Codex alearum

di Mirella__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Litigio ***
Capitolo 2: *** Socie ***
Capitolo 3: *** Gola ***
Capitolo 4: *** Chiodo ***
Capitolo 5: *** Torta ***
Capitolo 6: *** Possesso ***
Capitolo 7: *** Sollievo ***
Capitolo 8: *** Grazie ***
Capitolo 9: *** Londra ***



Capitolo 1
*** Litigio ***


Codex alearum


Primo capitolo


Litigio


La donna si portò le mani ai capelli castani, arricciandoli in maniera quasi compulsiva tra le dita, poi alzò di fretta lo sguardo sulla figlia e lo scostò ancora.

Sei sempre la solita. Se dico che devi rientrare rispettando il coprifuoco, devi essere qui non dopo l'una”.

Gioia si morse nervosamente il labbro.

Era una scusa per litigare; sapeva che una volta messo piede sulla soglia della porta sarebbe accaduto, tuttavia non era riuscita a prepararsi mentalmente un piano d'azione, o una scusa quanto meno convincente.

Avevo bisogno di schiarirmi le idee...” buttò lì, restandosene sul vago, portandosi poi sulla punta dei piedi e incrociando le braccia al petto prosperoso per apparire più adulta; il risultato, mal per lei, fu l'opposto, di fatto la madre scosse la testa e assunse un'espressione contrita.

Forse è stato anche per questo che...”

Lo sguardo di Gioia divenne inviperito, se avesse potuto avrebbe incenerito qualunque cosa le fosse stata a tiro pur anche solo di minacciare la donna: non voleva sentire la naturale conclusione del resto della frase, naturale per sua madre.

Non ti azzardare! Non voglio essere messa a parte di altre tue brillanti supposizioni”. Disse lapidaria e con un sarcasmo velenoso, entrando in casa e sbattendosi la porta alle spalle, poi si svestì del cappotto e lo buttò sul divano, facendo sospirare nuovamente la madre, che si avvicinò a lei, premendo sulle braccia per muoversi con la sedia a rotelle.

A quel punto Gioia distolse lo sguardo e lo puntò ai suoi piedi, sentendosi avvolta dal solito senso di colpa che si faceva sempre presente quando alzava la voce con sua madre.

Magari Alex sarebbe disposto a tornare con te, se tu gli chiedessi scusa”.

Gioia spalancò la bocca e la tenne aperta per una buona manciata di secondi: non pensava che sua madre sarebbe comunque riuscita ad arrivare comunque a quel punto. Dopo essersi ripresa dallo shock, richiuse la bocca e parlò con voce che non sembrava essere sua, tanta rabbia conteneva. “Alex è un capitolo della mia vita che voglio considerare chiuso, sepolto. Non ho sbagliato io, mi ha tradito! Mamma!”
Ma l'altra scosse la testa, “magari è stata colpa tua. Sei disordinata, ritardataria e sembra che tu abbia sempre la testa altrove, magari quel povero cristo voleva semplicemente la compagnia che tu non gli da...” ma Gioia non badava più a ciò che diceva la madre e nella testa riecheggiava unicamente la prima frase.

Magari è stata colpa tua.

Colpa tua, colpa tua, colpa tua...

E come se stesse rivivendo ancora l'attimo della scoperta, le parve d'udire il risolino della segretaria di suo marito che si avvinghiava a lui nella loro camera da letto, tra le loro lenzuola, nel loro posto speciale.

Un'unica lacrima le rigò il viso, ma lei la scacciò prepotentemente con il dorso della mano, poi diede le spalle alla madre e si chiuse a chiave nella sua camera; aprì le ante di tutti gli armadi - rischiando di romperle a causa della foga con cui lo fece - afferrò la prima valigia che le capitò a tiro e la buttò sul letto; poi iniziò a tirar fuori ogni indumento che poteva giovarle e ve li infilò a forza, poco importava se in quel modo i suoi abiti diventavano ammassi indefiniti; infine si sedette sul suo bagaglio e chiuse la cerniera con forza.

Restò per un paio di minuti in quella posizione, poi prese il portatile tra le mani e iniziò a cercare... suo padre avrebbe potuto benissimo badare a sua madre, Gioia adesso aveva soltanto bisogno di andare via.

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Capitolo 2
*** Socie ***


Angolo dell'autrice
Bene lettori, se siete arrivati fin qui significa che il prologo vi ha incuriosito almeno un po' e non posso esserne più che felice.
In questo capitolo si dispongono le pedine, buona parte dei giocatori fa il loro ingresso in campo, siete curiosi d'assistere a questa partita?
Ringrazio chi ha messo la storia in una delle tre liste, vi auguro una Buona Lettura.


Secondo capitolo

Socie


La valigia venne trascinata pesantemente su per le scale.

Dannazione!
Gioia stessa si chiese cosa avesse messo lì dentro: cemento forse? E poi perché diamine in quel condominio non c'era nessun dannatissimo ascensore?

Arrivata alla quinta rampa di scale la donna si arrese e si buttò a peso morto sul suo bagaglio, senza neanche provare a raggiungere il pianerottolo: era un'impresa grande per lei, andava ben oltre le sue capacità, lo sapeva.

La sua valigia era fin troppo comoda e lei era fin troppo stanca. Ponderò l'idea di stare in quella posizione ancora per un po', in fondo erano le otto di sera, nessuno sarebbe sceso a quell'ora dal quinto piano e riponendo in un angolo della sua mente la vocina che le diceva che la gente a quell'ora era solita uscire, si convinse a rilassarsi... solo cinque minuti e poi avrebbe raggiunto il sesto piano dell'edificio, ne era sicura.

Mal per lei, però, che qualcuno aveva già adocchiato il suo corpo morente sulle scale e si accingeva a picchiettarlo con la punta del piede, nemmeno fosse stato un qualcosa di orrido.

Sono caduta,” si affrettò Gioia a sottolineare, fingendo di cercare con foga un appiglio al quale reggersi per rialzarsi, realizzando solo in un secondo momento come quella presenza avesse osato entrare nella sua sfera personale.

La risata argentina che le giunse all'orecchio la irritò: era troppo perfetta, troppo musicale, troppo tutto.

Gioia alzò lo sguardo verso la presenza e restò sbigottita dal ghigno che ella aveva disegnato sulle labbra.

Sì, caduta,” si limitò a dire quella, storcendo di poco le labbra, salendo le scale con passo elegante e silenzioso.

Gioia arrossì, constatando che probabilmente quella tizia sarebbe potuta benissimo star dietro di lei a godersi la scena della sua resa alle scale per un tempo indefinito, così sospirò e curvò le spalle in avanti, accingendosi a scalare ancora il monte fino alla cima dove stava il suo appartamento con passo strascicato e rumoroso.
Ecco che aveva appena messo piede all'interno dell'edificio che già aveva fatto una figura di merda con un condomino.

Arrivata finalmente al sesto piano, Gioia osservò l'altra donna prendere le chiavi dalla borsetta e infilarle nella toppa, a quel punto una domanda le giunse sulla punta della lingua.

Mi scusi, ma lei è Alice Kikyo?”

Gioia si ritrovò a studiare i tratti dell'altra con attenzione e ve ne trovò una bellezza esotica.

Il taglio degli occhi neri era affilato e gli zigomi alti, la pelle era lattea e all'apparenza incredibilmente delicata: erano tutte caratteristiche tipiche degli orientali. Le labbra, però, erano piene ed i lunghi capelli che le arrivavano alla vita erano neri.

La donna si aprì in un sorriso cordiale e annuì, “sì, e suppongo che lei è la signorina Gioia Mire?”

Gioia sorrise e annuì. “Quindi io rispondo, dicendo che suppongo che questo sia il mio nuovo appartamento”.

Sì, potrei dire che è una giusta supposizione, anche se tendo a sottolineare che più di metà dell'appartamento è mio”.

Gioia ridacchiò e annuì, riprendendo a trascinare le valigie fin dentro casa.

Devo dire che non l'aspettavo qui prima di domattina, di conseguenza non ho preparato una cena e io sto per andarmene, sono tornata indietro solo per prendere questo”. Allungò una mano verso il tavolino e afferrò il rossetto sopra di esso. Per un'istante Alice apparve irritata dall'improvvisa entrata in scena dell'altra, dissenso che svanì in modo fulmineo, così come era arrivato e a quella sparizione seguì un altro sorriso. “Ha rischiato di rimanere fuori per un bel paio d'orette”.

Gioia fece una smorfia e annuì sconsolata, “è che ho avuto dei problemi in famiglia, quindi ho preferito andarmene in fretta. Mi spiace esser venuta qui con così poco preavviso”.

L'altra fece come per spolverarsi della polvere di dosso per sistemarsi i vestiti e riprese con tono comprensivo, “beh mi spiace solo di non poter rispettare gli oneri della padrona di casa, ambientati come meglio credi. Di lì c'è il bagno, di lì la tua camera e di lì la cucina. Per qualunque problema chiamami a questo numero,” Alice curiosò per un po' nella sua borsa e ne uscì un biglietto da visita. “Non provare ad aprire le camere chiuse a chiave. Sono le mie stanze e lì tengo roba personale. Nel corridoio ci sono le telecamere e mi sono ben informata su di te oggi pomeriggio”. Aggiunse a mo' di minaccia, cacciandole il suo numero di telefono in mano e un paio di chiavi di riserva, “bye bye,” la salutò, uscendo con passo affrettato.

Gioia era offesa da quel comportamento. L'aveva scambiata per una sorta di ladruncola? Tuttavia questo risentimento passò in secondo piano quando la ragazza realizzò in che casa si trovasse.
Lusso. Ogni cosa urlava lusso.

Il tavolo in cucina urlava lusso, il divano nel salone urlava lusso, persino il water pareva esser più lussuoso della sua auto.

Però è venuta ad abitare in un condominio senza ascensore”. Borbottò tra sé e sé, andando in quella che presumeva essere la sua camera.

Un mobilio essenziale, nonostante anch'esso gridasse lusso.

Un enorme letto matrimoniale al centro della stanza e un grande armadio che si ergeva di fronte all'enorme portafinestra; tutto lì, se avesse voluto altro avrebbe dovuto vedersela da sola.

Posò la valigia sul letto, carezzando per un momento le lenzuola, poi decise d'uscire sul balcone, restando senza fiato d'innanzi al panorama che si godeva da lassù.

I rumori della frenetica vita cittadina le giungevano smorzati e le persone che camminavano lì giù sembravano tante piccole formichine che si dirigevano come bravi operai in un posto ben preciso.

Le venne da ridere e si appoggiò contro la ringhiera, portando una mano sotto il mento ad accarezzarlo, mentre osservava rapita ogni singolo avvenimento.

Doveva ammettere che tutto ciò era, però, alquanto monotono, dopo aver passato dieci minuti buoni a guardare.
Rifletté sul da farsi e infine decise di prendere il telefono in mano. Sul display apparivano già dieci messaggi. Rise ancora tra sé e sé, non avrebbe dovuto dire nulla a Tyler sulla sua fuga, probabilmente il ragazzo sarebbe stato impaziente di sapere tutto quel che c'era da sapere sulla nuova casa e probabilmente Jonathan - il suo compagno di stanza – avrebbe voluto sapere tutto quel che c'era da sapere sulla sua coinquilina. In effetti non avrebbe potuto accontentare quest'ultimo neanche se avesse voluto.

In quei pochi secondi che era stata vicino a lei, Alice sembrava essere stata parecchio irritata dalla sua presenza.

Gioia era laureata in psicologia, ma non ci sarebbe voluta un titolo di studio per capirlo, sapeva anche che l'altra non si sarebbe aperta facilmente con lei: nel breve arco di tempo in cui avevano parlato, Alice aveva storto le labbra, utilizzato un tono freddo e distaccato, contornato da una punta di sarcasmo, e si era persino spolverata il vestito come a fare lo stesso con i problemi di cui le stava parlando.

In breve, aveva decisamente respinto le sue scuse, quindi dubitava sarebbero andate d'accordo presto.

Decise di liquidare Tyler con un “ne parliamo più tardi”, adesso voleva soltanto vedersi con Dory, l'avrebbe aiutata a pensare ad altro.

Non l'aveva ancora chiamata, sicuramente non voleva disturbarla, era un suo comportamento tipico d'altronde.

Andò sulla rubrica e cercò il numero.


Un'ora e mezza dopo entrambe erano intente a sorseggiare una birra, osservando con attenzione quel che sul tavolo si pensava dovesse esserci una pizza.

Mai, mai, mai, mai più verremo in questo ristorante”. Sussurrò Gioia, prendendo un trancio e osservandolo mentre si frantumava in mille pezzi sul piatto.

Non essere così negativa,” mormorò l'altra, “è solo un po' liquida”.

