L'anima oscura

di Rinkaku
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il borgo dei non-morti ***
Capitolo 3: *** La prima campana del risveglio ***
Capitolo 4: *** Morte e rinascita ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il prigioniero si sveglio lentamente a causa del leggero bussare proveniente da sopra la sua testa.

Guardando in alto vide un cavaliere, con addosso un armatura pesante e scintillante, degna dei grandi cavalieri della regione di Astora.

L'uomo, senza proferire alcuna parola, gettò qualcosa nella piccola e sporca cella, scomparendo subito dopo.

Il giovane guerriero imprigionato, di nome Eyrin, si scrollò dai vestiti laceri il leggero velo di polvere che gli si era adagiato addosso e si avvicinò cautamente al corpo senza vita che il cavaliere gli aveva lanciato e trovò, addosso ad esso, una chiave.

Vuole che fugga da qui?, pensò, meglio che mi sbrighi, o rischierò di diventare come questi esseri attorno.

Non appena aprì la porta di ferro davanti a lui si ritrovò in un lungo corridoio buio, quasi più sporco della sua cella.

I topi si muovevano qua e là tra i cadaveri ammassati alle pareti e un pesante rumore di passi e ruggiti richiamò la sua attenzione e, guardando attraverso le sbarre sul lato destro del corridoio vide un'enorme demone dalla pelle spessa come una corazza, dal colore bluastro. I suoi occhi erano iniettati di sangue e parevano due tizzoni ardenti pieni di ira e odio.

In mano teneva una pesante mazza di un materiale per lui sconosciuto ma che, vista la forma massiccia, sarebbe bastato a distruggere un intero palazzo in un colpo solo, da quanto era grande.

Quando tornò ad osservare il fondo del corridoio vide due esseri ancora vivi, se il loro stato poteva essere definito tale.

Erano, quelli, dei non-morti, proprio come lui ma con un'unica e importantissima differenza: Gli mancava il senno.

Erano diventati incapaci di pensare come, ormai, ogni essere che abitasse il mondo e quel luogo serviva proprio a confinare esseri di quel genere, per questo motivo era chiamato “Prigione dei non-morti”.

Impugnando con forza la spada spezzata che aveva trovato nella sua cella tempo addietro, si fece strada, uccidendo quelle creature per cercare di dargli pace.

Per ogni non-morto che uccideva, però, le anime guadagnate da esso passavano a lui e, con quelle, i loro terribili ricordi.

Quando riuscì finalmente ad uscire da quel sotterraneo scoprì che al di fuori era ormai giorno e il sole era alto nonostante una fitta coltre di nuvole lo coprisse, come per cercare di nasconderlo.

Davanti a lui si estendeva, ora, una specie di giardino, leggermente ricoperto di neve e, in fondo, un piccolo santuario chiuso da un enorme portone in rovina.

Avvicinandosi al centro del piccolo cortile accese il falò, alimentato dalle ossa dei non-morti e unica cosa in grado di donare un poco di sollievo agli esseri come lui.

La mente si schiarì, le paure e i cattivi pensieri svanirono di colpo non appena si sedette davanti alla calda fiamma e iniziò a pensare a come andarsene da quel luogo tetro e silenzioso.

Nessuno è mai riuscito ad andarsene, tutto a causa del guardiano, pensò.

Rialzandosi si diresse verso il portone, con l'obbiettivo principale di trovare le sue armi e poi fuggire da lì.

Non appena fu nel santuario, però, un'enorme creatura cadde dall'alto e gli parò la strada.

La creatura era identica al demone che aveva visto nei sotterranei e, anche se in versione ridotta, non poteva combatterlo certo in quelle condizioni.

Schivando i possenti colpi dell'enorme mostro scorse una porta, semi nascosta nel porticato e la superò, facendo calare dietro di sé una grata che avrebbe impedito al guardiano della prigione di colpirlo.

Col rumore della mazza che si infrangeva contro il ferro ancora nelle orecchie il guerriero si avviò lungo le gallerie, fino a ritrovarsi di nuovo all'esterno, dove un arciere lo colpì al braccio destro.

-Maledetti non-morti!- Imprecò dopo essere riuscito a nascondersi in una piccola nicchia, all'interno della quale trovò un leggero scudo di legno e, dopo averlo equipaggiato, uscì allo scoperto, riparandosi dalle frecce che il nemico gli scagliava a ripetizione e, recuperando anche un'ascia da un cadavere, colpì l'arciere alla schiena, uccidendolo rapidamente.

Gli sembrava di aver già camminato per ore ma, senza darsi per vinto, avanzò, superando un muro di nebbia e ritrovandosi ancora all'interno delle mura della prigione.

La sua unica possibilità era quella di salire al piano superiore, per vedere cosa lo stesse aspettando ancora e, proprio mentre saliva i gradini della scala di pietra che lo avrebbe portato verso la possibile salvezza, un'enorme palla di ferro gli rotolò incontro.

Eyrin riuscì a schivarla in tempo buttandosi di sotto e questa andò ad infrangersi contro un muro, distruggendolo in mille pezzi.

Un leggero rantolo aggiunse il ragazzo che, con cautela, si avvicinò al grosso buco e fu lì che rivide per la seconda volta il cavaliere con l'armatura d'argento. Per ringraziarlo gli corse incontro ma, appena gli fu vicino, notò che questo era gravemente ferito.

-Ascoltami, ragazzo..Non ho molto tempo, devi sbrigarti! Prendi questa fiala, ti aiuterà molto durante il tuo viaggio, vedrai! E anche questa chiave per avanzare nel tuo viaggio. Perdonami per il poco tempo ma purtroppo la mia missione non è proseguita per il meglio...Ora và e fa si che il tuo destino si compia...Sbrigati, prima che anche io perda il senno!- Rantolò l'uomo appena prima di trafiggersi il cuore con un pugnale, trasferendo le sue anime al ragazzo che si inginocchiò al suo cospetto.

