Sorriso sepolto

di holls
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sorriso sepolto ***
Capitolo 2: *** Prigione di spine ***
Capitolo 3: *** Con e contro di te ***
Capitolo 4: *** Infinito ***
Capitolo 5: *** Sprofondando negli abissi ***
Capitolo 6: *** Parole affilate ***
Capitolo 7: *** "Hai paura?" ***
Capitolo 8: *** Noi ***
Capitolo 9: *** Fino alla fine dei nostri giorni ***



Capitolo 1
*** Sorriso sepolto ***


Sorriso sepolto
 

 
Ti guardo da lontano, mentre sorridi a un tuo compagno di università, incontrato per caso. Vi scambiate risate, aneddoti, novità.
E io intanto ti guardo.
Ti guardo perché vorrei rapire quel sorriso e tenerlo per i momenti in cui ti sfioro, in cui faccio scorrere le mie dita sulla tua pelle, quei momenti in cui ti irrigidisci e io non posso far altro che tacere.
E taccio perché il tuo sorriso è nascosto, sepolto sotto cumuli di cicatrici che non riesco a rimarginare; e scavo, scavo con le unghie, scalfisco ogni grammo di terra, ma il tuo sorriso rimane là, protetto da un muro invalicabile.
E allora tasto un pompelmo, mentre tu continui a sorridere, lo giro tra le mani, con un occhio ti guardo, lo stringo, abbasso lo sguardo, lo rimetto a posto.
Non è ancora maturo.
Arriverà il tempo in cui si lascerà mangiare con gusto, morbido e succoso.
Ma non adesso.
Vi salutate e mi vieni incontro, con le labbra appena schiuse in un sorriso di serenità.
Ma tu, la vera felicità, l’hai nascosta lontana da tutti, lontana da me, in un luogo che non riesco a raggiungere.
E mentre mi chiedi se abbiamo preso tutto, mentre sbirci con occhi curiosi la frutta nel carrello della spesa, io sbircio te, con il tuo stesso, finto sorriso.
 
Dove l’hai sepolta, Nathan? Dove hai sepolto la tua felicità?

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Capitolo 2
*** Prigione di spine ***


Prigione di spine


Che la televisione sia spazzatura non è un mistero, ma tu, da quel piccolo schermo, rimani sempre affascinato. Segui con un mezzo sorriso le parole del presentatore, mentre le mie braccia cingono il tuo petto, e mi domando cosa ci troverai mai di tanto divertente in quelle battute senza capo né coda.
Ma non è forse questo che amo di te?
Quella parte un po’ sciocca e un po’ allegra, che ha salvato me, nei tempi che furono, dal baratro in cui stavo precipitando. E che sta salvando anche te, forse, dalla disperazione più nera.
Una disperazione dalla quale voglio liberarti, ma con la quale tu ti sei rassegnato a convivere. E così stai imparando ad allontanarmi da te ogni giorno, a sopprimere ogni emozione che possa darmi sospetto, a lottare contro il dolore senza nessuno al tuo fianco.
Ma ti strazierà, Nathan. Puoi solo uscirne sconfitto, perché quel dolore si ciberà di te, ti annienterà, fino a lasciarti a pezzi.
Ecco perché avvicino le mie labbra al tuo collo, spargendo una scia di baci, aspettando una reazione che non tarda ad arrivare.
« Dai, Alan. » e ti scosti con uno scatto, mentre il tuo viso si incupisce.
Ma io, stavolta, non ho intenzione di assecondarti.
« Non posso più baciarti il collo? »
Tu sbuffi, continui a guardare la tv, ma non fa più ridere.
« Lo sai. » mi dici, e già lo sento che sei sul chi vive, che temi una discussione, che stai già cercando un modo per rifugiarti nella tua prigione di spine.
Hai paura, Nathan.
Ma io no.
« So solo che prima o poi dobbiamo parlarne. »
Ti liberi dalla mia stretta, ti infili le ciabatte e ti alzi dal letto.
« Sono stanco. » mi rispondi, ma ancora non mi guardi, come ogni volta che cadiamo in questo argomento, perché forse hai paura che riesca a leggerti dentro, che riesca a vedere ciò che provi.
« Sarai sempre stanco, per parlarne. » ribatto, cercando di smuovere qualcosa dentro di te, ma quel muro che hai eretto tra te e il mondo riesco a malapena a graffiarlo.
Un altro sbuffo e tu ti chiudi in bagno, come da copione, mentre lasci che la tua sofferenza squarci ancora una volta quella ferita troppo profonda.
Ma tu non devi permetterglielo, Nathan.
Perché lo so che hai anche smesso di piangere, come se il dolore fosse diventata la tua quotidianità, e l’orrore solo una banalità di cui ormai sei schiavo.
Ma non è questa la vita, Nathan.
E non è questo l’amore.
 
