Aiuto! Sono mio fratello! di Rinalamisteriosa (/viewuser.php?uid=52428)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** *Prologo* ***
Capitolo 2: *** *1.Così opposti e così lontani* ***
Capitolo 3: *** *2.Durante la partita* ***
Capitolo 4: *** *3.L'urto* ***
Capitolo 5: *** *4.Io sono te, tu sei me!* ***
Capitolo 6: *** *5.Giornata diversa dal solito* ***
Capitolo 7: *** *6.Il cambiamento* ***
Capitolo 8: *** *7.Riconciliazione* ***
Capitolo 9: *** *Epilogo* ***
Capitolo 10: *** *Capitolo extra* ***
Capitolo 1 *** *Prologo* ***
“Era
settembre, il cielo che ho lasciato è lo stesso che ritrovo tutto
l’anno...” canticchiava
Lavinia, mentre ascoltava “Era settembre” dal suo lettore mp3.
Quel
giorno avrebbe sostenuto il compito in classe di greco, ma non se ne preoccupava
più di tanto: il giorno prima, infatti, aveva studiato come una matta, quindi
era assolutamente sicura di farlo bene.
Dall’altra
parte della strada, intanto, il fratello di Lavinia, Maurizio, stava salendo sul
motorino dopo aver comprato la merenda da consumare all’intervallo: lui era un
bel ragazzo, dai capelli neri e dagli occhi verdi ed era di due anni più grande
della sorella, che a differenza sua li aveva grigio-verdi. A scuola non era un
genio come lei ed era disperato all’idea di dover sostenere gli esami di
maturità tra qualche mese.
Entrambi
frequentavano il liceo classico, uno la III B e l’altra la I A, ma erano
diametralmente opposti e conducevano una vita diversa l'uno
dall’altra.
Fino
a cinque anni prima andavano d'accordo, ma poi, a causa delle circostanze,
avevano cominciato a odiarsi reciprocamente.
Come
mai?
Andiamo
a scoprirlo.
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Capitolo 2 *** *1.Così opposti e così lontani* ***
Così
opposti e così lontani
Erano
diversi e si odiavano. Eppure, se torniamo indietro di sei
anni...
Un
dodicenne, con il sorriso radioso e lo zainetto in spalla, usciva di casa,
tenendo per mano la sorellina di dieci anni.
“Maurizio,
dai... non c'è bisogno che mi accompagni! Le elementari sono a due passi e io
frequento l'ultimo anno... posso andarci benissimo da sola!” lo pregava
lei.
“Non
mi interessa! Io ti accompagno lo stesso!” insisteva lui,
sorridendole.
Lavinia
non poteva far altro che ricambiare.
Come
dire di no al suo caro fratello, dal quale non era mai stata
separata?
…e
confrontiamo la stessa scena al presente…
Lavinia
e Maurizio escono di casa, pronti per andare a scuola.
“Non
seguirmi, deficiente!” sbotta Lavinia, ormai
sedicenne.
“Io
non ti sto seguendo. Devo raggiungere il mio motorino. Lo vedi che è
parcheggiato lì?” fa lui, indicandoglielo.
“Non
mi interessa, giri l'angolo!” replica con acidità.
Lavinia
affretta il passo e Maurizio rimane semplicemente a bocca
aperta.
“Sempre
molto gentile, tu”, mormora al vento.
…notiamo
che non è stato sempre così, tra loro. Che c’è del grande e prorompente
risentimento dentro di lei e uno più labile e confuso dentro di
lui.
***
Lavinia
era stata la prima a consegnare il suo compito, assolutamente sicura che questo
sarebbe andato bene.
Lei
amava lo studio. E se una sua compagna di classe avesse avuto bisogno di
suggerimenti e consigli in merito, sarebbe stata sempre pronta ad aiutarla. Quel
giorno, per esempio, aveva soccorso la sua compagna di banco, che al contrario
di lei era molto insicura e Lucia, per ringraziarla, le aveva promesso che
l'avrebbe accompagnata a casa all'uscita.
Peccato,
però, che non andò esattamente così.
“Cosa?!
Ma dai... Lucia, mi avevi assicurato che-”.
“Sì,
lo so. Il fatto è che ho appena ricevuto un messaggio dai miei genitori e mi
tocca prendere l'autobus. Mi dispiace, sarà per un’altra volta!” cercò di
consolarla l'amica.
Lavinia
si fece sospettosa. “Sicura siano stati i tuoi?” insinuò.
“Sì,
certo! Ma scusa... tu hai un fratello, giusto? Perché non torni a casa con lui?”
le ricordò Lucia, mantenendo un tono tranquillo.
Immaginatevi
la faccia di Lavinia.
La guardò malissimo, prima di rispondere così:
“No,
non ci penso nemmeno! Preferisco tornare a piedi, anche se piove e sicuramente
mi bagnerò tutta per strada”, esclamò risentita.
E
quella che si vedeva dalla finestra non era una semplice pioggerella: fuori
stava diluviando.
“Mi
dispiace, Lavi… se avessi un altro ombrello, te lo darei volentieri”, si
scusò.
“Non
ti preoccupare... allora ciao!” la salutò, prendendo velocemente la cartella e
correndo fuori dall’aula.
Rassegnata
all'idea di doversi bagnare, uscì fuori dall’istituto scolastico. Mentre
scendeva le scale sotto la pioggia, intravide il fratello in compagnia dei suoi
stupidi amici. Stavano entrando nel garage della scuola per recuperare i
motorini, perciò, se voleva evitare di farsi vedere, Lavinia doveva sbrigarsi a
scendere le lunghe scalinate della scuola.
A
causa della strada bagnata, però, scivolò e si fece male alla caviglia. Mentre
tentava di alzarsi a fatica tra urla e imprecazioni al cielo, passarono Maurizio
e i suoi compagni, che scoppiarono a ridere appena la
inquadrarono.
“Cosa
volete? Che cavolo avete da ridere, eh? Cretini! Non vedete che mi sono fatta
male?!” urlò lei tutto d’un fiato, rossa di rabbia.
“Veramente?”
le domandò cauto il fratello, trattenendo una risata.
“Certo
che sì, deficiente! Aspetta che torniamo a casa e vedrai...” sbottò Lavinia,
diventando ancora più rossa a causa del nervoso.
A
momenti, era certa che le sarebbe persino uscito del fumo dalle orecchie per
quanta furia percepiva dentro sé.
“Ehi,
scusa... non era mia intenzione farti arrabbiare così”, disse lui, facendo
marcia indietro.
“Ohi,
amico, noi andiamo!” lo avvisarono gli altri, continuando a sghignazzare,
divertiti e irrispettosi verso lei e il suo dolore.
