Ray of sun in the dark

di Luxij_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** bel nome per un angelo ***
Capitolo 3: *** Mi potevo fidare? ***
Capitolo 4: *** all'ospedale ***
Capitolo 5: *** a casa di justin ***
Capitolo 6: *** l'inizio di una lunga amicizia ***
Capitolo 7: *** l'inizio di una notte piena di scoperte ***
Capitolo 8: *** anime ferite ***
Capitolo 9: *** voglia di... ***
Capitolo 10: *** ...baciare ***
Capitolo 11: *** serata movimentata ***
Capitolo 12: *** vi presento mio padre... ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L’inizio di questa storia è abbastanza drammatico ma non chiudete subito . Vi prego…
 
 
Ero stanca, stanca di questa storia, stanca di essere maltrattata da tutti,famiglia, ex,nessuno escluso! La mia autostima stava andando a farsi fottere ormai era scontato che a chiunque mi avvicinassi questi mi facevano male ma no morale, anzi sarebbe meglio, quello fisico. Venivo maltrattata per non dire violentata da oramai tutta la vita. Non ce la facevo più ero stanca ,quello che avevano di belle le altre famiglie io non ce l’avevo, avevo solo tanti e dolorosissimi lividi come mia madre e mia sorella…
 
Ero scappata non ci volevo più avere a che fare con quello stronzo di mio padre e sono  stata anche clemente a chiamarlo così. Fin da piccola dovevo sopportare tutto il peso ma ora avevo detto basta.
 
Non mi sentivo più le gambe per quanto avevo corso, ero finita in una spiaggia desolata,per mia fortuna. Non volevo che gli altri mi vedessero così. Cercavo in tutti i modi di regolarizzare il respiro ma non ci riuscivo ,per via di quello che era accaduto poco prima. Mi sedetti su una panchina vicino al mare…
 
Il rumore delle onde mi calmava, il solito venticello fresco sulla pelle, quella brezza che quando ti toccava ti toglieva tutti i pesi da dosso e ti rilassavi sotto il sole tiepido. Facevo respiri profondi, avevo le gambe al petto, una mano per chiudere  la camicetta di cui i bottoni erano stati tagliati da mio padre, per abusare di me per  l’ennesima volta…
Un braccio sulle ginocchia e la testa appoggiata su di esso. Mi guardavo con disprezzo e mi ripetevo
“perché tutto a me? Ho fatto qualcosa di male?”
Non avrei mai trovato risposta a queste domande, però pensandoci non me le ponevo solo io, tutti ce le poniamo per un motivo o per l’altro e tutti non trovavamo risposta…
 
I lividi sulle braccia erano più che evidenti, ricordare i momenti accaduti solo poco prima mi creava un senso di ribrezzo nei miei confronti  incolmabile,avevo gli occhi lucidi e sapevo che le lacrime stavano salendo,erano pronte a uscire ,facendomi pizzicare gli occhi e arrivate fin sopra non esitarono nemmeno un po’ ad uscire e a ricoprirmi il volto.
Quel liquido salato era vitale per me, se non piangevo impazzivo e con le lacrime mi toglievo quell’ingorgo che da troppo tempo istruiva il mio stomaco.
 
Nascondendomi il viso nel braccio, continuai a piangere per interminabili minuti che sembravano ore. Quando mi calmai, mi feci cullare dal rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli e quel silenzio che stava lì solo per me ,ad abbracciarmi…
 
Ma tutto fu rotto da una voce, calda, leggera ,angelica…
 
SPAZIO AUTRICE
Hello every body ;)
Questa è la seconda ff che scrivo nonché prima di questo fandom  dlfkgjh /> Anyway che ne pensate?
Vorrei solo sapere se interessa a qualcuno o se non è cosa miaL
Recensite! :D

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Capitolo 2
*** bel nome per un angelo ***


Una voce maschile…

 
Non alzai gli occhi, sentivo solo una presenza accanto a me e chiunque fosse non avevo voglia di vederlo né avevo voglia di farmi vedere in quello stato…
“perché una bella ragazza come te piange?”
 
Cosa? Io bella ragazza? Ma mi ha visto bene sto ragazzo?doveva mettersi gli occhiali. Li per li pensai ci fosse una ragazza dietro di me ma non sentii nessuna presenza prima di sto ragazzo cieco.
 
La curiosità era forte nel vedere il ragazzo quindi sporsi solo la coda dell’occhio e vidi un ragazzo biondo cenere ,lineamenti  pronunciati e due topazi a posto degli occhi.
Mi guardava e sorrideva, un sorriso stupendo, non riuscivo più a distogliere lo sguardo da lui, ero come incantata, spaesata.
 
Il suono della sua voce mi fece ritornare con i piedi per terra, mi fece la stessa domanda ma ora con fare più premuroso.
Nessuno mai si era interessato a me e ora, perché mai uno sconosciuto lo dovrebbe fare?
“stai bene?” riferendosi ai lividi sul mio braccio
“si…”dissi in un sussurro
“non credo…”prendendo il braccio e accarezzandolo ma lo ritrassi subito al tocco delle sue dita sui mie lividi
“fanno male?”chiese lui avvicinandosi a me
“non sai quanto…”dissi sussurrando più a me che a lui
“cosa è successo?”
“sono caduta”lo liquidai
“davvero?...” sapendo già che non ero caduta
“…”non risposi, mi limitai a nascondere la faccia di nuovo nel braccio
“facciamo una cosa, non me lo dici se non vuoi” era una cosa sensata, la prima mai sentita in 18anni di schifosissima vita. Annui soltanto…
“posso sapere il tuo nome?”
“ju-julie” la voce mi tremava
“bene julie io  sono justin” bel nome per un angelo. Si avvicinò un altro po’ e io mi strinsi di più la camicetta che avevo tra le mani, avevo paura, molta paura…
 
SPAZIO AUTRICE
Eccomi! ;)
Oggi avevo voglia di scrivere e allora mi sono fiondata sul pc e ho scritto. Qua si conosce justin che pur non conoscendola si preoccupa per la ragazza…è da lui :)
Comunque grazie per le recensioni, sono felicissima che vi sia piaciuto il prologo.
Continuate a recensire e kiss luxi

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Capitolo 3
*** Mi potevo fidare? ***


-Non ti faccio niente…-
-Dicono tutti così- alzai la testa in direzione del mare, non mi girai per guardarlo sapendo benissimo che lui mi stava guardando
-Tutti chi?-
-Chi vuoi che siano tutti? A chiunque mi avvicini mi fanno solo e sempre del male..-dissi alzando un po’ la voce. Mi guardo confuso,scombussolato, alla sua reazione coprii metà volto lasciando in direzione del mare solo gli occhi
-Scusa non dovevo risponderti così- la mia voce ritornò bassa
-No hai ragione…-vide che mi ero pentita e si inginocchiò davanti a me,portando il suo viso all’altezza del mio
-Scusa sono stato io quello indiscreto ma vorrei tanto capire e so che non ti posso costringere a dirlo-accennò un sorriso ma non ricambiai.
Mi guardò un po’ prima di soffermarsi sul braccio di prima. Lo sfiorò appena che sentii un forte dolore…
-Il polso nero che hai, non mi piace tanto..-abbassò lo sguardo e continuò “posso portarti all’ospedale?”Voleva aiutarmi? Gli potevo dare una possibilità? Non credo gliel’avrei impedito perché il polso mi faceva molto male e a guardarlo aveva anche un aspetto orribile ma…
“No non ti preoccupare p…”venni interrotta da un calore sulla spalla mentre lui si era alzato
“Per favore potrebbe peggiorare” sapevo benissimo che stavo procurando un danno a me ma non volevo che vedesse i miei lividi sull’addome e poi che cazzo avevo solo il reggiseno… dio mio che cazzo faccio?
 
Credo si accorse del mio disagio e si accorse anche della camicetta senza bottoni e tutto mi sarei aspettata purchè arrossisse,diventò di un rosso intenso,quasi mi divertii.
 
Pensò cercando di non guardarmi e tutto di un tratto si tolse la sua maglietta. Rimasi un attimo pietrificata dal suo gesto poi me la porse e con un sorriso ma ancora un po’ rosso mi disse “tieni,mettitela” stetti zitta a fissarlo
 
Si tinse di nuovo di rosso
“Giuro che non ti guardo”  sorrise,presi tremante la maglietta dalle sue mani e quando si girò lo guardai a figura intera…
Era infinito quel ragazzo, lo guardavo dall’alto in basso e non finiva più. Sarà anche che io sono piccola ma così stiamo esagerando. Aveva un pantalone beige poco sotto il sedere che scoprivano un paio di boxer neri, un fisico davvero niente male e due braccia grandi che finivano lungo i fianchi.
 
Mi tolsi la camicia che avevo e mi misi la sua maglietta il più in fretta possibile,poi mi rimisi nella posizione in cui ero
-Fatto- sussurrai, lui si girò e si inginocchiò davanti a me mettendo le mani sulla panchina ai miei due lati.
-Vogliamo andare all’ospedale?- inclinando la testa ma mi ritrassi subito non ci volevo andare…
 
Scossi la testa frettolosamente .
-Perché no?- era confuso o almeno questo ero riuscita a capire dal suo sguardo
- L’ultima volta che ci sono andata è perché dovevo…- non volevo dirlo, ripensare a quei momenti mi faceva stare male, molto male.
Inventati una scusa che è meglio
 la vocina nella mia testa aveva fottutamente ragione
 
-Perché dovevo…farmi un vaccino e io ho paura degli aghi, mi sono ripromessa che non ci sarei mai più andata- ok odiavo mentire ma se dovevo coprire un dolore lo facevo…scosse le testa e rise
- Non ci credo- sorrideva, ci aveva creduto…-quanti anni avevi?-
-Sei..- ero salva, meno male
Inventati una scusa che è meglio
-Dai vieni ti terrò la mano - arrossii. Come era dolce…
 
Si alzò e mi prese la mano non dolorante, senza dire una parola mi alzai. Come era calda la sua mano,era inquietante ma anche molto rassicurante la sua altezza.
 
-Vieni- camminammo e io continuavo a fissarlo ,la schiena, gli addominali, le braccia pronunciate ero praticamente una nana in confronto a lui. Quando spostai lo sguardo sul suo viso mi accorsi che  si era accentuato il rossore  forse era perché si era accorto che lo fissavo…
-Cosa hai da guardare?- disse ridendo e mi accorsi che si era girato a guardarmi. Abbassai lo sguardo sul pavimento che era diventato molto interessante.
-We- mi alzò il viso con l’indice – Ti ho fatto qualcosa?- scossi la testa –E allora perché sembra che non ti fidi di me?- secondo te venivo con te all’ospedale se non mi fossi fidata? Ma guarda un po’ questo…
 
-Non mi fido molto delle persone-riabbassai la testa
-Sempre per quel fatto che ogni persona a cui ti avvicini ti fa del  male?- purtroppo era vero, annui tenendo il capo basso
-Non posso dirti di stare tranquilla perché la mia parola non vale niente ma ti posso dire che io non ti farò del male-
-Davvero? Non sei il primo che lo dice eppure mi ritrovo con dei lividi su tutto il corpo e non ho fatto niente per averli- alzai la testa per vedere una persona che stavo trattando male ma che invece non se lo meritava
-Non so cosa veramente ti è successo ma so per certo che qualcuno ti ha tolto il sorriso e se una ragazza non sorride io non sorrido- mi accarezzò il viso con il pollice, anche se non accennavo un minimo di felicità dentro mi sentii rassicurata.
 
 Ricominciammo a camminare e non ci mettemmo molto per  poi fermarci ,credo,davanti alla sua macchina. Mi aprii la portiera come un gentiluomo e mi invitò ad entrare. Entrai e notai che prese dal bagagliaio una maglietta per poi mettersela.
 
SPAZIO AUTRICE
Ed eccomi di nuovo qua a rompere le palle con un nuovo capitolo ;)
Sono stata ultra felicissima di avere avuto così tante recensioni e come vedete mi sono impegnata ad allungarlo …(yeeeee viva me)
Come avete constatato justin è dolce, premuroso,gentile con lei e lei lo ricambia in malo modo ,ma ha anche le sue buone ragioni o sbag

Un altro capitolo lo avrete a breve. Mi raccomando recensite e al prossimo capitolo. Kiss luxi

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Capitolo 4
*** all'ospedale ***


Entrò poi lui in macchina
-Andiamo?- annuii debolmente e spostai lo sguardo fuori dal finestrino. Mi sentivo male dopo aver trattato justin così,dopo che lui era stato così gentile con me, stavo sempre sulla difensiva con chiunque, ero fatta così e mi dispiaceva molto averlo trattato in quel modo. Non volevo che mi succedesse quello che è accaduto con gli altri e di certo non mi sarei fatta più toccare ma justin è…come dire…boh sceglietelo voi una parola che lo descrive,è stato diverso a modo suo.
 
