Per Sempre Noi

di IceQueenJ
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 ***
Capitolo 2: *** Chapter 2 ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 ***
Capitolo 4: *** Chapter 4 ***
Capitolo 5: *** Chapter 5 ***
Capitolo 6: *** Chapter 6 ***
Capitolo 7: *** Chapter 7 ***
Capitolo 8: *** Chapter 8 ***
Capitolo 9: *** Chapter 9 ***
Capitolo 10: *** Chapter 10 ***
Capitolo 11: *** Chapter 11 ***
Capitolo 12: *** Chapter 12 ***
Capitolo 13: *** Chapter 13 ***
Capitolo 14: *** Chapter 14 ***
Capitolo 15: *** Chapter 15 ***
Capitolo 16: *** Chapter 16 ***
Capitolo 17: *** Chapter 17 ***
Capitolo 18: *** Chapter 18 ***
Capitolo 19: *** Chapter 19 ***
Capitolo 20: *** Chapter 20 ***
Capitolo 21: *** Chapter 21 ***
Capitolo 22: *** Chapter 22 ***
Capitolo 23: *** Chapter 23 ***
Capitolo 24: *** Chapter 24 ***
Capitolo 25: *** Chapter 25 ***
Capitolo 26: *** Chapter 26 ***
Capitolo 27: *** Chapter 27 ***
Capitolo 28: *** Chapter 28 ***
Capitolo 29: *** Chapter 29 ***
Capitolo 30: *** Chapter 30 ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 ***


Salve a tutti, mi presento: sono Ally ed è la prima storia che pubblico su EFP. Spero che la storia sia all'altezza delle vostre aspettative. E' una storia romantica, senza il triangolo Edward/Bella/Jacob. Innanzitutto, volevo dirvi che aggiornerò la storia una volta a settimana: il giorno che ho scelto è il sabato.
La storia è nata per caso, in un giorno in cui, non avendo da studiare per l'università, ho inziato a buttare giù qualche pensiero. Spero di riuscire a fare il banner della storia in questi giorni. Un bacione, ci leggiamo sotto.

Ah dimenticavo: nella storia ho usato il corsivo per i flashback e per i pensieri dei personaggi. La storia sarà raccontata sia dal punto di vista di Bella che da quello di Edward.


Capitolo 1: Memories

Pov Bella


Italia, Pisa, Aeroporto di Pisa – San Giusto (Galileo Galilei), 11 luglio 2014, ore 13:00
È passato tanto tempo dall’ultima volta che sono stata negli Stati Uniti, e più precisamente a Forks, la mia città natale. Questa piccola cittadina, che è anche nota in tutto il mondo per essere la più piovosa città d’America, a me manca terribilmente. Certo, non amo la pioggia e il freddo, ma c’è qualcosa che mi lega inequivocabilmente a lei, qualcosa che mi attrae profondamente.
Sono andata via da Forks con i miei genitori, Charlie e Renee, quando avevo solamente tre anni. L’azienda per cui lavorava mia madre l’aveva trasferita in Italia. Papà, invece, era un poliziotto, quindi non avrebbe fatto fatica a trovare un nuovo impiego.
La città in cui ci trasferimmo era Volterra, Toscana.
All’inizio mi dispiacque molto, soprattutto perché avevo dovuto lasciare i miei migliori amici, Edward e Alice Cullen, i cui genitori erano anche amici di famiglia. Edward e Alice avevano anche un altro fratello, Emmett, che però era molto più grande di noi. Io e Alice avevamo la stessa età, mentre Edward era di un anno più grande. Spesso, noi tre passavamo il tempo anche con un altro bambino, Jasper, amico di scuola di Edward. Tutti dicevano che formavamo proprio un bel quartetto e pensate, eravamo persino arrivati a fidanzarci, io con Edward e Alice con Jasper. Ho anche un cugino più grande di me, che ha l’età di Emmett, Christian. Viveva a Seattle, ma ci vedevamo comunque spessissimo.
Oggi il mio “cuginone” è diventato uno degli uomini più ricchi e famosi degli Stati Uniti: è un discografico famosissimo.
Crescendo, però, iniziammo a sentirci sempre più raramente.
Si sa, gli interessi cambiano, si cresce. C’incontravamo solo quando facevo visita a Christian, il che succedeva molto di rado. Era comunque bello rivederli tutti, soprattutto Edward, con cui condividevo tutti i miei segreti. Passavamo ore intere a parlare, senza stancarci mai.
Ricorderò per sempre, invece, il giorno in cui ci siamo rincontrati.

Italia, Volterra, 25 marzo 2012
Christian venne a farmi visita in Italia e con mia grande sorpresa aveva portato con sé Edward, Alice, Jasper ed Emmett con la sua ragazza Rosalie.
In quel periodo stavo con Emanuele, il mio primo ragazzo, una delle prime persone che ho conosciuto quando sono arrivata in Italia e con cui sono cresciuta. È stato prima mio amico e poi, alla fine del terzo anno di liceo è diventato anche il mio ragazzo.
Il mio mondo ruotava intorno a lui, ma non avrebbe mai potuto sostituire Edward o Alice, loro erano intoccabili.
Non era un tipo geloso, ma conoscevo la sua gelosia nei confronti di Edward, poiché spesso e volentieri parlavo di lui e di quanto mi mancasse il mio amico di giochi.
Ero appena tornata da scuola e Manu era venuto a casa mia a farmi compagnia. Era uscito a comprare delle cose ed io preparavo qualcosa da mangiare per entrambi.
Suonarono al citofono ed io, pensando che fosse lui, aprii.
Quando aprii la porta, però, ebbi una bellissima sorpresa.
Li trovai tutti lì: Christian, Edward … erano tutti davanti a me.
I miei amici erano cambiati tantissimo, così come me.
Ci bastarono, però, solamente cinque minuti per ritrovare la sintonia dei tempi passati. Mi erano mancati tutti tantissimo. Ero così felice che non gli diedi neanche il tempo di mettere piede in casa e lo soffocai in un abbraccio. Alla fine, piangevamo entrambi come dei bambini.
Poi fu la volta di Alice da cui non riuscivo più a staccarmi, e lo stesso sembrava succedere a lei.
Salutai Jasper ed Emmett, che mi presentò anche la sua fidanzata Rosalie, sorella maggiore di Jasper. Alice mi disse che lei e Jasper stavano insieme da un po’.
L’ultimo a salutarmi fu Edward, rimasto in disparte fino a quel momento.
Guardando come mi sorrideva e come gli luccicavano gli occhi, capii che anche a lui ero mancata allo stesso modo in cui lui era mancato a me.
Mi era mancato più di tutti, avevamo avuto sempre un rapporto speciale.
Per la gioia del momento, Edward mi aveva stretto molto a sé e mi stava facendo girare in tondo. Quando mi mise giù, continuammo ad abbracciarci ed io non riuscii più a trattenermi dal dirgli “Mi sei mancato tantissimo”, ma lui evidentemente ne fu felice, perché mi rispose “Anche tu piccola, anche tu”.
“Oh Eddy, ancora con quel nomignolo? Adesso non sono poi così piccola!”, gli feci notare.
“E tu ancora mi chiami Eddy? Tu e mia sorella proprio non volete imparare il mio nome intero?”. Scoppiai a ridere, seguita a ruota da tutti.
Poi ci fu silenzio e quando alzai lo sguardo, il sorriso che avevo in volto svanì, perché Manu aveva visto tutto e aveva frainteso.
Sciolsi l’abbraccio e non feci neanche in tempo che era già partito in quarta. Stava per dargli un pugno quando io mi misi davanti ad Edward e lo fermai.
Non era un tipo violento, ma quando si trattava di me, partiva sempre in quarta, anche se a volte non ce n’era proprio il motivo.
Iniziò a urlare cose senza senso e questo mi spaventò molto. Cercai di spiegargli com’erano andate le cose e finalmente si calmò.
Christian strinse i pugni come a volersi trattenere e capii cosa stava pensando.
A Christian non era mai piaciuto.

Dopo quella volta anche Edward e gli altri lo odiarono. Non capivo perché, ma a me non importava. Io lo amavo e pensavo di sapere tutto di lui.
Dopo due anni insieme, ci lasciammo.
Nell’ultimo periodo aveva uno strano comportamento.
All’inizio pensai che fosse una crisi momentanea e non volevo rovinare una storia di due anni per le mie “paranoie” o almeno così le chiamavano le mie amiche e mia madre. Poi scoprii che forse avrei dovuto seguire le mie “paranoie”, perché lui poco tempo dopo tradì la mia fiducia e anch’io iniziai ad allontanarmi da lui.
Tutto sommato era un tipo preciso e non dimenticava mai nulla e, cosa meno importante, mi mentiva. Fu proprio quando scoprii una delle sue bugie che iniziai a non fidarmi più di lui. Lo avevo scoperto per caso, grazie a delle foto pubblicate su Facebook.
Non pensavo potesse arrivare a tanto, ma quella bugia mi ferì più di tutto il resto.
Sapeva che la cosa che più odiavo erano le bugie.
Sapevamo entrambi che il nostro rapporto era finito da qualche mese almeno, ma nessuno dei due riusciva a mettere fine a quella storia che era stata tanto importante. Non era cambiato soltanto lui in quei mesi.
A causa del suo comportamento, inevitabilmente, ero cambiata anch’io.
Cosa principale: i miei sentimenti per lui erano cambiati e neanche me n’ero resa conto.
Dopo la rottura eravamo riusciti a recuperare almeno il recuperabile: l’amicizia di una vita. I nostri amici dicevano che alla fine saremmo tornati insieme e anch’io ci credevo, ma dopo qualche tempo mi accorsi che non era così. Non provavo più nulla per lui.
Dopo cinque mesi si mise con una ragazza e mentre chiacchierava con un amico in comune, distrusse tutto, dicendo cose orribili su di me, senza un motivo apparente. Io non riuscii a sopportarlo e non volli più vederlo, anche se lui aveva provato a parlarmi più volte.
Era proprio vero che a volte le parole facevano più male dei gesti.

E adesso, mentre ripenso a tutto questo, mi ritrovo a scappare (se scappare si può definire) da Volterra.
Sento che Volterra non è più casa mia, o forse non lo è mai stata.
Mi sono sempre sentita fuori posto.
Sono in aereo in direzione Seattle.
Sto andando da mio cugino Christian e dai miei amici che non vedo da sei mesi circa.
La scusa che ho dato a tutti è che non riesco a vederlo con un’altra.
Io, però, so che è una bugia.
“Il tempo guarisce tutto, anche le ferite più profonde”, ho detto agli amici più cari prima della partenza, ‘anche se le mie sono tutte guarite’, ho poi aggiunto mentalmente.
Solo io conosco il vero motivo della mia partenza.
Nessuno, neanche i miei genitori o Christian, che è l’unico a sapere del mio arrivo negli Stati Uniti, sono riusciti a capire il perché di questa decisione.
Sapete cosa dicono “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, ed è quello che sto facendo io”, ho aggiunto poi.
Sto scappando alla ricerca di qualcosa, o qualcuno. Forse sto semplicemente cercando di ritrovare la vera me stessa.
So cosa voglio: essere di nuovo io e non essere la persona che Manu e gli altri volevano fossi. Sono consapevole di essere cambiata per adattarmi a loro, ma adesso ne ho abbastanza.
Allora perché non farlo con i miei migliori amici?
Ormai non ho più nulla che mi tenga legata all’Italia, a parte i miei genitori e, forse, qualche amico.
L’estate è iniziata da un mese e ho terminato anche il liceo.
L’esame di maturità è andato e mi aspetta una nuova vita.
Tutto sommato mi godrò questa vacanza negli Stati Uniti, e poi, forse, tornerò in Italia per iniziare l’università, ma potrei iniziarla anche a Seattle.
Quello che non sapevo era che questo viaggio mi avrebbe cambiato la vita.
Avrei scoperto cose di cui non ero a conoscenza … Avrei ricordato cose che non ricordavo più … Avrei scoperto una nuova me stessa … Avrei scoperto di amare qualcuno che non sapevo di amare … E la mia vita sarebbe cambiata.
Per Sempre.


Spero che il capitolo vi sia piaciuto. So che non è niente di che, ma la storia entra nel vivo a partire dal 2° capitolo. Questo capitolo rappresenta una specie di prologo. Vi ricordo che il prossimo capitolo sarà pubblicato sabato 3 maggio. Un bacione e a presto!

NOTE DELL'AUTRICE: Non spaventatevi, il nuovo personaggio, è il cugino di Bella, Christian.

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Capitolo 2
*** Chapter 2 ***


Ecco il 2° capitolo della storia. Lo so, ho pubblicato un pò in ritardo, ma non mi sono accorta del tempo che passava mentre studiavo. E' un altro pov Bella. I pensieri di Edward arriveranno tra due o tre capitoli. La storia l'ho scritta quasi tutta, quindi posso darvi delle anticipazione, se le volete xD
Beh, a parte questo, volevo dirvi che questi primi capitoli sono brevi. Non so perchè, visto che io sono mooolto molto prolissa. Sono usciti così e non ho voluto modificarli. Piccolo spoiler: Il flashback presente in questo capitolo sarà importantissimo per lo sviluppo della storia.

Ringrazio per la recensione del primo capitolo e se avete problemi con la lettura della storia, scrivetemelo e troverò il modo di risolvere il vostro problema. Spero vi piaccia il banner che ho creato per la storia.

Capitolo 2: Welcome home, Bells

Pov Bella


Stati Uniti, New York City, JFK International Airport, 11 luglio 2014, ore 16:00
Dopo essere partita da Pisa all’una del pomeriggio dell’11 luglio, atterrai a New York City che erano appena le quattro del pomeriggio dello stesso giorno.
Il fuso orario mi stava già facendo impazzire.
Il mio viaggio, però, non era ancora terminato.
Mentre mi accomodavo su una comoda poltroncina della sala d’attesa del JFK di New York City, calcolai velocemente le ore di differenza tra New York e Seattle, la mia meta.
Mancava un’ora al volo che da New York mi avrebbe portato a Seattle, dove arriverò con tre ore di anticipo.
Certo, anticipo per modo di dire.
Mi alzai dalla poltroncina, nove ore di aereo seduta iniziavano a farsi sentire.
Passeggiai per i negozi dell’aeroporto senza trovare nulla che mi attraesse, fin quando trovai una libreria: proprio quello che faceva al mio caso. Acquistai il nuovo libro di Glenn Cooper, “Il calice della vita” (Nota d’autore: il libro è già stato pubblicato anche in Italia, ma passatemela), che in Italia non era ancora stato pubblicato e uscii, diretta di nuovo in sala d’attesa.
Dopo aver fatto una chiamata a Christian per rassicurarlo sul fatto che fossi sul suolo americano, sana e salva, sentii chiamare il mio volo e mi affrettai ad avvicinarmi all’entrata del gate.
Mi accomodai sui comodissimi sedili della prima classe e chiusi gli occhi.

Stati Uniti, Seattle, Sea-Tac Airport, 11 luglio 2014, ore 21:00
Atterrai a Seattle molto tardi per il mio orologio biologico regolato ancora sull’orario di Greenwich, molto presto per la movimentata città americana, che a quell’ora, era nel pieno della sua attività.
Ho sempre amato questa città, che detta anche Emerald City (Città Di Smeraldo), mi ha sempre affascinata.
Ricordo ancora che, da piccola, quando andavo a casa di Christian, restavo sempre affascinata dallo Space Needle e che chiedevo sempre a Christian o a mio padre di andarci per ammirare il panorama.
Mi sono sempre piaciuti i panorami.
La guardia della dogana mi strappò ai ricordi.
Dopo aver controllato i miei documenti e aver notato che ero nata a Seattle, fu molto più cordiale con me.
“Bentornata a Seattle, signorina”.
Mi sorrise.
Ricambiai il sorriso.
“Ha bisogno di aiuto? È sola?”.
“Sì sono sola e, no grazie, c’è mio fratello che mi aspetta fuori, si occuperà lui di me”.
Gli sorrisi di nuovo e mi apprestai a ritirare i miei bagagli.
Solo Christian era a conoscenza del mio arrivo.
Agli altri avrei fatto una sorpresa l’indomani, dopo un meritatissimo riposo.
Da quando ci siamo ritrovati due anni prima, sono cambiate molte cose anche per loro: Christian ha finalmente una ragazza, Josephine (iniziavo a pensare fosse gay ed io voglio dei nipotini, tanti nipotini), Emmett e Rosalie si sono sposati e adesso hanno un bellissimo bimbo, il piccolo Thomas, Jazz e Alice stanno ancora insieme e Edward, beh … è quello che è cambiato più di tutti, ma è anche quello che ho sentito di meno.
Un po’ mi è dispiaciuto.
Ho creduto di poter avere con lui lo stesso rapporto di prima, ma mi sono sbagliata e probabilmente, la vicinanza renderà tutto più facile e chiarirà anche le cose.
A detta di Alice, ha misteriosamente messo la testa a posto.
Fino a due anni prima era un dongiovanni, ma poi tornato da quel viaggio in Italia non ha più avuto una ragazza e Alice sospettava e tutt’ora sospetta che questo cambiamento abbia qualcosa a che fare con me. Continua a ripetermi da più di un anno che siamo perfetti insieme e che, secondo lei, finiremo con il metterci insieme.
Alice è fatta così … è sempre la solita esasperante, pazza Alice ed io la adoro per questo.
Sorrisi al pensiero dei loro volti.
Uscita dal ritiro bagagli, mi misi alla ricerca di Christian o della sua guardia del corpo, fin quando notai un uomo alto, con il mio stesso colore di capelli, nascosto dietro un cartello con il mio nome scritto sopra.
Lessi: “Miss Isabella Swan”.
Anche questo mi fece ridere e pensai ‘Christian e le sue strambe idee’.
Mi avvicinai all’uomo che, mentre abbassava il cartello, mi sorrise e che, come immaginavo, era lui. “Christian”, sussurrai.
“Cuginetta”, disse lui in risposta.
Ci abbracciammo e insistette per prendermi i bagagli.
L’uscita dall’aeroporto non fu per niente facile: uno stuolo di paparazzi ci assediava.
Christian, come tutte le persone importanti, ne era perseguitato.
Avranno sicuramente fotografato il nostro abbraccio e di sicuro mi faranno passare per la sua amante o chissà chi.
Quando arrivammo nel suo appartamento la sorpresa, però, la ebbi io.
Erano tutti lì: Alice e Jasper, Emmett e Rosalie con il piccolo Thomas, la ragazza di Christian, Carlisle ed Esme. Notai con dispiacere che mancava Edward.
‘Di sicuro si sta divertendo con qualche ragazza pompon della sua squadra’, pensai tristemente.
‘Meno male che ha messo la testa a posto’, pensai gelosa.
Che poi di cosa sono gelosa? Non è nemmeno il mio ragazzo.
O forse, conosco il motivo.

Stati Uniti, Forks, 22 dicembre 2013
I miei genitori ed io eravamo partiti per gli Stati Uniti per trascorrere le vacanze natalizie con tutta la famiglia.
La sera precedente, Alice mi aveva chiesto di restare a dormire a casa sua, così da poter fare il pigiama party che da bambine abbiamo tanto sognato ed io, come al solito, mi sono lasciata coinvolgere dal suo entusiasmo.
Non riesco mai a dirle no.
Siamo delle bambine un po’ cresciute, ma questo non importa.
Andai nella sua stanza ad aspettarla e a posare le mie cose.
Qualcosa mi diceva che, quella sera, la mia amica si sarebbe divertita un mondo, io un po’ meno. I miei sospetti divennero realtà quando si presentò con delle cose strane tra le mani.
Iniziai a lamentarmi, ma nessuna delle mie lamentele ebbe l’effetto sperato. Per quanto continuassi a lamentarmi e a dirle che non avevo alcuna intenzione di farmi trattare come “Barbie-cavia-da-laboratorio”, lei continuò imperterrita.
Quella sera eravamo sole in casa, Carlisle ed Esme erano a cena da Emmett e Edward aveva una partita. Mentre era intenta a mettersi lo smalto, Alice, per l’ennesima volta, mi ripeté che Edward era innamorato di me.
Quando iniziai a protestare, mi zittì raccontandomi il perché.
Una sera, mentre era con lui nella sua stanza, il suo occhio cadde su un libro sulla sua scrivania al cui interno era posta come segnalibro una foto. Appena Edward se ne accorse, glielo strappò dalle mani, arrabbiandosi.
Alice si chiese con chi era in quella foto e perché quel libro era così importante per lui. Della foto era riuscita a intravedere solamente il volto di una ragazza che mi somigliava.
Accortasi di aver attirato la mia attenzione, Alice mi trascinò nella stanza di Edward e mi lasciò sola con il libro tra le mani. Prima di uscire dalla stanza, alle mie proteste, rispose che Edward non si sarebbe mai arrabbiato con me.
Nonostante questa consapevolezza, restai a fissare indecisa il libro, perché mi sembrava di invadere la sua privacy. Devo ammettere che mi arrabbiai un po’ nello scoprire che Edward aveva un segreto con me, la persona cui ha sempre confidato tutto, anche se c’era un oceano a dividerci, e che magari aveva una ragazza di cui non mi aveva mai parlato.
Sentii una strana fitta al cuore, cui non diedi peso, nel pensare a Edward con un’altra.
Mi rigirai quel libro tra le mani per un po’, fin quando mi resi conto che quel libro aveva qualcosa di familiare.
Era la mia vecchia copia di Romeo e Giulietta. Quel libro che avevo cercato per tanto tempo e che adesso avevo finalmente ritrovato.
Come fa ad averlo lui?
Come mai ne è tanto geloso?
In fondo, lui non ama Shakespeare e mi ha sempre presa in giro.
Lo aprii nel punto in cui c’era la foto e la rabbia sparì quando mi accorsi che i protagonisti della foto eravamo noi due.
La foto era stata scattata qualche mese prima, al mio compleanno, quando lui e Christian erano venuti a farmi visita a Volterra.
L’ho cercata per tanto tempo e mai avrei pensato che l’avesse portata con sé.
Accanto a quella, aveva incollato una foto di quando eravamo piccoli.
Quando girai la foto, notai una dedica: “Like The First Time, Forever”.
Un sorriso mi apparve sulle labbra.
Rimisi le foto al loro posto e chiusi il libro.
Mentre lo posavo, però, un foglio cadde dal libro.
Lo raccolsi.
Era una lettera.
Una lettera indirizzata a me.
Una lettera mai spedita.

Alice mi riportò alla realtà abbracciandomi.
Sospirai di sollievo, quando, dopo lo stupore generale per il mio arrivo, mi disse che Edward era a casa con la febbre.
A quanto pareva Christian non aveva detto a nessuno del mio arrivo e aveva organizzato una doppia festa a sorpresa.
Alice mi disse che se Ed avesse saputo che la sorpresa ero io, si sarebbe precipitato anche in fin di vita e per fortuna non tirò fuori il suo argomento preferito.
Le parole della lettera che avevo letto quasi un anno prima tornarono a tormentarmi.
Il ricordo è ancora vivo in me.
La serata passò tranquilla e gli altri promisero di non dire nulla a Edward riguardo al mio arrivo, così l’indomani avrei potuto fargli una sorpresa.


Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento, ci vediamo sabato prossimo.

Un bacio, Ally.

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Capitolo 3
*** Chapter 3 ***


Eccomi qui con il 3° capitolo della storia. Chissà cosa ci riserverà questo capitolo, che però, come gli altri due è solo di passaggio. La storia entrerà nel vivo solo dal prossimo capitolo.

E' ancora un pov Bella. Non arrabbiatevi! La storia si sta sviluppando ed è giusto che a raccontarla sia Bella, anche perchè all'inzio avevo intenzione di scriverla solo da parte sua. E' ancora breve come capitolo, e ancora non capisco cosa mi sia preso, perchè ripeto, sono molto prolissa.

Ringrazio per la recensione dello scorso capitolo e mi farebbe piacere ricevere molte più recensioni, soprattutto se sono delle critiche. Dal mio punto di vista, ritengo che sia sempre bello migliorarsi, quindi, se avete qualcosa da dire, sono qua! xD

Ah, ci tenevo a precisare che Christian, il cugino di Bella, non è il Christian Grey della trilogia di cinquanta sfumature, come mi ha detto un'amica quando ha letto questi primi capitoli. E' stato facile per me creare un cugino per Bella e renderli uniti, perchè so cosa vuol dire. Avevo un cugino che si chiamava Christian e avevamo lo stesso rapporto che hanno Bella e suo cugino. Ho voluto fargli un omaggio, anche se so che lui non leggerà mai questa storia. Quindi se qualcuno l'ha pensato, adesso ho chiarito questa cosa.

In questa storia, c'è molto di me, della mia vita, del mio passato. Avrete notato che la "mia" Bella non è come quella di zia Steph. In questa Bella c'è molto di me, del mio carattere, delle mie passioni. Anche la storia che Bella si lascia alle spalle, è la mia storia, che come quella di Bella è archiviata, ma che non ho potuto fare a meno di inserire, perchè quando ho inziato a scrivere, io e il mio ormai ex-ragazzo ci eravamo appena lasciati.

Bene, non ho più nulla da dire. Ci tenevo a chiarire queste cose, anche se non so a chi di voi possa interessare la mia vita. Io, però, questa piccola parentesi sulla mia vita privata l'ho sentita necessaria, perchè quando ho iniziato a scrivere questa storia, che ha risentito del mio stato d'animo, avevo bisogno di uno sfogo e di un modo per fuggire alla realtà che in quel momento mi faceva stare male.

Detto questo, visto che non voglio scocciarvi di più e farvi passare la voglia di leggere il capitolo, vi lascio e ci leggiamo sotto.

Buona lettura, Ally!

Capitolo 3: Surprise

Pov Bella


Il giorno dopo mi svegliai esausta.
Le ore di fuso orario mi avevano letteralmente distrutto e confuso e notai di essermi svegliata in pieno pomeriggio.
Quante ore ho dormito?
Accidenti al fuso orario!
A casa di Christian non c’è nessuno.
Sono tutti a lavoro, ovvio.
Devo trovarmi anch’io qualcosa da fare. Magari farò prima un giro turistico e poi mi cercherò un bel lavoro, ma dovrò comunque parlarne con Christian e qualcosa mi dice che sarà una lunga e difficile chiacchierata. Sono sicura che Christian, ricco com’è, non mi permetterà di fare niente, mi dirà che posso chiedergli qualsiasi cosa voglio e finiremo per litigare.
Uscita dalla mia stanza, mi diressi in cucina, dove trovai solo la domestica che, dopo avermi chiesto cosa volessi mangiare, mi comunicò che mi aveva cercato il signor Cullen.
“Quale dei due?”.
“Emmett, signorina Swan”.
“Grazie e mi chiami Bella o Isabella e mi dia del tu, signora …”, feci una pausa per sapere il suo nome o cognome.
L’ultima volta che sono stata a Seattle, Christian aveva un’altra domestica.
Mi accigliai, pensando che Christian cambiava domestica molto più velocemente di quanto cambiava il tempo.
“Il mio nome è Elena Bolton e proverò a chiamarla … chiamarti Bella”.
Mi sorrise amorevolmente ed io ricambiai, poi andai nello studio di Christian per chiamare Emmett. “Pronto Christian?” , disse lui dall’altro lato.
“Ciao Emm, sono io, Bella. Mi è stato detto che volevi parlare con me”.
“Oh ciao bella dormigliona. Volevo chiederti un piccolo favore. Ed stasera ha una partita e quindi torna tardi e non può badare a Thomas, per caso verresti qua a dargli un’occhiata? Io e Rose dobbiamo partire urgentemente perché una sua amica non sta molto bene, torneremo in un paio di giorni. Di solito resta Edward, ma stasera davvero non può”.
“Certo Emm, non c’è alcun problema, ma Ed non era malato? Comunque, anche per i prossimi giorni posso restare io, non ho molto da fare qui”.
“Sì, aveva la febbre, ma a quanto pare gli è passata. Allora ci vediamo stasera per le otto a casa mia? Christian sa dove vivo, fatti accompagnare da lui, un bacio”.
“A dopo!”.
Mentre aspettavo Christian, decisi di andare a farmi un bel bagno rilassante.
Preparai tutto l’occorrente e una volta dentro, chiusi gli occhi.

Tornato Christian, chiacchierammo un po’ mentre aspettavamo l’arrivo di Josephine per cena. “Finalmente vedo un po’ di colore sulle tue guance, l’aria di casa ti fa proprio bene, piccola. Mi ha detto Emm che stasera vai a badare al piccolino. Sai … è passato in ufficio per chiedermi se andava bene, ma io gli ho detto che avrebbe dovuto parlarne con te. Inoltre … sono felice che tu sia qui, adesso mi prenderò cura di te. Non che i tuoi genitori non lo sappiano fare, sia chiaro, ma ho sempre saputo che l’Italia non era il posto adatto a te. Il tuo posto è qui con me, Edward e tutti gli altri. Sarai felice qui, vedrai” e mi abbracciò.
“Anch’io sono felice di essere qui”.
“Oh tesoro, sono contento e ieri sera non hai visto nulla. Vedrai cosa ti aspetta oggi, ehm … stasera”, rise.
“Christian? Cos’avete architettato tu ed Emm? Oh ti prego, dimmelo”.
“No cara, non ti dirò nulla, è una sorpresa. Sai ogni tanto il destino ha bisogno di una mano”.
E dopo aver detto questo, se ne andò nel suo studio ridendo, lasciandomi sola in salotto a guardarlo male.
“Non cambierete mai voi due”, urlai, sicura che mi avesse sentito.

Dopo cena Christian e Jo mi accompagnarono a Forks a casa di Emmett e Rose, che non era molto distante dall’abitazione di Carlisle ed Esme.
Thomas non aveva ancora cenato e quando arrivai, era attento a guardare i cartoni alla tv.
Ha solamente un anno ma è piuttosto intelligente per la sua età.
Mi ha visto solo una volta, qualche mese dopo la sua nascita, eppure ricorda chi sono.
È molto affettuoso, anche se a detta dei genitori è un grande combina guai, un po’ come Edward ed Emmett da piccoli.
Non parla molto bene, ma riesce comunque a farsi capire.
Non appena tutti andarono via, il piccolo mi disse che aveva fame e così andai a preparargli la cena. “Tia ma allola tasela tio Eddy non vene? Neanche a dolmile? Pelché io con lui mi divelto tanto, lui mi lacconta tante tolie belle che mi fanno lidele tanto tanto”, mi chiese Tommy quando andai a prenderlo in salotto per lavare le mani.
“Eh no tesoro, penso che non ce la faccia a venire. Ti prometto una cosa, però, domani andremo a casa dei nonni e gli faremo noi una sorpresa che ne dici? E facciamo anche una bella torta appena ti svegli”. Detto questo, mi fece subito un sorriso a trentadue denti.
È evidente che è molto affezionato a suo zio e che Ed sa come farsi amare dai bambini.
Certo, gli faremo proprio una bella sorpresa domani.
Non vedo l’ora di abbracciarlo.

Cenammo in tranquillità, con Thomas che mi raccontava tutto quello che mi sono persa.
Risi tantissimo quando mi raccontò che una volta aveva dovuto difendere la sua fidanzatina dell’asilo dagli altri maschietti, ma che poi Rose lo aveva messo in punizione per averli picchiati.
Quando finimmo, mi chiese di guardare un po’ di cartoni, facendomi degli occhioni cui non riuscii a resistere.
A un certo punto del cartone, si addormentò tra le mie braccia e così lo portai nella sua cameretta.
Dopo aver spento la luce della sua stanza, mi sentii chiamare.
“Tia Bella, tia Bella, mi dai il bacino della buonanotte? E te faccio un blutto togno, poi vieni a coccolalmi? Mammina lo fa temple”, disse strofinandosi gli occhietti stanchi.
“Certo piccolo, basta che mi chiami ed io corro subito da te a mandare via i brutti sogni”. “D’accoldo”, disse triste continuando a guardarmi con i suoi grandi occhioni azzurri.
“Non riesci proprio a dormire eh? Facciamo così, inventiamo una parolina magica che i mostri cattivi non conoscono e tu appena fai brutti sogni la dici e mi troverai qui. Che parolina vuoi scegliere? Però parla a voce bassa così loro non possono sentirci”, dissi facendogli segno di abbassare la voce.
“Mmm … tia che ne diti di Bambi? È il nome di un animale di un caltone che mi piace tanto tanto e i motli non lo tanno chi è”, disse sottovoce. “Ah tia, domani lo vedlemo, velo?”.
“Certo tesoro. Allora vada per Bambi”, dissi sottovoce anch’io. “Buonanotte ometto” e gli diedi il bacio della buonanotte.
Mentre mi dirigevo verso la stanza che Rose mi aveva indicato, pensai a quando sarebbe stato divertente il weekend con quel bimbo.
Dopo essermi lavata e sistemata per andare a letto controllai che tutto fosse in ordine e mi misi a letto.
Caddi subito in un sonno profondo (il fuso orario mi ha davvero sfinito), fin quando un rumore mi svegliò.
Aprii gli occhi e vidi una figura sulla soglia della porta.
“Bella, tu che ci fai qui?”, disse Edward sorpreso.
Io non riuscii a fare altro che guardarlo sorpresa con la bocca che formava una “O” perfetta.


Bene, ecco il capitolo. Come vi è sembrato? Edward ha finalmente fatto la sua apparizione, anche se solo con una frase. Il prossimo capitolo, sarà un pov Edward e potremo quindi scoprire i suoi pensieri.

A sabato prossimo!!!

Un bacio!!!

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Capitolo 4
*** Chapter 4 ***


Bene bene, eccomi di nuovo qui, dopo una settimana esatta, con il nuovo capitolo della storia.

Come vi avevo anticipato è un Pov Edward e quindi, finalmente, potremo conoscere i pensieri di Edward.

Vi anticipo già, che non succederà nulla di particolare, ma non voglio dirvi altro.

Ah, quasi dimenticavo. So che l'ho già detto all'inizio della storia, ma lo ripeto. Ho usato il corsivo per i pensieri dei personaggio, per i flashback e per le telefonate.

Vorrei ringraziare le due persone che hanno recensito lo scorso capitolo, le quattro persone che hanno messo la storia nei preferiti, le due persone che l'hanno inserita nelle "da ricordare" e i 27 "seguito". Grazie mille di cuore!!!

Buona lettura, Ally!!!


Capitolo 4: Incontri

Pov Edward


Sono stati due giorni davvero stressanti, ieri la febbre, oggi la partita.
Sono K.O.
Salutai tutti e andai verso la mia auto.
Stasera non ho alcuna intenzione di andare con loro a festeggiare in uno dei tanti club in cui qualcuno che non conosco ci ha.
In realtà, è tanto tempo che non ho voglia di farlo.
Esattamente da quando due anni fa ho rivisto Bella.
In tutto questo tempo non ho fatto altro che pensare a lei. Dal momento esatto in cui i miei occhi si sono posati su di lei, nulla ha avuto più senso. Il mio cuore ha perso un battito, poi un altro e poi un altro ancora.
Sorrisi al ricordo.
Sorrideva sorpresa di vederci tutti intorno a lei ed io restai in disparte per godermi ogni sfaccettatura del suo sorriso e dei suoi bellissimi occhi.
Non ricordavo fossero così belli.
Quando mi abbracciò, poi, fu tutta un’altra storia.
Mi sentii a casa.
Come ho fatto a stare lontano da lei per quindici anni? È la mia migliore amica.
Avrei voluto stringerla a me per sempre, non avrei voluto lasciarla andare via mai più.
Quando si staccò da me, però, impallidì e il mio mondo crollò in mille pezzi, quando mi accorsi che dietro di me, era apparso il suo ragazzo.
Era ovvio che, come me, avesse le sue avventure.
Quando ci sentivamo, io le raccontavo delle mie avventure e, nonostante continuasse a ripetermi che non era bello il modo in cui mi comportavo, continuava a darmi consigli su come conquistare le mie numerose avventure. Allo stesso modo, lei mi aveva parlato di questo ragazzo, ma mi aspettavo che la storia fosse già morta e sepolta.
È la mia migliore amica ed io sono geloso di lei.
Nonostante viviamo lontano, per me valgono ancora le promesse che le ho fatto quando eravamo piccoli e so che per lei è lo stesso.
Per tutti questi lunghi quindici anni, ho sempre temuto che la lontananza avrebbe potuto separarci, o peggio, farci perdere di vista. Ma questo non è successo, e devo in parte ringraziare Christian, a cui Bella è molto legata, che mi permetteva di tenermi sempre aggiornato su di lei e, in parte, mi aiutava a non sentire la sua mancanza. Nonostante questo, più i giorni passavano, più sentivo la sua mancanza e più era difficile stare lontano da lei.
A volte, quando ero solo, immaginavo cosa sarebbe successo se fosse rimasta a Forks.
Probabilmente, se fossimo cresciuti insieme, io e lei ci saremmo messi insieme, come Alice e Jasper.
Bella ed io abbiamo un legame molto profondo, che va al di là dell’amicizia e finalmente ho capito il perché.
Quando l’ho stretta tra le mie braccia, la mia felicità ha superato livelli stratosferici ed è dettata dal fatto che mi piace.
Semplice: mi sono innamorato di lei.
Nonostante tutto, questo mi sorprese.
È incredibile che io, Edward Anthony Masen Cullen mi sia innamorato della mia migliore amica.
Chi l’avrebbe mai detto che il dongiovanni del liceo di Forks avrebbe messo la testa a posto dopo un viaggio e che per giunta si sarebbe innamorato della sua migliore amica?
Dopo quel viaggio, le restai comunque vicino come amico, ma ogni volta che ci sentivamo, mi sembrava di mentirle.
Lei non sapeva cosa provavo per lei.
Quando lo lasciò, un barlume di speranza si accese nel mio cuore.
Finalmente avrei potuto farla innamorare di me.
Quel tipo non mi è mai piaciuto e anche se sono felice che si siano lasciati, non riesco a sentirla e vederla (sì, ci sentiamo tramite Skype) così triste, nonostante sia stata lei a mettere fine alla storia.
Questo mi ricordò che era da un po’ di giorni che non la sentivo e da ieri provavo a chiamarla, senza alcun risultato.
Ha il cellulare staccato e non ha acceso il computer. Oggi pomeriggio ho anche provato a chiamarla prima della partita, ma il cellulare era ancora spento ed io mi sono ritrovato a parlare con la sua segreteria per l’ennesima volta.
Mi sta facendo preoccupare.
Di questo passo salirò sul primo aereo per capire il motivo di questo lungo silenzio.
So quanto sta male e non mi va giù il fatto di averla lontana e di non poterle essere d’aiuto.
Dopo averla chiamata, avevo spento il telefono e adesso mi ritrovavo nella mia macchina a riaccenderlo con la speranza di trovare un suo messaggio o una sua telefonata, ma ancora una volta nulla.
A quanto pare non ha voglia di sentirmi.
Trovai, però, numerosi messaggi in segreteria di mio fratello Emmett.
“Ed fratello, dove diamine sei? Okay che sei alla partita, ma almeno il cellulare ogni tanto potresti controllarlo. È da stamattina che ti sto chiamando e sei sempre irraggiungibile. Stasera io e Rose dobbiamo partire d’urgenza, per caso potresti badare a Thomas dopo la partita? La sua babysitter non è disponibile. Fammi sapere”.
Poi un altro.
“Edward che cavolo! Perché diamine non rispondi? Comunque non preoccuparti, ho già risolto. Una vecchia signora che conosce la mamma, tipo quelle che avevamo noi quando eravamo piccoli, ricordi? Sarei comunque più tranquillo se domani o stasera andassi a controllare. Conosci Thomas. Te ne sarei davvero grato”.
Poi un altro ancora.
“Ed? Stai bene? Hai il telefono sempre staccato. Anche la mamma è preoccupata per te. Non ti vede e non ti sente da stamattina. Falle una telefonata magari”.
Ne trovai anche uno del cugino di Bella, Christian.
“Hey Ed, come stai? Spero la febbre ti sia passata. Ieri ti sei perso proprio una bella festa. Sono convinto che avrai modo di rifarti, anche tuo fratello e tua sorella sono d’accordo con me”. Fece una pausa e poi riprese dicendomi: “Oh scusa, adesso il dovere mi chiama”.
Chiamai mia madre per non farla preoccupare ulteriormente e per dirle che non avrebbe dovuto aspettarmi perché avrei dormito da Emmett.
Mentre guidavo verso Forks, pensavo sempre più spesso alla festa di ieri sera.
Chissà chi era l’ospite a sorpresa e chissà perché, né Emmett, né Christian, ne avevano parlato nei messaggi.
Chissà quei tre pazzoidi cos’hanno architettato.

Quando arrivai davanti casa di Emmett notai che tutte le luci erano spente.
‘E certo Edward, sono le undici e mezzo di sera. Cosa ti aspettavi?’.
Di sicuro stanno già dormendo.
La cosa che più mi preoccupò, però, fu l’assenza di un’auto. Forse la vecchia signora non guida e quindi è venuta in taxi.
Una volta entrato, salii di corsa al piano notte per controllare se Tommy stesse bene e, infatti, dormiva tranquillo come un angioletto.
Corsi a guardare nelle due stanze che sono riservate agli ospiti, ma non c’era segno di alcuna presenza. Ero sul punto di chiamare Emmett, ma poi entrai nella mia stanza (sì, a casa di mio fratello ho una stanza tutta per me) e, con mia sorpresa, vi trovai una ragazza.
Forse la febbre di ieri sera non mi è del tutto passata, perché ho le allucinazioni. Emmett nel suo messaggio aveva detto che ci sarebbe stata una vecchia signora.
Passai le mani sugli occhi, ma era sempre lì.
Una ragazza dormiva tranquilla nel mio letto, ma era di spalle e quindi non riuscivo a vedere il suo viso.
Quando, poi, si girò, la riconobbi.
È Bella.
Cosa ci fa qui?
Per la sorpresa lasciai cadere il borsone che avevo in mano e lei si svegliò.
Quando mi vide, si pietrificò a sua volta e spalancò la bocca.
“Bella, tu che ci fai qui?”, fu l’unica cosa che riuscii a dire.
Restammo a guardarci per non so quanto tempo, fin quando lei arrossì e abbassò velocemente lo sguardo sulle sue mani.
Non riesco a crederci, è qui, di fronte a me.
“Beh ecco … Sorpresa!”, disse sorridendo.
Mi avvicinai a lei e mi sedetti al suo fianco.
“Co – come sorpresa? Allora sei tu la sorpresa di cui Christian mi ha parlato? Ma … ma … ma che ne è della vecchietta che doveva badare al piccolo?”.
“Quale vecchietta? Comunque, non riuscivo più a stare a Volterra e così ho deciso di partire e passare l’estate con voi. A me Emmett ha detto che tu non potevi perché avevi una partita”.
“Beh ecco, stamattina ho dimenticare di togliere la modalità offline al cellulare che avevo inserito ieri e così non ho ricevuto alcuna chiamata. Solo stasera me ne sono accorto e ho sentito i messaggi in segreteria in cui Emmett mi chiedeva di venire qui a controllare perché Tommy era solo a casa con una vecchia signora”.
“Christian ed Emmett, invece, a me hanno detto che avevano un’altra sorpresa per me, forse era quella di farci incontrare stasera”.
Non riuscii a non abbracciarla quando la arrossì di nuovo.
“Mi sei mancata tantissimo. Questa è senza dubbio la più bella sorpresa che qualcuno potesse farmi. Domattina ringrazierò quei due pazzi che hanno organizzato tutto questo”.
Poi un pensiero mi colpì.
È partita per non pensare a lui, non è venuta per me.
“Come stai Bella? Va meglio?”. La scostai da me per guardarla meglio. “Sei dimagrita o sbaglio? In questi giorni ti ho sentito così triste, mi dispiace tanto per quello che è successo. Lui non capisce ciò che ha perso, è un pazzo, tu sei … come può lasciarti andare via senza fermarti? Io non lo farei mai”.
“Sì sono dimagrita un pochino, ma non per quello che pensi tu e poi va meglio, davvero. Da quando sono arrivata qua, mi sento diversa. Non ho fatto altro che ridere e mi sento così felice. Sono felice, soprattutto ora che ti rivedo. Anche tu mi sei mancato tantissimo”.
Abbassò lo sguardo sulle sue mani, come se dovesse confessare qualcosa di brutto.
“Sai … dopo la vostra partenza due anni fa, tu sei stato sempre un po’ distaccato, non sai quante volte ho pensato che non mi volessi più bene, ma adesso che ti vedo capisco che forse era solamente la lontananza”, disse mentre mi abbracciava di nuovo.
“No, Bella, io ti vorrò per sempre bene. Non pensare neanche per un istante che non ti voglia più bene. Sei e resterai sempre la mia migliore amica”.
I suoi occhi persero un po’ luminosità e poi mi sorrise, rincuorata da quella notizia.
Come ha potuto pensare che non le volessi più bene?
‘Vorrei che tu fossi molto di più per me’, pensai.
Senza volerlo sbadigliai e lei sembrò accorgersene. “Beh credo proprio sia il caso di dormire. Tu sei stanco per la partita ed io per il jet leg. Come ci sistemiamo?”.
“Potremmo sempre dormire qui, nello stesso letto. Non penso ci sia nulla di male, no? Insomma, potremmo dormire insieme come facevamo da piccoli e comunque a parte il piccolo Tommy non c’è nessuno in casa e poi siamo entrambi single e io –”, ma mi interruppi, non volevo dirglielo adesso. Non in questa situazione.
La vidi arrossire a quelle parole, forse avevo esagerato, ma non ero riuscito a trattenermi dal dirlo. “Tu?”, chiese.
“Nulla, lascia perdere. Vado a mettermi il pigiama”.
“Mah … d’accordo”.
“Dio non posso credere che tu sia qui. Buonanotte. Ah Bella, ero un po’ distaccato solo perché non volevo crearti problemi con il tuo ragazzo”.
‘Sì, col cavolo! Non sai quante volte avrei voluto strozzarlo’, pensai.
Mi sorrise e poi aggiunse “Notte!”.
Quando tornai, mi misi a letto e spensi tutte le luci.
Mi addormentai con il sorriso sulle labbra.
Bella è tornata, è accanto a me e con un po’ di fortuna ci sarà anche domani.


Bene ... questo era il capitolo! Anche il prossimo capitolo sarà un Pov Edward e ci saranno un sacco di rivelazioni.

Spero vi sia piaciuto e mi raccomando ... Recensite in tanti!

Un bacio e a sabato prossimo, Ally!!!

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Capitolo 5
*** Chapter 5 ***


Salve a tutti!!! Sono tornata e ho qui pronto per voi il 5° capitolo della storia. Già dal titolo si capisce qualcosa no? Spero non sia banale nei discorsi, anche perchè ho usato la fantasia. Non mi sono mai trovata in una situazione del genere, per quanto le mie esperienze amorose siamo molto limitate.

Edward ha fatto la sua apparizione nello scorso capitolo e vi assicuro che non se ne andrà più. Ma ... c'era d'aspettarselo, no? E' un EdwardxBella!!!

Come ho già detto l'altra volta, la storia è scritta quasi tutta, quindi esami all'università permettendo, dovrei pubblicare regolarmente.

Ringrazio per le 2 recensioni dello scorso capitolo, i 4 lettori che hanno inserito la storia nei preferiti, i 3 'da ricordare' e i 38 seguito.

Grazie 1000 .... Buona lettura, Ally!!!

Capitolo 5: Confessioni

Pov Edward


A un certo punto della notte mi svegliai per un peso sullo stomaco.
Aprii gli occhi e notai che Bella era appoggiata a me: la sua testa sulla mia spalla, un braccio sul mio petto e il sorriso sulle labbra.
Notai, però, che anch’io ero in posizione “abbraccio”: avevo un braccio che le circondava la spalla e l’altro che stringeva la sua mano sul mio petto.
È così bello averla tra le braccia.
L’ho immaginato così tante volte che adesso non mi sembra reale.
Chissà cosa ne penserebbe lei.
Di sicuro diventerebbe rossa come un peperone, come suo solito.
Restai a guardarla per un tempo infinito, fin quando cullato dal suo respiro, mi addormentai di nuovo.

Mi risvegliai al suono della sveglia.
Doveva averla messa Bella, perché subito la vidi aprire gli occhi e sbadigliare. Notando le posizioni in cui eravamo, arrossì e di scatto si mise a sedere.
“Oddio scusa Ed, non volevo. È che di solito io di notte mi muovo e stringo il cuscino. Non sono abituata a dormire con qualcuno”.
“Tranquilla Bella, non è successo nulla. Buon giorno comunque”, dissi sorridendo.
“Buon giorno!”, sorrise a sua volta.
“Come mai sveglia così presto?”.
“Beh … ieri prima di andare a letto avevo pensato di fare un dolce per Tommy, tanto il tempo non mi manca. E poi in realtà pensavo fossimo solo io e il bimbo, non mi aspettavo di trovarti qui”.
“Beh, se è per questo neanche io”. Poi un pensiero mi colpì facendomi arrabbiare. “Accidenti Bella, sto provando a chiamarti da tre giorni e hai sempre il telefono staccato, mi hai fatto preoccupare. E poi giusto per la cronaca, quando avresti avuto intenzione di dirmi che eri qui? Lo sapevano tutti, eccetto il sottoscritto”.
Accidenti! Sono davvero arrabbiato.
“Beh, in realtà volevo venire a casa tua ieri sera, ma poi Emmett mi ha detto che avevi una partita e quindi ho lasciato perdere, così ho pensato che per pranzo io e Tommy saremmo potuti venire a casa dei tuoi e farti una sorpresa. E poi ho messo rifiuto automatico per il tuo numero, così la sorpresa sarebbe riuscita alla perfezione e infatti, come volevasi dimostrare è riuscita, anche se sei arrabbiato”, disse lei abbassando lo sguardo. “Mi dispiace non averti risposto, ma sai … non pensavo fossi tanto preoccupato per me. Non essere arrabbiato con me, ti prego”.
Le presi il mento e la costrinsi a guardarmi negli occhi.
Una lacrima le rigò la guancia.
Gliel’asciugai con il pollice.
Non sarei mai riuscito ad arrabbiarmi con lei.
“Scusami è che …”. Mi armai di coraggio e le confessai quello che dovevo dirle da tanto … troppo tempo. “Vuoi sapere perché sono stato e sono così preoccupato per te? Sono innamorato di te, Bella. Ti amo da quando ti ho rivisto due anni fa. Non ho smesso un attimo di pensare a te”. Vedendo che non parlava, mi preoccupai. “Dì qualcosa, ti prego”.
“Perché non me l’hai detto?”.
“Non volevo rovinare la nostra amicizia e la tua storia con lui. Una volta ero sul punto di dirtelo, ma poi ti ho sentito parlare con Alice di quanto stavi bene con lui e mi sono reso conto che eri felice, avevi gli occhi così luminosi e questo mi fece desistere. Mi dissi ‘perché rovinare la nostra amicizia per qualcosa che non ci sarà mai’. Perdonami, ti prego. Io l’ho fatto solo perché pensavo che, che … non so cosa ho pensato. So che tu non provi nulla per me, ma non riuscivo più a tenertelo nascosto. Tu sei importante per me e da quando vi siete lasciati io non faccio altro che pensare a quanto sia stato stupido, e mi sono ripromesso che non avrei mai più permesso a nessuno di farti soffrire, nessuno”.
Aveva gli occhi lucidi e le lacrime che prima aveva trattenuto, adesso scorrevano libere sul suo viso. Le carezzai una guancia con il pollice per asciugargliela e non riuscii a resistere dal baciarla.
Inizialmente s’irrigidì, ma poi rispose al bacio.
In quel momento non m’importava che non provasse nulla per me.
Non m’importava di un suo futuro rifiuto.
Sentivo solo le sue labbra e la sua lingua che si muovevano insieme con le mie nel più bello dei baci.
Le mie mani andarono in esplorazione del suo corpo e allo stesso modo le sue finirono nei miei capelli dopo aver esplorato il mio petto.
Quando ci staccammo, avevamo entrambi il fiatone.
“Wow!”, esclamammo all’unisono.
Quando si riprese, notando le posizioni in cui eravamo, arrossì, ma poi scappò via.
Questo mi lasciò perplesso.
Cos’ho fatto adesso?
Se non voleva che la baciassi avrebbe dovuto fermarmi, cavolo.
Mi alzai e scesi di sotto, dove la trovai seduta sul divano in lacrime.
“Bella, c – che hai? Mi dispiace, non avrei dovuto, ma sognavo di farlo da tanto tempo e … e non sono riuscito a trattenermi. Perdonami, okay? Ma per me non è stato un errore, sia chiaro”.
Si girò a guardarmi e m’indicò di sedermi accanto a lei.
“Non sto piangendo per quello. Neanche per me è stato un errore … credo. Quel bacio è stato meraviglioso, non ero mai stata baciata così. È solo che … Quello che sento … Le sensazioni c – che ho provato quando poco fa, ci siamo baciati, mi confondono”.
Cosa diavolo sta dicendo?
Che è confusa?
Per cosa poi?
Non è lei a essere innamorata del suo migliore amico da due anni.
Forse sono io che la confondo.
Dio … spero di non aver rovinato tutto.
Non voglio perdere la sua amicizia.
“Non capisco, cosa stai cercando di dirmi?”.
“Credo che tu mi piaccia, ma sono così confusa”.
E a quelle parole il mio mondo si fermò.
Restai a guardarla senza capire realmente ciò che mi aveva confessato.
Ha davvero detto … Il mio cervello è andato in tilt.
“Credo che in fondo tu mi sia sempre piaciuto, non lo so”, continuò.
“T – tu? Davvero? Non … non mi stai prendendo in giro?”.
“No, Edward, non ti sto prendendo in giro, non potrei mai. Ricordo che, quando stavo con lui, se riuscivo in qualcosa o facevo qualcosa che a lui non piaceva, non approvava mai, ma poi pensavo a te e mi dicevo ‘questo a Edward piacerebbe’. E ti assicuro che non è solo perché tu hai detto quelle cose meravigliose, ma non sono più innamorata di lui da parecchio e in fondo al cuore so che la nostra storia era già finita da qualche tempo, da molto prima che io decidessi di lasciarlo. Avevo già capito tutto e mentivo a me stessa e agli altri. Per giustificarmi con gli altri ho usato la scusa che non sopportavo l’idea di vederlo insieme con un’altra, ma sapevo che avevo solo bisogno di cambiare aria”.
Vedendo che non parlavo continuò. “Davvero Edward, solo che ho bisogno di un po’ di tempo per capire cosa sto provando, sono un po’ confusa” e mi sorrise imbarazzata.
“Non preoccuparti, aspetterò tutto il tempo del mondo Bells. Solo, posso fare una cosa?”.
“Tutto quello che v –”. La interruppi e le diedi un bacio veloce.
Mi scostai da lei con sguardo colpevole, ma lei mi sorprese ed iniziò a ridere.
“Non sentirti in colpa, d’accordo?”.
“D’accordo”.

Restammo a chiacchierare per un po’ sul divano ed io, anche se avrei voluto baciarla, non lo feci, sapendo che era confusa e che avevo bisogno di tempo.
Aspetterò davvero tutto il tempo del mondo.
L’ho aspettata due anni e adesso certamente non sprecherò quest’occasione.
La tranquillità che si era creata, però, fu interrotta da un piccolo urlo proveniente dal piano di sopra. Tommy si era svegliato e non avendo trovato Bella aveva urlato.
“Bambi, Bambi!”, urlava.
“Oddio il piccolo! Ha fatto un brutto sogno. Vado di sopra. Tu nasconditi. Ieri sera gli ho promesso che ti avremmo fatto una sorpresa oggi, ma a quanto pare l’hai fatta tu a noi. Sarà contento di trovarti qui”.
“Oh … d’accordo, d’accordo”, dissi comprendendo il piano di Bella. “Bella ma … perché urla Bambi? Non è l’animaletto di un cartone animato?”.
“Lunga storia, te la faccio spiegare dopo da Thomas. Adesso: Nascondersi! Forza!”. Poi parlando più forte: “Tommy tesoro, arrivo subito”.
Andai a nascondermi dietro il divano e dal mio posto, la vidi salire al piano di sopra e sparire dal mio campo visivo.
Ha detto di provare qualcosa per me, ma che è confusa.
Certamente è un passo avanti.
Inizia a ridere come un ebete e mi stesi sul pavimento.
Wow … è un sogno che sta diventando realtà.


Pov Bella

Nel frattempo al piano di sopra …
Non posso crederci!
Se qualcuno mi avesse detto che in questo viaggio, già al secondo giorno, mi sarebbe successo questo, beh … cavoli! Sarei partita prima.
Ho sempre voluto bene a Edward e in sua presenza mi sono sempre sentita bene. Anche il solo sentirlo al telefono o vederlo al computer, mi rendeva immensamente felice. Forse ho sempre provato qualcosa per lui e avevo bisogno di uno stimolo per scoprirlo, anche se adesso non so cosa provo. Quando prima mi ha confessato di essere innamorato di me, il mio cuore scoppiava di gioia.
Non so come sia possibile, sono così confusa.
Cioè … credevo che il mio cuore fosse ancora a pezzi per Emanuele, anche se sapevo di non amarlo più, lui era ancora importante per me.
C’è stato un tempo in cui credevo addirittura che fosse lui la mia anima gemella, ma poi mi sono ricreduta quando ha iniziato a deludermi. Sono fermamente convinta che una persona che ama davvero un’altra, non mente, non delude e si fida di lei.
In fondo sapevo che, al contrario di quello che tutti dicevano, eravamo tutt’altro che una coppia perfetta e non eravamo per niente fatti l’uno per l’altra. C’erano enormi differenze, anche se avevamo una grande empatia.
Poi Edward, cavoli! Con lui ho sempre avuto un bellissimo rapporto.
‘Certo stupida, è il tuo migliore amico, è ovvio che stai bene con lui’, intervenne la vocina malefica nella mia testa.
Tommy mi distolse dai miei pensieri toccandomi la faccia.
“Tia … tia, ho fatto un blutto togno e poi tono venuto da te ma non c’eli. Dov’eli tia?”, disse aggrappandosi al mio collo.
“Tesoro, ero di sotto. Mi ero appena svegliata, volevo fare un dolce e inoltre ho una sorpresa per te”.
“Uuuu davvelo tia? Che cot’è, che cot’è? Allola pelché non andiamo giù cotì facciamo il dolce pel me!”, disse il piccolo scendendo dalle mie braccia e correndo verso la porta.
“Tesoro, se te lo dico che sorpresa è?”.
“Dai tia allola andiamooooo!”.
“D’accordo d’accordo, ma non correre per le scale ometto”.
Una volta al piano di sotto, Tommy si voltò verso di me e mi chiese con una faccia buffissima: “Tia, ma dov’è quetta tolpleta? Pelché io non la vedo mica”.
Chissà dov’ è andato a nascondersi Ed, ma ebbi subito la risposta perché comparì dal divano.
“Sorpresa Tommy!”, urlò.
Tommy cacciò un piccolo urletto per poi precipitarsi tra le braccio dello zio.
“Ah tio Eddy, tio Eddy, quando tei venuto? Papà e tia mi avevano detto che non tapevano dov’eli. Perché non lipondevi? Non volevi venile da me?”, disse il piccolo imbronciandosi.
“Ma certo che volevo venire da te cucciolo, ma lo zio aveva il telefono scarico e quindi non riceveva le chiamate di papà, però appena le ho sentite, sono subito corso qui ieri notte. Poi, però, ho avuto anch’io una bella sorpresa”. Mi guardò e abbassò la voce. “Ho trovato zia Bella e non sapevo che fosse qui”.
“Già tio Eddy, ha fatto una tolplesa a tutti. Tono contento di tale con voi comunque. Vi volio tanto tanto bene!”.
Io restai a guardarli e mi si riempì il cuore di gioia. Insieme erano così belli e i brutti pensieri sparirono per un po’.
Vederli insieme era la cosa più bella al mondo.
Mentre preparavo la colazione, sentivo Tommy ridere a crepapelle e quando mi voltavo, vedevo entrambi che mi sorridevano a trentadue denti.
Stare lì, con loro, era bellissimo.
Quel weekend con Edward e Tommy fu meraviglioso.
Edward fu molto dolce con me e non fece nulla che io non volessi.
Da lui non me lo sarei mai aspettato.
Solitamente sapeva essere molto insistente.


Eccoci qui a fine capitolo? Come vi è sembrato? Troppo scontato? Spero di no! Non so cos'altro dire. Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto e che sia riuscita a farvi capire ciò che intendevo nel discorso di Bella.

Ci vediamo ... un bacio e a sabato prossimo!

PS: Avete visto Robert e Kristen a Cannes 2014? Non erano bellissimi? *_* Robert è sempre uno schianto assoluto!!!

Vi lascio il link del mio blog, che trovate anche nelle mie informazioni personali. Spero ci facciate un salto. E' su Robert e Ashley, i miei due amori xD http://www.pattinsonandgreene.blogspot.it

Ally!!!

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Capitolo 6
*** Chapter 6 ***


Salve a tutti! Voi starete dicendo: ma questa ancora qua sta? Dopo il capitolo orribile che ha pubblicato, ha avuto anche il coraggio di tornare. Ebbene sì.

L'assenza di recensioni dello scorso capitolo mi ha fatto pensare molto e, effettivamente, quel capitolo non è granchè, anche se ruota tutto intorno a quella confessione, anzi, QUASI TUTTO. Me ne sono resa conto troppo tardi. Ma pazienza. Spero di rimediare con il capitolo che pubblico adesso e con quelli che verranno. Questo a differenza degli altri mi piace molto, ma non so ... ho sempre l'impressione che manchi qualcosa. La parola spetta a voi, comunque.

Spero recensiate questo capitolo, perchè come ho già detto 2 o 3 capitoli fa, che mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, anche se non vi è piaciuto e magari dirmi cosa non vi e piaciuto e io proverà a migliorarlo.

Bando alle ciance, nello scorso capitolo Edward ha detto a Bella che lei gli piace, anzi è innamorato di lei, ma Bella non ha risposto come ci aspettavamo, oppure si? Questo mi sarebbe piaciuto saperlo. Sto cercando di migliorarla il più possibile, ma i mille pensieri e le mille idee che girano nella mia testa non me lo permettono. In più mi rendo conto che questi capitolo sono brevi e non riesco a capire dove sia andata a finire la mia parlantina. Perchè di una cosa sono sicurissima.... parlo più io in 24 ore, che tutto il Parlamento italiano messo insieme. So per certo che questo capitolo è più lungo dei precedenti, anche se non sembra, ma so già che i prossimi sono molto più lunghi.

Spero questo capitolo vi piace e mi raccomando: RECENSITE!!!

Capitolo 6: Pensieri

Pov Bella


Emmett e Rose tornarono quella domenica sera e così, Edward ed io tornammo a casa.
Avrei voluto chiamare Christian, ma Edward si offrì di darmi un passaggio.
Il viaggio fino a Seattle fu breve visto quanto correva e nessuno dei due parlò.
Quel silenzio era imbarazzante, soprattutto dopo quello che Edward mi aveva confessato il giorno prima.
Non ho ancora avuto modo di analizzare i miei sentimenti, visto quanto sono stata impegnata. Per fortuna non siamo rimasti molto tempo da soli e in quei pochi momenti nessuno dei due ha tirato fuori l’argomento.
Il problema principale è stato la notte, perché abbiamo continuato a dormire nello stesso letto, visto che era l’unico che Rose aveva preparato.
Inizialmente mi sono sentita in imbarazzo, ma poi mi sono lasciata andare. Insomma … è il mio migliore amico e da piccoli abbiamo dormito insieme spesso. Adesso siamo cresciuti e molte cose sono cambiate, noi siamo cambiati, ma ho deciso di non pensarci.
Conosco Edward.
Se gli avessi detto del mio imbarazzo, sarebbe andato in paranoia.
Avrebbe iniziato a dire cose senza senso e avremmo finito per litigare.
“Beh … eccoci arrivati”. Sobbalzai quando Edward prese la parola.
“Cosa?”.
“Ehm … Bella, siamo arrivati fuori casa di Christian. Sei sicura di star bene, è da oggi pomeriggio che ti vedo strana”.
“Sì Ed, tutto bene, sono solo un po’ pensierosa, nulla che non si possa risolvere”.
“D’accordo, allora … Mmm, ci vediamo Bells. Se hai … sì, se hai bisogno di aiuto per orientarti a Seattle chiamami, verrò ad aiutarti”.
“Certo che avrò bisogno di aiuto, ti chiamerò sicuramente e mi sa che domani verrò a casa tua perché Alice vuole andare a fare shopping”.
Aprii la portiera e feci per scendere, poi mi voltai di nuovo verso di lui. “Ah Edward dimenticavo …”.
“Cosa Bella?”. Si sporse verso di me.
“Buona notte” e gli sorrisi.
“Notte anche a te Bells”. Ricambiò il sorriso e scesi.
Ero quasi entrata quando Edward mi fermò, correndomi incontro.
Sorrisi di nuovo.
Non volevamo proprio separarci.
Chissà, magari mi avrebbe baciata. Ricordo ancora quei due baci che ci siamo scambiati. Manu non mi ha mai baciata in quel modo. ‘Smettila di fare paragoni Bella’, intervenne la mia vocina.
“Bella, hai dimenticato questo”. Guardai sorpresa l’oggetto che mi porgeva e mi accorsi che avevo lasciato il cellulare in auto. “Come fai poi a chiamarmi se non hai il cellulare?”.
“Già come faccio?”, risposi ridendo e la sua risata si unì alla mia.
Ha una risata meravigliosa.
Oddio, ma cosa mi prende? Edward ha sempre riso davanti a me, non mi ha mai fatto quell’effetto.
Non so cosa fare.
Che confusione!
“Ci vediamo Edward, buona notte”.
Mi sporsi per dargli un bacio sulla guancia e scappai, rossa come un peperone.

I due giorni successivi passarono in fretta.
Anche se avevo promesso a Edward che lo avrei chiamato, non lo avevo fatto.
Avevo bisogno di stare sola e pensare.
Nessuno sapeva quel che era successo tra di noi.
Siamo stati così codardi.
Avremmo potuto parlarne.
Ci siamo sempre detti tutto.
Io so perché non ho parlato. Non volevo che la nostra amicizia ne uscisse distrutta.
Non me lo perdonerei mai.
Invece per lui qual è il motivo? Che si sia pentito? O forse lo ha detto solo perché era preoccupato per me e non sapeva come gestire il discorso e quindi gli è scappato.
‘Sì certo Bella, continua a prenderti in giro. Le persone non vanno in giro a dire ai loro amici ti amo, così, come se niente fosse’, intervenne acida la mia vocina.
Beh, stavolta non posso proprio darle torto.
Che lo pensasse davvero? Chissà!
Presto quella domanda avrebbe avuto risposta.

Il mercoledì successivo la quiete di casa Swan, fu stravolta dall’arrivo dell’uragano Alice.
Sono seriamente convinta che, se un giorno si abbatterà un uragano sullo stato di Washington, cosa che speravo non accadesse, avrei proposto il suo nome.
Ero placidamente sdraiata sul divano di Christian a pensare a Edward, quando sentii la sua voce squillante chiedere di me.
Non appena mi vide, iniziò a tempestarmi di domande.
Alice è incredibile, è peggio di una macchinetta.
A volte mi chiedo se prende fiato tra una frase e l’altra.
“Bella, amica mia. Come stai? Tutto bene? Sono due giorni che non ti fai sentire. È successo qualcosa? Mi nascondi qualcosa?”.
Mi tirai su a sedere e le sorrisi misteriosamente.
Non ho alcuna intenzione di dirle cosa mi passa per la testa.
Se Edward gli avesse detto qualcosa, allora già nei giorni scorsi non avrei avuto tregua, invece questo mi diede la conferma che lei non sapeva e sospettava nulla.
Alice sa essere molto più insistente di lui.
“No Alice, non ti nascondo nulla. Perché dovrei? Sono arrivata da cinque giorni, cosa vuoi che sia successo?”.
‘Sono successe tantissime cose in cinque giorni’, ma questo lo tenni per me.
‘Oddio adesso mi dirà che non ci crede. Non sono mai stata una brava attrice. Speriamo di essere stata convincete. Incrociamo le dita’, pensai facendolo mentalmente.
“Hai ragione Bellina, scusa, ma sai, ecco … io pensavo tu sapessi cosa passa per la testa di quel musone di mio fratello, visto che sei stata con lui per due giorni. È giù di morale da quando è tornato a casa domenica sera e ogni volta che squilla il suo cellulare, si illumina sperando sia chissà chi e poi si spegne di nuovo. Non so più cosa fare Bella. Ho provato a punzecchiarlo come faccio sempre, ma non mi risponde nemmeno e se ne sta sempre chiuso in casa”, disse Alice abbassando lo sguardo e sospirando.
Oh – oh … quando fa così, vuol dire solo una cosa: richiesta d’aiuto.
Stavolta non posso aiutarla, visto e considerato che la causa della tristezza del fratello sono io.
Nonostante questo, le feci comunque la domanda che lei voleva le ponessi. “Cosa mi stai chiedendo esattamente Alice?”.
“Come hai fatto a capirlo Bella?”.
“Oh andiamo Alice, ti conosco meglio di chiunque altro”.
“Oh, giusto. Comunque, mi aiuteresti? Perché non lo chiami, gli dici che vuoi incontrarlo e indaghi un po’? Oppure possiamo organizzare un pomeriggio di shopping e con la scusa che viene anche Jasper porto anche lui e così potrai parlargli”.
“Alice io … non credo sia il caso. Forse Edward vuole restare solo e pensare un po’. Non credi sia giunto il momento di lasciarlo in pace? Te ne parlerà lui quando si sentirà pronto”.
“Oh andiamo Bella … ti prego, ti prego, ti prego. Giuro che non ti costringerò a comprare scarpe con il tacco, vestiti striminziti o altro. Ti –”, ma la interruppi.
So che non desisterà.
A volte è esasperante.
“D’accordo, d’accordo, ma aggiungo anche un’altra condizione”, dissi esasperata.
“Quale?”.
“Non ti dirò nulla di quello che Edward mi dirà. Chiaro?”.
“Come l’acqua Bellina. Grazie … ti adoro. Allora dico a Edward di passare a prenderti alle quattro e poi ci raggiungete al centro commerciale. A dopo!”.
“Alt alt alt. Come vi raggiungiamo? Alice ma … non andiamo insieme?”.
“No Bells, io ho da fare, mica posso stare ai vostri comodi”, disse liquidandomi.
Scossi la testa, esasperata.
Povero Jazz che la sopporta.
Mi diede un bacio sulla guancia e se ne andò.
Cavolo! In che guaio mi sono cacciata?
Perché non riesco mai a dirle di no?


Pov Edward

Finalmente le ho confessato i miei sentimenti, ma lei non ha reagito come mi aspettavo.
‘Certo Cullen, che ti aspettavi? Che ti saltasse addosso e ti dicesse: Oh Eddy, ti amo anch’io?’, intervenne la mia coscienza.
No, non mi aspettavo questo, ma sicuramente qualcosa in più.
Forse lo scorso weekend ho fatto un errore.
Forse non avrei dovuto dirglielo in quel modo.
Cavolo, perché ho seguito il mio istinto?
Se fossi stato zitto, adesso non saremmo nella situazione in cui siamo e a quest’ora sarei sicuramente in giro per Forks o Seattle con lei. La tentazione di baciarla è stata così forte che alla fine non sono riuscito a resistere. Ho sognato le sue labbra per tanto tempo e vederle lì, a pochi centimetri da me, mi ha mandato in confusione.
Quando l’ho riaccompagnata a casa poi, mi ha detto che mi avrebbe chiamato, ma non l’ha fatto.
Bella … Bella, perché non chiami?
Perché?
Forse … forse non ti piaccio e non sai come dirmelo.
Già, sarà sicuramente così.
Dio, che stupido che sono!
Sono due anni che non faccio altro che pensare a lei e a come le confesserò i miei sentimenti, e invece, ho rovinato tutto in soli cinque minuti.
Altro che stupido, io merito il premio Nobel per l’idiozia!
Ormai sono due giorni che non faccio altro che sperare che non sia così.
Alice, che si è accorta del mio umore, ha anche provato a estorcermi qualcosa con l’inganno, ma non ci è riuscita.
Diabolica la mia sorellina.
Questa situazione dovremo risolverla solo io e Bella, nessuno dovrà intromettersi.
E questo mi ricorda che stamattina Alice è uscita per andare da lei.
Le manca la sua migliore amica.
Anche a me manca, ma al momento, sono sicuramente l’ultima persona che vorrebbe vedere.
Alice trascorrerà tutto il suo tempo con lei.
Io, la mia migliore amica, forse, l’ho persa per sempre.
No! Non l’ho persa.
Troveremo un modo.
Ne sono certo.
Iniziai a darmi dell’idiota mentalmente. Okay, forse non proprio mentalmente perché quell’arpia di mia sorella era già tornata a casa e mi aveva sentito.
Sbuffai.
La calma in casa Cullen era durata davvero poco, perché Alice era tornata solamente dopo un’ora.
Che strano!
Pensavo sarebbero andate a fare shopping.
Risi.
Forse Bella era riuscita a convincerla a non andare. Sapevo quando odiasse fare shopping con Alice, con me le piaceva, invece.
“Eddy … Eddy, fratellone! Perché ti dai dell’idiota da solo? Sei forse impazzito? Comunque … su … su alzati. Alle quattro devi passare a prendere Bella a casa di Christian. Io, tu, Bella e Jazz andremo al centro commerciale questo pomeriggio”.
Al nome di Bella spalancai gli occhi sorpreso. “Come scusa?”.
“Oh andiamo fratellone, hai capito benissimo. So che anche tu muori dalla voglia di passare un po’ di tempo con lei. Almeno ti alzi un po’ da questo letto e respiri un po’ d’aria. Ti prego, ti prego, ti prego. Non dirmi di no, ci ho messo un sacco di tempo a convincere Bella e ho dovuto farle numerose concessioni. Ti prego, ti prego, ti pregooo” e mi fece gli occhioni a cui sa che non resisto.
Povero Jazz! Non vorrei mai essere nei suoi panni. Sono sicuro che abbia usato la stessa faccia da cucciolo indifeso anche con Bella. Nessuno riesce a resisterle.
“D’accordo sorellina, vengo. Basta che smetti di dire ‘ti prego’. Sei esasperante. E scommetto che tu e Jazz non venite con noi, vero? Che cosa stai architettando Alice?”.
“Nulla fratellone, giuro! Comunque io e Jazz usciamo già ora, tu e Bella ci raggiungerete più tardi. Te l’ho detto, ho fatto delle concessioni a Bella e quindi mi tocca iniziare il giro ora”.
“Oh d’accordo. Allora a più tardi sorellina”.
Cavoli!
Io e Bella di nuovo soli, nella stessa auto.
Come diavolo devo comportarmi?


Pov Bella

Casa Swan, ore 15:55
Cazzo, cazzo, cazzo! L’ansia che non ho avuto fino ad ora, adesso la sento, eccome se la sento.
Ho paura!
Una fottuta paura di guardarlo negli occhi e non vedere più il mio migliore amico.
Stamattina, dopo che Alice è andata via, ho ripercorso tutti i bei momenti che abbiamo vissuto insieme. Ci conosciamo da una vita eppure adesso siamo a un bivio.
La sua soluzione dipende da me.
Solo ed esclusivamente da me.
Sperai che avesse deciso di darmi buca, perché se avesse voluto una risposta, io non avrei saputo ancora dargliela.
E per un attimo mi sentii una stupida a pensare di non volerlo vedere e la vocina malefica nella mia testa era d’accordo con me, per una volta.
Sono ancora così confusa.
Una parte di me, dice di lasciarmi andare ai sentimenti che provo per lui e che ho chiuso in un angolo del mio cuore quella sera di otto mesi fa. La sera in cui ho ritrovato il mio libro preferito e in cui ho scoperto cose che non avrei dovuto sapere.
L’altra, quella piccola, pensa ancora a Manu e non riesco a capirne il motivo. Ormai mi è chiaro come l’acqua che non provo più nulla per lui e non riesco a capire cosa mi ferma dal dire a Edward di provarci.
Ho paura di perdere il mio migliore amico.
Se finisse male, non me lo perdonerei mai.
Non voglio perderlo, ma non voglio neanche voltare le spalle al sentimento che ho sentito crescere nel cuore in questi giorni.
Fin da quando le sue labbra si sono posate sulle mie, il mio cuore ha ripreso a battere e sembrava volesse uscirmi dal petto, tanto batteva veloce e forte.
Lo squillare del cellulare interruppe il flusso dei miei pensieri.
Era Edward.
Risposi. “Pronto?”. Che risposta stupida! Qualcosa di più intelligente no?
“Hey Bella, sono io … Edward. Scendi, ti sto aspettando”.
“Certo, arrivo subito”.
Chiusi la chiamata e scesi.
Edward mi aspettava appoggiato alla portiera del passeggero e appena mi vide, mi sorrise sporgendosi a darmi un bacio sulla guancia. Io arrossii, come mio solito.
Mi aprì la portiera da vero gentiluomo e poi salì dal suo lato.
Abbassai lo sguardo sulle mie mani, fin quando decisi di parlare.
“Ascolta io …”. Ridemmo entrambi. Avevamo parlato nello stesso istante.
“Prima tu … Bella”.
“Edward io … non voglio che tu pensi che mi sto prendendo gioco di te, perché non voglio, non sono una persona che fa queste cose, lo sai. È solo che … io sono così confusa. Sono venuta qua con l’intento di passare un’estate tranquilla e poi di tornarmene a casa, non mi aspettavo il tuo assalto sabato scorso. Insomma io … ho bisogno ancora di un po’ di tempo, qualche giorno per metabolizzare la cosa. Ho bisogno di capire come potrebbe essere una storia a distanza, con un intero continente a dividerci. È già stato complicato gestire una storia normale e non voglio cimentarmi in un esperimento che potrebbe rovinare la nostra amicizia, perché io non voglio perderti, ma non voglio nemmeno perdere quest’occasione”.
Mi girai a guardarlo.
Era stato in silenzio per tutto il tempo e avevo paura di quello che avrebbe potuto dirmi. “Dici sul serio Bells? Perché io, ecco … sono venuto qua con l’intento di chiederti scusa e chiederti di dimenticare ciò che ti ho detto, perché  ho avuto il terrore di aver commesso un errore e di aver compromesso per sempre la nostra amicizia. In questi due giorni non ho fatto altro che pensare a come chiederti scusa. Avrei anche implorato il tuo perdono, se fosse servito. I miei sentimenti per te non cambieranno, qualsiasi cosa tu decida e se tu lo vorrai, io continuerò a essere tuo amico. In caso tu decida di provarci, ti prometto che troveremo un modo per stare insieme. Potrei venire io in Italia o potresti trasferirti tu qui. Ti seguirei anche in capo al mondo. Decideremo poi”.
Un luminoso sorriso comparve sul mio viso. “Oh grazie Eddy, non so come dirti quello che provo. Ti voglio bene, tantissimo” e di slancio lo abbracciai.
Lo sentii ridere e quando ci staccammo, partimmo alla volta del centro commerciale.
Il mio umore si era sicuramente risollevato dopo la nostra chiacchierata e anche le sue parole mi avevano resa felice.
Non riuscivo ancora a credere alle mie orecchie.
Non riuscivo ancora a credere a quel ‘ti seguirei anche in capo al mondo’.


Allora ... com'è questo capitolo? Spero di aver recuperato i punti persi con il precedente! Spero che recensiate in tanti e se vi va .... fate un salto sul mio blog: http://www.pattinsonandgreene.blogspot.it

Un bacio e a sabato prossimo, Ally!

PS: Nel prossimo capitolo ci sarà da divertirsi, con Alice che metterà continuamente in imbarazzo i nostri protagonisti.

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Capitolo 7
*** Chapter 7 ***


Saaalveee!!! Come va? Piaciuto lo scorso capitolo? Questo qui sarà molto divertente. Ci sarà Alice che farà di tutto per metterli in imbarazzo. Ci riuscirà? Chissà ... leggete e lo scoprirete!

Oggi non ho molto da dire ... a parte che spero che recensiate e che ringrazio tutti quelli che hanno inserito la storia tra i preferiti, tra le seguite e ricordate. E volevo ringraziare anche i lettori silenziosi, che non hanno nulla da dire, ma che sono comunque importanti.

Vi lascio il capitolo e ci leggiamo sotto.

Capitolo 7: Un piccolo cupido di nome Alice

Pov Edward


Il pomeriggio con Alice fu devastante per la mia salute mentale, e non solo per lo shopping, ma anche per quello che la sua mente da folletto diabolico escogitò.
Mi chiedo come faccia Jazz a sopportarla.
L’unica mia alleata è Bella che, come me, non vede l’ora di andare al cinema. Già … abbiamo deciso che dopo aver fatto shopping, andremo tutti al cinema.
Mi sedei accanto a Jasper sulla poltrona del negozio mentre seguivo Bella con lo sguardo.
Sono felice del chiarimento che c’è stato.
Spero solo che decida in fretta, perché quest’atmosfera d’incertezza mi sta logorando.
M’incantai a guardare ogni suo movimento.
E’ così dannatamente bella.
Gli anni sono passati, eppure ai miei occhi è rimasta sempre la stessa. È sempre la “piccola” Bella che, un giorno di tanti anni fa, venne a chiedermi aiuto perché si era sbucciata un ginocchio.
Sentendo il mio sguardo addosso, si girò e mi sorrise.
Le sorrisi anch’io.
“Hey fratello che hai? Chi stai guardando? Edward? Stai bene? Perché stai sorridendo come un ebete?”.
Jasper seguì il mio sguardo e si accorse chi guardavo. “Oh Mio Dio Edward! A te piace Bella!”.
A quelle parole mi voltai di scatto.
“Cosa? No!”.
“La mia non era una domanda, Hahahahah!”.
“Che hai da ridere?”.
“Adesso si spiegano tante cose. Ecco che fine ha fatto il mio dongiovanni preferito, Hahahahah”.
“Simpatico. Guarda che è una cosa seria”. Gli lanciai un’occhiataccia.
“Da quanto tempo va avanti questa storia? È per questo che in questi giorni sei stato un musone? Lo hai detto a Bella e lei ancora non ti ha risposto?”.
Sospirai.
Decisi di essere sincero con lui, in fondo è il mio migliore amico.
“Da due anni Jasper. Da quando ci siamo rivisti due anni fa. E sì, lo scorso weekend gliel’ho confessato e lei mi sta tenendo sulle spine”.
“Sai Edward, credo che anche Bella provi qualcosa per te, solo che ancora non se n’è resa conto”.
“Dici davvero? Come fai a saperlo? Ha detto qualcosa ad Alice?”.
“No, non le ha detto niente. Ma andiamo, Edward! Anche un cieco si accorgerebbe che siete innamorati cotti l’uno dell’altra. Ti assicuro che Bella ti guarda nello stesso modo in cui la guardi tu”.
Davvero Bella mi guarda in quel modo?
“Non scherzare Jazz, questa è una cosa seria e Alice non deve sapere nulla”.
“Amico, purtroppo … arrivi tardi. Alice ha già capito tutto! E’ da quando Bella è arrivata che non fa altro che parlare del fatto che siete fatti l’uno per l’altra e che se non vi affrettate a capirlo da soli, lei ci metterà lo zampino. In più sono due anni che assilla Bella dicendole che tu sei innamorato di lei. Non sei stato molto attento a nascondere i tuoi sentimenti, mi dispiace”.
Cavoli, cavoli, cavoli e doppiamente cavoli.
Aspetta … aspetta … sono due anni che assilla Bella? In pratica da quando ci siamo ritrovati.
Se n’era già accorta e non mi aveva detto niente, ma in cambio aveva tormentato Bella.
Allora non sono un così grande attore.
Ed io che ho pensato che nessuno si fosse accorto di niente.
Adesso si spiega anche il perché del suo interesse per le mie relazioni.
Stava raccogliendo indizi.
Come quando aprì il mio libro su Shakespeare.
D’accordo! Quello non era propriamente il mio libro. Era un libro di Bella, che non le ho mai restituito. Era un modo per portarla sempre con me. L’ha dimenticato nella mia stanza lo scorso anno, quando ha fatto una sorpresa a Christian per il suo compleanno.
“Oh no, ti prego, dimmi che scherzava quando te l’ha detto. La situazione è già complicata così”.
“No Eddy, mi dispiace. Spera solo che non faccia qualcosa oggi”.
Poi si alzò e andò dalla sua ragazza.
Sospirai.
‘Speriamo non combini guai. Speriamo non combini guai. È la volta buona che la uccido’, pensai.
“Edward tutto bene? È da quando ti sei seduto che ti vedo strano”.
Sobbalzai.
Bella.
“Nulla Bella”, poi ad una sua occhiataccia aggiunsi: “Sinceramente? Pensavo a te”.
Forse non avrei dovuto dirglielo, perché arrossì.
“Scusa”, le dissi accarezzandole una guancia. “Non volevo metterti in imbarazzo. Hai finito qui? Che ne dici se andiamo a mangiare qualcosa mentre quella maniaca finisce il giro?”.
“Ehm … veramente le ho promesso che sarei entrata anche nel prossimo negozio”.
Annuii.
Forse non voleva stare con me.
“Oh … non preoccuparti. Allora … qual è il nostro prossimo obbiettivo?”, dissi ridendoci su.
Okay! Il fatto che non volesse stare sola con me avrebbe dovuto farmi capire molte cose, ma decisi che non me ne importava. Mi sarei goduto la sua compagnia il più possibile.
“Quello lì” e compresi perché il rossore sulle sue guance non accennava a sparire.
Cazzo … è un negozio d’intimo!
Di bene in meglio.
Chissà perché, ma qualcosa mi dice che quello è tutto un piano di Alice.
“Allora voi due. Su … sbrigatevi”, urlò mia sorella. Si avvicinò a Bella, le prese la mano e la trascinò nel negozio.
“Ehm … Alice, forse è il caso che io resti fuori. Non voglio vederti mezza nuda”, mentii.
In realtà, il mio problema si chiama Bella e ha un fisico da urlo.
Mi accorsi che Jasper, al mio fianco, se la rideva sotto i baffi e che Bella non accennava a guardarmi. Alice fece finta di niente.
“Oh d’accordo fratellino, puoi restare fuori. In fondo cosa ne sai tu d’intimo per ragazze. È da tanto che non ne hai una, quindi!”, scrollò le spalle.
La fulminai con lo sguardo.

Ogni tanto sbirciavo nel negozio e devo ammettere che quel poco che riuscivo a vedere era davvero “WOW”.
A un certo punto ne uscì Alice.
“Allora … ti piace lo spettacolo? Carina la nostra migliore amica è?”.
Tutto questo mentre ammiccava nella mia direzione.
“Alice cazzo! Abbassa la voce. Non vorrai farti sentire da Bella, spero”.
“Oh andiamo Eddy. Sappiamo tutti e due che Bella sa che ti piace. Se prima i miei erano solo sospetti, adesso sono del tutti confermati. Ho capito tutto fratellino, tutto! Vedo come la guardi. Adesso … ho bisogno che tu venga dentro con me. Devi restare con Bella e aspettare che si rivesta, mentre io sono alla cassa a pagare”.
“Sei sicura che si stia rivestendo o è uno dei tuoi soliti scherzi?”, le dissi guardando storto.
“Sì Edward, sicuro. Ha finito di provare tutti quei bei completini striminziti che le hai visto addosso prima”.
“Uffa … d’accordo!”.
“Non dire uffa! Presto la vedrai mezza nuda tutte le volte che vorrai”.
“Alice, cazzo … la finisci?”, le dissi, anche se era già troppo lontana per sentirmi.
Entrai e mi appoggiai al muro di fronte ai camerini ad aspettare.
Bella ne uscì tutta indaffarata, ma aveva … oh Dio!
‘Alice giuro che stavolta ti ammazzo. Perché devi mettermi sempre in imbarazzo?’.
Non aveva ancora alzato lo sguardo e quindi non si era accorta di chi aveva davanti.
“Alice che ne dici di questo? A me piace di più l’altro”.
Ero a bocca aperta e non riuscivo a dire nulla.
E’ un vero schianto.
Una dea.
“Al –”, ma il nome di mia sorella le morì in bocca quando si accorse chi aveva di fronte. “E – Edward, che ci fai tu qui?”.
“Io … ecco … io …”. Iniziai a gesticolare, anche se il mio imbarazzo, così come il suo, era palpabile. “Alice mi ha chiesto di aspettarti mentre ti rivestivi. Ha detto che avevi finito di provare tutto e stavi terminando di indossare i tuoi vestiti. Se avessi saputo che … i – io mi sarei voltato dall’altra parte. Non volevo guardarti”.
Abbassai lo sguardo, imbarazzato.
La vista di lei mezza nuda mi stava mandando in confusione.
“Oh Edward, n – non preoccuparti, insomma, è u – un s – s – semplice costume, insomma i –io … Oh Dio! Lascia stare, d’accordo?”.
Allora perché è diventata tutta rossa?
Se è un semplice costume, non dovrebbe sentirsi in imbarazzo, giusto?
Stavo per risponderle, ma la commessa c’interruppe.
“Mi scusi signore, ma non le è permesso stare qui. La pregherei di andare nel reparto maschile”.
Stavo per ribattere ma fu Bella a farlo per me.
“Oh, non si preoccupi signorina, lui non è uno sconosciuto, è …”.
“Oh capisco … è il suo ragazzo, mi scusi. L’avevo vista entrare solo con la sua amica e il suo ragazzo, pensavo non ci fosse”.
Stavolta intervenni io.
“Ero fuori a fumare, ma adesso ci sono”, dissi rivolto alla commessa.
Le feci il sorriso che usavo per far colpo sulle ragazze e che ormai non usavo da parecchio, e lei abbassò lo sguardo tutta rossa.
Poi rivolto a Bella, che aveva scosso la testa di fronte alla reazione della commessa, “amore”, dissi calcando sulla parola, “perché non via a rivestirti? Alice e Jasper ci stanno aspettando, faremo tardi al cinema”.
Però … suona proprio bene come parola, mi piace chiamarla in questo modo.
Lei si voltò ed entrò nel camerino per cambiarsi.
Restai a guardare il punto in cui era scomparsa e non mi accorsi che era già tornata e che mi stava facendo una domanda, con uno strano sorriso sulle labbra.
Dio … quella ragazza aveva la capacità di farmi dimenticare anche il nome.
“Dicevi?”.
“Da quando fumi?”.
“Oh, non fumo, era solo una scusa”.


Pov Bella

Che imbarazzo! Dio!
Giuro che ammazzo Alice.
Ma perché non può farsi gli affari suoi e lasciarci in pace?
Okay che in questi due anni ha sempre avuto ragione, però.
Che cavolo!
Già la situazione non è delle migliori, poi si aggiunge lei con i suoi giochetti.
Maledissi il fatto di essere troppo buona e non riuscire mai a dirle no.
In tutti casi, quella è una parola bandita dal suo vocabolario. Riesce sempre a ottenere quello che vuole.
Ma torniamo all’argomento principale della discussione: Edward.
Quando prima si è finto il mio ragazzo poi … cosa non gli avrei fatto.
Mi guardava come se mi stesse adorando.
E devo ammettere che il mondo in cui mi guardava, mi piace, e non poco.
‘Ah Bella, Bella. Dì la verità. Ti piace, vero? E allora perché non ti fai avanti? Lui non aspetta altro’.
Ecco, ci mancava solo lei e siamo al completo.
Quando uscii dal camerino, mi resi conto che lui era rimasto ancora impalato dov’era e così decisi di prenderlo un po’ in giro.
“Eddy … caro, ho fatto. Andiamo?”.
Lo vidi scuotere la testa e per poco non iniziai a ridergli in faccia.
Era così imbambolato.
“Dicevi?”.
“Da quando fumi?”.
“Oh, non fumo, era solo una scusa”.
“Allora … andiamo?”.
“Cosa? Oh … sì, andiamo”.
“Sei sicuro di star bene?”.
“Sto bene, tranquilla. Andiamo”.
“Sicuro sicuro? Perché a me non sembra”.
“Bella ti ho detto che sto bene!”.
Un po’ per gioco e un po’ perché lo volevo davvero, mi avvicinai a lui e lo presi sotto braccio.
Lui, sorpreso, si girò a guardarmi ed io gli sorrisi.
“Scusa Edward, ma se dobbiamo fingere, tanto vale farlo bene, non credi?”.
Lo vidi intristirsi subito e scuotere di nuovo la testa. “Sì hai ragione … fingiamo come si deve”.
Mi fermai nel corridoio del centro commerciale trascinandolo con me e decisi di dargli un indizio sulla mia decisione, ma imbambolato com’era, dubitavo se ne accorgesse.
Mi sporsi verso il suo orecchio e gli sussurrai: “Chissà … magari un giorno diventerà realtà”.
A quanto pare se ne accorse, perché subito rispose: “Che significa?”.
“Può significare tutto o niente Edward. Ti chiedo solo un altro po’ di tempo, nient’altro. Per favore”.
“D’accordo, tutto il tempo che vuoi, ma è meglio che ci sbrighiamo a raggiungere quei due, perché al momento Alice mi fa paura”.
“Come mai?”.
“Jasper mi ha detto che ha intenzione di … di … sai … hai capito no?”.
Spalancai la bocca, sorpresa.
“Oh … beh, siamo in un bel guaio. Sono due anni che mi perseguita e adesso che ha ragione, non lascerà perdere così facilmente”.

Continuammo a camminare a braccetto fino al cinema e, quando li raggiungemmo, Alice e Jasper parlottavano tra loro e la mia migliore amica, al momento nemica, aveva un enorme sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Tutto quello che riuscii a sentire fu solamente un “Alice, lasciali in pace. Devono vedersela tra loro, non puoi sempre fare il cupido della situazione”.
Alice che non era dello stesso parere, liquidò il tutto con un’alzata di mano. Jasper continuò a guardarla contrariato, ma lei non lo degnò nemmeno di uno sguardo.
“Oh ragazzi, siete arrivati finalmente. Abbiamo già preso i biglietti, però devo avvertirvi: purtroppo non c’erano quattro posti vicini, così abbiamo dovuto prenderli separati. Per voi non è un problema, vero?”.
Mi accorsi che Edward aveva stretto la mascella e guardava la sorella quasi volesse farla sparire con la sola forza del pensiero.
“No sorellina, figurati. Certo che non è un problema”, disse ironico.
Io e Jazz, non riuscendo più a trattenerci, iniziammo a ridere.
Alice sorridendo soddisfatta, aggiunse: “Perfetto, allora andiamo tutti a mangiare, il film inizia tra un’ora”.
Ci incamminammo verso la pizzeria, fin quando Edward non mi sussurrò all’orecchio, con un broncio bellissimo: “Perché ho l’impressione che sarà un lungo pomeriggio?”.
“Hahahahah … perché è così, Eddy. Su andiamo a mangiare”, dissi dandogli un piccolo schiaffetto sul braccio.
Mentre ci dirigevamo verso la pizzeria, Alice e Jasper si allontanarono verso il parcheggio, per posare le numerose buste dello shopping sfrenato di lei.
Entrati in pizzeria, aspettammo un po’ di tempo per sederci.
Mentre aspettavamo, Edward andò al bagno ed io mi appoggiai al bancone bar chiedendo un bicchiere d’acqua.
A un certo punto, sentii circondarmi la vita e pensai fosse Edward.
Mai pensiero fu più lontano dalla realtà.
Uno sconosciuto mi sorrideva in modo orribile (già, quel sorriso non aveva nulla da condividere con quello dolce di Edward) a pochi centimetri dalle mie labbra.
“Ciao bellezza … come mai sei qui, tutta sola? Vuoi un po’ di compagnia?”.
Riuscii a spostarmi, di poco, ma quello che bastava per allontanarmi dalle sue mani.
Mai come in quel momento, avrei voluto Edward accanto a me.
Non importava come: amico, fratello, finto fidanzato. Non importava. L’importante era che fosse qui, con me.
“No grazie, ho già compagnia”.
“E dov’è la tua compagnia, se posso? A me sembra che tu sia sola. Immagino che tu sia con un’amica. L’aspettiamo insieme, ti va?”.
Si avvicinò di nuovo ed io indietreggiai automaticamente.
Poi un’altra voce maschile, che avrei riconosciuto tra mille, mi giunse alle orecchie.
“No, non aspetta un’amica. Aspetta me e ti assicuro che è meglio che ti levi dalle palle, se non vuoi fare una brutta fine”.
“Ah … e tu dovresti farmi paura? Smilzo come sei?”.
Beh, in effetti, Edward non è proprio muscoloso, però … non è neanche messo male, in fondo gioca nella squadra di baseball di Seattle e ne è il capitano.
‘Dio! Adesso inizio anche a parlare dei suoi muscoli! Sono messa proprio male’.
“Chi mi assicura che sei tu, la persona che aspetta? Magari sei solo uno che, come me, vuole provarci e quindi no, caro, mi dispiace ma l’ho vista prima io”.
Edward si voltò a guardarmi sorridente. “Mi dispiace molto deluderti, ma l’ho davvero vista prima io, visto e considerato che IO sono il suo ragazzo … perciò dissolviti nell’aria, prima che perda la pazienza, idiota”.
In più per marcare il territorio, mi prese la mano e mi attirò a sé.
Mai come in questo momento, fui felice della sua iniziativa.


