Celia Worthing

di Netmine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutto cambierà.. ***
Capitolo 2: *** La fase iniziale ***
Capitolo 3: *** Un salto nel vuoto ***



Capitolo 1
*** Tutto cambierà.. ***


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"Celi, è ora di alzarti. Sù. Faremo tardi!"
"Si, mamma, solo un minuto..." Ho la voce impastata dal sonno e la bocca secca. Apro un po' gli occhi e guardo l'orologio. Sono le 5:40 "Ma, mamma! Il test inizia alle otto!"
Lei emette uno strano suono con la bocca e cerca spazio sul mio letto per potersi sedere. Odio quando fa così, nessuno dovrebbe sedersi sul letto di qualcun altro mentre quella persona è ancora in gran parte addormentata! "Svegliati, tra un'ora ci passa a prendere tua zia."
Rabbrividisco, una parte del mio fianco è finita in una zona fredda del letto "Va bene, va bene. Fammi dormire altri due minuti." Si alza e chiudo gli occhi, ma ormai il danno è fatto. Sono sveglia. Allungo una mano verso il comodino in cerca del telecomando, spero che ci sia qualche programma carino in tv a tenermi compagnia mentre faccio colazione, ma è una causa persa, a quest'ora ci sono solo programmi odiosi. Spengo la tv e mi alzo dal letto, il sole ancora non è sorto e io sono già in piedi... Strano.
Mentre faccio colazione, l'ansia per il test di oggi inizia ad assalirmi. Mi preparo per questo giorno da due anni, non posso fallire, è troppo importante. 
Ogni anno, tutti i ragazzi di sedici anni sono tenuti ad affrontare un test che deciderà del loro futuro. Ogni ragazzo ha un solo tentativo, perciò è molto importante fare del proprio meglio, dopodiché non potrà più tentare e, se fallirà, sarà relegato a svolgere i lavori più umili della società. 
Ogni anno le prove da affrontare variano, ma ce ne sono alcune di base i cui risultati mostrano le attitudini del candidato e il test viene modellato di conseguenza. 
Sono pronta ad affrontare il mio test. Continuo a ripetermi questa frase da giorni. Inizia a  non avere più un grande effetto. 

"Vedi quel grande edificio a specchi?"
Annuisco "Mmh...Mmhh."
"E' lì che farai il test. Non ti preoccupare, sono sicura che andrà tutto bene." Si gira e mi sorride, ma, più che fiducia, mi trasmette timore di fallire e deluderla. Deglutisco e annuisco. 
"Che ore sono?"
"Le sette e venti, siamo un po' in anticipo, vuoi qualcosa da mangiare?" Mi viene da urlare: "Un po' in anticipo?! Siamo in anticipo di moltissimo!", ma non lo faccio. So che è preoccupata tanto quanto me per questo test. Hanno detto che apriranno le aule e faranno entrare i candidati dalle otto in poi - ma non è mai così! - di solito si deve aspettare molto di più... 
Respiro lentamente per calmarmi. "No, grazie. Preferirei andare direttamente lì, avevo dato appuntamento a Dalilah per le otto."