“Va
bene ragazzi! Ci vediamo pomeriggio al campo di calcio, se il tempo migliora.
Ciao!” li salutò, per poi rivolgere la sua completa attenzione alla sfortunata
sorellina.
“Ehm...
Lavinia, davvero, mi dispiace se ho riso, ma se non l'avessi fatto, loro mi
avrebbero guardato male”, giustificò il suo comportamento con un tono candido e
sincero.
“Certo,
perché per te contano sempre e solo i tuoi amici, vero? Quei cretini che mi
prendono costantemente in giro e che ridono ogni qualvolta mi succede qualcosa,
loro sono più importanti! Ahia! Che dolore...” imprecò di nuovo Lavinia, le
labbra contratte, mentre la caviglia si faceva sempre più rossa e
gonfia.
“Devi
stare ferma. Andiamo immediatamente al pronto soccorso, altrimenti peggiorerà.
Forza, salta su!” la incoraggiò, tendendole una mano.
“Sei
proprio deficiente, sai? Non vedi che non riesco a muovermi?! Figuriamoci
saltare! E soprattutto detesto salire su quel coso. No, non ci vengo!”
s'impuntò.
“Eppure
devi farlo, sennò come ti ci porto in ospedale? Non pretenderai che ti trasporti
a piedi, in braccio, sotto la pioggia battente per giunta!”.
“Ok,
ok. D'accordo! Che sia l'ultima volta però! E non aspettare che ti ringrazi,
perché non lo farò mai. Quando starò bene, poi faremo i conti...” si decise
infine, già stufa di sentire la predica.
“Mamma
mia, sei una pizza quanto ti comporti così!” esclamò, mettendo su un broncio
annoiato.
“Allora
tu no?! Smettila di trattarmi come una bambina, Maurizio, perché non lo sono
più!” replicò, arrabbiandosi nuovamente.
Maurizio
restò a bocca aperta.
“No,
davvero non riesci a capire?! Dici di essere un genio, eppure... non capisci
niente".
“No,
mio caro, veramente sei tu quello che non capisce niente, altrimenti avresti
voti migliori a scuola!” rispose a tono, accettando la sua mano.
“Che
cavolo c'entra questo ora?!” volle sapere Maurizio, mentre la aiutava a salire
davanti a lui.
“C'entra
eccome!” esclamò, individuando il poggiapiedi, posandovi delicatamente il piede
dolorante. Le fece indossare il casco, lui aveva già il suo sulla
testa.
“Sai
una cosa? Ti odio”.
“Ti
odio anch'io!” disse infine Lavinia, girandosi e facendo la linguaccia al
fratello, che si sporse in modo da riuscire a guidare il motorino anche se
dovevano starci vicini e stretti.
Continua…
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Capitolo 3 *** *2.Durante la partita* ***
Durante
la partita
Fortunatamente,
Lavinia non aveva niente di grave, solo una lieve frattura alla
caviglia.
I
due dottori che l’avevano visitata, dopo averle messo bende e gesso, l’avevano
mandata a casa.
Qui,
fratello e sorella non si guardarono e non si parlarono per niente, perché
sapevano che sarebbero scoppiati a litigare, come ormai facevano sempre.
E
poi, Maurizio non poteva occuparsi di lei: aveva la mente fissa sulla partita
che si sarebbe giocata il giorno dopo. I suoi compagni l’avevano nominato
capitano, perciò non doveva mai mancare agli allenamenti e doveva disputare
tutte le partite di calcio nel modo più responsabile e sportivo
possibile.
Il
calcio era uno sport che amava, che prendeva molto sul serio, perciò in campo
dava sempre il meglio di sé.
Invece
Lavinia non praticava nessuno sport: per lei esistevano esclusivamente i libri e
il suo inseparabile lettore mp3.
Era
una secchiona, non aveva molti amici e aveva preso la brutta abitudine di
guardare male chiunque si avvicinasse a lei. Questo atteggiamento poteva farla
sembrare antipatica, è vero, ma era più che altro incompresa. Se qualcuno
l’avesse conosciuta bene, avrebbe capito che provava un’immensa gelosia per il
fratello. Ha sempre pensato che, siccome era il figlio maggiore, i genitori gli
passassero sempre tutto, mentre a lei poco o niente.
"Lavinia,
guarda! Mi hanno comprato il motorino!" esultò il quindicenne Maurizio,
mostrandoglielo.
"Bravo...
e ora che vuoi?" sbottò Lavinia, intenta a leggere un
libro.
"Niente...
pensavo che..."
"Ma
stai zitto, cretino! In realtà ti hanno comprato quel coso per non comprarmi il
nuovo CD degli 883..."
"Non
è vero!"
"Invece
sì!"
Maurizio
sapeva della sua strana gelosia, ma non riusciva a farle capire che
sbagliava.
Era
Lavinia a essere viziata da tutti, persino da lui che ha sempre cercato di
essere per lei un fratello buono e indulgente: questo però le aveva dato un’aria
di importanza e un orgoglio tale che qualsiasi gesto, qualsiasi parola sua la
offendessero.
Se
solo si fosse immedesimata un po' di più in lui, allora avrebbe abbassato
sicuramente la cresta. Ma Maurizio sapeva che era impossibile, e con tale
pensiero andò a disputare la partita di calcio. Ed era triste, ogni volta, non
vederla seduta sulle panchine a fare il tifo per lui.
Gli
sarebbe bastata solo una visita... ma lei odiava quello
sport!
“Allora mi chiedo: cosa ho fatto di male per meritarmi una sorella
così? Eppure una volta era diversa: più solare, più fiduciosa. Stasera proverò a
parlarle...”
pensò, determinato a cercare una soluzione, anche minima.
Intanto
il pallone rotolava leggero ai suoi piedi, fissato insistentemente dal
ragazzo.
“Maurizio, la palla! Passa la palla, sbrigati!”.
La
frase del suo compagno di squadra lo riportò alla realtà. Ci avrebbe pensato
dopo a Lavinia, adesso doveva solo concentrarsi e vincere la partita. Si smarcò
velocemente da un giocatore che gli si era appena avvicinato, per poi passare il
pallone e seguire l'azione. Si portarono in vantaggio, e Maurizio si
disse che doveva assolutamente vincere, perché in preda all'euforia decise che
avrebbe dedicato la vittoria a una certa persona.
Nel
frattempo la sorella, finiti tutti i suoi compiti, si era messa al computer per
chattare con Laura. Anche se lei era di un’altra città e non si sentivano
spesso, fu felice di passare il tempo a scriverle, anche perché riteneva che
fosse l’unica persona al mondo in grado di capirla
davvero.
