To be continued.... ?

di Apricot93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il momento giusto ***
Capitolo 2: *** Non è la fine del mondo ***
Capitolo 3: *** Chiarimenti ***
Capitolo 4: *** Un po' di verità ***
Capitolo 5: *** 17 minuti ***
Capitolo 6: *** Questione di tempismo ***
Capitolo 7: *** Il giorno più lungo ***
Capitolo 8: *** Il Pianeta Rosso ***



Capitolo 1
*** Il momento giusto ***



Capitolo 1: Il momento giusto


Quella sera dopo aver respinto Finn per la seconda volta scappai dal pub sotto una pioggia incessante.
Ero fradicia e completamente congelata, ma non mi importava, l'avevo ferito di nuovo, la tristezza nei suoi occhi era ancora una volta "merito" mio.
Arrivata a casa chiusi la porta alle mie spalle e cominciai a salire le scale, mi sarei buttata a peso morto sul letto, al buio, compatendomi per la mia idiozia in un mare di lacrime... E invece mi bloccai dopo pochi gradini....
«NO. Stavolta no. Non farò due volte lo stesso errore, voglio un'altra possibilità» mi dissi in un motto di entusiasmo.
Mi voltai di scatto ripercorrendo a ritroso la strada fatta solo pochi minuti prima, dovevo parlare con Finn, dovevo risolvere una volta per tutte la situazione.... «sì, è quello che farò!» mi ripetei.
Aprii la porta ritrovandomi di nuovo sotto la pioggia, la mente ridotta a una matassa di pensieri confusi, volevo trovare le parole giuste, essere chiara, scusarmi.
E se se ne fosse già andato? Dio, speriamo di no, speriamo che...
«Rae... Dove stai andando?» sussurrò una voce a pochi passi da me.

Mi bloccai impietrita riconoscendolo all'istante. Finn era lì, sotto la pioggia, davanti a me. Improvvisamente nella mia testa piena di parole, il vuoto.
«Perché sei così agitata? È successo qualcosa? Tua madre sta bene? Non farmi preoccupare» mi chiese con aria sorpresa e la voce ridotta a una carezza premurosa.
«No, no, io... mia madre sta bene» balbettai.
Lui continuò a fissarmi intensamente, confuso «e allora dove stai andando con questo tempo?».
Forza Rae, puoi farcela, sei una logorroica di prima categoria non ammutolire adesso.
«Io... io stavo tornando al pub, dovevo assolutamente parlarti. Mi dispiace per essermene andata in quel modo prima».
Lo sguardo teso di Finn si fece sorpreso, per poi sciogliersi nel più dolce dei sorrisi che in un attimo calmò anche me.
«Pensavo fosse la cosa giusta da fare prima, quando ti ho detto che non sarebbe servito tornare a parlarne, ma mi sbagliavo», non sai quanto...
Volevo spiegarmi, volevo fargli capire quanto fosse importante per me, e non avevo la minima idea di come fare. Fu un brivido lungo la schiena a parlare per me.
«Entriamo? Si gela» dissi indicandogli la porta di casa.
Mi seguì, evidentemente infreddolito anche lui, e ci ritrovammo occhi negli occhi, imbarazzati. Poi sorrise «ero davanti alla tua porta da qualche minuto, non sapevo cosa fare, in realtà quando sono uscito dal pub non avevo in mente di venire qui, ma... ma avevo davvero voglia di vederti. Rae questa situazione è ridicola, e anche noi lo siamo un po'» disse imbarazzato scompigliandosi i capelli.
«Noi?... Perché?»
Era teso, sulle spine, terribilmente adorabile, avrei voluto buttarmi tra le sue braccia, scusarmi e pregarlo di riprovarci.
«Io che mi trasferisco a Leeds, tu che ti comporti come se non te ne importasse. Lo sai che Archie il giorno dopo la mia partenza mi ha chiamato e mi ha dato dell'idiota? Non so proprio cosa avessi in mente, quando sono tornato e ti ho vista seduta nella sala d'attesa dell'ospedale ho capito quanto fosse sbagliata tutta quella situazione».
Mi limitai a un cenno di assenso, aveva ragione, ma come avremmo potuto sistemare tutto quel disastro?
«Vieni con me, dobbiamo assolutamente asciugarci o verrà una polmonite a entrambi» gli dissi cominciando a salire le scale.
Finn mi sorrise e mi seguì lungo le scale «hai ragione».

«Vado a cambiarmi, tu togliti la giacca e i pantaloni bagnati, adesso ti porto qualcosa di asciutto» dissi.
Lo accompagnai nella mia stanza, i suoi occhi non mi avevano lasciata neanche per un momento.
Entrai nella camera di mia madre e Karim con l'idea di trovare qualcosa nel loro armadio che potesse stargli, ma nel momento esatto in cui aprii le ante mi bloccai preda di un pensiero che non avrei mai creduto di poter avere. Era il momento giusto, qui e ora, dopo ci sarebbe stato anche il tempo delle parole e delle spiegazioni, ma adesso lo volevo, lo volevo davvero, basta avere paura.
«Al diavolo i vestiti!» dissi ad alta voce. Lasciai cadere i jeans di Karim sul pavimento e corsi in bagno, mi tolsi i vestiti bagnati con mani tremanti sistemandomi addosso l'accappatoio.
«È il momento giusto» ammisi all'immagine riflessa sullo specchio.

È la prima volta che scrivo una fanfiction, questo è più che altro un prologo, quanto sarebbe potuto accadere poco prima dell'ultima scena che abbiamo visto, spero di aver scritto decentemente e di non aver fatto troppi disastri, ho in mente  una storia in diverse parti che ricominci dalla "mattina dopo"..... :)

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Capitolo 2
*** Non è la fine del mondo ***



Capitolo 2: Non è la fine del mondo


Quando i primi raggi del sole cominciarono ad inondare la stanza solleticandomi gli occhi ero già sveglia da un pezzo.
Non volevo alzarmi, anzi per dirla tutta sarei rimasta volentieri nel mio letto per sempre, al riparo sotto le coperte stavo continuando un meraviglioso sogno ad occhi aperti.
Incredibile, pensai, era successo davvero.
Finn, il mio Finn, adesso potevo dirlo di nuovo.
Era stato tutto perfetto, goffo, beh io almeno, ma perfetto, e stavolta non c'era stato bisogno di spegnere le luci per nascondere le debolezza. Ieri sera ero tornata in camera mia e Finn era lì, sul mio letto, non avevamo avuto modo di parlare ancora ma tutto era successo nel modo più naturale del mondo, le mie paure azzerate in un secondo. Ero riuscita a spogliarmi, ero riuscita a farmi guardare da lui in tutti i miei difetti e non era finito il mondo. Niente drammi, niente paranoie, nessuna paura, solo noi.
Noi, e ancora noi.
Avevamo fatto l'amore, era successo davvero, le sue labbra sulle mie e poi... Dio, non potevo ancora crederci. Il suo odore nel mio letto continuava a darmi alla testa, era stato così tenero, così attento, così...
«Rae pigrona, alzati che è già tardi!» la solita rovinasogni. La voce di mia madre dal piano di sotto ruppe l'incanto.
«Sono sveglia!! Adesso arrivo!» le risposi, la mia sorellina sarebbe arrivata a casa solo tra qualche giorno, ma mia madre fremeva per sistemare le ultime cose.
Scesi dal letto come in trance, negli occhi e sulla pelle i ricordi della sera precedente.

Quando ieri sera mia madre e Karim erano tornati a casa Finn ed io ci eravamo appena salutati.
«Devo proprio andare, mio padre comincerà a chiedersi che fine abbia fatto. Ci vediamo domani, ok?» mi aveva sorriso, le sue labbra ancora sulle mie. Ancora, e ancora.... si era staccato a fatica «Ok, adesso vado davvero, pensa se tua madre mi trovasse qui... tu stai bene?».
Dio, quegli occhi, sarebbe sempre stato così fra noi? Avrei voluto fermare quel momento e riviverlo per sempre.
«Finn sono felice, lo sono davvero» e non era mai stato più vero.
«Anch'io, ti chiamo domattina».
Stava per uscira ma alla fine aveva indietreggiato di nuovo «ci sono delle cose di cui dobbiamo parlare, lo sai vero?» mi aveva detto guardandomi dritto negli occhi.
Era vero, meritava di capire cosa fosse successo nei mesi precedenti, cosa mi avesse allontanata da lui. Gli avevo rivolto un semplice cenno di assenso, poi un ultimo bacio, e le nostre mani intrecciate si erano dolorosamente separate. Un attimo dopo non c'era più.
Mi ero seduta ancora in estasi sul divano con l'accappatoio che poco tempo prima mi aveva sfilato di dosso, mi sentivo così sulle nuvole che mia madre aveva dovuto chiamarmi due volte prima che mi accorgessi della sua presenza.

Trascorsi la mattina tra culla, pannolini e scatoloni, Finn mi chiamò a mezzogiorno, eravamo rimasti d'accordo per vederci nel pomeriggio al parco e chiarirci seriamente.
Gli chiesi di non dire ancora niente di noi agli altri «perché? Rae, qualcosa non va?» mi chiese, titubante.
«No no, va tutto benissimo, dopo ti spiego... Finn... mi manchi già» lo rassicurai emozionata con un filo di voce.
Non potevo vederlo, ma giurai di averlo sentito sorridere, la voce era tornata distesa «ok, a dopo allora».
Non gliel'avevo spiegato ma c'era una cosa che avrei dovuto assolutamente fare prima di rendere le cose ufficiali, una persona che dovevo vedere, con cui avrei dovuto chiarire.
Appena scesa dal letto mi fermai davanti al telefono senza decidermi a comporre il numero, ma dovevo farlo. Dovevo.
«Ehi, buongiorno, che fai oggi? Ti va di fare quattro passi dopo pranzo? Ho una cosa importante da dirti» dissi tutto d'un fiato.
Ero felice, entusiasta, avrei voluto gridare la mia felicità al mondo intero, però mi sentivo anche terribilmente in colpa.
Sapevo che non sarebbe stato facile per lei, sapevo che l'avrei ferita, ma nascondere la verità non avrebbe aiutato nessuna delle due, insieme avremmo potuto affrontare tutto, ne ero certa .
«Va bene allora, ci vediamo dopo pranzo, passo io da te».
«Ok, a dopo Chloe».
Andrà tutto bene, andrà tutto bene, mi dissi. E sperai che sarebbe andata davvero così.

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Capitolo 3
*** Chiarimenti ***



Capitolo 3: Chiarimenti


Mi ero preparata un discorso chiaro e conciso per l'incontro con Chloe. Volevo evitare il solito confusionario fiume di parole, così avevo deciso che sarei andata dritta al punto.
«Certo che ho davvero una merda di tempismo» continuai a ripetermi allo specchio, avevo visto la mia migliore amica raschiare il fondo del barile solo pochi giorni prima, conoscevo i suoi sentimenti per Finn, sapevo che il rischio di ferirla ulteriormente era alto, ma cos'altro potevo fare? Ormai le cose stavano così e per nessuna ragione al mondo stavolta avrei rovinato la mia storia con lui sul nascere. Questo includeva anche Chloe, le volevo bene, era la mia migliore amica e tale sarebbe sempre rimasta, «ma sono innamorata di Finn» dissi ad alta voce, e questo era un fatto. No, stavolta avrei dovuto tirare fuori le palle e affrontarla subito, dirle le cose come stavano e....
«Rae alla porta, c'è Chloe, scendi» ero così presa dai miei ragionamenti da non accorgermi del campanello.
«Arrivo!» risposi a mia madre.
«Ci siamo» dissi a me stessa.