Davanti alle porte dell'edificio c'è già molta gente, più di quella che mi sarei mai aspettata. C'è chi si rosicchia nervosamente le unghia ripassando qualcosa da un libro, chi, con gli occhi lucidi dalle lacrime, abbraccia qualche amico e chi si esercita in prove di vario genere.
La folla inizia ad aumentare verso le otto ed è solo per fortuna che vedo Dalilah in quella confusione. Riconosco la sua testa riccioluta e le vado incontro quasi correndo. "Dalilah!"
"Celia!" mi sorride e mi si butta quasi addosso. E' una ragazza bassina e paffutella, con  dei buffissimi ricci rossi, estremamente affettuosa ed espansiva. Ci siamo conosciute da piccole, a scuola, e , anche se poi abbiamo preso strade diverse, non ci siamo mai allontanate. Le voglio davvero tanto bene e sono contenta che anche lei sia qui oggi. 
"Allora, come ti senti?"
Emette un suono stridulo e fa una smorfia "Diciamo che avrei potuto prepararmi meglio... Spero solo che non mi assegnino un futuro tenebroso o che non mi inseriscano in una di quelle sezioni nelle quali si deve continuare a studiare ancora per molto! Tu?"
"Beh... Spero bene! Insomma, mi sono esercitata molto quest'estate sia nel ragionamento logico che nell'uso della magia... Spero di essere assegnata ad una scuola di magia... Ma, qualunque cosa succeda oggi, l'importante è che ci inseriscano da qualche parte, non voglio finire a pulire le strade per il resto della vita!"
Dalilah sorride. "Dovrebbero essere proprio stupidi per non accettare te. Cocciuta come sei, riusciresti ad avere degli ottimi risultati ovunque."
Un fischio prolungato mette fine a tutte le discussioni e sulla piazza difronte all'edificio cala il silenzio. "Giovani menti, giovani cuori, giovani corpi..." esordisce una voce gracchiante che esce da un altoparlante situato da qualche parte alla mia sinistra "Vi do il benvenuto al test che deciderà del resto della vostra vita. Questo è un giorno molto difficile da affrontare per tutti voi, ma è necessario per il giusto funzionamento della società. Oggi ad ognuno di voi verrà assegnata una delle vie prestabilite in base alle vostre abilità. Vi auguro buona fortuna e che possiate uscire da queste aule soddisfatti del vostro risultato." Un altro fischio annuncia la fine del discorso. La piazza rimane ancora in silenzio per qualche secondo, dopodiché viene sommersa dal vociare dei ragazzi.

Sembra che siano passati degli anni quando finalmente le porte dell'edificio vengono aperte e i ragazzi iniziano ad entrarvi. L'interno dell'edificio è molto semplice; le pareti sono bianche e le mattonelle del pavimento sono di una tonalità molto vicina al bianco. Vi sono delle lunghe scale a chiocciola lungo le quali ci fanno disporre in due per ogni gradino. Non si sente nulla provenire dalle porte alle quali conducono le scale, semplicemente i ragazzi vi spariscono dentro per poi fare spazio ad altri. Più salgo le scale più l'ansia mi stringe il petto. Allungo una mano e stingo quella di Dalilah. Rimaniamo così fino a quando non arriviamo in cima. Ci separano, ci portano ognuna davanti ad una porta bianca. Questo deciderà del nostro futuro... Devo dare il meglio di me.
 
 


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Nota dell'autrice: 
Questa storia mi è venuta in mente ieri sera e l'ho scritta di getto (ancora non so nemmeno come dovrebbe continuare!)... Vorrei avere dei seri consigli a riguardo perché non so se portarla avanti o meno; ammetto di aver letto da poco Divergent e non vorrei che ne uscisse solo una scopiazzatura o anche di peggio... Insomma sto divagando molto ma il concetto era che apprezzerei molto avere dei consigli e dei commenti sinceri perché sono molto indecisa sul futuro di questa storia ^^
Grazie mille, Netmine

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Capitolo 2
*** La fase iniziale ***


Le porte si aprono contemporaneamente con un acuto suono metallico. Mi giro a cercare lo sguardo di Dalilah e lei fa lo stesso. Sorride, ma i suoi occhi sono velati di lacrime. Con la bocca mimo le parole "Ce la faremo.", annuisce. Ci voltiamo ed entriamo nelle nostre stanze.

