Introduzione
Ok ok ci
siamo. Premetto che per un motivo e per un altro adoro questo scritto
breve. Forse per Reimer, o forse perché
si ha modo di conoscere più approfonditamente i personaggi principali. Leannel
non è messa molto in risalto, per esempio. La sua presenza c’è sempre. Si
percepisce chiaramente. Ma soprattutto
si parla di amore, di amicizia, di fratellanza, di perdizione e di
cambiamento.
La storia
in pratica è quando i ragazzi sono costretti a portare con loro Morien. Nella
fiction non è tanto tangibile il fatto che quesi tutti siano consapevoli della
verità per quanto riguarda Morien.
Non c’è
una scelta precisa al fatto che sia affidata da Cirdan. E sono consapevole che
molti di voi non ameranno l’immagine che ho dipinto di lui. Semplicemente me lo
sono inventato. Ho pensato ad un Cirdan che nessuno avesse mai pensato.
Poi c’è il
fatto che lui nei tre stramaledetti film, non compare. Per cui nessuno di noi
ne ha un’idea precisa. E poi neppure nei libri se ne parla molto. Un elfo
completamente pazzo non è qualcosa di tanto impossibile, infondo.
E poi c’è
un altro pezzo su cui avrete da ridire. La scatola nera. Reimer e il suo
percorso di perdizione. Il fatto è che a me piacciono gli uomini, deboli con se
stessi e forti con gli altri, tristi e malvagi. Reimer non era abbastanza
debole né abbastanza malvagio. Lo è diventato. Ho inventato una droga
addirittura. Un mio amico è rimasto molto contrariato. Secondo lui è
impossibile che gli elfi si droghino. Comunque fate finta che siano funghi allucinogeni
o roba simile. Forse sono stata condizionata dalle ‘tre stimmate di Palmer
Eldricht’ o come diavolo si scrive, che è il romanzo bellissimo che sto
leggendo.
E poi c’è
Salmaye. Una volta una mia prof ha detto che per dei ragazzini è sorprendentemente
facile vedere la differenza distinta che c’è tra bene e male, tra giusto e sbagliato. Questo è il segreto di Salmaye.
Talmaye è
incredibilmente complesso. Mi piace molto. All’apparenza è forte e
menefreghista. Eppure ha una sua anima debole, lievemente masochista. Ed è
garbatamente acuto. Mi piace. Mi piacciono tutti e tre.
La cosa
bella di Morien è che è tanto dolce da far si che anche Leannel, così dura,
così disperata, l’ami immediatamente. Diventa il suo giocattolo. Più di quanto
non lo sia mai stato Reimer. Qualcosa di molto strano. Mi piace molto quando
dice che Salmaye rimpiange per tutta la vita di non aver ricambiato il bacio di
Crise. Gli da qualcosa di più mortale. E anche quando si taglia i capelli.
Comunque ora basta, è meglio che leggiate.
A tutti
quelli che si perdono
A tutti
quelli che distinguono immediatamente il bene dal male
A tutti quelli distrutti dal
dalle loro stesse capacità
E a quelli che riescono a dare
luce ai loro cuori
Questa è per tutti i Reimer, i
Talmaye, i Salmaye ed i Morien del mondo
With love
Zoozy
Un Ragazzo
Saltò bruscamente
all’indietro. Ora come mai riteneva impossibile quella sorta di combattimento
che gli era stato presentato come un allenamento. Afferrò violentemente quella
strana arma che non aveva nulla di elfico e che gli era stata regalata da
Reimer, suo maestro, qualche tempo prima. Una lama a doppio taglio nel vero
senso della parola. Aveva infatti due punte scure al centro delle quali una
fascia di pelle bianca che costituiva l’impugnatura. Si guardò velocemente
attorno. Pensava di aver seminato il suo maestro. Eppure era l’esatto
contrario. Reimer aveva seminato Salmaye che infatti non riusciva più a
vederlo. Bruscamente Reimer gli fu alle spalle e gli puntò contro la lunga arma
rotondeggiante.
“Sembra che debba vincere io
anche questa volta” disse con aria di superiorità.
“Non mi sembra un onore
vincere contro il tuo allievo che ha una mano legata dietro la schiena ed i
piedi tra loro”
“Forse non un onore, ma certo
un divertimento” Reimer sorrise. Salmaye sentì di odiarlo. Balzò di nuovo
velocemente all’indietro. Reimer rise di nuovo. Il suo allievo non era male,
per essere un ragazzino.
Salmaye si disse che se quello
era davvero il suo maestro era sicuramente un sadico. Quell’allenamento era
impossibile. Combatteva da appena un quarto d’ora e già sapeva che avrebbe
perso. Di solito durava più a lungo. Ora era allo scoperto. Il bosco dalle
basse fronde lasciava libero spazio a tutta la luce che il sole fosse disposto
a lasciar illuminare quei luoghi, di cui in realtà Salmaye non conosceva nulla.
Reimer gli fu immediatamente avanti sempre sfoderando la sua spada. Le due lame
si incrociarono e striderono.
“Non hai la stessa forza che
nella mano destra” disse Reimer, disarcionando l’avversario. Salmaye si gettò
all’indietro, ormai disarmato. E fu in questo salto all’indietro che da solo
fece in modo di terminare il suo duello. Un arbusto. I due piedi legati
inciamparono e Salmaye cadde rovinosamente.
“Maledetto” mormorò “questo
incontro non ha nulla di valido” Reimer sorrise e, sempre più sadicamente puntò
la lama d’argento contro il collo dell’avversario.
“Sei stato tu a chiedermi di
diventare più forte di Talmaye”
“Non è vero” rispose Salmaye
“ti stai solo annoiando. Ed io sono il tuo capro espiatorio”
Reimer rise, abbastanza forte
da dare un certo senso di stupidità al suo interlocutore. Poi si inginocchiò,
spostando la lama, e slegando i nodi che imprigionavano Salmaye.
“Non era affatto comodo
combattere con una gamba sola disponibile” Reimer allungò la mano ed aiutò
Salmaye ad alzarsi. Era cambiato moltissimo in poco tempo. Adesso era quasi
alto come lui. I capelli erano ancora lunghi, ma non aveva mai smesso di
legarli nell’indistricabile coda. Gli occhi erano diventati ancora più blu, ma
si erano colorati di una voglia di vivere che a Reimer risultava quasi irreale.
Era molto bello. Come suo fratello dopotutto. Erano identici. L’unica cosa a
differenziarli veramente, oltre all’intenso amore per la birra di Talmaye, era
la posizione del neo che avevano in volto. In uno sotto il mento, a destra;
mentre per l’altro, nella stessa posizione a sinistra.
“Sei durato piuttosto a lungo,
per essere te.” Reimer conosceva abbastanza bene Salmaye da sapere che se lo
avesse adulato, questi avrebbe smesso proverbialmente di allenarsi. In realtà
le differenze tra lui e suo fratello erano poco più che accennate. Ma era moto
più pratico convincerlo di essere inferiore a Talmaye.
Salmaye scosse la casacca
verde.
“Quando tornerà Talmaye?”
sussurrò. Era quasi una giornata che rimanevano nello stesso accampamento. Una
cosa inusuale, soprattutto quando il loro capitano, Leannel, non era presente.
In realtà la lettera che era arrivata al sire di Bosco Atro era indirizzata
unicamente a Reimer ed i suoi compagni. Inoltre Thranduil non avrebbe mai
concesso a sua figlia di portare a compimento una missione che, se non
pericolosa, avrebbe sicuramente avuto dei risvolti politici. Certamente questo
non era il problema principale, dato che ai risvolti politici aveva unico accesso
e predominio Talmaye, che oltre ad essere dotato di un’eloquenza non comune,
era incredibilmente intelligente.
Reimer si tolse il lungo
cappotto di consunta pelle nera. Poi si sedette. Erano ad Ovest. Non aveva idea
di quanto potesse essere bello il tramonto tanto all’ovest. Si sedette e Salmaye lo seguì.
“Chiariscimi che cosa ci
facciamo qui” disse con aria seccata.
“Cirdan il carpentiere in
persona ci ha convocati”
“No, aveva convocato solo te”
“Vedrai che non ha nulla di
importante da comunicarmi. E poi per Talmaye sarà solo un divertimento”
“Forse hai ragione…” Salmaye
fissò il tramonto per qualche istante
“Penso ci vorrebbe qualcosa di
più impegnativo per Leannel” disse Reimer. Leannel. Era incredibile come il
pensiero di Reimer la raggiungesse sempre. Salmaye era pienamente consapevole
di non essere troppo intuitivo, Ma non aveva mai capito cosa legasse quei due
elfi.
“Sempre Leannel… Chissà come
sta ora?” disse Salmaye. Reimer lo squadrò un istante. Salmaye era
semplicemente vitreo. Chiunque avrebbe potuto leggere nei suoi pensieri che non
era questo ciò che gli frullava per la mente.
“Cosa c’è?” chiese con un
mezzo sorriso dipinto sulle labbra.
“Mi stavo chiedendo” Reimer
era l’unica persona oltre a Talmaye ed a Leannel che riuscisse a fargli dire
esattamente ciò che aveva bisogno di
sapere. Pensò che doveva essere uno stolto se erano solo queste le persone
importanti per lui. “mi chiedevo di Leannel. Mi chiedevo se tu l’ami”
Reimer rimase un istante in
silenzio. Poi sul suo viso si dipinse una strana espressione, come se non
avesse creduto di sentire quello che aveva sentito. Si voltò fissò per un
istante gli occhi del compagno.
Poi rise. Molto più forte di
quanto non avesse fatto durante il loro combattimento. Salmaye non seppe se
essere confuso o arrabbiato. Reimer era una persona molto complessa. Salmaye
non seppe neppure leggere una risposta.
“Allora?” mormorò
“La tua purezza mi sconvolge”
rispose Reimer sempre ridendo. Ora lo sapeva. Non poteva fare a meno di essere
arrabbiato. Si alzò in piedi.
“Cosa?” gridò. Ma il suo
sguardo fu catturato da qualcos’altro. una figura scura in lontananza.
“C’è Tal” disse, calmandosi.
Reimer pensò che nessuno
all’infuori di Salmaye sarebbe riuscito ad accorgersi dell’arrivo di suo
fratello. Grazia ed eleganza. Talmaye era un’immortale molto complesso. La
stessa luce triste aveva albergato da sempre nei suoi occhi. Eppure ora
sorrideva con quello sguardo brillante che gli permetteva di prendere chiunque
alla sprovvista.
Anche adesso sorrideva.
Salmaye comprese che suo fratello doveva aver raggiunto quello che voleva
raggiungere. Non seppe dirsi però se questo era positivo o meno.
“Com’è andata allora?” disse
Reimer, anche lui alzandosi in piedi. Talmaye aveva il volto più sereno che
Salmaye gli avesse mai visto dipinto in volto. Non era affatto normale. C’era
qualcosa.
“In realtà” disse la voce
suadente e fredda allo stesso tempo di Talmaye “in realtà non mi è stato detto
niente.” ora il sorriso di Talmaye era ancora più sereno. Mentre sul viso di
Reimer si leggeva chiaramente dell’irrequietezza. “Il signore di queste terre
dice che non parlerà con altri che con te, Reimer” Reimer sospirò. Non aveva
nessuna voglia di parlare con Cirdan o con chiunque altro. Cirdan rimaneva uno
dei quei pomposi elfi dai nomi altisonanti.
