La ragazza Drago 6: L'Erede della Viverna

di FreDrachen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 Passato 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 Passato 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5:passato 3 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** capitolo 7:passato 4 ***
Capitolo 8: *** capitolo8 ***
Capitolo 9: *** capitolo 9 passato 5 ***
Capitolo 10: *** capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** capitolo 11 passato 6 ***
Capitolo 12: *** capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 Passato 1 ***


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CAPITOLO 1

PASSATO 1

diciassette anni prima…
«Come mai con la testa fra le nuvole Ratatoskr?»
Nida lo stava fissando intensamente, e Ratatoskr distolse lo sguardo.
«Nulla. Preoccupato per la missione, tutto qui».
Nida sorrise beffarda.«Hai paura di non saper uccidere quel Dormiente,Andrea?»
Ratatoskr la fissò stizzito.«Si è dimostrato particolarmente viscido e imprendibile. Non sei d'accordo?»
Nida si portò d'istinto la mano alla ferita sulla spalla,inferta da Andrea con un coltello.
«E come pensi di ucciderlo?»
 «Farò ciò che mi riesce meglio».
Nida alzò gli occhi al cielo.«E sarebbe?»
Ratatoskr sorrise.«Improvviserò»
 
E così era partito dal loro covo nella periferia di Roma, per raggiungere Matera. Stando alle informazioni di Nida era lì che si era rifugiato Andrea.
Se non avesse portato a termine la missione con successo il loro Signore l'avrebbe punito severamente.
Stanco dal troppo volare decise di fare una sosta a Benevento. Optò per una locanda mediocre che incrociò sulla strada.
E chi diceva che le propagazioni di Nidhoggr dovevano stare nei luoghi più bui e fuori mano?
Cercò di spingere la porta ma con profonda sfortuna la trovò chiusa a chiave.
Solo allora notò un cartello su cui scritto:
"Chiuso per lutto"
"Accidenti"imprecò. Adesso doveva trovarne un'altra.
Un urlo riecheggiò nella notte.
Urlo uguale paura. Paura uguale più potere per lui.
Si mosse in direzione del rumore.
La voce lo condusse  un vicolo cieco. Addossata alla parete c'era una donna sui venticinque anni-che ne dimostrava molti meno-dai capelli rossi e gli occhi grigi. Davanti a lei c'era un uomo di mezza età che brandiva un coltello.
«Dammi la grana».
La ragazza mormorò qualcosa d'incomprensibile tra le lacrime. L'uomo spazientito le assestò un calcio potentissimo al fianco facendo sfuggire dalle labbra della ragazza un mugolio di dolore.
«Non ti credo ragazzina. Tuo padre dirige la banca cittadina. Non è possibile che tu non abbia dietro i soldi. Ti avverto». Le poggiò la lama gelida sul collo.«Se non tiri subito fuori i soldi ti taglio la gola. Intesi?»
La ragazza cominciò a piangere disperata.
Fu in quel momento che Ratatoskr si riscosse. Non se la sentiva di lasciare quella ragazza in balia di quel pazzo.
Fece un passo avanti.«Lasciala andare»gli ordinò.
L'uomo lo squadrò da capo a piedi.
Non gli doveva di certo far paura un ragazzo vestito in maniera impeccabile con la giacca e i pantaloni in velluto beige con una pashmina azzurra.
Infatti l'uomo scoppiò in una grassa risata.
«E come pensi di fermarmi donnicciola. Minacciandomi di baciarmi?»lo beffeggiò.
Ratatoskr chiuse gli occhi. Quando li riaprì avevano perso ciò che avevano di umano. Infatti brillavano saettanti di un giallo innaturale con al centro una pupilla allungata. Occhi da serpente.
Dalla su mano scaturì una fiammata nerastra che colpì in pieno il petto dell'uomo che si accasciò a terra morto.
Anche lui barcollò in avanti debolissimo. Il suo Signore non era ancora tornato alla massima potenza che aveva un tempo,e questo faceva si che anche lui avesse poteri limitati.
L'ultima cosa che sentì furono i passi leggeri forse della ragazza avvicinarsi al suo orecchio. E il mondo si tinse di nero.

 







Angolo autrice:ebbene si, mi sono decisa a pubblicare il primo capitolo di questa storia.
Non l'aggiornerò con una cadenza precisa, dato che ho altre storie da seguire. Però spero vi piaccia come "primo flashback"
Alla prossima XD

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


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CAPITOLO 2

Buio.
Buio assoluto.
Sofia si ritrovò a galleggiare nel nulla. Forse non propriamente galleggiare nel verso senso della parola. Almeno qualcosa con cui fare presa con i suoi scarponcini lo aveva.
Avvolta. Si era la parola giusta.
Poi un boato che fece tremare tutto. E un ruggito così famigliare.
Come nel sogno che aveva fatto qualche anno prima a Benevento, il pavimento si trasformò in squame di rettile.
Due occhi come la brace si aprirono di scatto accompagnati da un muso affilato munito di una chiostra di denti bianchi e affilati.
«Nidhoggr…»mormorò in preda a un terrore senza eguali.
La viverna inspirò l'aria chiudendo gli occhi.
«Non ti potrai liberare di me tanto facilmente Sofia»disse con la sua voce cupa e tonante.
«Ti abbiamo sconfitto ben due anni fa Nidhoggr. I Guardiani non ti permetteranno di scappare da Draconia»si ritrovò a urlare con un coraggio che non sapeva di possedere.
Nidhoggremise un verso guttuale.«è una sfida umana. E io sono pronto ad accettarla».
Il suo corpo si avvolse intorno a Sofia che iniziò a urlare disperata fino a quando i contorni sfumarono, e…
 
«Sofia Schlafen!»
La voce della sua prof d'inglese la riportò alla realtà.
Scattò in piedi come una molla.
«Di cosa stavo parlando Signorina Schlafen?»
Sofia gettò uno sguardo supplichevole alla lavagna, che sfortunatamente aveva ancora scritto sopra chimica dell''ora precedente.
«Allora?»
La Barbera, una donna bassa sulla cinquantinacon i capelli neri corti e vestita di marca ed espressione seria era in attesa di una risposta.
«Chemistry».
Chimica.
Era la voce di  Ilenia, la sua vicina di banco.
«Chemistry»disse tutto d'un fiato.
«Bene. Ma la prossima volta stia ben attenta». E ricominciò a spiegare, stavolta cancellando la lavagna e scrivendo le pronunce delle parole
Sofia tirò un sospiro di sollievo.
«Grazie Ile. Ti devo un favore».
Ilenia le diede un buffetto amichevole sulla guancia.
«E a che servono secondo te le compagne di banco, se non per aiutarti in caso di bisogno?»
A metà lezione Sofia la sentì mugugnare:«Odio l'inglese. Non è che potresti chiedere al tuo fidanzato di darmi ripetizioni?»
Sofia trattenne una risata.
Si era scoperto che Fabio fosse un genio d'inglese facendo concorrenza perfino Chloe e Ewan che però rimanevano imbattuti sulla pronuncia.
«Non è perché sbavi dietro il mio ragazzo?». Trascinò quest'ultima parola in modo teatrale.
Ilenia alzò gli occhi al soffitto giocherellando con un riccio nero ribelle.
«Frana d'inglese ok, ma ruba-il-fidanzato-della-migliore-amica è un'altra cosa».
Era bello saper contare su qualcuno. Già aveva sempre gli altri, ma non erano più legati come un tempo ora che frequentavano scuole diverse.
Lydia, grazie alle sue abilità nella pittura era la prima della classe a Liceo Artistico. Ewan e Chloe si erano iscritti al Linguistico aiutati dalla loro lingua madre, l'inglese, e la voglia di apprendere il tedesco.
Karl invece era stato accettato a Liceo Meccanico con il sogno di diventare un inventore.
Lei e Fabio, seppur in classi diverse, dato che il ragazzo aveva un anno in più, al Liceo Scientifico Biologico.
Incontrare Ilenia era stata la sua ancora di salvezza in mezzo a gente sconosciuta diversa dai suoi amici.
Si erano conosciute il primo giorno di scuola del secondo anno. Timida timida le aveva chiesto se il posto al suo fianco fosse libero.
Ilenia le aveva risposto in maniera gioviale. L'aveva sommersa di domande a cui Sofia rispondeva a monosillabi. Sembrava posseduta dalla curiosità di una bambina.
Da quel giorno la loro amicizia si era consolidata, e non era sminuita per alcun motivo.
«Allora?»
Ecco. Per fortuna non si era ripersa nel sogno.
«Allora cosa?»
«Chiederai al tuo fidanzato se può farmi ripetizioni?»
Sofia le strizzò l'occhio.«D'accordo».
 
La mattina volò come tutti i giorni.
Sofia aspettava impaziente davanti all'entrata l'arrivo di Fabio.
Lo scorse da lontano in compagnia di un gruppo di ragazzi con cui aveva legato. Lo vide salutare con un cenno della mano, e avvicinarsi.
«Allora, com'è andata la giornata alla mia Zucca preferita?»
Gli aveva raccontato di Marco dell'orfanotrofio e del nomignolo che le aveva affibiato.
Mise su un finto broncio.
«Oggi sei in vena di scherzi,Fabio Szilard?»
Fabio inarcò il sopraciglio. Non usava più il suo vecchio cognome da quando era stato adottato da Georg.
E caso strano era lo stesso cognome di Ilenia. Quando Sofia gliel'aveva fatto notare,Ilenia aveva scrollato le spallle.
«In Ungheria è un cognome abbastanza diffuso. E in più non è un mio parente. Non ho né fratelli,né cugini di quell'età. Mi basta e avanza Christofer».
Non ne voleva parlare molto della sua famiglia e del suo passato. Il padre si era suicidato solo due anni prima,ma la ferita continuava a bruciare. Per questo si erano trasferiti lì a Roma.
Sofia cercava di non tirare mai fuori quell'argomento.
Fabio sorrise davanti all'evidente provocazione.
«Allora,com'è andata?»
Com'era andata,chiedeva lui.
Si era di nuovo persa in quel sogno. La notte le faceva perdere il sonno,di giorno la colpiva nei momenti più disparati. Era pure toccato all'ora d'inglese.
«Bene»mentì.
Se Fabio aveva sentito puzza d'inganno l'aveva nascosto bene.
Tirò fuori i caschi dal sedile della a sua vespa blu e bianca.
Porse quello verde e acqua con le rose a Sofia, mentre lui ne indossò uno con la fiamma sul dorso. Un ricordo, aveva detto, per non dimenticare Eltanin.
«Pronta?»domandò mettendo in moto.
Sofia annuì. Si divertiva un mondo ad andare in moto con Fabio, soprattutto quando si metteva su una ruota.
Mentre si stavano fermando per far attraversare una donna ferma sulle strisce, una moto sfrecciò accanto a loro a velocità inaudita.
«Ehi idiota!»gli urlò contro Fabio, trattenendosi dal rifilare al motociclista una serie infinita d'improperi.
Sofia lo vide voltarsi nella loro direzione, ma il viso era nascosto dalla visiera del casco integrale rosso con la fiamma nera sul profilo, simile a quella della fiancata della moto.
Forse fu solo suggestione nello scorgere un brillio dorato.
 
Arrivarono a casa dopo due ore di viaggio senza soste, come al solito.
La villa gli si parò davanti in tutta la sua maestosità, ma nulla a che vedere com'era prima all'epoca della battaglia contro Nidhoggr.
Anche se continuava a mantenere un innato mistero tra le sue mura.
Quando aprirono la porta, furono investiti dalla musica di Ewan che suonava la sua chitarra a tutto spiano.
«Ewan chiudi la porta! Sto cercando di finire la traduzione di russo per domani!»urlò la voce di Chloe, forse dalla cucina.
Karl passò loro accanto con i tappi per le orecchi ben in vista. Li salutò con un cenno della mano, rischiando di far cadere il portatile rovinosamente  a terra.
«Come va il tuo progetto Karl?»urlò Sofia.
«Eh?»domandò Karl.
«Ho detto, come va il progetto?»La sua voce fu coperta dalle note di Unnatural Selection dei Muse.
Karl diede segno di non aver capito.
«Fa niente»rispose con un gesto di noncuranza.
Karl annuì e sparì in camera sua, del tutto simile al laboratorio del Dottor Franchestein.
Fu per miracolo divino che sentirono il campanello della porta. Tutte le volte che si trovava di fronte Mattia,rischiava di farsi scappare qualcosa sulla sia avventura.
Eh si, Mattia, compagno di classe di Karl, tre anni prima era stato Assoggettato da Nida agli inizi della loro battaglia contro Nidhoggr.
Era cambiato non era più il ragazzino grassottello e impacciato che aveva salvato. Aveva perso un po' di peso  si era alzato parecchio. Assomigliava vagamente a un personaggio del telefilm di Big Bang Theory.
Sorrise divertito.«Il musicista è all'opera  quanto sento».
Sofia annuì sbrigativa.
«Karl è in casa?»domandò. Era solo pura formalità. Lo sapeva benissimo che Karl passava molto del suo tempo dietro i suoi prototipi.
E Mattia era diventato ua sorta di assistente.
Fabio annuì.«A cosa state lavorando?»
Mattia sorrise sornione.«È un segreto Fabio. Top Secret»disse raggiungendo la camera di Karl e chiudendosi la porta alle spalle.
La musica cessò di colpo. Fabio e Sofia salirono al piano di sopra e trovarono Ewan uscire dalla stanza di Lydia con la chitarra nera e bianca riposta nella sua custodia.
«A cosa dobbiamo questo miracolo Ew?»lo prese in giro Fabio.
Ewan sorrise.«Devo aiutate Lydia con i compiti»
Lydia apparve in quel momento con indosso il grembiule che usava per disegnare con le tempere a olio.
«Sei pronto Ew per il ritratto?»domandò Lydia.«Forza,è tardi. Vieni nel salone».
Sofia soffocò una risata.
Ewan scrollò le spalle.«Che volete farci?Sono un Adone».
Fabio ridacchiò alla battuta,e accompagnò Sofia in camera sua.
Chiuse la porta alle sue spalle.
«Sofia»sussurrò avvicinandosi alla ragazza e cingendole le spalle da dietro.
«Cosa c'è?»
Non gli era sfuggito il suo comportamento.
«Ho paura Fabio»disse cercando rifugio nel suo abbraccio forte ma al tempo stesso dolce.
«Ci sono io. Sono un'ottima guardia del corpo»disse facendole l'occhiolino.
Sofua ridacchiò alla battuta. Fabio aveva la capacità assoluta di strapparle il sorriso,in ogni momento.
Ma non durò abbastanza. Pochi secondi dopo si riabbuiò.
«Sof...»
«Nidhoggr è scomparso per sempre?»
Fabio rimase sorpreso da questa domanda.
«Perchè me lo chiedi? Eri presente quando è scomparso con Thuban».
Sofia sospirò.«Appunto…solo scomparso. Chi ci dice che sia veramente morto?»
Fabio si grattò la testa veramente confuso.«Sofia non so dove vuoi andare a parare con questo discorso».
Sofia gli regalò un sorriso forzato.«Da nessuna parte. Volevo solo delle conferme,tutto qui. Adesso devo fare chimica»dichiarò tirando fuori dal suo zaino della Eastpak verde il libro e il quaderno che le servivano.
Fabio annuì,lasciandola sola.
Quando la porta si chiuse Sofia si avvicinò alla finestra osservando il profilo delicato del Lago di Albano. Fu allora che una lacrima scese solitaria giù per la gote.
 
La sera non scese dai suoi amici. Era di solitudine che aveva bisogno. Per cui si preparò una rosetta con il salame e recuperò un sacchetto di mashmallow dalla dispensa e decise di accamparsi sulle sponde del lago.
Per fortuna era ancora settembre e le notti erano ancora miti.
Si sedette sulla ghiaia assaporando il frinire delle cicale e l'ottimo panino.
Poi un fruscio. Alla sua sinistra.
Saltò in piedi come una molla.
"Assoggettato"pensò d'istinto.
Un gufo fece capolino dal fogliame.
Si rilassò appena.
"Non fare la stupida Sofia. Nidhoggr non c'è più. Men che meno gli Assoggettati"si rimproverò.
Ma la strana senzazione rimase lì a covarle nel cuore.











