Aiuto! Sono mio fratello!

di Rinalamisteriosa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** *Prologo* ***
Capitolo 2: *** *1.Così opposti e così lontani* ***
Capitolo 3: *** *2.Durante la partita* ***
Capitolo 4: *** *3.L'urto* ***
Capitolo 5: *** *4.Io sono te, tu sei me!* ***
Capitolo 6: *** *5.Giornata diversa dal solito* ***
Capitolo 7: *** *6.Il cambiamento* ***
Capitolo 8: *** *7.Riconciliazione* ***
Capitolo 9: *** *Epilogo* ***
Capitolo 10: *** *Capitolo extra* ***



Capitolo 1
*** *Prologo* ***


“Era settembre, il cielo che ho lasciato è lo stesso che ritrovo tutto l’anno...” canticchiava Lavinia, mentre ascoltava “Era settembre” dal suo lettore mp3.

Quel giorno avrebbe sostenuto il compito in classe di greco, ma non se ne preoccupava più di tanto: il giorno prima, infatti, aveva studiato come una matta, quindi era assolutamente sicura di farlo bene.

 

 

Dall’altra parte della strada, intanto, il fratello di Lavinia, Maurizio, stava salendo sul motorino dopo aver comprato la merenda da consumare all’intervallo: lui era un bel ragazzo, dai capelli neri e dagli occhi verdi ed era di due anni più grande della sorella, che a differenza sua li aveva grigio-verdi. A scuola non era un genio come lei ed era disperato all’idea di dover sostenere gli esami di maturità tra qualche mese.

Entrambi frequentavano il liceo classico, uno la III B e l’altra la I A, ma erano diametralmente opposti e conducevano una vita diversa l'uno dall’altra.

 

 

Fino a cinque anni prima andavano d'accordo, ma poi, a causa delle circostanze, avevano cominciato a odiarsi reciprocamente.

 

 

 

Come mai?

Andiamo a scoprirlo.

 

 

 

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Capitolo 2
*** *1.Così opposti e così lontani* ***


Così opposti e così lontani

 

 

 

 

 

Erano diversi e si odiavano. Eppure, se torniamo indietro di sei anni...

 

 

 

 

 

Un dodicenne, con il sorriso radioso e lo zainetto in spalla, usciva di casa, tenendo per mano la sorellina di dieci anni.

“Maurizio, dai... non c'è bisogno che mi accompagni! Le elementari sono a due passi e io frequento l'ultimo anno... posso andarci benissimo da sola!” lo pregava lei.

“Non mi interessa! Io ti accompagno lo stesso!” insisteva lui, sorridendole.

Lavinia non poteva far altro che ricambiare.

Come dire di no al suo caro fratello, dal quale non era mai stata separata?

 

 

 

 

…e confrontiamo la stessa scena al presente…

 

 

 

 

 

Lavinia e Maurizio escono di casa, pronti per andare a scuola.

“Non seguirmi, deficiente!” sbotta Lavinia, ormai sedicenne.

“Io non ti sto seguendo. Devo raggiungere il mio motorino. Lo vedi che è parcheggiato lì?” fa lui, indicandoglielo.

“Non mi interessa, giri l'angolo!” replica con acidità.

Lavinia affretta il passo e Maurizio rimane semplicemente a bocca aperta.

“Sempre molto gentile, tu”, mormora al vento.

 

 

 

 

…notiamo che non è stato sempre così, tra loro. Che c’è del grande e prorompente risentimento dentro di lei e uno più labile e confuso dentro di lui.

 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

 

Lavinia era stata la prima a consegnare il suo compito, assolutamente sicura che questo sarebbe andato bene.

 

Lei amava lo studio. E se una sua compagna di classe avesse avuto bisogno di suggerimenti e consigli in merito, sarebbe stata sempre pronta ad aiutarla. Quel giorno, per esempio, aveva soccorso la sua compagna di banco, che al contrario di lei era molto insicura e Lucia, per ringraziarla, le aveva promesso che l'avrebbe accompagnata a casa all'uscita.

Peccato, però, che non andò esattamente così.

 

“Cosa?! Ma dai... Lucia, mi avevi assicurato che-”.

“Sì, lo so. Il fatto è che ho appena ricevuto un messaggio dai miei genitori e mi tocca prendere l'autobus. Mi dispiace, sarà per un’altra volta!” cercò di consolarla l'amica.

Lavinia si fece sospettosa. “Sicura siano stati i tuoi?” insinuò.

“Sì, certo! Ma scusa... tu hai un fratello, giusto? Perché non torni a casa con lui?” le ricordò Lucia, mantenendo un tono tranquillo.

Immaginatevi la faccia di Lavinia. La guardò malissimo, prima di rispondere così:

“No, non ci penso nemmeno! Preferisco tornare a piedi, anche se piove e sicuramente mi bagnerò tutta per strada”, esclamò risentita.

E quella che si vedeva dalla finestra non era una semplice pioggerella: fuori stava diluviando.

“Mi dispiace, Lavi… se avessi un altro ombrello, te lo darei volentieri”, si scusò.

“Non ti preoccupare... allora ciao!” la salutò, prendendo velocemente la cartella e correndo fuori dall’aula.

Rassegnata all'idea di doversi bagnare, uscì fuori dall’istituto scolastico. Mentre scendeva le scale sotto la pioggia, intravide il fratello in compagnia dei suoi stupidi amici. Stavano entrando nel garage della scuola per recuperare i motorini, perciò, se voleva evitare di farsi vedere, Lavinia doveva sbrigarsi a scendere le lunghe scalinate della scuola.

A causa della strada bagnata, però, scivolò e si fece male alla caviglia. Mentre tentava di alzarsi a fatica tra urla e imprecazioni al cielo, passarono Maurizio e i suoi compagni, che scoppiarono a ridere appena la inquadrarono.

“Cosa volete? Che cavolo avete da ridere, eh? Cretini! Non vedete che mi sono fatta male?!” urlò lei tutto d’un fiato, rossa di rabbia.

“Veramente?” le domandò cauto il fratello, trattenendo una risata.

“Certo che sì, deficiente! Aspetta che torniamo a casa e vedrai...” sbottò Lavinia, diventando ancora più rossa a causa del nervoso.

A momenti, era certa che le sarebbe persino uscito del fumo dalle orecchie per quanta furia percepiva dentro sé.

“Ehi, scusa... non era mia intenzione farti arrabbiare così”, disse lui, facendo marcia indietro.