Pov Edward

Cavolo!
Non puoi allontanarti un attimo che subito ci provano.
Una profonda gelosia mi colpì.
Non è nemmeno la mia ragazza e sono già così geloso.
Figuriamo quando ci metteremo insieme.
‘Se vi metterete insieme’, intervenne precisa la mia coscienza.
Certo, però, anche Bella … non potrebbe essere meno bella?
Scusate il gioco di parole, ma … niente ma.
È così e basta.
Mi è venuto un colpo, quando, mentre tornavo dal bagno, mi sono accorto che non era sola.
Non appena l’ho vista indietreggiare, però, ho capito che c’era qualcosa che non andava.
E adesso, mi ritrovo a stringere la mano a Bella per calmarmi (già, non per calmare lei) di fronte a questo energumeno che non accenna ad andarsene e a lasciarci in pace.
Mi voltai a guardarla e le sorrisi rassicurante, spostandola dietro di me con la mano. “Andrà tutto bene, Bells”, le mimai con le labbra, mentre quell’essere continuava a insistere.
“Allora? Sei ancora qui? Ti ho detto di andarti a fare un giro. Lei è impegnata con me”, dissi con il tono più possessivo e arrabbiato che conoscevo.
Iniziava a farsi una certa folla intorno a noi, segno che si erano accorti del nostro battibecco.
“Allora … che sta succedendo qui? Se avete voglia di litigare, fatelo fuori dal mio locale”.
Una voce che non conoscevo risuonò alle mie orecchie, facendoci sobbalzare tutti.
A rispondere fu Bella.
“Non si preoccupi, è tutto a posto. Vero Edward?”.
“Direi che sarebbe tutto okay se quest’uomo la smettesse di importunare la mia ragazza”, ma quello non accennava ad andarsene, nonostante la presenza del proprietario.
Sto seriamente perdendo la pazienza.
Il caso volle che Alice e Jasper arrivassero proprio in quel momento.
Mi rilassai un po’.
Jasper riesce sempre a placare gli animi.
“Hey fratellone, va tutto bene? Tu e Bella state bene? Chi è questo tizio?”.
“Oh sorellina, tranquilla. Andrebbe tutto a meraviglia, se non ci fosse stato l’intervento di questo esemplare di maschio in calore, vero amore?”.
“Oh sì sì, tutto bene Alice, tranquilla”.
Mia sorella ci squadrò da capo a piedi e sorrise soddisfatta alla vista delle nostre mani intrecciate.
Anche Bella se ne accorse, perché la vidi arrossire e nascondersi dietro di me. L’energumeno per fortuna se l’era filata.
Meglio così, altrimenti non so come avrei reagito e a Bella non avrebbe sicuramente fatto piacere vedermi picchiare uno sconosciuto.
Non ero riuscito a trattenermi.
Appena avevo visto quel tizio avvicinarsi a lei, la gelosia mi aveva accecato e … non so.
Anche quand’eravamo piccoli, ero sempre geloso degli altri bambini che si avvicinavano a lei.
Ricordo che pensavo ‘è mia amica e deve essere solo mia, nessuno deve avvicinarsi a lei senza il mio permesso. Lei è la mia principessa ed io devo proteggerla’.
Da allora le cose non sono cambiate poi tanto, anche se adesso non giochiamo più al principe e alla principessa e tanto meno con bambole o macchinine.
“Allora mangiamo? Io ho fame e poi voglio vedere quel bellissimo film con quell’attore super figo che piace tanto a me e Bella”.
Anche la mia ragazza intervenne allegra.
Aspettate … la mia ragazza?
A furia di fingermi il suo ragazzo, ho iniziato a crederci.
È ufficiale, sto impazzendo.
“Oh sì, muoio dalla voglia di vedere Robert Pattinson in Maps To The Stars e poi io adoro quelli il cui regista è David Cronenberg”.
“Si può sapere cosa ci trovate di bello voi due in Robert Pattinson? È un attore come un altro”.
Non l’avessi mai detto, perché quell’arpia di mia sorella con Bella come alleata stavano per ammazzarmi e lo avrebbero fatto se non fosse arrivato il cameriere a prendere le ordinazioni.
“Mi spieghi perché odi tanto Rob?”, mi disse Bella a un certo punto.
La guardai sorpreso.
Di chi diavolo sta parlando?
E chi è Rob?
“Chi è Rob?”, chiesi stizzito.
“Robert Pattinson, chi se no?”, rispose lei con fare ovvio.
“Oh beh … semplicemente non riesco a capire cosa ci troviate in lui, tutto qua. Non lo odio mica. Non lo conosco nemmeno. Voi ragazze siete incredibili. Andate dietro a persone che non conoscete nemmeno e dite ‘Oh Dio è il mio idolo, lo amo!’ …”, dissi facendo una pessima imitazione della voce di mia sorella, che la fece ridere. “Secondo me siete un po’ contorte. Andate alla ricerca del vero amore e poi vi innamorate di uno che neanche sa della vostra esistenza”.
“Edward, dire lo amo non significa necessariamente essere innamorate di lui. Voglio dire … quante volte dico ad Alice ‘Oddio, ti amo’, ma questo non vuol dire che sia innamorata di lei. Primo: ognuno di noi ha un idolo. Secondo: quando parliamo di un idolo e diciamo di amarlo, non significa che lo amiamo davvero, ma, secondo il mio punto di vista, significa che abbiamo stima di lui e di quello che fa. Terzo: l’idolo non deve essere necessariamente una persona dell’altro sesso che ci attrae per la sua bellezza e che fa l’attore, ma può essere una qualsiasi persona importante che viene presa come punto di riferimento e modello da seguire. Prendi me, ad esempio, io amo la tecnologia e sono innamorata di Steve Jobs”.
La guardai sbalordito.
Certo, anch’io ho un idolo, ma non ci ho mai pensato a fondo.
Non pensavo che l’idolo fosse tutto questo.
In aggiunta, c’è che non pensavo che Bella sarebbe riuscita a essere così profonda per un argomento così futile.
Ormai non dovrei sorprendermi più per niente.
Bella è sorprendente sotto ogni punto di vista.
Qualsiasi cosa dica o faccia è sempre una sorpresa.
“Non intendevo questo. È solo che …”, abbassai lo sguardo. Non riuscivo a guardarla negli occhi. Mi sono appena reso conto di qualcosa che è davvero imbarazzante.
“Che?”, m’incalzò lei.
Con la coda dell’occhio la vidi illuminarsi e trattenere a stento una risata.
“Oh mio Dio! Edward, tu sei geloso!”, esclamò.
Ebbene sì, sono geloso. So che è una gelosia irrazionale, ma cosa posso farci? È più forte di me. La sola idea che lei pensi a un altro in quel modo, mi manda fuori di testa. Quando vede qualche sua fotografia va letteralmente in brodo di giuggiole ed io voglio che guardi anche me come guarda lui. Non m’importa che è uno sconosciuto e una persona che lei ammira, il solo fatto che ha attirato la sua attenzione, mi fa arrabbiare. Anch’io vorrei la sua attenzione.
Beh idiota, ce l’hai la sua attenzione’, intervenne qualcuno nella mia testa.
“NO! Ma che dici? Geloso io? E di chi poi? Uno sconosciuto? Non farmi ridere, Bella”.
Il mio tono di voce non ammetteva repliche, tanto che la vidi subito intristirsi e sussurrare “scusa”.
Per tutto il resto della serata non mi rivolse più la parola, anzi non parlò per niente, tanto che un paio di volte mi accorsi di Alice che mi lanciava sguardi assassini.
Ancora una volta quella cartomante di mia sorella aveva capito tutto.
La vidi alzare lo sguardo dalle sue mani solo quando sentì il bisogno di andare in bagno.
Appena fu lontana, Alice mi aggredì.
“Si può sapere cosa cavolo ti è saltato in mente Edward? Sei sempre il solito coglione, non ne fai mai una giusta. Stava andando tutto così bene e Bella si stava anche lasciando andare e tu che fai? Che fai? Le rispondi in quel modo. Se avessi risposto a me in quel modo, ti assicuro che non l’avresti passata liscia, caro il mio fratellone. A volte mi chiedo dove abbia lasciato il cervello o se siamo davvero fratelli biologici”.
“Alice, per favore. Mi sento già uno schifo da solo, non ti ci mettere anche tu”, mormorai sconsolato.
Lei, però, non era dello stesso parere, perché continuò a farmi la predica, manco fossi un lattante.
“Vedi di risolvere tutto entro stasera, altrimenti puoi dire addio alla tua adorata auto e ai tuoi cd della play station. Fai tanto il disperato perché lei non ricambia e tu che fai? Invece di migliorare le cose, le peggiori. Non ho mai visto un ragazzo più idiota di te. Su Jazz, digli qualcosa anche tu. Non ho ragione?”.
Mi voltai verso il mio migliore amico con sguardo implorante.
“Beh … ehm … stavolta credo che Alice abbia ragione. Hai davvero esagerato”.
Di male in peggio.
Tutti contro di me.
In effetti, però, anch’io mi sono reso conto di aver sbagliato a risponderle in quel modo.
Non appena tornerà le chiederò scusa, se me ne darà la possibilità.
Siccome avevamo anche finito di mangiare e il film sarebbe iniziato a breve, decidemmo che era l’ora di andare.
Alice andò al bagno per chiamare Bella e noi, nel frattempo, pagammo.
Quando tornarono, Bella non mi degnò di uno sguardo e s’incamminò verso l’uscita.
“Oh amico, stavolta l’hai combinata grossa”, mi ricordò il sempre gentile Jasper.
“Levati di torno e vai dalla tua ragazza, biondino”.
“Uuuh … come siamo irascibili. Se fossi in te giocherei bene le mie carte, onde evitare altri problemi, amico”.
“Jasper … vuoi smetterla?”.
Se ne andò sghignazzando, pur sapendo che aveva ragione, come sempre.
“Bella … hey … Bella, aspetta. Possiamo parlare un attimo? Per favore”.
Si fermò e si voltò nella mia direzione.
“Dimmi”, secca, decisa.
È decisamente tanto arrabbiata.
“Mi dispiace, io … non volevo. È vero, sono geloso. È solo che … che non mi aspettavo che il fatto che tu lo ammettessi ad alta voce e che questo mi desse fastidio. Insomma io … mi dispiace. Non so che altro dire, perché so che sono stato un coglione, lo so … e capirò se non vorrai più parlarmi e vedermi, perché sono un emerito idiota. Perdonami, ti prego”.
“Non lo so, devo pensarci”.
Si voltò e riprese a camminare.
Avevo visto un piccolo sorriso comparire sulle sue labbra, il che significava che non era più arrabbiata. Anche il fatto che mi rivolgesse la parola e che non mi avesse parlato a monosillabi, significava che tutto era tornato a posto. Voleva solo tenermi sulle spine.
Per tutta la durata del film non parlammo, attenta com’era a guardare il suo idolo. Devo ammettere, però, con mio grande rammarico, che era un bravo attore.
Ci sapeva fare.
Bella aveva ragione, come sempre.

Arrivati al parcheggio, non riuscii più a trattenermi dal chiederle se mi aveva perdonato.
“Allora? Perdonato?”, mi avvicinai a lei, passando le dita sulla sua guancia.
I nostri visi … pericolosamente vicini.
Non ci avrei messo molto ad annullare quella distanza e baciarla, ma non mi sarei spinto tanto oltre.
“Non lo so. Devo pensarci, te l’ho detto”.
Mi appoggiai ridendo alla portiera dell’auto.
“E allora non ci muoviamo da qua fino a quando tu non mi hai perdonato”.
Iniziò a ridere. “Oh d’accordo … d’accordo, ti perdono. Contento?”.
“Contentissimo”.
Mi avvicinai per darle un bacio sulla guancia, ma un folletto malefico non era del mio stesso parere.
Infatti, Alice mi diede una spinta e le mie labbra si scontrarono con quelle sorprese di Bella.
Decisi di osare di più e così ci ritrovammo a baciarci.
Non era un sogno. Ci stavamo baciando davvero. Entrambi partecipanti attivi della cosa più bella del mondo.
Non era un sogno.
Il mio sogno era lì, tra le mie braccia, e mi stava baciando.
Ci staccammo quando sentimmo tossire.
“Allora piccioncini … che ne dite se torniamo a casa?”.
Guardai Bella che era arrossita e non alzava lo sguardo da terra.
Poi sentii la sua voce.
“A casa? Sì certo, andiamo a casa. Mi farà proprio bene una bella dormita dopo questa serata. Dio sono così stanca”.
Eccola la mia ragazza.
Tralasciamo per un attimo il fatto che non lo è … al momento non riesco a definirla in nessun altro modo.
Quando è in imbarazzo, inizia a parlare velocemente e nessuno riesce a fermarla.
Vorrei darle un altro bacio, ma al momento non so quanto compromessa sia la mia situazione.
Insomma, le ho promesso che avrei aspettato i suoi tempi e questo bacio, che anche lei ha ricambiato, può significare qualsiasi cosa.
“D’accordo andiamo a casa”.
Alzò lo sguardo e mi sorrise riconoscente.
Mi voltai a guardare Alice che aveva un sorriso enorme stampato in faccia.
Era evidentemente felice del nostro bacio.
E’ sempre la solita.
L’ha fatto apposta. Ha raggiunto il suo scopo e adesso è soddisfatta.

Per quasi tutto il viaggio in macchina nessuno dei due parlò.
Siccome quel silenzio mi stava facendo impazzire, decisi di interromperlo con un argomento meno spinoso.
“Allora … hai già deciso se tornare a casa o restare qui?”.
Certo … meno spinoso per chi? Di certo non per me.
Non voglio che se ne vada.
Non voglio perderla di nuovo.
Si voltò a guardarmi, sorpresa di sentire la mia voce.
“Oh … per me è questa casa mia”.
“Beh … io intendevo per il college. Cosa hai deciso di fare?”.
“Fino a qualche giorno fa, questa per me era una semplice vacanza. Adesso non lo so”.
“Perché non lo sai?”.
“Beh … perché ci sono stati alcuni cambiamenti e non so più cosa è giusto per me”.
Riferimento velato alla nostra situazione.
Con la mia rivelazione le ho reso le cose ancora più difficili.
So quanto è legata a tutti noi.
Forse … forse avrei fatto meglio a tenere la bocca chiusa.
Decisi, però, di darle un consiglio sincero, da amico. “Segui il tuo cuore, Bella. Non ascoltare cosa ti dice la testa, ascolta il tuo cuore”.
“Ci sto provando, ma … a volte è difficile”.
Le lanciai un’occhiata e sorrisi.
Forse sarebbe meglio se mi decido a dirle qualcosa del bacio di prima, prima che si accorga che siamo fermi sotto casa di Christian.
“Senti … per prima, i – io … non volevo è solo che sai … Alice …”.
‘Idiota! Idiota! Idiota! Cosa ti salta in mente? Dare la colpa ad Alice per un bacio che desideravi darle da quando è entrata in macchina oggi pomeriggio’.
“Oh Edward … n – non devi scusarti. Mi sembrava di aver capito che quel bacio … insomma … volevamo entrambi, io pensavo”.
Aveva parlato in codice, ma io credevo di aver capito perfettamente.
“Oh no Bella, l’ho voluto anch’io, è solo che pensavo che tu credessi che fosse un errore ed io …”.
Non sapevo cosa dire e quindi rimasi in silenzio.
La suoneria del suo cellulare interruppe il nostro silenzio.
“I – io devo rispondere”.
Annuii.
“Pronto? Christian … sì, sono appena arrivata sotto casa. Stavo giusto per salire. Sì, te lo saluto. D’accordo a tra poco”.
Si voltò verso di me. “Io … devo salire. Christian era un po’ preoccupato. Ah, ti saluta”.
Scesi dall’auto e le andai ad aprire la portiera.
“Oh grazie! Ah e comunque non è stato un errore, per me”.
Si sporse per darmi un bacio sulla guancia e poi corse via.
Mi accarezzai la guancia, restando imbambolato a guardarla sparire dietro la porta di casa.
‘Non è stato un errore nemmeno per me, piccola’, pensai sorridendo.
Dio … devo ringraziare mia sorella.
Quel folletto malefico riesce sempre a farla franca, ma è un vero genio.
Un vero genio del male.
Tornai in auto e le scrissi un messaggio, sicuro che lo avrebbe letto.
“Grazie Alice”.
“Di niente fratellino, adesso lasciami in pace. A domani!”.
Sorrisi.
Sempre la solita.
Il mio piccolo cupido.


NOTE DELL'AUTRICE: Bene, che ve ne pare? Ci ho messo una settimana per scrivere questo capitolo e ne sono fiera. Visto Alice cosa combina? Non temete, per la decisione di Bella non dovremo aspettare molto. E' vicina.
Il film di Robert è "Maps To The Stars". Lo avete visto? Io purtroppo non ho potuto vederlo per via di un esame all'università e quando sono andata al cinema lo avevano già tolto. Peccato ... ero davvero impaziente di vedere Rob, lo stavo aspettando da una vita!
La fine del capitolo vi piace o è troppo scontata?

Spero recensiate in tanti.

Un bacio e a sabato prossimo, Ally!!! :3

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Capitolo 8
*** Chapter 8 ***


Eccomi qui ... sono tornata! Scusate per l'assenza di due settimane, ma ho avuto molto da fare. In realtà, ho ancora molto da fare. Chi frequenta l'università come me, sa perfettamente che questo è periodo d'esami e io ne ho uno proprio in questi giorni. Quindi ... potete prendere le vostre conclusioni.

Anche se il capitolo era già scritto, ho fatto una faticaccia enorme per correggerlo, perchè nulla mi sembrava scritto in maniera corretta, nulla mi sembrava lineare. Poi alla fine, stanotte, presa da in insonnia improvvisa, ho acceso l'ipad, su cui avevo una copia del documento, ho iniziato a correggerlo, decidendo di pubblicarlo stamattina.

Spero che sia di vostro gradimento. Mi piacerebbe davvero tanto ricevere qualche vostra recensione. Sono in attesa di scoprire i vostri commenti e i vostri pensieri sulla mia storia.

Eh adesso ... chissà cosa succederà qui? Beh ... dal titolo lo avrete capito no? Spero di non deludere nessuno.

Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia nei preferiti, nelle ricordate e nelle seguite e i lettori silenziosi.

Vi lascio al capitolo . . .
Capitolo 8: Finalmente noi

Pov Edward


Forks, Casa Cullen – Hale, Sabato 19 luglio 2014
È passata una settimana da quando ho confessato a Bella i miei sentimenti e solamente quattro giorni da quel pomeriggio al centro commerciale.
La situazione, da quel momento, mi è sembrata meno tesa e ci siamo divertiti molto, nonostante piccole scaramucce.
Devo ammettere, però, che quel bacio che ci siamo scambiati grazie alla mia amata (la maggior parte delle volte, odiata) sorellina, è stato la perfetta conclusione di un pomeriggio che ricorderò per sempre.
Ci siamo visti mercoledì scorso e oggi, finalmente, la rivedrò.
Il tempo non mi è mai sembrato così lento.
Non vedo l’ora che arrivi stasera.
Perché?
Semplice: per tutto il weekend Bella farà da babysitter a Tommy ed io mi sono offerto di far loro compagnia.
Lo ammetto, non vedo l’ora di passare altro tempo con lei, ma cosa posso farci? Sono innamorato cotto.
Per tutti i giorni trascorsi, non ho fatto altro che sperare con tutto me stesso che avesse le idee più chiare, perché altrimenti so già cosa avrei fatto e niente e nessuno mi avrebbe fermato dall’attuare il mio piano di conquista.
Una volta arrivato fuori casa di Emmett, non riuscii a capire per quale motivo, ma ebbi una stranissima sensazione. Brutti pensieri iniziarono a imperversare nella mia mente, ma decisi di scacciarli e godermi il weekend.
Suonai il citofono e venne ad aprirmi un mini tornado mezzo svestito, seguito da una Bella letteralmente furiosa.
“THOMAS! VIENI. SUBITO. QUI!”, disse la mia Bella scandendo ogni parola. Poi con voce più bassa: “Oh ciao Edward, sei tu. Tommy aveva una voglia matta di vederti”.
Dentro di me, sperai che non solo il piccolo avesse una voglia matta di vedermi.
Il piccolo, infatti, subito reclamò la mia attenzione.
“Tio Eddy, tio Eddy, finammente tei allivato! Che bello, che bello”. Sporse le piccole braccia per farsi prendere in braccio e così feci, chiudendomi la porta alle spalle.
“Hey pulce, come mai zia Bella urlava? Sai che non devi farla arrabbiare, vero?”.
“Ti tio Eddy, lo to, ma io volevo tolo venile ad aplile la porta, pelché lo tapevo che eli tu”, disse mettendo il broncio.
“D’accordo tesoro, ma non farlo più, mi hai fatto prendere uno spavento. La prossima volta me lo dici e andiamo insieme ad aprire, ti va?”.
“D’accoldo, ma io tono glande potto fallo da tolo. Tia mi finitti di mettele il pigiamino? Io ho tanto tonno”.
“Ma certo tesoro, vieni”.
Lo prese dalle mie braccia e lo portò sul divano, dove finì di mettergli il pigiama.
Li guardai tutto il tempo.
Sono così carini.
Bella sembra nata per essere una mamma.
E’ così dolce con Thomas, ma che dico?
Lei lo è sempre.
“Tio Eddy, mi polti a dolmile?”.
“Certo pulce, vieni”.
Lo presi in braccio e lo portai a letto.
Mentre salivamo le scale, si accoccolò nell’incavo del mio collo.
Iniziavo a pensare che se la fosse presa perché lo avevamo sgridato, fin quando parlò con una vocina flebile flebile.
“Tio Eddy, ma vale anche pel te quello che mi ha detto tia Bella l’altla volta?”.
“Cosa pulce?”.
“Che te vedo i motli cattivi batta che ullo Bambi e tu veni?”.
“Certo, vale anche per me. Su … ora dormi. Ci vediamo domani, buonanotte”.
Gli diedi il bacio della buona notte e tornai di sotto.

Sceso in salotto, mi aspettavo di trovare Bella seduta a guardare qualcosa in tv, invece era in cucina che preparava qualcosa da mangiare per entrambi.
Mi appoggiai allo stipite della porta e rimasi a fissarla.
Non appena si accorse di me, distolsi lo sguardo, ma notai comunque il suo sorriso.
Bellissimo sorriso.
“Spero che tu non abbia cenato, perché ho preparato qualcosa”.
“Oh no, certo che no. In realtà credevo che avresti ordinato la pizza, ma va bene qualsiasi cosa per me”.
Mi avvicinai a lei.
E’ tutto imbarazzante.
Dopo mercoledì non ci siamo più sentiti e parlati.
Abbiamo parlato al telefono solo stamattina e di mia iniziativa, quando, dopo che mio fratello è venuto a casa e mi ha detto che Bella avrebbe badato a Tommy, l’ho chiamata per chiederle se voleva compagnia.
Ci sedemmo a tavola e cenammo in silenzio per un po’.
Il silenzio era interrotto solamente dal rumore delle posate e dalle domande sui nostri gusti.
Insomma … un terreno sicuro.
Sicuro davvero, stavolta.
“Allora … a quanto pare odi ancora il pesce. I tuoi gusti non sono cambiati molto da quando eravamo piccoli”.
“No, per niente. Solo … apprezzo molto il tonno in scatola. Lo adoro, letteralmente, ma per il resto: io e il pesce siamo incompatibili”.
Iniziai a ridere.
Ricordavo perfettamente la sua reazione alla vista del pesce.
“Già … ricordo le tue reazioni e quelle di mia sorella, quando mia madre o la tua lo cucinavano. Scoppiavate in un pianto disperato, fino a quando lo davano a me o a Jasper e tu ed Alice potevate mangiare schifezze”.
Iniziò a ridere anche lei, forse ricordando quei momenti spensierati.
“E’ vero, anche Alice odia il pesce. E poi scusa, ma non erano schifezze. Era pollo con patatine fritte e se ben ricordo, tu e Jazz v’imbronciavate sempre, perché noi due riuscivamo a convincerle, mentre voi, no”.
“Hahahahah … è vero. Ah … bei tempi. Non so tu, ma Alice riesce ad averla vinta ancora adesso, e ha 18 anni”, puntualizzai.
“Mmm … io un po’ meno. Mia madre e mio padre ormai evitano proprio di propormi roba di pesce. Hanno perso le speranze. E poi non ho il potere persuasivo di Alice, quindi …”.
Liquidò il tutto con un’alzata di spalle, mangiando un’altra forchettata d’insalata russa.

Dopo aver messo tutto in ordine ed esserci spostati in salotto per guardare un po’ di tv, Bella divenne molto tesa e iniziò a torturarsi le mani che aveva in grembo.
Per sbaglio il mio braccio toccò il suo mentre mi sedevo sul divano e mi accorsi che si era irrigidita.
Per un po’ feci nulla di niente, ma poi mi decisi e le parlai, notando anche che si era allontanata da me.
In pratica, si era spostata dall’altro capo del divano, muovendosi con una grazia sovrumana.
“Bella, c’è qualcosa che non va?”.
“E’? Oh sì, tutto bene. È solo che io dovrei dirti una cosa, ma non so da che parte iniziare”.
Mi venne da ridere.
“Beh, io direi di iniziare dall’inizio, non credi?”.
“Sì giusto, hai ragione. Ehm sarò diretta. Io … mi-sono-resa-conto-che-tu-mi-piaci-molto-e-che-quindi-voglio-provarci”, disse tutto d’un fiato, “il che è strano perché fino a qualche mese fa io . . . io stavo male per un altro e poi arrivi tu …”.
Fece una pausa per riprendere fiato e continuare.
“I – io … non … mi aspettavo di piacerti”, disse come se fosse una cosa ovvia e facendo una faccia buffissima. “Insomma … non sono poi questo granché come ragazza. Cioè … sono normale, così normale, che più normale di me, si muore”.
Se fossimo stati in un’altra situazione, mi sarei messo a ridere per il suo gioco di parole.
Roba da matti!
Davvero crede di non essere bella?
Lei è molto più che bellissima.
Come può pensare di essere normale?
Ha un’eleganza e un … un … appeal, sì appeal, fuori dal comune.
Come fa a non accorgersi di tutti i ragazzi che al suo passaggio si fermano a fissarla, anche se “mangiarla con gli occhi”, sarebbe più indicato?
Mi persi nei miei pensieri, senza accorgermi che Bella continuava a parlare.
Devo trovare il modo di fermarla.
Quando è nervosa, inizia a parlare come una macchinetta, un po’ come quando è imbarazzata.
Se non l’avessi fermata adesso, non ci sarei più riuscito e sarebbe andata ancora di più in panico.
“Ehm Bella … credo di essermi perso. Hai parlato così in fretta che ho fatto fatica a seguirti”.
Lei mi guardò come a dire ‘cavoli Edward, perché mi fai questo?’, ma io davvero non avevo capito niente.
“Quello che volevo dirti è che mi sono resa conto che tu mi piaci molto e che quindi voglio . . .”, la sua voce si affievolì sull’ultima parola. Credo disse un “provarci”, ma non ci avrei giurato.
Un sorriso ebete apparve sul mio volto e m’immobilizzai.
Ha davvero detto quello che ho sentito?
Deo gratias, non posso crederci!
Oh … quanto vorrei baciarla!
Aspettate … adesso posso, giusto?
‘Certo idiota, certo che puoi, oppure vuoi che ti faccia un disegnino? Ha detto che gli piaci’.
Risi dando ragione alla mia coscienza, stavolta.
Vedendo che non parlavo, continuò il suo monologo senza senso.
Già, perché di questo si trattava, stava farneticando e a me non importava nulla delle sue spiegazioni.
Il mio cervello si era fermato al ‘mi piaci molto’.
“Insomma … i – io sto bene con te e mi sento al sicuro e poi, mi sono resa conto che in effetti è da un po’ di tempo che provo qualcosa per te. Non so come sia possibile, ma per ironia della sorte, me ne sono resa conto quattro giorni fa, dopo la nostra chiacchierata nella tua auto e …”.
A quelle parole non riuscii più a trattenermi.
In più, era l’unico modo per fermarla.
Mi fiondai sulle sue labbra.
Adesso che ho il permesso di farlo, niente e nessuno mi fermerà.
Mi staccai da lei solo quando entrambi eravamo in debito d’ossigeno.
“Allora adesso tu sei … tu sei la mia ragazza giusto? Mia e di nessun altro? E non andrai più via? Resterai qui con me?”, le chiesi, staccando le domande l’una dall’altra con dei baci leggeri. Vorrei anche aggiungere un bel “ti amo”, ma forse non è il caso.
Non voglio farla scappare a gambe levate.
“Oh sì, lo sono” e rise.
Poi però abbassò il viso per non guardarmi. “Ma non posso assicurarti che non andrò via. Sono venuta qua con l’intenzione di restare per l’estate. Non avevo programmato che tu … A settembre inizia l’università e sono stata già ammessa all’università di Pisa. Non ho fatto domanda qui”.
“Beh ma puoi sempre frequentarla qui l’università, no? Adesso ci sono io, poi Christian, Alice e tutti gli altri. Potresti vivere da Christian, sono sicuro che ne sarebbe davvero felice. Ti prego Bella, pensaci. L’estate è appena iniziata, hai tutto il tempo per decidere e in più con la media che hai, chi non ti ammetterebbe all’università?”.
“D’accordo ci penserò, ma devo parlarne prima con i miei genitori e con Christian e – e poi … fare le domande per l’università. Spero che mi prendano”.
Aprii la bocca per dire qualcosa, ma lei fu più veloce di me.
Aveva già capito cosa volevo dirle.
Inizio a pensare che possa leggermi nel pensiero, anche se di solito sono io a farlo.
“Non una parola Cullen, sei un gran leccapiedi, ti conosco. So cosa stavi per dire e posso sempre fare le valigie e tornare a casa. Non farmene pentire dongiovanni dei miei stivali”, disse guardandomi male e calcando sulla parola “dongiovanni”.
So a cosa si riferisce.
Al mio passato da puttaniere del liceo, fatto di conquiste bionde, formose e senza cervello e a volte anche rifatte.
Poi, quando ero all’ultimo anno, l’ho rivista e tutte le altre mi sono sembrate così insignificanti.
Solo adesso, con lei tra le mie braccia, mi rendo conto di quanto stronzo sia stato.
In fondo, però, ci stavano anche loro, mica facevo tutto da solo?
Certe cose si fanno in due.
Ricordo quante volte lei, Alice e Jazz hanno provato a farmi ragionare, senza risultato. Ma, nonostante non approvasse il mio stile di vita, lei c’era sempre per me. Se avevo bisogno di lei, mi bastava accendere il pc e chiamarla con Skype e il 98 % delle volte, mi rispondeva sempre. Quando avevo un problema con una delle mie “conquiste”, le chiedevo consiglio e alla fine, puntualmente, finiva nel mio letto.
Certo, nel mio letto era un modo di dire.
Non le portavo a casa mia.
Primo, la mia stanza era off – limits per loro.
Secondo, mia madre mi avrebbe prima ammazzato, poi diseredato. Lei, come Bella e tutti gli altri, pensava che sarei dovuto cambiare.
Terzo, ho già detto che la mia stanza era off-limits per loro?
Inoltre ero il primo dell’istituto, il ragazzo con la media più alta, il capitano della squadra di baseball, avrei potuto circondarmi di persone diverse e invece mi circondavo di idioti. Bella, però, mi era sempre rimasta accanto, per quanto lo permettesse la distanza, ma per me c’era sempre e il destino aveva voluto che m’innamorassi di lei.
Che cambiassi per lei.
“Non preoccuparti, non te ne pentirai. Sono due anni che non esco con una ragazza. Ho smesso di frequentare quelle galline quando mi sono reso conto di essere innamorato di te, puoi chiedere a Jazz o Alice o addirittura a Christian, se non mi credi”.
“Lo so … è solo che … io”, abbassò lo sguardo.
“Tu?”, la spronai. Le presi il mento e le alzai il viso, costringendola a guardarmi negli occhi. “Mi sembra strano, ecco. Insomma, tu … in tutti questi anni …”.
“Non pensare al passato Bella. Quando i tuoi occhi si sono posati nei miei, tutto è cambiato. Non so come spiegartelo. È successo e sono felice che sia successo con te”.
“Anch’io sono felice che sia successo con me”.
Sorrise più rilassata e decisi di sganciare la bomba.
“Ti arrabbi se ti dico che ti amo? So che è presto per te, ma io in questi anni ho capito di amarti”.
“No, non mi arrabbio, solo … anch’io de –”.
La interruppi.
Il tempo per parlare ci sarebbe stato.
Adesso ho bisogno di baciarla.
“Ti amo”.
L’abbracciai e lei si accoccolò sul mio petto, sorridendo.
“Sei sempre il solito, Cullen”.


Pov Bella

Finalmente gli ho confessato tutto e lui ne è stato felice.
La parte di me più pessimista in questi giorni ha sempre creduto che Edward avesse potuto cambiare idea, invece non è stato così. Anzi, la sua reazione mi ha lasciato senza parole.
Quando, poi, mi ha baciato, beh, è stata tutta un’altra storia. Quel bacio è stato così bello, così dolce, così romantico, così … tutto! Non ho parole per descriverlo. Non posso paragonarlo a nessuno dei baci che ho dato in passato.
È così … diverso.
Ci siamo spostati a letto, non so nemmeno io quando, ma lo abbiamo fatto. Dormire con lui adesso non mi sembra più sbagliato, anzi.
Mentre lo guardavo indossare il pigiama, la mia coscienza tornò a farsi sentire. Sono giorni che mi da il tormento.
‘Prima o poi dovrai dirgli cos’hai fatto. Più tardi lo farai, peggio sarà e si arrabbierà tantissimo’.
Appunto.
Perché continuo a rimandare?
Non mi va di mentirgli in quel modo.
Prima ho tentato, ma lui mi ha interrotto dicendo di amarmi e il mio cuore si è sciolto.
Alla fine dovrò confessargli tutto e spero con tutto il cuore che non si arrabbi.
Il suo abbraccio mi distolse dai miei pensieri e dopo essermi accoccolata sul suo petto, ci addormentammo così.
Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo.
A quando eravamo piccoli e tutto ci sembrava semplice.
A quando dormire insieme non significava altro, solo un semplice abbraccio e una dormita con il tuo migliore amico.

Aprii gli occhi all’improvviso.
Forse è tutto un sogno.
Sicuramente sono a casa di Christian e ho sognato tutto.
Poi mi accorsi di una mano che, lenta, mi accarezzava il braccio scoperto e mi resi conto che non lo era affatto.
Alzai la testa e mi sorrise. “Buon giorno piccola, dormito bene?”.
Mugugnai qualcosa di incomprensibile. “Oh sì, alla grande. E tu?”.
“Mmm … anch’io non me la sono cavata male”.
Si sporse per baciarmi ed io lo assecondai.
Ho già detto che adoro i suoi baci?
‘Bella iniziamo bene. Vi siete messi insieme solo da dodici ore e già sembri un’idiota, figuriamoci tra qualche giorno come sarai’, intervenne sarcastica la mia vocina.
Mi staccai dalle sue labbra invitanti e lui le spostò nei miei capelli.
“Mmm … andiamo a fare colazione Eddy? Su … appena Tommy si sveglia, voglio fare una torta tutti insieme”.
Lo sentii sorridere tra i miei capelli e poi sbuffare.
“D’accordo, andiamo, altrimenti da qua non mi schiodo più. Sono stanchissimo”.
Mentre preparavo da mangiare per tutti, mi persi nuovamente nei miei pensieri.
Ripensai al discorso di ieri sera.
Forse Ed ha ragione, dovrei restare.
Almeno così, se resteremo insieme, non dovremo soffrire per la lontananza e poi è sempre stato il mio sogno tornare negli Stati Uniti e finirci gli studi.
Insomma … siamo solamente all’inizio dell’estate. Avrò un bel po’ di tempo per decidere e poi dovrò sempre chiedere il permesso ai miei genitori.
Chissà come reagiranno alla novità.
Spero bene.
Sperai che anche i pochi amici che ho in Italia, comprendano questa decisione senza giudicare.
Comunque voglio parlarne meglio con Edward prima.
Non so cosa aspettarmi da lui.
Poi c’è un piccolo dettaglio, insignificante per lui, essenziale per me.
“Hey Bella che hai? Tutto okay? Sembri pensierosa. C’è qualcosa che ti preoccupa? In più ti stai mordendo il labbro, lo fai solo quando sei nervosa”, disse accarezzandomi una guancia e tirandomi su il mento per guardarmi negli occhi.
Sobbalzai alla sua voce così vicina.
Quando si era avvicinato?
“No”, sorrisi. “Cioè si, va tutto bene. Stavo solo pensando e …”, ma lasciai le parole in sospeso.
Non voglio parlarne adesso.
“E? C’è qualcosa che devi dirmi?”.
Arrossii e lui sicuramente se ne accorse.
“Nulla di preoccupante”, dissi notando il suo sguardo preoccupato. “Ne parliamo dopo, quando Tommy sarà di sopra a giocare, d’accordo?”.
“D’accordo. Può sempre andare adesso a giocare”, disse con fare cospiratorio, attirandomi a sé.
Spostai le mani dal suo petto al suo collo, toccandogli i capelli e risi.
“Non preoccuparti Edward, stavo solo pensando a una cosa, e poi ho promesso a Tommy che avremmo fatto la torta insieme”.
Si sporse per baciarmi.
“Tiiiiaaaa … allola facciamo questa tolta? Dai zia me lo avevi plometto”, disse Tommy tornando in cucina e giungendo le mani in preghiera. “Ho anche lavato le manine, guadda”.
Edward mi lasciò andare subito e Tommy per fortuna non se ne accorse.
“Ecco appunto”, lo sentii brontolare. “Mi sa che in questi giorni saremo interrotti parecchie volte”, continuò.
Io mi voltai e gli sorrisi. “Su, fai il bravo bimbo e aiutaci a fare la torta”.
Più di una volta Edward fu molto divertente.
A volte, quando mi voltavo verso di lui, lo trovavo a fissarmi inebetito e dovetti chiamarlo più di una volta, con Thomas che lo prendeva continuamente in giro. Più di una volta abbiamo rischiato di perdere tutto l’impasto, per colpa della sua sbadataggine.
Di solito sono io quella sbadata e con la testa tra le nuvole.
Sembra che le parti si siano invertite.
So che Edward ha una grande voglia di sapere cosa devo dirgli, ma che non insiste più di tanto.
Infornai la torta e salii al piano superiore per vestirmi.
Potremmo portare Tommy al parco.
Oggi è una bellissima giornata, cosa molto strana per gli standard di Forks, per questo, decisi di indossare qualcosa di comodo: le mie fedeli converse, un paio di jeans stretti e una maglia a blusa. Edward aveva accompagnato Tommy a vestirsi e quando li raggiunsi, la scena che vidi fu molto divertente: Edward rincorreva il piccolo perché non voleva indossare le scarpe.
“No tio, nooo”, urlava Tommy.
“Andiamo pulce, ogni volta sempre la stessa storia? Mi spieghi come facciamo ad andarci al parco senza le scarpe? Di certo non ti ci porto con le ciabatte!”.
A quelle parole, la peste si fermò e si fece prendere in braccio.
“E da quando in qua dobbiamo andare al parco?”, intervenni fingendomi arrabbiata.
Entrambi si voltarono di scatto e vidi Edward molto imbarazzato.
“Beh ecco … gliel’ho promesso io perché non voleva vestirsi. Non essere ar – arrabbiata. Forse avevi altri programmi e io …”, ma lo interruppi.
“No tranquillo, avevo pensato anch’io di andare al parco con una bella giornata come questa. A Forks è più unica che rara. La torta è quasi pronta. Mangiamo prima quella e poi andiamo. Tu intanto perché non vai a vestirti? Finisco io con Tommy”.
“Oh d’accordo”, mi passò il piccolo e uscì.
“Allora piccoletto, sei contento?”.
“Tii tia, tanto tanto. Ma lo tai pelò che lo tio pelché gioca in una quadla ette in televisione e di tolito quando andiamo al palco ci tono temple i tignori che fanno le foto”.
“Oh … non lo sapevo”.
“A te ti teguono mai? A me tolo quando to con tio Eddy, anche te anche il nonno è un dottole famoto ma con lui quette cote non le fanno, chittà pelché”, chiese facendo una faccia buffissima.
“No, non mi seguono, lo fanno solo quando sto con zio Christian. Ma non preoccuparti, ti proteggeremo noi”.

Una volta scesi, trovammo Edward ad aspettarci che aveva già tirato fuori la torta e l’aveva tagliata a fette.
“Si può sapere cosa avete avuto da dirvi voi due? Stavate facendo bruciare la nostra torta!”, disse puntandoci un dito contro, tanto che Tommy sghignazzò alla scena.
“Beh! Tommy mi stava raccontando che quando esce con te vi seguono i ‘signori che fanno le foto’ e mi chiedeva come mai”.
Edward sembrò ricordarsene solo in quel momento e gli s’illuminarono gli occhi.
Chissà cos’ha pensato.
“Tommy resta un attimo qui buono buono a mangiare la torta, io e la zia andiamo un attimo di là. D’accordo?”.
“Celto tio Eddy, faccio il blavo blavo, plomesso”, fece giurin giurello con lo zio.
Edward mi portò, anzi mi trascinò in salotto e mi baciò.
“A cosa devo questo bacio?”.
“Quando usciremo, non potrò baciarti, ci saranno … com’è che hai detto? Ci saranno ‘i signori che fanno le foto’ e se non vuoi che ci vedano insieme e non vuoi vedere la tua faccia su tutte le riviste, allora dovremmo comportarci come due normalissimi amici”.
Quelle parole mi ferirono.
Alla faccia del ti amo.
“Primo: l’ha detto Tommy. Io so che si chiamano paparazzi. Secondo: dillo subito se non vuoi farti vedere in giro con me. Terzo: la mia faccia è già su tutte le riviste di gossip”.
Il suo sguardo s’indurì alle mie ultime parole.
Stavo per andare a prendere Tommy, ma lui mi bloccò. “Che significa?”.
“Significa esattamente quello che ho detto. Non sia mai che la tua fama di single e sciupa femmine incallito sia distrutta. Sappi che con me non funziona così. Se vuoi stare con me, devi starci sempre, non solo quando ti pare”.
“Ma … io non intendevo questo. Solo … io volevo solo proteggerti. Certo, so che prima o poi dovremo uscire allo scoperto, ma non voglio gettarti subito in pasto alle belve. Voglio che qualcosa resti solo nostro. Poi non avremo un attimo di tregua, non appena sapranno la notizia. Come puoi non fidarti di me dopo quello che ho fatto in questi anni e che ti ho detto ieri sera?”.
“Oh no … io mi fido di te. E’ solo che … non so. Scusa okay? Non sono abituata a tutto questo”.
“Perdonata. Anzi, per farti perdonare ho bisogno di un bel bacio, ma uno di quelli come si deve, eh!”.
“D’accordo idiota, vieni qua”.
Mi attirò a sé, mettendomi le mani sui fianchi con fare possessivo. Quel gesto mi è sempre piaciuto, mi ha sempre dato la sicurezza che lui è mio e che io sono sua.
Anche in passato, ogni volta che mi abbracciava, lo faceva sempre in quel modo. Solo a lui era permesso abbracciarmi così, e solo ora mi rendo realmente conto di quanto fossi coinvolta emotivamente.
Iniziai a chiedermi, quanto fossimo “solo amici” anche in passato.
Abbiamo sempre avuto questo legame.
Io lo consideravo mio e, lui, allo stesso modo, mi considerava sua.
Per farlo arrabbiare decisi di baciarlo sulla guancia.
Lui sorrise e m’indicò l’altra guancia.
Poi la fronte.
Il naso.
Infine, quando pensò che gli avrei dato un bacio sulle labbra, deviai e gli baciai l’angolo della bocca.
Lo sentii sbuffare e stringere la presa sui miei fianchi.
Io sghignazzai.
“Vuoi deciderti? Oppure devo farlo io, piccola impertinente?”.
“Sta calmo Cullen! Non lo sai che l’attesa aumenta il desiderio?”.
“Non credo che un bacio possa fare tutta questa differenza, Swan”.
Con un sorriso, annullai la poca distanza che ci separava e, man mano che il bacio aumentava d’intensità, mi stringevo sempre di più a lui. Allo stesso modo, lui stringeva i miei fianchi in maniera quasi dolorosa.
Circondai il suo collo con le braccia e mi alzai sulle punte per baciarlo meglio.
Dopo, sentii la sua lingua sfiorare le mie labbra, chiedendo un accesso che non gli avrei mai negato. Non appena le nostre lingue si unirono nella danza più bella del mondo, un semplice bacio, si trasformò in qualcosa di più profondo.
Era come se quello fosse il mio primo vero bacio in assoluto.
Non ho mai provato quelle sensazioni.
Non ho mai baciato nessuno in quel modo.
Sembrava che volesse legarmi a lui in maniera indissolubile e lo stesso stavo facendo io. Sembrava non avessimo neanche bisogno di ossigeno, tanta era l’urgenza e l’amore con cui ci stavamo baciando. Quando iniziammo ad avere il fiatone, le sue labbra si staccarono dalle mie e Edward appoggiò la fronte sulla mia, guardandomi con gli occhi lucidi per l’eccitazione e sorridendomi innamorato.
Potevo sentire la sua eccitazione provenire anche da un’altra sua parte del corpo, che mi fece arrossire, ma lasciai correre.
Non volevo rovinare il momento.
Non era il caso di iniziare adesso questo discorso.
“Dio! È stato … sono senza parole”, sussurrò, cercando di riprendere fiato.
“Allora … piaciuto il tuo ‘bacio come si deve’?”.
“Da morire. Non avevo mai baciato nessuno in questo modo. Credimi piccola. Tu sei la prima e unica ragazza di cui mi sia innamorato e cui abbia detto ti amo. Ti amo da impazzire”.
Quelle due paroline mi fecero andare, letteralmente, in brodo di giuggiole.
Sorrisi.
“Sta tranquillo, ti credo. Su, adesso torniamo da Tommy, potrebbe combinare qualche guaio”.
Gli lascai un ultimo bacio a fior di labbra e mi voltai verso la cucina.
“Aspetta amore … hey aspetta. Devo chiederti un’altra cosa. Prima hai detto che la tua faccia era già sulle riviste di gossip. Mi stavi prendendo in giro o dicevi sul serio?”.
Tornai a guardarlo e iniziai a ridere.
Dalla sua espressione, capii che non era d’accordo con me, così decisi di spiegarglielo.
“Eddy, amore. Secondo te, oltre a te, quale altro personaggio famoso io conosco?”.
“Mmm … non lo so amore. Dimmelo tu. Lo sto chiedendo a te”.
Continuai a ridere.
Non riuscivo a farne a meno, ma era troppo buffo, sia lui, sia la sua espressione corrucciata da finto duro, messa in evidenza dalle braccia incrociate al petto.
“Avanti … chi? Me lo dici?”.
‘Il mio cucciolo … il mio adorabile cucciolo geloso. Lo amo così tanto e ancora non sono riuscita a dirglielo’.
“Che c’è … sei geloso?”, lo stuzzicai.
Mamma mia! Me la sto spassando troppo.
Non riesco a smettere di prenderlo in giro.
“Sì … no … sì … forse”, esclamò. Alzai un sopracciglio e lui ammise “Sì, lo sono, e da morire anche. Adesso me lo dici chi è? Ti prego, sto impazzendo”.
“Ma certo. Allora, in aereo ho incontrato Taylor Lautner e ci siamo innamorati e siamo usciti insieme dall’aeroporto, mano nella mano”.
“COSA? MI STAI PRENDENDO IN GIRO VERO?”, urlò fuori controllo.
“Oddio amore, è Christian. Chi se no? Alain Delon? Quando è venuto a prendermi in aeroporto erano anche lì e hanno fotografato tutto. Il nostro abbraccio. Il suo bacio sulla mia fronte. Quindi chissà cos’avranno architettato. E poi comunque io odio Taylor Lautner e in aereo non c’era nessuno di famoso”.
Sospirò di sollievo.
Oddio, lui ci aveva creduto davvero.
“Sei incredibile. Chi credevi che fosse?”.
“Uffa senti, io sono geloso di te, quindi smettila di prendermi in giro. Io e te, però, dobbiamo ancora fare un certo discorsetto. Cos’è che mi tieni nascosto?”.
“Oh Eddy, nulla. Erano solo dei pensieri come tanti. Te li rivelerò al momento giusto”.
Gli baciai un angolo della bocca e gli feci l’occhiolino.
“Che non è adesso, giusto? Mi chiedo quando lo sarà!”, disse facendo un gesto teatrale con le mani.
“Esatto, non lo è, ma lo sarà molto presto” e poi me ne andai, lasciandolo sbalordito.
Poi urlai: “Tommy … vieni che usciamo”.

Eravamo in estate, ma di certo non si può dire che a Forks faccia caldo, ma le giacche comunque non servono.
Prendemmo la Volvo S60R di Edward (un’auto meravigliosa, a mio modesto parere) e partimmo in direzione parco.
Da quando ha la patente, Edward ha sempre avuto questa macchina. È una delle sue preferite.
Ricordo ancora quando mi mandò la foto dell’auto appena uscita dal concessionario.
Era eccitatissimo.
La considerava e forse la considera tutt’ora il suo gioiellino, e guai a chi glie la toccava.
La prima volta che ci salii, ricordo che mi disse che quell’auto era fatta per me e che eravamo entrambe bellissime.
In quel momento, un pensiero mi colpì, facendomi rabbuiare.
Edward, naturalmente, se ne accorse.
“Che succede Bella?”. Arrossii. “Perché sei arrossita? Tutto bene?”.
Cavoli! Non riesco neanche a guardarlo negli occhi.
“Ecco … io … ehm … volevo chiederti, ecco, dove portavi le tue amiche quando … beh … hai capito no?”.
Un sorriso nacque spontaneo sul suo viso.
“Ah … era lì che volevi arrivare. Beh …”, fece una pausa per svoltare e poi mi guardò negli occhi.
“Ehm … dipende, dall’occasione. Di solito a casa loro. A dirla tutta, erano loro a chiedermelo. Nessuna ragazza è entrata nella mia stanza, beh … a parte te, mia sorella e mia madre, ma lei non conta. Non volevo che estranei profanassero il mio mondo. Perché me lo chiedi?”
“No, perché … ecco, mi chiedevo s – se avessi fatto sesso con loro a – anche qui”.
Arrossii ancora di più.
Più rossa di così, si muore.
Lui, però, trovò lo stesso il modo per sdrammatizzare e far scomparire l’imbarazzo che si era creato.
“Oh no … la mia bambina, è come la mia stanza. Non. Si. Tocca!”.
Rise, forse del mio sguardo, non lo so, ma sta di fatto che iniziò a ridere così forte che anche Tommy, lo seguì.
“L – La tua bambina? E scusa … io cosa sarei?”.
Mi finsi offesa, anche se non riuscivo a trattenere un sorriso.
So già che la sua auto è la sua bambina e che io sono la sua piccola.
Lui mi rispose con una scrollata di spalle, come se fosse ovvio. “Tu sei la mia piccola”.
“La tua piccola? Mmm … può andare. Salvato in corner, signor Cullen”.
Sorridendo, gli misi una mano sulla gamba, che lui prese e baciò.
“Bella, tu sei sempre stata la mia piccola. Lo eri quando eravamo dei bambini e giocavamo al parco, lo eri quando non avevo ancora la mia Volvo, lo eri quando mi facevo l’intero corpo studentesco del liceo di Forks, lo so è brutto dirlo, ma è così, lo eri quando stavi con quel troglodita. Lo eri … lo sei sempre stata … lo sarai per sempre”.
Solo quando si sporse per baciarmi velocemente, mi accorsi che eravamo già arrivati e che Edward aveva parcheggiato.
“Adesso, ti prego … possiamo pensare a noi e basta? Non voglio ripensare a quello che ero senza di te. Per favore. Avrai tutti il tempo di chiedermelo in futuro, godiamoci questo weekend, va bene?”.
“D’accordo. La mai era solo curiosità e l’hai soddisfatta in pieno. Non penso ti chiederò nulla in futuro, non voglio sapere i loro nomi e neanche il numero, se non vuoi farmi scappare a gambe levate. Non pensare che non mi fidi di te”.
Si sporse verso di me, ipnotizzandomi con il suo sguardo. “Scappare a gambe levate? Addirittura? Non sono poi così tante. E Bella … in un confronto tra te e loro, ti assicuro che vinceresti tu. Tu sei mille volte meglio di tutte quelle oche giulive messe insieme”.
Non riuscii a fare altro se non annuire.
Mi diede un altro bacio a stampo poi scendemmo dall’auto.
“Su campione, è ora di divertirsi”, disse il mio amore, prendendo in braccio Tommy.
Il mio amore.
Non riesco ancora a crederci.
È così bello da non sembrare reale.
Quando arrivammo, beh … non passò molto tempo che arrivarono i nostri disturbatori. A quanto pareva, avrei proprio dovuto farci l’abitudine.
Se fossi rimasta qui, sarei stata costantemente fotografata e solo perché cugina di Christian o ragazza di Edward.
Inconsciamente Edward mi prese la mano e quel contatto creò mille brividi in tutto il mio corpo. Credo successe anche a lui, perché lo vidi guardarmi sorpreso.
Tommy, sceso dalle sue braccia, corse verso le giostre davanti a noi e noi lo seguimmo tenendoci per mano.
Quando ci fermammo, mi avvicinai a Edward, appoggiai da testa sulla sua spalla e lui lasciandomi la mano mi circondò le spalle con il braccio.
“Sei felice?”, mi chiese lui notando il sorriso da ebete che era apparso sul mio viso ieri sera e che non accennava ad andarsene.
“Se ti dicessi sì? La tua presenza mi rende immensamente felice e sinceramente non mi importa degli altri, perché se questo fa parte del tuo mondo, allora …”.
Mi strinsi nelle spalle.
“Bella, tu sei tutto il mio mondo. Mi basta avere te accanto per avere tutto. Anche quando stavi con lui, anche se non potevo averti, mi sentivo bene, perché tu eri, sei e sarai sempre l’unica per me. Lo sei sempre stata, fin da quando eravamo piccoli”. Mi fece girare verso di lui e poi mi disse: “Ti amo Bella”.
Lo fermai prima che le nostre labbra si toccassero.
Avevo anch’io qualcosa da dire.
“Anch’io ti amo, Edward, anch’io”.
Era strano, eppure sapevo di amarlo.
Lo amavo davvero.
Non m’importava se era troppo presto.
Non m’importava cosa avrebbero pensato gli altri.
Lui mi aveva amato per due anni.
Il suo amore per me era cresciuto nel tempo, anche se eravamo lontani.
Sapevo che, se avessi scavato in fondo al mio cuore, avrei scoperto che anch’io lo amavo quasi dallo stesso tempo, solo, non lo avevo mai capito.
Quando ci staccammo, ci accorgemmo di Thomas che ci fissava e che poi ci corse incontro. “Tia, tio? Ma pelché vi tiete dati il bacino tulla boccuccia come mamma e papà? Vi tiete metti ittieme come diceva ieli papà a tio Chlittian?”.
Edward alzò gli occhi al cielo, imprecando contro quei due impiccioni, dove ero sicura, c’era anche lo zampino di Alice, mentre io scoppiai a ridere.
Edward rispose per entrambi, abbassandosi sulle ginocchia. “Sì, Tommy. Ma cosa dicevano ieri papà e zio Christian?”.
“Oh no!”, disse tappandosi la bocca, come se si fosse ricordato di un segreto così importante che non doveva essere svelato. “Mi avevano detto che non dovevo dilvelo pelché poi vi allabbiavate con lolo. Pelò vabbè, voi tiete i miei tii plefeliti e quindi ve lo dico lo tetto (stesso). Dicevano che elavate due cletini che non capivano di ettele innamorati e che te non vi davate una mossa, talemmo diventati tutti vecchi. Tio, tia, non ditegli che ve l’ho detto, altlimenti non mi danno il legalo che mi hanno plometto. Vi plego”, disse il piccolo facendo gli occhioni da cucciolo.
Dio! Quella peste è Alice al maschile.
Incredibile come riesca a convincere le persone.
“Certo Tommy, saremo muti come un pesce, vero Ed? Anzi guarda, mi cucio anche la bocca”, risposi io.
“Certo Thomas, sarà il nostro piccolo segreto, così tu avrai anche il regalo che volevi, d’accordo?”.
“Tii che bello … tiete gli tii più blavi e belli del mondo. Ah tia, mi pingi sull’altalena?”, disse tirandomi la mano.
“Certo piccoletto, arrivo subito”.
“Hai visto quei due? Sapevo che stavano tramando qualcosa, Bella”.
“Andiamo Ed, li conosciamo, sono fatti così e scommetto che in tutto questo c’è anche lo zampino di Alice. Meno male che non sanno nulla di quello che è successo in questi giorni, altrimenti chissà cosa avrebbero combinato”.
“Già, hai ragione, anche se credo che quando glielo racconteremo, rimarranno a bocca aperta. Mi sa che Alice non gli ha raccontato nulla della giornata al centro commerciale”.
Dopo aver passato l’intera mattinata a giocare, Tommy finalmente iniziò ad avere fame. “Ho fame, non mi va più di giocale. Andiamo a cata a mangiale?”.
“Certo tesoro, vuoi venire in braccio o ce la fai ancora?”.
“No, cammino tolo tolo io. Io tono un ometto”.
“Hahahahah … d’accordo ometto, ma non correre”, rispose Ed.
“Che ne dite se andiamo tutti a casa dei nonni a mangiare? Sarebbero felici di vederti Bella e poi potremmo anche sai … potremmo dirgli che stiamo insieme. Tu che ne dici?”, continuò con tono preoccupato.
“Certo Ed, per me va benissimo”.
Si precipitò ad abbracciarmi.
“Non riesco ancora a crederci e poi tu riesci sempre a sorprendermi”.
“TIII! NONNI … NONNI!”.
L’urlo spacca timpani di Thomas ci pietrificò sul posto.
Okay … è ufficiale. Ho perfettamente ragione.
E’ Alice versione maschio.

Una volta arrivati a casa sua, Edward non poté fare a meno di contenere la sua gioia e subito lo disse ai suoi che furono felici di vederlo finalmente sorridente e innamorato.
Carlisle ed Esme quel giorno erano soli: Alice e Jasper pranzavano a casa dei genitori di lui ed Emmett e Rosalie erano partiti per un weekend romantico, approfittando della mia presenza e dei loro sotterfugi per farci mettere insieme.
Pranzammo e poi Thomas ci chiese di tornare a casa. Era stanco per la mattinata passata a sfrenarsi al parco e voleva andare a dormire nel suo lettino. Aveva uno sguardo coccoloso quando lo disse, che nessuno riuscì a dirgli di no.
Quando, infatti, arrivammo a casa, lo trovammo già addormentato sul sedile posteriore dell’auto.
Povero cucciolo.
Doveva essere davvero stanco.
Adesso, Edward ed io avremmo potuto parlare con più tranquillità.
Avevo tante cose da dirgli.
Presi il piccolo dalle sue braccia, nonostante le sue proteste, e lo portai nella sua cameretta.
Poi scesi di sotto.
Avevo delle cose da rivelare.


Bene, adesso i nostri piccioncini stanno insieme e Bella deve rivelargli qualcosa di importante.
Sarà il segreto che la sua coscienza gli dice di rivelargli subito, oppure qualcos'altro?
Chissà ... lo scoprirete nel prossimo capitolo che spero di riuscire a pubblicare sabato.

Un bacio, Ally!

PS: Un'amica mi ha fatto notare che forse ho esagerato un pò con il linguaggio del bambino, ma vi assicuro che non è così. Molti bambini a quest'età parlano davvero così. Ho preso spunto dalla piccola peste di mio cugino che ha la stessa età di Thomas e che parla al suo stesso modo.

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Capitolo 9
*** Chapter 9 ***


Salve a tutti! Sono tornata dopo due mesi di assenza o poco meno. Mi dispiace non aver aggiornato prima, ma ho studiato tanto e sto tutt'ora studiando. Mi dispiace non aver aggiornato, ma nei miei momenti liberi ho modificato la storia, anche i capitoli che ho già pubblicato, quindi vi consiglio di rileggerli, perchè ci sono numerose differenze.

Quindi, RILEGGETE I VECCHI CAPITOLI perchè sono stati modificati e spero troviate interessante il capitolo che posterò adesso, perchè questo è stato uno di quelli più complicati da scrivere, almeno dal mio punto di vista. Leggendolo, capirete il perchè.

Spero solo che recensiate, perchè vorrei davvero sapere cosa ne pensate. Mi farebbe immensamente piacere.

Per il resto non ho niente da aggiungere, a parte:

BUONA LETTURA!!!

Capitolo 9: Sorprendenti Novità

Pov Edward

Era da tutta la mattina che Bella mi stava torturando.
Non riuscivo a capire cos’è che la preoccupava così tanto.
Sperai veramente tanto che non ci avesse ripensato.
Ma in fondo perché avrebbe dovuto?
Se l’avesse fatto, non avrebbe esitato a dirlo e poi non avrebbe accettato così tranquillamente che quando saremmo usciti insieme ci sarebbe stato sempre un terzo in comodo. Se non voleva che ci vedessero insieme sicuramente mi avrebbe detto ‘comportiamoci come amici’ e invece non l’aveva fatto. Anzi, mi aveva addirittura baciato davanti a loro, senza preoccuparsene minimamente. In più, mi aveva detto ‘ti amo’.
‘Mi ama’, la mia mente ed io ancora non riusciamo a crederci. Queste due paroline continuano a rimbombare nella mia testa da questa mattina, da quando le ha pronunciate.
Sperai con tutto me stesso che avesse deciso di restare qui. Perché altrimenti già so quale sarà la mia scelta: tornare in Italia con lei e studiare lì. Non voglio che parta senza di me, anzi, a dirla tutta, non voglio che vada più da nessuna parte senza di me. Non le permetterò mai più di allontanarsi da me, mai più.
Okay … ammetto che sono anche un po’ geloso. D’accordo … forse non solo un po’. Sono molto geloso di lei, anzi … gelosissimo.
Chi mi assicura che una volta tornata in Italia, non s’innamorerà di qualcun altro?
D’accordo … Bella non è mai stata quel tipo di ragazza, ma io ho il terrore che qualcuno possa provarci con lei o peggio, farle del male e so che non riuscirei a sopportarlo.
Mesi fa, mi sono ripromesso che non l’avrei fatta soffrire come, invece, ha fatto quell’essere spregevole. Ah se un giorno me lo troverò davanti, non so come mi comporterò. Non avrebbe dovuto trattare la mia piccola in quel modo.
Poi ricordai che stavo aspettando Bella e cercai di calmarmi.
Adesso, infatti, sono seduto sul divano dopo averla vista portare la pulce a letto.
Perso in tutti questi pensieri, non mi ero accorto che era tornata e che mi stava osservando divertita.
“Edward? Stai bene?”.
“Oh, scusa … I – io stavo pensando. Che cosa devi dirmi Bella? Ti prego. Quest’attesa mi sta logorando. Non ce la faccio più”.
“Beh ecco, io … io ho pensato che … magari … potrei restare qui per l’università, così non dovremo separarci, tutto questo naturalmente se sarò ammessa e se i miei genitori mi daranno il permesso. Va bene che non so se saremo ancora insieme per la fine dell’estate, ma voglio con tutto il cuore che tra noi funzioni, perché so che poi sarebbe impossibile tornare ad essere amici e non averti più accanto, mi ucciderebbe”.
“Anch’io voglio che funzioni, ma davvero hai deciso di restare? Tutto qui quello che dovevi dirmi?”, le chiesi non capendo il motivo della sua preoccupazione.
Sono già in relax.
Tutta l’ansia provata, improvvisamente scomparsa.
“No ecco … io … io dovrei dirti un’altra cosa, che però è … come dire … leggermente imbarazzante”.
Arrossì e abbassò il capo.
Fece un respiro profondo e riprese a parlare senza guardarmi.
“Ecco … io … non so da che parte iniziare, ma ecco … da quando ci siamo ritrovati due anni fa, Alice non ha fatto altro che parlarmi dei tuoi trascorsi, non che avessi bisogni di essere messa a conoscenza di queste cose, ma … ecco … è da stamattina che c’è una cosa che …”. Si fermò.
Io continuai a guardarla confuso.
“So che eri abituato a fare un certo tipo di cose con le tue ehm … ragazze e quindi io …”e qui s’interruppe. “Insomma … sai che io e Alice parliamo di tutto e …”.
Oh Dio! Forse ha il terrore che per me sia solo una cosa passeggera.
‘Accidenti a te Alice e alla tua boccaccia!’.
In fondo di cosa mi sorprendo? Sono amiche, parlano di tutto e mia sorella sicuramente le avrà parlato di quanto mi vede diverso. Bella e Alice erano e sono tutt’ora le persone che mi conoscono meglio di tutti.
Una volta Alice mi ha raccontato che Bella pensava che non le volessi più bene.
Che cosa stupida!
Non ho mai pensato neanche per un istante che il mio comportamento distaccato potesse farla stare male. Piuttosto … avrei sofferto io!
“Hey”, le alzai il viso in modo da guardarla negli occhi, anche se lei cercava in tutti i modi di sfuggire al mio sguardo. “Cosa stai cercando di dirmi? Io non ho alcuna intenzione di trattarti in quel modo. Non ti voglio solo per quello. Io ti amo davvero … voglio stare con te, solo con te e se tu non vuoi o non ti senti pronta, per me va bene, lo faremo quando te la sentirai. E comunque sono due anni che … non ho fatto altro che aspettare che tu ti accorgessi di me … Bella, guardami”.
Aveva anche iniziato a mordersi il labbro, segno che era in imbarazzo per quello che doveva dirmi.
“Io vorrei … i – io vorrei … davvero, è solo che, ecco … i – i – i – o non l’ho mai fatto”.
Restai a guardarla senza spiccicare parola.
Le mie mani sul suo viso.
I miei occhi nei suoi.
Cavoli, non ci avevo pensato.
Avevo dato per scontato che l’avesse fatto.
Insomma … è stata due anni con quel tizio, com’è possibile?
Forse è un sogno e sto per svegliarmi. Datemi un pizzicotto, uno schiaffo … qualsiasi cosa.
“T – tu cosa?”.
Stentai a riconoscere la mia voce, per quanto mi uscì stridula.
“So cosa stai pensando. ‘Sei stata con un ragazzo due anni e non l’hai mai fatto con lui? Cosa diavolo c’è che non va in te?’ ”, disse facendo una bizzarra imitazione della mia voce.
In altre circostanze, probabilmente, avrei riso.
“È solo che, sai … non so. Sapevo che un giorno tra noi due, molto probabilmente, sarebbe successo, ma non so come spiegartelo, non c’è mai stato nulla che mi spingesse ad andare oltre. Un paio di volte ci siamo arrivati, ma poi … Stop! Non so dirti perché. Certo, lo desideravo, ma non come voglio te. E in più, quando stavamo insieme non mi faceva provare metà delle sensazioni che ho sempre provato con te. Non so com’è possibile, eppure è così. Ti prego Ed, credimi”.
Vedendo che non rispondevo continuò.
“Ecco lo sapevo, non avrei dovuto dirti niente”.
Non riuscii a resistere dal baciarla.
Come faccio a essere arrabbiato con lei quando mi dice queste cose?
È un … un … non so come descrivere quello che sto provando. È un’emozione incredibile sentirle dire queste cose.
Visto il modo in cui eravamo vicini, non passò molto prima che le mie labbra sfiorassero le sue.
“Bella, non m’importa. Dicevo sul serio prima, quando affermavo che ti avrei aspettato, ti ho aspettata fino ad ora e lo farò anche dopo. Okay … è una notizia scioccante, insomma, mi aspettavo che tu … ma non importa. Lo faremo quando ti sentirai pronta, non voglio metterti fretta. Hai bisogno di fidarti di me e i miei trascorsi … beh, non aiutano per niente”.
“Oh Ed, io vorrei … vorrei davvero, non m’importa del passato, ma io …”.
Ripresi a baciarla.
Non volevo più sentire scuse.
Non volevo più sentire ma e se.
So cosa vuole dirmi, “E’ troppo presto, ho bisogno di tempo, è successo tutto così in fretta”.
I semplici baci che ci stavamo scambiando, diventarono pian piano qualcosa di più profondo, ma non volevo spingermi troppo oltre, e compromettere il nostro equilibrio.
“Mmm Bella”, dissi a un certo punto. “Co – cosa stai facendo?”.
“Pomiciando. Perché? Non ti piace pomiciare?”, disse staccandosi da me e iniziando a ridere per la mia faccia.
“Certo che mi piace, è solo che … beh … ecco, sai …”, abbassai lo sguardo in direzione del mio problema. Se prima era lei a essere imbarazzata, adesso i ruoli si erano invertiti.
Seguì il mio sguardo e iniziò a ridere.
“Ah beh Ed, che ti aspettavi? Non ho mai fatto sesso, ma di certo so che questo è normale quando si … Hahahahah! Oddio dovresti vedere la tua faccia”.
Si mise una mano davanti alla bocca per trattenere le risa, ma non ci riuscì.
Bene, adesso ride anche di me.
Di bene in meglio!
“In realtà … mi piace molto e se vuoi te ne posso dare una dimostrazione prima che il tornado torni all’attacco, ma se non vuoi, pazienza, troverò qualcosa da fare in quest’oretta”, disse provando ad alzarsi dal divano, cosa che non fece, perché la tirai verso di me e la feci cadere tra le mie braccia.
Iniziò a ridere di nuovo e questa volta lo feci anch’io.
“Beh a dirla tutta mi aspettavo che … ma sta tranquilla piccola, anche a me piace molto”.
Ripresi a baciarla.
E’ così bella, è mia ed è così maledettamente bello baciarla ed è mia.
Mia … non riesco ancora a crederci.
Ormai sono ebbro di felicità.
Mi circondò il collo con le braccia per avvicinarmi di più a lei ed io, allo stesso modo, la strinsi a me. Ho sognato tanto le sue labbra, tanto che mi sarei accontentato anche di un solo, singolo bacio.
Quando ci separammo, mise la sua fronte contro la mia.
“Ti amo”.
“Ti amo anch’io”.
Continuammo a baciarci fin quando ci ritrovammo stesi, con lei sotto di me che mi sorrideva ed io che non riuscivo a smettere di guardarla.
Restammo a guardarci.
Quello era il nostro modo di comunicare, lo era sempre stato. Eravamo sempre riusciti a capirci con uno sguardo, e con un po’ di fortuna lo avremmo fatto ancora.
L’avrei amata per sempre, fino alla fine della mia vita.
Mi sarei mai scocciato di lei?
Mi sarei mai scocciato del suo sorriso o del suo modo di parlare?
No, non ne avrei mai avuto abbastanza.

Quando la peste si svegliò, passammo tutto il pomeriggio a giocare con lui. E dopo aver cenato, lo vedemmo addormentarsi sul divano mentre guardavamo il dvd di uno dei suoi cartoni preferiti.
Bella il giorno prima gli aveva promesso che avrebbero guardato Bambi, un cartone che conoscevo anch’io e che era meraviglioso.
Prima che la pulce si addormentasse, però, riuscii a farmi dire da Tommy, perché la scorsa settimana aveva urlato Bambi quando non l’aveva trovata, e fu bello pensare che Bella, come me, adorasse i bambini e ne escogitasse di tutti i colori per farli addormentare tranquilli.
Dopo aver guardato un po’ di tv anche noi, io e la mia Bella salimmo in camera.
“Certo che Thomas ha una grande fantasia, no?”, chiesi a un certo punto.
“Beh sì, anche se questo un po’ mi stupisce. È così piccolo e ricorda tantissime cose di quando era ancora più piccolo di adesso. E sai una cosa? Parla spesso di te. Credo che tu sia il suo idolo, in un certo senso. Ti adora, indiscutibilmente”.
“Davvero? Non me ne sono mai accorto. Certo, è molto legato a me, ma ho sempre pensato che sia perché passiamo un sacco di tempo insieme. È un bambino adorabile e immagina quando tra qualche anno ne avremo uno noi. Sarà bellissimo avere un figlio tutto nostro”, dissi tra me e me sorridendo. Anche se guardando lo sguardo scioccato della mia ragazza, probabilmente, l’avevo detto ad alta voce.
“Co – cosa? Cosa hai detto?”.
‘Sì, l’ho detto. L’ho detto davvero’.
“Bella … io adoro i bambini e in più farò di tutto perché tu non vada via da me, quindi è ovvio che immagini determinate cose, no? Lasciami sognare”.
Mi si fiondò in braccio mandandomi lungo disteso.
Non mi aspettavo di certo una reazione del genere.
“Non credi di correre un po’ troppo? Stiamo insieme da appena un giorno”.
Scrollai le spalle stringendola tra le mie braccia e mi beai della sensazione del suo corpo a contatto con il mio.
‘Questa posizione ha i suoi vantaggi’.
‘Cullen … smettila di fare pensieri sconci. È solo un abbraccio, un semplicissimo normalissimo abbraccio’, intervenne qualcuno nella mia testa.
‘Sta zitta rompiballe! Ho diritto a sognare ogni tanto, no?’.
Bene, adesso inizio a discutere anche con la mia coscienza.
È una cosa buona, vero?
‘Mmm … No, non credo idiota!’.
In tutto il discutere con la mia testa, non mi ero accorto che Bella aveva iniziato a baciarmi in un modo che avrebbe dovuto essere dichiarato illegale.
“Amore … non sai cosa ti farei. Ti salterei letteralmente addosso. Ma ho promesso di aspettare che tu ti senta pronta e non farmi tradire la promessa, così, andiamo a nanna su”, dissi dandole un piccolo schiaffetto sul sedere.
“Oh d’accordo, ma … peccato!”.
Iniziò a contorcersi per liberarsi dal mio abbraccio e così la lasciai libera. Andò in bagno ed io non vedendola tornare mi misi a letto. Sicuramente stava usando tutte quelle creme e cremine che le donne mettono per non far invecchiare la pelle, anche se lei non ne aveva bisogno.
Quando tornò, mi lasciò a bocca aperta.
Mi aspettavo di vederla tornare con il pigiama della sera prima e della scorsa settimana, che era molto più coprente di quello che indossava adesso e che era un pigiama “normale”.
Nessuno avrebbe dovuto vederla così.
Questo completino era mooolto moolto aderente e ed era molto ino ino e potevo intravedere tutto il suo corpo perfetto, e mi rendeva molto geloso. Moolto mooolto geloso!
La vidi sorridere, sicuramente perché si era accorta della mia reazione.
“Edward, chiudi la bocca, stai perdendo bava”, e rise.
“Smettila di prendermi in giro. Già la tua presenza e la tua vicinanza mi creano problemi, figuriamoci vestita così. Come farò a dormire tutta la notte accanto a te senza saltarti addosso, me lo spieghi?”.
“Perché come sono vestita? È solo un semplice pigiama”, disse facendo una faccia indifferente.
“Semplice pigiama? Questo? A me sembra più un attentato alla mia salute, comunque, se vuoi definirlo pigiama, fa pure”.
‘Cazzarola, cazzarola! Come faccio a resistere? Come faccio? Qualcuno lassù mi aiuti!’.
“Hai detto che non volevi toccarmi ed io non sono sicura di volerlo”, disse mettendo il broncio.
“Oh, d’accordo … d’accordo, vieni qua piccola”, dissi allargando le braccia. Lei non si fece pregare un attimo e ci si fiondò.
Ci accoccolammo sul letto e chiacchierammo un po’.
“Dì la verità, lo hai comprato con Alice quel giorno al centro commerciale?”.
“Sì, in effetti. Ero indecisa se comprarlo o meno, poi quando ho pagato, mi sono accorta che Alice lo aveva messo tra i capi da acquistare e quindi l’ho preso”.
“Alice, sempre lei. Non ha nulla di meglio da fare che intromettersi”.
“Già e sai non so perché, ma si era fissata con questo completino. Diceva che avevo attirato gli sguardi di tutti nel negozio e che quindi avrei dovuto assolutamente prenderlo”.
Sbiancai.
Avevo capito perfettamente a cosa si riferiva Alice.
Al mio sguardo.
Sperai che Bella non si accorgesse del mio colorito, perché altrimenti ero nei guai.
“Perché sei diventato pallido? Tutto bene amore?”.
Ecco appunto.
“Sì, tutto bene, è solo che il fatto che tu abbia attirato tutti quegli sguardi mi da fastidio, sai com’è, sono geloso”.
“Oh amore … ma cosa dici? Sai che non devi esserlo. Penso che Alice l’abbia detto solo per convincermi, la conosci”.
‘Fiuuu! Salvato per un soffio. Mamma mia!’.
“Sì, so che non devo esserlo, però lo sono lo stesso, piccola. Non posso farci nulla. Ero geloso prima che non eri la mia ragazza, figuriamo adesso che lo sei”.
“Hahahahah! Sì, lo so, ricordo perfettamente”.
“Adesso che ne dici di dormire un po’? Sono stanchissimo”.
“Oh certo, buona notte amore”.
Mi diede un bacio e si accoccolò meglio tra le mie braccia.
“Buona notte piccola”.
Ci addormentammo così: lei stretta tra le mie braccia ed io che la coccolavo.
Non avrei immaginato serata migliore.
Ne avrei passate altre cinquecento di notti così.
L’avrei aspettata.
Avrei aspettato tutto il tempo necessario.
Mi sarei conquistato la sua fiducia giorno dopo giorno.
Restai a guardarla rilassarsi man mano che il sonno arrivava e poi la vidi sorridere dopo aver sussurrato il mio nome.


Pov Bella

“NO!”.
Mi svegliai da un bellissimo e dolcissimo sogno.
Avevo uno strano timore, nascosto nel profondo della mia psiche, che aveva scatenato il mio incubo.
I miei sensi di colpa tornarono a farsi sentire.
Quando gli avrei detto tutto?
Era un peso enorme e non volevo mentirgli in quel modo, non a lui.
Non meritava questo.
E poi c’è il fatto che, appena quelle foto si diffonderanno, tutti penseranno chissà cosa e io non voglio deludere nessuno, soprattutto non voglio passare per quella che non sono.
Cosa più importante, non voglio che tutti i miei amici pensino che tra me e lui sia successo qualcosa quando ancora stavo con Manu, perché non è affatto così.
Nonostante tutto, gli volevo bene e non sarei mai riuscita a guardarlo negli occhi dopo averlo tradito, come invece aveva fatto lui.
Certo, il mio comportamento nei confronti del mio ormai ex ragazzo era cambiato dopo le vacanze natalizie, ma era una risposta alla sua indifferenza nei miei confronti. Tutti i nostri amici si erano accorti che c’era qualcosa che non andava, ma entrambi continuavamo a fingere, pensando che fosse solamente un periodo.
Non mi ero resa conto, però, che quello che avevo capito durante il mio viaggio a Forks, aveva cambiato il mio cuore.
Solo in questi giorni mi sono resa realmente conto di cosa ho provato nello scoprire cose di Edward che non conoscevo e che invece avrei voluto sapere prima, perché, forse, mi sarei comportata in maniera diversa.
Che cosa sarebbe successo se, due anni fa, mi avesse detto che gli piacevo? Avrei lasciato il mio ex per lui?
Il mio cuore conosceva già la risposta.
In fondo, avevo sempre avuto un debole per Edward.
Quando ero più piccola e immaginavo la mia prima storia, il mio primo bacio, li immaginavo con lui. Non so perché.
Edward è sempre stato il mio eroe.
Il giorno della mia partenza, nonostante avessimo solamente io tre e lui quattro anni, mi promise che se per qualsiasi motivo, avessi avuto bisogno di lui, mi sarebbe bastato chiudere gli occhi e pensare a lui e lui sarebbe venuto da me.
Ricordo ancora quella conversazione fatta da due bambini che si promettono di stare insieme per sempre.

“I giorni in cui ti mancherò tantissimo tantissimo, tu chiudi gli occhi e pensami, io lo farò quando mi mancherai tu. E poi, visto che io sono un maschio e sono forte, quando mi penserai, io verrò da te”.
“Ma Eddy, non puoi venire da me appena ti penso. Non sei mica un mago? E poi, non devi solo attraversare la strada per venire a casa mia. Adesso le nostre case saranno lontano lontano, così lontano che c’è un grande mare tra di loro”.
“Non è vero. Ti dico che verrò da te. Te lo prometto ed io mantengo sempre le promesse. E quando saremo grandi, tu tornerai qui da me e non te ne andrai più, così io e te potremo stare insieme per sempre”.
Lo guardai con gli occhi pieni di lacrime.
“Come nelle favole?”.
“Sì Bells, come nelle favole, però solo se smetti di piangere”.
Mi asciugai le lacrime agli occhi per renderlo fiero di me e lo abbracciai.

“Ti voglio bene, Bells”.
“Ti voglio bene, Eddy”.

Una mano sulla mia spalla mi riportò alla realtà.
“Hey, va tutto bene. Ci sono io qui”, disse.
Ed era vero, lui c’è sempre stato per me.
Non ha mai infranto quella promessa.
Non mi ero accorta che ero ancora tra le sue braccia e che mettendomi seduta, avevo svegliato anche lui.
Scossi la testa convulsamente.
Solo adesso mi rendo conto di quanto siamo davvero legati.
Sono passati diciassette anni, siamo cresciuti, siamo cambiati eppure l’affetto che nutriamo l’uno per l’altra non si è mai affievolito, anzi, la lontananza l’ha rafforzato ancora di più e l’ha fatto crescere e maturare, fino a trasformarlo in quella cosa bellissima chiamata amore.
Ancora mi chiedo il perché della mia stupidità.
Quanta sofferenza ci saremmo risparmiati se lo avessi capito prima?
Io non avrei sofferto per il suo comportamento distaccato e lui non avrebbe sofferto nel vedermi con un altro.
“No, non va affatto bene. Quando quelle foto si diffonderanno, tutti quelli che mi conoscono, penseranno delle cose orribili sul mio conto e non voglio che si pensi che io … che io …”, dissi piangendo.
Come se mi avesse letto nel pensiero, Edward si affrettò a rassicurarmi. “Oh amore, calmati! A me non importa cosa dicono gli altri, a me importa cosa dicono i tuoi occhi o il tuo cuore. Io so quanto sei stata male, ma so anche che l’amore finisce, Bella, lo so. E poi scusa, ma non è stato lui il primo a mettersi con un’altra e trattarti in quel modo? Se degli estranei sono così stupidi da non capirlo, a me non importa. A me importa solo che tu sia felice e ho visto oggi quanto tu ti sia divertita e abbia sorriso. Non sorridevi così da tanto tempo”. Fece una pausa, aspettando che gli rispondessi, ma vedendo che non lo facevo, continuò. “Da quando ti importa cosa pensa la gente? A me importa cosa pensi tu e se questo è un modo per dirmi che ci hai ripensato allora io … io troverò un modo per farti innamorare di me, perché adesso che … che … tu … io non voglio più perderti, adesso che ti ho ritrovata, non voglio più rinunciare a te”.
“No … no, io non voglio, è solo che ho paura, io … io … devo dirti una cosa e …”. Ma ancora una volta fui interrotta da un suo bacio.
Perché? Perché è così difficile dire quelle poche … semplici paroline? Un tempo non avrei fatto fatica a guardarlo negli occhi e a dirgli tutto.
Adesso, invece, lui è così felice e così fiero di me, che ho paura di deluderlo.
“Bene, allora non avere paura, perché ci sono io con te, sarò sempre con te. Saremo per sempre noi, amore. Ricordi la mia promessa? Farò tutto ciò che è in mio potere per mantenerla”.
“Edward, io … io … Oh, Ed, è così assurdo che abbia paura di quello che sento per te?”, dissi beandomi delle sue carezze.
“No, amore, no. E vuoi sapere perché? Perché anch’io provo la stessa cosa, anch’io ho paura dei miei sentimenti, ma non mi nasconderò agli altri. Io ti amo e se tu mi ami davvero, allora non dovrebbe importarti di quello che pensano gli altri”.
“Oh Ed, cosa farei senza di te? Non riesco a crederci, ancora una volta tu … tu stai qui a consolarmi e … e …”, ma lui mi zittì con un bacio.
“Bella, io ti consolerò sempre, questo è quello che voglio fare, d’accordo? L’ho fatto quando eravamo dei bambini, lo farò adesso. E adesso smettila con tutte queste paranoie, io sono stanco ed anche tu”.
“D’accordo, ma vorrei, ecco … mi dispiace, non voglio che dubiti di me”.
“Non preoccuparti, non riesco ad arrabbiarmi con te quando metti su quel musino da cucciolo indifeso e non stavo dubitando … ora dormi piccola, ci sono io”, mi baciò i capelli e iniziò ad accarezzarmi la schiena, fin quando pian piano ci addormentammo.


Bene, eccoci arrivati alla fine del capitolo.

Che ve ne pare?

Spero che vi sia piaciuto e che recensiate in tanti.

Un bacio e a sabato 16 agosto!

Ally :3

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Capitolo 10
*** Chapter 10 ***


Salve a tutti! Come promesso, sono riuscita a pubblicare oggi! Anche se in ritardo vi auguro un buon ferragosto! Spero vi siate divertiti!

Ecco di seguito il decimo capitolo della storia, spero vi piaccia!!!

Buona lettura!
 
Capitolo 10: Consapevolezza

Pov Bella


Seattle, Casa Swan, Giovedì 7 agosto 2014
Tra me e Edward va tutto bene, per fortuna.
I miei genitori hanno preso bene la mia decisione di restare a Seattle per il college e mi hanno anche confessato che hanno sempre saputo che Edward ed io saremmo finiti insieme.
Chissà perché, ma tutta la nostra famiglia lo aveva capito e quando lo hanno saputo tutti, si sono fatti davvero molte risate. Sospetto che ci sia lo zampino di Christian e Carlisle, ma non m’importa, sono felice.
Per il momento vivo da Christian e spesso Ed resta a dormire con me, naturalmente con l’approvazione di Christian.
Come pensavo, invece, i miei amici non sono stati così comprensivi. Alcuni mi hanno accusato di aver tradito Manu in uno dei miei viaggi negli Stati Uniti e, secondo loro, è questo il motivo per cui l’ho lasciato a gennaio, ma non ci ho dato molto peso. Altri, invece, pensano che io sia semplicemente fuggita e che quella con Edward sia una storia passeggera. Continuano a ripetermi che devo tornare a casa, ma non capiscono che per me casa mia è Forks, nel caso di adesso, Seattle.
Non riesco a credere di essere stata così male per una persona che non amo più dallo scorso Natale.
Il vuoto che ho sentito quando gli ho detto “E’ finita”, è scomparso e con esso anche il senso di inadeguatezza.
Adesso so che il vuoto che sentivo era scatenato dal fatto che non ero felice, sentivo che quello non era il mio posto. Semplicemente il cuore lo aveva capito prima del cervello e continuava a mandarmi segnali.
Alcune cose che avevano detto, mi avevano ferito molto e avevo passato interi pomeriggi a piangere e a sentire le loro parole rimbombarmi in testa, fin quando Edward, molto arrabbiato, a mia insaputa, aveva chiamato una mia amica e le aveva detto di smetterla con tutte quelle idiozie e di lasciarmi in pace.
Le ragazze, al contrario dei ragazzi, avevano capito.

Unica nota stonata, è il fatto che non sono ancora riuscita a parlare con Edward. Non ho ancora avuto il coraggio di dirgli alcune cose e l’ho raccontato solo a Christian che ha promesso di aiutarmi.
Non riesco a trovare il momento adatto.
Più il tempo passa e più non ho il coraggio.
In fondo, abbiamo trovato il nostro equilibrio ed io ho paura di deluderlo e di distruggere tutto.

Seattle, Casa Swan, 26 luglio 2014
“Buon giorno”, salutai Christian e Jo che stavano già facendo colazione.
Mi avvicinai al piano cottura per prepararmi qualcosa da mangiare, visto che era sabato e la domestica aveva il weekend libero.
“Hey bellezza, buon giorno. Finalmente sveglia. Fatto le ore piccole stanotte?”.
Come al solito Christian mi punzecchiò.
Sorrisi al ricordo.
“Beh … in effetti. Credo di aver parlato a telefono con Edward fino alle 3, ma non ne sono tanto sicura”, dissi grattandomi la testa.
Lui iniziò a ridere.
“Lo sapevo!”, esclamò, però, a un’occhiataccia della sua ragazza si ricompose e giustificò la sua esclamazione. “Stanotte mi sono svegliato per prendere un bicchiere d’acqua e tu eri ancora sveglia”.
Dopo aver messo il latte nel bollitore, mi avvicinai a lui e gli diedi un pugno sulla spalla. “Scusa, ma … che posso farci se non riesco a stare senza di lui?”.
“Nulla nulla! Hai ragione, quando l’amore chiama, non puoi fare altro che rispondergli”.
Annuii e mi sedei accanto a lui, aspettando che continuasse con le sue solite perle di saggezza mattutine.

Christian è una persona incredibile.
A lavoro incute terrore solo con uno sguardo, ed io ho potuto costatarlo più di una volta, mentre con noi della famiglia è un pezzo di pane, dolce, allegro e ironico, molto, molto ironico e un gran burlone.
“Beh … che avete da guardare?”.
Christian ruppe il silenzio che si era creato perché io e la sua ragazza lo stavamo fissando.
“Nulla”, rispose Jo, poi continuò. “Di solito la mattina ti diverte diffondere le tue battutine e quindi ci aspettavamo che continuassi”.
Christian sbuffò. “No, per oggi basta e avanza”.
Sorrisi. “Oh, d’accordo”.
Avevo bisogno di parlare con lui riguardo al mio problema e così decisi di chiederglielo.

“Senti Christian … ecco … non è che oggi avresti un po’ di tempo? Avrei bisogno di parlarti di una cosa”.
Notando il mio tono di voce, alzò lo sguardo dal suo piatto e mi scrutò. “Va tutto bene? Mi stai facendo preoccupare”.
“Sì sì, tutto bene tranquillo”.
“D’accordo, allora aspettami di là, arrivo subito”.
Andai nel suo studio e mi sedei sulla comoda poltrona, ammirando l’ordine maniacale che lo riempiva.
Adesso capisco a chi somiglio.
Anche la mia stanza a Volterra è molto ordinata.
“Allora, dimmi tutto”.
Iniziai il mio racconto e alla fine, Christian venne ad abbracciarmi.

“Sta tranquilla, ti aiuterò a trovare la soluzione adatta, mi dispiace solo che Edward se lo sia tenuto per se e non abbia detto nulla a nessuno”.

Un suono proveniente dal mio computer, che mi avvisava dell’arrivo di una videochiamata, mi distolse dal ricordo di quella chiacchierata.
Risposi.
“Hey straniera, come stai?”, mi disse una voce maschile familiare.
Davide.
“Come siamo eleganti. Che ore sono lì da voi?”.
“Ciao straniero, tutto bene e tu? Qui sono le otto e tra un po’ arriverà Ed, anzi è anche in ritardo. Mi porterà da qualche parte, una festa mi sembra”, risposi sorridendo.
Davide è un amico del liceo, uno dei pochi con cui ho ancora contatti.
“Uscite spesso ultimamente, vero? Su internet non fanno che girare articoli su di voi e sul fatto che Edward abbia messo la testa a posto”.
“Già, mi ha vista un po’ giù di morale e ogni sera mi porta da qualche parte. Naturalmente tutto questo con l’aiuto di Christian e Alice che si divertono tutto il giorno a prendermi in giro. Comunque non credere a quello che dicono i giornali”.
“Lo farò. Da quello che mi hai detto, è il loro passatempo preferito fare congiure contro Edward e te. E poi Edward ti ama, sono sicuro che lo fa per farti capire che puoi fidarti di lui e che puoi lasciarti andare, sempre se è vero che non siete ancora andati oltre”.
“Davvero non siamo andati a letto insieme. Cioè … dormiamo spesso insieme, ma lui mi ha detto che mi avrebbe aspettata e tutt’ora non mi fa pesare il fatto che … che ancora non abbiamo combinato nulla e poi scusa, fatti i fatti tuoi”.
“Bella è che … detto sinceramente, è difficile credere che nel giro di una settimana, tu ti sia innamorata perdutamente di lui, scusami se te lo dico, ma anche a me vengono dei dubbi”, disse imbarazzato.
Le sue parole mi colpirono e sentii il mio cuore spezzarsi.
Perché nessuno crede che possa essere felice con lui?
Quando Manu si era messo con un’altra, nessuno aveva detto nulla e invece io sono accusata di cose che non stanno né in cielo, né in terra.
“Ma come puoi insinuare una cosa del genere?”, urlai in preda alla rabbia.
Come osava?
Non avrebbe dovuto.
Nessuno avrebbe dovuto.
Io non sputo sentenze sulle loro vite, non l’ho mai fatto.
Pensavo che almeno lui mi volesse bene, invece mi sono sbagliata, ancora una volta.
Quando ho pensato che almeno lui avesse continuato a credere in me? Mentalmente ritirai tutti i bei pensieri nei suoi confronti.
“Come osi dire questo? Sei mio amico oppure no? A questo punto sono convinta che tu sia come tutti gli altri. Sempre a pensare male, sembra a sputare sentenze su cose o persone di cui non sapete nulla. È questo uno dei motivi per cui non voglio tornare. Siete degli ipocriti”, continuai.
“Bella ti prego, non dire così, sai che sono solo preoccupato per te, non voglio vederti soffrire”, disse lui.
“Se mi lascerà, cosa del tutto improbabile, mi assumerò la responsabilità di tutto, ma fino a quel momento, mi godrò quello che viene e tu dovresti accettarlo. Anzi sai che ti dico, ti odio”.
Proprio in quel momento, il caso volle che entrasse Edward. “Che ha fatto, di grazia, il sottoscritto per essere odiato da te? So che odi le sorprese, ma un po’ di comprensione non guasta mai, amore mio, voglio solo vederti sorridere. Sai quanto amo il tuo sorriso”, disse avvicinandosi e carezzandomi una guancia.
“Edward … che ci fai qui?”, dissi sorpresa di averlo di fronte a me, ma felice perché lui in qualche modo riusciva sempre a tranquillizzarmi.
“Sono venuto a prenderti, che domande. Christian mi ha detto che eri in camera tua e così sono venuto a chiamarti, dai, andiamo che siamo in ritardo, la festa è già iniziata. Il coach ci ha trattenuti più del previsto. Ti aspetto fuori”.
Mi accinsi a spegnere tutto, staccando la chiamata in faccia al mio ormai ex amico.
Uscii dalla stanza e lo raggiunsi.
Era poggiato alla ringhiera delle scale e mi guardava sorridente. “Allora, mi dici con chi stavi parlando?”.
Scenata di gelosia on.
“Stavo parlando con Davide, o meglio ci stavo litigando”.
A quelle parole si tranquillizzò. “Perché? Cos’è successo Bella?”.
Mentre parlavo, mi buttai tra le sue braccia, l’unico luogo in cui mi sentivo al sicuro e iniziai a piangere sul suo petto.
“Oh Ed, mi ha detto che pensa che gli abbia mentito. Solo adesso mi rendo conto che, forse, nessuna delle persone che fino a qualche settimana fa consideravo mie amiche mi ha voluto bene sinceramente. Non voglio più né vedere, né sentire nessuno di loro. E poi la cosa che più mi ha fatto male è stata che pensava che tu mi avresti lasciato, non appena ti fossi scocciato di me. Io … io non sopporterei che tu mi lasciassi. So che stiamo insieme da poco, ma siamo sempre stati legati, me lo hai detto tu, ricordi? Ed io … io … ho paura!”.
“Oh no, amore, non potrei mai, mai. Ti amerò sempre, quando starai male, quando mi manderai via perché vuoi stare sola ed io resterò seduto accanto a te, quando non ti sentirai abbastanza bella ed io ti ripeterò all’infinito che per me sei bellissima, quando sarai delusa per qualcosa. Non dubitarne mai, mai. Bella, però, solo una cosa: non riesco a vederti così triste, d’accordo? Adesso basta piangere che abbiamo una bellissima serata che ci aspetta, con una bellissima sorpresa per te”.
Mi baciò fino a farmi mancare il fiato.
“D’accordo, basta piangere, lo giuro”.
E, infatti, la serata fu bellissima.
Lui fu dolcissimo e mi fece dimenticare tutto, come sempre. Mi portò nel locale, dove eravamo andati nel mio primo viaggio negli Stati Uniti e come quella sera, ci divertimmo tantissimo.
Riusciva sempre a trovare un modo per rendere tutto ciò che facevamo insieme indimenticabile.

I giorni passavano ed io mi rendevo sempre più conto di quanto ci amassimo e di come non riuscissimo più a fare a meno l’una dell’altro.
Conobbi anche i suoi mitici compagni di squadra che, dopo avermi conosciuto, mi confessarono di essere felici per Edward.
Ricordai, con un sorriso, il giorno in cui Edward mi portò con sé agli allenamenti.

“Era ora che ti accorgessi di lui. Ci torturava con la descrizione della tua bellezza, del tuo sorriso o dei tuoi occhi e dobbiamo ammettere che non aveva tutti i torti”, disse quello che aveva detto di chiamarsi Nick.
Questo commento mi fece diventare del colore delle mie converse, ma a Edward non piacque molto, perché lo vidi con uno strano broncio.
“Hey! Giù le mani e gli occhi dalla mia ragazza, è solo mia, chiaro? Girate a largo se non volete che v’impedisca di riprodurvi a vita”, disse poi Edward attirandomi a sé e facendoci ridere tutti.
“Sta tranquillo amore, anche se mi facessero delle proposte, io rifiuterei. Mi piace di più essere la ragazza del capitano”.

Risi della sua espressione sconvolta.
“Quindi stai con me solo perché sono il capitano della tua squadra preferita?”.
Edward è il capitano dei Seattle Mariners, la squadra di baseball della città, di cui, io, sono una grande fan.

“No, ma che dici? Per molto altro”, dissi ammiccando verso di lui.
A quell’affermazione, fu il suo turno di diventare color rosso pomodoro.

Più il tempo passava e più mi rendevo conto che ero pronta.
Ero finalmente pronta a fare uno dei passi più importanti della mia vita.
Ero sempre stata dell’idea che la mia prima volta avrebbe dovuto essere speciale e con qualcuno di speciale. Qualcuno che ero sicura di amare al cento per cento.
Alcune persone non capivano, ma per me era davvero importante farlo con la persona giusta perché avrei dovuto ricordarlo per sempre e avrei voluto che fosse un bel ricordo.
Adesso, più il tempo passava e più mi rendevo conto che Edward era la persona giusta e che avrei voluto lui per il resto della mia vita.
Lui … che riusciva a comprendermi con uno sguardo o con un semplice gesto.
Lui … che mi amava per quella che ero.
Con lui non avrei mai dovuto cambiare niente, avrei potuto continuare a essere me stessa, perché lui voleva che fossi me stessa.
Consapevole del fatto che ero pronta e che lui mi amava, dovevo solamente trovare il modo per dirglielo, oppure semplicemente agire.
Già, forse quella era la cosa migliore.
Questo fine settimana i suoi genitori sarebbero partiti per un weekend ed Alice andrà a casa di Jasper.
Sono sicura che Edward mi inviterà da lui per fargli compagnia.
A lui basta semplicemente la mia presenza per renderlo felice.
So, però che, a volte, la mia presenza o la sua felicità per il mio essere accanto a lui, a seconda di come la si vuole vedere, lo mettono in situazioni imbarazzanti e alla fine ci ritroviamo entrambi a riderci su come due bambini.
Solo quando sentii una mano sfiorarmi il ventre e insinuarsi sotto la mia maglietta mi risvegliai dai miei pensieri e m’incantai a guardare Edward dormire con la testa posata sulla mia spalla e un braccio che mi cingeva il fianco per stringermi a lui.
Quel pensiero mi fece sorridere.
Era il suo modo per dirmi ti amo e per farmi capire che ero sua.
Era sempre stato così, da quando dormivamo insieme.
Anche se ci addormentavamo ognuno dal proprio lato del letto, inconsciamente durante la notte ci avvicinavamo come due calamite.
Sorrisi ancora passando le dita tra i suoi meravigliosi capelli.
Dio, se gli fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonata. Non riuscivo più a immaginare la mia vita senza di lui.
Scacciai i brutti pensieri dalla mia testa e mi concentrai sulla sua presenza al mio fianco e a quanto fosse semplicemente meraviglioso risvegliarsi tra le sue braccia di mattina oppure trovarlo seduto sul letto, intento a fissarmi, con il vassoio della mia colazione tra le mani.
Ci sarebbe stato tempo per quello ed ero sicura che Christian avrebbe trovato una soluzione.