Continua…
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Capitolo 4 *** *3.L'urto* ***
L’urto
La
partita era terminata cinque a tre, a favore della squadra di
Maurizio.
I
ragazzi si stavano giusto complimentando con lui per il gran
risultato.
“Complimenti
capitano! Sei stato grande!” si congratulò il più vicino, con una pacca ben
assestata sulla spalla.
“Già...
hai giocato meglio del solito, bravo!”.
“Coraggio,
dicci il tuo segreto!”.
“Quale
segreto, Bruno?" lo esortò Maurizio, vagamente perplesso.
Non
capiva, o forse fingeva di non capire.
“Chi
ti ha trasmesso tutta quest'energia?” domandò Bruno,
ammiccando.
“Lo
so io. Secondo me ha trovato la ragazza!” provò uno.
“Ma
che...? No, lasciamo perdere. È meglio se non lo dico: non mi credereste mai…”
si giustificò.
E
dopo altri dieci minuti passati a sentire i complimenti e le assurdità che
sparavano i suoi compagni, Maurizio tornò a casa.
Si
fece una doccia veloce, giusto per togliersi il cattivo odore di sudore sulla
pelle, e lo fece in fretta perché aveva ancora intenzione di parlare con la
sorella Lavinia.
Lei
era chiusa nella sua stanza, con la radio a tutto volume. Lui spalancò la porta
e si avvicinò a quell'aggeggio infernale, pigiando il pulsante di chiusura e
irritando la sorella.
“Ehi!
Che cosa hai fatto? Riaccendila subito!” gli ordinò
perentoria.
“Sorellina...
noi due dobbiamo parlare. Siediti buona buona nel letto e ascoltami, dai!” le
disse lui, parandosi di fronte, con le braccia incrociate al petto e l'aria da
duro.
“No-o!
Potevi farlo prima, quando non stavo facendo nulla, invece di andartene a quella
stupida partita!” replicò a tono.
“La
finisci? Non è una cosa stupida. E poi... ti confesso che l'ho dedicata a te e
ho vinto...” ammise.
“E
allora?! Pensi che questa tua vittoria mi farà cambiare idea?”.
Levò
gli occhi al cielo, esasperato da tanta cocciutaggine.
“Vuoi
ascoltarmi una buona volta, invece di interrompere sempre il
discorso?!”.
“No,
sei tu che devi ascoltarmi: esci subito fuori dalla mia stanza, non sono
dell'umore giusto per parlare! Ahia... la caviglia... è colpa tua se adesso mi è
tornato il dolore!” sbraitò.
Era
troppo: Maurizio le si avvicinò, le tirò una sonora sberla e poi la fece sedere.
Si mise davanti a lei, la faccia china e tanto vicina da poter sentire il suo
respiro.
“Mi
dispiace, Lavinia, ma era l'unico modo per calmarti. Fammi parlare, ti prego!”
la supplicò, davvero pentito di essere ricorso alle maniere
forti.
Lei
cercò di divincolarsi, di alzarsi, ma lui la teneva ferma premendo sulle
gambe.
“Sorellina,
io ti voglio bene, okay? Non immagini quanto. Ci passiamo solo due anni... ti ho
vista crescere... da piccoli facevamo tutto insieme, persino dormire nello
stesso letto, perché tutto il giorno non bastava. Perciò non capisco, non
comprendo proprio perché tu, crescendo, abbia cambiato bruscamente
atteggiamento, allontanandoti da me. È impossibile che sia solo per gli amici
che frequento: tu lo sai che ho sempre tentato di
difenderti!”.
“Non
è vero! Sei un bugiardo...” strillò lei, scuotendo irritata il capo, per nulla
colpita da ciò che aveva detto quel – a suo parere – ruffiano del
fratello.
“Non
è una bugia, accidenti!” esclamò incredulo.
“Senti,
mi stai facendo male alle gambe, ne ho pure una ingessata. Se non mi molli
subito, mi metto a urlare sul serio, così mamma e papà accorreranno subito
a-”.
“A
fare che?! – questa volta gli toccò alzare il tono della voce, interrompendola.
– Non ti sto facendo niente, sei tu a essere dura di comprendonio! Almeno
spiegami da dove nasce il tuo odio per me... avanti, dillo apertamente!” la
spronò.
“Vuoi
davvero saperlo? Va bene... te lo dirò, ma prima fammi alzare”, sembrò
cedere.
Maurizio
ubbidì. Stavolta fu Lavinia a tirargli una sberla, lasciandogli persino il segno
delle cinque dita.
“Questo
è per avermi fatto male, brutto viziato che non sei altro! Perché è questo che
sei: hai tutto quello che desideri dalla tua vita!” dichiarò.
Maurizio
era sempre più sbigottito, mentre si accarezzava la guancia colpita.
Fu
con un’espressione frustrata che replicò: “No, Lavinia. Non è così… non ho più
il tuo affetto, la tua comprensione”.
“Mi
spieghi come diavolo fai a non capirmi? Eppure è semplice, ho già detto
tutto quello che dovevo per farti arrivare alla verità! Vuoi che ti dia ragione
anche se non ce l'hai? È questo?!” gli chiese spiegazioni,
gesticolando.
“Allora
sei stupida! La viziata qui sei tu, non io. Apri gli occhi finché sei in tempo!”
l’avvertì.
Si
guardarono in cagnesco per qualche minuto, finché i genitori non li chiamarono
per la cena in tavola.
“Continuiamo
il discorso dopo, sorellina…” disse semplicemente, pronto a voltarsi per uscire
dalla stanza.
“Per
quanto mi riguarda, io ho concluso”, affermò, lapidaria.
Maurizio
cambiò idea e la tirò a sé per il braccio. “No, non abbiamo
concluso!”.
Fu
così che avvenne. A Lavinia si sfilò il braccialetto dal polso e cadde a terra:
tutti e due, fissandolo, si chinarono a raccoglierlo e le loro teste si urtarono
tanto che caddero a loro volta.
Quando
si ripresero dalla botta, i loro occhi si incrociarono per un attimo, giusto il
tempo di rendersi conto di quello che era successo.
Continua…
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Capitolo 5 *** *4.Io sono te, tu sei me!* ***
Io
sono te, tu sei me!
La
prima a urlare per la sorpresa fu Lavinia, ma l'urlo che le uscì di bocca
non era il suo.
Era
identico a quello del fratello maggiore.
“Ah!
Come… com’è possibile?! Che cosa ci fai tu nel mio corpo?” domandò, restando
subito dopo a bocca aperta.
“E
io che ne so?! Stavo per chiederti la stessa cosa...” precisò il fratello, con
la voce di lei.