Scesi le scale con una lentezza esasperante da brava codarda navigata, Chloe mi stava aspettando in salotto comodamente seduta sul divano, per nulla intenzionata ad uscire.
«Rae non ho voglia di andare in giro oggi, restiamo qui ok?» mi disse subito.
«Certo, non c'è problema, preparo un tè?»
Incredibile, un minuto ed ero già nervosissima, ringraziai il tè per l'interruzione provvidenziale e mi fiondai in cucina. Possibile che non riuscissi a comportarmi normalmente? Non andava affatto bene, dovevo dirle semplicemente la verità, no? Non l'avevo mica tradita, non c'era niente di sbagliato, coraggio!
«Rae...» Chloe mi aveva seguita a ruota in cucina...
«Allora cosa volevi dirmi? Sono curiosa! Prima al telefono sei stata così enigmatica. Non saranno mica brutte notizie? Non stai di nuovo male, vero??» Mi osservò sinceramente preoccupata.
«No no, sto benissimo, anzi, mai stata meglio!» cercai mentalmente di recuperare il mio discorso, invano.
«Ho capito!» esordì improvvisamente lei, «tu e Finn vi siete rimessi insieme!» disse poi con la voce più squillante di sempre, senza lasciarmi il tempo di costruire un discorso. Lasciai la bustina di tè a mollo e mi voltai di scatto. Era serena, o almeno così sembrava.
«Io... beh si, in effetti è così» risposi piuttosto dimessa.
«E non sei contenta?? Sembri quasi preoccupata, Rae è una notizia fantastica dovresti essere al settimo cielo! L'avete fatto??? Dai non tenermi sulle spine!». Cominciai a pensare di essermi fatta davvero troppi problemi.
«Si» ammisi timidamente accennando un sorriso.
Chloe mi scrutò per un interminabile momento poi corse ad abbracciarmi emozionata e pericolosamente su di giri.
«Finalmente! Era ora! Sono davvero felice per te, com'è stato?? Perché devo tirarti fuori le parole di bocca?? Certo che siete due zucconi, ce ne avete messo di tempo. Ne parlavo giusto ieri sera con Archie» disse come se fosse la cosa più naturale del mondo.
«Con Archie???» Le chiesi, a metà strada tra una sfrenata curiosità e una vergogna orripilata.
«Certo! Rae non è una notizia incredibile, Finn è tornato per te, lo sapevamo tutti, e nonostante il tuo comportamento a volte assurdo è sempre stato palese il vostro interesse reciproco. Dai, nel periodo in cui stava con Olivia la guardavi come se avessi potuto incenerirla con lo sguardo».
Chloe trillò come un fiume in piena ridendo di gusto, di tanto in tanto mi guardava maliziosa, che vergogna, d'altra parte aveva ragione. Finalmente potevo sciogliermi anch'io così pian piano le raccontai tutto, della fantastica serata trascorsa con Finn, di quanto mi sentissi sollevata, felice, persino orgogliosa per aver superato le mie paure in quel modo. Lasciai intenzionalmente per ultima la parte più difficile, quella che mi stava più a cuore.
«Chloe tu stai bene... vero?» a quelle parole il suo sguardo si fece immediatamente più serio, ma proseguii, «so cosa provi per Finn, ti giuro che non è mai stata mia intenzione ferirti».
Temevo una sua reazione negativa, avevo paura di guardarla negli occhi invece mi rispose incredibilmente serena «va tutto bene Rae. Davvero. Sì, ho avuto una cotta per Finn, è una persona che stimo moltissimo. Ma lui è sempre stato chiaro con me, non scopro oggi che è innamorato di te» mi rispose.
Era sincera, rilassata «e tu.... beh, quello che penso di te lo sai. Meriti quello che hai, sei la persona più in gamba che conosca, senza di te non sarei qui ora, non come lo sono adesso, quantomeno. Sai che dopo tutta quella brutta faccenda con Ian le cose con i miei vanno molto meglio? Mia madre non mi tratta più come un fantasma, mi parla, sembra addirittura interessata a quello che dico».
«Certo, ci vorrà un po' di tempo per superare quei brutti momenti, ma adesso mi sento più forte... e poi ho te» disse infine rivolgendomi un sorriso d'intesa.
«Oh Chloe, ti voglio bene» le dissi abbracciandola forte.

Parlammo a lungo quel pomeriggio, di Finn, del college, del rapporto ritrovato con i suoi genitori.... e di sesso. Ero stata così preoccupata dal suo giudizio da aver perso di vista tutto il resto. Certo un bel muro era stato abbattuto, io ero stata benissimo, sembrava fosse andato tutto bene, ma chissà cosa pensava Finn.
«Oddio Chloe, e se sono stata un completo disastro? Ero così impacciata, secondo te dovrei chiederglielo? Magari potrei comprare qualche libro, informarmi, Karim ha dei film porno in camera, se dessi un' occhiata???» stavo di nuovo straparlando.
«Rae ma che dici! Che sciocca, calmati, secondo te Finn ha fatto caso alla tua inesperienza?!» chiese quasi pretendendo la risposta più sensata, ma anche con un pizzico di malizia.
Non so esattamente di quale tonalità di rosso si imporporarono le mie guance «che stronza Chloe, non prendermi in giro sono seria!» e scoppiammo a ridere entrambe.
Passai al setaccio l'intera gamma di rossi e vari punti di viola prima di concludere quella conversazione, ma alla fine sentenziammo entrambe che nonostante il ciclone che ci aveva travolte saremmo rimaste le stesse amiche di sempre.

Quello stesso pomeriggio, un paio d'ore dopo la chiacchierata con Chloe, mi chiusi finalmente alle spalle la porta di casa in direzione Finn.
Adesso avevo il cuore più leggero, la mia migliore amica stava bene, io mi sentivo come su una nuvola e stavo andando ad incontrare il ragazzo più sexy e dolce che la storia ricordasse, non avrei potuto desiderare niente di meglio.
Avevo chiesto a Finn di vederci al parco dopo gli allenamenti, ero emozionata, ma anche nervosa, sarebbe stato strano rivedersi? Avevo dato per scontato che dopo la notte passata insieme fossimo tornati automaticamente ad essere una coppia, ma se Finn non l'avesse pensata così? In fin dei conti lo avevo pur sempre lasciato, però era tornato da Leeds per me, avevamo fatto l'amore, e quello diamine se contava.
«Rilassati, rilassati, rilassati, andrà tutto bene, perché non puoi solo godertela per una volta??» parlai da sola ancora una volta sperando che Finn arrivasse in orario e non mi lasciasse sola in balia della mia follia.
Poi lo vidi, Dio se era sexy... qualche ora prima mi aveva vista nuda, per quanto controproducente era un pensiero che non riuscivo a fare a meno di ripetermi e un po' mi imbarazzava. Appena mi vide fece un cenno con il braccio, allungò il passo e mi regalò uno dei suoi soliti, spiazzanti, sorrisi. Prima che me ne rendessi conto arrivò davanti a me... le sue labbra sulle mie, il bacio più elettrizzante che avessi potuto immaginare.
«Ciao» disse sorridendo maliziosamente un attimo dopo.
«Ciao» risposi col cuore in gola.
«Ricordami perché abbiamo scelto questo posto per vederci, sai, il parco, le altalene, non ci sono esattamente i nostri ricordi migliori qui».
In effetti era stata una mia idea, volevo trasformare uno dei momenti peggiori della nostra storia in qualcosa di positivo... solo che in quel preciso momento, con il cuore a mille, improvvisamente non riuscii più a ricordare che genere di piani avessi... mi ci volle qualche momento per realizzare...
«Aspetta» presi lo zaino da terra, e sotto lo sguardo curioso di Finn cominciai a cercare. «Ecco, tieni» gli diedi un cd. Quel cd che la mattina di una vita fa mi aveva riconsegnato dopo essere stato lasciato.
«Ma è il cd di Bowie, cosa...» era perplesso, come minimo.
«Voglio regalartelo, è tuo» è sempre stato tuo, pensai, e non solo quello «non dovrai mai ridarmelo indietro, è un nuovo inizio» conclusi.
Finn prese il cd tra le mani e lo fissò per qualche momento, poi mi rivolse uno sguardo indefinibile. Avevo fatto una gaffe? I silenzi con lui, soprattutto quando mi guardava con quegli occhi, avevano il potere di mandarmi completamente in confusione. Perciò feci quello che mi riusciva meglio: investirlo di chiacchiere.
«Beh... se non lo vuoi non fa niente, lo capisco, in effetti è stata un'idea stupida, e poi ormai l'avrai già sentito chissà quante volte. O magari dopo quello che è successo tra di noi lo odi? Puoi ridarmelo, possiamo comprarne un altro insieme, potremmo andare a fare una passeggiata, o vuoi andare al pub? Se ci sbrighiamo forse troviamo ancora tutti gli altri, potremmo...» non avevo ancora finito con i deliri quando Finn mi prese delicatamente le mani, e sorridendomi poggiò ancora le sue labbra sulle mie.
«Non è corretto però, avrai sempre il modo per zittirmi tu» gli dissi ricambiando il suo sorriso appena ci allontanammo.
«Grazie, per il cd intendo. Rae non essere così nervosa con me, sai che non ce n'è motivo».
Avrei voluto dirgli quanto lo amavo, quanto fosse diventato indispensabile per me, ma in quel momento perfetto le parole non sarebbero servite, non avrebbero reso l'idea più di quanto già non facessero i miei occhi e i suoi.
Ci baciammo ancora, abbracciati, complici, finalmente sereni, e quando fu evidente a entrambi che le cose tra noi erano indiscutibilmente chiare cominciammo a parlare.
«Rae ci sono tante cose che voglio chiederti, e altrettante che ho il bisogno di spiegarti, ti va?» mi chiese, cauto.
«Certo» gli risposi senza pensarci.
Lì, in quel preciso momento, non c'era niente che potesse anche solo lontanamente preoccuparmi.
O almeno, così credevo...

Eccoci già al terzo capitolo, ho capito che questa storia si trasformerà in un romanzo. Non so ancora con precione quanti capitoli seguiranno (probabilmente altri 4 o 5), però posso assicurare che ho bene in mente il finale fin da ora, questa storia avrà la sua degna conclusione :)
Mi auguro di non avervi annoiato finora :)

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Capitolo 4
*** Un po' di verità ***



Capitolo 4: Un po' di verità


«Rae... Rae, ehi..».
«Scusami, ero sovrappensiero».
Il tono di Finn era prudente ma sereno, cercava di attirare la mia attenzione, gli sorrisi «ci sono».
Insieme stavamo passeggiando nella tranquillità del parco da qualche minuto, di tanto in tanto non potevo fare a meno di lanciare occhiatine incredule alle nostre mani intrecciate. Stava veramente succedendo? Ero tentata di darmi un pizzicotto per assicurarmi che non fosse solo frutto della mia immaginazione, ma non volevo sembrargli più strana del solito.
Avevo capito dal ritmo irregolare del suo respiro che avrebbe voluto farmi un mucchio di domande, ma che per pudore e rispetto nei miei confronti continuava a rimandarle indietro cercando qualcosa di più innocuo da dire.
Da quella sera a casa sua, quando lo avevo lasciato, non avevamo mai avuto modo di confrontarci seriamente, immagino si fosse fatto un'idea delle motivazioni che mi avevano spinta a troncare il nostro rapporto così all'improvviso, ma niente che assomigliasse anche solo lontanamente a una vera spiegazione.
È strano, e anche un po' egoista, come solo adesso cominciassi a rendermi conto di quanto fossi stata ingiusta nei suoi confronti, non avevo capito che fosse stata così dura anche per lui, l'idea che avrebbe potuto soffrire per me non mi aveva mai sfiorato la mente neanche per un momento. Impossibile, avevo continuato a ripetermi.
«Mi dispiace Finn» fu la prima cosa che gli dissi, probabilmente uscì direttamente da un pensiero.
«Come?» sembrava l'avessi colto di sorpresa.
«Mi dispiace davvero, per tutto. Mi sono resa conto di non avertelo mai detto» continuai senza guardarlo negli occhi, con lo sguardo fisso sui nostri passi.
«Lo so... ma Rae, non devi scusarti con me, davvero» rispose lui, la sua mano sempre stretta alla mia.
«E invece devo farlo eccome! Quando penso al modo in cui ti ho trattato... ti giuro che mi sento male tutte le volte. Se fossi nei tuoi panni sarei molto, molto arrabbiata, altroché, e ne avresti tutti i motivi». Lo pensavo davvero.
Finn ascoltò le mie parole attentamente, osservandomi cauto di tanto in tanto. Poi mi interruppe.
«Cos'è successo al college? Il primo giorno, poi la storia dell'allarme... perché continuavi ad evitarmi?» domandò.
Questa non me l'aspettavo, non era già stato chiarito?
«Beh te l'ho spiegato, ricordi? Quando siamo rimasti chiusi nel bagno per i disabili... tu sei un 11 io un 4...» dissi gesticolando, come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.
«Sì, me lo ricordo bene quel "discorso"» rispose ironico, tornando serio un attimo dopo. «Ma voglio sentirlo da te, ora. Qui. E senza tirare in ballo i numeri stavolta... Rae perché non ti sei fidata di me?»
A quelle parole inchiodai i piedi a terra e mi voltai di scatto. Era serio, risoluto, si aspettava davvero una risposta a quella domanda senza senso?
Fidarmi di lui? Cosa c'entrava la fiducia adesso?
«Finn io... io mi sono sempre fidata di te, te lo giuro!» presi a fissarlo come se stesse parlando di fantascienza.
«Ah sì? E allora perché invece di affrontare la situazione parlandone con me, una sera dal nulla mi sono ritrovato con una fottutissima giacca di pelle in mano, solo, e senza una spiegazione? Pensavi che non avrei potuto capire? Che sarei fuggito? Che altro?» era palesemente amareggiato, «quanta poca stima potevi avere di me?»
Mi gelò. Tutta la rabbia e la frustrazione racchiuse nella sua voce mi colpirono come uno schiaffo in pieno viso.
Non potevo credere che dicesse sul serio, ormai era evidente che l'avessi ferito più di quanto pensassi.
«No. No, no, no, no, no. Finn ascoltami, ti prego» presi un respiro profondo, se c'era una persona che non aveva colpe in tutto questo delirio era lui. Se con le mie azioni l'avevo portato a farsi idee simili avrei dovuto trovare il modo giusto per farmi capire. Per forza.
«Niente, niente di quello che è successo è dipeso da te. È con me stessa che non mi sentivo a mio agio, è di me stessa che non mi sono fidata, non di te» cercai di raccogliere i pensieri meglio che potessi. «Soprattutto è di me che non ho avuto stima!» come sempre del resto... «In maniera davvero molto contorta, lo riconosco, avevo provato a spiegartelo quella volta nel bagno. Io...»
Dio, com'era difficile la verità, l'ultima cosa che desideravo era farmi vedere ancora così vulnerabile da lui. Adesso stavo meglio, mi sentivo meglio, e allora perché non poteva diventare più facile? Cercai di calmarmi, ripresi le fila del discorso ed entrambe le sue mani. Lo guardai dritto negli occhi affinché non potesse equivocare le mie intenzioni.
«Finn, io non ero mai stata così felice in vita mia prima che tu e gli altri entraste a farne parte. Così felice che quasi non ci potevo credere, capisci? Camminavo nei corridoi del college e sentivo le ragazze, tutte, parlare di quanto fossi in gamba, carino, di quanto meritassi il meglio. E tu avevi scelto me! Perché? Io... io non mi sentivo "il meglio", per te. Non pensavo di essere la persona giusta». La persona giusta per un ragazzo così sexy e in gamba, sarebbe stata la giusta definizione. «Mi vergognavo per te. Mi vergognavo degli sguardi che le persone ci lanciavano vedendoci insieme. Come se fosse stato contronatura. Temevo i loro giudizi» ero vicina a un pianto a dirotto, ma non potevo cedere.
«Ero così... così fragile Finn, soprattutto vicino a te. Era come avere costantemente davanti un promemoria, tutto quello che avrei sempre voluto e mai potuto ottenere davvero. Non ce l'ho fatta, non mi sono sentita all'altezza. Mi dispiace tanto Finn».
Non puoi neanche immaginare quanto, pensai.
«Lasciarti è stata una delle cose più difficili che abbia mai fatto, sono stata un'idiota lo so, una codarda, e me ne sono pentita mille volte», gli dissi, e mi tornò in mente la sera in cui per la prima volta l'avevo visto con un'altra. «Ho detestato quella "snob, maniaca del Baylis con ghiaccio con la puzza sotto al naso, super donna convinta" con cui sei uscito con tutta me stessa» ecco, magari questa avrei potuto evitarmela...
Ci fu un lunghissimo momento di imbarazzo tra noi, sembrò durare secoli. Speravo di essere riuscita a farmi capire stavolta.
Poi Finn all'improvviso, evidentemente più sereno, ruppe il silenzio e cominciò a stuzzicarmi.
«Olivia» mi suggerì malizioso con un sorrisetto.
«Sì, Olivia» confermai riproponendo il verso da smorfiosa.
La tensione sembrò essersi dissolta, e anche l'espressione di Finn si distese. Aveva capito, glielo leggevo negli occhi, e ora continuava ad osservarmi divertito mentre mi impegnavo a trovare tutti i difetti del mondo in quella che, fortunatamente per un periodo di tempo molto limitato, era stata la sua ragazza.
«Beh, non è durata molto, comunque» mi disse.
«Buon per te» gli risposi, complice.
E un bacio, beh più di uno in realtà, spazzò via definitivamente tutto l'imbarazzo.