Gioia la fulminò con un'occhiataccia. “Sembra farina col pomodoro, anzi, acqua e pomodoro con la farina. Il formaggio se lo saranno dimenticati a casa”. Sbuffò, delusa. “Avrei voluto cucinare, ma la mia coinquilina in frigo non aveva nulla, solo vegetali. Sarà una di quelle tipe costantemente a dieta”.

Dory si lasciò sfuggire un risolino, che si affrettò a dissimulare con un colpo di tosse. “Ma no, starai esagerando. Lo ha detto anche lei che non ti aspettava prima di domani mattina, quindi non lamentarti, la maleducata sei stata tu stavolta”.

Gioia mise il broncio e iniziò a giocherellare con l'impasto molliccio che si trovava nel piatto, poi scosse la testa. “Secondo me è solo una piena di sé, dovevi vederla! Ho le telecamere! Sta' attenta a non rompere il prezioso vaso di giada posto sul tavolino, vale più di te e della tua automobile”.

Questa sua vacua imitazione, però, non riuscì a coinvolgere l'amica in uno scatto d'ilarità, anzi, Dory rimase con un sopracciglio inarcato a guardarla male, segno che no, non aveva fatto ridere.

Ok, è piena di sé. Ma tu hai ventisei anni e non ti sei nemmeno soffermata a chiederle scusa del tuo arrivo in modo quantomeno adulto”. Detto questo, la rossa si scolò il suo bicchiere di birra e riprese a cercare di mangiare decentemente il cibo che aveva nel piatto, lei non era schizzinosa come Gioia.

Le ho detto che ho avuto dei problemi seri però; lei mi ha semplicemente ignorata”. Insistette, torturando con più foga la sua ordinazione, trasmettendole tutta la sua irritazione.

Dory incrociò le braccia al petto e iniziò a tamburellare le dita sulla pelle, osservandola attentamente.

Lei ti piace”. Decretò infine, ridendo quando - dopo che finalmente Gioia si era portata un pezzetto del trancio di pizza alla bocca - il cibo le finì di traverso, facendola tossire un paio di volte.

Per favore, i miei gusti sono ben altri”. Riuscì a dire tra un colpo di tosse e un altro, “lei è troppo... troppo tutto”.

Per la mia compagna di college, reginetta dei festini a luci rosse, non è mai stato troppo nulla”. Gli occhi verdi di Dory divennero assenti, mentre la sua mente tornava indietro ad anni prima, quando i party erano assicurati ogni sera e a letto non si andava mai solo per dormire, almeno per lei. Rise tra sé e sé ricordando com'era difficile stare sveglie durante le lezioni il giorno dopo aver fatto baldoria. Sarebbe stato bello rivivere quei tempi. A Gioia andavano dietro miriadi di ragazzi, e anche qualche ragazza a dirla tutta, e lei si divertiva a fare la difficile, giocando con chi le interessava.

Era un tipo a cui piacevano le sfide. Era riuscita ad affascinare molti all'accademia e chi non era ai suoi piedi, dopo una scommessa accorata, faceva quel piccolo passo fallace che la faceva vincere. Poi tutto era cambiato però, da quando Gioia aveva incontrato lui aveva smesso di giocare e si era perdutamente innamorata di quell'angelo dai capelli neri e gli occhi verdi. Per la prima volta era stata lei a cadere, tuttavia era riuscita a prendere l'oggetto dei proprio desideri e farlo suo. Avevano costruito assieme le basi di una vita matrimoniale stabile e felice, basi che però si erano rivelate corrose e per questo fragili.

Il matrimonio era finito e Gioia era rimasta con un pugno di mosche in mano.

Da allora la ragazza era cambiata.

Era sempre stata un bel tipo: lunghi capelli castani e due grandi occhi marroni da cerbiatta, curve morbide che lasciavano intravedere della pancetta e che riuscivano a far girare la testa ad ogni ragazzo a lei vicino, e una vitalità che sprizzava da ogni poro.

Di Gioia, Dory poteva dire che era adorabile. Un piccolo elfo paffuto che si lasciava amare, ma dopo il tradimento era diventata taciturna con chi non conosceva, diffidente e solitaria.

Se poteva, non passava mai le serate fuori, preferendo evitare di conoscere nuova gente e costruendo una barriera attorno al proprio mondo, fatto di scrittura e lettura. Ecco come lei passava le sue giornate. Inoltre non si poteva toccare il tasto “Alex” che la ragazza si metteva ad urlare come un'ossessa, facendo desistere chiunque dal toccare l'argomento. Non si era mai sfogata con nessuno, Gioia, e preferiva restare sola con lei, Tyler e Jonathan.

Un sorriso ferino si disegnò sulle labbra sottili di Dory: di Gioia era cambiato molto, ma quel pizzico d'orgoglio che le imponeva d'accettare ogni sfida c'era sempre, e se quella nuova tizia le piaceva, perché non scacciare chiodo con un altro chiodo?

Avrebbe dovuto fare delle ricerche su quella Alice, chiamando magari Jonathan, il suo piccolo genio informatico, non propriamente genio, ma ci sapeva fare col pc molto più di lei.
Dory preferiva pedinarla la gente, figuriamoci se si sarebbe mai adeguata alle nuove tecnologie!

Non pensarci nemmeno, Dory!”

Il tono lapidario della ragazza la stupì e si avvide dal tenere l'espressione stupefatta sul suo volto per sembrare il più innocente possibile. “Cosa ho fatto?”

Non ho intenzione d'accettare scommesse, sia chiaro”.

Dory, grandissima attrice, arrossì lievemente e si morse il labbro inferiore, coprendosi lievemente il volto con la mano. “Gioia... ho fatto quel sorriso per un'altra cosa. Ecco, vedi, io e Jonathan stasera abbiamo preparato in camera da let...”

Ferma!” Si affrettò a dire l'altra, alzando una mano per farsi dare attenzione, “non voglio sapere nulla di quello che fate tu e quello scimmione geneticamente modificato! Ma come fa a piacerti?” Il tono di Gioia era mortalmente serio, ma Dory non ci badò e assunse un'espressione mortificata.

Scusami,” borbottò incrociando le caviglie e spingendosi poco col busto in avanti per meglio vedere Gioia in viso.

Tuttavia io non stavo parlando di scommesse... ma visto che sei stata tu ad uscire l'argomento...” sussurrò, guardandosi le unghie placcate di rosa confetto.

Dory, non ti attenere a quello stupido codice”. La pregò Gioia, sbattendo un paio di volte le palpebre e portando le mani in preghiera.

Lo sguardo della rossa si affilò e divenne rovente. “Stupido? Gioia Mire, non definire stupido il nostro codice! Dal primo anno di college è diventato la nostra linea guida e lo sarà fino a quando non ci ritroveremo entrambe nella tomba!”

Gioia sospirò, rassegnata all'idea. “Forza, non farla troppo lunga e spara”.

Dory annuì soddisfatta. “Come dice l'articolo quattro, precisamente al comma tre: se una delle due socie tira in ballo la parola scommessa allora una scommessa è d'obbligo”.

Gioia arrossì lievemente, ricordando quanto stupido fosse quel contratto, ma oramai per non irritare ulteriormente la sua amica decise d'assentire ad ogni sua richiesta. Nessuno le impediva, in fondo, di non rispettarla, non erano ventiquattro ore su ventiquattro assieme e lei non poteva controllarla.

Quindi, io scommetto che tu non riuscirai a sedurre Alice di qui a... vediamo, siamo Aprile... quindi direi... Giugno”.

Gioia girò la cannuccia nel bicchiere della sua cocacola, mettendo su un broncio adorabile. “E io scommetto di riuscirci eccome, anzi, sono sicura che entro Maggio sarà ai miei piedi”.

Dory ghignò, era un accenno di un sorriso malvagio, contorto, che confuse Gioia. “Allora se tu pensi questo, come dice il codice, dovrai pagare un doppio pegno”.

Cosa?” Chiese confusa Gioia, guardandola stralunata, “sono sicura che nel codice non c'è nessuna regola su questo punto”.

Ed è qui che ti sbagli!” La interruppe vittoriosa Dory, per poi iniziare ad elencare: “Articolo sette, comma due: in caso una delle due socie non riesca a rispettare parte di quanto detto durante la stipulazione della scommessa, incorrerà in un primo pegno. Se, inoltre, la socia non dovesse riuscire a portare a conclusione l'intera scommessa dovrà pagare un secondo pegno”.

Sono abbastanza sicura che tu stia menten...”

Sul codice non si mente”. Disse convinta Dory, uscendo dalla borsa un quaderno, sotto lo sguardo sorpreso della ragazza.

Lo conservi ancora? Dopo tutti questi anni?” Sussurrò, non certo senza un po' di commozione, fingendo d'asciugarsi una lacrimuccia col dorso della mano

Certo! Inoltre, ricordi ancora qual era la prima legge?” Chiese con fare indagatore.

Certo,” rispose prontamente Gioia, come una studentessa ben preparata. “Sul codice non si mente... mai...” a queste ultime parole, però, il mondo le crollò addosso.

E la pena?” Chiese ancora Dory con sguardo severo.

In caso di trasgressione all'insaputa di una delle due parti, il trasgressore deve considerarsi un mostro doppiogiochista e deve rendersi conto di star tradendo la sua migliore amica e socia”. Borbottò, sentendosi in colpa poco dopo.

E in caso il tradito venga a conoscenza della trasgressione?”

Allora i rapporti tra i due soci cesseranno”.

Dory finì di mangiare la pizza con fare soddisfatto. Quella di Gioia era quasi del tutto intoccata ancora sul piatto e sapeva di sconfitta, mentre l'aura che circondava la ragazza era pregna di disperazione.

La rossa sorrise. “Fregata?”

Gioia annuì, con le spalle curvate e lo sguardo basso. “Sì, fregata”. Mugugnò.

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Capitolo 3
*** Gola ***


Terzo capitolo

 

Gola

 

“Già, ed è proprio così! Dovevi vedere che razza di felpa aveva indosso! Sembrava un maschiaccio. La prossima volta che deciderò d'affittare una stanza farò in modo di incontrare l'affittuario almeno un paio di volte”.

Gioia si morse le labbra con violenza.

Quella stronzetta di Alice pensava stesse dormendo e non si stava facendo poi tanti problemi a parlare male di lei al telefono ad alta voce.

“E poi dovevi vedere i suoi modi! Rozzi, più adatti ad un contadino, con tutto il rispetto a loro dovuto ovviamente, l'avrei vista bene ad arare i campi!” E dopo questa frase partì la risata argentina insopportabilmente perfetta.

Gioia rotolò di fianco sul materasso e premette il cuscino contro la faccia, poi lanciò uno sguardo alla sveglia che segnavano le dieci e mezza del mattino.

Quella dannata gallina aveva ancora tanto da starnazzare? Dubitava seriamente che quella dall'altro lato del telefono la stesse ascoltando davvero, nessuno poteva avere voglia d'ascoltare tante lamentele di prima mattina, nessuno che fosse umano almeno.

“E poi non ti ho raccontato ancora il clou: arrivata al quinto piano si è accasciata sulle scale ed è rimasta per un paio di minuti distesa sulla valigia, la cosa divertente è che il bagaglio era più grande di lei. Sì, è una tappa e anche un po' cicciottella da quel che si nota dalla felpa. Avevo pensato di prestarle un paio di miei vestiti, ma dubito fortemente le entrerebbero. Spero che almeno quei cinque piani di scale che deve fare ogni giorno la facciano dimagrire, potrei almeno presentarla ai miei genitori senza che sembri abbia una coinquilina raccattata dalla strada.

Gioia sgranò gli occhi.

E no! Adesso stava decisamente esagerando! Si alzò di fretta dal letto, posò una mano sulla maniglia della porta semiaperta e si fermò immediatamente.

Un momento... la sera prima aveva chiuso la porta, ne era sicura.

Alice non la voleva in casa, sicuramente lei voleva sentisse quella conversazione, ma perché?

Un sorriso si allargò sul suo viso. Che la padrona di casa non volesse condividere l'appartamento? Probabilmente voleva cacciarla.

La cosa si faceva interessante.

In silenzio sgattaiolò via dalla propria camera e si intrufolò in bagno; pettinò i lunghi capelli castani e abbassò la maglia quel tanto che bastava a coprire l'inguine e parte del fondo schiena, si alzò le calze a metà polpaccio e si sciacquò il viso, guardandosi poi allo specchio.

Spettinò nuovamente i capelli, dovevano dare l'impressione d'essere stati messi in disordine dal cuscino, e, una volta soddisfatta, uscì ancora una volta silenziosamente, si avvicinò alle spalle di Alice e con voce allegra, anche se assonnata, disse: “Buongiorno, mia coinquilina!”