Angolo dell'autrice:scusate l'imperdonabile ritardo^^"
Spero di farmi perdonare con questo capitolo.
Ringrazio magicadark007,nihaltali99 e shadowhunterchiara per averla inserita tra le preferite, Alessandra_forever, Cristina Cuman, la luna nera, marty_598 e Raya_Cap_Fee nelle seguite. E anche Love_Dubhe per aver recensito XD
Spero di non avervi deluso con questo capitolo XD
Alla prossima:)

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Capitolo 3
*** capitolo 3 Passato 2 ***


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CAPITOLO 3
PASSATO 2

Ratatoskr aprì gli occhi. Incontrò il bianco di un soffitto.
Girò la testa di lato che gli mandò una fitta lancinante.
Dove si trovava?
Ricordava il vicolo, la ragazza, il malvivente colpito da una fiammata nera che aveva evocato. Poi il buio.
E adesso?
Provò ad alzarsi ma venne assalito dalle vertigini che lo fecero barcollare.
«Sta giù»gli ordinò una voce.
Ratatoskr si voltò nella direzione della voce.
Era la ragazza, e lo fissava serio.
Ora che la vedeva bene non poteva negare che fosse carina. I capelli rossi scendevano selvaggi a ciocche alcune anche davanti agli occhi, dandole un tocco mistico. Gli occhi grigi lo scrutavano con sospetto. Era piuttosto minuta, constatò Ratatoskr. Per forza quel verme era riuscito a sopraffarla subito.
«Dove sono?»mormorò a fatica. Le fiamme nere gli avevano esaurito un bel po' di energia.
«A casa mia»fu la risposta.
Aveva una bella voce, musicale e per nulla irritante.
Ratatoskr sentì il suo cuore sciogliersi appena.
La ragazza dovette intuire qualcosa, perché aggiunse subito:«al sicuro».
Ratatoskr trovò la forza di sorridere. Niente, se non l'ira del Suo Signore, era un pericolo per lui.
La ragazza però rimase sulla difensiva.
«Chi sei?»gli domandò.
Ratatoskr strinse i denti. Sapeva che quella domanda sarebbe arrivata.
Ma gli aveva salvato la vita, diamine.
«Ratatoskr»rispose. Almeno questo glielo doveva dire.
La ragazza non rimase impressionata dalla stranezza del suo nome.
Lo studiò con un certo distacco e occhio critico.
«Sei un alieno?»
Ratatoskr strabuzzò gli occhi. Un alieno?
«Cosa ti fa credere che io sia un alieno?»domandò cautamente.
La ragazza sorrise divertita.«Solo un alieno poteva stendere quell'uomo con delle fiamme nere».
Ridacchiò.«Fiamme nere. Aspetta…è ridicolo». Si voltò verso di lui.«O mi sono immaginata tutto? La paura deve avermi giocato un brutto tiro»concluse alla fine, per nulla convinta.
Ratatoskr fu quasi tentato di approvare questa sua tesi. Si, la paura a volte confonde mente e realtà e spesso ci prende tra le sue spire.
Ma scacciò quel pensiero. Sapeva che stava correndo un grosso e inutile rischio. Ma qualcosa in quella ragazza lo attirava.
Per questo scosse la testa.«Non hai immaginato tutto»disse.
La ragazza sgranò i suoi occhioni grigi.
"Ratatoskr, che stai combinando?"pensò.
«Come?»domandò con un filo di voce la ragazza indietreggiando verso il muro alle sue spalle.
Ratatoskr mise le mani davanti a sé.«Non voglio farti del male. Non ti ho salvato la vita per ucciderti».
Fosse stato un Dormiente si sarebbe comportato diversamente.
«Non sono un alieno»continuò.«Sono una propagazione di Nidhoggr».
La ragazza sbatté gli occhi, confusa.«Che?»
Ratatoskr sospirò.«Conosci la leggenda dell'Albero del Mondo di Draconia?»
«L'albero cosmico?»
Ratatoskr sospirò sollevato. Almeno non le era del tutta sconosciuta la realtà.
«E anche di Thuban, e  dei guardiani?»
La ragazza ci pensò su.«Dici la lotta millenaria tra draghi e viverne per il controllo degli equilibri del mondo?»
«Si, esatto»s'illuminò Ratatoskr.
La ragazza scoppiò improvvisamente a ridere.
«Stai scherzando? è solo una vecchia leggenda. Misteriosa e avvincente ma nient'altro che un mito».
«Non è affatto così».
Si alzò barcollando.
«Il mio aspetto non è questo. Sono una viverna viola cupo. Perché credi che abbia evocato delle fiamme nere? Nessun essere umano ne sarebbe capace».
«Tu sei pazzo». La ragazza si avvicinò al telefono.«Adesso chiamo la polizia».
Ratatoskr fu svelto a bloccarla per un braccio e a inchiodarla al muro.
«Lasciami andare!»gli urlò.
«Calmati»le sussurrò.
La ragazza parve dargli ascolto. Poco.
«Lasciami il braccio».
«Se tu mi prometti che non chiamerai nessuno».
La ragazza lo fissò con occhi di fiamma, ma si arrese dal tentativo di liberarsi. Ratatoskr la lasciò cautamente.
Come pensò, vide correre la sua mano alla cornetta.
Non la fermò. Rimase a fissarla, mentre lei reggeva a mezz'aria la cornetta, ora indecisa.
Poi con un gesto secco la rimise a posto.
«Bene»disse.«Sono disposta a starti a sentire».
E Ratatoskr le raccontò tutto, dal principio. Del Suo Signore e del suo rapporto fraterno con Thuban, rotto nel peggiore dei modi.
Della sua collera condivisa dai custodi delle Tenebre, le viverne.
La ragazza lo interruppe.«Come fai a sapere tutte queste cose? Nella leggenda non sono descritte».
Ratatoskr sorrise.«La leggenda che tu conosci è descrive il punto di vista degli abitanti di Draconia. Quella che ti sto raccontando io è quella dell''altra schiera».
Continuò con il tradimento di Eltanin.
«Aspetta. Un drago ha tradito i suoi simili?»
Ratatoskr annuì.«Già. Per poi tornare sui propri passi alla fine della battaglia, quando ormai l'Albero del Mondo era già stato attaccato dal Mio Signore».
«Perché continui a chiamare…non ho ancora capito chi, Mio Signore? Manco fosse il tuo padrone».
«Se così si può definire».
«Non puoi essere uno schiavo…non capisco…»balbettò confusa la ragazza.
Ratatoskr sorrise di fronte al suo spaesamento.
«Sono parte della sue essenza. Nidhoggr, così si chiama, è stato imprigionato nelle viscere della Terra da suo fratello Thuban ponendo fine alla lotta tra draghi e viverne. Per anni il sigillo ha mantenuto. Ma qualche anno fa si sono aperti dei spiragli verso il mondo esterno. E così che siamo nati io e Nidafjoll».
«Nida…cioè quel nome strano. Chi è?»
«Potrei definirla mia sorella».
La ragazza annuì.«Capisco». Rimase in silenzio.«Siete nati per cosa?»
La ragazza era sveglia, constatò Ratatoskr.«Per uccidere i Dormienti prima che lo spirito dei draghi si risvegli».
«Alt. Frena un attimo. E adesso che c'entrano gli spiriti dei Draghi?»
«Legati all'Albero del Mondo c'erano cinque draghi da guardia ognuno per i poteri racchiusi nei frutti. Thuban il capo rappresentava la vita, Kuma le forze atmosferiche, Aldibah il ghiaccio, Rastaban telecinesi e Eltanin…»
«Eltanin? Ma non era il traditore?»
Ratatoskr annuì.«Anche nello schieramento delle viverne ha continuato a dominare il fuoco».
La ragazza annuì.«Capisco. E quella faccenda dei Dormienti…»
«Quando i Draghi morirono, non fu così per la loro essenza. Alcuni umani si offrirono volontari ad accoglierle fino al loro risveglio, cioè quando il Mio Signore ha cominciato a forzare il sigillo».
Si allontanò di poco.«E adesso il mio compito è quello di ucciderli prima che risveglino i loro poteri del tutto».
«Per questo sei qui a Benevento?»
Ratatoskr scosse la testa.«Benevento è solo una breve tappa. La mia destinazione è Matera».
La ragazza si morse il labbro. In cuor suo non se la sentiva di lasciarlo andare così, non dopo averla salvato la vita e di averle raccontato la verità.
«Perché non rimani ancora un po' qui, per riprenderti?»domandò di getto.
Lesse una leggera nota di stupore nel suo viso.
«Qui a casa tua?»Scosse la testa.«Sei stata gentile a prenderti cura di me, però adesso…»
Non finì la frase. La ragazza lo aveva preso per mano. Non aveva mai ricevuto un atto d'affetto. Non dal suo Signore preso dal suo odio nei confronti di Draconia e del mondo. Ma neanche da Nidafjoll, pur avendolo affiancato in più missioni.
Per questo annuì.
Una piccola permanenza non sarebbe stato un gran danno.
Solo allora si rese conto di una cosa.
«non conosco però ancora il tuo nome».
 «Mi chiamo Lia»disse con fierezza.«Lia Altieri».








Angolo autrice:eccomi con il cap 3.
Forse Ratatoskr è un po' OOC...però lo adoro così tanto che la mia mente l'ha disegnato così puccioso...vi chiedo già perdono per questo.
Grazie a tutti che hanno letto, recensito e chi ha profonda fiducia nella mia storia. Spero di non deludervi ^_^
Nel prossimo arriverà il vero nuovo personaggio della storia XD
Alla prossima :)

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


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CAPITOLO 4

Le tapparelle vennero tirate su da una mano veloce e ferma. La luce inondò la camera di un ragazzo, lo stesso ragazzo che dormiva profondamente sul letto.
La donna addolcì lo sguardo nel contemplare il viso del figlio, così simile a suo padre.
Si sedette sulla sponda del letto, accarezzando i suoi ricci ribelli.
«Alex svegliati. è ora di andare a scuola».
Il ragazzo emise un sospiro.«è presto ma. Ancora cinque minuti». E si girò dall'altra parte.
La madre ridacchiò.«Non vorrai essere in ritardo già il primo giorno Alexander».
Alex si voltò, socchiudendo un solo occhio. Un guizzo dorato saettò in quegli occhi così particolari. Si passò la mano sul viso, ancora assonnato.
«Va bene ma. Dammi due minuti»disse scalciando via le coperte.
La madre annuì soddisfatta e andò in cucina a preparare la colazione, mentre Alex si trascinò pigramente in bagno. Si gettò l'acqua gelida direttamente sul viso. A quel contatto sussultò, ma riuscì a svegliarsi.
Si contemplò allo specchio. Capelli ricci incorniciavano un viso pallido su sui spiccavano anche a distanza di un kilometro i suoi occhi insoliti. Dorati dalla pupilla allungata. Occhi da serpente.
Raggiunse la madre in cucina.
Annusò l'aria.
«Mmm»mormorò.«Che hai preparato ma? Ho una fame»disse, con totale assenza di sonno.
«Cornetti al cioccolato». Ne mise uno fumante sul piatto di porcellana di fronte a Alex.«I tuoi preferiti».
«Ma, ti adoro»disse ficcandoselo in bocca e finendolo in pochi morsi.
Lia sorrise di fronte alla voracità del figlio.
«E ora fila a scuola. Solo perché ieri hai dato un'occhiata di dove si trovi, non vuol dire che non ti potresti perdere per le vie di Roma».
Questo lo riportò nella realtà.
Già. Roma.
Non che non amasse quella città, anzi era uno sballo. Si era appena trasferito nella città più bella d'Italia, se non del mondo. Ma il suo cuore era rimasto a Benevento. In quella casa che non avevano però venduto e che avrebbe rivisto solo nel periodo di vacanze estive.
Aveva dovuto dire addio al suo Ortus Conclusus, l'unico posto tranquillo dove passava gran parte della sua giornata perso nei suoi libri fantasy preferiti.
Lasciando Benevento si era scavata una voragine nel suo cuore. Aveva trascorso tutta la sua esistenza in quella città.
«Alex. è tardi!»lo chiamò la voce di Lia.
Alex si affrettò a infilarsi un paio di jeans stinti e la magia della sua squadra calcistica preferita.
Prese di volata le chiavi della sua moto dal comodino.«Arrivo ma».
L'occhio cadde su una scatoletta posata lì accanto. Non era particolarmente elaborata. Ma era l'unica cosa che gli ricordasse suo padre, un uomo che sua madre aveva profondamente amato ma che lui non aveva mai conosciuto.
L'aprì sparpagliando il suo contenuto sul letto. Una foto di lui e sua madre abbracciati. L'anello di fidanzamento che lui aveva donato a lei d'oro con fregi in runico, identico a quello che in quel momento indossava lui, quello appartenuto al padre. E poi le piccole sculture in metallo raffiguranti insetti simili a scarafaggi. Il suo diario, e pagine di appunti sparsi. E infine la Lettera.
«Alex…».
Si voltò con gli occhi lucidi.
La madre era lì appoggiata allo stipite della porta e aveva dipinta sul viso un'espressione angosciata.
Non disse niente. Aprì le braccia e Alex vi si nascose subito.
Non dissero una parola. Non servivano in quel momento. Contava solo essere insieme e condividere il dolore.

«Cosa?»
Sofia non riusciva quasi a crederci.
«Invece è così». La voce di Ilenia risuonava flebile dall'altra parte del telefono.«Per colpa di quello sciagurato di mio cugino Christopher sono a letto con un febbrone».
Christopher era il suo adorato cugino di dieci anni venuto appositamente da Budapest.
Sofia ridacchiò.«Che cos'ha combinato».
«Quella peste mi ha spruzzato con la fontana del giardino fuori il ristorante dove sono andata con i miei e gli zii».
Sospirò.«Posso ucciderlo dopo che sono guarita?»
«Non credi sia esagerato?»
«Assolutamente no». La voce s'interruppe dopo un attacco di tosse.«ohi, ohi. Mi sento flaccida come un mollusco».
«Allora non sei messa così male».
Silenzio.
«perché?»domandò poco dopo la voce confusa d'Ilenia.
«Fai del sarcasmo. Significa che non sei in preda al delirio totale».
«Ah, ah. Davvero carino Sofia. Me la lego al dito».
Sofia sorrise alla battuta dell''amica.«Ora devo andare Ile. Ci sentiamo oggi pomeriggio».
«Ok. A dopo».
E mise giù.
Sofia interruppe la chiamata. Avrebbe passato una mattinata senza la compagnia d'Ilenia.
Gettò un'occhiata all'orologio.
Era in ritardissimo.
Decise di tagliare per i parcheggi per le moto.
La colse con la coda dell'occhio, prima che questa la mancasse di pochi centimetri. Era la stessa moto che aveva sorpassato lei e Fabio il giorno prima.
Rimase imbambolata di fronte a quella moto fiammeggiante.
«Allora. Ti vuoi muovere o no?»la spronò la voce proveniente da sotto il casco integrale.
Era una voce maschile scocciata.
Sofia senza dire una parola si allontanò.
raggiunse la classe poco prima che la prof entrasse.
Con sollievo si sedette al suo posto in terza fila, tirando fuori il quaderno.
Sentì la porta della classe aprirsi e la voce calda della prof.
«Ah. Lei è lo studente nuovo. Benvenuto».
Studente nuovo?
Sofia alzò lo sguardo.
Il suo cuore perse un battito. Quel ragazzo non era umano. Le sue forme perfette sembravano uscite da un blocco di marmo di uno scultore di grande talento. Aveva un qualcosa che la catturava nel profondo.
«Si può sedere a posto di Szilard. Oggi sarà assente. La madre mi ha chiamato pochi minuti fa».
Solo pochi secondi dopo Sofia realizzò la realtà. Si sarebbe seduto di fianco a lei?
Arrossì senza motivo.
«Alexander Altieri».
Sofia si riscosse. Il ragazzo tendeva la mano con fare cordiale. Il suo viso era perfetto come aveva notato da lontano. Solo una cosa stonava con il suo profilo quasi angelico. I suoi occhi dorati dalla pupilla allungata. La mente le corse a Ratatoskr, il nemico che Fabio aveva ucciso una vita prima.
«Sofia Schlafen»biascicò con un filo di voce.
Alex la fissò di sottecchi.«Sei la ragazza che ho quasi investito stamattina con la moto. Ti chiedo perdono».
Ah, così era lui.
«Non ti preoccupare. Mi è passata»mormorò a raffica Sofia.
«Mi farò perdonare un giorno»disse con una strizzata d'occhio.
Sofia arrossì ma non proferì parola.
A metà lezione, Sofia si ritrovò a non capire un accidente di ciò che la prof stava spiegando.
«Non è difficile»disse all'improvviso la voce di Alex al suo fianco, come leggesse nel pensiero.
E le spiegò in poche parole il succo della questione.
«Grazie»
«E a che servono gli amici se non in caso di difficoltà».
«Siamo già amici?»
Alex fece spallucce.«Se è quello che vuoi».
L'istinto la bloccava, ma qualcosa nei suoi gesti la convinse a fidarsi.
«Si».






