venti?
Sembrava più grande, più maturo.
 
Si studiarono per un attimo, poi lui le chiese:
«Vuoi degli abiti? Un mantello caldo, almeno?»
«Voglio sapere cosa vuoi da me e quando posso andarmene a casa»
«Te l’ho detto, voglio solo parlare…e mi sembra di aver capito che non sai come fare a tornare a casa»
«Mi hai chiusa in una cella perché vuoi parlare?» chiese lei, stizzita «Guarda che non stavo scherzando, io devo tornare a casa!»
«Senti, Hermione, per quello che so io di quel portale non lo troverai nella foresta»
«Cosa? E dove allora?»
Lui esitò, ma poi rispose:
«Non credo ci sia un portale per andarsene da Narnia»
«Scherzi, vero? Deve esserci!»
 
Il re le fece cenno di accomodarsi sul divano, ma quando vide che lei restava ferma e immobile sospirò e mosse qualche passo per la stanza.
«Ascolta, io… Io ho conosciuto delle persone provenienti dal tuo mondo, dalla tua…Inghilterra?»
Hermione annuì in silenzio, confermandogli il nome, e lui proseguì:
«La prima volta che giunsero a Narnia io non ero ancora nato e i fratelli Pevensie combatterono contro la Strega Bianca, al fianco di Aslan. Erano Peter, Susan, Edmund e Lucy. Io li conobbi in occasione del loro secondo viaggio a Narnia: mi dissero che a casa loro era passato un anno, ma qui ne erano trascorsi migliaia. Io avevo sedici anni, sul trono c’era mio zio Miraz, e loro combatterono con me contro di lui. Poi, Aslan mi diede il trono di Narnia»
Gettò un’occhiata e Hermione e la vide sbarrare gli occhi.
«Migliaia di anni?» guaì lei «Contro un anno solo? Quindi qualche ora qui…a cosa corrisponde, nel mio mondo?»
Lui notò che lei aveva subito centrato il punto, ma non fece commenti.
«Però, lo scorso anno Edmund e Lucy sono tornati, assieme al cugino Eustace. Qui erano trascorsi tre anni, nel vostro mondo altrettanti»
 
Hermione batté le palpebre, perplessa.
«Lo scorso anno?»
«Sì. Ho fatto un viaggio verso le Terre di Aslan, per cercare i Lord fedeli a mio padre che Miraz aveva esiliato. Ho incontrato i Pevensie durante il viaggio, erano riusciti a tornare: Narnia aveva ancora bisogno di loro»
Si batté una mano sulla coscia, con fare pensoso e poi le disse:
«Di tutte le cose di cui dobbiamo discutere, questo è un punto cruciale: i Pevensie sono sempre arrivati a Narnia attraverso dei passaggi, ma solo la prima volta dall’armadio. Per tornare indietro, però, hanno dovuto aspettare l’intervento di Aslan. E questo perché si viene chiamati a Narnia per una ragione e solo Aslan sa quando una missione è davvero compiuta»
Hermione aggrottò le sopracciglia.
«Mi stai dicendo che ho una missione da compiere qui?»
«Non ne ho idea! Ti dico quello che è accaduto finora»
«Aslan non è qui?»
«No, Aslan è…bè, non so esattamente dove sia, ma appare quando c’è un grande pericolo per Narnia, o un grande cambiamento… Non sembri sconvolta, sai?»
Lei scrollò le spalle.
«Capisco che dovrei esserlo, ma per la verità… Io frequento una scuola di Magia e ti assicuro che di cose strane ne ho viste parecchie. So dell’esistenza di portali, di streghe cattive e di cose del genere. Sono sicura, anzi, che potrei scioccarti non poco se ti raccontassi delle cose che sono successe a me»
Caspian sorrise.
«Non ne dubito. Se c’è una cosa che mi sembra davvero strana è la tua calma nell’accettare che sei finita in un mondo diverso dal tuo»
«Non sono calma» chiarì lei «Il punto è che so che certe cose possono capitare e, se capitano, allora recriminare è inutile perché tanto non risolve nulla. Quando ho visto quell’armadio ho capito subito che la foresta che vedevo non apparteneva a Hogwarts, né a nessuno dei luoghi che conoscevo. Eppure… mi sono lanciata»
«Perché l’hai fatto?»
«Tartufello» rispose lei con semplicità «Urlava e chiedeva aiuto. Non potevo far finta di nulla»
 
Lui la fissò con stupore.
«Anche se sapevi che ti stavi imbattendo in qualcosa di sconosciuto?»
Lei annuì.
Dopo una pausa, il re commentò:
«Sei coraggiosa, Hermione»
«Bè, non so. Non sono stata coraggiosa con i tuoi soldati»
Lui sorrise.
«Erano tanti»
«Ma io avevo la bacchetta»
Un’ombra passò negli occhi di lui.
«Davvero puoi fare magie?»
Lei assentì fermamente.
«Ma non sono cattiva. Sono una strega, ma una strega buona»
«Se sei una strega, hai dei poteri e non li hai attaccati…allora sì, sei buona»
«Se?»
Caspian le sorrise.
«Scusa, ma faccio davvero fatica a vederti nei panni di una strega»
«Perché dai alla parola un’accezione sbagliata. Tu stai guardando una strega»
Di nuovo, il re sorrise.
«Dico davvero!» si impuntò lei.
«Scusa, è che proprio…»
«Bene, allora ridammi la mia bacchetta e vediamo se è vero»
 
Caspian tornò subito serio.
«Mi spiace, non è possibile. Se quella è una bacchetta magica…non posso rischiare»
«Hai appena detto che non mi credi!»
«Ho detto che faccio fatica a crederti…ma ho comunque delle responsabilità»
Lei sospirò.
«Quando me ne andrò di qui la bacchetta mi servirà»
«Te la ridarò, se ti comporterai bene e non ci saranno problemi» promise lui.
Hermione mosse i piedi, scontenta, ma da un certo punto di vista non poteva dargli torto.
Solo che senza la bacchetta si sentiva persa.
Poteva recuperarla da sola?
Forse sì, scoprendo dove la custodivano.
 
«Hai detto che i Pevensie sono tornati qui un anno fa?» chiese.
Il re annuì.
«Ma nel mio mondo stavolta è passato più tempo… se solo capissi che relazione temporale c’è tra i nostri mondi potrei almeno regolarmi su…»
«Più tempo?» la interruppe lui «Quanto?»
«Oh…» Hermione riemerse dai suoi calcoli mentali «Molto di più… Non millenni, certo, ma penso che Lucy Pevensie sia morta…»
«Che cosa?» l’urlò di lui la spaventò «Lucy è…morta?»
 

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Capitolo 9
*** Scoperte ***


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Hermione si morse un labbro, sconvolta.
 
Che idiota.
Le aveva appena detto che i Pevensie erano suoi  amici.
Che razza di dannata cretina era per dargli la notizia della loro morte con tanta tranquillità?
Ma… Non che ne fosse proprio certa, ma quando, spinta dalla curiosità, aveva letto il libro di Lucy, aveva avuto l’impressione che l’autrice redigesse una sorta di testamento, un memoriale sui viaggi fantastici e sul legame con Narnia.
E comunque, il primo viaggio a Narnia dei Pevensie era avvenuto durante la seconda Guerra Mondiale, quando i ragazzi erano sfollati, ed era passato oltre mezzo secolo.
No, decisamente Caspian non poteva sperare di rivedere gli amici adolescenti o comunque giovani che aveva conosciuto.
 
Non che questo la facesse sentire meno in colpa.
 
Mosse due passi verso il re, tendendogli timidamente una mano.
«Perdonami, ti prego» mormorò «Non volevo…non dovevo dire una cosa del genere. Scusami…»
Lui era sbiancato e sembrava faticare a parlare.
«Non…non dici davvero. Non è possibile…»
Lei tormentò l’ultimo dei bottoni rimasti attaccati alla sua divisa con le dita.
«Il fatto è che…davvero…Sono vissuti molti anni fa, durante i due conflitti mondiali… Lucy scrive nel libro che la perdita di Susan…»
Caspian crollò di schianto sul divano.
«Susan?» mormorò debolmente.
Hermione annuì, ma non si fidò di parlare, perché l’espressione di lui la stava spaventando.
 
Si chiese se non fosse il caso di chiamare qualcuno, dato che il re non sembrava stare per niente bene, ma all’improvviso lui saltò in piedi e le afferrò i polsi, stringendoli i una morsa dolorosa che le strappò un gemito.
«Dimmi di Susan» ringhiò.
«Ehm…io…Mi fai male…»
Ma lui la scosse forte.
«Dimmelo!»
«Va bene!» gemette lei «Il libro parla principalmente di Narnia, ma alla fine Lucy scrive qualcosa dei suoi fratelli maggiori, rimpiangendo il fatto che entrambi avevano dimenticato Narnia. Voleva molto bene a sua sorella, anche se era diventata una donna frivola e superficiale. Dice che aveva provato tante volte a parlarle di Aslan e di Narnia, ma senza risultati… E poi Susan aveva sposato un ufficiale dell’esercito e lo aveva seguito quando si era imbarcato per l’India…»
Ma, ovviamente, quel nome a lui non diceva nulla.
«Era in guerra e, bè…»
 
Non riuscì a finire la frase, ma non ce ne fu bisogno perché Caspian la spinse lontano, mandandola a sbattere contro un tavolino.
Hermione ruzzolò a terra e non fece in tempo a rialzarsi che lui era già uscito dalla stanza.
 
*
 
Quando entrarono nella stanza del re, lei era agguerrita e pronta a lanciare contro i soldati ogni cosa, ma non ce ne fu bisogno.
Oltre a cinque guardie, fece la sua comparsa Tartufello, seguito da un uomo molto anziano che si poggiava ad un bastone.
Gli istinti belligeranti di Hermione si sopirono di fronte all’evidente difficoltà dell’uomo anziano.
«Signore…volete sedere?» disse, nella calma innaturale della stanza.
I soldati stavano immobili, sembravano volersi confondere con la tappezzeria.
Hanno paura di me? – si chiese lei di sfuggita, mentre aiutava il vecchio a sedersi.
«Grazie, mia cara» sorrise lui, ansimando leggermente «Sei davvero gentile»
Lei si morse un labbro prima di rispondere che la gentilezza, stando a quello che aveva visto finora, doveva essere un’illustre sconosciuta in quel mondo.
 
Ma quell’uomo le ispirava rispetto, persino simpatia.
Addirittura, le ricordava vagamente Silente.
 
«Sono il dottor Cornelius» le disse «Ero…»
«Il precettore di Caspian!» completò lei, che non riusciva proprio a liberarsi dell’abitudine di dare soluzione a un qualsiasi quesito.
Poi arrossì.
«Scusi… Caspian, prima, mi ha fatto il suo nome e…»
«Ma ci mancherebbe, cara. Tu sei…?»
«Mi chiamo Hermione»
«Cara Hermione, perdona la mia curiosità, ma Tartufello, qui, mi dice che sei comparsa nel bosco… e che dici di essere arrivata qui attraverso un armadio»
Lei annuì, guardinga.
«Anche lei sta per ridere di me?»
«Ma no cara, dovrei essere pazzo per farlo!» ribatté lui «La nostra storia ci insegna che gli antichi Re e Regine di Narnia giunsero qui attraverso dei portali, in varie epoche…»
Lei annuì.
«Ne ho appena parlato con Caspian»
L’uomo sospirò, mormorando:
«Lo immaginavo…»
«Prego?» chiese lei, perplessa.
«No, cara, scusa i borbottii di un vecchio…ma piccola mia, guarda come sei ridotta! Ti serve una stanza, un bagno…qualcuno che si occupi di te!»
«Mi serve solo il modo per tornare a casa» ribatté lei, che iniziava a sentirsi molto stanca.
«Cara, temo che aiutarti in questo senso sarà difficile…ma comunque…»
Si interruppe all’ingresso di Lord Menicus.
 
Hermione rabbrividì di fronte alla sua espressione ostile, ma l’uomo disse:
«Bè, se sua Maestà voleva liberare la prigioniera, bastava dirlo. Io ho solo eseguito i suoi ordini»
«Mio Lord» intervenne Cornelius «Chiaramente il Re non intende imprigionarla, o non la avrebbe portata nelle sue stanze. Che ne dite di provvedere perché questa ragazza sia curata e nutrita?»
Altrettanto chiaramente, Menicus non era proprio della stessa idea, ma tergiversò un poco e poi borbottò un assenso poco convinto.
«Che sia portata nell’ala della servitù, però» le puntò gli occhi addosso «Attenta, strega: ti controlliamo»
Hermione sbuffò.
«Se le stanze della servitù sono lontane da gente maleducata come lei, signore, andranno benissimo»
L’uomo digrignò i denti, ma scelse di non prestarle attenzione.
Dopotutto, chissà cosa aveva combinato per mettere le ali ai piedi del re… meglio non rischiare.
Caspian era avventuroso per natura, poteva rivelarsi capacissimo di fare amicizia con una strega e darsi a chissà quali folli imprese.
Meglio mantenersi un passo indietro, finché la situazione non si chiariva.
«Avvisatemi quando il re torna» disse alle guardie «E badate a lei»
Se ne andò a grandi passi, impettito.
 
«Bene!» Tartufello fece un cenno a Hermione «Seguici, ti accompagniamo noi»
La ragazza guardò il precettore, ma quello scosse il capo.
«Questo castello è davvero enorme, bambina: perdonami se non ti accompagno. Se quando ti sarai sistemata vorrai scambiare due parole con me, però, te ne sarò davvero grato»
Lei annuì educatamente, ma dentro fremeva.
 
Lei non voleva  sistemarsi  lì.
Lei voleva tornarsene a Hogwarts e studiare per il compito di Antiche Rune.
 
 
Tuttavia, un bagno caldo fu piacevole.
Venne accompagnata in una stanzetta, in un’ala del castello occupata dai servitori, e due donne robuste ma dall’aspetto gentile le prepararono una vasca di acqua calda.
Mentre si svestiva dell’uniforme ormai distrutta, Hermione le sentiva parlare.
«Ma perché dovremmo servire una che sta in questi alloggi? Se sta qui, anche lei è una serva» disse una.
«A me non sembra» obiettò l’altra «Per prima cosa è una ragazzina ferita… e poi…non so, ma a me sembra quella portata in prigione dalle guardie oggi…»
«Cosa?» gridò la prima «La strega? Oh, per Aslan! Io non resto in una stanza con una strega!»
«Non direi che è una strega a vederla…sembra un pulcino sperduto…»
 
Hermione sospirò.
Già.
Proprio così: un pulcino sperduto.
 
Dopo il bagno, però, si sentì meglio.
Le vennero medicati tagli e graffi e venne fasciata con bende pulite.
Le vennero poi dati dei vestiti, ma lei rifiutò le gonne lunghe e chiese dei pantaloni, scandalizzando quasi tutti i presenti.
«Pantaloni?» esalò una donna rubizza «Ma solo gli uomini portano dei pantaloni!»
«Affatto, io li porto e…oh, lasciamo perdere!» sbottò Hermione «Vada per le sottane!»
 
Il problema è che non erano affatto comode, anche per qualcuno abituato alle vesti da mago.
Hermione arrancò per scale e corridoi, fino a una stanza situata in una delle torri, scortata da Tartufello.
Due guardie li seguivano discrete, per non allarmare la gente del castello.
La ragazza bussò alla porta e, quando ricevette il permesso di entrare, si guardò attorno e non poté trattenere un sospiro di meraviglia.
La stanza del dottor Cornelius era piena di libri e rotoli di pergamena; mappe del cielo erano spiegate su più tavoli, quasi non c’era lo spazio per camminare.
 
Il paradiso, per Hermione.
 
Infatti, la ragazza si aggirò rapita tra i volumi, mentre l’anziano uomo congedava gentilmente le guardie.
«Davvero, sono sicuro che non ci saranno problemi…Se voleste aspettare fuori, grazie…»
Poi sorrise vedendo l’espressione rapita della ragazza.
«Sembri amare molto i libri» commentò l’anziano.
Hermione sorrise, con una luce fanatica nello sguardo.
«Se li amo? Passerei la vita chiusa in una biblioteca» rispose semplicemente.
«Quindi sai leggere? E scrivere?» domandò lui.
Lei lo guardò sbarrando gli occhi:
«Ma certo che so leggere e scrivere!»
«Scusa, cara, perdonami…ma non è una cosa così scontata, qui…»
«Oh» Hermione si passò una mano tra i capelli «Davvero questa Narnia non è civilizzata!»
L’uomo sorrise, mesto.
«Mia cara, non sai quanto vorrei che si potesse diffondere di più l’istruzione… Caspian fa quello che può, davvero, ma la popolazione di Narnia è quanto mai variegata e ciascuna razza ha le sue tradizioni e la sua cultura, che giustamente protegge…»
«Ma una scuola che insegni a tutti  a leggere e scrivere mi sembra il minimo!»
«Cara, il problema è convincere i nani, i Minotauri, i tassi, i topi…tutti, in breve, a mandare i loro figli distogliendoli dalle attività proprie della loro specie. Narnia è eterogenea e, sebbene anch’io sogni una diffusione maggiore dell’istruzione, capisco che dicendo “istruzione” io do un mio connotato umano alla cosa. Do per scontato che la nostra sia l’istruzione migliore e più valida. Un tasso potrebbe benissimo obiettare che la loro cultura è più valida della mia o della tua»
Hermione rifletté sulle parole dell’anziano e poi scosse il capo.
«Capisco cosa intende dire, ma… una vita senza libri mi sembra davvero misera e vuota…»
Cornelius le sorrise affettuosamente.
«Mia cara, capisco perfettamente cosa intendi. Ma Narnia è meravigliosa anche perché fatta di tante varietà. E ciascuna tradizione va preservata e coltivata con amore»
«Non vorrei mai che vada perso alcun tipo di sapere o di saggezza… ma il fatto che ci siano persone che non sanno leggere mi sembra terribile»
«Nel tuo mondo l’istruzione è diffusa, quindi?»
«Oh, sì, e a prescindere dal mondo magico. Io frequento una scuola di magia, Hogwarts, ma anche i non-maghi, quelli che noi chiamiamo babbani, hanno le loro scuole. Ci sono zone del pianeta arretrate, che vivono in condizioni precarie anche per quanto riguarda la pace, le cure mediche… è un divario tremendo»
L’uomo annuì, prudente.
«Hai detto che frequenti….una scuola di magia?»
Lei annuì.
«Lo ammetti con molto candore…»
«Perché non dovrei? Voglio dire: perché non dovrei farlo qui? Se fossi nel mio mondo, davanti a un babbano, negherei fino alla morte… ma qui siamo in un mondo magico! Avete animali parlanti, mitizzate ragazzi venuti dal mio mondo! Sapete che esistono i portali, la magia! Eppure, mi trattate come un fenomeno da baraccone…»
«Oh, mia cara, ti prego, scusa… è che è davvero difficile! È vero che Narnia è un mondo magico, ma le streghe qui sono pericolose e… la magia, in generale…»
«Ma come può essere?» Hermione alzò la voce «Narnia è stata creata da un leone parlante! Io ho salvato un tasso che parla come un uomo ed è altrettanto accettato in mezzo a voi! Non siete digiuni di magia!»
«No, certo, ma… la magia attiva…»
«Se voi non sapete praticare incantesimi e ne avete così paura, come mai quando i Pevensie sono arrivati qui non li avete messi al rogo?»
«Oh santo cielo, mai! C’era una profezia di Aslan che…»
«Una profezia?» Hermione storse il naso, disgustata «Per sua informazione, signore, la Divinazione è la branca più imprecisa della magia. Detto questo, io non sono stata profetizzata, quindi di sicuro merito di essere vessata e imprigionata? Voglio dire… ci nascondiamo dai babbani e loro stessi fanno di tutto per negare la magia, ma voi siete anche più ciechi e stolti di loro! Sapete che la magia esiste, ci vivete in mezzo… e mi avete imprigionata!»
 
Ormai stava gridando.
Sapeva che per educazione non avrebbe mai dovuto alzare la voce con un uomo così anziano, ma l’ingiustizia del torto subito la rendeva furiosa.
Cornelius sembrava mortificato, ma fu Tartufello a intervenire.
«Non capisci. Come devo ripetertelo che le streghe sono cattive?»
Hermione digrignò i denti.
«Allora, chiariamo una cosa: le streghe non sono cattive a priori. Perché tu insista a definirle così…»
«Perché qui lo sono!»
«Ah! Allora semmai a Narnia le streghe saranno cattive, ma ti assicuro – da strega – che non è sempre così!»
«Cara, perdonaci» intervenne Cornelius «Tartufello è venuto da me a raccontarmi che ti aveva incontrata e che poi eri stata catturata proprio perché il fatto che lo hai coraggiosamente salvato gli aveva fatto venire il dubbio che non fossi malvagia»
 
Hermione lanciò un’occhiata poco convinta al tasso, il quale sorrise.
«Sai» proseguì l’anziano precettore «Purtroppo mi muovo ormai poco dalla mia torre… Ma Tartufello è venuto ad avvisarmi e devo dire che davvero mi sembri una fanciulla gentile e onesta. Purtroppo abbiamo avuto delle bruttissime esperienze, nella nostra storia, con le streghe e forse potrai scusare i nostri pregiudizi… Una, in particolare, lotta da millenni contro Aslan per il dominio su Narnia: la Strega Bianca»
La ragazza annuì.
«Caspian me l’ha nominata. Purtroppo non la conosco…non l’ho mai sentita prima né ho letto di lei nei libri di Storia della Magia»
«Tu studi la storia della magia?» l’anziano uomo le sorrise con calore «Deve essere una disciplina affascinante!»
«Oh sì!» Hermione sorrise, radiosa, ed allontanò il ricordo dei borbottii noiosi del Professo Rüf a lezione «Ritengo che la Storia sia una grande maestra per tutti noi!»
«Non potrei essere più d’accordo!» esclamò l’uomo «Quanti errori tragici potremmo risparmiare se solo studiassimo attentamente la storia? Dicevo sempre a Caspian, quando gli insegnavo questa disciplina, che…»
«Ehm…sì…stavamo parlando di streghe» li interruppe Tartufello.
«Ah già, già» il precettore sospirò e si pulì gli occhiali sul mantello «La Strega Bianca, è vero. Povero me. la storia di Narnia è macchiata dalla sua presenza e i fratelli Pevensie e persino il nostro re l’hanno affrontata…»
«D’accordo, ma io cosa c’entro?» chiese Hermione «O lei pensa che io sia qui…per la Strega?»
«No, mia cara, davvero non lo so! Certo, aiuto dal tuo mondo ci è sempre arrivato nei momenti di pericolo, ma ora regna la pace a Narnia, grazie a re Caspian… sarebbe inquietante l’idea di una nuova guerra!»
«E allora cosa ci faccio io qui?»
L’anziano uomo la guardò con aria di scuse.
«Piccola, purtroppo non lo so… ma posso assicurarti che cercheremo di rendere il tuo soggiorno a Narnia piacevole e sereno e…»
«Il mio soggiorno a Narnia?» lo interruppe lei «Io non voglio soggiornare qui, voglio tornarmene a casa! Ho da fare milioni di cose, a casa! Ho gli esami, quest’anno c’è anche l’esame di Materializzazione e sto studiando per il M.A.G.O….»
La voce di Hermione si indebolì di fronte all’espressione smarrita di Cornelius.
 
È chiaro che loro non sanno cosa fare per aiutarmi – si disse – Ma non lo so nemmeno io, accidenti!
 
Si impose di calmarsi e poi disse:
«Bene, è chiaro che chiusa qui dentro non troverò la soluzione. Se permettete, me ne tornerei nel bosco a cercare quel maledetto passaggio e…»
«Ma lo abbiamo cercato per ore!» la interruppe il tasso «Lo hai visto anche tu! Non c’era!»
«Sì ma deve esserci, invece» si intestardì lei «Ricomparirà prima o poi e io non posso essere lontana dalla foresta, quando succederà!»
«Gli antichi Re e Regine di Narnia non sono mai tornati indietro attraverso lo stesso portale» intervenne l’anziano uomo «È sempre stato Aslan a ricondurli a casa»
«Sì, Caspian mi ha detto la stessa cosa, ma qui o mi trovate Aslan o io me ne torno dritta nel bosco!»
«Mia cara, Aslan non si può “trovare” e basta…»
«D’accordo, ma io allora che faccio?»
«Cara, io capisco…»
 
Hermione si morse la lingua prima di rispondere sgarbatamente che invece non capiva per niente il problema.
Perché le parlavano di restare?
Lei non voleva restare!
E apocalittici discorsi su portali che non tornavano più non erano certo d’aiuto.
 
«Non vedo altre soluzioni» disse, in tono categorico.
«Bè, stavo pensando…» obiettò il precettore «Non so che ne pensi tu, ma secondo me nulla avviene per caso. Forse dovresti considerare che per il momento hai qualcosa da fare qui»
«Senta, io so per certo che ho da fare mille cose a casa mia. Per me conta solo tornare indietro!»
«Cara, alcune cose purtroppo non dipendono dalla nostra volontà o dai nostri desideri…»
«Io capisco le sue buone intenzioni, ma non fare nulla per me non è una scelta praticabile!»
L’anziano sospirò.
«D’accordo, ma… non me la sento di mandarti da sola nel bosco. Il re non ne sarebbe contento e…»
«Figuriamoci! Per quello che ho visto io quel cafone del vostro re avrà di meglio da fare… o altre donne da spintonare e deridere!»
«Caspian?» il dottor Cornelius era sbigottito «Ma come? Sua Maestà è sempre educato e corretto, soprattutto con le donne…»
«Bè, sono dolente di darvi una delusione, signore, ma io non definirei “educato” un tizio che mi fa prendere prigioniera, mi sbatte in una cella…»
«Sì, ma è venuto a liberarvi e…»
«Per trascinarmi come un sacco di patate, sballottarmi in giro, raccontarmi di antichi sovrani e poi spintonarmi fino a farmi cadere!»
«Ma mia cara, io stento a credere una cosa del genere…»
«Hai fatto infuriare il re?» si intromise il tasso, perplesso «Sua Maestà è davvero buono e gentile come pochi…Non ce lo vedo a maltrattare chiunque come dici tu…»
«Per tua informazione stavamo solo parlando. E aggiungerei che è stato lui a insistere di parlare! Poi, mi dispiace molto avergli detto che Susan Pevensie è morta in quel modo terribile, ma…»
 
Si interruppe vedendo le espressioni attonite dei suoi interlocutori.
«Che c’è?» chiese, debolmente.
«Susan Pevensie è… morta?» chiese il precettore, con voce tremula.
Hermione annuì.
«Lucy Pevensie lo racconta nel suo libro su Narnia… Cosa c’è?»
 
L’anziano e il tasso si fissarono, sgomenti.
Poi l’uomo si rivolse a lei e disse, con una voce tristissima:
«Cara, non potevi certo saperlo, ma…»
«Ma?»
«Ma Susan Pevensie è stata il grande amore di re Caspian»

 

Buongiorno e buon lunedì!
Solo due parole, per ringraziare ancora la mia gemella astrale, SusanTheGentle, per il bellissimo banner della storia,
e per ricordarvi la mia pagina Facebook per tutti gli aggiornamenti:
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Grazie e buona lettura,
Joy

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Capitolo 10
*** Sofferenza e insofferenza ***


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Hermione sbarrò gli occhi.
 
Susan Pevensie è stata il grande amore di Caspian?
 
Oh cazzo.
 
La ragazza sbatté le ciglia e fissò a bocca aperta il dottor Cornelius.
«Per le mutande di Merlino!» sbottò «Ma io come potevo saperlo?»
«Mia cara, non potevi» rispose lui con semplicità «Non te ne facciamo certo una colpa! Ma purtroppo…»
Sospirò e poi riprese.
«Sai, Caspian ha perso i genitori molto presto. Io l’ho cresciuto, mentre il regno era nelle mani di suo zio Miraz. Ma temevo per lui. Sapevo che, appena Miraz avrebbe avuto un erede, la vita di Caspian sarebbe stata in pericolo… e così è stato. Quando è nato il figlio dell’usurpatore, ho fatto fuggire il nostro re. Era un ragazzo giovane, completamente solo, e non sapevo se lo avrei rivisto…e invece lui ha fatto tesoro dei miei insegnamenti e ha chiamato a Narnia gli antichi Re e Regine: insieme a loro ha sconfitto Miraz ed è salito al trono»
 
Cornelius si muoveva per la stanza mentre raccontava a Hermione la storia del regno di Caspian X.
 
«Miraz mi imprigionò, perché capì che io avevo fatto fuggire Caspian. Ma lui venne a liberarmi. Vivemmo per un periodo come ribelli nascosti… io capii che la Regina Susan lo aveva affascinato, tutti lo capimmo… ma lui non me ne parlò mai. E poi, una volta finita la battaglia, Aslan incoronò Caspian come legittimo sovrano di Narnia e i Pevensie tornarono a casa. Di più: Aslan disse a Peter e Susan che ormai erano troppo grandi per tornare a Narnia e che quello era il loro ultimo viaggio»
 
Hermione si morse un labbro.
Che storia triste.
Pensò a quel ragazzo, così bello e fiero.
E così solo.
 
Si sentì in colpa, scioccamente.
 
«Mi dispiace molto» mormorò.
Cornelius le sorrise.
«In realtà quella di Caspian è una bella storia. È sopravvissuto, è diventato re. È cresciuto e, con lui, Narnia sta prosperando. Erano millenni che un figlio di Adamo non sedeva su quel trono…»
«Non lo metto in dubbio… Ma mi sembra così solo…»
L’anziano uomo annuì.
«Già…» mormorò «Il mio povero ragazzo…»
 
*
 
In quel momento, Caspian stava cavalcando a briglia sciolta nei boschi attorno al castello.
Spronava il suo cavallo al punto che le guardie faticavano a stargli dietro.
Lui, incurante, non ci fece neppure caso.
Era sempre stato un bravo cavaliere, amava la velocità e aveva una sintonia perfetta con il suo destriero.
Ma stavolta nessun brivido di piacere o sensazione di libertà allietò la sua cavalcata.
 
Susan. Susan. Susan.
 
Solo Susan.
Sempre Susan.
 
Risentiva, martellante, la voce di Hermione dire che Susan era morta.
Che non c’era più.
 
Paradossalmente, questo lo rendeva definitivo.
Davvero.
Ed era buffo, visto che comunque… che speranze aveva di rivederla?
Aslan in persona le aveva detto che non sarebbe più tornata a Narnia.
E lei non si era opposta.
Non aveva chiesto di restare, per lui.
E non aveva chiesto neppure di tornare per se stessa.
Aveva accettato e se ne era andata.
 
Razionalmente, Caspian sapeva che era giusto così.
Testardamente, però, si ripeteva che lui avrebbe obiettato, combattuto, supplicato solo per avere almeno un giorno in più con lei.
Ma a lui non era stato chiesto nulla.
E Aslan… possibile che Aslan non sapesse?
 
No, impossibile.
Caspian ne era certo.
Aveva visto dolore e tenerezza negli occhi del grande Leone quando Susan era partita insieme con i fratelli e lui era rimasto a guardare il varco chiudersi con un groppo in gola.
Aslan sapeva.
Ma non c’era niente da fare.
 
Del resto, Susan non aveva voluto fare nulla.
Non gli aveva fatto capire nulla.
E lui… cosa poteva osare chiedere ad Aslan, se non era nemmeno sicuro di lei?
 
 
Spronò più forte il cavallo, abbassandosi sulla sella.
 
La ragazza aveva detto che Susan si era sposata.
Anche Edmund - una volta, sul veliero dell’Alba - gli aveva fatto capire che la sorella si era rifatta una vita, serenamente.
Ma perché allora lui non riusciva a fare lo stesso?
 
Pensò a Lilliandil e la trovò… insoddisfacente.
Un aggettivo così strano per un essere ultraterreno.
Ma non poteva farci nulla.
Non poteva imporsi nulla.
 
Non voleva imporsi nulla.
 
Improvvisamente, Caspian sentì grosse gocce di pioggia bagnargli il viso.
Il tempo era cambiato senza che lui se ne accorgesse.
Basse nuvole grigie e cariche di pioggia incombevano su di lui.
«Maestà!» le guardie riuscirono ad affiancarlo quando diminuì l’andatura «Rientriamo, il tempo è cambiato…»
Per un folle istante, lui meditò di spingere ancora avanti il cavallo e andare… dove?
Dove si poteva evitare di pensare?
Di soffrire?
 
Sospirò ed annuì, voltandosi verso casa.
 
 
Giunto al castello, nemmeno a dirlo, trovò Lilliandil vicino all’ingresso.
«Caspian, ero preoccupata! Ho visto il temporale e mi hanno detto che eri fuori…»
Lui la guardò negli occhi e lei gli sorrise.
Fissò quelle iridi azzurre, così diverse da quelle di Susan.
Batté le palpebre e disse, bruscamente:
«Grazie per la preoccupazione, mia signora, ma io non sono un bambino e ho visto cose peggiori che un po’ di pioggia. Se volete scusarmi vado a cambiarmi…»
Salendo le scale colse l’occhiataccia di uno dei servitori, chiaramente scandalizzato dal fatto che il re si permettesse di parlare così alla magnifica stella.
 
Entrò nelle sue stanze e si era appena cambiato quando udì bussare alla porta.
Temendo che fosse Lilliandil imprecò a bassa voce.
Poi una delle sue guardie chiese il permesso di entrare.
Avutolo, mise dentro la testa e annunciò in tono imbarazzato:
«Ehm… Maestà, ci sarebbe la stre… voglio dire, la ragazza del bosco. Per voi»
Caspian, sorpreso, annuì.
Ed Hermione varcò la soglia, tormentandosi nervosamente le mani.
 
Dietro di lei, due guardie entrarono e, impassibili, si piazzarono ai lati della porta.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, seccata.
Poi lo guardò e sembrò farsi forza.
«Ehm…ciao» disse, esitando.
 
Non sembrò minimamente essere sfiorata dal pensiero che a un re non si potesse dire semplicemente “ciao”, ma lui non se ne preoccupò.
I Pevensie non si erano mai rivolti a lui con titoli o altro e, da quello che Hermione gli aveva spiegato, nel suo mondo le cose funzionavano diversamente.
Caspian era affascinato dalle culture diverse dalla sua, soprattutto da quella del mondo da cui provenivano i suoi amici, perciò non dava peso ad appellativi o codici comportamentali della corte.
«Io…» proseguì lei «Volevo scusarmi. Per prima. Io…»
Gettò un’occhiata nervosa alle due guardie e continuò, parlando velocissimamente:
«Davvero, non avevo idea… Ma sono stata molto sciocca e superficiale e mi dispiace davvero tanto. Scusami, non dovevo parlare con quella leggerezza»
Caspian scosse il capo.
«Sono io che ti devo delle scuse, per come mi sono comportato. Spero di non averti fatto male»
 
Si vergognava di aver perso la calma, mostrando i suoi sentimenti – la sua debolezza – di fronte a lei.
In più, era anche una ragazzina lontana da casa.
 
Hermione lo fissò con i suoi grandi occhi nocciola, riflessivi e intensi, e disse:
«Ho sempre immaginato i re come modelli di educazione e cortesia, ma evidentemente sbagliavo»
Lui si sentì cadere la mascella, ma lei sorrise.
«Rilassati, scherzavo… in parte. Comunque tutto bene, posso capire»
Lui apprezzò la discrezione di lei davanti ai suoi soldati.
Con un gesto, fece uscire le guardie.
«Ti hanno rivestita, vedo» commentò, non sapendo bene cosa dire.
«Sì. Il tuo maestro, il dottor Cornelius, è stato molto gentile con me»
«Cornelius?» Caspian era sinceramente stupito «Non pensavo… Ormai si allontana raramente dalla sua torre»
«Probabilmente era curioso» lei allargò le braccia, rassegnata «Sono un po’ il fenomeno da baraccone del momento»
«Fenomeno da baraccone?»
«Sì…tipo una scimmia ammaestrata, o un topo ballerino, o un cane con tre teste… qualcosa che la gente si affolla a vedere!»
«Purtroppo le streghe sono un capitolo brutto della nostra storia, te l’ho detto. Ma mi spiace che tu ti senta così. Provvederò a darti una guardia e…»
«Per carità, basta guardie! Invece… la mia bacchetta?»
Lo guardò speranzosa, ma lui scosse il capo.
«Capito» scrollò le spalle «Bene, me ne vado. Volevo solo…»
Mosse due passi, ma improvvisamente lui le disse:
«Aspetta! Io…»
Lei si voltò e lui proseguì:
«Volevo chiederti…»
Esitò, ma Hermione indovinò facilmente:
«Di Susan?»
Lui annuì.
«Chi…?»
«Il dottor Cornelius» rispose lei, sincera.
 
Caspian espirò bruscamente.
«Certo, dovevo immaginarlo» disse, più a se stesso che a lei «Figuriamoci se tutti non vogliono sapere di Susan!»
«Dicendo così gli fai un torto» lo rimbeccò Hermione, severa «Non è giusto che tu faccia passare il tuo maestro per una comare impicciona. Ti vuole molto bene ed era preoccupato per te»
Il re arrossì suo malgrado.
 
Sapeva, razionalmente, di fare un torto al precettore, ma era così arrabbiato… E come osava quella ragazzina parlargli in quel modo?
 
«E tu che ne sai?» ritorse, aggressivo.
«È inutile che alzi la voce» replicò lei, inamovibile «Te l’hanno insegnata, l’educazione?»
«Certamente. E altrettanto certamente tu non sei stata così fortunata» ringhiò lui in risposta.
Hermione alzò un sopracciglio.
«Senti, mi dispiace sinceramente per quello che ti ho detto e sono qui a scusarmi. A proposito di scuse, però, direi che anche tu potresti mostrarti umile e fare la tua parte. E potresti iniziare rimangiandoti le tue parole verso il povero Cornelius»
 
Sapere che lei aveva ragione servì solo ad accrescere la sua ira.
 
«Il  povero Cornelius, tu e tutti quanti voi succhiasangue dovreste solo farvi i fatti vostri, così io…»
«Così cosa?» anche lei alzò la voce «Così potresti fare il cretino da solo, in completa autonomia? Bene: buon divertimento!»
 
E detto questo marciò altera fuori dalla porta.


NdA: Buongiorno e buon lunedì!
Mentre Eternity procede a fatica, questa storia prosegue più spedita (rima agghiacciante involontaria, scusate!).
Grazie alle meravigliose amiche che mi seguono sempre, a chi mi sostiene e a chi la segue/ricorda/preferisce... e anche solo a chi legge: siete preziosi per me!
Grazie Sue per il banner stupendo! <3
E a tutti voi ancora grazie,
Joy

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Capitolo 11
*** Costellazioni e mappe astrali ***


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Caspian percorreva a grandi passi le sue stanze, sentendosi un leone in gabbia.
 
Continuava a ripetersi nella mente la conversazione avuta con Hermione e, ogni volta, si vergognava di più.
Lei aveva ragione.
Era scattato con quella frase infelice sul precettore non perché lo pensasse davvero, ma perché era imbarazzato dal fatto che i suoi sentimenti, che avrebbero dovuto essere rigorosamente privati, erano invece di pubblico dominio.
Inoltre, compiangere la perdita di Susan lo faceva apparire debole ai suoi stessi occhi e il re odiava mostrarsi così.
Un sovrano non dovrebbe essere oggetto di pietà, neppure agli occhi degli amici o consiglieri più fidati.
 
Inutile, quella storia era il suo tallone d’Achille.
E c’era quel nervosismo, quell’ira che a tratti lo coglieva di sorpresa…
 
Era stato ingiusto con Hermione.
L’aveva fatta imprigionare, liberata per un suo scopo personale, l’aveva assalita con le sue domande e poi l’aveva buttata da parte come una cosa inutile.
Se ne vergognò profondamente.
 
E, se c’era una cosa che Caspian non riusciva a tollerare, era la sensazione di non essere in pace con la sua coscienza.
 
Si fece portare una cena leggera in camera, ma quasi non la toccò.
Se non altro, almeno aveva evitato la compagnia di Lilliandil.
Tentò di leggere un rapporto del mastro del conio, ma non riusciva a concentrarsi sulle parole.
Si alzò di nuovo, passeggiando nervosamente.
Si sedette e si alzò un paio di volte, poi prese una decisione imprecando tra i denti.
Uscì dalla sua stanza e salì le scale, diretto alla torre del suo precettore.
 
 
Quando bussò piano ed entrò la prima cosa che vide fu Hermione seduta per terra, con le gambe incrociate e quasi sommersa da una valanga di libri e pergamene.
Accanto a lei Tartufello si grattava perplesso la testa con una zampa e studiava sospettoso una mappa astrale.
«Ma io non la vedo questa figura che dici tu!» stava dicendo il tasso.
«Se guardi bene la vedi» ribatté lei, categorica «Non posso credere che non abbiate delle costellazioni! Oh, è affascinante ma servirebbero anni per una mappatura fatta decentemente…»
«Ma certo che abbiamo le costellazioni!»
 
La voce del re fece sobbalzare per lo spavento sia la ragazza che il tasso.
 
Hermione alzò gli occhi, riscuotendosi dal torpore che si impadroniva di lei quando era immersa nei libri, e incrociò lo sguardo intenso e vagamente imbarazzato di Caspian.
Il re piegò le labbra morbide in un sorriso esitante e si avvicinò a lei accucciandosi sui talloni.
«Le abbiamo, davvero. Ma Tartufello sta consultando una mappa astrale muta, di quelle che Cornelius usava con me, per farmele riempire e vedere se avevo studiato»
«Il mio esame di Astronomia al G.U.F.O. è stato così» ribatté lei, poggiando il grosso tomo rilegato in pelle che stava leggendo.
«Farò finta di aver capito» le sorrise il re.
 
Hermione fissò gli occhi in quelli di lui.
 
«Anche io ho studiato le costellazioni a Hogwarts…cioè… quelle del mio cielo, almeno»
Fece un gesto verso la mappa e tracciò con il dito una linea immaginaria tra alcune stelle.
Improvvisamente, Caspian le prese la mano e la indirizzò in un senso contrario.
«C’eri quasi. Guarda: questa è la Cornucopia…»
Guidò il suo dito unendo in modo immaginario alcune stelle.
Hermione aggrottò le sopracciglia, per nascondere la confusione.
«Non c’è, nel mio cielo» mormorò, scostando piano la mano «Un’altra?»
Caspian si sedette accanto a lei, spostando dei libri, e le illustrò alcune costellazioni, mentre Tartufello si sporgeva curioso sopra la sua spalla.
«I tassi hanno più costellazioni!» esclamò alla fine.
«Ma non è possibile» ribatté Hermione «Come fate ad averne di più?»
«Certo che è possibile: il cielo è infinito!»
«Ma la vostra vista no! E poi scusa, mi hai detto che non le avete codificate: come fai a sapere che sono di più?»
«Lo so per certo!»
«Non mi sembra affatto attendibile come risposta, scusa» fece Hermione, scettica.
 
Tartufello guardò prontamente Caspian.
«Maestà, noi tassi abbiamo più costellazioni!»
La ragazza scosse il capo, incredula, ma il re sorrise.
«Davvero? Quante in più e rispetto a quali?»
«Alle vostre sire!» rispose il tasso con dignità.
«E quante sono le mie?»
Caspian coprì con la mano la mappa, mentre l’altro andava a sbirciarla.
«Ehm… di meno!»
Hermione scoppiò a ridere e Tartufello mise il broncio.
«Sei impossibile!» gli disse lei «Mi fai fare confusione!»
«Cosa state facendo?» chiese il re, accavallando le lunghe gambe davanti a sé.
«Hermione sta leggendo tutta la biblioteca del dottor Cornelius e io le spiego le cose!» rispose il tasso, fiero.
La ragazza sorrise senza ribattere e riprese in mano il volume che aveva posato.
«E il dottor Cornelius dov’è?» chiese ancora Caspian.
«Sono qui, Maestà» rispose la voce dell’anziano, dalla porta.
 
Il re scattò in piedi per aiutare l’uomo ad accomodarsi su una poltrona.
«Grazie, grazie… ero andato alla voliera per inviare un messaggio…»
L’uomo ansimava leggermente e Caspian aggrottò la fronte.
«Non dovete stancarvi, lo sapete. Potete mandare una guardia a…»
«Ma no, no, sto bene… questa affascinante signorina ha sollevato intelligenti domande e mi è venuto il desiderio di riprendere la mia corrispondenza con un caro amico studioso…»
Cornelius strinse affettuosamente il braccio di Caspian.
«A cosa devo l’onore della vostra visita, mio re?»
«Oh, io…Volevo scusarmi con Hermione» guardò la ragazza e proseguì «Mi spiace per prima, non avrei dovuto dire quello che ho detto»
La ragazza sostenne il suo sguardo senza battere ciglio, poi annuì.
«Scuse accettate» disse semplicemente.
«Cosa succede Maestà?» domandò ansioso Cornelius «Perché vi scusate?»
«Oh, nulla» intervenne Hermione, sorridendo all’uomo «Sembra che io abbia il potere di irritare facilmente sua maestà»
«Di certo mi sono scusato più con te oggi che da anni a questa parte» ribatté il re, che poi sedette accanto al precettore.
 
Vedendo lo sguardo radioso dell’uomo più anziano, la ragazza sorrise a Caspian.
«Bene, ora vado. Grazie, signore, per avermi lasciato guardare i suoi libri…»
«Ma, mia cara, resta! Sono soltanto felice di vedere il tuo entusiasmo! È da così tanto tempo che nessuno studia più qui con me…»
Hermione incrociò per un attimo lo sguardo di Caspian e lesse nei suoi occhi la preghiera di non ferire il vecchio con un rifiuto.
Così annuì e tese un libro all’uomo.
«Stavo leggendo questo tomo…»
«Cronistoria di Narnia dalla creazione di Aslan…» lesse lui «Ah sì, sì, certo, è davvero interessante!»
Caspian non represse una smorfia scettica ed Hermione scoppiò a ridere.
«Io l’ho trovata veramente interessante» disse, quando smise di sghignazzare.
Il re la gratificò di un’altra occhiata incredula, mentre Cornelius si mise a lodare la dovizia di particolari che distingueva l’autore del volume.
Ben presto fu chiaro che Hermione non millantava a vanvera, ma davvero si era messa a leggere il libro.
Caspian la osservò, incredulo, argomentare con lo stesso entusiasmo del suo precettore e con tanta vivacità che gli venne spontaneo chiedersi se soltanto lui si era addormentato su quelle pagine.
 
Tartufello si intromise nel discorso adornando la storia con elementi di cultura dei tassi e, ben presto, l’anziano precettore reclinò il capo e si addormentò sulla poltrona.
Presa a discutere con l’animale parlante, Hermione non se ne accorse subito, ma Caspian, premurosamente, coprì l’uomo con una coperta e poi scivolò a terra, impedendo a Hermione di alzarsi con un gesto.
«Ma non possiamo farlo dormire lì» disse la ragazza «Sarà scomodo…»
Il re sorrise.
«Penso apprezzi la compagnia, invece. Ultimamente si è molto isolato e sono sicuro che averti qui gli dà gioia: era davvero felice di poter parlare con qualcuno che apprezza quanto lui l’Interminabile Cronistoria…»
Lei fece una smorfia divertita al suo tono scherzoso, ma rispose:
«Era felice di avere te qui. Mi ha raccontato di te a lungo… lo sai che ti vuole molto bene»
Lui annuì.
«Sai, a volte… Mi spiace saperlo qui, immagino si senta trascurato. Da me, intendo. È solo che ho sempre talmente da fare che…»
«Lui lo sa e lo capisce» Hermione intervenne quando vide che Caspian non completava la frase «Però, sì… Penso si senta solo, a volte. Anche se qui ha una biblioteca fantastica a fargli compagnia»
«Ma sono libri, non persone…»
«I libri ti fanno compagnia» rispose lei, serena.
«Bè… la prospettiva di avere solo libri e non persone o il mio cavallo attorno mi spaventerebbe»
Lei sorrise.
«Io spesso mi sento meno sola tra i libri che in mezzo alla gente»
Caspian scosse il capo.
«Ma…»
«E se stai per dire che i libri non parlano» lo interruppe lei «Lascia che ti dica che non è vero. I libri parlano eccome e sono anche più interessanti delle persone, il più delle volte»
«Senti senti… una piccola misantropa» le sorrise «E i tuoi amici, Hermione?»
«Oh, i miei migliori amici sono fantastici. Ma ho bisogno anche dei miei libri»
 
Lui sorrise, divertito.
«Non riesco a smuoverti dalla tua idea, vedo. Bene: parlami di questi amici meno interessanti di vecchie pagine polverose»
Lei simulò un broncio offeso.
«Non permetterti più di dire una cosa tanto stupida, mio buon re degli eretici. Comunque, cosa vuoi sapere? I miei migliori amici si chiamano Harry e Ron e sono due studenti della mia Casa»
«Due uomini?» lui parve sorpreso «Oh. Che cosa è la tua casa? Vuoi dire la tua famiglia?»
«Non nel senso di casata» lo corresse lei, che aveva capito «La mia scuola, Hogwarts, è stata fondata da quattro potenti maghi secoli e secoli fa. Ciascuno di loro ha fondato una sua Casa, nella quale raccoglieva studenti secondo i meriti individuali che prediligeva, per insegnare loro la magia. E poi la tradizione è continuata»
«Ma loro non vivono ancora…o sì? E qual è la tua casa?»
«La mia Casa è Grifondoro, la culla dei coraggiosi di cuore, perché Godric Grifondoro, il suo fondatore, prediligeva più di tutto l’audacia e la cavalleria. E no, loro non vivono più, ormai»
«Lo sapevo che eri coraggiosa» le sorrise, sincero «Hai affrontato tutto quello che è successo con notevole ardimento…»
«Mica tanto, avrei volentieri spaccato qualche testa… ma grazie. Non penso di essere così coraggiosa. Il mio amico Harry sì che lo è, invece»
«Perché dici così?»
«Lui ha affrontato più volte il mago oscuro di cui ti parlavo, Voldemort. È un essere davvero tremendo e Harry…. Lo ammiro da morire. È coraggioso, audace, intrepido e nemmeno se ne rende conto»
Hermione sorrise, nostalgica, al ricordo della reazione di Harry quando lei gli aveva proposto di tenere lezioni segrete di Difesa contro le Arti Oscure.
Era andato su tutte le furie sostenendo che lui non era bravo né speciale, ma sostanzialmente solo fortunato.
 
Fortunato.
 
Scosse il capo, sorridendo, mentre Caspian la studiava curioso.
«E come ha fatto? Con la magia? Quante volte? E…»
«Ehi, come sei curioso!»
«Scusa» lui arrossì «Non volevo essere invadente»
«No, non lo sei. Anche io sono curiosa su Narnia, penso sia normale…Ma non hai paura di me?»
«No, davvero. Sei gentile, si vede» indicò con un cenno del capo il precettore addormentato «E la vita nel tuo mondo mi affascina da sempre…»
Tacque e lei si chiese di sfuggita se non stesse pensando a Susan Pevensie.
 
Tartufello intervenne dicendo:
«Nemmeno io ho paura di te!»
«Figuriamoci!» Hermione sbuffò «Ti ricordo che appena ti ho salvato sei andato a nasconderti dietro un albero e…»
«Ma sì, solo un attimo…»
«Ma come solo un attimo?!»
Caspian si mise a ridere così di gusto che Hermione temette per il sonno di Cornelius, ma l’uomo continuò a russare placidamente.
«Shhh…»
Il re represse un’altra risata mentre il tasso ripeteva, piccato:
«Non mi sono nascosto, sire! Stavo studiando la situazione da un punto di osservazione migliore!»
Gli occhi scurissimi di Caspian incrociarono quelli di Hermione e i due si scambiarono un sorriso divertito.
«Va bene. Hermione, non dire più che Tartufello ha avuto paura: è un valoroso soldato e…»
Lei sbuffò e lui si morse il labbro per non ridere ancora.
«Raccontaci della tua scuola» le chiese poi, curioso.
«Bè, le altre Case sono Corvonero, Tassorosso e Serpeverde. Diciamo che dovremmo andare tutti d’accordo ma in realtà tutti odiamo i Serpeverde e, del resto, i Serpeverde odiano a loro volta noi tutti, quindi…»
«Perché?»
«Salazar Serpeverde, fondatore della Casa, stimava più di ogni altra cosa il sangue puro di mago: i Serpeverde sono ancora così. Per loro non esiste nulla se non la purezza della stirpe e del sangue. E chi non è ricco sfondato e non ha un pedigree degno del loro è terra da calpestare, fondamentalmente»
Lui aggrottò la fronte.
«Mi sembra davvero una cosa stupida»
«Lo è» rispose lei, convinta «Per esempio, io sono quella che loro chiamano “Mezzosangue”, perché sono figlia di due babbani, cioè di persone che non conoscono la magia»
«Davvero? Ma è possibile?»
Lei annuì.
«Sì, ormai i maghi che si sposano solo tra purosangue sono pochissimi… è inevitabile che ci mescoliamo con i babbani. E non c’è nulla di male»
«Ma certo che no… Narnia è fatta di meravigliose creature così diverse… Sarebbe come dire che io dovrei bandire tutti tranne gli uomini. Sarei un pazzo… come mio zio Miraz»
«Il dottor Cornelius mi ha parlato di lui… bè, mi ha dato più l’impressione che Miraz temesse le razze originarie di Narnia, mentre i Serpeverde ne fanno proprio una questione di dinastia… Ma sì, la radice alla base di questa pazzia è la stessa!»
Caspian stava per commentare, ma si interruppe quando si udì distintamente lo stomaco di Hermione brontolare.
Lei divenne rossa come un peperone e lui le sorrise.
«Scusa, tu hai fame»
«Ehm, un po’…» borbottò lei, imbarazzata.
«Dovevo pensarci, scusami. Vuoi…»
Esitò, pensando alla sala dei banchetti.
Dove di certo avrebbero trovato Lilliandil.
Ma fu lei a toglierlo dall’imbarazzo:
«Dimentico sempre dove sono quando leggo. Mi basterebbe un panino e qualche nozione in più sulla vostra storia»
«Per le lezioni sulla storia posso aiutare, se ti accontenti di me che sono molto meno preparato di Cornelius. Ma… non so cosa sia un panino…»
Lei gli sorrise, radiosa.
«Vada per la storia. E qualcosa da mangiare qui?»
Il re accettò con evidente sollievo.
 
E quella fu la prima delle serate che passò seduto per terra, a studiare insieme a lei quei libri che da ragazzo lo annoiavano a morte e che ora trovava inspiegabilmente interessanti e, anzi, addirittura affascinanti.


NdA: buongiorno!
Per prima cosa un GRAZIE enorme alla mia Sue, la gemella astrale che con pazienza infinita mi segue e mi consiglia e ha realizzato un nuovo banner per la storia, bellissimo!! *.*
Grazie, gemella mia!! <3
Poi, un pensiero speciale per Clairy e Fedra, amiche carissime... Immagino che il discorso di Hermione sui libri vi trovi d'accordo! ;)
Grazie di esserci, ragazze! <3
E a voi tutti che commentate, seguite, preferite o solo leggete... grazie!
Buona lettura,
Joy

Ps: come sempre, la mia pagina Facebook per gli aggiornamenti è
 https://www.facebook.com/Joy10Efp

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Capitolo 12
*** Uguaglianza e diritti umani ***


La mattina dopo, mentre ascoltava una relazione del suo attendente sul raccolto stimato, Caspian si sorprese a pensare con piacere alla sera prima.

 
In fondo non era successo nulla di particolare.
Ma Hermione aveva una curiosità insaziabile e sapeva porre domande intelligenti: era bello parlare con lei.
Ed era anche molto generosa nel raccontare del suo mondo.
 
I Pevensie non amavano parlargliene e, quando lo facevano, gli davano l’impressione di trovarlo grigio, spento e monotono.
Avevano paura della prospettiva di lasciare Narnia e crescere in quel mondo amorfo.
 
Hermione gli aveva dato tutto un altro ritratto.
Hogwarts sembrava il luogo di un sogno…
Caspian non aveva i preconcetti di molti dei suoi consiglieri e il desiderio di avventura e la sete di conoscenza in lui erano forti e radicate.
Avrebbe dato qualunque cosa per vederla, per conoscere altri mondi, per nuove avventure.
Certo, poi sarebbe tornato.
 
Sarebbe sempre tornato a Narnia.
 
Ma… una scuola di magia, in cui persino le scale si muovevano?
E i quadri parlavano, le armature camminavano, le persone facevano magie!
Sarebbe partito senza pensarci due volte.
Voleva conoscere gli amici di Hermione, studiare con i suoi professori, vedere gli Elfi Domestici e le creature magiche.
Quando lei aveva riso, dicendogli che non le sembrava uno studente troppo motivato, lui aveva ribattuto:
«Ma scusa, studiare gli incantesimi! La… come l’hai chiamata? Trasfigurazione? Io ho studiato la storia!»
«Ma la storia insegna tante cose»
«Ma non  queste  cose! Le cose che sai tu!»
Lei aveva riso.
«Ma la vostra storia è meravigliosa!»
 
E, in effetti, aveva ragione.
Caspian lo sapeva, ma era una cosa che ormai dava per scontata.
Era fedele ad Aslan e conosceva la creazione del mondo di Narnia… ma non ricordava di essersi mai meravigliato, studiandola da piccolo, come invece aveva fatto la sera prima, ripercorrendo tutto con lei.
La meraviglia e lo stupore di Hermione avevano risvegliato il suo orgoglio e la sua curiosità.
 
Sospirò e l’attendente gli rivolse un’occhiata perplessa.
«Scusatemi, Maestà, vi ho preso molto tempo…»
«No, no, che dite? Stavo solo pensando a quanto sia bella la storia di Narnia. Non trovate anche voi?»
«Ah…eh…sì sì splendida» borbottò l’uomo perplesso.
Una volta terminata l’udienza, Caspian esitò per un po’ e poi chiamò uno dei servitori.
«Invitate a pranzo il dottor Cronelius» disse «E anche la ragazza del bosco, Hermione»
 
 
Fu così che, a tavola, in molti quel giorno rimasero scioccati.
Hermione entrò dando il braccio al dottor Cornelius, sotto gli occhi sbigottiti dei Lord presenti, delle loro mogli e di Lilliandil.
Caspian si alzò per aiutare il precettore e, insieme a Hermione, lo fece sedere nel posto alla sua destra, tradizionalmente il più importante.
L’anziano uomo arrossì di gioia.
Alla sinistra del re sedeva uno dei consiglieri, dopo di lui Lilliandil.
Davanti alla stella, Caspian fece accomodare Hermione.
Metà dei presenti trattenne il fiato per via di quella decisione.
Una ragazzina trovata nel bosco il giorno prima e accusata di essere una strega… che siede alla mensa del re?
 
Hermione non diede segno di essersi accorta del biasimo generale se non per un lieve rossore che le colorò le guance.
Caspian, da parte sua, si rivolse ai presenti dicendo:
«Ormai tutti sapete che ieri, nel bosco, Hermione ha fatto la sua comparsa a Narnia. Viene da un altro mondo, il mondo dei nostri antichi sovrani, quindi…»
Una delle lady sedute al tavolo fece cadere il bicchiere per lo stupore, ma il re proseguì imperterrito:
«…E quindi Narnia è felice di darle il benvenuto»
Alzò il bicchiere nella sua direzione e tutti, anche i più sconcertati, furono costretti ad imitarlo.
Quindi, il re si sedette e si rivolse a Cornelius, mentre il pasto veniva servito.
 
Hermione bevve lentamente dalla sua coppa, cercando di ignorare il fatto che tutti, a tavola, la guardavano come se avesse tre teste.
Quando abbassò il calice, incrociò gli occhi della donna seduta davanti a lei, azzurri e perplessi.
 
Hermione sbarrò gli occhi: la donna che era nel quadro con Caspian.
 
Si affrettò a ricomporsi, perché l’altra aveva notato chiaramente la sua espressione.
Per fortuna, un servitore si avvicinò con un vassoio e lei colse l’occasione per distogliere lo sguardo.
Hermione era troppo intelligente per giudicare una persona sulla base di una sola occhiata.
Detto questo, però, la donna le ricordava troppo Fleur Delacour e le Veela, in generale, perché potesse dire di trovarla piacevole.
Oh sì certo, era bella, di quella bellezza ingiusta per le altre donne.
 