Avremmo avuto ancora tante cose di cui parlare, ma la conversazione appena avuta mi aveva fatto capire che non mi sentivo pronta per andare al di là di quelle confidenze. Non volevo che Finn mi vedesse fragile ancora una volta, non volevo che si preoccupasse per me. Mi trovavo al centro di un percorso che stava cominciando a dare i suoi frutti, non c'era bisogno che gli raccontassi di più. Non adesso, almeno.
«Finn, ascolta» dissi timidamente, «so che avresti ancora tante cose da chiedermi, però... è davvero difficile per me adesso essere più sincera di così. Avremo tanto tempo, beh almeno spero, per parlare del resto» conclusi, sperando fosse d'accordo con me.
«Rae non... non voglio sapere cose di cui non ti senti pronta a parlare» disse visibilmente imbarazzato, «promettimi solo che stavolta sarei onesta con me, e che non affronterai da sola qualunque problema dovesse presentarsi. Io sono qui, ci voglio essere, non puoi decidere tu per tutti e due. Dammi la possibilità di dimostrarti che puoi davvero fidarti di me, mettimi alla prova, ma non escludermi. Va bene?» disse in fine, rivolgendomi lo sguardo più dolce e intenso che avessi mai visto.
Oh Finn, io mi fido di te, sempre, è di me che non mi fido...
«Va bene» risposi stringendomi nelle spalle, sperando con tutta me stessa che sarebbe potuta andare davvero così.

Passammo il resto del pomeriggio girovagando come una normalissima coppia di fidanzati, tra chiacchiere, musica, baci, e le solite battutine tra noi.
Visti da fuori nessuno avrebbe mai potuto pensare alla situazione difficile che ci eravamo appena lasciati alle spalle. La verità è che stare insieme era semplicemente... facile.
Il problema non eravamo mai stati "noi", il problema era il mondo, e in quello, temo, non me la sarei mai cavata benissimo.
«Te l'ho detto che ho deciso di finire il college?» mi chiese Finn.
In effetti da quando era tornato da Leeds tra mia madre all'ospedale e tutto il resto non gli avevo ancora chiesto cos'avesse deciso di fare. L'idea di poterlo avere ancora così vicino per qualche mese era allo stesso tempo rassicurante e terrorizzante. Un altro muro da abbattere, pensai.
«Davvero?? Sono contenta, credo che alla fine sia la decisione più sensata se non hai ancora deciso cosa fare del tuo futuro».
«Sì» rispose «anche se qualcosa potrei già averla in mente» disse voltandosi verso di me ridacchiando. Arrossii.
Non mi sarei mai davvero abituata a tutto questo, come poteva un essere umano scatenare quella tempesta di emozioni ogni volta??? Chissà se per lui era lo stesso... Ma sì, da come mi guardava avrei quasi potuto scommetterci.
«Mio padre deve ancora digerire questi cambiamenti continui, non si era abituato ad avermi fuori casa che sono di nuovo qui. Borbotta ogni tanto, la prossima volta potrei dirgli che è tutta colpa tua» disse strizzandomi l'occhio «tanto credo lo sappia già, prima di uscire mi ha chiesto di salutarti e non gli avevo detto che ci saremmo visti» ammise provocando una sonora risata a entrambi.
«Pensi che sarà strano per te? Al college, intendo... andrà meglio stavolta, vero?» mi chiese, seriamente stavolta.
«Sì. Va tutto bene Finn, le cose sono diverse ora. Lunedì ti accompagnerò ovunque andrai, sarò la tua ombra e parlerò per tuuuutto il tempo» lo provocai divertita.
Nonostante tutto era vero, l'idea di farmi vedere pubblicamente con lui non mi spavenata come prima, non sarebbe stato facile all'inizio, ma ce l'avrei fatta, ne ero sicura.
«Quindi mi stai dicendo che ti comporterai normalmente in pratica!»
«Che stronzo sei, l'ho detto di proposito! Quindi pensi davvero che parli troppo, ma non è vero! Oddio, magari un po' è vero, ma solo quando sono molto agitata o nervosa, o se ho qualcosa di importante da dire o....» prima di finire la frase le nostre labbra si incontrarono di nuovo. L'avevo fatto apposta stavolta, era diventato una specie di gioco tra noi, un gioco che avrei voluto ripetere altre mille volte.

Stavamo ancora ridendo della mia parlantina quando al confine del parco vidi Liam.
Stava camminando verso casa, veniva dall'ospedale. Strano, pensai, ero convinta che avesse smesso di vedere Kester, ci avrà ripensato...
«Chissà cos'è successo» dissi a voce alta sovrappensiero, fissandolo in lontananza.
Seguendo il mio sguardo anche Finn si accorse di lui.
«È Liam, vero?» domandò curioso.
Mi limitai ad un cenno di assenso.
«Come mai sei curiosa di sapere cos'ha fatto? Non mi hai mai parlato di lui, come lo conosci?» mi osservò intensamente, potevo scorgere distintamente un punto di domanda enorme spuntargli dalla testa. Cosa dovevo dirgli? Non potevo certo parlargli della terapia, o di Kester, o del gruppo di supporto. Nel mio piano perfetto alla ricerca della stabilità e normalità sarebbe stato un passo indietro.
Poi l'illuminazione.
«Al college. Ti ricordi dell'allarme? La preside diede a lui la colpa all'inizio. Era vicino alla porta, stava fumando. Pensa che non disse niente per discolparsi. Può sembrare un ragazzo un po' strambo ma è in gamba, siamo diventati amici» una mezza verità...
«Non te l'ho mai chiesto» aggiunse dopo avermi ascoltata, «ma... c'è stato qualcosa tra voi?»
La mia prima volta, pensai. La mia disastrosa, orribile, fottutissima prima volta.
Era ancora un tasto dolente per me, un ricordo di cui avrei fatto volentieri a meno, mi infastidiva pensare di essere stata così stupida.
Quella sera avevo respinto Finn che era venuto da me parlandomi a cuore aperto, ed ero finita a letto con una persona che mi considerava alla stregua di uno scarabocchio. Cosa mi era saltato in mente??

Neanche un'ora fa Finn mi aveva chiesto di fidarmi di lui, di essere sincera, ma qual'era il confine tra rispetto e istinto di conservazione?
Una cosa del genere l'avrebbe deluso? Probabilmente no, in fondo quando è successo non stavamo più insieme da tanto, e poi lui aveva avuto Olivia, eravamo pari. Continuava a risuonarmi nella testa «sincerità, sincerità, sincerità...» come un'eco. Ma a voler essere del tutto onesta avrei dovuto spiegargli anche un mucchio di altre cose, renderlo partecipe di una parte della mia vita che nessuno conosceva, che volevo rimanesse confinata lì dov'era, come un compartimento stagno.
Non avrei mai potuto avere una vita davvero normale finché avessi continuato a far uscire fuori frammenti di follia.
Quindi scelsi di ignorare ogni sorta di grillo parlante, seguire il buonsenso, o quello che era. Lunedì sarebbe ricominciato il college, avrei avuto di nuovo Finn accanto e stavolta sarebbe andato tutto bene.
«No» gli risposi noncurante «torniamo a casa adesso? Comincia ad essere tardi».

Odio i titoli, li odio dal profondo del mio cuore, chiunque volesse suggerirmi dei titoli decenti per questi primi 4 capitoli me lo dica pure.
Mi sono fatta un'idea di quanto mi manchi ancora da scrivere, se tutto va bene ce la farò con altri 3 capitoli.
Se siete arrivati a queste noticine significa che avete avuto pazienza, quindi grazie, e alla prossima parte di storia :)

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Capitolo 5
*** 17 minuti ***



Capitolo 5: "17 minuti"


«Rae non capisci, lui è il tipo che agisce d'istinto, è uno che ha del fegato. Io no!» disse Archie chiudendo lo sportello della macchina innervosito, «anzi certe volte mi imbarazzo da matti, mi blocco. E se mi dicesse di no? Se gli sembrassi un cretino?» continuò lagnandosi come aveva fatto in macchina nell'ultimo quarto d'ora.
Stavamo entrando al college, il giorno prima Finn si era fatto male durante una partita e avrebbe dovuto rimanere a riposo due giorni, mentre Chloe sarebbe tornata a casa solo a fine settimana da un viaggio con i suoi. Eravamo solo noi due, e la mia pazienza cominciava ad essere messa a dura prova.
«La stai facendo più difficile di quanto non sia» dissi provata «e poi scusa, sei uscito con parecchie ragazze finora, giusto? Non mi sembra tu abbia mai avuto problemi ad invitarle».
Archie aveva conosciuto un ragazzo da colpo di fulmine due giorni prima e si era messo in testa l'idea di invitarlo ad uscire. Peccato non la smettesse più di fare la regina dei drammi.
«Vedi che non capisci!» urlò, «ti ho detto che è una cosa di-ver-sa» disse scandendo bene le parole, visibilmente esasperato da tanta incomprensione.
«Ti ho già detto che sei assurdo?» gli feci notare, ironica.
«Senti...» proseguì in tono solenne «invitare una ragazza sarebbe stato normale, invitare lui... mi piace davvero molto Rae, ma sarebbe la prima uscita seria con qualcuno, un ragazzo, intendo... non so se sono ancora pronto» sentenziò abbassando lo sguardo.
Era frustrante vedere una persona così intelligente farsi tanti problemi per un appuntamento, «Archie chiunque sarebbe felice di uscire con te» lo incoraggiai, assolutamente certa di quella affermazione, «ma se ti senti frenato, invece di uscire voi due soli invitalo ad una serata al pub con tutti noi, no?». Forse ne avevo appena detta una giusta, perché a quelle parole Archie sollevò lo sguardo, come colto da un'illuminazione. «Così tu saresti più a tuo agio e avresti chi ti spalleggia, lui non lo vivrebbe troppo come un appuntamento ma una semplice uscita. Ed entrambi avreste modo di conoscervi meglio» conclusi atteggiandomi a grande saggia/esperta di rapporti sentimentali.
«Rae ti adoro!» disse finalmente rilassato stampandomi un bacio sulla guancia «farò proprio così, magari potrei anche cimentarmi in uno dei miei pezzi alla chitarra, che dici? O troppo esibizionista per un primo appuntamento?....»
Avrei voluto strozzarlo, eravamo passati dai dubbi pre-appuntamento a "quello che dovrei o non dovrei fare durante". Sarebbe potuto andare avanti per ore, «mi sembra un'ottima idea Arch» risposi esausta sperando di chiudere il primo round, «ma adesso sbrighiamoci che siamo in ritardo».

Nei corridoi gli ultimi ritardatari come noi camminavano a passo spedito per entrare in classe, quella mattina avrei dovuto vivere i mie 2 minuti di gloria entrando mano nella mano con Finn, sarei passata davanti a Stacey la barbie e le sue amichette inviperite accennando un sorriso radioso, e mi sarei presa la mia rivincita. Invece la caviglia di Finn mi aveva boicottata, costringendomi a rimandare irrimediabilmente quel momento. Fottutissimo calcio.
Stavo per salutare Archie che aveva finalmente smesso di lagnarsi, quando il mio sguardo venne attirato da una figura in fuga verso il bagno dei ragazzi.
Gli occhi impietriti e le mani nervosamente tra i capelli non lasciavano presagire niente di buono. Avevo già visto una scena simile, sapevo cosa stava succedendo. Liam stava avendo un altro dei suoi attacchi proprio in quel momento. Dovevo fare qualcosa? D'istinto cominciai a corrergli dietro, trascinando Archie con me.
«Ehi Rae, ma che fai? Guarda che l'aula è dall'altra parte» protestò lui, cercando di farsi lasciare il braccio.
«Vieni con me, è importante» risposi. Dovevo avere un'aria decisamente risoluta perché mi seguì senza fare domande. Ci fermammo davanti alla porta del bagno dei ragazzi, «entra e dimmi se c'è qualcuno a parte Liam» gli dissi.
Mi guardò incredulo «Liam? Ma cosa?....».
«Archie vai, sbrigati!» gli intimai.
Entrò e chiuse la porta alle sue spalle, per uscire un attimo dopo «via libera» mi disse «ma Liam è ridotto male, cosa succede?»
«Non preoccuparti adesso ci penso io, vieni anche tu, fa in modo che non entri nessuno».