Angolo autrice:eccomi qui...con imperdonabile ritardo^^"
Mi sa che Alex non avrebbe tutti i torti se mi volesse denunciare per abbandono di personaggio XD
Ringrazio tutti voi che armati di tanta pazienza seguite questa storia :D
Alla prossima(spero presto) ;)

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Capitolo 5
*** capitolo 5:passato 3 ***


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CAPITOLO5

PASSATO 3

Un anno dopo…
Il cellulare squillò energicamente.
Ratatoskr aprì uno dopo l'altro gli occhi.
Lia al suo fianco si stiracchiò.«Che ora è?»domandò con la voce impastata dal sonno.
Il ragazzo gettò un'occhiata alla sveglia. Represse un'imprecazione.
Accidenti. Chi mai li svegliava a quell'ora della notte?
Recuperò a fatica il cellulare dal comodino, che continuava a suonare
«Pronto?»domandò seccato.
«Era ora che mi rispondessi. Stavo considerando l'ipotesi di venirti a cercare».
Al sentire quella voce quasi gli cadde il cellulare di mano.
Si alzò di scatto dal letto, lasciando una Lia sorpresa, e si chiuse in bagno.
«Nida?»domandò, sentendosi stupido subito dopo.
«Ma dai?»domandò la compagna con ironia.«Dove sei? Hai portato a termine la missione?»aggiunse seriamente.
Missione? Quale missione?
Poi ricordò. Ah, quella missione.
In quegli ultimi mesi era passata letteralmente in secondo piano.
Dopo circa tre mesi di permanenza da Lia gli sembrava ormai il momento di lasciare Benevento e raggiungere Andrea a Matera e terminare la sua missione.
Ma qualcosa lo bloccava, legandolo in modo indissolubile giorno dopo giorno a quella ragazza tormentata.
La ragazza cercava in tutti i modi per rendere il suo soggiorno in città piacevole.
Lo a vedere il torrente che passava appena fuori città, il Sabato.
Per colpa della scarsità d'acqua per i tre quarti dell''anno, era infestato dalle piante. Era un luogo che gli ricordava la desolazione e lo riportavano alla sua vera natura.
Lia gli si era stretta contro.
«è un posto desolante, non trovi?»gli domandò con voce spezzata.
Ratatoskr l'aveva fissata stralunato. Davvero non trovava pace davanti a quel luogo solitario?
Aveva contraccambiato la stretta.
«Se non ti piace possiamo andarcene».
Lia aveva sorriso furbescamente, e aveva tirato fuori la sua macchina fotografica.
«Che vuoi fare?»domandò stupito.
«Immortalare questo momento con te»disse schiettamente.
La portò davanti ai loro visi.
«Di desolazione»disse con un sorriso.
«Perché desolazione?»
«Vuoi forse dire cheese?»
Ratatoskr scosse la testa. Assolutamente no.
«Al mio tre. Uno…due…tre…desolazione».
Il flash l'abbagliò un istante appena.
Quando la vista tornò a funzionare bene trovò Lia intenta a giudicare la foto dalla sua macchinetta digitale.
A fianco di Lia si sentiva come mai si era sentito fino ad allora.
Cosa gli stava succedendo?
Lui era una propagazione di Nidhoggr, un essere privo di sentimenti, una macchina nelle mani del Suo Signore.
Ma Lia non la pensava così. Lia lo vedeva come un comune ragazzo. Insolito, ma comunque un ragazzo impacciato nel dimostrare i suoi sentimenti.
Lia era riuscita ad abbatter il muro che lo divideva dalla normalità. Ben presto trovò normale provare compassione per gli altri.
Quando scoprì la situazione famigliare di Lia, aveva avvertito dentro di sé un moto di pietà.
I suoi genitori si stavano separando, e questo la faceva soffrire non poco. Era profondamente legata alla sua famiglia, e vederla così disperata gli faceva venire una voglia irrefrenabile di legare i suoi genitori a una sedia e rinchiuderli nella stessa stanza insieme.
Quando le aveva proposto la sua idea, Lia era scosso la testa ridacchiando.
«Non funzionano così le cose Rat».
Aveva cominciato a chiamarlo con quel diminutivo, che non gli dispiaceva.
«E perché?»domandò grattandosi la testa spaesato. Il Suo Signore aveva i suoi metodi, cruenti a volte, per farsi ubbidire e ottenere ciò che voleva.
«Se i miei non si amano più, non posso costringerli a stare insieme».
«Potrebbero farlo per…te»aggiunse arrossendo.
Lia gli aveva sorriso dolcemente, e aveva poggiato le labbra sulle sue. Ratatoskr l'aveva attirata a sé, stringendola fortemente.
Una miriade di emozioni esplosero nel suo cuore in quel momento. Si sentì leggero come una piuma, forte come non lo era mai stato ma soprattutto in pace con se stesso.
Per questo quando Lia l'aveva quasi supplicato di rimanere aveva risposto prontamente:«Resto».
 
«Allora?»
La voce di Nida lo riscosse dai suoi pensieri.
«Allora cosa?»
«La missione. Hai ucciso o no quel Dormiente?»
«Non ancora»
Sentì uno sbuffo dall'altra parte della cornetta.«Ma quanto ci vuole a stanarlo?»
«Non mi sto concentrando sulla missione da quasi un anno».
Silenzio. Immaginava il viso stupito della compagna.«Spero di non aver sentito bene»disse.
«Mi sono innamorato»disse d'un fiato.
Ancora silenzio.«Spero tu stia scherzando».
Ratatoskr arricciò le labbra piccato.«Assolutamente no».
«Dannazione Ratatoskr. Cosa ti è saltato in mente?»insorse la sua compagna.
«Se il Nostro Signore lo venisse a sapere…»
«Vuoi dire se lo viene a sapere»la corresse il ragazzo.«Non glielo spiffererai, vero? O forse preferisci vedermi a terra in preda al dolore?»
Domanda retorica. Sapeva che la sua compagna gioiva quando il Suo Signore esercitava il suo immenso potere per punirlo.
«Non lo dirò»disse a sorpresa.
Ratatoskr strabuzzò gli occhi.
«Cosa?»
«Hai sentito bene»l'apostrofò secca Nida.«Ma a due condizioni».
Ecco dov'era l'inghippo.«Spara».
«Prima condizione:andrai a Matera e porterai a termine la missione».
«Questo lo posso fare. E la seconda?»
«Dopo che avrai ucciso Andrea, dirai addio alla tua umana e non la rivedrai mai più».
Il respiro gli si mozzò il fiato. Strinse il telefono così forte che temette di romperlo in due.
«Cosa? No, non posso farlo».
«Questo o la furia di Nidhoggr».
Stoppò la chiamata con un gesto secco,lanciando a terra il telefono facendo saltare anche la batteria.
"Maledizione"imprecò.
Ritornò in camera da Lia.
«Rat...tutto bene?»domandò preoccupata difronte al viso livido del compagno.
Ratatoskr scivolò legiadramente sotto le coperte e l'attirò a sè.
«Devo partire».
«Ma...»
«Ricordi quando ti dissi di quella missione che dovevo pprtare a termine? Andrò a Matera a chiudere la faccenda per sempre».
 «Ma tornerai?»
Fu quasi tentato a rivelarle tutto. Ma non lo fece. Sarebbe tornato da Matera e le avrebve spiegato tutto.
«Tornerò. Puoi starne certa».










Angolo autrice:
eccomi qui con un nuovo passato su Ratatoskr e Lia :D
Ringrazio tutti voi che seguite questa storia, e mi scuso se sta procedendo a ritmo così lento ^^"
Ma non l'abbandonerò, promesso XD
A presto!

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


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CAPITOLO 6

La mattinata passò in fretta.
Raggiunse il parcheggio delle moto in preda a una strana euforia.
«C'è un ragazzo nuovo nella nostra classe»disse Sofia infilandosi il casco.
Fabio rimase fermo per un attimo. Qualcosa nel tono con cui Sofia gliel'aveva riferito non gli piaceva.
 «E?»
Sofia rimase delusa. Si aspettava qualcosa di più da parte di Fabio.
«Mi ha aiutata oggi a lezione»
«Ci mancava»brontolò tra sè e sè il ragazzo accendendo la moto.
Sofia voleva a tutti i costi che Fabio rimanesse a sentirla con più interesse.«Ha gli occhi dorati simili a quelli di un serpente»si lasciò scappare.
Questo catturó l'attenzione di Fabio.
«Cosa?»
«Hai sentito perfettamente».
Inaspettatamente il ragazzo scoppiò a ridere.
«Sof,come ti vengono in mente queste cose? Lo sai che gli esseri umani non hanno occhi simili».
Sofia lo fissò piccata.«Vuoi una prova Fabio?»
Sofia fischiò con le dita attirando l'attenzione di un ragazzo. Gli fece cenno di avvicinarsi e questo mollò la sua Harley nera con le fiamme.
«Alex vorrei presentarti il mio ragazzo Fabio. Fabio lui è il mio nuovo compagno di banco».
Nuovo compagno? Ma non era Ilenia?
Tese la mano freddo.«Piacere».
Alex sembrò rabbuiarsi,ma fu un istante appena. Esibì un sorriso falso.
«Sofia non mi aveva accennato di avere un ragazzo».
Cosa pretendeva? Di sapere tutto della sua vita subito? pensò piccato Fabio.
 «Se la volevi solo per portarla a letto hai sicuramente sbagliato persona»gli rispose sgarbatamente.
«Fabio!»insorse Sofia stupita e scandalizzata.
Alex rimase impassibile come se la provocazione di Fabio non l'avesse manco sfiorato. Alla fine sorrise.«Non era mia intenzione. Fabio». Quest'ultima parola la caricò di oscuri presagi.
Fabio sentì un brivido freddo salire su per la spina dorsale.
 «Stalle lontana. Hai capito,se non vuoi che ti spacchi il tuo bel faccino».
«Hai superato il limite Fabio Szilard»disse Sofia infuriata.
Alex gli lanciò un'occhiata di disprezzo.«Devo andare adesso. Ci vediamo Sofia»disse girando i tacchi e montando sulla Harley.
 «Si può sapere cosa ti è preso? È solo un compagno di classe,un amico».
«Non mi fido di lui»disse Fabio. Come faceva a spiegarle ce tutto in quel ragazzo le parlava di Ratatoskr? La sua sfrontatezza,freddezza lo riportavano nel passato.
«Lui non è Ratatoskr»mormorò Sofia come gli leggesse nel pensiero.«Come hai detto tu lui non c'è più».
«Continuo a non fidarmi di lui». Le prese le mani tra le proprie.«Mi prometti che gli starai alla larga?»
Sofia lo fissò intensamente.«Non ti fidi di me? Dei miei giudizi?»domandò invece.
Fabio la fissò con sguardo triste.«Sofia...»
Sofia si tolse il casco e lo porse in malamente a Fabio.«Di al prof che prendo la corriera e farò leggermente tardi»mormorò. Si mise lo zaino in spalla e si confuse tra i ragazzi.
 
Sfrecciando nel traffico Alex ripensava al battibecco avuto con Fabio.
"Dannato stupido ragazzino"pensò con rabbia.
Forse un tempo ne avrebbe avuto un certo timore quando ancora non sapeva la verità su di sè. Ma adesso era diverso. Avrebbe potuto piegarlo con un solo dito. Finire la sua insulsa vita come aveva fatto con Lui.
Ma non erano questi gli ordini. Il suo scopo era ben altro. E per colpa di Fabio rischiava di andare tutto a rotoli.
"Quando arriverà il momento finirò la tua inutile vita".
Sorpassò il palazzo dove abitava,e continuò la sua corsa verso la periferia.
Fu questione di mezz'ora che si ritrovò in un appezzamento di terra brullo.
Esattamente il posto che faceva al caso suo.
Chiuse gli occhi e congiunse davanti a sè le mani.
«Dalla tua prigione celeste io ti reclamo. Eterno Signore dell'Oscurità rispondi alla mia supplica*»mormorò in tono atono.
Tutto intorno a lui si fece buio e tenebroso cancellando ogni traccia di luce. E lì apparve. Prima i contorni sfocati che via via andarono a riempirsi di particolari. Poi la creatura aprì gli occhi.
Occhi rossi dalla pupilla allungata. Anch'essi occhi da serpente.
Nidhoggr era tornato.
Inspirò aria dalle narici. Non era al top ma comunque più forte d quando era stato imprigionato da Thuban.
«Ebbene? Quali nuove notizie mi porti?»
Alex chinò un poco il capo.«Sono riuscito a infiltrarmi nella Sua vita. Il mio problema è quel ragazzino,Fabio».
Nidhoggr ghignò.«L'ex dormiente di Eltanin dici? Ha una mente debole. Se riusciremo a portare a termine al meglio la missione crollerà e diventerà pasto per la tua sete di vendetta».
Alex sorrise. Non vedeva l'ora.
 
Riuscì a prendere la corriera che la portava vicina a casa. Un colpo fortunato. Almeno quello.
Quando mise piede nella villa sentì i suoi amici chiacchierare in sala da pranzo. In quel momento non aveva voglia della loro compagnia.
Mise un piede sul primo gradino della scala,ma la voce di Lydia la bloccó.
 «Dov'eri finita Sof? Ti stavamo aspettando»disse indicando la tavola imbandita.
Sofia abbozzò un sorriso di scuse. «Non ho molta fame Lydia. Mangiate pure. Io penso che me ne starò un po' in camera».
Non lasciò il tempo di replicare all'amica che già era in camera sua.
Chiuse a chiave la porta bianca,nel caso qualcuno l'avesse cercata.
Si buttò  sul letto profumato da un leggero aroma di lavanda.
Perchè Fabio si era comportato in quel modo? Perchè?
Alex era stato molto carino nei suoi confronti,ma come avrebbero fatto due amici.
Perchè Fabio era geloso?
Non si fidava di lei,ecco la verità. La riteneva ancora una ragazzina immatura e indifesa.
Un tempo forse all'inizio della missione contro Nidhoggr. Le sembrava che dopo avesse messo in chiaro la sua autonomia e responsabilità.
O si stava sbagliando?
Entrò distrattamente nel suo profilo Facebook trovando una nuova richiesta d'amicizia. Cliccò sull'icona incuriosita. A parte qualche sua compagna di classe e i suoi amici non conosceva praticamente nessun altro.
Alexander Altieri era il nome. Come foto di profilo riconobbe Alex.
Entrò nella pagina Face,ritrovandosi nel profilo del suo nuovo amico.
In barba a Fabio che non si fidava di lei.
Con il mouse cliccò su Accetta amicizia.
Soddisfatta tornò nella Home facendo scorrere sui post in bacheca dei suoi Amici.
Trovò una foto di Ilenia avvolta in un pesante piumone che mostrava un termometro che segnava 39,5°C
"Povera Ile" pensò. Quando avrebbe spento il pc le avrebbe telefonato come promesso.
Un leggero tintinnio di suoneria la riscosse. La chat di Alex si era aperta.
 
