Silent pain

di alexandra_marina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap.1 ***
Capitolo 3: *** Cap.2 ***
Capitolo 4: *** Cap.3 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                                                SILENT PAIN

 

Il mondo é pieno di rumuri, alcuni forti, altri deboli, alcuni che ti fanno drizzare i peli, altri che senti appena.

Tutto fa rumore, la pioggia che cade, lo scricchiolio delle foglie secche sotto i piedi,le onde del mare schiantate contro gli scogli, il vento che ti schiaffeggia il viso.

Anche le cose più tristi fanno rumore:il pianto fa rumore, un cuore spezzato fa rumore, tutto tranne il mio dolore.

Il mio dolore é muto, non urla, non piange, non singhiozza,il mio dolore ormai non fa nemmeno più male, ormai é diventato quotidiano come bere un bicchiere d' acqua.

Anche adesso mentre la mia "migliore amica" mi trafigge la pelle non sento dolore, non urlo, non piango, me lo merito questo dolore muto.

I tagli sono sempre di più, il mio avambraccio é pieno e ogniuno di loro me lo merito, alcuni sono ormai solo ricordi altri invece solo sfiorandoli si riaprono.Proprio come gli eventi che gli hanno procurati, alcuni sono solo ricordi altri sono ancora freschi ma anche essi non fanno più male, forse ho sofferto troppo, forse troppe lacrime ho versato, forse il mio dolore ha fatto troppo rumore e ormai si é spento.

Mi fa rabbia però che non provo dolore ormai penso che sia inutile come punizione se non provo nulla...che punizione é senza sentire dolore, le punizioni esistono per provare dolore .

Forse la mia punizione è finita, forse adesso merito un po' di pace, forse posso iniziare a vivere non più a sopravvivere

La domanda é:voglio tornare a vivere? La risposta é difficile da dare.

Mi alzo dal pavimento freddo del bagno su cui mi sono accasciata, mi spoglio e mi chiudo nella doccia.

I tagli nemmeno a contato con l'acqua tiepida bruciano ormai o forse bruciano ma io non sento nulla.L'acqua sotto i miei piedi diventa ambrata, fa quasi paura ma in fondo non é altro che il mio dolore muto.

Sotto lo getto d'acqua mi accorgo che anche esso fa rumore e io mi sento ancora piu' muta.

Un pensiero fa di nuovo capolino nella mia mente, ho quasi paura a dirlo ad alta voce, forse e' presto, forse non me lo merito ancora.

Prendo una boccata d'aria mischiata al odore di ruggine e sale, l' odore del sangue e con tutto il coraggio che ho urlo:AIUTO.

Ho bisogno d'aiuto.

 

Spero vi sia piaciuto il prologo anche se é corto e  fatemi sapere cosa ne pensate cosi da continuarla.(scusate eventuali errori)

Bacii a prestoo  Ale♥

 

 

 

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Capitolo 2
*** Cap.1 ***


Ciao a tutti...

Questo é il primo capitolo della storia.

Ci sono delle notizie sulla protagonista ma più avanti con i capitolo si saprà di più. 

P.s Grazie a chi ha recensito il prologo, messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate e chi ha solamente letto.

 

 

 

 

Sulle note di Clair de lune lascio viaggiare i miei pensieri.

Suonare il pianoforte mi ha sempre datto la possibilità di fuggire,di nascondermi nel mio mondo,fatto di me e di note.

Alcuni bambini da piccoli hanno amici immaginari io come amico avevo il pianoforte. 

Su quei tasti bianchi e neri ho buttato le mie emozioni, ho versato le miei lacrime , le miei sofferenze ma anche le mie gioie; era il mio migliore amico, mi piace pensare di aver imparato a suonare ancor prima di aver imparato a camminare.

Il pianoforte é l'unico legame che mi resta con mia madre, morta dandomi alla luce, non l' ho mai conosciuta ma oltre alla vita mi ha datto un altro regalo metaviglioso:la passione per la musica che scorre libera nelle mie vene.

Da piccola passavo ore e ore a suonare, non mi stancavo mai.

Però come si sa ,tutte le cose belle finiscono:quello che pensavo il mio migliore amico é stato sostituito dalla mia migliore amica:la lametta.