-Addio Oscar di Astora.- Lo salutò dignitosamente Eyrin prima di riprendere il suo viaggio.

Non appena arrivò al piano superiore aprì la porta con la chiave che il cavaliere gli aveva donato e, dopo aver ucciso altri due non-morti, si avvicinò ad un altro cadavere.

Seppure questo fosse ormai senza vita, la sua mano sinistra brillava di luce e, quando il guerriero gliela toccò con estrema curiosità, lo stesso accadde alla sua.

-Che sia questo...Il potere che chiamano piromanzia?- Si domandò Eyrin osservando la mano che sembrava aver preso fuoco.

Stranamente non gli doleva affatto e sembrava, anzi, dargli ancora più forza.

Muovendola leggermente una potente palla di fuoco partì dal palmo e si scontrò contro il muro di fronte a lui, lasciando impresso il segno delle fiamme.

Con lo scudo alzato il ragazzo avanzò ancora una volta, trovandosi davanti a un'altra fita coltre di nebbia.

I consigli che il cavaliere gli aveva lasciato lungo la strada lo avevano aiutato a comprendere molte cose e si sentiva pronto per affrontare qualunque cosa gli si fosse parata davanti, il suo unico desiderio era uscire da lì.

Controllando un'ultima volta il suo equipaggiamento attraversò quella specie di barriera, ritrovandosi direttamente sopra al demone minore incontrato precedentemente.

Dopo aver compreso che questo stava per distruggere il suo unico appoggio, Eyrin si buttò di sotto, colpendo la creatura in mezzo agli occhi con l'ascia.

Il demone ruggì furioso e iniziò a colpire il guerriero che schivava abilmente i colpi, contraccambiando con l'arma impugnata con entrambe le mani.

Il pesante martello distruggeva tutto ciò che gli capitava a tiro come se fosse fatto di carta e sembrava instancabile, tanto che Eiryn si trovò in seria difficoltà, in un primo momento.

Comprese subito però che, se fosse stato dietro alla creatura, quella non avrebbe potuto fare nulla per colpirlo e così si spostò dietro al demone, colpendolo sia con l'ascia che con le sfere di fuoco che ormai aveva imparato ad usare con una certa dimestichezza.

In poco tempo ebbe la meglio sul mostro e lo uccise, in onore anche di chi non ci era riuscito negli anni addietro.

Con la chiave appena guadagnata aprì la porta in fondo alla stanza e si ritrovò davanti a una collina innevata, pieni di pezzi di costruzioni ormai decadute da tempo e, non appena giunse a pochi centimetri da un gigantesco burrone, una creatura nera e alata gli si avvicinò, minacciosa quasi quanto il demone appena combattuto.

Spaventato Eyrin cercò di afferrare l'ascia e colpire il grande corvo che si accingeva a catturarlo ma non ci riuscì e la creatura lo imprigionò con gli artigli portandolo via, lontano da quel maledetto posto che gli metteva sempre più i brividi.

Dove mi sta portando?, si chiese, sarà questo un luogo migliore?

Abbandonandosi alla stanchezza e alla leggera brezza invernale il giovane guerriero si addormentò, mentre il corvo lo trasportava in volo verso un luogo lontano e a lui sconosciuto che, però, presto avrebbe imparato a conoscere fin troppo bene.

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Capitolo 2
*** Il borgo dei non-morti ***


Il luogo in cui il corvo aveva trasportato Eiryn veniva chiamato Lordran, una terra popolata solo da non-morti riusciti a fuggire e creature mostruose.

In quella landa, quasi del tutto inabitata, non cera spazio per la speranza, la felicità o altri sentimenti di questo genere, la disperazione regnava su ogni cosa, rendendo quel posto insopportabile anche solo alla vista, per chiunque fosse costretto a viverci.

Non c'era rifugio per nessuno, solo pochi riuscivano a mantenere il proprio senno e umanità, legati ai ricordi, a cose per loro importanti o ragioni per continuare a vivere.

Il giovane piromante si sentiva disperso, quando aprì gli occhi. Il luogo in cui si ritrovò era pieno di luce, circondato da alti alberi che proiettavano la propria ombra su di lui e, a pochi passi, in mezzo a uno spiazzo di terra, un falò dalla luce intensa, la più luminosa e forte che avesse mai visto fino ad ora.

Cos'è questo posto?, si domandò guardandosi attorno finchè una leggera risata, nervosa e tesa, giunse fino alle sue orecchie, facendolo rabbrividire, seppure la sua pelle secca e morta fosse senza alcuna vita, solo i suoi sentimenti e la maledizione dei non-morti lo tenevano in piedi.

-Eccone un altro..- Disse un uomo seduto su una panca non molto distante dal falò.

Indossava una semplice cotta di maglia, leggermente scintillante e, al suo fianco, teneva la spada e lo scudo.

Il suo volto era umano, cosa rara di quei tempi, anche se visibilmente stanco.

-Vieni dalla prigione dei non-morti? Che cosa rara, credevo ci fossero dei demoni molto potenti là...In ogni caso ti do il benvenuto a Lordran, per quanto tu possa essere il benvenuto qua..Heheheh...-

-Lordran?- Gli domandò il ragazzo incuriosito e spaventato dalle sue parole.

-Oh, tu vieni da una terra lontana, lo sento...Il caro corvo laggiù ti ha condotto fin qui in volo e, sinceramente, avresti fatto meglio a rimanere nella prigione, qua non c'è nulla per chi ancora mantiene il senno, come noi....In ogni caso ti consiglio di tornare umano a quel falò laggiù e, se proprio vuoi provare a salvarti...Cerca le due campane, non ne so molto ma quando verranno suonate accadrà qualcosa di...Molto particolare..-

Eiryn, dopo essere tornato umano, decise di esplorare il luogo, trovando molte cose interessanti all'interno delle rovine.

Un chierico di nome Petrus, rifugiato anche lui in quel luogo apparentemente deserto, gli aveva spiegato che quello era il santuario del legame del fuoco, luogo protetto dalla guardiana, colei che con la sua anima dava vita al falò e gli disse di andare a trovarla almeno una volta.

