Learning to love

di Afrona Di RoccAlta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Se stessi allo specchio ***
Capitolo 2: *** Cap 2: Un bacio nascosto! ***



Capitolo 1
*** Se stessi allo specchio ***


Era una giornata di febbraio, una di quelle che, con quel timido sole, ti fanno venir voglia di andare a fare una bella camminata con gli amici, quando il signor Pevensie richiamò tutti e quattro i figli con una importantissima notizia come movente.
"Peter, Susan, Edmund e Lucy" li salutò l'uomo con aria quasi impassibile appena li vide entrare in salotto, puntali, "sedetevi: io e vostra madre abbiamo qualcosa da dirvi."
 "Non... Non sarai di nuovo incinta, mamma?" chiese Ed mentre prendeva posto sul divano accanto ai tre fratelli; i grandi occhi d'ebano lo tradivano, rivelando che quella domanda voleva essere più un modo per assicurarsi che non vi fosse in arrivo qualche creaturina capace di svegliare l'intera Finchley con le sue grida.
 "No, no, tranquillo, non è così importante" ridacchiò Helen.
Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo.
 "Vedete" continuo per lei il marito, "è da così tanto tempo che non facciamo una vacanza" e mise il braccio intorno alle spalle della moglie "quasi dieci anni; perciò abbiamo deciso di andare in America!"
 "Ma è... meraviglioso!" esclamo Susan tra un gridolino di felicità ed un battito di mani.
 I genitori si scambiarono un'occhiata carica di preoccupazione.
 "Che c'è?" si allarmò Peter.
 "Il punto è, ragazzi, che non possiamo permetterci di portarvi tutti con noi" spiegò Helen. "Peter, tu sei il maggiore e ritengo che sarebbe un di grave errore privarti una simile opportunità." Il Magnifico annuì. "Susan, lo sappiamo che nello studio non eccelli, quindi verrai con noi, tesoro!"
 I più piccoli accusarono il colpo. Con gli occhi pieni di lacrime, Lucy guardò Edmund che, dalla parte opposta del divano, scrollò le spalle come a dire che non potevano far nulla contro quella decisione ormai presa. In realtà lui stesso avrebbe voluto far qualcosa, magari guadagnare in qualche modo i soldi necessari per gli altri due biglietti, ma più ci pensava, più l'idea di racimolare una cifra simile in così poco tempo gli appariva assurda.
 "E noi dove staremo nel frattempo?" chiese Lucy.
 Improvvisamente, mentre un terribile pensiero si insinuava nella sua mente, il Giusto sibilò un "no".
 Helen lo guardò interdetta, poi rispose alla figlia minore:"Dato che non abbiamo altri parenti qui, ho chiesto a zia Alberta di ospitarvi, perciò starete da lei per un pò. Cambridge vi piacerà, ne sono certa."
 "Non è Cambridge il problema..." sussurrò Ed alla sorellina.
 In effetti, se c'era qualcosa capace di irritare davvero Edmund Pevensie, quella era lo stare col suo insopportabile cugino, Eustachio Clarence Scrubb, figlio di Harold ed Alberta, la sorella di sua madre.
 Da parte sua, anche Lucy lo detestava per quel suo orribile vizio di prendere in giro i suoi "stupidi problemi femminili".
 Non c'è quindi da stupirsi se, quando arrivarono a Cambrigde. in una tiepida mattina di giugno, nessuno dei due fratelli si decise ad entrare finchè Alberta non uscì sbuffando.
 Non era mai corso buon sangue tra Edmund ed Eustachio e le cose peggiorarono quando i due scoprirono di dover condividere la camera, mentre Lucy ne avrebbe avuta una tutta per se, perchè, come diceva Alberta, "era più consono ad una signorina!"


