Il Maligno Puffo Volgare

di HachiNana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una Scelta Obbligata ***
Capitolo 2: *** Cantare o non cantare?Questo è il problema... ***
Capitolo 3: *** Fratellino minore?!? ***



Capitolo 1
*** Una Scelta Obbligata ***


Il Maligno Puffo Volgare

Il Maligno Puffo Volgare

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Capitolo1

 

“Io li odio. Io li odio tutti. Tutti, dal primo all’ultimo. Perché? Perché? Perché sono tutti assurdamente alti! Si, ecco, non c’è un motivo più serio, c’è solo questo e questo mi basta per odiarli. Tutti i giorni da quattro anni mi sento richiamare da chiunque mi stia attorno, anche da coloro di cui conosco il solo nome, con paroline intimidatorie sul mio aspetto. La cosa porta ad odiare anche il più insignificante della scuola che riesce ad avere la sua perfida rivincita su di me, sfogando la sua frustrazione. Giorno dopo giorno mi ripresento al mondo  sperando di non essere il solito zimbello...Perchè cazzo dev’essere tutto così alto?? Uno ha bisogno di una scala solo per abbracciare qualcuno. Ma il mio dilemma non è l’essere basso di per se, ma essere basso e avere diciannove anni! E che cazzo! Poi uno dice che non deve essere volgare...Ci si fa suggestionare dall’aspetto e tutti allora ti etichettano come sfigato. Ed eccomi là, nel reparto di tutti i diciottenni e diciannovenni della scuola che in quattro anni non sono riusciti a diventare qualcuno. La vita è dura.”

Guardava le sue scarpe da ginnastica consumate, camminando a testa bassa sul marciapiede davanti alla scuola. Per poco non finì a sbattere contro un palo della luce. Per fortuna che alle 7:45 del mattino non c’è mai nessuno per strada. Mancava solo quello per farlo sentire peggio. Ogni giorno la scuola era come un campo minato, qualunque passo falso che faceva, lo portava inesorabilmente alla figuraccia, che rimaneva nitida nelle menti degli spettatori. Salì le scale di corsa, senza neanche aspettare i suoi compagni di classe. Almeno con loro andava d’accordo...Forse perché lo conoscevano da più tempo, e ormai sapevano che non sarebbe mai cambiato, ed era un vero peccato prenderlo in giro. Forse per non farlo sentire più a terra di quanto fosse già? Non voleva la loro compassione ed era certo di non averla, anche perché non era il solo che a diciannove anni giocava ancora con i videogiochi e leggeva ancora manga giapponesi, torturandosi il cervello con ogni sorta di fesserie fantasy. Almeno su questo, sentiva di avere qualche punto in comune con gli altri. Entrò in classe dirigendosi verso l’ultimo banco accanto al muro, si tolse il giubbotto e aprì il libro a una pagina a caso, per dare l’impressione di ripetere all’ultimo momento la materia del giorno. Nelle orecchie la solita musica spacca timpani, ascoltata a qualunque ora del giorno, mentre lui cercava di imitare con la bocca i suoni di un basso o di una batteria. Tentativo inutile, fallito, dal momento che essere intonato era veramente un desiderio irraggiungibile per lui. A poco a poco che i minuti si avvicinavano al suono puntuale della campanella, la classe si riempì di studenti intenti a ripetere e parlottare tra loro. Ma lui non ascoltava, continuava imperterrito a disegnare sul banco. Era un personaggio di un videogioco, o meglio, inventato prendendo spunto da un gioco. Almeno in questo se la cavava ed era piuttosto bravo. Su questo era il migliore e nessuno poteva batterlo, peccato che non facesse un grande effetto positivo sulle ragazze. Al suono della campanella, scattò in piedi (in tutta la sua altezza, per quanto poteva esserlo) mentre la professoressa entrava in classe sbattendo la porta.

- Ragazzi, oggi non è proprio giornata, evitate di farmi arrabbiare e vedremo di raggiungere un punto d’accordo - Sempre le stesse parole da cinque anni, ormai si era annoiato di sentirle ogni mattina. Se solo avesse detto qualcosa d’interessante, forse l’avrebbe potuta ascoltare.