“Ohi, amico, noi andiamo!” lo avvisarono gli altri, continuando a sghignazzare, divertiti e irrispettosi verso lei e il suo dolore.

“Va bene ragazzi! Ci vediamo pomeriggio al campo di calcio, se il tempo migliora. Ciao!” li salutò, per poi rivolgere la sua completa attenzione alla sfortunata sorellina.

“Ehm... Lavinia, davvero, mi dispiace se ho riso, ma se non l'avessi fatto, loro mi avrebbero guardato male”, giustificò il suo comportamento con un tono candido e sincero.

“Certo, perché per te contano sempre e solo i tuoi amici, vero? Quei cretini che mi prendono costantemente in giro e che ridono ogni qualvolta mi succede qualcosa, loro sono più importanti! Ahia! Che dolore...” imprecò di nuovo Lavinia, le labbra contratte, mentre la caviglia si faceva sempre più rossa e gonfia.

“Devi stare ferma. Andiamo immediatamente al pronto soccorso, altrimenti peggiorerà. Forza, salta su!” la incoraggiò, tendendole una mano.

“Sei proprio deficiente, sai? Non vedi che non riesco a muovermi?! Figuriamoci saltare! E soprattutto detesto salire su quel coso. No, non ci vengo!” s'impuntò.

“Eppure devi farlo, sennò come ti ci porto in ospedale? Non pretenderai che ti trasporti a piedi, in braccio, sotto la pioggia battente per giunta!”.

“Ok, ok. D'accordo! Che sia l'ultima volta però! E non aspettare che ti ringrazi, perché non lo farò mai. Quando starò bene, poi faremo i conti...” si decise infine, già stufa di sentire la predica.

“Mamma mia, sei una pizza quanto ti comporti così!” esclamò, mettendo su un broncio annoiato.

“Allora tu no?! Smettila di trattarmi come una bambina, Maurizio, perché non lo sono più!” replicò, arrabbiandosi nuovamente.

Maurizio restò a bocca aperta.

“No, davvero non riesci a capire?! Dici di essere un genio, eppure... non capisci niente".

“No, mio caro, veramente sei tu quello che non capisce niente, altrimenti avresti voti migliori a scuola!” rispose a tono, accettando la sua mano.

“Che cavolo c'entra questo ora?!” volle sapere Maurizio, mentre la aiutava a salire davanti a lui.

“C'entra eccome!” esclamò, individuando il poggiapiedi, posandovi delicatamente il piede dolorante. Le fece indossare il casco, lui aveva già il suo sulla testa.

“Sai una cosa? Ti odio”.

“Ti odio anch'io!” disse infine Lavinia, girandosi e facendo la linguaccia al fratello, che si sporse in modo da riuscire a guidare il motorino anche se dovevano starci vicini e stretti.

 

 

Continua…

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** *2.Durante la partita* ***


Durante la partita

 

 

 

Fortunatamente, Lavinia non aveva niente di grave, solo una lieve frattura alla caviglia.

I due dottori che l’avevano visitata, dopo averle messo bende e gesso, l’avevano mandata a casa.

Qui, fratello e sorella non si guardarono e non si parlarono per niente, perché sapevano che sarebbero scoppiati a litigare, come ormai facevano sempre.

E poi, Maurizio non poteva occuparsi di lei: aveva la mente fissa sulla partita che si sarebbe giocata il giorno dopo. I suoi compagni l’avevano nominato capitano, perciò non doveva mai mancare agli allenamenti e doveva disputare tutte le partite di calcio nel modo più responsabile e sportivo possibile.

Il calcio era uno sport che amava, che prendeva molto sul serio, perciò in campo dava sempre il meglio di sé.

Invece Lavinia non praticava nessuno sport: per lei esistevano esclusivamente i libri e il suo inseparabile lettore mp3.

Era una secchiona, non aveva molti amici e aveva preso la brutta abitudine di guardare male chiunque si avvicinasse a lei. Questo atteggiamento poteva farla sembrare antipatica, è vero, ma era più che altro incompresa. Se qualcuno l’avesse conosciuta bene, avrebbe capito che provava un’immensa gelosia per il fratello. Ha sempre pensato che, siccome era il figlio maggiore, i genitori gli passassero sempre tutto, mentre a lei poco o niente.

 

 

 

"Lavinia, guarda! Mi hanno comprato il motorino!" esultò il quindicenne Maurizio, mostrandoglielo.

"Bravo... e ora che vuoi?" sbottò Lavinia, intenta a leggere un libro.

"Niente... pensavo che..."

"Ma stai zitto, cretino! In realtà ti hanno comprato quel coso per non comprarmi il nuovo CD degli 883..."

"Non è vero!"

"Invece sì!"

 

 

 

Maurizio sapeva della sua strana gelosia, ma non riusciva a farle capire che sbagliava.

Era Lavinia a essere viziata da tutti, persino da lui che ha sempre cercato di essere per lei un fratello buono e indulgente: questo però le aveva dato un’aria di importanza e un orgoglio tale che qualsiasi gesto, qualsiasi parola sua la offendessero.

Se solo si fosse immedesimata un po' di più in lui, allora avrebbe abbassato sicuramente la cresta. Ma Maurizio sapeva che era impossibile, e con tale pensiero andò a disputare la partita di calcio. Ed era triste, ogni volta, non vederla seduta sulle panchine a fare il tifo per lui.

Gli sarebbe bastata solo una visita... ma lei odiava quello sport!

“Allora mi chiedo: cosa ho fatto di male per meritarmi una sorella così? Eppure una volta era diversa: più solare, più fiduciosa. Stasera proverò a parlarle... pensò, determinato a cercare una soluzione, anche minima.

Intanto il pallone rotolava leggero ai suoi piedi, fissato insistentemente dal ragazzo.

Maurizio, la palla! Passa la palla, sbrigati!”.

La frase del suo compagno di squadra lo riportò alla realtà. Ci avrebbe pensato dopo a Lavinia, adesso doveva solo concentrarsi e vincere la partita. Si smarcò velocemente da un giocatore che gli si era appena avvicinato, per poi passare il pallone e seguire l'azione. Si portarono in vantaggio, e Maurizio si disse che doveva assolutamente vincere, perché in preda all'euforia decise che avrebbe dedicato la vittoria a una certa persona.

 

 

 

Nel frattempo la sorella, finiti tutti i suoi compiti, si era messa al computer per chattare con Laura. Anche se lei era di un’altra città e non si sentivano spesso, fu felice di passare il tempo a scriverle, anche perché riteneva che fosse l’unica persona al mondo in grado di capirla davvero.

