Empty handed. di Farawayx (/viewuser.php?uid=136228)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1; Scream a little louder. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2; Remain nameless. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3; Spectrum. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4; And the night is takin’ over. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5; It’s always darkest before the dawn. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6; Bedroom hymns. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7; Blind. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8; Temporary Bliss. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9; Do I wanna know? ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10; Sad Girl. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11; Broken walls. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12; What would you do? ***
Capitolo 13: *** Pubblicazione! ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1; Scream a little louder. ***
«Se solo
potessimo vedere l’infinita catena di conseguenze derivanti
da ogni nostro minimo gesto.
E invece ce ne rendiamo conto
soltanto quando rendersene
conto non serve più a
nulla.»
▪John
Green▪
◊
CAPITOLO I ◊ Scream
a little louder.
Spesso
quando ti ritrovi a guardarti indietro, capisci quante sono state le
cose sbagliate, quanti gli errori che potevano essere evitati. Eppure,
in quel momento eri troppo accecata per capire, troppo accecata per
essere razionale. Vi chiederete da cosa? L’amore.
Ah, quante ne ha combinate quel sentimento, in molti credono che sia la
rovina del genere umano, altri che ne sia la salvezza. Tante sono state
le guerre e battaglie decantate in nome dell’amore, tanti i
poeti che ne hanno tessuto le lodi. Eppure… eppure
l’amore ci può portare alla devastazione di noi
stessi, può elevarci sino al cielo e scaraventarci a terra.
Forse era questo quello che pensava Dianne ogni volta che scorgeva la
propria figura attraverso lo specchio, nei suoi occhi era possibile
trovare l’alone della tristezza. Dell’amore che
l’aveva portata ad autodistruggersi.
Nonostante fosse fine Agosto, nel Vermont le temperature erano
già miti, era una delle caratteristiche che Dianne
più amava di quel posto. Spesso sentiva di andare
controcorrente, tutti amavano il caldo, l’estate, il sole,
mentre lei apprezzava le temperature più fredde, il modo in
cui il vento le si scontrava contro il viso pungendole la pelle.
Probabilmente di quel posto apprezzava solo quello, poiché
viveva nel bel mezzo del nulla. Westfield era il paese meno popolato
della contea di Orleans e questo non permetteva molto margine di
scelta, sia per le amicizie che per gli intrattenimenti.
Però Dianne era stata fortunata, nonostante quel posto fosse
un buco, lei era riuscita a trovare qualcuno che la faceva stare bene.
Austin.
Austin Evans era il figlio dell’unico dottore presente a
Westfield, si erano conosciuti quando entrambi avevano sedici anni e,
ora che ne avevano diciotto, la loro storia continuava a procedere come
sempre. Dianne ricordava ancora i batticuori dei primi tempi, come si
sentiva ogni volta che Austin le sfiorava la mano, o come era stato
bello scoprire che lui si era accorto di lei.
Forse era questo il problema, tra le loro personalità
c’era un abisso. Dianne era la persona più
semplice del mondo, nei suoi modi di fare o di vestire, non puntava mai
al mettersi in mostra, amava perdersi nei suoi libri e seguire tremila
serie tv in contemporanea, era solare e ogni cosa riusciva a prenderla
con un’ironia che a molti sfuggiva.
Austin, invece, era il tipo ragazzo che si può trovare in
ogni posto, alto, spalle larghe e lineamenti ben delineati. Era sempre
sicuro di se stesso e questo lo portava a sentirsi superiore a ogni
creatura ci fosse al mondo, sin da piccolo era stato cresciuto con
l’idea che lui sarebbe stato il migliore. Suo padre aveva
scritto il suo futuro prima che Austin iniziasse a parlare, sarebbe
diventano anche lui un medico e a lui stava bene così.
Dianne ricordava ancora come, al principio di tutto, la sua migliore
amica Jude le avesse chiesto cosa ci vedesse in lui e lei completamente
accecata da quel ragazzo con gli occhi verdi non riusciva nemmeno a
trovare le parole giuste per descriverlo, ogni aggettivo sembrava
troppo banale per raffigurare il modo in cui lui la faceva sentire.
Però pian piano le cose erano cambiate. Dianne era
consapevole di non essere perfetta sotto molti aspetti e quello
più evidente era quello fisico, fianchi troppo larghi, seno
inesistente e una lista infinita di difetti che ogni giorno si trovava
ad aggiornare. Austin riusciva a farla sentire amata nonostante tutto,
pensava che forse avesse trovato qualcuno in grado di non fermarsi solo
al pensiero di stringere tra le braccia un manico di scopa, ma che
qualche chilo di troppo non era poi il male.
Solo che quella era un’illusione.
Ricordava ancora il primo commento del ragazzo, il modo in cui si era
sentita. Era una sera d’estate, Dianne aveva indossato un
prendisole colorato che lasciava scoperte le spalle, lui
l’aveva osservata con un sorriso e poi le aveva poggiato
entrambe le mani sulle spalle.
-Amore, forse stasera è meglio non andarci pesante con la
cena.- Le aveva detto.
Dianne lo aveva osservato con un’espressione confusa sul viso
e Austin, notandola, aveva aggiunto con il solito sorriso.
–Non vorrei correre il rischio di dover comprare dei rinforzi
per le gomme dell’auto. – E poi aveva riso come se
quella fosse stata la battuta del secolo.
Lei ne era uscita ferita, mai si sarebbe aspettata di sentirsi dire una
cosa del genere da lui. Il modo in cui aveva riso era stato ignobile e
Dianne aveva avuto la tentazione di buttargli la testiera dei fiori in
testa.
Ma qualcosa l’aveva spinta a non farlo: l’amore. Lo
stesso che trova una giustificazione a ogni cosa.
Man mano che il tempo passava i commenti di Austin diventavano sempre
più pesanti e diretti, prima la demoralizzava e poi la
baciava. Prima le buttava in faccia ogni difetto che vedeva e poi
tentava di scoparsela. E lei trovava solo giustificazioni ai suoi
comportamenti, a ogni parola che la feriva subentrava un “lo
dice solo per me, lui mi ama e vuole che io stia bene”, ma i
suoi commenti erano qualcosa che Dianne non sapeva gestire.
Fu per questo che si trovò a toccare il fondo.
Il ricordo di quel momento probabilmente resterà impresso
nella sua mente fino alla fine dei suoi giorni.
Era una sera come un’altra, dopo aver terminato la sua cena
Dianne si era alzata da tavola e senza dire molto ai suoi genitori, era
andata in bagno chiudendo la porta a chiave.
Ricordava ancora lo sguardo disperato dei suoi occhi, il suono di una
voce che le diceva di non farlo, che niente era così
importante e che nessuno meritava tanto da lei. Sarebbe finita in
qualcosa di più grande, qualcosa che non avrebbe saputo
gestire, ma l’unica cosa che riusciva a pensare era che una
volta sola non avrebbe ammazzato nessuno.
Così aveva aperto l’acqua del lavandino, si era
avvicinata lentamente alla tazza del water e, dopo aver raccolto i
capelli in una coda, aveva chinato la testa portando frettolosamente
due dita all’interno della sua gola. Le era sembrata la cosa
più disgustosa del mondo, le aveva portate in
profondità sempre più lentamente fin quando il
suo stomaco non aveva reagito e tutto quello che aveva ingerito a cena
era ritornato fuori dal suo organismo.
Ricordava perfettamente gli occhi gonfi e le lacrime che le rigavano il
viso, però ricordava anche la leggerezza e la liberazione
dal senso di colpa.
Più il tempo passava, più la situazione
peggiorava e nessuno se ne era mai accorto.
Nemmeno sua madre. Nemmeno lei che si vantava così tanto di
conoscere perfettamente i suoi figli, che pensava di conoscere ogni
cosa di loro, lei non sapeva con cosa sua figlia conviveva ogni giorno.
Inizialmente era solo quando mangiava fuori dai pasti, ma poi iniziava
a rigettare anche quelli, ma il suo peso restava sempre quello e
più le cose non cambiavano più Dianne sfogava
tutto con quel modo così malato.
Erano passati due anni da allora e tutto era scorso seguendo una linea
retta, nessun evento straordinario o qualcosa da ricordare in modo
particolare. Niente sino a oggi.
Quello era il giorno che probabilmente aveva aspettato maggiormente
negli ultimi anni, ogni suo sacrificio, ogni sua mossa era stata
compiuta in funzione di quella giornata.
Le sembrava solo ieri il giorno in cui sua madre le aveva portata
speranzosa la lettera che aveva ricevuto la mattina
dall’università, insieme avevano incrociato le
dite e aperto la busta con attenzione, estraendo il pezzo di carta. Le
urla avevano riempito tutto il quartiere. Ce l’aveva fatta,
sarebbe andata a Princeton e non sarebbe stata sola.
Insieme a lei quella mattina sarebbe partita sua cugina, Gwen. Lei e
Gwen condividevano quasi tutti i ricordi d’infanzia, sua
cugina abitava nella casa vicino alla sua, ma per Dianne era sempre
stata qualcosa di più di una semplice parente con cui dovevi
avere per forza un rapporto per via dei legami di sangue. Loro due
erano cresciute come due sorelle, sempre insieme e Dianne avrebbe fatto
di tutto per lei.
Gwen era differente, un sorriso caratterizzava sempre le sue labbra,
riuscendo a portare il buon umore nelle persone che le erano accanto,
per chi la osservasse da fuori sembrava una di quelle persone
sicurissime di se e consapevoli del proprio potenziale. Una di quelle
che non aveva paura di niente. Ma Dianne sapeva che non era
così, Gwen era probabilmente la persona più
ansiosa che conoscesse, per ogni minima cosa era capace di farsi almeno
otto versioni differenti della stessa storia, per poi tentare di trarne
una nona mandandosi ancora di più in fumo il cervello.
Quel giorno sarebbero partite insieme, non prima di incontrare Austin
un’ultima volta però.
Cosa ne sarebbe stato della loro storia? Fu quello a cui
pensò Dianne quando raccolse dalla scrivania la cornice dove
c’era una loro foto insieme. La osservò in
silenzio per alcuni istanti e poi la fece ricadere
all’interno della valigia quasi piena, che aveva trascinato a
fatica sul letto.
Quando finalmente chiuse la cerniera dell’ultima borsa,
capì che non aveva più niente da portare con
sé. I suoi amati libri giacevano a terra in uno scatolone,
più volte Gwen le aveva detto di non portarli con
sé, ma lei, come sempre, l’aveva ignorata.
Dopo svariati tentativi di portare l’ultima e pesante valigia
giù per le scale, si rassegnò e chiamò
suo fratello che le rispose solo quando Dianne aveva ceduto allo
sconforto trascinando da sola la valigia per metà scale
e rischiando più volte di tirarsela addosso.
Elthon di malvoglia si caricò la valigia sulle spalle e
raggiunse l’estremità opposta delle scale,
arrivando al pian terreno. Un rumore di una macchina che parcheggiava
lungo il viale, attirò l’attenzione di Dianne,
Gwen era forse già arrivata? Ma quando sollevò
maggiormente il viso scorse i capelli castani di Austin e lui che
scendeva dalla sua berlina nera.
Si morse il labbro nervosamente e scese gli ultimi gradini,
attraversando poi la porta arrivando sul viale principale.
Quando lui la vide, le sorrise avvicinandosi lentamente.
–Allora, il grande giorno è arrivato. -
Dianne annuì e avanzò nella sua direzione.
–Finalmente, aggiungerei. -
-Come, non vedi l’ora di andare via da me?-
Scherzò lui.
-Esattamente, sai quanti bei ragazzi ci saranno in New Jersey. -
Rispose lei, sollevando l’angolo delle labbra in un
sorrisetto.
-Ehi!- L’ammonì lui e poi allargò le
braccia per stringerla a se. –Mi mancherai. -
Dianne ricambiò la sua stretta, premendo la guancia contro
il suo petto. –Anche tu.- Disse in automatico. –Non
darti troppo alla pazza gioia una volta arrivato a Providence.-
-Sarò un angioletto. -
-Lo immagino. - Rispose lei e non appena avvertì un altro
rombo di motore arrivare lungo il viale, alzò la testa
scorgendo Gwen alla guida della sua Station wagon.
- E’ ora di mettersi in marcia!- Esordì la
brunetta scendendo dall’auto. –Princeton richiede
di essere conquistata. -
Dopo una quindicina di minuti valigie e scatoloni erano stati sistemati
nell’auto di Gwen, ricoprendo completamente di roba anche i
sedili dei passeggeri, lasciando liberi solo i due posti avanti.
-Non avrete portato troppa roba?- Commentò Austin portandosi
una mano sulla fronte madida di sudore.
-Guarda, sono solo le cose essenziali. - Si giustificò
Dianne lasciando scivolare entrambe le mani all’interno delle
tasche dei jeans.
-Poi mi spiegherai quanto sia essenziale portare con te una guida sui
funghi velenosi. - Commentò Gwen estraendo un tomo dagli
scatolini.
Lei la fulminò con lo sguardo e la cugina alzò le
mani in segno di resa, rientrando in auto e sistemandosi al posto di
guida.
-E’ ora di andare. - Mormorò la ragazza.
-Fate attenzione e chiamami non appena arrivate. - Le disse Austin e si
chinò su di lei, stampandole un fugace bacio sulle labbra.
Mai come in quel momento Dianne capì che la loro relazione
era passionale come quella di due vecchietti al termine delle loro
vite. Si limitò a sorridergli e indietreggiò
infilandosi in auto, chiudendosi dietro lo sportello.
-E io che mi aspettavo i fuochi d’artificio. -
Commentò delusa Gwen mentre girava le chiavi e portava lo
sguardo su Austin.
-Gwen, zitta o trovo una utilità per il libro dei funghi
velenosi. - Ribatté Dianne chinandosi in direzione dello
stereo e premendo il tasto ‘On’.
-Lo so che mi ami. - Rispose l’altra con un sorrisone e dopo
aver messo in moto, portò l’attenzione agli
specchietti, tentando di fare retromarcia. –Con tutti questi
scatoloni non riesco a vedere niente. - Borbottò.
Ma Dianne non la stava ascoltando, mentre la macchina si allontanava
seguì un’ultima volta la figura di Austin, ma lui
era già girato di spalle e mentre chiudeva gli occhi,
sentì la macchina sfrecciare come non mai lungo la strada.
-Ehi, bella addormentata. -
Dianne sentì una voce chiamarla in lontananza e una mano
scuoterle la spalla. –Ancora cinque minuti. -
sbiascicò voltandosi dall’altra parte del sedile.
La voce sbruffò e poi qualcosa colpì la sua
spalla, facendole male. Scattò seduta in un nanosecondo,
guardandosi intorno.
-Bentornata tra noi!- Disse Gwen allegra.
- Siamo arrivate?- Chiese Dianne ancora mezza addormentata.
Lei scosse la testa. –Ti piacerebbe, ma no, siamo ferme in
un’area di servizio. - Fece una pausa aggiustandosi la borsa
sulla spalla. –Avevo un po’ di fame, tu vuoi
qualcosa?-
La ragazza annuì lentamente per poi tentare di rimettersi
dritta sul sedile. –Che dolce risvegliò.-
commentò.
-Lo so.- Rispose Gwen. –La mia voce è
più dolce di una melodia. –
Dianne scosse la testa mentre un sorriso le si formava sulle labbra.
–Su, andiamo usignolo. –
Dopo aver sgranchito le gambe si avviarono all’interno del
bar e mentre Gwen ordinava qualcosa da mangiare, Dianne si diresse in
bagno.
Quando aprì la porta i suoi occhi si posarono su un ragazzo
intento a sporgersi sul lavandino per specchiarsi meglio, lei in un
primo momento pensò di aver sbagliato bagno e
indietreggiò per controllare, notando subito la targhetta
con la donna disegnata sopra, quindi riportò lo sguardo a
lui.
Aveva i capelli scuri, era alto e del tutto concentrato a sistemarsi i
capelli. Fischiettava sotto voce la canzone che stavano trasmettendo
per radio in quel momento. Dopo poco alle sue spalle uscì
una donna, o meglio una ragazza, data la sua statura minuta Dianne non
riusciva a darle un’età. Quando la
ragazza si avvinghiò alle spalle di lui, lei fece una veloce
inversione U, uscendo dalla porta.
Probabilmente non si erano nemmeno accorti della sua presenza,
così, imbarazzata e con la vescica ancora piena
ritornò da Gwen che intanto aveva trovato un tavolo vicino
alla finestra.
-Il bagno per ora è offlimits. - Disse mentre si sedeva.
-Perché?- Chiese l’altra in una lingua
incomprensibile mentre tirava giù alcuni bocconi.
-Niente di che, due intenti a compiere la danza della natura. -
- Si vede che siamo arrivati in New Jersey. - Commentò
l’altra prendendo un sorso dalla sua gassosa. – Ho
preso un panino anche per te.- Le disse indicando con un cenno della
testa il fagotto sistemato sul tavolo.
Dianne osservò per alcuni istanti il panino e si
lasciò sfuggire un sospiro. -Ora non mi va, lo
mangerò dopo. - disse infilandolo in borsa.
Qualche caffè dopo erano di nuovo sulla strada, Gwen per
tutto il resto del viaggio le parlò, o meglio
insultò, il suo ex ragazzo. Erano stati insieme per tre anni
e Gwen alla fine lo aveva mollato, dicendo che lui non meritava
più niente, ora era il momento del college e voleva essere
libera.
Dianne non riuscì a non pensare ad Austin, la loro storia
ormai si era arenata, e probabilmente erano destinati anche loro a una
fine simile.
Ormai erano in viaggio da quello che sembrava un tempo infinito, quando
Gwen si voltò verso di lei. –Dianne, devo dirti
una cosa, promettimi che non urlerai. -
Dianne si voltò verso di lei, guardandola confusa.
–Che succede?-
Lei prese un respiro profondo e poi urlò così
forte da far saltare un timpano anche all’autostoppista che
avevano appena superato. – SIAMO ARRIVATE A PRINCETON!!!-
Gli occhi di Dianne s’illuminarono e si voltò
velocemente verso il finestrino, notando il cartello enorme che diceva
“ Benvenuti nel comune di Princeton”, si
girò nuovamente verso la cugina e prese a urlare anche
lei.
Abbassarono i finestrini e iniziarono a urlare come due pazze cose come
“Princeton ti abbiamo conquistata” o “Le
stronzette del Vermont sono qui.”.
Dopo un po’ si calmarono e calò il silenzio.
-Okay, basta o ci denunciano per inquinamento acustico-
- Già e dobbiamo trovare anche un otorino, credo di non
sentirci più da un orecchio. -
-La casa deve essere questa. - Disse Gwen, mentre accostava
di fianco ad una palazzina. Non era altissima, massimo erano presenti
cinque piani, le aiuole nei suoi dintorni sembravano ben curate e
alcuni ragazzi uscivano dalla porta principale.
Inizialmente avevano pensato di alloggiare all’interno del
campus, ma poi avevano trovato un appartamento per tre persone poco
distante e avevano deciso di affittarlo. Gwen era stata particolarmente
entusiasta della cosa, vivere fuori dal campus significava non avere
restrizioni come il coprifuoco o varie limitazioni da buoni vicini.
Avrebbero dovuto dividere l’appartamento con
un’altra ragazza, ma nessuna delle due aveva avuto modo di
conoscerla.
-Ripetimi l’indirizzo. - Disse Gwen.
-Numero 11 di Vandeventer Ave. - Ripeté Dianne per
l’ennesima volta.
Gwen annuì con convinzione e accostò lungo la
strada. –Benvenuta a casa, Diannetta.-
Dianne scese dall’auto, l’aria fresca della sera
l’avvolse immediatamente, ma in confronto al Vermont il clima
era più mite. Sollevò il viso guardandosi
intorno, la strada era completamente costeggiata da alberi le cui
foglie erano di tanti svariati tipi di verdi, le case erano quasi tutte
come le tipiche abitazioni americane di legno e avevano un che di
vissuto che si scontrava con il nuovo dell’appartamento che
sarebbe stato il loro.
Tirò fuori dal bagagliaio due delle tante valigie, quelle in
cui aveva messo le cose più utili ed entrambe si
incamminarono lungo il viale di cemento che conduceva
all’appartamento.
Anche l’interno delle scale era completamento nuovo,
probabilmente quella palazzina era nuova visto che ogni cosa era ancora
intatta. Due ascensori collegavano i vari piani, una rampa di
scale ergeva di fianco e leggermente più la erano
visibili le varie caselle postali con i numeri degli appartamenti
attaccati sopra.
Gwen richiamò uno degli ascensori, il piano terra era
completamente deserto quindi era udibile solo il rumore di esso che
scendeva velocemente i vari piani.
-Terzo piano!- Disse Dianne e premette il dito contro il tasto facendo
richiudere velocemente dell’ascensore.
Quando esse si riaprirono erano arrivate in un piccolo ingresso,
c’erano due porte, una di fronte all’altra e una
pianta posta al centro. Era terribilmente stretto.
-Deve essere questo. - Borbottò pensierosa Gwen mentre
allungava un dito, portandolo sul campanello, che risuonò
attraverso la porta.
Dopo alcuni istanti la porta si aprì e una ragazza sporse la
testa, alla loro vista s’illuminò.
–Dovete essere Gwen e Dianne Rivera!- esclamò
aprendo completamente la porta. –Benvenute! Io sono Nives
Daives, dividerò l’appartamento con voi. -
La ragazza davanti a loro aveva un sorriso caldo, i suoi occhi scuri
trasmettevano allegria e i capelli le ricadevano ordinatamente sulle
spalle.
-E’ un piacere conoscerti, tra le due io sono Dianne.-
Distese le labbra in un sorriso.
Nives si scostò dalla porta facendole passare,
l’appartamento non era niente di speciale, c’erano
tre camere, un bagno e l’angolo cucina. Due camere erano
completamente spoglie, mentre quella Nives era piena di poster di
‘Buffy l’ammazza vampiri’ e cd dei Green
Day. Il bagno era in comune, così anche la cucina.
Ci vollero tanto, troppo tempo per scaricare completamente la macchina
e percorrere per la decima volta il tragitto auto-ascensore-casa e
viceversa, quando finalmente tutto fu portato sopra, entrambe si
ritirarono nella propria stanza, tentando di mettere in ordine la
maggior parte delle loro cose.
Salve a tutti! Sono nuova di
questa sezione, si può dire che questa è la prima
storia originale che pubblico, quindi mi piacerebbe sapere cosa ne
pensate!
Lo so, siamo solo al
primo capitolo, e forse si sarà capito poco e niente, ma
nella mia mente l'intera storia è già stata
scritta!
Si tratteranno di
tematiche delicate e penso che sia giusto affrontare anche quelle.
Bene, mi dileguo ringraziando chiunque
decida di lasciarmi il suo parere! E' davvero fondamentale per me!
Un bacio a tutti.
-Farawayx.
Vorrei
ringraziare la mia Gwen per avermi aiutato e sostenuta
nell'intraprendere questo cammino. Ti voglio bene, sempre.
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2; Remain nameless. ***
wsdf
«Certe cose non puoi prolungarle all'infinito. Viene il momento in cui devi strappar via il cerotto.
Fa male, ma poi passa e ti senti meglio. »
▪John Green▪
◊ CAPITOLO II ◊ Remain nameless.
Quel letto era dannatamente comodo.
Fu questo l’unico pensiero che Dianne riuscì a formulare
mentre si stringeva maggiormente nel lenzuolo bianco, godendosi la
sensazione di freschezza del tessuto contro la sua pelle.
La sera prima ci aveva messo pochissimo ad addormentarsi, i viaggi in
auto riuscivano a stancarla come non mai. Spesso si chiedeva come fosse
mai possibile, infondo non faceva altro che stare seduta a guardare il
panorama fuori dal finestrino, per ore e ore.
Eppure quella notte aveva dormito così profondamente, come se non dormisse da giorni.
Aprì svogliatamente gli occhi e la sensazione di beatitudine le
sfuggì dalle mani in un millesimo di secondo, non appena il suo
sguardo si posò sulla sveglia digitale posta sul comodino.
Il panico totale prese possesso del suo corpo, costringendola ad
alzarsi di scatto, portandosi le mani tra i capelli scuri e si
maledisse mentalmente per essere una persona così pigra.
–Dannazione, sono le nove, dovevo essere in classe per
l’orientamento dieci minuti fa!- Quasi urlò gettandosi con
la testa tra le valigie ancora da disfare, prendendo a caso una
maglietta e dei jeans, indossandoli ad una velocità che non
sapeva nemmeno di possedere.
Quando aprì velocemente la porta della sua stanza, che dava
sulla cucina, si ritrovò le facce assonnate di Nives e Gwen,
intente a fare colazione.
-Te l’avevo detto io di svegliarla. - Commentò Gwen osservandola mentre dava un morso ad una fetta biscottata.
Nives scrollò le spalle e le rivolse un sorriso. –Con quei
capelli mi ricordi un super Sayan, che dici Gwen, le donano?-.
-Penso che dovrebbe andarsene in giro sempre così.- Annuì l’altra.
Dianne le fulminò con lo sguardo e si diresse verso il bagno,
dove afferrò la spazzola, tentando di domare quella massa
informe di capelli.
-E’ il mio primo giorno e già sono in ritardo, come
migliorare il proprio record. - Disse a voce alta mentre, rassegnata,
metteva da parte la spazzola e legava i capelli in una coda.
–Voi come mai siete così rilassate?- chiese alle due,
uscendo dal bagno e afferrando la tracolla che si sistemò su di
una spalla.
-Io inizio domani. - Rispose tranquillamente Nives.
-Io dopodomani. - Ribatté Gwen tutta allegra.
- E io sono la solita sfigata che inizia oggi e avrà già
una nota per il ritardo. - Terminò tristemente Dianne,
dirigendosi verso la porta.
-Esatto!- Sentì la voce di Gwen raggiungerla e nella sua mente la vide sorridere.
Nonostante avesse fatto tutta la strada di corsa, la maestosità
del campus l’aveva completamente travolta e più volte
aveva rischiato di restare imbambolata a fissare uno degli imponenti
palazzi in pietra che caratterizzavano più punti del perimetro.
Quando si ritrovò dinanzi all'edificio principale, la prima impressione fu di un castello.
La facciata principale di pietra grigia, aveva delle torri ovali a
tutti i quattro lati, dove si alternava un tipo di pietra più
chiaro, che le piogge e il tempo avevano portato ad una tonalità
tra il bianco sporco e grigio. Altri due edifici partivano da entrambi
i lati, seguendo lo stesso stile della prima e dando a Dianne
l’impressione di essere ritornata indietro nel tempo. Le finestre
le sembravano enormi e si erigevano sulla facciata, formando ordinate
file, il tutto su tre piani. Quel posto era veramente magnifico e
quello era solo uno dei tanti edifici.