L'uomo pareva simpatico e buono, incredibilmente gentile e servizievole vista la situazione, agli occhi del piromante, l'unica persona sincera che avesse incontrato fino a quel momento e, con questo pensiero in mente, si avviò verso il luogo che il chierico gli aveva indicato, per incontrare la guardiana.

Questa era situata appena sotto il falò, raggiungibile grazie a delle scale scavate nella pietra e, quando si ritrovò al suo cospetto, rimase alquanto stupito.

La donna era imprigionata, senza alcuna via d'uscita.

Indossava abiti vecchi e stracciati, pieni di polvere e sporcizia e pareva essere muta.

Eyrin provò molta pena per lei, chiedendosi quanto le costasse tenere in vita il falò, donando a quelli come lui sollievo e felicità, senza poter essere ripagata in alcun modo ma non aveva tempo per questi pensieri, non in quel momento.

Doveva trovare le due campane e decise di cominciare da quello che l'uomo con la cotta di maglia gli aveva indicato come il borgo dei non-morti.

La strada era lunga e tortuosa, piena di trappole e nemici che il ragazzo affrontò con coraggio e rapidità, seppure un po' impacciato nei movimenti.

Attraversato il primo muro di nebbia, il giovane si ritrovò nel centro esatto del borgo, una cittadella costruita interamente in pietra, circondata da mura e piena di torri e costruzioni in mattoni e legno.

All'improvviso un enorme drago, ricoperto di scaglie scarlatte, gli parò la strada, fermandosi per qualche istante proprio di fronte a lui.

Ad Eiryn sembrò di essere finito in un incubo.

“Come può un drago ritrovarsi proprio qui? Non erano estinti da secoli?” si domandò quasi in preda al panico, primo di fuggire ma, nel momento esatto in cui nella mente del giovane si formò l'idea di scappare il più in fretta possibile, l'enorme creatura se ne andò, senza nemmeno guardarlo, volando sopra a un ponte di pietra e sparendo all'orizzonte.

Il ragazzo prese coraggio, cercando di non pensare a ciò che aveva appena visto, dicendosi che quello non poteva in alcun modo essere uno dei draghi antichi e continuò la sua strada, schivando i colpi degli avversari e uccidendoli tutti, uno dopo l'altro, cercando di non soccombere sotto il mare di ricordi delle loro anime.

Dopo poco fece il suo primo incontro con un vero e proprio non morto, senza umanità, ma con ancora il senno, anche se di questo ne aveva qualche dubbio.

-Oh, Julia, guarda là! C'è un cliente! Finalmente delle anime, cara mia!- Gridò quello accarezzando una lunga e affilata spada, dall'aspetto orientale.

L'uomo era vestito di stracci, con la pelle raggrinzita e grigia, attaccata alle ossa proprio come tutti i non morti che aveva incontrato fino ad ora.

I denti ingialliti dal tempo si muovevano rumorosamente ad ogni parole che l'essere pronunciava, mentre con una mano accarezzava dolcemente la lunga spada al suo fianco.

Eiryn lo guardò sospettoso, pronto a difendersi in qualsiasi momento, senza mai fidarsi delle sue parole.

-Oh, tu sei un viaggiatore! Beh, di questi tempi non ce ne sono molti, sai? La gente preferisce trovare un posto tranquillo in cui passare il resto dei propri giorni, senza alcun disturbo, capisci? Ma se u sei in viaggio allora devi prendere qualcosa! Forza, ho molti oggetti utili, qui!-

-Mi servono solo un arco e delle frecce, niente di più...Ma questa chiave..Cos'è?- Domandò il giovane incuriosito da una piccola chiave quasi arrugginita, simile a quelle usate per le porte delle abitazioni ma gli pareva in qualche modo, stranamente famigliare, come se l'avesse già vista in passato.

-Oh, quella? Solo ciarpame, non serve a nulla, credimi! Sarà di qualche idiota chiuso nella propria casa per sbaglio!-Rispose il mercante cercando delle frecce fra gli oggetti in suo possesso.

-...La prendo insieme al resto.- Si limitò a dire Eyrin, aggiungendola al mazzo di chiavi che si portava dietro da prima della sua prima morte.

Dopo aver pagato con le anime raccolte durante il viaggio se ne andò, col solo desiderio di allontanarsi il più possibile da quel pazzo che lo salutava accarezzando la spada che teneva accanto.

 

I combattimenti sembravano non finire più, i nemici erano ovunque, lungo la strada e, ad ogni volta che tornava a un falò, loro resuscitavano, come se non li avesse mai uccisi.

Le braccia cominciavano a essere pesanti, la testa pareva in procinto di esplodere e non riusciva più a muoversi.

Decise di fermarsi un attimo e riposare, per recuperare le proprie energie e fu lì che vide un enorme cavaliere, con addosso un'armatura nera come la cenere.

Era molto alto, in mano teneva uno spadone dall'aria pesante e uno scudo resistente.

Era di spalle rispetto al ragazzo e osservava un cadavere non molto lontano da lui, come se lo difendesse. Con cautela Eiryn si avvicinò, il suo spirito combattivo vinceva di molto la sua stanchezza e, con l'accetta stretta fra le mani, pronto a combattere e uccidere, si avvicinò a passi leggeri.

Lo colpì alle spalle più volte, con feroce impeto e pervaso dalla voglia di ucciderlo ma questo era molto più forte. Col solo scudo riuscì a scaraventarlo a terra e si rialzò, dirigendosi verso il ragazzo.

A Eyrin non rimaneva altra scelta che fuggire e trovare un luogo aperto in ci affrontare l'avversario, in modo da essere più libero nei movimenti.

Non appena giunse in uno spiazzo abbastanza grande lo affrontò, schivando e parando tutti i colpi e, nonostante l'equipaggiamento inadatto riuscì a vincere, stando sempre alle spalle dell'enorme cavaliere che, scomparendo, lasciò a terra un pezzo di roccia scura e la sua spada.