 

 

Continua…

 

 

 

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Capitolo 4
*** *3.L'urto* ***


L’urto

 

 

La partita era terminata cinque a tre, a favore della squadra di Maurizio.

I ragazzi si stavano giusto complimentando con lui per il gran risultato.

“Complimenti capitano! Sei stato grande!” si congratulò il più vicino, con una pacca ben assestata sulla spalla.

“Già... hai giocato meglio del solito, bravo!”.

“Coraggio, dicci il tuo segreto!”.

“Quale segreto, Bruno?" lo esortò Maurizio, vagamente perplesso.

Non capiva, o forse fingeva di non capire.

“Chi ti ha trasmesso tutta quest'energia?” domandò Bruno, ammiccando.

“Lo so io. Secondo me ha trovato la ragazza!” provò uno.

“Ma che...? No, lasciamo perdere. È meglio se non lo dico: non mi credereste mai…” si giustificò.

E dopo altri dieci minuti passati a sentire i complimenti e le assurdità che sparavano i suoi compagni, Maurizio tornò a casa.

 

Si fece una doccia veloce, giusto per togliersi il cattivo odore di sudore sulla pelle, e lo fece in fretta perché aveva ancora intenzione di parlare con la sorella Lavinia.

Lei era chiusa nella sua stanza, con la radio a tutto volume. Lui spalancò la porta e si avvicinò a quell'aggeggio infernale, pigiando il pulsante di chiusura e irritando la sorella.

“Ehi! Che cosa hai fatto? Riaccendila subito!” gli ordinò perentoria.

“Sorellina... noi due dobbiamo parlare. Siediti buona buona nel letto e ascoltami, dai!” le disse lui, parandosi di fronte, con le braccia incrociate al petto e l'aria da duro.

“No-o! Potevi farlo prima, quando non stavo facendo nulla, invece di andartene a quella stupida partita!” replicò a tono.

“La finisci? Non è una cosa stupida. E poi... ti confesso che l'ho dedicata a te e ho vinto...” ammise.

“E allora?! Pensi che questa tua vittoria mi farà cambiare idea?”.

Levò gli occhi al cielo, esasperato da tanta cocciutaggine.

“Vuoi ascoltarmi una buona volta, invece di interrompere sempre il discorso?!”.

“No, sei tu che devi ascoltarmi: esci subito fuori dalla mia stanza, non sono dell'umore giusto per parlare! Ahia... la caviglia... è colpa tua se adesso mi è tornato il dolore!” sbraitò.

Era troppo: Maurizio le si avvicinò, le tirò una sonora sberla e poi la fece sedere. Si mise davanti a lei, la faccia china e tanto vicina da poter sentire il suo respiro.

“Mi dispiace, Lavinia, ma era l'unico modo per calmarti. Fammi parlare, ti prego!” la supplicò, davvero pentito di essere ricorso alle maniere forti.

Lei cercò di divincolarsi, di alzarsi, ma lui la teneva ferma premendo sulle gambe.

“Sorellina, io ti voglio bene, okay? Non immagini quanto. Ci passiamo solo due anni... ti ho vista crescere... da piccoli facevamo tutto insieme, persino dormire nello stesso letto, perché tutto il giorno non bastava. Perciò non capisco, non comprendo proprio perché tu, crescendo, abbia cambiato bruscamente atteggiamento, allontanandoti da me. È impossibile che sia solo per gli amici che frequento: tu lo sai che ho sempre tentato di difenderti!”.

“Non è vero! Sei un bugiardo...” strillò lei, scuotendo irritata il capo, per nulla colpita da ciò che aveva detto quel – a suo parere – ruffiano del fratello.

“Non è una bugia, accidenti!” esclamò incredulo.

“Senti, mi stai facendo male alle gambe, ne ho pure una ingessata. Se non mi molli subito, mi metto a urlare sul serio, così mamma e papà accorreranno subito a-”.

“A fare che?! – questa volta gli toccò alzare il tono della voce, interrompendola. – Non ti sto facendo niente, sei tu a essere dura di comprendonio! Almeno spiegami da dove nasce il tuo odio per me... avanti, dillo apertamente!” la spronò.

“Vuoi davvero saperlo? Va bene... te lo dirò, ma prima fammi alzare”, sembrò cedere.

Maurizio ubbidì. Stavolta fu Lavinia a tirargli una sberla, lasciandogli persino il segno delle cinque dita.

“Questo è per avermi fatto male, brutto viziato che non sei altro! Perché è questo che sei: hai tutto quello che desideri dalla tua vita!” dichiarò.

Maurizio era sempre più sbigottito, mentre si accarezzava la guancia colpita.

Fu con un’espressione frustrata che replicò: “No, Lavinia. Non è così… non ho più il tuo affetto, la tua comprensione”.

“Mi spieghi come diavolo fai a non capirmi? Eppure è semplice, ho già detto tutto quello che dovevo per farti arrivare alla verità! Vuoi che ti dia ragione anche se non ce l'hai? È questo?!” gli chiese spiegazioni, gesticolando.

“Allora sei stupida! La viziata qui sei tu, non io. Apri gli occhi finché sei in tempo!” l’avvertì.

Si guardarono in cagnesco per qualche minuto, finché i genitori non li chiamarono per la cena in tavola.

“Continuiamo il discorso dopo, sorellina…” disse semplicemente, pronto a voltarsi per uscire dalla stanza.

“Per quanto mi riguarda, io ho concluso”, affermò, lapidaria.

Maurizio cambiò idea e la tirò a sé per il braccio. “No, non abbiamo concluso!”.

Fu così che avvenne. A Lavinia si sfilò il braccialetto dal polso e cadde a terra: tutti e due, fissandolo, si chinarono a raccoglierlo e le loro teste si urtarono tanto che caddero a loro volta.

Quando si ripresero dalla botta, i loro occhi si incrociarono per un attimo, giusto il tempo di rendersi conto di quello che era successo.

 

 

Continua…

 

 

 

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Capitolo 5
*** *4.Io sono te, tu sei me!* ***


Io sono te, tu sei me!

 

 

La prima a urlare per la sorpresa fu Lavinia, ma l'urlo che le uscì di bocca non era il suo.

Era identico a quello del fratello maggiore.

“Ah! Come… com’è possibile?! Che cosa ci fai tu nel mio corpo?” domandò, restando subito dopo a bocca aperta.

“E io che ne so?! Stavo per chiederti la stessa cosa...” precisò il fratello, con la voce di lei.