Liam era lì, davanti a me, seduto per terra con la schiena incollata alla parete e il respiro affannato. Continuava a toccarsi il petto. L'avevo già visto in quelle condizioni, e sapevo bene quanto potessero essere spaventosi gli attacchi di panico avendoli sperimentati in prima persona.
Archie era rimasto sulla porta ad osservare tutta la scena, immaginavo fosse molto sorpreso, ma al momento il problema da risolvere era un altro.
Mi avvicinai a Liam e gli presi una mano cominciando ad accarezzargli la testa, «Liam, guardami, sono io, vedrai che andrà tutto bene» gli dissi. Lui si girò verso di me, il viso stravolto e lo sguardo terrorizzato, «respira, respira lentamente, tranquillo» continuai a ripetergli.
Seduta vicino a lui provai a tranquillizzarlo... dopo qualche respiro profondo finalmente riprese fiato, ancora sconvolto. «Rae mi sento malissimo» fu la prima cosa che disse «mi scoppia il cuore».
Tremava, non era normale stesse ancora così, doveva essergli successo qualcosa se nonostante tutto non riusciva a riprendersi. Cominciavo ad essere preoccupata «non hai qualcosa con te da poter prendere in questi casi?» gli chiesi.
Scosse la testa.
La situazione era evidentemente più seria di quanto avessi immaginato, cercai con lo sguardo Archie che mi aveva osservato basito tutto il tempo, era ancora appoggiato alla porta come gli avevo chiesto «dobbiamo portarlo via di qui» dissi «subito Arch».
«Sì, ma dove, cosa possiamo fare?» chiese agitato.
«Aiutami a portarlo alla tua macchina, conosco una persona che sicuramente può aiutarlo» risposi.

Il quarto d'ora che ci separava dall'ospedale sembrò eterno.
Seduto sul sedile posteriore della macchina Liam sonnecchiava, l'aria fresca primaverile era riuscita a dargli un po' di sollievo, ma dopo quello che era successo doveva essere completamente esausto. Dal canto mio non riuscivo a smettere di fissarlo, avevo avuto davvero paura poco fa, e non ero l'unica. Anche Archie gli lanciava di frequente occhiatine fugaci e preoccupate dallo specchietto. Chissà cosa gli passava per la testa adesso, finora aveva fatto tutto quello che gli avevo chiesto senza proferire parola, mi aveva aiutata a portare Liam fuori dall'edificio, l'aveva messo in macchina, e adesso stava guidando senza sapere nemmeno esattamente cosa fosse accaduto.
«Rae» disse a bassa voce ad un certo punto rompendo quel silenzio imbarazzante «sei sicura di sapere quello che stai facendo? Da chi lo stiamo portando?».
«Archie mi dispiace di averti coinvolto in questa cosa» gli risposi, doveva essergli sembrata una follia fino a quel momento «Liam ha avuto un brutto attacco di panico, non era la prima volta ma non era mai stato così male». Pensai un momento a come proseguire quel discorso, ma mi sembrò sacrosanto dargli qualche spiegazione «adesso lo portiamo da Kester, è uno psicoterapeuta molto in gamba che conosciamo entrambi da diversi mesi, sicuramente saprà come aiutarlo».
Archie sembrò sollevato dall'idea che sapessi effettivamente dove stavamo andando «ok» disse, fissando un attimo me poi di nuovo la strada «sei stata fantastica poco fa, non hai perso la calma nemmeno per un momento, com'è possibile?» mi chiese visibilmente sorpreso.
«Pratica» ammisi «è capitato anche a me di essere dall'altra parte».

17 minuti esatti.
Tanti me ne erano serviti per raccontare ad Archie la mia vita degli ultimi mesi.
Seduti uno accanto all'altra nella sala d'aspetto dell'ospedale, improvvisamente avevo sentito forte la necessità di confidarmi con qualcuno.
Qualcuno che non avesse l'obbligo di starmi a sentire, prima di tutto, o di spiegarmi cosa mi stesse succedendo, e che non mi facesse domande intelligenti su me stessa a cui non avrei mai saputo rispondere.
Archie mi aveva ascoltata in religioso silenzio tutto il tempo, senza mai interrompermi o fare domande. Si era limitato ad abbracciarmi di tanto in tanto, e a borbottare qualcosa sul sostegno degli amici in situazioni di difficoltà.
Solo mezz'ora prima avevamo accompagnato Liam da Kester, era rimasto molto sorpreso nel vederci arrivare insieme. Dopo averlo fatto visitare da un collega per accertarsi che stesse fisicamente bene l'aveva condotto nel suo studio. Dove si trovavano tuttora.
Io ed Archie eravamo rimasti fuori ad aspettare, avevo promesso a Liam che mi avrebbe trovata lì una volta uscito, ed ero sicura che a breve sarei stata sommersa da un interrogatorio di terzo grado. Sorprendentemente invece Archie, da buon amico qual'era, non aveva fatto altro che sostenermi, starmi accanto, e rassicurarmi con la sua presenza. Così per una volta decisi di fare io il primo passo, a cui poi aveva fatto seguito il secondo, poi il terzo, e così via.
Avevo passato in rassegna il capitolo "papà fedigrafo" per primo, arrivando poi a quello su Kester, Liam, rapporto complicato con Liam con notte imbarazzante da dimenticare al seguito, per poi chiudere con Chloe e Finn.
Finito di parlare fui colta da una sensazione di leggerezza mai provata.
«Lo sai che ti voglio davvero bene, vero?» esordì Archie, retorico, dopo tutte le mie parole, «però sei una zuccona Rae, certe situazioni non andrebbero mai affrontate da soli» mi ammonì dopo avergli detto che era la prima persona a cui avevo raccontato quelle cose.
«Già» risposi, laconica.
«Dovresti essere molto fiera di te stessa... Io sono molto fiero di te. Non so quante persone avrebbero avuto il coraggio e la maturità per affrontare quello che hai affrontato tu. Me per primo» disse guardandomi fisso negli occhi con il sorriso di chi vuole farti capire che ti ammira. «Però devi toglierti questo vizio di tenere fuori il mondo dai fatti tuoi. Non fa bene a te per prima, e cosa non meno importante fa rimanere di merda chi ti sta vicino e ti vuole bene». La prima stoccatina era appena stata lanciata.
Cosa potevo dire? Aveva ragione, mi limitai ad annuire.
«Pensavo che Finn avesse esagerato, ma mi rendo conto che ha ragione da vendere» buttò lì con nonchalance, sapendo benissimo che avrebbe stimolato la mia curiosità.
«Finn??» risposi prontamente, «che c'entra lui adesso? Ti ha detto qualcosa? Parla Arch!» gli intimai.
Era palese il suo intento di farmi penare un po'«certo che abbiamo parlato, ieri sera, sono passato a casa sua e l'ho trovato molto giù di morale».
«Giù di morale? Perché? A me non ha detto niente» dissi cadendo completamente dalle nuvole.
«È convinto che non ti fidi di lui. Dice che non lo reputi abbastanza in gamba da parlargli delle tue cose, che lo tieni sempre all'oscuro di tutto e non gli permetti di starti accanto nei momenti importanti» mi confidò.
Eravamo un'altra volta a quel punto, un déjà-vu in piena regola.
Credevo avessimo chiarito la situazione, ma evidentemente mi sbagliavo. Dal mio punto di vista pensare che Finn potesse essere convinto di certe assurdità era davvero frustrante e fuori dal mondo, ma a quanto pare visto da fuori appariva come un ragionamento plausibile.
«Non è così Archie» dissi mestamente «è che io non voglio diventare un peso per lui. Non voglio avere sempre la parte di quella che va aiutata. Non voglio apparire debole, e soprattutto non voglio nella maniera più assoluta che si preoccupi per me». Presi fiato e continuai, «vorrei avere una storia normale, con le normali preoccupazioni che hanno tutte le coppie di questo mondo. Vorrei che riuscissimo a stare insieme in santa pace senza tutti i problemi che mi porto dietro costantemente. Non mi sembra di chiedere la luna, no?».
«Rae sei una zuccona» disse, era la seconda volta che me lo ripeteva oggi «così facendo rovinerai tutto. Finn non vuole la fidanzata perfetta, i problemi normali e bla bla bla. Lui vuole te. Te, Rae. E tu gli stai dando invece una persona che non esiste, o meglio, gliene stai dando solo una parte» continuò guardandomi fisso negli occhi, «Finn non è uno stupido, ed è una persona sensibile, ormai l'avrai capito, non se le beve queste cazzate. Mentre tu ti danni per dargli la normalità lui scopre tutte le crepe che cerchi di nascondere. Sii te stessa una buona volta» sentenziò. «Mi hai raccontato un mucchio di cose oggi, e io sono qui, no? E non sono nemmeno preoccupato per te, anzi ti considero forte più di prima. Pensi che per lui sarebbe diverso?».
Maledetto Archie, perché le sue parole sembravano così sensate? Improvvisamente cominciai a sentirmi terribilmente stupida, «Archie sei troppo intelligente per me» dissi, ironica.
«Lo so vecchia mia» rispose con una risatina «d'altra parte nel nostro gruppo un saggio deve esserci, no? È un duro lavoro, ma qualcuno dovrà pur far rinsavire voi teste calde» concluse atteggiandosi a vecchio saggio.
Forse aveva ragione. Per la prima volta presi seriamente in considerazione l'idea di aver sbagliato strategia dall'inizio. Per non incasinarmi avevo incasintao tutto. Due volte.
«Comunque secondo me fargli una serenata al primo appuntamento potrebbe sorprenderlo, facci un pensierino» dissi spostando il discorso, alludendo al suo primo appuntamento e tutte le paranoie della mattina.
«Dici eh? Potrei pensarci».
E scoppiammo a ridere entrambi.

Eccoci al quinto capitolo, stavolta ho voluto porre l'accento su Archie che è un personaggio adorabile.
Non sono propriamente certa riguardo al numero di capitoli che ne verranno fuori, mi sto dilungando quindi forse ci sarà qualcosina in più. Comunque aggiornerò nelle note, al solito fatemi sapere se ci sono amenità di forma o genere :)

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Capitolo 6
*** Questione di tempismo ***



Capitolo 6: Questione di tempismo


Se ogni momento della vita avesse un titolo, questo sarebbe sicuramente "L'attesa", quante volte mi era già capitato nelle ultime settimane?
Avevo passato più tempo nei corridoi dell'ospedale che in qualunque altro posto. Prima Tixie, poi mia madre, ora Liam, mi guardai intorno cominciando a trovare quei luoghi pericolosamente familiari. Chiudendo gli occhi avrei potuto prevedere ogni rumore, ogni odore, qualche voce perfino. Sarebbe stato inquietante senza la compagnia di Archie. Chissà come stava Liam adesso...
«Ma voi due siete ancora qui?» disse Kester interrompendo i miei pensieri, sorpreso, trovando me ed Archie seduti davanti alla porta del suo studio. Erano passate più di due ore ormai dal nostro arrivo in ospedale, e stavo cominciando a pensare che fossero stati inghiottiti da qualche buco nero.
«Ho promesso a Liam che l'avrei aspettato» risposi, «sta meglio adesso?».
Kester sorrise rassicurante «sì, sta molto meglio, tra una decina di minuti potrà tornarsene a casa» disse. Portò dei fogli in segreteria, poi richiuse di nuovo la porta della stanza alle sue spalle dopo averci dato un'ultima occhiata incuriosita.
Ancora in attesa. Per fortuna avevo potuto contare sulla presenza di Archie, era rimasto insieme a me per tutto il tempo. Dopo quelle imbarazzanti confessioni iniziali avevamo continuato a chiacchierare di tutto e niente e bevuto vagonate del tè insipido del distributore. Ero felice di averlo lì, molto, ma sapevo anche che probabilmente Liam si sarebbe imbarazzato trovando anche lui.
«Archie puoi tornare a casa se vuoi» dissi «non è più necessario che tu rimanga qui. Hai sentito Kester».
«Non vuoi che vi accompagni a casa?» domandò premuroso, guardandomi dritto negli occhi per assicurarsi che gli dicessi la verità.
«Penso che fare quattro passi ci farà bene. Dopo una mattina come questa un po' d'aria fresca è quello che ci vuole» conclusi con convinzione.
Ci pensò su un attimo, poi si alzò, prese la giacca, e mi abbracciò forte «ok allora, ti voglio bene Rae, ci vediamo domani» mi sussurrò all'orecchio.
«Anch'io Arch, tantissimo, grazie ancora di tutto». E lo vidi andare via.

Erano passati solo pochi minuti quando finalmente la porta dello studio di Kester si aprì di nuovo, stavolta fu Liam a fare capolino.
Aveva l'aria stanca, un' espressione corrucciata, ma per fortuna stava bene. Tirai un sospiro di sollievo poi andai ad abbracciarlo.
«Stai bene?» gli chiesi, preoccupata.
«Sì» rispose «grazie per essere rimasta» disse abbracciandomi forte.
Kester arrivò un attimo dopo, salutò Liam rivolgendo uno sguardo d'intesa a me, poi si incamminò per il corridoio chiacchierando con un collega.
«Andiamo» disse Liam con una certa fretta «non vedo l'ora di essere fuori di qui» e mi tirò una manica della giacca.
Fuori il cielo sereno della mattina aveva lasciato il posto a una serie di nuvoloni neri poco rassicuranti, era mezzogiorno passato quando uscimmo dall'ospedale.
Liam inspirò profondamente una boccata d'aria fresca «andiamo prima che inizi a piovere», disse dopo aver lanciato un'occhiata al cielo.

