Le Cronache di Narnia e di Hogwarts

di _joy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La speranza rinasce ***
Capitolo 2: *** Una porta per Narnia ***
Capitolo 3: *** Di nuovo a Narnia ***
Capitolo 4: *** Altra donna all'infuori di te ***
Capitolo 5: *** La mattina dopo ***
Capitolo 6: *** Desiderio di vendetta ***
Capitolo 7: *** Il potere ***
Capitolo 8: *** La Parola Deplorevole ***
Capitolo 9: *** I fantasmi della terra di Charn ***
Capitolo 10: *** Va tutto meglio; va tutto peggio ***
Capitolo 11: *** La vita che rinasce ***
Capitolo 12: *** Ritorno a Hogwarts ***
Capitolo 13: *** L'impossibile accade ***
Capitolo 14: *** Narnia e Hogwarts si incontrano ***
Capitolo 15: *** Il racconto di Caspian ***
Capitolo 16: *** Le avventate parole di Ron ***
Capitolo 17: *** Migliori amici, sopra ogni cosa ***
Capitolo 18: *** Il Ministro della Magia prevede guai ***
Capitolo 19: *** In nome della Legge Magica ***
Capitolo 20: *** Pettegolezzi ***
Capitolo 21: *** Le scope volanti ***
Capitolo 22: *** Il banchetto di Halloween ***
Capitolo 23: *** Incidente ***
Capitolo 24: *** Il campionato di Quidditch ***
Capitolo 25: *** Natale ***
Capitolo 26: *** Maledizione via busta ***
Capitolo 27: *** Australia ***
Capitolo 28: *** Il ritorno dei Granger ***
Capitolo 29: *** La volpe ***
Capitolo 30: *** Il quadro ***
Capitolo 31: *** La profezia dei Centauri ***
Capitolo 32: *** L'Erede di Narnia ***
Capitolo 33: *** L'unione di due mondi ***
Capitolo 34: *** La preghiera ***
Capitolo 35: *** La chiave per Narnia ***
Capitolo 36: *** Il ritorno di Aslan ***
Capitolo 37: *** Il Leone di Grifondoro ***



Capitolo 1
*** La speranza rinasce ***


Hermione si appoggiò contro lo stipite della porta, esausta.

 
Le sembrava di non dormire da secoli.
La paura, la stanchezza, il dolore le crollarono addosso come un’onda.
Voleva solo dormire…
Eppure, non riusciva a spostarsi di lì, a distogliere gli occhi da quel corpo che era stato composto sommariamente sul pavimento.
 
Gli occhi stanchi di Hermione continuavano a fissare il cadavere di Bellatrix Lestrange.
 
La strega malvagia per eccellenza, la luogotenente del Signore Oscuro, non faceva più paura nella morte.
Sembrava addirittura più piccola e insignificante.
Quasi ridicola, con quei capelli crespi e sconvolti - con le striature di bianco che erano memoria degli anni di prigionia ad Azkaban - e le vesti in disordine.
 
Accanto al suo corpo ce n’era un altro.
 
Pallido e immobile nella morte, il corpo di Voldemort faceva invece ancora paura, come se da un momento all’altro potesse spalancare gli occhi da serpente e alzarsi di scatto dal pavimento.
Buffo.
Forse perché, anche da vivo, sembrava un cadavere che camminava?
 
Hermione si riscosse quando sentì una mano posarsi lievemente sul suo braccio.
Si voltò.
«Neville» mormorò.
«Ehi, Hermione… vieni via da qui. Mangiamo qualcosa»
Anche Neville era segnato dalla battaglia.
Aveva vari tagli e graffi sul viso e sulle braccia, zoppicava vistosamente e aveva gli abiti strappati.
 
Aveva combattuto come un leone.
 
Hermione gli sorrise, colma d’orgoglio e d’affetto.
«Neville, sei stato fantastico! Questo anno a Hogwarts…»
Lui scosse il capo, timido e modesto come sempre.
«Io sono stato fantastico? E voi allora? Il trio che ha sconfitto Voldemort?»
Hermione sorrise.
«Harry ha sconfitto Voldemort, Neville»
«E tu e Ron assieme a lui, Hermione»
 
Insieme, si allontanarono da quell’aula lugubre e triste e camminarono per i corridoi della scuola, diretti verso la Sala Grande, come avevano fatto per anni, da studenti.
Ma quel giorno, anziché essere circondati da studenti chiacchieroni e professori indaffarati, attorno a loro c’erano morte, dolore e lacrime.
 
E speranza.
 
E un nuovo inizio, per tutti loro.
Hermione lo sapeva.
Ma sapeva anche che ci sarebbe voluto tempo perché il dolore si calmasse, perché il tempo lenisse le ferite di tutti coloro che, adesso, piangevano i propri cari scomparsi in quella guerra.
Affacciandosi sulla soglia della Sala Grande, Hermione vide i signori Wesley seduti vicini: Arthur teneva tra le sue una mano di Molly, entrambi fissavano – senza vederlo – il piano di legno del tavolo.
Hermione era certa che stessero pensando a Fred, scomparso quella notte.
Cercò con lo sguardo George Wesley.
Eccolo, era seduto con Percy e Lee Jordan, suo migliore amico ai tempi della scuola.
Suo e di Fred.
Entrambi gli parlavano, ma George era pallido come il fantasma di Nick-Quasi-Senza-Testa.
 
 
Ma c’era anche speranza, in quella sala.
Da soli, in un angolo, c’erano Harry Potter e Ginny Weasley, che cercavano di parlare.
Cercavano, perché ogni due minuti qualcuno correva a ringraziare ed abbracciare Harry.
Lui si schermiva, ricambiava l’abbraccio, parlava un po’.
Poi tornava a sedersi e i suoi occhi, posandosi su Ginny, si illuminavano.
Ma poi piombava lì qualcun altro, a disturbarli.
Hermione ridacchiò e Neville la guardò, perplesso.
Lei gli indicò con un cenno del capo la coppia che cercava di passare inosservata.
Anche Neville rise, quindi fece un cenno di saluto a una vecchia signora che lo indicava da un tavolo particolarmente chiassoso e nutrito.
«La nonna» sorrise Neville «Sai, ultimamente è davvero orgogliosa di me!»
«Non vedo come potrebbe non esserlo» sorrise Hermione «Vai pure da lei, io arrivo tra poco»
Neville annuì e salutò; mentre si avvicinava alla nonna quattro o cinque suoi ammiratori lo seguirono.
 
Hermione lo osservava sorridendo.
Caro Neville.
Ricordò quando, al loro primo anno, Silente lo aveva premiato con dieci punti per essersi opposto a Harry con coraggio, la notte in cui i tre amici avevano impedito a Voldemort di rubare la Pietra Filosofale. Neville non conosceva il loro piano, ma quei dieci punti avevano permesso al Grifondoro di vincere la Coppa delle Case.
Silente aveva capito il coraggio che albergava nel cuore di Neville, assieme alla sua bontà.
Silente era lì con loro, quel giorno.
 
Mosse un paio di passi e si imbatté in una pallida e ferita Lavanda Brown, che sedeva a un tavolo da sola, fissando speranzosa la schiena di Ron Weasley, poco lontano da lei.
Hermione scosse il capo e marciò verso Ron.
Gli amici che erano con lui si strinsero anche attorno a lei, facendole domande, abbracciandola.
Hermione sorrise e parlò per un po’, quindi fece un cenno garbato con il capo a Ron.
«Lavanda aspetta di parlarti, perché non vai un po’ da lei?»
Lui arrossì.
«Non…non so» balbettò, facendola ridere.
«Insomma, Ronald! Hai appena affrontato i Mangiamorte… Non avrai paura di Lavanda, vero?»
Hermione gli diede una spintarella scherzosa, poi salutò la compagna di scuola con la mano.
Prima di andare, Ron voltò il capo e per un attimo la fissò speranzoso.
«Hermione, ma tu non vieni?»
Lei sorrise e scosse il capo.
«Tra poco. Devo fare una cosa prima»
Si voltò prima che lui potesse farle altre domande.
 
Sì, c’era un pensiero fisso nella sua mente da quando si erano materializzati a Hogsmeade, sul far della sera del giorno prima.
Un pensiero che si ribellava all’urgenza della situazione.
Che non era per Voldemort, per gli Horcrux o per la sopravvivenza.
Un pensiero inopportuno, che la distraeva, che era folle da avere in quei momenti di paura e di battaglia… ma che era rimasto, vivido come non mai.
Cos’era che la tratteneva, allora?
Ora che, contro ogni pronostico, avevano vinto, avevano distrutto gli Horcrux e avevano sconfitto Voldemort, liberando il mondo magico dal suo giogo malvagio…
Perché esitava?
Era questo il momento che aveva atteso per tutto quell’anno.
La vittoria.
Perché vincere significava poter andare avanti.
Coraggio, Hermione.
 
Ma lei sapeva cosa la tratteneva.
Aveva paura.
Lei, che aveva affrontato i maghi oscuri più potenti… aveva davvero paura, ora.
Ma, tanto, non si sarebbe mai liberata da quel pensiero, lo sapeva.
Prese fiato e si voltò, marciando spedita verso le porte della Sala Grande.
Rispose ai sorrisi che riceveva ma non si fermò a parlare con nessuno.
Uscì dalla Sala e aumentò il passo, mentre incrociava i gruppi incaricati di recuperare i cadaveri nel parco.
Serrò le palpebre.
 
Non ora. Non ci pensare. Non puoi più fare nulla per loro.
 
Aumentò ancora il passo, salì le scale quasi correndo.
Corridoi, scale, passaggi segreti. Ancora scale.
Ed eccolo.
 
Il corridoio buio dove aveva avuto inizio la più folle e magica delle sue avventure a Hogwarts.
 
Sembrava essere stato miracolosamente preservato dalla battaglia: lì non c’erano echi dei disastri e delle morti che avevano devastato Hogwarts, quella notte.
«Lumos»
Hermione alzò la bacchetta sopra la sua testa ed avanzò, piano.
I suoi passi riecheggiavano nel silenzio.
 
E lo vide.
 
Il quadro che popolava i suoi sogni, ogni notte.
Si avvicinò alla tela.
 
Era cambiato ancora, dall’ultima volta che lo aveva visto… quel giorno, quando credeva che la sua vita fosse finita.
Eppure era ancora immobile.
Ma stavolta il sovrano che vi era ritratto cavalcava uno stallone dal manto scuro, veloce e imponente.
«Destriero» mormorò Hermione, suggendo con lo sguardo la bellezza e la fierezza del cavaliere.
Restò così, immobile, per lunghi minuti, quindi voltò le spalle al dipinto e avanzò verso una porta socchiusa più avanti, lungo il corridoio.
Chiuse gli occhi, prese fiato e spinse la porta.
Dentro, la attendeva una delusione enorme.
 
La stanza era vuota.
 
*
 
Hermione correva a perdifiato verso la torre dove era l’ufficio del Preside.
 
Era affannata e sudata ma, testardamente, ordinava alle sue gambe stanche di reggere ancora.
Un altro passo ancora.
Il gargoyle che proteggeva l’entrata era stato mutilato da qualche incantesimo e l’uscio era semiaperto.
«Posso?» chiese Hermione, titubante.
Quello si limitò a gemere, senza dare segno d’averla udita.
«Reparo!» ordinò lei, muovendo la bacchetta, e la pietra danneggiata si solidificò per magia.
Il gargoyle battè le palpebre.
«Grazie…grazie!»
Lei sorrise e accennò con la testa alle scale parzialmente celate dalla statua.
«Posso salire?» chiese di nuovo «So che dovrebbe dirmi di no, ma…»
«Mia cara figliola!» la statua sembrava davvero divertita «In una notte come questa le regole della Scuola sembrano avere poco senso, ti pare?»
Si scostò completamente, liberandole il passaggio.
Hermione ringraziò e mise i piedi sul primo gradino: la scala si mosse, trasportandola in alto, verso l’ingresso allo Studio del Preside di Hogwarts.
 
Quella carica era di nuovo vacante: Severus Piton - l’eroico Severus Piton, a quanto aveva scoperto Harry da pochissimo – era morto, ucciso da Voldemort poche ore prima.
Harry aveva raccontato a lei e Ron dei ricordi del loro ex insegnante di Pozioni, visti nel Pensatoio proprio in quella stanza.
Il Pensatoio, in effetti, era ancora sulla scrivania, in bella vista.
Hermione mosse un paio di passi esitanti nella stanza, guardandosi attorno.
L’impronta di Piton, di solito lugubre e tetra, non si vedeva da nessuna parte: la stanza era piena di cose, di libri, di strani strumenti.
Era calda ed accogliente, come lo era stata quando c’era ancora Silente.
Le cornici dei dipinti dei vecchi Presidi di Hogwarts erano vuote: tutti dovevano essersi spostati in altre cornici del Castello, per seguire la battaglia.
 
Al momento, solo una cornice aveva un occupante.
 
Accanto alla cornice con il nome di Silente ne era apparsa una nuova, argentata, con degli smeraldi incastonati negli angoli.
Dentro, Severus Piton dormiva con gli occhi chiusi.
Hermione lo fissò in silenzio, per un paio di minuti.
Ripensò a quanto le aveva raccontato Harry e sentì il cuore stringersi in una morsa dolorosa.
Anche Piton aveva conosciuto l’infelicità a causa dell’amore.
Ma i Presidi di Hogwarts lo avevano accettato tra loro, era chiaro.
La cornice lo testimoniava.
Ed era giusto che fosse così: Piton era un uomo di Silente, era stato dalla loro parte.
Aveva combattuto contro Voldemort.
E Hogwarts non avrebbe mai abbracciato la causa di Voldemort, che pure era stato uno degli studenti più brillanti che si erano aggirati fra le sue mura, nei secoli.
Ma nessuno, neppure il viscido Phineas Nigellus, avrebbe appoggiato la sua causa.
Neppure i Serpeverde.
Piton, certo, non lo aveva fatto.
 
«Ciao, cara!»
Una voce gentile riscosse Hermione dai suoi pensieri.
Guardò alla sua sinistra e vide una donna sorriderle benevola dalla sua cornice: Dilys Derwent, ex Guaritrice dell’Ospedale San Mungo ed ex Preside di Hogwarts.
Hermione rispose al sorriso.
«Buongiorno. Mi scusi se sono entrata senza permesso…»
La risata squillante della donna la interruppe.
«Mia cara, ma non devi scusarti! A te e ai tuoi amici va il nostro più grande ringraziamento, altroché!»
Hermione arrossì ma sorrise.
«Posso aiutarti?» chiese l’altra, premurosa.
La ragazza annuì.
«Volevo… speravo di vedere il Professor Silente, se possibile»
Dilys aggrottò la fronte, pensierosa.
«Mi sembra di averlo visto nella tela della Signora Grassa, l’ultima volta… La battaglia si è spinta fino alla Torre di Grifondoro e cercavamo tutti di correre di qua e di là per capire come stava andando… Aspetta, vado a vedere se lo trovo!»
«Oh no, la prego, non si disturbi!»
Ma Dilys era già sparita.
Hermione mosse un paio di passi per la stanza, osservando le meraviglie che vi erano custodite.
In qualsiasi altro momento ne sarebbe stata incantata, ma, di fronte agli orrori di quella notte, anche la sete di conoscenza di Hermione Granger risultava abbastanza sopita.
 
«Hermione!»
Nel sentire quella voce nota, calda e affettuosa, il cuore di Hermione fece un salto di gioia.
Si voltò verso le cornici con un sorriso luminoso.
«Professor Silente!»
«Mia cara, sono fiero di te… e anche a corto di parole adatte per ringraziarti»
Il sorriso del Preside era un ringraziamento sufficiente per lei.
«Oh, il merito è di Harry!»
Lui scosse il capo.
«Mia cara, ti sottovaluti… Ho sempre sperato – ho sempre saputo – che avresti avuto un ruolo fondamentale nel trattenere Harry dall’andare a cercare i Doni della Morte!»
«Oh, quanto a quello…» Hermione scosse il capo «Non è stato facilissimo, ma non è proprio merito mio. È stato dopo la morte di Dobby che Harry si è davvero concentrato sugli Horcrux»
«Hermione, se non fosse stato per te, Harry avrebbe potuto perdersi nella ricerca dei Doni… è una spirale di ossessione e folle desiderio in cui si sono persi in tanti. Ma sapevo che tu lo avresti mantenuto sulla via giusta… Ed è per questo che ho fatto pressione su di te perché non rimanessi a Narnia, con Caspian»
Hermione sussultò a quelle parole, dette con tanta tranquillità.
Silente sembrava rammaricato.
«Sono stato egoista… Mi sembra di citare Grindewald, quasi… “Per il bene superiore”. Ed è quanto mai ironico… Ma tu hai visto, Hermione, cosa avete dovuto passare per arrivare ad oggi…come potevo fare a meno di te? Eri un elemento chiave per il successo di Harry… Ma hai pagato con la tua felicità. Ed è colpa mia, perché non ti ho neppure spiegato come stavano le cose»
 
Silente si stava scusando con lei.
Hermione batté le palpebre, incredula.
«Professore, io… Io sapevo che non avrei potuto abbandonare Harry e Ron…»
«Ma malgrado questo, cara…» la interruppe lui «Avrei potuto esortarti a vivere il tuo amore, la tua vita! A restare a Narnia, dove eri al sicuro, dove eri felice… E invece ho fatto leva sul senso di colpa e ti ho riportata a casa. Hermione, per vincere questa guerra ho fatto cose di cui non vado fiero… e l’influenza che ho esercitato su di te è una di queste»
«Professore, io…io… L’ho deciso io, non lei…»
«Sì, certo, non volevo sminuire la tua volontà… Ma se ti avessi detto di restare a Narnia, se te lo avessi consigliato… tu cosa avresti fatto?»
«Avrei avuto comunque paura per i miei amici, per la mia famiglia» lei sostenne il suo sguardo con calma «Non dico che in questi mesi io non abbia pensato a Narnia ogni singolo giorno, ma… vivendo quello che vissuto, sapendo cosa è successo qui… No, è qui che era giusto che fossi. A fare la mia parte, per quanto piccola»
Dilys tirò su con il naso, cercando di non farsi sentire, ma Silente sorrise: un sorriso raggiante.
«Sono fiero di te, Hermione. E non sono mai stato più sincero. Ma… so che lui ti manca»
Lei annuì, con un groppo in gola.
«Professore, sono venuta… Sono venuta a cercarla perché sono salita nella stanza dove avevo trovato l’Armadio… e non c’era più!»
Hermione parlò veloce, come vergognandosi, ma Silente annuì.
«L’ho immaginato. Purtroppo, davvero l’Armadio non si trova più lì, cara. Severus lo ha spostato per precauzione, quando i Mangiamorte sono entrati nel corpo docenti di Hogwarts. Non volevamo rischiare che qualcuno di loro scoprisse Narnia!»
Lo disse con tono cupo, disgustato.
«E…» azzardò lei.
«Lo ha portato nella Stanza delle Necessità»
Hermione sbarrò gli occhi.
«No!» gridò «È bruciata! Abbiamo recuperato la tiara di Corvonero, ma… la Stanza è bruciata!»
Silente sembrava mortificato, Hermione era atterrita.
I suoi occhi si riempirono pian piano di lacrime.
«Non lo vedrò mai più…» mormorò, più a se stessa che all’ex Preside.
Dilys singhiozzò più forte.
«Hermione, mi spiace, non sai quanto…» Silente cercava di consolarla «Ma per Narnia non c’è una sola porta, non c’è mai una sola strada…»
 
Ma era troppo, per Hermione: il pianto le serrava la gola e lei si voltò e scappò via da quel nuovo, immenso dolore.




***
Buongiorno!
Eccomi qui, come promesso!
Non potevo aspettare un attimo di più, soprattutto dopo che siete stati tutti così carini con me e mi avete invogliata a postare subito la nuova storia... 
Iniziamo dunque insieme questa nuova avventura! :)

Grazie a chi è sempre con me e a chi si aggiungerà!
Buona Pasqua in ritardo e buona lettura!
Joy


Ps: Efp ha accettato un mio cambio di nickname, ma Facebook no, per cui ora qui ho un nick e su fb un altro :(
Comunque... sono sempre io!
 https://www.facebook.com/Joy10Efp

 

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Capitolo 2
*** Una porta per Narnia ***


Un po’ per la forza dell’abitudine, un po’ perché cercava conforto, Hermione si diresse in biblioteca.
 
Quando aprì la porta si trovò davanti a uno scenario che le fece mettere le mani nei capelli.
Quel luogo che per lei era sacro era stato devastato.
Scaffali rovesciati, libri distrutti.
Uno sfacelo.
Hermione si mosse con cautela nella stanza, aggirando le scaffalature divelte, cercando di non calpestare quello che restava di migliaia di libri preziosi.
Camminò nel silenzio, a labbra serrate.
Si addentrò nei corridoi della biblioteca silenziosa, fino a raggiungere un angolo buio e solitario, dove in pochi erano soliti studiare perché era poco illuminato.
Sopra un piccolo tavolo, solitaria nel muro, campeggiava una piccola cornice scura, dall’aria dimessa.
Era la riprova di come l’apparenza inganna, in quanto conteneva il ritratto di una delle personalità più fulgide che Hermione avesse mai incontrato: Lucy La Valorosa, Regina di Narnia.
 
Anche Lucy, come tutti gli occupanti delle altre tele della biblioteca, non c’era.
Hermione immaginò che fosse in giro per il castello, che avesse osservato da cornici amiche le sorti della battaglia e che ora contemplasse i feriti, rimpiangendo di non avere il suo miracoloso Cordiale – dono di Aslan - per poter aiutare concretamente coloro che soffrivano.
Lucy era sempre stata così coraggiosa, così generosa… sarebbe stata un’alleata preziosa in quella guerra.
Le mancava tanto.
Hermione aveva passato gli ultimi mesi in clandestinità, fuggendo da Voldemort mentre aiutava Harry nella lotta contro il Signore Oscuro, ma prima, negli ultimi mesi del precedente anno scolastico, Lucy era diventata una sua amica.
La giovane strega aveva raccontato a Harry e Ron di Narnia e di Caspian, ma solo con Lucy poteva parlarne davvero.
In primis perché i suoi migliori amici, anche se ben intenzionati e preoccupati per lei, restavano due maschi, quindi parlare di sentimenti con loro era parecchio complicato: facevano già abbastanza casino nelle loro vicende personali.
Inoltre, Hermione ormai era al di là della cotta adolescenziale.
Il suo legame con Caspian era qualcosa di profondo, di vero, di totale.
Non per sminuire i suoi amici, ma quando lei aveva ammesso di essere stata pronta a lasciare tutto per sposare il Re di Narnia e dargli dei figli, entrambi l’avevano guardata come se fosse una Chimera con dieci teste.
 
«Dei figli?? Sposarsi??» Ron era basito «Ma Hermione, che cavolo dici? Ma se a te interessa solo studiare!»
Hermione l’aveva guardato dall’alto in basso, con disprezzo:
«Ma tu che ne sai? Cosa sai di quello che provo per Caspian?»
E, in effetti, Ron non lo sapeva.
Hermione gli voleva bene, ma si rendeva conto di quanto fosse immaturo.
La storia con Lavanda aveva alti e bassi, perché dopo la novità iniziale Ron si era reso conto di quello che comportava avere una fidanzata (una come Lavanda, per di più): qualcuno che si aspettava di avere appoggio totale, consiglio, dedizione. Di essere messa per prima.
Troppo complicato per il più giovane maschio dei Weasley, che voleva solo divertirsi e vedere il suo ego gratificato, ma senza rinunciare alla sua vita così come era sempre stata e come piaceva a lui che fosse.
Lavanda non si inseriva nel loro trio e questo Ron lo sapeva.
Peggio: nemmeno ce la voleva.
Dopo l’avventura a Narnia, un’Hermione molto più consapevole dei suoi sentimenti aveva cercato di dargli qualche consiglio, ma Ron era diventato ombroso e palesemente seccato del fatto che lei avesse rivolto altrove i suoi pensieri.
Ad un certo punto, Harry aveva dovuto nuovamente mediare tra i due amici, perché la situazione era tornata ad essere insostenibile, ma per una ragione completamente diversa: ora era Ron ad essere geloso.
Hermione era sicura che l’amico non fosse davvero innamorato di lei, ma probabilmente solo ferito nell’ego: Lavanda e Calì lo avevano talmente convinto del fatto che lei gli stesse dietro (e un po’ era vero, ma prima di Caspian, cioè quando lei non aveva idea di cosa fosse l’amore) che ora si sentiva defraudato di qualcosa.
Stupidamente, come Hermione gli aveva spiegato tra grida indignate.
Per la salvezza del trio di amici fu vitale il fatto che Harry si fosse messo con Ginny, perché le sue abilità di mediatore sentimentale erano decisamente scarse.
Ginny, invece, aveva ascoltato tutta la storia da una singhiozzante Hermione, aveva pianto con l’amica per il suo amore perduto e poi aveva riempito di insulti il fratello, gridandogli che era un babbuino senza cervello e che doveva ringraziare Merlino di aver trovato una scimmia come Lavanda che lo sopportava e che se non avesse smesso con quelle pretese folli su Hermione lei lo avrebbe Maledetto.
Le urla dei due Weasley più giovani si erano sentite fino alla Sala Comune dei Tassorosso ma, dopo due giorni di silenzio offeso, la situazione si era ricomposta.
Hermione era tornata ad essere la fedele amica di sempre, Harry aveva tirato un sospiro di sollievo e Ron cercava di contenere la sua gelosia per l’amica a due - massimo tre - scoppi di malumore alla settimana.
Lavanda aveva spettegolato con Calì della relazione misteriosa di Hermione di cui aveva sentito parlare da Ron, finché Ginny non le aveva beccate e aveva fatto loro una Fattura Orcovolante.
E la vita era ricominciata.
 
Alla fine del sesto anno, Harry aveva lasciato Ginny per proteggerla, perché sapeva che sarebbe dovuto andare a cercare gli Horcrux e non sarebbe tornato a Hogwarts.
E fu chiaro che Harry la amava e voleva proteggerla.
Ron, di riflesso, lasciò Lavanda (ma era ben più sollevato del suo migliore amico).
Hermione non doveva lasciare nessuno: quella scelta dolorosa lei l’aveva fatta mesi prima e il suo cuore era ancora in pezzi. Ne frantumò ancora qualcuno quando cancellò la memoria ai suoi genitori e li mandò in Australia, al sicuro da Voldemort e dai Mangiamorte.
 
 
Fino alla fine del sesto anno, a Hogwarts, Lucy Pevensie era stata un’amica preziosa.
Sapeva quello che era accaduto a Narnia e conosceva Caspian: con lei, Hermione poteva parlare per ore del re.
Era assetata di tutto quello che lo riguardava e chiedeva a Lucy di raccontarle storie infinite su di lui.
La Valorosa la accontentava perché le si era affezionata e le dispiaceva tremendamente che la giovane strega e il re si fossero separati senza sapere se avrebbero mai avuto un futuro insieme.
Devota ad Aslan, Lucy capiva e stimava Hermione per la sua decisione: anche lei e i suoi fratelli, in passato, avevano obbedito alla volontà del Grande Leone e non avevano chiesto sconti o facilitazioni, pur amando Narnia e desiderando restarvi.
Lucy amava Caspian e Hermione e soffriva per loro.
Avrebbe voluto poter accarezzare i capelli della giovane amica mentre lei singhiozzava disperata, notte dopo notte, per il suo amore lontano, ma poteva solo osservarla, triste, finché Hermione non si ricomponeva, si soffiava il naso, recuperava il Mantello dell’Invisibilità che Harry le aveva prestato e tornava in camera, ringraziandola a profusione perché la sopportava.
Ma a Lucy non pesava affatto.
Continuava ad esortare Hermione perché avesse fede in Aslan:
«Non rinunciare mai! Aslan conosce il tuo cuore e quello di Caspian! Aslan vi ama: dimostrategli che i vostri sentimenti sono forti e sinceri! Dimostrategli che avete fede in Lui!»
Hermione ci provava, ogni giorno.
Quando alzarsi era uno sforzo enorme, quando studiare aveva perso il significato che aveva prima, quando sopravvivere sembrava così faticoso… Lei testardamente pensava al Re e lottava per lui, per ritrovare l’energia e la determinazione per combattere.
E perché, se avesse combattuto e avesse vinto, magari sarebbe potuta tornare da lui.
 
 
Quella notte, Lucy non c’era ed Hermione raddrizzò una sedia e si sedette ad aspettarla.
Ma il sonno la vinse e, dopo poco, la ragazza dormiva con il capo poggiato sulle braccia.
Sognò Caspian, come le succedeva spesso.
Ma, stavolta, il suo sogno non era costellato di prati versi e mare blu, con il sovrano accanto a lei e in procinto di iniziare una vita insieme.
Stavolta Caspian era seduto nella Sala del Consiglio e il suo viso bellissimo era cupo e determinato.
Davanti a lui erano spiegate carte e mappe e i suoi Lord parlavano di una guerra e di un esercito in movimento.
Il sovrano ascoltava i rapporti e il suo viso restava serio e concentrato, mentre con la mano accarezzava distrattamente l’elsa della spada allacciata al suo fianco.
Hermione lo trovava sempre stupendo, ma preferiva osservarlo sorridere, quando le sue labbra carnose avevano una piega morbida e irresistibile e gli occhi scuri scintillavano…
Tutti chiedevano l’attenzione del sovrano, ma in particolare un gruppo di notabili insisteva con lui:
«Maestà, non potete lasciare Narnia senza un erede! Maestà, se la guerra è inevitabile dovete pensare al vostro popolo! È un vostro dovere!»
Ma cosa stavano dicendo, quegli sciagurati?
Quale guerra? E soprattutto... quale erede?!
Ma, con suo sommo sbigottimento, Caspian annuì, sempre scuro in volto.
«Sono consapevole dei miei doveri» disse, secco «Non verrò meno a Narnia»
Il panico la invase.
Doveri? Erede?
Ma di cosa parlavano?
 
Si svegliò bruscamente, con un sussulto strozzato.
Impiegò un paio di attimi a ricordare dov’era.
Sentì un brivido serpeggiarle per la schiena mentre ripensava a quel sogno…
«Ehi tu, meravigliosa fanciulla!» disse una voce dolce «Che ne pensi di andare a sdraiarti su un letto vero?»
«Lucy!» Hermione non riuscì a sorridere «Non sai cosa ho sognato… Voglio dire, credo fosse un sogno, ma… era così diverso dai sogni che faccio di solito! Era… Sembrava così vero!»
Raccontò confusamente all’amica del sogno e poi dell’Armadio per Narnia che era scomparso… ma Lucy, che pure l’aveva sempre capita, insistette più volte perché si riposasse e non partisse ora per ricerche avventate.
«Hermione, sei stravolta! Hai appena affrontato un nemico terribile! Riposa, prima di fare azioni avventate! Hai aspettato mesi… Cosa cambia, ora, aspettare un giorno o due?»
Aveva ragione, Hermione lo sapeva.
Ma non riusciva a togliersi dalla mente quel sogno.
Sembrava un presagio, un presagio nefasto.
 
La perseguitò quella notte, mentre cercava di riposare nella Torre di Grifondoro, assieme ai suoi amici esausti.
Malgrado fosse stremata, Hermione non riusciva a dormire.
Aveva paura di sognare ancora?
Di solito era così felice di sognare Caspian…
Si mosse, inquieta, e vide nella fioca luce delle braci morenti nel camino Harry e Ginny dormire abbracciati.
La tristezza la invase, di nuovo.
 
La mattina dopo, mentre il mondo magico tornava alla vita, Hermione Granger, testarda, tornava in biblioteca.
Parlò con Lucy della battaglia, dei mesi che l’avevano preceduta.
Parlò del sogno e di quel dolore che le lacerava l’anima da quando aveva lasciato Narnia.
Pianse, poi si asciugò gli occhi e si presentò nella Sala Grande, come era suo dovere.
Al fianco di Harry e Ron ascoltò su Radio Strega Network le notizie che provenivano dall’esterno: la guerra era finita, le persone sottoposte a Maledizione Imperius si stavano risvegliando, gli ultimi seguaci di Voldemort venivano arrestati.
Il nuovo Ministro della Magia, ad interim, era Kingsley Shacklebolt.
Il suo primo provvedimento, in onore di Albus Silente, fu quello di vietare la prigionia ad Azkaban: come Silente aveva più e più volte detto, i Dissennatori erano alleati naturali del male.
E il male doveva essere bandito.
Si sarebbero trovate nuove soluzioni.
 
Il Ragazzo che era Sopravvissuto, Harry Potter, aveva salvato il mondo magico.
Malgrado ciò, a Harry non venne concesso il meritato riposo: a lui e a Hermione e Ron, assieme a membri dell’Ordine della Fenice e del corpo docente di Hogwarts, fu chiesta collaborazione nei processi per individuare colpevoli e innocenti.
A Harry premeva particolarmente restituire dignità al nome di Severus Piton: parlò molto di lui agli amici e tutti concordarono nel fare il possibile per restituirgli onore e gloria.
La notte prima della partenza da Hogwarts fu allegra: sarebbero tornati.
Hogwarts li aspettava per un anno ancora, l’ultimo.
Hogwarts avrebbe continuato ad accogliere i figli dei maghi e a tramandare il suo sapere.
Tutto sarebbe andato bene.
 
Nell’ottimismo generale che divampava, solo una persona era rosa dai dubbi.
Pur sapendo che sarebbe tornata, Hermione non trovava pace.
Non voleva lasciare la scuola senza fare un ultimo tentativo.
E così, la notte prima della partenza, scivolò nei corridoi bui e deserti, fino alla Stanza delle Necessità.
Ferma di fronte a una parete di mattoni, la giovane strega ripensò alla notte della caduta di Voldemort, in cui Malfoy, Tiger e Goyle avevano seguito lei e i suoi amici nella Stanza e li avevano quasi uccisi.
Loro erano riusciti a prendere il diadema di Corvonero, ma Tiger era rimasto ucciso dall’Ardemonio che lui stesso aveva evocato.
Reprimendo un brivido, Hermione strinse i denti.
Era la sua unica possibilità, lo sapeva bene.
Cercò di sgombrare la mente da ogni timore: sapeva come funzionava quella magia.
Doveva crederci, crederci davvero.
Come in Aslan, avrebbe detto Lucy.
Hermione prese un respiro, chiuse gli occhi e camminò per tre volte avanti e indietro.
Nella mente un solo pensiero:
Portami a Narnia. Portami a Narnia. Portami a Narnia.
Si fermò e aprì gli occhi.
Davanti a lei, nel muro, era apparsa una porta.

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Capitolo 3
*** Di nuovo a Narnia ***


Hermione aprì la porta con mani tremanti.
 
E quasi svenne per il sollievo.
 
Non conosceva quel corridoio che aveva davanti agli occhi, ma conosceva bene, benissimo, la voce che sentiva provenire da una porta accostata.
«State attente! Non sgualcite quegli abiti! Appartenevano a Hermione e ci tengo moltissimo! E pensare che dovevo vedere questo giorno…»
Hermione si fermò con la mano a mezz’aria, sospesa sulla maniglia.
Perché Cora aveva quella voce afflitta?
Sembrava persino singhiozzare…
Poi ne fu certa: qualcuno, nella stanza, si stava soffiando vigorosamente il naso.
«…Povera piccola Hermione! Quanto vorrei che fossi qui!»
Hermione esitò solo un attimo, poi fece qualche passo indietro e si nascose dietro i pesanti tendaggi che schermavano una finestra.
C’era qualcosa di sbagliato in quella situazione, glielo diceva l’istinto… anche se non sapeva ancora cosa.
Vide due donne uscire nel corridoio, illuminato dalla luce di alcune torce.
«Allora lasciamo qui le sue cose?» chiese una.
«Sì»
Cora apparve alla luce ed Hermione fu tentata di lanciarsi avanti per salutarla, ma le parole successive della donna la gelarono:
«Ora che Lilliandil sposerà re Caspian non voglio che trovi cose di Hermione per il castello. Sapete quanto è vendicativa!»
 
Hermione si aggrappò con la mano al cornicione della finestra.
Lilliandil?
Sposare Caspian?
Ma….ma cosa stava dicendo?
Cosa significava?
Era talmente sconvolta che quasi perse il resto della conversazione.
«Cora!» bisbigliò una delle donne «Non puoi dire una cosa del genere… sai che…»
«So cosa?» ribatté l’altra, irritata «Che quella è tornata per spadroneggiare, come se Cair Paravel fosse già sua?»
«Bè, tecnicamente…» ora era l’altra ragazza ad obiettare «Se sposerà il re, allora il castello diventa suo…»
«Ma questo solo perché quel povero ragazzo è prostrato dal momento in cui Hermione ha lasciato Narnia!» strillò Cora, facendo accapponare la pelle delle altre due donne «È per questo che quella può fare i comodi suoi!»
Preoccupate per via dello strepitare di Cora, le altre due donne si guardarono attorno.
Poi, concluso che il corridoio era deserto, si incamminarono tutte verso la scala.
 
Rimasta sola, Hermione emerse da dietro i tendaggi.
Che stava succedendo a Narnia, per tutti i rospi saltellanti?
 
*
 
Attraversava i corridoi quasi correndo, alla faccia della prudenza.
Non le importava di incontrare qualcuno.
Non le importava di nulla, se non di raggiungere Caspian.
 
Da uno sguardo rivolto alle ampie finestre vide che fuori era notte, decise quindi di provare prima nei suoi appartamenti privati e solo dopo, in caso non lo avesse trovato, di scendere nella sala del trono, dove era più probabile incontrare gente.
Quando giunse nel corridoio dove si trovavano gli appartamenti reali, ci mise un attimo a constatare l’ovvio: non c’erano guardie.
Perché?
C’erano sempre guardie a protezione delle camere reali: ricordava il suo imbarazzo quando passava la notte con il re e i soldati, impassibili, fingevano di non vederla mentre il sovrano la portava tra le braccia nei suoi alloggi.
Le guardie restavano sulla porta, silenziose, ma lei si sentiva comunque in imbarazzo.
E ora, invece…
Hermione accostò l’orecchio alla porta, ma non sentì nulla.
Esitante, provò la maniglia e, con sua sorpresa, vide che gli appartamenti erano illuminati.
In più, sentiva delle voci provenire dalla stanza adiacente.
In un attimo sgusciò all’interno, richiuse la porta e corse a nascondersi – di nuovo! - dietro i tendaggi.
Poco dopo, la voce che sentiva divenne chiaramente udibile:
«…Per cui se voleste dirci cosa ne pensate, Vostra Maestà…»
 
Il cuore di Hermione fece un salto.
Vostra Maestà… Allora Caspian era lì!
Ma tutto quello che udì in risposta fu silenzio.
Dopo qualche istante, la voce ripeté, esitante:
«Vostra Maestà, perdonatemi, ma… Posso chiedervi cosa ne pensate?»
Il silenzio si protrasse ancora, quindi una voce che Hermione conosceva bene rispose:
«Fate come volete»
 
Hermione chiuse gli occhi.
Era lì.
Era lì, a pochi passi da lei.
Represse l’impulso di scoppiare a piangere per l’emozione e ci mise un po’ a registrare che il tono del re era insolitamente apatico.
L’uomo che stava parlando con lui, però, a quanto pareva intendeva avere risposte più precise:
«Maestà, se permettete, preferirei avere una vostra direttiva in merito e…»
«Allora forse non avete capito!» la voce di Caspian, stavolta, era secca e decisa «Fate quello che volete, perché non mi importa assolutamente! È più chiaro così?»
 
Hermione si morse un labbro.
Mai, mai aveva sentito il re gridare contro qualcuno.
Sentì una serie di scuse e borbottii e poi la porta che si apriva e si chiudeva.
Non fece in tempo a muoversi che udì un’altra voce, stavolta a lei nota:
«Vostra Maestà, li avete spaventati a morte!»
La risposta fu un sospiro.
«Effettivamente erano insistenti, comunque!»
Hermione represse un sorriso: certo che Tartufello non aveva imparato la diplomazia, in sua assenza.
Scostò appena la tenda e quel che vide le fermò il cuore.
Caspian era adagiato in una delle poltrone: dal suo nascondiglio lo vedeva di tre quarti.
Lo divorò con gli occhi, come se quella vista potesse sanare la sua anima martoriata.
«No, Tartufello… avevano ragione»
Caspian ora mormorava e il suo tono accorato fece compiere ad Hermione un passo in avanti.
Poi lui disse:
«Alla fine, ho accettato di sposare Lilliandil… Non ho il diritto di far pesare a tutti il mio malumore, come se fosse colpa di qualcun altro»
 
Il cuore di Hermione perse un battito.
Aveva detto… aveva davvero detto…
 
Le orecchie le ronzavano, come se fosse sul punto di svenire, tanto che quasi perse la replica di Tartufello:
«Maestà… perché avete accettato?»
Caspian rise; una risata priva di gioia.
«Perché se non posso avere Hermione, allora che senso ha la mia vita? Cosa mi importa se sarà Lilliandil, o qualcun’altra?»
«Però Maestà… Magari Hermione torna… L’avete aspettata così tanto… E sapete che lei è testarda e forte!»
Caspian poggiò i gomiti sulle ginocchia e nascose il viso tra le mani.
«Non ce la faccio più Tartufello… Mi manca così tanto! E se è vera questa notizia, allora io…»
 
La vista di quella angoscia – la sua stessa angoscia - le divorava il cuore.
Senza pensare ad altro, Hermione fece due passi avanti ed uscì dal suo rifugio.
Tartufello urlò.
Caspian, che aveva ancora il viso nascosto, balzò in piedi pronto a fronteggiare un nemico.
 
E la vide.
 
Impallidì e rimase senza parole.
Si fissarono, in silenzio, per lunghissimi momenti, quindi Hermione accennò un sorriso e mosse un paio di passi.
«Caspian…» mormorò, tendendogli la mano.
Appena sentì la voce di lei, lui le corse incontro e la sollevò tra le braccia.
 
*
 
Era come tornare a casa.
 
Era come tornare a vivere.
Hermione e Caspian non si dissero una parola: non c’era tempo.
Non c’era modo.
Stretti l’uno all’altra, si baciavano con frenesia inaudita.
Lei registrò vagamente che lui l’aveva sollevata tra le sue braccia e si rese conto che l’aveva portata nella camera da letto quando la adagiò tra le coltri.
Si chiese di sfuggita se Tartufello aveva avuto il buonsenso di chiudere la porta.
 
Si separarono un secondo, restando però vicinissimi.
Caspian era semisdraiato sopra di lei, il suo peso era un ricordo dolcissimo e confortevole.
Hermione gli passò le mani tra i capelli e si rese conto che stava piangendo.
Cosa ancora più strana, anche lui era commosso.
«Sei…Sei veramente tu!» mormorò lui, in tono reverenziale.
Lei sorrise tra le lacrime.
«Certo che sono io»
Le labbra di lui trovarono di nuovo le sue e non ci fu più tempo per le parole.
Si spogliarono a vicenda, febbrilmente.
Non c’era dolcezza ma bisogno nella loro ricerca; un’urgenza quasi dolorosa.
Si amarono con foga, riversando l’uno nell’altra il dolore, la paura di quei mesi di lontananza.
Il sollievo di essere di nuovo insieme.
E, poi, la pace che sapevano darsi, a vicenda.
 
Tra le braccia di Caspian, Hermione sentì che la sua anima, martoriata dal distacco e poi dalla guerra combattuta a casa, tornava a vivere.
Si strinse al re mentre entrambi riprendevano fiato, godendosi il suo abbraccio e i suoi baci voraci, che lui interrompeva solo per mormorare:
«Sei qui…sei tornata da me…»
Hermione alzò la mano sinistra, al cui anulare portava l’anello con sigillo che le aveva donato il re, e gli accarezzò piano la guancia.
«Dimmi che non sto sognando…» pregò.
Lui le prese la mano e la baciò con foga.
«No, non è un sogno!»
«Sono tornata davvero» mormorò lei, emozionata.
Si sistemò più comodamente sul fianco e si strinse al re.
Lui le fece correre una mano sulla schiena nuda, solleticandole dolcemente la pelle.
Hermione sospirò, beata, e socchiuse le palpebre.
«Hermione…Come è possibile? Cosa è successo? Come sei arrivata qui?»
«Quante domande» gli sorrise lei.
Caspian sorrise in risposta e si chinò a baciarle le labbra.
«Effettivamente hai ragione… E, dopotutto, a me importa solo che tu sia qui!»
«Anche a me!»
Hermione gli passò un braccio dietro il collo e, con l’altra mano, gli accarezzò il viso.
«Hai l’aria stanca, mio re» mormorò, osservando le occhiaie pronunciate di lui.
«No, io…» iniziò a negare lui, automaticamente.
Poi sorrise e rettificò:
«D’accordo, ammetto che è un periodo difficile e complicato…»
«Ho sognato che Narnia era in guerra» mormorò lei, ricordando il sogno che aveva fatto.
Lui annuì, serio.
«Sì, siamo stati attaccati sul confine dall’impero di Calormen… Parte delle nostre truppe sono già in viaggio: abbiamo dovuto muoverci velocemente. Io le raggiungerò dopodomani»
Hermione sgranò gli occhi.
«Ci vai anche tu?»
Lui annuì, una luce dolce negli occhi.
«Non posso chiedere ai miei uomini di andare in guerra se non sono pronto a farlo io per primo. La mia vita non vale più di quella di ciascuno di loro»
Lei si alzò a sedere di scatto nel letto.
Sapeva che lui aveva ragione, sapeva che non avrebbe mai accettato di stare al sicuro mentre i suoi uomini morivano.
Ma l’idea di Caspian in prima linea le toglieva il fiato.
Non doveva…non poteva accadergli nulla!
Non fece in tempo a parlare che lui si era seduto a sua volta e l’aveva ripresa tra le braccia.
«Lo so che l’idea non ti piace… ma devo andare. Ti prego, cerca di capire»
Lei strinse le sue spalle forti e rispose:
«Lo capisco. Ma voglio venire con te»
In risposta, il sovrano la strinse più forte.
«Hermione, non chiedermelo… Posso rischiare la mia vita, ma non rischierei mai la tua!»
«No» protestò lei, divincolandosi «Voglio venire! Non posso starti lontana! Non lo sopporto!»
Caspian prese fiato e chiese, quasi timoroso:
«Sei…sei tornata per restare?»
Hermione batté le palpebre.
«Non lo so… Ma non mi importa. Sì. Sì sono tornata e sì, resterò con te… e stavolta non ci sarà nessuno, nessuno, che potrà portarmi via!» giurò appassionatamente.
Caspian sorrise e le prese il viso tra le sue mani.
Ecco la donna che amava, quella forte e determinata e generosa… E stupenda.
«Per Aslan, quanto mi sei mancata, Hermione!»
«Anche tu mi sei mancato… Così tanto. Più di quello che posso spiegare a parole. Ogni giorno, ogni singolo momento senza di te è stato una tortura…»
«Come se mancasse una parte di me, della mia anima» mormorò lui, prima di baciarla.
La distese sulle lenzuola e mormorò tra i baci:
«Non lasciarmi più»
A lei tornarono le lacrime agli occhi.
«Mai. Non voglio vivere senza di te… Non è vita senza di te!»
«Ti amo così tanto, Hermione… Ti ho amata ogni singolo secondo!»
Lei passò con reverenza le mani sul petto di lui, ammirando la compattezza dei muscoli.
«Quanto tempo è passato?»
«Un anno»
«Anche sulla Terra!» esclamò lei, stupita.
«Allora Aslan non vuole che perdiamo la vita lontani, forse» bisbigliò lui.
Poi riprese a baciarla e chise:
«La vostra guerra?»
«Finita» Hermione era stordita dalle emozioni e dalla passione, al punto che faceva fatica a connettere i pensieri.
Avevano sofferto così tanto… e ora erano insieme.
«È stato terribile… però abbiamo vinto. E qui, invece?»
«Qui… ne parliamo dopo» Caspian sembrava avere le sue stesse difficoltà nel concentrarsi su qualcosa che non fosse il corpo dell’altro «Per ora dimmi solo che mi ami e che vuoi sempre sposarmi… Tutto il resto può aspettare!»
Hermione rise.
«Se ti dicessi che non voglio più sposarti… tenteresti di convincermi come hai fatto l’ultima volta?» chiese, maliziosa.
«No» sorrise lui in risposta «Ti incatenerei al mio letto per non farti scappare… e poi sì, tenterei di convincerti come ho fatto l’altra volta»
«Che prospettiva orribile» motteggiò lei, ma i suoi occhi brillavano d’amore.
 
E fu così che l’amore curò le ferite inflitte loro dal distacco.
 
*
 
Molto più tardi, con la testa poggiata sul petto del re, Hermione gli raccontò di Voldemort e della guerra che lei e i suoi amici avevano combattuto.
Caspian, appoggiato ai cuscini, la abbracciava mentre beveva ogni sua singola parola.
Voleva sapere tutto, conoscere ogni singolo dettaglio di quell’anno in cui lei era stata lontana da lui.
Ma, più di tutto, per lei parlavano le sue espressioni, i gesti appassionati, gli occhi brillanti e la parlantina sciolta.
Tutto, in Hermione, vibrava di vita e Caspian bevve avidamente con gli occhi quella visione di donna e guerriera così fiera.
Anche lei non era mai sazia delle espressioni di lui e di quegli atteggiamenti così tipici di Caspian che le erano mancati ogni giorno: il modo di corrugare le sopracciglia, i capelli che gli ricadevano ai lati del bellissimo viso, le mani eleganti, gli occhi scurissimi e pieni d’amore.
Per lei.
Quando finì, Hermione gli chiese di Narnia e Caspian aggrottò la fronte.
«Amore, devo parlarti di un problema»
Lei intrecciò le dita alle sue e gli baciò il dorso della mano.
«Dimmi»
«Sei mesi fa, all’improvviso, Lilliandil e suo padre, Ramandu, si sono presentati a Cair Paravel»
Hermione, ricordando quanto aveva udito appena giunta a Narnia, si morse la lingua per non sbottare in qualche imprecazione e gli fece cenno di continuare.
«Giurarono di essere stati perdonati da Aslan e a prova di ciò portarono il fatto che entrambi sono tornati in possesso dei loro poteri. Si sono scusati per quanto avevano orchestrato e poi…»
Caspian si morse il labbro, esitando.
«E poi?» chiese Hermione, perplessa.
Lui espirò di botto.
«E poi mi hanno detto che non saresti mai più tornata a Narnia, da me»



***
Buongiorno miei amatissimi lettori!
Solo per dirvi che ho ripreso la storia "And the reason is you" (fandom Ben Barnes, manco a dirlo!) e che ho pubblicato una OS Rose-Dimitri nel fandom Vampire Academy.
Per tutte le novità mi trovate qui: 
https://www.facebook.com/Joy10Efp
Buona lettura e buon inizio settimana,
Joy

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Capitolo 4
*** Altra donna all'infuori di te ***


A te mamma, questa piccola cosa e qualunque altra cosa faccio: grazie
"For every diaper changed, every broken heart mended, every tear wiped, I am forever grateful. I love you, Mom. I am because you are"



 

«Cosa?» esplose Hermione, furente «E cosa ne sanno loro, se posso chiedere?»
 
Caspian scosse il capo, scuro in volto.
«La stessa cosa che ho obiettato io. Loro sostenevano di averlo saputo da Aslan. Anzi, meglio: sostenevano che Aslan in persona li aveva mandati da me, per aprirmi gli occhi sul mio futuro. Tu non saresti mai tornata»
Hermione era sul punto di saltare giù dal letto, nuda com’era, per andare a cercare Lilliandil e cantargliene quattro, ma si trattenne quando vide l’espressione sul viso del re.
«E tu ci hai creduto? Voglio dire… Aslan è stato chiaro con Lilliandil: lei e suo padre hanno abusato del loro potere già in passato!»
«Lo so, lo so, ma hanno dimostrato di essere nuovamente in possesso dei loro poteri. E se non è stato Aslan, chi poteva restituirli loro? E poi erano a conoscenza dei piani di invasione di Calormen, ci hanno avvisati per tempo e abbiamo potuto evitare un disastro»
«Ti fidi di loro?»
«Non del tutto, non ci riesco. Sono grato loro di aver evitato un’invasione, ma… No, non mi fido»
«Come potrebbero sapere qualcosa di me?»
Caspian la strinse più forte.
«Dicono che, dal Confine del Mondo, Aslan ha visto la guerra infuriare nel tuo mondo magico… E hanno detto che Aslan ha giurato di proteggerti ma che, per ripristinare l’equilibrio dovuto a un Suo intervento sulla Terra, tu non saresti più potuta tornata a Narnia»
Hermione sembrava scettica.
«Aslan ha promesso protezione anche a Silente e lui…» si zittì bruscamente.
Caspian le accarezzò i capelli.
«Mi spiace moltissimo per Silente» mormorò.
Lei annuì, solleticandogli il petto con i capelli.
«Comunque, non ci credo» ribadì Hermione «Perché Aslan non sarebbe venuto a parlartene di persona?»
Caspian esitò.
«Forse lui non… non è contento di me…»
Hermione alzò il capo di scatto.
«Ah no? E chi lo ha detto? Lilliandil?»
Il re fece un sorriso triste.
«Ecco qui la mia piccola leonessa che fa capolino… Hermione, per quanto sia meravigliosa la fiducia che hai in me, io ho sicuramente le mie colpe»
«Perché dici questo?»
«Perché, dopo la tua partenza… Io mi sono sforzato di compiere il mio dovere verso Narnia, ma ammetto che quasi non mi importava più. Non volevo occuparmi del mio regno, volevo solo correre da te. E l’operato di un re che non ama la sua terra è quanto di più esecrabile possa esserci»
Hermione sospirò.
Eccolo, il suo Caspian… insicuro di sé fino all’eccesso.
«Come faccio a farti entrare in quella testa dura che non è vero? Che non è possibile che tu passi il tempo a denigrarti?» disse, schietta «Quando si tratta di te stesso, le tue capacità di giudizio sono obnubilate dalla paura di deludere le aspettative di tuo padre, di non essere alla sua altezza. E questo è stupido, Caspian, perché tu sei un ottimo re. E nessuno mi farà mai credere il contrario»
«Perché mi ami» obiettò lui.
«No, perché ti conosco. Conosco il tuo animo e la tua natura. E il tuo valore e il tuo coraggio. Quindi smettila di dire stupidaggini, per favore! Questa sì che è una colpa!»
Il sovrano sorrise, suo malgrado.
«Se fossi stata una mia maestra, a scuola, avrei avuto paura di te e della tua energia»
«Se fossi stata una tua maestra, ti avrei inculcato il buon senso a forza in quella testa dura!» esclamò lei.
Poi gli prese il viso tra le mani e lo guardò negli occhi.
«Caspian… perché non hai fiducia nell’amore di Aslan per te? Io l’ho visto!»
Lui annaspò.
«Io ci credo… è solo che…»
«Non crederò mai, mai, che Aslan non abbia a cuore la tua felicità!»
«Ma anche lui ha ammesso che non sapeva se saresti tornata! Anche lui ha detto che andavi ad affrontare una guerra dall’esito incerto!»
«Sì. E io ti ho affidato a lui. A lui e non a quella gallina di Lilliandil!» ribatté Hermione, seccamente.
A Caspian sfuggì una risatina.
«Avevo così paura che fosse vero…» bisbigliò poi.
L’espressione di Hermione si addolcì.
«E se Lilliandil e suo padre avessero proprio fatto leva su una tua paura? Non posso davvero credere che Aslan non sarebbe venuto da te!»
«Aslan è lontano da tanto… Non lo vedo più dal giorno che ti ha riportata a casa… E non sempre è Lui a manifestarsi: le sue Guide lo rappresentano ed eseguono i suoi comandi»
«Ma chi ci dice che Ramandu sia nuovamente una Guida?»
Ma Caspian scosse il capo.
«Ci hanno mostrato i segni. Non possono mentire»
Hermione era chiaramente scettica.
«Io non ci credo. Sono qui, con te: è la prova che o hanno mentito, o si sono sbagliati. Ma, se li ha mandati Aslan, come potrebbero aver sbagliato? Lui sa tutto! Resta una sola opzione: hanno mentito»
Caspian fece correre le mani sui fianchi di lei.
«Ecco l’avvocato Hermione, paladina di tutte le cause giuste» scherzò «Il terrore dei criminali…»
«Dei bugiardi, piuttosto!» sbuffò lei.
Improvvisamente, il re la rovesciò sul materasso.
«Ho un debole per le paladine dell’onestà, sai?»
«Ah sì?» mormorò Hermione, mentre gli baciava il collo «Allora non devo preoccuparmi di Lilliandil, dico bene?»
All’improvviso Caspian si fece serio in viso.
Si sollevò, puntellandosi sui gomiti, e rispose:
«Tu non devi preoccuparti di nessuna. Ma c’è un problema»
«Quale?»
«Ho accettato di sposare Lilliandil»
 
 
Lo schiaffo di Hermione non arrivò del tutto inaspettato, doveva ammetterlo.
La conosceva, sapeva che di carattere era impetuosa e passionale e, in tutta sincerità, era una delle qualità che amava di più in lei.
Dal canto suo, Hermione si ritrasse dal sovrano lanciandogli occhiate omicide.
Eppure aveva sentito sia Cora che lo stesso Caspian parlare di nozze!
E si era comunque fatta irretire al punto da andarci a letto e poi farsi confessare una notizia del genere mentre era nuda e indifesa!
Meglio per lui che non aveva la bacchetta tra le mani, o lo avrebbe trasformato in un poggiapiedi seduta stante!
La strega si agitò per liberarsi dal peso di lui, ma il re la spinse contro il materasso.
E, inaspettatamente, sorrise.
«Me lo meritavo. Posso spiegare, ora?»
«Non c’è niente da spiegare!» ruggì lei «Lasciami andare!»
«Non ci penso proprio!»
Caspian rise, facendola infuriare ancora di più.
Però poi tornò serio e la guardò in quel modo che la faceva sciogliere.
«Io non ti lascio più andare, Hermione!»
Lei voltò il capo, confusa.
Era furiosa e ferita… Ma, contemporaneamente, sapeva che Caspian la amava.
Che l’aveva aspettata.
Bastava guardarlo in faccia per capirlo.
Come era prostrato prima, quando l’aveva visto dal suo nascondiglio… e la sua espressione quando l’aveva vista!
Il modo in cui aveva fatto l’amore con lei!
Caspian era un uomo d’onore… Non avrebbe mai commesso una scorrettezza del genere nei confronti della sua promessa sposa.
Ma allora…
E poi, Lilliandil! Per tutte le chimere cieche!
 
«Allora spiegami» disse, cercando di mantenere la voce ferma.
«Ehi, piccola» mormorò lui, posando la fronte sulla sua tempia «Guardami»
Hermione rimase immobile.
Il sovrano le fece voltare il capo, prendendole dolcemente il mento con una mano.
«Io amo solo te, sciocchina» disse.
«Ah sì? Perché mi sembra che tu abbia appena detto che hai proposto il matrimonio a un’altra donna… a Lilliandil, per giunta!»
Lui sospirò, serissimo.
«Hermione, è colpa mia e sono stato uno stupido, ma ti prego: lasciami spiegare!»
Poi, senza attendere che lei parlasse, iniziò a raccontare:
«Quando Lilliandil e Ramandu sono giunti a Cair Paravel con la notizia che non saresti più tornata… Il mio cuore rifiutava di crederci, ma la mia mente… Era come se, nel profondo della mia anima, io avessi sempre saputo che non sarei mai potuto essere felice, che non ne avevo il diritto. Che non lo meritavo. Ero distrutto… e, contemporaneamente, pensavo di meritarlo. Perché amo te più di Narnia, amo te più del mio dovere. Merito di essere punito»
Hermione sospirò, voltando gli occhi verso di lui.
Non poteva sopportare quel dolore nella sua voce, né che lui si infliggesse un giudizio così severo.
Però, sapeva che lui le stava aprendo la sua anima, confessando le sue paure più profonde: meritava che lei rispettasse quella parte così intima e vulnerabile, per cui Hermione si sforzò di ascoltare in silenzio.
E Caspian proseguì:
«Ho cercato Aslan così tanto… L’ho pregato, l’ho invocato, l’ho cercato… Sono andato alla Casa di Aslan, mi sono ritirato in meditazione da solo… Ma niente. Non è mai venuto da me. Ero solo…così solo. Non ricordo di essermi sentito così perso neppure quando i miei genitori morirono, nemmeno quando fuggii da mio zio Miraz… Comunque. Vorrei dire che ho cercato delle risposte, ma come potevo cercarle? Solo Aslan sapeva. E Aslan è rimasto lontano da me. Sono stati i miei giorni più bui. Poi, un mese fa, Lilliandil è tornata per avvertirmi dell’intenzione di Calormen di invaderci e allora mi sono dedicato ad organizzare la difesa. Le trattative sono state inutili, ma se non altro essere preparati ci ha evitato che il confine venisse attaccato e distrutto. Le schermaglie si sono succedute per un paio di settimane. Allora ho pianificato una controffensiva massiccia. E…»
Esitò, quindi disse:
«E Lilliandil è venuta da me, una sera, e mi ha chiesto ancora perdono per le trame che lei e suo padre avevano orchestrato in precedenza. Poi, però, mi ha consigliato senza mezza termini di sposarmi prima di andare in guerra, sottolineando che ho dei doveri verso Narnia e il mio popolo»
 
Caspian guardò negli occhi di Hermione e gli parve di non riuscire a distinguere tutti i sentimenti che vi si agitavano.
Si appoggiò sul fianco, lasciandole libertà di movimento, e sperò che lei non scappasse da lui.
L’avrebbe inseguita fino ai confini del mondo… Ma sperava che lei scegliesse liberamente di restare.
E Hermione si limitò a mettersi seduta, appoggiando la schiena contro i cuscini.
Caspian alzò una mano per giocare con un ricciolo ribelle, che le scendeva sulla spalla e davanti al seno.
Lei rabbrividì impercettibilmente, ma non si scostò.
«Quanto mi è mancato giocare con i tuoi capelli» mormorò lui.
Quindi batté le palpebre e la guardò in viso.
«Ti prego, cerca di capire. È vero che è dovere di un re assicurare la discendenza della sua stirpe, soprattutto se c’è una guerra in corso. Lo devo al mio popolo»
«Lo so» ammise lei «Ricordi? Ti ho chiesto di promettermi, quando me ne sono andata, che ti saresti sposato e che avresti dato un erede a Narnia…»
Le tremò la voce.
Caspian si mise a sedere accanto a lei e la prese tra le braccia.
«Non avrei mai potuto dimenticarti. Non avrei mai voluto un’altra donna. Non avrei mai voluto dei figli che non fossero tuoi»
«Ma il trono di Narnia esige un prezzo» commentò amaramente lei.
Il sovrano strinse le labbra.
«L’ho odiato. Ho odiato la mia terra e il mio popolo perché mi chiedevano un sacrificio del genere… Merito che Aslan non mi risponda mai più»
«Aslan non può volere la tua sofferenza…» iniziò lei.
«Ma può chiedermi un sacrificio» bisbigliò lui «Me lo ha già chiesto, quando sono rimasto a Narnia e ti ho lasciato andare»
Si fissarono, in silenzio.
«Perché Lilliandil?» chiese poi lei.
Caspian scosse le spalle.
«Quando mi ha parlato dei miei doveri, mi ha anche detto che lei desiderava ancora sposarmi. Che capiva che era l’ultima persona al mondo che avrei scelto ma che il vantaggio, per me, sarebbe stato che lei capiva che io amavo te e non mi avrebbe mai chiesto di fingere affetto. Solo di darle un figlio»
 
E a quel punto Hermione non si trattenne più.
«Caspian X!» tuonò, facendogli fare un salto «Ma tu veramente hai osato pensare di mettere al mondo un bambino con una donna del genere? Una donna che accetterebbe che suo figlio non sia amato dal padre? O almeno, non totalmente amato? Ma sei impazzito? Cosa ti dice la testa?»
Lui batté le palpebre.
«Hermione, qualunque donna non saresti tu! Qualunque figlio non sarebbe tuo!»
«Questo non giustifica questa incuria! Non dico che accetterei qualunque donna, perché non sarebbe vero: chiunque ti sposasse per me non andrebbe mai bene! Ma una che ti propone scientemente di metterla incinta perché possa avere una presa su Narnia, sacrificando suo figlio come un mezzo, è una... una… Ah, per Merlino! Non trovo una parola abbastanza brutta per descriverla!»
«Hermione, sono io che merito gli insulti! Ma io… Io devo, capisci? E non posso, non riesco, non voglio fingere di corteggiare una donna! Non voglio nessuna, solo te! Se avessi dovuto scegliere semplicemente per dovere, chiunque sarebbe andata bene!»
«No, non è vero. Chiunque tranne Lilliandil!»
«Credi che io non abbia rifiutato? Più volte? Che non l’abbia allontanata disgustato? Ma su una cosa ha avuto ragione: non era giusto che, per via del mio cuore che è tuo, un’altra donna soffrisse per la mia indifferenza! Lei sapeva e non avrebbe preteso un falso affetto. Ma un’altra? Avrebbe avuto ragione a pretendere che suo marito le si affezionasse! E io come potrei?»
«E tuo figlio?»
Lui sussultò.
«Cosa?»
«No, dico: vorresti bene a un tuo figlio? Ti affezioneresti a lui?»
Lui distolse gli occhi e giocherellò con un lembo del lenzuolo.
Mormorò qualcosa, ma a voce troppo bassa perché lei capisse.
«Cosa hai detto?» chiese Hermione.
«Ho detto: non lo so se ce la farei davvero»
Caspian alzò gli occhi su di lei, occhi pieni di dolore.
«So che la nostra situazione o una mia scelta disperata non sarebbero mai colpa di un bambino. Ma… è che sognavo così tanto i nostri figli! E di vedere te incinta e noi che li crescevamo insieme… mi sono chiesto più volte, in questi giorni, se sarei stato capace di amare incondizionatamente – come un bambino merita di essere amato – un figlio che non è tuo. O se, guardandolo ogni volta, non sarebbe cresciuto lo strazio di saperti perduta»
Annaspò e poi ammise:
«Hermione, io… Quando ero piccolo, volevo così tanto che mio padre mi amasse. Non dico che non mi volesse bene, ma era molto severo. Non aveva mai tempo per me. Io ero l’erede e dovevo solo crescere dimostrando di essere degno di lui e del nostro nome. Mia madre passava del tempo con me, ma lui mai. Non c’era mai, quando stavo male o quando mi ferivo… O quando ero felice. O quando compivo gli anni. E mi sono sempre ripromesso che sarei stato un padre diverso! Non voglio dire che mio padre non mi abbia insegnato tanto, o che io non gli abbia voluto bene… Ma io, ai miei figli, vorrei dare non solo protezione e istruzione, ma anche amore e conforto. E un figlio di una donna che non amo… Sarebbe mio erede, certo. Ma io potrei mai essere un buon padre? Posso decidere di non essere un buon marito, ferendo un’adulta che sa a cosa va incontro… ma un bambino innocente?»
 
Hermione abbassò lo sguardo, turbata.
«Capisco» disse dopo un po’ «Non condivido… Ma posso forse capire. Malgrado questo, ricordo quello che Aslan ha detto a Lilliandil e il fatto che tu la sposi mi…»
«Che io la sposi?» Caspian sbarrò gli occhi «Ma che dici? Ora che sei tornata, che sei qui con me… Non penserai che io possa sposare lei? O chiunque altra? Hermione! Io non sceglierò nessun’altra!»
«Devi, ormai» rispose lei, seccamente «Siete promessi. Narnia lo sa»
«No!» ruggì lui «No, mai! Scioglierò la promessa! Supplicherò Aslan! Spiegherò a tutti a cosa è stata dovuta la mia decisione! Tu sei tornata! Aslan ti vuole a Narnia! E sei solo tu la donna che sposerò!»
Hermione scosse il capo, ma Caspian la prese per un braccio.
«Perché dici di no? Cosa…»
«Stai scherzando, vero? Ho appena scoperto che devi sposarti!»
«Non devo sposarmi!» urlò lui «Non voglio sposarmi a meno che non sia tu!»
«Come possiamo, adesso, cambiare le cose?»
Caspian la prese per le spalle.
«Hermione, ma come fai a chiedermi una cosa del genere? Sei tornata! Sei tornata stasera e non quando sarebbe stato troppo tardi! Se fossi tornata e io l’avessi già…»
Gli mancò la voce ed Hermione deglutì.
 
Se fosse arrivata da lì alla fine della guerra, cosa avrebbe trovato?
Un re sposato?
Una regina sul trono di Narnia, accanto all’uomo che amava?
In effetti… Non si arrivava a Narnia per caso, glielo avevano spiegato.
E la Stanza delle Necessità aveva funzionato, malgrado l’incendio che l’aveva devastata.
Era tornata, era lì.
Caspian non era sposato.
Hermione sapeva che lei stessa gli aveva detto di non aspettarla, perché capiva la sua posizione.
Sì, certo: era un pensiero sul quale non voleva neppure soffermarsi… Caspian con un’altra donna.
Ma, in ogni giorno che avevano trascorso lontani, lei sapeva che c’era la possibilità concreta che ciò accadesse.
Quanto tempo era passato, a Narnia?
Cos’era successo al re?
Ora aveva le risposte: lui era lì, la amava, la voleva.
Poteva concedersi il lusso di credere che sarebbe andato tutto bene?
 
«Non so se oso sperarci» bisbigliò lei, con gli occhi che le si riempivano di lacrime.
Caspian la guardò, perplesso.
«Non so se oso sperare che sia davvero il nostro momento… Che non ci separeremo più. Non ce la farei a perderti di nuovo!»
Lui la prese tra le braccia.
«Amore, non piangere. Sei tornata da me… Staremo insieme per sempre, vedrai!»
La cullò dolcemente, ripetendole che l’amava, che lei era l’unica, che sarebbe stata sua moglie, che avrebbero avuto una famiglia.
Quando Hermione si calmò, chiese:
«Come posso esporti all’onta di ritrattare un fidanzamento ufficiale?»
«Non c’è stato nessun impegno ufficiale. Sì, la cosa è trapelata qui a corte, ma il popolo non ne sa nulla. Avevo detto a Lilliandil che non volevo celebrazioni né annunci. Per me non era motivo di gioia»
«Ma…»
«E anche se lo avessi annunciato di fronte all’universo» la interruppe lui, determinato «Spiegherei a tutti che io ho fatto una sola promessa, con il cuore e con le labbra, e l’ho fatta davanti ad Aslan, quando ti ho infilato questo anello al dito»
Le prese la mano e la baciò: all’anulare, dove il sovrano lo aveva infilato un anno prima, brillava l’anello con il sigillo della stirpe di Caspian.
«Ho giurato ad Aslan che ti avrei amata per sempre» disse ancora lui, con voce vibrante «E mai rinnegherò questo giuramento! Tu eri la mia scelta e lo sarai sempre! Se Aslan ci ha concesso di ritrovarci non può volere che io non onori la mia promessa!»
«E io la mia» bisbigliò lei, commossa.
«Chiederò perdono a Lilliandil e spiegherò tutto ai miei notabili. E, in nome di Aslan, io giuro che non avrò altra donna all’infuori di te per tutta la vita!»
 
Hermione annuì.
Posò la fronte contro il petto nudo di lui e mormorò:
«Ti amo Caspian»
«Ti amo anche io, Hermione»
Ed entrambi, quella notte, si amarono promettendosi l’eternità.
 

***
Buonasera, carissimi lettori!
Ho anticipato di qualche ora l'aggiornamento per provare a studiarmi il codice HTML come ha cercato di insegnarmi quella santa della mia gemella Sue, che mi sopporta e supporta con pazienza infinita! Grazie Sue, sto tentando di mettere in pratica...!
Ora, dedichiamoci tutti insieme a odiare Lilliandil (ma il peggio deve ancora venire), ma prima vi ricordo che per tutti gli aggiornamenti (tra cui la ripresa della storia su Gin e Ben e una OS Vampire Academy) mi trovate alla mia pagina Facebook:

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Buona lettura e buon inizio settimana,
Joy

Ps: richiesta di aiuto: c'è qualche anima buona che ha voglia di cimentarsi in un banner per questa storia? Sapete che non ci so fare.... Grazie!!!!

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Capitolo 5
*** La mattina dopo ***


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La mattina dopo Hermione si svegliò davvero felice, per la prima volta dopo tanto tempo.
 
La guerra era finita.
Aveva aiutato i suoi amici, ce l’avevano fatta.
Ed era tornata.
Era a Narnia, con Caspian.
Si sarebbero sposati. Sarebbe andato tutto bene.
Si stiracchiò, felice, e allungò la mano accanto a sé, spostandola sulle coperte.
Che strano.
Dov’era, Caspian?
Che si fosse già alzato?
 
Hermione aprì gli occhi.
E quello che vide la sconvolse.
 
Era a Hogwarts, nel dormitorio di Grifondoro.
E, nel letto, era sola.
 
Il suo urlo disperato svegliò di colpo Ginny Weasley.
 
 
*
 
Caspian si mosse agitato, nel sonno, e automaticamente allungò una mano per cercare Hermione.
 
Aggrottò la fronte, sempre tenendo gli occhi chiusi.
C’era qualcosa che non andava… ma cosa?
Aprì gli occhi, controvoglia, e in un secondo di alzò a sedere.
Dov’era Hermione?
Che si fosse già alzata?
In un attimo era in piedi e aveva già controllato la stanza da bagno, l’anticamera e il suo salotto.
Niente. Non c’era traccia di lei.
Caspian si appoggiò con il fianco a una delle colonne dell’imponente letto a baldacchino e chiuse gli occhi.
Lo sapeva.
Si era svegliato con la sensazione che qualcosa non andava.
Dov’era?
Dov’era Hermione?
 
*
 
Non c’era modo di consolare Hermione.
 
Ci avevano provato Ginny, Harry, Ron. Persino la professoressa McGranitt, sgomenta per aver trovato la sua brillante studentessa ed eroica paladina (Grifondoro, non a caso! … Non che lei volesse fare un distinguo con gli altri suoi studenti, per carità!) che singhiozzava disperata in un bagno.
Ginny Weasley fornì alla Professoressa una spiegazione aggrovigliata e confusa su armadi che svaniscono, tassi parlanti, il mondo di Narnia e un re chiamato Caspian X.
«Ma tu pensa!» fece la McGranitt, completamente dimentica che l’aspettavano almeno dieci riunioni per la riorganizzazione della scuola «E io che ho sempre creduto che quello di Narnia fosse un mito!»
Hermione singhiozzò più forte che mai.
La Professoressa le batté sulla spalla, con quello che voleva essere un atteggiamento consolante.
«Bambina mia, non disperarti così! Insomma… Sei una delle streghe che hanno condotto la guerra contro Voi-Sapete-Chi…ehm… Vold…quello lì. Ora, non dico che non ti capisco… Perché sai, quando ero al mio settimo anno a Hogwarts intrecciai una relazione epistolare con un mago ramingo che voleva proporsi come bassista per gli Stregoni del Nord… che erano un po’ come le Sorelle Stravagarie dei miei tempi, sapete… Comunque, quando alla fine ci conoscemmo, scoprii che io non ero proprio fatta per il matrimonio e dei figli e…»
Hermione ululò disperata.
Ginny la abbracciò, rivolgendo un’occhiataccia alla McGranitt, la quale arrossì furiosamente e borbottò delle vaghe scuse.
«…Insomma, volevo dire che capisco… Noi ragazze siamo sensibili… Però non è che possiamo…»
Il cipiglio di Ginny la convinse che era meglio desistere e la professoressa batté in ritirata con la scusa di impegni inderogabili.
La più giovane dei Weasley rimase in bagno per l’intera mattinata, cercando di far calmare Hermione, e quando vide che ogni tentativo era inutile, andò in biblioteca a staccare il quadro di Lucy Pevensie, perché la aiutasse.
 
Dalla tela, anche Lucy si dimostrò sgomenta per quello che era successo all’amica.
«Non posso crederci» continuava a ripetere «Mi sembra incredibile che Aslan ti abbia riportata a Narnia per non permetterti di restare! Che senso avrebbe?»
Ma nessuno sapeva darle una risposta.
Lucy rifiutava di credere che Aslan avrebbe mai punito, per di più così crudelmente, Caspian e Hermione.
Eppure, i fatti restavano.
Hermione era davvero tornata a Narnia: lo provava il fatto che non possedeva più nessuna delle cose che aveva con sé la sera prima.
La bacchetta magica. I suoi abiti.
Non c’erano più.
Gli amici si chiedevano chi, nell’universo, potesse essere così crudele da giocare a Hermione uno scherzo simile.
Inoltre, erano preoccupati per la perdita della bacchetta.
Hermione non riusciva a pensare a nulla che non fosse l’immenso dolore che la straziava.
Quella che doveva essere una giornata di gioia, di celebrazioni e di vittoria, per lei era solo il giorno in cui le sue paure più profonde prendevano vita.
 
Caspian aveva ragione.
Aslan voleva punirli.
Aveva punito la loro presunzione, il loro egoismo.
Li aveva divisi, dopo averli fatti ritrovare per un breve attimo.
Ma perché?
Quella notte trascorsa con il re, in cui aveva creduto che finalmente le cose potessero aggiustarsi, rendeva tutto infinitamente più disperato.
Se almeno non lo avesse rivisto.
Se almeno non lo avesse sentito dire che la amava ancora.
Che voleva sposarla.
Che voleva dei figli da lei.
 
Hermione urlò e pianse, sperando di isolare quel dolore che non le dava tregua.
Ma il tempo sembrava essersi cristallizzato in un tormento senza fine.
 
*
 
Caspian irruppe come una furia nella sala del trono.
 
Aveva gli occhi rossi, i capelli scompigliati e si era vestito di fretta, senza la consueta attenzione.
Interruppe, con il suo ingresso, la discussione tra due dignitari e Lilliandil.
La stella gli sorrise timidamente e anche i suoi Lord lo salutarono calorosamente.
Ma i sorrisi morirono sulle labbra di tutti, quando presero nota dell’espressione del sovrano.
Caspian raggiunse la figlia di Ramandu in pochi passi e la fissò minaccioso.
«Dov’è?» ruggì.
«Cosa?» balbettò lei «Di chi parli, Caspian?»
«Lo sai di chi parlo!» la voce di lui era furibonda «Parlo di Hermione, ovviamente!»
Nel sentire quel nome, la stella impallidì.
«Hermione?» uno dei Lord era saltato in piedi «Ma Maestà, com’è possibile…»
Un’occhiata del sovrano bastò a farlo ammutolire.
Caspian incombette su Lilliandil, che si ritrasse terrorizzata.
Non aveva mai visto il re così furioso.
«Dov’è?» gridò ancora lui «Dimmelo!»
«Caspian!» Lilliandil si coprì gli occhi con le mani «Non lo so! Non so di cosa parli! Smettila, ti prego! Mi fai paura!»
Il sovrano la afferrò per un braccio e la trasse in piedi.
Un paio di Lord sussultarono sgomenti per tanta brutalità.
Ma Caspian aveva altro per la testa che l’etichetta.
«Lilliandil, ti avverto» scandì «Ho già scoperto che tu e tuo padre mi avete mentito. Di nuovo. Ora, te lo chiedo per l’ultima volta: dov’è Hermione?»
Lei rabbrividì.
«Io…io… Non lo so!» singhiozzò.
Caspian la fissò, furente, poi la lasciò andare di scatto.
Marciò verso la pedana rialzata sulla quale era eretto il suo trono e da lì, con lo sguardo, percorse la sala e i suoi notabili, che lo fissavano a bocca aperta.
«Miei Lord, ascoltatemi!» ruggì «Perché quello che è accaduto ieri cambierà la storia di Narnia! Ieri Hermione è tornata da me, è tornata a Cair Paravel! Tutti voi avete sentito Ramandu e sua figlia giurare che la mia promessa sposa non sarebbe mai tornata! Lo hanno giurato su Aslan! Bè, ci hanno mentito!»
Le espressioni dei Lord passavano dallo sgomento alla rabbia.
Lilliandil, seduta nel suo angolo, si stringeva le braccia attorno al corpo, atterrita.
«Caspian» pigolò «Ti giuro che Aslan ha detto che lei non tornerà mai a Narnia!»
Il re la fissò, furioso.
«Tu menti!» urlò «Hermione era qui, ieri! Io l’ho vista, ho parlato con lei!»
«Caspian, devi averlo immaginato… o sognato…»
Il sovrano non la degnò neppure di una risposta, ma estrasse dalla tasca un oggetto che fece impallidire molti, anche se nessuno quanto Lilliandil.
Una bacchetta magica.
Era ancora impressa a fuoco nella mente di tutti l’immagine di Jadis che brandiva la vecchia bacchetta rubata a Hermione e sottometteva Narnia.
Un mormorio sgomento percorse la sala.
Caspian riprese a parlare, a voce più bassa:
«Stamattina, Hermione era sparita quando mi sono svegliato. Ma, in camera mia, ci sono ancora i suoi vestiti, come c’era la sua bacchetta. Hermione non se ne sarebbe mai separata volontariamente. Offro questa come prova che la mia promessa sposa è tornata a Narnia, da me!»
Il re fece una pausa, mentre tutti lo ascoltavano a bocca aperta.
«Ora, sapete tutti, miei Lord, che io ho giurato amore e fedeltà a Hermione davanti ad Aslan in persona. Hermione è la mia promessa sposa! Lo è nel mio cuore e lo è di fronte a Narnia! In nome della promessa che ho fatto ad Aslan, io sciolgo l’impegno che ho sventatamente preso con Lilliandil! E…»
«No!» l’urlo della stella era disperato «No, Caspian, non puoi! Avevi promesso di sposarmi!»
«Ma non mi hai sentito?» chiese lui, furioso «Ho appena detto che Hermione è tornata! E tu e tuo padre avevate detto che non era possibile! Mi avete mentito! Avete giurato qualcosa in nome di Aslan ed avete mentito!»
Lilliandil arretrò, di fronte alla condanna nelle parole del re e alle occhiate incredule e offese dei suoi Lord.
Il sovrano la incalzò:
«Solo di fronte al vostro giuramento di essere di nuovo emissari di Aslan ho ceduto ad un accordo che non volevo. Ho accettato un matrimonio combinato per il bene di Narnia, per il mio popolo, ma ora scopro che era tutta una menzogna!»
 
I Lord che erano più vicini a Lilliandil si allontanarono, disgustati.
Tutti loro amavano Caspian.
Tutti loro sapevano che la perdita della giovane proveniente dal mondo dei loro Antichi Sovrani aveva gettato il giovane re nella più cupa disperazione.
Quando Ramandu aveva annunciato che Hermione non sarebbe mai tornata, i Lord si erano rattristati per il loro sovrano.
Era così giovane e già così infelice: aveva perso i genitori prima del tempo; suo zio gli aveva rubato il trono e aveva tentato di ucciderlo.
Aveva perso Susan Pevensie, poi Hermione.
No, non era giusto.
Alcuni dei notabili avevano sperato che le nozze con Lilliandil avrebbero presto portato un erede ad allietare le giornate del re, ma i più ricordavano l’ardente resistenza opposta da Caspian nei confronti della stella, prima che Hermione arrivasse a Narnia.
Quegli stessi Lord non potevano fare a meno di notare che l’annuncio delle nozze, ben lungi dal portare gioia al re, l’aveva definitivamente gettato nella più cupa disperazione.
Caspian si sacrificava per Narnia, come era suo dovere.
I Lord lo capivano, ma erano dispiaciuti per lui.
Ma questo cambiava tutto.
Questa rivelazione cambiava tutto.
 
Lord Rhoop, l’ultimo dei Lord che Caspian aveva ritrovato durante il suo viaggio verso la Terra di Aslan, si fece avanti.
«Mio Re, noi tutti abbiamo ascoltato il giuramento di fedeltà di Ramandu e sua figlia. Hanno giurato nel nome di Aslan, dicevano di essere stati mandati da Lui! Narnia non vi vincolerà ad un giuramento estorto con l’inganno, Sire!»
Quelle parole divisero il Consiglio: molti dei Lord si dissero immediatamente a favore delle parole di Rhoop, altri sembravano spaventati.
Hermione… se era sparita, allora non valeva comunque il problema di prima?
Se Caspian non si sposava, la questione della discendenza restava aperta.
Ma il re fu irremovibile.
«Ho sbagliato a cedere alle pressioni che mi sono state fatte! Ho promesso davanti ad Aslan che avrei sposato Hermione e non verrò meno al mio giuramento!»
Quelle parole appassionate chiusero la questione: chi dei Lord poteva consigliare al suo sovrano di abiurare un giuramento fatto al cospetto di Aslan?
Solo Lord Menicus disse, debolmente:
«Però Aslan non si fa vedere da un po’ e…»
Le occhiate di disgusto degli altri notabili lo zittirono immediatamente.
Caspian si rivolse a Lilliandil:
«Mi giuri che non sai dov’è Hermione?»
Lei si stava tormentando le mani, pallidissima.
«Caspian, sono sempre stata attorniata dalle ancelle! Non l’ho rapita, se è questo che pensi!»
 
Il sovrano non si fidava.
Di più, la discussione avuta con Hermione la notte prima lo aveva reso amaramente consapevole del fatto che si era fidato di una persona che non gli piaceva e che non gli aveva mai dato motivo di fidarsi.
Era stato un idiota.
Non aveva il diritto di estraniarsi dal mondo al punto di compiere alleanze stupide.
Hermione aveva ragione.
Un matrimonio non era cosa su cui scherzare.
Anche se lo faceva contro la sua volontà, l’apatia in cui era caduto era imperdonabile.
Lui era il re!
Come aveva fatto a farsi sfuggire di mano le cose fino a quel punto?
Furioso con se stesso, Caspian si ripromise di fare ammenda davanti ad Aslan per il suo comportamento.
«Molto bene» prese fiato e disse, formale «Mi scuso per l’onta che ti arreco, ma ho sbagliato ad acconsentire alle nozze. Lo stesso giuramento che ho fatto me lo impedisce. Ti chiedo perdono, ma la nostra promessa, da questo momento, è rotta. Reciprocamente, è ovvio»
Lilliandil gli tese le mani.
«Ma la guerra… la questione del tuo erede!»
«Se Aslan vorrà dare a me e a Hermione dei figli, sarò l’uomo più felice dell’universo»
«Ma se dici che non sai nemmeno dov’è lei!»
«Non importa! Hermione è tornata! Può tornare a Narnia! E se questo è il volere di Aslan, non c’è altro da dire! Sai bene che ho acconsentito a un matrimonio di dovere solo perché tu e tuo padre mi avevate detto che lei non sarebbe mai tornata! Non c’è mai stato altro se non senso del dovere dietro la mia decisione!»
Lilliandil arrossì e non osò più insistere.
Percepiva il biasimo della corte, quindi chiese di potersi allontanare, con un filo di voce.
«Naturalmente» rispose subito Caspian, sollevato.
Il gesto della con cui accompagnò quella parola, indicandole la porta, aveva un che di definitivo e Lilliandil lo capì subito.
Non voleva vederla.
Non voleva che assistesse a una seduta del Consiglio o che interagisse con i suoi Lord.
La stava di nuovo estromettendo.
Anzi, peggio.
Se prima dell’arrivo di Hermione la sopportava con sufficienza, ora era mille volte peggio.
Ora il re aveva detto chiaramente davanti a tutti i suoi notabili che non si fidava di lei e che la avrebbe sposata solo per dovere, ma che adesso, con suo enorme sollievo, non doveva più farlo.
Lilliandil non era mai stata così umiliata in tutta la sua vita.
Anche se il confronto con Alsan, un anno prima, era stato terribile, l’onta che le aveva arrecato Caspian quella mattina era senza paragoni.
E tutto per colpa di quella maledetta strega.
 
Lilliandil uscì da palazzo, furente.
Per una volta, abbandonò i modi leziosi e evitò i saluti e gli sguardi che le venivano rivolti dai servitori.
Uscì in giardino, ma la radiosa giornata non alleviò il suo malumore.
Girovagò per i sentieri fioriti e, dopo un po’, si voltò per assicurarsi che nessuno la seguisse.
Ma non c’era nessuno interessato a lei, in tutta Cair Paravel.
 
Lilliandil si addentrò nei sentieri che conducevano al cuore del giardino, abbellito da una fontana imponente di marmo bianco.
La stella la degnò appena di un’occhiata, si guardò nuovamente intorno e poi prese un sentiero che conduceva a un roseto spinoso.
Quando ritenne di essersi allontanata abbastanza, estrasse dalle pieghe della veste uno specchio intarsiato.
Quando lo pose davanti al suo viso, quello rifletté per un istante la sua immagine, quindi la superficie si appannò in modo innaturale.
La stella attese e, quando lo specchio tornò ad essere limpido e riflettente, non era più il suo viso ad esservi riflesso: attraverso lo specchio la stella si trovò a guardare gli occhi scaltri di suo padre, Ramandu.
Se Lilliandil sperava in un bersaglio per sfogare il suo malumore, fu subito chiaro che suo padre non era dell’umore adatto.
La fissò con occhi severi, senza salutarla.
«Padre» disse quindi lei, saltando i convenevoli «Abbiamo un grande problema»
«Lo so bene» rispose lui, secco «Sei una sciocca, Lilliandil!»
Lei trasalì.
«Cosa? Cosa state dicendo? Cosa ho fatto?»
Ramandu assottigliò gli occhi e lei represse un brivido.
«Hai permesso che Hermione tornasse a Narnia» ribatté lui, a voce mortalmente bassa.
La stella fece un salto dallo spavento.
«Io? Ma se nemmeno lo sapevo! Non penserete che l’abbia fatta tornare io a Narnia!»
Lui sospirò.
«Certo che no, sciocca! Come avresti potuto? Solo Aslan ha quel potere!»
Nel sentire quel nome, la stella si guardò attorno, impaurita.
Rassicurata sul fatto di essere sola, bisbigliò:
«E allora perché incolpate me?»
«Perché, mia cara figlia, ti ho lasciata a Cair Paravel proprio per scongiurare problemi del genere! Ti ho dato poteri che non avevi e tu non sai neppure usarli! Come hai fatto a non sentire lo scarto tra i nostri due mondi? Il velo di Narnia si è squarciato e tu… niente!»
«Ma come facevo a capirlo?» si lagnò lei «Non mi avete insegnato nulla del genere!»
«Ti ho dato dei poteri! Dei poteri che neppure Aslan ha!»
«Forse è proprio per questo che non ho sentito nulla» ragionò lei «Se Alsan ha permesso a Hermione di tornare, allora io non posso sentirla perché il mio potere non è in armonia con Narnia e io non avverto i suoi cambiamenti…»
Ramandu la fissò, furioso.
«Tu non avverti i suoi cambiamenti perché sei una sciocca!» ruggì «Secondo te io come faccio a sapere che la strega è tornata?»
«L’avete sentita voi?»
«Certo! E per fortuna, perché se avessi confidato in te questa mattina Caspian avrebbe annunciato le sue nozze a tutta Narnia! Con lei e non con te!»
Lilliandil aggrottò la bianca fronte.
«Voi sapete che la ragazzina è sparita?»
«Certo! Chi credi che la abbia fatta sparire, sciocca che non sei altro?»
 
 
***
Buonasera!
Ci ho preso gusto, con l'aggiornamento anticipato! :)
E, come avrete notato, c'è un banner! Ma la vera bellezza è che di banner ce ne sono in realtà 3, che posterò a rotazione (Susan-Fedra-Susan, così c'è un ritmo! ;)) perchè sono tutti e tre bellissimi! E devo ringraziare le mia gemella astrale Sue e la mia fantastica amica Fedra, che sono due persone meravigliose, prima che due lettrici fantastiche: vi voglio bene! <3
Il banner che posto oggi è uno di quelli di Susan: grazie, gemella mia!
E torniamo a noi (stasera sproloquio, a quanto pare)... Questa settimana lavorativamente sarà un inferno, quindi mi porto avanti... Ma non temete: l'aggiornamento di Gin e Ben non salta!
Per quello e per tutte le novità sapete dove trovarmi:
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Baci e buona domenica,
Joy

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Capitolo 6
*** Desiderio di vendetta ***


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Lilliandil era sgomenta.
 