Spero vi sia piaciuto! A sabato prossimo!

Un bacio, Ally!

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Capitolo 11
*** Chapter 11 ***


Salve a tutti!!! Eccomi con il nuovo capitolo della storia!

Oggi non ho molto da dire, spero solo che il nuovo capitolo vi piaccia, perchè questo è uno di quelli che preferisco tra tutti, insieme a quello che pubblicherò la settimana prossima.

Ringrazio tutti quelli che leggono la storia!

Bando alle ciance ... Vi lascio al capitolo e ci leggiamo sotto!

Buona lettura!!!

Capitolo 11: Ricordi d’infanzia

Pov Bella

Forks, Casa Cullen, Sabato 9 agosto 2014
Il weekend era arrivato e come previsto Edward mi aveva invitato a casa sua. E’ felicissimo all’idea di avere una notte tutta per noi, senza nessuno a interromperci.
Il nessuno riguarda Christian.
Solo ed esclusivamente lui.
Già, perché il mio amato cugino – fratello, quando era nei paraggi, non faceva altro che controllarci, o meglio, tenere d’occhio Edward e le sue mani.
La situazione è a dir poco comica, perché so quanto Christian voglia bene a Edward e, nonostante questo, spesso gli lancia occhiate assassine.
Quella sera Edward era venuto a prendermi da Christian prima del previsto e quando arrivai in salotto li sentii bisbigliare tra loro.
Christian è molto geloso, per lui sono una sorella, poiché anche lui è figlio unico, e quindi ci costringe a sottostare alle sue ferree regole, ma, a volte sa essere davvero un ottimo alleato per Edward. E quando quei due si alleano c’è davvero da preoccuparsi. Le cose si mettono male per il loro bersaglio, e siccome solitamente il bersaglio sono io, beh … non c’è bisogno che dica niente, vero?
Edward non mi diede il tempo di chiedere cosa stava succedendo, che mi trascinò via.
Per tutto il tragitto verso casa sua non parlò molto e mi guardò solamente con un enorme sorriso sulle labbra.
Chissà cos’ha architettato per rendere speciale questa serata. La serata, comunque, lo sarebbe stata già di suo, vista la sorpresa che avevo io.
Quando arrivammo, mi fece segno di non scendere e corse ad aprirmi la portiera. Una volta scesa, mi baciò come mai aveva fatto prima, o forse ero l’unica a sentire la differenza.
Quando ci separammo mi sorrise di nuovo.
“Cos’hai architettato stasera Edward? Sai che non …”, ma m’interruppe, zittendomi con un bacio.
“Shh, zitta. Non lo faccio solo per te, ma anche per me. Mi piace sorprenderti e vedere apparire quel sorriso speciale che riservi solo a me, ma mi piace soprattutto averti qui, accanto a me e vedere i tuoi bellissimi occhi illuminarsi”.
“Edward io … non so cosa dire. Vorrei poter ricambiare, ma io … io non …”, ma neanche stavolta riuscii a terminare, perché mi aveva zittita con un dito sulle labbra. Volevo che sapesse che io lo desideravo, volevo lui sempre, per sempre. Ciò che contava ero che, a differenza delle altre volte, ero pronta.
“No amore, non m’importa. Accadrà quando è giusto che accada. Non voglio che tu pensi che organizzi queste sorprese con uno scopo preciso. Certo, la parte meno nobile di me vorrebbe una certa ricompensa, ma la mia parte razionale comprende i tuoi tentennamenti e vorrei che tu sapessi che se fossi al tuo posto anch’io farei lo stesso”, e mi attirò a sé.
“Oh Ed, non riesco a capire cosa ho fatto di buono per meritare te”.
“Già, in effetti, me lo chiedo anch’io, ma non temere, al momento giusto saprai ricompensarmi a dovere”.
“Ah bene! Quindi mi vuoi solo perché al momento giusto avrai quello che vuoi, non posso crederci. Molto maturo Edward, davvero”, dissi fingendomi offesa.
“Oh amore, certo che no, non ti voglio solo per il tuo corpo, ma per il tuo cuore, per come mi fai sentire quando sto con te, per tutto quello che riesci a darmi e che solo tu sai farmi provare”. E poi mi baciò. “Adesso sono perdonato?”.
“Oh amore, devo pensarci, ma hai intenzione di restare in garage tutta la notte? Perché vedi, io sento freddo, ho fame e ho voglia di coccole. Quindi, datti una mossa”.
“Agli ordini capo”, disse facendo un saluto militare.
“Smettila scemo. E da quando sei così smielato?”.
“Da quando sei diventata la mia ragazza, semplice”.
Ci sorridemmo e poi, con mia sorpresa, si chinò e mi prese in braccio. “Cosa diamine fai? Mettimi subito giù! Adesso Edward! Mi hai sentito?”.
“No piccola, mi dispiace davvero tanto. Non ascolto tutto quello che mi dici e questo avrei voluto farlo molto tempo fa e finalmente ne ho l’occasione. Adesso smettila di urlare, stai rovinando l’atmosfera”.
“Oh, mi rimangio tutto. Cos’ho fatto di male per meritarmi te?”, dissi coprendomi gli occhi con la mano e scuotendo la testa. Certe volte riesce ad essere davvero esasperante, ma non riesco a restare arrabbiata con lui per più di cinque minuti, forse anche meno, soprattutto quando s’impegna e mi guarda o con il broncio o con lo sguardo da cane bastonato. Mi resi conto, però, che lo amavo proprio per il suo essere esasperante, per il suo essere romantico anche quando non ce n’era bisogno e per il suo umorismo che spesso veniva fuori nelle situazioni più bizzarre.
Mi mise giù.
“Amore, perché non apri gli occhi? Guarda cosa ho preparato per te e senti quest’odore, non ti ricorda nulla?”.
Mi resi conto solo in quel momento che mi aveva parlato e che io non gli avevo risposto.
Avrei voluto rispondergli, ma fui distratta da qualcos’altro.
Annusai l’aria, e in effetti, c’era un profumo che mi riportò indietro nel tempo.
Un profumo familiare mi colpì.
Era odore di rose blu, iris e lillà: i miei fiori preferiti.
Quel pensiero mi riempì il cuore di gioia, non sapevo conoscesse i miei fiori preferiti.
Poi ricordai.

Stati Uniti, Forks, Estate 1999
“Edward, Bella, smettetela di rincorrervi! Su bambini, fate i bravi. Perché non fate come Alice, Jasper e tutti gli altri e vi sedete ad aspettare la merenda?”.

La voce di Esme ci richiamò, ma noi non l’ascoltammo. Continuammo a rincorrerci, giocando tra noi, fin quando ci trovammo in un prato … soli.
Appena lo vidi, mi bloccai.
Edward, che mi stava rincorrendo, mi venne addosso. “Accidenti Bella, ma vedi dove vai? Sei proprio un’imbranata”.
Io mi voltai e gli diedi un pugno sul braccio che, come al solito, non gli fece nulla.
“Zitto Eddy e guarda com’è bello questo prato”.
Restammo ammaliati dalla sua bellezza e per una volta, anche Edward se ne stava zitto e tranquillo ad ammirarlo.

Piano, mano nella mano, ci avvicinammo e una volta raggiunto il centro, notammo una notevole quantità di fiori.
“Bells, guarda quanti fiori, quale ti piace di più? Così lo colgo e te lo regalo e tu sarai per sempre mia amica e la mia fidanzatina”.
Io glieli indicai e lui, da bravo amico e fidanzato, me li colse.
“Bells, questo prato è magico, sai perché?”.
“No, tu lo sai?”.
“Certo che lo so. È magico perché ci sono tutti i tuoi fiori preferiti e anche i miei ed è impossibile una cosa del genere, quindi vuol dire che i fiori cambiano in base alla persona”.
“Wow, davvero?”.
“Sì, davvero”.
Lo abbracciai quando mi diede un piccolo mazzo di lillà.
“Ti voglio bene Eddy”.
“Ti voglio bene, piccola”.
Poi richiamati dalle voci dei nostri genitori, tornammo al campo, mantenendo il segreto sul prato magico.


Tornai alla realtà e vidi Edward venirmi incontro con un mazzo di lillà tra le mani. Quella visione si mescolava insieme al ricordo della prima e dell’ultima volta che ero stata nel nostro prato magico.
L’Edward di adesso e l’Edward bambino.
Il mio migliore amico prima e il mio ragazzo poi.
Tornai di nuovo indietro nel tempo e ricordai l’ultima volta che ci eravamo stati.

Stati Uniti, Forks, estate 2012
“Allora ragazzi, è deciso, domani si va in montagna”, urlò Edward ad un tratto, spostando l’attenzione dallo schermo tv.
“COSA? E quando l’avresti deciso?”, urlò in risposta Alice.
Esasperata, alzai gli occhi al cielo e con me anche Jasper, pronti ad assistere all’ennesimo litigio dei fratelli Cullen.
Sopportai cinque minuti di discussione, poi decisi di intervenire, prima che la situazione degenerasse, visto che Edward stava per strozzare sua sorella.
Voi vi starete chiedendo come ho fatto a capirlo.
Semplice, ha un occhio semichiuso e la vena del collo che sembra stia per scoppiare.
“Lo abbiamo deciso due giorni fa, Alice. Lo hai proposto proprio tu, ricordi?”.
“Ah sì, è vero, ma stamattina non me lo ricordavo e ho preso un impegno con Angela. Mi sa che vi tocca andare soli”.
Io sbuffai e guardai Edward, pregandolo con lo sguardo di calmarsi e di non uccidere sua sorella, visto come ancora la guardava.
Tornata la calma, tornammo tutti alle proprie occupazioni, che prevedevano, partite alla play station per i ragazzi e pettegolezzi per noi ragazze. Quando Alice si alzò per andare a prendere qualcosa da mangiare, Edward occupò il suo posto e mi parlò all’orecchio.
“Allora, ci andiamo soli? Ti prego”, disse facendo gli occhi da cucciolo a cui non avrei mai resistito.
“D’accordo, ma smettila di fare quella faccia”.
Lui sorrise, sapendo di avermi in pugno. “Perché non cogliamo l’occasione e ritroviamo il nostro prato magico?”.
“Certo, sarebbe magnifico”. Mi voltai verso di lui e gli sorrisi.
In risposta mi baciò una guancia e tornò a far compagnia a Jasper.


Il mattino dopo mi svegliai presto per i miei standard estivi e dopo essermi preparata, Edward venne a prendermi.
Come se qualcuno ci avesse guidato, ritrovammo subito la strada.
Come se il tempo non fosse mai passato, entrambi ci ritrovammo a guardare ammaliati quel prato, ognuno immerso nei propri ricordi.
“Adesso non ho più bisogno di chiederti qual è il tuo preferito”, sussurrò alle mie spalle porgendomi un fiore.
Un piccolo lillà appena sbocciato.
“Co – come fai a ricordartelo, eravamo così piccoli”.
Mi voltai a guardarlo e lo vidi sorridermi.
Lui scrollò le spalle come la cosa non gli importasse.
Mi invitò a sedermi accanto a lui e una volta sistemati, iniziammo a chiacchierare.
Da quel momento, era diventato il nostro piccolo rifugio.
In ogni mio viaggio trovavamo sempre un po’ di tempo per andarci, anche se quando tornavo a casa, non riuscivo a sentirlo molto.
Tornavamo gli amici di sempre solo nei miei viaggi e nei miei sogni.
Quante volte aveva popolato i miei sogni, molto più di Manu?
Ormai avevo perso il conto.


Le sue braccia mi riportarono alla realtà. “Bells, a cosa pensi? Anche se credo mi riguardi, stai sorridendo come un ebete”.
“Te ne sei ricordato. Il nostro prato. Non dirmi che …”, mi voltai per guardarlo meglio.
“Sono andato a coglierli direttamente lì? Sì, l’ho fatto. Farei qualunque cosa per te, ormai dovresti saperlo”. Mi strinse di più a se e appoggiò la fronte alla mia. “Ricordo ancora quello che ti dissi quando lo trovammo. Non mi sembra possibile che adesso si siano realizzati entrambi i miei desideri. Adesso che sei tornata non ti farò mai più andare via, sarai mia per sempre, in tutti i sensi. Ti amerò sempre come il giorno in cui ti ho rivisto e mi hai sorriso. Ho sempre pensato che saresti stata per sempre la mia migliore amica, che non avremmo mai avuto una possibilità ma, qualche settimana fa mi hai reso il ragazzo più felice e fortunato della terra”.
Mi abbracciò ed io poggiai la testa nell’incavo del suo collo, come facevo sempre.
“L’ho ricordato anch’io, stavo pensando a quello. Pensavo alla nostra infanzia e a come sarebbero state diverse le cose se non fossi mai partita. Saremmo cresciuti insieme e forse …”, m’interruppi.
Quante volte ci avevo pensato? Troppe.
“Non pensare al passato, pensa al nostro presente e al nostro futuro. Adesso guarda un po’ cosa ti ho preparato. Sono sicuro che ti piacerà e se non ti piacerà, non fa nulla, perché ho passato tutto il giorno a cucinare e tu sai che io e la cucina non andiamo d’accordo, quindi fattelo piacere”.
E poi iniziò a ridere beccandosi una mia occhiataccia.

La cena passò tranquilla.
Mangiammo ripensando ai vecchi tempi. Ricordammo quando lui mi rincorreva per tutto il giardino o il parco perché voleva darmi un bacio ed io non volevo.
“Già allora mi rincorrevi per baciarmi è? E bravo il mio pervertito”, dissi ridendo a crepapelle.
“Scusa ma … non posso farci nulla io, se tu, mia cara, eri irresistibile già da piccola”.
“No mio caro! Qui non si tratta del mio essere irresistibile o meno, qui si tratta del fatto che tu sei sempre stato un dongiovanni. Ricordo perfettamente che all’asilo eri sempre circondato dalle altre bambine e che in quelle occasioni ti dimenticavi di me”, risposi stizzita.
Lui rise di gusto.
“Eh beh … allora vuol dire che eravamo entrambi irresistibili e comunque non posso farci nulla se facevo colpo già da piccolo, se uno è bello … è bello”.
Modesto, eh!
S’interruppe per mangiare un pezzetto di dolce e poi riprese.
“E poi mi sembra di ricordare che tu fossi molto gelosa di me e che gli altri maschi approfittavano della mia assenza per stare con te ed io mi arrabbiavo molto”.
“Beh … non è assolutamente vero! Io non ero gelosa, non lo sono mai stata e poi, a differenza tua, io non li calcolavo nemmeno di striscio, perché per me esisteva solo il mio migliore amico”.
Fece il giro del tavolo e venne a inginocchiarsi accanto a me.
“Bella, Bella, ammettilo. Io lo sono sempre stato e non lo nascondo mica”, rispose con un ghigno divertito. “E ricordi quando anche Jazz iniziò a essere geloso di Alice? Eravamo davvero carini da piccoli, adesso Alice e Jazz un po’ meno, visto che Alice rompeva e tutt’ora rompe tantissimo. Non so come Jasper riesca a sopportarla”.
“Hahahahah, sì, sì hai ragione. Comunque no, non lo ammetterò mai, e sai perché? Perché non è vero”. Poi, però, a una sua occhiataccia aggiunsi, “Okay, forse solo un po’, ma proprio poco”.
“Vieni qua piccola gelosona, lo sai che amo solo te. Io sarò sempre geloso marcio di te e questo non cambierà mai, qualunque cosa accada. Ricordatelo” e si sporse per baciarmi, ma io mi scostai.
“Lo so, ma adesso sparecchiamo”.
“Certo che tu sai come rovinare un momento romantico, io volevo baciarti, non è giusto”.
“Avrai tutto il tempo di baciarmi dopo no?”.
‘E di fare anche qualcos’altro’, aggiunsi mentalmente.
Lo vidi annuire sconsolato iniziando a sparecchiare e borbottare frasi incomprensibili.

Dopo aver pulito, mi strinse tra le braccia e come prima, sotto le mie proteste, mi portò nella sua stanza.
Riuscì a lasciarmi direttamente sul letto.
Come fece? Non chiedetemelo, perché proprio non lo so.
Da quel momento in poi avrei attuato il mio piano.
Qualcosa mi diceva che lo avrei lasciato senza parole.
Sorrisi a quel pensiero.
Mi fece sentire veramente bene e felice il pensiero che riuscissi a sorprenderlo in tutto quello che facevo e che riguardava la nostra relazione.
Non appena mi posò sul letto, iniziò a farmi il solletico ed io iniziai a contorcermi sotto di lui.
Finiva sempre così, prima di andare a letto. In un modo o nell’altro, trovava sempre il modo per farmi il solletico.
“Questa è la tua punizione al fatto che prima mi hai detto no e perché hai riso di me e del mio fascino. Ammetti che sono bellissimo, che eri gelosa e che mi ami da impazzire”, disse continuando la tortura.
“N – n – no Ed, mai! Smettila ti prego, Hahahahah, ti prego basta!”.
“Tu ammettilo”.
“E va bene, va bene, lo ammetto. Ti amo da impazzire, sei bellissimo e anche ero, sono e sarò sempre gelosa di te. Contento adesso?”.
“Mai stato più felice”, disse sdraiandosi accanto a me e lasciandomi riprendere fiato.
Non riuscii a trattenermi dal dargli un pugno sul petto e facendo questo mi misi cavalcioni su di lui.
“Ti odio!”.
“Oh piccola, ce ne faremo una ragione. Adesso le vuoi queste coccole o no?”.
“Certo che le voglio, ma ho in mente un altro modo per avere ciò che voglio”, sussurrai al suo orecchio.
“Qua – quale modo?”.
Sorrisi.
Non gli risposi, ma iniziai a baciarlo, prima piano, poi sempre in modo più profondo.
Scesi con le labbra lungo la sua mascella, e arrivai al suo collo. Infine, quando stavo per aprire la cerniera della sua felpa, mi fermò.
“Be – Be – Bella, cosa stai facendo?”.
Balbettava già. Bene! Promette bene.
“Indovina amore”.
E gli sorrisi provocante.
Vidi la sorpresa insinuarsi nei suoi occhi e pian piano comprendere cosa gli stavo dicendo.
“T – ti prego amore, dimmi che non stai scherzando”.
“Oh Ed, non potrei mai scherzare su una cosa del genere. Voglio fare l’amore con te, adesso”.


Bene . . . che ve ne pare come fine capitolo?

Secondo voi Edward cosa risponderà?

Un bacio e a sabato prossimo!!!

Ally!

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Capitolo 12
*** Chapter 12 ***


Buon pomeriggio a tutti! Ecco il nuovo capitolo della storia e da come leggete da titolo i due piccioncini oggi faranno fiki fiki.

Comunque, spero sia di vostro gradimento! Secondo voi è da rating arancione? Please ... ditemelo nelle recensioni perchè non ho mai scritto una scena così, quindi siate clementi!!! xD

Spero di non aver commesso alcun errore, anche perchè non ho esperienza in questo tipo di cose, quindi ho cercato di restare sul vago il più possibile.

PS - Domanda: Volete leggere la lettera che Bella legge nel flashback del 2° capitolo?

Vi prego rispondete perchè sto aggiustando quel capitolo e vorrei un vostro parere.

Adesso ... Buona lettura e a sabato prossimo!!!

Capitolo 12: La nostra prima volta

Pov Edward

“Oh Ed, non potrei mai scherzare su una cosa del genere. Voglio fare l’amore con te, adesso”, mi dice la mia piccola a un tratto.
Voglio fare l’amore con te … voglio fare l’amore con te!
Le sue parole sono un eco lontano nella mia testa.
Lei … vuole … adesso … amore … adesso!
Le cose sono due.
Primo: sta scherzando.
Secondo: non scherza per niente!
Dio! Quanto ho aspettato questo momento.
Certo, non sono mai stato uno che pensa solo al sesso, ma insomma, cavoli … oh Dio!
Beh, forse con le altre un pochino, ma non con Bella, con lei no. Lei è così importante per me che potrei praticare anche vita di castità per sempre pur di non perderla.
Okay … chi voglio prendere in giro? Forse, e sottolineo forse, una toccatina veloce la farei, ma sempre pensando a lei. Non è tradire, vero?
‘Oh … ma sta zitto e pensa a Bella, idiota’.
Ecco … ci manca solo la voce della mia coscienza e siamo al completo.
E adesso lei mi dice una cosa che mai mi sarei aspettato di sentir pronunciare da lei stasera.
Cavoli Bella, un po’ di preavviso no?
Di certo me ne sarei dovuto accorgere, lei è sempre stata un libro aperto per me, o forse … oddio non so più cosa pensare, non riesco a crederci. Ormai il mio cervello ha preso il volo per una galassia sconosciuta, lontana anni luce da noi.
Cavoli, cavoli, cavoli e ancora cavoli!
E se non mi decido a dire qualcosa, rischio seriamente di perderci le penne, in questo caso, gli attributi. “Ed? Amore? Tutto bene? Ho detto qualcosa che non va?”.
No, no, no che non va!
Tu mi hai appena detto che vuoi fare l’amore con me ed io me ne sto imbambolato a pensare alle tue parole e ad analizzare i tuoi comportamenti.
“Ed, guarda che se non vuoi stasera, non importa, insomma io …”.
‘Vuoi farmi credere che non te ne importi? Allora perché hai la voce tremante?’.
Mi sveglio dal mio stato catatonico solo quando la vedo scendere dalle mie gambe e dal letto, senza guardarmi negli occhi.
Cazzo … cazzo, così non va … l’ho ferita.
Okay, d’accordo, cervello torna attivo e ragiona e cerca di risolvere questa situazione al meglio.
“Okay … non so nemmeno da dove cominciare. Bella, io … ecco, credo che tu abbia frainteso. Io … tu … mi hai sorpreso, non mi sarei mai aspettato che tu stasera avresti … Il mio cervello era andato in tilt, perdonami se ti ho dato l’impressione sbagliata”.
“Ed, davvero … non importa. Lascia stare, fa finta che non ti abbia detto nulla, andiamo a dormire”. Aprì la sua borsa e prese il pigiama.
Mi precipitai da lei per fermarla, o almeno, per provarci, perché lei si ritrasse.
Brutto segno.
È davvero arrabbiata, o forse … forse si è sentita respinta.
Come può anche solo pensare che io non la voglia in quel modo?
“Bella io … ascoltami … ti prego, non intendevo questo”.
Ce ne stavamo immobili, lei non guardava me ed io guardavo lei. Continuava a guardarsi le mani che aveva in grembo e non riuscii a capire perché, finché vidi il suo corpo scosso da un singhiozzo e compresi ciò di cui aveva bisogno: aveva bisogno di me. Annullai la poca distanza che ci separava e la strinsi al mio petto, sorpreso che non mi avesse preso a calci.
“No, ti prego, non piangere”.
“Tu … tu non vuoi!”, sussurrò a bassa voce. Era un sussurro bassissimo, ma io lo sentii rimbombare per tutta la stanza. Non può pensarlo davvero!
“No amore, n – non piangere. Certo che voglio. Il fatto è che non me l’aspettavo così, all’improvviso. Io … ecco, pensavo che ne avremmo parlato prima. Insomma … tu! Oh Dio! Hai la capacità di mandarmi in confusione! E come fai a sapere che non ti voglio, scusami?”.
Alzò lo sguardo, sorpresa dalle mie parole. “Lo so e basta, fidati. Come puoi voler fare sesso con una che, per quanto sia la tua ragazza al momento, è stata due anni con un tizio e non ci ha mai fatto niente, niente di niente. Insomma … guardati!”, mi indicò.
“E allora?”.
“Allora cosa?”, mi fece eco lei.
“Mi guardo e quindi? Vedo un ragazzo, che è follemente innamorato della sua bellissima e sexy ragazza da due anni e che da un mese a questa parte non aspetta altro che lei si senta pronta a fare questo passo. E vedo una ragazza che non ha fiducia in se stessa, perché crede di non essere all’altezza del suo bel ragazzo e che ha paura di deluderlo solo perché lui ha più esperienza di lei in certe cose”.
Sgranò gli occhi, sorpresa perché sapeva che avevo compreso qual’era il suo problema principale.
E signori e signore,’Edward – leggi – nel – pensiero – Cullen’ ha di nuovo fatto colpo.
Lei, però, testarda come sempre, continuò a negare. “Ma io non sono né sexy, né bellissima, Edward. Non sarò mai alla tua altezza o delle ragazze con cui stavi fino a due anni fa”.
“E questo cosa c’entra con me e te? Stiamo parlando di noi o delle mie ex? Perché mi sembra che questo discorso sia già stato affrontato. Se non sbaglio stavamo parlando del fatto che TU non ti trovi abbastanza bella o sexy per fare l’amore, ma a me non importa, perché per me sei bellissima e perché è normale sentirsi insicuri la prima volta, ma ciò non vuol dire che allora tu debba farlo con qualcuno che non l’ha mai fatto, solo perché io ho più esperienza di te, d’accordo?”.
Il mio tono di voce era accusatorio, ma non potevo proprio farci nulla. Mi stava facendo salire il sangue al cervello.
Che colpa ne ho io se ho già fatto determinate esperienze?
“Che cosa vuoi dire, scusa? Che debba andare in giro a chiedere al primo che passa se l’ha già fatto o meno perché io devo farlo con qualcuno che non ha esperienza come me? Vedi che ho ragione? Tu non vuoi farlo perché non ho esperienza e Dio solo sa cosa hai fatto con le altre e non voglio nemmeno saperlo, quindi … lasciamo perdere, d’accordo?”.
Oh Dio! Sta scherzando, vero? Ditemi che è così, perché altrimenti la strozzo. Adesso sono incazzato sul serio. “Senti Bella, sto per perdere la pazienza”.
Il mio tono di voce era irritato e si era alzato di un paio di ottave, ma non volevo spaventarla.
Feci un respiro profondo e continuai.
“Stai travisando le mie parole. Sei tu quella che non si sente all’altezza. Io non ho mai detto che non voglio, e lo sai. Qui non si tratta di me, ma si tratta di te. Forse sei tu quella che non si sente ancora pronta a farlo e che sta cercando una scusa per tirarsi indietro. Io so cosa voglio e voglio te. E se non accadrà stasera, accadrà tra un mese o due o non so tra quanto, ma prima o poi accadrà. Non è una cosa che si programma. Succede e basta. Io non so cosa tu ti sia messa in testa, ma … no, non c’è un ma. Il problema è tuo, è vero ci sono dentro anch’io, perché se tu non vuoi, io non lo faccio, ma è una cosa che devi risolvere da sola e non potrai farlo, travisando le mie parole o pensando cose che io in realtà non penso, d’accordo?”.
“Edward qui si tratta del fatto che tu non vuoi venire a letto con me”.
Oh Signore! Ti prego! Dammi la forza!
“Chi ti dice che non voglia? Te lo chiedo di nuovo. Ho mai detto di non voler venire a letto con te? Se non avessi tenuto tanto a te, a quest’ora non staremmo più insieme. Sarebbe stata sola la storia di una notte, e per me non è così, lo sai”.
Feci una pausa per riprendere fiato e lei pensò che avessi concluso la mia arringa, ma non era così. Alzai una mano per zittirla e ripresi.
“Ascolta … non so cosa tu abbia bevuto stasera, ma io ti amo e voglio fare l’amore con te. Non aspetto altro che questo. Come puoi pensare di non essere all’altezza? Tu sei più che all’altezza, per la miseria. Cosa devo fare per fartelo capire? Andare in giro con un cartello appeso al collo, con scritto ‘Io amo Isabella Swan e penso che sia bellissima e sexy?’. Cos’altro devo fare per farti capire che è te che voglio? Cosa devo fare per farti capire che il passato è il passato e che per me non conta? È vero, in passato mi sono divertito, ma era perché ancora non sapevo cos’era l’amore, quello vero. Quello con ‘A’ maiuscola. E ti assicuro che se lo avessi capito prima, avrei fatto di tutto per averlo prima, per avere te prima. So che sembra assurdo, ma è così. Io e te siamo sempre stati legati, e questo è un fatto, ma la lontananza avrebbe dovuto farci allontanare, invece ci ha avvicinati ancora di più e alla fine ha trasformato la nostra amicizia in amore. Era destino. Se lo avessi capito prima, forse adesso, non staremmo litigando e sarebbe per entrambi la prima volta, o magari l’avremmo già fatto. Perché posso assicurarti una cosa. Vorrei davvero che questa fosse la prima volta … per entrambi, ma non sarà così e mi dispiace, perché se avessi saputo com’è davvero l’amore, allora avrei aspettato e l’avrei fatto con la persona giusta e per me quella persona sei tu”.
Terminai la mia arringa con un sorriso sulle labbra.
Non sono mai stato uno che parla molto, che riesce a esprimersi facilmente, ma le parole sono venute spontanee ed io non ho fatto altro che lasciarmi andare e parlare di quello che provo per lei e di quello che penso di noi.
Restai a guardarla in silenzio fin quando lei si sarebbe decisa a parlare, ma l’unica cosa che vedevo erano le sue lacrime. Avevo detto tutto quello che sentivo eppure ottenevo come risultato sempre e solo le sue lacrime.
“E – Edward è … è meraviglioso quello che hai detto. Io mi sento pronta, è solo che ho paura di fare qualcosa di sbagliato ed io non voglio deluderti. Io …”.
Avvicinai la mano al suo viso per asciugare le lacrime rimaste e la strinsi a me. Al momento, avevo bisogno di sentirla vicina. Avevo il terrore che da un momento all’altro sarebbe scomparsa.
Poi ricordai cos’era stata capace di tirare in ballo e non riuscii a trattenermi dal fare la battuta, anche per smorzare un po’ l’atmosfera. “Quindi fammi capire … stiamo parlando delle mie ex ragazze, nella mia camera da letto, invece di fare altro, vista la tua richiesta? Cos’abbiamo che non va?”.
“E infatti, non lo stiamo facendo, Edward. Scusa!”.
“Non preoccuparti. Poi vorrei chiederti scusa per il mio ‘imbambolamento’, chiamiamolo così, quando me lo hai detto, perché, davvero, mi hai lasciato senza parole. È solo che, non riuscivo a crederci. Pensavo davvero che ne avremmo parlato prima”.
E finalmente la sentii ridere.
“Davvero? Io? Che sciocchezze dici!”.
“Bella, credimi se ti dico che mi hai lasciato senza parole. Continuavano a rimbombarmi in testa le tue parole. Ho aspettato tanto questo momento che non lo credevo vero”, e poi la baciai.
“Davvero? Io non sapevo cosa pensare”, continuò quando ci separammo.
“La prossima volta non mettere in moto il tuo cervellino senza riflettere, okay? Chiedi prima”. “D’accordo”.
“Allora … sono perdonato?”.
“Amore … tu sei sempre perdonato”.
“Oh … grazie per il privilegio”, sussurrai sulle sue labbra, prima di baciarla. Il bacio diventò man mano sempre più profondo, fin quando non fummo costretti a separarci per la mancanza di ossigeno. La strinsi a me, mentre le sue braccia mi circondarono il collo.
Mi sorrise. “Scusa se ho dubitato di te, non volevo. Ero solo … spaventata, ecco”.
“Shh … non preoccuparti … non pensiamoci più”.
Incapaci di stare lontane, le nostre labbra si unirono di nuovo.
“Bella, sei … sei sicura?”, le chiesi senza fiato.
“Sì”, disse decisa.
Con questa nuova sicurezza, continuando a baciarla, le tirai su la maglia e gliela sfilai e le mie labbra si spostarono sul suo collo.
Lei fece lo stesso con la mia camicia, dopo averla sbottonata.
Mi staccai per guardarla meglio e quello che vidi fu senza dubbio la cosa più bella del mondo.
Dio quanto è bella … è meravigliosa.
Quanto tempo ho passato a immaginarla così poco vestita?
I miei sogni non le rendono affatto giustizia.
Nessuno avrebbe mai dovuto vederla in quel modo.
Arrossì sotto il mio sguardo, cercando di coprirsi, ma non ci riuscì, perché le mie mani la fermarono. “Non azzardarti a coprirti … sei … sei bellissima, amore”, le sussurrai.
Indietreggiai verso il letto, portandola con me.
Si sedette su di me e riprendemmo a baciarci.
Le sue mani finirono tra i miei capelli e le mie finirono sui suoi jeans, sbottonandoli.
Capovolsi le posizioni e lei, sorpresa, iniziò a ridere, facendo ridere anche me.
La guardai negli occhi per chiederle il permesso di sfilarglieli e lei acconsentì avvicinando il mio viso al suo. Le sue braccia circondarono il mio collo, poi, piano, scesero lungo il mio petto, fin quando le sentii posarsi sui miei pantaloni, dove la mia eccitazione era già presente. Piano … iniziò a sfiorarla, e questo mi costrinse a smettere di baciarla. “Bella …”, sussurrai.
Un sorriso malizioso illuminò il suo volto. “Sì?”, chiese sorridendo.
“Sto impazzendo … basta, ti prego”, la pregai.
Impazzii del tutto quando, senza staccare lo sguardo dal mio, smise di toccarmi e aprii i miei jeans, chiedendomi il permesso di toglierli. Permesso che non gli negai. L’aiutai a togliermi i jeans che ormai erano solo un fastidio e decisi che mi aveva già torturato abbastanza.
Le presi le mani e gliele portai sulla testa, intrecciate alle mie. “Ora basta! Ti sei divertita abbastanza! Ora tocca a me!”.
Passai lo sguardo su tutto il suo corpo, ancora coperto dall’intimo, e il respiro mi si spezzò.
Cavoli … se prima era bellissima, adesso … non ci sono parole per descriverla.
Non mi ero reso conto che la mia piccola, in questi anni, era diventata una ragazza meravigliosa, e infine, una donna, la mia donna.
Mi avvicinai e, piano, baciai le sue labbra rosse e invitanti, mentre le mie mani scendevano ad accarezzare il suo corpo, che rabbrividì al contatto.
Vederla persa sotto di me era così … indescrivibile.
Non riuscivo a credere che tutto questo stesse accadendo, adesso, a me.
Mi resi conto che ero il primo a vederla così e sperai che, con un po’ di fortuna, sarei potuto essere anche l’ultimo.
L’amavo così tanto e l’avrei fatto fino alla fine.
Non avrei permesso a nessuno di portarla via da me.
Per lei avrei fatto qualunque cosa, qualunque.
Sempre lentamente lasciai le sue labbra e mi spostai sul suo collo per poi scendere sui suoi seni coperti ancora dal reggiseno, che slacciai, facendole inarcare la schiena. Dopo averlo lanciato da qualche parte nella stanza, con la bocca presi ad accarezzarne uno dei due, mentre torturavo l’altro con la mano. Il suo corpo rabbrividì di nuovo ed emise un gemito strozzato, pronunciando il mio nome.
“E – Edward … Oddio!”.
Sorrisi.
Nello stesso tempo, le sue mani passarono per il mio petto, dirette verso i miei boxer, che mettevano in evidenza tutto il mio desiderio di lei.
Fui costretto a staccarmi quando sentii la sua piccola mano superare i miei boxer e iniziare ad accarezzarmi lentamente.
Continuando il suo gioco, decisi di farla impazzire allo stesso modo.
Piano … le nostre labbra e mani scoprivano il corpo dell’altro.
Piano … continuammo a baciarci, consapevoli del fatto che non ci sarebbe stato più nessun altro per noi. Lei sarebbe stata mia per sempre e allo stesso modo io sarei stato suo.
In quel momento capii che averla aspettata due anni e averla amata in silenzio era stato giusto.
Mi aveva reso quello che sono adesso.
Mi aveva insegnato ad amarla senza chiedere nulla in cambio.
Continuammo a baciarci per lungo tempo, fin quando anche gli ultimi indumenti rimasti sparirono e, piano, con il terrore di poterle fare male, entrai in lei, diventando una cosa sola.
Avevo il terrore di farle male e volevo risparmiarle il dolore che di lì a poco avrebbe provato.
Strinse gli occhi per il dolore che stava provando e una lacrima sfuggì al suo controllo. Le baciai il viso per asciugarla. “Amore rilassati, passerà, vedrai”.
Mi fermai nell’attesa che il dolore passasse e quando mi sorrise ripresi i miei movimenti.
Alla fine, mentre i nostri respiri tornavano normali, restammo a guardarci, incapaci di spostare lo sguardo.
“E’ stato bellissimo, Ed. Ti amo tanto”, mi disse a un certo punto accarezzandomi e allungandosi per baciarmi.
“Anch’io ti amo, Bella. Non avevo mai provato quello che ho provato stasera. Mi dispiace solo che … ecco … che tu non sia riuscita a venire, ecco. Volevo che la tua prima volta fosse perfetta”.
Sono dispiaciuto, è vero.
Avrei voluto regalargli una prima volta perfetta e invece … mi sento in colpa per non esserci riuscito. Lei mi sorrise comprensiva.
“Oh amore, non preoccuparti. So che per essere la prima volta è normale che io non sia riuscita a raggiungere l’apice. Sta tranquillo. È stato meraviglioso, ed è stato tutto perfetto, davvero. Non sentirti in colpa”.
“Hai ragione, però sai … ma … sai che ho avuto paura di farti male? Sei uno scricciolo, così piccola e minuta. Ogni volta che ti sfioro, ho paura, ma non posso farne a meno”.
Uscii da lei e lei trattenne il respiro. “Ti fa male?”, le chiesi preoccupato.
Arrossì e poi mi rispose. “Ecco io … solo un po’, ma è già passato, sta tranquillo amore, è normale. Vedrai che la prossima volta andrà meglio. In tutti i sensi”, mi disse imbarazzata.
Mi piaceva che s’imbarazzasse a parlarne . Era dolce.
Mi stesi al suo fianco e ripresi a baciarla e coccolarla fin quando la vidi addormentarsi con la testa abbandonata sul mio petto.
Non riuscivo più a immaginarmi senza di lei accanto.
Era tutto per me.
Era la cosa più bella della mia vita, l’unica che non avrei mai voluto perdere.
Mi resi conto che ciò che avevamo appena fatto, oltre ad essere la sua prima volta, era stata anche la mia prima volta.
Mai mi ero sentito così completo, così felice mentre lei diventava mia.
Mia in tutti i sensi.
Non ho mai provato queste sensazioni con nessuna.
A un tratto la vidi sorridere e poi sussurrare “Ti amo Ed” e infine riprendere a dormire, stringendosi ancora di più a me.
‘Ti amo anch’io’, pensai.
Restai a guardarla per un po’, fin quando mi lasciai cullare anch’io dalle braccia di Morfeo, sognando sempre e solo lei.

Mi risvegliai con un peso sul petto.
Avrei tanto voluto girarmi sul fianco, continuare a dormire e sognare la mia piccola, ma qualcosa me lo impediva.
Aprii gli occhi e la vidi.
Stretta a me, con il sorriso sulle labbra, che dormiva tranquilla ed era … Oh mio Dio! Era nuda.
Oddio … allora non l’ho sognato, è accaduto sul serio.
La notte appena trascorsa era un ricordo meraviglioso.
Ricordo tutto. Ogni dettaglio.
È stata la notte più bella della mia vita, senza eccezioni.
Forse … contende il primo posto con la notte in cui Bella mi disse che voleva provare a stare con me.
Un sorriso da ebete mi si stampò sulla faccia.
Quella notte sarebbe potuta finire anche in un altro modo. Avrei potuto rovinare tutto grazie alla mia idiozia (perché io sono un’idiota), ma alla fine la mia piccola ha capito e mi ha perdonato.
La mia cucciola …
Guardai la sveglia sul comodino, erano solo le cinque del mattino! Ed io che credevo fosse più tardi! Meglio … Posso dormire ancora un po’.
Conosco Bella e di sicuro dormirà fino a tardi. È una gran dormigliona.
Aggiustai per bene le coperte in modo che la mia piccola non prendesse freddo.
Non vorrei che si ammalasse per colpa mia, soprattutto ora che è così poco vestita.
Cavoli, siamo in pieno agosto eppure a Forks si gela!
Bella è sicuramente abituata alle estati europee, molto più calde di queste. Mi sembrava strano che da quando era arrivata, ancora non si fosse presa il raffreddore o l’influenza per l’enorme differenza di temperatura.
Se fosse rimasta a Volterra, molto probabilmente avrebbe trascorso queste giornate al mare, indossando un costume che di casto non avrebbe avuto niente e di sicuro la notte avrebbe usato uno di quei suoi mini - pigiami, che di coprente hanno ben poco.
Cavoli! Se fossimo andati al mare, sarei morto di gelosia. Come avrei fatto a permetterle di spogliarsi? Lei sicuramente mi avrebbe convinto grazie ai suoi occhioni da cucciolo, ma dopo non sarei stato felice di sentire i mormorii di apprezzamento degli altri ragazzi.
Questo è poco ma sicuro.
Nonostante questi pensieri, il sorriso da ebete che avevo non accennava ad andarsene e così cercai almeno di dormire un po’.
Se almeno avessi potuto girarmi di lato!
Imprecai mentalmente!
Non avrei comunque voluto che Bella si spostasse di un solo millimetro da me e se avessi potuto combinare le due cose, sarebbe stato una meraviglia!
Qualcuno lassù volle che Bella si girasse, quindi finalmente potei mettermi nella mia posizione preferita e questo mi permise anche di stringerla meglio tra le braccia.
Finalmente riuscii a prendere sonno e dopo di quello che mi sembrò un secondo, sentii un suono strapparmi ancora una volta al mio sogno.
Forse qualcuno lassù ce l’aveva proprio con me!
Mi girai imprecando verso il comodino e notai che la sveglia era suonata da molto tempo, ma che nessuno dei due aveva sentito. Meglio così, almeno Bella avrebbe potuto dormire un altro pochino. Allora cos’era quel suono?
Notai lo schermo del mio cellulare illuminarsi a intermittenza.
Risposi senza vedere chi era. “Pronto?”, dissi con la voce ancora impastata dal sonno.
“Buon giorno Cullen, come stai?”, disse una voce dall’altro lato del telefono.
“Coach? Come mai chiama a quest’ora? Sono solo le 10 del mattino. Oggi non dobbiamo giocare”, dissi sorpreso.
“Infatti, ma ti chiamo perché ho una brutta notizia per te”.
‘Oh ti prego! Fa che non sia quello che penso’.
“Che cosa deve dirmi?”.
“Ecco … mi dispiace dirtelo, ma la prossima settimana non possiamo fare a meno di te. E’ una partita importante e tu devi assolutamente esserci. È una grande opportunità per te. Tu sei il capitano e di certo non puoi mancare”.
“COSA!?!”, urlai senza pensarci.
“Cosa?”, m’imitò Bella svegliandosi a causa del mio urlo.
Le feci segno di aspettare e le indicai il telefono. Lei annuì e si accoccolò sul mio petto.
“Coach, ero stato chiaro. Qualche settimana fa mi ha fatto giocare con la febbre addosso perché mancavano molti giocatori e ancora non mi sono ripreso del tutto. Mi aveva garantito che mi sarei riposato alla partita successiva. Non mi sembra corretto!”, mi lamentai.
‘Uffa … uffa … uffa! Non voglio andarci!’.
Bella che aveva compreso tutto, mormorò “Amore che ti costa? Va a giocare”.
“Mi scusi un attimo coach”. Allontanai il cellulare dal mio viso. “Sei sicura? Non voglio lasciarti sola”.
“Certo amore, sono sicurissima e poi se vinci, avrai un bellissimo regalo”, disse in modo sensuale. “Mmm … amore, che pensieri mi evochi … Okay, mi hai convinto”. Riavvicinai il cellulare all’orecchio e parlai. “Coach, d’accordo ci sarò. Mi dica dove e quando”.
“Oh Cullen … da quando ti fai convincere in questo modo da una ragazza? Non starai mica perdendo colpi? Comunque … ricordi che questa partita è in trasferta vero? Quindi dobbiamo partire mercoledì e la partita si giocherà sabato. Partiremo qualche giorno prima del solito per via del fuso orario”. Questo mi fece strabuzzare gli occhi.
Sospirai, ormai avevo detto sì, quindi avrei dovuto rispettare le sue condizioni e di sicuro non avrei potuto spostare una partita in trasferta, neanche per tutto l’oro del mondo.
“D’accordo ci sarò”.
“Perfetto Cullen, sono lieto che la tua ragazza ti abbia fatto ragionare. È molto più intelligente di te, a quanto pare. Adesso puoi anche tornare a dormire e mi raccomando, non stancarti troppo”.
“Certo, a presto coach!”.
Posai il cellulare e sbiancai.
E adesso chi glielo diceva a Bella che non mi avrebbe visto per quattro giorni di fila e che sarei stato in compagnia delle cheerleader della mia squadra?
Cavoli, mi ero cacciato proprio in un bel casino.

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Capitolo 13
*** Chapter 13 ***


Salve a tutti .... eccomi con il nuovo capitolo della storia!

Un piccolo avvertimento: Da qui le cose si fanno serie e siamo quasi vicino al capitolo della scoperta!

Per il resto, non ho nulla da dirvi, se non ...

Buona lettura e recensite! Chiarimenti, domande, qualsiasi cosa, sono qua!

Capitolo 13: Broken Heart

Pov Edward

“Che succede? C’è qualcosa che devi dirmi amore?”, disse Bella mettendosi seduta.
 Se solo potessi portarla con me, adesso non avrei questo problema e mi risparmierei sicuramente l’imminente litigio.
Proprio ora che va tutto bene!
Il coach, però, aveva stabilito delle regole precise. ‘Nessuno e sottolineo nessuno, potrà portare le proprie ragazze in trasferta, voglio che siate lucidi’, aveva detto e di certo io non facevo eccezione.
In fondo, però, non si sarebbe dovuta arrabbiare.
Era stata lei a spingermi a dire sì al coach, ma di certo non sapeva che sarebbe stata una partita fuori casa, quindi la colpa era comunque mia.
‘Oh povero me!’.
Conoscendo Bella, se pure avesse accettato la cosa senza problemi, di sicuro avrebbe trovato il modo di farmela pagare ed io ero letteralmente terrorizzato all’idea.
“Ehm Bella, ecco … credo che questa notizia non ti piacerà e questo è uno dei tanti motivi per cui non volevo andarci. La partita sarà in trasferta, dall’altra parte del paese e tu non puoi venire”, le dissi tutto d’un fiato, abbassando lo sguardo.
Riuscii solamente a vedere la sua bocca spalancarsi e poi un sorriso.
Un sorriso?
Io sono terrorizzato all’idea di comunicarle questa cosa e lei sorride?
Dov’è finita la mia Bella?
Probabilmente è ancora in estasi per il sesso di ieri sera. Senza ombra di dubbio.
Sicuramente ha dimenticato il dettaglio delle cheerleader.
Continuando a sorridere, mi parlò. “Perché sei così preoccupato? Non ho alcuna intenzione di arrabbiarmi, soprattutto dopo quello che è successo ieri. Sono così felice che né questa trasferta, né quelle oche starnazzanti che ti girano intorno come vespe riusciranno a rovinarmi la giornata”.
Alzai gli occhi di scatto.
“Certo, avrei voglia di farle sparire dalla faccia della terra, ma siccome non è possibile, allora le ignoro”, disse lei stringendosi nelle spalle.
La guardai sorpreso.
Sicuramente quelle non sono sue parole. C’è qualcosa che non va.
“Chi sei tu e cosa ne hai fatto della mia Bella? Sei sicura di stare bene, amore? Perché la Bella che conosco io si sarebbe arrabbiata e avrebbe fatto il diavolo a quattro pur di non farmi stare in loro compagnia”.
Rise.
‘Bene … adesso mi prende anche in giro’.
Di bene in meglio.
Avvicinò il suo viso al mio e mi guardò attentamente. “Amore, io sono ancora gelosa, e lo sarò sempre. Semplicemente, non voglio rovinarmi questa giornata o le prossime. Mi fido di te. So che mi ami e che non faresti mai nulla per farmi stare male, quindi non c’è nulla di cui preoccuparsi. Mercoledì partirai e poi ci vedremo domenica quando tornerai. Sono stata io a convincerti ad andare, non vedo perché adesso debba impedirtelo e poi, tu sei libero di prendere qualsiasi decisione. Il baseball è sempre stato la tua passione e non vedo perché io debba impedirti di fare ciò che ti piace. D’accordo? Quindi, per favore … non pensarci più e pensiamo a goderci questi giorni, visto che fra tre giorni partirai e io non potrò vederti per molto tempo”.
Non riuscii a trattenermi dal baciarla.
Riusciva sempre a sorprendermi, incredibile. Ed io che mi aspettavo di dover litigare.
“Amore mio … sei meravigliosa. Riesci sempre a lasciarmi senza parole. Ero preparato al peggio”.
“Hahahahah, lo so, lo so. È per questo che mi ami, no?”.
“Già, è solo uno dei tanti motivi, ma è anche quello più importante di tutti”.
Continuammo a baciarci fin quando Bella interruppe il bacio. “Edward, io … ecco …”, ma s’interruppe, mordendosi il labbro.
“Tu cosa?”.
“Volevo semplicemente dirti che ti amo e che quello che è successo ieri è stato meraviglioso e che non cambierei nulla e poi, non so come spiegartelo. Tutte quelle sensazioni, quelle emozioni che ho provato erano strabilianti, non so descriverle … so solo che ti amo più di prima”.
“Anche per me è stato bellissimo Bella, non cambierei nulla”.
E ripresi a baciarla.
Le sue labbra erano come una calamita per me, più ne avevo e più ne volevo. Senza accorgercene i baci da dolci divennero sempre più passionali. Il lenzuolo che divideva i nostri corpi era sparito e diventammo di nuovo una cosa sola.
Mentre la guardavo in preda al piacere, che solo io riuscivo a darle, mi resi ancora più conto di quanto fossimo fatti l’uno per l’altra.
Lei era la mia metà perfetta, l’altra parte di me, così come io ero la sua.
L’amavo … l’amavo disperatamente.
Perso nei miei pensieri, non mi ero accorto che mi aveva parlato. “A cosa pensi, amore?”, mi disse accarezzandomi, una volta che fui uscito da lei.
“A quanto ti ami e a quanto sia fortunato ad averti accanto, ma soprattutto, a quanto tu sia bella e meravigliosa”.
Questo la fece arrossire.
S’imbarazzava ancora a qualsiasi complimento le facessi.
“An – anche tu sei meraviglioso … ti amo”.
“Ti amo Bella”.
Restammo a coccolarci ancora un po’, fin quando i nostri stomachi decisero che era ora di smetterla con tutte quelle sdolcinatezze e mettere qualcosa sotto i denti.

Pov Bella

Wow … ieri sera è stato M.E.R.A.V.I.G.L.I.O.S.O.
Non immaginavo che il sesso fosse così.
Forse è stato così speciale solo perché è successo con Edward.
E’ stato così dolce e poi, oddio … sentirlo dentro di me in quel modo è stato strano e bello allo stesso tempo. Non riesco a descrivere cosa ho provato.
Mille sensazioni … tutte indescrivibili … tutte meravigliose.
È stata la notte più bella della mia vita.
Non ricordo di averne passate altre così belle, forse solo la notte in cui ci rincontrammo e anche il giorno in cui diedi il mio primo bacio qualche anno fa.
Adesso, invece, mi ritrovavo a preparare la colazione con Edward che non accennava a staccarsi da me. Velocemente mi chiesi come avrebbe fatto a stare senza di me per quattro giorni consecutivi. Non che io avrei resistito, ma almeno ero più brava a nasconderlo.
“Edward … dai Ed!”, mi lamentai. “Come faccio a preparare la colazione se tu non mi lasci nemmeno per un secondo? Mi stai distraendo e va a finire che quello che sto preparando non viene per nulla bene”.
Per risposta ricevetti un suono che non era classificabile.
Era troppo impegnato ad abbracciarmi da dietro e a venerare il mio collo, così aveva detto, per rispondermi.
In altre occasioni ne sarei stata felice, ma adesso, avevo davvero voglia di mettere qualcosa sotto i denti. “EDWARD CULLEN!”, urlai.
“Uffa Bella, ma se la smettessi, poi dovrei trovarmi qualcos’altro da fare che di certo, piacerebbe ad entrambi, ma su cui tu, al momento, non saresti di certo d’accordo”, disse togliendomi la padella dalle mani. “O forse sì?”.
Iniziò a baciarmi e poi mi fece sedere sul mobile della cucina, dopo essersi messo tra le mie gambe.
“Ed – Edward … cosa stai facendo? Amore … dai, per favore, non voglio”, ma lui non mi ascoltò minimamente.
“Mmm amore … non sai quanto mi piace che indossi le mie maglie e le mie camice. E il fatto che queste ultime lascino intravedere il tuo bellissimo corpo, mi eccita ancora di più del solito, specialmente dopo ieri sera”.
Riprese a baciarmi e le sue mani iniziarono a salire lungo le mie gambe. Il suo tocco mi eccitava in una maniera assurda, ma poi ricordai che gli erano finiti i preservativi e quindi beh … non avremmo potuto concludere nulla senza quelli, quindi … meglio fermarsi ora.
“Ed … amore, ascoltami. Dopo mi avrai tutta per te, dico sul serio e potrai farmi tutto quello che vuoi”, dissi mentre cercavo di alzargli la testa e staccarlo dai miei seni per farmi guardare negli occhi. “E se volessi farti adesso queste cose? Chi me lo impedisce?”.
“IO! Non voglio adesso e poi, ti sono finiti i preservativi, quindi”.
Lo guardai vittoriosa.
Come avevo previsto, alzò il viso di scatto. “Davvero? E scusa, tu come fai a saperlo?”.
“Se non mi credi e non ricordi cosa mi hai detto stamattina, va di sopra e apri il tuo comodino”.
“Ah sì, è vero. Non ero preparato il tuo assalto ieri sera e quindi tenevo quei due solo per precauzione. Sai … un uomo può sempre sognare”.
“Hahahahah sì, so quanto i tuoi sogni siano reali. Io però ho fame, quindi mollami. E tanto per la cronaca, non credo di essere l’unica affamata, visto il brontolio del tuo stomaco”.
E, infatti, dopo qualche secondo ecco il suo stomaco all’attacco. Iniziammo a ridere a crepapelle fin quando Edward tornò serio e disse: “Hai ragione piccola, ma è colpa di tutta l’attività che abbiamo fatto. Mentre tu prepari la colazione, io vado a vestirmi, così dopo aver mangiato, vado a comprare quello che mi serve. Ricorda che hai detto ‘tutto quello che voglio’ e quindi mi aspetto che tu faccia onore alla promessa, amore mio”.
“Sai che mantengo sempre le promesse, quindi dopo sarò tutta tua, te lo giuro”.
Gli soffiai un bacio mentre lui saliva le scale.
Mentre preparavo la colazione, non feci altro che pensare a lui e a quanto fosse un vero idiota, che, però, amavo follemente. “Oh povera me, sto con un pazzo”, mormorai tra me e me.
“Hey, è questo che pensi di me?”. Edward accigliato, mi fissava.
“E tu che ci fai qui? Nessuno ti ha insegnato a bussare?”.
“Io ti ho chiamato, ma tu non mi hai calcolato per niente, quindi”, si strinse nelle spalle. “Allora, è questo che pensi?”.
“Beh ecco, io … sì, però in senso buono. Ti amo proprio per questo tuo essere pazzo e sempre pronto con una battuta anche nelle situazione più strambe”, dissi questo mentre mi avvicinavo a lui per poterlo abbracciare.
“Salvata in calcio d’angolo, amore. Così va molto meglio piccola, perché anch’io ti amo tanto, ma tanto, ma tanto” e poi troppo presto mi lasciò andare.
“Su, andiamo a mangiare che ho una missione della massima importanza da portare a termine”. “Hahahahah … Andiamo 007 che ti ho preparato la tua colazione preferita!”.
“Hey, ridi di me? Bene, te ne pentirai amar –”, ma le parole gli morirono in bocca quando vide ciò che c’era per colazione. “Questo ben di dio da dove esce? Oh mamma. Ha un profumino meraviglioso. Sei una cuoca eccezionale, ma quanto ti amo io”.

Seattle, Casa Swan, Giovedì 14 agosto 2014
Il giorno della partenza di Edward era arrivato, ma i giorni appena trascorsi non avevamo potuto passarli come previsto.
Già! Perché domenica mattina mi era venuta la febbre e per questo Edward mi aveva riportato a casa di Christian e aveva passato i restanti giorni nel letto con me a coccolarmi. Strano che non si fosse ammalato anche lui.
Adesso … dopo due giorni passati a letto, non potevo ancora alzarmi, perché la febbre non accennava a scendere e il dottore m’impediva qualsiasi cosa. Mi era permesso di alzarmi solo per andare in bagno e Christian era più protettivo del solito.
Alla fine avevo dovuto abbandonare anche il proposito di accompagnare Ed in aeroporto e questo mi aveva rattristato molto.
Nonostante il fuso orario riuscivamo a sentirci spessissimo, visto che Edward aveva gli allenamenti solo di pomeriggio.
Quei tre giorni passati a letto mi erano sembrati un’eternità ed ero diventata intrattabile e solamente la voce di Edward riusciva ad addolcirmi. È incredibile quanto dipenda da lui. Non riesco più a immaginarmi senza di lui, è diventato il centro del mio mondo e so che per lui è lo stesso.
Quando siamo al telefono, riesco a percepire il suo bisogno di me e questo mi lascia ancora senza fiato. So di essere importante per lui, ma non immaginavo così. E’ ovvio che mi ama.
Lo squillare insistente del mio cellulare mi riportò alla realtà.
“Pronto”. Risposi senza neanche vedere il numero. A quell’ora del giorno poteva essere solo una persona.
“Ciao amore mio, come ti senti oggi?”.
E come volevasi dimostrare avevo ragione.
“Amore, starei meglio se tu fossi qui. Stamattina quando mi sono svegliata la febbre era scesa, ma non di molto. Tu come stai?”.
“Anch’io vorrei essere lì con te, mi manchi tantissimo. Sto bene, e finalmente domani ci sarà il match, così poi potrò tornare da te”.
“Hahahahah, dai Ed, non fare così. Cerca di dare il massimo, anche se non ci sono io a farti il tifo, so quanto ami il baseball”.
“Certo amo il baseball, ma amo te molto di più. Non preoccuparti, ho il ciondolo che mi hai regalato che mi ricorda il tuo tifo, mi basta solo un semplice buona fortuna”.
“Allora buona fortuna amore mio … ti amo tanto e comportati bene”.
“Ti amo tanto anch’io piccola. Amore sai che ieri sera, quando sono uscito con la squadra, ho … ‘CULLEN, DOVE SEI FINITO? DOBBIAMO RIUNIRCI … SUBITO!’. Oddio amore, il coach mi chiama, ci sentiamo dopo, ti amo tanto piccola”.
“D’accordo, vai da lui, non voglio che ti spezzi qualcosa, ti rivoglio tutto intero. Ti amo tanto anch’io”.
‘Uffa! La chiamata è stata troppo breve’.
Cos’aveva da urlare così il coach?
Possibile che non gli lasciasse mai un po’ di tempo libero?
Non avevano allenamenti in programma.
La noia occupò il posto della gioia e così trascorsi il resto della giornata. Me ne stavo sdraiata nel letto a guardare la tv, ascoltare la musica e giocare al pc. Tutte cose che adoravo fare, certo, ma non 24 ore su 24.
Continuavo a fare zapping in tv fin quando il mio occhio cadde, per puro caso, su un canale di gossip. Non ci misi molto a comprendere da cosa era stata attirata la mia attenzione, o meglio da chi: Edward.
Il programma parlava di lui e del suo nuovo flirt.
Strabuzzai gli occhi.
Flirt?
Cosa? Stiamo scherzando?
Edward … il mio Edward?
Le foto e i video mostravano Edward abbracciato a una ragazza bionda, ieri sera.
Lei gli sorrideva felice e gli sussurrava qualcosa all’orecchio e Edward le rispondeva, anche lui sorridendo.
Poi un bacio.
Spalancai gli occhi.
Cazzo! La stava baciando … davvero!
Il mio cuore si frantumò in mille pezzi.
Alla faccia del ‘ti amo tanto amore’.
Io a casa, a letto con la febbre e lui se la spassa dall’altra parte del paese con una biondina.
Guardai l’ora, sono quasi le nove di sera.
A breve mi chiamerà.
Decisi che non gli avrei risposto.
Ero … sono furiosa.
Come osa?
Come può essere stato così insensibile dopo quello che è successo quasi una settimana fa?
Non riuscii a trattenere le lacrime.
Perché lo ha fatto?
“Bella non guardare la tv”, urlò Christian correndo nella mia stanza.
Rimase sorpreso quando mi trovò in lacrime e si precipitò subito al mio fianco.
“Troppo tardi. Ho già visto tutto”.
“Tu non guardi mai quei programmi”, disse abbracciandomi.
“Infatti, è stato per puro caso”.
Non riuscivo a smettere di piangere.
“Bella, tesoro, non piangere. Vedrai che c’è una spiegazione valida. Edward ti ama, non farebbe mai una cosa simile. Ti ha mai dato motivo di pensare di essere interessato a un’altra? Hey, non piangere”. “No, ma … non ci riesco, è più forte di me. I – io … lui … non voglio più vederlo. Io … Oh Christian!”, mi buttai tra le sue braccia.
“Shh Bella, sta tranquilla, non piangere. Si sistemerà tutto, vedrai”.
Lo squillare del telefono mi fece sussultare. “Non rispondi?”.
“No, è lui. Non voglio parlargli”.
“Bella, secondo me dovresti rispondere. Magari lui non sa niente di tutto questo e probabilmente era una delle tante fan che gli si gettano tra le braccia”.
“Eh sì, certo e avrà pensato‘visto che è qui, la bacio, così torna a casa felice e contenta’. Andiamo! Non sono stupida Christian!”.
“Come vuoi piccola. Posso lasciarti sola? Oppure resterai a piangere per tutta la notte?”.
“No tranquillo, tra un po’ vado a letto”.
Mi sforzai di sorridergli.
“D’accordo, buona notte allora”. Si alzò e mi guardò con sguardo preoccupato ed io continuai a sorridergli per rassicurarlo. Dovette funzionare perché mi diede un bacio in fronte e se ne andò.
Il cellulare continuava a squillare ed io a non rispondere.
Prima o poi si sarebbe stancato.
Quando ci fu silenzio nella mia stanza, non ce la feci più e gli scrissi un messaggio.
“Ti odio, non voglio più vederti. Come hai potuto?”.
Non so quanto tempo passò, forse il tempo che il messaggio gli arrivasse e questo fece partire un’altra raffica di telefonate.
La vibrazione mi avvisò dell’arrivo di un messaggio. “C – come non vuoi più vedermi? Perché? Cosa ho fatto?”.
Quel messaggio mi fece ancora più male.
Anche il finto tonto faceva.
Chiusi gli occhi.
Cercai di dormire ma quelle immagini continuavano a passarmi davanti agli occhi.
Il mio cuore era alla deriva, al suo posto il vuoto.
Chiusi gli occhi ricordando i nostri momenti insieme e piansi, forse, tutte le mie lacrime.


Pov Edward

Chicago, Giovedì 14 Agosto 2014
Era da un’ora o giù di lì che chiamavo Bella senza ricevere alcuna risposta. Forse stava cenando o si era addormentata.
Avevo una strana sensazione, come se fosse successo qualcosa.
Qualcosa che riguardava noi.
Mi staccai dal telefono solo per fare una doccia e poi avrei ripreso a chiamarla fin quando non mi avrebbe risposto.
Ero anche disposto a passare tutta la notte sveglio.
Mi misi a letto e ripresi il cellulare.
C’era un suo messaggio, forse non aveva potuto rispondere.“Ti odio, non voglio più vederti. Come hai potuto?”.
Come?
Forse stava scherzando e a breve avrebbe risposto a una delle mie chiamate con la sua meravigliosa risata.
Non fu così. Non rispose.
Cos’avevo fatto per farla arrabbiare tanto?
Non riuscivo a capire.
Stamattina era stato così bello parlare con lei, anche se per poco tempo. Lei aveva avuto il potere di cancellare tutta l’ansia che provavo e adesso mi diceva questo.
Continuai a chiamarla, fin quando mi ritrovai a parlare con la sua segreteria.
Le mandai un messaggio. “Come non vuoi più vedermi? Perché? Cosa ho fatto?”.
Neanche quello ricevette risposta.
Decisi, allora, che la cosa migliore era chiamare Christian, lui sicuramente sapeva cosa aveva Bella. Rispose al primo squillo.
“Edward, dimmi”.
“Ciao Christian, spero di non disturbarti, avrei bisogno di un favore”.
“No, tranquillo. Sono nel mio studio, non hai interrotto nulla. Josephine ancora non è tornata da casa della sua amica”.
Feci un respiro di sollievo. Christian e Jo avevano una vita sessuale molto attiva e vista l’ora pensai che fossero impegnati.
“Cosa ti serve?”.
“Ecco, io … avrei un problema con Bella. Non riesco a rintracciarla e poi mi ha mandato un messaggio abbastanza criptico, che sinceramente non riesco a comprendere. Tu hai idea di cosa le prenda?”.
Lo sentii sorridere. “Eh Edward, ti sei cacciato proprio in un bel guaio e, ahimè, non posso fare molto. Bella è furiosa e non vuole né vederti, né parlarti”.
“D – di cosa stai parlando? Io non ho fatto nulla Christian. Come puoi pensare che abbia fatto qualcosa che potesse far del male a Bella?”.
“Edward, io non penso nulla, ma Bella invece sì e purtroppo anche il resto degli Stati Uniti”.
“Come? Di cosa parli? C – cosa c’entrano gli Stati Uniti con me e Bella?”.
“Edward … ma tu sei sicuro di non aver fatto niente? Comunque accendi la tv e sintonizzala su uno dei canali di gossip, non fanno altro che parlare di te e della tua nuova fiamma bionda”.
“COSA? QUALE FIAMMA?”.
Gli raccontai com’era andata la serata precedente e lui mi assicurò che avrebbe chiesto a qualcuno dei suoi di riuscire a scovare il vero video della serata.
“Calmati Ed, d’accordo? Scusa ma adesso devo lasciarti, vado a controllare se Bella è riuscita a prendere sonno. Ha pianto molto stasera”.
Rimasi senza parole.
Bella aveva pianto.
Per colpa di una cosa che io nemmeno avevo fatto.
Bella è furiosa con me.
Beh … anch’io mi sarei infuriato con lei se fosse stato l’opposto. Ma come aveva potuto credere a una storia non vera? Credevo mi conoscesse e che si fidasse di me.
Guardai con attenzione le foto e compresi.
Quelle foto purtroppo erano vere, ma non del tutto.
Avrei trovato il modo di scrollarmi di dosso quelle calunnie, ma a quale prezzo?
Forse avevo perso la cosa più bella e importante della mia vita.

Stati Uniti, Seattle, Sea – Tac Airport, Sabato 16 Agosto 2014
Erano passati due giorni senza che fossi riuscito a parlare con Bella.
Ieri Christian mi aveva chiaramente detto che Bella non voleva parlarmi e che lui non intendeva costringerla, anche perché avevano avuto una piccola discussione per colpa mia.
Non ho fatto altro che pensare a lei e a quello che le avrei detto.
Sono appena sceso dall’aereo e non vedo l’ora di salire in macchina per andare da lei.
Riaccesi il cellulare e vi trovai un messaggio.
Sperai con tutto il cuore che fosse suo.
Speranza vana … era di Christian.
“Hey Ed, sono Christian, fammi sapere quando arrivi a Seattle. Ah, dimenticavo: i tuoi genitori mi hanno detto di dirti che verranno a prenderti all’aeroporto, a più tardi”.
“EDWARD! HEY, SIAMO QUI!”.
Sentii qualcuno urlare il mio nome e mi voltai.
Quanto avrei voluto che ci fosse anche Bella, ma sapevo che non sarebbe venuta.
“Ciao mamma, ciao papà”.
Li abbracciai entrambi.
Mia madre subito iniziò a farmi la ramanzina. “Ed, ma cosa hai combinato? Bella è così triste. Pensavo fossi davvero innamorato di lei. Sei stato due anni ad aspettarla e adesso appena ti allontani da lei … le fai questo”.
“Mamma ma … io non ho fatto nulla”. Incredibile che anche la mia famiglia pensava fossi stato così meschino. Sapevo quanto mia madre fosse affezionata a Bella, le voleva bene come una figlia.
“Edward, io vorrei crederti, ma non è facile. Quelle foto sono piuttosto chiare. Anche tuo padre lo pensa. Vero Carlisle?”, disse mia madre rivolgendosi a suo marito.
“Certo cara. Edward … tua madre ha ragione, Bella non ti perdonerà facilmente, ma io ti credo”, disse abbracciandomi.
“Grazie papà. Adesso … potreste portarmi da Bella? Vi prego! Ho bisogno di vederla e cercare di parlarle, non resisto più”.
“D’accordo … d’accordo. Tieni a freno i tuoi ormoni! Ti portiamo subito a casa a prendere la tua auto”.
Non appena salii in macchina, chiamai Christian. A rispondermi fu una voce femminile, la sua. “Pronto?”.
Cavoli, non so proprio cosa dirle e la sua voce non è calorosa come il solito. Avrà sicuramente riconosciuto il mio numero.
“Ehm … Bella, sono io, Edward”.
‘Certo che sa che sei tu, idiota!’, intervenne sarcastica la mia coscienza.
La ignorai.
“Speravo di poter parlare con Christian, questo è il suo cellulare”, spiegai.
‘Che spiegazione da vero idiota. È ovvio che è il cellulare di Christian’.
“Come stai tu?”.
“Certo … te lo passo subito”.
“Bella … hey … ti prego, posso parlarti un secondo …”, ma fu troppo tardi.
“Hey Ed!”.
Sconsolato salutai Christian. “Ciao! Volevo solo dirti che sono appena salito in macchina. I miei genitori mi stanno accompagnando a casa a prendere l’auto e poi vengo lì”.
“D’accordo, ti aspetto”.
Ho passato due giorni interi a pensare a cosa dirle eppure adesso mi mancano le parole.
Il viaggio dall’aeroporto a casa di Christian fu uno dei più lunghi di tutta la mia vita.
Sentivo il bisogno fisico di vederla e stringerla tra le braccia anche se, probabilmente, lei non me lo avrebbe permesso.
Arrivato a destinazione, l’ansia mi salì alle stelle.
Sperai davvero con tutto il cuore che non avesse deciso di lasciarmi, perché sarei morto all’istante.
Non riuscivo a immaginarmi senza di lei.
La guardia del corpo di Christian, Dean, mi accolse nell’atrio di casa.
“Bentornato Edward, Mr Swan la sta aspettando”.
Gli sorrisi. “C’è anche Bella?”.
“Io … ehm … ecco, non so se posso, ma la signorina Isabella non vuole vederla. È arrabbiata con suo cugino perché l’ha invitata qui senza chiederle niente”.
“D’accordo, grazie Dean”.
Cavoli, il guaio in cui sono finito senza neanche saperlo è più grave di quanto pensassi.
Avrei dovuto penare davvero tanto per farmi perdonare.
Arrivai in salotto e quello che vidi fu senza dubbio qualcosa che non mi sarei mai aspettato.
C’erano tutti: Bella, Christian e Jo, e anche una ragazza che mi sembrava di aver già visto.


Bene ... chi sarà la ragazza misteriosa? Cosa svelerà? Comunque non preoccupatevi ... non è come pensate!

A me non piacciono i tradimenti, quindi .... abbiate fiducia in Edward. Non è così stronzo!

A sabato prossimo!!!

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Capitolo 14
*** Chapter 14 ***


Salve a tutti! Come avrete notato oggi non è sabato! Per motivi di tempo ho deciso di pubblicare oggi, ma domani ci sarà sicuramente la pubblicazione di un capitolo, perchè la settimana prossima sono piena d'impegni fino al collo e non so se avrà tempo per farlo.

Detto questo ... vi lascio al capitolo (che spero vi piaccia) e ci leggiamo domani per l'altro capitolo!

Buona lettura!

Capitolo 14: La distanza di un amore

Pov Bella


Io povero sarò e tu povera sarai …
La distanza di un amore …
Che non ho parole per spiegare …
Perché non vivo più, perché mi manchi tu …
E questo cielo blu non lo posso sopportare …
Ti vedo come sei e come ti vorrei …
Non è lo stesso sai …
Non ti posso perdonare!

Due giorni.
Due fottutissimi, maledettissimi giorni.
Non riesco più a mangiare.
Non riesco neanche a guardarmi allo specchio.
Se Edward mi vedesse in queste condizioni, probabilmente mi mollerebbe seduta stante.
No … aspetta, lo ha già fatto.
Solo … ha dimenticato un dettaglio: dirmelo.
Non ci ha pensato due volte a farsi vedere in giro con la sua nuova fiamma.
Bene … se pensava che non lo avrei scoperto, beh … si sbagliava di grosso.
Sono finiti i tempi della Bella accomodante, dolce e comprensiva.
Ha giocato con i miei sentimenti e ha distrutto per sempre la nostra amicizia.
Cosa più importante: ha tradito la mia fiducia.
I maschi! Tutti uguali!
Se pensa di tornare a casa e implorare il perdono … AAA che nervi!
Lanciai la spazzola che avevo in mano da qualche parte.
Non ho alcuna intenzione di vederlo. Riesce sempre a farmi capitolare.
Lui e il suo meraviglioso sorriso.
Ha rapito il mio cuore e poi lo ha distrutto.
Una parte di me avrebbe voluto che fosse qui, ma lui non c’è e non ci sarebbe stato più.
Avrei voluto sentire la sua voce dirmi che niente di ciò che avevo visto, era vero.
Invece, lo era … eccome se lo era.
Quante volte mi aveva sorriso … quante volte mi aveva baciato … quante volte mi aveva detto ti amo. Riesco a sentire ancora la sua voce rimbombarmi nelle orecchie il giorno della sua partenza.
‘Mi mancherai tanto Bella, ti amo. Ti penserò in ogni minuto libero’.
Riesco a sentire il suono della sua risata … le sue braccia stringermi.
Mi manca … mi manca terribilmente.
Cosa farò quando verrà qui? Perché verrà, ne sono sicura.
Cosa dirò? Non ho parole. Ho aspettato questo giorno per tutta la settimana, ma non l’ho immaginato così. Forse … sarei andata all’aeroporto con i suoi genitori e gli avrei fatto una sorpresa.
Qualcuno bussò alla porta della mia stanza, interrompendo le mie fantasie.
“Bella … hai bisogno di aiuto?”. Il volto gentile di Jo apparve.
Christian aveva insistito che almeno oggi uscissi dalla mia stanza e vedessi un po’ la luce del sole.
“No, grazie. È solo che non so cosa indossare. Credo di essere dimagrita e poi, io non ho molta voglia di uscire”.
“Dai Bella, non andremo da nessuna parte, ma almeno passerai del tempo con noi in salotto. È inutile rinchiudersi qui dentro. Ti aspettiamo di là”.
Mi abbracciò e andò via.
Tornai a guardarmi allo specchio.
‘Sono un disastro’.
Alla fine, aprii l’armadio e presi i miei vestiti preferiti.
‘Sono anche i preferiti di Edward’, mi ricordò la vocina nella mia testa.
Sopra la maglia indossai la sua camicia.
La mia preferita.
Quella che mi aveva regalato perché lo portassi con me quando non c’era.
Riesco a sentire ancora il suo profumo.
Ricordo ancora le sue parole quando me la regalò.
Aprii la porta e vi trovai Christian fuori.
Sbuffai.
Non avevo voglia di parlare con lui. Christian sta aspettando Edward. Ho risposto io stessa alla sua telefonata.
‘Lascia che si spieghi, non puoi evitarlo per sempre. È il tuo migliore amico e adesso è anche il tuo ragazzo, non puoi fingere che non esista’, aveva detto ieri dopo l’ennesima discussione. A quelle parole io non avevo saputo cosa ribattere, perché sapevo che aveva ragione.
“Hey, stavo venendo a chiamarti. C’è una persona che vorrebbe parlarti”, sono ancora arrabbiata con lui e lui lo sa.
‘Persona, puah! Essere ignobile, vorrai dire’.
So già che è Edward, non ho bisogno di tutti questi giri di parole.
In un momento di panico lo abbracciai.
La rabbia nei suoi confronti, sparita.
“Sta tranquilla, vedrai che si sistemerà tutto. Non mi piace vederti così triste”.
Camminammo abbracciati fino in salotto e quello che vidi non fu la cosa che mi aspettavo.
C’era lei.
La ragazza bionda.
Restai a guardarla impassibile.
“Che cosa significa?”, chiesi arrabbiata rivolgendomi a Christian, che era sicuramente l’artefice di questo “bellissimo” incontro.
“Bella, tesoro … ascolta prima cos’ha da dirti e poi decidi se è o meno il caso di arrabbiarti con me. Così potrai aggiungere anche questo alla lista ‘Motivi per il quale voglio uccidere mio cugino’. D’accordo?”. Mi venne da ridere, ma annuii lo stesso.
Guardai la ragazza, che si presentò.
Mi sedei accanto a lei sul divano e ascoltai Melanie cosa aveva da dirmi.
Aveva detto ‘piacere di conoscerti, Bella’.
Avrei tanto voluto risponderle ‘per me non è per nulla un piacere, ti sei presa il mio ragazzo’, ma la buona educazione prese il sopravvento e le sorrisi gentile.


Pov Edward

Quando la vidi, il mio mondo si fermò completamente.
Indossava la camicia che gli avevo regalato. La mia camicia.
Allora, forse … ho ancora una speranza.
Dio … mi è mancata così tanto!
Anche se probabilmente mi avrebbe allontanato, mi fiondai da lei e la strinsi al mio petto, e lei non mi respinse.
Oh quanto mi era mancata … da impazzire.
“Bella, oh Bella! Amore io … non ho fatto nulla, giuro! Non potrei mai farti una cosa del genere, mai. Giuro che mi farò per –”, ma quello che sentii mi bloccò.
“Ed, sta calmo. So tutto. Non hai nulla di cui farti perdonare”, disse carezzandomi una guancia.
Si scostò da me quel poco che bastava per guardarmi negli occhi.
“Perché? Nel senso che ne sono contento, ma, insomma … non mi hai parlato per due giorni e adesso invece … sono un po’ confuso amore”.
Rise della mia espressione.
“Sta tranquillo, adesso ti spiego tutto” e mi trascinò verso il divano, dove sedeva la ragazza. “Immagino tu conosca Melanie, vero?”.
Melanie … cazzo sì! Adesso ricordo tutto!
Dopo esserci seduti, osservai la mia ragazza.
Bella era tranquilla e parlava in modo pacato, ma si notava che non stava bene. Aveva gli occhi circondati da profonde occhiaie ed era molto pallida. Il suo sguardo poi … non era quello di cui mi sono innamorato. Gli occhi erano lucidi di febbre, segno che non le era ancora passata del tutto. Aveva ancora addosso i postumi dell’influenza e quello che era successo aveva peggiorato la situazione.
Ritornato alla realtà, dopo una gomitata di Christian, mi affrettai a spiegare la situazione.
“Sì, ecco … l’ho incontrata tre sere fa. Lei lavorava nel locale in cui siamo andati. Mi aveva chiesto di fare una foto con sua sorella che essendo disabile, non può assistere alle partite. In quelle foto mi stava solamente ringraziando”.
“Sta tranquillo amore … non devi giustificarti o scusarti. Sono stata così stupida a non ascoltarti e a prendere per vere quelle foto. Io … ecco, mi dispiace tanto. Solo che … sentivo tanto la tua mancanza e poi il mio umore era già altalenante di per sé. Mi dispiace, scusa”.
Mi guardava con quei grandi occhi cioccolatosi ed io come al solito non riuscii a resisterle. La attirai a me e la baciai fino a farmi mancare il fiato. La sentii ridere quando si staccò.
“La buona educazione dove l’hai lasciata Cullen? Sull’aereo?”, disse Christian punzecchiandomi. “Ci sono ospiti. Più tardi avrete l’occasione di recuperare questi giorni”.
Mi voltai verso di lui e gli dissi ridendo: “Mmm … se proprio devo!”.
“Certo che devi. Quella è mia cugina! E tu te ne sei già approfittato abbastanza! Cosa credi che non sappia cos’avete fatto lo scorso weekend tutti soli soletti?”. E con ciò fece arrossire Bella che nascose il viso nell’incavo del mio collo.
Mi accorsi che Melanie ci guardava sognante e allora mi chiesi Christian come avesse fatto a trovarla.
Quasi leggendomi nel pensiero, Melanie si accinse a spiegare. “Sono contenta che sia tornata la pace tra voi. Io, ecco …”, s’interruppe imbarazzata. “Mi dispiace di essere stata la causa di una vostro litigio ma, Edward è anche il mio mito e quindi, ecco … quando mi ha salutata non ho resistito e l’ho abbracciato, ma nulla di più”. Si fermò a guardare Bella e me per darci tutte le spiegazioni. “E poi è stata una sorpresa quando ho ricevuto una chiamata dall’assistente personale del signor Swan. Non sapevo che Bella fosse sua cugina e quindi non sapevo cosa aspettarmi dall’incontro che mi aveva proposto. Non avevo collegato i due cognomi. Così ho preso il primo volo per Seattle e sono venuta all’indirizzo che l’assistente mi ha dato. Quando sono entrata qui, è stata una sorpresa per me trovarli insieme ed è stato tutto più chiaro, anche se inizialmente ho pensato che stessero insieme”.
Fu Bella a rispondere per tutti.
“Non pensavo saresti venuta così di corsa e solo per aver ricevuto una chiamata da Christian”.
“Christian Swan sa essere molto insistente se vuole, e poi beh, è Christian Swan e in cambio la sua assistente mi ha promesso dei pass per il prossimo certo dei Muse a New York a cui io non ho saputo dire no”.
E questo fece ridere molto Bella e Jo che disse: “Eh … io e Bella lo sappiamo bene. Purtroppo siamo costrette ad averci a che fare tutti i giorni”, e questo scatenò anche le risa mie e di Melanie ma, le due si beccarono una brutta occhiata da Christian. “Su Christian, non guardarci in quel modo. Ho solamente detto la verità” e andò ad abbracciarlo.
La sentii sussurrare “Mi perdoni?”.
Quando Christian sorrise, comprendemmo che la rabbia era passata. “Ti perdono solo se anche Bella viene ad abbracciarmi” e scoppiò a ridere.

Il resto del giorno passò tranquillo.
Melanie era tornata a casa sua e questo aveva fatto rilassare ancora di più Bella. Trascorremmo tutto il pomeriggio a coccolarci sul divano, e, nonostante avesse saputo che tra me e Melanie non c’era stato niente di niente e aver visto il video originale della serata passare in tv, Bella non era tranquilla.
Sapevo che mi stava nascondendo qualcosa e lei sapeva che io avevo capito, ma comunque non accennava a parlarne.
“Bella … mi spieghi perché sei ancora in ansia? Questa storia è finita, finalmente, e tu sei ancora così agitata”.
“Nulla, è solo che … quando l’ho vista, ho pensato così tante cose contemporaneamente. Avrei voluto farla scomparire dalla faccia della Terra e allo stesso tempo ascoltare cosa aveva da dire”, s’interruppe un secondo e rise sadica. “E se mi avesse detto che tra te e lei c’era davvero stato qualcosa, beh! Ti assicuro che nessuno mi avrebbe fermato dal farvi fuori entrambi. Non sapevo che Christian avesse già il video originale della serata. Perché non mi hai raccontato di quella sera quando mi hai chiamato? Sarebbe stato tutto diverso, anche la mia reazione ed io … io, ho così tanta paura di perderti, perché insomma, io non ho nulla di speciale rispetto a te e ti amo. Tu hai tutte quelle ragazze che ti vengono dietro ed io … e, tu sei dannatamente bello rispetto a me. Ho paura che tutto questo sia un sogno e che alla fine mi sveglierò”.
Iniziò a piangere. La strinsi forte a me.
“Bella, hey. Non piangere, no. Non riuscirei mai a farti una cosa simile, non ci riuscirei. Quel giorno stavo per raccontartelo quando il coach mi ha chiamato, ricordi? Stavo per dirtelo. Avevo anche pensato di dirtelo quella stessa sera, ma poi tu non mi hai più risposto e quindi è successo tutto questo casino. Come puoi pensare di non essere speciale? Tu sei dannatamente speciale, per me, per Christian, per tutti quelli che conosci. Sei dolce, sincera, leale, onesta e poi, come puoi pensare di non essere bella? Tu sei bellissima, amore mio”.
Le asciugai le lacrime e la baciai, strappandole anche un sorriso. Prolungammo il bacio, fino a quando fummo senza fiato. Avevo un disperato bisogno di lei, delle sue labbra e delle sue carezze.
Ripresi a baciarla e stavolta il bacio si fece sempre più intenso.
Le mie mani andarono in esplorazione del suo corpo, che tanto amavo, strappandole anche un gemito. “Ed … amore, che fai?”, disse con il fiatone causato dai miei lunghi baci.
Mugugnai qualcosa d’incomprensibile e poi risposi: “Ti sto baciando, perché?” e la zittii con un altro bacio.
“Amore … andiamo nella mia stanza. Avremo molta più privacy e libertà lì. Dai. Anch’io ti voglio come tu vuoi me, mi sei mancato tanto”, disse carezzandomi i capelli.
“Mi sei mancata tanto anche tu, amore”.
Mi alzai dal divano senza lasciarla e la portai nella sua stanza.
Christian non c’era, quindi avevamo il permesso di fare tutto quello che volevamo.
Sorrisi e guardando Bella, che ricambiò il mio sorriso, mi accorsi che era sulla mia stessa lunghezza d’onda.
La poggiai sul letto e poi ripresi possesso delle sue labbra, portandola in un mondo tutto nostro, dove c’eravamo soltanto noi due, a fare ciò che sapevamo fare meglio: amarci.

 
NOTE DELL'AUTRICE: La canzone è "La distanza di un amore" di Alex Baroni.

A domani con il nuovo capitolo!

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Capitolo 15
*** Chapter 15 ***


Buon giorno e buon weekend a tutti! Eccomi con il nuovo capitolo della storia. Questo è uno dei capitolo più importanti della storia e leggendolo capirete perchè.

Vorrei ricordarvi che ieri ho pubblicato un capitolo. Quindi, chi non l'ha fatto, legga prima il capitolo 14, perchè è nuovo.

Adesso vi lascio al capitolo che come sempre spero sia di vostro gradimento e che spero recensiate!

Buona lettura!

Capitolo 15: Problemi e rivelazioni

Pov Bella

Il giorno dopo mi svegliai sorridente e riposata.
Essere di nuovo tra le braccia di Edward e sapere che non mi aveva tradito, era la cosa più bella al mondo. Avrei dovuto fidarmi di lui, ma mi sentivo così insicura in quei giorni.
Quella notte, dopo aver fatto l’amore per l’ennesima volta, Edward mi aveva stretto a sé e non mi aveva più lasciata.
‘Ho bisogno di sentirti vicina. Mi sei mancata tanto e ho avuto il terrore di perderti’, aveva detto per giustificarsi.
Io, in risposta, gli avevo sorriso e lo avevo baciato, rassicurandolo.
Anche adesso, nonostante fosse mattina inoltrata, mi stringeva a sé. Avevamo praticamente dormito nella stessa posizione per tutta la notte.
Appoggiai la testa sul palmo della mia mano e iniziai ad accarezzargli i capelli, aspettando che si svegliasse.
Mi accorsi che era sveglio quando sorrise, ancora con gli occhi chiusi, e rafforzò la presa sui miei fianchi.
“Buon giorno”, sussurrai, continuando la mia carezza. Sapevo quanto adorava quel gesto.
“Buon giorno a te, piccola. Dormito bene?”.
Anche lui iniziò ad accarezzarmi.
“Dormo sempre bene con te, lo sai”.
“Hai ragione, lo so. Sai … però è bello sentirselo dire ogni tanto”.
“Vuol dire che te lo dirò più spesso. Ah … dimenticavo: Ti amo!”.
Iniziò a ridere e poi capovolse la posizione.
“Ti amo anch’io … ora zitta e baciami”, disse sfilando il lenzuolo che divideva i nostri corpi.
“Ti bacio … ti bacio, Cullen. Sta calmo!”.
Iniziò a baciarmi come solo lui sapeva fare ed io mi persi di nuovo tra le sue braccia.

Dopo aver fatto colazione e aver salutato Christian e Jo, andammo a Forks, a casa sua, visto che mancava da una settimana ed entrambi avevamo voglia di vedere il nostro folletto dispettoso.
Una volta arrivati, Alice non ci diede neanche il tempo di suonare il campanello, che si fiondò tra le braccia di suo fratello.
Per quanto quei due litigassero 24 ore su 24, si adoravano.
“Eddy … Eddy! Finalmente! Mi sei mancato tanto fratellone. Com’è andata? Stai bene, vero? Hai fatto pace con Bella, vero?”.
Ed io, sentendomi chiamata in causa, palesai la mia presenza. “Certo che abbiamo fatto pace, Alice”.
Si staccò da suo fratello e corse ad abbracciare me. “Oh Bells … sono così felice! Senti visto che con la partita di ieri, la squadra di Edward in pratica ha vinto il campionato, anche se ne manca ancora una, dobbiamo andare assolutamente a fare shopping per la festa che si terrà. Oh Dio! Non vedo l’ora!”.
Il sorriso che avevo in volto scomparve alle parole “shopping” e “dobbiamo”.
“Certamente Alice, poi decidiamo”.
Tra un bacio e l’altro, la scorsa notte, Edward mi aveva parlato della festa che si terrà tra tre settimane. Festa organizzata per festeggiare la seconda vittoria consecutiva del campionato.
A salvarci dal vulcano Alice, arrivò Esme.
‘Oh santa Esme, salvatrice dai folletti modaioli’.
“Alice … tesoro, perché non li lasci entrare? Sono qui fuori da almeno cinque minuti ed io ancora non ho avuto modo di salutare mio figlio e Bella. Su … lasciali entrare”. Esme ci abbracciò entrambi e notando le nostre mani intrecciate, capì che avevamo fatto pace. Insomma, però, credo lo avesse già capito dal fatto che Edward ieri l’aveva chiamata e le aveva detto che restava a casa di Christian.
Insomma … due più due, fa sempre quattro.
Dopo aver salutato tutti, io, Edward, Alice e Jasper, salimmo al piano di sopra e Edward ci portò nella sua stanza, per sottostare al lungo interrogatorio di sua sorella, sotto il nostro sguardo divertito.
“Allora fratellone, raccontami tutto”, disse il nostro sergente preferito.
Edward, con un’espressione da funerale, iniziò il suo racconto e quando finì, per la gioia mia e di Jasper, decise che era il momento del pranzo. In effetti, non ci eravamo resi conto che il tempo era letteralmente volato, soprattutto perché Alice aveva voluto conoscere ogni dettaglio. Dall’arrivo a Chicago, in Illinois, fino al ritorno a Seattle e addirittura del match disputato contro i Chicago White Sox, che poi … lei manco si interessava di baseball.
Esme e Carlisle erano andati a pranzo da Emmett e Rosalie e così avevamo tutta la casa per noi.
Dopo pranzo, infatti, Edward ed io andammo nella sua stanza, Alice e Jasper, in quella di lei, a fare Dio solo sa cosa, probabilmente lo stesso che avremmo fatto noi, se il destino non avesse deciso al posto nostro.
Edward non mi diede neanche il tempo di chiudere la porta che subito mi prese per i fianchi e mi attirò a se, iniziando a baciarmi con passione.
“Dio! Mi sei mancata! Cosa mi hai fatto, Bella?”.
“Potrei chiederti la stessa cosa”, dissi tra un bacio e l’altro.
A malincuore ci separammo perché Edward si era ricordato di dover fare una cosa al pc e così io iniziai a vagare per la stanza. L’ultima volta che ci ero stata non avevo fatto caso a quello che c’era, visto quanto ero stata impegnata.
Mi ritrovai di fronte la libreria e il mio occhio cadde sul libro di Romeo e Giulietta.
Il libro che conteneva il mio peggiore incubo.
Il libro che aveva cambiato tutto.
Lo presi tra le mani e decisi che non potevo più mentirgli.
Prima o poi avrebbe dovuto saperlo e questo era il momento giusto.
Via il dente, via il dolore, no?
Lo aprii nel punto in cui c’era la lettera e la lessi di nuovo.

Cara Bells,
vorrei poterti dire cosa sto provando in questo momento, mentre ti scrivo queste parole, ma non riesco a comprendere i miei sentimenti.
Forse … se tu fossi qui, riusciresti a comprenderli.
È difficile per me nasconderti ciò che provo, io per te sono come un libro aperto.
Quello che provo quando ti penso … quando sento la tua voce al telefono o al computer … le rare volte che ci incontriamo, è una sensazione meravigliosa. Non l’ho mai provata prima.
Non credevo che per innamorarmi mi sarebbe bastato uno sguardo.
Un semplice sguardo.
Il tuo.
Quando ti ho vista quel giorno di un anno fa, il mio cuore ha smesso di battere, per poi riprendere quando ti ho stretta tra le mie braccia.
Non riuscivo e tutt’ora non riesco a credere di essermi innamorato di te, la mia piccola e dolce migliore amica.
Non credere che non ti reputi bella, sai che per me sei bellissima, ma in questi anni ci siamo spesso incontrati e neanche per un attimo ho pensato a te in quel modo.
Poi … all’improvviso, ti ho vista ed ho capito che tu per me eri … sei molto più che un’amica.
In quest’anno ho provato a smettere di pensare a te … a smettere di innamorarmi di te, ma non ci sono riuscito.
Ho provato a lasciarti andare … a ignorarti.
Non ci riesco. Ci provo, ma non ci riesco.
Tu per me sei importante e non riesco a immaginarmi senza te al mio fianco … senza i tuoi consigli … senza il tuo sorriso … senza i nostri ricordi di bambini.
Senza te non sarei quello che sono e non voglio neanche immaginare come sarebbe la mia vita. Sarebbe una vita vuota e inutile.
So che tu hai un ragazzo, so che lo ami.
Non ti chiederò nulla in cambio.
Dopo aver letto questa lettera, se tu lo vorrai, io continuerò a essere tuo amico, così com’è giusto che sia. Continuerò a starti accanto, continuerò ad appoggiarti e ad aiutarti, continuerò ad amarti e a proteggerti.
Lo farò, lo sai.
Probabilmente non leggerai mai questa lettera, ma la scrivo nella speranza di trovare il coraggio di mandartela.
Ho bisogno di confessarti …

“Hey Bella, vieni a vedere cosa ho trovato. Bella?”.
Alzai di scatto la testa e trovai Edward a pochi passi da me.
La lettera era … è diversa!
Così diversa da quella che ho letto un anno fa.
O meglio, una parte è … uguale, ma ce n’è un’altra … diversa … nuova.
Quello che lessi mi fece male.
Tanto.
“Amore … posso spiegarti tutto. Non piangere”.
Stavo piangendo?
Spostai la mano libera sulle mie guancie e, effettivamente, erano bagnate.
“Che significa? Cosa puoi spiegarmi?”.
“Volevo parlartene io. Avrei dovuto farlo tanto tempo fa, ma non ne ho mai avuto il coraggio”.
Fece per avvicinarsi a me, ma lo bloccai.
“I – io … anch’io … devo dirti che …”, feci un respiro profondo e continuai. “… lo scorso Natale ho letto la lettera. Io sapevo di piacerti. Avrei voluto dirtelo ma …”.
Si allontanò da me, come scottato.
“COSA? Sapevi tutto? Come hai potuto mentirmi in questo modo? Io … io … ti ho raccontato tutto! Ti ho raccontato come mi sentivo nel vederti con un altro. Ti ho raccontato i miei pensieri. Ti ho detto di amarti e tu hai costruito tutto su una bugia”.
“No … sì … cioè … oddio! Non te l’ho detto perché avevo paura di perderti e … quando l’ho letta io stavo ancora con Manu e poi è cambiato tutto e non volevo deluderti e …”, ma non riuscii a finire perché lui mi interruppe.
“Non ti credo! È per questo che lo hai mollato, vero? Per prenderti gioco di me? Sei uguale a tutte le altre. Sei una …”, ma non finì di parlare perché gli arrivò uno schiaffo.
“Non azzardarti! Tu mi hai tenuto nascosta una cosa peggiore. Sapevi tutto! Sapevi tutto e non mi hai detto niente! Mi hai mentito, esattamente come ha fatto lui per tutto il tempo. Due anni, dannazione. Ti rendi conto? Due! Eri … sei il mio migliore amico. Se oggi non avessi preso quel libro, non l’avrei mai saputo. E io che mi sono fatta mille paranoie perché sapevo di piacerti, una stupida banalità, mentre tu mi nascondevi una cosa ben peggiore”.
“C – come non lo sapevi? Hai appena detto che hai letto la lettera. Mi sentivo così in colpa che non … non sono neanche riuscito a mandartela. Avevo paura che tu pensassi che lo facevo solo per fartelo lasciare, ma non è così”.
“Certo che non è così. Io sapevo solo di piacerti, non pensavo che tu … proprio tu … coprissi una cosa così orribile. E meno male che il mio ex ragazzo ti stava antipatico!”.
Iniziai a guardarmi intorno.
Prima che il panico mi opprimesse, avevo bisogno di andarmene.
Avevo bisogno di stare sola.
“ALICE!”.
“Amore c – che stai facendo?”.
“Non chiamarmi amore! Secondo te cosa sto facendo? Chiamo tua sorella per farmi accompagnare a casa. Non voglio stare con te. Non al momento”.
“Cosa vuol dire? Mi stai lasciando? Beh … sai che ti dico? Ti mollo io! È finita! L’errore lo abbiamo fatto entrambi”.
Ecco un altro colpo.
“Per me stare con te non è stato un errore. I miei sentimenti sono sinceri. Non ti ho mai mentito, nemmeno una volta, altrimenti non avrei mai fatto l’amore con te”.
L’arrivo di Alice ci fece sobbalzare entrambi. “Perché mi hai chiamato Bella?”. Mi voltai verso di lei. “Perché piangi?”.
“Nulla … solo … potresti accompagnarmi a casa? Ho … ho bisogno di … voglio tornare a casa. Per favore”.
“Certo, prendo le chiavi dell’auto e ti accompagno. S – stai bene?”.
Non risposi. Pensai solo a prendere la mia giacca e a uscire da lì.
Edward però, non era del mio stesso parere.
Mi tirò verso di se per un braccio.
Io neanche mi voltai.
“Ti prego resta qui … parliamone. Ho sbagliato a dirti quelle cose, ma …”.
Spostai la sua mano e uscendo gli dissi parole che non sarei mai riuscita a dirgli se l’avessi guardato negli occhi.
“No Edward, non c’è un ma. Non voglio parlarne ora. Per favore … h – ho bisogno di riflettere e pensaci anche tu. D’accordo?”.
Non sentii la sua risposta perché uscii correndo dalla sua stanza.
Una volta al piano di sotto, salii in macchina dove c’era Alice ad aspettarmi.
Il suo sguardo … triste e preoccupato … così simile a quello del fratello, mi fece scoppiare in lacrime e mi buttai tra le sue braccia.


