Why don't you like me?!

di ___Lilith
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #Prologo. Quella maledetta camicina dannatamente troppo stretta. ***
Capitolo 2: *** #01. No, non si sarebbe mai dimenticato di quello sguardo. ***
Capitolo 3: *** #02. Si, era proprio fottuto. ***
Capitolo 4: *** #03. L'essenziale. ***
Capitolo 5: *** #04. Quel leggero retrogusto amaro. ***
Capitolo 6: *** #05. Restami accanto qui nel mio labirinto. ***
Capitolo 7: *** #06. My magnetic heart. ***
Capitolo 8: *** #07. Put your lips on me and I can live underweater. ***
Capitolo 9: *** #08. Freddo nel fuoco. ***
Capitolo 10: *** #09. When will I see you again?! ***
Capitolo 11: *** #10. Or love's gonna get you down. ***
Capitolo 12: *** #11. Perché so che tu non passerai mai. ***
Capitolo 13: *** #12. No hope, no love, no glory, no Happy Ending. ***



Capitolo 1
*** #Prologo. Quella maledetta camicina dannatamente troppo stretta. ***



Prologo. Quella maledetta camicina dannatamente troppo stretta.



Un leggero venticello estivo scompigliò i lunghi ricciolini di Michael, asciugandogli la goccia di sudore che trapelava dalla sua fronte dovuta all'eccessivo caldo. Era a Dublino, fuori allo Slane Castle, e stava aspettando colui che quel giorno l'avrebbe aiutato a selezionare le tre ragazze che avrebbero partecipato a X-Factor: Marco Mengoni, un cantante che era a sua volta uscito vincitore da quello stesso programma e che, proprio in quel periodo, era in cima alle classifiche italiane. Aveva scelto lui come suo compagno perché lo riteneva un'artista eccezionale e rappresentava perfettamente ciò che ogni ragazzo che partecipava a quel talent avrebbe voluto diventare. E poi scegliere chi poteva proseguire in questo percorso era davvero molto difficile ed era certo che lui gli avrebbe potuto dare un enorme aiuto dato che aveva vissuto quell'esperienza dal vivo.
A interrompere quei suoi pensieri fu il rumore del motore di un auto che si avvicinava. Dopo pochi secondi una macchina nera si piazzò davanti ai suoi occhi. Le porte si aprirono e per prima uscì una ragazza dai lunghi capelli ricci, che Michael ipotizzò essere la sua manager. Marco gli aveva detto che sarebbe venuto con lei. Il secondo ad uscire fu un ragazzo abbastanza alto, dagli occhi color cioccolato e i capelli di un delizioso castano scuro. Sul viso aveva un po' di barbetta che gli conferiva un'aria e un'età leggermente superiore da quella che effettivamente aveva. Era vestito con un'attillata camicina azzurra a mezze maniche abbottonata fino all'ultimo bottone e un pantalone di un blu leggermente più scuro. Era davvero un bel ragazzo, doveva ammetterlo. Sul suo dolce visino era dipinto un meraviglioso sorriso che lasciava scoperti i perfetti e bianchi denti.
Quel ragazzino era così dannatamente sexy...
- Ciao - disse, porgendogli la mano per salutarlo. Immerso com'era nelle sue fantasticherie, non si era neanche accorto che Marco gli si era avvicinato.
- Ciao Marco - gli strinse la mano, - sono davvero molto contento di averti qui con me per gli Home Visit. - L'accento inglese tradiva le sue origini non italiane.
- Anche io. - E lo era davvero. Mika era un grande cantante e qualche annetto fa avrebbe fatto di tutto solo per avere un suo autografo. Ora, invece, si ritrovava insieme a lui giudice di 6 ragazzine che forse un giorno avrebbero potuto diventare come il sottoscritto.
- Tra meno di un'ora le ragazze dovrebbero essere qui, nel frattempo accomodati pure dentro - gli fece cenno di seguirlo mentre varcava la soglia di quell'edificio.
Fu una lunghissima ora per Michael. Lui, Marco e Marta parlarono a lungo di musica, dei vari successi di entrambi i cantanti, dei tour e di qualsiasi altra cosa riguardasse la loro carriera.
Sia Michael che il ragazzo sembravano entrambi ugualmente interessati all'argomento.
Per Marco confrontarsi con un artista del calibro di Mika era davvero un onore. Prima di diventare famoso seguiva il cantante e trovava la sua voce decisamente meravigliosa. Per non parlare poi delle canzoni, che non a caso erano in cima alle vette delle classifiche mondiali. Un giorno sarebbe voluto diventare come lui.
Ma era solo una recita quella di Michael. Non era che non fosse interessato all'argomento, ma la camicina decisamente troppo stretta che indossva Marco era una distrazione troppo forte. Risaltava un po' troppo gli appena accennati pettorali del ragazzo.
'Calmati Michael' si disse mentalmente, 'tu sei fidanzato e ami molto il tuo ragazzo. Non puoi saltare addosso a qualcuno che probabilmente non è neanche gay.' E, se non ci fosse stata Marta con loro, lo avrebbe fatto.
Desiderò staccargli uno ad uno i bottoni di quella maledetta camicetta, ma, per fortuna, i suoi film mentali furono interrotti da un addetto dello staff, il quale annunciò ai ragazzi che erano arrivate le concorrenti. Benedì più volte quell'uomo per averlo salvato dalla distruzione totale del suo autocontrollo.
Le 6 ragazze furono molto contente nello scoprire che il giudice sarebbe stato Michael e lo furono ancora di più quando lui presentò il suo "aiutante" per quel giorno.
Susseguirono le varie esibizioni delle ragazze. Una ad una entrarono e mostrarono loro il grande talento di cui erano dotate. Marco le osservava con aria stupita, emozionato di avere un ruolo tanto importante da poter decidere chi di loro poteva proseguire in quell'avventura. Erano tutte molto brave e sarebbe stato difficile selezionare le 3 migliori.
Marco guardava le ragazze, Michael guardava Marco. Ci doveva essere una sorta di calamita in quell'uomo, ne era certo. Ed era così potente da non permettergli di staccare lo sguardo da lui.
Ogni cosa di quel ragazzo lo attraeva, dal suo fisico a dir poco perfetto, alla sua barbetta sul viso, dagli intensi occhi color cioccolato, al nasino deliziosamente un po' a punta. Era una meraviglia.
Poi entrò nella sala un'altre delle ragazzine che dovevano esibirsi. Era un po' più giovane delle altre, e anche più bella. Sul volto di Marco apparve subito un enorme sorriso, lo stesso che era comparso su quello di Michael quando il ragazzo era sceso dalla macchina. Bene, ora aveva la conferma che non era gay.
Quando la ragazza finì di cantare e loro furono nuovamente soli, Marco si lamentò che lei non l'aveva guardato per tutta la sua performance.
'Probabilmente non lo ha fatto perché guardare tutta questa la manderebbe in tilt tanto da farla stonare' pensò.
Scosse la testa. Non poteva buttare all'aria 7 anni di relazione con il suo fidanzato perché troppo attratto da un ragazzo a cui piacevano le donne.
Ma i suoi occhi erano incollati a lui e non davano segno di voler smettere di guardre cotanta perfezione.
Nel frattempo anche l'ultima concorrente si era esibita. Ora toccava a loro.
Nonostante il suo sguardo era stato per tutto il tempo fisso su altro, le sue orecchie erano state ben concentrate sulla voce di quelle ragazzine e già si era fatto un'idea su chi avrebbe scelto. Ma, ovviamente, doveva ascoltare prima l'opinione del suo compagno.
- Allora - esordì Mika, rompendo il silenzio che si era cerato intorno a loro, - secondo te chi è che potrebbe continuare? -
Gli occhi di Marco erano fissi su una cartellina che conteneva alcune informazioni sulle concorrenti.
- Beh credo che siano tutte davvero troppo brave - rispose il ragazzo, - È molto difficile scegliere - ci pensò su qualche secondo, - credo che Violetta sia un tipo piuttosto interessante e anche Chiara - gli scappò un sorrisetto quando pronunciò quel nome, - poi c'è Gaia che ha uno stile tutto suo e beh... me piace - concluse col suo accento romano che Michael trovò estremamente dolce e... sexy. Si, era sexy anche il suo modo di parlare.
Non c'era difetto in quel ragazzo, se non il fatto che non fosse gay, sempre se quello avrebbe potuto considerarsi un difetto. Anzi probabilmente era lui quello fatto male che gli piacevano gli uomini, ma non poteva farci niente, lui era così, punto.
- Sono d'accordo con te su Gaia e Violetta - disse il riccio, - ma su Chiara... beh non saprei, è ancora molto giovane e ha molte cose da perfezionare, mentre Valentina credo possa fare bene nel programma. -
Alzò gli occhi da quella cartellina e per un attimo si scontrarono con quelli di Michael. Il riccio rischiò quasi di annegare in quelle due enormi pozze color cioccolato. Fu uno sguardo rapido, furtivo, ma fu il più intenso sguardo che avesse mai visto. Per un attimo si perse nell'immensità di quei occhi.
- Mhmh... si, credo tu abbia ragione - commentò, - forse Chiara è troppo inesperta per intrapendere questo viaggio e Valentina sembra più pronta. -
Restarono ancora un po' di tempo a parlottare della decisione da prendere, dei pregi e difetti della voce di ogni concorrente.
Michael adorava osservare Marco mentre, cercando di fare il serio, spiegava le motivazioni per cui avrebbe scelto l'una o l'altra ragazza. Lui ci mise davvero tutta la sua forza di volontà per seguire il suo discorso, ma era troppo occupato ad osservare le labbra di quel ragazzo che si muovevano mentre parlava. Erano sottili, perfettamente scolpite, da una deliziosa forma a ciorucino. Ogni minuzioso particolare di quell'uomo sembrava essere opera di un bravissimo scultore.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, aggiustando i ciuffi di capelli ribelli che si erano liberati sulla sua fronte. - ... capito? - gli chiese, probabilmente accorgendosi della distrazione del riccio.
'Ops' pensò Michael. - Ehm, si - rispose.
- E cosa ne pensi? -
'Eh bella domanda.'
- Penso che... - bene, e ora cosa doveva dirgli?! Cadde quasi nel panico, ma, per fortuna, fu salvato dallo spalancarsi della porta. Marta comparve in sala e annunciò che il tempo era terminato e che Mika doveva scegliere le 3 ragazze che avrebbero composto la sua squadra. In quel momento, Michael benedì più volte anche quella santa ragazza per averlo salvato da una figura di merda epica.

Qualche ora dopo, si ritrovava in una macchina, guidata dal sua autista, a pensare a Marco. Lo aveva salutato solo poco prima e già gli mancava. Ma cosa gli stava succedendo? Perché non riusciva a smettere di pensare a quei due profondi occhioni color nocciola?
'Perché ti piace' gli rispose una vocina nella sua mente. No, no, no e no! Lui era innamorato di un altro ragazzo, punto. Non poteva prendersi una 'cottarella' per un uomo che aveva visto solo una volta.
Avvicinò la faccia al finestrino e cercò di concentrarsi sul paesaggio. Vedeva le immagini sfuocate delle case che si allontanavano mentre l'auto avanzava. Ma ciò non gli impediva di pensare a lui. Anzi il sorriso di quel ragazzo tornò subito ad occupare il suo campo visivo.
'Maledetto me e il giorno che ho deciso di invitarlo' si disse mentalmente.
Improvvisamente il cellulare nella tasca del suo pantalone cominciò a vibrare. Lo tirò fuori e controllò chi fosse sul display. Ops... era il suo fidanzato. In quel momento non aveva nessuna voglia di parlare con lui.
Rispose svogliatamente e, dopo che il ragazzo gli ebbe fatto un paio di domande del tipo 'Come va lì? Cosa stai facendo? ...", troncò la chiamata con la scusa che era troppo stanco e promettendogli che lo avrebbe richiamato più tardi.
Se solo lui avesse saputo a cosa stava pensando lo avrebbe lasciato all'istante. Ma lui non voleva, lo amava. Il problema era che non riusciva a togliersi dalla mente quel ragazzino. E avrebbe tanto voluto capire cosa gli aveva fatto per procurargli una reazione simile.
Probabilmente era colpa di quella camicina maledettamente troppo stretta... oh non lasciava molto all'immaginazione. Michael già si stava facendo film mentali, fantasticando su ciò che ci fosse sotto.
'Michael calma gli ormoni!' si rimproverò. E doveva farlo davvero se non voleva finire a sbavare sul sediolino posteriore di quell'auto mentre immaginava il dorso nudo di Marco.
Poco dopo la macchina si fermò. Era arrivato all'hotel dove quella sera avrebbero alloggiato lui e le concorrenti prescelte.
Aprì la porta e scese. Si trascinò svogliatamente fino alla hall dell'hotel, dove chiese le chiavi della propria camera. Ora voleva solo gettarsi sul letto e farsi una bella dormita, sperando che il giorno dopo avesse dimenticato quel dannato ragazzo, la sua camicina e quella sua maledetta bellezza troppo perfetta. Ma questo era alquanto impossibile. Come poteva dimenticarsi dello sguardo più profondo che avesse mai incrociato?
Vide anche una delle ragazze, Violetta, e, fingendo un sorriso, la salutò, dopodiché si diresse verso le scale che lo avrebbero portato finalmente in camera sua.
Salì gli scalini con una tale lentezza che se ci fosse stata una lumaca accanto a lui lo avrebbe sfigurato. Si sentiva stranamente stanco.
Poi, mentre saliva l'ultimo gradino, alzò la testa, tenuta bassa fino a quel momento, e il suo sguardo fu carrurato dagli occhi più belli che avesse mai visto.





#MySpace
Ciao carissimi lettori, Eccomi qui con un'altra delle mie strane e stupide storie sul bravissimo Mika. Questa volta però ho voluto che fosse presente anche il mio altro idolo, Marco Mengoni e, siccome Mika è gay e Marco spesso viene descritto come tale, ho pensato 'perchè non sceivere di una bella storiellina tra questi due?' E quindi mi è venuta fuori questa mezza schifezza.
Spero che a qualcuno piaccia, ma ne dubito fortemente.
Se volete, lasciatemi una piccola recensioncina per farmi sapere se questa mia ideuzza vi è piaciuta o fa cagare (cosa molto probabile).
A presto :3
Un bacio, _Lollipop_96 ♥

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Capitolo 2
*** #01. No, non si sarebbe mai dimenticato di quello sguardo. ***


Capitolo 1. No, non si sarebbe mai dimenticato di quello sguardo.



Come per magia si ritrovò di nuovo immerso in due deliziose pozze color nocciola, incatenato in uno sguardo che non lasciava via di fuga a chi ne rimaneva imprigionto. Un delizioso carcere dello stesso colore del cioccolato.
- Ciao Mi... - Marco cercò di salutarlo, ma vide il ricciolino improvvisamente perdere l'equilibrio. Michael era talmente catturato da quei due occhi che, come un idiota, non vide l'ultimo gradino della scala e finì per inciamparci. 'Complimenti che figura di merda!'
Già si immaginava il freddo e doloroso impatto con il pavimento e il suo naso dolorosamente spiaccicato a terra. Ma la sua previsione non si avverò. Un braccio si strinse intorno alla sua vita e lo trattenne dal cadere completamente.
'Idiota!' si rimproverò mentalmente, 'Idiota! Idiota! Idiota!'
- S-Scusami - disse. Sentì le sue guance avvampare, - l'equilibrio non è uno dei miei pregi. - Alzò nuovamente lo sguardo, cercando però di evitare di guardarlo negli occhi. Quella sera non aveva alcuna intenzione di finire in ospedale.
- Non ti preoccupare - rispose il ragazzo, incurvando un po' quelle perfette labbra all'insù. Questa volta il libanese si perse nel suo sorriso. Quelle sottili labbra lasciavano scoperti i bianchi denti, disegnando ciò che a Michael sembrava il sorriso più bello dell'universo.
Non aveva scampo: su qualsiasi parte del viso di quel ragazzo concentrava il suo sguardo rimaneva sempre incantanto nella sua estrema ed esagerata bellezza. Quell'uomo era un pericolo pubblico, sarebbe dovuto uscire sempre con un sacchetto in testa se non voleva che qualcuno morisse d'infarto per un suo sguardo o un suo semplice sorrisetto. Cosa che presto sarebbe accaduta a Mika se non avesse staccato immediatamente gli occhi da lui.
'Smettila di guardarlo, stupido!' gli gridò contro la sua coscienza. E dovette farlo, altrimenti era sicuro che, oltre ad un emerito idiota, Marco lo avrebbe preso anche per un maniaco.
- Beh... allora ciao Marco - gli disse.
- Ciao Michael - questa volta, per fortuna, riuscì a termirare la frase. Detto questo, Marco riprese a scendere. Il riccio lo osservò sculettare giù per le scale finché non scomparve dalla sua vista, e dovette ammettere che neanche il suo lato B era tanto male.
Bene, adesso aveva le prove che la perfezione esisteva. Ed era concentrata tutta in quel maledetto uomo.
Riprese il suo cammino verso la sua stanza e, fortunatamente, riuscì ad arrivare alla porta senza avere altri imbarazzanti, ma deliziosi inconvenienti. Infilò la chiave nella serratura della porta che, dopo due scatti, si aprì. Entrò nella stanza e trascinò il suo pesante corpo fino al letto. Si gettò a capofitto sul morbido materasso senza neanche preoccuparsi di cambiarsi. Non ci volle molto prima che i suoi occhi si chiudessero e la sua mente si immergesse nel meraviglioso mondo dei sogni, che quella sera fu però popolato interamente da due grossi occhioni color cioccolato e un sorriso tanto bello da togliere il fiato.

I tiepidi raggi di sole che filtravano dai preziosi ricami della tenda posta davanti alla finestra arrivarono fino alle ancora chiuse palpebre di Michael. Disturbati da quella tenue luce, i suoi occhi si aprirono lentamente, assaporando la bellezza di un nuovo giorno.
Allungò una mano sul comodino e cercò a tastoni il suo cellulare per controllare che ore fossero. Quando lo trovò, accese il display e subito notò ben 2 notifiche: la prima gli informava che aveva ricevuto 2 messaggi, la seconda, invece, di 4 chiamate perse.
Le chiamate erano di James, il suo ragazzo, e anche i messaggi.
"Mi avevi detto che mi avresti chiamato" c'era scritto nel primo.
"Ma che fine hai fatto?! Ti ho mandato un messaggio e ti ho chiamato ben 4 volte e non mi hai risposto... Sono seriamente preoccupato" recitava il secondo.
'Ops' pensò, ' adesso mi ammazza.'
James non era un tipo ossessivo, ma ultimamente si era dimostrato alquanto geloso. Ed era comprensibile. Mika era un cantante di fama mondiale ed era molto carino, chi non sarebbe stato geloso di un ragazzo così?
Alto, biondo e dagli occhi azzurri, James era l'esatto opposto del ricciolino. Alla carnaggione chiara e alla corporatura esile di Michael, si contrapponeva quella muscolosa e la pelle olivastra del biondino. Ma le differenze non erano solo fisiche. Mentre il libanese era timido, talvolta anche piuttosto ingenuo, col sorriso sempre sulle labbra, James, invece, era un ragazzo esplosivo, furbo e con la sua sempre persente espressione da duro stampata in volto. Non avevano niente in comune, se non il fatto che si amavano alla follia.
Quando Michael lo aveva visto per la prima volta coi suoi jeans stracciati e il suo ciuffo biondo perfettamente disordinato che gli ricadeva sugli occhi, lo aveva trovato alquanto irritante. Sembrava il tipo fighetto bisex. Ma, tra una parola e l'altra, uno sguardo troppo penetrante e sorrisetti furtivi, Michael aveva scoperto che sotto quella pelle ricoperta da cima a fondo di tatuaggi c'era in realtà una persona speciale, una persona vera. E lui ne era pazzamente innamorato.
Rilesse i messaggi, cercando di formulare una risposta che facesse placare almeno un po' la rabbia che sapeva il ragazzo avesse provato nel non ricevere alcun contatto dal compagno.
"Scusami James, ieri mi sono addormentato presto e ho dimanticato di chiamarti. Non vedo l'ora di ri.tornare da te, mi manchi" gli scrisse con un po' di difficoltà data la sua dislessia. Quelle parole lo avrebbero calmato un po', ma al suo ritorno gli sarebbe spettata una bella ramanzina.
Rotolò svogliatamente giù dal letto e ciabattò fino al bagno. Aveva bisogno di una bella doccia rigenerante.
Si spogliò e si buttò sotto il copioso getto d'acqua gelida. Dopo essersi preparato, si guardò allo specchio. Aveva un aspetto orribile: due grosse borse violacee si estendevano sotto i suoi occhi e i capelli, che già normalmente erano difficili da domare, quella mattina erano più arruffati del solito. Cercò di sistemarli un po', ma pochi minuti dopo fu costretto a rinunciare a quell'ardua impresa. Fece una rapida colazione e poi chiamò il suo ragazzo, scusandosi ancora per il giorno prima... Già, il giorno prima... Nel bel mezzo della conversazione con James, la sua mente ritornò inevitabilmente a perdersi nelle profondità di quei due enormi pozzi color caffè.
- Michael mi stai ascoltando? - la prorompente voce di James che lo rimproverava lo fece ritornare alla realtà.
- Ehm si... - disse, - ma adesso devo staccare, ho il volo tra poco più di un'ora e devo andare all'aeroporto. -
Lo salutò, ripetendogli quanto gli mancasse e quanta voglia avesse di riabbracciarlo di nuovo. Quando la chiamata terminò, uscì dalla sua stanza, per poi raggiungere la hall dell'hotel.
Scese le scale lentamente, ripensando a quello che era successo su quell'ultimo gradino la sera precedente. Si era reso ridicolo davanti a Marco. Almeno un lato positivo in tutto questo c'era: non lo avrebbe rivisto per un bel po'. Il ragazzo era probabilmente già in volo per Milano, mentre lui si sarebbe diretto a Londra e, anche quando sarebbe tornato in Italia per X-Factor, le probabilità di incontrarlo di nuovo erano pari a una su cento. Quindi poteva tranquillamente continuare a vivere la sua vita e dimenticarsi di quella stipida e piccola cottarella.
Arrivato al piano inferiore, proseguì a testa bassa fino a quando quest'ultima non urtò contro qualcosa. Il suo naso si schiacciò contro una schiena dura come la roccia.
- Ehi guarda dove metti i piedi... - ringhiò il ragazzo a cui apparteneva quella possente schiena. Quando questo si voltò, anche i suoi occhi finiriono per inciampare, cadendo in un infinito mare color cioccolato. No, non era a Milano.
'Oh perfetto' Michael si maledì mentalmente più volte, 'figura di merda pt. 2.'
- Ah Michael sei tu - sul viso di Marco aleggiò un piccolo sorriso, - Ancora problemi con l'equilibrio? - Più che irritato, il ragazzo sembrava divertito. Bene, era talmente ridicolo da farlo ridere. Quella giornata non poteva andare peggio. Ed era appena all'inizio.
- Ehmm... S-Si - il riccio immaginò che a quel punto le sue guance avevano già assunto un forte colore scarlatto. - Scusami ancora, io... -
- Non devi scusarti - lo interruppe il ragazzo, - essere "urtato" da una star di fama mondiale come te per me non può essere che un onore. -
'Io dovrei essere onorato da tanta perfezione...'
Abbassò un po' la testa, cercando di nascondere con i suoi lunghi capelli ricci il colore ancora più acceso che stavano assumendo le sue gote. Il suo sguardo, quindi, cadde inevitabilmente sul fisico del ragazzino. Notò che indossava un semplice pantalone di tuta grigio e una maglietta nera aderente. Era vestito in modo semplice, eppure sembrava l'uomo più bello di questo universo. Possibile che quel ragazzo era capace di essere sexy anche con una tuta?!
Beh almeno adesso aveva la conferma che non era quella camicina a renderlo così tremendamente attraente.
Parlarono per qualche minuto del più e del meno. Forse era meglio dire che, come al solito, Marco parlava e Michael lo guardava.
Il ragazzo gli stava raccontando qualcosa riguardo X-Factor quando, comparsa dal nulla, Marta gli annunciò che avevano il volo tra un'ora e mezza e che quindi, per evitare di perdere l'aereo, dovevano dirigersi verso l'aeroporto. Siccome anche Michael doveva prendere l'aereo, decisero di andarci insieme.
Il ricciolino passò tutto il tempo a meditare sul rapporto che poteva esserci tra Marco e la sua manager. Erano molto affiatati, chiunque avrebbe potuto notarlo. Marco aveva detto che erano molto amici, ma lui era sicuro che sotto c'era qualcosa di più di una semplice amicizia. Lo si poteva scorgere dal prezioso sguardo color mare che la ragazza riservava al cantante. Si vedeva che le piaceva, e non poco. C'era una specie di feeling speciale tra di loro e per un secondo Michael si trovò ad invidiare quella ragazza riccia. Avrebbe tanto voluto esserci lui al suo posto.
'Il tuo posto è accanto a James' lo schernì una strana vocina nella sua mente. Ma aveva ragione, non doveva farsi coinvolgere troppo da questa cottarella. Aveva un ragazzo che lo stava aspettando a casa a braccia aperte, non poteva e non voleva buttare all'aria quella relazione.