 Entrato in camera, Edmund posò ciò che aveva portato da Finchley sull'inferiore dei due letti a castello e disfò una valigia, riponendo sul comodinoo dei libri.
 "Prima cosa" esordì Eustachio prendendo in mano uno di quei libri "quello è il mio letto, seconda cosa..." e qui fissò il libro "...dei gialli?!? Oh, che tortura!"
 Edmund squadrò il biondo, basso, irritante cugino che provava a tiranneggiarlo. "Prima cosa" ripetè facendogli il verso, "scusami se ho rovinato appena il tuo letto appoggiandoci su una valigia, ma, sai, credo di esser stanco dopo un viaggio simile. Seconda cosa, dover respiarare la tua stessa aria è la mia di tortura!" Edmund non aveva mai sopportato i prepotenti, nemmeno quando lo era lui stesso.
 "Non dirlo a me!"
 "Perfetto, allora evita di starmi tra i piedi, così risolviamo il problema"
 "Non puoi cacciarmi dalla mia camera"
 Il moro stava per rispondergli di nuovo, ma dolce e limpida voce della più piccola tra i Pevensie lo rimproverò: "Edmund!"
 
Si guardava allo specchio e non sapeva se quello che vi vedeva era bello o brutto.
-Ed ha ragione, dovrei avere più considerazione di me stessa- il problema era che  non ci riusciva proprio.
Si vedeva brutta e bassa, insignificante paragonata a sua sorella Susan , il suo ideale di bellezza.
“Vorrei essere come te, sorellina!” sospira, guardandosi negli occhi senza vedersi veramente.
“Non hai bisogno di essere come lei, vai bene anche così!” sentì la voce di suo fratello Edmund parlare dall’uscio della porta che credeva d’aver chiuso. Suo fratello era diventato molto bello nell’ultimo anno, era quasi incredibile che fosse lo stesso ragazzo. Gli sorrise e lui le ricambiò il sorriso. I suoi occhi scuri avevano una luce diversa, come se avesse finalmente capito qualcosa.
“Vorrei pensarla come te, Ed!” si sedette sul letto e suo fratello la raggiunse dopo aver chiuso la porta. “Sei diverso, sei cambiato fratello!” lui si passò una mano tra i folti capelli neri.
“Anche tu e, per quanto  non te lo conceda, sei cambiata in meglio!” Alzò lo sguardo chiaro sul soffitto, imbarazzata da quell’affermazione.
“Cosa ne pensi di nostro cugino?” disse, cambiando argomento.
“Che lo butterei volentieri a mare con una pietra legata al collo!” Edmund sembrava un treno a vapore, ci mancava poco che gli uscisse il fumo dalle orecchie.
Lucy gli mise una mano sul ginocchio destro “Non sarà per molto e poi, se la notte devesse darti fastidio, puoi sempre venire da me!” propose “In due, in questo letto, non dico che ci staremo comodi, ma sempre meglio di Eustace!” lui le coprì la piccola mano chiara con la sue, più grande di palmo e dalle dita un po’ più lunghe.
“Ti prenderò in parola sorellina!”
“Allora ti aspetto”
Quella sera Lucy non riusciva a dormire. Si girava e rigirava fra le coltri calde e accoglienti che, in realtà, le sembravano desolate e fredde.
Aspettava l’arrivo di Edmund, con tutta se stessa. Eppure il tempo passava, l’orologio ormai segnava le tre e quaranta. Stava quasi per abbandonare ogni speranza, quando la porta della camera si aprì, lasciando entrare la figura alta e snella di suo fratello che indossava un pigiama a righe nere e rosse, con una maglia a manica corta. Era scalzo, come sempre in casa.
“Lucy, dormi?” sussurrò, dall’uscio.
“No, Ed, non ci riesco”
“Nemmeno io” entrò dentro la stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Lucy gli fece spazio, ma lui non entrò subito sotto le coltri.
“Non vieni?” chiese la più piccola, stupita.
“Non voglio dare l’idea sbagliata” questa risposta, così strana per la sicurezza ostentata, di solito, da suo fratello.
“Cosa c’è di sbagliato in due fratelli che dormono insieme per sentirsi meno soli?”
“Nulla, figurati!” un po’ si fece convincere, il moro, un po’ era quello che voleva, senza pensare alle idee giuste o a quelle sbagliate.
“Sai che Eustace russa?” le disse, ad un certo punto. Lucy fece un risolino delicato e attutito dalla spalla di Edmund.
“Davvero?”
“Si!” esclamò, ma sempre molto piano “Sembra uno di quegli omoni che lavorano allo scarico merci al porto!” Lucy non riuscì a trattenere una risata che tentò di attutire portandosi una mano alla bocca. Anche Edmund si fece scappare una risatina.  Poi Lucy si rifece seria. Aggrottò le sopracciglia e il fratello sapeva bene che lo faceva solo quando aveva un pensiero che la turbava “A cosa pensi?”
“A Peter e Susan”
“Anche io, ma presto staremo nuovamente insieme!” Lucy strinse forte il torace del fratello, affondando il volto nell’incavo tra spalla e collo.
“Io ho te, Ed, non mi serve nell’altro!” Edmund le baciò i capelli.
“Anche io ho te, non mi serve null’altro!” e così s’addormentarono, uniti in un abbraccio che non sciolsero nemmeno nel corso della notte.
 