Sono contento che tu abbia accettato l'amicizia :-)
 
Sofia digitò prontamente la risposta.
 
Mi spiace per quanto è accaduto in parcheggio.
 
Non me la sono preso. Però devo dire che il tuo ragazzo è un po' troppo...possessivo.
 
È vero. È il suo modo di dimostrare quanto tiene a me.
 
Un po' troppo carcerario come modo XD Stavo pensando...ti va di farmi visitare Roma?
 
Sofia arrossì senza motivo.
 
Non sono una giuda esperta :-/
 
Sarai perfetta. Allora? Lo farai?
 
Sofia indugiò sulla tastiera. Che tenesse a lei oppure no non poteva costringerla a rinunciare alla sua vita.
Per questo gli rispose:
 
Si. Domani dopo scuola?
 
 
Perfetto. A domani :-P
 
Sofia interruppe la chat soddisfatta. Il giorno dopo si sarebbe divertita un mondo.
 
 
*è la formula d'evocazione, modificata(in fondo non è più prigioniero nelle viscere della Terra XD)

 









Angolo autrice(in perfetto superritardo):
Si, avete ragione a odiarmi...non aggiorno da un'eternità :/
Ma ora eccomi qui con il tanto sudato capitolo 6. Qui si ha un vero e proprio "scontro" tra Fabio e Alex XD
E la comparsa del nostro caro nemico preferito(mmm...). Vi dirò una cosa, non bollate subito il piccolo Alex come la carogna della storia XD
Non sarà veramente ciò che sembra attualmente :D
Ringrazio tutti voi che seguite la storia, e grazie per la vostra pazienza nell'aspettare gli aggiornamenti XD
A presto(spero) <3

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Capitolo 7
*** capitolo 7:passato 4 ***


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CAPITOLO 7

Passato 4

Andrea sbadigliò sonoramente.
Erano già cinque noti che non chiudeva occhio.
Il cigolio della rete del letto della figlia scricchiolò sotto il peso della bambina non appena si girò.
Sorrise teneramente di fronte allo sguardo sereno di Sofia.
Gli incubi che aveva ogni notte erano sempre gli stessi.
Un drago verde avvinghiato a un serpente alato nero, stretti in un abbraccio mortale pronti a inferire l'uno sull'altro.
Si strinse le spalle. L'unico motivo per cui non era ancora crollato era Sofia.
Perché Beatrice l'aveva lasciato?
Le sue strane doti, così come quelle della figlia non erano pericolose. Anzi, far crescere vita su terra brulla la trovava una dote particolarmente utile.
Sofia sarebbe diventata una giardiniera provetta, pensò tra sé e sé con un sorriso.
Uno scricchiolio di moquet attirò la sua attenzione. Entrò senza far rumore nella stanza della figlia comunicante con la sua con una porta in legno d'acero.
Sofia dormiva tranquilla abbracciando un pupazzo a forma di drago.
Si mise all'erta. Risentì di nuovo quel suono.
E proveniva dalla cucina.
Silenzioso e rapido uscì dalla stanza della figlia e recuperò un bastone con su scritto a caratteri rossi "Antigamberos". L'aveva acquistato in viaggio di nozze con Beatrice in Spagna.
Adesso lo trovò un acquisto azzeccatissimo.
Con il cuore in gola abbassò la maniglia della cucina. Prese fiato, e fulmineo la aprì.
La stanza era deserta.
Andrea avanzò cautamente brandendo davanti a sé il bastone.
Un fruscio alla sua sinistra, un rumore prodotto da un movimento.
Colpì alla cieca. Il bastone intercettò un corpo, che emise un debole lamento.
«Chi sei?»l'apostrofò caricando la voce di una determinazione che sapeva non avere.
L'estraneo lo fissò con odio con i suoi occhi azzurro ghiaccio.
«Ti ho trovato finalmente Andrea»sussurrò.
Il cuore di Andrea raggelò. Come faceva a conoscerlo?
«Chi sei? E come fai a sapere il mio nome?»
L'uomo sorrise.«Il Mio Signore ne sarà felice quando gli porterò la tua testa Dormiente»rispose invece.
«Tu sei pazzo! Chi ti manda?»
«Nidhoggr».
Non conosceva quel nome, ma sentiva nel profondo del suo cuore che era simbolo del male.
«Stammi lontano»l'ammonì, preparandosi a colpire con il bastone.
Ratatoskr scoppiò a ridere.«Credi sul serio di riuscirmi a fermare con quello?»
Poi tornò serio.«La tua ora è giunta Dormiente».
Dal suo palmo sinistro scaturirono fiamme nere. Andrea non fece in tempo a urlare che venne colpito al petto.
Crollò a terra in preda al dolore.
«Sofia…»mormorò, prima che la vita lo abbandonasse.
Ratatoskr si accostò al corpo. Lo colpì con la punta dello stivale che aveva indossato.
Poi un pianto. Proveniva dalla stanza opposta alla cucina.
Aprì la porta lentamente.
C'era una bambina seduta sul letto in lacrime. Singhiozzava abbracciando il suo pupazzo.
Gli occhioni verdi erano rossi dal pianto, e i capelli ricci rossi le scendevano arruffati intorno al visino paffutello picchiettato da una miriade di efelidi.
«Papà…»disse disperata.
Ratatoskr si sentì per un attimo colpevole. Come poteva dire a quella bambina che il padre giaceva morto nell'altra stanza?
Le si avvicinò.«Va tutto bene piccola».
La bimba si asciugò una lacrima goffamente con il dorso della mano.«Papà?»
Ratatoskr scosse la testa.«Non sono il tuo papà».
Le poggiò una mano sulla testa.«Adesso dormi piccola».
la bimba parve calmarsi, si coricò diligentemente.
«Mi metti le coperte?»
Ratatoskr l'accontentò.
Sofia chiuse gli occhi serena.
Ratatoskr lasciò in punta di piedi la stanza.
Doveva far trovare il corpo di Andrea, e fare in modo che qualcuno si prendesse cura della piccola.
Pensieri così non l'avrebbero nemmeno sfiorato quando ancora non conosceva Lia.
Spulciò tra i contatti di Andrea trovando una certa Beatrice.
Ma si, poteva chiamare lei.
Compose il numero. La donna rispose dopo tre squilli.
«Pronto?»
«Signora Beatrice Guarieri»
«Si sono io. Chi è lei?»
«Non ho tempo per spiegarle. Vostro marito…»
«Andrea?»
«Si. Vostro marito è morto. E vostra figlia è qui da sola».
Non lasciò il tempo alla donna di controbattere che buttò giù la chiamata.
Ora poteva tornare a Benevento.
Per dire addio alla sua Lia.
 
Quando mise piede nell'appartamento, non sentì alcun rumore.
Socchiuse leggermente la porta della camera da letto che condivideva con la ragazza da quasi un anno.
Le era lì, avvolta nella coperta, sulle labbra un lieve sorriso.
Fece per richiuderla, quando la voce di Lia lo fermò.
«Sei tornato».
Ratatoskr entrò, andandosi a sedere sul bordo del letto.
«Si»rispose semplicemente.
Non se la sentiva proprio a dirle addio.
Lia aprì gli occhi azzurri e li piantò su quelli di lui.
«Ho una notizia da darti».
Si tirò su le coperte per lasciar fuori la pancia. Poi allungò la mano, e accompagnò quella di Ratatoskr fino a posarla sul ventre.
Ratatoskr non capì subito cosa stesse succedendo.
Poi eccolo. Una leggera vibrazione, un battere ritmico di un piccolo cuore.
«Non è possibile…»mormorò.
Lia sorrise.«Invece si, Rat. Aspetto un bambino».
 











Angolo dell'autrice:
Ok...odiatemi finchè volete per questo mostruoso ritardo, ma l'uni non ha pietà di nessuno^^'
E poi sono rimasta combattuta fino alla fine se concludere così o no il capitolo XD
Ringrazio tutti voi lettori/lettrici che sopportate questi lunghi archi di tempo.
Danke, danke, danke <3 (ehm grazie in tedesco XD)

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Capitolo 8
*** capitolo8 ***


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CAPITOLO 8


Draconia
 
Thuban fissò la distesa azzurra davanti ai suoi occhi.
Era a casa eppure sentiva qualcosa mancargli nel suo cuore.
Qualcuno per essere precisi. Sofia.
L'aveva vista crescere,l'aveva aiutata a diventare ciò che era. Dirle addio era stato dolorosissimo.
E a complicare le cose si aggiungeva la scomparsa di Nidhoggr avvenuta la notte prima.
"Cos'hai in mente fratello?"pensò.
Sdraiato sul prato accanto all'Albero del Mondo vide accorrere un ragazzo biondo. Lung.
«La riunione sta per cominciare amico>>
Il drago si erse sulle sue possenti zampe e seguì il ragazzo fino alla Sala. Erano lì che Draghi Guardiani e Custodi si riunivano per decidere sul da farsi.
«Ci siamo tutti?»domandò Lung. Sei paia di teste annuirono. I guardiani rimasero invece in silenzio.
Ma Lung non era molto convinto.«Mmm...credo che manchi ancora...»
Non ebbe il tempo di dire altro che nella sala fece il suo ingresso un altro drago. Esile e molto piú basso dei guardiani, si muoveva in modo quasi goffo. Aveva le scaglie bianche tranne che nel torace, e le ali diafane azzurre.
«Ben arrivato Tyl»lo salutó il custode con un sorriso.
Il piccolo drago impacciato prese posto accanto a Eltanin, che non appena lo vide rise sotto i baffi.
«Bene, ora che si é unito a noi anche Tyl, possiamo cominciare. Vi sarà giunta voce che  lo spirito di Nidhoggr é riuscito a evadere dalla sua prigione». Un mormorio di stupore si levó dai presenti.
«Com'é potuto accadere? Ci siamo accertati tutti che da quella cella é impossibile evadere». La voce di Effi era venata da una sorta di preoccupazione.
«Credo che non abbiamo attuato tutte le precauzioni»replicó Lungo, pensoso. Lo spirito della viverna era ancora segregato nella prigione angusta dove l'aveano segregato, ma non lo spirito. Eh no, quello aveva trovato un modo per fuggire. E quello era un bel guaio.
 «Credo che qualcuno l'abbia aiutato». La voce di Nida riecheggió nella sala.
«Davvero lo credi?»
La ragazza lo fissó gelidamente negli occhi.«Ne sono certa. E solo uno potrà darci le risposte che cerchiamo».
Lung intuí di chi si trattasse, cosí come il custode di Kuma che in silenzio lasció la stanza per raggiungere le prigioni.
«Ora che aspettiamo Arthur, dovremo pensare al motivo per cui Nidhoggr sia fuggito. Di certo cercherà vendetta, ma contro chi?»
"I Dormienti"fu la risposta pronta di Thuban. "Sofia e i suoi compagni. Piú volte che ci siamo incontrati nelle prigioni, dichiarava di voler distruggerli prima o poi una volta per tutte. Starà cercando un modo per liberarsi di loro. Non vedo altri motivi".
Gli altri draghi avvertirono un moto di malinconia nei loro cuori.
«E come...»
Arthur fece il suo ingresso in quel momento. Era un uomo sulla trentina dai capelli biondi sul riccio e occhi grigi. Tratteneva per le braccia con una pesante catena un uomo corpulento.
Lung sentí un tuffo al cuore. Succedeva ogni volta che si trovava di fronte al suo ex migliore amico. A differenza di Nidafjoll e Ratatoskr non si era pentito e aveva  la prigione e rimanere fedele a Nidhoggr.
«Ofnir»lo salutó, ostennando sicurezza con scarso successo.
Ofnir sorrise maligno. «Bene, bene Lung. Era ora che ti ricordassi di un vecchio amico»l'apostrofó ironico.
Lung ingoiò il rospo. «Suppongo che tu abbia intuito il motivo della tua presenza qui».
«Dovrei?»
Mentiva, glielo lesse negli occhi. Sapeva cos'era successo.
«Hai aiutato tu a far evadere Nidhoggr».
Ofnir scoppió a ridere.
 «Come puoi pensare una cosa simile di me Lung. Mi avete rinchiuso in una cella buia e puzzolente, e privato dei miei poteri. Come pensi che abbia fatto ad aiutare il Mio Signore a evadere?»
La mente di Lung cavalcava a briglia sciolta. Il ragionamento di Ofnir era impeccabile. Ma allora chi...
 «Nidhoggr aveva altri alleati?»
Ofnir sorrise con scherno.«E se anche fosse? Non vi diró niente, neache se lo sapessi».
«Non lo sai?». La voce di Effi risuonava stupita.
«Mi dispiace dolcezza. Temo che questo nuovo alleato sia con noi da poco. Non so di chi si tratti. Ma qualcuno abbastanza potente da liberare il Mio Signore da una cella del genere».
Lung imprecò a mezzavoce, facendo cenno ad Arthur di riportare Ofnir nella sua cella. Dovevano scovare il misterioso alleato di Nidhoggr e proteggere i ragazzi.
Si voltó verso i guardiani.«Tornate nei corpi dei vostri protetti, e scoprite chi é ad aiutare Nidhoggr. Dovete fermarlo a qualsiasi costo».
I draghi annuirono e uscirono dalla sala.
«Ma prima...»aggiunse.«Aspettatemi dall'Albero. Devo consegnarvi una cosa». I draghi annuirono prima di uscire.
"E io Lung?"domandó la voce sottile di Tyl.
Il custode lo fissó con compassione.«Raggiungi il tuo ex protetto. I guardiani avranno bisogno di tutto l'aiuto possibile».
Il drago abbassó la testa sconsolato.
"Non credo che il mio protetto ne sarà contento. L'ultima volta...l'ultima volta ho lasciato che i nemici avessero la meglio, non sono riuscito a proteggerlo. Non sono degno di partecipare a questa missione".
«Non credo. Ti hanno solo colto di sorpresa. Tutti qui».
Tyl gettó un'occhiata fugace a Nida che fissava il suo compagno di sottecchi.
Poi riportó lo sguardo su Lung.
"Faró del mio meglio Lung"disse volando fuori per raggiungere i suoi compagni.
 
Per tutta la durata della discussione Ratatoskr era rimasto in silenzio.
Sperava di sbagliarsi, eppure il suo sesto senso aveva capito chi fosse il nuovo alleato di Nidhoggr.
Non era riuscito a proteggerlo come si era ripromesso, e ora la sua vita era in pericolo. Senza rendersene conto le sue gambe l'avevano condotto alla terrazza.
Si appoggió al parapetto. Ora che era schierato con Draconia doveva riferire tutto a Lung.
E poi?
Lo avrebbero ucciso, ecco la verità.
Non poteva sopportarlo. Aveva rinunciato ad averlo al suo fianco proprio per proteggerlo. E ora?
Capí che dal destino non si poteva scappare.
«Stai pensando a lui, non é cosí!»
La voce di Nida lo riscosse. La compagna lo stava fissando seria con le braccia conserte.
«E se anche fosse, a te che importa?»replicó aspramente.
Nida inclinó la testa di lato.«Non potrai piú proteggerlo. Se dirai l'intera verità adesso, forse gli risparmieranno la vita».
Ratatoskr scosse la testa.
«Non é cosí, e tu lo sai. Lo uccideranno e poi lo imprigioneranno qui nelle prigioni. E io non voglio che questo accada. Per cui, no non intendo parlare»
Nida scrolló le spalle. «Fa come vuoi»
E lo lasció solo.
 