L'altra sussultò e arrossì lievemente, “non ti credevo sveglia a quest'ora!”

Ma Gioia sorrise allegra e scosse la testa, aprendo il frigo e guardando dentro, premurandosi d'assumere una posizione quanto meno accattivante. “Sono mattiniera! Sai, provengo dalla campagna,” mentì con nonchalance, “e se ieri non fossi tornata tardi, sarei in piedi già dalle sei”. Quindi Gioia si scolò un intero cartone di latte direttamente dall'involucro, sotto lo sguardo disgustato di Alice, e infine si leccò con aria soddisfatta le labbra sporche di bianco.

“Non ne volevi anche tu, vero? In fondo il latte contiene molti grassi e sono sicura che non vorresti che il tuo abito Versace, che indossi già alle dieci e mezzo del mattino, non ti entri più; anche perché dai fianchi già mi sembra tirato, forse un po' troppo, ma magari è solo una mia impressione”. Poi si voltò nuovamente, mordendosi le labbra e dandosi mentalmente della stupida: in quel modo non avrebbe attirato nemmeno un camionista ubriaco.

“Siamo scorbutiche stamani, ci siamo alzate dalla parte sbagliata del letto?”

Gioia reprimette il desiderio d'alzare gli occhi al cielo e sorrise innocentemente. “Non esattamente, ho sentito delle urla e ora ho tanto mal di testa”.

Alice la osservò per qualche istante, forse uno di troppo visto il sorriso malizioso dell'altra, dunque trattenne ferma la sua espressione e scrollò le spalle. “Mi dispiace,” disse semplicemente, prendendo il telefono e iniziando a digitare.

Gioia mise il broncio, odiava essere ignorata, molto.

“Quindi... quanti anni hai?” Buttò lì, giusto come argomento di conversazione, ma lo sguardo divenuto improvvisamente oscuro che la donna gli elargì la fece rabbrividire. “Anche se io direi ventidue...” sussurrò, incrociando le braccia sul petto e sperando d'aver detto un'età minore di quella reale; sospirò di sollievo quando vide il sorriso che sembrava voler affiorare sulle labbra di Alice.

“Ti sbagli,” e presto una nuova risata, stavolta più sincera, risuonò piacevolmente nella stanza. Quel cambiamento repentino fece restare di stucco Gioia, che si limitò a guardare Alice in attesa di spiegazioni, ma, vedendo che le risa erano aumentate e che non accennavano a smettere, chiese: “Perché ridi?”

“Perché è ovvio che sono più grande di te”.

Gioia fece marcia indietro. Più grande? “Davvero?”

Alice guardò Gioia dall'alto in basso, “sì, davvero” poi le si avvicinò, con una scintilla di curiosità nello sguardo.

“Chiunque avrebbe sbraitato a sentir parlare di sé in quel modo, perché tu non lo hai fatto?”

Gioia sgranò gli occhi, il volto tirato in un'espressione sorpresa, presto, però, questa lasciò il posto alla curiosità. “Era un test?”

Alice rise ancora, ma non distolse lo sguardo dal suo. “Più o meno, oppure potrebbe essere una scusa per il mio ignobile commento su di te”.

“Una sequela di insulti, io direi al posto di definirlo commento”.

“Beh... chiunque se ne sarebbe andato indignato. Tu perché sei ancora qui?” Sussurrò curiosa.

“Perché hai aperto la porta della mia camera per lasciarmi sentire, c'era qualcosa di strano”.

Alice annuì tra sé e sé colpita.

A quanto pareva, Gioia era un tipo che preferiva sapere tutto prima d'esprimere un giudizio e ne fu compiaciuta,

“Diciamo che hai superato il test, il primo almeno”.

“Ce ne saranno altri? Perché, sai, mi ha dato già alquanto fastidio il primo”. Mugugnò Gioia contrariata, arricciandosi una ciocca di capelli castana tra le dita. Quella tizia era una folle, una qualità che le faceva guadagnare non pochi punti ai suoi occhi.

“Dipende... magari se cucini bene pondero l'ipotesi di promuoverti direttamente”. Poi sorrise nuovamente e osservò il telefono.

“Devo andare in palestra, spero d'avere buoni motivi al ritorno per farti restare”. Sorrise e le diede le spalle, chinandosi a prendere un borsone che prima era sfuggito alla vista di Gioia.

“Tu vai in palestra così?” Chiese poco convinta, per poi osservare meglio la ragazza fasciata nel suo abitino beige.

Alice annuì e voltò verso di lei la testa per farle un occhiolino. “Non si rinuncia mai all'eleganza, in nessuna occasione”.

Ma Gioia era in disaccordo e disse alle sue spalle: “Ma se si esagera si diventa pacchiani”.

L'altra scrollò le spalle, “sono soltanto punti di vista differenti. A dopo tesoro”, e detto questo girò i tacchi e sparì oltre la soglia, ancheggiando tra l'altro per farsi ammirare in tutta la sua altezza. Peccato che non sapesse che Gioia stesse ammirando tutto, fuorché l'altezza.

Ci rimise un po' a riprendersi, ma quando riuscì a tornare alla realtà, la ragazza si imboccò le maniche.

Quale modo migliore d'arrivare al cuore di una persona se non per mezzo della gola?

 

 

Il fiato corto, spezzato, affaticato.

Alice amava correre, avrebbe preferito farlo in campagna, percorrendo luoghi impervi con terreni accidentati e soprattutto in mezzo al verde, ma vivendo in una città come la sua, dove prima di vedere il verde bisognava assistere allo scorrere interminabile del cemento, si doveva accontentare della stoica visione del muro bianco di fronte a sé, regolando di tanto in tanto la tendenza e velocità del tapirulan.

Spesso doveva sopportare qualche battutina fin troppo spinta per i suoi gusti, raddrizzando le spalle e lasciando quei fastidiosi ragazzini cuocere nel loro brodo, altre volte si avvicinava persino qualche uomo e cercava di intraprendere una conversazione con lei, ma Alice si limitava a liquidarlo con risposte secche, che chiudevano ogni sbocco ad una possibile conversazione.

Ultimamente si era iscritta una giovane coppietta e già tutti attorno a lei mormoravano sulla sua scarsa abilità atletica.

Alice era non solo annoiata da quei discorsi, ma addirittura irritata. Non capiva il motivo di tale agitazione. Era troppo pretendere che ognuno si facesse i fatti propri? Evidentemente sì.

Aumentò ancora la velocità del tapirulan, sentendo che anche quello accanto al suo veniva azionato.

“Ciao”.

Alice si voltò e osservò la ragazza dai capelli rossi che aveva iniziato a correre accanto a lei.

“Ciao,” rispose sorridendo cordialmente, chiedendosi perché diamine non riuscisse ad avere almeno una mezz'ora unicamente per se stessa.

“Scusami se ti disturbo, mi chiamo Dory, piacere”. Le allungò goffamente la mano sinistra, cercando di non cadere e Alice rise tra sé e sé e strinse la mano.

“Alice”.

“Volevo chiederti,” disse quella arrossendo e guardando gli innumerevoli bottoni della macchina, “se puoi aiutarmi con questo aggeggio, il mio ragazzo è altrove a fare pesi e questa roba mi confonde, puoi consigliarmi riguardo la velocità e pendenza?”

 

Per il resto della sua giornata Alice continuò a chiedersi come fosse possibile parlare tanto di sé in un'ora. Cavolo! Quella Dory le aveva raccontato l'intera sua esistenza, partendo dalla nascita e finendo con i preparativi delle imminenti nozze, la cosa più assurda era che anche lei aveva parlato di sé, facendo persino accenno a Xander, il suo ragazzo.

Che mattinata assurda.

Con un sospiro girò le chiavi nella toppa e venne investita da un invitante odore di... cibo non preconfezionato!

Si avvicinò alla cucina con un passo cauto e scostò di poco la porta, sbirciando dentro. Sorrise vedendo Gioia che saltellava da un lato all'altro della cucina: si era organizzata bene, mettendo le sedie per raggiungere gli scaffali più alti.

Rise tra sé e sé e continuò ad osservarla.

Doveva ammettere che era proprio carina. Guardarla mentre gesticolava e mimava passi di danza che, Alice era abbastanza sicura, aveva appena inventato, era divertente, e cantava anche! Dio! Era stonatissima!

Gioia salì su una sedia per prendere qualcosa e a quel punto Alice entrò, ma lei non se ne accorse, troppo presa a dare spettacolo.

“Buongiorno!” E in un attimo, come a rallentatore, Gioia emise un urletto, spaventata dall'improvvisa apparsa di Alice, e perse l'equilibrio.

Fortuna per lei che l'altra avesse previsto già quegli eventi e fosse pronta a prenderla tra le braccia.

“Volevi farmi fuori! Ammettilo!” Disse Gioia, terrorizzata da quel mancato incontro col pavimento e stringendo di più Alice, che rafforzò a sua volta la stretta.

“Mi hai scoperta, maledizione, e io che speravo di farla franca!”

Gioia si limitò a lanciarle uno sguardo truce, mentre l'odore di sudore che Alice emanava le fece storcere il naso. “Va a fare una doccia, il cibo è quasi pronto”.

“Certamente padrona”. Alice fece un inchino, poi andò a lavarsi, lasciando Gioia ai suoi compiti, ma dal bagno le urlò, “e sta attenta a non farti male!”

 

 

“La cena è andata benissimo, Dory smettila di preoccuparti! No, non è una cannibale, non mangia uomini. Cosa significa che ci hai parlato?”

Dall'altro lato della linea, intanto, la rossa faceva segno a Jonathan di tacere, “tesoro, sembrava un'assassina. Quando mi sono avvicinata per parlarle, oggi in palestra, sembrava volesse squartarmi!”

“Ma non lo ha fatto, no?” La rimbeccò Gioia guardandosi le unghie. “Sono sicura di me, Dory. Oggi mi ha preso anche in braccio, per essere il secondo giorno non mi sembra vada poi tanto male”.

Dory si morse le labbra e alzò gli occhi al cielo. “Lo sai che ha il ragazzo, vero?”

“Sì, ma è una questione secondaria. Se le interesso o è bisex, oppure è lesbica. Quindi probabilmente lascerà il suo ragazzo per....”
“Per fare cosa, Gioia?” La interruppe Dory, stendendosi sul letto dove già Jonathan la attendeva. “Devi soltanto sedurla, non sperare di metterti con lei, una notte di follia ci può stare, ma non credo la convincerai ad amarti a vita”.

“Vedremo,” disse Gioia, offesa nell'orgoglio, poi riattaccò, lasciando Dory perplessa.

“Finirà male questa storia, me lo sento”. Jonathan la baciò dolcemente sulla fronte e la strinse a sé.

“Domani toccherà a me parlare con Alice, così vedrò anche io com'è”. Disse con espressione vacua, cinque secondi dopo si ritrovò col gomito di Dory ficcato dolorosamente nello stomaco.

“Non essere gelosa!” Pregò lui, sapendo già che l'indomani avrebbe avuto un grosso livido sul ventre. A quel pensiero sospirò mentalmente, avrebbe messo una maglietta viola per far pendant.

La rossa gli si mise a cavalcioni, ridendo di gusto. “No, non posso essere gelosa, nessuno è in grado di...” ma la frase non trovò una fine, mentre un gioco molto più divertente delle parole mise fine a quel battibecco sul nascere.

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Capitolo 4
*** Chiodo ***


Angolo dell'autrice
Questo è l'ultimo capitolo che avevo già scritto, d'ora in poi non aggiornerò più una volta ogni due giorni, tuttavia una volta a settimana un aggiornamento è assicurato.
Buona lettura!


Quarto capitolo



Chiodo



Tyler si chiedeva come Jonathan potesse essere così bastardo. Lo aveva mollato durante la visione di “Harry Potter e i doni della morte” e nemmeno alla prima, ma alla seconda parte, facendogli vedere la battaglia finale tutto da solo.

Ora, non che Tyler non fosse conscio di quanto stronzo fosse Jonathan, ma lui considerava certe cose sacre e tali sarebbero dovute essere considerate anche dal suo compagno di stanza.

Quindi: era troppo chiedere che il mercoledì fosse la giornata del fantasy? Niente ragazze di mezzo, niente Dory che si lamentava di quanto i suoi capelli non fossero abbastanza lucenti, niente Gioia che si lamentava dell'impossibilità di mettere la sua maglietta preferita a causa dell'enorme e abissale scollo a v che avrebbe fatto andare in paradiso qualunque uomo etero.

Tyler era gay e, lettori miei, se pensate che in quel momento fosse geloso di Jonathan, vi sbagliate di grosso. Non che non ci avesse fatto un pensierino quando quel giorno di tre anni fa quel ragazzo castano aveva messo piede sulla soglia della porta, semplicemente si era accorto presto di quanto idiota fosse nonostante la sua indole bonacciona.

