Non solo...

di Evaine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Mi chiamo Jude e ho 16 anni.
Il mondo in cui vivevo ormai non c'è più, tutto ciò in cui credevo non erano altro che stupidaggini, bugie su bugie che erano per me certezze. Come ho fatto a non capirlo prima, a non accorgermene? Che stupida.
Mi chiamo Jude e sto fuggendo per vivere, anzi, per sopravvivere.
Sono passate due settimane dall'attacco che mi ha divisa dai miei genitori e che in qualche modo mi ha fatto perdere una parte di me.
Ora sono sola, ma non ho intenzione di arrendermi, loro mi hanno portato via tutto e ora devono pagare. Sto fuggendo, è vero, ma so benissimo cosa fare, devo solo aspettare il momento giusto, per ora è meglio nascondersi.
I miei genitori avevano tentato di fermare il Governo, ma non riuscendoci erano fuggiti, si erano salvati, ma poi loro sono tornati, mi hanno ingannata e hanno catturato i miei genitori.
Non so dove andare né come riuscire a sconfiggere il Governo, ma ci riuscirò, per i miei genitori che hanno combattuto per il mio futuro.
Per due settimane non mi sono mai fermata se non per poche ore la notte, ma ora sono davvero sfinita e i miei viveri stanno per terminare, fortunatamente la prossima città dovrebbe essere ormai vicina e sicura, per quanto una città in questo mondo possa esserlo.

Vedo il lontananza delle luci che si scagliano nel cielo stellato e sento un senso di sollievo nel petto. Spero solo che non ci siano guardie anche qui.

Appena vengo avvolta anche io da quelle luci così accecanti sento la testa girare e improvvisamente non vedo più niente.

Quando mi sveglio sono in una piccola stanza d'ospedale con le braccia bloccate al lettino. Il cuore inizia a battermi forte e mentre cerco disperatamente di divincolarmi entra un ragazzo nella stanza. Lo scruto, è alto e castano e prima di poter dire qualsiasi cosa lui rompe il silenzio e mi chiede come sto.

Continuo ad osservarlo, non so se fidarmi, ma alla fine cos'ho da perdere? Sono legata ad un lettino, in una stanzetta in un luogo che neanche conosco, tanto vale rispondere.
-Bene, credo.- balbetto, la mia voce risulta più debole e fragile del previsto.
-Bhe... sai, ti ho vista mentre svenivi e ho pensato di portarti qui, effettivamente è abbastanza strano, scusa per... tutto questo.- dice il ragazzo con più imbarazzo di me.
-Se è così allora grazie, ma potresti liberarmi? Non è molto piacevole.-

Lui si scusa ancora e mi aiuta ad alzarmi mentre mi chiede da dove vengo.
Lo guardo, mi guarda e abbassa lo sguardo, penso sia troppo timido per essere un pericolo e quindi gli rispondo: -Vengo da una città vicina.
-Mentre ti portavo qui sembravi piuttosto malridotta, cosa ti è successo? Se posso chiedere.-
-Cosa non mi è successo più che altro, ma lasciamo perdere, conosci per caso un posto in cui posso stare senza pagare?-
-Ci sarebbe una specie di pensione per rifugiati fuori dalla città, ma è un posto pieno di malati e perlopiù ladri, potrei ospitarti io che ne dici?-
A questo punto non ho niente da perdere, tanto vale accettare l' aiuto di questo ragazzo, in fondo mi ha portato in ospedale, non penso mi creerà problemi, è innocuo.
-Ok.- rispondo coincisa io.
Durante il percorso lui mi rivela di chiamarsi David e di avere un anno in più di me.
Nonostante l'abbia appena conosciuto sento di potermi fidare di lui, sento come una carica positiva quando ce l'ho accanto, spero solo di non sbagliarmi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 

Arriviamo a casa sua che è quasi l'alba. Il cielo è di un celeste chiarissimo quasi grigio che tende all'arancione. Adoro il cielo quand'è di questo colore, mi fa pensare alla magia dei sogni, alla dolcezza dei desideri più nascosti del nostro io.
Per un attimo che sembra durare all'infinito mi perdo in quel cielo e credo che tutto questo non mi stia davvero succedendo, ma poi sento lo sguardo di David pesare su di me, mi guarda come se avesse capito a cosa stavo pensando e sento la mia mente violata dai suoi occhi verdi che risplendono alla luce.
Entriamo in casa e sento una voce allegra provenire dall'interno, sposto la testa per riuscire a vedere oltre la sua schiena. C'è una ragazzina sulla soglia che con la sua espressione serena mi fa sentire nostalgia dei tempi passati, di quando anche io ero come lei, ingenua e ancora fiduciosa nei confronti del mondo.
David la guarda sollevato e lei gli si getta tra le braccia, io assisto alla scena imbarazzata finché la ragazzina non si accorge della mia presenza e con un sorriso mi porge una mano, gliela stringo e mi presento.