“Avanti Reimer! Non è come
pensi. Cirdan è un elfo complicato e particolare. E sembra molto deciso. Forse
vuole parlare con te perché sei originario di queste terre.” Salmaye si sentì
improvvisamente tagliato fuori. Si era sempre sentito inferiore nei confronti
di suo fratello. Reimer fece cenno di no col capo. Lui era originario del
Nord.“Ma personalmente non lo credo. In compenso” Talmaye sorrise con tutta la
forza delle sue guance “sono riuscito ad ottenere di farci ospitare per qualche
tempo” Salmaye rise quanto suo fratello se non di più. Erano anni che non
visitavano un posto tanto lontano dal Reame boscoso. Solamente ora gli
dispiaceva che Leannel non fosse potuta venire. Forse Reimer avrebbe ordinato
loro di non parlarne. Non sarebbe stata la prima volta.
“Dov’è che andiamo?” chiese
Salmaye.
“A palazzo. La casa di Cirdan
è meravigliosa” Salmaye si avvicinò ai tre cavalli e ne slegò le briglie
dall’albero cui erano legati. Reimer fece cenno a Talmaye di smontare quel poco
tendaggio che avevano costruito per passare la notte. Talmaye fece cenno di si
col capo. Fissò per un istante Reimer. Era strano. Visibilmente turbato. Decise
che gli avrebbe parlato poi. Afferrò le redini del suo cavallo, che gli porgeva
suo fratello e salì sul dorso del cavallo grigio. I due compagni lo seguirono
tra le fronde scure del paesaggio che si avviava alla notte. Talmaye rallentò e
si avvicinò a Reimer.
“Cosa vuoi?” mormorò l’uomo
scuro. “Qualunque cosa tu voglia chiedermi non è bene che Salmaye la conosca”
“Salmaye dorme.” Rispose
freddo Talmaye “mi consideri dunque uno stupido”
“Se considerassi te come tale
allora non dovrei avere considerazione di alcuno” Talmaye sorrise. Attese che
Reimer facesse lo stesso. Ma non accadde. Reimer non sorrise. Rimase impassibile.
Talmaye non era particolarmente sensibile. Ma era sagace. E conosceva Reimer
meglio di chiunque altro. Era diventato quasi suo padre in tutto quel tempo.
Quello stesso padre che aveva ucciso. Ma a Talmaye non piacevano certe forme di
sdolcinatezza.
“Quell’uomo, Cirdan. È diverso
da ogni altro con cui io abbia mai avuto a che fare. È sibillino. Ogni sua
parola ne nasconde un’altra, e un’altra ancora.”
“Cosa c’entro io. Cosa sei
riuscito a leggere nei suoi occhi?”
“Leggere nei suoi occhi. Tu
parli senza alcuna cognizione. I suoi occhi. Sembrano scolpiti nel ghiaccio.
Più impenetrabili di quanti mai ne abbia visti. Sono bellissimi. Non come
quelli di Leannel. No, sono molto diversi. La loro unica espressione è la
stanchezza. Sembra essersi consumato” Talmaye si passò la mano sulla tempia.
“Eppure se mi hai chiesto di
parlare significa che sei stato talmente abile da leggervi”
“In realtà volevo sapere se tu
sai qualcosa di quello che ti dirà. Il tuo sguardo è divenuto cupo. Ma forse il
motivo è solamente che egli ti ricorda cose lontane.”
“Si, è così” Reimer sorrise
“Dopo aver letto negli occhi
di una creatura come Cirdan, i tuoi sono semplici come un libro aperto”
“Quindi sei riuscito.. ti ho
sottovalutato”
“Ora cominci ad avere paura
della nostra sfida?”
“Non essere stupido. Dimmi
cosa hai letto”
“Ho letto molta stanchezza. Ho
letto un segreto oscuro.. forse una persona. Penso che abbia qualcosa di cui
non ha intenzione di prendersi le responsabilità. Sarà un grosso peso.”
“Una persona”
“Ho sentito il suo cuore
gridare un nome, Morien. Ma non so dirti altro. avrei auto bisogno di un
incontro più lungo. Penso si sia accorto delle mie abilità. Per questo ha
voluto allontanarmi.”
Reimer fissò il buio in
silenzio per qualche tempo.
“Chi affiderebbe una vita a
me?” mormorò.
“Tu sai tenere molto bene i
segreti. Ma fa attenzione. Caricherà le tue spalle di un grosso peso.” Talmaye
sorrise. “Salmaye sembra contento di rimanere qui”
“Si, lo è. Era da molto che
non lasciavamo il Reame Boscoso. Eppure tu ti senti triste”
“Leannel vorrebbe essere con
noi. E poi non sappiamo cosa potrebbe accadere. Lei è sola. E Leannel è molto
cambiata”
“No, non è cambiata. È proprio
questo il suo difetto maggiore. Leannel non cambia mai.”
“Ma noi l’amiamo per questo”
“Si, lo facciamo.” Reimer
sorrise di nuovo. Ora sembrava quasi divertito. “tuo fratello mi ha chiesto se
l’amo” Talmaye rise allo stesso modo.
“E’ molto ingenuo. Però a
pensarci bene, ritengo che avresti bisogno di amare”
“Tutti hanno bisogno di amare”
“No, tu più degli altri. Hai
bisogno di essere libero. Non lasciare che la storia antica continui ad
influenzarti sempre.”
“Pensare che c’è chi dice che
sei freddo e distaccato. Mi sembri fin troppo buono, Talmaye. Non siete tanto
diversi voi due” sorrise ancora “ e tu, nessuna delle tue donne è morta a
quanto ne so”
“Vedi io non sono fatto per le
cose durature” Talmaye rise sinceramente, tornando a porsi alla testa della
piccola compagnia. Reimer rallentò e legò assieme le briglie del suo cavallo
con quelle del cavallo di Salmaye. Si avvicinò alla figura piegata.
“La prossima volta dormi
veramente, oppure non ascoltare” sussurrò. Salmaye sbuffò.
Il giovane uomo elfo aveva
perso il conto delle ore passate a cavallo. Pensava che la casa del signore di
quelle terre fosse molto più vicina. Evidentemente Talmaye aveva scoperto tutto
quello che sapeva in molto poco tempo. La luce del sole comparve magicamente
all’orizzonte. Se il tramonto era stato bello, nell’alba c’era sempre qualcosa
di più poetico. Alzò la testa nera dal collo del cavallo bruno e lo vide. Il
grande palazzo bianco. A suo confronto quello della Bianca dama era piccolo
e buio. E poi, in lontananza, c’era il
grande blu. Non lo aveva mai visto, Salmaye, il mare. La luce rossa illuminava
le mura candide che rifrangevano lo stesso colore. Talmaye scambiò qualche
parola con l’uomo che era di guardia al castello. Una bella armatura d’argento
lucente. Salmaye pensò che fosse innaturale. Un elfo con un armatura.
“Si, ho fatto quello che il
tuo signore mi ha detto. Ora deve darmi dove dormire e da mangiare. Poi potrà
parlare col Maledetto, come ha chiesto”
L’elfo dalla armatura lucente,
che Salmaye stava iniziando ad invidiare, gli fece cenno di passare, senza mai
abbandonare l’inespressività del suo volto.
Reimer attraversò la porta
scura seguito dai suoi compagni. Era passato molto tempo dalla volta in cui
aveva parlato a Galadriel. Ebbene, solo il cortile di quella reggia gli
ispirava le stesse sensazioni. Si chiese cos’avrebbe fatto quando avrebbe visto
Cirdan. Si sentì improvvisamente insicuro. Freddo. Solitudine. Ma poi si voltò
e vide bene in viso Talmaye, la sue espressione preoccupata, e Salmaye, forse
contrariato, ma comunque con la sua aria perfetta di inconsapevolezza. E si
disse che non c’era nulla che non avrebbe potuto superare.
l’elfo dall’armatura lucente
afferrò Salmaye per un polso.
“Voi due avete una destinazione diversa. Il mio signore ha detto che
vuole che siate portati alle vostre stanze” Salmaye sbuffò. Non aveva alcuna
intenzione di obbedire agli ordini di quell’elfo. Talmaye sorrise e fece cenno
di si col capo. Salmaye si tranquillizzò. I due fratelli seguirono l’elfo,
lasciando Reimer solo.
L’elfo trasse un profondo
respiro. Non aveva alcuna voglia di essere solo. Senza un motivo preciso gli
tornarono alla mente le parole di Galadriel al loro incontro
‘Non deve essere semplice
avere Leannel come padrona ’ in effetti
non lo era. Anche adesso, in quello che era qualcosa a metà tra una missione ed
un viaggio di piacere, non poteva fare a meno di chiedersi cosa stesse facendo
Leannel. A volte si era chiesto perché dovesse essere lui a preoccuparsi per
Leannel, e non Legolas o chi per lui. A volte aveva visto Leannel in lacrime e
si era chiesto a cosa servisse un fratello debole come il principe. Ma poi si era
sempre risposto che non era così. Semplicemente Legolas era egocentrico. E
forse non era abbastanza forte. E poi
c’era Miriel. Una fanciulla graziosa. Non era esattamente il tipo di Reimer. Ma
era molto buona. Forse era lei a renderlo insofferente al dolore di Leannel.
Reimer fu riportato
bruscamente alla realtà. Passi lontani. Più di un passo. Erano tre. Nel tempo
che alzò il volto, la prima, piccola, sottile, avvolta in un drappo scuro.
Inciampò sulle caviglie di Reimer.
“Scusate” mormorò frettolosamente.
Reimer fece per alzarsi ed aiutarla, ma le altre due figure lo fecero prima di
lui. Dal profondo cappuccio nero, due occhi castani gli sorrisero in segno di
gratitudine. Due occhi castani che non avrebbe dimenticato facilmente. Seguendo
quegli stessi occhi castani il suo sguardo di alzò. Un uomo molto bello, dai
lineamenti duri ed i lunghi capelli neri. E poi i suoi occhi.
Sembrano scolpiti nel
ghiaccio, pensò. Solo ora Reimer poteva
rendersi conto di quanto Talmaye avesse ragione. Quegli occhi scolpiti nel
ghiaccio lo fissavano. Quegli occhi severi. Non erano tristi, anche su questo
Talmaye aveva avuto ragione. Erano stanchi, ma non tristi. Eppure quella parola che il suo cuore avrebbe
dovuto gridare Reimer non la sentiva.
Stupido, si disse, era chiaro
chi fosse Morien.
“Sarà meglio che voi veniate
con me.” Disse l’elfo con la sua voce profonda “In così poco tempo avete visto
fin troppo. I vostri compagni saranno guidati da altri” Reimer si alzò dalla
sedia rossa chiedendosi perché un grande re come Cirdan non avesse mandato
altri al suo posto per chiamarlo. Si rispose che doveva essere una casualità.
Lo osservò alle sue spalle. I
lunghi ricchi abiti, tra il bianco e l’argento. Il passo veloce. Forse troppo.
Reimer pensò che dovesse essere teso.
Camminarono per qualche tempo.
Poi, giunti ad una porta bianca, due servi vestiti di verde li superarono e
l’aprirono. Cirdan fece un cenno sottile col capo. I due servi sorrisero e si
sedettero ai lati di una lunga scalinata di marmo. Il re raggiunse il suo
trono.
Reimer sorrise. Non era
affatto diverso dagli altri elfi pomposi dai nomi altisonanti che aveva
incontrato. Anzi, forse ne era il maggior esponente. Si chiese di nuovo cosa
mai potesse volere da lui.
Talmaye giunse subito dopo il
suo accompagnatore. L’elfo toltosi l’elmo della bella armatura lucente, si
appoggiò allo stipite della porta, con aria annoiata. Salmaye cominciava
davvero a non sopportarlo.