 

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Capitolo 3
*** Con e contro di te ***


Con e contro di te
 


Quasi sobbalzo nel trovarti addossato alla parete, accanto alla porta, lo sguardo vacuo fisso davanti a te.
Forse sono venuto per scusarmi, forse sono venuto per darti conforto.
Cerco le parole giuste, compongo frasi che sembrano adatte ma che dimentico un attimo dopo, tanto da lasciarmi intendere che, forse, non è ciò che ti occorre.
Quei tuoi occhi spenti mi suggeriscono che il silenzio è la miglior consolazione che posso offrirti al momento, ma non è il silenzio che ci tirerà fuori da questo baratro, Nathan, perché può solo rubare le nostre vite, separarle, frantumarle in mille pezzi, finché non ci guarderemo l’un l’altro domandandoci chi siamo.
Ecco perché voglio portare insieme a te il peso del tuo dolore, ecco perché ho deciso di lottare al tuo fianco; ma più ti guardo e più mi sembri irraggiungibile, e quindi corro verso di te, invano, e grido il tuo nome a squarciagola, anche se tu non riesci più a sentirmi.
Per questo ho deciso di giocare l’ultima carta, di combattere con e contro di te, di affrontarti, forse ferirti.
«Perché stiamo insieme, Nathan?»
La battaglia è iniziata, il primo colpo è stato sferrato. Una pugnalata, una ferita e tu alzi gli occhi, incredulo, verso colui che credevi amico. Ti porti una mano al petto, per fermare il sangue che comincia a scendere a fiotti.
«Cosa?»
È tutto quello che riesci a dire, mentre assesto un altro colpo.
«Tu non hai fiducia in me. Io dovrei essere il tuo sostegno nei momenti bui, la tua luce, colui che ti porta in braccio quando non cammini più. Ma tu sei come un gatto. Vieni da me, ti fai fare quattro coccole e poi, quando ti sei stancato, te ne vai. Che cosa sono io, per te? Qualcuno a cui fare le fusa ogni tanto?»
I tuoi occhi fissano i miei, la tua bocca incapace di sputar fuori il dolore che quella pugnalata ti ha inferto. E vedo la terra sgretolarsi sotto i tuoi piedi, leggo l’affanno nei tuoi occhi, l’affanno di un incubo che diventa realtà. Una realtà che sai che ti ammazzerà, che non ti lascerà via di scampo.
Ma devo farlo, Nathan. Lo sai anche tu che niente di ciò che ho detto è vero, lo sai anche tu che non potrei mai farti un torto simile.
Eppure, tremi.
«Mi stai lasciando?»
I nostri sguardi si incontrano, mentre i tuoi occhi diventano lucidi, ma mi sostengono con un coraggio che pensavo non avessi più.
Mi abbandono all’istinto e ti do un bacio sulla fronte, ma non è il bacio di un amante, né quello di un amico.
È il bacio di chi sorride con te, di chi piange con te…
…di chi vive per te.