Pov Edward

“CAZZO! CAZZO! CAZZO! Sono un coglione!”.
Mi sedei a terra e mi presi la testa tra le mani.
‘Avresti dovuto dirglielo prima. Non avrebbe dovuto scoprirlo così. Adesso mi odia! Mi odierei anch’io se potessi’.
Quello era l’unico pensiero che il mio cervello riusciva a mettere a punto ed io ero più che d’accordo con lui.
Dio! Che stupido!
‘Idiota’.
“Edward? Si può sapere che succede? Sono giorni che non fate altro che litigare”. Jasper era entrato nella mia stanza, si era seduto accanto a me ed io nemmeno me n’ero accorto. “Allora? Me lo spieghi?”.
Appoggiai la testa a letto e iniziai a raccontare.

“Cioè fammi capire. Un anno fa hai scritto una lettera a Bella, in cui le confessavi di amarla e le dicevi di aver visto che il suo ex fare determinate cose. Lei l’ha letta lo scorso Natale, ma ha letto solo la parte che riguarda i tuoi sentimenti e oggi ha preso il libro, forse decisa a dirti tutto, e ha letto anche la seconda parte della lettera. Tu le stavi per dire che era una stronza come tutte le ragazze, ma lei ti ha mollato uno schiaffo. Le hai detto che questa storia è stato un errore per te e le hai detto che era finita. Lei ti ha risposto che per lei non è stato un errore. E adesso, lei se n’è andata perché ha bisogno di riflettere, offesa dalle tue parole. Giusto?”.
Annuii. “In effetti, riassunta così, sembra che lo stronzo sia io”.
“Secondo me nessuno dei due è lo stronzo. Siete due idioti, il che è diverso. Per come la vedo io, entrambi avete detto una bugia a fin di bene. Tu per non farla soffrire ulteriormente per quello stronzo di Manu e lei per non deluderti. Siete pari. Io direi di metterci una pietra sopra e andare avanti”.
“La fai facile tu, Jazz. Bella odia le bugie ed io gli ho mentito su una cosa importante. Ho sbagliato a reagire in quel modo. È vero, le ho detto quelle cose, ma … solo perché ero accecato dalla rabbia e non le pensavo. So che i suoi sentimenti sono veri e che forse, averla letta, per lei ha significato capire di voler stare con me, ma … i – io in quel momento, mi sono sentito tradito e deluso. Mi è mancata la terra sotto i piedi. Non riuscivo a crederci e poi ho temuto che fosse perché prova ancora qualcosa per lui. Ha iniziato a piangere ed io ho paura che mi lasci e torni da lui. Capisci?”.
Jasper mi mise un braccio intorno alle spalle e mi abbracciò. “Credo di capire come ti sia sentito. Allora mi chiedo: perché non provi a farlo capire anche a Bella? Voi due avete sempre avuto un rapporto speciale. Sono sicuro che riuscirete a comprendere l’uno il punto di vista dell’altro. Siete fatti l’uno per l’altra, Edward. Bisogna solo perdonare e lasciarsi tutto alle spalle. Siete la coppia perfetta, Eddy. Riuscite a comprendervi con uno sguardo, molto meglio di me ed Alice. Sono sicuro che riuscirete a capirvi anche con le parole. Adesso … togliti quell’espressione da depresso e divertiamoci un po’”.
Mi alzai di scatto.
Avevo capito cosa voleva dirmi e adesso avevo bisogno di andare da Bella.
“Fermo lì! Dove stai andando?”.
Jasper mi aveva tirato un braccio, ma lo aveva fatto così forte che entrambi eravamo caduti sul letto. “Da Bella?”, chiesi scettico.
“No … no … no!”, disse nel modo in cui era solita dirlo Alice. “Devi darle tempo di sbollire la rabbia e di calmarsi. Se vai da lei adesso, rischi di fare altri danni. Lei ti risponderà acida, tu ti sentirai sfidato, le risponderai male, vi arrabbierete di nuovo e vi urlerete ancora contro”.
“Forse hai ragione. Tu passi troppo tempo con mia sorella, lo sai vero? Sei diventato peggio di lei!”.
“E certo … è la mia ragazza! Vuoi che la tradisca? Con chi vuoi che lo passi il mio tempo se il mio migliore amico sono due anni che è un non morto?”.
“Oh no, certo che no e scusa per il mio comportamento e per averti trascurato. Non volevo”.
Mi sorrise, ignorando le mie scuse.
“Perfetto. Adesso … andiamo di sotto a divertirci un po’!”, feci per ribattere, ma lui mi anticipò. “Non una parola. Si fa come dico io. Chiaro?”.
Annuii, guardandolo circospetto.
“Sei diventato Alice al maschile! Incredibile!”.
Sentendosi preso in giro, mi lanciò un cuscino ed io per scansarlo, fui costretto a rifugiarmi sulle scale, dando il via ad una epica lotta con i cuscini.

Il pomeriggio passò lento.
Il mio chiodo fisso era Bella. Sempre lei.
“EDWARD!”. Jasper aveva urlato il mio nome così forte, che caddi dal divano. “Ma si può sapere dove hai la testa oggi?”.
“Eh? Nulla è che sai … sto pensando a Bella”.
“Ma no, genio! Non me n’ero accorto! Smettila di pensare a lei, chiaro? Ah e poi …”.
“Poi?”.
Mi voltai verso di lui e mi accorsi che stava leggendo un messaggio. Sicuramente mia sorella Alice si era fatta viva.
“Leggi qua”.
“Ciao Jazzino! Io e Bella abbiamo bisogno di una serata tra donne. Perché tu e quello scimmione idiota che mi ritrovo per fratello non fate lo stesso? Sono sicura che troverete qualcosa da fare. Un bacione, ti amo”.
Alzai lo sguardo verso di lui e iniziai a ridere.
“Hahahahah … Tralasciando il fatto che mi ha definito ‘scimmione idiota’. Davvero lasci che mia sorella ti chiami ‘Jazzino’?”.
Non riuscivo più a smettere di ridere, tanto che fui costretto a piegarmi in due sul divano. Jasper, però, non era del mio stesso parere, perché mi fulminò con lo sguardo. “Sai Edward, a pensarci bene … vai da Bella, così riderò io”, rispose piccato.
“Scusa Jazz è che … Oddio! Avevo pensato a tutti i soprannomi possibili, ma non questo. Chiedo venia!”.
“D’accordo … d’accordo. Continuiamo a giocare, così poi dopo ci ordiniamo una pizza e poi andiamo a dormire, visto che tu domani devi assolutamente far pace con Bella, chiaro?”.
“Trasparente. Ma perché desideri che io faccia pace subito con Bella? Sai … curiosità!”.
“Perché dopo Alice mi torturerà con qualcuno dei suoi piano diabolici e io voglio vivere tranquillamente”.
“D’accordo”.


Pov Bella

“Su Bella … smettila di prendere a pugni il cuscino”.
“E cosa dovrei prendere a pugni, scusa?”.
“Mio fratello. Semplice!”.
“Divertente Alice, davvero divertente”.
“Uffa … guarda che io dicevo sul serio. Mio fratello meriterebbe proprio una bella lezione e se non gliela dai tu, lo farò io. A volte mi chiedo cosa gli passi per la testa a quell’idiota”.
Mi voltai verso di lei e la fulminai con lo sguardo.
“D’accordo … d’accordo! La smetto!”, disse alzando le mani in segno di resa.
Bene … messaggio ricevuto.
Dopo cinque minuti di silenzio, ricominciò a parlare. Proprio non riusciva a stare zitta!
“Che ne dici di mangiare qualcosa? Sono almeno tre ore che siamo chiuse qui dentro ed io inizio a sentire un certo languorino allo stomaco e tu non fai altro che camminare avanti e indietro per la stanza. Prima o poi farai il solco sul pavimento ed io mi sono scocciata di guardarti. Inizia a girarmi la testa”. “Uhm … d’accordo! Perché no? La signora Bolton deve aver lasciato qualcosa, va a vedere. Tanto conosci questa casa meglio di me”.
Dopo che Alice fu uscita, ripresi la lettera tra le mani e cominciai a rileggerla. Sapevo che leggendola avrei continuato a farmi del male, ma era più forte di me. Non riuscivo ancora a credere che Edward non mi avesse detto nulla.
Una parte di me sa che l’ha fatto per proteggermi, ma l’altra, si sente tradita e ferita.
Non so a chi dare ascolto.

Ho bisogno di confessarti qualcosa che non riesco a dirti.
Mi fa male sapere che lui ti tradisca in questo modo.
So che ti fidi di lui … che lo ami, ma come faccio a dirti ciò che ho visto, guardandoti negli occhi?
È questo il motivo per cui ti sto scrivendo questa lettera, anche se non so se avrò mai il coraggio di spedirla.
Non pensare che lo faccia perché mi piaci. Lo faccio perché sono mesi che ho questo segreto con te e non riesco più a tenerlo per me.
Ricordo ancora il giorno in cui mi hai chiamato e mi hai detto che avevi un ragazzo.
Potevo vedere i tuoi occhi brillare anche attraverso una videocamera.
Eri così felice.
Poi penso a te e penso al modo in cui lui ti sta trattando e penso che non è giusto.
Come può comportarsi così con una persona dolce come te?
Non credere che lo sappia da molto, però.
L’ho scoperto qualche mese fa, per caso.
Ricordi che io e Christian ti abbiamo fatto una sorpresa per il compleanno?
Beh … il giorno che uscimmo per comprare le decorazioni per la festa del tuo compleanno, lo vidi.
Tu eri con me, ma per puro caso, quando ti voltasti nella loro direzione, erano già scomparsi.
Mi sentii male al solo pensiero di come avresti potuto reagire alla loro vista.
Quando non ti accorgesti di lui e quella ragazza dai capelli rossi, tirai un sospiro di sollievo.
La sera del tuo compleanno l’affrontai e gli dissi quello che avevo visto e lui non negò. Mi disse che avrebbe messo le cose in chiaro con te, e invece … invece non lo fece.
La cosa che più mi fa rabbia è che io mi sto rendendo complice di questa bugia e non mi piace mentirti.
Tu non lo meriti.
Spero che capirai le mie buone intenzioni e mi perdonerai,
Edward.

“Bella … hey amica!”. Alice poggiò il vassoio con le cose da mangiare sulla scrivania e venne ad abbracciarmi. “Perché stai piangendo ora?”, disse asciugandomi le guance.
“Perché mi sono resa conto di aver reagito in modo sbagliato. Non sarei dovuta andarmene così. Avrei dovuto risolvere tutto in quel momento. Molto probabilmente Edward adesso non vorrà più stare con me, soprattutto dopo quello che gli ho detto”.
“Vieni … sediamoci sul letto”. Ci sedemmo e lei riprese a parlare. “Io non penso. Vuoi sapere perché? Siete entrambi stressati. Insomma … dovevate sfogare la rabbia che avete accumulato per il casino che è successo questa settimana e quella lettera è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non fartene una colpa. Se proprio vuoi saperlo, la colpa è … di entrambi. Vi siete urlati dietro, vi siete detti cose orribili, ma sono convinta che farete pace. È vero … Edward ti ha detto che è stato un errore e che era finita, ma sono sicura che non lo pensi. E sai perché? Perché … per quanto idiota e stupido possa essere mio fratello, sono sicura al cento per cento che ti ama. Ti ha aspettato per due anni, davvero credi che manderebbe tutte all’aria per una stupida discussione?”.
“Io lo so che è colpa di entrambi, però … se non avessi preso quel libro, tutto questo non sarebbe successo ed io vivrei ancora nell’ignoranza”.
“Ignoranza di cosa, Bella? Dimmi la verità … provi ancora qualcosa per Manu?”.
“No … è solo che non riesco a credere che lui mi abbia tradita e molto probabilmente non solo con quella ragazza. Ormai la storia con lui è morta e sepolta. Ci sarà un motivo se l’ho lasciato io, no? Me la sono presa con Edward che non c’entra niente. Volevo solo andare via per evitare che pensasse che avessi dei ripensamenti su noi, dopo quello che avevo scoperto, capisci?”.
“Capisco tesoro. Insomma … tu non volevi che, vedendo le tue lacrime, pensasse che pensi ancora al tuo ex, giusto?”. Annuii. “Beh allora … quando domani farete pace, diglielo. Vedrai che capirà. Passata la crisi?”.
Asciugandomi gli occhi, le sorrisi. “Sì … sì”.
“Allora che ne dici se facciamo una serata tra ragazze? È da tanto che non stiamo insieme solo io e te, senza i nostri boys”.
“Dico che è perfetto. Film romantico, popcorn e patatine. Proprio quello che mi ci vuole”.
“D’accordo allora prima ceniamo e poi andiamo alla ricerca del film. Sai che Christian ha una stanza piena di libri e dvd?”.
“Certo che lo so. Chi vuoi che gli abbia detto i titoli di tutti quei film?”.


NOTE DELL'AUTRICE: La citazione dei Chicago White Sox non è casuale. Mi sono informata. Il campionato di baseball statunitense è la Major League Baseball, divisa in due leghe, l'American League e la National League. Attualmente i Seattle Mariners fanno parte dell'American League e per non scrivere stronzate, ho cercato una squadra della East Coast che giocasse nella stessa lega, appunto i Chicago White Sox. Da quello che ho capito, però, non si sfidano solo le squadre che fanno parte della stessa lega, ma si sfidano anche con le squadre dell'altra lega. Inoltre, ogni lega ha tre categorie, West, Central e East e ognuna di queste categorie comprende cinque squadre. Naturalmente, le squadre della east coast fanno parte della categoria east e così via.

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e (forse) a sabato prossimo. Come ho già detto ieri, non so se il prossimo sabato potrò pubblicare e quindi ho deciso di pubblicare ieri e oggi, per non lasciarvi in sospeso troppo a lungo.

Un bacio e alla prossima, Ally!

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Capitolo 16
*** Chapter 16 ***


Buona domenica a tutti.

Come vi aveva detto la scorsa settimana, ieri non sono riuscita ad aggiornare, ma sono riuscita a trovare un pò di tempo tra un capitolo di citologia e l'altro per pubblicare il nuovo capitolo della storia.

Non avendo altro da dire .... vi lascio alla sua lettura.

Spero che vi piaccia e che recensiate. Ah, se trovate qualche errore di battitura comunicatemelo, provvederò a correggere.

Ally!

Capitolo 16: Pace fatta

Pov Bella

Il giorno dopo mi svegliai stanca ma sorridente.
Le ore piccole con Alice si facevano sentire, ma ne era valsa la pena. Mi sono mancati i momenti con lei.
Cercai di alzarmi dal letto, ma qualcosa me lo impedì.
Alzai la testa e mi accorsi che Alice era praticamente attaccata a me, stile cozza.
‘Pensa Bella, pensa. Cosa faresti se ti trovassi in una situazione del genere?’.
I miei occhi si illuminarono. ‘Trovato!’.
Presi il braccio di Alice e, molto lentamente, lo alzai. Sempre lentamente, spostai prima le gambe e poi cercai di alzare il busto, cosa che non mi riuscì, perché la voce di Alice mi spaventò talmente tanto, che caddi sul pavimento.
“Bella? Stai bene?”, disse Alice affacciandosi per vedere le mie condizioni.
“Cavoli Alice! Ma quanto ce l’hai leggero il sonno? Mi stavo alzando per andare a fare colazione!”, dissi massaggiandomi il sedere.
“Molto leggero. Scusa s – se ti ho spaventata … Hahahahah”, disse iniziando a ridere.
“Smettila di prendermi in giro. Mi fa male il sedere”, dissi massaggiandomi la parte dolorante. “D’accordo … d’accordo. Ti do una mano. Su andiamo a fare colazione”.
Dopo esserci alzate e ricomposte andammo in cucina, dove trovammo Christian, Emmett, Jo, Rose e il mio piccolo cucciolo, Thomas.
“Tia Ali, tia Bella!”. Tommy ci corse incontro attaccandosi alle nostre gambe. Entrambe ci abbassammo per salutarlo e poi Alice, dopo averlo preso in braccio, si avvicinò al tavolo.
“Buon giorno! E io che pensavo che quel rumore significasse che tu e mio fratello ci stavate dando dentro”, disse il sempre simpatico Emmett.
A quelle parole Christian tossì. “D – dando dentro? La mia piccola non fa queste cose”, annuii Christian convinto.
“Caschi male Emm, mi dispiace. Edward è a Forks con Jasper. Ieri abbiamo fatto una serata tra ragazze e loro, tra ragazzi. E Christian … davvero credi che Bella sia ancora come zia Renee l’ha fatta?”, Alice rimproverò suo fratello e mio cugino, guardandoli in cagnesco.
“No, non lo credo. Però … un conto è pensarlo, un conto è averne la certezza”.
“Ma allora cos’era quel rumore?”, intervenne interessata Rosalie.
“Ehm … ecco … Bella era caduta dal letto”, disse Alice iniziando di nuovo a ridere, seguita, poi, da tutti gli altri.
“Sono caduta perché Alice mi ha spaventata a morte. Non sono così sbadata”.
Christian venne ad abbracciarmi, continuando, però, a prendermi in giro. “Ci crediamo tesoro, ci crediamo. Ah dimenticavo! Poco fa ti sono arrivati dei fiori. Li manda Edward. C’è qualcosa che dovrei sapere?”.
A quelle parole mi s’illuminarono gli occhi. “Davvero? Dove sono? Oh nulla. Ieri pomeriggio abbiamo avuto una piccola discussione, riguardo quella cosa di cui ti ho parlato tempo fa”.
“Oh bene … anzi, male! Tutto risolto?”.
Feci per rispondere, ma intervenne Alice. “Si spera”.
Poi tutti in coro: “Ma state sempre a litigare voi due?”.
“Oh … lasciatemi in pace. Faremo pace, tranquilli. Adesso vado a vedere i miei fiori”.
Andai in salotto e quello che vidi mi lasciò senza parole.
Un mazzo di rose bellissime!
Mi avvicinai e presi tra le mani il biglietto che mi aveva mandato.
“Perdonami. Non volevo dire quello che ho detto. Dammi la possibilità di spiegarmi. Dammi un’altra possibilità per amarti”.
Sospirai, stringendo il biglietto al petto. ‘Che dolce che è il mio amore’.
Dopo averli rimirati per bene, mi diressi nella mia stanza, con aria ancora sognante, dove trovai Alice intenta a scavare nel mio armadio.
Restai a guardarla per un po’, aspettando che si accorgesse di me, ma non lo fece, così parlai. “Si può sapere cosa stai facendo?”.
Sobbalzò. “Nulla. Sto … sto cercando qualcosa da mettermi, ecco”, si illuminò per aver trovato una scusa.
“Faccio finta di crederci?”.
Al mio sguardo indagatore e alla mia posa da generale, che lei stessa mi aveva insegnato, alzò le mani in segno di resa.
“Uffa … che palle che sei, Bella! Oltre a cercare qualcosa per me, stavo cercando anche qualcosa per te”.
“Per me? E per quale motivo?”.
“Semplice … devi farti bella per mio fratello. Dovete fare pace come si deve”.
“Oh Alice … faremo pace come si deve anche senza tutti questi accessori”, dissi indicando le cose che mi aveva scelto. Non ricordavo neanche io di avere quel top così scollato e quella gonna così corta, insieme a bracciali, collane e roba varia.
‘Questo non è decisamente il mio genere!’.
“Non credi di aver esagerato un po’? Sai che mi so vestire? E sai che a Edward è sempre piaciuto il mio stile? E sai che non gli farà piacere vedermi vestita in questo modo? Vuoi farlo arrabbiare ancora di più?”. Gli posi tutte quelle domande sapendo quanto questo l’avrebbe fatta innervosire.
E infatti …
“Bella … ti prego smettila con tutte queste domande. Mi stai dando su i nervi. Forse ho esagerato un po’, quindi fammi vedere di cosa sei capace MisshoesageratocongliaccessoriSwan”.
Sorrisi e mi avvicinai all’armadio. Presi i vestiti che volevo indossare e glieli mostrai.
“Beh … devo dire che hai ragione. Farai colpo anche così”.
“Vedi Alice … io non ho bisogno di fare colpo. Ho già … fatto colpo”.
“Hahahahah … oddio Bella! Sei sicura di essere la mia timida migliore amica? Perché da quando stai con mio fratello, io non ti riconosco più. Sei ancora più bella e sexy di prima”.
“In effetti … neanche io mi riconosco. Però … so che voglio essere al top per lui. Boh … forse sarà l’amore”.
“Sarà … ma qua, secondo me, tu hai finalmente capito che sei bellissima e quindi devi assolutamente vestirti bene. Primo, per far venire un colpo a mio fratello e per farlo ingelosire e secondo, per farti sbavare dietro da tutto il mondo maschile … Hahahahah!!!”.
Con lei risi anch’io.
In fondo, però, un po’ di verità c’è. Dalla scorsa settimana ho capito tante cose. La più importante di tutte è quella di valorizzarsi. Non che prima non lo facessi, ma ora, mi piace attirare gli sguardi degli altri maschi e vedere Edward infuriarsi per questo.

Dopo esserci lavate, vestite, truccate e … insomma aver fatto cose da femmine, prendemmo l’auto e ci dirigemmo verso Forks.
Dio! Sono così agitata.
Che io ricordi, non sono mai stata tanto preoccupata per una discussione.
“Eccoci arrivati Bells. Allora siamo d’accordo. Entriamo ed io porto via Jazz, così potrete parlare tranquillamente. Oggi è lunedì, quindi i miei genitori sono al lavoro, e di conseguenza sarete di nuovo soli. Mi raccomando, non litigate di nuovo. Oh … sta tranquilla, si sistemerà tutto. Lo so”.
Feci un respiro profondo e poi scesi dall’auto.
Prima che Alice mettesse le chiavi nella toppa, la porta si aprì. Edward e Jasper stavano per uscire e quando si accorsero di noi rimasero a bocca aperta.
“Ciao fratellone … ciao Jazzino. Mi sei mancato tanto”.
Mamma che imbarazzo!
Edward era rimasto impalato sulla porta a guardarmi e non accennava a fare una mossa.
Alice corse ad abbracciare il suo Jasper e li sentii bisbigliare tra loro.
Entrammo in casa e un silenzio imbarazzante si diffuse. Non avevo il coraggio di guardare nella sua direzione e lo stesso sembrava succedere a lui.
“D’accordo allora noi andiamo … mi raccomando! Comportatevi bene!”.
Jasper rise in risposta alle parole della sua ragazza e poi la tirò verso la porta.
Non riuscendo più a sopportare quel silenzio imbarazzante, decisi di dire qualcosa. “Stavate uscendo?”. Edward restò per un po’ in silenzio, probabilmente valutando se dirmi la verità o meno, poi optò per la verità. “Stavamo andando a casa di Christian. Volevo parlare con te, ma a quanto pare mi hai preceduto”.
Annuii.
‘Perché deve essere tutto così imbarazzante?’.
Siamo entrambi in piedi, uno di fronte all’altra, così vicini eppure così lontani. Non c’è mai stata tutta questa freddezza tra noi.
“Grazie per i fiori, sono … magnifici”.
Edward stava iniziando a rilassarsi. “Sono contento che ti siano piaciuti”.
Annuii.
Non sapevo cos’altro dire.
La distanza che c’era tra noi non mi piaceva. Mi rendeva insicura.
“Senti Edward … mi dispiace. Io non volevo tenertelo nascosto. Ho pensato di dirtelo tante volte, ma, a volte, eri così distante da me, che avevo paura di distruggere la nostra amicizia. È vero … quella scoperta mi ha fatto capire tante cose, cosa più importante che tengo a te. Ci tengo! Non solo come amico. È vero … dopo ho mollato Manu, ma le cose non funzionavano più tra noi. Lui si era allontanato da me e io da lui”.
A quelle parole si avvicinò a me.
Mi strinse tra le sue braccia e in quel momento mi sentii tremendamente bene. “Perdonami, ti prego. Sono stato uno stupido. Prima che ci mettessimo insieme volevo dirtelo, ma poi la parte stupida di me mi ha fermato, perché credevo che … che poi saresti tornata da lui e io non l’avrei mai sopportato. Quando hai detto che volevi andare via, mi sono sentito tradito. Ho pensato a così tante cose. Tutte brutte”.
Gli sorrisi, spostandogli una ciocca ribelle di capelli dagli occhi. “Anch’io mi sono sentita tradita. Una parte di me pensa ancora che debba farti penare. Non riesce a credere che tu mi abbia tenuto nascosto qualcosa del genere, ma l’altra, quella innamorata, mi dice di dimenticare e continuare ad amarti, come ho fatto fino ad ora e voglio farlo. Però …”.
“Però?”.
“Però … entrambi abbiamo tradito la fiducia dell’altro. Sarà difficile”.
Mi strinse a se ancora più forte di prima. “Ma non sarà di certo impossibile”.
Sorrisi sul suo petto. “No, non lo sarà”.
Andò a sedersi sul divano e mi trascinò con se.
“Mi spieghi perché sei andata via in quel modo?”.
“Perché ero confusa. Volente o nolente, quella scoperta ha confermato i dubbi che avevo quando l’ho lasciato e saperlo ha fatto male”.
Volevo terminare la mia spiegazione, ma lui m’interruppe. “C – Confusa? Come ha fatto male? Provi ancora qualcosa per lui?”.
Si allontanò da me e abbassò lo sguardo.
“No Edward, fammi finire. Mi ha fatto male sapere che quando stavamo insieme, mentre io ero a casa a studiare o in palestra, lui fosse con qualcuno che non fossi io. Mi ha fatto male, perché ha confermato i dubbi che avevo. Mi ha fatto male perché i miei amici italiani mi hanno fatto sentire in colpa perché stavo con te e molto probabilmente alcuni di loro sapevano che lui frequentava qualcun altro. Ero confusa, è vero, ma sono andata via solo perché non volevo che tu pensassi che lo amo ancora. Alice ed io ne abbiamo parlato. Me la sono presa con te, anche se in fondo al cuore sapevo che tu volevi solo proteggermi, quando invece era il mio cuore a essere arrabbiato con lui per avermi fatto questo. Capisci? Non dubitare nemmeno per un momento che io non ti ami. Io amo te, solo te. Ho sempre amato te, adesso lo so”, gli accarezzai una guancia e lui si rilassò al mio tocco, poi sorrise. “Credimi”.
“Ti credo … ma ti perdono solo se tu perdoni me. Non volevo dire quello che ho detto. Tu non sei come le altre. Tu sei tu e basta e sei cento … mille volte migliore di loro. Questa storia non è un errore per me, non lo sarà mai. Ti ho aspettata tanto”.
“Lo sai che sei sempre perdonato, vero?”.
“Lo so, ma sai … ho sempre paura che tu mi lasci. Non potrei mai sopportarlo. Smetterei di vivere, come ho fatto in questi due anni”.
“Non ti lascerò Edward. Non lo farò mai”.
Si sporse per baciarmi ed io lo lasciai fare. Le sue labbra mi erano mancate.
“Pace fatta?”.
“Sì piccola, pace fatta”.
Sorridendo sulle mie labbra mi prese in braccio e mi portò nella sua stanza. Quella stessa stanza in cui ci eravamo amati per la prima volta, in cui ci eravamo urlati contro e in cui quel lunedì di agosto, ci amammo di nuovo.
Facemmo l’amore con calma. Facemmo l’amore con … amore. Sì, quella è la parola giusta. Perché noi ci amavano e ci saremmo amati sempre.
Certo, ci sarebbero stati giorni in cui avremmo litigato … in cui ci saremmo urlati contro … in cui ci saremmo detti “Ti odio, è finita”. Altri in cui avremmo riso, forse anche pianto, ma ci saremmo amati, sempre, esattamente come adesso.
Avremmo trovato sempre un modo per fare pace. Perché chi ama davvero … perdona, dimentica e continua ad amare.

“Amore … che ne dici di uscire un po’?”.
“Mmm …”. Mugugnai qualcosa.
Rise. “Allora? Di la verità … ti ho sfinita talmente tanto che non riesci a dire altro”.
Gli tirai uno schiaffo sul braccio. “Smettila scemo! Dove vuoi andare?”.
“Ahia! Ma quanto sei manesca! Non so, magari potremo fare una passeggiata e poi comprare un gelato, che ne dici? Ho voglia di uscire con te, solo con te. È da tanto che non lo facciamo e poi potremmo sai … se incontrassimo i paparazzi, potremmo confermare che stiamo ancora insieme, così smetteranno di pubblicare articoli su me e qualcuno che non sei tu”.
Sorrisi e lo baciai.
“Certo, andiamo a marcare il territorio, Eddy”.
Rise. “Al mio tre ci alziamo da questo letto. 1 … 2 … 3!”.
Ci alzammo contemporaneamente, continuando a ridere.
Quando indossai i jeans, ritrovai la lettera nella tasca e glie la passai, ricordando la mia intenzione di restituirgliela. Quando Edward la vide, scosse la testa. “Io non la voglio. La lettera era per te. Tienila tu”.
“Ma io non la voglio. Mi ricorderà cose che non voglio ricordare”.
Edward mi scrutò attentamente, la prese dalle mie mani e si illuminò. “D’accordo, allora distruggiamola”. Dopo averla fatta in mille pezzi e aver sistemato tutto, uscimmo.
Andammo alla nostra gelateria preferita.
Il proprietario, Joe, un simpatico signore cinquantenne, ci salutò con calore. Ci conosceva da quando eravamo dei bambini e in più, suo figlio Mark andava al liceo con Edward e Jasper. “Edward, Bella … che piacere vedervi. Come va?”.
“Tutto bene, grazie. Vorremmo un gelato”.
“Il solito?”. Edward annuì. “Ecco a voi … gelato cioccolato e nocciola per Bella e menta e cioccolato per Edward”.
Dopo averne mangiato un po’, esclamai soddisfatta: “Grazie Joe è fantastico, come sempre!”.
Edward, che nel frattempo era andato alla cassa a pagare, tornò con ancora in mano i soldi. Lo guardai confusa e lui si strinse nelle spalle, girandosi a guardare Joe.
“Oggi offre la casa, ragazzi. Sono contento che stiate ancora insieme, dopo quello che è successo in questi giorni. Vi conosco da quand’eravate bambini e siete sempre stati così uniti, sono stato molto in pena per voi”.
Sorrisi al pensiero di Joe, preoccupato per noi.
Edward rispose per entrambi. “In realtà non ci siamo mai lasciati. Era tutta una bufala, Joe. A dirti la verità, abbiamo avuto una piccola discussione, ma questa storia non ci ha divisi”.
“Oh sono contento che siate rimasti uniti. Sono contento per voi. Ci vediamo, d’accordo? Fatevi vedere più spesso”.
“Contaci, Joe! Il tuo è il gelato più buono al mondo. In questi anni che ho vissuto in Italia mi è mancato”.
Edward mi prese per mano e uscimmo dalla gelateria. Come sempre, i paparazzi, saputa la notizia ci assediarono e iniziarono a porgerci le loro solite e stupide domande.
Sbuffai e mi strinsi a Edward.
Arrivati in macchina, sospirai di sollievo.
“Giuro che non li sopporto più! Sto per perdere la pazienza. ‘Bella lo hai perdonato? Edward è vero che l’hai tradita? Che ne è della ragazza bionda?’. Che cazzo gliene frega a loro se ti ho perdonato o meno? Li odio!”, urlai esasperata.
Edward rise alla vista del mio broncio. “Su calmati, piccola. Lo fanno per farci innervosire. Non preoccuparti di loro. Presto ci lasceranno in pace”.
Si avvicinò per baciarmi.
“Se lo dici tu”.
“Mmm … lo dico e se pure non lo faranno, pazienza. Noi saremo più forti di loro”, mormorò. “Su … adesso torniamo a casa, perché …”.
“Perché?”, lo guardai curiosa.
“Perché ho una cosa da fare con te”, mi disse con il suo solito sorriso.
Iniziai a lamentarmi. “Davvero? Cosa?”.
Lui iniziò a ridere. “Secondo te?”. Ammiccò nella mia direzione e non riuscii a non arrossire.
Perché riusciva sempre a mettermi in imbarazzo?
Dopo un po’ di tempo mi accorsi che non eravamo diretti a casa sua ma a Seattle, direzione Queen Ann Hill, quartiere in cui vive Christian.
Casa mia.
“Che ci facciamo qui?”.
“Non preoccuparti. Devo solo prendere una cosa che mi ha preparato la signora Bolton”.
“E cosa ti avrebbe preparato la signora Bolton?”.
Lui sbuffò. “Uffa … smettila con tutte queste domande e goditi questa sorpresa”.
“Ma io non sapevo che fosse una sorpresa. Pensavo stessimo andando a casa”.
“Beh … tecnicamente questa è casa tua, quindi …”. Rise.
Gli diedi una spinta per farlo scendere dalla macchina. “Uffa … d’accordo! Prendi quello che devi prendere e andiamo. Su su … scendi dalla macchina!”.
Lui mi sorrise e mi baciò. “Sei incredibile! Devo trovare il modo per farti amare le sorprese, perché non smetterò mai di sorprenderti. A tra poco!”.
Scese dall’auto e scomparve nel cancello della villa di Christian.
Quando fece ritorno, aveva un cestino da picnic in mano e il plaid scozzese che da bambini usavamo per giocare.
“Amore ma … dove dobbiamo andare? E a cosa di ci serve il cestino da picnic?”.
“Oggi faremo trekking!”, disse allegramente.
“Edward … uffa! Trekking? Non ho voglia di fare trekking!”, mi lamentai come una bambina.
“Io sì. Hai anche le scarpe da ginnastica e se ti stanchi ti porto io, come sempre. Sarà divertente, vedrai. Il posto in cui andremo è bellissimo e sicuro. Lì nessuno ci disturberà. Fidati”.
Mise in moto e prese la mia mano tra la sua e la strinse sul cambio. “D’accordo … trekking sia! Ma poi voglio una ricompensa!”.
Gli sorrisi.
“Tutto quello che vuoi amore, tutto”.
“Guarda che ci conto”.

Il viaggio verso la nostra meta sconosciuta (sconosciuta solo per me) durò mezz’ora circa.
Nonostante fossi un po’ arrabbiata con lui perché non voleva dirmi la nostra destinazione, finalmente, dopo due giorni iniziai a rilassarmi, complice anche il panorama mozzafiato.
Pian piano il mio broncio scomparve, lasciando il posto al sorriso che illuminava il mio volto da quando stavo con Edward.
Nonostante la mia felicità ritrovata, pensai a come far capire a Edward e al resto della mia famiglia che io odiavo le sorprese.
Iniziai a pensare che più avrei mostrato odio e più loro me ne avrebbero fatte.
Che poi nemmeno ricordo quando ho iniziato a odiarle.
Quando ero piccola, le adoravo.
Ci pensai su.
‘Ricordi quando vi trasferiste in Italia? Il giorno del tuo quinto compleanno Edward doveva farti una sorpresa, ma non poté venire. Tutti ti dissero che avevano una sorpresa per te e tu riuscisti a scoprire che sarebbe venuto lui, ma poi non arrivò’.
Ringraziai mentalmente la mia vocina per avermelo ricordato e mi voltai a guardare il mio ragazzo che canticchiava tra se una canzone dei Muse, il suo gruppo preferito.
Sentendosi osservato, mi lanciò uno sguardo e mi sorrise.
“Che c’è? Perché mi guardi in quel modo?”.
Ricambiai il suo sorriso e scrollai le spalle. “Nulla … pensavo a quando ho iniziato a odiare le sorprese e come sempre è colpa tua”.
“Colpa mia? Che ho fatto stavolta?”.
“Ricordi quando eravamo piccoli?”. Lui annuì. “Per il mio quinto compleanno avevamo organizzato una festa e tutti mi dissero di avere una sorpresa per me. Pochi giorni prima erano arrivati Christian e i suoi genitori ed io pensai che fosse quella, ma mi dissero che ne avrei trovata un’altra la mattina del mio compleanno. Così non fu, perché quella mattina non venne nessuno. La sorpresa eri tu”.
Chiusi gli occhi ricordando quel giorno.

Italia, Volterra, 13 settembre 2000
“Mamma … papà! Dov’è la mia sorpresa? Tanto io so già che cos’è! Vi ho sentiti parlare l’altra volta”. Oggi è il giorno del mio compleanno.
Qualche giorno fa, per la mia festa, è arrivato mio cugino Christian che ha dieci anni.
Mi è mancato tanto.
La mia mamma e il mio papà mi hanno detto che avrò un’altra sorpresa oggi, ma loro non sanno che io ho già scoperto chi arriva.
Finalmente rivedrò Edward e Alice. I miei migliori amici.
Corsi in cucina, dove mamma e papà stavano facendo colazione.
Nonostante fossi grande, papà mi prese in braccio e mi fece gli auguri. “Buon compleanno Bells”.
“Allora papi? La mia sorpresa? Sono già arrivati? So già che arriveranno zia Esme e zio Carl con Edward, Emmett e Alice. Dove sono? Li avete nascosti?”.
Vidi gli occhi di mio padre intristirsi. “No tesoro, purtroppo non sono riusciti a venire. Hanno avuto un problema. Però ti prometto che a Natale andremo a Forks e tu potrai stare con loro. D’accordo?”. “Non promettere papi. Sei cattivo! Io … io voglio stare ora con loro. Ho sempre festeggiato con Edward. Lui mi aiutava a spegnere le candeline. Adesso chi lo farà?”.
Corsi nella mia stanza, ripensando alla promessa che Eddy mi aveva fatto.
‘Edward … dove sei? Avevi promesso che se ti avessi pensato saresti venuto subito da me. Non mi vuoi più bene? Avevo ragione io. Siamo troppo lontani e tu ti sei dimenticato di me’.
Dopo un po’ di tempo, arrivò Christian che mi abbracciò.
“Hey cuginetta che hai? Perché piangi? Nessuno dovrebbe piangere il giorno del suo compleanno”.
“Mi manca Edward. Lui aveva promesso, ma non ha mantenuto e io adesso sono arrabbiata con lui”. “Bells sai che manchi anche tu a lui? Me lo ha detto Emmett a scuola. Dice che Edward non vuole fare amicizia con le altre bambine perché dopo la sua fidanzatina si arrabbia”.
“Davvero?”.
“Sì. Lui ti vuole bene e se non è venuto è perché non ha potuto farlo. Prima che io venissi qui, Edward era così contento di prendere l’aereo e venire da te”.
“Ma resta il fatto che io non voglio più sorprese allora. Perché le sorprese sono brutte”.

“Davvero? Hai iniziato a odiarle per questo?”.
“Che posso farci. Tu sei sempre stato al centro dei miei pensieri e non vedevo l’ora di rivederti. Mi mancava il mio amico”.
Lui mi lasciò la mano e mi passò il braccio sulla spalla per stringermi a se.
“Anche a me mancavi tu, lo sai. Ricordo i capricci che feci perché Emmett non stava bene. Ero deciso a prendere l’aereo e venire da solo. Litigai anche con Emmett, dicendogli ‘Uffa fratellone … proprio ieri dovevi buttarti in una piscina di acqua ghiacciata? Io volevo andare da Bella. Uffa!’. Camminai due giorni per casa sbattendo tutto quello che mi capitava a tiro. Anche Alice era arrabbiata con lui. Emmett patì le pene dell’inferno in quei giorni. Non ti dico Alice cosa gli combinò”.
Risi. “Non lo sapevo. Non me lo avete mai raccontato. In quel momento riuscivo solo a pensare al fatto che tu non avevi mantenuto la promessa”.
Lui mi sorrise e aprì la portiera del suo lato. “Le altre però le ho mantenute. Non muoverti. Vengo ad aprirti la portiera”.
Aspettai che facesse il giro e poi scesi.
Dopo aver preso tutto l’occorrente ci incamminammo lungo il sentiero.
“Allora trekking?”, mi chiese.
“Sì trekking. Tanto se cado ci sei tu”.
“Sì, ci sono io. Ci sarò sempre io”.
Mi prese per mano e ci incamminammo verso la sua sorpresa.
Quel giorno superai la mia avversione per le sorprese.
Come? Semplice. Grazie a Edward.
Mi aveva portata al nostro prato magico e vedendo tutto quello che aveva preparato per me, per noi, capii che forse … da quel giorno avrei gradito qualche sorpresa in più.
Magari con il tempo sarei riuscita a non arrabbiarmi con Christian o Alice, ma fino ad allora ci sarebbe stata una sola eccezione. Avrei gradito solo quelle da parte di Edward.

 
Vestiti Bella
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Eccoci arrivati alla fine del capitolo.

Spero di non aver deluso le vostre aspettative.

Al prossimo sabato!

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Capitolo 17
*** Chapter 17 ***


Buon giorno a tutti e buon sabato!

Eccomi qui puntuale come un orologio svizzero con il nuovo capitolo della storia! In questo capitolo facciamo un salto nel tempo di tre settimane e vedremo cosa succederà alla festa. I capitoli riguardanti la festa saranno tre e questo è il primo.

Inoltre in questo capitolo succederà qualcosa che resterà sospeso e si scioglierà solo in uno dei capitoli finali della storia, a cui non manca molto.

Vi auguro una buona lettura e ringrazio tutti i lettori!

Capitolo 17: La festa

Pov Edward

Seattle, Casa Swan, Venerdì 12 settembre 2014
“Bella muoviti o faremo tardi. Quanto ci metti? Si può sapere cosa stai combinando? Allora?”, urlai, chiamando Bella dal salotto per l’ennesima volta. La mia ragazza stasera aveva deciso di fare tardi o di farmi saltare i nervi. “Andiamo amore, sai che per me sei bellissima. Cosa t’importa degli altri? E poi sono convinto che tutti s’innamorerebbero di te anche se indossassi qualcosa di orribile”.
Se mia sorella Alice mi sentisse, a quest’ora sarei già morto e il mio cadavere sarebbe stato trafugato.
Di solito quando usciamo, non ci mette molto a prepararsi. Cosa diavolo le è saltato in mente stasera?
La risposta è molto semplice: questa maledetta, anzi maledettissima festa.
Stasera andremo a un evento organizzato dai manager della mia squadra di baseball, per festeggiare la vittoria del campionato. Campionato che abbiamo vinto proprio grazie a quella partita che ci ha quasi fatti lasciare.
È un evento quasi da red carpet e Bella vuole a tutti i costi fare buona impressione su tutti.
Ero riuscito a farle cambiare idea su cosa indossare, ma quel vulcano di mia sorella le aveva detto che sarebbero stati presenti anche personaggi sportivi provenienti da tutto il mondo e anche qualche attore famoso, quindi … beh, il risultato era stato scontato.
Per giorni sono stato trascinato da lei e da quella maniaca di moda quale è mia sorella Alice in giro per negozi per cercare il vestito perfetto.
Una vera tortura!
Naturalmente anche Jazz era stato costretto a venire con noi, poiché erano tutti invitati.
Bella e Alice avevano comprato così tanti vestiti che avevo perso il conto.
Ringraziai il cielo che Christian e la mia famiglia fossero ricchi, altrimenti ci saremmo ritrovati senza il becco di un quattrino.
E meno male che Bella odia fare shopping. Non oso nemmeno immaginare se le fosse piaciuto cosa avrei dovuto sopportare.
Nonostante questo, alcune cose che ha comprato e che mi ha comprato, sono davvero meravigliose. Perché, ovviamente, io non sono stato libero di scegliere, non con la presenza del generale dell’esercito nazista Alice Cullen. Così Bella, sapendo quanto poco amassi i gusti eccentrici di mia sorella, si è offerta di scegliere i miei vestiti, cosa di cui sono molto felice.
È stato divertente passare del tempo con lei in quel modo. Mi è piaciuto girare con lei nel reparto maschile del negozio. Alla fine ne ho approfittato e ho fatto anche rifornimento di jeans, camice e maglie. È inutile dire che ha scelto tutto lei, ma lei conosce i miei gusti, sa cosa mi piace e cosa no, quindi sono stato più che contento di lasciarmi trattare come un manichino. La mia ragazza ha buon gusto, tanto che le ho lasciato campo libero, limitandomi solo a provare i vestiti che mi diceva di indossare.
‘Ah l’amour’, intervenne sarcastica la mia coscienza. Eh già … l’amor!
I vestiti che ha scelto per lei, invece … beh … ecco, forse faccio meglio a spiegarvi la mia reazione.
A ogni vestito che indossava, io restavo sempre imbambolato, tanto che alla fine dicevo sempre: “E’ perfetto amore, sei bellissima”.
Perché per me lo era davvero, lo sarebbe sempre stata, anche senza tutti quei lustrini. In risposta, lei mi sorrideva e alzava gli occhi al cielo, rientrando in camerino per provarne un altro.
Sperai con tutto me stesso che non avesse deciso di indossare quello con un lungo spacco sulla gamba sinistra, perché non so come avrei reagito. Ricordo ancora cosa ho provato quando l’ha indossato al negozio, o meglio cosa ha dato segno della sua presenza.
Mi sedei sul divano, sospirando.
‘Le donne!’.
Chi riesce a capirle, merita il premio Nobel per la psicologia.
Passano ore intere a prepararsi solo per conquistare un uomo che hanno già, o per spezzare i cuori di sconosciuti.
Mi voltai al rumore che le sue scarpe facevano sul pavimento, in tempo per vederla scendere le scale in tutto il suo splendore. La squadrai da capo a piedi e non riuscii a staccare gli occhi dai suoi.
La mia mascella rotolò sul pavimento.
Indossava proprio il vestito verde menta (che non volevo che indossasse davanti a quegli allupati dei miei compagni di squadra, ma lasciamo perdere) con un lungo spacco laterale e vertiginose scarpe col tacco color argento. I capelli stile anni ’50, portati tutti su un lato, creavano onde meravigliose. Il trucco semplice ma di effetto: labbra leggermente colorate da ombretto color ciliegia, così come gli zigomi e gli occhi che erano stati valorizzati solamente da una semplice matita nera e da ombretto color carne.
“Scusa amore, ma ero indecisa. Non sapevo se indossarlo o no, avevo paura che ti saresti arrabbiato”, sorrise davanti al mio sguardo.
Mi ripresi giusto in tempo per andare da lei.
“Amore … sei divina, meravigliosa, bellissima, non ho parole. Non riuscirei ad arrabbiarmi con te, Bella. Anche se questo spacco non mi rende felice”.
Le baciai la guancia.
“Volevo sorprenderti e a quanto pare ci sono riuscita”.
Le baciai la fronte.
“Hai fatto molto di più, amore. Stasera sei uno schianto e non ti lascerò neanche per un secondo. Chiunque proverà ad avvicinarsi a te dovrà prima passare sul mio cadavere. Farai strage di cuori”.
Le baciai le labbra.
“Sai che non occhi che per te, a me interessa solo il tuo cuore. Per me esisti solo tu”.
L’abbracciai inspirando il suo profumo. Sapeva di buono e di Bella.
“Lo so, ma non è di te che non mi fido. Che dici andiamo? Siamo in ritardo” e qua iniziò a ridere.
“Sei proprio convinto che sia tardi, vero? Amore … guarda che la festa inizia alle otto e mezzo e sono appena le otto”.
“Davvero? Credevo di aver letto sull’invito che fosse alle otto”.
“Sta tranquillo, adesso andiamo”.

C’erano proprio tutti: le personalità più importanti di Seattle e dintorni e anche qualche star famosa. Era la seconda volta di seguito che vincevamo il campionato e questo aveva fatto ricredere tutti i critici che ritenevano che la vittoria della scorsa stagione fosse stata solo fortuna, visto che fino a quel momento non avevamo mai vinto.
Io e Bella arrivammo con Christian e Jo.
Risultato? Totale delirio.
Era la nostra prima “vera” uscita dopo il mio presunto tradimento (manco dovessimo dare loro conto della nostra vita privata) e sentivamo urlare solamente i nostri nomi.
Nonostante fossimo stati fotografati più volte in atteggiamenti intimi (intimi ancora non ho capito per chi, visto che passeggiavamo tranquillamente mano nella mano), giravano ancora voci su una nostra rottura, ma a me non importava. Non dovevamo dimostrare nulla a nessuno, ma ero preoccupato che tutta quest’attenzione mediatica potesse dar fastidio a Bella. Glie ne avevo anche parlato, ma lei, come sempre, mi aveva risposto che non le importava.
Christian, invece, era abituato a tutto questo.
Prima del ritorno di Bella e dell’incontro con Josephine, Christian non era mai stato visto in giro con una ragazza e adesso le riviste pubblicavano di continuo sue foto in compagnia delle sue donne, come le avevano definite.
All’arrivo di Bella in città avevano addirittura messo in giro che lei fosse la sua amante.
Cose da pazzi!
Per questo Christian, durante un’intervista per il lancio di un nuovo gruppo, alla domanda inopportuna di un giornalista, aveva smentito tutto e chiarito le cose.
Guardai Christian, che mi sorrideva con compassione e negli occhi potevo leggere ‘benvenuto nel mio mondo’. Ormai anche la sua fidanzata era abituata e in un certo qual modo anch’io. Di solito rilasciavo un’intervista alla fine di ogni match e poi finiva lì, anche se i paparazzi mi seguivano quando andavo da qualche parte.
Quando fu il momento delle foto in cui saremmo dovuti essere solo io e Bella, il delirio ritornò.
Le urla dei fans della squadra e dei fotografi erano assordanti, non sarei mai voluto essere una star. ‘Spero che questo sia il primo e ultimo evento cui parteciperò’, pensai sorridendo all’obbiettivo.
“A cosa pensi amore?”, mi chiese Bella, mentre la stringevo a me per le foto.
“A quanto tutto questo sia assurdo. Meno male che ci sei tu altrimenti sarei già impazzito e penserei che sia un incubo. Tutte queste urla mi stanno facendo impazzire”.
Lei sorrise e mi posò un bacio sulla guancia, facendo aumentare le urla.
Finite le foto di rito, finalmente entrammo nella villa dove si sarebbe tenuto l’evento e iniziai a rilassarmi.
Lì non ci avrebbe disturbato più nessuno.


Pov Bella

O.M.G! Sono entrata in un universo parallelo o cosa?
Questo non è il mio mondo.
Urla, urla e ancora urla.
Come fa Christian a essere abituato a tutto questo?
Adesso capisco cosa provano gli attori.
La parte più divertente di tutto questo, è stata posare per le foto con Christian e poi con Edward.
A ogni nostro gesto, i suoi fans andavano letteralmente in delirio.
Quando poi gli ho dato un baciato sulla guancia, oh Dio … cosa non è successo.
I flash sono impazziti del tutto.
Era solo un bacio sulla guancia, cavoli!
Di solito facciamo molto peggio.
Meno male che Edward mi tiene sempre vicina, perché non so come comportarmi. Sono completamente frastornata.
Ho ricevuto numerosi complimenti, anche dalle persone più impensabili e ho visto Edward irrigidirsi ogni volta.
Ha paura che lo lasci, lo so, e non riesco a fargli cambiare idea.
È così cocciuto a volte.
Da quando, qualche settimana fa, c’è stato quel malinteso, Edward ha costantemente paura che lo lasci, perché a suo dire, non mi fido più di lui.
Quando finalmente ci sedemmo, tirò un sospiro di sollievo.
Lo guardai e sorrisi. “Cos’hai?”.
“Nulla, solo … tutti questi sguardi m’infastidiscono. Non mi va che ti guardino come un bocconcino d’assaggiare. Sono geloso! E poi anche tu, un vestito più coprente no?”.
‘Oh no!’. Il buon umore manifestato a casa è completamente sparito, e la colpa è mia.
“Amore”, gli presi la mano. “Avevi detto che il vestito ti piaceva. Mi sarebbe bastato un tuo no e sarei andata cambiarmi, ma tu non hai fatto altro che mangiarmi con gli occhi”, risi.
Evidentemente lui non era dell’umore, tanto che i suoi occhi mi fulminarono con lo sguardo e tolse la sua mano dalla mia, borbottando qualcosa d’incomprensibile.
“D’accordo, vado a farmi un giro. Alice mi accompagni?”.
“Certo Bells, andiamo. E voi due”, disse indicando Edward e Jasper con un dito, “al nostro ritorno non voglio vedervi con quei musi lunghi. Le cose belle vanno mostrate”, disse Alice beccandosi, a sua volta, un occhiataccia da Jazz.
Anche Jasper aveva reagito più o meno allo stesso modo alla vista del vestito di Alice, tanto che Emmett e Christian non facevano che prenderli in giro.

Dopo aver passeggiato per un po’, Alice tirò fuori l’argomento college.
“Bells … a breve cominceremo l’università e non potremmo più divertirci tanto, dovremmo sempre studiare, studiare, studiare. Come farò a stare una settimana intera senza di te?”.
“Alice, sai anche tu che IO studierò, mentre TU ti divertirai a disegnare abiti e quant’altro”.
“Uhm … beh sì, sarà più divertente ma mi mancherete tanto tu e mio fratello. Edward ti raggiungerà a Seattle e vi rivedrò solo per il fine settimana. Dì un po’, chi prenderò in giro tutto il tempo se il mio fratellone non c’è?”.
“Oh Alice, troverai sicuramente qualcun altro. Comunque … sono convinta che Jazz ti chiederà di trasferirti con lui a Seattle. In tutti i casi, sai che sarai la benvenuta. Se i programmi non cambiano, vivremo a casa di Christian. Poi sai anche tu che prendere in giro Edward è come sparare sulla croce rossa, ultimamente è troppo su di giri”.
“Hahahahah … Oddio! Sei grande Bella. Dammi il cinque! E poi, dici questo, ma è colpa tua se ha sempre la testa tra le nuvole”.
“Mmm … hai ragione!”.
C’eravamo avvicinate al bar per prendere qualcosa da bere, quando sentii qualcuno chiamarmi.
Quella voce aveva qualcosa di familiare e quando mi voltai, compresi il motivo.
“Bella … tesoro, come va?”, alzai un sopracciglio nel sentire il soprannome che mi aveva dato.
‘Tesoro? Chi si crede di essere?’.
“Bene. Si può sapere che cosa ci fai qui?”.
Alice accanto a me lo stava uccidendo con lo sguardo.
Emanuele sorrise e mi si avvicinò, prendendomi la mano.
“Lasciami. Che cosa vuoi da me?”.
“Sta calma! Voglio solo parlarti. Sei partita così in fretta, non mi hai neanche dato il tempo di salutarti”.
“Non m’interessano i tuoi saluti”.
Guardai Alice che comprese subito il mio sguardo.
“Bella, torno subito. Riesci a cavartela da sola?”.
“Certo Alice, va pure”.
Lui aspettò che Alice andasse via e poi iniziò a parlare.
“Adesso che siamo soli possiamo parlare. Perché sei andata via?”.
“A te cosa importa?”.
Continuava ad avvicinarsi ed io a indietreggiare.
“Non avvicinarti … s – stai lontano da me. Che ci fai qui?”, rise diabolicamente.
“Beh … quando ho saputo che eri partita, mi sono sentito in colpa. Ho pensato fosse a causa mia e poi, quando per caso ho sentito dire a Davide che stavi con lui, mi sono arrabbiato parecchio. Ricordavo che giocava in una squadra di baseball ed io avevo un amico che giocava nella squadra di baseball italiana che ha vinto il campionato, così sono venuto con lui a questa festa, avevo pensato che avrei potuto fare un salto da te. Sai che conosco l’indirizzo di tuo cugino? Quando poi ho saputo che la sua squadra ha vinto il campionato, sono stato così felice. Avevo un motivo in più per essere presente”.
“Q – quale?”.
Non riuscivo a riconoscerlo e questo mi spaventava. Era così diverso, soprattutto lo sguardo e il modo di parlare.
“Semplice … riprendermi te. Sono ancora innamorato di te. L’altra era solo un passatempo, lo è sempre stato e, ironia della sorte, l’ho capito solo quando ti ho vista arrivare con lui”.
“Io non … io no, non più! E’ finita, fattene una ragione. Sei stato tu a volere che finisse, hai fatto tutto da solo ed io ho solamente fatto ciò che avrei dovuto fare da molto tempo. So perfettamente che mi hai tradito quando stavamo insieme. Forse con più di una. Non negare”.
Si avvicinò ancora di più a me.
Le sue mani vagavano lungo il mio corpo.
Non riuscivo a muovermi.
Sarei voluta scappare … avrei voluto urlare e invece restavo immobile.
“No, lasciami … fermati, ti prego. Io non voglio”.
“Non negherò, tranquilla. Sappi, però, che a me non importa se tu vuoi o non vuoi, io con te posso fare tutto quello che voglio. Voglio proprio vedere la faccia del tuo Eddy dopo che gli dirò che abbiamo scopato. Ah … e questo mi ricorda una cosa. Te la sei fatta con lui per tutto il tempo che siamo stati insieme, vero? E pensare che nei due anni che siamo stati insieme, non mi abbia mai sfiorato l’idea che tu, proprio tu, potessi tradirmi. Scommetto che in tutti i viaggi, ti sei fatta scopare per bene da lui. Sembravi così dolce, così fedele, ma a quanto pare sei solo una puttana, e scommetto che è da molto che non sei più vergine come dicevi di essere”.
Dio santo! Che ipocrita!
“Io non sono come te. Non ho mai pensato neanche per un istante di stare con qualcuno che non fossi tu per tutto il tempo in cui siamo stati insieme”.
Il cuore sembrava voler uscire dal petto e quando azzerò la poca distanza rimasta, non riuscii a trattenere le lacrime.
“Quando partirò, tu verrai con me, che tu lo voglia o no. Non vuoi mica che Edward sappia tutto quello che è successo tra noi stasera, vero?”, mi chiese prima di bloccarmi il viso e provare a baciarmi. “No … smettila! Non ho segreti con Edward. Lasciami”.
Provò ad avvicinarsi per baciarmi, ma una voce fermò le sue intenzioni.


Pov Edward

Cosa cavolo mi è preso?
Non avrei dovuto lasciarla andare da sola.
Ho infranto la mia promessa.
Sono così geloso che non riesco proprio a divertirmi.
So che mi ama, ma non riesco a tollerare tutti quegli sguardi su di lei.
Sono fortunato ad averla accanto, ma vivo nel terrore che qualcuno la porti lontano da me.
Sospirai e guardai Jazz, seduto accanto a me.
Anche lui nella mia stessa situazione.
Le nostre ragazze stasera hanno deciso di fare strage di cuori e siamo noi a pagarne le conseguenze, ovviamente. Sanno che siamo gelosi e se ne fregano, letteralmente.
Non vedo l’ora che torni, così potrò scusarmi con lei e dirle che è bellissima … che mi sono comportato da stupido a causa della mia stupida e insensata paura di perderla.
Il volto di Alice comparve nella mia visuale e mi alzai per andare incontro al mio amore, solo per accorgermi che non era con lei.
“Dov’è Bella, Alice?”.
“Ecco … abbiamo un problema. Eddy … devi venire immediatamente con me. Per favore, sono un po’ preoccupata”.
La sua espressione mi preoccupò, ma la seguii lo stesso.
Qualcosa mi diceva che non era nulla di buono e, una volta arrivati, ne ebbi la conferma.
Mi bloccai.
Bella era sovrastata da un ragazzo che riconobbi subito.
“Adesso puoi andare Alice, me ne occupo io, sta tranquilla”, sussurrai a mia sorella che scomparve dove eravamo arrivati.
Bella mi sembrava impaurita.
Ascoltai cosa si stavano dicendo.
Ad un certo punto, annullò la poca distanza che li separava e provò a baciarla.
Bella non si mosse.
Mi si spezzò il cuore.
Abbassai lo sguardo, non volevo vedere.
Una lacrima sfuggì al mio controllo, ma prontamente l’asciugai.
Bella … che cosa mi hai fatto? Perché mi fai questo?
“No, lasciami … fermati, ti prego. Io non voglio”.
A quelle parole rialzai gli occhi e mi accorsi che tremava. Aveva paura e non riusciva a scappare perché lui le aveva bloccato ogni via d’uscita.
Mi accorsi che le sue mani vagavano lungo il suo corpo e Bella piangeva lacrime silenziose.
La vista delle sue mani sul suo corpo mi fece infuriare. Non avrebbe dovuto permettersi.
“Non negherò, tranquilla. Sappi, però, che a me non importa se tu vuoi o non vuoi, io con te posso fare tutto quello che voglio. Voglio proprio vedere la faccia del tuo Eddy dopo che gli dirò che abbiamo scopato. Ah … e questo mi ricorda una cosa. Te la sei fatta con lui per tutto il tempo che siamo stati insieme, vero? E pensare che nei due anni che siamo stati insieme, non mi abbia mai sfiorato l’idea che tu, proprio tu, potessi tradirmi. Scommetto che in tutti i viaggi, ti sei fatta scopare per bene da lui. Sembravi così dolce, così fedele, ma a quanto pare sei solo una puttana, e scommetto che è da molto che non sei più vergine come dicevi di essere”.
“Io non sono come te. Non ho mai pensato neanche per un istante di stare con qualcuno che non fossi tu per tutto il tempo in cui siamo stati insieme”.
Sorrisi mentalmente alla cazzata che quell’idiota aveva appena detto.
Quanto poco conosce Bella.
Lei non avrebbe mai fatto una cosa del genere, né a me, né a lui.
E poi, davvero pensa che io gli crederò?
‘Conosco Bella molto di più di te e mi fido di lei, idiota’, pensai. ‘Non riesco a capire come abbia fatto a stare per due anni con un tizio del genere’, continuai nei miei pensieri.
“Quando partirò tu verrai con me, che tu lo voglia o no. Non vuoi mica che Edward sappia tutto quello che è successo tra noi stasera, vero?”.
‘Non credo proprio’, pensai ironicamente. ‘Lei non verrà da nessuna parte con te’.
Le bloccò il mento con la mano e provò a baciarla.
“No … smettila! Non ho segreti con Edward. Lasciami”.
Si avvicinò ancora alle sue labbra.
Se non avessi fatto qualcosa subito, non me lo sarei mai perdonato.
“Hai sentito cos’ha detto? Lasciala o passerai un brutto quarto d’ora”, gli urlai.
Lo vidi immobilizzarsi e allontanare le sue manacce da lei.
Mi avvicinai a loro con le mani strette a pugno e lo sguardo furente.
“Non osare mai più toccarla, togli subito le tue manacce dal suo corpo, chiaro?”.
“Edward … io –”, provò a spiegare Bella, ma non le diedi tempo di parlare che ero già davanti a lei. L’abbracciai e lei si strinse a me.
“Hey piccola, sta tranquilla. Ho visto tutto, non ho bisogno di spiegazioni”.
“Come siamo romantici”.
Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo.
Iniziò a indietreggiare.
“Non azzardarti mai più ad avvicinarti a lei. Non è una tua proprietà. Non puoi gettarla via e poi riprenderla quando vuoi. È una persona e va rispettata e tu non l’hai mai fatto. LASCIALA IN PACE”, sibilai, “è l’ultima volta che te lo dico. La prossima volta potresti farti molto male”.
Se ne stava immobile e ci fissava con un sorriso da schiaffi.
I suoi occhi vagavano da me a Bella, alle nostre mani intrecciate e al modo in cui Bella si stringeva a me. Adesso che c’ero io, di Bella vedeva solo la sua testa, che spuntava dalla mia spalla.
Fece per avvicinarsi a noi, ma io scattai e Bella mi bloccò. “No, ti prego, no”, disse con occhi imploranti.
“Andiamo cos’è? Hai paura di farti male o di fare brutta figura davanti a lei? Hahahahah … guardalo!”.
A quel punto non ci vidi più e, scrollandomi Bella di dosso, gli diedi un pugno.
Me l’avrebbe pagata cara per tutto quello che Bella aveva passato per colpa sua.
Perché non riesce a lasciarla in pace?
“Io ti ammazzo, stronzo! Ti ammazzo!”, urlò lui per la rabbia.
Si avvicinò a passo di carica per darmi un pugno ma io mi spostai velocemente. Se non fossero arrivati due ragazzi, molto probabilmente sarebbe riuscito a colpirmi.
“Non finisce qui! Lei è mia e tornerà da me, costi quel che costi”.
Non diedi molto peso alle sue parole, troppo preoccupato a pensare ad altro.
Mi voltai verso Bella e mi accorsi che stava singhiozzando.
La presi tra le mie braccia e lei si strinse al mio petto, sfogandosi.
“Shh … amore, tranquilla. Va tutto bene, non è successo nulla. Sto bene … stai bene … stiamo bene”. Lei alzò il viso ed io con i pollici asciugai le sue lacrime. “Non è  niente, piccola. Non piangere, ti prego”.
Sospirò e poi mi sorrise. “Ho avuto paura che ti facesse male. Lui pratica kick – boxing, avrebbe potuto farti male”.
“Non preoccuparti di questo, me la sarei cavata. Pur di averti con me, mi butterei anche sotto un treno”.
Mi sporsi per baciarla, quando un pensiero mi colpì. “Non respingerai anche me, vero?”.
Rise e scuotendo la testa, avvicinò le sue labbra alle mie.
“Ti amo”, mi sussurrò.

Tornammo in sala dopo un po’ di tempo.
L’accompagnai in bagno affinché si sistemasse e poi ci incamminammo verso il nostro tavolo.
Per fortuna nessuno si era accorto di nulla ed io sospirai di sollievo.
Sentivo Bella camminare accanto a me.
Le sue dita strette alle mie.
Adesso era tranquilla.
Improvvisamente la paura di perderla era scomparsa, proprio grazie ad Emanuele.
Mi aveva minacciato, è vero, ma quando e se sarebbe tornato a farci visita, non ci saremmo fatti trovare impreparati.
Avrei spiegato a Christian la situazione ed ero sicuro che avrebbe concordato con me che sarebbe stato meglio fare un ordine restrittivo nei suoi confronti.
Mi voltai a guardarla e mi accorsi che mi stava osservando.
“Che c’è?”.
“Grazie”, mi sussurrò ed io la guardai confuso. “Grazie per esserci sempre e per esserti fidato di me. Quest’inizio di serata è stato davvero interessante, ma ti prego, facciamo finta che non sia successo. Fingiamo di essere appena arrivati”.
“D’accordo, piccola. Tutto quello che vuoi, tutto quello che vuoi”.
Lasciai la sua mano e, circondandola con un braccio, l’attirai tra le mie braccia, baciandola davanti a tutti, senza preoccuparmi dei mormorii di sottofondo.

Vestiti Bella
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Note Dell'Autrice: Il vestito è un Oscar De La Renta. Il trucco è preso dall'attrice Emily Blunt che ha indossato il vestito agli Screen Actor Guild Awards 2014.

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Capitolo 18
*** Chapter 18 ***


Salve a tutti! Scusate il ritardo ma ieri e oggi ho fatto compagnia a mia cugina perchè in ospedale per le contrazioni del parto e sono appena tornata a casa. Presto diventerò zia e non vedo l'ora.

Adesso, veniamo al nuovo capitolo della storia. Questo è il secondo capitolo che riguarda la festa ed è dal punto di vista di Edward. Spero di non aver scritto cose scontate, ma è quello che credo Edward pensi della loro storia.

Questo capitolo è nato all'improvviso mentre ascoltavo la canzone, anche se credo non sia il capitolo più bello scritto da me. In realtà non avrebbe dovuto esserci e al suo posto avrei dovuto pubblicare il capitolo che pubblicherò sabato, ma poi ho deciso di inserirlo. Spero di aver fatto la scelta giusta.

Spero vi piaccia!

Buona lettura!

Capitolo 18: Le parole che non ti ho detto

Pov Edward

Il resto della serata fu tranquillo.
Ero riuscito anche a farmi perdonare, anche se non ce n’era stato bisogno, poiché Bella non era mai stata arrabbiata con me.
Ad un certo punto della serata, il dj propose un lento per tutti gli invitati sulle note di She di Elvis Costello.
Vidi la mia piccola Bells illuminarsi a quella canzone.
Sapevo quanto amasse il film da cui era tratta, Notting Hill, così come sapevo che un giorno avrebbe voluto visitare i luoghi in cui era stato girato il film.
Tutti si alzarono e porsero la mano alle loro compagne, cosa che feci anch’io.
“Bells … ti va di ballare?”.
Mentre glielo chiedevo, vidi lo stupore insinuarsi nel suo sguardo. Sapevo che non le piaceva molto ballare su quei trampoli, ma accettò ugualmente.
“Certo che mi va”.
Prese la mia mano e camminò al mio fianco finché non raggiungemmo la pista.
“Ricordi che non so ballare su questi cosi, vero?”.
“Certo, ma … cosa ci sono a fare io? Lascia che sia io a guidarti, come sempre”.
Sorrise e mi circondò il collo con le braccia.
La canzone iniziò e, appena la strinsi a me, finimmo in un mondo tutto nostro, popolato solo da noi due e dal nostro amore.

She … maybe the face I can’t forget
The trace of pleasure or regret
Maybe my treasure or the price I have to pay
Lei … può essere la faccia che io non potrò dimenticare
La traccia di piacere o rammarico
Forse il mio tesoro o il prezzo che io devo pagare

 
Nessuno dei due riusciva a staccare gli occhi da quelli dell’altro. Erano attirati come fossero due calamite. I miei occhi verdi nei suoi color cioccolato.
Cos’avrei fatto se non ci fosse stata lei?
Che cosa sarei stato?
La stringevo a me e se anche il mondo fosse finito, non me ne sarei accorto, perché avrei potuto superare tutto, se lei era con me.

She … maybe the song the summer sings
Maybe the chill the autumn brings
Maybe a hundred different things
Within the measure of a day
Lei … può essere la canzone che l’estate canta
Essere il freddo che l’autunno porta
Può essere cento cose diverse
All’interno della misura di un giorno

 
Lei … la canzone che mai avrei smesso di ascoltare. Lei … l’aria che mai avrei smesso di respirare. A volte sapeva essere così tante cose … eppure restava sempre la stessa.

She … maybe the beauty or the beast
Maybe the famine or the feast
May turn each day into a heaven or a hell
Lei … può essere la bella o la bestia
Può essere la carestia o la festa
Può trasformare ogni giorno in un cielo o un inferno

 
Lei … ai miei occhi sempre la cosa più bella di tutte. Lei … la persona che il tempo non cambierà mai. Lei … la persona che comprende i miei silenzi e li ascolta. Lei … la persona che comprende le mie paure e che curerà sempre le mie ferite. Lei … la persona che mai smetterò di sognare.

She … maybe the mirror of my dreams
The smile reflected in a stream
She … may not be what she may seem … inside her shell
Lei … può essere lo specchio dei miei sogni
Un sorriso riflesso in un ruscello
Lei … non può essere quella che può sembrare nel suo guscio
She … who always seems so happy in a crowd
Whose eyes can be so crowded and so proud
No one’s allowed to see them when they cry
Lei … che sempre sembra così felice in una folla
Di cui gli occhi possono essere così privati e così orgogliosi
A nessuno è permesso vederli quando piangono

 
Lei … che sarà sempre orgogliosa di me. Lei … che quando le manco, mi chiama e dice dolcemente “Il mio mondo non ha senso se tu non ci sei”. Lei … la persona che seguirò sempre, dovunque andrà. Un luogo vale l’altro, se c’è lei.

She … maybe the love that cannot hope to last
May come to me from shadows of the past
But I’ll remember till the day I die
Lei … può essere l’amore che non può sperare di durare
Può venire da me da ombre del passato
Che ricorderò fino al giorno in cui morirò

 
Lascerò che sia il tempo a decidere se resterai per sempre … Lascerò che i nostri attimi diventino eternità.

She … maybe the reason I survive
The why and wherefore I’m alive
The one I’ll care for through the rough in many years
Lei può essere la ragione per cui sopravvivo
Il perché e il come sono vivo
Quello che curerò attraverso gli anni

 
Se scapperai, lascerò che sia il cuore a dirmi dove cercarti e quando ti avrò trovato, tutto tornerà limpido … luminoso … bello. Perché noi siamo due metà perfette, così diverse eppure così simili.

Me … I’ll take her laughter and her tears
And make them all my souvenirs
For where she goes I’ve got to be
The meaning of my life is she …
Io … io prenderò la sua risata e le sue lacrime
E farò di loro tutti i miei souvenir
Dovunque lei vada io ci sarò
Il significato della mia vita è lei …

 
Curerò le tue ferite, curerò te e il nostro amore e ti amerò sempre come la prima volta.
Ricordo ancora quando ci incontrammo.
Eravamo due bambini, così piccoli eppure già così legati. Uniti da un legame profondo e indissolubile che nessuno riusciva a comprendere, nemmeno noi. Neanche la lontananza è riuscita a spezzare quel legame … quel filo indissolubile, che ci ha sempre attirati come due calamite.

Mentre ci muovevamo, stretti l’una all’altro, le dissi tutto quello che avrei sempre voluto dirle solo con i miei occhi.
E lei comprese, lo so.
I miei occhi erano incatenati ai suoi, e mi comunicavano tutto ciò che provava.
Compresi le sue emozioni da quello sguardo pieno d’amore che riservava solo a me … a me e a nessun altro. Quello sguardo che mai nessuno aveva compreso, ma che io comprendevo benissimo, perché era specchio del mio.
“Volevo dirti che ti amo … che sei mia … che non riuscirei ad immaginarti diversa da come sei. Volevo dirti che ti amo, anche se a volte litighiamo. Volevo solo dirti … le parole che non ti ho detto”, le sussurrai all’orecchio stringendola a me.
Vidi una lacrima sfuggire al suo controllo e la raccolsi con un bacio.
Si sporse per baciarmi e, prima di poggiare le sue labbra sulle mie, mi sussurrò “Anch’io volevo dirti qualcosa: ti amo anch’io”.
Sorrisi continuando ad abbracciarla, mentre le ultime note della canzone si diffondevano nell’aria.


NOTE DELL'AUTRICE: La canzone è She di Elvis Costello, https://www.youtube.com/watch?v=h9xHBmFC9MQ

A sabato o domenica prossimi!

Un bacio, Ally!

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Capitolo 19
*** Chapter 19 ***


Salve a tutti e buon sabato! Eccomi qui (stavolta puntuale) con il terzo ed ultimo capitolo che riguarda la festa.

Piaciuto lo scorso capitolo? Spero davvero di aver reso bene ciò che volevo esprimere.

Siamo quasi alle battute conclusive e preparatevi al prossimo capitolo in cui succederà di tutto e di più, infatti sto scrivendo e revisionando gli ultimi capitoli, anche se non so quanto ancora ce ne saranno. Dipende dalle idee. Molto probabilmente mancano ancora 4 o 5 capitoli, epilogo escluso.

Adesso, però scappo perchè oggi potrebbe nascere il mio nipotino. Lo spero proprio!

Ps: Mi sono accorta che allo scorso capitolo, mancava il link della canzone e quindi l'ho aggiunto.

Non ho altro da aggiungere se non ... BUONA LETTURA e fatemi sapere cosa ne pensate!

A sabato prossimo!

Capitolo 19: Regalo

Pov Bella

Non riuscivo a fermare le lacrime.
D’altro canto, come avrei potuto?
Edward mi aveva detto delle cose dolcissime ed io non ero riuscita a trattenermi. Non pensavo che fosse capace di dire cose così dolci. Mi sarei aspettata tutto, tranne che mi dedicasse una canzone.
Adesso, invece, passeggiavamo abbracciati lungo la piscina della villa, dove altre coppiette innamorate non facevano altro che baciarsi.
Il sorriso da ebete che avevo non accennava a scomparire dal mio volto e notai che lo stesso era per lui. Eravamo entrambi in silenzio, ma non era un silenzio imbarazzante.
Era meraviglioso.
Edward a un tratto cambiò strada e mi portò in un luogo più appartato.
Trovammo una panchina libera e mi fece sedere, mentre lui restò in piedi, a poca distanza da me, senza lasciarmi andare la mano sinistra.
Fece un respiro profondo e iniziò a parlare, sotto il mio sguardo confuso.
“Bella, io … non ho parole per descrivere quello che provo quanto ti sono vicino, sono sensazioni ed emozioni che non ho mai provato con nessuna e … a volte questo mi spaventa. Ormai sei diventata indispensabile per la mia vita e … a volte, mi sento così vulnerabile. Tu sei l’unica persona in grado di farmi male e non riuscirei a vivere sapendoti lontana da me o con qualcuno che non sia io. Mi ucciderebbe. Io ti amo e … so che anche tu mi ami e quello che è successo stasera mi ha fatto capire quanto realmente voglio che tu non vada via, mai più. Dopo quello che è successo qualche settimana fa, avevo paura che tu da un momento all’altro ti accorgessi di non avere più fiducia in me e questo mi ha portato ad essere, a volte scontroso, a volte distante, e nonostante questo, tu sei sempre rimasta al mio fianco a rassicurarmi”. Mi lasciò la mano per prendere una scatolina di velluto blu, dopodiché lo vidi sedersi al mio fianco e fare un respiro profondo.
Non potei fare a meno di sgranare gli occhi.
“Edward io …”, provai a dire.
“Shh amore, fammi finire … non è come pensi. È da un po’ di tempo che ci penso, ma non mi è mai sembrato il momento adatto e non riuscivo a trovare le parole. So che è tutto prematuro e stiamo insieme da quasi due mesi, ma io voglio chiedertelo lo stesso. Voglio solo che tu sappia, che qualsiasi cosa deciderai, resterò accanto a te e continuerò ad amarti, perciò non temere la mia reazione”.
Tutto quello che riuscii a fare fu annuire.
Avevo perso la voce.
“Ecco, io … stavo pensando che forse, se tu vuoi … potremmo andare a vivere insieme a Seattle. So che avevamo pensato che sarei venuto io a casa di Christian, ecco … ma che ne diresti se ce ne andassimo insomma … ”.
Ed io che pensavo volesse chiedermi di sposarlo.
Sospirai e gli sorrisi.
“Certo … certo che voglio”.
“Davvero? Non vuoi pensarci un po’ e poi rispondermi? Guarda che non me la prendo”.
“Sì … sì … sì … sì, mille volte sì. Sarà meraviglioso. Per un attimo ho pensato che volessi chiedermi di sposarmi”.
Iniziò a ridere. “Bella … amore, io ti amo da morire, ma … non credi che per il matrimonio sia un po’ troppo presto? Abbiamo solo 19 anni”.
“Sì scusa, lo so. È solo che ti ho visto prendere quella scatolina e ho pensato ‘Oh mio Dio, farà sul serio?’. Cosa c’è dentro?”.
Lo guardai confusa non capendo il motivo della presenza della scatolina.
Sospirò ancora e aprì la scatolina che conteneva una collana con un ciondolo meraviglioso.
La collana consisteva di un medaglione con un’E e una B intrecciate sulla superficie.
“E’ un medaglione portafoto, puoi metterci quello che vuoi”.
“Edward è … è meraviglioso! Quando l’hai comprato? Potrei metterci una foto tua o nostra, così sarai sempre con me. Su su, dai … voglio metterla, aiutami”.
Dopo aver allacciato la collana, mi strinse tra le braccia e iniziò a baciarmi il collo, alterando i baci a tanti ti amo.
“L’ho comprato stamattina, quando sono uscito con Christian. L’ho visto in vetrina e me ne sono subito innamorato”.
Mi sorrise.
“Che dici torniamo di là? Gli altri si chiederanno dove siamo finiti, è quasi ora di tornare a casa”, disse ad un tratto.
“D’accordo, ma … vorrei la scatolina blu, voglio conservarla, così poi un giorno potrò metterla vicino a quella che mi regalerai quando mi chiederai di sposarti”.
Lui alzò un sopracciglio.
“E chi ti dice che te lo chiederò?”, poi rise, ma una mia occhiataccia lo fece subito smettere.
Mi voltai e inizia a camminare, ma lui fu più veloce di me e mi prese una mano, tirandomi poi tra le sue braccia.
“Dai piccola, stavo scherzando. Certo che voglio sposarti”.
Provò a baciarmi, ma io girai il viso dall’altra parte e mugugnai qualcosa di incomprensibile.
“Su amore, scusa, scusa, scusa, sai che ti amo tanto tanto!”, disse facendo la vocina da cucciolo indifeso e il suo sorriso sghembo.
“Uffa, ma perché riesci sempre a farmi capitolare, tu e il tuo stupido, meraviglioso sorriso. Andiamo dagli altri, che è meglio. Non voglio che ti comprometta ulteriormente, potresti lasciarci le penne”. “Meraviglioso sorriso, dici? Ed io che pensavo tutto di me fosse meraviglioso”.
Gli diedi uno schiaffetto sul braccio e prendendolo per mano, lo trascinai in sala.
L’atmosfera che si era creata era molto leggera e decisi di punzecchiarlo ancora un po’. La cosa avrebbe potuto farsi interessante.
“Sì, direi solo il tuo sorriso e forse, il mio amichetto qui sotto”, dissi al suo orecchio in modo sensuale. Spalancò gli occhi e poi sorrise. “Bella, ti sembra il luogo questo?”, sussurrò roco, segno che avevo fatto centro.
Risi. Mi alzai dalla mia sedia e andai a sedermi sulle sue gambe.
Lui mi abbracciò.
“Dimmi cosa vuoi e l’avrai Eddy”.
“Bella, smettila di provocarmi. A casa faremo i conti! Non posso credere che quando vivremo da soli potremo farlo tutte le notti”, disse gongolante.
“D’accordo a casa”, sbuffai rammaricata. “Vedi di onorare tutte le mie aspettative, altrimenti potresti davvero lasciarci le penne e stavolta non scherzo”.
Mi baciò.
“Tutto quello che vuoi amore, tutto. E poi, da quanto mi risulta … non ho mai deluso le tue aspettative, o sbaglio?”.
Stavo per rispondergli, ma Christian c’interruppe.
“Di cosa confabulate voi due? Sappiate che stasera dormirete in due stanze separate, mi sembrate un po’ troppo su di giri!”.
“Christian, ma perché tu puoi ed io no?”, dissi imbronciata.
Tutti risero, comprendendo il doppio senso.
“Eh beh … ecco, io!”.
Christian arrossì … Wow! Questa sì che è una prima volta.
“Avanti Christian … Bella è riuscita a metterti fuori gioco e ha vinto … di nuovo. Hahahahah!”, disse Emmett ridendo. “E poi, insomma, tu e Jo non fate altro, vuoi lasciarla sola in una casa, dove tutti dormono con qualcuno e fanno fiki fiki?”, aggiunse poi.
Non riuscivo a smettere di ridere e tutti gli altri con me.
“Okay okay, basta! D’accordo fate quello che volete!”.
“Grazie cuginetto, ma comunque non avevo bisogno del tuo permesso per farlo”.
Per una volta a essere presi in giro non eravamo Edward ed io.
Una volta tanto.
Provai ad alzarmi dalle gambe di Edward, ma lui non me lo permise. Edward mi circondò la vita con un braccio e ridendo appoggiò il mento alla mia spalla, mentre sulla mia gamba aveva appoggiato la mano in cui teneva la scatolina della collana.
Quando la notarono, tutti ci guardarono sbalorditi.
Alice, Jazz e Christian subito diedero di matto.
“Fratellone, ma come hai potuto chiedere a Bella di sposarti senza prima dirlo a me? Ti avrei aiutato a scegliere l’anello perfetto”.
Alice … sempre la solita.
“Veramente noi …”, provò a dire Edward.
“Oh Edward, tesoro della mamma, ma non è un po’ presto? Bella si è diplomata da poco e tu sei solo al secondo anno di università”, aggiunse Esme.
“Mamma guarda che …”.
Niente, non ci lasciavano parlare.
“Non ci credo, la mia cuginetta. Così presto? Non sarai mica incinta?”, continuò Christian arrabbiato. “COSA?”, Edward strabuzzò gli occhi.
Erano tutti impazziti.
“TU … Cullen, come hai potuto? E così piccola la mia stellina. Giuro che quando saremo soli facciamo i conti”.
“Christian guarda che possiamo spiegarti …”, provò a dire Edward, ma ancora una volta non riuscì a finire.
“Oh che bello, mi sfornerete un bel nipotino, come sono felice. Hai fatto centro fratellino!”, questo era Emmett.
“EMMETT”, urlai sconvolta.
Se fossi potuta sprofondare, lo avrei fatto. Ormai il rosso sulle mie guance era perenne.
“Amico hai fatto centro! Sei grande”. Jazz diede man forte a Emmett.
“JASPER! Ti prego non ti ci mettere anche tu”.
Edward lo fulminò con lo sguardo.
“Posso fare la damigella? Oddio devo pensare al vestito mio e di Bella e di tutti gli altri, non ce la farò mai. Avete già fissato una data?”.
Fissai Edward, sconvolta e anche un po’ arrabbiata. Erano proprio fuori.
Addirittura pensare che sia incinta … O.M.G!
Questo è troppo.
Avevano anche iniziato a discutere del nome del bambino e chi sarebbe stato il padrino, ignorandoci per giunta.
“Si chiamerà Alice come la sua zia preferita, se sarà femmina. Se sarà maschio, allora … John”.
‘John … oddio no! Mio figlio si chiamerà Robert!’.
Oh mamma … ma cosa vado a pensare.
Questi stanno scatenando il finimondo solo per una semplice e normale scatolina blu.
Non oso immaginare cosa faranno quando ci sposeremo per davvero.
Guardando Edward, mi accorsi che era furioso.
Credo che, se fossimo stati in un cartone, avrebbe avuto la faccia tutta rossa e dalle orecchie sarebbe fuoriuscito fumo.
Risi per la sua espressione.
Spazientito disse: “Adesso basta, la smettete con tutte queste sciocchezze? Lasciateci parlare invece di arrivare a conclusioni sbagliate. Non c’è nessun bambino in arrivo e no”, disse zittendo Alice che aveva già preso la parola, “neanche un matrimonio in vista, non ho chiesto a Bella di sposarmi, o meglio, non ancora”.
“E allora cosa rappresenta quella scatolina blu?”, disse Christian indicandola.
Edward, sospirando, indicò il medaglione al mio collo.
“Stamattina quando tu ed io siamo usciti”, disse guardando Christian, “passando davanti ad una gioielleria, ho visto un ciondolo in vetrina, me ne sono innamorato e l’ho comprato e poi ho deciso di darglielo stasera”.
Tutti sospirarono. Notai un po’ di dispiacere negli occhi di Alice, mentre Christian se la rideva felice. ‘Non credo riderai ancora Christian, quando saprai che andremo a vivere insieme’, pensai ridendo.
“Ma abbiamo comunque una novità da condividere. Io e Bella andremo a vivere insieme. Non a casa tua Christian … ma in una casa tutti soli soletti”, Edward prese in giro Christian.
Neanche in quel momento quei due smettevano di punzecchiarsi.
E, infatti, come volevasi dimostrare Christian era sbiancato, ma non disse nulla.
“Aw … come sono felice! Finalmente il mio fratellino si sta dando una mossa, pensavo gli mancasse qualche neurone”.
Alice saltellava felice e non si accorse l’occhiataccia che Edward gli mandò.
Il suo entusiasmo condizionò anche gli altri, che, infatti, ci sorridevano.
“Su amore, non ascoltarla … i neuroni li hai tutti, altrimenti non avresti scelto me”.
“Hai ragione piccola. Hai sentito cosa sono stati capaci di creare con la loro testa?”.
Rise.
Ci voltammo a guardarli litigare per qualche altra ragione ed io annuii.
“Già, abbiamo una famiglia di pazzi e non la cambierei con nulla al mondo”.
“Nemmeno io”.
Si sporse per baciarmi e lo lasciai fare, poi ci voltammo, restando a guardare la nostra famiglia che scherzava allegramente, giusto in tempo per vedere la scena in cui Rose diede uno scappellotto a Emmett per aver detto una parolaccia davanti al piccolo.
Mamma mia, che serata!

 

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Capitolo 20
*** Chapter 20 ***


Salve a tutti! Scusate il ritardo, ma ho passato il weekend a casa di un'amica e non ho avuto il tempo di collegarmi.

Eccomi comunque con il nuovo capitolo della storia. E' stato un pò complicato scriverlo. Avevo in mente così tante cose che stavo impazzendo e alla fine, ho dovuto dividere il capitolo in due parti, creando così un altro capitolo.

Il mio nipotino è finalmente nato, ed io ho qualcosa in meno a cui pensare, finalmente.

Adesso vi lascia la capitolo che come sempre spero vi piaccia e ringrazio tutti i lettori.

Buona lettura ... Ally!

Capitolo 20: Sgradite novità

Pov Bella

Seattle, University District, 22 Settembre 2014
“Uffa Edward, ma cos’ha questo appartamento che non va? Quanti ne avremo visti, 20?”.
‘Dio che esasperazione!’.
Andiamo in giro per Seattle in cerca di un appartamento da almeno un paio di settimane e a Edward non ne piace neanche uno.
Sembra lui la moglie che trova mille difetti ad appartamenti (perfetti a mio parere) ed io il marito annoiato.
A me sembrano tutti uguali.
‘Bella non sono tutti uguali e Edward vuole trovare quello perfetto per voi’.
Bene … adesso ci si mette anche la vocina nella mia testa.
‘Perfetto per noi’. Edward ripete questa frase di continuo.
Sorrisi quando sentii due braccia stringermi.
“Andiamo amore … voglio solo trovare quello perfetto per noi”.
Appunto.
Quanto volte nelle ultime settimane ho sentito queste parole? Ormai ho perso il conto.
“Edward ascolta … abbiamo io 19 e tu 20 anni. Non sarà di certo la casa in cui vivremo per sempre”, poi ad una sua occhiataccia mi corressi. “D’accordo … può darsi che lo sarà, ma lo sapremo solo vivendoci. Insomma … una casa è perfetta nel momento in cui noi facciamo in modo che lo sia e –”, ma m’interruppe.
“Bella, però, vuoi mettere che è anche costruita bene oppure è luminosa quanto basta oppure-”.
Stavolta fui io a interromperlo.
Capisco che lui, studiando architettura, guardi tutte queste cose, ma insomma!
È solo una semplice casa.
Io penso che sarà perfetta solo quando ci vivremo dentro e la riempiremo di noi e dei nostri ricordi, ma mi astengo dal dirlo, perché so che mi ammazzerebbe. Solo in quel momento sarebbe stata nostra e sarebbe stata perfetta.
“Va bene amore … capisco che il tuo istinto di architetto prenda il sopravvento, ma vorrei riuscire a trovare questa casa prima dell’inizio del semestre. D’accordo?”.
Almeno quello avrebbe dovuto concedermelo.
“D’accordo piccola, d’accordo”.
Si sporse per baciarmi, ma mi scostai.
“Non così in fretta Cullen, sono ancora arrabbiata. Adesso … vorrei sapere cos’ha che non va questa casa. Sbaglio o sei stato tu a vederla per primo?”.
“Sì, però … adesso non mi convince più”, disse imbronciandosi e mettendo su la faccia da cucciolo cui di solito non resistevo.
Appunto … di solito.
“No caro, stavolta non ci casco. Sto iniziando a pensare che tu non voglia trovarla questa casa. Anzi, sai che ti dico? Preferisco restare a casa di Christian”.
La sua espressione era così sorpresa e scioccata che non riuscii a trattenermi dal ridergli in faccia.
“B – Bella stai scherzando vero? Ti prego … ti giuro che la prossima sarà quella giusta. Lo sento. Dimmi che scherzi, ti prego!”.
“Hahahahah … Oddio Eddy. Avresti dovuto vedere la tua espressione. Esilarante è dire poco. Hahahahah!”.
“Piccola strega … tu mi stavi prendendo in giro! Giuro che questa me la paghi”.
“Hahahahah, ma no genio! Dicevo sul serio, Hahahahah. Okay, la smetto. Scusa amore”, dissi asciugandomi le lacrime agli occhi.
“Scuse accettate, su … vieni qui”.
Non me lo feci ripetere due volte e mi precipitai tra le sue braccia.
“Ti amo Ed, non dimenticarlo”.
“Lo so, e giusto per la cronaca … ti amo anch’io”.

Seattle, University District, 24 Settembre 2014
Cosa mi aveva promesso Edward?
Che l’appartamento successivo sarebbe stato quello giusto?
Sì, come no. Ed io che ci ho pure creduto!
Da quel momento ne abbiamo visti altri quattro e ancora non abbiamo trovato l’appartamento PERFETTO.
Ormai la mia pazienza è al limite e giuro che prima o poi lo strozzo.
La sua voce mi riportò alla realtà.
“Bella insomma! Non troveremo mai quest’appartamento se tu non mi dai una mano”.
Lo guardai furiosa alzando un sopracciglio.
“Ah davvero? Adesso sarei io la colpevole? Cioè, fammi capire, TU, trovi difetti a tutto, anche ai muri, e sarei io quella che non aiuta?”.
“Amore, non intendevo questo. È solo che … Oh, insomma! So di averti esasperato e ti chiedo scusa, ma so che quando troveremo quella giusta lo capiremo entrambi e tu invece resti indifferente a tutto”.
“Ma è normale. Facciamo così, io me ne torno a casa e quando l’hai trovata me lo dici e vengo a vederla anch’io, d’accordo?”.
Mi girai e uscii.
Sapevo cosa avrebbe pensato e che mi avrebbe seguito. Sicuramente si sarebbe fatto mille paranoie.
E infatti. “Amore ma che hai? Sicura di star bene? Bella guardami. Ho fatto qualcosa che non va e non me ne sono accorto?”.
“No, tu non hai fatto niente. Sono io che … Edward, io …”, abbassai lo sguardo, consapevole di non dirgli la verità, “non sono più sicura di voler venire a vivere con te. Inizialmente mi era sembrata una bella idea, anzi bellissima, però adesso … non so, ho paura e forse … forse stiamo affrettando un po’ le cose. In fondo io non so nemmeno se qualcuna delle mie domande è stata accettata, è inutile fare tutti questi progetti. Magari dovrò tornare a Volterra e frequentare i corsi alla facoltà di medicina e chirurgia dell’università di Firenze. In Italia ho superato i test e lì sono già iscritta, lo sai”.
“Bella vedrai che ti prenderanno. Di certo non si lasceranno scappare una persona dotata e intelligente come te”, disse abbracciandomi.
“Edward, ma tu non capisci. Anche se accettassero la mia domanda, cosa di cui dubito fortemente, io comunque non sono più sicura di voler vivere con te”.
Enorme cazzata! Sono una grande bugiarda.
Io vorrei andare a vivere con lui, ma non posso.
A Edward non ho ancora detto nulla.
Due giorni fa, tornata a casa, ho trovato le risposte della Seattle University e della Washington State University.
Entrambe negative.
La cosa positiva è che l’università che Edward frequenta, l’University of Washington, non mi ha ancora risposto e se, una volta arrivata, anche questa risposta sarà negativa, dovrò tornare per forza a Volterra.
“Perché dici questo Bella? Dammi un motivo valido. Sono sicuro di una cosa, però. C’è qualcosa sotto. Qualcosa che mi tieni nascosto. Sono due giorni che sei strana, non credere che non me ne sia accorto. E sta sicura che scoprirò il vero motivo. Fosse l’ultima cosa che faccio”, disse puntandomi un dito contro e lasciandomi sulle scale a guardarlo confusa.
Poi, rendendosi conto di aver dimenticato qualcosa o qualcuno d’importante, cioè me, tornò indietro. “Allora che fai, resti lì o torni a casa con me?”, disse baciandomi una guancia.
Alzai gli occhi al cielo e lo seguii.
Per quel giorno le visite erano finite o forse Edward non voleva più andarci.
Sta di fatto che la situazione non era facile.
Il viaggio in auto fu strano.
L’atmosfera … decisamente glaciale.
Nessuno dei due parlò, forse perché eravamo troppo impegnati a rimuginare su quello che era successo e così mi persi a guardare il bellissimo skyline di Seattle.
Casa di Christian è nel Queen Ann Hill, uno dei quartieri più belli della città.
Dal balcone della mia stanza avevo una vista meravigliosa sulla città e sul Puget Sound.
Avevo perso il conto delle volte in cui, affacciata a quel balcone, mi ero persa nei miei pensieri.
La cosa più bella di tutte, era ammirare il tramonto.
Mi sono sempre piaciuti i tramonti, ma posso dire con certezza che il tramonto sul Puget Sound toglie il fiato.
Seattle è bellissima a quell’ora del giorno.
In tutto questo pensare, non mi sono neanche resa conto che siamo arrivati sotto casa di Christian.
Il motore dell’auto è ancora acceso, segno che Edward non rimarrà qui.
Mi voltai a guardarlo. “Non resti a cena con noi, stasera?”.
“No, preferisco tornare a casa, ho delle cose da fare con Jasper. Ti chiamo più tardi, piccola”.
Piccola … mi ha chiamata piccola.
Forse non è tanto arrabbiato.
Annuii. “D’accordo, a più tardi allora”. Gli diedi un bacio sulla guancia e scesi.
Entrata in casa, però, non riuscii a trattenere le lacrime.
Mi sento così triste.
Non riesco a credere che dovrò davvero tornare a Volterra.
So che se glielo chiedessi Edward partirebbe con me, ma io non voglio che lasci la squadra di baseball e i suoi amici per me.
“Bella che hai?”.
Alzai lo sguardo, sorpresa di sentire la voce di Christian a quell’ora. Non pensavo che Christian fosse già rientrato.
“Io …”, mi buttai tra le sue braccia. “Sono una bugiarda. Lui … si arrabbierà”.
“Ma che dici? Hey … hey, guardami. Ci riuscirai. Poi chissà cosa non gli hai detto. Di certo non hai ucciso qualcuno. Devi solo dirgli che non ti hanno presa. Non è la fine del mondo. Frequenterai un anno in Italia e poi tornerai qui. Di cosa hai paura? Se Edward ti ama davvero, allora capirà. E lui ti ama tantissimo. Come si vede lontano un miglio che anche tu sei cotta di lui e lui questo lo sa. Adesso non piangere”.
Mi sorrise, accarezzandomi una guancia.
“Non ci riesco. Oggi sono stata così cattiva con lui. Gli ho detto cose che non pensavo e solo per fargli cambiare idea. Gli ho detto che non voglio vivere con lui anche se mi accettassero. E lui ha subito … si è subito sentito in colpa. Ha pensato fosse colpa sua e invece è tutta colpa mia. Che medico potrò mai essere se non riesco a essere sincera con la persona che amo? E comunque … lui mi ama adesso! Chissà cosa succederebbe se io andassi via per un anno intero”.
“Oh andiamo! Adesso stai facendo una tempesta in un bicchier d’acqua. Smettila. Riuscirai a parlargli molto presto, lo so. Continuerà ad amarti, anche se siete lontani. Non frequenterà nessun’altra, lo conosci. Adesso … basta piangere. Vieni con me. La cena è pronta”.
Christian mi trascinò in sala da pranzo, ma non avevo molta fame. Infatti non mangiai nulla.
Rimasi seduta con lo sguardo fisso sul piatto. Sentivo un peso enorme in gola e nel petto e sapevo che da un momento all’altro sarei entrata di nuovo in modalità pianto.
Tipico di me.
Appena incontro un ostacolo, mi chiudo a riccio e non cerco neanche una soluzione. Lascio semplicemente che le cose vadano come vogliono. Lascio fare al destino che anche questa volta si è accanito contro di me.
Non permetterò mai a Edward di abbandonare la sua vita per seguire me. Ha la sua vita qui ed è giusto che contini a viverla, con o senza di me.
Sentivo lo sguardo di Christian e Jo addosso e non mi azzardavo a ricambiarlo.
Sapevo già cosa vi avrei letto.
Quando non riuscii più a sopportarlo, mi alzai dalla sedia e scappai. Durante la corsa verso la mia stanza, il groppo che avevo in gola esplose e iniziai di nuovo a piangere.
Mi buttai, lanciai sarebbe meglio, sul letto e mi addormentai.