-Io sono Sam.- esclama lei con entusiasmo come se mi conoscesse da una vita.

-E' mia sorella.- spiega David guardandomi e poco dopo inizia a raccontare di come mi ha trovata, terminata la storia rivolge i suoi occhi a me come per chiedermi di raccontare dall'inizio ciò che mi è successo, annuisco.
Nonostante la mia sfiducia nel prossimo, c'è qualcosa di diverso in David è come se ci fossimo già conosciuti in un'altra vita ed ora ci fossimo rincontranti, sento che lui mi può aiutare.
Racconto di come i miei genitori sono stati brutalmente uccisi, senza potersi difendere. Non faccio, però, parola di averli visti con i miei occhi mentre cadevano al suolo con il segno della pallottola in fronte e circondati da un lago di sangue. Mi fa male il cuore solo a pensarci, la rabbia cresce e mentre racconto del mio viaggio per arrivare in città, inizio a tremare, tremo sempre di più, tanto da non riuscire a parlare, le lacrime mi annebbiano gli occhi, sono invasa dalla rabbia e dal dispiacere. C'è silenzio. Mi sento esplodere, ma ad un tratto sento uno strano calore, David mi ha avvolto in una coperta e mi tiene stretta. Il mio pianto si placa, ma non la mia rabbia.
Non voglio essere vista in queste condizioni, non voglio sembrare debole, ma ormai è tardi, mi hanno vista, hanno visto le mie paure, ciò che di più personale ho al mondo, ma a questo punto non mi interessa, io devo vendicare i miei genitori, devo portare a questo mondo un futuro migliore.
Sam mi conforta e per la prima volta sento che di avere qualcuno vicino, che mi capisce e che non pensa io sia una pazza.

-Tutto bene?- Mi chiede David.

Sospiro. Annuisco. Sono stanca, molto stanca. Sento il corpo pesare nonostante io sia seduta. David mi osserva e sembra capire esattamente come mi sento, si alza e mi fa cenno di seguirlo al piano superiore della casa.
Sam sembra esser ritornata quella di prima, ne sono felice, non voglio che le mie emozioni coinvolgano altre persone, non voglio essere compatita. Io non sono debole.
Faccio in automatico le scale e senza accorgermene mi trovo in una camera al piano di sopra. David mi dice qualcosa, ma il mio cervello si è già scollegato, sono già nel mondo dei sogni quando esce.
Mi siedo sul letto e controllo il contenuto del mio zaino: una borraccia vuota, la pistola di mio padre, un coltello e una corda.
Per un attimo penso ai miei genitori e mi viene l'istinto di prendere la corda e farla finita, in un attimo tutto il malessere che sopporto quotidianamente finirebbe e potrei di nuovo essere con la mia famiglia, in un posto migliore, sento uno sparo sommesso e tutti i miei pensieri suicidi si dissolvono e l'unica cosa che mi viene in mente è di correre di sotto e difendere Sam e David.
Mi aggancio il coltello alla cinta e tengo saldamente la pistola in mano. Corro. Sono di sotto. Vedo una pozza di sangue e il mio cuore manca un battito. Sto tremando, ma resisto al desiderio di fuggire lontano da tutto questo e mi dirigo in cucina.
Ci sono due uomini vestiti di nero dalla testa ai piedi, uno sta tenendo per i capelli Sam che perde sangue dalla pancia e che supplica piangendo di essere lasciata andare. L'altro punta la pistola verso David che non sa come agire. I suoi occhi scintillano di un terrore inaspettato, penso di aver avuto anche io quello sguardo di supplica e disperazione quando stavano per uccidere i miei genitori.
Non mi hanno vista. Sparo al braccio dell'uomo che minaccia David e poi faccio irruzione nella stanza cercando di bloccare l'altro.
David prende la pistola al primo e mi aiuta a mettere spalle al muro l'altro.
Non so cosa fare, non ho il coraggio di sparare, non voglio diventare come loro. Un'idea.
Strappo parte della mia maglietta per ricavarne delle strisce sottili, saranno delle manette provvisorie, per guadagnare tempo. Lego le mani dietro la schiena dei due uomini e corro al piano superiore per prendere la corda con cui poco prima avevo pensato di suicidarmi.
David li controlla con la pistola in mano, non è affatto a suo agio con quell'arma in mano, in realtà credo non lo sarebbe con nessun'altra, è troppo pacifico, per questo mondo.
Ho la corda in mano e tutto questo mi sembra una pazzia, ma è troppo tardi per tirarsi indietro, troppo tardi per comportarsi da debole. E' ora di agire.
Lego con fretta e furia i due ad una sedia, mentre David cerca di medicare Sam che è scoppiata a piangere di gioia e paura.

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