The White Panther - Un Tardis nel Tardis

di Marra Superwholocked
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova identità ***
Capitolo 2: *** Il cacciavite volante ***
Capitolo 3: *** Il Soffio Virale ***
Capitolo 4: *** Empatia ***
Capitolo 5: *** Perché no? ***
Capitolo 6: *** Solo quelli come me ***
Capitolo 7: *** Restaurazione ***
Capitolo 8: *** L'impossibile diventa realtà ***



Capitolo 1
*** Una nuova identità ***


Una nuova identità


George camminava senza pensieri verso la sua auto parcheggiata a pochi passi dal suo ufficio. Quel giorno, come sempre, la sua bimba aveva attirato molti sguardi: aveva sorvegliato la sua fiammante porsche dalla finestra. “Niente figli, zero preoccupazioni”, questo era il suo modo di pensare. Più di trent'anni passati a guardare riviste di auto e a correre per mantenersi in linea. Tutto qui: niente amici con cui guardare una partita, niente fidanzata a cui comprare un mazzo di fiori. A casa lo attendeva solo una stupida bottiglia di vino bianco: il suo secondo passatempo preferito.
Era quasi ora di cena, quando avvertì una fitta al braccio sinistro; terrorizzato, uscì dalla macchina e corse in mezzo al traffico in cerca di aiuto, ma il dolore non faceva che aumentare di continuo. Non aveva alcun formicolio, nessun sentore di svenimento, eppure era molto più che reale: era tangibile. George sollevò la manica della giacca del completo nero che indossava e rimase scioccato dalla vista del suo braccio. Si accasciò a terra, mentre un gruppo di automobilisti era sceso dalle loro auto e circondavano George per prestargli soccorso. Ma era troppo tardi e lui fu il primo di una lunga serie.


Valery seguiva il Dottore senza preoccuparsi di dove andassero: scappavano senza conoscere il loro nemico, solo perché era fatto interamente di legno. Piccoli e agguerriti, i soldati sparavano senza puntare e il risultato furono decine e decine di bidoni e palazzi scalfiti da piccoli proiettili di legno. Il fucile era parte integrante di loro, come se un possibile scultore alieno non avesse assemblato i vari pezzi ma fosse stato tanto bravo da riuscire a creare un'unica opera. Peccato che ciò che avevano alle calcagna non facesse parte di un'opera d'arte e che non fossero nemmeno giocattoli: erano veri e propri alieni intenti ad invadere la Terra tramite una lenta infezione ancora da perfezionare.
« Che cosa sono? » gli chiese correndo Valery, attenta a non perdere la parrucca.
« Ti rincuorerebbe sapere il loro nome? » rispose senza voltarsi.
« Te ne sarei grata! »
« Allora mi dispiace! »
Sto correndo col Dottore.. Finalmente!, pensò. Intorno a lei, i gatti fuggivano nelle loro tane senza pensare ai deliziosi e grassocci topolini che se la svignavano davanti al loro naso. Poi, sentendo un improvviso rumore ritmato, Valery si fermò.
L'esercito si avvicinava; il Dottore si allontanava; Valery rischiava di essere presa. O peggio, scoperta.
Il Signore del Tempo si accorse subito che i passi che udiva erano solo i suoi e, dunque, si fermò per assicurarsi che quella misteriosa ragazza avesse solo trovato un modo per correre senza far troppo rumore. Quando, però, la vide immobile a pochi metri da lui e con lo sguardo basso, capì che c'era qualcosa di strano, in lei. La sua vista gli permetteva di scorgere ogni minimo dettaglio, gli bastava avere solo voglia di cercare. Ed eccolo lì, il taglio dell'occhio da felino. Lo stesso della ragazza che aveva visto in toscana prima di perdere i Pond.
Si era fermato senza accorgersene, ma riprese coscienza di sé in tempo per tornare da lei e portarla via per mano prima dell'arrivo dei soldati. Insieme, percorsero ancora una cinquantina di metri e, quando furono ad una distanza sufficiente per attuare una delle più classiche strategie, il Dottore la tirò in direzione di una viuzza puzzolente e umida alla loro sinistra. Si lasciarono cadere ai piedi del muro di mattoni ricoperto di muschio e aspettarono. Il respiro di Valery lo innervosiva, così allungò una mano e le coprì la bocca carnosa. Poco dopo, videro passare l'esercito e andare oltre per poi fermarsi davanti alla fine di un vicolo cieco. Rassegnati, sparirono uno dopo l'altro.
« Tutto bene? » le chiese sottovoce.
« Mmh, mmh! »
« Cosa? » lui si voltò e, divertito per la sua sbadataggine, le liberò la bocca. « Scusa, tutto bene? »
« Sì, ma.. Davvero non hai idea di che cosa fossero? »
« Perché dai per scontato che io lo sappia? »
Accidenti a me e alla mia boccaccia! « Ehm.. Non so, hai la faccia di uno che sa tutto. »
« Sì, in effetti dovrebbero darmi il titolo di tuttologo.. » Si sistemò il cravattino verde smeraldo con l'orgoglio che gli usciva da tutti i pori. « Comunque, piacere di conoscerti. Io sono il Dottore. »
« Piacere. » Valery allungò la mano destra per stringere la sua. L'emozione che provava in quel momento? Indescrivibile. Per lei, fu come toccare il cielo con un dito. « Io sono.. » Trova un nome, trova un nome, trova un nome! « Io sono.. Penny Lane. » Perché quando sono sotto stress penso ai Beatles?!
« Penny Lane? Davvero? » Il Dottore la guardò come se gli avesse detto di essere un cuscino. La squadrò: mai e poi mai avrebbe pensato di incontrare una ragazza con quel nome, specialmente quella ragazza. « Benvenuta nel mio mondo, Penny. »

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Capitolo 2
*** Il cacciavite volante ***