 
 

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Capitolo 4
*** Infinito ***


Infinito
 


«Torni, stasera?»
È questo che mi chiedi ogni mattina, ormai, da un mese a questa parte. E sembrerebbe una domanda innocente, se non fosse per quei tuoi occhi supplichevoli, spogliati di ogni orgoglio, in preda alla paura di non vedermi tornare più da te.
Ma anche questa sera, come ogni altra, sono tornato per cena; e noto, con la coda dell’occhio, il consueto sospiro di sollievo dopo ogni mio rientro.
Il solito copione, che, in parte, mi sono cercato.
Ripongo quella giacca un po’ troppo pesante per il mese di luglio e tu sbuchi alle mie spalle, gli occhi bassi e la bocca piena di sospiri.
«Dimmi.»
Ti tartassi le dita in cerca di un coraggio che stenta a uscire, mentre lasci che i tuoi taciti tormenti si cibino della tua insicurezza, ancora una volta.
«Per quanto ancora riuscirai a sopportarmi? Sinceramente. Ho bisogno di saperlo.»
Leggo in quelle parole la solitudine dei tuoi pensieri e vedo, tra le righe, gli strascichi dell’idea che ebbi quella sera, ormai più di un mese fa.
Fingere di volerti lasciare non è stata una buona pensata, vero?
Perché se anche tu sapevi che non l’avrei mai fatto, forse ho instillato in te un tarlo, un seme del dubbio che ha messo le radici dentro di te e che, piano piano, sta distruggendo l’unica convinzione che ti era rimasta.
Mi guardo intorno in cerca di una risposta brillante, di qualcosa che possa rassicurarti. E l’illuminazione arriva dal nulla, fulminea.
«Vediamo quanto sei bravo in matematica. Adesso facciamo un po’ di calcoli e il risultato sarà quanto ti sopporterò ancora, va bene?»
Tu mi guardi senza capire, a metà tra lo stupito e lo ’Scusa, puoi ripetere?’,  mentre io prego che questo stupido gioco possa, almeno in parte, donarti quella poca sicurezza che sento di averti rubato.
Alla fine, fai spallucce.
«Va bene.»
«Infinito meno uno?»
Aggrotti la fronte e mi lanci un’occhiata interrogativa, forse chiedendoti che nesso abbia con la tua domanda.
«… Infinito?»
«Risposta giusta. Infinito meno dieci?»
Ancora mi guardi perplesso, forse preso dai tuoi dubbi sul fatto che sia davvero la risposta giusta, mentre rispolveri vecchie nozioni di Analisi in fretta e furia.
«… Infinito.»
Ma non ha importanza, Nathan. Perché è la risposta giusta per me.
«Infinito meno quello che ti pare?»
Arricci le labbra e incroci le braccia, segno che vuoi una spiegazione.
«Vedi, Nathan, alla mia pazienza puoi sottrarre tutti i momenti difficili che vuoi, ma non finirà mai. Perciò, penso proprio che ti sopporterò per un tempo infinito.»
Tu rimani a bocca aperta, incapace di replicare, e un piccolo, timido sorriso si apre dalle tue labbra. Forse stai ancora decidendo se essere sorpreso, felice o incredulo, perché quel sorriso compare e scompare a tratti, guidato dalle tue emozioni. Alla fine scoppi a ridere.
Ed era qualcosa che non vedevo da molto, troppo tempo.
Quella smorfia che ti illumina il viso, che mi fa capire che forse, a furia di scavare, finalmente ho trovato una parte di quel tesoro che difendi tanto strenuamente.
«È molto romantico, ma ti ricordo che infinito meno infinito potrebbe fare zero. Quindi vuol dire che il tuo livello di sopportazione avrebbe raggiunto il limite e, in tal caso, mi lasceresti adesso.»
Sembri divertito, quasi deciso ad aver ragione, ma non ho intenzione di darla vinta a quella parte di te che non ci crede più, a quella parte di te che vuole arrendersi e, forse, farsi commiserare.
«Ma questo, Nathan, vorrebbe anche dire che mi faresti dannare per un tempo infinito, e ciò può succedere solo se rimango accanto a te fino alla fine dei nostri giorni
Quel sorriso torna sul tuo viso, condito con un pizzico di imbarazzo, forse per l’ultima frase che ti fa fare qualche pensiero di troppo. E così sbuffi, con quelle guance un po’ troppo arrossate e una contentezza che tenti di nascondere.
«D’accordo, mi arrendo. Ma la tua risposta non ha senso, lo sai?»
Sorrido, ti tiro a me e poso le mie labbra sulle tue, finché non mi ritrovo a guardare quegli occhi che mi fanno innamorare ogni volta.
«Come la tua prima domanda.»