Nell' ultimo anno di liceo suonavo pochissimo, le mie lacrime, le mie emizioni, le mie sofferenze le icidevo sulla mia pelle non piu sui tasti bianchi e neri.

Farmi del male mi faceva sentire meno in colpa per la loro morte, questo finche il mio dolore si faceva sentire.

Non ho smesso di suonare , ma neanche di tagliarmi, finito il liceo sono stata ammessa al conservatorio, luogo in cui adesso passo i momenti più belli della mia giornata .

Prima i momenti più belli erano quelli in cui ero accasciata sul pavimento freddo del mio bagno ad imprimere sulla mia pelle le mie sofferenze. 

Suonando il pianoforte do voce al mio dolore, ma come sempre non fa abbastanza rumore.

É passata una settimana da quando ho deciso di chiede aiuto.Chiedere aiuto ed essere stata ammessa al conservatorio sono le uniche due cose nei miei venti anni che mi hanno fatta sentire orgogliosa e corragiosa.

Il giorno dopo aver preso la mia decisione appena finito il mio turno nel negozio di musica in cui lavoro ho comminciato a camminare per le fredde strade di Chicago , con il vento che mi schiaffeggiava il viso e la pioggia che minacciava di cadere.Camminando sono arrivata di fronte alla mia salvezza, no..non di fronte ad una chiesa ma ad una clinica.

La Rosa Bianca e' una clinica pubblica che cura persone che soffrono di dipendenze da sostanze stupefancenti , da alcol; aiuta ragazze anoressiche e bulimiche a guarire;persone depresse a trovare un motivo per continuare a vivere.

Appena ho messo piede dentro la clinica ho sentito di essere nel posto giusto per me:fuori le persone sono felici dentro invece ci sono persone come me che vogliono tornare a vivere davvero.

La prima seduta che ho fatto con il dott.Hollmen il mio psicologo, un uomo sulla sessantina che sorride ad ogni battito di ciglia, e' stata molto difficile, io ero un po' a disagio e lui non sapeva come comportarsi.

Questa settimana ho avuto due sedute, oggi pomeroggio avro' la terza.

 

 

"Bene..brava Isabella.Ragazzi per oggi abbiamo finito ci vediamo domani" la voce severa della professoressa mette fine al viaggio dei miei pensieri.

Fuori dal edificio ad accogliermi c'é il cielo nuvoloso di Chigaco, abito in questa citta' da quando sono nata ma a volte vorrei andarmene , troppi ricordi.

L'appartamento in cui vivo non e' molto lontano dal conservatorio percio' non ho bisogno di macchina, taxi, tram..mi bastano i miei piedi, l' Mp3 in tasca e le cuffiette nelle orecchie. 

Mangio qualcosa di fretta e alle tre sono al negozio pronta per il turno di lavoro.Si puo' dire che sono cicondata dalla musica dalla mattina alla sera.

Alle sei precise invece sono alla Rosa Bianca nello studio del mio psicologo.

Lo vedo speranzoso, come se lui fosse un poliziotto e io un criminale a cui far dire la verità. Devo ammettere però che in queste due sedute non mi ha mai messo fretta, per la maggior parte del tempo lo lascio parlare e io lo osservo.

Osservo il suo modo di gesticolare, le smorfie che fa e non posso non chiedermi se ha dei figli, una moglie che lo aspettano a casa la sera dopo aver passato il giorno a parlare e ascoltare le sofferenze della gente.Ammiro il suo lavoro.

"Isabella mi stai ascoltando "dice preoccupato.

"Si"sussuro continuando a fissarlo, devo amettere che e' bravo a regere il mio sguardo di sfida.

"Spero che il mio discorso sulla gentilezza lo metterai in pratica" ecco che ricomincia con la gentilezza.

Fin dalla prima seduta ha insistito sul fatto che devo essere piu' gentile perche' secondo lui mi puo' aiutare con la terapia.

Le persone pensano che sia facile, naturale essere gentili, forse lo e' per chi ha sempre ricevuto un sorriso, una parola gentile ma non per me che sono stata privata di tutto cio'.