Che le Veela esistano anche a Narnia?
 
Riempito il piatto, prese un boccone e poi rialzò il viso, solo per scoprire che la donna la stava ancora guardando, stavolta con un sorriso cortese.
«E così quella che ci ha spaventati così tanto ieri è una bimba davvero graziosa» disse Lilliandil «Bè, sono lieta di saperlo»
Gli occhi di Hermione si strinsero impercettibilmente.
Cosa dicevamo a proposito delle sensazioni?
Quella donna le aveva dato della bambina – per di più “graziosa” – guadagnandosi la sua antipatia in meno di due secondi.
«A prescindere dai vostri pregiudizi sulle streghe» rispose, con voce limpida «Io non sono una bambina»
«A prescindere dai pregiudizi?» Lilliandil manifestò il proprio stupore con una risata argentina «Mia cara, ti assicuro che non sono pregiudizi…»
 
Mia cara?
Di bene in meglio.
 
«Davvero?» la interruppe Hermione «Quante streghe conosce, signora?»
Attorno al tavolo si fece improvvisamente silenzio.
«Io…» Lilliandil era evidentemente in difficoltà «Nessuna, ma…»
«Io ne conosco centinaia» Hermione la interruppe di nuovo «Alcune sono davvero crudeli, le do ragione. Per il resto, conosco streghe davvero eccezionali»
Un silenzio incredulo e seccato accolse le sue parole.
Hermione lanciò un’occhiata verso Caspian e lo vide sorridere.
«Te lo dicevo, a Narnia ci è difficile credere all’esistenza di streghe buone» commentò il sovrano «Ma, dopo aver conosciuto te, siamo pronti ad ammettere che c’è molto che ignoriamo»
Lei gli sorrise, beandosi segretamente dello sconcerto che quell’affermazione creò.
Nessuno osò contraddire il re, ma molti visi restavano perplessi.
Lilliandil, in particolare, sembrava seccata.
«Quindi tu conosci molte streghe, bambina?» chiese.
«Mi chiamo Hermione» ribatté la ragazza «E sì, ne conosco molte»
«Mia cara» intervenne Cornelius «Perdona la nostra ignoranza. Sono certo che la signora non desidera offenderti. Anzi: ti presento Lilliandil, figlia di Ramandu, potente stella e guida di Aslan, che ha aiutato il nostro re nel suo viaggio verso…»
«Fammi capire» intervenne Hermione, sconcertata «Tu sei…la figlia di una stella?»
Lilliandil chinò il capo, compita.
«Ho questo onore»
Che razza di risposta è? – pensò Hermione, che tuttavia guardò Caspian e disse:
«Scusa, ma voi fate tutte queste storie per le streghe… e poi scopro che qui le stelle figliano?»
 
Caspian si trattenne visibilmente dallo scoppiare a ridere; Lilliandil e Cornelius sembravano sconcertati.
Hermione bevve un sorso d’acqua e poi commentò, serafica:
«Certo che questa Narnia è davvero strana»
 
*
 
Caspian ammise con se stesso che era divertito.
Seriamente divertito.
Hermione aveva sconfitto la ritrosia innata della sua corte con poche, semplici parole.
Certo, nessuno dei suoi Lord avrebbe ammesso di sentirsi “sconfitto” da quella ragazzina.
Ma lei era arguta, intelligente ed estremamente ferma e precisa nell’esprimere la sua opinione; in più, dopo una mezz’ora in sua compagnia, Caspian era certo che nessuno sano di mente avrebbe potuto accusarla di essere una strega cattiva.
 
Narnia non era nuova nell’accogliere abitanti di altri mondi, anzi: i Pevensie avevano un ruolo di riguardo nella storia.
Certo, Hermione non si era presentata come una regina, ma aveva già dimostrato di avere carattere: rifiutava di farsi scoraggiare, malgrado la situazione difficile, ed era educata, sagace e anche puntigliosa, ma simpatica.
Caspian era abbastanza sicuro che molte altre donne (Lilliandil, per dirne una), al suo posto, avrebbe fatto scenate isteriche – il cui solo pensiero gli faceva accapponare la pelle – ma lei no.
Se era spaventata o nervosa non lo dava a vedere.
Era educata e premurosa con Cornelius, battibeccava volentieri con lui, era gentile con Tartufello e con coloro che erano gentili con lei; per il resto, rispondeva a tono a chi cercava di trattarla con poco rispetto.
Niente da dire: Hermione aveva gli artigli, all’occorrenza.
Ma anche gentilezza e lealtà.
Giusto quel pomeriggio, passando per un corridoio, ne aveva avuto una prova.
 
 
Dopo il pranzo si era ritirato con due consiglieri nel suo studio, ma aveva avuto la brutta sorpresa di trovare Lilliandil appostata fuori dalla porta quando ne erano usciti.
Casualmente, certo.
«Caspian, che coincidenza» aveva trillato lei «Posso sperare di convincerti a passeggiare con me? Davvero, tu lavori troppo!»
I suoi consiglieri l’avevano inconsapevolmente incoraggiata, scusandosi addirittura con il re per il tempo che gli avevano sottratto.
Pensano che io la abbia fatta aspettare per colpa loro – realizzò lui, sgomento – Pensano che avessi un appuntamento con lei.
Lilliandil sorrideva, serafica.
Lui non aveva avuto altra scelta che ingoiare il disappunto.
Mentre camminavano su una delle fortificazioni e lei ammirava il panorama, lui stava ben attento a tenersi alla massima distanza consentita dall’etichetta e, intanto, rimuginava su come poterla allontanare dalla corte.
Temeva proprio che, ormai, Lilliandil avesse acquisito un suo ruolo e, da parte sua, diventava più difficile prendere provvedimenti.
 
Che poi… provvedimenti.
 
Cosa poteva dire alla figlia di Ramandu, emissario di Aslan?
Signora, la vostra visita è durata ormai abbastanza?
Sarete di certo richiesta altrove?
Non potreste cortesemente tornare da vostro padre?
 
Scosse il capo.
Una peggio dell’altra.
«A cosa pensi, mio caro?» domandò lei a quel punto.
«Oh, nulla» si affrettò a rispondere lui, mentre la stella gli si accostava con aria complice «Davvero nulla, mia signora»
«Suvvia, Caspian, stai esagerando con le formalità: non sarebbe ormai ora di adottare un tono più confidenziale, tra noi?»
 
Ci mancava solo quello!
 
«Non sarebbe appropriato, signora. Voi siete una nobile fanciulla e quindi io…»
«Ma Caspian, noi siamo amici giusto?» mormorò lei avvicinandosi con tono languido «Ormai sono a Cair Paravel da un po’ e…»
 
Sì, da troppo – pensò lui, facendo un passo indietro.
Erano in un punto ben visibile da tutto il cortile e lui voleva evitare scene che potevano essere fraintese.
«E inoltre» continuò Lilliandil con una risatina «Pur ammirando i tuoi modi impeccabili, ho notato che con quella bambina non usi il tuo solito tono cortese e distaccato»
«Quale bambina?» chiese lui, perplesso.
«Oh, caro, di quale bambina vuoi che parli…» altra risatina «Della presunta strega del bosco!»
«Ah» ribatté lui «Ma Hermione non è una bambina, ha quasi diciassette anni»
«Una bimba, appunto» ribatté lei, convinta.
A quel punto, pur sapendo che la frase aveva dell’offensivo, Caspian non si trattenne:
«Vi ricordo, signora, che io stesso ho venti anni»
 
Lilliandil incassò in silenzio.
Se si era offesa, non ne diede mostra.
Caspian sospettava che lei fosse parecchio più grande di lui… magari persino di secoli.
Certo non dimostrava i suoi anni, ma Ramandu… per essere emissario di Aslan, da quanto tempo esisteva?
Di certo lui e sua figlia erano esseri secolari.
Per un attimo, il re pensò a Susan, a quando lei gli aveva detto di avere mille e trecento anni più di lui, motivo per il quale una storia tra loro era impossibile.
In quel caso, per lui non avrebbe fatto differenza…
Si riscosse e tornò al presente, quando lei disse:
«Comunque, le permetti di parlarti con grande familiarità»
 
Ecco dunque il problema: Lilliandil aveva notato come lui era sempre rigido e formale nei suoi confronti.
Ma che arrivasse ad essere gelosa di una ragazza piombata lì da un altro mondo solo perché lui le dava del tu…!
«Mia signora, ho osservato anche con i nostri antichi Sovrani, i Pevensie, come nel loro mondo le consuetudini fossero diverse. Anche loro non utilizzavano il nostro stesso linguaggio, ma non è mai stato un problema per me»
«Sì, certo, ma… insomma, lei è una ragazza…»
«Anche Susan e Lucy. E quindi?»
Lei si irrigidì al sentire il nome di Susan, impossibile fraintendere.
Di riflesso, anche Caspian serrò le labbra.
 
Ah bene.
Alla faccia dei fatti altrui e dei bei comportamenti.
 
Intanto, camminando, avevano oltrepassato l’entrata di uno dei torrioni e stavano attraversandone un corridoio.
In quel momento, l’oggetto della loro discussione tagliò loro la strada senza vederli, in quanto trasportava un cesto di biancheria più alto di lei.
Non riuscendo a vedere dove andava, rischiò di travolgere Lilliandil.
Caspian, rapidamente, tirò indietro la stella e alzò una mano per bloccare la cesta che vedeva avanzare su gambe umane.
«Attenzione!» disse un po’ bruscamente.
Per tutta risposta, il cesto gli urtò contro e cadde a terra, lasciando intravedere una mortificata Hermione.
«Hai rovesciato il bucato pulito!» gemette la ragazza, inginocchiandosi per raccoglierlo.
«Hermione?» Caspian era sorpreso «Cosa stai facendo?»
«A te cosa sembra? Aiuto Cora»
«Chi è Cora?» chiese lui, perplesso.
«Ehm…sono io, Maestà» disse timidamente una donna, affacciandosi sull’uscio di una delle stanze del corridoio.
Il re la fissò perplesso, poi guardò Hermione.
«Hermione, non devi farlo! Tirati su!» lei non diede segno di obbedire, quindi lui si chinò e le prese gentilmente un braccio «Ferma, non spetta a te»
Cora avanzò, rossa in viso.
«Maestà, mi spiace, vi prego….scusatemi. non volevo. Ma la signora è stata così gentile e…»
«Non spetta certo a Hermione portare la biancheria!» il tono di Caspian non era ostile, ma certamente fermo.
La donna arrossì ancora di più.
«Non essere idiota» intervenne in quel momento Hermione, lasciando tutti a bocca aperta.
La ragazza proseguì, imperterrita:
«Mi sono offerta io di darle una mano, anche se Cora non voleva. E ci mancherebbe altro che non la aiutassi, nelle sue condizioni»
Caspian le lanciò un’occhiata perplessa.
«Aspetta un bambino» spiegò Hermione, paziente, mentre Cora gemeva.
«Signora, vi prego….» disse, debolmente.
«Cora, io mi chiamo Hermione» ribatté la ragazza, gentilmente «E tu non devi aver paura»
Le sorrise incoraggiante e poi spiegò a Caspian:
«Cora ha paura di perdere il lavoro, ora che le sue condizioni si sono fatte… delicate. Io le ho spiegato che tu non avresti permesso che venisse cacciata, ma era in ansia per il bucato e così ho preso io la cesta. Tutto qui»
Caspian batté le palpebre, sorpreso, ma si alzò subito per rassicurare la donna.
«Hermione ha ragione su tutto, tranne che sul portare lei la cesta» le lanciò un’occhiatina di ammonimento «Ma tu non devi più sollevare pesi. Certo che non perderai il lavoro»
«Oh, Maestà, mi dispiace… a casa ho altri tre figli e…»
«Non preoccuparti assolutamente» la interruppe lui «Darò immediatamente disposizioni perché ti venga dato un lavoro più leggero»
La donna ringraziò e si inchinò.
Hermione fece per riprendere la cesta, ma Caspian la trattenne afferrandole nuovamente il braccio.
«Dico seriamente: lasciala. Non tocca a te»
Ma lei ribatté serena:
«Guarda che nessuno è mai morto perché ha sollevato una cesta di biancheria. Non è nulla, davvero»
«Oh, cara» intervenne Lilliandil «Capisco che per te sia tutto nuovo, qui, e certo le tue intenzioni sono buone… Ma devi imparare come si vive in un castello come Cair Paravel: la corte di Caspian ha delle regole e…»
 
Hermione si voltò di scatto.
Durante il pranzo, a Caspian era sembrato di scorgere nei suoi occhi una sfumatura di freddezza nei confronti di Lilliandil, ma ora non c’erano dubbi in merito a quello che traspariva dallo sguardo della ragazza: disprezzo puro.
«Io voglio ben sperare» scandì infatti «Che le regole di cui lei parla, signora, non siano regole che parlano di superiorità di un essere umano su un altro. Se è così, piuttosto che vivere in un castello come questo, io dormirei per terra in un bosco. Detto questo, trovo che bisogna essere delle persone miserabili  per non aiutare un donna incinta, o qualcuno che ha bisogno di una mano. Castello o non castello»
Seguì un silenzio stupefatto, mentre dagli occhi di Hermione sembravano sprizzare scintille.
Poi, Lilliandil portò una mano alla gola e gemette:
«Oh…Caspian…ma che cosa… Ma io non ho mai… Oh, mio caro, ti prego non pensare che io…»
Il re intervenne per prevenire quella che gli sembrava assumere le tinte di una scena melodrammatica.
«Hermione, ti fa molto onore, davvero, ma qui nessuno parla di superiorità di un essere umano su un altro, te lo posso assicurare. Detto questo, ti prego di non offendere Lilliandil: sono sicuro che non intendeva affatto dire qualcosa di poco cortese nei confronti di Cora o di altri»
La stella annuì, turbata.
«Piccola, certo, il re mi conosce bene e ha ragione: io mai avrei…»
«Io mi chiamo Hermione, signora» la interruppe la ragazza, con un tono estremamente freddo.
Lilliandil arrossì di mortificazione.
Caspian si trattenne dall’intervenire, ma quando la stella lasciò il corridoio mormorando una scusa rimproverò Hermione.
«L’hai trattata molto male, sai?»
«Oh, povera cara piccola» motteggiò la ragazza, chinandosi di nuovo a prendere la cesta «Così pura e splendida. Invece lei intendeva davvero che ci sono le serve e poi le altre persone» 
«Metti giù quella cesta!» la rimproverò lui «Per la cronaca, comunque, le serve esistono…non guardarmi così! È vero! Chi fa le pulizie, i letti, il bucato nel tuo castello?»
«Se mi dai la mia bacchetta, posso far levitare la cesta» si offrì lei con tono candido.
«Assolutamente no» ribadì lui «Forza, piuttosto, dimmi: chi sono i domestici dei maghi?»
«Gli Elfi Domestici» ringhiò Hermione, lasciandolo sconcertato «D’accordo, anche i maghi lasciano molto a desiderare. Ma questo non significa che sia giusto! Io non trovo nulla di umiliante nel fare un bucato e non sopporto chi pensa che ci siano persone, al mondo, nate per fare lavori umili e capaci e meritevoli solo di fare quelli!»
Caspian (che, per inciso, non sarebbe mai stato capace di fare un bucato) si disse d’accordo, ma aggiunse che, nell’economia delle cose, tutti facevano la loro parte per contribuire all’andamento generale del castello, della scuola di Hermione… del mondo, insomma.
Hermione lo gratificò di un’occhiata di sommo disgusto, al che lui le strappò la cesta di mano e si incamminò bofonchiando:
«Sentiamo, cosa hai in mente di fare per ripristinare l’equilibrio del mondo?»
Lei lo lasciò di nuovo basito:
«Sappi che io mi sono già mossa! Ho fondato il C.R.E.P.A.!»
«Il crepa?» ripeté Caspian, cercando di mantenere in equilibrio una pila di asciugamani.
«Il C.R.E.P.A.! Il Comitato per la Riabilitazione degli Elfi Poveri e Abbruttiti! Al momento siamo quattro iscritti ma lascia che ti dica….non ridere!»
Il re stava ridendo talmente forte che metà del contenuto della cesta si rovesciò per le scale.
Hermione si mise le mani nei capelli mentre si chinava per raccogliere i panni.
«Ti trovo davvero idiota, sappilo!» commentò, acida.
Lui si massaggiava le costole, mentre rideva ancora.
Hermione gli tirò la prima cosa che le capitò sotto mano, che si rivelò essere… un mutandone di lana da donna, che finì dritto sulla testa del re.
 
Per mezzo secondo, l’espressione sconcertata di Caspian li immobilizzò entrambi, poi Hermione scoppiò a ridere così fragorosamente che cadde all’indietro.
«Oh, smettila, ma ti pare che…» lui si strappò le mutande di dosso, arrossendo, e cercò di assumere un tono serio, ma la risata di lei era contagiosa e presto anche lui rise di nuovo.
«Smettila» disse poi scherzoso «Guarda che è un affronto ridere del re, sai?»
Hermione aveva le lacrime agli occhi e cercava di riprendere fiato boccheggiando.
«Oh, Merlino…avevi un’aria proprio regale…»
Lui le diede un colpetto al braccio, risentito, mentre lei ghignava.
 
Due guardie li trovarono così, entrambi a terra, che ridevano e si spingevano per gioco come due bambini.
Sconcertate, si videro affidare da un re sorridente una cesta di biancheria da portare al piano di sotto e si dileguarono prima che il sovrano potesse ordinare loro di fare altro… tipo pulire i pavimenti.
«Altri due uomini allergici ai lavori umili, vedo» grugnì Hermione, mentre si dirigevano verso il cortile.
«Smetti di lamentarti, musona» le rispose lui, alzando una mano per schermarsi gli occhi dal sole del pomeriggio «Semmai, due uomini allergici al lavoro da donne…»
Rise ancora e di colpo immobilizzò il braccio di lei che stava per tirargli uno schiaffo.
«Sapevo che ci avresti provato. E poi sei troppo lenta»
Lei serrò gli occhi, ma lui la lasciò senza parole, dicendo all’improvviso:
«Sei più carina quando sorridi, sai?»
Hermione arrossì di botto e fece un passo indietro, lui ghignò.
«Sai, dovresti imparare da Lilliandil come ricevere un complimento con grazia»
Lei sbuffò sonoramente, per mascherare la confusione.
 
Lei, che da sempre veniva presa in giro per i denti un po’ grandi… anche da quando se li era fatti rimpicciolire da Madama Chips si sentiva sempre a disagio.
E davanti a uno con un sorriso abbagliante come Caspian… era anche peggio.
 
«Ora vado a lavorare…e tu cerca di non seminare disastri nel mio castello»
«Per “disastri” intendi aiutare qualcuno?»
«Intendo “disastri” di ogni genere. Se ti serve qualcosa vieni da me, capito?»
«Ma non sarai troppo impegnato in doveri maschilisti e razzisti?»
Lui sorrise, di quel suo sorriso mozzafiato.
«Se mai fossi maschilista e razzista, ti autorizzo a spedirmi a fare il bucato»
Detto questo, le fece un inchino ironico e si avviò, mentre Hermione lo osservava con le mani sui fianchi, scuotendo il capo.
 
Dalla finestra della sua stanza, Lilliandil li osservava con occhi gelidi, non vista.



NdA:
Buongiorno! E buona Vigilia!! :)
Innanzitutto, chiedo scusa a tutti, ma soprattutto alla mia gemella Sue, se manca il banner: ho laciato il mio laptop a Milano e sto postando da quello di mio padre... risale al paleolitico, credo, e ho qualche difficoltà! -.-
Detto questo, non riesco neppure a postarvi il link della mia pagina Facebook, dove trovate tutti gli aggiornamenti sulle mie storie, perchè qui per caricare una pagina servono 45 minuti e io devo andare a ritirare i tortellini per domani ;)
Ma volevo assolutamente aggiornare e farvi gli auguri di un felice e meraviglioso Natale!!
Auguri di cuore,
Joy

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Capitolo 13
*** Un sincero esame di coscienza ***


Mi manca la mia bacchetta.
 
Hermione si svegliò e fu quello il suo primo pensiero.
Era a Narnia da una settimana, ormai, e la mancanza della bacchetta le pesava sempre più.
Non perché avesse necessità di fare magie, non più di tanto.
Passava quasi tutto il suo tempo divorando i libri del dottor Cornelius e poi discutendone con lui, quindi la bacchetta tecnicamente non l’avrebbe usata, se non per togliere la polvere dai pesanti volumi, al massimo.
È che la bacchetta ormai era parte di lei, un prolungamento del suo braccio.
Senza, si sentiva perduta.
Se le capitava di mettere una mano in tasca, per qualsiasi motivo, con un tuffo al cuore realizzava che non c’era.
 
Sospirò.
 
Caspian era inflessibile sulla bacchetta.
Per il resto, la trattava come un’ospite gradita.
Anzi… come un’amica, le sembrava a volte.
Di certo con lei era a suo agio e non si perdeva in formalismi sciocchi.
Con Lilliandil, invece, era molto compito.
 
Lilliandil.
 
Perché aveva pensato a quella…donna?
Cora, che Caspian aveva mandato ad assistere Hermione (“a controllarti, peste” aveva veramente detto il re), proprio il giorno prima le aveva raccontato che Lilliandil aveva alte probabilità di diventare regina di Narnia.
Vista la gravidanza della donna, Hermione non le permetteva di fare nulla eccetto cucire e le due passavano molto tempo parlando.
Il pomeriggio prima, di ritorno dalle stanze di Cornelius, Hermione aveva fatto un bagno e poi, mentre Cora le spazzolava i capelli, avevano spettegolato sugli abitanti del castello.
Di Caspian, la donna le aveva raccontato che era un giovane affascinante ed educato (“Sì, vabbè” aveva sbuffato Hermione, che però era arrossita) e che aveva rifiutato tante profferte di nobili fanciulle del regno, anche parecchio insistenti, preso com’era stato dalla regina Susan.
«È così romantico» aveva sospirato la donna «Lui se ne è innamorato appena l’ha vista, praticamente. Certo lei era molto bella. Occhi azzurri, un bel portamento… e poi era coraggiosa e fiera. Una vera Regina. Però è tornata nel vostro mondo… prima di andarsene ha baciato il re – che allora era appena stato incoronato da Aslan – davanti a tutti… povero caro, credo gli sia si spezzato il cuore, quel giorno. Con quanto coraggio ha affrontato però il suo dovere…»
 
Cora sospirò in modo melodrammatico, Hermione sbuffò.
Occhi azzurri e bel portamento?
Una vera Regina?
 «Ah, gli uomini sono tutti uguali» borbottò.
«Come dici, cara?» chiese Cora, perplessa.
«Hum, niente. Quindi Susan non ha chiesto ad Aslan di restare qui con Caspian?»
«No e devo dire che l’ho trovato molto strano. Insomma… quale donna non si farebbe tentare dal viso del nostro re?»
«Io» disse Hermione.
Cora sorrise senza ribattere, legandole i capelli in una lunga treccia.
«Bè, comunque, ricordo che mi stupii per quel bacio, perché la Regina Susan lo aveva sempre quasi ignorato… Sperai per lui che ci fosse un modo perché potessero stare insieme, ma niente da fare. E così, re Caspian si è dedicato a Narnia e ha allontanato l’amore dai suoi pensieri..»
«Ma prima o poi dovrà sposarsi» commentò Hermione sovrappensiero «È un re, deve garantire la successione al trono…»
«Oh, sì, cara. È qui che entra in scena Lilliandil»
«Lilliandil?» Hermione aveva fatto un salto di un metro sulla sedia «Lilliandil…in che senso?»
«Bè… suo padre, Ramandu, è venuto qui al castello a parlare di lei con Caspian. E Lilliandil è rimasta… diciamo a tempo indefinito. È chiaro quello che succederà…o almeno, così dicono in molti»
Hermione sembrava scioccata.
«Ma…ma…È così stupida!»
«Mia cara!» si era opposta Cora «È la figlia di un emissario di Aslan!»
«E allora? Non vedo come questo le impedisca di essere una stupida!»
«Hermione! Stttt! Insomma, una vera signora non dice queste cose…»
«I modi da garbata signora ammuffita li lascio volentieri a Lilliandil!» era sbottata Hermione «Dannate Veela!»
La ragazza marciava verso la porta, in preda ad un’inspiegabile nervosismo, quando la raggiunse la voce di Cora:
«Sicura che sei così immune dal fascino del nostro re, Hermione?»
«Certo!!» tuonò lei, sbattendo la porta così forte che la sentirono fin nelle cucine.
Rimasta sola, Cora accennò un sorriso.
 
 
Hermione si rifugiò su una delle torri e si accovacciò a terra davanti a una finestra, stringendosi le ginocchia.
Sola con se stessa, si concesse un sincero esame di coscienza.
Da Hermione a Hermione.
 
Poteva davvero giurare di essere immune dal fascino di quegli occhi neri?
«Accidenti a lui!» mugugnò.
Era da un po’ che ne aveva il sospetto.
Quando era con Caspian, si sentiva…bene.
A suo agio.
Felice, persino.
Lui era intelligente, educato, persino divertente quando deponeva la maschera di sovrano.
Hermione sospettava che lui si sforzasse di reprimere la parte più giovanile e solare, per mostrarsi come un re composto e maturo.
Non che ne avesse bisogno.
Era un bravissimo sovrano, sempre attento alle necessità di tutti.
Era gentile, oltre che giusto.
Certo, era giovane, ma aveva già dimostrato il suo coraggio e le sue capacità.
E poi era così… bè, affascinante.
Non solo bello, davvero.
Aveva qualcosa… un fascino che a tanti – a Ron Weasly, per fare un nome a caso – mancava del tutto.
Hermione, da sempre abituata a fare conto solo ed esclusivamente sulle proprie forze, con lui si sentiva al sicuro.
Sentiva che si sarebbe potuta affidare al sovrano per qualsiasi cosa: un dubbio, una confidenza, un segreto, un problema.
 
Peccato fosse anche un cretino, scopriva ora.
 
Lilliandil.
Ma come si faceva a pensare di sposare una così?
Ah, certo, era bellissima.
Se si escludeva il fatto che praticamente non era umana…. Capelli perfetti e lunghissimi, biondi e serici, occhi azzurri, viso delicato e sempre impeccabile.
Con poco da dire, certo, ma sempre detto con una vocetta modulata e tintinnante.
 
Come si poteva competere con una così?
 
Hermione si morse un labbro.
Non poteva averlo davvero pensato.
Lei si era sempre sentita superiore a donne come Lilliandil, che avevano solo un bell’aspetto dalla loro.
Si era sempre fatta un punto d’onore nell’essere se stessa, nel non cambiare per compiacere un uomo – qualsiasi uomo – nel privilegiare il cervello piuttosto che l’aspetto.
Certo, lei era Hermione e non Lilliandil, però…
 
Hermione era fiera di essere se stessa, ma c’erano momenti (per esempio a Hogwarts, quando aveva visto Lavanda con Ron, e oggi, a Narnia) in cui si chiedeva se davvero era così insignificante e invisibile.
Se il suo destino era quello di essere la ragazza brava nei compiti e utile in classe, oppure l’amica fedele.
E basta.
Perché anche lei era una donna e come tale voleva essere trattata.
Ma, a quanto pareva, il mondo (anzi, i mondi) erano delle modelle alte e bionde.
 
Si vede che mi faccio un punto d’onore nell’essere brava perché tanto so benissimo di essere brutta.
 
Era un pensiero deprimente.
Ogni ragazza, per quanto indipendente, forte e simpatica, vuole essere almeno carina, inutile negarlo.
Arriva un momento nella vita in cui lo si sente come una necessità.
E il momento di Hermione era arrivato.
La sua corazza di impermeabilità si era forse smussata con Ron, ma era Caspian che aveva decisamente aperto una breccia.
 
La ragazza sbuffò ad alta voce e poi fece un salto per la paura quando sentì una voce divertita alle sue spalle:
«Parli da sola, adesso?»
Si voltò e vide Caspian appoggiato con la schiena contro il muro, che la fissava sorridendo.
«No, pensavo» si difese lei «Tu invece hai l’abitudine di spiare la gente?»
«Ma io posso spiare la gente: sono il re» si avvicinò e si sedette per terra, accanto a lei «A cosa pensi?»
Hermione fissò quegli occhi scurissimi e arrossì come una scolaretta.
Cosa che poi era, ma che lei detestava.
«Stavo pensando… a quanto tempo sarà passato a casa, visto che sono qui già da una settimana, ormai»
Lui annuì.
«Capisco. Sei molto preoccupata?»
«Sì… questa storia del tempo che scorre in modo non calcolabile né prevedibile mi angoscia. Per i primi due giorni ho continuato a chiedermi come avrei fatto a dire ai miei dell’espulsione da scuola, visto che ormai la do per scontata. Ora mi domando piuttosto se quando tornerò ritroverò le stesse persone che ho lasciato»
 
Anche se non stava pensando a casa, in quel momento, comunque il ritorno occupava gran parte dei suoi pensieri (almeno, quando quelli non viravano impunemente da soli sul re che le stava seduto accanto in quel momento).
Hermione sentì una fitta di ansia.
«Come faccio se… se non dovessi tornare?»
«Bè, immagino che potremmo trovarti un bel narniano da sposare… tipo Taurus, il Minotauro…»
Caspian rise nel vedere la faccia di Hermione e poi, inaspettatamente, si protese verso di lei e le sistemò dietro l’orecchio una ciocca di capelli sfuggita alla treccia.
Lei sentì il cuore schizzarle nel petto e sperò di non avere un’espressione idiota.
Lilliandil avrebbe saputo come arrossire graziosamente, Hermione si accontentò di non boccheggiare.
«Stai tanto male qui?» chiese poi Caspian, con voce dolce.
«Bè…no…no» balbettò Hermione, presa in contropiede «Ma… casa mia è da un’altra parte…»
«Certo» annuì lui «Volevo solo essere sicuro che ti trovassi bene… e poi sai, a volte la nostra strada ci porta lontani da casa e da quelli che amiamo»
«Parli per esperienza personale?»
«No, dicevo in generale. Per me non sarebbe possibile, il mio posto è qui. Sai…» esitò, giocherellando con l’anello con il sigillo di suo padre, che non toglieva mai «Alla fine del nostro ultimo viaggio, Aslan mi chiese se volevo entrare nella sua Terra e vedere mio padre e mia madre. Ho risposto di no… ma mi è costato molto. Davvero»
Hermione sentì il cuore stringersi a quelle parole.
Sebbene fosse sempre circondato da gente, Caspian era molto solo.
E lei era sicura che si sentisse anche molto solo.
 
Forse gli serve davvero una moglie – pensò con una fitta di angoscia.
«Lo immagino…» rispose «Fammi indovinare: avevi paura di deluderli, vero? Ti sarebbe sembrato di abbandonare il tuo dovere, se fossi andato avanti»
Lui la guardò stupito.
«Come lo sai?»
«Oh, facile» ribatté lei, scrollando le spalle «Ero sicura che avessi pensato che non potevi venire meno al tuo compito»
«A volte sembra folle anche a me… e tu lo liquidi così?»
«No, ma sei talmente coscienzioso e responsabile che mi sarebbe sembrato strano se avessi accettato. Lo sai però che non è sempre giusto?»
«Cosa?»
«Mettere sempre gli altri prima di te stesso»
«Non l’ho fatto»
«Sì, invece» commentò lei con semplicità «”L’altro” per te è Narnia»
«Ma Narnia è… la mia eredità. Quello che mi resta dei miei genitori. È casa mia e… è la mia responsabilità»
«Caspian, perché passi il tempo a mettere in discussione le tue capacità di sovrano?»
Lui sembrò perplesso e ripeté:
«Ma io non lo faccio»
«Invece sì. Con te stesso, il che è peggio»
«Sei sempre così perspicace?»
«Di solito anche di più» scherzò lei e lui le tirò giocosamente l’estremità della treccia.
 
Hermione alzò gli occhi a fissare quelli di lui e li vide illuminati di una luce calda.
«Sei stato molto coraggioso, comunque, a rinunciare ai tuoi genitori…» esalò lei, arrossendo.
Lui le sorrise, di quei sorrisi che avrebbero benissimo potuto farla stramazzare a terra.
«Coraggioso come un Grifondoro?»
Anche lei sorrise.
«Decisamente sì»
Lui si allungò indietro, poggiandosi sui gomiti.
«Parlami dei tuoi genitori» le chiese.
Hermione sorrise ancora, riconoscendo la curiosità nell’espressione di lui: era ingordo di notizie sul suo mondo, era sempre curioso.
Lei sospettava che la vita di corte, così claustrofobica, fosse molto pesante per il giovane e avventuroso re.
Iniziò a parlare, in quel suo modo animato e veloce che Caspian trovava segretamente divertente, e lui la subissò di domande.
Erano completamente presi dal discorso, con Hermione che gli raccontava del campeggio che aveva fatto con i Weasley e Harry in occasione della Coppa del Mondo di Quiddich, quando una voce melodiosa li interruppe:
«Sembra una conversazione davvero piacevole… posso unirmi alla bella compagnia?»
 
Si voltarono verso le scale, dove Lilliandil sostava da sola.
Vestita di un abito bianco con merletti, sembrava una bambola di porcellana.
Caspian si sollevò a sedere, lasciando la treccia di Hermione, con cui aveva giocherellato fino a quel momento.
Gli occhi di Lilliandil seguirono palesemente il suo gesto.
I due arrossirono e si scambiarono uno sguardo colpevole.
Lilliandil andò a sedersi accanto a Caspian, il quale si mosse a disagio.
«Non…non sta bene che due dame siedano a terra. Io…» disse lui.
Fece per alzarsi, ma la stella gli mise una mano sul braccio con fare possessivo.
«No, ti prego» sussurrò, fissandolo negli occhi come se fossero soli «Amo questa situazione così… informale. E poi sappiamo che a Hermione gli usi della corte non piacciono»
Lo disse in tono piano e scherzoso, ma la ragazza scattò in piedi comunque.
«Figurati. E comunque devo andare, ho promesso al dottor Cornelius che sarei passata da lui. Ciao»
 
Marciò via impettita e Caspian la seguì con lo sguardo.
«”Ciao” a un re… non mi abituerò mai a questo costume» mormorò Lilliandil appena Hermione fu sparita.
Caspian serrò le labbra.
«Ve l’ho detto, lei non ci fa caso»
«Oh, sì, certo, vedo. Come vedo anche che lei ti piace molto»
«Cosa?»
«Sei molto a tuo agio con lei»
«Questo non è assolutamente un argomento di conversazione, mia signora»
«Lilliandil. Non penso sia così difficile tributarmi almeno l’informalità che riservi a Hermione, se non le conversazioni piacevoli»
E stavolta nel suo tono non c’era alcuna nota musicale.
Caspian si alzò in piedi, irritato.
Non che avesse voglia di una discussione sulla questione del matrimonio, ma di certo non l’avrebbe affrontata seduto per terra.
«La posizione di Hermione qui è assolutamente diversa» esordì il re.
«Esattamente» Lilliandil si alzò con un grazioso saltello «Infatti non è la tua promessa sposa»
Caspian serrò la mascella.
«Io non ce l’ho, una promessa sposa»
Si fronteggiarono in silenzio per un minuto, poi lei sospirò.
«Sei davvero così testardo? Così orgoglioso? Così cieco? Non capisco se il problema è che non ti piaccio io o che ti piace troppo lei»
«Hermione non mi piace e tu nem… Insomma, a me non piace nessuna!» sbottò nervosamente lui, cambiando all’ultimo la frase per tentare di limitare l’offesa.
«Il problema è questo Caspian» sentenziò lei «Tu sei il re, hai dei doveri verso Narnia. Parliamoci chiaramente, nell’interesse del tuo regno: hai rifiutato varie fanciulle in età da marito e penso di non sbagliare ipotizzando che nessuna delle figlie dei tuoi notabili ti interessi. Quindi, semplicemente, mi chiedo: che alternative hai?»
Calò il silenzio, mentre Caspian la fissava irato.
Incurante, Lilliandil proseguì:
«Susan Pevensie non tornerà mai a Narnia. Le nobili donne del regno non ti interessano. Io sono la soluzione, Caspian. Io sono senza paragoni»
 
Era vero, tecnicamente.
Ma questo non lo rendeva meno furioso.
 
«E a me tu parli di orgoglio?» esplose Caspian, passando dal voi al tu in un secondo «E il tuo orgoglio dov’è, allora?»
«Io non sono cieca o stupida. Io so che ho un ruolo, una posizione e dei compiti da assolvere. Solo gli sciocchi giocano come fai tu»
«Non osare parlarmi così!» esplose il re «Sei qui perché tu e tuo padre volete il trono di Narnia!»
Se pensava di metterla in difficoltà sbagliava.
«Sì» rispose lei semplicemente «E tu cosa vuoi, Caspian? Dovresti chiedertelo, direi»
E con quelle parole gli diede le spalle e lasciò la torre.
 
*
 
Hermione era seduta sul suo cuscino preferito, nella stanza del dottor Cornelius, e leggeva un tomo sulla mitologia di Narnia.
Era talmente assorta che quando Caspian entrò a precipizio e sbatté la porta gridò per lo spavento.
Lui le gettò un’occhiata di sfuggita e poi cercò il precettore con lo sguardo.
«Caspian» lo chiamò Cornelius «Qualche problema?»
Lui annuì, ma sembrava restio a parlare.
In un secondo Hermione capì, si alzò e si avviò alla porta.
«Scusa» mormorò il re.
Ma lei sorrise e gli fece cenno di non preoccuparsi mentre chiudeva la porta.
 
Tornò nelle sue stanze, perplessa, e lì trovò Cora che spazzolava alcuni degli abiti che le avevano fornito, chiacchierando animatamente con un’altra donna.
All’ingresso di Hermione entrambe si zittirono e la seconda uscì dopo un rapido inchino.
«Gli inchini sono anacronistici» bofonchiò Hermione.
Cora sorrise.
«Dovresti imparare a capire che qui tutti ti tributano rispetto, ormai. Come dovresti smettere di vestirti da ragazzaccio»
Cora sollevò i pantaloni che stava spazzolando.
«Sono comodi» Hermione scosse le spalle «Non devo essere carina»
«Cara, questa è la più grande sciocchezza del mondo» ribatté l’altra «Sai, essere carina non sminuisce il tuo cervello»
Hermione arrossì, toccata su un nervo scoperto.
«Quelle carine sono altre»
«Mia cara, tu sei molto carina. E molto sciocca, se posso permettermi. Dovresti solo imparare a valorizzarti. A casa tua indossi dei pantaloni?»
«Nel mio mondo le donne li indossano abitualmente, Cora» sorrise Hermione «E a scuola io indosso la divisa»
La donna arricciò il naso.
«Povera me. Dovrò fare un bel lavoro su di te, signorina»
Hermione alzò le mani.
«Per carità, io vado bene così!»
«Piccola, come pensi di fare a piacere a qualcuno se ti vesti da maschiaccio?»
«Ma io non voglio piacere a nessuno!» ribatté allarmata lei, arrossendo.
E per la seconda volta quel giorno, Cora sorrise dolcemente.
 
*
 
Fu Tartufello a spiegare a Hermione il motivo dell’ira di Caspian.
Il re aveva raccontato al precettore dell’incontro con Ramandu e del confronto con Lilliandil.
Inoltre, nel pomeriggio, durante una seduta del Consiglio tre Lord avevano espressamente chiesto al sovrano cosa intendesse fare in merito alle sue nozze con dama Lilliandil.
Caspian aveva gridato per mezz’ora contro tutto e tutti e poi era uscito a cavallo.
E non era ancora rientrato.
 
A cena, il posto del re brillava per l’assenza del sovrano.
L’umore attorno alla tavola era cupo.
I Lord e le consorti erano silenziosi, Hermione era imbarazzata, Tartufello si ingozzava come al solito.
Solo Lilliandil sembrava il ritratto della calma e della gioia.
Hermione passò una mezz’ora a chiedersi se recitava molto bene o veramente era indifferente a quanto successo.
Stando a quello che il tasso le aveva raccontato, Ramandu aveva offerto sua figlia al re su un piatto d’argento e, non vedendola accettata, l’aveva scaricata lì a corte con l’intenzione di… di cosa?
Di farle sedurre il re?
Con notevole sollievo, Hermione ammise con se stessa che la cosa non sembrava funzionare, al momento.
Lilliandil era ben vista dai Lord, ma Caspian sembrava totalmente indifferente.
 
Come fa a non morire di vergogna? – si chiese, osservando la stella.
 
Durante il secondo anno a Hogwarts, Hermione aveva mandato un biglietto di San Valentino al professor Allock e ancora si vergognava come una ladra se Ron o Harry glielo ricordavano.
Lilliandil si era profferta in tutti i modi ed era stata respinta… come faceva a sembrare padrona della situazione?
Eppure conversava piacevolmente, come chi si sente la padrona del castello.
Quando Hermione le sentì dire che “avrebbe parlato con il caro Caspian dell’argomento” strinse le labbra per l’impudenza di quella tizia, sbatté le posate sul tavolo e marciò fuori dalla stanza sotto lo sguardo esterrefatto di tutti.
Seguendo un impulso del momento scese in giardino per passeggiare un poco.
Arrivata, lasciò il viale segnato da roseti e si addentrò nella parte più buia del giardino.
Camminò immersa nella luce della luna, ammirando piante che non conosceva e stupendosi per alcune che invece erano uguali a quelle che erano sulla Terra.
Respirò i profumi del giardino, che le sembrarono più intensi nel buio.
 
E poi lo vide.
 
Steso sulla schiena sotto un albero, immobile.
Hermione ammirò la figura armoniosa del re, il profilo cesellato, le mani eleganti abbandonate sopra il capo.
Non sapeva se era rimasta immobile per un minuto o un’ora, ma all’improvviso lui disse:
«Puoi sedere, se vuoi»
Lei arrossì.
«Scusami. Io…»
«Non fa nulla. Non c’è un posto dove posso nascondermi, a quanto pare»
Lei strusciò i piedi sull’erba, a disagio, e Caspian voltò il capo per guardarla.
Nel buio, era difficile capire la sua espressione.
«Scusami. Non ce l’ho con te»
Hermione avanzò di qualche passo.
«Lo so. Vuoi stare solo?»
«Io sono sempre solo» rispose lui, amaro.
 
Lo sapevo.
 
Lei non commentò e si sedette sull’erba, lasciandosi poi cadere sulla schiena al suo fianco.
Osservò le stelle splendenti del cielo di Narnia e mormorò in un soffio:
«È meraviglioso»
Lui annuì.
Hermione si sentiva come qualcuno cui viene chiesto di descrivere la più assoluta delle meraviglie in tre parole soltanto.
Dopo un attimo, con la sua consueta irruenza proruppe:
«A me il cielo non è mai sembrato così bello! Insomma, anche da me è bello… sai che ho studiato Astronomia, sì? Però qui sembra…più ricco. È una favola! Io..»
La interruppe la risata sommessa di lui.
«Hermione, te l’hanno mai detto che parli un sacco?»
Lei arrossì di nuovo, nel buio.
«Sì. Scusa»
«No… è divertente. Carino. Dici cose buffe… e anche belle. E poi, almeno tu non parli di matrimonio»
 
Seguì un attimo di silenzio, in cui entrambi fissarono il cielo, poi Hermione sentì la mano calda di Caspian stringere la sua.
Girò la testa, sorpresa, ma il re aveva chiuso gli occhi.



*
Buon pomeriggio!
La volta scorsa in ritardo, ma oggi - per farmi perdonare e farvi gli auguri - in anticipo :)
Vi auguro un 2014 favoloso!!
Ci troviamo sempre qui <3
Auguri di cuore,
Joy

PS: volervi inserire il banner o mettere il link alla mia pagina Facebook è, da questo pc, proibitivo.
Invoco una pazienza sovrannaturale!
Scusatemi tutti e, soprattutto, tu Sue <3

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Capitolo 14
*** Riflessioni notturne ***


«Io non so davvero cosa fare»
 
Hermione aveva lasciato che il silenzio si prolungasse fin quando Caspian ne aveva avuto bisogno.
Distesa sulla schiena, con gli occhi rivolti al luminoso cielo di Narnia, aveva assaporato quella sconosciuta sensazione di tenerezza quasi dolorosa che stringere la mano del re le procurava.
Non si faceva illusioni: anche Harry e Ron la cercavano quando avevano dei problemi.
Il suo destino, evidentemente, doveva essere quello di ricoprire sempre il ruolo dell’amica, confidente o consigliera.
Ma quella mano calda e asciutta serrata alla sua le riscaldava il cuore.
 
Quando lui aveva iniziato a parlare lei aveva voltato il capo ma non si era mossa.
Caspian cercava di dar voce ai suoi pensieri e sentimenti e lei lo lasciava parlare, osservando il suo profilo, le labbra carnose, il naso aristocratico.
«Voglio dire… So cosa devo fare, cosa ci si aspetta da me, ma non riesco a farlo. E allora, che razza di re sono?»
Hermione sorrise amaramente.
Tipico di Caspian: era sempre lui ad essere inadeguato.
«Un re dotato di un cervello suo» rispose, pacatamente «Un re che rifiuta di farsi imporre le cose perché non è un bambino, ma un uomo pensante»
Lui sospirò.
«Io devo sposarmi»
«Domani?»
Caspian piegò le labbra in una smorfia divertita.
«No ma… dovrò farlo, prima o poi»
«Va bene. Lo farai. Prenditi tempo. Aspetta la donna che vuoi davvero. Sei troppo responsabile per non fare il tuo dovere, ma questo non significa che ti si debba costringere a un…gesto estremo»
«C’è chi direbbe che sono pazzo a rifiutare Lilliandil»
«Io non lo direi di certo»
Lui sorrise.
«Non ti piace?»
«È molto bella…»
«Non è una risposta»
«È… io non so… non te lo so spiegare. È fredda, distante…irreale…»
«Come un sogno… che però sai non essere reale»
«Sì, immaginò di sì» bofonchiò Hermione, che non l’avrebbe proprio definita “un sogno”.
«Che c’è?»
«Cosa?»
«Stai per sbuffare»
«No» negò lei, arrossendo.
«Bugiarda»
«E va bene. Io… non so, non mi piace, a pelle. Per quanto sia gentile e cortese e perfetta…»
«Pensi che finga?»
«No…questo no. Penso si senta troppo la padrona della situazione»
«Già» concordò lui «Mi fa sentire come se io fossi solo…un burattino. Come se l’unica cosa che ci si aspetta da me è che dica questo sì»
«Pensavo che non potesse non piacerti»
«Perché?»
«Perché è così bella… sembra una fata»
«Hermione, sarei davvero una misera persona se scegliessi una donna solo perché è bella»
«Voi maschi non ragionate forse così?» si offese lei.
Lui sospirò.
«Io non sono “voi maschi”…comunque sì, ragioniamo così a volte. Spesso, cioè. Ma io guardo anche altre cose, oltre l’aspetto, nelle persone. Figuriamoci nella donna che dovrei sposare»
«Come dovrebbe essere?» chiese Hermione, prima di perdere il coraggio.
«Coraggiosa. Divertente. Buona e onesta… e…ma insomma, che sappia affascinarmi»
«E bella» aggiunse lei.
«E bella» lui sorrise.
«Susan Pevensie era così?»
 
Hermione si morse la lingua appena formulata la domanda, imbarazzata.
Lui però non parve offeso.
«Susan era tutto questo, sì. Era valorosa, affezionatissima ai fratelli e alla sorella, non si risparmiava mai. Ed era buona e generosa. Io… ero più giovane, ma ricordo di aver pensato, quando ho posato gli occhi su di lei, che era la donna più bella che avessi mai visto. Ora penso che fosse bellissima, ma che sicuramente io la ho idealizzata… sai, era così irraggiungibile, era una delle antiche Regine… ma poi guardo una donna come Lilliandil e non provo nulla. Assolutamente nulla. E allora…»
«Ti chiedi se quello che provavi per Susan non era semplicemente una cotta ideale?» completò Hermione, quando vide che lui esitava.
«Una cosa del genere. E tu?» chiese all’improvviso lui.
«Io cosa?» domandò, allarmata.
Caspian si girò sul fianco, senza lasciarle la mano.
«Tu non hai un…?»
«No…» Hermione pensò a Allock, a Victor Krum, a Ron e scosse il capo «No. Non ho mai provato un sentimento del genere»
Anche lei si voltò sul fianco, quasi senza pensare.
Erano vicinissimi.
Caspian sollevò le loro mani intrecciate, fissandole, e accarezzò con il pollice quello di lei.
 «Bè, arriverà presto» disse in tono convinto.
Hermione era completamente distratta dalla carezza di lui e ci mise un attimo a capire.
«Chi arriverà?»
«Qualcuno di speciale, per te»
«Cosa? Ma figuriamoci» Hermione lo liquidò con un cenno del capo.
«Perché?»
«Perché io non sono il tipo che può ispirare sentimenti del genere, Caspian. Sono troppo pragmatica ed esigente. E anche puntigliosa e precisa fino alla morte, quindi riconosco che farei impazzire chiunque. No, io sono piuttosto il tipo dell’amica fidata»
Caspian sembrava sconcertato.
«Non ho mai saputo che esistesse il tipo “dell’amica” e il tipo “della donna”»
«Perché sei un uomo, caro mio»
Lui fece una smorfia.
Hermione si mosse a disagio: la piega che stava prendendo la conversazione non le piaceva nemmeno un po’.
La toccava troppo da vicino, per prima cosa, e metteva il dito proprio dove lei aveva i nervi scoperti.
Eppure era colpa anche sua se stavano parlando di argomenti privati.
Il fatto è che una parte di lei voleva disperatamente conoscere i pensieri più privati di Caspian e dopo averli saputi, egoisticamente, gongolava per il fatto che lui chiaramente non voleva saperne di Lilliandil.
Però c’era quella parte così umana, così intima e delicata di lui, del suo amore per Susan… non faceva male, non veramente, decise lei: era un evento troppo lontano nel tempo e palesemente privo di futuro per poter fare paura.
Ma metteva in luce l’animo puro e assetato d’amore di lui, e questo decisamente non era bene.
 
O almeno: non era un bene per Hermione Granger, studentessa di Hogwarts, alle prese con un mondo nuovo, dei nuovi amici e qualche nuovo, strano e inopportuno sentimento.
 
Malgrado ciò, quando Caspian le chiese se era scomoda, lei rispose di non per non farlo spostare e godere ancora un po’ della sua compagnia.
Era un serata strana, con lui di quell’umore: di solito era così padrone di sé e riservato al punto di scoraggiare le confidenze.
 
«Lo dici come se essere un uomo equivalesse all’essere uno stupido» riprese lui.
«Per certe cose, indubbiamente sì»
La risposta categorica di lei lo fece sorridere.
«Hai fatto intendere che non sei esperta di uomini, no?»
«Non serve essere delle esperte per constatare l’ovvio!»
«Non troverai mai marito, se fai così»
«Io non cerco marito, ci mancherebbe! È un concetto anacronistico! Sarebbe indegno di qualsiasi donna intelligente cercarlo: non stiamo mica parlando delle chiavi di casa, ma di una persona!»
Lui scosse il capo.
«Quindi tu non credi nell’amore»
Lei si bloccò di colpo.
«Certo che ci credo» mormorò, pianissimo.
«Ci credi, ma pensi che a te non succederà?»
Lei storse il naso, a disagio.
Ammetterlo faceva male.
«Non lo so, non ci penso. E tu?»
Lui ci rifletté su.
«Dopo Susan ho…alzato un muro. Forse mi sono rifugiato dietro l’idea di lei per non essere costretto a considerare le opzioni che invece avevo. Io ci credo… ci credo, in generale. Se toccherà a me… penso di no»
 
L’espressione di Caspian rimase imperturbabile, ma la sua voce suonò triste.
Hermione strinse la sua mano.
«Ti è già successo. Capiterà di nuovo, vedrai»
«Sei molto incoraggiante, per essere una che si irrigidisce appena si tira fuori la parola amore»
Hermione rimpianse di essere così maledettamente trasparente, ma si limitò a dire:
«Te l’ho detto, sono una buona amica»
Lui annuì e si alzò, per poi tenderle la mano.
«Rientriamo? È freddo, ormai…»
La sollevò senza sforzo e per un attimo si fissarono negli occhi, poi Hermione abbassò i suoi e mise le mani in tasca, imbarazzata.
Entrarono nel castello in silenzio e salirono le scale senza parlare.
Davanti alla porta della stanza di Hermione, mentre lei stava per dargli la buonanotte, Caspian improvvisamente chiese:
«Hermione, ma tu non metti mai abiti femminili?»
«Che domanda è? Dipende da cosa devo fare e dove devo andare» rispose lei, perplessa.
Lui sbuffò, divertito.
«Non penso di aver mai incontrato una persona pragmatica come te»
«Bè, i vestiti femminili narniani sono abbastanza scomodi»
«Perché?»
«Perché hanno la sottoveste»
«E quindi?»
«E quindi sono scomodi» sospirò lei «Che c’è?»
«No, è che pensavo… che staresti bene, ecco»
Seguì un silenzio imbarazzato, poi Caspian fece un passo indietro e si schiarì la voce.
«Bene, allora… buonanotte»
«Sì» rispose lei «Buonanotte»
Aprì la porta, ma prima di scivolare dentro si voltò un secondo.
E scoprì che lui la stava fissando.
Il re quasi sobbalzò, ma poi disse, in fretta:
«Io non…non credo che tu sia il tipo dell’amica, ecco. Anche se sono… solo un uomo, voglio dire. Bene. Buonanotte»
 
Si allontanò senza voltarsi indietro ed Hermione restò immobile, sorpresa da quelle parole.
 
 
La mattina dopo, entrando nella stanza della ragazza, Cora la trovò già sveglia.
«Buongiorno» esclamò, sorridendo.
«Buongiorno, Cora» rispose Hermione «Mi serve un favore»
«Certo, dimmi»
«Ehm…ti ricordi la nostra conversazione sui miei abiti?» chiese Hermione, arrossendo.
«Sì» rispose la donna, perplessa.
«Bene» riprese, diventando sempre più rossa «Penso che…insomma… magari…uffa. Puoi aiutarmi a vestirmi in modo…più femminile, ecco?»
«Oh» si stupì la donna «Certo. Come mai hai cambiato idea?»
«Oh…così» Hermione ormai era rossa come il cielo al tramonto.
«Mi sembra perfetto, visto che tra poco ci sarà il ballo del Solstizio d’Estate. Direi che la sarta farà giusto in tempo a cucirti un bel vestito, mia cara»
«Il ballo del Solstizio d’Estate?»
«Sì, è una grande festa, vengono notabili da tutto il regno… di solito per presentare discretamente le figlie al re. C’è chi spera che quest’anno Caspian annunci le sue prossime nozze…»
Hermione sorrise, serafica.
«Ah sì?»
«Perché sorridi?» chiese perplessa Cora.
 
Ripensando alla sera prima, Hermione sorrise ancora di più, mormorando un sognante:
«Oh, niente…»

 

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Capitolo 15
*** Luce e purezza ***


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La seduta del Consiglio di quella mattina si era svolta in un silenzio quasi irreale.
 
Dopo la sfuriata del sovrano del giorno prima, i Lord avevano mantenuto un basso profilo.
Caspian, da parte sua, aveva ostentato una notevole freddezza, in modo da scoraggiare qualsiasi speranza di un fidanzamento ufficiale in occasione della festa del Solstizio d’Estate.
Sciolta la seduta, però, rimase solo con i suoi pensieri.
 
Era sempre il solito dilemma.
Non riusciva a venire a patti con l’idea di prendere moglie.
E, in particolare, di scegliere Lilliandil.
La parte responsabile di lui lo esortava a ricordare che, prima o poi, avrebbe dovuto scegliere qualcuna.
E un re non poteva permettersi di sposare la prima donna che gli passava davanti agli occhi.
Odiava ammetterlo, ma Lilliandil aveva ragione: nessuna delle fanciulle che gli erano state presentate negli anni con intenti più o meno palesi aveva minimamente destato la sua attenzione.
Al momento, effettivamente, Lilliandil era la scelta più ovvia.
Però…
Però lui non riusciva a decidersi.
Se avesse aspettato ancora, avrebbe rischiato di non trovare poi una candidata (che parola orrenda) altrettanto valida (sulla carta) e lui, essendo il sovrano, aveva l’obbligo di scegliere il meglio per Narnia.
Inoltre, c’era la questione dell’incidente diplomatico che si sarebbe venuto a creare con Ramandu, emissario di Aslan.
E… Caspian poteva giurare che sarebbe arrivato il momento in cui avrebbe davvero scelto?
Certo, per dovere l’avrebbe fatto.
Prima o poi.
 
Gli sembrava di sentire la voce di Hermione.
 
Non devi farlo domani per forza.
Puoi aspettare la donna giusta.
 
Ma esisteva la donna giusta per lui, o l’unica l’aveva persa quando lei aveva deciso di tornare sulla Terra?
Come faceva a saperlo?
 
Con il pensiero di Susan fisso nella mente concentrarsi su altro era snervante e inutile.
Nessuna poteva piacergli e lui lo sapeva.
Era una sua fissazione, ormai?
Il dottor Cornelius il giorno prima lo aveva garbatamente suggerito, facendo riflettere il suo pupillo sul fatto che Susan Pevensie non poteva né doveva diventare il scudo difensivo.
Caspian si era imposto di ascoltare le parole del suo anziano maestro, riconoscendo la loro verità, ma gli era costato una gran fatica perché Susan rappresentava i sogni della sua giovinezza e saperla criticata gli dava ancora fastidio.
 
 
Nella sua torre, il pomeriggio precedente, Cornelius aveva sostanzialmente avanzato, con un certo tatto, l’ipotesi che il giovane re si schermasse dietro il ricordo della Regina Dolce per scansare un problema. Certo, Susan era stata una grande regina ed era una bella ragazza, nessun dubbio, ma non era forse il momento di guardare avanti? E per di più ora, quando una fanciulla così piacevole allietava il castello con la sua presenza…
Caspian si era incupito, ma aveva annuito.
«Quindi anche voi mi suggerite, come tutti, di sposare Lilliandil?»
«Lilliandil?» aveva risposto l’altro, lasciandolo di stucco «No, mio caro ragazzo: io parlavo di Hermione, veramente»
«Hermione?!» Caspian aveva spalancato gli occhi «Cosa c’entra Hermione?»
L’anziano precettore aveva sorriso di fronte allo smarrimento del sovrano.
«Non stavamo parlando di una fanciulla garbata e assolutamente piacevole?» chiese, dolcemente «Certo, dama Lilliandil ha moltissimi pregi, lungi da me negarlo… in questo momento però ammetto che stavo pensando all’intelligenza e al calore di Hermione, questo sì»
Caspian aveva richiuso la bocca, rendendosi conto che gli era caduta la mascella.
«Voi…mi state suggerendo di sposare… Hermione?»
«Mio caro Caspian, voi avreste sposato la Regina Susan senza esitazioni e Hermione viene dal suo stesso mondo»
«Ma Susan è una delle antiche Regine di Narnia!»
«Indubbiamente, ma fa parte della stirpe dei figli d’Adamo, come Hermione. Ammetto che sono affascinato dall’idea di una fusione di due mondi, di due culture…»
«Signore» Caspian si era sforzato di riportarlo con i piedi per terra «Non stiamo parlando di un esperimento, ma del mio matrimonio»
«Se sposerete una donna che non amate, che scegliete per dovere, il matrimonio non sarà forse un esperimento? In realtà, dividere la propria vita con un’altra persona non è di per sé il più complesso degli esperimenti?»
Caspian lo fissò, a corto di parole.
«Inoltre» proseguì il precettore «Non mi spingo certo a suggerirvi il matrimonio e ammetto che, fino all’arrivo della piccola, anche io speravo che Lilliandil incontrasse il vostro gusto. Ma mi permetto ora di farvi riflettere su una cosa, Caspian: Lilliandil, a differenza di Hermione, non appartiene alla stirpe degli uomini. Pensate ai vostri figli, Maestà. Quello sì che potrebbe essere un esperimento….rischioso. La longevità di una stella rispetto a quella di un uomo è maggiore, ma di quanto? Volete invecchiare mentre vostra moglie resta giovane e bellissima?»
Il re sembrava decisamente spaventato, ormai, e a Cornelius ricordava molto il bambino che era stato, soprattutto ai tempi di Miraz.
«Però ammetto che, da quando è arrivata Hermione, ho un po’ riconsiderato la cosa. Oltre alla questione della genia – da non sottovalutare, a mio parere – c’è anche… un aspetto di calore umano. Hermione è intelligente, direi anzi brillante, ed è molto carina»
«Hermione?» domandò Caspian, debolmente.
Ma, con sua grande sorpresa, l’anziano ebbe un moto a metà tra l’esasperazione e il divertimento.
«Mio re» rispose «Se non siete più capace di vedere il bel viso di una ragazza io inizio a preoccuparmi veramente!»
Caspian era arrossito.
«Ma Hermione… insomma, Lilliandil….voglio dire…»
Cornelius aveva capito subito.
«Non sempre la gemma più brillante è davvero quella poi più pura e perfetta, Maestà. Ricordatevelo: la luce abbaglia e rende impossibile vedere i difetti. La purezza no, invece»
 

Caspian se ne era andato e era sceso nelle scuderie con quelle parole che gli risuonavano nella mente.
Cavalcare lo aiutava a pensare.
E a calmarsi.
Senza prestare troppa attenzione al panorama, rimuginò sul fatto che, probabilmente, Cornelius aveva tirato fuori quell’incredibile idea su Hermione perché la ragazza gli si era affezionata: gli faceva compagnia, era sempre gentile, amava i libri (cosa che per Cornelius era fondamentale, inutile negarlo) e passava gran parte del suo tempo con lui.
Sì, certo, non che Hermione non fosse intelligente, sagace e magari persino divertente… ma di qui a dire che lui poteva pensare di sposarla…!
Perché non poteva.
 