Dianne percorse velocemente gli scalini che conducevano in direzione
dell’ingresso principale, probabilmente non aveva mai camminato
così velocemente, e nonostante il chiacchiericcio proveniente
dall’esterno, il corridoio era vuoto. Era sicuramente tutti nelle
classi. Tutti tranne lei.
Si passò nervosamente una mano tra i capelli, tentando in tutti
modi di individuare la sua classe su quella mappa che le aveva dato
Nives la sera prima.
Completamente assorta da quello non si rese conto che qualcuno stava
per frapporsi tra lei e la sua corsa selvaggia, così gli
finì proprio addosso, investendolo.
Imprecò a voce bassa provando una fitta di dolore alla spalla e
sollevò lentamente lo sguardo per mettere a fuoco il viso del
poverino che aveva colpito in pieno.
Era un ragazzo alto, anche troppo, i capelli scuri erano sistemati da
un lato, ricadendo disordinatamente vicino alle orecchie. Aveva gli
occhi castani e un’espressione sofferente sul viso.
Dianne strinse gli occhi osservandolo meglio, era sicura di aver già visto quel ragazzo da qualche altra parte, ma dove?
Lui si massaggiò la spalla con una mano e poi portò
l’attenzione su di lei. –Penso che non ci sia nessuna
assicurazione che copra l’essere investito da una donna, vero?-
Commentò.
-Mi dispiace tanto. - Si scusò sincera Dianne.- E’ il
primo giorno, sono in ritardo e non riesco a trovare la mia
classe…- Si zittì di colpo. Perché raccontare
quelle cose ad uno sconosciuto? Sembrava patetica e lagnosa, ma quello
era il suo stato d’animo in quel momento. Già l’idea
di ritrovarsi da sola in una classe dove non conosceva nessuno, la
metteva a disagio, quindi poteva anche evitare di mostrarsi come una
bambina persa e pronta a piangere cercando la mamma.
-Mi dispiace ancora. - Disse infine.
Lui sollevò la mano come per dirle che non era importante e poi
si fermò ad osservarla alcuni istanti. –Ci conosciamo?-
Dianne scosse prontamente la testa, spostando nervosamente lo sguardo
in direzione dell’orologio. Non voleva sembrare antipatica o
asociale, però era terribilmente in ritardo e in quel momento
non poteva permettersi di fare conoscenze.
-Sicura? Hai un viso familiare. -
Lei lo osservò, ricordando di aver pensato la stessa cosa pochi
istanti prima, per poi scuotere nuovamente la testa. –Non credo,
sono arrivata qui solo ieri. - Fece una pausa, riportando gli occhi
sulla cartina. –Ascolta, mi dispiace tanto di averti travolto ma
ora devo scappare. -
-Che classe stai cercando?- Le chiese lui facendo scivolare entrambe le mani all’interno delle tasche dei jeans.
-Il corso di scrittura creativa. - Mormorò dando un fugace sguardo al suo orario.
-Secondo piano, gira a destra, terza classe. Buona fortuna. - Le rivolse un sorriso gentile e si voltò.
Dianne lo ringraziò mentalmente e senza aspettare oltre si
precipitò per le scale, seguendo le indicazioni del ragazzo e
aprì velocemente la porta. Aveva un quarto d’ora di
ritardo ma sembrava che il professore non fosse ancora arrivato,
sorrise pensando che esistesse qualcuno più ritardatario di lei.
L’aula sembrava l’interno di un anfiteatro, i banchi erano
disposti a semicerchio, e nell’estremità più bassa
c’era la cattedra vuota con alle spalle due enormi lavagne nere.
Scivolò in silenzio lungo i gradini, tentando di passare
inosservata, e cercò un banco dove sedersi. La scelta non era
così ampia, però riuscì a trovare un posto nel
centro.
Aveva il respiro affannato per via della corsa, le mani sudate e le
gambe molli, così si lasciò ricadere di peso sulla sedia,
chiudendo per alcuni istanti gli occhi, rilassandosi.
Un pensiero le arrivò alla mente: Austin. Spalancò gli
occhi ricordandosi di aver del tutto dimenticato di chiamarlo, come era
possibile. Non aveva mai dimenticato un dettaglio del genere prima
d’ora.
I suoi pensieri furono interrotti dal tonfo di una borsa che ricadeva sulla cattedra.
-Buongiorno a tutti!- una voce alta e ben impostata attirò
l’attenzione degli studenti. –Diamo un benvenuto alle
matricole e un bentornato ai nostri veterani. – Mosse alcuni
passi portandosi davanti alla cattedra e poggiandosi contro di essa.
–Io sono il Professor Ordaway. Per voi non ho un nome. Solo
Ordaway.- Fece una pausa studiando con lo sguardo la classe. – In
quest’anno scolastico tenteremo di tirar fuori qualcosa
dall’aridità dei vostri animi. –
Carino, pensò Dianne con una smorfia, mentre stringeva tra le
dita una penna. Il Professor Ordaway non dimostrava più di
trentacinque anni, il suo fisico era magro e sottile, i capelli biondi
tagliati ordinatamente e degli occhi scuri s’intravedevano
attraverso le lenti dei suoi occhiali.
Il Professore se li sistemò sulla punta del naso e intraprese un
intenso discorso sul come il voto nella sua materia avrebbe contato sul
punteggio finale, su quanto molti sbagliavano a prenderla sotto gamba e
specificando che erano ancora in tempo ad andarsene.
Ma ad un tratto s’interruppe bruscamente. Sollevò il suo
sguardo infastidito verso la porta e fissò qualcuno che era
appena entrato. Quasi tutti gli studenti seguirono il suo sguardo.
Dianne girò appena il volto e i suoi occhi si posarono su un
paio così azzurri che probabilmente nessun artista ne avrebbe
potuto catturare il reale colore. Aveva i capelli scuri, un colore difficile decifrare, tra il nero e il castano, che gli ricadevano in ciocche
lisce sulla fronte. Il naso, troppo delicato per un viso maschile, era
perfettamente proporzionato alla forma del suo volto, sul quale
risalvano zigomi alti. Camminava con sicurezza, come se stesse facendo
una passeggiata nel parco e non attraversando un’aula che aveva
tutti gli occhi puntati su di lui.
-Grazie per averci graziato della sua presenza almeno il primo giorno,
Signor Carter. - Commentò la voce di Ordaway, ridestando Dianne
e costringendola distogliere lo sguardo dal viso del ragazzo.
-Dovere, Professor Z.- Rispose lui, la sua voce era roca e bassa.
- Prendi posto. - Disse severo non mostrando fastidito per il modo di
chiamarlo del ragazzo e rivolgendogli un ultimo sguardo prima di
tornare al suo monologo.
Dianne girò furtivamente il volto, non ne sapeva il motivo ma
gli occhi di quel ragazzo attiravano i suoi come una calamita, e quasi
gettò un gridolino quando se lo vide affianco, intento a
sistemarsi nel posto vicino al suo.
Girò di scatto la testa per non farsi cogliere in flagrante e si
costrinse a distogliere lo sguardo, portando nuovamente
l’attenzione sulle parole del professore.
Fu inutile, per quanto tentasse i suoi occhi finivano sempre per
posarsi sul ragazzo seduto al suo fianco. Aveva le spalle larghe
ricoperte da un giubbotto di pelle e le gambe erano fasciati da jeans
scuri che entravano in contrasto con il colore chiaro della sua
maglietta.
Nemmeno lui sembrava prestare molta attenzione alla lezione, aveva la
testa china e passava il suo tempo a giocherellare con una matita o a
far scivolare le dita sullo schermo del telefono.
Probabilmente era il ragazzo più bello che avesse visto, ma non
era quello ad attirare la sua attenzione. Nei suoi occhi e nei suoi
atteggiamenti, c’era qualcosa che la incuriosiva. Il suo sguardo
delle volte sembrava perso, mentre altre vuoto, come se tentasse di
reprimere un pensiero.
Quando suonò la campanella che segnava la fine di quella lunga
ora, Dianne sobbalzò, se qualcuno le avesse chiesto cosa aveva
appreso dalla prima lezione al prestigioso college di Princeton, lei
avrebbe risposto “Niente, ho passato tutto il tempo a fissare un
tizio seduto al mio fianco, come una pazza maniaca.”
-Sì?- una voce catturò la sua attenzione, non capì
se qualcuno ce l’avesse con lei, fin quando non girò
nuovamente il viso e si trovò gli occhi azzurri di lui puntati
su di lei.
Sbattè velocemente le palpebre, presa in contropiede.
–Cosa?- la sua voce suonò così acuta che
simulò un colpo di tosse.
Il ragazzo sollevò l’angolo delle labbra in un sorriso.
–Mi stai fissando da un’ora, desideri qualcosa?- Gli chiese
a voce bassa.
Dianne si sentì avvampare, aveva la discrezione di un elefante.
– Ti sbagli, non ti stavo fissando. - Ribatté tentando
un’uscita dignitosa.
Lui rise, era una risata roca. –Cosa c’era di così interessante alle mie spalle?- disse ironico.
Lei aggrottò la fronte. –Pecchi di presunzione in questo
modo. – Gli rivolse un sorriso ironico quanto il suo e si
alzò, sistemandosi la tracolla sulle spalle.
Non si voltò nemmeno per un istante mentre scendeva le scalinate
della classe, però la tentazione era troppo forte e la sua
resistenza era pari a quello di Ciccio, il nipote di Nonna Papera.
Arrivata in prossimità della porta si voltò solo un
istante, un istante che bastò per vedere il ragazzo seguirla con
lo sguardo e un ghigno divertito sulle sue labbra.
-Oh, chi si rivede!-
Dianne per poco non tirò un urlo quando le si piombò davanti il tipo con cui si era scontrata l’ora prima.
-Ti ricordi di me vero? Mi hai investito come un tram stamattina. - Precisò lui.
Lei annuì lentamente portandosi una mano al petto. –Come dimenticarlo. - Disse facendo una smorfia.
-Già, penso di dover fare un salto dallo psicologo, è un trauma difficile da superare. - Scherzò lui.
Dianne distese le labbra in un sorriso, soffermandosi successivamente
sul viso del ragazzo. Aveva un’aria così familiare, era
del Vermont? Stava per chiederglielo quando un flash arrivò
nella sua mente. Ecco dove l’aveva visto. –Ma tu sei il
tipo del bagno!- Disse ad alta voce, indicandolo.
-Quale bagno?- Le chiese lui perplesso.
-Il bagno dell’autogrill! Eri lì a … - Si
bloccò di colpo notando lo sguardo confuso dei lui, aveva forse
sbagliato persona?
Lui la scrutò per alcuni istanti e poi si portò una mano
dei capelli. –Ecco dove ti avevo vista. - sembrava sinceramente
imbarazzato. –E io che m’immaginavo cose più carine.
-
Dianne non riuscì a trattenere una risata e poi allungò
una mano verso di lui. –Mi chiama Dianne, comunque. -
-Theobald.- Disse lui orgoglioso. –Ma chiamami Theo.-
Theobald? Pensò lei mentre gli stringeva la mano. Ma che razza di nome era? –Carino. -
Theo sollevò lo sguardo verso la classe, impaziente.
–E’ sempre l’ultimo, Cristo. - borbottò
intercettando poi lo sguardo confuso di Dianne. – Parlo di un mio
amico, è sempre l’ultimo ad arrivare e l’ultimo ad
uscire. - Sbuffò.
Lei gli sorrise, stringendosi al petto i libri. –Io ora devo andare, è stato un piacere conoscerti Theo.-
Lui annuì appena. –Ci si vede in giro.-
Era solo il primo giorno e già aveva voglia di prendersi un anno
sabatico, si sentiva a pezzi e la voglia di dormire era alle stelle.
Lasciò ricadere le chiavi all’interno del portacenere
posto sull’ingresso e attraversò pigramente il corridoio,
dirigendosi in cucina.
Aveva una gran fame, quasi troppa, e anche se il suo stomaco
brontolasse non se la sentiva di riempirlo. Perché nonostante la
fame e il bisogno fisico, non sopportava l’idea di quello che
avrebbe fatto dopo, del disgusto che provava per se stessa ogni volta.
Il rumore di alcuni singhiozzi attirò la sua attenzione, qualcuno stava piangendo.
Dianne si guardò intorno confusa e mosse qualche passo avvicinandosi alla camera di Gwen. Silenzio totale.
Poi a quella di Nives. Altri singhiozzi.
Alla prima pensò di andare via, infondo non erano affari suoi,
non voleva sembrare invadente o impicciona, ma quando sentì i
singhiozzi farsi più frequenti, prese un lungo respiro e busso
alla porta della camera della coinquilina.
Avvertì il rumore di alcuni passi e poi si aprì un
leggero spiffero, dal quale era possibile intravedere solo una ciocca
di capelli di Nives.
-Io…- Mormorò tentando di formulare un discorso.
–Stai bene?- fu tutto quello che le chiese alla fine, non le
interessava cosa fosse successo ma solo sapere se lei stesse bene.
La sentì emettere un lungo sospiro ma Nives non rispose, scosse
solo la testa, facendo sfregare i capelli contro il legno della porta.
Dianne deglutì a vuoto. –Vuoi un bicchiere d’acqua o
ti preparo una bella tazza di thè? Mia madre mi diceva sempre
che niente coccola gli animi tristi come una bevanda calda. – Si
sforzò di sorriderle.
Nives a quel punto aprì la porta.
Gli occhi scuri erano del tutto arrossati, così come la pelle
del suo viso. Le guance erano rigate di lacrime, le labbra piene e il
naso rosso.
Dianne non aspettò una risposta. –Aspettami qui,
tornerò in un lampo.- Le sorrise dolcemente e lei annuì,
ritornando nella sua stanza.
Dopo aver scaldato l’acqua e sistemato le bustine
all’interno di due tazze fumanti, Dianne si diresse nuovamente da
Nives che intanto sembrava essersi calmata.
Le porse una delle tazze e si sedette sulla sedia della scrivania, di
fronte alla ragazza. –Ti va di parlarne?- Le chiese in un
sussurro.
Nives prese un generoso sorso di thè per poi sollevare lo
sguardo su di lei. –Ho litigato con la mia ragazza.
–sussurrò. –continuiamo ad avere problemi e la
distanza non ci aiuta.-
-Mi dispiace.- Mormorò Dianne, sincera.
-E che lei non capisce!- Esclamò Nives. –Non le sta bene
niente di me, allora io mi chiedo, perché non mi molla? Non
posso cambiare, io ho bisogno di qualcuno che mi ami per quello che
sono e non che stia lì a farmi l’elenco di tutte le cose
sbagliate che ci sono in me.- Tirò su il naso frustrata restando
in silenzio. – Inizio a pensare che abbia ragione.- disse infine.
-Ehi, no.- Sussurrò Dianne. –Non dire così.-
aggiunse poi alzandosi in piedi e portandosi di fronte alla ragazza.
–Tu sei perfetta così come sei, non è giusto che tu
ti senta in questo modo, meriteresti una persona che ti faccia sentire
amata per quello che sei e non per quello che lei voglia che tu sia.-
Le disse con dolcezza. Ma quelle parole sembravano essere indirizzate
anche a se stessa, come avrebbe voluto qualcuno a dirle quelle cose
quando Austin la faceva sentire uno straccio. Quando lui le rifilava
una delle sue battute cattive.
Scosse la testa cercando di non pensarci.
Nives le sorrise con dolcezza. –Grazie Dianne, davvero.-
-Che fate?- Chiese Gwen entrando nella camera di Nives e nel vedere il
viso della ragazza e lo sguardo di Dianne, le fissò confusa.
- Nives ha appena scoperto che lo smalto viola non le sta bene.- Annuì Dianne convinta.
- Ti prego, è ancora una ferita fresca per il mio animo sensibile.- Rispose drammaticamente l’altra.
Gwen sorrise e tirò fuori dalla tasca un volantino. –So io
come curare queste ferite dell’animo.- porse felice il volantino
alle ragazze davanti a lei. – Le matricole sono come il tallone
di Achille dei veterani, e visto che la qui presente vuole un po’
di carne fresca. –Fece una pausa alzando uno sguardo malizioso.
–Quale posto migliore di una bella festicciola di inizio anno?-
Dianne lisciò con le mani il tessuto del vestitino che aveva
indossato. Era un abito smanicato, del suo colore preferito, blu, aveva
la vita alta e la gonna corta le ricadeva sulle gambe lasciando
intravedere dei balzi di tulle, dello stesso colore del vestito. Lungo
lo scollo a barca c'erano ricamati con filo argentato dei ghirigori,
che arrivavano fino poco più sopra del seno. Per quanto amasse i
tacchi, quella volta decise di indossare le sue amate ballerine nere.
Uscì dalla stanza, ritrovandosi Nives e Gwen a bisticciare per
chi dovesse usare lo specchio, per poi spiaccicarsi a guancia a
guancia, tentando di truccarsi velocemente.
Ne approfittò del momento per chiamare Austin.
Aveva quasi paura a comporre il suo numero, non lo aveva chiamato e in
realtà più dalla voglia di sentirlo era mossa dal dovere.
Così strinse il telefono tra le mani e compose il numero.
-Dianne! Finalmente. – Esclamò la voce dall’altro lato.
- Scusami se non ti ho chiamato prima.- Sussurrò prendendo a
giocare con il tessuto del suo vestitino. – Tra le cose da
sistemare e il primo giorno di lezioni, non ho avuto un minuto.-
-Tranquilla. – Le rispose lui dall’altro lato, la sua voce
era immersa nel silenzio. –Domani anch’io parto per
Providence.-
Era domani? Dianne lo aveva completamente dimenticato. –Sì
ricordo.- gettò lì mentre sollevava lo sguardo in
direzione del bagno, vedendo che le due lo avevano liberato.
–Senti Austin io dev…-
-Dianne.- La interruppe lui. –Mi manchi.- le disse dolcemente.
Un sorriso le si formò sulle labbra. –Anche tu.-
-Sarà dura ma ce la faremo, siamo fatti per stare insieme, lo sai.- le sussurrò.
Lei si morse nervosamente il labbro inferiore annuendo appena, ma poi
capì che lui non poteva vederla. –Già.- Rispose
soltanto.
-Bene, ora vai.- E Dianne immaginò che stesse sorridendo. –Ti amo.- aggiunse.
-Anche io.- Mormorò lei. –Buonanotte.-
E staccò.
Ebbe bisogno di alcuni istanti per riprendersi da quella telefonata, un
secondo prima temeva di non provare più gli stessi sentimenti
per lui e l’attimo poco ne sentiva la mancanza. Per quale assurdo
motivo tra loro doveva essere sempre così? Perché doveva
essergli così legata?
Si alzò dal divano entrando nel campo di viso di Gwen e Nives.
-Non ti sei ancora truccata?!- Esclamò la seconda.
- Sei sempre la solita ritardataria! – La rimproverò l’altra.
Dianne le fulminò con lo sguardo. –Toglietevi, prima che
la mia ira si abbatta su di voi.- scosse la testa, accennando un
sorriso e entrò in bagno, sentendo le risate delle altre due
attraverso la porta.
Dopo una decina di minuti, per quanto avesse tentato di fare in fretta, aveva finito.
Gli occhi marrone dorati erano risaltati dall'ombretto color argento
che sfumava e s’incontrava con varie tonalità di nero, le
ciglia sembrano incredibilmente lunghe e folte e una linea nera di
eyeliner definiva l'occhio. Le guance comparivano leggermente arrosate
e la sua pelle sembrava perfetta. Ah, i miracoli del fondotinta,
pensò.
-Andiamo donzelle?- Disse uscendo dal bagno e raccogliendo dall’appendiabiti una giacca.
-Okay, se ve lo chiedono, mi chiamo Ginevra.- Disse Gwen convinta.
- Va bene e io sono… mhhh, fammi pensare.- Nives si portò
due dita sotto il mento. - .Kym!- Esclamò battendo le mani.
- Tu?- Le chiesero all’unisono.
-Dianne?- Azzardò lei.
Gwen sollevò gli occhi al cielo. – Ti serve un nome falso, non vorrai che un maniaco prendesse a perseguitarti.-
-Come sei drammatica- Commentò Dianne mentre sistemava i bottoni della giacca. –Mh, Jane? –
-Andata.- Gwen le fece l’occhiolino entusiasta.
-Ricordatevi, io sono Ginevra.- Ripete Gwen per l’ennesima volta
mentre attraversavano il cancelletto della casa dove si teneva la
festa. Il giardino era pieno di persone impegnate a strusciarsi tra
loro, in un lato c’era la console del Dj e all’altra
estremità un barman che sembrava servisse qualsiasi tipo di
alcool ci fosse in circolazione.
-Adoro questa canzone!- Esclamò Nives prendendo a muovere la testa a ritmo di musica.
-Vi va di bere qualcosa?- Chiese Dianne a voce alta alle altre due.
-Io mi affido alla tua fantasia. – rispose Nives mentre Gwen scuoteva la testa energicamente.
-Lo sai, sono astemia, quindi se proprio vuoi una Sprite bella fresca.- le disse poi.
-Va bene.- Urlò Dianne. –Torno subito.- mimò con le labbra e si voltò.
-Dianne!- Esclamò un ragazzo finendole quasi addosso. –Oggi ci s’incontra sempre così.-
-E addio nome in codice per Jane.- Borbottò Gwen alle sue spalle.
-Theo!- Rispose lei. –Anche tu qua?-
-Io qua ci vivo.- disse lui, accennando una risata.
Dianne si voltò verso le amiche, indicando con una mano il ragazzo. -Ragazze lui è…-
-Theobald.- La interruppe lui. –Ma se proprio volete chiamatemi Theo.-
- Ma che razza di nome è?- Commentò senza pensarci Gwen.
-Gwen!- La rimproverò Nives.
-Volevi dire Ginevra.- Mormorò lei a denti stretti.
-Già….Pft, che Gwen, Ginevra, lei è la mia cara amica Ginevra. E io sono Kym.-
Sia Dianne che Theo alzarono un sopracciglio.
Theo scosse la testa per poi stringere tra le mani il bicchiere di
carta. -Bene, vado a fare un giro tra gli ospiti, ci si rivede in giro
ragazze.- Rivolse alle tre un sorriso e si allontanò.
-Siete due idiote.- Commentò Dianne non riuscendo a trattenere una risata.
-Tutta colpa di Kym che non ricorda nemmeno il nome della sua coinquilina!- Sbruffò l’altra.
-Dianne, prendimi da bere, ti prego, sto per morire.- Disse drammaticamente Nives.
-I soliti alcolizzati piagnucolosi.- Ribatté Gwen.
Dianne rise, per poi allontanarsi dalle due, dirigendosi verso il bancone dall’altro lato del giardino.
-Cosa posso servirti?- Le chiese il barman.
Dianne inclinò il collo leggendo le scritte sui vari liquori.
Stava morendo di fame, questo era un punto a sfavore per
l’alcool, a stomaco vuoto le sarebbe subito andato in testa.
Però l’alcool l’aiutava a controllare quello
stimolo. –un Chupito rum e pera e altri due solo rum.- disse
pensierosa al barman.
Lui la servì velocemente, posando i quattro bicchierini sul bancone.
Dianne prese tra le mani uno dei tre shottini assoluti e lo bevve
velocemente, assaporando la sensazione di bruciore che le si
formò lungo la gola. Aprì e chiuse gli occhi velocemente,
sentendoli leggermente lucidi e prese tra le dita gli altri bicchieri,
voltandosi nella direzione di Nives e Gwen.
Le due stavano ballando seguendo il ritmo martellante di una canzone
che lei più volte aveva sentito in radio. –Ecco a te,
Kym!- Esclamò passando sia il bicchierino di succo che quello di
rum a Nives.
-Tu ti sei dato all’assoluto?- Chiese Gwen vedendo solo il
bicchiere di Rum tra le dita di Dianne. –E ti sei dimenticata la
mia Sprite.- Sbuffò.
Lei le sorrise senza risponderle e tracannò anche il contenuto dell’altro.
-Oh, riecco le mie ragazze!- Esclamò Theo arrivando alle spalle di Gwen e Nives, circondandole con le braccia.
-Oddio, ma questo è già tornato.- Borbottò Gwen infastidita.
- Lo so che ti sono simpatico, principessa.- Disse lui euforico.
-Ma è ubriaco?- Chiese Dianne.
-Non qui la domanda è un’altra, ma questo ha tutti i neuroni al suo posto?- Ribatté Gwen.
-Tu per caso ti ricordi come si chiama?- Chiese Nives, tentando di
incrociare lo sguardo di Gwen, nonostante ci fosse tra loro il corpo di
Theo.
-Si chiama Theobald e da ubriaco tenta ad essere un po’ molesto.- Commentò una voce roca alle spalle di Dianne.
Lei strinse gli occhi, l’aveva riconosciuto eccome, aveva quel
tipo di voce che anche solo leggere la lista della spesa diventava una
poesia.
Prese un respiro e si voltò nella sua direzione, ritrovandosi
subito ad osservare i suoi occhi azzurri, tra le labbra stringeva una
sigaretta, che gettò a terra, calpestandola con i piedi.
-Sì, non trovate che Theobald, sia un nome fantasticoso?- Disse Theo tutto allegro.
-Dai amico, andiamo a farci due passi.- Disse il ragazzo superando Dianne e prendendo Theo per le spalle.
Lei non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, si sentiva
profondamente idiota ma quel ragazzo attirava il suo sguardo come una
calamita.
-Ah beh, quel tipo è proprio tosto.- Commentò Nives.
-Tosto?- Chiese Dianne.
-Figo, non è un modo di dire che usate?-
-Sì, ma pensavo che tu fossi…-
-Lesbica? Lo sono, ma i miei occhi funzionano perfettamente e fidati, in questo momento stanno funzionando. -
Ed ecco il secondo capitolo, spero vi sia piaciuto.
Lo so che non ci sono ancora eventi sfavillanti, ma sto cercando piano
piano di presentare prima tutti i personaggi! Spero che vi piaccia,
fatemi sapere cosa ne pensate, sono molto contenta di sapere il vostro
parere!
Ringrazio chiunque abbia recensito lo scorso e primo capitolo, un bacio <3
Ho rifatto anche il banner, vi piace? asdfg <3.
-Farawayx
P.s. Per questo capitolo non ho potuto contare sulla mia beta, quindi,
nel caso ci siano degli errori, non fate problemi a farmeli notare. :)
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3; Spectrum. ***
Capitolo3
«Se solo potessi raccogliere un po’ di quelle briciole dell’anima,
forse potrei comporle in un mosaico completo e capirei finalmente qualcosa,
il principio che mi mantiene unito, non credi? »
▪David Grossman▪
◊ CAPITOLO III ◊ Spectrum .