Non sono mai stata una persona gentile e amichevole , ma se lo fossi stata le cose non sarebbero state migliori; sarei sempre qui.Sempre e comunque sola a cercare di ritornare a vivere.

"Si..si certo"sbotto annoiata.Lui mi guarda deluso:forse si aspettava che sbrecavo la mia dose quotidiana di gentilezza con lui?

"Lo spero-dice con tono di preghiera-per oggi abbiamo finito ci vediamo lunedi"

Annuisco, sussuro un arrivederci e mi dirigo verso la porta.La apro e mi ritrovo davanti un ragazzo con il pugno alzato pronto a bussare.

É un ragazzo alto e robusto , che appena riesco a guardare in viso, vestito come un delinquente e sguardo curioso.Mi sposto di lato per farlo entrare.

"Oh bene sei arrivato in orario"dice Hollmen con tono sollevato mentre si alza dalla poltrona e si avvicina a noi.

"Edward lei é Isabella, Isabella lui é Edward"

Il tizio di nome Edward mi porge la mano e io mi allontana involontariamente. 

"Isabella sono un ex drogato non ho la peste"mi dice acido mettendo le mani in tasca.

"Bella, chiamami Bella"lui mi sorride sghembo.

Oggi la mia dose di gentilezza lo distribuita a lui.

L' ex drogato e la (quasi) ex autolesionista, ottimo come titolo di un film horror.

Prima di uscire dallo studio e lasciarli soli i nostri sguardi si incontrano, i suoi occhi verdi cerchiati dalle occhiaie incatenano i miei cioccolato cherchiati anch'essi dalle occhiaie.

Per un attimo , prima di distogliere lo sguardo, riesco a leggerci il mio stesso dolore e per un attimo mi sento meno sola.

 

 

Allora... spero che il cap non vi abbia annoiato o deluso.(se e' cosi chiedo scusa)

Lo so che Bella può sembrare troppo triste e depressa ma ha i suoi motivi per esserlo.

Vorrei anche dirvi che naturalmente non ha smesso di farsi del male, in solo una settimana sarebbe impossibile. 

Ulteriori dubbi vi verrano svelati nel prossimo capitolo (sempre se volete continuare a leggere la storia)

Baci a presto Ale! !

 

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Capitolo 3
*** Cap.2 ***


 

 

Il sole brilla facendosi spazio tra le nuvole, l' aria é tiepida, il vento ti trascina dolcemente.

Questa é una di quelle giornate che metterebbe di buon umore chiunque e stranamente ci riesce anche con me.

Mi faccio strada sul marciapiede affollato, ci sono persone che vanno di corsa cariche di buste, altre che assaporano questa miracolosa giornata di meta' ottobre, poi ci sono persone come me assolte nei propri pensieri.

Mi lascio accarezzare dal tiepido vento che mi scompiglia i capelli mentre canticchio la canzone che esce libera dalle mie cuffiette. 

Mi piace il vento, sembra andare in giro ad arricchirsi di ricordi , speranze; mi piace il senso di liberta che regala, mi piace come si fa sentire ma non vedere, mi piace il suo rumore.Vorrei essere vento.

 

Oggi sono di buon umore, sarà il tempo,, sarà perché é lunedi e ricominciano le lezioni, i turni al lavoro, le sedute con Hollmen, sinceramente non so perché e non mi importa, mi godo questo benessere finché dura...la giornata é ancora lunga.Pessimista...no realista.

É strano come in questi due giorni mi siano mancate le sudete con Hollmen, dovrei essere scocciata, inervosita ma non é cosi.

Lo voluto io, ho chiesto aiuto , non posso tirarmi indietro. 

Dopo tanta pena l' ho capito:la vita é fatta di "alti" e "bassi" e per stare meglio basta affrontare i "bassi" senza scappare 

E poi Hollmen é simpatico.

 

Puntuale come sempre arrivo al conservatorio e per me qui il vento si arricchisce di note.

L' edificio antico, uno dei pochi presenti a Chicago, fa bella mostra di se con la facciata lavorata e il maestoso portone di legno.

Entro nel mio mondo e mi immergo nella musica.

La mia professoressa dice che sono una delle sue migliori allieve e io sono fiera di esserlo, almeno sono brava in qualcosa.