Mentre parlava con Micheael, Marco aveva notato un paio di volte i suoi sguardi insistenti. Lo guardava incessantemente con quei due grossi occhi color nocciola con piccole sfumature verdognole e certe volte sembrava così perso nei suoi pensieri che Marco dubitava lo stesse realmente ascoltando. Ma questo non lo irritò affatto. Michael era un artista, e, si sa, gli artisti sono un po' strani.
Marco adorava le persone timide e un po' sgraziate nei movimenti come lui. Gli trasmettevano un profondo senso di tenerezza. Quando gli era finito addosso poco fa e aveva scoperto che era lui non s'era nemmeno arrabbiato. Anzi il suo disorientamento lo aveva divertito. Era così carino con quell'aria da timidone che aveva. Quei sui ricci disordinati poi contribuivano a dare a quel dolce visino un'aria quasi angelica.
Adorava anche il suo modo di arrossire ad ogni minima cosa. Le sue guance sembravano prendere fuoco quando era in imbarazzo.
Michael era una personalità fragile, chiusa, come, in fondo, lo era anche lui. In un certo senso, i due ragazzi erano molto simili. Entrambi vivevano per la musica, avevano una voce a dir poco sublime ed erano due persone limpide come l'acqua.

Una voce metallica rimbombò all'interno della sala d'imbarco, avvisando i passeggeri che a breve il volo per Londra sarebbe decollato. Michael salutò Marco con un abbraccio e un 'a presto' carichi di malinconia perché sapeva che, in realtà, non lo avrebbe rivisto per molto tempo. Ma, in fondo, era meglio così. Aveva bisogno di tempo per dimenticarsi di quell'uomo.
Prima di andare via però, si voltò di nuovo verso di lui. Marco stava sorridendo e lo stava salutando ancora oscillando a destra e a sinistra la mano. Si perse un'ultima volta nell'infinito oceano scuro dei suoi occhi, poi proseguì la sua camminata verso l'aereo. No, non si sarebbe mai dimenticato di quello sguardo.





#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Vorrei innanzitutto scusarmi per il ritardo con cui ho aggiornato, purtroppo questa settimana sono stata troppo impegnata con la scuola e ho avuto poco tempo per scrivere. Ma, nonostante ciò, sono riuscita a concludere questo capitolino che spero vi piaccia come il prologo (a me, sinceramente, non convince molto u.u)
Comunque ci terrei a precisare che James è puro frutto della mia mente. Non so chi sia in realtà il ragazzo di Mika, quindi ho dato libero sfogo alla mia fantasia xDD
Infine voglio ringraziare tutti quelle meravigliose persone che hanno recensito il primo capitolo, è colpa vostra se sono di nuovo qui a scrivere u.u
Spero di non aver fatto troppi errori e che il capitolo non faccia tanto schifo come penso (sono molto pessimista io hahaha xDD) e, se vi va, lasciatemi un piccolo commentino ♥
A presto :33
Un bacio, _Lollipop_96

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Capitolo 3
*** #02. Si, era proprio fottuto. ***


02. Si, era proprio fottuto.



Il volo durò molto, o almeno a Michael sembrò durare tanto. Non vedeva l'ora di riabbracciare il suo compagno, gli era mancato molto in questi giorni. Beh, in realtà sperava che rivedendolo si sarebbe dimenticato di quel dannatissimo ragazzo dagli occhi color cioccolato.
Quando scese dall'aereo, lui era lì in tutta la sua bellezza che si sbracciava per farsi notare dal ricciolino tra la folla. Gli andò incontro e, quando furono abbastanza vicini, James lo avvolse in un caloroso e nostalgico abbraccio.
- Qunanto mi sei mancato... - disse mentre lo stringeva ancora di più a sé.
- Anche tu - Michael ricambiò l'abbraccio con uguale intensità. Gli occhi di tutti i presenti, inevitabilmente, caddero su di loro. Ma ormai ci erano entrambi abituati. Ogni volta che si scambiavano anche una sola carezza in pubblico le occhiatacce furtive delle persone erano sempre presenti. Michael sperò solamente che nessuno lo riconoscesse. Aveva indossato un cappello e un paio di occhiali da sole per cercare di "mascherarsi", ma temeva non sarebbe bastato. Non voleva vedere l'indomani la sua foto insieme al fidanzato spiaccicata sulle copertine di tutti i giornali. Ci teneva che la sua vita privata rimanesse appunto "privata".
Non si scambiarono altre "effusioni" in pubblico. Sapevano quanto a certa gente disgustava vedere due maschi insieme.
Velocemente corsero fuori da quel luogo affollato e caotico. Salirono in macchina e, una volta acceso il motore, l'auto partì.
- Finalmente a casa! - esclamò Michael, varcando la soglia della porta della sua abitazione. Appoggiò la valigia a terra e si diresse verso l'enorme divano in pelle nel suo salotto. Si lanciò letteralmente sopra e sprofondò nella comodità di quei cuscini. - Ah relax! -
James, ancora vicino alla porta, lo guardava con un grosso sorriso dipinto sulle carnose labbra. Era un sorriso dolce, ma allo stesso tempo malizioso. Ed era bello, si lo era davvero. Ma gli mancava qualcosa.
Qualcosa che invece aveva quello di Marco. Quando sorrideva, il suo dolce visino si illuminava, rendendo ancora più bello ciò che già normalmente era perfetto.
Era una luce che ti irradiava, che poteva accecarti se la guardavi troppo da vicino. Quel sorriso risplendeva più della luna piena nello scuro cielo blu notturno. E Michael ne era rimasto abbagliato.
Avrebbe potuto gurdare tutti i sorrisi più belli di questo mondo, ma era certo che nessuno lo avrebbe catturato come era riuscito a fare il suo. Neanche quello che ora gli stava rivolgendo James... No, nessuno.
Col suo passo felino, James si avvicinò piano al ricciolino. Quando arrivò al divano, si posizionò a cavalconi su di lui e, guardandolo dritto negli occhi, gli disse: - In questi giorni mi è mancato vederti spaparanzato su questo divano - avvicinò il suo viso a quello di Michael finché tra le loro labbra non rimasero solo pochi centimetri di distanza. Con un dito gli accarezzò una guancia e Michael, come al solito, arrossì per quel delicato tocco. - Mi è mancato anche il tuo dolce arrossire ad ogni mio gesto - azzerò la distanza tra le loro labbra, facendole combaciare in un passionale bacio, - e mi sono mancati i tuoi baci - gli disse ancora sulle sue labbra, - ma soprattutto mi è mancato il tuo modo di fare l'amore... -

Il giorno dopo, Michael si risvegliò nel suo letto accanto a James. Il ragazzo aveva la testa appoggiata al suo addome e gli enormi occhioni azzurri ancora chiusi. Gli spostò una ciocca del suo ciuffo biondo di lato per poter ammirare meglio la bellezza di quell'uomo. I tratti decisi e marcati del suo ambrato viso gli conferivano quel suo tipico tono da "cattivo ragazzo" che, però, non era.
Mentre le sue mani accarezzavano quei morbidi e setosi capelli, avvicinò le labbra al suo orecchio destro e, con un flebile sussurro, disse: - Amore svegliati. -
Il biondino bofonchiò qualcosa, poi strizzò gli occhi e le palpebre scoprirono quelle due preziose iridi color ghiaccio. - Buongiorno amore - borbottò, - sai mi è mancata anche la tua fastidiosa voce di prima mattina nelle orecchie - aggiunse con tono acido.
- Lo so - rispose il ricciolino ridacchiando, - è per questo che ti ho svegliato - gli fece la linguaccia, - Buongiorno. -
Gli arrivò una gomitata dritta nello stomaco da parte del ragazzo dagli occhi azzurri. - Ahi! - esclamò.
- L'hai voluta tu. -
- Ti odio - disse, massaggiandosi il punto che James aveva colpito.
- No tu non mi odi, tu mi ami. - Congiunse la sua bocca a quella del ricciolino, il quale poté assaggiare il delizioso sapore delle sue labbra di prima mattina. Avevano un gusto fresco, perfetto per rendere quel dolce risveglio ancora più meraviglioso.
Ma, proprio mentre assaggiva ancora quelle labbra, nella sua mente tornò un pensiero che ormai per il povero cantante era più che altro un tormento: Marco. Si ritrovò a chiedersi come potesse essere il sapore delle sue, quale magico gusto potessero avere. "Cioccolato" ipotizzò. Si, probabilmente quelle labbra avevano il dolce e sublime sapore del cioccolato. E bastò quello per fargli venire il desiderio di morderle, di unirle alle sue. Ma, in quel momento, era la bocca di un altro a baciare la sua.

***

- Marco Mengoni... -
Gli occhi di Mika, impegnati a guardare un punto a caso del pavimento, improvvisamente si sollevarono e guardarono la persona che aveva pronunciato quel nome. Era uno degli autori di X Factor e stava dicendo qualcosa sugli ospiti della prossima puntata del programma.
Marco ospite quella settimana?! No, no e no! A distanza di mesi quel ragazzo gli stava ancora dando problemi, non poteva rivederlo. Ancora non si era dimentocato di lui.
- Si, sarebbe un ottimo ospite dopo il successo avuto... - aggiunse qualcun altro che il libanese non identificò preso com'era dai suoi pensieri.
'ASSOLUTAMENTE NO' avrebbe voluto gridare, ma sapeva che, in fondo, anche se la ragione gli intimava di dimenticarlo, il cuore non aspettava altro che perdere un altro battito al solo guardar ancora il suo sorriso.
Doveva ancora digerire le parole "Marco-ospite-X Factor", quando la stessa persona che aveva avuto la geniale idea di invitare la causa della sua guerra interiore aggiunse: - E potremmo fargli fare il giudice per una sera... Da concorrente a giudice! È geniale. -
'Ah bene... Andiamo di male in peggio!'
- Tu che ne dici Mika? Potrebbe affiancare te quella sera visto che ti ha già aiutato per gli Home Visit...- chiese poi, rivolgendosi verso di lui.
'Cosa?! No ma ditelo che è una congiura contro di me!'
Perfetto. E ora cosa dovava dire?! Avrebbe dovuto rispondre "mi dispiace non posso stare a meno di un metro di distanza da quel ragazzo perché altrimenti potrei addirittura saltargli addosso"?!
- Beh ecco... - disse, cercando una plausibile risposta. Era sempre la stessa storia: il cuore diceva di si, la mente di no. E beh, si sa, alla fine è sempre il cuore che prevale sulla ragione. - Sarei davvero felice di avere di nuovo Marco al mio fianco. -
'Oh ecco ora sono nella merda!' Già sapeva che avrebbe dovuto passare il resto della settimana a prepararsi psicologicamente all'incontro con quell'essere così dannatamente sexy.
Avrebbe persino dovuto stargli accanto per tutta la durata di quel maledetto programma. No, era impossibile. Lui era troppo attratto da quell'uomo per potergli stare vicino senza rischiare di mandare all'aria la storia che aveva con il suo attuale ragazzo.
Era fottutto.

La settimana passò rapida e, inevitabilmente, il tragico giorno della diretta arrivò. La parrucchiera del programma gli stava dando un ultimo colpo di phon per cercare di lisciare quegli indomabili ricciolini. Gli passò una mano piena di gel nei capelli, spostandoli all'indietro, e poi fu pronto.
Prese la giacca blu appesa sull'attaccapanni e se la infilò. Si guardò nell'enorme specchio davanti a lui e si aggiustò la cravatta, stringendo un po' di più il nodo al collo. Lanciò uno sgardo all'orologio appeso sulla pareta e scoprì che mancava meno di un'ora alla diretta.
Uscì dal suo camerino in cerca degli altri giudici. Vagò per qualche secondo nei corridoi finché non vide Elio, che ancora non era pronto, e lo informò che Morgan e Simona erano dietro al palco. Lo ringraziò e si affrettò a raggiungerli.
Ma, prima di giungere a destinazione, una figura alta e snella alla fine del corridoio che camminava verso di lui lo bloccò. Non gli ci volle molto per capire chi fosse: Marco.
Man mano che avanzava, il battito del suo cuore aumentava. Non lo vedeva da molto tempo, eppure quella piccola e stupida cotta non gli era passata... beh probabilmente non era solo una semplice cottarella passeggera, ma forse qualcosa di un po' più complicato.
Lo osservò con il suo penetranete sguardo color nocciola mentre le sue lunghe e magroline gambe continuvano a camminare. Indossava un jeans decisamente troppo attillato, una maglia nera e una giacca in pelle dello stesso colore. In testa aveva un cappellino con la visiera al contrario.
Quell'ultimo dettaglio, forse per chiunque altro insignificante, agli occhi di Michael rendeva il suo delizioso visino ancora più dolce. Sembrava un bambino troppo cresciuto.
Preso com'era a contemplare il ragazzo, non si era accorto, fino a quel momento, che accanto a lui c'era Marta, la sua manager. Trovò estremamente frustrante il fatto che ci fosse anche lei. Ma se la doveva portare proprio ovunque?
Però, anche in quel caso, un piccolo lato positivo c'era: almeno gli avrebbe impedito di saltare letteralmente addosso a quella perfezione.
- Ciao Michael - una voce dolce e sublime interruppe i suoi intensi pensieri. "La perfezione" gli era appena passato accanto e lo stava salutando con un cenno della mano. Sul suo volto c'era dipinto di nuovo quel meraviglioso sorriso che gli era mancato tanto.
- C-Ciao M-Marco - balbettò, cercando di fargli un sorriso all'altezza del suo, cosa alquanto impossibile dato lo stato di totale smarrimento in cui si trovava. Ma perché non riusciva a parlare decentemente o almeno a comportarsi in modo normale quando era in sua presenza? Sicuramente ormai lo aveva preso per un emerito idiota.
Ma lui non poteva farci niente, quel ragazzino era capace di provocargli una reazione tale da farlo imbambolare ad osservare la sua estrema bellezza, come se il mondo scomparisse quando c'era lui.
- Mika! - questa volta fu un'altra voce, che il libanese non riconobbe, a chiamarlo, - tra mezz'ora siamo in onda... dovresti raggiungere gli altri. - Era uno dei ragazzi dello staff e si stava sbracciando davanti a lui per attirare la sua attenzione.
In quel momento, il ricciolino ritornò con i piedi per terra dopo aver viaggiato in quell'universo di perfezione. - Ehmm... si adesso vado... - disse, e le sue gambe ripresero a camminare nella direzione in cui stavano andando prima che quello splendore gli comparisse davanti.
Finalmente raggiunse gli altri giudici. Persino Elio era arrivato prima di lui. Parlarono di qualcosa riguardo quella puntata e i concorrenti, ma Michael non prestò attenzione al loro discorso. Era troppo impegnato a cercare una possibile via di scampo per quella sera. Stare accanto a quel ragazzo per tutta la puntata non avrebbe giovato affatto alla sua santità mentale. Avrebbe rischiato di impazzire, ne era certo. E forse lo stava facendo già ora. Si, stava diventando ancora più matto di quello che già era.
Il problema era che il suo animo sembrava diviso in due parti: una che continuava ad amare alla follia James, l'altra che, invece, si stava prendendo una "cotta" per Marco. E da quella guerra civile che si stava combattendo dentro di lui ne sarebbe uscita una sola vittima: lui. Chiunque sarebbe stato il vincitore, quella battaglia sarebbe finita col farlo soffrire. Ma lui non aveva alcuna voglia di provare nuovo dolore per qualcosa che credeva potesse ancora eviatare.
Doveva solo resitere quella sera, poi tutto sarebbe finito. Beh, almeno sperava che non lo avrebbe incontrato di nuovo tanto velocemente.
- Tra dieci minuti siamo in onda - annunciò un'altro componente dello staff.
Solo di una cosa era certo: sarebbe stata una lunga e sanguinosa battaglia.
Si, era proprio fottuto.




#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Rieccomi qui con un nuovissimo capitolo :33
Beh questo è quello che definirei più che altro un "capitolo di passaggio" siccome non accade nulla di importate, anzi fa diciamo da "ponte" tra il precedente e quello che verrà dopo.
Spero di non aver fatto troppi errori e, se li ho fatti, mi scuso in anticipo con tutti voi.
Grazie ancora anche solo per aver letto la mia storia ♥
A presto ;)
Un bacio, _Lollipop_96 :3

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Capitolo 4
*** #03. L'essenziale. ***


03. L'essenziale.



La puntata era cominciata da poco quando Alessandro, il presentatore, pronunciò un nome che Michael conosceva fin troppo bene: Marco Mengoni.
Il ragazzo comparve sul palco accanto al conduttore. Era ancora più splendido di poco prima. Indossava uno stretto pantalone nero, una camicina bianca che gli stava magnificamente e il suo giubbinetto di pelle. A quella visione, Michael si ritrovò a pensare che la bellezza non aveva davvero limiti e, anche se ne avesse avuti, in quel ragazzo li aveva proprio superati tutti. Con la lunga barbetta e il ciuffo accuratamente spostato di lato, il suo viso sembrava degno di una statua d'oro.
Alessandro parlò qualche secondo con lui, chiedendogli dei successi e delle sue ultime iniziative, poi lo lasciò andare, dicendo che sarebbe tornato per esibirsi di lì a poco e che poi si sarebbe seduto tra i 4 giudici.
Il ricciolino tentò con tutta la sua forza di non guardarlo troppo. Impresa che, però, non gli riuscì. Rimase letteralmente imbambolato per quei pochi istanti che rimase sul palco. Quel ragazzo era una calamita naturale per i suoi poveri occhi, che non riuscivano a guardare altro quando c'era lui in giro. E quello era solo l'inizio.
La prima parte della puntata passò normalmente. I concorrenti si esibivano e i giudici commentavano la loro performance.
Fu quando il presentatore annunciò nuovamente Marco che la serata cambiò del tutto.
- Ha appena celebrato un anno di successi straoridinari - disse mentre sullo schermo scorrevano alcune sue immagini, - che lo ha visto trionfare su tutti i fronti... È un artista innovativo, sorprendente, originale, una delle voci più amate e potenti della musica italiana, è uno di famiglia e, anche se non dice di essere più matto, è ancora il nostro re... Signori e Signore Marco Mengoni. -
Le luci si spensero e, quando si riaccesero, lui era lì, su quel palco, in tutta la sua bellezza. Le prime note di una delle sue canzoni iniziarono ad invadere lo studio. La voce sgorgò copiosa dalla sua gola, mentre i gridolini fastidiosi delle fan presenti tra il pubblico si alzavano.
Michael lo aveva sentito cantare poche volte, ma dovette riconoscere che aveva un timbro al dir poco straordinario, anche se quella sera stava commettendo alcuni errori. Infatti il ragazzo stonò un paio di volte, ma, dal suo viso, si poteva capire che era molto stanco, ma anche troppo emozionato perché lì, proprio grazie a quel programma, era iniziata la sua carriera.
Riguardarlo su quel palco, gli ricordò quando, quasi quattro anni prima, lo aveva incontrato per la prima volta, poiché ospite ad X Factor. Marco a quei tempi era solo uno dei tanti concorrenti, mentre il ricciolino era già nel pieno della sua carriera.
Ricordò l'espressione del suo viso quando lo vide. Sembrava aver incontrato Dio, non lui. Gli chiese l'autografo e una foto insieme, che il libanese gli concesse.

- Un giorno vorrei diventare come te - disse, riguardando il foglio autografato che stringeva in mano. Aveva un timido sorrisino dipinto sul viso.
- Sono sicuro che diventerai molto menglio di me - rispose il ricciolino sorridendogli. Gli portò una mano nel suo ciuffetto spettinato e gli scompigliò i capelli già disordinati. Quel ragazzino gli infondeva un'estrema tenerezza.
A quel gesto, il piccolo Marco arrossì violentemente. Le sue gote sembravano aver preso fuoco.
- G-Grazie - balbettò.
Forse era un po' troppo timido, ma Michael era certo che con quel suo dolce sorrisino e la sua voce avrebbe conquistato il mondo.

Ed ora si ritrovava ad assistere all'esibizione di uno dei cantanti più talentuosi d'Italia. Il ragazzino troppo timido aveva lasciato il posto su quel palco ad un grande artista.
Stava cantando le ultime strofe della terza canzone, quando una frase che disse attirò l'attenzione del ricciolino, ridestandolo dai suoi pensieri: - Torno a te che sei per me l'essenziale. -
Aveva già ascoltato qualche volta quella canzone, ma quella sera quelle otto parole lo colpirono particolarmente.
L'essenziale... Una parola dai mille sognificati, ricca di sfumature. Ma cos'era per lui realmente essenziale? Il magnifico sorriso di Marco mentre cantava quella canzone? No, quello era per lui speciale, ma non essenziale. Forse i dolci baci di James che in questi giorni gli mancavano tanto? Neanche. Quelli erano importanti, ma anch'essi non essenziali. E quegli occhi color cioccolato di Marco? No, quello erano più che altro una droga. Senza di essi sarebbe riuscito a sopravvivere, non erano indispensabili, o almeno non lo erano ancora. Ma non sapeva che presto lo sarebbero diventati...
Quando l'esibizione di Marco terminò, gli applausi del pubblico si sollevarono per l'intero studio ed anche Mkchael si ritrovò ad elogiare la bravura di quel ragazzo. La sua voce particolare e sublime lo avevano letteralmente conquistato.
Il comduttore poi lo invitò a sedersi tra i giudici, indicando il posto vuoto tra il libanese e Simona Ventura.
'Ops' pensò Michael, 'povero me.'
Stare ad una distanza così ravvicinata con tanta perfezione era una dura sfida per il suo autocontrollo, che era sicuro avrebbe perso molto presto. Infatti, quando il ragazzo si sedette al tavolo dei giudici, la sua mano sfiorò casualmente quella del libanese e il contatto della sua pelle contro quella di Marco provocò un brivido lungo tutto il corpo del ricciolino, una scossa che partì dalla sua mano e arrivò fino alla punta dei suoi piedi.
Quello che gli faceva Marco, era un bellissimo ma, forse anche un po' troppo, strano effetto. Doveva smetterla di essere così dannatamente attraente in sua presenza o avrebbe persino potuto finire per struprarlo.
Come al solito ormai, i suoi occhi furono attratti per tutto il tempo da quel potente magnete che era quel ragazzo.
Non seppe mai bene come, ma riuscì ad arrivare sano e salvo fino alla fine della puntata.
Quando le telecamere si spensero, lui e Marco insieme agli altri giudici restatrono a parlare per qualche secondo, poi si salutarono.
Michael, di nuovo senza forze, si ritirò nel suo camerino e si afflosciò sulla poltrona.
- Finalmente libero - disse, passandosi una mano tra i capelli. Sostenere quel pesante sguardo per tutto quel tempo era stato piuttosto stancante.
Si allentò la cravatta, gettò la giacca su una sedia e si sbottonò i primi bottoni della camicia.
Cercò di rilassarsi qualche secondo, ma il rumore delle nocche di una mano che tamburellavano sulla porta glielo impedì. Qualcuno stava bussando.
Si alzò controvoglia dalla sua soffice e morbida poltroncina e strisciò i piedi fino alla porta. Quando la aprì, si ritrovò imprigionato di nuovo in quelle due immense celle color cioccolato.