Pov Edward

‘Anche se accettassero la mia domanda, io comunque non sono più sicura di voler vivere con te’.
Le parole di Bella continuano a rimbombarmi in testa.
Da quando mi ha detto quelle parole, il mio cervello è andato in tilt e sembra quasi che il mondo non giri più per il verso giusto.
Non riesco neanche a capire come faccia a stare steso su questo letto. Lo stesso letto che ci ha visti amarci per la prima volta e poi tanto volte in questi due mesi.
Pensavo che Bella volesse le mie stesse cose, che fosse sicura della sua decisione, e invece oggi pomeriggio mi ha detto di non esserlo.
O meglio … mi ha chiaramente fatto capire che non vuole vivere con me.
Com’è possibile che non mi sia accorto di nulla?
E pensare che quando gliel’ho chiesto era così felice. Le avevo detto che poteva pensarci, ma lei mi aveva dato subito la sua risposta.
Cos’è cambiato da quel giorno? Cos’è successo?
Bella è infelice ed io non me ne sono nemmeno reso conto.
Dio che confusione!
Che avesse cambiato idea perché non riuscivamo a trovare l’appartamento giusto?
In effetti, è un paio di giorni che si comporta in modo strano.
Forse … forse è successo qualcosa e ha paura di dirmelo.
In tutti i casi la perdonerò. Non riesco ad arrabbiarmi con lei.
Di solito è lei a farlo con me ed io le vado dietro come un cagnolino, fin quando non mi perdona.
Di una cosa sono certo, comunque. È tutta colpa mia.
Avrei dovuto capirlo prima, invece non ho fatto altro che intestardirmi.
D’altronde lei ha ragione. Non sarebbe sarà di sicuro la casa in cui vivremo per tutta la vita, ma io voglio comunque che sia perfetta.
E poi cos’è la storia delle domande?
Ho dato per scontato che Bella sarebbe entrata in una delle università di Seattle. Non mi sono mai posto il problema.
Da quando ci siamo messi insieme, ho sempre pensato che avrebbe studiato qui, e sarebbe stata accanto a me. Non ho mai pensato neanche per un momento che potesse succedere il contrario.
Forse sa qualcosa che io non so.
Per di più, sono stato un codardo.
Per tutto il viaggio in macchina non sono riuscito a dirle niente e mi è sembrato che neanche lei volesse parlare.
Appena siamo saliti in auto, ha iniziato a guardare l’orizzonte, persa in chissà quali pensieri ed io, come sempre, mi sono perso a guardare lei.
Una volta arrivati, avevo visto la speranza insinuarsi nel suo sguardo quando mi aveva chiesto se mi fermassi a cena e, alla mia risposta negativa, i suoi occhi avevano perso la loro solita luminosità.
L’ho ferita, lo so. Eppure non sono riuscito a trovare una scusa migliore. Non ho un appuntamento con Jasper.
Le ho mentito solo perché in quel momento avevo bisogno di stare solo e pensare, e quella mi era sembrata la scusa migliore.
Urlai il nome di mia sorella, che sicuramente sapeva cosa passava per la testa della mia ragazza.
Alice arrivò di corsa.
“Dimmi tutto fratellone. È successo qualcosa? Che brutta cera che hai”.
“Alice, ti prego, dimmi la verità. Ho fatto qualcosa di sbagliato con Bella in questi giorni? Deve averti raccontato qualcosa. Perché altrimenti non riesco a comprendere il suo comportamento. Mi sembra triste, ma non riesco a capire … e questa cosa mi fa male, perché ci siamo sempre detti tutto, non può tagliarmi fuori dalla sua vita in questo modo. In più mi ha detto che non vuole più vivere con me, capisci? Proprio lei che quando gliel’ho proposto ha detto subito sì, senza neanche bisogno di pensare. Stiamo insieme cavolo!”.
Dovetti sembrarle davvero disperato perché corse ad abbracciarmi.
Per quanto litigassimo un giorno sì e l’altro pure, era la mia sorellina e c’eravamo sempre l’uno per l’atro.
“Fratellone … cerca di calmarti un secondo, d’accordo? Non mi ha raccontato nulla. Non hai fatto nulla di sbagliato, te l’assicuro. Bella sta solo attraversando un brutto periodo. Cerca di capirla. Non gli sono ancora arrivate le risposte del college, sarà in ansia”.
Le sue parole avrebbero dovuto calmarmi, ma allora perché non ebbero l’effetto dovuto?
In più Alice non mi ha guardato negli occhi mentre ha fatto il suo discorso.
Mi ha mentito.
Sa più di quello che mi ha detto.
Cosa nasconde Bella?
Perché dirlo a lei e non a me che sono il suo ragazzo?
Mamma mia! Sto andando in paranoia.
‘Oh amore mio … quanto vorrei essere con te in questo momento. Sono sicuro che starai piangendo, per colpa mia o di qualcos’altro, al momento non importa. Vorrei solo essere con te e stringerti tra le mie braccia. Ormai non riesco più a vivere senza la tua costante presenza al mio fianco’.
Mi ero del tutto dimenticato di Alice, che nel frattempo aveva continuato ad abbracciarmi.
“Cosa sai Alice?”.
“Oh fratellone, non preoccuparti. Non è nulla di grave. È una cosa di cui devi parlare con lei, non posso intromettermi”.
“Alice si può sapere perché sei sempre così enigmatica? Perché non mi ha detto niente?”.
“Fratellone vorrei, ma Bella mi ha detto di non intromettermi. Ti ho già detto di non preoccuparti”. Alzai gli occhi al cielo esasperato e feci gli occhi da cucciolo.
“No Edward, non ti dirò nulla. Questo sguardo funziona solo con Bella. Buonanotte!”.
E detto questo uscì dalla mia stanza, lasciandomi solo con i miei pensieri e i miei sensi di colpa.
Perché deve essere sempre così enigmatica? Quella ragazza ha un futuro da cartomante.
Ma di cosa può trattarsi?
Decisi di chiamarla. Almeno avrei potuto capire quanto è arrabbiata con me.
La chiamai due volte, ma il suo cellulare squillava sempre a vuoto.
Cazzo … Stavolta l’ho combinata davvero grossa.
Perché non sono rimasto a cena con lei? Avrei potuto capire qualcosa in più.
E adesso?
Dopo una lunga e attenta analisi, decisi di chiamare Christian, lui avrebbe saputo dirmi sicuramente qualcosa di più.
“Ciao Christian, senti … io sono un po’ preoccupato per Bella. È da un paio di giorni che è strana e oggi diceva cose senza senso, in più sto provando a chiamarla, ma il suo cellulare squilla a vuoto. Sta bene?”.
“Oh certo, sta bene. In effetti, stasera a cena era un po’ giù di morale e non ha mangiato molto, ma non so dirti di più. Mi ha solo raccontato di averti detto che non vuole più vivere con te, ma ha aggiunto che non voleva dire quello che ha detto. Era solo nervosa e che non è comunque riuscita a scusarsi con te. È da almeno mezz’ora che è nella sua stanza, si sarà sicuramente addormentata”.
“Ti prego Christian, potresti andare a controllare? Sono preoccupato. Poi si aggiunge Alice, enigmatica come sempre, che sono sicuro, sa tutto, ma non mi parla di nulla, per non tradire la fiducia di Bella, a quanto dice”.
“Ehm … in effetti, Bella è un po’ preoccupata per il college. Non ha ancora ricevuto le risposte e crede che dovrà tornare a Volterra. Scusa Edward, ma non posso dirti altro. Ti prego non avercela con me, ma non posso tradire la sua fiducia”.
Ecco un altro che mi parla di non tradire la sua fiducia.
Ancora non capisco come possa essere possibile che lei si fidi più di loro che di me. Prima non era affatto così.
Qualsiasi problema, veniva sempre a parlarne con me, sempre.
Perché tutto questo deve cambiare solo perché stiamo insieme?
Ci siamo promessi che non ci sarebbero stati più segreti tra noi, mai, e invece scopro che mi sta nascondendo ancora qualcosa. Ma cosa?
“Fiducia. Tutti venite a parlarmi di fiducia. Ciò vuol dire che lei non si fida di me? Io so tutto di lei, cazzo. Tutto. Non venite a parlarmi di fiducia. È lei a tradire la mia se non mi parla di quello che le passa per quella cazzo di testa. Come faccio a capire? Spiegamelo Christian, perché forse sono stupido e mi sono perso qualche passaggio”.
Avevo iniziato ad alterarmi, ma davvero non riuscivo a capire. “Io mi fidavo di lei e mi fido tutt’ora, nonostante questa situazione di merda. Se questo problema la fa stare così male, perché non me ne parla e cerchiamo di trovare una soluzione insieme, come abbiamo sempre fatto? Non fa altro che mentirmi e prendermi in giro. Come faccio a fidarmi di lei, se lei non si apre con me? Avanti Christian, spiegamelo”.
“Edward … hai ragione, però comprendi me e Alice. Bella ci ha fatto promettere che non ti avremo detto nulla. Vuole essere lei a parlartene. Non pensare al peggio. Non ti sta nascondendo nulla di grave”.
“Almeno dimmi cosa riguarda. Ti prego, Christian … sto impazzendo”.
“Il college. Riguarda il college. Per favore! Domani quando parlerete non dirle che te l’ho detto, d’accordo?”.
“D’accordo, grazie Christian. Scusa per quello che ti ho detto. Non volevo prendermela con te. Sono solo … nervoso!”.
“Non preoccuparti. Sta tranquillo … Buona notte!”.
“Notte”.
‘Bella crede che dovrà tornare a Volterra’.
E poi.
‘Con il college. Con il college’, continuai a ripetermi queste parole in mente.
Le ripetei quando mi feci la doccia … quando riguardai le nostre foto sul mio i – phone … quando mi misi a letto e poi mi addormentai.

Forks, Casa Cullen, 25 Settembre 2014
Quando mi svegliai il giorno dopo, quel pensiero non mi aveva ancora abbandonato.
Mi vestii di tutto punto e scesi in cucina per fare colazione, dove trovai solo mia sorella Alice che non mi perdeva di vista neanche un attimo, nonostante fosse impegnata nel preparare non so che cosa. “Buon giorno Alice. Che cosa stai combinando?”.
“Oh nulla. Sto sistemando i miei disegni. Tra due giorni dovrò andare all’accademia della moda e consegnare i miei lavori e sto scegliendo i migliori. Non vedo l’ora di cominciare. Buon giorno, comunque”, mi sorrise.
Beata lei che è di buon umore.
“Oh già! Me ne ero completamente dimenticato”.
“Chissà mai perché! Bella di qua, Bella di là. Bella ha fatto questo, Bella ha fatto quello”, rise lei prendendomi in giro.
“Alice”, sbuffai. “Non ti ci mettere anche tu, d’accordo?”.
“D’accordo, ma Edward … per favore, rilassati. Si capisce chiaramente che sei preoccupato, ma non c’è nulla di cui preoccuparsi. Te lo ripeto: E’ solo preoccupata per il college”.
“Sì certo. È solo preoccupata. Come dici tu. Lavi tu qui? Io vado a Seattle”, le risposi non credendo alle sue parole.
“Ma Edward … uffa! Sta arrivando Jasper e abbiamo delle cose da fare”, urlò lei mentre correvo fuori dalla porta.
“Sì, conosco le cose che avete da fare, sorellina. Se ritardi di cinque minuti non muore nessuno, sai? Ti voglio bene”.
“Ti voglio bene anch’io, fratello scansafatiche e non preoccuparti”, la sentii rispondermi.
Sorrisi ed entrai in macchina.
Per tutto il viaggio verso casa di Christian smisi di pensare a Bella e mi concentrai sulla guida, altrimenti sarei impazzito.
Dio! Quella ragazza ha la capacità di farmi diventare matto. In realtà, l’ha sempre avuta, anche quando eravamo solamente dei bambini.
Dopo circa una mezz’oretta a causa del traffico di quell’ora, riuscii ad arrivare alla villa in cui Christian vive.
Scesi dall’auto e feci un respiro profondo, preparandomi mentalmente a tutte le possibili notizie.
Alla porta venne, come sempre a quell’ora, la signora Bolton, poiché Dean accompagnava Christian a lavoro.
“Edward, ciao. Cerchi Bella, vero?”.
“Buon giorno signora Bolton. Sì, cerco Bella. Dov’è?”.
“E’ nello studio di Christian, con Christian”.
“Oh d’accordo”.
Mi incamminai verso lo studio, curioso di sapere come mai Christian non fosse a lavoro.
Una volta arrivato, mi avvicinai alla porta, che trovai socchiusa, per bussare e sentii ciò che mai avrei dovuto o voluto sentire.
“Ho deciso. Credo che andare via sia la soluzione migliore. In fondo hai ragione tu. Dopo che Edward mi avrà perdonato, se lo farà, troveremo un modo per stare insieme. Il problema è dirglielo. Non accetterà così facilmente, così andrò via senza dirgli niente”.
Che cosa?
Sta scherzando, vero?
Vero?
Anche Christian è del mio stesso parere, vista l’espressione che apparve sul suo volto. “Cuginetta, spero tu stia scherzando. Non puoi andare via e lasciarlo senza una spiegazione. Sai anche tu che non ti crederà e troverà ogni escamotage possibile per venire con te. Non ti lascerà andare via”.
Bella iniziò a piangere.
Avrei voluto correre da lei e abbracciarla, ma le parole che aveva appena detto mi confondevano.
Perché mai avrebbe dovuto lasciarmi?
“Lo so, ma … io non so che fare. Come faccio a guardarlo negli occhi e dirgli che partirò e non so quando tornerò?”.
E in quel momento non ci vidi più.
Le parole uscirono dalla mia bocca prima che me ne rendessi conto.
“E così hai deciso di lasciarmi … sparire senza dirmi niente?”.
Lei, al suono della mia voce, si immobilizzò, voltandosi verso di me.

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Capitolo 21
*** Chapter 21 ***


Salve a tutti! Eccomi con il nuovo capitolo della storia!

Oggi sono di poche parole, quindi vi lascio direttamente al capitolo, anche perchè non c'è molto da dire come premessa.

Un bacio e buona lettura!

Capitolo 21: Hard Decision

Pov Bella

“E così hai deciso di lasciarmi … sparire senza dirmi niente?”.
La voce di Edward mi arrivò chiara e limpida alle orecchie.
Non sapevo fosse qui e per un attimo pensai fosse frutto della mia immaginazione, ma poi, notando l’espressione che il suo viso assume sempre quando è arrabbiato, capii che era lì, davanti a me, ed era molto arrabbiato … con me.
“Allora? Parli da sola oppure devo arrabbiarmi ancora di più e farti dire la verità con la forza? Avevamo detto niente segreti e ancora una volta mi nascondi qualcosa di importante”.
Non risposi. Semplicemente presi le lettere delle due università e gliele mostrai.
“Che significa? Perché non me lo hai detto prima?”.
“Significa che non mi hanno presa e che quindi dovrò tornare a Volterra. Le lettere mi sono arrivate solamente due giorni fa”.
“Bene allora verrò con te”.
“No Edward, non voglio, non puoi. Non è giusto che lasci tutto per venire con me. Troveremo un modo”.
“NO!”, urlò. “Il modo non c’è. Saremo a più di mille chilometri di distanza e tra di noi ci sono nove ore di fuso orario. Come faremo a vederci? Sarà un’impresa titanica”, urlò fuori controllo.
“Bella, Edward ha ragione. Sarà impossibile. Spenderete un patrimonio solo per i biglietti aerei e potrete stare insieme al massimo per un giorno”, intervenne Christian.
Abbassai lo sguardo non riuscendo più a sostenere quello arrabbiato e preoccupato del mio ragazzo che, nonostante la rabbia, si precipitò ad abbracciarmi.
“Ti prego amore, ragiona. Se verrò con te, sarà tutto più semplice, potremo stare insieme e in più saremo liberi da tutti i paparazzi. Avremo una vita normale e poi tra un anno torneremo qui”.
“Edward, ma tu non capisci. Io non voglio che lasci la squadra per me. Qui hai i tuoi amici, la tua famiglia. Hai quella che è stata la vita fino ad ora, non è giusto che rinunci a tutto per colpa mia. So quanto ami il baseball”.
“Non sentirti in colpa, perché se non mi fosse importato nulla di te, di noi, ti avrei lasciata andare e non mi sarei fatto mille paranoie per quello che è successo ieri. Ti prego Bella. Io non riesco a stare lontano da te. Impazzirò”.
“Anche tu sei importante e mi mancherai, ma non posso chiederti questo. Non posso e mi dispiace, perché questi mesi sono stati i più belli della mia vita”.
“E allora non arrenderti. Vedrai ce ne saranno di altri, ancora più belli”.
Strinsi le braccia attorno alla sua vita e fui felice del fatto che, nonostante fosse arrabbiato, non mantenesse le distanze da me.
Non lo avrei mai sopportato.
Continuammo ad abbracciarci fin quando fui io a interrompere il contatto tra noi e a dire ciò che non pensavo.
“Allora è deciso, verrò con te Bells”.
“No, tu non verrai”.
“Perché?”.
“Perché non voglio che tu venga con me. Non ti voglio con me”.
Fu a quelle parole che qualcosa dentro di noi si spezzò. Potei sentire chiaramente il rumore che il mio cuore e quello di Edward fecero in contemporanea.
Nello stesso istante lui si allontanò da me e andò in panico.
“C – che significa? Perché non vuoi? Hai appena detto che ti mancherò e …”.
“Mi dispiace Edward i – io non so cosa, ma … credimi, è giusto così”.
Quando mi guardò negli occhi era rassegnato e ferito. “Hai deciso tutto tu. Hai ragione è giusto così”. Si avviò verso la porta e, una parte di me avrebbe voluto corrergli incontro e dirgli che era tutta una bugia e che volevo che venisse con me, ma non ci riuscii.
Restai immobile a guardarlo uscire e poi fermarsi per dire qualcosa.
“Ho una richiesta. L’anno prossimo … non scomodarti a fare domanda qui. Sarà più facile dimenticarti”.
Neanche a quelle parole mi risvegliai.
Mi limitai solamente ad assorbirle e a guardarlo uscire.
Non mi accorsi nemmeno che Christian mi abbracciava e che cercava di consolarmi.
“Si sistemerà tutto, vedrai. Manca ancora una lettera. Hai ancora una possibilità”.
“No, non ci sarà nessuna possibilità. Non si sistemerà niente”.


Pov Edward

“Ho una richiesta. L’anno prossimo non scomodarti a fare domanda qui. Sarà più facile dimenticarti”, mai parole furono così sbagliate.
Avrei voluto dirle altro.
Magari qualcosa come ‘Se andrai via, io impazzirò’, oppure avrei voluto inginocchiarmi davanti a lei e pregarla di portarmi con se, perché io senza di lei non riesco a stare.
Non riesco a credere che dopo anni passati ad amarla di nascosto, ora che finalmente possiamo stare insieme, lei andrà via.
Che rabbia!
Perché la vita mi sta facendo questo?
Non è giusto.
Lei è mia e deve stare con me. Solo con me.
Non può partire e tornare in quella gabbia di cretini che non hanno fatto altro che ferirla.
Ecco adesso che il mio peggiore incubo diventa realtà.
Già so che se lei partirà, la perderò e stavolta per sempre.
Mi aveva promesso che non mi avrebbe mai lasciato e invece scopro che voleva andarsene senza dirmi niente.
Ma dico io, più stupidi di così si può essere? Non so se arrabbiarmi con lei o perdonarla per averlo solamente pensato.
Dio! Sono così arrabbiato.
Con lei, con il mondo, con me stesso.
Una parte di me vorrebbe piangere e correre da lei, ma la parte dominante, quella arrabbiata, non riesce a comprendere.
Sta davvero cercando di capire ma non ci riesce.
Vorrei fare a pezzi tutto e urlarle cose orribili che le farebbero provare ciò che ho provato io quando mi ha spezzato il cuore.
Mamma mia, quanto sono diventato melodrammatico.
“Perché non voglio che tu venga con me. Non ti voglio con me”, mi ha detto meno di un’ora fa.
Non riesco a credere che Bella, in due mesi, abbia avuto la capacità di farmi diventare un emerito idiota.
‘No cretino, non è stata Bella. È stato l’amore a farti diventare così e poi cosa ti fa credere che Bella non stia soffrendo allo stesso modo? Magari la situazione pesa anche a lei e ha detto quelle parole solo per evitare di farti soffrire’.
Ecco! Ci mancava solo la voce nella mia testa. Adesso posso dire che siamo proprio al completo.
Stavolta, però, non sono d’accordo con te, cara la mia vocina.
E sai perché?
Perché la situazione non le pesa per niente, perché altrimenti me lo avrebbe detto subito e invece ha preferito, ancora una volta, tenerselo per se e tenermi all’oscuro di tutto, ignorandomi come si fa con un perfetto sconosciuto.
In tutto questo pensare, non mi sono neanche accorto di essere arrivato sotto casa mia e di essere seduto dentro questa macchina da non so quanto tempo.
Entro in casa e trovo la famiglia al completo, i miei genitori e i miei fratelli con i rispettivi consorti. Credo proprio che Christian abbia avvisato i miei genitori che, quando sono andato via da casa sua, ero sconvolto.
Dopo essere stato zitto a fissarli per un po’, decido di sdrammatizzare, perché sinceramente non ho proprio voglia di ascoltarli.
Magari domani.
No … nemmeno domani.
Voglio solamente stare da solo, finché … finché non so.
“C’è una riunione di famiglia di cui non sono stato informato?”.
A parlare fu mia madre. “Edward, tesoro. Christian ha chiamato per chiedere se eri arrivato a casa, perché era preoccupato per te. Ha detto che eri sconvolto quando sei andato via. Dove sei stato?”.
“I – io sono rimasto seduto in macchina a pensare per non so quanto tempo. Scusa mamma, ma non mi va di parlare. Sono troppo arrabbiato per pensare lucidamente”.
Alice corse ad abbracciarmi. “Fratellone mi dispiace. Sai che Bella non p –”, ma la interruppi, allontanandola.
“No Alice per favore, Bella niente. Non mi va di ascoltarti. Non mi va di ascoltare tutti voi. Lasciatemi in pace”.
“No tu mi ascolterai. Anche Bella sta male, non solo tu”.
Alzai gli occhi al cielo esasperato.
“Non m’importa. Sto male anch’io e per quel che mi riguarda, può andare dove vuole e fare quello che vuole. Ormai quello che fa non mi riguarda più. Io ho chiuso con lei. Chiaro? E che nessuno si azzardi a seguirmi. Voglio stare da solo”.
Dopo essere arrivato nella mia stanza, mi catapultai sul letto e chiusi gli occhi.

Non so dopo quanto tempo mi risvegliai.
Guardai la sveglia sul comodino e mi accorsi che erano solamente le undici di sera e che casa mia era ancora in piena attività.
Alice che correva su e giù come un’ossessa e mia madre che le diceva di calmarsi e mio padre che, insieme a Jasper, guardava una partita.
Meno male che il campionato è finito e riprenderà a novembre, perché non ho proprio voglia di andare ad allenarmi.
Non con l’umore che mi ritrovo adesso.
Uscii dalla mia stanza deciso a mettere qualcosa sotto i denti, visto e considerato che è da dodici ore esatte che non mangio, ma mia sorella mi intercettò e mi si parò davanti, iniziando ad urlarmi contro. “Si può sapere dove hai il cervello? Mi hai fatto preoccupare. Sei rimasto chiuso in quella camera per tutto il giorno. Hai idea di quanto io e la mamma siamo state preoccupate?”.
Alzai gli occhi al cielo.
Nonostante ami mia sorella tanto quando Bella, Alice non è nessuno per dirmi cosa devo fare.
Sono sicuro che il motivo della sua rabbia e preoccupazione sia dovuto al fatto che io e Bella abbiamo litigato.
Okay! Non abbiamo propriamente litigato, ma credo che per il momento sia meglio non vederci. Forse ci siamo lasciati, senza essercelo detti nemmeno apertamente.
“Alice … sorellina adorata, ascoltami attentamente. Non mi va di ascoltare ciò che Bella ti ha chiesto di dirmi. Quando e se avrò intenzione di ascoltare ciò che ha da dirmi, la chiamo e ci incontriamo. Chiaro il concetto? Adesso perché non vai di sotto, prendi il tuo fidanzato perfetto e ti togli dalle scatole?”.
La mia voce … ingannevolmente dolce. Di solito uso questo tono quando cerco di trattenere la rabbia e voglio evitare di mettermi a urlare.
Avevo, però, dimenticato chi avevo di fronte, perché Alice mi rispose a tono, come sempre.
“Eddy … caro, non avevo alcuna intenzione di parlarti di questo, anche perché, quando ho parlato con Bella, non mi ha chiesto di dirti nulla. Sono davvero preoccupata per te, come lo sono per Bella. Penso che siate entrambi dei bambini poco cresciuti che fuggono dai problemi e non li affrontano. Non mi intrometterò, anche perché non voglio litigare con mio fratello e la mia migliore amica in un colpo solo. In tutti i casi, che tu lo voglia sapere o meno, io te lo dico lo stesso. Bella tra due giorni partirà e non so quando e se tornerà. Se la ami come dici allora, prima che salga su quell’aereo, tu andrai da lei, ci parlerai e cercherai di capire il motivo della sua scelta e del perché ti ha detto quello che ti ha detto. Chiaro?”.
Tutto questo detto mentre mi puntava un dito contro e mi costringeva a indietreggiare.
Io, da parte mia, continuai a guardarla freddamente e facendo finta che quelle parole non avessero avuto alcun effetto.
“Bene … augurale buon viaggio anche da parte mia. Forse il concetto non è chiaro a te. Io non ho la minima intenzione di andare da lei”.
Alice mi abbracciò senza preavviso. “Mi dispiace che sia finita in questo modo, ma tutti si risolverà per il meglio. So che farete pace, prima o poi. So che sei arrabbiato con lei, anche lei lo è con se stessa. Buona notte, Edward”.
Tornai nella mia stanza e mi richiusi la porta alle spalle.
Il discorso di Alice mi ha fatto passare di nuovo l’appetito.
Non pensavo partisse così presto o forse … ha anticipato la partenza perché abbiamo avuto quella discussione?
Avevo voglia di correre da lei e chiederle il perché, ma la rabbia era troppa e non riuscivo ad alzarmi da quel letto.
Decisi di farmi una doccia, magari avrei scaricato un po’ di tensione e sarei anche riuscito a mettere qualcosa sotto i denti.
Entrai sotto il getto dell’acqua e proprio in quel momento i ricordi decisero di tornare a galla, così come nel pomeriggio.
La sua risata allegra risuonò nella mia testa come se lei fosse davvero qui.

“Hahahahah … oddio Edward! Ti prego smettila! N – non respiro, ti prego! Hahahahah … oh mamma!”.
Bella riuscì a sfuggire alla mia presa stritolatrice e a nascondersi nel bagno della mia stanza.
Le corsi dietro, intenzionato a darle il tormento fin quando non mi avesse detto quello che volevo sentire.
“Bella! Apri subito questa porta! Bella! Non farmi arrabbiare su … potresti pagarne le conseguenze. Amore …”.
“No, apro solo se prometti di smetterla”.
Testarda! Testarda! Più testarda di lei non c’è nessuno.
Decisi di assecondarla.
“D’accordo la smetto, ma tu prometti che mi dirai cosa ti ha chiesto Alice. Ho il presentimento che sia qualcosa che non mi piacerà”, dissi sconsolato.
Quando mia sorella e la mia ragazza si alleano c’è sempre da scappare.
Un consiglio per tutti: mai diventare il migliore amico della migliore amica di vostra sorella e poi innamorarsi di lei.
D’accordo è un ragionamento contorto, ma fidatevi se vi dico che passerete le pene dell’inferno.
Lei ricominciò a ridere, forse per il mio tono di voce, ma per fortuna allentò la presa sulla maniglia ed io potei aprire la porta.
Mi fiondai su di lei e la incastrai tra il muro e il mio corpo.
“Allora? Sto aspettando e smettila di ridere!”.
Circondò il mio collo con le braccia cercando di trattenere le risate, cosa che, però, non gli riuscì.
Ripresi, quindi, a farle il solletico sui fianchi.
“No no smettila, Eddy … ti prego”.
“Allora dimmelo. È qualcosa di brutto vero?”.
“Oh sì … è qualcosa di davvero orribile”, disse continuando a ridere.
Mi lamentai, perché continuava a prendermi in giro.
“D’accordo, te lo dico. Mi ha chiesto di lasciarti libero domani, perché ha da fare qualcosa con te”. Oddio! Oddio! Fa che non sia quello che penso.
Mi sta tornando in mente una vecchia scommessa fatta con mia sorella qualche mese fa.
“Ti prego amore, dimmi che non è quello che penso”.
“Mi dispiace Eddy, ma credo proprio riguardi quella scommessa che tu hai perso. Non chiedermi di cosa si tratta perché non ha voluto dirmelo. Conosci tua sorella, pensa che io sia troppo dolce con te”.
“Oh povero me! Amore se domani sera non dovessi tornare allora ricordati che ti amo, d’accordo?”.
“D’accordo amore, ricordati che anch’io ti amo”.
Piano, avvicinò il suo viso al mio e mi baciò.
Ricambiai il bacio, attaccandomi ai suoi fianchi per portarla il più vicino possibile al mio corpo e baciarla sempre più intensamente e portarla in un altro universo.

‘Basta Edward! Adesso smettila. Ti farai solo più male, in questo modo’.
Ah cara coscienza, mi sa che hai perfettamente ragione, ma cosa posso farci? Quella ragazza mi ha stregato e non riesco a stare senza di lei, senza il suo viso, il suo profumo e i suoi occhi, ma sono molto arrabbiato con lei e ora come ora non voglio proprio incontrarla.
Chiusi il getto dell’acqua e mi precipitai fuori dal bagno.
Un’altra ondata di ricordi m’invase la mente.
Mi sembrava di impazzire.
Ovunque guardassi … qualunque cosa guardassi, potevo sentire la sua voce o il suono della sua risata e potevo vedere i suoi occhi e il suo sorriso.
Il letto dove avevamo fatto l’amore la prima volta, la bacheca con alcune nostre foto … tutto in quella stanza mi ricordava lei … mi ricordava noi.
Una gran confusione regnava nella mia testa.
‘Credo che tu mi piaccia, ma sono così confusa’.
‘Ehm … io … mi-sono-resa-conto-che-tu-mi-piaci-molto-e-che-quindi-voglio-provarci’.
‘Ti amo, Cullen’.
‘Oh Ed, non potrei mai scherzare su una cosa del genere. Voglio fare l’amore con te, adesso’.
‘Sì … sì … sì … sì, mille volte sì. Sarà meraviglioso. Per un attimo ho pensato che volessi chiedermi di sposarmi’.
‘Uffa, ma perché riesci sempre a farmi capitolare, tu e il tuo stupido, meraviglioso sorriso. Andiamo dagli altri, che è meglio. Non voglio che ti comprometta ulteriormente, potresti lasciarci le penne’.
La sua voce … le sue parole … continuavano a rimbombarmi nella testa e non riuscivo a farle smettere.
“Basta! Basta!”, urlai. “Non ce la faccio più”.
Presi una tuta dall’armadio e uscii di casa, ignorando la voce preoccupata di mia madre che mi chiamava.
Avevo bisogno di pensare e di stare solo.
Lontano dai ricordi … lontano da lei.
Decisi di correre. La corsa mi aveva sempre aiutato a sfogarmi e a scaricare la tensione.
Poco importava che ero appena uscito dalla doccia, ne avrei fatta un’altra.
Volevo solo scappare … scappare da lei … scappare da tutte quelle voci.


Pov Bella

Seattle, Casa Swan, 27 Settembre 2014
Da quando Edward è uscito da quella porta, il tempo sembra essersi fermato. Nulla ha avuto più senso.
Ho passato tutto il pomeriggio a prendermi mentalmente a pugni per quello che gli ho detto eppure non sono riuscita a trovare una scusa per chiamarlo e costatare io stessa i danni del mio comportamento.
E lui nemmeno si è fatto sentire, ma quel comportamento non è certamente da biasimare.
‘Ho una richiesta. L’anno prossimo non scomodarti a fare domanda qui. Sarà più facile dimenticarti’. Dopo quelle parole, questo lungo silenzio può significare solamente una cosa.
Per tutto il pomeriggio e la notte (insonne) trascorsi avevo sperato di ricevere una sua chiamata, ma così non era stato e così ho deciso di anticipare la partenza.
Non ha senso restare qui e rovinare la quotidianità di tutti.
Sarebbe stato meglio se fossi andata via prima, così tutti sarebbero potuti tornare alla normalità e Edward sarebbe potuto venire da Christian liberamente, senza paura di incontrare me.
Christian e Alice hanno provato a farmi cambiare idea, così come Emmett, ma sono stata irremovibile. Se due giorni fa ero stata titubante nel cliccare “prenota” sul sito della compagnia aerea, ieri pomeriggio, dopo essermi alzata dal letto, era stata la prima cosa che avevo fatto.
Per tutto il giorno non ho fatto altro che chiedermi cosa stesse facendo Edward in quei momenti.
Se fosse arrabbiato.
Se stesse pensando a me.
Se fosse uscito con qualcuna che non fossi io.
Fu in quel momento che davanti agli occhi mi apparve il suo sorriso e mi maledii per quello che avevo pensato. Poteva essere molto arrabbiato con me, ma non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere. Le parole della sua confessione tornarono nella mia mente.
‘Sono innamorato di te, Bella. Ti amo da quando ti ho rivisto due anni fa. Non ho smesso un attimo di pensare a te’.
Fu in quel momento che decisi di chiamarlo.
Non sapevo nemmeno cosa gli avrei detto, ma avevo bisogno di sentire la sua voce.
‘Rispondi cavolo! Rispondi!’.
La sua segreteria mi informò che non era raggiungibile, cosa a cui poco credei. Molto probabilmente aveva rifiutato la mia chiamata.
Mi alzai dal letto e ripresi a preparare i bagagli.
Con tutta la calma possibile, presi i miei vestiti dall’armadio e li riposi con cura in valigia.
Non feci caso a ciò che prendevo. Non volevo lasciarmi sopraffare dalle emozioni.
Lasciai alcune cose in quella stanza perché non avevo spazio, altre perché mi sarebbero potute servire quando sarei tornata a far visita a Christian.
Quella era sempre stata la mia stanza da quando Christian si era trasferito in questa casa.
Nonostante fossimo lontani, aveva voluto il mio consiglio personale sulla casa che stava acquistando, tanto che mi aveva letteralmente costretta a volare fino a Seattle per aiutarlo nella scelta, prenotando un volo aereo senza che io sapessi nulla.
Da quando i suoi genitori sono morti in un incidente stradale, Christian si è legato ancora di più a me e ai miei genitori, che hanno trovato in lui un altro figlio e io il fratello che non ho mai avuto. Non che prima non fossimo legati, ma quella tragedia ci ha uniti ancora di più.
Christian aveva diciotto anni quando i suoi morirono e i miei genitori gli chiesero più volte di trasferirsi da noi a Volterra, dove avrebbe avuto qualcuno a cui appoggiarsi, ma lui non ne aveva voluto sapere e così Carlisle ed Esme erano stato ben contenti di aiutarlo, quando e se avesse avuto bisogno di qualcosa.
Dopo aver finito di preparare i bagagli, andai alla ricerca di mio cugino che anche oggi, per colpa mia non era andato in ufficio e quindi lavorava dal suo studio.
Nonostante non fosse d’accordo, si era preso il compito di andare a ritirare il mio biglietto aereo e di preparare tutti i miei documenti.
Entrai nel suo studio e mi sedei sulla poltrona, aspettando che terminasse la chiamata.
Alzò lo sguardo dal suo notebook e mi chiese cosa volessi.
Alla mia domanda, sbuffò.
“Ho mandato Dean a prenderlo. Se fosse stato per me, non sarei andato a prenderlo. Per quanto odi l’idea che tu te ne vada, non posso tenerti qui con la forza. Anche se non siamo figli degli stessi genitori, tu sei la mia sorellina e non voglio che vada via di nuovo. È stato bellissimo vivere con te”.
Mi alzai e girando intorno alla scrivania, lo abbracciai.
“Oh Christian … anche per me e poi per la legge tu sei mio fratello. Mamma e papà ti hanno adottato nonostante tu fossi maggiorenne, ricordi?”.
“Sì, lo so. I nostri padri erano fratelli e mio padre nel testamento aveva espresso il desiderio che tuo padre mi adottasse se un giorno gli fosse successo qualcosa”.
Gli diedi un bacio sulla guancia e mi accoccolai sul suo petto. Lui strinse le braccia intorno a me.
Mi sarebbe mancato davvero molto il conforto delle sue braccia.
“Comunque, ecco il tuo biglietto. È rimborsabile, nel caso tu decida di non partire. Stamattina ho chiamato la compagnia e mi hanno detto che se non partirai, ti faranno una specie di buono di cui potrai usufruire in un viaggio futuro”.
Aprii il biglietto e notai che non era lo stesso posto che avevo prenotato e per giunta era in prima classe.
“Christian?”.
“Mmm?”.
“Mi hai cambiato il biglietto!”.
Lui scoppiò in una fragorosa risata. “Non vorrai mica litigare perché sto coccolando la mia sorellina preferita?”.
“No … non voglio, ma non avresti dovuto. Lo sai. E comunque sono la tua sorellina preferita anche perché sono l’unica”.
Si sporse per darmi un bacio.
“Appunto … sei l’unica e quindi ti coccolo quanto mi pare. Posso permettermelo. Ora sparisci che devo lavorare, così stasera posso accompagnarti all’aeroporto”.
E per farmi apprendere meglio il concetto, mi spinse in malo modo fuori dallo studio.
“Vado vado … che modi!”.

Seduta sulla poltrona del piccolo balcone della mia stanza, guardavo l’orizzonte.
Tra le mani una lettera mandata dall’University of Washington.
La giravo e rigiravo tra le mani senza sapere cosa fare. Con le parole di quelle poche righe, si sarebbe deciso il mio destino.
Partire o restare.
Io avevo già deciso, ma se l’avessi aperta, la risposta che conteneva avrebbe potuto condizionarmi.
La signora Bolton aveva trovato la lettera fra il resto della posta consegnata quella mattina e me l’aveva subito portata.
Indecisa sul da farsi, rientrai in camera e l’appoggiai sulla scrivania.
Scesi al piano di sotto alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Ho deciso.
Non l’aprirò, tanto partirò lo stesso.
Tra due ore dovrò essere in aeroporto e tornerò dai miei genitori. Che senso ha aprire una lettera che non influirà sulla mia decisione?
“Hey Bells, che fai lì, immobile, come una mummia?”.
Sobbalzai, rischiando di far cadere il bicchiere che avevo in mano.
“Ehm … niente! Penso e nel frattempo metto qualcosa sotto i denti”.
Christian si avvicinò a me e mi prese il bicchiere, vuoto, dalle mani. “Sì vedo. Non credo che un bicchiere di latte, vuoto, possa fare molta differenza per il tuo stomaco”.
Aprì il frigorifero e prese la bottiglia del latte, versandone un po’. Prese un bicchiere anche per se e fece lo stesso.
“Ecco”, disse mentre mi ripassava il bicchiere, “adesso fa la differenza”.
Alzai gli occhi al cielo.
“Grazie … papà!”.
Ignorando deliberatamente la mia battuta, iniziò a parlare della cena.
“Aspettiamo Jo che sta già tornando da lavoro. Anche lei vuole accompagnarti all’aeroporto. Hai finito di preparare i bagagli?”.
“Sì, è tutto pronto”.
Lui annuii e chiamò Dean, chiedendogli di portare le mie valigie in auto. Al mio sguardo perplesso, rispose che era per ottimizzare il tempo.
Dopo cena, salii in camera per prendere le ultime cose.
Mi voltai a guardare la stanza e sorrisi ricordando i momenti felici che avevo vissuto qui.
Lanciai un ultimo sguardo alla scrivania e poi uscii.

Seattle, Sea – Tac Airport, 27 Settembre 2014, ore 21:00
Arrivai all’aeroporto con un’ora di anticipo, e, con mia grande sorpresa, trovai tutti ad aspettarmi.
Tutti tranne uno, ovviamente.
Alice mi corse incontro già in lacrime, così come Esme.
“Smettila di piangere Ali, non sto andando in guerra. Torno presto, promesso”.
L’abbracciai e lei fece lo stesso.
Mi voltai verso Jasper. “Jazz, mi raccomando. Comportati bene!”.
“Agli ordini capo. Comportati bene anche tu. È stato bello averti qui. Adesso sarò di nuovo costretto ad accompagnare Alice in ogni sua seduta di shopping”.
Alice gli diede uno scappellotto sul collo. “Jasper!”.
“Scherzo amore”. Mi abbracciò. “Fa buon viaggio”.
Poi si avvicinò Emmett, che mi strinse talmente tanto a se che per poco non morii soffocata. “Mi mancherai Bella. Adesso chi controllerà casa mia quando mio figlio rimarrà solo con mio fratello?”.
“Oh Emm, mi mancherai anche tu. Edward è in grado di cavarsela perfettamente. Tuo figlio pende dalle sue labbra”.
Dopo le raccomandazioni di Esme, Carlisle, Rosalie e Jo, mi diressi verso l’entrata del gate, accompagnata da Christian.
Mi voltai verso di lui e iniziai a piangere.
“Non piangere tesoro. Non è un addio. Quest’anno passerà in fretta, vedrai. Mi mancherà averti in giro per casa”.
“Anche tu mi mancherai”.
Avrei voluto aggiungere altro, ma la voce all’interfono comunicò che era giunto il momento.
“Devi andare adesso. Fa buon viaggio e chiama quando arrivi. Sai che mi preoccupo”.
“Lo farò”, mi voltai per entrare nel gate ma poi tornai da lui. “Ah Christian … ho lasciato una cosa nella mia stanza. Prometti che quando …”.
Non riuscii a terminare perché un’altra ondata di lacrime mi colpì, ma lui capii e terminò per me. “Tranquilla … quando verrà a casa mia, gli darò ciò che hai lasciato per lui”.
Mi avvicinai per dargli un ultimo abbraccio. Fu lui a scioglierlo per me, perché io non ci riuscivo.
“Avrei voluto salutarlo, ma … va bene così!”, dissi continuando a piangere.
Lui mi asciugò le lacrime e mi mise nella direzione del gate.
“Smettila di piangere. Adesso va … o perderai l’aereo. Ti voglio bene!”.
“Anch’io!”.
Ripresi a camminare e senza voltarmi indietro, m’imbarcai.

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Capitolo 22
*** Chapter 22 ***


Salve a tutti e scusate il ritardo! Ho avuto un piccolo problema con il finale del capitolo. E' venuto lunghissimo e così sono stata costretta a tagliarlo. Dopo averlo diviso, però, ero indecisa se pubblicare prima il pov Bella o il pov Edward e alla fine ho deciso per Edward.

Spero che il capitolo non risulti troppo noioso e troppo drammatico. Il capitolo racconto tutto quello che fa Edward due giorni dopo lo scorso capitolo.
Cosa combina?
Perchè rifiuta la chiamata di Bella?
Perchè non va all'aeroporto?
Tutte domande che riceveranno una risposta e spero che la risposta sia più che esaustiva.

Buona lettura. Un bacio ... Ally!!!

Capitolo 22: Just A Kiss

Pov Edward

Just a kiss on your lips in the moonlight
Just a touch of the fire burning so bright
I don’t want to mess this thing up
I don’t want to push too far …
Just a shot in the dark that you just might
Be the one I’ve been waiting for my whole life
So baby, I’m alright, with just a kiss goodnight

 
Aprii gli occhi alle note del ritornello della nostra canzone.
In realtà, non amo molto questo gruppo ma Bella ha insistito che ascoltassi le loro canzoni e alla fine mi sono appassionato anch’io.
Alla fine, Just A Kiss dei Lady Antebellum è diventata la nostra canzone.
Bella dice che è perfetta per noi e ne sono convinto anch’io.
Mai parole furono più azzeccate per noi.
Solo un bacio.
Tutto è cominciato solo per un bacio.
Tutto è cominciato grazie al mio colpo di testa quel giorno di due mesi fa.
E adesso … sono due giorni che non la vedo e sembra che mi manchi qualcosa di importante per vivere.
In effetti, Bella é questo per me … vita.
Suona un po’ melodrammatica come frase, ma io non so stare senza di lei. Non ci riuscivo da bambino, figuriamoci ora, dopo aver provato la sensazione di essere il suo ragazzo e poterla baciare quanto e quando mi pare.
In questi due giorni, nessuno dei due si è mosso per chiarire la discussione ed io, nonostante tutto, non ho la minima intenzione di fare il primo passo.
Ho saputo per caso da Alice, che tra l’altro non fa altro che piangere da stamattina, che Bella stasera partirà.
Guardai l’orologio e mi accorsi che era quasi ora.
Tra due ore sarebbe salita su un aereo che l’avrebbe portata dall’altro lato del mondo e Dio solo sa quando l’avrei rivista.
Se … l’avrei rivista.
Faremo pace?
Torneremo a essere amici come se nulla sia successo?
Ci ignoreremo a vicenda?
Risposte a cui solo il tempo avrebbe dato una risposta.
Sperai che solo la prima di queste domande avesse una risposta affermativa.
Oggi pomeriggio, ha anche provato a chiamarmi, ma io ho rifiutato la chiamata.
Per quanto mi manchi, non ho voglia di sentirla.
Richiusi gli occhi e ripresi ad ascoltare la nostra canzone.

I know that if we give this a little time
It will only bring us closer to the love we wanna find
It’s never felt so real
No it’s never felt so right


 
Riaprii gli occhi e saltai in piedi come una molla.
Solo un bacio.
Solo un bacio e poi l’avrei lasciata andare.
Mi cambiai gli abiti e, di corsa, uscii di casa.
Presi l’auto e andai all’aeroporto.
Sperai solo di non incontrare la polizia, perché stavo infrangendo tutti i limiti di velocità.
Grazie alla parlantina di Alice, sapevo esattamente a che ora sarebbe partita e quale volo avrebbe preso. Avrei solo dovuto trovare il gate. Qualcosa mi diceva che mia sorella Alice l’avesse fatto apposta.
‘Aspetta amore, aspettami’.
Fui fortunato perché il gate era uno dei primi.
Salii le scale di corsa e fu in quel momento che la vidi: stretta a Emmett, che la stritolava in uno dei suoi soliti abbracci.
Avrei voluto correre da lei e stringerla a me, ma qualcosa mi bloccava.
Nascosto dai pilastri dell’aeroporto, mi avvicinai quel tanto che bastava per ascoltare la sua voce un’ultima volta e per vederla meglio.
Quando si avvicinò all’entrata con Christian, avrei voluto correrle incontro, ne avevo una voglia matta, ma ancora una volta non riuscii a muovere le gambe. Sembravano fatte di gelatina.
Entrò nel gate e lanciando un ultimo sguardo dietro di se, si imbarcò.
Desiderai con tutto il cuore che si voltasse e tornasse indietro, ma non lo fece.
Vidi la mia famiglia uscire dall’aeroporto ed io, immobile, restai a guardare il punto in cui era sparita. Mi avvicinai alla vetrata che dava sulla pista di decollo e vidi il suo aereo partire.

No, I don’t want say goodnight
I know it’s time to leave
But you’ll be in my dreams …
Tonight … Tonight … Tonight

 
Mi tornarono in mente le parole che Bella mi disse quando ascoltammo la canzone per la prima volta.

“Bella … ma questa canzone è triste. Mi spieghi cosa ci trovi di bello?”.
Bella tolse le cuffie all’mp3 e lasciò diffondere le note nell’aria.
“Amore ascolta le parole. Non sono romanticissime?”.
L’abbracciai ridendo. “A parte che romanticissime non si può dire, vorrei che mi spiegassi perché pensi sia perfetta per noi”.
“Non lo so. Forse perché tutto è cominciato solo con un bacio”.
“Hai ragione … Just a kiss”.
Le diedi un bacio e poi lei si stese sul prato, trascinandomi con sé e iniziando a cantare il ritornello.

Just a kiss on your lips in the moonlight
Just a touch of the fire burning so bright
I don’t want to mess this thing up
I don’t want to push too far …
Just a shot in the dark that you just might
Be the one I’ve been waiting for my whole life
So baby, I’m alright, with just a kiss goodnight

 
Ritornato alla realtà, corsi al bar scoperto dall’aeroporto e alzai lo sguardo al cielo.
Solo un bacio.
Avrei voluto darle solo un bacio.
Solo un bacio per farle capire che era tutto a posto e che l’avrei aspettata.
Solo un bacio per farle capire che l’amavo.
Solo un bacio per chiederle scusa perché non avevo compreso il suo punto di vista … la sua insicurezza e la sua paura di perdermi.
Le parole della nostra canzone continuavano ad attraversarmi la mente, così come la sua voce che mi spiegava verso per verso, il loro significato.

Let’s do this right with just a kiss goodnight
With a kiss goodnight …
 
Seguii con lo sguardo il suo aereo sparire nella notte e sentii il mio cuore perdere un battito. Non l’avrei persa senza combattere. Nei giorni trascorsi ero stato un vero stupido.
Tornerà da me, a qualunque costo.
Tornai alla macchina e promisi a me stesso che il mattino dopo sarei andato da Christian e avrei parlato con lui. Sicuramente mi avrebbe spiegato la situazione, e se non l’avesse fatto, sarei andato a Volterra e mi sarei ripreso la mia donna.
A qualunque costo.

Arrivato a casa, entrai e andai direttamente in direzione della mia camera, ma stasera, la mia famiglia non è dello stesso parere.
Emmett si mise davanti alle scale nei suoi quasi due metri di altezza e fui, quindi, costretto a fermarmi.
“Non così in fretta, fratello. Adesso tu mi spieghi cosa diavolo stai combinando, perché io proprio non ti capisco. Almeno saresti potuto venire in aeroporto a salutarla”.
Avrei voluto dirgli che io in aeroporto ci ero andato, solo … non ero riuscito a salutarla, ma non lo feci.
Ascoltai con sguardo impassibile la ramanzina di uno per uno, i componenti della mia famiglia, sapendo che avevano ragione.
Quando tutti ebbero finito, mi alzai e senza dire una parola, andai nella mia stanza.
Avevano ragione. Avevano ragione eppure io ero imbambolato e non riuscivo a parlare.
Dopo un po’ di tempo, mio fratello piombò nella mia stanza e interruppe la mia interessantissima contemplazione del soffitto. Si capisce l’ironia, vero?
Depresso come sono al momento, questa è l’unica cosa che non mi fa pensare a lei. La luce della luna creava strane ombre e mi rilassava immaginare che forme avrebbero assunto.
“Edward, che ti prende?”.
Mi girai a guardarlo e, per la prima volta in due giorni, mi soffermai a guardare attentamente qualcuno.
Mio fratello non era il solito Emmett. Aveva qualcosa di diverso e il diverso era dovuto allo sguardo preoccupato che mi rivolgeva.
Non l’avevo mai visto così, non che io ricordassi almeno.
Feci per parlare, ma un gruppo in gola mi spezzò le parole. Per poco non iniziai a frignare come un bambino.
Feci un respiro profondo.
“Non lo so. Non so cosa fare. Sono arrabbiato, sono triste. Vorrei urlarle contro, vorrei abbracciarla. Sento la sua mancanza, ma non riesco a fare un passo per chiarire”.
“Sai che è partita, vero?”.
Annuii. “Lo so, ma non sono riuscito … non ci riesco. Due giorni fa, quando mi ha detto di non volermi con sé, per un attimo ho creduto che non mi volesse più … che mi avesse solamente usato e mi sono chiuso in difesa. Ho voluto ferirla come lei aveva fatto con me e forse ci sono riuscito, ma una volta fuori da quella porta, mi sono sentito a pezzi. In questi giorni ho creduto di impazzire. Forse sono impazzito davvero, perché sento continuamente la sua voce”.
“Fratello … ciò vuol dire che sei a un passo dal perdonarla. Hai mille dubbi ed è giusto così, ma forse avresti dovuto darle il beneficio del dubbio, prima di arrivare alle tue conclusioni. Ti assicuro che non sei impazzito. Senti solo la sua mancanza. Saresti potuto almeno venire in aeroporto. Avresti dovuto vedere come ti cercava … come, ogni volta che alzava lo sguardo, cercava te. Avrei voluto legarla a me e portarla qui, così da farvi chiarire, ma poi ho pensato che non avrei dovuto intromettermi”.
“Io … io non so perché non sono venuto. Non so come avrei reagito nel vederla partire”.
Non gli raccontai di esserci andato e di essere rimasto fermo a guardarla partire … a guardarla andare lontano da me.
Era una cosa solo mia … solo nostra, e sperai di riuscire a raccontarla a Bella, quando sarei andato a Volterra per riprendermela e magari di riderci su, insieme a lei.
“Capisco. Però cerca di venire a patti con te stesso prima dell’inizio del semestre e riprenditela prima che sia troppo tardi, d’accordo? Ora vado che Rose mi aspetta a casa. Buona notte”.
“Notte Emm”.

Sono passati due giorni da quando Bella è partita e ancora non sono riuscito ad andare a parlare con Christian.
Ho trascorso questi due giorni steso sul letto a fissare il soffitto e mi sono alzato solo per i miei bisogni fisiologici o per mangiare qualcosa.
Perfino Alice si è arresa.
Credo sia da ieri sera che non viene nella mia stanza a chiedermi di andare a far visita a Christian.
Sinceramente, non so perché non ci sono ancora andato. Un po’ per noia e un po’ per paura di scoprire cose che non voglio sapere.
Jasper ha addirittura provato, con un escamotage, a trascinarmi fuori da questa stanza, ma non ci è riuscito. Sono stato irremovibile e se sono riuscito a far perdere la pazienza a Jasper, la persona più paziente che conosco, vuol dire che sono diventato davvero un caso perso.
Nonostante tutto, mi sono preoccupato per lei e ho chiesto ad Alice di dirmi quando sarebbe arrivata a casa e che fosse tutto come doveva essere.

Una settimana dopo ero diventato davvero un topo di casa, perché le rare volte che sono uscito, l’ho fatto solo per buttare i sacchetti della spazzatura.
Mia madre e mio padre non ne potevano più.
Una sera mio padre mi ha anche minacciato di cacciarmi di casa se non mi fossi dato una mossa. Forse quella minaccia ebbe l’effetto dovuto, perché iniziai a uscire e pian piano ripresi la mia solita vita, ma non riuscii a sbloccarmi e ad andare da Christian.
Non che uscissi con altre ragazze, questo mai.
Primo, perché amo Bella nonostante al momento non ci sia dialogo tra noi. Secondo, perché la mia mente sta cercando una scusa per salire su un aereo e andare da lei.
Semplicemente, vado un po’ in giro e poi torno a casa.
Ho fatto anche una ricerca sulle possibilità di studio che avrei in Italia. Indirizzi simili alla mia sono quelli dell’Università di Firenze, Architettura del paesaggio e dell’Università di Pisa, Progettazione e pianificazione delle aree verdi e del paesaggio. Non avrei problemi a riprendere il mio corso di studi lì. Entrambe danno agli studenti stranieri la possibilità di riprendere il corso di studi intrapreso nel proprio paese d’origine e per me, sarebbe una buona occasione per stare con lei e fare una nuova esperienza.
Entrai in casa e chiusi la porta.
Andai in cucina, dove consegnai a mia madre gli ingredienti che mi aveva chiesto.
“Grazie Edward. Tutto bene?”.
Mi bloccai alla domanda di mia madre, poi risposi tranquillamente. “Sì mamma, tutto a meraviglia. Vado in camera, se hai bisogno …”.
Mi fece una carezza e riprese a cucinare. “Tranquillo … ti chiamo”.
Mentre salivo le scale, una strana sensazione mi attorcigliò lo stomaco.
Passai davanti la stanza di mia sorella e una voce mi bloccò.
Cazzo … quella voce!
Quella … quella è la voce di Bella.
Stavo per aprire la porta e chiedere a mia sorella quando Bella fosse tornata, ma poi mia sorella le chiese se la sentiva e vedeva bene, e allora capii che erano in video chat.
La porta della stanza di Alice era socchiusa e dallo spiffero riuscivo a vedere e sentire chiaramente il viso e la voce di Bella.
Un’ondata di nostalgia mi travolse.
‘Cavoli! Quanto mi manca!’.
Ascoltai cosa si stavano dicendo.
“Alice … per favore n –”.
“Per favore niente Bella, niente. E’ una settimana che non fai altro che rimandare questo discorso. Allora? Ti manca?”.
Trattenni il fiato.
Credevo di conoscere già la risposta, ma andai lo stesso in ansia.
“Che domande fai? Certo che mi manca … tantissimo, ma questo non cambia le cose. Per lui è finita, soprattutto dopo quello che mi hai raccontato”.
La sua voce si spezzò sull’ultima parola.
‘Oh piccola … mi manchi anche tu. Non è finita. Un attimo … che cosa le hai raccontato, Alice? Ti prego Dio, fa che non sia quello che penso, ti prego’.
“Oh Bella … io … mi dispiace per averti detto che esce e sta fuori fino a tardi, ma lui non esce con altre ragazze. Hai frainteso. Lo sai che non ti tradirebbe mai”.
Ecco, appunto.
‘Mannaggia a te e alla tua boccaccia, sorellina!’.
“Ah no? La sua ultima affermazione è stata abbastanza chiara. È ovvio che tra noi è finita e quindi è libero di fare quello che vuole”.
Mi sentii male per quello che le avevo detto.
‘No Bella, non è finita. Giuro che mi farò perdonare, presto’.
La mia coscienza si fece sentire. ‘Allora fai qualcosa, idiota. E sbrigati, anche’.
Mia sorella mi lesse nel pensiero perché le disse le mie stesse parole. “Non è finita Bella. Ma come puoi essere così ottusa?”.
“Il giorno in cui sono partita ho provato a chiamarlo, ma lui ha rifiutato la chiamata. Credi davvero che sia così stupida da non sapere che la segreteria si attivi non solo quando il telefono è in un posto in cui non c’è campo, ma anche quando sei tu stesso a rifiutare la telefonata?”.
“Non penso che tu sia stupida, Bella. Sto semplicemente dicendo che non hai pienamente compreso che mio fratello è arrabbiato e deluso e si è sentito tradito. Ha solo bisogno di tempo”.
“Ah beh … questo gli da sicuramente il diritto di uscire con altre ragazze. Facciamo che appena ne ho l’occasione, esco anche io con il primo che capita, sai come sarà felice lui quando lo saprà”.
Mi salì il sangue al cervello per quello che aveva appena detto.
Qualcuno avrebbe solo dovuto azzardarsi a toccarla e giuro che l’avrei ucciso con le mie stesse mani.
“Ma Bella … quando sei partita, era distrutto. È rimasto per giorni chiuso in casa. Anche nei due giorni dopo quella specie di discussione. Ha iniziato a uscire solo quando mio padre l’ha minacciato dicendogli che l’avrebbe cacciato di casa. Ti assicuro che non ha visto altre ragazze. Credimi”.
Trattenni di nuovo il respiro in attesa della sua risposta.
“E’ difficile, soprattutto dopo i suoi trascorsi”.
Mi accasciai sul muro. ‘Non si fida. Non si fida di me’.
E lei come se volesse rassicurarmi, spiegò meglio.
“Mi fido di lui, ma il suo passato è il suo passato. È un fatto, non posso dimenticarlo. Ho solo paura che questo silenzio significhi che non mi vuole più e che si è scocciato di me. Sono stata una stupida a dirgli quelle cose … l’ho detto con parole fraintendibili e lui ha frainteso. Quel giorno avrei voluto corrergli dietro e dirgli che non …”, s’interruppe perché iniziò a piangere. “L’ho fatto per lui … perché … perché non è giusto che lasci tutto per me, ma adesso mi manca tantissimo e non so cosa fare per farmi perdonare”, continuò a piangere.
Non avevo bisogno di sentire altro e la mia coscienza era d’accordo con me.
‘Su testone, va da Christian, parla con lui e prepara un piano per riconquistarla’.
Mi voltai e scesi di corsa le scale, urlando un “Mamma, torno presto, non preoccuparti, non aspettatemi per cena”.

Arrivato da Christian, sperai con tutto il cuore che fosse in casa, altrimenti non so cos’avrei fatto.
Suonai così insistentemente il campanello che pensai che la signora Bolton avesse chiamato la polizia.
Quando la porta si aprì, apparve Christian ed io mi bloccai.
Devo ammettere che una parte di me sperasse di non trovarlo in casa a quell’ora.
“Ciao Edward … che ci fai qui?”.
A un tratto tutta la mia sicurezza era sparita e avevo perso le parole.
“Ehm … io … io … io ho bisogno di parlarti”.
Si spostò e mi fece entrare. “Vieni con me”.
“Dove andiamo?”.
Salì al piano superiore e andò in direzione della vecchia stanza di Bella.
Dopo essere entrati, mi guardai intorno. Era tutto in ordine.
Mi accorsi che Christian mi stava osservando.
“Che facciamo qui?”.
“Prima di partire Bella mi ha chiesto di darti una cosa”.
“Come faceva a sapere che sarei venuto?”.
Lui rise. “Non lo sapeva … lo sperava e a quanto pare … ha fatto bene”.
“Sei sicuro che posso …?”.
“Tranquillo, puoi. Credo che ti abbia lasciato qualcosa sulla scrivania. Io vado di sotto. Vuoi cenare con noi?”.
Scossi la testa. “No … non ho fame”.
Christian uscì e si chiuse la porta alle spalle.
Mi voltai e iniziai a vagare per la sua stanza.
Nonostante fosse passata una settimana dalla sua partenza, il suo profumo riempiva ancora l’aria.
Mi avvicinai alla scrivania e vi trovai due buste sopra.
Una era dell’University of Washington, l’altra era per me.
Non capii la presenza dell’altra lettera, così aprii quella indirizzata a me e la lessi.
Mentre la leggevo, un solo pensiero attraversava la mia mente e compresi il perché dell’altra lettera.
‘È tutta colpa mia. Solo colpa mia. E’ partita senza aprire questa lettera solo per colpa mia. Dio! Che idiota che sono’.
Presi l’altra lettera e andai di corsa da Christian.
“Hey Edward … che succede? Sembri sconvolto”.
“Perché lo sono. Guarda qua”. Gli passai la lettera del college. “Tu ne sapevi niente?”.
Christian era scioccato, come me. “No, non lo sapevo. Pensavo non fosse arrivata. È impossibile che non l’abbia notata tra la posta”.
Fu la signora Bolton a svelare il mistero.
“Mi scusi signore, ma … ecco … sono stata io a consegnarla alla signorina Isabella. Pensavo ne avesse parlato con lei. È arrivata il giorno in cui è partita. Mi dispiace che …”.
Fu Christian a interromperla. “Non si preoccupi … Bella non ha aperto la lettera per altri motivi. Su Edward … aprila”.
Gli occhi di Christian, Jo e della signora Bolton erano tutti puntati su di me.
La lessi e poi sbiancai. “Qua dice … dice … oh mio Dio! Christian bisogna fare qualcosa. Subito. I – io … devo … devo andare a prenderla. Cazzo! È tutta colpa mia!”.
“Sta calmo Edward. Non potevi saperlo. Nessuno poteva. Non è colpa tua. Bella aveva già deciso, per questo non l’ha aperta. Torna a casa e avvisa i tuoi genitori. Prenoto un volo e …”, si illuminò per l’idea che gli era appena venuta. “Nel frattempo lasciami questa lettera. So già cosa devo fare”.
Mi precipitai a casa e avvisai tutta la mia famiglia.
Alice non stava nella pelle all’idea che sarei andato a prendere Bella e l’avrei riportata qui. Sarebbe voluta venire con me, ma riuscii a convincerla del contrario.
Le diedi, quindi, il compito di restare a casa e di continuare a comportarsi come sempre.
Bella non avrebbe dovuto sospettare nulla e sapevo già, che se Alice non si fosse fatta sentire per un giorno, avrebbe iniziato a sospettare qualcosa.

Due giorni dopo non ero ancora partito.
Non che io non volessi, sia chiaro, ma i voli erano tutti pieni.
Incredibile!
Christian era riuscito a trovare un volo per stasera che partiva da Seattle alle undici e che faceva scalo a New York e Parigi. Era riuscito a trovare un solo posto, invece di due e così lui aveva rinunciato e aveva prenotato il biglietto a mio nome.
Salii nella mia stanza per controllare che la valigia fosse a posto e la trovai completamente sconvolta. Porca miseria!
La responsabile di questo poteva essere solamente una persona.
“ALICE! CHE COS’HAI COMBINATO?”.
Mi precipitai nella sua stanza come una furia e Alice stava chiacchierando con … Bella!
Cacchio! Cacchio!
Come tutti i giorni a quell’ora era in video chat con Bella.
Porca miseria! Me ne sono completamente dimenticato.
‘Devo inventarmi assolutamente qualcosa. Non posso dirle che mi ha sconvolto la valigia. Bella capirà tutto’.
“Allora? Si può sapere? Era tutto in ordine fino a un’ora fa. Prima che uscissi con Jasper era tutto meravigliosamente come l’avevo lasciato. Perché adesso è esattamente l’opposto?”.
Lei iniziò a ridere.
“Perché volevo fartela pagare. Ti sei preso Jazz e siete andati non so dove”.
‘Pensa Edward … pensa. Inventa una scusa’.
“Oh … ma scusami se te l’ho rapito per un po’. È il mio migliore amico. E poi siamo usciti perché siamo andati a comprarti il regalo di compleanno, contenta? Tu non lo lasci mai libero”.
‘Geniale’.
Le si illuminarono gli occhi.
“Davvero? Cosa mi avete preso? Anzi … cosa mi ha preso Jazz. Il tuo non mi interessa. Dai dimmelo … ti prego”.
“Sorellina così mi offendi … posso anche riportarlo al negozio e cambiarlo con un giocattolo per Tommy. Te lo dico solo se metti tutto esattamente come prima”.
Lei sbuffò e accasciò le spalle, con fare teatrale.
“D’accordo … fammi salutare Bella e arrivo”.
Mi girai e me ne andai, come se nulla fosse.
Feci una fatica immane a ignorarla, ma volevo che la sorpresa riuscisse.
Quando Alice arrivò nella mia stanza, mi arrabbiai con lei.
“Si può sapere che cosa hai fatto? Mi hai rivoluzionato la valigia”.
“Uffa fratellino, rilassati. Ho solo aggiunto qualcosa e tolto qualcos’altro”.
Sospirai e l’abbracciai.
“D’accordo, stavolta te la lascio passare. Ma la prossima volta informami. Mi dispiace averti urlato contro, sono in ansia”.
“Tranquillo fratellino, è tutto a posto. Sarei nervoso anch’io. Vedrai che andrò tutto bene. Bella scusa quella del mio regalo di compleanno”.
M’irrigidii.
‘Cazzo’.
Non le ho detto una bugia. Io e Jazz siamo davvero andati a comprarle il regalo di compleanno.
“Visto? Sto migliorando”.
“Sì, stai migliorando. Ogni tanto fa bene saper dire le bugie”.
Mi rilassai alla sua risposta.
Prima di partire, devo ricordarmi di dirlo a Jasper, altrimenti passerà dei guai seri.

Seattle, Sea – Tac Airport, 4 ottobre 2014, ore 10:00
Dopo aver passato tutta la sera precedente a preparare mentalmente quello che avrei detto a Bella, avevo anche chiamato Renee e Charlie per avvisarli del mio arrivo. Mi ero anche raccomandato di non dire niente a Bella, perché era una sorpresa e loro si erano dimostrati disponibili ad aiutarmi, soprattutto dopo avergli spiegato per bene il mio piano.
Nei due giorni in cui avevo aspettato che un posto fosse disponibile, non ero stato comunque con le mani in mano.
Avevo ripreso la ricerca della casa per andare a vivere insieme e se tutto fosse andato come volevo, al nostro ritorno, Bella avrebbe trovato una bellissima sorpresa.
Quando sentii chiamare il mio volo, mi alzai e salutai tutti, promettendo loro che li avrei chiamati appena l’aereo avrebbe fatto scalo a New York e a Parigi.
Non vedevo l’ora di rivedere Bella.
Sono così impaziente.
Nonostante questo, ascoltai attentamente le raccomandazioni di tutti e i saluti che volevano portassi a Bella e ai suoi genitori.
“Fratellone, hai tutto quello che ti serve, vero? Non hai mica dimenticato la lettera dell’università di Washington?”.
Aprii la tasca dello zaino, controllai per l’ennesima volta, e per fortuna la lettera era lì.
Al suo posto.
“Sì, è tutto apposto. Ho tutto quello che mi serve. Mi raccomando Alice. Comportati come sempre. Se Bella dovesse chiederti di me, fai la vaga, okay? Non voglio che sospetti niente”.
Mi abbracciò. “Tranquillo. Sai che sono una maga in queste cose”.
Abbracciai mia madre. La mia dolce mammina, che come sempre, piangeva a ogni partenza e arrivo. “Mamma ti prego! Smettila di piangere. Tornerò presto e ti riporterò Bella. Parola di Edward Cullen”.
A rispondere fu mio padre, che mi abbracciò. “Tranquillo figliolo, tua madre fa sempre così. Siamo orgogliosi di te”.
Stavo per rispondergli, ma un piccolo uragano mi si attaccò alle gambe.
“Tio Eddy … tio Eddy! Plometti di dale a tia Bella il mio legalo? Ti plego, plometti”.
Mi abbassai all’altezza del mio piccolo nipotino e lo abbracciai.
“Tio Eddy, plometti. Mi manchi tio Eddy”.
Risi del modo in cui aveva detto “mi mancherai” e gli promisi che avrei consegnato il suo disegno. “Prometto Tommy. Facciamo giurin giurello, su”.
Dopo aver salutato anche Emmett e gli altri, e aver detto a Jasper di stare attento con la storia del regalo di Alice, salutai Christian, che mi fece le ultime raccomandazioni.
“Mi raccomando Edward. Sarà sicuramente triste perché sente la tua mancanza, ma quando ti vedrà, la tristezza si trasformerà in rabbia. Quindi … calma e sangue freddo e lasciala sfogare. Ma non c’è bisogno che ti faccia altre raccomandazioni, la conosci meglio di me”.
Annuii e mi voltai per entrare nel gate, ma Christian mi bloccò. “Ah un’ultima cosa … riportala da me”.
Sorrisi. “Tranquillo … sai che lo farò”.

Francia, Parigi, Charles De Gaulle Airport, 5 ottobre 2014, ore 09:00
“Sì sorellina, sono appena arrivato a Parigi. Esatto. Mi manca solo l’aereo per Roma che mi porterà poi a Pisa e siamo apposto. Credo che venga Charlie a prendermi all’aeroporto. Non lo so, adesso lo chiamo. D’accordo. Alice? Per favore, sono stanco. Ti chiamo appena sono con lui, d’accordo? Saluta tutti”.
Salutai Alice che come sempre faceva mille domande e iniziai a girare per l’aeroporto in attesa che annunciassero il mio terzo e penultimo volo.
Mi credete se dico che sono sfinito? Quanto può essere stancante un viaggio in aereo?
Mi avvicinai alla vetrata dell’aeroporto e guardai il panorama.
C’erano aerei che partivano quasi ogni minuto, ma riuscivo comunque a vedere in lontananza le luci del quartiere di Parigi che ospitava questo bellissimo aeroporto.
Ebbene sì, avete capito bene.
Sono a Parigi, la città dell’amore, anche se solo di passaggio.
Tra mezz’ora ho l’aereo che mi porterà a Roma e poi, una volta arrivato, prenderò una linea italiana che mi porterà a Pisa da Bella, finalmente. Mi sedei in sala d’aspetto e chiamai Charlie e Renee, per avvisarli che non ero molto lontano da loro.
“Pronto, Edward?”.
“Charlie sì, sono io. Volevo avvisarvi che sono appena arrivato a Parigi e che tra un paio d’ore sarò sul volo per Pisa”.
“Certo Edward. Verrò a prenderti io all’aeroporto. Allora ci vediamo lì verso mezzo giorno, d’accordo?”. “Certo, a dopo”.
Cavoli! Cavoli! Non posso crederci.
Finalmente potrò rivedere la mia Bella. Finalmente.
‘Amore sto arrivando, aspettami’.
Con quel pensiero che non mi abbandonava mai, mi avvicinai a un negozio per comprare un regalo a Renee e Charlie e anche uno a Bella. Dopo aver fatto i miei acquisti, andai in uno dei numerosi bar presenti nell’aeroporto e feci colazione.
Cacchio! Sono davvero … davvero affamato. Mangiai velocemente il mio croissant, vista la bontà e l’odore che emanava e che mi metteva una certa acquolina in bocca.
Proprio nel momento in cui mi avvicinai alla sala d’attesa, annunciarono il gate del volo e così, con il mio zaino in spalla, mi avviai. Meno male che con gli scali non bisogna ritirare i bagagli, altrimenti avrei perso l’uso di un braccio, visto il peso della mia valigia.
Una volta entrato nell’aereo, mi sedei al mio posto e dopo che l’aereo fu decollato, mi addormentai.
‘Isabella Swan … sto arrivando’.

Italia, Pisa, Aeroporto di Pisa – San Giusto, 6 ottobre 2014, ore 12:45
Uscii dall’aeroporto e sorrisi.
Finalmente!
Finalmente rivedrò Bella.
Che cosa meravigliosa! Si vede che sono felice?
“Edward! Edward! Sono qui!”. Mi voltai verso la voce che mi chiamava e vidi Charlie.
Gli corsi incontro per quanto me lo permettesse l’enorme valigia che Alice mi aveva preparato.
“Ciao Charlie, come stai? Da quanto tempo non ci vediamo”.
Lo abbracciai.
“Sto bene figliolo, sto bene. Tu piuttosto? Sei stanco? Hai fame? No perché vedi … Renee ha cucinato tanta di quella roba che neanche tra tre giorni riusciremo a smaltirla, quindi preparati”.
Risi alla sua battuta.
Renee è come mia madre. Ogni volta che arriva un ospite, cucinano sempre per un esercito.
“Oh non preoccuparti. Ho una fame da lupi. Le cose che ci hanno portato in aereo non erano molto invitanti”.
“D’accordo, allora andiamo. Così ti sistemi”.
E a quelle parole andai in panico.
C’era anche Bella a casa?
Oh Dio! Speriamo di no.
Ho bisogno di prepararmi psicologicamente all’idea che possa volermi ammazzare per come mi sono comportato.
“Ehm Charlie … c’è anche Bella?”.
Lui mi sorrise comprensivo. “No, tranquillo. Tornerà dall’università verso le quattro. Hai tutto il tempo di riposare e prepararti, ma ti avverto figliolo: è così arrabbiata, che dubito tu riesca a farla ragionare subito”.
Sbiancai. “Benissimo, grazie per l’avvertimento. Ne terrò conto”.
Charlie prese una delle mie valigie e ci dirigemmo verso la sua auto.
Appena fummo in auto chiamai a casa per avvisare che ero arrivato sano e salvo e che ero con Charlie. Per tutto il viaggio, chiacchierammo del più e del meno, senza fermarci un attimo.
Charlie era … è come un padre per me e ho sempre avuto un bel rapporto con lui.
Ci fu solo un piccolo momento di tensione, quando mi chiese di Bella e quando mi disse senza giri di parole che se l’avessi fatta soffrire, avrei smesso di essere un uomo. Quando gli dissi che quel discorso mi era già stato fatto da Christian, Emmett e mio padre, iniziò a ridere e cambiammo argomento.

Arrivati a casa Swan, la mia ansia tornò a farsi sentire.
E se Bella fosse tornata a casa prima?
E se non avesse voluto fare pace?
E se si fosse resa conto di non avermi mai amato?
E se … ‘Aaaaa Edward! Adesso basta! Scendi da questa macchina e falla finita. Fai l’uomo’.
Beh vocina, questa volta hai proprio ragione.
‘Caro … io ho sempre ragione’.
Ignorai la mia coscienza e aiutai Charlie con le mie valigie.
Entrati in casa, Renee corse subito ad abbracciarmi e iniziò con le sue numerose domande. Guardai Charlie, che mi minò un “te l’avevo detto” e sorrisi.
“Renee tranquilla. Mangerò volentieri ciò che hai preparato. Ho una fame da lupi”.
“Oh figliolo … sono contenta. Quando Bella è tornata a casa non ha mangiato molto. Era così triste la mia bambina”.
Mi sorrise continuando ad abbracciarmi.
“Tranquilla Renee … farò in modo di farla sorridere di nuovo”.

Dopo aver fatto uno spuntino ed essermi messo comodo, Charlie uscì per delle commissioni e Renee mi tempestò di domande.
Mentre stavamo parlando del piccolo Thomas, bussarono alla porta, e Renee mi mandò ad aprire, credendo fosse Charlie che aveva dimenticato le chiavi.
Così non fu.
Aprii la porta e rimasi immobile con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca spalancata.
“Mamma … ce ne hai messo di tempo ad ap –”.
Si zittì anche lei e iniziò a fissarmi.
“E – Edward … che ci fai tu qui?”.
“Ehm … sorpresa!”.
‘Idiota … qualcosa di più stupido no?’.
‘Taci coscienza. Non è il momento’.
Fu Renee la prima a parlare e a interrompere quel momento imbarazzate, arrivando dal salotto di casa.
“Edward … figliolo! Chi è alla porta?”.
Quando, poi, notò anche lei figlia, restò immobile. “Bella … tesoro … che ci fai qui … a quest’ora?”.
La figlia, però, ignorò la domanda e con freddezza e ostilità chiese: “Cosa ci fai lui qui, mamma?”, ed io mi sentii morire.

 
NOTE DELL'AUTRICE: La canzone che Edward ascolta è Just A Kiss dei Lady Antebellum (qui il link del video youtube), da cui il titolo del capitolo. Gli orari dei voli e dei fusi orari sono calcolati con precisione. Spero di non aver fatto errori di calcolo negli orari di arrivo. Non sono molto brava in matematica. La ricerca sulle università che Edward fa, è reale. Quelle due facoltà esistono davvero. Le ho cercate io personalmente, dopo aver cercato la facoltà di architettura dell'università di Washington. Edward cerca queste perchè all'University of Washington frequenta "College of built environment" che sta appunto per "Architettura del paesaggio". Il paesaggista è colui che pianifica e progetta paesaggi urbani e rurali nello spazio e nel tempo, sulla base delle caratteristiche naturali e dei valori storici e culturali del territorio. Alcuni paesaggisti, oggi, progettano anche giardini e parchi. In passato, invece, essi lavoravano per omologare meglio la struttura in costruzione con l'ambiente.

Spero di aver chiarito tutto e di non aver dimenticato nulla. Se avete altri dubbi, chiedete.

Un bacio e alla prossima!

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Capitolo 23
*** Chapter 23 ***


Salve a tutti e scusate il ritardo. Ho problemi con il computer e sto cercando di aggiustarlo da sola, visto che me ne intendo, ma questo richiede il doppio del tempo. Sto, quindi, passando tutto quello che ho sul pc in altre parti, in modo da essere sicura di non perdere nulla di prezioso.

Dopo questa piccola premessa, veniamo al capitolo. E' un pov Bella, con un piccolo pov Edward alla fine. In questo capitolo Bella gli darà qualche gatta da pelare, ma Edward saprà cavarsela. Questa è la seconda parte del capitolo scorso, a cui ho deciso di cambiare titolo, perchè credo rappresenti meglio il succo del capitolo.

Non ho altro da aggiungere, se non volete che vi "spoileri" cosa succede nel capitolo, quindi ... Buona lettura e ci leggiamo alla fine con alcune note.

Capitolo 23: Forgive Me

Pov Bella

Era passata una settimana da quando ero tornata a Volterra e di Edward ancora nessuna traccia.
Né un messaggio, né una telefonata.
Niente di niente.
Che rabbia!
Ho diritto a una spiegazione! Soprattutto dopo quello che mi ha raccontato Alice.
Chissà cosa combina.
Chissà se vede qualche altra ragazza o se ne ha vista più di una.
Dio! Sto impazzendo.
Mi manca così tanto che … Aah! Che nervi!
È uno stronzo!
Se fossi uscita io con qualcuno che non fosse lui, sarebbe venuto a prendermi con la forza senza farmi dire neanche una parola. Anzi, molto probabilmente, non sarei neanche uscita di casa, perché mi ci avrebbe chiusa dentro.
È proprio il caso di dirlo … i maschi e la loro gelosia ingiustificata.
Però … guai se noi donne osiamo mettere bocca nei loro affari. Subito si alterano e pensano che siamo gelose.
Ma noi no! Noi non possiamo pensare che loro lo sono allo stesso modo.
E la loro di gelosia? La loro che cos’è?
Ah dimenticavo … è senso di protezione.
Ma per piacere!
Però nonostante sia geloso, lo amo e mi manca. Tantissimo.
In fondo Edward, non è tanto geloso. È geloso quanto basta e poi a me piace la sua gelosia.
È divertente … quindi questo discorso, non posso proprio farlo.
Già … non posso proprio.
E adesso, mentre sono in treno per tornare a casa, mi chiedo cosa stia facendo al momento.
Se stia pensando a me o se sia uscito.
Nell’ultimo paio di giorni, ho avuto delle strane sensazioni.
Alice si comporta in modo strano.
Due giorni fa poi … ho creduto di morire quando ho visto Edward entrare nella stanza di Alice come una furia. Chissà cosa gli aveva combinato quella pazza.
Peccato, però, che lui non mi abbia proprio salutata. Mi ha completamente ignorata.
‘Forse non ti ha vista. Altrimenti l’avrebbe fatto. Non credi?’.
Boh chissà! Spero proprio sia così, perché altrimenti vuol dire che davvero è finita per sempre e che non vuole più vedermi.
In questi giorni ho sempre avuto la speranza che mi mandasse un messaggio, ma niente.
Una settimana fa, all’aeroporto, ho sperato fino alla fine di vederlo apparire, ma ancora una volta … niente.
Non è venuto.
Guardai l’ora sul cellulare per distrarmi da quei pensieri.
Sorrisi.
Giusto in tempo.
Oggi sarei dovuta arrivare a casa per le quattro, ma ci hanno avvisato che un professore era assente e quindi ho deciso di tornare a casa per l’ora di pranzo.
In questi giorni vivere in casa mia è davvero uno spasso.
Mia madre è troppo su di giri e mio padre fa di tutto per contenere la sua euforia, senza riuscirci. In più, confabulano spesso tra loro e quando chiedo cosa succede, mi rispondono sempre “nulla di importante, tesoro”.
Mah!
Non me la raccontano giusta.
Proprio per niente.
Però sono felice di vedere che la loro sintonia, con gli anni, non sia passata. Si amano ancora come se fosse il primo giorno.
Riesco a vederlo dal loro sguardo.
Chissà se anch’io e mio marito saremo così, un giorno.
Chissà se … okay! Basta pensarci.
Ricordo quando una settimana fa sono venuti a prendermi all’aeroporto.
Charlie mi ha fatto mille domande su me, su Edward e su tutto il resto.
Non lo avevo mai visto in versione poliziotto e mi ha fatto morire dal ridere con le sue strane domande. La domanda più strana e oltremodo imbarazzante, é stata “Avete litigato perché non siete stati attenti e adesso c’è un piccolo Cullen in arrivo oppure per altro?”.
Alla mia faccia eloquente, Charlie era arrossito e aveva cambiato argomento.
Come facessero a sapere che tornavo sola, era un mistero per me. Molto probabilmente li aveva avvisati Christian.
Le voci allegre di Francesca e Marco riuscirono a distrarmi.
Francesca e Marco sono due ragazzi che ho conosciuto in facoltà e che ho scoperto, vivono a Volterra, come me. Frequentiamo le stesse lezioni e ciò rende il viaggio in treno meno deprimente e solitario, visto che viaggiamo insieme.
Nonostante questo, però, spesso mi sento sola, visto che quei due stanno insieme.
Sono felice per loro, ma spesso mi assale la malinconia e inizio a pensare a come sarebbe se ci fosse anche Edward con me.
Oltre a loro due, che conosco da poco, pochi dei miei vecchi amici sono rimasti qui e non vado d’accordo con tutti. Soprattutto per quello che è successo qualche mese fa.
“Bella a che pensi? Stavi sorridendo, finalmente”.
“Oh nulla Effe! Pensavo ad Alice. Tra due settimane sarà il suo compleanno ed io non ci sarò. Di nuovo. Le avevo promesso di esserci”.
 “Tranquilla. Puoi sempre farle una sorpresa, no? Sei sicura che sia solo Alice il problema?”.
Capii a cosa, o meglio a chi si riferiva.
“No, non è solo lei. Mi chiedo cosa accadrà tra me e Edward e non voglio che a pagarne le conseguenze sia la nostra famiglia. È vero, non siamo parenti stretti, ma non importa. I nostri genitori si conoscono da quando erano bambini e beh sai …”.
Francesca mi abbracciò.
“Capisco, ma sono convinta che per quel giorno avrete già fatto pace”.
“Lo spero, perché mi manca tantissimo”.
Marco, come sempre, sdrammatizzò. “Su ragazzuole … smettetela di frignare e prendete i vostri zaini. La prossima fermata è la nostra”.