 
 

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Capitolo 5
*** Sprofondando negli abissi ***


Sprofondando negli abissi
 


Oggi è voluto venire anche Nathan, anche se penso che l'abbia fatto più per paura che incontrassi qualche amante, piuttosto che per conoscerti.
Già, penso proprio che questo sia un gran giorno: Oliver e Nathan si incontrano per la prima volta - diciamo così.
Cerco di smorzare il nervosismo e la malinconia, ma la verità è che sono qui per un motivo ben preciso.
 
Lo sai che per me, ormai, tu sei diventato un amico. E come ogni buon amico, oggi sono venuto a chiederti un consiglio, perché so che tu, dall'alto della tua posizione e della tua intelligenza vispa, potrai senz'altro aiutarmi.
La verità è che non so più cosa fare, Oliver.
Ogni giorno che passa è una sconfitta, sento di non avere alcun potere per aiutare Nathan, sento che la mia presenza è per lui indifferente, se non addirittura deleteria, in certi momenti.
Mi sento inutile, impotente, spettatore della mia storia che va a rotoli.
Che cosa devo fare, Oliver?
Vorrei tanto poter donare la tua vitalità a quei suoi occhi spenti, perché non si merita tutto questo, non ce lo meritiamo. Vaga ormai su questa terra come un'anima morta, perché troppa brutalità gli ha strappato via la vita.
Se solo avessi il potere di restituirgliela, Oliver!
E invece mi rendo conto solo adesso che non sono l'eroe che credevo di essere, ma solo un misero essere umano.
Solo questo.
Un misero essere umano.
Fa' che qualcosa accada, Oliver. Qualunque cosa, purché possa restituirgli un briciolo di emozioni, un frammento della vitalità di un tempo.
 
Regalami il miracolo di cui ho bisogno, Oliver.
Ti prego.

 
 

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Capitolo 6
*** Parole affilate ***