Eyrin, dopo aver raccolto la pietra e equipaggiato la spada al posto dell'accetta, tornò davanti al cadavere e recuperò un anello dalla strana forma, con una grossa pietra blu al centro che, però, lo faceva sentire stranamente più forte, più resistente, sicuro di poter resistere a qualunque colpo avesse ricevuto.

Avanzando lungo l'unica strada percorribile si ritrovò ancora una volta davanti ad un muro di nebbia, all'interno di una piccola torre di pietra.

Appena si avvicinò al muro uno spettro di luce lo sorpassò correndo, come se non lo avesse nemmeno visto e scomparve.

“Cos'era quello?” si domandò, estremamente incuriosito dalla figura che gli era appena passata accanto, sfiorandolo leggermente e dandogli una piccola scossa “Sembrava un fantasma ma non era in questo mondo”.

Non appena oltrepassò quella fitta nebbia si ritrovò su un ponte, con un lato quasi interamente distrutto e, avanzando, notò che due non-morti lo attaccavano dall'alto della torre con delle balestre.

Dopo averli uccisi proseguì lungo il ponte con estrema cautela, pronto a sfoderare lo spadone per difendersi e un grosso demone dall'aspetto taurino gli parò la strada.

Era gigantesco, furioso, con gli occhi sbarrati e senza vita propria, il suo petto era ricoperto di peli che nascondevano i grossi muscoli dei pettorali e il muso contorto in un'espressione di rabbia.

Il ragazzo cercò di fuggire, raggiungendo la torre da cui proveniva ma si ritrovò bloccato su quel ponte insieme al mostro che lo stava inseguendo, tenendo l'enorme ascia in mano per colpirlo.

Rapidamente Eiryn salì sulla torre, evitando di poco uno dei possenti attacchi del demone e, quando fu sul tetto, lo attese, con l'enorme spada scura in mano, pronto a combattere.

L'enorme demone non si fece aspettare troppo e saltò sul piccolo tetto, raggiungendo il piromante che gli scagliò contro una sfera di fuoco, colpendolo dritto sul volto.

La bestia non sembrò provare dolore anche se le fiamme gli stavano bruciando rapidamente il volto e si scagliò contro il ragazzo, facendo calare l'enorme ascia di roccia sul terreno, con tutta la sua forza.

Eyrin schivò il colpo con agilità, contrattaccando la bestia con la spada, che usava con naturalezza anche se non senza fatica e corse dal lato opposto, lanciando un'altra sfera d fuoco che questa volta cadde sulla schiena della bestia.

L'enorme creatura si alzò, barcollando leggermente per il dolore che le fiamme gli provocavano e il ragazzo ne approfittò, scagliandogli contro quante più sfere infuocate potesse, finché il demone non fu sommerso dalle fiamme e cadde a terra.

Il piromante si sentiva sicuro, ora che la creatura sembrava scomparsa ma un forte ruggito lo fece voltare verso il muro di fiamme alle sue spalle e il demone ne uscì, fumante e ancora più rabbioso.

Eyrin, sicuro che all'avversario mancassero ormai poche energie,gli corse incontro, colpendolo in volo al petto e, solo quando il demone scomparve davanti ai suoi occhi, in un'esplosione di energia bianca, fu sicuro di averlo eliminato per sempre.

Quando la sua anima raggiunse il giovane, questo scoprì che non aveva ricordi, se non dei muri di fiamme alte metri e lava.

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Capitolo 3
*** La prima campana del risveglio ***


Eyrin decise di proseguire, convinto che fosse l'unico modo per risolvere i misteri che lo avevano condotto fino a lì.

Già sapeva che, appena li avrebbe risolti, di nuovi ne sarebbero sorti, come in un cerchio infinito che non si conclude mai.

“Può un luogo simile, essere svelato in ogni suo singolo dettaglio?” si domandava, incerto sulla risposta, insicuro come mai, prima d'ora.

Un nemico era sconfitto ma quanti altri ce n'erano? Chi o cosa avrebbe potuto incontrare, lungo quel suo pellegrinaggio attraverso una terra sconosciuta addirittura a chi ci viveva?

Tutte domande senza alcuna risposta.

Il sole brillava alto, nascosto dalle nuvole ma i suoi raggi illuminavano ugualmente il cammino del giovane piromante che, senza guardarsi alle spalle, ma comunque osservando il paesaggio al di là di quel ponte semi-distrutto, rimase incantato da così tanta bellezza.

Un paesaggio meraviglioso, nonostante tutta la malvagità e la decadenza che Lordran emanava.

Tutto ciò gli era famigliare, ma non comprendeva come potesse esserlo.

Attraverso la torre dal lato opposto del ponte, discese delle scale e si ritrovò nuovamente all'aperto, con un altro ponte alla sua sinistra e una piccola piazzola alla destra.

In questa notò, con la coda dell'occhio, un cavaliere, dritto davanti al precipizio che gli si estendeva a pochi centimetri di distanza, il sole splendeva, proprio di fronte a lui, facendo brillare l'acciaio dell'armatura di una luce quasi propria, come se fosse un Dio, disceso fra i non-morti, per portare la salvezza.

Eiryn si avvicinò, senza sfoderare le armi, senza tenere lo scudo alzato, perchè in cuor suo sapeva che quel cavaliere mai avrebbe potuto nuocergli in alcun modo, perchè il suo cuore era puro e ciò si poteva sentire anche a distanza di metri.

-Oh, benvenuto!- Esordì l'uomo girandosi leggermente verso Eyrin.-Io sono Solaire di Astora, piacere di conoscerti, giovane piromante.-

Ora che poteva vederlo meglio il ragazzo notò che la sua non era affatto una vera e propria armatura, ma, bensì, dei semplici abiti ricamati, con un grosso sole dipinto sul petto.

In mano teneva uno scudo di legno con lo stesso dipinto e l'unica cosa che potesse fornirgli difesa era l'elmo d'acciaio.