I guardiani stavano attendendo Lung a fianco dell'Albero del Mondo.
Ancora non potevano credere che avrebbero rivisto i loro ragazzi. Erano due anni che non si vedevano.
Lung arrivó in quel momento, con in mano una piccola gemma dell'Albero.
«Questa potrà tornare utile per ergere la barriera intorno alla villa di Schlafen. Faró in modo che recuperi la memoria, e che possa aiutarvi nella vostra missione».
Si allontanó un poco.
«Buona fortuna».
I draghi chiusero gli occhi e si concentrarono.
Terra.
Thuban sentí la propria essenza trasformarsi in una lieve nuvola verde. Lasció Draconia e cominció a scendere, giù, sempre piú giú verso la Terra.
A metà strada capí che qualcosa non andava. Si sentiva come intorpidito. Con sorpresa andò a sbattere contro una barriera invisibile.
Cominciò a picchiare contro la barriera, senza scalfirla.
E continuò, continuò.
E alla fine intuì che c'era lo zampino di Nidhoggr.

 








Angolo autrice:
Ciao, ecomi finalmente di nuovo in carica con Alex ^^
In questo capitolo abbiamo incontrato i nostri draghi, e new entry come Arthur(a chi vi fa pensare?) e Tyl, che non è propriamente nuovo nel mondo della ragazza drago. è un drago che riuscì a ferire gravemente Nidhoggr, impedendogli così di distruggere l'Albero(compare in Acqua e Fuoco nel libro Orologi senza tempo...un libro che vi consiglio ^^)
Grazie a tutti voi che avete atteso con santa pazienza il ritorno di questa storia XD
A presto <3
Drachen

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Capitolo 9
*** capitolo 9 passato 5 ***


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Capitolo 9


Passato 5

Quattro anni dopo...
 
Il bimbo correva da una stanza all'altra dell'appartamento come un tornado.
In mano faceva volare un omino della Lego, vestito da cavaliere nero e un'improbabile mantello di Superman sulle spalle.
«La tua ora é vicina, drago cattivo. Preparati a morire per mano del cavaliere più grande di tutti i tempi. Muah!»gridó cercando di imitare la risata malvagia dei suoi personaggi preferiti dei cartoni animati.
Il volto di Lia fece capolino dalla porta della sua camera da letto.
 «Cos'é tutto questo baccano Alex?»domandó perplessa.
Il figlio le sorrise, un sorriso a trentadue denti(se mai li avesse avuti), assumendo un'espressione da birbantello sul viso.
Pur avendo solo quattro anni, si comportava diversamente dagli altri suoi coetanei. Non piangeva mai, quando si faceva male guariva in pohe ore. Ed era sempre iperattivo. Lia faceva i salti mortali a farlo star buono.
Alex le mostró l'omino.«Ser Alexander deve sconfiggere il drago. Tu sai dove si é nascosto?»
Lia sorrise furbescamente. In quei momenti sembrava tutto suo padre.
«Prova nella tua stanza prode cavaliere. Non é lí che si é costruito il suo nascondiglio?»
Il bimbo si batté la mano sulla tempia.«É vero. Aspettami drago! Sto arrivando!»
E corse ipervelocissimo verso la cameretta.
«Alex, non correre. Ho appena dato...»provó ad avvisarlo Lia: troppo tardi. Il bimbo scivolò sulla cera e cadde con il sedere per terra.
La donna trovava assurdo che un bambino cosí piccolo non piangesse in quei casi. Come se non fosse accaduto, Alex si voltó verso la madre.
«Sono caduto»disse con l'innocenza e la naturalezza  che solo un bimbo possedeva.
Lia gli fu subito accanto preoccupata.«Tutto bene?»
Alex la fisso con i suoi occhioni insoliti, gialli con la pupilla allungata da rettile. L'eredità di suo padre.
«Prima faceva male. Adesso non più. Mamma, sono un mago anch'io? Come quelli dei cartoni animati?»
Piú di una volta Lia era tentata a rivelare tutto al figlio, eppure il suo Rat era stato chiaro. Era troppo pericoloso per lui conoscere la verità.
Lia sorrise dolcemente.«Forse, se ci credi puoi anche esserlo».
Alex si aprì in un grande sorriso.
 «Forte»disse scattando in piedi come una molla.«Trema drago. Ser Mago Alex sta venendo a prenderti».
Lia fissó divertita l'esuberanza del figlio, ma il campanello la destó dai suoi pensieri.
Fuori dalla porta l'attendeva sua madre, l'unica con cui avesse ancora dei legami. Dopo qualche mese da quando aspettava Alex i suoi genitori si erano separati. Suo padre si era trasferito con la donna con cui aveva avuto una relazione che aveva fatto saltare il matrimonio, mentre la madre era rimasta a Benevento per aiutare la figlia a crescere il bambino.
«Grazie mamma che ci sei»disse sollevata Lia.
Matilde, una donna dai capelli color carota e occhi grigi come quelli della figlia, la fissó teneramente.
«Vai pure al tuo appuntamento Lia. Guarderó io il piccolo Alex».
Alex arrivó in quel momento.«Ma io nonna non sono piccolo»brontoló.«Sono Ser Mago Alex, e sono un cacciatore di draghi».
Matilde rise di fronte all'esuberanza del nipote.«Suvvia Alex, i draghi per natura sono buoni. Pensa che esiste una leggenda che narra che sono custodi di un albero magnifico che sorregge su di sé gli equilibri del mondo».
«Mamma»la rimproverò Lia a denti stretti.«É solo una stupida leggenda, vero?»
«Le leggende hanno sempre fondamenta vere»ribatté  Matilde per nulla intimidita.
«I draghi sono cattivi. Nei sogni vogliono farmi male»si lamentó il bimbo abbracciando le ginocchia della nonna.«Prometti di stare con me finché non torna mamma? Ho paura dei draghi».
Matilde accarezzó la testolina piena di ricciolini scuri quasi neri.
«Non preoccuparti piccolo Alex»lo rincuoró.
Il bambino si staccó di botto e trotterelló nella sua cameretta.
«Ora puoi andare Lia».
La donna annuí.
«Ciao Alex! Mamma torna tra un po'».
Alex emerse in quel momento dalla camera, stringendo un foglietto di carta piegato. Lo allungó alla madre.
«Questo é per papà. Glielo darai?»
Alexander sapeva che una volta all'anno Lia  si vedeva con suo marito. Non le aveva mai chiesto il motivo per cui non portava anche lui. Sembrava che al bimbo gli importasse solo che gli volesse bene.
Lia lo prese delicatamente, e se lo infiló nella tasca del cappotto.
«Certo. Fa il bravo Alex».
 
Nell'Ortus Conclusus regnava una pace quasi irreale, smorzata solo dal fruscio delle foglie. Lia si sedette su una panchina, in attesa.
Quello era diventato il loro rifugio, e luogo d'incontro.
 
 
Dopo che aveva rivelatola dolce attesa del piccolo Alex, ció che le  aveva detto Ratatoskr in seguito, era caduto come un macigno sul suo cuore.
Aveva portato a termine la sua missione, e per questo doveva ritornare dal suo padrone.
«É per il bene tuo e di nostro figlio Lia. Lasciarvi é dura anche per me. Ma non voglio che finiate nei guai per colpa mia»aveva detto, cercando di consolarla.
Lia si era portata una sua mano gelida al viso, già rigato di lacrime.
«Lo so, lo capisco Rat. Ma fa male. Nostro figlio ha bisogno di te. Io ho bisogno di te»aveva sussurrato.
Ratatoskr prese il viso tra le mani, costringendola ad alzare lo sguardo.«E io ci saró sempre Lia. Perché ti amo»disse d'un soffio.
La mattina dopo l'aveva visto andar via, infagottato in un cappotto beige, e la sciarpa in cashmere che svolazzava al vento.
D'istinto, cercò l'anello che le aveva regalato, come segno del suo amore. Era un anello d'oro su cui spiccavano rune nere, di cui non conosceva il significato. Uno identico lo portava al dito anche Rat che si era voltato verso di lei riservandole un ultimo sorriso.
E si era confuso tra la folla.
 
Malgrado le proteste e gli ammonienti di Nida, Ratatoskr non era mancato alla nascita del piccolo Alexander. Era stato in quella occasione che aveva fatto conoscenza con la presunta suocera. Matilde aveva molto della figlia, e non solo nell'aspetto. Non gli aveva fatto domande sulla sua origine, e questo Lia l'aveva apprezzato. Sua madre si fidava di lei, e di conseguenza anche dell'uomo che amava.
Lia aveva sorriso quando Ratatoskr impacciato aveva preso in braccio il figlio, constatando che non sapeva davvero da che parte cominciare e come comportarsi. Alla fine, per fortuna, era riuscito a non farlo cadere per terra. Il piccolo era molto simile al padre,con quella testa riccioluta, e la faccina mezza imbronciata. Quando aveva aperto gli occhi, aveva visto Rat sussultare. Erano diversi da quelli umani,avevano la pupilla allungata e l'iride dorata. Quando poi il primario aveva tagliato il cordone ombelicale era rimasto spiazzato. Il sangue non era rosso acceso, bensí nero e vischiosocome la notte. Come il Suo.
 
 
Da quel giorno i loro rapporti si fecero piú radi, per le missioni e per non insospettire la Viverna. Una volta all'anno si davano appuntamento nell'Ortus.
Ogni anno cambiavano il giorno in cui si incontravano, per non destare sospetti. E ogni volta Lia sapeva quando quel giorno stava per arrivare. Ratatoskr ogni tanto riusciva a raggiungerla in sogno, ma altre volte dentro di sé sentiva quando il suo amato metteva piede a Benevento.
In quel momento era in trepidante attesa, le mani in grembo e un piede che batteva impaziente per terra.
Poi lo scorse da lontano che si faceva strada tra il fogliame. Quando furono a pochi metri l'uno dall'altro si alzó e si gettó tra le sue braccia.
Ratatoskr affondó il viso tra i suoi capelli rossi, respirando il suo profumo.
Quanto le era mancata in quell'ultimo anno.
«Mi sei mancata»sussurró trattenedola a se in un forte abbraccio.
Lia alzó lo sguardo verso di lui, con gli occhi lucidi dalle lacrime.
«Anche tu».
Sempre stretti l'uno all'altro si sedettero su una panchina.
«Com'è andata quest'anno?»
Era la domanda rituale, sempre presente nelle loro conversazioni. Era un modo per sentirsi vicini, e come se non si fossero mai lasciati.
Lia fu piena di particolari. Gli raccontó del suo lavoro in minima parte. Le sue parole erano concentrate sul piccolo Alex.
E in ultimo gli riveló quello che era successo prima di uscire di casa neaache un'ora prima.
Rat ridacchió.«Credo che questa avversione nei confronti dei draghi l'abbia presa senz'altro da me».
Lia sorrise.
«Dovresti vederlo. Ti assomiglia molto ogni giorno che passa».
Rat si rabbuió, e Lia temette di aver combinato un pasticcio.
«Mi piacerebbe Lia, ma non posso e lo sai. Corro un pericolo anche solo venire qui. Sto seguendo una pista. So che Lui sa qualcosa. E se scoprisse di Alex...»
Lia si strinse a sé.«Nostro figlio corre un pericolo?»
Ratannuí.«Esatto. Il mio Signore potrebbe essere un problema, ma non é di lui che temo per la vita di nostro figlio. Spero che i miei siano solo sospetti, null'altro. Ma per il momento preferisco lasciare Alex fuori da questa realtà che potrebbe schiacciarlo».
«Se é per il bene di Alex faró qualunque cosa»promiseLia determinata.
Rat sorrise tristemente.«Lo so Lia. Sei una donna forte. Credimi, quando sarà tutto finito ti prometto che torneró definitivamente da voi e vivremo insieme come una vera famiglia».
«A proposito di Alex...»esclamó Lia improvvisamente illuminandosi, e tirando fuori dalla tasca un foglietto ripiegato.
«É per te, da parte di Alex».
Ratatoskr lo soppesó tra le mani con curiosità. Sopra c'era scritto con una matita rossa: "Per papa", papà senza l'accento sull'ultima lettera,e la P scritta al contrario, senza contare le parole che erano scritte storte. Nonostante questo, Rat sentí  il cuore stringersi. Suo figlio che non aveva mai visto, gli voleva bene comunque e pensava a lui.
Lo aprí con cautela, come fosse una reliquia.
Si vedeva che il disegno era di un bimbo di quattro anni, eppure riconobbe subito ció che c'era impresso. Un drago verde e una viverna l'uno di fronte all'altro con aria minacciosa, e in mezzo una figura simile a un cavaliere che impugnava una spada d'ossidiana.
Deglutì.
Forse il suo mondo era più vicino di quanto pensasse.












Angolo dell'autrice:
Ciao :D
Scusate se vi ho fatto aspettare così tanto, ma credetemi portare avanti tante storie come la sottoscritta(me culpa, lo so XD)è piuttosto difficile ^^
Nel prossimo capitolo ritroveremo Sofia nelle vesti di guida turistica per Roma XD
Ringrazio tutti voi lettori/lettrici(come fate ad essere armati di così tanta pazienza ad aspettare?) ^^
A presto <3 e buona pasqua

Drachen

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Capitolo 10
*** capitolo 10 ***


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Capitolo 10



Uscí di casa molto presto quella mattina. La corriera doveva passare tra qualche minuto, e Sofia non voleva arrivare certo in ritardo a scuola.
Ce l'aveva ancora con Fabio. Come se non bastasse il giorno prima, a cena, le aveva tenuto il muso, e prima di andare a letto aveva cercato tutti i modi possibili di evitarla.
Certo, sapeva che non aveva un carattere molto facile, ma addirittura prendersela cosí per un nuovo compagno di classe era proprio assurdo.
Per fortuna arrivó alla fermata che non era ancora passata. Se fosse andata in moto con Fabio si sarebbe risparmiataquel viaggio assolutamente lento e infinito in corriera.
Si mise le mani in tasca, giocherellando con il telefono.
Accidenti, pensò mordendosi il labbro. Avendocela a morte con Fabio si era dimenticata di chiamare Ilenia la sera prima, per sapere come stava.
Gettó uno sguardo all'orologio. Era troppo presto, e sicuramente l'amica era sotto le coperte a dormire. Cosa che avrebbe potuto benissimo fare lei per ancora una bella mezz'ora, se Fabio avesse rinunciato a comportarsi come un bambino.
Neanche si accorse quando meccanicamente salí sulla corriera, prendendo posto vicino al finestrino.
Sbatté gli occhi. Era certo stanca, peró non fino al punto di non accorgersi di essere salita. Con un sospiro tiró fuori dalla tasca dello zaino il lettore MP3. Selezionó una musica a caso e si lasció cullare dalle note per tutto il viaggio.
 
«Che c'é Schlafen, ti sei svegliata dalla parte sbagliata del letto? Non hai una bella cera».
Erano nel cambio d'ora. Gli altri stavano chiacchierando allegramente aspettando la prof di Biochimica. Sofia fissó il volto del compagno di banco sinceramente preoccupato., stropicciandosi gli occhi.
«Non ho dormito bene stanotte»ammise stirando le labbra in un sorriso insicuro, cercando di rassicurarlo.
Alex la fissó con una smorfia.«Brutti sogni, oppure eri terrorizzata dall'idea di farmi camminare come un dannato oggi pomeriggio?»
Sofia si lasció scappare un sorriso sincero e divertito alla battuta del ragazzo.
«Vedrai, rimpiangerai di non aver scelto qualcun altro come guida»rispose stando al gioco e regalandogli un buffetto sul braccio.
Alex la fissó assolto.«E a chi avrei potuto chiederlo scusa? Sei l'unica con cui ho stretto amicizia, Sofia». Si fissó le mani congiunte poggiate sul banco.«Non sono mai stato bravo a legare con la gente».
Sofia ebbe un tuffo al cuore. Quell'espressione triste le rammentava Fabio all'inizio della storia, quando l'aveva incontrato.
«Da dove vieni Alex? Volevo chiedertelo ieri, ma mi é passato di mente».
«Benevento».
Voleva fargli una miriade di domande, ma si limitó a un semplice:«E non c'é nessuno che ti manca laggiú?»
Alex scosse la testa triste.«Non ho mai avuto veri amici. Certo, mi sento ancora con alcuni ex compagni di classe. Ma non ho mai legato veramente con nessuno di loro. Mi sento diverso e lontano da tutto e da tutti. É difficile da spiegare».
Anche Sofia provava sentimenti simili. All'apparenza poteva sembrare una ragazza normale e un po' timida, ma ciò che aveva passato due anni prima, le battaglie e le paure che aveva combattuto, l'avevano cambiata nel profondo. In quel momento si sentì davvero vicina al suo nuovo compagno. E amico. D'istinto gli strinse la mano.
«Puoi smettere di cercare. Un'amica senz'altro l'hai trovata».
 