Angolo autrici:
 Ciao sono Afrona. Ho scritto questa storia con Sassa ed entrambe speriamo che vi piaccia.
Vorrei precisare che sono fan delle storie Lund, mentre Sassa no ma ha accettato di condividere con me questa  avventura e per questo la ringrazio tantissimo!
Speriamo di ricevere i vostri pareri, un grande bacio.
Afrona


 

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Capitolo 2
*** Cap 2: Un bacio nascosto! ***


Capitolo 2: Un bacio nascosto!


La vita a Cambridge in quell'estate non era delle più emozionanti, specialmente per Lucy: tutte le sue giornate erano un susseguirsi di piani dettati dalla routine e dalle necessità della zia Alberta, per la maggior parte dei casi.
Sebbene la vecchia moglie di Harold Scrubb non si svegliasse prima delle 8.00 la ragazza metteva la sveglia più o meno un'ora prima per godersi le ore più fresche, il silenzio e qualche momento tutto per sé, proprio come faceva a Narnia ai tempi della sua, anzi della loro, Età dell'Oro. Nella quiete della cameretta la mente della ragazza riviveva ricordi fatti di corse per il Grande Bosco dell'Ovest in sella ad uno splendido baio o di partite a scacchi con fauni e animali parlanti. Era quel piccolo rituale diurno che le dava la forza per affrontare la vita in quel mondo che lei sentiva estraneo, dove non era completamente felice.
Quando la zia si alzava, ecco che la vera giornata aveva inizio: bisognava aiutarla a pulire la grande casa, sistemare la tavola per il pranzo ed affrettarsi a preparare l'occorrente e fare la spesa. Dal pranzo in poi però, il pomeriggio aveva tutto il tempo di dedicarsi a ciò che preferiva, apparte in qualche giornata, quando c'era maggiormente bisogno in casa.
Se la più piccola dei Pevensie poteva sopportare la monotonia, diversa era la situazione per suo fratello maggiore, Edmund, che, oltre a non tollerare ritmi così scanditi, considerava a tutto questo un aggravante la presenza di Eustachio. Per questo, camminando in un'afosa giornata per le strade della città, con le mani in tasca e l'immancabile cappello calcato, sentì accendersi la speranza quando vide il grande cartello con la scritta a caratteri cubitali:”WE WANT YOU!”: il suo Paese stava cercando di reclutare nuovi giovani che potessero servirlo fino alla morte. Dedicò a quell'oggetto uno dei suoi profondi sguardi convinti, poi sorrise: l'idea di tornare a combattere per ideali ai quali si era sempre aggrappato, come la pace e la giustizia, sentire di nuovo i respiri concitati le preghiere di chi rischiava la propria vita e respirare la tensione, la paura e la speranza gli fecero brillare gli occhi. Diamine, sarebbe andato in guerra, proprio come un tempo, proprio come suo padre!
Tutto questo, poi, lontano da quel vivaio ambulante di brufoli che rispondeva al nome di Eustachio Clarence Scrubb.