«Avete rapito Hermione?» chiese, con un filo di voce.
«Certo che no! Rapire una strega? E dove potevo nasconderla? Lei avrebbe condotto Aslan da me, malgrado il potente incantesimo con cui mi nascondo da Lui! Sarebbe stato come dare al Leone una mappa per trovarmi!»
«E quindi?»
«L’ho rimandata indietro! Sono riuscito a rispedirla nel suo mondo e a sigillare l’entrata da cui è passata… Ma ho consumato troppo potere! Non sono riuscito a cancellare i ricordi del re, quindi lui saprà di averla rivista!»
Lilliandil storse il naso.
«Potete giurarci, padre. Caspian è furioso. È piombato nella sala del trono, accusandomi di aver fatto sparire la ragazzina… Non potete immaginare come mi ha trattata!»
Ramandu ansimò, ansioso.
«Speravo di avere più tempo, e invece lui l’ha già notato! Dannata ragazza… speravo di poter fare un incantesimo al re per non farlo svegliare subito e poterci organizzare, ma non ho davvero più potere! E tu… cosa gli hai detto?»
Lei scrollò le spalle.
«Come facevo a saperlo? Gli ho detto che non c’entravo nulla»
Ramandu sbuffò.
«Spero tu sia stata convincente!»
«Ma io non c’entro davvero! Comunque Caspian ha annullato le nostre nozze: ha fatto una scenata davanti al Consiglio e…»
«Cosa?» ruggì «Cosa significa che ha annullato le nozze?»
«Quello che ho detto. Dice che Hermione è la donna alla quale lui si è legato con un giuramento davanti ad Aslan e che ha accettato me solo per il fatto che noi, padre, gli avevamo detto – in nome di Aslan, per giunta! – che lei non sarebbe mai tornata…»
«Dannazione!»
L’urlo di Ramandu spaventò un uccello che volava vicino ai fiori.
«Lilliandil! Ma tu non hai avuto neppure la prontezza di…»
«Di cosa?» fece lei, seccata «Vi dico che mi ha urlato contro, che mi ha umiliata! Mi ha trattata come l’ultima delle serve! Ha detto che non mi vuole e non mi ha mai voluta!»
«Ma l’hai sempre saputo!» ruggì Ramandu «Non farmi perdere tempo per via della tua sciocca vanità! Lo sapevi fin dall’inizio che Caspian era contrario alle nozze con te! Ma quando Hermione è tornata sulla Terra ci siamo accordati, ricordi? Abbiamo stretto un patto e, da quel patto, abbiamo attinto un nuovo potere magico. E lo abbiamo fatto per bloccare il ritorno della strega a Narnia e per tenere lontano Aslan! E tutto questo per far sì che tu sposassi il re e ottenessi la corona!»
«Caspian ha detto al Consiglio che rifiuta di sposarmi! Ora che sa che Hermione può tornare…»
«Dannato ragazzino testardo!» si infuriò Ramandu «Tutto quello che abbiamo fatto… Per fallire a un passo dalla meta?»
Lilliandil serrò le labbra.
«No, padre, noi non falliremo proprio ora!»
Lui la guardò meditabondo.
«Bene, mi compiaccio di questo tuo atteggiamento: è il momento che tu ti dia da fare! Come dicevo prima, devo riposare per recuperare potere: al momento non posso fare nulla e questo è un grosso rischio. L’incantesimo con cui abbiamo estromesso Aslan da Narnia è esso stesso a rischio, per via della mia debolezza. Dovrai pensarci tu: usa la tua energia per rafforzarlo, perché se Aslan arriva ora siamo finiti»
Lilliandil annuì e raccolse la concentrazione.
Appoggiò lo specchio a terra e premette le dita contro le tempie.
Dalla sua nuova posizione dal basso Ramandu osservò l’immobilità della figlia divenire rigidità e i suoi occhi farsi vitrei.
Lilliandil era attraversata da un’energia che canalizzava nella terra e verso il cielo, per rinforzare lo scudo con il quale lui aveva oscurato Narnia, per far sì che il suo Signore non la vedesse.
La bocca della stella era spalancata in un grido muto.
Dopo qualche minuto, Lilliandil si afflosciò a terra, senza più forze.
Ramandu si limitò a dire:
«Hai fatto un buon lavoro»
Lei ansimava e si portò le mani al petto.
Passarono dei minuti, quindi raccolse lo specchio e fissò suo padre, pallida e provata.
«Bene» fece lui «Ora che lo schermo è rafforzato, dobbiamo pensare a Caspian. Non sai quanto mi disturba il fatto che non sia manipolabile con la nostra magia… Ma quella è l’impronta di Aslan su di lui, dannazione, e lo rende immune al nostro potere! Comunque. Dovremo usare le armi che abbiamo… Quindi è il momento che tu, cara figlia, utilizzi un potere che è tutto femminile. Vai dal re e cerca di sedurlo. Probabilmente ti respingerà, ma se riesci ad essere convincente forse…»
«No!» lo interruppe lei con veemenza «Mai, mai più mi esporrò alla vergogna di essere rifiutata da Caspian!»
Ramandu strinse gli occhi minacciosamente, ma Lilliandil insistette:
«Padre, dico davvero! Non potete obbligarmi! Non permetterò mai più a quell’umano di trattarmi come se fossi fango, mentre idolatra quella ragazzina malefica!»
«Lilliandil! Possibile che sei ancora gelosa di quella ragazza? Cosa ti importa di Caspian? Importa solo il trono di Narnia!»
«A me importa della mia dignità! Se per avere Narnia io devo umiliarmi con il suo re allora no: non mi va più bene! Ha passato il segno una volta di troppo!»
«Cosa stai dicendo?» tuonò lui «Osi disubbidirmi?»
«No» il sorriso scaltro di lei lo lasciò senza parole «Vi propongo un’altra strada»
Ramandu era perplesso.
«E quale?»
«Volete Narnia e non posso offrirvela tramite il matrimonio con Caspian? Bene. Allora ve la offrirò tramite un nuovo matrimonio, che ci poterà ad una nuova alleanza»
«Ma cosa dici? Quale matrimonio?»
«Sposerò l’erede di Charn, padre, e a lui chiederò come dono di nozze che ci consegni Narnia!»
Ramandu rimase senza parole.
«Charn?» ansimò poi «Ma Charn è un regno fantasma!»
«Charn è un regno addormentato, padre. E tutto quello che dorme può essere svegliato»
Lui deglutì a vuoto.
«Ma, Lilliandil…»
«La Strega Bianca addormentò Charn, lo sapete, ma ora lei è imprigionata e il suo potere è spezzato! Se arriviamo per primi a Charn, potremo sottometterla!»
Ramandu tacque a lungo, poi un ghigno perfido gli si delineò sul volto.
«Sai, Lilliandil… sei proprio mia figlia!»
«Sì» assentì lei «E voi padre mi garantirete, come dono di nozze, che ai miei piedi venga posta la testa di re Caspian X, nel momento in cui Charn raderà al suolo Narnia!»
 
*
 
«Hermione, è ora!»
 
Harry Potter appoggiò una mano gentile sulla spalla della sua migliore amica.
Quando lei alzò gli occhi sul suo viso Harry pensò, con un brivido, che non le aveva mai visto un’espressione di tale rassegnatezza.
Mai.
Né quando il Basilisco pietrificava persone a Hogwarts; né quando Sirius era stato catturato, al loro terzo anno, e rischiava di subire il Bacio del Dissennatore.
Né quando Voldemort era tornato, in quel cimitero di Little Hangleton dove erano sepolte le spoglie di suo padre, Tom Riddle; né quando Silente era morto.
Neppure quando erano stati catturati e lei era stata torturata da Bellatrix Lestrange.
Hermione Granger aveva sempre lottato e - di più - aveva sempre esortato gli altri a lottare: non era una che si perdeva d’animo e la sua fede cresceva ogni giorno, assieme alla sua forza.
Harry non avrebbe mai creduto che sarebbe arrivato il giorno in cui l’avrebbe vista sconfitta.
Eppure, eccola lì.
Quando era tornata da Narnia, l’anno prima, aveva sofferto.
E anche quella era stata un’esperienza nuova, per Harry e Ron.
Hermione era quella forte del trio: quella che dispensava consigli saggi, che aveva una soluzione per tutto e che, in particolare, nelle questioni di cuore andava dritta al sodo e li guidava entrambi.
Quella volta, invece, la loro amica sembrava spezzata.
Ci aveva messo un po’ prima di raccontare loro quello che le era successo, non perché non si fidasse ma perché per risalire dall’abisso di dolore in cui era caduta le era occorso tempo.
Ma si era rialzata.
Aveva un obiettivo: combattere e combattere, per vincere e poter così tornare da Caspian.
Hermione sapeva che due erano le strade che le si paravano davanti: se avessero vinto la guerra contro Voldemort, avrebbe poi impiegato ogni risorsa, ogni singola stilla di energia per cercare di tornare a Narnia. Se avessero perso, semplicemente, sarebbero morti tutti.
Ma quella consapevolezza, anziché spaventarla, sembrava darle forza.
Si era gettata nell’organizzazione del loro piano con un’energia che quasi spaventava Harry e Ron.
In particolare, il secondo non era affatto contento della piega che avevano preso gli eventi.
«Ma insomma» aveva detto ad Harry una volta «Dove si è mai sentito di una terra che non è in questo mondo e che si chiama Narnia, che ha un re che vuole sposare Hermione?»
Eppure, a dispetto delle speranza di Ron, Narnia esisteva davvero.
Lo avevano confermato Silente, Lucy Pevensie e Lumacorno.
Il più piccolo dei maschi Weasley aveva accettato di malagrazia la cosa, ma alla fine Harry lo aveva convinto che la felicità di Hermione veniva prima della sua gelosia.
Certo, sempre se fossero sopravvissuti.
 
Contro ogni pronostico, erano sopravvissuti.
Harry era pronto a lasciare Hogwarts per la sua ultima estate da studente, ma stavolta non sarebbe tornato dai Dursley.
Chissà se li avrebbe mai più rivisti… Non che gli importasse troppo.
Per la prima volta era libero, davvero libero.
Poteva tornare a casa sua, in Grimmauld Place.
Poteva andare dai Weasley alla Tana, o dovunque avesse voluto.
Senza che mezzo mondo magico dovesse pianificare un suo trasferimento, senza che i suoi amici dovessero fargli da scudi magici.
Harry era libero e voleva godersi quella sua prima estate di libertà.
Con Ginny, con Ron e Hermione.
 
E invece… Hermione si era svegliata quella mattina urlando e gridando che era tornata a Narnia la notte prima e che non sapeva come mai ora fosse di nuovo a Hogwarts.
Era schizzata al corridoio del terzo piano, ma la Stanza delle Necessità non si apriva più.
Né a lei, né a Harry, né a Neville, che pure l’aveva usata per tutto l’anno.
Né a nessuno.
Silente era desolato ma non aveva saputo dare spiegazioni; Lucy nemmeno.
Ed Hermione, la forte e valorosa Hermione, pian piano si era chiusa in se stessa e si era lasciata vincere dal dolore, al punto che Ginny aveva dovuto vestirla e farle mangiare a forza due cucchiaiate di porridge, temendo che si sentisse male.
Ora che l’Espresso di Hogwarts era arrivato per riportarli a Londra, Hermione sedeva per terra, sulla banchina, totalmente indifferente alle persone che le sciamavano attorno con i loro bagagli e i loro animali.
Se non fosse stata la famosa Hermione Granger sarebbe passata inosservata nel mare di dolore in cui quei maghi e quelle streghe affogavano, ognuno imprigionato nel proprio lutto.
Famiglie intere erano state cancellate; genitori erano stati uccisi; figli torturati.
Il mondo magico tornava alla vita, ma quanto dolore era ancora da piangere?
 
Ron prese delicatamente Hermione per il braccio per aiutarla ad alzarsi.
«Coraggio, andiamo…» mormorò «Hermione, è ora di andare a casa!»
A lei tremarono le labbra.
«Casa?» ripeté con una voce che non sembrava neppure la sua «Io non ho più una casa… I miei genitori… e Caspian… Io non ho più nessuno…»
Harry e Ron si scambiarono un’occhiata sgomenta.
«Hermione, ci siamo noi!» le disse il primo «Coraggio, non fare così! Non è finita!»
«Sì, esatto!» gli venne in aiuto Ron «Tu sei Hermione Granger, miseriaccia! Tu non ti arrendi! Vedrai che quando torniamo a Hogwarts troverai qualche incantesimo che ti farà tornare lì…in quel posto dove vuoi andare!»
Malgrado la conclusione poco garbata, Hermione non alzò neppure gli occhi.
«No» bisbigliò «Aslan mi ha punita. Non tornerò mai più»
E non disse più una parola.
Gli amici la aiutarono a salire sul treno e a sistemarsi in uno scomparto vuoto.
Tutti gli altri studenti salutavano e inneggiavano al trio di amici che aveva fatto vincere loro la guerra, ma lei non rispose a nessuno.
Non parlò, non mangiò, non partecipò a nessuna discussione.
Ignorò Harry e Ron, Ginny, Luna, Neville.
Alla fine, verso sera, crollò in un sonno tormentato tra le braccia di mamma Weasley, la quale combatteva una battaglia simile alla sua con i propri fantasmi.
Insieme piansero e poi cedettero alle ombre del sonno.
 
*
 
La partenza di Lilliandil da Cair Paravel si svolse sotto tono.
 
Praticamente non la notò nessuno.
Caspian, nemmeno a dirlo, non era presente.
Tornata dal giardino, Lilliandil aveva ordinato alle serve che le sue cose venissero riposte nei bauli e che le fosse preparata una carrozza.
Alla stella non era sfuggita l’occhiata di trionfo che le aveva rivolto Cora.
Quella maledetta serva era ancora fedele a Hermione, come chiunque nel castello.
Hermione era la scelta di Caspian.
Hermione e sempre Hermione.
Lilliandil digrignò i denti e giurò a se stessa che, quando avrebbe di nuovo messo piede a Cair Paravel, avrebbe abbattuto ogni singolo mattone di quel castello che era stato testimone dell’amore dei due colombi e della sua sconfitta.
Quando scese in cortile si guardò attorno per l’ultima volta.
Giocherellò con i guanti, quindi fu colta da una decisione improvvisa e tornò sui suoi passi, ordinando al cocchiere di aspettarla perché voleva salutare il sovrano.
Tornò alla Sala del Trono e, per una volta, non entrò nella Sala senza permesso ma si sedette su una delle ricche panche che ornavano il corridoio.
Le guardie disposte fuori dalla porta la fissarono, impassibili.
 
E così, Caspian le aveva ripristinate.
Era stato così sconvolto alla notizia che la sua cara strega non sarebbe più tornata da lui che per mesi aveva abbandonato la cura con cui era solito gestire gli affari di Narnia.
I servitori e i soldati gli erano fedeli e si erano assicurati che non accadesse nulla al loro amato re, ma senza la consueta guida sicura di Caspian erano un po’ alla sbando.
Evidentemente, solo vedere Hermione aveva donato nuova lucidità al sovrano, che era uscito dal suo stato di sconforto e apatia.
Benissimo.
Distruggerlo sarebbe stato più divertente, se lui fosse stato in grado di combattere.
Con un sorriso soddisfatto, Lilliandil si dispose ad aspettare.
 
La seduta si protrasse per quasi tutta l’ora successiva, quindi le grandi porte dorate si aprirono e i Lord di Narnia iniziarono a uscire.
Chi vedeva Lilliandil evitava di parlarle o le lanciava occhiate di biasimo.
Era chiaro cosa passava loro per la testa.
Traditrice. Bugiarda. Mentitrice.
Aveva giurato su Aslan e mentito a tutti loro.
Dannato Aslan.
Cosa poteva fare per Narnia e per il suo amato Caspian, ora?
Lilliandil represse un ghigno e si alzò per entrare nella sala.
Caspian stava ancora parlando con Rhoop e un altro dei notabili e non la notò subito.
Lei ascoltò le indicazioni precise che stava impartendo per il governo e le fu ancora più chiaro che Caspian si era scrollato di dosso la malinconia.
Sicuramente la scomparsa di Hermione gli aveva messo addosso la voglia di buttare giù il mondo un pezzo alla volta per ritrovarla.
Sciocco che non era altro.
Non l’avrebbe trovata più.
 
Alla fine, Caspian congedò i notabili e la vide.
Lei chinò il capo con aria grave.
«Sono venuta a salutarti: lascio Narnia!» disse.
«Benissimo» rispose lui «Addio»
Gli occhi della stella lampeggiarono.
«Naturalmente sarebbe stato troppo sperare in un tuo gesto di cortesia!»
Il sovrano le fu accanto in due sole falcate e ribatté, severo:
«Lilliandil, il fatto che io non ti torca il collo con le mie mani è già un atto di cortesia estrema. La menzogna, a Narnia, non è tollerata. E se scopro che hai fatto qualcosa a Hermione, io…»
A quel punto, la maschera di cortesia della stella cadde.
«Non è per la tua strega che devi preoccuparti, Caspian!» sibilò Lilliandil, furiosa.
Stranamente ora non sembrava più così bella ed eterea.
Il re non si mosse di un passo, ma Rhoop mise mano all’elsa della spada.
Lei lo ignorò, concentrata solo sul viso del re:
«È per te che devi temere, stolto! La prossima volta che ci vedremo rimpiangerai ogni torto che mi hai inflitto!»
Caspian non batté ciglio.
«Non ho niente di cui pentirmi. E, di sicuro, non voglio vederti mai più. Vattene da Cair Paravel!»
Lei fece per dargli uno schiaffo ma lui le bloccò il polso in una presa d’acciaio.
«Maestà!» Rhoop si avvicinò con la spada sguainata «Imprigioniamola per queste sue minacce!»
«No» Caspian la lasciò andare di scatto «Aslan ha abbandonato lei e suo padre, noi faremo lo stesso. Sei bandita da Narnia, Lilliandil, e con te è Ramandu! Non tornate più tra noi!»
Lei lo fissò con occhi di fuoco, giurando a se stessa che gli avrebbe fatto rimangiare quell’arroganza.
Poi girò sui tacchi e se ne andò.



***
Buongiorno!
La vostra Joy è sopravvissuta a un weekend di lavoro a dir poco folle... E tutto ciò che desidera è scrivere e scrivere e condividere con voi quello che ha scritto! :)
Quindi vi lascio con un nuovo capitolo, ringrazio la mia fantastica Fedra per il secondo, bellissimo banner che posso sfoggiare (grazie! Grazie! Grazie! Ti voglio bene!!) e vi ricordo che ce ne'è ancora un altro, realizzato dalla bravissima Susan!
Potete vederli nella mia pagina Facebook, dove mi trovate per tutte le informazioni: 
https://www.facebook.com/Joy10Efp
Che altro dire?
Buona lettura e buon inizio settimana,
Joy

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Capitolo 7
*** Il potere ***


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Nemmeno la prospettiva di una nuova bacchetta sembrava avere il potere di risollevare Hermione dall’apatia in cui era sprofondata.
 
E questo era un grande, grande problema, decise Ginny Weasley ,osservando scoraggiata l’amica rivolgere uno sguardo spento a Olivander, il noto fabbricante di bacchette tornato in attività.
Ai piedi di Hermione giacevano parecchie bacchette scartate.
Olivander era entusiasta: per lui le bacchette rappresentavano una sfida e il fatto di avere davanti Hermione Granger rendeva il tutto ancora più eccitante.
Hermione, invece, non si divertiva affatto.
Era immobile, teneva le spalle curve e guardava fisso il pavimento.
Olivander le tese l’ennesima bacchetta, dicendo:
«Legno di rosa e piuma di Ippogrifo!»
Hermione allungò svogliatamente la mano e toccò la bacchetta: non successe nulla.
Ancora?
Ma com’era possibile che una bacchetta – una qualsiasi bacchetta – non reagisse alla magia di Hermione?
Ginny iniziava a preoccuparsi seriamente.
Era come se la magia si fosse affievolita assieme alla voglia di vivere dell’amica.
 
Ma…un attimo!
Che cavolo andava a pensare?
Ginny ne aveva abbastanza di lacrime e dolore.
Aveva appena perso un fratello, per Merlino!
«Hermione!» ruggì, facendo sobbalzare Olivander «Datti una mossa, per tutti i rospi cornuti! La vuoi almeno agitare, quella bacchetta?»
L’altra le rivolse uno sguardo spento e mosse la mano: nulla.
Olivander si gettò a capofitto in un cassetto, lanciandone per aria il contenuto.
 
La porta si aprì, facendo tintinnare il campanello, e due braccia forti circondarono la vita di Ginny.
Lei sorrise, improvvisamente euforica.
«Ciao» mormorò, appoggiandosi contro Harry, che le baciò la tempia «Come è andata con George?»
Harry lanciò un’occhiata guardinga a Hermione prima di baciare nuovamente la sua ragazza, ma l’amica guardava il pavimento.
Sospirò e rispose:
«Insomma. Diciamo che rivedere il negozio non è stato…facile. Però è sparito nel retrobottega a fare un inventario di quello che è rimasto»
Ginny annuì.
«Mamma e papà?» chiese poi.
«Tuo padre si fa molta forza»
Harry glissò sulla signora Weasley e Ginny non insistette: sua madre non si riprendeva.
Bè, nessuno di loro si riprendeva, veramente, ma tutti cercavano di farsi forza.
Molly, invece, come Hermione sembrava aver perso ogni voglia di lottare.
Harry la distrasse da quei pensieri cupi:
«Qui, invece, come va?»
Ginny fu sollevata dal dover dare una risposta da Olivander, che rispose entusiasta:
«Bene, signor Potter! Una bella sfida, davvero!»
La più piccola dei Weasley alzò gli occhi al cielo.
«Veramente non sta succedendo nulla!»
«Proprio qui sta la sfida!» ribatté lui, con una luce fanatica negli occhi «Una strega potente come la vostra amica e nessuna bacchetta che reagisce? Ah! Questa dovevo ancora vederla!»
E sparì nel retro, tutto felice.
Ginny e Harry si scambiarono un’occhiata preoccupata.
«Hermione, allora» tentò poi lui «Una nuova bacchetta è sempre una grande novità!»
Lei non si prese nemmeno la briga di rispondere.
Altra occhiata tra i due fidanzati.
«Ehm…» ritentò lui «Che ne dici se tu, Ginny, io e Ron passassimo qualche giorno a Grimmauld Place? Mi piacerebbe sistemare la casa»
L’altra rimase zitta.
«Hermione?» la sollecitò dolcemente lui.
«Non lo so» disse «Non ne ho voglia»
Ginny sembrava sul punto di sbottare, ma Harry le strinse dolcemente il braccio.
In quel mentre tornò Olivander, aprendo una scatoletta di legno chiaro.
«Legno di Cryptomeria e crine di unicorno» esclamò il fabbricante.
«Eh?» fece Ginny «Cos’è la Crypo…»
«Cryptomeria. È un sempreverde il cui legno è tenero, durevole e di una particolare sfumatura rosa-rossastra»
Hermione aveva allungato svogliatamente la mano.
Appena sfiorò la bacchetta, quella si illuminò di un colore intenso.
La ragazza batté le palpebre.
«Ah!» Olivander batté le mani, estasiato «Eccoci qui, dunque! Chi l’avrebbe detto… una scelta insolita!»
«In che senso?» chiese Harry, preoccupato.
Ricordava bene la questione riguardante la sua, di bacchetta.
«Oh, è molto diversa rispetto alle prime due che ho venduto alla signorina… Ma già, le cose cambiano. La vita ci cambia. E, di certo, ultimamente ci ha cambiati molto»
Hermione gli rivolse uno sguardo spento.
«Non sa quanto» mormorò.
Quindi pagò otto galeoni e dieci zellini e uscì con gli amici.
«Bene, ora potremmo andare…»
Hermione interruppe Harry:
«Io torno a casa. Sono stanca»
Lui e Ginny si scambiarono l’ennesima occhiata.
«Ma dai, Hermione, è una settimana che stai sepolta in casa! Nemmeno leggi, per giunta! Facciamo due passi…»
Lei scosse il capo.
«Sono stanca. Scusate»
In quel mentre, Ginny vide i suoi genitori venire verso di loro.
Arthur tentò un sorriso coraggioso.
«Ciao, ragazzi! Accidenti, se sono cambiate le cose qui… Ma siamo in ripresa, in netta ripresa!»
Molly guardava il marciapiede.
Hermione le andò vicino e le prese il braccio.
«Signora Weasley, è stanca? Vuole che torniamo a casa?»
Lei annuì.
«Grazie, cara» disse con un filo di voce.
Erano le prime parole che proferiva da ore.
Hermione biascicò un saluto e si Smaterializzò con la signora Weasley che si appoggiava a lei.
Rimasti soli, i tre si guardarono sconsolati.
«Cosa possiamo fare?» chiese Ginny, frustrata.
«Tesoro, serve tempo… a loro e a noi» rispose suo padre.
Stava guardando il marciapiede opposto, dove erano comparsi Ron, George e Percy.
Ma uno dei suoi figli non sarebbe comparso più.
Arthur sospirò e ingoiò il groppo che sentiva in gola.
«Andiamo» cercò di sorridere «Facciamo un salto al Ministero!»
 
*
 
La battaglia contro Calormen non aveva comportato particolari problemi.
 
Caspian era soddisfatto della rapidità con la quale le sue truppe avevano circoscritto e isolato la minaccia di un’invasione.
La campagna era durata neppure due settimane e il sovrano stava tornando a Cair Paravel.
Si era schierato in prima linea, come aveva detto a Hermione: non avrebbe mai mandato i suoi soldati a combattere una battaglia dalla quale si sarebbe tenuto al riparo.
E sapeva, con assoluta certezza, che se Hermione fosse stata lì avrebbe insistito per essere al suo fianco, cosa che lo rendeva orgoglioso e spaventato nel contempo.
Ma una delle cose che più amava in lei era il suo coraggio, unito alla determinazione di proteggere chi amava.
Ripensò ancora a quell’ultima notte che avevano condiviso.
La sua Hermione.
Così bella. Così dolce. Così passionale.
Caspian chiuse gli occhi, cercando di dominarsi.
Era ancora furioso perchè non sapeva dove era lei.
Era stato più volte assalito dal dubbio che avrebbe dovuto trattenere Lilliandil: era davvero così innocente come si era professata?
Ma… a Narnia si arrivava solo per volere di Aslan e se Aslan aveva permesso a Hermione di tornare, Lilliandil cosa poteva contro il Signore di Narnia?
Inoltre gli era parsa genuinamente sconvolta, quando l’aveva accusata.
Eppure…
Hermione aveva ragione, non avrebbe dovuto fidarsi di lei.
Caspian si vergognava di quella debolezza in cui era caduto e che l’aveva spinto a preoccuparsi poco di ciò che lo circondava: il suo mondo meritava tutta la sua attenzione e il suo amore.
E, ora che Narnia era al sicuro, lui avrebbe cercato la sua donna, a costo di tornare ai Confini del Mondo.
Sarebbe arrivato anche più avanti, se fosse servito.
Sarebbe arrivato ovunque.
 
Aslan, ti prego, ascoltami – pregò – Aiutami a ritrovarla. Riportala da me. Farò qualunque cosa. Qualunque!
Ma neppure stavolta il grande Leone rispose.
Caspian soffocò la delusione e il senso di panico che lo opprimeva.
Aslan era arrabbiato con lui, ne era certo, perché aveva messo i suoi interessi al primo posto e aveva abbandonato Narnia.
Come, come poteva farsi perdonare?
 
*
 
Quando Aslan lo aveva destituito dal ruolo di Guida, Ramandu sapeva già che quel momento sarebbe arrivato.
Lo sapeva già da prima, da quando aveva abusato del potere che Aslan gli aveva donato per mostrare a Lilliandil uno spaccato di futuro.
In quel futuro, i due avevano visto il matrimonio della stella con Caspian e un figlio che sarebbe stato generato da quell’unione: Rilian.
Quella visione valeva la perdita del suo ruolo e dei suoi poteri.
Sua figlia sarebbe stata regina di Narnia, sposata a un mortale.
Cosa significava?
Che avrebbe avuto il potere.
E non avrebbe dovuto condividerlo con nessuno, se non con il figlio, che comunque non sarebbe stato un semplice uomo.
 
Evocando quella visione, Ramandu aveva avvertito uno strappo all’altezza del cuore e aveva saputo che il suo ruolo stava per decadere.
Malgrado ciò, si era recato a Cair Paravel con sua figlia e l’aveva appioppata al sovrano, fingendo di non notare il disinteresse di lui.
Sì, certo, Caspian era testardo e riottoso – Lilliandil si era lamentata fino allo sfinimento di questo – ma, diciamocelo, che scelte aveva?
Le figlie dei suoi notabili non gli interessavano, era chiaro.
Gli erano state presentate donne su donne da quando era salito al trono, ma lui le aveva scartate tutte.
Si diceva che fosse ancora perso nel ricordo della Regina Susan La Dolce, cosa che faceva sorridere Ramandu.
Che sciocco, sciocco ragazzo!
Ma ci avrebbe pensato Lilliandil: sua figlia era bellissima e senza difetti per un occhio umano.
Il re sarebbe stato di certo ben felice di sposarla!
 
E qui era insorto il primo problema, perché Caspian era tutto tranne che felice e rassegnato.
Tutt’altro.
Malgrado il fatto che Lilliandil gli si appiccicasse sempre più, continuava a ignorarla e a rimandare una decisione ovvia.
Eppure, Ramandu e la figlia restavano convinti della vittoria: non avevano forse visto il bambino?
Non avevano forse visto il futuro?
Era chiaramente una questione di tempo: poteva un banale essere umano rifiutare una stella?
Ma certo che no!
Per cui Caspian si intestardiva, Lilliandil insisteva e il tempo passava.
Ramandu iniziava a preoccuparsi di Aslan (insomma, quel dannato re non poteva sbrigarsi a organizzare queste nozze?), quando accadde.
Un giorno, dal nulla, una strega apparve a Narnia.
Ramandu non lo sentì, perché i poteri di Guida lo avevano abbandonato, quindi non avvertì uno strappo nel tessuto di Narnia.
Fu Lilliandil a parlargli della strega, tempo dopo.
Sua figlia sembrava leggermente seccata dal fatto che il re prestasse attenzione alle bizze di una bambina indisciplinata e ignorasse la sua compagnia, ma erano bazzecole. 
E poi, tutto precipitò.
Lilliandil divenne isterica e iniziò a parlare di un complotto della strega per prendersi il re.
Ramandu cercò di calmarla – una strega con Caspian? Ma che diceva sua figlia? Era forse impazzita? – e di convincerla che erano tutte fantasie assurde, ma poi arrivò il Ballo del Solstizio.
Approfittando del potere del Sole al suo culmine, Ramandu aveva evocato una visione della corte di Cair Paravel e quello che aveva visto lo aveva scioccato.
Chi era quella donna che danzava con il re?
Come si poteva non notare che il sovrano era completamente soggiogato da lei?
Ma sua figlia era pazza a non averlo capito?!
Poi, il male era arrivato a Narnia.
Una forza sconosciuta – che solo più tardi scoprì essere la Strega Bianca – ammantò il castello e rese impossibile comunicare con chiunque fosse al suo interno.
 
Ramandu attese e la sua attesa portò come frutto solo il ritorno di Lilliandil.
Sua figlia gli narrò quello che era accaduto al castello fino al momento della fuga del re – concentrandosi principalmente sui torti che lei aveva subito, anche se la ex Guida sospettava che la figlia gli tacesse molto di quello che invece aveva fatto la sua rivale – e poi del suo ritorno.
Con Aslan.
Ramandu accolse con sollievo l’idea che il Leone non sarebbe andato a cercarlo.
Ma quella era l’unica nota positiva.
Non aveva più il suo potere né la sua posizione e lui e sua figlia erano stati esiliati.
C’erano solo due alternative, a quel punto.
Ritirarsi a vivere lontani da tutti, oppure…
 
Ramandu aveva scelto la seconda opzione e aveva condotto Lilliandil nella terra di Archen, procedendo come due esuli: senza magia, senza fasti né comodità.
Insieme si erano inoltrati fino al monte più alto della zona, il Pire, ma giunti alle sue pendici non si erano fermati.
Con fatica, senza più poter contare sulla magia, si erano arrampicati sulla nuda roccia, ferendosi la pelle e lottando non solo contro la difficile salita, ma anche contro il clima rigido e il vento aggressivo.
E - dopo lungo, lungo tempo – erano giunti quasi sulla sommità della montagna.
Ramandu si era fermato quando avevano raggiunto un anfratto quasi invisibile, che si apriva a strapiombo sulla roccia.
Si era issato nella fenditura e la figlia l’aveva seguito.
Dentro, Lilliandil non aveva visto nulla in un primo momento, ma da subito aveva avvertito un tanfo soffocante.
Si era coperta il viso con la stoffa ormai lacera dei suoi abiti, ma era inutile: l’odore era tremendo.
Ramandu, invece, non si era fermato un attimo.
Era avanzato fin nelle profondità della grotta, perdendosi nel buio.
La figlia non aveva fatto in tempo a rendersene conto che si era sentito un ringhio poderoso.
Le si era gelato il sangue nelle vene: cosa stava succedendo?
Dov’erano? E cosa combinava suo padre?
La risposta arrivò presto: Ramandu stava combattendo contro un essere per metà uomo e per metà uccello.
La creatura era enorme e spaventosa, ma Ramandu possedeva qualcosa che lo rendeva certo della vittoria: un pugnale, che era stato forgiato durante l’Età dell’Oro di Narnia e al quale Aslan in persona aveva dato il potere di colpire sempre il cuore del nemico, perfettamente al centro.
Il pugnale era appartenuto a Re Peter il Magnifico, il quale però lo aveva poi abbandonato quando era entrato in possesso della sua spada, Rhindon. Lo aveva donato a Edmund, quando il fratello minore si esercitava a duellare con una doppia arma.
Il Giusto aveva poi appreso l’arte di calibrare due spade e il pugnale era finito nell’armeria dei sovrani.
Al momento della sua investitura, Ramandu aveva chiesto ad Aslan che l’arma venisse custodita alla Tavola di Pietra, dove sarebbe stata al sicuro.
Aslan aveva acconsentito e da lì la Guida l’aveva rubata.
 
Ma la magia funzionava ancora, anche dopo secoli.
Quando Ramandu riuscì ad avvicinarsi abbastanza alla creatura da poterla colpire, il pugnale centrò infallibilmente il cuore e la bestia crollò a terra emettendo un gemito straziante.
Lilliandil iniziò a urlare, ma suo padre non batté ciglio.
Raccolse invece il sangue che colava dalla ferita in un’ampolla che non si riempiva mai.
Attese e attese, finché non fu certo che la bestia si fosse dissanguata completamente.
Quindi, senza una parola, si voltò e si diresse all’ingresso.
Quando la luce raggiunse il suo volto stanco, Lilliandil gli si aggrappò alla veste lacera.
«Padre!» singhiozzò «Ma cosa succede?»
«Quello, mia cara figlia, era un Kirlian. L’ultimo Kirlian della regione, per esser precisi. Il suo sangue è rarissimo e molto potente, serve per gli incantesimi più oscuri…»
«E… Perché lo avete raccolto?»
«Perché senza potere io e te siamo finiti» disse lui, lapidario «Così, invece, posso far sì che acquistiamo un potere nuovo, diverso da quello che Aslan ci diede. Un potere vero, che non dipende da Lui ma che è solo nostro!»
«Ma un potere così non sarà mai tollerato a Narnia!»
«Un potere così Narnia non lo conosce! Sì, dovremo imparare ad usarlo, perché essendo contro la natura della magia buona con cui Narnia è stata creata non risponde alla sua armonia. Non sarai in sintonia con questo mondo come lo sei stata finora… Ma dovrai imparare. Come dovrò farlo io»
 
E questo avevano fatto, nei mesi seguenti.
Per sei mesi si erano esercitati a padroneggiare quel potere, a costo di grandi fatiche.
Non essendo una magia buona, quel potere scavava nel loro essere e corrodeva le loro forze, lasciandoli brutalmente insoddisfatti e bramosi di un sollievo a loro ignoto.
Ma il potere cresceva.
E, quando fu abbastanza, Ramandu lanciò un incanto su Cair Paravel per occultarlo alla vista di Aslan e isolò Caspian perché il sovrano non potesse farsi sentire dal Leone.
A quel punto, lui e sua figlia tornarono a Narnia recitando la parte dei figli pentiti e convinsero il re di essere stati reintegrati nei loro ruoli di Guide dal Leone.
Quindi, gli dissero che Hermione non sarebbe mai più tornata da lui.
Ramandu lasciò poi il castello, ritirandosi di nuovo nella zona montuosa e solitaria di Archen, concentrando ogni energia nel mantenere Cair Paravel isolata.
Lilliandil rimase a corte, instillando in Caspian il pensiero di dovere a Narnia un matrimonio, per dare al suo popolo un erede.
Istigare Calormen alla rivolta fu semplice: richiese solo un piccolo uso del potere.
Ben più complicato fu far accettare al sovrano l’idea delle nozze.
Paradossalmente, Lilliandil ci riuscì promettendogli che non gli avrebbe mai chiesto di dimenticare Hermione, che non gli avrebbe mai chiesto il suo amore.
Povero stolto.
Lilliandil non voleva amore.
Voleva il potere.
 
 
 
 
***
Buongiorno!
Perdonate il ritardo di un giorno, ma ero via e non avevo il pc con me e l'unico disponibile non mi apriva i file word -.-
Una scusa doppia va alla mia cara Gatta12, che mi aveva chiesto se potevo aggiornare in anticipo... E invece sono rimasta bloccata!
Mi spiace carissima, spero il capitolo possa farmi perdonare :)
Per quanto riguarda i banner, oggi vedete finalmente anche il terzo: grazie Sue, gemella mia! Io li adoro tutti e tre, come adoro le mie Susan e Fedra! <3
Domani aggiornerò "And the reason is you", come da programma. per tutte le informazioni, le domande e quant'altro, mi trovate qui: 
https://www.facebook.com/Joy10Efp
Baci e buona lettura,
Joy

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Capitolo 8
*** La Parola Deplorevole ***


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Non ce la faceva più.
 
Non sopportava più di stare alla Tana.
Quella casa era sempre stata disordinata, allegra, confusa al massimo.
Felice.
Una casa vera, calda e accogliente.
Sì, la madre di Hermione sarebbe svenuta vedendo le galline che razzolavano, i nani in giardino, la biancheria ammucchiata ovunque.
Senza contare il fantasma in soffitta.
Eppure, la Tana aveva un’atmosfera unica.
Quella gioia di vivere se ne era andata con Fred Weasley.
E la casa di Hermione, nel mondo babbano, era vuota e triste.
 
Non aveva più una casa.
L’unica casa che sentiva come sua era Narnia, ma Narnia era perduta.
Hermione guardava il giardino dalla finestra della stanza che di Ginny, dove dormiva anche lei.
I Weasley, come tutti nel mondo magico, stavano cercando di fare i conti con la loro perdita e con il vuoto che essa comportava.
Un vuoto che non si poteva riempire.
Hermione faceva i conti con una perdita diversa: lei piangeva un uomo che era vivo, ma irraggiungibile.
Era buffo, aveva detto Ginny.
Lei e Hermione avevano affrontato una guerra mentre la loro massima preoccupazione era di natura amorosa.
Ma forse quando ami qualcuno, quel qualcuno viene prima di tutto.
Era normale.
 
La signora Weasley attraversò stancamente il cortile per andare a raccogliere un paio di limoni.
La sera prima aveva bruciato l’arrosto.
Neppure la sua amata cucina la distraeva più.
Non le importava più di niente.
Hermione sapeva, nel profondo, che era sbagliato.
Che la signora aveva altri sei figli e un marito che meritavano la sua attenzione e il suo amore.
Che la vita andava avanti.
Lo sapeva, ma la capiva.
Era così difficile, ogni mattina, alzarsi dal letto.
Sempre più difficile.
E prestare orecchio ai piccoli problemi della quotidianità - come la grondaia che si bucava, o il bucato che si macchiava, o il forno rotto – era semplicemente intollerabile.
Giusto quella mattina Hermione era rimasta seduta, apatica, di fronte a un rubinetto che perdeva.
Poteva aggiustarlo, lo sapeva.
La vecchia lei lo avrebbe fatto in un secondo, con un preciso colpo di bacchetta, e poi sarebbe passata a fare altro.
La nuova lei sedeva immobile, con lo sguardo fisso, consapevole che c’erano cose che non si potevano riparare.
E, in quell’ottica, sistemare quel lavandino sembrava così inutile.
Così vacuo.
 
Sospirò e scese in cucina.
 
*
 
Il ritorno di Caspian a Narnia si svolse senza incidenti.
 
Una Cair Paravel in festa accolse il suo sovrano, mentre il nano Briscola fu ben felice di deporre gli oneri della reggenza di cui era stato investito.
Era naturalmente onorato della fiducia che il re gli accordava ogni volta, ma in questa particolare occasione si era sentito molto inquieto.
Tutta la questione del matrimonio e delle nozze per dare al regno un erede… a Briscola erano sempre sembrate sinistre e di malaugurio.
Caspian non si era sposato fino a quel momento ed era andato tutto bene.
Insomma, era arrivato fino alla Terra di Aslan senza generare figli, ed era tornato senza problemi a casa!
Cos’era quella fretta?
Certo, una guerra era motivo di grande preoccupazione, ma non più di un viaggio verso l’ignoto.
Quelle pressioni fatte da Lilliandil al sovrano a Briscola non erano mai piaciute.
E infatti, come volevasi dimostrare, Caspian era di ritorno e non era successo nulla.
Dannata lucciola del malaugurio!
Come molti, moltissimi, a Narnia Briscola amava Hermione e sperava di vedere felice il suo re.
 
L’ingresso di Caspian nella sala del trono fu accolto da grida festose.
I Lord inneggiarono alla vittoria del re e si congratularono con lui.
«Grazie, miei signori» rispose lui «Ma la situazione è stata facile da controllare. Per fortuna, non abbiamo subito perdite e i confini sono di nuovo sicuri»
«Hum» bofonchiò Rhoop «Chissà cosa stava orchestrando quel malfidato di Ramndu»
Caspian si accigliò.
«Sì, confesso di averlo pensato anche io, Lord Rhoop. La minaccia di Calormen non era poi così notevole, neppure se consideriamo il fatto che noi eravamo pronti»
«Chissà cosa stavano tramando» esclamò un altro Lord.
«Dovremmo chiederlo ad Aslan!» fece Rhoop, scuro in volto.
Caspian annuì, cercando di ignorare una fitta d’ansia.
«Domani mi recherò alla Casa di Aslan. Avete ragione, Aslan deve sapere!»
Sperò di avere un tono deciso e, ancora di più, sperò che il grande Leone gli desse ascolto.
 
Eppure, il giorno dopo non portò i frutti sperati.
Caspian rifiutò i consigli e le premure dei suoi servitori ed uscì dal castello di buon mattino.
Attraversò il villaggio e si fermò a conversare con alcuni degli abitanti, quindi diresse Destriero verso la Casa di Aslan.
La cavalcata fu quanto di più piacevole potesse desiderare: la giornata era magnifica e lui era di nuovo a casa.
Narnia era salva.
Mancava solo una cosa e questa cosa era un tarlo che gli rodeva Narnia.
Cair Paravel era finalmente pronto ad accogliere una regina e lui non desiderava altro.
Voleva disperatamente condurre Hermione a casa, con lui.
Voleva sposarla e voleva iniziare una vita insieme.
Voleva dei figli.
Per la prima volta in vita sua, Caspian era non solo pronto, ma bramoso di avere una famiglia sua.
Aslan, ti prego – pensò – Concedimi questa grazia. Riportala da me. Ti giuro che non ti deluderò mai più.
Per tutto il tragitto, Caspian cercò di controllare la sua ansia.
Temeva che Aslan, di nuovo, non gli desse risposte.
Continuava ad arrovellarsi sulla sparizione di Hermione, senza mai smettere.
Aveva nascosto la bacchetta di lei nella sala dove erano custoditi i tesori dei Re Supremi di Narnia.
Gli abiti di Hermione, invece, li aveva riposti tra i suoi: non voleva che nessuno li toccasse.
Avevano sempre il suo odore.
 
La Casa di Aslan li accolse con la sua atmosfera magica e senza tempo.
Caspian volle addentrarsi al suo interno da solo; le guardie rimasero all’erta vicino all’ingresso, dopo che ebbero perlustrato i dintorni.
Il re entrò impugnando una torcia.
Ricordava bene come era infido il suolo, là dentro.
Hermione era caduta in un crepaccio, l’ultima volta che era stato lì.
Hermione.
Gli si strinse il cuore al ricordo di quel giorno.
Come si era spaventato.
Il loro primo bacio.
La dolcezza delle labbra di lei.
E come si era infuriata di fronte al suo comportamento sciocco.
Il sovrano si lasciò sfuggire un sorriso: era così tipico di lei.
Per Aslan, quanto gli mancava.
Perso nei ricordi, si ritrovò all’improvviso nelle profondità della costruzione.
Là, dove gli affreschi di Aslan dominavano l’imponente sala abbandonata.
Caspian accese con la sua torcia il braciere e, alla luce del fuoco, lesse la storia di Narnia nei bassorilievi serpeggianti.
Chiuse gli occhi, ricordando la storia gli insegnamenti di suo padre, quindi del suo precettore.
Si concesse di sognare la Narnia che voleva.
Quindi, il re si gettò in ginocchio e pregò Aslan per il futuro del suo regno e per il suo.
 
*
 
Charn sembrava un mondo di ghiaccio.
 
O di pietra, forse.
Persino l’aria era immobile.
 
Ramandu e Lilliandil osservavano la distesa dell’antico regno dispiegarsi ai loro piedi.
Lei si strinse nelle spalle, rabbrividendo, anche se non c’era neppure un soffio di vento.
«Charn» sospirò Ramandu «Quanto potere per fare una cosa del genere…»
Si riscosse poi dai suoi pensieri e si rivolse alla figlia:
«Conosci la storia di questo regno, vero? Regnava qui Curcio, un re pavido e ligio al dovere. Sotto la sua reggenza Charn conobbe pace, ma mai gloria… Almeno fino al giorno delle sue nozze con la bellissima Regina. Secoli e secoli fa accadde, eppure i cantori per generazioni intere celebrarono la bellezza di questa donna che legò a sé un re fino a quel momento inane! Per la sua sposa, Curcio si risvegliò e fu capace di ogni meraviglia: la sua terra iniziò a prosperare e crebbe in gloria e potenza. Tutto per la donna che aveva stregato il suo cuore. Ma Regina non era una donna tale da vivere sottomessa al marito. Stolto re… Doveva essergli chiaro dal momento in cui la vide cavalcare assieme a sua sorella. Entrambe erano belle, maestose e impossibili da ignorare, ma tanto Regina era affascinante, rosea e incantevole, quanto sua sorella algida e terribile. E non per nulla, solo il suo nome bastava a gelare il sangue nelle vene di chi la guardava. Soltanto Regina osava sfidare la terribile Jadis!»
 
«Non c’era amore tra le due sorelle, vero, padre?» chiese Lilliandil in un bisbiglio.
L’atmosfera gelida del luogo la inquietava.
«No, infatti» fece lui «A lungo le due lottarono per il potere: Regina sposò Curcio per avere un potere maggiore di quello della sorella, perchè Jadis aveva un suo esercito e regnava su una sua terra maledetta. Eppure, Regina si sentiva comunque inadeguata rispetto alla sorella, malgrado la corona acquisita con le nozze. Jadis, da parte sua, non tollerò quello che le parve un atto di superbia della sorella. Per cui le due schierarono i propri eserciti l’una contro l’altra, decise a risolvere una volta per tutte la situazione. Una cosa sola si erano promesse: di non usare la magia l’una contro l’altra»
«Ma non fu così»
«No. Regina non resistette all’impulso di sconfiggere la sorella e fece appello alle sue arti magiche. Il suo incantesimo colpì l’esercito della Strega Bianca, diffondendo una pestilenza che ne abbatté i soldati come mosche. Per tre giorni gli uomini morirono, prima che la Strega Bianca si recasse sola, a cavallo, al palazzo reale di Chern. Lì incontrò la sorella in un confronto che sembrava avere un esito ovvio, e invece…»
 
La voce di Ramandu sfumò nel nulla.
Lo sguardo dell’ex emissario di Aslan attraversò la distesa immota che era ai suoi piedi, quindi lui e Lilliandil scambiarono un’occhiata e annuirono simultaneamente.
Si afferrarono le mani e fissarono gli occhi l’uno in quelli dell’altra.
Insieme, ripeterono parole incise nella storia di quel luogo, che era stato testimone di una doppia atrocità.
 
Lilliandil intonò:
«...Non ricorsi al mio potere finché non vidi cadere l’ultimo dei miei soldati.
Intanto mia sorella, alla testa delle truppe ribelli,
risaliva la grande scalinata che dalla città porta a questa terrazza.
La aspettai.
Volevo vederla in faccia,
guardarla negli occhi.
Non appena mi fu di fronte,
mi rovesciò addosso il suo sguardo cattivo e gridò: "Vittoria!"
e io dissi: "Sì, vittoria. Ma non appartiene a te."»
 
Ramandu intonò dopo di lei:
«...Non ero ricorsa al mio potere finché non avevo visto cadere l’ultimo dei suoi soldati.
E ora mia sorella, sola sul suo destriero,
mi fissava mentre risalivo la grande scalinata che dalla città porta a questa terrazza.
La raggiunsi.
Volevo vederla in faccia,
guardarla negli occhi.
Non appena le fui di fronte,
le rovesciai addosso il mio sguardo e gridai: "Vittoria!"
e lei disse con occhi cattivi: "Sì, vittoria. Ma non appartiene a te."»
 
E, insieme, conclusero:
«Che la violenza della Parola Deplorevole sia cancellata.
Che la vita ritorni.
Che il gelo sparisca.
Che l’aria soffi.
Che gli occhi si aprano.
Che la Parola Deplorevole più non esista
Per te, Desiderio»
 
E il potere, quel malvagio potere che incarnavano, fluì copioso attraverso le loro membra e si riversò nella terra.
Non avevano la capacità di sanare ciò che Jadis aveva fatto.
La Strega Bianca, di fronte alle parole sprezzanti di Regina, aveva pronunciato la Parola Deplorevole - un incantesimo che annientava chiunque, tranne colui che lo pronunciava - così era rimasta signora di una terra di morti: lei era l’unica creatura sopravvissuta.
Da lì nacque il regno di Jadis.
Ma ora la Strega era imprigionata in un sonno eterno ad opera di Aslan e per questo motivo i suoi incantesimi avevano cessato di essere attivi.
Charn era ancora morta, ma il potere di Ramandu e Lilliandil – che non avrebbe potuto nulla se Jadis fosse stata in vita - bastava ora per riportare alla vita qualcuno.
Ed era quel qualuno che i due cercarono, camminando per le strade deserte.
Il rumore dei loro passi risuonava nella solitudine del luogo come qualcosa di sbagliato, di anormale.
E, insieme, risalirono la collina e trovarono la scalinata sulla quale si era consumato il reciproco tradimento delle due sorelle.
Di lì entrarono nel palazzo, nel quale erano ancora visibili i fasti del passato.
Percorsero i corridoi e sbirciarono nelle stanze.
Si spinsero fino alla cima della torre più alta e lì trovarono un ragazzo sdraiato su un tappeto, come se si fosse addormentato mentre giocava per terra.
Lilliandil si chinò accanto a lui e gli posò una mano sulla spalla.
Pian piano, il ragazzo aprì gli occhi.
Gemette e si mosse con fatica, quindi si sollevò su un gomito e si guardò attorno sbarrando gli occhi.
«Madre?» fu la sua prima parola.
Ramandu scosse il capo.
«Mi spiace, principe Desiderio, ma Regina non è più tra noi»
Lui batté le palpebre, confuso.
«Chi siete? Cosa state dicendo? Siete servi di Jadis?»
L’altro scosse il capo.
«Jadis non c’è più. Vostra madre nemmeno»
«Cosa state dicendo? Le ho viste insieme, poco fa!»
Fece un gesto verso il balcone della torre, ma le parole gli morirono in gola.
Fuori era ghiaccio e pietra.
Gli alberi e i colori erano scomparsi.
Desiderio si alzò a sedere e gemette.
«Cosa mi accade?»
«Vi risvegliate ora da un sonno durato millenni, Altezza. Dovete avere pazienza, con voi stesso e con il mondo»
«Millenni? Ma...»
 
Fu a quel punto che intervenne Lilliandil.
Si chinò verso di lui, sorridendo, e il ragazzo sbarrò gli occhi.
«Vostra Atezza, capisco che tutto ciò deve sembrarvi assurdo, ma purtroppo vi diciamo la verità. Vi basterà affacciarvi al balcone per vedere che Charn, purtroppo, non esiste più. Jadis la distrusse con la Parola Deplorevole millenni fa. La vostra cara madre...»
Si interruppe, come se la commozione le avesse serrato la gola.
«La Parola Deplorevole?» gli occhi di Desiderio si soffermarono sui lineamenti di Lilliandil «Ma quell’incantesimo non è maledetto?»
«Sì. E Charn con lui»
Desiderio si accasciò a terra, smarrito.
«Se Jadis ha usato la Parola Deplorevole, allora...»
Un grave silenzio accolse quelle parole mormorate.
Dopo qualche minuto di silenzio, il giovane chiese:
«Voi chi siete? E come potete essere qui?»
«Il mio nome è Ramandu, Altezza» si presentò il reietto «Ero una Guida di Aslan»
«Aslan?» il principe sbarrò gli occhi «Aslan non ci ama»
«Non ama neppure me, né la mia povera figlia»
Di nuovo, gli occhi di Desiderio tornarono a posarsi su Lilliandil.
Ramandu represse un sorriso di trionfo.
«Siamo venuti per voi, Altezza. Per svegliarvi dal vostro sonno maledetto»
«Perchè?»
«Perchè voi ci aiutiate a combattere Aslan e perchè tutti noi possiamo riprenderci ciò che è nostro di diritto!»
Lilliandil pose una bianca mano sul braccio del principe e lui la fissò, affascinato.
«Principe Desiderio» mormorò con voce flautata «Aslan non ha aiutato la vostra famiglia e ha cacciato mio padre e me dalla nostra casa. E dovete sapere che queste cose sono avvenute a millenni di distanza, quindi potete immaginare come il Suo potere sia senza freni. Ma ora, con voi, noi possiamo riprendere in mano le nostre vite!»
«Ma come possiamo?» ragionò lui.
Lilliandil gli sorrise e, dallo sguardo di adorazione che ricevette in risposta, seppe di avere vinto.
«Sposatemi» mormorò, protendendosi verso di lui con fare seducente «Sposatemi e, per me, distruggete Narnia!»


***
Buongiorno, cari lettori!
Questa settimana torna tutto normale con gli aggiornamenti, ma potrei avere un piccolo problema lunedì prossimo:
sarò di nuovo via e senza computer. In caso non riuscissi ad aggiornare, come di consueto, slittiamo di un giorno,
quindi martedì con Le Cronache e mercoledì con Gin e Ben, ma vi avviso sulla mia pagina Facebook, che è questa:
 https://www.facebook.com/Joy10Efp
Per il banner, ricomincio il giro e quindi ringrazio la mia sorellina Sue per la prima delle sue due creazioni!
La prossima settimana tocca al banner della mia Fedra, invece!
Buon inizio settimana,
Joy



PS: Una piccola precisazione per chi non ha letto le intere Cronache di Lewis: la formula che Lilliandil e Ramandu pronunciano nasce dal dialogo intercorso tra Jadis e sua sorella (che nelle Cronache non ha nome, né un figlio, per inciso) e che la prima pronuncia dal punto di vista di Jadis, il secondo, invece, da quello di Regina.

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Capitolo 9
*** I fantasmi della terra di Charn ***


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«Cosa significa che te ne vuoi andare?»
 
Harry era attonito.
Hermione gli stava davanti, con l’aria rassegnata che ormai la contraddistingueva.
«Hermione, dimmi che ho capito male» aggiunse.
Lei non si prese nemmeno la briga di corrugare un sopracciglio.
«No, Harry» rispose, atona.
«Ma abbiamo i processi! Dobbiamo essere presenti, è importante! E sai benissimo che sei anche tu una testimone chiave»
Lei fece spallucce.
«Tonerò, se devo»
 
Un silenzio incredulo accolse quelle parole.
Hermione Granger, paladina della giustizia e della lealtà, stava davvero dicendo che non era importante presenziare ai processi che il Wizengamot stava tenendo per stabilire chi era innocente e chi fedele a Voldemort? Chi aveva agito perché costretto da Maledizioni o minacce e chi invece per suo personale interesse?
«Hermione!» si intromise Ron, sconvolto «Ma certo che devi! Insomma, miseriaccia… siamo noi tre!»
Lei annuì.
«Va bene. Torno»
«Ma perché te ne vuoi andare?» chiese Ginny «Il processo per Piton è la prossima settimana»
Harry aveva fatto pressione su Shacklebolt perché il processo per riabilitare il nome di Piton e riconoscere il suo ruolo fondamentale nella guerra contro Voldemort si tenesse presto.
«Vado a cercare i miei genitori» disse lei, con voce misurata.
 
Sguardi sconcertati degli altri.
 
Harry e Ron si guardarono.
«Veniamo con te» dissero, all’unisono.
«Io anche!» fece subito Ginny.
Non avrebbe più permesso a Harry di tagliarla fuori da qualcosa.
«No, cara, aspetta un attimo!» disse il signor Weasley.
Sua figlia si girò, pronta allo scontro, ma lui guardò la moglie, che di solito era colei che ristabiliva i ruoli e precisava l’autorità.
Ma Molly rimestava nel calderone della cena e non dava segno di aver seguito la conversazione.
Arthur si grattò la testa, perplesso.
«Ehm…Molly, cara…»
«Papà, io sono adulta!» fece Ginny, inflessibile «E poi non c’è più pericolo, no?»
«Non ne siamo certi! L’ultima volta si sono verificati atti terribili da parte di fanatici impazziti, dopo la caduta di Voi-Sapete-Chi! Ehm... Voi-Sapevate-Chi...? Oh, insomma, non è il momento di preoccuparsi dei tempi verbali! Pensa ai Paciock, Ginny!»
«Va bene, scusi, signor Weasley» lo interruppe Hermione «Ritiro quello che ho detto. Non vado. Non voglio creare altri problemi alla vostra famiglia»
«Oh, Hermione, io capisco che tu voglia andare a cercare i tuoi genitori…»
Lei scrollò le spalle.
«Lasci stare. Era solo un’idea. Tra l’altro non sono molto di compagnia in questo periodo, per cui forse è meglio così. Vado a letto. Buonanotte»
Parlò in tono piatto e uscì silenziosamente.
Ginny aveva l’aria omicida e fece per seguirla, ma Harry la afferrò per il braccio.
«Ehi, calma!»
«Col cavolo!» ruggì lei «Ora vado a prenderla per i capelli e…»
 
«Lasciala stare»
La voce sommessa di sua madre zittì subito Ginny.
La signora Weasley non guardava nessuno di loro e tutti si protesero per ascoltare le sue parole, mormorate a bassa voce:
«Non capite che Hermione non ce la fa? Che ha bisogno di stare sola? Che il vostro continuo cercare di spronarla è un tormento per lei?»
«Ma mamma, noi lo facciamo per lei!» disse Ginny.
«No, lo fate per voi. Perché voi volete che lei sia forte, responsabile e coraggiosa come è sempre stata. Perché vi fa paura che non sia più quella su cui vi siete abituati a fare affidamento. Non siate egoisti. Hermione merita il vostro rispetto, oltre alla vostra comprensione»
Un silenzio attonito accolse quelle parole.
La signora Weasley si allontanò dai fornelli, raccolse una cesta di bucato e sparì per le scale.
 
Quella notte era sveglia nel suo letto, spaventata all’idea di cedere a un sonno popolato di fantasmi, quando sentì dei lievi movimenti in corridoio.
Sospirò.
 
Era Hermione che se ne andava.
Avesse potuto farlo anche lei…
 
*
 
Le nozze di Lilliandil non erano certo quello che lei aveva sognato.
 
A Narnia aveva ordinato vesti, decorazioni, cibi prelibati.
Malgrado il palese disinteresse di Caspian, lei voleva che, nei secoli, si parlasse delle sue nozze.
Voleva essere una regina invidiata da tutti.
La deserta Charn non rispondeva certo ai suoi desideri, ma non obiettò nulla quando Ramandu propose nozze rapide.
Sapeva che il fattore tempo era vitale, per loro.
Se Aslan li avesse trovati...
Per quanto il potere poteva coprirli?
E poi, il ruolo di devota fanciulla la divertiva.
Lo aveva impersonato anche a beneficio di Caspian, ma quell’umano testone non si era degnato di apprezzare i suoi sforzi.
Desiderio le dava ben altra soddisfazione.
Era pazzo di lei, la fissava con la reverenza che si tributa a una dea.
Per avere Lilliandil era disposto a tutto: non si era imbarcato in folli piani di vendetta – cosa che Ramandu aveva temuto – non aveva quasi dedicato un pensiero ai secoli trascorsi, ai suoi genitori distrutti.
Vedeva solo Lilliandil.
Voleva solo lei.
Ramandu era lieto di constatare che Desiderio somigliava molto, caratterialmente, a suo padre e per nulla all’ambiziosa e volitiva Regina.
Come Curcio prima di lui, non aveva personali ambizioni di potere, ma era prontissimo a mettersi nelle mani di una donna bellissima e più intelligente, alla stregua di un burattino.
Ah, davvero certe cose non cambiavano mai.
 
Quando Lilliandil aveva timidamente avanzato la questione delle nozze, adducendo a pretesto una fantomatica modestia che le impediva di restare in quel luogo sola, senza altri chaperon a parte suo padre, a Desiderio non era parso vero di poter accelerare i tempi.
Non uno sguardo di cordoglio era stato rivolto alla sua terra, alla sua gente.
Ramandu aveva gongolato in silenzio e poi si era offerto di officiare la cerimonia.
E così, sulla terrazza dalla quale Jadis aveva distrutto sia sorella e Charn, Desiderio e Lilliandil si scambiarono i voti.
Ramandu aggiunse però una variante alla cerimonia: un rituale che prevedeva che gli sposi mescolassero il proprio sangue.
«Perchè questo eternizzi la vostra unione» disse, incidendo prima il polso destro di lui e poi quello di lei con il pugnale magico di Narnia e raccogliendo poi il sangue in una coppa istoriata.
Lilliandil chinò subito le labbra sulla coppa, bevendone un sorso, e un imbambolato Desiderio si affrettò a fare lo stesso.
E, nel giro di pochi minuti, era tutto fatto.
 
 
Qual giorno, Ramandu sedeva su una terrazza, gli occhi fissi nel cielo.
«Lilliandil» disse, improvvisamente «Dovresti essere con tuo marito»
Lei, invece, si sedette accanto al genitore.
«Ho fatto il mio dovere, padre. Desiderio dorme felice»
Ramandu annuì.
«Bene. Allora l’incantesimo è completo»
Lilliandil fissò lo sguardo sull’orizzonte.
«Quando si risveglieranno?» chiese.
«Al sorgere della luna. Sono creature della notte, mia cara»
Lei annuì, nervosa.
«Concepirò un figlio?» mormorò, dopo un po’.
«No» Ramandu continuava a scrutare il cielo «C’era una sola possibilità, ed era con Caspian»
«Quindi il re di Narnia mi ha negato anche quello» fece lei, con voce mortifera.
«Io non mi preoccuperei se fossi in te. Non sei un tipo materno. Con Caspian era diverso, ne avevamo bisogno per regnare su Narnia perchè dovevi legarti alla stirpe dei figli d’Adamo. Quel bambino della mia visione era il nostro mezzo. Ma c’era un’unica possibilità di concepirlo ed è svanita»
«Caspian avrà mai figli?» chiese lei, dopo un po’.
«Non lo so. Non posso più vedere il futuro»
«Sono certa che ne vorrebbe, dalla sua strega. Lo voglio morto prima»
«Allora non ne avrà» rispose semplicemente Ramandu.
 
Pian piano, il sole si abbassò nel cielo.
I due rimasero seduti in silenzio, sulla terrazza spazzata da un vento freddo.
Poi, con i primi raggi della luna, si alzarono e si avvicinarono al parapetto della balconata.
E, dopo poco, li videro.
Ombre scure e sottili che salivano dalla terra.
«Eccoli» fece Ramandu «Gli spiriti della terra di Charn»
«Eccoli» concordò Lilliandil «Gli strumenti della mia vendetta»
«Ora non iniziare a parlare di vendetta e di Caspian. Ricorda che sei una timida sposa»
«Farò come volete» concordò lei «Comunque, padre, avete ragione: non penso resterò sposata a lungo. È un ruolo che non mi si addice»
 
Si sorrisero, nel buio che scendeva veloce sulla terra.
 
*
Caspian sedeva sul trono che era appartenuto a suo padre e ascoltava, incredulo, la relazione che gli stavano presentando due Minotauri.
 
Truppe.
Truppe nemiche che marciavano verso di loro, dai confini di Charn.
Ma Charn non esisteva più e con Calormen era stata siglata la pace.
Allora chi erano quei nuovi nemici?
«Vostra Maestà, non potete immaginare...» Taurus era sconvolto «Sembrano legioni di esseri non umani! Non sono mai stanchi! Non riposano mai! Non si fermano mai! Le loro cavalcature sono scheletriche e mai mi è capitato di vederne di simili! E loro... sono avvolti in mantelli scuri che si muovono alle loro spalle come ali malvagie... Cavalcano nella notte e distruggono ogni cosa! Sembrano seminare morte, non guerra...»
Lord Rhoop sbuffò sonoramente.
«Taurus, ti fai prendere la mano dalle tue doti liriche. Sono solo truppe militari. E le truppe militari si possono sconfiggere»
«No, ve lo giuro!» gridò il Minotauro «Maestà, ve lo giuro! Non sono semplici truppe! Dovete credermi!»
Caspian fece un cenno con la mano.
«Amico mio, ti credo. Però capisco Lord Rhoop quando dice che gli sembra assurdo... Chi mai potrebbe avere un esercito così?»
 
Il sovrano tamburellò con le dita sul bracciolo dell’antico trono.
Voleva andare a cercare Hermione, ma a quanto sembrava un nuovo ostacolo si frapponeva tra lui e i suoi desideri.
Celando una fitta di disappunto, Caspian guardò i suoi notabili e disse:
«Ci servono più informazioni. Lord Menicus, tu salperai con tre navi e andrai a Calormen. Porta con te soldati e diplomatici. Voglio sapere se stanno davvero rispettando i nuovi patti che abbiamo sancito»
Menicus si inchinò, negli occhi un’espressione determinata.
«Sarà meglio per loro, Maestà»
Il re annuì, quindi aggiunse:
«Porta Drinian con te. È il più esperto in mare e ho bisogno che torniate presto»
Menicus si inchinò e chiese il permesso di ritirarsi.
Caspina lo congedò e poi si rivolse a Rhoop.
«Mio Lord, voi invece andrete a nord. Prendete cento uomini»
«Maestà, sono troppi!» si oppose lui.
Caspian fu inflessibile.
«Non vi manderò inerme contro una minaccia sconosciuta. Che siano cento»
Organizzò poi altri distaccamenti e dichiarò chiuso il Consiglio.
 
Quando i Lord uscirono, Rhoop si avvicinò al suo re, che si era frattanto accostato a una delle grandi finestre.
«Mi spiace, Maestà» disse, senza molti giri di parole.
Rhoop era stato al servizio del padre di Caspian e aveva visto nascere il giovane sovrano.
Non avrebbe mai abbandonato il tono rispettoso, ma nel profondo si concedeva di vedere il suo re un po’ come un nipote prediletto.
Gli voleva bene.
E sapeva che il cuore del sovrano, in quel momento, era preso da altre questioni.
Caspian non si prese neppure la briga di negare.
Quando Susan Pevensie se ne era andata, Caspian era sensibilissimo all’argomento, ma era più giovane e con la Regina Dolce le cose non si erano concretizzate.
Con Hermione era stato ben diverso: se aveva chiesto ad Aslan in persona di legarla a lui, poteva forse imbarazzarsi al pensiero che i suoi Lord sapevano di lei?
Sospirò e disse:
«Narnia viene prima, Milord»
Rhoop annuì, ma mise una mano sulla spalla del giovane.
«Volevate mettervi in mare, Maestà?»
Caspian annuì e l’uomo più anziano scosse la testa.
«Perchè? Dove pensate di trovarla?»
«Non so dove sia Hermione, ma so dove posso andare a cercare Aslan»
«Aslan?»
Caspian si voltò e guardò il fedele servitore di suo padre dritto negli occhi.
«Aslan non risponde più alle mie preghiere, né alle mie invocazioni. Io ho bisogno di Lui e, più di me, Narnia ha bisogno di Lui! Se ho mancato, in qualsiasi modo, lo cercherò e mi scuserò, fino alla fine della mia vita, se serve. Ma Narnia ha bisogno di Aslan»
Rhoop era sconvolto ma stette bene attento a non dimostrarlo.
«Aslan non può avervi abbandonato, Caspian! Voi siete il re, il re da Lui istituito!»
«Lo so, ma Aslan non mi risponde da quando ha ricondotto Hermione a casa e...»
«E voi pensate sia colpa vostra?»
Rhoop stava passando dallo shock alla rabbia.
Quel ragazzo coraggioso e sciocco!
«Non è che, magari, è invece colpa di Lilliandil e Ramandu?»
«Cosa? Pensate...»
 
Caspian era attonito: no, non ci aveva mai pensato.
Poteva essere?
Sarebbe stato così allettante sapere che non era colpa sua...
Fece un paio di passi e si tolse con una mano i capelli dagli occhi.
«Hermione diffidava di Lilliandil e Ramandu» disse poi «Ma cosa possono, quei due, contro Aslan?»
Rhoop non seppe rispondere, ma non era convinto.
Se quella vacua stella aveva osato minacciare il suo re, per lui era capace di tutto.
E Aslan stesso non aveva tolto a lei e a suo padre la loro carica?
Certo, però, Caspian aveva anche ragione... cosa potevano contro Aslan?
 
Il problema che entrambi i narniani ignoravano era che Lilliandil e Ramandu non potevano nulla contro Aslan, ma potevano fare altre cose.



***
Buongiorno carissimi lettori!
Perdonate il ritardo con cui aggiorno... Purtroppo, come temevo, ieri mi è stato impossibile postare il capitolo!
Per il banner bellissimo che la storia sfoggia oggi, grazie alla mia adorata Fedra! <3
Come sapete, per tutti gli aggiornamenti e le domande mi trovate qui:
 https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref_type=bookmark
Domani aggiornerò "And the reason is you", per chi la segue :)
Buona lettura!
Joy

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Capitolo 10
*** Va tutto meglio; va tutto peggio ***


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Era stata un’estate lunga, monotona e apatica per Hermione Granger.

 
Mentre il mondo magico tornava alla vita, lei si nascondeva in casa dei suoi genitori e ignorava amici e conoscenti.
Alla fine, non era partita per cercare i suoi genitori.
Dapprima c’era stato il processo per riabilitare il nome di Severus Piton ed Hermione si era presentata al Ministero della Magia la mattina dell’udienza.
Ligia al dovere, non aveva saltato quello, né nessun altro impegno.
Ed erano parecchi, gli impegni, visto che di processi se ne erano tenuti davvero molti dopo la caduta del Signore Oscuro.
E Harry, Ron e Hermione erano chiamati a testimoniare quasi in tutti, visto il ruolo predominante che avevano avuto durante la Seconda Guerra Magica.
 
 
Harry teneva molto a riabilitare il nome di Piton e le testimonianze che rese durante le varie udienze furono per molti fonte di shock.
Piton, l’ex Mangiamorte.
Piton, l’uomo untuoso e oscuro del quale nessuno si fidava.
Piton, che era tornato nelle schiere del male.
E che invece era innocente.
Harry fu categorico e Hermione e Ron avallarono la sua testimonianza.
Ron aveva proposto di mostrare al Wizengamot i ricordi che Piton aveva affidato a Harry appena prima di morire e che riguardavano Lily Potter, ma l’amico non era stato d’accordo.
Parlavano della parte più umana e privata di Severus e Harry sapeva che l’ex professore avrebbe odiato vederli sbandierati senza ritegno.
Protesse quei ricordi come gesto ultimo di riguardo per l’uomo coraggioso che lo aveva protetto, negli anni, senza che lui se ne rendesse conto.
 
Anche senza i ricordi, le testimonianze di Harry furono particolareggiate e degne di credito.
Se il Ragazzo-Che-Era-Sopravvissuto e che aveva sempre odiato l’ex Preside di Hogwarts ora combatteva per lui, il minimo che il Mondo Magico poteva fare era starlo a sentire.
Tutti adoravano Harry, più che mai.
E adoravano Ron e Hermione.
E se il primo si beava di questo stato di cose, la seconda era completamente indifferente.
Rispondeva alle domande, si prestava ad ascoltare i superstiti e a dare la sua opinione quando veniva richiesta, ma appena poteva scappava nella Londra babbana e si chiudeva in casa dei suoi.
Non voleva vedere gli amici.
Non aveva nulla da festeggiare.
 
*
 
Il 30 luglio il Wizengamot, di gran fretta, permise il funerale di Piton, in un tentativo anche troppo evidente di omaggiare Harry in occasione del suo compleanno.
Alla cerimonia, nel parco di Hogwarts, erano presenti i membri dell’Ordine della Fenice rimasti.
Erano pochissimi.
L’unica assente era Molly Weasley.
Si trovavano tutti a Hogwarts: di nuovo, veniva sepolto lì un uomo la cui unica casa era stata l’antico castello.
Avere il permesso non era stato facile: c’era ancora poca simpatia nei confronti di Piton, malgrado la cornice nello studio della Preside testimoniasse che Hogwarts aveva accettato l’ex allievo tra le schiere dei Presidi emeriti.
Degli insegnanti solo la McGranitt, Vitious e la Sprite erano presenti: gli altri non erano ancora venuti a patti con quanto accaduto durante l’ultimo, tragico anno a Hogwarts.
 
Harry era stato incaricato di pronunciare il discorso in onore di Piton.
Con grande sorpresa di Ron, lui non si era tirato indietro, malgrado la sua natura schiva.
Anzi, si era arrovellato per giorni, con Ginny, per cercare le parole giuste per omaggiare la memoria di Piton.
Quella mattina, avanzando sull’erba verso la tomba,Harry ripensava al discorso che era stato fatto in memoria di Silente, su quello stesso prato.
Guardò alla sua destra: la tomba di Silente, di nuovo sigillata, riluceva nella luce del sole estivo.
Quanto gli era sembrato inutile, quel discorso di commiato.
Non diceva nulla del vero Silente.
Era solo una sequela di frasi stereotipate.
Delle persone dovrebbero parlare i loro cari, pensò.
Coloro che li hanno amati e che sanno – per dirne una – che la loro idea di discorso era magari “Pigna, pizzicotto, manicotto, tigre!”.
Che conoscevano il loro vero io.
Con una fitta di rammarico, Harry si disse che lui non era certo stato vicino a Piton.
Eppure, glielo doveva.
Non c’era altro.
 
Si fermò vicino alla tomba e alzò gli occhi sulle persone raccolte, che attendevano in silenzio.
Intercettò l’occhiata d’amore di Ginny e le sorrise.
Poi tornò serio, si schiarì la voce (odiava tenere discorsi in pubblico) e disse:
«Non so se sono la persona giusta per parlare di Severus Piton. Sapete tutti che non ci amavamo. Non dubito, anzi, che ovunque lui sia, in questo momento, abbia un’aria orripilata nel vedere me che pronuncio un discorso in suo onore»
Ron, Bill e Ginny sorrisero.
Harry proseguì:
«Ma io voglio esserci. Ci tengo. Perchè è giusto che io ti renda onore, Severus, per il tuo smisurato coraggio, per la generosità e il valore che hai dimostrato. Grazie, per quello che hai fatto per me. E grazie per quello che hai fatto per tutti noi»
Finito di parlare, Harry si chinò e raccolse una manciata di terra, che lasciò cadere sulla bara.
«Addio» mormorò poi, allontanandosi.
Dopo di lui, Ron e Hermione, entrambi con gli occhi rossi, andarono a posare della terra.
E poi Bill e il signor Weasley alzarono le bacchette e un cumulo di terra ricoprì la bara.
Minerva McGranitt, con le labbra serrate, fece comparire una lapide bianca e a quel punto fu Harry ad alzare la bacchetta.
Mosse il polso e, sulla superficie spoglia, comparve un’incisione:
 
Qui riposa Severus Piton, Serpeverde orgoglioso, preside di Hogwarts e nemico del male.
 
*
 
Ai cancelli di Hogwarts era il momento dei saluti.
Bill si smaterializzò subito, insieme a Fleur, Charlie e il signor Weasley.
Gli insegnanti salutarono i ragazzi con la promessa di vedersi presto: mancava appena un mese al nuovo anno scolastico.
«Sarà come tornare a casa!» squittì Vitious, ma con accento triste.
Non sarebbe stato come prima.
In tanti non sarebbero più tornati.
Minerva McGranitt abbracciò Hermione e Ginny, sorprendendole.
«Sei pallida e magra, Hermione» le mormorò in tono materno, prima di accarezzarle i capelli.
Poi tornò ai soliti modi bruschi ed esortò tutti a godersi le vacanze restanti.
Mai erano state così meritate.
Dopo i saluti Harry, Ron, Hermione e Ginny si avviarono a piedi verso Hogsmeade.
«Che ne dite di una Burrobirra ai Tre Manici di Scopa?» propose Ron.
Gli altri annuirono, tranne – naturalmente – Hermione.
«E dai, Hermione» fece Ron, dandole una spintarella scherzosa «Ce lo meritiamo, un bicchiere! Anzi, forse potremmo provare qualcosa di più forte...»
«Non mi sento bene» mormorò Hermione.
Ginny la guardò: era davvero pallida.
«Come mai?» chiese «Ma stai mangiando?»
Hermione annuì, in silenzio.
Davanti ai Tre Manici di Scopa però disse:
«Voi entrate. Mi serve un po’ d’aria fresca»
 
Ron varcò la soglia alzando gli occhi al cielo.
«Insomma, quanto la fa lunga con quel mondo perduto!» mormorò a Harry, il quale rispose con un’occhiata ammonitrice.
Mai nominare mondi perduti di fronte a Hermione.
Fuori, la temperatura non era certo gradevole.
Il sole picchiava forte ed Hermione mosse qualche passo cercando di respirare a fondo e tenere a bada le vertigini che l’avevano colta.
Dopo qualche minuto decise di cercare un po’ d’ombra e si appoggiò contro un muro, chiudendo gli occhi.
All’improvviso, sentì una mano stringerle il braccio.
Reagì d’istinto, velocissima.
Aveva già estratto la bacchetta e stava per lanciare una maledizione, quando si accorse di una atterrita Lavanda Brown che la fissava con gli occhi sgranati.
Abbassò la bacchetta.
«Oh. Ehm... Ciao, Lavanda»
L’altra sembrava ancora sconvolta e Hermione represse un sospiro.
«Che fai qui?» chiese.
«Uhm, io... Sono qui con mia madre. C’è... c’è mica Ron?»
Lavanda arrossì furiosamente, ma Hermione rispose con assoluta indifferenza:
«Sì. È ai Tre Manici di Scopa»
«Oh...Ehm...No, lo chiedevo per... ehm... Tu che fai qui fuori, invece?»
«Prendevo un po’ d’aria»
 
Il silenzio si protrasse, pesante.
Hermione si scoprì a riflettere che, senza argomenti scolastici da tirare fuori, non sapeva davvero di cosa parlare con Lavanda.
Scelse quindi un argomento comune a tutti.
«Come vanno le cose, dopo giugno?»
Lavanda si rabbuiò.
«Meglio. Tiriamo avanti. La vita ricomincia»
Hermione, che aveva tutto tranne che voglia di ricominciare, annuì.
Quindi chiese:
«Vogliamo andare anche noi, così beviamo qualcosa?»
L’altra annuì entusiasta.
Raggiunsero gli altri al tavolo e ordinarono da bere.
Dopo due sorsi, Hermione spinse via il bicchiere.
Lavanda, frattanto, risplendeva di gioia per essere riuscita a sedersi vicino a Ron.
Lui tergiversava e lanciava occhiate speranzose verso Hermione, la quale fissava il piano del tavolo.
Ginny alzò gli occhi al cielo e Harry cercò di rompere il silenzio:
«Allora, Lavanda... come vanno le vacanze?»
«Oh, bene!» fece lei «Certo, sono successe  talmente  tante cose brutte che non c’è da stare allegri, però almeno non c’è più quella nebbia provocata dai Dissennatori e, se esco di casa la mattina, so che non morirò in giro per strada. Cioè, si spera almeno. Cioè, volevo dire...»
Ron sghignazzò e lei parve compiaciuta.
«E voi?» chiese poi «Ho letto dei processi sulla Gazzetta del Profeta»
Harry annuì.
«Siamo ancora impegnati, non sarà una cosa tanto breve... Anche se tutti noi non vediamo l’ora di lasciarci questi momenti alle spalle. Penso sia per questo che hanno velocizzato i processi al Wizengamot»
«Sì, il nuovo Wizengamot ci tiene a lavorare bene» intervenne Ginny «Ma si sente tanto la mancanza di alcuni elementi, come Amelia Bones»
«E la Umbridge?» chiese Lavanda.
«Oh, questa sì che è una bella storia!» si intusiasmò la piccola Weasley «Le testimonianze contro di lei erano schiaccianti. In particolare, Hermione l’ha demolita. Quando ha finito di testimoniare contro di lei c’è stato un attimo di silenzio lunghissimo in aula e poi è scoppiato un boato da Finale del Mondo di Quidditch»
Hermione alzò gli occhi.
«Dolores Umbridge è una di quelle persone che sono utili al mondo come un Tranello del Diavolo»
«Già» concordò Harry «Ma ora, grazie a te, ne avrà di tempo per pensare alle sue malefatte»
«Perchè? Cosa le è successo?»
«Oh, è stata sollevata da ogni incarico pubblico. Per sempre. E la proposta di Hermione di confiscarle tutti i soldi che aveva guadagnato in bustarelle, mercato nero e sotto il Ministero di O’Tusoe e di devolverli agli orfani di questa Seconda Guerra Magica è stata accolta all’unanimità!»
«Accidenti! Brava, Hermione! Immagino che a quel rospo infame sarà venuto un infarto!»
«Purtroppo no, con nostro sommo dispiacere» commentò Ron.
Lavanda rise, poi lo guardò sbattendo le ciglia.
Lui arrossì e Ginny pizzicò la gamba di Harry sotto il tavolo.
Lui si schiarì la voce e chiese a Lavanda dei suoi progetti per l’ultimo mese di vacanze.
«Oh, non so...» fece lei «Certo, sarebbe bello vederci tutti insieme prima di tornare a scuola...»
«Noi non possiamo!» fece Ginny.
Harry dovette trattenere una risata, ma lei proseguì imperterrita:
«Ci sono ancora i processi e la collaborazione con il Ministero. Io e Harry non abbiamo avuto nemmeno un giorno per andare a sistemare casa susa, in Grimmauld Place!»
«Ma vai a vivere da solo, Harry?» chiese Lavanda, stupita.
Lui scrollò le spalle.
«Non è che io abbia molte alternative»
L’altra arrossì e Ginny disse:
«Lo sai che puoi stare da noi! Bill ha una casa sua e Charlie tornerà in Romania a breve!»
«Sì, lo so, ma Percy è tornato a casa e, per quanto i tuoi siano meravigliosamente ospitali, è giusto che ristabiliate i vostri spazi»
Tra i due passò un lampo di intesa e Ginny annuì.
Harry le passò un braccio attorno alle spalle e la strinse.
Lavanda sbirciò Ron.
«Come... come stanno i tuoi?»
Lui scrollò le spalle.
«E tu come stai?»
Altra scrollata.
Lavanda sospirò e guardò sconsolata gli amici.
«Che strano. Va tutto meglio... Ma per un certo senso sembra andare tutto peggio»
 
*
 
Smaterializzarsi alla Tana fu questione di un attimo.
 
Hermione non entrò neppure in casa, già pronta a tornare a casa dei suoi.
Harry la trattenne per un braccio, dolcemente, mentre gli altri entravano in casa.
«Ehi» mormorò «Perchè non resti?»
«Oh, Harry...»
«Ascolta, Hermione, non è un rimprovero, ma questa inattività non ti fa bene. Ti fa sprofondare nel dolore sempre di più. E io lo so, credimi lo so. Dopo che Sirius... dopo che Sirius se ne è andato passavo le giornate a fissare il soffitto. Il fratello che non avevo mai avuto mi era stato portato via... Ma lui non avrebbe voluto che mi lasciassi andare così. E so che Caspian non lo vorrebbe per te»
Lei trasalì, ma non rispose.
Harry le sorrise.
«Andiamo a cercare i tuoi. Lascia che io e Ron veniamo con te. La vita va avanti, Hermione!»
Lei esitò, poi disse:
«No, non puoi. Hai tanti impegni al Ministero e poi...»
«Tu sei più importante» rispose lui, semplicemente.
«Ma io...»
«Ascolta, non dirmi che ci pensi da sola perchè tanto lo so che ti chiudi in casa e vegeti. Non prendermi per scemo!»
Lei fece un debole sorriso.
«Non sto andando a casa»
«E dove, allora?» fece lui, scettico.
Lei scosse le spalle.
«Non preoccuparti, non è niente. Ci vediamo fra tre giorni, per il processo Malfoy»
Harry non fece in tempo a trattenerla che si era già Smaterializzata.
Lui scosse il capo e rinetrò in casa.
Quella sera era in programma una cena in onore del signor Weasley, per festeggiare la sua promozione al lavoro.
Harry era felice per lui, ma avrebbe voluto che riuscisse a godersi quel momento.
Era un uomo onesto e lo meritava.
Peccato che non ci fosse più gioia, in quella casa.
 
*
 
Hermione non aveva mentito a Harry.
 
Non stava andando a casa.
Si Materializzò in un vicolo buio della Londra babbana e rabbrividì per l’umidità della giornata, così lontana dal sole di cui aveva goduto fino a poco prima.
Si passò una mano tra i capelli, si guardò attorno nervosamente e poi uscì dal vicolo.
Camminò per il marciapiede evitando le persone e guardandosi attorno.
Ricordava di essere vicina.
 
E infatti, eccola.
 
Entrò, rapida, e si mise in coda.
Quando toccò a lei non riuscì a rispondere al sorriso gentile che le veniva rivolto.
 
«Un test di gravidanza, per favore» mormorò rivolta al simpatico farmacista.
 


***
Buongiorno!
Colpo di scena?! Che dite: ve lo aspettavate??
Comunque... Vi anticipo che per un po' l'azione si sposta sulla Terra e non vedremo Narnia... per un po' ;)
Non vi dico altro, ma sapete che per tutte le informazioni mi trovate qui: https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref_type=bookmark
Altra cosa, anche se ormai lo sapete tutti: grazie alle mie fantastiche amiche Susan e Fedra ho tre banner bellissimi per questa storia! 
E per quello di oggi ringrzio Sue <3
Buon inizio settimana e buona lettura,
Joy

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Capitolo 11
*** La vita che rinasce ***


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Il processo alla famiglia Malfoy fu uno di quelli che destò più scalpore.
 
Ed era ovvio, visto che Lucius Malfoy era uno dei pochi Mangiamorte recidivi superstiti.
Fuori dal Ministero della Magia e nell’Atrio i Maghi e le Streghe si accalcavano, quasi rabbiosi.
Ora sì che Harry capiva la furia che aveva visto nel Pensatoio di Silente, quando aveva assistito nei ricordi del Preside al processo contro i torturatori dei Paciock.
Le grida di scherno e di odio rivolte contro Lucius Malfoy al suo passaggio erano inquietanti: parlavano di odio, rabbia e intolleranza e, malgrado tutto ciò che era successo, Harry non ne era contento.
Non era quello che voleva vedere.
Voldemort era stato sconfitto e l’odio doveva finire.
 
Lucius Malfoy fu scortato dagli Auror verso gli ascensori, tra la folla urlante.
Camminava eretto ma aveva il viso distorto da una maschera di odio.
Dietro di lui, Narcissa Malfoy era pallida ma composta.
Il figlio, Draco, chiudeva la fila.
Un Auror lo tratteneva per il braccio: anche Draco, come Lucius, era stato marchiato con il Marchio Nero, quindi era a tutti gli effetti un Mangiamorte.
Harry, Ron, Hermione e Neville si unirono alla processione che si dirigeva a fatica verso gli ascensori.
E, subito, le urla della folla cambiarono: divennero grida estatiche.
I Maghi inneggiavano a Harry come un sol uomo, lui arrossì come un peperone: detestava quelle urla da stadio.
A meno che non gli venissero rivolte sul campo da Quidditch, ovvio.
I Maghi inneggiavano anche ai suoi amici e - se Neville era imbarazzato e Hermione guardava a terra, pallida in viso – Ron se la godeva alla grande e salutava a destra e manca.
Harry invidiò lo spirito del suo migliore amico e accelerò il passo per raggiungere gli ascensori più in fretta.
 
Quando le porte si richiusero, si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
«Non dirmi che non te la godi, Potter» fece Malfoy.
Ma la sua voce conteneva solo una pallida eco del sussiego passato.
Gli Auror si mossero, minacciosi, e Ron e Neville si schierarono ai fianchi di Harry, ma lui scosse il capo:
«Non si è ancora stancato, signor Malfoy? E dire che ormai di motivi di vanto ne ha pochi»
Lucius rispose con un ringhio, ma sua moglie gli diede una secca gomitata, imponendogli il silenzio.
E, prima che ci fosse tempo di dire altro, l’Ascensore si fermò al livello del Wizengamot e i Malfoy vennero condotti ad un’entrata diversa, riservata a chi doveva essere giudicato dal Tribunale Speciale dei Maghi.
Harry e i suoi amici entrarono nella sala gremita.
 
L’aula era davvero grande e, quel giorno, interamente illuminata.
Maghi e Streghe occupavano fino all’ultimo posto e la Corte sedeva già, composta e seria.
Harry e gli altri avanzarono fino alla prima fila e Harry ripensò, in un lampo, alla sua udienza.
Quel giorno, come sempre, Silente era venuto a salvarlo.
Oggi, invece, toccava a lui rendere Silente orgoglioso.
Arthur Weasley rivolse un sorriso al gruppetto e, seduta vicino a suo padre, Ginny strizzò l’occhio a Harry.
Lui si sentì subito più leggero.
I quattro sedettero in prima fila e il nuovo Ministro della Magia, Kingsley Shacklebolt, lanciò un’occhiata amichevole a Harry e poi si schiarì la voce.
Immediatamente, come per magia, si fece silenzio.
«Vi ringrazio» fece lui, pacato «Il Wizengamot è riunito oggi per aggiornare i processi sui Mangiamorte. Programma di oggi: Ministero della Magia contro Lucius e Draco Malfoy»
All’udire quei nomi, la folla ricominciò a vociare e Shacklebolt fece un gesto con la mano per invocare il silenzio.
I due Malfoy entrarono, scortati dagli Auror.
Dietro di loro, Narcissa fu fatta accomodare su una sedia isolata, pallida e tremante.
Draco si voltò a lanciare un’occhiata alla madre, poi i suoi occhi incrociarono quelli di Harry e il giovane Malfoy si affrettò ad abbassare i suoi.
Harry distolse lo sguardo quando Shacklebolt fece udire di nuovo la sua voce:
«Il Wizengamot chiama a testimoniare Lucius Malfoy»
Lucius avanzò a testa bassa fino alla sedia degli imputati; lo scherno di cui aveva fatto mostra in ascensore contro Harry svaniva man mano che i fischi e le urla dei Maghi si facevano più violenti e cattivi.
Quando le catene magiche lo imprigionarono, Lucius sembrò accartocciarsi su se stesso, miseramente.
La sua testimonianza fu quasi nulla.
Shacklebolt e altri membri del Wizengamot gli rivolsero domande precise, sulle sue attività di Mangiamorte e sui suoi complici, ma lui rispose frammentariamente solo ad alcune.
La folla era impazzita e mantenere l’ordine stava diventando un problema.
Shacklebolt fece un gesto di impazienza e, afferrata la bacchetta, mormorò:
«Sonorus!»
Magicamente amplificata, la sua voce rimbombò nella segreta:
«Silenzio!» ruggì «Signor Malfoy, è consapevole che tacendo non aiuta se stesso?»
A quelle parole Lucius alzò il capo.
«Aiutare me stesso?» fece, con un’eco della passata superbia nella voce «Chi può aiutarmi, ormai?»
Lo sguardo del Ministro si fece ancor più severo.
«Lei è qui per le conseguenze delle sue scelte e delle sue azioni. La sua condotta può comunque aiutare sua moglie e suo figlio»
Malfoy rise, una risata priva di gioia.
«Nessuno può aiutare me!» ripeté «Nessuno!»
 
Seduto al suo posto, Ron fece una smorfia e bisbigliò agli amici:
«Alla fine è uscito di testa, eh?»
Nessuno rispose.
Hermione stava guardando Narcissa, che sembrava disperata, e Harry e Ron avevano gli occhi fissi su Draco, che sembrava sul punto di vomitare.
Ma non ci fu nulla da fare: Lucius Malfoy non volle collaborare.
Sicuro di non poter evitare una condanna, si chiuse a riccio e non parlò più.
Ascoltò con un ghigno di disprezzo i numerosi testimoni che furono chiamati a raccontare episodi tremendi che lo vedevano protagonista e, alla fine, si vide condannare alla distruzione della bacchetta.
Questo provvedimento destò parecchio scalpore nell’aula e ci volle un po’ per ripristinare il silenzio.
Dopo Lucius, fu chiamato a testimoniare Draco.
Narcissa osservò il figlio sedere sulla sedia degli imputati e gemette disperata.
Le catene avvolsero Draco.
Lui deglutì, spaventato, ma a differenza del padre fu collaborativo.
Parlò del Marchio Nero e ammise che era stato lui a chiedere al Signor Oscuro di ammetterlo tra le sue schiere.
Però poi narrò delle minacce e delle torture che aveva subito, sempre con la paura che i suoi familiari venissero uccisi a causa dei suoi errori, ma non negò le sue azioni né cercò attenuanti.
Quando finì di rilasciare la sua testimonianza, restò in silenzio, con gli occhi bassi.
Narcissa piangeva nel suo angolo.
 