La giornata per fortuna passò velocemente.
Appena usciti da scuola, Sofia trotterellò a fianco ad Alex che però, anziché deviare verso il parcheggio delle moto, tiró dritto.
«Alex? La tua moto?»domandó confusa Sofia.
Alex le sorrise. «Sono venuto in autobus stamattina. Non volevi sul serio farmi fare il giro di Roma in moto? Ti immagini come avremmo potuto scendere le scalinate varie che senz'altro incontreremo?»
Sofia immaginò minuziosamente la scena, scoppiando a ridere.
«Hai ragione Alex. Su muoviamoci, Roma ci aspetta».
Si bloccó nel riconoscere un viso tra gli altri ragazzi che la stava cercando.
Fabio.
Quando il ragazzo la vide si rabbuió. Sofia lo fissó quasi con sfida. Lui non aveva alcun diritto di intralciare la sua vita, men che meno a scegliere con chi doveva stare.
«Andiamo Schlafen?»
Sofia prese sottobraccio Alex gettando un'ultima occhiata a Fabio.
«Si, andiamo».
 
La prima tappa delloro tour fu Mondadori. Sofia notó con soddisfazione gli occhi di Alex brillare d'emozione.
«Dal tuo viso sognante deduco che sei un lettore».
Alex la fissó con un sorriso.«Lettore incallito, avido di sapere...definiscimi come vuoi».
«Che genere?»
«Rigorosamente fantasy, un po' di thriller. Ah, e sono un grande appassionato di leggende di ogni popolo, soprattutto nordico».
«Anch'io! Cioé per fantasy e le leggende. Di thriller non ne conosco di belli»ammise Sofia.
«Vorrà dire che prima o poi colmeremo questo vuoto»scherzò Alex facendole l'occhiolino.
Raggiunsero in quattro e quattrotto il reparto fantasy riccamente strapieno di scelta.
Nacque un vivace battibecco sulle serie che avevano letto.
«Ti dico che la saga Beautiful Creatures potrebbe piacerti, fidati»cercó di convincerlo Sofia.
«Con un titolo del genere?»l'apostrofó scherzosamente Alex con il voluminoso libro dell'intera saga.
Sofia mise su un falso broncio.«Non puoi giudicare un libro dal titolo».
«Infatti non lo faccio»ribatté prontamente lui.«Li giudico dalla copertina».
Sofia scoppió a ridetre beccandosi un'occhiata di traverso da parte di una signora di mezza età nel reparto accanto.
Alex le rivolse un mezzo sorriso.«Sei carina quando ridi».
Sofia arrossí al complimento riprendendo il filo del discorso precedente.
«A parte gli scherzi ti piacerebbe. É la storia d'amore tra un Mortale e una Maga».
«Tradotto: un amore proibito, mmm?»
Sofia annuí solare.
«Troppo sdolcinato»concluse Alex.
Sofia lo fisso male.«Sentiamo, che fantasy preferisci?»
«Harry Potter, Hunger Games, Divergent, Shadowhunter, Percy Jackson».
La ragazza alzó gli occhi al cielo.«Anche te un fanatico di Percy?»
Alex la fissó storto. «Hai qualcosa contro il mitico Percy?»
«Tutto! Insomma é troppo fortunato e pomposo ecco».
Alex socchiuse gli occhi.«Ma stiamo parlando dello stesso libro, Schlafen?»
«Temo di si»mugugnó Sofia.
«E tu, oltre dolcinerie come Beautiful coso, cosa leggi?»
«Il Diario del Vampiro, Il Signore degli Anelli, il Trono di spade...»cominció, bloccandosi di fronte all'espressione disgustata di Alex.
«Davvero ti leggi quelle...cose?»
«Che c'è di male? Ho anche visto i telefilm e i film dei primi due, e sto pensando di vedere la serie di A Game of Thrones in streaming. Sempre che che Karl mi lasci usare il suo pc ultratecnologico»replicó Sofia su di giri.
 «Non ti immaginavo cosí violenta e perversa Schlafen»la prese in giro Alex.«E questo Karl che hai nominato...chi é?»
Sofia gli descrisse brevemente i suoi amici, tralasciando l'argomento Draconia.
Alex si ficcó le mani in tasca.«Tieni molto a loro».
Sofia annuí. «Sono la mia famiglia Alex. Non saprei cosa avrei fatto senza di loro».
Lo disse con cosí tanta sincetità che Alex sentí smuoversi qualcosa all'altezza del cuore, che scacciò subito dopo.
Un silenzio gravido scese su di loro. Fu Alex a romperlo.«Allora, continuiamo il tour?»
Uscirono dalla libreria mischiandosi con la gente che passeggiava, che come loro si godeva le bellezze della città.
La domanda che martellava nella mente di Sofia da un po' le sfuggí di bocca. «Come mai sei andato via da Benevento?»
Vide Alex fissarla con dolore, e Sofia si pentí di quella domanda.
«Ci siamo trasferiti qui per lavoro. Mia madre era impiegata nella banca di mio nonno. Sfortunatamente mio nonno è andato in bancarotta, ma per fortuna mia madre ha trovato impiego qui a Roma, grazie a un suo cugino»spiegó infine.
«Non posso di certo lamentarmi, Roma é una città fantastica. Ma non é come Benevento. Là avevo il mio rifugio dal mondo reale, dove passavo gran parte del mio tempo. L'Ortus Conclusus, ne hai mai sentito parlare?»
«Si, ci sono anche stata. E devo concordare con te. Era un luogo davvero...magico».
Gli occhi di Alex brillarono.«Sei stata a Benevento? Come mai non ti ho mai vista in giro?»
«Ci sono stata tipo due anni fa. Magari ci siamo incontrati, ma tu non mi hai dato tanto peso».
Alex strabuzzó gli occhi.«Stai scherzando? Una ragazza bella come te me la sarei senz'altro ricordata». Si picchiettó la fronte con l'indice.«Ho una memoria di ferro. E ti posso assicurare di non averti mai vista. Ma in che periodo sei venuta?»
«Fine Gennaio, inizio Febbraio. Perché?»
Alex sorrise.«Ecco svelato il mistero. In quel periodo ero fuori città. Mio nonno é sempre stato un tipo strano e ha dato a mamma le ferie in quel periodo. Peccato, avrei potuto conoscerti prima. Ma non posso lamentarmi».
«Perché?»
 «Ti ho conosciuta adesso».
Sofia arrossí fino alla punta dei capelli, pensando istintivamente a Fabio.
No. Lo scacció dai suoi pensieri.
"Alex é solo un amico. Con le sue parole, voleva solo dimostrare quanto tiene alla nostra amicizia"pensò.
Alex, che non si era accorto dei pensieri della ragazza, tiró fuori dalla tasca esterna del suo zaino un paio di occhiali da sole.
«Come mai gli occhiali da sole? Il Sole non é cosí forte oggi»fece notare Sofia.
Alex sbatté le palpebre, come infastidito dalla luce. «I miei occhi sono molto fotosensibili»spiegó brevemente.
«Ma i tuoi occhi...sono sempre stati cosí...?»chiese, pensando al termine giusto per descriverli.
«Particolari?»le suggeríAlex con un sorriso.
Sofia annui.
«Da che mi ricordo io si. Ma mia madre, mi ha rivelato che quando ero molto piccolo avevo in difetto agli occhi e che l'unica cura era un trapianto. I dettagli non li so, e neppure mia madre ad essere sincero. Fatto sta che mi sono ritrovato cosí».
Gli tremava la voce, come se cercasse di scavare sempre più in fondo nei suoi ricordi, o per camuffare una bugia.
 «A me piacciono»si lasciò scappare Sofia, arrossendo subito dopo.
Alex sorrise sornione. «Grazie. Sei la prima a cui non fanno ribrezzo o paura».
"Forse perché in me ha albergato per anni un drago" pensò con malinconia, la mente rivolta aThuban. Era da tempo che non pensava al suo vecchio compagno di missione, e nel farlo sentì una fitta di nostalgia nel cuore. Cosa stava facendo in quel momento? Stava forse vegliando su di lei da Draconia? O forse si era dimenticato di tutto quello che avevano passato insieme?
E poi c'era Fabio. Si sentiva un po' in colpa a non avergli dato ascolto.
Ma, ehi, era la sua vita!
«Terra chiama Schlafen. Ci sei?»
Sofia tornó con i piedi per terra.
«Cosa?»domandó scioccamente.
Alex sorrise. «Sembrava che la tua mente fosse miglia e miglia da qui. Ti stai forse annoiando? Se vuoi possiamo continuare il tour un'altra volta».
Sofia scosse la testa. «No, no. É tutto a posto Alex. Sul serio». E si esibí in un sorriso appena forzato.
Alex inclinó la testa di lato.«Sicura?»
Sofia era tentata a rispondergli un Si, ma di fronte alla preoccupazione che accendeva i suoi magnetici occhi dorati dalla pupilla quasi verticale, capitoló.
«É per Fabio»ammise.
Alex annuí.«Ah, si. Mister Simpatia. Non posso credere che una ragazza simpatica e allegra come te stia con un ragazzo dall'attaccamento morboso e soffocante». Si strinse le spalle. «O almeno, questa é l'impressione che dà».
Sofia sospiró.«Si, devo ammettere che a volte é un tantino...pesante. Ma so che tiene a me, e che ogni decisione che prende è per il mio bene».
«Se tenesse davvero a te, si fiderebbe delle tue scelte, e non dovrebbe ostacolati. Ieri...ieri sembrava voler prendere le decisioni al tuo posto». La fissó intensamente negli occhi.«Tu non sei un oggetto che lui può plasmare al suo volere. Sei tu padrona della tua vita, e come tale devi essere tu a prendere le tue decisioni. Certo può darti consigli, ma nulla piú». Tiró un calcio a un sassolino a terra, abbassando lo sguardo. «Io non sono mai stato innamorato, ma da come mi ha insegnato mia madre, un legame profondo deve basarsi su una fiducia reciproca, che vedo in te ma non in lui».
Sofia a quelle parole non seppe che dire. Aveva ragione.
«Tua madre sembra molto saggia».
Alex ridacchió. «Non solo Sofia. É l'unica che mi capisce fino in fondo, e viceversa, soprattutto dalla morte di mio padre».
Si bloccó non appena terminó di pronunciarequelle ultime parole.
 «Tuo padre... É morto?»
Alex si limitó ad annuire.
«Quando...quando é stato?»
«Due anni fa».
Un tempo relarivamente corto, notó Sofia. Due anni prima era anche morta sua madre, Beatrice. In quel momento lo sentì più vicino di quanto credesse.
«Mi spiace».
Alex alzò le spalle.«Era sempre via per lavoro, per cui non lo conoscevo molto. Ma so per certo che amava mia madre...e me».
«E come é morto?»
Alex si irrigidì, e Sofia temette di aver parlato troppo.
 «É stato assassinato»sussurró Alex d'un soffio.
Sofia si inteneri di fronte al dolore del suo compagno e di slancio l'abbracció. Alex sulle prime rimase rigido, ma alla fine si lasciò andare alla tenerezza di quel gesto.
Fu Sofia la prima a interrompere quella piccola parentesi che si era creata.
«Forza andiamo. Abbiamo ancora molte cose da vedere».
Alex sorrise, ma il sorriso gli morí sul volto non appena sentí una presenza sconosciuta, ma in qualche modo arcano famigliare in rapido avvicinamento. Allungó la mano, quella che indossava l'anello di suo padre, e afferró quella piccola e delicata di Sofia.
«Scusa»boffonchió la sua scusa in leggero imbarazzo. «Sono inciampato».
Sofia sulle prime rimase sorpresa, ma alla fine sorrise. «Benvenuto a Roma, la città delle buche».
Alex sorrise sollevato, constatando che era riuscito nel suo intento senza destare sospetti.
Il suo piano andava avanti, senza ostacoli.






Angolo dell'autrice ritenuta dispersa ^^":
Ciao a tutti :) dopo secoli torno ad aggiornare questa storia ^^
Devo dire che non avevo molta ispirazione ^^" per questo vi ho fatto attendere questo tempo interminabile. Ringrazio tutti coloro che hanno atteso con pazienza, e spero di essermi fatta perdonare con questo cap(e mi scuso in anticipo se c'erano degli errori presenti ^^)
A presto(spero),
Drachen

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Capitolo 11
*** capitolo 11 passato 6 ***


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Capitolo 11


Passato 6

 
Dieci anni dopo...