Quando la porta si chiude alle mie spalle rimango disorientata, non c'è luce e non c'è alcun suono. 
Sembra passata un'eternità quando finalmente riesco a sentire qualcosa, c'è un suono, ma sembra venire da lontano... Da troppo lontano. Quanto sarà mai grande questa stanza? 
Mi metto a camminare in quel nulla, protendo le braccia in avanti per proteggermi il viso. Non so da che parte andare, non so più nemmeno da che parte si trova la porta dalla quale sono entrata... E il suono che avevo sentito poco fa è cessato. Sento l'ansia avvolgere il mio corpo e iniziare ad annebbiare la mia mente. Dove sono? Da quanto tempo sono qui? Qualcuno si sarà accorto della mia assenza? Sto tremando, gli occhi mi bruciano e ho il volto bagnato... Sto per crollare, ma non devo. Non posso. 
"E' solo un test. E' sono un test... Solo un test." Mi accovaccio per terra e mi stringo le gambe al petto continuando a ripetere quelle parole. Non è mai morto nessuno durante questi test, non è vero? E non è nemmeno mai scomparso nessuno... Perché dovrebbe accadere a me? Mia mamma mi vuole bene, non mi lascerebbbe mai fare nulla di tanto pericoloso.
Mi asciugo le lacrime dal viso e, con un po' di fatica a causa dei muscoli indolenziti, mi alzo da terra. Non so dove andare, ma ci sarà un uscita. C'è sempre una via d'uscita, basta solo cercarla. Inizio a camminare alla cieca e improvvisamente sento di nuovo quel rumore, questa volta è più vicino, è molto vicino. Vado in quella direzione e non accenna a smettere... E' una voce quella che sento. Una voce familiare... E' la voce di mia mamma, e sta chiamando me! Mi metto a correre in quella direzione, ora so da che parte andare. 
Sento la sua voce sempre più forte, sempre più nitida, fino a quando non sento qualcosa di soffice e umido sbattere contro il mio corpo. Chiudo gli occhi per non farvi entrare quella cosa e, quando li riapro mi accorgo di essere su una pila di monete d'oro. 
Comincio a camminare, tenendomi sempre vicino alla parete e chiedendomi cosa troverò lì dentro 'Potrebbe essere solo uno scenario di passaggio, magari devo solo trovare una porta nascosta, o magari ci saranno dei folletti e dovrò usare l'astuzia per farmi indicare l'uscita, o magari...' un forte rumore di oro che cozza e una forte scossa al terreno interrompono il flusso dei miei pensieri e mi fanno voltare 'O magari devo scappare da un drago.' Alle mie spalle vi è un enorme drago tra le cui squame nere sono incastonati pezzi d'oro. E' gigantesco... Non ho mai visto un essere simile, e sta guardando me. 
Mi metto a correre, non so cosa sto facendo o dove sto andando, so solo che devo correre e che devo essere più veloce del mostro alle mie spalle. Ora sono contenta di essermi tenuta vicino al muro, perché qui c'è un po' meno oro che al centro della sala e scappare è un po' meno difficile, ma non ci sono vie di fuga. 
Ho già fatto l'intero giro della stanza e non c'è un solo buco nella parete, non un appiglio per arrampicarsi, niente di niente! Sono in preda al panico, il drago alle mie spalle non accenna a fermarsi... Ma non sta nemmeno tentando di avvicinarsi troppo a me... E' come se si tenesse a distanza, perché? Pensa, Celia. Pensa!
Mi volto a guardarlo mentre continuo a correre, incespico in blocchetti d'oro ma non ho intenzione di fermarmi. 
