Salutandoti affogo.

di yeahitsmarts
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 01 « Lei « La fine. ***
Capitolo 2: *** 02 « Lui « Cenere. ***
Capitolo 3: *** 03 « Lei « Autunno. ***



Capitolo 1
*** 01 « Lei « La fine. ***


 

C’erano cose che volevo dirgli. Ma sapevo che gli avrebbero fatto male.
Così le seppellii e lasciai che facessero male a me.

J. S. Foer.

 

Sto tremando.
Cerco di controllarmi ma ho come l'impressione che presto o tardi il mio cuore schizzerà fuori dal petto. Federico mi guarda e sembra divertito ma io non ci trovo assolutamente niente da ridere. Continuo a stringere l'accendino arancione nella mano destra fissando un punto non ben definito davanti a me.

«Dov'è?» chiedo per l'ennesima volta ancora più preoccupata di prima. Non ho il coraggio di voltarmi, mi sento male solo al pensiero di poter incrociare di nuovo il suo sguardo. Per tutto lo spettacolo non ho fatto altro che fissargli la nuca, se ne stava seduto due file davanti a me e non mi ha degnata nemmeno di un'occhiata, né di una sola parola di conforto.
Federico sbuffa per poi scoppiare una fragorosissima risata: «Sta venendo verso di te!».
Sobbalzo e l'accendino mi scivola via dalla stretta eppure alle mie spalle non sento nessuno. Scuoto il capo e tiro un pugno sul braccio del mio amico che adesso mi sta fissando incredulo.

«Stavi per caso cercando di farmi prendere un colpo? Perché se è così allora ci sei riuscito alla grande» ma non appena faccio per voltarmi, con un bel sorriso stampato sulle labbra, quel minimo accenno di felicità si spegne in un batter d'occhio.
Dario è a pochi passi da me, lo zaino in spalla con le cinghie strette attorno allo skate, una sigaretta spenta in bocca. Mi fa cenno con la testa di seguirlo ma io non ho la minima idea di dove voglia andare, né di cosa voglia dirmi. In realtà sono io che dovrei parlargli ma l'unica cosa che ora mi passa per il cervello è “Come diavolo ti è venuto in mente di mandargli quel messaggio? Ora che ti inventerai?”. 
Intanto potrei iniziare con il rispondergli. Faccio cenno di sì con la testa, raccolgo l'accendino da terra e a grandi falcate mi muovo verso di lui, lasciando Federico da solo con una tipa di scuola che non la smette mai di parlare ma quando mi volto alla ricerca di un appiglio, di una parola di conforto, di un'occhiata che possa tranquillizzarmi, lui non c'è più ed io mi ritrovo inghiottita dalle mie peggiori paure.
Dario se ne sta in silenzio, non apre bocca e probabilmente aspetta che sia io a fare il primo passo. Il punto è che non so come muovermi, non so proprio da cosa cominciare e come. Dovrei forse scusarmi con lui per quel raptus di ieri? Dovrei forse confessargli che mi dispiace per quella dichiarazione d'amore scritta che di nascosto gli ho lasciato sul banco?
Decisamente no.
«Sai chi me l'ha regalato? Il tipo del bar dove andiamo a fare colazione!» la frase mi esce fuori di getto mentre gli passo l'accendino, quasi come gliene importasse qualcosa. Eppure Dario mi sorride ma credo sia più per compassione, che per altro.
«Tu dove devi andare?» mi domanda all'improvviso, mentre indugio un po' sull'entrata della metropolitana. Dobbiamo discutere di quella cosa e lo sappiamo entrambi, ma io adesso come devo comportarmi? Devo forse passare per la tipa tosta che sì, ha degli impegni ma che cinque minuti può anche concedergli, oppure per la pappamolle di turno, che salterebbe addirittura il pranzo per scambiare due chiacchiere con lui?
«In realtà a casa, ma non ho fretta...» abbasso istintivamente lo sguardo sulla punta dei miei anfibi lucidi mentre una strana sensazione mi colpisce al centro del petto. Potrebbe andare peggio di così? Dario si chiude in uno straziante silenzio così mi vedo costretta nuovamente a dar fiato alla bocca.
«Possiamo fare una passeggiata? Così almeno... Parliamo...».
La cosa sembra non dispiacergli tanto e cominciamo la nostra lunga ed interminabile camminata. Sospiro, ho preparato questo discorso da un sacco di tempo, me lo sono ripetuto spesso durante le vacanze pasquali e adesso che mi trovo qui, proprio nel luogo dove volevo e dovevo essere, non mi esce niente.
«Sei in imbarazzo? Vuoi che inizi io?» e proprio quando i miei occhi incontrano davvero per la prima volta i suoi, in questa soleggiata giornata d'aprile, capisco che per me non c'è più scampo.