Il primo teste che fu chiamato a deporre fu Hermione.
Lei si alzò composta e si avvicinò alla Corte, prestò giuramento e attese le domande.
«Hermione Jane Granger» Shacklebolt le rivolse un caldo sorriso, a dispetto del suo tono formale «La Corte le chiede una testimonianza sulla sua prigionia a Villa Malfoy. Lì, fu torturata da Bellatrix Lestrange. È esatto?»
Nell’aula si diffuse un mormorio strozzato.
In pochissimi erano a conoscenza dei dettagli della missione di Harry.
Hermione annuì, semplicemente, e descrisse in tono piano la cattura a opera dei Ghermidori e le torture subite da Bellatrix.
«Lucius e Draco Malfoy erano presenti, mentre questo avveniva?»
«Sì» assentì lei.
«E nessuno dei due la aiutò?» chiese Kingsley in tono grave.
Sapeva già la risposta e gli spiaceva immensamente costringere Hermione a rivivere quella tortura, pubblicamente.
Sapeva Morgana se quei ragazzi meritavano un po’ di pace!
Ma la giovane strega mantenne un’aria composta, mentre Maghi e Streghe commentavano l’accaduto, sconvolti.
Hermione era un’eroina per il mondo magico e l’idea che fosse stata torturata dalla Lestrange faceva rabbrividire tutti.
«No. Ma…» Hermione esitò, poi disse «Vogliate scusarmi se riferisco qualcosa che è in parte una mia supposizione. Ma quando Bellatrix Lestrange chiese a Draco di riconoscermi, lui non le confermò la mia identità»
Draco alzò gli occhi, stupito.
«Voglio dire» fece lei «Non mi sento di assimilare il comportamento di Draco a quello di suo padre e degli altri Mangiamorte»
«Non vedo questa grande differenza» fece Amos Diggory, nuovo membro del Wizengamot e vecchia conoscenza di Harry.
«Non sono d’accordo» dissentì lei, pacata «Dubito fosse facile opporsi a Voldemort o a Bellatrix Lestrange. Sappiamo tutti che non lo è stato per maghi molto più esperti di Draco. Non mi ha condannata. Non arrivo a dire che mi abbia protetta, ma non mi ha condannata quando poteva benissimo farlo per avere un merito. E non oso immaginare cosa lui abbia dovuto fare – o vedere – in quei mesi. Non mi sembra di esagerare se dico che Draco Malfoy era prigioniero in casa sua»
Diggory le rivolse un’occhiata scettica, ma in molto borbottarono, confusi da quelle parole.
Shacklebolt annuì e congedò Hermione.
Al suo posto fu chiamato Ron.
A lui il Wizengamot chiese della lotta nella Stanza delle Necessità con Malfoy, Tiger e Goyle.
«Draco non era più il loro capo, come è sempre stato a scuola» raccontò Ron «Non se ne era reso conto, però. Quando Tiger evocò l’Ardemonio scoppiò il caos. Il fuoco divorò tutto… Noi ci salvammo volando su delle vecchie scope. E mentre volavamo verso la porta, abbiamo visto Malfoy e Goyle che stavano per essere divorati dalle fiamme, per cui li abbiamo caricati sulle nostre scope»
Un mormorio ammirato percorse la segreta e Ron mosse il capo per scostare il ciuffo dalla fronte, cercando di non sembrare troppo compiaciuto.
Suo padre alzò gli occhi al cielo.
«Quindi, Malfoy ha cercato di uccidervi» chiarì Diggory.
Questa volta, Ron esitò.
«Non credo l’avrebbe fatto davvero. Ma non posso dire lo stesso di Tiger… Vi faccio però presente che Draco avrebbe salvato Tiger se fosse stato possibile»
Dopo Ron, fu il turno di Harry e la segreta esplose di gioia.
Per ripristinare il silenzio ci vollero lunghi minuti.
Alla fine, Shacklebolt chiese a Harry di raccontare della notte in cui morì Silente.
Mentre Harry parlava, un silenzio innaturale – così in contrasto con il clamore di pochi minuti prima – gravava sulla segreta.
Harry parlava con voce tranquilla, fissando Shacklebolt e pensando a quanto per lui dovesse essere difficile fingere calma e impassibilità: al tempo, era un membro dell’Ordine della Fenice e, assieme a tutti loro, aveva combattuto, riso e pianto. Era stato vicino a Silente.
Eppure, il Ministro conservò un volto impassibile.
Fu uno dei pochi: in moltissimi piangevano, invocavano il nome di Silente, imprecavano contro i Mangiamorte.
Ma la persona che ascoltava con più trepidazione il racconto di Harry era Draco.
Ron diede di gomito a Hermione, indicandole il giovane Malfoy, che sedeva proteso – per quanto le catene gli permettevano – e stringeva i pugni.
Sembrava febbricitante.
E, con suo sommo stupore, sentì Harry difenderlo.
La testimonianza fu categorica:
«Draco abbassò la bacchetta. Non colpì Silente. Non voleva ucciderlo» disse Harry, in tono fermo.
«Mi sembra quantomeno strano…» iniziò Diggory, ma Harry lo interruppe.
«Senta, siamo rimasti soli a lungo. Non ci vuole così tanto tempo a uccidere qualcuno. Lo disse anche Silente, invitandolo a colpire. Ma Draco abbassò la bacchetta»
«Comunque, il signor Malfoy ha permesso ai Magiamorte di introdursi a scuola e…»
«Mi scusi, signor Diggory, ma non siamo qui a discutere se Draco Malfoy sia un Mangiamorte oppure no. Lui era un Mangiamorte. Ma, tra tutti loro, è un Mangiamorte che non ha compiuto gesti così estremi. E noi, se mi è permesso dirlo, dovremmo dimostrare umanità e intelligenza, come Voldemort non sapeva fare!»
Un boato accolse quelle parole.
Gli stessi Maghi che prima maledicevano i Malfoy applaudirono alle parole di Harry e Ron, con una smorfia, bisbigliò alla sorella:
«Vorrei che Harry chiedesse dei soldi. Sono pronto a scommettere che, se li chiedesse lui, ci darebbero qualsiasi somma!»
Ginny ridacchiò e gli diede una gomitata scherzosa.
Quando fu ripristinato l’ordine, Shacklebolt riassunse la deposizione di Harry, quindi chiese alla Corte di votare.
«Chi si pronuncia a favore dell’innocenza di Draco Malfoy?»
Quasi nessuno alzò la mano, ma molti sembravano dubbiosi.
Un paio di membri del Wizengamot guardarono Harry con aria di scuse.
Con grande sorpresa di molti, Shaklebolt chiese una nuova votazione:
«Chi ritiene che, sebbene non completamente innocente, Draco Malfoy debba ricevere una punizione minore rispetto a quella di altri Mangiamorte?»
Draco sussultò: le mani alzate erano moltissime.
«Chi ritiene che possa frequentare l’ultimo anno di scuola?»
Stavolta, il consesso era chiaramente in difficoltà e il Minestro precisò la sua richiesta:
«L’educazione, a mio giudizio, è una tappa fondamentale nel percorso di una persona, soprattutto se così giovane. Se riteniamo che Draco Malfoy possa essere reinserito nella società dopo un’adeguata punizione, allora sarebbe giusto offrirgli la possibilità di completare i suoi studi, perché possa poi trovare un lavoro che gli consenta di ricoprire una posizione onesta nella nostra società»
Calcò la voce sulla parola “onesta” e Narcissa Malfoy sembrò sul punto di correre ad abbracciarlo.
Anche Draco lo fissava con occhi sbarrati.
Lo sguardo dei due eterni rivali, Harry e Draco, si incrociò brevemente.
Dopo un secondo, Harry gli rivolse un segno di incoraggiamento.
Tieni duro, sembrava voler dire.
Alcune mani del Wizengamot si alzarono con più convinzione.
Erano tante… più della metà.
Schaklebolt annuì, soddisfatto.
«Ecco quanto il Wizengamot ratifica oggi. Le proprietà dei Malfoy sono confiscate, esclusa una rendita da fissare per garantire alla signora Narcissa Malfoy di vivere decorosamente. Al signor Draco Malfoy sarà garantita la possibilità di completare gli studi, nel rispetto delle misure di sicurezza che sono state decise per gli altri figli di Mangiamorte. Il signor Lucius Malfoy è allontanato per sempre dalla vita politica e non potrà più esercitare i suoi affari nel mercato nazionale. La villa che è stata covo dei Mangiamorte è requisita e sarà distrutta. In caso di violazione delle restrizioni qui imposte, sarà applicato il massimo della pena prevista per legge. La seduta è sciolta»
Di nuovo, scoppiò il caos mentre Maghi e Streghe commentavano l’accaduto, si sbracciavano verso i loro idoli, irridevano Lucius Malfoy.
Liberato dalle catene della sedia degli imputati, Draco si alzò a fatica e sua madre corse ad abbracciarlo, singhiozzando.
Quando si separarono, Draco incrociò di nuovo lo sguardo di Harry.
«Grazie» bisbigliò.
Lui rispose con un cenno, quindi sorrise brevemente a Narcissa e uscì dall’aula con gli amici.
 
*
 
«Sei stato fantastico!» gioì Ginny, stampando sulla guancia di un imbarazzatissimo Harry un sonoro bacio.
 
Lui arrossì e, intercettati gli sguardi di Bill e Ron, desiderò sprofondare.
Per darsi un tono, ingoiò una fetta di torta al rabarbaro di mamma Weasley in un colpo solo e quasi rischiò di soffocare.
Stavano festeggiando la fine dei processi, almeno per quel momento.
L’indomani sarebbero ripartiti per Hogwarts.
A Harry non sembrava vero.
«Sì, meno male che Ginny è così contenta» fece Ron «Perché è l’unica. Dopo la guerra, i processi! E dire che io speravo di godermi le vacanze!»
Sbuffò, ma Charlie gli diede di gomito.
«Su, su, vedrai che ti godrai la fama di salvatore, a scuola… Ho sentito dire che aumenta il fascino agli occhi delle donne!»
«Lui non ne ha bisogno» scherzò Percy «Se, a quanto ne so io, è vero che una certa Lavanda Brown beve ogni sua parola come se fosse idromele…»
Charlie ridacchiò, assieme a Bill e Percy, e circondò le spalle di George con un braccio.
Il fratello non era più molto in vena di scherzare, ma Charlie e gli altri non smettevano di spronarlo.
«Ehi, George!» fece infatti Percy «Secondo me dovresti tornare e prendere il M.A.G.O., così potrai farci la radiocronaca in diretta delle conquiste di Ron nel suo ultimo anno!»
Il più piccolo dei Weasley sbuffò, ma Geroge sorrise.
Bevve un sorso di vino, quindi posò il bicchiere e annunciò:
«In realtà, direi che quanto a istruzione ormai ho dato. E poi il negozio ha bisogno di me. Gli affari non si fermano!»
Attorno al tavolo scese il silenzio.
«George» fece suo padre, a disagio «Ma quindi vuoi… continuare?»
Suo figlio lo guardò come se fosse impazzito.
«Ma certo che sì, papà! Fred non me lo perdonerebbe mai, se chiudessi il negozio!»
Ad Arthur si inumidirono gli occhi, ma annuì.
«Ne sono contento» bisbigliò.
Bill diede una pacca sulla spalla di George e Fleur sorrise, emozionata.
Ora che era incinta, le veniva da piangere per un nonnulla.
«È una bellissima notizia, vraiment!» fece, con voce rotta.
Gli altri annuirono.
George guardò la madre.
«Mamma, mi ritrasferirò nell’appartamento sopra il negozio ma temo che verrò a casa molto più spesso… Sai, non è che il mio amore per il bucato sia aumentato!»
Lei annuì.
Quella sera era taciturna, ma più vigile del solito.
Quanto a George, comunicata quella decisione alla famiglia si sentiva più determinato e leggero.
Sollevò il bicchiere e brindò:
«A coloro che non se ne andranno mai. Ciao, Fred!»
Tutti risposero al brindisi, Fleur e la signora Weasley si misero a piangere.
 
Eppure, la scelta di George aveva generato anche speranza.
La vita andava avanti.
Bill accarezzò dolcemente la pancia di sua moglie.
«Bene, George. Non vorrai lasciare tuo nipote senza scherzi… avrebbe un’infanzia incompleta!»
«E triste» sorrise Ginny «Comunque sono sicura che sia una femmina. Che ne pensi, mamma?»
La signora Weasley stava guardando Hermione, ma alle parole della figlia si riscosse e disse:
«Oh, io… Non saprei…»
«Oh, su, io sono sicura che lei lo sa, maman» fece timidamente Fleur.
Molly batté le palpebre e si guardò attorno: i suoi figli le sorridevano speranzosi, suo marito era prostrato quanto lei ma si sforzava di darsi un tono per non crollare.
E Harry e Hermione, che lei amava come se fossero stati figli suoi, erano lì, con loro.
Molly pensò a Fred, a cosa avrebbe detto se l’avesse vista sciatta, trascurata e demotivata.
Oh, dai, mamma! Questa non sembri tu!
Ingoiò le lacrime, quelle lacrime che sembravano non finire mai, e bisbigliò:
«Una bambina. Secondo me è una bambina»
Suo marito si protese per stringerle la mano, sorridendo.
Bill e Fleur erano raggianti.
Un nipotino.
Sì, la vita andava avanti.
«Se fosse femmina, la chiameremo Victoire» fece Fleur, decisa «In onore a tutti noi, che abbiamo vinto!»
 
*
 
Quella sera, mentre sistemavano la cucina, Ginny insistette più volte che Fleur si riposasse e non sollevasse pesi.
La cognata si schermiva:
«Ginnì, avrò tompo per stare seduta quando sarò grossa come un armadio!»
La signora Weasley finì di lavare un grosso tegame unto e scosse il capo, decisa:
«Fleur, Ginny ha ragione!» disse, con piglio autoritario «Vai a sederti, per favore, e se proprio vuoi aiutare asciuga questi piatti!»
Fleur sospirò, ma acconsentì.
«E lo stesso vale per te, Hermione!» disse subito dopo Molly.
Seguì un istante di silenzio sbigottito, quindi Hermione si sollevò dal pavimento, dove stava pulendo una macchia di olio.
«Io…cosa?» rispose debolmente.
Molly e Fleur sorrisero, mentre Ginny le fissava perplessa.
«Non preoccuparti cara» disse affettuosamente la signora Weasley «Vieni, mettiti seduta»
La prese dolcemente per mano e la accompagnò a sedere accanto a Fleur.
«Io… io…» balbettava Hermione intanto.
Fleur la abbracciò.
«Anche io per i primi tre mesi non sopportavo l’odore delle aringhe, sai? E ho visto che a tavola le hai evitate…»
Hermione sbirciò confusa la signora Weasley, che sorrise teneramente.
«Oh, certe cose si vedono subito, sai, cara… È una cosa bellissima!»
A Hermione si riempirono gli occhi di lacrime.
Ginny strillò:
«Ma, per Merlino, di che cavolo state parlando?»
Sua madre si mise a ridere e Ginny la guardò esterrefatta: erano settimane che Molly non faceva una cosa del genere.
Fleur abbracciò di nuovo Hermione e poi disse alla cognata, strizzandole l’occhio:
«Suscede che avrai due nipotini, Ginnì»
 
Il piatto che Ginny teneva tra le mani cadde a terra e si ruppe in mille pezzi mentre lei fissava a bocca aperta la sua amica Hermione.
 


***
Buongiorno e buon lunedì, cari lettori!
Per il momento, la scena si concentra sugli hogwartiani... Ci vorrà un po' di pazienza per scoprire cosa succede a Narnia!
Per tutti gli aggiornamenti sapete dove trovarmi: 
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Buona lettura!

Joy


Ps: lo so che ormai lo sapete, ma ancora grazie a Susan per questo bellissimo banner!!

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Capitolo 12
*** Ritorno a Hogwarts ***


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La mattina dopo si ripropose il consueto trambusto di ogni 1 settembre.

 
Era triste sapere che l’Espresso di Hogwarts li aspettava per l’ultima volta.
Quest’anno, inoltre, le cose sarebbero state ben diverse.
Non c’era più Fred, con i suoi scherzi, a rendere più caotica ed esilarante la partenza.
La signora Weasley, pur essendosi ripromessa di andare avanti, doveva ancora concentrarsi molto per inalberare un sorriso convincente, quindi nascose la testa nel forno e si diede alla preparazione del pranzo per i viaggiatori con più impegno del solito.
Il signor Weasley fece una riunione con l’ufficio tramite la Metropolvere, mentre mangiava due toast e si versava mezza teiera sulla giacca pulita.
Ginny quasi si ruppe una gamba cercando di trasportare il suo baule assieme a quello di Hermione; la salvò Harry con un Incantesimo Scudo, prima di far lievitare i loro bauli nei bagagliai delle auto gentilmente concesse dal Ministero della Magia al signor Weasley (e, naturalmente, in onore del Prescelto).
Ron imprecava contro chiunque gli capitasse a tiro perché aveva perso il mantello nuovo e Hermione si presentò all’ultimo, saltando la colazione, pallida e sudaticcia.
Evitò lo sguardo di Ginny, salutò Bill, Fleur, Charlie e Percy e, in ultimo, abbracciò la signora Weasley.
Quest’ultima le accarezzò i capelli e le mormorò raccomandazioni dell’ultimo minuto in tono accorato:
«Ricordati di non mangiare affettati. Ricordati che la verdura non lavata bene è pericolosa…. Forse dovrei chiamare Minerva McGranitt e avvisarla che badi a quello che mangi e…»
Hermione rise.
«Signora Weasley, va tutto bene, non si preoccupi. So a cosa devo stare attenta. E non voglio dirlo ancora a nessuno. È presto e…»
Non terminò la frase, forse perché non sapeva come dare voce ai sentimenti che provava in quel momento.
Il rimpianto. La paura. L’ansia per il futuro.
Ma, insieme… la consapevolezza che una parte di Caspian era con lei.
Hermione sospirò e abbracciò un’ultima volta la signora Weasley.
«Abbia cura di lei. Grazie di tutto»
Molly la strinse, consapevole che, di nuovo, qualcosa nelle loro vite era cambiato per sempre.
E, per quanto Harry e Ron potessero crescere velocemente, non sarebbe mai stato come il cambiamento che affrontava ora Hermione.
Non era pronta a lasciar andare quella ragazza pallida e slanciata che, da adolescente sapientina si era trasformata in una splendida donna.
Eppure, la ragazza che si staccò da lei e uscì nel sole della mattina usciva per l’ultima volta dalla Tana, dopo le vacanze trascorse con gli amici.
La prossima estate, al suo posto, ci sarebbe stata una madre.
 
*
 
Il viaggio verso Hogwarts fu spensierato.
 
La carrozza in cui sedevano gli amici fu presa d’assalto, come la meta di un pellegrinaggio.
Era ormai sera quando uno sfinito Harry chiuse la porta dello scompartimento seccamente, abbassò le tende e si lasciò cadere sul sedile accanto a Ginny.
«Non penseranno di fare così per tutto l’anno, vero?» chiese, terrorizzato.
Ginny rincarò la dose:
«La prossima volta che vedo una di quelle galline ronzarti attorno sfodero la bacchetta!»
«Ma sì, ma sì» fece Ron, che sfogliava pigramente una copia del Cavillo «Io me la godrei, amico, se fossi in te»
Harry gemette, facendo ridere Neville.
«Ron, sei tu quello che se la gode!» disse, divertito.
«Invece tu sei pensierosa, Hermione» intervenne Luna, emergendo dallo studio del soffitto mediante occhiali psichedelici, alla ricerca dei Gorgosprizzi Volanti.
Come era sua consuetudine, la giovane Corvonero passò dalla sua caratteristica aria sognante a un atteggiamento composto, accompagnato da uno sguardo particolarmente perspicace.
Tutti si voltarono verso Hermione, la quale arrossì e negò.
«Sono solo stanca…»
«Ma se hai passato l’estate in panciolle!» obiettò Ron.
L’amica gli lanciò una Cioccorana, il che fece ridere Neville e Luna, che poi si misero a leggere un trattato di Erbologia, con le teste vicine.
Ron iniziò a fare manutenzione alla sua Tornado e Harry si sdraiò sul sedile, posando la testa in grembo a Ginny.
Lei gli accarezzò i capelli e scambiò con Hermione una rapida occhiata di sollievo.
 
Tutto bene.
 
*
 
Hogwarts accolse i suoi figli splendidamente.
La scuola era di nuovo splendida e accogliente come era sempre stata e il corpo docenti, guidato dalla nuova Preside, era tirato a lucido.
Eppure, gli stendardi neri che addobbavano la sala Grande raccontavano un’altra storia: una storia di lutti, di dolore, di perdite.
Ma l’ingresso di Harry e dei suoi amici fu salutato da grida festose, che inneggiavano al futuro e alla speranza.
Harry arrossì, salutò timidamente in giro e in cuor suo sperò che i suoi compagni se la smettessero alla svelta.
Mentre avanzavano verso la Sala Grande, in tanti accorrevano ad abbracciarli, si protendevano a toccarli e strattonarli e Hermione non poté fare a meno di pensare ai pellegrini che toccano oggetti di culto, sperando in una benedizione.
 
Sospirò, stanca.
Il viaggio era stato pesante e lei era digiuna dalla mattina, a parte una Cioccorana che aveva mangiucchiato svogliatamente sul treno.
Non voleva rischiare di avere nausee in pubblico e non aveva particolarmente fame.
Tra l’altro, aveva i crampi alla pancia.
Si impose di non strofinarci sopra una mano – non aveva ancora mai osato farlo – e strinse i denti.
Ron le si fece vicino, intuendo il suo disagio ma attribuendolo erroneamente alle manifestazioni di affetto di cui erano oggetto.
«Eddai, Hermione» sorrise «Non fare il muso come Harry!»
Lei cercò di sorridere.
«Ron, sei un vanesio incredibile! Insomma, datti una regolata!»
«Non sono un vanesio!» si offese lui «Dico solo che in fondo un po’ hanno ragione! Ce lo meritiamo!»
Lei ridacchiò e, finalmente, entrarono in Sala Grande.
La Sala riluceva della luce di mille candele e la volta era trapuntata di stelle.
Hermione sentì il suo cuore allargarsi impercettibilmente.
Anche lei era a casa, ora.
Se la sua casa non poteva essere Narnia e se a Londra i suoi genitori non c’erano… Allora cosa le restava?
Qualche volta, quell’estate, aveva riflettuto sull’opportunità di chiedere alla Professoressa McGranitt il permesso di restare a Hogwarts, dopo il M.A.G.O..
I voti non sarebbero stati un problema e, quanto al resto, lei non desiderava vedere il mondo o fare altre esperienze: voleva solo rinchiudersi in un luogo sicuro e concentrarsi su qualcosa che lenisse il suo dolore.
E, mentre guardava i suoi amici guardare avanti e fare progetti per il futuro, lei si sentiva sempre più isolata da loro, sempre più diversa.
Trovare Narnia aveva segnato la sua vita ed Hermione sapeva che non sarebbe più potuta tornare indietro.
E, a dirla tutta, malgrado il dolore e il tremendo senso di vuoto, neppure lo avrebbe voluto.
 
Ma, adesso, le cose erano diverse.
Il bambino cambiava tutto.
 
Il bambino.
 
Il figlio suo e di Caspian.
Hermione si concesse il lusso di ricordare il re di quel mondo lontano e il suo cuore sanguinò per il desiderio e la nostalgia.
Caspian avrebbe amato smisuratamente il loro bambino.
Sarebbe stato così felice di sapere che lei era incinta…
Batté le palpebre per cacciare via le lacrime e, quasi inconsciamente, posò delicatamente una mano sul ventre.
Il suo bambino.
Vide Ron fissarla con un’occhiata strana, per cui sobbalzò, ma per sua fortuna il suo stomaco brontolò affamato e l’amico rise mentre lei arrossiva.
Vide Ginny fissarla preoccupata e fece un sorriso stentato per rassicurare l’amica, mentre dal tavolo degli insegnanti la Preside si alzava per salutare gli studenti e inaugurare l’anno scolastico.
Hermione sperò che si sbrigasse: all’improvviso, moriva di fame.
Il suo corpo stava impazzendo.
 
«Benvenuti ai nostri nuovi studenti e bentornati a coloro che vedo seduti davanti a me» esordì frattanto Minerva McGranitt «L’inizio di questo nuovo anno significa tanto per noi: è la rinascita della pace, della speranza, dell’istruzione. È il rialzarsi dopo l’abbruttimento della tirannia di cui tutti siamo stati vittime. Eppure…»
La sua voce si affievolì, mentre lo sguardo percorreva la sala.
«Eppure in tanti non sono qui a gioirne con noi. Ed è a loro che stasera va il mio pensiero. A coloro che hanno combattuto il male con coraggio ed onestà, in qualsiasi modo. Hogwarts vi rende onore. E, a tutti noi, mancherete per sempre»
Minerva McGranitt alzò il calice e fu subito imitata da tutti, in Sala.
Hermione represse un sospiro e si alzò, sentendosi debole.
Forza, forza – pensò – Io muoio di fame!
 
In molti intanto guardavano con occhi ostili il tavolo di Serpeverde, che quella sera era il più sottotono.
Sulle panche sedevano i figli dei Mangiamorte, vicino a quelli che, sebbene non si fossero macchiati delle stesse colpe, erano malvisti per la Casa cui appartenevano.
La McGranitt sembrò intuirlo, perché continuò dicendo:
«Tutti noi, oggi, torniamo a casa. Hogwarts sarà sempre, per ciascuno di voi, una casa e stasera vi dà il bentornato. Perché tutti noi che siamo qui condividiamo un dono smisurato, che è quello della magia. La magia ci unisce, non ci divide. Tra di noi non deve esserci odio, o sospetto. So che i recenti avvenimenti lo rendono difficile, ma pensate cosa ci ha insegnato Silente: non importa come nasciamo, ma chi scegliamo di diventare»
La Professoressa Sprite si soffiò rumorosamente il naso.
Hermione sentì il suo stomaco brontolare di nuovo e vide Ginny sbirciarla preoccupata.
«Inoltre» proseguì Minerva «Per ricordarvi che ciascuno di noi è artefice del proprio destino, voglio invitarvi a brindare al nostro ex Preside»
Qualcuno si scambiò sguardi costernati, ma lei insistette, ferma:
«Rendo onore al coraggio e al valore di Severus Piton»
Harry, Ron, Ginny e molti dei Grifondoro furono i primi ad alzarsi in piedi.
Hermione ci mise un attimo e Ginny scavalcò di prepotenza il fratello per prenderla per un braccio.
Harry si sporse a guardarle, perplesso.
«Tutto bene?» mormorò Ginny, sorreggendola.
Hermione annuì, sentendosi spossata.
«Ho fame»
 
Intanto, i Grifondoro erano tutti in piedi ed erano stati imitati dalle Case di Corvonero e Tassorosso.
Al tavolo dei Serpeverde, a parte l’eccezione di Draco Malfoy, la reazione fu più lenta, ma tutti alla fine brindarono all’uomo controverso che lo scorso anno aveva guidato Hogwarts.
«Che gli esempi di Albus Silente e Severus Piton ci ricordino che è sbagliato giudicare, che è sbagliato non combattere il male e che è sbagliato voltarsi dall’altra parte. E che questo anno sia per tutti noi una rinascita!»
Un applauso fragoroso accolse la fine del discorso della Preside.
Ma Hermione non si unì al giubilo della Sala: sentendosi sempre più debole batté le palpebre e strinse il braccio di Ginny, che le stava dicendo qualcosa con tono sempre più urgente.
Ma lei non la sentì e, anzi, sprofondò nel buio.
 
*
 
 
Quando aprì gli occhi, si trovò a fissare una luce ovattata.
 
Era distesa in un letto e, girando il capo, vide Ginny accanto a lei, che la fissava ansiosamente.
«Hermione!» sospirò, sollevata «Finalmente sei sveglia!»
L’altra fece per sedersi e scoprì che era ancora parecchio debole.
Ginny si precipitò ad aiutarla.
«Ferma, ferma! Forse è meglio se resti distesa!»
Hermione si guardò intorno e constatò che si trovava nell’infermeria del castello.
«Oh, no!» gemette «Sono svenuta!»
«Sì» fece Ginny, severa «Perché non mi hai detto che stavi male?»
«Non stavo male! Avevo solo fame…»
 
Le chiacchiere richiamarono Madama Chip dal suo ufficio.
«Ben svegliata, Hermione!» sorrise l’infermiera «Ci hai fatti spaventare!»
Hermione entrò subito in panico.
«Mi scusi, non volevo! È stata una sciocchezza!»
«Bè, mia cara, non direi che…»
«Invece sì» la interruppe precipitosamente «Non avevo mangiato e allora…»
Madama Chips la guardò, severa.
«Hermione! Ma non è da te fare sciocchezze del genere!»
«Lo so, è che mi sono messa a dieta e…»
«A dieta?» la Chips era sconvolta e, con grande sollievo di Hermione, sembrava assolutamente convinta «Ma se sei pelle e ossa! Insomma, voi ragazze a volte siete davvero ridicole, ma da te mi aspettavo più intelligenza, Hermione!»
«Scusi» borbottò lei.
Ginny la guardava con aria di grande disapprovazione e Hermione rispose con un’occhiataccia, mentre l’infermiera si lanciava in un articolato monologo sull’importanza di un’alimentazione regolare.
«Sì, grazie» si intromise Hermione, sfruttando un momento in cui la Chips riprendeva fiato «Non è che ora potrei mangiare qualcosa?»
L’infermiera la guardò scocciata, ma poi andò a prenderle un vassoio.
Hermione si avventò sul cibo, lasciandola di stucco.
«Ma, Hermione!» fece, scandalizzata «Non puoi non mangiare e poi abbuffarti così! Starai male!»
«’Cusi» le rispose, con la bocca piena.
La Chips se ne andò mormorando tra sé qualcosa sull’avventatezza dei giovani.
Ginny incrociò le braccia sul petto e fissò severamente Hermione, la quale ingoiò un boccone enorme e poi disse:
«Non fare quella faccia, Ginny! Sembri una Manticora!»
L’amica sbuffò.
«Perché non glielo hai detto?»
 
L’occhiata di fuoco che Hermione le rivolse la fece indietreggiare di un passo, sorpresa.
«Ginny» scandì Hermione in un tono che non ammetteva repliche «Guai a te se ti lascia scappare anche solo mezza parola, sono stata chiara?»
«Ma tu sei…»
«Ssssst!»
«Ok, ok» bisbigliò Ginny, agitata «Però cavolo! Sei stata male e sei pure…»
Non finì la frase e Hermione finì di masticare un morso di toast e poi fece un mezzo sorriso:
«Sono pure… incinta? Sì, puoi dirlo»
Ginny incrociò le braccia sul petto.
«Perché non me lo hai detto?» chiese di punto in bianco.
«Oh, Ginny» sospirò Hermione, stupita «È tutto così…»
Allargò le braccia in un gesto di sconforto.
«È tutto così nuovo. Intenso. Spaventoso. Sognavo di avere dei figli da Caspian ma non avrei mai pensato che…»
Si interruppe e Ginny abbandonò l’atteggiamento ostile, avvicinandosi per prenderle la mano.
«Quindi è di Caspian?» chiese.
Hermione la guardò come se fosse impazzita.
«Certo che è di Caspian! Cosa cavolo vai a pensare, per le mutande di Merlino?»
«Ssssst!» stavolta fu Ginny a guardare preoccupata verso l’ufficio di Madama Chips «Che ne sapevo? Insomma, lo so di Caspian ma… Sai, a volte mi fa ancora strano l’idea che tu sia finita in un altro mondo!»
«Dillo a me!»
«E poi… Voi avevate già…»
Hermione annuì.
«E invece stavolta vi siete rivisti così brevemente…. E con una volta sola…»
All’improvviso, Hermione fece un sorriso birichino.
Il primo che sfoggiava da mesi.
«Una volta sola? Di sicuro non l’ho detto io!»
«Hermione!» fece Ginny, scandalizzata, e l’altra rise.
«Ok, scusa. Comunque…. Non una volta sola, ecco. Ma tant’è. Ne basta una»
«Hai paura?» bisbigliò Ginny.
Hermione annuì e l’amica l’abbracciò forte.
«Non devi» bisbigliò «Anche se so che vorresti solo lui, noi ci siamo. Siamo qui per te e non ti lasceremo mai»
Hermione si aggrappò all’amica e chiuse gli occhi.
«Che farò, Ginny?»
«Quello che vuoi» rispose l’altra, determinata «Tu sei Hermione Granger! Sei un’eroina del mondo magico e sei una studentessa eccezionale! Potrai fare tutto quello che vuoi!»
Dopo un attimo, Ginny chiese:
«Hermione… Tu lo vuoi, questo bambino?»
La risposta arrivò senza un attimo di esitazione:
«Certo che lo voglio!»
«Allora devi stare attenta e riguardarti! Non farmi più spaventare così, hai capito?»
Hermione annuì e quando si allontanò da Ginny sorrise.
«Grazie»
«Resto sempre dell’idea che dovresti dirlo, però, e…»
«No» rispose Hermione, categorica «Non voglio diventare il pettegolezzo della scuola e non voglio che tutti passino il tempo a scommettere su chi è il padre di mio figlio!»
Ginny sorrise.
«Tanto non indovinerebbero mai…. Ehi! Potrei aprire un giro di scommesse! Faremmo un sacco di soldi e potresti iniziare a risparmiare per mandarlo al college!»
Risero entrambe, poi Ginny allungò una mano, esitante.
«Posso?» chiese.
Hermione annuì e l’amica le accarezzò lievemente la pancia, piattissima.
«Hermione… Anche se non lo dici ora, presto diventerà evidente»
Lei scrollò il capo.
«Lo so. Ci penserò presto. Al momento, devo ancora razionalizzare la cosa»
«Cosa dirai?»
«Non devo spiegazioni a nessuno»
«E Harry e Ron?»
«Harry e Ron sanno di Caspian»
«Sì, ma… Scommetto che quel troll di mio fratello non la prenderà bene!»
«Oh, Ginny! Sarà meglio che gli consigli di rimettersi con Lavanda»
Ginny fece una faccia schifata.
«Non la voglio come cognata! Preferivo te!»
Hermione le sorrise dolcemente.
«Non potrà mai succedere, Ginny. Non voglio nessuno che non sia Caspian… Ma tu sarai sempre mia sorella!»
Ginny la abbracciò di nuovo, commossa.
 
*
 
Peccato che le cose non sempre vadano come si vorrebbe.
 
Malgrado la determinazione dimostrata da Hermione, infatti, la gravidanza le procurava dei fastidi che riusciva a nascondere con difficoltà.
Lei si sforzò sempre di mangiare, sapendo che le giornate a scuola erano lunghe e intense e aveva bisogno di energie, però spesso di prima mattina aveva la nausea e l’odore di cibi come le aringhe affumicate mettevano a dura prova il suo stomaco.
Ginny cercava di aiutarla, sottraendo cibo dalla tavola e riponendolo in tovaglioli che poi passava di nascosto all’amica.
«Ma dov’è che vai con tutto quel cibo?» le chiese Harry il quarto giorno di scuola, osservandola mentre faceva sparire fette di torta alle mele.
«Eh… è che ho molta fame!» gli schioccò un bacio «Ciao!»
Tornò di corsa alla Torre di Grifondoro e salì nel dormitorio femminile.
Entrò nella stanza dove dormiva Hermione senza bussare, visto che aveva visto le sue compagne a colazione e sapeva di trovarla sola.
L’amica era semisdraiata sul letto.
Quando sentì la porta aprirsi, fece un movimento di scatto per alzarsi e poi si portò le mani alla bocca.
«Merlino!» ansimò.
Quindi si alzò a fatica e corse in bagno.
Ginny sentì i conati dalla porta e storse il naso.
Quando Hermione riapparve, era pallida e sudata.
Si scostò i capelli dalla fronte e gemette.
«Non è un buon momento per dirti che ti ho portato la colazione, vero?» fece Ginny con una smorfia.
Hermione chiuse gli occhi.
«Per carità» borbottò, lasciandosi cadere sul materasso.
«Hermione, sei pallida da far spavento. Resta a letto oggi!»
«No, è impensabile. La scuola è appena iniziata. Se perdo le lezioni ora, come farò più avanti? Devo cercare di stare al passo e mi serve tutto l’aiuto possibile!»
«Va bene, però così esageri. Se ti riposassi un po’…»
«Ginny, è l’anno del M.A.G.O.!»
Somigliava tanto alla vecchia Hermione che a Ginny scappò un sorriso, però poi disse:
«Sì, ed è anche l’anno di tuo figlio»
Hermione non rispose, ma dopo un paio di secondi si tirò in piedi.
Raccolse i capelli in una coda e si passò sul viso un panno umido.
«Ce la faccio» disse, ferma.
 
Ma, un’ora e mezzo dopo, sveniva nel bel mezzo di una lezione di Pozioni.



***
Buon pomeriggio, carissimi lettori!
Questa settimana anticipo sia la pubblicazione delle Cronache che quella di "And the reason is you", perchè questa settimana in ufficio sarà delirante e non vorrei ci fossero ritardi!
Come sapete, per tutte le informazioni e le domande mi trovate qui: https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref_type=bookmark
Grazie alla mia carissima amica Fedra per questo banner bellissimo!!! <3
Buona lettura e buon inizio settimana a tutti voi,
Joy

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Capitolo 13
*** L'impossibile accade ***


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Quando Ginny irruppe in infermeria, non si stupì di trovarvi anche la McGranitt.
 
«Professoressa, davvero!» stava dicendo Hermione «Sto benissimo!»
C’era una gran confusione, pur essendoci solo tre donne nella stanza.
La Preside obiettò che Hermione non aveva affatto l’aria di una che stava bene, mentre Madama Chips proseguiva con quella che sembrava una lunga tirata sui pericoli dell’anoressia.
Ginny si schiarì rumorosamente la voce.
La McGranitt si voltò e disse, severa:
«Cosa fai qui, signorina Potter?»
«È l’ora di pranzo, signora Preside» rispose Ginny, senza esitazione, sporgendosi per guardare Hermione.
L’amica era verdina in faccia, ma le lanciò un’occhiata di ammonimento.
Ginny represse un sospiro, mentre la Preside gemeva.
«Così tardi? Poppy, devo andare! Però voglio assicurarmi che Hermione…»
«Davvero, sto bene!» la interruppe la sua alunna «È stato solo un calo di zuccheri!»
«Sei svenuta anche l’altra sera, Hermione! Madama Chips dice che non mangi abbastanza e in effetti sei pallida e magra! Insomma, da te mi aspetterei un maggiore senso di responsabilità!»
Hermione insistette che stava benissimo e che i due episodi erano solo un caso, portando ad esempio il pranzo abbondante che doveva appena aver consumato, almeno a giudicare dall’enorme vassoio vuoto che era accanto al letto.
«Peggio!» gemette la Chips «Prima non mangi e poi ti abbuffi! E se fossi diventata bulimica?»
La McGranitt assottigliò lo sguardo.
«Hermione, ascolta» disse con voce calma «So che hai passato momenti terribili. Non c’è nulla di male se le cose fossero sfuggite al tuo controllo… Solo che non devi fare tutto da sola»
Ginny si schiarì di nuovo la voce, eloquentemente, e Hermione si sporse per lanciarle un’occhiataccia.
La Preside la intercettò.
«Volevi dire qualcosa, signorina Weasley?»  
«No, non voleva dire nulla» la prevenne Hermione.
«Non essere stupida, Hermione!» fece invece Ginny «Tanto, ora o dopo, cosa cambia?»
Le due amiche si guardarono in cagnesco per un minuto, quindi Hermione sbottò:
«Oh, d’accordo! Hai vinto! E va bene… Se proprio volete saperlo, sono incinta!»
 
Le facce della McGranitt e della Chips in quel momento erano impagabili.
Peccato che né Hermione né Ginny avessero voglia di ridere.
 
*
 
Quella sera, nella Sala comune di Grifondoro, Ginny lasciò Harry impegnato in una partita di scacchi magici con Ron e si avvicinò a Hermione, che studiava Antiche Rune in un angolo, da sola.
L’altra, sentendosi osservata, alzò il capo e vide l’amica fissarla mordendosi un labbro.
Le sorrise.
«Ciao, Ginny»
«Non sei arrabbiata?»
«No. Hai ragione, prima o poi dovrò dirlo comunque. E so che della McGranitt e di Madama Chips posso fidarmi»
«Sì… e poi diciamocelo… Ne valeva la pena solo per vedere le loro facce!»
Le due amiche ridacchiarono al ricordo.
«E quando Madama Chips mi ha chiesto chi era il padre? Credevo che la McGranitt l’avrebbe Schiantata!»
«Secondo me voleva chiedertelo lei, ma è troppo mummia per farlo!»
«Dai non essere cattiva! Non è una mummia!»
«Lo dici solo perché sei la sua cocca!»
Hermione le fece la linguaccia e poi Ginny la convinse a chiudere i libri e ad unirsi agli amici.
Rimasero a guardare Ron che batteva ancora Harry e poi due volte di fila Neville.
Quando gli scacchi furono riposti, Harry chiese a Hermione come si sentiva.
«Benissimo! Smettila di chiedermelo ogni due minuti, Harry!»
«Perché? Cosa succede?» chiese Neville, perplesso.
«Oggi è svenuta durante Pozioni» fece Ron, scuro in volto «Stavo pesando gli ingredienti per un Antidoto quando mi è caduta praticamente nel calderone!»
Neville parve allarmato, ma Hermione liquidò la cosa con un gesto.
«Non è niente. Un calo di zuccheri»
«A me sembri strana, in questo periodo» insisté Ron, ignorando le occhiatacce della sorella «Non vieni mai a fare colazione con noi, sei irritabile e non mangi, poi ti abboffi…»
Ginny gli diede una gomitata e Ron gemette.
Hermione aprì la bocca per negare, poi vide le occhiate sinceramente preoccupate dei suoi amici.
 
Non devi fare tutto da sola.
 
Sospirò e disse:
«Sto benissimo. È solo che sono incinta»
 
*
 
Quando riuscì ad andare a letto si sentiva spossata.
Gli amici erano sotto shock e aveva anche dovuto raccontare a Neville di Narnia.
Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi, mentre ascoltava Calì ronfare beata.
Ron l’aveva presa male… prima era ammutolito, poi aveva imprecato per mezz’ora, infine se ne era andato a letto sbattendo la porta del dormitorio così forte che un ragazzino dei primo anno si era spaventato.
Harry l’aveva lasciato andare, ancora ammutolito.
Chissà se c’erano speranze che Ron si rimettesse con Lavanda.
Sembrava difficile, in quel momento, e lei era dispiaciuta per la compagna di stanza, che chiaramente ci teneva parecchio.
Stava pensando proprio a quello, quando scivolò nel sonno.
Le sembrava di aver dormito solo pochi secondi, quando sentì una mano gentile scuoterla.
Aprì gli occhi a fatica e vide la Preside chinata sul suo letto.
Si sollevò di scatto.
«Professoressa!» ansimò «Che succede?»
Stava male qualcuno?
Cosa poteva essere accaduto?
Non poteva essere successo altro nel Mondo Magico… vero?
 
Anche Calì e Lavanda si erano svegliate e fissavano preoccupate la Professoressa, la quale mostrava un’espressione che Hermione non riuscì a definire.
Stupore? Ansia?
Minerva McGranitt scosse il capo e disse:
«Mi spiace molto avervi svegliate. Signorine, tornate pure a dormire, ho bisogno soltanto di parlare a Hermione»
Era una richiesta quantomeno strana, visto che erano le tre di notte, ma Hermione si alzò in fretta e si avvolse nella vestaglia.
Lasciò il dormitorio in silenzio, seguendo la professoressa, che la condusse per i corridoi bui.
Hermione rimase stupita quando, anziché puntare verso lo Studio della Preside come lei si era aspettata, la McGranitt si diresse verso l’infermeria.
La prima cosa che Hermione fece fu soffocare un borbottio di impazienza.
Non era per lei, vero?
Era incinta, mica invalida!
Certo… a ben pensarci non aveva mai sentito di studentesse incinte a Hogwarts…
Oh, Morgana, che vergogna!
Ma proprio lei doveva essere la prima?!
 
Però poi accantonò quei pensieri come futili e si rimproverò mentalmente: la McGranitt non l’avrebbe buttata giù dal letto in piena notte per parlare di un bambino che Hermione aveva concepito in un altro mondo.
Restava una sola opzione.
«Professoressa…» mormorò «Qualcuno sta male?»
L’altra annuì, bruscamente.
«Chi?»
La McGranitt fece uno strano movimento con il capo e non disse nulla.
«Harry? Ron? Ginny? Neville, o magari Luna?» la incalzò Hermione, preoccupatissima.
«Io…» tergiversò la Preside.
Poi le mise una mano sulla spalla: erano arrivate all’infermeria.
«Ascolta, Hermione. Ricordati che sei in una condizione delicata e io non voglio assolutamente che ti strapazzi o agiti troppo, ok?»
Hermione deglutì a vuoto.
Cosa significava?
Cosa poteva essere accaduto?
La McGranitt aprì la porta e le fece cenno di entrare; lei lo fece con un pizzico di esitazione, preparandosi mentalmente.
 
Ma nulla, nulla al mondo avrebbe potuto prepararla a quello che vide.
 
Hermione si portò le mani alla bocca e cercò di calmare il battito furioso del suo cuore, temendo di svenire di nuovo, per la terza volta in pochi giorni.
Ma questa volta non si trattava della gravidanza.
 
Steso su un letto dell’infermeria, in stato di incoscienza e gravemente ferito, c’era Caspian.
 
*
 
Dopo un attimo, Hermione si riscosse e fece per correre da lui.
 
Le sembrava che le gambe fossero pesanti come piombo.
Mentre avanzava con difficoltà studiò ogni centimetro del corpo del re.
Cos’erano quelle ferite sanguinanti?
E perché era mezzo svestito?
Crollò sul pavimento accanto al letto, con Madama Chips che si affrettò verso di lei temendo che si fosse sentita male.
Ma Hermione stava benissimo.
O meglio: stava male perché capiva che al sovrano era successo qualcosa di grave, ma…
Era lui.
Era lì.
 
Gli occhi le si riempirono di lacrime di sollievo e lei alzò la mano per sfiorarlo.
Era reale.
«Caspian» mormorò, incredula.
 
Era un sogno?
Poteva essere solo un sogno crudele?
Continuò ad accarezzarlo, convincendosi che era reale, era lì con lei, era vivo.
Sentiva il suo respiro, il calore della sua pelle.
Non sapeva quanto tempo era passato, riusciva solo a fissarlo, incredula.
Grata.
Poi udì la McGranitt, alle sue spalle, mormorare:
«Allora è davvero… Caspian X, Re di Narnia?»
Hermione annuì, senza voltarsi.
La Preside espirò bruscamente.
«Ma come è possibile?»
Hermione scosse il capo e si alzò in ginocchio, in modo da avere una visione migliore del sovrano.
Accarezzò i suoi capelli, contemplò il suo viso.
Caspian era immerso in un torpore incosciente, ma sembrava soffrire.
Le belle labbra morbide erano strette in una piega dolorosa e le sopracciglia erano aggrottate.
Lei si alzò e si sedette sul bordo del letto, intrecciando una mano con quella di lui e, con l’altra, prese ad accarezzagli il viso.
Pian piano, sotto il suo tocco, lui sembrò rasserenarsi.
Dopo un po’, senza distogliere gli occhi da lui, chiese:
«Come ha fatto ad arrivare qui?»
«Non ne ho idea!» rispose la Preside, agitata «Ero nel mio Studio e stavo preparando una lezione, quando è arrivato Hagrid, che lo trasportava tra le braccia. Era incosciente. Hagrid dice di averlo trovato nella foresta, di ritorno da una… ehm, “chiacchierata”… con Grop»
Hermione sospirò.
«Nella foresta? Da solo?»
La Preside confermò.
«Io pensavo fosse un mago… Ma Silente lo ha visto e mi ha spedita a chiamarti. Ha detto che era Caspian» concluse, bruscamente.
La giovane strega annuì.
«Sì. Sì, è lui»
Seguì un attimo di silenzio, quindi Madama Chips si avvicinò con delle bende pulite, che sbatté di malagrazia su un comodino.
«Se avete finito di discutere tra voi e volete mettermi a parte delle cose e dirmi chi è questo ragazzo…» borbottò.
«Ma certo» disse Hermione.
E, all’improvviso, sorrise.
Il primo, vero sorriso da quando era tornata sulla Terra per la seconda volta.
«È il padre di mio figlio»
 
Di nuovo, l’espressione delle due streghe fu comica.
Peccato che non c’era Ginny per riderne insieme… Ma, stavolta, Hermione non aveva motivo di essere disperata.
Le guardò e rise, di cuore.
 
*
 
Quando Caspian si svegliò, ci mise solo un secondo a realizzare che non conosceva il luogo dove si trovava.
 
Strinse i denti e si sollevò a sedere il più velocemente possibile…
E qualunque altro pensiero gli uscì dalla mente.
 
Seduta accanto a lui, avvolta in una vestaglia candida e più bella che mai, c’era Hermione.
Lui la contemplò a bocca aperta e lei sorrise.
Poi, dopo qualche lunghissimo secondo, lui allungò una mano per sfiorarla, come se avesse paura che gli svanisse davanti agli occhi.
Lei sorrise di più, gli prese la mano e se la portò alle labbra.
«Ciao, amore mio» mormorò.
 
Lui chiuse gli occhi, sospirò e li riaprì.
E lei era ancora lì.
Gli teneva la mano tra le sue ed era…vera.
 
«Hermione…» mormorò, incredulo «Ma…Come è possibile?»
«Non lo so. Non ne ho idea… ma non mi importa. Importa solo che tu sia qui, con me!»
«Ma… sei tornata a Narnia?»
Lei si alzò per sedersi sul bordo del letto di lui.
Erano vicinissimi.
Parlò con voce bassa.
«No, Caspian. Non siamo a Narnia… Siamo a Hogwarts»
Lui chiuse gli occhi e si appoggiò all’indietro, contro il cuscino.
Era stordito.
«Hogwarts?» bisbigliò.
Hermione si limitò a trattenergli le mani tra le sue, accarezzandole dolcemente.
«Ascolta» fece, dopo qualche minuto «Capisco che sia tutto assurdo, ma facciamo le cose con calma. Innanzitutto devi rimetterti in sesto: sei arrivato qui conciato da fare spavento»
Caspian aprì gli occhi e si osservò le braccia.
Non indossava una camicia e la sua pelle nuda, prima coperta di lividi e ferite, era di nuovo liscia e compatta, ma sembrava recare tracce di scottature.
Aggrottò la fronte.
«Credevo… Mi sembra di ricordare che…»
Hermione storse il naso.
«Eri pieno di lividi e tagli… E qualche ferita era davvero brutta! Però Madama Chips ti ha guarito con la magia»
Gli sfiorò il fianco con la punta delle dita e lui sospirò e si sporse automaticamente in avanti, verso di lei.
Le tese le braccia ed Hermione vi si rifugiò prontamente.
«Non avrei mai creduto che sarebbe successo» mormorò «Siamo davvero insieme…»
Lei chiuse gli occhi e respirò il suo odore.
«Ma allora è così?» chiese, titubante «Possiamo stare insieme? È tutto vero? Resterai? E Narnia?»
 
Sentì Caspian irrigidirsi tra le sue braccia e, quando si raddrizzò per guardarlo in viso, gli vide negli occhi un’espressione che non seppe definire.
Era rabbia, angoscia e agonia, tutte insieme.
Hermione, spaventata, gli posò una mano sulla guancia.
Lui chiuse gli occhi e bisbigliò:
«Narnia non esiste più, Hermione»



***
Buongiorno carissimi lettori!
Ah, non vedevo l'ora che arrivasse questo capitolo :)
Continuavate tutti a chiedermi quando Hermione sarebbe tornata a Narnia e invece.... Cosa pensate di questo cambio di prospettiva?
Dunque, so che ormai lo sapete ma non posso fare a meno di ringraziare le mie talentuose amiche Susan e Fedra per i banner che decorano questa storia <3
Quello di oggi è opera di Susan: grazie, Sue! *.*
Posso anticiparvi che la mia gemella astrale ha preparato anche un banner per i miei Gin e Ben <3
In ultimo, come sempre, sapete che potete trovarmi qui per ogni notizia o aggiornamento: https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref_type=bookmark
Un bacio e buon lunedì a tutti, ma soprattutto alla mia Nadie che è via e già mi manca <3
Buona lettura,
Joy

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Capitolo 14
*** Narnia e Hogwarts si incontrano ***


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Una chiamata nello studio della Preside in piena notte non era certo una cosa di buon auspicio, si disse Harry.
 
Stava percorrendo i corridoi bui mano nella mano con Ginny, mentre Ron camminava al loro fianco, scuro in volto.
Hermione era l’unica assente, quindi era chiaro che si trattava di lei.
Quando erano stati svegliati, Ginny aveva mormorato speranzosa che probabilmente l’amica non si sentiva bene e voleva vederli.
«Tutti e tre? Nel cuore della notte? Per tenerle la testa mentre vomita? Non credo proprio» fece Ron, lapidario.
Ginny ringhiò, frustrata:
«Smettila di fare tanto l’odioso, Ronald! Si può sapere con chi ce l’hai? Potevi pensarci prima, quando Hermione era single! Ora hai poco da fare l’offeso!»
Lui si rivoltò, furioso:
«Chi ha detto niente? E comunque, non mi pare che Hermione sia “impegnata”, visto che il sedicente padre di suo… figlio… vive in un altro mondo!»
Harry cercò di intervenire, ma Ginny strinse pericolosamente gli occhi.
«Sedicente?»
Ron rise in modo sgradevole.
«Oh, dai, non vorrai davvero credere che…»
«Ron, smettila!» fece Harry, intercettando contemporaneamente la mano di Ginny, che cercava già la bacchetta «Che ti prende? Stiamo parlando di Hermione! Stai dicendo che non ti fidi di lei?»
Ma era chiaro che anche Ron si fidava, visto che diede un calcio rabbioso al tappeto e non replicò.
 
 
Ora, camminavano tutti e tre in silenzio e veloci verso l’ufficio della McGranitt.
Dissero al Gargoyle la parola d’ordine (“Animagus”) e salirono sulla scala a chiocciola che subito si mosse e li innalzò verso l’uscio.
Nervoso, Harry bussò e fu invitato ad entrare.
E si bloccò sulla soglia.
Era preparato a ricevere una brutta notizia, invece Hermione era seduta tranquilla su una sedia, con un enorme sorriso stampato in volto e le mani intrecciate con quelle di uno sconosciuto alto e bruno.
Anzi… parecchio alto, giudicò Harry quando l’altro si alzò.
Entrambi sorridevano.
Hermione salutò gli amici, raggiante.
Ron la fissava a bocca spalancata.
Ginny, invece, fu la prima a riprendersi.
«Hermione… stai bene?» chiese.
L’altra annuì, vigorosamente.
«E… e lui…» Ginny indicò Caspian, che sorrise educatamente.
Hermione gli si poggiò contro il fianco e lui la cinse con il braccio, protettivo.
Entrambi sorridevano di quello che Ron considerò subito un sorriso irritante.
«Ginny, Harry, Ron» fece lei «Vi presento Caspian»
Il ragazzo sorrise.
«È un grande piacere fare la vostra conoscenza. Sono Caspian X»
Harry e Ginny si scambiarono un’occhiata incredula.
«Per le mutande di Morgana!» fece lei «Ma tu…»
«Signorina Weasley!» insorse la Preside, da dietro la sua scrivania «Modera il linguaggio!»
«Ma Professoressa!» fece Ginny, affatto pentita «Ma io credevo… credevo che vivesse in un altro mondo!»
«Infatti è così, hai ragione» Caspian le sorrise e tese la mano.
Ginny la strinse, lo guardò e arrossì.
Hermione ridacchiò e Harry storse il naso.
Caspian salutò anche lui, che comunque gli strinse la mano, e poi Ron, che lo guardò sprezzante e grufolò un saluto incomprensibile, mentre prendeva nota di quanto fosse dannatamente alto quel sedicente re.
Ginny, da parte sua, pensava che non c’era affatto da biasimare Hermione: ora che aveva conosciuto il sovrano, capiva perché l’amica aveva completamente perso la testa.
E poi, erano bellissimi insieme.
Lei risplendeva; Ginny non l’aveva mai vista così bella.
«Accidenti» fece Harry «Questa sì che è una sorpresa! Come hai fatto ad arrivare qui? Hermione ci diceva che i passaggi per Narnia sono estemporanei»
Caspian annuì.
«Sì… Il problema è proprio questo»
 
La McGranitt si alzò in piedi, agitò la bacchetta e delle sedie comparvero dal nulla.
«Vi ho fatti venire qui perché, alla luce dell’arrivo di Caspian… di Re Caspian, dovrei dire… ci sono molte cose che dobbiamo discutere…»
In quel momento si udì un bussare alla porta e Hagrid fece la sua comparsa.
I quattro amici salutarono, festosi, e il mezzogigante distribuì amichevoli (e potenti) pacche a destra e a sinistra.
Harry si parò strategicamente e disinvoltamente davanti a Hermione, prendendo una doppia razione di simpatiche sberle.
Caspian si era irrigidito appena – probabilmente per la stazza dell’ultimo arrivato – e stringeva protettivamente Hermione, la quale sorrideva allegramente.
«’Sera Preside!» fece poi «E tu, ragazzo! Come stai? Eri conciato male quando ti ho trovato! Non lo sai che la Foresta di Hogwarts è pericolosa?»
«Mi dispiace» rispose il re «Non ho idea di come ho fatto ad arrivare nella vostra foresta. Ma grazie per avermi soccorso»
«Eh? Ma come?» fece Hagrid.
Fu Hermione a rispondere:
«Hagrid, ti presento Caspian, Re di Narnia. Dice la verità: non sappiamo come sia arrivato qui»
Ad Hagrid cadde la mascella.
«Narnia? Ma Narnia non esiste!»
Caspian e Hermione si scambiarono un’occhiata.
«Esiste. Assolutamente» rispose lui «Io vivo… vivevo… lì. E lì ho conosciuto Hermione»
In quel momento, Hagrid notò che erano abbracciati.
«Ah!» fece «Ma quindi è lui, il tipo di cui mi hai parlato lo scorso anno? Per tutti i rospi cornuti… che storia!»
«Già» sospirò la Preside, nervosa «Che storia. Se ora volessimo parlarne, potremmo tornare tutti a letto e direi che sarebbe un bene»
Tutti si accomodarono; per Hagrid la Preside evocò una poltrona grande il doppio rispetto alle altre sedute.
Caspian la fissò ammirato.
Lei intrecciò le mani sulla scrivania e rivolse un’occhiata alle sue spalle.
Dalla sua cornice, Silente ridacchiò.
«Buonasera, buonasera! È bello vedervi qui, miei cari! Dunque, Minerva, stavi dicendo?»
La Preside annuì, ma sembrava aver ingoiato Puzzalinfa.
Hermione sospettava che lei preferisse ancora affidarsi a Silente in situazioni eccezionali… e quella era sicuramente una situazione eccezionale.
Tuttavia, la McGranitt iniziò a riepilogare i fatti con il suo solito piglio asciutto:
«Dunque, vediamo di raccogliere le idee. Questa sera, mentre tornavi a casa, tu, Hagrid, hai trovato Caspian in stato di incoscienza e gravemente ferito nel folto della foresta»
Hagrid annuì.
«Esattissimamente! Ero andato a farmi un goccetto con Grop» deglutì e ignorò l’occhiataccia della Preside «Quando tornavo e ho sentito dello scalpitare nella foresta. È passato il centauro Magorian e mi ha guardato scuotendo il capo… Sapete come fanno, quei saputelli, quando credono di stare un passo avanti a noi… Comunque mi ha detto una roba tipo: “Si comincia, è qui” e se ne è andato… Io sono andato un po’ più avanti e ho trovato lui!»
Hagrid fece un cenno al re di Narnia.
«Tra parentesi…» aggiunse «Mi sembri messo benino! Eri conciato per le feste, qualche ora fa… e qualcuna delle ferite era proprio brutta! Avevi un grosso squarcio nella pancia!»
Hermione arricciò il naso e Caspian le strinse affettuosamente la mano.
«Sì… Ricordo. Ti ringrazio ancora per l’aiuto»
«E di che? Gli amici di Hermione sono anche amici miei! E poi non sono stato io a guarirti…»
La McGranitt annuì, bruscamente.
«È stata Madama Chips. Anche se, veramente, mi dice che le tue ferite sono strane… Si rimarginano, ma poi si riaprono misteriosamente. Sta usando grandi quantità di Dittamo con te»
Caspian si osservò il braccio destro, sul quale spiccava una chiazza di pelle rosea, come appena ricresciuta.
«È così… Ma non capisco come possa essere possibile» mormorò «Eppure… Ho visto Hermione fare magie e ho visto anche Silente… ma è tutto così… immenso. Dovete perdonare il mio stupore, ma la magia è qualcosa di cui non mi rendo ancora bene conto»
Hermione sorrise.
«Anche io ci ho messo un bel po’ ad abituarmi agli animali parlanti di Narnia! Minotauri, uccelli, cavalli… lì tutti parlano!»
«La magia di Narnia è diversa» le sorrise Caspian.
Lei annuì, entusiasta.
«Sì, e la cosa che trovo in assoluto più affascinante è senza dubbio…»
La McGranitt si schiarì la voce in quella che era chiaramente un’imitazione irriguardosa nei confronti di Dolores Umbridge.
Ginny scoppiò a ridere e la Preside si concesse un sorrisetto.
«Vogliate scusarmi, è che sono un po’ stanca e molto perplessa. Dunque, Caspian… o meglio, Re Caspian…» lo sbirciò, a disagio, ma lui scosse il capo sorridendo, come a dire che non era il caso «Molto bene: vada per l’informalità, lo preferisco… e francamente potresti essere mio figlio, per cui mi mette in difficoltà il titolo… Ma stavo dicendo: questa è, in soldoni, la nostra parte della storia. Tu cosa ci dici? Come sei arrivato qui?»
 
Lui batté le palpebre.
Guardò Hermione e poi la cornice di Silente, dalla quale l’ex Preside sorrise bonario.
«Non lo so» mormorò poi.
«Hai attraversato un qualche passaggio? Hai trovato… che ne so, un portale?»
Lui scosse il capo.
«Stavo… dormendo. E quando ho aperto gli occhi, ero qui»
«Che sia stata…Jadis?» mormorò Hermione con un filo di voce.
Lui scosse il capo.
«Non penso sia possibile, piccola. Sai che Aslan e Silente la hanno imprigionata»
«Se è stata una magia di Silente a imprigionare questa Jadis, chiunque ella sia… allora escludo si sia liberata» fece decisa la Preside.
Silente ridacchiò dalla sua cornice.
«Grazie mille, Minerva, ma sai… sbagliare è umano»
Lei liquidò la sua modestia con una scrollata di spalle.
«Chi sarebbe Jadis?» chiese Harry.
Hermione gli lanciò un’occhiata preoccupata, che si affrettò a dissimulare.
Era a dir poco sulle spine.
Strinse lievemente la mano di Caspian, per dirgli di lasciar parlare lei, e lui le rivolse subito un’occhiata di intesa.
Si capivano al volo, come sempre.
«Jadis era la fidanzata di Gellert Grindewald» iniziò, pacata.
Cinque paia di occhi le si appuntarono addosso, attoniti.
Lei continuò, mantenendo un tono leggero:
«Il Professor Silente ci ha spiegato che si scontrò con Grindewald una volta in più rispetto a quello che le cronache raccontano: circa un anno prima del duello nel quale lo sconfisse, stanò lui e Jadis in un villaggio in Polonia e, durante la loro lotta, lei sparì. Era finita a Narnia, ma il Professore non ne sapeva nulla. La incontrò di nuovo quando venne a prendermi»
Silente confermò con un cenno del capo e solo Hermione lesse correttamente la sua occhiata.
Gratitudine e sollievo, per non aver tirato fuori la storia della sua amicizia giovanile con Grindewald.
Per Silente era non solo un’onta, ma un dramma: lui e Grindewald si erano scontrati con il fratello minore di Silente, Aberforth, e ad averci rimesso era stata la sorella di Silente, Ariana, che aveva perso la vita.
Certo, Harry sapeva dei Doni della Morte e aveva raccontato la storia a Ron e Hermione, ma Hermione sospettava che persino Ginny fosse all’oscuro del cammino intrapreso da Silente da giovane.
Di certo, Harry aveva poca voglia di parlarne.
Scambiò un’occhiata con Hermione, che gli sorrise.
«Per tutte le Trasfigurazioni incomplete!» sbottò invece la McGranitt «Grindewald aveva una complice? Dannazione!»
«Minerva, ormai Jadis non è in condizione di nuocere. Non mi sembra che Caspian la reputi responsabile dell’accaduto»
L’attenzione si spostò nuovamente sul Re di Narnia, il quale disse:
«Non è stata Jadis. Ma…»
«Ma come è possibile che una strega del nostro mondo sia finita a Narnia?» lo interruppe Ron.
«Scusa, che significa? Anche Hermione è finita a Narnia!» obiettò Ginny.
«Va bene, ma era a Hogwarts e ha trovato un Armadio magico! Diciamocelo… è il tipo di cosa che qui dentro può capitare tranquillamente!»
La Preside inarcò un sopracciglio, come a voler rimproverare Ron per il suo commento ingeneroso nei confronti della sua scuola.
Le orecchie di lui divennero rosse, ma insistette:
«Professoressa! Dove altro potrebbe capitare, se non a Hogwarts?»
«A quanto pare, signor Weasley, può capitare eccome. Del resto, mi pregio di dire che la magia non è appannaggio delle visioni ristrette»
Ron bofonchiò qualcosa di poco gentile, mentre Harry domandava a Caspian:
«Ma tu come hai fatto a conoscere questa Jadis?»
Caspian sospirò:
«Jadis era una strega millenaria a Narnia, Harry»
Tutti, tranne il re e Hermione, si scambiarono occhiate attonite.
«Quando ero un ragazzo, il mio precettore mi raccontava delle antiche cronache, nelle quali si parlava della lotta tra gli Antichi Sovrani dell’Età dell’Oro di Narnia e Jadis, la Strega Bianca. I quattro fratelli Pevensie arrivarono a Narnia la prima volta millenni prima della mia nascita. Jadis esisteva già da tempo immemore»
Hermione sorrise vedendo le espressioni dei suoi amici, che sembravano messi di fronte a un test di Pozioni particolarmente incomprensibile.
«Il tempo scorre diversamente, a Narnia» spiegò «Per esempio, quando i Pevensie tornarono per la seconda volta a Narnia, per loro era passato un anno e per Narnia millenni. Quando Edmund e Lucy tornarono per la terza volta, solo tre anni. Capite?»
Sguardi perplessi.
«Ma…è un disastro!» esclamò la professoressa McGranitt, confusa «Significa che tu, Caspian, che sei qui da qualche ora… Potresti rischiare di tornare a Narnia e trovarla invecchiata di secoli?»
Lui corrugò la fronte, ma annuì.
«Non so cosa possa accadere. Sono sempre stati uomini della Terra a venire da noi. Ma, in teoria… sì»
Ginny guardava Hermione, spaventata.
«Hermione…» pigolò «Hai rischiato di non trovarci più, al tuo ritorno! Per due volte!»
L’amica annuì, sorridendole comprensiva.
«Non l’ho deciso io, Ginny… E comunque, in occasione del mio secondo viaggio a Narnia… Bè, veramente io speravo di non…»
Non concluse la frase, vedendo le espressioni dei suoi amici.
Caspian le strinse la mano con fare rassicurante.
«Ascolta, Hermione!» insorse Ron, arrabbiato «Ma come fai a dire una cosa del genere? Ma ti rendi conto? Anche se sei in…»
Un’occhiata di fuoco di lei lo zittì, mentre Ginny si affrettava a intervenire di nuovo:
«E quindi, questa Jadis? Il fatto di essere una strega venuta dalla Terra la rende… immortale, a Narnia?»
Caspian scosse il capo.
«No, Aslan e Silente hanno dimostrato che può essere sconfitta. Però, per quanto riguarda il fattore temporale, la questione è molto complessa. Io vidi per la prima volta Jadis cinque anni fa, quando lottavo contro mio zio Miraz, che aveva usurpato il trono di mio padre. Poi, subii gli effetti del suo malvagio potere durante un viaggio in mare che organizzai una volta ripristinata la pace a Narnia. Ma la incontrai davvero solo un anno fa, assieme a Hermione»
Lei annuì.
«Vi ho detto che avevamo affrontato una strega, a Narnia, anche se non sono scesa nei dettagli… Bè, quando Jadis si manifestò a Cair Paravel ho capito che veniva dalla Terra perché rubò la mia bacchetta e… oh, a proposito! Ho di nuovo perso una bacchetta a Narnia!»
Caspian le sorrise.
«Stavolta l’ho fatta mettere al sicuro, non preoccuparti. È al sicuro, con i cimeli degli Antichi Sovrani»
Lei sospirò.
«Tornando a Jadis…» riprese il re «Secondo le antiche cronache, esisteva da tempo immemore a Narnia. La storia dice addirittura che aveva una sorella, con la quale lottò per il dominio sulla terra di Charn. La sorella vinse con il suo esercito, perché le due si erano giurate di non utilizzare la magia nello scontro, ma Jadis venne meno ai patti e usò la Parola Deplorevole, un incantesimo che distrugge chiunque, tranne colui che lo pronuncia. Così Charn morì e Jadis rimase unica regina dei ghiacci»
«Una sorella?» fece Hermione, perplessa.
Guardò Silente, ma lui scosse il capo.
«Non ne so assolutamente nulla. Di certo, io non ho conosciuto nessuna sorella di Jadis qui sulla Terra»
«Forse era una strega di Narnia e la storia le chiama “sorelle” perché erano simili. Cioè, erano due strege… Sapete, le streghe sono molto rare, a Narnia» spiegò Hermione, meditabonda.
Caspian scosse il capo.
«Potrebbe darsi. Sono storie che risalgono a millenni fa. Nessuno è mai più andato a Charn, da allora»
«Saranno quelle storie che si raccontano ai bambini per mettere loro paura!» disse Ron, sprezzante.
La McGranitt pareva decisamente più allarmata.
«Un incantesimo che distrugge chiunque solo pronunciandolo? Che cosa può essere?»
«L’Avada Kedavra!» disse subito Ginny.
Harry però scosse il capo.
«No, è impossibile. Va diretto contro una persona alla volta. E questo vale per tutte le Maledizioni Senza Perdono»
Gli hogwartiani si guardarono, perplessi.
«Qualunque cosa fosse» intervenne Silente, alle spalle della Preside «Non mi sembra il problema più pressante»
«Silente!» esplose lei «Un incantesimo distruttore di massa!»
«Minerva, se fosse vero – e perdonami, ma nessuno lo garantisce: sai quanto me come le cronache antiche tendevano a inventare ed enfatizzare gli avvenimenti reali – ti ricordo che a Narnia la magia agisce diversamente rispetto alla Terra»
Lei bofonchiò qualcosa, poco convinta.
Ginny tornò a guardare Caspian.
«Quindi non è stata Jadis a ferirti?»
«No» rispose lui, cupo in volto «È stata Lilliandil»
 
 

***
Buongiorno amati lettori!
Un paio di cose al volo: la vostra Joy ha aperto un blog! Trovate il bottone nella mia pagina Efp e il link nella mia pagina Facebook, che vi ricordo qui di seguito: 
https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref_type=bookmark
Per il banner, grazie alla mia gemella Sue!
So che tutti attendete che Hermione dia a Caspian la notizia della gravidanza... Un po' di pazienza, gente! ;)
A prestissimo!
Joy

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Capitolo 15
*** Il racconto di Caspian ***


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«Lilliandil?» ansimò Hermione, furiosa «Cosa significa? Come è possibile?»
 
Caspian annuì, scuro in volto.
«Chi è Lilliand…» stava chiedendo Ginny, più che mai confusa, quando Hermione strillò:
«Quella maledetta stronza!»
«Hermione!» La professoressa McGranitt fece un salto tale sulla sedia che il cappello le cadde quasi dalla testa «Ma insomma, che atteggiamenti sono? Non è da te, un linguaggio del genere! E sebbene la situazione sia totalmente assurda, ti invito a ricordare dove sei!»
Lei non parve per nulla pentita e bofonchiò una scusa poco convinta.
Harry e Ginny trattennero una risata con evidente sforzo.
Hagrid invece rise apertamente, cercando poi di mascherare il gesto con un colpo di tosse quando la Preside lo fulminò con gli occhi.
 
L’unico perplesso era Caspian.
«Scusate, non ho capito. Cos’è una str…»
Ginny scoppiò a ridere così forte che le vennero le lacrime agli occhi.
Il sovrano assunse un’aria ancora più perplessa e sbirciò Hermione, la quale aveva ancora le labbra serrate e gli occhi fiammeggianti.
Ignorò tutti nella stanza e si rivolse direttamente a lui:
«Cosa c’entra Lilliandil? Com’è possibile? E come ha fatto a farti questo?»
Lui sospirò.
«È una lunga storia…»
 
*
 
Quel pomeriggio, Caspian stava ritto sui bastioni di Cair Paravel, mentre nubi tempestose si addensavano nel cielo.
 
Con la fronte aggrottata, osservava l’esercito che circondava il suo castello.
Ripensò alle parole di Taurus e represse un brivido.
Maestà – aveva detto il Minotauro poche settimane prima – Non sono umani.
 
Non poteva che dargli ragione, ora.
Le schiere che si estendevano a vista d’occhio, coprendo la pianura come un manto rovinoso e putrido, non potevano essere composte di uomini.
Quelle figure alte, ammantate, sembravano emanare morte.
Emaciate e avvolte in mantelli funerei, erano scheletriche.
E, così, le loro cavalcature sembravano essere scheletri di cavalli.
Nessuno aveva visto quei soldati in faccia: anche durante i combattimenti, i loro volti restavano celati dai cappucci pesanti.
Ed emanavano freddo, un freddo innaturale.
 
Erano la morte che circondava Cair Paravel.
 
Nelle settimane precedenti la loro avanzata inarrestabile aveva bruciato la terra di Narnia in un modo che nessuno sapeva spiegarsi.
I pochi osservatori e i soldati superstiti riferivano di un passaggio che corrodeva l’erba, i fiori, gli alberi: tutto ciò che emanava la vita meravigliosa che Aslan aveva dato a Narnia, sotto i passi di quegli esseri demoniaci sfioriva.
E nulla ricresceva.
Un passo alla volta, con una lentezza minacciosa, ogni lembo di terra attorno al Castello era stato corroso.
E ora quelle truppe circondavano, come un mare burrascoso, Cair Paravel su tre lati, strozzandone la vita.
 
Accanto ai suoi generali, Caspian taceva e osservava quelle truppe minacciare il suo castello.
«Cosa facciamo, Maestà?» mormorò uno degli ufficiali, dopo lunghi minuti di silenzio.
«Quanto possiamo resistere?» chiese il sovrano.
L’agitazione serpeggiò tra gli ufficiali: il re non aveva prospettato soluzioni impossibili, ma chiesto quanto tempo avevano prima della sconfitta certa.
«Qualche giorno, se teniamo duro» rispose poi il primo.
Caspian espirò, poi chiuse gli occhi.
«Iniziate a far evacuare donne e bambini»
«Ma come possiamo, Maestà? Sono ovunque…»
«Dal lato del castello che dà sul mare» rispose lui «Iniziate stanotte, con il favore del buio. Fate approntare delle scialuppe che carichino gli sfollati e li portino a Calavar, nella regione di Calormen»
«Ma Maestà, credete sia sicuro?»
«Quale luogo è sicuro, per loro?» rispose Caspian, seccamente «Cair Paravel, forse? No, Calormen ha siglato la pace e ora deve darci aiuto, che le piaccia o no. Calavar è sul mare ed è lontana, quindi portateli lì»
«E poi, Sire?»
«Poi tornate e fate evacuare gli altri, a cominciare dagli anziani»
«Ma ci vorranno giorni!»
«Bene. Resisteremo il tempo che serve perché gli abitanti di Narnia si salvino, dal primo fino all’ultimo»
Gli ufficiali si erano scambiati occhiate determinate.
«Maestà, voi dovete scappare con il primo gruppo»
«No, mai. Non lascio Cair Paravel. Non quando il mio popolo è in pericolo. Il mio posto è qui»
 
Non ci fu modo di farlo ragionare.
Caspian non era un sovrano che abbandonava i suoi uomini e rimase con loro, guidando la resistenza del castello.
I bastioni vennero rinforzati, i portali fissati con pesanti puntelli.
Arcieri precisissimi si alternavano notte e giorno, lanciando piogge di frecce sui nemici.
Furono messe in azione le catapulte di cui il castello era fornito.
Il sovrano si mostrava ogni giorno, più volte al giorno, sui bastioni e nel cortile di Cair Paravel.
Rassicurava gli uomini e li esortava a resistere con il suo esempio.
 
Intanto, di notte, fervevano le attività per l’evacuazione del castello.
Fu difficile approntare un sistema di carrucole che facilitassero la discesa.
Le prime persone ad essere allontanate, per volere di Caspian, furono donne, bambini e anziani.
Per loro, la ripidissima parete rocciosa a strapiombo sul mare era proibitiva da affrontare in una discesa.
Gli studiosi di corte idearono in brevissimo tempo, dietro suggerimento del sovrano, un sistema di corde e panieri retti da carrucole che venivano azionate dagli uomini per trasportare gli sfollati.
L’attività ferveva notte e giorno, a Cair Paravel, ma con l’accorgimento di non mostrare ai nemici il lavoro che ferveva nel retro del castello.
Vista la strana attitudine di quelle truppe fantasma, all’inizio non fu difficile.
I narniani non sapevano il perché, ma le truppe nemiche attaccavano solo di notte.
Di giorno restavano schierate, immobili, ma non tentavano azioni offensive.
I primi giorni, gli abitanti del castello rimasero in tensione continua, diffidando di quello che credevano un trucco.
Ma non accadde nulla.
Era come se quei soldati, di giorno, fossero inattivi.
Non che ciò costituisse un vantaggio: erano talmente tanti che scappare dal castello era escluso.
Venivano colpiti dalle frecce e dai massi lanciati dalle catapulte, ma di notte sembravano risorgere.
E, di notte, erano più agguerriti e pericolosi che mai.
Scalavano le mura a mani nude; resistevano alle ferite inflitte da frecce, lance e spade; erano insensibili al freddo.
Dopo un inizio positivo, l’evacuazione si fece sempre più drammatica e pressante.
Gli uomini morivano, mentre nel retro di Cair Paravel si organizzava la fuga.
Il re rifiutò più volte, nei giorni seguenti, di abbandonare il castello.
E fu il primo a ridurre le sue razioni di cibo, malgrado le suppliche dei suoi Lord.
 
Cair Paravel resisteva a fatica.
Dopo una settimana, i narniani erano allo stremo.
E il peggio doveva ancora venire.
 
La notte dell’ottavo giorno, mentre le carrucole venivano azionate e il primo gruppo di uomini veniva calato lungo lo strapiombo, iniziarono le urla disumane.
Subito, i soldati si sporsero dalle mura e quel che videro fece loro urlare a squarciagola di fermarsi.
I nemici stavano risalendo la parete rocciosa.
A mani nude.
Inarrestabili, uccidevano i narniani che scappavano.
E salivano.
Salivano veloci, sicuri e implacabili.
Olio bollente fu rovesciato dai torrioni, ma sortì poco effetto.
Non c’erano ramponi da staccare, per cui i soldati lanciarono massi, lance e frecce, ma non ci fu nulla da fare.
La salita degli scheletri era inarrestabile.
 
 
All’alba di quel giorno, Cair Paravel cadde.
La resistenza si strinse attorno al re.
I narniani combatterono lungo ogni strada, su ogni gradino, per ogni corridoio.
Difesero strenuamente il castello, ma vennero uccisi senza pietà, in numero enorme.
La guardia scelta del sovrano riuscì ad entrare con Caspian nella Sala del Trono, ma altro non poté fare.
Vedendo i suoi uomini attorniati da ogni lato, avvertendo un dolore sordo nel petto, Caspian lottò ancora e ancora, in un silenzio sepolcrale.
Quei soldati non emettevano verbo.
Nessuno offrì la resa.
Caspian l’avrebbe odiata, ma avrebbe accettato per salvare la vita dei suoi uomini.
Ma non ci fu la possibilità.
I nemici tacevano e colpivano.
I suoi soldati cadevano ancora.
Stremato, il re ricevette un colpo al fianco che gli squarciò l’armatura e tagliò la carne, sotto le costole.
Si piegò su se stesso, con un senso di vertigine.
Era stato ferito altre volte, ma mai nella vita aveva provato un tale bruciore.
Ricevette altri colpi, sulle braccia e sulle gambe.
La sua pelle sembrava bruciare.
 
E, mentre cadeva carponi, tutto finì.
 
Sentì dei passi risuonare nel silenzio irreale che gravava sulla stanza, ma non riusciva ad alzare il capo.
Poi, udì la risata.
Quando alzò la testa credeva di sognare.
Era impossibile…
 
E invece, lei era lì.
 
In mezzo alla sala, Lilliandil avanzava tra i soldati ammantati.
Era vestita di bianco e, per contrasto, sembrava ancora più eterea.
Ma l’espressione sul suo viso non aveva nulla di puro o celestiale.
Caspian fissò il suo sguardo e vi lesse la morte.
 
 
Com’era possibile che Lilliandil avesse compiuto tutto ciò?
Impossibile saperlo.
Lei ordinò che il re e il manipolo delle guardie superstiti venissero rinchiusi nelle segrete più profonde del castello.
Lì, le loro ferite non vennero medicate e, per due giorni, nessuno di loro ricevette cibo.
La pelle degli uomini ferita dalle armi di quegli strani nemici andava in suppurazione e marciva.
Gli uomini gemevano, nella veglia e nel sonno, spossati da febbri violente.
Il terzo giorno, Lilliandil mandò due soldati a prendere Caspian.
Il sovrano fu condotto, vacillante, nella Sala del Trono.
Lilliandil sedeva sullo scranno come se il posto fosse suo di diritto.
Aveva adornato i capelli biondissimi con una corona di pietre pesanti e aveva indossato un ricco abito.
Era attorniata da quegli strani soldati, ancora muti.
Il silenzio sepolcrale che gravava sulla sala era irreale.
Caspian fu spinto a terra violentemente e, indebolito dalla fame e dalle ferite, piombò ai piedi del trono.
Lilliandil rise, euforica.
«Così, ci vediamo ancora, Caspian. Come ti avevo promesso, sono tornata!»
Lui scosse il capo per schiarirsi la vista e digrignò i denti.
«E così, mio caro, avevi sottovalutato il mio avvertimento, non è forse vero?»
Il sovrano non le rispose, ma Lilliandil non sembrava preoccupata di instaurare un dialogo: era felicissima del suo monologo.
«È giunto il momento, mio re, di scontare ogni singolo torto che mi hai inflitto»
A quel punto, Caspian alzò il capo.
«Ma cosa stai dicendo?» rispose «Sei pazza? Tu hai tradito Aslan! Tu hai rinnegato Narnia!»
Lei si alzò dal trono, furiosa.
«No!» urlò «Tu mi hai rinnegata! Tu mi hai messa da parte per una ragazzina insignificante! E non una, ma due volte! E pagherai per questa tua follia Caspian: giuro che pagherai!»
Lui ringhiò:
«Non osare nominare Hermione, rinnegata!»
«Osi ancora difenderla?» Lilliandil era fuori di sé «Osi ancora pensare a lei e preferirla a me? Bene! Allora quello che ti aspetta, re Caspian, è la morte! La morte, con il suo nome sulle labbra!»
«Non chiedo di meglio» la sfidò lui «Non rinnegherò mai il mio legame con Hermione, nello stesso modo in cui non rinnegherei mai Aslan! Non mi inchinerò di fronte a una bugiarda come te! Narnia non ti accetterà mai!»
Lei si fece avanti e lo schiaffeggiò, con gli occhi fuori dalle orbite.
Caspian venne immobilizzato dai soldati e non poté opporsi.
«Tu…tu, maledetto uomo! Ti farò ingoiare ogni singola stilla di orgoglio che hai in corpo! Rimpiangerai il giorno in cui mi hai sfidata! Portatelo via!»
 
Per volere di Lilliandil, Caspian fu incatenato ad un palo piantato appositamente nel cortile di Cair Paravel e frustato selvaggiamente da uno dei soldati, cinquanta volte.
Il sovrano resistette eroicamente alla tortura e non proferì verbo.
Alla decima frustata cadde in ginocchio.
Alla ventesima finì a terra e non riuscì a rialzarsi.
Alla trentesima, misericordiosamente, perse i sensi.
I narniani rimasti si opposero alla fustigazione, inorriditi e spaventati.
Come osavano, quei mostri, frustare il loro re?
Era un atto vile e non teneva assolutamente conto del rango di Caspian!
Ma, da quel momento, fu chiaro a tutti che il rango, le leggi cavalleresche e ogni riguardo avevano cessato d’esistere, a Cair Paravel.
 
Lilliandil - insensibile a ogni supplica dei narniani e, anzi, palesemente compiaciuta del suo nuovo potere – ordinò che Caspian venisse lasciato incatenato al palo.
Per giorni, il sovrano fu esposto al sole cocente di giorno e, di notte, al gelo che non dava tregua.
Non gli vennero medicate le ferite, né dati abiti.
Dopo tre giorni, giunse nel cortile di Cair Paravel una piccola delegazione di soldati scheletrici, che accompagnavano un giovane sconosciuto.
Il giovane smontò da cavallo e si incamminò verso l’ingresso del castello.
Passando, il suo sguardo cadde sull’uomo seduto a terra e incatenato al palo.
Dopo una breve esitazione, si avvicinò e abbassò gli occhi sulla figura accovacciata.
Caspian aveva entrambi i polsi bloccati da un anello di ferro pesante.
Non dormiva, ma era caduto in un torpore dovuto alla debolezza.
Malgrado questo, si mosse quando sentì uno stivale pungolargli una gamba.
Alzò il capo con fatica e fissò uno sconosciuto che lo guardava con perplessità.
«Chi sei?» gli disse questo «E perché sei incatenato a questo palo?»
Caspian non rispose.
Il giovane si guardò attorno, perplesso, e ripeté la domanda alle sue guardie, che però restarono mute.
In quel momento, una figura apparve sul portone del castello e il giovane dimenticò ogni altro pensiero.
«Lilliandil!» gioì «Mia signora!»
Lei gli si fece incontro, gioendo della vista del re di Narnia ridotto all’impotenza.
Era una visione della quale non aveva mai abbastanza.
«Desiderio, mio principe!» lo salutò «Che gioia avervi qui!»
E, in effetti, Lilliandil non era così felice da molto, molto tempo.
Desiderio attribuì scioccamente quella gioia alla sua comparsa a Cair Paravel e sorrise, beato.
«Mia signora, siete sempre più bella. O forse la lontananza vi fa risplendere ancora di più ai miei occhi e io…»
Annaspò, cercando le parole per esprimere quello che sentiva, ma Lilliandil non gli prestò attenzione.
Stava guardando Caspian e, d’un tratto, si protese a stringere il braccio del consorte.
«Desiderio, mio diletto, voi esaudirete ogni mia richiesta, non è forse vero?»
Gli sorrise e lui la guardò scioccamente.
«Naturalmente, mia signora. Dovete solo chiedere!»
Lei rise.
«Ottimo, perché un piccolo passo verso la nostra vendetta oggi si compie. Avete davanti a voi Caspian X, Re di Narnia»
Desiderio sgranò gli occhi.
«Cosa?» ansimò «Ma… Lilliandil! Non potete trattare così un re!»
«Cosa? Ma cosa dite?» gli occhi di lei mandarono lampi e lui fece di riflesso un passo indietro «Mi state negando forse la mia vendetta? Non vi ho forse detto come quest’uomo mi ha umiliata e derisa?»
Caspian alzò nuovamente il capo e Lilliandil colse lo sguardo di aperta sfida che lui le lanciò.
«Tu ti umili da sola, Lilliandil» esclamò il sovrano, incapace di trattenersi.
Lei ansimò.
«Desiderio! Sentite come quest’uomo osa minacciarmi? Non vorrete che gli sia permesso!»
«No, certo…» rispose lui, ma chiaramente non era convinto «Tuttavia, mia adorata…»
«Fatelo frustare! Ora!»
«Ma… Lilliandil!» Desiderio era attonito «Farlo frustare? Non potete: è un re, non un volgare brigante!»
Gli occhi della stella lampeggiarono e lei tese una mano verso uno dei soldati, strappandogli dal fianco la frusta.
Desiderio gemette, mentre lei la alzava contro il Re di Narnia.
Lilliandil non era certo forte come un uomo, ma in lei scorreva un potere malvagio che ne accresceva notevolmente le forze.
Frustò cinque volte Caspian, che si sforzò di non gemere e di restare in silenzio.
Ma chiunque poteva vedere come i colpi fossero andati a buon fine.
Quando lasciò cadere la frusta, Lilliandil sorrise soddisfatta.
Allungò un calcio al re, semisvenuto, e ghignò.
In quel momento, giungeva un servitore narniano che era stato obbligato a servire in cucina.
Portava l’unica scodella di zuppa che veniva passata al re: una al giorno, con una ben misera porzione.
L’uomo gemette, alla vista del suo sovrano ferito e incosciente e Lilliandil rise crudelmente, strappandogli di mano la ciotola e lanciandola ai cani, in un angolo del cortile.
«No, vi prego!» il narniano si gettò a terra «Non potete fare questo a sua Maestà!»
Lilliandil rise, crudele.
«Sua Maestà non conta più nulla, non esiste più! Narnia non esiste più! È ora che vi inchiniate a un nuovo sovrano, il mio sposo Desiderio!»
 
Rientrò ridendo crudelmente nel castello, mentre Desiderio la seguiva sconvolto e l’uomo restava accovacciato a terra, a piangere.


***
Buongiorno!
Lo so cosa state per dirmi... ma quando gli dice del bambino?! 
Abbiate pazienza! Vista la gravità del momento Hermione ha deciso di aspettare un attimo... Ma non manca molto, quindi coraggio! :)
E già che parliamo del figlio di Caspian e Hermione... Secondo voi sarà maschio o femmina? 
Fatemi sapere cosa ne pensate... Io ho già le idee chiare su questo erede! ;)
Detto questo, manca pochissimo alle mie sospirate ferie ma non potrò portare il pc con me (ho già due valigie e non mi sembra il caso...!), ma spero di aggiornare regolarmente.
Sapete che per ogni informazione mi trovate qui: https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref_type=bookmark
E siccome mi sembrava di aver poco da fare, ho anche aperto un blog! Eccolo: http://dreamerjoy.blogspot.it/
Così avremo più occasioni di rimanere in contatto!
Per chi fosse interessato, sto ripostando sul blog le storie che potete leggere qui su Efp, a cominciare dalla mia prima.
Vi ho già preso troppo tempo...
Buona lettura!
Joy

Ps: lo so che ormai lo sapete, ma solo per ricordarvi che questo bellissimo banner è opera della mia amica dai molti talenti (e che io adoro!) Fedra!

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Capitolo 16
*** Le avventate parole di Ron ***


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Quando Caspian fece una pausa nel suo racconto, tutti tacquero sconvolti.
 
Solo Hermione conosceva Narnia, ma non serviva conoscere le persone che erano state uccise, le famiglie distrutte, le vite spezzate per essere solidali con loro.
La ferita della guerra era ancora troppo fresca perché, anche se al sicuro e in un mondo lontano, Harry e i suoi amici reagissero positivamente al racconto.
Tutti si scambiarono infatti sguardi cupi e scossero la testa, amareggiati.
Dalle loro cornici, i vecchi Presidi di Hogwarts scuotevano il capo.
Hermione fissava il pavimento, con le labbra strette e i pugni serrati.
Quando Caspian le passò un braccio attorno alla vita chiuse gli occhi.
«Non posso crederci» mormorò «Non posso crederci»
Si appoggiò contro di lui, alzando una mano a sfiorargli la camicia.
Caspian sembrava calmo, ma lei immaginava quanto dovesse costargli ricordare quei momenti.
Quanto gli era costato vedere ciò che Lilliandil aveva fatto a Narnia.
 