Il drago ha qualcosa di strano intorno al collo, quando l'avevo visto per la prima volta mi era sembrato un pezzo d'oro ma ora mi rendo conto che non può esserlo, è dorato, sì, ma se lo si guarda bene ha dei riflessi violacei. Mi fermo, indecisa su cosa fare, anche lui si ferma. Con difficoltà e con tanta indecisione faccio un passo verso il drago, resta fermo. Ne faccio un altro e un altro ancora, finché non sono a qualche metro da lui, allora mi accorgo della sua espressione, sembra quasi che stia soffrendo. Mi avvicino ancora. Ora, allungando un braccio, potrei toccarlo, e lo faccio. Tocco le sue squame che sono rugose e secche, sembra quasi che si possano staccare con un minimo tocco. Il drago emette un suono cupo e minaccioso. Allontano la mano. 
Cosa devo fare? Alzo lo sguardo verso la pietra che mi aveva colpita da lontano e mi rendo conto che non è una pietra ma una corona e le sue punte sono conficcate nella carne del drago. 
Mi avvicino di nuovo a lui e allungo una mano per aggrapparmi ad una squama. Sento il corpo del drago irrigidirsi al mio tocco e di nuovo emette quel suono minaccioso ma non mi sposto. Appena il suono si estingue allungo anche l'altra mano e aspetto, ormai mi sono sollevata da terra. 
Sono appesa ad una squama di un drago! Ma che mi è preso? Sono forse diventata matta? Ma ormai sono lì. Tendo al massimo i muscoli e mi arrampico di squama in squama fino al arrivare sulla groppa del drago, da lì la strada è più semplice. Mi muovo con cautela verso il suo collo e mi avvicino il più possibile alla corona. 
Ricordo quando da piccola avevo calpestato un riccio di mare sulla spiaggia e mi si erano infilate delle spine nel tallone. Quella volta mia mamma mi aveva detto di stringere i denti più forte che potevo e che il dolore sarebbe passato subito. Poi, accarezzandomi i capelli aveva recitato una magia, la prima magia della mia vita.
Mi metto in ginocchio accanto alla corona, pregando che questo non mi costi la vita. "Signor Drago, non so se mi riesce a capire ma, se è così, le voglio chiedere di non mangiarmi." Poggio una mano su una squama e inizio ad accarezzarla mentre tento di adattare la filastrocca all'occasione... Non sono ancora molto brava con la magia. "Se la corona vuoi far sparire, un po' tu devi soffrire." Ripeto quella filastrocca un paio di volte, continuando ad accarezzare la squama del drago, fino a quando non lo sento gemere e poi emettere un suono terrificante seguito da lingue di fuoco che si riversano in tutta la sala. Chiudo gli occhi e quasi cado all'indietro quando il drago spicca il volo, per fortuna ho la mano ancora aggrappata alla squama che poco fa stavo accarezzando. 
Il volo finisce di botto e sono in una nuova sala. 
Sono in un pub seduta ad un tavolo con degli estranei, ma loro sembrano conoscermi e trattarmi da amica anche se sono tutti molto più grandi di me e parlano una lingua diversa dalla mia. 
Rimaniamo così, a passarci ciotole con patatine e  noccioline  fino a quando non arriva una cameriera che, sorridendo, inizia a prendere le ordinazioni fino a quando il suo sguardo non si posa su di me. In quel momento si rabbuia e il suo sorriso si incrina, mi chiede qualcosa in quella loro strana lingua che non capisco e continua a chiederlo con insistenza nonostante io tenti di farle capire in tutti i modi che non la capisco. Quando finalmente se ne va, tiro un sospiro di sollievo e mi accascio sulla sedia mangiando noccioline, stremata da quella 'conversazione'. Dopo poco, però, vedo la chioma rossa della cameriera che torna all'attacco, questa volta ha una cosa in mano che riconosco subito: è il cartellino della federazione. Ad ognuno di noi ne viene assegnato uno alla nascita e contiene tutti i nostri dati personali. Esco dalla tasca il mio e glielo porgo. La rossa lo studia attentamente e scuote la testa, poi fa un cenno ad un uomo vicino alla porta che, con ben poca grazia, mi infila il cartellino in tasca e mi porta all'uscita del locale. 