- Prima di incominciare vorrei ricordare a tutti gli interessati che a breve avranno inizio i corsi di teatro...e per essere più chiara, visto il vostro scarso entusiasmo alla notizia, vi darà dei punti credito... – A questa parola metà classe scattò in piedi. Era come una luce proveniente dal cielo scesa in terra per aiutarli. Lui avrebbe fatto di tutto per poter avere qualche chance in più, dal momento che i suoi voti potevano scendere in picchiata molto rapidamente. Per la prima volta da giorni, uscì dalla fine delle cinque ore con un sorriso stampato in faccia: una buona notizia. Doveva solo scrivere il suo nome su quel maledettissimo foglio nell’ingresso per poi presentarsi al primo incontro. Una cosa estremamente noiosa...Questo doveva voler dire socializzare con i compagni di teatro? Dannazione. Socializzare. Un rischio che doveva correre, un rischio che doveva affrontare. “ Ma perché anno inventato l’azione di fare amicizia??...Uff...” Pazienza, in fondo si trattava solo di tenere duro per qualche tempo ed evitare di essere eccessivamente simpatico (come in effetti era), e cercare di fare lo scorbutico. Così non ci sarebbero stati problemi. Si avviò zompettante verso l’ingresso, pensando che magari l’indomani sarebbe stato una giornata migliore per lui.

 

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Capitolo 2
*** Cantare o non cantare?Questo è il problema... ***


Il Maligno Puffo Volgare

Il Maligno Puffo Volgare

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Capitolo 2

 

DRIIIINNNNN!!! La sveglia emise il solito rumore metallico, mentre cercava disperatamente di trovare il tasto “off” sul retro, con le palpebre che ancora gli cadevano pesanti. Era rimasto tutta la notte sveglio a leggere fumetti e a disegnare, cose troppo importanti per occuparsi dello studio o di dormire, attività del tutto superflue secondo il suo punto di vista. “Dannazione...Mi sono completamente dimenticato di fare la ricerca per filosofia. Non ho neanche finito il disegno per quella pazza...” . Era quasi in trance, mentre, bevendo il suo caffè-latte di tutta fretta, faceva lo zaino. Fare filone non era positivo, non poteva permettersi di fare giorni d’assenza, in fondo era all’ultimo anno, ci voleva un po’ di criterio e di buon senso, anche se temeva di non averne affatto. Scese trafilato le scale, col fiatone, raggiungendo la fermata dell’autobus proprio mentre questo ripartiva a gran velocità nel traffico mattutino. “Ma porca...!!! Adesso scrocco proprio un bel passaggio...”

- Grazie per il disturbo...-

- Ma t’immagini! Possiamo accompagnarti quando vuoi se hai bisogno. Ciao – Chiuse la portiera della macchina, dando le spalle al simpatico signore che si era offerto di dargli uno strappo.

- Sempre a scroccare...Ringrazia che mio padre è un tipo ingenuo e acconsente i tuoi capricci di approfittatore...Ogni tanto dovresti proprio ricambiarmi il favore...-

- Lo sai pure tu che non lo faccio apposta quando perdo l’autobus...E che l’autista passa sempre cinque minuti prima! E’ colpa di quello scemo!!-  

- E si, diamo sempre la colpa agli altri dei nostri sbagli...Come facesti con quel progetto di chimica l’anno scorso. Hai finito per dare a Marco la colpa...-

- Ma è stato un incidente! Poi, non è stata mica colpa mia se la provetta ha preso fuoco!-

- Ma fammi il piacere! Eri tu quello che giocava con l’accendino mentre noi lavoravamo!-

Fece un gestaccio, per non arrendersi d’avanti all’evidente sconfitta, cercando di cambiare discorso mentre si avvicinavano anche altri compagni al loro solito punto di ritrovo.

- Piuttosto, tu ci vai al corso di teatro?-

- Mi sembra ovvio! Farei di tutto per avere dei punti di credito...L’anno scorso fui costretto a fare uno stupido corso di primo soccorso...Quest’anno almeno farò qualcosa che potrà anche divertirmi, poi non si sa mai chi puoi incontrare -

- Vero! L’anno scorso mi ricordo che conoscesti Paola...Quanto tempo siete stati insieme? Tre giorni? Hihihi...Hai battuto il record degli imbranati –

- A parte il fatto che non erano tre giorni ma tre settimane. E poi, non devo tener conto a te di quanto tempo sto con le mie ragazze! Parli proprio tu che ne avrai avuta a stento una! Da quanto tempo è che non baci? –

Si rabbuiò. L’amico aveva colpito nel segno. Non baciava una ragazza dal primo liceo e aveva una voglia morbosa di baciare ancora, una voglia maniaca, un’ossessione che non lo faceva dormire. Le ragazze prima non gli mancavano, era stato fidanzato più volte, ma recentemente non riusciva proprio a trovarne una. Gli sarebbe stata sufficiente anche una storiella di poco conto, solamente per puro divertimento. Ma doveva trovare la persona giusta, intelligente ma soprattutto bella. Il problema vero era che quelle belle erano tutte...tutte...tutte...ALTE!