Non mi piaceva quello che vedevo sul mio corpo, ero terrorizzata anche solo il pensiero di vedermi allo specchio. Guardavo e dietro ogni livido, graffio o quant’altro c’era una ricordo doloroso, li conoscevo a memoria e anche se i lividi scomparivano il ricordo restava…
Guardavo e ricordavo tutto ogni minimo particolare,vorrei non avere una vita di merda oppure non essere mai nata almeno avrei sofferto meno.
Pov justin
Non capivo molto,non capivo come si era fatta quei lividi o come si fosse rotto il polso  ma era mio dovere scoprirlo.
E se fosse stato qualcuno ? Forse l’ex, se l’avessi tra le mani non so cosa gli farei.
 A nessuna ragazza deve essere tolto il sorriso perché nessuna merita di soffrire. Ha detto che a chiunque si avvicina le fanno del male, mh…
Se potessi fare qualcosa lo farei, ma cosa?
 
Girai la testa per un secondo e non mi piacque quello che vidi…
Si toccava lievemente i lividi e piangeva. Agii per impulso, accostai la macchina in un punto dove non ci potessero vedere e scesi, raggiungendo la sua portiera. La aprii e mi sedetti sul bordo del sedile.
 
 L’abbracciai e cominciò a piangere più forte, le accarezzavo il viso raccogliendo ogni lacrima che versava. Non sapevo cosa fare ma sicuramente non l’avrei lasciata sola…
 
Tremava e piangeva, piangeva e tremava, perché doveva soffrire così? Una persona non si meritava questo e soprattutto una ragazza, odiavo l’immagine di un ragazzo che alzava le mani contro di lei o anche…NO non ci dovevo nemmeno pensare!
 
Ma che cazzo, noi ragazzi siamo più forti e a posto di proteggere,che facciamo? Infliggiamo dolori su dolori?Non mi stava bene…
Guardavo nei suoi occhi e vedevo un blu spendo, un blu che si era spento per colpa di qualcuno. Che rabbia avevo,che rabbia vedere così una persona.
 
Si stava calmando e tirai un sospiro di sollievo. Stava con la testa sulla mia spalla, con il viso rivolto verso il mio collo. Le mie mani sulla sua schiena e le sue sul mio petto.
-Grazie- sussurrò con un filo di voce, sorrisi e non risposi
Stemmo minuti interminabili,con un silenzio che poi si fece imbarazzante.
-Meglio?- decisi di rompere quel silenzio oramai creatosi fra noi. Annui e io mi risedetti al mio posto. Ci volle pochissimo per arrivare all’ospedale…
 
Entrammo e cercammo un dottore, che poi fu lui a trovare noi
-Ciao julie- disse un uomo sulla cinquantina, poco più basso di me. Capelli quasi interamente bianchi e occhi marrone scuro. Aveva gli occhiali, un camice bianco e una cartella tra le sue mani.
-Ciao robert- in confronto a tutti la sua voce era molto bassa,però non sembrava felice di vederlo.
-Ti sei ripresa dall’ultima volta? Ti fa ancora male?- cosa? Dal vaccino?
-Si ora sto bene, grazie- assunse uno sguardo abbastanza triste. Non capisco…
-E chi è questo bel giovanotto? Il tuo ragazzo?-  arrossii e così anche lei. Scosse la testa e mostrò il polso.
-Dio santo ancora tuo padre oppure i tuoi ex?- mi sentii morire dentro, il padre? gli ex? Perché loro?
-Papà- sussurrò, ecco se prima stavo male ora stavo peggio
-Vieni con me- ci portò in una stanzetta appartata, controllò il polso e sbuffò.
-Qua dobbiamo mettere il gesso, è stato peggio dell’altra volta- cosa? Altra volta?
 
Era abbastanza sorpreso, il padre le aveva messo le mani a dosso? Perché tanta violenza contro chi ha dato vita lui stesso? Più mi facevo domande, più diventavo confuso. Una dopo l’altra affioravano e a tutte nessuna risposta…
 
La portò in una stanza più grande dove io non potetti entrare. Stavo lì a pensare e a ripensare, ad andare avanti indietro. Il padre, gli ex, non era la prima volta. Da quanto durava questa storia?...
 
I miei pensieri furono interrotto dal dottore di prima
-Julie mi ha raccontato tutto, non sei stato tu a…picchiarla- abbassò lo sguardo a quella parola, io ero sempre più sconvolto da ciò che stavo vedendo e ascoltando.
-Che posso fare?- dovevo aiutarla
-Ragazzo tu non puoi fare niente è solo lei a decidere- perché non potevo fare niente? L’impotenza mi distruggeva.
-Senti solo una cosa, lei ha molta paura di te, ha paura che anche tu…beh hai capito-
-Non sono quel tipo di ragazzo- mi arrabbiai
-Lo so ma è più forte di lei non fidarsi delle persone,non lo fa a posta, ma dimostrale di non essere quel tipo di ragazzo. Fa che si fidi di te e non devi mai tradire la sua fiducia. Lei ora è chiusa in se stessa per questi 18 anni di merda. È da quando è nata che deve subire questo, è una routine continua ,per lei, stare qua. Per cosa le fa il padre o altri. Ti prego aiutala tu, io non posso-
-Perché?-
-Perché il padre a me mi conosce e sarebbe anche più violento se sapesse che è scappata- mi porse un bigliettino da visita- questo è il mio numero privato. Chiamami quando vuoi, se mette ancora le mani a dosso a julie. Per favore aiutala tu- non avevo mai visto un uomo così, aveva anche gli occhi lucidi.
-Non la toccherà più- abbozzò un sorriso e mi indicò di entrare nella stanza in cui aveva portato julie.
 
Bussai ed entrai. Vidi julie con il gesso al braccio destro, seduta su un lettino. Mi avvicinai lentamente. Mi misi di fronte a lei –Come stai?-
-Meglio- toccandosi il gesso
-Vieni con me- annui e scese dal lettino, salutammo il dottore e ci incamminammo verso la mia auto
*    *    *
Da li a casa mia ci volle un po’ e lei intanto si addormentò. Avevamo parlato poco e niente dall’inizio del viaggio e le parole del dottore mi risuonavano ancora in testa.
Lei ha molta paura di te…
Fa che si fidi di te…
Si ma come? Non posso obbligarla a fare niente.
Mi sentivo distrutto e davanti a questa situazione.
 
SPAZIO AUTRICE
Salve a tutte!
Un altro capitolo di questa storia…
Mi hanno chiesto ininterrottamente di pubblicare un altro capitolo e io l’ho fatto dato che tenevo il tempo. Questo però non significa che vi lascerò in sospeso per qualche settimana. Non accadrà…forse l’unica settimana che salterò sarà quella in cui farò l’esame ma credo aggiornerò prima…
Grazie tante per le recensioni sono tutte fantastiche e bellissime.
Ciao, ciao luxi  :) 

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Capitolo 5
*** a casa di justin ***


Arrivammo a casa mia, parcheggiai nel garage. Stava ancora dormendo e di sicuro non l’avrei svegliata. Scesi dall’auto e aprii la sua portiera senza fare eccessivamente rumore.
Sembrava una bambina,era rilassata, forse questo era l’unico momento per lei di felicità.
 
Era anche molto bella,capelli neri e mossi,raccolti in una coda alta. Occhi azzurri da far invidia a chiunque,magra e statura bassa ma anche con l’ultimo dettaglio era davvero una bella ragazza, peccato per i lividi…ma non era colpa sua. Le baciai la fronte
 
La presi in braccio e la portai in camera mia. Fortunatamente avevo una stanza per gli ospiti ma non era pronta ad accogliere qualcuno. La appoggiai sul mio letto e levandogli le scarpe le rimboccai le coperte ed uscii dalla stanza.
 
Chiusi la porta d’ingresso che avevo lasciata aperta e mi andai a fere una doccia, mi cambiai e mi addormentai sul divano.
Pov julie
Aprii gli occhi e misi a fuoco ciò che mi circondava. Ero sotto una coperta bianca molto sottile. Mi alzai con il busto e non riconobbi dov’ero,era una bella camera, in ordine, sistemata. Vidi le mie scarpe appoggiate a terra e mi controllai che avessi tutto a dosso…
 
Decisi di alzarmi totalmente e poco a poco ricordai tutto. Mio padre, justin, il dottore.
Aprii la porta lentamente e guardai prima di incamminarmi nel corridoio che mi portò al salotto. Trovai justin che dormiva sul divano, era buffo. Ogni tanto cambiava espressione del viso e mi faceva ridere.
 
Decisi di svegliarlo, mi misi davanti a lui e gli accarezzai i capelli, la guancia finche, quando apri gli occhi, sobbalzò- Julie- annuii e  si sedette sul divano , io stavo seduta a terra
-perché mi hai portato qui?- la mia voce bassa non mi aiutava molto, infatti dovetti ripetere
-Vedi non conoscevo casa tua e forse dopo quello che ti è successo non ci volevi ritornare- abbassai lo sguardo e portai le gambe al petto, ricordando a malincuore quei momenti.
-Ehi- si sedette vicino a me – se vuoi rimanere qui per me non c’è nessun problema, ho un’altra camera e poi non voglio che ti succeda ancora ciò che è successo oggi- mi girò  il viso per guardare dritto in quei occhi color caramello, arrossi per ciò che aveva detto. Potevo fidarmi di lui. Mi lascio un leggero bacio sulla guancia e si alzò, facendo alzare anche me. Mi prese la mano.
-vai a farti una doccia, ti lascerò i vestiti puliti sul letto- annui e andai nella sua camera.
 Andai nel bagno e assicuratami che avessi chiuso a chiave mi spogliai e mi infilai sotto il getto d’acqua calda, senza che si bagnasse il gesso. Pensai a oggi, a l’incontro con justin, di come mi aveva trattato e di come io l’avevo trattato, all’ospedale, la bugia che gli avevo detto. Tutto in un solo giorno…
 
Finii la doccia e come detto da justin trovai i vestiti sul letto. Rientrai in bagno e mi tolsi l’asciugamano che avevo attorno al corpo. Lo feci non guardandomi allo specchio, avevo troppa paura. Paura di me stessa…
 
 Mi rimisi l’intimo mio, poi un pantaloncino che arrivava al ginocchio e una maglia che arrivava poco sotto la metà coscia. Mi asciugai i capelli non curante di come venivano perché poi si aggiustavano da soli, mi feci una coda e uscii dal bagno lasciandolo come l’avevo trovato.
 
Mi sedetti sul letto con il cellulare in mano e la musica nelle orecchie ad annotare l’ennesima nota, scrivendo ciò che era successo…come un diario.
 
 
SPAZIO AUTRICE
Ciao! ;)
Sono felicissima, ho letto tutte le recensioni dal mio cellulare e mi è venuta un’allegria enorme. Mi sono detta, mica posso lasciare le mie lettrice in sospeso su questa storia?
Allora, anche se con controvoglia della mia cara mamma, ho deciso che avrei scritto un capitolo. Ci sono stata solo un’ora e in quest’ora ho scritto questo.
So che è corto, ho ricevuto tante di quelle cazziate da una mia amica sulla lunghezza ma mi farò perdonare…spero.
In questo capitolo si vede che lei resta da lui per non tornare dal padre. Justin è dolce, carino e sembra che la ragazza si sta piano, piano iniziando a fidarsi di lui.
 Ho lasciato questo capitolo in sospeso, senza far trapelare niente di ciò che accadrà nel prossimo.
E detto questo vi lascio, sperando in tante recensioni belle come le precedenti.
Ciao ragazze, luxi

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Capitolo 6
*** l'inizio di una lunga amicizia ***


Bussarono alla porta e scattai in piedi.
 Aprii lentamente facendo sporgere solo l’occhio. Sapevo che potevo fidarmi ma era davvero più forte di me.
-Ciao- una voce calda arrivò al mio orecchio, salutai con la mano senza dire niente.
-Che fai?- mostrai il cellulare da cui penzolavano le cuffiette
-Ok. Vieni a cenare?- scossi la testa, non volevo niente avevo lo stomaco sotto sopra. Volevo solo riposarmi e dimenticare la giornata che oramai era al termine.
 
-Dai vieni, non sai nemmeno cosa ti ho preparato- si avvicinò allo stipite della porta e si abbassò fino a far allineare i nostri occhi
-Non mi far sentire bassa- mormorai.
-Ma tu non sei bassa, sei diversamente alta-  me lo ritrovai davanti quasi ebbi paura, abbozzai un sorriso solo per lui. Era l’unico che mi trattava bene…
 
E a ogni azione corrisponde una reazione..si ma la sua non fu una reazione normale…
Si mise a saltellare da una parte e dall’altra come un bambino ripetendo più volte  -Julie mi ha fatto un sorriso, julie mi ha fatto un sorriso- mi venne da ridere, era ancora più buffo di quando faceva le facce strane nel sonno.
 