“Ok... ok. Ragioniamo, avanti! C'è solo una spiegazione logica... sì... e cioè... che questo in realtà è un sogno, soltanto un brutto sogno!” si convinse Lavinia, inspirando, chiudendo gli occhi e toccandosi la fronte come se avesse l'emicrania.

“Ma se, come sostieni, è davvero un sogno, perché il dolore non ci risveglia? Io lo sento ancora qui, alla testa... Ahia!” disse Maurizio, mentre con una mano si toccava la testa e con l'altra tastava i seni. Non ci era abituato, non credeva fossero così morbidi.

“Ehi! Lascia stare il mio corpo!” ringhiò Lavinia, schiaffandogli la mano incriminata.

“Scusa. Non avrei mai immaginato... neanche nei miei sogni più strani... di diventare una donna”, confessò in un sussurro.

“E allora io? Io che dovrei dire?! Con questo corpo che mi ritrovo, non potrò più indossare i miei bei vestitini!” si lamentò, isterica, atteggiamento che nel suo stato attuale stonava un po’.

 

Smisero di lamentarsi molto presto, perché la madre bussò alla porta e li fece correre a mangiare. Di comune accordo non dissero niente ai genitori, altrimenti li avrebbero presi per pazzi.

Quando però tornarono indietro, nella camera di Lavinia, ripresero a discutere nuovamente.

“Maurizio, ascolta: dobbiamo trovare una soluzione... e alla svelta anche! Non possiamo proprio presentarci in queste condizioni domani a scuola…” attaccò, le braccia incrociate al petto, fissando i suoi stessi occhi cangianti.

“Lo so bene, sorellina, eppure... finché siamo così, dobbiamo fare qualcosa. Io non resisto a stare tutto il giorno rintanato in casa. Inoltre devo frequentare i miei allenamenti, non posso assentarmi senza un motivo valido!” le fece presente, mentre si sedeva sul letto e le braccia esili della sorella gli ricadevano lungo i fianchi fino a toccare il materasso.

“Terra chiama Maurizio. Maurizio mi senti? Pensi che i tuoi amici ti faranno giocare nei panni di una ragazza?! Certo, sono stupidi, però...”.

“Sì, concordo. Allora dovrò spiegarti tutte le regole del gioco", le riferì, come se la cosa fosse ovvia.

“Già… Aspetta, no! Assolutamente. No! Neanche per sogno, io o-d-i-o quel pallone da calcio!” obiettò lei, sgranando gli occhi. “Tu non dici sul serio!”.

“Invece sì”, confermò, sorridendo. “E dai, Lavi! Sono il capitano, non posso mancare, ti prego! Se farai questo per me, io… io mi impegnerò di più nello studio e non ti farò fare brutta figura!" la pregò, facendole anche questa promessa.

“Eh? Davvero? Lo faresti veramente... per me?!” domandò la vera Lavinia, scioccata.

“Certo. Finché tutto non torna normale, poi deciderò se vale la pena continuare a impegnarsi...” rispose Maurizio con un’aria un po’ abbattuta, ma sincera.

Lei restò spiazzata. Per la prima volta dopo anni, non aveva la risposta pronta, non sapeva come ribattere. E sentì che non voleva ferirlo con la sua solita acidità.

“B-bene… abbiamo raggiunto un accordo, credo. Io frequenterò le tue stupide partite di calcio, fino a quando non si trova una soluzione. Tu invece comincerai a studiare da ora, perché – ops! – domani mattina ho l'interrogazione di latino”, ricordò candidamente lei.

“Cosa?! E me lo dici solo adesso? No, uffa, io odio il latino!” sbottò lui, seccato.

“Ti ricordo che hai promesso, bello mio, non puoi più tornare indietro…”.

Maurizio emise un lungo, lunghissimo sospiro di rassegnazione.

“Dimmi cosa devo fare...” pigolò con la voce della sorella, mentre lei esibiva un largo sorriso soddisfatto.

Lo portò dritto dritto alla sua scrivania, facendolo sedere.

“In fondo ti è andata bene, cara. Sia la versione che l'analisi del testo le ho fatte io prima che tornassi a casa. Devi soltanto studiare questi due autori, vedi?” gli indicò i fogli e a essi accostò il libro di letteratura latina.

“Catullo e… Sallustio?” lesse, sbiancando perché ricordava a malapena solamente il primo dei due. Si aggrappò al suo braccio.

“Almeno resta qui con me, così finiamo subito, ti prego!” la supplicò, congiungendo poi le mani a preghiera.

“Come, scusa? Non ti ho mai aiutato prima d'ora nello studio e pretendi che lo faccia adesso?! Non ci penso proprio, concentrati che ti fa bene!” lo esortò impietosa.

“Antipatica...” ribatté con il broncio.

“Scansafatiche!”.

“Uffa! Che palle...” evidenziò ulteriormente il concetto.

“Buon lavoro, fratellino. Anzi, sorellina. Io vado a vedere se trovo qualcosa di decente tra i tuoi vestiti, anche se ne dubito fortemente. In caso per domani mi faccio prestare qualcosa da papà, tu che dici?” finì Lavinia con un ghigno poco carino, lasciandolo solo.

Lo aveva chiaramente preso in giro.

Ma va' a quel paese, vai! Ride bene chi ride ultimo”, mormorò lui, alterato.

 

 

Continua…

 

 

 

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Capitolo 6
*** *5.Giornata diversa dal solito* ***


Giornata diversa dal solito

 

 

 

 

Quella mattina, Maurizio, dopo aver studiato per tutta la notte con le tazzine di caffè a portata di mano, buttò giù dal letto la sorella alle cinque precise.

La fece vestire in fretta con la sua tuta, uscire in giardino, per poi spiegarle pazientemente il suo sport preferito.

“Dai, forza! Impegnati di più! Ricorda che i miei amici non devono sospettare niente”, la incoraggiò, in piedi con le mani ai fianchi.

“Uffa... e piantala! Anche se sto morendo di sonno, mi sto impegnando, non vedi? Stai zitto!” gli fece notare.

“E io che dovrei dire? Almeno tu hai riposato…” replicò.

“A proposito, sei ben preparato per l'interrogazione? Eh?” ricordò, dopo aver fatto un piegamento.

“Certo, potrei ripetertela a occhi chiusi... mi stupisco di me stesso, sai?”.

“Benissimo! Sei nel mio corpo, ovvio che ti riesce. E se poi mi fai prendere un voto decente, penso che ti darò anche un bacio!” esclamò, senza pensarci troppo.