La sua ossessione riguardava tutt'altra sessione. Il suo primo e unico amore – tralasciando i vari primi e unici amori che ovviamente non contavano realmente - era il parrucchiere dai capelli del color del grano, abbelliti da una spruzzata di verde prato sul ciuffo che ricadeva accanto alla cicatrice sotto l'occhio destro.

No, non pensate nemmeno che “il parrucchiere” fosse una qualche sorta di malvivente per queste particolari caratteristiche; lui era semplicemente un tizio come tanti altri, forse un po' più coglione della media.
Per intenderci, lui era uno di quei tipi che cadono dal motorino mentre cercano di sistemarsi il piercing al labbro. E no! Non pensate che lo stesse facendo mentre il mezzo era in moto, il parrucchiere era semplicemente seduto sul suo bel sedile in pelle del suo cinquantino nuovo di zecca e suo nipote di a malapena cinque anni lo aveva chiamato per portargli le chiavi che, ovviamente, aveva dimenticato; tale possente scossone che solo la forza sovrumana di un infante poteva causare, fece terrorizzare il parrucchiere a tal punto che si alzò di scatto dal suo mezzo, inciampò goffamente nei suoi stessi piedi e cadde a terra di faccia.

Ora, mentre Tyler apriva la porta del negozio con un sorriso forzato sul viso, le nocche bianche dalla forza con cui serrava i pugni, voi potreste pensare che fosse così incazzato per chissà quale torto. L'amarezza della serata fantasy saltata era nulla al confronto.

Era arrabbiato a tal punto perché già si chiedeva a cosa si sarebbe dovuto sottoporre quella volta.

Si portò le mani alla zazzera colorata di verde, blu e giallo. Non riusciva a credere d'andare lì solo per lui ogni fine settimana per sottoporsi ai suoi malsani esperimenti.

Buongiorno,” salutò alle spalle del parrucchiere per poi andare a sedersi nella saletta d'attesa, senza aspettare una risposta che, lo sapeva, sarebbe arrivata soltanto qualche minuto dopo.

Si sedette sulla sua sedia, quella che aveva una targhetta col suo nome – sì, l'aveva chiesta espressamente al parrucchiere e mai nessuno aveva osato toccargliela – e sbatté furiosamente il piede a terra, ripassando mentalmente il colore che i suoi capelli avevano assunto nell'ultimo mese, ignorando le ragazze in attesa sedute poco più in là, che lo fissavano spaventate.

Viola, arancione, marrone ( si rifiutava definirlo castano quel colore più simile al tronco di un albero che ad altro), rosso, porpora, azzurro chiaro e.... iniziava a perdere il conto.

Adesso, non che il parrucchiere non fosse un bravo parrucchiere, semplicemente Tyler era la sua cavia e tale sarebbe rimasto fino alla fine dei suoi giorni: era una legge fondamentale, non sarebbe mai potuta essere cambiata.

Ehi, Tyler, scusami ma stavo sistemando una signora”. Gli disse una testa bionda caratterizzata da un vivace ciuffo verde che faceva capolino dalla porta socchiusa, “oggi sono sicuro che amerai il colore che ti voglio fare, quindi tieniti pronto, sbrigo le ragazze là e poi mi occupo di te. La mia fidanzata arriva tra un'ora, quindi non ci starò molto, promesso”. Lo salutò con un cenno del capo e sparì di gran carriera in un'altra stanza a prender tutto l'occorrente per continuare il lavoro.

Tyler, con la vitalità di un morto, mezz'ora dopo si era ritrovato a prendere una di quelle tendine che lui amava tanto definire “da ospedale” e se l'era spalmata malamente addosso, sedendosi con l'aria di chi era stato morso da un pitbull, anzi, sarebbe corretto dire che era lui a somigliare ad un pitbull, gli mancavano solo i denti scoperti e un filo di bava che scendeva dalle labbra per essere identico, anche se c'era da dire che se avesse avuto l'occasione di guardare il sedere del parrucchiere la bavetta avrebbe presto fatto la sua comparsa.

Il parrucchiere tornò, con un passo che sembrava sempre di fretta, e con un'occhiataccia lanciata al povero pezzo di stoffa appallottolato sul petto del ragazzo si avvicinò e mise tutto al suo posto.

Che colore oggi?” Chiese Tyler, non riuscendo a reprimere il tono da checca isterica che assumeva quando era di malumore.

Il parrucchiere ridacchiò serafico e iniziò ad accarezzargli i capelli e ad osservarli come se fossero stati creta da plasmare, in quei momenti il parrucchiere amava definirsi un vero e proprio artista. “Cos'è successo? Hanno interrotto “Dexter” dopo la fine della settima stagione?”

Tyler si morse le labbra e si irritò ancor di più e non solo perché sì, lo avevano fatto, ma anche perché non riusciva a capire dove potesse spingersi l'ottusità del biondo.

Ormai erano mesi che gli faceva il filo, eppure il parrucchiere sembrava non rendersene conto e un dubbio si stava instaurando nella mente del giovane: che il parrucchiere ignorasse volutamente quelle attenzioni speciali?

Qualcosa del genere,” mugugnò, grattandosi la guancia e puntando gli occhi sul riflesso del suo desiderio allo specchio.

Ti ho detto di passare allo streaming, almeno sei sicuro che quando inizi una serie la puoi finire in santa pace”.

Certo, certo,” Tyler si rilassò, mentre le dita esperte del parrucchiere iniziarono il loro dolce malvagio sulla cute tartassata da tutti quei prodotti chimici; non si aspettava di certo che l'altro capisse quanto fosse importante vedere una serie tv lì, in diretta nazionale, dove non si era da soli a guardare la propria trasmissione preferita, ma tutti i fan si riunivano nello stesso attimo ad ammirarla.

Come va con la ragazza?” Buttò lì, dopo qualche minuto di silenzio, giusto per sapere se la concorrenza perdeva colpi.

Bene,” si limitò a dire l'altro, ma aveva un'espressione persa nel vuoto, assorta in pensieri che sembravano, dal punto di vista di Tyler, faticare ad entrare in quella testolina sempre un po' nel mondo dei sogni. “Ad essere sincero sono confuso,” rivelò l'altro dopo qualche tempo. “Ultimamente lei sembra così impegnata...”

Tralasciando l'euforia che percorse Tyler dalle punte dei piedi a quelle dei capelli e che cercava di fargli urlare la sua gioia, io, narratrice, potrei dire che a quelle parole seguì solo un durevole mutismo da parte di entrambi.

Tyler si impegnava a non dirgli di mollarla per prendere lui, il biondo invece era fin troppo concentrato nel suo lavoro e fin troppo preso dai suoi pensieri per dar retta al ragazzo.



Gioia si stese sul letto e rotolò piano su un fianco, dopo poco sull'altro, lambiccandosi nel dubbio. Poi si guardò attorno, in cerca di un'idea folgorante, unica, mitica!

E ora che l'idea stava giungendo le pareva che allungare una mano ad afferrarla fosse estremamente faticoso, di conseguenza l'illuminazione fuggiva, lontana da lei, veloce come un flash.

Per concludere: non aveva la più pallida idea di cosa fare: Dio! Non rimorchiava più da almeno cinque anni!

Si morse il labbro e ridacchiò tra sé e sé. Dipendentemente dalla sua prossima mossa, le carte sarebbero potute essere svelate. Se si fosse fatta avanti in modo troppo esplicito avrebbe rischiato di spaventare Alice. Doveva conoscere meglio i gusti dell'altra.

In base a questo ragionamento decise che quella sera stessa avrebbe messo in tv un vecchio film che trattava il rapporto tra due donne: così, giusto per vedere le sue reazioni.

Un paio di ore più tardi, Alice, povera vittima inconsapevole di quel test, si era seduta e aveva iniziato a gustare i manicaretti dell'amica, dando di tanto in tanto un'occhiata alla tv, inarcando più volte le sopracciglia a causa di alcune scene per i suoi gusti un po' troppo spinte.

Questo da te non me lo sarei mai aspettato. Sei bisex? O lesbica?”

Gioia rise di cuore e la osservò, premurandosi di mantenere un'espressione sconcertata. “Io? Io lesbica? Alice, cara mia, ti sbagli di grosso”.

Allora perché stiamo vedendo un film dove le protagoniste sono due lesbiche e fanno sesso almeno una volta ogni quarto d'ora?”

Gioia arrossì a quelle parole e fece spallucce, “un'amica me lo ha consigliato, diceva che i personaggi avevano un certo spessore psicologico, ma... ecco, non vedo tutta questa introspezione ad essere sincera”. Si stupì delle sue stesse parole, grazie a Dory stava diventando incredibilmente brava con le menzogne, le venivano con una spontaneità unica.

Alice scosse la testa e annuì tra sé e sé, pensierosa. “Quell'Andrea, la protagonista, ecco, credo che abbia i suoi motivi per comportarsi da sgualdrina”. Detto questo, Alice si alzò e si avvicinò a Gioia, costringendola tra lei e il bancone della cucina.

Sentendo il freddo marmo dietro di sé, Gioia fu percorsa da un brivido, o forse era dovuto alla vicinanza del corpo dell'altra? Ma no, certo che no, Alice le piaceva su un piano fisico, ma non così tanto da procurarle i brividi!

Alice continuò il suo discorso, avvicinando le labbra all'orecchio dell'altra e concedendole un ulteriore fremito. “Una donna tradita vuole semplicemente il suo riscatto, vuole far vedere che a lei non mancava niente, che a confronto dell'amante del marito lei era di più, che poteva avere chi voleva e quando voleva”. La voce melodiosa di Alice carezzava l'udito di Gioia, era morbida come la seta, ridotta ad un sussurro che si insinuava in lei e le trasmetteva calore, era una sensazione che non provava da tanto.

Gli occhi si erano socchiusi, Gioia non capiva più il senso di quel che Alice le raccontava, percepiva solo tratti di parole, troppo incantata dalla musica che ormai l'aveva ammaliata.

Allora? Non lo pensi anche tu?” L'ennesima risata argentina, quella odiosa risata che Gioia aveva imparato ad odiare.

La ragazza tornò bruscamente in sé e si scostò prepotentemente dalle braccia che l'avevano costretta in una prigione, allora si rese conto di cosa Alice le avesse appena detto e gli occhi iniziarono a bruciare e il naso a pungere.

I... io non devo dimostrare niente a nessuno,” maledetto Alex! Non riusciva a pensare a lui come non riusciva a pensare al suo tradimento, la rabbia crebbe nel suo cuore spezzato e Gioia aveva bisogno di liberarsene, per questo quando il suo sguardo carico d'odio si posò nuovamente su Alice, si sentì incredibilmente bene. “Tu non saresti una conquista di cui vantarsi”. Pronunciò quelle parole in modo lapidario, schietto.

Sapeva che Alice era all'oscuro del suo passato, ma poco importava, se Gioia perdeva il controllo allora la causa era Alex e il primo individuo senziente era utile solo per riversargli addosso tutto il suo rancore.

Alice rimase interdetta a quella sua reazione, era l'ultima cosa che si aspettava, non capiva il motivo per cui Gioia avesse perso le staffe. Forse avrebbe dovuto conoscere qualcosa in più su di lei. Non si era offesa per le sue parole, in un momento di rabbia si dicono cose che non si pensano e andiamo! Alice era troppo perfetta per non essere una conquista di cui vantarsi.

Spense il televisore, quella serata non l'avrebbero passata guardando un film.

Sentì uno strano nodo allo stomaco quando ripensò allo sguardo addolorato della coinquilina, ma quella sensazione svanì appena si diede dell'idiota.

Non aveva alcun motivo per rifletterci su. Certo che aveva avuto una fortuna! L'unica che non aveva dato di matto al suo primo test era una pazza lunatica.

Rise fra sé e sé: forse per voler capire bisogna avere l'apertura mentale che solo la follia concede.

Tuttavia gli occhi feriti di Gioia le apparvero all'improvviso in un replay della situazione appena vissuta e la fecero rattristare. Che qualcuno le avesse spezzato il cuore come a quell'Andrea? Ma allora non sarebbe dovuta essere lei offesa per prima visto che stava venendo utilizzata come un chiodo che scaccia un altro chiodo?

Adesso si sentiva un chiodo.

Sì, un chiodo pesante, arrugginito e incastrato... già, incastrato, ma non da Gioia.

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Capitolo 5
*** Torta ***


Quinto capitolo

Torta



Jonathan era indeciso sul da farsi.