“Questa è la vostra stanza e
quella a fianco è del vostro amico scuro. Sono comunicanti per mezzo del
giardino. Ma badate che non potrete restare a lungo qui ospiti. Queste dimore
sono fatte solo per coloro che ci abitano”
“Non temere” rispose Salmaye
“Non resteremo a lungo. Questo tipo di accoglienza non c’è affatto gradita”
Talmaye gli lanciò un occhiata significativa e sospirò. Sorrise all’elfo
dell’armatura ed entrò.
I passi si allontanavano.
“Siamo qui per Reimer, non per
cercare grane”
“Perché tu lo sopporti? Non
essere ipocrita”
“Non sono ipocrita. Sono
diplomatico. E tu cerca di non essere stupido.”
“Forse per essere diplomatici
è necessario essere ipocriti” mormorò Salmaye piuttosto contrariato.
Leannel sentì l’ennesima lacrima fredda scorrere
veloce sulle sue guance bianche. Quelle lacrime che avevano il sapore sciocco
della sua stupidità. Avrebbe dato qualunque cosa per fermarle. Forse si sarebbe
uccisa. No, Reimer e gli altri sarebbero dovuti tornare indietro, e l’avrebbero
vista morta. Sarebbe stato orribile. Un’altra lacrima cadde lentamente a monito
della sua stupidità. Stropicciò il viso e si alzò in piedi. Non aveva nessuna
voglia di continuare a piangere, da sola. Improvvisamente sentì freddo. Non
credeva che sarebbe mai riuscita a sentire freddo in una notte di giugno. Ma
sapeva bene che c’era una motivazione al suo freddo. Una motivazione stupida e
puerile. Erano anni che non si sentiva tanto sola. erano anni che tutti e tre i
suoi compagni non se ne andavano soli in un posto tanto lontano che per Leannel
fosse impossibile raggiungerli.
Trasse un profondo respiro. Li
aveva sentiti. I passi leggeri.
“Neppure oggi sei venuta a
cena” dissero Legolas e la sua voce ruvida.
“No, neppure oggi.” Leannel
non lo sopportava. La sua inutile apprensività. Suppose che a Legolas non
importasse niente in realtà. Sbagliava. Sapeva bene di sbagliare.
“Non pensare quello che non
dovresti” da tempo si era resa conto di essere cristallina per suo fratello. A
volte si sentiva oltrepassare dello sguardo severo dei suoi occhi verdi.
“Tu non sei nessuno per dirmi
cosa pensare”
“Reimer è stato chiamato e nostro
padre non avrebbe mai lasciato che tu andassi tanto lontano.”
“E’ già tanto che nostro padre
mi lasci libera di scegliere l’aria che voglio respirare” Legolas rimase in
silenzio. Un pensiero veloce corse nella sua mente.
“Scappa” mormorò “Fuggi di notte
e non tornare mai più indietro” Ora era Leannel ad essere rimasta in silenzio.
Non avrebbe mai immaginato Legolas capace di pensare una cosa simile e tanto
meno di parlarne. Ma conosceva già la risposta e suo fratello con lei. Si
immaginò per un istante, libera da ogni vincolo. Ma poi comprese che così
facendo avrebbe rinnegato tutto ciò in cui aveva creduto. Si doveva fare quello
che si doveva fare. E lo avrebbe fatto ancora, e ancora, fino alla fine. Non
avrebbe mai più potuto vedere Legolas e tutti gli immortali cui teneva.
Sorrise.
“Non mi è concesso, di essere
libera” Una breve pausa “va ora, e lasciami sola. Ci sono altre lacrime stupide
che devo versare”
Reimer si sentì
improvvisamente piccolo. Un elfo bellissimo e dall’aspetto eterno adesso l’osservava.
Gli occhi impenetrabili di Reimer sembravano un po’ meno impenetrabili.
“Siediti” disse con voce
ferma. Reimer si sedette. “Ti senti solo. Ti chiedi dove siano i tuoi compagni.
Ti chiedi cosa ci fai qui. Ma più di ogni altra cosa, è quella donna a
preoccuparti”
Reimer sentì come se
quell’uomo avesse avuto in mano tutta la sua vita. Si sentiva legato. Stretto.
Se quell’uomo avesse chiuso le mani lo avrebbe stritolato. Per la prima volta
nella sua vita fu sicuro di avere paura.
“Cosa?” Cirdan non l’ascoltò.
Continuò il suo discorso.
“Una donna. No, non una donna,
Leannel. E poi, non l’ami neppure. Lo so bene che tipo di donne ti piacciono
Reimer.” Il signore bianco si alzò e gli si avvicinò. Sorrise. Reimer si sentì
come inchiodato alla sedia di velluto rosso. “Sono altre le donne che ami. Sono
nobili d’animo. Di una bellezza lontana. Quasi puerile. Molto forti e molto
dolci allo stesso tempo. Nonostante non esistano le donne dolci. Sono troppo
sottili e sibilline. L’estremo contrario di Leannel, invero. Leannel così bella
e così disperata” La mano del bianco sfiorò il viso duro di Reimer che si
trasse indietro.
“Cosa vuoi da me” Reimer
gridò. Fu come se si fosse svegliato da un incubo. Erano gli occhi. Gli occhi
di quell’immortale che lo comandavano. Si disse che quello non era il suo
ruolo. Non era bravo nei rapporti coi signori dai grandi poteri. Questo era
compito di Talmaye. Si chiese come Talmaye avesse fatto a resistere tanto a
lungo e a leggere negli occhi di quell’uomo.
“Ti sei svegliato? Non a tutti
è concesso di svegliarsi. Eppure è riuscito a due nello stesso giorno. Credevo
che Leannel fosse più stupida.” Trasse un profondo respiro, allontanandosi. “Ed
è proprio perché sei riuscito a svegliarti da solo che adesso smetterò di
torturarti.” Reimer annuì col capo.
“Spero che adesso vorrai
rispondere alle domande di cui conosci la risposta” disse.
“Si, penso che lo farò.
Altrimenti il tuo viaggio sarebbe stato inutile”
Reimer si alzò in piedi,
stupendosi della sua stessa forza. Il re bianco si sedette di nuovo, senza
smettere di fissarlo
“Io so qual è la tua vera
vocazione, Reimer. La tua vera vocazione non è la battaglia, non è insegnare a
due fanciulli elfo. Non è neppure consolare per sempre una dama bellissima. La
tua vera vocazione è la menzogna, Reimer” l’elfo rimase stupito. Cosa
significavano quelle parole. Cosa sapeva davvero Cirdan. Se l’era sempre
immaginato molto differente. Meno eccentrico. “E le vocazioni, vanno coltivate.
E poi il caso ha voluto che io abbia bisogno di qualcuno con la tua stessa
vocazione.”
Reimer lo guardò un istante
nelle iridi gelide e sia accorse di non vedere lo stesso elfo. Un velo di
preoccupazione l’aveva coperto.
“Il suo cuore gridava un
nome, Morien” sussurrò Reimer. Gli
occhi di Cirdan divennero persi
“Come sai certe cose”
“Leannel non è una stupida”
Cirdan sorrise. Aveva capito che l’intuizione non era di Reimer, ma del suo
compagno.
“Lascia che io parli ora, dato
che in realtà non sai niente” Reimer annuì. Ora sapeva di avere di nuovo in
mano le redini della sua mente.
“Morien è un nome oscuro. Non
delinea il sesso di chi lo porta. Bensì ne delinea la stirpe. Morien è il nome
che acquisirono i discendenti di Feanor, quando le ere volsero a questa. Morien è il più maledetto
dei nomi elfici”
Reimer rimase in silenzio. Non
avrebbe mai pensato una cosa del genere. Non credeva sarebbe riuscito mai ad
incontrare qualcuno che fosse nato maledetto.
“Ricordo la prima volta che
l’ho vista. Altri la volevano morta. Altri ancora volevano rinchiuderla. Ma tu
hai già visto i suoi occhi, Reimer. Oh, si, li hai visti. Come può una creatura
tanto pura e semplice rappresentare davvero una minaccia.” Cirdan si fermò un
istante, riprendendo fiato. Aveva raggiunto il massimo dell’enfasi. Reimer
pensò che fosse davvero differente da come lo aveva immaginato. Forse si era
innamorato della ragazzina. Per un istante Reimer ebbe pena di lui. Solo poi si
ricordò che quella creatura avrebbe dovuto essergli superiore.
“Dissi che l’avrei uccisa io
stesso. E la condussi qui. Ed è qui che è nascosta ormai da molti inverni”
“E ora avete bisogno del mio
aiuto. Dimmi perché”
“Mi hanno scoperto. La
uccideranno. E forse uccideranno anche me per averla nascosta.”
“E cosa vorreste fare?
Vorreste che Leannel la tenesse con se e venisse uccisa lei al vostro posto?”
“Nessuno mai la cercherebbe da
Leannel. Perché Leannel è libera. Al mio contrario. E poi non vorrei che lei la
tenesse con se. Voglio che tu lo faccia” Reimer rimase in silenzio. Quell’uomo
decisamente non gli piaceva.
“Date per scontato che davvero
io possieda un talento come quello della menzogna. Leannel lo possiede. E anche
Talmaye, forse di più.”
“Forse l’avrei dato a Leannel,
un tempo. Ma è diventata arida e sciocca. E
Talmaye, è solo un ragazzino.”
Reimer trasse un profondo respiro.
Non capiva e non voleva capire. Ma soprattutto non aveva nessuna voglia di
prendersi la responsabilità di una vita sulle spalle.
“Morien, ora puoi entrare”
mormorò Cirdan, sedendosi di nuovo. La ragazza fece il suo ingresso. Era
minuta. Dall’altezza non la si sarebbe detta un elfo. Lunghe vesti nere, molto
ingombranti. I capelli, nero opaco. E poi i suoi occhi. Si, gli aveva già
visti. Gli occhi soffici di una bambina. Quasi fossero da sempre stati pieni di
lacrime. Morien spostò il viso. Non le andava di essere fissata. Reimer fu come
svegliato da un sogno. Si rese conto che in realtà era da molto tempo che non
sognava. Adesso non aveva più alcuna
pena del signore bianco.
“Dovrai mentire sin
dall’inizio. Ai tuoi compagni dirai che è un ragazzo. E per loro sarà sempre
questo. Nessuno alle tue terre conosce la sua stirpe. E l’importante è che tu
non cambi il suo nome” Reimer non capì nemmeno questo, ma ora si era accorto di
non avere nessuna voglia di capire. Ora aveva solamente voglia di riposare. Forse
più avanti le avrebbe parlato. O forse avrebbe fatto meglio a dire ‘gli avrebbe
parlato ’.
“Ora ho solo bisogno di vedere
le mie stanze ed i miei compagni.” Cirdan sorrise.
“Forse ti sono state rivelate
troppe verità in una volta. Sarà comunque Morien e condurti dove deve.”
Reimer pensò che Cirdan
volesse complicargli le cose. Si alzò e camminò lentamente verso la porta.
Morien lo seguì. I due furono presto fuori. Rimasero a lungo in silenzio.
“Mi dispiace che sia capitato
a te” sussurrò la ragazza dai lineamenti leggeri. Reimer si voltò con lo
sguardo perso. “il mio nome. La mia sorte. Perdonami” sussurrava. Reimer si
rese conto che negli occhi di lei erano lacrime.
“Non devi chiedermi scusa.