L’esercito, il traguardo di una vita!
C’era un problema: per l’arruolamento bisognava avere almeno diciotto anni ed Edmund non li aveva, ma doveva farcela comunque! Doveva dimostrare a tutti che lui non era più un bambino, che poteva farcela, che era adulto quanto Peter.
Di questo parlava con Lucy in una piovosa mattina, l’ennesima trascorsa in quella maledetta casa!
“Ti stai rendendo ridicolo, Ed!” gli disse la sorella, senza l’intenzione di ferirlo ma solo di fargli capire quanto il suo atteggiamento risultasse infantile.
“Voglio solo far capire a tutti che non sono più un bambino, ma un Re!” si sentiva così frustrato, così impotente “Io sono stato al capo di eserciti: so fare la guerra meglio di tutti quei soldati messi assieme!”
“Perché hai questo bisogno così spasmodico di partecipare questo massacro?” Lucy non avrebbe sopportato di perderlo, non in quel frangente almeno. 
“Perché sento di non avere altra scelta!”
“Cosa speri di trovare lì?” sentiva che non poteva trattenere le lacrime ancora per molto. Il solo pensiero di suo fratello, del suo Edmund, su un campo di battaglia, esposto colpi di fucile e bombardamenti, la faceva sentire male. Le lui fosse partito, le ne sarebbe morta. L’ansia l’avrebbe fatta morire di crepacuore! 
“Non lo so, Lucy, sento solo questa voglia matta di fare qualcosa, di agire e questo mi sembra il modo migliore di farlo!”
“Se pensi che morire ti renda felice, vai!” la rabbia esplose in lei con la violenza di un tuono, tanto che Edmund ne rimase intimorito “Hai dimostrato ancora una volta di essere il ragazzino avido e arrogante che ci tradì per essere il principe della Regina Bianca, quello che non pensa a nessuno, al di fuori di se stesso!” si alzò dalla sedia di legno della cucina e se diresse verso la sua camera, dove si rintanò, sbattendo la porta. Edmund rimase a fissare il punto che fino a poco tempo prima occupava sua sorella, con la morte nel cuore.