“Come ho fatto a pensare che indossasse un'armatura?” Si domandò Eiryn, stupito della cosa.

-Non ti sembra strano? Proprio in questo luogo e in questo preciso momento ci siamo incontrati. Non può certo essere una coincidenza, no? Credo che noi due siamo in qualche modo legati, che ne dici se ci aiutassimo a vicenda, durante questo lungo e tortuoso viaggio?- Domandò Solaire tornando ad osservare il sole di fronte a sé.

-Darci una mano, dici? Sento che tu sei una persona sincera...Accetto la tua offerta.-

-Bene! Qual'è il tuo nome, piromante?-

-Mi chiamo Eiryn, per quanto questo possa contare in questo luogo e in questa situazione.-

-Bene, giovane Eiryn, procedi pure, io starò qui, ad osservare questo magnifico sole. Che possa darti sostegno lungo il tuo viaggio.- Concluse Solaire, senza più dire nulla, come se la luce di quella gigantesca sfera di fuoco avesse catturato definitivamente la sua mente, trascinandolo in una sorta sonno profondo.

 

Eiryn decise di valutare la situazione, prima di attraversare il lungo ponte che si estendeva davanti a lui.

Un gruppo di guardie lo sorvegliava strettamente e, nonostante fossero relativamente in pochi, non sarebbe mai riuscito a sconfiggerli tutti, la sua unica occasione era correre più veloce che potesse.

Prese una leggera rincorsa e, un passo dopo l'altro, aumentò sempre di più la velocità.

I soldati sembravano non vederlo, tenevano lo sguardo fisso verso il cielo, come se qualcosa stesse arrivando alle sue spalle ma lui non ci fece caso, doveva solo correre.

Un forte e acuto ruggito gli fece comprendere cosa i non-morti stessero osservando.

Alle sue spalle il gigantesco drago dalle scaglie cremisi che gli era apparso non appena arrivato al borgo, lo stava inseguendo, sputando fiammate lungo tutto il ponte che investirono ogni cosa, anche i soldati.

Le fiamme gli erano sempre più vicine, come se volessero raggiungerlo per inghiottirlo e il drago non accennava a fermare il suo volo.

Gli mancavano pochi centimetri, il caldo torrido cominciava a farsi sentire sulla sua pelle mentre l'abito accennava a incendiarsi.

“Può un piromante morire per del fuoco?” Si domandò il ragazzo ormai affannato e stanco, poco prima di buttarsi oltre l'entrata di una piccola costruzione in pietra, riuscendo a salvarsi.

 

Perse i sensi per qualche minuto e, quando si risveglio, il drago era scomparso.

Accese il falò accanto a sé e si sedette, osservando incuriosito le ossa che lo animavano.

La sua luce brillava come sempre, alimentata dalla spada carbonizzata conficcata nel terreno e da quelle misteriose ossa.

“Di chi saranno?” Sì domandò.

Quelle erano, in realtà, ossa di non-morti passati di lì durante i loro viaggi e, insieme ai propri resti, anche le loro volontà e i loro desideri restavano legati a quell'abbagliante fiamma.

Quella scoperta fu quasi traumatizzante per il ragazzo che, se prima si sentiva protetto, ora era inquieto e spaventato, timoroso di poter subire un simile destino.

 

Improvvisamente, come dal nulla, un'altra luce comparve davanti ai suoi occhi.

Un raggio di sole penetrava attraverso gli alberi al di fuori della piccola costruzione, illuminando una statua completamente distrutta.

Era visibilmente grande e raffigurava un uomo facilmente riconoscibile vista la corporatura.

I pezzi erano tutti in terra e solo i piedi e il piedistallo erano ancora intatti.

Mentre si avvicinava Eiryn sentì una potente forza provenire da lì, come se nascondesse qualcosa di invisibile alla vista.

Non appena fu a pochi centimetri da quello che pareva essere, ormai, un altare, si inginocchiò e la forza che sentiva provenire da esso prese possesso del suo corpo, riempiendolo di una radiosa e splendente energia.

Non riusciva a descrivere in alcun modo quella sensazione ma era come se fosse diventato, in qualche modo, più potente, nonostante si fosse solo inginocchiato per pregare.

-Oh, vedo che lo hai trovato! Quello è l'altare del sole. Un tempo, quando la statua era ancora intatta, raffigurava il primogenito del grande lord Gwyn, lo sapevi? Incredibile l'energia che emana, vero?- Disse Solaire, comparendo alle spalle del ragazzo.

Eiryn non rispose, l'atmosfera catturava tutta l'attenzione e le parole del cavaliere gli penetrarono fin nel profondo della mente.

I raggi del sole illuminavano il suo viso quasi pallido, ora umano grazie a quei piccoli esseri chiamati Umanità e si sentiva di nuovo vivo, forse per la prima volta, da quando il suo viaggio era iniziato.

Per qualche attimo tutto sembrò essere diventato pacifico, tutto il male di quel mondo scomparve, lasciando spazio solo alla pura luce che gli irradiava il volto, riempiendogli il cuore e l'anima di una nuova forza.

-Quelli che stai provando ora sono i sentimenti di un guerriero del sole. Tu sei nato per uno scopo preciso e molto importante, ne sono più che certo, ragazzo! Continua per la strada là in fondo, oltre quel cancello arriverai alla chiesa e lì troverai una delle due famose campane.- Disse di nuovo Solaire prima di andarsene.

 

Il piromante riprese il suo viaggio, seguendo la strada che l'amico gli aveva appena consigliato, finchè non si ritrovò davanti a una larga strada, con un grosso cinghiale corazzato a pochi metri di distanza da lui.

La bestia, non appena lo vide, gli corse incontro, cercando di colpirlo con le lunghe zanne d'acciaio.

Eiryn riuscì a schivare appena in tempo e il cinghiale andò, per sbaglio, a finire dentro un grosso fuoco appiccato proprio dietro di lui.