Marco si era perso lungo quegli infiniti corridoi. Non era mai stato un tipo che sapeva orientarsi bene, e per di più non riusciva a trovare neanche la sua manager.
Quando ormai stava per rinunciare a trovare il suo camerino, scorse su una delle porte presenti in quel corridoio un'insegna con scritto "Mika". Probabilmente quello doveva essere il suo camerino.
Dato che non vedeva altre possibilità, decise che avrebbe potuto chiedergli di aiutarlo.
Bussò alla porta e il ricciolino andò ad aprirlo.
- Ehm scusami Michael - Marco si grattò imbarazzato la nuca, - non riesco a trovare il mio camerino, potresti aiutarmi? - Dopo aver formulato quella proposta, però, il suo sguardo cadde sui pettorali lasciati leggermente scoperti dalla camicina del ragazzo. Non riuscì a capirne il motivo, ma trovò quel dorso estremamente attraente.
I capelli leggermente scompigliati, la camicia in parte sbottonata e tirata fuori dai pantaloni e la cravatta allenata al suo collo, gli conferivano un aspetto a dir poco selvaggio. I pettorali non erano ben scolpiti, ma solo leggermente accennati. Eppure a Marco sembrò essere stranamente sexy...
Quando si rese conto di ciò che la sua mente stava farneticando, scosse la testa per cacciare via quei pensieri. Lui non poteva provare attrazione per un uomo.
- Certo - rispose il libanese, accennando un tenue sorriso.
- G-Grazie - balbettò il ragazzino, ancora scosso per quegli strani pensieri di poco prima.
- Di niente - il suo sorriso si allargò, e Marco per poco non rischiò di rimanere abbagliato dall'immensa luce che emanava, - Segui me - disse, sfoggiando una leggera difficoltà nel parlare italiano.
Quando Marco annuì, il ricciolino si incamminò lungo i corridoi. Lo seguì fin quando, dopo aver svoltato a destra e sorpassato un paio di porte, si fermò davanti ad una. Sopra c'era attaccato un foglio con su scritto il suo nome.
- Dovrebbe essere questo - disse, indicando la porta.
Marco la aprì ed entrò, seguito da Mika.
- Grazie davvero - lo ringraziò ancora, - non so come avrei fatto senza di te... Probabilmente mi sarei perso in 'sto labirinto - disse, col suo delizioso accento romano.
Il riccio si limitò a sorridere ancora, senza dire nulla. Si creò un imbarazzo palpabile tra di loro. Marco sentì lo sguardo penetrante di Michael su di lui. Il silenzio regnava sovrano nella stanza.
Ma poi il libanese alzò lo sguardo e i loro occhi finirono per scontrarsi. Marco scoprì che le sue iridi color nocciola avevano leggere venature color verdognolo.
Senza sapere come, i due ragazzi si ritrovarono a soli pochi centimetri di distanza. Probabilmente erano l'uno una calamita naturale per l'altro, e non potevano far altro che attrarsi a vicenda.
Lo sguardo del ricciolino era incastonato in quello di Marco, le loro labbra più vicine di quanto potessero mai immaginare. Il ragazzo sentiva il respiro lento di Michael sulla pelle.
Il suo cuore iniziò a battere improvvisamente più velocemente nel petto, il resto del corpo era travolto da piccoli brividi. Non capiva cosa gli stesse succedendo.
Infine Michael decise di azzerare del tutto la distanza tra di loro. Le loro labbra si sfiorarono prima delicatamente, poi il libanese le travolse con la sua prorompente passione tenuta a bada per tutto quel tempo.
'Cioccolato' confermò il riccio, 'fondente' aggiunse. Aveva intuito quasi bene, le sue labbra avevano lo stesso sapore del cioccolato, ma non erano pienamente dolce, avevano un leggero retrogusto amaro.
Michael prese tra le sue grosse mani il viso di Marco, rendendo quel bacio ancora più profondo. Ciò che seguì furono una grande miriade di emozioni che si sprigionarono tutte insieme, tutte in una volta. Furono entrambi travolti da nuove comsapevolezze che sconvolsero inevitabilmente le vecchie. Sia l'uno che l'altro scoprirono di provare sentimenti sopiti a lungo in fondo ai loro cuori. In Marco, inoltre, quel bacio creò qualcosa che avrebbe per sempre spiazzato via ciò che aveva creduto essere fino a quel momento.
In un primo momento il ragazzo ricambiò quasi a pieno il bacio offertogli da Michael, forse perché, preso alla sprovvista, non aveva neanche avuto il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo. Così si lasciò trasportare dalla bocca esperta del libanese, assecondando le sue labbra smaniose. Probabilmente non era lucido in quel momento, la sua mente era offuscata da quelle strane emozioni che stava iniziando a provare.
Ma, quando iniziò a ritornare un po' in sé, capì ciò che stava realmente succedendo. Lui stava baciando un UOMO. Contrariamente da ciò che sostenevano i media, lui non era per niente gay e neanche voleva diventarlo. A lui piacevano le DONNE.
Resosi finalmente conto di ciò che stava facendo, si sottrasse alle labbra ancora frenetiche di Michael, allonando il viso dal suo. Indietreggiò di alcuni passi, tenendo la testa bassa, consapevole del fatto che probabilmente le sue guance stavano prendendo letteralmente fuoco.
Il ricciolino, invece, non si mosse. Restò immoble, incredulo anch'egli di ciò che aveva appena fatto.
Di nuovo silenzio. Si sentivano solo i loro respiri affannosi per quel breve bacio che, però, era stato così intenso da lasciarli entrambi senza fiato.
- Mi d-dispiace - esordì infine Michael, infrangendo il muro di silenzio che si stava creando tra di loro. - I-Io non v-volevo farlo... -
Quando capì che Marco non avrebbe detto nulla, si voltò e si diresse verso l'uscita. - Scusami - disse sul l'uscio della porta, che poi richiuse alle sue spalle.
Forse aveva sbagliato a fare quel gesto, ma era stato il bacio più bello della sua vita. Quando le sue labbra avevano assaggiato quelle dell'altro ragazzo, aveva capito finalmente ciò di cui aveva realmente bisogno, ciò che per lui era indispensabile. Quello era realmente il suo essenziale.




#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Sono in un ritardo imperdonabile, I know, ma la scuola mi sta dostuggendo.
Per fortuna però ieri è finito il quadrimestre e ho potuto dedicarmi alla scrittura di questo capitolo. Spero di aver tirato fuori qualcosa di decente e di non aver fatto troppi errorucci.
Se ci sono, perdonatemi, questo capitolo è stato scritto di fretta e segnalatemeli, così che io possa correggerli.
Aspetto impaziente un vostro commentitno (anche negativo) ♥
PS: So che Marco qualche anno fa, quando era ancora un semplice concorrente di X Factor, ha davvero incontrato Mika, ma non so dove e come, quindi l'ho inventato xDD
A presto :*
Un bacio, _Lollipop_96

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Capitolo 5
*** #04. Quel leggero retrogusto amaro. ***


04. Quel leggero retrogusto amaro.



Quando Michael uscì fuori dal camerino, Marco non poté fare almeno di ripensare a quel bacio. Era stato alquanto strano essere baciato da un uomo, ma non così brutto come credeva. Anzi, si ritrovò ad ammettere che quel ricciolino sapeva baciare abbastanza bene.
Si portò due dita sulle labbra, sfiorandole delicatamente nei punti dove aveva sentito posarsi quelle di Michael. Senza rendersene conto, se le leccò con la lingua per assaporarne nuovamente il sapore. Ma cosa stava facendo? Cosa gli stava succedendo? Perché si sentiva così confuso?
A lui non piacevano gli uomini, ma quel Michael si, lui gli piaceva. E non era semplice attrazione fisica quella che provava per lui (anche se doveva ammettere che non era proprio niente male) ma qualcosa di... strano. Si, strano era esattamente la parola che poteva esprimere il suo stato d'animo in quel momento.
Era totalmente nel pallone. Aveva solo una gran confusione in testa.
Chiuse gli occhi, forse per riuscire a pensare meglio. Ma non c'era molto su cui riflettere. Non poteva risolvere problemi con la sua mente se, però, riguardavano un organo decisamente diverso: il suo cuore.
Ma, in quel momento, tra tutti gli altri, un grande dubbio lo assillava: che cosa gli aveva fatto quell'uomo quando lo aveva baciato? Era da quando la sottile bocca del libanese si era posata sulla sua che non ci aveva capito più niente. Era succcesso di tutto, e tutto troppo in fretta. Un turbine di emozioni contrastanti lo aveva sconvolto dall'interno.
Prima c'era stata sorpresa perché non se lo aspettava, poi un leggero disgusto perché stava baciando un uomo e, infine, qualcos'altro che non aveva ancora identificato perché in fondo a lui quel bacio gli era piaciuto, e non poco.
Marco si massaggiò le tempie. Gli faceva improvvisamente male la testa. Credeva gli sarebbe potuta scoppiare da un momento all'altro.
Doveva trovare un modo per chiarire le idee. Non poteva andare avanti così o sarebbe finito per impazzire. Quella confusione che aveva nel cervello doveva riordinarla, mettendo ogni cosa al suo posto. Doveva capire cosa provava realmente per quell'uomo. Ma il problema era che non sapeva come fare.

Michael, nel frattempo, stava camminando per i lunghi corridoi di quell'edificio.
'Idiota' si rimproverò mentalmente, 'sei sempre il solito idiota.'
Ed aveva ragione, come gli era saltato in mente di baciare Marco? Beh, almeno adesso aveva la conferma che lui non ricambiava quel qualcosa che Michael credeva di provare per lui.
Aveva deciso di fare un giro prima di rotornare nella dua camera. Anche lui, come Marco, era dannatamente confuso.
Le due parti in cui si era diviso il suo cuore non davano cenno a voler smettere quella sanguinosa battaglia che stava avendo luogo nel suo petto. Ma, dopo quel bacio, sembrava leggermente in vantaggio la fazione che sosteneva Marco.
Si, perché dopo aver assaggiato quelle labbra dal sapore di cioccolato fondente ne era diventato letteralmente dipendente. In fondo si sa che la cioccolata è una delle più potenti droghe, lo diceva anche lui stesso in alcuni versi di una delle sue tante canzoni.
Però James, seppur con qualche colpo in più, riusciva bene a tener testa al ragazzino.
E, come afferma anche un vecchio detto, parlando, in questo caso pensando al diavolo spuntano le corna. Il telefono cominciò a vibrare nella sua tasca e Michael, dopo averlo sfilato dal tessuto del suo pantalone, controllò chi fosse. Ovviamente era il diavolo.
Ma questa volta non rispose. Pressò per alcuni secondi sul pulsante rosso del suo cellulare e lo schermo si fece completamente nero. Non aveva nessuna intenzione di parlare con lui, perciò lo aveva spento. Sapeva che se gli avrebbe parlato il ragazzo si sarebbe subito accorto che c'era qualcosa che non andava nel compagno. E lui non voleva che scoprisse quello che era successo con Marco, non dopo che lui lo aveva respinto. E, se proprio doveva essere sincero, aveva fatto bene. Se lo meritava, baciare improvvisamente qualcuno senza dir niente era da perfetti idioti.
Quel ragazzino lo stava facendo proprio perdere la testa, sempre che ci fosse qualcosa in quella sua zucca bacata. Certe volte dubitava di avere un cervello, o se lo aveva non fuzionava decisamente bene, altrimenti ci avrebbe pensato un po' su prima di assaltare le labbra del povero Marco.
Ma ormai il guaio era fatto, e a lui non restava altro che sperare di avere una macchina del tempo per poter tornare indietro a qualche mese fa, evitando direttamente di invitarlo agli Home Visit. Almeno non lo avrebbe mai incontrato e adesso sarebbe stato sdraiato sul suo bel lettuccio ad immaginare gli occhi di James, non quelli di Marco.
Purtroppo però aggeggi del genere non esistevano e lui poteva solo sperare di dimenticarsi di quell'uomo il più presto possibile. Impresa che però gli sarebbe stata piuttosto difficile, soprattutto dopo aver scoperto il delizioso gusto che aveva la sua bocca.
Cercò, nel frattempo, una scusa da poter raccontare a James per avergli staccato la chiamata. Più tardi, quando si sarebbe sentito un po' meno scosso dall'evento di pochi minuti prima, lo avrebbe chiamato. Già si immaginava la prorompente voce del biondino che gli urlava contro quanto gli desse fastidio quando non lo rispondeva. E più tempo passava e peggio era. Quindi avrebbe dovuto smaltire l'eccitazione per quella dose di 'droga' molto presto se non voleva che il compagno si arrabbiasse sul serio e non gli rivolgesse per giorni la parola. Purtroppo James era dannatamente possessivo, e questo suo aspetto per metà gli faceva piacere, perché ciò dimostrava quanto ci tenesse a lui, ma per l'altra metà gli dava molto fastidio, perché credeva che in una relazione fosse indispensabile la fiducia e essere troppo geloso faceva presumere che James di lui ne aveva tanta.
Stanco ed anche un po' assonnato, decise che forse era meglio tornare nel suo camerino. Doveva ancora cambiarsi.
Svoltò a destra e si ritrovò immediatamente davanti alla porta della camera. Poggiò il palmo sulla maniglia, ma proprio quando stava per fare un po' di pressione per aprirla, sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Con un veloce gesto lo fece girare, in modo che potesse guardare negli occhi il proprietario di quella mano. Ed ecco che quel dolce color cioccolato delle iridi di Marco tornava a intrappolarlo nella sua meravigliosa ed infinita prigione.
Gli rivolse uno sguardo interrogativo, non capendo ciò che il ragazzo avesse intenzione di fare.
Nell'espressone del suo viso, però, ci si poteva leggere la stessa confusione che aveva Michael. Forse neanche lui sapeva davvero ciò che stava facendo.
- C-Co... - tentò di dire, ma le parole gli morirono in gola nel momento in cui la sua bocca fu tappata dalle labbra perfettamente a cuoricino di Marco. 'Oh my God!' fu l'unica cosa che riuscì a pensare. Quel leggero retrogusto amaro era tornato a dar piacere alle sue papille gustative.
Marco lo spinse con violenza contro la parete di legno della porta, mentre il suo bacio si faceva sempre più passionale. Si era alzato sulle punte per arrivare all'altezza di Michael, di qualche centimetro più alto.
Quel gesto scatenò nel libanese un'immensa tenerezza per quel ragazzino. E a ciò si aggiunsero anche le sue gote, che ormai avevano assunto un intenso colore scarlatto. Michael adorava quella sua estrema timidezza.
Marco affondò le mani nei capelli ribelli del ricciolino, intrecciando le dita con le sue morbide ciocche. Michael adorava anche quando qualcuno gli accarezzava i capelli, lo trovava rilassante ed estremamente sensuale. Gemette, aprendo un varco alla lingua di Marco, che riempì la sua bocca, intrecciandosi con quella del ricciolino e creando insieme una sinuosa danza.
Le labbra del più piccolo si muovevano smaniose sulle sue. Fu un bacio per niente dolce, ma rude e bruto, come se il ragazzo stesse tornando a mangiare dopo un lungo digiuno. Ma, in realtà, quella brutalità era dovuta alla sua frustazione, al suo non riuscire a capire cosa gli stesse succedendo. E, anche in quel momento, non era pienamente consapevole delle sue azioni.
Il libanese non era mai stato baciato così. James, nonostante il suo aspetto da duro, era la persona più dolce a questo mondo. Quando lo baciava, le sue labbra erano dolci e calme. L'esatto contrario di Marco in quel momento. E, tutta quella passione, non gli dispiaceva affatto.
Il cuore di Michael era impazzito nel suo petto. Continuava a battere contro il torace ad una velocità decisamente troppo accelerata. Se non si calmava, rischiava di avere un infarto.
Ma l'unica cosa che adesso gli importava era assaporare quelle labbra finché ne aveva la possibilità perché sapeva che tutto questo sarebbe finito molto presto.

'Lo sto baciando' pensò Marco, 'sto baciando Michael, un uomo.' Neanche lui sapeva il perché, ma lo stava facendo.
Aveva sempre pensato che baciare un uomo sarebbe stato disgustoso, eppure le labbra di Michael non avevano niente in meno di quelle di qualsiasi altra ragazza avesse mai baciato. Anzi erano addirittura meglio.
Non gli importava che Michael fosse del suo stesso sesso, perché, in quel momento, sentiva solo di volerlo baciare.
Dopo che il ragazzo era uscito dal suo camerino, Marco aveva iniziato a meditare sui suoi sentimenti e, d'istinto, aveva deciso di raggungerlo e baciarlo di nuovo per metter fine alle domande che continuavano ad affollarsi nella sua mente.
Forse non gli piacevano le donne, forse neanche gli uomini, ma di una cosa ora era certo: Michael sapeva sprigionare in lui un qualcosa che non aveva mai provato. E quasto lo spaventava.
Marco indietreggiò leggermente, ponendo fine a quel bacio, e Michael si accorse che il ragazzo stava tremando. Si guardarono per istanti interminabili, forse minuti, senza proferir parola. Le labbra di entrambi ridotte ad una fessura, gli occhi spalancati per lo sgomento provocato dall'impulsivo gesto di Marco.
Il ricciolino aprì e richiuse la bocca più volte, come se volesse dirgli qualcosa, ma le parole erano bloccate in gola. Avrebbe voluto afferrarlo per il colletto della sua camicia e attirarlo di nuovo a sé, ma l'espressione confusa che Marco aveva sul suo dolce visino gli suggeriva di non peggiorare ulteriormente la situazione.
- Marco! - qualcuno stava gridando il nome del più piccolo, - Marco! - ma nessuno si mosse, come se fossero intrappolati in un mondo lontano dove quella voce non poteva raggiungerli.
- Marco! - il grido si stava facendo più chiara. In fondo al corridoio rimbomarono i passi veloci di una donna. - Sei qui Marco? - ora era ancora più vicina. - Marco? - a quell'ennesimo richiamo, il ragazzo si voltò nella direzione di quella voce. Marta era a pochi metri da loro e si stava avvicinando allarmata e piuttosto arrabbiata.
- S-Sono qui - balbettò, girandosi nuovamente verso il libanese. Lo guardò negli occhi e Michael poté leggere dentro quelle profonde iridi: c'era un'enorme paura, paura di qulcosa di nuovo, che il ragazzino non conosceva e che lo spaventava troppo. Inclinò leggermente la testa di lato e lo osservò ancora. Non disse nulla, ma il riccio capì che Marco non era ancora pronto. Doveva prima capire cosa voleva davvero. E non era l'unico, anche Michael doveva ancora fare i conti con l'altra metà di sé leggermente indebolita, ma tuttavia presente.
- Che stai facendo? - chiese la ragazza.
- N-Niente - rispose. Il tono tremante e incerto. - S-Stavo solo p-parlando con M-Michael. -
Marta puntò lo sguardo altre Marco e notò solo allora l'atro ragazzo. Lo salutò con un cenno della mano. Il ricciolino finse un sorriso e ricambiò il saluto.
- Adesso dobbiamo andare - annunciò infine.
- O-Okay - Marco rivolse un ultimo sguardo al libanese, - Ciao M-Michael. -
- A presto, Marco. -



#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Questo capitolo non mi convince molto, non mi piace >. <
Se ho fatto qualche errore non esitate a farmelo presente.
Lasciatemi qualche commentino per farmi sapere cosa ne pensate, ne ho bisogno, voi siete l'unica cosa che mi spinge a scrivere ancora questa storiella ♥
A presto :3
Un bacio, _Lollipop_96

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Capitolo 6
*** #05. Restami accanto qui nel mio labirinto. ***


05. Restami accanto qui nel mio labirinto.



Michael osservò in silenzio il ragazzo voltarsi e incamminarsi, insieme alla manager, lungo il corridoio.
Se ne stava andando, senza alcuna spiegazione a ciò che aveva fatto. Era arrivato, si era preso ciò che voleva, e poi lo aveva lasciato lì, trattandolo come un inutile oggetto. Almeno un 'perchè' lo pretendeva.
Se prima era confuso, ora si ritrovava nell'occhio di un uragano che continuava a vorticargli intorno, senza fermarsi mai.
Era tutto così complesso, così difficile da comprendere. E quel gesto di Marco non gli era stato molto d'aiuto.
E poi rimaneva il problema di James. Cosa gli avrebbe dovuto dire? Una squallida menzogna o la crudele verità? Lo aveva tradito, ne era consapevole. Erano stati solo due baci, ma erano stati molto più profondi di qualsiasi altro contatto fisico avesse mai avuto con il suo compagno.
Però almeno adesso di una cosa ne era sicuro: per Marco provava qualcosa di inspiegabile, che andava addirittura oltre quello che provava per James. Ma non era questo il problema, piuttosto lo era quello che il ragazzino provava nei suoi confronti.
Il ricciolino si sforzò di trovare una spiegazione all'istintivo gesto di Marco, ma non ci riuscì. Voleva provare a capirlo, ma era peggio di un labirinto. Ed era tutta colpa sua se ci era finito dentro. Ogni volta che tenatava di cercare una via d'uscita si ritrovava nuovamente all'inizio del percorso, continuava a ripetere sentieri già fatti. Ma, come per qualsiasi labirinto, anche quello doveva avere una fine. Il problema era riuscire a trovarla.
Si passò una mano nei capelli, poi la posò sulla maniglia della porta e, questa volta, nessuno gli impedì di entrare nel suo camerino.
Ora aveva bisogno di riposare. Ma stentava a credere che dopo quello che era successo ci sarebbe riuscito.

- Che ci facevi nel corridoio insieme a Mika? - chiese Marta mentre salivano insieme sul taxi che li avrebbe riportati a casa.
- Niente - mentì il cantante, - stavamo parlando. -
- Sembravi piuttosto scosso. -
Oh bene, se ne era accorta! E ora cosa doveva dirle?!
- N-Non è... - balbettò, ma la ragazza non gli permise di finire la frase.
- Marco - posò una mano sulla sua, - sai che a me puoi dire tutto - strinse le dita tra quelle del cantante, - cosa è successo in quel corridoio? -
Marco non era mai stato bravo a mentire. Quando lo faceva, iniziava a balbettare e ad agitare convulsamente le mani. Era piuttosto facile capire quando stava dicendo una bugia per chiunque lo conoscesse almeno un po'. E la riccia lo conosceva meglio di chiunque altro.
- N-Niente - tentò ancora di mentire, ma non riuscì a convincerla.
La manager lo guardò con i suoi intensi occhioni color mare e piegò la testa di lato. - Marco sai di essere un cantante in piena carriera, vero? -
Il ragazzino annuì, tentando di sfuggire a quello sguardo di ghiaccio abbassando un po' il capo, ma Marta mise due dita sotto il suo mento e lo costrinse a guardarla negli occhi. - E sai che hai il dovere di mantenere un certa immagine per continuare ad avere il successo che proprio in questi giorni stai raccogliendo? -
Marco annuì ancora, sibilando un tenue "si" tra le labbra. - E sai che la tua immagine alquanto "ambigua" è una delle cause per la quale milioni di stupide ragazzine stravedono per te? -
- Non sono ragazzine - ribattè il cantante, - e soprattutto non sono stupide. -
- Si, ma questo non c'entra - disse, - il motivo per cui ti seguono è per la tua affascinante immagine misteriosa, che non lascia capire la tua vera sessualità. -
- Loro mi seguono per la mia voce. -
La riccia scosse la testa. - Forse qualcuna si, ma non tutte. Il successo è così Marco, se hai una buona immagine puoi continuare nella tua popolarità, ma se questa immagine si infrange, anche il successo finisce per fare la stessa fine. -
- Non è così... Il mio esercito... -
- Il tuo "esercito" è così, credimi. -
- No. -
- Marco smettila di fare il bambino, tanto lo sai che ho ragione - lo rimproverò, - puoi essere bravo quanto vuoi, ma se proprio ora fai crollare la tua immagine, tu crollerai insieme a lei. -
Detto questo, un velo di silenzio calò tra i due. Il giovane cantante sapeva che, in fondo, la sua manager aveva ragione, ma non voleva ammetterlo. Lui sperava ancora che tra il suo "esercito" ci fosse qualcuno che lo amava per le emozioni che sapeva trasmettere, per la musica che componeva, per tutta l'anima che ci metteva in ogni singola esibizione. Era un povero illuso, ma ci sperava ancora.
Marco fece un respiro profondo e buttò la testa all'indietro, facendola adagiare sul morbido sediolino.
- Marco dimmi cosa è successo con quel ragazzo - ruppe nuovamente il silenzio la riccia.
- Tutto e niente - fu la semplice, ma vera, risposta del cantante. Era successo di tutto, ma in realtà non era accaduto un bel nulla. Mika aveva baciato Marco e lui, confuso, lo aveva "assaltato" mentre rientrava nel suo camerino. Ma non si era concluso niente. Lui era sempre allo stesso punto, confuso e senza più alcuna forza per riuscire a ragionare sui suoi sentimenti e sul suo orientamento sessuale. Era stanco. Stanco della sua manager che continuava a chiedergli spiegazioni, stanco del suo stupido cervello che non riusciva a capire neanche che sesso gli piaceva e stanco di tutto quello che era successo e dei problemi che avrebbe inevitabilmente portato.
- Che vuoi dire? -
- Tutto e niente - ripetè ancora il ragazzo. Quella era l'unica risposta plausibile che poteva darle.
- Sii più chiaro Marco. -
- Più chiaro? - esclamò, perdendo il controllo e alzando la voce, - Come posso essere più chiaro se neanche io so cosa cazzo mi sta succedendo? -
La riccia prese il dolce visino del ragazzo tra le mani e gli accarezzò la guancia con il pollice con la stessa delizatezza delle mani esperte di una mamma che accarezza la sua piccola creatura. - Io posso darti consigli burocratici, posso cercare di impedire di infrangere la tua immagine, ma se stai così male in fondo al tuo cuore, io non posso fare niente. Non so cosa sia successo, ma avevo già notato qualcosa di stano tra voi due. Era chiaro. Da menager posso dirti di salvaguardare il tuo successo, ma da amica posso solo consigliarti di fare ciò che senti, però sappi che io non ti lascerò buttare via ciò che stai costruendo per qualcosa che forse neanche esiste. -
Quelle parole dolci ma mischiate a quelle lame pungenti fecero riflettere il giovane cantante. Si, c'era stato qualcosa tra lui e Michael, ma probabilmente sarebbe destinato a rimanere per sempre sepolto nel suo cuore.