“Ok...
ok. Ragioniamo, avanti! C'è solo una spiegazione logica... sì... e cioè... che
questo in realtà è un sogno, soltanto un brutto sogno!” si convinse Lavinia,
inspirando, chiudendo gli occhi e toccandosi la fronte come se avesse
l'emicrania.
“Ma
se, come sostieni, è davvero un sogno, perché il dolore non ci risveglia? Io lo
sento ancora qui, alla testa... Ahia!” disse Maurizio, mentre con una mano si
toccava la testa e con l'altra tastava i seni. Non ci era abituato, non credeva
fossero così morbidi.
“Ehi!
Lascia stare il mio corpo!” ringhiò Lavinia, schiaffandogli la mano
incriminata.
“Scusa.
Non avrei mai immaginato... neanche nei miei sogni più strani... di diventare
una donna”, confessò in un sussurro.
“E
allora io? Io che dovrei dire?! Con questo corpo che mi ritrovo, non potrò più
indossare i miei bei vestitini!” si lamentò, isterica, atteggiamento che nel suo
stato attuale stonava un po’.
Smisero
di lamentarsi molto presto, perché la madre bussò alla porta e li fece correre a
mangiare. Di comune accordo non dissero niente ai genitori, altrimenti li
avrebbero presi per pazzi.
Quando
però tornarono indietro, nella camera di Lavinia, ripresero a discutere
nuovamente.
“Maurizio,
ascolta: dobbiamo trovare una soluzione... e alla svelta anche! Non possiamo
proprio presentarci in queste condizioni domani a scuola…” attaccò, le braccia
incrociate al petto, fissando i suoi stessi occhi
cangianti.
“Lo
so bene, sorellina, eppure... finché siamo così, dobbiamo fare qualcosa. Io non
resisto a stare tutto il giorno rintanato in casa. Inoltre devo frequentare i
miei allenamenti, non posso assentarmi senza un motivo valido!” le fece
presente, mentre si sedeva sul letto e le braccia esili della sorella gli
ricadevano lungo i fianchi fino a toccare il materasso.
“Terra
chiama Maurizio. Maurizio mi senti? Pensi che i tuoi amici ti faranno giocare
nei panni di una ragazza?! Certo, sono stupidi, però...”.
“Sì,
concordo. Allora dovrò spiegarti tutte le regole del gioco", le riferì, come se
la cosa fosse ovvia.
“Già…
Aspetta, no! Assolutamente. No! Neanche per sogno, io o-d-i-o quel pallone da
calcio!” obiettò lei, sgranando gli occhi. “Tu non dici sul serio!”.
“Invece
sì”, confermò, sorridendo. “E dai, Lavi! Sono il capitano, non posso mancare, ti
prego! Se farai questo per me, io… io mi impegnerò di più nello studio e non ti
farò fare brutta figura!" la pregò, facendole anche questa
promessa.
“Eh?
Davvero? Lo faresti veramente... per me?!” domandò la vera Lavinia,
scioccata.
“Certo.
Finché tutto non torna normale, poi deciderò se vale la pena continuare a
impegnarsi...” rispose Maurizio con un’aria un po’ abbattuta, ma
sincera.
Lei
restò spiazzata. Per la prima volta dopo anni, non aveva la risposta pronta, non
sapeva come ribattere. E sentì che non voleva ferirlo con la sua solita
acidità.
“B-bene…
abbiamo raggiunto un accordo, credo. Io frequenterò le tue stupide partite di
calcio, fino a quando non si trova una soluzione. Tu invece comincerai a
studiare da ora, perché – ops! – domani mattina ho l'interrogazione di
latino”, ricordò candidamente lei.
“Cosa?!
E me lo dici solo adesso? No, uffa, io odio il latino!” sbottò lui,
seccato.
“Ti
ricordo che hai promesso, bello mio, non puoi più tornare indietro…”.
Maurizio
emise un lungo, lunghissimo sospiro di rassegnazione.
“Dimmi
cosa devo fare...” pigolò con la voce della sorella, mentre lei esibiva un largo
sorriso soddisfatto.
Lo
portò dritto dritto alla sua scrivania, facendolo sedere.
“In
fondo ti è andata bene, cara. Sia la versione che l'analisi del testo le
ho fatte io prima che tornassi a casa. Devi soltanto studiare questi due autori,
vedi?” gli indicò i fogli e a essi accostò il libro di letteratura
latina.
“Catullo
e… Sallustio?” lesse, sbiancando perché ricordava a malapena solamente il primo
dei due. Si aggrappò al suo braccio.
“Almeno
resta qui con me, così finiamo subito, ti prego!” la supplicò, congiungendo poi
le mani a preghiera.
“Come,
scusa? Non ti ho mai aiutato prima d'ora nello studio e pretendi che lo faccia
adesso?! Non ci penso proprio, concentrati che ti fa bene!” lo esortò
impietosa.
“Antipatica...”
ribatté con il broncio.
“Scansafatiche!”.
“Uffa!
Che palle...” evidenziò ulteriormente il concetto.
“Buon
lavoro, fratellino. Anzi, sorellina. Io vado a vedere se trovo qualcosa
di decente tra i tuoi vestiti, anche se ne dubito fortemente. In caso per domani
mi faccio prestare qualcosa da papà, tu che dici?” finì Lavinia con un ghigno
poco carino, lasciandolo solo.
Lo
aveva chiaramente preso in giro.
“Ma
va' a quel paese, vai! Ride bene chi ride ultimo”, mormorò lui,
alterato.
Continua…
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Capitolo 6 *** *5.Giornata diversa dal solito* ***
Giornata
diversa dal solito
Quella
mattina, Maurizio, dopo aver studiato per tutta la notte con le tazzine di caffè
a portata di mano, buttò giù dal letto la sorella alle cinque
precise.
La
fece vestire in fretta con la sua tuta, uscire in giardino, per poi spiegarle
pazientemente il suo sport preferito.
“Dai,
forza! Impegnati di più! Ricorda che i miei amici non devono sospettare niente”,
la incoraggiò, in piedi con le mani ai fianchi.
“Uffa...
e piantala! Anche se sto morendo di sonno, mi sto impegnando, non vedi? Stai
zitto!” gli fece notare.
“E
io che dovrei dire? Almeno tu hai riposato…” replicò.
“A
proposito, sei ben preparato per l'interrogazione? Eh?” ricordò, dopo aver fatto
un piegamento.
“Certo,
potrei ripetertela a occhi chiusi... mi stupisco di me stesso,
sai?”.
“Benissimo!
Sei nel mio corpo, ovvio che ti riesce. E se poi mi fai prendere un voto
decente, penso che ti darò anche un bacio!” esclamò, senza pensarci troppo.