Suppongo che la mia vita sia spossante abbastanza per viverla in due. L’unico
vero problema sarà che dovrai fare la conoscenza di Leannel. È molto
particolare”
“Anche tu sei molto
particolare. Mi hai accettato nella tua vita” la ragazzina sorrise. Reimer
sentì di aver già visto quel sorriso da qualche parte.
“Ci sono cose che non possono
essere evitate, vanno solamente accettate”
Morien lo fissò incerta.
Quell’uomo era diverso da chiunque avesse mai incontrato.
“Io vorrei solo non fare del
male, semplicemente vivendo” Reimer la fissò. Era bellissima.
“Non pensare una cosa del
genere. Sono certo che non è così” il volto duro di Reimer e quello dolce di
Morien si sfiorarono. Reimer si trasse all’indietro.
Reimer aprì la porta marrone
scuro ed entrò nella sua camera. Lanciandosi sul letto si chiese fin dove
potesse arrivare la sua stessa stupidità.
Talmaye era piuttosto teso.
Aveva litigato con suo fratello e per di più Reimer non si vedeva. E poi c’era
qualcos’altro. sentiva freddo. Temeva per Reimer. Qualcosa di strano gli era
accaduto. Doveva vederlo.
“Farai meglio a mangiare
qualcosa, Talmaye, e ad essere meno teso. Reimer è forte, non gli succederà
nulla.”
“Tu non valuti mai tutte le
possibilità. Questo posto non mi piace. Inizio a pensare che avrei fatto meglio
a non chiedere di farci venire qui. Forse sarebbe stato meglio rimanere nel
bosco.” Mormorò Salmaye. Talmaye si sedette.
“Avanti adesso calmati.”
Talmaye si lasciò cadere sul letto.
Passi. Poi un leggero tonfo.
Era Reimer. Talmaye si alzò di scatto. Suo fratello seguì con lo sguardo i suoi
movimenti. Ora era fuori dalla stanza. Salmaye rimase in silenzio, solo nella
stanza.
Il freddo viso di Reimer fu
bagnato da lacrime calde. Non ricordava il sapore delle lacrime. Tutto ciò cui
era pronto era scomparso. Sentì il bussare sul vetro della finestra. Non voleva
vedere nessuno. I colpi si fecero più forti e veloci. Reimer vide in volto chi
era a bussare. Talmaye. Talmaye col viso più preoccupato che gli avesse mai
visto. E Talmaye non si preoccupava facilmente. Reimer aprì la portafinestra.
“Perché sei stato tanto tempo
a parlare con quell’uomo?”
“Mi ha costretto. Avevi
ragione in ogni tuo ragionamento. C’è un ragazzo che manderà con noi. Si chiama
Morien”
“E perché piangi, Reimer”
Talmaye si avvicinò all’uomo scuro.
“Mi spiace, ma non posso
dirtelo.” Il viso di Talmaye divenne scuro. Reimer sapeva perfettamente che se
avesse voluto Talmaye avrebbe potuto leggere con semplicità nei suoi occhi
neri. Ma se glielo avesse chiesto, non lo avrebbe fatto.
Reimer fece cenno di no col
capo. Evidentemente gli aveva chiesto di non leggere nei suoi pensieri. Talmaye
sospirò.
“Posso sapere quello che è
successo” disse
“C’è un nuovo compagno che
tornerà a casa con noi. Il suo nome è Morien, lo vedrete se camminerete in
queste aule.” Talmaye si voltò tornando verso la portafinestra. Si disse che
non era decisamente nel suo stile, preoccuparsi.
“Pensi che Leannel si
arrabbierà?” mormorò voltandosi
“C’è qualche probabilità che
non lo faccia?” rispose il più vecchio dei due. Talmaye lasciò la camera.
Attraverso il giardino, giunse alla stanza più grande. Si guardò intorno,
aspettandosi una battuta stupida di suo fratello. Si guardò di nuovo attorno.
La stanza era vuota. Ma non aveva voglia di essere preoccupato. Salmaye sarebbe
tornato, prima o poi.
Salmaye conosceva abbastanza
bene suo fratello da sapere che se non lo avesse trovato nella sua stanza, dopo
essersi preoccupato inutilmente per Reimer, non l’avrebbe cercato. A volte si
chiedeva se solo per lui Talmaye fosse tanto prevedibile. E si rispondeva di
si. Aprì la porta scura. L’aria era più calda fuori dalla sua stanza. Aveva
fame. Un corridoio qualsiasi l’avrebbe portato dove voleva. Al massimo avrebbe
chiesto. Poi lo vide . Un ragazzino dalle vesti ingombranti ed i lunghi capelli
corvini. Immobile, fissava il vuoto, gli occhi spenti, forse velati di lacrime.
Salmaye si avvicinò.
“Salve, qual è il vostro nome?
Ho bisogno del nome di una guida. Temo di essermi perduto.” Salmaye sorrise. Il
ragazzino si sforzò di sorridere. Salmaye notò che non aveva degli occhi comuni.
Erano come privi di peccato. Innocenti. Ma una strana luce vi brillava. Come
avesse scoperto qualcosa che non sapeva combattere. Salmaye si meravigliò della
sua stessa perspicacia. Quel ragazzino era cristallino. Forse più di lui
stesso.“Scusatemi, non devo essere arrivato in un buon momento” sorrise di
nuovo e si voltò
“No, aspettate.” Disse la voce
flebile del ragazzino “Aspettate. Vi porterò dove vorrete”
“Ditemi chi siete e cos’avete.
Non ho intenzione di parlare con un signor nessuno”
“Il mio nome è Morien. Sono
uno dei fidi del signore bianco. E per quanto riguarda le mie lacrime, non è
facile sapere che si dovrà abbandonare le terre nelle quali si è vissuto per
tutta la vita” Mentì. Sentiva che quella menzogna col tempo sarebbe diventata
più pesante. E quel ragazzo col quale parlava aveva un viso buono. Avrebbe
preferito non mentirgli. Ma aveva sperimentato sulla sua pelle che anche le
persone buone cambiavano dopo aver compreso da dove venisse il suo nome.
Morien sorrise più
sinceramente.
“Lasciare la tua casa? Dove
hai intenzione di andare?” Morien sorrise. Non aveva mai incontrato qualcuno
come Salmaye.
“Vengo con voi” Salmaye
sorrise
“Scusa, ho fatto la figura
dello stupido.” Disse sconsolato “per un motivo o per un altro sono sempre
l’ultimo a sapere le cose” Morien rise fragorosamente. Per quanto
fragorosamente potesse farlo. Salmaye rise con lui.
In non molto tempo Reimer
riuscì a tranquillizzarsi. Era riuscito a calmare Leannel in condizioni ben
peggiori ed il non riuscire a farlo con se stesso sarebbe stato umiliante. Si
alzò di nuovo in piedi, uscì in giardino e fissò il sole che albeggiava. Ora
era chiaro quello che avrebbe dovuto fare. Non c’era tempo per perdersi dietro
a una ragazzina. Dovevano andare a casa. Leannel l’avrebbe giudicata subito,
dall’alto del suo piedistallo di tristezza e la vita sarebbe andata avanti.
Morien doveva arrivare subito dove nessuno la conosceva. Inoltre era certo di
non piacere al signore bianco. Dovevano tornare a casa, il più presto
possibile. Certamente la cosa non sarebbe piaciuta a Talmaye.
Bussò alla portafinestra di
Talmaye e Salmaye. Salmaye non c’era.
Talmaye dormiva. A parte tutto Talmaye dormiva sempre. Ed era sempre strano
capire come un immortale così assurdo, così sibillino e diabolico, potesse
dormire tanto sovente e tanto dolcemente.
Bussò di nuovo. Talmaye con le guance rosate e la frangia sugli occhi si
stiracchiò e si avvicinò alla porta, poi aprì.
“Ora puoi parlarne?”
“Non potrò mai” Talmaye
sospirò.
“Allora che ci fai qui” disse
“La notizia che ti darò non ti
soddisferà affatto”
“Dobbiamo andarcene, non è
vero?”
Reimer rimase in silenzio,
stupito, e successivamente fece cenno di si col capo. In quel momento Talmaye
si sentì morire. Era stato davvero faticoso arrivare ad una stanza ed un paio
di pranzi. Ma lesse negli occhi di Reimer, oltre che una tristezza profonda,
una grande stanchezza. E forse non era nella sua volontà andarsene tanto
presto. Sospirò.
“Suppongo che dovremo trovare
mio fratello adesso”
“Si, e non lui solo”
“Ci penso io” Reimer sussurrò
un lento si e lo ringraziò. Solo qualche minuto più tardi gli venne in mente di
chiedersi come avrebbe fatto Talmaye a trovare Morien. Ma Talmaye era
imprevedibile sotto ogni punto di vista e forse avrebbe trovato Morien in un
modo o nell’altro. Sperò con tutto se stesso che Talmaye non capisse cos’era
scritto negli occhi castani di Morien.
“Sai, sei il primo elfo che
incontro che porta i capelli legati” disse Morien, senza abbandonare il suo
sorriso pacifico, quando ebbe finito di masticare un morso del grosso pezzo di
pane che aveva in mano.
“Io e mio fratello siamo
identici. È l’unico modo per differenziarci” rispose Salmaye, ancora
masticando. Morien sorrise di nuovo. Poi il suo sguardo divenne falsamente
malizioso.
“Non ti credo” disse “Tu lo
fai.. per differenziarti dagli altri elfi! Ma certo! Sono un maledetto genio”
Salmaye sorrise. In effetti
era vero. I capelli lunghi erano faticosi e affatto originali. Forse la storia
della somiglianza era davvero solo un modo stupido per riuscire ad essere
diverso.
“Penso che faresti meglio a
tagliarli se ho ragione”
“Tagliarli?” disse una voce
dal buio “Nessun elfo ha mai avuto i capelli corti!”
“Oh, c’è sempre una prima
volta, stupido Talmaye!”
“Stupido Talmaye” rispose il
primo, ancora avvolto dall’ombra di quelle cucine “Stupido a me? E me lo stai
dicendo tu, che mangi pane di grano duro con una ragazza nelle cucine di chi ci
ha ospitati?” Morien sgranò gli occhi.
Il cuore nel suo petto smise di battere.
“Cos’hai detto, stupido
fratello? Una ragazza? Questi è Morien, ed è uno dei fidi del signore di queste
terre. E verrà con noi a casa. Stavamo facendo conoscenza” Morien riprese a respirare. Rise.
“Un ragazzo..” ora Talmaye era
tra loro. La luce soffusa della candela che Morien aveva acceso illuminava
anche il suo viso alto. Fissò Morien per un istante. “Un ragazzo” ripetè.
Reimer aveva riunito tutto ciò
che si erano portati dietro e se n’era andato alle stalle. Sapeva che Talmaye
l’avrebbe intuito, o forse che senza
accorgersene vi si sarebbe recato naturalmente. Talmaye era molto particolare.
Reimer si sedette sulla paglia sporca della stalla, accanto al suo bel cavallo
grigio. Lo fissò per un istante. Cos’avrebbe dovuto fare? Come avrebbe potuto
curarsi da solo da quello sfregio che si era aperto nella sua anima scura? Chi
l’avrebbe mai aiutato se lui non avesse potuto mai rivelargli la verità? Basta.