«Ma chi cavolo è, questa Lilliandil?» sbottò Ron, preoccupato.
Quella Narnia gli piaceva di meno ad ogni secondo che passava.
«È la figlia di un emissario di Aslan, un emissario che ha tradito. Ramandu e sua figlia hanno abusato dei loro poteri e Aslan li ha destituiti dal ruolo di Guide. E…»
Non riuscì a proseguire, perché Hermione intervenne con voce gelida:
«È una vacca» disse, in tono lapidario.
E, stavolta, neppure la McGranitt osò riprenderla per il linguaggio.
«Una maledetta incapace che somiglia a una Veela e con lo stesso spessore»
«Bè, veramente Fleur…» iniziò Ron, in difesa della cognata.
Hermione gli rifilò un’occhiata talmente rabbiosa che la voce gli si spense in un pigolio.
Anche Harry gli lanciò un’occhiataccia.
Dopo qualche altro minuto di silenzio, la McGranitt domandò:
«Caspian, come hai fatto a scappare?»
«Tre giorni dopo l’arrivo di quell’uomo, all’alba, cinque dei miei uomini sono riusciti a scappare. Erano stati assegnati alle cucine, alle stalle e ai piani superiori del castello. Mi hanno detto di aver notato che, all’alba, quei soldati misteriosi sembravano meno vigili, quindi si erano accordati per agire in quel momento. Hanno lasciato le loro mansioni e sono usciti in cortile per venire a liberarmi. Due di loro hanno distratto i soldati. Sono morti entrambi»
Caspian si interruppe, la voce venata di amarezza.
«Gli altri, intanto, sono riusciti a liberarmi. Con due di loro ho scalato i bastioni a nord, quello che danno sul mare»
Guardò Hermione e lei gli fece un cenno con il capo, per dimostrargli che aveva capito.
«Abbiamo fatto credere ai soldati di esserci calati con delle corde. Hanno reagito molto più lentamente di quanto mi aspettassi… I miei uomini avevano ragione. Hanno progettato molto bene la fuga: stavo per calarmi oltre il parapetto, quando uno di loro mi ha tirato indietro ed è sceso al posto mio. L’altro mi ha spinto a correre sui bastioni, in piena luce. Credevo fosse una pazzia, e invece… i soldati sono arrivati lentamente e alcuni di loro si sono sporti oltre il parapetto, lanciandosi direttamente in mare»
Hermione sussultò.
«Ma… il castello è altissimo sul mare! Non è possibile sopravvivere a un salto del genere!»
Caspian scosse il capo.
«Concordo pienamente, eppure… Sono pronto a giurare che quei soldati hanno qualcosa di sovrannaturale. Dubito siano morti. Non si sarebbero mai lanciati nel vuoto così»
«E tu?» mormorò lei, stringendogli la mano.
«Dai bastioni siamo entrati a palazzo da una porta sul lato nord. È il lato meno protetto, proprio perché alle spalle c’è lo strapiombo sul mare. Sicuri che ci avrebbero cercati, siamo saliti nelle soffitte»
Lei aggrottò la fronte e lui spiegò:
«Ci è sembrato il posto meno probabile dove potessero cercarci. Non ci sono vie di uscita, se non i tetti. Se cercassi qualcuno in fuga, mi aspetterei di vederlo correre verso un’uscita»
Lei annuì, ma poi disse:
«Caspian, è stata una scelta sconsiderata. Ti sei tagliato da solo le vie di fuga. E se vi avessero trovati?»
«Ci hanno trovati» commentò lui, amaramente «Dopo un paio d’ore. Stavano evidentemente battendo il castello, ma penso abbiano controllato le soffitte per scrupolo: di certo non pensavano che fossimo lì e il vantaggio è stato che solo un paio di soldati sono saliti fino a noi. Abbiamo lottato, ma eravamo deboli e feriti. Alla fine, siamo usciti sul tetto. In piena luce, ho notato anche io che quei combattenti sembrano bloccarsi. Ne ho spinto giù uno, ma giurerei che non è morto…»
Caspian scosse il capo, assorto, quindi proseguì:
«Comunque, ci siamo fatti strada dai tetti. Non si sono accorti di noi, ma sapevamo che stavamo facendo qualcosa di molto rischioso. Siamo saltati a terra vicini alle scuderie e abbiamo lottato per due cavalli. Il sole, o l’azione di sorpresa… Non so, mi sembra ancora incredibile essere riusciti a raggiungere due animali, nelle condizioni in cui eravamo. Comunque, abbiamo galoppato velocissimi verso il ponte levatoio, ma abbiamo dovuto attraversare allo scoperto il cortile. Inutile dirvi che ci hanno visti. Ma… mentre abbassavano la grata che chiude l’accesso, il mio soldato si è lanciato contro il soldato che manovrava l’argano, sbilanciandolo. Mi ha regalato quei secondi che sono serviti a farmi infilare nello spazio aperto»
Il re tacque di nuovo e nessuno osò chiedere cosa fosse successo al soldato.
«Cavalcai verso la foresta, a perdifiato» riprese lui «Li sentivo, dietro di me. Erano tantissimi. Spronai il cavallo ancora e ancora… Ricordo che avevo sete e fame. Che le ferite pulsavano. Non so per quanto resistetti. Attraversavo zone di luce e parti di bosco fittissime, persi l’orientamento… Li sentivo dietro di me; poi sparivano. Poi tornavano. Ricordo di aver trovato un corso d’acqua e di averlo attraversato… Ricordo le montagne. Tornai indietro, perché i precipizi lungo quel tratto di fiume sono insidiosi. E poi… non so quando, ma caddi da cavallo. Ricordo che le forze mi abbandonavano… E mi sono svegliato qui»
 
«Per tutti i Boccini d’oro!» fece Ginny, dopo qualche secondo «Sei stato coraggioso!»
Lui scosse il capo.
«Devo tutto ai miei uomini. E loro…»
Gli mancò la voce e Hermione gli strinse la mano.
Si guardarono.
«Se penso a cosa poteva succederti…» bisbigliò lei, angosciata.
La Preside si schiarì la voce e tutti riportarono l’attenzione su di lei.
«Non vorrei sembrare cinica, ma per fare un bilancio… Mi sembra che in moltissimi narniani siano…»
Caspian annuì bruscamente.
Lei non insistette.
Giocherellò pensierosa con una piuma posata sul suo tavolo e poi disse:
«Colleghi, pensate occorra avvertire il Ministero della Magia?»
Tra i ritratti dei Presidi si scatenò subito un vivace dibattito, presto risolto dalla voce autorevole di Silente:
«Sì, Minerva. È il momento che il Mondo Magico prenda coscienza delle altre realtà magiche»
«Ma cosa comporterebbe per Narnia?» chiese Caspian.
«Ottima domanda» rispose, brusca, la Preside «Di sicuro, per il Ministero saranno dei bei grattacapi»
«Suggerirei, se posso, di informare per il momento solo il Ministro della Magia» la voce gelida di Severus Piton aleggiò nella stanza «Direi che il suo consiglio, per ora, può essere sufficiente»
Silente annuì.
«Sono propenso a concordare»
«Sì…» anche Phineas Nigellus fece sentire la sua voce «Evitiamogli un infarto… almeno per oggi»
La McGranitt annuì.
«Benissimo, avvertirò Shacklebolt. Per il resto… che si fa?»
«Caspian non può tornare a Narnia!» fece Ginny, incapace di restare in silenzio.
Non ce la faceva a vedere Hermione così felice e a pensare che potevano portarle via di nuovo il suo re.
«Signorina Weasley, grazie per l’appassionata difesa» rispose la Preside «Non stavo certo suggerendo di rispedirlo al mittente, data la situazione… Soprattutto perché, francamente, anche volendo non saprei come fare!»
Caspian, però, sorrise a Ginny.
«Ti ringrazio. Per quanto mi sconcerti e mi ferisca ammetterlo, Narnia…» sospirò «Narnia non esiste più al momento. Ma io tornerò e la sottrarrò al giogo di quegli usurpatori, fosse l’ultima cosa che faccio!»
«Certo!» concordò Hermione «E io vengo con te!»
 
A quelle parole, scoppiò un tumulto.
«Tu non vai da nessuna parte!» esplosero insieme Harry e la McGranitt.
Ginny cercava di tirare la manica del suo ragazzo, per invitarlo alla calma, mentre Hermione inalberava la sua espressione più testarda.
«Non sarai certo tu a dirmi cosa posso o non posso fare, Harry!» ruggì «Che poi, tra parentesi, non sei tu quello che ha gonfiato sua zia, è scappato di casa, ha infranto dieci miliardi di regole della scuola, ha creato un Gruppo di Difesa Contro le Arti Oscure illegale, secondo i canoni del Ministero e poi…»
«Ehi!» fece Ginny, arrabbiata «L’ES è stata un’idea tua, veramente!»
«Comunque il punto non è questo!»
Harry cercava di tornare al punto e Caspian tratteneva Hermione, che aveva un’aria omicida, e la McGranitt strillava coinvolgendo tutti indiscriminatamente, ma fu Ron a mettere inavvertitamente fine alla discussione.
«Hermione!» tuonò, sovrastando la voce di tutti «Si può sapere come ragioni? Sei incinta, miseriaccia
 
Il silenzio calò improvvisamente nello studio.
La Preside trattenne bruscamente il fiato, Harry chiuse gli occhi.
Caspian si voltò verso Hermione, incredulo.
«Cosa?» disse, con gli occhi sgranati «Tu…»
La fissava, senza parole, mentre Ginny insultava urlando il fratello:
«Idiota! Sei un… un… un babbuino, Ron! Perché non puoi farti i fatti tuoi, per Merlino?»
Harry cercava di calmare Ginny, mentre la McGranitt urlava di fare silenzio, inutilmente.
Ci pensò Hermione: estrasse la bacchetta e Schiantò Ron in un unico movimento.
Mentre il corpo del più giovane maschio dei Weasley crollava sul tappeto, lei alzò il naso in aria e disse:
«Ron, sei un idiota! Caspian, vieni, usciamo un momento…»
Lo prese per mano, mentre lui la fissava ancora senza parole, e lo trascinò fuori dalla porta.
 
Nello studio, Harry, Ginny e la McGranitt si guardarono sconsolati.
 
 
*
 
«Tu. Sei. Incinta.» scandì Caspian per la centesima volta, ancora attonito.
 
Lui e Hermione erano seduti per terra, in cima alla Torre di Astronomia.
Sopra di loro, il cielo nero era punteggiato di una miriade di stelle luminose.
La notte era quieta e un venticello leggero accarezzava Hogwarts e i suoi terreni.
Stretta tra le braccia di Caspian, a Hermione sembrava di sognare.
Erano di nuovo insieme.
Sebbene fosse immensamente triste per Narnia, in quel momento era felice.
Perfettamente felice.
Si sentiva egoista: sapeva che nella sua vita tante cose andavano ancora sistemate – non ultima, la questione dei suoi genitori – e che in quella di Caspian erano appena accadute cose terribili.
Eppure… erano insieme.
Pregò Aslan, nel suo cuore, che non li dividesse più.
 
«Hermione» mormorò Caspian, toccandole dolcemente il braccio e riscuotendola dai suoi pensieri «Dimmi che è vero»
Lei rise, felice, affondando il viso nella camicia di lui.
«Ma certo che è vero! Te l’ho assicurato mille volte! È vero, verissimo! Aspettiamo un bambino!»
Lui la strinse forte, togliendole il fiato.
«Aspettiamo un bambino!» mormorò tra i suoi capelli «Non mi sembra vero! Oh, Aslan, grazie!»
«Sì!» Hermione alzò gli occhi alle stelle «Grazie, grazie Aslan! E grazie per avermi ridato Caspian!»
Lui si fece improvvisamente serio.
«Ma allora, tutto quello che ci è successo… Io non capisco, Hermione! Quando mi sono svegliato e tu non eri accanto a me, quella mattina… Pensavo di impazzire!»
Lei annuì.
«Dillo a me! Ero pronta a rinunciare a tutto, ero sicura della mia scelta come non mai… e mi sono svegliata qui! Credevo fosse un incubo! Ho passato dei mesi orribili! Ero scontrosa e apatica, non facevo più nulla… ero così disperata!»
Lui la abbracciò stretta.
«Non preoccuparti, siamo insieme ora… Non pensarci più!»
«Ma io ho paura! Cosa farò domattina, se non sarai più con me?»
«Sarò qui, amore» mormorò, baciandole i capelli «Ascolta: ho pensato mille volte che Aslan voleva punirmi per il mio comportamento, per gli errori che ho fatto governando, per aver dato priorità ai miei sentimenti piuttosto che a Narnia. Ma ora… Tu pensi che Aslan ci avrebbe fatti incontrare di nuovo, che ci avrebbe donato un figlio, se non ci amasse? Se non volesse il nostro bene?»
Lei esitò.
«No, non lo penso… Ma ne ho quasi paura. Ho paura di convincermi che sia così, perché questo è il mio più grande desiderio… Ma di scoprire poi che invece…»
«Hermione! Tu aspetti il mio bambino! L’erede di Narnia!»
La scosse leggermente, incredulo.
Lei, però, sembrava spaventata.
«Caspian… Pensi che Aslan ci abbia donato un figlio perché sapeva del pericolo che Narnia stava per correre?»
Lui restò senza parole, ma poi annuì.
«Forse… E se fosse così, allora tu non sei sparita per caso»
«Cosa vuoi dire? Aspetta… Pensi sia stata Lilliandil?»
Lui aggrottò la fronte.
«O Ramandu. Sai, avevi ragione, ci ho pensato molto. Chiaramente non sono tornati ad essere emissari di Aslan, ma allora da dove viene il loro potere? Visto che è di sicuro un potere malvagio, perché ha tenuto Aslan lontano da Cair Paravel, perché non dovremmo pensare che è stato quel potere a rimandarti a casa?»
Hermione sospirò.
«Mi sembra plausibile…»
Il silenzio scese tra loro, mentre entrambi rifletterono.
«Caspian» chiese poi Hermione «Cosa facciamo adesso?»
«Ci sposiamo» rispose lui senza esitazione.
Lei lo guardò come temendo che fosse impazzito.
«Cosa?» strillò.
Lui le chiuse gentilmente la bocca con una mano e le baciò il naso.
«Ehi, tu aspetti un figlio! Mio figlio! Certo che ci sposiamo! E presto, anche!»
«Ma… Ma ti sembra il momento di pensare al matrimonio?»
«Hermione, cosa stai dicendo? Abbiamo concepito un bambino fuori dal vincolo del matrimonio! Certo che mi sembra il momento!»
«Non essere retrogrado! Non lo abbiamo mica fatto con l’intenzione di fare un figlio!»
Lui la fissò con uno sguardo penetrante.
«Durante il tuo primo viaggio a Narnia hai accettato di sposarmi, giusto?»
«Sì, ma…»
«E pochi mesi fa, quando sei tornata, hai detto che vuoi sempre sposarmi, giusto?»
«Ma io voglio sposarti! Solo che non mi sembra la priorità, adesso!»
«Ti sbagli» rispose lui, semplicemente «Tu sei la mia priorità»
Lei restò senza parole.
«Ma Narnia…»
Le accarezzò dolcemente un braccio.
«Amo Narnia con tutto il cuore. E amo anche te, sopra ogni cosa. Avrei voluto sposarti a Cair Paravel e posarti sul capo la corona che indossava mia madre… Ma ovunque saremo, per me sarai sempre la sovrana di Narnia. E io voglio solo stare con te»
Lei deglutì, commossa.
«Pensavo volessi prima cercare un modo per tornare. Non ho mai pensato… Non ho mai pensato che saresti stato tu a venire sulla Terra!»
«Lo so… E me ne vergogno! Perché il mio egoismo è smisurato… Voglio te e voglio Narnia… Ma perché devi essere tu a rinunciare al tuo mondo, alla tua famiglia e ai tuoi amici?»
Lei sgranò gli occhi.
«Ma tu sei un re!»
Caspian le prese il viso tra le mani e la guardò negli occhi.
«Ma io non valgo più di te, amore mio! Noi due siamo pari e abbiamo gli stessi diritti! Sapessi quante volte mi sono rimproverato per il mio egoismo! Avrei dovuto dire ad Aslan che volevo venire qui, con te, e proteggerti nella guerra che hai combattuto! Ma non l’ho fatto, perché…»
«Perché era giusto così» lo interruppe lei, categorica «No, ascoltami! Mi manca solo l’ultimo anno di scuola e poi sarei pronta a costruirmi una vita. Ma io una vita ce l’ho già ed è con te. E con nostro figlio. Non sono come i miei compagni, Caspian! Non ho l’ansia di scegliere un lavoro, di decidere se vivere nella Londra magica o in quella babbana! Io so già cosa voglio! E, per quanto io ami la mia casa e il mio mondo… Narnia ha bisogno di te»
«E di te» mormorò lui, commosso «Grazie, amore mio»
«Farei qualunque cosa, per te» rispose lei, sincera «Tornerei a Narnia ora, se sapessi come fare. Posso solo immaginare quanto devi aver sofferto ed è una cosa che non posso tollerare!»
 
Malgrado Caspian non desiderasse altro che tornare a Cair Paravel ed espugnare la fortezza a mani nude, si costrinse a fare un cenno negativo con il capo.
«Hermione, io desidero con tutto il cuore tornare a casa e riportare la pace a Narnia, cacciando gli usurpatori. Ma non così, non ora. Senza una possibilità! Soprattutto, non con te in queste delicate condizioni. Ma io, lontano da te, non voglio più stare» 
Lei lo guardò.
«Davvero?»
«Ma certo! Cosa pensavi? Che ti avrei lasciata qui e sarei tornato a casa?»
Lei si strinse a lui.
«No, certo che no… Vorrei solo che non ti trovassi di fronte a una scelta così drammatica. Non potremo mai essere in due posti contemporaneamente»
«Lo so. Ma se saremo insieme, andrà bene ovunque»
Lei lo guardò, scettica.
«Hermione… Narnia potrebbe non esistere più» bisbigliò allora il re.
Ma Hermione scosse il capo.
«Narnia esisterà sempre, perché Aslan non la abbandonerà mai»
Sentì il re accarezzarle i capelli.
«Vedi perché sarai una meravigliosa regina? La tua fede è più forte della mia!»
«Io so che Aslan ti ama, Caspian, e so che ama Narnia. Ci farà tornare, per liberarla. Non permetterà che resti nelle mani di due spergiuri come Lilliandil e Ramandu!»
Lui chiuse gli occhi.
«Qualunque cosa accada, mi basta sapere che tu sarai con me e che potrò sempre rivolgermi ad Aslan. Prego di non deluderlo più»
«Non lo hai mai deluso, ne sono certa!»
«Non ho salvato Narnia» bisbigliò, affranto.
«Ma come potevi, amore? Non puoi prenderti la responsabilità di tutto, anche di quello che è fuori dal tuo controllo!»
Improvvisamente, lui le posò una mano gentile sulla pancia.
«Invece io voglio prendermi le mie responsabilità»
Pur sapendo che un peso oscuro gravava sull’anima del suo re, Hermione rise di gioia, ma non poté trattenersi dal chiedere:
«Non vuoi aspettare che torniamo a Narnia?»
Lui scosse il capo.
«Potremmo non tornare più. Sarà come Aslan desidera… Ma quello che è in mio potere, ti prego, lascia che io lo faccia! Non possiamo decidere di apparire adesso a Narnia, ma possiamo decidere cosa è giusto per noi due»
Lei sorrise, emozionata.
«Ti ho già detto di sì, davanti ad Aslan»
Lui annuì.
«Per me è come se ti avessi sposata quel giorno»
Le prese la mano sinistra: all’anulare, brillava l’anello con sigillo del padre di Caspian.
Le loro dita si intrecciarono dolcemente.
«Anche per me» mormorò lei, protendendosi a baciarlo.
«Vuoi sposarmi di nuovo, per favore?» chiese lui teneramente.
«Sì» esultò lei «Sì e sì, lo vorrò sempre!»
 
*
 
Lontano, il cielo si illuminò di un improvviso bagliore, ma i due innamorati non lo notarono, presi com’erano l’uno dall’altra.
 
Ma un vento gelido spazzò la Foresta di Hogwarts.
 
 

***
Buon pomeriggio, carissimi lettori!
Perdonate il ritardo con cui aggiorno, spero abbiate letto tutti l'avviso sulla mia pagina Facebook: sono in vacanza senza il mio pc con me, quindi aggiornare a volte è difficile!
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Perdonate il ritardo, godetevi l'estate e buona lettura!
Joy

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Capitolo 17
*** Migliori amici, sopra ogni cosa ***


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Buon compleanno, Ben





Di cose strane ne aveva sentite molte, Minerva McGranitt.
 
Innanzitutto era una strega, quindi fatti al di fuori dell’ordinario per lei erano consuetudine.
Poi, era un Animagus: uno dei pochissimi in quel secolo, quindi una rarità.
Non in ultimo, aveva scelto di insegnare in una scuola come Hogwarts, piena di ragazzi con poteri magici.
Non si può dire che le sue giornate fossero ordinarie.
Veniva bombardata di richieste, idee e scuse folli, ogni giorno.
Ma, certo, doveva ancora capitarle che la sua più brillante studentessa si presentasse alla porta del suo studio all’alba, dopo una notte insonne e complicata, che aveva portato da loro il sovrano di un mondo magico e lontano – per di più, mentre lei cercava di ultimare la preparazione di un test di Trasfigurazione - per chiederle un permesso speciale per uscire da scuola e andare a…
 
«Sposarvi!» tuonò la McGranitt, mentre la pila di fogli per il compito in classe rovinava a terra.
Caspian e Hermione sorrisero, serafici.
Sembravano chiusi in una bolla impermeabile di felicità.
La strega più giovane mosse la bacchetta e i fogli tornarono ad impilarsi, ordinatissimi, sulla scrivania.
Quindi guardò la Preside e annuì.
«Ma… ma…» Minerva non sapeva cosa dire «Ma vi sembra il caso? Siete così giovani!»
«Siamo giovani, ma siamo molto sicuri» rispose Hermione «Davvero, Professoressa, non si preoccupi per noi»
«Come faccio a non preoccuparmi?» strepitò l’altra «Hai appena combattuto una guerra! Devi ancora prendere il M.A.G.O.! Hai un futuro brillante davanti a te!»
«Ho un futuro felice davanti a me» rispose Hermione, pacata.
«Hermione, come fai a saperlo? Ora magari ti sembra tutto bello e facile, ma la vita non è così! È imprevedibile e tu devi pensare a te stessa e…»
Gli occhi di Hermione brillarono, decisi.
«Professoressa, mi perdoni ma io la penso diversamente. Ho scoperto che lo studio non è tutto nella vita, per prima cosa. C’è qualcosa che mi rende immensamente più felice e più completa che sgobbare sui libri. Per il resto… Certo, siamo giovani. Ma io ho affrontato una guerra e Caspian ne ha combattute già due. Non siamo due sventati, sappiamo a cosa andiamo incontro e siamo certi dell’impegno che vogliamo assumere. Tra l’altro, io non posso pensare solo a me stessa, visto che aspetto un figlio. Mio figlio verrà comunque prima di tutto il resto»
La Preside di Hogwarts aprì la bocca per un paio di volte, senza riuscire a formulare una frase completa.
Guardava Hermione, così fiera e sicura di sé, e pensava che non l’aveva mai vista così donna.
All’improvviso, cogliendoli tutti di sorpresa, dal muro Silente disse:
«Minerva, non essere egoista»
La McGranitt fece una smorfia, quindi rispose:
«Oh, d’accordo, Albus! Va bene, signorina Granger, lo ammetto… Speravo che dopo il M.A.G.O. saresti rimasta a Hogwarts e avresti preso la cattedra di Trasfigurazione. Lo ammetto, ci speravo! Devo trovare qualcuno che mi sostituisca e, francamente, non vedo chi altri se non tu…»
Hermione sgranò gli occhi.
«Io? Oh, ma…»
«Sì, certo, tu. A chi pensavi? A Gregory Goyle?»
Hermione ridacchiò e la Preside si concesse un sorrisino.
«Non avrei dovuto dirlo, dimenticalo. E va bene. Cos’altro posso dire? Non è che io sia contraria, in generale… E poi avrete un figlio, per cui… Ma non penserai mica di lasciare Hogwarts, vero?»
Per la prima volta, Hermione parve indecisa.
«Non so. Io non vorrei, ma come potremmo fare? Caspian, che ne dici?»
Lui, che fino a quel momento era rimasto in silenzio per rispetto del profondo affetto che aveva intuito legare le due donne, rispose:
«Non sono molto pratico di scuole, ma mi sembra di capire che qui vivano solo studenti e professori, giusto?»
«E fantasmi, quadri animati, armature magiche… Ma sì, a conti fatti sì» sospirò la Preside.
«Ha detto… fantasmi?» esclamò lui.
Hermione gli strinse dolcemente la mano.
«Penso che la cosa migliore sia trovarci una casa altrove»
«Ma Hermione! Almeno finisci gli studi!» la McGranitt si rivolse a Caspian «Se la conosci davvero, sai che per lei lo studio è importante! Non dovrebbe rinunciarvi!»
Lui annuì.
«Sono d’accordo. Amore, sappiamo entrambi che ti dispiacerebbe troppo»
«Ma come farò con il bambino? Nascerà comunque prima della fine di giugno!»
«In qualche modo faremo» commentò la Preside, decisa «Insomma, sei una degli eroi del Mondo Magico! Potremo ben istituire una sessione speciale di esami per te, no?»
Hermione parve scandalizzata e la Preside si affrettò ad aggiungere:
«Non ti faremo certo sconti! Dico solo una data che tenga conto del… delle condizioni, ecco»
Hermione sembrava comunque senza parole, ma Caspian ringraziò la Preside:
«Grazie per la sua comprensione, la apprezziamo davvero moltissimo»
Lei annuì, brusca.
 
Insomma, non doveva mostrare così chiaramente i suoi sentimenti!
Eppure non riuscì a trattenersi:
«Che ne direste di restare nel castello, se vi assegnassi un appartamento privato?»
«Un appartamento?» Hermione era scettica «È un’offerta davvero generosa, Professoressa, ma temo che creerebbe malcontento tra i miei compagni»
«Nessuno di loro è sposato!» esclamò l’altra.
«Vero, ma mi sembra comunque un trattamento di favore… Lei è davvero gentile e io non so come ringraziarla, ma non deve esporsi in questo modo per me!»
«Hermione» la Preside riordinò distrattamente i fogli sulla sua scrivania «Non abbandonare la tua strada, ti prego»
«Non intendo farlo! Ma la mia strada non è fatta di solo studio»
Hermione sorrise gentilmente e la McGranitt annuì.
Sapeva di non poterla trattenere, sapeva che non era giusto…
Eppure provava uno strano senso di vuoto.
 
«Se posso avanzare una proposta…» la voce allegra di Silente distrasse i tre interlocutori «Cosa ne pensi, Minerva, di offrire a Caspian una cattedra in Storia della Magia di Narnia?»
Un silenzio attonito accolse quelle parole.
Una degli ex Presidi di Hogwars, Dilys, batté le mani entusiasta dalla sua cornice.
«Ottima idea, Silente! Ah, una ventata di novità è proprio quello che ci vuole, dopo tutto quello che questa scuola ha passato! E poi, un così bel giovane! Ah, rimpiango di non essere una studentessa!»
Strizzò l’occhio a Caspian e lui arrossì.
«Ecco, io…» borbottò «Non so se ne sono capace…»
«Ma non si era detto di parlare al Ministro della Magia di Narnia in via riservata?» obiettò Piton, sempre con il suo caratteristico tono sardonico «Mi sembra che tu stia affrettando i tempi, Silente!»
«Niente affatto!» rispose l’altro, allegro «Narnia è attestata nei libri, esiste! Quindi insegnare la sua storia a scuola non può essere un male! Certo, poi, quanto a far riconoscere al mondo che il suo re è giunto tra noi sarà un paio di maniche, per la nostra politica!»
«Hum» la McGranitt ponderò il suggerimento «In effetti, non mi dispiacerebbe svecchiare le lezioni di Storia della Magia… Se proprio non una cattedra nuova, potremmo magari pensare a un ciclo di lezioni di approfondimento… Che ne dite?»
Dilys proruppe in grida di giubilo, molti dei Presidi annuirono.
Prevedibilmente, Piton e Phineas Nigellus storsero il naso.
Hermione guardò Caspian, raggiante.
«È una cosa stupenda!» esclamò.
Lui sembrava preso in contropiede.
«Non saprei, ecco…»   
«Ma sì Caspian, non preoccuparti, sarà semplicissimo» tagliò corto la Preside, tornando ai suoi modi spicci «Non diremo a nessuno che sei di Narnia, ovviamente. Sarai semplicemente uno… specializzando in Discipline Storiche della Magia Comparata, che ne dite?»
Cenni d’assenso da tutti, soprattutto da Hermione.
«I vantaggi, a mio avviso, sono che potrai restare accanto a Hermione e che Madama Chips potrà continuare a curarti quelle ferite che si riaprono da sole»
Quella mattina, Hermione e Caspian erano già passati in infermeria per prendere del Dittamo, dato che lui aveva ricominciato a sanguinare all’improvviso.
Il re sospirò e guardò Hermione.
«Che ne pensi… Oh, bene, sei d’accordo, lo vedo» le sorrise «Va bene, accetto. La ringrazio molto»
La Preside annuì.
«Hermione, pensa a quello che ti ho detto sulla Trasfigurazione, d’accordo? Ora che diventerai madre, un lavoro non a tempo pieno potrà esserti utile»
«Ma Hermione non dovrà lavorare!» Caspian sembrava scandalizzato.
La McGranitt storse il naso.
«Se rimanete qui, invece sì» lo contraddisse «Qui non ci sono privilegi regali e le persone lavorano per sopravvivere, mio caro. Hermione, portalo in giro e spiegagli la situazione. Poi fai colazione: devi mangiare, nelle tue delicate condizioni. E poi hai lezione»
Lei si morse un labbro.
«Posso saltare le lezioni oggi, per favore?»
 
La McGranitt la guardò come se lei avesse annunciato di voler ridipingere la facciata del castello di rosa shocking.
«Penserò alla sua gentile offerta, davvero, ma adesso Caspian ha bisogno di me più di quanto io ne abbia delle lezioni»
La Preside si sforzò di non cadere sulla poltrona per lo stupore.
Insomma… ma quando mai Hermione Granger aveva chiesto di essere esentata dalle lezioni?
Bofonchiò comunque un assenso, controvoglia.
«Per la questione dell’alloggio, invece…» continuò la ragazza «Cosa ne pensa se cercassimo a Hogsmeade? Così saremmo vicini, ma senza alterare gli equilibri di Hogwarts»
«Più di così, vuoi dire?» mugugnò la Preside, ma poi annuì.
«Va bene»
Hermione sorrise.
«Grazie. E… Preside?»
«Cos’altro c’è?»
«Verrebbe al nostro matrimonio?»
Alla McGranitt cadde la mascella, poi tossì per nascondere la commozione.
«Quando…»
I due si guardarono, sorridendo.
«Vorremmo provvedere alle licenze necessarie il più presto possibile»
«Definisci “il più presto possibile”» fece la Preside, seccamente.
«Bè…oggi»
«OGGI?! Oh, per tutti i rospi cornuti! Va bene… va bene! Ora andate via, prima che vi permetta di capovolgere questa scuola!»
I due uscirono ridendo, perfettamente consapevoli che la professoressa era felice ed emozionata, anche se faceva fatica a manifestarlo.
Sulla porta, la sentirono esclamare:
«E Potter? E i due Weasley? Immagino che vorrai che vengano anche loro… Oh, per Morgana! Spero che non tutte le mie giornate da Preside comincino così!»
Hermione uscì ridendo.
 
*
 
Dirlo agli altri provocò reazioni altrettanto commosse.
 
Ginny scoppiò a piangere di gioia, Harry rimase senza parole mentre le sua ragazza abbracciava Hermione fino quasi a soffocarla.
Caspian intervenne per salvare la sua fidanzata, sorridendo.
«Ma quando…» chiese Harry, dando dei colpetti rassicuranti sulla schiena di Ginny.
«Non abbiamo molto chiari i tempi, ma il prima possibile. Oggi stesso vorremmo avviare le pratiche al Ministero e…»
Ginny scoppiò di nuovo a piangere e si lanciò addosso a Hermione.
Lei le diede dei colpetti affettuosi in testa.
«Oh, dai, Ginny, non piangere! Vorresti essere la mia damigella?» le chiese.
Ginny pianse più forte che mai e Harry intervenne a staccarla con decisione dal collo di Hermione.
«Direi che ne è molto felice. Ma… ma resterai qui?»
Hermione annuì, decisa.
«La McGranitt ci ha offerto un alloggio nel castello e ha proposto a Caspian di tenere un corso sulla storia di Narnia. Ora, per quanto riguarda l’alloggio abbiamo pensato di cercare qualcosa a Hogsmeade; per il resto, invece… ecco a voi il nuovo docente di Storia della Magia!»
Caspian arrossì all’udire il tono orgoglioso di Hermione.
«Piccola, davvero, io non ho idea di come si faccia a tenere delle lezioni!»
«Ah, quanto a questo non preoccuparti» intervenne Harry «Storia della Magia è il corso di Rüf e non potrai mai essere più noioso di lui! È un fantasma, sai… un giorno è morto in Sala Professori ma il suo fantasma è andato comunque in classe a fare lezione e questo la dice lunga!»
Caspian sembrava atterrito; Hermione lanciò un’occhiataccia a Harry.
«Harry, smetti di spaventare Caspian e piuttosto accompagnalo a cercare Rüf!»
«Tu dove vai?» chiese subito il re «Ti senti bene?»
«Benissimo» sorrise lei, accarezzandogli la guancia «Sbrigo solo una piccola commissione e poi sono tua per tutto il giorno»
«Mi sembra un’idea fantastica»
Il sorriso che Caspian le rivolse era così adorante da far arrossire Ginny.
«A dopo, amore mio»
Lei gli mandò un bacio e lo salutò con la mano.
Quindi si voltò verso Ginny e la vide fissare a bocca aperta i due ragazzi che si allontanavano.
«Ehi» le diede una gomitata scherzosa «Voglio sperare che sia Harry, quello che guardi a bocca aperta!»
Ginny ridacchiò, sbarazzina.
«Oh, suvvia, Hermione: non dirmi che non sai quanti commenti si sprecheranno sul tuo affascinante fidanzato, qui a scuola!»
Hermione storse il naso.
«Non ricordarmelo. Fortuna che ci sposiamo prestissimo!»
«Resta comunque un gran figo!» Ginny le fece l’occhiolino, maliziosa.
«Piantala!» Hermione scoppiò a ridere «O lo dico a Harry!»
«Per carità! Tra lui e Ron mi hanno già chiesto almeno trenta volta – in tono fintamente casuale e a turno – se penso che Caspian sia carino»
«Carino?» si offese Hermione «Lui è molto più che carino!»
«Sì, ma non potevo certo dirlo a Harry! In compenso, però, l’ho detto a Ron!» Ginny ridacchiò, divertita «Così imparano a fare gli idioti quando Fleur entra in una stanza!»
Anche Hermione rise, ma poi Ginny le chiese:
«Cosa pensi di dire a tutti, qui a scuola? Che vi siete sposati? O non lo direte a nessuno?»
L’amica esitò un attimo, ma poi rispose:
«Lo diremo, credo. Non ha senso nasconderlo, soprattutto visto che vivremo praticamente qui dentro. Non intendo nascondermi nel bagni con mio marito, per Morgana!»
«Ma se lui è un professore…»
«Ma è per finta, Ginny! E poi io non frequento Storia della Magia!»
«Sì» sospirò la rossa «Ma vedrai i pettegolezzi…»
«Già… Bè, me ne preoccuperò dopo. Ora ho un problema più pressante»
«Trovare un vestito?»
«No. Parlare con tuo fratello»
Ginny storse il naso.
«Oh, cavolo. In bocca al lupo, allora!»
 
*
 
Hermione trovò Ron in un angolo del cortile, poco prima che suonasse la campanella della prima ora.
 
Era con degli amici Grifondoro e con Luna Lovegood.
Lavanda era in disparte ma non perdeva una parola della conversazione.
Quando Hermione si avvicinò gli amici salutarono entusiasti, mentre Ron mise su il broncio.
Lei rispose ai saluti ma poi lo guardò dritto negli occhi e chiese, pacata:
«Ron, posso parlarti?»
Lui arrossì ma non osò rifiutare.
Si allontanarono insieme e in molti si diedero di gomito, scommettendo su una nuova coppia.
Lavanda chiuse gli occhi, triste, e si allontanò da sola.
 
Hermione e Ron passeggiarono in silenzio finché non si udì la prima campanella.
A quel punto, Ron si fermò sbuffando:
«Ok, Hermione, avanti. Fammi la sfuriata che mi merito e poi lasciami andare, che ho lezione di Pozioni»
Lei scosse il capo.
«Non voglio farti una sfuriata»
Lui parve scettico.
«Vuoi lanciarmi una Fattura?»
«No!»
«Ma come? Non sei arrabbiata perché ho detto al tuo principino del… della… insomma… che sei…»
«Che sono incinta?» lei lo fissò con occhi limpidi e lui arrossì «Sì, sono arrabbiata perché era giusto che glielo dicessi io: è una cosa troppo importante e preziosa. Ma non voglio rinfacciartelo, né tantomeno punirti se è quello che temi»
«Allora cosa vuoi?»
«Voglio che mi dici perché ce l’hai con me» rispose subito lei.
Ron fece correre lo sguardo in giro, poi borbottò:
«Non ce l’ho con te»
«Invece sì»
«Invece no!»
«Ronald, ora chiariamo una cosa» disse lei, inflessibile «Puoi guardarmi in faccia o guardarti i piedi, se preferisci, ma sei uno dei miei due migliori amici e, se permetti, a me non piace avere questioni irrisolte con te»
Lui alzò lo sguardo con rabbia, rosso come una Pluffa.
«Tu…»
Lei attese.
Per qualche minuto, Ron parve indeciso.
Poi sospirò.
«A che serve? Ormai sei…»
Non finì la frase, ma fece un gesto vago con la mano.
«Incinta?» chiese lei.
Lui non rispose ma fece una smorfia eloquente.
«Sì, sono incinta. Non dirlo come se fosse una cosa brutta»
«Ma Hermione, è una cosa brutta! Miseriaccia, hai solo diciotto anni! Non hai nemmeno preso il M.A.G.O.! Che ne è di quella Hermione che voleva liberare gli Elfi Domestici, che voleva riformare il Ministero?»
Lei sorrise.
«È sempre qui. Sono sempre io»
«No, non è vero» lui scosse il capo, triste «Non sei più tu e lo sai»
Hermione gli prese la mano.
«Ron, certo che sono io. Sono sempre Hermione, quella che hai conosciuto qui a Hogwarts. Però la vita ci mette di fronte a situazioni che non ci aspetteremmo mai, ci cambia. È successo a tutti noi, mi pare!»
«A te di più» bisbigliò lui «Eri già cambiata»
«Sì» sospirò lei «Prima della guerra, ero già diversa. Ma, Ron… Quello che mi è successo, la mia fantastica avventura a Narnia, mi ha cambiata in meglio. Ho scoperto una parte di me che ignoravo, ho trovato la felicità! Non sei contento per me?»
«Non voglio che tu sia felice lontana da noi» bisbigliò lui, dopo qualche minuto.
«Oh, Ron» a Hermione si riempirono gli occhi di lacrime «Neppure io! Io spero che potremo restare insieme, perché l’idea di lasciarvi mi fa troppo male! Ma…»
«Ma c’è qualcuno che conta di più, per te» completò lui, guardando lontano.
Lei gli strinse la mano e annuì.
«Ci sono due persone senza la quali non posso vivere ormai, Ron. Ma non perché voi siate meno importanti… è solo che, ad un certo punto, la vita si trasforma e ti mette di fronte a qualcuno che è metà della tua anima. Questo non sminuisce voi, assolutamente! Ma Caspian… mi completa. È una parte di me. Io non posso stare senza di lui»
Ron tacque a lungo, poi disse:
«Sei così giovane e…»
«Ron, non c’è età per queste cose! Lo vedrai, quando succederà a te!»
«No» lui si voltò, rabbioso, e la prese per le spalle «Hermione, non dirmi che toccherà anche a me, che me lo merito perché sono una persona speciale, che sarà bellissimo! Non dirmelo! A me non succederà!»
Lei rimase immobile.
«Ron, non fare così…»
«Così come? Perché, non vuoi sentirti dire che…»
«Cosa?»
Lui la lasciò di scatto.
«Che poteva… essere diverso» bisbigliò.
Hermione si fece avanti e lo abbracciò; lui rimase immobile.
«Oh, Ron» sospirò lei «Dici così perché i cambiamenti fanno paura… e anche perché egoisticamente pensavi che non sarebbe successo a me per prima. Ammettilo»
Lui si irrigidì, ma rimase in silenzio.
«Ricordi lo scorso anno? Quando ti sei messo con Lavanda?»
«Ti sei messa con Caspian per punirmi?»
Hermione incrociò le braccia sul petto.
«Ronald Weasley!» ruggì «Non dire mai più una stupidaggine del genere! Io mi sono messa con Caspian perché lo amo! Hai visto come stavo quando sono tornata a Hogwarts, per la seconda volta! Come puoi pensare che i miei sentimenti per lui non siano veri?»
Ron digrignò i denti.
«È perché è un principe? Perché è più grande?»
Hermione scosse il capo, incredula.
«Ma come puoi dire una cosa del genere? Ma pensi che io sia una di quelle ragazze che guarda solo l’apparenza?»
Lui restò immobile.
«Ron» sospirò Hermione «Non avrebbe funzionato tra noi. E lo sai»
«No, non lo so!» ruggì lui «E non lo puoi sapere nemmeno tu!»
«Sì, invece. Sei un fratello per me. E so che io, allo stesso modo, sono una sorella per te. Come sarebbe stato possibile Ron? Sappiamo tutto l’uno dell’altra! Non c’è mistero, non c’è chimica! Ma c’è un’amicizia stupenda tra noi. Io so che potrò sempre, sempre contare su te e Harry, in ogni momento della mia vita. Ho condiviso tutto, con voi. La paura, la guerra, la speranza. La forza. Tutto. Lo so che sai che ho ragione»
Lui scosse il capo.
«È così difficile, Hermione…»
Lei gli posò una mano gentile sul braccio.
«Oh, Ron! Ma se tu odi il mio puntualizzare e io impazzisco per il tuo disordine! Come faremmo, insieme? Ci uccideremmo!»
«Non dovrebbe essere per forza così» fece lui, rigido.
«Ron, l’amore non cambia il carattere delle persone. Le migliora, questo sì, ma io resto Hermione e tu resti Ron. Migliori amici, sopra ogni cosa»
 
Ron la fissò, triste.
«Cosa farò se te ne andrai?» bisbigliò.
Lei lo abbracciò di slancio.
«Spero di restare. Ma se non potessi… Io ti voglio bene. Sii felice, Ron. Anche per me»
Lui affondò il viso nella sua spalla.
«Non andare via! Promettimelo!»
«Non posso, Ron, perché non lo so. Se potessimo tornare a Narnia, allora…»
«Perché devi sacrificarti per lui? Perché non potete stare qui?»
«Perché lui è il mio mondo, Ron. E per quanto io vi ami, e ami casa mia… Caspian ha dei doveri, a Narnia. E mio figlio ha diritto a conoscere il mondo in cui è stato concepito»
Ron la lasciò andare.
«Ma tuo figlio ha noi, qui»
Lei sorrise.
«Lo so. Vorrei poter avere tutto, non sai quanto lo vorrei… Ma, se dovessi, metterei Caspian prima di tutto»
«Prima di noi, vuoi dire» commentò lui, acido.
«No. Prima di me» rispose lei, semplicemente.
Ron scosse il capo.
«Sei… non sembri tu. Sei così matura che mi fai spavento. Dov’è finita la Hermione che faceva tragedie per un errore nel compito di Antiche Rune?»
Lei sorrise.
«È qui, davanti a te. Solo che ha combattuto una guerra e perso degli amici. Ora le sembra un po’ esagerato fare tragedie per un compito in classe»
Ron le arruffò i capelli.
«Come lo chiamerete?» bisbigliò, dopo un po’.
«Oh, non ne ho idea» rispose lei, allegra «Ma tanto chiederò consiglio a te e a Harry!»
Ron sorrise a fatica.
«Va bene. Ci conto»
Sottobraccio, si incamminarono verso la scuola.
Quando lui si voltò per salutarla, lei gli raddrizzò la cravatta e disse:
«Chiedi a Lavanda di uscire»
Lui storse il naso.
«Smettila! Lavanda è l’ultimo dei miei problemi!»
 
*
 
Il primo problema di Ron fu la punizione esemplare che Lumacorno gli assegnò per essere arrivato in ritardo a lezione.
Per quattro sere di fila dovette ordinare ed etichettare i veleni del Dipartimento di Pozioni, senza poter usare la magia.
La prima sera, un intruglio non bene identificato gli corrose la mano sinistra.
La seconda sera rovesciò un antidoto rarissimo e Lumacorno prolungò di una settimana la punizione.
La terza sera Lavanda comparve ad aiutarlo.
In silenzio, si mise accanto a lui e iniziò a raccogliere le fiale sparse sul pavimento.
Ron la fissava a bocca aperta, ma lei rimase in silenzio tutto il tempo.
Il giorno dopo, si ripresentò e tutto procedette nello stesso modo.
Il terzo giorno, lui le chiese finalmente di uscire.
Lei annuì, contenta, e inavvertitamente schiacciò un bezoar.
 
Passarono il resto della punizione a coprire incidenti di vario tipo.



***
Buongiorno!!
Sono tornata!!!! E, per quanto questo non mi porti affatto gioia, almeno non latiterò più e tornerò ad essere puntuale con gli aggiornamenti! ;)
Grazie per la pazienza e scusatemi ancora per la discontinuità di queste ultime settimane!
Come sempre, vi ricordo di controllare la mia pagina Facebook per tutte le novità: https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref=bookmarks
E, visto che sono tornata, ricomincerò a darmi da fare anche con il mio blog: http://dreamerjoy.blogspot.it/
Per il resto... Spero che le vostre vacanze siano splendide!
Buona lettura e buon compleanno a Ben Barnes, la mia fonte di ispirazione perenne!
Baci,
Joy

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Capitolo 18
*** Il Ministro della Magia prevede guai ***


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Ottenere una licenza matrimoniale non fu particolarmente complicato.
 
Kingsley Schacklebolt si interessò personalmente alla cosa, una volta superato lo stupore iniziale.
Insomma, Hermione era un po’ come una nipote prediletta, per lui.
Sapere che voleva sposarsi gli diede uno shock.
Non avevano combattuto una guerra fino al giorno prima, praticamente?
 
Sì, certo, era già accaduto.
Anche durante la prima Guerra Magica le coppie correvano a sposarsi di nascosto, temendo di non avere un domani.
Matrimoni segreti da tutte le parti.
Ma Hermione doveva avere più buonsenso, suvvia!
Eppure, rimuginò il Ministro, probabilmente anche lei aveva sviluppato dei sentimenti per uno dei suoi amici, sentimenti che poi la Guerra aveva accresciuto, per via dei suoi dolori e dei suoi lutti.
 
Ne era così certo che quando gli presentarono Caspian rimase di sale.
Era convinto che si sarebbe trattato di Harry. O di Ron.
Invece, Harry era nella stanza con loro, sorridente e mano nella mano con la piccola Ginny Weasley, mentre Ron stava imbronciato vicino alla porta.
E il giovane che gli strinse garbatamente la mano, così alto e moro… chi diavolo era?
Non sembrava uno studente!
Le parole di Minerva McGranitt glielo confermarono due secondi dopo:
 «Kingsley, ti presento Caspian…»
La Preside tossì qualcosa che somigliava vagamente a un numero.
Decimo?
Possibile?
Il Ministro della Magia guardò perplesso quel giovane che aggrottava la fronte, mentre Hermione tratteneva un sorriso.
«Prego?» chiese, perplesso «Minerva?»
«Oh, insomma!» fece lei «Come faccio a dirtelo? Ti presento Caspian X, Re di Narnia!»
Per un attimo, il Ministro pensò si trattasse di uno scherzo.
Ma nessuno rideva.
«Cosa?» fece, debolmente «Ma che stai dicendo?»
«Sto dicendo, caro amico, che hai davanti a te il Re di Narnia… E, in caso te lo stessi chiedendo, sì: è proprio quella Narnia lì. Quella dei libri»
Schaklebolt sembrava prossimo ad avere un infarto.
«Ma pensavo che Narnia fosse una leggenda! Insomma… sì, che esistesse, ma che non avesse punti di contatto con noi!»
«Kingsley, per favore, diciamo cose sensate» fece la Preside, brusca «Anche le Sfingi esistono e non hanno punti di contatto con noi. E quindi?»
Lui arrossì, come uno scolaro colto in fallo, e borbottò qualcosa di incomprensibile.
«Ricominciamo» proseguì lei, implacabile «Due notti fa Caspian si è ritrovato, senza sapere come, nella Foresta di Hogwarts, gravemente ferito. Narnia è stata attaccata da nemici pericolosi e lui era stato fatto prigioniero… Poi, senza sapere come, si è trovato qui»
Il Ministro la fissava, a bocca aperta.
«Oh, per Merlino!» esclamò «Ma come è possibile? Voglio dire… Ho capito, teoricamente è possibile…Ma insomma! Proprio ora!»
Nessuno commentò quell’affermazione.
Anzi, tutti erano segretamente solidali con Shacklebolt: dopo una guerra come quella appena conclusa, chi aveva voglia di imbarcarsi in altri problemi?
Il Ministro sospirò, riacquistando quella calma che gli era valsa l’elezione sul campo alla carica più alta del Mondo Magico.
«Va bene. Il Re di Narnia è arrivato misteriosamente a Hogwarts. E… vuole sposare Hermione?»
Nella stanza in molti sorrisero, ma non la Preside, che fece un brusco cenno d’assenso con il capo.
«Ci eravamo già incontrati, Kingsley» gli disse Hermione, stretta a Caspian «Non preoccuparti per noi»
Il Ministro li guardò, corrucciato.
Si fidava di Hermione perché conosceva il suo buonsenso… Solo che gli sembrava tutto folle.
«Mia cara, sei così giovane…»
Ma era innegabile che lei fosse radiosa e felice, per cui non riuscì a continuare.
Ginny sbuffò:
«Ma perché mettete tutti becco nelle loro faccende personali?»
«Mi sembra un’ottima domanda» commentò pacatamente Caspian.
Sia la Preside che il Ministro arrossirono.
«Va bene… va bene» disse lui «Posso procurarvi una licenza in tempi rapidi. Ma immagino non mi avrete chiamato qui solo per questo»
Hermione scosse il capo.
«No. Volevamo parlarti di Narnia»
Lui si accigliò.
«Prevedo guai»
 
 
Le tre ore successive trascorsero tra il riepilogo dei fatti e ipotesi su come procedere.
Shacklebolt era restio all’idea di aprire un fronte pubblico per la ratificazione di Narnia, in quanto voleva chiaramente evitare questioni interventiste.
Caspian, pur preoccupatissimo per quello che stava accadendo nel suo mondo, si disse d’accordo con lui.
Non voleva che un mondo a lui sconosciuto – per quanto fosse il mondo di Hermione – avanzasse pretese su Narnia.
Non sapeva che poteri si sarebbero scatenati, o cosa poteva accadere.
Hermione e i suoi amici erano sicuramente bravissime persone, ma lui non voleva rischiare di introdurre una magia così diversa e così dirompente come quella terrestre in un mondo come Narnia.
O meglio: avrebbe evitato di farlo fino all’ultimo.
Il problema di tornare si sarebbe certamente ripresentato: lui voleva salvare il suo popolo, ma sapeva come funzionavano i portali.
Non si passava di mondo in mondo perché si voleva: si potevano attraversare i varchi solo se Aslan lo permetteva.
E, per quanto Caspian bruciasse dalla smania di tornare e combattere per cacciare Lilliandi da Cair Paravel, sapeva di non avere potere su quello, al momento.
Per dirla tutta, la sua cara amica Lucy – invitata d’onore alla riunione – glielo ricordò almeno quindici volte solo nella prima ora.
Per fortuna, accanto a lui c’era Hermione: la sua sola presenza lo tranquillizzava e serviva a smorzare quell’ira che lo divorava.
Ripercorrere quegli ultimi mesi era doloroso per il giovane re, che si vergognava del suo comportamento e dei suoi errori.
Hermione, invece, per quanto coinvolta emotivamente era molto lucida e razionale.
Caspian la osservava parlare con piglio sicuro e ne era orgogliosissimo: era chiaro come, nel gruppo di persone chiaramente influenti che lo circondavano, l’opinione di Hermione era tenuta in grande considerazione.
Lei parlava animatamente, risolveva dubbi, forniva sempre un punto di vista intelligente ed equilibrato.
Inoltre, era chiaramente il punto di equilibrio nel terzetto dei suoi amici.
Si vedeva che sia Harry che Ron si fidavano moltissimo del suo giudizio.
Caspian avvampava di orgoglio.
 
Ma Hermione non era da meno.
Osservava il suo promesso esprimersi con proprietà e modestia ed era incantata dal suo carisma e dalla sua personalità.
Ma perché quel testone era sempre convinto di essere inadeguato?
E no, lei non era di parte!
Era felice di come Caspian aveva accettato con apparente serenità la situazione.
Lei sapeva che il suo re si sentiva in colpa per quello che era successo a Narnia e non vedeva l’ora di poter tornare e liberare Cair Paravel.
Ma lei non gli avrebbe permesso di lanciarsi in una missione suicida, a qualunque costo.
Tra l’altro, ora avevano qualcun altro cui pensare, qualcuno che veniva prima di tutti.
 
Dopo qualche ora trascorsa a discutere, Schaklebolt propose di informare l’Ufficio Misteri.
«Mi sembra la cosa migliore: scongiureremo così una fuga di notizie e potremo lavorare su una Passaporta che ci… che vi, meglio… conduca a Narnia. Se sei d’accordo, naturalmente»
L’ultima frase era diretta a Caspian, il quale guardò Hermione.
Tra i due passò una comunicazione muta, fatta solo di sguardi.
Poi, il re annuì.
«Grazie per il vostro aiuto» disse.
Il Ministro della Magia sorrise brevemente.
«Non c’è molto che non farei per Hermione. E so che lei ti spiegherà tutto dei nostri Indicibili… Considerando quanto ne sanno lei e i suoi amici!» concluse in tono scherzoso.
Ma i tre sorrisero stentatamente in risposta.
L’Ufficio Misteri non evocava bei ricordi.
La McGranitt parve capirlo, perché li esortò con i suoi modi bruschi ad andare a farsi una passeggiata prima di pranzo.
«Io e il Ministro dobbiamo pensare a Hogwarts e voi a un matrimonio! Via, via, andate!»
 
«Sempre così gentile…» borbottò Ron, una volta che furono in corridoio.
«Lo sai che è tutta apparenza» lo riprese sua sorella, intrecciando le dita a quelle di Harry.
I quattro Grifondoro e Caspian deviarono in un corridoio meno frequentato, ma il passaggio di Harry catalizzava comunque l’attenzione di tutti: studenti, insegnanti e fantasmi.
«Passiamo dal quarto piano?» chiese Harry, una volta ricevuto il terzo saluto entusiastico.
Ginny ridacchiò e lui fece una faccia afflitta.
«Davvero, stanno esagerando!»
«Sei tu che esageri» fece Ron, che camminava tronfio e contento.
Caspian si disse d’accordo.
«Davvero, Harry: con quello che hai fatto non puoi stupirti se tutti ti ammirano»
Harry arrossì.
Hermione aveva raccontato a Caspian della guerra contro Voldemort e il re lo aveva subissato di domande curiose.
Erano una bella coppia, lui e Hermione: potevano parlare per ore degli argomenti che li affascinavano e la magia era di sicuro uno di quelli.
A Harry sembrava di essere a un’udienza del Ministero, quando Caspian e Hermione si mettevano a fare domande a raffica su qualcosa.
Certo, con lei era abituato… Ma ora erano due, ed era un bel fuoco incrociato!
Però Caspian gli piaceva.
Era onesto, forte e intelligente e adorava Hermione: si vedeva chiaramente.
Persino Ron doveva ammetterlo, a denti stretti.
E il cambiamento della loro amica era stato incredibile: era radiosa.
Ginny diceva che era merito dell’amore e della gravidanza, perché le donne incinte erano sempre bellissime.
E poi – aveva aggiunto scherzosa – con un uomo come Caspian al fianco chi non sarebbe stata radiosa?
Poi aveva notato l’espressione di Harry ed era scoppiata a ridere.
«Fortuna che io sono già innamorata del famosissimo Prescelto» aveva detto ridendo.
«Che fortuna» aveva bofonchiato lui.
A volte empatizzava con Ron… Ma guai a farlo sapere a Ginny.
 
 
Caspian si era abbastanza integrato nel gruppo degli amici, ma la sua presenza a scuola doveva rimanere riservata.
A Harry sembrava che, comunque, quando si sarebbe saputo che il nuovo professore era il marito di una studentessa – e che quella studentessa era Hermione Granger – sarebbe scoppiato lo stesso  un pandemonio.
Ma Hermione, incredibile a dirsi, sembrava impermeabile alla cosa.
«Oh, sì, certo» aveva commentato «Spettegoleranno per settimane… Ma a noi cosa importa? Tanto la mia pancia crescerà presto: avrebbero spettegolato comunque. E almeno il padre di mio figlio sarà qui, con me»
Aveva abbracciato Caspian e lui le aveva accarezzato i capelli.
«Non siete preoccupati?»
Quella domanda era uscita spontanea a Harry.
Insomma… quei due sembravano così felici, così serafici!
E lui era il re di un mondo che forse non esisteva neppure più; lei era una strega da poco maggiorenne e aspettavano un bambino!
Per Merlino… a volte lui stesso faceva fatica a crederci!
Cosa avrebbero potuto dire, gli altri?
Certo, gli amici si sarebbero stretti attorno a Hermione… ma tutto il resto del mondo magico?
Hermione era un’eroina… e chi più di Harry sapeva cosa significava trovarsi sotto i riflettori?
Non aveva ancora dimenticato i velenosi articoli di Rita Skeeter sulle sue vicende amorose.
Sì, probabilmente la Skeeter non avrebbe osato nulla contro Hermione e altrettanto probabilmente Caspian avrebbe passato quella squallida reporter a fil di spada, ma…
Insomma, che storia!
Harry guardò Caspian accarezzare con devozione la pancia piatta di Hermione e sperò con tutte le sue forze che andasse tutto bene.
 
*
 
Hermione e Caspian avevano trovato una casetta a Hogsmeade.
 
Nel primo fine settimana a Hogwarts lei aveva ricevuto il permesso speciale di recarsi nel villaggio e lì, dietro indicazione di Madama Rosmerta, lei e Caspian avevano visto due o tre case.
Non c’era molta scelta: trattandosi dell’unico villaggio interamente magico della Gran Bretagna erano molte le richieste da parte dei Maghi e la selezione era serrata.
La McGranitt intercesse per Hermione e, dopo ripetute assicurazioni che si trattava di una soluzione assolutamente temporanea, ai due fidanzati vennero proposte delle abitazioni minuscole.
Del resto, per le loro esigenze andavano comunque bene: si trattava di dormire lì di notte, perché la giornata l’avrebbero passata al Castello.
Per i dieci mesi di quell’anno scolastico.
E la casa piaceva da impazzire a Hermione.
Aveva una sola stanza a piano terra, che fungeva da ingresso, cucina e sala, e una al primo piano, con la camera e il bagno.
«Sembra una casa delle bambole!» aveva commentato felice.
Caspian invece, pur riconoscendo che dovevano adattarsi, era più scettico.
«Non voglio che tu viva in un posto così piccolo…» le disse.
Per quanto Hermione gli spiegava che le dimensioni degli alloggi normali, sulla Terra, erano ben lungi da quelle di un castello, lui non era abituato alla cosa.
Eppure, con lei era comunque tutto un’avventura.
Vivere insieme, preparare da mangiare.
Caspian era abituato a procacciarsi il cibo nei boschi e non trovava strano nutrirsi di bacche, radici o selvaggina che cacciava lui stesso.
Al contrario, però, trovava molto strano doversi fare il letto.
Hermione rise e lo minacciò di farlo dormire sul divano; lui storse il naso e la rovesciò sul materasso, imprigionandola con il suo peso.
«Spiritosa» bofonchiò «Vuoi dormire sul divano con me?»
«Perché dovremmo, quando abbiamo un letto comodo cui mancano solo le lenzuola?»
Lui scosse il capo e si sollevò sui gomiti, per non pesarle addosso.
Lei si aggrappò alla sua camicia.
«Dove vai?»
«Da nessuna parte» le baciò il naso «Ma non voglio farti male…»
Lei sbuffò, trattenendolo.
«Non sono mica fatta di vetro! Sto benissimo!»
Il re si sdraiò al suo fianco e le posò una mano sulla pancia.
«Non voglio che ti stanchi troppo, piccola. Devi pensare al bambino»
Lei coprì la mano di lui con la propria.
«Fai tu il letto, allora?» chiese con un’occhiata furba.
Lui alzò gli occhi al cielo, ma capitolò.
 
Come Hermione sapeva che avrebbe fatto.
 
 

***
Buongiorno carissimi lettori!
Torniamo agli aggiornamenti precisi e puntuali... Anche se devo annunciarvi che la prossima settimana potrei postare lunedì nel pomeriggio o, al più tardi, il martedì mattina.
In questo secondo caso, l'aggiornamento di "And the reason is you" slitterebbe al mercoledì.
Scusatemi ma ho già una trasferta di lavoro.... che gioia!  -.-'
Per il resto, vi ricordo la mia pagina Facebook:
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Buon inizio settimana!
Joy

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Capitolo 19
*** In nome della Legge Magica ***


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«… Ho letto agli sposi gli articoli 218 e 218 bis del Codice Magico Civile e annunzio in nome della Legge Magica che sono sposati. Congratulazioni. Firmate qui»
 
L’impiegato del Ministero della Magia, con la sua veste scura e il tono di voce monocorde, tese una piuma sgargiante a Hermione e le indicò la pergamena.
Lei firmò.
Gli amici applaudirono festosi: Harry, Ron e Ginny; i signori Weasley con i figli; Bill e Fleur con il pancione e il piccolo Teddy Lupin in braccio; la McGranitt con Shacklebolt e Hagrid.
Hermione voltò il capo verso suo marito e sorrise radiosa, tendendogli la piuma.
 
Lui la fissava a occhi sbarrati.
«Hermione, stai scherzando, vero?» disse, attonito «Ma… che cosa sarebbe, questa farsa?»
 
*
 
Un’ora dopo un Caspian ancora furente sedeva al tavolo de La Tana, mentre Molly serviva gli ospiti con un sorriso.
 
Hermione voleva aiutare, ma ogni volta che tentava di alzarsi qualcuno la rispingeva a sedere, indignato.
«Hermione, per l’amor del cielo: sei la sposa!» fece la signora Weasley, sorridente «Stai seduta e mangia!»
Quindi Molly si chinò verso di lei con fare noncurante e mormorò:
«Come va con le nausee, cara?»
La giovane strega fece una smorfia e la signora rise.
«Ti porto del pane?» disse poi, premurosa «A me sistemava sempre lo stomaco»
Hermione le sorrise, grata, e Molly le accarezzò i capelli con gesto materno.
«Tesoro, mi spiace così tanto aver dovuto fare le cose di fretta… E i tuoi genitori! Poverini, non sono qui…»
Hermione si impose coraggiosamente di sorridere.
«Signora Weasley, non dica così! Avete già fatto così tanto, e con poco preavviso! L’importante, per me, è che voi ci siate»
«Lo so, tesoro, ma… Insomma, da madre te lo posso dire! Avrei voluto organizzarti una bella festa, con tanti amici e buon cibo!»
«Grazie, ma davvero, il cibo è ottimo e tutti coloro che volevo sono con me…ecco, a parte i miei genitori, naturalmente»
Le si inumidirono gli occhi.
«Oh cara» Molly le prese la mano destra, perché l’altra – sulla quale riluceva una vera dorata, accanto all’anello con sigillo che le aveva donato il re più di un anno prima - era intrecciata a quella di Caspian «Arthur e io abbiamo anche pensato di andare a cercarli, per un folle momento… Ma non sappiamo con esattezza dove sono! Ma avrei tanto voluto regalarti un giorno perfetto!»
Hermione si sforzò di non piangere.
«È perfetto» bisbigliò «Grazie»
«E poi ci voleva un abito!»
Hermione abbassò lo sguardo sul vestito candido, di pizzo sangallo, che le aveva prestato Ginny.
Era corto, arrivava alle ginocchia, ma era molto carino e lei era talmente dimagrita che la taglia dell’esile Ginny le andava bene.
«Questo è delizioso…»
«Sì, sì, ma non è un vestito da sposa! Uno lungo e importante! Vero che sei talmente bella che non fa molta differenza!»
Molly guardò timidamente Caspian, il quale era rimasto in silenzio.
I suoi occhi studiavano il viso della moglie e lui fece un cenno d’assenso con il capo.
«Hermione è sempre bellissima, qualunque cosa indossi» disse il re.
La signora Weasley ridacchiò.
«Certo, caro… Ma non dirmi che non l’avresti vista volentieri indossare un abito da sposa! Anche se, ora che ci penso… Ce li avete gli abiti da sposa, a Narnia?»
Hermione sorrise.
«Non si preoccupi, signora Weasley. Ci rifaremo quando toccherà a Ginny»
Molly si voltò a guardare la figlia, che fissava Harry con sguardo adorante.
Sospirò comicamente, pizzicò entrambi gli sposi sulle guance e si alzò per lasciarli soli.
 
Hermione la osservò allontanarsi.
«Sono così felice di vederla riprendersi» disse al marito «Sai, era così abbattuta, sembrava non aver più voglia di vivere… La guerra ha tolto così tanto a tutti noi…»
Si interruppe quando vide Caspian fissare ostinatamente il suo piatto.
Non aveva toccato cibo.
La sua mano destra era intrecciata alla sinistra di Hermione, ma a parte quello il sovrano le aveva detto sì e no due parole da quando erano tornati dal Ministero.
Hermione sospirò e si appoggiò con la schiena alla sedia.
«Ok, parliamone» disse «Sei arrabbiato con me»
Lui rimase in silenzio.
Hermione aspettò un po’, quindi si protese verso di lui e gli posò il capo sulla spalla.
«Pensi di non parlarmi per tutto il giorno? Il nostro giorno, per di più?»
«Questo è il nostro giorno?» chiese lui, fissando il tavolo «Davvero?»
«Lo so che è stato tutto molto veloce e…»
«Veloce?» la interruppe lui «Sì, veloce. E che ne dici di impersonale?»
«E impersonale, d’accordo, ma…»
«E ridicolo» aggiunse lui.
«Ridicolo?» Hermione sgranò gli occhi, ferita «Il nostro matrimonio sarebbe ridicolo?»
Lui si voltò di scatto.
«Certo che no. Come puoi dire una cosa del genere? Ma questa… giornata, tu come la definiresti?»
«Tu hai insistito perché ci sposassimo subito e io volevo accontentarti! E ho fatto del mio meglio! Kingsley ci ha procurato una licenza lampo!»
«Hermione, ti faccio presente che ci siamo sposati – se poi questo si può definire matrimonio – in uno stanzino, mentre un tizio con il raffreddore ha letto due leggi (che peraltro io non ho nemmeno capito! Cosa c’entrano le leggi con il matrimonio?) e ci ha fatto firmare un foglio di pergamena. Il tutto è durato cinque minuti… E tu me la chiami festa di nozze?»
Lei si morse un labbro.
«Va bene, la forma è stata pessima. Ma la sostanza…»
Lui chiuse gli occhi.
«La sostanza non è in discussione. Ma proprio perché stiamo parlando di noi, se permetti io volevo darti qualcosa di meglio di questa… cosa! Volevo che tu avessi una cerimonia, dei fiori, una festa!»
«Ce l’ho. Ho te, non mi serve altro»
«E hai promesso di stare con me per sempre a un tizio con il raffreddore?»
«No, l’ho promesso a te»
«Bè, grazie, anche io l’ho promesso a te, ma così potevo prometterlo anche per strada. Volevo prometterlo davanti ad Aslan! È davanti a una forza più grande di noi, alle cui mani ci affidiamo, che una promessa del genere ha un senso! Così sembra… un contratto! E io non voglio che il mio matrimonio con te sia un contratto!»
 
Caspian aveva alzato la voce e un paio di ospiti guardarono perplessi la coppia.
Hermione gli prese le mani.
«Va bene, hai ragione. È tutto vero. Ma siamo sposati, la legge lo dice. Ed è quello che conta, qui, perché Aslan è lontano. Se anche ci fossimo sposati in una chiesa (e ci sarebbe voluto molto più tempo) comunque non credo saresti soddisfatto, perché il tuo rapporto con Aslan è un’altra cosa! Tu hai la tua Fede e io lo capisco e davanti a quella cosa potevo fare?»
Le parole pacate di lei e il tono sincero contribuirono a placarlo un po’.
«Aslan è lontano, d’accordo. Comunque, resta il fatto che ci siamo sposati in uno stanzino»
Lei sorrise.
«A me importa solo essere tua moglie. Sei tornato da me, siamo insieme. Aspettiamo un bambino! Credi mi importi del vestito e della festa?»
«Dovrebbe» rispose lui, dolente «Perché questo non è un giorno qualsiasi»
«Sei tu che lo rendi speciale» gli prese il viso tra le mani «Sei tu che io voglio per sempre»
Lui chiuse gli occhi e sospirò.
Le loro fronti si sfiorarono.
«Anche io ti voglio per sempre»
Hermione gli baciò dolcemente le labbra.
«Mi regalerai una cerimonia da favola, quando torneremo a Narnia?»
Lui aprì gli occhi, confuso.
«Voglio dire…» insistette dolcemente lei «Quando torneremo a casa potremo sposarci davanti ad Aslan… anche se qui siamo già sposati. E ti prometto che organizzerò tutto nei minimi dettagli, ti farò impazzire a forza di parlarti di fiori, vestiti e tovaglie e poi mi esibirò in qualche crisi isterica per essere più nella parte della sposina che vuole tutto»
A lui sfuggì un sorriso.
«Niente affatto. A Narnia ci sposeremo nelle cantine di Cair Paravel. Così impari»
Hermione rise e lui guardò i suoi occhi splendenti senza riuscire a non sospirare.
Le baciò la mano.
«Sei perdonata…» bofonchiò «Fino al nostro vero matrimonio»
«Ma questo è vero!»
«Era vero anche davanti ad Aslan, quando sei partita da Narnia… eppure quel giorno non eravamo sposati!»
«Sì, certo, le nostre intenzioni erano sincere, ma oggi hai firmato una pergamena magica, marito mio. Sei mio per la Legge Magica. Per sciogliere un Matrimonio Magico serve un incantesimo apposito, che solo i Solvitori del Ministero conoscono. Cosa credevi, eh?»
Lui la sbirciò di sottecchi.
«Sai il fatto tuo, moglie» scherzò.
Lei sorrise, birichina.
«Cosa ne dici di baciarmi? Dobbiamo festeggiare!»
Lui sorrise e la prese tra le braccia.
«Sono ancora arrabbiato… Ma come faccio a dire di no a mia moglie?»
 
 
La serata, malgrado lo sconcerto iniziale del re di Narnia, fu comunque piena di gioia.
C’erano poche persone a brindare con gli sposi, ma tutte, dalla prima all’ultima, amavano Hermione incondizionatamente.
E, quindi, avevano accolto senza riserve il suo affetto per quel giovane misterioso che veniva da un altro mondo.
Caspian fu trattato con il calore di un figlio dai signori Weasley e con la schiettezza di un fratello dagli altri.
E lui si scoprì a divertirsi, malgrado non conoscesse bene nessuno tranne sua moglie e malgrado fosse sempre stato abituato, nella sua vita, a rapporti molto formali persino con i suoi coetanei.
Quella sera, invece, risate e scherzi dilagavano.
Caspian rimase senza parole di fronte a uno spettacolo di Fuochi d’Artificio Weasley – Nuova Edizione che George liberò nella cucina di sua madre e che riempirono di neve e petali la stanza.
Quindi, assistette esterrefatto all’Incantesimo di Evocazione con cui la McGranitt fece apparire delle candide colombe in giardino, per augurare fortuna agi sposi.
E alla caccia che i fratelli Weasley organizzarono quando uno Gnomo rubò una crostata intera dalla tavola.
Hermione rideva e abbracciava stretto il marito e lui non le tolse mai le braccia dalla vita.
Gli sembrava incredibile il pensiero che lei aspettasse il loro primo figlio.
«Sei stanca?» le mormorò premuroso quando la sera era ormai calata sul giardino festoso.
 
Era il giardino più brutto e più divertente e pazzo che Caspian avesse mai visto.
Come la casa stessa, del resto.
 
Lei sorrise e si appoggiò contro di lui.
«No, non tanto. Tu sei ancora arrabbiato?»
«No» le baciò la fronte «Non posso essere arrabbiato con te»
 
Frattanto, Hagrid e il signor Weasley intonavano una canzone d’amore con voci stridule e ubriache.
Bill aveva per sua moglie Fleur la stessa espressione adorante che Caspian aveva per Hermione, mentre la guardava giocare con Teddy.
Il piccolo Lupin era il beniamino di tutti e Harry e Ron continuavano a dargli da mangiare del gelato.
«Basta, basta, voi due!» urlò ad un certo punto la signora Weasley «Cosa state combinando? Lasciate in pace quel povero bambino!»
E lo strappò, urlante, dalle braccia di Ron, per poi cullarlo amorevolmente.
«Certo che la mamma è in netta ripresa» bisbigliò Ron a Ginny «Sentito che urlo?»
La sorella ridacchiò e poi trascinò Harry a ballare in mezzo al giardino.
Malgrado la musica provenisse dalla radio, non ci fosse una pista da ballo e tutto intorno gli ospiti parlassero, ridessero e giocassero ad altro, quei due erano bellissimi.
Hermione li osservava con un sorriso, quando Caspian le strinse la mano e la fece alzare da tavola.
«Vieni, balliamo anche noi» mormorò.
La portò sull’erba e danzò con lei tra le braccia, alla luce argentea della luna.
«Non somiglia molto al ballo di Cair Paravel» fece lei, dopo un po’ «Mi spiace non aver pensato che sei abituato a feste e balli ben diversi e…»
«Piccola, il problema non è certo la festa. Semmai è la cerimonia»
«Lo so che è stata… amorfa. Ma quello che conta siamo noi, no?»
Alzò su di lui due occhi preoccupati e lui non riuscì a non sorriderle.
«Certo che contiamo solo noi. Mi dispiace di essere stato così scorbutico»
«No, dispiace a me. Non volevo sminuire il nostro matrimonio…»
«Niente potrebbe sminuire il nostro matrimonio! Non preoccuparti, io sono felice»
«Davvero?»
«Certo! Ma come puoi chiedermelo? Non c’è altro al mondo che voglio, se non essere tuo marito»
Hermione sorrise, radiosa, e gli strinse le braccia al collo.
«Per me è lo stesso… E ora siamo sposati! Mi sembra un sogno!»
Lui la strinse forte.
«Anche a me» bisbigliò «Dopo tanti ostacoli, mi sembra incredibile che ci siamo riusciti»
«Sottotono e in uno stanzino… Forse era questa la chiave!» scherzò lei.
Caspian fece una smorfia divertita.
«Sicura che sia valido?»
Lei sbuffò.
«Caspian, ti pare che scherzerei su una cosa come il matrimonio?»
Lui la fece piroettare.
«No, certo che no» rispose, quando la riprese tra le braccia «Solo che… è stato così assurdo che non mi “sento” sposato… Ma contemporaneamente io penso a te come mia moglie da tanto tempo, da quando eravamo prigionieri di Jadis… e poi, nella capanna… Forse è per questo che mi sembra così strano: perché sanciva qualcosa che c’era già»
Lei arrossì, ripensando alla loro prima notte insieme.
«Capisco bene cosa intendi. Anche per me è così. Quindi…»
«Quindi?»
«Cosa ci rimane da fare? La festa vera?»
«No, sciocchina» la baciò «La festa vera siamo io e te»
 
 
«A Caspian e Hermione!»
L’urlo festoso di Arthur Weasley disturbò Arnold, la Puffola Pigmea di Ginny, che corse a nascondersi sotto la credenza.
Teddy le gattonò dietro, ma fu acchiappato al volo da George.
Tutti alzarono i calici, brindando alla salute degli sposi.
Persino Ron, dopo che ebbe ricevuto una discreta gomitata da Harry.
La coppia ringraziò, abbracciò gli amici, ascoltò discorsi di auguri, ormai pronunciati da voci farfuglianti ed ebbre.
La McGranitt, con il cappello pericolosamente inclinato di lato e le guance rubizze, baciò Hermione e poi, con sommo stupore di tutti, anche Caspian.
Lui era quello più in difficoltà nel ricevere quelle dimostrazioni di affetto, anche se lo toccavano nel profondo.
Alla fine della serata gli sembrava di essere tra amici di vecchia data.
Hermione lo guardava, radiosa.
Lui si chinò per baciarle la fronte e mormorò:
«Perché sorridi?»
«Perché sembri uno di casa, mio re»
Lui sorrise.
«Mi sento a casa, in effetti… Ma è perché sono con te»
Lei lo abbracciò stretto.
 
Dopo gli ultimi saluti, Hermione strinse la mano del marito e si Smaterializzò con lui, in un tripudio di applausi.
 
*
 
Si Materializzarono nella sala della casa dei genitori di Hermione, a Londra.
 
Lei mantenne salda la presa sulla mano di lui, che comunque ondeggiò vistosamente appena apparvero.
«Ma… Per Aslan!» esclamò il re, attonito «Cos’è successo?»
«Smaterializzazione!» annunciò lei, radiosa «Riduce drasticamente i tempi di viaggio! Ora siamo a Londra, la capitale del Regno Unito! Benvenuto a casa Granger!»
Il re crollò a sedere sul divano, tenendosi la testa tra le mani.
Gli sembrava di essere appena stato compresso sotto un muro di pietra.
Quando rialzò il capo, fu perché percepì del calore: Hermione aveva acceso il fuoco con un colpo di bacchetta.
Lui prese nota brevemente del soffice tappeto e dell’arredamento per lui stranissimo ma elegante.
Non ebbe però tempo di notare nulla nello specifico perché Hermione, in piedi davanti a lui e sorridente, si era sfilata le scarpe con il tacco e aveva lasciato cadere a terra la giacca.
Quindi gli volse la schiena e, guardandolo da sopra la spalla, gli sorrise dolcemente:
«Mi aiuti a slacciare il vestito, per favore?»
Caspian si alzò subito e si mise alle sue spalle.
Le sfiorò il collo con un bacio, mentre slacciava i minuscoli bottoncini dell’abito, che presto le cadde ai piedi.
Hermione rimase immobile, fasciata in una sottoveste candida.
Caspian le affondò il viso tra i capelli e le cinse i fianchi con le mani.
Lei si appoggiò all’indietro, contro di lui, e chiuse gli occhi mentre le mani del sovrano le accarezzavano dolcemente il corpo.
Non la toccava da così tanto tempo…
A Hogwarts avevano passato assieme ogni attimo libero, ma era successo così tanto in un tempo così breve che avere dell’intimità era stato impossibile.
E l’ultima volta avevano avuto solo una notte.
Il pensiero che lei era sua, per sempre, lo fece vacillare.
 
Caspian le sollevò piano la sottoveste e poi la fece voltare verso di lui.
I suoi occhi scurissimi divennero torbidi mentre fissava le gambe snelle, la vita ancora stretta e il seno pienissimo.
Lei arrossì sotto il suo sguardo di fuoco.
«Il mio corpo è già cambiato molto?» chiese timidamente.
Lui la prese tra le braccia.
«Non sei mai stata così bella» rispose, prima di appoggiare le labbra su quelle di lei.
Caspian non conosceva quella casa, ma non perse tempo a chiedersi dove andare: prese Hermione tra le braccia e la adagiò sul comodo divano.
Quindi, si sdraiò su di lei, attento a reggersi sui gomiti per non pesarle addosso.
«Sicura che stai bene?» chiese, premuroso, mentre le scostava i capelli dalla gola candida «Sono state giornate frenetiche»
Lei sollevò il busto verso di lui.
Caspian deglutì alla vista del seno nudo di lei e la fece sorridere.
«Tranquillo, marito. Io e tuo figlio stiamo benissimo»
Caspian sorrise, euforico, quindi si chinò per appoggiarle le labbra sulla pancia.
«Ciao, piccolo» mormorò «Il primo bacio di papà»
Hermione chiuse gli occhi, al settimo cielo.
 
Erano insieme.
Si erano sposati.
Aspettavano un bambino.
 
Infilò le dita tra i capelli di lui, mentre le labbra di suo marito lasciavano dolcemente una scia di baci sulla sua pancia.
Dopo qualche minuto, Caspian si sollevò e le mani di Hermione gli sbottonarono delicatamente la camicia.
Lei ammirò il suo petto scolpito alla luce del fuoco.
Gli posò le mani sulle costole: all’anulare le brillavano la fede e l’anello con sigillo di lui, che aveva rifiutato di togliere.
Si sorrisero, dimentichi del mondo.
Hermione allargò le gambe per permettere a Caspian di ridistendersi più comodamente, quindi gli sfiorò le labbra con un bacio.
Mentre armeggiava con la cintura dei suoi pantaloni bisbigliò:
«Sai… Se la cerimonia non è stata di tua soddisfazione, non vedo perché non dovremmo rendere memorabile almeno la notte che ci aspetta»
«Questa e tutte le notti che ci aspettano» mormorò lui, prima di baciarla ancora.
 
 

***
Buonasera, carissimi lettori!
Con qualche ora di ritardo, ma eccomi qui!
La vostra Joy è vittoriosamente sopravvissuta alla trasferta di lavoro e, tra un boccone e l'altro, si dedica agli aggiornamenti.
Chi di voi si aspettava un matrimonio del genere?! Eh.... ho il sospetto di essere un pelo sadica a volte!
Ma insomma, quel che conta è l'amore.
Perdonate se sproloquio, ma sono proprio stanca.
Quindi tagliamo corto: sapete tutti dove trovarmi, ma per sicurezza...
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A domani con Gin e Ben!
Buona lettura,
Joy

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Capitolo 20
*** Pettegolezzi ***


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Un paio di giorni dopo un nuovo, gusto pettegolezzo animava la Sala Grande di Hogwarts durante il pranzo.
 
Era stato istituito un nuovo corso di approfondimento di Storia della Magia.
Gli studenti si erano recati a lezione assolutamente demoralizzati.
Tutte le studentesse di sesso femminile, però, erano uscite dall’aula al settimo cielo.
Quel nuovo professore di Storia della Magia era qualcosa di indescrivibile!
Abituate com’erano alle lezioni di Rüf, le ragazze avevano letteralmente perso la testa, contribuendo così a esacerbare del tutto i compagni maschi.
L’argomento del giorno era di sicuro il nuovo, aitante professore, che voleva essere chiamato solo Caspian, a quanto si diceva, e che era di qualche anno più grande di loro.
Ma non di secoli, solo di qualche anno.
La notizia era ben presto arrivata anche alle ragazze delle classi superiori e prima di pranzo c’era stata una generale fuga femminile nei bagni, per un ritocco di trucco e capelli.
Le code erano interminabili e volò qualche Incantesimo a causa di turni non rispettati e di rossetti mancanti.
Mirtilla Malcontenta fu fatta sloggiare dal suo bagno senza tanti complimenti e lei scappò, urlante, nello scarico.
 
La Sala Grande era gremitissima per pranzo e tutti si davano di gomito, osservando il tavolo dei professori.
Lì, Vitious mangiava a quattro palmenti e Pomona Sprite beveva il suo secondo succo di zucca, ma non c’erano tracce dell’avvenente nuovo docente.
Poi, all’improvviso, un bisbiglio eccitato spazzò la Sala.
Eccolo, il nuovo professore.
Come era alto!
Come era bruno!
 
Ma… un attimo.
Perché teneva per mano Hermione Granger?
 
Tutte le studentesse di sesso femminile di Hogwarts tesero il collo e spalancarono la bocca all’avanzare della coppia.
Hermione indossava la divisa scolastica, come sempre.
Aveva i capelli legati in una treccia che le ricadeva sulle spalle, i suoi occhi erano luminosi e sorrideva dolcemente all’uomo al suo fianco.
Lui – alto, bruno e snello – indossava degli abiti strani, se di stranezza si poteva parlare in un posto come Hogwarts: stivali alti sui pantaloni e una camicia candida.
Le disse qualcosa e lei arrossì e poi scoppiò a ridere.
I due si diressero, mano nella mano, al tavolo di Grifondoro, apparentemente ignari del fatto che stavano catalizzando l’attenzione generale.
Le Grifondoro si misero tutte sedute più dritte.
Ovviamente, la coppia si avvicinò al gruppetto formato da Harry, Ron, Ginny e Neville.
La piccola Weasley gettò le braccia al collo di Hermione, che la strinse a sua volta con il braccio libero.
Harry e Ron diedero due amichevoli pacche sulle spalle di Caspian (Ron un po’ più forte del dovuto, a dirla tutta) e Neville gli strinse la mano, bisbigliando qualcosa.
Caspian annuì; Calì Patil quasi cadde dalla panca per sporgersi in avanti e sentire qualcosa.
Neville abbracciò poi Hermione; un attimo dopo arrivò Luna Lovegood.
 
Ecco, che Luna Lovegood sapesse qualcosa che il resto della popolazione femminile di Hogwarts ignorava era intollerabile!
Sguardi di fuoco furono rivolti al gruppetto da tutti i tavoli.
 
Ginny Weasley si guardò attorno e ghignò, quindi sussurrò qualcosa a Hermione, la quale gettò un’occhiata distratta alla Sala, poi alzò le spalle e riportò la sua attenzione su Caspian.
Solo in poche ebbero il buongusto di distogliere lo sguardo.
Lavanda Brown si alzò e, passando, cercò di avvicinarsi il più possibile al gruppetto, quindi intercettò lo sguardo di Ron e sorrise speranzosa.
Lui si accigliò e distolse gli occhi, girandosi in modo da darle le spalle.
Dopo qualche minuto di fitto conciliabolo, Harry e Ginny raccolsero un certo numero di panini e bibite, aiutati da Ron, Luna e Neville.
Hermione e Caspian si diressero invece verso il tavolo degli insegnanti, dove Vitious e la Sprite si avvicinarono per parlare con entrambi.
Dopo poco arrivò Hagrid, che sembrava radioso e salutò la coppia con abbracci stritolanti.
Caspian mise in salvo Hermione e, dopo pochi minuti, entrambi uscirono, sempre mano nella mano.
 
Lo sconcerto nella Sala Grande toccò i massimi livelli.
 
 
*
 
Gli amici pranzarono all’aperto, assieme a Caspian e Hermione.
 
«Non potrete evitare per sempre le domande, voi due» disse Ron, masticando un tramezzino.
Hermione scrollò le spalle.
«Io non voglio evitare nessuna domanda. Di cosa dovrei vergognarmi, scusa? Di mio marito?»
«Oh, dai, non fare l’ingenua!» rispose lui «Vi daranno il tormento, e lo sai benissimo. Un professore e una studentessa?»
«Caspian non è un vero professore e a me manca un solo anno per specializzarmi»
«Sì, ma comunque…»
Ginny diede una gomitata all’insistente fratello, però poi commentò di buonumore:
«In effetti, chi avrebbe mai detto che la studiosa Hermione avrebbe scandalizzato così Hogwarts?»
«Sbagliato» la contraddisse Neville, ridendo «Io me la vedo perfettamente Hermione che sposa un professore!»
«Io non sono un professore» intervenne Caspian «E chiunque oserà dire una sola parola a mia moglie dovrà vedersela con me»
«Avrai parecchio da fare, allora» commentò Ron, attaccando una crostata ai mirtilli.
 
Ron non sbagliava.
Hermione non si era neppure seduta al suo banco a lezione di Trasfigurazione, che Calì e Lavanda le erano già corse incontro e strillavano curiose.
Ron si sedette alla sua destra, mentre Harry prendeva posto a sinistra, contorcendosi per infilarsi tra Calì e la sedia.
Il primo guardò l’amica trionfante, come per dire: “Te lo avevo detto!”.
Hermione tirò fuori libri, quaderni, astuccio e bacchetta, ignorando le compagne.
Lavanda la tirò per la manica.
«Hermione!» squittì «Allora, cosa sta succedendo?»
«Scusa, Calì, puoi spostarti?» intervenne Harry «Mi sei seduta praticamente sopra e ci sono delle sedie libere…»
Calì lo gratificò di un’occhiataccia.
«Zitto, Harry! Volevamo solo sapere da Hermione se…»
«Se Hermione volesse raccontarvi qualcosa lo farebbe e basta» la interruppe Ron «Che ne dite di lasciarla in pace?»
«Ma cosa abbiamo fatto?» pigolò Lavanda «Volevamo solo sapere chi è quel ragazzo… è curiosità femminile!»
E sia lei che Calì furono scosse da risatine idiote.
Harry e Ron si scambiarono un’occhiata esasperata, Hermione continuava a fingere di essere sorda.
Lavanda le tirò la treccia.
«Oh, dai, Hermione!»
 
In quel momento entrò la Professoressa McGranitt.
«Signorina Patil, signorina Brown, a posto. Subito» disse, secca.
«Oh, ma, Professoressa…» si lamentò Calì.
«Signorina Patil, se fossi così zelante anche in Trasfigurazione magari impiegheresti meglio il tuo tempo. Ora siediti»
Di fronte allo sguardo fermo della Preside, Calì tornò al suo posto.
 
Prima di iniziare la lezione, Minerva McGranitt rivolse a Hermione una impercettibile strizzatina d’occhio.
 
 
*
 
Il pomeriggio trascorse tra agguati femminili a Hermione e ai suoi amici più stretti, che non la lasciarono sola per un attimo.
Ginny la accompagnò persino in bagno.
Anche loro erano sottoposti a una sfilza di domande indiscrete e cercavano di ignorare i commenti pressanti.
Quella che se la cavava meglio era Luna, che rispondeva ai pettegolezzi parlando di Gorgosprizzi e di Cannoli Balbuzienti.
Dopo dieci minuti la lasciarono tutti in pace e lei diede il cambio a Ginny come scorta personale di Hermione: se la Weasley minacciava Fatture Orcovolanti a destra e a manca, la Lovegood si piazzava davanti al cubicolo del bagno in cui entrava Hermione e cercava reclute per la spedizione del padre al Polo Sud alla ricerca di qualche nuova specie mutante di Folletti.
Chiusa in bagno, Hermione la ascoltava e rideva.
 
Visti i fallimenti molteplici, tutte le studentesse di Hogwarts attesero con asia crescente la cena.
Hermione si sarebbe ripresentata con Caspian?
Se sì, cosa poteva significare?
E dove si sarebbero seduti?
Al tavolo di Grifondoro? Ma lui era un docente! Certo che i Grifondoro erano un po’ i cocchi di tutti, soprattutto a causa del Prescelto…
Al tavolo degli insegnanti? Ma lei era una studentessa! E anche se era la più brillante allieva di Hogwarts, anche lei aveva dei limiti da rispettare, per Morgana!
 
Alle 20, la curiosità era alle stelle.
La Sala Grande era gremita e ribolliva di chiacchiere e curiosità.
Verso le 20.15 arrivò Luna Lovegood, che canticchiava svagatamente e che raggiunse il suo tavolo.
Dopo qualche minuto, Neville entrò con Ron, sedette con l’amico tra i Grifondoro, ma era palesemente distratto: continuava a guardare Luna e, ad un certo punto, si alzò e la raggiunse.
Alcuni dei suoi sostenitori lo salutarono con grandi gesti, ma lui aveva occhi solo per lei.
 
In quel momento entrarono Ginny e Harry, mano nella mano, e presero posto vicino a Ron.
Lavanda e Calì erano palesemente furiose perché costantemente ignorate; Ginny se la rideva beata.
Gli amici mangiavano con appetito e scherzavano tra loro, come al solito.
Dean e Seamus furono ammessi nel gruppo (chiaramente perché non erano femmine pettegole).
Ma, malgrado l’attesa spasmodica della Scuola, né Hermione né Caspian fecero la loro comparsa fino alla mattina dopo.
 
*
 
Nella loro casetta a Hogsmeade, alla luce del fuoco, Hermione pose davanti a Caspian un piatto, con aria esitante.
«Non è granché, come prima cena da moglie» disse in tono di scuse.
Lui le circondò la vita con le braccia.
«Amore, è perfetta! A proposito… cosa sarebbe?»
Lei rise.
«È pizza! Devi provarla, la adorerai!»
«Adorerò qualunque cosa mi cucini tu… Ma mi dispiace darti anche questa incombenza! Se fossimo rimasti a scuola…»
«… Saremmo stati oggetto di pettegolezzi e avremmo avuto gli occhi di tutti addosso» lo interruppe lei «Per cui tu non avresti potuto baciarmi appassionatamente, come spero che invece farai adesso. Per di più, la pizza l’ho comprata e non c’è bisogno di approfittare dei poveri Elfi Domestici…»
Lui scosse il capo, ricordando con quanta passione lei parlava del suo C.R.E.P.A. anche quando era a Narnia.
«Va bene, stiamo lontani dagli Elfi» sorrise lui, che era voluto scendere in cucina per conoscere gli Elfi appena aveva avuto un minuto.
 
Gli amici di Hermione erano rimasti scandalizzati all’idea che lei avesse cercato di sponsorizzare il C.R.E.P.A. anche a Narnia.
Tra l’altro – cosa che aveva scioccato Hermione – gli Elfi Domestici percepivano che Caspian proveniva da un altro mondo.
I piccoli servitori gli si erano affollati attorno e avevano allungato le manine curiose per sfiorarlo; lui era rimasto immobile e confuso, quindi loro avevano spiegato che sentivano la sua magia e che era una magia “diversa”.
Hermione era rimasta incantata da questa scoperta e avevano dovuto portarla via a forza dalle cucine, o sarebbe rimasta lì a fare ricerche e indagini per giorni.
Colta da una speranza fuggevole, Hermione aveva accompagnato il marito alla Stanza delle Necessità, ma neppure Caspian era stato capace di aprirne la porta.
Dopo il ritorno di Hermione a Hogwarts, la stanza non aveva più funzionato.
E allora quale poteva essere il passaggio per Narnia?
 