Dianne
chiuse leggermente gli occhi. I raggi del sole che attraversavano le
foglie dei rami, creavano strane ombre sul suo viso, andando ad
accecarla più volte.
Dopo aver terminato la prima, e lunghissima, lezione di storia
medievale, aveva deciso di riposarsi distesa sotto uno degli enormi
alberi, sparsi in quasi tutte le zone verdi del campo. Quel giorno,
nonostante le basse aspettative, era trascorso nel modo più
tranquillo, Austin non si era ancora fatto sentire e non aveva ancora
intravisto né Gwen né Nives, entrambe finalmente
impegnate in qualche lezione.
Mentre il suo iPod passava una delle ultime canzoni dei Coldplay, lei
sfogliava, totalmente immersa, le pagine di un libro che aveva preso la
mattina in biblioteca.
Quando aveva messo piede in quel posto, si era sentita subito a casa.
Il silenzio, l’odore della carta, i vari tavoli illuminati da
lampade verdi con disegni dorati. Tutto in quel posto sembrava
così vecchio, perfino la collezione di microscopi che era
esposta con orgoglio in una bacheca all’interno della biblioteca.
Aveva vagato davvero a lungo tra i vari scaffali alla ricerca di
qualcosa che non fosse stato scritto da Matusalemme e alla fine aveva
optato per un libro di David Grossman. Non sapeva il perché di
quella scelta ma quando il suo sguardo si era posato sul titolo, una
scossa l’aveva percorsa, creando un contatto tra lei e quel
volume.
“Che tu sia per me il coltello”, Dianne lesse nuovamente il
titolo di quel libro, mentre lasciava scorrere le dita sulla copertina,
studiandola per l’ennesima volta.
-E quando crolliamo, che crolliamo, crolliamo da soli dentro le stanze.
E uno che viene da fuori non lo direbbe mai, a vederci, che teniamo su
una compagnia di trenta persone e beviamo Lambrusco e diciamo cazzate,
non lo direbbe mai che diamo i pugni al muro, quando torniamo a casa. -
Lesse sottovoce, stringendo con forza le dita contro il libro.
Quella frase le sembrava una finestra aperta su se stessa, sul suo essere così nascosto e deteriorato.
Perché infondo era vero, tutti indossavamo delle maschere,
questo era ovvio, ma pochi erano davvero costretti a recitarne la parte
ventiquattro ore su ventiquattro. Era questa la cosa che
l’angosciava maggiormente, non riuscire a essere davvero se
stessa con qualcuno, non avere quella persona a cui potesse raccontare
anche il suo più sporco segreto. Aveva paura di aprirsi. Paura
di essere tradita, di turbare un equilibrio oppure che lo sguardo di
quella persona sarebbe cambiato nei suoi confronti.
-Cosa ci fai qui tutta sola?-
Una voce la costrinse a porre fine alle sue riflessioni e
sollevò velocemente il viso, sbattendo più volte le
palpebre per mettere al fuoco il volto del ragazzo che era in piedi
difronte a lei.
–Ehi, Theo.- Gli rivolse un sorriso.
-Leggi?- Le chiese indicando con un cenno della testa il tomo che lei aveva appoggiato tra le ginocchia fasciate dai jeans.
Dianne annuì lentamente, tentando di nascondere con le proprie
gambe il volume. Non che se ne vergognasse, però quando si
ritrovava a scoprire un libro che le scavava così tanto dentro,
si sentiva violata nel condividerlo con qualcuno.
-Già. - Disse con tono vago. –Tu invece, ti sei ripreso dall’altra sera?-.
Theo fece una piccola smorfia e si lasciò ricadere sul
terriccio, sedendosi di fronte a lei. –Ho ancora mal di testa. -
fece una pausa mente stringeva tra le dita alcuni ciuffetti
d’erba. –Mi dispiace per aver importunato te e le tue
amiche, non che me lo ricordi, però mi è stato riferito.
-
Dianne accennò una risata, poggiandosi totalmente con la schiena
contro il tronco dell’albero. –Tranquillo, non hai fatto
niente di che. - sollevò lo sguardo verso di lui, diventando
improvvisamente seria. –Theo, posso dirti una cosa?-
Lui sorpreso dal suo tono di voce, annuì confuso. –Cosa?-
Lei chinò il volto, arrivandogli vicino, come se stesse per
sussurragli un segreto -Lo sai che Theobald è proprio un nome fantasticoso?- Disse seria per poi scoppiare a ridere.
-Fanculo.- Borbottò lui distendendo le labbra in un sorriso.
–In mia difesa posso dire che non avevo mai bevuto così
tanto. –Strinse le braccia al petto.
-Poverino. - Disse lei, continuando a ridacchiare.
Qualcosa oltre la spalla di Theo attirò gli occhi di Dianne, li
sollevò lentamente e il suo sguardo finì immediatamente
su di un ragazzo alto, con le spalle larghe, jeans scuri e una camicia
blu che faceva risaltare maggiormente il colore dei suoi occhi.
Iniziava seriamente a preoccuparsi, sembrava aver il radar, ogni
qualvolta una strana sensazione s’impadroniva di lei, bastava
alzare lo sguardo per capire da cosa fosse provocata. Si sentiva sempre
più sciocca, ben presto avrebbe ricevuto un ordine restrittivo
per stalking da parte di qualche giudice.
Il ragazzo non andò nella loro direzione, si fermò non appena intercettò lo sguardo di Theo.
-Bene, il mio amichetto del cuore è finalmente arrivato. - Disse
lui mentre si alzava in piedi. –Non so come faccia, però
è sempre costantemente in ritardo. - Borbottò passandosi
le mani sui pantaloni, ripulendoli dall’erba. –A dopo
Dianne. –
Theo le rivolse un sorriso gentile e si voltò, incamminandosi in
direzione di Occhi blu- Ormai così soprannominato- che lo
aspettava spazientito, lungo il viale.
Dianne rivolse un sorriso a Theo, seguendolo per alcuni istanti con lo
sguardo. Occhi blu sembrava ascoltare annoiato qualcosa che Theo era
intento a raccontare, gesticolando come un forsennato.
Lei abbassò lo sguardo, raccogliendo tutte le sue cose e
rimettendole nello zaino, dando un’ultima occhiata ai due mentre
si rimetteva in piedi. Nello stesso istante Occhi blu alzò gli
occhi nella sua direzione e i loro sguardi s’incrociarono. Lui
non lo distolse, anzi, alzò l’angolo delle labbra in un
mezzo sorriso, lasciando trapelare nel suo sguardo una strana luce,
come se tutto quello lo divertisse.
Dianne percepì un brivido risalirle lungo la spina dorsale e
colta in flagrante, distolse immediatamente l’attenzione,
fingendo di trovare super interessante un cartello che diceva
“non calpestare le aiuole”.
Si morse nervosamente il labbro e si girò rapidamente dal lato
opposto, muovendosi velocemente in direzione del viale principale,
prima che qualcuno avesse potuto notare il rossore, che per la
vergogna, le si era formato sulle gote.
Non ebbe nemmeno il tempo di fare un passo che il suo telefono
squillò. Inizialmente fu una vera e propria impresa tirarlo
fuori dalla borsa senza fondo che portava al collo, l’aveva
riempita di talmente tante cose ed era anche consapevole che non le
sarebbero nemmeno servite.
Osservò lo schermo e vide comparire il nome di Jude.
Jude era la sua migliore amica di sempre, la loro amicizia era iniziata
quasi per caso anni prima. Sin da bambina Dianne era sempre stata una
persona molto introversa, aveva difficoltà a stringere rapporti
di amicizia e questo provocava in lei un forte senso di solitudine. Con
Gwen era sempre stato facile, da una parte non aveva paura a mostrarsi
per quello che era grazie al legame di parentela che le univa, alla
fine quel legame non si sarebbe mai potuto spezzarlo.
Fu quando pensava di non poter mai avere un’amica come tutte le
altre ragazzine che incontrò Jude. Lei era diversa dal resto,
completamente. Era ingenua e cristallina, Dianne si fidava di lei
ciecamente, quella ragazza era priva di ogni tipo di malizia, sembrava
provenire da un altro posto.
Nonostante la sua natura introversa, però, Dianne era sempre
stata una tipa protettiva, non le importava niente e non aveva
difficoltà a imporsi a qualcuno, era “una timida non poi
così timida” le diceva sempre Jude. E Dianne sentiva di
doverla proteggere, più come sorella maggiore che come amica.
Ci mise pochi istanti per rispondere, portandosi il telefono in prossimità dell’orecchio.
-Non dirmi che ti sei già dimenticata di me!- La canzonò l’altra.
Dianne sorrise. –Ciao anche a te, Lolla. -
La sentì lamentarsi. –Non chiamarmi così, sembra il nome di una mucca. - borbottò l’altra.
Jude aveva la sua stessa età, però non aveva potuto
diplomarsi con lei. Qualche anno prima era stata male, sveniva di
continuo e non mangiava più, l’unica cosa di cui si cibava
era l’adorato budino che le preparava sua madre. Dianne si era
spaventata da morire quando le avevano detto che la sua amica era stata
portata d’urgenza in ospedale, nessuno riusciva a capire la causa
dei continui malori, fin quando, dopo mesi e mesi, un medico le aveva
diagnosticato che una parte del suo cervello non funzionava al cento
per cento come le altre, bruciava troppo in fretta gli zuccheri,
provocandole quei malesseri.
Jude non aveva potuto frequentare la scuola per quasi due anni, quindi
si era ritrovata fuori corso, però ora stava meglio e aveva
ripreso a frequentare da dove si era fermata.
- Westfield è una noia senza di te.- Continuò Jude. –L’altro giorno ho visto Austin.-
-Sta bene?- Chiese istintivamente Dianne.
-Ni.- Rispose l’altra. –Cioè, non mi sembrava così a lutto.-
-Non ha motivo per esserlo, mica sono morta.- Storse il naso.
-Lo so, però un minimo di tristezza uno dovrebbe averla, non credi Dìdi?-
Dianne sospirò. –Mi manchi da morire, sì qui ho
Gwen e la nostra coinquilina è stupenda, però se ci fossi
tu, sarebbe tutto perfetto.-
-Non pensare che non verrò a trovarti!- Esclamò Jude.
–Anche io vorrei essere lì con te, ma visto che ho il
cervello deficiente devo stare ancora qua.-
Dianne sorrise, però avvertì qualcosa di strano nella
voce di Jude, sembrava allegra, ovvio, però c’era qualcosa
che non andava. –Jude, stai bene?-
L’altra si zittì per un solo istante. –Come fai?-
-A fare cosa?- Chiese lei confusa.
-A capirlo sempre.- Sussurrò Jude. –Mi sa che ho fatto un guaio.-
-Che hai combinato?- Chiese nuovamente Dianne, allarmata.
-Non a telefono, preferisco dirtelo di persona.- Mormorò.
–E fidati, dovrò portarti una museruola per non farmi
uccidere.-
-C’entra Austin?-
-Che????!!! Ma sei pazza.- Urlò Jude dall’altra parte.
–Sarà anche un bel pezzo di ragazzo ma io non faccio mica
ste cose.-
Dianne tirò un sospiro di sollievo. –Va bene, allora vedi di stare bene e venire a trovarmi presto.-
-Più presto di quanto immagini.- Sussurrò l’altra.
Dianne riattaccò il telefono ancora perplessa e la sua camminata
terminò in prossimità della mensa. Lo stomaco ruggiva
come un leone e la testa le sembrava leggera, tutto questo portava solo
a una cosa: calo di zuccheri imminente.
Si sforzò di pensare che questa volta sarebbe stato
diverso, infondo non mangiava un granché da molto, quindi un
pasto completo non poteva essere così dannoso, no?
O sì? Ma nella sua mente riusciva a pensare solo al cibo, era un
pensiero fisso e per quanto tentasse di distogliere la sua attenzione,
concentrandosi su altro, quello le ritornava in mente come un uragano.
Stanca di questa lotta con se stessa, varcò le porte della mensa
e si avvicinò agli espositori, studiando con lo sguardo ogni
pietanza che offrivano quel giorno. Prese un piatto di pasta al sugo,
delle melanzane ripiene e un po’ di insalata.
Non mangiò. Divorò ogni cosa.
Nonostante il suo stomaco chiedesse pietà, lei continuava a
mangiare. Nonostante non assaporasse nulla di tutto quello, lei
continuava a prendere altra roba dall’espositore.
-Ti piace proprio tanto quello che cuciniamo qua, eh?- commentò
sorridendole una delle cuoche mentre le passava quello che era il suo
terzo vassoio.
E fu in quell’istante, grazie a quelle parole, che tornò lucida.
Cosa diavolo aveva fatto? Tutti i sacrifici del giorno precedente era
finiti nella spazzatura, tutto il tempo a non mangiare neanche una
mollica di pane. Tutto era stato sprecato.
Con lo sguardo vuoto annuì appena e posò distrattamente il vassoio sul tavolo, lasciandolo lì.
Dianne era nel panico più totale, riusciva a pensare solo a una cosa. Doveva trovare un bagno.
Entrò in quelli della mensa, fortunatamente deserti, e si chiuse la porta alle spalle.
Quel posto era sudicio, il forte odore le provocava già dei
conati, senza dover usufruire dell’ausilio delle due dita. Ci fu
però un’instante.
Un solo momento.
Un momento in cui Dianne fissò la tazza di quel bagno
chiedendosi, perché era arrivata a quel punto e
soprattutto… come?
Represse le lacrime e con un movimento veloce portò
l’indice e il medio all’interno della sua cavità
orale lasciando che tutto scivolasse vita. Le lacrime e il senso di
colpa.
§
Gwen quel giorno si sentiva un po’ una vagabonda, in primo luogo
perché era stanchissima per via delle varie feste a cui prendeva
parte da due giorni e anche perché l’apatia le era entrata
nelle ossa.
Durante la prima lezione aveva preso appunti come una pazza, per poi
rendersi conto che erano cose che non le sarebbero servite a niente e,
imprecando, aveva gettato il pezzo di carta nel cestino.
Ora, invece, gironzolava all’interno del campus. Voleva esplorare.
Però quel suo esplorare, come previsto, era durato davvero molto
poco. La pesante cartellina, che si trascinava dietro da quella
mattina, le faceva pulsare la spalla, e si trovava a cambiarla di
braccio ogni istante, provandole un lieve sollievo che durava poco
più di tre secondi.
Il cielo ormai si era tinto di rosso e ogni cosa sembrava essere stata
circondata da un alone che la rendeva magica, quasi
s’incantò a osservare il paesaggio che le si mostrava
davanti.
In quel momento di distrazione, però, qualcuno di corsa le
urtò con violenza la spalla facendole cadere a terra la
cartella, e riversando tutto il suo contenuto lungo l’asfalto.
-Ma guarda tu questo deficiente!- Quasi urlò quando notò
che quello continuava a correre senza neanche preoccuparsi di averle
quasi staccato un braccio. –No ma tranquillo! Continua la tua
corsetta salutare, nessuno ha bisogno di aiuto!- Urlò e quando
notò il ridacchiare delle persone che le passeggiavano accanto,
chinò la testa imbarazzata, tentando di raccogliere le varie
cose cadute a terra.
Era così arrabbiata e nervosa che si sarebbe messa correre per
andare dietro a quel deficiente e rompergli la cartellina sulla testa.
E probabilmente lo avrebbe fatto se non avesse notato un ragazzo
chinarsi di fianco a lei per aiutarla.
Sollevò lo sguardo meravigliata e quando incrociò degli
occhi scuri, allargò i suoi per la sorpresa.- Oddio, il
molestatore ubriaco.- sussurrò.
Lui rise. –Buonasera anche a te, Ginevra.- Disse tranquillo
sottolineando con la voce il suo nome, mentre prendeva alcune penne
rimettendole all’interno della cartellina.
Gwen arrossì notando di aver pensato a voce alta. –Grazie,
Theobald.- Mormorò sincera, raccogliendo alcuni fogli. –E
comunque mi chiamo Gwen.- Aggiunse poco dopo.
-Gwen.- Ripeté lui come se stesse assaporando ogni lettera del
suo nome. – Te l’ho già detto, chiamami Theo.-
Aggiunse poi.
Gwen terminò di raccogliere gli ultimi fogli e si sollevò
in piedi, massaggiandosi la schiena. – Comunque i tuoi sono stati
proprio crudeli a chiamarti così. –Annuì convinta.
Theo scrollò le spalle. –A me piace come nome.- Si
sollevò anche lui, passandole le ultime penne che erano rimaste
a terra. –Nella mia famiglia è quasi un onore chiamarsi
così.- la informò.
-Ouh…- Disse lei sorpresa.- Quindi non sono i tuoi genitori a essere crudeli, lo erano i tuoi antenati.-
Lui rise, di nuovo. – Vuoi farmi venire dei complessi?-
-Ma ti pare.- Replicò lei, alzando le mani. –E
comunque…- Disse a voce bassa iniziando a muovere qualche passo.
-Comunque?- La incalzò Theo, girando il viso verso di lei.
-Non sei l’unico ad avere un nome imbarazzante. – Borbottò Gwen, guardandolo.
- Gwen è un nome normalissimo. – Constatò lui, camminando di fianco a lei.
-Gwen è il diminutivo di Gwendolyn.- Simulò un brivido.
–Ho sempre pensato che mentre sceglievano il mio nome i miei
genitori erano a un canna party.-
- Da persona che si chiama Theobald non posso giudicarti, Gwendolyn.- Annuì lui serio.
Lei inorridì. –Solo perché te l’ho detto non vuol dire che devi chiamarmi così!-
Theo accennò una risata. –Allora facciamo un patto.-
-Spara.- Gwen si fermò, voltandosi completamente verso di lui.
-Tu mi chiamerai sempre e solo Theo ed io dimenticherò il tuo vero nome.- Le sorrise.
Lei finse di pensarci su qualche istante.- Però, per essere uno
che ama follemente il suo nome sei strano, lo adori ma vuoi che nessuno
ti chiami in quel modo.- Commentò per poi portare lo sguardo
negli occhi di lui. –Ma comunque. –Allungò una mano
verso la sua. –Affare fatto e spero tu sia uno che onora i
patti.-
-Fidati di me, Ginevra.- Annuì stringendole la mano.
Lei scosse la testa accennando un sorriso e riprese a camminare con Theo al suo fianco.
§
Nives aprì la porta della biblioteca, lasciando che si chiudesse
da sola alle sue spalle. Non appena quella ritornò al suo posto,
si chiuse con un tonfo. Quasi tutti i presenti alzarono lo sguardo
nella sua direzione e la bibliotecaria la incenerì con gli
occhi, indicandole il cartello che diceva “Mantenere il
silenzio.”.
Lei arrossì violentemente, tentando di ignorare gli sguardi
infastiditi che le lanciavano i vari presenti, così
s’incamminò nel massimo silenzio lungo l’altra sala,
cercando di scorgere con lo sguardo la testa bruna di Dianne.
Era convinta che fosse lì, ormai era sera, Gwen le aveva scritto
un messaggio per avvertirla di essere già a casa, invece Dianne
l’aveva praticamente ignorata per tutto il giorno. Non che lo
avesse fatto con cattiveria o per qualche motivo, però, da
quella mattina lei non l’aveva più vista.
Conosceva da molto poco quella ragazza , però una cosa aveva
appreso, -dalla marea di libri che aveva passato una notte a riordinare
in ordine di grandezza- lei amava leggere.
E quale posto migliore di una biblioteca per cercare una lettrice dispersa?
La cercò un po’ ovunque, quasi strisciando sul pavimento,
visto che per ogni minimo urto riceveva sguardi glaciali e infastiditi.
-Dianne!- Esclamò istintivamente quando la vide con la testa china, intenta a leggere un piccolo libro.
Un coro di ‘shh’ si alzò da tutte le parti e Nives fece una smorfia, dirigendosi verso l’amica.
-Cosa ci fai qua?- Sussurrò Dianne, sinceramente sorpresa.
-Ti cercavo. Non ti ho vista per tutto il giorno e pensavo che
potessimo tornare a casa insieme. –Rispose a voce bassa.
–Gwen è già andata da un po’.-
Lei annuì lentamente, richiudendo il libro che aveva aperto davanti a se.
-Mi chiedo come tu faccia a leggere tanto, anche solo stare qui dentro
mi fa diventare claustrofobica. – Commentò Nives.
Dianne scosse la testa, accennando un lieve sorriso. Quello era un
tipico commento di chi non amasse leggere, loro non capivano cosa
significasse perdersi del tutto in una storia, nel conoscerne i
personaggi e provare affetto per loro. Sentirli tutti come se fossero
amici, lei non poteva capire. Spesso biasimava le persone
così, perché non sapevano che in ogni piccolo involucro
di carta, c’era un mondo.
I libri erano una delle poche cose meravigliose che gli uomini avessero fatto.
-Leggere mi fa evadere dalla vita reale.- Fu tutto quello che invece le rispose.
Nives scrollò le spalle annuendo incerta. –Io ci riesco grazie al mio amato Billie Joe.-
La mora inarcò un sopracciglio. -Billie Joe Armstrong, sai, il
cantante dei Green Day.- Aggiunse lei vedendo la sua faccia.
Dianne si alzò dalla sedia, sistemandola lentamente sotto il
tavolo. –So chi è, mica vivo con i dinosauri.-
Borbottò. –Vado a posare questo.- Indicò il libro.
–Tu aspettami nell’ingresso.-
Nives annuì e lei si voltò in direzione di uno degli
scaffali. Quella biblioteca era un po’ strana, i libri non erano
sistemati per categoria ma in ordine alfabetico.
Con la testa alta e lo sguardo totalmente fisso sui vari cartelli, si
addentrò nel labirinto di scaffali, fin quando non si
trovò vicino a quelli che iniziavano con la lettera
“C”, sollevò il tomo e cercò il punto in cui
andava inserito.
-Bel libro, vero?-
Dianne sobbalzò, colta di sorpresa e il volume le cadde dalle
mani, creando un pesante tonfo al contatto con il pavimento.
Sollevò lo sguardo sul proprietario di quella voce e le parole
le morirono in gola.
L’ormai soprannominato Occhi Blu se ne stava davanti a lei, lo
sguardo puntato sul suo viso e un mezzo sorriso sulle labbra.
–Non volevo spaventarti.- aggiunse poi a voce bassa, rendendola
ancora più roca e si chinò per raccogliere il libro,
soffermandosi poi a leggere il titolo. Chiuse un secondo gli occhi e
poi recitò a memoria. -Amore è il fatto che tu sei per me
il coltello col quale frugo dentro me stesso.-
Dianne lo osservò affascinata, stendendo le labbra in un
sorriso. –Lo hai letto anche tu?- Gli chiese mentre lui le ridava
il libro.
Occhi Blu annuì. – E’ un libro che da molto a cui pensare.- Commentò.
-Già.- Sussurrò lei, abbassando per alcuni istanti lo
sguardo sulle sue mani, quel libro era stato davvero un coltello, un
coltello che le aveva fatto capire quante cose sbagliate ci fossero tra
lei e Austin.
-Dianne, hai fatto la tenda qui dentro o sei stata risucchiata in
qualche libro?- La voce di Nives arrivò così
inaspettatamente che fece sobbalzare entrambi.
Lui si passò le dita tra i capelli, portando nuovamente lo
sguardo su Dianne, rivolgendole questa volta un vero sorriso, non come
quelli che gli aveva visto fare in precedenza. –Ti saluto,
Dianne.- Le disse a voce bassa. –Ci vedremo presto.-
Mormorò per poi voltarsi, dandole le spalle e incamminandosi
verso l’uscita.
Dianne sentì un brivido percorrerle il corpo e un moto di
delusione formarsi nello stomaco, come avrebbe voluto parlare un altro
po’ con lui.
-Mica ho interrotto qualcosa?- Chiese Nives seriamente dispiaciuta.
Dianne scosse la testa riportando l’attenzione sull’amica. –Figurati, non lo conosco nemmeno.-
-Eppure lo stai guardando come se fosse un bel pasticcino alla crema.- commentò l’altra.
-Ma cosa…- Strillò lei per poi abbassare subito la voce.
Ma chi era quel ragazzo? Perchè lo sentiva così affine?
Infondo non ne conosceva nemmeno il nome.
§
-Gwen siamo a casa, quindi se sei nuda, vedi di coprirti- Urlò
Dianne mentre apriva la porta con a seguito Nives che ridacchiava. Un
forte odore di cucinato le travolse entrambe, era giunta la fine del
mondo oppure davvero Gwen si era messa ai fornelli?
Entrambe avanzarono lentamente nella direzione della cucina, trovando
la coinquilina intenta cucinare per un esercito, i capelli legati in
una crocchia e il grembiule di Dianne che su aveva scritto “ La
mia migliore amica è una gallina. Mangeresti mai la tua migliore
amica?”
-Cosa stai facendo?- Disse lei lentamente, seguendo Gwen con lo sguardo.
-Mungo mucche.- Rispose Gwen sarcastica. –Sto cucinando, non è ovvio? E tranquilla, niente carne per te.-
-Beh, conoscendoti è più facile trovarti a mungere una mucca che a cucinare.- Commentò sincera Dianne.
-Ah ah ah, come sei divertente.- Borbottò l’altra mentre controllava la cottura della pasta.
-Scusa la domanda…- Azzardò Nives. -…ma ricordi
che in questa casa siamo solo in tre? No perché, qui ci
mangerebbero in dieci.-
Gwen sfoggiò un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
-Oh, no.- Disse allarmata Dianne.
-Cosa?- Chiese subito Nives.
-La sua mente malefica ha partorito qualcosa. – Si girò
verso Nives. –E sapendo come cucina male io andrei a prendere una
pizza.-
Gwen le lanciò un panino in testa e tutte tre scoppiarono a ridere.
-Allora…- Esordì Gwen schiarendosi la voce e iniziando a
giocare con i bordi del suo grembiule. – Conoscete tutti Theo,
vero?-
Dianne e Nives annuirono molto lentamente. – Continua.- Dissero insieme, confuse.
-Beh, una chiacchiera qui, un saluto lì, un caffè di là…-
-E il sesso qua?- Chiese Nives confusa. –OMMIODDIO, MICA SEI
ANDATA IN CAMERA MIA?! O SULLA LAVATRICE?! –Urlò come una
pazza. –Dianne prendi il disinfettate!-
-Oddio, no!- Esclamò Gwen in sua difesa. – L’ho solo invitato a cena da noi.-
Nives si portò una mano al petto tirando un sospiro di sollievo. –Ma non lo consideravi un maniaco?- Chiese poi.