Basta pensare. Ora desiderava con tutto se stesso provare quel po’ di
menefreghismo che rende le cose più facili. Si chiese perché. Perché provava
quel sentimento assurdo ed ingombrante. Chiuse gli occhi. Le palpebre erano
calde. In pochi istanti si abituò a quel calore. Sembrava che la testa dovesse
esplodere. Due occhi di un azzurro tagliente. Questi comparvero nella sua
mente, con violenza. Un naso sottile, lebbra rosee. E poi, infine, lunghi
capelli castano chiaro. Era Miriel. La sua Miriel. Pensava che avrebbe smesso
di sognarla dopo tutti gli anni infiniti che erano passati. Evidentemente si
sbagliava. Osservò di nuovo la profondità di quegli occhi azzurri. Cercò di
sfiorare la pelle di porcellana di quel viso bianco. Erano anni che non
riusciva a farlo. Anni che non sfiorava quel viso di porcellana. Eppure quando
la sua mano lo sfiorò, il viso divenne un altro. divenne quello dolce di una
bambina. No, non era una bambina. I suoi occhi, nonostante avessero cambiato
colore, mantenevano la stessa medesima espressione. I capelli corvini e gli
occhi castani. Era Morien. Reimer sbattè la nuca contro il muro dietro di lui.
Si chiese di nuovo perché. Una lacrima scivolò sulle sue guance stanche in quel
momento il passo lieve di Talmaye, quello deciso di Salmaye e quello soffice di
Morien fecero il loro ingresso nelle stalle di Cirdan. Reimer sorrise
falsamente.
“Ci hai messo un sacco di
tempo. Ero stanco di aspettarvi” si alzò. In quell’istante Talmaye seppe che
mentiva.
“Che facciamo” disse “andiamo
subito a casa?”
“Penso sarebbe la cosa
migliore” rispose Reimer.
Salmaye rimase stupito di come
Reimer e Talmaye parlassero attraverso sotterfugi. E di quanto questo gli
portasse ad essere scortesi. Si volse verso Morien
“Tu ce l’hai un cavallo?”disse
Morien annuì.
“Andiamo a prenderlo” mormorò
Salmaye “Lasciamo soli i due grand’uomini” Morien non comprese. Salmaye
sembrava offeso.
L’afferrò per un polso e si
allontanò.
“Che ti prende?” mormorò
Morien
“Non gli sopporto quando fanno
così. Si credono superiori a chiunque altro” Morien pensò che Talmaye fosse un
ragazzino. Ma questo non era un demerito.
“Avere dei segreti che non
possono essere rivelati non significa sentirsi superiori.”
Salmaye sospirò
“Qual è il tuo cavallo,
quindi?”
“Se non vuoi parlarmene almeno
fa in modo che risulti meno evidente” disse Talmaye con lo sguardo duro.
“Ci proverò, Tal. Ma ora
smettila. Ti comporti come una donna gelosa”
Talmaye immaginò se stesso
come lo aveva descritto Reimer. Rise.
“Si, hai ragione” mormorò.
Morien e Salmaye furono presto
di ritorno. Il cavallo di Morien era davvero molto bello. Il cavallo più
candido che Talmaye avesse mai visto. Proprio lui che detestava i cavalli
bianchi.’A cosa serve un cavallo bianco se poi si sporca?’diceva. comprese di
essersi sbagliato. Morien era già sul cavallo.
Un ragazzo, pensò
Talmaye.ancora non si arrendeva all’idea che chiara balzava alla sua mente. Un
ragazzo.
“Siamo pronti” disse Reimer. I
tre elfi furono presto sui propri cavalli. La compagnia partì.
La notte era calata veloce.
Reimer attese che Talmaye e Salmaye dormissero. A dire il vero anche Morien
dormiva ed il solo cavallo di Reimer guidava gli altri. Ma ciò non era
importante. Si avvicinò al cavallo bianco.
“Morien” sussurrò. L’elfa
sussultò. Si stropicciò gli occhi.
“Arriveremo presto” continuò
Reimer “e presto avrai la tua sfida”
“E’ Leannel, la mia sfida?”
“Dipende dai punti di vista”
Morien comprese. La sfida
potevano essere i suoi sentimenti nei confronti di quell’uomo, le immense
menzogne che sarebbe stata costretta a raccontare a chiunque le fosse intorno.
D’altra parte Leannel era un ostacolo tangibile. Morien abbassò lo sguardo.
Reimer prese lievemente il mento di lei tra le dita e fece in modo che lo
guardasse negli occhi. Tutto questo non rientrava nella sua volontà. Il suo
corpo si muoveva indipendentemente. La fissò un istante negli occhi.
Morien mormorò “Perché?”
socchiuse gli occhi. Le loro labbra s i sfiorarono. Si trasse poi all’indietro.
Reimer piangeva. Quelle lacrime che decisamente non si addicevano al suo viso.
Lo baciò ancora. Le sfiorò le labbra col dito indice. Ora non piangeva più.
“Non c’è nessun ostacolo che
non potremo affrontare” in quel momento Morien cadde di nuovo addormentata. Da
quando era nato possedeva quella speciale capacità. E non c’era alcun perché.
Né un percome. Succedeva in certi momenti. Quando ne aveva bisogno. O meglio
non poteva farne a meno.
L’alba. Reimer non dormì per
tutta la notte, assalito da quel misto assurdo tra gioia, passione, dolore e
amarezza. Talmaye si avvicinò al cavallo scuro di Reimer.
“Quanto credi che manchi?”
“Due ore al massimo” rispose
Reimer.
“Stavo pensando che Leannel si
sentirà sfidata”
“Forse hai ragione”
“Infondo anche se non ci è
dato sapere il perché, tu sei il protettore di Morien. E fino ad ora sei stato
quello di Leannel. Riuscirai a interpretare entrambi i ruoli?”
“Direi piuttosto a
intraprendere entrambi i lavori”
Talmaye rise. Reimer fece lo stesso. Poi, il più giovane dei due, fissò
per un istante Morien. Reimer pensò che forse era già a conoscenza delle
incomprensioni che avrebbe causato. Soprattutto se rapportata a
un’incomprensibile come Leannel.
Passarono le due ore che
Reimer aveva previsto.
Anche Salmaye era sveglio
adesso, anche se piuttosto intontito. Morien dormiva ancora profondamente.
Salmaye avvistò la porta dei giardini del palazzo reale.
“Come le presenterai Morien?”
mormorò verso Reimer
“Glielo presenterò e basta”
rispose questi. Salmaye rimase con lo stesso identico dubbio di un minuto
prima.
il cavallo di Reimer nitrì e
s’impennò. Talmaye bussò sulla grande porta in legno di quercia.
“Chi giunge al portale che da
all’ovest?” disse una voce altisonante
“Siamo noi, Talie” rispose
Talmaye. La porta si aprì. Salmaye si chiese come riusciva Morien a dormire
ancora. le si accostò.
“Siamo arrivati” sussurrò.
Morien si stropicciò la fronte. Si guardo attorno. Non era mai uscita dal suo
palazzo. E non aveva mai visto delle porte così grandi aprirsi.
“Passando di qui” disse
Talmaye a Reimer “arriveremo direttamente alle stanze del capitano. A volte
penso che tu sia pazzo”
“Forse hai ragione” rispose
Reimer “Ma se deve conoscere Morien lo farà immediatamente”
“Quindi” riprese Talmaye “Tu
sei di quelli che corrono incontro alla loro sentenza, cercando di conoscerla
ed espiarla il prima possibile. Come si dice? Per togliersi il pensiero”
“Si, forse è così. Non tutti
sono bravi come te a pensare”
“Questo non c’entra affatto”
Reimer si portò avanti col
cavallo. Talmaye detestava lasciare i discorsi a metà. E Reimer lo sapeva bene.
L’elfo scuro salutò con un
cenno tutti i guardiani, dalla sella del suo cavallo bruno. Tutti i viandanti
lasciarono i loro cavalli nelle stalle della principessa.
I due gemelli si tennero
indietro. La porta di Leannel si avvicinava pericolosamente.
“E’ pazzo?” sussurrò Salmaye
“Lo è” rispose il fratello.
Morien rimase perplessa. Non era possibile che il capitano Leannel fosse
davvero così terribile. O forse era peggio. Forse Leannel era solo innamorata
di Reimer. Morien pensò che se così fosse stato sarebbe stato terribile.
Si accostò a Salmaye
“Senti Sal” mormorò la sua
voce sottile “Tu credi che Leannel sia innamorata di Reimer” Salmaye rise. Aprì
la bocca per rispondere. Ma era troppo tardi. La porta in legno d’ebano di
Leannel era dinnanzi ai loro occhi
“Non ora” le rispose.
Leannel si rigirò nel letto.
Percepiva la loro presenza. La presenza di quelle persone che le erano
incredibilmente care. Ma c’era qualcosa che non andava. Come un piccolo errore
di battitura in un libro bellissimo. Gli conosceva alla perfezione i passi dei
suoi compagni. E c’era un intruso. Erano quattro. Un passo quasi
impercettibile. Camminava accanto a Salmaye. No, ora si avvicinava a qualcun
altro. a Reimer. Chi era questa persona? Perché camminava con Reimer? Reimer le
apparteneva. Reimer le serviva. Sarebbe morta senza Reimer. Almeno così
credeva.
“Eccoci mia signora” disse
Talmaye bussando lievemente.
“Aprite” rispose Leannel.
Così fecero. La porta era
socchiusa. Leannel doveva averli sentiti. Talmaye accennò un inchino con la
testa. Prima che potesse piegarsi, però, Leannel gli fu al collo e l’abbracciò.
Salmaye pensò che si fosse sbagliata. Che avesse visto male.
“Mi sei mancato, Tal”
sussurrò. Eppure c’era qualcosa di innaturale. Salmaye non era tipo da
accorgersi delle cose più del dovuto. Eppure Leannel aveva sempre abbracciato
in quel modo solo Reimer. E poi c’erano i suoi occhi. Gli occhi velati di
tristezza e di lacrime di Leannel erano colmi di disprezzo. E non erano rivolti
verso Talmaye o verso di lui. Erano rivolti verso Reimer. Verso Reimer e verso
il piccolo ragazzo che Reimer aveva al fianco destro e che guardava con gioia.
Leannel non poteva sopportarlo. Reimer pensò che fosse una bambina.
“Tal, pensa tu alle
presentazioni.” Reimer si voltò e se ne andò dalla stanza. Talmaye lo odiò per
un istante.
“Vai, Salmaye, seguilo. Ed
uccidilo se necessario, da parte mia” Talmaye era chiaramente arrabbiato. Reimer
si era preso un impegno più grande di lui. E quando se n’era accorto era
scappato. Stupido Reimer, pensò.
“Bene Leannel” riprese
allontanandola “Questo ragazzo” si soffermò un istante su quella parola “Si
chiama Morien. Ed egli è stato affidato a Reimer dal Carpentiere in persona”
Leannel sfoderò la sua
collera.
“Quindi, Reimer si è preso un
impegno grande come una vita e non mi ha detto nulla” si sedette. Talmaye aveva
supposto una reazione più burrascosa. Leannel era infondo del tutto
imprevedibile. Tenendosi la fronte con la mano disse
“Bene. Ora vattene. Lasciami
sola. Sola col ragazzino” Leannel non sembrava arrabbiata, ma solo immensamente
stanca ed addolorata.
Talmaye ubbidì. Se ne andò a
sedere su una lastra di marmo bianco. Temette fortemente per Morien.
“Dove stai andando?” disse
Salmaye col fiatone, giunto in fretta alle scale. Reimer aveva dimenticato
quanto fosse veloce.
“La resistenza è sempre stata
uno dei tuoi punti deboli” rispose
“Non fare lo scemo. Dove vai?”