Dopo essere scesi, facemmo un piccolo tratto di strada insieme e poi ci separammo. La mia casa era poco distante dalla stazione, così ci misi poco ad arrivare.
Salutai il portiere del mio palazzo e salii a casa.
Dovetti aspettare un bel po’ prima che mia madre venisse ad aprirmi, perché come il solito quando era a casa, mia madre era impegnata in qualcosa.
Incredibile come trovasse sempre qualcosa da fare, anche quando avrebbe potuto rilassarsi.
Chissà cosa stava combinando.
“Mamma … ce ne hai messo di tempo ad ap –”, ma mi zittii all’istante, perché la persona che venne ad aprirmi non era mia madre ma … “E – Edward … che ci fai tu qui?”.
“Ehm … sorpresa!”.
Una parte di me, nel vederlo lì, immobile, con gli occhi spalancati, davanti a me, avrebbe voluto corrergli incontro, ma l’altra, quella dominante, mise da parte il senso di vuoto che avevo sentito e la rabbia occupò il suo posto.
Eh no Cullen!
Decisamente no.
Non mi frega che hai preso un aereo e sei venuto qua … non mi frega che mi hai fatto una sorpresa e che ti sono mancata … non mi frega che mi sei mancato da impazzire. Non puoi presentarti qui dopo una settimana di silenzio e con quel sorriso da sballo e dirmi semplicemente “sorpresa”.
Non puoi.
Non dopo quello che mi hai detto.
Fu mia madre la prima a parlare e a interrompere quel momento imbarazzate, arrivando dal salotto di casa.
“Edward … figliolo! Chi è alla porta?”, chiese. Quando, poi, mi notò, restò immobile. “Bella … tesoro … che ci fai qui … a quest’ora?”.
“Cosa ci fai lui qui, mamma?”, dissi fulminandolo con lo sguardo.
“Tesoro non essere arrabbiata con lui. In questi giorni non si è fatto sentire perché voleva farti una sorpresa. In realtà …”.
“No mamma, non parlare e non iniziare a difenderlo, d’accordo?”.
“Bella … non lo sto difendendo, sto semplicemente cercando di farti capire come stanno le cose”.
“Non credi che voglia sentirle direttamente da lui queste cose?”, urlai.
“Renee, Bella ha ragione, insomma … io … Bella, possiamo parlare?”.
“Se proprio dobbiamo! Pensavo ci fossimo detti tutto una settimana fa”.
“Per favore … è importante”, m’implorò.
Spostai lo sguardo dal suo e gli indicai di seguirmi.
Quando fummo arrivati nella mia stanza, si chiuse la porta alle spalle e iniziò a fissarmi. Lo fissai di rimando per un po’, pensando a quanto mi fosse mancato, ma la rabbia prese il sopravvento.
“Allora? Cosa c’è di così importante da dire?”.
“Mi sei mancata tantissimo. Tu non immagini nemmeno quanto. Non arrabbiarti con i tuoi genitori. Gli ho chiesto io di non dirti niente. Volevo che fosse una sorpresa, ma …”.
“Eh no! Non mi interessano le tue scuse. Non ho voglia di sapere se ti sono mancata e quanto ti sono mancata. Non mi interessa che avrebbe dovuto essere una sorpresa. Non mi frega che hai preso un aereo e sei venuto qua … non mi frega che mi hai fatto una sorpresa e che ti sono mancata … non mi frega che mi sei mancato da impazzire. Non puoi presentarti qui dopo una settimana di silenzio e con quel sorriso da sballo e dirmi semplicemente ‘sorpresa’. Saresti potuto venire in aeroporto a salutarmi, oppure avresti potuto chiamarmi e invece non l’hai fatto. Credi davvero che sia così stupida da non sapere cos’hai fatto in questi giorni? Credi che Alice non mi abbia raccontato nulla?”.
Lui abbassò la testa colpevole e poi alle mie ultime parole la rialzò, sicuramente per negare ciò che invece aveva fatto.
“Non è come pensi. Non sono uscito con altre ragazze. Andavo in qualche bar o a fare una passeggiata nel parco vicino a casa e pensavo a te … a noi. E vuoi sapere una cosa? Sai quante ragazze ci hanno provato vedendomi di nuovo solo? Almeno un paio a sera. E sai io cosa ho risposto? Ho risposto no. Avrei tranquillamente potuto smettere di pensare a te e andare con chi mi pareva. In fondo sei stata tu a lasciarmi e ad andare via, quindi perché stare male per qualcuno che non ti vuole più. E invece non l’ho fatto perché ti amo, okay? Non puoi essere arrabbiata con me perché ho avuto bisogno di tempo per pensare. E sai qual è stata la mia conclusione? Che sei una stupida. Hai deciso tutto da sola e non ha interpellato nessuno. Né me, né Christian, né Alice. Nessuno. Cos’avrei dovuto fare, secondo te? Come ti saresti sentita tu, al mio posto, se io ti avessi imposto la decisione di partire e lasciarti qui. Continua ad essere arrabbiata con me quanto vuoi, ma sappi che non sei l’unica ad essere tremendamente arrabbiata, okay?”.
Sapevo che aveva ragione, ma la rabbia non riusciva ad andarsene. In questi giorni avevo creduto davvero che fosse tornato alle vecchie abitudini, soprattutto perché mi aveva ignorato completamente, anche quel giorno … in camera di Alice.
“Beh … sai cosa? Non ti credo, d’accordo? Io in questi giorni non me ne sono andata in giro fino a sera tardi, anzi a dirla tutta, non sono proprio uscita. A me risulta che tu abbia fatto il contrario, invece”. Sapevo che quelle parole lo avrebbero ferito e infatti … “Mi ferisce che la pensi in questo modo. Credi quello che vuoi, ma lascia che ti dica una cosa. Se non mi fosse importato nulla di te, adesso non sarei qui a cercare di risolvere questa situazione di merda, che non ho nemmeno creato io. Perché hai fatto tutto da sola. Se me ne avessi parlato, ora non starei qui a doverti implorare di credere alle mie parole e a chiederti fiducia. Perché questo mi dimostra, che ancora una volta, tu non ti fidi di me. Alice ha l’abitudine di parlare tanto, ma l’ha fatto con le migliori intenzioni del mondo, ma tu hai frainteso tutto. Come sempre, del resto. E sai cosa ti dico? Che io ho le idee chiare su quello che provo per te e su quello che potrei lasciare per te. Tu no! Tu non sai cosa vuoi … altrimenti non saremmo in questa situazione a discutere di tutta questa storia … altrimenti non saresti scappata alla prima difficoltà. Quindi … quando avrai le idee più chiare, fammi un fischio. Ero venuto qui per parlarti di una cosa importante, ma vedo che, forse, non ne vale la pena”.
Si voltò e senza guardarmi, uscì dalla mia stanza, sbattendo la porta dietro di se.
Aaah … Che nervi!
Lo odio!
Dio … che rabbia!
Mi lasciai cadere sul letto e chiusi gli occhi.
Perché sono arrabbiata così tanto con lui?
In fondo ha ragione.
Ho fatto tutto da sola. Ho imposto a tutti la mia decisione.
‘Sono proprio una stupida’.
Ma allora perché non riesco a calmarmi e a dirgli come mi sono sentita?
Controvoglia, mi alzai dal letto e andai a pranzare. Non avevo per niente fame, ma visto che non avevo mangiato per giorni, era il caso che mettessi qualcosa nello stomaco, altrimenti, mia madre mi avrebbe scuoiata viva.
Mi sedei a tavola senza parlare e iniziai a mangiare.
Le uniche voci che riempivano la stanza erano di mio padre e Edward.
Visto che non si vedevano da molto tempo, Charlie volle essere aggiornato sul campionato di baseball e soprattutto sui Mariners e Edward, quindi, dovette fargli un riassunto dettagliato della partita che li aveva portati alla vittoria per il secondo anno consecutivo.
Spesso mia madre li interrompeva, giusto il tempo di chiedere a Edward cosa volesse e poi i due riprendevano a parlare come se niente fosse.
“Bella perché non parli a Edward dell’Università di Pisa? Sono sicuro sarebbe molto interessato ad ascoltarti”.
A quella domanda, alzai la testa di scatto.
Il mio carattere burbero e orgoglioso, a volte anche un po’ acido, tornò a fare bella mostra di se.
“Sono sicura che a Edward non interessi, papà. Uno che frequenta un college così importante, perché dovrebbe essere interessato alla mia università?”.
Spostai lo sguardo su Edward, dopo aver guardato mio padre, è quello che vidi fu ancora una volta uno sguardo ferito. Il sorriso che gli aveva illuminato il volto quando aveva iniziato a parlare della sua squadra era scomparso.
“Adesso basta signorina. Credo che tu stia esagerando. Smettila di comportarti da lattante e smettila di ferire Edward con le tue parole. Se proprio vuoi saperlo, Edward non è venuto qui solo per te. Si è fatto quasi ventiquattro ore di aereo e due scali per parlare con te e non solo. E tu ti sei chiesta se ci fosse altro? No, non l’hai fatto. Se fossi in lui, me ne sarei già tornato a casa e non avrei provato per niente a parlarti. Non pensavo che tu potessi deludermi così tanto”.
“Charlie … davvero! Non importa. Forse non è il caso che gli parli di queste notizie, se non le importa più di me. E poi mi merito tutto ciò che pensa. Troverò un modo per farmi perdonare”.
Fui sorpresa dalle parole che Edward rivolse a mio padre.
Si sentiva in colpa.
Ancora una volta si sentiva responsabile, quando poi la colpa in questo caso era solamente mia.
E poi cos’è la storia di questa notizia che Edward ha da darmi?
‘Ero venuto qua per parlarti di una cosa importante, ma vedo che, forse, non ne vale la pena’. Le sue parole di poco prima mi tornarono in mente.
Cavoli!
Perché non ci ho fatto caso prima?
Cosa deve dirmi di così importante?
Lo squillare insistente di un telefonino mi riportò alla realtà e vidi Edward alzarsi e lasciare la stanza. Chi è?
Perché non ha risposto qui?
Cosa nasconde?
Scusandomi con i miei genitori, lo seguii di nascosto e lo vidi dirigersi nella stanza che mia madre gli aveva preparato e, restando sulla soglia, ascoltai la sua conversazione.
“No Kate, non l’ho ancora fatto”.
Kate? Chi è Kate?
Meno male che ha detto no a tutte.
E cosa non ha ancora fatto?
Giuro che lo ammazzo con le mie stesse mani!
“Non ne ho avuto la possibilità e poi sai anche tu che voglio sia una sorpresa e voglio che sia tutto perfetto. Voglio prima aver fatto pace con lei”.
Quale sorpresa?
E se deve farmi una sorpresa, perché chiedere a un’altra ragazza?
“Senti Kate … è stato Christian a mettermi in contatto con te. Se lui si fida di te e del tuo buon gusto, allora mi fido anch’io. L’importante è che ci sia quello che ti ho chiesto”.
Cosa c’entra Christian?
“Sì, deve essere tutto pronto per quando torno. No! Non lo so ancora. Che cosa posso farci se Bella appena mi ha visto, ha iniziato a urlarmi contro? Tu non la conosci. La mia ragazza è un vero vulcano di energia”.
Trattenni il fiato.
La mia ragazza?
‘Mi considera ancora la sua ragazza. Oh … amore’.
“Ma perché giri il coltello nella piaga? Mi ha urlato contro proprio perché mi ama. No … non è un ragionamento contorto. Ti dico che è così. E poi non è la mia ex ragazza. Non è finita. Abbiamo solo avuto una discussione e adesso sto cercando di risolvere. D’accordo, adesso ti saluto. Sì … ascolta Alice, ma non troppo. Il suo stile è troppo colorato e a Bella piacciono le cose semplici. Hahahahah … sì, è l’opposto di mia sorella. D’accordo! Ah … dopo fammi chiamare da Christian. Ciao”.
Restai immobile accanto alla porta e non mi accorsi che Edward era uscito e mi stava fissando.
“Che fai? Mi spii?”, disse freddamente.
Io ignorai la sua domanda e ne feci un’altra.
“Chi è Kate?”, dissi assumendo un’espressione inquisitoria.
La sua espressione si rilassò un po’ e sorrise. “Lo sai che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda? Questo, quindi, mi fa capire che mi hai spiato e che non ti fidi di me”.
“Io mi fido, ma voglio sapere chi è questa Kate!”.
“No, mi dispiace. Non ti dirò nulla e ora scusami … ho da fare!”.
Gli corsi dietro e cercai di fermarlo perché stava prendendo la giacca e uscendo di casa.
“EDWARD … DOVE DIAVOLO VAI?”, gli urlai, ma lui fece finta di niente. “STO PARLANDO CON TE”.
A quel punto si voltò e mi freddò con le sue parole. “Mi sembra che non ti riguardi più quello che faccio. Questo l’hai detto tu” e uscì, lasciandomi sola.
Era da non so quanto tempo che ero stesa sul mio letto e stavo aspettando il ritorno di Edward per parlargli e chiedergli scusa, possibilmente senza urlargli di nuovo conto, eppure … eppure ero anche terrorizzata all’idea di ciò che aveva da dirmi.
Ero terrorizzata all’idea che non mi avesse parlato di Kate perché non mi considerava più niente per lui, eppure … le parole che gli aveva rivolto … il modo in cui mi aveva definita, tutto lasciava capire che quella donna … ragazza fosse una semplice conoscente che stava semplicemente aiutando il mio ragazzo a organizzare qualcosa.
Il mio ragazzo … posso ancora definirlo in questo modo?
Posso … ‘Puoi … puoi … certo che puoi, Bella’.
Ho deciso!
Quando torna, gli dirò che lo amo e che farò di tutto per farmi perdonare.
Perché non è lui quello che deve sentirsi in colpa.
Perché non è lui quello che ha fatto errori su errori e non gli darò il tempo di dire nulla … perché tutto questo lo farò appena aprirà la porta ed io gli correrò incontro.
Tutta la mia buona fede, però, andò a farsi benedire, quando passarono minuti … minuti e ancora minuti.
Morivo dalla voglia di sapere cosa avesse da fare e chi fosse quella Kate.
Perché non mi aveva mai parlato di quest’amica?
Da quanto la conosceva?
Cos’era per lui?
‘Forse … forse stai diventando troppo paranoica’.
Già, sarà sicuramente così.
So che Edward era sincero stamattina, mentre mi diceva di non essere uscito con nessun’altra in questi giorni. L’ho letto nei suoi occhi, che non abbandonavano mai i miei.
Eppure … la parte più pessimista di me, mi diceva di non credere a quelle parole … mi diceva che avevo già sofferto abbastanza per colpa della mia infinita fiducia nei suoi confronti.
La mia unica distrazione fu la chiamata che ricevetti da Marco, che mi chiedeva di vederci a casa mia perché aveva un consiglio da chiedermi.
Disse che doveva parlarmi di Francesca e aveva bisogno di un consiglio per un regalo.
Accettai volentieri e dopo circa una decina di minuti, eccolo suonare impaziente al mio campanello.
Chissà cosa doveva chiedermi.
Spostai in un angolo remoto della mente il pensiero di Edward e della sua uscita improvvisa e accolsi Marco con il mio migliore sorriso, curiosa di sapere cosa aveva intenzione di regalare alla sua amata.
Dopo esserci scambiati un abbraccio e avergli offerto qualcosa, andammo in salotto e gli chiesi subito cosa voleva sapere.
“Come hai visto Francy in questi giorni? Ti ha parlato di un mio strano comportamento, per caso?”. La sua domanda mi lasciò interdetta.
Non sapevo cosa rispondere.
In effetti, Francesca mi aveva accennato qualcosa ieri, ma poi aveva lasciato cadere l’argomento con l’arrivo in mensa di Marco.
Decisi, allora, di indagare, prima di dire o meno al verità.
“Perché me lo chiedi? È successo qualcosa? Avete litigato?”.
“No, non abbiamo litigato … è solo che … ecco … ti prego! Dimmi se ti ha raccontato qualcosa”. Sospirai rumorosamente e poi optai per la verità.
“Sì, mi ha detto qualcosa, ma poi abbiamo smesso di parlarne perché le ho detto che stavi arrivando. Marco … ti prego! Dimmi cos’è successo!”.
“Io … io … ehm … ho un problema e non so come risolverlo ed è per questo che ho bisogno del tuo aiuto. Tu sei una ragazza, quindi puoi aiutarmi. Di solito chiedo consiglio a mia sorella più grande, ma adesso lei è in ansia per la laurea e non voglio appesantirla anche con i miei problemi. È per questo che sono strano. Solo … prometti di … di non pensare male”.
Prima di promettere lo guardai a fondo e capii che era sincero.
“D’accordo, accetto. Basta che non devo ammazzare o baciare nessuno”.
“Smettila di prendermi in giro. Non bevi baciarmi, non preoccuparti. Continuerai a baciare solo ed esclusivamente il tuo Edward. A tal proposito, mi racconti cosa vi siete detti oggi?”.
“Lo spero … dimmi prima il tuo problema, poi ti racconterò tutto”.
Mi raccontò tutto dall’inizio.
Mi disse che suo padre era stato trasferito a Bologna e che lui sarebbe dovuto andare con loro. Però, gli avevano detto che se la sua ragazza e i suoi genitori avessero voluto, Francesca sarebbe potuto andare con loro.
In tutti i casi, non avrebbero vissuto con i genitori di lui, ma nel campus organizzato dall’università per gli studenti fuori sede.
“Oh beh! Se era questo quello che dovevi dirmi, avresti potuto farlo anche senza tutti quei giri di parole. Sei sicuro che possiate cambiare sede di università senza dover rifare il test?”.
“Sì, ho chiesto in segreteria e hanno detto che possiamo farlo. L’importante è che il cambio avvenga prima dell’inizio delle sessioni d’esame. Spero che Francy accetti”.
“D’accordo, mi hai parlato del tuo problema, ma non capisco perché hai bisogno di me”, gli chiesi perplessa.
“Ho bisogno di te perché voglio fare una prova”.
“Che tipo di prova?”.
“Fingeremo che tu sia lei e dovrai reagire e rispondere nel modo in cui, secondo te, la mia ragazza risponderà”.
“D’accordo, nessun problema. Iniziamo quando vuoi”.
Provammo per quasi tutto il pomeriggio e le prove furono, come dire … abbastanza divertenti.
Marco era serissimo, ma io non riuscivo a trattenere le risate se lo guardavo negli occhi.
Quelle risate mi fecero dimenticare per un attimo Edward e i nostri litigi.
“Bella … smettila! Sei impossibile. Finiscila!”, urlò spazientito Marco.
“Hahahahah … d’accordo, d’accordo. La smetto. Faccio la seria. Promesso”.
“D’accordo, riproviamo. Dopo averle chiesto se possiamo vederci e esserci incontrati, vado dritto al punto”.
“Esatto. Adesso dì la tua battuta, su”, risi.
“Amore … devo dirti una cosa. È da un po’ di tempo che … che ti tengo nascosta una cosa, ma adesso è giunto il momento di parlartene”. Fece una pausa ed io stavo per iniziare a ridere di nuovo guardando la sua faccia seria e concentrata, ma una sua occhiataccia mi bloccò. “I miei devono trasferirsi e vogliono che io vada con loro”.
Feci per interromperlo, ma lui mi bloccò. “No, aspetta. Non è come pensi. Voglio che tu venga con me. Mi sono già informato. So che se dirai sì, dovranno acconsentire anche i tuoi genitori, ma … ecco! Finalmente te l’ho detto e mi sento più leggero. Non riuscivo più a guardarti negli occhi e a fare finta di niente”.
“Io … io non so che dire e … Hahahahah! Scusa … scusa … scusa! Non ci riesco”.
“Sei impossibile! Smettila!”.
Iniziammo a prenderci in giro, fin quando una voce ci bloccò.
“Continuate … continuate pure. Comunque … volevo solo dirti che sono tornato, visto che in casa ci sei solo tu”.
Io restai immobile.
Marco, invece, si alzò dal divano e gli si avvicinò, salutandolo come se nulla fosse.
“Ciao! Io sono Marco. Tu sei Edward, giusto? Piacere di conoscerti”.
“Il piacere è tutto mio … ora scusatemi! Vado di là a disfare i bagagli”.
Mi alzai e gli corsi dietro.
“Edward … non è come credi. Lo stavo solo aiutando. Io …”.
“Tu cosa Bella … tu cosa?”.
Gli presi il braccio per trattenerlo, ma lui si spostò bruscamente.
“N – non è come credi, davvero. Non fare così. Io …”.
“A me sembra di non star facendo nulla, Bella. Fai sempre tutto tu. Ora scusami, ma vorrei disfare i bagagli. Lasciami solo”.
E detto questo entrò in camera e si chiuse la porta alle spalle, lasciandomi, lì, immobile, davanti a quella porta.

Appena chiuse la porta della sua stanza, Marco mi raggiunse.
“Ho fatto o detto qualcosa di sbagliato?”.
“No, tranquillo. Tu non hai fatto nulla. Edward ce l’ha con me, non con te”.
“Comunque, so che non ti interesserà il mio parere estetico su di lui, ma … il tuo Edward è molto carino. Ci credo che tutte le fan dei Mariners siano invaghite di lui”, ammiccò lui.
A quelle parole, invece, lo fulminai con lo sguardo.
“Se volevi alleggerire l’atmosfera, sappi che non ci sei riuscito. Faccio di tutto per dimenticare le sue fan urlanti”.
“D’accordo, scusa. Non volevo farti arrabbiare. Forse sarebbe il caso che io vada, così potrete chiarirvi. Credo che la mia presenza sia di troppo. Se anche non vorrà ascoltarti, scrivigli la verità su un foglio e infilalo sotto la porta. Io l’ho fatto con Francy una volta ed ha funzionato”.
“Dici che funzionerà? Perché voglio far pace con lui entro stasera. Prima che tu mi telefonassi, lo stavo aspettando per chiedergli scusa, ma adesso … spero che …”.
“Tranquilla, ti ascolterà. E anche se non lo facesse, tu diglielo fino allo sfinimento. Adesso vado a risolvere il mio problema. Augurami buona fortuna”.
Lo abbracciai.
“In bocca al lupo Emme, ma sono sicura che andrà tutto bene”.
Rise del soprannome che gli avevo dato e mi rispose con il mio.
“In bocca al lupo, Bi. Ci sentiamo più tardi”.
Dopo aver accompagnato Marco alla porta, andai nella mia stanza e attuai il mio piano.
“A noi due … Cullen. Che vinca il migliore”.


Pov Edward

Entrai nella mia stanza e mi chiusi la porta alle spalle.
Sono così nervoso!
Cavoli! Quell’essere senza nome … ah no, aspetta, ce l’ha un nome, si è presentato … quindi ricominciamo daccapo.
Cavoli! Quel Marco stava toccando la mia ragazza!
‘Cullen … che sarà mai! Sono amici e lei lo stava aiutando in qualcosa che riguarda la sua ragazza. Non ti stava mica tradendo?’.
Non me ne importa un fico secco che non mi stava tradendo.
Quel coglione la stava toccando e lei non si tocca.
Dio! Sto diventando troppo paranoico.
In fondo non stavano facendo nulla di male.
Lei lo stava semplicemente aiutando ed io … io … io sono così arrabbiato.
Risi.
Bella credeva che io credessi che lui le avesse chiesto di andare a vivere con lui.
Lei, però, non sapeva che avevo sentito quasi tutto quello che si erano detti e io, sadico come sono, ho deciso che glielo lascerò credere.
Lei pensa che me la sia presa per questo, invece sono solo stanco e geloso.
Quello che non sa è che l’ho già perdonata per le cose che mi ha detto oggi.
Quello che non sa è che, per un po’, la farò cuocere nel suo brodo.
Mi avvicinai alla porta e li sentii parlare.
Bene … bene … bene.
Da questo momento metterò in atto il mio piano.


NOTE DELL'AUTRICE: Per il trasferimento di Marco e Francesca in un'altra università, non so se sia giusto quello che ho scritto, anche perchè, anch'io sono entrata in una facoltà a numero chiuso, ma non ho mai cambiato, quindi non so quanto sia fattibile. Lo stesso vale per i trasporti che Bella, Marco e Francesca usano. Non so quale sia il modo degli studenti toscani di spostarsi da una città all'altra e quindi ho usato la mia esperienza personale e non so quanto sia distante Volterra da Pisa.

Per il prossimo capitolo ... spero di averlo corretto per questo sabato, altrimenti lo pubblicherò nei giorni successivi.
Un bacio!

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Capitolo 24
*** Chapter 24 ***


Salve a tutti e scusate l'enorme ritardo per questo nuovo capitolo. Sono davvero ... davvero dispiaciuta. Mi dispiace non aver pubblicato prima, ma ho avuto e ho tante cose da fare e poi il capitolo non si corregge e scriva da solo, quindi capite?

Spero che non abbiate perso interesse per la storia che è quasi giunta al termine. Credo manchino 4 o al massimo 5 capitoli compreso l'epilogo.

Adesso vi lascia al nuovo capitolo che è tutto un Pov Edward!

Capitolo 24: Come Back To Seattle With Me?

Pov Edward

Trascorsi quasi tutto il pomeriggio a organizzare il mio piano.
Di solito, ogni volta che litigavamo, andavo sempre dietro a Bella come un cagnolino.
Stavolta, invece, le cose sarebbero andate in maniera diversa.
Sarebbe stata dura, perché sicuramente avrebbe fatto di tutto per parlarmi ed io avrei rischiato di riderle in faccia e quindi di farmi scoprire, ma ci avrei provato.
È dura fingersi arrabbiati quando non lo si è più. Sperai con tutto il cuore di riuscirci.
Uscii dalla stanza dopo aver sistemato i miei bagagli e aver nascosto le cose che avevo per Bella in un posto sicuro.
Non volevo che, per nessun motivo, le trovasse. Volevo gustarmi la sorpresa sul suo volto.

Mentre mi dirigevo in cucina, il mio cellulare squillò.
Risposi.
“Hey Edward! Avete fatto pace tu e la mia cognatina preferita?”.
“No Emmett, non ancora”.
“Edward … dimmi cosa ci sei andato a fare a Volterra se non ci hai fatto ancora pace”.
Sbuffai.
“Emmett … non posso farci nulla se Bella è arrabbiata e non fa altro che urlarmi contro da quando mi ha visto oggi a pranzo”.
“D’accordo, hai ragione … devo darti atto di questo. Mio figlio, però, vuole sapere se hai consegnato il regalo. A – aspetta … te lo passo! È così impaziente”.
Sorrisi all’idea di sentire la voce del mio piccoletto.
“Tio Eddy … tio Eddy! Tei allivato? Potto pallale con tia Bella?”.
“Sì cucciolo, sono arrivato, però non gli ho ancora dato il tuo regalo e quindi non puoi parlare con lei, altrimenti roviniamo la sorpresa”.
“Ma … tio Eddy! Avevi plomesso, uffa! Ti plego tio, ti plego”.
“Tranquillo Tommy, glielo darò stasera prima di andare a dormire, d’accordo?”.
‘O almeno spero’, ma questo lo tenni per me.
“Va bene … potto chiamalti domani? Mi manchi tanto tio!”.
Mi commossi a quelle parole.
Quanto adoro il mio piccolo.
“Oh tesoro … mi manchi tanto anche tu e certo che puoi chiamarmi domani”.
Nel frattempo, mi ero avvicinato al frigo per prendere un bicchiere d’acqua e notai che Bella era uscita dalla sua stanza e, che molto probabilmente, aveva sentito l’ultima parte della mia conversazione. Così, decisi di farla ingelosire un po’.
“Edward … mi raccomando! Fa come ti dice mio figlio, perché non so più come calmarlo. Dì a Bella di chiamarlo, così si mette l’anima in pace. Ci sentiamo domani, ti voglio bene fratellino”.
Sorrisi.
“Certo, lo farò. A domani e ti voglio bene anch’io”.
Misi il telefono in tasca e mi voltai verso di lei, che mi stava osservando, facendo finta di niente.
“Ciao … non ti avevo sentita arrivare. Ero impegnato in una conversazione importante”.
“Ho sentito. Chi è che ti manca così tanto? Senti … parlando di quello che hai sentito prima … non è come pensi”.
“Tranquilla, io non penso niente. So già quello che devo sapere e … mi basta, te lo assicuro. Appena avrò finito quello che ho da fare qui, tornerò a Seattle e riprenderò la mia vita. Non era questo che volevi?”, dissi, ignorando la sua domanda.
Si avvicinò.
“Edward … perché non la smettiamo con tutte queste stronzate? Perché non ci mettiamo una pietra sopra e …”, ma non le diedi il tempo di terminare, perché le sue parole risvegliarono l’Edward arrabbiato.
Nonostante stessi fingendo di essere offeso per quello che avevo visto nel pomeriggio, alcune delle cose che dissi, le pensavo davvero.
“No! Non possiamo metterci una pietra sopra. Non mi va di fare come un mese fa. Non mi va di fingere che non sia successo niente, perché sappiamo entrambi che non è così. No … decisamente non mi va!”.
Lei mi guardò con occhi imploranti. “Per favore Edward, ascoltami. Ti chiedo solo questo”.
Sospirai pesantemente.
‘Dio! Quanto mi piace essere melodrammatico! Sarei un bravo attore’, mi congratulai con me stesso.
“D’accordo, ma non adesso. Ho delle cose da fare”.
In realtà non avevo nulla da fare, semplicemente … voglio che soffra un po’, così come ho sofferto io in questi giorni.
Non c’è dubbio sul fatto che anche lei abbia sentito la mia mancanza, ma io non ho fatto altro che sentirmi in colpa e ora è liberatorio sentirsi con un peso in meno e non colpevoli.
Come mi aspettavo, si mise davanti a me e, assumendo la sua tipica posa da generale, ereditata da Alice, mi indicò di sedermi.
“No! Tu adesso mi ascolti, chiaro?”.
Sbuffando e alzando gli occhi al cielo, mi sedei sul divano.
Di fronte a lei.
“D’accordo, ti ascolto”.
Fece un respiro profondo e iniziò a parlare.
“Edward io … so di essermi comportata male. So di … so di aver sbagliato tutto e di averti attaccato ingiustamente, ma … cerca di metterti nei miei panni. In questi giorni ho sentito tanto la tua mancanza e il fatto che tu non ti facessi vivo ha fatto crescere la rabbia dentro di me. So che … so che non è colpa tua. So che avevi bisogno di tempo per metabolizzare. Mi dispiace averti accusato di questo, credimi e mi dispiace ancora di più che tu ti senta in colpa. Oggi … quando … quando ti ho visto, avrei voluto abbracciarti e … e chiederti perdono, per tutto, ma il mio orgoglio ha preso il sopravvento e mi sono ritornate in mente le parole di Alice e … e non l’ho fatto. Ho solo pensato che avessi tradito la mia fiducia e che alla prima occasione avessi dimenticato il nostro patto. Sono io quella che deve chiedere scusa, non tu. Tu … ti prego … perdonami!”.
Per tutta la durata del suo discorso, aveva tenuto lo sguardo fisso nel mio e quando aveva iniziato a piangere avevo faticato a trattenermi, ma volevo che ammettesse le sue colpe, così … strinsi i pugni e lasciai che terminasse, senza abbracciarla.
Purtroppo.
“Ti prego … dimmi … dimmi che vuoi ancora me, nonostante tutto. Nonostante … nonostante ti abbia mentito … nonostante … ti prego! Dimmi che non sei arrabbiato … ti prego”, continuò singhiozzando.
Si buttò tra le mie braccia ed io … io non potei fare a meno di stringerla a me.
Come mi era mancato quel contatto.
Forse … forse era il momento di smetterla con questo tira e molla e ricominciare.
“Smettila amore … non … non piangere. È tutto apposto, davvero. Non sono arrabbiato con te … non …”.
Alle mie parole, lei alzò la testa. “Davvero?”.
“Davvero Bella. Non posso dirti di non esserlo stato in questi giorni, o oggi, ma adesso la rabbia è passata … un po’. Dio solo sa quanto sia stato arrabbiato con te in questi giorni e quanto … una piccola parte di me, vorrebbe urlarti ancora contro, ma sinceramente, non voglio litigare. Cerca di metterti tu nei miei panni e prova a capire quanto il tuo comportamento mi abbia deluso e ferito. È normale che abbia avuto bisogno di tempo per metabolizzare e …”.
Appoggiò di nuovo la testa sul mio petto e si strinse a me.
“Quindi? Co – cosa significa?”, disse andando di nuovo in panico.
“Tranquilla. Ho detto di non voler litigare, quindi è tutto apposto. Io voglio te e tu vuoi me, giusto? Abbiamo fatto pace. Fine della storia. Almeno fino a domani non voglio parlare di tutta questa storia. Ci stai?”.
Sorrise. “C – certo che ci sto. Posso … posso baciarti, vero? Oppure vuoi … vuoi che …”, ma stavolta fui io ad interromperla, sfiorando le sue labbra con le mie.
Le sorrisi. “Ti basta? E’ tutto okay, amore. Rilassati”.
“Mi sei mancato. Tanto”, mi disse, appoggiando di nuovo il capo sulla mia spalla.
“Anche tu, piccola, anche tu”.
Per un po’ restammo in silenzio, poi sospirò e si sporse per guardarmi negli occhi.
“Adesso me lo dici che è Kate?”.
Risi della sua espressione buffa che, in teoria, avrebbe dovuto nascondere la sua gelosia per una persona innocua e che, in pratica, mi fece solo morire dal ridere.
“No, non te lo dico. Non è il momento giusto per dirti chi è Kate. Penso che per un po’ ti farò rodere dalla gelosia”, dissi continuando a ridere per la sua espressione.
“Edward! Smettila! Non è divertente!”.
Mi diede uno schiaffetto sul petto e poi vi si appoggiò sopra, mormorando qualcosa di incomprensibile. “Perché non vuoi dirmelo”, continuò. “Devo preoccuparmi?”.
“No, tranquilla. Non devi preoccuparti. Non è nessuno di importante”.
“Se non è nessuno d’importante, perché ha il tuo numero di telefono e avete parlato di qualcosa che tu devi confessarmi?”.
Anche questa volta, non potei fare a meno di ridere.
“Allora hai sentito la nostra conversazione. Meno male che mi avevi detto non averlo fatto. Sei una piccola … bellissima … impicciona!”, dissi iniziando a farle il solletico sui fianchi.
Cercando di fuggire alle mie mani, ridendo, mi rispose. “No – non cambiare di – discorso. Dimmelo, ti prego”.
Scossi la testa e poi risposi dopo averle fatto una linguaccia. “No, mi dispiace. Credo proprio che non te lo dirò”.
“Almeno dimmi chi era poco fa al telefono?”.
Ormai avevo perso i freni inibitori.
Non riuscivo più a smettere di ridere.
“No, non ti dirò nemmeno questo”.
“Uffa! Sei snervante. Odio tutti questi segreti”.
Sorrisi, carezzandole le guancie. “Tranquilla, molto presto avrai tutte le risposte che vuoi e poi non sono il primo ad avere dei segreti, che detto sinceramente, in confronto ai tuoi sono meno di niente”, dissi acidamente.
“D’accordo, hai ragione. Ma adesso … posso sapere cos’hai sentito della mia conversazione con il mio amico Marco?”.
Sbuffai.
Non volevo dirle che mi ero ingelosito lo stesso, pur sapendo che Bella lo stava semplicemente aiutando.
Vedere che lui potesse toccarla ed io no, mi aveva davvero fatto ribollire il sangue nelle vene.
“Ecco … ehm … io”, tergiversai un po’ e poi la presi in giro. “Beh … ti ha chiesto di andare con lui a Bologna e …”.
Alle mie parole sbiancò.
“Beh … non è come credi, anche perché lui è fidanzato e tra noi non c’è stato nulla. E poi perché ci conosciamo da una settimana e …”, la bloccai per tranquillizzarla.
“Tranquilla! Non devi giustificarti io … io so che lo stavi semplicemente aiutando. Ho sentito tutto. Ti stavo solo prendendo in giro, ma …”.
A quelle parole riprese il suo colore naturale. “Perché allora mi hai tenuto il muso per tutto il pomeriggio ed eri arrabbiato?”.
“Perché vedi … io sono arrabbiato. In quel momento la mia rabbia era amplificata anche dalla gelosia e quindi beh … ho risposto freddamente, ma … cacchio e quanto mi sono ingelosito!”, ammisi, tutto d’un fiato.
Sospirò di sollievo nel sapere che non pensavo mi avesse tradito, ma si accigliò, rendendosi conto di ciò che avevo detto.
“Co – come sei arrabbiato? Poco fa hai detto che non lo eri, io … io sono confusa”.
La zittii con un bacio.
“Sono arrabbiato, è vero, ma solo perché non riesco a comprendere le motivazioni delle tue azioni e come ti ho detto, ci penseremo domani, ora non mi va di parlarne, quindi per favore … cambiamo argomento?”.
“D’accordo … d’accordo. Quindi … ti sei ingelosito? Devo farlo più spesso. Davvero non devi preoccuparti di lui. E poi sia lui che la sua ragazza muoiono dalla voglia di conoscerti. In questi giorni non ho fatto altro che parlare di te”.
L’abbracciai. “Tranquilla … voglio conoscerli anch’io. Saranno i primi tuoi amici italiani che mi conosceranno come tuo ragazzo e non come tuo amico. Sono emozionato!”, dissi per sdrammatizzare.
Lei rise. “Ma smettila! Non farò di certo le presentazioni ufficiali. Adesso, però, voglio sapere chi era al telefono prima”.
Sbuffai, inventando una bugia. “Erano Alice e Jasper. Conosci mia sorella. Vuole sempre che ammetta il mio affetto per lei. È lei che ho chiamato tesoro e a Jasper ho detto che gli voglio bene”.
“No, non è vero. Quando parli con loro non ti brillano gli occhi e poi Alice non la chiami mai tesoro. Di solito hai questa reazione solo quando parli con me, Tommy e … no, solo con noi due”, ma poi s’interruppe, credendo di aver risolto l’arcano. “Se non parlavi con me, allora parlavi con Tommy”.
Per non riderle in faccia, mi alzai di scatto e iniziai a negare. “No … ma che dici. A quest’ora? Insomma …”.
Lei mi venne incontro con un sorriso smagliante e mi chiese il cellulare. “Allora se non era Tommy … chi era?”.
Iniziammo a girare intorno al divano.
Lei che inseguiva me ed io che scappavo.
Aspettate, ma … le parti non dovrebbero essere invertite?
‘Già, genio. Proprio così’.
“Edward … dammi il telefono!”.
Uno scatto di Bella verso di me e uno mio verso il lato opposto.
“No! Mai! Piuttosto muoio! Smettila di corrermi dietro, Bella!”.
Un altro movimento e poi iniziammo a correre.
“No … dimmi chi era, allora!”.
“D’accordo … d’accordo. Se smettiamo di rincorrerci, te lo dico”, dissi con il fiatone.
“D’accordo”.
Si fermò ed io colsi l’occasione al volo e … beh, il resto è storia.
Bella urlò per lo spavento e iniziò a correre, per fuggire dalla mia presa.
Io non mi fermai fino a quando non l’acchiappai e la intrappolai sotto di me sul divano e iniziai a farle il solletico, tra le sue urla e i suoi calci.
Dopo mezz’ora di schiamazzi, riuscimmo a calmarci e a respirare normalmente. O meglio … lei si calmò, io … beh io, continuai a ridere per la sua espressione.
“Sei sempre il solito, Cullen. Non accetti mai la sconfitta. Dio … sono tutta sudata ed è tutta colpa tua!”, disse mettendo una mano sul suo cuore come a volerne calmare il battito.
“Colpevole vostro onore!”, dissi guardandola con la faccia da cucciolo, continuando a ridere. “Su … vieni a dare un bacio a questo povero ragazzo colpevole solo di essere innamorato di una pazza ragazza bellissima”.
Lei rise, ma mi baciò lo stesso e senza che io me ne accorgessi, mi rubò il cellulare.
“Ore 18:30 … Emmett! Hahahahah … Beccato! Sapevo che era Tommy. LO SAPEVO!”, disse iniziando a saltellare per tutto il salotto.
“D’accordo mi hai beccato, ma cosa posso dire a mia discolpa? Volevo solo farti ingelosire un po’ e attirare la tua attenzione”, confessai.
Bella smise di saltellare alla mia affermazione e iniziò a guardarmi con sguardo indagatore. “A – attirare la mia attenzione? Edward … tu hai già la mia attenzione”, disse con fare ovvio.
“Beh … a me non sembra”, continuai imbronciato. “Nell’ultimo periodo non hai pensato a me neanche un po’. Eri troppo concentrata su te stessa e sui tuoi problemi universitari, per pensare a me e a come avrei potuto aiutarti, se solo tu me l’avessi chiesto … ovviamente. E invece tu hai preferito ignorarmi, come si fa con una persona che conosci da poco ed io credo … credo di essermi sentito trascurato. Anzi … non credo. Mi sono sentito trascurato”.
“E perché non me l’hai detto?”.
“Perché? Mi chiedi anche il perché? Perché eri così distratta che non ti sei nemmeno accorta che Alice sentiva la mancanza della sua migliore amica … che Christian era preoccupato per te … che IO ero preoccupato per te! Se te l’avessi fatto notare, sarebbe cambiato qualcosa? No … non credo! Non ci sono scuse per il tuo comportamento, eppure io sono qui. Alice, Christian … anche se non ti hanno detto nulla e non te l’hanno fatto pesare e ti assicuro che non te lo faranno pesare … sono qui. Non fisicamente, ma ci sono. E ci sono perché ti vogliono bene, esattamente come io ti amo”.
Mi guardò con gli occhi sbarrati e mi si avvicinò.
“Io … io … mi dispiace. Non … non me ne sono nemmeno resa conto. Non ero distratta … ero … ero … hai ragione …”, sospirò poi, “non ci sono scuse. Fai bene a essere arrabbiato con me. Era questo quello di cui non volevi parlare stasera? Alla fine ci siamo arrivati lo stesso”.
“Più o meno sì, anche se c’è molto altro di cui voglio parlarti, ma non è il momento giusto”, dissi cercando di calmarmi, visto che la rabbia aveva preso il sopravvento.
“Non vuoi lasciarmi … vero?”, mi chiese quasi in lacrime.
Mi venne da ridere alla sua affermazione, ma non lo feci, sapendo che questo l’avrebbe offesa.
“Ti ho appena detto che ti amo e tu pensi che ti voglia lasciare? Sei incredibile!”, scossi la testa e poi ripresi. “Solo tu puoi pensare cose del genere. Non sei solo ego – … distratta, ma anche tremendamente pessimista. Avevo dimenticato questo lato del tuo carattere”, dissi, cercando di sdrammatizzare.
Vedendo che non rispondeva, alzai lo sguardo verso di lei e mi accorsi che piangeva senza sosta.
Senza pensarci, l’attirai a me e l’abbracciai.
‘Ma perché piange per ogni cosa che le dico?’, chiesi a me stesso e promisi che prima o poi gliel’avrei chiesto.
“Scusami … scusami. Sono un cretino! Non avrei dovuto dirti tutto in questo modo così … così duro. Non piangere amore, ti prego. Hey … guardami …”. Le presi il viso tra le mani e con i pollici iniziai ad asciugare i suoi zigomi, costringendola a guardarmi negli occhi. “Come potrei lasciarti se ti ho aspettata per tutto questo tempo? Ci hai messo due anni ad accorgerti di me, eppure io non mi sono mai arreso, ho sempre sperato e alla fine guardaci … in due mesi abbiamo fatto così tante esperienze insieme che mi è sembrato di recuperare due anni in un colpo solo e … basta piangere Bella, ti prego. Tra un po’ torneranno i tuoi genitori. Vuoi che ti trovino così?”.
“Non scusarti … è … è colpa mia. Come puoi pensare questo di me, nonostante quello che ho fatto? Io mi odierei, se potessi. Hai ragione! Proverò a non piangere. Li farei solamente preoccupare”.
“Non potrei mai odiarti amore, mai. Smettila di dire queste cose. E calmati, adesso. Parlami un po’ dell’università, su”, dissi mentre le davo un bacio tra i capelli.
Mi è sempre piaciuto baciarla lì. Non so perché, ma è un posto che mi piace.
“D’accordo. Mmm … cosa vuoi sapere?”.
“Qualsiasi cosa. Mi basta sentirti parlare”.
“Va bene … volevo chiederti, domani verrai con me?”.
Alla mia risposta affermativa sorrise e, sistemandosi meglio sulla mia spalla, iniziò a raccontare cosa aveva fatto nei giorni scorsi.
Quando prima le avevo detto che mi bastava sentirla parlare, non mentivo.
Mi piaceva ascoltarla.
Mi rilassava.
E poi la sua voce è così melodiosa che … beh, come si può non restarne incantati?
Il modo in cui parla e in cui racconta è unico.
Credo che sarebbe stata una brava insegnante, se avesse intrapreso la strada dell’insegnamento e visto quanto le piacciono i bambini, il risultato sarebbe stato più che scontato.
Sarebbe stata un’ottima insegnante.
Amata da tutti. In primis dal sottoscritto.
Ascoltai il suo racconto rapito, senza perdermi nemmeno una parola o una sua espressione facciale, fino a quando … beh, fino a quando non iniziai a ridere e quindi fui costretto a interromperla per essere sicuro di aver capito bene.
“Cioè … fammi capire, il primo giorno ti sei persa?”.
Bella, fintamente offesa, mi diede uno scappellotto sul collo, facendomi male.
Cazzarola! Avevo dimenticato quanto la mia ragazza menasse forte.
“Non ridere! Beh … sì. È stato così che ho conosciuto Marco e Francesca, la sua ragazza. Se volevo tornare a casa in tempo per la mia videochiamata quotidiana con Alice, allora dovevo chiedere per forza aiuto a qualcuno e così alla fine siamo diventati amici, visto che abbiamo fatto lo stesso viaggio di ritorno”.
“Perché era così importante quella videochiamata?”, chiesi, non conoscendo il vero motivo.
Alla mia domanda arrossì. “Beh … perché in fondo, molto in fondo, speravo che in una di quelle videochiamate ci fossi anche tu a salutarmi”, sussurrò.
Sorrisi. “Oh Bella … ma è una cosa bellissima. Anche io speravo di ricevere una chiamata da Christian in cui mi comunicava che tu … che tu eri tornata. Sono stato per giorni chiuso in casa a … a rimuginare su quello che era successo e poi …”, e poi scossi la testa. Non volevo dirle di quello che avevo sentito in quel momento, così cercai di cambiare argomento.
“Poi?”.
“Poi nulla. Il resto lo sai. Mio padre mi ha minacciato e così ho cominciato ad andare un po’ in giro”.
“Come … cos’è successo che ti ha fatto decidere a partire?”, mi chiese titubante.
“Nulla … sono andato da Christian e lui mi ha portato nella tua stanza. Ho letto la tua lettera e ho capito. Così … così ho deciso di partire”.
“Davvero?”. Io annuii. “E hai … hai aperto anche l’altra lettera?”.
A quella domanda finsi di non aver notato quella lettera, riuscendo anche ad assumere un’espressione piuttosto confusa.
‘Ti prego! Ti prego! Fa che mi creda! Fa che mi creda!’.
Le chiesi di quale lettera stava parlando.
Mi chiese se l’avessi portata con me, ma io le risposi che quando ero entrato nella sua stanza, avevo trovato solo la lettera che mi aveva scritto.
Potei notare la sua incredulità davanti a quell’affermazione, ma se volevo che la sorpresa riuscisse, al momento, dovevo fare in modo che credesse a questa piccola bugia detta a fin di bene.
“D’accordo non importa. Magari Christian o la sua domestica l’avranno buttata”, disse scrollando le spalle.
“Non credo proprio che Christian profanerebbe così il tuo mondo. Non sposterebbe nemmeno una sedia, figuriamoci, buttare una lettera. Magari l’hai messa da qualche altra parte, che so, in un cassetto, nell’armadio, e adesso non lo ricordi”.
“Hai ragione. Non lo farebbe mai. Mio cugino è troppo pignolo. Ah! Quanto mi mancano tutti!”, sussurrò per poi sporgersi per baciarmi.
Io ricambiai il bacio e le dissi che anche loro sentivano la sua mancanza.

Dopo non so quanto tempo, trascorso solo a chiacchierare, tornarono Renee e Charlie.
Cenammo e poi … tutti a letto.
Prima di entrare ognuno nella propria stanza (già, io e Bella avremmo dormito in stanze separate, purtroppo … ma non volevamo far arrabbiare Charlie), Bella mi trascinò nella sua e iniziò a baciarmi, spingendomi verso il suo letto.
Tra un bacio e l’altro cercai di farla smettere, perché sarebbe potuta entrare Renee o peggio Charlie, che Dio solo sa cosa mi avrebbe fatto, se mi avesse trovato in atteggiamenti intimi con sua figlia o con le mani in posti in cui non sarebbero dovute essere.
Poco importa che sia il mio padrino!
Sono pur sempre innamorato di sua figlia e beh … non c’è bisogno che continui.
Spesso Bella, quando si arrabbia, somiglia a lui.
Finalmente riuscii ad allontanarla.
“Bella, ragiona. Se tuo padre entrasse, non ne sarebbe felice e non voglio perdere i miei gioielli, amore. Lo sai, ci tengo. Poi sai che senza quelli neanche tu potresti divertirti?”.
Lei iniziò a ridere così forte, che alla fine risi anch’io.
“Ah no amore. Ti sbagli. Si può … si può, tranquillo”, disse facendomi l’occhiolino.
Mentre stavamo per riprendere a baciarci, entrò Charlie che ci scansionò con i suoi occhi marroni penetranti.
‘Meno male che non ho ascoltato Bella e i miei istinti, se no ora sarei fregato e meno male che siamo ancora vestiti come a cena’.
“Ah eccoti Edward. Non riuscivo a trovarti. Sapete che dovrete dormire in due letti separati, vero?”.
“Sì papà, lo sappiamo. Stavamo solo chiacchierando un po’. Tra un po’ andiamo a dormire”.
“D’accordo, allora a domani. Buona notte! Ah Edward, ti consiglio di dormire, il fuso orario è molto stancante”, rise mio padre e, entrambi, comprendemmo cosa intendeva.
“Tranquillo Charlie, adesso vado”.
Charlie uscì ed io subito mi alzai per salutare la mia ragazza e andarmene, perché io ci tengo davvero ai miei gioielli.
Prima non stavo di certo scherzando.

Dopo essermi cambiato ed essermi messo a letto, il mio cellulare vibrò.
“Amore sto per venire da te, fammi spazio e fatti trovare presentabile”.
Subito le risposi. “Bella ma sei impazzita? Tuo padre ci uccide!”.
Non rispose perché subito si aprì la porta della mia stanza, rivelando Bella.
“Fammi spazio Edward. Non riesco a dormire senza te. Mi sei mancato molto”.
Mi spostai verso l’altro lato del letto e, dopo che si fu sistemata, l’attirai a me.
Dopo un momento di silenzio in cui credei si fosse addormentata, mi diede un bacio nell’incavo del collo e mi sussurrò di amarmi.
Sorrisi e le risposi che anch’io l’amavo.
Poi un’idea mi attraversò la mente.
La parte finale del mio piano era cambiata.
“Se ti chiedessi una cosa, prometti che ci penserai senza prendere decisioni affrettate?”.
“Devo preoccuparmi?”. Scossi la testa. “D’accordo … dimmi”.
“Torni a Seattle con me?”.
Lei restò a bocca aperta ed io trattenni il fiato, impaziente di conoscere la sua risposta.

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Capitolo 25
*** Chapter 25 ***


Salve a tutti! Salve!
Ce l'ho fatta, finalmente ce l'ho fatta. Scusate per il mese di ritardo, ma questo capitolo non voleva proprio sapere di uscire. Mi ha fatto davvero penare. Quando poi ho finito di scriverlo, esattamente il 23 dicembre, mi si è rotto il computer e con le vacanze ho potuto aggiustarlo solo la scorsa settimana!
Spero che questa mia assenza non vi abbia fatto dimenticare la mia storia e spero che la leggiate e la recensiate in molti!

Adesso vi lascio al capitolo!
Spero vi piaccia!

Capitolo 25: Buone Notizie

Pov Bella

“No, non torno a Seattle con te”.
Sorrisi.
Edward si accorse del mio sorriso, sorrise anche lui, e poi ricominciò a parlare. “Perché no?”.
“Perché no!”, esclamai.
“D’accordo. Potresti esserne sicura ora, ma scommetto che domattina non lo sarai, quando ti mostrerò ciò che devo mostrarti”, disse con uno strano sorriso.
“Che cosa devi mostrarmi?”, chiesi curiosa.
“Non te lo dico!”, rispose lui facendomi una linguaccia.
“D’accordo!”.
Appoggiai la testa sul suo petto e mi accoccolai.
“Mi spieghi perché vuoi che torni a Seattle con te? Tutti i college cui ho fatto domanda …”, ma Edward mi interruppe.
“Che tu sappia”, disse guardandomi.
“In che senso?”.
“Intendo che, visto che mi hai detto che avevi lasciato una lettera accanto a quella per me, se riuscissimo a trovarla, potresti anche essere stata accettata da quel college”.
Il suo ragionamento non faceva una piega, ma io, testarda, continuai il mio discorso, esattamente da dove Edward mi aveva interrotto.
“Tutti i college a cui ho fatto domanda non mi hanno accettata. Cosa ci torno a fare a Seattle se non avrò nulla da fare per un intero anno? Almeno qui posso frequentare i corsi e dare gli esami e non perderò un anno”.
“Avresti sempre me e Alice e Christian e … Va bene, come vuoi. Sei sempre la solita testarda. A proposito di cose che devo mostrarti …”, si alzò dal letto per prendere qualcosa e poi continuò a parlare a se stesso, “c’è qualcosa che posso mostrarti”.
Aprì una delle sue valigie e tirò fuori un foglio con sopra un disegno.
Tornò a stendersi al mio fianco e, cingendomi le spalle con un braccio, mi consegnò il foglio.
“E’ di Tommy. Me l’ha dato prima che partissi. Gli manchi. Resti pur sempre la sua zia preferita”.
‘Oh Tommy … cucciolo. Anche tu mi manchi’.
Gli occhi mi si fecero lucidi e non riuscii a fermare le lacrime.
“Oh … che dolce! Tommy è così … dolce. Oh … è tremendamente dolce! E poi … guarda questo disegno … è così carino”, dissi gongolante.
“Sei sicura di star bene, Bella?”, mi chiese Edward dopo un po’ di silenzio.
“Sì … sì, sto bene”, dissi tirando su con il naso. “Solo … non so, forse … mi sto comportando in modo strano?”.
La faccia di Edward era impagabile. Rispondeva meglio di mille parole.
“In effetti … credo che tu stia delirando. È solo un disegno, tesoro”, disse iniziando a ridere.
“Lo so … lo so, però oggi … tutte queste emozioni e non sono più riuscita a fermare le lacrime”, ammisi.
“Tranquilla. Mi hai solo spaventato un po’. Adesso … non vorrei essere il solito guastafeste, ma avrei davvero bisogno di dormire. Sono distrutto”.
“Certo … hai ragione! Scusa … avrei voglia di parlare ancora con te. Non riesco a credere che sei qui. Buona notte, Eddy!”.
“Sei consapevole che se tuo padre si accorge che abbiamo dormito insieme, mi scuoia vivo, mi taglia a pezzettini e poi mi cuoce nel brodo?”.
Risi della sua battuta.
“Non ridere. Sarò io quello che morirà, non tu”.
“Hahahahah … ma che sciocchezze dici! Charlie ti adora. È pur sempre il tuo padrino e poi non ti ucciderebbe mai, sapendo che questo farebbe soffrire me”.
“D’accordo … allora mi fido, ma se mi succede qualcosa, sappi che tornerò dall’oltretomba e ti perseguiterò”, disse diabolico.
Alzai gli occhi al cielo per la sua esagerazione.
“Esagerato! Comunque … se accadrà, lascerò che mi perseguiti e non cercherò un cacciatore di fantasmi per farti andare via, d’accordo?”.
“Simpatica … simpaticissima. Ma tu guarda che razza di ragazza mi sono trovato! Pff! Dormiamo che è meglio, va!”.
“Buona notte, Eddy!”, gli diedi un bacio poi mi accoccolai, chiudendo gli occhi.
“Notte, piccola!”.

“Edward … cosa ti avevo detto? Non dovevi tenere le mani a posto e soprattutto dormire nel tuo letto?”, disse una voce, strappandomi al mio bellissimo sogno con Edward protagonista.
“Ma Charlie … è questo il mio letto. E’ stata Bella a venire qua. Che c’entro io?”, sussurrò il mio ragazzo con voce roca.
Dio! Che voce sexy che ha di prima mattina.
“Non mi interessa! Potevi dirle di no e invece vi trovo nello stesso letto. Cosa devo pensare?”.
“Non devi pensare nulla, perché ero così stanco che ho solo sentito Bella mettersi sotto le coperte. Ti giuro che non …”, disse Edward cercando una scusa.
Cavoli! È tutta colpa mia.
Decisi di intervenire.
Facendo finta di essermi svegliata in quel momento, sbadigliai.
“Che succede?”.
Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti Charlie furente che fulminava Edward con lo sguardo.
“Succede che il tuo ragazzo qui presente …”, ma io lo interruppi.
“Aaaaa papà! È colpa mia. Sono stata io a venire nel suo letto. Cioè … n – non in quel senso …”, balbettai, “cioè … sentivo la sua mancanza e mi sono trasferita di qua. Qual è il problema?”.
Alle mie parole mio padre diventò di tutti i colori, passando da tonalità rosso pomodoro ad una bianco cadavere.
“Il problema? Chi ha parlato di problema? Edward! Sei sempre il solito problematico!”.
“Papà! Charlie!”, urlammo in contemporanea io e Edward.
“D’accordo … d’accordo! Non c’è alcun problema, solo … vorrei che sotto il mio tetto si rispettassero le mie regole. Immagino che Christian non abbia tutte queste regole e che anche se le avesse non le abbiate rispettate, ma …”, fu, però, interrotto dalla risata di Edward.
“Charlie … ti prego! Non dire più cose del genere! Hahahahah! Christian che non ha regole … Hahahahah! Forse ne ha più lui che tu e mio padre messi insieme!”, rise Edward sotto i nostri sguardi scioccati.
Sicuramente il lungo viaggio e il fuso orario gli avevano fatto perdere la testa.
Già! Era così, senza alcun dubbio.
A pensarci bene, Christian aveva le sue regole, ma noi non le avevamo mai rispettate.
Edward aveva omesso quel piccolo particolare, meglio non dirglielo però.
Se mio padre l’avesse saputo, l’avrebbe davvero scuoiato vivo.
“Davvero?”, chiese Charlie con voce stridula.
“Davvero … davvero!”, continuò Edward tornando serio.
“Allora … non c’è problema in quel senso, vero Edward? Posso stare tranquillo, giusto Edward? Non avremo sorprese, vero Edward?”, riprese mio padre con sguardo minaccioso, che fece perdere al mio bellissimo ragazzo la sua solita spavalderia.
“Tranquillo Charlie. Nessuna sorpresa. Almeno per il momento!”.
“Che significa … ‘Almeno per il momento’, Edward?”.
“Niente Charlie … niente! Tranquillo. Ho delle sorprese per voi, ma nulla che riguardi quella determinata cosa!”.
“Buon per te ragazzo, buon per te! Adesso … colazione!”.

Mentre facevamo colazione, Renee chiese a Edward cos’avrebbe fatto.
La sua risposta mi lasciò di sasso.
“Ecco … ehm … beh, avrei delle commissioni da fare con Charlie”, disse Edward a disagio, guardandomi con la coda dell’occhio.
Compresi perfettamente che era una bugia dall’espressione confusa di mio padre.
“Dav –”, chiese mio padre, che fu, però, prontamente zittito da un calcio di mia madre e che subito gli fece cambiare versione. “Sì … vero, abbiamo delle cose urgentissime da fare”.
Se non avessi intuito che c’era qualcosa che mi nascondevano, avrei sicuramente riso per la scena.
“D’accordo … io vado a prepararmi per andare in facoltà, così potrete continuare a parlare senza che vi sia d’intralcio”.
“No ma … tesoro … resta pure. Papà pensava che sarebbero andati oggi pomeriggio. Resta pure … tuo padre e Edward stavano andando a prepararsi, vero … ragazzi?”.
“Oh … sì sì”, dissero entrambi con ancora la bocca piena e poi alzandosi per andare a cambiarsi. Forse scappare era più adeguato.
“Mamma! Andiamo! Non prendermi in giro!”, dissi ridendo appena sparirono.
Lei rise con me.
“Tesoro, non ti sto prendendo in giro. Hanno davvero delle commissioni da fare. Il punto è che non posso dirti di che commissioni si tratta perché è una sorpresa per te”.
Sbuffai. “Ma mamma! Edward aveva promesso che sarebbe venuto con me. Ora come faccio? Io ci credevo davvero. Non voglio sorbirmi le occhiate e le parole di quelle papere che pensano che la nostra storia sia tutta una finta”.
“Oh tesoro! Ma cosa t’importa di loro? La cosa importante è che tu e Edward abbiate fatto pace. Non ascoltarle. Me lo prometti?”, mi chiese mia madre prendendomi il mento per guardarmi negli occhi.
“Promesso. Adesso vado a cambiarmi. Tra un po’ dovrebbero arrivare Sara e Marco”.
Le diedi un bacio e mi diressi nella mia stanza per prendere i miei vestiti e andare in bagno.

Quando fui pronta, andai dritta nella stanza di Edward.
Ero proprio curiosa di sapere cosa mi avrebbe detto.
Aprii la porta senza bussare e vidi che stava indossando una felpa.
Restai immobile a guardarlo.
“Smettila di fissarmi”, disse sorridendo e girandosi verso di me.
“E tu smettila di essere così bello e sexy”, gli risposi avvicinandomi a lui.
Lui ci pensò su e poi mi rispose. “Mmm … no! Questo è impossibile!”.
Lo abbracciai ed evitai di rispondere con una battuta abbastanza tagliente.
“Mi avevi promesso che saresti venuto in facoltà con me”, dissi imbronciata.
“E manterrò la promessa, piccola, te lo giuro. Mi farò accompagnare da tuo padre appena avremo finito. Avrei dovuto dirtelo ieri sera, ma me ne sono dimenticato. Scusa”, disse facendo la sua solita faccia da cucciolo.
“Non hai nulla da farti perdonare. Sono io che ora vorrei passare tutto il mio tempo con te, ma so che non possiamo stare sempre insieme e …”, ma mi interruppi perché non volevo parlargli delle mie insicurezze.
“E?”. Edward mi prese il viso e mi costrinse a guardarlo negli occhi. “Guardami e continua”.
“Niente. Alcune delle ragazze dell’università sanno chi sono. Credo mi abbiano vista in qualche foto con te e ora continuano a parlare di me come se non ci fossi. So che non sono a conoscenza della verità, ma ci sto comunque male. Non dicono cose bellissime sul tuo conto”.
Edward sospirò. “Oh Dio! Pensavo chissà cosa. Mi hai fatto preoccupare. Comunque, non curarti di loro. Sono solo persone che parlano senza condizione di causa. Non sanno nulla. E poi immagina la loro faccia quando oggi verrò a prenderti. Moriranno, letteralmente”.
“Lo spero. Perché sono davvero insopportabili. Prima o poi le ammazzo”.
Rise. “Isabella Swan! Non ti facevo così … così assassina!”.
Mi baciò e poi insieme uscimmo. Mi accompagnò al portone e aspettò fino a quando arrivarono Marco e Sara.
“A dopo!”.
“A dopo, piccola. Ti amo!”.
“Ti amo anch’io”, gli sorrisi e lo baciai.

“Allora Bella … tu e il tuo Edward avete fatto pace, finalmente”, mi sfotté Marco.
“Ebbene sì. Gli ho spiegato tutto e ieri sera ci siamo chiariti. Voi piuttosto … non avete nulla da dirmi?”.
Avevano sicuramente qualcosa da dirmi e visti i loro sorrisi e sguardi non ci misi molto a capire cosa stavano per dirmi.
“Andremo a Bologna. Insieme!”, urlarono.
Abbracciai prima l’uno e poi l’altra e urlai di felicità insieme con loro.
Poi, come se non bastasse, mi tornò in mente che, presto, Edward sarebbe partito e che quindi sarei rimasta sola e il mio sorriso svanì, così com’era arrivato.
Edward a Seattle, Sara e Marco a Bologna.
Cos’avrei fatto?
Ormai i miei vecchi amici non mi salutavano nemmeno più.
E solo perché stavo con Edward.
Incredibile! Preferivano vedermi infelice, piuttosto che felice con Edward.
Non riuscivo ancora a capire il motivo del loro odio nei suoi confronti.
“Hey Bella … che succede? Non ti senti bene?”.
“No ragazzi, sto bene, tranquilli. Semplicemente … pensavo. Voi andrete a Bologna, Edward tornerà a Seattle perché a breve inizieranno i corsi. Ed io? Io resterò sola”.
Entrambi si precipitarono ad abbracciarmi.
“Oh andiamo! Non sarai sola. Verremo tutti i weekend a trovarti e quando non potremo, verrai tu da noi. Così potremo tenerci sempre in contatto e resteremo amici. Adesso ce lo fai un sorriso? Edward è qui. Pensa solo a questo. Non pensare ad altro, per il momento”.
Sorrisi. “Avete ragione, non è il momento giusto per pensarci”.

Per tutte le ore di lezione non feci altro che pensare a Edward, tant’è che chiesi a Sara di passarmi i suoi appunti, perché non ne avevo presi affatto.
Usciti dalla lezione, ci dirigemmo nel giardino dell’università, dove trovammo una folla urlante di ragazzi e ragazze, tutti radunati intorno a qualcuno o qualcosa.
Non ci feci caso, troppo presa a pensare a Edward e a quando sarebbe arrivato, e presi la direzione opposta, seguita dai miei due amici e iniziando ad ascoltare le canzoni del mio i – pod.
Continuai a camminare a passo veloce e un po’ più avanti di Sara e Marco per dargli un po’ di privacy, fin quando una voce urlò il mio nome.
Mi bloccai e mi girai verso la voce che, per via della musica, non aveva riconosciuto.


Pov Edward

Bella era appena andata via, eppure già sentivo la sua mancanza.
Era incredibile quanto la mia migliore amica mi avesse stregato.
Se me lo avessero detto tre anni fa, non ci avrei creduto. Anzi, probabilmente, gli avrei riso in faccia.
Restai a guardare la sua figura scomparire e poi mi voltai per raggiungere Charlie in garage che si stava sicuramente chiedendo dove fossi finito.
Appena lo raggiunsi mi guardò in faccia e iniziò a ridere.
“Oh andiamo Edward … non è mica partita, è solo andata in facoltà e tu la raggiungerai appena avremo finito”.
“Sì lo so, però mi manca … adesso andiamo. Così prima finiamo, prima vado da lei”.
Partimmo e dopo aver ottenuto tutti i documenti utili, ci dirigemmo nella presidenza dell’università.
Il rettore dell’università ci accolse con un sorriso smagliante e anche un po’ spaventato, segno che Christian o chi per lui si era fatto sentire.
“Signor Swan”, disse mentre stringeva la mano a Charlie. Si voltò verso di me e mi guardò con fare interrogativo.
“Edward Cullen, piacere”, dissi, sforzandomi di parlare in italiano.
Il rettore annuì come se gli avessi dato la conferma di ciò che pensava.
“Allora … a cosa devo questa visita? Se non erro … sua figlia è iscritta al corso di laurea di cui sono preside”.
“Esattamente, ma a tal proposito volevo spiegarle che per motivi personali mia figlia non potrà frequentare questa università e abbiamo portato con noi tutto ciò che serve per la revoca dell’iscrizione”.
“Come prego?”.
“Ha sentito benissimo, signor rettore. Credo che qualche giorno fa, la sua segretaria o chi per lei, abbia ricevuto una chiamata da parte di mio nipote o dall’University Of Washington”.
“Credo di ricordare. Signor Swan, in tutta sincerità, sua figlia è un elemento più unico che raro. Non capisco per quale motivo debba andare via da un’importante università come questa. Le ricordo che sua figlia ha vinto un concorso per poter accedere a questi corsi e che se abbandonerà ora, in caso volesse accedervi di nuovo, non potrebbe, senza vincere di nuovo il concorso”.
Charlie sbuffò e rispose a tono al rettore.
“Sono a conoscenza di questo, ma come le ho detto, mia figlia non potrà frequentare. Qui con me ho una lettera di ammissione dell’università di Washington che mia figlia ha sempre desiderato frequentare”.
A quel punto il rettore, che mi aveva ignorato fino a quel momento, guardò me.
“E se posso, in tutto questo cosa c’entra Edward Cullen? A quanto mi risulta sono amici, signor Swan, anzi molto più che amici. I miei studenti non fanno altro che parlare di sua figlia e di questa giovane promessa del baseball”.
Strinsi i pugni.
A quelle parole, se non ci fosse stato Charlie, mi sarei messo a urlare.
Cosa c’entra la nostra storia con il trasferimento di Bella?
“Edward è parte della mia famiglia. Conosco questo ragazzo da quando era solo un neonato e in più, mia figlia e lui sono cresciuti come fratelli. Tutta la nostra famiglia vive negli Stati Uniti. E come può vedere dai documenti di mia figlia, lei è cittadina americana e ha tutto il diritto di frequentare il college che vuole. Cosa c’entra la loro storia con il futuro di mia figlia?”, disse Charlie furioso.
“Assolutamente nulla, ma non mi dica che tutto ad un tratto sua figlia vuole tornare a Seattle perché sente la mancanza della vostra famiglia. Il signor Cullen ha certamente la sua parte di responsabilità in questa storia”.
“Senta, mi ascolti attentamente. Vorremmo solamente sapere se è disposto a darci tutti i documenti per il trasferimento e se dovremmo provvedere in altro modo”.
Proprio in quel momento, il rettore ricevette una chiamata.
E indovinate un po’ da dove veniva quella chiamata? Seattle.
Il rettore sbiancò, molto probabilmente per le parole che gli venivano dette e dopo aver chiuso la chiamata, vistosi messo alle strette, chiamò la sua segretaria e le chiese di preparare il tutto.
“Come ha detto lei all’inizio signor Swan, abbiamo ricevuto una chiamata da parte di un certo Christian Swan, che presumo sia suo nipote, e poco dopo dal preside dell’University Of Washington. La prego di scusarmi per la mia reazione, ma è raro trovare elementi con sua figlia in questi tempi e tutti vorremmo questi gioielli per noi”.
Dopo che ci furono consegnati i documenti, ringraziammo il preside e uscimmo, sorridenti e soddisfatti per aver ottenuto ciò che volevamo.
“Allora Edward, aspetta qui. Bella di solito frequenta questo edificio per le sue lezioni. La sua lezione finirà tra un quarto d’ora circa. Abbiamo fatto giusto in tempo”, disse Charlie dopo avermi accompagnato.
“Certo Charlie, tranquillo. L’aspetterò qui. Spero solo che nessuno mi riconosca”, dissi incrociando le dita delle mani e dei piedi (non si sa mai).
Appena Charlie andò via, iniziarono a uscire gli studenti dalle aule e purtroppo, mi riconobbero.
Cercai Bella con lo sguardo, ma la folla che mi si fece intorno non mi permetteva di vedere.
Fin quando, a un tratto, la vidi.
Era bellissima.
Era esattamente come l’avevo lasciata stamattina ed era accompagnata dai suoi inseparabili nuovi amici.
Sperai con tutto il cuore che mi vedesse, ma quando prese la direzione opposta e indossò cuffiette e occhiali da sole, capii che non si era accorta di me e che era giù di morale.
Iniziando a scansare quelli vicino a me, provai a raggiungerla.
“Scusate, per favore. Fatemi passare”, urlavo.
“Edward, perché non lasci quello sgorbio e ti metti insieme a me? Sono sicura che faremo faville insieme”, disse una bionda che al posto delle labbra sembrava avere un canotto.
Così come lei, altre ragazze mi fecero proposte del genere, ma senza neanche degnarle di uno sguardo, iniziai a correre verso Bella.
“Bella”, urlai sperando che mi sentisse, ma niente.
Incredibile! Camminava così veloce che non riuscivo a raggiungerla.
Sorpassai Marco e Sara che mi salutarono e mi incitarono a correre più veloce.
“Bella”, urlai ancora senza fiato. Mi appoggiai sulle ginocchia per riprendere fiato e in quel momento, vidi la sua figura fermarsi e voltarsi verso di me.
“Edward”, disse correndomi incontro. “Stai bene?”.
Sorrisi e inizia a correrle incontro.
“Bella … amore. Dio! Ma quanto cammini veloce?”.
Arrivato da lei, la strinsi tra le braccia e iniziai a girare in tondo.
Rideva e, con lei, lo feci anch’io.
Quando la misi giù, le presi il viso tra le mani e la baciai.
La baciai come se non ci fosse un domani … come se ci fossimo soltanto noi.
La mia gioia per quello che sapevo era immensa e Bella ne fu contagiata, anche se ancora non era a conoscenza del vero motivo.
“Ti amo … ti amo … ti amo”, le sussurrai all’orecchio.
“Ti amo anch’io … tanto. Come mai tutta questa felicità?”.
Sorrisi felice di sapere che mi amasse e poi le risposi.
“Niente. Sono felice di vederti e spero che la sorpresa che ho preparato ti piaccia. In più, quella folla laggiù pensava che non stessimo insieme … che fosse tutto una finzione, così ho pensato di fingere che ti avessi fatto una sorpresa e che tu non sapessi nulla del mio arrivo. Non sono un genio?”.
“Sì lo sei. Sei un grande ed io ti amo tantissimo”.
Riprese a baciarmi, fin quando Marco e Sara ci interruppero per avvisarci che ci stavano guardando tutti, alcuni con invidia, altri con la bava alla bocca.
“Hey piccioncini”, rise Marco, “che ne dite di smettere di dare spettacolo?”.
“Amore su … lasciali in pace”, intervenne Sara.
Ci girammo entrambi verso di loro e gli sorrisi. Poi mi voltai verso Bella e lei alzando gli occhi al cielo, ci presentò.
“Contento adesso?”.
“Non sai nemmeno quanto”.
“Di cosa state parlando?”.
Bella rise. “Edward voleva che ve lo presentassi ufficialmente perché non ho mai potuto presentarlo ai miei vecchi amici. Non gli era molto simpatico”, disse mentre si avvicinava a me e mi abbracciava.
Le diedi un bacio nei capelli e poi mi girai a parlare con loro.
“Voi due siete molto più simpatici di tutta quella banda di idioti”.
“Felice di sapere di esserti simpatico. Senti Edward, non vorrei essere indiscreto, ma spero che tu non abbia frainteso ciò che hai visto e sentito ieri sera. Non …”, ma l’interruppi perché io e Bella avevamo già chiarito.
“Tranquillo. Ero solo arrabbiato con Bella e volevo fargliela pagare. Avevo ascoltato tutta la vostra conversazione, quindi è tutto okay”, gli dissi strizzandogli l’occhio.
“Che ne dite se domani andassimo a mangiare qualcosa tutti e quattro insieme? Tra un paio di settimane io e Marco partiremo. Forse sarà l’ultima occasione per uscire tutti insieme e conoscersi meglio”.
“Si, perfetto. Perché no? É un’idea fantastica”.
Battei il cinque con Marco.
“Adesso … io avrei fame, quindi perché non andiamo alla stazione e ci decidiamo a prendere questo treno?”, disse una Bella molto affamata.
“Che c’è Bella? Hai consumato calorie stanotte?”, la prese in giro Marco.
Bella arrossì e nascose il viso sul mio petto, lasciando a me l’ardua risposta.
Avrei voluto scherzare su quella cosa, ma Bella me l’avrebbe fatta pagare e … non era davvero il caso.
Avevamo fatto pace da meno di dodici ore.
Non volevo litigare di nuovo con lei, anche perché, probabilmente, avremmo litigato già per la sorpresa che l’aspettava a casa e solo perché non le avevo detto nulla e avevo fatto tutto da solo.
Sperai davvero che non si arrabbiasse, né con me, né con Charlie e Christian.
“No Marco, niente calorie sprecate, purtroppo. Ha davvero fame. Stamattina ha fatto colazione velocemente e non ha mangiato molto”.
“Oh d’accordo. Torniamo a casa allora. In effetti anch’io sono molto affamato”.

Dopo aver salutato i suoi due amici ed esserci accordati per l’uscita in pizzeria di domani, ci incamminammo verso casa sua.
Arrivati sotto casa di Bella, la mia ansia salì alle stelle.
Non sapevo Bella come avrebbe reagito e speravo reagisse bene alle notizie che avevo per lei.
“Allora … che ne dici di chiamare mio fratello? Ricordi che avevo promesso a Tommy che l’avresti chiamato appena avremmo fatto pace? Tra un po’ sarà ora di andare a letto per lui”, dissi mentre le prendevo la mano.
“Vero. Allora adesso lo chiamo”.
Dopo aver fatto la chiamata, prendemmo l’ascensore e arrivammo al piano del loro appartamento.
L’ansia che avevo cercato di trattenere per tutto il tempo, ora era insopportabile.
Sperai che Charlie e Renee avessero fatto tutto quello che gli avevo chiesto.
Faceva tutto parte del mio piano e sperai che riuscisse alla perfezione.
Ad aprirci la porta trovammo una Renee euforica, che faticava a nascondere il suo sorriso e la sua felicità.
“Ragazzi! Finalmente siete arrivati. Su … venite a tavola, il pranzo è quasi pronto”.
Bella a quelle parole si precipitò nella sua stanza per cambiarsi ed io restai con Charlie e Renee per essere aggiornato.
“Allora? Tutto pronto?”.
“Tutto perfetto. Abbiamo fatto quello che ci avevi chiesto. È strano che però non l’abbiamo ancora sentita gridare”, mi rispose Renee.
“Già, è proprio s – ”, provò a dire Charlie, ma le urla di Bella e i suoi passi veloci l’interruppero.
“Da parte di chi è questo regalo?”.
“Perché invece di chiedercelo, non lo apri?”, le chiesi sorridendo.
“Sì, hai ragione”.
Il tempo di scartare la busta e gli occhi le si fecero umidi.
Prese tra le mani la lettera dell’University Of Washington e ci guardò tutti, con le lacrime agli occhi.
“E’ …  è per me?”.
“Mi sembra ci sia una sola Isabella Marie Swan in questa casa o sbaglio?”, le rispose dolce Renee, accarezzandole i capelli.
“E’ impossibile. Qua dice che sono stata a – ammessa”.
“Niente è impossibile, tesoro”, l’abbracciò Renee.
Dopo averla letta e riletta più volte, alzò gli occhi da quel pezzo di carta che gli avrebbe cambiato il futuro e mi guardò.
“C – come ci è finita qui questa lettera Edward?”.
“Beh … ecco … potrei, e dico potrei, aver messo in valigia, per sbaglio, questa lettera di ammissione e averla portata con me e …”, ma Bella m’interruppe.
“Quindi … quando sei arrivato … sapevi già che ero stata ammessa e … e non mi hai detto niente. Perché?”.
“Beh … non volevo darti false speranze, nel caso in cui il rettore dell’università di Firenze non ci avesse dato il nulla osta. Quando ho trovato questa lettera, l’ho portata a Christian e lui si è subito attivato. Ha telefonato al rettore che gli ha dato conferma della tua ammissione. Pensa che si è addirittura scusato per il ritardo nell’invio della lettera, perché c’era stato un errore e così … appena ho avuto tutto quello che mi serviva ho cercato un volo e sono partito. Sarebbe dovuto venire anche Christian, ma in questi giorni i voli sono tutti pieni e l’aereo della sua casa discografica non era disponibile, quindi …”, mi interruppi per guardarle negli occhi e capire se era o meno arrabbiata per quello che avevo fatto.
“Ti giuro che non ho mai avuto intenzione di tenertelo nascosto, ma volevo solo che … volevo che tu non ci restassi male. Solo questo. Nient’altro. L’ho fatto solo per te, non essere arrabbiata. È una bugia a fin di bene”.
Quando rialzai di nuovo lo sguardo, mi accorsi che piangeva e qualche istante dopo si buttò a peso morto tra le mie braccia.
“Come faccio ad essere arrabbiata con te se sei così … così dannatamente dolce? Ti preoccupi sempre per me e anche se … se ho sbagliato tante volte con te, tu non mi hai mai voltato le spalle. Sei sempre rimasto con me, prima come amico e poi come ragazzo e io ti amo così tanto che … non so come ringraziarti”.
Si strinse a me e affondò la testa nell’incavo del mio collo.
“Io so qual è il modo giusto per ringraziarmi”, le dissi maliziosamente all’orecchio, sapendo, ovviamente, che mi avrebbe sentito anche Charlie, il quale mi diede uno scappellotto sulla nuca.
“Ai … Charlie! Non era quello che intendevo. Dicevo …”, tornai a rivolgermi a Bella, “so qual è il modo giusto per ringraziarmi. Torna a Seattle con me, Bella”.
Mi spostai quel poco che bastava per guardarla negli occhi e restai in ansia fin quando annuì con il capo e si sporse per baciarmi.
In quel momento la mia ansia svanì e sulle mie labbra comparve un sorriso rilassato.
Risposi al suo bacio, felice che quando sarei partito, non sarei tornato da solo e, dopo, quando ci separammo perché entrambi senza fiato, mi accorsi che Charlie e Renee ci avevano lasciati soli.
“Siamo soli, amore e per quel modo per ringraziarmi … io intendevo anche quello”.
Lei mi sorrise dolce e mi abbracciò. “Tranquillo. Anch’io avevo intenzione di ringraziarti in quel modo. Mi sei mancato tanto, anche in quel senso”.
“Ti amo, piccola”.
“Sai che ti amo anch’io, vero? Quando torneremo a Seattle, non avrò più scuse per un appartamento. Ti aiuterò nella scelta, sempre che tu …”.
Le sorrisi, comprendendo ciò a cui lei si riferiva e annuii.
“Tranquilla. Lo sceglieremo insieme. Adesso andiamo a mangiare. Sono sicuro che i tuoi genitori vogliano congratularsi con te”.
Le afferrai la mano e la trascinai in sala da pranzo, sorridendo perché non se l’era presa e lo sperai, anche per il regalo che avevo per lei … regalo che avrebbe ricevuto tra qualche giorno.
Chissà se Alice aveva fatto tutto quello che le avevo chiesto.
Chissà se a Bella sarebbe piaciuto il regalo che avevo per lei una volta arrivati a Seattle.
Chissà se … questo, però, non era il momento per pensare a tutto questo.
Ci avrei pensato più tardi.
Quando ci sedemmo per pranzare, scollegai la mente dai miei dubbi e pensai solo a godermi i momenti con la mia ragazza, che seduta accanto a me, mi teneva la mano e mi sorrideva felice.

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Capitolo 26
*** Chapter 26 ***


Salve a tutti! Ce l'ho fatta, finalmente ce l'ho fatta.
Avevo il capitolo scritto per metà, ma non riuscivo mai a trovare il tempo per completarlo e finalmente tra mercoledì e giovedì ce l'ho fatta, quindi ... eccolo qui ... tutto per voi.

Spero che queste mie lunghe assenze non vi abbiano fatto perdere interesse per la storia, che ormai è agli sgoccioli.
Tutti i nodi vengono al pettine e pian piano nel corso dei capitoli le cose si stanno sistemando.
Edward e Bella hanno fatto pace e Charlie ha ottenuto il nulla osta per Bella che è stata ammessa alla "University Of Washington", la stessa che Edward frequenta. Guardate un pò che coincidenza xD.

Non posso fare altro che augurarvi Buon Anno e sperare che il capitolo sia di vostro gradimento.
 
Capitolo 26: Cambiamenti

Pov Edward


Volterra, Venerdì 10 ottobre 2014
È incredibile come, alcuni giorni, passino più velocemente di altri, come … essi facciano il loro corso e neanche hai il tempo di accorgertene.
È incredibile come … in pochi giorni cambino cose e persone.
È incredibile come … basti un attimo e tutto cambi.
È incredibile come, solamente una settimana fa, ero nella mia stanza a Forks a pensare a quanto Bella fosse stata stronza e a quanto mi avesse usato, esattamente come le altre e sì, anche a piangermi addosso … forse.
Lo ammetto, per un momento, solo per un momento … un fottutissimo piccolissimo istante … ho anche pensato di tornare alle vecchie abitudini, ma poi … ho abbandonato l’idea.
Comprendetemi.
Avevo il cuore spezzato ed ero fuori di me.
Voi come reagireste se scopriste che la ragazza che amate ha intenzione di andarsene e non ha avuto il coraggio di dirvelo? Come vi sentireste se vi escludessero da una vita, la sua vita, di cui avete sempre fatto parte?
Ci sono giorni in cui ti rendi conto che, anche senza di te, il mondo cambia … si evolve … sembra più bello, più luminoso, e quando te ne accorgi, non puoi fare altro che guardarlo evolversi.
È questo il caso.
Questo è il giorno in cui mi sono reso conto che le cose sono cambiate … che io sono cambiato … che lei è cambiata … che noi siamo cambiati.
Questo è il giorno in cui guardo la ragazza appoggiata alla mia spalla e me ne innamoro di nuovo, forse più di prima.
Ci sono giorni, come questo, in cui sembra che lei sia sempre la stessa e poi, con uno sguardo più profondo, scopri che non è così. Scopri che è diversa … cambiata.
Ti accorgi che è forte … più forte di quanto immaginassi.
Ti accorgi che la persona che credevi di dover proteggere, non ha bisogno di te in quel modo, ma solo del tuo amore e tu non puoi fare a meno di sorridere, quando lei sorride … ascoltare ciò che ha da dire, quando è arrabbiata e amarla incondizionatamente … sempre.
È questo il caso.
È questo il giorno.
Questi siamo noi … io e lei.
Bella e Edward.
Edward e Bella.
So che, probabilmente, ho un sorriso ebete che non accenna a scomparire, ma non m’importa.
È bello ascoltare la sua risata e sapere che è grazie a te che ride.
È bello ascoltare la sua voce e sapere che sta rivolgendo a te le sue attenzioni.
È bello … è meraviglioso.
Ed io mi sento così bene, che non cambierei nulla di questo istante … di questo momento.
Stringo le braccia sulla sua vita e l’attiro a me, quando mi accorgo che sta per alzarsi.
Sorrido.
“Dove crede di andare, signorina?”.
“Stavo andando a prendere altri popcorn, visto che non rispondeva, sir”.
“Mi scusi, signorina. Stavo pensando”.
A quelle parole, attirai la sua attenzione.
“A cosa … se posso?”.
“A lei, signorina Swan. A chi se no?”.
“Oh … signor Cullen, ne sono onorata”.
Mi sorrise, ma poi si alzò lo stesso per andare in cucina a prendere i popcorn.
La seguii con lo sguardo, incapace di restare per troppo tempo senza vederla.
Quando tornò a sedersi, l’attirai a me e la baciai.
Lei, dal canto suo, sorrise sulle mie labbra e poi si appoggiò alla mia spalla, riprendendo a guardare il film.
Già, perché in teoria stavamo entrambi guardando un film, in pratica, lo guardava solo Bella.
“Allora? Si può sapere che hai? Credo che tu sia un po’ troppo pensieroso, amore”.
“Te l’ho detto. Sto pensando. Penso a tutto quello che è successo in questi giorni. Penso a Marco e Sara e al fatto che mi mancheranno. Li conosco poco, ma sarebbero stati degli ottimi amici per te. Sicuramente più sinceri di quelli che avevi prima e quindi migliori. Sto pensando al fatto che non vedo l’ora di tornare al college e andarci con te. Fulminare con un’occhiataccia chiunque ti guardi troppo e poi …”, ma non riuscii a finire il mio monologo perché la mia ragazza mi baciò.
“Edward … Edward … sei sicuro che sia solo questo o c’è qualcos’altro che ti preoccupa?”.
“No … non c’è nulla”, mentii.
È ovvio … è ovvio che sono preoccupato. Non posso di certo dirle che sono preoccupato per quello che ho preparato per lei quando saremo a Seattle.
Spero che non si arrabbi. E spero soprattutto che mia sorella non abbia esagerato, perché questa è la volta buona che la uccido. Speriamo che abbia lasciato tutto come ho chiesto e che abbia solo supervisionato. Cosa di cui dubito fortemente, ma che spero.
‘Tranquillo Edward, a Bella piacerà qualsiasi cosa tu abbia fatto’. Poi aggiunsi: ‘E Alice abbia cambiato’.
“Sicuro?”.
“Al cento per cento, piccola”, le sorrisi. “Adesso riprendiamo a guardare questa palla colossale”, dissi prendendo in giro uno dei suoi film preferiti e sapendo quanto questo l’avrebbe fatta arrabbiare.
“Edward! Non è una palla colossale. È un film italiano premio Oscar. Sai da quanto tempo l’Italia non vinceva l’Oscar come miglior film straniero?”.
“Amore … sarà anche un premio Oscar, ma non ci ho capito molto”.
Lei iniziò a ridere.
“E’ ovvio che non l’hai capito. Hai passato tutta la prima parte a fissarmi e a sorridere come un ebete”.
“E beh … cosa posso dire a mia discolpa”, le sorrisi malizioso, “ero intento a guardare la grande bellezza appoggiata a me”, conclusi citando il nome del film che stavamo guardando, “La Grande Bellezza”, Oscar come miglior film straniero 2014.
“Ah Cullen! Sei un leccaculo, l’ho sempre saputo”, rise Bella.
“Ah credimi Swan, ci sono molte cose che vorrei fare con il tuo didietro e leccarlo rientra nella lista, quindi … non posso negare la tua affermazione”.
Iniziai a ridere per la sua espressione scioccata, fin quando un lamento di dolore uscì dalle mie labbra, perché la grande bellezza accanto a me mi aveva tirato un pugno.
“Hey Swan! Tieni le mani a posto. Mamma mia e quanto sei manesca. Dicevo così per dire. Anche se … aspetterò il momento giusto e appena saremo nel nostro appartamento a Seattle, metterò in atto il mio piano di venerazione del tuo bellissimo sedere”.
“EDWARD”, urlò Bella. “SMETTILA. Sembri un ragazzino con gli ormoni a palla che non vede l’ora di scopare con la puttanella di turno”.
Spalancai gli occhi e la bocca alla sua affermazione. “Signorina Swan, sono scioccato. Questo linguaggio così volgare non è da lei”, le dissi prendendola in giro.
Lei, in risposta, mi tirò un cuscino, che riuscii a scansare, per fortuna.
La bloccai, attirandola a me e l’abbracciai.
“Ti amo”, le sussurrai all’orecchio. “E giusto per la cronaca … scoperei, mi correggo, farei l’amore solo con te e venererei comunque il tuo sedere, piccola”.
Lei sbuffò e arrossì.
Sapevo quanto odiasse sentirmi parlare in questo modo quando avrebbero potuto sentirci i suoi genitori o Christian, ma io mi divertivo un modo a vederla arrossire e anche a prendermi gioco di lei.
“Ti ho già detto che sei bellissima quando arrossisci, amore?”.
“Sì, almeno una quarantina di volte oggi, Eddy”.
“Bene, allora lascia che te lo dica per la quarantunesima volta. You’re beautiful like diamond in the sky”, le dissi cantandole una strofa della canzone di Rihanna.
Alzò gli occhi al cielo sbuffando e mi rispose. “Sai che a volte dubito della tua sanità mentale? Credo che non fare sesso ti faccia male, Edward. Seriamente … dove le trovi queste battute?”.
“Ma smettila! Non me la dai a bere, piccola”. Scossi la testa. “No … proprio per niente. So perfettamente quanto ti piace quando parlo in questo modo e …”, ma fui interrotto dalle sue labbra che, prepotenti, baciarono le mie.
“Allora Cullen, hai ancora qualcosa da dire?”.
‘Beh piccola, avrei tanto da dire, ma il tuo assalto mi ha fatto dimenticare anche come mi chiamo’.
“Beh … ecco, me lo sono dimenticato. Baci così bene che … che mi fai dimenticare tutto”.
Restammo in silenzio e Bella fece ripartire il dvd del film che io feci finta di seguire, troppo preoccupato a pensare ai mille modi in cui mi sarei potuto divertire con il suo meraviglioso sedere.
‘Cazzo Cullen, ha ragione Bella. Hai bisogno di fare sesso. L’astinenza ti fa male’.
Sbuffai mentalmente e ignorai la mia coscienza.
Quando il film finì, saltai in piedi come una molla.
‘Dio sì! Finalmente è finito’.
Sorrisi a trentadue denti e sospirai.
Il mio entusiasmo, però, fu freddato da un’occhiataccia di Bella, che poi si voltò e andò in cucina a posare la ciotola.
La seguii come un cagnolino, indeciso sul da farsi.
Che faccio?
Resto zitto o provo a tastare il terreno?
Mi butto o resto al sicuro sulla scogliera?
‘Buttati … buttati’, mi disse beffarda la mia coscienza.
Bene … mi butto.
Speriamo solo che l’atterraggio non faccia male.
“Amore … s – sei arrabbiata?”, dissi avvicinandomi a lei con cautela.
“No amore …”, disse calcando sulla parola amore, “perché dovrei? Hai fatto qualcosa?”, continuò ironica.
“Okay, ho capito. Faccio meglio a restare zitto”.
‘Ma perché … perché ti ho ascoltato coscienza del cavolo! Ti ignoro sempre e in quei casi hai sempre ragione, e ora … e ora? Per una volta che decido di ascoltarti, commetti un errore? Eh no! Eh no! Così non va. Non va per niente. Brutta traditrice!’.
La mia coscienza non rispose, forse troppo spaventata dalla mia rabbia.
Bella si avvicinò e mi abbracciò.
“Tranquillo amore, era solo un film. Non sono arrabbiata, sono solo … offesa. Insomma … solitamente i film che scelgo ti piacciono sempre e, beh … sai …”.
“Scusami … davvero, ma è che … non so. Sono solo eccitato all’idea di tornare a Seattle … con te e sono stato pensieroso per tutto il film, quindi se lo avessi seguito con più attenzione, adesso saprei di cosa parla, ma non temere … i tuoi film mi piacciono sempre, quindi … mettilo in valigia. Lo vedremo una di queste sere a casa, così potrò apprezzarlo, d’accordo?”.
‘Speriamo sia d’accordo. Speriamo sia d’accordo’, sperai incrociando le dita mentalmente.
“D’accordo amore, è … è perfetto”, si sporse per baciarmi ed io per facilitarle il compito, abbassai la testa e feci incontrare le nostre labbra.
“Su … adesso aiutami a preparare qualcosa per cena che io ho fame e non so quando quei due torneranno dalla riunione del condominiale”, continuò.
Sorrisi e poi mi affiancai a lei, ascoltando attentamente tutti i suoi ordini.


Pov Bella

È tutto il giorno che Edward è strano.
Chissà a cosa diamine sta pensando. È stato pensieroso tutto il giorno.
Spesso, durante la giornata, mi sono trovata a guardarlo incantata quando si accigliava per qualcosa o quando sorrideva da solo e il sorriso non accennava a sparire.
Ho notato come, per tutto il tempo che abbiamo guardato il film, non mi abbia tolto gli occhi da dosso neanche un attimo.
A un certo punto è anche arrossito, ma questo me lo sono tenuta per me.
Non volevo metterlo in imbarazzo.
Ho il sospetto che il suo pensiero avesse a che fare con il sesso, per cui … ho evitato di fare commenti. So quanto gli piace fare battutine a sfondo sessuale … con me, perché sa che mi imbarazzo e questo lo fa divertire ancora di più.
Però … Edward che arrossisce è davvero una cosa nuova … strana, ma nuova. Non era mai arrossito prima.
Beh! Non con me.
“Ahia … cazzo! Cazzo! Merda che male!”, disse qualcuno dietro di me.
Mi voltai e vidi Edward che saltellava a destra e a manca per il dolore.
Faticai a trattenere le risate, ma era davvero una scena esilarante. Avrei dovuto fargli un video, ma non avevo il cellulare a portata di mano.
Peccato però, Alice l’avrebbe preso in giro a vita.
“Che succede? Perché saltelli imprecando?”, gli chiesi avvicinandomi.
Edward si accorse di me che lo fissavo e smise subito di saltellare, nonostante il suo viso fosse una smorfia di dolore.
“Nulla … nulla, tranquilla”.
“Ma come nulla? Le tue imprecazioni non la pensano allo stesso modo, perciò … non farmelo ripetere di nuovo. Cos’è …”, dissi mettendo le mani sui fianchi.
“Okay … okay! Stavo aprendo una noce con il bicchiere di vetro e beh … è imbarazzante, però, se proprio ci tieni a saperlo, al posto di colpire la noce ho colpito il mio dito, che tra parentesi non riesco a piegare, per quanta forza stavo usando. Spero solo di non essermelo rotto”.
Non riuscii a trattenere le risate e, appoggiandomi alla cucina, inizia a ridere fino a piangere.
Edward mi guardava come se fossi un extraterrestre, ma la scena era comica, davvero comica.
“Continua a ridere, bene. Ridi pure. Sei una ragazza insensibile e senza cuore. Continua a prenderti gioco di me”.
“Scusa … scusa, davvero. Però … oddio!”, dissi mentre un’altra ondata di risa mi travolse, “è stato troppo divertente vederti saltellare per la stanza. Scusa, davvero”, continuai asciugandomi le lacrime agli occhi.
“D’accordo … d’accordo, ma finisci tu. Mi sono scocciato. A quanto pare, quando andremo a vivere a Seattle, sarai tu la cuoca. Io mi limiterò ad apparecchiare”.
“Ah beh! Va bene. Avevo intuito che mi volessi a Seattle con te solo per la mia cucina”.
“No! Non è vero. Ti voglio a Seattle con me perché ti amo e non riesco a stare senza di te, ma è anche vero che la tua cucina ha un ruolo chiave in tutto questo”.
“Meno male che sei sincero. Mi piace la tua onestà in questo”, sorrisi. “Su … mangiamo, quei due ancora non sono tornati ed io ho fame”.

Il mattino dopo …
Mi svegliai per uno strano movimento accanto a me.
Strano!
Sono nel mio letto, stanotte non sono andata in camera di Edward.
Ma allora come mai sento una presenza accanto a me?
Aprii gli occhi e vidi Edward steso accanto a me, girato verso di me e appoggiato su un gomito che mi guardava.
Davanti a lui … un vassoio e una colazione … per me.
“Buon giorno bell’addormentata. Finalmente ti sei svegliata. Sai che ore sono?”, mi disse sorridendo.
Gli risposi con un sorriso e poi mi avvicinai per dargli un bacio.
“Sei di poche parole oggi?”.
Scossi la testa, prendendo uno dei cornetti dal vassoio e addentandolo.
“No, sono solo stanchissima e il fatto che tu mi abbia portato la colazione a letto, mi ha tolto le parole di bocca”.
Dopo un po’ di silenzio, in cui notai il suo sguardo seguire ogni mio movimento, gli chiesi se ne volesse un po’.
“In realtà sì. Vedi l’altro cornetto e l’altra tazza, quella di caffè? Beh … sono per me. Volevo fare colazione con te”.
Gli sorrisi e mi sporsi per dargli un altro bacio.
“Allora … cosa ti va di fare oggi? Shopping? Guardiamo un altro film, che stavolta scelgo io, oppure non so … prepariamo i tuoi bagagli?”.
“Non so … potremmo andare a fare shopping e poi preparare i bagagli. Christian ha detto che ci manderà il suo aereo. Non che la cosa mi piaccia, ma lo conosci. Non accetta un no come risposta”, risposi a bocca piena.
Edward rise per il modo poco fine con cui avevo parlato.
“Signorina Swan, non è da te parlare in questo modo. Sei sicura di star bene?”.
“Sì tranquillo, sto bene. Non so perché, ma ho sempre fame. Sarà che, avendo mangiato poco nei giorni scorsi, il mio stomaco si è risvegliato e vuole recuperare”, risi.
“Già … sarà per questo. Allora ti lascio preparare. Ti aspetto di là”.
Mi diede un bacio veloce e poi se ne andò.

Dopo essermi lavata e vestita, andai in cucina, dove sapevo avrei trovato Edward.
Se ultimamente io mangiavo troppo, Edward non era da meno, con la differenza che lui mangiava troppo ogni giorno.
Prima ancora di entrare in cucina, potei sentire chiaramente la sua voce. Per un istante pensai che fosse impazzito e che avesse iniziato a parlare da solo, ma poi compresi che non era così. Probabilmente parlava al telefono, visto che i miei genitori erano già usciti.
“Christian … è tutto sistemato? Ti prego … dì di sì. Perché sinceramente … non ce la faccio più a stare qui. Potremmo incontrare quello stronzo oggi e non voglio che si avvicini a lei in alcun modo. Ricordi cos’ha fatto alla festa?”.
Chi non deve avvicinarsi a me?
Quale festa?
Poi ebbi un’illuminazione.
‘Oh … quella festa. Emanuele. Il litigio. Lui che ci prova con me e Edward che per poco non gli da un pugno’.
Tossii perché aveva iniziato ad imprecare in tutti le lingue del modo e volevo sapere cosa gli avesse risposto Christian per farlo arrabbiare in questo modo.
Perché quei due fanno sempre cose alle mie spalle e vengo a conoscenza delle cose sempre troppo tardi?
Quando torneremo a Seattle, a tal proposito farò un discorsetto a entrambi.
“Oh … devo lasciarti. Bella è qui”, disse sussurrando.
Alzai gli occhi al cielo.
‘Come se non avessi ascoltato tutta la tua conversazione’.
“Salutami Christian”, aggiunsi, sorridendo diabolicamente.
Sbiancò, comprendendo che avevo ascoltato tutto.
“Allora? Sei pronta? Tuo padre mi ha detto che possiamo anche prendere la tua vecchia auto, invece che i mezzi pubblici”.
“Certo che possiamo. È la mia auto”.
“Andiamo allora”.
‘Sì andiamo, tranquillo. Credi pure di esserti salvato’.
“Andiamo”.
Mi afferrò la mano e uscimmo di casa.
Mentre andavamo al garage, non riuscii a fare a meno di chiedergli quello che volevo sapere.
Ma cosa posso dire a mia discolpa? Sono curiosa e, lo ammetto, anche un po’ arrabbiata.
“Allora?”.
Si voltò verso di me con uno sguardo che significava ‘E questa mo che vuole?’.
“Allora cosa?”.
“Lo sai Edward. Smettila di girarci intorno. Voglio sapere cos’hai chiesto a Christian”.
“Beh … ecco … gli ho chiesto quando sarebbe arrivato l’aereo, così da organizzare il tutto e non dimenticare nulla”.
Alzai un sopracciglio. “Ah davvero? Solo questo? Perché mi sembra che tu abbia parlato di una festa e di uno stronzo, e a me risulta che …”, ma fui interrotta da lui che, prontamente, negò.
“No! Non è vero. Ultimamente non siamo andati ad alcuna festa, piccola. Avrai sentito male”.
“Oh beh, grazie ma no … non sono stupida, so quello che ho sentito e credo che tu mi debba qualche spiegazione. In realtà la vorrei da entrambi, ma visto che Christian non è qui, solo tu puoi darmela”, dissi iniziando ad alterarmi.
Ormai eravamo arrivati in garage ed eravamo fermi davanti all’auto a litigare come due cretini e solo perché lui faceva sempre le cose alle mie spalle.
“Non posso dirtelo, mi dispiace. Christian dice …”.
“Non m’importa cosa dice Christian. So per certo che questa cosa riguarda anche me, quindi perché non dirmela? Non credete sia in grado di badare a me stessa? Certo … il mio ex ragazzo mi perseguita e voi state facendo non so cosa per non farlo avvicinare a me e io non sono degna di saperlo, giusto? Giusto?”, urlai fuori di me.
“Abbassa la voce, cazzo e calmati. Le poche persone che sono qui ci stanno guardando”, continuò Edward tranquillo.
“No che non mi calmo e non abbasso la voce. Non mi frega nulla della gente. Voglio sapere cosa state combinando tu e Christian, okay?”.
“D’accordo … d’accordo. Ti dirò tutto, però calmati. Sali in macchina e calmati”, mi intimò con sguardo minaccioso, mentre mi apriva lo sportello.
Salii in macchina e incrociai le braccia al petto, voltandomi a guardarlo.
“Avevamo intenzione di dirtelo, una volta che la richiesta fosse stata approvata. Ho pensato fosse inutile metterti altra pressione addosso, visto che eri già stressata per il college”.
“Cosa doveva essere approvato, Edward? Non capisco”.
“Un ordine restrittivo”.
“Perché?”, chiesi sconvolta da una decisione così drastica.
“Perché? Mi chiedi anche perché? Ti ha aggredito a una festa e tu mi chiedi perché? Né io, né Christian vogliamo che si avvicini di nuovo a te, okay? Deve stare lontano ed è già fortunato che tuo padre non sappia niente. Ho fatto promettere a Christian di non dirgli niente”.
“Ma questo è … è assurdo. Sono stata insieme a lui per due anni e non mi ha mai fatto del male, perché dovrebbe farmi qualcosa ora che non stiamo più insieme?”.
Forse avrei fatto meglio a restare zitta, perché Edward diventò di tutti i colori.
La rabbia gli attraversò il volto.
“Oh beh … guarda! Se vuoi, puoi tornarci insieme e scoprirlo, nessuno ti trattiene. Cosa c’entra questo?”, urlò. “Hai dimenticato cos’ha provato a fare a quella festa? Hai provato a immaginare cosa sarebbe successo se Alice non fosse venuta a chiamarmi? Io l’ho immaginato e ti assicuro che non mi ha fatto piacere, ma se vuoi fare quell’esperienza, beh … accomodati. Non ti tratterrò, poi però non tornare da me, perché io non ci sarò”.
Abbassai lo sguardo sulle mie mani, sapendo che aveva ragione.
“Hai ragione … scusa. Non so cosa mi sia preso e non so perché ho detto … non voglio lui, voglio te, lo sai”.
Tolse la mano dal cambio e l’appoggiò sulle mie, lanciandomi uno sorriso.
“E’ tutto okay, sta tranquilla. Quando l’ordinanza sarà pronta, saremo tutti più tranquilli, sono solo preoccupato per la tua incolumità”.
Strinse la mia mano nella sua e se la portò alle labbra per lasciarci un bacio, poi le appoggiò entrambe sul cambio.
Una conversazione sussurrata tra Christian e Jo, mi tornò alla mente.
Mi illuminai.
“Oh!”, esclamai sorpresa.
“Cosa?”.
“Adesso si spiega perché Christian non voleva prenotare i biglietti aerei per tornare qui”, dissi sorridendo.
Edward rise.
“Già … sarà sicuramente per questo. Adesso … passata la rabbia? Perché voglio solo godermi questa giornata con te, senza Alice intorno. È molto più divertente fare shopping con te … solo con te”.
“Anche per me è molto più divertente, ma soprattutto rilassante”, concordai.

Una volta arrivati al centro commerciale, andammo subito nel mio negozio preferito e costrinsi Edward a provare qualcosa.
Io avevo già tanta roba, alcune cose mai indossate, quindi era il suo turno.
Volevo rinnovargli il guardaroba.
Sì … decisamente.
Si lamentò per tutto il tempo, cosa che fanno tutti i ragazzi, ma ci divertimmo.
“Amore ti prego … basta. Sono esausto, non ce la faccio più. Sono a posto così. Tre paia di pantaloni, qualche camicia e maglioncino e poi …”, lo baciai.
“Shh! Sta zitto un po’. Credo manchi qualcosa”, dissi pensierosa. Mi illuminai. “Le magliette monocolore che mi piacciono tanto, ecco cosa manca”, lo presi per mano e lo trascinai con me.
Sbuffò, ma poi iniziò a ridere.
Anche se si lamentava di continuo, sapevo che gli piaceva fare queste cose con me, molto più che con sua sorella.
“Sei affetta da disturbo da shopping compulsivo come mia sorella Alice? Adesso capisco perché andate così d’accordo. Maledetto il giorno in cui ti vidi per la prima volta”, mi chiese ad un certo punto trattenendo un sorriso.
Scoppiai a ridere.
“Sei un idiota! Certo che no! Non sono una maniaca dello shopping come Alice. È solo che … mi piace comprare cose per te”, gli dissi abbracciandolo.
Gli diedi un bacio sul collo e lui mi circondò la vita con le braccia.
“Dì la verità, a te piace trattarmi come un bambolotto”, mi sussurrò sulle labbra.
“Mmm … non posso negare quest’affermazione. Ti amo”, risposi prima di baciarlo.
“Anche a me piace trascorrere il mio tempo con te in questo modo, lo sai vero? Mi lamento solo per farti arrabbiare”.
“Lo so … lo so, tranquillo”.
“Adesso abbiamo finito? Non scherzavo quando dicevo di essere stanco”.
Per l’ennesima volta in quella giornata, alzai gli occhi al cielo. “Sì tranquillo, dobbiamo solo pagare”.