Era un giorno di fine Gennaio come tutti gli altri a Benevento.
Seduto sul gradino fuori dalla scuola,durante l'intervallo, Alex stava divorando l'ennesimo libro fantasy, Città degli Angeli Caduti il quarto della saga degli Shadowhunter. Non si accorse di Colton e della sua banda, fino a quando non gli strapparono dalle mani l'adorato romanzo.
Alex alzò lo sguardo sorpreso su di loro, gli occhi che si riempirono di timore non appena riconobbero il ragazzo di fronte a lui. Colton, pur avendo solo quattordici anni, sembrava un bulldozer con le sue ampie spalle e braccia muscolose, il fisico già scolpito e le gambe tonite. Sembrava il classico ragazzo che passava le sue giornate ad allenarsi in una palestra, a infastidire e al massimo pestare gli altri ragazzi. Come lui.
Alex raccolse tutto il coraggio di cui disponeva.«Posso riavere il mio libro, Colton?»
Colton o fissó come se fosse un insetto da schiacciare.«E perché mai, Mostro?»
Da quando era cominciata la scuola e Colton aveva notato i suoi particolari occhi, aveva cominciato a soprannominarlo Mostro. Non che ad Alex importasse granché. L'importante era non finire a casa pestato, e se Colton si limitava a schernirlo in quel modo non se la prendeva.
Ma quel giorno nel suo cuore, sentì che non sarebbe finta bene.
Voleva rispondergli per le rime, ma la ragione lo frenava."Zitto! Stai zitto se non vuoi tornare a casa con le ossa rotte"lo intimava la sua razionalità.
«Per finire di leggerlo, no?»rispose invece, ignorando il buonsenso.
Colton gli sorrise sornione.«Lo vuoi? Allora vieni a prenderlo»lo beffeggiò.
Alex si alzò dal gradino e allungò la mano per recuperare il libro, ma Colton l'aveva già lanciato a un suo compare, Jackson se non ricordava male, che a sua volta lo lanciò a Brett,un altro componente del gruppo, e poi ad altri. L'ultimo di loro, un certo Paolo lo fissò per un attimo con compassione, beccandosi un'occhiata di fuoco da parte di Colton, per questo frettolosamente, intimidito, lanciò il libro al suo capo.
Alla fine Alex si ritrovò circondato da sguardi derisori, di Colton e i suoi compagni tranne che Paolo che teneva il capo chino, e da sguardi di pietà e compassione degli altri ragazzi. In quel momento Alex si sentì solo. Non aveva amici su cui contare. Li fissó con astio e delusione.
Con la coda dell'occhio notò che Colton era rientrato e che sventolava il suo libro con un'espressione beffarda e tenendolo per la copertina rigida. Se gliel'avesse rotto non avrebbe risposto di sé.
Rientrò come una furia nell'edificio, animato dal desiderio irrefrenabile di recuperare il libro, beccandosi un'occhiata contrariata della bidella appostata accanto alla porta, che aveva il compito di controllare i ragazzi nel cortiletto. A in quel momento nulla importava se non il suo amato libro.
Colton nel frattempo si era spostato e ora si trovava davanti alla porta del bagno, che varcò non appena constatò che Alex l'aveva individuato. Voleva farsi seguire, e lui l'avrebbe accontentato. Uno strano presentimento si fece strada nel suo cuore, ma lo scacciò indietro.
Raccogliendo tutto il coraggio che possedeva, entrò nel bagno. Ciò che gli si presentò di fronte, gli parve uscito da uno dei suoi peggiori incubi.
Colton che sorrideva in modo arrogante che reggeva con due dita il suo libroesattamentesopra il water. Alex sentì la gola seccarsi.
«Non puoi farlo»sussurrò scosso.
«É qui che t sbagli Mostro. Ho tutto il potere per farlo. A meno che tu non faccia ciò che dico». Rimase pensoso per un istante appena, per poi sorridere malignamente.«Forse potresti sgattaiolare nell'aula professori e dare fuoco ai registri. O magari potresti lasciarti umiliare di fronte a tutta la scuola. Mmm... Da quest'ultima idea non ci traggo vantaggio, ma divertimento, oh si».
«Perché mi fai questo? Perché ti ostini a maltrattare la gente? Cosa ti abbiamo fatto?»
«Il solo fatto che esistiate mi sembra una scusa ovvia»rispose Colton prontamente.
Alex sentì crescere dentro di sé un coraggio che non sapeva possedere.
«Non farò nulla di quello che dirai!»gli urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Ma Colton non si lasciò intimidire dall'ardore che sembrava emanare.«Se é questo che vuoi»disse, lasciando la presa dal libro.
Come a rallentatore Alex lo vide finire nell'acqua del water, e per calcare il suo potere Colton tirò pure lo sciacquone.
«Risposta sbagliata Altieri. Se avessi accettato una delle mie proposte, forse ti avrei restituito il tuo prezioso libro». Gettò un'occhiata disgustata dentro il water.«Spero non si intasi. Ah, ma che sciocco. Posso dare la colpa a te».
Ma Alex diede poco peso a quelle parole. La sua mente era concentrata sul suo libro, ormai distrutto e perduto. Sentì crescere dentro di sé una rabbia cieca, che mai avrebbe pensato di provare, insieme al desiderio irrefrenabile di vedere Colton a terra sconfitto. Con un urlo si gettò contro un Colton sorpreso dalla sua reazione, sbattendolo contro il muro.
Non lasciò il tempo a Colton di controbattere che gli assestò un pugno sul naso. Subito cominciò a uscire il sangue.
Colton si portò la mano al naso per tamponarlo. «Questo é per il mio libro preferito che hai gettato nel water».
Poi gli assestò un pugno all'addome, che fece piegare il ragazzo in due.
«Questo é per tutti quelli che hai minacciato e con cui hai fatto lo stronzo. E per finire...». Gli assestò un calcio nelle parti basse.«Questo per aver minacciato me»sibilò infuriato.
Colton scivolò lentamente a terra in preda al dolore.
Alex sussultò come uno appena uscito da uno stato di trance, allontanandosi da Colton. Fece per andarsene quando un pugno in pieno volto lo fece carambolare.
Colton malgrado il dolore si era alzato e lo fissava con occhi fiammeggianti d'odio. «Tu piccolo inutilissimo bastardo»gli soffiò contro.«Come osi metterti contro di me?»
Fulmineo lo placcò, facendolo cadere violentemente di schiena a terra. E subito infierì contro di lui tempestandolo di pugni ovunque. Alex cercò di sottrarsi alla sua presa ferrea, inutilmente. Fu il suo istinto di sopravvivenza, il suo desiderio di finirla a dargli coraggio. Con sforzo estremo poggiò la sua mano sul petto di Colton esattamente sul cuore. Sentì una scossa partire dalla sua mano per poi propagarsi in tutto il corpo dell'avversario, che si staccò frettolosamente.
Alex si tirò su a sedere fissandosi sconvolto le mani.
Colton si rannicchiò lontano da lui in preda al terrore. «Che cavolo hai fatto?!»sbraitò come un poppante.
Alex non ebbe il tempo di proferire parola, che la porta del bagno si aprì. Sulla soglia apparvero la professoressa Paolini di Lettere, e la vicepreside, la prof Bonanni.Dietro le due donne, scorse Jackson, Brett e Paolo bianchi come dei cenci che fissavano sconvolti il loro capo.
La vicepreside squadrò i due ragazzi con durezza. «Altieri, Olivieri. Entrambi nel mio ufficio».

Lo studio della vicepreside era una stanza illuminata e spaziosa. Al centro spiccava una grossa scrivania in legno d'acero, poco scostato un mobiletto in cui erano riposti tutti i documenti, e per finire due sedie esattamente poste davanti alla scrivania.
Fece accomodare Alex e Colton, che erano passati prima in infermeria per rimettersi abbastanza in sesto. La donna si tolse gli occhiali, massaggiandosi stancamente gli occhi.
Era una donna di mezza età, con i capelli tinti dorato scuro e dagli occhi azzurri severi. Non molto alta ma bilanciata, indossava quel giorno una maglia maniche lunghe marrone, una gonna in panno, un paio dicollante e scarpe con un piccolo tacco.
Dietro di lei la finestra era spalancata, pur essendo fine Gennaio.
Alex beccò Colton che lo fissava con aria trionfa, come per dire:"Ti renderò la vita un inferno, dato che ho il potere di farlo".
Alex mantenne il suo sguardo, scuro in volto.
«Molto bene»cominciò la donna.«Raccontatemi cos'é successo. Olivieri comincia tu».
«É una furia! Si é accanito contro di me e ha cominciato a pestarmi a sangue. Non sono riuscito a difendermi»raccontò in tono lamentoso Colton, assumendo l'espressione piú docile e impaurita del suo repertorio. «Ma é stata colpa sua...»si intromise Alex, ma fu bloccato dalla vicepreside.
«Non é il tuo momento Altieri»lo sgridò la donna.«Continua Olivieri»disse, rivolta a Colton.
«E quando poi mi ha poggiato la sua mano sul petto, mi ha dato la scossa dolorosissima. Non so come abbia fatto, forse aveva in tasca un taser portatile. Ho temuto per la mia vita, signora Bonanni»finì di raccontare, asciugandosi una falsa lacrima.
Alex lo fissó in collera e sorpreso.«Ma se hai cominciato te, brutto figlio di...»
«Non tollero certe espressioni Altieri»ribatté la prof alterata.
Alex si ripoggió con la schiena contro lo schienale della sedia, con un sospiro.
Poi riportò nuovamente la sua attenzione su Colton. «Come ben sainOlivieri, molti studenti si sono lamentati del tuo comportamento»gli fece notare la donna.
«Crede che questi me li sia fatti da solo?»domandó prontamente Colton, indicando si i lividi. «
Non é quello che intendevo dire Olivieri».
«E poi...»la interruppe Colton.«Da quando mi avete affidato allo psicologo della scuola, sono migliorato. Perché, per ogni problema, automaticamente la colpa deve essere mia? Perché per una volta non posso essere la vittima della situazione?»
Alex lo fissó con furore. Lui era come il lupo in mezzo agli agnelli. Era inevitabile che la colpa era sua. Era lui che maltrattava gli altri, li umiliava o li pestava. Lui aveva in qualche modo reso giustizia a tutti i ragazzi che avevano timore di Colton e i suoi.
La donna annuì, e si volse poi verso Alex.«Ha qualcosa da aggiungere a questa versione dei fatti Altieri?»
«Prof, si. Ma...» «Allora sai che devo prendere provvedimenti a riguardo, vero?» «Ma ha cominciato lui! Ha cominciato a infastidirmi e sié appropriato del mio libro, che ha poi gettato nel water!».
Si era alzato e mano a mano aveva alzato la voce. La donna non si scompose e lo fissó seriamente per tutto il tempo.
«Calmati Altieri. E siediti».
Alex rosso in viso ubbidì, e con la coda dell'occhio notò un'ombra di sorriso sul volto di Colton.
«Certi atti di violenza devono essere puniti. So che é stato un gesto istintivo Altieri, ma non posso tollerare certi comportamenti. Pertanto, sarete entrambi sospesi per due settimane».
Alex ascoltò senza battere ciglio. In fondo sapeva che, pur avendo agito istintivamente, sarebbe stato punito. Colton invece cominciò a protestare:«Ma prof! É stato lui a cominciare a colpirmi e io mi sono difeso...».
Ma la donna lo bloccò.«Se non avessi infastidito Altieri, non credo che ti avrebbe malmenato. E in quanto a te Altieri, non hai nulla da obbiettare?»
«Assolutamente no. So che é una pena equa per le mie colpe».
Cos'altro avrebbe potuto rispondere?
La vicepreside Bonanni annui soddisfatta.«Mi fa piacere che abbia capito il suo errore Altieri».
In quel momento qualcuno bussò alla porta dell'ufficio.
«Avanti».
La porta si aprì lentamente, e dal vano della porta fece capolino il volto di Paolo. Era un ragazzo molto alto e magro, dai capelli castano scuro lisci e occhi grigi.
«Cosa posso fare per te, Cama?»
La risposta che uscì dalla bocca di Paolo, lasciò sia Colton che Alex a bocca aperta.
«Sono qui per prendere le difese di Alexander...cioè, di Altieri».
La donna lo fissó attenta.«Mi dica Cama». Lo sguardo di Paolosaettó su Colton che lo stava fissando come se volesse staccargli la testa a morsi.
«Altieri ha agito per difesa. Colton...Olivieri, lo ha portato al limite della sopportazione, e trovo naturale il fatto che abbia perso le staffe»disse tutto d'un fiato.
«Ha picchiato un suo compagno. Come puoi considerarlo un atto giusto Cama?»
«Perché é la prima volta che una vittima delle prepotenze di Olivieri non abbassa la testa alle sue minacce e cattiverie»rispose.
«A cosa ti riferisci?»
«Altieri non é stata l'ultima vittima da quando siete intervenuti a correggere il suo modo di fare».
E prodigo di dettagli, le elencò tutte le vittime delle angherie di Colton. L'ultima, prima di Alex, risaliva solo a due giorni prima. Era Piero, un ragazzo nella stessa classe di Alex, che era tornato pieno di lividi in classe dopo l'intervallo. In quel momento aveva raccontato tremante di aver perso l'equilibrio e di aver picchiato contro un armadio. La prof presente in quell'ora gli aveva creduto, e ora era emersa la verità, una verità che Colton aveva occultato con minacce e menzogne.
La donna rimase in silenzio per un periodo che parve interminabile.
Paolo si tormentava le mani, visibilmente nervoso e preoccupato per quello che gli avrebbe fatto Colton, una volta fuori da scuola.
«I fatti che mi hai raccontato Cama corrispondono alla realtà?»domandó la vicepreside con serietà assoluta.
Paolo annuì.«Nessuno ha parlato per paura di ritorsioni»rivelò.
«E allora cosa ti ha spinto a parlare? Secondo i miei colleghi sei molto amico di Olivieri. Per quale motivo lo frequentavi, e adesso testimoni contro?»
Paolo abbassò il capo.
Ma quando si decise a rialzarlo, Alex notò una nota di determinazione.
«Sono stato al suo fianco per paura, come tutti gli altri. Ho avuto la fortuna di essere scelto come complice. Ha trascinato me e molti altri in un vortice di crudeltà e cattiveria. E io...»gli si mozzò la voce, ma si riprese in fretta.«Io non ho mai gioito di fronte alla paura e anche al dolore di tutti i ragazzi che Colton ha malmenato, privato della dignità e umiliato. Non ero d'accordo allora e continuo a non esserlo adesso. E se non ho fatto qualcosa é per paura. Si lo ammetto. Avevo paura di fare la stessa fine delle sue vittime, e per questo stavo al suo gioco».
«Ha mai picchiato qualcuno Cama?»
«No»s'intromise Colton.«Perché é una femminuccia, una mente debole»lo beffeggiò perfido.
«Solo i deboli riconoscono i deboli»ribatté prontamente Paolo.
La vicepreside sospirò.«Giunti a questo punto, mi tocca riguardare i provvedimenti adottati. Olivieri la tua sospensione la alzo da due settimane a tre, con obbligo di frequenza scolastico. Provvederò a chiamare tuo padre. E in quanto te Altieri». Si rivolse ad Alex.«Per quanto abbia agito per difesa, una punizione la meriti. Posso abbassarti la pena a una settimana che potrai passare a casa, senza obbligo di presenza. Di meno non posso, e sono certa che tu capisca».
Alex annuì.
«Molto bene. Potete tornare nelle vostre classi. Avviserò io i vostri genitori».
E detto questo tirò su la cornetta del telefono, e cominciò a digitare il numero di uno dei due genitori.
I tre ragazzi uscirono dall'ufficio, Colton per primo, poi Alex e per finire Paolo.
Ma giunti in prossimità dell'angolo, Colton fulmineo scattò verso Paolo e lo inchiodò al muro, tenendolo per il bavero. «Ma bravo, hai fatto la spia Paolino. Ti sentivi con la coscienza troppo sporca eh?»
Alzò una mano stretta a pugno.«La sospensione tanto ormai ce l'ho per colpa tua. Ed ecco la tua ricompensa». Fece per calare il colpo, ma una presa ferrea al braccio lo bloccò.
Alex.
«Smettila»sibilò serio in volto.
Colton si liberò dalla sua presa.«Non prendo ordini da una femminuccia come te»gli soffiò contro.
Alex gli sorrise con sarcasmo.
«Una femminuccia che te ne ha date di santa ragione, eh?»
Paolo, malgrado la situazione, non riuscì a trattenere un sorriso.
Colton squadrò prima Paolo e poi Alex. Poi sospirò. «Ma che perdo a fare tempo con due mammolette come voi?» E detto ciò si allontanò per raggiungere la terza.
Colton aveva due anni in più di Paolo e tre più di Alex, che era andato a scuola un anno avanti.
Paolo sospirò di sollievo nel constatare l'evitato pestaggio, e si voltò verso Alex.
«Grazie»gli disse sollevato.
Alex scrollò le spalle.«É il minimo che potessi fare, dopo che hai preso le mie difese prima».
Paolo sorrise, ma il sorriso gli si spense dopo poco.«A tale proposito avrei voluto fare di piú».
«Credimi, piú di così non avresti potuto fare per me. Anzi, una settimana mi pare poco in confronto a come ho conciato Colton».
Paolo ridacchiò.«Se lo meritava. A te invece non sembra averti ridotto male. Anzi, quasi giurerei che i lividi stanno già guarendo».
Alex involontariamente si passò la mano su uno dei lividi, non piú tanto violaceo. «Guarisco in fretta lividi e ferite»ammise.
Paolo annuì.«Dev'essere una figata, é come avere un superpotere. Ecco, io sono arrivato».
Si fermarono davanti alla 1°C, la classe di Paolo. Non che la classe di Alex, la 1°E, distasse troppo lontano. Era due porte piú avanti.
«Allora, ci si vede Altieri»lo saluto Paolo.
Ma prima che abbassasse la maniglia della porta, Alex sentì il dovere di correggerlo. «Alex. Per gli amici sono Alex».
Paolo rimase perplesso, ma alla fine sorrise.«Ok, Alex. Ci si vede».
Quando Alex vide il suo nuovo amico scomparire oltre la porta, si costrinse a raggiungere la propria classe. La prof aveva cominciato già a spiegare, e aveva già perso metà argomento che si sarebbe dovuto studiare sul libro, dato che non aveva legato con nessuno di loro. Prese posto accanto a Piero, che lo fissò con un misto di ammirazione e timore. La notizia che aveva pestato Colton in bagno aveva già fatto il giro di tutta la scuola, constatò con fastidio. Sarebbe stato da quel momento in poi, materiale da gossip. Non vedeva l'ora.
«Molto bene Altieri. Vedo che si é degnato di presentarsi a lezione».
Alex la fissó sorpreso.«Ero nell'ufficio della vicepreside»si scusò.
La prof lo fissó perplessa. Non ne era ancora messa a corrente di ciò che era successo, dato che quella era la sua prima ora di lezione. Bastò un sintetico resoconto da parte dei suoi compagni di classe, che la prof lo fissasse con un muto rimprovero sul volto. Lei era una delle poche che credesse nei miglioramenti (ma quali? , pensava Alex) di Colton. Per tutta la lezione, Alex sentì tutti gli sguardi puntati contro, compresi gli occhi della prof che dardeggiavano. Alex le ignorò tutte, e, forse grazie a un miracolo, riuscì a uscire quasi illeso da scuola.