La
guardò stralunato.
“Ehi…
non è da te dire certe cose, che succede?!” si stupì.
“Boh,
non lo so. Sarà l'influenza positiva del tuo corpo! Non sto facendo alcuno
sforzo…” rispose, incurvando le labbra in un dolce
sorriso.
L'ora
era giunta.
Entrambi
decisero di andare a scuola a piedi, perché Lavinia non voleva che prendessero
il motorino. Perciò uscirono in anticipo, con il sole che faceva capolino dalle
nuvole.
Quando
arrivarono di fronte alla scuola, si fermarono per ripetere ancora una volta ciò
che avrebbero dovuto fare l'uno nei panni dell'altra e si separarono con un
semplice saluto.
Maurizio
si comportò come gli aveva detto Lavinia: quando la professoressa entrò in
classe, alzò la mano, chiese di essere interrogata e cercò di rispondere a tutte
le domande che gli venivano poste.
“Professoressa,
come sono andata?” chiese timoroso alla fine dell’ora, avvicinandosi alla
cattedra mentre la professoressa appuntava qualcosa sul
registro.
“Bene!
Su qualche domanda ti sei confusa un po’, ma si vede che hai studiato. Ti metto
otto e mezzo come nella scorsa interrogazione. Nel compito hai preso un nove
più, quindi il voto finale sarà nove”, precisò, sistemandosi gli occhiali sul
naso.
“La
ringrazio!” esclamò sorpreso, sorridendo e tornando a
posto.
Non
sapeva ancora che andare bene in un'interrogazione desse questa soddisfazione.
Promise a se stesso di impegnarsi sempre di più.
In
III B, intanto, Lavinia seguiva con interesse e con molta attenzione la
spiegazione, perché sapeva che un giorno le sarebbe servita. Così facendo, però,
rischiò di farsi scoprire, poiché nella ricreazione gli amici di Maurizio le
chiesero il motivo di tanto coinvolgimento.
“Ecco...”
esordì, incerta. “Ragazzi... davvero, non so che mi prende, forse inizia a
piacermi lo studio!” disse, tentando di essere comunque credibile nei panni del
fratello.
“Sicuro
di stare bene?!” chiese uno, per esprimere la perplessità di
tutti.
Lavinia
si morse il labbro inferiore, ma si riprese subito, esibendo un sorriso di
circostanza.
“Sì
che sto bene, non preoccupatevi. Anche perché questo non sostituirà mai la mia
passione per il calcio!”.
“A
proposito di calcio: questa sera abbiamo solo un'ora di allenamento, perché poi
ci sarà una partita. I nostri avversari hanno chiesto la rivincita e noi abbiamo
accettato”, la avvertì un altro degli amici del fratello.
A
quelle parole quasi sbiancò.
“Perché
quella faccia, capitano? Non sei d’accordo?”.
“N-no,
non è questo, io credevo... credevo che oggi avremo fatto soltanto allenamento…”
mormorò, chinando il capo. Non poteva dire loro che forse non era capace di
gestire un’intera partita, che non c’era stato tempo materiale affinché il vero
Maurizio la istruisse su ogni aspetto.
“C'è
qualche problema?”.
“Certo
che oggi sei strano…”.
“Sai
che non puoi assolutamente mancare!”.
“Sì...
sì, certo. Lo so, va tutto bene, davvero!” rispose a tutti, fingendo
sicurezza.
Urgeva
uscire dalla classe e avvisarlo. Con la scusa del bagno, fortunatamente, Lavinia
riuscì a svignarsela.
Continua…
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Capitolo 7 *** *6.Il cambiamento* ***
Il
cambiamento
“Hai
capito? Adesso mi tocca disputare anche la partita! È terribile, se ne
accorgeranno!” sbottò rivolta al fratello, camminando avanti e indietro,
girandosi i pollici in modo agitato.
“Su,
non prenderla così male, vedrai che ti piacerà! E poi non dimenticare che io la
mia promessa l'ho mantenuta, sulla pagella avrai un bel nove in latino. Adesso
tocca a te... caro”, le fece, incoraggiandola e prendendola in giro al
tempo stesso.
“D'accordo.
Domani però noi due andiamo da uno psicologo... comincio a credere di essere
davvero folle...” le venne da dire.
“Guarda
che anch'io sono nella tua stessa condizione e non sto qui a lamentarmi. Inoltre
pensa che presto capirai perché adoro tanto il calcio, così come io ho compreso
l'importanza dello studio”, riferì lui, apparentemente
sereno.
“Non
l'avrei mai creduto possibile, tu che dici una cosa simile...” disse
piano.
“Non
sto scherzando! Ed è tutto merito tuo. Grazie sorellina!” esclamò con un sorriso
sincero, cogliendola di sorpresa con un abbraccio e sussurrando al suo orecchio:
“Non sei affatto folle”.
Rassicurata,
Lavinia si lasciò andare a un momento di tenerezza, dandogli un bacio sulla
tempia e stringendo a sé il suo stesso corpo. I suoi capelli profumavano di
fragola... decise che avrebbe comprato ancora quello shampoo, le
piaceva.
E
che, una volta in sé, sarebbe stata una sorellina migliore - ci avrebbe
provato.
*
Dopo
aver assistito agli allenamenti senza potervi partecipare e aver dispensato
consigli e incoraggiamenti a Lavinia, senza farsi notare dagli altri ovviamente,
occupò un posto decente sugli spalti laterali.
Si
rese conto che il suo desiderio si era concretizzato, anche se non esattamente
nel modo che avrebbe voluto. Ma l’aveva convinta a esserci, tutto il resto
poteva passare in secondo piano, al confronto.
E
Maurizio, nei panni dell’altra, avrebbe fatto il tifo con
entusiasmo.
Era
incredibile, ma Lavinia in poco tempo aveva davvero imparato a giocare a
calcio.
Quando
giunse il momento di disputare la partita, si sentiva sicura di poter segnare
almeno un goal. Certo, i primi minuti era impacciata, non sapeva coordinare i
suoi movimenti e fare gioco di squadra al meglio, ma ci mise tutta se stessa.
Riuscì
persino a divertirsi.
Alla
fine la squadra vinse, mantenendo il vantaggio per una sola
rete.
Come
aveva fatto il fratello il giorno prima, nella sua mente Lavinia gli dedicò la
vittoria; una cosa ancora più incredibile fu che esultò assieme agli amici di
Maurizio, quegli stessi compagni di scuola che riteneva stupidi, rozzi e
insolenti.
Capì
che a loro piaceva scherzare, per questo la prendevano spesso in
giro.
