Il Maligno Puffo Volgare
Il Maligno Puffo Volgare
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Capitolo 2
DRIIIINNNNN!!! La sveglia emise il solito rumore metallico,
mentre cercava disperatamente di trovare il tasto “off” sul retro, con le
palpebre che ancora gli cadevano pesanti. Era rimasto tutta la notte sveglio a
leggere fumetti e a disegnare, cose troppo importanti per occuparsi dello studio
o di dormire, attività del tutto superflue secondo il suo punto di vista.
“Dannazione...Mi sono completamente dimenticato di fare la ricerca per
filosofia. Non ho neanche finito il disegno per quella pazza...” . Era quasi in
trance, mentre, bevendo il suo caffè-latte di tutta fretta, faceva lo zaino.
Fare filone non era positivo, non poteva permettersi di fare giorni d’assenza,
in fondo era all’ultimo anno, ci voleva un po’ di criterio e di buon senso,
anche se temeva di non averne affatto. Scese trafilato le scale, col fiatone,
raggiungendo la fermata dell’autobus proprio mentre questo ripartiva a gran
velocità nel traffico mattutino. “Ma porca...!!! Adesso scrocco proprio un bel
passaggio...”
-
Grazie per il disturbo...-
- Ma
t’immagini! Possiamo accompagnarti quando vuoi se hai bisogno. Ciao – Chiuse la
portiera della macchina, dando le spalle al simpatico signore che si era offerto
di dargli uno strappo.
-
Sempre a scroccare...Ringrazia che mio padre è un tipo ingenuo e acconsente i
tuoi capricci di approfittatore...Ogni tanto dovresti proprio ricambiarmi il
favore...-
- Lo
sai pure tu che non lo faccio apposta quando perdo l’autobus...E che l’autista
passa sempre cinque minuti prima! E’ colpa di quello scemo!!-
- E
si, diamo sempre la colpa agli altri dei nostri sbagli...Come facesti con quel
progetto di chimica l’anno scorso. Hai finito per dare a Marco la
colpa...-
- Ma è
stato un incidente! Poi, non è stata mica colpa mia se la provetta ha preso
fuoco!-
- Ma
fammi il piacere! Eri tu quello che giocava con l’accendino mentre noi
lavoravamo!-
Fece
un gestaccio, per non arrendersi d’avanti all’evidente sconfitta, cercando di
cambiare discorso mentre si avvicinavano anche altri compagni al loro solito
punto di ritrovo.
-
Piuttosto, tu ci vai al corso di teatro?-
- Mi
sembra ovvio! Farei di tutto per avere dei punti di credito...L’anno scorso fui
costretto a fare uno stupido corso di primo soccorso...Quest’anno almeno farò
qualcosa che potrà anche divertirmi, poi non si sa mai chi puoi incontrare -
-
Vero! L’anno scorso mi ricordo che conoscesti Paola...Quanto tempo siete stati
insieme? Tre giorni? Hihihi...Hai battuto il record degli imbranati –
- A
parte il fatto che non erano tre giorni ma tre settimane. E poi, non devo tener
conto a te di quanto tempo sto con le mie ragazze! Parli proprio tu che ne avrai
avuta a stento una! Da quanto tempo è che non baci? –
Si
rabbuiò. L’amico aveva colpito nel segno. Non baciava una ragazza dal primo
liceo e aveva una voglia morbosa di baciare ancora, una voglia maniaca,
un’ossessione che non lo faceva dormire. Le ragazze prima non gli mancavano, era
stato fidanzato più volte, ma recentemente non riusciva proprio a trovarne una.
Gli sarebbe stata sufficiente anche una storiella di poco conto, solamente per
puro divertimento. Ma doveva trovare la persona giusta, intelligente ma
soprattutto bella. Il problema vero era che quelle belle erano
tutte...tutte...tutte...ALTE!
“Uno,
due, tre, quattro...” Continuava a contare le persone che gli passavano
d’avanti, indifferenti, completamente tranquille, erano ignare che al loro
fianco c’era un ragazzo fermo, che continuava imperterrito ad aspettare
l’autobus. La quinta persona almeno la conosceva, un viso familiare che
allietasse l’attesa.