Adesso che era di nuovo in sé, o almeno così sembrava, Liam aveva riacquisito quella sicurezza di facciata che tanto mi aveva incuriosita di lui all'inizio. Camminava a passo svelto in silenzio, buttando un occhio di tanto in tanto nella mia direzione per assicurarsi che non rimanessi indietro. Non aveva alcuna voglia di fare conversazione, era evidente, ma non mi importava.
«Allora, cos'è successo?» chiesi rompendo il silenzio.
Mi lanciò un'occhiataccia con l'espressione strafottente di sempre «cosa pensi che sia successo?» disse con aria di sfida, «non è la prima volta, no? Lo sai bene anche tu» rispose seccato.
«Sì, ma stavolta mi sono preoccupata sul serio, sembrava che niente riuscisse a calmarti, perché?» continuai «sai che puoi parlarne con me, chi potrebbe capirti meglio?».
«Rae è così e basta!» gridò, «a volte comincio ad avere la mente affollata di pensieri, e puff, vado fuori di testa. Il resto lo sai» tagliò corto.
«Non avresti dovuto mollare la terapia. Ci tornerai, vero?» chiesi insistendo, nonostante lo vedessi sempre più innervosito.
A quelle parole si fermò, mi guardò dritto negli occhi e strinse i pugni «Rae, quello che devo o non devo fare non è affar tuo» chiarì, visibilmente arrabbiato «ti ringrazio per avermi accompagnato in ospedale, e ti ringrazio per essere rimasta con me, l'ho apprezzato moltissimo, ma ....»
«Beh non sembra proprio!» lo interruppi alterata senza lasciarlo terminare la frase.
«Perché vuoi trovare spiegazioni e soluzione dove non ce ne sono?!» tuonò. «So come sono fatto, conosco i miei problemi, stamattina ho avuto una discussione con mia madre che mi ha innervisito più di quanto non fossi già, e le conseguenze le hai viste. Ora per favore smettila di farmi il terzo grado» concluse ricominciando a camminare.
Non c'era apertura da parte sua, qualsiasi cosa avessi detto in quel momento l'avrebbe presa come una sfida. Iniziai a sentirmi frustrata e in colpa mentre pensavo che forse avrei fatto meglio a farmi gli affari miei quella mattina. Poi sentii la sua mano prendermi il braccio.
«Mi dispiace Rae» disse rivolgendomi uno sguardo amareggiato, «non volevo aggredirti, è che ho un pessimo carattere... Senza di te stamattina non so proprio come sarebbe andata a finire. E anzi ringrazia anche il tuo amico da parte mia».
«Archie» puntualizzai, stavolta senza alzare la voce.
«Archie» confermò lui «siete stati in gamba... Non che ne sia particolarmente sorpreso» ammise in fine.
Liam continuava a camminare con lo sguardo rivolto a terra, sembrava triste adesso, niente a che vedere con la spocchia dimostrata pochi minuti prima. Avrei voluto aiutarlo, avrei voluto spronarlo a cercare delle soluzioni, ma sapevo fin troppo bene che niente di quello che avrei potuto dirgli avrebbe cambiato le cose. Conoscevo il suo pensiero, sapevo quanto poco credesse nel cambiamento, e come si ancorasse all'idea di poter convivere con quella versione di sé stesso.
«Perché tua madre ce l'aveva con te?» chiesi poi, ripensando alle sue parole.
Mi lanciò uno sguardo rassegnato «è per mio padre» ammise, «lui è andato via di casa quando avevo più o meno 12 anni. Mia madre non l'ha mai accettato, di tanto in tanto si sfoga con me, è il suo modo per scaricare i nervi» mi rivelò ironico.
«Mi dispiace molto» risposi abbracciandolo. Ormai eravamo arrivati davanti alla porta di casa sua.
Dal giorno in cui avevo chiarito la natura del nostro rapporto non avevamo più toccato l'argomento, eravamo amici e basta, glielo avevo detto ed era la verità, amavo Finn, tutto qui. Per questo rimasi così stupita quando improvvisamente mi baciò. Fu un attimo.
«Ma che fai?!» dissi scansandolo di botto dopo che le sue labbra avevano toccato le mie.
Liam sembrava sorpreso «perché? Rae io e te siamo uguali, non c'è niente di più giusto di questo» disse avvicinandosi ancora.
«No, invece!» lo respinsi di nuovo. «Liam ho un ragazzo adesso, ti voglio bene, ti voglio bene davvero, ma come amico, niente di più» chiarii.
«Ah sì, il tuo ragazzo, vi ho visti al parco qualche giorno fa» mi assecondò ironico. «Rae quel tipo non ha niente a che fare con te, siete due mondi troppo diversi. Non potrà mai capirti come ti capisco io, né tantomeno accettarti per quello che sei davvero» continuò fissandomi dritto negli occhi, «con lui passerai il tuo tempo cercando di aggiustare il tiro, sperando di non dire o fare la cosa bagliata. Lo sai che è così, scommetto che già lo fai» insinuò.
Ero ferita da quelle parole, ferita e amareggiata da tanto astio immotivato «non è così» risposi, glaciale. «Finn non è quel tipo di persona, lui mi ha sempre vista per quello che sono e mi ha accettata. Capisco che ti senta spaesato adesso, ma non hai il diritto di mettere bocca su cose di cui non sai nulla» e su persone di cui non sai nulla, pensai.
«Se vuoi complicarti la vita a tutti i costi...» disse ridacchiando, un'altra volta strafottente.
Non c'era possibilità che capisse in quel momento «vado a casa, prenditi cura di te» conclusi voltandogli le spalle.

Stranamente quelle parole non mi avevano colpita come sarebbe successo in passato. Ero sicura di me, ero sicura di Finn, la realtà che stavo vivendo quotidianamente con lui non si avvicinava nemmeno lontanamente alle parole di Liam. È vero che gli avevo tenuto nascoste molte cose, ma non perché avessi paura di essere respinta.
Avevo deciso di non tornare subito a casa e concedermi invece una passeggiata al parco, mi piaceva andare in giro in quelle giornate incerte, e la pioggia che leggerissima cadeva di tanto in tanto non mi dava alcun fastidio. Mi sentivo bene, mi sentivo capace di fare tutto, in qualche strano modo che non riuscivo a spiegarmi la discussione con Liam mi aveva fatto bene. Respingere le sue insinuazioni mi aveva resa più sicura. Ed ero felice, mi sentivo fortunata.
Erano le due passate quando arrivai a casa, davanti alla porta, seduto su uno scalino, c'era Finn.
Mi venne incontro col passo incerto e la caviglia fasciata, ma stava decisamente meglio di due giorni prima. Un sorriso comparve automaticamente sul mio viso.
«Ehi straniero» lo salutai «come stai?». Lui mi sorrise, rispondendo alla mia domanda con un bacio «va meglio vedo» constatai.
«Sì, oggi va meglio, sono ancora dolorante ma riesco a camminare, vedrai che tra un paio di giorni sarò di nuovo in campo» dichiarò fiero ridacchiando.
«Certo, l'altra caviglia sarà invidiosa immagino!» dissi prendendolo un po' in giro. Aveva i capelli appena bagnati dalla pioggia «sei rimasto qui fuori per molto?» chiesi.
«No, solo pochi minuti» rispose «dove sei stata finora piuttosto?».
Gli avrei raccontato di Liam e di quella strana mattina, ma pensai che non fosse quello il momento giusto per farlo. Non volevo rovinare il clima disteso e felice tra noi per niente al mondo «al college, come sempre» risposi.
Finn mi guardò negli occhi, con quei dolci, bellissimi, profondi occhi nocciola, e mi baciò di nuovo «devo andare ora, avevo detto a mio padre che sarei passato 2 minuti a salutarti» sembrava quasi di fretta adesso.
«Ma no aspetta ancora un po', sono qui da 5 minuti» dissi prendendogli la mano. In quel momento però il suo sguardo si fece diverso, indefinibile, non so esattamente cosa fosse cambiato, quel che è certo è che il sorriso lucido e sereno di qualche minuto prima sembrava come sparito all'improvviso. E non capivo perché «cosa c'è?» domandai avvicinandomi a lui.
«Niente» sorrise «la caviglia comincia a darmi qualche problema. Vado davvero» E lo vidi allontanarsi sul viale.

Etrai a casa con una strana sensazione addosso, non ero preoccupata o nervosa, ma sentivo di essermi persa qualche passaggio in quei 5 minuti fuori «naaaa sono troppo paranoica» dissi tra me e me.
«Rae sei tu?» mia madre doveva avermi sentita entrare, ero convinta non ci fosse.
«Sì, mamma» dissi raggiungendola in cucina, era intenta a preparare la cena, «pensavo saresti tornata più tardi».
«No, Karim doveva lavorare» rispose, «come sta il tuo amico? Quando mi hai chiamata stamattina mi sono preoccupata» disse distogliendo per un attimo lo sguardo dalla pentola.
«Sta bene, sta bene, per fortuna si è sistemato tutto» la rassicurai.
«Meno male. Hai incontrato Finn?» mi chiese così, dal nulla.
La guardai evasiva «come dici?».
«Finn. È uscito da qui 10 minuti fa, l'hai visto?» ribadì.
Che strano, avevo capito che mi avesse aspettato fuori «sì, l'ho incontrato... ma è rimasto qui per molto?» domandai, cominciando a sentirmi nervosa.
«Mah un quarto d'ora, forse qualcosa di più» rispose tra un assaggio e l'altro, «gli ho preparato un thè e l'ho fatto accomodare, poverino stare in piedi con quella caviglia sarà fastidiosissimo. Anche lui si è preoccupato per il tuo amico quando gliel'ho detto» sganciò la bomba atomica, inconsapevole. «Ma gli ho spiegato che c'era anche Archie con te» concluse, senza immaginare minimamente cosa fosse appena successo. La lascia ai suoi fornelli, spaesata.
Merda. Merda. Merda, merda, merdaaa!!! Ecco cos'era, ecco perché tutto d'un tratto era diventato serio prima. Lui sapeva! Gli ho mentito e lui lo sapeva! O mio Dio. Sa anche che Archie era con me...
Mi chiusi in camera mia cominciando a massaggiarmi le tempie, cercavo di respirare profondamente «devo calmarmi, devo ragionare lucidamente» continuai a ripetermi.
Ma inutilmente, un attimo dopo mi precipitai in strada. Con la caviglia malandata avrebbe camminato di sicuro più lentamente, forse potevo farcela, forse sarei ancora riuscita a raggiungerlo. Corsi più veloce che potevo continuando a guardarmi intorno nella speranza di vederlo apparire, ma nonostante andassi avanti di lui non c'era più traccia.
Perché ci avevo messo tanto ad uscire?? Perché mia madre gli aveva raccontato di Liam?? Perché era venuto a casa mia??
.....«Perché sono stata così stupida??» chiesi a me stessa.

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Capitolo 7
*** Il giorno più lungo ***



Capitolo 7: Il giorno più lungo


La luce alla fine del tunnel, è così che a volte viene definita una brutta situazione vicina alla sua risoluzione. Un'espressione che avevo sentito ripetere spesso da Kester nell'ultimo periodo, si riferiva a me, al fatto che fossi sempre più vicina alla guarigione. Ma ora sapevo che si sbagliava. Come tutti. Quello che nessuno ti dice è che non c'è nessuna luce alla fine del tunnel, forse per qualcuno sì, i fortunati, ma per quelli come me no. Io avevo attraversato quel dannato tunnel da cima a fondo, ci avevo perfino vissuto, e cos'avevo trovato dopo? Altro buio, un altro tunnel.
7 giorni. Era già passata una settimana da quando Finn mi aveva lasciata.

L'avevo cercato ovunque quel pomeriggio, al pub, al parco, a casa di Archie, per strada, ma inutilmente. Ero tornata a casa un paio d'ore dopo infreddolita e completamente a pezzi. Non potevo credere ai miei occhi quando era improvvisamente comparso davanti alla mia porta. Stanco e avvilito mi aveva rivolto a malapena uno sguardo prima di parlare, «è finita Rae, non posso continuare così» mi aveva detto prima di andare via.
Nient'altro.
Dalla mia bocca non era uscita una sola parola, non una spiegazione, non una giustificazione. Ero rimasta muta e immobile mentre il ragazzo che amavo mi dava le spalle e usciva dalla mia vita per sempre. Sapevo di avere ampiamente meritato quella reazione, che non era frutto di una singola bugia ma di tutta una sequela di avvenimenti precedenti mai chiariti. E sapevo altrettanto bene che niente di quello che avrei potuto dire avrebbe cancellato la delusione nei suoi occhi, quindi, semplicemente, avevo deciso che sarebbe stata sua l'ultima parola.
Non riuscivo a sopportare l'idea che Finn potesse pensare male di me, e mi faceva lettarlmente impazzire la consapevolezza che non si rendesse conto di cosa rappresentava per me, ma tantè, la responsabilità era solo mia. Soffriva molto anche lui, era evidente, e per nessuna ragione al mondo avrei prolungato volontariamente quell'agonia.
Perciò è così, lì e in quel preciso momento, che era finita tra noi.