O sì?
 
Prima Lilliandil, poi l’anziano maestro, sempre su Hermione... da due punti di vista diversi, certo, ma cos’era quella storia su Hermione, insomma?
Lui la trovava simpatica, e basta.
Poi, Cornelius poteva parlare quanto voleva delle gemme e della purezza, ma accanto alla bellezza di Lilliandil le altre donne scomparivano, questo almeno doveva riconoscerlo alla stella.
E Hermione non era particolarmente avvenente… era carina, al massimo.
E basta.
Ripensò allo sguardo di compatimento di Cornelius e si chiese se stava impazzendo lui o invece stavano uscendo di senno quelli che gli stavano attorno.
Prima Lilliandil che lo accusava perché secondo lei gli piaceva Hermione, poi i suoi consiglieri che gli chiedevano di sposare la stella, poi Cornelius con quell’idea folle… insomma, basta!
 
Caspian spronò Destriero, il suo fedele cavallo, e cercò di svuotare la mente.
E, pian piano, nella sua testa prese forma il volto di Hermione.
I capelli ricci e ribelli, gli occhi nocciola più chiari di quelli di Caspian, il naso dritto e piccolo, le labbra ben disegnate, il sorriso spontaneo.
E le lentiggini.
Insomma, sì…era… carina.
 
Oh, per Aslan, ma come mai non se ne era accorto?
Aveva ragione Cornelius, c’era da preoccuparsi.
 
Evocò l’immagine del viso di Lilliandil nella mente, in modo spassionato.
Capelli finissimi e biondi, così diversi da quelli di Hermione, sopracciglia sottili, pelle diafana, lineamenti purissimi.
Era bellissima, sì… era la più bella.
Ma, confrontandola con Hermione, gli sembrò in qualche modo… fredda.
Senz’anima.
 
Caspian scosse la testa.
È Cornelius che mi influenza – pensò – È stato il mio precettore e mi conosce bene, sa come parlarmi. Non posso credere che ci sto davvero pensando.
Abbaiò alle guardie l’ordine di rientrare, di pessimo umore.
Al castello saltò la cena, dato che non gli andava assolutamente di vedere i suoi notabili impiccioni, e si rifugiò in giardino.
Camminò fino a quando non raggiunse la parte più nascosta e privata del giardino, la parte che sua madre adorava.
Caspian la ricordava seduta all’ombra del grande albero, che gli leggeva delle storie.
Si stese sotto la stessa pianta e chiuse gli occhi.
 
E lì lo trovò Hermione, più tardi.
 
Caspian voleva stare solo… ma non le chiese di andarsene.
Ormai era pieno di dubbi e si chiese se parlare con lei non lo avrebbe magari aiutato a capire qualcosa.
Lei era la solita Hermione che ormai un po’ conosceva, senza mire matrimoniali e disposta a parlare e a dare consigli.
Caspian fu sorpreso nello scoprire che lei non si considerava una ragazza interessante, affatto.
Insomma, non era brutta!
E Cornelius aveva ragione, era intelligente.
E divertente.
 
Non sapeva perché le aveva preso la mano.
Davvero, non lo sapeva.
Un impulso dettato dal bisogno di conforto, forse?
Comunque, lei non aveva reagito come una ragazzina svenevole e di quello bisognava darle atto.
Mentre ascoltava i suoi ragionamenti pacati e la sua voce chiara, Caspian si scoprì a pensare che davvero Hermione avrebbe reso felice un uomo, nella vita.
Era fedele, presente, attenta e partecipe e il re non era così fuori dal mondo da non capire che quelle doti la rendevano abbastanza eccezionale, unite al suo cervello pronto.
 
E poi aveva un profumo davvero molto buono.
Non erano mai stati così vicini e Caspian notò che la pelle di lei profumava di una delicata fragranza di vaniglia.
 
E quando lui le aveva detto che avrebbe dovuto vestire in modo più femminile, per valorizzarsi… cos’era quell’espressione?
Sorpresa? Disappunto perché lui era stato invadente? O… o qualcos’altro?
Ma se sì… cosa?
 
 
Ma perché sto ancora pensando a Hermione, accidenti??
Si riscosse all’improvviso, accigliandosi a causa dei suoi pensieri indisciplinati e fuori controllo.
In quel momento, un incauto attendente mise dentro la testa per annunciare il Maestro del Cerimoniale.
Il re borbottò e imprecò, ma fece cenno di farlo passare.
Ascoltò per nemmeno tre minuti l’uomo, poi lo fermò con un cenno, gli disse che non aveva tempo da perdere per parlare di tovaglie e gli consigliò di rivolgersi al cancelliere di corte.
L’uomo annuì e poi, nervosamente, cincischiò con i suoi appunti.
«Maestà, dobbiamo…ehm»
«Sì?» chiese Caspian, stancamente.
«Volete…»
«Voglio cosa?»
«No…ehm…volete che sia previsto durante il ballo un qualche…»
Davanti all’occhiata gelida del re si affrettò a continuare.
«…un qualche spazio apposito?»
«Uno spazio apposito…per cosa?»
«Per una…ehm…dichiarazione?»
 
Il re fece un’espressione furiosa e l’uomo si affrettò a battere in ritirata, profondendosi in scuse.
Quindi Caspian, stabilito che ne aveva abbastanza degli uomini di corte, scese nelle stalle, fece sellare il suo cavallo e si diresse al porto.
 
 
Quando Drinian vide comparire il suo re, stava piallando personalmente una tavola di legno.
Sentendosi chiamare si voltò ed ebbe un moto di sorpresa.
«Maestà» disse «Non vi aspettavamo!»
Caspian gli si avvicinò.
«Stai lavorando personalmente il legno?»
«Sapete come si dice, Maestà: se vuoi che una cosa sia fatta davvero bene, falla da te»
Caspian aggrottò la fronte.
«Già. Quanto è vero. Come procedono i lavori?»
«Abbiamo avuto un piccolo problema con dei giunti del nuovo pontile di attracco, ma lo stiamo risolvendo in fretta. Se volete vedere…»
Il re annuì e si fece condurre in un giro del cantiere.
Quando, terminato il sopralluogo, fu portato a vedere il nuovo Veliero dell’Alba, quasi ultimato, il re sospirò.
«Hai mai voglia di partire per un altro viaggio, Drinian?»
L’uomo sorrise.
«In realtà, Sire, dopo l’ultimo viaggio del Veliero direi che le avventure mi sono bastate e per ora bramo solo la banalità di terra» disse, scherzosamente.
Ma, se si aspettava che il sovrano ridesse con lui della battuta, rimase deluso.
Caspian tenne per un po’ gli occhi fissi sulla maestosa nave e poi mormorò:
«Io me ne andrei volentieri, invece»
Si voltò e si diresse verso il cavallo, lasciando basito Drinian.
«Maestà…» l’uomo si avvicinò nuovamente al sovrano prima che questo montasse in sella «Perdonatemi ma… va tutto bene?»
Caspian annuì automaticamente, poi però si avvicinò al suo nocchiero e mormorò:
«Drinian…dimmi la verità. A te non succede, a volte, di sentirti in preda allo stesso smarrimento che abbiamo conosciuto quando la Strega Bianca ci ha mandato quella nebbiolina verde, in mare?»
Drinian sentì un brivido corrergli per la schiena, ma si impose di parlare con calma.
«No, Sire»
«Mai? E… nemmeno quel senso di rabbia cieco e…»
Caspian capì che la risposta era negativa ancor prima di aver terminato la domanda.
Drinian sembrava spaventato, per cui lo rassicurò con un gesto.
«Non è niente, lascia perdere»
«Maestà, ma voi…»
«Io… è solo un periodo difficile. Nulla di che. Ci vediamo al ballo per il Solstizio, ti aspetto a corte»
 
Ma non era ancora il giorno del Solstizio d’Estate quando un nervoso Drinian si avviò, solo, verso Cair Paravel.



Buongiorno!
Scusate il ritardo con cui ho postato il nuovo capitolo, ma almeno ho un pc funzionante e posso postare il bellissimo banner che mi ha fatto la mia gemellina Sue <3
Vi ricordo la mia pagina Facebook per tutti gli aggiornamenti... Ho una grande nostalgia di Gin e Ben, devo darmi da fare!! ;)

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Grazie a tutte le persone meravigliose che mi seguono e seguono le mie storie, incoraggiandomi e motivandomi ogni giorno: vi adoro!
Baci e buona lettura,
Joy

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Capitolo 16
*** Sospetti ***


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Quando Hermione, quella mattina, bussò alla porta del dottor Cornelius, la attendeva una strana scena.
 
L’anziano maestro, di solito sprofondato in una comoda poltrona  con un tomo sulle ginocchia, era seduto al tavolo con un uomo che lei non aveva mai visto, il viso atteggiato a grande serietà.
«Oh, scusate…»
Hermione fece un passo indietro, per ritirarsi discretamente, ma Cornelius la chiamò con un gesto.
«Cara, vieni, ti prego… Posso presentarti Drinian, valente capitano della flotta di Narnia? Ha accompagnato il nostro Re nel suo ultimo, avventuroso viaggio»
«Oh, certo…» Hermione sorrise «Caspian me ne ha parlato. Piacere, come sta signor Drinian?»
L’uomo parve alquanto stupito nel vedere una giovane donna che gli porgeva la mano con un sorriso e gliela stringeva brevemente, ma capì subito.
«Mia signora, voi siete la giovane che viene dal mondo dei nostri antichi Sovrani?»
«Sì, ma la prego, mi chiami Hermione»
L’uomo sorrise, ricordando i modi aperti di Lucy e Edmund Pevensie.
«Non potrei mai accettare, mia signora…»
«Sciocchezze» Hermione liquidò le proteste con un cenno della mano «Ci mancherebbe altro!»
«La nostra Hermione è refrattaria ai formalismi di corte» disse l’uomo più anziano «Ma ti prego di restare, cara… Forse tu potresti esserci di aiuto»
«Ma, signore…» Drinian sembrava perplesso, ma Cornelius scosse il capo.
«No, Drinian, forse non sai che Hermione, nel suo mondo, è una strega»
Drinian sgranò gli occhi.
«Io… avevo sentito qualche voce, ma…»
 
Guardò Hermione, incredulo.
Quella fanciulla, una strega?
Pensò a Jadis e rabbrividì.
 
Cornelius annuì.
«Lo so, è difficile da credere… Ma io mi fido di Hermione e penso che lei sia l’unica che può aiutarci in questo momento»
Il capitano esitò ma poi fece un breve cenno verso l’uomo più anziano.
Cornelius invitò Hermione a sedere vicino a loro e congiunse le mani sul tavolo.
«Mia cara, Drinian è venuto a parlarmi di una questione davvero preoccupante e sarei lieto di conoscere il tuo parere in merito»
«Certamente: se posso aiutare lo farò volentieri»
Hermione si accomodò e, dietro invito dell’anziano, Drinian prese a parlare:
«Ecco, mia signora… dovete sapere che, durante il viaggio con sua Maestà verso la Terra di Aslan, purtroppo abbiamo incontrato non poche difficoltà, causateci dalla Strega Bianca. Non so bene come mai, ma poteva manifestarsi solo in forma di una malsana nebbia vedastra… che influiva sulle nostre menti e i nostri sentimenti, rendendoci nervosi, paurosi e irascibili»
La voce dell’uomo si spezzò, ma lui proseguì:
«Sapete, era come…se le nostre paure fossero centuplicate. Ogni parola era motivo di lite e scontro. Un vero incubo» scosse il capo «Ma la vera cosa assurda… è che talvolta, anche ora, mi sembra di vedere il Re nervoso e irritabile…come sulla nave…»
Hermione sussultò.
«Caspian?! Cosa intende dire, Drinian?»
«Ero proprio venuto per chiedere al dottor Cornelius se pensava potesse essere possibile… che quella nebbia ci abbia seguiti…»
Hermione batté le palpebre.
«Cioè, lei sta dicendo…»
«Che temo che la Strega ancora influenzi il Re, sì»
La ragazza sospirò, riflettendo.
«Mmmm… le forme di controllo sono in qualche modo possibili. Ma non so come funzionino qui, da voi. E non so nulla di questa strega di cui parlate… è difficile dirlo, così»
«Sapete, mia signora, devo aggiungere che proprio ieri sua Maestà è venuto al porto e… mi ha confessato di sentirsi nervoso e irascibile come durante quel viaggio. Confesso che io stesso, a volte, ho temuto che… insomma, ho visto degli atteggiamenti che mi hanno fatto temere e la conversazione di ieri ha rafforzato le mie paure, quindi sono venuto a parlarne con il dottor Cornelius»
Hermione guardò Drinian e poi l’anziano, che la fissavano angosciati.
«Cara, tu non conosci qualche incantesimo…» Cornelius ignorò la smorfia di Drinian e proseguì «Sì, qualche incantesimo che possa aiutarci?»
«Sì» ribatté lei semplicemente «Ma mi servirebbe la mia bacchetta»
L’uomo sospirò.
«Hum. Potrei provare a chiedere al re…»
«Caspian è restio» rispose lei «Spaventato, forse… gliel’ho chiesto, ma…»
«Già… l’idea della magia ci inquieta un po’, lo ammetto… Vedrò se posso convincerlo…»
«Ma una stregoneria verso sua Maestà…» obiettò Drinian, decisamente spaventato.
«Non è nulla di che, davvero. È un semplice incantesimo, tutto qui. Non fa male…né nulla. Solo che mi serve la bacchetta»
«Non so…» il marinaio era perplesso.
Cornelius invece sembrava decisamente favorevole.
«Drinian, se i tuoi sospetti sono fondati… allora meglio sapere, per poter intervenire»
Il marinaio sospirò e, dopo un po’, assentì.
«Il solo parlare di bacchette magiche mi terrorizza… ma, a volte, giuro che mi sembra di vedere il riflesso di quella nebbia dietro gli occhi del Re e questo sì che è il pensiero che mi fa più paura»
Hermione prese carta e penna.
«Forza. Ho bisogno di sapere ogni cosa su questa Jadis»
 
Ma, alla fine, le informazioni non erano poi così tante, né così precise.
Cornelius le aveva raccontato del tentativo della Strega di impadronirsi di Narnia e del sacrificio di Aslan, aggiungendo poi che Caspian aveva brevemente incontrato Jadis alla Casa di Aslan, durante la lotta contro lo zio per il trono.
Drinian aveva contribuito raccontandole come meglio aveva potuto gli effetti della nebbia sull’equipaggio e sul re.
«Quindi vi rendeva nervosi e violenti… ma riusciva a manipolarvi?»
«Bè, alcuni uomini sono venuti alle mani… E poi c’è stato quasi un ammutinamento, che il re ha sedato con non poche difficoltà… e re Edmund ha duellato con sua Maestà per il tesoro del drago, convinto di diventare ricco…»
«No, io intendo: non ha dominato nessuno di voi al punto di fargli fare delle cose, andare in giro… Come se il corpo fosse solo un burattino e lei avesse sostituito la propria volontà a quella della persona?»
Drinian parve inorridito:
«Non… no, no!»
«Diciamo che ha…amplificato la paura, i timori, il nervosismo che voi già provavate, giusto?»
Il capitano annuì.
«Oh, bene» Hermione sospirò «Temevo fosse qualcosa di peggio»
 
Cornelius e Drinian la fissarono sbigottiti.
«Sapete, se è così non si tratta di possessione ma di influenza ed è molto più facile da combattere. Molto dipende anche dal carattere della persona, dalla sua capacità di opporsi, ma con Caspian, una volta che sarà messo in guardia, direi che andiamo abbastanza sul sicuro…»
Battè la penna sul foglio e poi alzò gli occhi.
Quando vide gli sguardi dei due uomini aggrottò la fronte:
«Sì?» chiese.
«Voi… Non escludete che si tratti della Strega Bianca» esalò Drinian.
«No»
«E dite che…non è grave»
«Scusate, non volevo sembrare semplicistica. Mi spiego: non è grave come una possessione. Se scopriamo che la Strega Bianca in qualche modo esercita ancora una qualche influenza sul re un Incantesimo di Riconoscimento basterà. Poi, dovete sapere che il mettere in guardia la vittima (chiamiamola così) rende molto più difficile esercitare un’influenza all’entità malvagia, perché molto si può se la persona è inconsapevole e ha le difese abbassate. Io non conosco Caspian da molto tempo, ma mi sembra tutto tranne che una persona malvagia. Voi stessi dite che, per la maggior parte del tempo e fatta eccezione per qualche episodio isolato, è pienamente se stesso»
Cornelius, concentratissimo, annuì, mentre Drinian si grattava la testa, preoccupato.
«Voi…» chiese, esitante «Avete visto cose…peggiori?»
Hermione annuì, cupamente.
Pensò a Ginny Weasly, al suo prima anno a Hogwarts, quando era stata posseduta da Voldemort.
Pensò al legame malsano e indefinibile che quest’ultimo aveva con Harry.
«Sì, ho visto di peggio» disse, sbrigativa «Ma non permetterò che succeda qui»
 
 
Più tardi, la ragazza marciò decisa verso la Sala del Consiglio.
Aveva parlato a lungo con i due uomini sull’opportunità di mettere o meno Caspian al corrente dei loro sospetti, ma Drinian si era opposto e Cornelius gli aveva dato ragione.
«Finché non saremo sicuri» aveva detto il marinaio «Rischiamo solo di far infuriare sua Maestà, lasciando gioco facile alla strega»
«Sì…» aveva concordato l’anziano maestro «Caspian su certe cose è ancora un po’ come un leoncino impulsivo…»
Hermione aveva annuito, rimettendosi ai consigli dei due.
Ora, però, le si presentava la necessità di sapere di più sui contatti che Jadis aveva avuto con il re.
Ci aveva rimuginato su e le era venuta una mezza idea.
 
Quando arrivò in vista della Sala del Consiglio, trovò Lilliandil casualmente appostata vicino all’ingresso.
«Ciao, Hermione» la salutò, sorridendo.
Era passata subito a un tono informale, imitando Caspian.
«Ciao» salutò Hermione, con poco entusiasmo.
«Che fai qui, di bello?» chiese la stella.
Hermione aggrottò la fronte, infastidita dal tono condiscendente dell’altra.
In quel momento si aprì la porta e Caspian comparve, attorniato dai Lord.
Quando vide Lilliandil, subito scattata in avanti in modo da coprire Hermione, sembrò trattenersi con difficoltà dall’alzare gli occhi al cielo.
«Caspian, mio caro» trillò lei, che non aveva mai tradito con uno sguardo il fatto che avessero avuto una discussione accesa «Come è andata la seduta? Spero i tuoi nobili consiglieri ti lasceranno riposare un po’, ora»
Parla come se fosse la regina, ma con che diritto? – si chiese Hermione, infastidita, mentre i Lord annuivano e si inchinavano alla stella.
«Grazie per l’interessamento, mia signora, ma davvero non ce n’è bisogno…»
Lilliandil non fece finire la frase a Caspian:
«Oh, suvvia, Caspian, non essere così formale… Sono sicura che i signori ci perdoneranno, sapendo che ci rivolgiamo l’uno all’altra in modi più semplici e diretti»
Seguì un coro di risatine idiote e complici dei Lord, che sembravano sorridere ai due giovani con benevolenza.
Caspian era furioso e Hermione sul punto di vomitare.
Che dannata manipolatrice, quella.
La ragazza fece un passo avanti, schiarendosi la voce.
«Oh, sì» aggiunse Lilliandil «Forse la nostra piccola amica ti cercava, caro…»
Hermione la gratificò di un’occhiata gelida.
«Affatto, credo che il re sia troppo impegnato per essere disturbato ogni cinque minuti. Volevo vedere la Sala del Consiglio: mi dicono che sia splendida»
 
Lilliandil spalancò la bocca di fronte a quella frecciata non troppo velata, ma Caspian sorrise:
«Ciao, Hermione. Hai ragione, la Sala è splendida. È stata costruita e decorata con i marmi più pregiati. Lord Fidelius, per cortesia, potete mostrarla alla nostra ospite?»
L’anziano Lord si fece avanti con un’espressione gentile negli occhi.
«Con sommo piacere, mio re. Anche se temo di non essere all’altezza di sua Maestà nelle spiegazioni…»
«Sono sicura che non è così» intervenne Hermione, gentile, per poi lanciare un’ulteriore stoccata alla stella «Chiedo scusa per aver interrotto il Re e il Consiglio, non era mia intenzione: so che siete molto occupati»
Entrò nella Sala con il Lord, ma prima scambiò con il sovrano un’occhiata d’intesa: sparita lei, Caspian aveva sulle labbra un sorrisetto che fece innervosire la stella.
«Speravo di approfittare di questa bella giornata di sole per una passeggiata…» iniziò, ma Caspian era pronto: si scusò e disse che doveva ancora lavorare e la affidò a Lord Menicus, per poi trincerarsi nel suo studio.
 
Fu lì che una mezz’ora dopo Hermione fu annunciata dal ciambellano di corte.
Caspian diede ordine di farla accomodare e congedò i suoi uomini.
«La Sala del Consiglio è spettacolare!» esordì Hermione, rapita «Non ho mai visto un marmo con quei colori! Da dove viene? Come lo estraete? Ha una lavorazione particolare?»
«Ehi, calma!» il re sorrise «Se vuoi tutte queste informazioni ti faccio parlare con i marmisti di corte… Ma immagino tu non sia qui per il marmo»
«Perché dici così?»
«Perché mi sembrerebbe strano» sorrise lui.
«Ingrato» lei gli fece una linguaccia «La prossima volta non ti salverò da Lilliandil»
«Mi sono salvato da solo» osservò lui «Forza, dimmi che c’è»
«Ok. Sono venuta a chiederti se mi racconti qualcosa della Strega Bianca»
Caspian sussultò.
«E perché?»
Hermione era pronta, così disse con candore:
«Perché vorrei saperne di più sulle streghe che esistono a Narnia. Ho letto qualcosa e ho chiesto al dottor Cornelius, ma tu l’hai incontrata di persona»
«Oh» Caspian sembrò preso in contropiede «Ti interessa… perché è una strega?»
«Certo!» annuì lei, convinta «Mi interessa tutta la storia di Narnia, come sai, ma ho una curiosità particolare nei confronti della magia e delle streghe, com’è ovvio»
Il re batté le palpebre.
«Sì… Immagino di sì. Va bene. Cosa vuoi sapere?»
 
Le raccontò del suo primo incontro con Jadis, alla Casa di Aslan: di come la Strega aveva cercato di prendere il suo sangue per liberarsi dalla sua prigione e di come Edmund aveva sventato il tentativo.
«Jadis ha tentato di prendere il tuo sangue?»
Hermione sgranò gli occhi, con aria spaventata.
«Sì… perché?»
«Il sangue è una chiave pericolosa» mormorò lei, che sembrava distratta.
«A cosa pensi?» le chiese il re, dopo un po’.
Lei scosse il capo.
«Oh, scusami… Scusa. Stavo solo… ricordando»
«Cosa?»
«Nulla. Poi? Cos’è successo?»
Lui non indagò oltre, ma riprese a parlare.
Quando le raccontò del viaggio sul Veliero dell’Alba, lei sembrò altrettanto preoccupata.
«In che senso dici che vi controllava?»
Lui si mosse, a disagio.
«Era come...Come un tarlo che ti scava dentro. Come se le tue paure fossero centuplicate, come se non riuscissi a pensare ad altro che a cose brutte. Al fallimento. Alla paura»
«Come un incontro ravvicinato con un Dissennatore» borbottò lei.
«Cosa? Cos’è un dissenna…»
«Dissennatore. Sono le guardie della prigione dei maghi, Azkaban. E sono degli esseri rivoltanti. Si nutrono di speranze e sentimenti positivi, che ti succhiano via»
Lui fece una smorfia.
«Lo so, è rivoltante. Quindi?» aggiunse lei.
«Nulla… quando abbiamo sconfitto il serpente di mare la situazione si è risollevata… come mai sei così curiosa?»
«Non lo sono» negò lei.
«Invece sì. E mi guardi anche in modo strano…»
«Non è vero!» Hermione arrossì «Bene, scusa se ti ho portato via del tempo… Magari andrei a dare un’occhiata…»
«A cosa?»
«Oh, alla Casa di Aslan…»
«Perché?»
«Perché mi incuriosisce! Cosa c’è di male?»
«Nulla, ma… Nulla. Va bene, ti ci porto io»
«Cosa? Ma tu hai mille impegni!»
«Mi serve una pausa»
Hermione strinse gli occhi.
«Bugiardo»
«Perché vuoi andare alla Casa di Aslan?» chiese ancora il re.
«Perché sono curiosa» ribatté lei, ferma.
Si fronteggiarono per un minuto, in silenzio, poi Caspian fece un cenno secco con la testa.
«Bene. Farò finta di crederti. Ci vediamo domattina, all’alba, nelle scuderie»
Hermione gemette.
«Perché all’alba? Vuoi farmi un dispetto, confessalo!»
«Perché così impari a dirmi una bugia» concluse lui, inflessibile. 


***
Buon pomeriggio!
In questi giorni sono attiva con una nuova storia nel fandom Ben Barnes (sì, lo so: ancora... Eh sì! Quest'uomo è la mia rovina!!) e quasi dimenticavo di aggiornare!
Se desiderate darci un'occhiata, questo è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2402160&i=1 Ricordatevi di seguire la vostra autrice senza testa sulla sua pagina Facebook: 
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Grazie e buona lettura!
Joy

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Capitolo 17
*** All'alba ***


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La mattina dopo Hermione si trascinò alle stalle all’alba, con gli occhi praticamente ancora chiusi.
 
Caspian era già lì, che sellava Destriero.
Il castello era immerso nel silenzio, mentre il cielo si tingeva dolcemente di un rosa perlaceo.
Il re strinse il sottopancia della sella e lanciò un’occhiatina a Hermione, che lo guardava torva.
«Perché quella faccia?»
«Buongiorno anche a te» bofonchiò lei.
Lui represse un sorrisino.
«Buongiorno. Perché quella faccia?»
«Perché tu mi hai buttata giù dal letto a quest’ora»
Lui scosse il capo.
«Hai espresso un desiderio e io ti ho accontentata. Sei una bella ingrata!»
«Potevo andare da sola, a un’ora decente»
«No che non potevi andare da sola. Per prima cosa non conosci Narnia: come avresti fatto a trovare la strada?»
«Mi sarei fatta accompagnare da Tartufello»
«Ti avrebbe abbandonata al primo cespuglio di bacche» osservò lui, impietoso «Dai, sellati un cavallo, ingrata»
Lei rimase a fissarlo, impalata.
Caspian volteggiò sulla sella e la guardò dall’alto.
«Bè?»
Lei borbottò qualcosa.
«Non ho capito, scusa»
«Ho detto: non so sellare un cavallo» ringhiò lei.
Destriero mosse le orecchie, nervoso, e il re gli mormorò qualche parola affettuosa per tranquillizzarlo.
«Come fai a muoverti, allora?» chiese poi.
«Che domande: cammino»
 
Sbuffò, vedendo l’occhiata spazientita di lui.
«Senti, per tua informazione io detesto qualunque mezzo di locomozione sia cavalcabile, dalle scope ai Therstral!»
«Cosa sono i ter…cosa hai detto?»
«Sono tipo… cavalli volanti. Simpatici e velocissimi, ma brutti da far paura»
Detto questo si avvicinò di un passo a Destriero e allungò timidamente una mano per fargli una carezza.
Caspian scosse il capo e le allungò una mano.
«Dai, sali»
Lei lo occhieggiò, sospettosa.
«Non ci stiamo, in due»
«Certo che ci stiamo. Dai»
«No, invece» si impuntò lei.
«Hermione, hai deciso di svegliare tutto il castello? Dammi la mano, dai»
Lei si morse il labbro e tese esitante una mano.
Stava per obiettare ancora, quando lui la tirò su praticamente di peso.
Lei annaspò e si divincolò, spaventando il cavallo, e il re fu costretto a prenderla tra le braccia.
Se la mise seduta sulle gambe, di traverso, e lei riemerse da sotto la cesta di capelli, imprecando.
«Ma che cavolo fai?» strillò.
«Stttt» lui la zittì mettendole una mano sulla bocca e avvicinando il viso a quello di lei «Se gridi ancora ti faccio cadere giù, mi sono spiegato?»
Lei annuì, frenetica, e lui allontanò la mano.
«Va bene» disse il re «Vuoi sedere all’amazzone?»
«Ehm… Come è più sicuro?» chiese lei.
«Così. Tieniti a me»
Caspian spronò il cavallo e lei gli passò le mani attorno alla vita, esitante.
Le braccia del re la circondavano e la facevano sentire al sicuro.
 
All’inizio, rimase dritta come un palo per non appoggiarsi contro di lui.
Ma, dopo una decina di minuti, Caspian esclamò:
«Hermione, sembra tu abbia ingoiato una scopa. Rilassati, fai innervosire il cavallo così»
A quel punto, la ragazza rilassò la schiena e, per forza di cose, aderì con il fianco al torace muscoloso di lui.
 
Il primo impulso di Hermione fu quello di saltare giù, presa dal panico.
Era così…strano.
Bello, forse.
Ma strano.
E imbarazzante.
Come percependo la sua confusione, lui le poggiò una mano sul fianco e mormorò:
«Non avere paura, non ti faccio cadere»
Il che la innervosì ancora di più.
Procedettero così, con Hermione imbalsamata e a corto di parole e Caspian che rilassato conduceva il cavallo.
 
Dopo una mezz’ora, la ragazza iniziò a rilassarsi, complici il silenzio e il paesaggio meraviglioso.
Si guardò intorno, attenta a muoversi piano e segretamente felice di trovarsi dov’era: tra le braccia del re.
Alzò gli occhi verso di lui e vide che la stava guardando: lei arrossì e lui sorrise.
«Meglio?» le chiese.
Era la prima parola che si scambiavano da quando erano partiti.
Lei annuì.
«Sembra stabile, in effetti»
«Ancora arrabbiata perché ti ho fatta alzare presto?»
«No. Ne valeva la pena, è bellissimo qui»
Il re annuì.
«Adoro cavalcare la mattina presto. C’è una pace che non trovi in altri momenti del giorno. Mi aiuta a pensare»
«E magari ti libera anche della compagnia indesiderata, no?» scherzò lei.
«Anche» lui sorrise, divertito «E comunque sarebbe scortese buttare le persone giù dal letto così presto la mattina»
«Cosa che per me non vale, ovviamente»
«Ovviamente»
Caspian rise e lei gli chiese:
«Perché sei voluto venire?»
«Perché avevo voglia di uscire dal castello, perché la Casa di Aslan è un luogo carico di ricordi… e perché non mi fido di te» rispose, candido.
Hermione gli lanciò un’occhiataccia da sotto le ciglia.
«Ma non hai di meglio da fare?»
«Io sono il re, decido da solo cosa è meglio fare»
«Non hai cose serie di cui occuparti? Carestie, inondazioni… proposte di matrimonio indesiderate? Gente che richiede la tua attenzione?»
«No alle prime tre domande, sì alla quarta. Ma oggi mi prendo qualche ora per me. Te lo hanno mai detto che non è cortese lamentarti dei servigi di un cavaliere, facendolo sentire indesiderato?»
«Ma se mi hai detto che mi hai seguita perché non ti fidi di me!»
«Non ti sto seguendo, ti sto portando, regina delle ingrate!»
Lei sbuffò.
«Che sofismi»
«Prego?»
«Che sottigliezze filosofiche»
Lui sorrise.
«Lo prenderò come un complimento»
«Veramente parlando di sofismi di solito si intendono dei ragionamenti capziosi, quindi…»
 
Ma Hermione non riuscì a terminare la frase, perché Caspian le posò improvvisamente una mano sulla bocca e fermò il cavallo.
«Guarda» mormorò, chinandosi verso di lei «Sulla riva del ruscello»
La ragazza seguì il dito di lui, che le indicava la direzione, e vide un cavallo che si abbeverava sulla riva.
Ma era un cavallo stranissimo, la coda aveva riflessi azzurrini…
Hermione spalancò gli occhi quando l’animale si raddrizzò e lei riuscì a vederlo bene.
Caspian tolse piano la mano, ma le restò vicino.
«Ma…è un unicorno!» mormorò lei, piena di meraviglia.
Lui annuì.
«Sono rarissimi, qui a Narnia. Solo un’altra volta ne ho visto uno, quando ero piccolo: stavo cacciando con mio padre»
«Non lo avete ucciso, vero?»
«No, certo: gli unicorni sono sacri a Narnia. Tu ne avevi mai visto uno?»
«Sì, a lezione di Cura delle Creature Magiche: ne abbiamo nutrito e accudito uno»
«Davvero?» si stupì lui «Non ho mai visto un unicorno da vicino»
«Perché preferiscono le ragazze ai maschi, si lasciano avvicinare più facilmente…» mormorò lei.
 
In quel momento, l’animale si voltò verso di loro.
Caspian e Hermione rimasero immobili, in silenzio, per un attimo lunghissimo, poi l’unicorno chinò la testa e si allontanò nel bosco.
«Wow» Hermione sospirò e si lasciò andare all’indietro…contro la schiena di lui.
Si raddrizzò di scatto, imbarazzata, e il re le strinse le braccia intorno alla vita per non farla cadere.
Il cavallo mosse un paio di passi, infastidito dal movimento brusco, e Caspian disse:
«Prima regola per andare a cavallo: mai muoversi di scatto. Cosa stai combinando?»
«Eh…niente…» balbettò lei «È che l’unicorno mi ha distratta»
Caspian le fece scivolare le braccia sui fianchi, riprendendo le redini.
Lei sospirò.
 
Seee, l’unicorno. Proprio. Non sarà invece il re, che ti distrae? – si disse.
Cercò di controllare il battito del cuore, mentre lui chiedeva:
«Ci sono tanti unicorni, dove vivi tu?»
«Nella Foresta di Hogwarts ci sono, ma lì vivono tantissime creature magiche, anche pericolose» lei si incupì «Una volta Harry ha visto Voldemort bere il sangue di unicorno. È un atto empio, perché togli la vita a una creatura purissima e questo ti condanna per sempre… ma il loro sangue è molto potente: ha il potere di mantenere in vita chi è a un passo dalla morte»
Caspian aggrottò la fronte:
«Chi può essere tanto disperato da pagare un prezzo del genere?»
«Voldemort lo era» mormorò lei «Comunque, ci sono anche altre creature… la Foresta è praticamente un regno a sé: Centauri, aracnidi, Ippogrifi, Therstral… e chissà cos’altro»
«Mi piacerebbe tantissimo vederla» mormorò lui.
Lei gli lanciò un’occhiata maliziosa al di sopra della sua spalla:
«No, ti farebbe paura»
Lui sorrise.
«Non hai una grande opinione del mio coraggio, mi pare»
«Parlo per esperienza personale: fa paura, davvero. Pensa che agli studenti è severamente vietato l’accesso di notte, e comunque al di fuori dei sentieri segnati»
«Tu ci sei mai entrata?»
«Ehm…sì»
Il sorriso del re ricomparve.
«Ci avrei giurato»
«Cosa vuoi dire?»
«Che mi sembra in linea con il tuo carattere»
«Prego?»
«Insofferente alle regole, testarda e avventurosa»
«Chi, io?»
«Ora vorresti dire che non è vero?»
«Certo che non è vero! Io sono responsabilissima!»
L’occhiata scettica di lui era poco lusinghiera, decisamente.
«Dico davvero!» si ostinò lei.
«Così responsabile da saltare dentro un armadio per aiutare un tasso?»
«È un diverso tipo di responsabilità» replicò Hermione con dignità «Aiutare gli altri è una cosa responsabile!»
«Sono d’accordo, in generale, ma in quel caso tu non potevi sapere se Tartufello era il buono della situazione oppure no»
Lei aggrottò la fronte, perplessa, e lui spiegò:
«Dico solo che a volte la nostra percezione delle cose non corrisponde alla realtà. Ecco: Jadis era bravissima a giocare con questi equilibri. Edmund potrebbe parlartene…»
 
Caspian si interruppe bruscamente.
 
Starà pensando che non rivedrà più i Pevensie? – si chiese Hermione.
Il silenzio si protrasse per alcuni minuti.
Hermione non voleva interromperlo, ma lo sguardo triste di lui la spinse a chiedere, piano:
«Ti mancano molto, vero?»
Caspian si riscosse.
«Chi?»
«I fratelli Pevensie»
«Oh, sì…erano dei fratelli per me… non Peter, magari: eravamo troppo diversi. O troppo simili, forse: litigavamo in continuazione. Lui era abbastanza pieno di sé e io mi sentivo inesperto e troppo giovane per il compito che mi attendeva… sì, ammetto che ero geloso di Peter e non riuscivo a gestirlo. E questo contrasto ha portato parecchi problemi… Invece suo fratello Edmund e io avevamo un legame speciale. Ed era così anche con la piccola Lucy»
 
Caspian non nominò Susan, ma il nome rimase sospeso tra loro.
Hermione mise a tacere la curiosità, trattenendo la lingua: che cos’era quello strano impulso a sapere, cercare informazioni sui sentimenti passati di lui?
Era un masochistico desiderio di conoscenza?
Non bastava sapere che Susan, ormai, era il passato di Caspian?
 
Persa in quelle riflessioni, la ragazza fu richiamata al presente dal re, che le mormorò:
«Siamo arrivati: la Casa di Aslan!»


***
Buongiorno!
Questo capitolo è abbastanza breve... ma prometto grandi novità nel prossimo per cui non odiatemi!
Anzi, facciamo così: ve lo posto prima del prossimo lunedì, visto che in tanti mi state chiedendo cosa succederà alla Casa di Aslan (e fate bene!!).
Intanto vi preavviso che si avvicina anche il ballo e che, grazie alla mia gemella astrale Susan e al suo talento con le immagini, potrete vedere che meraviglioso abito indosserà Hermione!
Poi, per chi è interessato: sto scrivendo un'altra storia su Ben Barnes (ancora?? Sì, sempre! :D), fandom - ovviamente - Ben Barnes: se volete ecco il link:
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Baci e buona lettura,
Joy

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Capitolo 18
*** La Casa di Aslan ***


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A Giulia, perchè non riesco a non pensare a quanto mi sarebbe mancata

 

La Casa di Aslan era uno dei posti più strani e affascinanti che Hermione avesse mai visto.
 
E sì che di posti strani lei ne conosceva qualcuno.
 
Interamente scavata nella terra e nella pietra, si sviluppava sotterraneamente e sopra di lei si dispiegava la pianura.
Solo una collina sorgeva, indisturbata, dalla terra e, sotto di essa, poche rovine di un piazzale circondato da colonne.
 
Caspian le aveva spiegato che, al tempo della guerra contro Miraz, la Casa di Aslan era integra, ma durante la battaglia i due eserciti si erano scontrati sulla pianura e avevano provocato molti danni.
Incoronato re, Caspian aveva poi tentato di farla ricostruire, ma un affossamento del terreno ne aveva completamente ostruita una parte considerevole.
Lo stesso accesso, un imponente passaggio di pietra, era quasi invisibile ormai, seppellito com’era dalla vegetazione.
«Ora non sembra, lo so, ma il portale di accesso spezzava la collina» le disse Caspian «L’architettura era antica, le pietre intagliate a mano… e nella collina spuntavano finestre, camminamenti e persino un terrapieno che fungeva da posto di osservazione per molti uomini»
Hermione si guardò attorno, perplessa.
Lei vedeva solo una pianura dissestata, con l’erba e le piante che avviluppavano una pietra ormai poco visibile.
Eppure, Caspian la condusse con passo sicuro verso la collina e, tra le pietre, individuò con precisione un passaggio angusto.
«Vieni dietro di me. Attenta ai gradini»
 
Se non l’avesse avvertita, probabilmente lei si sarebbe rotta una gamba, come minimo.
Entrando a tentoni, sentiva massi ed asperità sotto le suole degli stivali ma era difficile poter dire se c’era un appiglio sicuro e dove esso fosse.
Ma Caspian era lì: le prese la mano e la guidò con sicurezza nei primi passi all’interno, dove il buio era talmente fitto che la lama di luce proveniente dall’ingresso aveva più un’aria inquietante che rassicurante.
Con le dita strette a quelle di lui, Hermione mosse un paio di passi esitanti, poi gli finì addosso.
«Ahi!»
«Scusa» rispose lui, lasciandole la mano «Non muoverti, aspetta un secondo»
Dopo un attimo, Hermione vide una scintilla di luce.
Caspian aveva acceso una torcia, grazie a una pietra focaia.
«Accidenti. Degno del miglior talento scout» commentò.
«Grazie… aspetta, devo ringraziarti? È un complimento?»
Lei annuì.
«Tu non sai accendere un fuoco? Come fai nel tuo mondo?»
«Uso la bacchetta magica…»
 
Alla luce della torcia, lei lo fissò, speranzosa, ma lui scosse il capo.
«Hermione, ne abbiamo parlato… lo sai che…»
Lei mugugnò e abbassò gli occhi, muovendo un paio di passi nella grotta.
Irragionevolmente, Caspian si sentì in colpa: le aveva spiegato che restituirle la bacchetta era una responsabilità enorme, perché Narnia non era pronta per accogliere la magia.
Ma, trovandosi a guardare una Hermione così desolata, si sentì male.
«Ehi» le prese la mano per trattenerla «Ora non tenermi il muso»
«No che non lo faccio»
Ma Hermione sfuggì il suo sguardo, quindi lui le posò una mano sotto il mento e gentilmente le fece alzare il viso.
Si guardarono, alla luce della torcia.
«Invece sì» riprese «Hermione, mi dispiace, ma ti ho spiegato che la magia a Narnia…»
Lei sospirò e lui tacque.
Dopo un attimo, la ragazza disse:
«Quello che non vuoi capire è che la magia è una parte di me. È come se ti dicessi che non puoi più cavalcare o…leggere…o respirare. Come reagiresti?»
«Ma tu puoi fare tutte queste cose!» ribatté lui, spiazzato.
«Sì, certo, ma è un esempio di cose che tu fai con naturalezza. Per me è così con la magia: non è che un mago usa la bacchetta solo per attaccare o difendersi, la usa per fare…tutto. Accendere un fuoco, pulire una stanza, rammendarsi un vestito…. Qualunque cosa»
Il re batté le palpebre.
«Se puoi fare tutto questo… perché avete gli Elfi Domestici?»
 
Hermione sembrò spiazzata, poi sorrise.
«Sai, saresti un grande testimone del C.R.E.P.A…. vorrei portarti a casa con me. Ottima domanda. Direi che molti maghi si sentono troppo superiori e importanti per rammendarsi i calzini. Ammesso che lo sappiano fare. Non tutti sono bravi con gli Incantesimi Domestici… il mio amico Ron, per dirne una, è un disastro»
«Ma… ha una bacchetta anche lui?»
«Caspian, avere una bacchetta non significa essere un mago capace»
«È solo che…sembra tutto così facile. Così potenzialmente…possibile»
«Lo so, ma avere una bacchetta magica non è la soluzione ai problemi del mondo. È per questo che viviamo nascosti dai babbani… Immagina come reagirebbero al pensiero della magia!»
«Ammetti che è un’idea tentatrice…»
«Tu di certo sembri più tentato che spaventato»
«Sono affascinato…»
«Ma non mi ridarai la mia bacchetta»
Lui esitò.
«Non posso, Hermione. Davvero. Se dipendesse da me… ma ho delle responsabilità che non posso trascurare»
«Tu non ti fidi di me» constatò lei in tono piatto.
«Non è vero» rispose subito lui.
Seguì un attimo di silenzio in cui Hermione studiò gli occhi neri di lui: la luce della torcia, così vicina e intensa, li faceva sembrare ancora più scuri.
«Pensi che io potrei usarla per fare del male a qualcuno?»
«No, certo!»
«Pensi che potrei fare del male a te?» lo incalzò lei.
«Non essere assurda! No che non lo penso!»
«E quindi?»
Lui sospirò.
«Ascolta, hai visto cosa è successo nel bosco. Per quanto io possa essere affascinato dalla magia e sicuro che tu sei buona, ti immagini cosa succederebbe se ti ridessi la bacchetta e i miei consiglieri ti vedessero fare magie in giro per il castello?»
«Non farei magie in giro!»
«Allora la bacchetta non ti serve» concluse lui, soave.
 
Hermione lo fissò, truce, ma tutto quello che ottenne fu di strappargli un sorriso.
«Ascolta, Hermione: gli altri non ti conoscono come me. Non capirebbero e lo sai bene»
Lei rifiutò di assentire di fronte a quella logica.
«È una cosa stupida, retrograda e idiota!» si infiammò «E se tu solo volessi…»
«Cosa? Avere qualcuna che mi rammenda i calzini?»
L’occhiataccia di Hermione fu un capolavoro di disprezzo.
La ragazza si voltò di scappo e fece per allontanarsi, ma lui la afferrò per un braccio.
«Ehi, piccola, senti…»
«Non chiamarmi piccola!» ruggì lei, sempre dandogli le spalle.
Caspian sorrise e la tirò più vicina a sé, dolcemente ma con fermezza.
Quando lei tentò di opporsi, lui strinse la presa sul braccio, facendole inequivocabilmente capire che non aveva possibilità di opporsi.
«Guardami» mormorò.
Lei rimase testardamente girata, come lui sapeva benissimo che avrebbe fatto.
 
Il re sorrise ancora, stupito di come quella ragazzina caparbia sapeva divertirlo, intrigarlo e lasciarlo anche ammirato per il suo coraggio e la sua caparbietà, insieme.
Ma lui ormai la conosceva e sapeva come trattarla.
In silenzio si chinò su di lei, sempre di spalle, e avvicinò il viso al suo orecchio: Hermione se ne accorse solo quando sentì la sua voce mormorare tra i suoi capelli:
«Bu!»
 
Hermione reagì con un urlo di paura che avrebbe potuto risvegliare i morti.
 
Caspian rise così di gusto che dovette appoggiarsi al muro.
«Non è divertente!» urlò lei «Sei un…un troll maleducato e…»
Il re stava praticamente singhiozzando, così forte da lasciarsi scivolare la torcia di mano, per cui lei giudicò inutile cercare le parole per completare la frase.
Si voltò e mosse qualche passo rabbioso e svelto verso l’interno della caverna, quasi alla cieca per via della bassa luce offerta dalla torcia caduta, che si stava spegnendo.
 
E fu così che cadde.
 
 
L’urlo di paura di Hermione, così diverso dallo strillo isterico di poco prima, riportò bruscamente Caspian alla realtà.
Si allontanò dal muro nel secondo esatto in cui la torcia, rotolando piano, si spense del tutto.
Il re imprecò e, a tentoni, la cercò sul pavimento.
«Hermione!» urlò, nel buio.
 
Niente.
 
«Hermione!» urlò più forte, muovendo le mani freneticamente.
Non ebbe risposta, ma in compenso la trovò.
 
Eccola.
Ecco la torcia.
 
Nel silenzio assordante, il sovrano estrasse dal giustacuore la pietra focaia e cercò di riaccendere la torcia.
Non ci riuscì al primo colpo, imprecò più forte, riprovò.
Appena la fiamma si riaccese scattò in avanti, ma il suo cuore perse un colpo.
 
La terra era smossa come la ricordava e, fin dove la torcia riusciva a scacciare le tenebre, si vedevano pietre franate e terra smossa.
Il pavimento era una distesa di massi e crepe.
«Hermione!» gridò, cercando di aguzzare la vista.
E, finalmente, sentì un flebile richiamo in risposta.
 
Cercò di muoversi più in fretta che poteva, senza rischiare di finire anche lui in un crepaccio.
La voce di lei lo attirò verso una spaccatura del terreno abbastanza ampia, che si rivelò essere anche discretamente profonda.
Chinatosi a terra, Caspian abbassò la torcia il più possibile, esplorando con lo sguardo il crepaccio.
 
Non era profondissimo, decise.
Un salto di un paio di metri, forse qualcosa di più.
Poteva anche rischiare di calarsi così, ma…
Rifletté velocemente, mentre parlava:
«Hermione, come ti senti?»
«Non…» balbettò lei, cercando di alzarsi.
 «Ferma, non muoverti! Mi hai capito? Dico davvero, stai ferma! Scendo io a prenderti!»
Il re si alzò in piedi con un movimento fluido.
Lei era cosciente, ma non poteva rischiare di farla arrampicare, decise.
«Hermione, prendo una corda e vengo a tirarti fuori, ok?» gridò «Aspetta un secondo!»
«Non…Non lasciarmi qui!» gemette lei, debolmente.
«No che non ti lascio qui!» lui addolcì il tono «Vengo a prenderti in un attimo. Stai lì buona!»
 
Alla massima velocità possibile, il sovrano guadagnò l’uscita.
Accecato dalla luce forte del sole, batté le palpebre un paio di volte mentre già correva verso Destriero.
Per fortuna, una fune e un coltello erano sempre presenti nella borsa legata alla sella.
In men che non si dica, Caspian rientrò nella Casa di Aslan.
Cercò di muoversi in fretta, malgrado il buio.
Non diede quasi tempo agli occhi di abituarsi alla penombra, tanto che macchie di luce gli danzarono davanti agli occhi.
Riprese la torcia e la fissò a un supporto nel muro.
No, non andava bene: la luce non arrivava a rischiarare la cavità in cui era caduta Hermione e lui non poteva rischiare di muoversi alla cieca.
Caspian perse qualche minuto per assicurare la torcia alle rocce, in modo che non cadesse e non si spegnesse lasciandoli nel buio, poi fissò la corda a un masso sporgente, ne lasciò cadere un’estremità nel crepaccio e si calò piano attraverso la fenditura del terreno.
 
Nello spazio angusto che si era creato nel crepaccio, Hermione era semidistesa sulla terra e tentava di puntellarsi su un gomito.
La luce era scarsissima: quella della torcia baluginava in alto, lontana, e da buchi del terreno filtrava debolmente del chiarore.
Il re toccò terra rapidamente e si inginocchiò vicino a lei, cercando di non urtarla.
Veloce e deciso, le passò le mani sulle braccia, sulle gambe e sul torace, ignorando le deboli proteste di lei, per assicurarsi che non si fosse rotta qualcosa.
«Tutto a posto, credo… non dovresti esserti rotta niente» disse.
 
In quel momento, Caspian si accorse che gli tremavano le mani.
Prese un respiro e si impose di calmarsi, sedendosi vicino alla testa di lei.
«Ah, bene» stava dicendo intanto Hermione «È stato un intermezzo divertente, nulla di che… magari lo faccio più spesso…»
Lui sorrise debolmente.
«Se non altro, il tuo spirito indomito non ha risentito della caduta»
Lei scosse la testa e fece per sollevarsi, ma lui la fermò.
«Ferma, non muoverti!»
«Ma sono scomoda, ammaccata e…»
«Senti, Hermione, ora stai ferma e buona e aspetti un momento prima di muoverti…»
Lui aveva alzato la voce e lei lo imitò subito:
«Senti tu, piuttosto: io non ho dodici anni e tu non puoi dirmi cosa fare e cosa no! Volermi mettere seduta non fa di me un’irresponsabile e…»
«Scappare al buio in un posto pieno di crepacci fa di te un’irresponsabile! Da una dodicenne mi aspetterei più cervello!»
«Senti, accidenti di un narniano… io a dodici anni sono stata pietrificata da un basilisco, mentre tu ti sollazzavi con i tuoi cavalli, ci scommetto! Non venire a dirmi…»
Hermione si mosse di scatto, nella foga della discussione, ma il movimento brusco del capo le provocò le vertigini, per cui annaspò e allungò una mano per sostenersi.
Lui immediatamente si protese in avanti e la prese in braccio.
 
In un secondo, scese il silenzio.
 
Caspian se la sistemò meglio tra le braccia e la sollevò a sedere, facendola appoggiare al suo petto.
Quindi, con un tono di voce molto più calmo, disse:
«Scusa… Non volevo farti sedere perché temevo ti fossi fatta male alla schiena e in quel caso muoversi è pericoloso»
«Lo so» mormorò lei in risposta «Ma riesco a muovere gambe e braccia, ho provato prima, per cui lo escluderei…»
Il re rise debolmente.
«Sei anche un’esperta di medicina?»
«Nozioni base di pronto soccorso: dovrebbe averle chiunque con un minimo di cervello…»
Hermione si interruppe di colpo, quando lui posò delicatamente una mano sul suo collo per tastarlo leggermente.
«Ti fa male?» chiese, premuroso.
Lei rispose negativamente, realizzando in quell’attimo quanto fossero vicini e grata per il buio che nascose il suo rossore improvviso.
Era tra le braccia del re e il profumo di lui – un misto di pelle, cuoio, erbe fresche e un vago odore di cavallo – improvvisamente sembrò saturare l’anfratto.
Lei respirò a fondo e socchiuse gli occhi.
«Ho solo un gran mal di testa» mormorò.
Caspian le fece poggiare la testa sulla sua spalla e Hermione trattenne appena in tempo un sospiro.
Il re le accarezzò i capelli.
«Mi spiace» disse «Hai battuto la testa?»
«Ho battuto tutto» brontolò lei.
«Fortuna che hai la testa dura, così non corri rischi» scherzò Caspian.
«Divertente» bofonchiò lei in risposta.
Ma, inaspettatamente, lui la strinse più forte.
«Mi hai fatto spaventare, davvero» mormorò, piano.
 
Hermione sgranò gli occhi.
Il tono di lui era così…. Sincero. Preoccupato. E dolce.
Incredibilmente dolce.
 
Lei si mosse, confusa e un po’ dolorante, ma Caspian si limitò ad aspettare che lei si sistemasse comodamente prima di appoggiare la schiena contro la parete di roccia e stringerla a sé.
Lei esitò solo un attimo, poi voltò un po’ la testa e posò la guancia sul petto di lui.
 
È così alto – fu il suo primo pensiero, seguito subito dopo da:  che cretina che sono.
 
Caspian riprese ad accarezzarle i capelli, in silenzio, ed Hermione, assurdamente, si sentì all’improvviso euforica.
Per un po’ rimasero in silenzio.
Hermione si lasciò cullare dal battito del cuore di lui, forte e regolare, e quasi non si accorse che gli stava stringendo la camicia nel suo pugno.
«Hermione» mormorò lui, dopo un po’ «Davvero sei stata… pietrificata da un basilisco?»
Lei annuì, trasognata, e gli raccontò della Camera dei Segreti e di quello che era successo a Hogwarts durante il suo secondo anno di scuola.
«C’era un basilisco che strisciava…nei muri?» esclamò lui «Ma com’è possibile?»
«Nelle tubature, non nei muri» corresse lei.
«Cosa sono le…»
«Ah, sono dei…tubi… lo sai cosa sono i tubi? Mmm…» Hermione faticava a riportare i pensieri su qualcosa che non riguardasse la sensazione di essere tra le braccia di lui «Sono tipo… degli involucri di materiale impermeabile che servono a condurre l’acqua nei bagni, nelle cucine…»
«Accidenti» mormorò lui «Quindi nessuno da te gira con secchi pieni d’acqua?»
«No. Noi apriamo un rubinetto e l’acqua scorre, semplicemente»
Lui appoggiò il capo all’indietro, contro la parete.
«C’è così tanto, del tuo mondo, che vorrei vedere…»
«Dovresti venire» disse lei, d’impulso «Fare uno scambio culturale… Insegnare qualcosa di Narnia e vedere come esiste la magia in altri mondi…»
 
 
Per un attimo, Hermione si concesse di sognare ad occhi aperti: Caspian ad Hogwarts.
Tra i suoi amici, nella sua scuola.
Caspian che frequentava le sue lezioni e che giocava a Quidditch.
Di certo sarebbe stato un Grifondoro, come dubitarne?
Così fiero, così coraggioso, così cavalleresco… le doti perfette per essere uno di loro.
Sarebbe stato popolarissimo a scuola, gentile com’era, e sarebbe stato il sogno di metà della popolazione femminile di Hogwarts.
E… chissà se, tra tutte, avrebbe preferito lei.
Dopo la loro conversazione notturna in giardino, Hermione aveva cercato di imbrigliare le sue recalcitranti fantasie su quel giovane alto e moro e di dirottarle verso sentieri più possibili e consoni.
Caspian era re e apparteneva ad un altro mondo, ma soprattutto era quello che si poteva tranquillamente definire un figo da paura.
Probabilmente, nel suo mondo, si sarebbe messo con una altrettanto figa, una come Fleur Delacour.
Con una fitta d’angoscia, Hermione pensò alla bellezza di Lilliandil.
Quella era una bellezza giusta per fare da contraltare a quella bruna e calda di lui.
Eppure… a Caspian non piaceva Lilliandil.
Non era solo bello, era anche un ragazzo intelligente, onesto e razionale.
E responsabile.
E gentile.
E affascinante.
 
Con una fitta d’angoscia, Hermione si chiese se la sua  sciocca cotta non avesse assunto le proporzioni di un inopportuno, imprevisto, assurdo, immotivato e indesiderabile innamoramento folle e totale per il re di Narnia.
 
 
Stava riflettendo con sgomento su quella prospettiva – che si poteva benissimo leggere in un altro modo: lei che si faceva spezzare il cuore senza rimedio – quando lui rispose:
«Non sai quanto lo vorrei… ma purtroppo il mio posto è qui»
Lei faticò un momento per riportare la mente sulla loro conversazione.
«Ah. Certo»
Cadde di nuovo il silenzio, poi lui propose:
«Te la senti di provare a metterti in piedi? Non vorrei si spegnesse la torcia: risalire al buio sarebbe più complicato»
Lei annuì e, a malincuore, si staccò da lui.
Ma Caspian si alzò con un movimento fluido e le tese entrambe le mani.
«Alzati piano…»
Lei annuì, imbarazzata per la sua goffaggine, ancora più evidente se paragonata alla grazia di lui.
Ma, quando fu in piedi, barcollò e gemette.
Caspian la riprese al volo tra le braccia.
«Che c’è?»
«La caviglia» ansimò lei, appoggiandoglisi pesantemente contro.
 