 
Ora, nell’intimità della loro casa, Hermione accantonò i pensieri su Narnia e chinò il capo per baciare il marito.
Lui scostò la sedia e la fece sedere sulle sue ginocchia.
Si baciarono a lungo, languidamente, e quando lei sentì che lui le infilava le mani sotto la camicetta si ritrasse appena.
«Aspetta» mormorò «Prima mangia…»
Caspian le intrappolò di nuovo le labbra, ma quando lei gli infilò le mani tra i capelli fu lui a fermarsi.
Sospirò e disse:
«Mangiamo. Tu devi mangiare per due, piccola»
Rimasero seduti così, lei in braccio a lui, mentre mangiavano le loro pizze e, poi, facevano un bis: Caspian perché non aveva mai mangiato qualcosa del genere e Hermione perché davvero moriva di fame.
Poi si spostarono sul divano e, abbracciati, parlarono della giornata e della vita a Hogwarts.
Caspian era stupito e curioso e, se durante il giorno ostentava un’aria indifferente, finalmente poteva soddisfare la sua curiosità con la moglie.
Chiacchierarono animatamente finché lei non crollò addormentata, con la testa sul petto di lui.
Quindi, il sovrano la portò in braccio a letto, la svestì e rimase incantato a guardarla dormire.
La mattina dopo, Hermione lo svegliò con un bacio e la colazione a letto.
Caspian scoprì il caffè e le brioche, quindi l’esistenza delle docce.
 
Tra la sorpresa per quella meraviglia che faceva uscire acqua scrosciante e calda e la vista del corpo nudo di Hermione, fu inevitabile fare tardi quella mattina.
 
 
 
***
Buongiorno, carissimi lettori!
Per la mia immensa gioia, il prossimo lunedì sarò nuovamente in trasferta (...) e quindi rischio di aggiornare nuovamente in ritardo.
Se non riuscissi entro lunedì sera, aggiornerò martedì mattina e, quindi, "And the reason is you" slitterebbe a mercoledì.
Per chi fosse interessato, tra l'altro, quella è l'altra storia che ho aperta, al momento, e la trovate qui:
 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1589222&i=1
Come sempre, controllate la mia pagina Facebook per tutti gli aggiornamenti: https://www.facebook.com/Joy10Efp
E il mio blog, se volete, è qui: http://dreamerjoy.blogspot.it/
Buona lettura e grazie di essere così meravigliosi e affezionati,
Joy


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 21
*** Le scope volanti ***


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«Amo questo mondo! E amo te!» le bisbigliò Caspian, radioso, prima di darle un bacio appassionato e lasciarla scappare a lezione, trafelata.
 
Hermione si fiondò nella classe avanzata di Incantesimi, rossa in viso e felice come non mai.
Borbottò scuse affrettate a Vitious - che le sorrise e ridacchiò alla vista della sua studentessa modello che arrivava accaldata, scarmigliata e in ritardo per la prima volta in sette anni – e sedette vicino a Neville.
Harry e Ron, a un banco di distanza, la guardarono scuotendo il capo.
Lei ignorò gli sguardi curiosi del resto della classe e si sistemò i capelli con aria di grande dignità.
Alla fine della lezione, Neville le si piazzò al fianco impedendo domande indiscrete, ma mentre la accompagnava a lezione di Antiche Rune bisbigliò:
«Hermione, non so per quanto potrete evitare di dare la notizia…»
Lei lo ringraziò e gli disse di non preoccuparsi, ma per l’ora di pranzo doveva ammettere che aveva ragione.
Harry, Ron, Ginny e Neville erano costantemente bombardati da domande incessanti su lei e Caspian.
Per quanto Hermione fosse preparata, le riusciva comunque difficile spiegarsi come, dopo tutto quello che la Scuola aveva passato, un pettegolezzo banale potesse alterare i ritmi della giornata.
Eppure, non c’era modo di scappare.
 
Pranzarono nuovamente fuori, ma furono interrotti da due studentesse di Caspian che venivano a chiedere informazioni sulla lezione.
Poi da altre due che venivano a chiedere consigli su un libro da leggere che parlasse di Narnia.
Caspian le dirottò sul diario di Lucy e sperò di poter finire la sua quiche.
Niente da fare.
Ne arrivarono altre.
Poi arrivarono fan di Harry.
Per la fine dell’ora di pranzo, erano tutti seccati e nervosi.
In ultima, arrivò la Preside.
«Caspian, mi spiace ma non puoi mangiare con degli studenti in cortile: crei un precedente e non va bene. Devi sedere al tavolo degli insegnanti»
«Ma perché?» si oppose subito lui «Non posso pranzare con mia moglie?»
La McGranitt storse il naso.
«Tua moglie è una studentessa e tu un insegnante. Dovete tenere le distanze. Mi spiace, ma ve lo avevo detto che non sarebbe stato facile… Del resto, pretendo che nella mia Scuola si seguano determinate regole»
Caspian e Hermione si scambiarono un’occhiata triste; Ron si sforzò di non sembrare troppo contento e Ginny gli tirò un calcio discreto.
 
Appena misero piede nell’ingresso, Calì si avvicinò con aria casuale e fermò Caspian chiedendogli se poteva fargli una domanda su una questione didattica.
Ginny intervenne, scettica:
«Calì, tu non segui più Storia della Magia… Te lo ricordi, vero?»
Caspian e Hermione sorrisero; Calì arrossì ma si rifiutò di cedere.
«Cosa c’entra? Era la mia materia preferita… Potrò fare delle domande, o no?»
«Ma smettila!» fece Ron «Ma se in classe o dormivi o leggevi l’oroscopo!»
Calì era sempre più rossa in viso.
«Non è vero» negò, stentatamente.
Suonò la campanella.
Hermione diede un bacio fuggevole a Caspian e lui le sorrise, adorante.
A Calì cadde la mascella.
Hermione sistemò la tracolla della borsa e la fissò, sprezzante.
«Cosa vuoi?» scandì «Potrò baciare mio marito, o no?»
 
Harry alzò gli occhi al cielo mentre Calì lanciava uno strillo di sorpresa.
 
*
 
La notizia si diffuse come una bomba.
 
Hermione Granger si era sposata.
Una degli eroi del mondo magico era sposata, a diciotto anni.
Con un professore figo e sconosciuto.
 
Hogwarts era in subbuglio.
I professori cercavano di proteggere la privacy dei due, ma con scarso successo.
La McGranitt punì chi sorprendeva a bisbigliare in classe sull’argomento.
Vitious assegnò un difficilissimo compito a sorpresa a una classe che beccò a scommettere sull’esito delle nozze.
Hagrid fece cadere accidentalmente una cassa di Snasi addosso a un Serpeverde che sentì sparlare delle doti sessuali di Hermione (come se potesse mai averne avuto sentore) e quelli si avventarono sul braccio dove portava l’orologio.
Ma, in generale, l’onda dei pettegolezzi fu inarrestabile.
 
In classe, le ragazze sbirciavano la mano sinistra di Hermione, sulla quale risplendeva la vera nuziale.
In Sala Grande, tutti fissavano a bocca aperta Caspian, che ora sedeva al tavolo degli insegnanti.
Poi fissavano a bocca aperta Hermione, seduta tra i compagni.
E poi di nuovo Caspian.
Lui sedeva impassibile e conversava educatamente con gli altri docenti: era stato cresciuto per sapersi comportare in modo impeccabile pur essendo costantemente al centro dell’attenzione.
Lei, che ai tempi di Rita Skeeter e dei vari pettegolezzi che avevano bombardato negli anni l’indissolubile trio predicava la pazienza e l’imperturbabilità, proseguì imperterrita nella sua linea di impermeabilità.
Del resto, il pettegolezzo era stavolta qualcosa che la rendeva enormemente felice.
Cosa gliene importava delle battutine e delle dicerie, quando le sue giornate erano meravigliose?
Era circondata dagli amici, era tornata a scuola.
E Caspian era con lei.
Quando era a Narnia aveva sognato, a volte, di vederlo nel suo mondo, anche se non aveva mai osato sperarlo davvero.
E invece, l’incredibile era avvenuto.
Caspian aveva incontrato i suoi amici, aveva visto Hogwarts.
Mangiava le frittelle, aveva incontrato Hagrid ed aveva fatto una passeggiata con lei nella Foresta.
Aveva visto la Piovra Gigante e gli Elfi Domestici.
Adorava tutto, era curioso e impaziente di scoprire il suo mondo.
E lei sentiva che, se Aslan avesse permesso loro di tornare a Narnia, quei giorni a casa, con lui, erano un dono senza pari.
 
 
Hermione e Caspian si erano sposati di domenica, eccezionalmente, al Ministero della Magia.
Il lunedì mattina si erano regolarmente presentati a scuola.
Per sei giorni avevano ignorato allegramente i curiosi e avevano cercato di incrociarsi nei corridoi il più possibile, attendendo con ansia spasmodica le serate, che trascorrevano da soli.
E arrivò il weekend.
A Hermione, pallida e con delle occhiaie molto evidenti, sembrava incredibile che fossero già trascorse due settimane dall’inizio della scuola.
Il suo mondo era andato sottosopra e poi si era ricomposto.
Ma gli amici sapeva che quel momento sarebbe arrivato.
 
«Cosa significa che venerdì c’è un compito di Pozioni?» tuonò Hermione, seduta sull’erba dei giardini di Hogwarts.
Harry e Ron si scambiarono uno sguardo rassegnato.
«Hermione, lo sai che le verifiche iniziano presto, c’è il M.A.G.O. quest’anno…» iniziò Neville.
Il suo cambiamento era stato incredibile: aveva acquistato grande fiducia in se stesso l’anno prima ma ora, sotto lo sguardo gelido di Hermione, sembrò farsi più piccolo.
«Lo so benissimo che c’è il M.A.G.O., grazie tante! Ma non c’è materiale sufficiente per un compito in classe!»
«Sì, invece» la contraddisse Ron «C’è quella maledetta verifica sui veleni e sulla Distillazione Magica dei Veleni Naturali»
Hermione si fece pallida come il gesso e Caspian, sdraiato con la testa poggiata sul suo grembo, si alzò di scatto, spaventato.
«Quale Distillazione?» ringhiò lei.
Harry tirò Ron per il braccio e si intromise, prudente:
«Quella che ha spiegato ieri…»
Lo sguardo di Hermione era perso nel vuoto.
Ginny fissò Harry, ma fu Ron a parlare:
«Hermione, l’amore ti ha fatta ammattire»
Caspian lo guardò male e Hermione lo liquidò con un gesto.
«Non fare l’idiota. Studierò di più, tutto qui»
«Più di così?» fece suo marito «Ma se hai sempre un libro in mano!»
«Scherzi?» fece Ron «Non l’ho mai vista così svagata! Dovevi conoscerla prima, quando andava anche in bagno con i libri!»
«Ronald, hai lo spessore mentale di un foglio di pergamena molto sottile!» lo informò lei, piccata «Per tua informazione, ho di meglio da fare nella mia vita!»
Di fronte al sorriso del marito arrossì e finse di non notare l’imbarazzo degli amici.
 
Insomma, quelli erano fatti privati.
 
«Quando il mio maestro cercava di farmi studiare tanto io scappavo nelle scuderie e uscivo a cavallo» disse Caspian, disinvolto.
Harry e Neville risero e anche Ron sorrise, riluttante.
Hermione storse il naso.
«Cornelius era troppo permissivo, con te!»
Il marito le tirò dolcemente una ciocca di capelli.
«Non ti sembra di esagerare, con lo studio?»
L’occhiata fanatica di lei lo fece sospirare e fece ridere gli amici.
«Caspian! Quest’anno c’è il M.A.G.O.! E per giunta avremo un bambino! Se resto indietro ora, come farò dopo, quando nascerà nostro figlio? È inammissibile restare indietro dopo due sole settimane di scuola!»
Il re sospirò.
«Hermione, a me va bene tutto ma non che ti stanchi troppo o che impazzisci sui libri. Devi cercare di dosare le forze, amore mio. E non dirmi che non sei una che si risparmia, perché lo so già»
 
Lasciando gli amici senza parole, Hermione annuì brevemente.
«Lo so…Hai ragione, scusa»
A Ginny cadde la mascella.
Caspian sorrise e diede un bacio sul naso alla moglie.
Ron esclamò:
«Ma le hai fatto il lavaggio del cervello? Hermione Granger che acconsente a non stressarsi troppo studiando?!»
L’occhiataccia di Hermione per Ron non aveva nulla di accondiscendente.
Harry si affrettò ad alzarsi e propose:
«Facciamo così: porto Caspian a fare un giro sulla mia scopa e tu studi un po’ e poi andiamo a pranzo»
Gli occhi di Caspian si illuminarono.
«Posso vedere le scope volanti? Davvero?»
Hermione sorrise di fronte all’aria fanciullesca del marito, poi prese il libro in mano e sbuffò.
Caspian le prese la mano.
«Ti prego, Hermione, vieni anche tu!»
Lei gli sorrise, tentata, ma poi scosse il capo.
«Non posso, amore mio. Devo studiare per quel maledetto compito. E poi io faccio schifo sulle scope. Harry è il migliore, invece»
Caspian le rivolse quell’occhiata che sapeva avere il potere di farla capitolare, ma lei gli diede uno schiaffetto scherzoso sul braccio.
«Niente da fare. Vai, su» rise.
Lui si chinò a baciarla e tutti, all’improvviso, si diedero a raccoglierei i libri o a fissare il lago.
Dopo qualche secondo, Hermione batté le palpebre e disse con voce fievole:
«Oh…ok. Vengo con voi. Ma mi porto il libro»
Lui le sorrise radioso, si alzò e la aiutò a rimettersi in piedi.
Si avviarono mano nella mano, ignorando le occhiate attonite degli amici.
«Ma come cavolo fa?» bisbigliò Ron a Harry, il quale si strinse nelle spalle.
 
Arrivati al campo di Quidditch, Caspian ammirò le altissime porte mentre Harry, Ron e Ginny andavano a prendere le scope e le palle.
Luna raggiunse gli amici e si sedette con Hermione, anche se di tanto in tanto interveniva per dare delucidazioni al sovrano, dicendogli cose tipo:
«Di che segno sei, Caspian? Hai mai calcolato il tuo ascendente? Perché non credo che dovresti salire su una scopa se non sei certo che gli astri ti approvino!»
Hermione sorrise e seppellì il viso nei libri.
Due ore dopo, lei aveva recuperato con Pozioni e si era portata avanti con un paio di capitoli, per sicurezza.
Caspian, invece, volteggiava sulla scopa di Harry con grande disinvoltura.
«Bravo!» lo lodò Harry «Hai un talento naturale!»
Caspian sorrise, ma scosse il capo.
«Non so certo fare quello che fai tu!»
«Oh, è solo questione di esercizio e di esperienza» rispose Harry, convinto.
«Posso rivedere quella presa…» gli domandò il sovrano.
«La Presa del Bradipo Rovesciato? Certo! Vuoi provarla?»
«Ti ammazzo, Harry!» strillò Hermione dalle gradinate.
Suo marito rise e le lanciò un bacio.
Harry provò un paio di volte con Ginny e Ron; il secondo quasi cadde dalla scopa.
Caspian era entusiasta e Harry gli promise che avrebbe potuto assistere agli allenamenti di Quidditch dei Grifondoro.
Era il suo ultimo anno a Hogwarts – e quindi il suo ultimo anno da Capitano - e dire che voleva vincere la Coppa del Quidditch era a dir poco scontato.
 
Quando la sera Hermione e Caspian si avviarono mano nella mano verso la loro casetta, lui era ancora infervorato e le spiegava tutti i trucchi che Harry gli aveva illustrato nel pomeriggio.
Hermione lo ascoltava, incantata dai suoi occhi splendenti e dal suo entusiasmo.
Quando mai lo aveva visto divertirsi come un ragazzo della sua età?
Mai, lo sapeva bene.
I re non potevano permetterselo… Ma Caspian ora era libero.
E sebbene il pensiero di essere lontani da Aslan la angosciasse – e angosciasse anche lui, oltre ogni dire – Hermione era felice che suo marito si godesse la giovinezza e gli amici, per una volta nella vita.
A casa gli preparò la cena, mangiarono e poi Caspian si stese sul divano, la testa poggiata sulle gambe di lei, e si immerse nella lettura de Il Quidditch attraverso i secoli.
Hermione ripensò a Harry, al suo primo anno a Hogwarts, quando aveva preso quel libro dalla biblioteca.
Lei poi gliene aveva regalato una copia a Natale, perché era chiaro che la passione dell’amico per quello sport non sarebbe stata una cosa passeggera.
E anche Ron ne possedeva una copia.
Ginny aveva letto il libro trafugandolo ai fratelli maggiori.
Suo marito, a quanto pareva, era destinato a diventare un fanatico a sua volta.
 
Sorrise, accarezzandogli i capelli, e prese in mano il libro di Trasfigurazione: tanto valeva studiare un po’.
 


***
Buon pomeriggio, diletti lettori!
Eccomi di ritorno dalla trasferta: un weekend di sole e caldo che mi ha fatto desiderare il mare!
Indovinate dove sono ora?
In ufficio  (-.-) ma almeno posso aggiornare con non troppo ritardo...
Grazie per il meraviglioso entusiasmo con cui seguite questa storia! Vi vedo aumentare, commentare e scrivermi e non sapete quanta energia mi infondete!
Grazie a tutti coloro che mi hanno inserita tra gli autori preferiti: c'è stato un aumento notevolissimo nell'ultima settimana!
Grazie! <3
Come sempre, sapete che potete trovarmi su facebook, per l'esattezza qui: 
https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref=bookmarks
Domani aggiornerò "And the reason is you", la mia storia su Ben Barnes che trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1589222&i=1
E, in ultimo, vi ricordo il mio blog: http://dreamerjoy.blogspot.it/
Buon inizio settimana!
Joy

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Capitolo 22
*** Il banchetto di Halloween ***


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Le giornate di Hermione non erano mai state così piene.
 
Né così felici.
Lo studio la impegnava sempre moltissimo, ma c’era altro a rallegrare i suoi giorni e le sue notti.
La vita da donna sposata le si confaceva certamente: era felice, serena e bellissima.
La presenza di Caspian equilibrò quei lati del suo carattere che rasentavano talvolta il fanatismo.
Il marito non le permetteva di studiare fino a perdere il contatto con la realtà, o di saltare i pasti, o di isolarsi nella sua nevrosi da studio.
Lei borbottò e sbuffò, all’inizio, ma non era capace di negargli nulla, per cui si sforzò di trovare un equilibrio diverso nella sua vita.
Prima aveva solo lo studio (oltre alla missione di salvare il Mondo Magico), ma adesso c’era qualcosa di infinitamente più importante per lei.
Anche se, come ripeteva a suo marito almeno tre volte al giorno, l’istruzione era una cosa molto importante!
Lui rideva e le diceva che non le avrebbe permesso di trasformare loro figlio in un secchione e lei sbuffava rispondendo che, se fosse dipeso da lui, probabilmente avrebbe affidato il piccolo a Tartufello, che gli avrebbe insegnato solo a raccogliere bacche selvatiche.
Battibeccavano e poi finivano a confondere le parole con i baci e i baci con le carezze.
Settembre trascorse tra amore e studio e ottobre comparve e procedette allo stesso modo.
 
Caspian si era integrato molto bene a Hogwarts.
Dopo una settimana di uso frequentissimo del Dittamo da parte di Hermione, che ormai era un’esperta, Lumacorno avevano trovato un antidoto al veleno che infettava le ferite del sovrano.
Madama Chips insisteva con Hermione perché lo accompagnasse al San Mungo ma, viste le reazioni degli Elfi, lei era spaventata che qualcuno potesse scoprire che Caspian non era originario della Terra.
Rimasero quindi a Hogwarts e Lumacorno si dilettò con le sue ampolle fino a distillare un antidoto efficace.
Frattanto, il giovane scoprì che insegnare poteva essere piacevole.
L’entusiasmo di Hermione era per lui una spinta a dare il meglio, ma quando si fu un po’ abituato alla situazione scoprì che parlare di Narnia, far sì che dei giovani conoscessero la meraviglia della Creazione di Aslan, era per lui una vera gioia.
Caspian prese molto seriamente le sue lezioni, ma di certo era un professore molto flessibile e affatto cattivo: era fin troppo consapevole di come lui stesso fosse stato insofferente a briglie troppo strette e si regolò di conseguenza.
Ciò lo rese estremamente popolare.
Le ragazze, poi, lo amavano incondizionatamente.
Ogni giorno Caspian si vedeva regalare fiori, bigliettini animati, cioccolato.
Lui ringraziava ma rifiutava fermamente ogni presente.
«Grazie, ma sono sposato: non posso accettare» era la frase che si sentiva più frequentemente nei corridoi della scuola.
Qualche ragazzina isterica la scrisse persino sui muri di un bagno.
Eppure, i doni continuavano.
Caspian non poteva fare un passo senza essere seguito da uno stuolo di fanciulle pronte a strapparsi i capelli per un suo sorriso.
Il malumore di Ron raggiunse i picchi storici.
Ma il bello era che a Caspian non si poteva dire nulla: era educato ma distante e fermo.
Era abituato da anni a respingere la corte di donne ben più esperte e sfrontate di quelle bambine.
E poi, ora aveva Hermione.
Gli bastava vederla apparire in un corridoio perché il suo sorriso si trasfigurasse.
Le andava incontro e le baciava la mano e ciò provocava svenimenti tra le sue fan.
Hermione alternava divertimento e irascibilità nei confronti del fan-club del marito.
Sapeva di non aver alcun motivo di preoccuparsi, ma a tratti era infastidita dal corteo che spiava ogni loro passo e dalle occhiate languide che venivano rivolte al suo uomo.
Era però vero che, in quelle occasioni, le bastava stringersi al suo fianco e lui subito la baciava, incurante di dove fossero, per cui le studentesse se ne andavano imprecando, o addirittura erano in lacrime.
 
E i due coniugi avevano altro di cui occuparsi.
La mattina di Halloween, Hermione riemerse dal bagno pallida e si sedette sul divano, mentre Caspian la guardava preoccupato.
La fece stendere e le sollevò le gambe sul suo grembo, accarezzandole dolcemente.
«Amore, resta a casa oggi, per favore» la pregò.
Lei aveva gli occhi chiusi, ma fece ugualmente un cenno con il capo.
«No, ce la faccio. Mi passa. Sono solo nausee, lo sai»
Lui sospirò, frustrato.
Non sopportava di vederla stare male, né di sapere che su quella situazione non aveva alcun controllo.
Le posò lievemente una mano sulla pancia, che iniziava ad arrotondarsi.
Hermione la coprì con le sue e sorrise.
«Così sto meglio. Due minuti e mi alzo, ok?»
Invece, mentre lui le accarezzava la pancia, si addormentò.
Caspian, pur sapendo che si sarebbe infuriata, non la svegliò: di notte dormiva male, stava spesso peggio la sera con la nausea.
Hermione si svegliò da sola due dopo e, guardando l’orologio sul camino, lanciò un urlo di terrore.
«Porca Morgana! Il compito di Rune!»
Caspian era lì, accanto a lei, e la prese al volo prima che lei ruzzolasse dal divano.
«Ehi, ehi, piano. Devi stare attenta, piccola»
«Andiamo! È tardissimo!»
Lui la strinse più forte.
«Andremo quando starai meglio e al diavolo le Rune!» rispose, burbero.
Siccome si sentiva ancora debole, Hermione gli si appoggiò contro.
Dopo un paio di minuti, lo baciò sulla guancia.
«Ho fame»
«Cosa vuoi mangiare?» chiese subito lui, solerte.
Faceva schifo in cucina e ne era consapevole, ma le tagliò delle fette di pane, su cui lei spalmò del burro e poi della marmellata.
Ne mangiò quattro.
«Diventerò obesa» fece, in tono lugubre «E verrò bocciata in tutte le materie. Sarò un’obesa ignorante»
Caspian scoppiò a ridere e le baciò la fronte.
«Sei un genio e sei bellissima: non corri alcun pericolo»
Scivolò in ginocchio davanti alla sedia di lei e poggiò le labbra sulla piccola rotondità che si intravedeva dagli abiti.
«Ehi, piccolino!» mormorò «Come la mettiamo con il fatto che la mamma è un genio? Dovrai fare i conti con lei, se non sarai bravo a scuola!»
Hermione sorrise e affondò le mani tra i serici capelli scuri di lui.
Caspian le premette la fronte sulla pancia e poi disse:
«Il piccolo dice che non ha voglia di studiare le Rune e che ti perdona se oggi hai dormito»
«Sicuro?» rispose lei «Perché secondo me ha detto che sono una lazzarona!»
«No, dice che sei la mamma più bella del mondo, invece»
Hermione rise e si lasciò scivolare sul pavimento, davanti a lui.
Si baciarono e, dopo un attimo, lei si lasciò andare contro di lui, stringendogli forte la schiena.
Quindi, con una mano cercò i bottoni della camicia e prese a slacciarglieli.
Caspian si staccò appena dalle sue labbra.
«Faremo molto tardi, ti avviso» le bisbigliò, con un’occhiata appassionata.
Lei gli mordicchiò il labbro inferiore.
«Tanto, ormai… E poi la sera sono sempre così stanca… Ma ti desidero tanto…»
Lui non aveva bisogno di ulteriori inviti.
Si alzò con un unico movimento fluido e le tese la mano.
La rimise in piedi mentre lei borbottava contro le perdite di tempo e la trascinò dolcemente in camera.
«Il pavimento è troppo duro per te, amore» disse semplicemente, prima di adagiarla tra le coperte.
Hermione si lasciò spogliare e chiuse gli occhi.
Ma sì, chi se ne frega del compito di Rune.
 
 
Arrivarono veramente tardi e la McGranitt li fulminò entrambi con gli occhi, a pranzo.
Però Hermione si scusò con voce esile e disse che non si era sentita bene, per cui la Preside cambiò subito atteggiamento: divenne apprensiva e la esortò a riposare e ad andare da Madama Chips, se stava male.
Hermione, le dita intrecciate a quelle del marito, rispose che ora stava meglio e che erano solo le nausee e non voleva disturbare.
Quindi fece per andare a cercare la professoressa di Rune, ma Caspian e la McGranitt la rimproverarono, dicendole di non dire sciocchezze e di starsene tranquilla.
Caspian la accompagnò fino alla classe di Pozioni e, dopo averla baciata senza curarsi degli spettatori, la affidò a Harry in corridoio e si recò in sala professori.
Su insistenza di Hermione, aveva organizzato la sua prima verifica da professore.
Rabbrividendo (lui, che odiava le interrogazioni a sorpresa di Cornelius!), si accinse a studiare delle domande (facili) per i suoi poveri allievi, quando sentì bussare alla porta e Hermione comparve sulla soglia.
Lumacorno l’aveva dispensata dalla lezione e lei era furiosa.
Caspian le tese le braccia e lei corse a rifugiarvisi.
«Perché ti ha dispensata?» le chiese «Non hai fatto i compiti? Ok… scherzo, scherzo!»
L’occhiataccia di lei non prometteva niente di buono.
«Dice che non posso stare in classe mentre studiamo questi tipi di veleni e antidoti, è rischioso per la salute. E ha sottolineato rischioso»
«Bè, ma allora ha fatto bene a mandarti via!»
«No, invece! Perché ora si chiederanno tutti come mai solo io devo essere esentata! Vedrai che faranno scommesse sul nostro bambino prima di cena!»
 
Non sbagliava.
Il tradizionale banchetto di Halloween era animato dai pettegolezzi più euforici.
Hermione Granger era incinta?
Le scommesse fioccavano in segreto.
«Come stai Hermione? Tutto bene?» chiese Calì, in tono premuroso, sedendosi il più vicino possibile alla compagna.
Hermione era come sempre circondata dagli amici e rispose con un cenno educato.
«Benissimo, grazie»
«Sicura?» fece Lavanda «Niente di particolare che vuoi dirci?»
Prima che Hermione potesse rispondere, Ron si voltò verso Lavanda e le disse, secco:
«Te la devi smettere di starle addosso, hai capito?»
 
Lavanda sbiancò.
Anche se Ron le aveva chiesto di uscire e si erano visti un paio di volte, la loro situazione era poco definita.
Lui sembrava avere la testa altrove.
E certamente le cose non erano come al loro sesto anno, quando la relazione era di dominio pubblico.
Lavanda era certa che le cose sarebbero riprese nello stesso identico modo, ma Ron la teneva a distanza.
Aveva analizzato la situazione infinite volte insieme a Calì, di notte: ora che Hermione non divideva più il dormitorio con loro potevano parlare indisturbate.
Calì le aveva fatto notare una cosa molto giusta: Lavanda non era inserita nel gruppo degli amici stretti di Ron.
Già schivo per natura, ora che Harry era al colmo della popolarità era diventato ancora più riservato e gli amici gli facevano da scudo.
E così era per Hermione.
Ron non portava mai Lavanda nel loro gruppo ristretto e, secondo Calì, questo ne indeboliva la posizione.
Lavanda si scervellava per cercare di inserirsi in ogni conversazione: fermava Ginny, parlava con Hermione e salutava persino Luna ovunque la incontrasse.
Ma in risposta otteneva soltanto fredda educazione.
A Ginny non piaceva Lavanda; Hermione aveva caldeggiato una ripresa della relazione di lei con Ron, ma poi si era seccata per le continue domande indiscrete che Lavanda le rivolgeva sul marito.
Luna, da parte sua, la osservava con quel sorriso stranamente consapevole e acuto, che diceva tutto.
Ma se c’era una cosa che Lavanda davvero non poteva tollerare era l’indiscutibile devozione di Ron verso Hermione.
Al loro sesto anno, lei aveva preso in giro Hermione per la sua cotta per Ron.
Poi, Ron aveva rotto con lei e cercato di avvicinarsi ad Hermione.
Non era successo nulla, ma bisognava essere ciechi per non vedere come Ron le stava dietro.
E più Hermione era lontana e distante, più lui insisteva.
E ora la notizia bomba delle nozze di lei, con un affascinante sconosciuto che aveva ottenuto una cattedra a Hogwarts!
Naturalmente gli studenti non potevano chiedere a un insegnante dove aveva conosciuto la moglie e Hermione era assolutamente riservata sull’argomento.
Ma, sebbene fosse ormai tranquilla per quanto riguardava la rivale, Lavanda non sapeva ancora che gufi prendere con Ron.
E vedersi zittita bruscamente da lui era umiliante.
 
Hermione osservò lo sconcerto sul viso della compagna e fece un cenno a Ron, ma lui scrollò le spalle, indifferente.
Ginny tagliò rabbiosamente una fetta di prosciutto, ma non commentò.
Harry era teso per l’inizio del campionato di Quidditch e mangiò poco.
Neville si schiarì la voce e disse:
«Allora, ragazzi, che novità ci sono?»
«I Serpeverde sono sempre degli idioti» borbottò Ginny, infilzando una patata «Giusto oggi ho quasi tirato fuori la bacchetta per affatturare una di loro che a lezione di Incantesimi mi ha spinta alle spalle»
«Chi è?» fece Harry, girandosi a guardare il tavolo dei Serpeverde.
Vedendo Harry che si guardava attorno, tutta la Sala si raddrizzò, curiosa.
«Oh, per Merlino!» borbottò lui, voltandosi subito.
Ginny rise e gli prese la mano, poi disse:
«Oh, una che credo si chiama Amalia Liarest o qualcosa del genere… è una grande amica della Greengrass e questo dice tutto!»
«Pensavo che i Serpeverde avessero cambiato atteggiamento» disse Neville, pensieroso «Certo, sono sempre tracotanti… però nulla di paragonabile agli anni scorsi!»
«Già. E Draco è irriconoscibile» disse Hermione, meditabonda.
«Vorrei che fossero tutti irriconoscibili» borbottò Ginny.
 
Ma nemmeno i Serpeverde avevano il potere di rovinare l’atmosfera di Halloween.
La Sala Grande era addobbata meravigliosamente: Hogwarts voleva offrire gioia ai suoi figli, reduci dalla guerra.
Migliaia di candele scintillavano e inondavano la Sala di una luce dorata.
Seduta al tavolo, Hermione poteva vedere lo sguardo entusiasta di suo marito, mentre conversava con Hagrid.
Il gigante rise e gli diede una manata così forte da farlo piegare sul tavolo.
Hermione trasalì come se la sberla fosse arrivata a lei e Harry ridacchiò.
«Tranquilla, Caspian mi pare uno abbastanza energico… E tutti noi abbiamo fatto i conti con le affettuosità di Hagrid! Ormai è uno di casa»
Lei sorrise, radiosa.
«Vorrei averlo nella mia squadra di Quiddith» continuò Harry, meditabondo.
«Oh, Harry, smettila di preoccuparti per la partita!» fece Ginny, spazientita «Altrimenti, anche se sei il mio Capitano, te ne canto quattro!»
Lui sbuffò.
«Rispetto, in squadra!» tuonò Ron.
Sua sorella gli fece un gestaccio.
«Ma smettila! Stiamo parlando del mio ragazzo!»
Harry le accarezzò i capelli ramati e sorrise, pentito.
Si baciarono e Ron borbottò qualcosa sulle coppie seccanti.
«Ehi, Neville» disse poi «Che ne pensi di una partita a Gobbiglie, stasera?»
Neville stava fissando il tavolo dei Corvonero.
«Cosa?» rispose, distratto.
Ron gli allungò uno scappellotto.
«Se ti piace tanto Luna, chiedile di uscire!»
Neville arrossì.
Ci fu trambusto tra le sue fan, che allungarono il collo per vederlo meglio e poi commentarono tra loro, entusiaste, che Paciock rosso in viso era ancora più affascinante.
Ron infilzò una patata, arrabbiato con il mondo, mentre Neville biascicava qualcosa di poco chiaro sull’essere amici.
Cinque minuti dopo Luna li raggiunse e il sorriso di lui diceva chiaramente che si era dimenticato della questione “amici”.
E, quando Caspian si alzò dal tavolo e raggiunse Hermione, aiutandola ad alzarsi, il picco dei pettegolezzi raggiunse i massimi storici.
 
«E dire che pensavo che quest’anno sarebbe stato divertente!» ruggì Ron, di malumore.

***

Buon pomeriggio adorati lettori!
Scusate il ritardo... Sto affogando nel lavoro!
Vi lascio subitissimo, ma voglio ricordarvi i link per tenerci in contatto:
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Buona lettura!
Joy

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Capitolo 23
*** Incidente ***


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«La Sprite ha punito due Serpeverde, ieri sera» disse Ginny a colazione, il mattino dopo.

 
Hermione era appena arrivata con Caspian e guardava il marito con occhi sognanti, ripensando alla notte appena trascorsa.
Lui ridacchiò e si chinò a baciarle la fronte, mentre con la mano le accarezzava la schiena.
Ginny si schiarì la voce.
«Ah…uhm…davvero?» fece Hermione, riportando l’attenzione sull’amica «E perché?»
«Perché hanno tentato di seguirvi a casa»
«Cosa? Noi?»
«Sì, voi, certo. Lo sapete, sì, che siete il pettegolezzo più ghiotto della scuola? Caspian è quasi più popolare di Harry!»
Gli strizzò l’occhio e lui scosse il capo, divertito dall’orgoglio che Ginny mostrava nei confronti del suo ragazzo.
«Non potrei mai eguagliare Harry Potter!» le disse.
«Ah, ma ora che tutti si chiedono se Hermione è incinta sei sulla buona strada!»
Hermione sbuffò.
«Comunque, la Sprite le ha beccate mentre sgattaiolavano fuori, poco dopo che eravate usciti. Le ha messe a spalare il Fertilizzante di Drago»
«Oh» Hermione arricciò il naso «Suppongo che allora ci accorgeremo se tenteranno ancora di seguirci: puzzeranno da morire»
«Sì» sospirò Ginny «Ma per nostra sventura è il fertilizzante preferito dalla professoressa. Ok, ho finito»
Hermione sorrise, contenta.
L’odore delle aringhe la infastidiva.
Caspian, come sempre, la accompagnò in classe: quella mattina aveva due ore di Incantesimi come prima lezione.
Lui andò a trovare Hagrid.
Avevano parlato delle creature che popolavano la Foresta e il re era molto curioso: Hermione gli aveva parlato dei Centauri e Caspian voleva capire se erano come quelli che abitavano Narnia.
 
Era con Hagrid al limitare della Foresta quando una trafelata McGranitt lo raggiunse ansante per dirgli che Hermione era stata ricoverata in infermeria a causa di un incidente avvenuto a lezione di Incantesimi.
 
 
*
 
In infermeria era il caos.
 
Harry, Ron e Neville avevano accompagnato l’amica in infermeria; Ginny e Luna erano arrivate appena sentita la notizia e ora si accalcavano sulla porta chiedendo a gran voce di entrare.
Dentro, Vitious – che aveva abbandonato la classe di gran carriera al suono della campanella – si torceva le mani rammaricato, mentre discuteva con Madama Chips.
Frattanto, Hermione era seduta su un letto e cercava di alzarsi, mentre Caspian cercava di convincerla a riposare un po’.
«Insomma, silenzio!» esplose la Preside, decisa «Non ci capisco nulla!»
Appena tutti tacquero, la McGranitt si rivolse a Hermione:
«Allora, cos’è successo?»
«Stavamo provando gli Incantesimi di Connessione per passare attraverso il fuoco: il professor Vitious aveva evocato delle fiamme e, quando mi sono avvicinata per provare, qualcuno mi ha spinto da dietro verso il fuoco»
«Non c’era nessuno dietro di te» obiettò Ron, con le lentiggini che risaltavano nel viso pallido.
«Forse le hanno lanciato un incantesimo» intervenne Neville «Perché all’improvviso è stata catapultata in avanti, verso le fiamme, molto velocemente»
Caspian, pallido in viso, strinse forte la mano della moglie.
Lei gli accarezzò la guancia e l’espressione grave si addolcì mentre lo contemplava.
«Ehi» bisbigliò, avvicinando la fronte a quella di lui «Va tutto bene. Sto bene»
«Stai bene perché Harry ha dei riflessi molto pronti, per fortuna» fece Ron, nervoso «Se non ti avesse protetta con quell’Incantesimo Scudo, adesso…»
Non terminò la frase, ma tutti si lanciarono occhiate preoccupate.
«Sentite, è tutto a posto» annunciò Hermione, alzandosi «È stato un incidente, poteva capitare a chiunque. E per fortuna c’era Harry, così tutto quello che mi è successo è stato finire stesa a terra, che francamente non è nulla rispetto a certe cose che mi sono accadute in passato!»
Il suo tentativo di scherzare per alleggerire la tensione non ebbe gli esiti sperati.
«Hermione!» strillò Madama Chips «Non è uno scherzo, nelle tue delicate condizioni! Devi pensare al bambino!»
«Oh, per Merlino!» gemette Vitious, alzando le mani al cielo «Oh, cosa poteva accadere! Non posso pensarci!»
«Va bene, calmati Filius!» la McGranitt prese di nuovo la parola «Hermione ha bisogno di riposare, non serve che la opprimiamo adesso. Quindi, mia cara, per oggi basta con le lezioni. E non accetto un no come risposta»
Fulminò con gli occhi la sua studentessa, che stava proprio per obiettare.
«Caspian, vuoi portarla a casa? O preferite stare qui?»
«Preferisco andare a casa, allora» disse subito Hermione.
Il marito consultò con lo sguardo Madama Chips e, visto il cenno d’assenso che ricevette in risposta, annuì.
«Come vuoi» disse.
«Ma sia chiaro: deve riposare» intervenne l’infermiera, burbera.
Caspian annuì e prese in braccio la moglie, sebbene lei protestasse.
«Caspian, posso camminare da sola!»
Ma, con un cenno di saluto, lui la portò fuori dall’infermeria tra le sue braccia.
 
 
«Tanto per incentivare i pettegolezzi, eh?» scherzò lei, mentre attraversavano il corridoio «Diranno che la tua povera moglie non sa neppure camminare da sola»
«Possono dire quello che vogliono» rispose lui, teso «Purché tu stia bene»
Hermione intrecciò le dita tra i capelli scuri di lui e gli baciò dolcemente la guancia.
«Io sto benissimo e tuo figlio anche. Guarda che è il figlio di un re e di un combattente: mica è un pappamolle!»
Lui sorrise, tirato.
«Davvero non vuoi restare in infermeria?» chiese «Magari Madama Chips…»
«No» lo interruppe lei «Voglio andare a casa nostra e stendermi nel nostro letto con te e non fare niente per tutto il resto del giorno, visto che mi hai tenuta sveglia per gran parte della notte»
Gli diede un altro bacio e stavolta il sorriso di lui fu più caloroso.
«Tutto quello che vuoi, amore mio»
 
 
In infermeria, l’aria era ancora tesa.
«Neville, pensi davvero che le abbiano lanciato contro un incantesimo?» chiese la Preside.
«Sì» disse quello.
Harry annuì.
«Non è inciampata» aggiunse «È proprio volata in avanti»
«Chi c’era, dietro di lei?» chiese Ginny.
«Nessuno. Era staccata di qualche passo, perché si stava preparando per provare l’incantesimo. Noi eravamo arretrati»
Vitious sospirò pesantemente e la McGranitt gli chiese:
«Chi c’è in quella classe, Filius?»
«Oltre a Harry, Ron, Hermione e Neville, ci sono tre Corvonero – Padma Patil, Michael Corner e Anthony Goldstein -  due Tassorosso - Ernie Macmillan e Susan Bones – e tre Serpeverde: Draco Malfoy, Pansy Parkinson e Daphne Greengrass»
Tutti si scambiarono sguardi cupi.
«Malfoy?» chiese poi Ron a Harry.
La McGranitt si accigliò.
«Signor Weasley, non possiamo accusare uno studente se…»
«Se scopro che ha tentato di fare del male a Hermione dopo che voi tre avete testimoniato in suo favore, lo ammazzo senza usare la bacchetta» esplose Neville, furioso.
I professori tentarono – con scarsa convinzione – di calmarlo.
«A me Draco sembra davvero pentito» intervenne Luna, con il suo solito tono sognante «O almeno… più pentito di tanti altri»
La McGranitt tamburellò nervosamente con la bacchetta contro il palmo della mano.
«Senza prove certe non possiamo fare nulla» disse, lentamente «Ma voglio che qualcuno di voi sia sempre con Hermione, in ogni momento»
Tutti annuirono.
«Speravo che con la fine della guerra tutto cambiasse» mormorò ancora, più a se stessa che agli altri «Ma, a quanto pare, c’è ancora odio a Hogwarts»
 
*
 
Di certo, nella casetta di Hermione e Caspian a Hogsmeade non c’era nulla se non amore.
 
Caspian mise a letto la moglie, ripetendole che non voleva sentire scuse, e rimase con lei finché non si addormentò.
In realtà non ci volle molto tempo: Hermione era stanca per via dello studio e la sera riposava poco perché voleva stare con il marito.
Inoltre, i sintomi della gravidanza si facevano ancora sentire.
Prese sonno velocemente e Caspian rimase per un po’ ad osservarla, con una mano di lei stretta tra le sue.
Poi si spostò in salotto, stupendosi ancora una volta di come quella casa minuscola gli sembrasse il luogo più meraviglioso del mondo.
Lui, che era abituato alle dimensioni imponenti delle sale di Cair Paravel, agli spazi aperti attorno al castello, ora viveva in pochi metri quadrati ed era talmente felice da sentirsi il re del mondo.
Come sempre, lo colse una fitta di ansia appena formulato il pensiero.
Caspian sapeva che Aslan lo amava e che amava Hermione, ma non riusciva a smettere di colpevolizzarsi per la sua felicità.
Narnia, che gli era stata affidata dal Leone, era perduta.
Ed era colpa sua, che non aveva saputo difenderla.
Lilliandil imperversava a palazzo e lui era in un altro mondo, felice come mai prima.
Certo, il suo cuore sanguinava per le sorti del suo mondo.
Non passava giorno senza che il re si struggesse per le sorti del suo regno e dei suoi abitanti, per l’eredità dei suoi genitori e per i suoi compiti… Ma accanto a lui c’era Hermione.
Lei consolava il suo spirito e medicava la sua anima.
E lui era felice e amava con un’intensità tale che spesso ne aveva paura… E si vergognava di non essere stato capace di amare Narnia allo stesso modo.
 
Perso in quelle cupe riflessioni, sussultò per lo spavento quando sentì una mano sfiorargli il braccio con delicatezza.
Hermione era in piedi accanto a lui e gli sorrideva ma, alla vista della sua espressione, il bel viso della ragazza si rabbuiò.
Gli si sedette accanto sul divano e gli tese le braccia.
«Caspian, cosa c’è?» chiese, preoccupata.
Lui si lasciò abbracciare ma non disse nulla.
Non voleva intristirla o caricarla di altri problemi, peraltro da loro non risolvibili.
Ma stava sottovalutando sua moglie.
Hermione gli accarezzò la schiena e mormorò:
«Ti manca tanto Narnia, vero?»
Il re rimase in silenzio, respirando a occhi chiusi l’odore delicato della pelle di lei.
«Mi dispiace così tanto, amore» aggiunse sua moglie dopo qualche secondo «Se potessi riportarti a Narnia lo farei adesso, te lo giuro»
Caspian annuì, solleticandole con la barba la pelle.
Le dolci carezze di Hermione sulla schiena avevano un qualcosa di ipnotico.
«E vorrei riuscire a convincerti che non sei tu il colpevole» proseguì lei a bassa voce «Che niente di quello che è successo è colpa tua. Lilliandil è una persona malvagia, come Voldemort era malvagio. E contro persone come loro noi possiamo lottare con tutte le nostre forze, ma oltre alla dedizione e al coraggio non possiamo dare altro»
«Darei tutto, per Narnia» disse lui «Tranne te. E tu sei talmente dentro di me, talmente nel mio cuore, che forse allora non sono davvero capace di amare davvero qualcuno o qualcosa che non sia tu»
Lei gli baciò il capo bruno.
«Caspian, l’amore non sottrae: moltiplica. Non hai tolto nulla a Narnia amando me. Aslan lo sa, ne sono sicura»
«Ma se avessi potuto salvare la mia gente, allora…»
«E come avresti potuto, quando tu stesso ti sei salvato per miracolo? Ascoltami: avrei voluto che potessimo salvare Silente. E Piton. E Fred. E Remus e Tonks» gli occhi di Hermione si riempirono di lacrime «E tutti i miei compagni che la notte della battaglia di Hogwarts sono morti. E tutti gli innocenti che questa guerra ha ucciso. Ma non potevamo. Come non potevi tu»
Lo strinse più forte.
«Come noi, tu hai fatto quello che hai potuto. E prima smetterai di colpevolizzarti, prima potrai concentrarti sul futuro. Perché noi torneremo a Narnia, perché tu appartieni a quel mondo e ad Aslan. E anche nostro figlio. E… e anche io, adesso»
Caspian non osava quasi guardarla, stupito dalla fede limpida e forte di Hermione.
Le passò le braccia attorno alla vita, sentendosi più che mai inadeguato, e attese che le dolci carezze di lei calmassero il suo spirito inquieto.
Dopo lunghi minuti di silenzio, bisbigliò:
«Mi piacerebbe insegnargli a cavalcare, nelle foreste attorno a Cair Paravel»
Hermione, con il mento poggiato sulla testa di lui, sorrise dolcemente.
«Pensi che sarà un maschietto?»
«Oh, non so» anche lui sorrise «Di solito nella mia famiglia nascono sempre dei maschi…»
Hermione si scostò appena e posò una mano sulla piccola rotondità del suo ventre.
«Fagiolino, ma quindi sei un mago e non una strega?»
«Fagiolino?»
«Sì, al momento è grande come un fagiolo, più o meno… Io lo chiamo sempre Fagiolino»
Caspian allentò la stretta delle braccia e si raddrizzò, lasciando però il capo sulla spalla di lei, e le coprì la mano con la sua.
«Il primo re-mago di Narnia» mormorò.
Hermione sorrise, raggiante.
«Con te come padre, non poteva che essere speciale»
Lui parve confuso.
«Tu sei così…forte. E determinata. E saggia. A volte mi fai paura…»
«Bè, tu sei riflessivo, passionale e meraviglioso. In qualche modo dovrò pure dimostrarmi degna di te, giusto?»
Lui scosse il capo.
«Io devo farlo, non tu. Lo farò per entrambi voi»
Si chinò a baciarle la pancia e lei gli accarezzò i capelli, bisbigliando:
«Ma lo fai già!»
Ben presto, le parole divennero superflue.
Caspian tracciò una scia di delicati baci sul ventre di lei e con le mani le sollevò dolcemente la gonna.
Hermione si lasciò cadere sui cuscini e inarcò il bacino.
Quando lui si stese sopra di lei, gli strinse le braccia al collo con impeto e gli mordicchiò la spalla.
Lui si spogliò velocemente e si distese di nuovo, riprendendo a baciarla.
«Questo è decisamente meglio di lezione di Pozioni» ansimò lei.
«Vorrei ben vedere!» scherzò il marito, mentre le accarezzava i seni con mani sapienti.
Hermione mugolò di piacere e fece correre le mani sull’addome scolpito di lui.
«Sarò bocciata in tutte le materie, se continuo così… Ma se non altro ne sarà valsa la pena!»
Caspian rise.
«Contento di essere più importante delle lezioni! E ora, se non ti spiace… Parliamo d’altro!»
Hermione sorrise e annuì, perdendosi negli occhi scuri di lui.
 
 
*
 
«Hermione, come stai?» domandò Luna il pomeriggio seguente, mentre erano tutti in biblioteca a studiare.
 
Hermione, che stava fantasticando sul marito e continuava a distrarsi dalla traduzione di Antiche Rune, scosse il capo e rispose:
«Oh, benissimo»
«Ti sei riposata, ieri?»
L’altra arrossì come un peperone.
«Uhm…eh…sì, sì, grazie…»
Ginny ridacchiò, divertita, e fu subito ripresa da Madama Pince.
«Niente schiamazzi in biblioteca!»
«Scusi, scusi…» fece Ginny, che poi abbassò la voce per bisbigliare:
«Accidenti! Dovrebbe dedicarsi anche lei alle attività extra curriculari di Hermione, vero? Le farebbe un gran bene!»
Hermione arrossì come un peperone, Neville rise e Ron lanciò un quaderno alla sorella.
«Scostumata! Ma che discorsi sono?»
Harry gli lanciò una pergamena e lo guardò male.
«Ma perché, anche voi…» balbettò Ron, paonazzo.
Harry divenne più rosso di Hermione, ma fu Ginny a dire con sussiego:
«Ronald, non sono fatti tuoi. Stai zitto o ti affatturo!»
Ovviamente, il pomeriggio terminò con una litigata colossale tra i due fratelli.
 
Mentre si avviavano l’una nel suo dormitorio e l’altra all’ingresso della scuola, Ginny pose a Hermione delle confuse domande sulle sue attività “extra-curriculari” con Caspian.
Hermione ridacchiò, divertita dall’imbarazzo dell’amica, di solito così spigliata.
«Ah, ma allora tu e Harry…»
«No, no» Ginny arrossì furiosamente «Solo che… ne abbiamo parlato, ecco»
Hermione sorrise e passò un braccio attorno alle spalle dell’amica.
«Non c’è mica niente di male, Ginny! Non ascoltare tuo fratello!»
«Oh, quel babbuino!» sospirò la rossa, spazientita «Passo dal disprezzare Lavanda al compiangerla… il che è tutto dire! Ma comunque… Certo che non c’è nulla di male! Solo che…»
«Hai paura» completò la frase Hermione.
L’altra annuì.
«Bè, è normale»
«Tu avevi paura?»
«Per niente, a dirti la verità» Hermione sorrise, maliziosa «E, tra l’altro, ho quasi obbligato Caspian a farlo, per cui…»
A Ginny cadde la mascella.
«Hermione! Ma…ma…»
L’amica rise.
«Oh, senti, lui voleva aspettare per via del fatto che non eravamo sposati e non era onorevole e quant’altro… Io invece non ci pensavo proprio, ad aspettare! E poi, diciamoci la verità…» si guardò attorno, ma il corridoio era deserto «Per Caspian è normale seguire un certo comportamento, che non è quello di questo mondo! Insomma, non mi ha invitata a bere un caffè: mi ha chiesto di sposarlo! Mi agitava più quello che altro, se devo dire la verità»
Anche Ginny rise.
«Bè, è molto romantico!»
Hermione annuì.
«Tutto con Caspian è romantico e incredibilmente bello!»
Ginny le strinse affettuosamente il braccio.
«Sei radiosa, lo sai? Hanno ragione, tutte quelle galline, ad invidiarti!»
Hermione le strizzò l’occhio.
«Ma invidiano anche te! Sei o non sei la fidanzata del famosissimo Harry Potter?»
Ginny la prese sottobraccio.
«Hai proprio ragione, siamo due stelle di questo firmamento! Dai, andiamo a cena, che tu devi mangiare per due… non vorrai far morire di fame mio nipote!»
 
Si allontanarono scherzando, inconsapevoli del fatto che qualcuno le osservava dall’ombra del corridoio.
 
 
 

***
Sorpresa!
Eccomi già qui! 
Sono in anticipo, ma lunedì non riuscirò ad aggiornare, quindi vi lascio prima del weekend con il nuovo capitolo.
So che chi mi segue su Facebook lo sapeva già, per cui vi ricordo di controllare la pagina per tutti gli aggiornamenti.
Ecco il link: https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref=bookmarks
La prossima settimana (o questo weekend? O sono troppo ottimista??) ricomincerò ad aggiornare il blog, vi ricordo il link: http://dreamerjoy.blogspot.it/
In ultimo, vi segnalo l'altra mia storia su Ben Barnes, seguito della mia prima storia in assoluto qui su Efp e alla quale tengo come non mai.
Ho finito di scriverla, mancano 3 capitoli alla conclusione e chiunque vorrà leggerla e dirmi che ne pensa mi farà felice!
La trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1589222&i=1
Cos'altro?
Con questa storia ci riaggiorniamo il 6 ottobre!
Buon weekend!
Baci,
Joy

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Capitolo 24
*** Il campionato di Quidditch ***


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Per quanto gli amici tenessero gli occhi aperti e un basso profilo, nessun evento sospetto capitò nei giorni seguenti.

 
L’unica cosa che tormentava Hermione erano i pettegolezzi.
Le scommesse sulla sua gravidanza avevano raggiunto quote storiche, finché lei decise saggiamente di non preoccuparsene più.
Tanto, ben presto sarebbe diventato evidente.
Che le malelingue si seccassero a furia di parlare!
Per precauzione, quando sedeva con gli amici in biblioteca o in Sala Comune, usava il Muffliato, ma per il resto viveva serenamente il suo amore e il suo ultimo anno a Hogwarts.
Hermione amava la sua scuola ed era ben consapevole che non solo stava per lasciarla, ma che suo figlio difficilmente avrebbe studiato lì.
Non sapeva spiegarlo, era una sensazione.
Sentiva che sarebbero tornati a Narnia.
Caspian era il primo ad essere scettico, vista anche la discrepanza cronologica che poteva verificarsi tra i loro mondi.
Inoltre, allo stato attuale delle cose, per Hermione e per il piccolo era molto più sicura la Terra che Narnia.
Sua moglie stava bene ed era ogni giorno più radiosa e serena: a lui non serviva altro, per il momento.
Entrambi attendevano con gioia incontenibile il loro primo figlio.
 
Per gli amici era ancora strano.
Hermione era moglie e madre… A volte era difficile ricordarsene, quando tutti insieme ridevano, scherzavano o tifavano per la squadra di Quidditch del Grifondoro.
Complice la fama smisurata del suo capitano, quell’anno dalla squadra ci si attendevano meraviglie.
La McGranitt condonava persino le verifiche ai membri della squadra, quando avevano gli allenamenti.
«Capisci, non è che sono di parte…» spiegò un giorno a Caspian, che seguiva la squadra con lo stesso entusiasmo degli studenti «… È che sì, in realtà sono di parte… Ma chi potrebbe biasimarmi?»
Caspian rise e la rassicurò e lei se ne tornò a fare lezione con la convinzione che Hermione aveva sposato proprio un bravo ragazzo (sì, insomma… si era subito schierato con i Grifondoro! Non che lei facesse dei favoritismi, è chiaro).
 
Quel sabato, Caspian si presentò al campo di Quidditch vestito con jeans e felpa (regalo di Hermione), con una sciarpa di Grifondoro legata al collo e i capelli scuri raccolti in una coda ordinata.
Tra le sue ammiratrici molte rischiarono il collasso, soprattutto quando sfilò gli occhiali da sole scuri e baciò la moglie sulle labbra davanti a tutti.
Hermione, dal canto suo, indossava una minigonna di jeans, stivali di pelle e un maglioncino chiaro, oltre alla sciarpa rossa e oro che portava legata al collo.
Le lentiggini spiccavano sul viso sorridente e i capelli ondeggiavano nella leggera brezza del giorno: era bellissima, impossibile dire il contrario.
Ed era anche, chiaramente, incinta: la linea snella era decisamente arrotondata sul ventre.
Ora che finalmente il pettegolezzo più gustoso era confermato, le malelingue scoprirono che la loro soddisfazione era sterile: marito e moglie procedevano incuranti di loro e i soliti amici si strinsero attorno alla coppia, come per fare da scudo, per cui la maggior parte di quelli che si erano radunati sugli spalti per osservare gli sposi più che la partita si ritrovò a lanciare bieche occhiate alla coppia amoreggiante.
Lavanda sedeva in disparte, malgrado la disapprovazione della sua amica Calì, per cercare di recuperare punti con Ron.
 
Per il resto, era Quidditch.
Appena le squadre scesero in campo, ogni pensiero che non fosse per la partita sparì dalla mente di ogni singolo studente o professore.
Grifondoro apriva il campionato sfidando Serpeverde.
La Casa di Harry Potter, il Prescelto, sfidava la Casa che era stata di Voldemort e dei suoi Mangiamorte.
E la tensione, la rabbia e il desiderio di vendetta esplosero quel giorno più forti che mai.
«Ed ecco le squadre che scendono in campo!» annunciò la voce di Dean Thomas, magicamente amplificata dal Megafono Magico («Wow!» esclamò un Caspian entusiasta all’orecchio della moglie).
«Harry Potter schiera, per Grifondoro: Weasley, Peakes, Coote, Weasley, Robins e McDonald… Sì, esatto, Natalie è la nuova Cacciatrice dei Grifoni… e naturalmente… Potter!!»
Un boato si levò dalla folla, più forte di qualsiasi grido mai sentito fino a quel momento nello stadio, tanto che Natalie rabbrividì per la tensione e la paura.
Ginny le diede una pacca amichevole sulla spalla per incoraggiarla e si alzò in volo.
Hermione schermò gli occhi con la mano, proteggendosi dal sole, per seguire l’ascesa degli amici sulle scope.
«Ed ecco Serpeverde» proseguì Dean, con tono decisamente meno entusiasta «Bletchly, Malfoy, Nott, Higgs, Harper, Greengrass e Bulstrode. Mmm…. Serpeverde quest’anno ha avuto qualche problema nel mettere in piedi la squadra, a quanto pare. Nessuno che ha più voglia di fare il galletto, eh?»
Un coro di fischi partì dalla curva verde e argento, ma fu sovrastato da un ruggito corale del resto dello stadio.
«Thomas!» fece la McGranitt, a dir la verità poco convinta.
«Ah, sì, scusi Preside, dicevo solo che solitamente fanno le corse per mettersi in mostra, ma ho sentito dire che quest’anno nessuno voleva entrare in squadra…»
«Basta!» esclamò la Preside, stavolta più aspra «Limitati alla telecronaca!»
«Certo, certo… Allora, sono tutti in sella alle scope e Madama Bumb è pronta con il fischietto… tre, due, uno… paaaartiti!!»
 
I Cercatori di ambo le squadre sfrecciarono verso la porta opposta; Harry puntò la sua nuova, fiammante Firebolt verso il cielo.
Salì veloce e, quando gettò uno sguardo alle sue spalle, non vide Malfoy.
Iniziò a descrivere un ampio cerchio attorno all’area del campo e, con gli occhi, scorse Draco più in basso, che volava molto più lentamente.
Harry aggrottò per un secondo le sopracciglia, ma poi si diede una scrollata mentale: non aveva tempo di preoccuparsi di Malfoy, doveva pensare al Boccino.
«Visto che roba, la nuova Firebolt?» stava intanto dicendo Dean «Monta un nuovo, fantastico Incantesimo Autofrenante! E, cosa ben più importante… è uscita un’edizione limitata della scopa dedicata a Harry Potter! Non è fantastico?!»
Un applauso entusiasta si levò dalla folla.
In alto, Harry alzò gli occhi al cielo.
Quando l’aveva saputo, aveva quasi deciso di cancellare l’ordine d’acquisto della sua nuova scopa… Ma poi ci aveva ripensato all’ultimo.
La Firebolt era eccezionale.
E quella che gli aveva regalato Sirius era andata distrutta.
La casa produttrice, alla fine, voleva donargliene una dozzina, ma lui aveva garbatamente rifiutato e aveva dato i soldi a Ginny perché la acquistasse a suo nome.
Ron era ancora furioso: avrebbe potuto rifornire la squadra del Grifondoro, con quel regalo.
Ma ormai era andata così.
 
Sulle tribune, Hermione scosse il capo mentre la folla intonava un coro in onore di Harry.
«Lo faranno infuriare e finirà che cadrà dalla scolpa!» esclamò, rivolta al marito.
«Non credo: è troppo bravo!» rispose lui, esaltato quanto gli studenti.
Lei sorrise, felice di vederlo così entusiasta, e frugò velocemente nella sua borsa.
«Tieni» gli disse «Prova a usare questo»
Gli porse un Omniocolo, che il marito studiò perplesso.
«Cos’è?»
«Un Omniocolo. Serve ad ingrandire gli oggetti lontani, ma ti permette anche di fare altre cose: seguire un’azione al rallentatore, per esempio, o fartela vedere di nuovo se vuoi studiarla meglio»
Lui prese l’oggetto magico con uno sguardo di pura reverenza.
«Davvero? Oh, è fantastico! Quante cose si possono fare con…»
Lei gli strinse un braccio con fare ammonitore.
«Ricordati che sei un mago!» bisbigliò al suo orecchio.
Lui non si fece scappare l’occasione di averla così vicina e le baciò la punta del naso e poi le labbra.
Tra le grida della folla, difficilmente qualcuno avrebbe potuto sentirli, ma lui si scusò comunque.
Hermione si strinse a lui, per un attimo dimentica della partita.
Caspian appoggiò le labbra su quelle di lei, così dolci e invitanti…
 
E un boato fragoroso li riportò alla realtà.
«Goal! Goal! Il primo goal per Grifondoro lo segna Ginny Weasley!» urlava Dean, saltellando in tribuna.
I tifosi erano in piedi e sventolavano bandiere e sciarpe.
Luna fece partire un ruggito dal suo celebre cappello magico e Caspian fece un salto per la paura, credendo si trattasse di Aslan.
Poi la moglie gli indicò Luna e lui rise: il re di Narnia adorava la piccola Corvonero, con tutte le sue stranezze.
Mentre Ginny volava sopra la curva, salutando euforica, Caspian provò a usare l’Omniocolo per rivedere la rete, ma quello non trasmise nessuna immagine.
«Dovevi inquadrare l’azione, amore» gli spiegò la moglie «Ora non ha nulla da farti rivedere»
Lui mise il broncio e lei rise.
«Tranquillo: segneranno ancora!»
«Tu mi distrai, moglie» rispose lui, lanciandole un’occhiatina d’intesa «Quando sei vicina a me non capisco più niente!»
Hermione lo abbracciò con slancio e, sopra di loro, Calì sospirò invidiosa.
Ma com’era possibile che Hermione avesse tutta quella fortuna?!
 
Come aveva previsto Hermione, Grifondoro segnò ancora e ancora: la squadra messa in piedi da Harry aveva un’ottima intesa, le tre Cacciatrici volavano benissimo insieme.
Ron si destreggiò nelle parate, riuscendo a impedire due reti quasi certe, ma in generale ebbe poco da fare.
I Serpeverde erano aggressivi ma decisamente non coordinati, come se non avessero mai volato insieme prima della partita.
«Ma non si sono allenati?» chiese Demelza a Ginny, lanciandole la Pluffa mentre le sfrecciava accanto «Millicent non sembra capace di sedere sulla scopa!»
La ragazza, infatti, si muoveva a disagio e sembrava spaventata di volare troppo in alto.
Ginny ghignò:
«Avevano tutti paura di entrare in squadra! Serpeverde non gode di simpatie, al momento»
Poi, la rossa si lanciò verso la porta e segnò ancora.
I tifosi di Grifondoro, Corvonero e Tassorosso esultavano; i Serpeverde sedevano in un silenzio malmostoso.
Sapevano di pagare l’antipatia che la loro Casa aveva sempre suscitato negli altri studenti: ora che la guerra era terminata, ora che il Prescelto aveva messo in campo la sua squadra, per loro non c’era speranza.
Eppure, i Serpeverde non erano noti per il loro buon carattere.
Frustrato dall’andamento della partita, che vedeva i Leoni in superiorità schiacciante, all’improvviso Nott urtò da dietro la scopa di Natalie McDonald e quasi la disarcionò.
Lei riuscì a tenersi al manico, ma sbandò pericolosamente e perse la Pluffa, che fu recuperata da Harper e lanciata a Nott, il quale si diresse come una furia verso la Porta difesa da Ron e lanciò con tanto impeto che il Portiere non riuscì a trattenerla tra le mani.
Serpeverde esultò, ma i cori si persero nel mare di imprecazioni che vennero rivolte contro di loro.
Nott si allontanò dalla porta come se nulla fosse, ma sotto di lui lo stadio stava esplodendo.
Nessuno era più disposto a tollerare gli imbrogli dei Serpeverde.
Ma loro erano in svantaggio e, da sempre, erano noti per la loro incapacità di gestire gli insuccessi.
Dopo altri due falli, fischiata da Madama Bumb e ampiamente descritti e commentati da Dean, la situazione si fece davvero tesa.
I Grifoni non erano disposti a chinare la testa: Coate lanciò un bolide addosso alla Greengrass, che urlò e lasciò il manico della sua scopa, cadendo nel vuoto.
Tutti trattennero il fiato finché lei non piombò addosso a un apatico Draco, che svolazzava pigramente più sotto.
Non se la vide neppure cadere addosso: cosa guardava?
Difficile a dirsi, sembrava fissare l’erba del campo… Dove però non c’era traccia del Boccino.
Astoria gli finì tra le braccia e lo sbilanciò, ma lui riuscì a tenerla.
La ragazza gli strinse le braccia al collo, urlando come una Banshee: Madama Bumb dovette sospendere la partita.
Harry riorganizzò velocemente la squadra, ma, mentre tutti i Grifondoro erano pronti in sella alle loro scope, Astoria Greengrass fece una scenata urlando che lei non sarebbe mai tornata lassù, rischiando la sua preziosa vita.
Nott le urlò contro, lei pianse, Madama Bumb dovette intervenire perché nessuno dei compagni di squadra le mettesse le mani addosso.
Dagli spalti, i fischi erano talmente cattivi che la McGranitt e Lumacorno dovettero intervenire per calmare gli studenti.
Il Megafono Magico fu temporaneamente zittito, per cui Dean si unì al coro di urlatori senza rimpianti.
 
In campo, Ginny fece una smorfia e Harry le posò brevemente la mano sulla spalla.
Erano tutti senza parole.
«Ho sentito dire in giro che Nott ha minacciato sia Astoria che Millicent per farle entrare in squadra… Nessuno voleva giocare, quest’anno»
«Ci credo, se hanno dovuto ripiegare su Astoria!» commentò Demelza, con aria schifata, mentre osservava Nott sollevare la ragazza quasi di peso e sbatterla sul suo manico di scopa.
I Grifondoro scossero il capo e si prepararono a ripartire.
Madama Bumb, inferocita, fischiò con forza per segnalare la ripresa del gioco.
 
«Non dovrebbero permettere che si obblighi qualcuno a giocare!» disse Caspian a Hermione, mentre entrambi osservavano i giocatori riprendere quota.
Lei storse il naso.
«Hai ragione e Astoria non è certo un tipo sportivo… Però scommetto che ha troppa paura di Nott per denunciarlo ai professori»
Caspian cercò con gli occhi la McGranitt, ma lei era occupata ad ammonire Dean:
«Thomas, commentare la partita non significa abbandonarsi a espressioni oltraggiose né propendere per una delle due squadre e…»
In quel momento, un urlo collettivo si levò dal pubblico e Dean le strappò il Megafono di mano, per urlare – appunto – imprecazioni.
Harper aveva mollato un pugno a Ginny.
Lei si teneva saldamente con le ginocchia e una mano alla scopa, ma l’altra mano era salita a tamponare il naso sanguinante.
Stavolta persino Harry si distrasse dalla ricerca del Boccino.
Piombò addosso a Harper e lo mancò solo per il fatto che Peakes arrivò prima di lui e gli lanciò contro un Bolide.
Il Serpeverde, dal canto suo, si rese davvero conto di quello che aveva fatto solo quando vide il Capitano dei Grifondoro volargli contro, velocissimo, per cui si voltò terrorizzato e schizzò a ripararsi dietro Nott, il quale gli mollò uno spintone.
«Non ho mai visto una partita peggiore!» urlò Hermione, preoccupata per Ginny.
In alto, i compagni le si erano radunati attorno ma, quando Harry si avvicinò a sua volta, lei fu vista fare grandi cenni con il braccio libero.
E un attimo dopo fu chiaro il perché.
 
Ginny aveva visto il Boccino, che volava radente alla tribuna d’onore, quasi a terra.
 
Harry impiegò solo un attimo a capire.
Lo scatto con cui voltò la Firebolt fu talmente veloce che Natalie urlò di paura; quindi lui si gettò in picchiata, con il corpo appiattito sul manico della scopa.
Tutto lo stadio era in piedi.
Caspian osservò affascinato la picchiata del Cercatore, più veloce di una Cometa e totalmente incurante dei rischi.
Accanto a lui Hermione, che pure aveva visto l’amico compiere prodezze del genere innumerevoli volte, trattenne bruscamente il fiato.
Draco era più vicino: non si era mai alzato a grandi quote e, anzi, aveva volato pigramente tutto il tempo.
Malgrado questo sembrava stranamente distratto.
Fu l’urlo di Nott a segnalargli che Harry si avvicinava come una scheggia.
Draco spronò la scopa, ma Harry era talmente veloce che colmò la distanza tra loro in una frazione di secondo.
Ma la Firebolt, magistralmente guidata, non si schiantò a terra come sembrava essere prevedibile: Harry arrestò la picchiata ed allineò il manico al suolo con un solo tocco, senza rallentare.
La McGranitt, sbiancata, si teneva con le mani al parapetto; Dean usava il Megafono Magico per urlare incoraggiamenti al suo Cercatore.
Nessuno lo riprese.
 
E Harry aveva Draco davanti.
Erano allineati.
Erano pari.
E lo superò in un attimo. E prese il Boccino d’oro.
 
Lo stadio esplose, mentre Harry, con le ginocchia, guidò la scopa verso l’alto.
Mentre l’adrenalina scendeva e lui volava nel cielo azzurro con il Boccino in mano guardò verso il basso.
Draco era atterrato ed era sceso dalla scopa.
L’aveva abbandonata sull’erba e ora si dirigeva verso l’entrata degli spogliatoi senza rispondere agli insulti di Nott.
Harry aggrottò le sopracciglia mentre la squadra correva ad abbracciarlo.
Circondò la vita di Ginny con le braccia mentre lei gli copriva il viso di baci e sangue.
Sentì la pacca amichevole di Ron e le grida di giubilo degli altri compagni di squadra.
Mentre i Grifondoro atterravano, stretti in un abbraccio collettivo, tra i Serpeverde volavano insulti e persino schiaffi.
Astoria scappò in lacrime dal campo, con un occhio nero.
Madama Bumb, Minerva McGranitt e Horace Lumacorno intervennero a bacchette spiegate a separare gli studenti rissosi.
E, come alla fine di ogni partita, i tifosi si riversarono in campo, esultanti.
 
Caspian trattenne Hermione, che faceva già per lanciarsi dietro gli amici, per il braccio.
«Che c’è?» chiese lei, perplessa «Non vuoi andare a festeggiare?»
«Certo, ma non ora: tu non ti butterai in mezzo a quella bolgia umana! Non nelle tue condizioni!»
Lei sbuffò.
«Non trattarmi come se avessi cent’anni! Sono solo incinta!»
«E ti pare poco?» sorrise lui, tirandosela sulle ginocchia «Non voglio che succeda niente né a te né al piccolo, sono stato chiaro?»
Lei gli si era già accoccolata in braccio e la sua voglia di festeggiare era già diminuita considerevolmente, mentre accarezzava il petto del marito, i cui muscoli erano ben in evidenza nonostante la felpa.
«Te l’ho detto che mi piaci da morire, vestito da Babbano?» gli bisbigliò all’orecchio, provocandogli un brivido.
Lui chinò il capo, sorridendo, per proteggere il viso di lei dagli sguardi indiscreti delle ragazze rimaste a curiosare sugli spalti: sapeva anche troppo bene che, per qualcuna di loro, lui e Hermione erano più interessanti del Quidditch.
Per fortuna l’ennesima impresa di Harry aveva ricordato alla quasi totalità della popolazione femminile di Hogwarts che il Prescelto era a portata di mano, ma qualche testarda si era comunque attardata vicino a loro.
«Io invece preferisco vederti senza niente addosso» bisbigliò, con le labbra su quelle di lei.
Hermione sospirò e si abbandonò all’abbraccio di lui, sentendosi protetta e felice.
Chiuse gli occhi e intrecciò le dita ai capelli scuri che sfuggivano alla coda del marito, sul collo.
A Caspian non servivano altri inviti: il bacio che si scambiarono era decisamente poco adatto a un pubblico di minori.
Tra le ammiratrici di lui l’invidia salì alle stelle, insieme allo sconcerto di vedere Hermione – la secchiona Hermione – rispondere in modo così disinibito ed entusiasta.
Caspian le sfiorò con la mano il seno e i fianchi, contenendosi entro quello che riteneva il limite della decenza in pubblico, e lei mugugnò di piacere.
Quando si staccarono per respirare, con i visi ancora vicinissimi, lei bisbigliò senza fiato:
«Credi che Harry e Ron si arrabbieranno molto se ce ne andiamo? Vorrei andare a casa… a terminare questo discorso in privato»
Gli rivolse un’occhiata eloquente e lui annuì, con gli occhi brillanti.
«Sono certo che capiranno: nelle tue condizioni, dopotutto, devi riposare»
Lei gli baciò dolcemente la guancia, vicino all’angolo della bocca.
«In effetti ho in mente il letto… anche se non per dormire…»
Lui inspirò bruscamente, poi le baciò la fronte.
«Hermione, se non vuoi che mi licenzino dovrai aspettare che arriviamo a casa, temo. Altrimenti non rispondo di me»
Lei annuì sorridendo.
«Allora andiamo a salutare, così vedo come sta Ginny, e poi…»
Si alzò e lui la imitò subito, prendendola per mano.
Quando raggiunsero la squadra, ancora vestita con le divise, la folla si era notevolmente assottigliata.
Hermione abbracciò Harry, Ron e Ginny, che ancora sanguinava.
«Epismendo!» disse, estraendo la bacchetta.
«Oh, grazie, Hermione!» fece l’amica «Sai com’è… Non volevo mi aiutasse Ron»
Il fratello le fece la linguaccia, ma Hermione notò che Lavanda gli stava vicino, con aria estasiata.
Era impossibile non notare come Ron ne fosse compiaciuto.
Caspian si complimentò con Harry e con tutta la squadra e Ron lo coinvolse in un quasi amichevole riepilogo delle sue parate migliori.
Hermione scambiò un sorriso con Ginny e in quel momento Harry disse:
«Ehi, Malfoy!»
Tutti si immobilizzarono.
Draco stava attraversando il parco, già vestito con la divisa di Serpeverde.
Non si voltò, ma smise di camminare.
«Che vuoi, Potter?» chiese, senza avvicinarsi.
Harry lo raggiunse in due passi e, tirandolo per il braccio, lo fece voltare per guardarlo in faccia.
«Perché non hai preso il Boccino?» gli chiese, secco.
«Cosa?» fece Malfoy, con sguardo vacuo.
«Perché non lo hai preso?» ripeté Harry, più forte «Eri più vicino di me, non avresti avuto difficoltà… E invece hai rallentato!»
Draco si guardò attorno, agitato.
«Non è vero» disse poi «Mi hai superato. La tua Firebolt…»
Harry lo scosse per il braccio e Caspian fece un passo avanti, pronto a intervenire in caso i due fossero venuti alle mani.
Harry sembrava davvero furioso.
«Malfoy, non dirmi bugie! Eri davanti a me, bastava spingerti in avanti e lo avresti preso! Perché me lo hai lasciato?»
Draco si divincolò con furia.
«Lasciami in pace, Potter! Non so di cosa parli!»
Detto questo, si allontanò quasi di corsa.
 
Tutti si scambiarono sguardi perplessi.
«Ehm… Harry? Cosa succede?» chiese Ron.
«Succede che Malfoy non ha nemmeno tentato di prendere quel Boccino, ecco cosa!»
«Ma io non credo…» rispose l’amico, perplesso «Perché mai avrebbe dovuto fare una cosa del genere? Avrebbero vinto!»
«Non lo so» fece Harry, asciutto «Ma mi avrebbe battuto tranquillamente, stavolta»
In molti sgranarono gli occhi.
«Che c’è?» insistette Harry, secco «Era molto più vicino di me! Se avesse spinto di più sarebbe arrivato prima di me: io ero lontanissimo»
«Sì, ma tu hai una Firebolt…» disse Neville «E poi… bè, tu sei tu!»
In molti annuirono, convinti, ma Harry scosse il capo.
«No, lo ha fatto apposta. E proprio Malfoy, che ha sempre cercato di battermi!»
Ginny passò una mano delicata sul braccio del suo ragazzo, che scrollò il capo e si mise la scopa in spalla.
«Che ne dite di andare tutti da Hagrid?» propose allegramente la piccola Weasley, cercando un modo di distrarre Harry «Sarà entusiasta per la partita! E almeno ci fermiamo un po’ con lui… lontano da Grop, si spera!»
Tutti annuirono, visto che Harry era ancora scuro in volto, e solo Hermione e Caspian si scambiarono uno sguardo sconsolato, visto che il loro piano di fuga era momentaneamente rimandato.
Ma per un amico avrebbero fatto questo e altro, quindi si incamminarono con Ginny, Harry, Neville, Luna e  Ron verso la casa dell’amico.
All’ultimo, Hermione segnalò con un’eloquente tossetta modello Umbridge a Ron la presenza di Lavanda e lui esitò solo un attimo, ma poi le fece cenno di unirsi a loro.
La ragazza arrossì di gioia e si affrettò a seguirli.
Ginny aveva l’aria di chi ha ingoiato Puzzalinfa, ma Hermione le diede una discreta gomitata.
Luna, dal canto suo, accoglieva gentilmente chiunque e anche con Lavanda fu educata, malgrado l’altra l’avesse presa in giro più e più volte negli anni passati.
Tra l’altro, l’evidente affetto che tutti dimostravano a Luna mise Lavanda ancor più in difficoltà: com’era possibile che quella sfigata fosse così ben accetta nel gruppo di amici più famoso a scuola?
Neville era chiaramente affascinato dai buffi discorsi di Luna, la quale, come suo solito, intervallava ragionamenti svagati ad osservazioni talmente precise da risultare scioccanti.
In quel momento, stava spiegando a Caspian la sua teoria sui Gorgosprizzi Volanti.
«…Perché sai, secondo me a casa tua potrebbero davvero esserci. Ne parlerò a papà, lui pensa…»
Lavanda si schiarì la voce per inserirsi nella conversazione.
«Lei da dove viene, Professore?» chiese a Caspian, arrossendo.
Lui teneva per mano Hermione e scambiò con la moglie un’occhiata che a Lavanda parve di divertimento, ma rispose cortesemente:
«Vengo dalla Spagna»
«In effetti il suo accento è strano… Ma non avrei detto Spagna» fece lei, perplessa.
«Forse perché ho studiato all’estero?» fece lui, disinvolto, prima di cambiare argomento «Amore, che ne pensi dei Gorgosprizzi?»
Lavanda lo guardò affascinata, mentre lui circondava la vita di Hermione con il braccio per tirarla più vicina a sé.
Non era mai stata così prossima alla coppia da sentire i loro discorsi e non le sembrava vero poterlo finalmente fare.
Tutti erano a loro agio e informali con Caspian, ma la tenerezza che lui riservava alla moglie era qualcosa di unico.
Hermione Granger era sposata con quel gran figo. Incredibile.
 
Lavanda sbirciò la pancia di lei mentre Hermione gettava uno sguardo cauto a Luna e uno in cagnesco al marito.
Lui si sforzò di non ridere.
«Hum…» bofonchiò poi «Direi che è… che sono… insomma, interessanti, ecco»
Caspian e Harry scoppiarono a ridere.
Luna esclamò, perplessa:
«Che succede?»
Neville la rassicurò subito:
«Non farci caso: sono degli idioti»
Lavanda trattenne bruscamente il fiato: aveva dato dell’idiota a un Professore?
Caspian però rise ancora e si scusò con Luna; poi baciò la moglie in fronte e le bisbigliò qualcosa che la fece ridacchiare.
Furono interrotti dall’abbaiare di Thor, che comparve all’improvviso e si lanciò addosso a Harry, leccandolo felice.
Ginny gli grattò le orecchie e Luna lo abbracciò, facendo ballonzolare gli orecchini di rapanelli.
Il cane li scortò in casa, dove Hagrid stava pelando patate.
«Ah, eccovi!» salutò allegro «Allora, ottimo inizio di campionato, eh, Harry?»
Harry rispose con un mugugno incomprensibile e Ginny alzò gli occhi al cielo.
«Che succede?» fece Hagrid, perplesso.
«Harry dice che Malfoy gli ha lasciato prendere il Boccino apposta» riassunse Ron, sempre scettico «Ed è incavolato per questo»
«Eh? Malfoy?» Hagrid era decisamente perplesso «Ma ti pare che ti aiutava, Harry?»
«Già» fece Neville «Tu hai visto la partita, Hagrid?»
«Solo l’inizio, perché Grop ci ha la voglia i venire in campo e acchiappare i giocatori che volano. Gli sembra un gioco, ecco»
Hermione rabbrividì all’idea.
«Ehi, tu, guardala lì!» fece Hagrid, fissandola «Cresce il piccolino, eh?»
Hermione e Caspian sorrisero, assumendo quell’aria ebbra di gioia che avevano quando si parlava del loro primo figlio.
Anche il gigante sorrise, felice.
«La piccola Hermione! Chi l’avrebbe detto, eh? Stai per diventare mamma!»
«Già» bofonchiò Ron.
Ginny gli lanciò un’occhiata assassina e fu subito imitata da Lavanda.
«E tu come stai, papà? Va meglio con quelle ferite?»
Harry tossicchiò in tono di avvertimento, ma Caspian rispose:
«Mai stato meglio, grazie, Hagrid»
«Bravo!» ruggì quello, dandogli una pacca di approvazione che quasi lo stese per terra.
«Quali ferite?» chiese perplessa Lavanda.
«Via, brindiamo al Grifondoro che vince la coppa di Quidditch!» esultò Hagrid, ignorandola «Anche se ovviamente io sono un insegnante neutrale, ecco!»
Tutti risero.
Hagrid distribuì bicchieri scheggiati a tutti e versò generose dosi di Whiskey Invecchiato Stravecchio.
«Non è un po’ presto per questa roba?» fece Hermione, perplessa.
«Per te sicuramente, piccola» rispose Caspian, prendendole di mano il bicchiere.
«Oh, per tutte le salamandre!» strillò Hagrid «Non ci avevo pensato! Scusa, scusa! Hermione ti faccio del thè! O una camomilla? O vuoi una tisana? O magari…»
«Ma no, Hagrid, non preoccuparti…»
«Ma no, ma no, macché! Harry, Ginny, per favore prendetemi teiera e tazza! E voi, Neville e Ron… su, su, andatemi a prendere acqua dal pozzo! O magari… dov’è il mio ombrello?»
«No!» fecero i due, insieme.
«Andiamo noi al pozzo, Hagrid» aggiunse Neville, filando via prima che il loro amico facesse magie illecite davanti ai loro occhi.
«Allora, a Grifondoro…Io veramente dovrei tifare Corvonero, ma penso che l’amicizia sia anche questo, no?» sorrise Luna, alzando il bicchiere e bevendo un sorso.
 
Le rimase congelato il sorriso in faccia mentre deglutiva.
Quindi cambiò espressione e sputò, insieme, liquore e sangue.



***
Buongiorno, carissimi!
Come state? Spero tutto bene!
Vi rubo solo un attimo per ricordarvi i miei vari canali.
Facebook: https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref=bookmarks
Il blog (che tra l'altro ho rinnovato.... Che ne pensate?): http://dreamerjoy.blogspot.it/
L'altra mia storia aperta (fandom Ben Barnes): http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1589222&i=1
Detto questo, non mi resta che augurarvi una buona settimana!
Joy

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Capitolo 25
*** Natale ***


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Fuori dall’infermeria, il clima era teso.
 
Neville aveva portato Luna di corsa al castello, tenendola in braccio.
Hermione aveva mandato un Patronus ad avvertire la McGranitt e Madama Chips.
Lumacorno era stato visto sfrecciare in corridoio poco dopo.
E gli amici non potevano fare altro che attendere.
 
Dopo circa un’ora, la porta si aprì e la McGranitt uscì, scura in viso.
«Come sta Luna? Possiamo vederla?» chiese subito Neville.
Lei fece un cenno negativo con il capo.
«Venite» disse «Parleremo nel mio studio»
«Ma…» si impuntò Neville, ma la Preside marciò decisa per il corridoio e a loro non rimase che seguirla.
Quando giunsero nello studio, lei chiuse la porta ed evocò sedie per tutti.
«Allora?» sbottò Neville, impaziente.
«Allora, Luna se l’è vista brutta» rispose seccamente la Preside «È stata avvelenata»
Un lungo gemito si levò da Hagrid.
«Ma come? Il liquore…»
«Sì, era il liquore ad essere avvelenato. Lumacorno lo ha esaminato»
«Ma non è possibile! Preside… non sono stato io!»
«Ma certo che non sei stato tu, Hagrid! Non l’ho pensato neppure per un attimo!» rispose lei, seria «Però resta il fatto che il veleno c’era e quindi dobbiamo scoprire chi ce lo ha messo, in quella bottiglia!»
«Che veleno è?» chiese Harry, scuro in volto.
«Veleno di Basilisco» rispose la Preside.
Ron gemette.
«Se il veleno era nella bottiglia, allora l’avvelenatore voleva colpire Hagrid» si intromise Hermione, meditabonda.
In silenzio, il gruppetto rifletté su quella macabra osservazione.
«Bè, ma io non ci ho dei nemici… Insomma, più o meno…» disse poi Hagrid.
La McGranitt gli lanciò un’occhiataccia.
«In che senso “più o meno”?»
«Ma, sa… Così, discussioni al pub, strani incontri… Ma niente di che, ecco! Niente da segnalare, ultimamente!»
«Hagrid, bisogna controllare casa tua» fece Harry, deciso «Se ci fosse altro, nel cibo o nelle bevande?»
Hagrid scosse il capo, ma la Preside annuì.
«Giusto. Va bene, ora andate pure a godervi il resto del pomeriggio» disse poi, chiudendo la riunione improvvisata «Io parlerò con Lumacorno»
«Possiamo vedere Luna?» chiese subito Neville.
«No. La stiamo trasferendo al San Mungo»
«Cosa?»
«Paciock, quando ho detto “grave” intendevo proprio grave, non dicevo per dire»
La Preside fulminò Neville con un’occhiataccia, quindi si alzò in piedi.
«Andate, adesso. Non c’è bisogno che vi dica che va mantenuto il più totale riserbo sulla vicenda. Caspian, ne parleremo ancora domani, con gli altri Professori»
Lui annuì, serio in viso.
Si era affezionato a Luna, così candida e schietta.
Sì, era un po’ pazza, ma era buona e generosa.
Inoltre, Hermione gli aveva raccontato della solitudine della piccola Corvonero e Caspian la sentiva molto vicina.
Prese Hermione per mano e uscì con gli altri.
Neville era silenzioso e teso; Harry gli mise una mano sulla spalla.
«Neville, così non risolvi nulla. E temo che Hermione abbia ragione: il veleno non era per Luna»
«Oh, grazie, boss» fece Hermione per stemperare la tensione «Ma quando mai io ho torto?»
«Oh, dai» rispose Harry «Lo sappiamo che la mente del trio è RonRon!»
Ron gli tirò uno scappellotto e tutti risero.
«Ehi, dov’è Lavanda?» chiese Ginny.
«Le ho detto che l’avrei tenuta aggiornata, prima, e le ho detto di andarsene in dormitorio» rispose Ron.
Hermione e Ginny lo fissarono orripilate.
«Ron, sei proprio un babbuino!» commentò la sorella, desolata.
 
*
 
L’incidente di Luna rimase celato agli studenti.
 
I professori raccontarono semplicemente che non stava bene e in generale non furono fatte domande: Luna non aveva molti amici.
La vita a Hogwarts riprese, ma a Harry e agli amici sembrava che una nube oscura gravasse sulla scuola.
Nemmeno il Quidditch li distraeva più.
Serpeverde perse anche la partita contro Corvonero: gli studenti della Casa di Salazar Serpeverde erano sempre più infuriati per l’ostilità manifesta della scuola, ma troppo impauriti per osare abbandonarsi alle scorrettezze che avevano adottato negli anni precedenti.
Malfoy evitò accuratamente di incrociare Harry: per due giorni dopo la partita non si presentò neppure in classe per le lezioni.
Ma Harry aveva altro cui pensare, dopo quanto era accaduto a Luna: l’incidente in campo con Malfoy gli uscì completamente di testa.
 
 
Passò un mese e la vita, a scuola, procedeva ordinatamente.
La pancia di Hermione era ormai chiaramente visibile e lei la mostrava con orgoglio.
Caspian era più che mai protettivo nei confronti della giovane moglie e le effusioni tra i due erano sempre più frequenti.
L’inverno era arrivato: i prati attorno al castello si coprirono della prima, candida neve.
Le domeniche di quiete erano diventate i giorni preferiti di Hermione: lei e Caspian restavano in casa, abbracciati sotto una coperta calda sul divano, e parlavano per ore: facevano progetti, parlavano del bambino e di Narnia, invitavano gli amici a mangiare con loro.
La loro casetta era piena di amore e felicità.
 
Una settimana prima di Natale, Luna tornò a scuola.
Neville abbandonò il tavolo della colazione appena la vide comparire sulla soglia della Sala Grande: davanti a tutta la scuola le corse incontro e la strinse in un abbraccio soffocante.
Le ammiratrici di Neville sbiancarono.
Luna rise, nel suo modo innocente, e gli batté una mano sulla schiena.
Neville la lasciò andare solo per baciarla e, per qualche lunghissimo minuto si vide solo un intreccio di braccia e mani, la schiena di Neville e gli orecchini sgargianti di Luna che ballonzolavano festosi.
Ginny lanciò uno strillo contento, i Grifondoro lanciarono urla di incoraggiamento a Neville.
Lavanda si astenne con prudenza, almeno finché non vide Ron ridere di gusto e lanciare grida di giubilo.
Finì con la McGranitt che, furiosa, tolse dieci punti a Grifondoro per la confusione.
Quella stessa sera, però, la Preside ricompensò Luna, che era andata ad aiutare Hagrid a dare da mangiare ai Therstral, con quindici punti per Corvonero e una carezza gentile sui capelli biondi, che la ragazza ricevette stupita.
 
La notizia che Neville Paciock stava con Luna Lovegood scioccò molti studenti, vista la popolarità crescente che Neville aveva acquistato, soprattutto tra le ragazze.
«Pensano che tu sia sprecato, a stare con me» gli disse Luna due giorni dopo «In effetti, potresti uscire con ragazze più carine»
Neville fissò i suoi occhi chiari e sinceri e si scoprì quasi commosso dalla modestia di lei.
«Non dire sciocchezze!» il suo tono era burbero «Non c’è nessuna che mi piace quanto te!»
Lei arrossì di gioia.
«Certo che l’ES ci ha cambiato la vita, eh?»
Lui sorrise.
«Puoi dirlo forte!»
La baciò e Luna si allontanò, dirigendosi a lezione di Pozioni.
Per strada incrociò Harry e lo abbracciò, a titolo di ringraziamento, lasciandolo senza parole.
«Certo che l’amore renda la gente scema» commentò Ron, con disprezzo «Voglio dire… Guarda Hermione! Oggi ha risposto a una sola domanda in classe! Ma quando mai? Voglio dire, era sempre lì che parlava più dei professori! Scommetto che ora sta in silenzio e disegna cuoricini attorno al nome del marito…»
Non finì la frase, perché gli arrivò una botta in testa con un tomo di Aritmanzia.
«Sei un idiota, Ron!» lo informò Hermione, gelida, mentre Harry scoppiava a ridere.
 