La guardò stralunato.

“Ehi… non è da te dire certe cose, che succede?!” si stupì.

“Boh, non lo so. Sarà l'influenza positiva del tuo corpo! Non sto facendo alcuno sforzo…” rispose, incurvando le labbra in un dolce sorriso.

 

L'ora era giunta.

Entrambi decisero di andare a scuola a piedi, perché Lavinia non voleva che prendessero il motorino. Perciò uscirono in anticipo, con il sole che faceva capolino dalle nuvole.

Quando arrivarono di fronte alla scuola, si fermarono per ripetere ancora una volta ciò che avrebbero dovuto fare l'uno nei panni dell'altra e si separarono con un semplice saluto.

Maurizio si comportò come gli aveva detto Lavinia: quando la professoressa entrò in classe, alzò la mano, chiese di essere interrogata e cercò di rispondere a tutte le domande che gli venivano poste.

 

“Professoressa, come sono andata?” chiese timoroso alla fine dell’ora, avvicinandosi alla cattedra mentre la professoressa appuntava qualcosa sul registro.

“Bene! Su qualche domanda ti sei confusa un po’, ma si vede che hai studiato. Ti metto otto e mezzo come nella scorsa interrogazione. Nel compito hai preso un nove più, quindi il voto finale sarà nove”, precisò, sistemandosi gli occhiali sul naso.

“La ringrazio!” esclamò sorpreso, sorridendo e tornando a posto.

Non sapeva ancora che andare bene in un'interrogazione desse questa soddisfazione. Promise a se stesso di impegnarsi sempre di più.

 

In III B, intanto, Lavinia seguiva con interesse e con molta attenzione la spiegazione, perché sapeva che un giorno le sarebbe servita. Così facendo, però, rischiò di farsi scoprire, poiché nella ricreazione gli amici di Maurizio le chiesero il motivo di tanto coinvolgimento.

“Ecco...” esordì, incerta. “Ragazzi... davvero, non so che mi prende, forse inizia a piacermi lo studio!” disse, tentando di essere comunque credibile nei panni del fratello.

“Sicuro di stare bene?!” chiese uno, per esprimere la perplessità di tutti.

Lavinia si morse il labbro inferiore, ma si riprese subito, esibendo un sorriso di circostanza.

“Sì che sto bene, non preoccupatevi. Anche perché questo non sostituirà mai la mia passione per il calcio!”.

“A proposito di calcio: questa sera abbiamo solo un'ora di allenamento, perché poi ci sarà una partita. I nostri avversari hanno chiesto la rivincita e noi abbiamo accettato”, la avvertì un altro degli amici del fratello.

A quelle parole quasi sbiancò.

“Perché quella faccia, capitano? Non sei d’accordo?”.

“N-no, non è questo, io credevo... credevo che oggi avremo fatto soltanto allenamento…” mormorò, chinando il capo. Non poteva dire loro che forse non era capace di gestire un’intera partita, che non c’era stato tempo materiale affinché il vero Maurizio la istruisse su ogni aspetto.

“C'è qualche problema?”.

“Certo che oggi sei strano…”.

“Sai che non puoi assolutamente mancare!”.

“Sì... sì, certo. Lo so, va tutto bene, davvero!” rispose a tutti, fingendo sicurezza.

Urgeva uscire dalla classe e avvisarlo. Con la scusa del bagno, fortunatamente, Lavinia riuscì a svignarsela.

 

 

Continua…

 

 

 

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Capitolo 7
*** *6.Il cambiamento* ***


Il cambiamento

 

 

“Hai capito? Adesso mi tocca disputare anche la partita! È terribile, se ne accorgeranno!” sbottò rivolta al fratello, camminando avanti e indietro, girandosi i pollici in modo agitato.

“Su, non prenderla così male, vedrai che ti piacerà! E poi non dimenticare che io la mia promessa l'ho mantenuta, sulla pagella avrai un bel nove in latino. Adesso tocca a te... caro”, le fece, incoraggiandola e prendendola in giro al tempo stesso.

“D'accordo. Domani però noi due andiamo da uno psicologo... comincio a credere di essere davvero folle...” le venne da dire.

“Guarda che anch'io sono nella tua stessa condizione e non sto qui a lamentarmi. Inoltre pensa che presto capirai perché adoro tanto il calcio, così come io ho compreso l'importanza dello studio”, riferì lui, apparentemente sereno.

“Non l'avrei mai creduto possibile, tu che dici una cosa simile...” disse piano.

“Non sto scherzando! Ed è tutto merito tuo. Grazie sorellina!” esclamò con un sorriso sincero, cogliendola di sorpresa con un abbraccio e sussurrando al suo orecchio: “Non sei affatto folle”.

Rassicurata, Lavinia si lasciò andare a un momento di tenerezza, dandogli un bacio sulla tempia e stringendo a sé il suo stesso corpo. I suoi capelli profumavano di fragola... decise che avrebbe comprato ancora quello shampoo, le piaceva.

E che, una volta in sé, sarebbe stata una sorellina migliore - ci avrebbe provato.

 

 

*

 

 

Dopo aver assistito agli allenamenti senza potervi partecipare e aver dispensato consigli e incoraggiamenti a Lavinia, senza farsi notare dagli altri ovviamente, occupò un posto decente sugli spalti laterali.

Si rese conto che il suo desiderio si era concretizzato, anche se non esattamente nel modo che avrebbe voluto. Ma l’aveva convinta a esserci, tutto il resto poteva passare in secondo piano, al confronto.

E Maurizio, nei panni dell’altra, avrebbe fatto il tifo con entusiasmo.

 

 

Era incredibile, ma Lavinia in poco tempo aveva davvero imparato a giocare a calcio.

Quando giunse il momento di disputare la partita, si sentiva sicura di poter segnare almeno un goal. Certo, i primi minuti era impacciata, non sapeva coordinare i suoi movimenti e fare gioco di squadra al meglio, ma ci mise tutta se stessa.

Riuscì persino a divertirsi.

Alla fine la squadra vinse, mantenendo il vantaggio per una sola rete.

Come aveva fatto il fratello il giorno prima, nella sua mente Lavinia gli dedicò la vittoria; una cosa ancora più incredibile fu che esultò assieme agli amici di Maurizio, quegli stessi compagni di scuola che riteneva stupidi, rozzi e insolenti.

Capì che a loro piaceva scherzare, per questo la prendevano spesso in giro.