Apri la porta velocemente, mi prese per mano e mi portò in cucina. Lo seguii ridendo, si fermò davanti a  una lavagnetta appesa al muro, prese un gessetto.
-Oggi…-scrivendo sulla lavagnetta-…Scusa quante ne abbiamo?- si voltò verso di me, tenendomi ancora la mano.
-Boh- risposi.
-Ok, oggi boh..- scrisse- Del mese…in che mese siamo?-
-Boh- risposi
-Mamma mia quanto aiuto- disse sarcasticamente con un sorriso sulle labbra, feci spallucce.
-L’hai voluto tu- si girò verso la lavagnetta – Oggi boh del mese boh dell’anno…-si girò in tempo per zittirmi – Non me lo dire- risi
- Ma così mi levi tutto il divertimento- dissi facendo la bambina, sorrise e così anche io
- Dell’anno boh- continuò –Io Justin Bieber ho fatto sorridere Julie…-si girò verso di me
- Jackson - stette li a fissarmi poi scrisse e firmò sotto il testo che aveva scritto, mi porse il gessetto. Lo presi e firmai.
-Anche tu mancina?- annui
-Vieni ceniamo- facendomi sedere su uno sgabello vicino l’isola della cucina
-No non ho  voglia di niente- faccio per scendere che lui mi blocca
- Dai fammi compagnia-
-Ok- mormorai
 
Prese dei grissini e il barattolo di nutella. Ne intinse uno e me lo porse.
-Neanche questo vuoi?-
-Così mi tenti- sorrise, mi aveva sentito. Lo presi e aspettai lui
-Allora..- si sedette vicino a me – mi dica julie Jackson qualcosa che le piace fare-
-disegnare- risposi io
-Mmh…-
-Non ci credi?-scosse la testa- Te lo dimostro- presi una penna e un foglio  e lo ritrassi. Quando glielo mostrai la sua faccia era epica.
-Sei davvero molto brava..-
-Dai- gli porsi la penna – Fammi tu la prima dedica sul gesso-
-Me- si portò una mano al cuore-sono onorato- sorrisi e gli misi il braccio davanti. Lui coprì con tutto il busto il gesso non facendomi vedere. Mi dava le spalle.
 
Era gia da molto che scriveva e io ero curiosa.
-Che stai scrivendo? Un romanzo?-
-Fammi finire-si lamentò, mi inginocchiai sullo sgabello e Per la prima volta mi sentii alta :)
Mi appoggiai a lui e sporsi la testa. Eravamo guancia a guancia…
Pov justin
Arrossi appena sentii il suo petto contro la mia schiena. Scrissi tutto di un botto”alla ragazza più bella che conosco. Quella che sulla spiaggia stava piangendo e ora sorride. Un bacio grande justin” rilessi e mi sentii sciocco per quello che avevo scritto. Non potevo cancellare
-Sai che è ancora mio il braccio, vero?-ridacchiai, lo tenni il più possibile per non farglielo vedere.
-Mi dici cosa hai scritto?- cercò di tirare il braccio verso di se. Lo tenni stretto ma riuscì lo stesso a far sgusciare il suo braccio dalla mia presa. Per mi sfortuna lo lesse, avvolte dovevo pensare prima di agire.
 
Vidi un sorriso comparire sul suo volto appena lo lesse, mi sentivo stupido ma se quella sensazione faceva sorridere lei allora ne valeva la pena.
-Grazie justin - mi abbracciò. Si poteva sentire da quelle due parole che non era così felice da tanto.
 
Ricambiai quell’abbraccio, che a mio parere, era il più bello che avessi mai ricevuto. Il più sentito, il più caloroso…
Dentro c’erano tante emozioni, che lei aveva sopportato una dopo l’altra. Avendole incassate e mai ripercosse su qualcuno.
 
Nessuna l’aveva mai abbracciata con dolcezza come feci io, nessuno si era mai sognato che dietro una ragazza ci fosse un tipo di storia simile, nessuno aveva mai pensato di abbracciarla anche solo per un attimo, per gioco…
 
Quegli abbracci non dati, l’hanno fatta soffrire e chiudere in se stessa. Giorno dopo giorno si è costruita un muro intorno a se, un muro non facile da rompere. Quel muro è stato una causa del suo male…
Hanno solo pensato a un oggetto da usare quando volevano e non una persona.
 
Pensai a cosa avesse detto il dottore o ancora ciò che mi aveva detto, a stento, lei.
Sentii una forte fitta al cuore, risentire quelle parole nella mia mente mi diede tanto male. Erano oramai impresse nella mia mente e non credo che facilmente me le sarei tolte…
 
Svanirono i miei pensieri quando, tutto a un tratto,  ruppe l’abbraccio e  mi accarezzò la guancia con l’unica mano disponibile a far toccare la mia pelle con la sua. Mi persi in quegl’occhi  tra il blu e il turchese con sfumature di viola.
 
Mi guardavano, quegl’occhi che avevano versato molte lacrime. Troppe per una sola ragazza…
 
Mi diede un bacio in fronte, mi sentii perdere in quel tocco di quelle labbra sulla mia pelle. Durò un secondo ma anche meno. Fece allineare di nuovo i nostri occhi e mimò con le labbra un grazie. Appoggiai la mia fronte contro la sua, sarei rimasto ore a guardarla.
 
Le parole che mi uscirono dopo quell’esatto momento, furono le parole che non mi sarei mai sognato di dire a nessuno.
 
- farò di tutto pur di vederti sorridere- infatti un sorriso vidi comparire sulle sue labbra. Mi sentii…bene, forse anche qualcosa in più. A dirla tutta non spigai nemmeno a me stesso cosa stavo provando perché in quel momento la mia mente era altrove.
 
Perdersi in quegl’occhi era facile, ma scoprire cosa c’era dietro era straziante. Una moltitudine di dolori si nascondevano dietro essi e io ero disposto a porre fine a quei dolori. Non sapevo né come né quando ci sarei riuscito ma ci avrei provato e,credetemi, avrei  fatto di tutto…
                                       *        *       *      *       *
 
Chiacchierammo tanto, era facile parlare con lei, di qualsiasi argomento avessimo trattato ci finivamo per ridere e per scherzarci su. Era qualcosa di meraviglioso vederla sorridere e sapere che fino a poche ore prima stava su una spiaggia a piangere per ciò che le avesse fatto il padre, era gratificante vederla così.
 
Ma quei pensieri subito se ne andarono dato che volevo godermi la conversazione con lei. Stava sullo sgabello, seduta su una gamba. La mia maglietta gli cadeva morbida sul corpo e  il pantaloncino che arrivava al ginocchio anche esso morbido dato che era largo.
La scrutavo dall’alto in basso e mi soffermai sul suo polpaccio, sembrava allenato. Non era proprio la tipa da sport…
-Fai sport?- chiesi io di getto senza neanche pensarci
-No- una risposta secca e diretta
-Allora perché sembri allenata?- indicando il polpaccio
-Vedi io non faccio sport ma cammino molto, cerco sempre posti, lontani o vicini che siano,in cui ci sia calma e dove uno possa pensare in pace- si fermò e mi guardò dritto negl’occhi- e se ha anche un bel paesaggio ci faccio anche un disegno- sorrise
- Bene quindi ami stare in pace per conto tuo- precisai io
-Credo che chiunque faccia bene stare in pace ogni tanto, è vitale staccare un attimo dalla vita quotidiana e trovare del tempo per se stessi. Staccare il cervello da tutte le pressioni, le preoccupazioni e cose varie che ognuno ha indipendentemente dall’età è fondamentale-
-Che vuoi dire che chiunque ha problemi?-
-Certo dai bambini agli anziani, chiunque ha il proprio problema che sia sociale, d’amore o familiare- era tranquilla, non sembrava affatto triste per ciò che non avesse.
-Ah si? E  quelli che hanno soldi, amici e fama. Non hanno problemi-ok ero un cretino.
-Chi te l’ha detto che non hanno problemi?- puntualizzò
-Sembrano non ne abbiano-
-Hai detto bene,SEMBRANO che non ne abbiano ma invece ne hanno più di tutti noi messi insieme- appoggiò le braccia sul tavolo e la testa su esse
-Ma sono circondati da tante persone-
-Di cui non si possono fidare perché stanno lì solo e unicamente per la fama. Sono così le persone prima ti amano e ridono con te e poi ti disprezzano e ridono di te. Non ci puoi fare molto è la vita-
-Perché hai fottutamente ragione?- rise
-Perché ho esperienza su chi ti devi fidare e chi no- sospirò- Ho sbagliato tante volte che ho perso il conto-
-Se sbagli non è colpa tua- era triste e aveva perso il sorriso
-E allora di chi è la colpa? Tutto ciò che faccio sembra sbagliato, tutti hanno la vita rose e fiori, invece io, devo avere la vita diversa e perché? Per uno stronzo, che è mio padre?- la ragazza aveva molto da sfogare ma non è l’unica a soffrire…
 
SPAZIO AUTRICE
Hola! :D
Sono in ritardo, lo so.
Per chi lo volesse sapere sono guarita. Volevo pubblicare prima ma il capitolo non mi piaceva e l’ho cancellato una quindicina di volte prima di questa schifezza -.-‘
Passiamo al capitolo, che è meglio…
Qua si scopre la ragazza, un sorriso dopo l’altro justin riesce a tirar fuori. Ma alla fine dice che non era l’unica a soffrire, infatti, anche justin ha un suo passato…
Di cosa si tratterà? Qual è il passato di justin?
Vi lascio così visto che non voglio dire altro.ù
Ciao ciao, tanti baci
luxi

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Capitolo 7
*** l'inizio di una notte piena di scoperte ***


Ebbene si, non era l’unica a soffrire. Non raccontavo a nessuno ciò che avevo passato perché non avevo voglia di passare per il “poverino”. Era diversa dalle altre persone, non solo per la storia che si celava dietro lei ma anche perché, seppure avendone passate tante, sorrideva e, per me, era un esempio ma per me era lo stesso un problema parlare del mio passato.
 
In qualche modo se ne accorse che ero pensieroso e non so perché ma mi lesse dentro.
-Che hai? Me lo vuoi dire?- solo due domande ed ero molto confuso, ero sorpreso, nessuno si era mai degnato di chiedermi come stavo. Credevo fosse meglio che non me la facessero, non lo so, per qualche assurdo motivo, ero sollevato al pensiero di non rispondere a quella domanda. Ed era, forse, per questo che lei non ebbe una risposta da me. Non avevo mai pensato a una risposta perché nessuno mi aveva mai porto questa domanda…
 
-Oh- richiamando di nuovo la mia attenzione.
-Niente- bella risposta. Mi complimentai con me stesso, di certo non se ne sarebbe accorta che avevo qualcosa. Ora, era certificato che ero un coglione…
 
Infatti la sua risposta fu molto esplicita ovvero mi guardò con uno sguardo a dire “ma che cazzo stai a di?”
 
In quell’esatto momento, la mia mente cominciò a cercare una risposta più che valida, ma al mio malgrado, non trovai niente.
-che c’è ho detto qualcosa di sbagliato?- prima avevo la certificazione, ora avevo la laurea da coglione. Ero un caso perso…
 
Aveva sempre la testa sulle braccia, a differenza di prima, aveva gli occhi chiusi.
-non nasconderti- si limitò a dire e io risposi senza riflettere.
-ma leggi nella mente?- ma perché cazzo non pensavo prima di rispondere. Lei rise.
-no non leggo nella mente ma conosco le persone- frase limpida e coincisa. E allora perché mi sentii più confuso di prima? Perché, almeno a lei, non raccontavo tutto?
Scossi la testa per togliere dalla mia mente quella domanda di cui già conoscevo la risposta. NO.
 
-non indago. Se me lo vuoi dire, sarai tu a dirmelo- le accarezzai la guancia, che sotto il mio tocco diventò rosea. Sorrisi a quella reazione, era timida.
 
Mi limitai a sorriderle,non feci altro che guardarla. Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso, anche se la mia mente mi diceva “non guardarla, che poi fai la figura del maniaco”.
 
La mia mente diceva una cosa, i miei occhi un’altra. Gli occhi oramai non rispondevano più ai miei comandi,erano come incollati alla figura della ragazza che stava di fronte a me.
 
Riuscii a staccare gli occhi solo quando un tuono sovrastò i miei pensieri. Sentii sotto la mia mano che a quel tuono julie si irrigidì.
 
-Hai paura?- tutto di un fiato dissi
-No, no non ho paura e che mi ha colto di sorpresa- qualcosa dentro di me disse che stava mentendo.
La guardai in modo interrogativo quando poi mi accarezzò la guancia e mi diede la buonanotte per poi andarsene in camera.
 
Stavo sempre lì, seduto su quello sgabello a pensare e a ripensare. Non credevo a ciò che mi aveva detto julie, non lo so, quella stupida vocina che mi ripeteva di seguirla e di non lasciarla sola…
 
SPAZIO AUTRICE
Non ho mai visto capitolo più corto di questo…
Sono in un mega ritardo e vi ho deluso ma capitemi tra tre giorni inizieranno gli scritti dell’esame e io sono fottuta, nel vero senso della parola.
Mi impegnerò ad allungare la schifezza di storia che storia sto producendo.
Intanto, sono stata una bastarda a non mettere il passato di justin e mi scuso con tutta la miriade di persone che mi hanno mandato un messaggio privato dove  mi chiedevano il capitolo con il passato di justin. Chiedo perdono…
Vi avverto il prossimo capitolo non so quando lo pubblicherò. A tutti quelli che leggono la mia storia una buona estate, per quelli che fanno gli esami, un augurio grandissimo.
Tanti baci,
Luxij 

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Capitolo 8
*** anime ferite ***


Caso strano, in quel momento feci tacere quella vocina e mi diressi in camera. La dovevo ancora preparare…
 
Pov julie
 Andai in camera, chiusi la porta e mi appoggiai ad essa sperando che justin mi avesse creduto. Cazzo però, l’unica persona buona che incontro nella mia vita e in meno di 12 ore gli ho già detto due bugie, delle quali non dovrà sapere la verità perché…mettiamola che è difficile raccontare il passato soprattutto se è come il mio.
 