*
 
E l’atmosfera del Natale che arrivava contribuì notevolmente a scaldare i cuori, a Hogwarts.
 
Il castello venne addobbato per le Feste con una cura particolare: gli insegnanti volevano regalare gioia agli allievi.
Imponenti statue di ghiaccio perenne vennero poste a decorare la Sala Grande e i corridoi; vischio e agrifoglio ingentilivano le pareti e i corrimani.
I baci sotto il vischio diventavano sempre più frequenti.
E lo spirito del Natale fece capolino anche negli animi più tristi e provati.
I signori Weasley avevano invitato gli amici dei figli a casa loro per la Vigilia: Harry non avrebbe potuto rifiutare per nessuna ragione al mondo; Neville accettò, felicissimo di sapere che anche Luna era tra gli invitati.
Ron non era altrettanto entusiasta all’idea di rivedere il padre di Luna, visto lo scherzetto che aveva giocato loro chiamando i Mangiamorte, circa un anno prima.
Ma Lovegood era un vicino dei Weasley e il padre di Ron fu categorico: la pace era tornata e loro dovevano perdonare per ricominciare.
Hermione e Caspian sarebbero stati naturalmente presenti.
 
Lui gratificò i suoi studenti cancellando l’ultimo compito del quadrimestre e fu esaltato come il miglior docente di Hogwarts, cosa che gli valse una lavata di testa dalla McGranitt che lui descrisse alla moglie come “la peggiore ramanzina mai avuta. E dire che sono un re!”
Hermione si lasciò andare alla frenesia da compiti in classe pre-natalizi e cercò di riempire il suo baule con tutti i libri dei corsi, imponendo loro un Incantesimo Estensibile Irriconoscibile, ma Caspian – avvertito da Harry e Ron – la costrinse a lasciarne a Hogsmeade almeno la metà.
«Mi servono i libri!» urlò lei, in ansia da verifiche finali.
«Nemmeno per sogno» rispose lui, inflessibile «Sono vacanze e tu starai con me, nostro figlio si riposerà e tu anche e poi andremo a cercare i tuoi genitori e… Non piangere!»
Hermione era passata da lacrime di nervosismo a lacrime di gioia.
Si rifugiò tra le braccia del marito, certa com’era che, con lui, non poteva accaderle nulla di male.
Lui le accarezzò i capelli e il suo tono burbero scomparve.
«Dai, su, piccola, niente lacrime» le baciò i capelli teneramente «Faremo tardi!»
In effetti la partenza fu abbastanza frenetica, come sempre.
Alla fine, però, i bauli furono caricati, gli animali super-eccitati chiusi nelle gabbie e gli studenti sciamarono sull’Espresso di Hogwarts.
Nel loro scompartimento, Harry, Ron, Ginny e Neville giocarono a Gobbiglie; mentre Luna spiegava a Caspian la sua teoria sui Ricciocorni e Hermione dormiva con la testa poggiata sulle gambe del marito.
 
A King’s Cross li accolsero i signori Weasley, lui sorridente e lei più magra ma più serena e con il viso più disteso.
Il trasferimento alla Tana fu caotico come sempre.
Caspian rivedeva quella strana casetta per la prima volta dopo la sera del suo matrimonio con Hermione e si stupì del sentimento di familiarità che lo colse.
Le decorazioni non erano lontanamente splendide come quelle di Hogwarts, ma l’atmosfera era calda e accogliente e tutti erano felici.
Il re incontrò nuovamente George Weasley, Bill e Fleur e il piccolo Teddy Lupin.
Harry e Ron si lanciarono a giocare con il piccolo, i cui capelli cambiavano colore ogni due minuti.
Caspian lo osservò mentre i suoi ricci si tingevano di azzurro e poi di verde.
Annaspò e cercò la mano della moglie.
«Hermione!» bisbigliò terrorizzato «Ma il nostro bambino…»
Lei seguì il suo sguardo e scoppiò a ridere così forte che dovette tenersi la pancia.
«Ma no, Teddy è un Metamorfomago! Tranquillo: il principino di Narnia avrà un aspetto univoco»
Poi tornò seria.
«Sai, sua mamma era così… era la persona più simpatica e affettuosa del mondo…»
Gli occhi di Hermione si velarono di tristezza e Caspian arrossì, guardando il piccolo con aria colpevole.
«Non volevo… E anche se i capelli di nostro figlio cambiassero colore sarebbe comunque il bambino più bello del mondo!»
Hermione posò il capo sulla sua spalla e sorrise teneramente.
«A volte penso che, anche se abbiamo sofferto, io e te siamo stati benedetti da Aslan: se penso che Teddy non conoscerà mai i genitori…»
Non terminò la frase e Caspian la abbracciò.
«Penso che sia normale avere paura» le disse dopo un po’ «stiamo per mettere al mondo un bambino e lui sarà sempre il nostro primo pensiero. Sai, mi sono spesso domandato se sarei stato capace di fare il padre, dopo aver perso il mio così presto… Ma tutto quello che possiamo fare è impegnarci al meglio delle nostre possibilità. Il resto è nelle mani di Aslan»
Lei annuì, ma disse:
«Non posso non essere spaventata per lui»
Il re le accarezzò i capelli.
«Avrà comunque una mamma meravigliosa»
«E un papà ancora più splendido!»
Si sorrisero teneramente e furono riportati alla realtà da Teddy, che si era fatto comparire un grugno da maiale e ora emetteva dei versi animaleschi.
Harry e Ron si rotolavano dalle risate; Molly accorse infuriata.
Bill si avvicinò con Fleur e la moglie toccò la pancia di Hermione, sorridendo e chiedendo qualcosa sul bambino.
Era molto avanti con la gravidanza, la strega francese.
Hermione sorrise e rispose, mentre Caspian restava al suo fianco in silenzio.
La vista di Fleur lo aveva sconvolto, in un primo momento: la aveva scambiata per Lilliandil.
Hermione sembrava aspettarselo perché lo aveva avvisato preventivamente, prima dell’ingresso in casa.
Ora, avvertendo la tensione in lui, lei sorrise alla coppia scusandosi e fece cenno al marito di seguirla.
Si sedettero sul divano, dove George stava inscenando uno spettacolo di luci con la bacchetta per Teddy, e Hermione bisbigliò:
«Lo so, somiglia a Lilliandil… Ma in realtà Fleur è tutta un’altra persona sotto la patina frivola. Lilliandil invece no»
«Pensavo che Lilliandil fosse solo una stupida» obiettò lui in tono lugubre «E invece ho scoperto che sbagliavo… e a farne le spese è stato il mio regno!»
«Caspian, non puoi fartene una colpa! Come potevi immaginare che Lilliandil avrebbe potuto compiere un’azione così riprovevole?»
Lui scosse il capo.
«Se avessi ascoltato Lord Rhoop, adesso…»
«Adesso chissà se saremmo insieme» lo interruppe lei «Non possiamo sapere a che cosa le nostre azioni ci condurranno. Possiamo solo avere Fede e cercare di agire per il meglio»
«Al meglio! Alla fede!» berciò un Hagrid già alticcio passando loro accanto.
Entrambi sobbalzarono, poi si sorrisero.
«Scusa» bisbigliò lui «Il mio cattivo umore è decisamente inopportuno. E dire che sono così curioso di scoprire il vostro Natale!»
 
A Narnia il Natale non esisteva.
Hermione sorrise.
«Devi promettermi che la prima cosa che faremo, una volta tornati a casa, sarà istituire il Natale a Narnia!»
Lui parve triste.
«A casa… Ma anche qui è casa»
Lei scosse il capo, sapendo come lui temeva di prevaricarla sulla questione di abbandonare la Terra.
«Abbiamo due case, tutto qui» rispose «Con tanti amici. E siamo molto più fortunati di altri!»
Lo baciò e Caspian la strinse a sé.
Il Natale, dopotutto, non era quello?
Non era amore?
 
 
Dopo una cena con portate decisamente abbondanti, gli ospiti si sedettero attorno all’albero di Natale sbilenco, mentre Molly serviva zabaione e punch.
Teddy si era addormentato in braccio a Fleur: era così strano vederla accarezzare dolcemente il bambino, ma lei sembrava presissima.
Mancava poco, ormai, al suo parto.
Hermione fu la seconda ad addormentarsi: crollò tra le braccia del marito e neppure le risatine degli amici la svegliarono.
Caspian la sistemò più comodamente tra le sue braccia e posò la guancia sui capelli di lei, mentre Xenophilius Lovegood gli spiegava le tradizioni del Natale.
Arthur Weasley rimase a portata d’orecchio, giusto per evitare che Caspian ritenesse vere informazioni come “esistono gli spiritelli del Natale” o “sono assolutamente certo che le renne medioevali avessero quattro corna“.
Tra lui e Ginny riuscirono a dare abbastanza informazioni da far rimpiangere al re di non aver mai festeggiato prima un Natale.
La serata giungeva al termine, tra sbadigli e chiacchiere, quando Luna si avvicinò alla pila di regali ammassati sotto l’albero per cercare quello per Teddy Lupin.
«Caspian, questo è il tuo regalo per Hermione?» chiese, dopo un po’, sollevando una busta.
«No» rispose lui, perplesso.
Harry e Ron lo avevano aiutato con il regalo di Hermione, ma lui lo aveva nascosto nei suoi bagagli e intendeva darlo alla moglie più tardi.
«Oh, scusa» disse Luna, allegra «Credevo fosse il tuo, perché noi glielo abbiamo fatto tutti insieme… Allora lo metto qui»
Posò la busta e tornò a sedere, reggendo tra le mani un pacchetto tutto bozze che tese a Teddy.
Lui aveva un occhio aperto e uno chiuso, ma aveva capito chiaramente che Natale significava regali, quindi cercava di vincere il sonno.
Tastò con le manine il pacco e Neville e Luna si avvicinarono per aiutarlo.
Neville strizzò l’occhio alla sua ragazza e lei arrossì.
Ron, intanto, si era avvicinato alla busta che aveva incuriosito Luna.
«Mamma, ma è da parte vostra?» chiese «Perché non mi pare di aver mai visto questa busta e…»
Non riuscì a finire la frase.
La busta mandò un lampo e si dissolse tra le sue mani.
 
Ron si portò le mani alla gola, annaspando in cerca d’aria.
 
 
 
***
Buongiorno, carissimi lettori!
La vostra Joy avrà una settimana un po' incasinata, per cui sarà molto rapida nel ricordarvi le solite cose:
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Vi ricordo anche che domani posterò l'ultimo capitolo di "And the reason is you" e che è la storia che ho più a cuore. Se volete darci un'occhiata, eccola qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1589222&i=1
Baci e buona lettura,
Joy

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 26
*** Maledizione via busta ***


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Per fortuna che Harry era pronto.

 
Caspian si era mosso di scatto e così facendo aveva svegliato Hermione, la quale però ci aveva messo un attimo a capire dov’era e cosa stava succedendo.
I signori Weasley non avevano fatto in tempo a muoversi; Ginny e Neville avevano a malapena teso le mani verso le rispettive bacchette.
Harry, invece, era già in piedi, la bacchetta levata, gridando:
«Anapneo!»
Ron ansimò e crollò a terra, carponi.
Tutti si mossero, come a rallentatore.
Fleur lanciò un urlo e cadde dalla sedia, Charlie e Hagrid – entrambi parecchio alticci – si scontrarono non volendo per affrettarsi verso Ron.
Harry lo stava già aiutando ad alzarsi; Ron annaspava.
«Porca Morgana!» sputacchiò «Ma cosa…. Cos’era?»
«Una Maledizione, senza dubbio» fece Harry, scuro in volto.
 
Non disse la cosa più ovvia: sulla busta c’era il nome di Hermione.
Ron, però, parve leggergli nel pensiero e si affrettò a calpestare intenzionalmente i resti della carta.
«Ron, attento!» fece Bill «Dobbiamo esaminarla!»
«Eh?» Ron si passò la mano sugli occhi, fingendosi confuso per prendere tempo.
Molly gemeva.
Hermione scrollò la testa per scacciare il sonno e si alzò, sorretta da Caspian, il quale intercettò un’occhiata di Harry e cercò di tirare indietro la moglie.
Nella confusione che seguì si udì un urlo improvviso.
Bill sbiancò all’istante, mentre sua moglie si portava una mano al ventre e gemeva.
«Bill… Bill!» lo chiamò lei, mentre si accasciava sul tappeto.
 
Per un attimo nessuno si mosse, quindi esplose il panico.
 
«Fleur!» urlò Bill, correndo da lei «Il bambino!»
Molly e Arthur si scontrarono, indecisi se correre da figlio o dalla nuora.
Fleur piangeva e si lamentava, con una mano premuta sulla pancia; Ron era pallido ma stava in piedi.
«Sto bene, mamma» disse «Pensa a lei!»
«Dobbiamo andare al San Mungo!» urlò Molly, nevrotica.
Arthur annuì, paralizzato.
«Sì…dove… come facciamo?»
«Insomma, tutti quanti!» ruggì Percy «Diamoci una calmata! Allora! Mamma, papà: accompagnate Fleur e Bill al San Mungo… Vai anche tu Ron! Niente discussioni!»
Harry annuì e strinse il braccio all’amico.
«Vengo con te»
«Anche io!» fece subito Hermione.
«No, tu no» rispose Percy «Hermione, cerchiamo di fare meno confusione possibile! È meglio che tu riposi» Caspian annuì, prima che lei potesse ribattere.
«Certo, hai ragione» disse «Siamo naturalmente a disposizione per qualunque cosa»
«Io invece vengo» disse Ginny, decisa «E non osare dire nulla, Percy!»
Il fratello scosse il capo, ma poi lasciò perdere.
Quindi disse a Hermione:
«Per favore, puoi occuparti tu di tutto, qui? Non posso fare affidamento su Charlie e Hagrid per il piccolo Teddy!»
Hermione stava per rispondergli male, ma quell’osservazione le chiuse la bocca: poteva rifiutare qualcosa a Teddy?
Annuì, controvoglia.
Percy ringraziò e, prima di Smaterializzarsi con gli altri, disse:
«Spero non vi dispiaccia dormire qui: so che avevate in progetto di tornare a Londra… Bè, vi daremo notizie!» 
E sparì.
 
Teddy si mise a piangere, come per sottolineare che la festa era terminata.
Hermione mosse un paio di passi per la sala, nervosamente, poi sedette sul divano.
Caspian lanciò un’occhiata a Charlie, che fece una smorfia e uscì dalla stanza.
Hagrid era crollato sul tappeto e ronfava di gusto.
Il re prese in braccio il piccolo urlante e andò a sedersi accanto alla moglie.
«Ehi» le disse «Che succede?»
Lei scosse il capo.
«Non sono abituata a non stare con Harry e Ron, quando succede qualcosa»
Un’occhiata al viso di Caspian le comunicò che si era espressa in un modo che lo aveva ferito.  Gli prese la mano e si sforzò di sorridere.
«Voglio dire: per anni loro sono stati quelli che si cacciavano nei guai e io quella che cercava di aiutarli a rimediare… E adesso… cosa è successo a Ron?»
Caspian scosse il capo.
«Non ne ho idea… Sono quello meno adatto a rispondere, viste le mie scarse competenze in ambito magico»
Era solo una mezza bugia: sicuramente non era pratico di Maledizioni e contro-Incantesimi, ma il nome di sua moglie lo aveva visto chiaramente, scritto sulla busta.
Hermione accarezzò distrattamente i capelli di Teddy, poi sbuffò. 
«Come è possibile che mi addormento ovunque? Ma cosa è successo, esattamente?»
Caspian esitò solo un attimo.
«Non so dirti con precisione… Stavo parlando con il signor Weasley e, all’improvviso, c’è stato un gran trambusto con le sedie, un gran movimento… Poi Harry era accanto a Ron e Fleur gridava…»
Hermione gli posò il capo sulla spalla e lui la abbracciò.
«Non preoccuparti» mormorò tra i suoi capelli.
«Come faccio a non preoccuparmi? È successo qualcosa ai miei amici a un passo da me e io non me ne sono neppure accorta!»
«Ascolta, Hermione: non puoi colpevolizzarti per una cosa del genere! La vostra forza, come amici, sta nell’esserci l’uno per l’altro, il che significa che non devi fare tutto tu. E poi, ora dovresti pensare anche a questo: Harry ha Ginny accanto e tu… bè, hai me. Lo so che per tanto tempo siete stati solo voi tre, ma… adesso ci siamo anche noi. E anche noi vogliamo potervi aiutare»
Hermione lo fissò, scioccata.
 
«Ma che dici? Certo che ci siete e certo che siete importanti!»
 
Lui fece un sorriso di scuse.
«È solo che è difficile stare al passo del trio che ha salvato il mondo magico!»
Lei gli diede una spintarella scherzosa.
«Ma tu non devi tenere il passo di nessuno. Per quanto voglia bene a Harry e a Ron, per quante avventure abbia vissuto con loro… Tu sei mio marito. Per te sono stata pronta a lasciare la mia casa. Sei il padre di mio figlio! Non c’è paragone con quello che rappresenti per me»
Caspian le sorrise e si sporse a baciarla.
«Grazie. Vedere te, Harry e Ron mi fa sentire molto la mancanza di Edmund e Lucy Pevensie… e al contempo mi ricorda quanto sono immensamente fortunato, perché tu sei la mia famiglia»
Hermione sorrise e gli prese una mano per posarsela sulla pancia.
«Noi due siamo la tua famiglia» bisbigliò, le labbra su quelle di lui.
Il loro bacio fu interrotto dallo strillo indignato di Teddy.
«Ehi, hai ragione!» rise Caspian «Non ti stiamo dando attenzioni, piccolino!»
Si alzò in piedi, tenendo il bambino in braccio, ma quello indicò Hermione. 
Anche lei si alzò e gli tese le braccia.
Caspian le passò Teddy e poi le sorrise amorevolmente.
«Non vedo l’ora di conoscere nostro figlio» mormorò, felice.
 
*
 
Era ormai notte fonda quando comparve il Patronus del signor Weasley.
Teddy si era addormentato in braccio a Caspian e Hermione sonnecchiava con la testa poggiata sulle gambe di lui.
Il re stava immobile, con una mano tra i capelli di sua moglie, irrigidito per l’immobilità forzata ma intenerito dal bambino che gli si era rannicchiato addosso.
«Fleur è in travaglio!» strillò, agitato, il Patronus «Ron sta bene! Daremo notizie!»
Hermione si era svegliata bruscamente e Teddy era scoppiato in lacrime. 
Hagrid, sempre riverso per terra, ronfava beato.
Caspian prese a cullare automaticamente il bambino, mentre sua moglie si sfregava gli occhi.
Quindi, con un colpo di bacchetta, Hermione fece apparire una coperta per Hagrid e poi tese le braccia per prendere Teddy.
«Andiamo a dormire, che ne pensi?»
Caspian annuì, massaggiandosi il collo.
 
Il primo Natale con sua moglie lo trascorse su una brandina minuscola che lei aveva fatto comparire dal nulla e con i piedini di Teddy Lupin puntati nella schiena.
 
*
 
L’alba del giorno di Natale si presentò fredda ma tersa.
 
Hermione svegliò Caspian con una tazza di cioccolata calda.
Il re e Teddy avevano due identiche espressioni addormentate che la fecero ridere e le scaldarono il cuore.
Preoccupata per Ron, prese tuttavia il piccolo in braccio per dargli il latte, mentre suo marito gustava la cioccolata.
Teddy mangiò allegro, manifestando il suo apprezzamento con una chioma rosso acceso. 
«Che bravo!» lo lodò Hermione «Sei proprio in tema con il Natale!»
Baciò il bambino sulla testa e poi lo portò di sopra per vestirlo.
Prima di andare baciò Caspian sulla guancia e lui le infilò una mano tra i capelli, per trattenerla vicino a sé.
«Torno subito» bisbigliò lei, amorevole.
Fu di parola: ricomparve con il bambino nel giro di venti minuti.
Entrambi erano lavati e vestiti.
E quale fu la sorpresa di Hermione quando, varcata la soglia del salotto, trovò Harry, Ron, Ginny e Percy seduti sui divani.
Il suo strillo di gioia spaventò Teddy.
Ginny si alzò per prenderle il bambino, mentre Hermione si lanciava addosso agli amici.
Entrambi la strinsero; Ron gettò un’occhiata imbarazzata a Caspian e le diede una pacca fraterna sulla spalla.
«Ron!» fece lei, preoccupata «Come stai? Cos’è successo?»
«Ma sì, niente…» tergiversò lui «Non essere apprensiva, Hermione, per Morgana! Adesso che diventi anche madre…»
«Ron Weasley!» fece lei, con le mani sui fianchi «Per caso stai tentando di cambiare discorso?»
Harry lanciò un’occhiata a Caspian, che si schiarì la voce e si accostò alla moglie. 
Lei lo ignorò, continuando a fissare Ron.
«Allora?» abbaiò.
«Hermione, ma cosa vuoi da me, miseriaccia?!» Ron era paonazzo «Sto benissimo! Era solo un… un…»
«Una reazione allergica alle arachidi!» terminò Ginny per lui «Guardate, Teddy fa il grugno!»
Harry e Ron si precipitarono verso di lei, ma Hermione rifiutò di farsi distrarre.
«E da quando sei allergico alle arachidi?»
Un urlo di Teddy, maneggiato con poca perizia da Harry e Ron, li salvò dal dover rispondere.
«Ehi!» insorse Ginny, arrabbiata «Così gli staccate un braccio! Sentite… Muoio di fame! Non è che si potrebbe mangiare?»
Hermione era ancora sospettosa, ma Caspian e Harry si diressero in cucina senza esitazioni.
Ron li rincorse velocemente.
«Ginny, che sta succedendo?» chiese di nuovo Hermione.
«Ma niente, figurati» rispose l’amica, dando dei colpetti sulla schiena di Teddy «Quell’idiota di mio fratello quasi si strozza con un’arachide… Nulla di nuovo per chi lo conosce, insomma!»
La sua aria indifferente riuscì a placare Hermione, almeno in parte.
«E Fleur?» chiese, dopo un po’.
«Oh, ci siamo fermati perché volevamo capire cosa stava succedendo, ma pare sia proprio entrata in travaglio! Bene, non vedo l’ora di conoscere mio nipote!»
Riluttante, Hermione si aprì a un sorriso.
«Scusa, Ginny. È che in questo periodo mi sembra di essere lenta e tarda… Non essere di aiuto ai miei amici è una cosa che mi fa uscire di testa!»
«Hermione, stai per diventare madre e dovresti proprio abbandonare l’atteggiamento da infallibile onnipresente… c’è chi richiede la tua attenzione molto più di noi, ormai» rispose con affetto l’amica.
L’altra arrossì.
«Scusa» bofonchiò «Me lo ha detto anche Caspian»
«Dovresti ascoltare tuo marito, sai? Oltre che bello, è pure intelligente!»
Hermione ridacchiò.
«Hai ragione… Io mi fido ciecamente di lui, ma quando si tratta dei miei amici restare indietro mi è difficile»
«Nessuno ti lascia indietro, Hermione» Ginny la abbracciò affettuosamente «Come potremmo?»
L’amica arrossì.
«Scusa, Ginny, sembro davvero sciocca… Ma è come se avvertissi che c’è qualcosa di strano, qualcosa di oscuro… Mah, saranno ansie da futura madre?»
Hermione si sporse a fare una carezza a Teddy e non vide l’occhiata spaventata di Ginny.
 
 
In cucina erano tutti sorridenti, seduti al tavolo davanti a tazze di cioccolata fumante.
Ginny passò il piccolo a Harry e andò alla ricerca dei biscotti.
Hermione si sedette sulle gambe di Caspian e posò il capo sulla spalla di lui.
Improvvisarono un’allegra colazione.
Quando comparve Charlie, pallido e con delle occhiaie spaventose, Teddy si era addormentato.
Ginny versò del thé al fratello, che ringraziò con un borbottio stanco.
Caspian si alzò con Hermione tra le braccia.
«Ti porto a riposare, che ne pensi?» mormorò.
Lei annuì e Harry disse:
«Abbiamo tutti bisogno di dormire»
«Sì, hai ragione» annuì Ginny «Hermione, prendete pure camera mia… Io mi sistemo altrove»
Dall’occhiata che rivolse a Harry era chiaro dove.
Charlie non colse l’allusione, impegnato a governare i sintomi del dopo-sbronza, ma le orecchie di Ron si fecero di fuoco.
«Cosa?» ruggì «Tu…Voi… Scostumata!!»
Le sue urla svegliarono Teddy, che esplose in un pianto furioso.
Caspian scosse il capo e chiuse la porta sulla faccia disperata di Charlie, verde come un Lepricauno.
 
 
Stretti in un lettino singolo, Caspian accarezzava i capelli della moglie quando lei domandò:
«Sono un’insopportabile So-Tutto-Io?»
«Ma no, amore mio!»
«Mi dispiace! È solo che mi sono spaventata, pensavo fosse successo qualcosa a Ron…»
Caspian non cambiò espressione mentre le passava due dita sulla guancia, lievemente.
«Hermione, la tua immensa capacità di amare è la tua forza! Non devi pensare che possa sminuirti, ma non devi neppure farti carico di tutto! So che lo hai fatto a lungo, ma ora devi permettermi di occuparmi di te»
Lei si rannicchiò tra le sue braccia.
«Non desidero nient’altro» bisbigliò.
«Allora dormi, piccola mia»
La baciò dolcemente e lei strinse nel pugno il maglione di lui.
Scivolò nel sonno e Caspian continuò ad accarezzarle i capelli a lungo, contemplando il viso sereno di lei.
Quando fu certo che Hermione dormiva profondamente si mosse con cautela e si alzò.
 
Scese in cucina, dove trovò Harry e Ron intenti a discutere a bassa voce vicino al camino acceso.
Entrambi, sentendo la porta aprirsi, sussultarono.
Quando riconobbero Caspian si rilassarono e, scostandosi dalle fiamme, gli permisero di vedere chi era il loro interlocutore.
«Caspian» disse Minerva McGranitt con i suoi soliti modi bruchi e spicci «Ho fatto un Incantesimo alla busta che conteneva la Maledizione, quella con il nome di Hermione…»
Lui annuì brevemente, attentissimo.
«Bè, è la grafia di Hannah Abbott» concluse la Preside, scura in volto.
Lui aggrottò la fronte.
«È di Tassorosso» mormorò Harry, incredulo «Ho sempre pensato fosse nostra amica…»
«Pazzesco» commentò Ron, anche lui basito «E dire che avrei giurato che adorasse Hermione!»
«Non so cosa dire» fece la McGranitt «Se non che procederemo subito con delle verifiche, com’è ovvio. Ho avvertito il Ministero, in forma assolutamente riservata»
«Dov’è questa ragazza?» chiese Caspian, asciutto «Possiamo andare a prenderla adesso?»
«Ehi, calma» Harry gli mise un braccio attorno alle spalle «Lo so che sei preoccupato per Hermione, ma non dobbiamo fare mosse avventate. L’importante è non spaventarla. La conosco bene e, se pensasse che c’è un pericolo che minaccia lei e quindi vostro figlio, si butterebbe con foga nelle indagini. E noi non lo vogliamo, giusto?»
Caspian era immobile, ma dopo un attimo annuì rigidamente.
«Voglio che sia al sicuro, ma detesto mentirle. È così preoccupata e…»
Si passò una mano sugli occhi.
«Va bene, mi fido di voi» concluse «So che le volete bene e che agirete per il meglio… E so anche di esservi di ostacolo»
L’ultima ammissione parve costargli molto.
Caspian era un uomo abituato all’azione e dover restare un passo indietro in una questione che riguardava la sicurezza di sua moglie per lui era impensabile.
Ron gli diede una pacca amichevole e giusto un pelo più energica di quello che sarebbe servito.
«Ehi, amico, non tutti possono essere gli eroi del Mondo Magico!» scherzò «Accontentati di essere un re, per Merlino!»
Caspian fece un sorriso tirato, poi disse:
«Però voglio portarla via da qui. Non posso sopportare l’idea che possa capitare altro»
Seguì un silenzio perplesso, poi Harry annuì.
«Sono d’accordo. Ma non dovrete dire a nessuno dove andate»
«Ma, Harry…» obiettò Ron «Non sarebbe meglio se rimanessero qui, dove ci siamo noi a proteggerli?»
L’amico scosse il capo.
«Non diremo a nessuno che se ne sono andati. Diremo che lei e Caspian e tu e Ginny siete venuti a stare da me a Grimmauld Place. Quella casa è una piccola fortezza, è impossibile per chiunque entrarci»
La McGranitt annuì.
«Buona idea, Harry. L’Ordine rafforzerà le protezioni magiche. E tu, Caspian, la porterai via oggi. Nessuno, a parte noi quattro, conoscerà la vostra destinazione. È chiaro a tutti?»
I tre giovani annuirono, Harry però gemette:
«Ginny mi ucciderà!»
«Dove pensi di andare, allora?» chiese Ron, nervoso.
«A cercare i suoi genitori» rispose Caspian, senza esitare «In un posto che si chiama… Australia?»
 
 
 
 
 
 ***
Buongiorno, carissimi lettori!
Malgrado il lavoro stia cercando di uccidermi, eccomi qui con il nuovo capitolo!
Avendo terminato la storia "And the reason is you" (fandom Ben Barnes), devo riprogrammare le varie storie che mi mancano...
In caso vi chiediate cosa combino (o in caso io mi perda nei progetti), sapete che mi trovate qui: 
https://www.facebook.com/Joy10Efp?ref=bookmarks
Qui:  https://www.facebook.com/profile.php?id=100007339248477
E qui: http://dreamerjoy.blogspot.it/
Buona lettura!
Joy
 
 
 
 
 

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Capitolo 27
*** Australia ***


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«Non sono stata io!»
 
Stretta in un angolo della sala da pranzo della casa paterna, Hannah Abbott piangeva disperata.
Minerva McGranitt, affiancata da Arthur Weasley e da un Auror del Ministero, la fissava con cipiglio severo.
Fuori dalla porta, il padre della ragazza si torceva le mani, disperato.
«Hannah» la chiamò il signor Weasley, dolcemente «Non vogliamo accusarti… Ma aiutaci a capire, per favore!»
Lei continuò a piangere.
Arthur si accostò reggendo circospetto la busta bianca.
«Questa è la tua scrittura?» chiese.
La ragazza si rintanò nell’angolo.
«Non so niente!» singhiozzò.
«Hannah? È la tua scrittura? Hai mandato qualcosa a Hermione?»
Dalla ragazza solo singhiozzi.
 
Minerva McGranitt fece un gesto spazientito e poi un brusco cenno d’assenso a qualcuno alle sue spalle.
Harry e Ron avanzarono silenziosi e si accostarono alla compagna di scuola.
«Ehi, Hannah» la chiamò Ron «Siamo noi!»
Lei si azzardò appena ad aprire un occhio.
Harry e Ron le sorrisero.
«Ascolta» disse il primo «Non siamo qui per accusarti, ma perché ci serve il tuo aiuto per capire cosa sta succedendo. Qualcuno vuole fare del male a Hermione…»
«Non sono io!» strillò la Tassorosso «Io voglio bene a Hermione!»
«Ne siamo sicuri» rispose Harry, categorico «Per questo stiamo cercando di capire chi può essere stato e chi vuole incastrare anche te»
A quelle parole Hannah parve riscuotersi appena.
«Harry, tu mi credi?»
Lui annuì.
«Harry mi crede!» urlò lei a gran voce.
 
Suo padre fece irruzione nella stanza.
«Che succede, insomma?» gridò «Per Merlino, non vi permetto di terrorizzare mia figlia!»
La McGranitt gli si fece incontro.
«Mi creda, signor Habbott, stiamo facendo del nostro meglio per non coinvolgere sua figlia in un’indagine per tentato omicidio. Ma dovete fidarvi di noi»
Lui si accasciò su una sedia.
«Tentato…omicidio?» balbettò «Ma come è possibile?»
La Preside sospirò.
«Questa busta stregata, contenente una Maledizione Strozzagola, è stata inviata a Hermione Granger» spiegò, rapida «Sulla busta c’è la grafia di sua figlia»
Il pover’uomo divenne terreo.
«Hannah?» balbettò, sul punto di mettersi a piangere.
«Non sono stata io, papà!» urlò lei in risposta «Non sono stata io!»
«Ma certo che no!» l’uomo si alzò a fatica «Ma certo… Mia figlia non sarebbe mai capace di commettere un’azione del genere!»
«Lo crediamo anche noi» rispose Arthur Weasley «O, a quest’ora, avrebbe ricevuto un mandato di comparizione davanti al Wizengamot»
 
Entrambi gli Habbott tacquero, sconvolti.
«Dunque» riprese la parola la McGranitt «Non sei stata tu. Ok. Ma quella busta?»
Hannah buttò un’occhiata veloce alla carta, come se temesse che da lì potessero spuntare degli artigli.
«Non so… Sembra quella che ho scritto per fare gli auguri di Natale a Hermione…»
«E perché non gliela hai consegnata di persona, a Hogwarts?» obiettò Ron.
«Perché Susan Bones ha proposto di fare un regalo tutte assieme e non dei singoli regalini e allora ho messo via la busta… C’era quella per Hermione e ce n’erano altre, che sono rimaste tutte vuote! Per Padma, per Calì, per Neville…»
Arrossì pronunciando l’ultimo nome.
«Dov’era la busta, quindi?» chiese la Preside.
«Nel mio dormitorio, nel cassetto in alto del comodino» rispose Hannah, decisa «Con altre cinque buste uguali»
I presenti si scambiarono un’occhiata.
«Saresti disposta a giurarlo sotto Veritaserum?» chiese la Preside.
«Sì» rispose Hannah, improvvisamente decisa «Non ho fatto del male a Hermione. Non lo farei mai»
 
Dopo un attimo, la Preside annuì.
«Veritaserum?» balbettò il signor Habbott «Ma è proprio necessario?»
«No… per ora no» rispose lei «Vediamo di trovare quelle buste»
«Come fa a sapere che è quella di Hannah?» chiese ancora lui «Se fosse stata contraffatta…»
«Ho usato il Revelaincantatio» rispose lei, sbrigativa «Avrebbe indicato il contraffattore, in caso»
Lui sospirò.
«Hannah, scusaci per aver rovinato il tuo Natale» le disse Arthur, gentile «Ma né tu né tuo padre dovrete rivelare nulla di questa conversazione, per nessun motivo. Chiaro?»
Entrambi annuirono.
Harry e Ron sorrisero all’amica.
«Ehi, coraggio!» fece il secondo «Dimostreremo che non sei stata tu!»
Il signor Habbott strinse la mano della Preside e degli uomini del Ministero.
«Vi prego…» bisbigliò «Ho già perso sua madre… Io…»
I tre adulti annuirono, seri in viso, e si congedarono.
Habbott li accompagnò alla porta.
 
 
Fuori, la McGranitt sollevò il bavero del mantello e chiese ad Arthur se sarebbe tornato a casa.
«Devo» rispose lui «O Molly mi ucciderà… Ora che è nata la bambina!»
«Oh, sì» la Preside annuì «Come sta Fleur?»
«Benissimo. Lei e Bill sono felici come non mai»
«Verrò a far loro gli auguri presto, Arthur… Intanto, occhi aperti!»
E, con un ultimo cenno di saluto, Minerva McGranitt si Smaterializzò, seguita subito dall’Auror, che andava a fare rapporto a Shacklebolt in persona.
Pochissimi erano stati coinvolti nell’indagine.
«Bene» fece a quel punto il signor Weasley «Tanto vale che torniamo a casa… a mangiare il tacchino che ha preparato Molly!»
 
*
 
In casa Granger c’era un certo caos.
 
Dopo averne discusso con il marito, Hermione aveva accettato il suo suggerimento di partire per l’Australia e aveva rivoltato la casa per preparare due zaini per il viaggio.
In teoria, dovevano essere due zaini leggeri, ma lei era ormai padrona dell’Incantesimo Estensivo Irriconoscibile e poteva infilarci dentro qualsiasi cosa.
Caspian era rimasto a guardarla a bocca aperta.
«Amore» le disse ad un certo punto «Sei sicura che ci servirà portare tutti quei libri?»
Hermione, che stava infilando il quindicesimo tomo nel suo zaino, si fermò con aria colpevole.
«Bè… sì. Sono mappe del luogo, libri sulle tradizioni e sulla storia locale…»
Di fronte allo sguardo divertito del marito arrossì e bofonchiò:
«Va bene, allora Leggende dei pescatori australiani lo lasciamo a casa…»
Lui le tese le braccia e lei gli corse incontro.
Rimasero per un po’ in silenzio, circondati da vestiti, libri, cibo in scatola e carta da pacchi.
In un angolo della stanza, il nuovo manico di scopa di Caspian – regalo di Hermione – era poggiato contro il muro.
Su consiglio di Harry, lei gli aveva comprato l’ultimo modello della Nimbus e poi aveva fatto giurare al marito che non si sarebbe lanciato in peripezie folli e pericolose.
Lui ne era stato felice come un bambino e, una di volta di più, Hermione aveva riflettuto su come la vita di lui doveva essere stata priva di cose che lei dava invece per scontate.
Tipo il Natale.
Tipo i genitori che ti comprano dei regali.
 
Caspian, invece, aveva ascoltato cortesemente i suggerimenti confusi che gli avevano dato Harry e Ron sul regalo per Hermione («Un libro sarebbe l’ideale! A parte che… Bè, con lei rischi sempre che lo abbia già letto… Quella legge di continuo!» «Magari un profumo? Un vestito? Una borsa?»), ma lui non aveva idea di come fare dello shopping e far apparire un regalo dalla bacchetta dei due amici gli sembrava un po’ riduttivo, trattandosi di sua moglie.
Sarebbe stato fantastico in qualsiasi altro caso, ma non per Hermione.
Quindi, alla fine, aveva infilato la mano sotto la felpa che indossava e ne aveva tratto un cordino sottile, cui era appesa una piccola luna fatta di un materiale verde e brillante.
«Senza offesa» gli aveva detto Ron, guardandolo con aria strana «Ma mi sembra un tantino effeminato per uno come te»
Caspian era parso stupito.
«Era di mia madre» aveva spiegato «Glielo regalò mio padre. Se… se lo donassi a Hermione secondo voi sarebbe un regalo troppo misero?»
Harry e Ron si erano scambiati un’occhiata.
«Caspian, non è che per caso quella pietra è uno smeraldo?» aveva chiesto il primo.
«No» aveva risposto il re, perplesso «È karenaria»
«Karenaria?»
«Sì… è una pietra dura, cristallina, luminosa e trasparente, molto rara a Narnia, e…»
«Preziosa?» lo aveva interrotto Harry.
«Bè… sì. Per me però ha un valore soprattutto affettivo. È che vorrei davvero donare qualcosa di mio a Hermione e…»
Ron aveva alzato gli occhi al cielo di fronte all’imbarazzo del sovrano.
«Per le mutande di Merlino, uno smeraldo! E noi stiamo qui a parlare di libri!»
«Come hai fatto a portarla fin qui?» chiese Harry, curioso «Voglio dire, Lilliandil non se ne è accorta?»
«No, perché, sebbene io porti sempre con me questo pendente, non lo mostro mai. Se non lo porto sotto gli abiti, come oggi, me lo arrotolo al polso, o lo nascondo negli stivali, o nel fodero della spada… Lo avevo negli stivali quando ci hanno assediati»
«Sei riuscito a portarti via uno smeraldo? Per Merlino, quella Lilliandil è proprio scema! Ma non ha mai sentito parlare di perquisizioni?» esclamò Ron.
Harry gli aveva rifilato una gomitata e poi aveva rassicurato Caspian: Hermione ne sarebbe stata felicissima, davvero.
Ed era stato così.
Hermione era sopraffatta dall’idea che Caspian volesse separarsi da qualcosa che era appartenuto alla sua adorata madre per donarlo a lei, soprattutto ora che era lontano da casa e che quel pendente era tutto quello che gli restava di lei.
Ma il marito era stato irremovibile: Hermione era il suo presente.
Le aveva allacciato il pendente al collo e poi avevano festeggiato il Natale con una festa privata, che prevedeva molta dolcezza e nessun vestito.
 
 
«Mi fa un po’ strano partire ora che è nata Victoire» bisbigliò Hermione.
«Sono certo che Fleur e Bill capiranno. È una ricerca che necessiterà di tempo… Forse le vacanze non basteranno neppure» rispose lui.
In realtà lo sperava, in cuor suo.
Voleva tenere Hermione lontana il più possibile.
Lei annuì, pensierosa.
«Va bene, lo ammetto. È che speravo proprio che le missioni di salvataggio fossero finite»
 
*
 
Malgrado quelle parole, quando si materializzarono in Australia Hermione era attiva come non mai.
 
Da casa aveva localizzato, tramite Internet («No, amore, non c’entra niente con la magia! Questa è la rete!»), un comodo bed&breakfast e aveva duplicato e falsificato con la magia dei documenti per Caspian.
Inoltre, aveva scaricato una serie di itinerari che le sembravano possibili come mete dei suoi genitori.
«Li ho lasciati a Sidney, ma magari si sono spostati! Hanno sempre sognato una casetta tranquilla nella natura!»
Caspian avrebbe desiderato che la moglie fosse meno perspicace e metodica: cosa ne sarebbe stato del loro piano di tenerla lontana da casa se lei procedeva con la velocità di un segugio?
E – dettaglio non trascurabile – Hermione aveva la magia dalla sua.
Con quella poteva limitarsi a lasciare che la bacchetta la guidasse, senza dover frugare in giro.
Caspian si fece decisamente preoccupato.
Gli spostamenti erano velocissimi, le ricerche anche.
Sì, certo, quell’Australia era enorme, come gli aveva spiegato Harry…
Però qualcosa in lui gli faceva temere che sua moglie avrebbe avuto in quella ricerca il medesimo successo che conseguiva in ogni sua impresa.
 
E non sbagliava.
 
Erano passati appena cinque giorni quando, su una spiaggia incantevole e ventosa, dove strani uomini cavalcavano delle tavole colorate in mare, Hermione lanciò un urlo di trionfo e schizzò in avanti.
Lui si affrettò a seguirla, mentre si dirigeva verso una coppia che passeggiava tranquilla, chiacchierando e osservando il mare.
A Caspian bastò un’occhiata alla donna per rendersi conto che le ricerche erano terminate: non poteva non trattarsi della madre di Hermione.
Sua moglie si fermò bruscamente davanti alla coppia, con gli occhi sgranati e il respiro affannato.
I due coniugi la guardarono, perplessi.
«Sì, cara?» domandò la signora, con un sorriso.
Hermione deglutì, in preda all’emozione.
Suo padre stava intanto osservando il suo viso, sempre più perplesso.
«Che… Che somiglianza! Accidenti… sei australiana anche tu, mia cara? Possiamo fare qualcosa per te?»
Caspian si affiancò a Hermione, che gli prese la mano.
Batté le palpebre e sorrise a suo padre.
«No, no, sono inglese. E… Mi scusi per avervi fermati. Vi ho… scambiati per qualcun altro»
Hermione sorrise e salutò, allontanandosi con il marito.
La coppia li seguì con sguardo perplesso, poi riprese a camminare.
Lei guardò Caspian, emozionata.
«Sono loro?» domandò lui, turbato «Assomigli molto a tua madre»
«Sì» annuì lei, raggiante «Forza, seguiamoli»
E si erano incamminati nella spiaggia, scalzi, con lei che procedeva saltellando euforica.
 
 
Quando gli inconsapevoli Granger raggiunsero il loro bungalow e vi entrarono non sapevano di essere seguiti.
Né che la vita – quella che loro credevano essere la loro vita – stava per cambiare radicalmente.
Dalle finestre aperte Hermione scorse suo padre in poltrona, che leggeva il giornale.
Silenziosamente, fece il giro dell’abitazione.
Le finestre erano aperte e lei vide sua madre in camera, che si toglieva gli orecchini di fronte ad una cassettiera intarsiata.
Un breve bisbiglio, un agitare della bacchetta, e alla signora caddero le braccia, quindi lanciò un urlo.
Il marito la raggiunse di corsa e Hermione mosse nuovamente la bacchetta.
Mentre la consapevolezza si faceva strada negli occhi di suo padre, sua madre scoppiò in singhiozzi.
Accanto a lei, Caspian le passò un braccio sulla spalla.
«Andiamo a bussare?» mormorò.
Sua moglie annuì.
 
Quando suonarono il campanello ci volle un po’ prima che qualcuno venisse ad aprire.
Poi, la porta si aprì e i signori Granger fecero capolino.
Per la seconda volta in pochi minuti, rimasero ammutoliti dalla sorpresa.
«Hermione!» mormorò sua madre, divorandola con gli occhi: i capelli legati in una coda voluminosa, i pantaloncini di jeans, gli occhi pieni di lacrime.
La pancia di sua figlia, così tonda… e l’uomo accanto a lei, un estraneo che sorrideva educatamente.
«Hermione, cosa succede?» singhiozzò la signora, tendendole le braccia.

Sua figlia le si lanciò addosso, piangendo a calde lacrime.



***
Buongiorno!
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Buona lettura,
Joy

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Capitolo 28
*** Il ritorno dei Granger ***


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Il ritorno a casa dei Granger scioccò gli abitanti della Tana.

 
I signori Weasley, completamente assorbiti dalla nipotina, si videro all’improvviso comparire in casa i genitori di Hermione.
Harry e Ron, che speravano di non vedere l’amica fino al rientro a scuola, rimasero di sale.
Caspian, invece, non dimostrava nessuna incertezza né timore.
 
«Come fai?» gli chiese Ron, la sera, mentre i Granger – passata la giornata con gli amici della figlia, in quella strana casa tutta sottosopra - si preparavano a tornare alla loro vita reale, a Londra.
Caspian scosse il capo.
«Non ho scelta. Non posso certo dire a Hermione che l’ho portata in Australia sperando che non trovassimo la sua famiglia il più a lungo possibile, per tenerla al sicuro!»
Ron fece una smorfia.
«Giusto»
«Avete scoperto qualcosa?» chiese il re.
«Ancora no» rispose Harry «Hannah non era tra le persone in classe con noi, quel giorno in cui Hermione è quasi finita nel fuoco a lezione di Incantesimi. E, come ci ha detto quando la abbiamo intervistata a casa sua, nel suo dormitorio abbiamo trovato le buste di auguri. Il bigliettino per Hermione era ancora nel suo comodino, ma la busta mancava»
Caspian serrò le mani.
«Ma…»
«Non credo proprio sia stata Hannah, Caspian»
Lui sospirò, frustrato.
«Coraggio, non manca molto al rientro a Hogwarts. Lì sarete più al sicuro. E adesso… potreste sempre venire a stare in Grimmauld Place»
Ron fece una faccia perplessa.
«E come lo spiegano ai Granger, che hanno appena scoperto che la figlia ha cancellato loro la memoria? Che abbiamo combattuto una guerra? Che lei si è sposata? Non possiamo dire loro anche che qualcuno ha attentato alla vita di Hermione! Per non parlare di dirlo a Hermione stessa!»
Caspian annuì, serio.
Harry si fece scappare un sospiro.
«È tutto così strano… l’incidente a Incantesimi, il veleno che ha bevuto Luna… E poi quella busta!»
«Ma non sono collegate! O… oppure pensi di sì?»
Harry si morse un labbro.
«Non so… Ma non è quantomeno strano?»
«Bè, due su tre erano rivolte contro Hermione… Per quanto riguarda Hagrid, potrei anche credere che ha litigato con qualcuno al pub. O con i Centauri, magari! Non avevano detto qualcosa su Caspian, quando è arrivato?» fece Ron, lanciando un’occhiatina al re di Narnia, il quale aggrottò le sopracciglia.
«Non credo proprio che i Centauri metterebbero del veleno in una delle bottiglie di Hagrid, ma… Senti, è un’idea, ma non ti sembrano tentativi fatti a caso? E non conosciamo qualcuno che, già in passato, ha fatto tentativi simili?»
Gli occhi di Ron si strinsero.
«Malfoy»
Harry annuì.
«Malfoy?» ripeté Caspian «Il Malfoy della partita?»
«Proprio lui» confermò Harry, secco «Direi che dovremo farci due chiacchiere quando torniamo a scuola, che ne pensate?»
«Assolutamente!» sbottò Ron «E sarà meglio per lui che non c’entri, oppure noi gli faremo…»
«Voi farete cosa?» la signora Weasley irruppe nella stanza «Apparecchierete la tavola?»
«Ehm…certo» fece Ron, imbarazzato.
«Bene! Abbiamo convito i genitori di Hermione a fermarsi per cena! Francamente, con i Delacourt arrivati di corsa si sta un po’ stretti… Ma come potevamo immaginarlo? Ora vado a vedere come sta Fleur e se vuole mangiare qualcosa… voi intanto iniziate a sistemare, ok?»
Ron fece un’aria afflitta e allungò la bacchetta verso il cassetto delle tovaglie.
 
*
 
Caspian bussò piano alla porta della camera di Ginny.
 
Appena spinse la porta, tre paia di occhi – di cui due pieni di lacrime - si voltarono verso di lui.
Hermione tirò su con il naso e gli tese la mano.
Il re si precipitò al suo fianco e fu gratificato da un’occhiata di fuoco da parte del signor Granger.
 
Scoprire che la figlia aveva usato la magia per cancellare i loro ricordi e mandarli lontano, dove sarebbero vissuti senza di lei e non l’avrebbero mai più trovata, era stato un duro colpo per i Granger.
Accettare che Hermione fosse una strega, vederla crescere lontana da loro – in un mondo che non conoscevano e che li spaventava, dal quale sarebbero sempre stati lontani – era stato difficile.
Terribilmente difficile.
I Granger si sentivano inadeguati rispetto ai confini immensi del mondo della Magia, ma il pensiero che la loro assennata, rispettosa e intelligente figlia li avesse colpiti a tradimento era stato uno shock.
Il padre di Hermione era furioso, la madre terrorizzata: avevano scoperto in un colpo solo di aver perso più di un anno della vita della figlia (oltre che della loro), la quale non solo era stata in pericolo di morte ma era anche finita in un altro mondo, si era sposata ed era incinta.
E non erano così pronti ad accettare la cosa con filosofia.
 
Ora, il signor Granger osservò minaccioso Caspian che asciugava con il pollice una lacrima dalla guancia di Hermione e poi sbottò:
«E oltretutto, signorina: cosa sarebbe questa storia del matrimonio?»
Hermione represse un sospiro.
«Papà, ti prego… Possiamo parlarne con calma?»
«Io sono calmissimo» rispose lui, con una vena che pulsava visibilmente sulla fronte «Sei sicura che sia legale? Non possiamo farlo annullare?»
«Papà!» gemette Hermione.
Caspian fece un visibile tentativo di controllarsi.
«Voglio dire, sono assolutamente certo che per la legge – la legge vera, insomma! – non possa essere valido e quindi…» continuò lui, infervorato.
«Oh, Marcus, calmati per favore» intervenne la signora Granger «Siamo tutti sconvolti, ma non devi far agitare Hermione!»
Marcus Granger ingoiò un commento chiaramente sarcastico e rivolse un cenno alla moglie.
La signora, seduta sul lettino di Ginny, si torceva le mani ma aveva un’espressione più calma di quella del marito.
Si asciugò gli occhi e rivolse un sorriso di scuse alla figlia.
«Cara, mi dispiace. Ma devi capire che noi… Noi non sappiamo cosa dire! Così tante cose, così tante preoccupazioni…»
Hermione tese una mano alla madre.
«Mamma lo capisco. Mi dispiace infinitamente, davvero. Ma se vi avessi detto che temevo per la vostra vita, che i Mangiamorte sarebbero sicuramente venuti a cercarvi… Voi non sareste voluti partire!»
«Esatto!» esplose suo padre «E tu avresti dovuto rispettare la nostra decisione! Noi non siamo due burattini che puoi far sparire a tuo piacimento! Siamo due genitori – i tuoi genitori – e abbiamo il diritto di sapere cosa ti accade! E tu ce lo hai fatto dimenticare! Hai una vaga idea di come possiamo sentirci? Un anno! Un anno in cui abbiamo vissuto dall’altra parte del mondo, convinti di essere qualcun altro! Ah, maledetto il giorno in cui ti è arrivata quella lettera da Hogwarts!»
Hermione non riuscì a trattenere un singhiozzo e si coprì gli occhi con una mano.
Capiva la rabbia di suo padre, ma sapeva anche cosa la guerra aveva comportato.
Caspian le circondò la vita con un braccio e intervenne, fermamente:
«Signore, capisco la sua preoccupazione e la sua rabbia, davvero. Ma non posso permetterle di turbare così Hermione»
Gli occhi del signor Granger parvero sul punto di schizzare dalle orbite.
«Tu non puoi certo dirmi come trattare mia figlia!»
«Certo che posso» ribatté Caspian, educato ma fermo «Sono suo marito»
«Questo è tutto da vedere! E poi, già che ci siamo, cosa sarebbe questa follia del viaggio in un altro mondo?»
«Non è una follia. O meglio… sì, certo non rientra nelle cose più comuni, ma davvero io vengo da Narnia»
«Ma come può essere? Abbiamo mandato nostra figlia in una scuola di maghi del tutto discutibile, che nemmeno controlla se gli studenti restano nei confini di questo pianeta??»
«In linea generale sono d’accordo con lei… ma, per parte mia, devo riconoscere di essere stato molto fortunato»
Il tono calmo di Caspian sembrava non riuscire a calmare Marcus, che sbuffò.
Frattanto, Hermione si era calmata abbastanza da dire:
«Papà, so che sei arrabbiato e lo capisco. Ma io non vi ho modificato la memoria perché non mi fidavo di voi o non vi volevo con me: avevo troppa paura. Sapevo che sarei partita con Harry e Ron e il pensiero che vi avrebbero dato la caccia per torturarvi - per uccidervi! – non mi dava pace!»
«Avremmo potuto nasconderci!»
«Vi avrebbero trovati! Papà, l’Ordine è stato decimato! Sai quanti maghi, streghe, babbani e studenti della mia scuola sono stati uccisi?»
La voce le si spezzò.
Il signor Granger rifiutò di cedere, malgrado la vista della figlia in lacrime lo ferisse.
«Io e tua madre ignoravamo la tua esistenza! La nostra vita! Abbiamo vissuto un anno di menzogne!»
«Ma siete salvi» singhiozzò lei.
«Ma avremmo potuto non ritrovarti mai più! E neppure lo avremmo saputo! Pensi che sia una consolazione essere salvi? Come, come puoi…»
Anche a lui si ruppe la voce.
Seguì un silenzio pesante e carico di emozione.
La madre di Hermione intervenne dicendo:
«Tesoro, quello che tuo padre sta tentando di dire è che tu sei la nostra bambina e per noi sei la cosa più preziosa. Saperti in pericolo di vita ci strazia! E per quanto io capisca che lo hai fatto per noi, per affetto, sentirci impotenti e persi di fronte alla tua magia ci spaventa molto. Pensare che tu possa cancellare i ricordi, convincerci di essere altri… è enorme. È mostruoso…. Lo capisci, vero?»
Hermione annuì.
«Mamma, sono mortificata. Io do un valore immenso alla vostra capacità di giudizio e al libero arbitrio! Ma sapevo che sareste voluti restare e non potevo permetterlo! Non posso perdervi!»
«E per dimostrarcelo ci hai spediti via, come due pacchi postali indesiderati e ingombranti?» tuonò suo padre.
«Papà, voi siete preziosi per me! Non potevo condannarvi a subire questa guerra! Abbiamo perso così tanto…»
«Hermione, tu sei preziosa per noi allo stesso modo» intervenne sua madre, pacata «E adesso…»
Fece un gesto con la mano e proseguì.
«Adesso dovresti capirci meglio: se tuo figlio lo facesse a te, cosa proveresti?»
Una lacrima scivolò lungo la guancia di Hermione.
«Mi sentirei defraudata di una parte della sua vita» bisbigliò «Ma… Se avesse voluto risparmiarmi le torture, il dolore, la morte… Odierei l’idea che le vivesse lui, preferirei che accadessero a me mille volte… Ma saprei che mi ama moltissimo. Questo lo saprei»
 
La signora Granger abbracciò la figlia e il signor Granger bofonchiò che, comunque, lei era una sconsiderata e che tutta quella magia le aveva confuso il cervello; sarebbe stato molto meglio un buon college, come da tradizione e di famiglia… e poi cosa credeva, che lui e sua madre non le volessero bene?
Caspian rimase in disparte, per concedere ai genitori di Hermione lo spazio per riappropriarsi della figlia, per quanto possibile.
Ma la signora Granger, dopo qualche momento di commozione, gli tese una mano.
«Vieni, caro. Mi dispiace per l’accoglienza terribile che ti abbiamo riservato, ma devi capire che per noi è stato un vero shock… Ma desideriamo davvero conoscerti, io e Marcus»
Marcus bofonchiò qualcosa a bassa voce; la moglie gli lanciò un’occhiataccia.
Caspian sedette di nuovo accanto a Hermione e le prese la mano.
«Signora, capisco perfettamente quante novità dobbiate affrontare, non ultima quella del nostro matrimonio. Lo capisco e, davvero, immagino quanta preoccupazione questi cambiamenti vi causino. Ma io amo moltissimo vostra figlia»
La signora annuì, osservando il sorriso radioso che Hermione rivolse al marito.
«Certo… è che, sai… è la mia piccola. Neppure sapevamo che avesse un ragazzo! È sempre stata molto riservata e seria e… sai, non siamo preparati»
A sorpresa, Caspian sorrise.
«Non sa quanto ne sono felice»
La signora si lasciò andare a una risatina.
Quel giovane aveva molto fascino, questo andava riconosciuto.
«Lo immagino. Bene, direi che potremmo andare tutti a casa… e potremmo conoscerci un po’. Immagino che Hermione dovrà tornare a scuola e tu…»
«Humpf!» fece il signor Granger, sentendo nominare la scuola.
«Sì, certo che dobbiamo» rispose subito Hermione «E Caspian ha una cattedra a scuola, per cui viene anche lui»
«Oh, sei un professore? Vivi anche tu nel castello?»
La coppia si scambiò un veloce sguardo.
«Veramente abbiamo una casetta nostra…a Hogsmeade»
I Granger inorridirono.
«Cosa?!» tuonò Marcus «Quella maledetta scuola!! Ma come osano? Ma è forse normale che una studentessa risieda fuori dall’edificio, senza il permesso dei genitori?»
Hermione sospirò.
«Papà, è meglio così. Non volevo che la Preside creasse un precedente scomodo…»
«Ma a chi ha chiesto il permesso?»
«A nessuno! Io sono sposata! E se a me e a Caspian va bene così, allora fine dei discorsi!»
Hermione si era scaldata e Caspian le prese una mano per invitarla a trattenersi.
Marcus aveva assunto un pericoloso colorito rosso intenso.
«Hermione, Marcus, calma! Discutiamone con calma!» intervenne la signora Granger.
«Jane, ma ti sembra che si possa rimanere calmi?» insorse il marito «Ci sta dicendo che noi non abbiamo voce in capitolo! Ah, ma del resto è ovvio: ci ha spediti in Australia e ora è libera di fare come le pare!»
«Marcus, per quanto a noi possa sembrare assurdo… è sposata. E dobbiamo… capirlo. E accettarlo. Per il bene di Hermione e del bambino… e di Caspian» rispose sua moglie.
Lui incrociò le braccia.
«Ah! Ottimo! Tanto a che serve dirci le cose? Hermione può aggiornarci una volta l’anno, via lettera…. Se vuole degnarsi!»
Hermione gli rivolse uno sguardo impaurito.
«Papà… Non vuoi più vederci?» bisbigliò, impallidendo.
Lui strabuzzò gli occhi.
Era furioso, ma certo non voleva una frattura con la figlia.
Sua moglie saltò immediatamente in piedi.
«Ma cosa dici? Sei impazzito? Ma certo che no, bambina mia!»
Hermione fissava il padre con sguardo implorante e lui, all’improvviso, crollò.
«Ma certo che no, sciocchina! Cosa vai a pensare? Oh, ma guarda tu…»
E scappò di corsa dalla stanza per nascondere la commozione.
La signora Granger, anche lei in lacrime, rivolse una smorfia buffa alla figlia e la fece ridere.
«Bene, direi che papà è sulla buona strada per calmarsi… Ora, sarebbe bene se ci rilassassimo tutti. Venite a casa, tesoro? Non vediamo l’ora di stare un po’ con te e Caspian… e mi sembra che qui la signora Weasley abbia già abbastanza da fare»
Hermione capiva che la madre voleva tornare a Londra, a casa, e abituarsi alle novità nella sicurezza della propria casa.
Inoltre, anche lei desiderava moltissimo che i genitori iniziassero a conoscere Caspian.
«Che ne pensi, amore?» chiese al marito.
Jane Granger fu scioccata dalla consapevolezza che ora sua figlia – la sua bambina – aveva un marito cui chiedere consiglio e approvazione, ma fu ben attenta a non lasciar trapelare lo sgomento che l’aveva colta.
La sua bambina! Sposata! Incinta!
Mentre lei cercava di darsi un contegno, Caspian rispose:
«Naturalmente, se non saremo di peso… Dovete riappropriarvi della vostra vita, ma immagino che non desideriate nulla di più che stare con Hermione»
«E con te» completò fermamente sua moglie, facendolo sorridere.
«Certo» annuì la suocera «Devi perdonarci, Caspian, ti saremo sembrati due villani… Spero che i tuoi genitori abbiano appreso la notizia in un modo meno traumatico!»
Un’ombra passò negli occhi di lui.
«I miei genitori sono morti, signora… Ma avrebbero adorato Hermione, lo so»
L’istinto materno di Jane sussultò a quelle parole.
«Oh, caro, mi dispiace! Perdonami!»
Caspian le sorrise e lasciò che lei gli stringesse le mani.
«Dobbiamo davvero andare e prenderci qualche giorno di pausa… Ti dispiace? Ti piace Londra?»
«Non ho mai visto un posto più strano in vita mia, ma mi piace moltissimo!» rise lui.
«Davvero?» si stupì Jane «Casa tua è simile a Hogwarts?»
«Casa sua è un castello immenso solo suo, mamma» disse allegramente Hermione «Non te l’ho ancora detto, ma… ecco, Caspian è un re, veramente»
 
L’espressione scioccata di Jane li fece ridere entrambi.
 
 

***
Buongiorno!
La vostra Joy torna al lavoro dopo aver festeggiato il suo compleanno e mangiato come un pozzo senza fondo...!
Vi annuncio che questa storia avrà un seguito: il terzo episodio della saga è in lavorazione!
Per tutte le informazioni/chiacchiere/notizie mi trovate ai seguenti link:
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Buona lettura!
Joy

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Capitolo 29
*** La volpe ***


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I giorni a casa Granger trascorsero sereni e lieti.
 
I signori Granger avevano ancora parecchie cose da accettare (tipo, per dirne una, il fatto che la loro innocente figlioletta avesse condotto, dopo cena, per mano Caspian in camera sua… certo, si erano ricordati quasi subito che erano sposati, per cui non avevano potuto dire nulla, ma che shock!), ma cercarono di fare buon viso a cattivo gioco.
Dopotutto, avevano di nuovo Hermione.
E lei era così palesemente felice che loro non poterono far altro che accettare di conoscere suo marito, consapevoli che un ostruzionismo eventuale avrebbe comportato di certo una rottura dei rapporti.
Hermione non avrebbe mai lasciato Caspian, questo era ben chiaro.
E, dopo due o tre giorni, i Granger dovettero ammettere che – malgrado le circostanze traumatiche in cui lo avevano conosciuto – Caspian somigliava molto al tipo d’uomo che avrebbero scelto per la figlia.
Era onesto, forte, leale e la amava da impazzire: lo avrebbe visto anche un cieco.
Il suo lato galante e cavalleresco conquistò Jane, mentre Marcus – che pure, dei due, era quello che faceva più fatica ad ammetterlo – rimase favorevolmente impressionato dalla sua cortesia, dall’assennatezza ma anche dal carattere fermo.
Adorava Hermione, ma sapeva anche controllarne gli eccessi e questo non era scontato, ammisero i Granger tra loro.
 
Caspian si inserì con facilità nel piccolo menage familiare.
Sebbene Marcus si tenesse sulle sue il più possibile, ormai non era raro vederli discutere di politica o di amministrazione (per quanto ognuno facesse esempi incomprensibili per l’altro) e, quando si trattò di ripartire per Hogwarts, Jane si sciolse in lacrime.
«Mamma!» fece Hermione, sconvolta «Ma ci rivedremo presto!»
«Ma siamo stati così lontani» singhiozzò la signora, inconsolabile «E poi… oh, starai attenta? Non sarebbe meglio se rimanessi a Londra con noi?»
Marcus, agitato nel vedere la moglie in lacrime, stava per concordare, quando intervenne Caspian:
«Signora, capisco la sua preoccupazione, ma saremo attentissimi. Sa bene che Hermione soffrirebbe, se non potesse proseguire gli studi. E poi, non abitando noi al castello, potrete venire a trovarci quando lo desiderate»
La signora Granger cercò di dominarsi e rivolse un’occhiata al marito.
«Bè…» tergiversò lui «Sappiamo quanto la scuola conti per Hermione…»
Caspian – che aveva molti più motivi de suoceri per desiderare di non riportare indietro la moglie, ma che sapeva già che non sarebbe stato possibile – sorrise:
«Ed è talmente brava che sarebbe un vero spreco di talento»
Quelle orgogliose parole rianimarono i Granger.
«Ma non si stancherà troppo?» obiettò la madre.
«Ci penserò io ad occuparmi di lei, signora» rispose il re.
«Caspian, devi chiamarmi Jane, te l’ho detto!» fece lei.
Prese fiato e si impose di sorridere.
«Tesoro, scusami, è che… siete stati con noi così poco e…»
Hermione la abbracciò.
«Lo so, mamma, e mi dispiace davvero tantissimo, ma devo finire quest’anno! Già con il bambino avrò problemi con gli esami e…»
Riconoscendo il tono hermionesco della figlia, quando si lanciava a parlare di studio, Marcus intervenne:
«E quando… quando potremmo venire?» chiese, precipitoso.
I due sposini sorrisero.
«Quando lo desiderate»
«Bè, magari fra una settimana…»
Hermione scoppiò a ridere.
«… O due» proseguì lui, imperterrito «Prima di riprendere a lavorare»
«Questa sarebbe un’ottima idea!» commentò la figlia, rasserenata sulle conseguenze del brusco ritorno alla vita dei Granger.
 
I Granger li accompagnarono in stazione e le raccomandazioni, prima che l’Espresso per Hogwarts ripartisse, si sprecarono.
«Caspian, stai attento che riposi. Che mangi. Che non si stanchi troppo. Che non porti pesi…»
Lui ascoltò con mirabile pazienza, rassicurò i suoceri fino allo sfinimento e riuscì a salire sul treno prima che le porte si chiudessero, rischiando di lasciarlo a Londra.
Dal finestrino salutò assieme ad Hermione, Ron, Ginny e Harry finché i loro cari non sparirono dalla vista.
«Allora, com’è andata?» chiese Ron, sprofondando nel suo sedile.
«Bene» rispose Hermione «Alla fine non volevano più diseredarmi, né uccidere Caspian!»
Fece l’occhiolino al marito e lui commentò:
«Un vero trionfo!»
Sua moglie rise e poi si appoggiò contro il fianco di lui.
Il viaggio trascorse sereno, agli amici si unirono Neville e Luna, sempre più palesemente legati l’uno all’altra.
Verso metà pomeriggio, Lavanda comparve e salutò timidamente Ron.
Lui uscì dallo scompartimento per parlarle e per un po’ non lo si vide tornare.
Quando riapparve, Neville e Ginny si stavano sfidando a Gobbiglie, Luna leggeva e Harry mostrava a Hermione e Caspian foto di Victoire e Teddy.
Caspian era incantato dalle fotografie magiche, non se ne stancava mai.
«Ehi» fece Harry, posando gli scatti «Dov’eri finito?»
«In giro» borbottò l’altro, rivolgendogli una strana occhiata «Ma non ho visto nessuno di interessante»
Ron strizzò l’occhio a Harry, ma fu Ginny a parlare:
«Se Lavanda non ti piace, Ron, allora evita di uscirci!»
«Ma chi ha detto niente!» esplose lui «Ho solo detto che in giro non c’è niente di rilevante, tutto qui!»
Strizzò di nuovo l’occhio a Harry.
«Hai un tic, Ronald?» chiese Hermione.
«Oh, lasciate perdere!» sbuffò lui e uscì di nuovo sbattendo la porta dello scompartimento.
Harry alzò gli occhi al cielo e poi lo seguì.
Dentro, Ginny rivolse agli altri un’occhiata desolata.
«Mio fratello è un idiota, non fateci troppo caso» bofonchiò.
«Nulla di nuovo, non preoccuparti!» rispose allegra Luna, voltando pagina di un libro.
Neville e Hermione scoppiarono a ridere.
Poi, Caspian circondò le spalle della moglie con un braccio e le tese una foto di Teddy, con i capelli arancioni e le lentiggini, che faceva delle smorfie buffe a Victoire.
«Guardali» le bisbigliò «Sono bellissimi!»
Lei sorrise.
«Davvero! Non preoccuparti, faremo anche noi un sacco di foto magiche al nostro bambino!»
Lui si illuminò in viso.
«Davvero? Vorrei che le fotografie esistessero anche a Narnia… Noi abbiamo i dipinti, ma non hanno lo stesso calore… vorrei tanto avere almeno una fotografia dei miei genitori»
I suoi occhi scuri si incupirono per un attimo e Hermione, folgorata da un pensiero improvviso, gli baciò la guancia.
«Per quello non possiamo fare nulla, purtroppo… Ma, a proposito di quadri… Ricordami che devo mostrarti una cosa, quando saremo a Hogwarts!»
Lui aggrottò le sopracciglia, curioso.
«Che cosa?»
«Sorpresa» sorrise lei, misteriosa, sporgendosi a baciarlo.
 
Fuori, nel corridoio, Harry stava riprendendo Ron a bassa voce sulla stupidità di creare sospetti in Hermione.
«Ma non si è accorta di niente!» fece l’amico «E poi io non sono mica come quel pezzo di ghiaccio di suo marito, che non si fa sfuggire nemmeno un’occhiata fuori posto!»
«Ron» sospirò Harry «Ma davvero odi Caspian?»
«No» bofonchiò l’altro, controvoglia «Non più di tanto… Ma è un insopportabile perfettino!»
«Non farti sentire da Hermione» si raccomandò l’altro «Ti Schianterebbe come niente»
Ron sbuffò ancora, ma in quel momento una ragazzina si avvicinò loro.
Indossava la divisa di Tassorosso, aveva due treccine che le incorniciavano il viso ed era rossa come un peperone in viso.
«Ehm… Harry? Harry Potter?» balbettò.
Ron alzò gli occhi al cielo.
Harry annuì e le sorrise.
«Ciao, sono io»
Lei arrossì ancora di più.
«Eh…ecco… c’è una mia amica… Una mia amica voleva… vorrebbe… insomma, sai… ecco, un regalo per te! Buon Natale!»
E, prima ancora di aver finito di parlare, aveva mollato nelle mani di Harry un pacchetto dalla forma irregolare ed era schizzata via.
Harry guardò Ron, affranto, e l’amico gli rispose con una pacca fraterna e un saggio consiglio:
«Evita di dirlo a Ginny»
Harry annuì e aprì il pacco.
 
All’improvviso urlò e lo lasciò cadere.
 
Ron protese il collo e vide con orrore una piccola volpe scivolare fuori dalla carta, chiaramente morta.
 
*
 
«Perché hai quella faccia?» chiese Ginny per la trentesima volta a Harry, mentre il gruppetto si dirigeva verso la Sala Grande di Hogwarts.
Lui grugnì.
Hermione e Caspian avevano salutato gli amici a Hogsmeade e si erano diretti a casa.
E lui e Ron avevano mantenuto il segreto sul macabro regalo.
Fino a quel momento.
Appena Harry distinse la McGranitt, prese per mano Ginny e si diresse verso di lei.
Ron li seguì.
«Professoressa, dobbiamo parlarle un attimo»
Lei vide le espressioni serie dei due amici e si sentì mancare.
«Che succede?» fece, brusca «Dov’è Hermione?»
«A casa. Non si tratta di lei, ma… Dobbiamo raccontarle una cosa»
 
Il secondo semestre non si preannunciava facile, a Hogwarts.
 
*
 
Il giorno dopo, le lezioni ripartirono in tranquillità.
 
Hermione, con una pancia ormai molto sporgente, si diresse a lezione accompagnata dal marito, che rifiutava di lasciarle portare la borsa carica di libri.
«Guai a te se ti vedo sollevarla, capito?» le disse severo.
Lei fece il broncio, poi rinunciò e si protese verso di lui per un bacio.
Caspian la prese tra le braccia, ma poi, quando vide arrivare Harry e Ron, li chiamò con un cenno.
«Ragazzi, posso contare su di voi perché Hermione non sollevi pesi, vero?»
Due studentesse che passavano di lì sospirarono estasiate della sua premura e Ron fece un versaccio.
«Certo» rispose Harry a Caspian «Hermione, ti affatturiamo se non stai ferma, chiaro?»
Lei gli fece la linguaccia e il marito la spinse dolcemente verso l’aula, mentre Harry annaspava sotto il peso della borsa di lei che aveva appena sollevato.
«A dopo» mormorò Caspian «Fai la brava, capito?»
Lei gli strizzò l’occhio e lui la guardò adorante.
Il sorriso, però, gli si gelò sulle labbra quando Harry, passandogli accanto, mormorò:
«Dobbiamo parlarti»
 
*
 
Caspian dovette attendere che Hermione si recasse a lezione di Rune, con Neville, per poter parlare con Harry e Ron.
 
I tre trovarono un’aula deserta al quinto piano e vi si chiusero dentro.
Harry insonorizzò la porta con il Muffliato.
Neppure dieci minuti dopo, un violento calcio del re di Narnia faceva spalancare l’uscio, quasi staccandolo dai cardini.
Caspian marciò furioso per il corridoio, con gli stivali che risuonavano ogni volta che colpiva il pavimento.
Ron e Harry gli corsero dietro, diretti alle scale.
A metà della discesa, una rampa si staccò dal pianerottolo e li dirottò verso le aule del quarto piano.
A Caspian sfuggì una parolaccia così grossa che Ron sussultò.
Harry tentò di trattenerlo con una mano sul braccio, ma lui se la scrollò via, rabbiosamente.
 
I tre attraversarono il corridoio, suscitando le occhiate curiose degli studenti.
Caspian svoltò a sinistra, quindi imboccò un corridoio sulla destra.
I due amici erano abbastanza sicuri che stesse andando a casaccio, ma, all’improvviso, una porta si aprì nel corridoio e alcuni studenti uscirono dalla classe, chiacchierando.
E, da solo, apparve Draco Malfoy.
 
In due soli passi, Caspian lo raggiunse.
Draco alzò gli occhi sentendo i passi secchi, ma non fece in tempo a scansarsi.
Il re di Narnia lo agguantò per il colletto e lo sollevò praticamente da terra, con gli occhi che mandavano lampi.
Malfoy annaspò, mentre i compagni si davano di gomito.
Harry, agguantato Caspian per un braccio, si sporse a mormorargli qualcosa.
L’altro scosse la testa, ma allentò la presa.
Draco tossì, massaggiandosi il collo, ma non fece in tempo ad allontanarsi che Caspian lo aveva afferrato per il braccio e lo stava trascinando via.
 
Harry si voltò per lanciare un’occhiata a Ron, il quale esclamò soddisfatto:
«Te l’ho detto che faceva solo finta di essere calmo!»



***
Buongiorno carissimi lettori!
Spero che la vostra settimana inizi bene... Qui, tra pioggia e grigiore, io ho solo voglia di tornare sotto le coperte!
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E vi ricordo anche che questa storia avrà un seguito, quindi... Stay tuned! ;)
Buona lettura,
Joy

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Capitolo 30
*** Il quadro ***


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«Che cavolo… che cavolo fai?» ansimò Malfoy, indietreggiando spaventato.
 
Caspian lo aveva praticamente scaraventato dentro un’aula vuota e ora gli incombeva addosso.
L’altezza notevole e lo sguardo tempestoso non aiutavano a tranquillizzare il Serpeverde.
Come se non bastasse, Harry e Ron si precipitarono dentro l’aula e il secondo la insonorizzò con il Muffliato.
Draco deglutì a vuoto.
«Che… che volete da me?» balbettò.
«Vogliamo che tu ci dica cosa sta succedendo!» ringhiò Caspian, furioso.
Draco impallidì.
«Cosa? In che senso? Io non ho fatto niente, lo ripeto!»
Indietreggiò alla cieca quando vide Caspian allungare una mano per acchiapparlo e inciampò contro un banco, ruzzolando a terra.
 
Mentre Draco annaspava cercando di liberarsi della veste da mago che gli si era attorcigliata attorno alle gambe, Harry prese Caspian per un braccio e disse, risoluto:
«Caspian, datti una calmata! Non sei lucido e lo capisco, ma stai calmo, per Merlino!»
L’altro irrigidì la mascella, ma Harry non gli lasciò il tempo di continuare:
«Alzati, Malfoy. Cosa fai lì per terra?»
«Tu…lui!» esplose Draco «Un professore! Io… ma che volete da me?»
«Farti qualche domanda»
«Qualche domanda?» Draco si alzò e i suoi occhi saettarono verso la porta «Che domande?»
Ron si posizionò di fronte all’uscio, mostrando di aver colto perfettamente le intenzioni di Malfoy.
«Su alcune cose che stanno succedendo a Hogwarts» rispose Harry, tranquillo.
Di nuovo, gli occhi di Draco saettarono verso la porta.
«Alcuni… incidenti, diciamo»
Harry calcò la voce sulla parola “incidenti” e Malfoy, suo malgrado, voltò il capo verso di lui.
«Incidenti?» ripeté, atono.
«Sì. Degli incidenti che hanno molte analogie con altri capitati durante il nostro sesto anno, se ricordi»
Il tono di Harry pareva garbato, ma Draco divenne scarlatto.
«Tu…io… Ma cosa stai insinuando, Potter?»
«Sto insinuando che due anni fa sono successi degli episodi apparentemente scollegati ma molto pericolosi, qui a scuola. E siccome qualcosa di simile sta avvenendo ora volevamo chiederti se tu, per caso, non ne sai qualcosa»
Draco era diventato bianco come un cadavere.
«Tu…di cosa mi stai accusando? Vuoi farmi espellere?»
«Malfoy!» abbaiò Ron «Ma se è stato Harry a permetterti di tornare a scuola!»
Ma Draco non sembrava ascoltare. Teneva gli occhi fissi su Harry e sembrava febbricitante.
«Tu…mi vuoi accusare! Vuoi liberarti di me! Ma io non c’entro! Due anni fa…»
Si interruppe e Harry fece un cenno.
«Due anni fa stavi cercando di uccidere Silente per conto di Voldemort»
 
Sentendo quel nome, Draco si ritrasse come se lo avessero frustrato.
«Aveva minacciato la mia famiglia» balbettò, dopo qualche minuto di silenzio «Non… sapevo cosa fare»
«Lo so» annuì Harry «È una storia chiusa. Però adesso qualcuno ha commesso degli atti dissennati e pericolosi e ci sono delle persone che hanno rischiato grosso. Dobbiamo sapere chi c’è dietro!»
«Non io! Non sono io!»
«Non ti stiamo accusando! Ma sai qualcosa?»
«No!»
A differenza di Harry, che si manteneva calmo, Draco sudava.
Caspian fece un passo in avanti.
«Qualcuno ha cercato di fare del male a Hermione» disse, con voce ingannevolmente calma «E ho sentito dire che spesso, negli anni, tu l’hai insultata e hai cercato di farle del male»
Gli occhi di Draco sembravano enormi nel viso pallido.
«Non ho fatto nulla a Hermione!»
«Sarà meglio per te» rispose l’altro «Perché se scopro che solo la guardi, ti torco il collo senza bisogno di bacchette magiche, intesi?»
Malfoy annaspò.
«Ma che razza di insegnante saresti, tu?!»
«Uno che ha molto a cuore sua moglie. E i suoi amici. Sono stato chiaro?»
«Io non so niente!» esclamò Malfoy con voce stridula «Niente!»
«E tra i Serpeverde non si dice nulla?» si intromise Harry «Nessuna novità? Nessuna bravata?»
Draco scosse il capo forsennatamente.
«Sai, Malfoy» intervenne Ron dalla porta «Sembri stranamente ansioso per essere uno con la coscienza pulita. Del resto, sono solo chiacchiere tra amici»
«Voi non siete miei amici» squittì Draco.
«Secondo me siamo più amici tuoi noi di quella gentaglia che ti circonda» obiettò Ron «Ora che tuo padre non è più il lecchino di Voldemort non sei più tanto popolare, eh, Furetto?»
Draco deglutì a vuoto.
«Ho sentito delle voci, in giro, che dicono che Draco Malfoy non è più così in auge, eh? Invece Harry ti ha aiutato quando i tuoi amichetti si nascondevano per la paura…»
«No, Ron!» lo interruppe Harry «Non voglio niente in cambio. Non mi devi favori, Malfoy. L’ho fatto perché… anche tu e i tuoi siete stati delle vittime di Voldemort. E tu non hai ucciso Silente»
Harry e Draco si fissarono negli occhi, il primo deciso e il secondo ansioso.
«Ti stiamo solo chiedendo aiuto. Davvero non sai nulla di questi incidenti?»
Draco scosse il capo.
«Che incidenti?» bisbigliò.
«Veleno. Animali morti»
Malfoy scosse il capo.
«Non so nulla»
«Sicuro?»
L’altro annuì una sola volta.
«Va bene. Ti ringrazio» disse solo Harry.
 
Caspian e Ron avevano l’aria meno tollerante.
«Sai» disse Weasley al Re di Narnia mentre Draco raccoglieva in fretta la sua roba «C’è chi direbbe che è un’onta, per un Mago, non contraccambiare un favore. E i Purosangue dovrebbero essere i più esperti, nel codice cavalleresco»
Caspian rimase in silenzio, seguendo Draco con gli occhi.
Questi gli rivolse un’occhiata spaventata e si affrettò a raggiungere la porta, la aprì e sparì in corridoio.
Per un istante nessuno parlò, poi Ron disse:
«Bè… speriamo che almeno non ti denunci alla McGranitt, Caspian!»
L’altro scosse il capo.
«Se almeno fosse servito… Sia chiaro, per Hermione lo rifarei mille volte, ma mi scuso per aver perso il controllo in quel modo»
Harry gli diede una pacca amichevole sul braccio.
«Non devi. Lo sappiamo che hai paura per lei. Ma ne abbiamo anche noi, davvero»
Caspian annuì, gli occhi ancora fissi nel punto in cui Draco era sparito.
 
*
 
Se non altro, Malfoy non lo aveva denunciato.
 
La mattina dopo, dirigendosi con Hermione verso il castello, Caspian rifletteva però sul fatto che ora non avevano altre strade da tentare.
«Caspian, mi ascolti?» chiese Hermione in quel momento, facendolo sussultare.
«Perdonami, piccola. Stavo pensando alla lezione… Dicevi?»
«Nulla di importante… Ma sei sicuro di stare bene? Sei taciturno…»
Lui sollevò le loro mani intrecciate e baciò il dorso di quella di lei.
«Sto benissimo. Cos’è quella cosa che volevi mostrarmi?»
Lei sorrise, radiosa.
«Oh, giusto! È una cosa alla quale dovevo pensare subito… Chissà se riesco a mostrartela prima di Trasfigurazione!»
 
Ma non ce la fece: più la pancia cresceva, più i suoi movimenti rallentavano e Caspian non le avrebbe mai permesso di affrettarsi troppo.
Così, Hermione si recò a lezione e suo marito in Sala Professori, dove rimuginò per buona parte della mattinata sui fatti che lo inquietavano, da solo e poi con la McGranitt.
Anche lei non sapeva come risolvere il problema.
«Non sappiamo neppure se sono fatti collegati tra loro!» fece lei, servendosi un thè molto scuro a metà mattina «Potrebbero esserci persone diverse dietro»
Caspian scosse il capo, meditabondo.
«Sono tutti fatti che hanno colpito persone della cerchia di Hermione…»
«Che è la cerchia di Harry» commentò secca la Preside «Il Ragazzo Che È Sopravvissuto»
«Lei pensa si tratti di una vendetta?»
«Non so cosa pensare, ma… Naturalmente tu ti preoccupi soprattutto di Hermione, ma io c’ero alla fine della Prima Guerra Magica: c’erano ancora spie e Mangiamorte, nascosti tra i Maghi… e fecero molti danni. E se ora cercassero il Prescelto?»
«Ma come potrebbero pensare di cavarsela, ormai?» obiettò lui «Voldemort è morto»
Lei annuì, ma disse:
«Sai, i mitomani sono sempre pericolosi. Povera me, è tardi, devo andare! Tu hai lezione?»
Lui annuì, raccogliendo i suoi libri.
«Arrivederci, Preside» la salutò.
«Arrivederci. E non fare sconti sulle verifiche in classe, Caspian… Sì, me ne sono accorta! Di nuovo! Buona giornata!»
La McGranitt uscì dall’aula a grandi passi, lasciando Caspian a fissare sconsolato la sua schiena.
 
*
 
Dovette attendere il pranzo per vedere Hermione.
 
A sorpresa, sua moglie non lo condusse in Sala Grande, ma imboccò lo scalone che portava ai piani superiori.
«Dove andiamo?» chiese lui, perplesso «Non hai fame?»
«Tra un attimo… Devo prima mostrarti questa cosa! Ah, ma perché non ci ho pensato prima? Sono proprio distratta ultimamente!»
Gli lanciò uno sguardo seducente da sotto le ciglia, che diceva chiaramente che cosa la distraesse, e lui rispose con una risatina.
La mano stretta in quella di lei, Caspian si lasciò condurre in un buio corridoio del quarto piano, dove Hermione si avvicinò a una grande tela.
 
Caspian era affascinato dai quadri di Hogwarts: quando aveva scoperto che i loro personaggi si muovevano e parlavano era rimasto senza parole e spesso trascorreva parte del suo tempo libero parlando con i vari occupanti delle tele.
Ma quel quadro era diverso.
 
«Cair Paravel!» esclamò lui, improvvisamente senza fiato.
Si avvicinò alla tela in due falcate e posò una mano sulla superficie, come se desiderasse attraversarla.
Hermione gli si avvicinò e gli passò le braccia attorno alla vita.
«Questo è il quadro di cui ti avevo parlato, ricordi? La prima volta ti vidi ritratto qui… con Lilliandil»
Lui fece una smorfia.
«Ma questo quadro è immobile!»
«Sì, sembra un dipinto babbano… Eppure, quando tornai a Hogwarts dopo la sconfitta di Jadis, il quadro era cambiato: c’eri tu, da solo. Era il ritratto di un re conquistatore»
Caspian sospirò e posò le mani su quelle di Hermione.
«E adesso…»
 
Il quadro raffigurava Cair Paravel, ma il castello, che si stagliava maestoso contro un cielo plumbeo, sembrava disabitato.
Non c’erano bandiere ad ornare le torri, né uomini a presidiarle.
La grande corte era deserta e nessuna figura si scorgeva alle finestre o sui camminamenti.
«Che significa?» bisbigliò lui «Cosa sta succedendo a Narnia?»
 
Hermione lo strinse più forte.
Per quanto desiderasse rassicurarlo con tutta se stessa, non poteva rispondere a quella domanda.
 
*
 
Caspian trascorse il pomeriggio a parlare con il ritratto di Lucy.
 
Vedendolo arrivare scuro in viso, Lucy aveva immaginato che la conversazione avrebbe riguardato Narnia.
E non sbagliava.
La più giovane dei Pevensie conosceva bene il re e sapeva quanto il suo senso del dovere fosse spiccato.
Malgrado la preoccupazione per Narnia che condivideva assolutamente, era felice di vedere il sovrano mettersi alla prova in un mondo nuovo, lontano dai privilegi che Narnia gli aveva assegnato, ma anche dai suoi doveri asfissianti.
Lucy conosceva lo spirito avventuroso di Caspian e sapeva che, dietro quel giovane serio e posato, c’era un ragazzo innamorato della vita e dell’avventura… peccato che il trono avesse un prezzo da pagare, in termini di responsabilità.
Quando aveva scoperto che Caspian si era innamorato di Hermione, Lucy era stata doppiamente felice: primo perché il re si era finalmente lasciato alle spalle il passato (la piccola Pevensie non aveva mai del tutto perdonato alla sorella le sofferenze che gli aveva causato), secondo perché lei aveva troppo carattere e intelligenza per permettere al marito di venire soffocato dal suo stesso ruolo.
Però, pur felice di vedere Caspian sposato e alle prese con degli amici e una vita nuova, Lucy aveva nel cuore Narnia, esattamente come il sovrano.
Ora, osservando il viso tirato di lui mentre la salutava, volutamente lei lo accolse battendo le mani:
«Allora, mio Re!» esclamò «Come sta il piccolo Delfino di Narnia?»
Lui sorrise.
«Bene, grazie. Almeno… Hermione si sente meglio, anche se la sua pancia inizia ad essere di dimensioni notevoli»
Gli occhi di Lucy, seppure dipinti sulla tela, parvero sfavillare.
«Oh, non sai cosa darei per uscire da questo quadro e venire a fare due passi con voi! Hermione sta bene? Si riguarda? E tu, sei emozionato? Nervoso? Euforico?»
Malgrado la preoccupazione, Caspian ridacchiò.
«Tutte e tre le cose, Lu» rispose «E altre mille, davvero! Diventare padre è davvero qualcosa di unico… è l’avventura più grande che io abbia mai affrontato!»
Lei annuì, ben sapendo quanto il re era legato al ricordo del padre.
«Sarai un bravissimo papà» lo incoraggiò «Ne sono certa!»
Lui accostò una sedia alla parete e vi si lasciò cadere, passandosi una mano tra i capelli.
«Lo spero. Spero di essere all’altezza…»
«Oh, Caspian» sbuffò lei «Ma certo che sarai all’altezza, smettila di angosciarti! Come fa quella povera donna di tua moglie a sopportarti?»
Lui rise.
«Non ne ho idea… Ma sono molto fortunato!»
«Anche lei è fortunata, per cui smettila di preoccuparti, va bene?»
Caspian sorrise alla sua più vecchia amica.
«Agli ordini, Maestà»
«Ecco, visto che sono anche più vecchia di te farai bene a darmi retta!» fece lei, fintamente seccata «Piuttosto, raccontami le novità! Perché hai quel muso lungo?»
 
Quando l’intera storia venne fuori anche Lucy Pevensie aveva il muso lungo e la faccia scura.
«Ma cosa…cosa dovrebbe significare tutto questo?» chiese, sconvolta «È un attacco contro Hermione? Contro Narnia? O in questo mondo la guerra continua?»
Lui si passò una mano sugli occhi.
«Non ne ho idea… E sto impazzendo. Sono terrorizzato che possa succedere qualcosa a Hermione… Lu, io cosa posso fare contro questa magia? Cosa posso fare contro dei maghi?»
Lei scosse il capo.
«Caspian, è vero che l’idea è impari… Ma ascolta: tu non sei solo. Hai degli amici qui, che vogliono bene a te e a tua moglie. E con loro siete al sicuro, io ne sono certa!»
Lui sembrava dubbioso, per cui Lucy aggiunse:
«Caspian, se tu ti senti impotente, immagina come devo sentirmi io, che sono solo… un quadro! Non è che l’incantesimo che mi ha trasportata qui mi ha tolto i sentimenti, sai? Tengo a te, a Narnia, a Hermione… e cosa posso fare? Non posso nemmeno andarmene in giro, se non nei quadri del castello!»
Il re si sentì come se la sua vecchia amica lo avesse preso a schiaffi.
«Lu, scusami, io… Io non volevo… tu non sei solo un quadro!»
«Ma nei fatti sì, lo sono» rispose lei «E non sai quanto è difficile… Ma ho comunque fiducia! In Aslan, prima di tutto!»
Fu una seconda stilettata, per il sovrano.
Lui credeva in Aslan, ma la sua fede gli sembrava sempre meno forte e limpida di quella di Lucy o di Hermione.
E dire che era Aslan ad averlo fatto re…
Perso in quei cupi pensieri, Caspian fece un salto quando una mano gentile si posò sulla sua spalla.
«Ehi» fece Hermione, stupita «Ti ho spaventato?»
«No, scusa, è che stavo…riflettendo»
Gettò un’occhiata a Lucy, la quale gli sorrise in risposta, come a volerlo scusare.
«Ciao Hermione!» esclamò lei «Come stai?»
«Benissimo, grazie»
Caspian avvicinò una sedia per la moglie e lei controllò che non ci fossero in giro studenti ad ascoltarli, ma quell’angolo era tranquillo.
«In realtà sono venuta perché ho avuto un’idea» disse Hermione, sedendosi «Che ne direste di provare a parlare con i Centauri? La loro magia è antica ed esistono Centauri anche a Narnia… Forse potrebbero darci delle risposte»
«Perché no?» fece Caspian, riflettendo «Potrebbe essere un’idea!»
«Visto, ad avere fiducia?» sorrise Lucy «E il Ministero? Ha qualche idea?»
«Dobbiamo parlarne con la McGranitt: se Kingsley ha novità gliele avrà comunicate»
«Comunque quella dei Centauri è una buona idea» disse Lucy, sempre positiva «La loro saggezza è grande»
 
*
 
La loro saggezza è grande… Ma anche la loro irascibilità, pensava Hermione, mentre si addentrava con Caspian nella foresta.
Come se avesse percepito la sua tensione, il marito le accarezzò dolcemente una mano.
«Non preoccuparti» le mormorò «Mi hai detto che nell’ultima battaglia contro Voldemort i Centauri sono accorsi in vostro aiuto»
«Sì» rispose lei, meditabonda «Malgrado questo, però, sono molto restii a condividere il proprio sapere con gli uomini»
«Bè, fare un tentativo non guasta, a mio giudizio»
Lei, sapendo quanto per il marito fosse importante cercare un contatto con il suo mondo, annuì.
 