Lui non esitò un secondo: si voltò e le disse di passargli le braccia attorno al collo.
«Tieniti forte: ti porto su io»
«Ma…» tentò di obiettare lei, prima che lui afferrasse saldamente la corda e accennasse ad arrampicarsi.
A quel punto, non le rimase che stringersi forte alla sua schiena e, in un attimo, lui si sollevò aiutandosi con la corda.
Come se fosse la cosa più facile del mondo, come se non avesse anche il peso di lei sulle spalle.
Hermione, che era una studentessa tanto brillante quanto poco agile, non fece in tempo a meravigliarsi per quella prova di forza e abilità che lui l’aveva già fatta sedere su un masso, vicino alla torcia, e le stava sfilando lo stivale.
«Che fai?» chiese, senza fiato.
«Controllo che tu non ti sia rotta una caviglia»
Ma sembrava tutto a posto: la caviglia era gonfia, ma non rotta.
Accovacciato sui talloni davanti a lei, Caspian si sfilò la camicia.
Hermione sgranò gli occhi.
«Che…ehm…che succede?»
«Te la fascio. Non devi appoggiarci il tuo peso: non è rotta ma non devi sforzarla»
Il re strappò delle strisce di stoffa dalla camicia e la bendò strettamente.
«Vorrei avere del ghiaccio» mormorò.
 
Vorrei avere la forza di non saltarti addosso! – pensò invece lei, occhieggiando il suo petto nudo e completamente dimentica del dolore alla caviglia.
Quando ebbe finito, Caspian si appoggiò sui talloni e guardò Hermione, tanto che il cuore della ragazza perse un battito.
«Ti prego, perdonami» mormorò il re.
Lei batté le palpebre.
«Ehm… per cosa?»
Lui la fissò, dolente.
«Mi prendi in giro? Sono stato un vero idiota, prima, e tu hai rischiato di farti veramente male. Scusami»
«Oh…è anche colpa mia. Non dovevo allontanarmi nel buio, mi avevi detto di stare attenta. È che a volte agisco d’impulso…»
«D’impulso, eh?» Caspian le lanciò un’occhiata da sotto le ciglia folte «Mi hai fatto prendere un colpo!»
Lei sorrise.
«Scusami»
Gli tese una mano, spontanea, e lui, lasciandola senza parole, la prese e la baciò sul palmo.
Mentre lei lo fissava senza fiato, lui si alzò e la sollevò tra le sue braccia.
«Andiamo: ti riporto al castello»
 
Hermione ci mise un paio di secondi a ricordare dov’erano, soprattutto perché lui era ancora senza camicia.
La sua pelle pareva scottare.
«Aspetta!» esclamò all’improvviso, tornando sulla terra «Voglio vedere la Casa di Aslan!»
«Non hai visto abbastanza, per oggi?»
«Ho visto un crepaccio, veramente, e nient’altro. Dai, ti prego…»
Lei sapeva di non essere una di quelle ragazze smorfiose e capaci di convincere i maschi a fare quello che volevano con un semplice battito di ciglia: le sue armi erano l’intelligenza e la ragionevolezza, da sempre.
Per cui si stupì non poco quando Caspian, senza che lei insistesse, si voltò verso l’interno della costruzione.
«Per favore, puoi reggere tu la torcia?» chiese, semplicemente.
 
Procedettero lentamente verso l’interno della Casa di Aslan e, dopo il primo tratto completamente rovinato, Hermione poté ammirare una enorme stanza circolare, ricavata nella pietra.
Si rese però veramente conto delle dimensioni del luogo quando Caspian si abbassò per consentirle di posare la torcia su un braciere: come per magia, il fuoco si propagò in un cerchio di fiamme.
Il braciere era enorme e costeggiava le mura perimetrali.
Di fronte agli occhi sgranati di Hermione la pietra rivelò i suoi segreti: i bassorilievi che ornavano le mura raccontavano la storia di Narnia e del suo signore, Aslan.
Caspian, sempre reggendola tra le braccia, le mostrò alcuni passaggi, unendo la sua voce al racconto delle immagini.
 
Era meraviglioso: come una stupenda biblioteca incisa nella pietra, silente e disponibile solo per loro due, unici esseri umani in un luogo senza tempo.
 
E, con una sicurezza totale, Hermione disse:
«Questo posto ha conosciuto la magia»
«Come lo sai?» mormorò il re.
«Lo sento» rispose lei, convinta.
Voltò la testa verso la parte sinistra della sala e Caspian, obbedendo a una sua muta richiesta, la portò verso quel lato.
Imboccò con passo sicuro un corridoio e poi la depose delicatamente su una enorme pietra, per sedersi poi accanto a lei.
«Questa è la pietra del sacrificio di Aslan» mormorò «E quello era lo specchio da cui mi è apparsa la Strega Bianca»
 
Hermione si voltò di scatto.
Dello specchio non rimaneva nulla, solo frammenti polverizzati a terra.
Esisteva però ancora la cornice, un’elaborata struttura in pietra e legno, imponente e barocca.
 
Quanto vorrei avere la mia bacchetta.
Il pensiero attraversò fulmineo la mente di Hermione.
Cosa poteva fare, senza?
Non riusciva nemmeno a camminare… e comunque, non doveva insospettire Caspian.
Ma era così frustrante starsene lì, seduta, a osservare con occhi spenti… il nulla.
Non c’era niente da vedere, solo una cornice vuota.
Hermione non sapeva cosa aspettarsi… ma quello era decisamente deludente, decise.
Si voltò verso il re e lo vide fissare a occhi sgranati la cornice.
Lo chiamò per nome e lui sembrò risvegliarsi bruscamente da un sogno a occhi aperti: batté un paio di volte le palpebre e sembrò metterla a fuoco con un certo sforzo.
«Raccontami di questo incontro con la Strega»
Lui prese fiato, esitante.
«Ero seduto proprio qui, dove sei tu, perché avevo litigato con Peter, di nuovo… Miraz incombeva su di noi con un esercito mostruoso e tutto sembrava così difficile… e poi sono arrivati questo nano e questa strega orribile, vecchia, cadente… mi hanno parlato della Strega Bianca, mi hanno promesso che lei mi avrebbe aiutato.. e poi lei è comparsa, dietro lo specchio. Era… bellissima. Paurosa. Mi ha detto che c’era il modo di risolvere tutto, che la soluzione era a portata di mano e dovevo solo liberarla. Ma io mi sono opposto… allora la strega mi ha imprigionato, aveva una forza mostruosa… e il nano mi ha tagliato la mano per prendere il mio sangue…»
Hermione lo aveva ascoltato in silenzio, incoraggiandolo a raccontare, ma a quel punto chiese:
«A questo punto voleva prenderti il sangue?»
«Sì, ma… non c’è riuscita perché è arrivato Peter, ma lo voleva. Perché?»
«Il sangue è un elemento potentissimo nelle pozioni e negli incantesimi» rispose lei, sovrappensiero «Mi fai vedere dove ti hanno ferito?»
Lui le tese la mano destra, con il palmo verso l’alto.
Lei la prese tra le sue e vide il segno di un taglio, ormai una pallidissima cicatrice, attraversare il palmo in tutta la sua lunghezza.
Lo sfiorò dolcemente con l’indice e lui non si ritrasse.
«Quando Voldemort è tornato in possesso del suo corpo» disse lei, all’improvviso «Ha usato il sangue di Harry per la pozione. Sangue di un nemico… un elemento vitale e potente. Forse la magia, a Narnia, non è poi così diversa da quella del mio mondo»
 
Il re la osservava ad occhi sgranati.
Hermione sospirò e gli lasciò la mano.
Si guardò ancora attorno, preoccupata.
Quell’elemento del sangue l’aveva inquietata.
Ma, a ben pensarci, forse non era così strano… la magia, dopotutto, era una materia.
Una disciplina.
Lo studio e la ricerca portavano di certo a dei punti comuni e il sangue umano era un elemento catalizzatore, di certo: era così strano che la Strega Bianca lo volesse?
Che incantesimo intendeva usare?
Lo stesso che Voldemort aveva usato per risorgere?
 
Hermione sospirò, frustrata.
«Caspian… Caspian?»
Lo chiamò perché lui stava ancora fissando la cornice, ipnotizzato.
Quando si voltò verso di lei, la ragazza gli vide nello sguardo un bagliore nuovo, verdastro, gelido.
Per un momento le si bloccò il respiro, mentre pensava alle parole di Drinian.
Sbarrò gli occhi, ma fu un attimo.
Il re batté le palpebre e chiese:
«Hai freddo? Stai tremando»
I suoi occhi erano di nuovo scuri e caldi: gli occhi di Caspian.
Lei annuì lentamente.
«Sì…è freddo, qui»
«Andiamo? O vuoi vedere altro?»
«No, grazie…torniamo al castello»
Il sovrano la prese nuovamente fra le braccia e lei gli strinse le sue al collo.
In silenzio, lui si diresse verso l’uscita.
Hermione studiava il suo profilo nella luce calda proiettata dal fuoco, che disegnava grandi ombre di loro sulle pareti.
Sembrava il solito Caspian.
Ma… cos’era stato quel riflesso?
Una sua suggestione?
Uno scherzo della luce?
 
Nessuno dei due aprì bocca fino a quando non furono alla luce.
Caspian sistemò Hermione su un masso, al sole, e rientrò nella Casa di Aslan per spegnere il fuoco.
Lei, alla luce, cercò di calmarsi e di pensare razionalmente.
Richiamò alla memoria tutto quello che aveva letto nei libri e che Ginny Weasley le aveva raccontato della possessione di Voldemort.
Non era un argomento di cui la sua amica parlava volentieri, ma da quello che aveva saputo le sembrava che le situazioni fossero molto diverse.
Innanzitutto, Ginny aveva dei buchi di memoria di ore: non sapeva dov’era andata, non ricordava cosa aveva fatto, ignorava come era arrivata da un posto all’altro.
Caspian era sempre circondato di gente, non aveva dato segnali preoccupanti e non si era messo a vagare come un sonnambulo per Cair Paravel.
Era nervoso e irascibile… ma in fondo era sotto pressione: un re giovane, con tante responsabilità, con tanti doveri… era così strano che fosse nervoso?
 
Hermione si mordicchiò pensosa un’unghia e considerò il problema da un altro punto di vista.
Drinian non le era sembrato un visionario allarmista, Cornelius neppure.
Se loro si preoccupavano, avevano dunque ragione?
 
In quel momento, Caspian uscì dalla Casa.
Camminò verso di lei, illuminato dalla luce del sole, e la ragazza lo studiò attentamente.
Sembrava proprio lui.
 
Malgrado questo, quando lui si chinò per prenderla in braccio, lei gli prese il viso tra le sue mani e fissò gli occhi nei suoi.
«Che succede?» sorrise lui, divertito.
«Mmm… niente» mormorò Hermione, fissandolo attentamente.
 
Effettivamente, gli occhi di lui erano normali.
Cioè: non normali ma bellissimi e inusuali, ma come sempre.
Allora…
 
 
Ma il cervello di Hermione si svuotò in una frazione di secondo di ipotesi e congetture, perché in quel momento Caspian annullò la distanza tra loro e posò le labbra sulle sue.

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Capitolo 19
*** Il bacio ***


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Hermione era stata baciata solo una volta, nella vita: da Victor Krum.
 
Ed era stato carino.
Krum era più grande, era gentile e lei gli piaceva molto: lo aveva sempre reso chiaro.
Lei non si era innamorata di lui, ma era stato bello essere corteggiata da un ragazzo gentile, che in lei non vedeva l’amica fidata, o la compagna di banco brava che ti serviva per copiare i compiti, o la compagna di scuola precisa, discreta e ottima confidente.
Krum aveva visto Hermione e questo a lei era piaciuto molto.
E la sera del Ballo del Ceppo – la prima serata in cui si era sentita davvero carina e affascinante – lui l’aveva baciata.
E Hermione aveva ricambiato il bacio.
Il suo primo bacio.
Era stato giusto il momento e adatta l’atmosfera, ma nulla di più.
Per questo, lei aveva scoraggiato ulteriori tentativi di lui nei giorni seguenti.
Comunque, il primo bacio c’era stato ed era stato un primo bacio non male.
 
 
Ma “non male” era lontano galassie intere da quello che stava provando ora.
 
Caspian aveva catturato le sue labbra con una voracità che la timida Hermione non pensava neppure esistesse e le aveva preso il capo fra le mani, come per trattenerla.
Come se lei potesse avere la tentazione di spostarsi.
Senza neppure un pizzico di esitazione, la ragazza rispose al bacio: senza riserve, senza pudore e senza paura alcuna.
Quando Caspian si staccò impercettibilmente da lei, ebbe un fremito e passò le braccia attorno alle spalle larghe di lui, stringendolo forte.
Ma il re non si stava allontanando, si era interrotto solo per mordicchiarle dolcemente il labbro inferiore.
A Hermione sfuggì un sospiro e rafforzò la stretta sulla pelle di lui, che era ancora senza camicia.
Fece scorrere timidamente le mani sulla schiena nuda, apprezzando il profilo dei muscoli guizzanti sotto le mani.
Lui gemette, piano, provocandole uno strano senso di euforia al pensiero di essere capace di provocargli piacere solo sfiorandolo.
A quel punto, Caspian dischiuse le labbra e la sua lingua cercò e stuzzicò quella di lei, dapprima dolcemente e poi più audacemente.
E il battito di Hermione accelerò, fuori controllo.
Era stupendo.
Lui  era stupendo.
Rispose al bacio lasciandosi guidare, con la stessa passione di lui.
Quando Caspian la prese tra le braccia, lei gli passò un braccio attorno al collo e fece scivolare l’altra mano sul petto di lui, accarezzandolo con reverenza.
Stavolta, il gemito di lui fu più forte.
La baciò con più fame, con desiderio.
E lei rispose allo stesso modo.
 
Quando si separarono, entrambi ansimavano ma Hermione si sentiva la persona più felice di Narnia, della Terra e degli altri mondi che – eventualmente – potevano esistere.
Aprì piano gli occhi e vide che lui aveva ancora le palpebre socchiuse.
Dolcemente gli sfiorò i capelli con una carezza e gli prese il viso tra le mani.
Stava sorridendo, quando lui aprì di colpo gli occhi, la guardò per un secondo, poi la posò di nuovo sul masso e abbassò lo sguardo, mormorando:
«Accidenti…io…scusami…»
 
Il cuore di Hermione sprofondò.
Scusami?
Per cosa? Per la cosa più bella del mondo?
Che cavolo si doveva rispondere a uno che ti diceva “Scusami” dopo un bacio del genere?
Nessuno dei suoi libri glielo aveva mai rivelato, per cui Hermione balbettò un “Nulla” poco convinto e abbassò lo sguardo sulle sue mani, in grembo.
Seguì un minuto di pesantissimo silenzio, dopo il quale il re fece un cenno poco convinto verso il cavallo, schiarendosi la voce:
«Eh…ehm…se…»
«Hum, sì…» balbettò lei, arrossendo.
 
Stava succedendo qualcosa di terribilmente stupido e sbagliato: cos’era quell’imbarazzo?
E perché mai, per tutte le rane saltellanti, Caspian si era diretto verso il cavallo mollandola lì?
Hermione deglutì e si appellò alla sua forza d’animo per schiarirsi le idee, poi si sollevò in piedi esitante, da sola.
Accennò un passo, ma la caviglia le faceva proprio male, per cui barcollò e si mantenne in piedi a stento.
Il sovrano lanciò un’occhiata alle sue spalle e, vedendola in palese difficoltà, tornò sui suoi passi.
Tese le braccia per prenderla e i loro occhi si incontrarono: quelli di lei colmi di stupore e quelli di lui di imbarazzo.
Entrambi arrossirono, ma comunque lui la sollevò di peso e la portò verso Destriero.
Fece il breve tragitto praticamente in quattro passi: per non tenermi in braccio, pensò lei, sgomenta.
Del resto, lui era ancora a petto nudo.
Evidentemente la consapevolezza che avrebbero cavalcato con solo la stoffa della camicia di lei a dividerli si fece strada in entrambi perché Hermione arrossì come uno dei Fuochi d’Artificio Weasley più rossi e Caspian si affrettò ad infilare il giustacuore, anche se la situazione non cambiava poi di molto, perché aveva comunque le braccia e il petto esposti.
Salì a cavallo, prese le briglie tentando di evitare il più possibile che le sue braccia la sfiorassero e toccò con i talloni Destriero: fu la cavalcata più lunga, silenziosa e difficile di sempre.
 
*
 
Eppure il viaggio di andata era stato così piacevole.
Hermione ormai era passata dallo stupore, allo sgomento, alla rabbia più fosca.
Come osava quel cretino trattarla così?
Buon per lui che non aveva la bacchetta, perché come minimo gli avrebbe lanciato una Fattura Orcovolante.
Come osava baciarla come un assetato che cerca l’acqua e poi ignorarla così?
Era idiota, allora!
Certo, era un maschio… quando mai i maschi facevano cose razionali?
Ma perché lei incappava sempre in degli idioti cerebrolesi?
Ma perché era entrata in quel dannato armadio, era finita a Narnia e aveva conosciuto quello stramaledettissimo re?
Perché, perché, perché?!
 
 
Caspian non stava meglio di lei.
Cercava di ignorare il fatto che il fianco di Hermione premeva contro il suo petto nudo praticamente ad ogni passo del cavallo… ma come faceva ad ignorare il fatto che lei sedeva tra le sue gambe aperte?
E poi aveva un profumo così tentatore… ma lo aveva sempre avuto?
Sospirò e gli caddero gli occhi sul profilo del seno di lei.
Dannazione.
Fissò subito la strada, ma sentì una contrazione al basso ventre.
Ma che diavolo gli stava succedendo, per Aslan?
Lui non era tipo da baciare una donna preso dalla passione e poi sentirsi in colpa come uno scolaretto imbelle.
Che poi, aspetta… quale passione?
Si stava parlando di Hermione!
Le lanciò una cauta occhiata e quello che vide gli provocò una stretta al cuore.
 
Lei gli piaceva.
Gli sembrava davvero molto, molto carina, con quei capelli ribelli, il nasino dritto e le lentiggini.
E quelle labbra carnose.
No, no, aspetta.
Ma da quando era così carina?
Quando si era trasformata da spiritoso folletto studioso in quella ragazza che gli sedeva in grembo, così femminile, così….desiderabile?
Accidenti a Cornelius che gli aveva instillato idee folli in testa!
Non che lui fosse suggestionabile, chiaro: i suoi consiglieri cercavano da tempo di spingerlo verso Lilliandil e lui aveva sempre reagito come un pezzo di marmo… e ora? Che diavolo gli succedeva?
Solo a sfiorare Hermione si sentiva avvampare.
Desiderava baciarla di nuovo, stringerla, toccarla.
Toccare la pelle di lei, sfilarle gli abiti.
Il re chiuse gli occhi e trattenne un’imprecazione.
Che aveva combinato?
L’aveva vista lì, così assorta e concentrata, e l’aveva colto un desiderio folle di baciarla.
E non aveva aspettato di analizzare la cosa: si era tuffato subito su quelle labbra invitanti.
Lui, che non desiderava una donna da quando aveva visto Susan Pevensie per la prima volta.
Lui, che aveva rifiutato donne dal momento della sua salita al trono.
Che si innervosiva solo a sentire la parola “matrimonio”.
 
Calmati, non c’è niente di male a desiderare una donna – si ripeté.
Quello era poco ma sicuro.
Certo, magari poteva sorgere il dubbio su come mai, tra tutte e compresa la sfolgorante Lilliandil, lui all’improvviso si ritrovava ora con il fiato corto, di fronte a quella che, a colpo d’occhio, gli era parsa una bambina.
Per Aslan, sto impazzendo!
 
 
Mai la vista di Cair Paravel fu più gradita, a nessuno dei due.
Ovviamente, per la legge della fortuna, c’erano un sacco di persone riunite nel cortile al momento del loro arrivo, che poterono ammirare il re mezzo svestito, la strana ragazza arrivata da un mondo lontano zoppa e irascibile e un cavallo affaticato.
Lilliandil, affascinante in tenuta da amazzone, osservò con occhi sgranati Caspian scendere da cavallo con un viso a dir poco scuro e – cosa ben più rilevante – senza la camicia; sollevare dalla sella una Hermione che guardava ostinatamente da un’altra parte e passarla tra le braccia di uno stalliere.
A quel punto sì che lei gli rivolse un’occhiata di sommo disprezzo.
Poi girò il capo, naso per aria, e non rispose nemmeno a una frase del re.
Lo stalliere la portò in braccio nel castello e la stella si mordicchiò nervosamente il labbro.
Aveva sperato di convincere Caspian a cavalcare con lei, ma chiaramente la maledetta piccola intrigante era arrivata per prima ed erano stati fuori, insieme, per buona parte del giorno.
C’è da dire che non sembravano essersi divertiti molto, a giudicare dalle loro facce… che però non spiegavano come mai lui era mezzo svestito.
Lilliandil non era stupida e sapeva di non potersi permettere di affrontare il sovrano sull’argomento.
Soprattutto, non mentre lui imprecava contro gli stallieri, gli aiutanti, il cavallo e ogni persona che gli passava anche solo davanti.
Rimase quindi al suo posto, sorridendo speranzosa all’indirizzo del sovrano quando questi salì le scale di accesso al castello, ma tutto ciò che ottenne in risposta fu un secco cenno con il capo.
Represse un ringhio di rabbia e, una volta che lui fu sparito, si rivolse mielosamente a una delle serve, chiedendo a voce ben udibile che fosse preparato un bagno al suo caro sovrano, che amava tanto le attenzioni premurose di tutti loro.
La servetta sorrise, rapita da tante premure d’amore, e Lilliandil ringraziò con tono zuccheroso.
Poi, andò a cercare di scoprire che diavolo era successo tra Caspian e la ragazzetta dai capelli crespi.
 
Ma fu inutile: Caspian si chiuse nelle sue stanze, rimandò indietro il pasto e rifiutò di vedere chiunque.
A trovare Hermione, invece, andarono il dottor Cornelius, Tartufello, Cora e un medico di corte.
L’unica cosa che Lilliandil riuscì a sapere fu che l’intrigante sapientona si era storta una caviglia, ma non era nulla di grave.
Peccato – pensò, stizzita  – se si fosse rotta una gamba, almeno non sarebbe venuta al ballo del Solstizio d’Estate. Invece me la ritroverò anche lì, ci scommetto.
 
 
Non che il ballo fosse tra i pensieri di Hermione, al momento.
 
La caviglia non era rotta, ma era l’unica buona notizia.
Tartufello le portò delle bacche e le fece tanta compagnia strepitando: normalmente, lei lo avrebbe molto apprezzato, ma in quel momento era talmente furiosa e delusa che le dava solo ai nervi.
Si impose comunque di sorridere e ringraziare, ma tra le domande preoccupate di Cornelius, i rimproveri di Cora e le esclamazioni del tasso rischiò seriamente di esplodere come uno Schiopodo Sparacoda e incenerire tutti.
 
Caspian non venne neppure a vedere come stava e questa fu la delusione peggiore.
Quando, finalmente, la lasciarono riposare tranquilla lei si lasciò cadere tra le lenzuola e rimuginò sul comportamento di lui.
Ricordava il suo stato d’animo al momento del suo arrivo a Narnia, ma Ron sembrava talmente lontano, talmente ragazzino se paragonato a Caspian, che le venne quasi da ridere.
Se quella era delusione… no, questa sì che lo era.
E pesante, anche, ma lei cosa poteva farci?
Certo che era brava con i libri e tutto, ma con i ragazzi era proprio negata.
Nemmeno sapeva come aveva fatto ad attrarre il re al punto che lui l’aveva baciata, ma tanto era già scappato, quindi a che pro porsi la domanda?
Complimenti, Hermione.
Una E in conquista amorosa.
 
 
Nelle sue stanze, Caspian percorreva a grandi passi il suo salotto, come un leone in gabbia.
Non voleva mangiare, non voleva dormire, non voleva vedere nessuno e tantomeno voleva il bagno che gli aveva ordinato Lilliandil.
Chi accidenti credeva di essere, quella, per ordinare qualcosa per lui?
Sua moglie?
Bè, si sbagliava di grosso.
Tanto per dirne una, l’unica emozione che gli suscitava la stella era il desiderio di torcerle il collo… un desiderio ben diverso da quello che lo aveva messo sottosopra per quella ragazzetta testarda, impulsiva e simpatica che probabilmente era in camera sua, al momento.
Magari a letto, magari senza vestiti.
Caspian si buttò sul divano, per rialzarsi subito e ricominciare a camminare.
Cosa voleva?
Facile rispondere, anche troppo.
Voleva Hermione.
Per fare cosa?
Bella domanda.
Per sapere come stava.
Per guardarla.
Per capire cos’era quello strano fermento nel petto che gli provocava.
Per baciarla di nuovo.
 
Imprecò ad alta voce.
Molto meglio evitare di vederla, decisamente.
 
 
***
Buongiorno!
Ve lo aspettavate? Dite la verità: no, eh?! ;)
Scusate per il ritardo nell'aggiornamento: so che di solito posto di lunedì, ma avendo aggiornato venerdì scorso, ieri mi sono dedicata all'altra storia che sto scrivendo al momento
e che si intitola "Nothing Else Matters" (Ovviamente fandom Ben Barnes, per chi volesse darci un'occhiata:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2402160&i=1 ).
Mi resta solo da ricordavi la mia pagina Facebook (https://www.facebook.com/Joy10Efp), dove presto potrete vedere in anteprima il vestito per il Ballo del Solstizio che indosserà Hermione (non dimenticate che c'è un ballo alle porte!!), grazie alla bravura della mia gemella astrale, Susan!! <3
Buona lettura,
Joy

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Capitolo 20
*** Un regalo ***


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Il giorno dopo, svegliandosi, Hermione trovò un enorme mazzo di fiori insieme alla colazione.
 
Un’eccitatissima Cora – che palesemente non vedeva l’ora che lei si svegliasse per comunicarglielo – stava praticamente saltellando per la stanza, fermandosi ogni tanto solo per annusare i fiori.
«Buongiorno, cara» gongolò, di fronte alla faccia perplessa di Hermione «Indovina chi ti manda questa meraviglia?»
Di fronte al silenzio della ragazza emise un gridolino perplesso e pigolò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo:
«Sua Maestà!!»
 
Hermione non aveva mai ricevuto fiori da un ragazzo e provò una stretta di gioia pura allo stomaco.
Poi, però, si accigliò.
«Li ha portati lui?»
«No, cara, li ha fatti mandare dal giardiniere, ma sono così belli!»
Improvvisamente, Hermione sentì un desiderio folle di sbattere mazzo e vaso sulla bella testa mora del re.
Si lasciò ricadere tra i cuscini e ribatté seccamente:
«Rimandali indietro»
«Cosa?»
«Rimandali indietro!»
«Ma…Hermione…»
«Via! Non li voglio vedere!»
La donna aprì e richiuse la bocca, senza riuscire a dir nulla.
Poi prese il vaso e uscì mestamente.
 
 
Quando dissero a Caspian che Hermione aveva rimandato indietro i fiori, quella che era una riunione già poco interessante divenne improvvisamente intollerabile.
La faccia scura del sovrano aveva già scoraggiato i suoi consiglieri, ma a quel punto divenne chiaro che quel giorno non sarebbero state prese ulteriori decisioni.
Nessuno si stupì quando il re mormorò una scusa e si diresse alle scuderie.
 
Eppure, cavalcare non era una buona soluzione: continuavano a venirgli in mente ricordi del giorno prima.
Quasi non aveva dormito, preso com’era dal desiderio e dalla confusione.
Sospirò, restituì le briglie ad un perplesso stalliere e si diresse verso la sala d’armi per allenarsi con la spada.
Un po’ di esercizio fisico era quello che ci voleva.
 
Ma, dopo due ore di allenamento serrato, era ancora nervoso, confuso e irascibile.
Gettò via l’arma da allenamento, si scusò con i due soldati che aveva pesantemente malmenato e rientrò al castello.
Mentre faceva un rapido bagno gli venne annunciato l’arrivo del maestro Cornelius.
Caspian mise la testa sott’acqua, ma poi riemerse e annuì.
Ci mancava solo quello.
 
Quando comparve in salotto, debitamente vestito, l’anziano uomo era seduto in poltrona e il sovrano gli fece rapidamente cenno di non alzarsi.
«Buongiorno, signore» disse «Ditemi pure: cosa vi porta qui?»
«Maestà, volevo informarvi che ieri ho visto la piccola Hermione e che sta bene…»
«Lo so» rispose il re, mantenendo un’espressione neutra «Ho parlato con il medico di corte»
 
La piccola Hermione.
Hermione la tentatrice, magari.
 
«Ah» riprese l’anziano «Non lo sapevo, scusatemi… Pensavo che avreste voluto delle notizie…»
Caspian si accigliò.
«Certo. Ma le ho avute ieri, subito»
«Hum…Pensavo sareste venuto di persona a vedere come stava Hermione…»
Cornelius si accorse subito dell’irrigidimento della mascella del sovrano, che comunque rispose garbatamente:
«Sono stato fuori per gran parte del giorno per accontentarla. Mi spiace molto che si sia fatta male ma, saputo che non era nulla di grave, mi sono dedicato a questioni urgenti inerenti il regno. Non mancherò di farle visita, ovviamente».
 
Non che fossero i suoi piani, in realtà, ma cosa poteva dire?
 
«Non ho dubbi che vi comporterete nel modo più corretto, ragazzo caro» sorrise Cornelius «So che anche la piccola ne sarà felice»
«Perché?» chiese subito Caspian, maledicendosi poi per non essere stato zitto.
Non gli piacque affatto l’occhiata sorniona del suo maestro.
«Oh, ieri era così nervosa e irascibile… Un po’ come voi, perdonate… Pensavo solo che magari una vostra visita le farebbe piacere»
Il re colse subito le intenzioni dell’anziano e mise avanti le mani:
«Hermione è un’ospite…» iniziò.
«Certo» concordò l’altro.
«Ehm, sì…Volevo dire…» si incartò «Sarà sempre trattata con la cortesia dovuta agli ospiti…»
Cornelius parve perplesso.
«Voglio dire, le tributerò tutta la cortesia dovuta a un’ospite» si impuntò il re.
Per tutta risposta, ricevette un sorriso divertito.
«Anche Lilliandil è un’ospite, mio Re»
«Sì» rispose il giovane, prudente.
«Bene. Ora che ci siamo chiariti sulle persone che ospitate sotto il vostro tetto, mi permetto di farvi notare che la seconda non la portate a cavallo con voi, per altro mezzo svestito. Vi saluto, Maestà»
Ignorando il rossore sul viso del re, l’anziano uomo si rimise in piedi, si inchinò e uscì lentamente.
Caspian rimase a fissare la porta che si chiudeva, poi lanciò un cuscino dall’altra parte della stanza e marciò fuori dalla porta, furioso.
 
Arrivato davanti alla porta della stanza di Hermione bussò prima di perdere il coraggio.
Fu Cora ad aprire.
«Vostra Maestà!» esclamò «Vi prego, entrate»
Da dentro la stanza si sentì chiaramente il rumore di qualcosa di pesante che cadeva e poi un’imprecazione da parte di Hermione.
Quando il sovrano entrò, la trovò sommersa dai capelli, che si spingeva fuori dal letto per raccogliere un grosso tomo rilegato in pelle, caduto a terra.
In due passi le fu accanto e le porse il libro.
Lei si raddrizzò, un po’ rossa in viso, e mormorò un glaciale “Grazie”.
Lui rimase in piedi, mentre lei riapriva il libro e ci seppelliva dentro la faccia.
Cora sgranò gli occhi di fronte a tanta maleducazione – per di più nei confronti del re – ma il sovrano sorrise, divertito.
Lo spirito di lei era una delle cose che maggiormente gli piacevano: era testarda e indomabile e questo la rendeva diversa dalle altre donne che conosceva.
In più, ora poteva guardarla liberamente.
Studiò il profilo classico, il corpo vestito solo di una leggera camicia, le gambe ripiegate sotto di sé.
Aveva anche delle belle gambe tornite, accidenti.
 
Evidentemente, lei si sentì gli occhi di lui addosso, per cui alzò la testa per rivolgergli un’occhiataccia.
Cora ne approfittò subito per dire, con tono di rimprovero:
«Sarebbe cortese offrire a sua Maestà di accomodarsi!»
Caspian rivolse un sorriso alla donna.
«Grazie» poi si rivolse alla ragazza «Se Hermione permette, naturalmente»
Difficile interpretare il borbottio di risposta.
Nel dubbio, Cora si affrettò ad avvicinare una sedia al letto.
Il re ringraziò con un cenno, poi piantò gli occhi addosso alla donna per farle capire che non serviva altro, a parte un po’ di privacy.
Cora arrossì e si ritirò in un angolo, dandosi da fare con gli abiti di Hermione.
Il re sedette e attese pazientemente che la ragazza lo guardasse.
Hermione non ci pensava nemmeno e continuò imperterrita a nascondersi dietro il libro.
Il gioco del silenzio proseguì per dieci minuti buoni, durante i quali Cora si fece sempre più nervosa: continuava a lanciare alla coppia occhiate perplesse mentre si mordeva le unghie.
 
Alla fine, con un unico movimento fluido, Caspian afferrò il libro dalle mani di Hermione e lo fece volare dall’altra parte della stanza, contro il muro.
Hermione gli rivolse un’occhiata inceneritrice, lui rispose con un sorriso abbagliante.
«Buongiorno. Come stai, oggi?»
«Humpf!» fu la garbata risposta «Se te ne fosse fregato qualcosa me lo avresti chiesto ieri! Detto questo: si trattano così i libri?»
Lui si accigliò.
«Ho parlato con il medico di corte appena è uscito di qui e…»
«Bene, allora a posto così. Vammi a prendere il libro e vai pure: avrai mille cose da fare. Buona giornata a te!»
 
Cora alzò gli occhi al cielo.
Caspian prese fiato.
«Mi spiace se ti ho offesa…»
Gli occhi di lei lampeggiarono: era idiota?
L’aveva baciata e poi le aveva chiesto  scusa.
Certo che si era offesa.
«Figurati, non mi sono affatto offesa» disse, sostenuta.
Dal tono, era ben chiaro il contrario.
«Sono stato maleducato, me ne scuso. Ma dovevo risolvere delle questioni…»
«…Urgenti, certo» lo prevenne lei «Come no. Perché sei ancora qui se hai tanto da fare?»
«Perché hai rimandato indietro i miei fiori?» chiese a bruciapelo lui.
«Perché me li hai mandati?»
«Ti ho fatto una domanda io, per primo! E comunque… te li ho mandati perché ero… preoccupato che ti fossi fatta male e…»
Annaspò, alla ricerca delle parole.
Hermione batté le palpebre.
«Stavo benone, come ti avranno certamente detto lo stalliere cui mi hai affidata, il medico, Cora, chiunque. Tranne me. Ma va benissimo, hai una rete molto affidabile. Anche il giardiniere è parecchio simpatico, immagino»
Cora si sporse per lanciare un’occhiataccia a Hermione, ma fu inutile.
Caspian si passò una mano tra i capelli.
«Senti, io… Io…»
 
In quel momento bussarono alla porta e fece la sua comparsa il dottor Cornelius.
«Maestà, che piacere vedervi» esclamò, deliziato «Ciao, cara Hermione: come stai? Ti piace il libro che ti ho consigliato?»
«Sto bene, grazie. Il libro mi sembra molto interessante, ma al momento è lì sul pavimento, dove l’ha lanciato Caspian»
Seguì un momento di silenzio attonito, quindi il re si schiarì la voce e disse:
«Bene, stavo giusto andando. Lieto di vedere che stai bene. A presto»
Infilò la porta senza guardare in faccia nessuno.
Cornelius scosse il capo, salutò e lo seguì.
 
 
Appena si chiuse la porta, Cora si rivolse a Hermione:
«Come ti viene in mete di parlare con quel tono a Sua Maestà, signorinella?»
«Sua Maestà è fortunato che non gli abbia lanciato in testa qualcosa!»
«Mi spieghi perché sei così arrabbiata con lui?»
«Non sono affatto arrabbiata con lui!»
«Sì e io sono Tartufello. Insomma! Andate d’amore e d’accordo, passate una giornata fuori e poi vi comportate così?»
«Innanzitutto non andiamo d’amore e d’accordo, visto che Caspian puntualizza, obietta e critica qualsiasi cosa io faccia. Detto questo…»
«Ma piccola, non lo capisci che lo fa perché gli piaci?»
Il furore di Hermione si spense in un secondo.
«Che cosa?» strillò.
Cora fece una smorfia divertita.
«Bambina, ma cosa ti insegnano nel tuo mondo? I fiori, il suo imbarazzo oggi… ma cosa credevi?»
Hermione batté le palpebre.
«Mi ha fatto portare i fiori dal giardiniere!»
«Perché era imbarazzato a passare lui… Non hai visto che non sapeva cosa dirti?»
«Ma quello perché è un idiota!»
«A me non è mai sembrato che Sua Maestà sia idiota. E come spieghi il fatto che ti mangia con gli occhi?»
A quello lei non sapeva rispondere.
Suo malgrado, arrossì fino alla radice dei capelli e poi balbettò:
«Mi … mangia con gli occhi?»
Cora annuì, convinta.
«Sì. Forza, cos’è successo ieri? E non dirmi niente: lo sanno anche i topi, al castello, che quando siete rientrati il re non era del tutto vestito»
Calò l’accento sull’ultima parola e Hermione arrossì ancora di più, ricordando la sensazione della pelle nuda di lui sotto le sue mani.
«Ehm…sì…ma perché… insomma, mi ha fasciato la caviglia e…»
«E come mai ora vi beccate come due innamorati permalosi?»
«Non è vero» esalò Hermione, debolmente.
«Ah no? E cos’era quella scenetta di poco fa?»
«Lui…lui…»
La ragazza palesemente non sapeva cosa dire, per cui Cora scosse il capo e si sedette sulla sedia lasciata libera dal sovrano.
«Hermione, ma non ci sono ragazzi dove vivi tu? Guarda che il re sarà pure investito di potere e responsabilità, ma comunque è un giovanotto! E anche lui, come tutti i giovanotti, a volte è un po’… impacciato! Comunque, non troverai un ragazzo migliore di sua Maestà in nessuno dei mondi che esistono, lo so!»
La ragazza sembrava sull’orlo di piangere.
«Io..io… ma se è lui che non mi vuole!»
«Ma figuriamoci! Te l’ho detto che ti mangia con gli occhi, no?»
«Ma…ma…»
«Ma cosa? Com’è possibile che tu sappia leggere, scrivere, far di conto, riconoscere le stelle e parlare con il dottor Cornelius di tutte quelle… robe … di cui parlate, e poi non sappia leggere negli occhi di quel ragazzo?»
«Cora, io non lo so!» gemette Hermione «Sono una frana con i ragazzi! Non ho mai avuto un ragazzo! Non sono il tipo, sono concentrata sulla scuola e poi…non sono bella, non vesto alla moda…»
Interruppe la sua ansiosa confessione una risata squillante della donna:
«Tu non sei bella?»
«No!»
«Invece sei molto carina!»
«Invece no!» si intestardì lei.
«E perché, sentiamo? Hai la gobba? Le verruche? Il naso adunco?»
«Che c’entra…»
«Ma come che c’entra? Ma scherzi? Ma sono ciechi a casa tua?»
«Non…» Hermione parve mortificata «Va bene così…»
«Eh no, mia cara. Che dici? Invece tu hai proprio bisogno di un bel ragazzo che ti porti a fare una passeggiata anziché lasciarti a muffire sui tuoi amati libri! E qui entra in gioco sua Maestà!»
«Sua Maestà è un re… un re di un mondo che non è il mio, per giunta…»
«Susan Pevensie veniva dal tuo mondo: i nostri antichi Re venivano dal tuo mondo. Per Narnia va più che bene, vedrai!»
«No, no Cora… Ascolta, Caspian dovrà scegliere qualcuna come Lilliandil… che conosca Narnia, che sia importante…»
«Oh, senti, Hermione: anche io ero felice che fosse arrivata Lilliandil, finché non sei comparsa tu! Lei non fa ridere il re come invece sai fare tu… lui è più sereno da quando ci sei. E poi diciamocelo: una regina deve saper fare altro, oltre a cambiarsi d’abito»
Hermione sembrava desolata.
«Insomma, cos’è quella faccia?» si preoccupò Cora.
«Ma…regina… io…» la ragazza prese fiato e poi sbottò: «Ieri mi ha baciata ma poi…»
 
Lo strillò di esultanza di Cora si sentì in tutto Cair Paravel.
 
«E poi?» chiese la donna, radiosa.
«E poi…mi ha chiesto scusa…» la ragazza era ancora arrabbiata.
Cora scoppiò a ridere.
«Ora capisco! E tu cosa gli hai detto?»
«Ehm…Gli ho detto: nulla»
La donna rise ancora più forte.
«Insomma, cosa ne sapevo io di cosa si dice in questi casi?» si offese Hermione.
La donna si asciugò una lacrima.
«Si dice: baciami ancora, stupido!»
E strizzò l’occhio ad una esterrefatta Hermione.
 
 
 
Nelle stanze del re si stava svolgendo una scena analoga.
Caspian camminava nervoso avanti e indietro, mentre Cornelius lo osservava divertito dal divano.
«…E ora lei mi ignora e si è offesa perché ieri non sono andato a trovarla!» stava dicendo il sovrano, arrabbiato, dopo aver omesso buona parte di quanto accaduto il giorno precedente nelle sue confuse spiegazioni sul motivo per il quale Hermione ce l’aveva con lui.
«Maestà, effettivamente avreste dovuto sincerarvi di persona che lei stesse bene, per cortesia nei suoi riguardi»
«Io lo sapevo… io..io…»
Cornelius trattenne un sorriso di fronte a quel ragazzo che mostrava, al momento, tutti i dubbi di un giovane.
Di solito, Caspian offriva al mondo l’immagine del sovrano sicuro di sé, ma dopotutto non aveva neppure vent’anni ed era molto più pratico nell’arte del governare che in quella dell’amore.
Era passato da tempo il momento di Susan Pevensie.
Bastava solo che lui se ne rendesse conto.
«Maestà, secondo me vi preoccupate per nulla: sapete benissimo come fare a rientrare nelle grazie delle donne»
Vide che Caspian arrossiva e si affrettò a proseguire:
«Le donne sono creature da vezzeggiare e Hermione non fa eccezione: so che saprete cosa fare»
«Sì, ma lei… ma io…»
«Sì?» chiese l’altro, garbatamente.
Ma Caspian scosse il capo.
«Nulla»
«Ne siete certo?» lo stuzzicò l’altro.
Il re annuì, brusco.
«Bene. Allora non avete motivo di inquietarvi così, direi» sorrise Cornelius.
«Non sono affatto inquieto, infatti» rispose meccanicamente il re.
«Ne ero certo»
Cornelius represse un sorriso.
 
 
Il giorno dopo, però, fu Cornelius stesso a mandare un messaggio a Caspian, con un paio di garbati suggerimenti e molte scuse perché – scriveva – di certo il re non aveva bisogno dei consigli di un vecchio, ma magari avrebbe scusato le preoccupazioni di un anziano consigliere.
Caspian sbuffò, ma comunque congedò il suo attendente appena possibile e schizzò fuori dalla stanza cercando di preservare un po’ di dignità non mettendosi a correre per i corridoi del castello.
Un quarto d’ora dopo, usciva in giardino.
Non ebbe difficoltà a localizzare il gruppetto composto da Hermione, Cornelius, Cora e Tartufello, seduti all’ombra di un grande albero frondoso.
«Buongiorno» salutò, avvicinandosi.
Cora e Tartufello si alzarono e si inchinarono, Cornelius fu esentato da un gesto del re.
E poi gli occhi del giovane cercarono Hermione.
Lei lo stava guardando e non sembrava arrabbiata.
Sotto lo sguardo di lui arrossì, timidamente.
Caspian risentì il sapore delle labbra di lei sulle sue e dovette trattenere un sospiro.
Era bellissima, vestita di un abito verde e con i capelli legati in alto sul capo in un nodo pesante, che faceva risaltare l’eleganza del lungo collo femminile.
Era carina anche prima, quando vestiva da ragazzo, ma ora…
Aveva seguito il suo consiglio sugli abiti?
O semplicemente era più comoda così, per via della fasciatura alla caviglia?
Be’, avrebbe dovuto vestire sempre così.
 
Si sorrisero, impacciati, mentre Cora si affrettava a spingere da parte Tartufello per far sedere il re, guarda caso vicino a lei.
«Stai meglio?» mormorò il sovrano, accomodatosi.
Lei annuì e abbassò gli occhi sull’orlo del vestito.
Quello che le aveva detto Cora le aveva riempito il cuore di gioia… ma se non fosse stato vero?
Avrebbe sopportato la delusione?
Sospirò e Caspian chiese subito:
«C’è qualcosa che non va?»
Lei scosse il capo e gli chiese come procedeva la sua giornata.
Iniziarono a parlare di argomenti generici e presto si ripristinò la consueta allegria nel gruppo.
Hermione tirò un sospiro di sollievo e le parve che il nodo che aveva nello stomaco si allentasse un po’.
 
Però... era la sua immaginazione, o davvero Caspian sembrava più premuroso?
Lo osservò tagliarle una fetta di prosciutto quando dalle cucine venne mandato del cibo: il re si preoccupò di riempirle il piatto e che mangiasse, parlò sempre con lei, la fece ridere e, dopo un po’, a una battuta pungente di lei le tirò una ciocca di capelli, com’era solito fare.
Ma le sorprese non erano finite.
«La caviglia ti fa male?» le chiese ad un certo punto lui.
Lei negò, ma Cora intervenne subito:
«Ma se non riesci praticamente a camminare! Oh, Maestà, che peccato… con il ballo alle porte, poi!»
«Ah, certo, a saperlo non cadevo nel crepaccio: perché rompersi l’osso del collo quando c’è un ballo in vista?» esclamò Hermione, esasperata.
Il re sorrise, ma poi disse:
«Hai ragione, Cora. Ma forse posso fare qualcosa»
«E cosa?» domandò Hermione «Puoi fermare il tempo in attesa che guarisca? Puoi impedire ai tuoi invitati di ballare così stiamo tutti seduti in silenzio? Sai che divertimento…»
Lui rise, ma poi scosse il capo.
«Guarda che è solo un prestito, assolutamente temporaneo» disse, severo.
«Che cosa…oh!!»
Hermione lo guardò estrarre la sua bacchetta da un involto che portava al fianco, esterrefatta.
«La mia bacchetta!» gioì.
Caspian allontanò subito il braccio con cui la reggeva e la guardò deciso:
«Te la do se puoi sistemarti la caviglia in modo che non ti faccia male, ma poi tu me la ridai subito, intesi?»
Lei si morse un labbro e lo guardò supplichevole, ma lui fu inflessibile.
«Così o nulla»
La ragazza sospirò e poi annuì.
«Prometto» mormorò.
«E se ci trasforma tutti in rospi??» gemette Tartufello.
Poi vide che lo fissavano tutti a bocca aperta e fece marcia indietro:
«Eh…io…ehm…scherzavo!!»
Hermione bofonchiò qualcosa di poco lusinghiero, ma il re sorrise e poi si protese a mormorarle all’orecchio:
«Va bene: puoi fargli un dispetto. Solo uno piccolo, però»
Lei lo fissò con un sorriso luminoso.
 
Le loro mani si sfiorarono intenzionalmente quando lui le passò la bacchetta e gli amici si strinsero loro intorno per coprire Hermione.
Ma non ci fu bisogno di protezione, perché la ragazza semplicemente mosse la mano e non ci furono lampi o scoppi, ma solo il suo sospiro di sollievo.
«Tutto qui?» fece Cora in tono deluso.
Hermione le sorrise e poi mosse la mano, velocissima.
All’improvviso, Tartufello si trovò coperto di bacche succose.
Cora e Cornelius  gridarono, il re rise.
«Ancora!» invocò il tasso.
Hermione sorrise e, con un altro colpo di bacchetta fece apparire una corona di fiori per Cora, quindi pergamena e una bellissima piuma di pavone per l’anziano mentore.
Tutti la fissavano, estasiati.
«E tu, Maestà? Cosa desideri?»
Hermione sorrise a Caspian e vide i suoi occhi incupirsi quando lo sguardo di lui si posò sulle sue labbra.
Arrossì, mentre il tasso esclamò:
«Una corona nuova! D’oro!»
«Tartufello!» uno sconvolto Cornelius intervenne «Non essere avido! Magari un bel libro…»
L’animale grugnì, oltraggiato, e Cora rise.
 
E Caspian non staccava gli occhi da Hermione.
 
Lei aveva qualche difficoltà a respirare, mentre sembrava chiaro che il re volesse qualcosa che non dipendeva dalla bacchetta di lei.
L’incanto si ruppe quando Cornelius si schiarì la voce e disse che era il momento di rientrare, almeno per lui.
Il re distolse a fatica gli occhi da quelli di Hermione e si alzò per aiutare l’anziano maestro.
Poi Hermione gli tese la bacchetta.
«Grazie» mormorò lui, riponendola.
Le tese una mano per aiutarla ad alzarsi, ma fu subito chiaro che la ragazza non zoppicava più.
«Wow, Hermione» Tartufello era al settimo cielo mentre raccoglieva bacche su bacche «Con quella roba puoi fare cose meravigliose!»
«Oppure tremende» mormorò lei.
«Non sei il tipo, cara» disse Cornelius «Sarebbe bello se il potere si accompagnasse sempre alla coscienza…»
 
Poi, proprio mentre Cora si chinava ad aiutare il tasso con le bacche, Hermione guardò il re e lo vide intento a fissare la bacchetta.
E, di nuovo, le parve di vedere un lampo fosco negli occhi di lui.
Per un folle momento, fu tentata di strappargli la bacchetta di mano.
No, me lo sto immaginando – si disse.
Ma poi guardò Cornelius e lo vide fissare il sovrano con occhi colmi di paura.
Mosse un passo e il suo movimento parve ridestare il re, che batté le palpebre e la guardò interrogativo.
Con gli occhi di sempre.
 
Hermione riprese fiato e lanciò un’occhiata al maestro: anche lui pareva perplesso, ora.
Agì, decisa.
«Caspian, lo so qual è il dono per te: me la rendi un attimo, per favore?»
Il re parve spiazzato.
«Te la ridò subito, lo giuro»
Lui esitò, ma poi annuì.
«Sii discreta» disse soltanto.
Hermione strinse la bacchetta e raccolse la concentrazione.
Mosse impercettibilmente il polso e, all’improvviso, al collo del re apparve un medaglione rotondo appeso a una catena sottile, di stoffa: nel cerchio, era replicato perfettamente il sigillo che Caspian aveva sull’anello di suo padre.
Lui lo fissò, strabiliato, e poi le sorrise.
«È… meraviglioso! Grazie!»
La abbagliò con un sorriso radioso e poi chinò gli occhi per studiare attentamente il dono.
 
E Hermione agì.
Temeva di essere troppo spaventata per concentrarsi abbastanza da lanciare un Incantesimo Non Verbale, ma sentì la bacchetta risponderle immediatamente.
Solo che il suo Specialis Revelio non produsse effetti.
 
Battè le palpebre un paio di volte.
Niente.
Ma allora… Caspian stava bene?
Non era posseduto?
Aveva fatto l’Incantesimo nel modo giusto?
 
Per sicurezza riprovò, ma non accadde nulla.
Di nuovo.
 
Hermione si rilassò e Cornelius, che l’aveva fissata ansioso, fece lo stesso.
Quando il re, ancora sorridente, alzò gli occhi dal regalo, lei gli tese subito la bacchetta.
«Grazie»
«Io devo ringraziare te» il sorriso di lui era particolarmente emozionato «Il sigillo di mio padre…io… Grazie, davvero!»
La gratitudine di lui le tolse il fiato.
«Ma no, non è nulla… sono contenta che ti piaccia»
Lui le prese la mano e la strinse forte, prima di voltarsi per riaccompagnare Cornelius nella sua torre.
Lei rimase a fissarlo, trasognata.
Cora, frattanto, si rassettava i vestito dicendo:
«Fortuna quella tua bacchetta… o come facevi ad andare al ballo, zoppa com’eri?!»
 
 
 
***
Buongiorno!
Come vedete, il tema del ballo torna in primo piano, anche se rispetto all'idea che il re fosse posseduto era meno - come dire - importante per Hermione...!
Però io ve lo ricordo, visto che ho una bellissima immagine dell'abito che Hermione indosserà grazie alla maestria della mia gemella astrale, Susan, che mi soccorre laddove io sono una capra totale :)
Come sempre, la posterò prima su Facebook e poi qui, quindi ricordate di visitare la mia pagina, per tutti gli aggiornamenti: 
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Baci e buona lettura,
Joy

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Capitolo 21
*** Il ballo del Solstizio ***


abito



Questa frenesia per il ballo stava diventando eccessiva, decise Hermione.
 
Cora non la smetteva più di parlare del ballo, pensare al ballo, sognare il ballo, proporre acconciature per il ballo, mostrarle stoffe per il vestito per il ballo, insegnarle passi di danza per il ballo, insistere per trattamenti di bellezza in vista del ballo.
La mamma di Hermione era una signora molto curata, ma sua figlia non aveva la stessa passione per i trattamenti estetici.
Alla fine ci si assoggettò per costrizione, visto che Cora, se non parlava del ballo, le parlava di Caspian.
La ragazza trovava rifugio dalle chiacchiere incessanti e dai suoi sentimenti confusi solo quando si seppelliva nei libri di Cornelius: a quel punto si estraniava dal mondo e, per un po’, trovava pace.
 
Parlò con Cornelius e Drinian dell’Incantesimo fatto a Caspian per due giorni di fila.
Raccontò a loro dei due episodi in cui le pareva di aver notato qualcosa di strano nel re; Cornelius confermò il secondo – di cui era stato anche lui testimone – e Drinian vi riconobbe somiglianza con quanto aveva notato lui.
Hermione si colpevolizzò a lungo, temendo di non aver eseguito correttamente l’Incantesimo; il vecchio maestro però la tranquillizzò dicendole che, vista la destrezza con cui usava la bacchetta, gli sembrava molto improbabile un suo errore.
Bene: ma quindi, cos’era successo a Caspian?
Lei ci si arrovellò per tre giorni, poi, suo malgrado, la frenesia per il ballo iniziò ad assorbire anche lei e a distrarla.
Non era proprio frenesia per il ballo, quanto per il re e per quel momento di svago.
Dopo che Caspian le aveva ridato la bacchetta l’atmosfera tra loro due era tornata abbastanza serena.
Si parlavano di nuovo, scherzavano e ridevano, ma non avevano più parlato del bacio.
Però, i loro sguardi erano molto più intensi, i rossori più frequenti e un dolce imbarazzo era sempre presente tra i due.
Hermione si cullava in questa situazione, beata.
Per carattere, lei detestava le situazioni incerte e non risolte, ma in questo caso tutto sembrava essere evoluto in un momento di passaggio, una sorta di limbo in cui entrambi si cercavano, si desideravano e si sognavano con una dolcezza che faceva bene all’anima.
Perché, malgrado il pessimismo innato di lei sulle questioni amorose, ormai si poteva tranquillamente ammettere che Caspian non la evitava più, anzi.
La cercava, parlava con lei, stava con lei, la consultava persino su questioni inerenti al regno.
Una sera in cui Hermione si era attardata nella torre del dottor Cornelius a studiare,  lui aveva abbandonato la tavola reale, era andato a cercarla e aveva cenato con lei, seduto sul pavimento. Avevano parlato di antiche leggende e, quando Hermione si era addormentata davanti al fuoco, lui l’aveva portata in braccio in camera e messa a letto.
Personalmente, assicurava Cora.
 
La donna gongolava per quello stato di cose, esasperando Hermione.
Però, in cuor suo, la ragazza doveva ammettere che le aveva dato ottimi consigli: era un dato di fatto che lei non sapeva flirtare, era estranea a ogni schermaglia amorosa e, anzi, le dava tutto piuttosto sui nervi.
Almeno, fino a quando non aveva iniziato a capirci qualcosa.
Cora le aveva dato un paio di dritte che presto lei aveva messo in pratica, senza i risultati goffi e disastrosi che temeva.
Insicura com’era, aveva paura di risultare ridicola, invece il re aveva molto apprezzato la sua ingenua malizia.
Quelli che erano tocchi casuali fra loro erano diventate consuetudini: raramente l’uno non toccava l’altra in qualche modo e con una certa costanza, e non per sbaglio.
Le mani che si sfioravano, le dita che si intrecciavano, gli occhi che si cercavano, i fianchi vicini, le carezze veloci.
Era tutto così nuovo, per Hermione.
Così bello.
Con Victor Krum era stato qualcosa di carino, ma più gratificante che coinvolgente.
Con Ron, non c’era stato assolutamente nulla di tutto ciò: ora, lei capiva che erano troppo amici.
Come si può provare qualcosa del genere per qualcuno che è ormai un fratello?
Ma Caspian… con Caspian era tutto perfetto.
La notte, lei quasi non riusciva a dormire, tanto quelle nuove sensazioni la confondevano e destabilizzavano.
Mai avrebbe pensato che il risveglio dei sensi sarebbe stato un così dolce tormento.
I momenti più belli erano quelli in cui lui la raggiungeva nella torre di Cornelius o in giardino: lei non osava mai disturbarlo, visto che era sempre occupatissimo con le questioni del regno.
Ma, con una certezza matematica, sapeva che – in un modo o nell’altro – lui non avrebbe fatto passare una giornata intera senza vederla.
Ed era sempre stato così, finora.
 
In mezzo a tanta gioia, c’era qualcuno che non aveva gradito la piega presa dalla situazione: Lilliandil osservava sempre più furente la crescente intesa tra il re e la ragazza giunta da un altro mondo, sentendosi scalzata da una posizione che considerava già sua.
Sapeva benissimo che Caspian non le aveva mai dato certezze, ma la stella si era insinuata nella realtà di Cair Paravel, convincendo gran parte degli abitanti del castello che presto il re sarebbe convolato a giuste nozze, con addirittura la figlia di un emissario di Aslan.
Ramandu si era raccomandato con la figlia di avere pazienza e di perseverare nell’opera, perché alla fine il sovrano di Narnia avrebbe ceduto di fronte alla scelta migliore.
Era un modo di pensare freddo e asettico, ma molto pragmatico: si trattava della soluzione migliore per lui, Narnia e Lilliandil.
Eppure, a conti fatti, non solo lei aveva dovuto ingoiare rospi su rospi perché il re si era intestardito ad ignorare le sue reali grazie, no: ora doveva anche subire lo smacco di vedere una ragazzetta insulsa conquistare il posto che spettava a lei.
A Lilliandil Caspian piaceva, tutto sommato: era un bel giovane, affascinante ed elegante.
Certo, lei era spanne sopra un comune mortale… ma poteva farselo andare bene.
Ramandu, attingendo a una parte del potere che Aslan gli aveva dato, le aveva mostrato un brevissimo spaccato di futuro.
Non avrebbe dovuto, perché Aslan non concedeva poteri da usare per scopi personali… ma lui lo aveva fatto comunque e Lilliandil aveva visto se stessa, Caspian e un piccolo bambino che somigliava molto al re.
Quindi, sapeva che avrebbe vinto lei.
L’indifferenza del sovrano non l’aveva minimamente scalfita, all’inizio: offesa, certo, ma poi si sarebbe arrivati alla resa dei conti, e allora si sarebbe visto chi aveva ragione e chi no.
Con naturalezza, la stella aveva iniziato a comandare, a corte: certo, non poteva ancora permettersi di interferire nella politica, ma tutti sanno che la via per il potere passa dal basso.
Quindi, lei aveva irretito con le sue lusinghe e le sue grazie i servitori, i consiglieri, i Lord: tutti ormai la vedevano come la signora del castello, colei che si preoccupava del loro benessere e di quello de re.
E cosa le combinava ora quel ragazzo neppure ventenne?
Dannata ingratitudine della stirpe d’Adamo!
 