E che d'ora in avanti sarà tutto inutile.

 


Angolo autrice: dopo un'infinità di tempo sono finalmente tornata qui su efp. Mi dispiace aver risposto con lentezza alle vostre recensioni ma vi voglio ringraziare di cuore per tutto l'amore e il supporto che mi avete dato devo però informarvi che le altre storie le lascerò in sospeso per concentrarmi su questa...
Non sono solita ad usare la prima persona e spero che non sia venuto fuori un pasticcio. 
Consigli, critiche e quant'altro sono ben acetti! 
"Questa va di nuovo a te, Dario/Gabe, anche se ti ho detto che speravo mi passasse presto. Anche se mi hai abbracciato fortissimo e in quel gesto non c'era nessuna traccia d'amore".

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Capitolo 2
*** 02 « Lui « Cenere. ***


 

Il miglior modo per non farti spezzare il cuore è fingere di non averne uno.

Effy Stonem.

 

Non ho avuto neanche il tempo di leggere i titoli di coda che mi sono ritrovato in mezzo ad un mare di gente che spingeva per uscire all'aria aperta. Dopo le due ore di film mi sento abbastanza rintronato e ho davvero voglia di una sigaretta.
Mentre mi accingo verso l'entrata principale mi accorgo che Alba non c'è, è sparita poco fa al seguito del suo amico, quel certo... Federico. Stanno sempre insieme ultimamente e a Napoli, quando non mi trovavo nei paraggi, l'ho spesso osservata parlottare a bassa voce con lui. Non capisco se tra di loro ci sia del tenero o se siano semplicemente due buoni amici, proprio come me e lei.
Insomma, prima che mi lasciasse quei fogli sul banco.
Adesso fa meno caldo rispetto a prima, ha iniziato a tirare un vento gelido ma il sole splende ancora alto nel cielo. Massimiliano, Lucrezia e Chiara discutono di quel che faranno dopo, parlano di macchine fotografiche, mostre e manifestazioni ma io ho la testa altrove: non vedo l'ora di salire sullo skate e ascoltare il rumore delle ruote sull'asfalto. Annuisco distrattamente alle loro domande e ho il vago presentimento che Alba abbia già preso la metro ma quando mi volto la colgo di sfuggita in disparte, mezza sigaretta stretta tra le labbra.
Chissà a cosa sta pensando.
Credo di saperlo, comunque, ovviamente si starà chiedendo come mai ancora non ho accennato niente riguardo quel messaggio o per quale assurdo motivo non le abbia risposto.
Passano dieci minuti, forse un quarto d'ora, prima che saluti i miei amici per dirigermi verso di lei intenta ancora a chiacchierare con quel tipo. Si gira e mi guarda e nei suoi occhi posso leggere la tensione ma faccio finta di nulla e le indico la strada da fare con un cenno della testa.
Mi è accanto, sta zitta e anche io. Non so esattamente cosa dirle, non so neanche perchè siamo arrivati ad un punto simile. Come confessarglielo? Lei è così... Strana e particolare e tutta svampita.
Mi dice che quell'accendino glielo ha regalato il tipo del bar dove la mattina facciamo colazione e penso che nel giro di pochi giorni qualcuno glielo ruberà. Vorrei che mi dicesse qualcosa, qualunque cosa come è solita fare, che si tratti dei suoi amici che non ho mai conosciuto o di scuola, non importa.
Alba, ti prego, parla, fatti coraggio...
Ma la domanda esce dalla mia bocca, spontanea, con un tono forse quasi troppo preoccupato: «Tu dove devi andare?». Non voglio che percorra troppa strada solo per colpa mia o che si allontani eccessivamente dalla metro per dirmi qualcosa. La colgo alla sprovvista, le si legge in faccia che è spaesata e non sa cosa rispondere, tanto che alla fine propone di fare una passeggiata. Non ha fretta di tornare a casa, ma io sì, gli altri sono già lì che mi aspettano e sono convinto che passerò l'ennesimo pomeriggio tra risate e compagnia.
Camminiamo l'uno affianco all'altra, spalla a spalla, sospirando di tanto in tanto. Mi godo quest'ultima sigaretta che mi è rimasta e mi immagino come possa sentirsi Alba, al mio fianco, taciturna e imbarazzata più che mai. Brucia lenta anche lei esattamente come la paglia che stringo tra le labbra: poco a poco si consuma e presto si spegnerà. Non voglio essere io a farlo, non voglio sentirmi in colpa per questo, per aver deciso di gettarla via, proprio come il mozzicone che ora ho lasciato cadere sull'asfalto. Ma questo silenzio si è fatto troppo pesante e lei non vuole infrangerlo ed io non voglio farle male.
Devo. Dopo sarà soltanto peggio.
«Sei in imbarazzo? Vuoi che inizi io?» le parole mi escono fuori dalla bocca con naturalezza, il tono è dolce, quasi compassionevole. Lei sembra notarlo perchè si gira a guardarmi e punta i suoi grandi occhi proprio nei miei.
Ora posso vedere tutto, ora comprendo tante cose che prima mi erano ignote.
Per un attimo, uno solo, mi sembra di cogliere quella scintilla che la distingue in ogni situazione, quel bagliore nel sorriso e nello sguardo, ma subito dopo mi rendo conto che non c'è più e che qualcosa, proprio adesso, ha fatto sì che si spegnesse.