Il cacciavite volante


Valery, purtroppo, non fu mai una buona attrice a differenza dei suoi genitori. Non riusciva nemmeno a fare il “sorriso finto” quando sua nonna la vestiva da principessa e la obbligava a cantare quelle stupide canzoncine da bambine: lei era uno spirito libero, amava di più lanciare sassi con la fionda piuttosto che fare la damigella in pericolo. Suo zio la portava a correre nei prati dove l'erba era alta il doppio di lei e faceva finta di perderla per poi balzarle davanti all'improvviso e ogni volta che tornavano a casa sua nonna si lamentava dei vestiti sporchi e rovinati e del fango che spargeva in casa come trofeo di guerra, mentre il resto della sua famiglia se la rideva e la guardava con un nodo in gola.
Una lacrima stava per farsi strada sulla sua guancia, ma la ricacciò indietro. Era alla ricerca del Dottore da quasi cent'anni e mai una volta che fosse riuscita a fare una pausa per rivedere il suo nido. Non avrebbe mai più rivisto sua madre, suo padre, i suoi nonni, suo zio Tony: era lontana da loro nel Tempo così come nello Spazio. Ed il Dottore, l'unico che potesse capire la sua situazione, non poteva consolarla.
Ma perché cercava il Dottore? A quale scopo? Valery se lo chiese solo quando, dopo aver superato mille ostacoli con l'aiuto del capitano Jack, era con lui nel suo Tardis. E ancora una volta si dimenticò della recitazione.
« Sicura di stare bene? » le chiese il Dottore con le mani sulla consolle.
« Sì, certo. » Tempo al tempo, si disse. Fai finta di nulla e tieni gli occhi su di lui.
« Per caso, ti sei guardata attorno? »
Ok, è il momento, fai un bel respiro ed entra in scena. « Be', siamo.. Aspetta. Non era una cabina telefonica quella da cui siamo entrati? »
« Sì, e poi? »
Valery fece finta di essere scioccata e sbarrò gli occhi girando su se stessa. Il Dottore sorrise nel vederla correre fuori e rimanere per un attimo incantata dall'estrema imponenza del Big Ben che si poteva ammirare all'orizzonte. Poi Valery lasciò perdere i colori caldi del tramonto e andò a farsi un giretto attorno al parallelepipedo blu che conosceva molto bene. Quando tornò nel Tardis e richiuse le porte, la brezza tiepida si arrestò e i morbidi capelli di lui smisero di oscillare per fermarsi sulla sua fronte.
« È più grande all'interno! » recitò lei.
Il Dottore sembrò abboccare e passò le dita sotto le bretelle per alzarle e farle schioccare sulle spalle ossute. « Bene! Adesso vediamo di scoprire cosa diavolo sono quei graziosi esserini che volevano invitarci a bere il tè. »
« No, aspetta. Chi sei? Hai detto che ti chiami Dottore, ma che significa? » Era entrata nella parte.
« Io sono il Dottore, è così che mi hanno sempre chiamato e non intendo rompere la tradizione. »
« Ma.. »
« Alt » la interruppe. « Credimi, ti basta sapere questo. Ah, be', poi è ovvio: provengo da un pianeta chiamato Gallifrey, ho quasi mille anni e questa è casa mia. » Allargò le braccia con le palme all'insù. « Benvenuta nel Tardis, Penny. »
Ci fu un momento, per Valery, in cui avrebbe voluto zittirlo facendogli l'eco, ma frenò quell'impulso pensando che doveva a tutti i costi aspettare il segnale. Letteralmente. Nel frattempo avrebbe viaggiato un po' col Dottore per poi fare ritorno al suo Tardis e continuare la ricerca.
Ma non ne avrebbe avuto bisogno. « Quindi.. Quegli ometti.. Anche loro sono come te? » gli chiese. Ora era molto più sicura di sé ed era certa che ce l'avrebbe fatta: la sua sicurezza era tale che non avrebbe permesso a nessuno di metterle i bastoni fra le ruote.
« Già, anche loro sono alieni. Non si tratta di robot o qualche tua allucinazione. » Prima di togliersi la giacca di tweed, prese dalla tasca interna il suo cacciavite sonico e lo puntò sulla faccia di Valery, illuminandola di verde. Allora, vediamo cosa sei, pensò. Ricordava ancora benissimo quel suo mini viaggio in toscana: stava scrivendo di Anna, una sirena che aveva sacrificato tutto per lui, e poi l'aveva vista.. Quegli occhi dal taglio da predatrice, di un colore brillante a metà tra il prato e le nocciole. I capelli sono diversi, ma esistono le parrucche, pensò quando la vide la prima volta tra quelle vie isolate dal resto di Londra.
Valery ricordò appena in tempo che col cacciavite sonico avrebbe potuto analizzarla e venire a conoscenza della sua natura. « NO!! » urlò alzando di scatto il braccio e facendo volare, così, l'innocua arma del Dottore.
Tadaa! Cosa mi nascondi, Penny Lane? Sempre che questo sia il tuo vero nome.. Stava per parlare, quando una scossa li fece capitombolare entrambi sulla griglia attorno alla consolle. E Valery sentì ancora quel rumore ritmato: qualunque cosa fosse, ora era molto più vicino.

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Capitolo 3
*** Il Soffio Virale ***