Camminarono in silenzio, addentrandosi nella foresta: i folti rami filtravano sempre meno la luce del sole, lasciando nella coppia la strana, anomala sensazione di fare una passeggiata nella notte, mentre un attimo prima era giorno.
La vegetazione si fece più fitta e selvaggia, i tronchi nodosi si avviluppavano in spire a tratti nascoste nel terreno.
Caspian stava aiutando la moglie a scavalcare un ramo che spuntava, insidioso, dall’erba e disse:
«Sei stanca? Vogliamo tornare indietro?»
Hermione non fece in tempo a rispondere, che si udì una voce possente dire:
«Mi sembra un’ottima idea!»
I due alzarono il capo, ed eccoli.
Busti di uomini, con i volti fieri e i capelli intrecciati con corone di foglie e bacche, si ergevano su zampe di animali, possenti e scalpitanti.
Caspian strinse la mano a Hermione e raddrizzò le spalle.
 
Otto Centauri avanzarono lentamente verso la coppia, che rimase immobile.


***
Buongiorno, miei diletti lettori!
Spero che nessuno di voi sia colpito da queste alluvioni e inondazioni tremende!
Milano è nel caos, ma ci sono zone messe molto peggio! Spero stiate tutti bene!!
Per venire a questioni più frivole, vi segnalo che ho iniziato una nuova storia, che si chiama "Ragione e sentimento. E di quello che accade quando prevale la prima".
E' un crossover Harry Potter/Ben Barnes ed è il seguito di una mia precedente storia, che ho molto amato e che si chiama "Orgoglio e pregiudizio. Ma soprattutto il secondo".
Se volete leggerla mi farete felice!
Ecco la storia: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2908749
Ed ecco il prequel, se vi interessa: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1142418&i=1
Per il resto, sapete dove trovarmi:
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Buona giornata e buon inizio settimana!
Joy
 
 

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Capitolo 31
*** La profezia dei Centauri ***


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Hermione gli aveva spiegato che i Centauri, nella foresta di Hogwarts, erano ben diversi da quelli di Narnia e, in effetti, i visi che si vedeva davanti non avevano espressioni particolarmente amichevoli.
 
Caspian spostò lo sguardo sugli otto Centauri, lentamente.
Loro avanzavano, fissandoli.
Non si poteva dire che avessero uno sguardo minaccioso, ma certo sui loro volti non si vedevano sorrisi di benvenuto.
Quando ebbero quasi stretto un cerchio attorno ai due umani, i Centauri si fermarono.
Hermione stringeva la mano del marito, ma aveva represso l’impulso a cercare la bacchetta.
Sapeva che sarebbe stato considerato un gesto ostile.
Anche se, doveva ammettere, da parte delle creature magiche non sembrava esserci altrettanta disponibilità.
Hermione strinse più forte la mano di Caspian e lanciò una rapida occhiata attorno a sé.
Le vie di fuga non erano molte.
«Non aver paura di noi, strega» le disse un Centauro dal pelo scuro «Non vogliamo attaccarvi… Per ora, almeno»
Non erano parole esattamente rassicuranti, ma Hermione sollevò il capo.
«Non ho paura» rispose, con la voce ferma «Non abbiamo intenzioni ostili. Siamo solo venuti a chiedervi un favore»
I Centauri sembrarono subito più minacciosi.
«Noi non facciamo favori agli umani!» scattò uno di loro.
«Non è vero» lo contraddisse lei, pacata «Avete combattuto al nostro fianco, contro Voldemort. E so che quel caso è stato eccezionale, ma ha dimostrato che possiamo stare gli uni al fianco degli altri. Noi non siamo vostri nemici»
Le code dei Centauri si agitavano, nervose.
«Ragazza umana, tu e questo giovane avete unito due mondi molto diversi. E ora tu ne porti in grembo il frutto. Noi non vogliamo essere coinvolti nelle vostre storie»
«Vorremmo solo riferirci alla vostra saggezza e…»
«Noi non siamo come il traditore Fiorenzo, a disposizione per voi!»
 
«E questo devi sempre rimarcarlo, vero, Magorian?»
Una nuova voce giunse chiara dal folto degli alberi e Hermione sospirò di sollievo.
Un Centauro più giovane, dalla chioma di un biondo cinereo, emerse dalla foresta oscura.
Si avvicinò al gruppo e sorrise alla coppia.
«Hermione e Caspian!» esclamò, come se fossero a un thè in società «Quale sorpresa!»
Caspian gli sorrise.
«Ciao, Fiorenzo. È bello vederti»
Fiorenzo insegnava ancora Divinazione a Hogwarts e gli altri Cenaturi – a giudicare dai loro sbuffi - lo consideravano ancora, nonostante tutto, un traditore.
Caspian, invece, lo stimava molto: lo aveva incontrato a scuola e, sebbene il Centauro fosse sempre cortese senza però concedere eccessiva confidenza, si era fermato qualche volta a parlare con lui e il re era affascinato dal suo sapere.
«Amico degli umani!» borbottò ora un altro dei Centauri.
Fiorenzo scosse le spalle.
«Io non sono nemico degli umani, di certo» rispose «E loro mi hanno accolto e mi rispettano, anche se voi non lo fate»
Gli zoccoli di Magorian rasparono il terreno, minacciosamente.
«Tu, che metti le nostre conoscenze antiche al servizio…»
«Io spero di metterle al servizio di quello che è giusto» lo interruppe la bionda creatura «E tu, Magorian? Hai visto anche tu quel male arrivare?»
Caspian e Hermione si scambiarono un’occhiata veloce.
«Quale male?» chiese lei.
«È transitorio» ribatté Magorian, ignorandola.
«Non puoi saperlo» ribatté l’altro «Una porta è stata ormai aperta. E laddove c’è una porta, c’è un passaggio»
«Solo un caso» ringhiò l’altro «Lo giudichiamo un caso! I pianeti…»
«Questi non sono i pianeti giusti» replicò Fiorenzo «Caspian è arrivato qui ma i nostri pianeti non conoscono la sua storia»
«La sua storia è una storia di guerra!»
«La sua storia è anche una storia di pace. I nostri fratelli, a Narnia, combattono per lui»
Magorian sbuffò, collerico.
«Questa è solo una voce! Non voglio credere che i nostri fratelli siano dei cavalli ammaestrati al servizio di un uomo mortale!»
Caspian fece un passo avanti.
«Non ti permetto di chiamarli così» disse, con tono fermo «Il popolo dei Centauri ha appoggiato la mia battaglia contro Miraz quando ero solo un ragazzo indifeso. Si nascondevano, assieme agli antichi abitanti di Narnia, ma non hanno esitato a farsi avanti per aiutarmi e le loro spade si sono levate per prime in mia difesa. Non sono al mio servizio. Nessuna creatura di Narnia lo è, né io mai lo permetterei. O lo vorrei. E non consento a nessuno di insinuare una cosa del genere. La legge di Aslan governa Narnia ed è in nome di quella legge che io siedo sul trono. Mai, mai verrò meno ai comandamenti di Aslan insultando una delle sue creature e considerandola una mia proprietà! Non è questo che significa essere re»
 
Hermione strinse la mano di Caspian in segno di avvertimento, vedendo Magorian scuotere la chioma in segno di furia.
Il re, però, non si mosse e rimase a fronteggiare l’altro a testa alta.
«Dici così» tuonò il Centauro «Ma solo perché speri di non incorrere nella nostra ira! Dici così, ma li tieni al tuo servizio!»
«No» replicò l’altro «Loro non servono me. Servono Aslan, come faccio anche io. E ti garantisco che nessuno – nessuno – a Narnia sarebbe mai costretto dal grande Aslan a servirlo, in caso non voglia farlo. È una nostra libera scelta. Tu, invece, che parli di libertà e fierezza, in nome di chi le professi?»
Hermione sgranò gli occhi vedendo il Centauro alzarsi su due zampe, furibondo.
«In nome di nessuno!» urlò «Io sono libero!»
«E così sono io» rispose Caspian, senza muovere un passo «E così sono i tuoi fratelli. La dedizione ad Aslan non è schiavitù: è la nostra libertà. Lui non ci ha costretti: siamo noi che vogliamo servirlo. Perché Aslan è amore, vita, bontà. Aslan ci ha dato Narnia e in nome suo noi la difendiamo»
Magorian era ancora furioso, ma Fiorenzo annuì.
Un altro dei Centauri – che Hermione era abbastanza sicura si chiamasse Conan – si fece improvvisamente avanti.
«Dici che i nostri fratelli servono Aslan per loro volontà» disse a Caspian «Ma loro obbediscono ai tuoi ordini»
«Io comando un esercito» rispose il re «E in quel caso mi obbediscono, ma lo fanno perché loro stessi sanno che, senza unità e disciplina, non può esserci forza. La loro forza, seppure antica e poderosa, vale mille volte di più quando è unita alle nostre braccia umane, seppure deboli. O all’acume dei tassi, che però sono lenti e disarmati, o ai Fauni, che però amano più la gioia che la guerra. O ai nani, tenaci ma piccoli. Loro non disprezzano nessuna delle creature di Aslan e, anzi, morirebbero per difenderle: anche le più piccole, anche quelle che a voi sembrerebbero insignificanti. Noi non diamo alla vita valori diversi. E così, allo stesso modo, per volere di Aslan io governo Narnia, ma lo faccio per i suoi abitanti, non certo per me! È il loro bene, la loro felicità che io perseguo!»
Conan raspò la terra con uno zoccolo.
«Tu parli bene, giovane uomo» rispose «Ma la storia è piena di esempi di uomini che hanno deviato dal giusto cammino»
«Hai ragione» concordò Caspian «Ne ho avuto prova nella mia stessa vita. Ma per questo noi lottiamo insieme, per questo essere uniti è per noi forza e vanto: contro chi vuole usurparci, contro chi non ci riconosce la dignità di tutte le creature viventi. Non solo dei valorosi Centauri, ma di tutti. Se ognuno badasse solo alla sua gente non saremmo un popolo, ma delle tribù isolate. Io non pretendo certo di insegnarvi come vivere, ma posso portarvi il nostro esempio: il grande valore e la saggezza antica dei Centauri sono preziosi, a Narnia»
«Ma se i Centauri condividono la loro saggezza con voi umani allora… cosa resta loro?» intervenne un terzo Centauro.
«Resta?» Caspian era sinceramente perplesso «Ma condividere la sapienza non significa sminuirla o depauperarla! A cosa serve essere saggi, se non si usa la conoscenza per aiutare gli altri? Se proteggere le vostre tradizioni vi isola dal mondo, se fa di questa Foresta la vostra prigione… Allora è utile, vi chiedo, la saggezza?»
 
I Centauri sembravano sbalorditi.
«Ma cosa… Cosa stai dicendo?» Conan sembrava senza parole «Noi Centauri siamo depositari di una grande saggezza e…»
«Sì, lo so» rispose il Re «Ma la saggezza non basta possederla, o è un sapere sterile. Contro Voldemort avete lottato, giusto? Perché non basta sapere che il male c’è ed è in agguato, occorre anche decidere da che parte stare. E la vostra forza, unita a quella dei Maghi e degli Elfi e degli abitanti di Hogwarts non è valsa la vittoria?»
«È stato un caso» fece Magorian «Un caso senza precedenti»
«Ma perché? Perché volete isolarvi qui dentro? Già la Magia deve restare nascosta ai Babbani: perché volete crearvi una prigione?»
Lo sguardo di Caspian saettò verso Fiorenzo ed era chiaro il suo pensiero: Fiorenzo si era integrato – per quanto possibile e con secoli di pregiudizi alle spalle – con i maghi.
Ma Fiorenzo scosse il capo.
«La tua è una giusta osservazione, Re di Narnia, ma il popolo dei Centauri non può vivere completamente integrato con quello dei Maghi. Secoli di tradizione lo dimostrano»
«Se non si cambia mai strada, non si può sapere» obiettò il sovrano «E io sono qui a dirvi che la convivenza può essere non solo possibile, ma anche prolifica e piacevole»
Il biondo Centauro chinò il capo.
«Tu disegni uno scenario strano ma affascinante… Posso solo dire che vorrei conoscere i nostri fratelli che vivono a Narnia»
A quelle parole gli altri Centauri parvero ammorbidirsi.
Conan si rivolse al Re:
«Hai conosciuto Aslan, giovane uomo?»
Caspian sorrise:
«Sì. E lo ha conosciuto anche Hermione»
Dolcemente, la trasse accanto a sé e lei registrò il riluttante rispetto che gli sguardi dei Centauri riflettevano adesso.
Un altro Centauro, Cassandro, domandò in tono quasi timido:
«E… è davvero un enorme Leone?»
Hermione avvertì la tenera stretta delle dita di Caspian e capì il suo invito a parlare, quindi disse:
«Sì… le sue dimensioni sono a dir poco maestose, ma è incredibile come, pur essendo enorme, non incute paura ai suoi fedeli: solo una grande ammirazione e un grandissimo stupore»
I Centauri si scambiarono sguardi che sembravano emozionati; persino Magorian sembrava nascondere a fatica la curiosità.
«E… Ti ha parlato?»
Hermione annuì.
«Aslan ha salvato Caspian e me da Jadis, la Strega Bianca… E Silente sapeva di Lui, quando è venuto a cercarmi a Narnia»
Altri sguardi attoniti dai Centauri.
«Voi… conoscete Aslan?» domandò Hermione.
Fiorenzo le sorrise.
«Grande è il nome di Aslan sulla terra, bambina mia… Persino in questa terra!»
«Ma… se Narnia è considerata quasi una leggenda!»
«Questo accade per la vostra cultura, Hermione. Ma i Centauri conoscono altri mondi e sanno leggere le stelle… e il nome di Aslan è dipinto nel firmamento, a monumento imperituro»
Caspian e Hermione si scambiarono un’occhiata.
«Aslan disse che poteva osservarmi, quando sono tornata qui» fece lei, meditabonda.
«È vero» Caspian le rivolse un sorriso triste «Lo sento più vicino… Grazie per averci spiegato questo»
I Centauri si scambiarono sguardi indecifrabili.
«Cosa volevi sapere da noi, Caspian?» chiese Fiorenzo.
Magorian sbuffò, ma gli altri Centauri rimasero in silenzio.
«Volevo sapere se avete un legame con i Centauri del mio mondo… e confesso di aver sperato che le vostre sterminate conoscenze potessero aiutarmi a ritrovare la strada»
 
Il silenzio accolse le sue parole.
I Centauri sembravano interrogarsi con gli occhi: persino Fiorenzo non veniva escluso.
Poi, improvvisamente, Cassandro si levò sulle zampe possenti e, quando ricadde al suolo disse:
«Ascolta allora queste nostre parole, Re di Narnia, tu che sei venuto a chiedere lumi alla saggezza antica dei Centauri. Per rispetto ad Aslan, il Creatore, noi ti riveleremo la lettura di segni che occhi mortali non colsero»
«La volta celeste è stata attraversata da una luce abbagliante» intervenne Conan «Una luce che ha abbagliato i Centauri stessi e che ti ha portato qui»
«Che luce…» iniziò Caspian, ma Conan lo interruppe:
«Ma attento: le tenebre, che tutto inghiottono, hanno seguito la Luce e il loro freddo ha spazzato questa Foresta. Guardatevi dall’ombra, giovani sovrani: essa allunga i suoi tentacoli vero di voi, perché l’ombra vuole soffocare la luce e i suoi raggi. E l’ombra è grande, sempre più grande»
«Questi presagi sono di difficile lettura anche per noi» intervenne Fiorenzo «Ma sta arrivando il tempo di un ratto, di una frattura e di un riscatto. E, se Aslan presta ascolto alle vostre suppliche, allora è tempo di chiamarlo, perché la guerra incombe su di voi»
Hermione e Caspian si scambiarono un’occhiata.
«La guerra… a Narnia? O a Hogwarts?»
Fiorenzo scosse il capo.
«La porta è stata aperta. Il passaggio può diventare un sentiero»
«Cosa significa? Vi prego, aiutateci!»
Ma la preghiera di Hermione non suscitò apparente emozione nei Centauri: essi scossero le chiome e si voltarono, allontanandosi nella Foresta.
«No!» esclamò Caspian «Vi prego, aiutateci a capire!»
Ma i Centauri si allontanarono in silenzio.
Fiorenzo, rimasto indietro, scosse il capo.
«Vi hanno aiutato, giovani sovrani. Ricordate che la nostra lettura degli astri è ben diversa dalla vostra, come la nostra visione del corso delle cose. Sappiate solo questo: la porta è stata aperta. Prestate attenzione»
Detto questo, si allontanò in una direzione diversa da quella presa dal branco.
Hermione e Caspian rimasero a osservare la figura del Centauro esiliato finché non scomparve nel buio.
 
*
 
La visita nella Foresta aveva sollevato più dubbi che mai.
 
La sensazione di essere stati sul punto di sfiorare qualche indizio e di averlo poi perso faceva infuriare Hermione.
Caspian era altrettanto nervoso, ma per il bene della moglie cercava di mostrarsi più calmo.
Lei si seppellì in biblioteca, alla ricerca di nozioni sui Centauri e sulla loro arte divinatoria. Non ottenendo risultati apprezzabili, si diede a inseguire Fiorenzo nei corridoi, cercando risposte.
Il Centauro pareva divertito dai tentativi di lei, ma rimase inflessibilmente fermo sulle sue posizioni e, alla fine, Hermione dovette rinunciare, visto l’interesse morboso che suscitava nei compagni di scuola che la osservavano sbalorditi mentre inseguiva un docente.
Furiosa, Hermione dovette gettare la spugna.
Ad acuire la sua frustrazione, qualche giorno dopo, contribuì involontariamente la McGranitt, che convocò nel suo studio la coppia e i loro amici per informarli dell’esito delle ricerche dell’Ufficio Misteri:
«Con grande disappunto devo dirvi che il Ministero non sa che gufi prendere con questa storia della Passaporta per Narnia» fece la Preside, con il suo consueto tono sbrigativo «Come sapete, le Passaporte sono oggetti che, grazie a un Incantesimo molto potente, hanno la capacità di trasportare una o più persone nello spazio. Il problema è che Narnia non è nello spazio terrestre, per farla breve. Gli Indicibili non sanno come creare un collegamento con un altro mondo… e se devo dirvela tutta, anche io lo ritengo impossibile»
Un pesante silenzio accolse quelle parole.
Hermione strinse la mano di Caspian, che sedeva accanto a lei, pallido e demoralizzato.
«Ma quindi… Cosa possiamo fare?» chiese Ginny.
Minerva McGranitt gettò uno sguardo alla coppia di sposi e poi scosse il capo.
«Mi spiace ammetterlo, ma non ne ho idea. La Stanza delle Necessità è bloccata, ho chiesto anche agli Elfi Domestici di provare ad entrarci, ma nulla: non riescono neppure loro. Inoltre, sembrano spaventati da quel corridoio… Anche se ammetto di capirli: mi infastidisce il pensiero che un’ala della mia scuola si è improvvisamente sigillata, senza una ragione!»
«La ragione è forse l’incendio appiccato da Tiger e Goyle… no?» obiettò Ron.
«Forse» la Preside storse il naso «Ma la Magia di quella Stanza è grande… e dove c’è un grande potere le regole possono sfuggirci. E l’Armadio, che è l’unico portale certo per Narnia, purtroppo era lì dentro durante l’incendio… Quindi quella strada è da escludere. Ho parlato con Lucy Pevensie e anche lei mi ha raccontato che a Narnia si viene chiamati, non si va e basta… Quindi, in conclusione, non so che dire»
«Noi abbiamo chiesto aiuto ai Centauri, ma non è servito a molto» intervenne Hermione «Continuavano a parlare di porte aperte, ma non ci hanno detto dove stanno queste porte»
«Forse era una metafora!» intervenne Ron, guadagnandosi un’occhiataccia.
«Oh, grazie, genio… Ma una metafora di cosa?!»
Ron stava per risponderle per le rime, ma la McGranitt si affrettò a sedare la lite sul nascere:
«Mi dispiace molto di essere stata latrice di cattive notizie. Ora, però, sono costretta a ricordarvi che dovete andare a studiare perché domani interrogo in Trasfigurazione»
Ricevette in risposta occhiate disgustate, ma le ignorò volutamente.
«Sciò, andate!» fece, secca «E non girovagate per i corridoi!»
 
Il gruppetto si avviò verso la Sala Grande, mestamente.
«Bè…Altre idee?» fece Ron «Come possiamo arrivarci, a Narnia?»
«Arrivarci?» Hermione gli lanciò un’occhiata scettica.
«Per forza» spiegò lui, come se lei fosse ritardata «Tu e Caspian volete tornare e affrontare da soli un esercito immortale, giusto? Bè, noi veniamo con voi… Mi pare ovvio!»
«Grazie, Ron, ma non possiamo permettervi di rischiare le vostre vite» rispose Caspian «Se anche riuscissimo a tornare a Narnia – cosa altamente improbabile, a questo punto – ci sarebbe il problema del vostro ritorno a casa. E se Lilliandil avesse distrutto tutto, ormai? E se… Se non esistesse più nulla? Voglio dire… a Narnia potrebbero essere trascorsi secoli, dalla mia partenza! Millenni!»
«E se non fosse un male?» intervenne Ginny «Se doveste solo aspettare qui che il tempo passi… E poi, quando sarete tornati, potrete ricostruire una nuova Narnia!»
Caspian scambiò con Hermione uno sguardo angosciato.
Sapeva che i Pevensie erano tornati a Narnia la seconda volta e avevano trovato le rovine del mondo che avevano conosciuto, ma a lui si gelava il sangue al pensiero di poter vivere la stessa esperienza.
Non trovare più i volti familiari della sua vita, casa sua… Gli era intollerabile.
Scosse il capo e disse:
«Scusate, non sono lucido. Vi prego di perdonarmi ma… Preferisco non parlarne»
Hermione gli strinse la mano e lanciò un’occhiata agli amici, che la guardavano dispiaciuti.
«Ne riparliamo domani, ok?» disse lei, cercando di sembrare rilassata «Buonanotte, intanto»
Gli altri li salutarono mestamente e li osservarono uscire nella notte.
 
*
 
A Hogsmeade, Hermione preparò una semplice cena che Caspian non mangiò neppure.
Lei non insistette, percependo l’umore burrascoso di lui.
Andarono a letto, sempre in silenzio.
Hermione spense le candele e si stese accanto al marito.
Lo abbracciò nel buio, limitandosi a stargli vicina.
Dopo un po’, il suo respiro si fece regolare e Caspian capì che si era addormentata.
Passò una mano leggera tra i capelli di lei e si voltò sul fianco, appoggiando poi il palmo sul ventre di lei.
Fu premiato dal calcio che il bambino sferrò dopo poco, all’improvviso.
Caspian si accoccolò meglio accanto al corpo caldo della moglie e chiuse gli occhi, lasciando che la vicinanza di lei lo calmasse.
Poi sentì una mano accarezzargli le costole.
Aprì gli occhi e, nella luce della luna, vide il sorriso pieno d’amore di lei.
«Mi dispiace tanto, Caspian» mormorò Hermione.
Lui annuì e affondò il viso nei suoi capelli.
Sotto la sua mano, il bambino tirò un altro calcio.
 
Caspian scivolò nel sonno riflettendo su come, quando sentiva – una volta di più - di aver perso la strada, ormai fosse Hermione il suo punto di riferimento.



***
Buongiorno!
Come è iniziata la vostra settimana?
La vostra Joy torna agli aggiornamenti regolari: lunedì le Cronache e venerdì l'altro crossover su Harry Potter/Ben Barnes, che si chiama "Ragione e sentimento" e che potete leggere qui, rendendomi molto felice :)
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Buona lettura e buon inizio settimana!
Joy

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Capitolo 32
*** L'Erede di Narnia ***


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Il giorno dopo, in Caspian non restava traccia apparente dell’angoscia per Narnia.

Hermione, però, lo conosceva bene e non si faceva illusioni: sapeva che suo marito era abituato a nascondere i suoi turbamenti e a ostentare un aspetto rilassato e sicuro di sé.
Del resto era un re e ai re non era permesso perdersi nell’autocommiserazione o mostrare al mondo altro che una maschera.
Lei lo capiva, ma l’immagine del bambino solo e insicuro che lui era stato la tormentava.

Razionalmente, Hermione sapeva che Caspian, con lei, aveva imparato ad aprirsi e a condividere pensieri ed emozioni, ma anni di rigida educazione gravavano comunque sulle sue spalle.
Reprimendo l’impazienza, lei continuava a stargli vicino, ad ascoltarlo, a coinvolgerlo in ogni questione riguardante lei, il bambino, la casa, la loro routine.
Caspian era ricettivo come non mai agli stimoli provenienti dalla moglie: qualunque cosa Hermione gli avesse chiesto, lui l’avrebbe di certo fatta, per lei.
E le attenzioni della consorte, così premurosa e intelligente, potevano fargli solo del bene.
Caspian, comunque, non voleva gravare su Hermione anche parlandole delle sue preoccupazioni per Narnia, perché sapeva che al momento non c’erano soluzioni praticabili.
Per cui si stabilì nella coppia una tacita tregua: erano insieme, il resto si sarebbe visto con il tempo.


E il tempo stava cambiando.
Il gelo scese su Hogwarts al punto che i mantelli, le sciarpe e i cappelli non bastavano più agli studenti che dovevano attraversare i prati, diretti alle serre o alla capanna di Hagrid per le lezioni.
Hermione lavorò ai ferri indumenti di lana che suo marito fissava affascinato e che indossò appena furono pronti, ignorando le lamentele di Ron “sull’incapacità di Hermione di produrre qualcosa di minimamente decente da mettersi addosso”.
La signora Weasley inviò a Hogwarts una fornitura di maglioni, sciarpe e guanti meglio riusciti.
Dopo l’arrivo dei gufi della famiglia Weasley, sotto i mantelli del gruppetto di amici si intravvidero sprazzi di lana colorata: Harry ebbe un maglione rosso sui cui Molly aveva ricamato a lettere dorate le parole “Il Prescelto” (e che lui, pur grato, si affrettò a coprire mettendosi due sciarpe arrotolate); Ron uno con un Cacciatore di Quidditch; Ginny con un Boccino d’oro.
Il maglione di Hermione aveva ricamata la sagoma di un Elfo Domestico: lei rise fino alle lacrime e se lo infilò tutta contenta.
Caspian, invece, stette a rimirare il suo maglione blu con un grande leone stilizzato, quindi lo ripose con cura nell’armadio e mise una delle creazioni di Hermione, una di quelle particolarmente bitorzolute.
Lei scosse il capo, sorrise e lo ringraziò con un bacio, mentre gli annodava la sciarpa al collo cercando di nascondere il più possibile il suo esperimento di lana.


Gennaio, a Hogwarts, era mese di verifiche.
Gli studenti strinsero i denti, contro il freddo e contro il carico di lavoro assegnato loro.
Gli eroi della guerra magica iniziarono quasi a rimpiangere i mesi di esilio, travolti com’erano dalle verifiche.
Le interrogazioni della McGranitt e di Lumacorno seminavano il panico e ricominciò, tra gli studenti, il commerci di sedicenti pozioni per rafforzare la memoria e l’ingegno.
Hermione non aveva tempo di preoccuparsene e Ron lasciava molto correre, ora che l’amica non dormiva più alla Torre di Grifondoro.
Almeno, finché Dean Thomas non finì quasi avvelenato da una pozione misteriosa che gli avevano venduto due ignari Tassorosso.
Harry e Ron passarono una notte a chiedersi se il misterioso attentatore non avesse ripreso la sua opera malvagia, ma all’alba una seccatissima McGranitt (che era stata altrettanto sconvolta) li informò che Dean aveva ingurgitato una grossa razione di cacca di Doxie mescolata a siero di pruni selvatici.
Era abbastanza per stendere chiunque, altro che avvelenatore.
I due amici non fecero in tempo a tirare un sospiro di sollievo, che fu ora di andare a lezione.
Il test di Pozioni di quel giorno fu talmente difficile che Lumacorno vide uscire dall’aula una classe completamente demoralizzata.
Ron imprecò tutto il tempo, attribuendo la catastrofica prestazione alla mancanza di sonno.
Draco Malfoy, che di solito era un pozionista abile, fuse il suo calderone per la prima volta in sette anni e, gettata un’occhiata impaurita verso Harry, schizzò via correndo al suono della campanella.
Harry – che rimpiangeva come non mai la perdita del Principe Mezzosangue – ripulì con aria schifata il bancone e poi prese la borsa di Hermione, oltre che la sua.
Arrancando sotto il peso dei tomi che l’amica sentiva il bisogno di avere sempre con sé si diresse con gli altri alla porta.
Hermione stava sfogliando un quaderno.
«Propongo un ripasso di Incantesimi, visto che abbiamo un’ora buca» disse «Che ne dite?»
Ron bofonchiò infelice.
«Oh, dai, Ron» fece lei, ridendo «Invita Lavanda, se vuoi»
Lui le lanciò un’occhiata in tralice.
Risalite le scale, Hermione storse il naso.
«Scusate, ma devo andare di nuovo in bagno…» arrossì «Sto diventando una fontana incontinente!»
Ron sbirciò il pancione di lei, sempre con l’aria incredula che assumeva realizzando che Hermione stava per diventare madre.
«Ah, sì» fece, imbarazzato «Penso sia… ecco…normale…»
«Certo che è normale, Ron» sbuffò lei «Il bambino pesa sulla vescica… Per Morgana, ho diciotto anni, mica cento! Non sono veramente incontinente!»
«Bene, credo che anche Ginny abbia un’ora buca!» si inserì abilmente Harry, sviando la lite imminente «Io e Ron passiamo a chiamarla e ci si vede in biblioteca, che dici?»
Hermione annuì e si diresse verso i bagni, con andatura lenta.
Ron scosse la testa.
«Che roba» bisbigliò «Ci pensi mai che lei sta… che sta per…»
Harry annuì.
«Fa troppo strano! Senti, ma come va con Lavanda?»
Ron sembrò improvvisamente compiaciuto.
«Oh, bene, sai?» rispose «Io voglio andarci con calma, ma devo dire… Insomma, va bene, dai…»

Chiacchierando, si incamminarono verso la biblioteca e intercettarono Ginny che usciva da lezione di Aritmanzia.
Lei si unì a loro più che volentieri.
In biblioteca, scorsero Caspian che parlava con il quadro di Lucy, per cui il gruppo si diresse verso l’angolo appartato della Regina Valorosa.
Dopo un attimo di esitazione, Ron si allontanò per salutare Lavanda.
Cinque minuti dopo, si avvicinarono insieme e si sedettero al tavolo: Lavanda era radiosa, Ginny corrucciata.
Harry ammonì la fidanzata con un’occhiata significativa.
Lavanda era ancora imbarazzata in presenza di Caspian e ci mise un po’ a sentirsi a suo agio.
La conversazione gravitava sul tempo: la neve aveva iniziato a cadere quella mattina, ammantando il parco con i suoi fiocchi candidi.
Con il passare delle ore, un manto bianco aveva cristallizzato la foresta e il castello, regalando al paesaggio quell’atmosfera fatata e insonorizzata tipica della neve.
Caspian stava guardando dalla finestra la neve cadere vorticosamente e il paesaggio estendersi, bianco e immobile, fino ai limiti dello sguardo, quando sentì una voce divertita:
«Nessuna nevicata, per quanto abbondante, potrà mai rivaleggiare con le nevi di Narnia!»
 Lui si voltò a sorridere a Lucy, che dalla tela fissava il cielo lattiginoso.
«È vero» concordò «Stavo proprio pensando a questo… E a quanto vorrei mostrare quelle nevi a Hermione!»
«Bè, riscaldarsi con fuochi magici e gustare la cioccolata degli Elfi non mi sembra male» scherzò l’amica «e poi devi farti mostrare i giochi che, sulla Terra, si fanno quando nevica… Così potrai insegnarli a tuo figlio, quando tornerete a casa»
Caspian le sorrise e fece per aggiungere qualcosa, quando un movimento attirò la sua attenzione.

Un secondo dopo era già balzato lontano dalla finestra e correva verso una pallidissima Hermione, che gli tese le braccia in un silenzioso gesto implorante.
Lui l’aveva presa tra le braccia prima ancora che gli amici si rendessero conto di cosa stava accadendo.
Con un gemito, Hermione si appoggiò pesantemente contro il marito, che la strinse forte.
«Hermione!» fece lui, spaventato, facendo voltare molte teste curiose.
Harry e Ron rovesciarono le loro sedie nella fretta di avvicinarsi.
Ginny non aveva fatto in tempo a spingere bruscamente di lato Lavanda che Madama Pince era già piombata sul gruppo rumoroso, urlando:
«Nessuno deve fare baccano in biblioteca!»
Le urla di rimando di Harry e Ron la sconcertarono: mai, mai negli anni qualche studente aveva osato gridarle addosso.
Caspian, chino sulla moglie, cercava freneticamente di capire cosa le fosse successo.
Lei tremava e stringeva forte tra le mani un lembo del mantello di lui.
Il re la sollevò tra le braccia, zittendo la bibliotecaria che in quell’istante si rese conto del problema.
Tra le braccia del marito, Hermione era pallidissima.
Ginny, Harry e Ron si affrettarono a correre dietro a Caspian; Lavanda fu richiamata indietro dalle urla di Lucy e staccò il quadro della Valorosa dal muro, prima di trotterellare dietro al gruppetto.
Appena Caspian fu sfrecciato fuori dalla biblioteca, esplose il caos: gli studenti si alzarono dalle sedie per vedere meglio, si interrogarono ad alta voce su quanto avevano appena visto, fecero partire le prime scommesse.
Cosa era successo a Hermione Granger?
Madama Pince, che urlava come una Banshee, fu per la prima volta nella storia di Hogwarts serenamente ignorata da tutti.

*

Caspian aveva fatto la strada verso l’infermeria praticamente di corsa, con la moglie tra le braccia.

Lei gemeva, stretta a lui.
Quando avevano fatto irruzione dalla porta, a Madama Chips erano cadute di mano le boccette che stava etichettando con cura.
«Per tutte le Pozioni avariate… che cosa…Hermione!» aveva gridato.
Appena Caspian aveva posato delicatamente la moglie su uno dei letti candidi, il problema era subito apparso chiaro: Hermione perdeva sangue.
La veste da strega scura era bagnata di sangue e, nel tragitto, anche gli abiti di Caspian si erano macchiati.
Mentre il viso della giovane strega si contraeva per il dolore, il marito le si inginocchiò accanto e le prese una mano.
«Hermione, cosa succede?» le chiese Caspian, terrorizzato «Cosa ti è successo? Chi è stato?»
Lei ansimò, stringendogli la mano, ma fu Madama Chips a rispondere:
«Non è stata ferita, Caspian. È il bambino»
In quel momento fecero irruzione Harry, Ron e Ginny, seguiti da Lavanda che teneva tra le braccia il quadro di Lucy.
«Hermione!» gridò Ginny «Cosa succede? Stai bene?»
«Silenzio, silenzio!» urlò la Chips «Hermione ha bisogno di calma, adesso, quindi per favore uscite e…»
«Ma che succede?» la interruppe Harry, osservando angosciato l’amica «Non può mica… Voglio dire… è troppo presto per…»
«Non siamo certo noi a decidere quando è il momento, signor Potter» fece l’infermiera, burbera «Ora, fuori di qui. Tutti!»
«Ma noi vogliamo stare con lei!» si oppose Ginny, agitata.
«Niente da fare! Fuori!»

In quel momento, Hermione lanciò un urlo e il risultato fu che si zittirono tutti all’istante.
Madama Chips corse verso il letto, Ginny sembrava sul punto di piangere e Ron era verde in faccia.
Hermione respinse le mani della Chips e fece per sollevarsi su un gomito; Caspian si affrettò a sorreggerla.
Afferrandosi alla camicia di lui, lei lo guardò negli occhi e disse, terrorizzata:
«Caspian, ho visto Lilliandil girare per il castello!»
Nel silenzio attonito che accolse quelle parole, Hermione si contorse e gridò ancora.

*

«Ron, smettila di camminare in tondo… farai un buco per terra» disse Harry al suo migliore amico.

Ron si limitò a sbuffare come un drago infastidito; si sedette pesantemente per terra, tamburellò con la mano sul ginocchio, quindi si alzò di nuovo e si rimise a passeggiare.
Ginny, seduta accanto a Harry sul pavimento di pietra, alzò gli occhi al cielo.
Lui le passò un braccio attorno alle spalle.
Erano seduti lì da ore, ormai.
Ed era chiaro che Hermione era in travaglio.
Mancava quasi un mese e mezzo alla data presunta per il parto, ma – come aveva seccamente spiegato Madama Chips prima di sbatterli fuori senza troppi complimenti – i bambini facevano quello che volevano loro e non quello che si aspettavano gli adulti.
Probabilmente, lo spavento aveva contribuito ad innescare il travaglio, si erano detti gli amici.
Quando Hermione aveva nominato Lilliandil, Harry e Ron si erano precipitati a cercare la McGranitt.
Scovatala in Aula Professori, i due l’avevano aggiornata rapidamente e lei si era subito attivata.
I Professori, i Fantasmi, i quadri e le armature del castello erano stati avvertiti del fatto che un’estranea, bionda e somigliante a una Veela, si aggirava per il castello.
Tutti erano tenuti a cercarla e a fare rapporto.
Malgrado lo zelo con cui alcuni personaggi maschili di un quadro di beoni si dedicarono all’impresa, tre ore dopo non c’erano notizie.
La Preside avvertì Hagrid e gli chiese di tenere d’occhio l’esterno.
Lui andò fino a Hogsmeade, a controllare la casa di Hermione e Caspian e a raccogliere voci ai Tre Manici di Scopa.
Ma nulla.
Di questa Lilliandil nessuno sapeva nulla.

La McGranitt esonerò Harry, Ron e Ginny dalle lezioni della giornata.
I tre restarono seduti fuori dall’infermeria, in silenzio.
La Preside si recò da Hermione, ma uscì quasi subito confermando al trio in attesa che, purtroppo, il travaglio era iniziato e non si poteva far nulla, a quel punto.
Il bambino era pronto per nascere.
«Ma è presto!» esclamò Ginny, terrorizzata «Troppo presto!»
«Non così presto, Ginevra» rispose stancamente la McGranitt «Parti più prematuri di quello di Hermione rischiano seriamente di mettere in pericolo il bambino, ma lei ha superato il settimo mese, anche se di poco… Madama Chips è molto fiduciosa, cara»
I tre sembravano comunque terrorizzati.
La Preside stessa era più preoccupata di quello che voleva dare a vedere.
«Comunque» riprese, rifugiandosi nel consueto tono brusco «Non si può far altro che aspettare, adesso!»
«Ma se la portassimo al San Mungo?» chiese Harry «Fleur ha partorito lì e anche lei prima del tempo…»
«Hermione non vuole» rispose la McGranitt «Sai che gli Elfi e i Centauri hanno subito riconosciuto Caspian come un uomo che non appartiene a questo mondo… Hermione non vuole rischiare che la nascita del bambino faccia sorgere delle domande inopportune»
«Ma come potrebbe?» fece Ginny, attonita «Caspian è umano! E quindi loro figlio sarà umano…no?»
«Sì, in teoria sì… Ma la magia di Narnia è misteriosa. Quel bambino unisce due mondi diversi e lontani. E se si manifestasse qualche segno magico imprevisto? Hermione non vuole rischiare e…»
«Sì, ma l’importante è che Hermione stia bene!» insorse Ron.
«Signor Weasley!» la voce della Preside si fece sferzante «Non abbiamo motivo per ritenere che Madama Chips non sia in grado di occuparsi di lei! E Caspian vuole tenerla tranquilla: è la cosa principale per ora! Se poi ci fossero complicazioni… E Merlino non voglia… Vedremo cosa fare. Per il momento vi suggerisco di tornare in Sala Comune!»
Nessuno la degnò neppure di una risposta e lei se ne andò impettita.
Malgrado i modi apparentemente bruschi, però, anche la McGranitt voleva bene a Hermione e aveva paura per lei.
Durante tutta la giornata fu distratta e questo alimentò i pettegolezzi degli studenti.
La voce che Hermione si era sentita male dilagò a scuola come un fuoco inarrestabile.
Gli studenti facevano commenti e ipotesi improbabili.
Per non essere bersagliata di domande inopportune, Lavanda saltò due lezioni del pomeriggio.
Il quadro di Lucy era rimasto in infermeria, su richiesta di Hermione.
Neville e Luna scoprirono delle condizioni dell’amica solo a pranzo e si precipitarono in infermeria.
Non c’erano ancora notizie.
Neville sedette accanto a Harry, sul pavimento, e Luna andò a prendere dei panini per tutti.

Si fecero le due, poi le tre.
Alle quattro e mezza, la professoressa Sprite venne a prendere Neville, seria in viso.
«Mi spiace, Paciock» disse «Ma mi servi con quelle Mandragole giù nella serra quattro. E poi… Vi farebbe bene tenervi occupati. Tutti»
Il suo appello cadde nel vuoto.
Solo Luna le sorrise, gentilmente, e rispose:
«Ha ragione, professoressa, ma vede… Siamo preoccupati per Hermione e proprio non so dove potremmo andare o cosa potrebbe distrarci»
La Sprite annuì e le fece una carezza sui capelli biondi.
Luna sorrise a Neville, quindi si offrì di andare a prendere qualcosa da bere per tutti.
Arrivata alla fine del corridoio si imbatté in Vitious che stava punendo tre Tassorosso curiose che volevano avvicinarsi all’infermeria.
Sospirando, la giovane strega si allontanò scuotendo il capo.

*

Il silenzio era irreale e stava diventando inquietante.

«Ma quando qualcuno partorisce non si sentono un sacco di urla e strepiti?» bisbigliò Ron a voce bassa.
Ginny alzò il capo dal grembo di Harry, restando sdraiata sul pavimento.
«Preferiresti sentire Hermione che urla come una pazza?» domandò, attonita.
Ron arrossì.
«No, no! Certo che no! È solo che… che è tutto così silenzioso! Non… Come se non ci fosse nessuno, capite?»
Harry stava fissando il muro.
«No» disse all’improvviso «Non… Non lo sopporterei. L’abbiamo sentita urlare quel giorno, a Villa Malfoy… Quando ci avevano catturati e portati da Bellatrix. Ricordi? Non sopporterei di sentirlo ancora»
Ron sembrò aver ingoiato un uovo di drago.
Deglutì a fatica e si lasciò scivolare sul pavimento, accanto al suo migliore amico.
Ginny strinse la mano di Harry.
«Non sarà così» gli disse, fiduciosa «Non sarà mai più così. Hermione è forte… e andrà tutto bene»

*

In infermeria, in effetti, c’era abbastanza silenzio.

Madama Chips era riuscita a fermare l’emorragia in un primo momento, ma poi il sangue aveva ripreso a scorrere.
Il terrore di Hermione non aiutava.
Più la Chips le ripeteva di stare tranquilla, più lei si agitava.
«Perderò il bambino?» aveva chiesto con voce flebile mille volte.
Le rassicurazioni dell’infermiera sembravano avere poco effetto e persino la presenza del marito, che pur si sforzava per il bene di lei di apparire calmo, non sembrava aiutarla.
Anzi.
Hermione era disperata all’idea che il bambino stesse rischiando la vita e continuava a piangere e a chiedere scusa al marito, come se temesse di averlo deluso.
Lui, sconvolto, cercava di rassicurarla, ma apparentemente con scarso successo.
Dopo una mezz’ora, l’infermiera aveva dato una pozione sedativa a Hermione e lei era caduta in una sorta di inquieto dormiveglia.
Caspian non si era mosso dal capezzale di lei neppure quando la Preside era andata a chiedergli aiuto per rintracciare Lilliandil nel castello.
Lui non si era neppure voltato.
«Il mio posto è con Hermione» aveva risposto.
Lucy, allora, si era offerta di istruire gli abitanti del castello su Lilliandil e di andare in giro per le cornici per cercarla.
Con una carezza sulla spalla di Caspian, la McGranitt se ne era andata, non prima di aver chiesto a Madama Chips se non era il caso di creare una Passaporta per il San Mungo.
L’infermiera, per evitare che Hermione si agitasse di più, rifiutò.

Grazie alla pozione, la giovane strega era riuscita a riposare un paio d’ore.
L’emorragia era stata nuovamente fermata.
Verso metà pomeriggio, però, Hermione si svegliò in preda a forti dolori.
Caspian, pallidissimo, la vide trattenere bruscamente il fiato e poi gemere.
«Cosa succede?» chiese, terrorizzato.
«Succede che è in travaglio» disse, brusca, l’infermiera «Ora, cara, tu cerca di rilassarti e di risparmiare le forze, perché sa Merlino se ne avrai bisogno tra un po’… E tu, Caspian, se pensi di non farcela esci perché non posso occuparmi anche di te»
Ma Hermione strinse, spaventata, la mano del marito e lui si oppose con fermezza a quel suggerimento.
«Non la lascio sola!»
«Bene, ma allora aiutala a stare tranquilla e non ad agitarsi, o sarà peggio»

Eppure, quella del parto era una faccenda lunga, come i due coniugi ebbero modo di scoprire presto.
Era dolore a ondate e poi una quiete apparente.
Era attesa, un’attesa spasmodica.
E non si poteva far niente per alleviarla.
Verso sera, quando il sole era già tramontato da tempo, Hermione si appisolò, stremata.
Caspian, che le teneva sempre la mano, si appoggiò contro lo schienale della sua sedia.
Madama Chips gli porse un bicchiere d’acqua con aria comprensiva.
«Forza, forza… Pensa a quanto se la sta cavando bene lei» lo esortò.
Lui era stravolto e bevve meccanicamente, senza staccare gli occhi dal viso di lei.
Poi posò il bicchiere e le bagnò la fronte con un panno umido.
«Sta bene, vero?» bisbigliò.
«È stanca, Caspian» rispose l’infermiera «La perdita di sangue l’ha indebolita… E comunque il parto è un’esperienza dolorosissima, sebbene meravigliosa»
Lui deglutì.
«Ma credevo che, con la magia…»
«Caspian, la magia non fa miracoli. La natura invece sì. E la nascita dei bambini rientra fra quelli»
«Sì, ma…»
Lui si passò una mano sugli occhi, accarezzando poi i capelli della moglie.
«Quanto pensa che ci voglia, ancora?» chiese poi.
«Parecchio» fece Madama Chips, che non era nota per il suo tatto «Non si sta dilatando molto»
Caspian represse un gemito di sconforto perché il quel momento Hermione aprì gli occhi e il suo viso si deformò subito per una smorfia.
Lui si alzò per avvicinarsi a lei.
«Sono qui, amore» le bisbigliò «Coraggio… sei bravissima»
Lei attese che la contrazione passasse, poi gli rivolse un debole sorriso.
«Sono così felice che tu sia qui» mormorò.
Lui le baciò la mano, con la gola stretta.

Verso le sette, una timida Ginny fece capolino dalla porta.
Madama Chips le rivolse un’occhiataccia, ma Caspian la invitò con un cenno ad avvicinarsi.
«Amore, guarda» disse piano a Hermione «C’è Ginny»
Ginevra corse verso l’amica, che le rivolse un pallido sorriso.
«Come stai?» le chiese, spaventata dal pallore dell’altra.
Hermione annuì, poi fece una smorfia e inarcò il corpo.
Caspian si affrettò a sostenerla.
«Ginny, anche tu non hai una bella cera» scherzò Hermione a bassa voce.
L’amica sorrise.
«È colpa tua, ci fai stare in pensiero… E dovresti vedere Ron e Harry, lì fuori!»
Hermione sorrise con più calore, poi guardò il marito.
«Vuoi andare a prendere un po’ d’aria, amore?» chiese.
Lui scosse il capo.
«Non se ne parla» rispose, categorico.
«Caspian, vai ora se vuoi» intervenne l’infermiera, porgendo a Hermione una Pozione Rimpolpasangue «Poi servirai qui»
«No» si intestardì lui «Resto con Hermione»
Ginny gli sorrise con approvazione.
«Vi porto qualcosa da mangiare, va bene?» chiese.

Ma la cena non tentava nessuno, quella sera.
Verso le nove la McGranitt ricomparve e le ci volle coraggio per mantenere la sua espressione burbera di fronte alla sofferenza di Hermione.
Quando prese in disparte la Chips le chiese:
«Come vanno le cose?»
L’infermiera fece un gesto vago.
«Si dilata lentamente… Ma si sa, non ci sono regole in queste cose»
«Quanto lentamente?»
«Non sono un’ostetrica, Minerva! Non allarmarti, magari sbaglio… Il travaglio è imprevedibile: può velocizzarsi da un momento all’altro»

Tre ore dopo non ne era più così certa.
Hermione continuava a piombare in una sonnolenza pesante, salvo risvegliarsi per i dolori.
Consultando l’orologio, Madama Chips sospirò.
Le contrazioni non si velocizzavano.
Si avvicinò al letto, osservando Caspian che bisbigliava qualcosa alla moglie.
Gli uomini non se la cavavano mai bene in quelle situazioni, si disse l’infermiera, però lui stava dando prova di coraggio.
Pur se spaventato e impotente di fronte al dolore di lei cercava di farle forza e non si era staccato un attimo dal letto.
Gli battè piano sulla spalla e lui si voltò a guardarla.
L’infermiera gli indicò con un cenno di allontanarsi un po’, cosa che il Re fece, dopo aver rimboccato meglio il lenzuolo attorno al corpo della moglie.
Alla sua occhiata interrogativa la Chips rispose dicendo:
«Caspian, non voglio spaventarti ma le contrazioni non si stanno velocizzando»
«Cosa significa?» chiese subito lui.
«Che per il bambino potrebbe esserci troppa sofferenza. Sarebbe meglio… Sarebbe meglio iniziare a pensare a una soluzione alternativa…»
«Quale? Cosa mi vuole dire?»
«Che se la situazione non cambia nella prossima ora… Magari dovresti riconsiderare l’idea di portarla al San Mungo…»
«Ma Hermione non vuole!» si oppose lui.
«Non importa… Devi pensare a lei e al bambino!»
La Chips gli vide un’espressione tormentata negli occhi e stemperò il tono:
«Ascolta… So che è difficile, lo capisco. Ma la priorità è la salute di Hermione e del piccolo»
In quel momento, un flebile richiamo li fece voltare.
Hermione era sveglia e aveva voltato la testa sul cuscino, verso di loro.
I due si affrettarono a raggiungerla; Caspian si inginocchiò accanto a lei, posandole una mano sulla guancia.
«Come ti senti?» le chiese.
«Stanca… ma non preoccuparti, sto bene» poi guardò la Chips «Che problema c’è?»
«Nessuno, cara» le sorrise l’infermiera.
Ma le doglie non bastavano certo a fermare Hermione Granger.
«Ho troppe poche contrazioni, vero?» domandò con aria pratica.
La Chips e Caspian parvero sbalorditi e lei riprese, divertita:
«Perché quelle facce? Non serve un medico per avere nozioni base… Che ore sono?»
«È… da poco passata mezzanotte» balbettò l’infermiera.
«Sono molto dilatata? Mi sembra che le contrazioni siano molto lente»
La Chips pareva sconvolta: non si aspettava un consulto con la sua paziente.
«Bè… non dovresti preoccuparti e…»
«Non dovrei preoccuparmi di come farà mio figlio a venire al mondo?» la voce di Hermione riprese vigore «Non sono affatto d’accordo»
Guardò il marito, che sospirò e le disse:
«Siamo preoccupati perché le contrazioni non sembrano progredire… Madama Chips suggerisce di andare al San Mungo e forse dovremmo ascoltarla tesoro…»
Lei scosse il capo.
«Non può farmi un cesareo?» chiese all’infermiera, che parve scioccata.
«Ma…Hermione! Queste pratiche barbare! Ma ti pare che potrei mai…»
«Sì, mi pare» rispose lei, categorica «Come pensa che potrà nascere, questo bambino?»
«Bè… Al San Mungo avranno Pozioni Velocizzanti più forti e…»
«Più forti di quelle che può preparare Lumacorno? Non credo proprio!»
L’infermiera pareva senza parole.
«Cos’è un cesareo?» chiese Caspian a quel punto.
Quando glielo spiegarono parve uscire di testa.
«Non se ne parla, Hermione! Non mi sembra sicuro!»
«Ma figurati, le donne partoriscono così in sicurezza, ormai! E non penso di poter morire di setticemia qui!»
«Certo che no!» insorse la Chips, nemmeno Hermione la avesse insultata personalmente «Non certo nella mia infermeria!»
«Bene» rispose l’altra «Allora diamoci da fare»

E fu irremovibile.
Non valsero a nulla le suppliche di Caspian né l’agitata reazione della McGranitt, prontamente chiamata dalla Chips.
A sorpresa, però, Lucy si disse d’accordo.
«Per quelle che sono le mie conoscenze, Hermione ha ragione» affermò «Non perdiamo tempo: ne fa le spese il bambino!»
Madama Chips sembrava uno studente sul punto di essere bocciato ai G.U.F.O.: balbettava e tremava e, ad un certo punto, la Preside la rimbrottò, nemmeno avesse davvero di fronte uno studente indisciplinato.
Solo la considerazione che, passata un’altra ora, la situazione non stava migliorando convinse alla fine l’infermiera.
La potente Pozione Rilassante di Lumacorno fece addormentare in fretta Hermione, che scivolò nel sonno con la mano stretta fra quelle del marito.
Quando le vide chiudere gli occhi, lui si permise di mostrare lo smarrimento che provava… Ma le cose avvennero in fretta.
Madama Chips disinfettò la pelle di lei con un colpo di bacchetta, quindi deglutì e rafforzò la presa sul legno e mosse il polso.
Un taglio netto si aprì sul ventre di Hermione, iniziando subito a sanguinare.
Lucy non fece in tempo a emettere un gemito, che l’infermiera aveva già tuffato le mani nel taglio incredibilmente piccolo e, nello spazio di un attimo, ne aveva estratto un piccolo esserino sporco di sangue e placenta.

Di fronte agli sguardi costernati dei tre adulti che assistevano alle scena, il bambino si mosse e scoppiò a piangere.
La Chips alzò gli occhi ed esclamò, trionfante:
«È una bambina!!»

*

In quel preciso istante - mentre un Caspian senza parole tendeva le braccia per ricevere sua figlia e la guardava in viso per la prima volta, mentre una Chips sconvolta si lasciava scivolare a terra gridando “Whiskey Incendiario doppio per me!” e Lucy gridava festosa – una cometa scintillante illuminava la notte di Hogwarts.
La sua scia luminosa attirò i Centauri fuori dalla Foresta; richiamò i fantasmi e fece persino emergere la Piovra Gigante dal lago nero.

L’erede di Narnia era venuta al mondo.



***
Buongiorno!!
Ho da porvi un quesito: ma perchè dai vecchi capitoli mi si cancellano i banner?? Non si vede più la foto, ma un quadrato bianco!
Ma perchè? Le foto sono sempre in rete, nella mia pagina Facebook!
Ufff... Joy e la formattazione non vanno d'accordo!
Detto questo, un piccolo avviso: anticiperò la pubblicazione del nuovo capitolo di "Ragione e Sentimento" a giovedì, perchè venerdì parto!
Se volete seguirla o leggerla, eccola qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2925850
Cosa resta?
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Buona lettura!
Joy

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Capitolo 33
*** L'unione di due mondi ***


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Hermione si svegliò lentamente.
 
Batté le palpebre e sussultò quando, muovendosi, una fitta di dolore le si propagò per il corpo.
«Ahi!» disse, di riflesso.
Subito una figura alta e aitante comparve nel suo campo visivo e lei non poté fare a meno, malgrado il dolore, di ricambiare quel sorriso dolce e pieno d’amore che si vide rivolto.
«Ciao» mormorò Caspian, baciandole la fronte «Come ti senti?»
«Ciao» rispose lei «Mi sento a pezzi… io… Il bambino!»
Hermione fece per alzarsi di scatto ma Caspian la trattenne dolcemente.
«Ferma, piccola» le disse «Non muoverti, Madama Chips si è raccomandata che tu stia attenta alla ferita, anche se te l’ha guarita»
Lei aggrottò la fronte mentre tutto le tornava in mente.
Posò una mano sulla sua pancia, sotto le coperte, e non trovò bendaggi: la pelle era liscia, anche se molto sensibile.
Guardò di nuovo il marito, registrando il suo sorriso euforico.
Non sapeva bene cosa dire: l’emozione, improvvisa e violenta le strinse la gola.
«Caspian…»
Lui si chinò a baciarla sulle labbra e poi mormorò:
«Te la senti di conosce qualcuno?»
Non fidandosi della sua voce, lei si limitò ad annuire.
Caspian si allontanò un attimo e lei voltò il capo per osservarlo mentre si avvicinava a una culla candida poco lontana e prendeva tra le braccia, con infinita attenzione, una figurina minuscola e avvolta in una coperta candida.
Le lacrime inondarono gli occhi di Hermione.
Suo marito le sorrise, emozionato, mentre le appoggiava sul petto un esserino minuscolo e bellissimo, che dormiva beato.
«Mia Regina» disse piano Caspian «Ti presento nostra figlia. È già bellissima come sua madre, vero?»
Hermione, debole e dolorante, mosse le braccia sentendosi un automa.
«Una bambina» mormorò in tono reverente «Ero… Così certa che sarebbe stato un maschio…»
Caspian le posò una mano sulla guancia.
«Lo sai che a me non importa assolutamente, vero?» fece, preoccupato «Non potrei essere più felice!»
«Certo, lo so… Ma… è tutto così strano! Pensi che potrei sedermi? Non riesco a vederla bene e ho paura di farla cadere»
Lui ci pensò su.
«Madama Chips ci ucciderà, probabilmente»
«Non fa niente: devo vederla! Ti prego!»
Caspian sorrise e, con delicatezza, le mise un braccio dietro le spalle, sollevandola lentamente.
«Stringi la piccola» le mormorò, mentre scivolava a sedere dietro la schiena della moglie, sostenendola «Ti fa male?»
Hermione strinse i denti, ma negò.
«Non ho bendaggi» constatò.
«Madama Chips ha usato la magia per far rimarginare il taglio che ti ha fatto, ma dice che per oggi devi stare a letto»
Hermione annuì.
«Dov’è finita?»
Caspian parve divertito.
«Oh… era talmente agitata per il parto che si è attaccata a una bottiglia di Whiskey Incendiario e ora… ehm… dorme»
A Hermione venne da ridere, ma subito sussultò per una fitta al ventre.
«Si è ubriacata?» chiese, attonita.
Lui ridacchiò.
«Pesantemente, direi. Ma anche la McGranitt le ha fatto compagnia con qualche bicchiere…»
Lei sorrise e reclinò il capo sulla spalla di lui.
 
Era così bello essere avvolta dalle braccia del marito e poter finalmente posare gli occhi sulla loro creatura.
Caspian posò la guancia contro la sua ed entrambi, in silenzio, contemplarono la bambina.
«È… bellissima» esalò Hermione con stupore reverenziale «Sta bene?»
«Benissimo, grazie alla sua mamma coraggiosa» rispose lui, baciandole la guancia «Sono tanto, tanto orgoglioso di te, piccola mia»
Una lacrima scivolò lungo la guancia di Hermione.
«Non so cosa dire… Vorrei essere capace di dirti quello che provo, ma…»
«Lo so» lui la baciò di nuovo «Capisco benissimo. Però ora sdraiati, va bene?»
Con riluttanza, Hermione annuì.
Caspian la adagiò dolcemente sulle coperte e poi prese la bimba.
A Hermione sembrò improvvisamente di avere freddo.
«Tienila qui con noi» lo pregò.
Lui le sorrise, sedendosi su una sedia accanto al letto e spostando con attenzione la bambina tra le sue braccia.
«Come la chiamiamo?» bisbigliò Hermione.
«Non lo so… E tu?»
Lei scosse il capo.
«Qualcosa di davvero speciale… Ma al momento ho la testa completamente vuota!»
Lui sorrise.
«Non c’è fretta amore mio… Possiamo aspettare»
 
Entrambi rimasero in contemplazione silenziosa della bambina, quindi, dopo un po’, Hermione si sollevò su un gomito e si mise seduta.
Caspian, che teneva in braccio la piccola, non fece in tempo a muoversi, ma la moglie gli sorrise.
«Molto meglio!» esclamò «Non posso guardare il mondo da una posizione orizzontale, mi sento a disagio… Venite qui!»
Lui sorrise e sedette accanto a lei, che scivolò sul letto per fargli spazio.
«Ti faccio male?» domandò Caspian «Sicura che ti senti bene?»
«Oh, più che bene!» rispose Hermione, sfiorando con un dito la guancia della figlia.
Caspian gliela tese dolcemente e lei, titubante, aprì le braccia.
«Ho paura di farle male!» bisbigliò, preoccupata «Come fai ad essere così tranquillo?»
«Chi, io?» rise lui «Ma se sono terrorizzato ogni volta che la sfioro!»
 
Hermione fece per rispondere, ma in quel momento la porta si aprì con un gran fracasso: Hagrid entrò di fretta nella stanza, seguito da Harry, Ron, Ginny, Neville, Luna, Lavanda, il quadro di Lucy e la Professoressa McGranitt.
Il Mezzogigante portava tra le braccia fiori, frutta e – con nochalance, sotto il braccio – il suo celebre ombrello rosa.
Gli altri sciamarono nella stanza, quasi impauriti, ma Hagrid non aveva remore nel manifestare la sua esultanza.
«Per tutti i Rospi Cornuti!» ululò, felice «Allora è nata!!»
Al suono di quella voce tonante, la bambina si svegliò di soprassalto e iniziò a piangere.
Hermione e Caspian, alla vista della figlia urlante, si scambiarono un’occhiata di puro panico.
Il resto della compagnia li fissava a bocca aperta, in silenzio, tranne che Hagrid, il quale balbettava:
«Oh, ma davvero… Io… Insomma, non volevo mica svegliarla, ecco!»
Sopra gli strilli della piccola si sentì, decisa, la voce di Lucy:
«Oh, ma cosa state facendo tutti? Qualcuno tranquillizzi quella piccola!»
Nel panico generale, Hermione provò a cullare timidamente la figlia, che dopo un po’ accennò a calmarsi.
«Brava!» fece Hagrid, ricevendo per tutta risposta un’occhiataccia.
«Eh…» bisbigliò lui, precipitosamente «Scusa! Allora… allora festeggiamo?»
Caspian sorrise sentendo quel tono supplichevole.
«Certo» rispose, sorridendo «Abbiamo tanto per cui festeggiare!»
A quella frase, tutti sorrisero e avanzarono circospetti verso il letto.
Hermione fissò torva gli amici.
«Cosa sono quelle facce? Non è mica una Chimera!»
Ginny si fece avanti per sbirciare la bambina.
«Oh» disse «È bellissima!»
Hermione e Caspian le rivolsero due sorrisi raggianti.
In un attimo, tutti si fecero avanti, spintonandosi, per ammirare la piccola.
«Per tutti gli Animagi!» esclamò la McGranitt, emozionata «È davvero un capolavoro!»
«Sembra commossa, Preside» le disse Neville, strizzando l’occhio a Luna.
La Preside si irrigidì subito:
«Chi? Io? Ma figuriamoci! Ecco… Insomma… Posso tenerla?»
Le risate che scoppiarono rischiarono di svegliare di nuovo la bambina, ma Hermione la passò alla sua professoressa.
Lei sedette con attenzione su un letto vicino, tenendo la piccola goffamente.
«Bè, guardati un po’» le disse, burbera «Sei proprio una bellezza!»
 
Harry scambiò con Hermione un’occhiata divertita.
«Come ti senti?» le chiese poi.
«Un po’ dolorante… ma bene» rispose lei.
«I tuoi genitori stanno arrivando… La McGranitt li ha mandati a chiamare subito!»
«Oh, bene, grazie… E invece… Lilliandil?»
Harry si incupì.
«Non se ne è trovata traccia nel castello. Sei sicura che…»
«Sì» lo interruppe lei, categorica «Sì, Harry, l’ho vista ed era lei»
Caspian accarezzò un braccio della moglie.
«Ne vuoi parlare, piccola? Non preferisci che magari aspettiamo un po’?»
«No… No, Caspian» Hermione rivolse un’occhiata alla figlia, sempre tra le braccia della Preside «Ho paura che sia qui… per lei»
Lui le strinse la mano.
«Va bene, allora. Dove l’hai vista?»
«Stavo tornando dal bagno» rispose lei «Ho imboccato il corridoio con quegli arazzi che raffigurano la Guerra dei Goblin, avete presente? E… l’ho vista. In un aula, con delle ragazze. E non posso essermi sbagliata perché lei ha alzato lo sguardo mentre passavo e ci siamo fissate. Ed era Lilliandil, te lo giuro Caspian!»
«Va bene, tesoro… Non agitarti» fece lui «Io ti credo. Ma… Come può essere che non l’abbiamo mai vista?»
«Bè… Noi non frequentiamo molto la scuola, a parte che per le lezioni. Le classi del M.A.G.O. sono abbastanza elitarie e il nostro gruppo di amici anche»
«Non so…» fece lui, dubbioso «Se Lilliandil è qui… Perché non è mai venuta a cercarci?»
«Bè…sì» Hermione si mordicchiò il labbro «In effetti è strano… Però io sono sicura! Ma… Mi sarei aspettata, in effetti, che provasse a farci del male…»
Caspian e Harry si scambiarono un’occhiata preoccupata e il secondo si affrettò a cambiare discorso:
«Chi c’era, con lei?» chiese.
«Non mi sono fermata a guardare… Lilliandil ha assunto un’espressione furiosa e io sono corsa da voi… Ma una l’ho riconosciuta: Daphne Greengrass»
Il viso dell’amico si incupì.
«Serpeverde, quindi» commentò.
Hermione fece un cenno con il capo.
«Magari non vuol dire niente, ma…»
Harry storse le labbra.
«Ne sarei molto stupito! Comunque, lo dirò alla McGranitt e faremo delle ricerche. Tu, però, te ne stai qui e riposi, chiaro?»
Hermione sorrise.
«Agli ordini, Potter»
 
Caspian le circondò le spalle con un braccio.
Il pensiero di Lilliandil nel castello gli metteva una furia cieca addosso e non poteva fare a meno di collegare quell’informazione con gli attentati misteriosi che avevano tormentato tutti loro in quei mesi.
Però non poteva lasciare sola Hermione, lo sapeva bene.
Non solo perché non intendeva allontanarsi dalla moglie e dalla figlia, ma anche perché temeva che il bersaglio di Lilliandil fosse proprio Hermione.
La ex guida di Aslan la odiava, era chiaro.
A Narnia aveva fatto di tutto per svilirla agli occhi di lui e, quando era stato chiaro che Hermione era la scelta del re, non si poteva dire che la ex guida l’avesse presa bene.
«Dobbiamo organizzarci» proseguì intanto Hermione «Se Lilliandil è qui, vuol dire che c’è un passaggio per Narnia!»
«Oppure…» fece Caspian, meditabondo «Se fosse arrivata qui insieme a me?»
«Ma non eravate insieme quando ti sei risvegliato qui!»
«Ma non so come ci sono arrivato, quindi… perché no?»
Hermione ci pensò su, poi rispose:
«I Centauri hanno parlato di un passaggio»
I tre si guardarono.
«Bene» disse Harry, deciso «Se c’è un passaggio per Narnia, allora dobbiamo prepararci. E quindi è ancora più importante che tu ti rimetta in forze, Hermione. Organizzeremo dei turni di sorveglianza: è meglio se restate al castello»
Lei guardò di nuovo la figlia:
«Quante possibilità ci sono che la voce della nascita di nostra figlia non si diffonda a macchia d’olio?» chiese.
Caspian e Harry si scambiarono un’occhiata che non riuscì a interpretare.
«Che succede?» chiese, perplessa.
«Eh… Hermione» rispose suo marito «Forse dovresti vedere una cosa…»
 
*
 
«Oh, per Morgana!» esalò Hermione.
 
Protetta dalle braccia del marito e ancora dolorante, si era affacciata alla finestra dell’infermeria, ma non era pronta allo spettacolo che si era presentato davanti ai suoi occhi.
 
Davanti al castello c’era una folla.
Elfi Domestici, Centauri, persino le pallide figure dei fantasmi, evanescenti alla luce del sole.
Tutti guardavano verso la finestra da cui lei e Caspian si erano affacciati.
Tutti, immobili, sembravano attendere qualcosa.
I loro occhi sembravano tenere la coppia inchiodata al suo posto.
«Che…che succede?» balbettò ancora Hermione.
«Non lo so» le rispose Caspian, accarezzandole piano un braccio «Però…»
«Però?»
«Però mi ricorda una cosa»
Hermione si voltò a guardarlo e lui proseguì:
«Mi fa pensare alla presentazione dell’erede al trono di Narnia. Il popolo si raduna, appena l’erede nasce, e attende fino al momento in cui i sovrani non lo presentano a tutto il regno»
Hermione sgranò gli occhi.
«Ma… Ma qui non siamo a Narnia!»
«Lo so… Forse sbaglio. È che… Non ti sembrano in attesa?»
Lei rivolse nuovamente lo sguardo al parco.
«Sono tutte creature magiche» mormorò «E… Aspetta! Quelli laggiù… Sono unicorni?»
«Sì» confermò lui «E guarda il lago!»
Hermione guardò e gemette:
«Ma è la Piovra Gigante! Cosa sta facendo?»
L’enorme creatura era completamente emersa dal lago e galleggiava sulla superficie, muovendo pigramente i tentacoli.
«Penso… La stessa cosa che fanno gli altri»
«Caspian, ma… Come è possibile?»
«Questa notte, quando la piccola è nata… Una cometa ha illuminato il cielo di una luce purissima. E loro si sono radunati qui»
Hermione si appoggiò pesantemente contro il corpo solido del marito.
«Per Merlino… Ma nostra figlia non ha nemmeno un giorno!»
«Sì, ma… è l’erede, Hermione. La nostra erede»
«Ok, però al momento è una neonata nell’infermeria di Hogwarts!»
La voce di lei era salita di tono e Caspian la prese tra le braccia.
«Cosa c’è, piccola?» chiese.
La moglie gli affondò il viso nel maglione.
«Ho paura» rispose «Prima Lilliandil e adesso… questo! Ma cosa sta succedendo?»
Caspian non fece in tempo a dire nulla, perché una voce agitata arrivò loro dal corridoio:
«Hermione! Hermione!»
Entrambi si voltarono verso la porta mentre un’affannata Jane Granger entrava a precipizio nella stanza.
 
Con un’occhiata colpevole al popolo magico raccolto sul prato, Hermione si allontanò dalla finestra e andò ad abbracciare sua madre.
 
*
 
I Granger si innamorarono della nipotina a prima vista.
 
E, in effetti, la bambina sembrava esercitare un fascino incancellabile su chiunque.
Stregò Harry, Ron, Ginny, Neville e Luna, Lucy, la Chips e la McGranitt, oltre a Hagrid e al corpo docente di Hogwarts.
Persino Gazza, che era entrato in infermeria per parlare con la Preside (che passò gran parte della sua giornata nei pressi della culla), le mandò una polverosa bottiglia di vino che Hermione svuotò, inorridita, nel lavandino.
La neo mamma cercò di allontanare il pensiero della folla silenziosa accampata sotto le loro finestre e si concentrò sulla bambina.
Non fu difficile, visto che la piccola assorbiva ogni suo pensiero.
Hermione e Caspian erano persi in un’estasi beata, tanto che non trovarono strano l’essere accampati in un’infermeria assieme a un gruppo di adoratori della loro figlioletta appena nata e, fuori, una scuola curiosa e un popolo magico in attesa.
 
Il giorno dopo, quando Hermione – che aveva lottato per alzarsi dal letto - si avvicinò alla finestra con la bambina tra le braccia, colse un movimento con la coda dell’occhio.
Guardò fuori e vide che, in silenzio, le creature magiche si protendevano ad osservare.
Strinse la presa attorno alla piccola e, in quel momento, Caspian apparve al suo fianco.
Una ad una, le creature dal parco tesero le braccia come in un gesto di reverenziale saluto verso la finestra.
Poi, pian piano, abbassarono le mani e si mossero, allontanandosi.
Nel lago, la Piovra si immerse nelle acque oscure; gli Elfi sciamarono verso il portone della scuola e i Centauri si incamminarono verso la Foresta.
Hermione e Caspian, ammutoliti, si scambiarono un’occhiata.
«Avevi ragione» fece lei «Volevano vederla…»
«Proprio come per la presentazione di una principessa reale…» bisbigliò lui, accarezzando la testolina della bimba.
«E cosa succede dopo la presentazione?» chiese lei.
Caspian esitò.
«Aslan benedice l’erede»
«Un Battesimo?» domandò la moglie.
Lui annuì.
 
«Ho sentito qualcuno dire battesimo?» intervenne Jane, avvicinandosi alla coppia «Vuol dire che avete scelto il nome?!»
 
*
 
«Vorremmo chiedervi un favore» annunciò Caspian qualche ora dopo.
 
Harry, Ron e Ginny erano in infermeria dalla colazione e stavano facendo smorfie alla piccola, tenuta amorevolmente dalla nonna.
La McGranitt aveva minacciato il terzetto di spedirli in classe con delle orecchie da maiale Trasfigurate in testa; per tutta risposta Ron aveva osservato:
«Preside, è già passata cinque volte questa mattina… come mai non ci va lei, in classe?»
La McGranitt, offesissima, lo aveva messo in punizione e se ne era andata impettita.
Tre quarti d’ora dopo era tornata a sbirciare in infermeria e Hermione l’aveva chiamata con un sorriso.
Ron, Harry e Ginny non si erano mossi dalla stanza e la Preside li aveva gratificati di un’occhiata di sommo disgusto.
Il disgusto aumentò quando Ron commentò che, finalmente, gli Elfi domestici erano rientrati a scuola e potevano cucinare per tutti, mentre il giorno prima erano stati sempre accampati sul prato e nessuno aveva fatto i letti, pulito i dormitori e preparato i pasti.
Ci mancò poco che Hermione non tenesse una conferenza sui vantaggi del C.R.E.P.A..
 
 
«Hermione e io saremmo onorati di ricevere il vostro consiglio» proseguì ora Caspian, cingendo la vita della moglie con il braccio.
Entrambi sorrisero alla vista della McGranitt che salutava con la mano la bambina, poi Hermione disse:
«Siete le persone a noi più vicine… Per cui vi chiediamo di scegliere i nomi di nostra figlia. Uno lei, Preside; uno voi, Harry, Ron e Ginny; e uno voi, mamma e papà»
Tutti si guardarono, emozionati.
Poi Ron si schiarì la voce e disse:
«Potremmo chiamarla Carmelina?»
Harry scoppiò a ridere e Hermione bofonchiò:
«Ron, tu vattene: sei esentato»
«Se vorrete farlo» proseguì Caspian «Più tardi Lucy reciterà la preghiera benedicente di Narnia per l’erede»
«Ma se scegliamo dei nomi che non vi piacciono?» chiese Ginny, terrorizzata.
«Noi ci fidiamo di voi: non potranno non piacerci» le rispose il Re.
 
*
 
Poco prima di pranzo, un’emozionata Lucy – che per l’occasione sfoggiava uno scialle dorato, omaggio della Signora Grassa – chiamò a sé Hermione e Caspian.
 
«Re e Regina di Narnia» disse «Venite a presentare, ad Aslan e a noi, vostra figlia»
Hermione e Caspian si fecero avanti; lui con la bimba in braccio.
«Che Aslan ti dia la sua benedizione e ti protegga sempre, piccola principessa» disse la Valorosa «Come si chiama l’Erede di Narnia?»
La madre di Hermione fece un sorriso imbarazzato:
«Jillian… Come la nonna!» disse, facendo sorridere sua figlia.
Quindi la McGranitt fece un passo avanti.
«Ecco… se io avessi avuto una figlia l’avrei chiamata… Keyra!»
Caspian le fece un cenno di ringraziamento con il capo.
Era il momento di Harry, Ron e Ginny: i due fratelli si guardavano in cagnesco.
Harry tossicchiò imbarazzato:
«Ecco, noi… dopo qualche discussione… avremmo deciso… Rosalind»
Lucy gli rivolse un sorriso radioso.
«Jillian Keyra Rosalind*, che Aslan ti protegga nel pericolo, ti sia vicino nel bisogno e ti sorrida nella gioia: perché il Suo sorriso possa guidarti e insegnarti il bene, perché tu non debba mai vacillare e perché la Suo esempio ti accompagni in ogni decisione che dovrai prendere. Narnia ringrazia il suo Creatore per averti data a noi. Voglia Aslan che tu sia una sovrana giusta ed equa, in futuro, e che tu possa portare alla tua casa amore, pace e prosperità»
A un cenno di Lucy, Hermione accese una candela con un tocco di bacchetta.
Sorprendendo Caspian, che conosceva a memoria le formole rituali, Lucy improvvisò il seguito:
«Che Aslan ci guardi e vegli su di noi. Che Aslan benedica questi due mondi che ha unito nelle persone del Re e della Regina di Narnia e che protegga questa bimba, frutto del loro amore»
La coppia si scambiò un’occhiata.
«Lucy…» balbettò Caspian «Non so se sono ancora il Re di Narnia…»
«Sciocchezze!» esclamò vigorosamente la sua più vecchia amica «Si è Re e Regine di Narnia per sempre!»
 
E, alle sue parole, la candela si spense dolcemente.
 
*
 
Quella stessa sera, Hermione iniziò a dare segni di insofferenza.
 
«Non vorremo mica rimanere murati qua dentro a vita?» chiese al marito «Non possono tenerci per sempre dentro l’infermeria di Hogwarts!»
Jane e Marcus avevano occupato una camera in una delle torri e al momento, dopo essersi sistemati, avevano preso con loro la nipotina addormentata.
Sebbene la McGranitt fosse molto disponibile, non era usuale che dei genitori pernottassero al castello come se fossero in vacanza, per cui ai Granger era stata chiesta una certa discrezione.
Marcus era rimasto incantato dalle armature che si muovevano, dalle scale che cambiavano direzione e dai quadri parlanti; aveva fatto la conoscenza di Nick-Quasi-Senza-Testa e Hagrid gli era subito diventato simpaticissimo.
Il fantasma di Grifondoro era venuto a conoscere la bambina (Non per vantarmi, ma ho detto a tutti i fantasmi del castello che io e Hermione siamo in ottimi rapporti! Davvero ottimi!) e aveva confermato che le creature magiche si erano riunite per vederla.
«Ma… perché?» aveva chiesto Hermione.
Nick l’aveva guardata come se fosse pazza.
«E me lo chiedi? Quella bambina unisce in sé due mondi!»
«Sì, ma… Voglio dire, come fate a saperlo?»
«Ma Hermione! La cometa!»
«Ma la cometa era solo… una cometa!»
Il fantasma aveva riso tanto che la sua testa si era quasi staccata dal collo, spaventando a morte Caspian.
«Solo una cometa? Questa è buona!!»
«E allora cos’era?»
«Cara…l’hai studiata l’astronomia, vero?» aveva ribattuto lui, presuntuoso «Lo sai che le comete non sono così…come dire… frequenti?»
«Certo che ho studiato l’astronomia! Ma tu cosa vuoi dire?»
«Che la cometa ci ha chiamati» rispose semplicemente lui «E noi le abbiamo risposto»
E non ci fu verso di farsi spiegare meglio la cosa: il fantasma continuava a ripeterlo come se fosse ovvio.
«Che sia questo, il passaggio di cui parlavano i Centauri?» chiese Caspian.
 
Ma anche quella era una domanda cui nessuno sapeva rispondere.
 
Hermione e Caspian ne stavano parlando, quando la porta si aprì con gran fracasso.
I due si voltarono subito, sentendo il rumore, e una pallidissima Jane Granger entrò nella stanza ansimando:
«Rosalind… La bambina è sparita!»
 
 
 
*JKR, ovviamente!


***
Buongiorno carissimi lettori!
Mi scuso infinitamente per il ritardo con cui posto questo capitolo: non ero a casa e non avevo il pc, spero abbiate visto l'annuncio su Facebook!
Per qualunque comunicazione vi ricordo che mi trovate - appunto - qui: https://www.facebook.com/Joy10Efp?fref=photo
Ma ho anche un profilo Fb: https://www.facebook.com/profile.php?id=100007339248477
E un blog: http://dreamerjoy.blogspot.it/
Detto questo, vi rubo solo un secondo soffermandomi sulla questione "nome". Ci ho pensato a lungo e, sebbene la mia cara gemella Susan fosse poco dell'idea, alla fine ho deciso per questo acronimo, che mi sembrava un giusto omaggio al genio dell'immensa Rowling!
Inoltre, sapete tutti che Hermione, nella saga, chiama sua figlia Rose: non ci allontaniamo troppo con Rosalind, che sarà il nome adottatto da tutti per la bambina :)
Detto questo, vi abbraccio!
Joy

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Capitolo 34
*** La preghiera ***


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La furia di una leonessa era nulla di fronte a quella di Hermione.
 
Il castello era stato battuto da cima a fondo da Maghi, Elfi e Fantasmi.
La McGranitt, l’intero corpo docenti e Hermione stessa avevano più volte lanciato Incantesimi di Localizzazione.
Ron pattugliava il castello con gli amici, lo stomaco stretto dall’ansia e una frase borbottata in continuazione:
«Accio Rosalind!»
«Ron!» ruggì Ginny al trecentesimo tentativo «Non è mica una scopa! Non puoi Appellarla così!»
«Chi l’ha detto?» si intestardì lui «Ti ricordi quando Vitious svolazzava in classe, quando provavamo gli Incantesimi di Appello, Harry?»
Harry non rispose, mentre con gli occhi scrutava ogni centimetro dei muri davanti ai quali passavano.
«Non credo che, chiunque l’abbia presa, l’abbia nascosta dentro un’aula…» fece Ginny «Sarebbe troppo stupido! A Hogwarts si hanno miliardi di possibilità in più di sparire!»
 
 
*
 
Era un pensiero comune.
 
La Preside aveva ordinato di far uscire tutti dalle Sale Comuni e aveva riunito gli studenti in Sala Grande mentre le Sale venivano perquisite a tappeto.
Davanti a un’attonita scolaresca in pigiama la Preside nominò una certa Lilliandil e intimò a chiunque la conoscesse di farsi avanti, pena l’espulsione immediata.
Tutti si guardavano attorno, confusi.
Un secondo appello – rivolto palesemente ai Serpeverde – scatenò ruggiti di protesta:
«Ve la prendete sempre con noi!» urlò una ragazzina del terzo anno, pallida e con il viso affilato «Non è giusto!»
«SILENZIO!» ruggì la McGranitt, furiosa.
Neppure Lumacorno osò parlare in difesa della sua Casa, mentre lei proseguiva:
«Alla fine della Prima Guerra Magica atti di ostilità e violenza sono proseguiti nel tempo. Non fingerò, nascondendovi ora il mio pensiero: se fossimo stati meno tolleranti allora verso lo strapotere, la falsità e l’arroganza di Serpeverde, forse tanto del male che abbiamo vissuto sarebbe stato evitabile. Ma io vi giuro oggi, per Merlino, che se solo osate ribellarvi alla pace, convinti come siete di valere di più di qualsiasi altro essere umano, smantellerò la vostra Casa e allora vedremo se sarete capaci di trovare un posto nel mondo, al di fuori della vostra stolta cerchia di illusi privilegiati!»
Quando l’eco dell’ultima sillaba svanì le facce dei Serpeverde erano terree.
Gli stessi docenti sembravano aver perso l’uso della parola: Vitious si era abbassato sulla sedia, quasi sparendo alla vista; alla Sprite erano caduti la mascella e il cappello.
I Prefetti della quattro Case si guardavano impauriti: mai la loro Preside era apparsa tanto furibonda.
 
Indifferente allo sconcerto generale, la McGranitt aggiunse:
«Daphne Greengrass, immediatamente nel mio studio!»
Tutta la sala si voltò a guardare la Serpeverde, inchiodata sul posto e pallidissima.
 
*
 
«Io non so nulla, lo giuro su Salazar!»
 
Daphne, in lacrime, ripeteva da mezz’ora di non conoscere nessuna Lilliandil.
La ragazza era seduta su una sedia rigida di fronte alla scrivania della Preside, dietro la quale erano schierati la McGranitt, Lumacorno e Vitious, quest’ultimo seduto su una pila di cuscini.
I tre, serissimi, la fissavano senza mostrare segni di compassione.
Lumacorno le tese un fazzoletto e attese che lei si soffiasse rumorosamente il naso, quindi disse:
«Daphne, questa è davvero una faccenda seria. Se sai qualcosa farai meglio a dirlo…»
«Non so nulla!» strepitò lei.
La McGranitt si sporse sopra la scrivania.
«Hermione ti ha vista e…» iniziò.
«E ovviamente la parola di una Grifondoro vale più di quella di una Serpeverde!» terminò astiosa Daphne, soffiandosi ancora il naso.
Gli occhi della Preside scintillarono minacciosi dietro le lenti.
«Magari, se volevate del credito, avreste dovuto pensare di guadagnarvelo» rispose, gelida «E comunque sì. Per rispondere alla tua domanda: mi fido di Hermione Granger»
«Ma non so perché accusa me!» strillò la Serpeverde.
 
In quel momento, la porta dello studio si aprì e quattro figure marciarono all’interno della stanza.
Di fronte allo sguardo gelido di Hermione, Daphne si mosse a disagio sulla sedia: gli occhi dell’altra sembravano trapassarla.
Per anni, Hermione era stata il bersaglio di scherzi più o meno pesanti dei Serpeverde, ma in quel momento Daphne si trovò a pensare a tutte le qualità che si sapeva Hermione avesse: era intelligente ed era la migliore di tutti loro.
O, in altri termini: se l’avesse presa di mira, come poteva sperare di cavarsela, contro una così?
Hermione poteva tenere testa a chiunque.
Daphne si fece piccola sulla sedia mentre l’altra le marciava contro.
Arrivata a un passo dalla sua sedia, Hermione disse solo:
«Dov’è?»
«Io… Io non so di che parli» balbettò la Greengrass.
A Hermione si affiancò Caspian e Daphne – che per mesi aveva malignato sulla fortuna toccata alla Grifondoro – ora aveva tutto tranne che il desiderio di rimirare il bel marito dell’altra.
Entrambi non avevano espressioni rassicuranti.
«Parlo di Lilliandil» rispose Hermione, con una voce dura che Daphne non le aveva mai sentito «E non farmi perdere tempo: l’ho vista con te, due giorni fa, in classe. Eravate nel corridoio del terzo piano»
Daphne parve confusa.
«Non puoi averla vista con me! Io non conosco nessuna Lilliandil!»
«Bionda, alta, riccia» scandì Hermione.
L’altra annaspò.
«Conosco almeno una decina di ragazze che corrispondono a questa descrizione! Persino mia sorella Astoria!»
«Bè, non era Astoria! E Lilliandil non appartiene a Hogwarts!»
«Ma io non so di chi parli! Lo giuro!»
 
Caspian intervenne, posando una mano sul braccio della moglie.
Hermione non si era fermata un attimo da ore, da quando avevano saputo che la loro bambina era sparita.
Jane Granger, disperata, aveva raccontato loro che lei e il marito avevano posato la piccola in una culla nella loro torre, appena il tempo necessario per andare a rinfrescarsi un momento.
Erano tornati in camera nel giro di pochi minuti, ma la culla era vuota.
Vista l’inutilità degli incantesimi tentati, la signora si era abbandonata alla disperazione e Madama Chips aveva dovuto somministrarle un Decotto Rilassante.
Hermione non intendeva certo infuriarsi con i genitori, tuttavia non aveva tempo di fermarsi a rassicurarli: sia lei che Caspian erano certi che il rapimento fosse stato orchestrato da Lilliandil e il terrore che lei avesse una strada per tornare a Narnia, portando via la piccola, li aveva spinti a gettarsi freneticamente nelle ricerche.
Adesso, con Harry e Ron al fianco, Caspian circondò la vita della moglie con il braccio, riflettendo su come la tensione la mantenesse vigile e ricettiva malgrado la stanchezza.
Le accarezzò dolcemente i capelli, quindi intervenne:
«Forse non la conosci come Lilliandil»
Tutti, compresa Daphne, lo guardarono perplessi.
Lui spiegò:
«Voglio dire: se Lilliandil è qui da mesi, magari si è creata una falsa identità e tu la conosci come una studentessa di Hogwarts»
«Che vuol dire “qui da mesi”?» obiettò Daphne, perplessa.
Nessuno, però, le prestava ascolto.
«Ma noi conosciamo i nostri studenti!» obiettò Lumacorno.
«Tutti? In una scuola così grande?» chiese Caspian.
«Certo!» squittì Vitious «Per noi è un punto d’onore!»
Il Re scosse il capo.
«Ascoltate, Hermione due giorni fa ha visto Lilliandil in una classe con altre ragazze. Ma nessuno, quando la professoressa McGranitt ha chiesto di lei, ha ammesso di conoscerla. Quindi: o la scolaresca intera copre Lilliandil – e non vedo come sia possibile – oppure non la riconoscono perché la considerano una di loro»
Tutti si scambiarono occhiate cupe.
«Va bene» assentì la Preside «Diciamo che potrebbe essere… Daphne, che lezione hai a metà del pomeriggio di mercoledì?»
«Antiche Rune» balbettò lei.
«E con chi sei in classe? Con chi ti sei fermata a parlare dopo lezione?»
Lei aggrottò la fronte.
«Pansy. Millicent. Astoria era con noi perché la aiutiamo a ripassare per i G.U.F.O.. Amanda. Ceara. E forse Eliza, mi pare»
«Pansy Parkinson?» chiese Lumacorno «E Millicent Bulstrode?»
Daphne annuì.
«E le altre?»
«Amanda Liarest, Ceara O’Neall ed Eliza Thurston»
«Eliza la conosco» intervene Vitious «L’anno scorso simpatizzava molto con i Mangiamorte»
La sua espressione disgustata la diceva lunga su quello che pensava della ragazza.
«E Ceara non è quella che a Trasfigurazione ha preso per quattro volte di fila una T?» si chiese la McGranitt «Sì, è lei. Una caso senza speranza. Per cui…»
«Chi sarebbe questa Amanda?» chiese Hermione «Io non l’ho mai sentita!»
«Sì, invece» intervenne Harry «Si è… incrociata… con Ginny, qualche volta»
Dove “incrociata” chiaramente voleva sottintendere degli incontri poco pacifici.
«Ma Amanda è qui da sempre!» si oppose Daphne «Io la conosco… Bè… da sempre!»
Ma la sua voce sfumò in un borbottio insicuro.
«Da quando, scusa?» la incalzò Hermione.
«Da… da sempre! Insomma, ci conosciamo tutti da sempre!»
«Mi sembra un’affermazione quantomeno vaga» commentò, sprezzante, la giovane madre.
«Bene» si schiarì la voce la Preside «Horace, ti dispiace portare qui Amanda Liarest, per favore?»
Lumacorno annuì, ma non fece in tempo a muoversi perché si udì bussare alla porta.
 
La McGranitt gridò di entrare e sulla soglia comparve, pallidissimo, Draco Malfoy.
 
*
 
Per un attimo, rimasero tutti senza parole.
 
Draco si guardò attorno, nervoso.
Quindi, Lumacorno si schiarì la voce:
«Sì, signor Malfoy?»
Draco esitò, poi guardò Harry e disse:
«Vorrei… Vorrei parlare con Potter, signore. Da soli»
Harry corrugò le sopracciglia.
«Se hai qualcosa da dire su questa incresciosa vicenda, Malfoy, la dici a tutti!» esclamò la Preside, secca «Se no, noi non abbiamo tempo da perdere, al momento!»
Ma Draco non si mosse.
Tenne lo sguardo fisso su Harry, il quale dopo un attimo disse:
«Va bene»
Si mosse verso la porta e Ron gli fu subito accanto.
«Vengo con te» si limitò a dire.
 
Quando uscirono, la porta si chiuse alle loro spalle.
In silenzio, i tre scesero per le scale a chiocciola: Draco guidava la fila.
Ron, perplesso, arricciò il naso.
Malfoy li condusse in un’aula vuota del piano.
Harry fece per entrare, ma Ron gli si parò davanti con la bacchetta sguainata.
«Non sto cercando di assassinare Potter, se vuoi saperlo» gli disse Malfoy, velenoso.
«Sarà meglio per te» borbottò Ron, esaminando con gli occhi l’aula.
Harry entrò per ultimo, sigillò la porta con la magia e impose un Muffliato alla stanza.
«Va bene, ora non può sentirci nessuno» iniziò «Cosa volevi dirmi?»
 