Forse
stava cambiando interiormente, si sentiva una persona nuova ed era strano che
tutto ciò fosse da attribuire unicamente all'incidente della sera prima... l'incidente...
“Ci
sono! Dov'è Maurizio? Devo trovarlo subito…”
disse tra sé, mentre si allontanava dagli spogliatoi maschili per cercare il
fratello, restando in tenuta sportiva.
Lo
trovò seduto su una panchina, a pochi metri di distanza dal campo in cui lui
giocava sempre, mentre lei soltanto in quell’occasione.
“Complimenti!
Sei stato bravissimo. Anzi, bravissima!” si congratulò, alzandosi in
piedi.
“Maurizio...
forse ho capito! Ho capito come tornare normali!” lo informò fiduciosa. “E se il
mio piano dovesse funzionare, nessuno di noi andrà dallo psicologo!” fece lei,
per poi concedersi una pausa per respirare, dopo la folle corsa
fatta.
“Spiegati
meglio...” la esortò a continuare, attento.
Dopo
attimi di silenzio, Lavinia riprese.
“Il
nostro cambiamento di persona è avvenuto nel momento in cui abbiamo sbattuto la
testa l'uno contro l'altra, giusto? Quindi penso... penso che se lo rifacciamo,
forse... Mi segui?”.
Maurizio
annuì.
“Tentar
non nuoce. Pronta a ritornare nel tuo corpo, sorellina?” chiese, in perfetto
accordo con il suo piano.
“Quando
vuoi”, confermò con un sorriso complice.
Contarono
uno, due e tre prima di tentare di
riprodurre lo stesso urto, senza però ottenere il risultato sperato, a parte
un’ovvia botta in testa.
“E
no, uffa! Perché adesso non funziona?!” domandò disperata, le mani tra i corti
capelli.
“Forse
non era abbastanza forte... Ahi! Che male...” rispose lui, toccandosi la testa
dolorante.
“Però
io sono cambiata... e anche tu! Accidenti! Perché non possiamo tornare nei
nostri legittimi corpi?” borbottò, strizzando gli occhi e facendo una smorfia
quasi affranta.
“Lavinia…”
mormorò l’altro a capo chino,“mi dispiace. È tutta colpa mia. Se non avessi
fatto cadere il tuo braccialetto a terra-”.
“No,
non è vero!” lo interruppe di colpo, facendolo trasalire. “È colpa mia,
Maurizio. Solo colpa mia. Dovevo essere più buona e comprensiva con te... e se
ieri non avessimo cominciato a litigare come al solito...”
Forse
inconsciamente, forse per volontà loro, fratello e sorella, dopo essersi pentiti
a vicenda, si strinsero forte forte.
Lavinia,
nei panni di Maurizio, scoppiò a piangere e continuò a scusarsi, a darsi della
stupida viziata.
Maurizio,
nei panni di Lavinia, sussurrò parole dolci per calmarla, carezzandole
delicatamente le spalle e la schiena.
Avrebbero
continuato a stare lì, fermi nelle loro posizioni, se l'incanto improvvisamente non fosse
svanito.
Dapprima
udirono distintamente una strana musichetta, poi, proprio nel momento in cui
questa sembrava più chiara e riconoscibile, Lavinia spalancò gli occhi.
Continua…
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Capitolo 8 *** *7.Riconciliazione* ***
Riconciliazione
Lavinia spalancò gli occhi, fissando
la parete bianca sopra il suo letto, dove era sdraiata.
Maurizio era seduto sul bordo, anche
se si era appena alzato in piedi per rispondere al suo cellulare. La musichetta
che l’aveva svegliata proveniva da lì.
“Dunque era solo un sogno…”
si disse come in
trance, confusa e incredula.
“Adesso non posso parlare. Ci
sentiamo dopo, ok? Ciao!” tagliò corto il fratello, che era ansioso di sapere
come si sentiva lei.
“Hai dormito per un bel pezzo, ma
fortunatamente nostra madre non ci ha ancora chiamato per cena. Stai bene? Sei
pallida…” s’interessò, dolce e premuroso proprio come l’aveva visto comportarsi
prima che si svegliasse.
Ma loro non erano più in piedi,
accanto alla panchina. Non si trovavano neanche vicino al campo di
calcio.
“Sì. Ci tengo a raccontarti una cosa.
Mi ascolti?” gli confessò, ancora emozionata.
Così Maurizio venne a conoscenza di
tutti i dettagli del sogno, dallo scambio di corpi fino all’abbraccio
finale.
La vide così presa dal discorso, così
scossa nel profondo, che le tenne una mano, carezzandole delicatamente il dorso
con il pollice.
E Lavinia si rese conto che qualcosa,
dentro di lei, stava cambiando. Anzi, forse c’era sempre stato, era l’affetto
per il suo fratellone che si stava pian piano
risvegliando.
Si mise seduta, guardandolo fisso
negli occhi verdi. Lui sembrava divertito, incredulo quanto lei, ma anche
sollevato del fatto che non si fosse fatta troppo male, perché quando gli era
svenuta davanti si era preoccupato da morire.
Seguì il suo istinto e si chinò ad
abbracciarla, senza dire una parola.
In fondo non aveva mai
avuto nulla contro di lei: le aveva sempre voluto bene, si arrabbiava e
rispondeva male solo perché veniva provocato dal suo atteggiamento
impossibile.
“Io non ti odiavo sul
serio”, le confidò, tirandola in piedi, stando attento alla sua gamba
ingessata.
“Lo so. Avevi ragione,
Maurizio. La gelosia che nutrivo per te non era giustificata. È stato un errore…
per anni ho odiato i tuoi impegni, le tue passioni e le tue amicizie soltanto
perché non le ho mai provate sulla mia pelle. Allontanarsi è stato un grosso
sbaglio… come posso rimediare?” ammise dispiaciuta, ricambiando l’abbraccio. “Ti
chiedo scusa… per tutto”.
Maurizio scosse il capo,
sorridendo.
“Non devi. Io ti ho sempre perdonato,
ogni giorno, per tutte le volte che mi hai ignorato, insultato o
schiaffeggiato”.
“Sei troppo buono…” era sul punto di
piangere, ma si trattenne con tutte le sue forze.
Quello per lei non era un momento
triste, ma bello. Si sentiva una persona nuova.
Lui fu colto da una piccola risata
spontanea.
“Peccato, avrei voluto vederti! Hai
detto di aver praticato il mio sport, segnato un goal, vinto la partita. Hai
persino esultato con i miei amici! Tutto ciò ha dell’incredibile…” affermò,
contento che Lavinia abbia condiviso con lui questi fatti
onirici.