La mattina seguente tutta l'umidità e la pioggia accumulati durante il pomeriggio mi avevano presentato il conto: 39 di febbre e dolori ovunque.
Ero rimasta a casa malata ben 5 giorni, ma non mi importava, anzi ne ero stata felice, perché mi ero guadagnata una buona scusa per estraniarmi momentaneamente dal mondo. Avevo trascorso quella vacanza forzata senza pensare a nulla, zero piani, zero ragionamenti, non avevo visto né sentito nessuno, mi ero limitata a dormire e vegetare davanti alla tv, così, aspettando che le giornate scorressero via.
Sia Chloe che Archie mi avevano chiamata parecchie volte, credo fossero persino passati a salutarmi, ma non me l'ero sentita di vederli. Chiusa nella mia stanza mi ero sentita al sicuro, ovattata in una specie di limbo dove potevo permettermi il lusso di ignorare la realtà. Dove non ero tenuta a fare i conti con quanto fosse successo, raccontarlo... e soprattutto pensare a Finn.
Era stato nominato solo una volta in quei 7 giorni, da mia madre, quando mi aveva chiesto se avessi notizie della sua caviglia. Avevo fatto finta di non sentirla e ignorato la domanda girandomi dall'altra parte insofferente, ma il nodo in gola che mi aveva provocato era stato istantaneo, doloroso... reale. Ed era per la paura di crollare che avevo deciso di non pensare, staccare il cervello e rimanere con la testa completamente sgombra.
Peccato fosse arrivato il week end, e avesse trascinato con sé inevitabilmente il lunedì, il giorno più lungo.
Di lì a breve avrei dovuto abbandonare la mia isola felice e confrontarmi di nuovo con il mondo reale. Non ne avevo la minima voglia.

Una settimana di vuoto sulle spalle pesava decisamente più di quanto avessi immaginato «ok, puoi farcela, è solo il college. Adesso esci, prendi una boccata d'aria fresca, e tra un quarto d'ora al massimo sarei seduta in aula a fare lezione tranquilla e serena» continuavo a ripetermi guardandomi allo specchio come un mantra, ormai da 20 minuti.
Avevo provato anche ad accennare un sorriso, ma si era spento nel giro di un secondo, il mio viso era decisamente troppo tirato e stanco per essere credibile. «Ok sì, hai le occhiaie, e allora? Sta tutto nel fare il primo passo, diventerà più facile. TIRA-FUORI-LE-PALLE. Ok, vado» conclusi.
Il programma della giornata consisteva nel fare due passi sola in santa pace, non incontrare nessuno che mi facesse domande a cui assolutamente non mi sentivo pronta a rispondere, seguire le mie lezioni e tornare dritta a casa incolume.
Presi un respiro profondo, aprii la porta e feci il primo passo tornando alla realtà.

«Ehi Rae!» mi sentii chiamare, dopo nemmeno 5 minuti di cammino. Era Archie, e si stava sbracciando per salutarmi dall'altro lato della strada.
«Merda» borbottai tra me e me, «ciao Archie» risposi agitando le braccia a mia volta. Naturalmente tutte le mie speranze di un giro in solitaria erano già andate a farsi benedire. Avrei voluto essere sorpresa, ma era così dannatamente prevedibile.
Mi corse incontro e mi abbracciò fortissimo «Rae mi sei mancata tanto, ero preoccupato».
«Ok Arch, così non respiro» cercai di divincolarmi, «ho avuto la febbre, non ero in pericolo di vita!» minimizzai, cercando di sorridere.
Lui mi lanciò uno sguardo di apprensione, come se potesse leggermi nel pensiero «hai un aspetto terribile Rae» sentenziò, «e sai che non mi riferivo alla febbre», concluse prendendomi per mano e ricominciando a camminare.
«Come mai da queste parti? Non hai la macchina oggi?» chiesi nel tentativo di intavolare una discussione neutra.
«Sono venuto per te sciocchina» rispose guardandomi come avrebbe fatto con un cucciolo ferito, «non ti lascerò affrontare questa giornata da sola, ti si legge in faccia come ti senti dopo quello che è successo con Finn».
Bastò il suo nome a provocarmi un tremendo tuffo al cuore. Sapevo che le intenzioni di Archie erano buone, lo adoravo per questo, ma non sarei mai arrivata incolume alla fine della giornata con queste premesse «Archie sto bene, davvero, parliamo d'altro però».
Mi ignorò «quando ci ha detto che avevate chiuso non potevo crederci. Gliene avrei dette quattro se non avesse avuto un'espressione peggiore di quella che hai tu ora» proseguì, come se non avesse neanche lontanamente ascoltato quello che gli avevo appena detto. «Mi ha raccontato quello che è successo, certo gli hai mentito, ma non è una ragione valida per mollare qualcuno, no?» continuò imperterrito, «è il mio migliore amico, gli voglio bene, e non intendo entrare nelle vostre cose, ma mi sembra una reazione spropositata per...».
«Arch...» lo chiamai, alzando di un tono la voce nel tentativo di farlo desistere.
Purtroppo si era interrotto solo per un secondo prima di riprendere il discorso. «Quella sera dopo aver parlato con te è venuto da me, era molto abbattuto, gli ho raccontato un po' cosa fosse successo con Liam. Sembrava sereno quando è andato via, e il giorno dopo mi ha detto che...» era evidente che non si sarebbe fermato.
«Smettila!» urlai, lasciandogli la mano. «Ti ho detto di smetterla, non ne voglio parlare, le cose sono andate come sono andate, basta ora!» replicai, accorgendomi solo dopo aver finito la frase delle occhiate che la gente aveva cominciato a lanciarmi sentendomi imprecare.
Archie si bloccò, sicuramente non si aspettava da me quella reazione, e adesso mi guardava con un misto di preoccupazione e dispiacere. «Scusami Rae, non volevo davvero, non avevo capito. Scusami» disse rivolgendo lo sguardo a terra, mortificato.
Cercai di recuperare un minimo di autocontrollo, l'ultima cosa che avrei voluto era discutere con lui «non importa Arch», feci un respiro profondo, «però se non ti dispiace adesso preferisco andare avanti da sola. Non sono arrabbiata te lo giuro, ho solo bisogno di stare un po' per conto mio». Lo osservai un momento, poi ammisi «le cose non stanno come pensi, quello che è successo la scorsa settimana è stata solo l'ultima goccia», e provai di nuovo a sorridere, più che altro per fargli capire che non ero davvero arrabbiata con lui.
«Va bene» rispose abbracciandomi ancora, «però io ci sono... se vuoi parlare, se vuoi stare zitta, per una passeggiata, una canzone, quello che vuoi. Ok? ».
Mi limitai ad un cenno di assenso «ti voglio bene Arch lo sai, e poi dovrai raccontarmi tutto del tuo nuovo ragazzo, no? Sono rimasta indietrissimo sul tuo primo appuntamento, magari più tardi» dissi cercando di recuperare un minimo di complicità.
«Certo» rispose facendomi l'occhiolino un attimo prima di salutarmi.
Dieci minuti con Archie ed ero già a pezzi. Come avrei potuto affrontare il resto della giornata? Ripresi a camminare e fortunatamente l'aria fresca del mattino mi calmò i nervi, «un passo per volta, pian piano andrà meglio» continuai a ripetermi per tutto il tragitto sperando di convincermi che fosse la verità.

Arrivata al college inaspettatamente tutto era filato liscio, avevo seguito le lezioni della mattina, pranzato con Izzye e Chloe schivando abilmente ogni riferimento a Finn, e studiato un'oretta in biblioteca nell'attesa dell'ultima lezione del pomeriggio. Mi sentivo tranquilla, ormai mancava poco, si trattava di stringere i denti solo un altro po'.
Stavo scendendo le scale per andare in classe quando lo vidi. Nel cortile, seduto a un tavolo c'era Finn, circondato da Stacey barbie Stringfellow e la sua banda di vipere. Avrei voluto fare finta di niente e tirare avanti, ma non era possibile, mi fermai a guardarlo poggiando la testa contro la vetrata in un gesto completamente involontario. Non avevo realizzato quanto mi fosse mancato realmente fino a quel momento. D'un tratto tutte le mie intenzioni di non pensarci, di ignorare la realtà, comportarmi normalmente, andarono bellamente a farsi benedire, e la morsa che mi prese la parte alta dello stomaco arrivò pressoché istantanea, insieme al batticuore.
«Guarda come fanno le smorfiose» pensai a voce alta, soffermandomi sugli atteggiamenti provocatori neanche troppo velati delle ragazze. Stacey continuava a parlargli accarezzandogli un braccio, avrei voluto avere una motosega a portata di mano. Mi costava ammetterlo, ma da quassù insieme sembravano una gran bella coppia, almeno, visivamente parlando. Finn aveva lo sguardo ombroso e dolce di sempre, mi sarebbe mai passata?
«Accidenti» dissi tra il trasognato e il geloso andante.
«Parli da sola?» Liam spuntò dalle scale e mi osservò divertito.
Che vergogna, staccai la testa dal vetro «ero sovrappensiero» sdrammatizzai, pregando che non si mettesse a sbirciare anche lui.
Mi raggiunse e guardò fuori oltre il vetro notando Finn «non è il tuo ragazzo quello? Però... ne ha di faccia tosta per circondarsi di ragazze davanti a te».
«Non è più il mio ragazzo» ammisi «non lo è da una settimana ormai».
Mi guardò, sorpreso «ah sì? Come mai? Problemi in paradiso?» domandò col suo solito fare ironico e strafottente.
Mi limitai a scuotere la testa.
Dovevo avere davvero una pessima cera, perché il tono della sua voce cambiò alla velocità della luce «Rae dai, lo sai che scherzo, cosa c'è che non va?» mi chiese con gentilezza.
«Francamente non lo so».
«Pensavo che le cose ti andassero bene. Ti ho visto mangiare tranquillamente in mensa prima, continui con la terapia, hai degli amici, un ragaz... beh lo avevi comunque. Perché quella faccia?» chiese sinceramente incuriosito.
Sospirai «credo di non riuscire a far convivere la vecchia me stessa con quella nuova. E soprattutto non so come far convivere entrambe con lui» mi voltai verso la vetrata, tornando ad osservare Finn. «Vorrei che avesse a che fare solo con la Rae guarita, normale, senza tutti i vecchi problemi. Solo che non è possibile. E così finisco per tenerlo fuori da tutto. Si è fatto un'idea su ciò che penso di lui fuori dal mondo» dissi voltandomi di nuovo verso Liam, «non so se può avere un senso per te» consclusi sorridendo.
Liam non mi aveva staccato un momento gli occhi di dosso «non sono esattamente la persona migliore per risolvere certi problemi, però magari se proponendogli la "nuova" Rae è andata così male, e scusami ma è stata veramente una cazzata di idea, l'unica soluzione è presentargli quella "vecchia"».
«E come?» domandai.
«Non ne ho idea» ammise «però quello che vi serve è un compromesso, forse se gli mostri quello che eri e poi quello che sei, troverete insieme un modo giusto per stare insieme nel presente. Così vi godrete i momenti sereni della "nuova" Rae, e affronterete insieme i disastri della "vecchia", se e quando si presenteranno» consluse mantenendosi serio a fatica.
Quel sottolineare tra virgolette "vecchia" e "nuova" ogni volta faceva sembrare tutto una barzelletta, tuttavia c'era della sensatezza nelle sue parole «sei più saggio di quanto pensassi, quando troverò un modo per mettere in pratica questo suggerimento verrò a ringraziarti» dissi schioccandogli un bacio sulla guancia.
«Quando vuoi» Liam se ne andò ridacchiando, ed io rivolsi di nuovo il mio sguardo alla vetrata verso Finn... Solo che stavolta non fu a senso unico.
Doveva avermi vista dal cortile, e adesso i suoi occhi erano inchiodati ai miei. Una scarica elettrica mi percorse da cima a fondo. Per un momento infinito nessuno dei due staccò lo sguardo, chissà se mi aveva vista parlare con Liam, chissà cosa doveva aver pensato...
Mi sentii avvampare, distolsi lo sguardo e scesi le scale in tutta fretta «non ce la faccio così» pensai, ero sul punto di piangere.

Raggiunsi il bagno di corsa, era bastato uno sguardo di Finn per sciogliere le emozioni che avevo trattenuto per tutta la settimana precedente, e adesso non riuscivo a smettere di piangere. «Maledetta me» singhiozziai tra le lacrime.
Riuscii a riprendermi solo un quarto d'ora dopo, ero esausta, e uscii dal bagno con una faccia che avrebbe terrorizzato uno zombie.
«Rae stai bene?» sentii la voce di Finn provenire dalle mie spalle, mi voltai. Era appoggiato al muro, accanto alla porta da cui ero appena uscita «ti ho visto entrare di corsa in bagno e non sei più uscita, mi sono preoccupato» disse notando immediatamente i miei occhi lucidi.
Avrei voluto dissolvermi nell'aria. Ero felice di vederlo, ancora di più che mi rivolgesse la parola nonostante tutto, ma il ricordo del nostro ultimo incontro pesava ancora come un macigno. Faticai a pronunciare due parole sensate «sto bene... è che... sai tornare dopo una settimana a casa con la febbre è dura» risposi provando a mascherare un minimo l'imbarazzo.
Gli sorrisi e feci per andarmene, quando mi sentii trattenere per un braccio «Rae aspetta» disse stringendo la presa, «mi sei mancata tanto» ammise senza avere la minima idea di cosa quelle parole stessero scatenando dentro di me, «avrei voluto chiamarti in questi giorni, ma non avrei saputo cosa dirti».
Le lacrime ripresero a rigarmi il viso, cercai di non guardarlo, ma se ne rese conto lo stesso «che vergogna, mi dispiace Finn io...» ma non finii la frase.
Mi abbracciò. E dopo un primo momento di imbarazzo feci altrettanto. Ero felice. Felice e disperata al tempo stesso, avevo rovinato tutto e non sapevo come rimediare. Nonostante tutti i miei sbagli era ancora lì, per me. Mi sentivo sempre più colpevole e stupida ad ogni secondo che passavamo vicini.
«Rae voglio chiarire una cosa con te» disse allontanandomi un po', e asciugò le lacrime dal mio viso con la sua mano. «Se avessi intravisto anche solo una possibilità per noi... non ti avrei mai e poi mai lasciata. Ma non posso stare con te se non mi vuoi nella tua vita». Mi guardò un momento e proseguì «questo non significa che i miei sentimenti per te siano cambiati.... Ti amo Rae... sempre».
Non riuscivo ad accettare che il suo primo vero "ti amo" arrivasse mentre stavo distruggendo ogni cosa. Lo allontanai di scatto e me ne andai di corsa lasciandolo lì, finendo di piangere tutte le mie lacrime.