Le urla della bestia si alzarono per tutta l'area, mentre il fuoco ne scioglieva l'armatura e la carne ormai morta da tempo.

Senza perdere tempo il ragazzo ne approfittò per fuggire, ritrovandosi, poco dopo, non molto distante dall'entrata della chiesa.

Questa era enorme, antica e quasi del tutto in rovina.

Pochi cavalieri la difendevano e tutti loro avevano perso il senno.

“Da quanto?” riuscì a domandarsi il ragazzo tra un fendente e l'altro.

Si avviò all'altare.

Proprio davanti a questo un enorme cavaliere dall'armatura scura stava ritto, come per proteggere l'esile e secco corpo disteso sopra la lastra di marmo.

In una mano teneva uno scudo grande quanto il suo stesso corpo e nell'altra una mazza di ferro dall'aria molto pesante.

L'uomo si mosse, quasi impercettibilmente e con una rapidità impressionante nonostante il peso del suo equipaggiamento, rapidamente alzò la mazza verso l'alto, facendola ricadere contro Eiryn che a sua volta cercò di parare il colpo ma senza alcun risultato positivo.

Il ragazzo rimbalzò all'indietro, cadendo a terra e, quando cercò di rialzarsi, il cavaliere era già davanti a lui, pronto a colpirlo ancora una volta, l'ultima.

Schivò, riuscendo miracolosamente ad evitare il colpo e si allontanò un poco, giusto per lenire le ferite con l'estus, l'essenza dell'anima della guardiana, accumulato ai falò.

La sua spada era troppo pesante, faceva fatica a sollevarla per colpire l'avversario e decise così di ricorrere ancora una volta alla piromanzia.

Eiryn iniziò quindi a sferrare una lunga serie di sfere infuocate contro il cavaliere che, ormai del tutto impazzito, cercava di colpirlo in ogni modo possibile ma i suoi attacchi erano sempre più lenti, il peso dell'armatura iniziava a farsi sentire e, nonostante un non-morto non potesse soffrire la stanchezza, piano piano cedette, finché le fiamme non consumarono tutto il suo corpo che si dissolse nel nulla, lasciando al suo posto solo la sua anima.

Appena Eiryn la raccolse, le memorie del cavaliere si proiettarono nella sua mente.

 

“Lentamente, come dal nulla, un gruppo di uomini si incamminava lungo uno stretto sentiero pieno di trappole e nemici.

Tutti indossavano pesanti armature di ferro ed erano armati con spade e grossi scudi.

Venivano chiamati cavalieri di Berenike, essi erano i più forti guerrieri al mondo, ligi al proprio ruolo e temprati da mille e più battaglie, ma in un mondo che versava verso la distruzione e il chaos, potevano sopravvivere?”

 

I ricordi cessarono e l'anima di Eiryn si placò, tornando al suo stato originale.

Ogni volta che vedeva le memorie dei suoi avversari il suo spirito e la sua mente si contorcevano, unendolo, per quel poco tempo, alle loro sensazioni, ai loro sentimenti, spingendolo sempre più verso la perdita del senno che aveva ormai compreso non essere altro che l'indebolimento della mente altrui a causa dei ricordi contenuti nelle anime.

Lentamente si avvicinò all'altare.

Questo era spoglio, col corpo di una donna fasciata disteso sopra di esso e una grande statua si ergeva dietro.

Il corpo emanava un leggero bagliore e appena Eiryn fu abbastanza vicino un'anima uscì.

Il ragazzo la raccolse, incuriosito dallo spirito che ora teneva fra le mani e si stupì ancora di più quando scoprì, tramite i ricordi della donna, che quella era l'anima di una Guardiana, morta a causa del male che aveva invaso Lordran.

Provava molta pena e tristezza, per lei e non poté fare a meno che pensare alla ragazza che vegliava sul Santuario, domandandosi se anche il suo fato fosse stato altrettanto crudele.

Cacciando quei pensieri e quelle inquietudini ancora una volta proseguì verso il piano superiore della chiesa, determinato a scoprire il mistero legato a Lordran e alle campane, ritrovandosi davanti a un muro di nebbia, più fitto dei precedenti.

“Che legame ha la nebbia con questo luogo?” Si domandò Eiryn, prima di notare che, a pochi centimetri di distanza da lui, un'incisione brillava sul pavimento e le parole di Solaire gli tornarono in mente.

Il ragazzo toccò il simbolo e il fantasma del cavaliere comparve, radiante di luce.

Eiryn non sapeva se crederci o no.

Tutto ciò lo rendeva esterrefatto, senza che potesse comprendere come ciò fosse mai possibile, mentre davanti a lui il suo compagno gli faceva segno di procedere, sfoderando la spada di ferro e tenendo alto lo scudo di legno col sole dipinto sopra.

I due attraversarono la nebbia.

Il panorama che si estendeva davanti a loro lasciava senza fiato.

Il tetto, ricoperto da tegole scure, era circondato da statue raffiguranti Gargoyle armati di lance rifinite nei minimi dettagli.

Si stagliavano alte verso il cielo, coprendo tutto il perimetro fino al campanile, alto parecchi metri e anch'esso con delle statue, ognuna messa in posa differente.

Al di là della chiesa si vedeva un fitto bosco di alberi verdi e rigogliosi, il canto dei pochi uccellini che popolavano la foresta si univa allo scrosciare dell'acqua nei ruscelli, il tutto accompagnato dal leggero filo di vento.

Un'immagine incredibilmente pacifica che nascondeva terribili verità.

Eiryn avanzò lentamente, facendo pochi passi prima che una delle statue sul campanile prendesse vita, agitandosi e stridendo con forza.

Le sua ali di pietra si spalancarono e con un forte tonfo discese davanti a Eyrin e Solaire, cercando di colpirli con la lunga alabarda.

I due schivarono il colpo e Solaire contrattaccò la creatura, facendo calare la spada di ferro proprio sulla sua testa.

Eiryn l'aggirò, affettando di netto la coda del Gargoyle che volò qualche metro più in là.