Il Soffio Virale


Recuperato il cacciavite, il Dottore lo azionò senza indugio e girò per il Tardis puntandolo a casaccio, ma quando capii che lo stavano attaccando da fuori, lo spense e rimase in silenzio ad aspettare.
« Dottore, che succede? »
« Dobbiamo rimanere qui dentro, dove staremo al sicuro. »
Fai la ragazzina ingenua.. « Perché non vai là fuori e provi a.. »
« Sono di legno, Penny. Di legno. E io non posso fermarli. »
« Ma ci sarà un modo! »
« No. »
Valery rimase delusa e la sua espressione diceva tutto con quelle sopracciglia avvicinate e la bocca semiaperta.
« Questo gioiellino può portarci ovunque. E per ovunque intendo proprio ovunque. »
« Fantastico » le uscì pensando che forse, quello, era il Dottore sbagliato.
Lui fece finta di nulla e proseguì: « E non hai ancora sentito la parte migliore! Posso anche viaggiare nel Tempo! » Parve rallegrarsi al pensiero di avere il privilegio di essere un Signore del Tempo.
« Non intenderai mica svignartela! » lo rimproverò facendo due più due.
Il sorriso di lui si spense a rallentatore come un fuoco privato dell'ossigeno. « Non faccio più queste cose. »
« Queste cose, cosa? »
« Salvare il mondo. »
« Forse intendevi l'Universo. »
« Ora basta. Dimmi chi sei. »
L'aveva fatto un'altra volta, non aveva tenuto a freno quella sua linguaccia e, di questo passo, l'avrebbe smascherata seduta stante. « Penny Lane! Non ricordi più? » chiese nervosa. Ecco, ora le stavano sudando le mani e il tono della voce era molto acuto; se lo sentiva, sarebbe crollata di lì a poco come una stupida. In quel momento si sarebbe volentieri punita come Dobby, l'elfo domestico.
Il Dottore la squadrò: non gli serviva certamente il cacciavite sonico per capire che quella Penny nascondeva qualcosa. O che qualcosa si nascondesse in lei. Ovviamente, non riusciva a capire come il Tardis l'avesse accettata a bordo così facilmente. Era ancora un mistero, per lui.
« Non sono una minaccia, se è questo ciò che pensi. Ma solo fidandoti di me vincerai l'esercito di legno. »
« Fidarmi di te?! Sei una perfetta sconosciuta! »
« Già una volta ti sei fidato di una donna che ritenevi sconosciuta, eppure si rivelò la donna della tua vita. E la tua, non è una vita qualunque. Lo so, è da egoisti dirlo, ma tu sei molto importante, tanto che l'equilibrio dell'Universo potrebbe vacillare se adesso non poni fiducia in me. » Il discorso era in parte inventato, ma sperava fosse sufficiente a convincerlo. Nel silenzio che ne seguì, Valery poté percepire i rumori prodotti dalla sua giacca di pelle, leggeri scricchiolii sul cotone, assai fastidiosi in confronto ai dolci suoni metallici che emetteva il Tardis.
« E va bene » acconsentì lui con le braccia incrociate sul petto ossuto. « Ma solo perché si è fidato anche il Tardis. »
Vittoria! Il Dottore era nelle sue mani! « Grazie. Ora.. Se mentre lavoro hai delle domande, chiedi pure. »
« Mentre tu fai cosa? Di solito sono io quello che fa tutto.. E gli altri mi aiutano e fanno domande.. »
Valery non lo stette ad ascoltare; fece qualche passo e arrivò alle porte del Tardis con le gambe che le tramavano per l'emozione. « Sta' a guardare » gli ordinò voltandosi.
« Ferma! Non aprire quella p... »
Troppo tardi: Valery aveva davanti a sé un piccolo essere di legno che imbracciava un bel fucile dalla superficie liscissima. Ora che ce l'aveva più vicino, poté riscontrare che non si trattava di legno terrestre – quindi non era un esperimento malato come aveva ipotizzato inizialmente – ma, bensì, di creature con un loro posto naturale all'interno della storia dell'Universo.
Il Dottore stava per correre da lei e chiudere quelle dannate porte a cui dimenticava costantemente di aggiungere una serratura di sicurezza per casi del genere. « Falla rientrare, richiudi quelle porte e scappa! » gli diceva la ragione; « Lasciala fare. Così facendo, risponderai al tuo quesito. La sua identità ti tormenta da secoli, Dottore: è da quando sei scappato da Gallifrey che la vedi spuntare in ogni dove » contestò il suo amore per la Terra. Era tormentato da questi pensieri, quando vide Valery prendere svelta il suo cacciavite sonico proprio quando il soldato si stava preparando a sparare; lei glielo puntò contro e quello dondolò un attimo sul posto prima di emettere delle scintille e di rimanere fermo come un sasso: ora non era altro che un pezzo di legno utile come un cappello di lana alle Maldive.
« Posso sapere che diavolo hai fatto? » Il Dottore, che per tutto il tempo era rimasto quasi in disparte, si proiettò al suo fianco per esaminare l'operato di quella strana ragazza. « E che razza di roba è questa? È affascinante.. » Valery allontanò il cacciavite sonico prima che il Dottore potesse strapparglielo di mano e lui si sentì un po' sconfitto. « È innocuo? » le chiese indicando il soldato.
« Ovvio! L'ho privato del suo carburante e adesso non è altro che una statuetta.. inquietante. »
« Ma come hai fatto? Voglio dire, sembra un cacciavite sonico come un altro, eppure.. »
« Eppure non lo è. Il mio funziona anche sul legno! » Valery andava sempre orgogliosa del suo cacciavite, “pensato” e messo in pratica quando aveva solo dodici anni. Per il Tardis, lo sapeva, avrebbe impiegato molto più tempo: avrebbe potuto viaggiare tra le stelle solo allevandone uno. Ma per la carta psichica non vi furono speranze: quello era il suo tallone d'Achille. « Guarda qua. » Lei gli mise sotto il naso il cacciavite indicandogli una lineetta arancione sul suo fianco. « Lo sai di cosa si tratta, vero? »
Il Dottore capì immediatamente: quella che stavano studiando era energia sol-virale, chiamata anche più semplicemente Soffio Virale. « Ma non è possibile! È leggenda! »
« Dottore, anche tu sei una leggenda, eppure sei qui davanti a me. In carne ed ossa. »
Lui nascose un sorriso sghembo e proseguì: « Ligneatizzazione, ecco cos'hanno in mente! »
« Non penso. È vero che liberano energia solare infetta del loro DNA, ma è molto probabile che lo facciano involontariamente. Dev'essere una conseguenza inevitabile data da qualcos'altro. »
« Sì, ma da cosa? »
Già, Valery: da cosa?

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Capitolo 4
*** Empatia ***


Empatia

 