Feci scivolare la schiena lungo la porta per poi sedermi a terra. Era difficile si, ma non dovevo essere triste davanti a lui, non voglio che mi prenda per la povera ragazza sempre triste per il passato. Non mi piace essere definita così, perché tutto sono tranne che così. È vero, lo ammetto, ho sofferto per il mio passato ma sono sempre riuscita, in qualche modo, a sorridere e a soffocare tutto quello che avevo dentro di me.
 
Alcuni dicono che non fa bene tenersi tutto dentro, e forse è vero, ma loro che minchia sanno di noi? Di come raccontare di noi ci faccia male.
 
Devo essere forte, devo essere forte…è solo questo che mi ripetevo da tanti anni a questa parte. Non dovevo farmi scoraggiare da un insulso ricordo, non dovevo proprio.
 
Ci fu un tuono tanto forte che fece vibrare il vetro della finestra, mi misi subito le mani sulle orecchie per non sentire e scossi la testa, per non far riaffiorare brutti ricordi.
 
Mi passarono davanti agl’occhi le stesse immagini che la mia mente mi costringeva a ricordare,fin da quando ero piccola, la notte più brutta della mia vita…
 
Pov Justin
Mi giravo e mi rigiravo nel letto, non riuscendo a dormire, con quella vocina che aveva ricominciato a tormentarmi.
 
Ma ero anche io preoccupato per Julie, non avrei dormito in pace finché non avrei visto con i miei occhi, che lei stava bene.
 
Mi alzai di colpo, sedendomi poi sul bordo del letto affianco al comodino.  Mi passai più volte le mani sulla faccia, spostai lo sguardo sul cellulare e vidi l’ora, 3:00 a.m.
 
Volevo andare a controllare julie, non sarei stato tranquillo finché non l’avrei vista dormire…
 
Mi diressi verso la porta senza fare rumore, mi affacciai per vedere se c’era qualcuno.
Chi cazzo vuoi che ci sia a casa tua alle tre di notte?
I ladri ovvio!
Ma se hai più serrature tu che tutta Alcatraz messa insieme.
Aspettate con chi stavo discutendo?
Oh dio santo! Ma questo è stupido veramente?Va a controllare julie che è meglio
 
Comunque, ritornando a noi, stavo percorrendo il tratto di spazio che divide camera mia da quella di julie, facendo piano.
 
Arrivai  alla porta, ero insicuro se aprirla o no, di certo se fosse stata ancora sveglia, non saprei che figura ci avrei fatto.
Quella del maniaco
Zitta tu!

 
Appoggiai la mano sulla maniglia e aprii il giusto per inquadrare il letto, ma con mio grande stupore non c’era nessuno.
 
Non andai nel panico ma non restai nemmeno calmo. Dov’era finita?
 
Aprii la porta interamente, scrutando attentamente ogni singolo angolo di quella stanza. Di Julie, però non c’era traccia…
Pov Julie
Stavo piangendo ormai da molto ma comunque non riuscivo a smettere, mi asciugavo in continuazione gli occhi, tiravo sul col naso e pensavo…
 
Non ce la feci più, volevo andare a dormire e pensieri o no, ce l’avrei fatta a chiudere gli occhi. Sarebbe stata la prima volta che andavo contro a me stessa ma di certo non potevo continuare così, sempre a piangermi a dosso e a pensare al passato, dovevo andare avanti.
 
Alzai gli occhi nel preciso momento in cui un’ombra spalancò la porta. Ero seduta di fronte alla porta con la schiena appoggiata contro il muro, man  mano che l’ombra si avvicinava più riconoscevo quegl’occhi color caramello che tanto mi piaceva guardare.
 
-Mi hai fatto preoccupare- si leggeva benissimo che dentro si era spaventato ma non osava scomporsi. Si inginocchiò davanti a me, diventando ancora più visibile.
-Perché stai qui?- non seppi che rispondere a quella semplice domanda.
 
Non mi chiese più niente, si limitò a prendermi per mano, a farmi alzare e ad abbracciarmi.
 
Persi la concezione del tempo tra le sue braccia e lo benedii per quanto stava facendo per me.
 
Il suo calore riscaldava tutto il mio corpo, non seppi muovermi da quella posizione, no perché non potevo ma perché non volevo. Era la prima volta che mi sentivo al sicuro, al sicuro da tutto. Non mi poteva accadere niente…
 
Cercò un contatto visivo che io di certo non gli avrei negato, mi guardò dritto negl’occhi, una parte del dolore che stavo provando fino a poco tempo prima scomparve, intorno a noi non c’era niente, non vedevo oltre due centimetri, quella distanza che separava i nostri visi.
 
Oramai, catturata da quegl’occhi, dalla dolcezza con cui mi accarezzava il viso e dall’innocenza con cui mi guardava, seppi soltanto stringerlo in un abbraccio più forte  ed essere cullata dal battito del suo cuore.
                                                      
Le sue mani vagavano lungo la mia schiena, su e giù senza sosta per rassicurarmi. Non ci voleva molto, ogni gesto d’affetto lo accettavo, ero cresciuta col terrore di stare in casa, quella che io osavo ancora chiamare famiglia non era una famiglia ma un gruppo di persone che si facevano male l’un l’altro.
 
Però quello che fece mia madre davvero non me l’aspettavo, da lei ho avuto il tradimento peggiore, quella che non era nemmeno mia madre ma solo la moglie dello stronzo che andava a puttane. È stata lei a dire a mio padre di abusarmi tanto essendo piccola non avrei opposto resistenza, lui accettò ed è stato proprio allora che incominciò l’inferno.
 
Che potevo fare? Mia sorella stava nella mia stessa situazione, non poteva aiutarmi anche se tutte le volte, senza pensarci due volte, si metteva tra me e mio padre. Diceva ogni volta, che doveva essere sempre la prima così che quando sarebbe passato a me sarebbe stato più calmo.
 
L’ ammiravo sempre, in ogni cosa che faceva. Era brava, le piaceva cucinare, ballare, cantare. Sempre sorridente, sempre ottimista, non si perdeva mai d’animo e continuava la sua vita come se nulla fosse. Voleva farsi vedere forte da me ma a volte la sentivo piangere la notte e andavo a consolarla come lei faceva con me, era parecchio più grande di me ma comunque le volevo bene.
 
 D’un tratto le mani di justin cambiarono percorso e si avviarono dietro le mie cosce, senza sforzo mi sollevò e mi spinse con la schiena contro il muro. Appoggiai le mani dietro al suo collo e la testa sulla sua spalla.
 
Sentivo il suo respiro sul collo, ogni tanto passava delicato con la punta del naso sulla pelle della spalla. Avevo i brividi, nessun uomo mi aveva mai toccato così dolcemente come fece lui, tutti gli altri dovevano imprimere il loro marchio con la forza e ci erano riusciti dato che avevano lividi su tutto il corpo.
 
Ma lui no, lui si distinse, lasciandomi baci umidi sul collo e sussurrandomi dolci parole all’orecchio. Senza dire niente mi portò nella camera sua dove c’era una poltrona, ci accomodammo su di essa, io a cavalcioni su di lui e lui che mi coccolava aspettando che mi addormentassi.
 
Seppur era il mio unico scopo addormentarmi, non ci riuscivo. Come lui aveva fatto prima con me gli lasciai un bacio alla base del collo, non c’era neanche bisogno di ringraziarlo, lo sapeva già. Mi tirai le maniche lunghe della maglietta che avevo fino oltre le punte delle dita chiudendo poi la stoffa in un pugno, incrociai le braccia sotto il seno e mi rannicchiai sul suo.
-Hai freddo?- la voce di justin risuonò per tutta la stanza. In risposta, scossi la testa e mi addormentai.
 
SPAZIO AUTRICE
Sono passati ben 21 giorni da quando pubblicai l’ultimo capitolo. Oramai le mie scuse verso di voi per il capitolo in ritardo sono quotidiane.
Allora, mi scuso per la milionesima volta del mio ritardo. Fatemi  sapere cosa ne pensate con una recensione, strano che non abbia altre cosa da dire perché di solito lo spazio autrice è più lungo del capitolo,eh..vabbè spero vi piaccia.
Ciao,
luxij 

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Capitolo 9
*** voglia di... ***


Pov justin
Mi svegliai con un raggio di sole che colpiva il mio viso, li per li, non ricordai ciò che era successo la notte prima ma lo ricordai appena vidi una bella ragazza su di me. Si era rannicchiata sul mio petto, doveva aver freddo, le avevo dato solo una maglietta leggera.
 
Sorrisi accarezzandole il viso, le spostai una ciocca di capelli neri per guardarla meglio. Aveva dei bei lineamenti, morbidi, un bel nasino all’insù e delle belle labbra carnose.
 
Odiavo il fatto che qualcuno le facesse del male, non avrei risposto più di me se l’avessi incontrato. La sera prima credo che ormai non si tolga più dalla mia mente, a dir la verità mi vergognavo un po’ a ripensare al mio comportamento.
 
L’avrei protetta in qualsiasi modo, pensare  a quanto eravamo stati vicini oppure quanto eravamo vicini in quel momento mi indusse a stringerla ancora  più a me di quanto era già e le baciai la tempia, non volevo più lasciarla.
 
Mi piaceva il suo profumo, sarei stato ore ad abbracciarla ma purtroppo avevo da fare, dovevo risolvere alcune questioni importanti.
 
Mi feci forza e mi alzai, era leggera, la appoggiai delicatamente sul letto senza svegliarla, presi una coperta più pesante e gliela misi.
 
Mi andai a fare la doccia, mi cambiai e me ne andai. Dovevo incontrare alcuni miei amici che poi mi avrebbero accompagnato a risolvere queste questioni.
 
Pov julie
Non mi sarei mossa da quel calduccio che si era creato sotto quella grande coperta anche se avrei preferito trovarmi tra le braccia di justin.
 
Eh si, non credevo che l’avessi mai detto e invece…
 Mi ero trovata bene tra le braccia di un uomo. Ricordare i momenti con justin della sera prima  mi faceva dimenticare tutti i miei problemi seppur dopo quello che è successo avrei avuto enorme difficoltà a guardarlo in faccia .
 
Non mi era mai capitato di sentirmi felice, di provare emozioni di cui non sapevo neanche l’esistenza, di essere, per una volta, voluta bene. Si, perché io ero solo un errore, una puttana era rimasta incinta di me e indovinate di chi era la colpa? Mio padre. Ve lo sareste mai aspettato?
 
Volevo solo uccidermi quando l’ho saputo, essere un errore non era una bella cosa anzi era molto deprimente ma questa era una dei tanti dolori oramai ero quasi immune a questi, i problemi veri erano quelli grandi.
 
Mi alzai contro voglia da quel bel letto caldo, chissà che ore erano? Mi sfregavo le mani una contro l’altra, faceva piuttosto freddo quella mattina. Mi affacciai dalla finestra e vidi evidenti pozzanghere d’acqua, non mi ero resa conto che la notte aveva piovuto.
 
Camminai ed andai in cucina sperando di trovare justin ma non c’era. Cercai per le altre stanze, bagni, salone, ripostiglio ma di lui nemmeno l’ombra. Era immensa quella casa, vagabondai per la casa per parecchio prima di ritrovarmi davanti ad una porta chiusa a chiave.
 
Avevo imparato a scassinare le porte, sapevo aprire quasi qualsiasi porta perché era capitato che qualche volta mio padre ci chiudeva tutti dentro così da non poter scappare ma per sua sfortuna la notte a posto di dormire, tanto non ci riuscivo quasi mai, mi esercitavo ad aprire le porte con un semplice bastoncino di ferro.
 
Avevo imparato da sola, alcune volte anche facendomi male ma comunque non avrei violato la privacy di justin.
 
Ritornando al fatto che lui non c’era andai verso l’ingresso, l’unico posto in cui non avevo visto, e sentii distintamente il suono delle chiavi nella serratura. Entrò a capo basso per poi sfilare le chiavi dalla porta e alzare lo sguardo verso di me.
 
Vidi bene il labbro inferiore molto gonfio da cui usciva anche del sangue e un evidente livido sulla guancia. Che diamine gli era successo?
 
Pov justin
 
Merda! Era sveglia…
 
Non volevo che mi vedesse conciato così ma credo che sia un po’ tardi ora per nascondermi…
 
Rimase li calma credo che di lividi ne abbia già visti abbastanza  per i suoi gusti, credevo facesse chissà cosa una scenata, una cazziata che sarebbero praticamente la stessa cosa ma questi sono dettagli, invece si avvicinò a me e mi accarezzò la guancia dove avevo quel livido, si vedeva dai suoi occhi che era preoccupata per me e questo mi rese felice.
 
Un calore nel mio stomaco si fece sentire quando mi toccò, dalla guancia scese al collo e poi sulla spalla per poi scendere giù tutto il braccio e prendermi per mano.
 