La bestia urlò, scuotendo il proprio corpo e agitando l'arma, nel disperato tentativo di colpire uno dei due guerrieri ma questi schivavano e paravano ogni attacco, contrattaccando rapidamente e tornando subito a difendersi.

Quando il Gargoyle mostrò i primi segni di debolezza, ne arrivò un altro che iniziò a sputare potenti fiammate dalle fauci di pietra.

I due decisero di dividersi i compiti.

Mentre Solaire si occupava del primo a Eiryn toccò scontrarsi col nuovo arrivato, vista la sua natura di piromante.

Il ragazzo evitò le fiamme, correndo lungo il lato opposto del tetto finchè non si ritrovò dietro all'avversario che, nel frattempo, cercava di impedire al guerriero del sole di attaccare, sputando altre fiamme insieme al suo compagno.

Eiryn corse verso di lui, saltandogli sulla schiena a conficcandogli la spada di ferro, trovata lungo la strada dal ponte alla chiesa, alla base del collo.

La creatura urlò, dimenandosi convulsamente.

Il Gargoyle, ormai impazzito e senza alcun controllo delle sue azioni, sputò una raffica di fiammate in ogni direzione, bruciando completamente il compagno.

Solaire schivò le fiamme un'altra volta e, cogliendo al volo l'occasione, saltò a sua volta sulla testa del suo avversario e un'altra volta verso il Gargoyle sopra il quale stava Eiryn.

Il cavaliere si preparò ad attaccare e, lanciando un forte urlo di battaglia, lo colpì alla testa, graffiandogli gli occhi e lasciando un profondo taglio.

Entrambe le creature scomparvero all'improvviso, dissolvendosi nell'aria.

Eiryn esultò per la felicità e la gioia, chiamando a gran voce l'amico che, però, era già scomparso.

Sorridendo in segno di gratitudine si voltò verso il campanile e si addentrò al suo interno.

Una ripida e lunga scala portava verso il piano più alto e lì una piccola uscita portava verso una passerella di legno all'esterno, dove un'altra scala più corta conduceva fino alla tanto agognata campana.

Quando il giovane piromante si trovò al suo cospetto non sapeva descrivere cosa stesse provando.

Un misto di gioia, fierezza e paura per il futuro lo fecero muovere, lentamente, verso la leva per suonarla e quando il suo suono si diffuse per tutto il borgo quei sentimenti crebbero ancora di più.

In quel preciso istante il mondo attorno a lui si fermò.

Ce l'aveva fatta.

Da un semplice non-morto rinchiuso nella prigione era arrivato a metà di un'impresa che ormai in molti avevano deciso di abbandonare.

Lui, su tutti, ci era quasi riuscito.

Rimase lì, su quel campanile, per molto tempo ad osservare l'orizzonte.

La foresta sembrava fremere ancora più di prima, il vento si era rafforzato e la malvagità di Lordran sembrava essere aumentata ma ciò non gli interessava, non in quel momento.

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Capitolo 4
*** Morte e rinascita ***


La chiesa era ormai immersa nel silenzio.

Il suono della campana era ormai dissolto nel vento ed Eiryn era tornato all'interno della grande costruzione.

Improvvisamente sentì come se ci fosse qualcuno, in quel luogo e, incuriosito, iniziò a vagare per le gallerie del primo piano, scoprendo che, dietro ad una porta di legno, era nascosta una piccola e stretta cella, dentro la quale era rinchiuso un cavaliere dall'armatura dorata e scintillante.

-Ma tu guarda..Non avrei mai immaginato che qualcuno riuscisse ad arrivare fin qua..- Disse piano l'uomo.

La sua voce era profonda, calma ma nascondeva un'indole malvagia, che mai il giovane piromante aveva avvertito in qualcuno.

-Il mio nome è Lautrec, sono un cavaliere delle lontane terre di Karim e tu come ti chiami?- Domandò l'uomo, continuando a fissare il ragazzo negli occhi.

-Io sono Eiryn. Come mai sei lì dentro?-

-Questo non è affar tuo...Ma ti prometto che se mi libererai io ti darò una mano nel tuo viaggio...Che ne dici?-

-Chi mi assicura che non stai mentendo?-

-Hahah, cosa potrei farti, scusami? Lo vedi, non sono armato mentre tu sei alquanto potente, no?-

Eiryn, sentendo quelle parole, si mosse quasi involontariamente, prendendo una delle chiavi che aveva trovato lungo la strada e aprendo la porta della prigione.

Lautrec si alzò e andò via, silenziosamente, dopo aver ringraziato il piromante.

Tutto ciò era avvenuto talmente in fretta che il ragazzo non era riuscito a comprendere nulla.

Lautrec?

Chi era quel misterioso cavaliere dall'armatura dorata, in realtà?

Perchè Eiryn non era riuscito a fermarsi, mentre apriva la cella?

Sempre più domande, ma non poteva fare altro che procedere, per scoprire la verità.

Appena uscito dalla chiesa, si diresse a ovest, dove una fitta foresta invadeva tutto.

Lungo la strada, però, incontrò un altro dei tanti non morti ancora in possesso del proprio senno.

Era un uomo molto alto, dalla corporatura larga ed estremamente robusta, il volto incorniciato da una lunga barba bianca e dai capelli legate e dello stesso colore.

-Oh, ma tu guarda! A quanto pare nemmeno tu hai perso il senno, eh?- Domandò quello, picchiando una lastra di ferro con un grosso e pesante martello.

-A quanto pare...- Si limitò a rispondere Eiryn, sedendosi addossato a un muro.

-Sei di molte parole, eh? Piacere, io sono Andrei di Astora e, come puoi vedere, sono un fabbro. Se necessiti del mio servizio puoi venire qui ogni volta che vuoi, basta che mi porti della titanite e molte anime.-

-Grazie mille, me ne ricorderò sicuramente, in futuro.- Gli rispose il ragazzo, avviandosi verso le scale in fondo alla stanza.