Parole affilate
 


«Ti piace questo tramonto?»
Tu annuisci senza convinzione, mentre il tuo sguardo si perde nell'orizzonte di fronte a noi. Mi rendo conto che la tua risata di una settimana fa è stata puramente un'eccezione. E io che mi sono illuso che qualcosa fosse cambiato!
Invece continui a tenere il solito broncio, i soliti occhi bassi. Mi rendo conto che avrei potuto fare di più, portarti in un posto più bello, regalarti un’emozione più grande.
Eppure non ne ho avuto voglia.
Il solo pensarlo mi contorce le viscere, mi macchia di un senso di colpa che non riesco a cancellare.
Da quando tutto questo mi pesa? Perché mi sento così stizzito di fronte alla tua inettitudine? Dov'è finita la mia voglia di combattere?
Mi fanno paura, questi sentimenti.
Sì, paura, perché non è così che avevo immaginato la nostra vita, compresi i momenti di difficoltà.
Ti avevo promesso che sarei stato una fonte inesauribile di pazienza, e invece già mi trovo agli sgoccioli.
Dio, che vergogna.
«Mi sento come se avessi qualcosa in meno degli altri.»
Esordisci così, dal nulla. Ma è una frase troppo pesante, troppo per me, che di pesi, oggi, non ne voglio portare.
«Ma che stai dicendo? Non dire sciocchezze.»
Mi stai parlando di te, Nathan, e io nemmeno me ne accorgo. Sono troppo preso dalla mia frustrazione e dai miei fallimenti per capire che il momento che tanto aspettavo è finalmente arrivato.
«È come se mi mancasse qualcosa.»
Ma queste tue frasi scatenano in me una reazione imprevista, e un senso di repulsione non tarda ad arrivare. Cosa mi sta succedendo?
«La smetti di dire stupidaggini? È irritante.»
«Ma è così che mi sento. A me manca qualcosa.»
Ed esplodo.
«Per favore, smettila di fare la vittima.»
Perché continuano a scapparmi di bocca parole così crudeli? Anche se non ti guardo direttamente, vedo i tuoi occhi sgranati fissarmi con incredulità.
«La vittima? È questo che pensi, allora?»
Sento il cuore battermi all'impazzata. La paura di aver detto qualcosa di irreparabile, di averti ferito, di averti abbandonato nonostante io sia l'unica persona su cui puoi contare. Eppure non riesco a bloccare questo fiume in piena, e queste parole intrise di risentimento escono, senza che io possa fermarle.
«Sì, proprio così. E vuoi sapere un'altra cosa? Hai ragione, hai qualcosa in meno degli altri: le palle.»
Mi mordo la lingua subito dopo e, come nei peggiori film, mi allontano, perché forse non sono in grado di sostenere la reazione che posso aver scatenato.
Una reazione pronta a stupirmi di lì a poco.
«Che hai detto? Ripetilo, se hai il coraggio!»
Mi volto verso di te, ma qualcosa mi sorprende. Sei in preda alla rabbia, i tuoi occhi brillano di una luce che non vedevo da tempo, il tuo respiro è affannato.
Sei in preda al livore.
Sei vivo.
«Ho detto che non hai le palle di reagire. E te lo ridico altre cento volte, se vuoi. Passi ogni giorno della tua vita aspettando che qualcuno ti salvi, ma sai qual è la verità? Che finché tu non fai qualcosa per te stesso, niente potrà cambiare!»
«Tu pensi che sia solo colpa mia, vero? Ma tu hai mai pensato a come mi sento davvero?»
«No, non me ne hai mai dato l'occasione!»
Tu scuoti il capo, mentre le labbra danno forma a un sorriso amaro. Poi cacci i tuoi occhi dentro i miei, occhi che vogliono ragione, occhi che vogliono solo sputare veleno.
«Ogni giorno mi sembra di dover sostenere un esame, mentre tutti voi state lì a guardare ogni mio passo, ogni mio fallimento. Sempre pronti a darmi un voto, sempre i riflettori puntati su di me, sempre attenti a ogni mio cambiamento nei tuoi confronti. Vorrei solo essere trattato come una persona normale.»
«Tutti ti trattano come una persona normale, Nathan!»
«Non è vero! Perché scommetto che se un giorno faccio il primo passo, te lo segni sul calendario e corri da Ash a raccontargli i miei progressi: 'Nathan mi ha sbottonato la camicia!', 'Nathan ha fatto la doccia con me!', Nathan di qui, Nathan di là. Tu dovresti amarmi, e invece sei proprio tu la prima persona a considerarmi diverso dagli altri! Mi tratti come se avessi davvero qualcosa in meno delle altre persone, ma sappi che non me ne faccio niente della tua pietà!»
Ti allontani da me, con le guance arrossate per la troppa enfasi, ma io non ho il coraggio di fermarti.
«Nathan…!»
Cerco di ribattere nella mia testa, ma la rabbia che ha infiammato ogni mia parola piano piano svanisce, mano a mano che la tua sagoma si fa sempre più lontana.
Pietà.
Pensi davvero che sia questo ciò che provo per te?
Se fosse pietà e non amore, non lascerei queste lacrime a rigarmi il viso, come unica compagnia.
Se fosse pietà e non amore, non ti chiederei di non chiudermi fuori dalla tua vita.
Se fosse pietà e non amore, Nathan, non mi sentirei morire così, nel vedere che non ti sei guardato indietro nemmeno una volta, mentre cammini così fiero.

 
 

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Capitolo 7
*** "Hai paura?" ***


"Hai paura?"
 