Forse stava cambiando interiormente, si sentiva una persona nuova ed era strano che tutto ciò fosse da attribuire unicamente all'incidente della sera prima... l'incidente...

“Ci sono! Dov'è Maurizio? Devo trovarlo subito…” disse tra sé, mentre si allontanava dagli spogliatoi maschili per cercare il fratello, restando in tenuta sportiva.

Lo trovò seduto su una panchina, a pochi metri di distanza dal campo in cui lui giocava sempre, mentre lei soltanto in quell’occasione.

“Complimenti! Sei stato bravissimo. Anzi, bravissima!” si congratulò, alzandosi in piedi.

“Maurizio... forse ho capito! Ho capito come tornare normali!” lo informò fiduciosa. “E se il mio piano dovesse funzionare, nessuno di noi andrà dallo psicologo!” fece lei, per poi concedersi una pausa per respirare, dopo la folle corsa fatta.

“Spiegati meglio...” la esortò a continuare, attento.

Dopo attimi di silenzio, Lavinia riprese.

“Il nostro cambiamento di persona è avvenuto nel momento in cui abbiamo sbattuto la testa l'uno contro l'altra, giusto? Quindi penso... penso che se lo rifacciamo, forse... Mi segui?”.

Maurizio annuì.

“Tentar non nuoce. Pronta a ritornare nel tuo corpo, sorellina?” chiese, in perfetto accordo con il suo piano.

“Quando vuoi”, confermò con un sorriso complice.

Contarono uno, due e tre prima di tentare di riprodurre lo stesso urto, senza però ottenere il risultato sperato, a parte un’ovvia botta in testa.

“E no, uffa! Perché adesso non funziona?!” domandò disperata, le mani tra i corti capelli.

“Forse non era abbastanza forte... Ahi! Che male...” rispose lui, toccandosi la testa dolorante.

“Però io sono cambiata... e anche tu! Accidenti! Perché non possiamo tornare nei nostri legittimi corpi?” borbottò, strizzando gli occhi e facendo una smorfia quasi affranta.

“Lavinia…” mormorò l’altro a capo chino,“mi dispiace. È tutta colpa mia. Se non avessi fatto cadere il tuo braccialetto a terra-”.

“No, non è vero!” lo interruppe di colpo, facendolo trasalire. “È colpa mia, Maurizio. Solo colpa mia. Dovevo essere più buona e comprensiva con te... e se ieri non avessimo cominciato a litigare come al solito...”

Forse inconsciamente, forse per volontà loro, fratello e sorella, dopo essersi pentiti a vicenda, si strinsero forte forte.

Lavinia, nei panni di Maurizio, scoppiò a piangere e continuò a scusarsi, a darsi della stupida viziata.

Maurizio, nei panni di Lavinia, sussurrò parole dolci per calmarla, carezzandole delicatamente le spalle e la schiena.

Avrebbero continuato a stare lì, fermi nelle loro posizioni, se l'incanto improvvisamente non fosse svanito.

Dapprima udirono distintamente una strana musichetta, poi, proprio nel momento in cui questa sembrava più chiara e riconoscibile, Lavinia spalancò gli occhi.

 

Continua…

 

 

 

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Capitolo 8
*** *7.Riconciliazione* ***


Riconciliazione

 

 

Lavinia spalancò gli occhi, fissando la parete bianca sopra il suo letto, dove era sdraiata.

Maurizio era seduto sul bordo, anche se si era appena alzato in piedi per rispondere al suo cellulare. La musichetta che l’aveva svegliata proveniva da lì.

“Dunque era solo un sogno…” si disse come in trance, confusa e incredula.

“Adesso non posso parlare. Ci sentiamo dopo, ok? Ciao!” tagliò corto il fratello, che era ansioso di sapere come si sentiva lei.

“Hai dormito per un bel pezzo, ma fortunatamente nostra madre non ci ha ancora chiamato per cena. Stai bene? Sei pallida…” s’interessò, dolce e premuroso proprio come l’aveva visto comportarsi prima che si svegliasse.

Ma loro non erano più in piedi, accanto alla panchina. Non si trovavano neanche vicino al campo di calcio.

“Sì. Ci tengo a raccontarti una cosa. Mi ascolti?” gli confessò, ancora emozionata.

Così Maurizio venne a conoscenza di tutti i dettagli del sogno, dallo scambio di corpi fino all’abbraccio finale.

La vide così presa dal discorso, così scossa nel profondo, che le tenne una mano, carezzandole delicatamente il dorso con il pollice.

E Lavinia si rese conto che qualcosa, dentro di lei, stava cambiando. Anzi, forse c’era sempre stato, era l’affetto per il suo fratellone che si stava pian piano risvegliando.

Si mise seduta, guardandolo fisso negli occhi verdi. Lui sembrava divertito, incredulo quanto lei, ma anche sollevato del fatto che non si fosse fatta troppo male, perché quando gli era svenuta davanti si era preoccupato da morire.

Seguì il suo istinto e si chinò ad abbracciarla, senza dire una parola.

In fondo non aveva mai avuto nulla contro di lei: le aveva sempre voluto bene, si arrabbiava e rispondeva male solo perché veniva provocato dal suo atteggiamento impossibile.

“Io non ti odiavo sul serio”, le confidò, tirandola in piedi, stando attento alla sua gamba ingessata.

“Lo so. Avevi ragione, Maurizio. La gelosia che nutrivo per te non era giustificata. È stato un errore… per anni ho odiato i tuoi impegni, le tue passioni e le tue amicizie soltanto perché non le ho mai provate sulla mia pelle. Allontanarsi è stato un grosso sbaglio… come posso rimediare?” ammise dispiaciuta, ricambiando l’abbraccio. “Ti chiedo scusa… per tutto”.

Maurizio scosse il capo, sorridendo.

“Non devi. Io ti ho sempre perdonato, ogni giorno, per tutte le volte che mi hai ignorato, insultato o schiaffeggiato”.

“Sei troppo buono…” era sul punto di piangere, ma si trattenne con tutte le sue forze.

Quello per lei non era un momento triste, ma bello. Si sentiva una persona nuova.

Lui fu colto da una piccola risata spontanea.

“Peccato, avrei voluto vederti! Hai detto di aver praticato il mio sport, segnato un goal, vinto la partita. Hai persino esultato con i miei amici! Tutto ciò ha dell’incredibile…” affermò, contento che Lavinia abbia condiviso con lui questi fatti onirici.

“Tu mi hai dedicato una vittoria nella realtà, mentre io l’ho fatto sognando… ha un senso, non trovi?”.