L'esterno del locale, al contrario dell'interno, è freddo e ben poco ospitale: la maggior parte dei locali è chiusa e i lampioni irradiano una luce molto fioca. 
Non so perché, ma mi muovo con sicurezza per quelle strade, come se stessi tornando a casa mia o in un posto altrettanto familiare, come se avessi percorso quella strada miliardi di volte. 
Cammino per una decina di minuti strofinandomi le braccia per non farle congelare, il buttafuori non si era nemmeno degnato di farmi prendere la mia giacca!, e mi accorgo che c'è qualcuno che cammina dietro di me. Sento le risate di quei due ragazzi da almeno tre isolati, sembrano drogati, o quantomeno ubriachi... In ogni caso, non sono di certo le persone che vorrei avere alle spalle mentre cammino da sola di notte. Mi volto leggermente per guardare i loro volti e vedere se mi stanno tenendo d'occhio o sono solo paranoica, ma quello è il gesto che li fa scattare. Si mettono a correre. Corro anche io. Uno dei due mi riesce a lanciare addosso qualcosa che aveva in tasca. Sento il sangue scorrermi lungo la schiena ma non mi devo fermare, non devo rallentare. Devo ragionare. Cosa si fa in situazioni del genere? Correre! E poi? E poi?! Non lo so. Continuo a correre. Non c'è nessuno per strada. Nessuno che li fermi, nessuno a cui chiedere aiuto. Ma dove diavolo sono finiti tutti?! Vedo una luce sulla destra, un locale aperto. Non ci penso due volte e mi metto a correre in quella direzione. Non mi fermo finché non vi entro e le risate si allontanano da me, era questa la cosa giusta da fare. 
Mi metto a piangere, il mio corpo è interamente scosso da fremiti, i muscoli mi fanno male, mi sembra di avere la gola graffiata e inizio a sentire anche il dolore alla spalla dove mi avevano colpito. La luce diventa molto più intensa, tanto da costringermi a coprirmi gli occhi con un braccio dolorante, e, quando si affievolisce, mi ritrovo in una stanza dalle pareti bianche. 
"E' ora finita la parte iniziale del test. In questa fase avete affrontato degli scenari standard nei quali sono state testate alcune abilità fondamentali di ogni uomo o donna che voglia avere un ruolo nella società: la perseveranza e la resistenza difronte alla paura, l'altruismo e la compassione, lo spirito di sopravvivenza e il ragionamento. Se siete arrivari fino a qua vi porgo i miei complimenti, non tutti riescono a superare questa fase. Ora una equipe di medici si occuperà di ristabilire al meglio la vostra salute prima della prossima fase di questo test." Era la stessa voce  gracchiante che mi aveva accolta prima di iniziare il test, la voce del Presidente della Federazione. Mi sento davvero stanca, ma in questo momento vorrei utilizzare tutte le forze che mi rimangono per annientare l'uomo dietro quel microfono e incrinare la sua voce calma e pacata. 
Nel giro di qualche secondo da una porta che non avevo notato entra l'equipe di medici di cui aveva parlato il Presidente, mi fanno distendere su un lettino e mi iniettano qualcosa nel braccio che mi fa rilassare e mi offusca la vista. "Sapete come è andata la prova della mia amica? Dalilah... E' entrata con me..." Vorrei continuare a parlare e sapere qualcosa sulla mia amica ma la lingua è diventata troppo pesante e pensare è diventato troppo difficile. 