Quella giornata sembrava fosse destinata a durare per sempre, mentre correvo verso casa avevo la testa piena delle parole di Archie, di Liam, di Finn... Il mio Finn... mi aveva appena detto "ti amo" e non avevo potuto nemmeno rispondergli. Certo che lo amavo anch'io, con tutto il mio cuore, ma come avrei potuto dirglielo se l'unica cosa di cui ero capace era allontanarlo?
Entrai a casa e mi buttai sul letto affondando la testa nel cuscino.
"Presentargli la vecchia me" così aveva detto Liam, ma come?? Mi mancava, mi mancava da morire, non riuscivo nemmeno ad immaginare come sarebbe stata la mia vita senza di lui.
Dovevo assolutamente fare qualcosa, volevo riprendermelo. La prima volta che era finita tra noi mi ero arresa e basta, sentivo fosse giusto così, ma stavolta no, stavolta era tutto sbagliato.
«La vecchia me» continuavo a ripetermi cercando di tranquillizzarmi e fermare le lacrime. Quello che dovevo fare era essere me stessa, permettergli di vedermi, farlo entrare nella mia vita... ma come???
Stavo per impazzire. Ma voltai lo sguardo, accesi il cervello, e tutto improvvisamente si fece evidente.
Smisi di piangere, mi asciugai le lacrime e di colpo sorrisi, per la prima volta sinceramente dopo 7 giorni.
Non c'era bisogno che gli parlassi, non avrei dovuto raccontargli niente, c'era un modo... allungai le braccia verso la scrivania e mi sentii di nuovo viva.
La verità, la vera me, vecchia nuova è tutto qui, c'era ancora qualcosa che potevo fare! In fondo con Chloe aveva funzionato, quindi perché con me no? Era un azzardo, ma stavolta mi sarei giocata il tutto per tutto, non avrei rinunciato ancora a lui.
Scrissi un biglietto, lo misi nello zaino e uscii di corsa.

Qualche minuto dopo ero davanti alla porta di Finn. Suonai il campanello con il cuore in gola che rischiava di esplodermi da un momento all'altro.
Quando aprì la porta rimase sorpreso, ma non gli diedi modo di parlare, non riuscivo più ad aspettare. Mi tesi in avanti e allungai le braccia «Finn prendilo ti prego. Io non riesco a dirti quello che vorrei, lascia che lo faccia lui per me» dissi guardandolo dritto negli occhi. Esitò, probabilmente si stava chiedendo se fosse la cosa migliore da fare. O magari mi aveva semplicemente preso per pazza, ma tanto volta più volta meno, almeno stavolta avevo uno scopo.
«Ti prego Finn, guardati con i miei occhi» insistetti.
Abbassai lo sguardo in attesa, e quando finalmente sentii le sue mani, sorrisi e lo guardai.
Finn era ancora lì, davanti a me, con il mio diario tra le sue mani.

Penultimo capitolo! Stavolta ci ho messo un po' di più a causa di mancanza di tempo. Mi è venuto decisamente più lungo di quanto sperassi, ma tant'è.
Se siete arrivati fino a qui tanto di cappello, siete delle persone pazienti :) Al solito mi auguro di non aver incasinato troppo le cose e di essere arrivata alla fine più o meno sana e salva.
Alla prossima settimana con la fine della storia :)

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Capitolo 8
*** Il Pianeta Rosso ***



Capitolo 8: Il Pianeta Rosso

Ogni persona è un'isola in se stessa,
e lo è in un senso molto reale,
e può gettare dei ponti verso le altre isole solamente se vuole
ed è in grado di essere se stessa.
Quel che siamo è sufficiente, se solo riusciamo ad esserlo.
Carl Rogers


Uno scalatore, ecco come mi sentivo. Che dopo aver affrontato la paura, la stanchezza e l'incertezza del viaggio arriva in cima, e si trova davanti lo spettacolo del mondo che ha lasciato dietro di sé, che è sempre lo stesso eppure così diverso. E forse avrebbe potuto avere un altro passo, magari scegliere un percorso diverso, ma in cima tra le nuvole c'è solo serenità, consapevolezza, e un panorama incredibile.
Così mi sentivo io, ancora a casa di Finn ferma sulla porta, sempre me stessa ma improvvisamente più decisa e sicura, l'idea di avergli appena consegnato tutti i miei segreti non mi era mai sembrata tanto intelligente e coraggiosa, un'impresa epica dopo la tempesta emotiva di quella giornata.
Se fosse andata come pensavo anche il mio panorama sarebbe stato incredibile alla fine.

La sua espressione dopo aver accettato il mio diario continuava ad essere un misto di dubbio e sorpresa, ma ero sicura che sarebbe finita bene. Per una volta invece di lasciar fare al destino avevo preso il coraggio a 4 mani e affrontato le mie paure, non avrei potuto chiedere di meglio, sentivo di aver fatto davvero la scelta giusta.
Il passo successivo sarebbe stato tornare a casa con calma, farmi prendere delicatamente dal panico controllando il tempo che, immaginavo, sarebbe servito a Finn per leggere tutto, e infine tormentarmi su ciò che avrebbe potuto o meno pensare di me nell'attesa di vederlo di nuovo. Era un buon piano, paranoico sì, ma l'avrei attuato con piacere... se solo una voce che conoscevo fin troppo bene non fosse sbucata dal nulla rovinandomi tutto...
«Finn ma che fine hai fatto?» chiese Stacey barbie Stringfellow spuntando improvvisamente alle sue spalle lasciandomi esterefatta.
Finn sembrò sorpreso da quella domanda quasi quanto me, si girò un momento verso di lei, poi inchiodò i suoi occhi su di me. Non so di preciso cosa mi passasse per la testa, ma la mia espressione attonita doveva essere stata più eloquente del mio silenzio, perché Finn fece un passo verso di me, a disagio, allungando un braccio, e mi avrebbe afferrata se Stacey non l'avesse trattenuto. Lo abbracciò da dietro poggiando il mento sulla sua spalla, e mi sorrise ironica «stavamo preparando il tè, vuoi unirti a noi?» chiese scrutandomi con i suoi soliti occhioni azzurri perfidi e insolenti.
Vipera, pensai, sarebbe riuscita a farmi sentire fuoriluogo anche a casa mia. Ero senza parole. Non riuscivo a darmi una spiegazione plausibile per quella scena, l'unica cosa che sapevo per certo è che se avessi aspettato anche solo un altro minuto sarei scoppiata a piangere... oppure avrei finito col farmi accusare di omicidio.
Con una mossa automatica recuperai il mio diario dalle mani di Finn, che mi guardò senza proferire parola «mi sono ricordata di dover ancora fare un ultimo ripasso, sai, per gli appunti» cercai di accampare una scusa davanti a Stacey indicando il diario, «magari te lo riporto un'altra volta. Buona serata, ciao» dissi tagliando corto per chiudere immediatamente quel momento surreale di imbarazzo.
«Rae, aspetta un attimo» incalzò Finn allontanandosi da Stacey.
Lo ignorai «devo proprio andare, mia madre mi sta aspettando» risposi facendo dietrofront sorridendo ad entrambi. Poi mi allontanai di corsa.
Incredula e con la mente in black out tornai a casa ancora una volta al punto di partenza.
Uno scalatore, dicevo, ma di quelli che non arrivano mai a destinazione perché a una manciata di metri dalla cima gli frana tutto addosso. Tipico di me.
Perché diavolo ero andata lì? Perché mi ero resa ridicola con la storia del diario?... Ma, soprattutto, che ci faceva Stacey a casa sua??

Dopo una notte insonne fu lo scoppio di un palloncino a svegliarmi.
«Rae dormigliona svegliati!» urlò mia madre dal piano di sotto incurante dell'ora e dei vicini. Sentivo un gran trambusto, ma che stava combinando?
«Sono sveglia!» risposi con la vitalità di uno zombie.
Passai altri 10 minuti fissando il soffitto e ripensando a Finn e Stacey, c'era qualcosa tra loro? L'idea mi sconvolgeva, eppure mi sentivo infastidita più che altro da me stessa, perché anche in quella situazione non potevo fare a meno di pensare a quanto stessero bene vicini quei due «una coppia perfetta» mormorai.
«Allora ti alzi o no?» disse mia madre irrompendo nella stanza, «ricordati che stasera io e Karim andiamo a prendere tua sorella all'ospedale, saremo a casa per le 8. E gonfia qualche palloncino» sentenziò un attimo prima di uscire.
Ah già, avevo dimenticato il grande evento di oggi! Finalmente sarei stata una sorella maggiore a tutti gli effetti, non stavo più nella pelle... palloncini a parte. Mi feci coraggio, scesi dal letto e mi preparai per uscire... ma dopo due scalini atterrai sul... Pianeta Rosso. Il salotto e la cucina erano completamente invasi di palloncini rossi, «perché diamine vuole che ne gonfi ancora?» dissi. A fatica mi feci largo fino ai fornelli, avevo assolutamente bisogno di una tazza di tè, sul ripiano vicino al lavandino mia madre aveva lasciato un biglietto:

Per Rae
Finn ha chiamato 3 volte ieri sera e una stamattina all'alba.
Vedi di risolvere la situazione, di qualunque cosa si tratti, e non
fasciarti la testa prima di essertela rotta.
Un bacio, mamma.
Ps Sta attenta a non scoppiare i palloncini
e gonfiane qualcuno da mettere al piano di sopra.

«Ma cos'è questa fissazione per i palloncini?» imprecai tra me e me accartocciando il foglietto. La sera prima ero tornata a casa filando dritta in camera sotto le coperte. Avevo detto a mia madre di avere un fortissimo mal di testa, e mi ero assicurata di evitare come la peste ogni contatto telefonico con Finn. Ero arrabbiata, sì, e anche imbarazzata, perché ero andata da lui con il cuore in mano e l'avevo trovato con quella serpe. A prescindere dalle motivazioni non riuscivo proprio a capire cosa ci trovasse di interessante, era una stronza di proporzioni cosmiche! Del resto tuttavia erano anche usciti insieme per un po' di tempo. Com'era possibile che gli fossi piaciuta io dopo di lei? Mistero.
Presi il tè, e poi riluttante mi convinsi ad uscire, «un'altra giornata in trincea» pensai.

«Finn e Stacey? Rae ma sei sicura di averla vista bene?» mi chiese Chloe dopo un quarto d'ora di lagne e racconti ininterrotti. C'eravamo incontrate per strada, e da allora non avevo fatto altro che parlare della mia nuova triste storia con Finn.
«Ero lì eh, a un metro da loro, certo che era lei. Ma secondo te gli piace? Voglio dire, non ti sembra strano?» chiesi implorandola con lo sguardo di illuminarmi sulla faccenda.
«Beh è una ragazza molto carina, oltretutto sono già usciti insieme. Strano perché?» chiese incuriosita rivolgendomi un sorrisetto canzonatorio.
«Per me!» risposi indignata, come se fosse il concetto più ovvio di questo mondo, «guarda me e guarda lei, non potremmo essere più diverse!».
Chloe si voltò verso di me inarcando le sopracciglia, guardandomi come se fossi pazza «Rae ascolta» prese un respiro profondo «questa storia di Stacey è follia pura. È una bella ragazza? Sì. Potrebbe essere il tipo di Finn? Può darsi, non ne ho la minima idea. Stanno insieme? Assolutamente no!» continuò sbracciandosi. «Finn ti ha detto che ti ama ieri, giusto?».
«Sì» risposi arrossendo.
«E allora di cosa stiamo parlando?» imprecò irritata, «non mi risulta che sia il tipo di persona che dice ti amo ad una ragazza e poi esce con un'altra» constatò decisa, «e poi a parte tutto, perché non gliene parli tu? Guarda, è lì» disse indicando Finn con un dito. In effetti era appoggiato al muro accanto alla porta d'ingresso, non credo ci avesse ancora viste.
«Non so Chloe, non vorrei che se la prendesse. E poi ti ricordo che sì, mi ha detto ti amo, ma mi ha anche lasciata. Anche questo è un po' strano non ti pare?».
«Rae sei un caso senza speranze» sentenziò in fine.
«Già» dissi sbuffando, ancora più infastidita dalla vista di Stacey.
Avevo cominciato a fissarla da lontano, era appena arrivata sfilando insieme alle sue amiche e come sempre si atteggiava a gran diva. Dio, come la odiavo, avrei voluto prenderle quella bella coda bionda fluente e tagliarla di netto con un paio di forbici. Certo che fisicamente parlando non le mancava proprio nulla, non stentavo a credere che Finn potesse esserne stato attratto, anche adesso era circondata da un gruppetto di ragazzi in adorazione. «Chissà cosa si prova a ricevere costantemente quel tipo di attenzione» dissi riflettendo a voce alta.
Non pensavo certo di poter apparire interessante ai suoi occhi tanto da attirare la sua attenzione, e invece a un certo punto a sua volta cominciò a fissarmi intensamente «cosa vorrà?» mi chiesi.
«Rae ci vediamo dopo allora» Chloe improvvisamente interruppe i miei pensieri. Mi stava mollando così? Sorrise facendomi un cenno con la testa rivolta a destra, per poi raggiungere Archie in tutta fretta nella direzione opposta... ma cosa... ?
«Buongiorno» disse Finn ormai a meno di un metro da me appena mi accorsi di lui, «ti va di saltare la prima ora e venire a fare un giro con me?» domandò sorridente.
Anche se avessi voluto, anche se fossi stata nell'imbarazzo più totale, a quel sorriso non avrei mai saputo dire di no. Mi limitai a un cenno di assenso sorridendogli a mia volta, e cominciai a seguirlo.
Ecco cosa stava fissando Stacey poco fa, non ero io, era Finn... Mentre pensavo alla sua faccia nel vederci andare via insieme non potei fare a meno di lasciarmi sfuggire una risatina maliziosa.