“Vado lontano. Ho bisogno di
allontanarmi da qui”
“Non mi hai ancora dato una
risposta” Reimer stava salendo sul dorso del suo cavallo. Salmaye si impose
davanti a questi. “Dove stai andando?” ripetè.
“Vado al sud, nelle terre
degli uomini”
“Vai a bere? Talmaye mi aveva
detto che lo facevi, ma non gli avevo creduto”
“Il nettare degli elfi non è
liberatorio come la birra”
“Non hai bisogno di essere
liberato. Quella è Leannel.”
“Leannel. Sempre Leannel. Non
può sempre essere al centro dei miei pensieri”
“Non lo desidera neppure!”
“Questo tu lo dici. Non sei
mai stato me”
“Hai ragione” silenzio “Ma..”
“Non parlare come tuo
fratello, adesso”
“Voglio venire con te” Lo
sguardo di Reimer divenne dubbioso e divertito.
“Voglio venire con te. Una
volta hai portato Talmaye. Oggi porterai me”
“Promettimi che non parlerai
come tuo fratello” Salmaye annuì. “Allora prendi veloce il tuo cavallo” Salmaye
sorrise. Per una volta si era sentito più scaltro di Talmaye. E non aveva
neppure avuto bisogno di uccidere Reimer.
“Tu, chi saresti?” chiese Leannel,
languida, avvicinatasi a Morien.
“Io sono uno dei fidi del
Carpentiere.”
“E che ci fai qui”
“Non mi è concesso saperlo”
rispose. Mentì, ancora nulla la legava a quella donna.
“Quindi vuoi farmi credere di
essere una di quelle persone che non sanno assolutamente niente” si avvicinò al
suo volto. Morien fu sconcertata dalla sua unica, irruenta, sorprendente
bellezza. Si disse che mai sarebbe stata bella come lei. E che non avrebbe
dovuto mai preoccuparsene. Era un uomo, ora.
“Sappi che non ti credo” concluse
la signora “Ma sei bello come un bambino e ti terrò con me. Infondo era
necessario che Reimer trovasse qualcuno solo per se.” Le sfiorò il viso “Si,
sei davvero molto bello. Resterai a mio fianco per sempre. Mi apparterrai.”
Morien annuì. Ora capiva come gli altri suoi compagni riuscivano ad amare con
tanta forza il capitano Leannel.
“Ora va da Talmaye e digli di
non preoccuparsi. Non ti ho fatto del male.” Rise. Morien rispose allo stesso
modo. Si alzò, accennò un inchino col capo ed uscì. Leannel l’aveva accettata.
Talmaye si chiese se aveva
fatto bene a lasciare davvero Morien solo con Leannel. Comunque sembrava cha la
sua reazione non sarebbe stata terribile. Questo non toglieva che si stesse
tormentando. Perché Reimer e suo fratello non tornavano? E dov’erano andati? E
perché Morien era dentro quella stanza da tanto tempo? Hai bisogno di una
donna, pensò, e anche piuttosto velocemente.
“Siete tornati allora” disse
una voce dietro di lui. Talmaye si voltò. Apparve un elfo bellissimo,
dall’aspetto regale. Gli occhi chiari, verdi come la foresta, ed i capelli
chiari, inusuali per quelle terre, ma che aveva ereditato da suo padre.
“Si, vostra maestà”
“Vostra Maestà?” rispose
Legolas divertito “Chiami mia sorella ‘Lea’ e me ‘vostra maestà’?”
“Scusami, Legolas”
“Che ti prende? Sembri
distrutto”
“Il viaggio è stato molto
lungo. E poi..Reimer ha combinato qualcosa che non avrebbe dovuto”
“Parla più chiaramente con la
tua ‘maestà’”
“Tu non sai perché Cirdan ci
ha convocati” Legolas fece cenno di no col capo “C’è un ragazzino. Io non so il
perché. Forse lo sanno solo Reimer ed il ragazzo. O forse lo sa solo Reimer.
Insomma, gli ha affidato il ragazzino. E Reimer aveva intenzione di presentarlo
subito a Leannel. Ma quando siamo entrati, Leannel ha fatto la stupida. Voleva
provocare Rei, in pratica. Allora si è arrabbiato ed è fuggito. Ho ordinato a
mio fratello di ucciderlo” Legolas rise tra se e se. Talmaye doveva essere
molto agitato. E la questione doveva essergli molto a cuore. Non aveva mai
parlato tanto confusamente. Ed aveva perso il suo solito menefreghismo.
“E,se tu sei qui” disse
Legolas “dov’è questo ragazzino?”
“Leannel mi ha chiesto di
lasciarli soli”
“Non è stata una bella mossa”
“Lo so, ma conosci Leannel”
“Si, la conosco” in
quell’istante, Morien, rossa in viso, col suo sguardo perso costantemente uscì
dalla camera. Entrambi gli elfi si stupirono che fosse illesa. Morien si stupì
di essere fissata.
“Sto bene” mormorò
“Sta bene?” disse Legolas
“Sta bene” rispose Talmaye “Te
la sei cavata ragazzino”
“Vado a parlarle” disse
Legolas
“Chi era?” chiese Morien
“Il fratello di Leannel. Il
principe Legolas”
“Non le somiglia affatto”
“Reimer dice che è stata lei
stessa a fare in modo che questo sia avvenuto”
“Comunque non capisco la
vostra preoccupazione. Leannel non è stata crudele né violenta”
“Ti sarai comunque accorta che
non è ‘normale’”
“No, è molto superiore al
normale” Talmaye rimase perplesso. Erano le stesse identiche parole con le
quali l’aveva descritta lui, tanto tempo prima.
“Lo è. Penso che dovremo stare
soli per un po’ di tempo”
“Dove sono andati Reimer e
Salmaye”
“Non lo so, ma non torneranno
presto” Morien si era seduta. Talmaye si avvicinò e la fissò negli occhi
“Lo so, che non sei un
ragazzo. E so anche che nascondi qualcosa. Ma non indagherò oltre. E se lo farò
lo terrò per me. Perché ho dato a Reimer la mia parola”
“Ti ringrazio.” Disse Morien
abbassando il capo. Un istante di silenzio. Poi Talmaye riprese.
“Senti, a te piace leggere?”
“Si, ma è da molto che non lo
faccio”
“Allora facciamo un patto”
Morien annuì “Io ti do dei libri da leggere e ti insegno a parlare e
tu..trovami una donna, ti prego. Sei così grazioso”
Morien rise. Pensò che
chiunque fosse stato a far nascere dal suo ventre due individui tanto
fenomenali doveva sentirsi veramente fiera. Solo poi scoprì che nessuno di
coloro che avevano partecipato alla loro nascita era rimasto in vita.
“Come va?” chiese Legolas
dolcemente “Ti sei comportata bene”
“So che ora rimarrò sempre più
sola”
“No, non è vero. Reimer non
sarà più il tuo giocattolo personale, ma sono orami tanti. Nostro padre non
vorrà che chiami nessun altro.
“Si, e avrà ragione” Leannel
si coricò di nuovo. Legolas pensò che anche con soli Talmaye e Morien avrebbe
riposato e sarebbe rimasta a digiuno ancora per poco.
“Dove andiamo precisamente?”
il vento soffiava forte nelle orecchie di Salmaye. Non sapeva che a Reimer
piacesse in modo particolare correre sul suo cavallo. In quel momento ricordava
in modo sorprendente Leannel. Il vento gli impediva quasi di respirare. Inoltre
non era mai andato tanto a sud, dagli uomini. Ora erano gli occhi a bruciare.
Decisamente non era abituato a cavalcare tanto velocemente. E soprattutto,
Salmaye decisamente odiava cavalcare.
“Hai intenzione di
rispondermi?” ripetè
Reimer non disse nulla.
Salmaye giudicò questa, una risposta più che sufficiente. Nonostante
comprendesse quanto Reimer fosse esasperato, Salmaye non era adatto alle cose
fuori controllo. Quello era piuttosto Talmaye. Per un istante si chiese perché
Reimer avesse voluto portare con se lui, fin troppo allegro e ignorante di
tutto ciò che fosse più a sud di Lorien. Comunque sperava solamente che il
viaggio sarebbe durato poco a lungo.
E dovette attendere ancora per
qualche tempo.
Salmaye non immaginava che in
un posto come quello potesse trovarsi una locanda, o qualunque cosa stessero
cercando. Era nascosto da alcune sporgenze rocciose. Suppose che per trovarlo
bisognasse conoscerlo. Si chiese come aveva potuto,Reimer conoscerlo, dato che
prima di trasferirsi a Bosco Atro aveva abitato a Nord, in un luogo che neppure
Leannel avrebbe saputo ritrovare. Forse qualcuno gliene aveva parlato. O forse
lo aveva trovato da solo, per caso. In ogni caso forse glielo avrebbe chiesto.
Poi la vide. Era piuttosto
grande. Una grande scatola nera fatta di legno antico, forse marcio. E
decisamente non aveva un bell’aspetto. Pensò che non fosse un posto adatto ad
un elfo. Reimer cavalcava lentamente. Aveva uno strano sorriso dipinto sulle
belle labbra. Cavalcava come un re che torna alla sua dimora. Non gli piaceva
affatto quel Reimer. Reimer legò la briglia scura del cavallo bruno ad un
anello metallico. Scese con la solita grazia tagliente. Lo seguì Talmaye. Si
chiese quanto tempo era passato da quando erano partiti. Ma non lo avrebbe chiesto.
Salmaye lo seguì in silenzio
alla porta della scatola scura.
“Quanto resteremo?” mormorò.
“Sapevo che non avrei dovuto
portarti con me” rispose Reimer, coprendosi il viso col cappuccio. Bussò. Poi
lentamente spalancò la porta. Nel minor tempo che Salmaye potè mai calcolare un
vecchio, evidentemente ubriaco, grasso e sporco, fu sulla figura perfetta di
Reimer. Nello stesso tempo in cui l’aveva attaccato, la figura grassa si
accasciò a terra, in un bagno di sangue. Reimer l’aveva ucciso. Salmaye si chiese
perché, l’uomo che gli aveva insegnato ad uccidere solo quando strettamente
necessario, aveva ucciso un uomo disarmato senza alcun ritegno.
Non ebbe tempo di mormorare un
‘cosa’ stupito che l’oste disse
“Temmer!” con voce rauca
“Ormai era del tempo che non ti si vedeva”
Salmaye si guardò attorno.
Nessuno era entrato prima o dopo di loro. Reimer evidentemente era Temmer. Lo
guardò con aria interrogativa
“Già” rispose l’elfo scuro
“Dei grossi affari mi hanno trattenuto lontano. Ma i sicari tornano sempre a
casa”
Sicari? Salmaye si chiese se
davvero il suo maestro era un sicario o se quella era soltanto una copertura.
“L’oste rise e con lui fecero
lo stesso anche un paio di uomini a suo fianco. La taverna era certamente più
puzzolente di qualunque altro luogo che Salmaye avesse mai visitato.
Fissò nuovamente Reimer per
qualche istante. Chi sei? Si chiese. Il suo sguardo era cambiato. Era un altro.
senza alcun dubbio. Eppure nel profondo di quegli occhi neri si leggeva che
Reimer non era cambiato. Era lo stesso, infondo. Un sicario. Certe volte era
evidente, che Reimer provasse piacere nell’uccidere orchi. Ma infondo erano
questo. Solo orchi. Stupidi, crudeli, sporchi orchi. E non provava certo più
piacere di quanto non facesse Leannel. Non capiva. Perché Reimer si faceva
questo? Poteva davvero dargli il sollievo che cercava, fingersi qualcun altro?