-Uffa.- Sbottò Gwen. –E’ solo un’idea carina
per approfondire la nostra conoscenza, ci serve avere qualche amico
qua, no?-
Le due annuirono. –Sì ma Theo è uno, tu hai apparecchiato per…cinque?-
Gwen alzò una mano come per dirle di non preoccuparsi. –A quanto pare porterà un amico.-
-Oddio no.- Scattò Dianne.
-Cosa? Pensavo che Theo ti fosse simpatico.- Lei la guardò confusa.
-Il problema non è Theo.- Sussurrò l’altra. – Oh mamma, se si porta dietro Occhi Blu?-
-Chi è Occhi Blu?-Chiese Gwen voltandosi verso Nives, che
inizialmente alzò le spalle confusa quanto lei per poi allargare
gli occhi. –Ooooh, ho capito chi è Occhi Blu.- disse con
un sorrisetto.
-Te l’ho detto, non lo conosco nemmeno!- Sbottò Dianne.
-E allora perché ti preoccupi?- Disse Gwen, sbattendo le ciglia.
–Tanto tu sei super fedele al tuo adorato Austin.-
Dianne inclinò il viso, fulminandola con lo sguardo. - Crudelissima.-
-Sempre.- Rispose l’altra sorridendole. –Ora…-
Alzò lo sguardo in direzione dell’orologio. -
…Avete dieci minuti per preparavi o questo sarà il vostro
aspetto.-
Dieci minuti dopo, tutto quelle che Dianne avesse fatto era stato
sciacquarsi la faccia. I capelli scuri le ricadevano ordinatamente
sulle spalle e indossava ancora i jeans stretti, la maglietta azzurra,
il cardigan nero e le converse bianca che aveva dieci minuti prima. Non
sentiva la necessità di mettersi in tiro, infondo era solo una
cena tra amici.
Ma quando aprì la porta della cucina, si pentì di non
essersi cambiata. Gwen indossava una gonna a vita alta a ruota color
salmone, una cintura di cuoio le stringeva la vita e una canotta
bianca, completava il tutto. Ai piedi aveva dei tacchi vertiginoso che
risaltavano il suo punto vita e le gambe snelle.
Dianne si sentì una barbona come non mai. Tirò un sospiro
di sollievo solo quanto vide Nives che, come lei, aveva addosso i
stessi vestiti di prima e i capelli legati in una coda.
-Perché tu sembri uscita da una rivista di moda e noi due invece
assomigliamo alle sorellastre brutte di Cenerentola?- Commentò
lei.
-Io vi avevo detto di cambiarvi.- La canzonò Gwen.
-Ma è una semplice cena.- le ricordò Dianne.
- Come siete noiose.- Sbruffò l’altra sollevando gli occhi
al cielo e sia Nives che Dianne, inarcarono un sopracciglio.
La conversazione fu interrotta dal suono del campanello. Gwen stava per
precipitarsi alla porta ma Nives la precedette. –Resta qua che se
corri su quei tacchi finisci per essere ricoverata a ortopedia.-
Dianne non riuscì a trattenere un sorriso mentre disponeva le
posate sui fazzoletti che, in precedenza, Gwen aveva sistemati
diligentemente.
La voce di Theo riempì la stanza, sembrava che stesse tornando a
casa sua, per la nonchalance con cui entrò e si precipitò
in cucina.
-Buonasera mie signorine.- Disse, rivolgendo un sorriso sia a Gwen che a Dianne.
-Perché ogni tanto non cambi repertorio?- Commentò una
voce alle sue spalle e poco dopo comparì il viso di Occhi Blu.
Theo sbuffò, come colto sul fatto. –Comportati bene e non farmi pentire di averti portato.-
-Ma se mi hai trascinato qui di peso.- rispose l’altro e Theo lo
fulminò con lo sguardo, per poi voltarsi verso Gwen. –Stai
davvero benissimo.-
-Sì lei è fantasticosa e noi altre siamo le barbone con cui divide la casa.- Disse Nives, superando i due.
- Smettetela di dire tutti quella parola.- Piagnucolò Theo.
-Quale?- Chiese Dianne. –Fantasticoso? Ma come, è un termine così bello. –
-Perché siete così cattive con me? Cosa vi ho fatto?-
Disse teatralmente l’altro, portandosi una mano sul petto.
-Dai mangiamo, che sto cucinando da un casino!- Disse Gwen gesticolando con una cucchiaia in mano.
Dianne si avvicinò ai due, prendendo sia la giacca di Theo che il giubbotto di pelle dell’altro.
Si morse appena l’interno della guancia mentre lui distrattamente
se lo sfilava per poi passarglielo, non riuscendo più a
trattenersi. –Scusami, penso che mi sia sfuggito il tuo nome.-
gli disse, tentando di non guardarlo negli occhi, erano troppo azzurri
e si sarebbe trovata a fissarli come una cretina.
Lui inclinò il viso, sollevando l’angolo delle labbra.
– Infatti non te l’ho detto.- Le rispose mentre accennava
sorrisetto.
Dianne pensò che quella era proprio una faccia da schiaffi, si
sentiva prudere le mani davanti a quel ghigno che lui sfoggiava
ventiquattro ore su ventiquattro.
-Cam! Vieni ad aiutarmi!- Strillò Theo dalla cucina.
Lui fece una smorfia. –Beh, fino ad ora.- commentò, per poi andare nella direzione dell’amico.
Cam. Ripeté Dianne nella sua mente, era quello il suo nome. Cam Carter.
Buonasera a tutte! Grazie per ogni recensione che mi lasciate, siete davvero stupende e dolcissime! <3
Questo capitolo
l’ho dovuto dividere in due parti, era uscito troppo lungo, vi
sareste addormentate a leggere venti pagine di word in una volta
hahaha, fidatevi di me!
Allora, svelata l’identità di Occhi Blu, ben presto accadranno cose davvero elettrizzanti!
Qui resta con me e vediamo insieme cosa ne sarà di questa storia :)
Fatemi sapere cosa ne pensate <3
P.s. Per questo capitolo non ho potuto contare sulla mia beta, quindi,
nel caso ci siano degli errori, non fate problemi a farmeli notare. :)
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Capitolo 4 *** Capitolo 4; And the night is takin’ over. ***
capitolo 4
«Ho divorato il tuo viso, quella sera.
Ti ho visto forse per cinque minuti, ma quei cinque, lunghi minuti ti hanno impressa in me,
e già ti conosco a memoria.»
▪David Grossman▪
◊ CAPITOLO IV ◊ And the night is takin’ over.
Dianne
scrollò le spalle, dirigendosi anche lei nella cucina,
ritrovandosi Cam con lo stappa bottiglie in mano, intento a far girare
le dita, per penetrare maggiormente il tappo di sughero.
Aveva una sigaretta tra le labbra e i capelli scuri gli ricadevano
davanti agli occhi. –Vi da fastidio se fumo dentro?- Chiese poi.
Nives scosse la testa. –A me no, ma che io sappia loro due non
fumano, quindi se vuoi puoi andare sul mio balcone, solitamente io fumo
lì.-
Il ragazzo annuì, mentre si avvertì il ‘plop’
del tappo e la bottiglia che veniva finalmente stappata.
Theo gli arrivò vicino riempiendo velocemente alcuni bicchieri. –A cosa brindiamo?- chiese.
-Alle nuove conoscenze, alle nuove amicizie e..- Gwen fece una pausa
posando per alcuni instanti lo sguardo su Dianne. -.alle nuove
esperienze.
Tutti strinsero tra le dita i bicchieri, alzandoli verso l’alto e
dopo aver fatto tintinnare il vetro nel contatto, tracannarono il
contenuto.
-Tu non eri astemia?- Chiese Nives a Gwen.
Lei annuì. –Sì, ma allo spumante non si dice mai di no.-
Theo sorrise, andandole vicino e iniziando una conversazione tra loro
che, sinceramente, a nessuno degli altri presenti interessava.
-Dee, mi fa compagnia?- Cam indicò con lo sguardo la sigaretta, facendola roteare tra le labbra.
-Parli con me?- Chiese Dianne, portando istintivamente una mano sul ciondolo che aveva al collo.
-E chi altri?- Disse lui come se lei stesse confermando l’ovvio.
- Mi chiamo Dianne.- Puntualizzò, muovendo un passo nella sua direzione.
-Lo so.- Replicò Cam e sollevò gli occhi azzurri in
quelli nocciola di Dianne. –Allora, mi fai compagnia o no?-
ripeté.
Dianne lo osservò per alcuni istanti, leggermente combattuta, per poi annuire.
Lo guidò in direzione della camera di Nives, totalmente immersa
nel buio e lei si sporse verso la finestra che dava sul terrazzino,
aprendola.
-Questa sembra la camera di mia sorella. - Commentò lui
guardandosi intorno. Il suo viso era oscurato in più punti,
perfino gli occhi sembravano più chiari di quello che fossero.
-E’ una fan sfegata dei Green Day.- Gli spiegò Dianne, ritornandogli vicino.
-Se andassi nella tua stanza cosa troverei?- Le chiese Cam, girandosi nella sua direzione, guardandola.
-Perché dovresti?- Replicò lei.
-Sai Dee…- Disse piano lui sfilandosi la sigaretta dalle labbra.
–… Dalla camera di una persona si può capire molto
della sua personalità. Del suo modo di essere. -
- E dalla stanza di Nives cosa riesci a capire?- Mormorò lei.
Cam inclinò il viso e fu come se il suo sguardo la penetrasse in
profondità. –E’ una persona allegra, scherzosa e che
capisce l’ironia. Non si arrabbia mai, però se lo fa penso
che sia meglio starle alla larga per un po’. –
recitò come se stesse dicendo un copione, poi fece una pausa.
–Mentre…-sussurrò e la sua voce divenne ancora
più roca. -…Se andassi nella tua camera sono sicuro che
troverei libri ovunque. -
Dianne sorrise appena. –Non ci vuole un genio, oggi mi hai trovata in una biblioteca. -
Lui scrollò le spalle scostandosi e dirigendosi verso il
balcone. Dianne lo seguì e quando Cam accese la sigaretta,
tentò di non tossire per il fastidio del fumo.
Se ne stava in silenzio, totalmente concentrato a fumare, premendo le
labbra contro quel sottile bastoncino di tabacco, ispirando
profondamente il fumo per ricacciarlo poco dopo.
Aveva le spalle leggermente ricurve appoggiate contro la parete che
delineava lo stretto terrazzino, l’altra mano era scivolata
all’interno della tasca dei jeans e la maglietta bianca faceva
risaltare il colorito ambrato della sua pelle. Gli occhi erano
totalmente persi nel vuoto, fissava un punto a caso ma con la mente era
distante. Quando li sollevò fu come se si rendesse conto solo in
quel momento che Dianne fosse lì con lui, quindi, sollevò
il viso e la osservò con lo sguardo.
Lei si sentiva in imbarazzo, non solo per il silenzio così
pensante, portandosi a domandare perché lui le avesse chiesto di
andare lì se ora stava muto come un pesce. Ma anche per quello
sguardo così penetrante che sembrava scavarle dentro.
Si morse appena le labbra, tentando di fare conversazione.
–Allora…- Esordì. -…che corsi frequenti?-
Cam spostò lo sguardo su di lei. –Tecnicamente sono al terzo anno di lettere. -
-E praticamente?- Chiese lei sinceramente incuriosita.
Lui sorrise, come se quella domanda lo divertisse. –e
praticamente… - Ripeté facendo cadere un po’ di
cenere nella terra del vaso di Nives. - …mi cimento nel dolce
far nulla. -
-Come mai?- Replicò Dianne, infondo per frequentare una scuola
così bisognava per forza avere una certa media, oppure eri fuori
in un battito di ciglia.
-Come siamo curiose Dee. - Rispose lui.
- Non volevo essere invadente. - Si scusò la ragazza.
Cam la fissò e Dianne sentì il suo sguardo così
pesate che fu costretta a distoglierlo. –Rientriamo, ti va?- si
limitò a risponderle e lei annuì.
Erano appena entrati in cucina quando Dianne sentì il proprio
telefono squillare all’impazzata, aveva dimenticato di togliere
la suoneria quindi era possibile udirlo anche dalla casa del piano
terreno.
-Devi proprio rispondere?- Le chiese Gwen mentre riempiva uno dei piatti con della pasta.
-Controllo chi è.- Rispose lei distrattamente dirigendosi nella
propria stanza e estraendo il cellulare che era stato sepolto tra i
cuscini.
“Austin”, la scritta e la sua foto comparivano sullo
schermo. Dianne lo fissò per alcuni istanti, incerta sul
rispondere o meno.
-Se non rispondi vengo lì e getto quell’aggeggio malefico dalla finestra. - Strillò Nives.
Lei sbuffò e premette sul tasto verde. –Ehi. - lo salutò.
-Piccola. - Mormorò lui. –Come stai?-
-Bene…- Disse quasi a fatica, in quel momento le ritornò
in mente quello che era accaduto alla mensa nel pomeriggio. –E a
te? Ti sei sistemato a Providence? –
-Non ancora. - Fece una pausa. –Stavo pensando a una cosa. -
-Cosa?-
-E se prima di trasferirmi facessi un salto da te?- le chiese. –Mi manchi così tanto. -
Dianne sentì un senso di disagio formarsi alla bocca dello
stomaco, come avrebbe voluto avere Gwen solo per se in
quell’istante, lei l’avrebbe aiutata. –Ma è
tanta strada…- Gettò lì mentre percorreva
velocemente la sua stanza, arrivando in cucina.
-Che succede?- Le chiese Gwen intercettando il suo sguardo.
Dianne non potendo parlare tentava di comunicare tramite gli occhi.
-Sta cercando di dirci che le è morto il cane?- Chiese Theo confuso.
-Oppure che è in arrivo sua madre ed ha dell’erba nascosta nel vasetto di girasoli?- Continuò Nives.
Dianne alzò gli occhi al cielo, poggiando sconsolata la fronte
contro lo stipite della porta mentre Austin terminava il suo monologo
su quanto le mancasse e come gli mancassero i loro momenti insieme.
-Beh, se te la senti di affrontare un viaggio così lungo, certo che puoi venire. - Disse infine.
Gwen e Nives si lanciarono uno sguardo allarmato.
-Allora ti farò sapere, sono così felice di rivederti. - Disse Austin intanto al telefono.
-Anche io.- Rispose lei con un filo di voce.
Gwen addolcì lo sguardo, capendo. –Sta parlando con quel
simpaticone del suo ragazzo. - borbottò. – Non capisco
perché non l’abbia mollato. -
-Gwen!- La richiamò Dianne, portando una mano sul microfono del
telefono. –Guarda che si sente tutto. - Mimò con le labbra
e poi ritorno a parlare con Austin. –Fammi sapere, ora devo
scappare, ho un sacco di roba da studiare. Mi manchi. - Tagliò
corto, staccando.
-Questa sì che era una conversazione piena d’amore. -
Commentò Cam che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
Dianne sollevò lo sguardo su di lui, infastidita. –Prego?-
Disse stizzita. –Non hai idea di quale sia il nostro rapporto,
non puoi giudicare dopo aver ascoltato un’inutile telefonata. -
Lui sorrise. - Non essere ingenua Dee. – La canzonò.
–Lo sai anche tu, non sprecare tempo e fiato su qualcosa che non
è destinato a durare. –
-Ma cosa ne sai tu? Non mi conosci nemmeno. - Strinse il telefono tra le mani, innervosita.
Gli occhi degli altri presenti si spostavano dal viso di Dianne a
quello di Cam, osservandoli sia con curiosità che confusi.
Lui mosse un passo verso di lei, facendo scivolare entrambe le mani
all’interno dei jeans, poi chinò il capo, portandosi a un
palmo del suo viso. –Che benefici trovi nel negare
l’evidenza?-
Dianne si sentì mozzare il fiato, a quella distanza i suoi occhi
erano quasi più azzurri di quanto credeva possibile, in
più sembravano brillare di luce propria. Deglutì a vuoto,
cercando di non pensarci.
-Ma voi due vi conoscevate?- Chiese Theo, sinceramente confuso.
Cam fece un passo indietro, scuotendo appena la testa. –No,
cioè l’ho beccata a fissarmi il novantanove percento delle
volte, ma non c’eravamo ancora presentati ufficialmente. -
-Io non ti stavo fissando. - Strillò Dianne totalmente imbarazzata.
Lui si voltò nuovamente verso di lei, mostrandole il profilo.
–Davvero Dee?- Ed ecco che sulle sue labbra si formava
quell’odioso sorrisetto.
-Mi sembra di essere all’interno di una Soap Opera. - Commentò Nives.
-Questa finirà per diventare una pazzesca tensione sessuale. -
Disse Gwen a voce bassa all’altra, ma il suo tono non era poi
così basso visto che Dianne colse ogni sua parola, fulminandola
con lo sguardo.
-Mangiamo dai?- Esordì Theo entusiasta. – Questa pasta ha un aspetto ottimo. -
-Spero che lo sia anche il sapore. - Commentò a voce bassa Nives mentre gli altri occupavano posto.
Dianne mandava fuoco dagli occhi, si sentiva così nervosa in
quel momento che con una forchettata troppo violenta avrebbe potuto
rompere il piatto. Il problema non erano le parole di Cam, il problema
era come lui era riuscito a capirla. A capire che lei non c’era
più dentro quella relazione? Cam non la conosceva affatto, un
paio di scambi di sguardi e quattro chiacchiere ad una cena non
potevano aprirgli una finestra così ampia su di lei.
Si portò la forchetta alle labbra e con la stessa
velocità con cui la infilò in bocca così la
tirò fuori. Le vennero quasi gli occhi lucidi per quanto fosse
salata quella pasta. – Gwen.- tossicchiò stringendo tra le
mani il bicchiere d’acqua. –Hai messo il sale nella pasta o
la pasta nel sale?-
Tutti osservarono la reazione di Dianne e lasciarono ricadere le
forchette. –Sapete, improvvisamente non sono poi così
affamato. - Disse Theo.
-Già, nemmeno io, forse avrò mangiato troppo pane. -
Disse con impeto Nives mentre indicava un panino vicino al suo piatto.
-Io penso siano ottimi. - Disse invece Cam attirando su di se gli sguardi di tutti.
-Ma che papille gustative hai?- Commentò Nives.
-Di ferro?- Continuò Dianne.
Cam le guardò entrambe per poi posare la forchetta vicino al suo
piatto. - Scusate se tento di essere gentile, ha cucinato un sacco e mi
dispiaceva fare il cafone come voi. -
-Ma sentitelo, all’improvviso è diventato gentile. – Commentò Theo.
- Sono così tanto pietosi?- Chiese Gwen tirando su il naso.
-Verità o bugia?- Chiese a sua volta Dianne.
-Verità, posso farcela. - Rispose.
Tutti annuirono in contemporanea. – Mi dispiace, sei fantastica
in quasi tutto ma ti consiglio di lasciar stare la cucina. –Disse
poi Nives dandole una leggera pacca sulla spalla.
-Forse il resto è mangiabile. – Tentò l’altra speranzosa.
-Penso che nessuno in questa stanza sia così coraggioso da voler provare. - Disse Theo, sincero.
Dianne accennò un sorriso, spostando poi lo sguardo su Cam, i
suoi occhi erano fissi su un punto sulla tovaglia, era lontano anni
luce da loro. Lo osservò con curiosità, aveva la mascella
testa e con le dita giocava con il bordo della sua maglietta. Poi
però lui sollevò lo sguardo e i loro occhi
s’incontrarono per l’ennesima volta.
Dianne fu subito tentata dal girare lo sguardo, però non ci
riuscì. Non c’era nessuna espressione divertita sul viso
di Cam, la guardava ma il suo volto restava serio, forse fu solo un
istante o qualche minuto quello in cui si fissarono, fin quando Cam non
sembrò indossare nuovamente la sua maschera sfoggiando un
abbagliante sorriso e guardandola come per dirle “e poi dici che
non mi fissi”. Quello fu il momento in cui Dianne distolse lo
sguardo, imbarazzata, tentando di concentrarsi nuovamente sulla
conversazione che stavano avendo gli altri tre.
-Se prendessimo una pizza?- Propose Nives.
-Ho giù l’auto, possiamo andarle a prendere io e te.-
Disse Cam e Dianne lo sentì così vicino che pensò
stesse parlando con lei, ma quando capì che si stesse riferendo
ad Nives una strana sensazione di delusione le annodò lo
stomaco.
-Prendo la giacca. - Nives gli sorrise sollevandosi dal tavolo e lui la
seguì a ruota, poco dopo erano già fuori
l’appartamento.
Dianne tirò un lungo sospiro, voleva lasciar ricadere la testa sopra al tavolo, si sentiva terribilmente stanca.
-Ahh.- Si lasciò sfuggire, sollevando poi lo sguardo nella
direzione di Gwen e Theo, i due si scambiavano certi sguardi che
lasciavano poco all’immaginazione al ché Dianne
sbattè le palpebre confusa. –Che succede qui?- Chiese.
Gli altri due si ricomposero come se fossero stati appena scoperti a
fare qualcosa d’illegale e voltarono lo sguardo ai lati opposti.
–Cosa dovrebbe succedere?- Chiese Gwen fingendosi confusa.
Lei strinse gli occhi osservandola e poi piantò entrambe le mani
sul tavolo, usando quello come punto di appoggio per portarsi in piedi.
–Sapete che vi dico?-
-Cosa?- Chiese Theo, guardandola.
-Io ho bisogno di bere qualcosa. - Esclamò Dianne e si diresse
in direzione del frigo. Si chinò appena cercando dove Nives
avesse messo la vodka, trovandola nei cassetti della frutta.
-Mi dispiace che Cam ti abbia detto così.- Sussurrò Theo
arrivandole alle spalle. –Solitamente è stronzo, ma non
così tanto. -
Lei strinse tra le mani la bottiglia di vetro e la tirò fuori
scrollando le spalle. –Non importa, la mia mente l’ha
già rimosso. -
Lui annuì poco convinto osservandola mentre tirava fuori dagli
stipetti alcuni bicchieri. –Ho imparato a non dare molta
importanza alle parole delle persone. –Disse Dianne.
–Quindi, che dica quel che vuole. - Concluse aprendo la vodka,
versando un bicchiere per Theo e portandosi la bottiglia alle labbra,
prendendone un lungo sorso.
-Vi siete dati all’alcool?- Chiese Nives varcando la soglia della porta con una pizza maxi stretta tra le mani.
-Avete già fatto?- Chiese Theo a sua volta.
-La pizzeria è vicina. - Disse lei scrollando le spalle.
–E Cam guida come un pazzo, sentivo risalirmi la pasta che non ho
mangiato. –
-Volevi far fuori la nostra piccola Nives?- Chiese Dianne puntando i suoi occhi su quelli di Cam.
Lui sollevò l’angolo delle labbra in un sorriso, scuotendo appena le testa. –Lungi da ogni mia intenzione. -
I due si fissarono in silenzio per alcuni istanti, però poi Cam
mosse alcuni passi avvicinandosi a lei, chinandosi appena.
–Posso averne un po’?- Le chiese indicando la bottiglia che Dianne stringeva tra le mani.
-Non ho più bicchieri. - Sussurrò lei, era così vicino che sentiva il suo respiro contro la pelle.
-Non fa niente. - Rispose e portò le labbra contro la bottiglia,
lasciando che le mani di Dianne la sollevassero leggermente, dandogli
modo di bere.
Theo seguì il tutto con lo sguardo e poi si voltò nuovamente verso Gwen, scrollando le spalle.
La ragazza era interamente concentrata nel prendere alcuni piatti dove posizionare, successivamente, le varie fette di pizza.
-Mi dispiace che tu abbia dovuto buttare tutto. - Le disse, chinandosi di poco in modo da poter guardare il suo volto.
Gwen si girò appena e portò i suoi occhi in quelli di
Theo. –Non fa niente, alla fine ero consapevole di non essere
questa grande cuoca. - Fece una pausa aprendo uno degli sportelli della
cucina. –Però ci ho provato. -
Lui le sorrise. –Grazie comunque. -
-Per cosa?-
-Per questa serata. - Sussurrò e le si avvicinò maggiormente. –Non stavo così bene da tanto. -
Gwen a quelle parole sfoggiò un sorrisone con il quale avrebbe
potuto accecare chiunque. –E’ così anche per me.-
Theo ricambiò il suo sorriso e si chinò ulteriormente
portando le labbra sulla guancia di lei, stampandole un bacio.
-Guardali come flirtano. - Commentò Nives arrivando alle spalle
di Cam e Dianne, entrambi erano del tutto in un altro mondo, la loro
attenzione era rivolta alla bottiglia che lei aveva tra le mani,
quindi, non aveva notato gli altri due.
- Finalmente oserei dire. - Rispose Cam osservando l’amico e scostandosi appena da Dianne.
-Perché?- Chiese quest’ultima inclinando appena la testa.
Lui fece spallucce. –Theo è molto particolare. Gwen
è in pratica la prima ragazza con cui attacca bottone da quando
siamo qui. - Fece una pausa distogliendo lo sguardo dai due.
–E’ una storia lunga. -
-Ma noi abbiamo tempo!- Si affrettò a dire Nives tutta curiosa.
-Nives! – La rimproverò Dianne.- Questi non sono affari nostri. -
-Appunto. - Annuì Cam per poi allungare una mano portandola su
quella di Dianne, sfilandole tra le dita la bottiglia di vetro e poi ne
prese un sorso.
-Antipatico. - Borbottò Nives stringendo le braccia al petto e dirigendosi sul divano.
Si sistemarono a cerchio sul pavimento del piccolo soggiorno, spensero
alcune luci e aprirono lo scatolone. La pizza fu praticamente divorata
da tutti e così anche la bottiglia di Vodka, costringendo Nives
ad attingere alla sua seconda scorta segreta. L’unica che era
ormai rimasta del tutto lucida restava la povera Gwen che guardava gli
altri che sembravano improvvisamente le persone più felici del
mondo.
-Facciamo un gioco. - Esordì all’improvviso, catturando l’attenzione di tutti.
-A cosa vuoi giocare, fiorellino?- Le chiese Theo. –Basta che mi indichi la tua stanza e possiamo giocare quanto vuoi.-
-Scusalo, ricordi, Theo ubbriaco equivale a Theo maniaco. -
Commentò Cam che se ne stava disteso a pancia in su, le mani
incrociate sul ventre e gli occhi fissi sul soffitto.
-A cosa vuoi giocare?- Le chiese nuovamente Nives.
-Dove avete messo la prima bottiglia che vi siete scolati?- Disse Gwen guardandosi attorno.
-Qui!- Esclamò Dianne tutta felice passandole il contenitore di vetro.
-Giochiamo al gioco della bottiglia!- Propose Gwen, incrociando le gambe tipo indiana.