Camminando verso il parco Finn ed io non avevamo scambiato nemmeno una parola. Avrei voluto essere arrabbiata o infastidita con lui, ma la verità è che bastava la sua presenza a rendermi serena, insieme a lui non riuscivo a non sentirmi felice, anche se come adesso si trattava semplicemente di camminargli accanto. Avrei voluto chiedergli di Stacey, ma nonostante avessi escluso quasi subito l'idea di una storia tra loro ero preoccupata lo stesso, lei era così... era così... carina e normale, ecco.
Forse se fossi stata una persona migliore e meno egoista avrei dovuto augurargli semplicemente il meglio, ma i miei sentimenti per lui erano ormai andati troppo oltre per essere in grado di farlo. Così mi feci coraggio ed evitai i giri di parole.
«C'è qualcosa tra te e Stacey?» domandai andando dritta al punto.
Finn si fermò di colpo voltandosi verso di me «mi chiedevo quando saresti riuscita a chiedermelo» e mi sorrise, «non c'è niente tra noi».
«E allora perché ieri sera era a casa tua?».
«Suo padre e il mio lavorano insieme, mi aveva portato una cosa per lui. Abbiamo semplicemente scambiato quattro chiacchiere davanti a una tazza di tè» rispose scrollando le spalle.
«Tu le piaci ancora» sussurrai rivolgendo lo sguardo a terra.
«Lo so» ammise «ma io sono innamorato di un'altra» disse cercando il mio sguardo. «Rae quando ti ho detto che ti amo ieri ero serio, non l'ho detto così per dire. Pensi che un paio d'ore dopo mi sarei messo a corteggiare lei?».
Non l'avevo mai pensato, da brava insicura ero entrata nel tunnel del panico in automatico, ma non avevo mai preso davvero in considerazione quella eventualità «non l'ho mai pensato. Mi fido di te, è che vederla lì è stato uno shock per me. Stacey è una stronza Finn» borbottai smettendo di trattenermi, «ha reso la vita impossibile a Chloe, a me, anche ad Archie! Vederla insieme a te mi ha dato fastidio non lo nego».
A quelle parole Finn scoppiò a ridere «non l'avrei mai detto» disse aggrottando la fronte nel tentativo di imitare la mia aria imbronciata, «non mi dici niente che non sapessi già. Se ho smesso di uscirci insieme ai tempi ci sarà stato un motivo, no? Piuttosto...» prese un respiro profondo tornando serio «tu sei rimasta sorpresa da Stacey, ma credimi se ti dico che lo sono stato più io nel vedere te porgermi il tuo diario. Come ti è venuto in mente?».
Arrossii immediatamente, ero così presa da Stacey da aver dimenticato tutto il resto «io... beh ho pensato fosse una buona idea. Sai no? Per provare a raccontarti quello che non riesco a dirti avendoti davanti» dissi imbarazzatissima con un filo di voce.
«Io non me lo merito Rae» rispose lui spiazzandomi.
«Come dici? Che vuol dire?».
«Io non ho mai voluto questo, non voglio conoscere tutti i tuoi segreti» esordì pesando bene le parole, «quello che voglio è fare parte della tua vita, avere la possibilità di starti vicino come posso, essere messo nelle condizioni di capire cosa ti succede. Ma non voglio farlo spiando il tuo diario, non merito di sapere cosa ti passa per la testa guardando dal buco della serratura». Era serio, risoluto, e non aveva staccato un attimo i suoi profondi occhi nocciola dai miei, «se anche me l'avessi lasciato non l'avrei mai letto, questo deve essere chiaro» sentenziò.
«Finn...» avrei voluto dire qualcosa di sensato, ma mi interruppe di nuovo.
«Hai idea di quanto sia frustrante capire che qualcosa non va essendo tenuto sempre all'oscuro di tutto?» domandò con l'aria affranta, «ormai ti conosco Rae, so quando stai bene e quando qualcosa non va. Non saperne niente mi fa impazzire. E devo essere per forza io il problema visto che riesci a confidarti con tutti gli altri. Con Archie prima di tutto, con Chloe, e scommetto che anche Liam ti conosce meglio di me». Era sinceramente dispiaciuto, notai i suoi pugni stretti e mi resi conto di quanto lo avessi realmente ferito. «Non volevo lasciarti, ti amo» disse scrutando il mio sguardo in cerca di una reazione, «ma qualcosa deve cambiare».
Raccolsi un momento i pensieri prima di parlare, non volevo sbagliare stavolta «hai ragione per il diario, non lo meritavi, mi dispiace» ammisi «è vero che spesso ho preferito tenerti all'oscuro dei miei problemi, ma è importante che tu sappia che per me ci sei sempre stato. Sempre Finn, anche se non lo sapevi. Ogni volta che mi sono sentita sola o triste io ho cercato te. E magari non ti ho detto il perché ma tu eri lì, accanto a me». Gli presi le mani e lo guardai dritto negli occhi «con Archie è diverso, lui è un amico, e Liam... beh Liam è come me, parlare con lui è facile, vive le stesse situazioni che vivo io, affronta i miei stessi problemi. Con te avevo paura».
«Non capisco, ma paura di cosa?» domandò esasperato.
«Che tu cambiassi. Con me» ammisi, «Finn quando le persone sanno certe cose il loro atteggiamento cambia. Non volevo che ti preoccupassi per me, ma soprattutto non volevo che i miei disastri ti condizionassero. L'idea che tu potessi sentirti frenato nei tuoi atteggiamenti con me, che potessi dirmi una cosa piuttosto che un'altra per non ferirmi, che non riuscissi mai ad essere veramente te stesso... beh mi faceva impazzire» dissi liberandomi finalmente da un peso che avevo portato con me fino a quel momento. «Io non voglio una spalla su cui appoggiarmi, voglio una persona che si senta libera di dirmi qualsiasi cosa senza avere paura delle conseguenze, e che non mi tratti come un cucciolo cercafamiglia bisognoso di cure. Ti giuro che non lo potrei sopportare, la commiserazione Finn, finirei col credere che stai con me solo per quello» dissi cominciando a sentire gli occhi lucidi.
Finn mi abbracciò forte per un tempo indefinito, poi mi scostò i capelli dal viso e mi sorrise «Rae io non sono preoccupato per te. Quando Archie mi ha raccontato della vostra avventura con Liam era sconvolto dalla serenità e la fermezza con cui avevi gestito quella situazione, ma io no. Da quando ti conosco ti ho vista affrontare le situazioni più difficili riuscendo sempre ad uscirne fuori nella maniera migliore» disse senza distogliere lo sguardo neanche per un momento, «hai i tuoi alti e bassi come tutti, ma hai avuto a che fare con questioni importanti che non hai mai smesso di affrontare. Come potrei preoccuparmi per te? Sei la persona più in gamba che conosca Rae. Voglio soltanto... starti vicino».
Mi prese il viso tra le mani, e le sue labbra finalmente si poggiarono sulle mie. Era facile, era tremendamente facile ed io non l'avevo capito.
Complicandomi la vita cercando di semplificare la sua stavo distruggendo entrambi. Lo vedevo chiaramente solo adesso.
«Ti amo Finn, tantissimo» dissi un attimo dopo «tu lo sai che ti stai mettendo in un bel guaio... vero?» chiesi sibillina.
«Sopravviverò» rispose baciandomi ancora.

Il giorno più bello della mia vita in assoluto. Dopo quel chiarimento tanto cercato e voluto io e Finn eravamo tornati al college insieme, mano nella mano.
Camminando per i corridoi non ci eravamo separati nemmeno per un momento, Archie e Chloe ci avevano ricoperti di sorrisi e occhiatine maliziose, e Stacey... beh lei di occhiatacce ci avrebbe sotterrati probabilmente. Mentirei se dicessi di non averci goduto neanche un po', la verità è che vedere quella vipera rodersi il fegato mi aveva riempita di gioia, «ben ti sta viperaccia» avevo sghignazzato tutto il tempo.
Stavolta non c'erano state crisi di panico, dubbi, paranoie, niente, eravamo entrati e usciti 4 ore dopo completamente incolumi, sempre vicini, abbracciati... innamorati.
Stavolta nessun commento ignorante mi avrebbe rovinato la giornata, non avrei più permesso e nessuno di avere il potere di decidere per me il destino della nostra storia.

Portai i miei amici a casa per conoscere finalmente mia sorella «ragazzi vi avverto» dissi arrivati davanti alla porta «dentro è un po'... strano ecco. Molto molto rosso, state attenti a non rompere nulla» li avvertii.
«Rae ma è un luna park!» disse Chop appena la porta si aprì, «è bellissimo, sembra di essere dentro a un lampone gigante!» gli fece eco Izzye.
Li feci entrare tra un inevitabile scoppiettio generale, mia madre e Karim non erano ancora tornati «mettetevi pure comodi, se volete gonfiare qualche altro palloncino ce ne sono ancora tantissimi. Intanto metto su un tè» dissi dirigendomi in cucina dopo avergli lanciato due bustine di palloncini sgonfi.
Archie mi seguì a ruota, mi aveva accennato qualcosa durante il tragitto, ma ancora non mi aveva detto niente di dettagliato sul suo nuovo ragazzo, sembrava una cosa piuttosto seria «Rae mi sa che mi sono preso una cotta» cinguettò al settimo cielo.
«Davvero? Sei già a questo punto? Ma il primo appuntamento c'è stato?».
Sorrise malizioso «il primo, il secondo, il terzo, direi che ormai siamo ufficialmente una coppia».
«Arch è fantastico!» dissi stritolandolo in un abbraccio «come si chiama?».
«Jamie» rispose prontamente «è alto, spalle larghe, non vedo l'ora di presentartelo» disse al culmine della gioia.
«Te lo meriti... non gli hai fatto una serenata poi... Vero?» chiesi facendogli l'occhiolino ripensando alla nostra prima conversazione sull'argomento.
Mi schioccò un bacio sulla guancia «sei perfida!» ridacchiò.
Fu l'improvvisa risata di Finn ad interrompere la conversazione «allora, questo tè? Ho la gola secca a forza di gonfiare palloncini. Rae nel salotto a breve non ci sarà posto nemmeno per respirare. Togli quegli aggeggi infernali dalle mani di Chop» disse ridendo di gusto.
Venne dalla mia parte e mi baciò dolcemente «andiamo?» chiese indicando il vassoio con le tazze di tè.
Con tutto quel rosso il salotto sembrava davvero preda di un'invasione di lamponi giganti, stavo per cominciare a scoppiarli quando si aprì la porta di casa. Mia madre e Karim comparvero sulla soglia con la mia sorellina infagottata tra le braccia «ciao ragazzi! Vi presento Jasmine» annunciò orgogliosa mia madre tirandola fuori dalla copertina «l'abbiamo chiamata come la mamma di karim, è già un piccolo diavoletto».
«Come qualcuno che conosco» mi sussurò Finn all'orecchio prendendomi per mano.
Ci avvicinammo tutti per guardala bene «congratulazioni signora Bouchtat, è adorabile» disse Chloe incantata.
Era davvero una piccola principessa, serena, con gli occhioni appena spalancati sul mondo e le guanciotte rosa. La invidiai per un momento, perché era ancora una piccola pagina bianca tutta da scrivere, senza errori da cancellare e nessuna cattiveria da mandare giù. Le sarei sempre stata vicina, qualcunque cosa fosse accaduta avrebbe avuto accanto la sua sorellona chiacchierona che l'avrebbe riempita di affetto e di attenzioni.
Poi mi guardai intorno, incrociai lo sguardo dolce e premuroso di Finn, l'allegria dei miei amici, la felicità della mamma, e capii che, in fondo, non avrei potuto fare altro che augurarle la fortuna che avevo avuto io.

Eccoci arrivati alla fine della storia.
Avrei voluto inserire qualcosa in più su kester, ma poi mi sono resa conto che sarebbe stato fuoriluogo, ho improntato la storia verso il ritorno alla normalità, ho trovato più veritiero descrivere Rae nell'ottica della sua vita da adolescente piuttosto che alle prese con colloqui psicologici o altro.
Mi auguro che la storia vi sia piaciuta, avevo una gran voglia di passare ancora un po' di tempo con i personaggi della serie che più ho adorato e dare un lieto fine più corposo alla storia tra Rae e Finn.
Per me è stata la prima fanfiction in assoluto e mi sono divertita moltissimo a scriverla, mi scuso per i vari errorini che sicuramente dall'inizio ci sono stati. Prima o poi mi prenderò la briga di rileggere tutto da capo e correggere come si deve.
Ringrazio chi è arrivato fin qui e chi ha avuto la pazienza di commentare e lasciarmi qualche dritta, ho apprezzato moltissimo.
Alla prossima :)

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