Mi ha chiesto più volte cosa voglio fare quando avro'finito gli anni al conservatorio. 

Sinceramente non ci ho mai pensato e una parte di me vorrebbe che quel momento non arrivasse mai.

Odio i cambiamenti, la mia vita mi va bene cosi, con le mattine in conservatorio, i pomeriggi al negozio e adesso anche le sudute alla clinica .

Vorrei essere come le parole di un libro, le leggi e le rileggi ma non cambiano, cambiano i sentimenti con cui le interpreti ma non le parole.

"Ciao Silvia "saluto la mia collega di lavoro appena entro nel negozio.

Non so molto di lei, so che si chiama Silvia, a quasi trentanni e come spesso la sento dire ha uno schifo di vita.Come contraddirla, ha quasi trentanni e lavora in questo negozio da sei anni senza avere alternative, non che ci sia qualcosa di male, ma pensandoci bene non voglio arrivare a trentanni come lei.

"Ciao Isabella, puntuale come sempre" ricambio il saluto.

Sono sempre stata una ragazza puntuale, al liceo mi chiamavano "orologio svizzero" a me non dava fastidio, quasi ne andavo fiera, io con la pioggia o con la neve ero sempre puntuale come anche adesso.

Mi sistemo dietro il bancone e Silvia se ne va felice.

I clienti non scarseggiano, é uno dei negozi più forniti di questa parte della città. 

Lo stipendio é abbastanza appagante e poi io ho ancora dei soldi messi da parte ricavati dalla vendita della casa dei miei genitori con i quali ho comprato anche il mio appartamento. 

■■

La metropolitana mi lascia vicino alla clinica, percorro pochi chilometri a piedi e sono arrivata .

Busso alla porta del dott.Hollmen ed entro non appena mi da il consenso.

Chi sa cosa mi dirà oggi? 

É la prima volta di questi due anni che passo senza senza tagliarmi cosi tanti giorni.Mi sento come se avessi tradito la mia migliore amica.Lei e solo lei c' era quando stavo male, quando mi sentivo in colpa, mi dava solievo.Adesso non piu.

"Buona sera Isabella"mi saluta appena entro .

"Buona sera "rispondo più o meno cortese.

"Oggi faremo una seduta speciale, so che forse é presto per te ma penso che ti farà bene"comincia a dirmi con il suo solito sorriso stampato in faccia.

" Va bene "rispondo quasi disinteressata, sinceramente non so nemmeno io perché mi comporto cosi, forse per mantenere la mia aria da dura? Bhe..ma in fondo a questo servono gli psicologi. 

"Bene allora seguimi "si alza e ci dirigiamo alla porta,lui da gentiluomo mi fa uscire per prima.

Lo seguo per i corridoi fino a raggiungere una specie di salotto.

Ci sono altre ragazze e ragazzi raggruppati in un cerchio.

Ed é cosi che capisco .Questa scena mi ricorda tanto quelle scene dei film nei qualli i protagonisti alcolizzati fanno sedute assieme ad altri alcolizzati, di solito sono comiche...

Peccato che io non sono un alcolizzata, questa scena non é comica e la mia vita non è un film.

"Buona sera ragazzi..prendi posto Isabella"dice Hollmen indicando una selle sedie.

Mi siedo vicino ad un ragazzo, lui si gira verso di me e lo riconosco subito.

É il tizio dell' altra volta, Edward se non sbaiglio.Mi rivolge un sorriso sghembo che non ricambio ma sembra aspettarselo.

"Allora ragazzi, possiamo passare alla seconda fase della seduta"dice Hollmen dopo aver finito di presentarci, mi sono sentita come il primo giorno delle scuole medie:imbarazzata.

"Ragazzi so che alcuni di voi non hanno piu' i genitori, ma vorrei sapere da tutti cosa secondo voi si aspettano da voi, cominciamo da Jenny" alle parole di Hollmen mi irrigidisco e comincio a sudare freddo.La ragazza di nome Jenny, a prima vista anoressica e molto piu' giovane di me, ha un aria dolorante.

"Vogliono che mangii di più"ammette Jenny con voce tremante.