 



Angolo autrice: voglio ringraziare tutti coloro che hanno recensito la mia storia, chi l'ha inserita tra le ricordate e chi tra le seguite. Sono contanta che quel che ho scritto vi sia piaciuto, spero di non avervi deluso con questo capitolo!
Quindi, come avrete ben capito, la storia verrà narrata da due punti di vista diversi, in modo tale da farvi capire ancora di più la situazione tra Alba e Dario. Non vi preoccupate, per il futuro non riproporrò le stesse scene narrate da lui e da lei, ma saranno diversi episodi che spero vi faranno amare almeno uno dei due ahah
Detto questo vi lascio!
"Chissà se davvero nella tua testa risuonavano queste parole".

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Capitolo 3
*** 03 « Lei « Autunno. ***


 

Ecco, anche questo ho imparato da te: vivo soprattutto in quello che non ho.

D. Grossman.

 

«Ma sei viva?».
No, cioè sì, ma in questo momento preferirei essere in letargo, o al mare, o nel letto a guardare la tv o in qualsiasi altro posto che non sia questa topaia. Devo rispondere per forza?
Alzo lentamente la testa dal banco, gli occhi ancora impastati di sonno e un'espressione tutt'altro che amichevole. Beatrice però non si lascia intimidire, sa perfettamente che faccio così solo per sembrare una vera dura e che poi, alla minima parola fuori posto, scoppio come una bomba ad orologeria. Sospiro e mi abbandono sulla sedia: «Per mia sfortuna sì ma non credo che sopporterò questo supplizio ancora a lungo».
Con un cenno della mano indico il professore di matematica ancora intento a parlare e a spiegare cose a me del tutto sconosciute. Scuola è iniziata da appena due settimane e tutti sembrano in fibrillazione: chi già si è aggiudicato i posti alle ultime file, chi ha acquistato tutti i libri, chi invece ha un quaderno per ogni materia. Io devo ancora realizzare di essere chiusa in un'aula assieme ad un'altra ventina di persone mentre lentamente, fuori dalla finestra, l'autunno comincia a prendere forma. Non ho mai particolarmente amato questa stagione, né i colori che porta con sé che non fanno altro che mettermi tristezza e nostalgia. Le foglie che lentamente si staccano dai rami e che vanno dolcemente a posarsi sull'asfalto e che scricchiolano sotto le suole, le pozzanghere, la pioggia e il brutto tempo. Sono tutte cose che non mi appartengono, esattamente come questa scuola e l'indirizzo che ho scelto.
Davanti a me Greta e Rachele hanno riempito una pagina intera di appunti e anche alla mia sinistra scorgo Chiara e Letizia impegnate a scrivere. L'unica senza far niente, in pratica, sono io perché troppo impegnata a piangermi addosso e a ricordarmi di quanto insulsa, stupida e banale sia la mia esistenza.