“Uno, due, tre, quattro...” Continuava a contare le persone che gli passavano d’avanti, indifferenti, completamente tranquille, erano ignare che al loro fianco c’era un ragazzo fermo, che continuava imperterrito ad aspettare l’autobus. La quinta persona almeno la conosceva, un viso familiare che allietasse l’attesa.

- Ciao! - Ma dall’alto canto la risposta fu un insignificante cenno di testa, seguito da risatine di squittenti ragazzine, che accompagnavano il loro amico lungo il tragitto verso casa.

“Non è giusto. Alberto ha sempre un sacco di ragazze in torno. Anche quando è fidanzato, attira tutte le amiche della ragazza. Che ingiustizia!” Mise un punto alla faccenda, mentre cercava di spiegare inutilmente al controllore come il suo gnomo da giardino avesse mangiato l’abbonamento.

Alle tre precise l’ingresso della scuola era gremito di studenti, pronti per prendere parte alle attività pomeridiane. Lui se ne stava in disparte, ad ascoltare la sua musica, indifferente al vociare degli studenti, indifferente alle urla dell’insegnante che lo stava riprendendo...

- Giovanotto! Ma mi stai ascoltando? Vuoi toglierti quegli affari dalle orecchie? Ma tu guarda se dobbiamo lavorare in queste condizioni...- Mortificato e imbarazzato, si strappò gli auricolari, ripose il lettore nella tasca del giubbotto e seguì un’infuriata professoressa su per le scale in aula magna, assieme agli altri partecipanti al corso. Buttò il giubbotto su una sedia in fondo all’aula avvicinandosi con cautela ai suoi compagni di classe che aveva riconosciuto in mezzo agli altri.

- Silenzio, un po’ di attenzione! Benvenuti alla prima lezione del corso di teatro. Io sono la professoressa che vi seguirà durante il percorso. Avviso quelli che sono venuti solo per i punti di credito, che gli renderò la vita impossibile, se davvero credevano che sarebbe stato tutto una passeggiata...-

Guardò il ragazzo che aveva sgridato prima, lui spavaldo continuava a fissarla insistentemente negli occhi, in tono di sfida, fino a quando quella si decise a distogliere lo sguardo da lui.

- Tsk...se crede che dovrò stare ai suoi ordini, si sbaglia di grosso! -

- Bene, per prima cosa iniziamo col sentire la vostra bella voce...-

- Dobbiamo cantare??? – Urlò una voce dal fondo dell’aula.

- Ma certo. Come pretendete di far parte del musical sennò? –

Un boato di disapprovazione tuonò tra tutti gli studenti. Si sentiva come preso in giro. Lui non sapeva cantare!

Maledizione. Avrebbe voluto scappare, ma era in trappola. La sua firma su quel foglio lo teneva incatenato lì fino alle cinque. Non aveva via di scampo.

- Benissimo. Allora incominciamo con qualcosa di semplice. Ad uno ad uno, vi chiamerò e dovete cantare con il pianoforte. E incominciamo proprio da te! –

Gli puntò il dito contro, facendolo avvicinare al pianoforte. Incominciò a sudare e ad avere la voce roca.

- Canta! - Gli sembrava una minaccia più che un’incitazione. La professoressa lo guardava con sguardo omicida, pronta alla sicura figuraccia del povero ragazzo in difficoltà.

“Sta stronza!! Lo sta facendo apposta! E poi dicono a me che sono vendicativo...Vabbè, ho voluto la bicicletta e adesso devo pedalare, o i miei voti non si alzeranno mai. Rifletti, non puoi rovinare un piano così ben architettato per una viscida vipera. Coraggio!”