Quando Hermione era comparsa a Narnia, Lilliandil l’aveva a malapena degnata di uno sguardo: piccola, con dei capelli da far prendere uno spavento a chiunque, trascurata.
Al massimo, poteva darle qualche consiglio su come pettinarsi.
E cosa le era successo, invece?
La piccola intrigante aveva circuito il re, fingendo un interesse che certo non provava per Narnia e la sua storia, spalleggiata da quel noiosissimo vecchio e da un tasso folle!
E Caspian era stato così stupido da cascarci!
All’inizio, Lilliandil aveva attribuito alla gentilezza di lui i battibecchi da ragazzini e l’attenzione che prestava all’ospite.
Poi, un giorno, aveva aperto gli occhi: Caspian, con Hermione, era rilassato, divertito, complice.
Ma certo non avrebbe mai osato…
E poi, qualche giorno prima, era tornato da una cavalcata con lei.
Per un giorno si erano ignorati, facendo capire di aver litigato (per cosa, poi?), ma poi si erano riconciliati.
Ed era cambiato ancora qualcosa.
Il modo di lui di guardarla, innanzitutto.
Lilliandil aveva intuito da tempo che a Hermione piaceva Caspian, ma era ovvio che una ragazzetta sentisse dell’attrazione per un uomo come lui.
No, era il contrario che la stupiva: Caspian, che aveva rifiutato donne per anni, che stava rifiutando anche lei, tutt’a un tratto guardava quella scialba bimbetta saputa come uno che non vede l’ora di strapparle i vestiti di dosso.
E poi, si sfioravano e cercavano in continuazione.
Che mancanza di stile, che volgarità: lei mai e poi mai avrebbe tollerato quei modi plebei.
Ma tanto, per quanto la coppietta la considerava, avrebbe potuto ballare nuda per i corridoi e loro avrebbero continuato a blaterare e guardarsi come due Minotauri in calore.
Dannati, sciocchi, miscredenti umani.
 
*
 
Quando arrivò la sera del ballo del Solstizio gli animi, a Cair Paravel, erano sovreccitati, per una ragione o per l’altra.
 
Caspian arrivò per tempo nel salone da ballo, in modo da ricevere gli ospiti man mano che arrivavano.
Salutò personalmente Lord, notabili, gentiluomini e dame, fermandosi a scambiare con tutti almeno una parola.
Lilliandil scese nella sala abbastanza presto.
Era vestita con un abito bianco cangiante, dalle maniche così ampie che toccavano quasi terra, e il corpetto stretto, impreziosito da perle marezzate che salivano fino al collo.
Tra i capelli chiarissimi, acconciati ai lati del capo e fermati da una corona di perle, e l’abito, era una visione evanescente.
Le donne la guardavano a bocca aperta, gli uomini la ammiravano da lontano.
Lei sorrideva a tutti, enormemente compiaciuta, soprattutto perché Hermione non si vedeva da nessuna parte.
Quella povera sciocchina: inutile passare tempo a cercare di districare quel nido informe che aveva in testa, quando i giochi si svolgevano già in sala.
Le pedine della politica agivano anche in quel momento e, se Caspian cercava una regina, allora avrebbe fatto bene a rendersi conto che quella regina doveva sapersi muovere in un certo modo.
Tra sorrisi e moine, Lilliandil arrivò davanti alla pedana rialzata su cui stava il trono: alle spalle della struttura un enorme specchio ampliava la prospettiva del salone, facendolo apparire ancora più grande e ricco di ori e decorazioni.
Il re era splendido, bisognava riconoscerlo: abbigliato con una calzamaglia scura e gli stivali alti – com’era sua abitudine – portava però una camicia scura, intessuta d’oro e molto elegante, e aveva i capelli morbidi pettinati all’indietro.
Era circondato da un gruppo di notabili che, alla vista di Lilliandil, sorrisero entusiasti.
La stella sorrise a tutti ma fissò negli occhi solo Caspian, con aria fintamente timida, inchinandosi.
Lui la salutò educatamente e lei non resistette all’impulso di sfiorargli il braccio.
«Ballerai con me, più tardi?» chiese, tenera.
«Mia signora, sarà un onore… spero tuttavia che voi tutte, signore, abbiate pazienza con un povero sovrano oberato di impegni anche stasera…»
Caspian tentò di coinvolgere anche le donne presenti, che già gli avevano chiesto delle danze, nella risposta.
Alcune di loro guardavano Lilliandil con aria da funerale, immaginando che difficilmente il re si sarebbe staccato dal fianco di quella bellezza.
Un paio di Lord insistettero con Caspian perché si divertisse e non pensasse agli ospiti.
«Miei signori, cosa dite?» rise il re «Sono i miei ospiti!»
«Ma Sire, anche vostro padre smetteva di prestarci attenzione, quando la regina vostra madre faceva la sua comparsa»
«Mio Lord, mia madre era una donna unica»
«Certamente, mio re, infatti noi tutti speriamo appunto che anche voi troviate…»
«Naturalmente, grazie» tagliò corto lui, rivolgendosi poi a un notabile appena arrivato «E voi, signore, come state?»
Lilliandil si posizionò al fianco di Caspian, inserendosi disinvolta nella conversazione.
Quando una delle donne le chiese quanto intendeva fermarsi al castello, lei rise e rispose che non si doveva mettere fretta alle cose.
Caspian accolse quell’uscita con un’aria impassibile, ma parecchi si diedero di gomito.
Poi, quando ormai lei si era calata nella parte della signora del castello tanto da convincere tutti e far innervosire il re, Hermione fece la sua comparsa nella sala.
 
La stella dava le spalle alla porta e stava disquisendo sui cambiamenti che sarebbe stato necessario apportare a un’ala del castello, secondo il suo modesto parere, quando si accorse che Caspian tratteneva bruscamente il fiato.
Lo fissò, stupita, e lo vide guardare con insistenza qualcosa alle sue spalle.
Si voltò lentamente, in preda a un preciso sospetto, e rimase a bocca aperta.
La ragazza che faceva il suo ingresso in sala era Hermione… ma contemporaneamente non sembrava affatto lei.
Perché quella ragazza era davvero bella.
Fasciata in un abito di un azzurro intenso, che faceva risaltare la pelle chiara e le lasciava scoperte le spalle e le braccia, era insieme candida e sensuale.
L’abito non seguiva la foggia narniana, secondo la quale le donne coprivano le braccia, ma sebbene fosse tagliato dritto sul seno – cosa inconcepibile, di per sé – il viso pulito e l’incedere aggraziato di lei non potevano farla tacciare minimamente di volgarità.
Inoltre, il colore era insolito per le fanciulle narniane, che tendevano a prediligere il bianco, l’avorio o il beige: Hermione, in mezzo a loro, riluceva come uno zaffiro in un mare di bianco.
I capelli, che Lilliandil spesso derideva, erano stati domati e acconciati all’indietro, perché le ricadessero eleganti  e lucidi su una spalla nuda.
Non portava gioielli, ma sorrideva timidamente e gli occhi brillanti e le lentiggini risaltavano più che mai.
Con lei c’erano il dottor Cornelius e Tartufello e la ragazza era impegnata a condurre garbatamente l’anziano, ma quando alzò gli occhi e si rese conto di catalizzare l’attenzione di gran parte della sala arrossì in modo adorabile.
Lilliandil lanciò un’occhiata a Caspian e si sentì perduta: lui stava fissando Hermione a bocca aperta e sembrava dimentico di trovarsi in una sala piena di gente.
Uno dei suoi notabili dovette ripetere un commento due volte, schiarendosi delicatamente la voce per richiamare l’attenzione del sovrano.
«Vi chiedo perdono, mio Lord» Caspian tornò bruscamente in sé «Stavate dicendo?»
«Sì, Maestà… dicevo che il dottor Cornelius ultimamente sembra ringiovanito…»
«Vero» concordò il sovrano.
Lilliandil maledisse mentalmente il nobile per la scusa che aveva fornito al re, infatti lui aggiunse subito:
«Se volete perdonarmi, andrò a salutarlo»
Si allontanò con un cenno del capo e lei si impose di non digrignare i denti.
Una delle donne sospirò, dicendo che il sovrano era davvero un giovane educato e premuroso, e Lilliandil si trattene a stento dal lanciarle una risposta poco educata.
Certo, come no: era proprio il vecchio maestro che calamitava l’attenzione del re!
Ma la stella sapeva di doversi comportare come se nulla fosse: agli occhi della corte era sempre lei la favorita per il trono.
Poteva ancora lottare.
Dopotutto si stava parlando di una ragazzina: cos’era, a confronto di lei?
Narnia non l’avrebbe mai accettata, mai.
Nel momento stesso in cui formulava quel pensiero, Lilliandil ricordò Susan Pevensie, il grande amore di Caspian… ma no, era assurdo.
Susan era una delle antiche Regine, Hermione non era nulla, nulla a confronto.
Lilliandil si impose di sorridere come se nulla fosse, mentre Caspian attraversava la sala, gli occhi fissi in quelli di Hermione.
 
Giunto vicino ai nuovi arrivati, il re salutò con garbo il maestro, ma i suoi occhi indugiavano sulla ragazza al suo fianco.
Cornelius, attento a mantenere un’espressione impassibile, osservava i due giovani di sottecchi con grande gioia.
Impegnò il sovrano in una conversazione leggera e coinvolse anche Hermione, che quella sera sembrava stranamente timida e restia a parlare.
Caspian adattò il tono leggero a quello dell’anziano, scherzando con lei come se nulla fosse.
 
Quando i musicisti attaccarono il primo brano, gradualmente il vociare nella stanza si spense.
Tradizionalmente, era il re che doveva aprire le danze.
Caspian però di solito non danzava: non avendo una regina né una promessa sposa, era attento a non creare false speranze né nella sua corte (anche troppo attenta a ogni sorriso che il sovrano rivolgeva a una donna) né nelle fanciulle che – più o meno timidamente – speravano nel suo favore.
Poiché il primo ballo aveva un carattere molto ufficiale – tradizionalmente, era il ballo con cui il re e la regina aprivano le feste – Caspian era solito saltarlo: se proprio ballava, lo faceva in tarda serata, senza mai invitare due volte la stessa dama in modo da non sollevare pettegolezzi.
Con Lilliandil aveva danzato un paio di volte, in serate diverse e mai con carattere troppo ufficiale.
Ma, quella sera, appena sentì la musica, Caspian si volse sorridendo verso Hermione.
Con la coda dell’occhio vide l’occhiata raggiante di Cornelius e, sentendosi improvvisamente un ragazzino preso in castagna, tese la mano verso di lei, chiedendole:
«Hermione, mi concedi l’onore di un ballo?»
Lei arrossì ma annuì e mise la mano in quella di lui, lasciandosi condurre al centro della pista da ballo.
 
La corte impiegò un paio di secondi a registrare quella novità.
 
Poi, in un turbine di bisbigli, occhiate stupefatte e occhi sgranati, si diffuse a macchia d’olio una stupefacente verità: il re voleva aprire le danze.
E non con dama Lilliandil, come in molti si aspettavano, ma con una bellezza sconosciuta.
Per qualche secondo, non si udì nulla se non la musica, mentre gli invitati, stupefatti, fissavano con tanto d’occhi la giovane coppia che volteggiava al centro della sala.
Poi, le donne si nascosero dietro i ventagli e gli uomini dietro le coppe di vino, commentando la straordinaria novità.
E se la coppia sembrava beatamente ignara dell’interesse suscitato, Lilliandil si vide diventare il bersaglio dell’interesse generale.
Arrossì, mortificata, abbandonando l’aria della padrona del castello, mentre diventava chiaro a tutti che le sue pretese sul re erano ben lontane dal trovare un compimento.
 
Che cosa stava succedendo?
Chi era quella ragazza tra le braccia del re?
Come mai nessuno ne sapeva niente?
 
Il brusio nella sala cresceva gradualmente.
Il dottor Cornelius venne attorniato da nobili e dame che supplicavano notizie e lui rispondeva a tutti, sereno:
«Ma come, si tratta della nostra cara ospite, Hermione! Non vedete? Eh, sì, davvero il mondo dei nostri antichi Sovrani ci regala preziose sorprese…»
Tutti erano a bocca aperta: davvero la ragazza tacciata di essere una strega era quel fiore che stava danzando davanti ai loro occhi?
Le reazioni furono contrastanti: parte dei notabili preferiva ancora Lilliandil, la figlia di Ramandu.
Era impensabile che il re scegliesse una ragazza che non era…niente, rispetto alla stella.
E pazienza se era carina: a parte il fatto che Lilliandil era bellissima, il re non poteva comunque impegnarsi con la prima venuta.
Sì, certo, lei veniva dal regno degli antichi Re e Regine di Narnia… ma… insomma, certo, era un dato non trascurabile, però…che confusione!
 
Altri osservavano la coppia con approvazione: Caspian era raggiante, neppure uno sciocco poteva dubitarne.
I suoi occhi scuri erano fissi in quelli della compagna e entrambi si sorridevano e parlavano, incuranti degli spettatori, come se fossero soli.
E nessuno poteva dire che il re lo avesse fatto altre volte, quindi qualcosa doveva pur significare.
Tra le dame, alcune fissavano con disapprovazione Hermione, ricordando i sospetti di stregoneria e criticandone la mise ardita, ma altre contemplavano il loro re e la bella fanciulla, che formavano un quadro talmente romantico da farle sospirare di gioia.
Di certo tutte invidiavano Hermione, ma nessuna più di Lilliandil, che alla delusione aggiungeva la vergogna per essere stata palesemente scartata.
La stella si conficcò le unghie nel palmo delle mani, guardando la ragazza della Terra ridere a un’osservazione del suo cavaliere.
Sapeva che tutta la sala stava osservando la stessa scena e traendo le debite conclusioni: Caspian aveva scelto una dama e l’aveva omaggiata come non aveva fatto con nessun’altra.
Di più: Caspian non aveva scelto Lilliandil, che era a Cair Paravel da settimane, che lo seguiva ovunque, che sedeva alla mensa reale, che cavalcava con lui e che era la figlia di Ramandu, emissario di Aslan.
Oggettivamente, nessuno poteva dire che il re si fosse comportato in modo disdicevole con lei e neppure i suoi più ferventi ammiratori potevano sostenere che Caspian le avesse accordato una preferenza così netta.
Tra scommesse, ipotesi ardite e commenti, l’interesse della corte di Cair Paravel si era destato: era forse giunto il momento tanto atteso in cui il re avrebbe scelto la sua regina?
 
Al centro della sala, Hermione piroettava tra le braccia del suo cavaliere e non riusciva a staccare gli occhi da quelli di lui.
«A cosa pensi?» le chiese il re.
«Oh…nulla…»
«Bugiarda»
Il sorriso di Caspian si allargò e lei fece una smorfia.
«Va bene, va bene. Hai notato che ci guardano tutti?»
«Sì»
«Ok. Bene. È…normale?»
Lui buttò indietro la testa e rise di cuore.
Qualcuno, ai bordi della sala, si alzò in punta di piedi per vedere meglio.
«Sì, è normale» rispose poi il re «Mi dispiace… temo che sarai oggetto di curiosità: io di solito non apro mai le danze e il fatto che oggi lo abbia fatto…»
Lasciò la frase incompleta, non sapendo bene cosa dire.
Già: il fatto che oggi lo aveva fatto… cosa significava? E cosa sarebbe successo dopo?
Per fortuna, Hermione era troppo modesta per vedere nel gesto di lui un riguardo speciale nei suoi confronti, infatti disse:
«Oh, bene, tanto c’ero abituata… Sai, da strega deportata e additata come pericolo per la comunità…»
Gli occhi di lui, fissi nei suoi, sembravano bruciare.
«Ma direi che questa sera non parlano di Hermione la strega» rispose.
«No? E di che cosa?»
«Della donna più bella di Cair Paravel, senza dubbio»
La voce vellutata di lui le provocò un brivido, ma lei rifiutò di crederci.
«Certo, come no. Sono sicura che stanno proprio dicendo questo…»
Caspian sorrise e inaspettatamente disse:
«Sai cosa ti rende diversa da ogni altra donna? Il fatto che davvero non lo vedi»
«Non vedo cosa?» domandò lei perplessa.
«Quanto sei immensamente bella» replicò lui, piano.
I piedi di Hermione si intrecciarono mentre lei arrossiva come un peperone e, se Caspian non l’avesse stretta, sarebbe inciampata nel vestito.
«Ma cosa dici?» si innervosì lei.
Caspian batté le palpebre.
«La verità»
Lei non rispose, serrando le labbra, e lui riprese:
«Per tua informazione, io non dico mai cose che non penso. Tantomeno cose di questo tipo»
Per un secondo tacquero entrambi, poi Caspian aggiunse:
«Hermione, per me non è facile…dire certe cose. Ma puoi stare certa che sono sincero»
Lei esitò un attimo, poi chiese a bruciapelo:
«E pensi di chiedermi scusa?»
«Cosa…»
«No, chiedo: pensi di scusarti fra due secondi?»
Caspian fece una smorfia, comprendendo perfettamente a cosa si riferiva la ragazza.
Lei proseguì, imperterrita:
«Perché, se sì, lascia che ti dica che preferisco un educato silenzio»
Lui incassò e poté solo mormorare:
«Scusami»
«Per che cosa?»
Caspian sospirò e la fece volteggiare.
«Non vuoi rendermi le cose più facili, eh?»
«Affatto» gli strappò un sorriso divertito «Perché dovrei?»
«Bè, sai, in generale si tende a compiacere un re…»
Nello sguardo di lei si accese una luce bellicosa.
«Oh, mi spiace, Maestà, ma io temo di essere un tipo molto democratico. Valuto le persone in base a come si comportano e non al loro titolo. E se devo essere sincera da un re mi aspetterei un comportamento impeccabile!»
Lui storse la bocca e la fece piroettare velocemente, togliendole il fiato e poi attirandola vicinissima a sé e circondandole la vita con il braccio.
Dai margini della pista, in molti si diedero di gomito.
Hermione boccheggiò, trovandosi a un centimetro dal petto di lui.
Per guardarlo negli occhi dovette alzare lo sguardo, malgrado i tacchi.
Lui stava sorridendo e lei sentì che il suo cuore perdeva un battito.
«Allora vi prego di accettare le mie scuse più sincere, mia signora. Come posso farmi perdonare?»
«Se non lo sai tu» bofonchiò Hermione, confusa da quegli occhi scuri.
Lui scoppiò di nuovo a ridere, mentre gli ospiti in sala erano ormai in fibrillazione di fronte a tanta confidenza.
«Decisamente non vuoi aiutarmi, è così? Va bene, troverò il modo»
Mentre diceva così, la musica cessò.
Dame e notabili si riversarono sulla pista da ballo, inchinandosi al re quando gli passavano vicino, e guardando con curiosità Hermione.
Lei arrossì, ma Caspian non tolse la mano dalla sua vita, per cui lei rimase ferma al fianco del sovrano.
Quindi, lui le prese la mano e la scortò con perfetta cortesia fino al tavolo dei rinfreschi, dove Cornelius gustava una bibita leggera.
Hermione non poté fare a meno di notare che tutte le donne della sala la guardavano con invidia.
Arrossì e fissò il pavimento, a disagio: non era abituata ad essere guardata in modo così spudoratamente curioso e temeva di fare qualcosa di molto stupido, tipo inciampare e cadere per terra.
Ma, incredibilmente, Caspian dovette capirlo, perché le si fece più vicino e mormorò:
«Non preoccuparti se ti guardano: davvero, lo fanno perché sei bellissima, stasera»
Il rossore di lei raggiunse i massimi storici.
 
Eppure, quella serata non poteva essere più perfetta.
Caspian non poteva stare sempre con lei, aveva gli altri ospiti cui pensare, ma malgrado ciò le chiese altri due balli.
Danzò anche con qualche altra dama, compresa Lilliandil, ma mai più di una volta.
E, con tutte, fu garbato e cortese, ma a nessuna riservò le premure che tributava ad Hermione.
Di più: non guardava nessuna come guardava Hermione, era ormai chiaro a tutti.
Alla fine della serata, si scommetteva con disinvoltura sulle prossime nozze del sovrano.
 
Hermione era divisa tra due sentimenti contrastanti: da una parte, le attenzioni di lui erano innegabilmente piacevoli e, se non poteva non essere felice di un comportamento tanto diretto e inequivocabile, si rendeva comunque conto del fatto che questo li rendeva un bersaglio dei pettegolezzi e delle congetture dei cortigiani.
E Caspian, in quanto re, non poteva permetterselo.
Eppure era un giovane intelligente, non poteva non rendersene conto.
Quindi?
Cosa significava il suo comportamento?
Normalmente, il pessimismo di Hermione l’avrebbe portata a temere di essere presa in giro, ma lui non era assolutamente il tipo che poteva farle una cosa del genere.
Per di più, di fronte a tutti.
Era troppo corretto.
Ma allora… aveva intenzioni serie?
E…che cosa significava “intenzioni serie”?
Serie come? Quanto?
La ragazza bevve nervosamente altro vino e, quando posò il calice, batté le palpebre un paio di volte.
«Basta vino per stasera, direi» disse una voce calda alle sue spalle, che le fece venire i brividi.
Si voltò e vide il re che le sorrideva.
«Vieni a vedere i fuochi d’artificio» le disse, prendendole la mano dolcemente.
Lei lo seguì in terrazza, mentre i cortigiani facevano ala al loro passaggio e poi li seguivano all’aperto, come in un corteo.
Fuori, sotto il cielo trapuntato di stelle, lei trattenne il fiato di fronte alla vista spettacolare: Cair Paravel sembrava una miniatura immersa nella luce argentea della luna e, lontano, il mare scintillava.
«È…bellissimo» esalò, incantata «Nemmeno Hogwarts mi è mai sembrata così bella, ed è tutto dire!»
Si voltò verso il re, che la stava guardando.
«Davvero?» le chiese «Allora…sei felice qui?»
Lei rispose di getto:
«Certo che sono felice! Puoi dubitarne?»
Sentì che lui le stringeva piano le dita.
«Io lo spero… ma mi parli sempre con tanto desiderio di casa tua…»
«Ti stupisce?»
Caspian si morse un labbro, meditando la sua risposta, mentre attorno a loro le persone sciamavano e guardavano il cielo.
Quando esplose il primo fuoco e tutti lanciarono grida di meraviglia, il sovrano si chinò sulla spalla di lei per mormorarle:
«No, non mi stupisce… ma mi dispiace»
Hermione gli rivolse un’occhiata perplessa e lui spiegò:
«Mi dispiacerebbe sapere che te ne vuoi andare»
Lei andò subito in agitazione:
«Io…non è che proprio voglio…però, cioè…ecco, devo, immagino…»
«Ma se…se per ipotesi potessi scegliere, Hermione…cosa sceglieresti?»
La ragazza trattenne il fiato.
Lui le stava davvero chiedendo…
Hermione pensò al suo mondo: ai suoi amici, alla sua famiglia, a Voldemort che era tornato e metteva in pericolo tutti loro, a Harry che stava cercando insieme a Silente il modo di sconfiggerlo definitivamente.
Sembrava tutto così lontano… la paura, la guerra, il male provocati dal Signore Oscuro erano così lontani da quella terra fatata.
E lì c’era lui.
Caspian.
E Hermione, che mai aveva desiderato altro che essere a Hogwarts, scopriva ora una nuova parte di sé, che bramava altro.
Rispose con sincerità, come faceva sempre, e con una punta di timore:
«A casa hanno bisogno di me» fissò gli occhi scuri di lui, che si facevano tristi «Ma… qui ci sei tu»
Lui batté le palpebre.
«Sì… e io non posso lasciare Narnia, Hermione» mormorò.
«Ma lo vorresti?»
Lei sapeva che non era giusto chiederlo, ma al punto in cui erano dovevano mettere le cose in chiaro.
Caspian non la deluse. La guardò negli occhi e disse semplicemente:
«Sì, lo vorrei»
Entrambi rimasero in silenzio per un istante, con le mani intrecciate: sapevano che, da quelle parole, non si tornava indietro e che stavano probabilmente sfidando le regole non di uno, ma di ben due mondi.
Eppure, sia l’uno che l’altra si sentivano stranamente in pace.
Caspian scopriva ora che il ricordo di Susan Pevensie era sbiadito nella sua mente: dopo aver resistito, tenace, per anni, si era dissolto con l’arrivo di Hermione come neve al sole, senza fargli più male, di fronte al candore e all’intelligenza di quella ragazzina. E, ora, una nuova dolcezza e nuovi desideri albergavano nel suo cuore.
Hermione, invece, per la prima volta, sentiva di essere davvero lei: Caspian la faceva sentire donna, senza insicurezze, senza mancanze. Nessuno l’aveva mai trattata come faceva lui e, anzi, nessuno l’aveva mai corrisposta come succedeva con lui: tutte le sciocche cotte precedenti svanivano nel nulla, se paragonate al re.
Nessuno dei due però osò analizzare oltre la situazione o spingere avanti la fantasia.
 
Nella confusione creata dai fuochi d’artificio, lui le carezzò il dorso della mano con il pollice e poi bisbigliò:
«Perdonami per come mi sono comportato l’altro giorno. Sono stato davvero un cafone, ma… tu mi hai colto di sorpresa»
«Io ti ho colto di sorpresa?»
Il tono incredulo di lei lo fece sorridere.
«Sì. Io… non ti avevo mai vista davvero, come invece ti ho vista fuori dalla Casa di Aslan. Come ti vedo ora»
Era chiaro, dal modo in cui la guardava, come la vedesse.
Hermione si crogiolò in quella sensazione di femminilità per lei assolutamente nuova e si morse un labbro.
«Non farlo» la avvisò lui «O ti bacio di nuovo, qui davanti a tutti»
Lei sgranò gli occhi, ma poi tornò subito seria:
«Caspian, io… è davvero bellissimo il modo in cui mi stai trattando, ma…»
«Trattando?» rispose, divertito «Hermione, io ti sto corteggiando, semmai»
Detto, sembrava tutto più concreto che mai.
Malgrado ne fosse felice, lei mormorò:
«Non devi. Non è giusto, lo so io e lo sai tu. Tu appartieni a Narnia...Lo vedi come ci guardano tutti, stasera. Non va bene, Caspian. Non può essere così. Tu devi impegnarti con qualche donna di Narnia…»
Le morì la voce all’idea di spingerlo tra le braccia di qualcun’altra, ma lui scosse il capo:
«Hermione, io so quali sono i miei doveri e ti assicuro che evito le offerte di donne di Narnia da anni. Però… non volevo metterti in imbarazzo, perdonami»
«Non sono in imbarazzo»
«Ma hai detto che tutti ci osservano…»
«Sì e non puoi non averlo notato! Ma osservano te e si aspettano che magari tu…»
Tacque di botto, ma lui proseguì come se nulla fosse:
«Che magari io… mi sposi?»
Lei arrossì e non rispose.
«Certo che se lo aspettano» disse Caspian «Ma io stasera ti ho invitata perché…perché è bello stare con te. Perché tu mi piaci più delle altre. Perché volevo che ci fossi tu, al mio fianco»
Hermione rimase a bocca aperta davanti a quella dichiarazione sincera, che rendeva tutto cento volte peggio.
 
Mille volte peggio.
Perché loro due non potevano piacersi e basta: a Hogwarts avrebbero potuto essere due ragazzi che uscivano insieme, ma lì a Narnia, dove Caspian aveva donne che lo inseguivano con intenti matrimoniali ovunque, certamente no.
«Anche io lo volevo…ma questo non cambia le cose»
«Hermione, perché dici così? Perché non possiamo stare insieme e basta?»
«Perché è una cosa folle e irresponsabile» disse lei, con tono severo «E lo sai»
Lui sospirò.
«D’accordo. Parliamone, va bene?»
In quel momento scoppiò un applauso fragoroso che li riportò bruscamente al presente.
I fuochi erano terminati, il Solstizio era al culmine.
Si ricomposero e atteggiarono i volti a un sorriso, mentre Caspian le stringeva più saldamente la mano per evitare che la folla di persone li separasse.
In molti salutarono il sovrano e si fermarono a dire una parola: lui, educato, rispondeva a tutti cordialmente, sempre tenendo Hermione vicina.
Mentre rientravano nel salone da ballo, il re si chinò a mormorarle all’orecchio:
«Vediamoci più tardi, in giardino, va bene?»
Lei annuì, quindi si separarono: Hermione fu invitata a danzare da alcuni notabili, ma nessuno ballava bene come il re.
Più volte sentì i suoi occhi scuri seguirla.
Caspian non ballò più, ma conversò con gli ospiti, si complimentò con le dame, bevve e mangiò con i suoi Lord.
Senza lui accanto, Hermione scoprì che non si divertiva per niente: gli altri uomini non la conducevano con la sicurezza di Caspian, per cui spesso lei inciampava ed era consapevole di sembrare quanto mai goffa.
Inoltre, il pensiero delle loro parole in terrazza le toglieva il fiato.
Poteva davvero correre il rischio di innamorarsi di lui?
Poteva promettergli qualcosa, senza che poi entrambi finissero con il cuore spezzato?
Caspian lo sapeva, doveva saperlo: aveva già perso Susan.
Eppure… cosa voleva fare?
Cosa voleva dirle?
Il tempo sembrava non passare più: consapevole che la sua testa era già in giardino ad aspettare il re, rifiutò garbatamente altri inviti a ballare e cercò la sicurezza della compagnia di Cornelius.
Il vecchio maestro era chiaramente stanchissimo e la ragazza lo convinse a lasciare la sala insieme a lei e Tartufello.
Mentre si alzavano, furono raggiunti dal re.
«Tutto bene, signore?» chiese premurosamente il sovrano.
Cornelius annuì, ringraziando:
«È l’età, ragazzo caro. Ma non voglio portare via Hermione, lei è giovane e deve divertirsi e ballare…»
«No, grazie, signore, non si preoccupi» sorrise lei «Non sono questa grande ballerina: posso lasciare tranquillamente la sala, senza rimpianti»
«Eppure sei davvero aggraziata, cara…dico bene, Maestà?»
Caspian annuì, con un sorriso, e le prese la mano.
«Buonanotte, signore. Buonanotte, Hermione»
Lei ricambiò il suo sguardo carico di promesse e rispose:
«Buonanotte»
Lui trattenne la sua mano ancora per un attimo e poi la baciò dolcemente.
Lei si sforzò di non sospirare per non fare la figura della cretina davanti a tutti.
Accompagnò Cornelius, registrando qualche occhiata delusa da parte degli uomini e incredula dalle donne: forse non concepivano che la fanciulla scelta dal re abbandonasse il campo così presto?
Ma non conoscevano Hermione  Granger: lei non era certo una che mollava.
 
Sentendo la stanchezza salire, Hermione raggiunse la porta al braccio di Cornelius e, sull’uscio, non poté trattenersi dal rivolgere un ultimo sguardo a quella sala stupenda.
E il sorriso le si congelò sulle labbra.
 
Caspian era davanti al trono, che conversava con due Lord.
Alle sue spalle, nel grande specchio che troneggiava sulla pedana rialzata, non era riflessa la sala, ma una donna alta, austera e terribile, con uno sguardo di puro odio rivolto al re.
 

***
Ed eccoci finalmente al capitolo del ballo!
Ammetto che non vedevo l'ora di postarlo... spero vi sia piaciuto!
Un grazie immenso alla mia gemella astrale, Susan, per aver realizzato l'immagine che vi mostra l'abito indossato da Hermione!!
Love you, Sue! <3
Grazie come sempre a tutti voi che leggete, che recensite, che mi seguite con affetto: vi adoro!!
Baci,
Joy

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Capitolo 22
*** Il ritorno della Strega Bianca ***


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Hermione rimase paralizzata.
 
La donna era dentro lo specchio.
Ma non era una donna normale, si vedeva benissimo.
Era alta in modo innaturale, i lineamenti erano senza tempo.
E lo sguardo era duro come l’acciaio e freddo come il ghiaccio.
Con una certezza terribile, la ragazza seppe chi stava guardando: Jadis.
 
Il tempo sembrò fermarsi, man mano che le persone notavano la ragazza immobile sulla soglia e si voltavano per seguire il suo sguardo terrorizzato.
Poi, come una marea che cresce, si alzarono voci sempre più spaventate.
Caspian alzò lo sguardo e, occhieggiata la sala che fissava un punto alle sue spalle, si voltò di scatto.
I suoi dignitari urlarono, terrorizzati.
E, dallo specchio, la donna parlò:
«Re Caspian. Che piacere rivedervi»
Dai suoi occhi scaturì un lampo verde che abbagliò tutti: uomini e donne si coprirono gli occhi con le mani, gridando.
Caspian retrocesse di un passo, ma subito riportò lo sguardo sullo specchio: batté le palpebre per riabituare gli occhi alla luce delle candele, ma vide che lo specchio era nuovamente un semplice specchio riflettente: la strega era sparita.
Si guardò attorno e posò la mano sull’elsa della spada.
 
Nella sala era il caos: le guardie accorsero e tentarono di raggiungere il sovrano, mentre le persone correvano, inciampavano, strillavano e cercavano di guadagnare le uscite.
«Fermi, fermi!» le urla dei soldati non servivano a nulla.
Cornelius gemette quando fu spinto contro uno stipite della grande porta di accesso al salone, Hermione raccomandò a Tartufello di aver cura dell’anziano, quindi raccolse le gonne e cercò di correre verso il re.
La folla la spingeva indietro, ma lei si ostinava a cercare di procedere, con la paura che le serrava la gola.
Prese spinte, venne urtata e quasi gettata a terra; qualcuno calpestò il suo strascico e lei sentì la stoffa strapparsi, ma continuò ad andare avanti.
Solo che non vedeva nulla: il salone era enorme, la gente tantissima.
Probabilmente aveva fatto tre passi avanti e quindici indietro, ma l’unico suo pensiero era quello di raggiungere il re.
Quel lampo verde le aveva fatto venire in mente il bagliore sinistro che aveva scorto negli occhi di lui.
Era un caso?
Oppure…
Hermione digrignò i denti e sgomitò e spinse, ma era come tentare di arginare a mani nude l’avanzata di un gigante.
E poi, all’improvviso, si sentì tirare indietro.
Alzò gli occhi e si trovò tra le braccia del re.
«Caspian!» esclamò, abbracciandolo con foga.
Lui parve stupito, ma le posò una mano sui capelli e ordinò alle guardie di ripristinare l’ordine e far uscire le persone senza incidenti.
«Piccola, va tutto bene» mormorò poi all’orecchio di lei «Non aver paura, sono qui»
Lei lo strinse più forte.
«Hai visto?»
«Sì. Era Jadis, l’ho riconosciuta»
Hermione alzò la testa, ma lui le passò le braccia attorno alla vita.
«Resta qui, con me. Non voglio che ti allontani»
«Stavo per dirti la stessa cosa!» esclamò impetuosamente lei.
Caspian batté le palpebre, perplesso.
Hermione esitò, non sapendo se confidargli i sospetti di Drinian… ma cosa poteva dirgli?
Lo guardò negli occhi e non vide traccia del bagliore.
«Dov’è andata, secondo te?» chiese, invece.
«Non so» lui percorse con gli occhi la sala, che si stava svuotando con più ordine grazie all’intervento delle guardie.
Poi guardò lo specchio e, senza bisogno di dire nulla, lei lo prese per mano e si diressero verso il trono, seguiti da quattro guardie.
Lo specchio era integro e sembrava in tutto e per tutto uno specchio.
Caspian premette le mani sulla superficie, ma non accadde nulla; Hermione studiò la cornice, inutilmente.
Si guardarono, perplessi.
«Ma era davvero qui?» borbottò lei.
Lui sospirò, massaggiandosi la fronte.
«Ha parlato, hai sentito anche tu?»
«Sì… aveva una voce così gelida…»
Il re annuì, poi chiese:
«Senti… se ti dessi la tua bacchetta, non potresti…»
Ma Hermione non fece in tempo a rispondere, perché si sentì di nuovo quella voce acuta e innaturale:
«Un’ottima idea davvero, Sire. Peccato giunga in ritardo»
In un lampo di luce, Jadis apparve al centro della sala: in mano, stringeva la bacchetta magica di Hermione.
 
*
 
Era tutto sbagliato, orrendamente sbagliato.
 
Ferma contro il muro della sala, Hermione era spalla a spalla con uomini e donne riacciuffati da Jadis con un semplice colpo di bacchetta.
Un semplice colpo della sua bacchetta.
 
La strega si era accomodata sul trono, con la magia aveva sigillato porte e finestre e aveva scaraventato soldati e uomini contro le pareti.
Rialzandosi tramortita, Hermione si era sentita mancare nel vedere Caspian immobile e solo, davanti al trono.
Lui teneva la testa alta e non mostrava segno di paura, ma a Hermione tremava il cuore nel vederlo così indifeso.
Jadis era armata e si capiva a colpo d’occhio che non era una da avere remore di coscienza.
Ovviamente, lui non avrebbe pregato o supplicato.
 
Come Harry – pensò disperatamente Hermione – Harry, dove sei?
Jadis si guardava attorno con l’aria del gatto che ha ingoiato un canarino.
Evitò di proposito di guardare il re; studiò invece la bacchetta con attenzione.
Poi, quasi pigramente, mosse il polso e Caspian barcollò all’indietro, portandosi una mano al volto.
Un secondo dopo, la mano era piena di sangue.
Hermione urlò e fece un passo avanti.
Il re alzò la testa e le gridò:
«Stai ferma lì!»
Lei poté vedere il taglio che gli deturpava la guancia e la vista del sangue di Caspian le snebbiò la mente.
Fece due passi avanti, risoluta, e lui fece per andarle incontro, ma un colpo di bacchetta lo spedì a terra.
 
Nel silenzio terrorizzato della sala, Hermione alzò su Jadis uno sguardo colmo di disprezzò e scandì:
«Ti senti tanto coraggiosa, a colpire un uomo disarmato?»
Un sorriso perverso deformò le labbra della Strega Bianca mentre osservava la ragazza chinarsi accanto al corpo del re.
Caspian si rialzò, poggiandosi sui gomiti, e lei gli prese ansiosamente il viso tra le mani, per poi tamponargli il sangue con il palmo della sua mano.
«Che bel quadretto» il tono caustico di Jadis fece correre un brivido tra i narniani «Mia cara, perché ti sporchi con il sangue di quel babbano inutile?»
Hermione, da infuriata che era, rimase agghiacciata e volse verso Jadis gli occhi sgranati:
«Babbano? Tu…vieni da mio mondo?» chiese, debolmente.
In risposta, l’altra ghignò.
 
*
 
Il popolo di Narnia si vide ordinare dalla strega di tornare a casa e prepararsi a una nuova era, sotto l’egida di una nuova regina.
Le guardie e coloro che tentarono di opporsi furono colpiti da incantesimi di ogni genere.
Caspian trattenne Hermione, ma quando la ragazza vide Jadis scagliare la Maledizione Cruciatus saltò in piedi e gridò:
«Basta, basta!»
Inaspettatamente, l’altra rispose:
«Come desideri, cara»
Calò la bacchetta con un Incantesimo non Verbale e Hermione vide gli occhi di molti, nella sala, farsi vitrei.
Pian piano, le persone iniziarono a uscire ordinatamente dalla sala, dopo che la Strega ebbe riaperto le porte con la magia.
«La vostra Regina vi dà il permesso di congedarvi» commentò «Domani sarà un nuovo giorno, a Cair Paravel!»
Caspian osservò sconcertato i suoi uomini inchinarsi a Jadis, ma Hermione scosse il capo, bisbigliando:
«Sono sotto l’effetto di un incantesimo»
Nella sala rimasero alcune guardie che, dopo un movimento di bacchetta, circondarono il trono.
Jadis sorrise melliflua al re e a Hermione.
«Bene, miei cari: veniamo a noi»
Caspian tirò Hermione dietro di sé, ma Jadis si imitò a sorridere e gli inflisse una nuova ferita, alla spalla, che squarciò camicia e pelle.
«Smettila!» Hermione circondò Caspian con le braccia e lo tirò verso di sé «Ti prego, lascialo stare!»
Jadis ghignò:
«Piccola, non dovresti esporti così per il nostro bel sovrano… Ho il fondato sospetto che ormai il trono gli sia – come dire – scivolato di mano»
Caspian strinse i denti, ma Hermione gli premette la mano sul petto per trattenerlo.
«Tu vieni dal mio mondo» ripeté.
«Tu dici?» rise la Strega.
«Sì» rispose lei, categorica «Ha parlato di babbani, sai scagliare una Maledizione Cruciatus. Chi sei?»
Jadis sondò con lo sguardo la ragazza che aveva davanti, pensosa.
Fece rotolare la bacchetta fra le dita e tacque per un po’.
Quando rialzò lo sguardo, disse:
«In effetti, sì: parlare tra noi potrebbe essere una buona idea»
«Bene, come preferisci. Se lasci in pace Caspian, ovviamente»
La Strega scoppiò a ridere.
«Mia cara, non dovresti mostrarmi così chiaramente qual è il tuo punto debole: non c’è gioco, in questo modo»
«Non prendiamoci in giro» il tono secco di Hermione stupì la Strega «È da un po’ che ci osservi, dico bene? Sai già qual è il mio punto debole»
Lo disse con voce ferma e stringendo il re tra le sue braccia, per poi continuare implacabile:
«Del resto, se non avessi voluto esporti, a tua volta non avresti usato parole inequivocabili. E così scopriamo che tu vieni dal mio mondo»
Caspian sussultò, ma Jadis si limitò a sorridere.
«Sagace la piccola, non trovate anche voi, Maestà?»
Un nuovo colpo di bacchetta fece aprire un taglio nel petto del re che gridò, facendo gridare assieme a lui Hermione.
«Basta!» esplose la ragazza.
«Cara, ma tu non sei nella posizione di dare ordini»
Tuttavia, Jadis abbassò la bacchetta.
Hermione le rivolse un’occhiata, poi strappò della stoffa dal suo abito e tamponò il sangue sul viso e sul petto del re.
«Cosa vuoi da me?» chiese, mentre si dava da fare.
Jadis osservò per un po’ la coppia, poi disse:
«Re Caspian, la vostra propensione per le ragazze della Terra ormai è un dato di fatto»
Gli occhi del re mandarono lampi, ma Hermione gli bisbigliò:
«Lascia stare, non risponderle»
«Ma come, cara, non vuoi sapere se tiene a te come alla cara Susan Pevensie?» rise Jadis.
«No, grazie» la gelò Hermione «Se permetti, non sono fatti tuoi»
Caspian trattenne il fiato, ma la Strega non colpì Hermione, si limitò a ridacchiare.
«Molto bene, piccola strega. Se preferisci saltare i convenevoli, veniamo pure a noi»
«Questi li chiami convenevoli?»
Hermione lanciò a terra una pezza di stoffa imbevuta di sangue ma alzò gli occhi su Jadis, che esitò e poi chiese:
«Da dove vieni?»
«Non lo sai già?» contrattaccò Hermione «Non ci hai spiati? Non dire di no: sapevi dove prendere la mia bacchetta…e poi, per due volte io…»
Esitò, per proteggere il re, ma Jadis parve capire.
«Sì, sapevo che eri arrivata. E sì, non ho esitato a capire che era la mia occasione. Ora: da dove vieni?»
Hermione tacque e Jadis alzò la bacchetta.
«No!» Hermione si mise davanti a Caspian, anche se lui tentò di tirarla indietro «Da Hogwarts! Vengo da Hogwarts!»
Gli occhi di Jadis si accesero di una luce trionfante.
«Hogwarts» mormorò «La cara, vecchia Hogwarts»
 
*
 
Hermione si rigirò nel letto, incapace di prendere sonno.
Guardò la pendola sul muro alla luce di una candela.
Le quattro del mattino.
 
Due ore prima, Jadis l’aveva spedita fuori dalla sala del ballo senza aggiungere altro.
Lei si era opposta, aveva chiesto che Caspian fosse mandato via insieme a lei, ma la strega si era limitata a fare un cenno e due guardie l’avevano sollevata di peso e portata fuori.
L’ultima immagine che Hermione aveva negli occhi era Caspian che gridava ai soldati di lasciarla, mentre altri due uomini lo tenevano fermo.
Poi, le porte della grande sala si erano richiuse.
I soldati non l’avevano ferita, si erano limitati a portarla in camera sua.
Lì, una spaventatissima Cora l’aveva accolta e l’aveva consolata mentre lei si dannava per la sorte del re.
Le due donne erano state chiuse nella stanza e a nulla erano valsi i tentativi di uscire: fuori dalla porta c’erano due guardie ed era impossibile saltare dalle finestre, vista l’altezza rispetto al cortile sottostante.
Inoltre, c’era qualcosa di strano che gravava sul castello, quasi una cappa oscura.
Non si udivano voci, non c’erano persone che camminavano: non sembrava la sera di un ballo, ma una veglia funebre.
Alla fine, Cora aveva convinto Hermione a stendersi a letto, sottolineando che non c’era nulla che potessero fare e che, se voleva essere utile al re, doveva essere ben sveglia e riposata il giorno dopo.
Ma Hermione non riusciva a rilassarsi.
Cosa poteva fare per Caspian e per Narnia?
Ora sì che si sentiva nuda e inerme, con Jadis in possesso della sua bacchetta.
Che armi poteva sperare di usare contro la strega?
E che cosa voleva da lei quella donna?
Perché era chiaro che volesse qualcosa.
Hermione si ripromise di fare qualsiasi cosa in suo potere per proteggere Caspian, qualunque cosa le chiedesse Jadis.
Chiuse gli occhi e si voltò nel letto, cercando di non pensare alla prima parte della serata e a quello che sarebbe successo se Jadis non fosse comparsa: cosa le avrebbe detto Caspian?
E lei, soprattutto, cosa avrebbe risposto?
Sentendosi defraudata di un momento speciale, la ragazza cercò di dormire, ma il sonno non arrivò.
 
 
La mattina fu un sollievo essere chiamata dalle guardie: era in piedi dall’alba e aveva gli occhi segnati dalla nottata insonne e dall’ansia.
Quasi corse per i corridoi per la fretta di arrivare, obbligando i soldati a tenere il suo passo.
La scortarono nella sala del trono.
Varcata la soglia, Hermione osservò la bassa luce e l’atmosfera cupa che sembrava aver permeato la stanza nello spazio di una notte.
Era la sua impressione, o il castello sembrava improvvisamente grigio e smorto?
Ma ogni pensiero scivolò via dalla sua mente quando notò la presenza del re nella sala.
Hermione ebbe l’impressione che dal suo cuore fosse stato sollevato un macigno.
Era lì, era vivo.
Tirò un sospiro di sollievo e solo dopo gettò un’occhiata a Jadis, pigramente seduta sul trono.
La strega le rivolse un ghigno.
«Buongiorno a te, cara collega» disse, beffarda «Spero tu abbia riposato bene. Ero impaziente di scambiare due parole con te. Gradisci qualcosa da bere? Il mio schiavo te la porterà volentieri»
Indicò con un gesto il re e solo in quel momento lui alzò il capo.
Hermione sussultò nel vedere il bellissimo viso di Caspian piego di tagli e lividi; registrò con un’occhiata l’aria stravolta, gli abiti a brandelli, le ferite.
In un secondo, ogni proposito di ragionevolezza svanì dalla sua mente, sostituito da un furore cieco.
Guardò Jadis e scandì, con una voce che non sembrava nemmeno la sua:
«Chiariamo subito una cosa: se alzi ancora la mano o la bacchetta su di lui puoi scordarti qualsiasi aiuto, ora e per sempre! Chiaro?»
Caspian sussultò e Jadis strinse gli occhi:
«Come osi, ragazzina?» esclamò «Sei forse stupida? Eppure lo sai cosa si può fare con una bacchetta!»
«Bene, allora uccidimi!»
Hermione non tradì la minima paura mentre lo diceva.
La sua mente volò a Harry e a quello che le aveva detto a proposito del coraggio che si frappone fra te e la morte, in un battito di ciglia.
Ora sì che capiva cosa intendeva dirle.
Si ripromise di scusarsi con lui, se mai fosse tornata a casa.
 
Ma Jadis non la colpì.
Strinse gli occhi e posò la bacchetta sulle sue gambe.
«Sua Maestà questa mattina non sembra molto in forma, non trovi?» si limitò a chiedere.
Hermione scelse di prendere quelle parole come un invito ad avvicinarsi e marciò decisa verso il re.
Si guardarono negli occhi e lei sentì il suo cuore tremare di paura, per lui: com’era ridotto!
Di getto, lei gli tese le mani e lui le strinse subito fra le sue.
E, per un secondo, non esistettero né Jadis, né il pericolo, né i soldati: solo loro due.
Hermione gli sfiorò il viso e sulle labbra di lui comparve un pallido sorriso.
Sembrava in sé, se non altro.
La ragazza si voltò verso Jadis e disse:
«Ti propongo un patto: ti aiuto, se tu lasci libero Caspian»
Lui disse subito:
«No!»
Ma Jadis si limitò a ridere:
«Mia cara, il nostro aitante sovrano è una merce troppo preziosa per cederlo così. E poi, è bello avere uno schiavo così gradevole da guardare. La risposta è no»
«Bene» disse subito Hermione, che non si aspettava una risposta diversa «Allora fammi curare le sue ferite e dagli del cibo»
Jadis strinse le labbra, ma poi fece un cenno con la mano.
«Che sia. Tienilo pure qui, se ti fa felice. Ma non pensare di poter dettare tu le regole, carina»
Hermione ringraziò, tranquilla.
La strega sembrava spiazzata dalla sua sicurezza e lei sapeva di dover trarre il massimo da quella situazione, finché poteva.
«Posso avere acqua e bende pulite, per favore?»
La Strega Bianca le fece apparire dal nulla, ma disse:
«Dopo. Ora parliamo»
Hermione annuì, mentre Caspian le bisbigliava:
«Non fare patti con lei, Hermione!»
Ma Jadis ghignò:
«Maestà, non temete per la vostra bella: al momento, quello in difficoltà siete senza dubbio voi»
Caspian strinse i denti, ma Hermione lo guardò di sottecchi e chiese:
«Per favore, possiamo sederci? Entrambi?»
Jadis sembrava divertita dal tono colloquiale della ragazza.
«Schiavo, prendile una sedia»
«No!» gridò subito la ragazza.
La strega rise, crudelmente:
«Invece sì. Se gli ordino una cosa, lui deve farla. Dico bene, Caspian?»
Mosse la bacchetta e la ferita che tagliava trasversalmente il petto del re riprese a sanguinare.
Lui si portò una mano al petto e barcollò, digrignando i denti.
Hermione gli passò un braccio attorno alla vita e lo sentì tremare, ma dalle labbra di lui non uscì un fiato.
«Lascialo stare! Le prendo io!»
«No, invece!» gli occhi di Jadis mandavano lampi «Se ordino una cosa tu devi farla subito, mi sono spiegata?»
Con un colpo di bacchetta, la strega mandò Hermione a gambe all’aria, separandola dal re, e poi gridò:
«Crucio!»
«No!»
L’urlo di Hermione venne sovrastato dalle grida di dolore del sovrano.
«Basta, basta!» la ragazza gridò, con gli occhi pieni lacrime «Ti prego, non fargli del male! Farò quello che vuoi!»
E Jadis si fermò.
Caspian si accasciò a terra, sfinito.
Hermione, pallidissima, si precipitò accanto a lui.
La Strega Bianca disse, con voce mortifera:
«Hai capito che non scherzo, ragazzina? Non voglio versare sangue di mago, ma vedi di non provocarmi. Non puoi contrattare con me, sono io che decido chi vive e chi muore. Ora, sono stata gentile con te ma ricorda: un passo falso e sarà Caspian a farne le spese, sono stata chiara?»
Hermione annuì, convulsamente, mentre passava una mano sul viso e sul collo di lui, che giaceva a terra semisvenuto.
«Allontanati!» ringhiò Jadis.
Hermione ubbidì, per paura che lei lo colpisse ancora.
«Bene. Ora…» Jadis mosse la bacchetta e la porta si aprì.
Fuori c’era Lilliandil, vestita di un abito rosa che la faceva sembrare una bambola di porcellana quanto mai fuori posto.
«Lilliandil, entra!» ruggì Jadis.
La stella la guardò sbattendo le palpebre e la strega mosse ancora la bacchetta: come trascinata da fili invisibili, Lilliandil incespicò in avanti senza la consueta grazia, poi cadde a terra.
«Bene, ora io e la mia cara ospite dobbiamo parlare, quindi pensa tu al sovrano, in modo da togliere questo pensiero alla piccola Hermione»
La piccola Hermione digrignò i denti, ma Lilliandil batté le palpebre perplessa.
«Cosa vuoi da me?» chiese, tremando.
«Che pensi a lui. Dovresti esserne felice, visto che è quello che smani di fare da tempo. Certo, magari sua Maestà sarebbe più contento di avere un’altra donna al suo fianco…»
Lilliandil fissò Jadis con aria stizzita.
«Per chi mi hai presa? Come osi parlarmi così? Mio padre…»
«Tuo padre, cara, è lontano. E anche se volesse non potrebbe attraversare gli incantesimi con i quali ho protetto Cair Paravel questa notte. Meglio se ti metti l’anima in pace. Datti da fare»
«Non puoi tenermi qui» protestò Lilliandil in tono lamentoso «E poi cosa significa darmi da fare?»
Hermione alzò gli occhi al cielo e parve per un istante che la Strega Bianca fosse sul punto di fare lo stesso.
Invece ruggì:
«Bada al re, sciocca!»
E con un colpo di bacchetta la spedì sul pavimento, vicino a Caspian.
Hermione strinse le labbra, ma se non altro Lilliandil allungò la mano verso le bende per iniziare ad occuparsi del re.
«Veniamo a noi!»
La voce di Jadis la riportò bruscamente al presente.
«Raccontami di Hogwarts!» ordinò la strega.
«Perché?» si oppose subito Hermione.
Jadis le lanciò un’occhiata di fuoco e strinse la bacchetta, girando la testa verso Caspian.
«No, d’accordo! Cosa vuoi sapere? Hogwarts è una scuola di magia»
«Lo so! Voglio sapere chi è il Preside, voglio sapere come è organizzata al momento. Poi voglio che mi dici chi è il Ministro della Magia, cosa succede al Ministero… e altro. Comincia»
Hermione la guardò perplessa ma iniziò a parlare.
«Sul Ministero non posso aiutarti molto. Il Ministro della Magia attuale è Rufus Scrimgeour»
Vide Jadis aggrottare la fronte e capì che il nome non le diceva nulla.
«Era a capo dell’ufficio Auror quando è stato deposto Cornelius Caramell: lui è stato poi scelto come nuovo Ministro»
«Hanno deposto un Ministro?»
«Il mondo magico ha chiesto le sue dimissioni per settimane, unanimamente»
Jadis batté le palpebre.
«Come mai?»
«Perché per colpa di Caramell è tornato»
«Chi è tornato?»
«Lord Voldemort»
«E chi è, Lord Voldemort?»
Già dall’occhiata vacua che le era stata rivolta, Hermione aveva capito che Jadis non conosceva Voldemort.
Allora doveva essere una strega molto antica… stando ai tempo di Narnia era così.
Ma Caspian e Cornelius le avevano spiegato che il tempo scorreva in modo diverso rispetto al suo mondo, così non poteva essere certa di nulla.
«È il più terribile mago oscuro degli ultimi cinquant’anni…forse dell’ultimo secolo»
A tutto era preparata, tranne che all’occhiata incredula della Strega Bianca, che disse:
«Cosa? Ma figuriamoci!»
Hermione la fissò, perplessa.
«È così»
«Impossibile!»
Hermione sbuffò.
«Scusa, ma tu che ne sai?»
Jadis sembrava sempre sbalordita.
«E lui, allora?» chiese.
«Lui chi?» era il turno di Hermione di rimanere perplessa.
«Lui! Il più grande mago oscuro!»
Di fronte all’aria perplessa della ragazza, Jadis sbatté con astio un pugno sullo scranno reale.
«Gellert Grindewald!» 


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Joy

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Capitolo 23
*** Una vecchia storia ***


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Hermione fissò Jadis a bocca spalancata.
 
«Gellert Grindewald?»
«Lo conosci?»
«Ho letto di lui… nei libri di storia»
«Nei libri di storia?» l’urlo stridulo di Jadis fece sussultare Hermione «Come? Vuoi dire che è morto?»
«Non lo so! Non si sa più nulla di Grindewald!»
«Cosa? Perché?»
Jadis stava artigliando i braccioli del trono con le mani, protendendosi in avanti.
«Perché dopo che è stato sconfitto…»
«Chi lo ha sconfitto?»
«Silente…»
«Silente! Albus Silente!»
«Conosci Silente?»
La Strega Bianca fa un gesto impaziente con la mano.
«Lo conoscevo, un tempo. È sempre Preside a Hogwarts?»
Hermione annuì e Jadis si poggiò allo schienale del trono, chiudendo gli occhi.
«E così Albus è ancora lì…» mormorò.
Poi tacque e Hermione ne approfittò per lanciare un’occhiata a Caspian.
Il re si era poggiato su un gomito e guardava ansiosamente la scena, con gli occhi fissi su di lei.
La ragazza gli rivolse un veloce sorriso e poi riportò lo sguardo sulla Strega Bianca.
Ma, per vari minuti, Jadis non disse nulla.
Quando alla fine parlò, chiese decisa:
«Non si hanno più notizie di Gellert?»
Hermione si morse il labbro:
«Niente di definito…Le cronache non dicono cosa è successo dopo il duello con Silente»
Jadis la fissò, truce.
«Tu che ne pensi?»
«Io?» rispose perplessa Hermione.
«Sì, tu, signorinella… chi vuoi che possa avere un’opinione in merito? Lilliandil?»
In un’altra circostanza Hermione avrebbe riso, soprattutto nel vedere l’espressione della stella, ma in quel momento non era affatto divertita.
«Secondo me è a Nurmengard» disse, semplicemente.
Jadis serrò gli occhi e se li coprì con una mano.
«Nurmengard…» bisbigliò «Allora esiste ancora…»
«Tu…sai di Nurmengard?» domandò Hermione, esitante.
Jadis le rivolse uno sguardo penetrante.
«Cara, io ho aiutato Gellert a costruire Nurmengard»
 
*
 
Hermione scese la scala che conduceva alle segrete con il cuore in gola e scortata da due soldati, i quali la condussero verso una cella e si fermarono accanto alle sbarre.
La ragazza volò all’interno e si inginocchiò accanto al pagliericcio.
«Caspian» mormorò, terrorizzata.
Il re era disteso sulla branda, con gli occhi chiusi, e respirava affannosamente.
Accanto a lui, Cornelius gli bagnava la fronte con un panno.
Sentendo la voce di lei, il re aprì gli occhi a fatica.
«Hermione» mormorò «Stai bene?»
Lei gli prese la mano e bisbigliò, rassicurante:
«Sì, certo, sto bene. Non preoccuparti»
«Ma la strega…»
«Shhh, shhh, non preoccuparti. Riposa, adesso»
Hermione sedette sul pagliericcio e prese la testa del re in grembo, quindi Cornelius le passò la pezzuola e lei iniziò a bagnare il viso di lui con l’acqua e a togliere il sangue rappreso.
 