Un momento, qualcun altro mi fa compagnia...
Ruoto un poco la testa a destra, giusto per avere la possibilità di guardarlo con la coda dell'occhio e mi accorgo che anche Dario è distratto quasi quanto me. Ha i capelli scompigliati, le maniche della felpa grigia tirate su oltre il gomito e fissa un punto non ben distinto dell'aula. C'è qualcosa nel suo sguardo che mi rende triste, quasi come se l'autunno gli fosse entrato nel corpo, senza lasciargli via di fuga. È sempre così distante, così misterioso e taciturno che alle volte mi dimentico persino della sua esistenza, proprio com'è successo l'anno scorso quando...
Beatrice, di nuovo, non aspetta un solo istante per riportarmi alla realtà. Questa volta torno con l'attenzione su di lei sbuffando appena.
«Bea, le tue gomitate fra le costole sono tutt'altro che piacevoli...» la mia amica sbotta a ridere e nessuna delle due si accorge che ora tutta la classe ci sta fissando. Perfino il professore ha interrotto la lezione pur di farci una bella ramanzina. Cerco di fingermi del tutto indifferente anche se la risatina di Beatrice, che adesso è più lieve e sommessa, continua comunque a farmi divertire: con lei non riesco mai ad essere seria.
«Voi due, lì dietro, avete finito di ridere?» la voce del professore è profonda e cupa e mi incute terrore ma non per questo riesco a smettere. Mi copro la bocca con la mano destra mentre aspetto che Beatrice dica qualcosa per pararci il culo, ma tutto quel che le esce dalle labbra sono risolini e imprecazioni contro di me.
Gli altri ormai sembrano annoiati da quel buffo teatrino così decido di farla finita e mi stringo nelle spalle, alla ricerca di una buona giustificazione per quel comportamento e delle scuse.
«Sì, noi, ecco... Uhm» Dario. Mi sta fissando, l'ho distratto dalla sua attività – qualunque essa sia stata –. Sembra così serio, così... Disgustato da me e dalla mia voce che non trovo più motivo di ridere.
«Scusi, staremo più attente» aggiungo tutta d'un fiato mentre provo a scrivere qualcosa alla rinfusa sul banco solo per non pensare a quella sua espressione di disprezzo.
Capisco che i miei biondi capelli stiano sempre fuori posto e che la mia faccia non sia esattamente delle migliori. Capisco anche che spesso il trucco va a puttane, che ci sono giorni in cui assomiglio più ad uno zombie che ad un essere umano, ma non comprendo per quale assurdo motivo lui – più di tutti – mi sia così tanto ostile.
Eppure una volta eravamo dei buoni amici.
Beatrice mi scruta in silenzio, sa che ho qualcosa che non va ma preferisce non proferire parola data la situazione. È davvero incredibile come il mio umore cambi velocemente a seconda di un'occhiata o di una frase.
Io non voglio essere così.