Hollmen appunta tutto su un agenda ritornando nelle vesti di un poliziotto.

"Andiamo avanti. .secondo te Sarah"chiede rivolgendosi alla ragazza alla mia sinistra.

"Mmmhh...penso che vogliono che non rimetta più tutto quello che mangio"dice in fine Sarah e mi fa quasi tenerezza perché anche lei é molto giovane .

"Tu Isabella cosa pensi"mi chiede Hollmen appena ha finito di scrivere.

Mi irrigidisco ancora di più e mi stringo nelle spalle abbassando la testa.

"Non lo so "confesso come se fossi in un tribunale, perché é cosi che mi sento.

"Dai sforzati Isabella ci sara' qualcosa"perché insiste, perche' mi fa questo? , sento lo sguardo di tutti addosso.Mi innervosisco, Hollmen continua ad insistere.

"Non so cosa voleva da me mia madre dandomi alla luce per poi morire, non so cosa voleva mio padre suicidandosi il giorno del mio diciottesimo compleanno. ..non lo so"sputo tutto quasi gridando,comincio a tremare,la situazione mi e' sfuggita di mano.Alzo lo sguardo verso Hollmen, che si sarà meraviliato di non vedermi piangere, mi alzo in piedi senza aspettare risposte e mi dirigo verso la porta nel piu' totale dei silenzi.

Percorro i corridoi fino a trovarmi davanti ad una porta che da su un piccolo giardino, esco, mi siedo su delle gradinate e comincia la mia lotta contro i ricordi.

Non voglio ricordare mio padre morto dopo aver assunto alcoloci assieme a medicinali con l' intento di suicidarsi, non voglio ricordare il mio dolore, non voglio ricordare mi basta il suo viso privo di vita nei miei incubi.

"Pensavo di trovarti in lacrime"dice una voce alle mie spalle.Lo riconosco e' Edward. 

Non rispondo, sbuffa e si siede vicino a me.

"Che vuoi "sbotto fredda.

"Sei piu' fredda di un ghiacciolo..comunque faro' finta di non essermi offeso, sono venuto a riferirti che Hollmen ti aspetta piu' tardi nel suo studio"

" Non potevi dirmelo subito senza commentare"dico continuando a guardare il piccolo giardino illiminato da piccoli lampioni.

"É stato uno stronzo Hollmen"dice ignorando le mie precedenti parole.

"Non e'colpa sua non poteva saperlo"non so per qualle motivo ma mi sento in dovere di diffenderlo.

"Secondo me l' ha fatto apposta"dice sicuro di se.

"Che vuoi dire"

"Pensaci..se non ti saresti trovata in questa situazione avresti evitato l' argomento per molto ancora".

Ripenso al comportamento di Hollmen della sua sicurezza riguarda alla seduta "speciale",al sorriso compiaciuto assunto dopo la mia confessione.Ha ragione.

Mi alzo in piedi e mi dirigo verso la porta dando le spalle ad Edward. 

"Di a Hollmen di andare a fanculo"odio i giochetti e le prese in giro e odio ancora di più esserci cascata.

"Ciao Bella"mi saluta Edward divertito.Ricambio il saluto alzando senplicemente la mano che forse non avrà nemmeno visto.

 

Voglio gridare, piangere, voglio sentirmi viva dentro.

Arrivo a casa tolgo la giacca e corro verso il bagno.Apro l'armadietto sopra il lavandino ed eccola, pronta ad aiutarmi a capire .

La prendo delicatamente tra le dita e mi accascio al pavimento freddo, tolgo il maglione e mi preparo alla sentenza.

La lama imprime piano sulla mia pelle palida la mia frustrazione, il mio dolore negato.

Il sangue comincia a farsi vedere e con esso sento anche un bruciore.

Senza accorgermene mi scendono le lacrime, lacrime mischiate a dolore e felicità. 

Dolore perché finalmente sono riuscita a dare sfogo alle mie sofferenze, felicità perché adesso più che mai so di aver fatto la scelta giusta.

Sarà anche bastardo Hollmen ma il suo lavoro lo sa fare.

 

Mi dispiace, penserete che sono sadica ma era necessario, Bella doveva capire di aver fatto la scelta giusta, ha dovuto capire che per dare rumore al suo dolore ha bisogno di sfogarsi.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. ..non ho capito ancora bene se la storia vi interessa.