Titubante e timoroso al tempo stesso, se ne stava sulla soglia della porta e non accennava a muoversi di lì; poco più avanti c'era il suo obiettivo. I capelli raccolti in un elegante coda di cavallo ricadevano in una nera cascata sulle spalle e ondeggiavano al tempo della corsa, il corpo non sembrava risentire dello sforzo fisico a cui era sottoposto, beh... per Jonathan era ovvio, con un corpo di quel tipo che problemi si potevano avere? E in un momento non seppe più se quello che lo teneva lì, nella distanza di sicurezza, era la paura oppure la visione di quel fondoschiena regale.

Vedi di riprenderti, tra poco potrebbe calarti la bavetta dalla bocca”. Lo rimproverò Dory, dandogli l'ennesima gomitata al costato, Jonathan trattenne un mugolio di dolore e annuì con la faccia da cucciolo bastonato. Almeno aveva preso la dose di mazzate mattutine, per le prossime due ore era al sicuro: visto l'indole violenta di Dory avevano deciso di mettere sotto un codice anche le mazzate, che l'amore per le regole della ragazza fosse benedetto, altrimenti Jonathan dubitava seriamente che sarebbe riuscito a sopravvivere al loro rapporto.

Si avvicinarono ad Alice, lei con un sorriso sulle labbra e lui con la morte nel cuore perché sapeva che di quello spettacolo avrebbe potuto guardare solo gli occhi.

Ancora in palestra? Pensavo, ad essere sincera, che non avreste superato le due settimane”.

Ma noi non possiamo mollare,” disse in modo fin troppo sbrigativo Jonathan e Dory ne approfittò per lanciargli una sberla sulla nuca, ammonendolo con lo sguardo: visto l'impegno con il quale Alice correva non li notò. Le sberle non sottostavano al codice.

Come va con la tua coinquilina?” Chiese la ragazza azionando il tapirulan accanto al suo, controllando di tanto in tanto che lo sguardo di Jonathan restasse al suo posto; sospirò quando notò che non era il posteriore di Alice che stava guardando, però non poté che trattenere un sorriso, era una soddisfazione attrarlo più di quella modella.
Alice, infatti, aveva un fisico statuario, e nonostante l'età già avanzata - ventotto anni erano già troppi per il suo lavoro - era richiesta per sfilate, merito d'altronde non solo del suo corpo, quanto del suo viso; zigomi alti, labbra piene e grandi occhi neri contornati da lunghe ciglia.

Tutto bene, dovrebbe però imparare a non provocare se non vuole essere provocata”. Borbottò Alice pensierosa.

E il lavoro?” Dory non fece altre domande, a quella frase la voce di Alice si era incrinata lievemente, chissà se avevano parlato di Alex.

Per il lavoro qualche novità c'è. Sembra che ultimamente il mio manager abbia ricevuto qualche chiamata in più nell'ultimo mese, dovrei andare a Londra entro questo fine settima....”

E Gioia come farà? Per quanto tempo vi rimarrai?” Chiese spontaneamente Dory, facendo inarcare un sopracciglio ad Alice, che si limitò a scrollare le spalle e a continuare la sua corsa. Intanto la rossa si domandava come avrebbe reagito Gioia ad una simile notizia, le restava poco meno di una settimana.

Beh mica vendo l'appartamento!” Borbottò poco convinta l'altra, guardando le sue lunghe unghie placcate di rosso. “E starò all'incirca un mese”.

Attenta, potresti inciampare”. Mugugnò Dory, cercando di trattenere l'acidità della propria voce.
Non le piaceva la cosa, Gioia non avrebbe potuto portare a termine la scommessa e non avrebbe avuto alcun debito da pagare perché non sarebbe stata colpa sua se il soggetto si fosse allontanato. Poi Dory diede un'occhiata alle sue spalle, ricordandosi improvvisamente d'avere un ragazzo, ragazzo che però era sparito.

Si guardò velocemente attorno prima d'intercettarlo.
Jonathan era intento a parlare con un uomo che sembrava poco più grande di lui. Che fosse maledetta la sua miopia! Non riusciva a vederlo bene in faccia, eppure quei tratti spigolosi le ricordavano qualcuno.

Strinse le palpebre per mettere meglio a fuoco l'immagine, cercando al contempo di rimanere in equilibrio sulla macchina e quasi non le venne un infarto.

Alice,”sussurrò preoccupata: che fosse giunta ora di metter fine al gioco? Ma era ancora così presto! Non aveva nemmeno iniziato a divertirsi! Ma di fronte all'improvvisa apparizione di Alex tutto perdeva d'importanza e Dory non voleva che giusto ora che Gioia aveva riacquistato il sorriso lo perdesse per l'arrivo della sua vecchia fiamma.

Quindi svelare o non svelare ad Alice l'amicizia che la legava a Gioia?


Jonathan fece un sorriso tirato e carico di tensione, se riusciva a intrattenere una conversazione con lui era solo per merito di una qualche grazia divina, il bisogno di spaccargli la faccia si acuiva ogni secondo che passava, ma doveva controllarsi, non era né il luogo né tanto meno il momento di riaprire vecchie dispute.

Quando Alex gli strinse la mano Jonathan si fece violenza per non rompergliela, doveva ammettere che il suo autocontrollo era parecchio notevole.

Come stai Jhonny?”

Ignorando il nomignolo che gli aveva affibbiato ormai da qualche anno, Jonathan rispose con un tono sommesso, giusto per non mettersi ad urlargli contro. “Tutto bene, e tu? Come te la passi?” Alex – per rispondere silenziosamente alla sua domanda - si carezzò lievemente il mento e si guardò attorno, come se fosse in cerca di qualcosa, soffermandosi sulla fauna femminile del luogo.

Ho capito,” continuò per lui Jonathan, scuotendo la testa, “sei sempre il solito. Mi chiedo se cambierai mai”. Era disgustato, non riusciva a credere che davvero Gioia si fosse innamorata di un essere tanto viscido.

E io mi chiedo se tu mi perdonerai mai”.

Cadde un silenzio che sembrò prolungarsi non pochi secondi, poi il castano sospirò, incrociando le braccia sul petto. “Fin quando Gioia non si riprenderà del tutto dalla vostra storia cercherò la prima fogna utile nella quale abbandonarti o affogarti, dipendentemente da cosa mia andrà quando capiterà l'occasione”.

Alex annuì tra sé e sé, “conservo ancora la sua foto sai?” Frugò per un attimo nella tasca dei pantaloni e ne estrasse una fotografia di due anni prima dove lui e Gioia sorridevano e si abbracciavano, lei aveva le braccia gettate al collo di Alex e lui guardava dritto all'obbiettivo, avvolgendo in un dolce abbraccio i fianchi di lei.

Jonathan fece una smorfia e storse il naso, “cos'è? Cerchi di farti perdonare da me?” Rise e scosse la testa, “c'è la mia Dory nelle vicinanze, se vuoi uscire di qui sulle tue gambe ti consiglio d'andare finché sei in tempo”.

L'altro si limitò a stringersi nelle spalle, mentre il suo sguardo smeraldino si posò su Alice e sulle labbra gli si disegnò un ghigno ben poco rassicurante.

Roba già occupata,” lo redarguì in fretta Jonathan.

Da?”

Gioia”.

Cosa?” Disse Alex a voce un po' troppo alta, tanto che alcuni nelle vicinanze si voltarono nella loro direzione.

Sì, sì, hai capito. E, se non da Gioia, da un ragazzo”.

L'altro inarcò un sopracciglio, ma ebbe la decenza di non obiettare; quando Alice e Dory si voltarono nella sua direzione una spiacevole sensazione gli percorse la colonna vertebrale, facendogli sentire freddo.

Ok, mi sa che dovrei tornare un altro giorno, forse...” e in men che non si dica, Alex sgusciò via, veloce a tal punto che persino Jonathan rimase sbalordito.

Dory gli si avvicinò a passo svelto, sembrava arrabbiata, molto, e lo tirò per la manica. “Che cosa ci faceva qui?”

Jonathan si parò il fianco, sapeva che non aveva poi discorso tanto con Alex e che di ciò Dory ne sarebbe rimasta insoddisfatta, “non lo so”. Scampò al colpo che la donna era già in procinto di regalargli, “te l'ho fatta stavolta!” E subito dopo si ritrovò a saltellare su un piede a causa di un imprevisto calcio alla caviglia.

Alice guardava la scena da lontano, non aveva certo intenzione di incappare nella furia della rossa, tuttavia una certa curiosità l'aveva anche lei: quando quell'uomo si era avvicinato, aveva visto Dory perdere parte del suo colorito, avrebbe voluto avere la possibilità di incontrarlo in futuro, giusto per conoscere chi era in grado di zittire la donna.

Adesso la sua amica sembrava essere presa da un'animata conversazione con Jonathan, gesticolava in modo furioso, mentre lui se ne stava sempre zitto, nel suo angolo a subire quei rimproveri.

Sospirò e spense la propria macchina, poi inviò un messaggio a Xander, il suo ragazzo. Doveva avvertirlo sulle novità riguardo il lavoro e tra un po' sarebbe dovuta andare da lui. La mano fu colta da un lieve tremore: forse avrebbe dovuto anche lasciarlo...


Per tutto il tragitto ad Alice sembrò d'essere dentro una bolla di sapone, i rumori del mondo le giungevano attutiti, era persa nelle sue elucubrazioni mentali.

Il rapporto con Xander si distingueva da quello di una comune coppia.

Lui era gay e non lo sapeva. Alice gli voleva bene, lo amava a suo modo, tuttavia era stata ben attenta a non affezionarvisi più di tanto.

La loro relazione era nata tra i banchi di scuola e si era protratta fino ai loro ventotto anni. Nessuno dei due aveva mai osato compiere un passo tanto azzardato quanto quello del matrimonio, Alice sapeva che prima o poi lui avrebbe capito, ma adesso che per lei si aprivano le porte dello spettacolo per lui ci sarebbe stata sempre di meno e di questo si preoccupava.

Voleva che capisse, voleva che accettasse se stesso, ma non sembrava riuscirci.

Ultimamente, però, da un po' di tempo a quella parte, le speranze di Alice sembravano essere state degnamente ricompensate, infatti, un ragazzino faceva visita spesso al suo Xander e Alice aveva notato quanto lo rendesse felice.

Sapeva che era un suo rivale e sapeva anche che probabilmente Xander avrebbe preferito lui a lei, se non avesse avuto le fette di prosciutto sugli occhi.

Quel ragazzo gli faceva il filo e lui non se ne accorgeva.

Sei ancora qui Tyler?” Chiese al ragazzo, posando la borsa su una delle sedie vuote nella sala d'attesa, “mi sembra d'averti visto giusto qualche giorno fa, non dirmi che ti ha costretto a tornare!”

Tyler era rimasto spiazzato vedendo arrivare Alice, tanto che quando lo aveva salutato si era ritrovato a sussultare, tenendo tra le mani un pacchetto per Xander. “Non proprio, oggi fa il compleanno, quindi....”

Alice si limitò ad annuire, le era passato di mente e in un certo senso si ritrovò a dover stringere le labbra in una rigida linea dritta per non dar a vedere il suo sgomento.

Già, cosa gli hai comprato?” Chiese curiosa, sedendosi accanto a lui.

Un orologio, mi aveva detto tempo fa che ne aveva visto uno che gli aveva fatto perdere letteralmente la testa...”

Un rolex,” annuì Alice, facendo inavvertitamente arrossire l'altro.

Beh, le mie finanze non possono permettersi tanto, spero gli piaccia lo stesso”. Si limitò a dire Tyler sbuffando tra sé e sé.

Alice ridacchiò e annuì, alzandosi. “Non dirgli nulla che sono passata dal negozio, avrei intenzione di fare una cosa”.

Se ne andò di fretta, lasciando il ragazzo lì seduto con un'espressione vagamente contrariata.

Era evidente che Tyler volesse stare da solo con Xander e visto che tutto doveva finire aveva deciso già da un po' di permettere che quello scricciolo si intromettesse piano piano e silenziosamente nella vita del suo ragazzo. Dapprima era stato un'ombra, uno dei tanti clienti, poi si era distinto dalla massa e Alice vedeva come a Xander gli si illuminassero gli occhi quando parlava di lui.

Tornò di fretta in casa, magari Gioia l'avrebbe aiutata ad organizzare una sorpresa quantomeno carina anche se improvvisata e non si stupì quando la vide armeggiare in cucina.

Ma tu lavori mai?” Le chiese trattenendo una risata, ma l'altra scrollò le spalle e le scoccò un bacio sulla guancia, azione diventata quotidiana da una settimana a quella parte.

No, non lavoro, sono in pausa!” Disse semplicemente Gioia per poi tornare ai suoi passatempi.

Alice annuì, digitò un veloce messaggio per Xander e le cinse la vita dolcemente, appoggiando la testa sulla sua spalla e osservando quanto preparava.

Stasera dovrebbe venire anche il mio fidanzato”. Disse semplicemente, era stata una breve frase, ma era bastata a far irrigidire il corpo che stringeva tra le braccia.