Disteso sul morbido divano in pelle della camera dell'albergo nel quale alloggiava lì a Milano, Michael, nonostante fosse passato un bel po' di tempo, stava ancora pensando a Marco e al suo dolce e passionale bacio. Da quel giorno non lo aveva più rivisto, ma moriva dalla voglia di poter ammirare ancora tutta quella perfezione. Era diventato ormai una vera e propria dipendenza, e non poteva più farne a meno.
Con James poi le cose andavano di male in peggio. Il biondino si era accorto di qualcosa di strano nel compagno e ultimamente non facevano altro che litigare. L'ultima volta che avevano parlato James gli aveva staccato il telefono in faccia, dicendogli che non avrebbe mai più voluto né vederlo, né sentirlo. Ma Michael sapeva che non sarebbe passato più di un giorno prima che il biondino lo chiamasse e gli chiedesse scusa. Succedeva sempre così: litigavano per futili motivi, ma poi tornavano più uniti di prima. Però questa volta non sarebbe stato tanto facile, soprattutto con gli strani pensieri poco casti che giravano nella testa di Michael sul ragazzo con il quale lo aveva "tradito".
No, niente sarebbe stato più come prima. E questa probabilmente era l'unica certezza che per adesso aveva.
Gli restava solo una cosa da fare per capire i suoi sentimenti: trovare un modo per chiarire con Marco. Aveva bisogno di sapere cosa provasse, cosa erano significati per lui quei baci e se anche lui nutriva un certo interesse come quello che il ricciolino provava nei suoi confronti.
Gli serviva un piano per incontrarlo ancora, senza però che nessuno sospettasse di loro.
Ci pensò forse per ore intere, ma non riuscì a trovare una scusa plausibile per poterlo incontrare.
Tamburellò con le dita sul cuscino del divano, si passò poi una mano negli indomabili ricci, sbuffando e arrendendosi all'idea che forse non avrebbe potuto rivederlo. Si addormentò pochi minuti dopo, sognando ancora una volta quelle perfette labbra sulle sue e il sapore di cioccolato che lo aveva praticamente drogato.

- Sai già con chi dovrà duettare Violetta nella finale? - gli chiese Elio, mentre prendevano insieme un caffè dopo una lunga giornata di lavoro.
Il riccio scosse la testa. - A dire il vero ancora non ci ho pensato - rispose. Con Marco che continuava a tormentare le sue notti e James che rendeva impossibili i suoi giorni aveva avuto ben poco tempo per pensare alla finale che si stava avvicinando.
- Ma manca pochissimo - ribattè Elio, sorseggiando il suo caffè.
- Lo so - anche Michael iniziò a bere quel liquido, - ma non ho la più pallida idea di chi... - ma proprio nel bel mezzo della frase si bloccò. Si che sapeva con chi far duettare la sua finalista: Marco. Sarebbe stata una scusa ottima per invitarlo di nuovo ad X Factor e per poterlo incontrare e finalmente riuscire a parlargli.
L'amico lo guardò accigliato, non capendo perché il libanese si fosse bloccato.
- Ho trovato! - esclamò, facendo sobbalzare Elio, che per poco non sputò la bevanda che aveva in bocca.
- E cioè? - chiese, tossendo.
- Mengoni - annunciò.
- Ancora? - sbuffò Elio, - già è venuto agli Home Visit e ha partecipato ad una puntata, adesso lo vuoi invitare anche alla finale? -
- Si - rispose, - è molto bravo e credo sia perfetto per duettare con Violetta - si affrettò a spiegare. In realtà non gli importava molto del duetto, voleva solo riuscire a parlare con lui e a chiarire la loro situazione. Questo labirinto da cui non riusciva ad uscire lo stava facendo impazzire. Aveva bisogno di un piccolo aiuto o ne sarebbe rimasto per sempre intrappolato.
- Che sia molto bravo non ci sono dubbi, ma non credo vada bene per...-
Michael gli lanciò un'occhiataccia quasi omicida che zittì all'istante l'altro giudice. Lui avrebbe inviatato Marco, punto.
Restarono in quel bar a parlare ancora di lavoro per qualche altro minuto, poi entrambi ritornarono a casa. Appena entrò in camera sua, il libanese chiamò gli autori di X Factor e comunicò loro la decisione di invitare Marco per il duetto con la sua finalista. Contrariamente ad Elio, gli altri furono piuttosto contenti quando pronunciò il suo nome.
Quando riattaccò la chiamata, lanciò un gridolino di gioia e sulle sue labbra comparve nuovamente il sorriso.
Il giorno dopo gli fu poi comunicato che il ragazzo aveva accettato la proposta del ricciolino e che sarebbe stato presente alla finale. Finalmente lo avrebbe rivisto, finalmente avrebbe potuto chiarire i suoi dubbi, finalmente i suoi occhi potevano rironare a contemplare la bellezza di quell'uomo e finalmente se ne sarebbe uscito da quel labirinto in cui era rimasto prigioniero per troppo tempo.




#MySpace
Ciao carissimi lettori,
È da un po' di tempo che non ci si vede, eh ?? Purtroppo ho passato un momento "non molto bello" e non avevo più voglia fi scrivere. Ma ora è passato e sono ritornata con la mia storiellina :3
Premetto che questo capitolo fa schifo ed è più che altro un capitolo di "passaggio" per poi arrivare al prossimo che, vi avviso, sarà ricco di emozioni ;)
Vi prometto che aggiornerò il prima possibile e che non vi farò più aspettare tanto.
Quindi, se c'è ancora qualcuno che ha voglia di leggere questa storia, sarei felice se mi lasciaste un piccolo commentino :D
A presto :*
Un bacio, _Lollipop_96 ♥

PS: Mi scuso ancora per non essere riuscita a rispondere a tutti coloro che hanno recensito il prevedente capitolo e per il mio imperdonabile ritardo.

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Capitolo 7
*** #06. My magnetic heart. ***


O6. My magnetic heart.



Si, aveva accetto. Nonostante Marta si sbracciava di fronte a lui mimandogli di dire di "no", lui aveva detto che ci sarebbe stato. E ora una bella sfuriata da parte della manager non gliela toglieva nessuno.
- Come ti è venuto in mente di accettare? - gli urlò contro quando il ragazzo posò il telefono.
Marco non rispose. In realtà non lo sapeva neanche lui. Gli era venuto quasi come d'istinto, non ci aveva pensato su neanche un istante.
- Devi stare lontano da quell'uomo. - Il tono della sua voce era freddo e autoritario. Si, doveva, ma non poteva. Non voleva stargli lontano, moriva dalla voglia di rivederlo. Aveva bisogno di capire cosa gli stesse succedendo.
- Dovresti essere contenta, no? - disse il ragazzo, - È un'ospitata importate... Da brava manager dovresti appoggiarmi. -
- Si, ma da brava amica posso soltanto dirti che stai sbagliando - la riccia scosse la testa, - non voglio che si complichi ciò che è gia difficile da comprendere. - Ora si era addolcita, sembrava davvero preoccupata per lui.
- Ma Marta... Io... Io... - come poteva spiegarle che non era riuscito a dire di no? - Io ne ho bisogno - concluse infine.
Marta, col suo sguardo indagatore dal colore azzurro ghiaccio, lo spronò a spiegarsi meglio. - Ho bisogno di capire cosa cazzo mi sta succedendo - continuò allora, - e ho bisogno di rimettere un po' di ordine nei miei pensieri. -
La riccia gli diede una leggera pacca sulla spalla. - Credo sia solo un enorme sbaglio - disse, - spero tu riesca a capirlo prima di mandare all'aria il nostro progetto. -
Il loro progetto?! Al diavolo la carriera! Ora aveva un problema molto più grande.
Arrabbiato e stanco, si alzò dalla sedia sul quale era seduto e si allontanò da quella ragazza. Era la sua migliore amica, avrebbe dovuto capirlo, e invece pensava solo agli affari. Era solo ad affrontare qualcosa molto più grande di lui, un problema a cui non riusciva a dare una soluzione.

- Quindi io duetterò con Mengoni? - Violetta, la finalista della squadra di Mika, stava battendo felice le meni mentre saltellava con i piedi sul posto. Il ricciolino annuì e il sorriso già presente sulle labbra della ragazzina si allargò ancora di più.
- Oh grazie - gli si catapultò letteralmente tra le braccia, - non potevi scegliere di meglio! - lo strinse forte e Michael non poté fare almeno di ricambiare il caloroso abbraccio della ragazza.
- Mi fa piacere che tu sia contenta della mia scelta - rispose il libanese. Bene, aveva preso due piccioni con una fava: con la scusa del duetto avrebbe potuto rivedere Marco e chiarire con lui e inoltre la sua finalista era davvero entusiasmata di poter cantare con lui.
- Domani arriverà qui per le prove - la informò, - canterete "L'essenziale". -
- "L'essenziale"?! - liberò il ragazzo dal suo abbraccio e riprese a saltellare su e giù come una pazza isterica, - La adoro! -
Michael alzò gli occhi al cielo. A quanto pare la sua finalista era più eccitata di lui al pensiero che avrebbe duettato col bel Mengoni. Almeno adesso aveva la certezza che non era solo a lui che quel cantate faceva quello strano effetto.
- Non vedo l'ora che arrivi domani! - esclamò ancora gioiosa.
- A chi lo dici - sibilò il ricciolino tra sé e sé.
- Cosa? - Ops lo aveva sentito!
- Niente! - si difese Michael, grattandosi nervoso la nuca.
La ragazzina sorrise, poi riprese ad esultare per la notizia appena appresa. Ora restava solo una cosa da fare al libanese: trovare un modo per riuscire a parlargli senza che nessuno si accorgesse di loro. Marco sarebbe arrivato il giorno dopo verso le 16 di pomeriggio per le prove, ma lui doveva prima riuscire a chiarire.
- Domani le prove iniziano alle 17 - comunicò alla ragazza. Posticiparle di un'ora gli avrebbe dato il tempo necessario per permettergli di parlare con Marco.

Il giorno dopo alle 16 era di nuovo lì in studio ad aspettare l'arrivo di colui che lo stava tormentando da giorni. Qualche minuto dopo si ritrovò come per incanto immerso in quelle due pozze color cioccolato senza che neanche se ne accorgesse.
Lo squadrò dalla testa ai piedi. Aveva un look trasandato quel giorno. Indossava un pantalone di tuta grigio, una T-shirt aderente dello stesso colore e un cardigan di lana blu. In testa aveva quel suo cappellino con la visiera al contrario da cui alcuni ciuffi di capelli spuntavano disordinati. Metà del suo volto era coperto da una piccola barbetta che lo rendeva ancor più sexy. Trasandato o no, quel ragazzo era sempre troppo attraente per lui.
Notò anche che era da solo, non c'era Marta con lui. E questo era alquanto strano dato che aveva capito precedentemente che i due erano inseparabili.
- Ciao - lo salutò Michael con un cenno della mano.
- Ciao - rispose. Sul viso aveva un'espressione stanca, stressata. E il ricciolino non era di certo da meno.
- Come va? - gli chiese per rompere il ghiaccio.
- Potrebbe andare meglio - disse, - a te? -
- Anche a me. - Marco aveva lo sguardo basso. Mentre parlava con lui aveva gli occhi fissi su un punto imprecisato del pavimento. - Dobbiamo parlare - trovò il coraggio di dire infine.
Il ragazzo sollevò leggermente lo sguardo, senza però farlo scontrare con quello di Michael. - Io ora ho le prove... -
- Iniziano alle 17 - lo interruppe il ricciolino.
- Ah... - il più piccolo Marco parve irrigidirsi, - d'accordo. -
Bene, e ora che doveva dire?! "Perché cazzo mi hai baciato quel giorno?!" - Ho bisogno di sapere che cosa è successo in quel corridoio. -
- Lo vorrei sapere anche io - disse quasi sussurrandolo con un filo di voce. Sembrava sincero, ma ancora non lo guardava negli occhi.
- Beh tu mi hai baciato - ribattè il riccio.
- Oh beh - Marco inarcò un sopracciglio, - sei stato tu il primo a farlo. -
- Ma tu mi hai "assalito" nel corridoio. -
- Tu lo hai fatto nel tuo camerino. -
- Io non ti ho "assalito"! -
- Oh, si invece. -
- Okay basta - fu Michael a interrompere quel piccolo dibattito, - non m'interessa sapere chi ha "assalito" l'altro, il punto è perché lo hai fatto? Perché mi hai baciato? -
- Tu perché hai baciato me? - oh bella domanda! Astuto il ragazzo...
- P-Perché... - il povero ricciolino non sapeva che dirgli, - ehi sono stato io il primo a chiedertelo! -
- Si, ma tu mi hai baciato per primo - rispose, scrollando le spalle.
Decisamente troppo astuto... - Non ricominciamo. -
- Tu spiegami perché hai baciato me e io ti spiego perché ho baciato te. -
Bastardo ricattatore... - D'accordo - si arrese infine il libanese, - l'ho fatto perché è dal primo istante in cui ti ho visto che desideravo farlo. Sai che sono gay e che sto con un uomo da 7 anni, vero? - il più piccolo annuì, - beh tu mi attiravi troppo... ti trovo decisamente troppo sexy. Anche ora, vestito come un barbone, mi sembri la cosa più eccitante di questo mondo. -
- Io non sono vestito come un barbone! - ribattè Marco, ma, subito dopo, si rese conto delle parole che erano uscite dalle labbra del riccio. LUI GLI PIACEVA.
Non sapeva cosa dire. Non sapeva se provava la stessa cosa per lui. Non sapeva più nulla ormai.
- I-Io... - balbettò. Voleva rispondergli qualcosa, ma non aveva la più pallida idea di cosa dirgli. Per la prima volta da quando era lì, fece incrociare i suoi occhi con quelli color nocciola del libanese. E in quel momento tutti i suoi dubbi sparirono.
Il libanese si stava avvicinando lentamente a lui. E Marco non aveva la minima intenzione di allontanarsi. Qualunque cosa aveva in mente di fargli, lo avrebbe lasciato agire senza opporre resistenza. E anche se avesse voluto, non poteva.
- Tu mi piaci Marco - gli posò un dito sulla guancia, accarezzandola dolcemente, - e non poco. -
- Io... Io... - ripetè ancora, - Io non sono gay - confessò infine. Michael sottrasse la mano dal suo viso e indietreggiò di qualche passo. L'espressione del suo viso era tramutata in un misto di delusione e tristezza.Vedendo la reazione del libanese, Marco si affrettò a spiegare: - Ma, non so per quale ragione, anche io mi sento attratto da te. -
A quel l'affermazione il cuore di Michael perse un battito. Si fermò per un istante, poi riprese a pulsare contro il petto troppo velocemente. Quel ragazzino gli avrebbe fatto venire per davvero un infarto uno di questi giorni.
Ora era Marco che si stava avvicinando al riccio. Ci furono vari sguardi che, pur senza dir nulla, valevano più di mille parole.
Occhi negli occhi, i petti che quasi si sfioravano, le labbra che pulsavano. I corpi fremevano, i loro cuori chiedevano un contatto tra le loro bocche. Contatto che, pochi secondi dopo, ci fu.
Michael poté finalmente tornare ad assaporare il travolgente gusto delle labbra del ragazzo. Quel sapore amarognolo c'era ancora, e questo lo faceva impazzire ancora di più. Non aveva mai pensato di poter desiderare così tanto qualcosa quanto desiderava quell'uomo. E man mano che il bacio andava avanti sentiva di volerne ancora di più. Era la più forte dipendenza che avesse mai avuto.
E ogni problema, ogni dubbio, ogni incertezza sfumarono via in quel contatto tanto bramato. Marco, che fino ad allora non aveva trovato una risposta certa alle sue mille domande, capì finalmente che la soluzione era una sola ed era davanti a lui, incollata sulle sue labbra. La soluzione era Michael. E non gli importava se era del suo stesso sesso, non gli importavano le conseguenze, non gli importava della sua carriera. Ora voleva SOLO LUI.
Affondò le mani nel morbido cespuglio di ricci del libanese, approfondendo ancora di più quel già passionale bacio. I loro corpi ribollivano. O la smettevano subito, o sarebbe poi stato impossibile fermarsi.
Fu Michael a porre fine a quel contatto. Con quel poco di lucidità che gli era rimasta riuscì a distaccarsi dalle labbra del più piccolo nonostante non fosse ancora sazio.
- Marco... - cercò di dire qualcosa, ma ansimava ancora per il fiato toltogli da quel bacio.
- M-Michael... - balbettò il ragazzino. Il libanese poggiò la fronte contro la sua e lo guardò ancora negli occhi.
- Resterei qui con te per sempre - disse, - ma tra qualche minuto hai le prove con Violetta, devi andare. -
Ah si, le prove! Marco se ne era completamente dimenticato preso come era da ciò che stava accadendo.
Il ragazzino annuì, ma non si mosse di un millimetro. Toccò di nuovo a Michael scostarsi da lui. - Ci vediamo dopo? -
- S-Si - rispose, accennando un tenue sorriso. Il ragazzo però dubitava che sarebbe riuacito a cantare bene dopo quello che era appena successo.
- Ora vai, vi raggiungo tra poco. -
Marco si voltò e fece per allontanarsi, ma una mano si posò sul suo braccio e lo bloccò. - Aspetta... - disse il riccio. Diede uno strattone al ragazzo e lo attirò nuovamente a sé, facendo aderire i loro corpi. Gli stampò un decisamente troppo casto e breve bacio sulle labbra. - Adesso puoi andare. - Liberò il ragazzo dalla sua forte presa e lasciò che, confuso e stordito per quel gesto, andasse via.
Michael, rimasto solo, si afflosciò su una sedia, ormai incapace anche di rimanere in piedi. Portò una mano sul petto e poté sentire sotto il palmo il suo cuore che batteva ancora all'impazzata. Era un cuore magnetico, e non riusciva a stare lontano da colui dal quale si sentiva attratto. Era come una calamita, e Marco era il metallo.
E ora, finalmente, gli era tutto più chiaro: non era semplice attrazione fisica quella che provava per il ragazzo. Da quel labirinto stava pian piano riuscendo ad uscirne.




#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Eccomi qui con un nuovissimo capitolo .. Sono stata puntuale, eh ?! ;)
In questo capitolo accade finalmente qualcosa di importante per i nostri due protagonisti e vi anticipo che il prossimo non sarà da meno, anzi ..
Beh, spero vi sia piaciuto, attendo con ansia i vostri bellissimi commenti ♥
A presto :*
Un bacio, _Lollipop_96

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Capitolo 8
*** #07. Put your lips on me and I can live underweater. ***