Fatemi sapere cosa ne pensate.

Ringrazio chi l' ha messa tra le seguite/preferite/ricordate e chi legge solamente.

P.s Ricordate che nn può piovere per sempre (dipende in che parte d' Italia abitate^.^)

Bhe io abito in Calabria e qui piove poco perciò. ....

P.s.s Scusate eventuali errori.

A presto Ale.. :)

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Cap.3 ***


BUONA LETTURA! !

 

Pov.Edward

Destra, sinistra, sinistra, destra.

Cammino da ore senza stancarmi, cammino meccanicamente senza una meta.

Passo dopo passo mi allontano dai pensieri, dalle preoccupazioni, dalla frustrazione. 

Spesso anche la notte, quando i pensieri non mi abbandonano, vado in giro per Chicago. Una Chicago diversa da quella in cui vivo di giorno.La notte cambia tutto, cambia le cose, cambia le persone. 

Di notte mi sento libero, nessuno si accorge di me che corro,che grido .La notte é fatta per persone come me, bisognose di sfogarsi, bevendo, drogandosi, facendo a botte o semplicemente come me camminando, correndo e gridando tra le insegne dei nightclub e delle discoteche che illuminano le strade come fari.

Di giorno e' diverso c'e' una confusione diversa da quella della notte.Odio la tranqullita' , mi piace molto di piu' immergermi nella confusione.

Come in questo momento, il Millennium Park e' pieno di persone, di turisti armati di macchina fotografica che immortalano persino le foglie degli alberi, di bambini sfuggiti dalle mani dei genitori che si rincorrono urlando e ridendo.

Mi perdo nella piu' totale confusione immaginando di essere come quel padre che tiene stretta la mano della figlia o come quel vecchietto seduto su una panchina probabilmente intento a rivivere gli anni della sua giovinezza.

Probabilmente pero' io non saro' mai come loro, forse non saro' mai padre e gli anni della mia giovinezza cerchero' di dimenticarli non di riviverli.

I miei pensieri hanno preso una brutta piega ,gia' perche' a volte camminare e suonare non bastano piu' per dimenticare.

Il cielo si oscura bruscamente minacciando di piovere, affretto il passo e mi guardo in torno e cio' che vedo mi fa quasi spalancare gli occhi.

Invidio i turisti con le loro macchine fotografiche in mano, questa scena e' meglio di qualunque paesaggio. 

Poco distante da me c' é Isabella, seduta a gambe incrociate appoggiata al tronco di un albero, capelli all' aria, sguardo concentrato, chitarra in grembo, pentagramma vicino.

Questa ragazza mi ha stupito appena l' ho vista, cosi diversa dalle altre, cosi diversa da tutto.

Non avrei mai immaginato che suonasse la chitarra, non so molto di lei ma quello che ho capito solo osservandola mi incuriosisce molto.É una continua scoperta, come ieri dopo essere scappata dalla seduta di gruppo, pensavo di trovarla in lacrime invece mi ha risposto con la sua solita spavalderia. 

So che in lei c'é molto di più di quello che mostra, lo vedo dai suoi occhi, quel cioccolato mischiato a solitudine e dolore, simile al mio.

Non ho ancora capito qualle male l'ha portata a rivolgersi alla clinica, ma ho intenzione ti scoprirlo e perché no di aiutarla.

Mi avicino a lei fino ad arrivarle di fronte, sentendosi osservata alza la testa cosi da vedermi.

Ancora una volta mi stupisce:con nonchalance abbassa la testa continuando a scrivere sul pentagramma. 

"Oh bene non bastava il freddo e la pioggia,mi mancavi tu"sputa acida ma anche divertita.

"Davvero ti mancavo?"chiedo anche io divertito.In genere due persone si salutano quando si incontrano in vece con lei é tutta un'altra storia.

"Si mi mancavi come disgrazia"alza la testa fiera della sua battuta.I suoi occhi hanno qualcosa di diverso oggi sono più vivi e luminosi.

"Ma si puo' sapere perche' mi devi sempre offendere?"chiedo fintamente offeso sedendomi di fronte a lei.