Lei chiuse gli occhi e si strinse ancora di più all’unico fratello che aveva.

“Ti voglio bene”, dichiarò, dal profondo del cuore.

Maurizio restò spiazzato solamente perché non era più abituato a sentirle, quelle tre paroline magiche.

“Anche io…” sussurrò poi, intimamente commosso.

 

“La cena è pronta!” urlò la madre da dietro la porta, e sentendola all’improvviso tutti e due trasalirono, staccandosi come quando, colti in fallo a litigare per un giocattolo, lei li sgridava con voce acuta.

“Va bene!” esclamarono entrambi.

Poi, ridendo e scherzando, raggiunsero i genitori in cucina.
Allora toccò agli adulti rimanere a bocca aperta, sorpresi e increduli, di fronte al mutare del loro comportamento a tavola.
Fino al giorno prima Lavinia e Maurizio non si scambiavano neppure mezza parola, limitandosi a mangiare e a fissare lo schermo del televisore acceso sul notiziario. Nel peggiore dei casi si contendevano l’ultima frittella, guardandosi in cagnesco.
Invece in quel momento i loro figli cenavano tranquilli, scambiandosi qualche commento positivo sui cibi, mentre l’uno passava il condimento che serviva all’altra.
Un fatto incredibile. Ovviamente in positivo.


 

Noticina: Capitolo che, oltre alla revisione formale, ha subito delle modifiche nel contenuto.

 

 

 

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Capitolo 9
*** *Epilogo* ***


*07 LUGLIO 2006*

 

 

Maurizio rallentò, parcheggiando il motorino nella piazzola di sosta vicino al giardino che abbelliva l’esterno.

Lavinia balzò giù dalla sella e incrociò le braccia dietro la schiena, fissando il cielo azzurro e terso.

Dopo il fratello s’incamminò, apprestandosi a entrare per l'ultima volta in quell'edificio, che per ben cinque anni aveva chiamato scuola, seguito a ruota dalla sorella minore.

Con il cuore in gola, si avvicinò lentamente ai quadri dove lo stava aspettando l'esito finale degli Esami di Maturità. Deglutì, con l’impressione di vedere appannato.

“Lavinia, per favore… guarda prima tu! Io non ci riesco”, ammise, in ansia. Neanche la partita più difficile l’aveva fatto sentire così, sul filo del rasoio.

Lei lo osservò con una certa perplessità, sbattendo più volte le ciglia.

“Che dici, stupidone?! Non ti starai facendo prendere dal panico? Dai… negli ultimi mesi ti sei impegnato e hai studiato tantissimo. Che motivo hai di spaventarti?” lo incoraggiò.

Ma poi ubbidì comunque. Con il dito indice scorse tutti i nomi dell'elenco, finché non individuò quello del suo fratellone. Sorrise.

“Complimenti! Hai preso 98!” esultò lei, levando le braccia al cielo.

“Pensavo peggio...” disse lui, incredulo, tirando un lungo sospiro di sollievo.

“Non sei felice? Su, fammi un bel sorriso!” esclamò, facendolo voltare verso sé.

Maurizio sorrise e le diede un bacino sulla guancia. Lavinia arrossì, ringraziando che non ci fosse nessuno ad assistere a quella dimostrazione di affetto fraterno.

“Non ci sarei mai riuscito senza di te...” dichiarò.

“Sì, sì. È tutto merito mio e ovviamente anche della tua forza di volontà”, precisò subito.

Dopo l’osservazione schietta, entrambi scoppiarono a ridere, per poi tornare con la mente al giorno in cui si erano chiariti e riappacificati.

Da allora, si erano verificati molti fatti positivi: Maurizio aveva recuperato i voti bassi, approfittando di ogni momento libero dallo sport per seguire le lezioni del secondo e del terzo trimestre, per studiare con impegno.

Lavinia aveva preso l’abitudine di assistere agli allenamenti, alle partite disputate, giocando lei stessa quando nessuno, a parte il fratello, la vedeva.

Che sia stato un semplice sogno oppure la preoccupazione di lui a cambiarla, adesso non aveva alcuna importanza.

Il tempo è relativo, non è mai troppo tardi per riscoprirsi uniti come un tempo, per volersi bene.

A lei era bastato uno scambio di corpi.

 

 

FINE

 

 

 

 

 

Note: Anche l’epilogo, oltre alla revisione formale, riporta modifiche e piccole aggiunte nel contenuto.

 

 

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Capitolo 10
*** *Capitolo extra* ***


Frammenti di vita quotidiana

 

 

 

 

*L'odiato gioco del calcio*

 

 

 

“Accidenti a lui! Mi ha piantata in asso: ha piantato di nuovo la sua sorellina per uno stupido gioco!” imprecò una Lavinia undicenne, più a se stessa che ad altri, visto che era seduta da sola sul secondo gradino della scalinata di casa sua. Lo aspettava da due ore e ancora non si faceva vivo.

“Tornerò presto!” le aveva assicurato con un largo sorriso, prima di darle un bacino sulla guancia e correre via, in direzione del campetto.

Ma ogni giorno era la stessa storia. Lui non tornava. Suo fratello Maurizio preferiva lasciarla da sola, proprio lui che diceva sempre che non lo avrebbe mai fatto, per andare a disputare delle noiose quanto banali partite di calcio.

Uno sport che Lavinia considerava odioso, visto che le portava via l'attenzione del suo fratellone.

 

 

 

II

*Il primo litigio*

 

 

 

“Buongiorno, Lavinia!”  la salutò Maurizio la mattina del giorno dopo, addentando la propria fetta biscottata farcita con la marmellata all'albicocca e sedendosi a fare colazione accanto alla sorella, che non lo degnava di uno sguardo mentre beveva il suo latte con i cereali.

“Che ti prende questa mattina? Come mai sei silenziosa?” chiese dopo un po', preoccupandosi per l'indifferenza della sorella minore.

“Mi sono annoiata ieri...” esordì Lavinia in tono piatto. “Per colpa tua”, aggiunse tra i denti, fissando la credenza.

“Ma Lavinia, dai! Ti ho già chiesto scusa. Credevo avessi capito che-”.

“Stai zitto! Tu non fai altro che sbagliare e poi scusarti!” lo rimproverò.

“Oggi tornerò prima, te lo prometto…” assicurò lui.

“Non è vero. Non fare più promesse che poi non manterrai, basta! Ormai ti conosco bene. E non è tutto: ieri sera ho visto papà che ti dava i biglietti della partita che si terrà domenica allo stadio”.