07. Put your lips on me and I can live underweater.



Le prove finirono tardi. Marco, probabilmente ancora scosso per quello che era successo, non riusciva a concentrarsi. Stonava ad ogni nota.
Michael era appoggiato ad un muro vicino al palco. Osservava Marco cantare insieme alla sua ragazza e doveva ammettere che erano davvero una forza insieme. Se solo Marco avesse smesso di stonare sarebbero stati perfetti.
Quando finalmente smisero di provare, il ragazzino lanciò uno sguardo verso il riccio, il quale gli fece cenno di seguirlo, sparendo dietro le quinte. Fece come il libanese gli aveva mimato e si dimenò dietro di lui, seguendolo fino al suo camerino.
Michael posò la mano sulla maniglia della porta e si intrufolò nella stanza. Si voltò e fu contento di scoprire che Marco fosse lì.
Tutto taceva. Entrambi i ragazzi non sapevano che dire. Ma non c'erano parole da poter usare in quel momento, i loro occhi dicevano già tutto.
Era una situazione nuova per entrambi. Michael non sapeva cosa fare, come comportarsi. Che Marco non era omosessuale ne aveva avuto l'ennesima conferma prima, ma gli aveva detto anche che provava attrazione per lui. Avrebbe voluto afferrarlo e sbatterlo sulla poltrona dietro di loro, ma aveva il timore di spaventarlo. Sicuramente quello che aveva dato a lui era il primo bacio che avesse mai dato ad un uomo e non voleva spingersi oltre.
Osservò Marco. Aveva un'espressione confusa sul suo dolce viso. Gli sorrise e il ragazzino ricambiò. Le sue guance iniziarono ad assumere un tenue colore scarlatto.
- Tutto sommato le prove sono andate abbastanza bene - interruppe quell'imbarazzante silenzio il riccio.
- Si, ma non riuscivo a concentrarmi... - disse Marco.
- Per quello che è accaduto? -
- Si... - le sue gote avvamparono ancora di più, - è... è... così... strano - abbassò lo sguardo sul pavimento.
- Ti capisco - Michael si avvicinò a lui, - anche per me è stato molto difficile all'inizio - gli posò un dito sotto il mento e gli alzò leggermente la testa in modo da poterlo guardare negli occhi, - ma non devi temere, è normale sentirsi strani, disorientati, confusi. -
- C-Come hai c-capito di e-essere gay? - gli chiese il più piccolo balbettando.
- Non l'ho capito. È accaduto e basta - rispose, - non sono mai stato particolarmente attratto dalle donne e poi è arrivato lui, James, e tutti i miei dubbi si sono dissolti nel nulla. -
- James? È il tuo ragazzo? -
- Si - si portò la mano libera tra i capelli, - ma ultimamente le cose non vanno molto bene. -
- Perché? -
- Credo si sia accorto che c'è qualcosa di strano e non facciamo altro che litigare - spiegò.
- Oh mi dispiace, è... è colpa mia? -
- No. Solamente mia. Tu hai l'unica colpa di essere tremendamente bello. -
- G-Grazie - rispose Marco a quel complimento.
- È solo la verità - chinò il viso su quello del ragazzo. A separarli erano solo pochi millimetri. - Tu mi piaci troppo Marco - disse. Il ragazzino sentiva il suo fiato caldo sulla pelle. E poi accadde, di nuovo. Si baciarono ancora fino allo sfinimento.
Michael portò le sue braccia dietro al collo di Marco, scontrandosi però con la visiera messa al contrario del suo cappello, che finì per cadere a terra lasciando liberi i ciuffi di capelli spettinati e disordinati che il ragazzo aveva cercato di nascondere.
Il libanese si staccò per un attimo dalle labbra di Marco, portando la bocca vicino al suo orecchio. - Adoro il tuo ciuffo spettinato - gli sussurrò, immergendo una mano nei suoi capelli.
Marco cinse i fianchi del riccio con le sue mani e lo attirò ancora di più a sé. Si scambiarono un altro bacio, ancora più smanioso e passionale del primo.
- Michael... - ansimò il ragazzino quando le loro labbra furono nuovamente lontane.
- Dimmi - lo spronò a parlare il libanese.
- Ho paura - confessò.
Il riccio corrugò la fronte. - E di cosa? -
- Di tutto - rispose.
- Spiegati meglio. -
- Di quello che provo per te - confessò, - di quello che sta succedendo, di quello che succederà, dei problemi... Di tutto, di tutti. -
"Di tutti" aveva detto e in quel momento Michael capì che Marco aveva paura del giudizio altrui, temeva che il mondo non accettasse la sua omosessualità.
- E cosa provi per me? - gli chiese. I loro corpi erano ancora tremendamente vicini. Michael aveva le braccia posate sulle spalle del ragazzino, il quale aveva la testa poggiata nell'incavo del suo collo.
- Non lo so, è questo il punto - si bloccò qualche secondo e fece un respiro profondo, - mi fa paura quello che sta succedendo tra noi perché non so cosa sia. È tutto così nuovo per me, e io odio le novità. Non si sa a cosa si va incontro e ho timore ad affrontarle - disse, - non sono stato mai un tipo molto coraggioso. -
- Anche io mi sono sentito esattamente come te. Non sapere cosa mi stava succedendo era la mia paura più grande. Ma sono riuscito a superarla e sono convinto che ci riuscirai anche tu - gli sorrise, anche se il ragazzo, con ancora il volto immerso nell'incavo della spalla di Michael, non poteva vederlo.
- Come ci sei riuscito? -
Michael sospirò. - Grazie a James, è stato lui a darmi la forza di cui avevo bisogno. -
Marco alzò la testa e puntò lo sguardo in quello del libanese. - Lo ami, vero? - Michael annuì. - E per me cosa provi? -
Era la stessa domanda che gli aveva fatto lui poco prima, e gli avrebbe dato la stessa risposta. - Non lo so - disse, percorrendo con una mano su e giù la schiena di Marco.
Quel leggero tocco aveva il potere di riuscire a procurare piccoli brvidi alla pelle del ragazzino che era sollecitata dai suoi esperti palmi.
- Stai ancora con lui? -
- Non so neanche questo Marco - posò le sue labbra sulla testa del più piccolo e gli lasciò un tenero bacio, - è tutto così complicato. -
- Ma lo ami ancora - questa non era una domanda, - eppure mi hai baciato... perché? -
- È... -
- Complicato, lo so, ma prova a spiegarmelo. -
Il riccio scosse la testa. Come poteva spiegargli una cosa che neanche lui sveva capito? Come poteva spiegargli che ciò che provava per James era totalmente diverso da ciò che provava per lui? Come poteva spiegargli che era dal primo istante in cui lo aveva visto che non desidrrava altro che lui? Non poteva, era questo il problema.
- Io sono confuso, e ciò è anche comprensibile, ma tu lo sei forse più di me - sbottò Marco.
- Anche per me quello che sta succedendo è del tutto nuovo. Ciò che provo per te è totalmente diverso dai miei sentimenti per James. Ed è forte. E questo mi fa paura. -
La paura... questo era forse la cosa che più li accomunava in quel momento. Il timore dell'ignoto, di qualcosa che nessuno dei due conosceva.
- Baciami - disse il più piccolo. Michael, sbigottito, inarcò un sopracciglio. Non se lo aspettava. - Baciami, ne ho bisogno. Quando le tue labbra si posano sulle mie sento che sto bene, che non ho bisogno di nient'altro. -
Il riccio sorrise. Non se lo fece ripetere ancora e, come Marco gli aveva chiesto, lo baciò.
E poi tutto fu di nuovo chiaro. La paura, quella stupida e insignificante paura che attanagliava i due fino a qualche secondo prima, evaporò nel loro bacio. Ora c'erano solo Marco e Michael, il resto non contava.
Il riccio, senza interrompere il loro contatto, indietreggiò di qualche passo, trascinando con sé Marco, finché le sue gambe non si scontrarono contro il divano. Si lasciò cadere su di esso, afferrando un lembo della maglietta del ragazzino, il quale finì sul corpo del riccio.
In quella posizione, con Marco poggiato sulle sue gambe, Michael non riusciva più a tenere a bada la sua eccitazione. Sentì la sua erezione indurirsi alla presenza sopra di lui del corpo del ragazzino.
- Oh Marco... - alitò ancora sulle sue labbra. Portò una mano sulla guancia arrossata del più piccolo e la accarezzò con la stessa delicatezza di una madre che tocca la fragile pelle del suo bambino. Con le gote colorate di rosso, le labbra gonfie e il suo ciuffetto spettinato sembrava essere la creatura più dolce e fragile di questo mondo.
Le sue labbra passarono poi dalla bocca di Marco ad assaggiare il sapore della sua pelle. Con piccoli e teneri baci scesero giù lungo il collo, dove lasciarono anche una scia di delicati morsi.
Con un rapido gesto ribaltò le posizioni. Fece adagiare Marco sul divano e lui si mise a cavalconi sopra il suo corpo. Lo guardò negli occhi. Non era spaventato, era solo un po' confuso. Quelle due pozze color cioccolato però sembravano chiedergli la stessa cosa che lui tanto bramava.
Riprese a baciarlo con foga sulle labbra. Con una mano gli accarezzava i capelli disordinati, mentre con l'altra percorreva avanti e indietro il petto del ragazzino.
Marco era immobile sotto di lui. Non faceva niente per fermarlo, si limitava a ricambiare semplicemente il suo bacio. Lasciava che Michael conducesse il gioco, il quale, esperto, infilò la mano sotto la sua maglia, cominciando a palpeggiargli i suoi appena accennati addominali. Marco gemette a quel tocco e il libanese si liberò prima del cardigan e poi della T-shirt del ragazzo.
- Michael... - ansimò il più piccolo, ma il riccio sembrò quasi non sentirlo. Ormai era troppo preso dall'eccitazione. Voleva Marco, e lo voleva ora.
Iniziò a baciargli il petto. I pochi peli presenti sul suo addome pizzicavano le labbra di Michael, ma questo non fece altro che aumentare la sua smania di quel corpo. James si radeva, ma in quel momento scoprì che la leggera peluria sul petto di Marco era molto più eccitante. Gli conferiva un aspetto ancora più virile di quello che già aveva.
- Michael... - disse ancora. Ma anche questa volta lo ignorò. Le sue mani scivolarono alle estremità della molla che teneva su i pantaloni della tuta del ragazzino. Giocherellò un po' con i lembi, poi, con estrema delicatezza, li abbassò. Qualche secondo dopo Marco si ritrovò ricoperto solo dai boxer.
Michael osservò il corpo sotto di lui. Sì, era proprio perfetto. Non era troppo muscoloso, né troppo sciatto. Il suo fisico era ben proporzionato, snello e con ogni forma al suo posto. Non era di certo il fisico possente di James a cui era abituato, ma a lui piaceva molto di più di qualsiasi altro uomo avesse mai visto.
- Michael, ti prego... - tentò di nuovo il più piccolo. Questa volta il libanese sembrò ascoltarlo. Alzò gli occhi dal suo fisico e avvicinò nuovamente il suo viso a quello di Marco. Lo guardò negli occhi e gli sorrise dolcemente. Gli posò un dito sulle labbra, sussurrandogli un tenue "Shh". Ma Marco non si calmò.
- Tranquillo, non ti farò del male - cercò di tranquillizzarlo. Marco, negli occhi del riccio, poteva scorgere tutta la passione e la smania di possederlo che aveva. Ed ebbe paura, di nuovo. Non aveva mai avuto contatti così intimi con un uomo. E neanche ne voleva, almeno per ora.
Il riccio riprese a baciarlo e, nel frattempo, si cimentò a slacciarsi la camicia che indossava. Rapidamente si liberò anche dei pantaloni.
Marco smise di ricambiare i suoi baci e, quando le loro labbra si staccarono, esclamò: - Michael basta! - Il tono severo e allo stesso tempo spaventato del più piccolo fece ritornare Michael in sé. Puntò i suoi occhi in quelli color cioccolato di Marco e capì che stava sbagliando. Lo aveva spaventato. E questa era l'ultima cosa che avrebbe mai voluto fare.
Si alzò dal corpo di Marco e si sedette in fondo al divano sulle sue ginocchie.
- Scusa... - disse, abbassando lo sguardo imbarazzato. Scese dal divano e recuperò gli indumenti che aveva scaraventato sul pavimento. Lanciò a Marco i suoi e rapidamente si vestirono entrambi.
- Non volevo, davvero. - Marco si rimise il suo cappellino e uscì dalla stanza, richiudendosi violentemente la porta alle spalle.
Michael strinse la mano in un pugno e colpì il muro che aveva davanti, provocando un rumore sordo che rieccheggiò per tutta la stanza. Aveva rovinato tutto, ed era sola colpa sua.




Ciao carissimi lettori,
Il nostro Michael si è fatto prendere un po' troppo dalla passione e il piccolo Marco si è spaventato .. Non mi uccidete per come è finito il capitolo, abbiate pietà di me xDD
A presto ♥
Un bacio, _Lollipop_96

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Capitolo 9
*** #08. Freddo nel fuoco. ***


08. Freddo nel fuoco.



Marco uscì dalla camera. Infilò una mano in tasca ed estrasse il pacchetto di sigarette. Ne prese una, se la portò alla bocca e la accese, senza dar conto al cartello "Vietato fumare" appeso proprio di fronte a lui.
Aveva bisogno di riflettere e la nicotina lo avrebbe sicuramente aiutato a calmarsi un po'. Ispirò il fumo tossico, che penetrò nei polmoni e cominciò a rilassarsi. C'era di nuovo una gran confusione nella sua testa. Lui provava qualcosa per Michael, ma non era pronto per quello che stava accadendo poco prima nel suo camerino.
Qualche minuto dopo, sentì la porta aprirsi e alcuni passi avvicinarsi a lui.
- Marco... - disse una voce dietro di lui. Si voltò e Michael era lì, con lo sguardo basso. Sembrava un cane bastonato. - Perdonami... Lo so che non sei pronto, mi sono fatto prendere dalla passione e non ho pensato alle conseguenze. Tu mi fai questo effetto, Marco. Quando ti sono vicino non riesco a mantenere il controllo. -
- Allora stammi lontano - ribattè il ragazzino.
- Marco... - gli posò una mano sulla spalla, - non fare così, ti prego... -
- Non sono pronto a tutto questo. -
- Lo so. -
- Forse è meglio se... -
- No - lo interruppe il riccio, - non dire così... Ti prometto che non accadrà più, ma per piacere non abbamdonarmi... io ho bisogno di te. - Pronunciò quell'ultima frase tenendo fisso lo sguardo in quello di Marco.
- Anche io. - E si baciarono di nuovo. Volevano entrambi cancellare quello che era successo e sapevano che solo congiungendo ancora le loro labbra sarebbero riusciti a farlo.
Questa volta il sapore di cioccolato delle labbra del ragazzo era mischiato a quello della sigaretta che stava fumando, ma era comunque il gusto più buono che il riccio avesse mai provato.

Il giorno dopo Michael e Marco non ebbero occasione di incontrarsi. Tutti e due erano occupati per la finale che si sarebbe tenuta quella sera. Marco passò tutto il giorno a provare iniseme a Violetta e, quando le prove terminarono, era già tardi. Sia lui che Michael furono trascinati nei loro cameri dallo staff e presi d'assalto da truccatori e parrucchieri.
Mezz'ora prima della diretta erano pronti. Michael scivolò velocemente fuori dal suo camerino e si addentrò tra i lunghi corridoi in cerca di quello del ragazzino. Quando lo trovò, bussò e due secondi dopo la cosa più perfetta che potesse esistere a questo universo lo aprì.
Il suo bel corpicino era fasciato dai suoi soliti abiti eleganti. Pantalone scuro, giacca, camicia e cravatta rendevano quel fisico ancora più meraviglioso di quello che già normalmente era. Il suo solito ciuffo tirato indietro con il gel e la barba scura leggermente più corta del giorno precedente erano il culmine della sua bellezza.
- S-Sei b-bellissimo - balbettò il riccio. Il ragazzino arrossì e sussurrò un tenue "grazie". Si osservarono imbarazzati per qualche secondo, finché una ragazza riccia non comparve accanto a Marco. Marta era lì.
Michael lanciò uno sguardo a Marco che, capendo cosa il riccio volesse dirgli, si affrettò a spiegare da dove arrivava la ragazza.
- Marta ieri non poteva venire con me - disse, - aveva alcune faccende "burocratiche" da risolvere, così sono venuto da solo. Quando ha finito mi ha raggiunto. -
- Ah - fu l'unico suono che uscì dalla bocca del libanese. La presenza di Marta mandava all'aria tutti i suoi piani. - Ero passato solo a salutarti prima della diretta - mentì il riccio, - ciao Marco e buona fortuna per la tua esibizione! Ciao anche a te Marta - si voltò e si allontanò deluso dai due.

- Devi stargli lontano, intesi? - disse la riccia appena Michael sparì dalla loro visuale.
- Perché? - chiese Marco.
- Ti guarda come se volesse mangiarti con gli occhi. Non voglio succeda qualcosa di irreparabile -
- E chi te l'ha detto che non sia già successo? -
- Cosa intendi dire con questo? -
Marco alzò le mani. - Nulla - disse, ridacchiando.
- Marco cosa diavolo è successo? - gli urlò contro la ragazza.
- Nulla - ripetè il ragazzo. Sul suo volto era presente un ghigno divertito.
- Possibile che non posso lasciarti un attimo da solo. Cosa cazzo hai combinato? - Il suo tono severo e autoritario fece rabbrividire il povero ragazzino.
- Questa è la mia vita Marta, non la tua. -
- E tu la stai rovinando - lo inchiodò con il suo sguardo gelido omicida, - ma io non te lo permetterò. -
- Lasciami in pace Marta - disse, allontanandosi dalla manager, che continuava a bofonchiare qualcosa contro di lui, e dirigendosi nella direzione nella quale aveva visto sparire Michael.
Non ci volle molto per raggiungerlo. Aveva la mano sulla maniglia della porta. Stava per rientrare nel suo camerino.
- Michael! - lo chiamò il ragazzino.
Il riccio si voltò e, quando vide Marco, sul suo viso si fece spazio un ampio sorriso. Gli andò incontro e lo abbracciò, dopodiché gli lasciò un piccolo bacio a stampo sulle labbra. - Adesso devo andare però - disse, staccandosi da lui, - manca poco alla diretta. Ci vediamo dopo, okay? -
Marco annuì e restò a guardare il riccio entrare nel suo camerino, richiudendosi la porta alle spalle.
- Marco! - a urlare il suo nome era una voce che il ragazzo non conosceva. Si voltò nella direzione di quel suono e vide che era un membro dello staff a chiamarlo. - Tra poco tocca a voi - gli ricordò. L'uomo gli mimò di seguirlo e lui obbedì. La finale stava per cominciare.

- Mi dispiace - disse Marco. Violetta si era classificata solamente terza. Era stato il ragazzo di Morgan, Michele, a vincere.
Michael scrollò le spalle. - Non importa, sono comunque fiero di lei. -
- T-Tu sei s-stato fantastico n-nel duetto c-con Morgan - balbettò. Le sue gote avevano già preso fuoco.
- Grazie - gli sorrise e avvicinò il suo volto a quello di Marco. - Tu invece sei fantastico sempre. -
Marco lo baciò. Intrecciò le sue dita ai ricci di Michael e la sua lingua a quella del libanese. Non capiva ancora cosa gli stesse succedendo, ma, qualunque cosa fosse, lo rendeva felice. Era una sensazione che non provava ormai da anni, ma gli bastava semplicemente sfiorare le labbra di Michael per tornare ad assaporarla. Finalmente, insieme a lui, stava davvero bene.
L'atmosfera intorno a loro era carica di passione. L'attrazione che l'uno provava per l'altro era palpabile.
Gli occhi di Marco caddero sul fisico del riccio, catturati dall'estrema bellezza di quel corpo. Fino a quel momento non aveva pensato potesse considerare tanto attraente Michael, ma ora si ritrovava a voler toccare ogni minimo lembo della pelle di quel ragazzo.
Finalmente capiva perché Michael lo aveva "assalito" il giorno prima. Ora provava la stessa cosa anche lui.
Lo baciò di nuovo, questa volta mettenci dentro quel bacio tutta la passione che provava per quel ragazzo.
E fu travolgente, come nessuno dei loro baci lo era stato fino a quel momento. Si ritrovarono entrambi inebriati da un desiderio sempre crescente, che faticavano a controllare.
E poi fu tutto naturale. Marco cominciò a sbottonare uno ad uno i bottoni della camicia di Michael sotto il suo sguardo curioso, che non capiva dove il ragazzo volesse arrivare. Neanche ventiquattro ore prima lo aveva respinto perché era troppo presto per lui e ora si trovava con un Marco del tutto diverso da quello che aveva conosciuto. Nei suoi occhi brillava una vivida fiamma di fuoco, in quelle profonde iridi color cioccolato ardeva un forte desiderio.
Il cuore gli martellava nel petto. Marco sfiorò con le labbra il collo e assaporò la sua pelle dandogli un bacio tenero, lento. Michael abbassò lo sguardo e si addolcì capendo le intenzioni del ragazzino.
Si chinò e premette le labbra su quelle di Marco con estrema delicatezza. Anche in quel bacio dolce, il ragazzo ne percepì la passione e lo attirò più vicino a sé. Ora che aveva fatto il primo passo, non intendeva tirarsi indietro.
Prima di continuare, però, il riccio rallentò il bacio e si allontanò. - Marco sei sicuro di sapere cosa stai facendo? -
Il più piccolo si avvicinò di nuovo. - Mai stato più sicuro - disse. Le loro labbra si congiunsero ancora e ogni riserva di Michael svanì. I baci diventarono sempre più frenetici. Non ci volle molto perima che i loro vestiti volarono dall'altra parte della stanza. Rimasero entrambi in boxer.
A quel punto le labbra di Michael diventarono impazienti e Marco crollò sul divano dietro di lui. Mentre le loro lingue si intrecciavano in una danza di erotismo puro, il più piccolo trovò il coraggio di infilargli una mano nei boxer e gli sfuggì un gemito.
Michael, nel frattempo, portò le mani sui suoi fianchi e gli sfilò quell'ultimo pezzo di stoffa. Piegò la testa e si chinò a baciarlo con delicatezza, poi, con uno strattone, fece girare il corpo di Marco, che finì col ritrovarsi con la faccia schiacciata contro i morbidi cuscini del divano.
Non aveva mai fatto nulla del genere. Lasciava che il libanese, con la sua esperienza, prendesse il controllo anche del suo corpo. Ed era una sensazione bellissima. Essere totalmente in balia del suo volere era un qualcosa di estremamente eccitante.
Poi, finalmente, entrò dentro di lui con un movimento lento, delicato. Ora erano un'unica essenza. Un pronfondo senso di appagamento, di pienezza travolse Marco, che mai come allora si era sentito tanto completo.
E fu dolore nel piacere, freddo nel fuoco, luce nel buio, bianco nel nero. Fu confuso, ma fu allo stesso tempo era tutto così limpido. Il dolore era sovrastato dall'enorme sensazione di benessere che Marco provava.
Quando Michael si ritrasse, Marco si morse il labbro per il fastidio; lo penetrò ancora e il ragazzino dovette stringere gli occhi per il dolore. Scivolò di nuovo dentro di lui. Il ragazzo lanciò un gridolino per la deliziosa srnsazione di bruciore che provò. Si rilassò e il movimento del corpo del libanese contro il suo divenne più ritmico. Michael si aggrappava a lui come se potesse sfuggirgli.
- Ti ho desiderato così tanto, Marco - ansimò il riccio.
- Oh Michael - sospirò il ragazzino.
I suoi movimenti si fecero più decisi e i suoi gemiti più forti. - Sei tutto ciò che voglio. - Affondò nel suo corpo un'ultima volta, poi si adagiò teneramente su di lui.
Si distese sul ventre al suo fianco, mentre Marco si girava e ritornava nella posizione iniziale. Il riccio gli mise un braccio intorno alla vita e appoggiò la fronte contro la guancia. Gli accarezzò la schiena e il più piccolo cominciò a rilassarsi.
- Come stai? - gli chiese poi, notando l'espressione di dolore che Marco aveva sul volto. Il ragazzo si posizionò meglio tra le sue braccia e accennò un lieve sorriso.
- Mai stato meglio - rispose.
- Anche io. -




#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Come avrete sicuramente già notato, questo capitolo è un pochetto hot :P
Ma comunque vorrei precisare che io non ho mai descritto "relazioni sessuali" tra due ragazzi, quindi per me questa è la prima volta .. se ho sbagliato qualcosa, se non sono stata all'altezza di descrivere per bene la situazione, se ho toppato su qualche dettaglio, perdonatemi, siate buone xDD
Ad ogni modo, come sempre non esitate a segnalarmi gli eventuali errori :)
Grazie mille ♥
A presto :*
Un bacio, _Lollipop_96

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Capitolo 10
*** #09. When will I see you again?! ***


09. When will I see you again?!



Quando le palpebre di Michael si riaprirono, fu felice di trovare Marco ancora accoccolato tra le sue braccia. Dormiva beato con la testa appoggiata al petto nudo del riccio. Con gli occhi chiusi e le labbra leggermente aperte per lasciar passare l'aria aveva l'aspetto del più bello degli angeli.
E tutto quello non era solo un sogno. Marco era lì, accanto a lui, o meglio su di lui. Ed era bello, bello da morire. Con un braccio gli cinse i fianchi e lo avvicinò ancora di più al suo corpo, mentre con l'altra mano gli accarezzò delicatamente il suo ciuffetto spettinato di capelli. Osservò il sollevarsi e abbassarsi del suo addome per respirare. Poteva sembrare strano, ma avrebbe voluto restatre a contemplare quel ragazzo mentre dormiva per sempre.
Era tenero come un bambino, innocente come un angelo, bello come un dio greco.
E sarebbe rimasto a osservarlo ancora un po' se non fosse stato per lo straziante suono del cellulare, che cominciò a squillare dall'altra parte della camera.
Stando bene attento a non svegliare il ragazzo, scivolò via da sotto il suo corpo e raggiunse il punto dal quale proveniva il fastidioso suono. Scavò con le mani tra le tasche dei pantaloni sul pavimento finché non trovò quel maledetto arnese che non smetteva di squillare. Lanciò un'occhiata a Marco per controllare se stesse ancora dormendo. Si era girato su un fianco e aveva bofonchiato qualcosa, ma i suoi occhi erano ancora chiusi.
Accertatosi che il più piccolo non si fosse svegliato, rispose alla chiamata senza neanche controllare di chi fosse il numero.
- Pronto? - disse con una voce piuttosto assonnata.
- Stavi dormendo? - chiese il ragazzo dall'altra parte del telefono. Era James, il suo tono di voce lo avrebbe riconosciuto ovunque.
- Si - rispose, sbadigliando.
- Mi dispiace averti svegliato, ma avevo bisogno di parlarti... -
- Questo non è il momento, James. -
- Volevo solo scusarmi, tutto qui. La gelosia mi sta assalendo e tu ultimamente sei così freddo con me. Mi sembra che tu sia lontano, e non intendo solo fisicamente. Vorrei tornassimo quelli di un tempo... - - James ti ho detto che questo non è il momento - ribattè, - ora devo staccare, ciao. -
- Aspetta Michael, ti prego. So che sei arrabbiato, ma ti sto chiedendo scusa. - Dal tono con cui parlava sembrava davvero dispiaciuto. Se solo avesse saputo con chi era in quel momento, avrebbe fatto a pugni prima Marco e poi avrebbe spaccato la faccia anche a lui.
- Ne riparliamo quando torno a Londra, okay? Parlare di queste cose per telefono non ha senso, per certe questioni c'è bisogno di guardarsi negli occhi, quindi a presto James - disse, chiudendo la chiamata.
- Torni a Londra? - la flebile e improvvisa voce del ragazzino fece sobbalzare il riccio.
- Si... - rispose vago.
- Quando? - Sul viso di Marco si era materializzata un'espressione affranta.
- Tra tre giorni. -
- G-Già? - balbettò.
- Ho delle questioni da risolvere. -
- Con James? -
- Si. -
- Capisco. - Il ragazzino prese la sua roba e si rivestì.
- Dove vai? - gli chiese il riccio.
- Devo tornare a Milano - rispose. Il tono della sua voce era freddo, distaccato.
- Quando ti rivedrò ancora? -
- Non lo so. - Si aggiustò il suo ciuffetto spettinato, poi si avviò verso la porta. - Ciao - lo salutò.
- Ehi aspetta - Michael lo aveva raggiunto e lo aveva bloccato afferrandolo per un braccio. - Te ne vai così? -
- Si. -
- Marco se è per James, io... -
- No. È stato solo un errore - disse. Ma Michael sapeva che il ragazzino stava mentendo: non lo stava guardando negli occhi.
- Noi non siamo un errore - ribattè il riccio.
- Non c'è nessun noi, Michael. Non c'è mai stato e mai ci sarà. -
Quelle parole arrivarono alle orecchie del libanese come fossero appuntite lamine di vetro. Si scagliarono contro il suo cuore, infliggendogli dolorose e profonde ferite.
- Ma ieri sera... -
- Michael tu sei ancora innamorato di James, è inutile girarci intorno. È meglio così, credimi. -
- Non è vero. Io sarei disposto anche a lasciare James p-per t-te - disse quelle ultime due parole balbettando e arrossendo di botto. Lui amava James, ma, dopo ieri, aveva scoperto di provare qualcosa di molto più profondo per quel ragazzino. E di certo ora che stava andando tutto così bene non lo avrebbe lasciato andare via.
- Non... - cercò di dire il ragazzo, ma Michael lo zittì con la sua bocca. Si avventò sulle sue labbra cercando di trasmettergli tutto l'amore che provava nei suoi confronti. Sì, lo amava davvero.
Lo travolse con una scarica di passione concentrata tutta in quel singolo bacio. Doveva capire che ormai James non era più nulla per lui se non solo un lontano ricordo.
Marco ricambiò in pieno quel bacio. Non aveva la forza per respingerlo e non aveva alcuna intenzione di farlo. Dopo ieri aveva capito che quel riccio ormai per lui era essenziale. Stava iniziando a sentire per lui qualcosa che non aveva mai provato. Qualcosa di diverso, qualcosa di dannatamente troppo intenso.
Quel meraviglioso momento fu però interrotto dal rumore di alcune nocche che bussavano sulla porta. I due si staccarono immediatamente e Michael si infilò velocemente qualcosa addosso.
- Marco aprimi! Lo so che sei lì! - Era la squillante e maledettamente fastidiosa voce di Marta.
Michael lanciò uno sguardo interrogativo a Marco, il quale annuì, dandogli così il consenso ad aprire la porta alla ragazza.
La manager, con un'espressione alquanto infuriata sul volto, entrò nella stanza e subito puntò verso il povero ragazzino. - Marco! - esclamò, - Come diavolo ti è venuto in mente di sparire così? -
- Marta ti ho già detto che devi stare fuori dalla mia vita privata - fu la risposta di Marco. Ne aveva abbastanza della presunzione di quella donna.
- Essere a conoscenza della tua "vita privata" fa parte del mio lavoro. -
- Devi lasciarmi in pace. -
- Ora dobbiamo tornare a Milano, hai un'intervita tra meno di due ore - gli ricordò la riccia, - ne riparliamo quando saremo lì, adesso non c'è tempo. -
- Un'intervista tra due ore?! - Marco se ne era completamente dimenticato.
- Si, quindi sbrigati! -
Il ragazzino guardò Michael, che in quel momento stava scrivendo qualcosa su un pezzo di carta. Si avvicinò a lui mentre la manager gli lanciava occhiatacce omicide e, con tono tremante, disse: - Devo andare, a presto Michael. -
- A presto Marco - allungò una mano e infilò nella tasca sinistra dei pantaloni del ragazzo il foglietto, - questo è il mio numero - sussurrò stando bene attento a non farsi sentire dalla manager di Marco, - chiamami. -
Marco annuì, poi, insieme a Marta, uscirono dalla stanza. Rivolse un'ultima triste occhiata al riccio, che ricambiò con un dolce sorriso di incoraggiamento. Non avrebbe mai voluto trovarsi al suo posto, sotto gli affilati artigli di Marta.