Quando Jadis aveva ordinato di imprigionare nelle segrete gli uomini più irriducibilmente fedeli a Caspian, tra i quali Cornelius, il giovane re si era opposto con forza e la Strega Bianca lo aveva Cruciato violentemente.
Hermione l’aveva supplicata ancora e ancora di lasciarlo libero, ma solo dopo una terribile mezz’ora Jadis si era quietata e si era ritirata nelle stanze che ora proclamava sue.
Il re era stato portato nelle segrete, svenuto.
Solo ora che poteva vederlo e toccarlo a Hermione sembrava di essere ancora capace di respirare.
Accarezzò i capelli serici del sovrano e gli deterse delicatamente il viso, mentre l’anziano precettore mormorava con voce rotta:
«Non dovevate esporvi per me, Sire… io sono vecchio, che importanza può avere se mi imprigionano…. Dovete pensare a voi e a Narnia…»
Caspian aprì gli occhi, sofferente.
«Ma cosa dite? Io…»
Parlare sembrava costargli un grande sforzo, per cui Hermione gli posò dolcemente un dito sulle labbra e anche Cornelius si affrettò a dire:
«Non parlate, Maestà: riposate un poco»
Caspian richiuse gli occhi, sfinito, e Hermione e Cornelius si scambiarono un’occhiata angosciata.
L’anziano prese il polso del re tra le mani, mentre la ragazza finiva di esaminare le ferite superficiali.
«Il polso è debole…» mormorò il maestro.
Hermione annuì.
«Caspian, ora ti medichiamo le ferite, poi devi mangiare qualcosa d’accordo?»
Cornelius fece una smorfia indicando con il capo la brodaglia che era stata portata nella cella dai soldati, ma Hermione continuò a parlare con voce rassicurante:
«E poi devi dormire per recuperare le forze: io e il dottor Cornelius restiamo qui con te»
Caspian aprì gli occhi e guardò Hermione:
«Senti, se Jadis…»
«Caspian, non mi importa di Jadis: mi importa di te» lo interruppe Hermione «Per una volta cerca di non essere il testardo che sei e fai quello che ti diciamo!»
Un pallido sorriso affiorò sulle labbra del re e fu ricompensato da un’occhiata dolce di lei.
«Bravo. So che gli effetti della Maledizione Cruciatus sono terribili…» le si ruppe la voce al pensiero di come l’aveva visto soffrire «Ci vuole un po’ a riprendersi, ma vedrai che passerà presto»
«Non ho mai provato un dolore del genere» ammise lui «Come se… le ossa bruciassero e…»
Cornelius pareva sconvolto.
Hermione iniziò a sbottonare quello che restava della camicia del re, ormai a brandelli, e riprese a parlare per distrarlo:
«Nel mio mondo, chi fa uso di quella Maledizione e delle altre Maledizioni Senza Perdono viene condannato alla reclusione a vita ad Azkaban, la prigione dei maghi: un posto orrendo»
«Non è… la stessa prigione che hai nominato alla strega, prima» disse il re, trattenendo un gemito quando il maestro gli sfilò definitivamente la camicia dalle spalle.
«No, hai ragione» Hermione era stupita dalla sua attenzione «Quella era Nurmengard»
Bagnò la pezza e iniziò a passarla sulle spalle e sul petto di lui, pulendogli le ferite.
«Servirebbero un unguento, delle bende… vi prego» Cornelius si rivolse alle guardie «Possiamo avere dei medicamenti per Sua Maestà?»
Hermione unì le sue preghiere a quelle dell’anziano, ma i soldati rimasero impassibili.
«Non importa» mormorò Caspian, guardando quelli che erano i suoi uomini con aria cupa «Non serve, sto bene»
Hermione gli posò una mano sul viso, mormorando:
«Sono sotto un incantesimo, non sono loro…»
Assieme a Cornelius, aiutò Caspian a sedere sul giaciglio, in modo da poter pulire meglio le ferite: si inginocchiò davanti al re, che chiuse gli occhi in preda a un capogiro.
Jadis non lo aveva fatto mangiare né dormire per quasi due giorni, inoltre aveva perso molto sangue.
Hermione fissò la sua pelle martoriata e le ferite vive e si sentì stringere il cuore.
«È colpa mia» disse, d’impulso «Se non fosse stato per il mio arrivo qui, Jadis non si sarebbe palesata. È venuta per la mia bacchetta… e per sapere di quello che succede nel mio mondo. Se non fossi comparsa io…»
«Mia cara, cosa dici…» iniziò Cornelius, ma Caspian intervenne:
«Hermione, nemmeno Jadis potrebbe mai farmi desiderare che tu non fossi arrivata a Narnia!»
 
Lo sguardo che si scambiarono i due giovani convinse Cornelius che era ora di andare a vedere in che stato era la cena.
Dopo che si fu allontanato, Hermione non riuscì a trattenere una lacrima.
«È colpa mia…» ripeté in tono desolato.
Caspian allungò le braccia per stringerla: era debole, ma il calore di quel contatto la spinse a stringersi a lui.
Posò la fronte sulla spalla del re, mentre lui mormorava:
«Sciocca che non sei altro…»
«Ma guarda cosa ti ha fatto!»
«L’importante è che non succeda nulla a te»
«Non dire così! Non posso sopportare che ti torturi!»
Hermione iniziò a piangere e Caspian la strinse, baciandole i capelli.
«Sshhh… Piccola, non piangere… Sto bene, non è così facile liberarsi di me…»
Lei lo strinse forte tra le braccia e lui non riuscì a trattenere un gemito.
«Scusa, scusa!» gridò Hermione, allarmata.
Caspian si massaggiò le costole e poi tossì.
Hermione riprese il panno bagnato e glielo passò sul petto, quando improvvisamente lui le prese il viso tra le mani e poggiò la fronte sulla sua.
Avvicinò le labbra a quelle di lei - che rimase immobile, presa alla sprovvista e con il cuore in tumulto – e, quando le sfiorò con le sue, le mormorò:
«Devi scappare di qui»
 
Hermione sgranò gli occhi e represse uno sciocco senso di delusione.
Non era certo quello il momento di pensare ai baci.
Eppure, le labbra di lui erano così invitanti…
Si riscosse, inclinò un po’ il capo per nasconderlo meglio alla vista dei soldati e bisbigliò a fior di labbra, categoricamente:
«No»
Le labbra di Caspian si incurvarono in un sorriso involontario, sotto le sue.
«Chi è la testarda, ora? Hermione, devo sapere che stai bene! Cerca di portare via Cornelius e mettiti in salvo!»
«No. Senza di te io non vado via»
«Hermione…»
«No» ripeté, categorica «Io voglio stare dove sei tu»
Si allontanò da lui, per non proseguire quella conversazione, e voltò il capo verso il bacile dell’acqua.
Lavò il panno e non si voltò nemmeno quando lui le posò una mano sulla guancia.
«Ti prego» bisbigliò lui debolmente.
Una guardia si mosse, sulla porta della cella, e Hermione si buttò addosso al sovrano, credendo che volessero separarli.
Dopo un secondo di silenzio, respirò di sollievo e si chinò di nuovo sulle ferite del re.
Caspian tentò ancora di convincerla, ma lei rimase sorda a ogni preghiera.
Prima che Cornelius si avvicinasse con una scodella di brodo, lui mormorò, dolente:
«Perché?»
«Perché ho detto no» rispose lei, decisa.
Guardò gli occhi addolorati di lui e stemperò la sua risposta brusca:
«Voglio essere sicura che tu stia bene… e poi, se proprio volevi che ti ascoltassi…»
Lui la guardò ansiosamente e lei storse le labbra.
«Bè…potevi almeno baciarmi…»
L’espressione di lui passò dallo stupore al divertimento.
«E se l’avessi fatto mi avresti ascoltato?»
«No, ma…potevi comunque tentare»
 
Il sorriso di Caspian valeva ogni pericolo che avrebbe corso, decise Hermione, mentre lui si chinava di nuovo verso le sue labbra e le sfiorava dolcemente con un casto bacio.
Quando si allontanò vide l’espressione insoddisfatta di lei e sorrise ancora.
«Più tardi, piccola mia» promise.
Accanto a loro, Cornelius si schiarì la voce e porse a Hermione un piatto contenente una zuppa grigiastra e fredda.
La ragazza represse un brivido di disgusto e ne prese una cucchiaiata, avvicinandola alle labbra del re.
«Da bravo, ora mangia: devi rimetterti in forze»
Con grande stupore di Cornelius, il re si lasciò imboccare e ingoiò fino all’ultima cucchiaiata di cibo.
Solo alla fine fece una smorfia e commentò che era il peggior pasto della sua vita.
Hermione finì di pulirgli le ferite, ma purtroppo aveva solo acqua: lavò e lavò ogni taglio, bagnò la pelle che iniziava a scottare e gratificò di un’occhiataccia la coperta sporca che era ripiegata sul letto prima di gettarla a terra.
Fortunatamente, Cornelius indossava su un camicione il mantello e uno scialle, per cui poté offrire al sovrano quest’ultimo perché si coprisse.
Caspian protestò dicendo che si sentiva meglio e non voleva togliere il letto all’anziano, ma Hermione lo zittì e lo fece stendere.
Gli accarezzò i capelli e gli parlò dolcemente e, in breve, le palpebre di lui si chiusero e il sovrano piombò in un sonno agitato, stringendo la mano di Hermione nella sua.
Cornelius gli sfiorò la fronte e poi guardò Hermione, bisbigliando:
«Dobbiamo portarlo via: Jadis lo ucciderà, altrimenti»



***
Buonasera!
Come promesso alla mia dolce Fedra, questa settimana aggiornamento doppio!
Sono molto cattiva con Caspian? Non odiatemi... e tu, Sue, riponi l'ascia!! ;)
Se volete maledirmi (ma spero di no!) o se avete bisogno di informazioni sulle mie storie (molto meglio!), mi trovate qui:
 https://www.facebook.com/Joy10Efp
Un bacio e buona lettura,
Joy

 
 
 

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Capitolo 24
*** Fierezza e sangue puro ***


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Nei giorni seguenti Hermione temette spesso che Cornelius fosse nel giusto.
 
Caspian aveva un carattere indomabile e fiero e rifiutava di chinare la testa di fronte a Jadis.
La Strega Bianca non tollerava tanta caparbietà e cercava di umiliarlo e torturarlo in ogni modo possibile: lo privava del cibo, di abiti caldi quando il suo arrivo aveva letteralmente immerso Cair Paravel in una cappa di gelo, del sonno, lo obbligava a servirla.
Lo torturava, lo colpiva con incantesimi violenti, ma Caspian non cedeva.
Non si inchinava volontariamente a lei, non le tributava rispetto e non le riconosceva la minima autorità su Narnia.
E gli uomini del re, gli abitanti del castello e la popolazione cercavano di ostacolare la Strega Bianca come potevano: dispetti più o meno velati erano ormai all’ordine del giorno.
Tutti la temevano, ma nessuno la rispettava.
Jadis non aveva il potere per ridurre l’intero castello in schiavitù: lanciava incantesimi su coloro che sembravano più riottosi o sfrontati, ma non poteva farlo su tutti.
Non aveva abbastanza energie, era sempre stremata.
Secondo Hermione, era come se Jadis affrontasse i G.U.F.O. tutti i giorni, dieci volte al giorno, per la quantità di potere che doveva impiegare.
Scagliava una Maledizione Imperius su un plotone di guardie e, nelle stalle, qualcuno cercava di scappare.
Lei accorreva e i cuochi cercavano di avvelenarle il cibo.
Li puniva e crollava il tetto della sua stanza.
C’era troppa, troppa gente a Cair Paravel.
E l’Incantesimo Imperius, il più utile, richiedeva una grande forza di controllo.
 
Jadis sapeva che l’arma più efficace in suo possesso non era la bacchetta, ma Caspian: finché aveva il re, nessuno avrebbe osato sfidarla davvero per non mettere in pericolo lui.
Quindi, stava ben attenta a non perderlo mai di vista.
Sapeva però che averlo intorno metteva a dura prova i suoi nervi, visto l’atteggiamento non remissivo di lui: questo era l’inconveniente.
Non poteva Cruciarlo troppo… stava rischiando grosso.
Narnia non avrebbe tollerato l’assassinio del suo re.
E c’era da tener ben presente che quel giovane sovrano non era un tipo che accettava lo stato di cose com’era: giusto il giorno prima aveva disarmato fulmineamente una guardia e si era scagliato con una spada contro di lei.
Ed era stato respinto dal suo scudo invisibile.
Aveva dovuto punirlo… sì, ma a un certo punto aveva smesso perché temeva di avergli fatto seriamente del male.
Praticamente poteva ancora sentire le urla di Hermione.
 
Hermione.
Ecco un’altra chiave, sia per il suo piano che per il controllo del re.
Era chiaro a tutti ormai che tra il re e la ragazza della Terra esisteva un sentimento reciproco.
Quindi, tenere in pugno Hermione significava tenere in pugno Caspian.
Lei era molto più prudente di lui, malgrado il caratterino: era una che ti annientava con la testa e con la lingua.
Per fortuna, perché se avesse saputo usare anche la spada, a Jadis non sarebbe bastata una bacchetta sola.
Di solito, la Strega Bianca teneva separati i due colombi e, anzi, forzava Lilliandil a occuparsi del re, in parte per frustrare Hermione (e anche Caspian, se era cosciente), ma soprattutto per evitare eventuali complotti.
Ma, dopo la tremenda punizione del giorno prima, aveva lasciato la ragazza libera di andare da lui, nelle segrete.
 
Jadis la chiamava per parlare, le domandava del suo mondo, delle leggi, dei costumi.
Faceva domande sui libri e persone che Hermione non aveva mai sentito nominare.
La ragazza la assecondava, ma la Strega sapeva che lo faceva solo per proteggere il sovrano.
Bè, a volte non bastava.
Come quel giorno.
 
*
 
Incredibilmente, Hermione questa volta aveva ottenuto un cibo un po’ più sostanzioso dalle guardie e aveva potuto portare coperte calde dalla sua stanza.
Peccato che Caspian fosse ancora svenuto.
Hermione gli sentì il polso per la quindicesima volta in mezz’ora e sospirò pesantemente, muovendo le spalle per sciogliere la tensione.
Teneva la testa di Caspian sul suo grembo e gli stava bagnando il viso con dell’acqua.
Dopo qualche minuto, lui si agitò nel sonno e si mosse, per poi gemere.
Lei gli accarezzò il viso e, pian piano, il sovrano aprì gli occhi.
«Ciao» bisbigliò lei, sollevata.
Lui prese un profondo respiro e batté le palpebre un paio di volte, come se non capisse bene dove si trovava.
Poi però le sorrise, con un certo sforzo.
«Ciao, piccola» rispose.
Aveva la gola secca e parlare sembrava costargli un certo sforzo.
Hermione si era ripromessa di non piangere più - sia perché era una vera Grifondoro, sia per non turbare ulteriormente il re – ma l’atteggiamento di lui ogni volta rischiava seriamente di farla crollare.
Malgrado tutto quello che gli toccava, il suo primo pensiero era sempre per lei: se stava bene, se mangiava, se la trattavano con rispetto.
Non ammetteva mai di soffrire per non turbarla, minimizzava ogni crudeltà che subiva e solo a lei dedicava, sempre e comunque, un sorriso, una parola dolce e ogni attenzione che gli era possibile.
Anche dopo una giornata di torture, sembrava desiderare solo di averla accanto e sentirla parlare: spesso si addormentava, sfinito, con il capo sul suo grembo o sulla sua spalla, tenendole la mano anche nel sonno.
Se la sua virilità e il suo fascino l’avevano ammaliata, la sua tenerezza e la sua delicatezza l’avevano fatta capitolare definitivamente: ormai Hermione non si domandava più se era innamorata di Caspian, perché sapeva già la risposta.
E non si angosciava per la cosa, ma solo per quello che stava passando Narnia e – soprattutto – il suo re.
Lei e Caspian non ne avevano mai parlato, ma la prigionia aveva cambiato il loro atteggiamento, stemperandone la prudenza: la paura, il dolore e la solitudine in cui Jadis aveva fatto piombare il castello li aveva spinti ad avvicinarsi ancora di più.
Si cercavano e non si nascondevano: i momenti che riuscivano a rubare erano talmente preziosi che non si potevano sciupare nascondendosi o evitandosi.
Senza neppure bisogno di dirlo, chiunque fosse presente vedeva il re e la ragazza venuta da un altro mondo tenersi per mano, sorridersi, scambiarsi tenerezze, come due ragazzi qualunque.
E, invece, erano un re e una strega, ed erano prigionieri di un essere malvagio.
 
Ora, Hermione si chinò a sfiorare le labbra di lui con un bacio.
In risposta, il re le sorrise.
«Vuoi dell’acqua?» domandò la ragazza.
Alla risposta affermativa, gli sollevò piano il capo per aiutarlo e gli avvicinò una tazza scheggiata alle labbra.
L’acqua era tiepida, ma Caspian bevve assetato.
Quindi, Hermione lo fece ridistendere e si mise ad accarezzargli il viso.
«Come ti senti?» mormorò.
«Non preoccuparti, sto bene» rispose lui, come lei sapeva benissimo che avrebbe fatto.
Alla vista della smorfia di lei, sorrise di nuovo e richiuse gli occhi.
«Cosa succede di sopra?» chiese poi «Che ore sono? È notte?»
«No, è primo pomeriggio. Di sopra è tutto tranquillo… Dopo…» le si ruppe la voce ma si impose di continuare «Dopo che ti ha…colpito, si è ritirata nella sua stanza e non ha fatto molto d’altro…»
Lui aggrottò la fronte.
«Ma…era tardo pomeriggio…lo ricordo… mi aveva chiesto di portarle un rinfresco…sbaglio?»
Hermione gli accarezzò i capelli e mormorò dolcemente:
«No, non sbagli»
Lui sgranò gli occhi.
«Ma..quanti…cioè, quanto ho dormito?»
«Quasi un giorno»
Lei chiaramente si imponeva di parlare con calma, anche se non era affatto tranquilla: lui lo sapeva, quindi non insistette.
«Va bene, ho capito»
«No, Caspian, che non va bene» Hermione lottò contro le lacrime «Non va affatto bene, pensavo di morire di paura… non ti svegliavi e io…»
Lui fece per mettersi seduto, ma gemette.
«Non muoverti!» Hermione gli premette la mano sul fianco «Resta fermo!»
Ma la smorfia di lui la fece preoccupare.
«Cosa ti fa male?»
«Niente…»
«Non dirmi bugie, ti prego!»
«Davvero, non è niente…»
Hermione lo sfiorò con dita leggere, ma anche se lui non emise un lamento era chiaro che qualcosa non andava.
«Per le mutande di Merlino!» imprecò Hermione, sfogando così la tensione e facendo sussultare anche le guardie «Ma tu guarda se…»
Uno dei soldati entrò nella cella e si inginocchiò accanto alla branda, zittendo la ragazza.
«Vostra Maestà» mormorò «Come vi sentite?»
Hermione e Caspian si scambiarono un’occhiata.
Il soldato scoprì il fianco del re, mentre bisbigliava:
«Non temete: io e Arun siamo dalla vostra parte»
L’altra guardia, sulla porta della cella, fece un cenno impercettibile.
Questa era la riprova del fatto che gli incantesimi di Jadis non duravano a lungo e che la strega non poteva controllare tutti, si disse Hermione, prima di tornare bruscamente al presente.
Caspian gridò, improvvisamente, quando il soldato gli premette le mani sul costato: Hermione sussultò per lo spavento.
«Scusate, Sire. Credo che abbiate una costola rotta, forse due»
«Una costola rotta?» Hermione sgranò gli occhi «È pericoloso!»
L’uomo sollevò con delicatezza il re e lo mise seduto: Caspian si appoggiò pesantemente a Hermione.
«Non può stare disteso?» chiese ansiosamente la ragazza.
«No, mia signora» rispose la guardia «Con le costole rotte gli sarebbe più difficile respirare»
Hermione lo prese tra le braccia e la guardia gli tastò ancora il fianco.
«Posso fasciarvelo, Sire, ma respirare farà male» lo avvertì.
Caspian annuì, ma Hermione si oppose:
«No, no! Ho letto da qualche parte – credo in un tomo di fisiologia, ma potrei sbagliare! – che non si deve comprimere il torace con bendaggi stretti, in questi casi! Assolutamente! Aumenta il rischio di pneumonia e non possiamo permettercelo! Ora…cosa bisognava fare? Tossire? O no? Cos’era quella storia del collasso dei tessuti? Accidenti, mi si è atrofizzato il cervello! Non mi ricordo nemmeno le più basilari…cosa c’è?»
Si interruppe, perplessa, perché tutti la guardavano a bocca aperta: Arun si era addirittura sporto per guardare meglio all’interno della cella.
Arrossì e si morse un labbro, imbarazzata dalla sua stessa loquela:
«Ehm…sì… Volevo dire… meglio evitare bendaggi stretti, insomma»
Caspian fu il primo a riprendersi e scosse il capo, divertito, affondando poi il viso tra i capelli di lei.
La guardia chiese, perplessa:
«Vostra Maestà…cosa faccio?»
«Quello che ordina la mia signora» rispose semplicemente il re, facendola arrossire «Mi fido ciecamente di quello che dice»
Il soldato si inchinò e si ritirò di un paio di passi.
«Vi prendo altra acqua Maestà…e porto il cibo!»
 
Hermione poggiò la schiena contro il muro di pietra e chinò il capo su quello di Caspian.
Per un po’ stettero in silenzio, con lei che osservava il fisico muscoloso di lui e notava quanto fosse dimagrito.
Il re respirava faticosamente, ma sembrava sereno mentre si arrotolava un ricciolo di lei attorno a un dito.
«Caspian» mormorò dopo un po’ lei «Devi promettermi che non ti opporrai più a Jadis come hai fatto ieri»
Lo sentì irrigidirsi, ma proseguì parlando con calma:
«Sei troppo prezioso per me, lo capisci? Non posso sopportare che ti faccia del male e che tu ti metta in pericolo»
«La mia gente…»
«Lo so, lo so. Ma devi farlo anche per loro. Tutti vogliamo che tu stia bene»
Cercò con gli occhi il soldato rimasto e quello fece udire la propria voce:
«Sire, la signora ha ragione. Se perdiamo voi…cosa ci resta? E anche voi, signora, dovete stare attenta»
Hermione gli rivolse un sorriso stanco.
«Capisco perché odiavate tanto le streghe… immagino starete maledicendo tutti il mio arrivo a Narnia»
Ma la risposta della guardia la stupì:
«No, mia signora. Voi siete buona, lo so. Siete sempre gentile e cercate di proteggere sua Maestà. E siete coraggiosa: ho visto come vi comportate con la strega»
Hermione ringraziò, felicemente sorpresa, e il sovrano le bisbigliò:
«Hai visto? Non incanti solo me…»
Lei sorrise:
«Io ti incanto?»
Sentì le labbra di lui sul collo.
«Mi sembra abbastanza chiaro»
Lui le baciò appena la pelle e poi posò di nuovo il capo sulla sua spalla, dicendole:
«E anche tu sei preziosa per me»
Era incredibile come, pur nella paura e nella prigionia, quei giorni fossero, in un certo senso, i più belli per Hermione.
 
Caspian aveva poco appetito, ma cercò comunque di mangiare per non far preoccupare ulteriormente Hermione.
«Hai scoperto qualcosa di utile?» le chiese, mentre mangiava.
Hermione scosse il capo.
«La Strega Bianca non mi racconta nulla di sé e del suo passato… ha avuto a che fare con Grindelwald, ma non so come. Né perché conosce Silente»
«Raccontami di questo mago»
La ragazza annuì, sapendo che era anche il modo migliore di tenere tranquillo Caspian e farlo riposare.
«Gellert Grindelwald ha studiato a Durmstrang, che è una delle scuole di magie più note nel mio mondo. Solo che ha una brutta fama, perché è molto…tollerante con le arti oscure»
«Forse anche la strega ha studiato lì» commentò il re.
«A questo punto mi sembra probabile» Hermione gli avvicinò il cucchiaio alle labbra «È molto disinvolta con incantesimi terribili e Maledizioni Senza Perdono. A Hogwarts, anche i peggiori studenti stanno attenti con certe magie. E non è facile farle, richiedono un grande potere magico»
Caspian storse il naso, ma Hermione gli sorrise, incoraggiante.
«Richiedono anche una grande fatica. Non hai visto come è stanca Jadis? Decisamente non è più la strega gelida e austera della sera del ballo… somiglia più a una che cerca di respingere un drago con una scopa»
Il re la fissò, scettico, ma lei insisté:
«Non può continuare a lanciare incantesimi su tutti. Gli effetti svaniscono comunque e qui c’è troppa, troppa gente. Controllare le persone richiede vicinanza e costanza e fatica e Cair Paravel è enorme! Quante persone ci saranno, solo come personale? Duecento?»
«No, almeno trecento. Con tutte le truppe, cinquecento»
«Ecco, vedi? Come fa a plagiare cinquecento persone insieme? Non ce la farebbe nemmeno Silente! La gente si risveglia, per forza»
Guardò le guardie e loro assentirono con un cenno.
«Sì, Sire… come svegliarsi da un sogno all’improvviso»
«Come possiamo sconfiggerla?» mormorò il re.
«Togliendole la bacchetta» rispose semplicemente Hermione «Ma dobbiamo aspettare il momento giusto e non armarci di spada e saltarle addosso o rischiare pericoli inutili. Non serve a niente: una bacchetta magica contro una spada è come un drago contro una scopa, per usare la metafora di prima!»
Caspian sorrise sentendo il suo tono severo.
«Sì, mia signora. Ai vostri comandi, mia signora»
«Hai poco da fare lo spiritoso! Rischia un’altra volta il tuo bel collo e ci penso io a punirti, prima di Jadis. Sono stata chiara?»
«Perfettamente, mia signora. Trovate che io abbia un bel collo, mia signora?»
Hermione arrossì e borbottò:
«Non ti rispondo nemmeno, così impari!»
Lui ridacchiò e si accoccolò meglio tra le braccia di lei, guardandola da sotto le ciglia scure.
«Come siete crudele, mia signora» mormorò, divertito.
 
*
 
Chiaramente Jadis non sapeva più cosa chiedere a Hermione.
Le faceva domande, ma la ragazza sentiva che stavano girando a vuoto.
Le chiese molto di Voldemort, ma a cosa le servivano quei racconti?
Hermione fu categorica nel separare Voldemort e Grindelwald: il primo era anche molto più giovane, disse, non c’erano possibilità di errore.
Inoltre, Voldemort non aveva studiato a Durmstrang.
«No?» chiese Jadis, sospettosa «Mi sembra quantomeno strano»
«Perché?» chiese innocentemente Hermione «Trovi sarebbe stato un piacevole compagno di scuola?»
La Strega Bianca la fulminò con un’occhiata.
«E tu cosa ne sai dei miei compagni di scuola, ragazzina?»
Caspian, obbligato da Jadis a restare in piedi accanto al trono, si irrigidì, ma la ragazza rispose solo:
«Non mi sembra un’ipotesi così inverosimile, francamente»
Dopo un attimo Jadis si rilassò.
«Già. Immagino di sì» tamburellò con le dita sul trono «E non sai come sei arrivata qui, quindi»
«No» sospirò Hermione «Te l’ho detto mille volte. Non lo so»
«E ora non te ne vuoi più andare immagino»
Infastidita dal tono della ragazza, Jadis allungò una mano verso Caspian e gli sfiorò il braccio.
«State bene, Maestà?» chiese in tono derisorio.
Lui fece un visibile sforzo per controllarsi, mentre Hermione deglutiva.
«Vorrei tornare…ma non so cosa troverei» rispose la ragazza «E questo mi fa paura»
Jadis annuì.
«Sì, io sono a Narnia da millenni… ed è passato solo mezzo secolo nel tuo mondo. Io non so…»
Si interruppe, come pentita di aver parlato a voce alta.
«E Silente?» domandò, brusca.
«Silente è impegnato a combattere Voldemort, lo sai»
«Mai sentito, questo Voldemort» ribatté Jadis, sprezzante «Fatico a credere che abbia potuto oscurare l’astro di Gellert. Meglio per te se non mi menti, ragazzina… o il nostro bel reuccio ne farà le spese»
«Grindelwald si è tenuto alla larga dall’Inghilterra, te l’ho detto. Voldemort invece ne ha fatto il suo centro. Ma in Inghilterra c’è Silente, lo sai»
Gli occhi della Strega Bianca lampeggiarono.
«Se stai insinuando che Silente spaventava Gellert, ragazzina, lascia che ti dica che Gellert avrebbe risvegliato fantasmi con cui il tuo caro Preside non avrebbe mai voluto lottare… oh, sì, ti vedo: non ci credi. Grifondoro in tutto e per tutto. Bè, peggio per te. Non sai nulla!»
«E tu, Jadis?» contrattaccò Hermione «Tu sai qualcosa di utile, ora?»
La strega fremette.
«Vattene! Maledetta impudente, sparisci! Per oggi mi hai tediata abbastanza»
Hermione si ritirò in silenzio, ma l’aria tranquilla sparì appena imboccate le scale.
Ormai evitava la sua stanza e scendeva nelle segrete per stare con Caspian nei pochi momenti che potevano rubare insieme.
Si strinse nelle braccia man mano che scendeva i gradini e sentiva il freddo, quindi entrò nella cella del sovrano.
Passarono quasi due ore prima che Caspian comparisse, due ore in cui Hermione aveva percorso la cella in lungo e in largo.
Arun, che si sforzava di mantenere un’aria impassibile, aveva ormai il mal di mare a forza di guardarla.
Quando il re comparve, la ragazza gli si precipitò tra le braccia e i soldati fecero finta di non vedere nulla.
«Caspian! Stai bene?»
«Sì, piccola, tutto bene. Perché sei scesa qui? Fa freddo. Dovresti dormire nelle tue stanze…»
Lei gli si strinse addosso, rendendo chiaro che non se ne sarebbe andata di sua volontà, e lui sospirò.
«Testona» disse.
Era troppo debole per sollevarla tra le braccia e, anzi, lei lo abbracciò alla vita e lo condusse al pagliericcio, dove sedettero vicini.
«Ti fa male il fianco? Vuoi mangiare qualcosa? O preferisci dormire?»
Hermione era iperattiva, come sempre, ma il re le passò il braccio attorno alle spalle e disse solo:
«Voglio che stai qui con me, per favore»
I soldati si allontanarono a rispettosa distanza, mentre Hermione lo abbracciava delicatamente.
«Ma certo che sto qui con te. Come sempre»
Per un po’ lui rimase in silenzio, poi disse:
«Hai…detto che vorresti tornartene a casa… Non posso biasimarti»
«Oh, Caspian» sospirò Hermione «Non penserai che io…Va bene, ascolta. Il mio mondo è la mia casa: ci sono la mia famiglia, i miei amici, la vita che ho vissuto fino a poco tempo fa. Mi manca, è ovvio. Ma qui ci sei tu»
Lo guardò negli occhi e ammise:
«Non sei meno importante. Non potresti mai esserlo, per me. Ho detto quello che Jadis voleva sentirsi dire… Sai, ci ho pensato su e credo proprio che il suo intento sia tornare sulla Terra. Altrimenti, perché avrebbe…»
Il re le posò un dito sulle labbra.
«Prima di ascoltare le tue intuizioni, possiamo per favore restare sulla parte di me e te?»
«Se vuoi» sorrise lei.
Lui ricambiò il sorriso e poi disse:
«Hermione, mi dispiace immensamente per quello che stai passando… ma sono anche egoisticamente felice che tu sia qui. Mi dai forza, una forza che non credevo di avere. Tu sei…speciale, per me»
Tacque per un istante e Hermione sperimentò l’assurda sensazione che quell’attimo si dilatasse per un secolo.
«Io… non volevo ammetterlo, all’inizio. Se penso che ne davo la colpa a Cornelius… Ma poi sei arrivata al ballo, così bella, così perfetta… e poi è arrivata Jadis e da quel momento niente conta se non che tu sia sana e salva»
«Cosa c’entra Cornelius?» chiese lei, perplessa.
Caspian sorrise.
«Pensavo che Cornelius stesse cercando di farmi entrare in testa l’idea che sei fatta per me»
«Ah. Era vero?»
«No. L’idea era già nella mia testa… l’ho capito quel giorno, alla Casa di Aslan»
«Ma se mi hai baciata e poi mi hai chiesto scusa!»
Era ancora offesa all’idea.
Il re sorrise e le sistemò dietro l’orecchio un ricciolo ribelle.
«Piccola, io non volevo ammettere che il mio cuore era di nuovo pronto ad amare. Ammetto che l’idea di Susan è stata un paravento dietro cui nascondermi in questi anni. Sapevo che non sarebbe mai stata mia, ma così non dovevo scegliere nessuna. E poi sei arrivata tu… e l’unica cosa che voglio ora è poterti scegliere davanti a tutti»
Hermione arrossì, confusa.
«Caspian, io… io tengo a te, non sai quanto… ma il modo di fare in questo mondo mi spaventa. Qui non porti una ragazza a prendere il caffè, ti impegni ufficialmente e…»
«Tu non vuoi impegnarti?»
«Ma certo che voglio!»
«E non sei sicura di quello che provi?»
«Ma certo che lo sono! Non sono mai stata così sicura di qualcosa nella vita, nemmeno dei risultati dell’esame di Incantesimi che… ma questo non c’entra. Uffa, io…»
Lui rimase perplesso davanti alla sua confusione, ma poi disse, risoluto:
«Hermione, io credo che le diverse usanze dei nostri mondi non cambino però la sostanza»
«E qual è la sostanza?» chiese debolmente lei.
«Che io sono innamorato di te» rispose semplicemente lui.
Lei divenne cremisi e guardò ansiosamente verso le guardie, ma nessuna di loro dava segno di avere sentito.
«Io…io…» borbottò, senza concludere.
Caspian non disse nulla, attese.
«Io non l’ho mai detto a nessuno… e nessuno mi hai mai detto una cosa del genere» ammise, dopo un po’.
Il re le sorrise amorevolmente.
«Probabilmente allora nel tuo mondo sono tutti pazzi. Ma non devi dirmi nulla. Posso aspettare tutto il tempo che vuoi…»
«No» disse lei fermamente «Io non sono Susan, Caspian»
Lui la guardò battendo le palpebre.
«Lo so benissimo»
«No, voglio dire che io mi prendo la responsabilità delle mie parole e delle mie azioni» prese fiato e poi disse di getto «Anche io sono innamorata di te. Non farò finta che non sia vero per paura delle conseguenze e mi comporterò sempre mettendo te per primo. Perché chi ci ha fatti incontrare non può volerci separare, a dispetto dei nostri mondi diversi»
Le mani di lui le circondarono il viso.
«Sono d’accordo» mormorò in un soffio «Ma non devi avere paura: io non cerco una sostituta di Susan. Io voglio te, perché sei tu»
Hermione chiuse gli occhi, felice.
Perché ne aveva sempre avuto paura?
Amare era la cosa più bella e più facile del mondo…
 
Le labbra di lui si posarono sulle sue, ma stavolta non fu uno dei casti baci che si scambiavano ormai quotidianamente: somigliava molto al bacio che le aveva dato fuori dalla Casa di Aslan.
Di nuovo, Hermione rispose con entusiasmo, almeno finché non lo strinse troppo forte, facendogli male al fianco.
Lui sussultò e lei arrossì, mortificata.
«Oh…scusa…che idiota che sono!»
Caspian sorrise malgrado il dolore.
«Amo anche questo lato di te» bisbigliò.
Quindi tacquero entrambi perché una guardia si avvicinò per esaminare il fianco del re, ma le loro mani si trovarono e si intrecciarono.
Dopo l’ennesima tazza di zuppa, Caspian riuscì ad addormentarsi, ma Hermione rimase sveglia a pensare: dovevano trovare il modo per scappare di lì.
 
L’alba arrivò anche troppo presto e il re venne svegliato brutalmente e trascinato nella sala del trono.
Hermione non poté seguirlo e, dopo qualche esitazione, si diresse circospetta verso la biblioteca.
Se c’era una soluzione: dove altro poteva trovarla?
Ma, anche se passò la mattinata a consultare tomi antichi, non trovò nulla di utile: le antiche cronache che parlavano dei Re e delle Regine del passato erano concordi nel dire che Aslan li aveva rimandati a casa, una volta che avevano salvato Narnia.
Aslan, come faccio a trovarti? – pensò Hermione, sgomenta – Come faccio a salvare Caspian?
Venne interrotta da due soldati che vennero a prenderla per scortarla dalla Strega Bianca.
Fu condotta all’aperto, nel cortile di Cair Paravel.
Jadis era seduta sotto un baldacchino cremisi, mentre un Minotauro le faceva aria con un grande ventaglio di piume.
Hermione mantenne un’aria tranquilla mentre con lo sguardo esplorava il piccolo seguito: individuò subito Caspian, a un paio di passi dallo scranno della strega.
Evitarono di sorridersi, ma i loro occhi si incontrarono ed entrambi sembrarono subito più rilassati: stare lontani con Jadis incontrollabile che imperversava a corte metteva a dura prova i loro nervi.
La strega se ne accorse subito.
«Re Caspian!» esclamò «Ho una gran sete! Portatemi da bere!»
Lui si riscosse e le rivolse un’occhiata di disprezzo, ma la strega ghignò e puntò la bacchetta verso Hermione.
Il sovrano si morse un labbro e sollevò un vassoio con calici e una brocca d’acqua.
Jadis rise, crudele.
«Molto gentile, Maestà» commentò in tono di scherno «In ginocchio, ora!»
Caspian digrignò i denti, ma un colpo di bacchetta spedì lui e conseguentemente il vassoio a terra: i bicchieri si ruppero in mille frammenti, scintillanti sotto il sole.
Hermione si impose di non intervenire, sapendo che sarebbe stato solo peggio.
Strinse i pugni e guardò Caspian rialzarsi in silenzio, ignorando il sangue che gli imbrattava le mani.
Jadis sospirò.
«Davvero, Sire, siete noioso: mi sto stancando di voi e della vostra maledetta presunzione. Lilliandil! Vieni a servirmi da bere!»
In risposta si levò un gemito.
«Ma che dici? Scherzi, vero? Io non sono mica come questi umani!»
Hermione sgranò gli occhi, incredula.
Ma che razza di idiota era, Lilliandil?
Come poteva restare indifferente di fronte a quello che stava succedendo?
Soprattutto a Caspian: non aveva cercato di sposarselo fino a qualche giorno prima?
Eppure, la stella passava il tempo a gemere lugubremente su quanto quella situazione fosse offensiva per lei, che era figlia di un emissario di Aslan, e non pensava minimamente a coloro che venivano colpiti quotidianamente dalla Strega Bianca.
 
Jadis rise sguaiatamente:
«Attenta, stai incappando nella disapprovazione della nostra giovane strega!» fece, indicando Hermione «E ora cammina: odio ripetermi!»
Un tocco di bacchetta e Lilliandil fu scaraventata a terra, dove iniziò a singhiozzare miseramente.
«Non hai l’impressione, Hermione, che io Gellert abbiamo sempre avuto ragione?» chiese Jadis «Non pensi che sia giusto lottare per un mondo in cui i babbani saranno nostri servi? Cosa altro meritano?»
«Tu sei pazza!» disse Hermione, sdegnata  «No che non lo penso! Chi ti credi di essere per pensare di essere superiore a degli altri esseri umani?»
«Sciocca ragazzina!» gli occhi di Jadis lampeggiarono, pericolosi «Sono i maghi e le streghe come te che sporcano il nostro nome e il nostro lignaggio! Dovresti essere fiera di essere una strega!»
«Lo sono» controbatté Hermione senza paura «Ma la bontà e il valore di una persona non dipendono dai suoi poteri magici! Conosco maghi eccellenti che sono figli di babbani, come conosco maghi purosangue che non hanno un briciolo di talento. O di umanità, che è anche peggio! E se avessi dubbi sul fatto che la magia non rende un uomo migliore di un altro, basterebbe guardare te!»
Un attimo di silenzio sepolcrale accolse quelle temerarie parole, poi accadde tutto in un attimo: la Strega Bianca fece per alzarsi dallo scranno e Caspian le si lanciò addosso, mandandola a finire per terra.
La bacchetta le rotolò via di mano e finì vicina ai piedi di Lilliandil, che urlò come se fosse stata assalita da un drago e, nella foga, la calpestò.
E la spezzò di netto.
Lo schiocco del legno che si spezzava fece sbiancare sia Hermione che Jadis, ma mentre la seconda gridò di rabbia, la prima non perse tempo: corse verso i resti della bacchetta, li raccolse e li gettò sotto gli zoccoli di uno dei cavalli dei soldati.
La bestia nitrì e, muovendosi, frantumò definitivamente il legno.
«Noooo!»
L’urlo di Jadis risuonò nel cortile e un gruppo di soldati, improvvisamente libero dall’incantesimo della strega, la  circondarono.
 
Hermione quasi non se ne accorse, impegnata a lottare contro un’ondata di nausea: la sua preziosa bacchetta non esisteva più.
Sapeva che era meglio così: meglio distrutta, piuttosto che in mano a Jadis.
Eppure… era la  sua  bacchetta.
Quella che, secondo Olivander, l’aveva scelta.
Quella del suo primo Incantesimo, della sua prima E ricevuta a lezione, quella di sei anni di magia.
Era una parte di lei.
 
Si sentì afferrare per il braccio.
Si voltò e vide Caspian e Cornelius in piedi accanto a lei.
«Dovete scappare!» esclamò l’anziano senza perdere tempo «Presto, Maestà, fuggite!»
«No! Io non me ne vado!» si oppose subito Caspian.
Ma Cornelius scosse il capo e indicò con la testa la mischia furiosa che proseguiva, a pochi metri da loro.
Si erano aggiunti soldati e abitanti del castello, ma era chiaro che Jadis poteva ancora fare affidamento sui poteri magici, anche se senza bacchetta era molto meno potente.
«Dovete pensare a Hermione, Sire! La strega vorrà vendicarsi!» 
Caspian esitò e guardò la mischia furiosa poco distante: due soldati vennero scagliati lontano da un gesto della strega.
Annuì e, in due falcate, raggiuse uno dei cavalli che scalpitavano per la magia e la tensione nell’aria.
«No, Caspian!» gridò Hermione «Non possono vincere contro di lei! Ha ancora potere magico! Se la prenderà con chi rimane qui!»
«Hermione, tu e il re siete i suoi bersagli preferiti! Cosa vuoi che le importi di noi? Ma voi due… sua Maestà ha già sofferto abbastanza, mi pare!»
La ragazza si morse un labbro, disperata.
Cornelius aveva ragione: per lei la salvezza di Caspian contava più che tutto il resto.
Per tutti gli incantesimi non brevettati… contava più della salvezza di chiunque altro!
Che pensiero orribile.
Hermione si sentì immensamente spregevole, ma, allo stesso tempo, determinata.
E, quando guardò Caspian, gli vide riflessa negli occhi la stessa espressione tormentata: sapeva che stava pensando a lei e la stava preferendo al suo popolo.
Deglutì.
A lei non importava di se stessa, ma non avrebbe permesso a Jadis di ferire ancora lui.
Gli tese la mano e lui la tirò a sé.
Si voltarono verso Cornelius e l’uomo disse:
«Sire, per salvare Narnia, dovete salvare voi stesso!»
Caspian annuì, anche se sembrò costargli una fatica immane.
Aiutò Hermione a salire in sella e si issò dietro di lei, colpendo poi con i tacchi i fianchi del cavallo che si lanciò al galoppo verso il ponte levatoio.



***

Buon pomeriggio e buon lunedì!
Perdonate il ritardo, oggi giornata di fuoco!
Bene bene, se non altro Caspian fugge da Cair Paravel con Hermione, quindi non devo più temere chi di voi mi minaccia con asce taglienti (vero, Sue?!) o si sconvolge per quello che sto facendo passare a Caspian... XD
Su su, lo sapete che lo amo!!! 
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Buona lettura!
Joy

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Capitolo 25
*** Una proposta di matrimonio ***


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Hermione provava l’assurda sensazione di aver dimenticato com’era il mondo esterno.
 
I colori, l’aria pulita, il cielo: era come se la presenza di Jadis avesse inquinato Cair Paravel al punto da farle dimenticare l’aspetto di Narnia.
Cavalcavano ormai da mezz’ora e Caspian non accennava a diminuire la velocità.
Eppure Hermione era sicura che soffrisse molto, a giudicare dalla rigidità della sua posa in sella.
Oltre alle ferite, la ragazza era certa che il suo dolore dipendesse dall’aver abbandonato Cair Paravel.
Per un carattere come quello del sovrano era inammissibile lasciare il suo popolo in balia della strega: significava venire meno ai proprio doveri.
Caspian amava sinceramente il suo popolo e Hermione stessa si sentì stringere il cuore all’idea di Cora, Cornelius e Tartufello nelle mani di un’infuriata Jadis.
Si impose di non tremare e non cedere allo sconforto: doveva rimanere lucida e ricordare che la sua priorità era proteggere Caspian.
Hermione si poggiò con la schiena contro il torace di lui e si concesse di chiudere un secondo gli occhi per raccogliere le idee: aveva perso la bacchetta, non avevano cibo né riparo, non aveva magia per contrastare Jadis.
La situazione sembrava disperata… ma doveva esserci una soluzione.
Doveva esserci per forza.
Solo che le sembrava di avere il cervello pieno di ovatta…
 
Dopo un’altra ora e dopo che il cavallo, provato, aveva rallentato sensibilmente l’andatura, Caspian parlò per la prima volta:
«Dobbiamo fermarci, è quasi notte ormai»
Hermione osservò il cielo, stupita: non se ne era neppure accorta.
Il sovrano condusse il cavallo verso un sottobosco abbastanza cupo: nel verde, si diressero verso un confuso agglomerato di rami, pietre e fronde che si rivelarono invece una costruzione semi-diroccata.
«Dove siamo?»
«Nel Bosco dei Sempreverdi… venivo qui da piccolo, quando volevo nascondermi da Cornelius… e dopo, quando ho perso mia madre. Quando volevo stare solo. È molto buio e isolato, si trova dalla parte opposta rispetto alla Casa di Aslan. In pochi vengono qui»
Caspian smontò di sella e aiutò Hermione a scendere, quindi carezzò la criniera del cavallo, decisamente stanco, e lo condusse al pascolo.
La ragazza osservò la schiena di lui, rigida, e poi la costruzione fatiscente e azzardò un paio di passi verso l’ingresso.
«Possiamo entrare?»
«Spero che non sia percolante… Non ci vengo da anni»
Il re accarezzò il cavallo finché l’animale non si quietò completamente, quindi assicurò le briglie al ramo di un albero e tornò da Hermione.
Lei si era stretta le braccia al corpo per ripararsi dal freddo: Caspian la osservò per un secondo e le tese le braccia.
«Vieni qui» mormorò stringendola.
Lei si aggrappò alla stoffa della sua camicia mentre lui le accarezzava i capelli.
«Mi dispiace, non abbiamo cibo, né coperte…» disse.
«Cosa importa…siamo scappati! Stiamo bene…No, scusa, non volevo dire…»
Hermione stava tremando e lui la zittì dolcemente.
«Non preoccuparti. Entriamo, va bene?»
 
L’ingresso era semisepolto dalla vegetazione e, per passare, era necessario abbassarsi quasi a terra.
Dentro, si apriva una sorta di stanza con un pavimento di pietra scura, molto buia e umida.
Caspian si diresse verso una delle pareti e frugò in quello che sembrava un sacco: ne estrasse due vecchi libri, una miniatura, una pietra focaia.
«Tutto qui…» mormorò «Speravo di essere stato più previdente…»
Accovacciato sui talloni, guardò Hermione.
«Mi dispiace, ma non vorrei correre rischi inutili accendendo un fuoco. Però ora vado a cercare qualcosa da mangiare»
«Vengo con te»
«No, resta qui e riposa»
«Ma…» obiettò lei.
Il sovrano fu inflessibile e Hermione si sedette sul pavimento, accigliata.
Ce l’ha con me, perché è stato costretto a fuggire per portarmi in salvo – pensò, amareggiata.
Dopo poco, raccolse da terra la miniatura che Caspian aveva estratto dal sacco: raffigurava una donna dai lineamenti leggiadri, con un bellissimo sorriso e un’espressione dolce negli occhi.
Era impossibile non scorgere nei tratti eleganti e puri del re quella donna.
«La mamma di Caspian» mormorò Hermione, commossa al pensiero di un ragazzino rimasto solo che si rifugiava in quella capanna con il ritratto della madre.
 
La stava ancora osservando, quando il sovrano tornò portando bacche, qualche frutto e dell’acqua raccolta in un guscio cavo di qualche frutto narniano.
«Mi spiace, non sono riuscito a fare di meglio…»
Hermione posò la miniatura e lo guardò dritto negli occhi.
«Ce l’hai con me perché sei stato costretto a lasciare il castello?»
Lui batté le palpebre, sorpreso.
«No! Che dici?»
«Che posso capirlo. Ma restare sarebbe stato un suicidio e secondo me devi tenere presente che la tua sola sopravvivenza è comunque la fonte di speranza del tuo popolo. Li proteggi proteggendo te stesso ed è una cosa che a volte tendi a dimenticare»
Caspian si sedette vicino a lei e le tese l’acqua.
«Faccio molta fatica, a volte, ad essere prudente: è un mio difetto, lo so. Ma quello che mi spaventa questa volta è che non ho quasi pensato a quelli che lasciavo dietro di me, tanta era la paura che potesse succederti qualcosa, Hermione. E io… me ne vergogno. Molto»
«Ma…»
«Ma tu sei importante, per me. E quindi ho agito di conseguenza»
Lei sospirò.
«Anche io mi vergogno per il mio egoismo… perché mi importa solo che tu sia salvo. Ma anche io voglio bene a Cornelius, Cora, Tartufello… anche a me dispiace non essere rimasta al castello con loro»
Il re le prese la mano.
«Restare lì, impotenti, non avrebbe risolto la situazione, comunque… La bacchetta è andata distrutta, vero?»
Lei annuì.
«Mi dispiace»
Lui le accarezzò dolcemente la mano e lei abbassò gli occhi.
«Mi spiace di non avertela restituita subito» proseguì lui «Non sarebbe successo niente di tutto questo»
«Non lo so» borbottò lei «Caspian… Jadis ti stava già seguendo, secondo me»
«Cosa? Seguendo me?» chiese lui, preso in contropiede.
Hermione annuì e gli raccontò quello che Drinian aveva detto a lei e a Cornelius, poi gli parlò dei due episodi in cui lei stessa aveva notato quello strano bagliore nei suoi occhi.
Caspian sembrava senza parole.
«Tu…tu pensi che io sia posseduto da Jadis? Ma allora, anche adesso…»
Lei gli fece un cenno per tranquillizzarlo.
«No, assolutamente» rispose, categorica «Sono sicura che non sei stato posseduto mai dalla strega, ma penso che lei sia riuscita in qualche modo a seguirti, dopo il tuo viaggio verso la Terra di Aslan. Non so come, forse essendo incorporea è riuscita… che ne so, ad attaccarsi alla nave, o qualche altra diavoleria. Penso che semplicemente, a volte, facesse capolino per controllarti»
Lui la ascoltò in silenzio, fissando le loro mani intrecciate.
«Ci sono state volte in cui io…» ammise «Sì, mi sentivo soffocare, mi infuriavo senza motivo… Ma non ho mai pensato che…»
«Come potevi? Ti prego, non fartene una colpa…»
«Hermione!» lui sollevò su di lei due occhi angosciati «Se è come dici, sono io che l’ho condotta a Narnia e ho causato questo disastro! Se seguiva me…»
«Caspian, ascoltami bene» lo interruppe lei, severa «Non sei tu che l’hai portata a Narnia, semmai è stata la magia nera. Che tu fossi il suo bersaglio prediletto mi pare ovvio: sei il re, se vuole impadronirsi del tuo mondo chi altro dovrebbe essere a catalizzare la sua attenzione?»
Il sovrano rifletté su quelle parole, ma scosse il capo.
«Anche così, io non me ne sono reso conto e…»
Hermione si protese per prendergli il viso tra le mani.
Fissò gli occhi nei suoi e disse, decisa:
«Non potevi accorgertene. Smettila di cercare di attribuirti tutte le colpe! Sono più colpevole io, a non averti detto nulla dei nostri sospetti!»
«Non ci avrei creduto…»
«Non hai sentito nulla, alla Casa di Aslan?»
Lui si morse un labbro.
«Un gran freddo, quando guardavamo lo specchio… E non mi sono accorto di nulla quando ho toccato la tua bacchetta… Voglio dire, sì, ero curioso, ma…»
«Non mi sembra affatto strano: se avessi sentito la presenza di Jadis avresti preso dei provvedimenti, avresti fatto qualcosa. Lei non lo voleva: non voleva influenzarti – o più probabilmente non è abbastanza potente per farlo – ma solo spiarti. E non è strano che, con tutte le responsabilità che hai, ogni tanto tu andassi in collera o fossi nervoso!»
«Ma Drinian…»
«Ma Drinian ha riconosciuto quel bagliore per quello che era: la strega che tentava di avvicinarsi a te. E basta!»
Lui sembrava inconsolabile.
«Come fai a scusare una mancanza del genere? Ho messo in pericolo il mio popolo! E non puoi dire che qualche responsabilità...»
«Qualche  responsabilità?» ripeté lei, incredula «Qualche? Ah, be’, certo… solo qualcuna! La cosa peggiore è che so che ne sei convinto! Ma come? Se da te dipende un mondo intero! Per non parlare delle donne a caccia di matrimonio che ti assillano e delle streghe venute da altri mondi…»
Hermione alleggerì il tono della voce cercando di smorzare la tensione e fu premiata da un sorriso di lui in risposta.
«Le ultime sono quelle che preferisco» mormorò il re, protendendosi in avanti per posare le labbra su quelle di lei.
 
Si baciarono, finalmente soli e in parte liberi dalla paura angosciante provata negli ultimi giorni.
Presto, Hermione rimosse dalla mente la Strega Bianca, Narnia, Hogwarts e ogni altro pensiero all’infuori delle labbra morbide che giocavano con le sue e delle braccia forti che la stringevano.
Dopo qualche infinito momento (o era di più? Non che il tempo contasse qualcosa…), lui la fece stendere a terra, dolcemente, e si sdraiò accanto a lei.
Le sue mani esplorarono delicatamente il corpo della ragazza, che si sentì fremere.
Come animate di vita propria, anche le mani di Hermione percorsero il petto e la schiena di lui, con desiderio, quasi dimenticando le ferite dall’urgenza di accarezzarlo.
I vestiti erano una grande seccatura – decise lei dopo qualche minuto – ma cosa avrebbe pensato Caspian di lei se avesse assecondato il suo impulso di toglierli?
Decisamente che era una ragazza impudica e… oh!
Come se le avesse letto nel pensiero, lui slacciò delicatamente la fusciacca che chiudeva l’abito di Hermione, liberandole le spalle dal tessuto.
Quindi, la mano del re accarezzò teneramente i capelli di lei, come scusandosi per aver osato troppo… ma fu ricompensata dall’entusiasmo con cui Hermione si mise a slacciargli la camicia.
Caspian separò le labbra da quelle di lei, consapevole che la situazione stava sfuggendo al suo controllo.
Entrambi ripresero fiato, mentre lei seguiva leggermente con il dito il profilo di una delle ferite che deturpavano il petto di lui.
Il re le prese la mano e dolcemente la baciò.
«Hermione, non dobbiamo… Non voglio disonorarti in una capanna, tantomeno senza una promessa ufficiale tra noi…»
Lei alzò su di lui uno sguardo limpido che gli fece perdere il filo del discorso.
«Voglio dire che non è corretto…e lo so… per favore, non guardarmi così»
«Così come?»
«Come se…»
Lui non finì la frase, ma lei gli venne in aiuto:
«Come se non volessi altro?»
Caspian evitò il suo sguardo, ma lei, presa da una sicurezza improvvisa, gli salì a cavalcioni sul bacino.
«Ma… Hermione!»
Lei rise alla vista della sua occhiata scandalizzata.
«Io… io voglio, Caspian» disse poi.
«Anche io voglio, non sai quanto… ma non ora, non così…»
«Perché questa è una capanna e non un castello?» chiese lei, scettica.
«Sì. E perché non siamo sposati»
«Sposati?» trasecolò Hermione.
«Certo, sposati. O pensi che io cerchi di approfittarmi di ogni ragazza che trovo nel bosco?» sorrise, ma poi proseguì, serio «Ascolta, questo non è un breve attimo di piacere, per me. È di più, molto di più. Lo voglio immensamente, ma volerlo non basta. È giusto che io ti rispetti e…»
«Caspian, io non so se voglio rispettarti, veramente!»
Lui scoppiò di nuovo a ridere e poi gemette per una fitta al fianco.
Hermione si poggiò sui talloni per non pesargli addosso e allungò una mano per sfiorare delicatamente le sue costole.
«Scusa, non ci pensavo. Non dobbiamo rischiare di farti più male»
«Non è questo, piccola. È che io voglio di più, per te e entrambi noi»
Lei sospirò.
«Caspian mi sembra che il matrimonio sia un’idea…così distante. Così lontana. Mentre siamo qui, insieme, e sappiamo entrambi che potremmo non avere tempo per…»
Le tremò la voce e lui le tese le braccia.
Hermione si sdraiò con attenzione sul corpo di lui, trovandosi avvolta dal suo calore.
Sembra il posto perfetto per me – pensò, osservando come lui la stringeva.
«Non avere paura»
«Non posso non averne… ho paura per te»
Lui le baciò le palpebre.
«E io per te, amore mio… ma farò di tutto per proteggerti e tenerti al sicuro»
 
Il cuore di Hermione fece un salto mortale a quelle parole.
Si strinse di più contro di lui, intrecciando le gambe alle sue, e fece correre una mano sul petto del re.
Quando sollevò il capo, le labbra di Caspian trovarono infallibilmente le sue.
Stavolta fu lei a schiudere le labbra e a cercare la lingua di lui con la sua.
Lui rispose con un pizzico di esitazione.
«Hermione, ti prego…» mormorò tra i baci, insicuro su cosa le stesse chiedendo.
Di smettere… o di non smettere mai?
Ma lei stava pensando a tutt’altro.
«Dillo ancora, ti prego» rispose, senza fiato.
Caspian sorrise e le morse dolcemente il labbro inferiore.
«Amore mio…» soffiò sulle sue labbra.
Hermione rispose con la passione e l’audacia di una giovane leonessa, baciandolo come se ne andasse la sua vita e accarezzandolo con le mani.
La sua tenera malizia tolse il fiato a Caspian: quando con le mani gli stuzzicò i capezzoli il sovrano si ritrovò ad ansimare e la spinse di lato, in modo che fossero l’uno di fronte all’altra.
 
Hermione scopriva in quel momento il suo potere di donna: magicamente, aveva tra le mani quel magnifico esemplare di uomo che rispondeva ad ogni suo tocco come se fosse stato creato espressamente per lei, che la faceva fremere e avvampare con una sola occhiata, che le aveva detto che era il suo amore.
Ed era suo, solo suo.
Suo, di Hermione Granger, la secchiona Grifondoro che non aveva mai avuto un ragazzo, che Draco Malfoy chiamava “Mezzababbana zannuta”, che non era attraente, né seducente, né tantomeno esperta.
Ma allora cos’era quella frenesia che si era impossessata di lei, quel desiderio di esplorare, di toccare, di assaggiare la pelle di Caspian?
Era impazzita?
Nemmeno nei suoi sogni più sfrenati avrebbe mai immaginato di poter essere così disinibita.
E la cosa più bella era la consapevolezza che a Caspian sembrava piacere ogni suo gesto, glielo leggeva negli occhi.
Quando lo sentì gemere in risposta al suo tocco, Hermione si sentì invincibile.
Avrebbe potuto sconfiggere Jadis, vincere il Torneo Tremaghi e compilare con la sinistra il Crucintarsio Terribilmente Difficile del Settimanale delle Streghe, tutto in una volta sola.
 