“Sì. Che bello!” esclamò, con gli occhi sgranati per l'emozione. “Verrà la mia squadra preferita e non-”.

“Non puoi mancare, vero?” completò lei, indispettita. “Certo che no. Come al solito! Basta così, sono stufa. Sono stufa di te e di quello stupido gioco!” quasi urlò.

“Ma… perché?!” chiese in un sussurro incredulo, non capendo. Il calcio non era stupido.

“Non fare finta di non aver capito, scemo! Sai cosa ti dico? Puoi pure trasferirti allo stadio tutti i giorni, a me non frega più niente!” stabilì lei, impietosa e nervosa, alzandosi dal suo posto.

“Scema sei tu! Ehi! Dove stai andando?” la richiamò, alzando il tono della voce.

“A scuola, mi pare ovvio. Da oggi in poi stai sicuro che ci vado da sola! Sono grande ormai...” e senza dare al fratello il tempo di replicare, afferrò svelta la sua cartella e uscì, felice di essersi finalmente sfogata a dovere.

Maurizio, confuso e inquieto come mai lo era stato fino ad allora, smise di bere il suo latte; nella furia di alzarsi e andarsene dalla cucina, fece cadere sonoramente la sedia.

Non tornò indietro a rimetterla a posto.

Questo fu il primo dei loro innumerevoli litigi.

 

 

 

III

*Imbarazzo in bagno (se si fossero scambiati davvero)*

 

 

 

Si sa che, ogni mattina, è essenziale andare in bagno e lavarsi.

È la prima cosa che tutti facciamo, giusto?

A casa loro, poi, ne avevano due di bagni.

Ma Lavinia e Maurizio, quella mattina, si trovavano in una situazione particolare.

 

Maurizio si avvicinò titubante al water e si sedette, aspettando.

“Non puoi stare in piedi. Devi sederti e aspettare finché non scende giù!” le aveva raccomandato qualche minuto prima Lavinia, puntando il dito.

Dopo aver svuotato la vescica, si pulì accuratamente con la carta igienica e iniziò a spogliarsi.

Anche se due volte o tre gli era capitato di vedere la sorella nuda, fu molto imbarazzante guardarsi allo specchio. Entrò svelto nella doccia e si bagnò, insaponando la spugnetta e passandosela con tutta la delicatezza che poteva.

 

Per Lavinia invece fu più difficile e traumatico. Fece come le era stato detto, ma finì con lo sporcare tutto. Dopo aver pulito il water e imprecato contro i suoi genitori sul perché le avevano dato proprio un fratello, anche lei si spogliò ed entrò nella doccia.

“Che schifo! Accidenti! Perché doveva capitare proprio a me?!” pensò, imbarazzata da morire.

 

Dopo aver finito di lavarsi, i due si incrociarono nel corridoio con i rispettivi accappatoi. Maurizio era ancora rosso di vergogna, Lavinia no, ma lo fissava malissimo. E sperò che quella situazione assurda si sarebbe presto risolta, in un modo o nell’altro.

“Tutto bene? Sei stato delicato, vero?” chiese sospettosa.

“S-sì, tranquilla…” rispose lui, a testa bassa. L’asciugamano che teneva avviluppati i suoi lunghi capelli cadde a terra, così quelli nascosero la sua vergogna.

Dov’era una pala per sotterrarsi, quando serviva?

“Ok, vado a indossare la tuta dell'allenamento. Ci vediamo sotto... Ah! Ricorda di asciugare i miei capelli, perché se il mio corpo si ammala ti ammazzo!” gli disse poi di rimando. Subito dopo pensò tra sé: “Fratellone, forse tu ti sarai divertito, ma io no! Rivoglio il mio corpo!”.

 

 

 

IV

*Picnic speciale*

 

 

 

Lavinia aveva già preparato tutto per l’occasione.

Il giardino della loro casa era abbastanza grande per organizzare un bel picnic all'aria aperta, in seguito all'ottimo risultato degli esami di maturità del suo fratellone.

All'appello mancava proprio il diretto interessato, che era dovuto uscire a causa di una chiamata improvvisa.

“Chissà chi l'ha chiamato… è sempre il solito. Quanto ci metterà a tornare da me? Uffa!” si disse, addentando una mela gialla.

Attese una buona mezz’ora, ma il signorino non si degnava di presentarsi.

Imbronciata, Lavinia stava per rientrare in casa, quando...

“Ehi, sorellina! Guarda chi ti ho portato?”.

A sentire il fratello, lei si voltò, gli occhi ridotti a due fessure. Accanto a lui stava una ragazza che Lavinia non aveva mai visto prima.

“Ah... ma bravo! Ti sei fidanzato e non mi dici niente?” domandò un po’ irritata la sorella, fraintendendo la situazione.

“Non è come pensi...” si giustificò infatti il fratello, scuotendo la testa e le mani.

A chiarire, ci pensò la misteriosa visitatrice.

“Lavinia, sono io. Sono Laura, la tua amica della chat”, disse tranquillamente, con un lieve sorriso.

“Laura?!” sbottò lei, fissandola a bocca a aperta per qualche secondo, prima di esclamare: “Non ci credo!”.

Senza risponderle, la bella ragazza dai capelli biondi legati in una coda e dagli occhi azzurro ghiaccio la abbracciò felice.

“Ringrazia tuo fratello se sono qui. È stato proprio lui a convincere i miei genitori a farmi partire per poter stare con voi...” spiegò, staccandosi.

Lui si schiarì la voce per l’imbarazzo.

“Per questo, ho preso il numero di nascosto. Volevo che fosse una sorpresa…” svelò.

“Maurizio?”.

Lui strizzò gli occhi, aspettando una predica inviperita nello stile di Lavinia. Cosa che non arrivò, per cui riaprì gli occhi verdi.

Grazie di cuore”, mormorò la sorella, commossa, stringendo nuovamente la sua amica tra le braccia. Aveva sempre sognato di incontrarla, finalmente stava succedendo per davvero. Questo non era un sogno, no.

“Non devi ringraziarmi...” assicurò.

Ecco il solito modesto.

 

Lavinia fece accomodare Laura, per poi abbracciare anche Maurizio.

“Quanto resterai?” s’informò, il buon umore che la rendeva più affabile e dolce.

“Una settimana”.

Tra discorsi vari e risate, i tre fecero il loro picnic all'aria aperta, dando inizio a una breve convivenza che Lavinia ricorderà per sempre.

 

 

 

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