Non appena le scese si ritrovò in un'enorme sala, piena di macerie, debolmente illuminata dalle torce appese alle pareti.

Improvvisamente, dal buio che riempiva il centro della sala, comparì una piccola luce che si scagliò contro Eiryn.

Il piromante cercò di schivare ma era troppo tardi, il fulmine scagliato contro di lui lo centrò in pieno, facendolo cadere a terra e la creatura che lo aveva scagliato gli saltò subito addosso, cercando di colpirlo con la lunga lancia che teneva in mano.

L'enorme bestia era rapida, quasi fulminea, i suoi colpi potenti e micidiali non tardarono, infatti, a colpire l'esile corpo di Eiryn, trapassandogli il petto.

Boccheggiando il suo corpo scomparve, dissolvendosi, mentre la sua umanità lo abbandonava, svanendo insieme al suo corpo in una piccola nube nera e bianca.

 

I suoi occhi si aprirono, lentamente.

Il suo corpo e la sua mente venivano cullati dalla calda luce del falò, mentre il suo corpo era tornato quello grigio e deturpato di un qualunque non morto senza più la sua umanità.

Ma cos'è la morte, per un non-morto?

Niente più che un ciclo infinito che lo farà tornare sempre nello stesso punto, forse con nuove conoscenze per avanzare nel suo cammino o magari senza.

Una sola cosa era certa, la fiamma li rendeva immortali, ma come? Da dove proveniva tutto ciò? Quale era l'origine vera della maledizione dei non-morti?

Forse qualcuno o qualcosa, li aveva creati anche se il modo ancora era oscuro.

Senza pensare troppo alla cosa, disgustato dal suo novo e decadente aspetto, Eiryn ritornò al piano di sotto e parlò col fabbro.

-Heh! E così non ce l'hai fatta, eh? Con quell'equipaggiamento non mi sorprende, sai? Torna nel punto in cui sei morto e recupera ciò che hai perso, poi torna da me e ti aiuterò, sbrigati.- Gli disse Andrei il fabbro, senza smettere di colpire col pesante martello il pezzo di ferro che teneva sull'incudine davanti a sé.

I suoi movimenti erano rapidi, ripetitivi.

Manteneva sempre lo stesso ritmo, senza mai fermarsi per riposare, mangiare o bere, rimanendo estremamente concentrato su quel pezzo di ferro.

Che facesse tutto ciò solo per mantenere il proprio senno? Che quel continuo forgiare fosse solo il frutto della para di diventare vuoto e vagare senza una meta?

Ancora una volta, il piromante distolse lo sguardo, perchè non poteva fare nulla per aiutare il fabbro, che era così amichevole e gentile nei suoi confronti e qualcosa, mentre questa consapevolezza si formava nella sua mente, si iniziò a incrinare, come un vetro che inizia piano piano a creparsi, millimetro per millimetro.

Fece esattamente come l'uomo gli aveva appena detto, scese, recuperò le anime perse e ritornò indietro.

-Mmm, bene bene, mi ci vorrà un po' di tempo ma saprò forgiarti un'arma decente.-

 

Il fabbro ci mise qualche ora ma, finito il lavoro, il suo possente urlo di gioia ruppe il silenzio che regnava nella piccola costruzione di legno e pietra.

Eiryn si svegliò di colpo, durante l'attesa si era addormentato in un angolo della stanza senza nemmeno rendersene conto.

-Molto bene, ragazzo, eccoti la tua nuova arma. So ce ne possiedi una decisamente più potente ma....Per ora accontentati di questa spada.- Disse il fabbro porgendogli l'arma.

Il piromante la prese fra le sue mani, con estremo rispetto e ammirazione Mai aveva visto arma più bella e lucente.

La lama era lunga, ricurva verso la punta mentre la guardia e l'impugnatura erano decorate con motivi quasi esotici, che nulla avevano a che fare con quella regione.

Ringraziato l'uomo ed equipaggiata la spada, Eiryn tornò ad affrontare il demone.

 

La bestia era lì, al centro dell'enorme stanza immersa nel buio e lo attendeva.

Il demone si mosse, saltando rapidamente contro Eiryn che, però, schivò lateralmente, raggiungendo le spalle del mostro.

La lama della spada sferzò contro la creatura, producendo un suono sordo venendo a contatto con la dura pelle di questa, interamente fatta di titanite, minerale facilmente reperibile a Lordran in differenti forme, alcune più rare di altre ma tutte legate da una sola e antica leggenda.

Si narrava, infatti, che le titaniti fossero, in realtà, i frammenti di un antico fabbro senza nome, che in tempi ormai lontani aveva forgiato le armi degli dei.

Secondo questa stessa leggenda, anche la creatura che si trovava ora davanti ad Eiryn proveniva dal fabbro senza nome, considerato anch'esso una divinità, venerata dai fabbri, i quali cercavano addirittura di imitarne gli usi conosciuti, nella speranza di poter guadagnare quelle stesse capacità.

Il combattimento diveniva sempre più sanguinoso e cruento, i rapidi movimenti del demone costringevano il piromante a rimanere in assetto da difesa finché, come dal nulla, si aprì un leggero buco, nella difesa della bestia, un leggero movimento di troppo, bastato a far saltare tutta la sua furia in quei colpi.

Eiryn, vedendo quel singolo secondo come un miracolo del cielo, un atto di benevolenza nei suoi confronti, colpì, facendo perdere leggermente l'equilibrio della creatura che per difendersi si allontanò ma questo non fece altro che avvicinare la sua sconfitta, la sua morte.

Il terzo colpo fu decisivo, il demone cadde, dissolvendosi nel nulla e lasciando, al suo posto, un frammento di titanite, differente da quelli che finora aveva trovato, un frammento proveniente in modo del tutto diretto da quello che si poteva definire un membro della prole dell'antico fabbro senza nome.

Queste conoscenze, come tutte quelle scoperte finora, entrarono a far parte della mente di Eiryn non appena acquisì la sua anima.

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