Pranzare fu tutta un’altra storia.
“Voglio la pizza”.
“E io voglio un panino. Come la metti?”.
“La metto che, visto che io sono una ragazza, decido io”.
“Oh … e da quando?”.
“Da sempre caro. Da sempre”.
Edward tossì per trattenere una risata.
“Sì certo, come no, quindi … panino”.
“No! Pizza!”.
Misi le mani sui fianchi.
“Panino!”.
Lui incrociò le braccia al petto.
Sorrisi.
Sorrise.
“Ce la giochiamo a sasso, carta, forbici?”, gli chiesi.
“Ci sto”.
Indovinate un po’ chi vinse?
Edward, naturalmente.
“Ho vinto! Ho vinto! Su andiamo al McDonald’s”, sorrise vittorioso mentre mi prendeva la mano.
Alzai gli occhi al cielo e lo seguii all’interno del locale.
“Allora … cosa vuoi? Io prendo il McChicken, il mio preferito”.
“Mmm … lasciami pensare … Cheeseburger Bacon!”, esclamai.
“Sei sicura? Non é un po’ troppo per te?”.
“No … tranquillo, lo reggo. Tu piuttosto … perché prendi una cosa così leggera?”, lo presi in giro.
“Beh … non so, non sono tanto affamato, oggi. Sai … sono preoccupato per il viaggio e tutto il resto”.
“Oh amore”, mi avvicinai a lui e gli presi la mano tra le mie, “andrà tutto bene. Cosa ti preoccupa?”.
“Il viaggio … l’appartamento … il college … il campionato … tu …”.
Abbassò lo sguardo sulle nostre mani intrecciate.
“Io? Perché?”
Scosse la testa ed io alzai un sopracciglio.
“E se … se non sarai a tuo agio a Seattle? Se tra qualche mese ti rendi conto che non è quello che vuoi e che non vuoi più me? Io cosa faccio?”.
“Edward … é questo quello che voglio. Come puoi pensare che un giorno potrei non voler stare più con te? Tu sei una delle poche cose di cui sono sicura. Abbiamo passato quindici anni lontani e non ci siamo mai separati davvero, come fai a credere che possa stancarmi di te ora che finalmente saremo vicini?”.
“Non lo so … so che è una paura inutile, ma non posso fare a meno di pensare che un giorno tu possa capire che non è questo quello che vuoi”.
Mi alzai per sedermi sulle sue gambe e gli presi il viso tra le mani.
“Amore … proprio perché è una paura inutile, devi smetterla di pensarci, d’accordo?”.
“D’accordo. Vado a prendere i panini, okay? Aspettami qui!”.
Mi baciò e si alzò.
Mentre aspettavo che Edward tornasse con il nostro pranzo, chiamai Alice, che non sentivo da due giorni.
Quella pazza non mi diede neanche il tempo di parlare che mi fece un riassunto dettagliato di tutto il tempo in cui non c’eravamo sentite.
Ci salutammo e lei mi disse che non vedeva l’ora di rivedermi e passare altro tempo con me.
Sorrisi.
Anche io non vedo l’ora di rivederla.
Alice è pazza. Decisamente pazza. Povero Jasper che la sopporta da una vita!
“Perché ridi?”, disse qualcuno alle mie spalle.
Mi voltai e mi accorsi che Edward era tornato.
Troppo occupata a pensare ad Alice, non mi ero accorta del suo ritorno.
“Perché ho appena parlato con tua sorella e mi stavo chiedendo come faccia Jasper a starle accanto tutto il giorno. Io avrei mal di testa dopo cinque minuti esatti”.
“Hahahahah … hai ragione! E’ incredibile”, aggiunse sedendosi accanto a me. “Ecco il tuo panino e le tue patatine”.
“Grazie amore” e gli diedi un veloce bacio prima che il mio stomaco brontolasse.
Lui scrollò le spalle e inizio a mangiare la sua roba.

Dopo aver finito di mangiare, ci alzammo e passeggiamo un po’ nella piazza esterna del centro.
Edward aveva il braccio a circondarmi la spalla.
Sospirai.
‘Perché non può essere sempre così? E’ bellissimo passeggiare con lui in questo modo’.
“Tutto bene, piccola? Hai freddo?”.
“No, sto bene. Mi piace passeggiare con te”.
Sorrise e si abbassò per baciarmi.
Come un fulmine a ciel sereno, mi tornarono in mente le sue parole di poco fa.
“Il viaggio … l’appartamento … il college … il campionato … tu …”.
“Amore?”.
“Mmm?”.
“Perché sei preoccupato per l’appartamento?”.
“Mmm … perché ho paura di non trovare quello giusto e che tu ti arrabbi con me come l’ultima volta che ci abbiamo provato”, ammise.
Risi per la sua paura.
“Amore, stavolta lo troveremo, vedrai. Avevo la mente annebbiata dai problemi e non prestavo molta attenzione, adesso farò di tutto per trovare la casa dei tuoi sogni, d’accordo?”.
“D’accordo. Ora … lascia che ti baci. Mi sei mancata in questi giorni”.
Sorrisi e poi mi alzai sulle punte per baciarlo, circondando il suo collo con le braccia.
In quell’esatto momento, una voce ci fece sobbalzare.
“Ma guarda un po’ chi c’è qui. La coppietta felice. È un piacere rivederti, piccola Bells”.
Ci voltammo e sentii il mio cuore sprofondare.
Edward s’irrigidii al mio fianco e, prendendomi la mano, mi spostò dietro di lui ed io non potei fare a meno di preoccuparmi.
‘No, non è possibile. Anche qui. Perché non può lasciarci in pace?’, fu tutto quello che riuscii a pensare.


Chi sarà mai questo tizio?

Un bacio e al prossimo aggiornamento che spero arrivi sabato prossimo.

Ally!

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Capitolo 27
*** Chapter 27 ***


Salve a tutti! Ebbene sì, sono ancora viva! Spero che questa mia lunga assenza non vi abbia fatto perdere interesse per la storia.

Sono davvero davvero dispiaciuta per questa lunghissima assenza, ma ho avuto la sessione d'esami all'università e numerosi ed ancora irrisolti problemi di connessione e solo lunedì scorso sono riuscita ad aprire word e terminare il capitolo.

Non mi dilungo troppo, spero solo che il capitolo vi piaccia e che rencensiate in tanti.

Ringrazio tutti i lettori, silenziosi e non.

Un piccola precisazione riguardo il capitolo precedente. Come molti ricorderanno, ho citato il film "La Grande Bellezza", e non vorrei che qualcuno avesse pensato che ho detto quel che ho detto perchè il film non mi piace, anzi, l'ho davvero adorato, avendolo visto al cinema con i miei amici nel 2013. Ho fatto dire a Edward quelle cose perchè quella è stata la reazione del mio migliore amico e, essendomene ricordata, ho voluto inserirla.

Capitolo 27: Just You & I … Me & You … What A Mess!

Pov Edward


“Ma guarda un po’ chi c’è qui. La coppietta felice. È un piacere rivederti, piccola Bells”.
M’irrigidii e, prendendo la mano di Bella, la spostai dietro di me.
‘Perché cazzo doveva apparire proprio oggi? Avrei dovuto aspettare che l’ordine restrittivo fosse approvato prima di portarla in giro per Volterra. E poi piccola Bells lo dici a tua sorella, idiota’.
Il mio cervello era in fermento per trovare una scusa per picchiarlo, vista la faccia da schiaffi che si ritrovava, ma non riusciva a trovarne nemmeno una.
“Che vuoi?”, chiesi senza accorgermene.
Lo sguardo di Emanuele si accigliò e spostò lo sguardo da me a Bella.
“Ma come, non lo sai? E tu piccola … non lo sai?”, chiese.
“Potrei averne una mezza idea”, rispose Bella piccata, uscendo dal suo nascondiglio che era il mio corpo.
“Bene, ma visto che non ne sei sicura, ti chiarirò le idee. Cos’è questo?”, chiese, tirando fuori un foglio.
Lo presi tra le mani e lessi, facendo in modo che lo leggesse anche Bella.
Spalancai gli occhi, sorpreso. Possibile che fosse già arrivato?
‘Christian e i suoi avvocati sono stati veloci. Ne abbiamo parlato solamente qualche ora fa e non mi aveva assicurato nulla’.
Da una parte ero sollevato, perché questo significava che, al momento, stava infrangendo la legge, ma dall’altra ero preoccupato per la reazione che avrebbe avuto.
Perché di una cosa ero sicuro: avrebbe avuto una reazione.
“Mi spieghi che cazzo significa?”, chiese furioso a Bella.
“Lasciala stare. Lei non c’entra niente. È stata un’idea mia e di Christian. Per proteggerla”, intervenni.
“Perché?”.
“Perché? Sei serio? Due mesi fa l’hai quasi aggredita e mi chiedi perché? L’ho fatto perché non ti permetterò mai più di avvicinarti a lei e di sfiorarla con un solo dito, anche a costo di spezzartele tutte … le dita”, precisai. “Non ti voglio vicino a lei, così come non ti ci vuole Christian e sta sicuro che neanche lei ti vuole”.
“Beh … questo non avresti dovuto deciderlo tu, ma lei. Hai solo paura che torni da me e stai facendo di tutto per allontanarla. Mi credi davvero così stupido? Ci sarà un motivo se, invece di restare a Seattle a studiare, sia tornata qui. E quel motivo sono io, Cullen. Solo e unicamente io. Tu sei stato solo un passatempo”.
Risi.
Se solo sapesse che tra qualche giorno torneremo a Seattle e andremo a vivere insieme, darebbe di matto. Non che adesso sia un ragazzo con tutte le rotelle a posto, ma impazzirebbe ancora di più, se sapesse.
Che poi … Bella lo ha mollato quasi un anno fa e lui crede ancora che lei lo ami? Probabilmente non l’ha mai amato davvero.
‘Psst … P.A.T.E.T.I.C.O’.
“Sì certo, un passatempo, come dici tu. Hai perfettamente ragione, comunque non è questo il punto, in tutti i casi. Se sono solo un passatempo, me lo dirà lei e smetteremo di vederci, cosa di cui dubito fortemente, ma se vuoi crederci, fa pure. Sei patetico, davvero. Comunque … il punto principale è che devi stare lontano da lei. Dopo tutto quello che hai combinato, hai anche il coraggio di presentarti qui e credere che lei ti ami ancora? Non sono di certo io quello che l’ha tradita, o sbaglio?”.
“Senti Cullen, non intrometterti. Voglio parlare con Bella. Voglio che annulli quest’ordine restrittivo nei miei confronti. Cos’è questa storia che devo stare almeno a 200 metri di distanza da te?”, chiese rivolto a Bella.
Per un momento, incrociò lo sguardo con il mio ed io, impercettibilmente, annuì con la testa.
“Non lo annullerò, mi dispiace. L’ultima volta che ci siamo visti, mi hai spaventato molto. Non pensavo fossi capace di tanto. Non puoi costringermi a fare ciò che vuoi. Sono finiti i tempi in cui pendo dalle tue labbra. Non ti voglio più, forse … forse non ti ho mai voluto davvero. Mi spiace averla fatta durare due anni, ma non mi ero resa conto che la mia cotta per te fosse già passata da qualche tempo. In fondo, mi fidavo di te e mi faceva comodo mentire a me stessa, a te e agli altri. Speravo che con il tempo la mia attrazione per te tornasse, ma così non è stato e mi è dispiaciuto. E mi spiace ancora di più sapere che abbiamo entrambi perso due anni della nostra vita e che questo abbia distrutto per sempre quella che avrebbe potuto essere una bella amicizia. Con il passare del tempo mi sono accorta di quanta poca attenzione tu avessi nei miei confronti e per un po’ mi è bastato, ma ad un certo punto non è stato più abbastanza e il fatto che tu avessi tradito la mia fiducia in un modo così meschino, mi ha fatto male e ha distrutto tutto, anche quel poco di amore e affetto che provavo nei tuoi confronti. Mi ha fatto aprire gli occhi e comprendere quanto poco tu tenessi a me e quanto poco io ti amassi per continuare ad andare avanti per entrambi”.
Restai con il fiato sospeso e spostai lo sguardo da Bella a Emanuele, per vedere meglio una sua reazione che, sapevo, sarebbe sicuramente arrivata.
Lui strinse i pugni ed io mi preparai mentalmente a tutto quello che avrebbe fatto, visto che alla festa mi aveva anche minacciato di farmela pagare per il pugno che gli avevo dato.
“Beh … a quanto pare ti sei fatta fare il lavaggio del cervello dal tuo Eddy. Non sono parole tue, piccola. So che quando ci siamo lasciati sei stata male, e non riesco a credere che tu abbia già dimenticato tutto. Non è possibile. Ricordi cosa ci dicevano tutti? Eravamo perfetti insieme e lo pensavi anche tu, quindi … possiamo ancora essere felici insieme, piccola … ti prego”.
Tese la mano verso di lei ma Bella, sorprendendomi, scosse la testa e mi guardò, invitandomi a dire qualcosa.
Non che mi aspettassi che andasse via con lui, ma credevo che avrebbe chiuso lei questo discorso.
“No, non potete, e vuoi sapere perché? Perché lei non ti ama, ama me. Accettalo e levati di torno, prima che metta in pratica ciò che avrei dovuto fare qualche mese fa”.
Come mi aspettavo, rise, ma, in fondo, non fui sorpreso.
Lui reagiva sempre così.
“No … tu non parli al posto suo”, disse avvicinandosi.
“Oh … invece sì che posso, visto che me l’ha chiesto lei e sta sicuro che stavolta nessuno mi fermerà dal cambiarti i connotati”, gli dissi avvicinandomi anch’io.
“Vedremo” e detto questo, mi superò dandomi una spallata e avvicinandosi a Bella. “Andiamo Bella … so che lo vuoi anche tu”.
Fece per carezzarle la guancia, ma non gli fu concesso.
Primo, perché Bella fece un passo indietro.
Secondo, perché gli presi il polso e glielo strinsi talmente forte da lasciargli il segno.
“LASCIAMI!”.
Lo trascinai lontano dalla mia ragazza e poi, all’improvviso, lo lasciai andare, facendogli perdere l’equilibrio.
“Adesso posso lasciarti. Ti avevo detto o no che non l’avresti più toccata con un solo dito? Credi che parli giusto per parlare? Beh … mi dispiace dirtelo, ma sono uno che fa quello che dice e tu … faresti bene a ricordartelo, se non vuoi che ti rovini il bel faccino che ti ritrovi”, dissi prendendolo per il colletto della giacca.
“Ma non farmi ridere. Non lo faresti. Non con Bella presente, almeno. Hai troppo paura di fare brutta figura”.
Risi.
“Davvero? Vediamo allora … su … che aspetti?”.
Senza che me ne accorgessi, mi arrivò un pugno nello stomaco che mi fece cadere a terra.
A mia discolpa posso dire che mi aspettavo che mi avrebbe colpito in faccia e, quindi, quel pugno non me lo aspettavo proprio.
“Che c’è? La tua spavalderia è già finita? Hahahahah!”, rise insieme ai suoi amici. “Bella guarda … il tuo amato è finito a terra”.
“Edward … perché non la smettiamo? Andiamocene a casa, amore, ti prego”, Bella s’inginocchiò accanto a me e mi sussurrò all’orecchio.
“No, ce la faccio. Solo … aiutami a rialzarmi”.
“Oh … ce l’hai fatta a rialzarti. Sei sicuro di voler continuare?”, continuò a deridermi Emanuele.
‘Ti faccio vedere io, chi perderà’.
“Preferisco non risponderti”.
Detto questo, mentre continuava a ridere con i suoi amici, gli assestai un pugno sullo zigomo.
“Adesso chi è il pappamolla? Io o tu?”.
Da quel momento iniziò una battaglia ad armi pari. Meno male che il baseball e tutta l’attività fisica che pratico mi danno una certa agilità, altrimenti a quest’ora sarei già all’ospedale.
Alla fine, non si capiva chi dei due era messo peggio.
Qualcuno di buon cuore aveva chiamato un’ambulanza e anche la polizia.
Chissà perché, ma me lo aspettavo.
A un certo punto, mentre Bella cercava di tamponarmi il livido al labbro con un fazzoletto, sentimmo la voce di Charlie.
‘Oh cazzo! Perché proprio Charlie! Stavolta mi uccide, me lo sento’.
“Edward! Bella! Dio ma cosa diavolo hai combinato? Guardati. Alle vostre madri verrà un infarto quando lo sapranno. Adesso spiegatemi cos’è successo. Con chi hai litigato?”.
“Papà sta tranquillo, è tutto sotto controllo. Ecco ehm …”, ma Bella non riuscì a finire perché si avvicinò un suo vecchio amico, nonché complice di Emanuele.
“Charlie, che piacere vederti. Sei venuto ad arrestarlo?”, mi indicò.
“Cosa? Stai scherzando … spero!”.
“No, l’altro ragazzo è Emanuele. Hanno litigato e Edward l’ha aggredito”.
Charlie si voltò verso di me e mi guardò con un sopracciglio alzato. “È vero?”.
“In parte. Lui … lui …”, mi interruppi perché non riuscivo a trovare le parole giuste per descrivere quello che era appena accaduto.
Fu Bella a finire per me.
“L’ha fatto per me. Papà ecco … c’è una cosa che non sai. Ricordi la festa a cui siamo andati qualche settimana fa?”.
Charlie annuì e Bella continuò.
“C’era anche Manu e quella sera … ha cercato di … non so cosa sarebbe successo, se Alice non avesse chiamato Edward. Per questo … Edward ha parlato con Christian, e, insieme, hanno deciso che sarebbe stato opportuno fare un ordine restrittivo e … visto che è stato approvato qualche giorno fa negli Stati Uniti, sarebbe arrivato a giorni anche qui. Abbiamo fatto l’errore di uscire prima di sapere con sicurezza se l’avesse ricevuto o meno. L’ha ricevuto e, per caso, ci siamo incontrati. Lui ha provocato e … Edward mi ha difeso e … beh, sai …”.
Bella abbassò lo sguardo e mi si avvicinò.
“Oh tesoro … tranquilla. Perché non me l’avete detto prima?”.
Abbassai lo sguardo anch’io e Charlie comprese.
“Va bene … ho capito. Restate qui e lasciate fare a me”.
Guardai Charlie allontanarsi e parlare con qualcuno, fin quando un’agente si avvicinò a noi e ci chiese di seguirlo.
“Dove stiamo andando?”, chiesi.
“Tranquilli ragazzi, vi accompagniamo in ospedale. Il capo Swan ci ha detto di scortarvi fino a lì e poi fino a casa”.
Aprii la bocca per parlare, ma uscirono solo dei versi senza senso.
Fu Bella a esprimere la sua perplessità.
“Ma noi … noi siamo venuti in auto. Non posso lasciare la macchina qui”.
“Infatti, signorina Swan, vi seguiremo con una volante”.
“Oh … d’accordo”.

Una volta arrivati vicino alla macchina, Bella e un poliziotto mi aiutarono a salire dal lato del passeggero, visti i miei numerosi dolori.
Bella mise in moto e per un po’ restammo in silenzio. Sapevo che prima o poi sarebbe arrivata anche la sua sfuriata. Mi sembrava strano che non avesse già iniziato a urlarmi contro.
Mi accorsi che ogni tanto Bella mi lanciava sguardi furtivi, prima di volgere di nuovo attenzione alla strada.
A ogni mio sospiro di dolore, si scusava, ma nulla di più.
Quando si fermò a un semaforo, finalmente si voltò verso di me e mi scrutò attentamente.
“Come ti senti? Cosa ti fa male di preciso?”.
“Solo un po’ l’addome, ma nulla di poco sopportabile. In più, credo che il labbro si sia gonfiato e credo di avere una guancia viola. Sbaglio?”.
Rise e si voltò per guardarmi attentamente.
“In effetti … in effetti è così. Credo, però, che il livido alla guancia andrà via in un paio di giorni. La cosa più preoccupante è l’addome. Speriamo non ci sia qualche costola incrinata o qualche emorragia interna o …”.
“Hey Bella … Bella … calmati”, l’interruppi. “Non c’è nessuna emorragia o costola incrinata. Sto bene, sono solo un po’ ammaccato”.
Bella sospirò e poi ripartì alla luce verde del semaforo.
“Beh … potrebbe anche non essere come dici tu. Ti avevo avvertito che Emanuele era forte, molto più di te e tu, come sempre, hai fatto di testa tua. L’hai provocato, Edward. Ti avevo detto di non farlo, ma tu l’hai fatto lo stesso. Per fortuna che Charlie ha capito e l’ordine restrittivo potrà essere usato a nostro favore in caso lui decida di sporgere denuncia”.
Abbassai il capo, sapendo che un po’ avevo torto e mi scusai, cosa cui lei non credette.
“Bella … davvero, mi dispiace”.
“Ti dispiace, certo. Intanto se non ci fosse stato Charlie, ma qualcun altro, non te la saresti cavata così. Non gli sarebbe importato nulla dell’ordine restrittivo e del resto. Ti avrebbe portato direttamente in centrale, senza troppe cerimonie”.
“Lo so … Bella, davvero! Smettila di farmi la ramanzina. Ho sbagliato, ma quello … quello lì ha sempre avuto la capacità di farmi diventare pazzo. Ti prego … scusa”.
Cercai di prenderle la mano, posta sul cambio e, quando ci riuscii, lei sospirò.
‘Fiuuu … tempesta passata!’.
“D’accordo … non muoverti, ti aiuto a scendere. Siamo arrivati. Spero che tu non abbia ancora paura degli aghi”.
‘Aghi? Uhg! Posso tornare in macchina? Sto benissimo!’.
‘Cullen non fare il bambino. Hai vent’anni’, intervenne la mia coscienza.
‘Oh … chi non muore si rivede. Mi sei mancata in queste ore amica mia’.
“Allora? Edward mi stai ascoltando? Muoviti a scendere su …”.
Tornai alla realtà dopo la mia breve, ma intensa, chiacchierata con la mia coscienza e mi accorsi che Bella mi guardava con un brutto cipiglio arrabbiato.
Alzai gli occhi al cielo.
‘Oh povero me! Cosa mi aspetta!’.
“Cullen, allora? Vuoi che chieda una sedia a rotelle o cammini da solo?”.
‘Uhg … la sedia a rotelle no, fa troppo malato terminale. Ce la faccio. Ce la faccio’.
“No ti prego … niente sedia a rotelle. Cammino da solo”.
Bella rise per la mia espressione e si incamminò, lasciandomi solo sul marciapiede del pronto soccorso.
“No amore tranquilla, ce la faccio da solo. Figurati … sto benissimo”, le urlai.
Lei rise, si voltò, alzò gli occhi al cielo e tornò verso di me.
“Ma non avevi detto che ce la facevi da solo?”.
“Ecco … ehm … uhm … sì, però … però … però mi mancavi e quindi …”.
Bella si fermò, trascinandomi con sé e facendomi gemere dal dolore, e si mise a ridere così forte che alcune persone si girarono verso di noi.
“Hahahahah … mi stai facendo venire il diabete, Cullen! Quanto forte l’hai sbattuta la testa?”.
Le lanciai un’occhiataccia e lei si zittì.
“Perché invece di prendermi in giro e ridere del tuo amatissimo fidanzato non entri e vedi cosa c’è da fare? Prima entriamo, prima torneremo a casa, prima mi tolgo questo pensiero. Dio! Io odio gli ospedali”.
Bella alzò gli occhi al cielo, per l’ennesima volta in quella giornata, e mi trascinò fino all’accettazione del pronto soccorso e mi fece sedere su una delle sedie.
Finalmente, dopo aver parlato con l’infermiera e averle dato, probabilmente, tutti i miei dati anagrafici, Bella si avvicinò a me, che ero seduto su una sedia, e mi si sedette accanto.
“A breve sarai chiamato. Visto e considerato che sei entrato qui dentro camminando e chiacchierando tranquillamente, ti hanno dato un codice verde, quello meno grave”.
Sbiancai.
“D’accordo … ma io sto bene. Insomma … saremmo anche potuti tornare a casa, non c’è problema. Una camomilla e un antidolorifico e tutto passa. Oppure una pomata. Sai quante cose ci sono”.
“Edward!”, sbuffò. “Smettila di fare il bambino e fai l’adulto per una volta. Siamo qui perché tu non sai tenere la bocca chiusa e le mani a posto, quindi ora farai quello che ti dico io. Chiaro?”.
“Chiarissimo amore, chiarissimo. Solo … potresti non essere arrabbiata con me? Io l’ho fatto perché quello voleva …”, ma fui interrotto dalle labbra della mia bellissima ragazza.
“Sì amore, tranquillo. Lo so, solo … la prossima volta, cerca di farlo non facendoti quasi uccidere”.
“La prossima volta? Stai scherzando spero. Da oggi in poi andrai in giro con una guardia del corpo, cara la mia Isabella”.
“Simpatico … simpaticissimo! Mi spiace deluderti, ma …”, ma non riuscì a finire perché il dottore decise di chiamarmi per visitarmi proprio in quel momento.

“Tranquilla Bella, è tutto a posto”, disse il dottore guardando la mia ragazza e sorridendole.
‘Posso picchiarlo, vero? Posso?’.
“Il tuo ragazzo sta bene. Non ha alcuna emorragia e nessun trauma. Ha solo qualche livido, basta applicarci la pomata che ti darò, e tempo 4 – 5 giorni, tornerà tutto a posto. Il braccio, invece, dovrà restare con il tutore per due settimane”, riprese.
Bella sospirò e lo ringraziò, abbracciandolo e chiamandolo per nome.
Mentre indossavo di nuovo la maglia, senza farmi vedere, li imitai.
‘Grazie Carlo, ero così preoccupata’.
‘Cullen … non sarai mica geloso?’, disse sarcastica la mia vocina.
La ignorai.
“Su … ora riportalo a casa e fallo riposare. Avrà anche bisogno di tante coccole”.
Bella gli sorrise e mi si avvicinò, chiedendomi se volessi una mano, visto che avevo il braccio fasciato.
“No … ce la faccio. Tu continua pure a parlare con Carlo”, dissi sprezzante, calcando sul nome.
Bella si rabbuiò, ma poi sorrise, probabilmente comprendendo il motivo della mia risposta.
Che poi … questo tizio è troppo giovane per essere un medico del pronto soccorso.
Una volta che fui pronto, scesi con calma dal lettino e mi incamminai verso la porta, senza nemmeno salutare Carlo.
Non aspettai nemmeno Bella.
Ero furioso.
Con tutti.
Con Bella.
Con Emanuele.
Con me stesso.
Con il dottore.
Probabilmente sarà l’effetto dell’antidolorifico che mi hanno somministrato.
“Non mi aspettavo di trovarti al pronto soccorso, ti facevo più uno da chirurgia o neurologia. Ah, salutami tua sorella, è da un po’ che non la vedo”.
Mi voltai giusto in tempo per vederli scambiarsi un altro abbraccio e per sentirli parlare.
‘Dio! Che nervi! Lo strozzo! Giuro che lo uccido’.
“In effetti … durante il tirocinio ho fatto qualche turno in pronto soccorso e mi sono reso conto che qui posso salvare molte più vite. Adesso che ci penso, però, è da un po’ che non ti si vede in giro. Che fine hai fatto? Ho sentito dire che eri negli Stati Uniti”.
“Sì … ero negli Stati Uniti e se va tutto come spero, tornerò lì per il college … con Edward”.
“Aspetta … aspetta … aspetta … quell’Edward? Dio! È esattamente come lo avevi descritto. Ci credo che hai lasciato quel tizio per uno come lui. Quasi quasi ci faccio un pensierino anch’io”, rise Carlo, il dottore.
Bella rise con lui, ma poi, accorgendosi delle mie occhiate, decise che era meglio finirla lì e tornare a casa.
“Sarà meglio che andiate ora e mi raccomando, riposo assoluto. Se ha qualche problema prima che partiate per gli Stati Uniti, chiamami, tanto il mio numero ce l’hai. Sarà un peccato non averti qui. Inoltre, se a Seattle cercano un medico, fammelo sapere. Sai che anch’io non vedo l’ora di lasciare questa città”.
‘Hey … ci sono anch’io qui’.
“Certamente! Tanto il tuo numero ce l’ho”, gli disse lei facendogli un occhiolino.
Io alzai gli occhi al cielo.
‘Per la miseria! Smettetela di flirtare davanti a me’.
“Adesso vai, prima che il tuo Edward mi spelli vivo”. Mi si avvicinò e mi tese la mano.
Io, dal canto mio, per un solo momento, avrei tanto voluto che mi fossi slogato il braccio destro così da non poterlo ricambiare, ma … ahimè … lo feci, perché l’avevo ancora funzionante.
“Ciao Edward, è stato un piacere conoscerti … finalmente”.
‘Finalmente?’.
Un po’ frastornato per quello strano saluto, ricambiai.

“Che strano … perché ho avuto la sensazione che non sopportassi il dottore?”, mi chiese Bella una volta in auto.
“Beh … perché forse è così?”, dissi canzonatorio.
“Beh … perché?”.
“Perché forse … e sottolineo forse, avete flirtato davanti a me?”.
“Hahahahah … non l’abbiamo fatto. Semplicemente … lo conoscevo già”.
“Oh tranquilla … ho capito subito che lo conoscevi già, visti i sorrisini che gli facevi e che lui ricambiava. Che poi … non ho nemmeno capito perché abbia detto ‘finalmente’ quando mi ha salutato. Non lo conoscevo”.
Lei rise ancora una volta e poi tornò seria.
“Beh … sua sorella è una mia vecchia amica. Prima di mettermi con Manu, passavo quasi tutti i pomeriggi a casa sua e lui, spesso, ci aiutava con i compiti. In più, aveva già sentito parlare di te, visto che ti nominavo sempre”.
Sgranai gli occhi. “Davvero?”.
“Davvero e in più … ti rivelerò un segreto …”, aggiunse con fare cospiratorio, “è felicemente fidanzato ed è gay!”.
‘Cosa? Mi stai prendendo in giro?’.
“No! Davvero? Non ci credo!”.
“Hahahahah … sì, davvero. Avrei dovuto essere io quella gelosa e non tu, visti i commenti che ha fatto su di te e di cui tu non ti sei minimamente accorto. Davvero non ti sei accorto dalle sue movenze omosessuali? Insomma … è chiarissimo, io l’ho capito subito, senza bisogno che lui me lo dicesse. Quando si è reso conto di esserlo, sono stata la prima a cui l’ha detto”, aggiunse scuotendo le spalle.
“Oh beh … questo mi rincuora. Un ragazzo in meno da aggiungere alla lista”, sospirai.
“Cullen! Sei sempre il solito gelosone! Adesso … visto che siamo arrivati, scendi da quest’auto e sali a casa. Io vado a parcheggiare in garage”.

Entrai in casa con le chiavi che Bella mi aveva dato e subito mi ritrovai davanti una Renee preoccupatissima.
“Edward caro … come stai? Dio! Guarda che livido che hai qui! Sono stata così in pensiero dopo la chiamata di Charlie. Ti avverto, tua madre è furiosa”.
“Oh no … non dirmi che gliel’hai detto! Oh Dio! Quando tornerò a casa mi ammazzerà!”.
“Beh … diciamo che te lo meriteresti. Non fare mai più una cosa del genere”.
L’abbracciai con il braccio sano e le dissi di non preoccuparsi e che da oggi in poi non avrei più picchiato nessuno, perché sua figlia sarebbe andata in giro con una guardia del corpo.
“Perché non vai in camera a riposare, tesoro? Appena Bella sale la mando subito da te”.
Io annuii e andai, camminando con calma, nella stanza di Bella, perché non avevo la minima intenzione di dormire da solo.
Al diavolo Charlie e le sue regole. Stavolta avrebbe anche potuto fare un’eccezione.
Mi stesi con calma sul letto, e chiusi gli occhi.

Dopo quella che mi sembrò un’eternità, aprii gli occhi e trovai Bella, che mi osservava, seduta accanto a me, con una tazza di tè in mano.
“Hey”, sussurrai. “Che fai?”.
“Nulla … ti guardavo e pensavo”.
Sorrisi. “A cosa? A quanto sono bello?”.
“Può darsi”.
Bella ricambiò il sorriso e, poggiando la tazza sul comodino, si stese accanto a me.
“Hai dormito per un bel po’. Mi sono preoccupata!”.
“Sto bene, non ho molti dolori. Probabilmente sarà stato qualcosa che mi hanno dato in ospedale, sai … tranquillanti o roba del genere”.
“Già … probabilmente è così”, sussurrò, abbassando lo sguardo.
“Hey … guardami. Che hai?”.
“Nulla … sono solo felice che tu stia bene … non farlo mai più oppure, se proprio devi farlo, fallo quando non ci sono io”.
Risi. “D’accordo, se proprio ci tiene, lo farò”.
“Edward! Dicevo seriamente”.
“Beh … anch’io. Me ne andrò in giro a litigare con qualcuno solo quando tu sarai a casa al sicuro, okay?”.
Senza che me ne accorgessi, mi arrivò uno scappellotto sul braccio sano.
“Ai! Te l’ho già detto che sei manesca? Scherzavo! Non litigherò più con nessuno. Promesso!”.
“Bene, ora … che ne dici di prenotare un volo aereo per la nostra imminente partenza?”.
“Perché?”.
“Come perché? Dobbiamo tornare a Seattle, Edward. Quanto pesante è stata la botta che hai preso?”.
“Oh beh … stamattina mi son dimenticato di dirti che Christian ci manderà il suo aereo. Ho provato a rifiutare, ma ha detto che era già tutto pronto, quindi … trai le tue conclusioni”.
Bella sbuffò ed io non potei fare a meno di ridere per la sua espressione.
“Ho tratto le mie conclusioni e … Dio! È un idiota! Perché deve sempre farmi arrabbiare?”.
Alle sue parole mi sentii un po’ in colpa, perché quella volta non era colpa di Christian, ma mia. Christian aveva solo dovuto approvare la mia idea e mettere a mia completa disposizione il suo aereo, ma sapevo, che anche se non gliel’avessi chiesto, l’avrebbe fatto lo stesso.
“Amore, hey … non hai mai pensato che questo è il suo modo di dirti che ti ama e che si preoccupa per te?”.
“Tu dici?”.
“Dico e … sai … sai cosa penso? Penso che dovresti lasciarlo fare … ha solo te. Ci sono i tuoi genitori, ma non è la stessa cosa. Darebbe la sua vita per te e so che lo faresti anche tu”.
“Hai ragione … proverò a lasciar correre”, sospirò. “Quindi … dobbiamo solo preparare i bagagli e aspettare che l’aereo arrivi?”.
“Esattamente, piccola”.
Le circondai le spalle con il braccio destro e l’attirai a me per coccolarla.
Restammo in silenzio per un po’, ma poi Bella riprese a parlare.
“Ci pensi? A Seattle saremo soli. Avremo una casa tutta nostra, dormiremo nella stessa stanza. Faremo colazione nella stessa cucina e …”.
“Faremo l’amore tutte le volte che vorremo e ti farò arrabbiare quando lascerò tutto in disordine”.
Bella rise ed io con lei.
“Disordine che poi metterai in ordine, altrimenti … andrai in astinenza”.
“E poi … aspetta … cosa? Davvero lo faresti?”.
“Hahahahah … certo! È ovvio!”.
“Beh … allora andrai in astinenza anche tu!”.
Alle mie parole, rise ancora di più. “Non è detto Cullen … non è detto”.
“Oddio! Piccola mi fai paura così!”.
“Se metterai tutto in ordine, non c’è bisogno di sperimentare la mia teoria, amore”.
“D’accordo, allora metterò tutto in ordine. Le tue teorie mi fanno paura, ma ti amo per questo. Sei unica”.
Sorrise e poi mi baciò.
“Ti amo anch’io Eddy. Mi sei mancato in questi giorni”.
“Anche tu, piccola, anche tu e immagina quando starò meglio cosa potremo combinare … io e te … da soli”, dissi ammiccando verso di lei.
Lei, dal canto suo, alzò gli occhi al cielo, ma evitò di rispondermi.
“Quindi …”, riprese la mia Bella sorridendo, “saremo solo io e te … solo tu ed io … sarà divertente!”.
“No! Sarà un casino!”.


NOTE DELL'AUTRICE: La traduzione del titolo è presente nelle due battute finali. "Just You & I ... Just Me & You ... What A Mess!" ---> "Solo Tu Ed Io ... Solo Io E Te ... Che casino!". Ora come ora la frase non è molto comprensibile, ma capirete perchè nei prossimi capitoli. Inoltre, volevo comunicarvi che ho aggiustato gli orari dei fusi orari (scusate il gioco di parole) e degli aerei nei capitoli precedenti (che ora sono super precisi, grazie anche alla calcolatrice umana che mi ritrovo come amico), per rendere la storia realistica al cento per cento. In questi giorni mi sono messa addirittura a cercare i voli e, per mia fortuna, sono quelle le tratte più usate.

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Capitolo 28
*** Chapter 28 ***


Salve lettori! Scusatemi ... scusatemi davvero! Non so dirvi quanto sono dispiaciuta, ma ho avuto miliardi di cose da fare! Spero che non mi abbiate abbandonata!

Poi, ai miei numerosissimi impegni si è aggiunto anche il fatto che non riuscivo a scrivere una parte del capitolo e che è venuta fuori solamente ieri pomeriggio, tornata a casa da un'esame all'università.

All'inizio del capitolo ci sarà una sorpresa che spero vi piaccia.

IMPORTANTE: Leggete le note a fine capitolo, riguardano la storia.
Capitolo 28: A New life … A New home … A New Beginning

Los Angeles, 12 Luglio 2070
“Nonno e poi? Continua nonno … dai”, chiese impaziente la piccola Marie.
La bambina, che era la copia esatta di sua nonna in tutto e per tutto, era seduta tra l’erba e stringeva tra le mani il suo Berry, un piccolo orsacchiotto di peluche che gli aveva regalato suo padre alla nascita e da cui non si era mai separata.
“Tesoro mio, la conosci già”, intervenne sua nonna.
La piccola peste, ignorando le parole di sua nonna, si alzò dal prato verde del giardino e si precipitò tra le braccia del nonno, il quale, la prese.
“Nonnino … me la racconti?”.
L’uomo, che aveva un debole per gli occhioni verdi di sua nipote, identici ai suoi e a quelli di sua figlia, riprese a raccontare la storia, pur sapendo che a breve la bambina l’avrebbe interrotto e avrebbe iniziato a raccontare a modo suo.
Dopo un ultimo sguardo alla sua ancora bellissima moglie, che sorrise scuotendo la testa, riprese a parlare.
“D’accordo … dove eravamo rimasti?”.
“A quando Edward e Bella devono partire per tornare a casa. Nonnino! Hai proprio una brutta memoria”, rise la piccola.
“Ah sì certo … allora … il principe e la principessa erano tornati a Seattle da qualche giorno e stavano raccogliendo tutte le loro cose …”.


Pov Edward

Seattle, Casa Swan, Giovedì 16 Ottobre 2014, ore 13:15
“Ecco fatto! Questa è l’ultima”, mi disse Christian mentre chiudeva con forza il cofano del SUV che ci aveva prestato.
“Già, abbiamo finito … finalmente! Dobbiamo solo andare a Forks e caricare le mie ultime cose, che, per fortuna, sono pochissime, visto che le avete già trasportate”, sospirai.
“Ti va un tè o una cioccolata per riprendere energie? Sono quasi sicuro che Bella ne abbia preparato un po’ per se e Jo, prima”.
“Certo, andiamo. Sono davvero assetato. Non riesco ancora a capire dove Bella abbia preso tutte quelle cose. Quando è arrivata non ne aveva così tante, o sbaglio?”.
Christian rise.
“No, infatti. Alcune cose le ho fatte arrivare io dall’Italia, con l’aiuto di zia Renee, poco dopo la vostra partenza da Volterra”.
Spalancai gli occhi. “Davvero?”.
“Davvero! Sono bravo con le sorprese, vero?”.
“Già … devo ammettere che sei l’esatto opposto di Bella in questo. Lei odia le sorprese e tutto ciò che ne consegue”.
“Hai ragione”.
Arrivati in salotto, pensavamo di trovare Jo e Bells sedute a prendere il tè, e invece era tutto silenzioso e al buio, eccezion fatta per il tavolo da pranzo pieno di buonissime leccornie.
“Ma cosa?”, chiesi scioccato.
“Non ne ho proprio idea! Quelle due sono pazze. Su … vieni, andiamo a cercarle. Che poi … quando hanno cucinato tutto questo ben di Dio?”.
“Lo chiedi a me? Ero con te”, risposi facendo spallucce.
Alla fine, dopo una lunga e attenta analisi, ci dirigemmo in cucina, luogo da cui proveniva un profumo davvero invitante e certi che avremmo trovato lì le nostre dolci metà.
Così fu.
Erano lì in tutto il loro splendore che ridevano e scherzavano tranquillamente, ignare della nostra presenza alle loro spalle.
Piano e senza far rumore ci avvicinammo a loro e quando fummo abbastanza vicini, le circondammo con le braccia.
“Presa”, sussurrai all’orecchio sinistro di Bella, appoggiando poi il mento sulla sua spalla.
“Oh Dio, Edward! Mi hai fatto venire un colpo”.
Risi. “Era proprio quello l’intento, piccola”.
“Piaciuta la sorpresa?”.
“Sì, tantissimo. Ora … dammi un bacio”.
“Come desidera, sir”.
Sorrise e mi baciò.
Ora … non sto qui a descrivervi questo bacio perché … è troppo per la mia sanità mentale e se solo ci ripenso, beh … beh … meglio lasciar perdere!
Dunque … riprendiamo a raccontare che è meglio.
Dopo un po’, Bella mise fine al bacio e, prendendomi per mano, mi portò in salotto, dove lei e Jo avevano apparecchiato.
“Preso tutto?”.
“Sì, tutto. Dobbiamo solamente portarle a casa e sistemarle. Ne avremo per un bel po’, ma credo che ne valga la pena”.
“Tu dici?”, chiese sorridendomi.
“Ovviamente. Vale ogni lacrima, ogni sorriso, ogni abbraccio, ogni istante passato e da passare insieme … vale tutto, tutto quello che abbiamo di più caro al mondo”.
Bella sorrise e, senza dire niente, iniziò a mangiare.
“Dio … delizioso!”, esclamò Christian alla fine del pranzo.
“Felice che vi sia piaciuto. Ora Edward, che ne dici di andare a prendere le tue cose e di portarle all’appartamento?”, mi chiese Bella.
“Certo, andiamo. Prima finiamo, prima potremo rilassarci”.
“A più tardi, ragazzi”.

Forks, Casa Cullen, Giovedì 16 Ottobre 2014, ore 16:00
“Ecco fatto! Anche questi sono chiusi e messi in auto. Dio! Sono esausto!”.
“A chi lo dici! Come hai fatto a caricare tutta la mia roba? Io, a quest’ora, sarei già morta nel giardino di Christian”, esclamò Bella.
Scossi le spalle. “Beh … ovviamente io sono un maschio, quindi …”, la guardai vittorioso.
“Sì certo, macho man, entriamo a salutare i tuoi genitori che abbiamo ancora tante cose da fare oggi”.
“Certo che ti piace molto comandare è? Non abituarti troppo. Quando saremo a casa nostra, sarò io il capo”.
“Davvero Edward? Lo credi davvero?”.
“Certamente”, dissi convinto.
“Vedremo … potresti esserne convinto ora, ma anche cambiare idea in futuro”.
Sgranai gli occhi. “Ho quasi paura a chiedere il perché”.
“Hahahahah … dovresti vedere la tua faccia, amore”.
Dopo aver salutato i miei genitori e mia sorella, salimmo in macchina e partimmo in direzione dell’University District, dove avremmo iniziato la nostra nuova vita, insieme.


Pov Bella

Seattle, University District, Giovedì 16 Ottobre 2014, ore 20:00
Eravamo da poco arrivati nell’appartamento in cui avremmo trascorso i nostri anni da studenti universitari. Stavo aiutando Edward a salire il resto delle nostre cose e, devo ammettere, che era una vera faticaccia, ma la visione di Edward tutto sudato era davvero … lasciamo stare, va.
“Hey Bells, tutto bene?”, scossi la testa e alzai lo sguardo verso di lui.
“Tutto bene, tranquillo. Stavo solo ammirando il panorama”.
Edward sorrise e mi si avvicinò.
“Oh davvero?”.
Annuii.
Mi avvicinai a mia volta e lo abbracciai, ma lui si scostò.
“Che hai?”.
“Sono tutto sudato, amore”.
Scoppiai a ridere. “Cosa vuoi che m’importi. Ti ho visto in vesti peggiori”.
“Oh davvero? Beh … ti consiglio di iniziare a correre se non vuoi che ti mostri le mie vesti peggiori”.
Risi e scappai dalla sua presa.
La mia fuga diede inizio a un vero è proprio inseguimento, dove io ero la preda e Edward il cacciatore.
Alla fine, quando non ce la feci più per mancanza di fiato, Edward riuscì a prendermi e caricandomi sulla sua spalla, sotto le mie proteste, andò verso il bagno.
“Doccia … doccia! Bella ha proprio bisogno di una doccia! Andiamo a far la doccia … su!”, urlava.
“EDWARD! METTIMI GIU!”.
Non mi rispose e, ovviamente, non so come, ma riuscì a posarmi direttamente nella doccia.
Quando alzai lo sguardo, notai uno strano sorriso e non feci nemmeno in tempo a parlare che una doccia gelata mi colpì in pieno, facendomi sobbalzare.
“SEI PAZZO?”, gli urlai colpendolo forte nello stomaco.
“Su avanti, Bella, non fare la drammatica. Ti stai divertendo anche tu, lo so … lo vedo dal tuo sguardo. Non fare l’acida e rilassati”.
‘In effetti …’, ci pensai su. ‘Non è male come idea’.
Detto fatto, mi rilassai.
Senza che me ne accorgessi i nostri vestiti sparirono e ci ritrovammo entrambi a sorriderci e rilassarci sotto il getto caldo dell’acqua.
“Sai, stavo pensando”, disse Eddy a un certo punto.
“Cosa?”.
“Non è per niente vero che in due si consuma meno acqua!”.
Risi e lui con me.
“Hai ragione, ed è per questo che dobbiamo sbrigarci e uscire … stiamo consumando troppa acqua. Abbiamo poco rispetto per questo bene così prezioso”.
Lui, alle mie parole, alzò gli occhi al cielo.
“Tu e le tue manie per salvare il mondo”.
“Già … io e le mie manie ci arrabbieremo se non ti muovi a uscire di lì. Ti aspetto di la”.
E detto questo, senza dargli il tempo di rispondere, uscii dalla doccia correndo e ridendo. Come mi aspettavo, lui mi seguì, rincorrendomi a sua volta.
“Dove credi di andare? Avevo altri programma, in realtà”, disse mentre mi attirava tra le sue braccia.
“Ah davvero? E quali … precisamente?”, sorrisi.
“Se vuoi, te li dimostro”, ghignò.
Non avendo altro da dire, annullai la distanza e lo baciai.
“Lo prendo come un sì”.
“Ovviamente, ma prima … dovrai prendermi!”.
Alla fine della corsa, inciampai e caddi sul letto e Edward approfittò per bloccarmi le mani, così che non potessi muovermi. Oggi mi stavo proprio divertendo a farmi rincorrere.
“Presa! Stavolta non mi scappi!”.
“Questo lo dici tu!”.
“Shh … sta zitta una buona volta!”.
Piano, si avvicinò per baciarmi le labbra ed io lo lasciai fare.
Inizialmente, il bacio fu, lento … dolce … poi divenne qualcosa di più … chiedeva e dava nello stesso tempo. Era un bacio carico d’amore e passione … dolcezza e fuoco … c’era tutto. C’era Edward … c’ero io … c’eravamo noi … solo noi e l’amore.
“Caspita! Era da tanto che non ti baciavo così, piccola!”, scherzò Edward.
“Già … mi è mancato, in effetti”, arrossii.
“Anche a me … e sai cosa mi è mancato di più?”. Scossi la testa. “Il tuo amore e poi …”, si interruppe. Sapevo già cosa volesse dirmi, eppure … eppure glielo chiesi lo stesso.
“E poi?”.
Fissò il suo sguardo nel mio e poi, sospirando, mi rispose.
“Vuoi davvero che te lo dica?”.
Annuii.
“No, ho cambiato idea, non te lo dirò. Credo che lo metterò direttamente in pratica”, rise.
Risi con lui, ma ahimè … il nostro momento fu interrotto dallo squillare del telefono e da qualcuno che bussava alla porta.
Edward sbuffò ed io non potei fare a meno di ridere.
“Ma è mai possibile che anche se adesso viviamo da soli, non abbiamo un attimo di tregua?”.
Continuai a ridere e mi voltai per prendere il mio cellulare, mentre lui indossava un paio di pantaloni e poi andava ad aprire.
Senza guardare il mittente, risposi.
“Bella … ti prego, puoi venirmi a prendere? Ho bisogno di parlare con qualcuno”.
“Alice? Che hai? Stai male?”.
“No, sto bene, solo … io e Jazz … non lo so, puoi venire e basta? Sono a casa”.
“Certo, mi cambio e arrivo subito”.
Senza darmi il tempo di chiedere altro, Alice mise fine alla chiamata ed io mi ritrovai, accigliata, a osservare il mio cellulare, fino a quando un Edward scioccato, letteralmente, entrò in camera, blaterando parole che non riuscivo a comprendere.
“Chi era?”, chiesi.
“Chi?”.
“Alla porta. Edward ti senti bene?”.
“Io … era Jasper … ha una faccia strana e poi dice cose senza senso”.
“Dov’è adesso?”.
“Oh … è … è seduto nel nostro salotto, in mezzo agli scatoloni e non mi parla. Sono un po’ confuso”, ammise il mio ragazzo grattandosi dietro al collo, segno che non sapeva davvero che pesci prendere.
“Al cellulare, invece, era Alice e mi chiedeva di andare da lei. Anche lei era molto strana e mi sembrava sotto shock”.
“Chissà cosa sarà successo. Quindi tu adesso andrai a Forks?”.
Annuii. “Sì, anche perché se hanno davvero litigato, avranno bisogno di qualcuno con cui parlare. Quindi … prima che Alice uccida qualcuno, è meglio che vada”.
“D’accordo, ti lascio vestirti, ma dopo, quando torni, riprendiamo il discorso. Non mi scappi!”.
“Non ne ho la minima intenzione, Cullen”, gli sorrisi e poi andai bagno per legarmi i capelli.
Una volta finito, andai in salotto, aspettandomi di trovare uno Jasper in lacrime, invece li trovai a ridere mentre parlavano di Alice.
Che poi … cosa c’era da ridere? Avevano litigato, quindi … Dio! Che confusione!
Forse Jazz era ancora scioccato per quello che era successo e non aveva ancora compreso tutta la situazione, ma ero sicura che fosse successo qualcosa d’importante per far presentare Jasper qui e per farlo bussare incessantemente alla porta.
“Ciao Jasper!”.
“Hey Bells … dove vai?”.
“Ehm … esco … vado da … da Alice!”.
“Oh!”, fu tutto quello che disse Jasper.
“Già ‘Oh’. Ora scusatemi ma prima che Alice mi uccida, è meglio che vada”, mi avvicinai a Edward per dargli un bacio e poi andai via.
“Ciao amore, a più tardi”.

Era da più di dieci minuti che ero arrivata a casa Cullen e Alice non aveva fatto altro che piangere e camminare senza sosta avanti e indietro.
E volete sapere una cosa?
Non ho la più pallida idea di cosa sia successo, perché non riesco a capire una sola parola di quello che dice.
Sbuffai, per l’ennesima volta oserei aggiungere, e alzai gli occhi al cielo.
Prima o poi tutto quell’andare avanti e indietro mi avrebbe fatto venire il voltastomaco, se non mi era già venuto.
La suoneria del mio cellulare mi fece sobbalzare, avvisandomi dell’arrivo di un messaggio da parte di Edward.
“Amore … sei riuscita a capire perché hanno litigato?”.
“No … tu? Alice non fa altro che andare avanti e indietro”, gli risposi.
Attesi una sua risposta che non tardò ad arrivare.
“Beh … più o meno la stessa cosa, solo che Jasper non piange, parla continuamente”.
“Siamo messi bene!”, sospirai mentre lo scrivevo.
“Senti … perché non la porti qui e vediamo di farli parlare tra loro? Forse in due riusciremo a capirci qualcosa di più”.
“Sì d’accordo, vedo se riesco a convincerla. A dopo … ti amo!”.
“Me too :*”.
Sorrisi e rivolsi tutta la mia attenzione ad Alice, cercando di catturare la sua.
“Alice … Alice … mi guardi un secondo? O almeno … ascoltami!”.
Mi avvicinai con cautela e cercai di fermare il suo andirivieni. La presi per le spalle e la bloccai, voltandola verso di me.
“No Bella … mollami. Sto pensando”, si scostò dalla mia presa e riprese a camminare.
A quel punto non ce la feci più e persi la pazienza.
“NO!”, urlai. “Ce l’ho io la soluzione e adesso tu mi ascolti. Chiaro?”.
Lei spaventata, annuì e mi guardò.
Sorrisi soddisfatta. ‘Wow! Ho zittito Alice Cullen!’, la mia coscienza ed io ancora non riusciamo a crederci.
“Andiamo a Seattle e ne parliamo lì, d’accordo? Dormirai da me, prendi quello che ti serve”.
“Certo, ma sei sicura che Jasper non c’è?”.
“Sicurissima, ho lasciato Edward da solo a casa”, incrociai le dita dietro la schiena, sperando mi credesse.
“D’accordo, vado a preparare qualcosa”.
Mi sedetti sul divano e inviai un messaggio a Edward, avvertendolo del nostro arrivo.
Lui mi rispose con un “Perfetto. Che il piano abbia inizio!”.
Alzai gli occhi al cielo. ‘Che idiota!’.
“Fatto. Andiamo? Con chi messaggiavi?”.
“Andiamo. Con Edward, conosci qualcun altro rompi palle come lui?”.
“Hahahahah … hai ragione. Sei sicura che non disturbo?”.
“Tranquilla, ci sta aspettando”.

“A che punto siete con la casa? Avete già ordinato tutto?”, mi chiese Alice mentre eravamo in ascensore.
“No, in realtà siamo a zero. Volevamo farlo stasera, ma poi tu mi hai chiamato e quindi … non se ne è fatto più nulla”.
“Oh … scusa allora, insomma …”, gesticolò Alice, cercando di scusarsi.
“Tranquilla, no problem. Te l’ho già detto”.
Siccome avevo dimenticato le chiavi di casa, dovetti per forza bussare.
Appena Edward vide il mio viso, si aprì in un sorriso e si rilassò. Molto probabilmente, era teso per via di Jasper, visto che nessuno dei due sapeva come avrebbe reagito Alice alla sua vista.
“Ciao sorellina”, salutò Edward e Alice, dopo averlo abbracciato corse subito in casa, senza dire altro.
“Ciao anche a te”, sussurrò sulle mie labbra prima di baciarmi.
Una volta finito il bacio, entrammo in casa e “CHE COSA FAI TU QUI?”, sentimmo urlare ad Alice.
“Ops … mi sa che non l’ha presa bene. Che dici … andiamo a salvarlo?”.
Con un sorriso colpevole, ci dirigemmo nel nostro piccolo salotto, ora invaso da un vulcano corvino.
“Allora? Bella perché mi hai mentito? Avevi detto che Edward ci stava aspettando e che era solo. Non voglio parlare con lui”, continuò a urlare Alice.
“Ti ho portata qui e ti ho detto questa piccola bugia perché né io, né Edward riuscivamo a capire cosa potesse essere successo, visto che non ci dicevate nulla”.
“Siete dei traditori. Non posso credere che l’abbiate fatto davvero”, riprese Alice, iniziando a camminare per il salotto.
Edward, non sopportando più quell’andirivieni, la prese per le spalle e la fece sedere accanto a Jasper, che da quando Alice era arrivata non aveva detto nemmeno una parola.
“No mia cara, qui si fa come diciamo noi”, disse Edward guardandomi e imitando la mia posizione con le braccia incrociate al petto e alzando un sopracciglio, “e voi due”, continuò, indicandoli, “ci ascolterete, chiaro?”.
Mi venne quasi da ridere, ma non lo diedi a vedere e con lo sguardo seguii Edward che si muoveva nella stanza alla ricerca di qualcosa.
I due annuirono, impauriti, alla vista delle nostre facce serie.
“Allora … chi di voi due parla per primo e ci dice il suo punto di vista sull’accaduto?”, riprese Edward, tornando nella stanza con un quaderno e una penna tra le mani.
“Cosa devi fare con queste cose?”, chiesi innocuamente.
“Prendo appunti … semplice”.
‘Vabbè … lasciamo perdere’, pensai. Scossi la testa e riportai l’attenzione sui due seduti davanti a me.
“Allora? Chi di vuoi due parla?”.
I due, prima si guardarono negli occhi e poi iniziarono a parlare contemporaneamente.
Guardai Edward quasi con le lacrime agli occhi e uno sguardo disperato.
“HEY VOI DUE! ADESSO BASTA! Uno alla volta … grazie”, urlò improvvisamente Edward, facendo sobbalzare anche me. “Alice … inizia tu”.
Proprio nel momento in cui Alice aveva iniziato a parlare, bussarono e così mi alzai per andare ad aprire. Stasera, tranquillità zero.
Guardando nello zerbino della porta, mi ritrovai davanti ad un sorriso enorme a 32 denti. Aprii la porta e vidi Emmett affiancato da Christian e dietro Rosalie e Jo, tutti con un enorme sorriso sulle labbra.
Nemmeno il tempo di aprire bocca che Emmett mi abbracciò, continuando a sorridere.
“Ciao sorellina, come stai? Noi stiamo meravigliosamente bene. Possiamo entrare, vero?”. E detto questo mi superò, entrando in casa seguito da tutti gli altri e lasciandomi lì impalata a mantenere la porta.
Tornata in salotto, sentii Emmett esclamare allegramente: “Oh … ma allora ci siamo proprio tutti! Bene … bene, meglio così. Così lo diciamo una sola volta e poi basta”, tutto questo mentre sfregava le mani tra loro e devo ammettere che sembrava il topo che voleva conquistare il mondo del cartone ‘Mignolo e Prof’.
“Cosa devi dirci Emmett?”, chiese Jasper ed io potei finalmente constatare che la voce ce l’aveva ancora.
“Beh ecco … ROSE E’ INCINTAAAA”, urlò.
“E NOI … CI SPOSIAMO”, aggiunse Christian.
Ci fu un attimo in cui nessuno di noi quattro rispose, forse troppo scioccati, poi io e Alice iniziammo a saltare, urlando allegramente “SAREMO ZIE! SAREMO ZIE!”.
Tutto questo mentre Edward sbuffava dicendo “Non voglio diventare di nuovo zio. Sono troppo giovane per altri marmocchi in giro per casa, sono troppo giovane” e lì, beh … a quella scena non riuscii a non ridere, visto che era quasi in lacrime per lo shock e così corsi ad abbracciarlo.
“Hey amore … non sei felice? Un altro mini Cullen in giro”, lo presi in giro.
“No … non voglio … sono troppo giovane … troppo giovane … altri marmocchi … oh Dio”, continuava a piagnucolare.
Io risi e lo lasciai alle sue seghe mentali, andando da Rosalie e facendole gli auguri, cosa che feci anche con Christian e Jo, visto l’annuncio del loro matrimonio.
“Anche mia sorella è incinta. Bene”, esclamò ad un certo punto Jasper, attirando l’attenzione di tutti e facendo calare il silenzio nella stanza.
“Che significa anche?”, chiese Christian.
“Anche Alice lo è”, affermò Jazz scuotendo le spalle e facendoci sbarrare gli occhi per la sorpresa.
“ALICE COSA?”, urlarono Emmett e Edward insieme, mentre Christian esclamava un “Oh cazzo”, alzando gli occhi al cielo.
“TU … MINI HALE … COME HAI POTUTO SOLO PENSARE DI TOCCARE LA MIA SORELLINA? SEMBRAVI UN TIPO A POSTO E INVECE … INVECE … ROSE! GUARDA IL TUO CARO FRATELLINO COS’HA FATTO”. Questo era Emmett.
“JASPER IO TI AMMAZZO … SAPPILO”. Questo era Edward.
Non feci nemmeno in tempo a voltarmi che Edward era già partito alla carica e stava correndo verso Jasper.
“Ma io non sono incinta”, se ne uscì Alice in un sussurro.
Tutti si bloccarono e si girarono a rallentatore verso di lei.
“Dimmi che non lo sei … ti prego!”, la supplicò Edward, precipitandosi da lei.
“No fratellone, tranquillo. Non lo sono e non capisco perché Jasper pensi che io aspetti un bambino”. Fece una pausa e poi continuò a parlare, rivolgendosi a Jazz. “Allora Jazzino … mi spieghi perché lo pensi?”.
“Ma come? Ti ho sentito mentre ne parlavi con qualcuno al telefono oggi pomeriggio e …”.
“Stavo parlando con una mia amica e … Oh! Ecco perché oggi ti sei arrabbiato così tanto”, affermò Alice, illuminandosi. “Perché non ti sei fidato della mia parola? E io che pensavo che quella fosse semplicemente una scusa per lasciarmiiiii”, continuò iniziando a piangere teatralmente.
Alzai gli occhi al cielo e ‘Tipico di Alice’, intervenne sarcastica la mia vocina, alzando anche lei gli occhi al cielo.
“Oh ti prego … non iniziamo con i piagnistei ora. Che qualcuno la fermi. In questi nove mesi dovrò già sopportare Rosalie e i suoi … Ahi Rose! Che cavolo!”, disse inorridito Emmett.
“Così impari. Sai che non lo faccio apposta”.
Jasper lo ignorò e subito corse ad abbracciare il suo piccolo folletto che si buttò subito tra le sue braccia. “Non farmi preoccupare mai più così, okay?”.
“Te lo prometto cucciola … tranquilla”.
“Ma non sono tenerissimi?”, esclamammo io, Rose e Jo contemporaneamente.
“Oh … ma per favore! Donne! Tzè!”, risposero gli altri tre. “Sono diabetici”, aggiunse Emmett.
“EMMETT!!!”, urlò Rosalie.
“Sì piccola?”. E Rosalie si limitò a fulminarlo con lo sguardo.
“Ti conviene stare zitto Emm, sono preoccupato per la tua salute al momento”, scherzò Christian.
“Oh tranquillo. Mi divertirò quando Jo aspetterà un bambino e le prenderai di santa ragione”.
“Oh … ma la mia Jo non sarà così … vero amore?”, disse Christian correndo ad abbracciare la fidanzata.
“Non lo so … può darsi di sì … può darsi di no … dipende, amore”, lo sfotté lei, lasciando Christian deluso.
Edward ed io dal basso del nostro divano, ci limitavamo a osservare una parte della nostra famiglia litigare come se niente fosse.
“Perché ho come la netta impressione che, anche se viviamo da soli, ci romperanno sempre le scatole?”.
Risi. “Perché è così. Tra tutti, noi siamo i più normali”.
“Hahahahah … hai ragione, ma ora devono andarsene … abbiamo delle cose da fare, ricordi?”.
Si sporse per baciarmi ed io lo assecondai, tanto Christian con tutto quel baccano non si sarebbe mai accorto dov’erano le mani di Edward al momento.
“Bene gente … ora … sloggiate … su … su … andate via … tutti a nanna su!”.
Edward si alzò dal divano su cui eravamo seduti e iniziò a spingerli tutti verso la porta. Inutile dire che tutti iniziarono a protestare a modo loro.
“Hey … hey … hey! Ma perché? Bella aveva detto che potevo dormire qui”. Questa era Alice.
“Te lo aveva detto quando eri arrabbiata con Jasper, ora non lo sei … quindi … smamma!”.
“Hey non puoi cacciarmi. Sono io a pagare qui”.
Alzai gli occhi al cielo. ‘Tipico di Christian’.
“Allora mi troverò un lavoro se dopo stasera non pagherai più”, rispose Edward.
“Fratellino … mi raccomando … dacci dentro”, aggiunse Emmett facendo un occhiolino e beccandosi una gomitata da Rosalie.
L’ennesima.
“No … fratellino mi raccomando … non darci dentro, altrimenti ti cambio i connotati, siamo d’accordo?”, aggiunse invece Christian, tornando sui suoi passi.
“Tranquillo Chris … ci tengo ai miei gioielli e anche Bella”, disse Edward facendomi arrossire.
“Faccio finta di non averti sentito … Buona notte ragazzi”.
E finalmente, detto questo, uscirono tutti dal nostro appartamento.
“Finalmente soli”, sussurrò Edward stanco, buttandosi sul divano accanto a me ed io non riuscii a fare altro se non annuire. “Non ci credo … senti che silenzio … che pace”.
Mi avvicinai a lui e mi accoccolai sul suo petto, mentre lui mi circondava la schiena con le braccia.
“Sai a cosa stavo pensando?”.
“No … a cosa?”.
“Alla sorpresa che mi hai fatto al nostro arrivo a Seattle”.
“Davvero? Ti è piaciuta?”.
“Sì, mi è piaciuta, lo sai. Mi sembra di avertelo anche dimostrato quella sera stessa”.
“Vero … e come dimenticarlo quel giorno”.

Seattle, University District, Lunedì 13 Ottobre 2014
“Finalmente a terra! Mamma mia Seattle … quanto mi sei mancata!”. Sorrisi alla vista della mia amata città e del suo bellissimo skyline e mi persi nei miei pensieri, appoggiando il capo sulla spalla di Edward.
“Ti è mancata solo la città, o anche noi?”, mi chiese lui qualche istante dopo.
“Anche voi, tranquillo. Non vedo l’ora di vedere Christian e la mia vecchia stanza. Dio! Quanto mi è mancata!”.
Edward rise tra i miei capelli per poi lasciarvi un bacio, facendo cadere il discorso.
Persa com’ero ad ammirare il paesaggio, non mi accorsi che la strada non portava nel Queen Ann Hill.
Così, alzai di scatto la testa e guardai Edward.
“Dove stiamo andando? E non dire a casa, perché questa non è la strada per il Queen …”.
Lui rise, sussurrando un “Finalmente se n’è resa conto” e poi alzò la voce per farsi sentire meglio.
“Sì, in effetti non stiamo andando a casa di Christian. È prima che tu me lo chieda … non ti dirò la destinazione, è una sorpresa”.
Boccheggiai … ‘Non è giusto! Non è giusto. Sempre la solita storia’, si imbronciò la mia vocina e io con lei.
“Edward … dai!”.
Continuando a ridere, mi indicò il cartello del quartiere in cui stavamo entrando. “UNIVERSITY DISTRICT”, recava scritto.
A quella vista mi illuminai. “Edward ma … ma che significa?”.
“Vedrai”, mi sussurrò alle orecchie facendomi scivolare una fascia sugli occhi.
“Ma Ed … cosa?”.
“Shh … fa tutto parte della sorpresa. Non fiatare. Adesso dobbiamo scendere. Aspettami, ti aiuto a scendere”.
Visto che non avevo la vista, affilai i miei sensi e sentii solamente lo sbattere di una portiera.
“Eccoci”, sobbalzai nel sentire la voce di Edward e lo sentii ridere per la mia reazione. “Adesso … dammi le mani e voltati”.
Scesi dalla macchina e con il suo aiuto camminai, mentre lui mi diceva ogni minimo ostacolo che avrei potuto incontrare e mi aiutava a evitarlo.
“Quanto manca?”, chiesi impaziente.
“Poco, amore, poco”.
“D’accordo … mmm … adesso dobbiamo prendere un ascensore, quindi non spaventarti ai rumori, okay?”.
“Okay … ma almeno mi dici quanto è alto?”.
“Dobbiamo arrivare al terzo piano, piccola e poi saremo arrivati. Ecco fatto, adesso fermati e tra un po’ sentirai lo scatto dell’ascensore, non spaventarti”.
“Allora mi dici cosa ci facciamo nell’University District?”.
“Amore mio bello, mi sorprende che tu non l’abbia ancora capito, ti credevo più intelligente”, mi sfotté ed io, dal canto mio, gli diedi una gomitata. “D’accordo, scusa … scusa, non ti prenderò in giro”.
Dopo un po’ di silenzio, Edward mi poggiò le mani sulle spalle e mi spinse fuori dall’abitacolo, prendendomi poi per mano.
“Ecco … adesso fermati. Siamo arrivati. Adesso ti toglierò la benda, ma tu devi promettermi che terrai gli occhi chiusi ancora per un altro pochino”.
“D’accordo, prometto, basta che fai in fretta perché non riesco più a resistere dall’ansia”.
Dopo che Edward mi ebbe tolto la fascia, sentii uno strano tintinnio e infine uno scatto, dedussi, quindi, che fossimo entrati in una stanza? O forse era l’appartamento di qualcuno cui avremmo fatto visita?
La voce e le mani di Edward mi strapparono alle mie domande spingendomi a entrare in quel luogo.
“Adesso fermati e al mio tre puoi aprire gli occhi”, mi urlò Edward da qualche parte della stanza.
“Edward … ma cosa?”, ma lui mi ignorò, iniziando a contare.
“UNO … DUE … TRE", contò ed io aprii gli occhi.
“SORPRESA … BENTORNATA BELLA!”.
A quell’urlo, portai le mani alla bocca e feci un salto indietro. Tutto mi aspettavo fuorché questo.
Spalancai gli occhi rendendomi conto della situazione che mi trovato di fronte e … ‘Oh mamma’ … era una festa quella? Una festa per me?
E … e quelli davanti a me sono Christian, Alice e … “Oh mio Dio!”.
Non ebbi nemmeno il tempo di rendermi conto della situazione che ero già tra le braccia di Christian.
“Bentornata, mi sei mancata sorellina”.
“Oh Chris … anche tu … anche tu mi sei mancato”, singhiozzai.
Lui mi allontanò di poco da se e “Oh andiamo … andiamooo! Non iniziare con i piagnistei ora, mmm?”.
“D’accordo d’accordo, ma è più forte di me, scusa”, continuai asciugandomi le guance.
Dopo aver salutato gli altri, mi guardai intorno e mi accorsi che il luogo in cui eravamo non era un locale, ma un piccolo appartamento.
“Dove siamo? Perché avete organizzato tutto questo nell’University District?”.
“Oh beh”, intervenne Edward grattandosi la nuca, come faceva sempre quando era in difficoltà, “ecco … potrei e sottolineo potrei aver trovato la casa giusta per noi”.
“Oh”, fu tutto quello che riuscii a dire.
“Dì qualcosa … ti prego”.
“Beh … cosa vuoi che dica?”, lo guardai di sottecchi.
“Qualsiasi cosa, Bells, qualsiasi”.
“Oh … mmm … allora … è fantastico Edward” e poi mi buttai su di lui, stile koala e facendogli quasi perdere l’equilibrio.
“Dici davvero?”.
“Davvero davvero, amore. Davvero davvero”.

Dopo la festa, io e Edward restammo soli e mentre mi portava in giro per le varie stanze, mi spiegò che era questo il motivo di quelle misteriose telefonate e che aveva solo paura che Alice cambiasse tutto ciò che lui aveva deciso.
“Beh … in effetti, facevi bene ad essere preoccupato, Alice avrebbe davvero potuto stravolgere tutto con quei suoi gusti stravaganti”.
“A quanto pare, però, Christian l’ha fatta ragionare”.
Una volta entrati in quella che sarebbe stata la nostra stanza, mi accorsi che la maggior parte delle mie cose, era già lì, messa in bella vista affinché io la sistemassi, una volta arrivata.
“Mi spieghi come mai la maggior parte delle cose che avevo a Volterra sono già tutte qui?”.
Lui rise e poi mi disse che era stato tutta opera di Christian e che nemmeno lui ne era a conoscenza.
“Adesso … che ne dici di provare questo bellissimo e comodissimo letto, gentilmente offerto da tuo cugino, così come tutto il resto?”, continuò, buttandosi sul letto e tirandomi con sé. “Non sai quanto mi sei mancata, piccola”.
Iniziammo a baciarci e …

“E poi abbiamo fatto ciò che stavamo per fare qualche ora fa, ma qualcuno a deciso che non avremmo dovuto”, rise Edward, interrompendomi.
Mi alzai sui gomiti per osservarlo e sorrisi maliziosa.
“So cosa stai pensando e la risposta è … diamine sì”, esclamò.
Non ebbi il tempo di dire niente che, si alzò dal divano con me tra le braccia e si diresse nella nostra stanza.
“Al diavolo gli scatoloni, al diavolo tutto. Ti voglio ora”.
Io non potei fare a meno di ridere a quella sua affermazione, ma fui subito interrotta dalle sue labbra che, impazienti, si posarono sulle mie.
“Non si ride in questo momento, mi dispiace. Sono tremendamente serio, piccola”.
“Anch’io lo sono”.
“Credo che qui ci sia qualcosa di troppo”, sussurrò mentre continuava a baciarmi.
“Allora perché non lo elimini?”, gli risposi maliziosa.
Lui sorrise e … “Con immenso piacere, piccola”, disse, avvicinando le sue labbra alle mie.
Continuando a baciarmi, prese i bordi della mia maglia e li tirò su, staccando le nostre labbra solo per un istante.
“Ti amo”, sussurrò sulle mie labbra.
“Ti amo anch’io”, sorrisi.
Indietreggiando verso il letto, lo tirai con me e risi quando ci cademmo sopra.
“Mi piace quando ridi in modo così spensierato, sai?”.
Annuii e, stavolta, fui io a prendere l’iniziativa e baciarlo. Dopo un po’, le sue labbra scesero a baciarmi il collo e poi continuarono verso il basso, fino a giungere nell’incavo dei miei seni e ancora più giù, fino ad arrivare al bordo dei miei jeans.
Edward mi lanciò uno sguardo, sorridendo malizioso, e poi, con una lentezza estenuante, me li sbottonò e, sempre lentamente, me li sfilò, continuando a tenere lo sguardo incatenato al mio.
“C’è qualcuno di troppo vestito, qui”, sussurrai, mettendomi a sedere.
Lo spinsi sul letto e, invertendo le posizioni, mi sedei cavalcioni sul suo bacino, iniziando a baciarlo e spogliarlo.
Con la stessa lentezza che lui aveva usato con me, continuai a baciarlo e, piano, gli tolsi la maglia e feci lo stesso con i suoi jeans.
“Adesso siamo pari”, gli sussurrai.
“Lo siamo”, e senza che me ne accorgessi, finii sotto di lui.
Circondai il suo collo con le braccia e ci sorridemmo.
“Mi è mancato tutto questo. Prometti che non andrai più via, non farlo mai più”.
“Non lo farò mai più”.
Alle mie parole riprendemmo a baciarci, ma quelli non erano baci qualsiasi … quei baci erano più frenetici … carichi di passione … davano e chiedevano allo stesso tempo.
Mentre le sue mani scendevano a sfiorarmi i seni coperti ancora dal reggiseno, le mie mani lasciarono il suo collo e iniziarono a scendere verso il basso. Piano, sforai i suoi pettorali scolpiti e riuscii ad ottenere un gemito roco da parte sua.
Sorrisi maliziosa e portai la mano sulla sua erezione, ancora coperta dai boxer. Iniziai a sfiorarla e, mentre Edward mi toglieva il reggiseno, infilai una mano all’interno, facendogli mozzare il respiro.
La sua reazione mi rese così orgogliosa. ‘Sono io … sono io che gli faccio quest’effetto’.
Non so come … non so quando … ci ritrovammo, entrambi nudi, a guardarci negli occhi … a sorriderci … a dirci ti amo con un sorriso … con uno sguardo.
Edward avvicinò le sue labbra alle mie e, con lentezza, entrò in me. Alzai il bacino per andargli incontro e fu bellissimo.
Non vedevo altro … non sentivo altro … solo Edward … Edward … Edward. Era dappertutto e sapevo che sarebbe stato così per ancora molto tempo.
“Il tuo amore mi è mancato”, mi sussurrò all’orecchio, non prima di avermi morso il lobo.
“A me sei mancato tu … E – Edward …”, risposi attirandolo a me e cingendogli il bacino con le gambe, spingendolo ancora più in profondità.
“A – amore … ci sono … ci sono quasi”, disse Edward con la testa poggiata nell’incavo del mio collo e il respiro affannato.
I nostri movimenti si fecero sempre più frenetici fin quando arrivammo al culmine.
Edward crollò su di me, prendendo a baciarmi il collo ed io iniziai ad accarezzargli i capelli. Restammo in silenzio, aspettando che i nostri respiri tornassero regolari e amandoci, ancora una volta.
“Non mi abituerò mai a fare l’amore con te. E’ come se fosse sempre la prima volta”, sussurrò Edward dopo essersi spostato e averci coperti entrambi.
“Mmm … sì”, risposi, a occhi chiusi, con la testa poggiata sul suo petto e quasi nel mondo dei sogni per le sue carezze.
Edward rise e … “Non sei molto loquace, amore. Sei stanca?”.
“Un po’ … vorrei solo … vorrei solo che questo momento durasse per sempre”.
Sorpreso per le mie parole, Edward mi prese il viso tra le mani e … “Sai che ti amo, vero?”. Annuii, incapace di fare altro a causa dell’intensità del suo sguardo. “Bene … perché lo farò per sempre. Ora dormi … domani ci aspetta una faticaccia”.
Chiusi gli occhi e poggiai di nuovo la testa sul suo petto.
“Ti amerò sempre anch’io”.
Appena Edward mi strinse a se, mi addormentai, con la consapevolezza che da domani sarebbe iniziata una nuova vita per noi … insieme.

Los Angeles, 12 Luglio 2070
“Nonnino … nonnino e poi? Poi cosa succede?”, chiese Marie quando suo nonno smise di raccontare.
“Che ne dici di andare dentro dalla nonna a fare merenda?”, rispose nonno Edward, piacevolmente sorpreso che sua nipote non l’avesse interrotto.
“D’accordo … però dopo riprendiamo, vero?”.
“Certo … una promessa è una promessa”, sorrise Edward davanti all’intelligenza di quella bambina di soli 3 anni.
Marie gli scoccò un bacio sulla guancia e scese dalle sue gambe.
Mentre osservava la bambina correre dentro, non poté fare a meno di pensare, quando, molti anni prima, era sua figlia ad attraversare quello stesso giardino e correre dentro casa per la merenda dopo essersi fatta raccontare la storia d’amore di mamma e papà.
Erano così identiche quelle due.
Sorrise e poi si alzò per raggiungere sua moglie e sua nipote.

Dopo aver passato l’intero pomeriggio a giocare, la piccola Marie era stanca. Era seduta sul divano, tra le braccia del suo amato nonno e guardava i cartoni animati, aspettando che la sua mamma e il suo papà venissero a prenderla per portarla a casa.
“Hai sentito tua figlia?”, sentì dire alla nonna, seduta accanto a loro.
“No”, rispose il nonno, “ma se ci fosse stato qualche problema avrebbe telefonato sicuramente. Su tesoro, non preoccuparti”.
Marie si spostò dalle braccia del nonno giusto in tempo per vederlo abbracciare la nonna e dirgli qualcosa all’orecchio.
Sorrise.
Proprio in quel momento, qualcuno suonò al campanello.
Il sonno le passò subito, tant’è che iniziò a urlare e saltare euforica.
“Nonna … nonno … sono mamma e papà. Vai ad aprire nonno? Dai nonno”.
“Sì Marie, adesso vado … tranquilla. Fai la brava, su”.
Edward aprì la porta e si ritrovò davanti proprio sua figlia con suo marito. Prima che potesse dire qualunque cosa, un piccolo tornado dai capelli color cioccolato si tuffò tra le braccia della madre.
“Mamma … papà … siete tornati finalmente. Mi siete mancati”.
Emma, così si chiamava la sua bambina, abbracciò Edward e gli diede un bacio, poi entrò in casa per salutare sua madre.
Quando tutti furono dentro, si sederono sul divano e Marie iniziò a raccontare tutto ciò che aveva fatto in quella giornata. Dai disegni che aveva colorato all’asilo, al pomeriggio passato ad ascoltare le storie di nonno Edward.
Quando Marie disse che il nonno gli aveva raccontato la storia della principessa Bella e del principe Edward, Emma non poté fare a meno di sorridere, ricordando quando anche lei da bambina voleva sentire di continuo quella storia.
“E sai come finisce, tesoro?”, le chiese sua madre, pur sapendo che sua figlia conosceva già la storia.
Marie scese dalle gambe di sua madre e andò dal nonno, per farsi prendere in braccio da lui.
“No, non so come finisce, ma il nonno ha promesso che me lo racconterà domani. Vero nonno?”.
“Certo … domani”, gli assicurò suo nonno e la bambina sorrise felice, accoccolandosi tra le sue braccia.


NOTE DELL'AUTRICE: Questo sarà l'ultimo capitolo, il prossimo che pubblicherò sarà l'epilogo, ma probabilmente ci sarà un sequel, completamente diverso da questo. Purtroppo però, non so quando inizierò a scriverlo, ho tante cose da fare. Vi farò sapere la mia decisione definitiva quando pubblicherò l'epilogo.
Ho scritto altre storie mai pubblicate e che probabilmente mai pubblicherò, di genere completamente diverso da questo, quindi se vi è piaciuto il modo in cui scrivo, non mi abbandonate.
So che questa storia vi sarà sembrata a tratti pallosa, a tratti troppo romantica, ma ho sempre avuto il desiderio di scrivere una storia "tremendamente sdolcinata" come questa, come dice la mia migliore amica, anche perchè sempre a detta sua "Tu non sei così sdolcinata, anzi, mi stupisco che sia riuscita a scrivere una storia così per tanto tempo, anche se, ho notato, in alcune parti, prevale il tuo lato poco romantico" e infatti, io non sono così, mi piace scrivere, ma in tutt'altro genere. Molta più azione, molto più tutto, intrecci, colpi di scena che in questa storia non ci sono, ma è stata una mia scelta. Volevo scrivere una storia romantica e ci sono riuscita. Indipendentemente da quanto successo ha avuto, sono orgogliosa di me e di questa piccola creazione.

ULTIMA COSA: Non sono quando arriverà l'ultimo capitolo. La sessione d'esami è appena iniziata e ho degli esami abbastanza difficili da sostenere, quindi ... non so davvero quando riuscirò ad aprire un foglio word. Cercherò di scriverlo nei momenti liberi, ma penso si sia capito che sono una perfezionista e che non mi piace fare le cose a metà, quindi ... mi dispiace dirlo, ma dovrete aspettare a tempo indefinito e spero di trovarvi qui al mio ritorno, anche perchè il capitolo avrà una bella sorpresa.

Un bacio! Ally!

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Capitolo 29
*** Chapter 29 ***


Salve a tutti! Eccomi tornata dopo più di un mese! Mi scuso davvero per la lunga attesa, ma, se avete letto le note a fine capitolo del capitolo precedente (scusate il gioco di parole), conoscerete già le mie ragioni.
Comunque (sempre nelle note) avevo scritto che questo (quello che state per leggere) sarebbe stato l'epilogo. Ahimè ... non è così. La mia mente ha partorito un capitolo completamente diverso da quello che avrei voluto scrivere. Le parole e gli avvenimenti si sono scritti da soli, così, dopo una lunga analisi, ho deciso di farlo diventare un capitolo e di rimandare la stesura dell'epilogo al prossimo (stavolta per davvero). Quindi ... vi romperò le scatole ancora per molto.

Vi lascio al capitolo che spero vi piaccia e spero recensiate in tanti!

 
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Capitolo 29: Le Nozze Di Christian

Los Angeles, Casa Cullen, 19 Luglio 2070
La piccola Marie sorrideva sempre, in qualunque occasione. Era un po’ come sua madre e sua nonna che, qualunque cosa accadesse, avevano sempre un sorriso rassicurante per tutti. Fu così che la trovò nonno Edward quando, quel giorno, l’andò a prendere all’asilo. Sorridente. Felice.
La bambina si strinse alle gambe del nonno e alzò la testa per salutarlo con il sorriso di chi ha combinato qualcosa e che Edward conosceva bene.
Era lo stesso di sua figlia.
“Ciao nonnino”.
“Ciao pulce. Come stai oggi? Com’è andata all’asilo? Vi siete divertiti?”.
La bambina, che era molto intelligente per la sua età, fece finta di nulla, limitandosi soltanto ad annuire e scuotere le spalle.
Edward si accigliò. ‘Strano’, pensò. ‘Di solito non fa altro che parlare fino a quando non arriviamo a casa’ e fu così che si abbassò all’altezza di sua nipote e la fissò negli occhi. Nonostante l’età, aveva ancora il fisico statuario e il fascino che avevano fatto innamorare sua moglie e che ammaliava ancora tutti quelli che incontrava, maschi o femmine che fossero.
“Allora pulce … vuoi dire al nonno cosa succede? Qualcuno ti ha presa in giro?”.
“No … no, è solo che –”, ma non riuscì a finire la frase perché qualcuno chiamò il suo amato nonno.
“Signor Cullen … signor Cullen”, urlò l’insegnante di Marie, Mrs Morrison.
Edward si alzò e fronteggiò la donna. “Salve Mrs Morrison”.
“Ecco … mi dispiace trattenerla, sono davvero rammaricata, ma ecco … la bambina oggi ha litigato con una sua compagna e … beh, sa –”, ma non riuscì a terminare, perché Marie intervenne, con un’espressione di disappunto stampata sul volto che, in un’altra occasione, avrebbe fatto ridere Edward.
“Non è vero, non è vero. Quella bambina è cattiva, dice che mamma e papà non vengono mai a prendermi a scuola perché non mi vogliono bene e, allora io oggi, visto che è l’ultimo giorno di scuola, mi sono scocciata e le ho tirato i capelli e poi è una bugia. Mamma e papà mi amano tanto tanto”.
‘Tipico di Marie’, pensò Edward. ‘Mi ricorda qualcuno’.
“Tesoro … proprio perché era una bugia, non avresti dovuto”.
“Ma nonno io … mi ha fatto arrabbiare … uffa!”, rispose, incrociando le braccia al petto, con un cipiglio sul volto.
‘Tale e quale a Bella … tale e quale’, pensò.
“Va bene, d’accordo. Ne parliamo dopo. Continui pure, Mrs Morrison”.
“Ecco … i genitori dell’altra bambina vorrebbero parlare con lei. In realtà volevano parlare con i genitori, ma so che è lei a prendere la bambina, quindi …”, Edward capì che la donna era in imbarazzo, soprattutto a causa del suo cognome. I Cullen erano molto conosciuti da quelle parti.
“Non si preoccupi, verrò a parlarci”.
La donna si rilassò, visibilmente, soprattutto perché Edward non era famoso per essere cortese con gli sconosciuti e gli disse di seguirla. Edward prese la bambina in braccio e seguì la maestra.
Una volta soli in macchina, Marie chiese al nonno se fosse arrabbiato con lei.
“No tesoro, perché dovrei esserlo? Alla fine i genitori volevano solo scusarsi per la loro bambina”.
Marie scoppiò a ridere e “Non è vero, nonno”, disse. “Avevano paura di te perché ti avevano riconosciuto”.
“Tu dici?”.
“Sì sì, nonno. Però non so perché, tu sei così dolce e buono, ma spaventi sempre gli sconosciuti”, scrollò le spalle e iniziò a guardare il paesaggio e Edward capì che la bambina non aveva più voglia di parlare.

Arrivati a casa, Marie subito corse in cucina dalla nonna, sapendo che a quell’ora l’avrebbe trovata lì.
“Nonna nonna … siamo tornati. Nonna! Cos’hai cucinato per me, nonna?”.
Edward scosse la testa e mise a posto il casino combinato da sua nipote prima di andare in cucina.
“Ciao pulce … vediamo … indovina. Qual è il piatto preferito di nonno Edward?”.
“Ma nonna!”, esclamò quella piccola peste. “Il piatto preferito di nonno Edward è anche il mio piatto preferito”.
“Oh ma davvero? Ma tu guarda che coincidenza … non lo sapevo”, continuò Bella.
Edward rise alla vista della buffa espressione che fece la nipote, quando comprese che la nonna la stava solo prendendo in giro.
“Nonna!”, la sgridò Marie, mettendo le mani sui fianchi per poi arrampicarsi su una sedia e aspettare che la nonna le desse il suo piatto.
“Marie … perché non racconti alla nonna cos’hai combinato oggi? Sono sicuro che ne sarà orgogliosa”, affermò Edward ridendo per poi andare a sedersi, dopo aver salutato la moglie con un bacio.
Marie si limitò a fulminarlo con lo sguardo e ad un “Ma nonno!”.
“Su tesoro … dì tutto alla nonna, ti ascolto”.
“Oggi ho litigato con una bambina e le ho tirato i capelli, ma nonna … vuoi sapere un segreto? Quella bambina è proprio cattiva, ha anche cercato di rubarmi il fidanzatino”.
Bella iniziò a ridere e Edward si accigliò. “Fidanzatino? Non sei troppo piccola per avere il fidanzato, tu?”.
“No nonno … ho tre anni, mica uno, sono una ragazza io”.
Bella ignorò il battibecco tra i due e chiese il perché del litigio.
“Perché aveva detto che mamma e papà non mi voglio bene, per questo non possono venire a prendermi a scuola. Meno male che oggi era l’ultimo giorno di scuola. Non la vedrò per tanto tempo”, disse scrollando le spalle.
“Oh tesoro … allora in questo caso, hai fatto bene”, sorrise Bella, pensando a quanto le somigliasse sua nipote.
“Ah nonna … pensa che i genitori volessero parlare con i miei, ma visto che c’era nonno Edward, ci ha parlato lui e nonna … dovevi vedere le loro facce quando hanno visto il nonno, hanno perso tutto il colore”, sghignazzò quella piccola peste.
“Oh bene”, rispose la nonna mentre pensava che se, da una parte, sua nipote fosse identica a lei, dall’altra era identica alla madre e al nonno.
Dopo aver pranzato, Marie chiese al nonno il continuo della storia del principe e della principessa e lui, da bravo cantastorie quale era, si era seduto sul divano e aveva iniziato a raccontare.


Pov Edward

Seattle, Casa Cullen – Swan, Domenica 19 luglio 2015, ore 09:30 am
“EDWARD CULLEN! COSA DIAVOLO HAI COMBINATO ALLA MIA CUCINA?”, urlò Bella da quella che avrebbe dovuto essere la cucina del nostro appartamento. “ALLORA?”, urlò ancora, facendomi sobbalzare e comparendo accanto a me nella stanza che usavo per disegnare i miei progetti dell’università.
“Da quando sei capace di materializzarti?”.
“Non citare Harry Potter, idiota. Prima che perda del tutto la pazienza … volevi darti fuoco?”.
“No, volevo solo prepararti qualcosa per quando saresti tornata, ma credo che la situazione mi sia sfuggita di mano”, dissi mentre mi grattavo la nuca.
“Oh … ma davvero? Edward! Hai idea di quante cose abbiamo da fare per domani? Potevi dedicarti alla cucina un altro weekend. Tu e i fornelli non andate d’accordo. Cosa devo fare ancora perché tu capisca?”.
“Non è vero … ho solo qualche problema con le salse!”.
Bella alzò gli occhi al cielo e “Sì, e anche con il forno, con la cottura e vediamo … ah sì! Anche con il forno a microonde. L’altra sera ti ho chiesto dei popcorn e tu te li sei dimenticati lì dentro, per poco non siamo saltati in aria”.
“Okay … okay!”, alzai le mani in alto in segno di resa. “Concetto afferrato”.
“Bene … perché tu adesso mi aiuterai a pulire e poi verrai con me a casa di Christian”.
“Cosa? Perché?”.
“Perché domani si sposerà ed è in crisi e tu e Jazz stasera dormirete lì con lui, mentre io e Alice andremo a casa dei genitori di Jo e dormiremo lì”.
“Christian in crisi? Questa mi è nuova!”.
Bella mi diede uno scappellotto e sussurrò un “Idiota”.
Ignorai il suo commento e mi affrettai a seguirla fuori dallo studio. “Com’è andato l’addio al nubilato di Jo, ieri sera? Pensavo che saresti tornata a casa per dormire e invece …”, lasciai il discorso in sospeso e la guardai, alzando il sopracciglio.
“Sì lo so, ma alla fine siamo tornate tutte a casa di Jo e ci siamo addormentate sul divano, quindi … scusa se non ti ho avvisato”.
“Non preoccuparti, l’importante è che tu non abbia baciato un altro, altrimenti sì che avresti qualcosa da farti perdonare” e l’abbracciai, perché solo l’idea che un altro avesse potuto baciarla, mi faceva venire voglia di fare pipì intorno a lei, solo per marcare il territorio.
“Amore?”.
“Sì?”, mi rispose.
“Non sei più arrabbiata con me per la storia della cucina, vero?”.
“Non mi arrabbierò solo se mi aiuterai a pulire”.
“D’accordo … E posso tornare a dormire qui e passare la serata con te, stasera?”.
“No!”.
“Come no? Oggi è il nostro anniversario e avevo pensato ad un sacco di cose carine da fare”, ammiccai.
Bella sospirò e sciolse il nostro abbraccio. “Lo so, ma … cosa posso farci? Lo festeggeremo domani oppure non so. Mi dispiace aver distrutto i tuoi progetti, ma a volte non so chi sia peggio, se Alice o Jo. Quelle due sono matte”.
“D’accordo, non importa. Mi inventerò qualcosa per domani sera di ritorno dalle nozze”.
“Perfetto, mi fido di te e so che sarà una sorpresa, quindi non ti chiedo niente perché non me lo diresti, vero?”.
“No, non te lo direi, quindi … fai bene a fidarti”.
“Su … ora aiutami a pulire tutto il casino che hai combinato”.

Seattle, Casa Swan, Domenica 19 Luglio 2015, ore 11:30 pm
“Non verrà … non verrà … so che non verrà. Dio! Mi sento così patetico!”, esclamò Christian per la milionesima volta, forse.
“Ma certo che verrà. Ascolta … ho appena parlato con Alice e mi ha detto che anche lei è in panico, ma vedrai che domani andrà tutto bene e a quest’ora sarete marito e moglie, per la gioia di tutti noi”.
“Già … Jasper ha ragione”, intervenni io. “Lei ti ama e tu ami lei. Punto. Non si discute. Pensa a quando domani la vedrai entrare in chiesa con il suo bellissimo abito bianco al fianco di suo padre e ti sorriderà. Poi inizierà a camminare verso di te e –”.
“E vissero tutti felici e contenti, sì Edward. Che bella rassicurazione, davvero”, disse Emmett interrompendomi e comparendo con la piccola Scarlett tra le braccia e Thomas al seguito.
Scarlett era la nuova arrivata nella famiglia, aveva due mesi (era nata prematura e ci aveva fatto prendere un grosso spavento) ed aveva già stregato tutti, grazie alla sua somiglianza con Rosalie. Capelli biondi che quasi non si vedevano e occhi blu come il mare. E sì, lo ammetto, era la mia principessa. Alla faccia del ‘Non voglio un altro nipote’. Appena l’ho vista mi sono subito innamorato di lei e … byebye cervello!
“Tu che ci fai qui?”, chiese quindi Christian.
“Bella ha chiamato Rose perché non riuscivano a calmare Josephine e Alice le ha chiesto di mandarmi qui per vedere se sarei riuscito a calmarti, visto che questi due non ci riescono”.
“Hey … parla per te. Il mio discorso lo avrebbe calmato, lo so”, risposi, accigliandomi. “Thomas … cosa fai qui? Non dovresti essere dai nonni insieme alla sorellina?”, continuai abbassandomi all’altezza della piccola pulce.
“Sì, zio Eddy, ma papà è venuto di corsa qui e allora ci porteranno nonna Renee e nonno Charlie”.
“Dov’è il mio ometto preferito?”, urlò proprio il diretto interessato entrando nella stanza, seguito da sua moglie.
“Eccomi nonno, sono qui”, urlò Thomas correndo verso di lui e facendosi prendere in braccio.
I due iniziarono subito a scherzare tra di loro e avrei continuato a guardarli se solo Christian ed Emmett non avessero iniziato a litigare.
“No … ti dico che non si presenterà domani. Anzi … verrà e poi, quando dovrà dire ‘Sì, lo voglio’ scapperà su una moto o su un cavallo bianco” e a quell’affermazione, per poco, non iniziai a ridere come un pazzo.
“Una moto o un cavallo bianco? Sul serio Christian, sul serio? Questa l’hai pensata stanotte o ti è uscita spontanea?”, gli rispose Emmett che, invece, non si fece scrupoli e iniziò a ridere.
Al che Christian si accasciò sul divano e continuò con il suo monologo interiore.
“Oooooh! Adesso basta! Emmett smettila di fare queste battute e cerca di aiutarlo, visto che ci sei già passato. Charlie … portiamo via questi due angeli, sia mai che mi crescano deviati per i discorsi di questi due”, urlò Renee ad un certo punto prendendo Scarlett dalle braccia di Emmett.
A quelle parole non ce la feci più e iniziai a ridere, seguito subito da Jasper e beccandoci da Christian delle occhiatacce che avrebbero potuto incendiare l’intera foresta amazzonica.
Charlie e Renee andarono via e, appena la porta di casa si chiuse, mi arrivò un cuscino dritto in faccia.
“Ma che ca –”, ma fui interrotto dai lamenti di Christian, mentre Emmett se la rideva.
“Che succede?”, mi chiese Jasper tornando dalla cucina con una busta di patatine e della coca cola. “Vuoi?”, continuò.
Allungai la mano e iniziai a mangiare e gli spiegai la situazione. “Credo che Emmett ne abbia detta una delle sue”, sussurrai per non farmi sentire dai diretti interessati.
Guardai Emmett che continuava a ridere ai danni del povero Christian e, a un certo punto, si illuminò. ‘Ti prego, ti prego! Fa che non ne dica un’altra’.
Purtroppo, però, le mie preghiere non furono ascoltate, perché “Hey Chris, posso farti una domanda?”.
Lui annuì e Emmett riprese con un “Invece di essere spaventato che lei non si presenterà domani, tu sei sicuro? Insomma … sei ancora in tempo, il biglietto per le Bahamas te lo pago io” e rise.
‘Oh … ti prego’, mi passai le mani sulla faccia disperato e “EMMETT! SONO COSE DA DIRE QUESTE? POVERINO … GUARDA COME L’HAI RIDOTTO”.
“Non ascoltarlo Chris, sai che Jo verrà. Lei ti ama e tu ami lei. Vivete insieme da un anno o più e … vi amate punto. Smettila con tutte queste paranoie e pensiamo a divertirci. Le ragazze si sono divertite ieri. Facciamolo anche noi”.
“Esatto … ben detto Jazz, quindi … che si fa?”.
“Potremmo fare il gioco del non ho mai … ? Abbiamo bisogno di alcool e domande idiote e imbarazzanti”, proposi io.
“Okay … facciamolo! Vado a prendere l’alcool”.
Appena Christian uscì dalla stanza, mi arrivò un altro cuscino in faccia. “Emmett cazzo! Vuoi smetterla?”.
“No! Che domanda! Comunque bella idea, una volta tanto. Ci vuole una bella sbronza. Ricordate l’addio al celibato di Christian qualche settimana fa?”.
Jasper roteò gli occhi e “Come dimenticarlo. Alice il giorno dopo mi ha urlato contro in lingue che non sapevo nemmeno conoscesse. Quella ragazza è una sorpresa continua”.
“Vogliamo parlare di Bella? Non mi ha parlato per due giorni a causa di quella sbronza e tutto per colpa tua, Emmett”.
Christian tornò e subito iniziammo il gioco. Sembravamo quattro idioti … no … aspetta, lo siamo davvero, ma … riprendiamo.
“Su cominciamo!”.
“Non ho mai nuotato con i delfini”, disse Emmett e Christian bevve.
“Hai nuotato con i delfini? Sul serio?”, gli chiese mio fratello scioccato.
“Beh … sì, un viaggio di lavoro”.
“Non ho mai … guidato una Ferrari”, continuò Jasper.
“Hahahahah … ma dai Jazz, non ci credo”, rise Christian ed entrambi bevemmo. Una volta avevo guidato la Ferrari di Christian.
“Non ho mai … abbracciato un albero”, affermai io.
“Mai dai fratellino! Tutti da ubriachi abbiamo abbracciato un albero, come puoi non averlo fatto anche tu?”.
“Non l’ho fatto. Punto”.
Tre giri dopo e un paio di bottiglie finite e le domande iniziarono a essere cose tipo … “Non ho mai fatto uno strip – tease” e lì, a parte Jasper, bevemmo tutti.
“Ma che problemi avete tu e Alice se non fate queste cose?”, rise Christian, strascicando le parole.
Jasper rise con lui e “Non lo so … non ci ho mai pensato”.
“Non ho mai … cambiato un pannolino”. Questo era Emmett che … FERMI TUTTI! Ha due figli o sbaglio?
“Hahahahahahahahahahahahahahahah … ma dai Emmett! Hai due figli! Non ci credo! Hahahahahahahahahahahahahahahah!”.
“Non ho mai picchiato mio fratello”, dissi e poi iniziai a ridere. “Bugia … Emmett le ha sempre prese da me … Hahahahah!”.
“Non mi sono mai fotocopiato il culo in ufficio, io non lavoro quindi!”, Jasper scosse le spalle e io “Batti il cinque fratello! Sei un mito!”.
“Non ho mai baciato una persona del mio stesso sesso”, disse orgoglioso Emmett, nonostante la sbronza. Io, Jasper e Christian bevemmo.“Oh … l’avete fatto davvero? Hahahahah … aspettate che lo sappiano le vostre ragazze”, continuò Emmett diabolico.
“Non ho mai fatto sesso in un bagno pubblico”, ancora Jasper. A quelle parole mi scostai e con gli occhi fuori dalle orbite “Ma dai … io e Bella stiamo insieme da un anno e cavolo! Dai Jazz!”, aggiunsi.
Dopo aver bevuto tutti e tre, Christian se ne uscì con un “Aspetta aspetta aspetta … tu e la mia sorellina avete fatto sesso in un bagno pubblico?”. Alla mia faccia eloquente, cambiò espressione e “Oh … okay okay! Non voglio sapere niente!”.
Continuammo ancora per un po’, quando Jazz, quello più lucido tra tutti, decise che era il momento di andare a letto, anche perché erano le 4 del mattino e … niente … Buona notte!