Guardo avanti, mentre guido. Con la coda dell’occhio ti vedo voltato verso il finestrino, intento a fissare il vuoto, muto, tanto che, se non ti sentissi respirare, penserei di esser solo. Ogni tanto soffi, cacciando via chissà quale pensiero, mentre io prego che tu dica qualcosa, che tu mi riveli quanto taglienti sono state le mie parole.
Perché lo so che ti ho ferito, Nathan, e non so cosa darei per portare indietro le lancette del tempo, questo stesso tempo che sembra non scorrere mai.
«Ferma la macchina.»
Ordine e condanna.
Perché vuoi fermarti, Nathan?
Ti ignoro, perché il risponderti non so dove potrebbe portarmi, perché scoprire che vuoi davvero lasciarmi sarebbe un colpo che non riuscirei a sopportare.
Ma tu insisti.
«Ferma la macchina, Alan.»
Il tuo tono è fermo e deciso. Sento il tuo respiro andare e venire, sento il tuo sguardo puntato su di me.
Ma io non posso fermare la macchina.
Non posso permetterti di distruggere ciò che siamo stati.
«Alan, per favore. Ti prego.»
Richiesta e supplica.
Non c’è rabbia nelle tue parole, né risentimento.
Adocchio il primo spiazzo disponibile. Le ruote rallentano, l’auto si ferma.
E io non ho più bisogno di guardare avanti.
Sento il mio corpo scosso da tremiti, per le troppe lacrime frenate, per i groppi in gola che non voglio mostrare. E anche io, come te, respiro forte, per cacciare via attimi di tempo che mi rincorrono, ma che non voglio vivere.
E, intanto, attendo il mio verdetto, che aspetta solo di uscire dalle tue labbra.
«Scusa per prima. Mi dispiace.»
Il cuore smette di martellarmi, la tensione si scioglie, le lacrime scalpitano per uscire; poi mi volto verso di te, ti abbraccio, ti stringo a me e tu fai altrettanto.
Siamo insieme, ancora; ti bacio la nuca, la tempia, ti stringo di nuovo e lascio che le lacrime scendano senza freni.
Era questo il miracolo che aspettavo.
«Ti amo, Nathan.»
Lascio che sia un sussurro rotto dal pianto, mentre sento le tue labbra sfiorarmi l’orecchio.
«Anch’io ti amo.» E qualcosa mi bagna la guancia. «Ti amo.»
Continuo ad accarezzarti, a baciarti e a stringerti, finché i singhiozzi non si placano.
Ti allontani quanto basta per guardarmi negli occhi, pieni solo di quell’amore di cui parli, di quell’amore di cui parlo.
«Grazie per avermi detto ciò che pensavi. Per una volta ci siamo parlati senza filtri, senza maschere. Grazie.»
Scuoto il capo, mentre ti asciugo il viso.
«Non le pensavo davvero, quelle cose.»
Tu sorridi appena, mentre i tuoi occhi lasciano cadere qualche altra lacrima.
«Mi sei mancato tanto, in questi mesi.»
Aggrotto la fronte e cerco di ribattere, ma tu mi precedi.
«Per tutto questo tempo hai portato una maschera, Alan. Volevi proteggermi da questa situazione, ma forse volevi proteggere anche te stesso, perché avevi paura, te lo leggevo negli occhi. Paura di ferirmi, di sbagliare, di non saper gestire questa situazione. Oggi, invece, sei stato te stesso e vorrei che fosse sempre così. Non cercare di proteggermi, Alan, perché l’unica cosa di cui ho bisogno, in questo momento, è di essere amato, come hai fatto per tanti anni.»
Mi prendi il viso tra le mani e posi le tue labbra sulle mie.
Io le assaporo, e mi godo quel sapore di fumo che tanto detestavo, ma che mi hai insegnato ad amare.
Poi ti stacchi appena, quel poco che ti basta per parlare, mentre le guance ti si colorano un po’.
«Ho voglia di fare l’amore con te.»
Arrossisci, ma non abbassi lo sguardo, mentre io rimango incredulo, senza parole.
«Voglio fare l’amore con te, ma forse ho paura.»
Dovrei rassicurarti, essere felice, essere spaventato, e invece esito, incapace di decifrare le mie emozioni.
Ma poi tu ti avvicini a me, e fughi ogni mio dubbio.
«E tu, Alan? Hai paura?»
 