“Tu mi hai dedicato una vittoria
nella realtà, mentre io l’ho fatto sognando… ha un senso, non
trovi?”.
Lei chiuse gli occhi e si strinse
ancora di più all’unico fratello che aveva.
“Ti voglio bene”, dichiarò, dal
profondo del cuore.
Maurizio restò spiazzato solamente
perché non era più abituato a sentirle, quelle tre paroline
magiche.
“Anche io…” sussurrò poi, intimamente
commosso.
“La cena è pronta!” urlò la madre da dietro la porta, e sentendola
all’improvviso tutti e due trasalirono, staccandosi come quando, colti in fallo
a litigare per un giocattolo, lei li sgridava con voce
acuta.
“Va bene!” esclamarono
entrambi.
Poi, ridendo e scherzando,
raggiunsero i genitori in cucina.
Allora toccò agli adulti rimanere a bocca aperta, sorpresi e increduli, di fronte al mutare del loro comportamento a tavola.
Fino al giorno prima Lavinia e Maurizio non si scambiavano neppure mezza parola, limitandosi a mangiare e a fissare lo schermo del televisore acceso sul notiziario. Nel peggiore dei casi si contendevano l’ultima frittella, guardandosi in cagnesco.
Invece in quel momento i loro figli cenavano tranquilli, scambiandosi qualche commento positivo sui cibi, mentre l’uno passava il condimento che serviva all’altra.
Un fatto incredibile. Ovviamente in positivo.
Noticina: Capitolo che, oltre alla revisione formale, ha subito delle modifiche nel contenuto.
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Capitolo 9 *** *Epilogo* ***
*07
LUGLIO 2006*
Maurizio
rallentò, parcheggiando il motorino nella piazzola di sosta vicino al giardino
che abbelliva l’esterno.
Lavinia
balzò giù dalla sella e incrociò le braccia dietro la schiena, fissando il cielo
azzurro e terso.
Dopo
il fratello s’incamminò, apprestandosi a entrare per l'ultima volta in
quell'edificio, che per ben cinque anni aveva chiamato scuola, seguito a ruota
dalla sorella minore.
Con
il cuore in gola, si avvicinò lentamente ai quadri dove lo stava aspettando
l'esito finale degli Esami di Maturità. Deglutì, con l’impressione di vedere
appannato.
“Lavinia,
per favore… guarda prima tu! Io non ci riesco”, ammise, in ansia. Neanche la
partita più difficile l’aveva fatto sentire così, sul filo del
rasoio.
Lei
lo osservò con una certa perplessità, sbattendo più volte le
ciglia.
“Che
dici, stupidone?! Non ti starai facendo prendere dal panico? Dai… negli ultimi
mesi ti sei impegnato e hai studiato tantissimo. Che motivo hai di spaventarti?”
lo incoraggiò.
Ma
poi ubbidì comunque. Con il dito indice scorse tutti i nomi dell'elenco, finché
non individuò quello del suo fratellone. Sorrise.
“Complimenti!
Hai preso 98!” esultò lei, levando le braccia al cielo.
“Pensavo
peggio...” disse lui, incredulo, tirando un lungo sospiro di
sollievo.
“Non
sei felice? Su, fammi un bel sorriso!” esclamò, facendolo voltare verso
sé.
Maurizio
sorrise e le diede un bacino sulla guancia. Lavinia arrossì, ringraziando che
non ci fosse nessuno ad assistere a quella dimostrazione di affetto
fraterno.
“Non
ci sarei mai riuscito senza di te...” dichiarò.
“Sì,
sì. È tutto merito mio e ovviamente anche della tua forza di volontà”, precisò
subito.
Dopo
l’osservazione schietta, entrambi scoppiarono a ridere, per poi tornare con la
mente al giorno in cui si erano chiariti e riappacificati.
Da
allora, si erano verificati molti fatti positivi: Maurizio aveva recuperato i
voti bassi, approfittando di ogni momento libero dallo sport per seguire le
lezioni del secondo e del terzo trimestre, per studiare con
impegno.
Lavinia
aveva preso l’abitudine di assistere agli allenamenti, alle partite disputate,
giocando lei stessa quando nessuno, a parte il fratello, la
vedeva.
Che
sia stato un semplice sogno oppure la preoccupazione di lui a cambiarla, adesso
non aveva alcuna importanza.
Il
tempo è relativo, non è mai troppo tardi per riscoprirsi uniti come un tempo,
per volersi bene.
A
lei era bastato uno scambio di corpi.
FINE
Note:
Anche l’epilogo, oltre alla revisione formale, riporta modifiche e piccole
aggiunte nel contenuto.
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Capitolo 10 *** *Capitolo extra* ***
Frammenti
di vita quotidiana
I
*L'odiato gioco
del calcio*
“Accidenti
a lui! Mi ha piantata in asso: ha piantato di nuovo la sua sorellina per uno
stupido gioco!” imprecò una Lavinia undicenne, più a se stessa che ad altri,
visto che era seduta da sola sul secondo gradino della scalinata di casa sua. Lo
aspettava da due ore e ancora non si faceva vivo.
“Tornerò
presto!” le
aveva assicurato con un largo sorriso, prima di darle un bacino sulla guancia e
correre via, in direzione del campetto.
Ma
ogni giorno era la stessa storia. Lui non tornava. Suo fratello Maurizio
preferiva lasciarla da sola, proprio lui che diceva sempre che non lo avrebbe
mai fatto, per andare a disputare delle noiose quanto banali partite di
calcio.
Uno
sport che Lavinia considerava odioso, visto che le portava via
l'attenzione del suo fratellone.
II
*Il primo
litigio*
“Buongiorno,
Lavinia!” la salutò Maurizio la mattina del giorno dopo, addentando
la propria fetta biscottata farcita con la marmellata all'albicocca e sedendosi
a fare colazione accanto alla sorella, che non lo degnava di uno sguardo mentre
beveva il suo latte con i cereali.
“Che
ti prende questa mattina? Come mai sei silenziosa?” chiese dopo un po',
preoccupandosi per l'indifferenza della sorella minore.
“Mi
sono annoiata ieri...” esordì Lavinia in tono piatto. “Per colpa tua”,
aggiunse tra i denti, fissando la credenza.
“Ma
Lavinia, dai! Ti ho già chiesto scusa. Credevo avessi capito
che-”.
“Stai
zitto! Tu non fai altro che sbagliare e poi scusarti!” lo
rimproverò.
“Oggi
tornerò prima, te lo prometto…” assicurò lui.
“Non
è vero. Non fare più promesse che poi non manterrai, basta! Ormai ti conosco
bene. E non è tutto: ieri sera ho visto papà che ti dava i biglietti della
partita che si terrà domenica allo stadio”.