-Okay. - Disse Cam mettendosi a sedere. –Ma ricordatevi che io
Theobald non lo bacio, nemmeno se fossimo gli ultimi due esseri viventi
della terra. -
-Ma come amichetto mio, le mie labbra sono così morbide. –Disse l’altro, deluso.
-Shhh.- Li zittì Nives ridacchiando. –Inizio io.-
Tutti si sistemarono nel modo migliore, tentando di formare un cerchio,
così Gwen strinse la bottiglia tra le mani girandola con forza.
Dianne si sentì quasi girare la testa mentre quell’oggetto
le roteava velocemente davanti agli occhi. Quando finalmente si
fermò la sua estremità era puntata su Cam.
-Devo baciare Occhi Blu di Dianne?- Chiese Nives.
-Non è il mio Occhi Blu. - Aggiunse Dianne, non essendo nemmeno consapevole delle parole che dicesse.
-Tu lo hai chiamato così.- Replicò Nives.
-Ma occhi blu sono io?- Chiese Cam indicandosi con la mano.
-Oddio. - sbuffò Gwen stringendosi le braccia al petto.
–Da ubriachi siete insopportabili. Nives bacia Cam, veloce. -
Nives scrollò le spalle e gattonò verso Cam, strinse le
mani intorno al tessuto della sua maglietta e lo attirò contro
le proprie labbra, ci vollero seriamente tre secondi di orologio per
trasformare un bacio a stampo a quello che sembrava un’acrobazia
tra lingue.
Sia Gwen, Theo e Dianne inclinarono contemporaneamente il volto per riuscire a seguire quel movimento, osservandoli incerti.
Nives portò una mano sul petto di Cam e lo allontanò, tirando un mezzo sospiro di soddisfazione. -
Ringrazia che sono lesbica, perché dopo un bacio del genere avremmo fatto scintille. -
Cam in risposta le rivolse un occhialino e si passò una mano sulle labbra, indietreggiando appena.
-Mi viene da vomitare. - Esordì improvvisamente Dianne.
-Ve lo avevo detto che s’incazzava. - Borbottò Nives.
-Ma non per voi, per... - Non riuscì nemmeno a terminare la
frase, si alzò di scatto e corse in direzione del bagno,
tentando di raggiungere la tazza prima del peggio.
Gwen fece una smorfia di disgusto. –Ecco perché io sono astemia. - disse annuendo convinta.
Dianne si sentiva a pezzi, un sapore orribile in bocca e la testa girava vorticosamente.
-Stai bene?- Le chiese una voce roca arrivandole alle spalle.
-Ho la testa in un bagno, secondo te sto bene?- Commentò voltandosi.
Cam si chiuse la porta alle spalle e le si avvicinò, scostandole
i capelli dalla fronte, in modo che non le fossero finiti in faccia
durante il prossimo possibile conato. –Che gentile, mi reggi i
capelli. - commentò lei.
-Mi dispiace per quello che ho detto prima. - Disse sincero.
Lei girò appena il viso, ritrovandoselo a un palmo da lei.
–Non fa niente, l’ho già dimenticato. - disse.
–Tu come stai?-
Cam inarcò un sopracciglio. –In che senso?-
-Nessun conato di vomito o voglia di gettare anche l’anima?-
Lui rise. –Ho una resistenza migliore della tua. -
-Sbruffone. - Commentò Dianne mentre avvertiva le dita di lui sfiorarle la fronte.
-Può darsi. - Le rispose.
Buon pomeriggio a tutte!
Lo so che questo capitolo è un po' breve, però, come ho
già detto nel capitolo precedente, è il continuo
dell'altro.
Non me la sentivo di allungare troppo il brodo o mi sarei persa nelle mie stesse idee, ahah!
Spero comunque che vi sia piaciuto e vi ringrazio di cuore per tutte le
recensioni che avete lasciato ai capitoli precendenti! Ringrazio chi ha
inserito la storia tra le seguite, ricordate e preferiti <3
Grazie a tutti!
Un bacione <3
P.s. Nel caso ci siano degli errori, non fate problemi a farmeli notare. :)
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5; It’s always darkest before the dawn. ***
Capitlo 5
«Ecco
il brutto: da quassù non vedi la ruggine, la vernice scrostata,
ma capisci che razza di posto è davvero.
Vedi quanto è falso. Non è nemmeno di plastica, persino
la plastica è più consistente. E' una città di
carta.
Tutti rimbambiti dalla frenesia di possedere cose. Cose sottili e fragili.
Ho vissuto qui per diciotto anni e non ho mai incontrato qualcuno che si preoccupasse delle cose che contano davvero.»
▪John Green▪
◊ CAPITOLO V ◊ It’s always darkest before the dawn.
Nonostante
la classe si fosse ormai già svuotata, Dianne era ancora seduta
al suo posto, intenta a ricopiare alcuni appunti sulle cose che il
Professor Ordaway aveva spiegato a fine lezione. Lasciava scorrere
velocemente la penna su quei fogli, prima che ogni frase abbandonasse
la sua testa, dimenticandosene.
Era così concentrata su quello, che, non si rese conto che
qualcuno le si era avvicinato, e, la osservava con curiosità
dall’alto.
-Come mai sei ancora qui, Rivera?-
La voce del Professore la fece sobbalzare, alzando così
velocemente gli occhi nella sua direzione e incrociando il suo sguardo.
-Dovevo ricopiare degli appunti. - Si limitò a rispondere mentre
raccoglieva velocemente le varie penne disperse sul banco.
Ordaway inclinò il viso, incrociando le braccia al petto. – Ho letto nel tuo fascicolo che sei del Vermont.-.
Dianne riportò lo sguardo sul viso dell’uomo, confusa
dalle sue parole. Perché si era soffermato sul suo fascicolo? Si
limitò ad annuire.
Lui si protese in avanti, sciogliendo la stretta delle braccia e
poggiandole entrambe sul banco, usandolo come sostegno. –Sai,
anch’io sono originario del Vermont.- Le disse gentilmente
rivolgendole un sorriso. – Delle parti di Orleans.-
Dianne si strinse i vari fogli al petto, raccogliendo con la mano
libera la tracolla appesa allo schienale della sedia. –Anche io
sono di quella zona, Westfield per la precisione. -
Lui annuì. –Io e mia moglie ci siamo trasferiti quest’anno. - Il suo tono era velato di malinconia.
Quell’amichevole scambio di chiacchiere confuse leggermente
Dianne, in primo luogo perché il professore aveva messo subito
in chiaro il distacco che ci sarebbe stato tra lui e gli studenti. Non
aveva nemmeno detto loro il suo nome di battesimo. Mentre ora, le
parlava come una persona normalissima, in modo perfino amichevole.
Forse era meglio evitare di partire con i film mentali, semplicemente
quell’uomo aveva nostalgia di casa e vedendo che erano entrambi
dello stesso posto, si era sentito di parlarle. Infondo capita a tutti
no? Quando ci troviamo in quei viaggi fuori dalla nostra patria, dove
tutti parlano lingue diverse e mangiano cose diverse, ma poi tra la
folla individuiamo un nostro concittadino e ci sembra di rivedere casa.
-Anche qui in New Jersey si sta bene, non trova?- gettò lì, prendendo a scendere alcuni scalini della gradinata.
Il professore la seguì con lo sguardo, annuendo appena.
–Sì.- sospirò. –Ma di alcune cose non
smetteremo mai di sentire la mancanza. –
Dianne lo osservò tentando di non mostrarsi troppo perplessa,
ma, evidentemente, la sua espressione parlava chiaro perché il
professore scrollò le spalle e ritornò ad assumere la sua
solita espressione autoritaria.
-Bene, ora vai, ti ho fatto perdere abbastanza tempo. - Si girò,
scendendo i gradini a due a due, raggiungendo la cattedra. –Mi
raccomando, conto sulla tua tesina per la prossima settimana. -
Lei annuì ancora più confusa e uscì dalla classe,
rischiando di sbattere più volte contro le varie porte che si
aprivano all’improvviso nel corridoio.
Nonostante il calo delle temperature, il sole splendeva nel cielo
azzurro e i suoi raggi filtravano attraverso le finestre, illuminando a
giorno i corridoi.
Inizialmente Dianne era convinta di trovar un po’ di
difficoltà nell’ambientarsi in un posto nuovo, ma poi era
filato tutto nel migliore dei modi. Le prime settimane erano passate
così velocemente che non se ne era nemmeno accorta. E con il
passare dei giorni anche le foglie iniziavano a perdere il loro verde
estivo, passando a colori più caldi, come il rosso e
l’arancio. Dianne amava l’autunno, era la sua stagione
preferita, in più ogni cosa sembrava diventare magica e
variopinta, i colori caldi avvolgevano ogni cosa.
Ma stare a Princeton era stato positivo anche per Gwen, ormai aveva
smesso di bazzicare un po’ ovunque e a vedersi sempre più
spesso con Theo. I due negavano categoricamente che ci fosse un qualche
coinvolgimento che andava oltre l’amicizia, ma secondo Dianne e
Nives nascondevano qualcosa.
Passava molto del suo tempo con Nives, le sembrava di aver trovato la
sua sosia, avevano gusti simili, stesso modo di pensare e di reagire.
Il loro rapporto si stava consolidando man mano e Dianne ne era davvero
felice.
Quando aprì la pesante porta che dava sull’uscita
principale, il vento freddo le ferì la pelle, costringendola a
coprirsi velocemente con la sciarpa azzurra che aveva legato intorno al
collo. Studiò con lo sguardo le varie panchine, cercandone una
libera dove aspettare Nives.
I suoi occhi si posarono su un ragazzo di spalle, i suoi capelli scuri
ricadevano in avanti ed era occupato a parlare con una ragazza che non
faceva altro che sbattere le ciglia ogni tre secondi. Sembrava un tic
nervoso.
Cam l’ascoltava ma il suo interesse non era molto concentrato su
di lei, anzi, sembrava sul punto di addormentarsi, mentre allungava
maggiormente le gambe e poggiava la schiena contro la panchina di
ferro.
Lei e Cam si erano visti qualche volta dopo quella cena, ma sempre in
compagnia degli altri, Theo se lo trascinava dietro e lui sembrava
sempre scocciatissimo, come se stessa a fare un favore al mondo.
Passò davanti alla panchina dei due, muovendo le sue gambe con
maggiore velocità , il viso girato dall’altro lato e lo
sguardo perso a fissare il niente. Si sentiva sempre a disagio in sua
presenza, ma il problema e che non era un disagio da definire in
maniera negativa.
-Non si saluta?-
La voce di Cam le arrivò alle orecchie facendola bloccare di
scatto, girò appena il volto e vide la biondina infastidita per
via dell’interruzione e lo sguardo di lui vagare sul suo corpo.
-Non volevo interrompervi. - Disse sincera.
-Dove stai andando?- Le chiese Cam, tornandosi a sedere con le spalle dritte sulla panchina.
-Sto aspettando Nives.- Rispose lei in automatico, si sentiva fuori
luogo, in più quella ragazza la stava strangolando con lo
sguardo.
-Mh.- Il ragazzo annuì. –Allora divertitevi. - Concluse sollevando appena l’angolo delle labbra.
Dianne gli rivolse un cenno con la testa e schizzò velocemente
nella direzione della panchina più lontana, perché Cam la
metteva così tanto in soggezione?
Chinò appena il viso portandosi le mani tra i capelli e passandole tra di essi come un pettine.
-Sono una ritardataria, lo so!- Esclamò Nives arrivando di
corsa, aveva il fiatone e la fronte sudata. –Però tu hai
scelto la panchina più lontana dal mondo. - commentò poi,
sedendosi di fianco a lei.
-Volevo un po’ di tranquillità.- Rispose Dianne sollevando il viso.
-Sì certo. - Rispose l’altra e poi sollevò gli
occhi, portando lo sguardo oltre la spalla dell’amica. Sul suo
volto si dipinse un sorriso diabolico. –Già proprio un
po’ di tranquillità, o te ne sei venuta qua in Papuasia
per evitare qualcosa…-Fece una pausa tirando una leggera
gomitata nel fianco di Dianne. –O qualcuno. -
Lei lo guardò interdetta per poi voltarsi appena, intercettando cosa stesse fissando Nives.
I suoi occhi finirono sul profilo di Cam. –Smettila!-
Squittì girando velocemente di nuovo il viso. –Ti sei
fissata con questa storia. –
-Certo certo, è tutto frutto della mia fantasia. – Rispose l’altra con un sorrisetto.
-Comunque. - Dianne simulò un colpo di tosse. –Come va con la tua dolce metà?-
Nives distese le labbra in un sorriso. –Bene, non litighiamo da
una settimana e per noi è un record. - annuì compiaciuta.
–Tu hai sentito Austin?-
Lei annuì, aveva parlato con lui quella mattina.
–Sì, visto che non potrà venire prima di
trasferirsi mi ha promesso che verrà a trovarmi quando meno me
lo aspetto. – Chinò appena il viso. –Ho paura che
improvvisamente sbuchi da qualche cespuglio. -
Nives rise. –Sarebbe bello, magari mentre ti mangi con gli occhi Cam.- Le fece l’occhiolino.
-Nives!- La riproverò lei. –A me Cam non interessa minimante. -
-Ovvio. - annuì l’altra. –Lo fissi di continuo solo perché è bellissimo ed ha un bel culo. -
-Esattam…. Ehi, sei un caso perso. –Rise.
Nives e Gwen quella sera avevano deciso di seguire un seminario esterno
sull’economia dell’innovazione. O meglio, Gwen si era
trascinata dietro Nives, nonostante le numerose proteste di
quest’ultima.
Dianne aveva la casa tutta per se, però mai come in quel momento
sentì la mancanza delle chiacchiere delle due ragazze che
solitamente riempivano l’aria di allegria. Decise quindi di
mandare un messaggio a Jude, dopo quella chiamata strana, in cui le
aveva accennato qualcosa, non avevano più parlato , in
più ne sentiva davvero la mancanza. Probabilmente era
l’unica cosa che le mancava di casa.
Mentre stringeva il telefono in mano, questo squillò, prendendola di sorpresa.
-Pronto?- Chiese non riconoscendo il numero.
-Tesoro, sono la mamma. – Le disse una voce allegra dall’altro capo. –Come stai?-
-Mamma!- Esclamò Dianne sinceramente felice di risentire la sua
voce. – Sto bene e tu? A casa tutto bene? Papà?-
-Ehi calma con le domande. – Sentì la madre ridere. –Qui va tutto bene, si sente la tua mancanza. –
Sorrise. –Anche voi mi mancate. -
-Ti ho chiamata per chiederti una cosa.- Riprese la madre.
-Dimmi tutto. -
-Tu e Gwen pensate di tornare a casa per il Ringraziamento, vero?- le chiese la donna.
-Mamma, manca ancora tanto al Ringraziamento. - Le fece notare lei.
-Un mese. – Precisò la madre. –E guarda che non ci vuole niente a passare. -
-Non lo so, comunque. - Sospirò. –Ne parlo con Gwen e ti faccio sapere. -
-Va bene. - Ci fu un momento di silenzio. –Tesoro, ti voglio bene. -
Dianne sentì il cuore stringersi e un senso di nostalgia
l’avvolse completamente. –Anche io. Ci vediamo presto. -
Chiuse la chiamata e sentì le lacrime pungerle gli occhi, il
rapporto che aveva con sua madre era davvero singolare, l’aveva
sempre considerata un’amica. Il problema era un altro… Suo
padre.
Ma Dianne decise di non pensarci, non quella sera.
Si precipitò nella propria stanza e spalancò le ante dell’armadio, cercando, e trovando, a fatica la tuta.
Okay, la sua stanza era un campo di battaglia, il letto era disfatto,
l’armadio sembrava condurre a Narnia visto che ci si perdeva in
tutto quel casino di vestiti.
Si vestì velocemente e uscì di casa, non riusciva a
restare un altro istante in quel posto così silenzioso in
più le era salita una malsana voglia di correre. Il campus era
perfetto per quello.
Le strade erano larghe e costeggiate da alberi, nonostante fosse ormai
sera, erano ben illuminati da piccoli lampioni posti lunghi il
sentiero.
Superò la zona residenziale e non appena varcò il cancello dell’università, iniziò a correre.
Mise le cuffie nelle orecchie e si abbandonò alla musica,
correndo più forte che poteva, lasciando che l'adrenalina le
scorresse lungo tutto il corpo, aumentando sempre di più la
velocità. Tutti i pensieri negativi che solitamente le
annebbiavano la testa venivano respinti via, sentiva il peso nello
stomaco farsi più leggero mentre l'aria fredda si scontrava con
la sua pelle. Voleva solamente che tutto sparisse. Non voleva sentirsi
in quel modo.
Accantonò perfino il pensiero di Austin, aveva gli occhi aperti ma era come se non vedesse nulla. Si sentiva libera.
Rallentò il passo solo quando i polmoni iniziarono a bruciare e
una fitta di dolore le attraversò il fianco. Si piegò su
stessa, tentando di recuperare un po’ di fiato, e quando
sollevò lo sguardo i suoi occhi furono catturati da un vero e
proprio capolavoro della natura. All’interno del campus era
presente un lago, nonostante dovesse essere artificiale, era davvero
immenso e alcune barchette dondolavano lungo la riva. Un molo di legno
si estendeva per alcuni metri, mentre le luci dei lampioni riflettevano
il proprio riflesso nelle placide acque.
Tutto intorno padroneggiava il silenzio, in giro sembrava esserci solo
lei, che, attirata come una calamita dalla tranquillità di
quelle acque, tolse le cuffie e mosse alcuni passi in direzione del
piccolo molo.
Si sedette sul bordo, sentendo il legno scricchiolare sotto il suo
peso, e chiuse gli occhi mentre i suoi piedi si muovevano
nell’aria sfiorando la superficie dell’acqua.
Ah, quella sì che era la pace. Avvertiva ogni muscolo del suo
corpo rilassarsi e qualche brivido formarsi alla base della schiena a
causa del vento. Era tutta sudata, stava rischiando di prendersi una
polmonite, ma non le importava, desiderava solo starsene in pace per
alcuni istanti.
Ma poi accadde qualcosa.
Il legno sul quale era seduta scricchiolò in modo più
forte, per poi cedere, facendola cadere in acqua. Completamente colta
di sorpresa, Dianne sbarrò gli occhi e sentì i polmoni
riempiersi d’acqua mentre con i piedi andava a toccare il fondo.
Era molto più profondo di quando avesse immaginato.
Sapeva nuotare, però il panico aveva preso il possesso di lei,
in più aveva pochissima aria a disposizione, così
tentò di concentrarsi tentando più volte di riemergere,
ma la sua testa continuava a sbattere contro qualcosa. L’altra
parte del molo.
Era terrorizzata, non riusciva a risalire, stava soffocando e in
più l’acqua era gelida. Che sarebbe finita così?
Dianne sentì le lacrime agli occhi, non meritava quella fine, si
sentiva ancora all’inizio del suo percorso. Non aveva vissuto per
niente, non aveva ancora amato per davvero. Non aveva ancora fatto
niente.
Ormai la vista iniziava ad appannarsi, formandole delle stelline
davanti agli occhi, quando avvertì due mani afferrarla per le
spalle e tirarla su.
Non appena ritornò in contatto con l’aria, respirò
avidamente, tentando di riportare ossigeno ai suoi organi che ormai
erano sul punto di collassare. Ma l’operazione si rivelò
più complessa, più tentava di respirare più una
forte tosse la scuoteva, impedendole il tutto.
Quando finalmente fu al sicuro, nuovamente sul molo, sollevò lo
sguardo, intercettando un viso del tutto anonimo. Era un ragazzo, aveva
delle braccia enormi, le labbra sottili e dischiuse. Gli occhi scuri
erano puntanti sul suo viso, sembrava terrorizzato.
-Ti ho vista cadere da lontano. - Farfugliò.- Pensavo fosse troppo tardi. Come ti senti?-
Dianne percepì una fitta alla testa, l’acqua continuava a
scivolare attraverso i capelli, lungo le guance e rendeva ogni
indumento pesante il doppio. –Gr…-Tentò di dire, ma
la voce non le uscì. –Grazie. - Sussurrò più
forte.
Si sentiva gelare e terribilmente stanca, voleva tornare a casa, sentirsi nuovamente al sicuro.
Lui le rivolse un sorriso e, senza lasciare la presa sulle sue spalle,
l’aiutò a rimettersi in piedi. –Riesci a camminare?-
Le chiese.
Dianne annuì appena e tentò di restare in equilibrio per più di qualche secondo.
-Dimmi il tuo dormitorio, ti aiuto a tornare a casa. -
Lei gli avrebbe voluto spiegare che alloggiava fuori dal campus, ma le
parole proprio non uscivano, sentiva la gola stretta in una morsa.
-Trevor?- Sentì qualcuno in lontananza. Era una voce femminile.
Dianne girò appena il viso e con sorpresa notò che era la
ragazza con cui Cam parlava quella mattina. E non era sola.
Cam le stava affianco, aveva le mani infilate nelle tasche dei jeans,
il giubbotto di pelle era aperto sul busto, lasciando così
intravedere la maglietta che gli fasciava il torace.
Non appena gli occhi di Cam incontrarono i suoi, il ragazzo la
guardò confuso. –Che succede qui?- Chiese avvicinandosi.
-E’ caduta in acqua. –Spiegò Trevor. –Stavo
passeggiando e ho visto tutta la scena, menomale che sono arrivato in
tempo. -
Lui annuì lentamente e le arrivò vicino, sollevando una
mano, sfiorandole appena la pelle con le dita. –Dee, cosa
combini?- sussurrò con dolcezza.
Dianne deglutì lentamente, abbassando lo sguardo. Si sentiva in
imbarazzo come non mai, se ne stava lì, con i vestiti
appiccicati addosso, moriva di freddo e aveva perso la
sensibilità nella punta delle dita.
-Ti porto a casa, va bene?- Le disse poi Cam e questa volta
appoggiò la mano sulla sua guancia. Il calore della sua pelle la
fece sobbalzare, era una sensazione così piacevole.
–E’ una mia amica, ci penso io a lei. - Aggiunse poi
voltandosi verso Trevor.- Tu puoi accompagnare a casa Alyssa?-
L’altro annuì e Dianne sentì la ragazza protestare.
Cam la ignorò e si sfilò di dosso la giacca, poggiandola
sulle spalle di Dianne. –Stai diventando un pezzo di ghiaccio. -
Commentò stringendo tra le proprie mani una delle sue,
sfregandole nel tentativo di riscaldarla.
Il tragitto verso casa fu totalmente immerso nel silenzio, Cam era
venuto a piedi, quindi più volte l’aveva sostenuta per
evitare che sbattesse da qualche parte. Quando Dianne aveva tentato di
dirgli che quella non era la strada per il suo appartamento, lui
l’aveva fulminata con lo sguardo, conducendola poi nella zona
residenziale più vicina al campus, ma comunque al suo esterno.
Dianne era già stata in quella casa, ma ora che non era
più un luogo per una festa, le sembrava terribilmente grande e
maestosa. Cam e Theo vivevano lì, non era un appartamento, era
proprio una tipica e immensa costruzione della tradizione americana. In
quel momento iniziò a pensare che Theo e Cam non fossero poi
così tanto poverini, anzi…
-Perché mi hai portata qui?- Chiese Dianne mentre lui infilava la chiave nella serratura.
-Oh, hai ritrovato la lingua?- Le chiese, accennando un sorrisetto.
Lei alzò gli occhi al cielo, entrando e non appena il calore
della casa la invase, provò subito una sensazione di sollievo.
Nonostante dall’esterno la costruzione comparisse alquanto
classica, all’interno era del tutto arredata con gusto moderno.
Il salone era un’ampia stanza, metà della quale occupata
da un lungo tavolo di vetro. Dal soffitto pendevano lampadari di vetro
nero smerigliato che proiettavano ombre danzanti sulle pareti. Tutto
seguiva lo stesso gusto, dalle sedie in pelle nera al grande camino
incorniciato d'acciaio. Dentro ardeva un fuoco. L'altra metà
della stanza ospitava un grande televisore, un tavolino da caffè
nero laccato su cui erano sparsi videogiochi, e divani bassi in pelle.
Una scala di acciaio a chiocciola portava al piano superiore.
Dianne sbattè più volte le palpebre, completamente
incantata da quello che le si presentava davanti. –Accidenti. -
si lasciò sfuggire e vide le labbra di Cam distendersi in un
sorriso.
-Il bagno è di la.- Il ragazzo sollevò una mano
indicandole un punto nel corridoio. -Visto che stai bagnando tutto il
pavimento…-
-Ovvio, povero pavimento. - borbottò lei. –Secondo te anche lui si prenderà una polmonite?-.
-Può darsi, dovrò dargli delle coperte. - Rispose Cam, inclinando il viso.
Dianne sollevò gli occhi al cielo, pronta a rispondere, ma un mezzo gridolino interruppe la loro conversazione.
Theo se ne stava nel bel mezzo del corridoio, dalla vita in su era
completamente nudo, mostrando il colore chiaro della sua pelle…
In realtà tutto quello che aveva addosso era un paio di boxer.
-Cosa ci fa lei qui?- Chiese tutto imbarazzato, ormai il suo colore di pelle passava dal rosso al viola.
Cam si lasciò sfuggire una risata e si voltò verso
Dianne, tentando di tenere un’espressione seria. – Questa
serata diventa sempre più traumatizzante per te.-
Lei tentò di distogliere lo sguardo da Theo che intanto si era
nascosto dietro una porta, tirando fuori solo il viso. –Theo, ti
giuro che non ho visto niente. - Disse a voce alta, tenendo il volto
girato e gli occhi puntati su quello di Cam. Non che la cosa le
dispiacesse, anzi.
-Perché sei tutta bagnata?- Chiese lui da dietro la porta.
-E’ caduta nel lago, quindi, ora piantala di fare la femminuccia
e falla passare così può riscaldarsi. – Rispose Cam.
-Oddio, mi dispiace Dianne.- Sussurrò l’altro.
Dianne stava per rispondere che non era importante, che ormai era tutto
passato, però, mentre apriva la bocca, sentì un peso
salirle lungo la gola. Era come un muro di angoscia che prendeva forma
nelle lacrime che le pizzicavano gli occhi. Non aveva ancora pianto, e
molto probabilmente era sotto shock, ma in quel momento proprio non
riuscì a trattenersi e lasciò che le riempissero gli
occhi, solcandole le guance.
-Cam, che ho detto? Perché ora sta piangendo?- Strillò Theo allarmato. –Non volevo farla piangere. -
-Cristo Theo, sta zitto e vai a vestirti. - Scattò lui innervosito. –Ci penso io.-
Theo lo osservò infastidito per alcuni istanti e poi si allontanò nella penombra del corridoio.