Era passato un giorno da quando Michael aveva visto per l'ultima volta Marco e ancora non gli era arrivata alcuna chiamata. Passava ore ad osservare il suo cellulare sperando che si illuminasse e che comparisse il suo numero. Ma l'unico che in quei giorni lo aveva cercato era stato James. E, inoltre, tra due giorni sarebbe dovuto partire per Londra.
Stava impazzendo. Ad ogni minima vibrazione del telefono il suo cuore prendeva a battere forte contro il petto. Ma poi, quando vedeva che il numero era di James, aveva voglia di prendere quel dannatissimo cellulare e schiantarlo contro il muro.
Si portò le mani tra i suoi ricci. I gomiti appoggiati sul tavolo e gli occhi fissi sul quel maledetto arnese davanti a lui. Non riusciva a capire perché non lo chiamasse.
Finalmente la gradita melodia della suoneria del telefono arrivò alle sue orecchie. Lo afferrò e controllò il display: lo schermo mostrava un numero che il riccio non conosceva.
Cliccò sul pulsante verde e riapose. - Pronto?! -
- Ciao Michael, sono Marco - la candida e dolce voce del ragazzino fece accelerare il battito cardiaco del riccio.
- Ehi Marco - rispose.
- Come stai? -
- Bene, tu? -
- Abbastanza - disse, - m-mi m-manchi - balbettò e Michael immaginò che il volto del ragazzo avesse già assunto quel tenero colore scarlatto. Era sicuro che in quel momento stesse tremando tutto e che le sue gite fossero già avvampate. Ed era tenerissimo.
- Anche tu. - E non poco, pensò.
- Q-Quando possiamo v-vederci? - A quella richiesta, il libanese rimase quasi a bocca aperta. Marco, il suo tenero e dolce Marco, stava pian piano riuscendo a superare la timidezza e ad accettare ciò che era.
Un ampio sorriso si materializzò sul suo volto. - Quando vuoi. -
- Stasera va bene? -
Si misero d'accordo sull'ora e sul luogo nel quale vedersi. Scelsero di incontrarsi alle 8 in un piccolo bar alla periferia di Milano non molto lontano dalla casa di Marco. Un posto discreto, ma carino e soprattutto poco frequentato. Nessuno dei due voleva si venisse a sapere della loro storia. Per ora era meglio mantenere all'oscuro quella relazione.
Quando la chiamata terminò, Michael si gettò a capofitto sul divano. Risentire l'armoniosa voce di Marco gli aveva fatto tornare il buonumore.
Si sdraiò sui morbidi cuscini e sbadigliò. Non ci volle molto prima che i suoi occhi si chiudessero e il suo corpo si lasciasse cullare dalle accoglienti braccia di Morfeo.
La notte precedentr aveva dormito poco. Era rimasto per ore a pensare a Marco, a ciò che era successo il giorno prima e a sperare in una sua chiamata. Adesso poteva finalmente rilassarsi. Ma neanche nel mondo dei sogni riuscì a liberarsi di quei due enormi pozzi color cioccolato.
Si svegliò molte ore dopo. Quando le sue palpebre si aprirono, il suo sguardo vagò per la stanza in cerca del cellulare. Lo trovò sul divano accanto a lui e lo afferrò. Controllò l'orario: erano quasi le 7.
Sgranò gli occhi e si precipitò subito giù dal divano. Corse in bagno e aprì il getto d'acqua della doccia. Non poteva presentarsi in quello stato, era indecente.
Si catapultò sotto l'acqua calda e spalmò sul suo corpo il più profumato dei bagnoschiuma che aveva.
Finito di lavarsi, raggiunse la sua camera. Aprì l'armadio e scelse con cura le cose da indossare. Non doveva sembrare troppo elegante, poiché l'appuntamento era in un semplice bar, ma non doveva neanche essere troppo sportivo.
Si grattò la nuca pensieroso. Scartò una cinquantina di maglie, camicie e giacche, ma alla fine optò per un pantalone blu, una T-shirt bianca con alcuni disegnini strani come piacevano a lui e una giacca leggermente più chiara dei pantaloni.
Si guardò allo specchio. Ancora non era presentabile. I suoi ribelli ricci formavano un enorme cespuglio crespo sulla sua testa. Prese il pettine e tentò di domarli, ma alla fine fu costretto a rinunciare. Non sarebbe mai riuscito a dare un aspetto decente a quella massa di capelli spettinati che aveva sulla fronte.
Finito di prepararsi, uscì di casa. Il suo autista lo stava già aspettando in macchina. Entrò in auto, lo salutò e gli disse il nome del locale nel quale era diretto.
Pochi minuti dopo, si ritrovò davanti al bar. Scese e disse al ragazzo che giudava di non aspettarlo e che lo avrebbe chiamato lui quando sarebbe dovuto tornare a prenderlo. L'autista annuì, poi la macchina scomparve nel mezzo dell'intenso traffico di Milano.
Il libanese entrò nel bar e notò subito Marco. Era seduto ad uno dei pochi tavolini del locale. Le sue dita stavano giocherellando nervosamente con un fazzolettino di carta.
Michael contrasse la bocca in un enorme sorriso e si diresse verso di lui.
- Ciao - sibilò quando gli fu vicino. Il ragazzino alzò gli occhi e quasi sobbalzò dalla sedia quando vide il bel riccio di fronte a lui. Era così assorto nei suoi pensieri che non si era accorto che Michael fosse già arrivato.
- C-Ciao - rispose. Il libanese si ritrovò a ridacchiare per la tenerezza di quel ragazzo quando balbettava.
Scostò una sedia dal tavolo e si sedette di fronte a lui. La prima cosa che notò di quello splendore che aveva davanti agli occhi furono i suoi capelli. Quella sera li aveva lasciati liberi e spettinati, proprio come piacevano a lui.
Restarono in quel bar a parlare per un'ora. Ordinarono qualcosa da mettere sotto i denti, ma nessuno dei due in quel momento aveva fame. Erano entrambi troppo impegnati a scambiarsi sguardi fugaci e a guardarsi negli occhi con il profondo e intimo desiderio di potersi possedere ancora una volta.
Per fortuna quel bar non era molto affollato e c'erano solo alcuni anziani che parlottavano delle parite di calcio dell'ultima giornata di campionato. Ma, comunque, nonostante nessuno li avesse riconosciuti, i "commenti" poco carini sulla sessualità dei due ragazzi non mancarono.
Michael cercò di non farci caso, ormai ci era abituato, ma vedeva che, invece, il ragazzino ci stava male. Ogni volta che si sentiva la voce di qualcuno parlare di loro serrava i pugni e il bellissimo sorriso che aveva sulle labbra scompariva per qualche secondo.
Sapeva quanto facesse male, all'inizio aveva sofferto anche lui per questo, ma Marco doveva capire che lui gli sarebbe stato sempre vicino e lo avrebbe aiutato a superare i pregiudizi della gente.
Posò una mano sul pugno che stringeva la tovaglia sul tavolo. Era un leggero tocco, quasi le loro pelli non si toccavano, ma quel piccolo gesto fece tornare sul viso di Marco quel suo meraviglioso sorrisone. E quello fu uno dei sorrisi più belli che il più piccolo gli avesse mai rivolto. Le labbra increspate un po' all'insù e i suoi splendenti denti bianchi erano degni di essere incorniciati ed esposti nel più famoso museo al mondo.
Quel sorriso brillava di luce propria. E, quella sera, batteva di gran lunga la luna piena che il riccio intravedeva dalla finestra lasciata aperta sulla parete opposta del locale.
- Guarda quei due - sibilò un anziano signore poco distante da loro. L'amico che gli era vicino si girò nella direzione verso la quale era puntato il suo sguardo.
- Sono dei froci - grugnì. La voce era carica di disprezzo.
Ed ecco che la bocca di Marco tornava a contrarsi in quell'espressione dura e indignata di poco prima.
- Andiamo via - disse, alzandosi dalla sedia. Il riccio annuì e si alzò anch'egli. Lasciarono una mancia sul tavolo, poi uscirono da quel bar.
- Certa gente dovrebbe... - stava dicendo il riccio, ma Marco lo interruppe, cambiando argomento.
- Vuoi venire a casa mia? - gli chiese.
Ancora una volta, il libanese rimase spiazzato dalla richiesta di Marco. Quel ragazzo non lo avrebbe mai capito. Un secondo prima sembrava un cucciolo timido ed impaurito, e un attimo dopo sembrava avere la determinazione e il coraggio di un leone. Ma, in fondo, questo era uno dei tanti aspetti per cui gli piaceva.
- Certo - rispose, sorridendogli.
- Io abito lì - disse il più piccolo, indicando una casetta dalla parte opposta della strada e a soli pochi isolati da loro.
Mentre camminavano sul marciapiede, il riccio notò che Marco teneva lo sguardo basso, le mani infilate in tasca e stava ben attento a mantenere una certa distanza da Michael. Si vergonava di lui, di ciò che egli stesso era.
Michael sapeva che si comportava in questo modo perché per lui era tutto così nuovo, ma l'atteggiamento del ragazzo lo ferì lo stesso. Non voleva essere una cosa di cui vergognarsi. Anzi, riteneva che Marco sarebbe dovuto essere fiero di ciò che erano.
Ma lui lo avrebbe aiutato a non aver più timore di nulla, lo avrebbe aiutato a capire che non doveva nascondersi, ma mostrarsi al mondo per quello che era, senza dar conto ai commenti della gente.
Marco aprì la porta di casa e fece cenno al riccio di seguirlo.
- Non è niente di che - disse, mentre avanzava lungo il corridoio, - ed è tutto un po' in disordine, ma fa come se fossi a casa tua. - Non era una casa molto grande, ma era ugualmente accogliente. Forse c'erano un po' di cose fuori posto, ma per un uomo che viveva da solo era comprensibile.
- Vuoi qualcosa da mangiare? - gli chiese, dirigendosi in cucina. Il riccio scosse il capo. - Neanche un caffè? -
- Okay - rispose.
- Accomodati pure in salotto mentre io mi occupo del caffè. -
Michael fece come il ragazzino gli aveva detto e si sedette sul piccolo divano in pelle di fronte al televisore. Ma non ci rimase per molto. Non sapendo cosa fare, si alzò e iniziò a girovagare per il salone.
Ma, mentre osservava uno dei pochi quadri presenti nella stanza, sentì un rumore sordo provenire dalla cucina. Il riccio si precipitò subito da Marco, chiedendogli cosa fosse successo.
Quando fece capolino dalla porta nella stanza, vide il ragazzo intento a riordinare i pezzi della caffettiera caduta sul pavimento. Sorrise della scena alquanto comica, poi si accovacciò anche lui a terra per aiutarlo.
- Non preoccuparti... Lascia, facc... - disse Marco, ma le parole gli si boccarono in gola quando la sua mano si scontrò con quella di Michael, che stava afferrando lo stesso pezzo della caffettiera. Una piccola, ma intensa scossa partì dal lembo di pelle che era venuto in contatto con la mano morbida del riccio. Alzò gli occhi e si ritrovò imprigionato in quell'infinito sguardo dalle venature verdognole.
Le loro labbra finirono per avvicinarsi sempre di più. Marco poteva sentire il caldo respiro del libanese sulla pelle.
In una frazione di secondo le loro bocche azzerarono la distanza e si incollarono l'una all'altra. Le loro lingue prima si sfiorarono, poi si accarezzarono fino ad unirsi in una piacevole danza d'amore.
Si separarono solo quando ai due mancò il fiato. Si guardarono negli occhi, trasmettendosi tutto il desiderio che in quel momento provavano.
E quella fu la fine, per entrambi.




#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Lo so, sono un po' in ritardo, ma, per farmi perdonare, ho scritto un capitolo moooolto più lungo degli altri. Mi ci sono voluti giorni per finirlo u.u
Comunque volevo avvisarvi che la storia sta per finire, mancano pochissimi capitoli, massimo 3 o 4 .. Ho deciso che è meglio scrivere una storia breve, ma intensa, piuttosto che lunga e pallosa .. rischierei solo di scrivere le stesse cose per interi capitoli, quindi è meglio evitare xDD .. Già ho in mente il finale eheh ;)
Beh, detto questo, spero come al solito che il capitolo sia di vostro gradimento ♥
A presto :*
Un bacio, _Lollipop_96

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Capitolo 11
*** #10. Or love's gonna get you down. ***


10. Or love's gonna get you down.



Una tempesta di passione e desiderio inondava l'aria intorno ai due. Si baciarono ancora, caricando quel contatto tra le loro labbra dei sentimenti che non avevano ancora avuto il coraggio di rivelarsi.
Si alzarono senza staccare i loro sguardi, poi Marco lo guidò fino alla sua camera. Si fermò sullo stipite della porta, dopodiché si girò e guardò Michael con un piccolo sorrisetto malizioso stampato sulle labbra. Indietreggiò ed entrò nella stanza, invitando con lo sguardo il ricciolino a seguirlo. Quando si ritrovò ai piedi del letto, Michael gli posò le mani sulle spalle e lo "forzò" a sedersi, poi le portò sul suo petto e lo spinse giù, facendolo andagiare sul materasso.
Si posizionò a cavalconi su di lui. Gli sfilò lentamente la maglietta, soffermandosi ad accarezzare ogni minimo lembo di pelle che le sue dita sfioravano. Percorse a piccoli baci il suo addome, mentre Marco cercava di sbottonare la camicina del riccio. Le sue mani erano tremanti e le dita non riusivano a coordinarsi bene neanche per slacciare quegli inutili bottoni.
Michael sorrise teneramente. Portò le sue mani su quelle del più piccolo e lo aiutò in quell'ardua impresa. Quando la pelle del riccio sfiorò quella di Marco, immediatamente le dita del ragazzino si calmarono e quel leggero tremolio che scuoteva tutto il suo corpo cessò.
- Non avere paura - gli sussurrò in un orecchio, - Io non ho paura, giura non averne mai - canticchiò poi citando una canzone di Marco, - Ricordi? -
- C-Conosci le m-mie canzoni? - gli chiese sbalordito.
Il riccio annuì. - Prendi un respiro, lasciati andare, se mi vuoi vieni e non pensare - cantinuò a canticchiare.
La sua canzone non faceva proprio così, il libanese aveva fatto un po' di miscuglio tra i versi, ma andava lo stesso benissimo.
La sua voce era vellutata, sensuale, il suo sguardo penetrante.
Marco non se lo fece ripetere due volte. Prese per davvero un respiro profondo e si lasciò guidare dal suo cuore.
Avendo riacquistato un po' di sicurezza, riuscì a sbottonare la camicia del riccio e gliela sfilò. Passò immediatamente dopo ai pantaloni, mentre il libanese si occupava dei suoi indumenti. Percorse con una carezza il magro, ma sodo, dorso di Michael. La pelle era morbida sotto il suo tatto.
Nel frattempo Michael palpeggiava le parti intime del ragazzino, il quale si ritrovò a gemere per l'estremo piacere che le sue mani sapevano donargli. Gliene infilò una nei boxer. L'ennesimo gemito stava per uscire dalle labbra di Marco, ma il riccio posò la bocca sulla sua, soffocandolo con un dolce bacio.
Spostò poi le mani sui fianchi del più piccolo e fece per voltarlo a testa in giù, ma non ci riuscì. Marco lo bloccò e si sottrasse dalla sua presa. Scosse la testa, sorridendogli maliziosamente.
Il riccio inarcò un sopracciglio, cercando di capire cosa avesse in mente il ragazzo.
Marco si morse un labbro con fare sensuale. - Ora tocca a me - disse. La sua voce era calda ed estremamente sexy.
- C-Cos... - cercò di dire il riccio, ma non riuscì a finire la frase, poiché con un rapido strattone si ritrovò con la faccia schiacciata contro il materasso del letto. Ora era lui quello che stava sotto.
Marco si sfilò velocemente i boxer e fece lo stesso con quelli del riccio.
Michael voltò la testa e, avendo capito le sue intrnzioni, disse: - Oh Marco non vorrai... -
Il ragazzino fece di si con la testa. Michael ridacchiò e lasciò a Marco via libera.
Non sapeva cosa gli fosse preso. La mente di quel ragazzo era sempre quel lungo labirinto senza fine. Era imprevedibile e irrimediabilmente matto. Ma a lui piaceva così. Ora finalmente capiva che da quel labirinto non voleva affatto uscirne, anzi voleva rimanerne intrappolato per sempre.
Con un dito Marco accarezzò tutta la schiena del libanese, alternando al tocco delle sue mani teneri baci. Poi, senza preavviso, entrò dentro di lui.
- Oh my God, Marco! - esclamò il riccio sfoggiando la sua lingua originale. Non faceva l'amore in quel modo da molto tempo. James, anche se non sembrava, era più il tipo che si faceva domare. Ma a Michael piaceva essere anche domato. Soprattutto se a farlo era Marco.
- Adoro quando parli inglese - gli sussurrò tra gli affanni il ragazzo in un orecchio. Sprofondò ancora dentro di lui e Michael fu costretto a conficcare le unghie nel materasso per alleviare il piacevole dolore.
- E io adoro te, Marco. Always - disse il libanese mentre il ragazzo si preparava ad un'altra spinta.
Michael fece un respiro profondo e si contrasse, chiudendo gli occhi per un istante. Il piacere che provava in quel momento era indescrivibile. Era un qualcosa che mai avrebbe neanche lontanamente immaginato di provare, che mai nessuno era stato in grado di fargli provare. Nessuno tranne Marco.
I suoi movimenti si fecero più bruschi e Michael gemette così forte che Marco dovette tappargli la bocca.
- Oh Marco... - ansimò Michael. Ci fu un'altra ultima spinta, poi il ragazzino crollò sul letto accanto a lui.
Dopo alcuni respiri affannosi, il riccio lo guardò negli occhi e lo tempestò di baci. Gli sfiorò le labbra, le guance, la fronte, il naso e poi ancora le labbra.
Il ragazzino sorrise, sentendosi sopraffare dalla stanchezza. Si sdraiò meglio sul materasso e sistemò il capo sul suo petto. Michael gli appoggiò la guancia sulla testa e gli diede un bacio sulla fronte, abbracciandolo.
- I love you - sfuggì tenuamente, quasi come un flebile sussurro, dalla bocca del libanese. Ma fu abbastanza forte perché il ragazzino sentisse per bene quelle parole dette in inglese.
Quando si rese conto di ciò che aveva detto, Michael desiderò tornare indietro nel tempo e poter cancellare quella breve, ma significante, frase. Non si aspettava un "Anch'io" di risposta, ma neanche la rezione che il ragazzino effettivamente ebbe.
Marco si bloccò, non si mosse di un solo millimetro. Per un attimo Michael temette che stesse male. Neanche il suo torace si contraeva per la respirazione. Poi il suo petto si mosse e Michael poté rilassarsi. Almeno era ancora vivo.
Ma non disse assolutamente nulla. Rimase semplicemente in quella posizione, con la guancia spiaccicata sui suoi pettorali.
A Michael sarebbe bastato anche un "è troppo presto" o un "non sono certo di provare la stessa cosa per te", e invece dalle sue labbra non trapelò neanche un semplice sussurro. E quel silenzio faceva male.
Restarono così, senza proferir parola, forse anche per ore, finché entrambi non caddero il un lungo sonno.