Non si parlarono per giorni o meglio Lucy non parlava ad Edmund. Ogni volta che lui provava a intavolare un qualsiasi tipo di discorso lei o non gli prestava attenzione, gli rispondeva a monosillabi, faceva finta di essere troppo assorta in altre faccende o semplicemente, lo ignorava. 
Edmund non poteva costringerla ad ascoltarlo o a parlare con lui, così non reagiva ma la situazione lo faceva soffrire, e anche tanto! Del suo pessimo stato d’animo se ne era accorto perfino Eustace che non capiva il perché del malumore dei due, ma nemmeno gli importava più di tanto. A Eustace bastava che non si mettessero a cercare di socializzare lui.
Lucy non sopportava che Edmund accettasse la situazione senza fare nulla, senza provare a chiederle scusa o a cercare di capire perché fosse arrabbiata. Non lo capiva proprio più, a suo fratello!
Così passarono giorni e, dopo quasi una settimana, un esasperato Edmund si presentò alla porta della camera di Lucy per avere uno straccio di spiegazione.
“Cosa vuoi?” gli chiese Lucy, a bassa voce per non svegliare nessuno, lasciandolo ancora sull’uscio della porta.
“Gradirei una qualche spiegazione, non trovi?!” lui faceva fatica a non urlare “E, poi, mi spieghi perché dannazione non mi fai neanche entrare?” arresasi alla forza dell’irritazione del fratello, Lucy si fece da parte per farlo passare. 
La stanza era buia, illuminata solo dalla luce della pallida e timida luna alta nel cielo che conferiva a tutto l’ambiente un’aura di mistero.
“Quindi?” chiese la ragazza, incrociando le braccia al petto, guardando il fratello maggiore con astio.
“Mi spieghi perché ce l’hai così tanto con me?” chiese Edmund, passandosi nervosamente una mano fra i capelli scuri “Non sarà ancora per la faccenda dell’esercito?”
“Tu che ne pensi?” disse, di rimando, Lucy.
Edmund alzò gli occhi al cielo “Dio, Lu, non puoi essere seria!”
“Perché no?” si sentiva ancora più offesa da quello che aveva appena detto il giovane che se ne stava immobile al centro della stanza, dando le spalle al letto ma guardando lei con i suoi magnetici occhi scuri.
“Perché è stupido!”
“Invece andarsene a morire e lasciarmi qui da sola è intelligente!” esplose lei, usando un tono di voce veramente troppo alto!
“Quindi è questo il punto: a te non frega nulla dell’esercito o della guerra, tu non vuoi restare qui da sola!” voleva darsi dell’imbecille per non essere arrivato prima a una soluzione così semplice “E davi a me dell’egoista!”
“Cosa c’è di egoistico nel non volere che ti accada qualcosa?!” Lucy avrebbe voluto prenderlo a schiaffi, fargli provare lo stesso dolore che sentiva lei al pensiero di lui che andava via e n on tornava più “L’unica cosa egoista di cui puoi accusarmi è di volerti al mio fianco ma non puoi accusarmi se voglio che non ti accada nulla!”
“Ma non mi accadrà nulla, Lu, lo sai!” avrebbe voluto prendere sua sorella fra le braccia e cullarla per il resto della vita perché sentiva che quello era il loro posto e che Lucy aveva ragione: non c’era bisogno di combattere in nessuna guerra, tutto quello che gli serviva l’aveva di fronte a se!
“No, Ed, non lo so!” poi si scostò da vicino la porta, aprendola “Ora, se non ti dispiace, vorrei dormire” 
Edmund si avvicinò alla porta, chiudendola con delicatezza ma con uno sguardo rivolto alla sorella che non ammetteva repliche.
“Si, mi dispiace, e anche parecchio e lo sai perché?” lei fece cenno di no col capo “perché io sono stanco che tutti mi dicano cosa devo fare, di dover sempre tacere, annuire e obbedire, di dire si anche quando vorrei mandare tutti al diavolo!” quelle parola, anche se solo sussurrate, contenevano più forza del più potente degli urli “Sono stanco di vivere una vita che ha deciso qualcun altro per me, Lucy.”
“Anche io lo sono, Ed!” si fece vicina al ragazzo che svettava su di lei e, alzandosi in punta di piedi, gli allacciò le braccia al collo “Sono soprattutto stanca di ostentare sentimenti che non provo!” e posò le labbra su quelle di Edmund, che guardava di fronte a se con occhi allucinati. Non sapeva cosa fare: quel gesto conteneva una tale quantità di peccato che se ne sentiva sopraffatto. Aveva pensato, in un primo momento, di allontanare la sorella da se ma più attimi passavano più la sua volontà diventava ben diversa dall’allontanarla. La strinse a se, alzandola dal pavimento di qualche centimetro, iniziando a camminare verso il letto. Quando vi arrivò, fece stendere Lucy e interruppe il bacio “Ora è meglio che vada!” disse, timidamente. 
“No!” disse Lucy, afferrandolo per il pigiama “Resta con me!”
“Non è giusto, Lu, lo sai anche tu” Edmund aveva paura di quello che sentiva per sua sorella e non voleva accadesse nulla di più rispetto a ciò che era accaduto.
“Voglio solo che resti a dormire qui on me, come abbiamo fatto altre volte!”
“Va bene, fammi posto!” Lucy poggiò la testa sulla spalla di Edmund, chiuse gli occhi e il sonno l’avvolse col sorriso sulle labbra. Edmund non trovò pace tutta la notte.
 
Angolo delle autrici: Salve a tutti! Scusateci per la luuuuuuunga attesa!
Ci farebbe piacere  conoscere le vostre opinioni!
Un bacio, a presto!
Afrona&Sassa

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