«Posso andare al bagno?» la professoressa d'italiano mi fissa con aria truce, di certo non è contenta che io abbia interrotto la lezione per una cosa tanto futile ma non ne posso più di stare seduta qui. Alla fine, dopo venti secondi di imbarazzante silenzio, acconsente ed io faccio per alzarmi.
«Vuoi che venga con te?» Beatrice è stanca quanto me, glielo si legge in faccia e lo si vede anche dalla bianca pagina del quaderno. Mi stringo nelle spalle, in realtà non sono diretta lì, me ne andrò in cortile a fumare un po'. Mi capisce al volo perchè il suo sguardo cade sulla tasca sinistra dei jeans, dove un rigonfiamento rettangolare fa la sua comparsa. Si sposta e mi lascia passare.
Un'ora, soltanto un'ora e finalmente potrò scappare a casa a fare quel che mi riesce meglio: nascondermi dagli altri. Potrò finalmente navigare su internet, fingere che sia tutto okay, che la mia vita vada alla grande e domani mattina ricomincerà questa tortura.
Il cortile è vuoto, c'è giusto un gruppetto di tre ragazzi proprio dietro l'angolo e due tipe del primo che parlano a bassa voce accanto ad un vaso. Poco importa, mi piace stare da sola e sono contenta che non ci sia nessuno che conosca che possa disturbarmi.
Scendo giù per le scale e svolto a destra così che possa poggiare la schiena al muro. Sento il fumo riempirmi dentro e per un istante mi sento quasi svuotata da tutti i miei pensieri.
«Insomma... A te piace?» le due ragazzine hanno alzato un po' troppo la voce al punto che adesso riesco perfino a sentire di cosa stiano parlando. Non voglio farmi gli affari loro ma mi stanno offrendo quest'occasione su un piatto d'argento ed io, di certo, non rifiuterò. Mi guardo le scarpe e mi fingo indaffarata mentre cerco di capire chi sia il soggetto della frase.
La ragazza dai capelli rossicci s'incupisce in volto e scoppia a ridere: «Perché, a te no? Trovo che sia il più bello di tutta scuola!».
Dal modo in cui lo dice ne sembra pienamente convinta. Ma chi mai potrebbe essere quest'Adone che ha fatto perdere la testa a metà scuola? Di bei ragazzi ce ne sono, certo, non tantissimi ma qualcuno decisamente carino c'è. Alfio è uno di loro, con i suoi muscoli ben scolpiti e quegli occhi verdi che farebbero invidia a chiunque. Poi c'è Roberto con quella sua aria da poeta maledetto e il suo amico Carlo, musicista pazzo.
Poi basta.
Sono quasi a metà sigaretta e ancora non ho capito di chi stiano parlando quando, come per magia, il famigerato ragazzo si presenta al loro cospetto. Le vedo tirarsi gomitate a vicenda e ridacchiare – proprio come me e Beatrice – e poi sento una di loro dire: «Eccolo! Oh mio Dio, come mi stanno i capelli?».
Patetiche.
«Alba!» mi giro di scatto e per poco il fumo non mi va di traverso. Tossichio e mi tiro forti pugni sul petto mentre Dario scoppia a ridere di cuore.
«Che ci fai qui?» domando sulla difensiva, forse con un po' troppo di cattiveria, mentre mi osservo intorno alla ricerca del tipo misterioso.
Il ragazzo inclina la testa e inarca le sopracciglia: «Avevo voglia anche io di fumare un po'...».
No, forse non ho sentito bene. Dario che vuole fumare, impossibile.
Sgrano gli occhi non appena lo vedo accendersi una sigaretta e non sto sognando. Infondo però che mi importa: i polmoni sono i suoi ed anche io lo faccio, ora non è questo il mio problema. Mi allontano da lui e vado verso le scale ma non c'è nessuno a parte due professori che discutono di un certo Mattia, un animo ribelle.