-Dee. - La richiamò Cam, ma ora il suo tono era più
morbido. –E’ normalissimo piangere ora, però
ricordati che stai bene, okay?- Le sussurrò con dolcezza.
Dianne annuì e sollevò una mano tentando di asciugare
quelle stupide lacrime con le dita, ma mentre la sollevava lui gliela
bloccò, stringendola tra le proprie. La tirò appena
guidandola all’interno del corridoio e conducendola così
nel bagno, facendola sedere sul bordo della vasca.
Cam prima aprì l’acqua, iniziando a riempirla, e poi le
s’inginocchiò davanti, portando le mani tra i suoi
capelli, sciogliendoli, visto che della sua coda era rimasto un
groviglio.
Dianne tentò di non pensare a tutte quelle attenzioni che il
ragazzo le stava rivolgendo, ma ogni volta che le sue mani entravano in
contatto con la sua pelle, si sentiva percorrere da un brivido. Anche
solo averlo vicino le trasmetteva una sensazione di calore, era una
sensazione del tutto nuova.
Mentre lei sembrava una bambola di cera, Cam portò le dita
vicino all’abbottonatura della sua felpa e con un movimento
veloce fece scivolare verso il basso la cerniera. Dianne
s’irrigidì immediatamente e questo non sfuggì al
ragazzo.
-Tranquilla, non voglio molestarsi. - Dal suo tono di voce sembrava quasi divertito. –Voglio solo aiutarti. -
Lei distolse lo sguardo, in quel momento le sembrava di aver spento il
cervello, di aver dimenticato qualsiasi cosa, ma tentò di far
appello alla parte lucida di se stessa. –Posso provarci da sola.
- Sussurrò.
- Va bene. - Cam annuì appena, portando i suoi occhi azzurri su
di lei. –Vedo di trovare qualcosa da farti mettere. - Disse poi,
sollevandosi in piedi e scostandosi i capelli dalla fronte con le dita.
-Cam.- lo richiamò Dianne.
Lui si voltò, guardandola. –Sì?-
Lei poggiò entrambe le mani sul bordo di marmo della vasca e si
mise in piedi, portandosi difronte a lui. –Grazie. -
Cam s’inumidì appena le labbra fissandola per un momento
che sembrò infinito, poi sospirò profondamente.
–Non ringraziarmi. - Fu tutto quello che disse e uscì dal
bagno.
Dianne fissò frastornata per alcuni istanti il punto in cui fino
a poco prima c’era stato il ragazzo, non capiva il perché
di quella premura verso di lei. Forse era solo più umano di
quanto si mostrasse.
Tentò di non pensarci mentre lentamente entrava
all’interno della vasca, lasciando che l’acqua calda
penetrasse in profondità, riscaldandole la pelle e
l’animo.
Restò immersa a farsi cullare dall’acqua per un tempo
indefinito, probabilmente si era anche appisolata, visto che non
sentì i vari colpi alla porta.
-Dee? Cazzo rispondi. Guarda che entro.- Queste furono le ultime parole
che riuscì a cogliere, Cam sembrava irritato…oppure
spaventato?
-Ci sono, scusami, mi ero appisolata. – Sobbalzando si affrettò di dire.
Sospiro. –Mi hai fatto prendere un colpo. - Poi una pausa.
–Ti lascio i vestiti sulla maniglia, io e Theo siamo in cucina. -
E poi al posto della sua voce subentrò un rumore di passi che
diventavano man mano più lontani.
Si sollevò, sciacquando via ogni residuo di schiuma dai capelli,
dopodiché uscì dalla vasca, avvolgendo il busto in un
asciugamano e i capelli in una più piccola.
Mosse alcuni passi in direzione della porta e, tirando fuori solo il
braccio, tentò di raccogliere gli indumenti che aveva lasciato
Cam. Indumenti che si rivelarono essere una maglietta da uomo, un paio
di pantaloncini corti, quelli che si usavano nei completi da calcio e,
con sorpresa, la canotta e l’intimo erano da donna. Dianne
guardò gli ultimi capi interdetta, pensando a quale tizia
potessero essere appartenuti. Però, essendo in una situazione di
emergenza, decise di mettere da parte il disgusto e usufruire di quelle
cose.
Si vestì velocemente e districò i capelli umidi con una
spazzola, lasciandoli ricadere sulle spalle. Ora sì che si
sentiva meglio, quel bagno l’aveva completamente rigenerata,
perfino il suo viso non era più di quel pallore malaticcio e le
guance erano tornate al loro colore roseo.
Uscì dalla porta, percorrendo lentamente il corridoio, tentando di orientarsi ascoltando le voci dei due ragazzi.
-Come mai l'hai portata qui?- Stava dicendo Theo.
-A casa sua non c'era nessuno e hai notato anche tu quant'era
sconvolta. - rispose Cam. -Non potevo mollarla lì e andarmene. -
-Come facevi a sapere che non c'era nessuno?-
-Nel tempo libero faccio lo stalker.- Rispose lui, dal suo tono di voce
sembrava stizzito. –Me l’ha detto Nives, avevano non so che
seminario. -
Non appena Dianne varcò la soglia, la conversazione fu
interrotta, ed entrambi i ragazzi sollevarono il viso nella sua
direzione.
-Dianne!- La salutò Theo con un sorriso. - Mi dispiace tanto per
prima. - Si scusò andandole incontro e stringendo il corpo di
lei un abbraccio.
Lei ricambiò la stretta, accennando un sorriso. –Non ti preoccupare, era emotivamente instabile. -
-Secondo me l’hai traumatizzata a vita. - Commentò Cam,
frugando nel cestino della frutta e afferrando poi una mela.
–Avrà per sempre davanti agli occhi l’immagine delle
tue gambette spelacchiate. –
-Ehi!- Borbottò Theo. –Così ferisci i miei sentimenti. -
Dianne non riuscì a trattenere un sorriso, quei due sembravano marito e moglie.
Cam stava per rispondere qualcosa ma tutti furono distratti dal rumore della porta principale che sbatteva e poi dei passi.
Sulla soglia della cucina comparì la ragazza che prima era con
Cam, aveva i capelli biondi che le ricadevano lungo le spalle, gli
occhi verdi mandavano fuoco da tutte le parti. Sembrava incazzata nera.
Dianne non riuscì a non pensare che fosse davvero bellissima, nonostante lo sguardo da bambina capricciosa.
-Alys.- Disse Theo. –Pensavo ti fossi persa. -
-E’ colpa del tuo amico che mi ha mollata con quella cozza di Trevor!- Scattò furiosa.
Cam scrollò le spalle. –Avevo altre priorità in quel momento. -
-Ah sì?- Lei lo fulminò con lo sguardo. –Sei uno stronzo. -
-Ehi ehi, che ne dite di prenderci tutti una camomilla?- Intervenne Theo.
-Io sono calmissimo. - Rispose l’altro, addentano la mela.
Dianne si sentì in primo luogo confusa e poi del tutto fuori posto.
Alyssa si lasciò sfuggire un sospiro frustrato, per poi
sollevare lo sguardo verso di lei, come se la notasse solo ora.
–Spero che non le abbiate dato i miei vestiti. - Disse velenosa,
squadrandola.
-Ti sembrano i tuoi vestiti quelli?- Commentò Cam.
-Okay, state mettendo Dianne a disagio. - Borbottò Theo,
girandosi verso di lei. –Dianne, lei è Alyssa, mia
sorella. -
Sua sorella? Dianne allargò gli occhi per la meraviglia, quella
ragazza non assomigliava per niente a Theo, né fisicamente,
né nei suoi modi di porsi.
-Anche lei è al primo anno come te e le ragazze. - Continuò lui.
-Non ti avevo mai vista. - Disse Dianne rivolgendosi a lei, tanto valeva tentare di scambiare due chiacchiere no?
-Perché avresti dovuto?- Rispose Alys con un’aria superiore.
No, a quanto pare non valeva proprio tentare di socializzare con lei.
Però c’era una domanda che continuava a frullarle in
testa, tra la bionda ossigenata e Cam, c’era qualcosa? Beh,
teoricamente non le avrebbe dovuto importare nulla, ma…
-Dee, andiamo, ti riporto a casa. - La voce di Cam la riportò in
mezzo a loro. Il ragazzo si sollevò in piedi e recuperò
la giacca che aveva appeso alla spalliera della sedia, infilandosela.
Alyssa osservava ogni suo singolo movimento, mentre le sue labbra si
contraevano in un’espressione sempre più imbronciata.
-Ma tra te e la bionda c’è qualcosa?- Chiese di getto
Dianne non appena si chiusero alle spalle la porta di casa,
ritrovandosi nel viale.
Cam distese le labbra in un sorriso. –Oh, mi chiedevo quanto ci avresti messo per chiederlo. -
Lei arrossì tentando però di mostrarsi disinvolta. –Era solo semplice curiosità.- specificò.
Lui estrasse dalla tasca il telecomando per l’apertura
dell’auto e sollevò lo sguardo verso Dianne. –Lo
scoprirai vivendo. -
Lei si strinse le braccia al petto scocciata, ma che razza di risposta era?
Lo seguì lungo il viale, implorandosi mentalmente di non fargli
più domande, meno parlava, meglio era visto che ogni volta che
apriva bocca sembrava sbavargli sul collo o in cerca di qualche
informazione iper personale.
Cam aprì lo sportello ed entrò velocemente in auto, per
Dianne il processo fu un po’ più complicato. L’auto
di Cam era un fuoristrada che sembrava essere alto due metri, infatti,
dovette proprio arrampicarsi e improvvisare una mezza spaccata per
raggiungere il sedile del passeggero.
-Altro che l’auto di Gwen.- commentò quando finalmente si
sistemò sul sedile, inserendo la cintura di sicurezza
Lui restò in silenzio per tutto il tragitto, la strada non era
molta, però l’aria in auto si era fatta pesantissima,
Dianne si sentiva a disagio. Avrebbe quasi preferito gettarsi
dall’auto in corsa che restare un altro secondo lì dentro.
Quando stavano svoltando in direzione del suo appartamento, Cam si
voltò improvvisamente verso di lei. –Stai bene?- Le chiese
dal nulla.
Lei si strinse le mani sul ventre e annuì appena. –Sì e mi sento di doverti dire ancora grazie. -
Lui parcheggiò l’auto nel viale e spense il motore.
–Te l’ho già detto, non devi ringraziarmi. -
Dianne scosse il capo. –Devo invece, non eri dovuto ad aiutarmi e invece l’hai fatto. -
-Lo avrebbe fatto chiunque. - Rispose Cam, senza guardarla.
-Non è vero. - Sussurrò lei. –Perché non accetti i miei ringraziamenti e basta?-
-Perché io non sono quel tipo di persona. - Si voltò con
il viso verso di lei, era completamente immerso nel buio, la luna
illuminava solo alcune zone del suo profilo.
- Che cosa dovrebbe significare?-
-Quello che ho detto. -
-E’ impossibile parlare con te.- Sbottò lei stringendo le
mani al petto. –Parli ma in realtà non dici niente. -
-Non è questo il bello, Dee?- Rispose lui, sollevando l’angolo delle labbra.
-No, perché non ha un minimo di senso. - Disse esasperata e si
chinò nella direzione della chiusura della cintura, per
sbloccarla.
Cam le si avvicinò di scatto, arrivandole a un palmo dal viso e
bloccandole la mano a mezz’aria. –Cosa ne sai tu se ha
senso o meno. -
Dianne sbattè gli occhi, sentiva il battito del suo cuore
pulsarle nelle orecchie. –Non posso saperlo perché tu non
permetti agli altri di conoscerti. -
Lui accennò una risata. –Non sono l’unico. - poi
inclinò il viso. –Anche tu reciti a pennello una parte,
m’incuriosisce scoprire chi sei per davvero. -
Lei deglutì a vuota, tentando di non mostrarsi troppo
frastornata da tutta quella situazione. – Perché dovrei
darti un privilegio che tu non permetti a nessuno?-.
Cam la guardò, per alcuni istanti quelle parole sembrarono
colpirlo, poi si ritrasse velocemente, tornando al posto di guida.
–Vai, si è fatto tardi. -
Dianne lo guardò per alcuni istanti e senza farselo ripetere due
volte aprì lo sportello dell’auto. Era sul punto di
scendere, quando esitò per un istante. –Buonanotte Cam.-
disse senza guardarlo e uscì dall’auto, sbattendo lo
sportello alle sue spalle.
Buon pomeriggio a tutte!
Come state?
Su questo capitolo ci ho lavorato per più giorni, per questo ci
ho messo più tempo per aggiornare! Anyway, spero vi piaccia!
Spero anche che inizi a incurisirvi la storia, o il perchè
determinati personaggi siano così (?), spero davvero che questo
lavoro sia di vostra gradimento! <3
Per è molto importante conoscere le vostre opinioni, quindi, sarei felice di leggere cosa ne pensate :)
Grazie a tutti!
Un bacione <3
P.s. Nel caso ci siano degli errori, non fate problemi a farmeli notare. :)
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6; Bedroom hymns. ***
Capitolo 6
«Ancora non lo sai ma c'è vita dentro te.
Lo so non mi amerai, ma i tuoi occhi son per me.»
▪Dear Jack▪
◊ CAPITOLO VI ◊ Bedroom hymns.
Era
notte fonda, la stanza era completamente immersa nel buio,
l’unica fonte di luce che si riusciva a intravedere attraverso la
finestra era quella della luna. Era nella sua massima ampiezza,
mostrandosi per interno in uno spettacolare plenilunio.
Dianne se ne stava immersa sotto le coperte, sollevate fino al mento,
fissando il soffitto senza nessuna voglia di dormire. Ormai aveva
imparato a memoria ogni crepa presente nella parete, ogni tanto
chiudeva gli occhi tentando di addormentarsi, ma tre secondi dopo si
ritrovava a fissare qualcosa.
Odiava l’insonnia, rendeva la notte terribilmente lunga e tortuosa.
Un brontolio allo stomaco la distrasse. Ecco un altro motivo per odiare tutto quello.
Stare sveglia le faceva venire fame, una fame insostenibile, rendendo così il cibo il suo unico pensiero.
Era stanca, tanto, ogni preoccupazione sembrava svanire di dosso non
appena si frapponeva tra gli strati caldi delle coperte. Ma il loro
calore non riuscivano mai a rassicurarla del tutto.
Con uno sbruffò si sollevò dal letto, lasciando che la
differente temperatura tra l’esterno del letto e le lenzuola, le
procurasse la pelle d’oca.
Nives e Gwen dormivano beatamente nelle loro stanze, durante la notte
la casa sembrava immersa in un silenzio tombale, rendendola così
differente dalla vita che la caratterizzava di giorno.
Tentando di far meno rumore possibile si diresse nella cucina, come un
robot, aprì lo sportello del frigo e chinò la testa per
ispezionare il suo interno. L’occhio le cadde immediatamente su
una fetta di torta che le aveva portato Nives la sera precedente, di
ritorno da una festa di compleanno di un’amica del suo corso.
La fissò alcuni istanti leggermente combattuta, doveva mangiarla
o no? Chiuse gli occhi e strinse tra le mani il piatto di vetro,
tirandolo fuori e lo poggiò sul tavolo.
Prese una forchetta e iniziò ad assaporare il tutto lentamente,
era una fetta piccola, questa volta poteva controllarsi, non
c’era nessuna necessità di divorare metà frigo. E
ci riuscì, mangiò con calma la sua fetta di torno e
ripose il piatto nel lavandino.
Il problema arrivò dopo.
Iniziò a dirsi che forse aveva comunque sbagliato a mangiarla,
che tutta quella roba sarebbe solo finita sulle sue gambe e che alla
fine sarebbe diventata nient’altro che una palla.
Già la situazione non era rosea, poi iniziava anche a mangiare torte, dove l’avrebbe portata tutto questo?
Ecco l’inizio dell’ennesima guerra contro se stessa.
Ma come sempre fu debole.
Fu debole e cedette alla propria malattia.
-Ma hai dormito qua?- La voce di una Nives assonnata le arrivò alle orecchie.
Dianne fece per alzarsi ma subito si pentì. Una fitta al collo
la costrinse a ritornare nella stessa posizione di pochi secondi prima.
Aveva passato il resto della notte sdraiata sul divano a leggere un
po’, fin quando, solo alle prime luci del mattino, non si era
addormentata lentamente.
Annuì sollevando lo sguardo in direzione dell’amica, era
ancora in pigiama e aveva i capelli scuri legati in una coda alta.
–Non riuscivo a dormire. - Spiegò tentando di mettersi
seduta, con calma.
-Io sto morendo di sonno, ma non posso dormire perché stamattina
devo fare una ricerca. - piagnucolò Nives.- Che tristezza
studiare di sabato. -
Dianne le rivolse un sorriso comprensivo. –Gwen dorme ancora?-
L’altra annuì. –Sì, beata lei. -
Si alzò in piedi, questa volta con movimenti più cauti, e
sollevò le braccia a cielo, stiracchiandosi. –Adoro il
sabato mattina. - Commentò con un sorriso.
-Solitamente anche io.- Rispose l’altra mentre si dirigeva in
cucina, aprendo uno degli sportelli e tirando fuori una scatola dei
cereali.
Nives prese due tazze e si avvicinò al tavolo, riempiendole
lentamente. Intanto Dianne si era alzata, recuperando dal cassetto due
cucchiai e dal frigo il cartone di latte, passandolo all’amica.
-Tu stai meglio?- esordì la ragazza mentre versava il liquido
bianco nei due recipienti di ceramica e porgendone poi una a Dianne.
– Mi dispiace tanto per quello che è successo
l’altra sera al lago. -
Lei sorrise. –Sto bene. – Fece una pausa posando lo
sguardo sulla propria tazza, osservandola combattuta.
–Raffreddata ma bene. - concluse e sospirò appena mentre
immergeva il cucchiaio nei cereali.
-Sembra la storia della damigella in pericolo. - Poi le labbra di Nives
si distesero in un sorriso furbo. - E Cam è stato il tuo
cavaliere. -
-In primo luogo non è stato lui a recuperarmi, e poi… -
Dianne stava per concludere la frase quando il rumore del campanello
che suonava più volte la interruppe.
-Chi sarà a quest’ora di sabato?- Chiese Nives confusa.
Non era l’alba, ma solitamente chi non aveva nulla da fare, il
sabato alle otto di mattina, stava ancora dormendo.
-Vado io.- Disse poi spostando la sedia e alzandosi in piedi, dirigendosi verso l’entrata.
Nives percorse lentamente il corridoio, raggiungendo la porta e girando
più volte la chiave, facendo scattare la serratura, quando
aprì un’espressione di sorpresa si formò sul suo
viso. Era come pietrificata.
Dianne la osservò da lontano e vedendola così, si alzò in piedi, confusa.
-Cosa ci fai qui?- Dal suo tono di voce anche Nives compariva stordita.
-Nives, chi è?- Chiese Dianne dalla cucina.
-Cosa ci fai tu qui?- Sentì un’altra voce parlare, era una
voce estremamente familiare e femminile. Si avvicinò velocemente
alla porta e quando la vide, un sorriso enorme le si formò sulle
labbra. –Jude!- Esclamò e con un movimento rapido si
precipitò verso l’amica, abbracciandola.
L’altra ricambiò subito la sua stretta, però quando
Dianne ritirò il volto, sembrava così pallida. - Stai
bene?- Le chiese preoccupata e girò appena il viso,
intercettando anche lo sguardo di Nives. Sembrava aver visto un
fantasma. –Che succede?-
-Mi sto chiedendo la stessa cosa. - Disse l’altra, incrociando le braccia al petto.
-Non sapevo che vivessi con lei… -Sussurrò Jude a Nives, per poi abbassare lo sguardo.
-Aspettate, voi due vi conoscete?- Chiese nuovamente Dianne, osservandole.
Nel mentre un’assonata Gwen era appena uscita dalla sua stanza, il pigiama a con gli orsetti e i capelli sciolti.
-Anche troppo bene. –Rispose Nives. –Fammi indovinare, lei non lo sa, vero?-
Jude sembrava essersi morsa la lingua ma poi scosse la testa lentamente.
L’altra sembrava ferita. –Tutto questo è ridicolo!-
Gwen osservò la scena in silenzio, iniziando ad assumere la
stessa espressione confusa di Dianne. –Ci spiegate di cosa state
parlando?-
Nives distese le labbra in un sorriso amaro. –Dai Jude, spiega
loro cosa succede! Sempre se non ti vergogni troppo di te stessa, come
sempre. -
-Nives, per favore. - Scattò la ragazza e poi sollevò
nuovamente. –Didì ero venuta qui per parlarti proprio di
questo… non mi aspettavo di…-
-Di trovarmi qui?- La interruppe l’altra.
-Esattamente. -
-Aspettate un secondo…- Gwen le osservò con maggiore
attenzione, socchiudendo appena gli occhi. –Oh mio Dio. -
strillò.
-Cosa??- Dianne si voltò verso di lei.
-Che dire, il mondo è davvero piccolo… -Poi si voltò verso la cugina. –Dai, prova a pensarci…-
La ragazza si voltò e osservò le due per alcuni istanti.
Nives aveva una ragazza lontana e una volta le aveva detto che tutto
questo per lei era più sopportabile perché anche prima
tra loro c’era una grande distanza… Che quella ragazza
fosse… -Jude è la tua ragazza?- Chiese incredula.
-Bingo. - Disse Nives senza entusiasmo.
-Perché non me ne hai mai parlato?!- Strillò voltandosi
verso la sua migliore amica. –Lo sai perfettamente che non ti
avrei mai giudicata. –
-Avevo paura Didì…- Sussurrò l’altra. – Non riuscivo ad accettare questa parte di me stessa. -
-Dai, vieni dentro, non è una conversazione da affrontare sul
pianerottolo.- La incitò Gwen con un gesto della mano.
-Aspettate. – La fermò Jude girandosi verso Dianne.- Non sono venuta da sola. -
La ragazza inclinò il viso tentando di capire e non appena dalla
scalinata alle spalle di Jude, vide salire qualcuno il suo cuore perse
un battito.
I capelli chiari gli ricadevano in ciocche ondulate lungo la fronte,
gli occhi verdi erano concentrati a osservare qualcosa che stava
stringendo tra le mani.
-Austin…- Sussurrò Dianne e al suono della sua voce il ragazzo sollevò di scatto la testa.
-Dianne!- Esclamò rivolgendole un sorrisone e aumentando il passo, le corse incontro, stringendola tra le braccia.
Nives osservò la scena, per poi voltarsi verso Jude.
–Scusami per aver reagito così.- borbottò
sollevando una mano e portandola sulla guancia della sua ragazza. - Mi
sei mancata. -
Gwen fece una smorfia. –Oddio, penso che fra poco potrei vomitare tra tutte ste coppiette. -
Austin aveva appena terminato di portare la valigia sopra, sistemandola
sul letto di Dianne, la ragazza non sapeva come sentirsi. Senza dubbio
era contenta che lui fosse lì, ne aveva sentito la mancanza in
quel periodo, però c’era stato qualcosa di nuovo nella sua
vita e ora ritrovarsi il passato in casa la metteva a disagio.
-Resterò qui solo due giorni. –Stava dicendo il ragazzo
mentre si sedeva sul letto. –Lunedì mattina riporto Jude a
casa e torno a Providence.-.
Dianne annuì e si avvicinò appena a lui, sistemandosi tra
le sue ginocchia. – Grazie per averla portata qui. -
Lui accennò un sorriso, sollevando una mano e portandola tra i
suoi capelli, scostandoli dal viso. –Volevo farti una sorpresa,
ci sono riuscito?-
Lei sorrise. –Ci sei riuscito. - Sussurrò e si
chinò di poco, andando a sfiorare le labbra di Austin con le
proprie, stampando su di esse un bacio.
-Mi manca così tanto averti intorno. - Disse lui mentre le poggiava le mani sui fianchi.
Dianne sospirò. –Non pensiamoci, ora sei qui e solo questo conta. No?-
Il ragazzo non le rispose, premette solo le labbra contro quelle di
lei, rendendo sin da subito più profondo quel contatto. Era
quasi un mese che non si scambiavano un bacio, per quanto i dubbi le
avevano annidato le viscere per tutto quel tempo, quando Dianne si
ritrovò in quel contatto così familiare, ci si
aggrappò come se fosse l’unica ancora nella sua vita.
Infondo per lei Austin era sempre stato quello, la luce ma anche il
buio dell’oblio.
Qualcuno aprì la porta. –Oddio, non volevo interrompervi. -
La voce di Theo riempì la stanza e i due si staccarono.
–Non preoccuparti. - Dianne gli rivolse un sorriso, ultimamente
lei e Theo erano sempre coinvolti in situazioni o strane o
imbarazzanti.
-Austin, lui è Theo. – Poi indicò l’amico. –Theo, ti presento Austin.-
-Finalmente posso conoscere il famoso Austin!-
Austin spostò appena Dianne in modo da potersi sollevare in
piedi e stringere la mano a Theo. –E’ un piacere
conoscerti. – Gli disse con un sorriso gentile.
-Devi vedere Gwen? – Gli chiese la ragazza, girandosi verso di lui.
Theo annuì. –Sì, sono qui con Cam. – fece una
pausa. –Oggi pensavamo di fare un giro e volevo invitare anche
te, ma…-
Theo continuò a dire qualcosa ma Dianne proprio non lo stava
ascoltando, quando aveva pronunciato il nome di Cam era stato come
ricevere un secchio di acqua gelida sulla schiena. Cam la metteva
davanti alla realtà, anche il suo modo di guardarla le faceva
capire che lui la capiva e che sapeva del suo aggrapparsi solo ad
un’illusione.
Deglutì a vuoto, tentando di concentrarsi nuovamente. –Cam è qui?-
Theo annuì nuovamente. –E’ con Nives, credo. -
Lei mosse alcuni passi, uscendo dalla porta e ispezionando con lo
sguardo il corridoio vuoto, Gwen era nella sua stanza così anche
l’altra coinquilina. Ma dopo alcuni istanti dalla porta della
camera di Nives uscì Cam.
Il ragazzo non l’aveva notata, era concentrato a scrivere
qualcosa con il cellulare e a passarsi una mano tra i capelli,
tirandoli indietro.
Dianne si ritrasse velocemente, entrando nuovamente nella stanza, Austin la guardava in modo interrogativo.
-Che succede?- Le chiese avvicinandosi a lei e portando una mano sulla sua spalla.
-Niente, pensavo fosse uscita Jude, sai, vorrei parlarle. – Beh,
in realtà non era proprio una bugia, aveva davvero intenzione di
parlare con Jude.