Mi portò in cucina, io rimasi sulla porta mentre lei continuò per prendere un pezzo di carta e bagnarlo col disinfettante. Tornò da me, si mise di fronte a me.
Stemmo li a guardarci senza sapere cosa fare o almeno io non sapevo cosa fare, lei interruppe il silenzio.
-Allora justin, o ti abbassi tu o mi alzo io, visto che di alzarmi io non se ne parla perché ci  ho praticamente sperato  tutta la vita di essere alta dovrai sacrificarti tu e sederti sullo sgabello quindi se mi fai sta cortesia mi farai felice- sbaglio o c’era qualcosa di presa per culo.
-Tutto pur di farti felice- le risposi allo stesso tono. Arrossì e questa cosa mi piacque particolarmente, non so perché.
-Bene siediti- abbassò lo sguardo.
 
Iniziò a medicarmi senza riuscirmi a guardarmi in faccia, il labbro mi faceva male ma la voglia di baciarla in quel momento era sfrenata. Dovetti contenermi e continuarla a guardarla da lontano.
 
Ma…
 
SPAZIO AUTRICE
Salve!  :)
Per farmi perdonare della mia assenza dei 21 giorni ho pubblicato il capitolo prima. Fatemi sapere se va bene la scrittura e se vi sta incuriosendo…non so perché ma adoro mettervi in suspance. Cosa accadrà? Io lo so…sono una maledettissima bastarda.
Lasciate una recensione, per favore. Grazie
Baci,
luxij

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Capitolo 10
*** ...baciare ***


…la voglia di baciarla prese il sopravvento e mentre mi medicava mi avvicinai pericolosamente al suo viso. So che non dovevo farlo, so che questo gesto mi sarebbe costato la fiducia che stava acquistando  in me ma sapevo anche che se non l’avessi fatto sarei impazzito.
 
Impazzito perché nessuno mi aveva mai trattato come lei faceva con me o impazzito perché tutti mi odiavano invece lei mi sorrideva, impazzito perché nessuno mi aveva più abbracciato, più voluto bene, mi consideravano il mostro,  dalla morte dei miei genitori…
 
La baciai, non mi contenni più, fu un bacio leggero, caldo, casto, un bacio di cui non me ne sarei dimenticato facilmente. Insieme al bacio la avvicinai più a me, volevo sentire il calore  del suo corpo vicino al mio, circondandole i fianchi con le mie braccia, mi sentivo più che bene ma, con mia grande sfortuna, non ci volle molto che la mia mente domò la mia voglia e la ragione si avventò su di me, facendomi alzare dallo sgabello su cui ero seduto e interrompere quel bacio.
Guardai i suoi occhi per un solo istante, mi avvicinai allo stipite della porta dandole le spalle.
-Scusami- quella sola parola e poi mi diressi verso camera mia senza dire più niente.
 
Sbattei la porta della mia camera dietro le mie spalle, volevo buttare tutto per aria, rompere tutto, perché l’avevo baciata? Perché mi sentivo una merda dopo aver guardato i suoi occhi? Perché?
 
Mi avvicinai al bordo del letto dove mi sedetti, mi misi le mani tra i capelli pensando a quello che avevo fatto e non pentendomene. Seppur era durato pochi secondi era stato il primo bacio voluto veramente da me, tutto il resto attorno a me era scomparso in quel momento, volevo solo lei.
 
In quel momento avevo l’adrenalina pura che mi circolava nelle vene, non riuscivo a stare fermo, dovevo per forza fare qualcosa e in quel momento giocavo con la collanina che mi aveva regalato mia madre a mio compleanno, l’ultimo vero compleanno che avessi mai festeggiato.
 
Quanti ricordi nascondeva quel solo piccolo oggetto, ricordo quando sorrideva e illuminava la stanza, il suo profumo, la sua saggezza…
 
Pensando a queste cose mi venne da sorridere, si era spenta troppo presto, era giovane quando mi ebbe, molto giovane. Avevo tanta voglia di riabbracciarla, di stringerla forte a me ma si sarebbe sicuramente pentita di avermi fatto nascere sapendo quello che sono diventato.
 
Pov julie
Non mi posi molte domande su quel bacio, non so il perché ma neanche mi sforzai di trovarlo. Volevo solo sapere perché si era scusato.
 
Stavo ancora lì seduta sulla sgabello dove prima ci stava seduto justin, presi un respiro profondo e mi incamminai verso camera sua.
 
Avevo voglia di vederlo e di abbracciarlo…
 
Mi avvicinai alla porta che aveva sbattuto con tanta forza, la aprii e con le nocche delle dita bussai.
 
Pov justin
Bussarono alla porta, sapevo già chi era non alzai nemmeno lo sguardo per paura di incontrare il suo.
 
Feci un respiro lungo, volevo solo stare da solo ma questo non mi fu concesso dato che vidi dei piedi in mezzo ai miei. Solo ora mi accorgevo di quanto fossero piccoli i suoi in confronto ai miei ai lati.
 
Avevo letteralmente il cuore in gola, ripeto non mi pentivo di quello che avevo fatto ma forse per lei non andava bene.
-Justin…- la sua voce uscì quasi come un sussurro dalle sue labbra. Ebbi un brivido sentendo pronunciare il mio nome. Non volevo compromettere niente di quello che stava nascendo tra noi, un’amicizia che non volevo rovinare ma sapevo benissimo che avevo fatto un gesto che mi sarebbe costato qualcosa.
 
La mia mente diceva che avevo sbagliato ma al contrario il mio cuore diceva che avevo fatto bene. Era come nei film quando al protagonista gli comparivano l’angelo e il diavolo sulle spalle che gli confondevano ancora di più le idee, ma qua non stavamo in un film stavamo nella realtà.
-Guardami…- scossi subito la testa perché non riuscivo anche solo ad immaginare quanto fosse arrabbiata con me.
 
Col suo indice mi alzò il viso facendomi incontrare gli occhi più belli e più dolci che avessi mai visto. Non era arrabbiata o se lo era lo nascondeva molto bene.
-Cazzo fa qualcosa! Non riesco a non pensare che sto sotto il tuo sguardo e che mi stai giudicando per quello che ho fatto, prendimi a schiaffi, picchiami ma fa qualcosa, ti prego- sbottai, non ce la facevo più, stava là senza fare niente mentre io stavo subendo una crisi di nervi.
 
La sua reazione mi sconcertò, rise, quando poi non c’era niente da ridere.
-Per quanto volessi schiaffeggiare anzi picchiare o meglio ancora menare  a sangue, tutti gli uomini che ho incontrato nella mia vita, non vedo il motivo per cui questo lo dovrei fare a te che sei stato l’unico sincero- ok la prima parte mi fece sorridere ma la seconda fu di una tenerezza mai vista prima.
-Per favore dimentica tutto..- l’abbracciai quasi come se avessi paura che disse di no
-Non si può dimenticare il primo bacio- e là proprio mi crollò tutto il mondo a dosso, le avevo dato il primo bacio?
-Ma..- manco mi fece finire che mi interruppe
-Gli altri volevano solo sesso e di certo io non mi potevo opporre- diventò triste tutto di un botto, mi dispiaceva per lei e mi faceva ancora più male vederla triste per colpa di qualcun altro.
 
Le appoggiai la mano su un fianco spingendo fino a che non si sarebbe seduta sulle mie gambe. Mi staccai un attimo per vedere il suo viso, aveva lo sguardo nel vuoto e non potevo neanche pensare a ciò che aveva passato.
 
Chiuse gli occhi e una lacrima ne fuoriuscì, col palmo della mano gliela tolsi dalla guancia e la sostituii con un mio bacio.
 
SPAZIO AUTRICE
Eccomi per una volta puntuale con il capitolo *applauso*
Il capitolo spero lo troviate interessante, mi è piaciuto molto scriverlo anche se l’avrei potuto scrivere meglio, lasciate una recensione e mi renderete la persona più felice del mondo. Grazie infinite per tutti i complimenti che mi state facendo.
baci,
luxij 

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Capitolo 11
*** serata movimentata ***


                                                      *      *      *      *      *
Dopo l’accaduto ci mettemmo a sedere sul letto a ridere e a scherzare per l’intera giornata. Non sembrava fosse in imbarazzo o a disagio, cosa che da parte mia c’era, ma sembrava fosse tranquilla, calma, rilassata.
 
Avevamo acceso la televisione, giusto per fare qualcosa, e come al solito non c’era niente di bello da guardare e mentre parlavamo del più e del meno ci capitò un documentario sulle blatte o comunemente detti scarafaggi.
-No per favore giriamo- disse distogliendo lo sguardo.
-Non ti piacciono gli scarafaggi?- stupida domanda ma lasciamo stare. Non ci riusciva proprio a guardare lo schermo senza fare una smorfia di ripudio nei loro confronti.
-Li odio e ora, per cortesia, gira canale- mi divertì questa cosa.
-No, non voglio girare. Voglio acculturarmi su questo argomento- dissi facendo finta di essere interessato al programma che stavano trasmettendo.
-Sono sicura che non arriverai nemmeno alla pubblicità che già starai dormendo profondamente- per mia sfortuna aveva ragione, mi stavo addormentando ma volevo dimostrarle che potevo resistere.
Non ce la farai mai..
 
Cercò di prendermi il telecomando più volte dalle mani ma fallendo miseramente perché mi ero alzato in piedi. Era in questi momenti che adoravo essere alto…
 
-Senti, non fare il bastardo, non usare cose che io non ho- scossi la testa, mi stavo divertendo.
-Cosa ho io che tu non hai?- dissi il più ingenuamente possibile
-Non ti si addice la parte del santarellino e ora, per favore,dammi il telecomando- era una persona diplomatica, anche se era incazzata nera perché la stavo prendendo in giro, era sempre cortese e gentile.
-Quale parte da santarellino?- le volevo proprio prendere.
-So di essere bassa ma dove non arrivo con l’altezza arrivo con l’intelligenza- non capii subito ma quando si avvicinò a me la cosa iniziò a preoccuparmi. Lei avanzava e io indietreggiavo e così finche non inciampai e mi ritrovai seduto sulla poltrona,subito pensai adesso mi ammazza, ed è stato proprio allora che attaccò.
 
Con un gesto limpido e veloce mi sfilò il telecomando da mano, subito dopo le comparve un sorrisetto beffardo sul volto ma non capii come aveva fatto. Mi ero sicuramente perso qualcosa…
 
La sera non tardò ad arrivare e quando lei se ne accorse guardò l’ora sul cellulare. Non era tardi ma se si era fatta notte vuol dire che avevamo saltato il pranzo e che se non volevamo morire di fame dovevamo mangiare.
-Cosa vuoi per cena?- dissi mentre ci avviavamo nella cucina.
-Cosa hai?-
-Tutto oppure vuoi che ti cucini qualcosa?- aprendo le ante dell’armadietto sopra i fornelli ma lei scosse la testa
-No non ti preoccupare- non sembrava convinta
-Sono un ottimo cuoco, te lo posso assicurare- rise
-Non metto in dubbio le tue capacità di cuoco ma a me basta un bicchiere di latte-
-Ammetti che non ti fidi di me come cuoco- chiudendo le ante e puntandole il dito contro
-Sono certa che sei un ottimo cuoco ma mi basta una cosa semplice- sorrise. Mi piaceva vederla sorridere, era tranquilla col pensiero di essere lontana dal padre e da chi le faceva del male.
 
Sapendo di volerla vedere sempre così e quindi di far continuare la sua felicità, decisi di proporle di vedere un film. Accettò con un dolce sorriso.
-Vuoi la cioccolata calda mentre guardiamo il film?- chiesi già sapendo che avrei avuto un ‘si’ da lei.
-Certo- disse sorridente
 
Mentre parlavamo, io cercavo di preparare la cioccolata che dovevamo bere durante il film ma se avessi continuato così non ci sarebbe stata una cioccolata…
-Cosa vuoi vedere?- chiesi cercando di farle distogliere lo sguardo dalla cioccolata.
-Qualunque cosa ma no horror- sentivo la sua faccia schifata dietro di me.
-Va bene- quando mi vide in seria difficoltà prese lei il comando e mi tolse tutto da mano.
-Faccio io- ridendo
-Perché ridi?-
-Perché ‘l’ottimo cuoco’ non sa fare una cioccolata- soffocando nelle sue stesse risate per non farmi sentire un fallito.
-Hey io so cucinare- facevo l’offeso perché ero offeso.
-Dai no, non fare così- mi dava le spalle ma si sentiva benissimo che aveva un sorriso sulle labbra.
-Non è giusto- appoggiandomi all’isola dietro di lei.
-Cosa non è giusto?-
-So fare la cioccolata- incrociando le braccia al petto.
 
Pov julie
-Nessuno è perfetto, ognuno ha il suo punto debole- risposi con semplicità, infatti, nessuno è perfetto, per quanto una persona cerchi di essere perfetta in tutto avrà pur sempre il suo tallone d’Achille ma non credo che il punto debole di justin fosse la cioccolata calda.
 
Sentii delle braccia avvolgermi i fianchi e una testa posarsi sulla mia spalla.
-Tu sei perfetta- risi, adoravo la sua dolcezza ma purtroppo si sbagliava, non ero perfetta con lividi sul corpo e  lacrime che scendevano appena stavo sola.
 