Ho dimenticato il suo compleanno, ti va di darmi una mano? Stai preparando anche una torta, l'idea è carina, no?”

Gioia si fece taciturna e restò tale per un paio di minuti, quando Alice sembrava star per esplodere, tanta era l'aspettativa, si voltò e le sorrise dolcemente.

Certo, possiamo farlo, non è un problema”.

La tensione tra le due era forte e si fece pesante quando il silenzio continuò durante la preparazione dei piatti. Alice mise il broncio mentre finiva di montare la panna e Gioia lo notò, ma non disse nulla e continuò il suo lavoro.

Alice ad un certo punto non ne poté più di quella situazione e ridacchiò immaginando già la scena; prese un cucchiaino di plastica, lo immerse nell'impasto e chiamò: “Gioia!”

Cosa vuo...” Gioia non aveva nemmeno visto cosa l'avesse colpita, ma di fatto si ritrovò con il collo sporco di panna, assieme a qualche ciuffo di capelli. “Questa me la paghi!” Disse irata, ma Alice fu più rapida e prese la ciotola contente le munizioni.

E sentiamo, come hai intenzione di farmela pagare?” Chiese ridendo e girando attorno al tavolo, facendo fare lo stesso alla più piccola nel tentativo di non farsi raggiungere.

Darei del lavoro da fare al tuo parrucchiere”. Rispose minacciosa l'altra per poi sparire sotto il tavolo, facendo indietreggiare Alice che si ritrovò a fuggire in un'altra stanza con la sua ciotola ancora saldamente ancorata al petto.

Venne seguita in fretta però, e si sentì spingere da dietro, cadendo sul suo morbido e costosissimo divano e sentendo sulla schiena un qualcosa di umidiccio e.... Dio, cosa aveva osato fare?
Gioia rideva a sua volta seduta a cavalcioni sulla schiena di lei e la osservava con la sfumatura di un sorriso vittorioso sulle labbra, mentre continuava a spalmare quel che rimaneva della panna sulla sua povera schiena.

Questa me la paghi!” Urlò Alice, ridendo ancora più forte e cercando di voltarsi verso di lei, impresa che le costò molta fatica, perché l'altra cercava d'impedirle i movimenti bloccandola col proprio corpo.

Chiedi perdono!” Rise l'altra, tenendo stretti i polsi di Alice sulla testa.

Quest'ultima la osservò per un po', aveva smesso di ridere e la osservava con tanto interesse. Si sporse verso di lei e le rubò un bacio, così, senza pensarci, le labbra di Gioia per un momento erano diventate fin troppo irresistibili.

Dovette ringraziare solo il campanello che suonò rumorosamente, salvandola dal dover dare spiegazione alcuna di quel gesto.

Gioia si ritirò nelle proprie camere, Alice avrebbe dovuto parlare con il suo ragazzo o, perlomeno, spiegargli il perché mancassero le ultime decorazioni sulla sua torta.
Sospirò, era arrivata la resa dei conti...

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Capitolo 6
*** Possesso ***


Angolo dell'autrice
Ci avviciniamo alla fine di questa storia, ormai ogni pedina è nella sua posizione, non ci resta che vedere il risultato di tutte le mosse precedenti.
Ringrazio tutti coloro che leggono in silenzio e chi mette in una delle tre liste la storia, ma specialmente Darcon21 che ha recensito ogni capitolo.
Buona lettura!


Sesto capitolo


Possesso


Per Gioia quel bacio era stato come un fulmine a ciel sereno ed era così sorpresa che non si era nemmeno arrabbiata quando aveva sentito il campanello suonare, tutt'al più era rimasta delusa.
Alice aveva cercato un contatto con lei molto intimo, quel che lei non sapeva era che Gioia voleva di più, in un certo senso le aveva dato il consenso per fare il passo successivo.

Si era alzata presto la mattina dopo, era entrata in bagno e vi aveva perso un'ora buona per farsi bella solo per lei. Ne era uscita con passo felpato, ben attenta a non far rumore visto che sapeva che Alice amava dormire.

Si portò una mano al petto a quel punto e si strinse nelle spalle, poi si riscosse: non doveva avere attimi di tentennamento, altrimenti sarebbe tornata nella sua stanza senza tante cerimonie.

Si introdusse nella camera da letto della coinquilina con un atteggiamento talmente sospetto da poter passare per ladra, scostò le coperte che celavano il corpo della ragazza addormentata e si sdraiò accanto a lei.
Portò una mano, che tremava flebilmente, ad accarezzare il viso di Alice rilassato per via del sonno, il suo respiro regolare la tranquillizzò e le diede coraggio per proseguire nell'intento.

In un primo momento fu molto delicata, sfiorò le sue labbra a malapena, ancora indecisa se svegliarla in quel modo, poi, però, sentì le mani dell'altra sui suoi fianchi, che l'attiravano a sé e chiedevano di più.

Una cosa che Gioia non sapeva era che Alice aveva il sonno molto leggero.

Rabbrividì quando vide lo sguardo onice di lei venir scoperto dalle palpebre rimaste chiuse fino a quel momento e gemette di dolore quando la donna le morse il labbro inferiore.

A cosa devo questo assalto mattutino?” Chiese, scendendo a lasciarle dolci lusinghe sul collo, spostandosi col corpo sopra al suo per prendere in mano la situazione. “Potrei denunciarti, lo sai?”

Gioia la osservò incredula, era rimasta spiazzata dalla presa di posizione dell'altra, nella sua mente la scena era stata ben diversa: un buongiorno sussurrato e un ipotetico due di picche.

Volevo... chiarire”. Mugugnò, sussultando quando sentì la mano di Alice risalire lungo la coscia scoperta dai pantaloncini.

Per dare risposte le labbra devono essere libere, non credi anche tu?” La donna ridacchiò e scese a baciare l'incavo dei seni, lasciando che il suo respiro facesse rabbrividire Gioia, che si limitò a tirarle qualche ciocca di capelli con fare vagamente stizzito, non riuscendo a contenersi, però, dal cingerle il bacino con le gambe per sentirla più vicina, ma Alice si interruppe fin troppo presto e si mise a sedere, i capelli spettinati e gli occhi ancora incrostati dal sonno.

Hai un pessimo alito di prima mattina, ho preferito tappartele”. Disse Gioia, del tutto scontenta dalla lontananza dell'altra, tanto che le saltò addosso e le gettò le braccia al collo.

Non sembravi disdegnare quando ti ho ficcato la lingua in bocca”. Gioia arrossì e fece una smorfia a queste parole, dopo le lanciò un cuscino: “Sei volgare”.

Esprimevo solo una mia considerazione”. E di nuovo le labbra furono su quelle della più piccola, impedendole di emetter fiato.

Si separarono solo quando i polmoni d'entrambe si fecero sentire per richiedere aria fresca e il sospiro che ne seguì espresse tutta la soddisfazione di quel bacio.

Devi mollare Xander”.

E tu devi raccontarmi qualcosa in più su di te”.

Solo se lo lasci”.

Chi ti dice che già non lo abbia fatto?”

Solo dopo quella frase Gioia notò le occhiaie che affioravano sul viso di Alice, ne carezzò i contorni e a quel contatto seguì la sensazione di un pugno nello stomaco.

Perché lo hai fatto?” Chiese in un sussurro, facendola appoggiare su di se e carezzandole la schiena. “Per il bacio di ieri?”

Più o meno,” ammise Alice stuzzicando la spalla di Gioia con altre attenzioni che la castana fu ben felice di ricevere, “la ragazza lesbica e il ragazzo gay non formavano esattamente una coppia perfetta”.

Gioia sfiorò la fronte di Alice con le labbra e immerse la mano in quei capelli neri come la notte che tanto amava. “Ma è stato il giorno del suo compleanno”.

Sì, quale momento migliore per porre fine ad una relazione fatta più d'amicizia che d'amore ed iniziarne una che sicuramente avrà sbocchi più felici?”

Gioia carezzò Alice con lo sguardo e le baciò la punta del naso. “Credo che sia comunque triste”. Ma l'altra scosse la testa e appoggiò il viso contro il palmo della sua mano. “Necessario, io direi, spero che già sia tra le sue braccia”.

Aveva qualcuno?” Gioia iniziò ad alterarsi, la sua mente era già volta al ricordo di quella sera.

No. Lui non accettava di essere dell'altra sponda. Pensa che, nonostante stessimo assieme da un sacco di anni, non siamo mai riusciti ad avere un rapporto completo. Lo capivo, certo, ma era snervante dover ricorrere a certi... giochini”.

Gioia la osservò incredula, non voleva scoppiarle a ridere in faccia, specie proprio in quel momento, ma questo voleva dire che lei era... vergine?
Perché avete portato avanti la vostra relazione per così tanto tempo allora?”

Alice prese fiato e avvolse i fianchi di Gioia in un tenero abbraccio. “Perché gli servivo. Ero il suo punto fermo per non entrare in crisi fino a quando non è arrivato lui”.

Lui chi?”

Tyler. Non sto male, voglio solo assicurarmi che lui me lo tratti bene, ma devo abituarmi all'idea di non averlo più in mezzo ai piedi. Capirà da solo perché l'ho fatto”.

Gioia sorrise e la baciò con un impeto tale da farla cadere all'indietro, “ti aiuterò a dimenticare, fidati di me”. Le sussurrò all'orecchio, mentre iniziava ad esplorare il corpo che da tempo desiderava: le sue mani si soffermarono sulle curve, poi scesero ancora, regalando ad Alice tanti, piccoli brividi. Quando vide la mora concedersi a lei e alle sue carezze, Gioia si godette ogni attimo: il tempo di ogni indumento tolto, la durata di ogni singolo, bollente bacio, ogni fremito che coglieva il corpo della compagna...

Si chinò su di lei a lasciare un succhiotto sul seno sinistro, finalmente poteva averla tutta per sé.

Hai esperienza con il gentil sesso?” Le chiese Alice non riuscendo a trattenere un sorriso carico d'aspettativa, ma quando lo sguardo di Gioia si soffermò a studiare ogni singola parte di lei, la mora perse la sua baldanza e si limitò a rabbrividire ancora sotto le sue attenzioni.


Quella mattina imparò molte cose su Gioia, il fatto che a letto ogni sfida era vinta per la castana era appurato. Le sensazioni che le aveva fatto provare erano uniche e dannatamente eccitanti.

L'aveva stretta a sé ancora una volta quando alla fine dell'amplesso si erano ritrovate sudate, ansimanti e senza una qualunque forza per muovere anche solo un dito; le aveva scostato i lunghi capelli dall'orecchio e le aveva sussurrato.

Vieni con me, a Londra”.

Gioia aveva sorriso e annuito.

Sì, vengo con te”. Non un attimo di tentennamento.

Adesso credo che sia d'obbligo che tu mi parli di te”. Alice aveva mantenuto un tono di voce basso e le carezzava dolcemente i capelli, non voleva rompere l'incantesimo che si era venuto a creare, tuttavia qualcosa sembrò intromettersi violentemente nel loro spazio personale, lo sentì da come Gioia si era irrigidita e stringeva più forte la presa sulla sua vita.

Allora iniziò a parlare.

Raccontò di tutto: di Alex, della sua storia con lui, la delusione che aveva provato nel vederlo con un'altra e la paura di affezionarsi di nuovo a qualcuno. Descrisse accuratamente ogni dettaglio del suo primo appuntamento con l'ex marito, ne descrisse persino l'aspetto. “Occhi verdi che non ti lasciano osservare nient'altro se non loro. La prima volta che lo vidi ne restai folgorata”. Alice aveva aggrottato la fronte a quelle parole e l'aveva incitata a continuare. Riuscì anche a farsi dire qualcosa in più sull'aspetto di quel bastardo e un unico volto riusciva a figurarsi.

La castana si addormentò mentre parlava, si era tranquillizzata durante quel racconto, probabilmente era la presenza di Alice a farla sentire protetta.

Non sapeva ancora che Alex aveva già fatto la sua apparizione e se lo avesse saputo, Gioia si sarebbe guardata dal prender sonno e avrebbe reso partecipe la sua Alice di un paio di conversazioni avvenute con Dory...