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Angolo dell'autrice:
Intanto grazie mille per essere passati a leggere questa storia. Come è ovvio mi farebbe molto piacere avere delle recensioni per poterla migliorare, ma mi basta anche solo sapere che siete passati a leggere :)
Ma non sto scrivendo questo trafiletto per questo, bensì per chiedervi aiuto! Come avrete notato non sono molto brava nel creare i nomi delle storie o i titoli dei capitoli, perciò accetto consigli sia per il nome della storia sia per il nome di questo capitolo! 
Ancora grazie mille. Un bacio,
Netmine.
P.S. Accetto consigli anche sull'utilizzo dell'HTML, so di essere negata!

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Capitolo 3
*** Un salto nel vuoto ***


Un fischio prolungato mi fa svegliare "E' il momento di iniziare la nuova fase del test." Di nuovo la voce gracchiante del Presidente "In questa fase verrete sottoposti a prove basate su quello che è emerso dalla prima fase del test. Alla fine delle prove più dure verrete sottoposti ad un trattamento risanatorio. Buona fortuna, credete in voi stessi." Un altro fischio prolungato annuncia la fine del discorso. Mi mordo l'interno della guancia per non inveire contro quella orribile voce, so che non sarebbe una buona idea farlo. 
Con un po' di fatica mi alzo dalla branda nella quale ero distesa fino a poco prima. Sento le ossa scricchiolare sotto il peso del mio corpo e la testa mi gira vorticosamente. Rimango immobile per un po', prendendomi tutto il tempo di cui ho bisogno prima di avvicinarmi alla porta bianca che mi trascinerà in nuove situazioni pericolose.
L'idea di dover affrontare così presto delle situazioni come quelle che già avevo dovuto affrontare quella mattina mi rende davvero nervosa. Cosa sarà mai emerso dal mio test? Spero ben poca roba, e, possibilmente, niente che mi possa mettere nei guai... 
Deglutisco per tentare di liberarmi di quel peso che mi opprime la gola, ma è inutile. Con il cuore pesante mi avvio verso la porta che, appena arrivo a circa mezzo metro di distanza da essa, si apre e mi risucchia dentro la nuova stanza.
Questa volta non mi trovo in un luogo ben definito, non so dov'è il terreno e dov'è il tetto, sempre che ce ne sia uno. 
Sono sospesa per aria e intorno a me vedo solo vortici di colori diversi. Potrebbe sembrare una situazione nella quale si muore dalla paura, ma sono stranamente calma e rilassata. 
Il vortice sul quale mi trovo è blu e sembra non avere una direzione ben precisa, così come tutti gli altri vortici colorati. 
Cosa dovrò mai affrontare in questa stanza?
Più passa in tempo più mi sento rilassata, tanto rilassata che non mi basta più stare seduta. Voglio distendermi su quel vortice e dormire fino a quando non si presenterà la mia sfida. Mi accascio su quel sottile vento blu e le mie palpebre si fanno pesanti.
Sto quasi per addormentarmi quando un campanello risuona nella mia testa. Che stupida che sono! E' questo il test.
Non devo farmi dominare dalle sensazioni che quei vortici mi portano. 
Devo trovare l'uscita da questa stanza il prima possibile. 
Mi metto a sedere ma ormai sono stata troppo su quel vortice per potergli resistere a lungo. Ad una certa distanza dal mio, ma non così lontano da non poter essere raggiunto, vi è un vortice di colore verde. 
Mi metto sul bordo più lontano del mio vortice, sbadiglio e mi stropiccio gli occhi poi, con gli occhi appannati dal sonno, mi metto a correre e salto.
Atterro pesantemente sul vortice verde. Sento le mie caviglie urlare sotto il peso del mio corpo ma le ignoro perché sento il mio corpo invaso da una nuova sensazione: Speranza. Ora so che ce la farò. Non deve essere molto difficile uscire da questo posto perché io credo in me e nelle mie capacità.
Mi metto a sedere e studio attentamente quella stanza. Non ci sono due vortici dello stesso colore e hanno tutti altezze diverse, ma quello che prima mi sembrava un moto disordinato ora è perfettamente chiaro. Ogni vortice ha il suo percorso da seguire, dopodiché torna al punto di partenza e ricomincia, niente di più semplice. 
Ora devo solo trovare l'uscita. Non deve essere poi così difficile, deve essere contrassegnata in qualche modo... Inizio ad osservare quella stanza nella quale, oltre ai colori irradiati dai venti dei vortici, domina l'oscurità più assoluta. Non c'è nulla che fa pensare ad una porta, o comunque ad una via d'uscita... Tranne un vortice bianco. Sento montare dentro di me la sicurezza che sia quella la via d'uscita, d'altronde non c'è nient'altro che assomigli anche lontanamente ad una via di fuga tanto quanto quel vento bianco. Piena della ritrovata sicurezza in me e nelle mie abilità, non prendo la rincorsa per raggiungere il prossimo vortice. Semplicemente salto.
Appena stacco i piedi dal vortice verde, mi rendo conto di aver fatto una cavolata. Il vortice rosso che ho difronte non è tanto lontano, ma nemmeno tanto vicino da poter essere raggiunto con un salto del genere! Stendo il mio corpo il più possibile in avanti e atterro con le braccia su di esso. Sbatto il mento e il dolore mi fa perdere un po' la presa. Ho le gambe che penzolano nel nulla e, lentamente, continuo a scivolare. Non c'è nessun appiglio. Sento montare dentro di me una forza straordinaria e spingo le dita con forza all'interno del vortice. Urlo mentre le mie dita si riempiono di miliardi di piccoli e profondi tagli - l'aria che sulla superficie del vortice era densa, compatta e stabile, solo pochi centimetri sotto era agitata da un movimento continuo ed estremamente forte, capace di lacerare la pelle e la carne come se nulla fosse - e con tutta la forza che mi è rimasta in corpo tento di tirarmi su. 
Appena riesco a tirare su un ginocchio e sento di essere al sicuro, mi accascio su quella superficie spumosa e osservo le mie mani. Nella poca luce irradiata dal vortice noto che non sono piene di ferite, come mi sarei immaginata, ma di piccole cicatrici rosse e pulsanti. 
Sento perfettamente le pulsazioni provenire dalle mie mani e al loro ritmo si adatta anche il mio cuore. Sono arrabbiata anzi, infuriata. 
Perché mi stanno sottoponendo a tutto questo?
Giuro a me stessa che una volta uscita da questo posto avrei cercato e distrutto chiunque fosse stato la causa di tutto questo dolore. 
Sento la rabbia pulsarmi nel corpo, scorrere nelle mie vene... E il paesaggio difronte a me cambia.