Purtroppo non era riuscita a restare nell'ombra quel tempo necessario per guadagnarsi la fiducia del Dottore, ma per lo meno aveva capito cosa animava il loro nemico e lui sembrava andarne fiero. « Sai cosa dovremmo fare? Seguirli nel loro covo per sapere cosa stanno tramando. » Il Dottore parlava con più enfasi di un bambino col suo nuovo giocattolo.
« Adesso non scappi più, eh? »
« Quando sai a quale pericolo sono esposte le persone che ami, non puoi semplicemente far finta di nulla. »
Valery alzò gli occhi dal suo cacciavite sonico e, nel cercare inutilmente il suo sguardo, le sembrò di vedere la personificazione del dolore; gli mise una mano gelida sulla spalla e gliela strinse forte per fargli sentire la sua presenza, poi lui le diede dei colpetti amichevoli sulla sua stessa mano. « Va bene! Dunque, ci stai, Penny? »
« Valery. »
« Come? »
« Mi chiamo Valery, non Penny » lo corresse.
« Valery Lane? »
« No, Lane non è il mio cognome. »
« Ok.. Allora, Valery..? » Quale oscuro segreto stai occultando?
« Solo Valery. O, se preferisci, Val. »
« Mhm, mi piacciono le persone misteriose. »
« Tu non sei da meno! » Si accorse solo in quel momento che indossava una parrucca: sollevò una mano e passò le dita dall'attaccatura dei capelli fino alle loro punte e le sue lunghe ciocche dorate diventarono l'unico punto luce nel buio azzurrognolo del Tardis.
Il Dottore rimase interdetto, ma onorato di poter finalmente vedere da vicino la sua “pantera albina”, colei che gli dava la caccia da secoli. O così sembrava. « Quindi, Valery La Bionda: sei con me? »
« Oh, puoi contarci! » Il suo sorriso si illuminò e sembrò spezzarsi in tanti piccoli diamanti, mentre i loro cervelli parvero sincronizzarsi: ormai pensavano le stesse cose, allo stesso modo e nello stesso istante; potevano fondersi e formare un'unica persona, tanto erano simili. Nessuno avrebbe più potuto fermarli. Valery immaginò una vita senza di lui: le era impossibile da che sentiva di essere nata per quella ragione.
« Dimmi solo una cosa, Valery.. » disse interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
« Certo, se posso rispondere. »
Mai nella sua vita pensò di dover porre una domanda simile. Lui, che trovava una risposta tutto, prima o poi. « Com'è possibile che il tuo cacciavite funzioni anche sul legno? »
Valery si fece una sonora risata prima di rispondere con garbo. « Come diceva quella donna? Ah, sì.. Spoiler. »
Si lasciarono prendere dalle chiacchiere, rimanendo schiena contro schiena ai piedi della consolle per diversi minuti. Valery fece molta attenzione a non fare alcun accenno a sua madre e alla vita che essa conduceva prima che tutto intorno a lei cambiasse, e stava giusto parlando di quando lo stava rincorrendo a stento tra i corridoi bui di una piramide egizia, quando si ritrovò a fissare il pavimento. « Non ti senti mai osservato quando te ne stai qui, da solo, a riflettere? » gli chiese con una strana sensazione che le opprimeva il petto.
Lui rifletté un attimo. « Sì, a volte mi capita di... » Di vedere o sentire Sarah Jane, Rose, Donna, Amy e tante altre. « Sì, a volte. » Lasciò che un sospiro uscisse dalla sua bocca sperando che non lo accompagnasse anche la lacrima che gli impediva di vedere bene. « Valery, il lavoro ci chiama. »
« Hai ragione, la Terra ha bisogno di noi! » Entrambi si alzarono con l'energia di due leoni e, con la mente sgombra dai pensieri infelici, uscirono da quel luogo apparentemente minuscolo.
Il sole aveva già lasciato il cielo di Londra, che sfumava dall'oro alla lavanda man mano che si saliva con lo sguardo, ma la luna non era ancora apparsa. Alcuni piccioni erano appollaiati sulle finestre rotte dei palazzi abbandonati a loro stessi, pronti a rilassarsi per la notte.
« Questo è il quartiere vecchio di Londra. » Sul viso di lui fece capolino una nota di malinconia causata dai ricordi. « Sono già stato qui, negli anni Cinquanta. E lì.. » disse indicando la vetrina di un esercizio ad angolo prima di continuare « ..lì c'era un negozio di televisori. »
Valery si guardò attorno: non riusciva a capire come una città attaccata alle sue tradizioni come Londra avesse trascurato uno dei suoi quartieri più belli e ricchi di storia come quello: proprio in quelle vie, il Dottore aveva combattuto contro una “ladra di volti” e lei stessa lo aveva visto, osservandolo da lontano come faceva sempre, per imparare dal migliore. « Cos'è questo rumore? » gli chiese improvvisamente.
« È come.. un lamento » osservò lui.
« Sì, esatto. »
Settanta metri più in là, un postino avventuriero aveva lasciato cadere la sua bicicletta e si era accasciato a terra, in fin di vita. « Aiutatemi » cercò di urlare in direzione dei due soccorritori che stavano correndo da lui.
« Cos'è successo? » gli chiese il Dottore una volta inginocchiatosi al suo fianco.
« È così dappertutto.. » balbettò lui.
« Dottore, guardagli il braccio. » Valery aveva sollevato la divisa del postino, mettendo così in mostra la parte di pelle dolorante.
« Non è solo lì » le rispose in tono serio, poi le indicò in silenzio il collo del ragazzo. « Come ti chiami? »
« Colin » rispose lui con un filo di voce.
« Bene, Colin. Ora chiudi gli occhi. »
Lui obbedì, disperato. Subito dopo, il Dottore tirò fuori il suo cacciavite sonico e lo passò su tutto il corpo di Colin. Alla fioca luce della luna piena, Valery vide una strana macchia scura ritirarsi lentamente verso un unico punto del corpo della povera vittima; all'ultimo istante, pose una mano su quel poco di macchia scura che rimaneva: era ruvida e dura come la corteccia di una vecchia quercia. « Si stanno trasformando tutti in legno.. Quindi non è energia solare, quella che liberano, ma ossigeno! » concluse.
« Ssst! È già abbastanza spaventato. »
Colin riaprì gli occhi e fissò il suo salvatore. « Va' a casa, controlla che tutti stiano bene e stuccate tutte le fessure. Fate molta attenzione. E pregate » si sentì dire. Poi si rialzò, tremante; raccolse la sua bici e andò a fare ciò che gli aveva ordinato quel ragazzo col farfallino e gli occhi anziani.
« Pregare? » chiese Valery quando Colin si fu allontanato a sufficienza.
« Cos'è l'uomo, senza fede né speranza? » le rispose il Dottore con voce rauca.
Dietro l'angolo, un soldato di legno fece rotolare un sassolino e i due viaggiatori si voltarono: era da solo. I due si guardarono negli occhi e annuirono insieme.

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Capitolo 5
*** Perché no? ***


Perché no?

 