Angolino dell'autrice:
Hola ^^
Eccomi qui con il passato 6 ^^
Abbiamo trovato un Alex ancora inconsapevole della sua natura, alle prese con i problemi che tutti noi possiamo avere(a me per fortuna non è successa una cosa simile come ad Alex, ma ad altri probabilmente si, ed è per questo che ho "dato" una lezione al caro Colton...spero non vi dispiaccia^^)
Dunque...il prossimo capitolo sarà ambientato nel "presente"...dove avremo una surprise XD
A presto ;)
Drachen

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Capitolo 12
*** capitolo 12 ***


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Capitolo 12


Karl
Karl era seduto davanti al suo pc ultratecnologico, come lo chiamava Sofia, collegato alla Playstation IV, intento a battere qualche sicario del gioco di Assassin Creed.
Da quando era tornato ad essere un ragazzino normale, non aveva smesso di sperimentare e inventare nuovi marchingegni.
Sentiva la mancanza d'azione, eppure che voleva farci? I Draghi avevano abbandonato la Terra, e di loro non era rimasto altro che le memorie in lui e i suoi amici.
All'improvviso sentí una strana forza attraversargli le membra, facendolo sussultare per la sorpresa.
Il joystick gli cadde di mano, atterrando con un sonoro tonfo.
Una breve risata famigliare irruppe nella sua mente.
"Ops. Scusa Karl. Avrei dovuto avvisarti del mio arrivo"si scusó la voce.
Karl rimase per un attimo shockato nel riconoscere quella voce.
«Aldibah?»sussurrò confuso.
Il drago ridacchió. "Vedo che ti sei dato da fare durante la mia assenza".
«Tu? Cosa? Come?» Tant'era la sorpresa, non gli permise di formulare una frase di senso compiuto.
"Tutto a tempo debito Karl. Adesso raggiungi i tuoi amici. Avete molto di cui discutere".
«Anche gli altri si sono manifestati?»
Vide nella sua testa Aldibah annuire.
"Si. C'é un pericolo imminente, a cui dovrete prestare la massima attenzione".

Fabio
"Maledetto" pensó per l'ennesima volta Fabio, tirando con violenza un calcio a una pigna che sfortunatamente si era trovata lungo il suo cammino.
"Chi si crede di essere?"
Il giorno prima, quel suo attaccamento alla sua Sofia, gliel'avevano reso subito antipatico. E poi c'era la somiglianza con Ratatoskr. Pur essendo trascorsi due anni dal suo assassinio, ancora non si dava pace per quello che aveva fatto. Certo, era un nemico, ma nulla toglieva che stava ancora male per quello. E ritrovarsi faccia a faccia con un volto che faceva emergere ricordi troppo duri da sopportare, era il culmine.
E come se non bastasse, Sofia non aveva capito il suo disagio e astio nei confronti di quel Alexander.
Rabbrividí. Anche il nome gli provocava una nota di disgusto.
Quando lo aveva visto a fianco a Sofia, aveva sentito dentro di sé ribollire la rabbia. E quando la ragazza si era accorta delle sue occhiate di fuoco, aveva pensato di provocarlo ancora di piú, prendendolo a braccetto come se nulla fosse.
Entró come una furia in casa e senza degnare d'uno sguardo nessuno, si chiuse nella propria camera, che era a finaco di quella di Sofia.
Già Sofia. In quel momento doveva essere in giro con quell'omuncolo.
Accese il pc, e come di routine andó sulla sua e-mail per vedere se era arrivato qualcosa.
Pubblicità. Pubblicità. Pubblicità. Le eliminó tutte e tre.
Poi dalla posta, passò a Facebook. Per essere un tipo solitario, aveva legato con quasi tutti i suoi compagni di classe che postavano di tutto di piú. Scorse con il mouse le notifiche senza interesse.
Poi gli venne un'idea.
Cliccó sulla sbarra e digitó:Alexander Altieri.
La pagina di Alex si aprí, ma con delusione vide che i contenuti potevano essere visualizzati solo dagli amici. Sorrise.
Conoscendo la password di Sofia poteva entrare nel suo profilo senza problemi.
Uscí dal suo account, per entrare con le credenziali della ragazza.
Finita l'operazione tornó sulla pagina di Alex.
Il profilo era pieno di foto di Benevento, molte delle quali ritraevano l'Hortus Conclusus, foto di libri appena comprati in libreria, e alcune di Alex in compagnia di un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi grigi. Scorse con il mouse un po' piú a fondo, finché non si bloccó sulla foto del Vesuvio in erruzione, come due anni prima quando il mondo era sotto il controllo di Nidhoggr. Lesse brevemente i commenti, dove un certo Paolo(il ragazzo ritratto nelle foto precedenti insieme ad Alex)si congratulava con l'amico per l'abilità con cui aveva usato Photoshop. Infatti era questa la scusa che aveva propilato il caro Alex a tutti. Poteva benissimo essere la verità, ma qualcosa nella mente di Fabio captava puzza di menzogna.
Salvó la foto sul suo pc, ed andó nella sezione:Informazioni.
Nulla di anormale.
Vive a:Benevento, poi Roma.
Nato il: 08/08...
"Bene, bene"pensó.
Stando a quello che c'era scritto aveva un anno in meno di Sofia, e due di lui. Questo chissà se gliel'aveva detto. Quante cose le stava tenendo nascoste? Uscí da Facebook.
Non aveva piú voglia di stalkerizzare quell'idiota che faceva il cascamorto con Sofia.
Fece per mettere la musica a tutto spiano, quando sentí un leggero tepore all'altezza della fronte e che poi si propagó in tutto il corpo.
Si alzò confuso e raggiunse il bagno barcollante. Subito si piazzò davanti allo specchio, e rimase di sasso. Il suo comunissimo neo che aveva al posto dell'occhio della mente, era ritornato ad essere tale, con sua grande sorpresa.
"Eltanin?"pensò su di giri.
E subito nella sua mente prese firma la figura di un drago maestoso dalle squame dorate.
Fabio percepì che la creatura gli stava sorridendo.
"É bello rivederti Fabio" .

Ewan
Ewan stava provando gli ultimi accordi di chitarra.
Se voleva passare le selezioni della scuola di musica che frequentava tre pomeriggi a settimana, doveva allenarsi. E quale momento era piú adatto della pausa dai compiti?
Strimbelló una canzone dei Muse e una dei Rolling Stones.
Si fermó quando sentí una strana energia attraversare le sue membra, la stessa che lo infiammava quando evocava un tornado, quando ancora era un Draconiano.
Non poteva essere...o si?
"Kuma?"pensò stupidamente, pur sapendo che il drago era scomparso ormai da due anni.
Non si aspettava risposta.
Ma... "Ewan".

Lidja
Lidja era seduta a gambe incrociate sul tappetino della sua camera, gli occhi chiusi.
L'abitudine di sedersi di fronte alla Gemma, era perdurata fino a quel momento. Anche se nessuna Gemma risplendeva davanti a lei, ma solo la luce della sua lampada da scrivania puntata sui compiti da fare. Ma quelli potevano aspettare.
In quel momento doveva avere la mente libera per poter pensare meglio. Era preoccupata per Sofia.
La sera prima, dopo che gli altri stavano andando a letto, l'aveva presa da parte per rivelarle il suo litigio con Fabio.
«Lidja, lui non si fida di me, capisci? Alex é solo un nuovo compagno, solo in una città nuova. Io volevo solo diventarle amica. Nulla piú»le aveva detto Sofia tra le lacrime.
Quello che pensava su Fabio non era cambiato nel corso di quei due anni. Lo aveva sempre reputato strano e dai modi bruschi. E un tantinello lunatico. Ma sapeva che teneva a Sofia, e che il suo comportamento era dettato dalla gelosia. A suo dire un po'esagerata. Ewan non era cosí morboso nei sui confronti, pur tenendo alla loro relazione.
"Lidja" Lidja sobbalzó alzandosi di scatto spaventata.
«Chi...chi é lá?»domandó con voce tremante alla stanza vuota.
Percepí che la voce cominció a ridacchiare. "Ma come? Tutti questi anni a condividere la mente e il corpo, e tu non mi riconosci?"
Lidja sentí salire le lacrime agli occhi, emozionata.
«Rastaban...»

Chloe
Chloe gettó un'occhiata impaziente all'orologio appeso in sala, dove si era appostata per studiare.
Aveva cominciato solo da un ora e già non ne poteva piú di quella grammatica russa. Chiuse gli occhi sospirando e lasciandosi andare sul divano su cui era comodamente spaparanzata.
I sensi di colpa la invasero prepotentemente. Se il prof Schlafen non aveva risolto i problemi burocratici e non li avesse fatto recuperare gli studi, avrebbero perso anni di scuola. Ma grazie alla loro buona volontà, e alla tenacia del prof che aveva fatto di tutto di più nella sua impresa, lei, come gli altri, era riuscita a entrare nella classe che avrebbero dovuto frequentare. E adesso non doveva tradire la sua fiducia e i suoi sforzi. Così con un sospiro rassegnato, riaprì il libro e cercò di concentrarsi al massimo.
"Chloe" sussurrò una voce nella sua testa.
La ragazza strizzó gli occhi confusa.
Se l'era immaginato, o l'aveva sentito davvero?
"Kuma?"
"Chloe cara, da quanto tempo?"

Chloe sentì gli occhi pizzicare dalle lacrime.
"Sei davvero tu? Non sei un sogno?"
"No Chloe, sono proprio io. Ma devo darti una cattiva notizia. Si tratta di Nidhoggr"

Ilenia
Erano poco piú che le due del pomeriggio quando Ilenia aprí gli occhi.
Sbatté le palpebre ancora assonnata, e recuperò dal comodino il termometro.
Fino alla sera prima aveva un bel 39,5°C, eppure adesso si sentiva meglio.
L'apparecchio della Pic segnó pochi secondi dopo il verdetto, un bel 36,7°C.
Ilenia scese dal letto scostando il piumone che l'aveva tenuta al caldo durante la malattia.
«Mamma!»urló, cercando di farsi sentire dalla donna in cucina, intenta a lavare i piatti del pranzo.
Fece irruzione nella stanza come un uragano, facendo trasalire sua madre, Paola. Era molto diversa dalla figlia con la sua carnagione olivastra, i capelli biondo stinto e gli occhi verdi, eppure nei suoi movimenti si vedeva che erano parenti.
«Ilenia, tesoro calmati. Hai la febbre, e se non ti rimetti a letto rischi di peggiorarele cose».
La ragazza sorrise mostrandole il termometro. «Sono guarita, vedi?»
Paola poggió il dorso della mano sulla fronte della figlia, trovandola fresca.
«Posso uscire?Ti pregoooo!!! Mando un messaggio a Sofia, cosí se é libera possiamo passare un po' di tempo insieme».
Paola alzó gli occhi al cielo, sapendo che non avrebbe potuto dissuadere la figlia dalla sua decisione.
«Tra due ore ti rivoglio a casa»capitoló infine.
Ilenia saltelló di gioia.
«Grazie, grazie, grazie!!»urló fuorí di sé, abbracciandola di slancio, per poi correre in camera sia a cambiarsi.
Infiló le prime cose che le capitarono a tiro, e si spazzoló alla ben meglio i suoi ricci ribelli. Mandó un messaggio a Sofia, per chiederle dove si trovasse.
La risposta dell'amica arrivò poco dopo. Diceva di trovarsi in Piazza Navona, e che le doveva dare una fantastica notizia. Ilenia sorrise. Doveva essere un'ottima cosa, per far andar in visibilio così Sofia.
Fece per lasciare la stanza, quando sentí la stessa forza benefica che le aveva fatto capire di essere guarita.
E nella sua mente lo vide, uguale a com'era due anni prima.
Sentí crescere l'emozione. «Non ci posso credere...»mormoró tra le lacrime che avevano cominciato a rigarle il viso.
«Sei tu? Sei davvero tu! Non sei un sogno?»
La figura nella sua mente annuí. "Si Ilenia, sono io" .
«Perchè mi hai abbandonato? Ho forse fatto qualcosa di sbagliato?»
La figura parve stupita. "É questo quello che hai pensato in tutto questo tempo? Oh, piccola Ile. Non é stata per colpa tua. Ero io che dovevo andarmene. Per la facceda di Nidhoggr".
«E adesso? Per quale motivo sei tornato?»
"Sei perspicace Ile, lo sei sempre stata. É una cosa che mi é sempre piaciuta di te. Sono venuto perché Nidhoggr...in verità il suo spirito é riuscito a evadere dalle prigioni. Promettimi che ti terrai fuori dai guai e che non rivelerai ad anima viva quello che sai".
«É quello che ho sempre fatto El...ma adesso mi stai spaventando».
"Non era mia intenzione. Ma qui, per le strade di Roma, si aggira un servo di Nidhoggr. E non vorrei che tu fossi la sua vittima".

Mattia
Mattia era comodamente sdraiato sul letto, le cuffie alle orecchie intento a navigare su Youtube.
Non si preoccupó neppure quando nella sua mente Tyl fece capolino.
"Ciao"mormoró silenziosamente il drago, intimorito.
Il ragazzo continuó come se nulla fosse quello che stava facendo.
"Senti"continuó il drago timidamente. "Non è colpa mia quello che è successo, lo sai. Non sono un Guardiano. Non avrei potuto difenderti da quello che..."
Mattia con uno scatto si alzó in piedi allontanandosi dal computer. «Ma che stai dicendo? Mi stai facendo notare che è tutta colpa mia se quella ragazza mi ha assoggettato, usato e abbandonato alla morte?»domandó urlando.
Il bussare alla porta lo destó oer un atmo dalla conversazione con Tyl.
«Mattia. Va...va tutto bene?»
Era sua nadre.
«Si, é tutto a posto»la rassicuró Mata sbrigativamente.
«Sicuro? Stavi parlando da solo»continuó la donna preoccupata sempre dall'altra parte della porta.
Ecco. Preso per matto da parte della madre. Gli mancava.
«Non è vero»protestó il ragazzo.
Fece per rifilarle la scusa che stava parlando al cellulare, ma la madre lo richiamò nuovamente.
«C'è Karl al telefono. Vuoi che gli dica di richiamarti più tardi?»
«No mamma. È tutto a posto. Arrivo subito».
"Mattia, mi…" cercò di spiegarsi Tyl, ma Mattia troncò il discorso sul nascere.
«No. Non voglio sentire le tue scuse. Non potrai cambiare ciò che è successo». Abbassò lo sguardo.«Quello che hai permesso che accadesse»aggiunse d'un soffio.
Ma Tyl non demorse.
"Almeno sta attento. Qui a Roma…c'è un servo di Nidhoggr".




Angolino dell'autrice in perenne ritardo ^^"
Ciao a tutti :)
Chiedo perdono per il ritardo ma tra lo studio per gli esami e la scarsa ispirazione ho impiegato secoli ad aggiornare ^^"
Che ne dite?
Vi sono piaciute le "novità" del capitolo? XD
Ringrazio che malgrado i ritardi colossali continua a seguire questa storia :)


Drachen

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