- Laaaaaaaaa!!! – Alcune persone intorno a lui si tapparono le orecchie, chi la bocca per non ridere e chi lo conosceva chiuse gli occhi, per non vedere quello scempio. Un’unica nota stonata uscì dalla sua bocca completamente aperta. Staccò la nota, chiuse la bocca e un silenzio imbarazzante occupò l’aria.

- Per oggi penso sia sufficiente, il prossimo – Disse la professoressa, con una faccia tra il soddisfatto e disgustato. Lui si scostò e andò a nascondere la sua faccia dietro una colonna, sperando che presto si sarebbero dimenticati di quella sua figuraccia, desiderando solamente di diventare invisibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Fratellino minore?!? ***


Il Maligno Puffo Volgare

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Capitolo 3

 

Tornato a casa si buttò sul suo letto, pensando che avrebbe tanto voluto non aver firmato su quel foglio. Respirava lentamente, contando ogni suo battito. Doveva calmarsi. Era troppo arrabbiato per potersi rilassare.

“Com’è che aveva detto il dottore? Contare fino a dieci?...Io sono arrivato a 361...361 è una radice quadrata? Mi sembra di si...le radice quadrata di, di, di...19. 19 come i miei anni. Anni che aspettavo con ansia da quando non ero altro che un piccolo marmocchietto di prima media. Bè, di piccolo sono rimasto piccolo. C’è chi dice persino mentalmente...Tutta invidia la loro! Perché io ho ancora la voglia di giocare e loro no!...Ma chi voglio prendere in giro? Non m’invidia proprio nessuno. In fondo i miei interessi dovrebbero essere altri...non solo videogiochi e disegnini...Forse dovrei fare sport, dovrei...”

La porta della camera si aprì di scatto e dallo spavento sussultò finendo di faccia sul pavimento freddo.

- Oh! Scusami tanto! Ma mi serve assolutamente il tuo libro di biologia – Sua sorella entrò saltellando nella stanza con un sorriso smagliante, di quelli che adorano la vita e che la loro non potrebbe andare meglio. Aveva la voce fatata, due occhi grandissimi e scuri che riuscivano sempre ad addolcire tutti quanti. Lunghi capelli color bronzo sventolavano d’avanti al suo visino angelico.

- Non si usa bussare? – Si alzò corrucciato, rivolgendo uno sguardo penetrante alla sorella.

- Non importa, tanto sei tu che sei caduto! Mica io! – Si allontanò ridendo mentre lui infuriato le sbatteva la porta in faccia. Che seccatura. Ma più che altro lui si diceva invidioso, perché lei non aveva alcun problema al contrario suo. Faceva appena il secondo liceo nella sua stessa scuola e già era molto conosciuta nell’istituto. Non era possibile. Lui passava come il fratello maggiore insignificante. Alla fine erano i suoi amici a chiedergli della sorella. Che rottura.

Sbuffando si mise a sedere, con il solo intento di fare astronomia, senza voler pensare ad altro se non al fatto che l’indomani avrebbe subito una terribile tortura all’interrogazione. Il resto del pomeriggio lo trascorse con la testa fra le nuvole, immerso in un universo parallelo a combattere i draghi dalle mille teste.

- Buh! – Sua sorella era entrata nella stanza con fare silenzioso e aveva gridato nel suo orecchio con il solo intento di svegliarlo dal suo sonno profondo. Confuso e frastornato si alzò di scatto sull’attenti.

- Sonosvegliononstavodormendo!Eraun’impressione! – Disse tutto di un fiato rosso in viso per la vergogna. La sorella sghignazzante gli diede un buffetto sulla tesa facendolo ricadere pesante sulla sedia.

- Si, certo, io ci credo. Sono venuta solo per avvisarti che io me ne vado, è venuta una mia amica e usciamo a fare compere. Tornerò prima che rientrino mamma e papà. Fai attenzione...-

- A cosa? Il lupo cattivo? – Chiese ironizzando, cercando di prenderla in giro.

- No. A non farti male. Vedi di non far scoppiare la casa mentre sono via, ok? – Chiuse la porta della camera prima che il libro lanciato dal fratello potesse prenderla in piena fronte.

- Ma razza di mostriciattolo! Come se fossi io il piccolo della famiglia, ma crede che sia nato ieri?..ugnnn..-

Tremando dalla rabbia si rimise a sedere. Ma non aveva dimenticato qualcosa?