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Capitolo 7
*** Sollievo ***


Settimo Capitolo

Sollievo


Così mi ha baciata e... sì, abbiamo anche fatto altro”.
Dory era allibita, la sua cucciolina stava crescendo.
Trattenne la tentazione d'asciugarsi una finta lacrimuccia col dorso della mano: doveva ammetterlo, era fiera di lei, Gioia era riuscita a domare una vera e propria belva selvatica.
Direi, giunte sin qui, che la sfida l'ho vinta io”.
Dory annuì, ma al contrario di quel che si aspettava Gioia, sembrava raggiante.
Non sei mai stata contenta di perdere”.
Per questa volta farò un'eccezione”. Dory non riuscì a trattenersi e saltò al collo di Gioia, soffocandola in uno dei suoi più sentiti abbracci. Dio! Finalmente rivedeva nel viso della sua bambina paffuta quella scintilla negli occhi che le mancava da così tanto tempo!
Ma raccontami! Voglio sapere ogni dettaglio, com'è Alice a letto?”
Gioia arrossì, ripercorrendo con le lunga dita affusolate il collo dove, li ricordava con accurata precisione, i suoi baci avevano lasciato una scia di dolci brividi.
Se proprio devo dirla tutta...”


Alice aveva finito il suo allenamento quotidiano con una certa soddisfazione; al suo ingresso in palestra aveva visto Jonathan sollevare qualche peso, gli aveva accennato un saluto ed era andata a riprendere il lavoro interrotto pochi giorni prima.
L'assenza di Dory si era fatta sentire, soprattutto perché Alice voleva dei chiarimenti. Sapeva che probabilmente avrebbe dovuto chiederli direttamente a Gioia, ma la verità era che non voleva trovarsi impreparata di fronte ad una discussione.
Uscita dallo spogliatoio, la donna dovette ricredersi. L'assenza della rossa non era necessariamente una brutta cosa, anche perché un moretto al quale da un paio di giorni a quella parte spesso pensava aveva appena fatto il suo ingresso.
Alice non rifletté molto, gli si avvicinò a passo svelto e ne attirò l'attenzione.
Alex, giusto?” Quello si voltò, confermando tutti i sospetti della ragazza.
La migliore amica della storia di Gioia era Dory e quello che si trovava di fronte a lei era il suo ex marito.
Oh, sei Alice, giusto?” Fece per stringerle la mano, ma Alice si limitò a fissarla con un cipiglio irritato: no, non aveva la minima intenzione di stringerla. Alex se ne accorse e la ritirò, guardandosi attorno un po' impacciato, “ho fatto qualcosa di sbagliato?”
Conosci Gioia”. Non era una domanda ed Alice si stupì del tono d'accusa nella sua voce.
Alex restò perplesso, aveva visto Dory e Jonathan in palestra, di conseguenza sapeva che Alice avrebbe certamente dovuto sapere che la risposta era affermativa, a meno che quelle due non avessero architettato qualcosa.
Sì,” si limitò a dire Alex, non riuscendo a non far notare parte della sua confusione, confusione che finalmente riuscì a far rientrare nei limiti quando capì che Dory non aveva abbandonato il metodo “bracca e controlla”.
Infatti Gioia e Dory, fin dai tempi dell'università, avevano uno strano modo di passare il tempo. Se a Dory interessava qualcuno, Gioia prendeva informazioni su quel qualcuno e decideva se il prescelto fosse degno o no della sua migliore amica. Ovviamente anche Dory faceva la stessa cosa per Gioia.
C'era da dire che quello non era il loro unico passatempo; entrambe amavano scommettere, soprattutto sui loro amanti.
Alex era venuto a conoscenza degli strani hobby delle ragazze per mezzo di Jonathan e si era divertito molto mentre sgretolava ogni loro tecnica di spionaggio&co.
E tu sapevi che Dory è la migliore amica di Gioia?”
Alice annuì, la compagna avrebbe dovuto raccontarle un paio di cosette al suo ritorno. Eccome se lo avrebbe dovuto fare!
Alex ridacchiò, “sei caduta nella trappola di quella strega, ma non ti preoccupare, uscirne non è poi così difficile”. Il ragazzo le fece l'occhiolino e le si avvicinò, “lascia che te lo dimostri, magari ad una cena, stasera...” le labbra di lui erano vicine all'orecchio di lei, tanto vicine che Alice sentiva il fiato caldo sulla pelle, ma gli occhi della mora erano stati calamitati da una figura che andava via con un passo fin troppo svelto.
Alex sapeva d'avere un certo fascino sulle persone e non si faceva scrupoli ad utilizzarlo per i suoi fini; un po' come tempo addietro faceva la sua cara ex mogliettina...


Gioia e Dory erano nel vivo della conversazione, la castana stava per arrivare al punto che la rossa più agognava conoscere, quando tre forti colpi giunsero dalla porta d'ingresso.
Entrambe si guardarono sorprese, Gioia non aspettava nessuna visita ed Alice portava sempre le chiavi con sé.
Forse è Jonathan”. Suppose Dory, alzandosi e incamminandosi verso la porta, “ma è strano: gli avevo detto di aspettarmi a casa una volta uscito dalla palestra, non capisco perché sia venuto qui”. Guardò dallo spioncino, giusto il tempo per notare le espressioni che contraddittoriamente si presentavano sul volto del suo... definiamolo ragazzo - persino lei in certi momenti dubitava che fosse umano – che passavano dal divertito al terrorizzato in pochi istanti di secondo.
Aprì la porta e Jonathan si precipitò in casa, “ragazze, non immaginate cos'è successo!” Disse col fiatone. “Sono venuto di corsa qui appena ho visto la scena. Alex... lui...”
Sta zitto,” sibilò una voce alle spalle del ragazzo.
Jonathan si sentì gelare il sangue, probabilmente Alice doveva averlo visto mentre usciva.
Lui aveva cercato d'avvertire in fretta le ragazze per tempo, ma la batteria del suo cellulare aveva alzato la bandiera bianca e Dio solo sapeva quali sarebbero state le punizioni che Dory avrebbe voluto infliggergli una volta soli per quella mancanza!
Chissà se Tyler l'avrebbe aiutato a far stare fuori la sua ragazza dall'appartamento: sia perché per quella settimana aveva ricevuto la sua dose di pugni, ma anche perché la richiesta di matrimonio che voleva farle avrebbe occupato almeno un paio di giorni di preparativi.
Sicuramente Dory l'avrebbe seguito anche fin dentro l'appartamento che ancora condivideva con Tyler per picchiarlo, ma lì teneva un paietto di cose che gli sarebbero tornati utili per la serata speciale che aveva in mente...
Sospirò: finché Dory fosse stata tanto presa dalla situazione di Gioia, tenerle qualcosa allo scuro sarebbe stato fattibile, al contrario, nel caso Gioia avesse trovato qualcuno che Dory ritenesse alla sua altezza – e per l 'amor di Dio! Ci sperava per il bene della sua amica, ma... - allora sarebbe stato impossibile farle una sorpresa.
Ora tutti voi mi spiegate quello che sta accadendo”. Alice incrociò le braccia e guardò malissimo le due, che si intimorirono di fronte a quello sguardo truce.
Non ucciderci per favore,” pregò Dory in un sussurro. “Tutta colpa di Gioia che non voleva innamorarsi ancora”.
La nominata la guardò male. “Tradita dalla mia socia in affari”. Ebbe il coraggio di bofonchiare, evidentemente delusa da Dory, tuttavia sapeva che la resistenza della rossa non era una cosa sulla quale fare affidamento.
Gioia!” La voce graffiante di Alice la fece ammutolire; era arrabbiata, era veramente arrabbiata.
O... okay...” l'interpellata deglutì un paio di volte prima di trovare la sua voce, che se ne era andata in fretta tanto velocemente che Gioia dubitava sarebbe riuscita a riprenderla.
Le parole uscirono dalla sua bocca come un fiume in piena, quasi come se si aspettasse che magari, parlando velocemente, Alice si perdesse almeno un pezzetto del racconto, ma la mora era attenta e al suo orecchio non sfuggiva nulla.
Quando arrivò alla parte riguardante la scommessina innocente fatta con Dory, la sua voce si assottigliò e divenne quasi impercepibile per la donna, che si dovette avvicinare e sedere di fronte a lei con una certa dose di irritazione.
Bene, sono stata un giocattolo per te”. Disse Alice lapidaria e a quel punto Gioia avvertì una morsa attorno al suo cuore, la gola serrata e le lacrime che prepotenti sembravano voler giungere ai suoi occhi.
No, Alice... non dire così”.
Anche Dory aveva voglia di piangere, sapeva che se Alice l'avesse lasciata, Gioia non avrebbe retto il colpo e vedere la sua amica ridursi di nuovo ad uno stato quasi catatonico l'avrebbe fatta precipitare nel baratro assieme a lei.
Alice alzò un dito per farla tacere e iniziò a camminare avanti e indietro, indecisa sul da farsi.
Dory voleva provare a parlare, aggiungere almeno una parola in difesa dell'amica, ma più cercava una scusa, più i sensi di colpa le impedivano di aprire bocca. Sapeva che si era comportata in modo infantile, aveva sbagliato sia nei confronti di Alice, sia in quelli di Gioia, per una volta avrebbe dovuto farsi i fatti suoi.
Alice ispirò ed espirò un paio di volte. Non era arrabbiata in verità: non che Gioia glielo avesse dimostrato in qualche modo, ma sapeva che quella nanetta provava qualcosa per lei e che era rimasta vittima del suo stesso gioco.
Con Dory erano un altro paio di maniche, ma ci sarebbe stato tempo, una volta al ritorno del loro viaggio a Londra.
Voi, andatevene”. Disse con una voce talmente bassa e piena di rancore che sia Dory che Jonathan saltarono sull'attenti.
Dory si avvicinò al suo ragazzo e gli cinse delicatamente un braccio. Lui le carezzò i capelli e la strinse a sé, dopo di ché andarono via, senza fiatare alcuna parola.
E il silenzio inondò la stanza.
Muti sguardi sfuggevoli intercorsero tra Gioia ed Alice, ma la prima non aveva il coraggio d'aggiungere altro, anche perché le parole erano bloccate dal grosso nodo alla gola, che minacciava ad ogni secondo di sciogliersi in una marea di lacrime. Le avrebbe voluto chiedere di perdonarla, di lasciarle spiegare che si era lasciata coinvolgere da Dory e che quella scommessa in realtà non l'aveva mai nemmeno presa in considerazione.
Era Alice ciò che le interessava, la donna che non pensava minimamente di poter conquistare.
Prepara le tue cose”. Disse semplicemente.
E per Gioia un coltello nello stomaco sarebbe stato meno doloroso.
La prima lacrima trovò una via di fuga, rigò la guancia e si lanciò - una volta trovata la fine del viso - sulla mano che la ragazza teneva stretta nell'altra.
Alice avvicinò il viso a quello di Gioia e sfiorò lievemente le labbra con le sue. Non le piaceva vederla piangere, ma una punizione doveva esserci.
Questa notte dormi nella tua stanza”.
Gioia la guardò confusa, ma quel contatto che tanto amava condividere con Alice la lasciò insoddisfatta e, incurante dell'espressione mortalmente seria della compagna, le gettò le braccia al collo e cercò di più, come sempre.
Alice non l'accontentò, ma non sciolse l'abbraccio.
Presto dovremo andare a Londra, vedi di comportarti bene in questi giorni”. Poi si chiuse in camera sua, lasciando Gioia un po' perplessa, però quest'ultima doveva ammettere che la sua Alice le aveva concesso un po' di sollievo.

Probabilmente, se non fosse stata per l'arrabbiatura, Alice avrebbe detto alla sua coinquilina che Alex quel pomeriggio aveva fatto un incontro ravvicinato col pavimento della palestra.

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Capitolo 8
*** Grazie ***


Ottavo capitolo

Grazie

 

Xander era confuso.

Da un paio di giorni a quella parte Alice aveva messo fine alla loro relazione, dicendogli che era giusto che finisse così. Il perché non l'aveva specificato, ma il parrucchiere, o almeno buona parte di lui, aveva capito il motivo della decisione.

Ma perché proprio in quel momento? Alice aveva scelto proprio il periodo nel quale aveva più bisogno di lei.

Si passò una mano tra i capelli, era agitato.

Cosa lo aveva spinto ad andare da lui? Probabilmente era il bisogno di un conforto, di un sorriso amico e di qualche pacca sulla spalla.

Solo dopo l'ennesimo tentativo Xander riuscì a bussare alla porta di Tyler.

Era mercoledì sera, probabilmente il ragazzo lo avrebbe cacciato in malo modo non appena lo avesse visto sulla soglia della porta, tuttavia preferiva sfidare la sorte.

La porta si aprì e una spada laser ne fece capolino.

Xander indietreggiò di corsa, spaventato.

Non aveva mai visto Star Wars, il parrucchiere, e Tyler rimase perplesso quando vide Xander cercare di non svenire e prendere aria a grandi boccate di fronte al suo volto celato dalla maschera di Darth Vader.

Xander prese coraggio dopo un tempo indefinito e piantò per bene i piedi a terra. “Cos'hai fatto a Tyler? Bastardo!”

Di per sé, il nominato restò interdetto: andava bene non aver visto Star Wars, l'ignoranza mica era una colpa del singolo individuo - nella maggior parte dei casi - ma addirittura non riconoscere un simbolo!