« Tienilo stretto, Val! »
« Sta per scivolarmi di mano! Non ce la faccio più! Veloce! »
« Solo un mom.. Ah! Trovato! » Il Dottore tirò fuori, vittorioso, la mano dalla giacca e in pugno teneva alto il suo cacciavite sonico dalla sua solita luce verde brillante. « Questa funzione non l'ho mai usata, speriamo funzioni.. » Corse verso Valery ed il soldato che, con le gambe strette nella forte presa della ragazza, cercava di divincolarsi per scappare ed accompagnava i suoi sforzi con grugniti animaleschi. Inavvertitamente, poi, Valery gli spezzò la canna del fucile, sicché non poteva più sparare.
« Come, speriamo?! » stridette lei.
Il Dottore la guardò storto e senza proferire parola portò il suo volto vicino a quello del soldato. « Quanto sei brutto! » In effetti, il soldato, uguale a tutti gli altri, sembrava più essere una brutta copia di Braccio di Ferro che un alieno ligneo.
« Dottore! »
« Sì, sì, chiedo scusa.. Ok, vediamo cosa si può fare.. » Raddrizzò la schiena e il soldato ebbe chissà come il tempo di prepararsi all'attacco: non appena il trillo del cacciavite partì, il Dottore si beccò tre colpi di canna in testa. « Ahia! Ahia! Stupido.. Ahi! » Poi quello si fermò come impietrito, lo fissava, il fucile spezzato sospeso sulla testa del Dottore. « Rilassati » gli ordinò tranquillo. L'ometto mise lentamente a terra l'arma e si tirò su in piedi dopo che Valery gli lasciò andare le gambe ad un cenno del Dottore.
« Ha funzionato! L'ipnosi ha funzionato! » esultò; era un po' arrugginito con quella classica.
« Dottore, in futuro, cerca di non dire più che fai una certa cosa per la prima volta, intesi? » lo sgridò puntellandogli la fronte.
« Ehi, non darmi ordini. L'autorità più alta rimango pur sempre io, qui. »
Lei alzò le mani in segno di resa, mentre lui arricciò il naso nel sistemarsi il cravattino tutto stropicciato. « Bene, soldato. Portaci.. alla vostra base. »
Mentre seguivano la loro guida, Valery osservò l'ambiente che li circondava, immersi nel buio più enigmatico che avesse mai visto: per il Dottore erano passati sì e no quattrocento anni, ma per Valery solo qualche decennio. Era incredibile, perciò, rivedere con occhi nuovi quel quartiere, un tempo solare e pieno di vita, ora più spaventoso di Fleet Street. « There's no place like London.. » intonò a bassa voce.
« Non celiare, Val. »
« P-perché? » chiese preoccupata.
« Il signor Todd non era tipo da scherzare. »
« Vuoi dire che.. Vuoi dire che Sweeney Todd è esistito veramente?! »
« Chi vuoi che abbia mai scritto l'opera rimasta anonima? »
« No.. » Non poteva crederci: amava andare a teatro ed era riuscita ad impostare le coordinate del Tardis per assistere alla prima dello spettacolo con Angela Lansbury e sapeva a memoria ogni singola scena dell'omonimo film musicale del 2007. « Dici sul serio? » Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso.
Lui le lanciò uno sguardo vanitoso. Ricordava benissimo il suo “incontro” con il signor Todd: era alla sua terza incarnazione e stava solo cercando un luogo in cui consumare un pasto caldo, quando arrivò in piazza un certo signor Pirelli per cercar di vendere il suo prodotto che – così voleva far credere – faceva ricrescere i capelli anche sulle teste più lisce. Lo aveva seguito dopo la sfida a suon di lamette e, scoperta la crisi che gravava sul locale della signora Lovett, decise di rimanere a digiuno per un po'. Quello era un punto fisso nella storia, in quanto tutti dovevano sapere degli oscuri misteri che da sempre perseguitano questa città: non poteva intervenire.
« Guarda, Dottore. » Valery lo scosse dai suoi pensieri, e per fortuna, perché cominciava a sentire una certa nausea. Seguì con lo sguardo il dito di lei, che gli indicava una vecchia fabbrica diroccata con le imposte tremolanti per il freddo vento della notte e il lucchetto alla porta mezza arrugginita. In alto, sopra l'entrata, c'erano ancora alcune lettere appartenenti all'insegna originale a neon: in principio, si chiamava Why Not? e produceva lampade a prezzi molto più che economici. Ora sembrava tutto così ovvio agli occhi dei due viaggiatori nel tempo, tanto che non ebbero bisogno di porsi alcuna domanda, ma gli bastò scambiarsi uno sguardo e pronunciare una sola parola: « Fuoco. » Quest'ultimo, infatti, era essenziale per la produzione di quelle specifiche lampade, poiché con esso venivano lavorati i vari pezzi di vetro colorato e poi assemblati con il piombo per formare splendide decorazioni floreali o astratte: stesso principio delle vetrate gotiche, ma più in piccolo.
Dunque, quegli alieni avevano posto la loro base in quella fabbrica proprio per il vecchio forno che potevano accendere per produrre il calore che gli necessitava per il loro piano.
Il soldato ora obbediva a nessun altro che non fosse il Dottore; gli fece segno di tacere mentre passava dalla fessura tra le due porte del cancello e si avviò verso l'interno dello stabilimento. Ovviamente, non potevano pensare di passarci anche loro, perciò Valery precedette il Dottore nel prendere il cacciavite sonico per aprire il lucchetto. Quest'ultimo scattò senza preavviso e cadde a terra trascinandosi dietro anche la catena.
« Vediamo che combinano. » Valery si fece scura in volto.
« Spero solo ci siano i biscotti. Adoro i biscotti. »
« Biscotti. »
« Che c'è? Ho fame! »
« Stiamo per affrontare degli alieni che molto probabilmente vogliono invadere la Terra e l'unica cosa a cui riesci a pensare sono i biscotti?! » River aveva ragione: non c'è logica nel Dottore.
« Ho la faccia di uno che ha lo stomaco pieno? »
« Ehm.. Sarà meglio entarare, che dici? »
I due lasciarono perdere i sonori brontolii dello stomaco del Dottore ed entrarono di soppiatto come dei ladri e subitamente ritrovarono il soldato ancora ipnotizzato che attendeva nuovi ordini. Rumore e trambusto, una volta regnanti in quel luogo, era come se non fossero mai esistiti: vigeva solo una soffusa e calda luce, piacevole sulla pelle delicata di Valery e molto simile all'acqua tiepida del Mar Mediterraneo. Tutto l'ambiente sembrava incantato, modellato per favorire ciò che quegli alieni studiavano da chissà quanto tempo. Sopra le loro teste, il soffitto appariva molto più luminoso e fissarlo faceva quasi male agli occhi.
Il Dottore trovò finalmente il forno, acceso e scalpitante, in fondo alla parete opposta alla loro e notò anche i caminetti chiusi per non far uscire il fumo prodotto dal tetto. « Giusto, così non attirano l'attenzione della gente » osservò guardando i tubi di rame che, dalle lunghe e calde lame del fuoco, si snodavano sul soffitto per arrivare fino a delle misteriose vasche.
Quelle non erano altro che delle incubatrici. Stavano assistendo alla rinascita della razza dei Milasiani.

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Capitolo 6
*** Solo quelli come me ***


Solo quelli come me

 