Sono in una stanza d'ospedale. Non so come sono arrivata qui, ma sento il mio cuore pieno di ansia e apprensione, deve essere successo qualcosa di brutto. 
Poso lo sguardo sul letto al centro della stanza. C'è una donna... Ha un aspetto familiare. Mi avvicino e mi seggo nella poltrona accanto al letto. 
Perché lo sto facendo? Non so nemmeno chi è questa donna!
 Sento le lacrime rigarmi il viso 
Perché sto piangendo? Che sta succedendo? 
Non ho il controllo del mio corpo. 
Resto seduta su quella sedia per tanto tempo e continuo a fissare la donna distesa. Il suo corpo è sommerso da tubi e tubicini ed è collegata a delle alte macchine che emettono strani suoni. Sento il cuore pesante. Per il dolore... Per la rabbia.
Qualcuno mi sfiora una spalla, mi irrigidisco per lo spavento. Non mi ero accorta che fosse  entrato qualcuno. "Signorina, le ore di visita sono finite... La devo pregare di andarsene."
I miei occhi si riempiono di lacrime e sento me stessa dire "Ma è mia sorella, mia sorella! Non posso andarmene." le stringo la mano ancora più forte tra le mie "Non posso lasciarla sola." 
Mi volto verso quella ragazza addormentata. E' vero. E' mia sorella... Ma mia sorella è morta. 
L'infermiera mi guarda con condiscendenza. La odio. Che  ne sa lei di quello che sto passando io? Vorrei che morisse. Vorrei che pagasse per quello che sta succedendo a mia sorella... No, non è vero. Respiro profondamente. Vorrei che qualcuno pagasse, ma quel qualcuno non è lei. Annuisco e mi alzo.
Ricordo quello che è successo quella sera. Questo è solo un ricordo, niente di più. 
Il ricordo più doloroso della mia vita. 
Devo andarmene da questo posto, fuggire da questo ricordo. 
Mi accovaccio per terra. Stringo le braccia al petto. Non voglio rivivere quello che tra poco accadrà, non voglio. 
Affondo le mani nel pavimento e sento di nuovo quel terribile dolore, come di mille lame che mi strappano la pelle. Urlo e, appena il paesaggio torna quello oscuro nel quale mi trovavo prima, tiro fuori le mani dal vortice per trovarle ancora più piene di piccole cicatrici pulsanti.


Ho il respiro pesante e affannoso. L'influenza dei vortici su di me sta diventando sempre più forte. Devo uscire da questo posto e alla svelta. 
Il vortice bianco è ad appena due vortici di distanza da me. 
Prendo la rincorsa e salto. 
Il vortice su cui atterro è giallo. Non appena vi poggio i piedi mi sento rinvigorita e piena di tutte le energie che pensavo di aver perso. 
Prendo ancora una volta la rincorsa e salto. 
Questo vortice è quasi invisibile nello sfondo nero: è di un grigio molto scuro. Mi sporgo in modo da poter osservare da vicino il vortice bianco, o almeno quello che credevo fosse un vortice... guardandolo da vicino non ne sono più tanto sicura. Ha la stessa forma degli altri, ma non sembra avere una superficie e, ora che so cosa vi è al di sotto di quella patina densa, non ho per niente voglia di lanciarmi lì dentro. 
Mi passo le mani tra i capelli, eliminando tutti i nodi. Quel gesto mi ha sempre tranquillizzata. 
Deve esserci una via d'uscita da questo posto e questa è l'unica possibile. 
Ma, se non fosse la via giusta, andrei incontro ad una morte terribile... O comunque ad un dolore molto simile a quello che si deve provare poco prima di morire.
Quale altra via potrebbe tirarmi fuori da questo posto?
Guardo intorno a me e vedo solo quella densa oscurità. E se fosse quella la via d'uscita? 
Continuo a snodarmi i capelli, come se quel gesto potesse aiutarmi a decidere. Non so che fare. Sento il mio stomaco restringersi per il nervosismo e mi inizia a girare la testa. Devo vomitare. 
"Calma! E' tutto okay, devi solo prendere una decisione. Non è così difficile." 
Faccio un profondo respiro, chiudo gli occhi e salto. Vengo avvolta da una travolgente luce bianca. Apro gli occhi e mi rendo conto di stare scivolando ad una velocità impressionante dentro il vortice bianco. Le sue pareti interne sono della stessa sostanza densa che ricopre la sommità degli altri vortici. 
Sorrido e mi lascio andare a quella corsa matta. 

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