“Chi è il ragazzino?” disse
l’oste. La sua voce grossa e l’alito fetido svegliarono Salmaye dalle sue
congetture.
Reimer rise e stropicciò i
capelli lunghi di Salmaye.
“E’ mio figlio! L’avreste
detto?” gli uomini attorno a l’oste risero
“Tuo figlio?” Disse uno “Non
ha ereditato una sola goccia del tuo sangue!”
“Già. Guardate i suoi occhi!
Forse è stata solo un’invenzione della donna che l’ha partorito!” ripetè l’oste
ridendo. Salmaye si coprì il naso. L’odore era insopportabile.
“Rimarrai sempre il solito
puttaniere!” disse una voce alle loro spalle. Salmaye comprese che chiunque
avesse alle sue spalle doveva essere molto diverso dagli altri che stavano in
quel postaccio. Non era una voce baritonale come le altre. Una voce sibillina,
ma molto leggera.
Reimer era già voltato.
Salmaye fece lo stesso. Era molto bello. Non avrebbe mai pensato di trovare uno
come lui in un posto del genere. Un po’ come non si sarebbe aspettato di
trovarci Reimer. Ma questi era di una bellezza differente. Era angelico.
Etereo. E nonostante tutto chiaramente non era un elfo. Reimer sarebbe stato
scambiato molto più facilmente in un puttaniere, un sicario o qualunque cosa
simile. Se non si fosse saputo che era un elfo.
“Pensavo che non saresti
arrivato oggi” disse Reimer abbracciando il ragazzo biondo.
“Tu mi devi della roba”
rispose. Salmaye notò chiaramente che i due uomini si stavano scambiando un
sacchetto molto piccolo. Reimer o Temmer o chiunque fosse gli diede del denaro.
Poi gli si avvicinarono.
“Questo è Senner, ed è mio
figlio”
Salmaye alzò due delle dita
della mano sinistra.
“Che sguardo buono” disse
l’uomo biondo, avvicinandosi. Ora li vedeva. Gli occhi di quell’uomo erano di
un colore assurdo. Uno ricordava la pupilla di una gatto ed era giallo oro,
rosso verso l’esterno. L’altro, il destro, era un normalissimo occhio blu.
“Già. Ha preso da sua madre”
“Ti raggiungerò più tardi” il
biondo si voltò. Salmaye non aveva mai pensato che qualcuno potesse credere che
fosse davvero il figlio di Reimer. Erano decisamente stupidi, questi mortali.
“Lo hai portato per
incattivirlo” disse uno di quegli uomini orribili
Reimer fece cenno di si col
capo.
Poi fissò l’oste, estrasse il
pugnale bianco e lo piantò sul bancone.
“Ora pensa a darmi una stanza”
L’uomo ubbidì. Sembrava avere
una paura incontrollata di Reimer, nonostante la nascondesse grossolanamente. E
anche Salmaye era spaventato. Il biondo, pensò, non mi piace affatto. È strano.
Ma avrebbe aspettato di ritrovarsi solo con Reimer nella loro stanza.
L’oste si allontanò col suo paso malfermo.
“Temmer?” mormorò Salmaye,
seduto sul letto dalle coperte rosse
“Si, Temmer.” Rispose Reimer
“Non sapevo che tu avessi
un'altra identità”
“Lo sapeva solo Talmaye”
“Hai ucciso quell’uomo senza
alcun ritegno”
“Era grasso e povero, ed era
un ubriacone. Gli ho fatto un piacere. E poi rientrava nella parte”
“Reimer, questo non sei tu”
“L’hai detto. Questo è Temmer”
Salmaye si sentì come svuotato. Reimer era il suo unico punto di riferimento da
una vita. “E tu, stupido ragazzino, farai meglio a coprire le tue orecchie di
elfo se non vuoi che vengano tagliate. Questa gente è stupida ma è più ostile
di quanto pensi”
“Non chiamarmi stupido! Sei tu
lo stupido qui! Anzi, che ci facciamo noi qui?! Non starai meglio tornando a
casa”
“Ancora non so se tornerò a
casa. E comunque ti ho già detto che farai meglio a stare buono. Non fare il
bambino. Capito Senner?”
Salmaye sospirò. Quello non
era Reimer, solo qualcuno che ci assomigliava molto. In qualunque caso non lo
era. Si sedette sul suo letto. Reimer se ne andò facendo cenno con la mano.
Salmaye si lasciò cadere. Ripensandoci quel Reimer non era tanto lontano dal
vero Reimer. Non era tanto impossibile. Poi si addormentò.
“Mi spiace Temmer, ma non
posso farti un prezzo come questo dopo più di sei mesi che non vieni quaggiù”
L’uomo, con la sua sfolgorante e crudele bellezza, gridò verso Reimer che, con
lo sguardo perso sedeva in silenzio.
“Sei un mortale come gli
altri” ripeté.
Ti taglierei tanto volentieri
quella tua sciocca lingua mortale, pensava, se solo avessi idea di con chi hai
a che fare.
“Mi serve”
“Serve a tutti quanti, e tutti
quanti la pagano”
“Ma a me serve adesso”
“Ne vuoi troppa a un prezzo
minimo”
“Che ti costa”
“Devo vivere anche io Temmer”
“Vivi sfruttando le debolezze
delle persone, il loro dolore, le loro passioni. Siamo quello che i mortali
definiscono amici. Ma tu decisamente non sei amichevole”
“Questo non c’entra” Reimer
rise tra se e se. Sapeva di esercitare un fascino particolare su quel piccolo
mortale. Era spaventato. Chiaramente si sentiva inferiore a lui.
“Hai sempre parlato troppo
bene per essere un mezzo Gondoriano.”
“Ora tu dici cose che non
hanno alcuna importanza. Dammi quello che voglio”
“Te ne darò quanta basta” il
biondo prese dalla tasca due pelli contenenti dei pezzi di legno.
“E a mio figlio non pensi”
“Questa gente è stupida, ma io
non sono come loro. Hai già portato un altro ragazzino identico qui, qualcosa
come cinque anni fa. Anche allora aveva lo stesso aspetto e la stessa età.
Nessuno se ne sarebbe accorto. L’oste è cambiato e gli uomini sono ubriachi per
la maggior parte della loro sosta qui. Ma io non sono come loro” Reimer rise di
nuovo. Non c’era niente di più ridicolo di qualcuno che si riteneva superiore a
come fosse in realtà. Eppure per un istante lo assalì la paura. Paura che
quell’uomo avesse scoperto che sia lui che Salmaye erano immortali. E che
uccidesse Salmaye. Ma non era possibile.
“Ora vattene” disse al biondo
Salmaye si voltò di lato. Si
chiedeva cosa fossero quelle stecche e cosa avesse intenzione di fare Reimer.
Si chiese quando sarebbe tornato a casa. Si chiese perché fosse andato con lui.
“Alzati, ora” disse Reimer
rivolgendoglisi.
“Non mi piace che tu sappia
sempre se dormo o meno”
“Ti starai chiedendo” riprese
Reimer “Cosa siano queste. Un paio di volte ho pensato di portarle a Gran
burrone. Sono oro in legno. Forse servirebbero anche a Leannel. Queste caro mio sono l’unica cosa che mi permette di
non pensare.” Salmaye si ritrovò ancora più spaventato di prima.
Reimer trasse la stecca dal
sacchetto e l’annusò
“Perché lo fai” quella di
Salmaye non aveva più neanche il suono di una domanda “Leannel è tanto
importante per te”
“Lo è. E per te sarà lo
stesso. È un fardello impossibile da portare. Eppure io l’amo con tutto me
stesso”
“Ma il tuo non è un amore
convenzionale.”
“No, ma proprio l’amore ha
reso tutto così insopportabile” Quelle parole per Salmaye rimasero per sempre
un mistero. Salmaye pianse.
“Non masticare quella roba”
“Non fare lo stupido, piccolo
mio. Trovati una ragazza, va da Cresius, e chiedigli di una ragazza. Non
pensare a me stanotte. Non venire nemmeno qui a dormire. Non avrei dovuto
portarti qui.” La mano ruvida di Reimer sfiorò il viso di Salmaye. Poi Si mise
in bocca quello che gli aveva dato Cresius, il biondo, e cadde addormentato. Salmaye decise che forse
avrebbe seguito i suoi consigli.
Reimer dormiva un sonno
innaturale. Si divincolava. Pareva ancora più triste che da sveglio. Ma forse
quando si sarebbe svegliato non avrebbe ricordato più nulla.
Salmaye scese le scale
arrivando alla locanda. Aprendo la porta scoprì qual’era l’attività del sabato
sera.
C’era un gran caos. Molte
ragazze ballavano. Ma soprattutto molti uomini le guardavano. Cresius era
scostato dagli altri. Accanto a lui una mortale bellissima. Aveva lunghi
capelli rossi, divisi a boccoli. Cresius la trattava con sufficienza.
Evidentemente non la calcolava neanche come sua amante. Pensandoci avrebbe
potuto essere anche sua sorella o sua figlia.
L’uomo biondo lo notò. Con un
cenno della mano lo invitò ad avvicinarsi.
“Salve, figlio di Temmer”
gridò. In effetti c’era una gran confusione.
Salmaye rispose con un cenno
del capo, sforzandosi di sorridere.
“Cosa fa tuo padre?” chiese
“E’ già crollato?”
Salmaye annuì di nuovo.
“Ah sono tutti così, quelli
come lui. Come può sperare di non star male se la prende una volta ogni sei
mesi? Sciocco.” Lo fissò nuovamente
“E tu, che ci fai qui?”
“Non lo so nemmeno io..” mormorò
Salmaye. Era raro che non parlasse. aveva la lingua facile.
“Ti ha mandato tuo padre?”
evidentemente Cresius non aveva sentito “Ah ho capito, vuole che ti trovi una
ragazza”
Salmaye sospirò. Poi annuì.
“Crise vieni qua!” gridò
Cresius “Questa è mia sorella. Divertiti. Oggi sei un uomo fortunato”
Crise non battè ciglio. Quasi
ci fosse abituata. Lo afferrò per il polso e lo portò via. Suo fratello rise
silenziosamente.
“Ma cosa…?” Salmaye allontanò
il polso dalla stretta della ragazza. “cosa fai?” si guardò attorno. Non
conosceva quelle pareti. In così poco tempo erano arrivati nella camera della
ragazza.
“Cosa faccio? Sei tu che lo
vuoi, no? Come ogni altro” Salmaye si sfiorò la fronte con la mano. Quella
ragazza era solo una bambina. Forse agli occhi mortali di quelle persone anche
lui poteva sembrare tale, ma in ogni caso non era così. E quella ragazzina,
Crise, era sporca. Lo trattava come se fosse stato solo l’ultima di una lunga
lista. Alzò lo sguardo. Crise, di spalle si stava togliendo la camicia bianca,
sporca di vino. Era girata? Perché? Era una troia infondo. Salmaye da solo si
chiamò stupido ed insensibile. Era una bambina. Si vergognava nonostante fosse
assuefatta a quel genere di vita. Si voltò. Poi si sciolse i capelli rossi.per
un istante ne fu fatalmente attratto. Infondo è raro che le capiti un bel
giovane come me, si disse. poi, come già accaduto, si rimproverò. Non avrebbe
mai potuto. Ed il piccolo seno bianco di quella ragazzina che non aveva
certamente più di quindici anni gli fece capire che non poteva restare fermo.
Non poteva lasciare che tutto accadesse. Né che Reimer si consumasse, o ci
andasse molto vicino.