Quando Michael riaprì gli occhi, sentì il rumore dello scorrere dell'acqua proveniente dal bagno adiacente e notò che Marco non era più accoccolato sul suo dorso.
Intuì che il ragazzo fosse sotto la doccia e decise di raggiungerlo.
Uscì dalla stanza e cercò il bagno, che si trovava proprio accanto alla camera. Aprì la porta ed entrò.
Davanti alla doccia c'era una tenda bianca da cui si intravedeva l'ombra della sinuosa figura di Marco. La scostò lentamente, cercando di non farsi sentire, e si immerse sotto il copioso getto d'acqua.
Marco era di fronte a lui di spalle. Le gocce d'acqua massaggiavano il suo corpo, bagnando quella meravigliosa pelle. Era così... perfetto. Sì, perfetto era l'unico termine che poteva avvicinarsi a ciò che quella meraviglia era. I lineamenti della sua schiema erano impreziositi dalle goccioline che liccicavano sotto i tenui raggi di luce filtranti dalla finestra del bagno.
Lo avvolse in un abbraccio da dietro e gli lasciò un tenero bacio sul collo. Marco, colto di sorpresa, sussultò. Si voltò e, quando i suoi occhi incrociarono quelli di Michael, si rilassò e si lasciò cullare dalle sue braccia.
- Buongiorno - sussurrò il riccio.
- B-Buongiorno - ed ecco che il suo Marco timido e balbettante ritornava.
Fecero la doccia insieme, massaggiandosi e coccolandosi a vicenda. O meglio, Michael massaggiava Marco, mentre lui si limitava semplicemente ad abbandonarsi alle sue carezze.
Quando finirono di lavarsi ed uscirono dal bagno, Marco si avvolse in un accappatoio e lanciò al riccio un asciugamano, che legò intorno alla vita. Dopo essersi entrambi preparati, si diressero in cucina.
- Vuoi qualcosa per colazione? Un caffè? - gli chiese il ragazzino.
- Si, ma questa volta lo preparo io. - Marco alzò le spalle e gli porse la caffettiera che aveva in mano. Il riccio la prese e cominciò a preparare il caffè. C'era qualcosa che non andava in Marco, lo aveva capito. Non era la stessa persona che la sera prima lo aveva preso d'assalto e trasportato in una nuova dimensione. No, era diverso.
Era un po' freddo, passivo. E il cambiamento era avvenuto nel momento in cui gli aveva detto di amarlo.
- Marco c'è qualcosa che non va? - gli domandò, accendendo il fuoco sotto la caffettiera.
Il ragazzo scosse la testa. - Ne sei sicuro? -
- Si. - No, stava mentendo di nuovo. Era facile capirlo, non era un bravo attore.
- Se è per quello che ho detto ieri, scusami io non volevo spave... -
- Hai detto qualcosa ieri? - mentì il ragazzino.
Michael formulò due ipotesi: la prima era che Marco si fosse già dimenticato quelle paroline dette in inglese o, semplicemente, non le aveva sentite e quella rezione fredda era stata solo una sua impressione, la seconda, molto più probabile, era che il ragazzino voleva far finta di non aver sentito perché troppo intimorito dal sentimento che era racchiuso in quella breve frase.
- Mh... no, niente - lo assecondò. Nel frattempo il caffè si era cotto. Marco prese due tazze dalla credenza e le poggiò davanti alla caffettiera. Il riccio ci versò il liquido nerastro dentro.
- Quanto zucchero vuoi? - gli chiese.
- Lo preferisco amaro - rispose, iniziando a sorseggiare la sua bevanda.
Amaro... il giorno prima al bar lo aveva preso con addirittura due cucchiaini di zucchero. Quella mattina Marco era troppo strano e il libanese non poté fare altro che sperare in un momentaneo cambiamento d'umore dovuto al poco riposo di quella notte.
- Che ore sono? - gli chiese il riccio, guardando l'orologio appeso al muro di fronte a lui, ma non potendolo leggere a causa della sua dislessia.
- Quasi le nove - rispose.
- Le nove?! È tardissimo - esclamò, saltando dalla sedia sulla quale si era appenna appoggiato. - Devo ancora preparare le valigie per domani e oggi pomeriggio ho un'intervista. -
- Domani parti? -
- Si. -
- E quanto starai via? -
- Non molto. Credo meno di una settimana. -
- E lascerai James? -
- Beh in realtà credo che appena saprà ciò che ho fatto sarà lui a lasciarmi... Mi spaccherà la faccia - fece una smorfia di dolore, - forse non tornerò vivo in Italia. -
Marco ridacchiò e finalmente Michael poteva rivedere quell'esprssione sorridente sul viso che tanto amava.
- Adesso vado - disse poi, - ti chiamo appena ho finito l'intervista. -
Marco lo accompagnò alla porta. La aprì e sullo stipite, prima di voltarsi e uscire, il riccio lo salutò congiungendo le loro labbra in un profondo bacio.
Ma Marco non lo ricambiò come aveva sempre fatto e dopo qualche secondo si distaccò da quel contatto.
- Ma che... - tentò di dire Michael, ma fu interrotto da Marco, il quale indicò un punto dietro di lui.
- Quell'uomo ci ha scattato una foto! - esclamò. Il riccio si voltò e vide un uomo con una macchina fotografica tra le mani che saliva sulla sua macchina. Mise in moto e in un lampo partì.
- E ora? - chiese Marco.
- Ora quella maledetta foto sarà spiaccicata sulle prime pagine di ogni giornale - rispose.
- No... i-io non v-voglio... non p-può farlo... - balbettò il ragazzino. Dal tono di voce sembrava piuttosto allarmato e nei suoi occhi ci si poteva leggere un velo di panico.
- Può eccome. -
- Non può! - ripeté, - non può! -
- Marco calmati - disse, posandogli le mani sulle spalle e guardandolo dritto negli occhi, - è solo una foto. -
- Non è solo una foto - urlò quasi, - quella è la fine della mia carriera! -
- Non è così, io ho dichiarato di essere gay e ora sono addirittura più famoso di prima! Questa foto non rovinerà la tua carriera - cercò di tranquillizzarlo il riccio.
Marco scosse la testa. - Ma tu sei Mika, un cantante di fama mondiale già affermato... Io, invece, sto riscuotendo successo solo ora e questo potrebbe far crollare tutto. Non voglio che la mia immagine sia infangata. -
- Infangata?! Non c'è nessuna vergogna ad essere gay! -
- Non tutti la pensano come te... -
- D'accordo - si arrese il libanese, - proverò a far sparire quella maledetta foto. -
- Come? -
- L'ho fatto già altre volte... Spesso i giornalisti hanno fotografato me e James, ma, con i contatti giusti, sono riuscito sempre ad evitare la pubblicazione di quelle immagini. -

Un'ora e una decina di telefonate dopo, Michael era davanti all'uomo che lo aveva immortalato insieme a Marco. Avevano già stipulato un accordo: il riccio gli avrebbe firmato un assegno piuttosto corposo e lui gli avrebbe consegnato la macchina fotografica contenente quella foto. Inoltre aveva scoperto che non era neanche un giornalista, quindi contrattare con lui era stato piuttosto facile.
Quando Michael ebbe tra le mani quell'infernale arnese, lo scaraventò a terra, per poi distruggerlo in mille pezzi calpestandolo più volte col suo piede. Ora le prove erano sparite per sempre e il ragazzino non aveva più nulla da temere.
Appena tornò a casa, prese il cellulare e compose il numero di Marco. Il cellulare squillò un paio di volte, poi la sua tenera voce risuonò dall'altra parte del telefono.
- Pronto?! -
- Marco, sono io Michael... volevo semplicemente avvisarti che ho distrutto la foto, non c'è più pericolo che possa diventare pubblica. -
- Grazie - rispose. Quella dolce voce, solitamente calda e vellutata, ora sembrava fredda come ghiaccio.
Michael non ebbe neanche il tempo di chiedergli cos'altro aveva ora che il ragazzino aveva già chiuso la chiamata, senza neanche salutarlo. Il riccio provò a richiamarlo un paio di volte, ma nelle sue orecchie risuonava solo il fastidioso suono della segreteria.
Allora decise di scrivergli un messaggio, cercando di digitare correttamente le parole.
"Non so cos'altro ti sia preso, ma se c'è qualche problema io sono qui. Richiamami quando ti sarai calmato. " Premette il tasto 'invio' e spedì quel messaggio al ragazzino, ma la risposta non arrivò.
Dopo circa una quarantina di minuti si ritrovava a preparare quei maledetti bagagli. Avrebbe tanto voluto poter rimanere lì e capire cosa passava per la mente contorta di quel ragazzino, ma sapeva che purtroppo era un suo dovere. Non poteva continuare ad illudere James, lui aveva il diritto di sapere quello che era successo tra lui e Marco. E aveva anche il diritto di prenderlo a pugni se voleva. Lo aveva tradito e si sentiva uno schifo per come si stava comportando con il biondino, per questo doveva dirgli tutto.
Ripiegò l'ultima maglia e la posizionò nella valigia. Per soli quattro o al massimo cinque giorni quelle poche cose che si era portato gli sarebbero bastate. Richiuse la lampo e poi controllò per l'ennesima volta il display del suo telefono. No, non c'era nessun messaggio, nessuna chiamata.
Sbuffò e andò a prepararsi per l'intervista.

Finalmente libero dalle grinfie di quella giornalista, Michael poté ritornare al suo appartamento. Cenò velocemente mangiando un panino al prosciutto, poi si rintanò nel suo caldo lettuccio.
Marco non si era ancora fatto sentire. Avrebbe pagato oro per riuscire a leggere nella sua stupida mente e sapere cosa stava pensando in quel momento.
Finalmente il suo cellulare vibrò. "Un nuovo messaggio" c'era scritto sulla schermata iniziale. Lo aprì, ma il mittente non era colui che tanto sperava.
"Non vedo l'ora di rivederti. Buona notte, a domani!" recitava il testo scritto in inglese da quello che il giorno seguente avrebbe potuto considerare ufficialmente il suo ex ragazzo.
"A domani" si limitò semplicemente a rispondergli il riccio.
Non ci volle molto prima che le sue palpebre credessero alla stanchezza, addormentandosi così col pensiero rivolto al giorno seguente e la mano destra che ancora stringeva forte il suo cellulare.




#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Come al solito, non sono particolarmente convinta di questo capitolo. Anzi credo sia proprio orribile.
La storia si avvia alla conclusione. Come ho detto precedentemente, ci saranno solo altri due capitoli e poi finirà.
Quando ho iniziato a scriverla non pensavo potesse avere tanto successo. Credevo di essere l'unica a "shippare" questa coppia e, invece, ho scoperto che ci sono molte persone che adorano questi due cucciolotti insieme :33
Beh un po' mi mancherete (come farò a vivere senza di voi ?!) ma credo che mi metterò a scrivere qualcos'altro su quei due (non posso stare senza loro u.u)
Vabbè adesso mi dileguo e vi lascio ai commenti (sicuramente negativi >. <)
A presto :*
Un bacio, _Lollipop_96

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Capitolo 12
*** #11. Perché so che tu non passerai mai. ***


11. Perché so che tu non passerai mai.



Si risvegliò poche ore dopo, alle cinque, grazie al prorompente suono della sveglia che il giorno prima aveva impostato sul cellulare. La prima cosa che controllò quando i suoi occhi si riaprirono fu proprio il suo telefono, ma, ancora una volta, il display negava chiamate o messaggi da parte di Marco.
Sbadigliò e si trascinò pesantemente giù dal letto. Aveva bisogno di un lungo caffè e una doccia calda per risvegliarsi e affrontare quella difficile giornata.
Ciabattò fino alla cucina e si mise a preparare il caffè. Proprio mentre lo stava bevendo, il suo cellulare cominciò a squillare, mostrando sullo schermo il numero tanto agognato.
Mandò giù in un sol sorso la bevanda, rischiando quasi di strozzarsi, poi rispose.
- Pron... - un paio di colpi di tosse dovuti al caffè mandato giù male, - ...to.-
- Ciao Michael - rispose il ragazzino.
- Sono felice che tu mi abbia chiamato prima della mia partenza - disse. E lo era davvero. Sul suo bel faccino si era materializzato quel dolce sorrisetto da ebete che aveva ogni volta che parlava con lui.
- Volevo solo augurarti buon viaggio - spiegò, - e dirti di dimenticare tutto ciò che è successo tra di noi. -
- D-Dimenticare che?! - balbettò, sperando di aver capito male.
- Tutto - rispose in tono freddo.
- Non capisco, Marco. Che vuoi dire? -
- Che è stato un errore, che io non sono gay e che tu non mi sei mai piaciuto veramente - gli spiantellò quelle parole in faccia come fossero la cosa più evidente al mondo.
- Io... - Michael ancora non aveva metabolizzato per bene ciò che aveva appena detto il ragazzino. - Io non ti credo. -
- Non mi interessa, questa è la verità. Se ci credi o meno è un problema tuo. - disse, staccandogli il telefono in faccia.
- Aspetta Marco, non ri... - cercò di ribattere, ma Marco aveva già chiuso la chiamata.
Restò alcuni secondi, forse anche minuti, fermo immobile ad osservare il cellulare tra le sue mani.
Marco lo aveva appena lasciato. No, non era possibile. Era un incubo, doveva esserlo.
Si diede un pizzicotto sulla guancia per capire se stesse sognando e, in effetti, non provava alcun dolore. O meglio, era nulla in confronto a quello che in quel momento stava provando al suo cuore. Fu come se qualcuno gli avesse conficcato un paletto nel petto. Come una cicatrice profonda, quasi mortale, ma non così tanto da far cessare il tutto. E faceva mele, terribilmente male.
Ma la cosa più dura era che tra poco doveva partire. Se fosse stato solo per James non avrebbe esitato a posticipare il viaggio, ma il giorno dopo aveva anche un incontro con i suoi produttori per discutere del progetto di un nuovo CD. E quell'incontro non poteva assolutamente rimandarlo.
Riguardò lo schermo del cellulare. Lo rigirò tra le dita, poi, improvvisamente, lo scagliò contro il pavimento. La rabbia e la delusione avevano offuscato le sue capacità razionali. Ormai era accecato da quei sentimenti e il suo cervello faticava ad elaborare qualsiasi pensiero.
Osservò ancora quel maledetto arnese. Ora si trovava spaccato in due sul pavimento. Ma non gli bastava. Come aveva fatto il giorno precedente per la macchina fotografica, calpestò più volte con i piedi quei due pezzi, fino a ridurli quasi in polvere.

Mentre viaggiava verso l'aeroporto, Michael non riusciva a darsi pace. Pensava a Marco e alla discussione che avevano avuto poco prima. Non ci voleva credere che fosse tutto finito prima ancora che cominciasse.
Non riusciva a capire cosa fosse successo, perché Marco gli avesse detto quelle cose. E ora non sapeva neanche come affrontare la "questione" James.
Era tutto così maledettamente confuso. E Michael odiava la confusione. Ora desiderava solo capirci qualcosa. Desiderava una spiegazione, che però fosse la verità, perché era chiaro che ciò che gli aveva detto Marco prima era solo una bugia.
Un chiarimento, solo questo voleva. Non poteva affrontare James senza la certezza di ciò che era successo.
Gettò la testa all'indietro mentre il suo autista canticchiava felice la canzone che veniva riprodotta dalla radio che aveva appena acceso.
"Ed ora" annunciò lo speaker radiofinico, "l'ultimo grande successo del cantante vincitore del 63° festival di Sanremo. Marco Mengoni con 'Non passerai'."
- Oh perfect - bofonchiò sarcastico il riccio.
- Che cosa c'è? - chiese l'autista, - Non le piace? Cambio stazione? -
- No, no rimanga pure su questa - rispose mentre le prime parole di quella canzone rimbombavano nelle sue orecchie.
Si immerse in quella melodia armoniosa e maliconica chiudendo gli occhi e poggiando la testa sul sediolino. Le parole della canzone sembravano essere state scritte per esprimere ciò che in quel momento il riccio stava provando.

"A questo incrocio
dimmi dove si va
con un passo in più.
Tu che forse un po’
hai scelto di già
di non amarmi più..."


Eh sì, Marco aveva deciso di lasciarlo. Sapeva che lui non lo aveva mai amato, ma credeva di piacergli almeno un po'. Evidentemente non era così. Se lo fosse stato, non gli avrebbe detto quelle cose.
Forse aveva solo attraversato un momento di confusione e aveva fatto l'amore con lui solo per capire la sua reale sessualità. E alla fine aveva capito di non essere gay.

"E come quadri appesi
leve senza pesi
che non vivono.
Come quando c’era
una vita intera
due che si amano..."


Eppure Michael non voleva crederci. Tutto quello che era successo tra loro, i momenti che avevano condiviso, le emozioni che avevano provato... non potevano essere state solo finzioni. Marco qualcosa per lui lo provava. Lo si poteva capire dal dolce modo in cui balbettava quando c'era Michael, il suo arrossire ad ogni gesto del riccio, ma anche nella sicurezza che aveva mostrato la sera precedente. Non era solo immaginazione, loro si amavano. Forse Marco non provava proprio quel sentimento per lui, ma era sicuro che qualsiasi cosa fosse ci andava molto vicino. Ed era per questo che doveva capire cosa gli era successo.

"E salgo ancora in alto perché
è lì che c’eri tu.
Ma ora serve il coraggio per me
di guardare giù..."


- Torni indietro - esclamò improvvisamente al suo autista. Non gli importava più nulla di James o della casa discografica. Ora voleva solo Marco.
Il ragazzo si voltò e lo guardò con aria confusa.
- Devo fare una cosa prima di partire - spiegò.
L'autista fece come il riccio gli aveva chiesto e seguì le sue indicazioni per arrivare a casa di Marco.

"E non c'è niente che resiste
Al mio cuore quando insiste
Perché so che tu non passerai mai..."



Quando terminò la chiamata, Marco guardò la manager in cerca di approvazione.
- È la cosa giusta Marco, credimi - disse la riccia accarezzandogli dolcemente un braccio, - con Michael non sarebbe mai potuta funzionare e saresti finito solo per rovinare la tua carriera. -
- Ma mi piace, mi piace davvero - sospirò, - e non voglio... -
- No, Marco tu sei solo confuso. Tutto qui. -
- Io non sono confuso - ribattè il cantante, - so cosa provo per Michael. -
- E allora perché lo hai appena lasciato? -
Oh, bella domanda! Paura, questa era l'unica risposta plausibile. Sempre quell'odiosa e incontrollabile paura. Il giudizio della gente, la sua carriera, Marta... era questo che temeva. Lui non aveva il coraggio di dire al resto del mondo che era gay, che gli piaceva un uomo. No, il coraggio non era certamente uno dei suoi pregi.
Forse Marta con i suoi discorsetti era davvero riuscita a manipolare la mente di Marco e a confonderlo più di quanto già non lo fosse.
Non rispose alla domanda che gli aveva fatto la manager. Tanto lei il perché già lo sapeva.
- Non preoccuparti - cercò di tranquillizzarlo la riccia, - presto tutto questo passerà e tu ti dimenticherai di Michael. -
- No, lui non passerà mai. - Si allontanò dalla ragazza e raggiunse il balcone.
Estrasse dalla tasca il pacchetto di sigarette e iniziò a fumare.
La nicotina era l'unica amica capace di capirlo in quel momento. Aveva così tanti dubbi in quella sua stupida testa che non voleva far altro che respirare quel fumo tossico e rilassarsi.
Si appoggiò alla ringhiera del balcone e puntò gli occhi al cielo.
Lui era sempre stato echitettato, fin dalla prima volta che si era esibito sul palco di X Factor, come il cantante "finocchietto" che non ha le palle di rivelare la sua vera sessualità. Ed ora lo era davvero.
No, le palle non ce le aveva. Il timore di perdere tutto ciò che aveva faticamente conquistato, di infrangere quella sua immagine "ambigua" che faceva impazzire le sue fan, di non essere accettato dal mondo nel quale lavorava era troppo forte.
Nell'azzurro cielo il sole risplendeva forte. Era una bella giornata, la temperatura era decisamente sopra la norma stagionale. Una giornata troppo calda per essere a metà dicembre.
Marco osservò le nuvole. Soffici e dalla forma riccioluta, gli ricordavano i capelli di Michael. Scosse la testa e accennò un sorriso per la stupida associazione che aveva fatto.
Gettò il mozzicone di sigaretta ormai consumato sulla strada sotto di lui e lo osservò cadere. Proprio mentre il mozzicone toccava l'asfalto, il ragazzo notò che una macchina si era fermata davanti alla porta del suo appartamento. Ne uscì un ragazzo da una folta chioma riccia. Era Michael. Accese un'altra sigaretta e osservò le sue mosse.

"Ok allora adesso confesso
Non avevo che te.
Come faccio a vivere adesso
solo, senza te?!"


Senza Marco non avrebbe potuto vivere, era diventato troppo importante per lui. Il nuovo CD, James, il contratto... erano tutte cose che in quel momento erano in secondo piano. Solo Marco contava.
Premette violentemente il dito sul pulsante bianco del campanello. Lo stridente suono rimbombò nell'aria circostante, ma nessuno venne ad aprire.
Iniziò allora a bussare con i pugni sulla porta, finché quest'ultima non si aprì. Una testa riccia e due grossi occhioni azzurri gli si pararono dinnanzi. Marta... ci avrebbe giurato che c'era di mezzo lei in quella storia.
- Ho bisogno di vedere Marco - le disse.
- Ma lui non vuole vedere te - ribattè con tono deciso.
'E no cara, tu non mi impedirai di chiarire con Marco' pensò. Che a lei piaceva Marco lo aveva capito già da un pezzo, ma, nonostante ciò, non aveva alcun diritto di intromettersi nella loro relazione.
- Devo parlare con Marco - grugnì con tono autoritario, - quindi ora lasciami entrare e dimmi dov'è. -
La riccia ridacchiò. - No, no - oscillò l'indice a destra e a sinistra davanti ai suoi occhi, - non ti lascerò rov... - ma non riuscì a finire la frase poichè Michael le mise una mano sulla spalla e, con una leggera spinta, la spostò di lato, in modo da poter passare.
- Ti consiglio di andar via. Fatti i cazzi tuoi e tornatene a casa. Questa è una questione tra me e Marco - disse, sorpassandola e percorrendo il piccolo corridoio. La ragazza probabilmente fece come il libanese le aveva detto poiché, mentre lui cercava Marco, sentì un "vaffanculo" e la porta d'entrata che si chiudeva violentemente.
Fece capolino nel salotto, sulla cui parete centrale c'era un piccolo balcone aperto. Pensò che Marco fosse lì, appoggiato con i gomiti sulla ronghiera e con una sigaretta tra il medio e l'indice che si consumava liberando quel fumo da cui il ragazzino era dipendente.
Decise di andare a controllare. Ed era prporio così, come se l'era immaginato. Fece alcuni passi silenziosi verso di lui, ma fu bloccato dalla sua voce roca a causa del fumo.
- Che vuoi? - lo incalzò.
- Sapere che cazzo ti prende ora. -
- Tu non puoi capire - disse, ispirando un'altra boccata di quella nebbia tossica.
- Si che posso. Ci sono passato anche io. -
Marco ondeggiò la testa a destra e a sinistra. - No, non puoi. - Lasciò cadere anche quella sigaretta, ormai quasi del tutto consumata, e continuò a guardare il paesaggio di fronte a lui.
- Allora almeno spiegami perché mi hai lasciato - affermò il riccio. Era disperato, non sapeva cosa fare e non voleva che Marco lo lasciasse. Lui lo amava.
- Non provo i tuoi stessi sentimenti. - Ancora una volta, disse quelle parole con superficialità, come se fosse ovvio e lui non potesse farci nulla.
- E tutto quello che è successo tra di noi? -
- Ero confuso. Punto. - La freddezza nella voce di Marco fece gelare il cuore del libanese.
- Non è possibile che quello che abbiamo provato... -
- Che TU hai provato - lo corresse il più piccolo.
- Io?! Vorresti farmi credere che tu non hai provato nulla? -
Marco abbassò la testa. - No - sibilò a denti stretti.
- Stai mentendo. -
- Tu non sai nulla - ringhiò.
- Allora voltati e dimmelo guardandomi negli occhi. -

"E senza i tuoi sorrisi
e tutti i giorni spesi
oggi che non c’è.
E che è una porta chiusa e
nessun’altra scusa da condividere..."


Marco fece come il riccio gli aveva detto. Si girò verso di lui, ma con ancora lo sguardo basso. - T-Tu non... - balbettò, poi prese coraggio e alzò gli occhi, - Tu non mi sei mai piaciuto davvero. Ero solo confuso. Io non sono gay. - Sputò fuori quelle parole con una tale velocità e crudeltà che Michael sentì il suo cuore frantumarsi in mille pezzi.
- Ma... io... tu... - cercò di dire, ma ormai non sapeva più che fare. Glielo aveva detto guardandolo dritto negli occhi, non stava mentendo.
I suoi occhi erano lucidi. Una lacrima minacciava di cadere, ma si sforzò di tirarla indietro. Non voleva piangere, non davanti a lui.
- But I love you, Marco - sussurrò più a se stesso che a lui. Puntò lo sguardo sul dolce visino di Marco. Anche in quel momento, con il cuore distrutto, non potè far a meno di pensare a quanto fosse bello nonostante avesse quel velo di tristezza che gli attraversava il faccino.
Fece un passo verso di lui. Marco tentò di indietreggiare, ma urtò contro la ringhiera del balcone.
Michael avanzò di un altro passo, azzerando la distanza tra i loro corpi.

"E salgo ancora in alto perché
è lì che c’eri tu.
Ma ora serve il coraggio per me
di guardare giù..."