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Capitolo 8
*** Noi ***


Noi
   


Ho paura, sì.
Ho paura mentre faccio scorrere le mie dita sul tuo corpo, mentre sento il tuo cuore pulsare forte, e non capisco se sia paura o emozione. Sento la tua pelle calda, sento le tue labbra sulle mie, sento i gemiti tra un respiro e l’altro.
Vedo il tuo sorriso malizioso, che, insieme al tuo coraggio, è tornato alla luce un po’ sporco di terra, ma delizioso come sempre; vedo i tuoi occhi voraci, desiderosi, imploranti: mi vuoi. Non c’è paura, nel tuo sguardo: c’è attesa, c’è emozione, forse un po’ di esitazione, ma non paura. Non nei tuoi occhi.
Mi faccio strada dentro di te, mentre studio ogni impercettibile cambiamento, qualcosa che lasci presagire un mio errore - non c’è. Tu socchiudi le palpebre e inarchi la schiena, mentre sul tuo viso si apre un sorriso beato, quello di chi non conosce dolore.
E allora ti faccio mio e mi lascio andare completamente; i tuoi gemiti che aumentano, il tuo respiro che si ingrossa, il mio piacere che cresce a ogni spinta.
Cresce, cresce e cresce ancora; cresce mentre mi baci distratto, cresce mentre mi accarezzi la testa, cresce mentre ti guardo accarezzare il tuo corpo.
È questione di un istante e l’eccitazione lascia spazio alla stanchezza, spossato tutto insieme, come non mi sentivo da tanto tempo, come non ti sentivi nemmeno tu.
Ti abbandono con delicatezza e osservo il tuo sguardo compiaciuto. Le mie labbra sfiorano delicatamente la tua fronte e tu ti lasci andare a un sorriso soddisfatto, senza tracce di pentimento.
Mi lascio cadere a peso morto, accanto a te, e ascolto i battiti farsi meno insistenti, il respiro meno affannato. Tu avvolgi il mio corpo in un abbraccio e mi accarezzi il petto con movimenti regolari, con un’intimità che non sentivo da tempo.
«Sono felice», mi dici. E mi sorridi sincero, un sorriso troppo grande per una bocca così piccola, che non riesce a esprimerlo come vorrebbe.
«Anch’io.»
Infilo le dita tra le tue ciocche bionde e ti gratto la nuca, mentre penso che sì, è arrivato il momento.
«Questo weekend tieniti libero.»
Le tue carezze si fermano; rizzi il capo verso di me, con quei tuoi occhi curiosi.
«Dove andiamo?»
Sorrido.
Sarà una bella sorpresa, Nathan.
 

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Capitolo 9
*** Fino alla fine dei nostri giorni ***