“No, rimettitela” disse. Crise
lo guardò con uno stupore inconsueto.
“Cosa stai dicendo?” Crise si
avvicinò a Salmaye. Lo baciò. Salmaye si sentì morire.
“Se sono i soldi che vuoi, li
avrai ugualmente” Crise sorrise.
“Chi sei tu?” mormorò “Tu non
sei un mortale come gli altri”
“In effetti non lo sono”
rispose Salmaye. Nonostante tutto non credé mai che fosse quello il genere di
differenza che realmente era tra mortali ed immortali. Questo perché poi, per
tutta la vita rimpianse di non aver ricambiato il bacio di quella ragazza dai
capelli rossi “Comunque dovrai aspettare un po’ per i tuoi soldi. Ho da fare”
Prima che Crise avesse tempo
di rispondergli Salmaye fu fuori dalla sua stanza. Cresius lo vide correre ma
non se ne curò.
Eccola. La sua porta. La
spalancò così forte che temette di romperla. Al suo interno Reimer, il suo
maestro, faceva quello che lui aveva combattuto con se stesso, con tutte le sue
forze, per non fare.
Reimer era nudo tra le sue
coperte bianche. Con lui, una ragazza molto bella, di una bellezza matura e
seducente. Lunghi capelli neri ed occhi azzurri, taglienti come lame di
ghiaccio. Chiaramente la bellezza i quegli occhi non aveva nulla a che fare con
quella meravigliosa e triste di Leannel, o con quella degli occhi di Reimer,
quegli occhi di cristallo nero.
Reimer pareva incredibilmente
stanco e triste. Quasi gli stesse chiedendo scusa col suo sguardo meraviglioso.
Ma adesso basta. Ora era
finita.
“Voglio andare a casa padre. E
voglio andarci adesso” disse. Reimer si alzò a sedere. Sospirò. La ragazza gli
occhi vogliosi chiedeva perché. Evidentemente il figlio di Reimer era più
importante di lei. Ma ora lei era il male. Si rivestì grossolanamente.
Afferrò Salmaye per il collo e
lo portò fuori dalla stanza.
“Cosa vuoi. Ti avevo detto di
non farti vedere fino a domani.”
“Allora è così” rispose
Salmaye con la voce sottile “allora non è vero che riesci a vivere. È una tua
scelta, bastardo. Non riesci a vivere senza le tue troiette. Spero solo che con
mio fratello tu non ti sia comportato così. Ci sputo sopra sull’irascibilità di
questa gente. Di questi sciocchi mortali. Di tutti questi della Terra di Mezzo Hai
trovato i peggiori. Ci sputo sopra. Voglio che anche i loro occhi putridi
possano vederlo. Possano vedere quello che sei. E quello che sono” Salmaye
afferrò il suo coltello. Uno ad uno i capelli della chioma corvina si ruppero e
caddero. Ora Salmaye aveva i capelli corti, proprio come aveva detto Morien.
Reimer si sentì male. Erano
anni che non sentiva il disprezzo nella voce di Salmaye. Da quando non parlava
di suo padre. Chiunque lo avesse visto, l’avrebbe ucciso, ora. Quella gente
desiderava l’immortalità degli elfi più di ogni altra cosa. E poi si ricordò le
sue ultime parole ‘con mio fratello ‘. Rise. Salmaye rispose con un’espressione
accigliata.
“Tu non sia cos’accadde quando
tuo fratello venne qui.” Salmaye fece cenno di no col capo “No, non lo sai. Tu
non sai perché non volevo che venisse di nuovo con me.” Una pausa “rimanemmo
per cinque giorni. Alla fine del secondo tuo fratello si faceva tre stecche al
giorno e almeno due litri di birra. Per non parlare delle donne” Salmaye rimase
in silenzio. Quello era il posto dove il peccato attaccava le menti deboli. Si
immaginò cos’avrebbe fatto Leannel se fosse stata lì. Poi vide suo fratello. Un
dolore lacerante gli squarciò il petto. Forse era a causa di suo padre. “Fui
costretto ad allontanarlo. Ed io stesso ne stetti lontano per del tempo. Ma non
posso resistere tanto a lungo.”
“E che farai adesso? Tornerai
là dentro? Tornerai là e continuerai a consumarti come se nulla fosse accaduto?
Lascerai che mi perseguitino per le mie orecchie? Oppure che io gli stermini
tutti?” Salmaye piangeva. Cos’era giusto allora? Se i suoi punti di riferimento
erano deboli e tristi?
Reimer si voltò. Probabilmente
era sua intenzione quella di tornare davvero nella stanza e ricominciare tutto
come se nulla fosse stato. Ma poi lo ricordò. Ricordò quello che aveva pensato
quando aveva trovato Talmaye in quelle miserabili condizioni. Pensò che non gli
era mai riuscito niente nella sua inutile, malinconica vita. Che non era
riuscito neppure a rendere Talmaye un elfo superiore a quelli come lui, o come
Leannel. E poi pensò a lei. Pensò agli occhi castani di Morien. Ai suoi
languidi occhi. E pensò che li aveva venduti al prezzo di una mortale,
libidinosa e insapore.
“No, non lo farò” disse.
Quindi afferrò Salmaye per un polso e lo condusse fuori dalla grande scarola
nera.
“Cosa diavolo..”
“Faccio quello che hai detto
tu. Andiamo a casa.” Ma in quel momento alle loro spalle giunse chi ormai non
si sarebbero più aspettati. Cresius.
“Ci lasci già?” disse
Reimer fece cenno di si col
capo, mentre Salmaye saliva sul suo cavallo grigio, nelle tenebre della notte.
“E dove vai?” riprese Cresius
“A casa? Dov’è casa tua Temmer? Questa gente ti farebbe fuori se sapesse da
dove vieni. Ti farebbe fuori anche se solo vedesse le orecchio di tuo figlio.
Sai, l’immortalità è un dono che voi elfi non meritate” Reimer non sapeva
perché un uomo crudele e stupido come Cresius avesse fatto delle ricerche del
genere. Ma sentiva che adesso Cresius era una minaccia.
“Sarebbe stato meglio che me
lo fossi tenuto per me” disse. Reimer afferrò l’arco e la faretra che aveva
tenuto nascosto per quei due giorni. Tese l’arco. Cresius ebbe l’impressione
che sarebbe morto. Salmaye non disse nulla, dato che detestava quell’uomo.
eppure Reimer lasciò la presa, e non tirò. Gli risparmiò la vita.
“La prossima volta che verrò,
fa in modo che quella roba sia meno cara”
Cresius sorrise. Non avrebbe
mai immaginato di tornare vivo alla locanda, quella notte.
Morien tirò. Non era il centro
ma ci andava vicino. Erano solamente cinque giorni che si trovava in quel
posto. E Leannel pensò che fossero solo cinque giorni che tirava con l’arco. Ma
le aveva posto la condizione di essere un guerriero per stare con lei. E Morien
doveva stare con Leannel ad ogni costo. Talmaye le fissava da lontano.
Visibilmente Morien sente la mancanza di Reimer, pensò. Ma mi chiedo come sia
possibile che con tanta facilità le persone si innamorino di Leannel.
Intanto Morien non aveva letto
nessun libro e Talmaye non aveva trovato nessuna donna. Desiderò con tutto se
stesso di essere andato lui stesso con Reimer, al posto di suo fratello. Poi si
disse che era uno stupido. L’ultima volta aveva combinato un guaio difficile da
ripetere. Ed altrettanto era stato difficile tenerlo nascosto.
Leannel lo fissò un istante.
Talmaye fece finta di non notare il suo sguardo. Quello sguardo talmente severo
che riusciva a farlo stare male. E a nessun altro questo era concesso.
“Ho fame, mangiamo qualcosa”
disse Morien.
“E’ l’alba ormai” rispose
Talmaye
“Ho fame anche io” disse
Leannel.
A Talmaye fu dato il compito
di trovare qualcosa da mangiare. Leannel non sembrava più di tanto turbata
dall’arrivo di Morien, né dalla partita di Reimer. Eppure Talmaye temeva che
Leannel s’innamorasse di Morien. Avrebbe potuto farlo. Rise, dicendosi che la
sua era un’idea assurda. Prese del pane, del formaggio e del vino. Non era
certo roba di classe ma andava bene per uno spuntino all’alba. Inoltre gli
piaceva decisamente l’idea di essere all’alba, solo, con due donne bellissime.
Si fermò. Forse aveva ragione Salmaye quando diceva che Talmaye era
semplicemente innamorato di Leannel. Non era il momento di pensarci.
Tornato vide le due donne
elfo, sedute sull’erba. Si disse che oramai forse anche Leannel,
inconsciamente, sapeva che Morien era una donna. E anche della storia con
Reimer. Il suo giocattolo, mormorò.
“Grazie” disse Morien. Leannel
rispose solo con un sorriso che sapeva di qualcosa che rasentava la gioia.
Talmaye comprese di non essersi mai sentito in un modo simile. Leggero, pensò. Morien
era una cosa del tutto positiva, infondo. Reimer aveva sbagliato di parecchio i
suoi calcoli.
Reimer. Chissà quando sarebbe
tornato. E chissà come sarebbe tornato suo fratello. Forse Reimer, sotto
l’effetto di quelle stecche, gli avrebbe raccontato la sua storia, quando era
andato laggiù. Sarebbe stato molto doloroso per suo fratello. Si dispiacque, ma
non in maniera esagerata. Gli sarebbe passata. Suo fratello era maledettamente
forte. Non c’era nulla che non sarebbe riuscito a superare. Talmaye diede un
morso alla sua fetta di formaggio.
Leannel nel suo stesso stupore
si accorse di stare sorridendo.
“Incredibile, sei riuscito a
portarmi via, senza rischiare di morire” Reimer disse, sorridendo. I cavalli
rallentarono. Salmaye la poteva vedere, casa.
“Sembra di si” rispose. Reimer
comprese che adesso avrebbe dovuto affrontare la realtà. Una realtà che, ai
suoi occhi che non avevano seguito la trama della storia, poteva sembrare di
una difficoltà insormontabile. Erano pressappoco le sei. Reimer lasciò il suo
cavallo alle stalle di Leannel. Salmaye fece lo stesso. Salmaye sorrise. Non
c’era un motivo ben preciso, sorrise e basta.
Reimer fu costretto a chiedere
informazioni per riuscire a trovare Leannel e gli altri che non si trovavano
nelle proprie stanze. Un cortile di pietra. Reimer guardò all’interno. Morien
dormiva sulle cosce di Leannel. Quelle cosce che non erano più così esili come
un tempo. O che almeno non lo erano quanto si era aspettato. Le carezzava i
lunghi capelli scuri.
“Fa piano!” disse una voce
alla sua destra. Si voltò. Talmaye. Salmaye sorrise e l’abbracciò. Si, Rei
gliel’ha detto, pensò.
“Fa piano. Pensavi di esserle
indispensabile. Ti sbagliavi. Siamo stati niente male quaggiù senza di voi.
Potreste andarvene più spesso”
Salmaye lo guardò molto male.
Talmaye rise.
“Che hai fatto ai capelli,
idiota?” sussurrò
Reimer avanzò in silenzio.
“ che ne pensi?” sussurrò
dolcemente all’orecchio di Leannel, che ebbe un lieve sussulto.
“Si, è carina.. carino, già
carino” Reimer rise di nuovo. Cirdan si sbagliava. O la menzogna non era
affatto il suo talento o era circondato da persone fenomenali. Optò per la
seconda possibilità.