«Non dirmi che pensi ancora che l’amore non sia per te»
Caspian le rivolse un sorriso irresistibile prima di baciarle delicatamente il collo.
Hermione buttò indietro la testa per lasciargli libero accesso e sospirò:
«Ma che ne so. Non ho mai… mai immaginato che potesse…»
«Che potesse?»
«Che potesse toccare anche a me…e che fosse così. I miei compagni di scuola sono tutti ragazzini paragonati a te…»
«Mi piacciono. Alla follia. Anzi, li amo»
Lei rise e il re cambiò posizione, sdraiandosi su di lei.
Di riflesso, Hermione allargò le gambe per farlo sistemare più comodamente.
«Davvero? Anche quello che mi ha portata al mio primo ballo?» lo stuzzicò.
Lui la guardò, truce.
«No, per niente. Dimmi chi è e io…»
Lei sorrise.
«Non contano loro. Conti solo tu. Sai, prima pensavo che fosse colpa mia, se ero sempre sola. Ma ora so che il problema non è lo stare da soli, ma il trovare la persona giusta»
«E pensi di averla trovata, la persona giusta?» chiese lui, con un sorriso irresistibile.
«Oh, sì» sorrise lei «Senza dubbio: ho trovato l’unico per me. E tu?»
Caspian abbandonò l’aria giocosa per fissarla con dolcezza.
Posò la fronte contro quella di lei e mormorò:
«Sembri molto sicura… e sei così giovane…»
«Sarò anche giovane, ma sono una che non cambia mai idea sulle cose importanti»
Lui annuì.
«Non pensavo» bisbigliò poi «Che il vero amore, quello corrisposto, arrivasse nelle sembianze di una strega pestifera»
Hermione sorrise, radiosa, e i due si persero in un altro bacio infuocato.
Quindi, Caspian e abbassò la bocca sulla spalla nuda di lei, ma poi disse:
«Hermione… vorrei darti tanto di più…»
«Ah… di più di così?» ansimò lei.
«Ma no, sciocca» ridacchiò lui «Cosa hai capito? Smettila di svicolare: io parlavo sul serio. Sono stato educato a rispettare tutti, soprattutto le donne. E ora guardaci…»
«Ma tu veramente mi vuoi sposare?»
Caspian alzò la testa, guardandola stralunato.
«Ma che domanda è? Ti sembra una cosa su cui scherzare? Pensi che proponga il matrimonio alla prima che incontro?»
«Sì o no?»
«Ma certo che sì!»
«Oh… tu mi vuoi sposare!!» strillò Hermione, euforica.
Lui fece una faccia comica.
«Ma te l’ho detto prima! Perché ora gridi?»
«Ho ricevuto una proposta di matrimonio! Mi sembra incredibile!»
«Tu non hai ricevuto una proposta, ma la mia proposta. Se poi vuoi degnarti di rispondermi, finiti gli strilli…»
Lei gli fece la linguaccia.
«Cafone! Non sei affatto gentile sai? Comunque, ci devo pensare. Io sono una ragazza seria, cosa credi?»
«Tu? Io sono un ragazzo serio, semmai: ti ricordo che poco fa alla parola “matrimonio” hai fatto una faccia orripilata»
«Non per il matrimonio! Ma… insomma, io ho diciassette anni!»
«E quindi?» lui le sorrise «Sei una donna, ormai, Hermione»
 
Certo che quando lui le baciava il collo in quel modo sì che si sentiva una donna: una donna adulta, con i desideri e i pensieri di una donna adulta.
«Va bene, però…»
Si oppose con scarsa convinzione.
Insomma: pensare era difficile se lui faceva certi giochini con la lingua…
E, mentre sospirava beata, Caspian si fermò.
«Però?» chiese.
«Hum» Hermione faticava a concentrarsi sulla conversazione «Però…però.. Perché ti fermi?»
«Perché stiamo parlando»
«No che non stiamo parlando» obiettò.
«Sì che stiamo parlando» rise lui.
«Un altro bacio, ti prego» ansimò lei.
«Dopo. Però?»
«Come, dopo?» Hermione fece il broncio.
Si guardarono per un attimo, in silenzio, quindi Caspian sorrise di fronte all’espressione decisa di lei.
«D’accordo, ho capito. Non cedi»
«Bravo, ecco. Baciami e zitto»
Lui evitò le sue labbra bramose.
«Volevo dire: non cedi di tua volontà, giusto?»
«Esatto. Ora la smetti di parlare?»
«No»
 
Con l’ennesimo sorriso abbagliante, Caspian si sollevò piano a sedere, reprimendo una smorfia per il fastidio al fianco.
Hermione si mosse per non pesargli addosso e si trovò seduta sulle sue cosce muscolose.
A quel punto, con un solo movimento fluido, lui le abbassò il corpetto di scatto, lasciandola senza fiato ed esponendo la sua pelle nivea.
Lei sussultò, presa alla sprovvista.
«Allora: io voglio il matrimonio e tu no» riepilogò il re con uno sguardo furbo «Scommettiamo su chi di noi due vince?»

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Capitolo 26
*** Sì ***


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Il problema era uno e Hermione lo aveva ben chiaro.
 
Sia lei che Caspian erano due persone che detestavano perdere.
In qualsiasi frangente.
 
Lei, però, aveva un secondo problema in quel momento: lui giocava sporco.
Decisamente sporco.
 
La stava baciando e vezzeggiando in modi che lei nemmeno credeva possibili e, francamente, lei non riusciva nemmeno a seguire ogni sua mossa, distratta com’era dal vortice di sensazioni che il suo tocco esperto le scatenava.
Si sentiva la pelle bruciare dove lui lasciava tracce di baci infuocati, aveva gettato la testa indietro e chiuso gli occhi e non riusciva comunque ad impedirsi di ansimare.
Finirà che gli prometterò persino di presentargli la Piovra Gigante, se continua così – pensò la ragazza.
Subito dopo, pensare divenne inutile: Caspian abbassò le labbra sul suo seno e, a quel punto, Hermione temette davvero di esplodere.
Passò le mani tra i capelli di lui e gli trattenne il capo, per invitarlo a continuare.
Anche se, a ben pensarci, sembrava una tortura… Una tortura dolcissima.
Quando lui le lambì la punta di un capezzolo con la lingua lei gridò, quindi si morse le labbra, imbarazzata.
Si sentiva ardere, i vestiti erano solo un fastidio.
E, di più, voleva strappare di dosso a lui gli indumenti e assaggiare la sua pelle; voleva vedere se anche lei sarebbe stata capace di eccitarlo come lui stava facendo con lei, se sarebbe stato altrettanto splendido baciare ogni centimetro del corpo stupendo di quell’uomo che la faceva impazzire…
 
«Caspian…» ansimò, scuotendo il capo per togliersi i capelli dal viso.
Lui allentò la stretta delle braccia e le fece scorrere le mani sui fianchi e sulle cosce.
Hermione aprì gli occhi e non trattenne un sospiro di fronte all’espressione di lui: i suoi occhi, già scurissimi, erano due pozze di opale.
Era accaldato, aveva le labbra tumide e i capelli serici erano spettinati ad arte.
 
Sembrava un dio.
 
Hermione non riusciva a capacitarsi del fatto che quell’uomo era suo.
È mio.
Mio.
Mi vuole sposare.
E vuole anche…
E io… oh, al diavolo! Per Merlino, anche io lo voglio!
 
Lo rimirava bramosa, ignorando quanto lo eccitava il suo sguardo.
Caspian avvicinò le labbra alle sue.
«Sposami» mormorò.
Lei chiuse gli occhi.
«Sposami, ti prego» ripeté lui.
La Hermione testarda e tutta d’un pezzo avrebbe detto di no.
Ma non perché non lo voleva… tanto per tenere il punto.
Solo che quella Hermione al momento era chiusa nella sua biblioteca interiore e guardava con disapprovazione quella nuova e scatenata se stessa che era come cera nelle mani di un presuntuoso re narniano che dalla sua, per ricattarla, aveva il potere degli ormoni.
 
 

Sarebbe così sbagliato sposarlo? – chiese la nuova Hermione a quella vecchia.
Sì – rispose lei, categoricamente.
Perché? – richiesta disperata.
Perché il matrimonio è una cosa seria! – esplose l’altra – Un passo troppo importante per intraprenderlo così! Con una persona di un altro mondo, senza prima aver preso il M.A.G.O. a scuola! Inconcepibile! Improponibile! E i progetti futuri sullo studio?
Sì ma… non è che potrò studiare tutta la vita… - obiettò timidamente.
L’altra se stessa la guardò dall’alto in basso.
Ti vuoi svendere per del sesso? – chiese, disgustata.
Sì!!! – risposta improponibile per l’altra.
Pensa alla carriera in Magisprudenza! Avevi appena letto tutto quello che hai trovato in biblioteca su… - tentativo di recupero.
CHE ME NE FREGA DELLA MAGISPRUDENZA ORA?! E se non torno più a casa? – ruggito.
E se invece torni? – possibilista.
Ma insomma, chi cavolo sei per dirmi di no? – frustrata.
Sono te! – dignitosa.
No! Io non sono questa bacchettona scema e cieca e ostinata e… - furiosa.
Scema, cieca e ostinata? Sei un caso irrecuperabile! – offesa.
Basta, zitta! Torna a studiare e fatti i fatti tuoi! – affondo finale.
 

 
 
«Hermione?»
La voce di lui la riportò bruscamente alla realtà.
«Uh…scusa…stavo parlando con me stessa…Con l’altra me stessa, voglio dire…» borbottò.
Caspian la fissò senza parole, quindi decise che - evidentemente - non era stato abbastanza convincente e abbassò di nuovo la bocca sulla pelle di lei.
Ma stavolta non si limitò a giocare con la lingua: mentre baciava ogni centimetro della pelle di lei e la sentiva fremere, con le mani carezzò delicatamente le gambe e sollevò la gonna dell’abito per poterla toccare.
Hermione gli stava sfilando con difficoltà la camicia - visto che cercava di spogliarlo e, insieme, di non allontanarlo da sé – quando lui sfiorò la sua biancheria.
Questo bastò a immobilizzarla per un secondo, ma le carezze si limitarono al tessuto, per cui lei respirò e tornò a occuparsi dei vestiti di lui.
Liberatolo dalla stoffa, baciò le spalle larghe mentre si stringeva alla schiena muscolosa e gli solleticava la pelle.
Il respiro di lui accelerò e, appena lei si mosse appena sulle sue gambe, divenne chiaro che era eccitato.
Parecchio eccitato.
 
Per cercare sollievo alla costrizione degli abiti, Caspian trattenne Hermione contro il suo bacino.
Non voleva spaventarla, sapeva bene che lei era inesperta, ma il desiderio era talmente forte che riusciva a pensare con qualche difficoltà e agiva più che altro d’istinto.
La sua leonessa però non lo deluse visto che, ben lungi dal ritrarsi, gli passò le gambe attorno alla vita.
Consapevole che la situazione stava arrivando a un punto di non ritorno, Caspian si impose di smetterla di gustare quella pelle fresca e alzò il capo.
«Guardami»
Lei aprì subito gli occhi.
Ansimavano entrambi pesantemente.
«Caspian…»
«Sposami. Ti prego, dimmi di sì»
 
Di fronte a quella preghiera accorata la Hermione bacchettona interiore tacque definitivamente.
Nessun dubbio era nella sua mente quando rispose con voce limpida:
«Sì»
Gli occhi di lui si spalancarono.
«Sì?» chiese, emozionato.
«Sì» rispose lei, sorridendo.
 
Il bacio di Caspian le tolse il fiato, mentre dentro di lei cresceva un’emozione mai provata, tenera e irruente insieme.
Quando le loro labbra si separarono per un attimo, lui ripeté, euforico:
«Mi hai detto di sì!»
«Tu…mi hai ricattata! Mi hai praticamente obbligata!» il tono dolce di lei smentiva le parole «E comunque resto sempre dell’idea che siamo troppo giovani e che il matrimonio è un passo che…»
«Troppo giovani per essere sicuri di noi e degli impegni che prendiamo?»
«No, ma…»
«Non pensi che siamo entrambi due persone adulte e responsabili?»
«Sì, ma…»
«E non pensi che entrambi siamo consapevoli dell’impegno che andremo ad assumere?»
«Sì, ma…»
«Temi che non saprò farti felice?»
«No, certo che no!»
«Pensi che… che tu possa desiderare di più qualcuno a casa tua…»
«Sei matto? No!»
«E allora cosa ti fa paura?»
«Ma…l’idea…»
«L’idea?»
«No, no… Non l’idea…uffa!» Hermione ruggì e si prese la testa fra le mani «Non è l’idea: io credo nel matrimonio. È che… Non pensavo sarebbe toccato a me, così presto… Ed è stato così improvviso, così nuovo! Pensavo che nella vita mi sarei dedicata allo studio…»
Lui fece una faccia afflitta:
«Ah. Non volevi sposarmi perché preferiresti leggere tutta la biblioteca di Cornelius invece che essere mia moglie?»
«Ehm…vedila così: non so fare la moglie, ma so leggere i libri»
Caspian esplose in una risata sincera.
«Sei pazza. Ti adoro comunque… ma tu sei pazza!»
«E se ti deludessi?» chiese improvvisamente lei, con angoscia.
«Tu? Deludermi? E come potresti?»
«Sembri così sicuro che io sia giusta per Narnia, ma io…»
«Hermione, tu sei giusta per me. E io ti voglio per me. In modo egoista, folle e assolutamente deciso. Non voglio nessun’altra. Non sceglierò mai nessun’altra. Voglio te e solo te. Voglio che tu mi sposi, che passi la tua vita con me. Voglio che invecchiamo insieme. Voglio che tu sia la madre dei miei figli. Voglio tanti figli e voglio crescerli con te. Voglio passare le mie giornate con te al mio fianco, voglio ascoltare i tuoi consigli e voglio studiare con te qualsiasi cosa ti appassioni. E voglio che tu sia accanto a me ogni notte della mia vita, da oggi… alla mia ultima notte»
 
Caspian tacque e alzò una mano per posarla delicatamente sulla guancia di Hermione: lei lo fissava in silenzio, mentre le lacrime le rigavano il viso.
Per un secondo non disse nulla, poi tirò su con il naso e sorrise, radiosa.
Caspian ricordò quando l’aveva vista piangere, nel bosco, durante il loro primo incontro e si chiese come mai non si era accorto di quanto lei fosse immensamente bella.
Decisamente non vedeva a un palmo dal suo naso… Ma almeno ora poteva lasciarsi andare alla tenerezza che le lacrime di lei gli ispiravano.
La prese dolcemente tra le braccia, facendole posare il capo sulla sua spalla, e le baciò i capelli.
«Non voglio vederti piangere, piccola» mormorò.
«È che… sono così felice…» singhiozzò lei.
Le braccia di lui la strinsero più forte.
«Davvero?»
«Sì»
«E…davvero vuoi sposarmi?»
Lei rise.
«Sì!»
Lui affondò il viso nei suoi capelli, cullandola.
«Grazie» bisbigliò.
Lei gli carezzò il petto.
«Grazie? Che risposta è?»
«Bè… innanzitutto grazie per avermi detto di sì. Poi per la fiducia, perché ti affidi a me… E poi perché senza di te non ci voglio stare»
«Nemmeno io voglio stare senza di te» Hermione intrecciò le dita tra i capelli di lui «Mai, mai, mai»
E poi, contemporaneamente, i due si fissarono negli occhi e mormorarono:
«Ti amo…»
 
 
Era tutto così naturale.
Così giusto.
Hermione non riusciva a pensare ad altro, ora che Caspian l’aveva fatta stendere a terra e aveva ripreso a baciarla, con tutta la passione di prima mescolata ad una nuova dolcezza.
È giusto per me. Siamo giusti l’uno per l’altra, noi due.
Caspian finì di liberarla dall’abito e lei rabbrividì per il freddo e per l’aspettativa.
«Sei sicura?» mormorò lui, prima di riprendere a baciarla.
«Sì, sì, sono sicura» rispose lei.
Si arrese a quel bacio sentendo crescere l’aspettativa.
 
Il corpo muscoloso di lui premeva su quello delicato di lei e Hermione sentiva crescere un calore nel ventre, una strana smania cui non sapeva dare un nome impadronirsi di lei.
Quando Caspian spostò le labbra a baciarle le guance, il mento, il naso, le palpebre, lei gli circondò la vita con le gambe, ansimando.
«Cosa posso fare?» bisbigliò all’improvviso.
Lui le rivolse un’occhiata perplessa.
«Cosa posso fare per… far star bene anche te?» chiarì lei.
Il sorriso del re fu disarmante.
«Piccola, difficilmente potrei star meglio…»
«No, dico davvero» insistette lei «So di non… di non essere esperta…»
«Hermione, non ti rendi conto di quanto mi renda felice il fatto che tu non sia esperta»
«Però… puoi insegnarmi cosa fare per…»
Lui annuì e le sfiorò le labbra con le sue.
«Spogliami» mormorò.
Lei eseguì con un pizzico di timidezza: la camicia gliela aveva già strappata di dosso, quindi allungò una mano verso i pantaloni di lui, slacciandoli con delicatezza.
Caspian si sollevò appena, permettendole di farglieli scorrere lungo le cosce muscolose.
Al contatto con la pelle di lui, Hermione divenne cremisi.
Ma il re le sorrideva e non sembrava trovarla goffa o ridicola.
Lei si contorse per abbassarli il più possibile e lui si sollevò per sfilarli definitivamente, buttandoli da parte assieme agli stivali.
Restava solo la biancheria su quel corpo statuario e a Hermione il respiro si mozzò, vedendo quanto era tesa sul davanti.
Ma lui non sembrava avere fretta: si ridistese su di lei e ricominciò a baciarla, fino a farla gemere, fino a farle dimenticare la paura.
Le sue mani si abbassarono a tracciarle disegni immaginari sulla pancia, sulle cosce; risalirono lungo le gambe.
Quindi lui la sfiorò al di sopra della biancheria e lei si tese.
Eppure, anche ora, il sovrano sembrava non avere fretta.
Le baciò la gola, il seno.
Lambì ogni centimetro di pelle, mentre Hermione si stringeva convulsamente alla sua schiena.
E quando le sue mani le sfilarono delicatamente l’ultimo lembo di stoffa che celava la sua femminilità e la sua bocca scese più in basso, lei gridò.
Affondò le unghie nella sua schiena, mentre ansimava.
«Caspian… oh, io…»
Lui la baciò di nuovo e lei gridò più forte.
Lo trasse a sé, impaziente, e schiuse le labbra sotto le sue, sentendovi un sapore strano, il suo sapore.
E poi, pian piano, lui la sfiorò con le dita, fino a farla gemere.
«Caspian… non ce la faccio più! Io…» ansimò lei.
Lui si sfilò velocemente la biancheria e si ridistese tra le sue gambe aperte.
Riprese ad accarezzarla e, quando la sentì pronta per lui, appoggiò i gomiti ai lati del suo capo e fissò gli occhi in quelli di lei, iniziando piano a penetrarla.
Hermione ansimava, con gli occhi torbidi e arrossata in viso, e a lui parve stupenda.
Gli sfiorò delicatamente le costole e poi passò le mani sul suo petto, stuzzicandogli i capezzoli.
Lui espirò di botto, chiudendo gli occhi.
Detestava l’idea di farle male, ma sapeva che non c’erano alternative.
Riaprì gli occhi, fissandoli in quelli di lei, che sembrò leggergli nella mente e sorrise, annuendo.
 
Caspian inspirò ed entrò in lei con un’unica, vigorosa spinta.
Hermione si irrigidì e non trattenne un gemito di dolore.
Il re le baciò dolcemente le palpebre serrate e gli zigomi, mormorandole parole tenere.
«Amore, ora passa…»
Baciò dolcemente le labbra di lei e le accarezzò i capelli, finché Hermione non sentì il dolore scemare pian piano e diventare più che altro un fastidio.
Dopo poco prese fiato e riaprì gli occhi.
Caspian non smise di baciarla, senza alcuna fretta, sfiorando ogni centimetro del suo viso, finché non sentì i capezzoli di lei premere contro il suo petto e le mani della fanciulla percorrere la sua schiena, bramose.
Allora sussurrò una richiesta e Hermione iniziò a muoversi insieme a lui, dapprima timidamente, ma adeguandosi subito al ritmo del re.
Inizialmente lui fu cauto, perché temeva ancora di farle male e voleva darle il tempo di abituarsi alla sua presenza, ma ben presto le spinte crebbero di vigore e Caspian non trattenne un sussulto nel vedere con quanto entusiasmo Hermione gli rispondeva.
E poi Hermione sentì crescere in lei una sensazione mai provata, una sensazione che la portò ad esplodere in un mare di luce e in un grido cui si unì quasi contemporaneamente quello di lui.
 
Caspian le ricadde addosso, ansimante e madido di sudore, e giacque sopra di lei mentre i loro respiri si regolarizzavano e i loro battiti tornavano normali.
Quindi, il sovrano si mosse per distendersi accanto a lei e non pesarle addosso.
I loro occhi si fusero, mentre le mani si intrecciavano.
Lui le baciò le dita, una ad una.
«Come ti senti?» chiese.
«Benissimo…» rispose lei, sognante «Tu?»
«Benissimo» sorrise lui, sporgendosi per baciarle le labbra.
«Davvero? Anche se io non sono…»
«Non sei cosa?»
«Non sono…esperta…» borbottò lei, arrossendo.
«Hermione, tu sei perfetta come sei, perché non te ne vuoi convincere?» sorrise lui.
Le sue dita percorsero delicate il petto di lei e il ventre, facendola rabbrividire.
Si strinse a lui, che la accolse tra le sue braccia.
Sospirando, Hermione posò il capo sulla sua spalla.
«Non avrei mai pensato che potesse essere così» bisbigliò.
«Rimpianti?» chiese lui dolcemente.
«Nemmeno uno. Nemmeno mezzo! Ma tu… tu avevi già…»
Lui annuì semplicemente.
«Ne ero sicura… sei troppo bravo!»
Caspian scoppiò a ridere.
«Bravo? Ti ringrazio! È davvero un complimento che di solito non mi fanno!»
Lei gli diede uno schiaffetto sul ventre.
«Spiritoso» bofonchiò «Te li scordi complimenti di questo genere d’ora in avanti. Di questo genere e di ogni altro genere, beninteso»
«Naturalmente, mia regina. Ma non devi preoccuparti, per me non c’è nessun’altra. E nessuna è stata importante, mai»
Il cipiglio di lei non accennava a distendersi.
Lui sorrise, sbarazzino, e avvicinò le labbra alle sue:
«Sai come si diventa bravi?» mormorò prima di baciarla «Con la pratica!»
 
*
 
 
Quando Hermione aprì gli occhi la luce filtrava nel rifugio.
Batté le palpebre per un attimo, confusa: aveva sognato di essere nella biblioteca di Hogwarts, a studiare per il M.A.G.O., ma si era addormentata e la pila di libri e pergamene che aveva sul tavolo le era rovesciata addosso, quasi seppellendola.
Era a terra, dolorante e scomoda, e… per tutti gli Intrugli Raggrumanti, quei libri facevano caldo!
 
Ma poi riconobbe dov’era.
Era stesa a terra su un freddo pavimento di terra, per questo era scomoda.
E, per quanto riguardava il calore… voltò piano la testa per guardare il profilo di Caspian, steso accanto a lei.
Il braccio del re le copriva parte del petto e del ventre e il suo respiro le solleticava la spalla.
Il viso di Caspian era disteso, molto più fanciullesco nel sonno.
Hermione lo osservò, sentendo uno strano miscuglio di sensazioni nuove agitarsi nel suo petto: calore, affetto, tenerezza, una nuova consapevolezza di sé e… amore.
Tanto amore, un amore sconosciuto, forte, luminoso.
Con il dito percorse lievemente il profilo del viso di lui, dallo zigomo al mento.
Lentamente, lui aprì gli occhi, emergendo alla consapevolezza della veglia.
Lo sguardo si addolcì appena la mise a fuoco e le labbra morbide si piegarono nel sorriso che non mancava mai di affascinarla.
«Buongiorno, mia regina» mormorò, sfiorandole le labbra con un bacio.
 
 
 
*****
Buonasera!
Siccome sono al pc ho pensato di aggiornare con qualche ora di anticipo!
Hermione e Caspian sono persi nel loro limbo personale, ma prestissimo si tornerà alla battaglia...
Vi ricordo la mia pagina Facebook per restare aggiornati su tutte le mie storie, compreso il seguito di questa, che sto già scrivendo:

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Buona lettura e buon inizio settimana,
Joy

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Capitolo 27
*** Amici e alleati ***


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Solo molto più tardi la coppia emerse dal rifugio e si diresse al torrente.
 
Entrambi bevvero e poi il re tolse velocemente i vestiti e si tuffò nell’acqua limpida.
Hermione rimase ferma sulla riva, un po’ impacciata.
«Non vieni?» sorrise lui in modo irresistibile.
Lei fece un gesto vago con il capo, stringendosi le braccia attorno al corpo.
Non è che non volesse, ma l’idea di denudarsi davanti a lui alla luce del giorno e in uno spazio aperto le metteva un po’ soggezione… anche se, a ben pensarci, Caspian aveva già osservato ogni centimetro del suo corpo da vicino.
Molto da vicino.
Con un pizzico di esitazione, Hermione si sfilò la camicetta e fu premiata dal sorriso radioso del sovrano, che le tese le braccia.
Si liberò dei vestiti ed entrò in acqua, andando a rifugiarsi sul petto di lui.
 
Caspian la strinse e poi si lasciò scivolare all’indietro, sorreggendola e lasciando che l’acqua li cullasse dolcemente.
Hermione posò il capo sul petto di lui e chiuse gli occhi, sentendo la sua mano accarezzarle delicatamente i capelli.
«Tutto bene, piccola?» domandò lui ad un certo punto.
«Benissimo» sospirò lei.
Avrebbe ceduto volentieri alla sonnolenza che l’aveva colta: in quella pace, con la notte appena trascorsa, ricordare che avevano lasciato a Cair Paravel una Jadis assetata di sangue era difficile.
Eppure…
Hermione sentiva sotto di sé la rigidità del corpo di Caspian e ne indovinò facilmente i pensieri.
«Anche tu pensi alla Strega, vero?»
La mano di lui scivolò sul suo collo.
«Sì, io… è assurdo, ma per qualche ora ho davvero dimenticato la sua esistenza»
Hermione sollevò il capo e lo sbirciò da sotto le ciglia.
«Vuoi che torniamo al castello?»
Lui scosse lentamente il capo.
«A che pro? Cosa possiamo fare? No… dobbiamo trovare un’altra soluzione»
Lei annuì e si lasciò scivolare dal corpo di lui: improvvisamente, il pensiero degli amici in balia di Jadis le rese intollerabile l’idea di stare con le mani in mano.
Anche Caspian si mise in piedi e, mano nella mano, uscirono dall’acqua.
Sulla riva, il re avvolse Hermione nel suo mantello, le frizionò vigorosamente la pelle e poi le posò un bacio sulla fronte.
«Vestiti, tesoro… Rischio seriamente di dimenticare di nuovo Jadis»
«Mmm… Jadis chi?» scherzò lei, occhieggiando il corpo muscoloso e nudo del sovrano.
Caspian rise e infilò i pantaloni velocemente.
«Sei insaziabile… chi lo avrebbe mai detto?»
Lei gli fece una linguaccia mentre rimetteva i vestiti sulla pelle umida.
«Spiritoso… Chi è che ieri sera ha deciso di buttarla sulla sfida?»
Lui rise ancora.
«Tu!»
«Bugiardo!»
«Io? Ma se ti ho solo offerto un nuovo punto di vista…»
Hermione strinse gli occhi di fronte allo sguardo candido del sovrano.
«Non penserai di condurre le cose in questo modo, nella nostra vita?»
Il sorriso di lui divenne ammiccante.
«Veramente spero proprio di sì…»
Di fronte al rossore di lei sorrise più dolcemente.
«Sarai la regina più stupenda che Narnia abbia mai anche solo sognato, Hermione»
Allungò una mano ad accarezzarle la guancia, leggendo la confusione in quegli occhi nocciola così espressivi.
La confusione e un pizzico di timore.
 
 
E fu allora che accadde.
 
«Progettate le nozze, Maestà?» chiede dal nulla una voce gelida.
Hermione ansimò, ma Caspian si era già buttato davanti a lei, facendole scudo con il suo corpo.
Percorse con lo sguardo la radura e la vide comparire dal folto degli alberi.
 
La rabbia sembrava rendere Jadis, già altissima, un vero e proprio gigante.
Hermione strinse un braccio del re e si sorprese a pensare che neppure Grop, il fratellastro gigante di Hagrid, le aveva mai fatto così tanta paura.
La Strega Bianca avanzò con passo deciso, letale, verso la coppia disarmata.
Non aveva più la bacchetta, ma da lei emanava una bassa foschia grigiastra che si espandeva nella foresta, bassa e malsana come un gas tossico.
Era chiaro che Jadis era pericolosa anche senza la bacchetta.
«Vi siete divertiti?» chiese la Strega, a voce bassa e mortifera «Avete abbandonato la vostra gente, Maestà… Siete fiero di voi?»
Hermione sentì Caspian irrigidirsi, toccato nel suo punto più sensibile dalle parole beffarde della nemica, quindi intervenne:
«Cosa c’è? Non hai abbastanza potere per controllare il castello? Come mai non ci hai trovati prima? Siamo un po’ arrugginite nell’uso della magia, eh?»
Jadis si bloccò digrignando i denti.
«Stupida ragazzina… credi di essere tanto esperta vero?»
Con il solo pensiero di impedire a Caspian di fare qualcosa di impulsivo, Hermione rise, sprezzante, continuando a catalizzare l’attenzione della Strega.
«Non lo credo, lo so. Non so come te la cavavi tu a scuola in Incantesimi… ma io sono decisamente bravina»
Jadis sbuffò.
«La tua preziosa bacchetta è perduta!»
Hermione soffocò una fitta d’ansia, ben attenta a mostrarsi impassibile.
«Posso vivere senza. Non sono te, con un tortuoso quanto folle piano in mente che ora, senza la mia bacchetta, non si potrà realizzare…»
Jadis emise un basso ringhio e mosse la mano sinistra: un vento gelido spazzò la radura.
«Non farai la spiritosa quando ti ucciderò…»
«E poi?»
Hermione non sapeva cosa l’altra stesse cercando, ma era certa che fosse legata al suo mondo, quindi insistette:
«Come arriverai sulla Terra? Chiederai aiuto ad Aslan?»
Lo sguardo fiammeggiante della Strega le confermò che aveva indovinato.
«Oh, aspetta… dimenticavo: sei una creatura rinnegata e Aslan non ti aiuterà mai, nemmeno per liberarsi di te…»
 
Gli occhi di Jadis mandarono un bagliore accecante e, all’improvviso, Hermione si ritrovò sospesa in quello che le parve un limbo.
I suoi occhi vedevano ancora la radura, ma era come se tutto fosse sfocato e distante, come se l’aria frizzante del mattino non sfiorasse più la sua pelle.
C’era solo una voce, quella voce, nella sua testa.
 
E così la piccola strega si è innamorata del Re di Narnia.
Povera stupida.
Due mondi diversi. Inconciliabili.
Come credi di poter fare?
Pensi di restare qui?
Di sposarlo?
Di avere dei figli, di regnare su Narnia?
Lasceresti casa tua, per lui?
 
E, nella mente di Hermione, si formò una visione nuova.
 
Vide Hogwarts ridotta in cenere.
Vide i Mangiamorte torturare i suoi amici, i suoi compagni di scuola, i suoi professori.
Vide la disperazione sui volti dei membri dell’Ordine della Fenice, prima che venissero trucidati.
Vide volti deformati dalla sofferenza per le torture e udì grida disumane.
Vide Ron e Ginny accasciarsi sui cadaveri dei Weasley; Tonks piangere sul corpo senza vita di Remus.
E poi vide Voldemort, pallido e spaventoso, torreggiare con un ghigno trionfante su un corpo riverso ai suoi piedi: Harry Potter…
 
Hermione ansimò terrorizzata.
La voce riprese.
 
È questo che vuoi, dunque.
Abbandonarli.
Abbandonare i tuoi amici, la tua famiglia.
Ecco cosa li aspetta: la morte.
Ma tu sarai lontana quando questo accadrà… Lontana e infelice…
 
E, di nuovo, un’immagine si formò nella mente della ragazza.
Cair Paravel in fiamme.
Fiamme alte e minacciose che avvolgevano le stanze, dilagavano nei corridoi, lambivano tendaggi, arazzi e tappeti.
Urla e persone che scappavano in ogni direzione.
E, nella sala del trono…
Caspian ferito a morte e circondato da uomini sconosciuti che brandivano spade insanguinate.
 
Hermione urlò e urlò, ma in risposta sentì solo la risata gelida di Jadis.
 
È colpa tua, strega… colpa del tuo egoismo e della tua stupidità!
Narnia insorgerà contro un Re che le ha preferito una mortale!
La stirpe dei Telmarini si estinguerà con Caspian.
Non gli darai mai figli che allieteranno la sua vita, non porterai gioia nella sua casa!
Porterai dolore e abbandono e miseria; porterai la guerra, la guerra che distrugge tutto…
E il tuo re morirà, abbandonato persino dai suoi fedelissimi compagni, perché ha scelto una donna che Narnia non vuole, perché ha preferito te dimenticando chi è e quali sono le sue responsabilità!
E sarà colpa tua, solo colpa tua…
 
Quando cadde a terra, Hermione sentì dolore alle mani, che evidentemente aveva teso davanti a sé.
Fu un secondo, ma le permise di recuperare il contatto con la realtà.
La realtà non erano quelle immagini tragiche e quella paura che le impediva di pensare, persino di respirare…
La realtà era Caspian.
Dov’era, Caspian?
Era accanto a lei un attimo fa… o erano anni e anni di dolore prima?
 
Stringendo i denti, Hermione si mosse goffamente, realizzando di trovarsi carponi.
Si agitò sul terreno, imponendosi di non cedere alla voce ipnotica di Jadis, e allungò le braccia alla cieca, come qualcuno che annaspa tentando di non annegare, di rimanere a galla.
E poi lo sentì.
Trovò il corpo di lui vicino al suo, serrò la presa sulla stoffa della sua camicia.
Mentre lo stringeva, si sforzò di tornare alla realtà.
Pensa, Hermione. Pensa – si disse.
Sapere che aveva Caspian accanto, poterlo toccare, le diedero la forza per reagire.
 
Come un lampo nel buio, Hermione risentì la voce del finto Malocchio Moody che, a lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, spiegava a una classe sconvolta come resistere alla Maledizione Imperius.
Combattere e combattere.
Hermione serrò le palpebre e cercò di svuotare la mente, combattendo l’influsso di Jadis.
Impiegò volontà e tenacia per riacquistare il controllo, certa che le immagini atroci che vedeva nella sua mente erano le sue stesse paure, amplificate dal potere della Strega Bianca.
Non le avevano forse spiegato come agiva Jadis?
Qual era il suo malvagio potere?
Hermione richiamò alla mente i visi felici degli amici, il senso di sicurezza che le ispirava sempre Silente, l’amore per i suoi genitori e l’affetto per i Weasley.
E Caspian.
Caspian, come lo aveva visto quella notte: meraviglioso e vivo come non mai tra le sue braccia.
E suo.
Pian piano, mentre si sforzava di trattenere il senso di sicurezza che quei ricordi le ispiravano, scoprì che il potere di Jadis si allentava.
Aprì gli occhi e vide la Strega Bianca digrignare i denti, poco lontana da lei.
 
Hermione si accasciò sui talloni, emotivamente esausta, ma non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo che si accorse del Re, accucciato a terra accanto a lei e gemente.
Era chiaro che Caspian era a sua volta in preda a un incubo, probabilmente simile al suo.
Tremava e aveva gli occhi serrati.
Hermione lo prese tra le braccia e iniziò a chiamarlo per nome:
«Caspian! Caspian, sono io: ascolta la mia voce e combatti! Non è vero, non c’è niente di vero… sono solo bugie e incubi creati da Jadis! Ma tu sei più forte di lei…»
La Strega Bianca rise crudelmente, ma la ragazza continuò a parlare al Re, ignorandola:
«Torna da me, amore mio…»
E pian piano anche Caspian riuscì a liberarsi dal giogo dell’incanto di Jadis: aprì gli occhi e con fatica riuscì a concentrarsi sul viso che sovrastava il suo.
«Hermione…» mormorò dopo qualche minuto «Stai…bene?»
Lei annuì, sorridendogli dolcemente.
Caspian si mise seduto e deglutì, nervosamente.
«Io… Non so, ma… Ti stringevo tra le braccia ed eri…»
Non riuscì a concludere la frase, ma lei sorrise rassicurante:
«Io sono qui e sto bene. È stata lei, Caspian!»
Entrambi, pallidi ma decisi, fissarono gli occhi sulla Strega Bianca.
Quella, furiosa, digrignò i denti e sputò parole velenose contro la coppia:
«E così, sua Maestà e la sua strega sono troppo coraggiosi e puri per cedere! Molto bene… Allora dovrò usare le maniere forti, a quanto pare…»
 
La coppia fece istintivamente un passo indietro di fronte alla minaccia, ma in quel momento una voce limpida si levò dal folto degli alberi:
«Sai, Jadis, fare promesse che non si possono mantenere è - a mio avviso - davvero una sciocchezza imperdonabile»
Hermione gridò di gioia e incredulità, nello stesso secondo in cui Jadis sussultava terrorizzata e veniva colpita improvvisamente da un bagliore verde.
Caspian osservò la Strega Bianca bloccata in un’immobilità innaturale, mentre Hermione si illuminava in viso e si voltava verso gli alberi, nella direzione da cui era giusta la voce.
 
Un uomo camminava lentamente verso di loro, un uomo altissimo e vestito con abiti di foggia strana.
«Silente!»
Il grido di gioia di Hermione non trovò eco nello sguardo terrorizzato dell’immota Jadis.
 
*
 
Albus Silente avanzava nella radura con passo leggero e un sorriso appena accennato sul viso, come se avesse davanti agli occhi uno spettacolo piacevole.
 
Caspian lo osservava in silenzio, sconcertato dalla sensazione di rispetto e soggezione che gli ispirava quello sconosciuto.
Hermione, al suo fianco, quasi singhiozzava di sollievo.
Le circondò con il braccio la vita e la osservò sorridere radiosamente all’indirizzo del nuovo arrivato, vestito nel modo più bizzarro che si potesse immaginare.
Indossava infatti un mantello color prugna e aveva delle scarpe di velluto in tinta.
«Bentrovata, signorina Granger» disse l’uomo, con un sorriso gentile «Le mie scuse per averti fatta aspettare tanto… Purtroppo, non sapevo che fossi finita qui finché Lucy non me lo ha detto»
«Lucy?» chiese Hermione, perplessa.
Silente sorrise e fece un cenno con la mano.
Tartufello apparve da dietro un albero e trotterellò verso il gruppetto, reggendo tra le mani un piccolo oggetto.
Quando arrivò più vicino, Caspian battè le palpebre per la sorpresa.
Il tasso trasportava un quadro.
Un quadro di piccole dimensioni, con una cornice poco appariscente, di ottone scurito.
Ma, nella tela, un viso dolce sorrideva luminoso e...
Possibile?
Quel sorriso diventava sempre più grande e contagioso.
 
«Lucy?» esclamò Caspian, attonito.
«Ciao, Caspian» rispose la donna del quadro, allungando una mano verso di lui.
Poi batté le palpebre e fece una piccola smorfia.
«Per Aslan, dimentico sempre che non posso toccare nessuno… accidenti! Quanto mi manca abbracciare le persone!»
Silente sorrise alla vista dell’espressione del Re di Narnia.
«Lucy, mia cara, direi che la sorpresa di vederti è già un bel risultato!»
«Ha ragione, Professor Silente! In effetti non è poi male, essere un quadro…»
Entrambi ridacchiarono divertiti, quindi Lucy Pevensie si voltò di nuovo verso Caspian.
«Caspian, è meraviglioso poterti parlare di nuovo: è un dono di Aslan, davvero!»
La donna del quadro sorrise al re sbigottito e poi rivolse lo sguardo a Hermione.
«E così tu sei Hermione, finalmente posso conoscerti! Tartufello mi ha raccontato che hai letto il mio diario!»
L’altra annuì.
«Era nella biblioteca di Hogwarts…»
«Sì» confermò Lucy «Quando il Professor Silente mi chiese di scrivere un resoconto dei miei viaggi a Narnia, promise che lo avrebbe custodito nella biblioteca di Hogwarts»
«Ma tu sei… una strega?»
«Oh, no» la risata di Lucy tintinnò melodiosa nella radura «No, sono Lucy Pevensie, detta la Valorosa, una degli Antichi Sovrani di Narnia»
«Sì, Lucy non è una strega, mia cara signorina Granger» Silente ammiccò «Ma, come sai, a Hogwarts studiamo e conserviamo la magia in ogni sua forma. E, visto che ti trovi a Narnia già da un po’, avrai osservato che qui vive una magia diversa da quella che viene insegnata a scuola… ma sempre di magia si tratta! E chi meglio della Valorosa poteva raccontare e tramandare la storia di questo mondo meraviglioso?»
Hermione annuì, piano, e chiese:
«Lei conosce Narnia, quindi, signore?»
Silente le rivolse un sorriso luminoso.
«Purtroppo no, mia cara. Sapevo della sua esistenza, naturalmente, e ho condotto delle ricerche sugli Antichi Sovrani, perché loro sono tornati nel nostro mondo… Ho trovato Lucy in un villaggio a sud dell’Inghilterra alcuni anni fa, ormai»
La più piccola dei Pevensie annuì.
«Avevo lasciato Londra, perché ormai ero rimasta sola. Eustace, mio cugino, aveva tenuto dei quaderni in cui aveva trascritto le sue avventure a Narnia. Li portai con me e, un giorno, decisi di completarli con le storie mie e dei miei fratelli… Poi Silente mi trovò e mi parlò di Hogwarts. Fu come se Aslan mi avesse mandato un segnale di speranza…»
La voce di Lucy si affievolì e fu Silente a riprendere il racconto:
«Lucy mi raccontò di Narnia, di Aslan e delle avventure degli Amici di Narnia: fu illuminante, una scoperta senza paragoni… Da tempo studiavo le altre forme di magia esistenti e Narnia è sempre stata una leggenda per i cultori della materia… ma non avrei mai osato sperare di poter rintracciare uno dei quattro Pevensie. Fu Lucy, naturalmente, a spiegarmi come trovare l’Armadio che è il passaggio per Narnia. Insieme, lo portammo a Hogwarts»
Il Preside e la ragazza si sorrisero, complici, evocando in Hermione immagini di conversazioni dotte e meravigliose che duravano notti intere, nello studio di Silente a Hogwarts.
Quindi la ragazza rivolse lo sguardo a Caspian, che fissava ancora il quadro dal quale Lucy parlava, attonito.
Gli strinse piano la mano.
«Sai, è una forma di magia antica e davvero preziosa, quella che fa vivere una persona nel suo ritratto» disse piano «Non avere paura»
Gli sorrise e il re annuì brevemente, poi mosse un passo verso il dipinto, senza lasciarle la mano.
Si inginocchiò nell’erba, fissando lo sguardo in quello della sua più vecchia amica, che gli sorrise radiosa.
«Mi sei mancata, Lu» mormorò il re.
«Anche tu, non sai quanto! Sei giovanissimo… come sul Veliero dell’Alba! E io invece sono una vecchia bacucca! Ah, di tutte le magie di Narnia, questa è decisamente la più ingiusta!»
Ma Lucy sorrideva nel dirlo e il re rispose al sorriso.
«Non sei vecchia: sei sempre tu. Hai sempre il tuo sguardo da bambina e il tuo sorriso irresistibile!»
«Sempre cavaliere» scosse la testa lei, divertita «Allora, non mi fai conoscere la tua principessa?»
Hermione arrossì mentre si chinava accanto al re.
«Ti ho vista in biblioteca, Hermione… ci passi così tante ore!» sorrise Lucy «Ti guardavo, sempre china sui libri… Ma il professor Silente mi ha parlato del tuo coraggio e della tua generosità… Permettimi di dirti che sono ancora sconvolta da come tu abbia risolto facilmente l’indovinello sui veleni di Piton, quando avete trovato la Pietra Filosofale! Poveretto, Severus… era così convinto di aver architettato un sistema di difesa vincente…»
Sia Lucy che Silente ridacchiarono, mentre Hermione scrollava le spalle in direzione di Caspian.
«Te lo spiego un’altra volta» disse, brevemente.
«Quindi… Il tuo quadro è uno di quelli della biblioteca di Hogwarts?» chiese poi alla Valorosa.
«Oh, sì» rispose lei, allegra «Ho chiesto a Silente se poteva allontanarmi dai quadri dei sapientoni che sono all’ingresso perché si perdono sempre in conversazioni che mi danno il mal di testa… Quindi la mia cornice è appesa lungo uno dei muri più lontani, dietro a scaffali ricolmi di libri. Ma volevo essere vicina al diario, in caso qualcuno avesse avuto delle domande su Narnia»
Hermione sembrò subito mortificata.
«Oh, mi dispiace non aver approfondito l’argomento dopo aver letto il diario!»
«Ma figurati! Stai studiando Trasfigurazione Umana… direi che sei abbastanza sotto pressione!»
Hermione le sorrise, conquistata dai modi aperti e gentili di Lucy.
«E tu, mio re, cosa stai combinando?» chiese poi la Valorosa all’indirizzo di Caspian.
Il re fissò il quadro, Hermione e poi Jadis, ancora pietrificata e disse:
«Ah, questa sì che è un’ottima domanda!»
 


***
Buongiorno!!
Torniamo al confronto con Jadis... un brusco risveglio, eh?
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Buona lettura e buon inizio settimana,
Joy

 

 

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Capitolo 28
*** La storia di Jadis ***


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Albus Silente si schiarì la voce.
 
«Diciamo che siamo di fronte a due problemi distinti»
Lo sguardo dei Preside era gentile, ma Hermione sentì bruciare la mano che Caspian le stringeva quando Silente li fissò.
Il suo cuore perse un colpo.
Due problemi distinti.
Che parlasse…?
 
«Parliamo di Jadis» proseguì il Preside «Visto che è chiaramente il problema più grande»
«Professore… lei… la Strega Bianca, intendo… viene dal nostro mondo?» chiese Hermione.
Silente annuì.
«Com’è possibile?» intervenne incredulo Caspian «So che Hermione lo sospettava, ma… Jadis è a Narnia da millenni! I Pevensie la hanno affrontata millenni or sono per la prima volta… E lei esisteva già!»
«Millenni  narniani, Caspian» lo corresse Lucy «Ma anche io ero incredula, quando Silente me ne ha parlato!»
«Parlato di cosa?»
Silente sorrise ai due.
«Se siete d’accordo, lo chiederei a Hermione… immagino che sia sulla buona strada per indovinare! Del resto, è la più brillante studentessa di Hogwarts non a caso!»
Ammiccò verso la ragazza, che però rimase seria e, dopo un attimo, bisbigliò:
«Jadis ha detto di aver aiutato Grindewald a costruire Nurmengard»
Silente sospirò, poi annuì.
«Sì, è vero»
Hermione prese fiato; sembrava senza parole.
«Jadis è una coetanea di Grindewald?»
«Jadis era la fidanzata di Gellert Grindewald, cara»
Hermione sgranò gli occhi.
«Ma…»
Silente scosse il capo e mosse un paio di passi nervosi nella radura.
Poi parlò:
«Si tratta di una storia vecchia… vecchia e dolorosa. Senza raccontare cose che appartengono al passato e al dolore di altri, vi dirò che io conobbi Grindewald… e Jadis… quando ero un ragazzo. Non avevo ancora preso il M.A.G.O. a Hogwarts… Sì, avevo la tua età, Hermione»
Silente rivolse un sorriso triste ai suoi ascoltatori, ma solo Lucy gli sorrise in risposta.
«Conobbi Grindewald e credetemi quando vi dico che le sue idee sulla supremazia dei maghi sui babbani erano già avanzate e precise. Jadis le condivideva, sognavano di guidare insieme la rivolta che avrebbe portato al dominio della razza magica»
Hermione non batté ciglio, Caspian annuì:
«Hermione me ne ha parlato… Ma non sapevamo che Jadis fosse coinvolta»
«Perché quelle erano elucubrazioni di due giovani, mio Re, e non finirono negli annali. Poi, le idee del Gellert adulto rimasero le stesse, indubbiamente. Ma non c’è traccia di Jadis nelle storie, perché quando sconfissi Grindewald lei non c’era già più»
«E dov’era?»
«Fino a ieri avrei risposto che non lo sapevo. Oggi devo dire quello che mi sembra ovvio: a Narnia»
«Lei… Lei non sapeva dov’era Jadis?» chiese Hermione.
«No»
«Ma come arrivò qui? Come diventò la Strega Bianca?» domandò Caspian.
«Ottima domanda, Maestà. Io posso solo narrarvi l’antefatto: le cronache parlano di un mio scontro all’ultimo sangue con Grindewald… Ma, in realtà, gli incontri furono due. Lo andai a cercare circa un anno e mezzo prima della nostra battaglia decisiva, per parlargli. Ci eravamo conosciuti, da giovani, vi dicevo… Ebbene, volevo scoprire quanto ancora esisteva del ragazzo che avevo conosciuto e capire se era possibile mettere un freno alla sua sete di potere in modo non violento. Ma purtroppo scoprii subito che non lo era. Grindewald aveva evitato l’Inghilterra nei suoi piani di conquista – per via della mia presenza, certamente… se mi perdonate la poca modestia - quindi, da noi, le voci del suo operato erano giunte in forma decisamente blanda ed epurata. Quando mi resi conto della vastità del male che stava compiendo, capii che non c’era possibilità di dialogo. Eppure… eppure volli provare. Trovai Grindewald e Jadis in uno sperduto villaggio della Polonia. Inizialmente provai a ragionare con loro, ma il senso di potere, il delirio di quella che ritenevano gloria li aveva resi ebbri… ebbri, e tronfi, e vanagloriosi. Accecati dalle loro grottesche idee di dominio. Volevo evitare uno scontro diretto, ma ci riuscii solo in parte. Sorpresi Gellert mentre usciva da un pub, a notte fonda: aveva trucidato tutti gli avventori. Lui rimase senza parole nel vedermi, poi tentò di mostrarmi quello che aveva fatto e di convincermi che il suo piano per conferire ai maghi il potere assoluto nel mondo era l’unico meritevole di appoggio. Ci scaldammo ed estraemmo le bacchette… E fu allora che comparve Jadis»
 
Negli occhi di Silente passò quello che sembrava un lampo di dolore.
Hermione lo registrò, stupita.
Grindewald, uno dei maghi oscuri più pericolosi dell’ultimo secolo… e Silente che lo conosceva?
Cosa si provava a sapere che uno dei tuoi amici d’infanzia crescendo si era trasformato in un despota assetato di sangue?
Hermione pensò ai compagni di scuola, ai Serpeverde… Mha, non ce n’erano di così promettenti, a suo giudizio, tuttavia…
Si riscosse quando Silente proseguì con il suo racconto:
«Avevamo sguainato le bacchette; partirono degli Incantesimi. Grindewald evitò il mio, che rimbalzò alle sue spalle e deviò su Jadis, ferendole il braccio e distruggendole la bacchetta. Ma Gellert non se ne accorse, credo… o invece sì e non se ne curò? Comunque, evocò l’Ardemonio… il fuoco che non si spegne mai. Le fiamme divamparono e invasero la strada, dividendoci a forza. Tutto divenne incandescente e soffocante: mi coprii il viso con una manica e corsi alla cieca… non sapevo dove stavo andando, ma all’improvviso inciampai addosso a qualcuno e persi l’equilibrio. Era Jadis. Mi attaccò con un coltello, cercando di strapparmi la bacchetta. Lottammo e alla fine riuscii a lanciarle contro un incantesimo. L’ultimo ricordo che ho di lei è mentre scappa verso il bosco, quella notte»
«E… poi?» domandò Hermione quando vide che il Preside taceva.
Lui scosse le spalle.
«Mi Smaterializzai. Non rividi Grindewald fino alla battaglia in cui lo sconfissi… e rivedo Jadis oggi, da quella notte»
 
Gli occhi di tutti si voltarono verso la Strega Bianca, imprigionata dall’Incantesimo del mago.
Sprizzava odio dagli occhi.
Incredibilmente, Hermione vide la mano di Silente che stringeva la bacchetta muoversi in un gesto pigro.
«No!» gridò.
Ma Jadis era già libera.
Caspian trasse Hermione dietro di sé per farle scudo con il proprio corpo.
Eppure, la Strega Bianca non attaccò.
Rivolse il suo sguardo fiammeggiante su tutti i nemici e, alla fine, fissò Silente.
Gli occhi dei due, mago e strega, si soppesarono per un tempo indefinibile.
«Ci rivediamo in circostanze quanto mai improbabili, dunque» disse poi Silente.
«Tu… dannato traditore!» latrò lei «Dove hai nascosto Gellert, dove?»
«L’ho sconfitto, Jadis. Hai sentito il mio racconto mentre eri bloccata dall’Incantesimo, no?»
«Sì...no! Non ci credo! Non è vero! Dov’è?»
Silente tacque ma lei lo incalzò:
«Lo hai rinchiuso a Nurmengard? La ragazzina la pensa così!»
Hermione rivolse uno sguardo allarmato a Silente, come a voler chiedere scusa.
«Professore, io…io…»
«Mia cara, nulla di che scusarsi. Una tua deduzione?»
Lei annuì.
«Brillante, davvero»
Silente ammiccò compiaciuto come se Hermione gli avesse detto di un bel voto in un compito a scuola.
Poi, però, si volse di nuovo verso la Strega Bianca e la luce divertita sparì dai suoi occhi.
«Sì, è a Nurmengard» confermò a bassa voce.
Lei ringhiò.
«Lo tirerò fuori di lì e poi verremo a…»
«Mi sembra un piano quantomeno lacunoso, se posso. Innanzitutto sei a Narnia e Nurmengard da qui mi sembra difficilmente raggiungibile, per dirne una»
L’altra digrignò i denti.
«Ma tu sei arrivato e…»
«Sì, attraverso l’armadio che portò qui i Pevensie la prima volta. E che si trova a Hogwarts, come la signorina Granger ti avrà sicuramente spiegato. A Hogwarts. Vedi il problema, sì?»
«Dannato!» dalle mani di Jadis scaturirono lampi «Come osi prenderti gioco di me? E come pensi di andartene da qui?»
Silente sorrise, serafico.
«Sai come funziona. Puoi andartene da Narnia quando Aslan ti apre un varco per il tuo mondo. Quindi credo che, molto semplicemente, gli chiederò la cortesia di rimandarmi a casa»
 
E fu in quel momento che la sentirono.
Una risata bassa e profonda, divertita.
 
Lucy gridò di gioia; Hermione sgranò gli occhi.
Dal folto degli alberi apparve un enorme Leone, che avanzava maestoso verso di loro.
Era un animale, indubbiamente… eppure sembrava così  umano.
Un pensiero folle, ma… cos’altro si poteva dire di quegli occhi intelligenti e buoni che li fissavano divertiti?
Di quello che, senza dubbio alcuno, era un caldo sorriso?
Hermione sapeva di essere in presenza della storia e della magia più antiche e un senso di reverenza si impadronì di lei.
Al suo fianco, Caspian piegò un ginocchio a terra e, dolcemente, le tirò la mano per indicarle di fare altrettanto.
Lei impiegò un attimo a capire e poi imitò il sovrano.
Lo stesso Silente si inchinò, deferente, e così fece Tartufello, posando delicatamente a terra il quadro.
Lucy Pevensie sorrise, nostalgica, e mormorò:
«Perdonami se non posso inchinarmi davanti a te, Aslan»
«Mia cara» la voce del Leone era buona e profonda «Non preoccuparti assolutamente. È una gioia vederti»
«Anche…anche così, Aslan?»
«Certo! Il tuo amore per Narnia e il tuo spirito indomito vivono, bambina. Non temere, i tuoi giorni a Narnia non sono finiti»
Gli occhi di Lucy si riempirono di lacrime.
«Aslan…i miei fratelli…»
Lui annuì, comprensivo.
«Neppure i loro, piccola mia»
Lucy sorrise tra le lacrime.
«Grazie, Aslan!»
 
Il Leone volse lo sguardo a Silente.
«Ci conosciamo, infine: benvenuto a Narnia!»
Il Preside si inchinò di nuovo.
«È un onore immenso, per me»
«Ti ringrazio per non aver approfittato del passaggio nell’armadio»
«Oh, con l’età ho maturato un certo senno» Silente ridacchiò «Ma dovevo prevedere che, prima o poi, qualcuno si sarebbe imbattuto nel passaggio»
 
Gli occhi di tutti si concentrarono sulla coppia inginocchiata a terra.
«Non “qualcuno”, semplicemente» disse Aslan «È un piacere incontrarti, Hermione»
La ragazza alzò gli occhi.
La sua reazione normale sarebbe stata di paura… ma quegli occhi che la guardavano erano senza dubbio buoni.
Chinò il capo in segno di rispetto e mormorò:
«Ti ringrazio, Aslan… e mi scuso, per tutto quello che ho combinato qui. Non volevo, davvero, non volevo che per colpa mia succedesse tutto questo a Narnia!»
«Mia cara, non è colpa tua, non dire così. Tu e Jadis provenite dallo stesso mondo, ma siete due persone ben diverse. Dico bene, mio Re?»
 
Caspian sollevò il capo, fissando il Leone.
Hermione vide che il viso del sovrano era pallido e gli strinse la mano, ma il re parlò senza incertezza:
«Naturalmente hai ragione, mio Signore. Hermione è quanto di più diverso da Jadis si possa immaginare e la sua presenza a Narnia è una benedizione… o almeno, lo è per me. Scusami se questo mi ha fatto agire male, è colpa mia e solo mia»
«No!» gridò Hermione «Caspian non ha fatto niente! Sono io che…»
Il sovrano scosse il capo, ma Aslan ridacchiò, sorprendendoli.
«Miei cari, non sto cercando un colpevole tra voi. Figlio mio, perché sembri pensare che io sia qui a rimproverarti?»
Caspian deglutì, poi bisbigliò:
«Io… io…»
Aslan scosse la folta criniera.
«Maestà, quanta insicurezza nel tuo cuore! Perché? Io vedo un grande re, davanti ai miei occhi»
«Anche io!» disse subito Hermione.
«Anche io!» confermò Lucy.
Ma Caspian mantenne gli occhi fissi a terra.
Aslan sorrise, poi alitò su di lui.
In un attimo, le ferite del re scomparvero.
Caspian alzò gli occhi, sentendosi bene per la prima volta da giorni.
«Aslan… grazie!»
«Di nulla, figlio mio. Ma ora, dobbiamo concentrarci su un’altra questione… parleremo più tardi»
 
Aslan fissò i grandi occhi su Jadis e fu impossibile non notare che la strega retrocedeva di qualche passo.
«Dunque, Silente ha ragione» esordì il Leone «Tu sai qual è l’unico modo di andarsene da Narnia… o non saresti rimasta. La guerra che hai intrapreso contro di me, da millenni, per te è stata in parte il passatempo di un animo malvagio… Ma molto più il tentativo di distruggermi, sperando che con me morissero le catene che ti imprigionano qui! Ma hai sempre fallito e lo prova il fatto che, quando mi sacrificai per la vita di Edmund Pevensie, non potesti uccidermi con la magia, ma usasti un pugnale. La tua magia qui è nulla!»
«Ma io l’ho sentita, sul Veliero dell’Alba!» obiettò Lucy.
Aslan scosse la criniera.
«La magia resta, in una strega. Anche in Hermione c’è magia, anche se non si esplicita continuamente per via del fatto che non ha una bacchetta magica tra le mani. La Strega Bianca può turbare le menti con il suo malvagio potere… da qui gli incubi in cui vi intrappolava. Ma, come Hermione ha capito, senza la bacchetta non può arrecarvi danni fisici»
Hermione osservò Caspian al suo fianco e ripensò alla disperazione provata poco prima, a causa dell’incantesimo di Jadis.
Rabbrividì e vide che anche il Re la osservava, pallido in viso.
Si strinsero con forza le mani, mentre Jadis ribatteva furiosa:
«Però non mi hai fermata quando sono arrivata qui, potente Aslan! Non è vero? Perché non mi hai distrutta quando ho varcato i confini di Narnia?»
Il Leone rispose, grave:
«Dovresti sapere che io non sono te. Io non uccido né perseguito. Mai. Neppure una creatura come te. Narnia ti ha offerto asilo, ma tu, nella tua stolta follia, ti rifiuti di capirlo!»
Il Leone e la Strega Bianca si fissarono ancora, in silenzio: il primo calmo e la seconda furiosa.
Furiosa e, insieme, spaventata.
«Come hai trovato il passaggio per Narnia?» domandò Silente, curioso.
«Non so» rispose quella, a scatti «Correvo nel bosco… Non ho notato nulla. Solo che, all’improvviso, ci fu silenzio. Temevo mi avessi lanciato un qualche incantesimo e corsi più forte. Solo molto dopo capii che gli alberi e le piante, il paesaggio… erano diversi. Sconosciuti. Cercai di tornare indietro, rifeci la strada… ma fu inutile. Vagai tutta la notte. La mattina dopo osservai il sole sorgere su un paesaggio sconosciuto… e poi lo incontrai. Un tasso parlante»
Jadis si zittì, ma poi rise sguaiatamente.
«Mi disse che ero a Narnia, la fantastica Narnia… smise di magnificarla, quando lo uccisi!»
Tartufello gemette e Lucy ansimò.
«Lo hai ucciso? Oh, ma perché? Era stato gentile con te… e tu…»
Jadis rise ancora, una risata senza allegria.
Fu Aslan che disse, pacato:
«Il sangue macchiò le sue mani, quel giorno, e rese maledetta la sua permanenza a Narnia. Qui la Strega Bianca non può trovare pace, perché questa è una terra di Amore»
Lei ringhiò:
«Non posso trovare pace perché non me ne frega niente di questo posto! Spero scompaia! Io voglio tornare sulla Terra!»
«L’arrivo di Hermione ti sarà sembrato una benedizione, quindi…» riprese Silente «Se si può usare un termine del genere per una creatura corrotta come te»
L’altra ghignò:
«Silente, sappiamo entrambi che non sei puro come vuoi sembrare, quindi evita pure certi commenti… Comunque sì. Per millenni, millenni, ho cercato il modo di andarmene… Ho costruito un castello, soggiogato servitori… Poi arrivarono i quattro fratelli Pevensie. Edmund cadde immediatamente in mio potere e quella fu la mia prima vera possibilità. Sfidai Aslan, ma… Lui non morì. Tornò, anzi, e mi sconfisse. Mi nascosi lontano, ai confini di questa terra… Ma li sentii tornare. Edmund e Lucy, con quel loro cugino. Il richiamo del mio mondo era troppo forte. Allora provai a soggiogarli per portarli alla rovina, sapendo che tu, Aslan, saresti comparso ad aiutarli»
«E hai fallito di nuovo» commentò Caspian.
Jadis lo guardò con odio.
«Però ti sono rimasta attaccata, mio Re» disse con scherno «Il tuo animo ferito e solitario si prestava abbastanza al controllo… Ti ho influenzato più volte e non lo hai mai capito!»
Il Re impallidì, ma Aslan scosse il capo.
«L’anima di Caspian è pura e incontaminata. Tu non la hai mai neppure sfiorata. Non lo controlli e la sua sensibilità non è una debolezza a tuo favore»
«Esatto» intervenne Hermione «Non avevi neppure il potere per possederlo. Ho usato il Revelaincantatio e non c’era traccia di te in lui. Non osare dire di avere potere su Caspian!»
Aslan sorrise alla appassionata difesa di Hermione e annuì.
«Caspian, Hermione ha ragione. Non avere paura. Il tuo cuore è libero da Jadis»
«Ma, Aslan…» obiettò il Re «Drinian dice che a volte… a volte mi ha visto come sul Veliero dell’Alba, quando cercavamo i sette Lord…»
Il Leone scosse il capo.
«Caspian, tu sei un uomo e, come tutti gli uomini, hai momenti di sconforto, di dolore o di debolezza. Sono quei momenti che Jadis può usare, come crepe in cui strisciare per avvicinarsi a te… Ma le tue difese sono forti e il tuo spirito integro. Le hai offerto come una finestra, per spiarti a volte. Ma nulla più»
«Esatto!» Hermione gli sorrise e gli strinse la mano «È stato come… come se lei avesse memorizzato la tua lunghezza d’onda. Poteva trovarti, ma non possederti!»
«Oh, brava, Hermione!» gioì Lucy «Ottimo esempio!»
«Io non ho capito niente, veramente…» disse Tartufello, perplesso.
La Valorosa sorrise con affetto a lui e a Caspian, che sembrava restio a farsi rassicurare.
Silente scosse il capo.
«Maestà, come dico anche ai miei migliori studenti… Arriva il momento in cui bisogna credere un po’ di più in se stessi, o non si cresce mai davvero»
Il sovrano fissò il Preside e poi cercò gli occhi di Hermione, che gli sorrise e gli sfiorò il viso con una mano.
«Non la hai portata tu a Cair Paravel, amore mio»
«Ah, davvero, Maestà…» concordò Silente «Temo piuttosto sia stata Hermione»
 
Jadis guardò con odio la strega più giovane.
«Ho sentito una presenza nuova a Narnia… di più, stavolta ho sentito la Magia! È stata come luce dopo una notte di buio durata secoli e secoli… Dovevo capire! Cercai Caspian, più volte, ma fu quando portò la strega alla Casa di Aslan che capii davvero come stavano le cose e come agire. La ragazzina era una strega e aveva una bacchetta. Lui gliel’aveva tolta, per prudenza, ma questo già lo sapevo. Sapevo anche che lei sospettava di me: ascoltai la loro conversazione quel giorno, nella grotta. Ma, quando li vidi insieme… Oh, era palese che lei e il re si stavano innamorando l’uno dell’altra e questo avrebbe significato meno controllo e meno attenzione da parte di entrambi. Raccolsi le energie che mi restavano e penetrai a Cair Paravel… Trovata la bacchetta fu tutto facile!»
«Ma ora è tutto finito!» gridò Lucy «Non farai più del male a Narnia!»
«Sciocca!» gridò l’altra in risposta «Chi mi ucciderà? Il grande e pietoso Aslan? Oh, no, non credo!»
Caspian fece un passo avanti, deciso, ma la Strega Bianca lo liquidò con un gesto.
«No, Maestà. È Silente che reclama questo onore, non è vero Albus?»
 