Per essere uno che era andato a cercare il suo interlocutore, Malfoy sembrava stranamente a disagio.
Aprì bocca un paio di volte, senza però dire nulla.
Quindi, a sorpresa, chiese:
«Ehm… La Granger ha per caso… ehm… partorito una bambina?»
Harry e Ron si scambiarono un’occhiata.
«Per caso, sì» rispose il primo «E tu come fai a saperlo?»
Malfoy deglutì, sotto gli sguardi furiosi dei suoi nemici di sempre.
«Io l’ho… Sentito dire in giro…» balbettò.
«Che strano» commentò Ron «Sai, non è una notizia che abbiamo diffuso in giro»
«Eh, io… Io ho sentito che…»
Draco non terminò la frase, per cui Harry disse:
«Malfoy, cosa diavolo vuoi? La nostra migliore amica ha appena perso sua figlia e noi non abbiamo tempo di stare qui a sentire te che balbetti. O ci dici cosa vuoi oppure…»
«Io so che la bambina è sparita» disse Draco d’un fiato.
Gli altri due lo inchiodarono con lo sguardo.
Draco si mosse, a disagio, poi proseguì:
«Potter io… io ti devo un favore. Per quello che hai fatto al processo, per me»
Harry batté le palpebre.
«No» rispose «Non mi devi nulla. L’ho fatto perché lo ritenevo giusto»
Malfoy arrossì, chiaramente a disagio.
Era chiaro che pronunciare quelle parole gli costava molto.
«Ti sono debitore» disse, secco «E io sono uno che paga i suoi debiti. Non rendermelo più difficile, per favore»
Harry si strofinò la fronte, involontariamente.
«È per gratitudine che mi hai lasciato prendere quel Boccino, alla partita?» chiese.
Ron sbuffò, ma con sua sorpresa Malfoy arrossì ancora di più e assentì con il capo.
«Cosa?!» esplose Ron «Ma sei pazzo, Malfoy? Ma ti pare che Harry (o qualunque Grifondoro, per la verità!) voglia vincere… perché glielo lasci fare tu?!»
Malfoy, rosso come un peperone, annaspò:
«Io… io ho pensato…»
«Non farlo mai più» disse Harry, secco «O la prossima volta ti butto giù dalla scopa! Ma comunque il Quidditch non è importante, ora. Dov’è Rosalind? Ne sai qualcosa?»
Draco deglutì, poi iniziò a parlare velocemente:
«Ecco… Dopo il nostro discorso dell’altra volta ho chiesto un po’ in giro… Ma nessuno sapeva dirmi nulla, tra i Serpeverde»
«Magari perché non sei più il preferito tra le Serpi, ci hai pensato?» chiese Ron, polemico.
Draco gli rifilò un’occhiataccia.
«Ho tenuto gli occhi aperti… E ho notato qualcosa di strano. Secondo me, c’è qualcuno che muove le fila di nascosto, senza esporsi troppo… E questo qualcuno ha come bersaglio Hermione»
Harry e Ron si scambiarono un’occhiata.
«Ma… Hermione non è stata l’unica vittima» obiettò il secondo «Sicuro che il bersaglio non sia magari…»
«Magari?»
«…Harry?»
«Io?!» fece quest’ultimo, rimasto di sasso «Ma sei matto, Ron?»
«Harry, tu hai sconfitto Voldemort! Tu sei il Prescelto! Se sono stati i Serpeverde, mi sembra logico!»
«Non sono stati i Serpeverde» intervenne Draco, categorico.
«Cosa?» Ron lo guardò truce «È ovvio che tu dica così, ma…»
«Non è ovvio affatto, Weasley! Ma se usassi il cervello lo capiresti anche tu. Cosa ci guadagneremmo dalla morte di Potter?»
«La gloria tra le vostre file di deviati mentali?»
«Saremmo processati! E incriminati!» la voce di Draco salì di tono «Chiunque tocchi il Prescelto sarà ostracizzato dalla Comunità Magica! Pensi che siamo stupidi? Nessun Serpeverde lo toccherebbe con un dito perché sappiamo benissimo che saremmo i primi a essere accusati!»
Ron sbuffò.
«Va bene, diciamo che potrebbe avere senso… Ma per Hermione vale lo stesso. Anche lei è un’eroina della Guerra Magica!»
«Certo. Per questo dico che non è stato un Serpeverde»
«E allora chi?»
«Chi è questa Lilliandil che la Preside sta cercando?»
Alla domanda di Draco, i due amici si scambiarono un’occhiata, poi Harry scosse il capo.
«Mi spiace, Malfoy, ma non possiamo rispondere a questa domanda»
«Va bene, dimmi solo questo: non appartiene a Hogwarts, vero?»
«No. Come lo sai?»
«Perché… credo di aver capito dove si nasconde»
 
*
 
Neppure un quarto d’ora dopo, Harry, Ron e Malfoy uscirono dall’aula.
 
Si stavano dirigendo verso lo studio della Preside, quando da un corridoio sbucarono Hermione e Caspian.
Hermione fissò gli amici con occhi imploranti.
Si vedeva che era stremata, ma che si reggeva in piedi per forza di volontà.
Persino a Draco fece un po’ pena.
Caspian non stava meglio della moglie.
Lanciò un’occhiata a Draco, ma si limitò a dire:
«A quanto pare, nessuno riesce a trovare questa Amanda Liarest tra i Serpeverde»
«Non ci sono Serpeverde che si chiamano così» disse Draco.
Tutti si voltarono a guardarlo.
«Ma l’ha detto Daphne» rispose Hermione «Dice che era in classe con lei»
Malfoy li fissò, uno a uno.
«Mai sentita… E non ci sono Serpverde che io non conosco! Tantomeno in classe con Daphne!»
«Non raccontarci le tue conquiste Malfoy, per favore!» borbottò Ron.
Caspian, però, intervenne con foga:
«E se fosse Lilliandil? Se avesse assunto una falsa identità per girare a scuola e…»
«Ma come farebbe a farsi scambiare per una studentessa dagli studenti stessi?» obiettò Ron «Voglio dire: io so che i miei compagni di dormitorio sono Harry, Dean, Seamus e Neville! Non è che se domani ne spuntasse un altro mi sembrerebbe normale!»
«No» si intromise Draco «A meno che tu non sia vittima di un incantesimo»
Un silenzio pesante accolse quelle parole.
«Mi sembra un incantesimo bello potente» commentò Harry, dopo un po’.
Ma, a quel punto, fu Hermione a fare un passo avanti.
«Draco, ti prego» gli disse «Mia figlia è sparita. Ti prego, se puoi, aiutaci!»
Malfoy sembrò il più sbalordito di tutti, sentendo quell’accorata supplica.
Divenne di nuovo rosso come una Puffola e balbettò qualcosa di inintelligibile.
Ron sbuffò, alzando gli occhi al cielo, ma fu Harry a parlare:
«Hermione… dobbiamo dirti una cosa. Non ucciderci, ti prego»
 
Quando la ebbero messa rapidamente al corrente degli attentati, ci mancò poco che lei non esplodesse davvero.
«Siete… Siete degli… degli idioti!» ruggì, tanto forte che l’occupante di un quadro del corridoio corse a nascondersi in un’altra tela «E tu, Caspian! Da te non me lo sarei mai aspettata! E dire che a Natale ti ho chiesto di dirmi se qualcosa non andava, perché mi sembrava di essere diventata una paranoica!»
All’improvviso, Harry, Ron e Draco assunsero l’aria di chi avrebbe preferito essere ovunque piuttosto che di fronte a una lite coniugale.
Il Re, invece, prese una mano della moglie e le disse:
«Hermione, ti prego, cerca di capire: non volevamo che ti spaventassi, sapendo che tu e la bimba potevate essere in pericolo. So che odi essere tenuta all’oscuro delle cose e ti giuro che ho un’enorme stima di te e delle tue capacità… Ma mettiti nei miei panni! Eri incinta! Cosa volevi che facessi?»
Lei gli rivolse un’occhiataccia.
«Volevo che ne parlassi con me!»
«Volevo proteggerti! E non dire che non ti saresti buttata a capofitto nella situazione, perché ti conosco!»
«Humpf» rispose lei «Non finisce qui. Ma adesso dobbiamo pensare a Rosalind!»
«Giusto!» intervenne Harry precipitosamente, per evitare a Hermione di inveire ancora contro tutti loro «Allora: analizziamo i fatti. Il primo incidente – chiamiamolo così – è avvenuto a te, a lezione di Incantesimi. E a lezione con noi c’erano Neville; Padma Patil, Michael Corner e Anthony Goldstein di Corvonero; Ernie Macmillan e Susan Bones di Tassorosso e di Serpeverde Malfoy, Pansy Parkinson e Daphne Greengrass»
«Poi» continuò Ron «Luna ha bevuto del liquore avvelenato a casa di Hagrid, dopo la partita di Quidditch contro Serpeverde»
«E poi Ron ha aperto la busta indirizzata a Hermione alla Tana, a Natale… e si è quasi strozzato con una Maledizione Strozzagola»
(«Humpf!» fece di nuovo Hermione).
«E abbiamo interrogato Hannah Abbott, perché la grafia sulla busta era la sua… Ma lei giura di non essere stata. Dice che Susan Bones le aveva proposto di fare i regali di Natale assieme, a Hermione, Calì, Padma e Neville»
«In ultimo, di ritorno dalle vacanze, sull’Espresso di Hogwarts a Harry hanno consegnato un pacco con dentro una volpe morta» concluse Ron, funereo.
Lanciò un’occhiata a Hermione, ma lei non sembrava pronta ad aggredirli, per cui si rilassò un poco.
Dopo un attimo di silenzio, lei commentò:
«Susan Bones compare due volte»
Draco sbuffò.
«Susan Bones non mi sembra un’avvelenatrice»
«E Daphne?» chiese Ron «A lezione di Incantesimi c’era…»
«Daphne ha il cervello di un Vermicolo» commentò spiccio Malfoy.
Harry sorrise.
Persino Ron dovette trattenersi dal ridere.
«Quindi?»
«Mmmm…» fece Draco, pensoso «Ditemi qualcosa in più su questa Lilliandil»
Fu Caspian a parlare:
«Non sembra umana: ricorda una fata. È leggiadra e avvenente, ma ha una bellezza fredda e asettica. È presuntuosa e infantile, ma anche cattiva se le si fa un torto»
«Sì» convenne Ron «Ed è anche una pazza pericolosa»
Malfoy sembrava concentrato.
«Molto bella? Tipo una Veela?»
«Sì» disse Hermione, asciutta.
«Perché, sapete… un mesetto fa Zabini si è vantato con me di aver avuto una storia con una Corvonero… Dice che è splendida e che è un peccato non averla notata prima… Un po’ frigida, però»
«Ehi!» lo riprese Caspian «Astieniti da certi commenti davanti a mia moglie!»
«Scusa… Stavo riportando le parole di Blaise… Certo che io non ricordo Corvonero così belle»
«Daphne Greengrass non frequenta Corvonero, che io sappia» intervenne Hermione.
«No… Ma torniamo al punto di partenza: se questa Lilliandil si è infiltrata a scuola, credete davvero che alloggerebbe in una delle Case? Insomma, Weasley ha ragione: ci accorgeremmo tutti se all’improvviso apparisse una nuova compagna di dormitorio… Soprattutto, se è figa, ce ne accorgeremmo noi maschi!»
Persino Ron non trovò nulla da obiettare a quella frase.
Quando a scuola Fleur Delacourt era stata ospite per il Torneo Tremaghi, i maschi se ne accorgevano, eccome!
«Va bene» disse Caspian «Ammettiamo che Malfoy abbia ragione… come si chiama questa ragazza di Corvonero?»
«Qualcosa come… Duilla? Dusilia? Drusilla?»
Ma tutti scossero il capo.
«Mai sentita» fece Harry.
«Come Amanda Liarest… Esiste, ma non la conosce nessuno?»
A quel punto intervenne Harry:
«A questo proposito, Draco ci ha raccontato una sua teoria… Che mi sembra molto interessante»
Tutti si volsero a guardare il Serpeverde, che si affrettò a dire:
«Quando Potter mi ha chiesto se sapevo qualcosa a proposito degli incidenti avvenuti ho iniziato a guardarmi intorno e a fare domande… E ho notato qualcosa: la Stanza delle Necessità non funziona più»
«Sì… Non funziona più da…» Hermione non terminò la frase, ma il marito annuì brevemente per dimostrarle che aveva capito.
La Stanza non funzionava da quando Hermione era tornata da Narnia.
«Io l’ho usata molto al sesto anno» riprese Draco «Ma adesso non riesco ad aprirla. E non ce la fanno neppure gli Elfi, con la loro magia: ho chiesto ad alcuni di loro di provare a trasformarla in qualunque cosa… Ma niente. Non ce la fanno. E la magia degli Elfi è potente, sapete»
«Lo sappiamo» fece Hermione, stanca «Ma tutti questi discorsi a cosa servono?»
Draco la guardò, come se fosse stupito che lei non ci arrivasse.
«Bè… La magia di Hogwarts non apre la Stanza. Quindi, immagino che dentro ci sia qualcuno che non appartiene a Hogwarts, che impedisce alla Stanza di funzionare correttamente»
 
*
 
Erano tutti e cinque davanti al muro che nascondeva la Stanza delle Necessità, in silenzio.
 
Provò Harry, provò Draco, provò Ron.
Provarono anche Caspian e Hermione, ma nessuna porta si materializzò per loro.
Nessuna richiesta sembrava risvegliare la magia della Stanza.
«Forse è solo un muro…» bisbigliò Caspian.
«No» si oppose Draco, con forza «Non è solo un muro. Io lo so! Ma non ho idea di che razza di magia possa fare una cosa del genere a Hogwarts! Per Salazar Serpeverde… Non ci credo!»
«Ehi…» intervenne Harry all’improvviso «Hai ragione, Malfoy!»
«Ah… ho ragione… che novità!» rispose quello.
Ma Harry, ignorandolo, si diresse verso il muro, poggiandovi sopra le mani.
«Apriti!» urlò, facendo trasalire tutti «Apriti, ti prego! Abbiamo bisogno di aiuto!»
«Ehm… Harry?» fece Ron, dopo un attimo.
«Lo Sfregiato è impazzito» disse Malfoy, con solo un’eco dell’antico sprezzo nella voce.
«No, non capite!» disse Harry «A Hogwarts chi chiede aiuto lo ottiene sempre, ricordate?»
Picchiò con i pugni sul muro, ma non accadde nulla.
«Harry…» provò a dire Ron «Forse… Forse da quando Silente non c’è più… Non funziona più. Non c’è nessuno ad aiutarci…»
«No! La magia esiste ancora a Hogwarts, anche se Silente… Anche se Silente non c’è più! Io ci credo ancora!»
Harry si voltò con foga verso gli altri, registrando le loro espressioni: compassionevole quella i Ron, imbarazzata quella di Draco.
Caspian sembrava perplesso.
Ma Hermione…
«Hermione!» fece Harry, improvvisamente allarmato «Che succede?»
 
Lei guardava nel vuoto, con gli occhi sbarrati.
Caspian le prese una mano, ma lei non reagì.
«Hermione» il re la prese tra le braccia, spaventato «Cosa succede, piccola?»
E, all’improvviso, lei alzò sui quattro una sguardo radioso che li lasciò sconcertati.
«Oh… Oh, Harry!» bisbigliò, euforica «Sei un genio! Oh, ma come, come ho potuto non capirlo?»
«Che... Che cosa?» balbettò Ron.
«Che sempre troveremo aiuto, se lo chiediamo» sorrise lei.
«Ma… Ma non funziona!»
«Oh, sì che funziona» bisbigliò lei «Funziona, se sai a chi rivolgerti»
E, detto questo, si sciolse delicatamente dall’abbraccio del marito e si avvicinò al muro.
Posò le mani sulle pietre e disse:
«Aslan, ti prego, vieni in nostro aiuto! Ti scongiuro, aiutaci a ritrovare nostra figlia! Non permettere che il male vinca… Non lasciarci soli, ti prego!»
 
Per un attimo non accadde nulla.
«Eh… Chi sarebbe Aslan?» chiese, perplesso, Malfoy.
Caspian teneva gli occhi fissi sulla moglie, ammutolito.
La commozione gli chiudeva la gola.
 
E poi, accadde.
 
Il boato di un fulmine, assordante, riempì il corridoio.
Tutti si ripararono le orecchie con le mani.
Quando tornò il silenzio, una porta era comparsa nel muro.
Hermione la spinse con la mano, lievemente, e quella girò sui cardini.
 
La Stanza delle Necessità era di nuovo aperta.



***
Scusate!!!!
Sono in ritardo, lo so e me ne scuso, ma volevo assolutamente ricontrollare tutti i particolari per non cadere in contraddizioni!
Non vi faccio perdere tempo; vi ricordo solo che mi trovate su Facebook a questa pagina:
 https://www.facebook.com/Joy10Efp
Se volete chiedermi l'amicizia, invece, ecco il mio profilo: https://www.facebook.com/profile.php?id=100007339248477
Detto questo... Manca poco alla fine della storia!
Sto scrivendo il seguito ma temo che non inizierò subito a postarlo perchè sono indietro... Concentrazione, vieni a me!!!
Magari durante le vacanze produco di più...
Fatemi sapere cosa pensate della storia!
Vi abbraccio,
Joy

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Capitolo 35
*** La chiave per Narnia ***


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Hermione fece capolino sull’uscio che si era appena aperto.

 
La Stanza delle Necessità era buia e silenziosa.
«Aslan?» mormorò la ragazza, muovendo un passo all’interno.
 
All’improvviso, due braccia forti la trassero indietro, facendola sussultare.
«Hermione!» esclamò Caspian, stringendosela contro «Non provarci nemmeno! Non sarai certo tu a entrare per prima lì dentro!»
Sorprendendo Harry e Ron, che conoscevano bene il carattere dell’amica e si aspettavano un’esplosione da parte sua, lei si limitò a scuotere il capo, mormorando:
«Sempre cavaliere, vero? Bè, non se ne parla: nemmeno tu vai per primo»
«Usiamo Malfoy come esca?» chiese Ron, speranzoso.
Il Serpeverde parve davvero spaventato, per un attimo, ma Harry si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
«Andiamo noi due… Hermione, magari tu non dovresti venire, visto che hai partorito due giorni fa. Se resti e avvisi Ginny…»
«Harry Potter!» lo interruppe lei, gelida «Mi stai forse suggerendo di fregarmene di mia figlia?»
«Ecco, appunto» rispose lui, mesto «Come non detto. Draco, per favore… spiegheresti tutto alla McGranitt e a Ginny e poi le condurresti qui?»
Malfoy storse il naso.
«Non sono mica il tuo Elfo Domestico, Potter! Solo perché ti dovevo un favore non significa che…»
«Ma il favore lo hai fatto a me e a Caspian» lo interruppe Hermione «Perché? E comunque, non avresti ripagato Harry minimamente, rispetto a quello che lui ha fatto per te… Ma ripeto: non hai fatto un favore a lui»
Draco parve colto in contropiede.
Annaspò e, improvvisamente, arrossì.
Con gli occhi di tutti addosso, agitò i piedi a disagio e poi balbettò:
«Quando ho sentito che una bambina era sparita… Ho pensato… Voglio dire…»
Distolse gli occhi da quelli di Hermione e poi mormorò:
«Mi dispiace… per quella volta a Villa Malfoy… Quando tu… Quando Bellatrix…»
Hermione annuì.
«Non hai detto a tua zia che ero io, comunque» disse.
Draco parve ancora più a disagio.
«Sì… però lei… Però tu…»
«Sì» intervenne Ron, con aria schifata «Però Hermione è stata torturata da quella fuori di zucca di tua zia… Lo sappiamo. E ora vai dalla McGranitt, prima che ti ci mandi io a calci!»
Malfoy mosse un passo, poi disse:
«E se sparite? Cosa dico alla Preside?»
Harry sfoderò la bacchetta.
«Che torneremo» rispose «Noi torniamo sempre»
 
*
 
La luce delle bacchette di Harry e Ron illuminava una stanza buia e vuota.
 
I due amici alzarono le bacchette in alto, ma la loro luce quasi si perdeva in quell’oscurità fitta e pesante.
«Harry? Ron?» li chiamò Hermione dalla porta.
«Qui non si vede nulla…» fece Ron, muovendo il braccio velocemente per illuminare una zona più ampia.
Ma le tenebre erano talmente fitte che la luce si disperdeva subito.
«Aspettate…» disse Harry «Hermione, Caspian: restate lì. C’è qualcosa di strano qui dentro»
«Cosa?» domandò lei, ansiosamente.
«È vuota… ma non nel senso che non ci sono cose. Nel senso che c’è proprio… il vuoto»
La bacchetta di Hermione si accese, dietro di loro: l’amica cercava di aiutarli a penetrare le tenebre.
Ma, sebbene i due avessero mosso solo qualche passo, sembravano lontanissimi.
«Se usassimo un Incantesimo Incendio?» borbottò Ron, nervoso.
«E se diamo fuoco a tutto?» rispose Harry «Ti ricordi cosa è successo l’ultima volta, proprio qui dentro?»
«Uff…» sbuffò Ron, quindi si schiarì la voce:
«Ehm… Signor Aslan?» chiamò «Aslan? È qui? Ci sente?»
Ma nessuno rispose.
 
Dopo un attimo, sulla porta, Caspian strinse la mano di Hermione e poi mosse un passo all’interno della Stanza.
Lei gli afferrò il braccio, spaventata.
Sapeva che il marito era valoroso e fiero, ma di fronte alla magia poteva fare ben poco.
Eppure, quando Caspian le strinse la mano e mosse un paio di passi all’interno della stanza, qualcosa cambiò.
 
L’aria tremolò leggermente, come mossa da una brezza leggera.
Come scaldata da un fuoco.
Il fruscio come di vento tra le foglie fece alzare le bacchette ai maghi, ma ancora non si vedeva nulla.
Eppure, più Caspian avanzava nella Stanza, più l’aria e i rumori cambiavano.
E poi iniziò a intravedersi la luce: dal pavimento, sotto gli stivali del re, si diffuse un chiarore che divenne luce, crescendo in intensità.
La luce da bianca divenne grigia, grigia come la pietra che i quattro ora calpestavano.
Il buio si fece chiarore, poi luce bassa di un giorno plumbeo.
I confini della Stanza svanirono, lasciando spazio a un panorama che si stendeva lontano, più lontano di quanto lo sguardo poteva cogliere.
Harry e Ron trattennero il fiato mentre Caspian avanzava fino a uno sperone di brulla roccia.
Al suo fianco Hermione, con la bacchetta stretta in una mano e l’altra con le dite intrecciate a quelle del marito.
«Ma… miseriaccia!» mormorò Ron, dopo un attimo «Ma cosa succede? Dove… Dove siamo?»
«A Narnia» rispose Caspian con voce piana «Siamo a Narnia»
 
*
 
«La Stanza delle Necessità è un portale» ripeté Ron, per la trecentesima volta.
 
Harry scosse il capo.
«Ron, la Stanza delle Necessità è tante cose» rispose «E sappiamo che Hermione è passata di lì per tornare a Narnia la seconda volta»
«Ma non funzionava più!» si oppose l’amico «Ci abbiamo provato e riprovato e neppure la magia è servita ad aprirla!»
«Eppure… Si è aperta. Forse è stato… Aslan?»
Hermione annuì.
«Sì, penso sia stato Aslan… E in parte anche Caspian»
Il marito la guardò perplesso.
«Io?» chiese «Ma… Io non ho fatto nulla. Io non ho magia…»
Lei scosse il capo.
«Caspian, non è vero: la Magia di Narnia scorre in te. Aslan ha ascoltato la mia preghiera e ha permesso alla Stanza di aprirsi, ma sei tu che l’hai fatta mutare. Penso che, alla fine, la chiave per Narnia fossi semplicemente tu…  Avrei dovuto capirlo subito!»
Lui pareva incredulo.
«Ma… Se fossi stato io la chiave avrei potuto aprire la Stanza mesi fa!»
Hermione parve riflettere, poi disse:
«Penso che Draco avesse ragione: una magia diversa da quella di Hogwarts bloccava la Stanza delle Necessità; altrimenti Harry, o gli Elfi, o chiunque di noi avrebbe potuto aprirla. È una magia estranea… Ma nessuna magia è più potente di quella di Aslan. Però… Credo che la Stanza in sé restasse la Stanza delle Necessità, una volta aperta. Voglio dire: è la magia che permette alla Stanza di cambiare, ma noi non sappiamo quale sia la sua natura originale. Nessuno sa che forma abbia la Stanza quando dentro non c’è nessuno e nessuno la sta usando. Ma appena ci sei entrato tu… La Stanza è diventata Narnia!»
«Sì» bofonchiò Ron «Fantastico… Peccato che poi sia sparita!»
 
Attorno a loro, in ogni direzione, si stendevano terreni e cielo, ma non c’era più traccia del passaggio per Hogwarts.
E se Harry e Ron si guardavano affannosamente attorno, Hermione non parve neppure prendere in considerazione l’idea:
«La prima volta che sono arrivata a Narnia, attraverso l’Armadio, il portale scomparve appena io passai. Non starei a perdere tempo dietro qualcosa che non potete trovare»
«Lieti che tu la prenda così bene» bofonchiò Ron, che all’idea di trovarsi in un altro mondo non era affatto tranquillo.
«Ron, solo Aslan può rimandarvi a casa» rispose Hermione «Te l’ho spiegato, sai come funziona qui»
Harry inspirò bruscamente:
«Aslan ti conduce a Narnia se c’è bisogno di te»
Hermione annuì:
«Esattamente»
Quindi si volse verso il marito e, abbracciandolo, gli bisbigliò:
«Ce l’hai fatta… Ci hai riportati a casa!»
Lui sembrava ancora incredulo.
«Ma dov’è Aslan?» chiese.
Lei sorrise, radiosa:
«Lo sai dov’è» rispose «È con noi!»
 
*
 
Stavano camminando da una buona mezz’ora.
 
Caspian guidava gli amici in silenzio: automaticamente, senza bisogno di consultarsi con nessuno, aveva diretto i suoi passi verso l’imponente castello che torreggiava contro lo sfondo di un cielo grigio e pesante.
Hermione aveva annuito con un sorriso.
La sua mano era intrecciata a quella del marito.
I quattro avanzavano in silenzio, non troppo velocemente per non affaticare Hermione.
Pur essendo reduce dal parto, lei non si lamentava di nulla.
Caspian non le aveva chiesto di restare indietro perché sapeva che lei lo avrebbe considerato una mancanza di rispetto: non c’era nulla, al mondo, che potesse impedire a Hermione di essere in prima linea nella ricerca di sua figlia.
Eppure… Caspian sapeva cosa li attendeva.
Certo, Hermione e i suoi amici avevano le bacchette magiche, ma erano comunque tre contro un esercito che aveva decimato le truppe di Narnia.
Al ricordo dei mostri che avevano invaso la sua casa, Caspian sentì il corpo bruciare, come se di nuovo gli venissero inflitte quelle ferite maledette.
La sua mano strinse quella della moglie.
Lei si volse a guardarlo con un sorriso e, di nuovo, di fronte alla fiducia di lei, il Re si sentì inadeguato.
«Non c’è nulla che vorrei più di saperti al sicuro» bisbigliò lui.
Sua moglie scosse il capo.
«Il mio posto è accanto a te» rispose, semplicemente.
 
Dopo qualche minuto Harry disse:
«Avevo capito che Narnia era una terra di colore e luce»
E, in effetti, il paesaggio era brullo e pietroso al punto che persino Hermione aveva stentato a riconoscere la terra del marito: non fosse stato per Cair Paravel, avrebbe detto che non si trovavano affatto a Narnia.
Il verde, i fiori, le piante… tutto era sparito.
Persino il cielo era plumbeo, come se quella terra non conoscesse più il sole.
Caspian sospirò.
«Credo siano quei soldati… Da quando sono apparsi il cielo si è oscurato…»
«A proposito…» intervenne Ron «Quando pensate che ci piomberanno addosso? Non siamo così lontani, ormai»
Aveva adottato un tono volutamente spavaldo, ma chiaramente era nervoso.
I tre maghi impugnavano le bacchette per non perdere tempo ad estrarle dalle vesti.
Harry si fermò e si liberò del mantello.
«Che fai?» chiese Ron.
«Un impiccio in meno» rispose il suo migliore amico, sbrigativo «Ora, senza voler perdere troppo tempo: restiamo uniti. Nessuno si esponga in modo stupido: dobbiamo sfruttare il vantaggio datoci dalla magia. Caspian, dico soprattutto a te: non fare mosse avventate e resta con noi. Gli atti eroici tendono a diventare difficili da proteggere ed è meglio se non ci distraiamo troppo»
«Sentitelo» bofonchiò Ron «Non è lui quello scappato nella Foresta per farsi uccidere da Voldemort senza dire nulla ai suoi migliori amici?»
Ma nella sua voce c’erano orgoglio e affetto.
Harry sorrise.
«Ecco, appunto, volevo dire proprio questo: nessuno faccia come me!»
Hermione rise.
Anche lei e Ron si liberarono dei mantelli lunghi, quindi Harry disse:
«Una spada per tuo marito, Regina di Narnia?»
Lei annuì e mosse la bacchetta senza bisogno di pronunciare ad alta voce l’Incantesimo di Evocazione.
Ed ecco una spada scintillante materializzarsi nell’aria, davanti al Re di Narnia.
Caspian allungò la mano e impugnò l’elsa.
Appena sfiorò con la mano la spada, quella emanò un’accecante luce rossa che si diffuse nel cielo sopra di loro.
«Miseriaccia!» fece Ron, sbattendo gli occhi «Che cavolo hai fatto, Hermione?!»
«Niente!» rispose lei, altrettanto stupita «Ho Evocato una spada… Ma con la luce io non c’entro nulla!»
«Oh no» bisbigliò Harry in quel momento, pallidissimo.
«Cosa?» sbottò Ron «Harry, cosa c’è?»
«Non hai evocato una spada…» rispose lui, gli occhi fissi sull’elsa che scintillava «Non la riconoscete? È la Spada di Grifondoro!»
 
I quattro, attoniti, continuavano a fissare l’arma.
«Ma non è possibile!» disse Hermione, dopo qualche minuto «Innanzitutto io non ho Evocato la Spada di Grifondoro… E poi, come può essere uscita da Hogwarts per finire in un altro mondo?»
«Forse, quando Harry ha chiesto aiuto a Hogwarts…» ipotizzò Ron.
Ma l’amico scosse il capo.
«Sarebbe comparsa a scuola allora, no?» disse «E poi io stavo chiedendo aiuto per una porta, non per una spada!»
«Ma dove era custodita?» chiese Caspian, rimirandola.
L’arma si adattava perfettamente alla sua mano, come neppure la sua spada di mille battaglie, quella usata nella ricerca dei Lord perduti.
Gli dava una sensazione di forza mai provata: sembrava un proseguimento del suo stesso braccio e il re la sentiva fremere, come se la spada stessa fosse viva e smaniasse per una battaglia.
Per la prima volta, Caspian sentì la speranza rinascere.
«Neville l’ha usata per decapitare Nagini, l’ultimo Horcrux» rispose Ron «Poi è stata riposta nello studio della Preside»
«La Spada di Grifondoro non ha padroni» intervenne Harry «Ma da sempre aiuta i Grifondoro»
«Io non sono un Grifondoro» obiettò il giovane sovrano.
Harry guardò lui, poi la moglie che lo fissava adorante e Ron che rispose con una smorfia.
«Ah, no?» rispose «Ne sei proprio certo?»
 
*
 
Erano arrivati davanti al castello indisturbati.
 
Il ponte levatoio era abbassato e, oltre esso, l’enorme portale era aperto.
Nessuno si era fatto loro incontro.
Quella calma gelida, innaturale, era più inquietante di una battaglia.
Caspian sfiorò con una mano la spalla della moglie e disse:
«Sarebbe di qualche utilità dirti che preferirei saperti al sicuro?»
Lei sorrise.
«Di nessuna, ma grazie per il pensiero… Io voglio stare dove sei tu. E dove è Rosalind»
Lui annuì.
«Sapevo che lo avresti detto. Mi prometti almeno che, una volta trovata la bambina, la porterai in salvo? Senza guardarti indietro?»
Hermione si morse il labbro: quella promessa era ben difficile da formulare.
«Non… Non posso promettertelo» bisbigliò «Non voglio promettere qualcosa che potrei non essere in grado di mantenere»
«Hermione, per Rosalind…» la esortò lui.
«Allora tu devi promettere a me la stessa cosa!» esclamò lei.
E fu il suo turno di vederlo esitare.
«Non vorrei interrompere le vostre amorose preoccupazioni» fece Ron, senza tatto «Ma Harry intendeva proprio questo quando ha detto che non dobbiamo distrarci. Non state a pensare “e se... e come...”. Combattiamo e sopravviviamo. E poi torniamo a casa!»
Hermione sorrise.
«Per una volta ti do ragione!» disse, stringendosi al marito «Andrà tutto bene, amore mio»
 
 
Sembrava un’utopistica esclamazione infantile quando i quattro varcarono il portale d’accesso e si ritrovarono a osservare una schiera armata, compatta e immobile, ferma al centro del cortile di Cair Paravel.
Harry ripensò alla descrizione che Caspian aveva dato di quei soldati nel suo racconto e rabbrividì: non sembravano umani.
Erano gelidi manti senza volto, statuari e pericolosi.
E, ancora, pur vedendoli arrivare non si muovevano.
Sarebbe stato bello augurarsi che fossero senza vita.
 
In quel momento, una voce risuonò beffarda nel silenzio sepolcrale:
«Caspian! Quale stolto sei!»
I quattro alzarono il capo: dalla balconata del castello una figura bionda, vestita di bianco, stava appoggiata al parapetto, gustando la scena che vedeva davanti agli occhi.
«Lilliandil!» ringhiò il re in risposta «Dov’è mia figlia?»
La ex guida di Aslan rise, crudele.
«Oh… la piccola bastarda! E a chi importa dove sia?»
Gli occhi di Hermione mandarono lampi e Ron dovette metterle una mano sulla spalla per impedirle di lanciarsi sconsideratamente in avanti.
«Come hai chiamato mia figlia, brutta bestia che non sei altro?» gridò, furibonda.
Lilliandil si irrigidì palesemente.
«Stupida ragazzina… Dovevi restare a casa tua! Nel tuo mondo! Per colpa tua è accaduto tutto questo!»
«Ah, non perché tu sei una pazza in preda a manie di grandezza?»
La risposta di Hermione fece gemere Ron e ringhiare Lilliandil.
«Ecco la donna che hai scelto, Caspian X!» urlò quella, artigliando con le dita la pietra della balconata «Una rozza bambina senza cervello! Ma ti giuro, come già feci in passato, che pagherai questa tua stoltezza! Voglio vederti incatenato al palo come un cane, un misero cane!»
Di nuovo, Lilliandil non sembrava più bella ed eterea: il suo viso era alterato e la furia rendeva i suoi lineamenti bestiali.
Alzando la voce, lei gridò:
«Portatemi Caspian, miei soldati! E uccidete gli altri!»
A quelle parole, la schiera si mosse compatta, avanzando verso i quattro amici, che si disposero l’uno accanto all’altro.
Gli Incantesimi Scudo misero al tappeto i primi soldati, ma erano troppi quelli che avanzavano.
Gli Schiantesimi quasi non parevano avere effetto e i soldati erano sempre più vicini.
Caspian strinse la spada e si preparò a lanciarsi davanti alla moglie.
Poi, all’improvviso, Harry gridò:
«Inferi! Sono Inferi!»
Ron lanciò un’esclamazione di stupore, ma Hermione reagì velocissima, come quando in classe rispondeva prima degli altri a qualche domanda.
«Incendio!» urlò, agitando la bacchetta.
Un anello di fuoco si sviluppò attorno a loro.
Per la prima volta, Caspian vide quei soldati inumani esitare, impauriti.
Harry – che lottava contro il ricordo angosciante di mani morte e corpi in decomposizione che affioravano da un lago, in una buia caverna – e Ron le diedero subito manforte: il fuoco magico divampò, maestoso e brillante, divorando i corpi gelidi dei soldati nemici.
I soldati si mossero scomposti, retrocedendo.
Lilliandil gridò loro di non abbandonare la posizione, ma il fuoco magico divampava.
L’anello creato da Hermione proteggeva il quartetto, mentre Ron e Harry colpivano con Incantesimi Incendiari quanti più soldati potevano.
Erano tanti, troppi… Ma iniziavano a cadere.
Le fiamme li lambivano e quelli si contorcevano in una silenziosa agonia.
Era una scena raccapricciante, ma i quattro amici non avevano tempo di indulgere in riflessioni macabre.
La loro avanzata era comunque lenta, perché i soldati nemici erano moltissimi.
Caspian, la spada stretta in pugno, teneva un braccio attorno alla vita della moglie, desiderando poterle risparmiare quella prova.
E lei, sebbene abituata a situazioni pericolose, non era al massimo della forma, per cui si indebolì velocemente.
Harry notò subito che la sua magia perdeva di vigore e, con un urlo di avvertimento a Ron, produsse un secondo cerchio di fuoco di protezione.
Ron continuò a lanciare fiamme contro i nemici.
«Hermione, riprendi fiato!» urlò Harry all’amica, preoccupato.
Ma Hermione, ansimante, lanciò un gemito di frustrazione.
 
Quindi, all’improvviso, levò la bacchetta verso il cielo e gridò:
«Aslan, vieni in nostro soccorso, ti prego!»
Dalla punta della sua bacchetta scaturì una luce abbagliante, che si levò a colonna verso il cielo e squarciò le nubi.
A bocca aperta, Harry e Ron osservarono la luce squarciare la cappa grigia che premeva sul castello.
E, mentre la luce del sole finalmente si riversava su Narnia, un ruggito poderoso squassò il cielo.
I soldati nemici si contorsero, come percossi da una frusta invisibile.
Una brezza delicata si levò, muovendo l’aria.
 
E l’urlo di paura di Lilliandil echeggiò nel cortile.


***
Buonasera, diletti lettori!
Questa volta sono in anticipo di qualche ora, per farmi perdonare del ritardo della scorsa settimana!
Dunque... Mancano pochi capitoli: due, forse tre.
Sto scrivendo il terzo capitolo di questa storia, ma sono indietro... Spero di darmi molto da fare durante le Feste; intanto, se foste interessati, sto scrivendo un crossover Harry Potter/Ben Barnes, che trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2908749&i=1
(In realtà è il seguito di questa storia, per essere precisi: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1142418&i=1)
Detto questo, per ogni informazione, domanda o per fare due chiacchiere mi trovate su Facebook.
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E questo è il mio blog: http://dreamerjoy.blogspot.it/
Che altro dire?
Tanti, tanti, tanti auguri per un meraviglioso Natale, miei diletti!
Un abbraccio forte,
Joy

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Capitolo 36
*** Il ritorno di Aslan ***


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Appena vide che Lilliandil scappava all’interno del castello, Caspian strinse la spada di Grifondoro nel pugno e lanciò un grido agli amici.
 
Approfittando dell’effetto causato ai soldati dal poderoso ruggito, che li aveva lasciati come prostrati, Harry rimosse l’anello di fuoco con un movimento della bacchetta e i quattro si lanciarono verso le scale di accesso al castello.
Caspian teneva Hermione per mano; lei strinse i denti, imponendosi di correre più che poteva per non rallentarlo.
Salite le scale, Ron si voltò per lanciare un altro anello di fuoco che impedisse ai soldati di seguirli troppo velocemente: la corte di Cair Paravel iniziò a bruciare, illuminata dalle fiamme magiche.
 
All’interno del castello era tutto buio e silenzioso.
Harry e Hermione accesero le bacchette senza smettere di correre, quindi bastò un Incantesimo Non Verbale per dare fuoco alle torce posizionate nei supporti a muro.
Mentre la luce riscaldava l’atrio del castello, Hermione si sorprese a pensare che quello non sembrava affatto Cair Paravel: non vi era traccia di tutta la vita, i rumori, le voci, la gioia che vi si erano sempre respirati.
Caspian, guardingo, camminava lanciando occhiate attente a destra e sinistra.
Con la sua guida, il quartetto attraversò il salone di ingresso e imboccò un corridoio.
Di nuovo, con la magia furono accese le torce per rischiarare il passaggio e Hermione riconobbe il corridoio che conduceva alla sala del trono.
Strinse la mano del marito e ricevette in risposta una stretta veloce: anche Caspian, come lei, era in ansia per Rosalind.
Dovevano trovarla e portarla al sicuro.
 
Quando arrivarono alla sala del trono, trovarono la porta chiusa.
Ron la spinse e, non ottenendo risultati, estrasse la bacchetta, bisbigliando:
«Alohomora!»
Ma, incredibilmente, non accadde nulla.
Ron arricciò il naso, preparandosi a lanciare un incantesimo più efficace, ma Caspian gli si parò davanti e, con la mano, sfiorò il legno.
La porta, docilmente, ruotò sui cardini.
«Ehi!» esclamò Ron «Ma… A me non si è aperta!»
«Ma Caspian è il re di Narnia, Ron» bisbigliò Hermione «Questo castello è simbolo del suo potere, che viene direttamente da Aslan»
«A proposito di Aslan…» intervenne Harry, mentre i quattro lanciavano occhiate circospette alla grande sala, apparentemente deserta «Immagino che quel ruggito di poco fa fosse Suo»
Hermione accese la bacchetta, annuendo.
«Bè, allora… Dov’è?»
«Dove sarebbe chi?» domandò all’improvviso una voce sconosciuta «Chi siete? E perché state parlando di Aslan?»
I quattro si strinsero più vicini e Harry accese le torce della sala con un colpo di bacchetta.
Accecato dall’improvvisa luce, un uomo batté le palpebre.
Era un giovane che Hermione non aveva mai visto: sembrava essere uscito da dietro il trono, perché camminava rasente alla pedana su cui si innalzavano i due scranni reali.
Aveva i capelli castani, i lineamenti delicati, quasi femminei.
Sembrava non sapere bene cosa fare.
«Sono Caspian X, re di Narnia» disse il sovrano «Ci siamo già visti, non ricordate?»
L’altro parve a disagio.
Mosse i piedi, nervoso, e si guardò attorno con aria sperduta.
«Sì» disse «Sì, io… Ricordo»
«Come vi chiamate?»
«Desiderio. Sono Desiderio di Charn»
Caspian corrugò la fronte.
«Ma il regno di Charn… Non esiste più!»
Desiderio scrollò il capo, come se fosse una questione di poca importanza.
«La mia diletta mi ha risvegliato. Io sono figlio di Curcio e di Regina, che furono sconfitti da Jadis, la Strega Bianca. Il suo incantesimo, la Parola Deplorevole, distrusse ogni essere vivente a Charn e congelò il nostro regno in un’immobilità eterna. Ma poi la mia diletta è venuta a svegliarmi e, con lei, il regno di Charn potrà avere nuova vita, qui a Narnia!»
Hermione sentiva Caspian incredulo e rigido al suo fianco, ma non poteva non notare che il ragazzo aveva pronunciato quel discorso come se fosse stato una filastrocca imparata a memoria, una storia senza importanza.
«Tu sei l’uomo che ha visto Lilliandil frustare Caspian» intervenne a quel punto, gelida «E che non ha fatto nulla per impedirlo!»
Desiderio le lanciò un’occhiata curiosa.
«E voi chi siete, signora? Non mi pare di conoscervi… Già, ma quelli che conosco io ormai sono tutti morti»
Ron emise un borbottio scaramantico, ma Caspian rispose tranquillamente:
«È mia moglie Hermione, Regina di Narnia»
Desiderio parve vagamente sorpreso.
«Come avete fatto a fuggire? E vi siete… sposato? Ma quando? E poi… Bè, voi non siete più il Re di Narnia!»
Ma Caspian resse il suo sguardo e dichiarò serenamente:
«Si è Re di Narnia per sempre, perché il mio mandato viene da Aslan, non dagli uomini: solo Lui può togliermelo. Nessun uomo, nemmeno un fantasma come voi, può farlo!»
«Aslan non si cura di noi uomini» fece Desiderio, corrucciato «Non ha salvato Charn e ha colpevolizzato ingiustamente la mia Lilliandil! E se voi credete che Aslan vi protegga, siete uno stolto!»
«Lo stolto siete voi!» esclamò Caspian «Lilliandil e suo padre hanno tradito Aslan, non il contrario! Lui non abbandona i suoi uomini, mai!»
Desiderio assunse un tono piagnucoloso:
«La mia Lilliandil è una perla, una perla rara! Mai nessuno potrebbe pensare che abbia delle colpe: è pura come l’acqua di fonte e…»
«Lilliandil è torbida come acqua di palude, invece!» insorse il Re «Ha tradito Aslan e ha tradito Narnia! Non c’è nulla di vero in ciò che vi ha detto, ne sono certo! E se vi chiedete come posso saperlo, è molto semplice: lei e suo padre sono venuti a Cair Paravel e, con le loro menzogne, hanno cercato di convincermi a sposarla per impossessarsi di Narnia»
Desiderio scosse il capo.
«No, no! La mia diletta mi ha raccontato che voi l’avete offesa e oltraggiata e io questo non posso perdonarvelo! Mai nessuno potrebbe desiderare di fare del male a Lilliandil!»
«Non sai quanto ti sbagli» la voce di Hermione, gelida, risuonò nella stanza «La tua cara Lilliandil ha rapito nostra figlia e tu non hai idea di quanto io desideri farle del male, al momento!»
«Figlia?» Desiderio batté le palpebre «Quale figlia? Volete forse dire che la bambina…»
 
«Esattamente!» una nuova voce fece voltare i cinque.
Lilliandil avanzava nella sala del trono, i capelli biondi sciolti sulle spalle e l’andatura leggera.
«Sì, cara la mia ragazzina» proseguì «Ho io tua figlia… quella piccola bambina bastarda che tu e Caspian vi ostinate a considerare l’erede di un mondo che non esiste più!»
Il tono isterico della sua voce fece rabbrividire Ron, ma Hermione non arretrò di un passo.
«Allora è vero… Eri a Hogwarts e l’hai rapita tu! Come hai fatto a introdurti a scuola?»
Lilliandil ghignò.
«Io posso fare cose che voi non immaginate, grazie al mio potere… Un potere vero, che mio padre mi ha dato e che nulla deve ad Aslan! Lo abbiamo ottenuto da un'antica creatura dimenticata... Come credi di essere tornata sulla Terra, sciocca ragazzina, dopo aver varcato i confini di Narnia per la seconda volta? È stato mio padre a rimandarti indietro!»
«Come?»
«Con il potere… E poi ha sigillato la porta da cui eri passata, per assicurarsi che non potessi tornare indietro!»
«Io ero passata attraverso la Stanza delle Necessità… per questo non funzionava più! Per questo non si apriva più!»
«Si apriva, eccome! Ma non per la vostra misera magia! Io, invece, potevo entrare quando volevo in quella vostra scuola e nascondermi nella Stanza ogni volta che ne avevo bisogno! Quando ho scoperto che Caspian era sparito ho immaginato che poteva essere stato mandato da Aslan sulla Terra… di nuovo dalla sua marmocchia! E mio padre è intervenuto e mi ha mostrato come creare un collegamento: la Stanza mi portava a Narnia e poi mi riportava indietro, a seconda dei miei desideri!»
«Un passaggio che diventa sentiero…» mormorò Hermione, quasi tra sé «Ecco la profezia dei Centauri!»
«E sei riuscita a convincere alcuni dei nostri compagni di scuola che eri una di noi?» intervenne Harry «Per questo nessuno ti ha denunciata?»
Lilliandil ghignò.
«Esatto, ragazzino, proprio così! Il potere mi permetteva di assumere sembianze familiari ai vostri occhi… Non ho mai dormito nei vostri dormitori né mangiato alla vostra mensa o frequentato le lezioni, perché sapevo che Caspian e Hermione mi avrebbero subito riconosciuta, ma ho potuto seguirvi ogni giorno attraverso gli occhi di tante persone… ero Serpeverde, o Corvonero, o Tassorosso, o Grifondoro… E i quattro grandi Fondatori che tanto celebrate non hanno potuto nulla contro il mio potere!»

Rise.
Una risata stridula, che arrivò fino alla volta istoriata.
«Sei stata tu a cercare di fare del male a Hermione a lezione? Ad avvelenare Luna?»
«Oh, sì» sorrise lei, diabolica «E il bello è che non ho neppure dovuto farlo di persona! Mi bastava usare qualche ragazzina che smaniava dietro il famoso Harry Potter, o voleva sapere chi era quell’affascinante insegnante di Storia della Magia… Gli umani sono così stupidi!»
«Ma non c’eri, in classe, quando Hermione è stata spinta verso il fuoco, a lezione di Incantesimi» obiettò Ron.
«Ma c’era Hannah, la cara, piccola e sciocca Hannah… Così innamorata di Neville da raccontare i suoi tormenti alla sua amica di Tassorosso, Selina! Che c’è, non avete mai visto Selina? Ah, ma non dovreste essere così esclusivi nelle vostre amicizie, voi tre! È così facile raggirarvi: nemmeno vi accorgete di quello che fanno gli altri! Mi sono introdotta tra gli studenti e non ve ne siete mai accorti! Ho plagiato Hannah, e non solo lei. Ho fatto avvelenare una bottiglia di liquore a casa di quel Mezzogigante vostro amico quando Susan Bones mi ha detto che lo frequentate. Ho fatto stregare una busta di auguri sperando che arrivasse a Hermione… e ho mandato un avvertimento, con quella volpe morta, al famoso Prescelto di cui tutti parlano… e voi non avete mai capito! Mai! Questa è la grande magia di Hogwarts? È questa, vi chiedo?!»
Lilliandil rovesciò il capo all’indietro e rise, sguaiata.
Harry storse il naso, come se avesse sentito un odore sgradevole.
«Potevi uccidere degli innocenti!»
«Pensi che me ne importi qualcosa?!» gridò lei «Pensi che io sia come quel Malfoy, che si vergogna del suo passato e pensa di doverti delle scuse che però non osa pronunciare? A me non importa nulla di quegli insulsi umani!»
Non aveva ancora terminato la frase che Harry le lanciò contro uno Schiantesimo.
Velocissima, lei mosse la mano e il colpo, incredibilmente, non andò a segno, ma fu deviato verso la parete, nella quale aprì una crepa.
Lilliandil rise ancora, sguaiata.
All’improvviso, Desiderio parlò, sorprendendo tutti:
«Lilliandil, mia diletta… Ma che cosa significa? Di che scuola parli? E che cosa intendi dire con questo tuo discorso? Quando ti sei allontanata da Narnia per andare in un altro mondo?»
Di fronte alla sua sorpresa, Lilliandil esplose in un lamento di frustrazione:
«Non sei mai stato capace di capire qual era davvero il mio piano, Desiderio! Ma va bene così… Non mi servono aiuti, la vendetta è molto più bella se orchestrata da sola! Non mi servono aiuti da nessuno per distruggere Caspian!»
«Ma… Noi abbiamo Narnia! Non ci serve altro… Ti avevo promesso il regno, mia diletta, e lo abbiamo!»
«Io volevo la testa di Caspian!» esplose lei, furiosa «E poi… Noi abbiamo Narnia? E allora come mai non ti siedi su quel trono?»
Lui assunse un tono piagnucoloso:
«Lo sai che non… Che non mi piace. È come se il trono mi respingesse… ma lo distruggeremo, se vuoi, e ne faremo preparare un altro, più maestoso e adatto alla nostra stirpe!»
«Il trono vi respinge, perché voi non siete degni di regnare su Narnia» intervenne Caspian «Nessuno può sedersi su quello scranno, se questo non è il volere di Aslan!»
Desiderio parve inquieto.
«Aslan non è qui» disse, circospetto.
«Ah, no?» fece Ron «Non so te, ma io ho sentito forte e chiaro quel ruggito, poco fa! Secondo te siamo stati noi a farlo?»
Il giovane si mosse, nervoso, e occhieggiò Lilliandil.
«Mia diletta» iniziò «Cosa… Pensi che…»
«Desiderio, smettila di essere sempre così pavido!» insorse lei, velenosa «Mi nausei con la tua vigliaccheria!»
Lui sussultò come se avesse ricevuto uno schiaffo.
«Ma… Lilliandil! Cosa dici, mia cara? Ma se io ho fatto qualunque cosa mi hai chiesto…»
«No, tu non fai nulla! Ti ho chiesto la testa di Caspian e non sei neppure stato capace di farlo frustare a morte! Ti ho chiesto Narnia e ti sei limitato ad arrivare quando già l’avevamo conquistata! Ma va bene così… Preferisco che tu non mi stia tra i piedi! Mi hai già dato quello che mi serviva!»
Lui parve sconvolto.
«I soldati» mormorò invece Hermione «Ti ha dato i soldati!»
«Esatto» ghignò l’altra in risposta «Volevamo dei soldati che potessero distruggere Narnia e l’unico modo per averli era risvegliare l’erede di Charn, che a sua volta li ha fatti destare dal loro sonno! E ora obbediscono a me e, con loro al mio fianco, non mi serve altro!»
«Non ti serve altro?» insorse lui, offeso «Ma Lilliandil, mia cara…»
 
Non fece in tempo a terminare la frase perché lei, fulminea, gli si accostò e lo trafisse con una lama, colpendolo al petto.
Il giovane, ansimando, crollò a terra ai piedi di lei mentre una pozza di sangue si allargava a terra.
Hermione sussultò di spavento per la rapidità con cui si era svolta l’azione, ma Harry colse l’occasione per lanciare un altro Incantesimo contro Lilliandil.
«Sectumpsempra!» urlò.
E subito una ferita sanguinante si aprì sul braccio di lei, che ringhiò di rabbia e si liberò con un calcio del braccio di Desiderio, che le cingeva ancora disperatamente una gamba, per muoversi più rapidamente.
Agitò le mani e Hermione e Harry fecero appena in tempo a evocare un Sortilegio Scudo, contro il quale si infranse il maleficio di lei.
Appena cessata la magia i quattro si mossero contro Lilliandil, ma lei agitò di nuovo la mano in direzione di Caspian.
Hermione lo protesse con un Incantesimo e si distrasse l’attimo necessario ad accertarsi che il marito stesse bene; quando però si volse si trovò di fronte a Lilliandil, con la bacchetta abbassata.
Fu Ron a lanciarsi davanti all’amica, facendole scudo con il proprio corpo: il maleficio di Lilliandil lo fece accasciare a terra, senza un lamento.
Le urla di Harry e Hermione la fecero ridere selvaggiamente, fino a che la risata, improvvisamente, si spense in un rantolo.
Riverso a terra e quasi morente, Desiderio era comunque riuscito a lanciarle contro un pugnale preso dalla sua cintura.
Sotto gli sguardi attoniti dei tre, la vita abbandonò il corpo del giovane, che – ancora con il braccio che aveva lanciato l’arma allungato – bisbigliò nella morte il nome di Lilliandil.
Hermione si volse a guardare l’ex guida di Aslan, che era crollata a terra.
Harry si avvicinò, con la bacchetta alzata, e voltò il corpo: era morta.
Il suo cuore era strato trapassato dal pugnale di Desiderio.
Caspian, inginocchiatosi accanto a Harry, sfiorò l’elsa adorna di incisioni particolari.
«È il pugnale di Aslan» bisbigliò «Lo diede a Peter, Re di Narnia: questo pugnale non manca mai il bersaglio, per volere del Leone»
«Non l’ha mancato neppure stavolta» mormorò Harry, senza traccia di compassione nella voce.

Alla fine, Desiderio si era reso conto di chi era veramente Lilliandil.
 
*
 
Dopo qualche minuto, i tre uscirono dalla sala del trono.
 
Hermione sigillò con un incantesimo la sala, per proteggere Ron da un eventuale ritorno dei soldati nemici: avevano dovuto lasciarlo all’interno, perché non erano riusciti a fargli riprendere i sensi.
Con l’animo oppresso dalla preoccupazione, i tre ripercorsero a ritroso il corridoio.
Nell’ingresso li attendeva una sorpresa: un gruppetto di uomini, laceri e emaciati, si muoveva circospetto.
Alla vista del re, lanciarono esclamazioni di giubilo.
«Maestà, Maestà!» gridavano, attorniando il sovrano.
Caspian sembrava senza parole.
«E guardate… Hermione!»
A lanciare quel grido era stato un nano, vestito di stracci e pesto, ma dalla voce irriconoscibile.
«Briscola!» gridò Hermione, raggiante «Oh, Briscola, stai bene!»
Fu il nano a spiegare ai sovrani che, improvvisamente, i soldati posti di guardia alle segrete in cui erano stati rinchiusi i narniani si erano accasciati a terra, senza più muoversi.
E, incredibilmente, le ferite che avevano inflitte ai narniani avevano iniziato a rimarginarsi da sole, a quel punto.
«Dipendeva tutto dai soldati» commentò il re «E loro dipendevano da Desiderio… che Lilliandil ha ucciso»
«E quindi ha ucciso in un colpo solo il suo intero esercito?» chiese Harry, senza parole «Bene… L’idea di avere a che fare con degli Inferi non mi attirava»
«Come l’hai capito, che erano Inferi?» domandò Hermione all’amico.
Lui storse il naso.
«Non te li dimentichi, una volta che li hai visti. E hanno quel modo di avanzare ciecamente, senza arretrare mai… Senza poter essere feriti o respinti… In realtà, i soldati di Desiderio erano coperti dai mantelli, quindi non so dirti se avevano o no la pelle viscida e le orbite vuote degli Inferi, ma di certo me li ricordavano molto. E, infatti, il fuoco li ha fermati»
«Noi abbiamo cercato di combatterli, ma senza successo» commentò Briscola, aspro.
«Non funzionano le armi, contro gli Inferi» ribatté Harry «L’ho imparato tempo fa»
«Biscola, raduna tutti gli abitanti del castello e riunitevi nell’atrio» ordinò Caspian a quel punto «Noi andiamo a cercare nostra figlia»
«Figlia?!» trasecolò il nano «Oh… Oh, Maestà! Mai avrei creduto che potesse arrivare un tale giorno di gioia, ormai!»
Ci volle del bello e del buono per calmare Briscola, ma neppure il re riuscì a impedire ai suoi uomini di lanciarsi alla ricerca della bambina: seppure stremati e sofferenti, l’amore per il loro sovrano veniva prima di tutto, per loro.
Caspian, dopo averli pregati di riposarsi, fu ridotto al silenzio dalla commozione che gli causò il vedere la determinazione nella sua gente; accanto a lui Hermione gli sorrise, stanca ma determinata.
«Non per fare il guastafeste» mormorò Harry ai due «Ma non abbiamo ancora trovato il padre di Lilliandil»
Caspian annuì.
«Penso che troveremo Rosalind non appena avremo trovato Ramandu»
«Non credi che cercherà di scappare?» bisbigliò Hermione, angosciata «Cair Paravel è talmente grande che...»
«No… Credo di no» rispose lui «Non vedo dove potrebbe andare a nascondersi… Se non a Charn, ma ora che Desiderio è morto, e con lui il suo esercito, dubito che troverebbe protezione persino in quella landa desolata»
Hermione annuì.
«Va bene… Allora andiamo a cercarlo?»
Caspian sospirò.
«No… Penso che prima ci sia un’altra cosa da fare. Una cosa che ho rimandato anche troppo…»
E lì, davanti a tutti, il Re di Narnia sollevò la Spada di Grifondoro e invocò un aiuto del quale non poteva più fare a meno:
«Aslan, ti prego» disse, con voce ferma «Vieni in nostro aiuto… Ho bisogno di te, mio Signore!»
 
Caspian non aveva ancora abbassato il braccio che un tuonò squassò il silenzio.
I narniani si strinsero, spaventati, gli uni agli altri, mentre fuori una pioggia torrenziale si riversava sulla corte di Cair Paravel, spegnendo i fuochi che ancora bruciavano all’esterno e lavando le pietre millenarie dal sangue che le aveva sporcate.
In pochi minuti, la pioggia cadde con intensità inaudita, portando con sé odori nuovi: di terra bagnata, di delicate essenze floreali e di primavera.
E, improvvisamente, la pioggia smise di cadere.

Mentre le nubi si diradavano veloci e il sole, luminoso e caldo, illuminava il cielo di Narnia, Lui giunse.
La sua possente figura si stagliò nel portone di ingresso del castello, preceduta dalla lunga ombra.
Uno ad uno, gli uomini di Narnia, in lacrime di gioia, caddero in ginocchio di fronte al loro Signore.
Harry, attonito davanti alla possanza del Leone, batté le palpebre senza trovare nulla da dire.
Hermione gli mise una mano sul braccio e lui si volse a guardarla: lei piangeva, ma chiaramente di gioia. Non c’era traccia di paura sul suo viso, che finalmente, dopo giorni atroci, si distendeva nella pace e nella speranza.
L’amica gli fece cenno di inginocchiarsi e Harry non lo trovò affatto strano: era come se già solo l’aspetto del Leone gli incutesse rispetto e ammirazione.
 
E, quando anche Hermione si fu inginocchiata, traboccante di gratitudine, rimasero solo loro a fronteggiarsi in piedi: l’uomo pallido e il Leone fulvo.
«Aslan» mormorò Caspian con voce rotta «Aslan… Cosa ho fatto?»
«Cosa hai fatto, figlio mio?» domandò Lui, bonario.
«Io…» Caspian deglutì a vuoto «Io… ho rinnegato me stesso, e Narnia. Volevo solo che questa responsabilità finisse, volevo solo poter… poter essere normale, poter disporre della mia vita. E non ho capito che Lilliandil e Ramandu se ne stavano approfittando»
La spada gli cadde di mano e il re si inginocchiò pesantemente a terra.
«Ho tradito Narnia e te, Aslan, perché ho tradito il mio dovere. Merito di essere punito… Ma ti scongiuro di credermi: non ho mai voluto che a Narnia accadesse questo!»
«Oh, Caspian» sospirò il Leone «Figlio mio, quanti dubbi nel tuo cuore! Ma perché? Io ti ho dimostrato di credere in te»
Quelle parole gentili sembrarono solo causare più dolore al re, che si coprì gli occhi con una mano, mormorando:
«Non… Non lo merito! È stata colpa mia, Aslan!»
Il Leone scosse la criniera fulva.
«Caspian, tu sembri volerti incolpare persino di provare dei sentimenti» rispose, in tono gentile «Il tuo amore per Hermione e le difficoltà che avete attraversato a causa della vostra forzata separazione ti hanno fatto desiderare di poterla seguire, rinunciando persino al tuo trono… Ma io lo capisco, figlio mio. È gravoso, il compito che ti ho assegnato e lo so bene. Ma mai ho dubitato di te e della tua forza. Sono le azioni che contano… E tu sei rimasto a Narnia»
«Sì, ma…»
«Ma ti rimproveri il tuo desiderio di aver fatto una scelta diversa» Aslan sembrava quasi divertito «Lo so. Ma, Caspian, tu sei ancora quel giovane dall’animo puro e valoroso che, di fronte alla prospettiva di rivedere i tuoi genitori nel mio Regno, hai scelto di seguire la strada del dovere. Lo hai fatto nuovamente quando hai lasciato che Hermione tornasse a casa. Perché non sai vedere la tua forza d’animo e la tua generosità, figlio mio? La verità, Caspian, è che tu sei un buon sovrano. Narnia è al sicuro ed è prospera, grazie a te. Ma l’incertezza nel tuo cuore ha fatto sì che credessi alle menzogne di Lilliandil e suo padre per paura, non per debolezza. Controllare i nostri sentimenti è la cosa più difficile.»
«Se non avessi creduto a Lilliandil…»
«Lilliandil e Ramandu avrebbero comunque voluto distruggere Narnia. Ma tu hai avuto chi ti ha mostrato la strada»
Hermione alzò il capo, sorridendo ad Aslan.
«Tu mi hai permesso di tornare, Aslan!» disse, euforica.
«Ma certo, bambina mia» rispose Lui «Come sapete, in occasione del tuo primo viaggio a Narnia vi chiesi di decidere quale strada volevate seguire: se quella del cuore o quella della responsabilità. Ma, dopo che la guerra nel tuo mondo si è conclusa, i tempi erano maturi per una nuova guerra, ancora più grande e terribile. E, per questo, volevo che un segno vi mostrasse la strada, perché non doveste mai dubitare del mio amore per voi»
«Rosalind» bisbigliò Hermione «Quella notte abbiamo concepito Rosalind»
Aslan sorrise.
«Sì, mia cara. E Rosalind riunisce in sé due mondi, coronando quell’amore che vi siete giurati reciprocamente davanti a me. Avrei potuto essere in collera con voi, dopo avervi fatto un dono del genere?»
Lei scosse il capo, con un nodo in gola.
«Aslan, lei sta bene?»
«Sì, piccola mia»
Hermione scoppiò in singhiozzi di sollievo e Caspian allungò il braccio per stringerla a sé.
I suoi occhi scuri incontrarono quelli del Leone, pieni di affetto.
«Non lo merito, Aslan» mormorò il Re «Ho lasciato Narnia in pericolo… E ho avuto così tanta felicità che…»
Il Leone intervenne:
«Io ti ho mandato sulla Terra, Caspian, per proteggerti da Lilliandil. Il suo potere malvagio, che Ramandu ha ottenuto violando le leggi di Narnia, ha oscurato Cair Paravel: non potevo lasciarti qui, in pericolo, per cui ti ho mandato dove era la tua salvezza, figlio mio. E così hai ritrovato Hermione. E, quando è stato il momento di tornare, sei stato tu la chiave per farlo, perché tu sei il legittimo sovrano di Narnia»
I due sposi si guardarono intensamente.
«Non osavo sperarlo Aslan…» bisbigliò il re «Non lo merito, grazie…»
Aslan sorrise.
«Dimmi cosa ti turba, figlio mio»
Caspian arrossì, mortificato.
«È che… Che non riuscivo più a parlarti, Aslan. Non ti trovavo più, malgrado ti invocassi spesso, e quindi credevo…»
«Di essere solo?» di nuovo, Aslan parve divertito «Figlio mio, ma non lo hai capito? Io sono sempre con te. Sono sempre stato con te, anche quando non mi vedevi. Io ero lì, insieme a voi. La cometa, Caspian… Non l’hai vista?»
Lui annuì, intimidito.
«L’ho vista, mio Signore»
«E pensi che ti avrei salvato, che ti avrei mandato da Hermione, che vi avrei dato Rosalind… Se non ti amassi?»
Caspian chinò il capo, mortificato.
«Perdonami per aver dubitato di Te, Aslan»
«Figlio mio, è di te stesso che hai dubitato… Ma io credo in te, Re di Narnia. Alzati, ora: non vuoi presentarmi l’erede di Narnia?»


***
Scusate il ritardo!
Impossessarmi di un pc è ogni volta un'impresa... Ma ce l'ho fatta!
Come avete passato il Natale? Siete stati bene?
Io cerco di scrivere più che posso... Mangio e scrivo, scrivo e mangio! :D
Vi informo che manca solo un capitolo... Invoco poi la vostra pazienza, perchè prima di iniziare a postare la terza storia vorrei scriverne una buona parte.
Ma spero resterete con me! Sapete dove trovarmi, del resto:  https://www.facebook.com/Joy10Efp  e 
https://www.facebook.com/profile.php?id=100007339248477
A venerdì (spero!) per chi legge l'altro mio crossover, "Ragione e sentimento": http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2908749&i=1
Baci e tanti tanti auguri per un fantastico 2015!
Joy

 

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Capitolo 37
*** Il Leone di Grifondoro ***


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Aslan li condusse in cima alla più alta delle torri di Cair Paravel.
 
Terminati i gradini, Harry si concesse un sospiro di sollievo.
Accanto a lui, Ron occhieggiava ancora perplesso l’enorme Leone.
Harry gli diede di gomito e l’amico batté le palpebre: gli avevano detto che era stato Aslan a guarirlo dal maleficio di Lilliandil, ma ancora quella presenza imponente lo metteva in soggezione.
Eppure, dal Leone traspariva bontà e affetto: era impossibile averne paura.
Hermione aveva salito le scale chiacchierando animatamente con Lui, mentre Caspian li ascoltava in silenzio.
Harry aveva raccontato a Ron dei fatti accaduti dopo che Lilliandil lo aveva tramortito e, se c’era una cosa che gli dispiaceva, era non aver visto Caspian in difficoltà davanti ad Aslan.
Mica per nulla, il re era un tipo a posto, alla fine… Ma un po’ troppo sicuro di sé, secondo Ron.
 
Ora, terminata la salita, il gruppetto udì distintamente il pianto di un neonato.
Fu come una molla, per Hermione: scattò in avanti, senza neppure preoccuparsi di sguainare la bacchetta.
Caspian le corse dietro mentre lei faceva irruzione in una stanza sul pianerottolo.
Harry e Ron si affrettarono dietro la coppia, con la presenza di Aslan rendeva tutti più sicuri e fiduciosi.
Infatti, Caspian e Hermione non degnarono quasi di uno sguardo Ramandu, ritto vicino alle ampie finestre, mentre correvano a sollevare la loro bambina dal grande letto che troneggiava nella stanza.
Hermione strinse a sé Rosalind e scoppiò in lacrime, mentre Caspian le abbracciava entrambe: baciò il capo della moglie e la tenne stretta, mentre osservava con sollievo la bimba che urlava, paonazza.
Harry e Ron sguainarono le bacchette, ma l’ex guida di Aslan teneva gli occhi fissi sul Leone.
«Tu» disse Ramandu, livido in volto «Sei arrivato, infine!»
«Non riesci più a pronunciare il mio nome, Ramandu?» chiese Aslan, serio «A tal punto hai perso la strada? Ma lo so bene: conosco i metodi cui sei ricorso per procurarti il potere che ha traviato te e tua figlia!»
«Lilliandil…» disse Ramandu, senza traccia di amore «Avevo legato lei e Desiderio con il sangue e i voti coniugali… La loro unione, coronata nella prima notte di nozze, aveva fatto risorgere l’esercito di Charn! E ora… ora è tutto perduto»
La sua voce sfumò in un bisbiglio, ma Aslan disse:
«Quell’esercito era un’illusione di vita, come il vostro potere era un’illusione di forza… La legge di Narnia non permette che la magia venga dalla morte, ma solo dalla vita! Dovresti saperlo, Ramandu: sei stato una mia Guida»
L’altro fece un gesto di stizza:
«Tu mi hai privato dei miei poteri!»
«Sei venuto meno alla promessa di non usare mai quei poteri per scopi personali, lo sai: hai guardato nel futuro, per assicurarti il modo di regnare su Narnia e hai cercato di piegare Caspian al tuo volere per realizzare quella visione che ti ha fatto perdere la retta via»
«Poteva avere un figlio da Lilliandil… e le cose non sarebbero andate così!»
Ma il Leone scosse il capo.
«Non avrei permesso a te e tua figlia di strumentalizzare Caspian per i vostri fini, mai»
«Ed ecco il risultato!» Ramandu indicò rabbiosamente la bambina, tra le braccia di Hermione «Un abominio, frutto di un’unione sbagliata!»
«Sbagliata sarebbe stata l’unione di Caspian con una Guida che aveva tradito Narnia! Ma l’amore che lega Caspian e Hermione è un amore puro e ha la mia benedizione: entrambi sono stati sempre capaci di perseguire il loro dovere con generosità e questo li rende molto diversi da Lilliandil e dal suo egoismo!»
Ramandu scosse il capo.
«Non ho più nulla. Non mi resta nulla. Cosa posso obiettare?»
«Ramandu, perché non hai accettato la mia offerta di ritirarti in una terra a tua scelta? Avrei lasciato che tu e tua foste liberi, sempre»
«Non voglio la tua elemosina! Mi avresti reso esule in una terra nella quale ero stato potente!»
«La tua idea di potere ti ha traviato» Aslan scosse il capo «E ti ha portato alla rovina. Hai sacrificato tua figlia per i tuoi piani di vendetta… Ne valeva la pena?»
Ramandu non rispose.
Era immobile, con lo sguardo rivolto a terra e rassegnato.
 
Dopo un minuto di silenzio, visto che l’ex Guida sembrava inoffensiva, Harry e Ron si avvicinarono a Hermione.
Rosalind piangeva ancora, ma con meno forza.
«Penso abbia fame» mormorò lei «Caspian, che ne pensi se…»
Alzò lo sguardo per cercare quello di lui, ma il marito aveva ancora gli occhi fissi su Ramandu.
E, improvvisamente, Caspian si scostò dalla moglie e balzò in avanti.
I tre amici si voltarono in tempo per vedere Ramandu che, sfoderato un pugnale ricurvo, era balzato verso Aslan.
Ma Caspian fu più veloce: la sua spada intercettò il pugnale, deviandone la traiettoria.
Ramandu urlò di frustrazione, cercando di ferire il sovrano.
Ma, di nuovo, la Spada di Grifondoro parò il colpo.
«Getta il coltello!» gli intimò Caspian, mentre le lame stridevano l’una contro l’altra.
Con un grido, Ramandu sfruttò il suo peso per spingere indietro il sovrano, facendo gridare Hermione per la paura.
Ma Caspian riuscì a frenare in parte l’impatto e a scivolare di lato.
I suoi occhi scruti cercarono quelli di Aslan e il re vi vide riflessa una grande tristezza.
Poi, un avvertimento di sua moglie lo riscosse e si voltò ancora verso l’ex Guida.
Ramandu brandì il coltello, cercando di menare un fendente verso il cuore del re.
Caspian parò il colpo e, nel deviare verso l’alto la lama dell’avversario, ne trovò con sicurezza infallibile il petto.
La lama di acciaio magico affondò quasi fino all’elsa e, mentre il grido di Ramandu sfumava in un bisbiglio strozzato, Caspian sentì Aslan sospirare tristemente:
«Come, come è difficile chiedere perdono…»
 
*
 
In tanti erano morti sotto i colpi dei soldati maledetti di Desiderio.
 
Ma i narniani sopravvissuti, seppure pochi e malconci, si riunirono festosi nella corte di Cair Paravel.
Harry e Ron si videro salutare festosamente dalla folla e, imbarazzati, risposero ai saluti che venivano loro rivolti.
Poi, Caspian e Hermione apparvero insieme ad Aslan, scatenando un boato di gioia pura.
Le mani di tutti si tesero verso il Leone e il suo ruggito fece gridare di gioia per la libertà ritrovata.
A un cenno del Leone, Caspian prese dolcemente dalle braccia della moglie la loro bambina, che adesso dormiva serena, e la mostrò ai suoi sudditi.
«Popolo di Narnia!» annunciò Aslan con voce possente «Saluta la tua principessa!»
E di nuovo, tra le grida festose di tutti, il ruggito del Leone risuonò fino al cielo.
 
*
 
«Ma quindi la profezia dei Centauri alludeva a tutto questo?» chiese più tardi Harry ad Aslan.
 
Mentre il castello tornava alla vita, i sovrani si erano ritirati con la figlioletta e gli amici nella sala del trono.
Hermione e Caspian erano sempre accanto ad Aslan, come se temessero di vederlo sparire nel nulla.
«Oh, i Centauri» rispose con un sorriso il Leone «Creature affascinanti e complesse, non trovate?»
«Anche troppo» bofonchiò Ron.
Aslan ridacchiò, divertito, e lui abbozzò un sorriso.
Era forte, quel Leone.
«Sì, i Centauri hanno visto la luce che ha portato Caspian a Narnia e l’ombra oscura che lo ha seguito: purtroppo, Lilliandil ha capito quasi subito, dopo la sua fuga dal castello, che Caspian non era più a Narnia. Pur non essendo più in sintonia con la magia di Narnia, Ramandu aveva isolato il passaggio che riportò Hermione qui, ma Lilliandil poté usarlo per infiltrarsi nella vostra scuola. E avete visto accadere con i vostri occhi il ratto, quando Lilliandil ha rapito Rosalind; la frattura che si è aperta nel vostro mondo per portarvi qui e il riscatto della vittoria, amici miei»
«”Il tempo di un ratto, di una frattura e di un riscatto”» citò Ron «Ma, allora… Tu conoscevi la Profezia, Aslan? L’hai ascoltata? O… l’hai sempre saputa?»
«Come ho detto, io sono sempre con voi, figli miei diletti… Sempre, fino all’ultimo giorno! E sì, conoscevo la Profezia dei Centauri della Foresta di Hogwarts e ora anche voi siete a conoscenza del suo significato!»
«In effetti» fece Harry, pensoso «Detta così non era troppo difficile da capire»
Aslan rise di nuovo, quindi intercettò lo sguardo di Caspian.
«Dimmi, mio re: che cosa ti turba?»
«Stavo pensando alla spada» rispose lui, lanciando un’occhiata all’arma, posata su uno dei troni «Come ha fatto ad arrivare da Hogwarts fino a me, a Narnia? Voglio dire… Come è possibile che un manufatto di Hogwarts abbia lasciato la scuola? Credevo che appartenesse ai Grifondoro»
Aslan parve divertito.
«Dovresti aver imparato che il coraggio è la dote che mai manca nella Casa di Grifondoro, dico bene?»
I tre Grifondoro presenti nella sala annuirono convinti.
«Ma…» obiettò il re «Io non sono un Grifondoro»
«Caspian, mi deludi» lo rimproverò scherzosamente Aslan «Non hai mai prestato attenzione al fatto che lo stemma di Grifondoro è… un Leone? Pensi sia così per caso?»
E, di fronte agli sguardi attoniti dei quattro, Aslan il Grande rise di nuovo, di cuore.
 
*
 
«Grazie, Aslan, per questo regalo» bisbigliò una emozionata Hermione, mentre un portale luminoso si apriva nel cortile di Cair Paravel.
 
Lui le sorrise.
«Di nulla, bimba mia»
Harry e Ron attraversarono velocemente il varco, che non si richiuse.
Dopo poco, tornarono e, con loro, fecero capolino i signori Granger, la professoressa McGranitt e un’infuriata Ginny Weasley, che urlava ogni sorta di insulti contro il suo fidanzato, colpevole di averla – di nuovo – lasciata a scuola mentre lui si cacciava nei guai, senza nemmeno una parola di spiegazione.
Solo la vista del possente Leone zittì Ginny a metà di una frase.
Harry, grato, si precipitò a raccontarle di Aslan, sperando di distrarla.
Ma neppure un enorme Leone poteva distogliere i Granger dalla vista della nipotina.
Jane si sciolse in lacrime di sollievo, mentre Marcus abbracciava a casaccio, ripetutamente, la figlia e il genero.
Hermione affidò la bambina al marito per stringere i genitori, quindi Ginny e la Preside.
«Chi l’avrebbe mai detto…» esclamò quest’ultima, estasiata «Chi avrebbe mai detto che avrei potuto vivere un’avventura simile, alla mia età!»
Aslan si fece avanti, sorridendo, e disse:
«Narnia vi dà il benvenuto, amici miei: la nostra Regina non vedeva l’ora di passare un po’ di tempo con voi! Perché non dobbiate risentire di questo viaggio, sulla Terra non sarà trascorsa che un’ora al vostro ritorno… Mentre potrete stare con noi molti giorni»
«Grazie, Aslan!» Hermione gli tese una mano, riconoscente «Davvero grazie di cuore!»
«Ma…» intervenne Ginny, pensierosa «Allora è grazie a te che, anche quando Hermione e Caspian erano lontani, il tempo qui e a casa è scorso alla stessa velocità?»
Il Leone annuì.
«Non volevo che un’ulteriore prova appesantisse le spalle dei nostri sovrani»
Jane Granger fissò intimidita sua figlia.
«Regina!» mormorò «E sei appena maggiorenne!»
Hermione abbracciò sua madre e mormorò:
«Temo che, alla fine, sarò una Regina che non prenderà mai il suo M.A.G.O. …»
La McGranitt scosse il capo, decisa:
«Oh, allora ci priverai della sorpresa di scoprire che avresti preso tutti Eccezionale nelle tue prove?»
Tutti risero, quindi Ron intervenne con nonchalance:
«A proposito, Preside… Ma lei sapeva che il simbolo di Grifondoro è un Leone perché fu Aslan a dare a Godric Grifondoro la sua spada?»
 
E, per la prima volta in otto anni, i Grifondoro presenti poterono dire di aver visto il Direttore della loro Casa sul punto di farsi venire un infarto.
 
*
 
I giorni degli hogwartiani a Narnia furono felici: Aslan concesse loro un mese da trascorrere con Hermione, Caspian e Rosalind.
 
La gioia era mitigata dalla consapevolezza di un’imminente separazione, ma ogni singolo giorno fu vissuto da tutti con animo sereno e lieto.
La prima cosa che Caspian chiese a sua moglie fu di onorare una certa promessa…  Per cui Hermione coinvolse sua madre nei preparativi per la sua seconda cerimonia di nozze.
E - mentre la McGranitt si seppelliva in biblioteca a studiare voracemente la cultura e la storia di Narnia e Marcus Granger, Harry, Ron e Ginny esploravano con la guida di Tartufello e Briscola il castello e i terreni circostanti - Caspian riprendeva in mano le redini del regno con l’aiuto di Aslan e Hermione, per la prima volta nella sua vita, dovette preoccuparsi solo di stoffe, fiori, dolci e corredi.
Dopo due giorni, gettò la spugna lasciando la sua felicissima madre a occuparsi di tutto e decise che non avrebbe più privato sua figlia di un minuto di attenzione per dedicarlo a dei banali vestiti.
Rosalind aveva cambiato la sua esistenza e quella di Caspian: dopo l’inizio burrascoso, i due si immersero in quella che era, a tutti gli effetti, una nuova vita.
La bambina aveva stravolto le loro priorità ed era diventata il centro dei loro pensieri.
A Caspian capitava di abbandonare senza una spiegazione riunioni che duravano troppe ore per via del desiderio di vedere sua figlia e Hermione si faceva convincere a stento ad allontanarsi più di dieci passi dalla culla della piccola.
Quando Aslan esortò la Regina a partecipare alla vita politica e decisionale del regno, lei stupì tutti portandosi dietro la bambina, avvolta in una coperta.
«Bè, che c’è?» disse ai notabili riuniti, che la fissavano senza parole «Può stare qui con noi: è bravissima!»
Caspian sorrise, orgoglioso, e prese in braccio la piccola.
E presto fu chiaro che la bambina distraeva più i Lord che i genitori: Rhoop continuava a rivolgerle facce buffe appena la vedeva aprire anche solo un occhio e Lord Aspen la salutava in continuazione con la mano.
Dopo un’ora inconcludente, Caspian richiamò all’ordine i suoi notabili, ricordando loro che Aslan in persona presiedeva quella seduta.
I Lord si inchinarono mortificati ma il Leone sorrise e sciolse la seduta, per cui tutti poterono precipitarsi ad ammirare la bimba da vicino.
«È chiaro che Roz porterà scompiglio a corte» commentò Caspian quella sera, dopo che i sovrani si ritirarono per la notte.
Steso sul letto, osservava la moglie asciugare la piccola, dopo il bagnetto.
Quando fu avvolta in una copertina, Hermione la tese al padre e lui si mise subito a cullarla, baciandola sulla testolina.
«Oh, sì, sarà una piccola tiranna, vedrai!» commentò la moglie, accoccolandosi accanto a lui.
Con il braccio del marito attorno alle spalle e la manina della figlia che stringeva il suo dito indice, le sembrò di non poter desiderare altro.
 
*
 
Aslan in persona officiò la cerimonia solenne che confermava i voti nuziali di Hermione e Caspian.
 
La sposa, avvolta in un prezioso abito di pizzo candido, dovette ammettere che ora capiva lo sconcerto del marito di fronte alla burocratica cerimonia avvenuta al Ministero della Magia qualche mese prima.
Narnia voleva omaggiare i suoi sovrani e, per l’occasione, gli uomini e le creature magiche si riunirono a Cair Paravel in quel giorno di festa.
Il giogo di Lilliandil e Ramandu aveva causato molte, troppe morti.
Ma il ritorno di Caspian, finalmente sposato e con un’erede, e la presenza di Aslan diffusero nei cuori una nuova speranza.
Aslan benedì nuovamente la sua terra, funestata dai troppi lutti, e augurò pace e prosperità agli abitanti.
Il cielo splendeva terso e luminoso: le nubi plumbee erano ormai solo un brutto ricordo.
E il giorno in cui Hermione e Caspian, vestiti sontuosamente, si inginocchiarono davanti al loro Signore per ricevere la Sua benedizione fu un giorno meraviglioso.
Jane e Ginny piansero per tutto il tempo, la prima stretta al marito che teneva in braccio la nipotina, la seconda abbracciata a Harry.
Persino Ron cercava di trattenere la commozione.
I due sposi erano radiosi e avevano solo occhi l’uno per l’altra.
Aslan rinnovò i loro voti pronunciando parole d’amore, di fiducia e si lealtà eterne, che loro ripeterono entusiasti.
E Hermione capì quello che Caspian aveva voluto dirle sulla Terra: avevano affidato il loro amore a qualcuno più grande di loro, più saggio e più forte.
Ora la loro promessa aveva un senso compiuto, perché era stata consegnata all’Eternità.
«Finché morte non vi separi» disse il Leone, soffiando su di loro la Sua benedizione.
 
E un brillante arcobaleno illuminò il cielo.
 
*
 
«Oh, Aslan, ti prego, non andartene…» lo pregò Hermione «Sono state così belle, queste settimane con te!»
 
«Sì, bambina mia, sono stati giorni splendidi» rispose il Leone «Ma ricordi? Io non sono mai lontano»
Hermione si morse un labbro.
«Sì, ma… è bello averti qui con noi!»
Lo abbracciò forte e, dopo di lei, si avvicinò Caspian.
Il Re non aveva mai osato abbracciare il Leone, per cui si inchinò come faceva sempre.
Quindi, Hermione sollevò Rosalind tra le braccia e la avvicinò al Grande Felino.
La bimba non pianse, anzi: allungò una manina come per fare una carezza.
«A presto, piccola principessina» sorrise il Leone «E a presto, amici: sappiate che Narnia, per voi, sarà sempre una seconda casa!»
Riuniti nel cortile, i Granger e gli hogwartiani lo scrutavano, seri in viso.
Marcus si schiarì la voce.
«Potremo… Potremo tornare? Sappiamo che Hermione è felice… Ma è un dolore così grande separarsi da lei!»
Janne annuì, pallida in viso.
Aslan sorrise, comprensivo.
«Lo so, Marcus. Ma vostra figlia è cresciuta e ha scelto la sua strada: siate fieri di lei e della donna che è diventata»
Hermione rivolse uno sguardo pieno d’amore ai suoi cari e, improvvisamente, si strinse le braccia al petto, come per ripararsi da un freddo improvviso.
«Vi voglio bene» mormorò, con gli occhi che si riempivano di lacrime.
Abbracciò per prima la Preside.
«Scusi, Professoressa, se l’ho delusa…» mormorò.
La McGranitt negò con veemenza:
«Delusa? Tu?! Mia cara, avessi avuto più studentesse come te, io… io…»
Non si seppe bene cosa voleva dire, perché tirò fuori un fazzoletto a scacchi e si soffiò vigorosamente il naso.
Hermione sorrise a Ginny, che la strinse forte, poi abbracciò Harry e Ron.
«Vi voglio bene!» disse «Migliori amici, sopra ogni cosa… Per sempre!»
Tutti e due, tristissimi, annuirono.
Era difficile dire qualcosa in quel momento: Hermione era una parte di loro, da sempre.
Salutare i suoi genitori fu ancora più difficile: Hermione non voleva piangere, ma sua madre scoppiò in singhiozzi e anche suo padre fece fatica a controllarsi.
«Vi voglio bene… Così tanto!» ripeteva lei, triste.
Jane lasciò la figlia solo per abbracciare la nipotina e poi, sorprendendolo, Caspian.
«Abbi cura di loro!» mormorò.
Anche Marcus si fece avanti:
«Te le affidiamo… Ci fidiamo di te! Mi raccomando, non deluderci!»
Caspian annuì, serio, quindi abbracciò i suoceri con affetto.
Rosalind emise uno strilletto di protesta di fronte a tutti quegli sballottamenti e strappò persino qualche risatina.
«Coraggio, amici» disse Aslan «Non è un addio, ve lo prometto!»
E, con un movimento della sua coda, aprì un portale luminoso.
Uno dopo l’altro, si infilarono nel passaggio, rivolgendo a Hermione gli ultimi saluti affettuosi.
Lei rimase accanto al marito, agitando la mano.
Quando anche sua madre ebbe attraversato il varco, la Regina di Narnia chiuse gli occhi e si lasciò stringere dalle braccia del marito.
 
*
 
Il ritorno a Hogwarts fu lugubre per tutti.
 
I Granger, inconsolabili, passarono ancora una giornata a scuola e poi, grazie a una felice idea di Ron, furono invitati dai Weasley per qualche giorno alla Tana: stare in mezzo alla magia li aiutò a sentire più vicino il mondo della figlia.
Marcus e Arthur Weasley divennero amici e, in Molly, Jane trovò conforto e comprensione.
 
A scuola, l’assenza di Hermione pesava molto sull’umore dei suoi amici più stretti.
Harry, Ron e Ginny attraversarono delle settimane difficili: il malumore imperversava ed ebbe conseguenze pesanti sul loro rendimento scolastico.
Ci pensò la McGranitt a strapazzarli, ricordando loro cosa avrebbe detto Hermione di fronte a disastrosi risultati scolastici, che avrebbero pregiudicato le loro future carriere.
E, pian piano, anche grazie a Neville, Luna, Hagrid, Seamus, Dean, Lavanda e gli altri amici, il sorriso tornò sui loro volti.
Grifondoro vinse il Campionato di Quidditch, consacrando Harry come il Capitano Prescelto.
L’ultimo giorno prima degli esami, durante una passeggiata lungo il Lago Nero, Harry prese la mano di Ginny e balbettò qualche frase sconnessa che la fece piangere di gioia e poi quasi strangolarlo nella foga di stringerlo a sé.
Harry affrontò il M.A.G.O. in una sorta di trace estatica.
Poco prima dell’inizio della prima prova, mentre la McGranitt pronunciava le ultime raccomandazioni, si girò verso il banco alla sua sinistra e bisbigliò a Ron:
«Ron… Ho chiesto a Ginny di sposarmi»
«CHE COOOOOOSA?!»
L’urlo del suo migliore amico rischiò di far annullare la prova dagli addetti del Ministero.
 
*
 
Due mesi dopo la loro seconda cerimonia di nozze, Hermione e Caspian avevano abbandonato per un pomeriggio i loro doveri e avevano portato Rosalind a passeggiare nei boschi attorno al castello.
 
Ora, sdraiati sull’erba l’uno accanto all’altra, ridevano osservando la piccola che sgambettava felice stesa a pancia in giù su una coperta.
Con la testa poggiata nell’incavo della spalla del marito, Hermione socchiuse gli occhi, mentre la mano di lui le accarezzava pigramente il fianco.
«Vorrei che potessimo essere sempre e solo noi tre» bisbigliò lei.
«Sei felice, amore mio?» le chiese il marito.
«Ma certo! Puoi dubitarne?»
«So che ti manca casa… Ma io e Roz siamo davvero, davvero fortunati ad averti qui!»
Sollevò la piccola e le baciò una guancia rosea.
«Io sono fortunata ad avere voi, Caspian»
Hermione sorrise al marito sopra il capo della loro bambina e si protese per accarezzargli una guancia, quando all’improvviso lanciò un grido di sorpresa.
Caspian, di riflesso, strinse forte la bambina e si voltò a guardare.
«Cosa c’è? Hermione?» chiese, allarmato.
Lei stava fissando un punto oltre le sue spalle, ammutolita.
Seguendo il suo sguardo, il re di Narnia notò con stupore un gufo che li osservava compito, appollaiato su una roccia.
«Quello è… un gufo? E ha una lettera legata alla zampa?» mormorò lei, attonita.
Caspian scosse il capo, passandole la piccola.
«Non sembra una delle creature di Narnia… Ma aspetta: vado a vedere»
Si avvicinò all’animale e sciolse la pergamena che era legata alla sua zampa, quindi la svolse.
Un sorriso si disegnò sulle sue belle labbra.
«Guarda qui, piccola» disse, tendendole il foglio.
Hermione lesse, sgranando gli occhi:
 
 
Non serve il M.A.G.O. per certificare che sei la strega più brillante del tuo anno, Hermione.
Questa mia per attestare quanto dico… e per mandare un bacio a Rosalind.
Con affetto,
Preside Minerva McGranitt
 
Sotto le parole della Preside, campeggiavano altri saluti: dei genitori, di Harry, Ron, Ginny, Hagrid, Luna e Neville.
 
Gli occhi della Regina di Narnia si riempirono di lacrime di gioia.
Il marito la riprese tra le braccia e lei rise, stringendolo a sé e rovesciando il capo all’indietro, per godere della vista del meraviglioso cielo azzurro di Narnia.
 
 
***
Ed eccoci qui, alla fine di un'altra avventura.
Vorrei trovare le parole adatte a ringraziarvi tutti del tempo che avete trascorso con me, facendomi sentire amata e apprezzata come non mai.
Grazie alle mie fantastiche amiche che sono sempre con me e grazie alle persone che ho conosciuto grazie a questa storia e che spero di ritrovare in futuro!
Grazie a voi che avete letto, recensito, seguito, ricordato e preferito, o anche solo passato qualche momento con Hermione e Caspian.
Sto scrivendo la terza storia di questa saga: spero che sarete ancora con me quando la posterò.
Davvero grazie ancora, di cuore!
Vostra,
Joy

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