«Dario, sei sceso da solo?» domando di getto perchè la curiosità mi sta logorando da dentro. Di chi parlavano quelle due? È lui il ragazzo misterioso che ha fatto strage di cuori?
Con la sua Camel tra le labbra, si stringe nelle spalle e mi osserva torvo «Sì, perché?».
Mi viene quasi da ridere.
Però non ci riesco, c'è qualcosa che mi blocca, che mi infastidisce. Come se la consapevolezza che mezza scuola adora Dario mi renda quasi... Gelosa.
Cerco di ricacciare indietro quel pensiero e provo a fare la simpatica: «Oh bene, allora hai fatto colpo con quelle due!» le indico con un cenno svogliato della mano ma Dario non si prende neanche la briga di girarsi a capire chi siano. Storce semplicemente la bocca e alza gli occhi: «Poco mi interessa».
Dario, Dario, Dario.
Perché sei così incredibilmente misterioso? Perché difficilmente racconti della tua vita, parli di te e dei tuoi amici? Perché sei così diverso da me? E soprattutto: perché mi sto facendo tutte queste domande?
Vorrei aspettarlo ma sono fuori da troppo tempo e ho paura che la professoressa possa insospettirsi. A stento riesco a trattenermi dallo scoppiare a ridere in faccia a quelle due per poi dire “mi dispiace, non avete possibilità” ma non lo faccio, magari sono davvero innamorate di lui.
Chi lo sa.
«Dove vai?» mi grida dietro, poco prima che possa aprire la porta e sgattaiolare oltre l'ingresso. A lui che importa dove vado? Per caso gli serve un po' di compagnia? Scendo nuovamente giù e lo fisso con le braccia incrociate: «In classe, dove vuoi che vada?».
Dio mio, è insopportabile quando fa queste domande retoriche.
«Aspettami un secondo» lancia la cicca verso le due ragazzine e viene verso di me, stiracchiandosi e sbadigliando.
«Ti va di accompagnarmi al bar?»
«Certo! E dopo vogliamo andare a fare una passeggiata al terzo piano? Oppure devi passare al bagno a bere? Che altro poi?» non so perché ho risposto così tanto inviperita ma so soltanto che non se lo meritava. Cerco di riprendermi subito e mi scuso: «Mi dispiace, non so cosa diavolo mi sia preso» ridacchio ma Dario sembra non averci fatto neanche caso. Lo prendo per una manica e lo trascino a destra, da Antonio.
«Una Goleador alla coca cola, per favore».
Dario alza il sopracciglio destro ma non dice nulla, ordina soltanto un bicchiere d'acqua ed esce ringraziando, senza neanche aspettarmi.
«Ti ho già detto che mi dispiace» gli ripeto di nuovo mentre saliamo lentamente le scale e ci dirigiamo verso la seconda aula del primo piano.
«Ma... Sì ho capito, non ti preoccupare» risponde senza troppa convinzione. Lo fermo poco prima che possa aprire la cigolosa porta e mi faccio coraggio: «Allora che hai? Non volevo aggredirti, davvero».
I suoi occhi sono così profondi e non credo di riuscire a sopportare ancora così tanto il contatto visivo. Abbasso istintivamente lo sguardo sulla sua barba incolta, per poi soffermarmi sulle labbra mentre le schiude: «È solo che...» si ferma e sorride ed io sento il cuore scalpitare «Nulla Alba, lascia stare».
Apre la porta e finalmente siamo in classe. Nessuno fa a caso a noi ed io torno a posizionarmi accanto a Beatrice che invece mi lancia occhiatacce.
«Tu e Dario, eh? Non me la racconti giusta, mia cara» è già tutta presa a sistemare le cose in cartella: ora capisco come riesca ad essere la prima che schizza fuori dalla classe a fine giornata.
«Ma sei pazza? Non mi guarderebbe neanche... E poi che ne sai se ha già la ragazza?»
Beatrice sbuffa e scuote il capo: «Non mi aspettavo una reazione simile da te»
«Perché?»
Mi indica le guance: «Sei rossa. Paonazza».
In effetti mi sento leggermente avvampare ma sono sicura che si stia sbagliando e che sia per l'improvvisa folata di caldo. Beatrice si alza, afferra la cartella e si fionda verso la porta: «Comunque ci vediamo domani, ti ricordi della gita, sì?».
Annuisco.
No, non me lo ricordavo.
Fa un cenno con la mano e sparisce in mezzo ad una ventina di altre teste più alte di lei.