Lui annuì e chinò appena la testa, stampandole un bacio sui capelli. –Capisco. -
-Okay, questa stanza è un po’ affollata, io aspetto Gwen fuori. - borbottò Theo divertito, uscendo.
-Sono felice che tu ti sia fatta degli amici. - Le disse Austin improvvisamente.
Dianne annuì appena. –Sì, sono davvero persone fantastiche. -
Lui le sorrise portando le labbra contro la sua fronte. –Tu vuoi andare con loro?-
Lei scosse la testa. –No, voglio passare un po’ di tempo con te.-
Gwen era ormai al suo secondo pacchetto di patatine, ma continuava
ugualmente a rubarne altre dal sacchetto di Theo, riempiendosi
completamente la bocca. – Sasdera hgfdvreste veasdfnire a
masdcfvgngiare asda nosdfi.-.
Theo la guardò –Sei davvero molto fine, non c’è che dire.- Rise.
-Stasera dovreste venire a mangiare da noi!- Ripeté Gwen sfregando le mani in modo da far ricadere le briciole.
-Non credo sia una buona idea. - Disse Cam abbassando la testa in avanti e portandosi le dita tra i capelli.
-Perché?- Chiese lei con una faccia da cucciola.
- Forse vuole lasciare un po’ di privacy a Dianne?- Azzardò Theo.
-Ma no figurati, sai quanto mi interessa. - Rispose lui, chiudendo gli occhi.
-Invece t’interessa. - Rispose l’amico.
-Lei è scappata quando ti ha visto, era un fascio di nervi.
– Disse Gwen con un sorrisone. –E ci tengo a dirti che io
gufo contro la coppia Austin e Dianne, quindi, sempre forza Cam!- Disse
tutta entusiasta.
Cam inarcò un sopracciglio. –Ma ha bevuto?-
-No, è così di natura. - Rispose Theo e Gwen tirò
un pugno sulla spalla a entrambi. –Dai, replichiamo la cena
dell’altra volta, ci siamo divertiti. -
- Solo se mi prometti che non cucinerai. - Puntualizzò Cam.
Era pomeriggio inoltrato e Dianne era riuscita a ritagliare un momento
per se stessa, aveva appena terminato di fare la doccia, lasciando
ricadere la massa di capelli umidi sulle spalle. Si era avvolta
l’asciugamano intorno al corpo, avviandosi lentamente nella
direzione della sua stanza.
La casa era vuota, Nives, Jude e Austin erano usciti a comprare
qualcosa visto che Gwen aveva telefonato informandoli di una cena.
Così lei ne aveva approfittato per farsi un bagno e tentare di
rendersi presentabile, le occhiaie della notte insonne erano evidenti
sotto i suoi occhi rendendo il suo viso terribilmente pallido e stanco.
Aprì l’armadio studiando con lo sguardo ogni vestito che
aveva portato, quella era una cena speciale, Austin era lì, no?
Quindi voleva rendersi più bella quella sera.
Anche se… Non era proprio il pensiero di Austin a renderla
nervosa, era nervosa nell’immaginare lui e Cam nella stessa
stanza. Non che lei avesse qualche tipo di sentimento per il ragazzo,
però quando erano insieme emanavano una strana tensione che
anche le persone più stupide avrebbero notato.
Scosse la testa, quella non era il momento di pensare a Cam,
afferrò dall’armadio un vestitino color ruggine e se lo
infilò velocemente. Aveva un taglio morbido ricadendole
perfettamente sui fianchi, una fascia della stessa stoffa si stringeva
leggermente in vita. Il collo a barca non dava una grande vista della
scollatura, tenendo così al sicuro il suo seno inesistente.
Stava per scegliere le calza da abbinare quando fu interrotta dal suono
del citofono. Dianne sollevò gli occhi infastidita, possibile
che fossero già tornati? Pensò e si alzò in piedi
dirigendosi alla porta.
La aprì velocemente e i suoi occhi si posarono su quelli di Cam, il ragazzo distese le labbra in un mezzo sorriso.
-Ehi, sei già qui?- Chiese Dianne, la sua vista gli provocava una strana sensazione nello stomaco.
Lui la guardò divertito. –Ti dispiace?-
Lei scosse la testa imbarazzata. –No, è che sono sola .Gli
altri sono usciti, tutti. - Si guardò intorno confusa. -Vieni,
entra pure. - Si scostò dalla porta, facendolo passare.
Cam la seguì lungo il corridoio e, fermandosi vicino alla porta
della sua camera, fece una smorfia. –Questo posto sembra essere
stato colpito dell’uragano Katrina.- commentò.
Dianne lo superò entrando nuovamente nella sua stanza. –Fidati, sono ordinata nel mio disordine. -
Lui inarcò un sopracciglio per poi sorridere. Uno di quei
sorrisi che avrebbero fatto sciogliere chiunque. –Se lo dici tu.-
Fece una pausa muovendo qualche passo e andandosi a sedere sulla sedia
posta vicino alla scrivania. – Ti stavi vestendo? Peccato, sono
arrivato troppo tardi. – Disse squadrandola malizioso.
Lei scosse la testa, cercando di non fargli vedere il sorriso che le si
era formato sulle labbra e si chinò per raccogliere un paio di
calze nere ricamate.
-No, queste non mi piacciono!- Commentò Cam riferendosi ai collant.
Dianne lo guardò perplessa. - E perché mai, scusa?-
-Sono troppo coprenti. Mi piace guardare le tue gambe Dee. - Rispose lui con un sorrisone.
Lei lo fulminò con lo sguardo, avvertendo il sangue affluirle
alle guance come conseguenza del suo imbarazzo. –Sei un idiota. -
Borbottò.
-Forse, ma almeno sono sincero. - Annuì lui sollevando l’angolo delle labbra in un sorrisetto.
-Smettila. - Dianne si sentiva a disagio quando qualcuno si soffermava
a commentare o a osservare una parte del suo corpo, anche se quello
fosse stato un parere positivo.
-Cosa? Non sei abituata a ricevere un complimento?- Le chiese Cam.
Stava giocando con lei e sentì le mani pruderle. – Non è questo…-
-E cosa? Non fare la modesta, sai la modestia è roba da santi e perdenti. Ed io, ad esempio, non sono nessuno dei due. -
Dianne inarcò un sopracciglio, ma tu sentilo a questo… -Ah beh. - Commentò accennando una risata.
-Quindi è venuto a trovarti il tuo ragazzo. - Azzardò lui, prendendo a giocare con una penna.
Lei annuì, andandosi a sedere sul letto e iniziando ad
arrotolare le calze tra le dita, in modo da poterle indossare con
più facilità. –E’ stata una visita a
sorpresa. -
Cam seguì con lo sguardo i movimenti delle sue dita, per poi
portare nuovamente l’attenzione alla conversazione.
–Immagino la tua gioia. -
-Cam, non iniziare. - Borbottò lei, facendo poi risalire le
calze di vela lungo le gambe fermandosi improvvisamente a metà
coscia. –Potresti girarti?- Disse guardandolo e indicò con
un dito il fatto che dovesse sollevarsi la gonna del vestito per
sistemarle un po’ meglio.
Lui aveva seguito come ipnotizzato ogni suo movimento e al suono della
sua voce, sobbalzò. –Cosa? Sì sì certo. - Si
voltò sulla sedia, portando lo sguardo su un punto della parete.
Dianne terminò di sistemarsi le calze, si lisciò il
vestito lungo le gambe e accennò un sorriso nel vedere Cam di
spalle, tutto concentrato su una crepa della parete. Gli si
avvicinò lentamente, chinando poi il viso in avanti e poggiando
il mento sulla sua spalla, da dietro. –Interessante quella crepa
vero? Fissarla è la mia attività notturna preferita. -
-Che brutte le tue attività notturne. - Disse lui, la sua voce
era divertita, però il suo corpo era rigido come un manico di
scopa. Si voltò verso di lei e Dianne indietreggiò
automaticamente.
Il suono di un telefono fece sobbalzare entrambi. Lei si
precipitò verso il letto, estraendo dal mucchio il povero
cellulare e lesse il messaggio tentando di trattenere un sospiro.
-Va tutto bene?- Le chiese Cam notando la sua faccia.
-Sì sì, è solo Austin che mi avverte che stanno tornando. -
-Dalla tua faccia sembrava che qualcuno fosse morto. - Commentò lui.
Lei sospirò profondamente facendo ricadere nuovamente il
telefono sulle coperte, non sapeva definirlo, ma quel messaggio
l’aveva infastidita, come se una parte di se volesse passare
ancora un po’ di tempo con Cam, per conoscerlo in quel lato che
forse un po’ le piaceva.
-Non voglio dire sempre le stesse cose, però…- Iniziò lui.
-No.- Lo bloccò Dianne. –Non rovinare questo momento, ti prego. -
-Non penso che quella sia la faccia di una che riceve un messaggio
dalla persona che dice di amare. - Proseguì lui ignorandola.
-Come non detto. - Commentò lei, allontanandosi.
-Perchè ti arrabbi se ti porto davanti alla verità?-
- Perchè non sai niente di me.- Sbottò Dianne esasperata.
Bene, fine della pausa, fine del momento "possiamo essere amici come
tutte le persone normali".
-Forse non conoscerò il giorno del tuo compleanno o quando ti
è venuto per la prima volta il ciclo, ma so perfettamente quello
che ti passa per la testa. - Il suo tono di voce era fermo mentre
sollevò una mano, indicandola. –Per Dio Dee, sei
così dannatamente trasparente-.
Lei prese un respiro profondo notando quel sorriso amaro che lui aveva stampato sulla faccia - Cam, ti prego. -
-Cosa?- La sfidò lui, avanzando di qualche passo. -Devo aprirti
gli occhi mia piccola Dee?- La guardava spavaldo dritto negli occhi. -
Quelle che hai con lui non è reale. -
- Lo è.- Ribatté lei stringendosi le braccia al petto.
-Sai cos'è reale?- Disse Cam a denti stretti e mosse un altro passo, arrivando ad un palmo dal suo viso.
Dianne lo guardò con un'espressione interrogativa, ma lui non le diede modo di replicare e continuò.- Questo!-.
Con uno scatto veloce del corpo afferrò il suo viso tra le mani e posò le labbra su quelli di lei.
Dianne spalancò gli occhi per la sorpresa, sentì il
sangue affluirle alle guance e la sua pelle fu percorsa da brividi,
creandole la pelle d'oca.
Era l'ultima cosa che si sarebbe aspettata, se qualcuno l'avesse messa
davanti alle possibili conclusioni della sua frase questa,
probabilmente, sarebbe stata subito scartata.
Le labbra di Cam iniziarono a muoversi sulle sue. Dio, erano
così morbide. Dannatamente morbide. Così,
sentì la tensione scivolarle via dalle spalle, mentre nel suo
interno aumentava lentamente il desiderio di un contatto più
profondo. Avrebbe voluto che quel momento non finisse mai, era in uno
stato di semi-incoscienza, non riusciva a dare importanza a
nient’altro.
Il vociare di Nives e Gwen, che arrivava dal pianerottolo, sembrava non preoccuparli minimamente.
Cam però, si staccò. Un sorriso sfacciato accompagnò una sua risata strozzata.
-Ricordati di questo mia cara Dee quando vorrai definire ancora reale
il tuo rapporto con Agustin, Austin o come si chiama. - Le fece un
occhiolino e uscì dalla stanza.
Salve a tutti! Come state?
Questo capitolo è un po' più breve rispetto agli altri
però penso che, nonostante la lunghezza, sia abbastanza
importante visto che ci sono arrivi e delle rivelazioni!
Vi dirò che ci sto mettendo tanto per pubblicare perchè
questa settimana ho degli esami, quindi, studio 24h ore su 24h.
Però non mi sono dimenticata di voi e ho trovato un po' di tempo
per pubblicare questo capitolo che ho scritto domenica!
Ringrazio di cuore chiunque abbia recensito e sono felice di poter sentire ancora i vostri pareri!
Ringrazio anche la mia beta, da me chiamata Gwen, la ringrazio per avermi aiutato con il capitolo. <3.
Un bacione <3
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Capitolo 7 *** Capitolo 7; Blind. ***
Capitolo 7; Blind
«Dal giorno in cui ti ho lasciato, sento la tua voce in ogni singolo suono, vedo il tuo volto in mezzo ad ogni folla.
Non andrà mai via.
Ma ogni volta ti sento vicina, chiudo gli occhi e ti sfioro lentamente.
Perché adesso l'unica cosa che riesco a percepire, è che tu stai meglio da sola.»
▪Hurts▪
◊ CAPITOLO VII ◊ Blind.
-Senti-
Esordì Gwen ferocemente. –Che ne pensi di aiutarmi a
portare su i dolci?- Mandò un’occhiataccia, degna di
questo nome, a Austin. Cavolo, lo odiava quasi. Era così
prepotentemente sicuro di sé, si chiedeva da sempre cosa ci
trovasse Dianne in un’idiota come lui. Insomma, lei era
così solare, ironica e… e come cavolo faceva a stare con
uno così?!
-Ti do una mano io.- Disse calmo Theo. Era così strano da quel
pomeriggio. Aveva cambiato completamente atteggiamento nei suoi
confronti. Che avesse detto qualcosa di così tanto sbagliato?
Gwen cercava di rammentare, ma i suoi pensieri furono interrotti da
Nives che le chiedeva gentilmente di aprire la porta del loro
appartamento. Gwen, confusa, lanciò uno sguardo all’amica.
Era sommersa da una moltitudine di buste di quell’odioso color
Tiffany della Pasticceria Tompson, era appoggiata a Jude che
sbadigliava rumorosamente.
Cercò le chiavi nella borsa e, dopo buoni cinque minuti, riuscì ad aprire la porta.
-Wuhuuu.- esordì Nives entrando tutta felice.
Qualcosa, o meglio, qualcuno catturò lo sguardo di Gwen. Era Cam. Cam Carter.
-Dianne.- era Austin. Cercava la sua ragazza, ovvio. Ragazza che era
rimasta da sola con il suo occhi-blu, la stessa ragazza che stava
uscendo dalla sua camera visibilmente sconvolta. Gwen lanciò uno
sguardo interrogativo a Dianne, ma la ragazza pensò bene di
ignorarla.
-Che avete preso di buono?- La sua voce risuonò incrinata e tremante.
-Uhh! Tantissime cose!- Le rispose Nives sorridente come non mai.
Nessuno sembrava accorgersi dello stato “alterato” di
Dianne.
-Stasera festeggiamo!- Jude sollevò dal tavolo due bottiglie di Rum per mostrarle alla ragazza.
Gwen sentì lo stomaco fare su e giù solo al pensiero di
sentire l’odore dell’alcool. Si girò per andare a
infilarsi un paio di pantofole comodissime quanto infantili, ma fu
attratta dallo sguardo perso nel vuoto di Theo.
Si guardò intorno. Cam era seduto sulla poltrona con
un’aria divertita, Dianne era appoggiata di spalle al ripiano
della cucina e sembrava trovare molto interessante un punto indefinito
del muro. Jude stava bisticciando con Austin su quale dolce avrebbe
ingurgitato prima e, infine, Nives stava sgomberando il tavolo per
poter iniziare a preparare qualcosa.
Senza pensarci due volte, Gwen s’incamminò verso la sua
camera e, passando di fianco a Theo, lo trascinò con sé
afferrandolo per il polso. Il ragazzo rischiò di cadere
più volte mentre seguiva forzatamente la sua amica.
-Che cazz…- cercò di divincolarsi
Gwen lo aveva chiuso con sé nella sua camera. Ci era già
stato molte volte, gli sembrava così familiare. Odorava di rose,
un fiore che Gwen odiava tra l’altro.
-Che ti prende Theo?- La ragazza lo stava guardando dritto negli occhi.
-Di cosa parli Gwen?- Chiese lui interrogativo. Si era girato di spalle
e stava curiosando in un cassetto di trucchi. Il fatto che nemmeno la
guardasse fece imbestialire Gwen ancora di più.
-Potresti cercare di guardarmi in faccia mentre ti parlo?!- Sputò acida.
Theo si voltò. Aveva l’aria di uno che proprio non sapeva cosa dire.
-Scus…- Gwen fu, ancora una volta, più veloce.
-Se non vuoi parlarne è okay. - Fu lei questa volta a voltarsi
in direzione della porta però. - Mi ero solo preoccupata-
Ammise, con tono sconfitto.
Theo la fissò. Sembrava una pazza quel giorno, con i capelli
disordinati, i jeans strappati e una felpa di quattro taglie più
grandi.
-No, aspetta Gwen. - Sospirò.
-Cosa?- Chiese l’altra scocciata ma speranzosa.
-Sediamoci, okay?-
Erano lì, seduti su quel letto. Gwen percepiva che qualcosa la
stava facendo sentire a disagio. Era una scena rivista almeno altre
mille volte, lei e Theo parlavano abitualmente sul letto di entrambi,
erano davvero legati, lontano da ogni aspettativa, in lui Gwen aveva
trovato un vero amico.
-Ho litigato con la mia ragazza. -
Sbam. A Gwen mancò il fiato.
-Hai una ragazza?- Il suo tono era glaciale.
-Sì. - Quello di Theo era ancora peggio.
-Quando pensavi di dirmelo, Theo?- Ecco che la sua voce s’incrinava.
-Quando tu me l’avresti chiesto. - Rispose lui tranquillo.
Era una cosa che odiava di lui. Quella maledetta tranquillità che aveva nell’affrontare qualsiasi cosa.
Sospirò. -Davvero Theo?!- Chiese incredula guardandolo negli
occhi. - Non mi sembra che nelle nostre quotidiane chiacchierate questo
argomento non sia mai venuto fuori. - Era furiosa adesso.
Lei si era aperta con lui, gli aveva raccontato davvero tanto della sua
vita. Evidentemente aveva sbagliato. Aveva sbagliato tutto sul suo
conto.
-Si chiama Katy.- disse dopo qualche secondo di silenzio. Gwen rise istericamente. Un nome da stupida. Complimenti vivissimi Theo.- Ha diciotto anni e vive molto lontano da qui. Forse troppo. - Continuò fissando il pavimento.
-Perché me lo stai dicendo?- Lo interruppe lei alzandosi dal
letto sospirando e avvicinandosi alla finestra. Si sentiva stanca, le
facevano male le gambe e si maledisse per aver scelto i propri piedi
alla comoda autovettura per recarsi ai corsi il giorno prima.
-Che ti cambia Gwen? Sono sempre io.- Theo allargò le braccia in segno di resa.
Passarono diversi secondi prima che Gwen riuscisse a rispondere. Che
cosa le cambiava in effetti? Era sempre Theo, solo che aveva una
ragazza.
Scosse il capo sconsolata. -Mi hai mentito. - E lei odiava le bugie. Le
aveva sempre odiate. Perché diavolo la gente non poteva essere
sincera?
-Tecnicamente no. Te l’ho solo nascosto. - Theo le sorrise. Era
un sorriso dolce, pieno di comprensione. –Cercavo il momento
giusto. - Terminò convinto.
Gwen esplose in una risata sarcastica. -Mi stai prendendo in giro?-
Chiese scettica. –Non mi dovevi confessare mica di essere un
serial killer!- Lo guardò esasperata.
Theo distolse lo sguardo dispiaciuto. –O forse sei anche quello?- Continuò lei dandogli le spalle.
Aveva il vizio di strafare quando si arrabbiava. Parlava, parlava, diceva cose che nemmeno pensava a volte.
Il ragazzo sbuffò rumorosamente e si alzò dal letto muovendo qualche passo incerto verso di lei.
-No Theo!- si voltò la mora – Devi rispondermi. - ordinò amara.
Ma Theo rimase muto. Gwen sentì la testa pulsare e la delusione
opprimerla. Ma, prima che potesse mandarlo al diavolo, Theo
l’abbracciò da dietro.
-Scusami Gwen- le soffio fra i capelli.
La ragazza, dopo un attimo di sorpresa, prese ad accarezzargli le
braccia che le circondavano il petto. Passarono così un intero
minuto forse, prima di scoppiare a ridere entrambi. Gwen si
voltò e si guardarono negli occhi sorridenti.
-Io vog…- Theo non finì di parlare perché qualcuno entrò nella stanza.
-Ops!- Esordì Cam- Non volevo disturbare. - stava per richiudere la porta.
-Sei un coglione Cam!- disse Theo ridendo. Gwen alzò gli occhi al cielo per poi scoppiare a ridere.
Cam lanciò un’occhiata maliziosa all’amico. –Povera piccola Katy.- sospirò.
Gwen, spazientita, superò i due ragazzi e si diresse in cucina.
§
-Allora, ho pensato al cinese!- Spiegò Nives gesticolando e guardando verso gli altri.
Erano tutti lì seduti sul divano. Gwen era troppo distratta
quella sera, se ne rendeva conto. Non riusciva a concentrarsi in nessun
modo. Che fosse il mal di testa? O che fosse Theo? Scacciò
preoccupata la seconda idea. Erano amici: a m i c i. Il fatto che lui
avesse una ragazza la aveva destabilizzata abbastanza, ma alla fine era
stato Theo stesso una sera a dirle “Ho sempre desiderato avere al mio fianco un’amica come te.”
Non “una come te”, ma solo “un’amica come
te”. Lì per lì Gwen non aveva dato minimamente
importanza alla frase. Ora invece le era stampata nella testa e
sembrava non volerla abbandonare.
-Hey principessina sul pisello, ci degni della tua nobile presenza? -
Gwen trasalì. Austin la stava guardando divertito, fin troppo divertito e aveva pronunciato quella frase con disprezzo.
-Fottiti idiota. - La sua acidità fu accompagnata da un tono
spietato tanto che tutti la guardarono interrogativi. Tutti tranne
Dianne. Lei la capiva sempre, era abituata ai suoi sbalzi
d’umore, alle sue ansie; ma soprattutto era a conoscenza del
disappunto che Gwen provava nei confronti di Austin.
-Forse dovresti farti una sc…- Iniziò divertito Austin. Ma Theo fu più veloce.
-Forza Gwen, accompagnami a fumare una sigaretta. -
-Ma tu n…- Provò a controbattere la ragazza, ma
incontrò lo sguardo di Dianne che era passato
dall’allarmato al sollevato grazie alle parole di Theo. -Lo faccio solo per te. Non lo uccido solo perché tu pensi di esserne innamorata.- Disse a se stessa.
-Mi unisco a voi. - commentò Cam con entusiasmo. Quel ragazzo
era davvero strambo, quella sera era raggiante e i suoi occhi blu
sembravano avere una luce strana. Theo fece una smorfia e i tre si
diressero verso il balcone.
-Quindi Theobald ha incominciato a fumare, eh?- Cam stava portando una
sigaretta alla bocca. -Me lo porti sulla cattiva strada, sai Gwen?-
Rise dopo aver acceso quella maledetta cosa puzzolente.
-Non sei divertente Cam- Borbottò Theo.
Gwen non disse niente, semplicemente sospirò.
-Ti sta proprio simpatico Augustino, vero? - Proseguì Cam sarcastico.
-No, lo odio. - Ammise lei senza distogliere lo sguardo dal panorama che la circondava.
-Ma non si chiama Austin?- Chiese Theo confuso.
Cam e Gwen scoppiarono a ridere divertiti. – Non importa come si
chiama, è sempre e solo un’idiota. - Sputò amara la
ragazza. –E comunque, grazie Theo... - Abbassò lo sguardo
-Per non aver lasciato che la situazione degenerasse. - Concluse fiera.
-Dovere. - disse tranquillo lui.
-Dovere?- chiese scettico Cam.
-Tu! - Gwen sembrava essersi risvegliata da un profondo sonno. -Dimmi
un po’…- indicò Cam e gli si avvicinò
-…Che cos’hai stasera? Sei raggiante, ti manca un
tutù per metterti a fare le giravolte. - concluse divertita.
Theo scoppiò a ridere –Cam, ti giuro che io ti vedo con il tutù!-.
-Sta zitto. - Lo fulminò lui con lo sguardo. Schiacciò la
cicca contro il posacenere e rientrò lasciando i due ragazzi
increduli.
-Che cos’ho detto di sbagliato?!-
-Niente Gwen, sai com’è fatto. - disse lui stringendosi nelle spalle.
-No, veramente no.- Insistette lei.
-Dai, rientriamo. - Disse Theo avvicinandosi al balcone. Gwen lo stava
seguendo quando il ragazzo cambiò idea. Girò su se stesso
facendo retrofront e stampò alla ragazza un tenero bacio sulla
fronte.
-Fai la brava piccola, se no sarò costretto a metterti in
castigo. - Le soffiò a un centimetro dal viso facendole
l’occhiolino. Gwen sentì la testa girare vorticosamente e
ci vollero alcuni secondi prima che anche lei potesse rientrare.
§
Nives aveva lo sguardo basso, non che fosse triste, ma c’era
qualcosa in lei, anche se in una parte meno importante, che la faceva
sentire così.
Quello era stato un giorno pieno, la sua Jude era là, con lei. Però la sentiva distante.
Erano nella stessa stanza, circondate di persona, ma sembrava che
ognuna stesse nella propria realtà. Doveva parlarle, ne aveva
bisogno.
Posò entrambe le mani sul bancone della cucina e con un
po’ di forza si spinse in avanti, con passo veloce attraversò la
breve distanza frapposta tra lei e la sua ragazza, arrivandole vicino.
Jude aveva la testa china, impegnata a svuotare alcune delle buste, i
capelli neri e lisci sistemati dietro le orecchie ordinatamente.
-Jude. – La richiamò Nives.
La ragazza sollevò gli occhi azzurri sul suo viso, come colta di
sorpresa. –Scusami, ero sovrappensiero. – Fece una pausa,
distendendo poi le labbra in un sorriso. –Dimmi tutto. -
-Dobbiamo parlare…- Mormorò l’altra.
Jude abbassò di scatto lo sguardo e annuì interdetta,
Nives riusciva a scorgere l’ansia nei suoi occhi. Una parte di
sé le diceva di tranquillizzarla, che non c’era motivo di
stare in ansia, perché lei non l’avrebbe mai lasciata.
Però non lo fece, lasciò che Jude si tormentasse, voleva
farla star male almeno un po’ di quanto aveva sofferto lei nel
sapere che nascondesse la loro relazione come se fosse tossica.
Superarono Cam, stravaccato sulla poltrona rossa che Nives adorava, e
s’infilò nella sua stanza, chiudendosi la porta alle
spalle.
-Jude, ascolta…- Tentò di dire, ma l’altra la fermo.
-Lo so, sono stata pessima. Con questa ho superato tutti i limiti,
dovevo dirlo a Dianne… dovrei dirlo a tutti però…-
Le parole le morirono in gola.
-Hai paura. - Concluse Nives per lei.