Era difficile accettare tutto questo ma, in fin dei conti abbiamo una sola vita, una sola chance di essere quello che vogliamo, un tot di giorni che dobbiamo vivere. Alcuni ci riescono…altri no…pazienza!
-Sbagli se pensi questo- era la pura verità, sbagliava.
-Sbagli tu, sei più perfetta di quanto pensi- sorrisi
-Io non penso di essere perfetta- non pensavo niente figuriamoci se pensavo di essere perfetta.
-Visto che sbagli?- disse inclinando la testa per guardarmi.
-Vogliamo prendere questione su una cosa stupida?-
-Non è…- lo interruppi dicendo che era pronta la cioccolata e che mi servivano le tazze, si dimenticò della conversazione avuta precedentemente e io tirai un sospiro di sollievo.
 
Prendemmo la cioccolata calda e ci incamminammo nel salone, ci sedemmo sul divano e a sua scelta guardammo un film. Non ci volle molto che mi stesi, rannicchiandomi su me stessa.
 
Pov justin
La vidi rannicchiarsi su se stessa e subito pensai che avesse sonno, così glielo chiesi ma rispose di no e continuò a guardare il film.
Io ero sempre più assonnato ma non volendola lasciare da sola resistetti il più possibile. Morfeo mi avevo preso di mira, per lui, dovevo addormentarmi per forza ma io non mollavo e continuavo a resistere.
 
Quando mi chiamò julie, sobbalzai, stavo pian piano abbandonandomi al sonno più completo…
-Domani vado a casa mia- poche parole e stavo morendo là terra. Cosa? Voleva andare a casa sua? Era impazzita?
-Spero di aver sentito male, dimmi che ho sentito male- ero sconvolto, questo era sicuro. Il mio sguardo credo avesse la preoccupazione che usciva da tutti i pori ma lei sedendosi accanto a me mi disse che non avevo sbagliato ad ascoltare e che ci sarebbe andata domani mattina.
 
Un misto di preoccupazione e paura prese a circolare nel mio corpo, diceva di non preoccuparmi e che sarebbe andata là solo per prendere un paio di cose e dei soldi.
 
Ammetto che mi calmai molto ma comunque se l’avesse vista il padre sicuramente non avrebbe esitato ad alzare le mani.
-Vengo con te- mi prese la mano e scosse la testa -Perché no?-
-Perché devo andarci da sola, ho già pianificato tutto-
-E se tuo padre ti scoprisse?- ero più preoccupato io che lei
-Mi sono già messa d’accordo con mia sorella, loro saranno già usciti quando io entrerò- annuii con la testa anche se controvoglia.
 
Ci rimettemmo a guardare il film, lei accanto a me e io pregavo che il giorno seguente andasse come aveva pianificato julie. Non mi piaceva il fatto che ci andasse da sola ma comunque non potevo obbligarla a portarmi con sé, quindi io dovevo fare la parte di quello che stava a guardare in un angolino senza poter far niente. La cosa mi irritava ma nelle mie capacità non potevo aiutarla.
 
Sapevo benissimo che era preoccupata più di me ma non lo dava a vedere. Non riuscivo a non pensare all’indomani a cosa sarebbe successo e a come si sarebbero svolti  i fatti, come aveva predetto julie o ci sarebbe stato qualche imprevisto?
-Justin calmati, ti sento tremare- appoggiandomi una mano sulla gamba.
-Io sono calmo- si, si come no.
-Anche io sono in ansia ma mica posso stare tutte le notti a tremare con il pensiero che mio padre prima o poi mi scopra? Si va avanti e ora è il momento di voltare pagina. Credimi sono la prima ad aver paura di mio padre ma non posso vivere sempre con il terrore addosso, vedrò cosa posso fare domani e cosa potrò fare in futuro. Mi butto il passato alle spalle, anche se non è facile, e continuo la mia vita. Abbiamo una sola vita e io questi 18anni li ho buttati letteralmente nel cesso, è stata mia la colpa che tendevo a giustificare le persone a cui CREDEVO di voler bene e credevo loro ne volessero a me. Ho fallito io che non ho fatto prima i bagagli e non me ne sono andata e così anche mia sorella. ORA faccio i bagagli e ORA me ne vado, non devo dipendere più da nessuno, denuncio mio padre e tutti gli altri che mi hanno fatto del male, le prove le ho addosso, non possono togliermele dalla pelle- mostrandomi vari lividi sulle gambe e sulle braccia – reagisco ora solo perché prima non ne avevo il coraggio e ne tirerò fuori anche mia sorella. Su questo non ci sono dubbi- doveva sfogare molto quella ragazza, voleva partire di nuovo da zero e credetemi, l’avrei aiutata in qualsiasi modo.
 
-Lo so che non puoi vivere nel terrore ma è pur sempre un rischio grosso- non volevo fermarla perché era decisa e io non sono niente ma almeno dovevo metterla in guardia.
-I rischi grossi si devono correre altrimenti la vita non cambierebbe mai. Fino ad ora sono stata io a subire tutte le ingiurie e tutti malintenzionati di questo mondo, sono stata stupida perché volevo vedere solo il buono delle persone invece di vederle per come erano in realtà- mi guardava con gli occhi di una persona che voleva vendetta. Voleva solo prendersi ciò che gli era stato negato.
-Non darti la colpa perché non è tua-
facile dirlo ma analizziamo i fatti, chi è che si è fatta trattare così per così tanto? Chi è che non reagiva? Chi è che passava le notti a piangere perché l’avevano appena abusata? La risposta è una sola IO-
-Sei troppo severa con te stessa- ammettiamolo lo era.
-No justin non sono severa sono rassegnata, rassegnata dal fatto che 18 fottutissimi anni sono andati persi per colpa di una sola persona, rassegnata dal fatto che ciò che sto dicendo è vero e rassegnata perché non ce la faccio più, perché per accettare che la colpa,anche se è solo una piccola parte, sia tua ti rende fragile e rimpiangi quei momenti in cui tu potevi cambiare tutto e invece non ti sei mosso. So che è colpa mia e so anche che me ne sono accorta solo ora ma non è mai troppo tardi per cambiare e per cambiare la propria vita- stava per mettersi a piangere me lo sentivo, quegl’occhi che tanto mi piacevano si incupirono mostrandomi una parte di julie che non conoscevo e, secondo me, neanche lei conosceva. Per lei era dura, per lei era come ricevere una coltellata che non ti uccide ma ti fa solo soffrire e così da farti fare una morte lenta e dolorosa, cosa più brutta non c’è.
 
Non mi piaceva vederla così, non mi piaceva che si dava tutta la colpa, che soffriva a causa di altre persone. Era atroce la cosa perché a chiunque si voglia bene non si attribuisce mai la colpa, non vuoi capacitarti che è loro la colpa e che anche le persone a cui vuoi bene sbagliano.
 
Stavano indebolendo julie proprio per farle subire il doppio di ciò che stava già passando, per fare i loro porci comodi quando stavano solo disintegrando l’anima di una persona dolcissima.
 
Faceva male vedere una persona ridotta così ma pensare che proprio quella persona, che avevano buttato giù tantissime volte, si voleva rialzare dopo aver subito colpi quasi fatali e quasi non riuscendo più a muoversi, ti faceva pensare, pensare al fatto che qualcosa dentro questa persona le faceva trovare la forza per rialzarsi, pensare che seppur debole fuori aveva la forza di reagire e di sorridere beffarda al proprio avversario come a dire ‘è solo questo che sai fare?’.
 
Ammiravo coloro che si alzavano seppur se ne erano accorti tardi. Persone che possono essere ovunque, fin troppe ce ne sono ma noi, cosa possiamo fare se non guardare e invogliarli a cacciare tutta la loro forza per farli reagire contro le persone che li maltrattavano.
 
Le lacrime minacciavano di rigare il volto di julie, non sopportavo vederla  piangere ma, per non farsi vedere, si trattenne, cosa che non la aiutava molto.
 
Gli occhi dolci non tenettero e fece scendere una lacrima che si asciugò subito, la abbracciai facendola sedere sulle mie gambe.
-Odio piangere- aveva ragione con tutte le lacrime che aveva versato, ora, non ce la faceva più. Seppur si voleva dimostrare forte, cosa che era, il passato non la aiutava ad affrontare tutti i problemi con un sorriso anzi la buttava ancora più giù.
 
-E io odio vederti piangere- cosa vera, perché era una persona dolcissima e odiavo veder piangere una ragazza, soprattutto se era una bella persona come julie.
 
Le accarezzai il viso per togliere  quelle lacrime, la abbracciavo sempre più forte per tenerla più vicino a me. Odiavo solo il pensiero che il padre la scoprisse, la paura si faceva sentire ma l’abbraccio che mi dava mi rassicurava.
 
Spensi la televisione dato che julie si era addormentata e che io non la guardavo neanche, ero troppo preso a farmi film in testa di come sarebbe andata. Sono un tipo abbastanza ansioso ma dovevo lasciarmi andare, il problema era che seppur ci provavo non ci riuscivo.
 
Guardandola sembrava piccola e  provavo una sensazione strana nel vederla dormire sul mio petto. Era come un bambina che dorme tra le braccia della sua mamma,  che non  riesci a staccarle gli occhi da dosso neanche se ti ci metti di buona volontà. Quella calma, quel rilassamento  che ci incanta.
 
Quando eravamo piccoli e piangevamo, c’era sempre qualcuno pronto a consolarci, ci prendeva in braccio e ci cantava una ninna nanna e noi come per magia smettevamo di piangere. Ora che siamo cresciuti e che piangiamo di nascosto, in silenzio  a volte abbiamo ancora bisogno di quell’abbraccio ed è lì che ci viene in mente una nonna oppure vorremmo chiamare la nostra mamma…
 
Ci son persone che però non lo possono fare, come me, che per avere un po’ di conforto devono aggrapparsi ai ricordi oramai lontani, sfocati, quasi inesistenti. Ma sono proprio quei ricordi quasi inesistenti che ti fanno andare avanti e addolcire la pillola amara della vita.
 
La presi e la portai in camera adagiandola sul letto e coprendola con una coperta. Mi sedetti accanto a lei, sul bordo del letto. Ammiravo la sua tenacia nell’affrontare il passato, nel voler prendere una posizione, nel dire alla vita, una volta per tutte, ‘una vita mi spetta e la voglio vivere come dico io’. Così piccola, così indifesa sembrava…
 
Era da matti ciò che voleva fare, mettersi contro la persona che l’aveva fatta male tante volte, che l’aveva fatta soffrire non solo fisicamente. Io non mi opponevo alla decisione che aveva preso, ma neanche l’accettavo.
 
Uscii da quella stanza, diciamo, con un peso addosso ma non mi doveva toccare più di tanto perché non mi dovevo immischiare nei problemi altrui. Avevo già i miei che bastavano per un esercito, poi se mi dovevo mettere addosso anche quelli degl’altri non bastava  tutta la carta del mondo per elencarli.
 
Andai a fare una doccia in camera mia, mi spogliai e mi misi sotto il getto d’acqua calda.
                                             *            *            *            *            *
 
Avete mai ascoltato la voce del silenzio…?
...è assordante.
 
Avevo qualcosa dentro che non mi permetteva né di dormire né di pensare bene a ciò che avevo. Era come un buco, un vuoto, una sensazione spiacevole dentro lo stomaco che mi impediva di fare…tutto, non potevo mangiare perché mi passava la voglia, non potevo guardare il soffitto perché mi annoiavo, non potevo dormire perché appena chiudevo gli occhi mi tornavano alla mente quelle immagini dell’incubo che avevo fatto in quelle poche ore di sonno. Era pesante quella situazione…
 
Mi giravo e rigiravo nel letto, le avevo provate tutte le combinazioni per dormire. Pancia in su, pancia in giù, di lato, nell’altro lato, in obliquo, per terra…ci mancava solo in aria e per il resto avevo fatto tutto ma il potere di levitare non ce l’avevo ancora, non ero ancora arrivato a quel livello ma con calma e pazienza…
Era, sicuramente, più facile farsi proclamare padre eterno ma questi sono piccoli dettagli.
 
Ritornando a noi, le avevo provate tutti, o quasi. Cambiavo posizione come se avessi le formiche che mi camminassero sulla pelle.
 
Mi giravo così tante volte che oramai facevo scintille, i capelli erano talmente dritti che se davo una testata a qualcuno, i capelli fungevano da lama. Manco avessi messo il viagra nello shampoo…
 
Decisi di alzarmi, uno perché a forza di girarmi nel letto ero diventato una batteria umana, potevo ricaricarmi la macchina con il solo uso delle mani e due perché il mio letto non ce la faceva più, se avessi continuato mi avrebbe mandato a quel paese.
 
Andai girando per casa come uno senza meta, andai in cucina, girai intorno all’isola e uscii. Camminai fino al salone e mi guardai intorno. Ritornai indietro, camminai lungo il corridoio, accesi le luci e aprii lentamente la porta della camera di julie.
 
Feci entrare un minuscolo raggio di  luce del corridoio, per illuminare metà del suo corpo. Vedendo julie sul letto, mi tranquillizzai. Non so dirvi il perché ma fu così.
 