Pov Bella

Seattle, Casa Writes, Lunedì 20 Luglio 2015, ore 07:30 am
“Sveglia ragazze … sveglia! È ora di svegliarsi!”, urlò colei che riconobbi essere Alice. Non contenta, entrò nella stanza e aprì gli infissi esterni per far entrare la luce.
“Oh Alice! Chiudi il becco e torna a dormire, sono appena le sette e non dobbiamo essere pronte prima delle tre”, fu la risposta scocciata di Rose, stesa accanto a me.
“No ragazze, vi dico che dobbiamo alzarci e anche subito. Abbiamo un problema di dimensioni catastrofiche, anzi, peggio, di dimensioni cosmiche”.
Il tono preoccupato con cui lo disse mi fece spalancare immediatamente gli occhi e dovette avere lo stesso effetto anche su Rosalie, perché si mise, immediatamente, seduta.
“Che succede Alice? Jo non è mica scappata? È scappato Christian?”, chiesi allora.
“No tranquille. Gli sposi sono sani e salvi, entrambi nei loro letti e dormono ancora, ignari della catastrofe”.
Rose che, al contrario mio, aveva poca pazienza, disse “E allora parla, Alice, porca miseriaccia! Mi stai facendo innervosire!”.
“Ecco … beh … qualche minuto fa, prima che venissi a svegliarvi, Jasper mi ha mandato un messaggio in cui diceva che, quando lui ed Emmett erano andati a ritirare l’auto per il matrimonio, quelli del concessionario gli hanno detto che non c’era. Bel problema, non credete? Soprattutto perché non hanno altre macchine disponibili”.
“CHE COSA? STAI SCHERZANDO, VERO?”, sbottai, andando in panico e alzandomi dal letto. “Questo è uno scherzo, sarà sicuramente così. Edward ed io abbiamo scelto e prenotato l’auto di persona, abbiamo anche la ricevuta del pagamento dell’anticipo. Aspetta che lo sappia Christian. Ammazzerà quelli del concessionario. Meno male che il proprietario era un suo amico, non oso immaginare cosa sarebbe successo se non fosse stato così”.
Alice, tristemente, scosse la testa, e “No, purtroppo. Emm e Jazz sono alla ricerca di un’altra auto, mentre Edward tiene a bada Christian”, disse.
“Bel problema. Dove la troviamo ora un’altra Jaguar? Per giunta come quella scelta da Christian. Era una sorpresa per Jo e, adesso, per colpa di un idiota che ha scritto la data di consegna sbagliata …”, ripresi, furiosa.
“Calma ragazze, calma. Vedrai che tutto si sistemerà e il matrimonio non sarà rovinato. Ci serve solamente un piano. Su … fatemi spazio”.
Alice si stese accanto a noi e pensammo.
 
Seattle, Casa Writes, Lunedì 20 Luglio 2015, ore 11:00 am
“Come procede il piano ‘Distraiamo Jo?’, Bells?”, mi sussurrò Alice all’orecchio, facendomi sobbalzare.
“Porca vacca, Alice. Bussare prima di entrare, no? Comunque tutto bene. Jo è rilassata e sembra che non abbia notato il nostro nervosismo. Voi? Siete riuscite a trovare un’altra auto dello stesso colore scelto da Christian?".
“No, ce ne sono di tutti i colori, ma il colore nero metallizzato sembra scomparso”.
“Sarà perché è quello più utilizzato?”.
“Può darsi”.
“Ho appena parlato con Edward e mi ha detto che Christian sta iniziando a innervosirsi. Gli chiede di continuo dove sono finiti Emmett e Jasper con l’auto”.
“Oh mamma! Speriamo riesca a tenerlo a bada ancora per un po’. Emmett e Jasper si sono addirittura separati. Cercare un auto a Seattle è peggio che cercare un ago in un pagliaio”, sospirò Alice affranta.
“Alice … Alice, vieni a finire di prepararti, poi tocca a Bella. Su, vieni. Meno male che il matrimonio è alle 04:00 pm”, disse qualcuno al di là della porta, probabilmente la make – up artist o la parrucchiera.
“Sì arrivo. A dopo!”.
Mi appoggiai allo schienale della sedia e osservai la stanza degli ospiti, che per l’occasione era stata trasformata in una vera e propria sala trucco e parrucco. Avrebbe sicuramente potuto fare invidia a una delle sale di un’agenzia di moda.
“Hey, a che pensi?”, mi chiese Katy, la parrucchiera di Jo.
“Oh … a nulla. Aspettavo che finiste di fare lo shampoo. Non vedo l’ora di vedere come la preparerai. Probabilmente sono più in ansia io che lei”, risi.
“Oh beh … Jo mi ha dato carta bianca, quindi … le farò i capelli senza uno specchio davanti. Sarà meravigliosa, vedrai”, mi rispose, facendomi un occhiolino.
“Eccomi!”, esclamò proprio la diretta interessata sedendosi sulla sedia e lasciandosi maneggiare dalla sua hair stylist.
Quasi un’ora dopo, entrò Alice che, salutando Jo e facendole i complimenti per l’acconciatura, mi trascinò all’esterno della stanza e “L’HANNO TROVATA! L’HANNO TROVATA!”, urlò nel mio orecchio, iniziando a saltellare a destra e a manca.
“Non urlare, Jo potrebbe sentirti. Sai che è un segugio peggio di te”, la sgridai, sentendo sciogliersi tutta la tensione accumulata fino a quel momento.
“Sì sì, hai ragione. Comunque, l’hanno trovata. Non sei felice? Pensa che è lo stesso e identico modello di quella che avevate scelto voi, stesso colore e stessa tappezzeria in pelle negli interni. Ho una sola parola. I – D – E – N – T – I – C – A!!!”.
“Awww … che bello, che bello”, saltellai anch’io per un po’, poi “Okay … fin troppo entusiasmo. Ora basta. Posso tornare dentro o devo andare a prepararmi?”.
“No no, devi andare a prepararti. Io vado a indossare il vestito e poi vado ad aiutare la madre e il fratello di Jo. Rosalie è andata a Forks ad aiutare Esme e Renee a tenere a bada i suoi pargoletti”. Si voltò ed entrò nella stanza in cui avevamo dormito, mentre io mi diressi nell’altro bagno di casa Writes. “Ah Bells, quasi dimenticavo”, mi richiamò, “Tra circa un’ora arriva Edward. Sei la sorella dello sposo e in più anche la testimone, devi andare a casa sua per le foto, verrò anch’io. Poi andrei direttamente sul luogo della cerimonia”.
“Oh … d’accordo, l’avevo dimenticato. La ricerca dell’auto aveva fatto passare tutto in secondo piano”, sospirai e mi preparai mentalmente per andare sotto le grinfie di Jane, la nostra truccatrice e parrucchiera. Ci sarà un motivo se è amica di Alice.

“Ecco fatto Bella. Abbiamo finito. Trucco leggero come piace a te e capelli raccolti. Sei perfetta. Credo che a Edward verrà un infarto quando ti vedrà”.
“Perfetto, grazie”.
Uscimmo in contemporanea dal bagno e, mentre lei andava ad aiutare Katy con Jo, io andai a vestirmi.
Entrai e restai bloccata dalla visione che avevo davanti. “Alice … sei … bellissima. I capelli lunghi ti stanno bene”.
“Dici? Non mi imbruttisce con il trucco e il resto?”.
“No tesoro, sei meravigliosa”, le sorrisi.
“D’accordo, mi fido. Anche tu stai bene. Vuoi una mano con il vestito?”, mi chiese, ricambiando il sorriso.
“Certo, ho una paura fottuta che una di queste paillettes cada e byebye vestito”.
“Tranquilla, non succederà. Credo che Edward ti chiuderà sotto chiave, però. Questo spacco è ancora più profondo di quello dell’altra festa”.
E in quel momento iniziarono a venirmi i dubbi. “Dici? Forse avrei dovuto mettere quello rosso?”.
“No tesoro, quello rosso ha una scollatura profonda. Meglio la gamba e poi dobbiamo essere in pendant con i colori”, scherzò Alice.
“Scema! Sì hai ragione. Se avessi messo quello rosso anche tu avresti dovuto averne uno di un colore simile”.
“Ecco appunto, quindi non è proprio il momento per farsi venire i dubbi e poi sono stati approvati anche dalla sposa e dal wedding planner, quindi … non hai scuse”.
Il bussare di qualcuno alla porta interruppe le nostre chiacchiere.
“Alice … Bella, siete qui? Posso entrare?”, ci chiese la madre di Jo.
“Sì certo, abbiamo appena finito di prepararci”.
La signora Writes entrò, vestita del suo tubino in pizzo e si commosse. “Oh ragazze … siete bellissime. Farete una bellissima figura. Comunque, ero venuta per dirvi che anche Jo è pronta. È arrivato anche il fotografo e vuole fare delle foto con voi due. Siete le due damigelle, in fondo. Ah … sono appena arrivati Edward e Jasper per portarvi da Christian”.
Io e Alice ci guardammo negli occhi e annuimmo, per poi uscire dalla stanza e seguire la madre della sposa.
Sentendo la porta aprirsi, Jo si voltò e “Oh ragazze … siete bellissime. Ho le damigelle più belle del mondo”. Tutto questo mentre veniva ad abbracciarci.
“Però, oggi l’attenzione è tutta per te. Sei bellissima Jo”.
“Già, hai fatto bene a tenere il tuo colore naturale. I tuoi capelli rossi risaltano sul resto”.
Jo arrossì, sorridendo imbarazzata e ci ringraziò.
In quel momento entrarono Edward e Jasper che rimasero a bocca spalancata.
“Cavolo ragazze, siete … siete … merda!”, provò a dire Edward, beccandosi una gomitata da Jasper per le brutte parole.
Risi. ‘Sempre il solito’.
“Quello che Eddy stava cercando di dire è che siete davvero, davvero bellissime. Tutte e tre. Jo … sembri una principessa. Sei perfetta, sul serio. A Christian verrà un infarto quando ti vedrà”.
“Grazie ragazzi … adesso che ne dite di scattare qualche foto? Così poi potrete andare da Christian”.

“Perfetto ragazzi … fermi così! Fantastici. Sembrate dei modelli. Abbiamo finito, potete andare”, disse il fotografo. “Devo scattare qualche altra foto, ma solo a Jo, voi siete liberi”.
A quelle parole, sospirammo, rilassandoci e, dopo aver salutato tutti, salimmo nella Volvo di Edward, tutti diretti a Casa Swan.
“Quando arriva Emmett con l’auto? La guiderà lui, giusto?”, chiese Alice.
“Sì”, le rispose Jazz, “è andato a prendere Rosalie, i bambini e i tuoi genitori a Forks, poi lui e Rose verranno qua e prenderanno Jo”.
“Mamma mia! Sono già stanca e il matrimonio vero e proprio ancora non è iniziato. Non voglio sentir parlare di matrimoni per almeno 5 anni”, sospirai.
Alice concordò con me ed io non potei fare a meno di notare l’occhiata torva che Edward mi lanciò. Scrollai le spalle e mi appuntai mentalmente di parlargliene più tardi. Non vorrei avesse pensato chissà cosa. Non mi riferivo a noi, o altro. Era solo un modo di dire.
Arrivati a casa di Christian, chiusi in un cassetto della mente il discorso sul matrimonio e scesi di corsa dall’auto per entrare in casa, ignorando le urla di Edward, Jasper e Alice che mi dicevano di non correre con quei tacchi alti.
A me, però, non importava. Volevo vedere Christian e volevo farlo subito. Avevo una brutta sensazione.


Pov Edward

Scossi la testa. ‘Sempre la solita. Sempre la solita’.
“Certo che Bella è sempre la solita testarda, eh? Non ci ha proprio ascoltati”, sussurrò Jasper.
Io annuii. “Già … che vuoi farci. Quando si mette in testa qualcosa, non si riesce proprio a farle cambiare idea”.
“Mi ricorda qualcuno”, intervenne Alice sarcastica.
“Ah – Ah – Ah … simpatica come la sveglia alle 5 del mattino. E comunque … io non sono così testardo”.
“Questo lo dici tu. Chiedi a Jasper, se proprio vuoi saperlo”.
“Va bene, va bene, mi arrendo. Sei snervante, piuttosto … entriamo. Il tempo vola!”.
E così ci incamminammo lungo il viale di Casa Swan, adornato, per l’occasione, da un intricato intreccio di peonie e gigli bianchi. I fiori preferiti, rispettivamente, di Jo e Christian. Una volta entrati, sentimmo delle voci provenire dal salotto e fu lì che mi diressi, accompagnato da Jasper e Alice.
“Che cosa stai dicendo, Christian?”.
“La verità. Zio, dovevo dirvelo, non sarei riuscito a tenerlo dentro ancora per molto. Neanche Jo lo sa. Ho pensato che fosse giusto che lo sapessi prima tu e poi tutti gli altri”.
Cosa? Cosa cavolo sta succedendo?
Guardai Alice e Jasper che avevano le mie stesse espressioni e ripresi ad ascoltare. Notai Bella stringere la mano di sua madre e guardare fisso Christian, mentre ascoltava ciò che diceva.
“Stamattina ho ricevuto una chiamata e me l’hanno confermato”.
Charlie sbiancò e allentò il nodo della cravatta. “Non è possibile … cioè … t – tu stai dicendo che i tuoi genitori non … non sono stati uccisi da un pirata della strada ma da … m – mia sorella?”.
Charlie barcollò e Christian si precipitò ad aiutarlo, mentre Bella usciva dalla stanza, probabilmente diretta in cucina per prendere dell’acqua.
Nello stesso istante, io mi pietrificai.
“Credo sia il caso di uscire allo scoperto o andare fuori. Non possiamo continuare a spiarli così”, sussurrò Alice, facendomi sobbalzare. Ero così concentrato nel cercare di capire cosa stesse succedendo che non mi ero nemmeno accorto che Alice si era avvicinata.
“S – sì, sì, hai ragione. Entriamo”, risposi balbettando, ma la mia mente era ancora proiettata a quelle parole. Sorella … telefonata … mattina.
Charlie aveva una sorella? Pensavo che il padre di Christian fosse l’unico fratello che aveva. Ma, a quanto pareva, la famiglia Swan aveva dei fantasmi nell’armadio … fantasmi vivi, ad essere precisi.
Ripassai tutta la mattinata nella mia testa, cercando di capire quando Christian avesse ricevuto quella telefonata, ma non ricordai un istante in cui avesse utilizzato il cellulare in mia presenza. Probabilmente aveva ricevuto quella telefonata mentre era nella sua stanza per vestirsi. In quel caso, non l’avevo accompagnato. Non pensavo avesse bisogno di aiuto.
Ripensandoci, però, da quando era uscito da lì, il suo umore era cambiato ed era diventato molto più taciturno. Aveva addirittura smesso di chiedere quando sarebbero arrivati Emmett e Jazz con l’auto.
“Edward mi stai ascoltando? Hai sentito cos’ho detto?”.
Mi riscossi dai miei pensieri e “No, scusa. Stavo … stavo pensando, sì”.
“Entriamo, forse sarebbe il caso …”, ma s’interruppe, voltandosi.
Io e Jasper annuimmo e iniziammo a camminare nella loro direzione. Quando ci videro entrare, si voltarono tutti e quattro, zittendosi.
“Che succede? Charlie sta male?”, chiesi.
“No … stiamo discutendo di una cosa importante per la nostra famiglia”, rispose Bella.
Tutti annuimmo e Alice disse “Allora usciamo, insomma …”, ma fu interrotta da Christian. “No ragazzi, non importa. Potete ascoltare senza problemi”.
“Come l’hai scoperto?”, chiese Charlie ignorandoci.
“Un paio di anni fa, circa, ho assunto un investigatore privato. Volevo guardare in faccia il colpevole, così l’ho fatto. Un mese fa, circa, l’investigatore mi chiama dicendomi di essere ad un punto di svolta. Una settimana fa, invece, dai vecchi filmati delle telecamere di quella zona, lui e i suoi collaboratori hanno individuato il volto di una donna. Il modello dell’auto coincide con quello che alcuni testimoni hanno visto. Dopo una serie di correzioni al video, hanno chiarito il volto della donna e l’hanno cercato nei database delle persone ricercate e degli scomparsi. Coincide con quello di tua sorella, Charlie. Zia Mary”.
“Ma … non è possibile, voglio dire, Mary è morta in un incendio qualche anno prima della nascita di Bella. Se è sopravvissuta come dici, perché non si è fatta viva con noi?”.
“Probabilmente aveva risentimento verso te e papà, non lo so. È strana questa situazione. L’investigatore mi ha detto che ha aspettato a lungo, prima di comunicarmi una notizia del genere e sinceramente non riesco a capire nemmeno io. Mi ha chiesto di fargli sapere cosa voglio fare ed è per questo che, nonostante sia il giorno del mio matrimonio, ho deciso di parlarne. Mi dispiace, zio Charlie”.
Charlie lo abbracciò e dandogli un paio di pacche sulle spalle “Tranquillo, posso immaginare quanto sia stato difficile per te. In fondo, eri molto legato a Mary”, gli disse. “Adesso, non preoccuparti e non pensarci più. Abbiamo un matrimonio da fare”, continuò, poi, dopo aver sciolto l’abbraccio.
Bella venne ad abbracciarmi, cercando conforto, potei capirlo perfettamente dal suo sguardo.
“Tutto okay?”, sussurrai in modo che potesse sentirmi solo lei e abbassando lo sguardo su di lei.
“Sì, sono solo un po’ scossa. Non sapevo di avere una zia”.
“Sta tranquilla, andrà tutto bene. Adesso … me lo fai un sorriso? Devi andare a fare delle foto con Christian. Io e Jazz le abbiamo già fatte”.
“Sì, vado. A dopo!”, disse sciogliendo l’abbraccio e voltandosi in direzione di Christian. Proprio quando stavo per distogliere lo sguardo, si voltò di nuovo e “Ah Edward?”.
“Sì?”.
“Buon anniversario, ti amo!”, mi disse sorridendo.
“Buon anniversario anche a te, amore!”, le risposi con un sorriso.

Quando, finalmente, oserei dire, la sessione di foto finì, uscimmo tutti, diretti al luogo in cui si sarebbe svolta la funzione. Una bellissima villa che affacciava sul Puget Sound, affittata dagli sposi solo per la celebrazione del matrimonio. Per il banchetto, invece, ci saremmo spostati direttamente sul golfo di Seattle.
Essendo Bella la testimone di Christian, la mia bellissima Volvo era quella che trasportava lo sposo e solo dopo, Christian sarebbe salito nell’auto che aveva scelto.
‘Magari una volta tornati dal viaggio di nozze gli racconteremo cos’abbiamo passato per trovare quella maledetta macchina’, disse la mia vocina.
Non potei fare altro che essere d’accordo con lei.
Una volta sceso dall’auto, feci il giro della macchina per aiutare la mia ragazza a scendere dall’auto e finalmente, in teoria, potei ammirarla in tutta la sua bellezza. Le porsi la mano e l’aiutai.
“Sei bellissima”, le dissi.
Perché era vero … perché non sapevo cosa dirle … perché altre parole sarebbero stare superflue.
Indossava un vestito lungo e aderente che fasciava tutto il suo corpo e metteva in mostra tutte le sue forme. Il colore era così particolare che non sapevo se definirlo blu o violetto, oppure … un mix di entrambi e in più, era pieno di paillettes. In vita aveva una cintura nera cui aveva abbinato dei semplici decolté neri e sulla gamba sinistra aveva un profondo spacco che evocava in me strani, ma … oh, piacevoli pensieri. Per non parlare degli occhi e dei capelli. Gli occhi, così come il vestito avevano delle strane sfumature, ma, rendevano il suo sguardo color cioccolato ancora più intenso di prima. I capelli, invece, erano raccolti e uniti da numerose trecce che creavano uno chignon e che le davano un’aria più adulta. Avevo solo una parola per descriverla. P – E – R – F – E – T – T – A.
Accorgendosi della mia radiografia, ridacchiò e si avvicinò per sussurrarmi all’orecchio qualcosa. “Finita la radiografia? Qual è il verdetto?”.
Sorrisi e guardandola negli occhi le risposi. “Perfetta amore, sei davvero perfetta”.
“Grazie. Anche tu stai bene, sai?”.
“Lo so, modestamente!”, esclamai ridendo e dandomi arie. “Su entriamo. Probabilmente ci stanno aspettando” e detto questo le presi la mano ed entrai con lei.
“Wow”, sussurrammo entrambi all’unisono. “Christian e Jo hanno davvero gusto, vero?”.
Bella annuì. “A quanto pare”.
A quel punto ad interromperci ci fu il wedding planner che abbracciò Bella come se non si vedessero da mesi invece che da un giorno e “Oh Bella … tesoro … tu es merveilleux. Avevo ragione. Questo colore con la tua carnagione sposa così bene e guarda i capelli e il trucco … Magnifique”.
Bella rise deliziata ed io non potei fare a meno di sbuffare e alzare gli occhi al cielo.
Se non fosse gay, probabilmente l’avrei già ucciso. Lui e il suo francese del cavolo.
Pff! Lo odio! Però … devo ammettere che sa il fatto suo.
‘Eh già Edward, vero?’, intervenne qualcuno nella mia testa.
‘Sta zitta tu. Lasciami in pace’.
“Oh Josh … grazie! Sono contenta che ti piaccia. Stamattina ho avuto dei dubbi, che per fortuna Alice ha subito risolto”.
“Bene. Perché oggi le donne della famiglia Cullen – Swan sono tutte stupende. Siete davvero meravigliose”. A quel punto, visto che mi stavo bellamente ignorando, tossii. “Oh … Edward! Stai bene anche tu, sai? Siete una coppia meravigliosa”.
“Grazie, Josh. Devo …”, ma non riuscii a finire perché urlò “ALICE TESORO … ASPETTAMI CARA!” e scomparve così com’era apparso.
“Ma qual è il suo problema?”, chiesi a Bella.
“Hahahahah … non ne ho la più pallida idea e non credo che l’essere gay fino al midollo c’entri qualcosa con il suo carattere esuberante”.
Risi e scossi la testa. “Hai ragione, tesoro”.
“Ragazzi … ragazzi … ai vostri posti. Edward tu vai vicino all’altare, da Christian. Bella tu vieni con me. E’ arrivata la sposa. Su … muovetevi! Ah Edward, cerca di calmare Christian, non vorrei che si sposasse tutto sudato”.
“Certo Renee, tranquilla. Vado subito!”.
Mi voltai giusto il tempo di guardare Bella scomparire tra la folla e poi mi diressi verso Christian, che non faceva altro che camminare avanti e indietro, sotto le occhiate divertite di Jasper, Charlie e Carlisle.
“Hey Chris … calmati. Jo è arrivata. Visto? Non ti ha abbandonato”.
“Non ancora”, mi rispose ovviamente lui.
“Tranquillo, davvero. Sta per entrare. Fai un respiro profondo e rilassato. E’ bellissima”.
Proprio in quel momento, iniziò la marcia nuziale e tutti si voltarono verso l’entrata, mentre Christian si rilassò visibilmente. Charlie, Carlisle e Jasper presero posto dietro di noi, accanto a Emmett e Rosalie che aveva la piccola Scarlett tra le braccia.
Il primo a entrare fu Thomas che, con un sorriso a trentadue denti, portava il cuscinetto con le fedi. Mi venne da ridere perché, proprio in quel momento, mi passarono davanti agli occhi i giorni in cui Bella e Alice gli avevano dato il compito di portare le fedi e gli avevano insegnato a comportarsi come un vero principino e Thomas, invece, avrebbe voluto solo correre in giro, perché “Zia è estate. Ho voglia di giocare, non di fare il soldatino”.
Dietro Thomas, c’era Alice, splendida nel suo vestito blu notte, lungo fino ai piedi. Non riuscivo ancora a credere che si fosse fatta crescere i capelli solo per questo giorno. Probabilmente, tempo due giorni e sarebbe di nuovo andata dal parrucchiere per farseli tagliare.
Dietro di lei, la mia Bella che sorrise appena incontrò il mio sguardo.
Infine Jo che, stretta al braccio di suo padre e bellissima nel suo abito bianco, dispensava sorrisi a tutti. L’abito era semplice e metteva in risalto la bellezza particolare di Jo. Si intrecciava dietro al collo con una collana di brillanti e diamanti, aveva un piccolo scollo a V sul davanti e una spilla di diamanti sul ventre. Per il resto era semplice e bianco e scendeva mettendo in risalto le sue curve e alla fine, aveva un piccolo strascico. I capelli erano sciolti e ondulati sulle spalle. Sembrava un vero angelo e, evidentemente, lo stesso pensiero dovette farlo Christian, perché sospirò estasiato alla sua vista.
Distolsi lo sguardo dalla sposa, solo quando Bella apparve accanto a me e strinse la mia mano.
“Sei bellissima”, le sussurrai all’orecchio, mentre lei si girava a guardarmi.
“Me l’hai già detto, ma grazie … anche tu”, mi disse a voce così bassa che se non fossi stato accanto a lei, non l’avrei sentita. “Adesso fa silenzio, inizia la cerimonia”.
Scossi la testa e annuii. Sia mai che si arrabbi perché parlo.
Per tutta la durata della cerimonia, Bella non smise di sorridere neanche un attimo. Era, evidentemente felice che Christian si sposasse. Quando fu il momento dello scambio delle fedi, mi strinse la mano così forte che pensai stesse male, invece, cercava di trattenere le lacrime per l’emozione.
“Non posso crederci. Stai piangendo!”, la presi in giro.
“No idiota, ecco … mi è entrato un moscerino negli occhi”.
“Sì sì, certo”. Misi le mani in tasca per prendere il pacchetto di fazzolettini e glie ne porsi uno. “Ecco a te, Miss non sto piangendo mi è entrato un moscerino negli occhi Swan”.
In compenso, mi arrivò una gomitata dritta nello stomaco. In altra occasione, mi sarei piegato in due dal dolore e, come minimo, mi sarei buttato a terra, ma non potevo. ‘Ho una dignità da difendere’.
Tornando serio, proprio nel momento in cui Christian sussurrava la sua promessa, mi sporsi verso Bella e “Sai che un giorno, tra qualche anno, ci saremo noi su quell’altare al posto loro?” sussurrai.
Si voltò verso di me e “Non vedo l’ora” mi disse.
Quando il prete li dichiarò marito e moglie e i due si baciarono, non potei fare a meno di attirarla a me e stringerla fino quasi a farla soffocare. Con la coda dell’occhio mi accorsi di quanto amore c’era nell’aria.
Potei vedere Alice, accoccolata sulla spalla di Jasper, che sorrideva adorante.
Rosalie, con la piccola Scarlett tra le braccia, che sorrideva emozionata, Thomas che non stava fermo un attimo ed Emmett che li guardava con un sorriso a trentadue denti.
Charlie che stringeva una Renee piangente, ma felice.
I miei genitori che si guardavano negli occhi e che comunicavano senza parlare.
Il fratello di Jo e sua moglie che si baciavano.
C’era tutto questo e tanto altro ancora nell’aria.
C’erano Christian e Jo che si baciavano e poi c’eravamo noi … abbracciati e felici.
C’era amore.

Los Angeles, Casa Cullen, 19 luglio 2070
“Che bello, nonno. Anche il matrimonio del principe e della principessa fu così bello?”.
“Certo, tesoro”.
“E nonno … quando me lo racconti?”.
“Presto tesoro, presto”.
“D’accordo, allora io vado a fare un pisolino con la nonna. A dopo, nonno”.
Edward sorrise e pensò che sì, anche il matrimonio del principe e della principessa fu bello, ma beh … era un’altra storia.

VESTITI DEL MATRIMONIO & AUTO (Cliccate sulle foto per ingrandirle)
 
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NOTE DELL'AUTRICE: Per vedere le foto dei vestiti del matrimonio più grandi dovete cliccarci sopra. Ho provato a metterle delle dimensioni originali, ma rovinano l'ordine della pagina. Per Christian e Jo, ho scelto come attori, Emma Stone e Jamie Dornan (avevo dimenticato di pubblicare le loro foto nei capitoli precedenti e ne ho approfittato ora). L'auto scelta da Christian è una Jaguar XFR Sport 2015.

Piaciuta la parte dei ragazzi? Se pensate sia troppo ridicola, beh ... mi sono ispirata ai miei amici maschi che sono così da sobri, quindi potete immaginare cosa combinano quando alzano un pò il gomito (meno male che io non bevo, altrimenti mi perderei le loro scenette comiche) e quindi ... esiste di peggio rispetto a quello che combinano questi quattro nella storia. Probabilmente se mai leggeranno la mia storia farò meglio a chiudermi in un bunker, comunque ... non so perchè l'ho inserita, forse perchè quando ho scritto quel pezzo era lunedì e la sera prima quei quattro idioti si erano fatti il bagno con una bottiglietta d'acqua (la mia) che per giunta era quasi finita. Comunque ... sicuramente le mie vicende non vi interessano, quindi ...

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che recensiate. Inoltre, se trovate degli errori (o orrori) ortografici, scrivetemelo, sono molto pignola con queste cose.

Al prossimo capitolo che sarà l'epilogo!

Ally <3 <3

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Capitolo 30
*** Chapter 30 ***


Salve a tutti, ecco finalmente l'epilogo di questa storia. Se pensavate che mi fossi dimenticata di voi, beh ... vi sbagliavate di grosso. Nell'epilogo tutto quello che era in sospeso viene svelato. Non ho dimenticato nulla, spero xD.

Innanzi tutto, mi scuso con voi per l'enorme ritardo, ma oltre ai vari impegni che ho avuto, non riuscivo a trovare un finale decente alla storia. Mi spiego meglio, avevo numerose idee per questa storia, ma ogni volta che la scrivevo, il giorno dopo puntualmente la cancellavo. E' curioso, quindi, pensare che siano bastati due giorni, per farmi scrivere più della metà dell'epilogo e che ieri sera l'abbia corretto, dopo aver ritrovato l'ispirazione che avevo cercato per settimane. Questo epilogo è 9500 parole di impegno e tempo speso. Spero, non inutilmente.

Spero che amerete tanto quanto amo io questo capitolo. Ne vado molto fiera. Della storia è senza dubbio il mio capitolo preferito e quello che, seppur con fatica, mi è piaciuto scrivere di più.

Ora vi lascio al capitolo e ci leggiamo alla fine, perchè ho delle cose da dirvi.

Buona lettura, Ally!

 
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Capitolo 30: Forever & Beyond

Pov Bella

Seattle, University District, Casa Cullen-Swan, Lunedì 11 Luglio 2016
Aprii gli occhi e respirai felice. Un altro giorno della mia nuova vita era iniziato.
Non riesco ancora a credere che due anni fa, a quest’ora stavo preparando la mia partenza. E pensare che sarebbe dovuto essere solo un viaggio. Un viaggio con un’andata e un ritorno e invece, si era trasformato in tutt’altro. Era diventato un viaggio di sola andata con un viaggio più grande.
Il viaggio della vita.
Chiusi gli occhi e allungai una mano per toccare Edward, ma con mia sorpresa, il suo posto era vuoto e freddo.
Mi misi a sedere e andai a cercarlo per casa. Sul tavolo della cucina, accanto alla mia colazione, preparata da lui, c’era un biglietto. “Torno presto, sono andato a prendere delle cose al market. A dopo. Ti amo. E”.
Sorrisi e andai in bagno per farmi una doccia. Mentre l’acqua mi bagnava, ripensai a tutto quello che era successo da quando mi ero trasferita a Seattle.
In due anni, molte cose erano rimaste uguali, mentre altre erano cambiate. Per tutti noi, nessuno escluso.
Io e Edward vivevamo ancora insieme. A settembre avrei iniziato il terzo anno di medicina all’University of Washington, mentre Edward il quarto anno al College of Build Environment. E inoltre, lavoravamo part – time, io in una libreria e lui in uno studio di architettura in cui aveva iniziato uno stage organizzato dall’università.
Alice e Jasper avevano seguito il nostro esempio e nel Natale 2015 ci avevano comunicato che sarebbero andati a vivere insieme. E indovinate dove? Nell’appartamento sotto il nostro. ‘Che gioia’. Edward era così felice di avere di nuovo la sorella vicina che aveva pregato il padrone di casa di inventare qualche bugia pur di non farli trasferire. Gli aveva anche offerto dei soldi. Non riesco ancora a crederci. ‘Che scena’.
Rosalie ed Emmett avevano deciso di trasferirsi a New York, visto che Emmett aveva avuto una promozione nell’importante studio di avvocati in cui lavorava. Rosalie, che lavorava per un’agenzia di rappresentanza per modelle, non ebbe difficoltà nell’ottenere un trasferimento. I piccoli Thomas e Scarlett erano cresciuti tanto e ancora tutti sentivamo la loro mancanza, soprattutto a Edward che chiamava Emmett, Rosalie o la baby – sitter almeno due volte al giorno. ‘Sempre esagerato il mio amore’. Thomas adesso ha cinque anni compiuti a fine giugno e Scarlett un anno compiuto a maggio.
Christian e Jo, al momento, sono alle prese con il loro primogenito e con la fine del processo a Mary Swan per la morte dei miei zii. Il piccolo Jason Charlie era nato in una movimentata notte di maggio, qualche ora dopo il primo compleanno della piccola Scarlett, tra le risate di Josephine ai danni di suo marito e il panico di Christian. Dopo quattro ore di travaglio e numerosi svenimenti di suo padre (che dopo due mesi viene ancora preso in giro da Edward e Jasper), il piccolo era venuto alla luce e si era conquistato da subito un posto nel mio cuore. ‘Il primo Swan tra tanti Cullen è finalmente arrivato’, questo fu il mio primo pensiero. Ricordo ancora quando Christian lo mise tra le mie braccia e mi chiese di essere la sua madrina. Non sapete quante lacrime.
I miei genitori, invece, avevano deciso di restare in Italia per qualche altro anno e poi tornare a Forks e vivere con Carlisle ed Esme come quando erano al college.

Chiusi l’acqua e uscii dalla doccia, indossando l’accappatoio. Mentre mi rivestivo, sentii la porta di casa aprirsi e la voce di Edward al cellulare.
Uscii dal bagno e andai in salotto. “Hey”, lo salutai, avvicinandomi.
Alzò lo sguardo e mi sorrise, dicendo a chiunque fosse dall’altro lato che l’avrebbe richiamato.
“Con chi parlavi?”, chiesi curiosa, sedendomi per mangiare la mia colazione. “Ah grazie per la colazione, l’ho vista appena mi sono svegliata, ma ho deciso di fare prima una doccia”.
“Quando vuoi” e poi si avvicinò per baciarmi.
Quando ci staccammo, chiesi di nuovo “Con chi parlavi?”.
“Nessuno di importante. Un ragazzo che è stato appena assunto e mi chiedeva alcune cose, visto che l’ultimo prima di lui ad iniziare lo stage sono stato io”.
Annuii. “D’accordo, io allora vado a vestirmi. Vado da Christian. Ci vediamo dopo”. Gli scoccai un bacio sulla guancia e scappai.

Seattle, Queen Ann Hill, Casa Swan, Lunedì 11 luglio 2016
Ero da un po’ di tempo a casa di Christian e ancora non ero riuscita a sapere cosa doveva comunicarmi, visto che era sempre al telefono. La telefonata che avevo ricevuto ieri sera mi aveva lasciata leggermente stranita e molto in ansia. Il tono di Christian era strano. Come se ci fosse qualcosa che lo turbasse.
Ero seduta in salotto con Jo e lei mi stava raccontando dei sorrisi di Jason per Christian o di quando Christian tornava a casa e sentiva la sua voce, iniziando a cercarlo con lo sguardo, ma non riuscivo comunque a concentrarmi. Quella sensazione che fosse successo qualcosa non mi abbandonava e mi ritrovai a sperare che Christian finisse in fretta le sue chiamate di lavoro per sapere di più.
“Che hai, Bella? Ti senti male? Sei strana da quando sei arrivata”, mi chiese Jo, ad un tratto, probabilmente perché si era resa conto che non la stavo ascoltando.
“No, sto bene … tranquilla. Mi sento solo un po’ in ansia per ciò che Christian deve dirmi. Tu ne sai qualcosa?”, le chiesi, pur sapendo che non mi avrebbe detto nulla.
“No, mi dispiace. Non sapevo nemmeno ti avesse chiamato per dirti qualcosa. Sarà sicuramente qualcosa di poco conto, siccome non mi ha nemmeno avvertita. Se ci fosse stato qualche problema, me l’avrebbe sicuramente detto. Tranquilla”.
“Già … sarà così. Scusami”, le sorrisi e ripresi ad ascoltare le cose di Jason che mi ero persa.

Proprio mentre stavamo ridendo per le reazioni di Christian ai pannolini di suo figlio, mio fratello arrivò in salotto dicendomi che era libero. Per questo, mi alzai e lo seguii nello studio.
“Cosa devi dirmi?”, chiesi appena chiuse la porta dietro di me.
Lui sospirò e “La zia Mary vuole vederti”, mi disse, senza guardarmi.
Mi immobilizzai. “Prego?”.
“Hai sentito bene. Vuole vederti ed io non so perché e questa cosa mi sta facendo uscire di testa”.
“C – cosa? Perché mai vorrebbe vedere me? Io non so nemmeno che faccia abbia. N – non … perché?”.
Ero scioccata, davvero sbalordita. Non riuscivo a pensare ad altro. Non riuscivo nemmeno a dire una frase in modo corretto.
Il mio cervello era andato in tilt e tutto quello che riuscivo a pensare era perché mai lei volesse parlare proprio con me. Non la conoscevo, non sapevo che faccia avesse e non avevo la minima intenzione di incontrarla. Per quanto ne sapevo, aveva ucciso i genitori di Christian e poi era sparita senza lasciare traccia.
“Non lo so, Bella. Non lo so. È tutto così strano”.
Il mio respiro cominciò a farsi sempre più pesante, la vista iniziò ad appannarsi e le mie orecchie iniziarono a fischiare. Il mio corpo non rispondeva più e sentivo le palpebre e le braccia pesanti.“C – cosa faccio? Io … io … tu devi dirmi cosa fare. Io … oddio! Gira tutto … Christian …”, riuscii a dire prima di svenire.

“Sei un idiota patentato. Non avresti dovuto dirglielo. Cosa ti è saltato in mente?”.
“La smetti di parlare? Sono già preoccupato di mio, grazie. Cos’avrei dovuto fare? Tenermelo per me e aspettare che le arrivasse una lettera dal carcere in cui Mary le chiedeva di vederla? Sai che choc”.
Sentivo delle voci intorno a me, ma non riuscivo a capire da dove provenissero. Ero quasi sicura che Christian e Edward stessero parlando. O meglio, stessero discutendo.
“La smettete di litigare come due bambini? Dio … siete così infantili a volte!”, urlò esasperata quella che riconobbi essere Alice. I miei sensi si stavano risvegliando e le orecchie non fischiavano più come prima.
“STA ZITTA!”, le risposero i due in contemporanea.
“Oh ma che carini! Adesso parlate anche in sincrono! Siete così dolci. Adesso spostatevi. Bella non si riprenderà mai se le state così vicini. State invadendo il suo spazio vitale”.
Decisi che mettere fine a quel battibecco sarebbe stata la soluzione migliore per me e per il mio mal di testa. Per questo, mi mossi un po’ per attirare la loro attenzione. Probabilmente, però, la mia non fu la scelta giusta, perché i tre continuarono a litigare, ignorandomi completamente. A quanto pareva, le mie doti di attrice non erano migliorate tanto.
Sospirai e, dopo aver aperto gli occhi, mi misi seduta. Magari qualcuno si sarebbe accorto che la persona per cui stavano litigando si era svegliata.
Incrociai le braccia al petto e aspettai.
Niente, proprio non la volevano smettere. Fu così che urlai un “RAGAZZI!”, con tutto il fiato che avevo in gola e la scena fu davvero … davvero esilarante.
“Non ora Bella”, rispose Christian, liquidandomi con un segno della mano.
Alzai un sopracciglio perché ‘Non posso crederci. Stanno parlando di me e non si sono nemmeno accorti che mi sono svegliata e che li sto guardando furente’.
Dopo quelle parole, Christian spalancò gli occhi e si girò verso di me e di riflesso anche gli altri due che, nel frattempo, avevano continuato a litigare.
“Bella! Oddio … scusami. Come ti senti? Stai bene?”.
A quelle tutti scattarono in avanti e il battibecco si spostò su chi avrebbe dovuto abbracciarmi per primo, perché ‘Ci siamo spaventati tantissimo quando Christian ci ha chiamati per dirci che eri svenuta’.
Potevo sentire chiaramente Edward dire “E’ la mia ragazza, tocca a me abbracciarla per primo”.
Poi, però, c’era Christian che gli rispondeva “Sarà anche la tua ragazza, ma è mia sorella. Ho la precedenza assoluta”.
E alla fine si aggiungeva Alice che “No … le donne hanno sempre la precedenza. Fate largo” urlava.
Fino a quando, scocciata, urlai un “RAGAZZI” degno di un soprano e li scacciai tutti con la mano. “NON RESPIRO … ARIA … ARIA! Ho bisogno di aria!”.
“Oh sì … scusaci, hai ragione”.
Li fulminai con lo sguardo e “Smettetela di urlare altrimenti me ne vado e non mi vedrete tornare per un bel po’ di tempo. Dio! La testa mi fa un male cane!” li minacciai.
A quelle parole stavano di nuovo iniziando a parlare tutti e tre insieme, ma un mio gesto della mano fermò tutto. ‘Uhm … potrei abituarmi a tutto questo’.
“Allora … come ti senti? Vuoi dell’acqua”, mi chiese a quel punto Christian, sedendosi accanto a me.
“No sto bene. Vorrei solo sapere perché quella donna vuole incontrarmi. Cosa vuole da me?”.
Christian sospirò. “Non lo so, tesoro. Sta a te decidere se incontrarla o meno. Hai tutto il tempo del mondo. Con calma, d’accordo?”.
“D’accordo!”, gli sorrisi e lo abbracciai. “Scusa se ti ho fatto preoccupare. Credo sia stato un attacco di panico”.
“Non importa. L’importante è che non sia nulla di grave”.
“Bene … adesso che si è svegliata … possiamo tornare a casa? Io e la mia ragazza abbiamo delle cose da fare”, disse Edward, intervenendo nella nostra conversazione.
“Certo, andate pure”. Christian gli sorrise e mi lasciò un bacio in fronte.
“Che cosa dobbiamo fare?”.
“Sorpresa!”, sorrise Edward.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. “Come non detto. Io ci ho provato! Alice … andiamo!”.

“Allora? Si può sapere dov’è questa sorpresa? Che cosa devo fare per averla? Devo mettermi in ginocchio?”, urlai disperata nel tentativo, vano, di riuscire a far perdere la pazienza al mio ragazzo.
“Non riuscirai a farmi perdere la pazienza. Non oggi, almeno. E adesso sta zitta un po’ che sto pensando. Vai ad infastidire qualcun altro”.
Spalancai la bocca e con fare stizzito, sbattei i piedi sul pavimento e strinsi le mani in pugno. “D’accordo … che palle! Sei una noia! Quando hai finito e hai bisogno di me, sai dove trovarmi, visto che ti infastidisco”, e detto questo me ne andai a passo di carica, non prima di averlo incenerito con lo sguardo. Che poi … a che pro dirmi di avere una sorpresa per me, se deve farmi arrabbiare e trattarmi come una deficiente?
“Zitta che sto pensando”, sussurrai tra me, facendogli il verso. ‘Zitta un corno’.
Mi stesi sul letto e gli lanciai tutte le parolacce che conoscevo. ‘Che nervi. Lo odio quando fa così’.
Arrabbiata, mi alzai dal letto e tornai in cucina, ma la sua voce che parlava al telefono mi bloccò. ‘Con chi cavolo sta parlando?’.
“Sì, Bella non sa nulla. Esatto. Glielo dirò al momento giusto, che non è ora. Non voglio che si senta male di nuovo. Ha già avuto un attacco di panico, oggi. Domani? A che ora? Si ci sarò, perfetto. Grazie a te. A domani”.
Mi accigliai, chiedendomi con chi cavolo stesse parlando e perché avrei dovuto sentirmi male a quello che mi avrebbe detto?
Decisi che, visto che lo infastidivo e dovevo stare zitta, non gli avrei rivolto la parola. Forse era un comportamento infantile, ma non m’importava. Avrebbe dovuto soffrire. Se non mi voleva tra i piedi, avrebbe potuto tranquillamente lasciarmi a casa di Christian, invece di voler tornare a casa con me a tutti i costi.
Tornai in cucina per mettere qualcosa sotto i denti, passandogli davanti e ignorandolo completamente. ‘Che il divertimento abbia inizio’.
Come avevo previsto, si avvicinò a me e iniziò a scusarsi. Ignorai completamente il fiume di parole che stava dicendo e mi concentrai su ciò che stavo cucinando per pranzo. ‘Pasta ai funghi e besciamella. Decisamente la mia preferita’.
Aspettai che finisse di parlare e, senza nemmeno voltarmi, “Funghi e besciamella vanno bene per te? Altrimenti organizzati”, gli dissi.
“Bella … mi ascolti un attimo?”, disse Edward cercando di prendermi il polso e bloccarmi.
Mi voltai verso di lui, sbuffando e fulminandolo con lo sguardo. “Sta zitto … va a infastidire qualcun altro” e detto questo mi voltai subito verso i fornelli.
Potei sentirlo sospirare e sussurrare un “I funghi vanno bene anche per me”.

Seattle, University District, Casa Cullen-Swan, Mercoledì 13 Luglio 2016
Il mio malumore nei confronti di Edward era durato per due giorni. Infatti, erano due giorni che non parlavamo, o meglio che io non gli parlavo. Edward provava sempre a parlarmi per un motivo o per un altro, non ricevendo, però, alcuna risposta.
E mi ero accorta che la situazione iniziava a pesargli, visto che passava quasi tutto il suo tempo a casa di Alice e Jasper. A volte, infatti, Alice mi raggiungeva perché “Non li sopporto più. Cos’avranno di così divertente queste console? Che giochi da idioti … Fifa 2016 o formula 1”.
Non sapevo più che fare. All’inizio ero arrabbiata con lui perché mi ero sentita offesa, poi la rabbia si era trasformata in furia e infine, era andata scemando e non riuscivo ancora a capire perché non riuscissi a rivolgergli la parola. Adesso capisco perché Edward pensi che per capire noi donne ci vuole il vincitore di un premio Nobel e, a volte, nemmeno quello. Già, perché in momenti come questi, nemmeno io riuscivo a comprendermi.
Sbuffai e alzai lo sguardo dal mio iPad, giusto in tempo per vedere Edward rientrare.
“Ciao”, lo salutai. “Com’è andata la giornata?”.
Edward si bloccò vicino alla porta con le mani in aria (probabilmente stava per togliersi la giacca) e mi guardò scioccato. Poi fece uno scatto e corse verso di me, con ancora la giacca di jeans addosso. Si buttò letteralmente in braccio a me, tant’è che persi l’equilibrio e caddi stesa sul divano, trascinandolo con me.
“T – tu … tu mi stai parlando. Finalmente”, sussurrò, stringendomi a se.
Risi e gli baciai una guancia. “Perché ti sorprende tanto?”.
“Beh … non mi hai parlato per due giorni, senza un motivo valido per giunta, e quindi non lo so”, alzò le spalle e mi sorrise.
“Scusa, non so cosa mi sia preso. Hai ragione quando dici che nemmeno un premio Nobel riesce a comprenderci”.
“Davvero?”, mi disse con voce acuta, segno che era davvero … davvero sorpreso.
“Davvero”.
“Bene … quindi, visto che sono perdonato e non so nemmeno per quale motivo, vieni con me e prepara il tuo bagaglio”.
“C – come? Cosa? Perché?”.
Edward mi sorrise con mistero e “No, non posso dirtelo. Sono settimane che organizzo questa cosa e non mi rovinerai il divertimento. Prepara solo la tua valigia. La mia è già pronta, ci ho pensato ieri sera. Tra quattro giorni si parte” mi disse, mettendosi seduto e tirandomi con se.
“D’accordo, vado”, gli dissi una volta che mi fui alzata. “Una curiosità … se non ti avessi parlato, come avresti fatto?”.
“Semplice … avrei chiesto ad Alice di prepararti la valigia e poi con una scusa ti avrei portato con me all’aeroporto”.
Sorrisi e mi avvicinai a lui per baciarlo. “Astuto il mio ragazzo”.
“Bellaaaa”, urlò Edward dopo il bacio. “So cosa stai cercando di fare e non ci riuscirai. Ah dimenticavo, prendi anche qualche giacca e qualche felpa. Dove andremo non è piena estate, cioè è estate ma il clima non è caldissimo”.
Iniziai a ridere e alzando le mani al cielo “D’accordo … d’accordo, vado! Mamma mia”, gli dissi.

Quando avevo quasi finito di preparare la mia valigia, entrò Alice nella stanza, facendomi sobbalzare.
“Alice! Che cavolo!”, sospirai.
“Scusa! Come procede qui? Ieri quando sei uscita ho preparato quella di mio fratello. Certo, c’era lui che faceva il cane da guardia e mi diceva cosa prendere e cosa no, ma almeno quando arriverete in hotel e aprirete i bagagli, la sua valigia non esploderà”, mi disse piccata.
“Molto premuroso da parte tua”, le dissi ironicamente, mentre piegavo una delle mie felpe.
“Beh … che vuoi farci! Sono fatta così. Diciamo che avrei voluto estorcergli qualche informazione, ma niente. Non sono riuscita a corromperlo”, mi disse sconsolata.
“Perché qualcosa mi dice che non saremo gli unici a partire per un luogo sconosciuto?”.
“Perché è così … uffa! Anche io e Jaspy partiremo per le vacanze, ma non so dove e quindi …”, si interruppe per fare un sospiro.
“E quindi volevi sapere la meta da Edward, giusto?”, conclusi per lei.
“Esatto! Non chiedo nulla in fondo. Ho bisogno di sapere dove andremo, non posso nemmeno portare due valigie. Jasper ha detto che possiamo portare un trolley ciascuno, un beauty case e due zaini in spalla. Nulla di più, nulla di meno. E ovviamente il pc andrà in uno dei due zaini”.
Iniziai a ridere perché … beh, perché per Alice non sapere non era una buona cosa. Due trolley per lei sono pochi, figuriamoci uno. “Beh … Jasper non ti ha detto cosa portare? Ad esempio, Edward mi ha detto che dove andremo non farà caldissimo, quindi ho preso qualche maglia a maniche lunghe e qualche felpa, oltre che le mezze maniche”.
“No”, disse triste. “Nemmeno un indizio”, aggiunse sedendosi sul mio letto con le spalle flosce.
Mi sedei accanto a lei e le circondai le spalle con un braccio. “Beh … sono sicura che se gli farai la tua faccia da cucciolo e non gli parlerai per un po’, come tuo solito, riuscirai a farti dire qualcosa e poi lo scopriremo quando arriveremo all’aeroporto. La destinazione è scritta sulla carta d’imbarco”.
“Dici?”.
“Dico. Su … adesso aiutami a piegare questa roba che devo andare da Christian. Ho deciso di incontrare quella tizia”.
“Davvero? Quando l’hai deciso?”, mi chiese sorpresa.
“Stanotte … non riuscivo a dormire, così mi sono messa a pensare”.
“Hahahahah … allora è vero che la notte porta consiglio”.
“Può darsi … spero di aver scelto il consiglio giusto”, sospirai.
“Vedrai … andrà tutto bene e poi la incontrerai in carcere, non potrà farti nulla”, mi disse Alice abbracciandomi.
“Lo spero, perché non so cosa aspettarmi”.

“Sei sicura di volerlo fare? Puoi sempre rifiutare e fare finta di niente”, mi chiese Edward mentre eravamo fermi ad un semaforo.
“Sì, sono sicura. Sono curiosa”, scossi le spalle e mi girai a guardarlo mentre ripartiva.
“D’accordo. Non riesco a capire perché, ma contenta tu, contenti tutti”, sbuffò.
“Oh andiamo …”, mi voltai verso di lui e iniziai a gesticolare energicamente. “Perché non vuoi che ci vada? Sarà pure un’assassina, ma merita una possibilità. Non la incontrerò nemmeno in un bar, ma in una stanza piena di poliziotti. Non potrebbe torcermi nemmeno un capello”.
“D’accordo … sta calma! Se vuoi tanto vederla, va bene. Solo … mi chiedevo perché, tutto qua. Non arrabbiarti!”, mi disse alzando le mani dal volante in segno di resa. “Siamo arrivati, comunque. Fatti aprire il cancello così entriamo”.
“Sei irritante quando fai così”.
“Quando faccio cosa? Sei tu quella irritante!”.
“Ma sta zitto” e detto questo scesi dall’auto e suonai il citofono. Certe volte Edward era davvero esasperante. Non riuscivo proprio a capirlo. Mi trattava come una bambina, come se io non fossi in grado di prendere da sola le mie decisioni. A volte mi viene voglia di prenderlo a schiaffi per le cretinate che dice e andarmene di casa.
Lo odio.
‘Ne sei proprio sicura?’, intervenne sarcastica la vocina nella mia testa.
‘Sta zitta. Non è il momento’.
Fu la voce di Christian a tirarmi fuori dai miei pensieri. “Hey tesoro, come va? Come mai questa decisione? E perché vuoi incontrarla subito?”.
“Non ti ci mettere anche tu, adesso. Voglio farlo subito. D’accordo?” e lo scansai per entrare in casa. Mi accorsi con la coda dell’occhio lo scambio di sguardi tra Edward e Christian.
“Non guardare me. Non ho la più pallida idea di cosa le passi per la testa”, disse Edward alzando le mani.
Una volta dentro, salutai il mio piccolo nipotino e aspettai, con Jo, che Edward e Christian entrassero per poter parlare.
“Perché?”, mi chiese Christian. “Voglio una spiegazione logica alla tua richiesta. Non ti lascerò andare se non mi convincerai”.
“Non puoi impedirmi di fare quello che voglio, Christian. Sono venuta qua solo per chiederti di chiamare l’avvocato e fissare un appuntamento. Sabato io e Edward dobbiamo partire e voglio farlo tranquilla, senza nessuno peso che mi opprime”.
Christian venne a sedersi accanto a me e mi prese la mano, con fare rassicurante. “Ma non c’è alcun bisogno che tu lo faccia”.
“E invece io voglio farlo. Perché non capisci? Voglio guardare negli occhi la persona che ti ha distrutto la vita e voglio sapere perché chiede di me, costantemente. Ne ho tutto il diritto”.
“Va bene … va bene! Chissà perché ma mi aspettavo una cosa del genere quando mi hai chiamato oggi pomeriggio, quindi avevo già parlato con l’avvocato. Domani alle quattro potrai incontrarla. Passo a prenderti alle tre, d’accordo?”.
“Perfetto”.

Seattle, Gig Harbor, Washington Correction Center For Woman, Giovedì 14 Luglio 2016
“Sei sicura di volerlo fare? Nessuno ti obbliga, tesoro”.
Roteai gli occhi e sbuffai sonoramente. Da quando ero entrata in macchina, non aveva fatto altro che farmi quella domanda, un minuto sì e l’altro pure. Ed io, ovviamente, l’avevo sempre e prontamente ignorato. Decisi, però, che visto che eravamo fuori la prigione, avrei dovuta dargli per forza una risposta, altrimenti sarebbe uscito fuori di testa. “Sì certo, sono sicura. Mi sembra che nessuno mi stia obbligando, visto che tu e Edward vi comportate come se stia andando al patibolo. Avete delle facce”.
Christian alzò le mani al cielo in segno di resa e seguì il suo avvocato all’entrata, dove stavamo aspettando scattasse l’orario di visite.
Ovviamente, cosa o meglio chi, non poteva mancare? I giornalisti.
Riuscivo già a immaginare quanto i telegiornali avrebbero parlato della nostra presenza al carcere femminile. Sapevano tutti chi fosse chiuso lì dentro.
Nostra zia. L’incubo di Christian. Colei che gli aveva distrutto la famiglia, ma di cui io non sapevo l’esistenza.
Quando scattò l’ora x, feci un respiro profondo ed entrai al fianco di Christian.
Riuscivo a sentire lo sguardo di tutti gli altri che, come noi, erano in visita a qualcuno. Ovviamente, ci avevano riconosciuti.
I giornalisti avevano parlato del processo per settimane.
“Signor Swan”, salutò un agente, correndo verso di noi. “Prego da questa parte. Incontrerete la detenuta in una delle sale usate per gli incontri con gli avvocati. So che è un incontro molto delicato e riservato. Signorina” e detto questo si voltò e ci disse di seguirlo.
Camminammo per un po’ per i corridoi del carcere, sentendo gli occhi di tutti addosso. C’era chi aspettava il suo turno per far visita alla propria madre, chi alla sorella, chi alla propria figlia. Solo noi eravamo lì per un motivo a noi ancora sconosciuto.
“Ecco, questa è la stanza. La detenuta arriverà tra poco. Se volete accomodarvi … chi parlerà con lei?”, chiese l’agente che ci aveva scortato.
“Io … la donna … Mary ha chiesto di vedermi e … ed io ho accettato”, sospirai evitando lo sguardo di Christian.
“Bene, allora … lei si accomodi qui dentro. Signor Swan, avvocato … venite con me. Staremo dall’altra parte del vetro”.
“E’ sicuro? Non voglio che Isabella sia sola con lei”, disse Christian con tono autoritario.
“No, non si preoccupi. Ci saranno due agenti con loro. E in più noi saremo dietro quel vetro, interverremo in qualunque momento. Non riuscirà a toccarla nemmeno con un dito”, assicurò l’agente, facendosi piccolo sotto il tono usato da mio fratello.
“Voglio ben sperare, altrimenti il mio avvocato vi farà avere presto sue notizie”.
“Le assicuro che non sarà necessario. Ora se vogliamo procedere … signorina Swan, entri qui dentro. Noi saremo dietro quel vetro, lo vede?”, mi disse indicandolo. Io annuii e lui continuò. “Lei non ci vedrà e non ci sentirà, ma noi vedremo e sentiremo tutto, quindi può stare tranquilla”.
Io annuii di nuovo convinta e “Io sono tranquilla. Forse dovreste mettere a lui”, dissi indicando Christian, “un calmante nel caffè”.
Sia l’avvocato che l’agente stavano per ridere, ma ad una brutta occhiata di Christian tornarono subito seri.
“Stai giocando con il fuoco, Isabella Swan”.
“Chiacchiere … chiacchiere! A dopo”, sorrisi condiscendente e mi sedetti sulla sedia, salutandolo con una mano.

Dopo quella che mi sembrò un’eternità, la porta si aprì e rivelò una donna di mezza età seguita da due agenti che, dopo averle tolto le manette, si posizionarono agli angoli della stanza, immobili come statue.
Mi drizzai sul posto e mi persi a squadrarla, mentre lei faceva lo stesso con me. Somigliava in tutto e per tutto a mio padre e allo zio Jason. Mi somigliava. Avevamo gli stessi occhi, gli stessi che avevamo ereditato Christian ed io dai nostri padre e che erano il tratto unico della famiglia Swan. Anche la forma del viso era simile. L’unica differenza era che il suo, era un volto segnato dagli eventi, dalla vita e dall’età.
Finalmente, l’irraggiungibile zia Mary aveva un volto.
Non l’avevo mai vista, almeno non dal vivo. Christian non mi aveva mai permesso di presentarmi al processo e mio padre era stato d’accordo ed io ancora non riuscivo a comprenderne il motivo. Ero sicura mi nascondessero qualcosa e, ora, ero nel posto giusto per scoprire cosa.
Dopo aver passato minuti interminabili a studiarci a vicenda, lei parlò. “Ciao, Isabella”.
“Salve”, risposi educatamente.
“Come stai?”, mi chiese.
“Senta, non voglio essere scortese, ma non sono qui per fare conversazione con lei. Voglio solo sapere cosa vuole da me. Io non so chi è lei”.
Lei sorrise e “Stesso carattere burbero di tuo padre e tuo cugino, a quanto vedo”.
Sapevo cosa stava cercando di fare e non ci sarebbe riuscita, così sospirai e aspettai che la smettesse con quella farsa.
“Posso raccontarti una storia, Isabella? O dovrei chiamarti Bells?”.
Sgranai gli occhi e “C – come fa a sapere c – che …”, chiesi, interrompendomi.
“Come faccio a sapere il tuo soprannome, dici?”, scosse le spalle e riprese a parlare. “Vedi, avevo una figlia, una volta. Il suo nome era Isabella, ma i miei fratelli la chiamavano sempre Bells”, a quella confessione, mi drizzai sulla sedia e aguzzai le orecchie. “Allora … vuoi conoscere la mia storia?”.
Io non potei far altro che annuire circospetta e ascoltare.
“Non so cosa ti abbiano raccontato, ma dalla tua espressione deduco che tu non sapessi della mia esistenza. Tipico dei miei fratelli”, si interruppe per un momento e poi riprese a parlare, facendo un respiro profondo. “Tutto è iniziato quando mio marito e mia figlia morirono in un incidente d’auto. Il mio mondo finì con loro. Caddi in depressione. I miei fratelli erano giovani e inesperti e non potevano far altro che guardarmi crollare. Non sapevano cosa fare. Andavano ancora al liceo e al college e nostra madre era malata. Il loro tempo lo passavano tra la scuola e la casa per prendersi cura dei nostri genitori. Fu per questo che, un giorno, su consiglio del mio psicologo di allora, decisero di mandarmi in una clinica. Era ed è la migliore nello stato di Washington, ma questo non mi guarì. Anzi, mi portò al limite. Mi facevano visita quando avevano del tempo libero o quando la mamma non aveva le sue crisi. Mi mancavano. Mi mancava mia figlia. Gli somigli, sai. Avete gli stessi occhi. Quand’era piccola mi diceva che avrebbe voluto fare il medico. Era così piena di vita. Sempre allegra e sorridente. Era l’anima della casa. Tutti pendevano dalle sue labbra e quando c’era lei mia madre non aveva crisi, forse troppo occupata ad ascoltare i racconti di sua nipote”, mi raccontò con lo sguardo perso nei ricordi.
Possibile che fosse successo tutto questo e che nessuno mi avesse detto niente? Va bene, che non ero ancora nata e che probabilmente papà non conosceva nemmeno mia madre, ma perché non raccontarmi di avere una zia?
“E questo cosa c’entra con gli zii? Perché li hai uccisi?”.
“Se mi fai finire, adesso ci arrivo”, mi fulminò con lo sguardo.
“D’accordo, mi scusi”.
“Come stavo dicendo, mi rinchiusero in quella clinica. Dopo due anni di visite abbastanza frequenti, i miei fratelli iniziarono a venire sempre meno. Se prima mi facevano visita ogni settimana, le visite iniziarono a diventare sempre più sporadiche. Ogni due settimane … ogni mese … una volta all’anno. Avevano una vita fuori da lì, lo sapevo, eppure non riuscivo a capire perché si fossero dimenticati di me. Fu la loro mancanza, oltre il dolore mai superato per la perdita di mia figlia e di mio marito, che mi fecero peggiorare ulteriormente. In uno dei miei rari momenti di lucidità, riuscii a chiedere a un infermiera perché i miei fratelli e mio padre non mi facevano visita da mesi e lì scoprii che mi avevano ripudiata. Mi avevano abbandonata. Il mio mondo crollò in mille pezzi. L’infermiera mi rispose che era perché non riuscivano più a sostenere le spese mediche e che, quindi, mi avevano affidata allo stato. Quella sera stessa, scoppiò un incendio. Le caldaie erano andate in corto circuito e si erano sovraccaricate. Quando le fiamme raggiunsero il piano in cui ero, in stanza con me c’era un’infermiera. Solita visita prima di prendere gli antidepressivi e dormire. Non so come, ma riuscii a salvarmi per un soffio. Scappai e mi nascosi nel giardino adiacente alla clinica. Giorni dopo, la polizia pubblicò la lista dei morti e dei dispersi nell’incendio ed io risultavo tra i morti, mentre la mia infermiera tra gli scomparsi. Fu così che iniziai a pensare alla mia vendetta. Presi un altro nome e niziai a lavorare in un bar nella periferia di Portland e questo mi diede modo di sopravvivere. Nessuno mi conosceva lì, nessuno sapeva del mio passato. Lo stipendio che avevo mi permetteva di vivere onestamente e mi permetteva di continuare a curarmi. Dopo cinque anni, lessi sui giornali che mio fratello Jason aveva aperto un’azienda, la Swan Corporation, quella che poi Christian ha fatto diventare casa discografica. Si era sposato e aveva avuto un bambino. Christian. Ricordavo di aver visto un bambino in una delle ultimi visite che mi avevano fatto, ma era tutto in ricordo sfocato. Fu in quel momento che iniziai a tracciare nella mia mente la mia vendetta personale. Poco dopo, tuo padre diventò lo sceriffo di Forks e tutto quello che riuscivo a pensare era che erano andati avanti, senza di me. Mi avevano abbandonata e poi avevano pianto su un corpo che non era il mio e …”, l’interruppi.
“Mi scusi … perché non si è fatta viva? Avreste potuto fare pace e vivere insieme, com’è giusto che due fratelli facciano. Perché ha architettato tutto questo? Non capisco”.
“Vendetta, bambina mia, vendetta. Loro avevano abbandonato me senza un motivo. Io … gli avrei distrutto la vita. E ci sarei riuscita se tuo padre non si fosse trasferito in Italia. Voi dovevate essere i primi. C’era una sola Isabella e quella doveva essere mia figlia. Non c’era spazio per altre. Vi osservavo sempre giocare. Tu e Christian. Due gocce d’acqua. Identici, in tutto e per tutto. Eravate quello che io non avevo mai avuto e non potevo permetterlo. Dovevano provare anche loro quello che avevo provato io. Dolore”.
Mentre raccontava, aveva abbassato lo sguardo e quando lo rialzò, non lo aveva carico di dolore e rimpianto, come all’inizio, ma solo pieno d’odio e disprezzo.
Mi congelai. Quella confessione mi mozzò il respiro. Non era possibile che una persona potesse covare dentro di se tanto odio verso i propri fratelli. Certo, forse, quei due avevano sbagliato a lasciarla lì, sola, ma cos’avrebbero dovuto fare? Erano troppo giovani per prendersi cura di una persona con quel disturbo. Cos’avrebbero dovuto fare?
Ero arrabbiata, però. Nessuno, per tutti questi anni, mi aveva parlato della sua esistenza. Nonostante questo, non riuscivo ancora a capire cosa volesse da me. Io che c’entravo in tutto questo?
Non so per quanto tempo non parlai, sta di fatto che, a un certo punto, quella donna mi rivolse una domanda. “Allora? Non hai nulla da dire? Scommetto che ti starai chiedendo cosa c’entri con tutto questo, vero?”.
“In effetti … non ho ancora capito cosa vuole da me”.
“Vedi … tu sei quello che avrebbe dovuto essere mia figlia. Volevo vedere per una volta la ragazza che ha preso il suo posto nel cuore della mia famiglia”.
Sgranai gli occhi ancora più di prima, se possibile, “C – cosa? Che significa? Io non sono un esperimento o una sostituzione. Sono io. Non ho preso il posto di sua figlia e non so chi lei sia e cosa voglia da me. Non sapevo neanche dell’esistenza di sua figlia. La pregherei di lasciarmi in pace e non cercarmi più”. Mi alzai e mi diressi verso la porta, aspettai che mi aprissero e poi uscii, senza voltarmi indietro.
Ad aspettarmi, ovviamente, c’era Christian che provò a parlarmi, ma che a una mia freddata rimase in silenzio.
“Possiamo andare, adesso”.
Una volta in macchina, Christian non riuscì più a trattenersi dal parlare. “Hai intenzione di rivolgermi la parola oppure …”, iniziò, ma io non lo feci finire di parlare.
“Oppure nulla, Christian. Sono arrabbiata. Che dico … furiosa. Non c’è nulla di cui discutere. Capisco che non abbiate voluto dirmelo quand’ero piccola, ma ora? È per questo che hai voluto che non venissi al processo, vero? Chi altri lo sapeva? Per quanto tempo pensavate di far durare questa farsa?”, poi un’illuminazione mi colpì a ciel sereno. “Oh aspetta … vi aspettavate che non avrei voluto vederla, vero? Guarda un po’! Bella ha un cervello e sa anche usarlo” e dopo questo mi sporsi verso Dean e gli chiesi di accompagnarmi nell’University District.

Arrivati a casa Christian scese con me dall’auto ed io spazientita mi voltai verso di lui. “Senti … non ho bisogno della balia. So dove andare”.
Lui sbuffò. “Non sto salendo con te perché hai bisogno della balia. Vorrei parlarti, se mi è permesso”.
“Fa come vuoi. Questo non cambia il fatto che io sia ancora arrabbiata con te”.
Mi voltai e ripresi la mia camminata verso casa. Una volta arrivati al piano, suonai il citofono e venne ad aprirmi un Edward super sorridente. “Amo –”, ma subito si interruppe notando il mio sguardo. “Okay … forse è meglio se sto zitto. Non hai una bella cera e non voglio rischiare di morire. Soprattutto non tre giorni prima del nostro viaggio. Non voglio finire come ieri”, sproloquiò.
Alzai gli occhi al cielo. “Edward! Se hai appena detto che faresti meglio a stare zitto, perché stai parlando, allora?”.
“D’accordo, ho …”, ma a una mia occhiataccia fece il segno di cucirsi la bocca e andò a sedersi sul divano.
“Posso parlare ora?”, intervenne Christian, di cui avevo quasi dimenticato la presenza.
“D’accordo, se vuoi”. Sbuffai.
Dopo essere andati a sederci, iniziò a parlare. “Non so da dove iniziare, ma credo che … so che meriti una spiegazione”, precisò. “Mi dispiace. So che mi sono comportato in modo infantile, ma volevo solo proteggerti. Non volevo che … che avessi a che fare con quella donna per … devo spiegarti davvero il motivo? Hai sentito cosa ti ha raccontato. Non volevo rovinasse la visione che hai dei nostri genitori. È vero, loro l’hanno abbandonata in quella clinica, ma cos’avrebbero dovuto fare? La nonna era morta da poco e il nonno si era ammalato e lei non faceva passi avanti. Non riuscivano più a sostenere le spese. Non guariva. Per i medici le cure avrebbero dovuto fare effetto da tempo. Furono anche i medici a consigliare loro di presentarsi di meno in mondo da spingerla a guarire, ma lei restava sempre allo stesso punto. Cosa vuoi che ti dica? Io ricordo poco di quel periodo. Avevo un paio d’anni. Una volta portarono anche me. E’ stata ricoverata per anni in quella clinica, non solamente due. Non è stato per poco. Ha stravolto un po’ il racconto per farti credere di essere stata abbandonata. Ti prego, perdonami … mi dispiace. Non so che dire”.
Sospirai e chiusi gli occhi. Cavoli se era difficile. Non sapevo a cosa credere. Quella donna … il suo sguardo … era così convinta delle sue parole. Poi, però, compresi che, in fondo, Christian era … beh, Christian, c’era sempre stato e che avesse ragione. Non potevano fermare la loro vita solo per lei.
“D’accordo, hai ragione. Non sono più arrabbiata, semplicemente mi dava fastidio che non mi aveste detto niente. Non è giusto. Non potete trattarmi sempre come una bambina. E ho capito che non mi avete detto niente perché non ero ancora nata, ma … che cavolo! Avrei preferito saperlo. Ha detto che i primi saremmo dovuti essere noi”.
Christian mi sorrise e mi abbracciò. “Scusa. Prometto che non lo farò più. Ti voglio bene, sorellina”.
“Ti voglio bene anch’io, idiota”. L’abbraccio durò abbastanza a lungo e Christian mi strinse così forte che quasi mi mancò il fiato. “Okay … adesso può bastare. Sto soffocando. Christian! Molla l’osso!”.
“D’accordo, ti lascio”, rise Christian. “Sono contento che abbiamo risolto. Passo tra tre giorni per accompagnarvi all’aeroporto”.
“Come … sapevi già tutto? Puoi dirmi dove andremo?”.
“No, tesoro. Non ti dirò nulla. E’ una sorpresa. Ti piacerà, vedrai. Ora vi lascio. Mi mancano mia moglie e mio figlio”.
Lo salutammo e poi andai a sedermi accanto a Edward sul divano. Sospirai.
“Posso parlare ora?”, mi chiese Edward ed io non riuscii più a trattenermi dal ridere. “Cioè … tu fammi capire … sei stato zitto tutto questo tempo perché ti avevo detto di farlo?”.
Lui si fece piccolo piccolo e iniziò a ridere. “Beh … può darsi! Non volevo mi picchiassi!”.
“Hahahahah … Edward, per favore. Sei sempre il solito. Ma se questo ti tranquillizza … puoi parlare adesso”, mi voltai e mi accoccolai sulla sua spalla. “Come faccio a picchiarti? Primo, mi farei male. Secondo, sei troppo coccoloso perché io possa pensare di picchiarti”.
“Smettila con questa storia. Io non sono coccoloso”.
“Sì che lo sei”.
“Nooo … smettila. Mi arrabbio!”.
Iniziai a ridere e “Ammettilo, ti prego”, gli dissi.
“No. Adesso … ti andrebbe di parlarmi di questa storia? Mi sono un po’ preoccupato nel sentire ciò che vi siete detti. È davvero così perfida come ha detto Christian? Cosa ti ha raccontato? C’era qualcuno con te, spero”.
“Sta calmo. In quella stanza c’erano due poliziotti e poi … sì, era davvero così perfida. Posso raccontartelo domani? Ora voglio solo non pensarci e stare qui con te”.
Edward si limitò solo ad annuire e mi circondò le spalle con un braccio, attirandomi a se. Non ci vollero altre parole. Le parole non servivano, perché sapevamo entrambi che quella era la nostra forza maggiore e avremmo fatto di tutto per non perderla mai.

Inghilterra, Londra, London Heathrow Airport, Domenica 17 luglio 2016
Non posso crederci. Siamo a Londra. Io e Edward. Edward ed io. Siamo a Londra. Insieme. Non posso crederci. Quel pazzo del mio fidanzato ha fatto tutto questo senza dirmi niente. Oh mamma! Credo che morirò, prima o poi, o che mi verrà una paralisi facciale.
Non che non sia mai stata a Londra, ma andarci con Edward è un’altra storia. Una volta ci sono andata con Christian. Un viaggio cugino – cugina / fratello – sorella. Anche quello fu bellissimo e magico, ma spero che quello con Edward sarà molto più bello.
“Oh dio, Edward! Siamo a Londra. Io e te. Insieme. Ci credi? È fantastico! Non vedo l’ora di visitare tutto. D’accordo che ci sono già venuta, ma … porca miseria, non ci riesco. Sono troppo eccitata”.
Edward rise della mia euforia e “Lo vedo”, disse. “Sì, finalmente sono riuscito a fermare un taxi. Sono peggio di New York questi cosi”.
Eravamo appena usciti dall’aeroporto e stavamo cercando di fermare un taxi per arrivare in hotel, ma non ci riuscivamo.
Dopo che Edward, con l’aiuto del tassista, ebbe caricato i nostri bagagli, entrammo e demmo il nome dell’hotel in cui avremmo alloggiato. Ero così eccitata e felice all’idea di essere a Londra che anche stare seduta, per me, era un vero e proprio problema.
Per tutto il viaggio mi limitai a osservare la città del mio cuore scorrermi accanto. Non riuscivo ancora a crederci. Ricordo quando arrivati a New York avevo scoperto che la nostra destinazione finale era Londra. Ero saltata in braccio a Edward e non l’avevo mollato per un bel po’ di tempo, sotto lo sguardo divertito dei viaggiatori. Ma non mi fregava, ero con Edward e solo quello importava.
Mi voltai a guardare Edward, e mi resi conto che mi stava osservando da un po’ con un sorriso divertito sulle labbra. “Che c’è? Ho qualcosa che non va?”, chiesi.
“No, tutto bene, tranquilla. Ti stavo solo osservando. È fantastico quanto tu sia ancora più bella in questa città. Avevi ragione. Londra è magica”.
Io scossi le spalle e mi voltai di nuovo verso il finestrino.

Londra, King’s Cross & St Pancras Station, Martedì 19 Luglio 2016
“Edward … si può sapere dove mi stai portando?”.
“Non te lo dirò, mi dispiace. Limitati a timbrare il ticket e a salire nella metro”.
“Quale treno devo prendere e che direzione? Come faccio a limitarmi a salire su un treno? Sei impazzito per caso? Vuoi farci perdere?”.
Eravamo appena entrati nella stazione King’s Cross & St Pancras della famosa metropolitana di Londra e non avevo la più pallida idea di dove andare. Ero in completo panico. Ero stata a Londra con Christian, qualche anno fa, ma ci eravamo sempre spostati in auto e non riuscivo ad orientarmi. Se Edward mi avesse detto che avremmo preso la metro avrei portato l’opuscolo che ci avevano dato all’aeroporto con la mappa di Londra e della famosa Tube, ma, evidentemente, al mio ragazzo non importava. Che sapesse già la direzione? Faceva tutto parte del suo piano?
Quando mi voltai verso di lui, dopo aver passato i metal detector, lui stava alzando gli occhi al cielo. “Non essere melodrammatica, piccola. So dove andare. Non ho alcuna intenzione di farci perdere. Ti fidi di me?”, mi chiese e in quel momento avrei voluto prenderlo a schiaffi, perché quello che stava facendo doveva essere dichiarato illegale.
“In teoria. Non vuoi uccidermi e poi trafugare il mio cadavere, vero?”, dissi guardandolo di sottecchi e a quelle parole una donna si voltò verso di noi, forse spaventata dai nostri discorsi.
Lui rise. “Ma ti pare. C’era bisogno di venire a Londra per ucciderti? Avrei potuto farlo tranquillamente a Seattle visto quanto rompi, amore”. E potemmo sentire chiaramente la stessa donna sussurrare qualcosa come “Americani” dopo aver alzato gli occhi al cielo.
Entrambi ridemmo. Avrà davvero creduto che Edward volesse uccidermi. “D’accordo … quindi, dove stiamo andando?”.
“Bella … non attacca. Non te lo dirò. È una sorpresa. Mettiti l’anima in pace. Dobbiamo prendere il treno direzione Paddington”.
“Uffa … Edward! Ti prego! Sai che odio le sorprese!”, sbuffai per l’ennesima volta, cercando di fargli perdere la pazienza.
“Smettila, ti stai comportando come una bambina. Non te lo dirò. Rassegnati. Ti piacerà, fidati”.
Sbuffai e incrociai le braccia al petto, come una bambina. Tanto, una scenata in più, una in meno, cosa cambia?
Dopo essere saliti in treno, iniziai a leggere le fermate che mancavano per Paddington: Liverpool Street, Tower Hill, Cannon Street, Westminster, St James’s Park, Victoria, Gloucester Road, Notting Hill Gate, Bayswater.
‘Aspetta ho appena letto Notting Hill Gate?’. Cosa … cosa … cosa?
Mi voltai verso Edward con un sorriso a trentadue denti e “NON POSSO CREDERCI! STIAMO ANDANDO A NOTTING HILL! TU SEI PAZZO!”, urlai, stringendolo in un abbraccio stritolatore.
Lui fece un sorriso furbo e “Può darsi … non lo so”, mi rispose stringendomi a se. “Adesso smettila di metterti in ridicolo. Ci stanno guardando tutti, piccola”, aggiunse, sussurrandomi queste parole all’orecchio.
Mi staccai da lui e mi voltai, osservando gli inglesi guardarci divertiti. Allora, mi voltai di nuovo verso Edward e ripresi ad abbracciarlo. “Grazie … non riesco a crederci. Ti amo”.
Edward rise e “Ti amo anch’io, amore”.

Londra, Notting Hill, Martedì 19 Luglio 2015
Non posso crederci! Mi ha portata a Notting Hill … per il nostro anniversario! Ora si che posso morire felice e soddisfatta! Quanto posso amarlo? Poi si arrabbia quando dico che è dolce e coccoloso.
Non riesco a smettere di sorridere e la cosa simpatica è che non ho ancora aperto bocca da quando siamo scesi dalla metropolitana. Non faccio altro che guardarmi intorno e sognare ad occhi aperti. Questo quartiere è … bellissimo e … ricchissimo! Sono sicura che se chiedessi a Christian di comprarmi una casa qui, lo farebbe senza se e senza ma.
Non vedo l’ora di arrivare alla famosa libreria del film con Hugh Grant e Julia Roberts.
“Un penny per i tuoi pensieri”, sussurrò Edward, ad un certo punto. “Allora? Piaciuto il regalo?”.
Sorrisi e annuii. Non riuscivo ancora a spiccicare parola.
Passeggiare tra i palazzi in stile vittoriano dai colori variopinti, i caratteristici bistrò e pub, era meraviglioso. Non riuscivo a descrivere la sensazione. Mi sentivo bene e in pace. Per non parlare dei caratteristici mercatini e dei negozi di vario genere. Tutto mi affascinava di quel quartiere. Avrei voluto fare così tante cose contemporaneamente, che non sapevo come e quando farle. Era impossibile credere che Notting Hill fosse diventato così ricco e per bene, visto che storicamente era considerato un ghetto e che iniziò a trasformarsi solo in epoca vittoriana.
Tra un passo e l’altro raggiungemmo anche la famosa Portobello Road, con il suo caratteristico mercato. L’immenso Mercato di Portobello rendeva tutto ancora più magico, con i suoi negozi vintage e di antiquariato affiancati da bancarelle con prodotti culinari.
Edward era silenzioso accanto a me, forse per lasciarmi assaporare la gioia e la vista di un luogo che avevo sempre sognato di visitare.
Mi voltai verso di lui e lo trovai intento a chiacchierare con un commerciante del posto, probabilmente per acquistare qualcosa che lo aveva colpito. Lo raggiunsi e lo abbracciai, lasciandolo continuare a contrattare con l’anziano signore.
Un sogno. Un vero sogno.
Salutammo il signore e riprendemmo a camminare, mano nella mano.
“Sei felice? Ti piace? Non hai smesso un attimo di sorridere”.
“Sì … è fantastico, non ho parole per spiegarlo. Grazie! È il più bel regalo di anniversario che tu potessi farmi. Grazie! Ti amo … tanto!”.
Mi baciò la fronte e “Dai, torniamo indietro. Andiamo al famoso negozio del film. Com’è che si chiama?”, mi chiese, forse solo per testare la mia memoria.
“Travel Bookshop a Blenheim Crescent”, gli risposi, facendogli una linguaccia e riprendendo a camminare.
“Lo sapevo che lo ricordavi. Vieni … andiamo”.
Usciti dalla libreria, dove avevamo comprato qualche libro, era pomeriggio inoltrato. Il tempo era trascorso così velocemente che nemmeno mi ero resa conto del suo scorrere.
“Grazie Eddy … è stata una giornata fantastica”, gli sorrisi e gli lasciai un bacio sulla guancia.
“Sono contento che ti sia piaciuta, ma non è ancora finita qui. Adesso, andremo ad Hyde Park, senza che tu faccia problemi”, ricambiò il mio sorriso, sorridendomi enigmatico.

Londra, Hyde Park, Martedì 19 Luglio 2016
“Perché non siamo venuti in metro? Avevi già organizzato tutto, vero?”, chiesi curiosa a Edward, non riuscendo a stare zitta e a smettere di fare domande, mentre entravamo nel parco dalla Grand Entrance.
“Cos’avevi promesso? Silenzio e niente domande. So che stai facendo violenza a te stessa, in questo momento, ma ti sarei davvero grato se facessi silenzio. Non vuoi che ti bendi, giusto?”, disse condiscendente Edward.
“Perché ho come l’impressione che tu stia dicendo sul serio?”.
“Perché è così?”, mi rispose ironicamente.
Io alzai gli occhi al cielo e mi sigillai le labbra.
Camminammo per un po’ e poi ci fermammo davanti ad una coperta scozzese posta sotto uno dei grandi alberi del famoso parco reale inglese. Era stato preparato uno splendido picnic, con tutte le mie pietanze preferite.
Mi venne da piangere. “Edward”, sussurrai. “Ma è fantastico. C – come hai fatto?”.
“So che non è proprio il massimo. Non è né una cena romantica, né un pranzo romantico, ma quando ci ho pensato l’idea mi è subito piaciuta e ho deciso di metterla in pratica. Volevo regalarti qualcosa di speciale. Christian mi ha dato una mano, devo ammetterlo. È per questo che siamo venuti in macchina”.
“Oh Eddy … è speciale, tranquillo. Nessuno ci avrebbe mai pensato. E’ incredibile quanto quell’uomo influenzi il mio mondo anche quando c’è un oceano a separarci, non credi?”, risi.
“Beh … effettivamente. Questa cosa è molto da Christian. Lo conosci, no?”.
Mi limitai ad annuire e ripresi a camminare, andando poi a sedermi sulla coperta da picnic. “Vieni a sederti qui con me, adesso”.
Dopo aver spazzolato quasi tutto quello che era stato preparato e aver messo a posto il cestino e la coperta nell’auto, ci alzammo e iniziammo a passeggiare. Oltrepassammo la fontana dedicata alla principessa Diana e ci dirigemmo in quello che riconobbi essere il Serpentine Lake, fatto costruire dalla regina Carolina e usato anche alle Olimpiadi di Londra del 2012.
Ricordo quando Christian ed io venimmo a Londra per il nostro viaggio. In realtà, mentre io me ne andavo in giro per Londra, lui aveva del lavoro da fare e solo il pomeriggio e nel weekend riuscivamo a passare del tempo insieme. Quando eravamo insieme, per ogni posto che visitavamo, Christian iniziava a raccontarmi la sua storia. È grazie a lui se so tante cose di Londra che prima non conoscevo e che hanno fatto crescere ancora di più il mio amore per questa splendida e magica città.
Arrivati al Serpentine Lake, Edward si fermò e tirò fuori dalla tasca della sua giacca il cofanetto (con chissà cosa dentro) che aveva comprato stamattina al mercato di Portobello.
“Ti sarai sicuramente chiesta cos’ho comprato mentre tu esploravi, giusto?”, iniziò, interrompendo il silenzio che si era creato.
“In effetti … posso saperlo adesso?”.
Lui mi sorrise e annuì. “Dammi il polso, tesoro”. Io mi accigliai, ma feci come mi aveva chiesto. “E’ un bracciale con un ciondolo. Mi è sembrato perfetto per te … per noi. Mi ha attirato l’incisione e poi è un bracciale vintage e a te piace indossare queste cose, quindi … due piccioni con una fava”.
Alzai il polso verso il viso e lessi la frase che era incisa su uno dei piccoli cuori. “Forever & Beyond”.
“Oh amore … è … è bellissimo. Grazie, ti amo”, mi sporsi verso di lui e gli lasciai un bacio veloce sulle labbra.
“Non è nulla, amore. Volevo solo dimostrarti che ti amo e che farò tutto il possibile per amarti sempre e per sempre. Potrei prometterti case, soldi o addirittura castelli e anche se i soldi non ci mancano, cosa me ne faccio di tutto questo se posso prometterti di amarti per tutta la vita?”.
“Quindi mi prometti che sarà per sempre?”, sussurrai.
“Per sempre … per sempre e anche oltre, amore”, mi disse.
Gli sorrisi e, circondandogli il collo con le braccia, lo coinvolsi in un bacio che sapeva di tutto e di niente … in un bacio che sapeva di amore … di promesse mantenute e di silenzi carichi di parole … un bacio che sapeva di noi e della nostra vita insieme.
“Adesso, però, cosa mi dai in cambio?”, mi prese in giro Edward quando ci separammo dal bacio.
Scoppia a ridere e “Oh Cullen, cosa devo fare con te?”, gli risposi dandogli uno scappellotto.
“Ti amo”, mi disse allora.
“Ti amo anch’io, idiota”.

Los Angeles, Casa Cullen, 19 Luglio 2080
“Non ci credo nonno. Hai davvero rovinato quella bellissima dichiarazione d’amore con quella frase? Ma che problemi avevi quando eri più giovane?”, chiese la piccola Marie che adesso tanto piccola non era. Aveva tredici anni e amava ancora passare del tempo con i suoi amati nonni, che a suo dire erano i suoi eroi.
La piccola amava ancora ascoltare gli aneddoti che nonno Edward gli raccontava e soprattutto, ogni volta che ne aveva la possibilità, chiedeva ai nonni di raccontargli la loro storia d’amore. Quella era l’unica favola che Marie non avrebbe mai smesso di ascoltare.
Anche agli occhi di Marie, era visibile l’amore che i suoi nonni provavano l’uno nei confronti dell’altra, ancora adesso, dopo tanti anni passati insieme. Sembrava che per loro il tempo non fosse mai passato. Sembravano ancora gli stessi Edward e Bella del college. Ancora oggi, dopo tanti anni, il loro amore era sempre lo stesso. Si amavano con la stessa intensità di un tempo, anzi, forse anche più di prima.
“Che vuoi farci, Marie? Tuo nonno è sempre stato un burlone. Non riusciva mai a essere serio per troppo tempo”, rispose nonna Isabella.
“Hey voi due … non prendetevi gioco di me, ci sento ancora”, intervenne prontamente Edward.
“Nonno … posso chiederti una cosa?”, chiede Marie, ad un tratto.
“Tutto quello che vuoi, tesoro mio”.
“Ma tu la nonna la ami come quando eravate giovani o più di prima?”, chiese seria.
La domanda lasciò Edward e Bella spiazzati. Tutto si aspettavano tranne che quella domanda.
Poi, però, Edward si voltò verso la sua Bella e guardò negli occhi l’amore della sua vita. La sua compagna di avventure. La sua ragione di vita. “La amo tanto quanto eravamo giovani, ma anche più di ieri e meno di domani, perché non c’è amore più grande che amare per tutta la vita la stessa persona”.
Bella sorrise commossa e strinse la mano a suo marito, sporgendosi per dargli un casto bacio sulle labbra. Era così orgogliosa della sua nipotina. Era bellissima. Ricordava ancora quando era nata, tredici anni prima.
Marie sorrise e guardò i suoi nonni con sguardo luminoso, fiera di avere due nonni come loro e, poi, come da copione, tradizione tipica della famiglia Cullen, fece una battuta. “Bene, adesso … visto che sono diventata grande, mi racconteresti del vostro matrimonio e di come sono nati la mamma e lo zio Robert?”.
Isabella alzò gli occhi al cielo e pensò che sua nipote poteva anche non avere Cullen per cognome, ma era proprio figlia di sua figlia e nipote di suo marito. DNA non mente.
Edward rise e “No tesoro, non posso adesso”.
“Perché?”, chiese innocentemente Marie. Quando era piccola suo nonno si fermava sempre al loro viaggio a Londra, forse per renderla una vera favola e regalando alla piccola il suo felici e contenti.
Perché, dopotutto, la vita non è perfetta e anche se, in quel momento, dopo tanti anni, erano ancora insieme, ne avevano passate davvero tante. Alcune belle, altre brutte e, forse, a Edward non sembrava il caso di raccontarle a una bambina che voleva solo la sua favola della buona notte.
“Perché quella è tutta un’altra storia”.
E Edward aveva ragione. Era tutta un’altra storia. Una storia con gli stessi protagonisti, ma in altri luoghi, con altre persone, in altre circostanze. Una storia diversa, ma pur sempre una storia, e, che, come tale, meritava di essere raccontata al momento giusto e di ricevere la gloria meritata.
Perché tutti i racconti hanno un inizio e una fine e questo era giunto alla sua fine. Per il resto, c’era tempo. E soprattutto perché in questa storia, il principe Edward e la principessa Isabella vissero per sempre felici e contenti, proprio come nelle favole.


Fine.

NOTE DELL'AUTRICE: Eccoci qui, alla fine dell'epilogo e alla fine della storia. Volevo fare delle precisazioni tecniche. Il carcere femminili in cui Christian e Bella vanno, esiste davvero. L'ho cercato su google. Le regole e i permessi che i due hanno sono tutti frutto della mia immaginazione, non so se le cose vadano così nella realtà. Gli aneddoti su Londra sono tutti verissimi. Sono stata a Londra per un mese nel 2012 e amo quella città più di quella in cui sono nata e spero di viverci un giorno. Londra, per me, è magica davvero. L'unico posto in cui non sono stata, ahimè, è Notting Hill. Per quella descrizione ho chiuso gli occhi e ho immaginato la mia reazione a quel quartiere. Spero di andarci in un giorno non troppo lontano.

RINGRAZIAMENTI: Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto la storia dall'inizio alla fine. Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, tutti i lettori silenziosi e quelli che hanno aggiunto la storia ai preferiti o alle ricordate. Grazie di vero cuore. Probabilmente senza di voi questa storia non sarebbe arrivata alla fine, o magari l'avrei scritta e completata ma sarebbe rimasta in una cartella dimenticata del mio computer. Quindi ... grazie, grazie, grazie. Questi Edward e Bella mi mancheranno tantissimo.
Ringrazio le mie amiche che hanno sopportata  e supportata i miei scleri. Questa storia è un pò anche loro. E se sono riuscita a spuntare "Completa" oggi è tutto merito loro, perchè hanno saputo aiutarmi in un momento in cui non sapevo cosa fare per rimettermi in piedi e mi hanno dato l'input per scrivere questa storia.

NOVITA': Più volte nella storia ho accennato al fatto che avrei voluto scrivere un sequel e non escludo questa possibilità, solo non al momento, quindi ho preferito terminare questa storia con un epilogo a se stante e raccontare il cambiamento che i personaggi hanno avuto dall'inizio fino alla fine del racconto. Ho altri progetti per la testa. Spero che se deciderò di scrivere il sequel o un'altra storia, voi siate ancora qui. Non so se nella categoria fanfiction o una storia originale. In più, ho iniziato a pubblicare la storia su WATTPAD, quindi se qualcuno dei vostri amici avrebbe voluto leggere la storia, ma non ha potuto perchè non iscritto su efp, ora può farlo anche su Wattpad. Questo è il link --->
https://www.wattpad.com/myworks/44457737-per-sempre-noi-twilight-fandom-au
Di seguito vi lascio anche la copertina che ho creato proprio per wattpad, così potrete riconoscere la storia.

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