-
Ciao! - Ma dall’alto canto la risposta fu un insignificante cenno di testa,
seguito da risatine di squittenti ragazzine, che accompagnavano il loro amico
lungo il tragitto verso casa.
“Non è
giusto. Alberto ha sempre un sacco di ragazze in torno. Anche quando è
fidanzato, attira tutte le amiche della ragazza. Che ingiustizia!” Mise un punto
alla faccenda, mentre cercava di spiegare inutilmente al controllore come il suo
gnomo da giardino avesse mangiato l’abbonamento.
Alle
tre precise l’ingresso della scuola era gremito di studenti, pronti per prendere
parte alle attività pomeridiane. Lui se ne stava in disparte, ad ascoltare la
sua musica, indifferente al vociare degli studenti, indifferente alle urla
dell’insegnante che lo stava riprendendo...
-
Giovanotto! Ma mi stai ascoltando? Vuoi toglierti quegli affari dalle orecchie?
Ma tu guarda se dobbiamo lavorare in queste condizioni...- Mortificato e
imbarazzato, si strappò gli auricolari, ripose il lettore nella tasca del
giubbotto e seguì un’infuriata professoressa su per le scale in aula magna,
assieme agli altri partecipanti al corso. Buttò il giubbotto su una sedia in
fondo all’aula avvicinandosi con cautela ai suoi compagni di classe che aveva
riconosciuto in mezzo agli altri.
-
Silenzio, un po’ di attenzione! Benvenuti alla prima lezione del corso di
teatro. Io sono la professoressa che vi seguirà durante il percorso. Avviso
quelli che sono venuti solo per i punti di credito, che gli renderò la vita
impossibile, se davvero credevano che sarebbe stato tutto una
passeggiata...-
Guardò
il ragazzo che aveva sgridato prima, lui spavaldo continuava a fissarla
insistentemente negli occhi, in tono di sfida, fino a quando quella si decise a
distogliere lo sguardo da lui.
-
Tsk...se crede che dovrò stare ai suoi ordini, si sbaglia di grosso!
-
-
Bene, per prima cosa iniziamo col sentire la vostra bella
voce...-
-
Dobbiamo cantare??? – Urlò una voce dal fondo dell’aula.
- Ma
certo. Come pretendete di far parte del musical sennò? –
Un
boato di disapprovazione tuonò tra tutti gli studenti. Si sentiva come preso in
giro. Lui non sapeva cantare!
Maledizione. Avrebbe voluto scappare, ma era in trappola.
La sua firma su quel foglio lo teneva incatenato lì fino alle cinque. Non aveva
via di scampo.
-
Benissimo. Allora incominciamo con qualcosa di semplice. Ad uno ad uno, vi
chiamerò e dovete cantare con il pianoforte. E incominciamo proprio da te! –
Gli
puntò il dito contro, facendolo avvicinare al pianoforte. Incominciò a sudare e
ad avere la voce roca.
-
Canta! - Gli sembrava una minaccia più che un’incitazione. La professoressa lo
guardava con sguardo omicida, pronta alla sicura figuraccia del povero ragazzo
in difficoltà.
“Sta
stronza!! Lo sta facendo apposta! E poi dicono a me che sono
vendicativo...Vabbè, ho voluto la bicicletta e adesso devo pedalare, o i miei
voti non si alzeranno mai. Rifletti, non puoi rovinare un piano così ben
architettato per una viscida vipera. Coraggio!”
-
Laaaaaaaaa!!! – Alcune persone intorno a lui si tapparono le orecchie, chi la
bocca per non ridere e chi lo conosceva chiuse gli occhi, per non vedere quello
scempio. Un’unica nota stonata uscì dalla sua bocca completamente aperta. Staccò
la nota, chiuse la bocca e un silenzio imbarazzante occupò
l’aria.
- Per
oggi penso sia sufficiente, il prossimo – Disse la professoressa, con una faccia
tra il soddisfatto e disgustato. Lui si scostò e andò a nascondere la sua faccia
dietro una colonna, sperando che presto si sarebbero dimenticati di quella sua
figuraccia, desiderando solamente di diventare invisibile.
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