«Vieni verso la metro?» la voce di Massimiliano alle mie spalle mi costringe a rallentare. Non ho molta voglia di parlare con nessuno ma non posso neanche passare per maleducata ed ignorarlo. Mi fermo in mezzo alla strada e gli altri ragazzi mi passano accanto senza fare troppo caso a me. Massimiliano è lento, cammina piano e ogni due secondi si ferma per cercare non so chi in giro. Quando mi è accanto, mi tira un pugnetto sul braccio e mi sfila il pacchetto di sigarette dalle mani per portarsene una alla bocca.
«Ti dispiace?»
Certo che sì. «No, ti pare? Fa' pure...» mi sorride e proseguiamo assieme ma ancor prima di arrivare alla metropolitana veniamo nuovamente richiamati da qualcuno alle nostre spalle.
Chiara, Letizia e Dario sono a pochi metri di distanza da noi, le due leggermente in avanti perché Dario è lento quasi quanto Massimiliano. No, forse lo batte, di poco ma lo batte. Gira un drum e tutta quella sua pacatezza nei movimenti mi fa innervosire: come riesce a non scapicollarsi per tornare a casa bramando un bel piatto di pasta? Evidentemente non gli importa neanche di questo, mi chiedo allora cos'è che faccia smuovere qualcosa in quel suo corpo bello e irraggiungibile...
«Che succede?» Chiara mi fissa leggermente sconvolta ed io non capisco perché. D'un tratto mi accorgo dei muscoli facciali contratti, forse ho fatto qualche espressione involontariamente e lei se n'è accorta.
«Oh, nulla... Mi è entrata qualcosa nell'occhio... Credo».
lle mie spalle sento un leggero vociferare: Dario e Massimiliano. Il primo mi guarda e ride scuotendo il capo: ma che diavolo vuole? Sbuffo e aspetto pazientemente che la metropolitana arrivi.
«Ehy Dario, ci sono le tue ammiratrici!» fa Massimiliano mentre indica le due tipe del cortile. Come corrono veloci le voci in questa scuola...
Questa volta Dario perde tempo ad esaminarle per bene, soffermandosi più volte su quella dai capelli rossi e un'infinità di ricci. È carina, questo devo ammetterlo, ma non mi capacito del perché lui non riesca a staccarle gli occhi di dosso.
Vorrei che guardasse me in quel modo lì... 
No, un secondo, cosa? Non l'ho pensato sul serio, non può essere. Lo conosco da così tanto tempo che ormai dovrei aver abbandonato quella stupida idea dal primo anno di liceo.

«Ciao, Alba» la sua fermata. Allungo una mano per battergli il cinque ma lui fa prima e avvicina le sue labbra alla mia guancia destra. Sento lo schiocco fortissimo nell'orecchio e immagino i suoi occhi chiusi, come se volesse scappare via da me.
Ma non lo fa, piuttosto si allontana e mi lancia un sorrisetto sghembo, quasi imbarazzato. Io lo sono quanto lui e non capisco per quale assurdo motivo sento il mio cuore battere così forte.
È Dario, non dovrebbe farmi quest'effetto.
Eppure quando scendo in compagnia di Massimiliano e Chiara – Letizia invece prosegue il suo viaggio in solitudine – una sorta di nostalgia pervade dentro di me. Come se con quel contatto fisico, tutto d'un tratto, mi avesse trasmesso l'autunno che ha perennemente dentro di sé.
Poco prima che le porte automatiche si chiudano alle mie spalle, mi volto a cercarlo nonostante già sappia che non è lì. Non so dire con esattezza perché di questa nuova sensazione ma tutto ciò che voglio è sbarazzarmene il prima possibile.
Proprio come quest'autunno che deve finire il prima possibile.


Angolo autrice: Bene, sono tornata subito, più veloce che mai! Abbiamo fatto un salto nel passato, siamo a metà Settembre e nessuno dei due ha la minima idea di quel che sarebbe successo da lì a qualche mese. 
Alba è combatutta, non capisce cosa le stia accadendo e una parte di lei non vuole ammetterlo e Dario... Beh, lui è sempre così "sostenuto".
In questo capitolo ho introdotto personaggi che comunque non sono nuovi (
Massimiliano, Lucrezia e Chiara discutono di quel che faranno dopo, parlano di macchine fotografiche, mostre e manifestazioni ma io ho la testa altrove - Ricordate?) e da cui avremo un sacco di informazioni in più andando avanti. 
Lasciatemi dire che Beatrice è l'amore e che Alba è circondata da persone meravigliose (Rebecca, Celeste e Laura, tanto per citarne alcune) e che ognuna di loro contribuirà in questa pazza storia d' "amore".
Aspetto pareri, consigli e tutto il resto sperando che vi sia piaciuto anche questo capitolo (:
Un abbraccio!

 

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