Così come tutto era cominciato, rischiava di terminare: “colpa” degli alieni. L'origine del mondo e la sua fine. Entrambe per pure casualità, ovviamente. Ma qui era diverso; ancora una volta, il Dottore si trovava di fronte ad una scelta – oh, quanto odiava scegliere – e non era semplice: doveva decidere da che parte stare, chi difendere. Per la miseria, io non sono Dio!, pensò esausto. Esattamente per questo motivo aveva ritenuto più saggio andare in pensione: avrebbe viaggiato solo in luoghi ed in tempi in cui era certo non si sarebbe trovato nei pasticci. Ma tutti noi sappiamo che non è il Dottore quello che insegue i guai: per chissà quale legge fisica, morale, psicologica o metafisica.. è sempre stato il contrario. Poi arrivò lei.
Valery rimase quasi impassibile dinnanzi a quella vista, mentre il buon vecchio Signore del Tempo un po' meno forse perché aveva già visto qualcosa del genere all'Empire State Building con Martha e i Dalek.
I due visitatori liquidarono il piccolo soldato che tornò alla sua postazione di sentinella che aveva prima di prendere l'ordine di perlustrare la zona. Guardarsi attorno era come vedere la stessa fotografia ripetuta in una panoramica di 360°. Poi c'era la parete in fondo, fermente di soldati che, osservati sotto un certo punto di vista, somigliavano a tante piccole formiche intente a sistemare le scorte di cibo per l'inverno. Invece, stavano pompando aria sulle fiamme, le quali si alzavano sempre di più, fino quasi a sfiorare le imboccature dei tubi.
I tubi.. Cinque metri verso l'alto, ora dritto in orizzontale verso l'uscita, destra, dritto, sinistra, ancora dritto, sinistra, sopra ad un altro tubo, destra, sotto, dritto, destra, sinistra, destra, più in basso, dr.. no, sin.. no, forse.. Lo aveva perso di vista: il caldo gli impediva di tenere gli occhi ben aperti per più di due secondi e se in quel momento si fosse trovato di fronte ad un Angelo Piangente, non avrebbe avuto scampo.
Il tubo che stava inseguendo con gli occhi e tutti gli altri miravano dritti al nucleo dei neonati, ovvero semplici statue uguali ai loro padri. Stesse fattezze, stesse intenzioni: moltiplicarsi. Il punto era che questi Milasiani avevano ben pensato di sfruttare le risorse di un pianeta con un certo equilibrio tra tecnologia, natura e ottusità dei suoi stessi abitanti. La Terra, appunto.
Il Dottore era abbastanza stufo di dover ogni volta salvare l'unica razza in tutto l'universo che non lo ringraziasse mai, e la sola volta in cui tutti seppero della sua esistenza, si erano scordati di lui perché il tempo era tornato indietro di un anno esatto. Ma non poteva farci nulla se quella stessa razza era tra le più giovani e, per questo, tra le meno sviluppate: noi esseri umani siamo come bambini indifesi tra le braccia di un unico padre, di un unico eroe. E fu questo pensiero che lo spinse ad agire.
Senza indugio, prese a correre con Valery che lo seguiva come un fedele cagnolino color champagne. È vero, in quel modo non fecero che attirare gli sguardi interrogativi dei Milasiani, ma il suo obiettivo era andare oltre la loro preoccupazione: davanti al forno si reggeva a malapena in piedi un grosso tavolo di legno brulicante di famelici tarli ed era lì che puntava il Dottore. A meno di un metro di distanza azionò il cacciavite sonico di Valery – che solo in quel momento si accorse di non avere più – e una luce color mandarino illuminò il tavolo rendendolo più resistente quando ci saltò sopra. Le scarpe fecero un sonoro rumore per la loro suola ed ottenne perciò il risultato tanto ambito: attenzione su di sé.
« Buonasera a tutti, amici miei » cominciò il Dottore ergendosi sul possente tavolo. « Io e la mia amica qui presente ci chiedevamo cosa voi stesse facendo e, dato che ho la manutenzione dell'universo, siamo entrati per dare un'occhiata. » Valery alzò la mano tremante a mo' di saluto e sorrise imbarazzata. Dio solo sa quanto avrebbe dato per sapere cosa gli passasse per quella testa piena di capelli. « Avete per caso un portavoce? » continuò il suo eroe a metà tra un ragazzino ed un uomo quasi millenario.
Nella folla si formò un piccolo vuoto, come una bolla, nel quale rimase un solo soldatino che pian piano si fece avanti con non poche esitazioni. Doveva essere ancora molto giovane. Chi era quell'uomo? Chi era lo straniero che parlava in quella lingua tanto strana che apparteneva agli umani della città occupata? Lui somigliava agli altri.. E allora come faceva a sapere di loro?
Nel medesimo istante in cui il portavoce si poneva queste domande, capì anche con chi aveva a che fare e agitò il suo fucile in aria. Tutti, nessuno escluso, apparvero irrequieti: sapevano che prima o poi il Dottore, lo sterminatore di popoli come lo chiamavano i Dalek, sarebbe arrivato da loro; si prepararono dunque all'attacco. La loro strategia? Usare il fuoco, che domande.
Il Gallifreyano percepii il pericolo che vagava nel calore e Valery con lui. « Oh, sì! Vi piacerebbe.. Ma, se non sbaglio, prima ho diritto ad un discorso e ad una domanda, dico bene? » disse assumendo la classica posa da professore universitario che tanto amava: testa alta, mani congiunte dietro la schiena e peso del corpo concentrato su una sola gamba.
I soldati si guardarono perplessi, a centinaia. Tra di loro scorreva una tale tensione... « Diritto accordato » proferì infine il portavoce in tono grave, ma senza muovere la bocca di un millimetro.
« Ma allora parlano! » disse Valery quasi urlando dalla sorpresa.
« I Milasiani non parlano nessuna lingua tranne che quella delle piante, Val. E solo una razza sviluppata quanto la mia può percepirla, udirla. Il che fa di te un mistero ancor più complesso di quanto pensassi. » Il Dottore vide la sua predatrice abbassare lo sguardo. « Quindi.. Stavo dicendo? Ah, certo! » Volse nuovamente gli occhi ai soldati, poi continuò: « Vedo che avete delle incubatrici.. Un po' spartane, sì, ma un'idea geniale, devo ammetterlo e da questo deduco che state allevando, o meglio, nutrendo dei cuccioli. Bambini. O.. Piante? »
Vedendo che la situazione si spostava dalla padella alla brace, Valery saltò anch'essa sul tavolo, prese di mano al Dottore il suo cacciavite sonico e lo alzò in alto. « Sapete benissimo cos'è questo e avete visto cos'ha fatto al tavolo. Un tavolo di legno. Sapete? Potrebbe fare anche l'esatto contrario. » La sua fronte si insudiciava sempre di più, il fiato del Dottore era ogni minuto più pesante: doveva fare presto. « Quindi, dato che la vostra fotosintesi minaccia l'umanità intera, vi concedo di andarvene ..senza far nascere i piccoli, è ovvio. »
« Il nostro pianeta ci si è rivoltato contro, non poteva più ospitarci. Così siamo venuti qui. E non intendiamo andarcene. »
« Io e il Dottore possiamo trovarvi una nuova patria, compatibile con tutti voi. »
« Ora basta, questo era il vostro discorso. Dov'è la domanda? » chiese il portavoce con aria irritata.
Valery prese tempo. Guardò il Dottore che respirava a fatica. Inspirò profondamente e i suoi polmoni parvero prendere fuoco, ma doveva resistere. « La domanda è: che cosa avete intenzione di fare? »