Fino alla fine dei nostri giorni
   


«Vuoi vedere una cosa?»
Tu annuisci e io ti prendo per mano, portandoti nel cortile della mia casa a Brighton. Chissà cosa hai pensato quando ti ho mostrato i biglietti per l'Inghilterra, con uno sguardo di stupore misto a un po' di delusione - probabilmente ti aspettavi qualcosa di diverso.
E mentre osservo il tuo sguardo vagare a ogni passo in cerca di una risposta, penso che le tue aspettative, in realtà, saranno soddisfatte: troverai qualcosa di molto diverso da quello che pensi.
Ti trascino in giardino, sotto la grande quercia, e mi fermo all'ombra dei suoi rami, di fronte a un cumulo di terra che attira subito la tua attenzione.
Mi chino e ti invito a fare lo stesso, indicando la terra divelta.
«Sai cosa c'è lì sotto?»
Tu scuoti il capo.
«Cosa?»
Mi lascio cadere sul terreno, sedendomi.
«Quando avevo nove anni, ho nascosto in questo punto tutte le cose che mi rendevano felice. Ti va di scavare?»
Ridacchi, spaesato, forse perché pensi che ti stia prendendo in giro. Poi, però, annuisci.
«Vediamo cosa ti rendeva felice a nove anni.»
Infili le mani nel cumulo di terra e cominci a scavare, mentre io mi mordo le labbra, pregustando già la mia sorpresa. Non hai paura di sporcarti le dita, della terra che si infila sotto le unghie o dell'erba che ti macchia i pantaloni.
Sposti la terra in piccole quantità, il tuo sorriso che si apre sempre più, forse perché ti fa tornare alla mente ricordi felici della tua infanzia.
Continui per un paio di minuti, che vivo con trepidazione; poi ti volti.
«Sei proprio sicuro che sia qua sotto?»
Rido di gusto, all'idea di ciò che verrà dopo. Non l'hai ancora scoperto.
«Scava, scava. Sono sicuro di aver messo tutto qui.»
Tu fai spallucce e prosegui, infili nuovamente le mani in quel piccolo antro, quando, all'improvviso, ti fermi. Mi guardi eccitato, come un bambino in una caccia al tesoro e mi fai cenno di avvicinarmi.
«Mi sa che ho trovato qualcosa!»
Impaziente, continui a liberare l'oggetto dalla terra e provi a delinearne i contorni. L'eccitazione si trasforma in stupore, quando, dalla terra, estrai una piccola scatolina blu di velluto. La scruti da ogni angolazione, la allontani, la avvicini, la scuoti; però non la apri, forse perché quel pensiero comincia a passarti per la testa.
«Sai, Nathan, ci sono alcune cose che ti fanno felice a nove anni.» dico, prendendoti dalle mani la scatolina, senza staccare i miei occhi dai tuoi. «Altre, invece, ti fanno felice per sempre. Per questo ti chiedo...»
Mi guardi negli occhi e ancora non riesci a capire, o forse non vuoi. Ma in quegli occhi leggo la tua speranza, la tua emozione, vedo il tuo fiato sospeso, le tue labbra appena schiuse che non sanno cosa dire, se dire.
Ti siedi pure tu, ancora a bocca aperta, mentre do un'ultima pulizia alla scatolina; poi la giro verso di te e la apro, rivelandone il contenuto.
Sgrani gli occhi.
Ancora non parli.
Sento l'emozione farsi strada dentro di me, il cuore martellarmi.
Emetto un sospiro profondo.
Sono pronto.
«Mi vuoi sposare, Nathan?»
Il tuo respiro si blocca. Io deglutisco. Non temo un rifiuto – ne sono sicuro? Le mie certezze vacillano -, sono quasi certo che dirai di sì – o forse risponderai di non sentirti pronto per un passo del genere?
Mi sembrano infiniti gli attimi che trascorrono dalla mia domanda alla tua prima reazione. Respiri a malapena, esiti, mi guardi senza mutare espressione.
Rompo il ghiaccio.
«Teoricamente dovresti dire ‘sì’.»
È un attimo e il tuo sorriso esplode, i tuoi occhi diventano lucidi e cominci a ridere, una risata spezzata dall’emozione e dai sussulti, fino a che le lacrime non ti solcano il viso e le tue braccia mi circondano il petto, con una presa stritolante che mi butta a terra, facendoci finire entrambi distesi.
«Sì, sì!» urli tra le lacrime, mentre lascio che la felicità mi avvolga completamente, che tu mi avvolga completamente.
Sono felice, sì, come non lo ero da tempo. Incontrarti è stato il mio miracolo, conquistarti la mia sfida, tenerti stretto la mia impresa.  E ormai basta la tua sola presenza a completarmi, a farmi sentire vivo, a rendere questa vita degna di essere vissuta.
Ti amo, semplicemente, e voglio farlo ogni giorno della mia vita, fino a quando ogni bellezza sarà sfiorita, fino alla fine dei nostri giorni; perché non c’è niente che valga più del tuo sorriso radioso, che, come il Sole, è tornato a illuminare la mia vita.

 

Fine
 
Angolino Autrice

Salve a tutti! E così, anche questa raccolta è giunta al termine. Adesso sento di aver raggiunto una vera catarsi, perché ho regalato a questa coppia il futuro che avevo sempre sognato per loro. In realtà avrebbe dovuto esserci un altro capitolo (e forse riuscirete anche a intuirne il contenuto), ma ho preferito concludere qui la raccolta.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguita fino a questo punto, lettori silenziosi e non, e a questi ultimi va un mio particolare ringraziamento, per avermi sempre sostenuta e incoraggiata con le loro parole. Grazie!
Spero che siate felici quanto me per il finale che ho scelto e spero anche di tornare presto con qualcosa di nuovo.
Che altro dire, allora?
Alla prossima e un grosso Grazie a tutti quanti!

holls
 

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