Abbassò il capo sul suo, ritrovandosi con le bocche distanti solo pochi millimetri.
Poi, cercando di ricordare le parole della canzone che aveva ascoltato poco prima, gli sussurrò a fior di labbra: - E non c'è niente che resiste, al mio cuore quando insiste... -
Congiunse la sua bocca a quella di Marco, il quale ricambiò quel gesto così inatteso. Intrecciarono le loro lingue, le ancorarono l'una all'altra. Ma entrambi sapevano che quello non era un nuovo inizio, bensì un triste addio.
- Perché so che tu non passerai mai - disse Michael ancora sulle sue labbra.
Gli accarezzò la guancia con un pollice. Osservò un'ultima volta quel viso triste e amareggiato. Gli sarebbe mancato, e non poco. Gli sarebbe mancato quel suo sorriso dolce e luminoso più del sole, il suo tenero balbettare quando era con lui, quel ciuffetto spettinato sparato in aria che lui adorava tanto, i suoi baci, il suo modo di fare l'amore... tutto.
- Goodbye Marco - disse. Portò una mano nel suo ciuffetto spettinato e scompigliò i capelli già disordinati del ragazzino, proprio come aveva fatto quattro anni fa, la prima volta che lo aveva visto.
Sapeva che doveva lasciarlo andare, era consapevole che non era pronto per tutto quello. Se era destino, prima o poi si sarebbero ritrovati. Ma quello non era il momento giusto per stare insieme. C'era troppa confusione, troppi dubbi, troppa paura.
- A-Addio M-Michael. - Sentirlo balbettare un'ultima volta lo fece sorridere. Nonostante lo avesse lasciato, non riusciva ad essere arrabiato con lui.
'Ah l'amour' pensò ironicamente nella sua testa.
Il riccio si girò e a passo lento si allontanò da lui.
'Ora si volta, ora si volta di nuovo' pensò Marco, 'se si volta io gli corro incontro e gli chiedo di non andare via... Ti prego voltati, voltati! Torna indietro...' lo supplicò mentalmente. Non capiva il perché, ma ora che se ne stava andando davvero non voleva lasciarlo più.
Ma Michael non si girò e proseguì impassibile fino a scomparire dalla sua visuale. Anche lui in mente sua stava sperando che il ragazzino lo fermasse.
Marco sentì lo scricchiolio della porta che si apriva e poi il tonfo che essa produceva quando veniva richiusa. Istintivamente puntò lo sguardo giù al balcone, dove aveva visto la macchina parcheggiarsi. Pochi secondi dopo, vide Michael uscire dall'edificio e dirigersi verso di essa.
L'autista scese e gli aprì la portiera posteriore. Michael mise un piede dentro, ma, prima di entrare completamente, alzò lo sguardo. I loro occhi si incrociarono un'ultima volta. Iridi color nocciola da alcune venature verdognole incastonate in iridi dal colore del cioccolato. Un ultimo fatale intreccio.
Entrambi avevano i bulbi oculari offuscati dalle lacrime, ma nessuno dei due voleva farle scendere.
Marco strinse la ringhiera di ferro sotto le sue mani. Si maledì più volte per essere stato così codardo. Voleva urlargli di restare, che non era vero tutto quello che gli aveva detto.
Ispirò profondamente una boccata d'aria e si fece coraggio. Ma, proprio mentre stava per parlare, il riccio salì in macchina e chiuse la portiera. L'automobilista si affrettò a raggiungere il posto di guida e partì. Pochi secondi dopo si ritrovò a fissare l'asfalto vuoto, finché un'altra auto non lo occupò.
Era andato via, per sempre. Ma, in fondo, sapeva che era meglio così.

"E quanto amore mancherà
e troppo rumore in un giorno
che non va.
E non posso comprendere
che non passerà..."







#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Okay, lo so, molti di voi stanno già preparando il fucile per spararmi, ma .. ehm questo è il massimo che è uscito dalla mia contorta mente.
Un po' mi dispiace per questi due, ma che ci posso fare io se adoro gli amori difficili e pieni di incomprensioni ?!
Poveretti uuahahahaha (risata malefica alla 'Mengoni')
Ma chissà cosa succederà nell'ultimo capitolo uhuh xDD (sinceramente non lo so neanche io, ma adoro mettervi in ansia :P)
Ah, un'ultima cosa e poi evaporo .. Scusatemi tanto per il mio enorme ritardo xDD
Vabbè adesso lasciamo crogiolare quei due cucciolotti nel dolore .. Al prossimo capitolo ;)
Un bacio, _Lollipop_96

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Capitolo 13
*** #12. No hope, no love, no glory, no Happy Ending. ***


12. No hope, no love, no glory, no happy ending.



Durante tutto il tragitto per arrivare all'aeroporto Michael non riuscì a non pensare a Marco. Cosa era successo tra di loro non lo aveva ancora capito, sapeva solo che il ragazzino lo aveva lasciato e che era giusto così.
Quando arrivò, dovette fare una corsa per raggiungere in tempo la sala imbarco e non perdere il volo. Con le lunghe gambe che si ritrovava riuscì ad arrivarci giusto in tempo.
Si imbarcò e raggiunse il suo posto. Quando la voce metallica proveniente dall'altoparlante annunciò che il volo stava per decollare, Michael ebbe l'istinto di alzarsi e scendere da quel maledetto aereo. Non voleva andare via, voleva tornare dal suo Marco.
Ma Marco non era suo, e lui doveva partire. Forse stare un po' lontani li avrebbe aiutati a capire ciò che provavano.
Appoggiò la testa sullo schienale del sediolino. Estrasse dalla tasca dei suoi pantaloni un paio di cuffiette e l'mp3. Mise gli auricolari nelle orecchie e premette il tasto "play". Si immerse nella melodia e nelle parole di quelle canzoni, lasciando che la musica riempisse quel profondo vuoto che aveva dentro il suo cuore.
Pochi minuti dopo l'aereo decollò. Puntò lo sguardo fuori dall'oblò. Sotto di lui si ergeva la possente e bellissima Milano. E man mano che i secondi passavano si faceva sempre più lontana, fino a scomparire del tutto dal suo campo visivo.
Quando aveva messo piede in quella città era ancora innamorato follemente di James e non avrebbe mai pensato che un paio di occhi color cioccolato lo avrebbero intrappolato in una prigione impenetrabile, per poi rilasciarlo dopo averlo torturato per bene.
Credeva che sarebbe stato tutto il tempo occupato a prepararsi per quella nuova avventura che lo aspettava, non si sarebbe di certo immaginato che invece avrebbe passato ogni momento della sua vita a pensare a quel sorriso smgliante che lo aveva abbagliato.
Ma poi agli Home Visit era cambiato tutto. Ricordava ancora il tessuto azzurrino della camicina che fasciava il suo petto e i bottoni troppo stretti che sembravano voler cedere alla pressione degli addominali. Ricordava quelle sottili labbra contratte in un meraviglioso sorriso, i suoi occhi profondi come un oceano e infiniti come l'universo, le sue gote leggermente arrossate mentre gli parlava... ricordava tutto, ogni singolo istante, di quel fottuto giorno.
Ripercorse man mano tutte le tappe della loro storia. I piani contorti che aveva fatto pur di rivederlo e quando, sopraffatto dalla passione, lo aveva baciato e lui era scappato, quando poi il ragazzino era tornato e lo aveva 'assalito', quando il riccio gli aveva messo pressione e lui era scappato di nuovo, ma poi alla fine avevano fatto l'amore insieme, quando il più piccolo aveva preso l'iniziativa e lo aveva domato come nessuno aveva mai fatto e quando, infine, era scappato ancora una volta.
La loro era stata una storia ricca di alti e bassi. Sembrava che l'unica cosa che sapesse fare quel ragazzo era scappare. E Michael era stanco ormai di rincorrerlo.
Lo amava più di ogni altra cosa al mondo, ma era inutile continuare questo strano gioco. Se lui voleva scappare, lo avrebbe lasciato fare. Se aveva mai provato qualcosa quando era stato con lui, non gli avrebbe detto quelle cose, non guardandolo negli occhi. Ed ora era finita, per sempre.
Eppure il sapore amarognolo di quella bocca era ancora stampato sulle sue labbra. E non aveva alcuna intenzione di voler scomparire. Sarebbe stata dura dimenticarsi di lui. Probabilmente non ci sarebbe mai riuscito.
Per quanto riguardava James, sapeva benissimo cosa fare. Gli avrebbe detto tutto. Gli avrebbe rivelato che lo aveva tradito e che si era innamorato e non aveva più senso continuare la loro storia perché, anche se Marco non lo ricambiava, il suo cuore apparteneva solo a lui. Non sapeva se ne sarebbe uscito vivo, ma non aveva senso continuare a mentirgli, James non lo meritava.
Si era comportato in modo orribile, lo sapeva, ma se fosse tornato indietro avrebbe rifatto tutto, semplicemente per provare ancora quella sensazione di felicità che aveva sentito ogni volta che era stato con quel ragazzino. Era stato bene con lui, peccato che fosse durato troppo poco.
Con Marco aveva provato delle emozioni così immense che, se qualcuno gli avesse chiesto di descriverle, non avrebbe saputo quali vocaboli usare. Probabilmente non esistevano parole tanto meravigliose da poter esprimere quei sentimenti. Ciò che sentiva per Marco era indescrivibile, incomparabile.
Poche ore dopo, la stessa voce che aveva annunciato il decollo del volo, avvertì i passeggeri dell'imminente atterraggio. Era arrivato a Londa ormai.
Sapeva che, come al solito, in aeroporto c'era ad aspettarlo James. Sicuramente era nella sala imbarco, seduto su una delle tante sedie, a torturarsi le mani per l'ansia di rivedere il compagno. E già si immaginava il gigantesco sorriso che si sarebbe materializzato sulle sue labbra appena lo avrebbe scorso tra la folla di gente che scendeva dall'aereo. Peccato che quel sorriso gli sarebbe stato presto portato via dalla stessa persona che glielo aveva procurato.
Scese dall'aereo a testa bassa. Non voleva incontrare gli occhi azzurri e carichi di amore di James.
- Mika! - urlò qualcuno. Quella voce dolce e sensuale non avrebbe potuto non riconoscerla. Alzò lo sguardo. James era a pochi passi da lui.
Sul viso aveva quel sorriso brillante e carico di vivacità che Michael tanto adorava. Ed era pieno di amore, quello vero. Quello che Marco probabilmente non aveva mai provato per lui, lo stesso che invece il riccio sentiva per il ragazzino. Ed era per lui. Sì, quel sorriso straripante d'amore era per Michael.
Il cuore gli si bloccò in petto per qualche secondo. Come aveva potuto innamorarsi di Marco? James lo amava, e lui non aveva spauto far altro che tradirlo. Si faceva schifo. Era una persona orrenda, un mostro.
Eppure lui non ricambiava più quel sentimento così profondo. Ora nel suo cuore si era insinuato il bel sorrisino di Marco, e da lì non sembrava voler andare via.
- Mi sei mancato tantissimo - disse, gettandogli le braccia al collo. Michael non si era neanche accorto che il biondino lo aveva raggiunto.
Era fermo, bloccato tra le sue braccia. Sembrava un rigido pezzo di legno impalato in quel punto.
- Anche tu - riuscì a dire. Ma nella sua voce non c'era la stessa enfasi che aveva invece James nei suoi confronti.
Mentre lui continuava a stringerlo, Michael continuava a pensare a Marco. Era lui che amava, era tra le sue braccia che voleva stare.
James lo liberò dal suo abbraccio. Lo guardò per alcuni secondi negli occhi sorridendogli.
Quei due occhioni azzurri freddi come il ghiaccio non erano nulla in confronto a quelli teneri e caldi di Marco. Una volta era innamorato pazzo di quei due diamanti, e forse lo era ancora, ma adesso desiderava perdersi solo nelle due pozze scure del ragazzino.
E, un secondo dopo, si ritrovò le carnose labbra del biondino appiccicate sulla sua bocca. Lui lo baciò con enfasi, come faceva ogni volta che lo rivedeva dopo tanto tempo.
E in quel bacio ci mise tutto l'amore che provava ancora per il riccio. Ma su quelle labbra non c'era lo stesso sapore di quelle di Marco. Non c'era quel gusto dolce-amaro che era ormai diventato una droga per il libanese.
Incapace di opporsi, Michael lo ricambiò. Sembrava quasi che il biondino sapesse cosa stava per dirgli e volesse dimostrargli che, nonostante tutto, lui lo amava ancora alla follia.
- Qualsiasi cosa sia successa lì in Italia, ti prego non lasciarmi - disse, interrompendo il loro bacio.
Michael non sapeva che dire. Quella era una supplica, e lui non aveva la forza di lasciarlo.
- Oh James... - posò una mano sulla sua guancia e iniziò ad accarezzarla con il pollice, - se solo sapessi quello che ho fatto, saresti tu a lasciarmi. -
- Non m'interessa. Ciò che è successo in Italia, rimarrà in Italia. Io ti amo e sarei disposto a perdonarti tutto. Questi giorni sono stati i più brutti della mia vita. Io non posso vivere senza di te. -
Osservò quel viso dai tratti duri di James. 'Non si addice per niente al suo carattere' pensò.
- Tu non meriti... - cercò di ribattere Michael, ma il biondino gli posò una mano sulle labbra, interrompendolo.
- Shh - disse, - mi ami? - chiese poi.
- Sì, ma non... -
- Solo questo conta - lo interruppe ancora, - il resto non m'importa. -
- Ma devi sapere che io ti ho... -
- No. Non voglio sapere nulla. Ho bisogno solo del tuo amore. -
- Ma è proprio questo il problema. -
- Hai detto di amarmi - ribattè il biondino.
- E ti amo. Ma non è più l'amore che provavo prima. Dopo quello che è successo è cambiato. -
- Beh l'amore è in perenne cambiamento - rispose, - Riproviamoci. Se andrà male, me me farò una ragione. -
Michael restò alcuni minuti in silenzio, riflettendo su ciò che doveva fare. Marco ormai l'aveva lasciato e riprovarci con James non gli costava nulla. Il problema era che si sentiva un mostro dopo quello che aveva fatto. Però James stesso aveva detto che non gli importava niente. 'Beh... Tentar non nuoce' concluse.
- Riproviamoci - acconsentì il riccio.
James sorrise come non aveva mai fatto prima. Il suo viso s'illuminò di una luce nuova, nei suoi occhi c'era tanta speranza, nel suo sorriso tutto l'amore che provava per lui. E Michael finalmente ricordò il perché si era innamorato di lui.
Il biondino azzerò nuovamente la distanza tra le loro labbra. Un nuovo bacio travolse il riccio. E fu intenso, come non lo era mai stato prima con James. Ma, nonostante ciò, le sue labbra bramavano sempre i passionali baci di Marco. Era sempre e solo lui che desiderava...

***



- Hai fatto la scelta giusta, Marco - gli ripeteva sempre Marta quando lo vedeva un po' giù. E il ragazzino ce la metteva tutta per credere che fosse davvero così, ma poi cedeva al rimpianto. 'Perché se è la cosa giusta io sto soffrendo così tanto?' si chiedeva spesso.
Certe volte restava ore intere sdraiato sul letto a ricordare i bei momenti vissuti con Michael e a maledirsi mentalmente per averlo lasciato andare.
'Come hai potuto?! Perché lo hai fatto stupido idiota?!' gli urlava contro il suo cuore, ormai stretto nella morsa d'acciaio del suo dolore.
Se fosse potuto tornare indietro, lo avrebbe fermato e tenuto stretto tra le sue braccia per il resto della sua vita. Ma, purtroppo, ormai l'errore lo aveva fatto. E adesso ne pagava le conseguenze.
Prese il telecomando che aveva poggiato distrattamente da qualche parte sul divano sul quale era seduto e cominciò a passare di canale in canale. Sapeva che Michael quella sera sarebbe stato ospite in una trasmissione, ma non ricordava quale fosse.
Solo quando l'immagine di un ragazzo riccio si materializzò sullo schermo del televisore smise di cambiare canale. Lo aveva trovato.
Lui era seduto ad un bancone di fronte alla presentatrice, che lo stava intervistando proprio in quel momento.
Gli aveva appena chiesto qualcosa riguardo la sua situazione sentimentale. Marco alzò di più il volume della voce e ascoltò attentamente le parole di Michael.
- Ho una relazione da molti anni e sono innamorato, ma l’amore cambia. Prima puoi pensare che una persona sia orribile, poi innamorartene perdutamente. L’amore ha varie fasi e momenti, è in evoluzione continua. Almeno lo è per me che sono in perenne cambiamento. In generale quando l’amore cambia e noi gli diamo la possibilità di cambiare, allora ha una chance di continuare. Io non ho una relazione lunga come quella di mia mamma e di mia zia, ma sono sette-otto anni che stiamo insieme e stiamo continuando - aveva detto il libanese.
"Stiamo continuando, stiamo continuando, stiamo continuando..." quelle parole rimbalzarono più volte tra le pareti del suo cervello. Quindi era tornato con James.
E quello fu come se gli fosse stato puntato un pugnale dritto allo stomaco. Nonostante fosse stato lui stesso ad allontanarlo, a quella rivelazione si sentì male. Un bruciore lancinante avvolgeva il suo cuore.
Ma, in fondo, se l'era cercata.
Quello che gli faceva davvero male, però, era il fatto che ci avesse messo così poco a dimenticarlo, mentre lui, invece, si crogliolava ancora nel rimpianto. Forse non era vero che il riccio lo aveva amato, perché l'amore non svanisce in così poco tempo.
Mentre lui rifletteva, l'intervista era arrivata alla conclusione. Michael ora era in piedi al centro dello studio e stava per cantare.
Una melodia meravigliosa e sublime arrivò ai timpani di Marco. Quando poi ad essa si aggiunse la voce incredibilmente meravigliosa del riccio, gli occhi cominciarono a pizzicargli. Stava di nuovo per piangere.
"Bursting through a blood red sky A slow landslide and the world we leave behind It’s enough to lose your head, disappear and not return again… When I fall to my feet Wearin’ my heart on my sleeve All I see just don’t make sense You are the port of my call You shot and leavin’ me raw Now I know you’re amazing ‘Cause all I need Is the love you breathe put your lips on me and I can live underwater, underwater..."
Quando arrivò al ritornello, Marco fu costretto a spegnere il televisore. Non avrebbe resistito un minuto di più alla streziante angoscia che gli procuravano i versi di qella canzone.
Si accasciò sul divano e tentò invano di addormentarsi, ma passò la notte a rimurginare su tutte le scelte sbagliate della sua vita.

***



Marco vide una lacrima ribelle squarciare la sua immagine riflessa nello specchio. Era passato più di un mese da quando lo aveva lasciato, eppure ci soffriva ancora. Non smetteva di ripetersi quanto fosse codardo e spesso si ritrovava ad imprecare contro se stesso.
Marta era seriamente preoccupata per lui. Stava cominciando a pensare che forse indurre Marco a lasciare il riccio non era stata la cosa giusta. Non se ora era ridotto in quello stato.
Sotto i suoi occhi si estendevano due borse violacee e una barba folta e incolta ricorpiva metà del suo viso. Era una visione oscena. Non riusciva neanche a guardarsi allo specchio per quanto era ridotto male.
Il suo ciuffetto poi non dava segno di voler stare al suo posto. Sembrava un piccolo cespuglio crespo cresciuto selvaggiamente sulla sua fronte.
Marco aprì il cassetto sotto il lavandino e ci frugò dentro con una mano. Quando trovò ciò che stava cercando, lo estrasse e aprì il tubetto di gel.
Lo schiacciò tra le dita e fece uscire il contenuto sul palmo. Lo portò nei capelli e tentò di dare un aspetto quantomeno decente a quella sottospecie di ciuffo che si ritrovava in testa.
Mentre si passava le mani nei capelli, inevitabilmente il suo pensiero deviò su Michael. Nella sua mente passò l'immagine di quando lui gli accarezzava il ciuffo con le sue dita linghe e affusolate, scompigliandolo ancora di più di quanto non lo fosse già.
- Adoro il tuo ciuffetto - gli aveva detto una volta con quel suo amabile accento inglese. Anche quello gli mancava.
Armeggiò con il pettine e con il gel per qualche altro minuto, poi si arrese. Guardò i suoi capelli e un'altra lacrima trapassò il suo volto.
Prese una decisione drastica: voleva rasare quello stupido ciuffo, gli ricordava troppo Michael. E lui doveva liberarsi di qualsiasi cosa legata a lui o quella straziante agonia che lo stava attanagliando dal giorno in cui lo aveva lasciato non sarebbe mai scomparsa dalla sua vita.
Si sciacquò velocemente la faccia e andò in camera a prepararsi. Afferrò le prime cose che gli capitarono sotto mano, una felpa e uno jeans, e se li infilò. Prese il suo cappellino con la visiera e, come al solito, lo mise al contrario, coprendo lo scempio dei suoi capelli.
Uscì velocemente da casa e accese la sua macchina. Partì come un razzo diretto verso il barbiere più vicino. Voleva togliersi quel "peso" il prima possibile.
Quando arrivò, parcheggiò e si fiondò nel piccolo locale. C'erano un paio di persone prima di lui, ma il barbiere, avendolo riconosciuto, gli fece saltare la fila e si occupò subito dei suoi capelli.
- Che taglio vuole signor Mengoni? - gli chiese il barbiere, sorridendogli. - Una spuntatina al ciuffo come al solito? -
Marco scosse la testa. - Il ciuffo deve scomparire completamente. Voglio tagliarlo il più corto possibile. -
- Sicuro? Non credo che... -
- Sicurissimo - rispose Marco con tono duro. Doveva sparire.
Il barbiere prese le forbici e cominciò a tagliare. Marco vedeva i capelli scuri cadere sulla tunica che gli aveva avvolto intorno al corpo per non far sporcare i suoi vestiti e per poco non si pentì di quella scelta.
Al suo ciuffo ci era affezionato ormai. Erano anni che non lo tagliava ed era diventato una parte di sé, del suo essere.
Intorno alla sedia sul quale era seduto si stavano accumulando piccoli mucchietti di capelli. Sentiva il rumore delle forbici e ad ogni taglio sembrava come se una parte di lui lo stesse abbandonando.
Quando il barbiere finì e disse "ecco fatto", Marco non riuscì ad alzare lo sguardo e a guardarsi allo specchio. Voleva prendere i capelli a terra e riattaccarli con la colla.
Aveva fatto un'enorme cazzata, come al solito. Il ciuffo non avrebbe potuto in alcun modo aiutarlo a dimenticare Michael. Il suo ricordo non era sulla sua testa, ma radicato in fondo al suo cuore.
- Allora?! - disse il barbiere, vedendo il ragazzo immobile a fissare il pavimento.
Marco finalmente prese coraggio e si guardò allo specchio. Si portò una mano in testa e sentì i corti capelli pungergli sotto il palmo.
- Non preoccuparti, ricresceranno - cercò di rassicurarlo, notando la perplessità del ragazzo.
Ma non era quello il problema. Il ricordo di Michael che gli scompigliava il ciuffetto la prima e anche l'ultima volta che lo aveva visto era ancora lì. Non sarebbe bastato un inutile taglio di capelli a scacciarlo dal suo cuore.
Ma riuscì a convincersi che quello era solo il primo passo. Ci sarebbe voluto del tempo, ma alla fine sarebbe guarito.
Contemplò ancora la sua immagine priva di quel ciuffetto. 'Ricresceranno' pensò, 'così come lui svanirà pian piano dal mio cuore.'
- Addio per sempre Michael. -

"This is the way you left me, I’m not pretending.
No hope, no love, no glory, no Happy Ending.
This is the way that we love, like it’s forever.
Then live the rest of our life, but not together."



*** THE END ***







#MySpace
Ciao carissimi lettori,
Ed eccoci alla tanta attesa (?) fine di questa sottospecie di storiella.
Non avevo mai pensato di arrivare fino a qui, credevo che avrei abbandonato la ff al terzo capitolo per la scarsità di recinsioni ricevute. E, invece, BOOOM ben 65 recensioni, quasi MILLE visite e la storia è entrata anche tra le 2O più popolari della sezione dedicata a Mika *--* .. Vi AMO. TUTTI.
Bene, adesso iniziamo con i ringraziamenti finali.
Un grazie speciala va a chi ha recensito ogni singolo capitolo, sopportando i miei lunghi ritardi, i miei erroracci, ma che, nonostante ciò ha continuato a segure la storia.
Un grazie va anche a coloro che hanno aggiunto la ff tra le preferite e chi tra le seguite.
Un ringraziamento a chi ha seguito la mia storia dall'inizio e non mi ha abbandonato, ma anche chi mi ha lasciato durante il cammino, chi si è scocciato di leggerla perché forse troppo "pallosa" e per chi ha letto la mia storia, ma rimanendosene in silenzio.
GRAZIE MILLE a tutte quelle meravigliose persone che mi hanno riempito di complimenti e mi hanno dato il sostegno morale per arrivare fino alla fine.
Lo so che probabilmente vi avrò delusi tutti con questo finale strappalacrime, mi dispiace, ma beh prendetevela con il mio stupido cervellino, non con me xDD
Mi mancherete davvero tanto (come farò a sprpavvivere senza le vostre recensioncine ?! xDD) e spero di tornare presto a scrivere una nuova storia su di loro ♥
Okay, ho finito. Adesso sparisco e vi lascio ai commenti (non ammazzatemi, please xDD) ♥
A presto (spero ♥)
Un bacio, quella sottospecie di scrittrice senza cuore chiamata _Lollipop_96

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