Chiusi tutto, luci, porte e altro per poi dirigermi di nuovo nella mia camera, per la felicità del mio letto…
 
Ricominciai a non dormire, a girarmi e a muovermi…
 
-Justin…- un sussurro, girandomi di scatto verso la porta vidi chiaramente una sagoma nell’ombra. Alzandomi sulle ginocchia vidi più chiaramente la figura.
 -Julie…- ero abbastanza sorpreso dato che l’avevo vista dormire fino a poco tempo prima.
-Ora che sappiamo i nostri nomi mi vuoi spiegare perché non dormi, ti si sente dall’altra camera che ti giri- appoggiandosi allo stipite della porta, con le braccia incrociate.
 
Io di tutta risposta, mi lasciai cadere a pancia in giù finendo con la faccia nel cuscino.
Sentii i suoi passi avvicinarsi al letto, girai la faccia e, seppur era buio, riuscii a intravedere un dolce sorriso sulle sue labbra. La invitai a sedersi accanto a me, accettò annuendo col capo.
-Perché non dormi?- disse sedendosi accanto a me.
-Ti potrei fare la stessa domanda-
-Perché qualcuno è andato girando per casa, accendendo la luce nel corridoio-
-Chissà chi sarà stato?- il più ingenuamente possibile risposi
-Io un mezza idea me la sono già fatta-
-E dimmi chi è stato?-
-Senti justin, se non dormi ci sarà un motivo, no? Me lo vorresti, cortesemente illustrare, perché non l’ho capito- invece lo sapeva benissimo.
 
Mi alzai e sedendomi mi misi a giocare con il laccetto dei miei pantaloncini. A parte che non glielo volevo dire ma io, che figura ci avrei fatto se glielo avessi detto?
-Niente, non ho niente-
-E allora perché sei sveglio?- perché sono preoccupato per te
-Non ti è mai capitato di non riuscire a dormire?-
-Tantissime volte ma sempre per un motivo- anche io ho un motivo
-Io, invece, non prendo sonno senza motivo-
-Ok va bene, posso fare qualcosa per farti riuscire a dormire o vado?- che persona dolce
-No, no va pure e poi non vedo come tu possa aiutarmi-
-Ci sono tantissimi modi, sonniferi, thé, camomilla oppure quelli più efficaci detti anche metodi pesanti, una padellata in testa-
-Opterei per la camomilla-
-Va bene ma non ti garantisco che dopo dormirai-
-Non mi darai una padellata in testa-
-Ma tanto non ci arriverei- sospirando. Era bello, diciamo, scherzare con lei, vederla sorridere ti faceva sorridere. Non potevi essere triste davanti a lei, era contagioso il suo sorriso.
 
Dopo un abbraccio e una risata da parte mia, andammo a preparare le tazze di camomilla, cosa che sapevo fare. Ufficialmente era per farmi addormentare, ufficiosamente era per far calmare entrambi e far distendere i nervi, anche a lei.
 
Mentre preparavo la camomilla continuammo a parlare del più e del meno.  Ci stavamo, pian piano, conoscendo.
-Quanti anni hai?- chiese lei dietro di me. Era seduta sullo sgabello, giocando con un braccialetto  che aveva sfilato dal polso poco prima. Era un braccialetto normale, color lilla di stoffa.
-Tu quanti me ne daresti?- giusto per allungare la conversazione
-Non lo so- era bella quando sorrideva, si vedeva poco ma quella piccola e fioca luce sopra l’isola bastava per guardarla.
-Di un numero a caso-
-46- mi girai e credo la mia espressione fu più che esplicita.
-Si julie, ho 46 anni- mi appoggiai al piano della cucina dove stavano i fornelli, con le braccia incrociate al petto. La assecondai, più che assecondare era una presa in giro.
-Te li porti davvero bene- ma che stava scherzando?
-Si sono troppo bello- facendo vedere i muscoli e vantandomene.
-Non fa per te la parte del narcisista- scuotendo la testa.
-No?-
-No-
 
-Va beh, io ci ho provato- ridacchiando.
-Si ma in tutta questa storia non mi hai detto ancora quanti anni hai- facendo girare il braccialetto tra le sue dita sottili.
-Ti do un piccolo aiutino, è un numero compreso tra 18 e 20-
-È difficile, non è che mi dai un altro aiuto?-
-Devi farcela da sola-
-Mh cattivo- facendo il broncio – Va beh provo ad indovinare, 19- mi girai facendo una finta faccia stupito con inclusa la mano davanti alla bocca.
-Ma come hai fatto? Era talmente difficile- facendo anche un po’ la voce da gay, cosa di cui mi pentii subito dopo. Fece una sonora risata. Le mie guancie si tinsero di rosa. Le passai la tazza di camomilla e sedendomi accanto a lei.
 
-Questa è una cosa che rimarrà tra noi due- avvicinandomi alla sua faccia e puntandole il dito contro.
-Ok- sorridendomi e annuendo.
-Grazie- rimettendomi seduto composto e sorseggiando la bevanda calda.
-Rimarrà in queste quattro mura- indicando le quattro mura attorno a noi.
-Devi promettere che non lo dirai mai a nessuno- ancora con un po’ di rossore sulle guance.
-Non lo dirò a nessuno, te lo  prometto- lasciando la tazza fumante sul bancone e mettendosi una mano sul cuore.
 
Ridemmo, scherzammo e tutto in una sola sera. Non mi ero mai sentito così bene con un'altra persona. Ci conoscemmo, scoprii che lei cercava lavoro e che aveva trovato un posto ad una caffetteria non poco lontano ma che il proprietario doveva ancora decidere tra lei ed un'altra ragazza.
 
Scoprii anche il nome della sorella, giulia. Praticamente una persona fantastica che l’ha ascoltata quando ne aveva bisogno, che l’ha protetta quando il padre alzava le mani, che ha fatto di tutto pur di farle scampare l’abuso del padre.
 
Vedevo nei suoi occhi la scintilla che si accendeva quando ne parlava, le voleva bene, voleva solo il meglio per l’unica persona che le stava accanto ogni giorno, costretta anche lei a subire abusi.
 
Il sorriso che si formava su di lei quando parlava di questa persona era un sorriso indescrivibile, quel sorriso che ti viene quando abbracci il tuo amico più caro che non vedevi da tanto, quel sorriso che ti viene quando scoprivi che i tuoi familiari ti avevano fatto una festa a sorpresa per il tuo compleanno quando, invece, avevi espresso chiaramente che non la volevi per non fargli spendere soldi, quel sorriso che ti viene quando sei piccolo e ti fai male e che al posto della sgridata, avevi dalla mamma un bacio sulla bua.
 
Non bastano gli esempi per descriverlo, lo dovevate solo vedere, vedere quegl’occhi sorridere, vedere la felicità in degl’occhi che avevano visto dolori su dolori. Quanto mi faceva bene vederla felice…
 
-Giulia è forte, combattiva, tenace praticamente l’esatto opposto di me-
-Non ti credere julie anche tu hai queste caratteristiche solo che le hai scoperte da poco- sorrisi mettendo le tazze vuote nel lavandino e sedendomi di nuovo accanto a lei.
-Si e dimmi dove le vedi queste qualità in me-
-Le vedo nei gesti che fai. Uno. Sei scappata di casa e questo significa essere forte. Ti lasci tutto dietro e continui per la strada che vuoi tu- indicandola – Due. Domani vuoi andare a casa tua per prendere la tua roba e sembra che te ne fotti proprio dei rischi che corri. E questo si chiama essere combattivi- presi una pausa. - Terzo. Andrai a denunciare tutti quelli che ti hanno fatto del male e credo che nessuno riuscirà a convincerti di non farlo. Questo si chiama essere tenace- girai con un dito il suo viso per far combaciare i nostri sguardi. –Non dire che non hai queste qualità. Tu le hai più di ogni altra persona. Te lo posso garantire- sorridendo.
-Grazie- appoggiandosi con la testa sulla spalla.
-E di che. Per aver detto la verità?- abbracciandola. In fondo avevo ragione…
 
SPAZIO AUTRICE
Ok, ok. Avete tutto il diritto di mandarmi a quel paese e giuro l’ho fatto anche io in questi 2 mesi e due settimane. Sulla storia vorrei dirvi una cosa, so già che mi direte julie e guilia si assomigliano e direte che io non ho fantasia ma questo capitolo è dedicato a una persona che non vorrei che si scoprisse. Questa persona è come l’ho descritta nella storia, mi ha aiutata a non avere una crisi di nervi e mi ha ascoltato quando ne avevo bisogno. La ringrazio tantissimo. Ringrazio tutti quelli che hanno recensito la mia storia e quelli che recensiranno, se ce ne saranno.
Ditemi se vi piace come l’ho scritto o se devo cambiare qualcosa :)
Grazie di tutto.
Luxij 

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Capitolo 12
*** vi presento mio padre... ***


                                        *            *            *            *
 
Un rumore arrivò alle mie orecchie ma non ci feci molto caso, credevo smettesse ma non fu così. Io più pigro che mai, mi nascosi sotto le coperte per non sentirlo più e per farmi continuare il bel sogno che stavo facendo ma continuò imperterrito facendosi strada tra lo spesso strato di coperte, arrivando di nuovo alle mie orecchie e invadendole con quel suono continuo e irritante.
 
Con un occhio mezzo aperto e ancora offuscato dal sonno cacciai la testa fuori da quell’ammasso di coperte disperdendo anche un po’ di calore. Il mio telefono vibrava sul comodino, era la sveglia che mi ero messo ma che avevo dimenticato di togliere dato che l’impegno che avevo era stato annullato.
 
Mi maledii mentalmente mentre spegnevo quel fastidioso suono, stavo facendo un sogno bellissimo. Sorrisi come un ebete ricordando le scene che stavo sognando. Mi rimisi sotto le coperte cercando di riacchiappare invano il sonno.
 
Controvoglia mi tolsi da dosso le coperte e andai in bagno per sciacquarmi la faccia. Mi guardai allo specchio ancora assonnato e quindi mezzo stordito. Mentre mi bagnavo il viso ricordai ciò che voleva fare julie, allora mi diressi verso camera sua ma aprendo la porta  non la trovai.
 
Il letto era rifatto e la stanza in ordine, andai in cucina e per mia sfortuna trovai un biglietto sopra un piatto con della carta stagnola sopra.
 
Ti ho preparato la colazione,
io me ne sono andata e non tornerò prima di pranzo.
Non aspettarmi!
Se è per qualcosa chiamami…
 
Sotto c’era il suo numero con scritto anche che non dovevo preoccuparmi e che dovevo stare tranquillo. Un groppo in gola prese a formarsi, chissà come sarebbe andata?
 
Chiusi gli occhi pensando ai dolci occhi di julie, quell’immagine mi fece sorridere ma subito dopo quell’immagine si sgretolò e un ombra nera la prendeva e la portava via.
 
Scossi la testa e riaprii gli occhi immediatamente, non volevo neanche pensarci, non volevo che succedesse…
 
Pov julie
Stavo camminando già da un po’, da casa di justin a casa mia non erano quattro passi anzi la strada era lunga e piena di ricordi.
 
Quella strada se potesse parlare, cosa direbbe? Quante volte sono andata a sfogarmi con lei? Quante volte ho pianto su quei marciapiedi? Quante volte mi è venuta voglia di seguirla, di vedere dove arrivasse, di scappare e correre su quell’asfalto grigio e duro..
 
Correre la mattina era per me uno sfogo, una parte della giornata in cui non pensavo ai problemi, ai pesi che avevo a dosso, alla vita che avevo. Pensavo solo a correre, niente preoccupazioni, niente mani sul mio corpo, niente di niente.
 
Libera, libera di vivere, libera di fare le proprie scelte, libera dalla cella in cui mi tenevano. Ora iniziavo a vivere e nessuno me lo avrebbe impedito. NESSUNO.
 
Il mio passo era aumentato, per me, camminare era una sciocchezza. In pochi sapevano tenere il mio passo, tutti gli altri li perdevo per la strada.
 
Guardandomi in torno incontrai sguardi conosciuti. Tutti mi rivolsero un sorriso, sapevano già cosa volevo fare, anche perché mia sorella non stava zitta.
 
Quelle case intorno a me, tutti sapevano tutto in quel quartiere. Nessuno si faceva i cazzi propri, tutti parlavano e come argomento preferito avevano me. Si proprio me, perché? Lo volevo sapere anche io.
 
Gente che si salutava, bambini che si rincorrevano, coppie che si tenevano per mano. Tutti felici, tutti spensierati tranne casa mia.
 
La vidi e un grosso macigno mi crollò sulle spalle. Ricordi che si ammassavano, uno sopra l’altro, tutti poco felici.
 
Casa mia si distingueva, no perché era di un colore diverso o di una forma strana ma perché attorno a casa mia c’era un aura di terrore. Una specie di nuvola di Fantozzi, solo su casa mia.
Era come se quella casa conoscesse solo la tristezza, la solitudine. Quelle  mura di un intonaco bianco che stava cadendo a pezzi. Quegl’angoli in cui mi ci sono rifugiata più volte nell’arco della giornata. Le cose che sono successe tra quelle mura, il terrore in quella casa, la paura di non vedere mai una svolta della propria vita.
 