“Sì.
Che bello!” esclamò, con gli occhi sgranati per l'emozione. “Verrà la mia
squadra preferita e non-”.
“Non
puoi mancare, vero?” completò lei, indispettita. “Certo che no. Come al solito!
Basta così, sono stufa. Sono stufa di te e di quello stupido gioco!” quasi
urlò.
“Ma…
perché?!” chiese in un sussurro
incredulo, non capendo. Il calcio non era stupido.
“Non
fare finta di non aver capito, scemo! Sai cosa ti dico? Puoi pure trasferirti
allo stadio tutti i giorni, a me non frega più niente!” stabilì lei, impietosa e
nervosa, alzandosi dal suo posto.
“Scema
sei tu! Ehi! Dove stai andando?” la richiamò, alzando il tono della
voce.
“A
scuola, mi pare ovvio. Da oggi in poi stai sicuro che ci vado da sola! Sono
grande ormai...” e senza dare al fratello il tempo di replicare, afferrò svelta
la sua cartella e uscì, felice di essersi finalmente sfogata a
dovere.
Maurizio,
confuso e inquieto come mai lo era stato fino ad allora, smise di bere il suo
latte; nella furia di alzarsi e andarsene dalla cucina, fece cadere sonoramente
la sedia.
Non
tornò indietro a rimetterla a posto.
Questo
fu il primo dei loro innumerevoli litigi.
III
*Imbarazzo in
bagno (se si fossero scambiati
davvero)*
Si
sa che, ogni mattina, è essenziale andare in bagno e
lavarsi.
È
la prima cosa che tutti facciamo, giusto?
A
casa loro, poi, ne avevano due di bagni.
Ma Lavinia e
Maurizio, quella mattina, si trovavano in una situazione particolare.
Maurizio
si avvicinò titubante al water e si sedette, aspettando.
“Non
puoi stare in piedi. Devi sederti e aspettare finché non scende
giù!”
le aveva raccomandato qualche minuto prima Lavinia, puntando il
dito.
Dopo
aver svuotato la vescica, si pulì accuratamente con la carta igienica e iniziò a
spogliarsi.
Anche
se due volte o tre gli era capitato di vedere la sorella nuda, fu molto
imbarazzante guardarsi allo specchio. Entrò svelto nella doccia e si bagnò,
insaponando la spugnetta e passandosela con tutta la delicatezza che
poteva.
Per
Lavinia invece fu più difficile e traumatico. Fece come le era stato detto, ma
finì con lo sporcare tutto. Dopo aver pulito il water e imprecato contro i suoi
genitori sul perché le avevano dato proprio un fratello, anche lei si spogliò ed
entrò nella doccia.
“Che
schifo! Accidenti! Perché doveva capitare proprio a me?!”
pensò, imbarazzata da morire.
Dopo
aver finito di lavarsi, i due si incrociarono nel corridoio con i rispettivi
accappatoi. Maurizio era ancora rosso di vergogna, Lavinia no, ma lo fissava
malissimo. E sperò che quella situazione assurda si sarebbe presto risolta, in
un modo o nell’altro.
“Tutto
bene? Sei stato delicato, vero?” chiese sospettosa.
“S-sì,
tranquilla…” rispose lui, a testa bassa. L’asciugamano che teneva avviluppati i
suoi lunghi capelli cadde a terra, così quelli nascosero la sua vergogna.
Dov’era
una pala per sotterrarsi, quando serviva?
“Ok,
vado a indossare la tuta dell'allenamento. Ci vediamo sotto... Ah! Ricorda di
asciugare i miei capelli, perché se il mio corpo si ammala ti ammazzo!” gli
disse poi di rimando. Subito dopo pensò tra sé: “Fratellone, forse tu ti sarai divertito, ma
io no! Rivoglio il mio corpo!”.
IV
*Picnic
speciale*
Lavinia
aveva già preparato tutto per l’occasione.
Il
giardino della loro casa era abbastanza grande per organizzare un bel picnic
all'aria aperta, in seguito all'ottimo risultato degli esami di maturità del suo
fratellone.
All'appello
mancava proprio il diretto interessato, che era dovuto uscire a causa di una
chiamata improvvisa.
“Chissà
chi l'ha chiamato… è sempre il solito. Quanto ci metterà a tornare da me? Uffa!”
si
disse, addentando una mela gialla.
Attese
una buona mezz’ora, ma il signorino non si degnava di
presentarsi.
Imbronciata,
Lavinia stava per rientrare in casa, quando...
“Ehi, sorellina!
Guarda chi ti ho portato?”.
A
sentire il fratello, lei si voltò, gli occhi ridotti a due fessure. Accanto a
lui stava una ragazza che Lavinia non aveva mai visto
prima.
“Ah...
ma bravo! Ti sei fidanzato e non mi dici niente?” domandò un po’ irritata la
sorella, fraintendendo la situazione.
“Non
è come pensi...” si giustificò infatti il fratello, scuotendo la testa e le
mani.
A
chiarire, ci pensò la misteriosa visitatrice.
“Lavinia,
sono io. Sono Laura, la tua amica della chat”, disse tranquillamente, con un
lieve sorriso.
“Laura?!”
sbottò lei, fissandola a bocca a aperta per qualche secondo, prima di esclamare:
“Non ci credo!”.
Senza
risponderle, la bella ragazza dai capelli biondi legati in una coda e dagli
occhi azzurro ghiaccio la abbracciò felice.
“Ringrazia
tuo fratello se sono qui. È stato proprio lui a convincere i miei genitori a
farmi partire per poter stare con voi...” spiegò,
staccandosi.
Lui
si schiarì la voce per l’imbarazzo.
“Per
questo, ho preso il numero di nascosto. Volevo che fosse una sorpresa…”
svelò.
“Maurizio?”.
Lui
strizzò gli occhi, aspettando una predica inviperita nello stile di Lavinia.
Cosa che non arrivò, per cui riaprì gli occhi verdi.
“Grazie di cuore”, mormorò la sorella,
commossa, stringendo nuovamente la sua amica tra le braccia. Aveva sempre
sognato di incontrarla, finalmente stava succedendo per davvero. Questo non era un sogno,
no.
“Non
devi ringraziarmi...” assicurò.
Ecco
il solito modesto.
Lavinia
fece accomodare Laura, per poi abbracciare anche Maurizio.
“Quanto
resterai?” s’informò, il buon umore che la rendeva più affabile e
dolce.
“Una
settimana”.
Tra
discorsi vari e risate, i tre fecero il loro picnic all'aria aperta, dando
inizio a una breve convivenza che Lavinia ricorderà per
sempre.
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