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Capitolo 7
*** Restaurazione ***


Restaurazione

 


I piccoli occhietti del Milasiano fissavano Valery, la quale si sentì come studiata da due gocce di petrolio. « Voi volete salvare una razza che nemmeno sa della vostra esistenza. Lei, Dottore, quante volte li ha aiutati? E quante volte ha portato a casa dei riconoscimenti? Non parlo solo di re, regine o altri leader importanti. Parlo dell'umanità in generale. »
L'alieno col farfallino non intendeva arrendersi. Era vero, non aveva pressoché ottenuto nulla dalle sue azioni, ma non lo faceva per avere qualcosa in cambio: lo faceva per amore, perché stava scappando dai suoi pensieri, dal suo passato. Lo faceva perché odiava la sua natura.
« Gli umani sono stupidi » riprese il Milasiano. « Sono inutili e pericolosi. »
« Valuta bene le tue parole, soldato » lo ammonì il Dottore.
« Perché in questo momento vi stanno portando su una sola strada » concluse Valery.
« Oh, che paura. » Il piccolo portavoce nascondeva la sua emozione sotto strati di determinazione, ma il suo nucleo lo tradì; infatti, dal suo classico color miele, esso diventò di un brillante verde prato: il colore della paura provata da un albero.
« Soldato, qual'è il tuo nome? » chiese il Dottore.
« Noi non abbiamo nomi. »
« Ok, d'accordo. » Ma che cosa sto facendo?! « Val, hai un piano? » le sussurrò all'orecchio.
« No, speravo l'avessi tu.. Sei l'uomo dalle mille risorse, dico bene? »
Lui storse la bocca e guardò in alto. Alle spalle aveva il fuoco. Ai lati, niente finestre; le uniche presenti, sulla parete di fronte a loro, erano state saldamente sigillate perché davano sulla strada e c'era il pericolo che qualcuno ficcasse il naso dove non dovesse.
Con i cuori in gola, Valery guardò il suo cacciavite sonico: era così bello, utile per ogni cosa e quella sua lucina color mandarino le metteva allegria. Utile per ogni cosa... Ogni volta... Every time... Time... Tempo... Vortice del Tempo... IL MANIPOLATORE DEL VORTICE! Come una saetta in ciel sereno, si scoprì il polso e, scansati tutti i braccialetti, trovò che Jack si era dimenticato di riprenderselo. Ormai, da quanto tempo ce l'aveva al polso? Be', poco importava: doveva agire subito. « Ora ho un piano. »
Il Dottore le guardò il polso e notò la fascia di pelle nera che lo circondava e sopra di esso il marchingegno che usavano sia River che Jack. Ma era sicuro che lei lo avrebbe usato per un altro scopo. La vide tutta indaffarata pigiare qualche bottone, azionare il suo cacciavite, sorridere come solo lui sapeva di fare quando le sue teorie si rivelavano esatte, il tutto sotto gli occhi estremamente preoccupati dell'esercito di legno.
« Noi vi abbiamo avvertiti. Vi abbiamo dato una possibilità » disse Valery con il braccio col manipolatore davanti a sé e l'indice dell'altra mano sul bottoncino che avrebbe messo fine alla minaccia.
« Rischiereste la vita per degli stolti?! » gracchiò il portavoce.
« Allora, uno: gli umani non sono stupidi né tantomeno inutili o pericolosi. Hanno solo inesperienza. Quindi è ovvio che li proteggiamo e daremmo la nostra vita per tutti loro » prese parola il Dottore. « B.. No, due: noi non uccidiamo. »
« E tre... » Valery sorrise per lasciare suspense. Scommise anche che se fossero stati di carne ed ossa, quei soldati avrebbero potuto sudare freddo. « Ciao, ciao! » Subito dopo spinse il dito sul pulsante del manipolatore e i soldati e le incubatrici sparirono nel nulla lasciandosi dietro un leggero odore metallico misto a legna bruciacchiata.
« Val, dove li hai mandati? » chiese il Dottore sentendo la eco della sua voce, che prima non c'era.
« Oh, qui vicino, tranquillo. » Saltò giù dal tavolo e puntò il suo cacciavite sulle fiamme che si spensero in pochi istanti.
Lui la seguì facendo un gran fracasso con le sue scarpe. « Qui vicino, dove? E chi ti ha dato quel manipolatore?! »
« Oh, su un pianeta dove potranno ricominciare da zero. Me l'ha dato un amico. »
Il Dottore la squadrò per bene prima di staccarle gli occhi di dosso e prendere una sua iniziativa. « Dobbiamo aiutare le persone in metamorfosi. » Con un pezzo di legno malconcio per le bruciature, il manico di una scopa, le pale di un vecchio ventilatore e il suo cacciavite, assemblò un rudimentale Restauratore di DNA che agli occhi di Valery sembrò essere solo una composizione di un qualche artista con problemi psichici.
Così come il Congresso di Vienna volle tornare alla politica presente prima della rivoluzione francese e di Napoleone, il Dottore se ne andava in giro a trasmettere nell'aria un messaggio diretto alle particelle che causavano la mutazione genetica: “Seguite i vostri padroni”. Con lo stesso strumento, riuscì anche a far tornare alla normalità i corpi delle vittime che in ogni casa erano attorniati dai loro parenti.
All'orizzonte stava cominciando a bruciare il Sole: una nuova giornata. Valery poteva aspettarsi di tutto, ora, perché aveva conosciuto da vicino il Dottore, il suo eroe e possibile mentore. Assieme, avrebbero attraversato nuove ere, nuovi pianeti, nuove galassie. Poteva succedere qualsiasi cosa, adesso.
Beep, beep, beep... Poteva succedere di tutto, anche che suonasse il suo bracciale.
Aveva trovato il Dottore. Aveva trovato quello giusto.