Svelò il suo volto e lo sguardo che lanciò al parrucchiere rappresenteva il ruggito silenzioso del suo orgoglio nerd.

“Stasera, mio apprendista, riceverai l'addestramento al quale solo i migliori sopravvivono. Se supererai la notte, diventerai un jedi”.

Tralasciando il fatto che quella frase suonò come una proposta indecente alle orecchie non istruite di Xander, il parrucchiere iniziò a capire cosa stesse facendo quel folle del suo amico.

Cosplay.

In casa?

Da solo?

Bah! Chi lo capiva era bravo.

“Ora siediti e, da bravo, guarda questo film”. E detto questo, Tyler si chinò su un vecchio videoregistratore e ne inserì una cassetta.

“Ma dove hai trovato questa roba? L'hai comprata da mia nonna?”

Tyler sospirò con una certa rassegnazione, non pretendeva mica che Xander capisse la bellezza intrinseca in quegli oggetti d'epoca.

“Sta zitto e guarda”.

Partirono i titoli di coda, Xander si fece incredibilmente silenzioso mentre apprendeva la situazione della Repubblica Galattica e della Confederazione dei Mercanti e non fece poi molto caso al fatto che Tyler non gli avesse chiesto nemmeno perché si trovava lì.

Il padrone di casa iniziò ad osservare il suo adone personale, apparso così, come un'apparizione divina sulla soglia della sua porta.

Tyler sapeva come stavano le cose tra lui e Alice, visto che Jonathan aveva avuto modo di raccontargli qualche cosa – per non dire tutto - tuttavia non sperava davvero di rivedere un'altra volta Xander nel suo salotto.... dopo la festa in maschera di qualche mese prima, quando erano entrambi ubriachi e si erano ritrovati ad amoreggiare sul divano.

Sospirò vagamente quando ricordò che si era risvegliato il giorno dopo da solo. Xander aveva declinato il suo invito consistente di un letto caldo e una buona compagnia, dicendo che già a casa c'era chi lo aspettava.

Ora la situazione era ben diversa e Tyler non resistette dallo sfregare tra di loro le mani come facevano le mosche malvagie che svolacchiavano in giro per la cucina... quando lasciava le finestre aperte, sia chiaro, Tyler era una persona pulitissima! O forse no... e il fatto che viveva nella pulizia assoluta era merito di Jonathan... ma questi sarebbero rimasti misteri irrisolti fino a quando il suo amichetto non avesse deciso di sposare – firmando le carte per la certezza di un infarto futuro – la sua adorata Dory.

Il film finì alle undici, Xander non era al meglio delle sue condizioni mentali, aveva tentato di ricordare ogni singolo nome e cercato di seguire i sottosviluppi della trama, ma... non c'era riuscito, e ora si sentiva come un guscio vuoto senza cervello, quello era andato via via evaporando.

Tyler invece era vagamente soddisfatto, “e pensa che ora potremo vedere anche il secondo e il terzo!”

Xander voltò la testa verso di lui, gli occhi spenti, esanimi, il viso una maschera di cera, “sei serio?”

Tyler rise e cambiò la videocassetta, mettendo però in pausa.

“Un'ora di relax e poi ricominciamo, ma adesso, visto che mentre guardavi il film sembravi piuttosto assorto, magari mi dici perché hai deciso di presentarti in casa mia senza preavviso, così svii l'attenzione”.

Xander lo prese per i fianchi e lo buttò sul divano. “Ti prego,” disse premendo le labbra sulle sue per zittirlo, “se mi dai più di un'ora per riposarmi ti faccio vedere che possiamo passare il tempo in altro modo”.

E anche per quel mercoledì sera la serata fantasy venne cancellata.

Sarebbe stata ribattezzata in ben altro modo, se magari Xander avesse accettato un'offerta che stava per esser riproposta.

Il parrucchiere sapeva ciò che era, aveva bisogno di qualcuno che non rinunciasse a lui facilmente e che non lo avrebbe lasciato solo nel momento del bisogno. La caparbietà di Tyler era stata una prova più che sufficiente: per mesi e mesi gli aveva girato attorno, aveva insistito dopo un suo evidente rifiuto e si era persino sottoposto a tutti gli esperimenti che più i suoi capelli gli ispiravano.

Xander aveva notato le provocazioni, le battute spinte e le occhiate sognanti di Tyler. Non lo aveva allontanato poi tanto. Il ragazzo gli aveva offerto tutto di sé, in molti di fronte a un rifiuto si sarebbero sentiti offesi, umiliati. Xander doveva capire se Tyler non si fosse comportato di conseguenza per orgoglio oppure per il semplice fatto che aveva notato il suo disagio nell'essere ciò che non voleva ammettere.

Ma per quello ci sarebbe stato tempo; in quel momento era il ragazzo sotto di sé ad avere la massima priorità.

L'ultimo pensiero prima di concentrarsi integramente sulla sua nuova fiamma fu Alice.

La ringraziò di tutto.

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Capitolo 9
*** Londra ***


Nono Capitolo

Londra


La valigia era pesante, Gioia odiava trascinarla da un posto all'altro, specie con il caldo che soffocava non solo il respiro, ma anche la voglia di fare altro che non fosse buttarsi in una piscina e non muoversi più di lì per almeno i prossimi duecento anni.

Per poco non arrivò col culo a terra quando, incasinata com'era tra bagagli, mappe e quant'altro, cercò di sollevare il tutto per salire sul taxi.

Alice alle sue spalle, occhiali da sole e cappello di paglia calato a celar il viso, si guardava attorno con aria curiosa, intenta ad osservare la frenetica vita di Londra che sembrava concentrarsi tutta lì, in quell'aeroporto, dove ognuno teneva un passo affrettato e qualcuno correva per afferrare il suo volo.

Ti sarei grata se mi dessi una mano, sai?” La rimproverò sarcasticamente Gioia, già alterata non solo dal menefreghismo della compagna, ma anche dalle occhiate che Alice riceveva dalla maggioranza dei ragazzi che passavano di là, tuttavia la modella rimase tranquilla e nonostante l'espressione stravolta della sua ragazza, non poté trovarla che buffa mentre cercava di occuparsi di lei come doveva un “vero uomo”.

Avevi detto che io non avrei mosso un dito per tutto il viaggio”.

Gioia la guardò male: sì, glielo aveva detto, ma non pensava che andando a Londra avrebbe beccato proprio il giorno in cui il sole aveva deciso di mostrare che poteva far arrivare anche lì la temperatura a ventisette gradi, se si impegnava.

Alice rise nel modo che più, sapeva, infastidiva la sua compagnia.

Gioia alzò gli occhi al cielo e sbuffò quando sentì il sudore che faceva aderire la maglia sintetica al suo corpo.

Non era una vacanza quella! Era una punizione!

E in effetti Gioia stava ancora scontando la pena che Alice aveva scelto per lei: essa era costituita da tante piccole ripicche che avrebbero mandato presto all'aria il minimo autocontrollo che Gioia aveva acquisito in quelle due settimane.

Alice non aspettava altro che quel momento: ormai si era stancata di vedere la sua compagna con quell'atteggiamento da sottomessa che poco le si addiceva.

La aiutò a mettere i bagagli in auto, poi si sedette e la tirò su di sé, regalandole un bacio a fior di labbra.

Gioia in un primo momento aveva cercato d'allontanarla, ma si trattava di Alice e non le resisteva; triste verità.

Sai che sei perdonata, vero?”

Gioia sospirò e si passò una mano tra i capelli, imbarazzata dall'espressione indecifrabile del conducente.

Sì più o meno”. Poi si rivolse all'uomo che aspettava istruzioni. “Dobbiamo andare a...” guardò per un po' la cartina, rinunciando ad interpretarla e limitandosi ad indicare la zona.

Non rispose alla domanda di Alice in modo più completo e il viaggio fu fatto in un silenzio tombale.


Gioia girò le chiavi nella toppa e aprì la porta, non appena lo fece, due furie le si lanciarono contro.

Che ci fate voi due qui?” Chiese sorpresa e divertita nel vedere una Dory stravolta e un Jonathan in abito da sera.
Approfittiamo del fatto che Alice sia ric...” stava per dire il ragazzo, beccandosi un'occhiataccia da parte della sua ancora inconsapevole futura sposa. “Ok, il biglietto aereo lo abbiamo pagato noi, Alice ci ha offerto una stanza in questo hotel però...”

L'interpellata alzò gli occhi al cielo. “Solo per i tuoi programmi, non per altro. Vedi di fare le cose per bene”. Si limitò a dire, trascinando dentro i bagagli: Gioia voleva portarli fino in camera, cercando di dimostrare ancora una volta la sua mascolinità, mal per lei aveva già le braccia a pezzi una volta arrivate all'ascensore e i “te l'avevo detto” riferiti al fatto che avrebbe fatto meglio a delegare il compito a chi di dovere erano stati essenziali.

In realtà, Gioia, ci sarebbe una cosa. Vogliamo farci perdonare”.

Jonathan si morse le labbra per evitare di correggere Dory. Lui in fondo non aveva fatto nulla di che, tuttavia era meglio tacere se non voleva passare la notte sul divano.

La rossa frugò nella sua borsa fino ad estrarne un quaderno. Il codex alearum.

Gioia la guardò male, quel quaderno aveva messo in pericolo la relazione tra lei e Alice.

Aspetta, già Jonathan e Alice sanno quel che voglio fare”. Si affrettò a dire Dory prima che l'altra la mangiasse viva.


Sei pronta Gioia?” Chiese Dory.

Teneva in una mano il loro quaderno e nell'altra, posta sotto di esso, aveva un accendino.

Pronta”. Affermò Gioia, guardando poi il quaderno che piano piano prendeva fuoco.

Venne gettato nel camino della lussuosa stanza dell'hotel.

Alice ridacchiò.

Questa è la fine dei tuoi anni di festini”.

Gioia le cinse la vita in un delicato abbraccio. “Ora iniziano i guai seri. Pensa che dovrò dire a mia madre di te”.

Dory quasi si soffocò con la sua stessa saliva e disse dopo molti tentativi: “Dille che hai i soldi! Piangerà da un occhio soltanto”.

Beh tesoro,” la interruppe Jonathan mettendosi in ginocchio davanti a lei. “Se bruciare il quaderno significa per Gioia il dire addio alle sue notti d'avventura, forse vuole dire la stessa cosa anche per te. Quindi... sposami!” Le sorrise, mostrandole l'anello che aveva tormentato fino ad un attimo prima, quando Dory era fin troppo concentrata sul quaderno per badare a ciò che Jonathan stringeva tra le mani.
Il ragazzo aveva mandato all'aria una serata di preparativi, eppure era sicuro che non gli sarebbe mai capitata occasione migliore.

Lei fece un urletto stridulo, poi gli diede uno scappellotto sulla testa.

E questo che significherebbe?” Chiese Jonathan perplesso. “Forse... un no?”
No! Amore, scusami! L'abitudine!” Rise Dory, baciandolo con foga e facendosi mettere l'anello.

Jonathan era più confuso per come lo aveva chiamato. In tutti quegli anni il soprannome più dolce che gli aveva affibbiato era stato “adorabile rompiscatole”.

Amore?” Trovò infine il coraggio di chiedere.

Dory lo baciò ancora. “Non farci l'abitudine, stavolta è un'occasione speciale”.

E mentre quei due si guardavano con la felicità di chi aveva appena sigillato un'unione, Gioia si sporse a dare un bacio sulla punta del naso alla sua Alice.

So che mi hai perdonata, ma adesso mi sono perdonata anche io. Ti amo, Alice”.

La donna carezzò col dorso della mano la pelle delicata del suo viso e le sorrise come non aveva mai fatto. “Ti amo anche io, Gioia”.


Fine


Angolo dell'autrice

E' sempre strano arrivare alla conclusione di una long e le parole noto che vengono spesso a mancare in queste ricorrenze.

Ho notato che le visualizzazioni dal primo capitolo all'ultimo prima di questo non sono diminuite precipitosamente e che sono riuscita a coinvolgere costantemente i lettori e di questo non sarei potuta essere più felice.

Un ultimo ringraziamento va sempre a Darcon21 che mi ha seguita fino alla fine, ma anche a chi ha messo in una delle tre liste una delle mie prime originali.

Questa storia partecipa al contest “Pack up the louie!” E probabilmente avrà una rivisitazione che cancellerà molte delle imperfezioni che forse avrete notato da un capitolo all'altro.

Cos'altro dire?

Tyler è arrabbiatissimo per esser rimasto indietro, anche lui voleva andare a Londra! Diciamolo che è un po' il sogno di tutti, ma va beh, può consolarsi con il suo bel parrucchiere!

Alla prossima!

Mirella__

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