"Mi ispiri ad offenderti"dice guardandomi spavalda.Non ho ancora capito se la sua spavalderia sia solo una facciata per nascondere il suo vero carattere, spero di no.

Continuo a fissarla mentre lei scrive note sul pentagramma. .

"Quondi suoni la chitarra?"potrei scommettere in una risposta ironica e acida.

"No, la sto abbracciando per non farle prendere freddo"come pensavo ..acida e ironica.

Decido di ignorare la battuta.

"Non pensavo fossi il tipo che suona"lei mi guarda un attimo per poi dirigere il suo sguardo in un punto indefinito alle mie spalle.

"Non sai molte cose di me "

"Bhe allora racconta , voglio conoscerti Bella"rimane un attimo spiazzata dalla mia richiesta.

"Non racconto i fatti miei agli sconosciuti."dice tono severo e sguardo di fuoco.

"Piacere Edward Masen , 24 anni, vivo a Chicago, suono la chitarra e il piano nei locali"ha gli occhi quasi spalancati e un tenero sorriso gli nasce sul viso purtroppo però muore ancora prima di essere nato del tutto .

"Questo non basta , non ti racconto proprio niente"ha un tono di sfida ma so che muore dalla curiosità di sapere qualcos'altro sul mio conto.

Annuisco e lei appoggia la chitarra al tronco dell' albero per sdraiarsi sul erba fresca, io la imito.Mi perdo un attimo ad osservare il cielo coperto da nuvole scure,vicino a lei non sento più la confusione che tanto amo, c' é tranquillità. Ua tranquillità diversa da quella che odio, questa mi piace, mi rasserena. Anche lei guarda il cielo ma con aria di nostalgia. 

"Quindi sei un ex drogato?"chiede rompendo il silenzio.

"Si"rispondo leggermente irritato.

"Perché hai cominciato a drogarti"chiede girando il capo dalla mia parte.

"Non racconto i fatti miei agli sconosciuti"rispondo usando le sue stesse parole.Forse mi comporto da bambino ma lei non é da meno.

"Piacere Isabella Swan, 20 anni, vivo a Chicago, studio al conservatorio"come sempre mi stupisce non mi aspettavo questo.

"Mi dispiace ma non ti dico proprio niente"uso un tono di sfida come il suo di prima mentre lei mi da una leggera spinta divertita.

"Non copiarmi le battute."dice puntando l' indice verso di me.

"Tu non farmi domande , alle quali nemmeno tu hai risposto"siamo proprio dei bambini.

"Ho i miei motivi per non rispondere alle tue domande"ed ecco che ritorna triste e acida.

"Anche io ho i miei motivi"lei annuisce e contunua a guardare il cielo.

Chiudo gli occhi e mi immergo di nuovo nella tranquillità. 

Poco dopo sento delle gocce bagnarmi il viso....piove ,apro gli occhi di scatto.Isabella é già alzata e sta sistemando la chitarra.

Mi alzo anche io con un po' di fatica, vorrei restare con lei cosi ancora per molto.

"Io devo andare, ciao "Bella mi saluta si mette la chitarra coperta dalla custodia in spalla e comincia camminare verso l' uscita.

"Bella"quasi grido per farmi sentire da lei visto che senza darmi il tempo di salutarla e' gia' lontana da me.Lei sentendomi si gira.

"Vieni alla seduta domani?"le chiedo di nuovo quasi urlando.La sento dire un si dopodiché se ne va.

Resto a guardarla scomparire tra la pioggia che si fa sempre più fitta, poco importo se mi bagno. 

Se ne va con la certezza di essere ancora una sconosciuta per me, ma non sa quanto si sbaglia.

Lei é un angelo macchiato di nero come me, é un angelo a cui sono state tagliate le ali.

 

 

 

Ciao a tutti....piaciuto il pov.Edward?

In questo capitolo ci sono poche notizie della sua vita ma più avanti si saprà di più. 

Come sempre ringrazio chi ha messo la storia tra seguite/preferite/ricordate e chi legge solamente. 

Spero che continuerete a leggere e fatemi sapere cosa ne pensate.

Bacii a presto Ale..

 

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