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Capitolo 8
*** L'impossibile diventa realtà ***


L'impossibile diventa realtà

 


« Dunque, è così. » Valery si guardò le gambe tremanti per la felicità e per un attimo sperò di non cadere al suolo. « È questo ciò che si prova a passare del tempo col Dottore » si disse.
« Non proprio. Ognuno ha una reazione personale » le rispose la voce nella sua testa.
Senza rendersene conto, era scivolata ancora una volta in quello stato: la grande sala nera, la chiamava. Attorno a lei lo spazio si estendeva a perdita d'occhio, sopra, invece, un potente fascio di luce la colpiva, ponendola forse al centro di qualunque luogo fosse quello. La voce prese forma, quella di sempre: un uomo sulla quarantina, biondo e con gli occhi illuminati da una sinistra luce ambrata si fece avanti. Il suo sorriso beffardo le metteva sempre una strana angoscia, come se non dovesse fidarsi. Ma come poteva, dato che ogni volta le donava consigli utilissimi? Lui allargò ancor di più il suo sorriso man mano che si avvicinava e una schiera di denti bianchissimi le spazzò via dalla mente ogni allarme. Era la prima volta che lo vedeva sorridere così apertamente. « Adesso che hai trovato il Dottore, non hai più bisogno di me. D'ora in poi sarà esattamente il contrario. » Manteneva una certa distanza, ma tutto ciò non gli impediva di essere ben udito da Valery, la quale lo ascoltava ammaliata dalla sua voce suadente.
« Sono passati quasi sessant'anni e non mi hai ancora detto il tuo nome » disse riprendendosi dall'estasi. « Perché? Perché dovrei aiutare uno sconosciuto? »
« Sconosciuto? Allora non siamo amici? Io ti ho aiutata per, come hai detto tu, quasi sessant'anni.. Ora non credi sia il mio turno? » Il suo splendido sorriso si spense e lui fece una smorfia impregnata di delusione.
« Ma come si fa ad essere amici di una persona di cui non si sa il nome? »
« Ti fidi del Dottore? » cercò di farla ragionare lui.
« Ovviamente, ma cosa c'ent... »
« E sai il suo nome? »
« Sì. »
L'uomo rimase interdetto. Sapeva chi era la ragazza che lo fronteggiava, ma quella risposta lo colse alla sprovvista. Fece finta di nulla. « Bene, come non detto. Ci si vede! » Poi la salutò con un cenno del capo e tutto si fece più cupo.


« Valery.. Valery! Ehi, tutto bene? »
« Mhm, sì.. »
Cos'era successo? Ancora la sala nera? Oh, no.., pensò con la vista annebbiata. Di nuovo.
« Credo tu sia svenuta. Dalla tua faccia, mi fai pensare che non è la prima volta. » Il Dottore l'aiutò a rialzarsi mentre lei si teneva la testa con una mano. « Il tuo bracciale ha cominciato a suonare, poi hai fissato il vuoto, infine ho sentito un gran tonfo. »
« Sì, mi succede spesso. Credimi se ti dico che ogni volta è come cadere da un palazzo di trenta piani. Poi lui mi saluta e quando mi risveglio mi sembra che qualcuno abbia giocato a football con la mia testa. »
« Io sono bravo a giocare a football! » rise il Dottore mettendole tra le mani una tazza di tè fumante. Poi incontrò il suo sguardo e capì che non era il momento di scherzare. « Ti succede spesso, dici. »
« Mh-mh. »
« E c'è qualcuno che ti saluta?! »
« Sì, un uomo. »
« E com'è fatto, quest'uomo? » le chiese analizzandole gli occhi col cacciavite sonico.
« Non molto più alto di te, di bell'aspetto, deve avere circa quarant'anni. Ma non importa, dato che è frutto della mia immaginazione. »
« Non ci giurerei. » Mise via il cacciavite e proseguì: « Sei stabile, ma hai bisogno di riposo. »
« Oh, no! Non ora! Prima devo presentarti un amico e dirti chi sono! » Questa volta non dovette maledirsi per aver detto più del dovuto: era arrivato il momento che aspettava da anni... Alla faccia palesemente eccitata del Dottore, decise che doveva sbrigarsi: finì velocemente il suo tè e andò ad aprire la porta del Tardis. « Tu aspettami qui, non ci metterò molto. » Uscì come un razzo e partì spedita con i capelli che le sbattevano sulla schiena, senza preoccuparsi minimamente della faccia di lui. Percorse poche decine di metri ed ecco il suo Tardis, che si illuminò nel veder tornare la sua “padrona”. « Ehi, bella. Dobbiamo andare da Jack. »
In un batter d'occhio aveva rintracciato il suo amico di vecchia data, gli aveva restituito il suo manipolatore e raccontato tutto quello che era successo. Lui si trovava nel bel mezzo di una missione, ma non poteva dirle di no: lasciò dunque tutto in mano al fidato Ianto Jones e decise di partire un'altra volta con la sua Valery, la quale era impegnata a tenere abbassata una leva azzurra della consolle.
« A cosa serve questo? » le chiese indicando uno strano mouse futuristico.
« A nulla, a dire il vero. Me l'hanno regalato e mi piaceva. Così.. l'ho attaccato alla consolle » rispose dopo essere stata quasi sbalzata dall'altra parte del Tardis. Quando tutto finì, gli chiese: « Non lo senti anche tu questo rumore? »
« Quale rumore? Oh, ma certo: sono i freni del Tardis che anche tu tieni tirati. »
Valery si mise i cuori in pace al pensiero che lì fuori li attendeva un mondo del tutto simile a quello in cui già erano. Accarezzò la consolle e le scappò un sorriso nel sentire il suo fiatone. « Sei stata straordinaria, piccola. »
Oh mio Dio, anche lei parla col Tardis, pensò Jack. « Là fuori c'è il Dottore? »
« Sì, sorprendilo! »
Lui non se lo fece ripetere due volte e spalancò abilmente entrambe le porte. Lo spettacolo che lo attendeva non aveva eguali e avrebbe voluto avere con sé una macchina fotografica per immortalare l'espressione del Dottore nel vedersi arrivare un Tardis.. nel suo Tardis! « Dottooooreeeee!! » urlò correndogli incontro. Lo alzò di peso non facendo alcuno sforzo. « Rimani sempre un grissino! Ma mangi, qualche volta? » scherzò lui.
« Jack! » Il Dottore, piccolo com'era, cercò invano di divincolarsi dalla forte stretta di jack. « Mettimi giù, non respiro! »
I due si separarono e Jack lo prese per le spalle sorridendogli come sempre. « A giudicare dall'aspetto, direi che sono passati..trecento anni? »
« Duecentonovantanove » lo corresse sistemandosi gli abiti e, soprattutto, il suo preziosissimo cravattino.
In quel momento, Valery si stava gustando la scena dall'entrata della sua nave e guardava divertita l'ampio spazio del Tardis del Dottore con la sua luce bluastra. Non era sicura di riuscirci; ci sperava, in realtà, ma alla fine la fiducia in sé l'aveva portata ai limiti del possibile. « Valery, come fai a conoscere Jack? Come fai ad avere un Tardis? Ma, soprattutto: chi sei tu? » si sentì chiedere.
« Siediti, è una storia lunga. » gli rispose. Ma Valery aveva in testa ancora quello strano rumore ritmato che la tormentava da sessant'anni...
« I tamburi... » le disse la voce misteriosa. « Li senti anche tu, Valery, non è vero? » Poi lei cadde a terra e cominciò a tremare.

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