Ma ora bisognava andare avanti, via i brutti ricordi, via le mani dal mio corpo, via tutto e tutti. Si ricominciava.
 
Seguii il piano che avevo deciso con mia sorella. Dietro casa mia c’era un giardinetto, non grandissimo. Là  c’era la mia altalena, la vidi e mi vennero i brividi, la pelle d’oca.
 
Quell’altalena mi aveva cullato parecchie volte, quelle sbarre di ferro mezze arrugginite impiantate nel terreno, di un colore spento. Che tristezza…
 
Svolsi il piano e ogni tanto la riguardavo. Quando venne mia sorella ad aprirmi ritornai me stessa. Entrai e mia sorella mi si butto letteralmente a dosso.
-Ciao, come stai? Tutto a posto? Cosa hai fatto alla mano? Perché sembri triste? Dai, rispondi, dimmi, dimmi, dimmi-parlava così velocemente che l’anno luce gli faceva un baffo.
-Calmati, prendi fiato e stammi a sentire- annuì leggermente-Voglio andarmene il più presto possibile da qui quindi se mi faresti la cortesia di spostarti e di farmi fare ciò che devo fare. Te ne sarei terribilmente grata- si spostò e tempo che feci due passi che ricominciò a parlare.
-Hai detto che ora stai da sto ragazzo?- almeno era più calma.
-Per poco, cercherò subito un appartamento. Non devo dargli troppo disturbo- dissi con calma e con serietà mentre mi incamminavo verso camera mia al piano superiore.
-Si va bene ma…è carino?- chiese
-Non ti impicciare di fatti che non ti riguardano- prendendo una borsa e iniziando a mettere  la mia roba dentro essa.
-Allora è carino, bene, mi piace- sedendosi sul letto.
-Nessuno ha detto che è carino- era sempre la solita. Si impicciava e la cosa mi dava fastidio.
-Nessuno lo ha detto ma le tue guance lo confermano, sei diventata rossa- ridendo. Ero diventata rossa? Mi giustificai con me stessa che chiunque avrebbe trovato carino justin e anche più.
-Senti fai poco la sapientona, tu non lo hai visto. Potrebbe essere anche un cesso che cammina- ma non lo era.
-Non l’avrò visto ma conosco i miei polli ovvero te. Capisco subito quindi non mentirmi- odiavo quando aveva ragione, mi dava sui nervi.
 
Da me non ebbe risposta perché in fondo aveva ragione.
-Dai ammettilo, è carino- dovevo ammetterlo
-Ok è carino- dissi con una voce molto bassa.
-Tanto ti ho sentito- con aria soddisfatta per avermelo fatto dire.
-E che dici ci posso provare se mai me lo farai conoscere?- continuò
-Giulia!- lanciandolo un cuscino in piena faccia.
-Che c’è ho solo chiesto- con aria innocente
-È molto più piccolo di te-
-Ok come vuoi, te lo lascio, contenta?- quanto odiavo quando faceva così, era davvero irritante.
-Ma che mi lasci e mi lasci, lui ha buoni gusti. Di certo non sceglie te- spiazzando mia sorella con questa risposta.
 
Mentre mettevo la mia roba nella grande borsa che avevo scelto e continuavo ad essere torturata da mia sorella su justin sentii un rumore proveniente dal piano di sotto. Lo riconobbi subito. Il suo passo. Chiusi tutto di fretta e furia, mia sorella continuava a parlare e non se ne era accorta del mio improvviso cambio di velocità.
 
Misi la borsa sotto il letto, ben nascosta, sperando che se avesse cercato non l’avrebbe trovata. Aprii le ante dell’armadio, spostai i vestiti e mi ci misi coprendomi con essi.
 
Con l’aiuto di mia sorella, che se ne era accorta, mise i vestiti a posto aiutandomi a coprirmi  e a non farmi scoprire poi  chiuse le ante dell’armadio giusto in tempo.
 
La porta si aprì e quell’uomo che tanto detestavo, parlò. Quella voce rimbombò sulle pareti della stanza arrivando purtroppo alle mie orecchie, per quanto io cercassi di nascondermi da quella voce, per quanto io premessi sulle orecchie per non farla arrivare, era tutto inutile. Era come se fosse registrata nella mia mente, la sentivo ovunque e sapevo che me la sarei portata dietro per ancora parecchio tempo.
 
Risentire quella voce, quella che mi aveva perseguitato per anni era un incubo.  Quella voce che risuonò alle mie orecchie come lo schiocco della frusta risuona nella mente dello schiavo. Il mio respiro era accelerato sentendo il suo passo duro e pesante sopra le assi di legno scricchiolanti.
 
Cercando di non farmi vedere, guardai per l’ultima volta quell’uomo che per l’anagrafe era mio padre. Che vergogna, che disprezzo provavo per quell’essere…
 
Lo scrutai attentamente con gli occhi che solo un assassino può avere, non nascondo che proverei piacere a vederlo soffrire, vedere quegl’occhi spegnersi lentamente, vederlo chiedere aiuto ma senza ricevere alcuna risposta,vederlo impaurito con la speranza che gli muore dentro. Mi basterebbe solo una volta per fargli capire cosa io abbia passato in 18anni con lui…
 
Vestito dalla solita maglia blu a righe sottili orizzontali di diverso colore, jeans scuro tra il blu notte e il nero, scarpe da ginnastica grigie scuro con punta e tacco più chiara e la base di un bianco ingrigito, entrambe consumate dal tempo.
 
Aveva una macelleria a qualche chilometro da casa e dentro essa aveva due celle frigorifero di all’incirca tre metri di profondità. Se anche quelle celle frigorifero potessero parlare, direbbero così tante cose brutte su quella persona che neanche potete immaginare.
 
Quando eravamo piccole ci portava nella macelleria e ci sfruttava facendoci fare le pulizie, facevamo i turni io e Giulia chi spazzava a terra, chi lavava, chi puliva i vetri e così via dicendo. Aveva pure coiti con ragazze di facili costumi nel retro bottega e a quel punto noi dovevamo stare di guardia all’ingresso dicendo a chi veniva che al momento lui non c’era e che se per cortesia potevano tornare più tardi.
 
Voi vi starete chiedendo, e le celle frigorifero che c’entrano? Adesso ci arrivo. Quando non c’era da fare niente o ‘mio padre’ parlava con una delle sue amichette io e mia sorella stavamo nel retro bottega a sperare che quella giornata finisse in fretta.
 
Ogni tanto, per non dire spesso, alla macelleria non arrivava nessuno e l’essere che disprezzavo tanto veniva dietro e una di noi, scelta a caso, doveva fargli un ‘servizio’ non so se mi spiego…
 
Costui alla fine decideva se l’avevamo fatto bene o no. Chissà perché non lo facevamo mai bene e ci rinchiudeva nelle celle frigorifero. Capitava anche che lui dovesse sfasciare un animale di grossa taglia e non poteva farlo fuori, allora lo faceva in cella e lo sfasciava davanti a noi minacciandoci che l’avrebbe fatto a noi se avessimo detto qualcosa di ciò che ci succedeva a qualcuno.
 
Quell’uomo era un mostro, una persona che non potevi contestare, una persona falsa, meschina, disonesta. Quella persona voleva credersi ciò che non era, cambiava a seconda dell’essere che si trovava davanti, voleva fare l’uomo acculturato quando invece era solo un povero deficiente. Che pena mi faceva, vederlo affogare nella sua stessa ignoranza.
 
Quell’uomo si mosse verso mia sorella con passo prepotente e con uno sguardo beffardo.
-Dato che quella troia di tua sorella se ne è andata dovrai tu soddisfarmi per entrambe- mettendogli le mani sui fianchi. La mia sorellina dovette soccombere a quel mostro avendo un coito con lui.
 
Chiudendo quel poco di anta che avevo aperto, sprofondai nella vergogna più assoluta, l’oscurità dell’armadio mi avvolgeva, quella strana sensazione di cadere e le lacrime che non mancavano mai all’appello. La parola piangere con me aveva perso di significato, chi piange di gioia, chi di dolore, chi per motivi futili, io piangevo e basta, il dolore non sapevo più cosa fosse, la gioia non si era mai fatta vedere e magari avessi dei motivi futili per piangere…
 
Volevo letteralmente sotterrarmi . Io che dicevo che volevo salvare mia sorella e poi non avevo il coraggio di uscire fuori da quell’armadio. Che razza di sorella ero?
 
Il rumore del letto che si muoveva, il respiro affannato di mio padre, il dolore che tratteneva mia sorella per non farmi sentire, l’arrivo all’apice di quell’essere e poi il silenzio. Sentivo anche da dentro all’armadio che aveva un sorrisetto beffardo sul volto, quel sorrisetto che avrei tanto voluto togliergli prima o poi. Il tintinnio della cintura e i suoi passi che si allontanavano.
 
Lo spiffero di luce che arrivò diritto sul mio volto mi fece intravedere il sorriso di mia sorella. Anche dopo quello che aveva subito continuava a sorridere e, per me, era un mito solo per questo.
 
Quando aprì l’anta totalmente mi buttai tra le sue braccia piangendo e chiedendogli scusa per non essere intervenuta. Mi disse di fare silenzio perché c’era ancora mio padre dentro casa, ma mi strinse forte a sé dicendomi di non preoccuparmi e che era tutto finito.
 
Mi asciugò le lacrime, mi sorrise e mi riabbracciò. Non capivo come faceva ma sorrideva nonostante tutto, nonostante un uomo le mettesse le mani a dosso, nonostante dovesse faticare per quell’uomo, nonostante il mondo le crollava sulle spalle, lei aveva la forza di mantenerlo, sorridere e far sorridere gli altri…
 
Prima che arrivasse di nuovo il tizio che stava al piano di sotto, me ne dovetti andare nell’unico modo che mie era possibile, uscire dalla finestra. Salutai mia sorella con un bacio e un forte abbraccio e mi preparai mentalmente per il viaggio di ritorno.
 
Seduta sul bordo della finestra, scesi e camminai su quello che doveva essere il tetto del porticato. Poi saltai facendomi un male terribile alla caviglia, ma era non era niente di serio. Mi feci lanciare la borsa e me ne andai sperando che l’uomo che mi aveva,per mia sfortuna, generato non mi avesse visto.
 
                                                         *      *      *      *      *
Pov justin
Si stava facendo tardi e non era ancora tornata, mi stavo preoccupando. Leggevo e rileggevo il bigliettino indeciso se chiamare o no Julie. Mi rigiravo il telefono in mano e continuavo a leggere il suo numero. Oramai lo avevo imparato a memoria…365…e poi?...ecco, figura di merda…
 
Va bene, la chiamo. E se disturbo? Se le do fastidio? O se sta ancora a casa sua? Se è stata scoperta dal padre? E se la chiamo e passo per quello ansioso? O per un maniaco che vuole sapere dove sta, con chi sta, se viene di nuovo qua? E se non torna più qua? Perché? Le ho fatto qualcosa di male? Forse è stato per il bacio? Bacio così male? Forse l’alito? Oddio, ho un alito così cattivo?
 
Il suono del campanello mi fece distogliere da pensieri stupidi che stavo avendo e speranzoso camminai verso la porta. Quando aprii non ebbi la visione che mi ero preparato pochi istanti prima. I suoi occhi, il suo sorriso, le sue labbra. Niente di tutto questo, erano solo due ragazzi che conoscevo di cui non avevo la più pallida idea di perché fossero qui.
 
 Neanche il tempo di chiedere il perché che parlò.
-TI dico la serata. Noi tre con tante donne stupende e tanti litri di alcool. Non è fantastico?- concluse di dire eccitato all’idea di una mia conferma.
-No- risposi freddo chiudendogli la porta in faccia.
-Perché?- fermando la porta con una mano e spalancandola un attimo dopo.
-Non voglio passare una serata a bere. Non voglio passare una serata con voi due, due bambini che non sanno cosa fare della loro vita, ancora attaccati alle gonne delle vostre madri- c’ero andato pesante ma per togliermeli davanti questo e altro.
-Almeno noi la madre l’abbiamo- disse a bassa voce e ridacchiando del sottoscritto.
 
La mia mente si offuscò, il mio sguardo fisso sul bersaglio, la rabbia che saliva e le mani che a stento riuscivo a controllare. Mi avvicinai a lui e lo presi per il colletto del giubbotto che indossava, lo costrinsi al muro e aumentai la presa.
-Prova a ripetere ciò che hai detto guardandomi in faccia- i miei occhi fissi nei suoi.
 
L’altro cercava di farmi mollare la presa ma lo spinsi facendolo sbattere al muro. Avevo attirato gli sguardi del vicinato ma non mi interessava, le madri che spingevano i bambini dentro casa e chi passava cercava di non guardare la scena.
-Ripetilo con le mie mani intorno al collo- la presa aumentava e mi sentivo sempre meglio. Mia madre non doveva essere toccata, proprio lei no…
 
-Justin…-
 
SPAZIO AUTRICE
Non ho giustificazioni per la mia assenza e mi dispiace. Mi sono impegnata a fare questo capitolo. Scusate per tutto. Davvero mi dispiace.
Grazie se recensite, grazie se state leggendo questa storia, grazie che perdete tempo con me. Spero vi sia piaciuto e alla prossima.
Un bacio,
Luxij 

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