Di colpo si precipitò fuori dalla camera, per raggiungere la sorella che stava ormai sulla porta, con borsa e cappotto in mano. Fu un momento, un istante, in cui gli sembrò che il tempo si fosse fermato. Davanti a lui c’era la più bella ragazza che avesse mai visto. Corti capelli scuri le incorniciavano il viso perfetto, scolpito nella pietra, di una bellezza quasi inimmaginabile. Uno sguardo verde perforante lo squadrava da capo a piedi, osservando il povero ragazzo in ogni suo piccolo difetto estetico. Il fisico da modella era contenuto in un vestito estivo a fantasie colorate. Per una manciata di secondi non fece altro che restare lì a guardare immobile senza pensare ad altro che all’angelo appena sceso in terra e apparso in casa sua. Temeva che da un momento all’altro si sarebbe dissolto, scomparendo nel nulla. Troppo bello per essere vero.

- Insomma, che esagerazione! – La sorella l’aveva riportato, dopo quelle che erano sembrate ore, sulla terra ferma. Solo allora si accorse che era rimasto in una posizione sconcertante, decisamente imbarazzante.

Si riassestò – Scu.. scusa... Volevo solo dirti ch...- balbettò mentre nascondeva una mano nella tasca dei jeans e con l’altra si scompigliava i capelli perennemente in stato confusionario. La creatura splendida gli fece un sorriso emettendo un debole risolino. Anche la sua risata era eccezionale.

- ...Che io sta notte non resto a casa e penso che non mi troverai quando torni. Devi portarti le chiavi...-

- L’avrei comunque fatto senza che tu mi avessi avvisato. Quante volte ti devo dire che non sono più una bambina? E finiscila di abbabbiarti alle persone, non è buona educazione. Saluta la tua visione e torna a studiare, se non vuoi che dica a mamma com’è andato il compito di matematica...-

L’amica non faceva che ridere. Soffocava le risate dietro la mano, distogliendo lo sguardo dal soggetto di tanto divertimento. Come poteva essere sua sorella così sfacciata? Così crudele. Doveva avere per forza un cip del male impiantato da qualche parte del corpo. Non poteva esistere sulla terra una persona più perfida. Una notte di quelle avrebbe proprio dovuto togliere quel cip.

- Ma cos...-

- Fai il bravo. E auguraci buone spese. Saluta, fai “ciao, ciao” con la mano...-

- Hai finito? – Adesso l’angelo stava ormai fuori dalla porta, con aria impaziente, cercando di trattenersi dal ridere.

- Si. Ho finito – Con aria soddisfatta gli diede le spalle e chiuse la porta con un tonfo.

Per un paio di secondi lui rimase lì a guardare il vuoto, poi, si precipitò alla finestra cercando di sentire ciò che si dicevano.

- Oh! Ma lo sai che tuo fratello è veramente adorabile?-

“Adorabile????”

- Deve essere veramente una fatica badare a lui tutti i pomeriggi. Con tutto quello che hai di fare ti tocca anche badare al fratellino minore...-

“Fratellino minore?????????”

- Peccato che sia così piccolo...-

- Ma tre anni non sono poi molti! – Sua sorella continuava a sorridere, quel sorriso ebete che presto non avrebbe più avuto, tanto sarebbe stata irriconoscibile la sua faccia deturpata dalla sua mazza da golf.

- Si...Ma insomma, in questo caso è il ragazzo che è più piccolo...Io vorrei il contrario, se solo non facesse il primo, devo ammettere che ti chiederei di farmelo conoscere...-

Non ci poteva credere. Chiuse la finestra con una tale violenza che le tende andarono a finire tra i due battenti, spinte dalla pressione dell’aria. Inciampò nei suoi piedi e si ritrovò a sbattere i pugni sul pavimento in soggiorno. Era arrabbiato. No, di più. Infuriato. Avrebbe tanto voluto spaccare tutto, e invece si chiuse nella sua camera ad ascoltare al massimo del volume consentito dalle sue orecchie, la sua musica spacca timpani. Ignorando le proteste dei vicini che bussavano insistenti alla porta, continuava a cantare incessantemente, assaporando il momento in cui avrebbe rivisto la sorella e le avrebbe dato cosa si meritava. Come aveva potuto fargli questo? Si mise in posa d’avanti alla porta con la sua fedele riga T, aspettando il ritorno dell’angelo...e il diavolo.

 

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