Lo fissò con occhi di fuoco e il Preside ricambiò lo sguardo con gravità, in silenzio.
Hermione, spaventata, guardò Aslan, ma il Leone scosse il capo.
Il silenzio si protrasse per lunghissimi minuti.
Poi, Silente crollò il capo.
«Disprezzo la vigliaccheria e, come sai, ho sempre affrontato i miei rivali guardandoli negli occhi, in un duello ad armi pari»
«Dammi una bacchetta!» latrò lei.
Silente esitò, ma poi scosse il capo.
«Se dipendesse da me, te la darei. Ma… Tu vuoi scappare, non lottare con me»
«Io voglio ucciderti!» gridò lei, furiosa.
«Non ridarai a Gellert questi anni… Né tantomeno la libertà»
«Dannato! Non osare nemmeno pronunciare il suo nome!»
Jadis aprì le mani e lampi di luce scaturirono da esse, insieme a fiamme.
Caspian si gettò su Hermione, facendole da scudo, mentre Lucy e Tartufello gridavano, ma Aslan ruggì e un vento potente si abbatté sulla Strega, piegandola ed estinguendo il suo potere.
Ma, ancora, Jadis si protese verso Silente.
«Tornerò! Tornerò a liberarlo e allora…»
 
Il Preside di Hogwarts mosse la bacchetta velocissimo, ma lei lo vide.
Il suo sguardo si fissò sulla mano di lui, sulla bacchetta, e un lampo di paura le attraversò il viso.
Poi, lo Schiantesimo la fece crollare esanime a terra.


***
Buongiorno!
Dunque dunque, siamo quasi alla fine miei adorati lettori: mancano solo altri due capitoli.
Ma, come dicevo già a qualcuno di voi, sto scrivendo il seguito della storia, per cui niente panico! :)
Per tutti gli aggiornamenti e i tempi, vi ricordo di seguire la mia pagina Facebook: 
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Vi ringrazio di cuore per la passione cui cui seguite questa storia!
Buona lettura e buon inizio settimana,
Joy


 

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Capitolo 29
*** Il momento di scegliere ***


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Aslan e Silente si fissarono in silenzio.
 
Poi, il Leone annuì una volta.
«Faremo così» disse «Poiché l’omicidio è un crimine che non viene tollerato nella Nuova Era di Narnia, Jadis non sarà uccisa. Ma non possiamo rimandarla sulla Terra, perché lì compirebbe altri crimini, nel suo delirio di potere. Creature così vanno tenute lontane dalla magia, perché la usano per fare del male»
«Quindi, Aslan?» domandò Lucy sommessamente.
«Quindi dormirà un sonno incantato dal quale non potrà svegliarsi da sola, chiusa in una prigione di cristallo»
«Per salvare Narnia e la Terra» mormorò Silente.
 
Allora, contemporaneamente, Aslan ruggì e Silente agitò la bacchetta.
Una bassa nebbia perlacea avvolse il corpo della Strega Bianca e, quando si dissolse, lasciò intravedere solo un cristallo spesso e irregolare, attorno al quale crescevano veloci e folti degli arbusti verdi.
«A voi il compito di custodire la strega» mormorò Aslan.
In risposta, gli arbusti crebbero ancora più velocemente.
Quando ebbero avvolto la bara, giacquero immoti.
Il cristallo, semicoperto, non era particolarmente visibile nell’intrico degli alberi.
«E dunque… è finita?» chiese Lucy, sommessamente.
«Sì, è finita mia cara» confermò Aslan.
Quindi, i suoi occhi si appuntarono su Caspian e Hermione.
«Possiamo tornare a Cair Paravel… così potremo parlare un po’, noi tre»
Sia Hermione che Caspian impallidirono, malgrado il tono gentile del Leone.
Lei si guardò attorno, smarrita, e incrociò lo sguardo di Tartufello, il quale esclamò:
«Vedi perché ti dicevo che le streghe sono cattive? Ci credi ora?!»
 
*
 
Il ritorno a Cair Paravel sarebbe dovuto essere un momento di gioia.
 
Il castello, libero dal giogo della Strega Bianca, tornava alla vita.
Il ritorno del Re, accompagnato da Aslan, era il suggello di quella rinascita.
Grida festanti accolsero la piccola processione che faceva ritorno.
Le guardie, già schierate all’ingresso, si inchinarono deferenti al Re e al grande Leone.
Solo Hermione e Caspian erano silenziosi e non lasciavano mai la mano l’uno dell’altra, come se fossero spaventati che, separandosi, avrebbero rischiato di non ritrovarsi.
«Pensi che…ci puniranno?» mormorò Hermione ad un certo punto.
Caspian osservò Aslan chiacchierare amabilmente con Albus Silente e scosse il capo.
«Credo… credo di no»
«Cosa succederà?»
«Non lo so…» strinse le labbra e poi proseguì «Ma qualunque cosa succeda, non cambia niente di quello che provo per te»
«Per me è lo stesso» bisbigliò lei.
 
Attraversato il cortile, al momento di salire la scalinata di ingresso al castello, Lilliandil e Cornelius si fecero incontro al gruppetto.
Entrambi si inchinarono ad Aslan, deferenti, e sbirciarono perplessi Silente.
Quando Lucy salutò dalla cornice, l’anziano precettore versò qualche lacrima, mentre la stella si irrigidì visibilmente.
Hermione notò che evitava sempre lo sguardo diretto del Leone.
Ma fu proprio Aslan a parlare.
«Cari amici, è bello vedervi. Abbiamo tante cose di cui parlare, ma prima direi che il Re e Hermione hanno bisogno di cibo e riposo. Se siete d’accordo, direi che potremo riunirci domani»
Il tono gentile non ammetteva repliche, ma Aslan sorrise di fronte all’espressione semi-terrorizzata di Hermione.
«Mia cara, non devi più avere paura. Nessuno farà del male a Caspian. Vai a riposare»
Cosa poteva dire, Hermione?
Che aveva paura di lasciarlo, perché temeva di non rivederlo più?
Ma fissò gli occhi in quelli di Aslan e vi lesse rispetto e fiducia.
Annuì, piano.
Allentò la presa spasmodica sulla mano del re e, un attimo prima di scioglierla, lui si chinò a baciarle la fronte mormorando:
«Aslan ha ragione: vai a riposare, piccola»
Lucy e Cornelius sorrisero, raggianti, mentre Lilliandil sbuffava, scontenta di quella pubblica manifestazione di affetto.
 
*
 
Il tepore del bagno le aveva sciolto i muscoli doloranti e le aveva fatto sentire davvero la stanchezza, ma, a letto, Hermione non riusciva a dormire.
Si voltò più volte, inquieta, ma alla fine cedette e si alzò, avvicinandosi al camino acceso.
Cora le aveva lasciato la cena su un tavolo, per cui sbocconcellò qualcosa dal vassoio, pigramente, ed allungò le mani verso il tepore delle fiamme.
Quante cose erano successe in un giorno solo!
I suoi pensieri si rincorrevano, disordinati, ma Hermione non cercò di districarli: sedette, passiva, fissando ipnotizzata le lingue di fuoco che si rincorrevano nel camino.
Il calore sulla pelle le riportò alla mente le carezze di Caspian e presto desiderò averlo vicino, essere tra le sue braccia come era accaduto la notte prima…
 
Un discreto bussare la strappò dal suo sogno ad occhi aperti.
Si schiarì la voce:
«Avanti!»
La porta si aprì e comparve Caspian.
Hermione sussultò e gli volò tra le braccia.
Si strinsero a lungo, in silenzio, quindi lui la riportò accanto al camino e la prese tra le braccia, accomodandosi su una poltrona.
Lei si rannicchiò sul suo petto e disse:
«Stavo proprio pensando che ti volevo qui con me…»
Lui le accarezzò i capelli.
«Stai bene, piccola?»
Lei annuì in risposta.
«Tu?»
«Sì. Aslan mi ha guarito, lo sai»
Hermione posò la fronte contro il collo di lui e per un po’ restarono in silenzio.
Poi, all’improvviso, lei disse:
«Ho paura»
Il re la strinse più forte.
«Perchè?»
«Perché temo che Aslan e Silente ci dicano che non possiamo stare insieme… che devo tornare a casa»
Lui serrò le labbra, pensieroso.
«Anche io l’ho pensato… Però, Hermione, siamo due adulti ed entrambi sappiamo cosa vogliamo»
«Sì, ma…»
«Ma?»
«Se quello che vogliamo fosse male?»
«Come potrebbe, amore mio?»
«Non dico per noi due, ma… per tutti gli altri» Hermione sollevò il capo e lo guardò implorante «Nell’incubo di Jadis ho visto Narnia in rivolta… per colpa mia. La strega ha detto che non mi accetteranno mai, perché io non posso essere regina e tu… tu pagherai per colpa mia e io non posso permetterlo…»
La voce le era salita di tono e Caspian si affrettò a stringerla per tranquillizzarla.
«No, no, non dire così. Non pensarlo nemmeno! Hermione, calmati! Non potrà mai succedere!»
«Come fai a saperlo?» singhiozzò lei «Come?»
«Perché so come agiva Jadis e conosco gli incubi che creava. Fanno leva sulle nostre paure più profonde e radicate… E lei ha usato il nostro amore contro di noi, perché sapeva che entrambi temiamo per l’altro sopra ogni cosa!»
«Ma è vero, Caspian! Lei aveva ragione! Se per averti devo metterti in pericolo, allora…»
«Ma Hermione, non era un pericolo reale! Era un incubo! Chi distruggeva Narnia?»
«Le… le altre terre…»
«Quali? Calormen? Ma Calormen non è una minaccia per Narnia da tantissimi anni! Piccola, ascolta: abbiamo un esercito e un regno in pace, abbiamo Aslan!»
«Ma se Aslan preferisse Lilliandil a me?»
Il re sbuffò.
«Io preferisco te e questo è quanto! Conosco Aslan, Hermione: non mi imporrebbe mai una donna che non è la mia scelta! Non sarebbe giusto, né per me né per lei!»
«Eppure… Ti ho visto nella radura, quando è arrivato Aslan! Anche tu avevi paura!»
Caspian sospirò forte e poi affondò il viso tra i capelli di lei, mormorando:
«Ero appena rimasto vittima di un incubo di Jadis! Ti avevo vista senza vita, tra le mie braccia… Una punizione per la mia arroganza nel volerti, nel passare sopra le regole di due mondi! La Strega Bianca mi ha sussurrato che non avrei avuto figli, che la mia stirpe sarebbe morta…»
Hermione singhiozzò.
«Non posso credere che Aslan sarebbe così crudele da separarci! Non… non di nuovo» mormorò il re.
 
Hermione strinse al petto la testa mora di lui, cullandola.
Caspian ci era già passato, con Susan.
Il loro legame non era stato così intenso, eppure lui era stato comunque abbandonato.
Non poteva accadergli di nuovo.
Non era giusto.
Malgrado le sue paure, si scoprì a mormorare rassicurazioni:
«No, hai ragione, Aslan non lo farà… è buono e gentile e ti vuole bene, io lo so. Vedrai che andrà tutto bene, amore mio…»
Quando Caspian alzò il capo per fissarla, Hermione si stupì della luce di determinazione che gli vide in viso.
«Hermione io non dimentico le promesse che ci siamo scambiati» disse, categorico.
«Nemmeno io» confermò lei.
«Non… non avrei dovuto approfittare di te, perdonami…»
Nella precarietà del momento, Hermione aveva una sola certezza: finché fosse dipeso da lei, Caspian non avrebbe avuto in viso quell’espressione tormentata, mai più.
Gli posò un dito sulle labbra, dolcemente, e gli sorrise.
«Io non sconfesso neppure un secondo di quelli passati con te»
Gli occhi neri di lui bruciarono nei suoi.
«Neppure io»
«Ti amo, Caspian»
«Ti amo, Hermione»
Le loro labbra si incontrarono dolcemente.
«Resta con me, stanotte» mormorò poi lei «Non voglio stare lontana da te»
Il re annuì e si alzò, sollevandola tra le braccia.
«Neppure io. Noi staremo insieme, Hermione, te lo prometto»
La adagiò tra le coperte e si sdraiò accanto a lei.
Tra le sue braccia muscolose, Hermione scivolò finalmente nel sonno, esausta.
 
 
La mattina dopo si svegliarono abbracciati.
Cora entrò nella stanza ed arrossì trovandosi di fronte al re, steso tra le lenzuola a torso nudo e con Hermione in braccio.
«Ah… eh… ehm…io…Maestà, scusate…»
«Va tutto bene, Cora» le sorrise Hermione.
Ma la donna non riusciva proprio a guardarli in faccia.
«Possiamo avere la colazione, per favore?» chiese allora il sovrano.
Quella annuì e corse fuori dalla stanza.
Hermione e il re.
Era fantastico!
Incredibile… ma fantastico!
 
La coppia consumò la colazione a letto e poi divise il bagno.
Caspian aiutò Hermione ad indossare un pesante abito di velluto, poi si ritirò velocemente nelle sue stanze per prepararsi: li attendeva Aslan e il meno che potevano fare era presentarsi al cospetto del grande Leone vestiti adeguatamente.
Indossò quindi una ricca casacca di un rosso rubino, trapuntata d’oro, su una calzamaglia scura; quindi calzò gli stivali e tornò da Hermione.
Insieme scesero nella sala del trono, ma la trovarono deserta.
Hermione respirò di sollievo.
Caspian sorrise e le propose una passeggiata in giardino.
«Ma…possiamo?»
«Non mi risulta che siamo prigionieri»
«Ah…giusto! Ok, allora»
 
Passeggiarono in silenzio per i sentieri e, tacitamente d’accordo, si diressero verso l’angolo di giardino che era stato il preferito dalla madre del sovrano.
Lì, Caspian sedette poggiando la schiena contro il tronco di un albero e prese Hermione in grembo.
Lei si sistemò la gonna («Accidenti alle balze!») e poi gli posò il capo sulla spalla.
La mano del re salì subito a giocare con i suoi capelli, mentre lei seguiva con il dito i ricami della camicia di lui.
«Qualunque cosa accadrà… non cambierei una virgola» bisbigliò lei, dopo un po’.
«Nemmeno io. Mai»
Le loro labbra si incontrarono dolcemente, poi Hermione sentì un soave profumo di fiori.
Si voltò e vide Aslan avanzare verso di loro.
Entrambi si alzarono.
«Miei cari, non abbiate quell’aria terrorizzata. Io sono fiero di voi»
L’elogio portò un pallido sorriso sulle labbra di entrambi.
«Venite. Parliamo un po’»
 
Il Leone li condusse a palazzo, nella sala del trono.
Stavolta, vi trovarono ad attenderli Silente, Cornelius, Lucy, Tartufello e Lilliandil.
Hermione intercettò lo sguardo del Preside e le sembrò che fosse insieme dolce e triste.
Represse un brivido.
 
Tutti i presenti si inchinarono ad Aslan.
Il Leone sorrise.
«Miei cari, ormai sapete cosa è accaduto a Jadis. Il dottor Cornelius mi informa che i feriti qui a corte sono assistiti e i danni sono in via di riparazione»
L’anziano uomo annuì.
«Mi sono permesso di disporre aiuti per la famiglia della guardia che è stata uccisa e…»
«Uccisa?» ansimò Hermione «Quale guardia?»
Caspian le passò un braccio attorno alla vita.
«Una delle guardie che erano in cortile, quando abbiamo attaccato Jadis e siamo scappati»
Lei serrò gli occhi.
«Oh no… mi dispiace! Mi dispiace così tanto…»
«Non è stata colpa vostra» asserì Aslan «Anzi, sono sorpreso di come abbiate gestito bene la situazione. Non era affatto facile, dato il carattere di Jadis»
«Hai ragione, sommo Aslan» intervenne Caspian «E il merito spetta tutto a Hermione»
Silente sorrise radioso alla sua studentessa, che arrossì.
«Grazie per come hai protetto Narnia, Hermione» le disse il Leone.
Lei balbettò una risposta confusa:
«Non…non ho fatto nulla…»
«Le hai tenuto testa e hai saputo smorzare la sua rabbia» la contraddisse il sovrano.
«No, io… Lei si scagliava sempre contro di te e…»
«Malgrado la situazione di pericolo estremo, i danni sono stati molto limitati, in effetti» sostenne Cornelius.
«Affatto» dissentì Hermione, testarda «Caspian ne ha fatto le spese in abbondanza»
«Ma io sto bene» sorrise lui, abbracciandola «Aslan mi ha guarito!»
«Dunque, a Hermione dobbiamo gratitudine» riprese il grande Leone «Ma voglio ringraziare tutti voi per il coraggio dimostrato»
 
Il suo sguardo percorse gli astanti e si soffermò su Lilliandil, che arrossì e prese a fissare il pavimento.
«Lilliandil» disse garbatamente Aslan «Mi fa piacere rivederti»
«Sommo Aslan» borbottò lei, sempre guardando a terra.
«Sapevo della tua venuta a Cair Paravel: tuo padre me ne aveva parlato, ma a quanto pare avete ignorato entrambi il mio consiglio»
Il tono di quelle parole era calmo, ma Lilliandil arrossì ancora di più.
Bofonchiò qualcosa di indistinto, ma Aslan parve capire le parole.
«Oh, certo, il mio era un consiglio e non un ordine… Certamente. Ma non approvo la pressione che tu e tuo padre avete esercitato sul re. Temevo che l’idea di una tua visita qui avesse un secondo fine e, per questo, mi ero detto in disaccordo»
Lilliandil alzò di scatto la testa, rossa in viso come non mai.
Nessuno, a corte, l’aveva mai vista tanto confusa e a disagio.
Sfidò il Leone con lo sguardo.
«Sì, abbiamo agito a tua insaputa e in disaccordo con te. Puniscici pure» lo sfidò «Ma tanto io lo so, Aslan!»
Tartufello ringhiò di fronte a tanta insolenza, ma il Leone chiese, tranquillo:
«Cosa sai?»
«So quale sarà il mio futuro! Mio padre me lo ha mostrato! Ho visto il figlio mio e di Caspian!»
Tutti sussultarono a quelle parole, ma Aslan non si mostrò minimamente sorpreso.
«Lilliandil, tuo padre sa che i poteri dei miei emissari non si possono usare per scopi personali, ma solo per il bene di Narnia»
Lei alzò il mento.
«Fai quello che vuoi, ma noi ormai lo abbiamo fatto e sappiamo! E il mio futuro…»
«Tu non capisci quanto mi dispiace» scosse la testa a lui «Quell’uso sconsiderato ha privato tuo padre del suo potere: non è più un mio emissario»
La stella ansimò.
«Cosa? Tu osi…»
 
Un ansito rabbioso e corale si levò contro Lilliandil.
«Ehi, stai attenta a come parli!» gridò Lucy dalla cornice «Tuo padre ha commesso una scorrettezza, non osare imputare il suo errore ad Aslan!»
«Non sono io a punirlo» riprese il Leone «È la legge di Narnia che non lo permette. Gli emissari sono al servizio di Narnia e non dei loro personali interessi. Ma tuo padre aveva uno scopo personale. E lo hai anche tu»
La stella chiuse drammaticamente le palpebre.
«Allora dillo, Aslan, che preferisci una straniera sul trono di Narnia! Che pensi che ci sia un’altra più degna di me per ricoprire la posizione di regina!» declamò.
«Non capisci, Lilliandil, che è proprio il tuo spasmodico desiderio del trono che ti rende inadatta ad essere regina di Narnia. La regina di Narnia deve amare il suo popolo e la sua terra, non lo scranno su cui siede!»
«Esatto, e noi non ti vogliamo!» strillò Tartufello «Non ci piaci! E noi ce l’abbiamo già una regina!»
Il tasso si voltò orgoglioso verso Hermione, che lo riprese, attonita:
«Non dire così! Io non vorrei mai…»
«Piccola intrigante!» si intromise invece Lilliandil «Ci scommetto invece che è proprio quello che vuoi, che hai tramato fin dall’inizio!»
«Tu sei pazza!» rispose Hermione «Ma cosa stai dicendo? Che sarei venuta a Narnia per cospirare per il trono?»
«Certo!! Per cos’altro, se no?»
Aslan intervenne prima che chiunque altro riuscisse ad aprire bocca.
«Ecco quello che tu non sai capire, Lilliandil: la generosità, il disinteresse. Non ti appartengono, purtroppo. Lo dico con dolore, avendoti dato io stesso il ruolo di Guida durante il viaggio del sovrano alla ricerca dei sette Lord. Quella tua dedizione… dove è finita?»
La stella non rispose, ma era chiaro a tutti che la domanda era retorica: la sua dedizione si era trasformata in brama di potere.
«Quindi ci punisci?» domandò alla fine Lilliandil.
«Siete sospesi dai vostri ruoli, sì. Per il resto, non voglio certo il vostro male. Lasciate la residenza di tuo padre e costruitevi una dimora dove vivere in pace»
A Lilliandil tremavano le mani.
«Ci esili, come gli ultimi dei traditori…»
«Voi avete tradito voi stessi e il vostro ruolo, Lilliandil. Narnia non vi riconosce più»
 
Il Leone incrociò lo sguardo del sovrano di Narnia.
«Non me l’hai mandata tu» esclamò Caspian, sollevato.
L’altro ridacchiò.
«No, Caspian. Non ti obbligherei mai a prendere una decisione contro la tua volontà. Io voglio che tu sia felice, figlio mio. E lo volevo anche quel giorno, quando dissi a Susan che il suo tempo qui era finito. Sapevo che ne avresti sofferto, purtroppo, ma lei non era la donna giusta, Caspian. Ma tu dai tanto a Narnia della tua vita: la tua felicità è importante per me, come lo è per il tuo popolo e la tua terra»
Caspian prese fiato e strinse la presa sulla mano di Hermione.
«Io sono felice, mio Signore. Molto felice»
Aslan annuì, ma Lilliandil fece sentire di nuovo la sua voce:
«E il figlio che ho visto? Quel bambino? Che ne è di lui, Aslan?»
Il Leone agitò la coda.
«Quel bambino, Rilian… era una… possibilità»
Caspian parve raggelato.
«Una…possibilità?» domandò a bassa voce.
«Sì» confermò il Leone «Nel tuo futuro, questa era una delle possibilità. Ma il futuro è fluido e cambia in continuazione, perché ogni scelta, ogni passo lo orientano e lo indirizzano in mille modi diversi. Nessun uomo è schiavo del suo destino, Caspian: ne è l’artefice. Infinite porte si aprono davanti a te ad ogni passo, figlio mio»
Il Leone sorrise ad Hermione e proseguì.
«Sì, se una certa, coraggiosa fanciulla, in un mondo lontano, non fosse finita per caso in un corridoio buio della sua scuola e non avesse sbirciato in una stanza vuota, trovandovi un armadio misterioso… Sì, allora quel bambino tuo e di Lilliandil sarebbe potuto essere una possibilità più concreta. Ma è svanito nel secondo in cui quella ragazza ha messo piede a Narnia per salvare Tartufello»
Il tasso batté le palpebre, poi esclamò:
«Ma Hermione non ha salvato solo me, Aslan! Ha salvato anche sua Maestà, allora!»
 
Lucy scoppiò a ridere di cuore, Lilliandil sibilò offesa, Silente ridacchiò.
«Quindi, re Caspian, è questa la tua decisione?» domandò Lilliandil «Mi rifiuti? Rifiuti il figlio meraviglioso che io posso darti?»
«Lilliandil non ci sono mai state promesse tra noi. E sì, rifiuto, perché c’è un’unica donna che voglio al mio fianco»
Caspian si voltò verso Aslan e piegò un ginocchio a terra.
«Aslan, sai che io non ti ho mai chiesto nulla per me. Sai che non ti ho chiesto se potevi concedere a Susan di restare a Narnia… ma questa volta non farò questo errore! L’altra volta ero giovane e non avevo coscienza di me e di quello che significava essere un re… forse neppure dei miei sentimenti. Ma ora so cosa significa amare, Aslan. Ti prego, concedi a Hermione di restare qui, con me. Ti prego, Aslan!»
«Cosa?» la voce di Silente si levò, sorpresa «Hermione? Restare qui?»
Tutti si volsero perplessi verso il Preside di Hogwarts, ma lui aveva occhi solo per la sua studentessa.
«Hermione!» insistette «Ma davvero tu vuoi rinunciare alla tua vita? A casa tua? Ai tuoi studi, ai successi che sicuramente avrai nella vita…»
Hermione gli sorrise, serena, e Silente pensò che non l’aveva mai vista così forte e sicura di sé.
«Professore, mi spiace darle un dispiacere. Ma non deve pensare che si tratta di una decisione avventata, da parte mia…»
«Come posso non pensarlo? Hermione, hai diciassette anni! Sei una bambina! Io capisco che tu abbia vissuto un’esperienza che ti abbia fatto vivere dei rischi e magari ti abbia influenzata, ma devi seriamente pensare al tuo futuro!»
«Io non mi sono fatta influenzare! Io… sono cresciuta. È stato strano e nuovo e difficile, ma… Senta, io pensavo che niente se non il M.A.G.O. e una carriera al Ministero della Magia mi avrebbero fatta felice, ma non è vero. Io sono felice qui. Senza Caspian, non potrei essere felice»
Gli occhi di Silente si fecero tristi.
«Mia cara, sei ancora così giovane…»
Lei scosse il capo.
«Non sono mai stata più sicura di qualcosa, nella mia vita»
Il re di Narnia le strinse la mano.
«Neppure io»
 
Aslan e Silente si scambiarono una lunga occhiata.
«Aslan» chiese timidamente Hermione «Io potrei… potrei restare?»
Il Leone esitò un attimo, quindi rispose:
«Mia cara bambina, se è quello che davvero desideri sì, potrai restare. Cercate di capirmi: io voglio il bene tuo e di Caspian, vedo la forza e la purezza dei vostri sentimenti e so che sono sinceri. Se davvero è quello che entrambi volete, allora vi darò la mia benedizione»
«Certo che lo vogliamo!» esclamò Caspian.
«Figlio mio, ascolta» proseguì Aslan «Sai a cosa le stai chiedendo di rinunciare? Susan Pevensie sapeva a cosa doveva rinunciare e decise di non farlo. Hermione non potrà più tornare a casa. Lascerà il suo mondo, la sua famiglia, i suoi affetti. Per sempre. Tutto ciò che ha sempre conosciuto non esisterà più, per lei»
Caspian fissò Hermione.
Lei annuì.
«Ne sono consapevole»
«Hermione» il re sospirò «Io… Aslan ha ragione. Come posso chiederti di fare delle rinunce così grandi per me, amore mio? Come posso essere così egoista da portarti via dalla tua famiglia come se questo non avesse valore?»
Lei scosse il capo.
«Caspian, non dire così. Io so che tu non puoi lasciare Narnia…»
«Perchè?» chiese Silente, piano.
Ci fu un momento di stupore generale, quindi Tartufello mormorò:
«Ma… ma… ma il re… è il nostro re! Come facciamo senza di lui?»
Il Preside scosse il capo.
«Anche Hermione è importante per noi. Per i cuoi cari, per Hogwarts. Cara, sai che situazione stiamo affrontando sulla Terra…»
La ragazza impallidì.
«Voldemort» bisbigliò.
Silente annuì e mosse un paio di passi nervosi.
«Sai che sto cercando gli Horcrux» le disse «E sei troppo intelligente per non capire cosa succederà quando li avremo trovati e distrutti tutti»
Lei si tormentava le mani, nervosamente.
«Uno scontro diretto con Voldemort» disse poi in un soffio.
«Sì» confermò Silente, grave «Ma non potrò essere io ad affrontarlo, Hermione. Sai a chi toccherà»
Gli occhi di lei si riempirono di lacrime.
«Harry…»
 
Caspian la prese tra le braccia e lei nascose il viso sul suo petto.
Era terribile.
Una situazione senza ritorno.
Lasciare Caspian le avrebbe spezzato il cuore… ma abbandonare Harry e Ron durante la guerra in corso, senza sapere se i suoi amici ce l’avrebbero fatta, se la sua famiglia sarebbe sopravvissuta, senza poter aiutare…
Il re le accarezzò la schiena, perso in un dilemma molto simile: lasciare Narnia, la sua Narnia era escluso… ma chiedere a Hermione di lasciare casa sua? Come poteva farlo, quando lui per primo non era pronto a fare lo stesso sacrificio per lei?
 
Come da una grande distanza, entrambi sentirono la voce di Silente:
«Mi dispiace se ti sembro egoista, Hermione… ma a casa stiamo combattendo una guerra per sopravvivere. Io lo so che per te è importante…»
Dopo di lui, parlò Aslan:
«Figli miei, purtroppo la vita vi impone una scelta molto dura. Non c’è modo di evitarvi questo dolore… ma non sapete quanto lo vorrei. Per voi, vorrei che fosse possibile»
 
Né Caspian né Hermione diedero segno di aver sentito e, uno dopo l’altro, tutti gli amici uscirono dalla sala, lasciandoli soli.


***
Buongiorno!
Come anticipato, questo è il penultimo capitolo della storia... Sto già scrivendo il seguito, quindi non preoccupatevi!
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Un bacio e buon lunedì,
Joy

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Capitolo 30
*** Non è la fine ***


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Le sembrava di non essere più capace di articolare un pensiero coerente.
 
Il suo cervello girava in tondo, senza scopo. Senza meta. Senza senso.
Per Hermione, era una follia.
Ma la sua vita era ridotta a due alternative antitetiche e terribili.
 
Abbandonare Caspian.
Impossibile. Intollerabile.
 
Abbandonare Harry e Ron.
Oh, come poteva?
 
Caspian viveva la stessa angoscia.
Narnia era l’eredità di suo padre, dei suoi genitori.
Era casa sua, per diritto di nascita… e Aslan in persona gli aveva dato il trono.
Lui non poteva lasciare Narnia.
Mai, neppure per Susan Pevensie, aveva mai pensato a un gesto tanto estremo.
 Ma Hermione… Hermione gli era entrata nel cuore e l’idea di vivere senza di lei era semplicemente insopportabile.
 
*
 
C’era una soluzione che poteva mettere fine a quell’angoscia?
 
Dopo un giorno di cupe riflessioni, Hermione quasi invidiava il sonno in cui Jadis era intrappolata.
Smettere di pensare. Di soffrire.
Sembrava quasi una benedizione.
 
Da chi poteva venire un aiuto?
Cornelius, Lucy e Tartufello sviscerarono per ore le stesse domande che assillavano le menti e i cuori della coppia, non riuscendo a far altro che deprimerli ancora di più.
Silente si scusò con entrambi per aver insinuato il dubbio in Hermione, ma aggiunse:
«Purtroppo, miei cari, la strada non è sempre piana e facile… per voi due, purtroppo, sembra più tortuosa che per altri e non sapete quanto mi dispiace»
Aslan disse praticamente la stessa cosa:
«Caspian, figlio mio, so che hai sofferto in passato e non sai quanto vorrei risparmiarti un nuovo dolore. Ma il dono che posso fare a entrambi, in omaggio alla vostra intelligenza e al vostro coraggio, è la possibilità di decidere da soli, insieme, senza che da parte nostra vi sia imposto alcunché»
 
Sia Hermione che Caspian si rendevano conto che era un dono… eppure, da un certo punto di vista, rendeva tutto più terribile.
Dirsi addio volontariamente?
Voltare le spalle agli amici? Alla propria casa?
 
Ci sarebbe mai stato un giorno di luce, dopo queste tenebre dell’anima?
 
*
 
Tre giorni dopo, Caspian trovò Hermione raggomitolata sull’erba sotto il loro albero, nel giardino.
«Piccola, non voglio tu prenda freddo» mormorò, chinandosi per abbracciarla.
Lei alzò su di lui un viso pallido e tirato.
Il re le accarezzò dolcemente le palpebre stanche e le occhiaie.
«Amore, devi riposare»
«Non riesco» lei scosse il capo, nervosa «Non riesco a rilassarmi né a smettere di pensare. Il mio cervello gira in tondo e si è ridotto a formulare sempre lo stesso pensiero. E se… e se…»
«Lo so» bisbigliò lui in risposta «Lo so»
«E se la soluzione non ci fosse?» la voce di Hermione si alzò, isterica «Se tutto quello che otterremo sarà farci del male? Se questa è la nostra punizione per aver sfidato le regole dei nostri mondi, allora…»
«Ehi, ehi» Caspian la strinse tra le braccia per calmarla «Amore, non dire così. Lo sai che non è vero…»
«Io so solo che abbiamo tre possibilità davanti a noi e ognuna di esse mi sembra più spaventosa di ora in ora! Inizio a pensare che il libero arbitrio sia una gran fregatura! Voglio… voglio solo che qualcuno scelga per me, così potrò dargli tutta la colpa della mia infelicità futura…»
La voce di Hermione si spezzò in un singhiozzo.
Caspian le baciò i capelli.
 
Avevano affrontato quel discorso mille volte, di giorno e di notte.
Ma, come se non potesse tacere, lei riprese:
«Non posso lasciarti, non lo sopporterei. Ma… a casa c’è bisogno di me… I miei genitori, i miei amici…»
Caspian annuì.
Capiva come si sentiva Hermione.
«Non vuoi abbandonarli. Lo so, piccola. Lo capisco perfettamente, perché io sento lo stesso dovere nei confronti del mio popolo. Non dirlo con un tono di scuse: il tuo coraggio e il tuo senso del dovere ti fanno onore»
«Il tuo popolo ha bisogno di te» ragionò lei, con voce di pianto «Con che coraggio posso chiederti di abbandonarli? Io non ce la faccio!»
«Lo so» Caspian serrò le palpebre «Lo so, amore. Nemmeno io riesco a chiederlo a te»
«Caspian, ti prego» mormorò Hermione, con il viso affondato nella spalla di lui «Io…non ce la faccio più. Ti prego, andiamocene!»
 
Caspian la portò a cavalcare per il regno, le mostrò la flotta in costruzione e la fece salire sul Veliero dell’Alba.
Insieme passeggiarono per la campagna verde e per i boschi animati di Narnia.
Gli alberi e le piante vedevano il dolore sul viso della coppia e, per rispettare il loro turbamento, persino le foglie cessarono di agitarsi al vento.
Il silenzio era la loro compagnia.
Si amavano con trasporto e passione, ma poi giacevano svegli, l’uno tra le braccia dell’altra.
Hermione iniziò a perdere l’appetito e il sonno.
Caspian era enormemente distratto nelle questioni relative al regno… in ogni questione che non riguardava Hermione.
 
Aslan attese una settimana, poi li richiamò.
Il cielo di Narnia era cupo, minacciava tempesta; o, forse, rivaleggiava solo con le nubi che gravavano sull’animo del suo re.
«Figli miei» esordì Aslan, la cui sagoma si stagliava enorme nella luce grigiastra di cui era ammantata la sala del trono «So quanto sono difficili per voi questi giorni. Mi dispiace vedervi soffrire, ma devo chiedervi cosa avete deciso»
Hermione aveva gli occhi rossi e non li alzò dal pavimento.
Fu Caspian a parlare, invece.
«Aslan, io ci penso in continuazione, notte e giorno… e quello che posso dirti, egoisticamente, è che vorrei che Hermione restasse qui con me, diventasse la mia regina e la madre dei miei figli. So che sarebbe una sovrana di cui Narnia andrebbe fiera. E sono certo che sarebbe una madre fantastica. Ma, proprio perché la amo… io non posso. Non posso essere così egoista da allontanarla da casa sua, in un momento in cui teme per i suoi cari, in cui i suoi amici stanno affrontando una guerra. Non è giusto che io la tenga legata a me, sapendo che ne proverebbe rimorso per tutta la vita. Non posso farle una cosa del genere»
Hermione alzò gli occhi a guardarlo.
Si fissarono, per un lungo attimo, poi il re le prese la mano e mormorò:
«Se toccasse a me, se Narnia fosse in pericolo… per quanto io ti ami, so cosa significa la fedeltà verso la propria terra. E io… io non so se riuscirei a lasciare Narnia»
Ecco.
L’aveva detto.
Di quelle che erano le tre scelte di cui Hermione parlava, Caspian sapeva bene che una l’avevano già esclusa a priori: lui non avrebbe lasciato Narnia.
Sarebbe stata lei, eventualmente, a lasciare la Terra.
Caspian si vergognava di se stesso, di quel legame viscerale con il suo mondo che non riusciva a spezzare, pur sapendo che, per lui, Hermione stava tentando invece di farlo, da parte sua.
«Io non te lo chiederei mai…» mormorò infatti la fanciulla.
Caspian le sorrise, triste.
«Lo so, amore mio. Concedimi, ti prego, di essere altrettanto generoso e coraggioso nei tuoi confronti»
Lei scosse la testa.
«Non… non ce la faccio. Scusate. Non mi riconosco, mi sembra di essere un’ameba, ma… non riesco a pensare!»
Il re la prese tra le braccia.
«Perché hai paura della soluzione che vedi davanti a te, piccola»
Sopra la testa di lei, lo sguardo del sovrano incontrò quello di Aslan.
«Figli miei» esordì il Leone, dolcemente «Amare qualcuno significa mettere i suoi desideri davanti ai propri, la sua felicità davanti alla propria. E, a volte, significa lasciar andare qualcuno che si ama. Ma il vostro legame non si spezzerà mai»
«Dovrebbe essere un sollievo?» la voce di Hermione era attutita dalla stoffa nella quale aveva affondato il viso «Soffriremo per sempre così? Saremo lontani e ricorderemo e malediremo per sempre il giorno in cui non abbiamo avuto il coraggio di essere egoisti?»
Caspian chiuse gli occhi.
«Hermione» bisbigliò «Non è nella tua natura essere egoista…»
«Ma io…io lo vorrei!» gemette lei «Vorrei essere capace di dire, ora, che dimenticherò casa mia, che non mi importa di come i miei amici faranno ad affrontare Voldemort, che non voglio sapere se i Mangiamorte andranno mai a cercare i miei genitori per torturarli… Vorrei dirlo e vorrei restare qui con Caspian, per sempre!»
«Ma non puoi» concluse Aslan a bassa voce.
Hermione rispose con un singhiozzo.
Caspian posò le labbra sui capelli di lei.
«Aslan. Come posso lasciarla andare sapendo che sarà in pericolo, che dovrà affrontare una guerra?»
Hermione strinse forte il re alla vita, poi si separò di scatto da lui e si gettò ai piedi del Leone.
«Aslan, ti prego, ti supplico… promettimi che potrò tornare a Narnia!»
Il Leone sospirò.
«Bambina, se potessi te lo prometterei… Ma non lo so neppure io, in questo momento»
«Com’è possibile, Aslan?» chiese Caspian.
Ma Hermione si asciugò gli occhi e disse:
«Non sai… non sai se sopravvivremo alla guerra contro Voldemort?»
Il Leone annuì, piano.
«Non ho poteri sul tuo mondo, Hermione… O meglio, il mio potere non si manifesta come accade qui a Narnia. Ma io sarò con te, anche lì»
A lei si inumidirono di nuovo gli occhi.
«Me lo prometti?»
«Sì, figlia mia»
«E mi prometti che proteggerai sempre Caspian?»
«Hai la mia parola» promise.
Il re cadde in ginocchio accanto a Hermione.
«Aslan, ti prego… la potrai proteggere, quando sarà a casa?»
«Sarò con lei, Caspian, ma deve esserti chiaro che sta andando ad affrontare un nemico terribile. Ci saranno decisioni che dovrà prendere… come è accaduto a te, ai tempi di Miraz, sul Veliero dell’Alba e poi davanti alle porte del mio Regno. Tu hai deciso da solo, Caspian… e per lei sarà lo stesso»
Caspiand deglutì a vuoto, poi serrò le palpebre.
Quando le riaprì fissò deciso Aslan.
«Aslan, ti prego» chiese «Mi permetti… mi permetti di sposarla, ora?»
Fu Hermione a rispondere:
«Oh, amore mio… come posso? Come posso essere così egoista da legarti a me senza sapere se potrò mai tornare?»
«Hermione…» Caspian le prese le mani e se le portò al viso «Non dire così, non posso sopportarlo! Sei l’unica per me, sei l’unica che potrò mai amare!»
«Lo so» lei cercò di ingoiare le lacrime «Lo so e tu sei l’unico per me, allo stesso modo. Ma tu sei un re, amore mio, e hai dei doveri nei confronti del tuo popolo. Narnia ha bisogno di un erede»
«No» mormorò lui, dolente «Io ti aspetterò, sempre»
 
A Hermione sembrava che il suo cuore fosse sul punto di spezzarsi in due e si chiese quanto, ancora, poteva sopportare.
«Non devi» bisbigliò «Caspian, io conosco il tuo amore e la tua lealtà, ma voglio che mi prometti che, se io non tornerò, tu troverai una regina che ti ami… che ti ami per tutta la vita e ti dia dei figli»
Gli occhi di lui erano due pozze scure di dolore.
Scosse il capo.
«Non ce la faccio. Non voglio!»
«Per me. Ti prego»
Lei lo prese tra le braccia e, inginocchiati di fronte ad Aslan, si strinsero spasmodicamente per un lungo momento.
Quindi, il re chinò il capo davanti al Leone e mormorò:
«Aslan, perdona la mia poca dedizione… ma non posso. Non ci riesco. Ho già dato tanto a Narnia… non ce la faccio»
«Figlio mio» rispose Lui «Lo so e ti rispetto per la tua generosità. Mi dispiace che, ancora una volta, la tua prova sia così dura»
«Figlia mia» disse poi «So che il vostro amore è sincero e, da parte mia, posso soltanto dire che saresti una regina della quale Narnia sarebbe giustamente orgogliosa»
Hermione sorrise tra le lacrime.
«Grazie, sommo Aslan. Ti prego, prenditi cura di lui»
Il Leone annuì.
«È la vostra decisione?»
 
I due tacquero, spaventati di essere di fronte al momento in cui avrebbero dovuto confermare una decisione che li straziava.
Ma, di nuovo, Aslan domandò:
«Figli miei, è la vostra decisione?»
Hermione annuì, impercettibilmente.
«Aslan, io… sì, devo tornare. Ma… il mio cuore resta qui, con Caspian. Per sempre»
«Aslan ti prego, ti scongiuro… riportala da me» implorò Caspian «Non farmi restare senza di lei… ti prego!»
E, improvvisamente, la figura di Aslan si illuminò di un chiarore abbacinante.
Il re tentò di vincere la luce, di guardare gli occhi del Leone per leggervi una risposta…
Gli sembrò di riuscirci, ma la luce era troppo, troppo intensa: aumentò ancora e, mentre la coppia si schermava gli occhi, si udì la Sua voce:
«Saluta i tuoi amici, Hermione. Tornerò stasera per riportarti a casa»
Poi scomparve, e fu buio nella sala.
 
*
 
Come se non bastasse il dolore che aveva nell’animo.
 
Cora pianse per ore, abbracciandola.
Cornelius versò qualche lacrima, poi si scusò e si rintanò nella sua torre, lasciandola con la sensazione che si sarebbe seppellito nei libri per soffocare la solitudine.
Silente la abbracciò: una cosa che Hermione non si sarebbe mai aspettata e che la avrebbe scandalizzata, a Hogwarts… ma, a Narnia, lei lo strinse come se fosse stato suo nonno e pianse parte delle sue lacrime.
Che sembravano non finire mai.
 
Lucy le offrì la speranza, perché le ricordò che lei era tornata a Narnia:
«Hermione, prega e desideralo ogni giorno… Aslan vuole il bene tuo e di Caspian, io lo so. Non vuole che soffriate, Lui è con voi! Devi crederci, non lasciarti andare!»
Crederci.
Sperare.
Combattere.
Tutti volevano che combattesse… ma lei era così stanca.
Così spossata.
Così distrutta.
Eppure, pianse ancora quando Tartufello la strinse in un goffo abbraccio e mormorò:
«Non piangere, Hermione… Non può essere finita. Non è la fine, non sarà la fine finché tu e Caspian non sarete felici, insieme!»
 
E Caspian… dov’era Caspian?
Ricomparve quando Hermione, prosciugata dai saluti, iniziava a sentire il panico dovuto alla sua assenza.
Scese in giardino e, davanti a tutti gli amici e a Silente, senza una parola si sfilò l’anello con sigillo che era stato di suo padre e lo mise all’anulare di lei.
Malgrado Caspian avesse delle mani sottili ed eleganti, l’anello le andava un po’ largo.
«Caspian… l’anello di tuo padre» mormorò lei.
«È tuo, insieme al mio cuore. Torna da me, Hermione»
Si guardarono per un momento infinito.
«Sì» disse poi lei «Io voglio, voglio tornare da te. Lo vorrò ogni giorno della mia vita, sempre»
«Sono tuo» mormorò lui, chinandosi a baciarla.
«E io tua» rispose lei «Per sempre»
 
Si separarono nell’istante in cui Aslan apparve dal nulla, nel giardino.
«Aslan…» mormorò Lucy, triste.
«Lo so, mia piccola Lucy, lo so» rispose Lui, abbracciando con gli occhi la scena.
«Aslan» Silente si avvicinò di un passo «È stato un onore averti conosciuto»
«Ti auguro di riuscire nella tua impresa, amico mio» rispose Aslan «Vi aspetta una dura battaglia, a casa»
«Sarai con noi?»
Il Leone annuì.
«Sempre»
Silente si inchinò in un muto ringraziamento e poi arretrò di un passo.
 
Il Leone agitò la folta criniera e un varco luminoso apparve tra gli alberi.
Albus Silente guardò Hermione stretta a Caspian, quindi salutò con un sorriso i narniani e attraversò la fenditura, in silenzio.
Hermione si avvicinò al varco tremando, con la mano stretta in quella di Caspian.
Non piangere – si disse – sei una Grifondoro. Salutalo con il sorriso.
Prese il viso del re tra le mani, sentendo il rigido metallo dell’anello accarezzare la corta barba di lui.
«Ti amo»
«Ti amo» le rispose il sovrano, con voce ferma.
Si baciarono un’ultima volta, quindi Hermione guardò Aslan.
«Aslan, grazie» mormorò «Addio»
«A presto, bambina mia» rispose lui «A presto»
 
Sulla soglia del passaggio, Hermione si voltò, incrociando ancora una volta lo sguardo del re.
Fu l’ultima cosa che vide, prima che la luce si richiudesse su lei.
Poi, fu penombra.
Batté le palpebre un paio di volte, per far abituare gli occhi all’oscurità.
La prima cosa che vide fu Silente, che le sorrideva comprensivo.
Poi, riconobbe il corridoio di Hogwarts nel quale si era inoltrata.
Si guardò attorno e sussultò.
Il quadro che aveva attirato la sua attenzione, il quadro che ritraeva Caspian… era cambiato.
Era ancora immobile, a differenza di tutti gli altri quadri della Scuola, ma ora il giovane bruno era solo, nella tela: aveva la mano destra appoggiata all’elsa della spada e il suo sguardo serio si perdeva nel mare all’orizzonte.
Sotto di lui, una flotta sembrava pronta a salpare.
Un re conquistatore.
Un re solo.
 
Hermione allungò una mano verso il dipinto, poi si fermò.
Esitò un attimo e, con grande sforzo, si voltò.
Silente le sorrise.
«Sai, Hermione, ho sempre saputo che eri una studentessa eccezionale… ma questo non è nulla, di fronte ad essere una persona eccezionale. Sono fiero di te, mia cara»
Lei fece un sorriso stentato, perché non si fidava a parlare: temeva di scoppiare a piangere e aveva l’impressione che le lacrime sarebbero durate una vita intera.
Il Preside parve leggerle nella mente.
Le posò una mano gentile sulla schiena e la condusse per il corridoio e poi sulle scale, parlandole a bassa voce di argomenti poco importanti riguardanti la scuola.
La accompagnò personalmente fino alla Torre di Grifondoro, salutò garbatamente la Signora Grassa e grande fu lo stupore dei Grifondoro riuniti nella Sala Comune quando si videro apparire davanti il Preside assieme a Hermione Granger.
«Vai a riposare, mia cara» mormorò Silente «Davvero, sono fiero di te»
Con queste parole, Silente si voltò e uscì.
Dopo un momento di silenzio, nella Sala esplose un chiacchiericcio curioso.
«Hermione, che succede?» squittì Calì Patil, saltando su dalla poltrona in cui era sprofondata.
«Cosa voleva Silente?» chiese Dean Thomas, curioso.
Hermione rivolse alla Sala uno sguardo vacuo, registrando i visi curiosi e, in un angolo, Ron e Lavanda, abbracciati, che la fissavano curiosi.
Buffo.
L’unico pensiero che le venne in mente non fu quanto tempo era passato, che cosa si era persa a casa, o se la sua assenza era stata notata… No, solo quanto ridicolo sembrava Ron con quell’espressione da allocco stampata in faccia.
Sbuffò, a metà tra una risata e un singhiozzo, e senza rispondere a nessuno imboccò la porta che conduceva al dormitorio femminile.
 
 
Non si alzò dal letto per qualche giorno.
Alla fine, non aveva perso nulla: Aslan l’aveva rimandata indietro alla stessa sera in cui era iniziata la sua avventura a Narnia.
Ma Hermione non studiò per il compito di Antiche Rune del giorno dopo, non si presentò a lezione né ai pasti.
Gli insegnanti furono avvisati dal Preside che la signorina Granger era esentata dalle lezioni, per qualche giorno.
Sempre per ordine del Preside, nessuno la disturbò – né compagni, né insegnanti – e gli Elfi Domestici le portarono i pasti in camera.
I primi due giorni, li rimandò indietro intatti.
Il terzo giorno udì un bussare alla porta.
Sprofondò nelle colti, in un letto ormai informe a causa del suo continuo agitarsi, ma poi udì un peso sulle sue gambe e il lenzuolo che veniva scostato dalla sua testa.
Emerse con i capelli aggrovigliati e gli occhi pesti e incontrò lo sguardo spaventato dei suoi migliori amici.
Harry era seduto sul letto, gli occhi verdi preoccupati sotto la cicatrice a forma di saetta, dietro le lenti.
Dietro di lui, in piedi, imbarazzato, Ron muoveva i piedi a disagio.
«Hermione!» esclamò Harry «Ma che succede? Stai bene? Sono due giorni che…»
Si interruppe osservando l’espressione vuota di lei, così insolita nel viso intelligente.
Eppure… non era l’unica differenza.
C’era qualcosa di nuovo, in Hermione.
«Harry…» borbottò lei «Sono tornata per la guerra»
«Guerra?» bofonchiò Ron «Che guerra?»
Poi fece un passo indietro, temendo che lei gli si sarebbe rivoltata contro.
Invece l’amica passò lo sguardo dall’uno all’altro, poi i suoi occhi si gonfiarono di lacrime.
«Hermione!» gridarono, insieme, Harry e Ron, precipitandosi ad abbracciarla.
 
 
*
 
 
Dieci mesi dopo
 
Esattamente dieci mesi dopo, Hermione Granger era seduta in una tenda da campeggio, con Harry che si contorceva in una branda vicino a lei, lottando contro gli incubi provocati dal legame con Voldemort.
Erano appena sfuggiti ad un suo agguato, a Godric’s Hollow.
Tra le mani, la fanciulla stringeva un libro con una copertina sgargiante: “Vita e menzogne di Albus Silente” di Rita Skeeter.
Lo aveva preso a casa di Bathilda Bath.
Stava leggendo il capitolo sull’amicizia tra il giovane Silente e Gellert Grindewald.
Giunta all’ultima riga, Hermione lasciò scivolare il libro a terra.
Silente. Grindewald.
Certo, lei sapeva che si conoscevano.
Ripensò a quel giorno, nella radura di Narnia.
Rivide il dolore negli occhi di Silente e capì quanto aveva taciuto della sua storia personale.
Poi rivide la strega pallida e altera.
Jadis…
E poi, come ogni giorno, come ogni istante, ripensò a lui.
Caspian.
 
Nel freddo della tenda, Hermione socchiuse gli occhi e si preparò a montare di guardia per tutta la notte, con la sola compagnia dei suoi ricordi.
 
*
 
Cair Paravel era inondata della luce del tramonto.
Il sole arancione incendiava il mare, i cui riflessi amplificavano quello spettacolo che mozzava il fiato.
La collina, il villaggio e la spiaggia erano ammantate di quella luce calda.
Ritto sulla spiaggia, Drinian osservava orgoglioso la nuova flotta di Narnia, che quella sera, per la prima volta, veniva calata in mare.
Il lavoro di tanti mesi, finalmente, era concluso.
L’entusiasmo dei marinai era contagioso: canti goliardici e abbracci si vedevano dalla mattinata, lì al porto.
Poco dopo, due squilli di tromba annunciarono l’arrivo del sovrano.
I marinai si disposero in due file ordinate e si inchinarono al passaggio del re.
Drinian lo affiancò e lo accompagnò sul ponte della nave ammiraglia, il Veliero dell’Alba.
Caspian lodò il lavoro fatto e si complimentò con il suo capitano.
«Viene quasi voglia di riprendere il mare, eh, Sire?» domandò l’uomo, emozionato.
Caspian sorrise all’orizzonte.
«Se potessi portarmi dove voglio andare, Drinian, io partirei ora» rispose, piano.
Mosse un paio di passi e, improvvisamente, avvertì una strana sensazione: come se non fosse solo su quel ponte.
Come se sarebbe bastato allungare una mano per stringere quella di lei.
Caspian contrasse la mascella e chiuse gli occhi, respirando l’odore del mare.
 
Hermione.
 
 
 
Eppure, come Tartufello aveva inconsapevolmente predetto, non era ancora finita.



***
Miei adorati lettori, siamo giunti alla fine di questa avventura!

Non so se ve la aspettavate così, forse sì vista la piega presa dagli ultimi capitoli... Del resto, il sottotitolo parlava chiaro, no?
"Tra ciò che è giusto e ciò che vuoi"... Riadattando una frase meravigliosa di Silente, dal quarto libro!
Comunque... E' una fine "momentanea", in quanto sto scrivendo il seguito di questa storia, ma comunque ad ogni epilogo io avverto un certo senso di malinconia :)


Voglio ringraziare di cuore le mie meravigliose e speciali Susan (la mia gemellina astrale), Clairy, Fedra, Nadie e la mia Nonnina: siete meravigliose e avervi vicino è un vero dono!
Inoltre, un grazie speciale alle lettrici fantastiche che ho conosciuto con questa storia e che mi hanno accompagnata e incoraggiata in modo unico: Black Hurricane, Sabrina_Potter, Gatta12, denydany1105, ecate_92, furaibo, ukuhlushwa, La Tigre Mezzo Sangue, Nessie Jonas, Selena Gilbert, Elvass, warrior efp. Vi adoro!
Grazie a chi, come Lisbeth, si è avvicinato a questa mia storia anche se non è il suo genere. 


Grazie a chi ha letto, a chi ha seguito/ricordato/preferito, a chi ha passato un po' del suo tempo con Caspian e Hermione e si è emozionato con loro e con me!
Scrivere è bellissimo e condividerlo con voi anche di più.


A proposito dello scrivere di Hermione e Caspian, in particolare, come vi dicevo sto già lavorando al seguito e ho pronti 13 capitoli: se vi fa piacere potrei inziare a postarlo tra una, massimo due settimane... Chiedo il vostro parere perchè nella mia testa la storia è abbastanza nebulosa e potrebbe diventare lunghetta... preferite che io accantoni più capitoli prima di iniziare, così che siamo sicuri che gli aggiornamenti siano continui?
Andremo avanti comunque con un capitolo per settimana, il che significa 13 settimane già coperte... insomma: dite la vostra, sapete che sono felice di ricevere consigli!!


Per tutte le informazioni in generale sapete che potete trovarmi qui: https://www.facebook.com/Joy10Efp

Che altro?
Ancora un grazie sincero e smisurato a tutti voi!
A prestissimo,
Joy

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