Jude distolse lo sguardo, come se provasse vergogna di quello, e lo
puntò in una parte a caso della parete. –
Già… Ho paura di essere giudicata, che nessuno mi guardi
più nello stesso modo. –Sussurrò a bassa voce.
– Io non sono come te, non riesco a non farmi bloccare dal
timore. -
-E’ quello che sei. - Disse freddamente Nives. –Dovresti
smetterla di combattere contro te stessa e accettare quello che hai. -
Si morse il labbro. – Perché sapere che nascondi la mia
esistenza a tutti, nemmeno fossi una poco di buono, mi ferisce. –
-Non vorrei mai ferirti. - Scattò subito Jude. –Non ce la farei mai a farti del male. -
-Però lo fai. - La ragazza abbassò lo sguardo portandolo
nuovamente nei suoi occhi. –Puntualmente lo fai, perché
vergognandoti di te stessa, ti vergogni anche di me e non riesco a
pensare di amare una persona che non accetti nemmeno l’idea di
darmi affetto. -
-Non è vero! E’ proprio perché ti amo che ho paura.
- L’altra si morse il labbro. –E’ difficile, okay?
Per me è difficile e tu dovresti capirlo. - Fece una pausa
chiudendo gli occhi, come se fosse stanca. – Per tutta la mia
vita sono stata sempre attratta dai ragazzi, poi sei arrivata
tu… Mi sono innamorata di te, tu per me non sei il male, tu per
me sei l’eccezione!-.
Nives addolcì lo sguardo, stringendosi le braccia al petto. –Dovresti imparare ad accettarti per quello che sei. -
Jude la guardò. –Ci stiamo lasciando?- Sussurrò con un filo di voce.
L’altra scosse la testa e le si avvicinò. –Ti amo
no? Non potrei mai lasciarti andare per questo, sarei una stupida e
un’ipocrita. Il mio compito è quello di aiutarti e
sostenerti, non ti abbandonarti davanti alle difficoltà. –
Gli occhi azzurri della ragazza si riempirono di lacrime e annuì
appena. –Penso sempre di non meritare una persona come te.- Disse
e le si gettò tra le braccia.
Nives la strinse prontamente portando una mano tra i suoi capelli e accarezzandoli con dolcezza.
§
Finalmente l’atmosfera si era rilassata. Era arrivato il cibo,
ordinato da Nives al ristorante dietro al College. Quel ristorante era
davvero carino, Gwen ne era innamorata e poi, il cinese era davvero
buono. Mai come il cibo italiano, però. Le due cugine erano
state più volte in vacanza in Italia dai loro adorati nonni.
Avevano assaggiato la pizza napoletana, gli spaghetti, le lasagne;
erano stati giorni indimenticabili per entrambe.
-Cos’è questo coso?- Chiese spaventata Jude.
-Zampe di rospo e unghia di coccodrillo insieme. - Ironizzò Nives.
-Non hai mai mangiato cinese Jude?-
-No, è la prima volta Gwen- Rispose la ragazza mentre guardava il suo piatto scettica.
Theo rise e sottrasse il piatto a Jude -Non preoccuparti, niente sarà perduto con Theo seduto a tavola!-.
-Sei imbarazzante amico mio!- Commentò Cam alla vista di Theo
che mangiava contemporaneamente da due piatti. –Allora…-
continuò il ragazzo –…che cosa studi Austin, e
dove?-.
Mentre parlava al ragazzo, spostò lo sguardo e lo fissò in
quello di Dianne. Lei sembrò ignorarlo e prese a giocare con il
bicchiere di plastica che aveva davanti.
-Medicina, a Providence.- Disse Austin con un certo orgoglio.
-Che bello!- commentò Nives entusiasta. - In cosa ti specializzerai poi?-
-Coglionologgia, così capirà come curarsi. - concluse Gwen acida.
Cam non riuscì a trattenere un sorriso, ma la sua espressione
cambiò quando incontrò gli occhi spenti di Dianne.
Probabilmente soffriva il fatto che Gwen odiasse il suo ragazzo. Austin
sospirò e cercò di mantenere un certo contegno.
-Cardiologia. - rispose sorridendo alla ragazza.
-Così potrà curarsi il cuore spezzato dopo che Dianne,
finalmente, l’avrà mollato. - Disse a bassissima voce Gwen
a Theo provocandogli una risata. Theo però aveva la bocca piena
di cibo e la risata lo fece strozzare.
-Stai bene?- gli chiese Austin preoccupato.
-S..ì.- riuscì a sbiascicare lui guardando Gwen in
cagnesco. Quest’ultima gli tirava colpetti alla schiena con aria
preoccupata.
-Dimmi un po’ Gwen…- L'apostrofò Jude-…Tu e Theo siete fidanzati?- Chiese allegra.
Il malcapitato ragazzo aveva appena smesso di tossire, ma quando la
domanda di Jude gli arrivò addosso, riprese a farlo
compulsivamente.
-No Jude.- Chiarì Gwen sorridendo. –Io e Theo siamo
soltanto amici. - Scandì bene l’ultima parola visto che
tutti a quel tavolo, di tanto in tanto, si concedevano delle battutine
sul loro rapporto.
Dianne si alzò dal suo posto e iniziò a sparecchiare con
Nives e Jude e con Gwen che le mandava occhiatacce del tipo “So che sei rimasta sola con occhi blu”.
La ragazza ricambiava con sguardi che sembravano dire “Tu e Theo siete solo amici?”.
Quando ebbero finito di sistemare, si sedettero tutti a terra in un
cerchio molto approssimato. Austin passò un braccio intorno alle
spalle di Dianne e lei le si posò contro il suo petto.
-Ubriachiamoci allegramente!- Propose Jude tutta entusiasta sollevando
per la seconda volta la bottiglia di rum. Gwen portò gli occhi
al cielo disperata.
-Okay. - Esordì Cam- Mandiamo Gwen a letto. - Sghignazzò.
-Dai. - azzardò la diretta interessata -Facciamo un gioco. -
Austin diede un bacio tenero sulla fronte a Dianne e
l’abbracciò. –Perché io e te non ce ne
andiamo a letto?-Il suo tono era dolce, ma il volume era stato tale che
sentissero tutti i presenti. Probabilmente anche Dianne se ne era
accorta.
Passò qualche secondo prima che Nives cercò di
sdrammatizzare. –Okay…- Erano stati secondi interminabili
in cui tutti i presenti avevano trovato davvero interessante come non
mai fissare il pavimento. –…Magari Austin e Jude saranno
stanchi per il viaggio. - Azzardò. -Potremmo rimandare tutto. -
Provò a dire la ragazza con un tono teso.
-Okay. - disse duro Cam. Si alzò velocemente dal pavimento e
afferrando il suo giubbotto di pelle disse – Tanto io avevo un
impegno. - Theo lo guardò titubante e Cam se ne accorse
perché, alle suo occhiate interrogative, rispose con un
–Me ne ero dimenticato. - e uscì dalla casa senza nemmeno
salutare.
Dianne si alzò sospirando e scomparì in corridoio seguita dal suo “ragazzo”
e dopo qualche minuto fu il turno di Nives e Jude. -Beh...
-incominciò Jude imbarazzata. -Noi, è meglio che andiamo.
-
-Dobbiamo chiarire molte cose e... - Cercò di concludere Nives ancora più a disagio.
-Tranquille!- esclamò Gwen. – Non abbiamo cinque anni, capiamo. - Disse convinta facendo un occhiolino alle due.
Per tutta risposta Jude e Nives si avviarono per il corridoio, ma a un
certo punto quest’ultima cambiò idea e tornò
indietro. -Fate i bravi voi due. - ammiccò verso l’amica.
Gwen le lanciò un’occhiataccia prima di vederla salterellare verso la sua stanza.
-Vado anch’io Gwen.- disse Theo alzandosi.
-No. -
-Cosa?-Chiese lui con un’aria davvero sorpresa.
Maledettissima bocca. Maledettissimo cervello non connesso. Aveva
parlato ancor prima di pensare, era stato tutto così spontaneo,
e adesso aveva Theo che la fissava interrogativo. Non sapeva cosa
inventarsi, anche perché non era esattamente a conoscenza del
motivo che l’aveva spinta a dire quel “no”
così deciso. Lei non era mai decisa in niente, in nessun campo,
non sapeva scegliere nemmeno cosa mangiare fra una mela e una banana.
Quindi ora, nella sua mente, regnava il caos più totale.
-Ehm... -Cercò di prendere tempo.
-Accompagnami alla macchina, ti va?- Le chiese lui, togliendola
dall’imbarazzo totale. Si alzò deciso e si diresse verso
la porta. Gwen era ancora abbastanza confusa e ci volle un po’ a
carburare tutto.
-Oh, arrivo. -
Si chiusero nell’ascensore insieme a due ragazze molto poco
vestite. Theo era appoggiato contro la parete di metallo e Gwen sostava
davanti a lui di spalle. Di fianco a loro, le due erano intente a
fotografarsi in pose equivoche da ogni angolazione. Gwen si sentiva
davvero a disagio, non le era mai successo di sentirsi così in
presenza di Theo. Aveva lo stomaco in subbuglio e le mani sudate, non
riusciva a pensare lucidamente e intanto si torturava il labbro
inferiore con i denti.
-Sul serio Gwen…- Gli sussurrò Theo all’orecchio.
-Dovresti stare più rilassata. Sei parecchio strana stasera. -
-Che dici? Non è vero. - Cercò di controbattere lei. Come
si era capovolta la situazione? A inizio serata era lui a essere
strano, e maledizione, adesso era lei a comportarsi da vera cretina.
-Ah ah ah.- Scandì Theo posando la sua grossa testa sulla spalla
di lei. -Sei davvero pessima a dire le bugie. Non l’hai mai
fatto, non vedo perché cominciare stasera. E poi tu odi le
bugie. -
-Hai ragione…- fece per voltarsi, ma il dlin dell’ascensore l’avvertì che erano arrivati al piano terra.
S’incamminarono verso il portone principale e Gwen armata di
coraggio cercò di continuare. -Solo che, non lo so, non sono
così in forma stasera. - Disse stringendosi nelle spalle.
Scesero i pochi gradini che portavano al marciapiedi in silenzio e si
avvicinarono all’auto di Theo.
-Secondo me non è questo…- Ma Theo non terminò la
frase perché la classica suoneria del suo telefono prese a suonare a
tutto volume. Il ragazzo estrasse il cellulare dalla tasca e
staccò la chiamata con un’espressione che andava fra il
confuso e il sorpreso. Gwen non riuscì a decifrare se era
contento di quella chiamata o scocciato.
-Ne parliamo un’altra volta, ora devo proprio scappare. - La liquidò lui aprendo lo sportello dell’auto.
“Scappare? E dove?”
-Oh.- cercò di mantenere un’aria rilassata. - Certo Theo, grazie di essere venuto. -
Il ragazzi non staccava gli occhi dal cellulare, forse non l’aveva
nemmeno ascoltata. Gwen si sentiva così stupida a stare
lì impalata.
-... Certo, a domani. - Tagliò corto lui, aprendo lo sportello.
“Ti costerebbe così tanto staccare gli occhi da quel cacchio di coso e guardarmi in faccia?”
avrebbe voluto davvero dare voce ai suoi pensieri, ma come sempre
decise di trattenersi. Fece qualche passo indietro, verso i gradini e
non riuscendo a tenere a freno la lingua lo chiamò. La sua voce
era suonata davvero male, come un lamento, ma Theo non staccò lo
stesso gli occhi dal display del cellulare.
-Mhh?- si limitò a rispondere.
-Vai piano. - concluse lei secca. Fece per voltarsi ma finalmente il viso di Theo si girò nella sua direzione.
-Tranquilla. - Le fece uno dei suoi sorrisi perfetti e rassicuranti e s’infilò in macchina.
Gwen rientrò così velocemente che nemmeno si rese conto
di essere passata dall’esterno del palazzo all’interno
dell’ascensore.
Sospirò rassegnata mentre sentiva qualcosa incrinarsi nel petto.
Si infilò nel suo letto nel silenzio più totale e appena
chiuse gli occhi un suono glieli fece riaprire.
-Maledetto cellulare.- imprecò con la voce impastata dal sonno.
Allungò di controvoglia la mano sul comodino e nel buio della
sua stanzetta vide la notifica sul display del telefono.
Theo: Buonanotte.
Sbloccò il cellulare e rispose velocemente nel modo più freddo che le riuscisse.
Gwen: a te.
§
Dianne si chiuse la porta della sua stanza alle spalle, sollevando lo
sguardo in direzione di Austin. Lui era girato di schiena
ed era impegnato a sfilarsi via il cardigan che aveva indossato sulla
camicia.
-Austin…- Esordì muovendo qualche passo nella sua direzione.
Il ragazzo si voltò verso di lei al suono della sua voce, lo sguardo era fisso sul suo volto.
-Era necessario fare così?-
-Così come?- Chiese Austin sorpreso.
-Ti conosco, non fare l’ingenuo. -
-Dianne, non ce la facevo a restare in quella stanza. - sbuffò
lui. –Tua cugina non fa altro che darmi addosso, la mia
tolleranza ha dei limiti. -
-Sei abituato all’atteggiamento di Gwen, ha sempre fatto
così! –Esclamò lei. –Nives stava tentando di
essere carina, come Theo e come…-.
-Cam?- Concluse lui per lei, il suo tono era carico di ironia. –Ti prego, Dianne, mi credi così ingenuo? –
Lei restò di stucco. –In che senso?-
-In confronto alle sue occhiate, quelle di Gwen sembravano dolci. - Commentò Austin, gettando la maglia sul letto.
-Lui ha dei modi di fare un po’ così…- Tentò
di giustificarlo Dianne, sollevando una mano che portò tra i
capelli. –Non ha niente di personale verso di te.-
Non capiva nemmeno per quale motivo tentasse di difendere Cam,
però dopo quello che era successo quella sera si sentiva
talmente stordita che avrebbe voluto restare da sola. Buttare la testa
sotto il cuscino e capire cosa stava accadendo.
-Davvero Dianne?- Chiese lui, sorridendo amaramente.
-Davvero. - Replicò, deglutendo a vuoto.
-Come sei ingenua. - Austin sollevò gli occhi al cielo e si
voltò verso di lei. Ecco che la guardava in quel modo che Dianne
tanto odiava, la faceva sentire una bambina stupida incapace di
pensare. Troppo sciocca per fare qualsiasi cosa.
-Non sono ingenua. –Replicò lei, tentava di tenere sotto
controllo il tono della voce. – Sei tu che vedi cose che non
esistono. -
-Mi stai dando del visionario?- Lui sembrava irritato.
-Ti sto solo dicendo che…- Tentò di dire lei ma Austin la bloccò.
-Di dire cose? Devo sempre venire ad aprirti gli occhi perché da sola non ci arrivi?-.
Dianne si sentì mancare l’aria, quelle frasi scaturivano
in lei solo ricordi dolorosi. –Piantala. –Disse a denti
stretti.
-Come prego?- Replicò lui.
-Ho detto che devi piantarla. - Questa volta il tono della sua voce era
più alto. –Sinceramente non ho bisogno che tu venga qui a
dirmi quanto sono ingenua e idiota, non è questo che fanno due
persone che stanno insieme. -
Austin sembrò sorpreso, forse era una delle poche volte che lei gli dava contro.
-Sono stanca Austin, tu sei il mio ragazzo, non mio padre. Devi
seriamente smetterla di trattarmi così.- Dianne si morse un
labbro, tentando di tenere la voce più ferma possibile.
Lui scosse la testa, incredulo. –Ma ti hanno fatto il lavaggio
del cervello per caso? Cosa stai farneticando? Io mi faccio tutti
questi chilometri solo per te e tu passi il tempo a difendere un
cretino che conosci da quando? Un giorno?-
-Non si tratta di Cam! Io non sto parlando di lui, diamine, perché non lo capisci?- Urlò esasperata.
-Non urlare. – La ammonì lui, il suo tono era gelido.
Dianne prese un lungo respiro, sospirando profondamente. –Non
voglio litigare con te. – Gli disse avanzando di qualche passo,
in modo da potergli arrivare vicino. –E’ l’ultima
cosa che vorrei…- Abbassò lo sguardo portandolo sulle sue
mani. –Però prova a capirmi…-
-Non c’è niente da capire. - Tagliò corto lui.
- Che significa?-
-Quello che ho detto?- Replicò Austin come se stesse a confermare l’ovvio.
Lei sospirò profondamente, tentando di non lasciarsi prendere troppo dalle emozioni. –Austin…-
-Perché devi fare così?- Domandò lui esasperato. –Pensavo ci tenessi a noi. -
-Certo che ci tengo a noi!- Esclamò lei infastidita da quelle
parole, aveva sopportato di tutto solo perché amava quella testa
di cazzo.
-Mio padre aveva ragione. – Ammise lui, deluso.
-Cosa?-
-Ha sempre detto che meritavo di meglio. -
Dianne avvertì quelle parole come un coltello che le si
affondava dritto nel cuore. Come poteva dire una cosa del genere? Come
poteva ferirla in quel modo?
- Ha sempre detto che non eri all’altezza. - Proseguì il ragazzo, sembrava stanco.
-Allora perché sei qui?- Dianne era convinta che la sua voce
sarebbe stata rotta o almeno debole, invece le uscì fredda come
il ghiaccio.
- Perché dopo tre anni non posso rinunciare a quello che abbiamo. -
Lei si morse il labbro, sospirando scetticamente. –Però
pensi che tuo padre abbia ragione, che non mi consideri
all’altezza del tuo intelletto sopraffino o del tuo fisico da
macho?- Scattò. –Perché stai con me se mi disprezzi
così tanto? Eh? Perché non te ne trovi un’altra
all’altezza delle tue innumerevoli capacità?-.
-Dianne… io non volevo…- Tentò di giustificarsi lui.
-No, tu lo volevi eccome. - Tagli corto lei, puntando gli occhi in quelli verdi di Austin. –Tu lo fai di continuo. -
Il ragazzo sospirò arrivandole vicino e portando entrambe le
mani sulle sue spalle. –Mi dispiace… ho perso il
controllo. - Sussurrò.
Dianne alzò il viso tentando di ricacciare le lacrime che
reclamavano di uscire. – Va bene, andiamo a dormire. Non
pensiamoci più. –
E per l’ennesima volta metteva l’amore per lui, davanti a quello per se stessa.
Questo
capitolo, definito anche "il parto", è un po' differente. In
parte perchè vediamo protagonista Gwen e la sua situazione con
Theo, come finirà tra questi due? EHEHEH.
C'è un'altra novità in questo capitolo, non l'ho scritto
da sola haha! E forse si noterà in alcuni punti, è stata
la ragazza su cui si basa il personaggio di "Gwen" a stenderne una
parte, si potrebbe dire che lei ne ha scritto l'80% e io il 20%!
La ringrazio di cuore per questo aiuto e ringrazio di cuore chiunque
legga e recensisca questa storia, siete davvero gentili, sono felice di
poter sentire ancora i vostri pareri! <3
Un bacio, S.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8; Temporary Bliss. ***
Capitolo 8
«Io so qual è il mio posto,
in fondo non sono perso per sempre. »
▪Snow Patrol▪
◊ CAPITOLO VIII ◊ Temporary bliss..
Non
c’era cosa che Dianne odiasse di più come le vacanze per
il giorno del Ringraziamento. Odiava starsene sommersa dai parenti che
continuavano a starle addosso tartassandola di domande di cui forse a
loro non interessava nemmeno la risposta.
Lei e Gwen avevano passato gli ultimi tre giorni completamente
soffocate dai loro familiari e dai tacchini ripieni. Le loro madri
sembravano impazzite per quanto cibo riuscivano a tirar fuori ogni
giorno, sul tavolo avevano riposto di tutto: sformatini di zucca,
panini al burro, una quantità industriale di salsa di mirtilli,
come contorno, oltre alle pannocchie arrostite, non potevano mancare le
patate dolci e, per concludere, la torta di zucca e la torta di noci
pecan e sciroppo d’acero.
Non si aspettava di essere così felice di ritornare al college.
Quel giorno aveva riempito la valigia di quelle poche cose che aveva
portato con sé, riempiendo lo spazio rimanente di cibo e vestiti
di cui l’aveva caricata sua madre. Era stato strano ritornare a
casa, rivedere i luoghi dove era cresciuta e capire di non averne
sentito per niente la mancanza.
In più distaccarsi dal mondo le aveva servito un bel po’,
per quanto non volesse ammettere, tornare a casa era stata una manna
dal cielo. I giorni che Austin aveva passato con lei al college erano
trascorsi abbastanza velocemente, nonostante alcune discussioni,
però Dianne lo sapeva, qualcosa tra loro era cambiato. E lui
sembrava cieco davanti a questo dettaglio. O forse qualcosa era
cambiato solo per lei?
E poi c’era Cam. Si era ritrovata a pensare a lui più di
quanto volesse ammettere, spesso il ricordo del loro bacio
l’aveva tenuta sveglia la notte. Ma il punto era un altro, cosa
significava tutto quello? Dianne ne era ormai convinta, lui
l’aveva baciata solo per dimostrarle che aveva ragione. Era uno
stronzo, ricorreva a tutti i mezzi pur di far avvalere le sue
considerazioni.
Però lei avrebbe potuto respingerlo e mandarlo via… e
invece aveva ricambiato. Eccome se lo aveva fatto, si era trovata a
desiderare di più da qualcuno che probabilmente ora stava
ridendo di lei e non dal suo ragazzo. Anzi, con l’altro ci aveva
solo litigato e infiammato gli animi.
Ma ora la piccola vacanza che l’aveva portata fuori dal mondo,
stava per finire, lei e Gwen dovevano ritornare a Princeton.
Era felice di rivedere Nives, la sua coinquilina le era mancata da
morire, Jude le aveva detto che lei era già ritornata al
college, quindi al loro ritorno l’avrebbero ritrovata.
Austin non aveva passato il ringraziamento nel Vermont, inizialmente
Dianne ci era rimasta un po’ male, dopo i due giorni tesi voleva
rivivere la tranquillità della loro storia, ma poi si era detto
che forse era meglio così. Perché più tempo
avrebbe passato con lei, più avrebbe capito che qualcosa non
andava… E si tormentava già abbastanza per il bacio di
Cam, infondo era stato lui a baciarla, non andava considerato
tradimento… o no?
-Dianne, sei qui?- Gwen entrò nella sua vecchia camera, richiamando la sua attenzione.
- Sì, ho quasi fatto. –Rispose distrattamente richiudendo la cerniera della valigia.
-Devo dirti una cosa. - Disse l’altra seria.
Dianne sollevò di scatto la testa con un’espressione preoccupata sul viso. –Che succede?-
Gwen prese a giocare con il bordo della sua maglietta.
–Beh….- fece una pausa, stampandosi poi un sorrisone sulle
labbra. –Ho trovato un modo più comodo di viaggiare,
invece del treno!-
Lei inarcò un sopracciglio. –Dalla tua faccia sembrava che fosse morto qualcuno!-.
-Ehi! Ho dovuto lasciare la mia adorata stationwagon a Princeton!-
Sbuffò l’altra. –Sento la mancanza della mia
bambina. -
Dianne alzò gli occhi al cielo. –Potresti arrivare al punto?-
-Faremo il viaggio di ritorno con Theo. – Disse raggiante.
-Cosa ci fa in Vermont? – Chiese l’altra curiosa.
-Non sta in Vermont. E’ di strada, lui e Cam sono del Maine... - Spiegò.
-Aspetta. - Dianne si morse l’interno guancia, tentando di non
mostrarsi nervosa. –C’è anche Cam con lui?-
Gwen annuì.
-Te lo puoi scordare il treno va benissimo. - Sollevò la valigia, dirigendosi verso la porta.
-Eddai.- Piagnucolò l’altra.
-Gwen no, tu puoi anche andare con loro, io prenderò il treno. –
Gwen la guardò sospettosa. –Che mi sono persa?- Disse con un sorrisino.
Dianne avvampò. –N...niente, figurati. -
-Theo ci resterà male, penserà che ce l’hai con lui. - Continuò l’altra.
-Theo non c’entra. - Replicò Dianne.
Il sorrisetto sulle labbra di Gwen si estese ulteriormente. –Bene, allora non ci sono problemi. -
-Uffa, il treno è tanto comodo. – Protestò Dianne.
Gwen sollevò esasperata per l’ennesima volta lo sguardo in
direzione della cugina. –Dai, è di strada, meno
inquinamento e poi viaggiare in compagnia è sempre più
bello. -
La ragazza sbuffò. –Ma tu viaggi in compagnia, ci sono io!-
-Dee, smettila di fare i capricci e scendi giù. -
-Non chiamarmi così!- Scattò subito Dianne, come morsa da un insetto.
Gwen sollevò l’angolo delle labbra. –E perché mai? Può farlo solo Cam?-
Dianne la ignorò e uscì dalla stanza, tentando di sembrare più indifferente possibile.
Okay, la situazione era del tutto indefinita.
§
Gli abbracci di sua madre sembravano delle mosse di Karate prosciuga
ossigeno, la stava stritolando così forte che Dianne quasi non
riusciva più a respirare.
-Fate attenzione, siate prudenti… non bevete e non…-
-E non accettate caramelle dagli sconosciuti, ricevuto. –
Concluse per lei la mora, stringendo le dita contro la maniglia del
troll, sollevandola verso l’alto.
Alzò lo sguardo, Gwen continuava a spostare gli occhi dal suo
telefono alla strada, sembrava terribilmente nervosa, come se tutta la
gioia di poco prima fosse sparita.
-Tutto bene?- Azzardò Dianne arrivandole vicino.
-Che?- Strillò l’altra colta di sorpresa.
–Sìsì, una meraviglia. - La liquidò con un
gesto della mano.
-A me non sembra…- Mormorò la ragazza inarcando un sopracciglio.
-Non so e se mia madre ora inizia a pensare che sto con Theo? E se
vedendolo tutti potrebbero farsi delle strane idee?- Gwen sembrava
impazzita.
-Ma cosa stai farneticando. - La ragazza aggrottò maggiormente
la fronte. –Gwen, te ne stai andando nel panico senza motivo,
è Theo, mica uno sconosciuto sbucato dal nulla e poi
perché tua madre dovrebbe pensare che state insieme?-
Lei parve non averla proprio sentita. –Oddio, devo andare in bagno. -
Dianne afferrò la cugina per le spalle, puntando i suoi occhi in
quelli di lei. –Ora le cose sono due, o ti dai una calmata o ti
tiro una sberla. -
Gwen sembrò riprendersi dal suo momento di follia. –Scusami, ho avuto un attimo di panico. -
L’altra annuì lentamente, guardandola con lo sguardo di
chi la sapeva lunga. –Quindi, tu e Theo siete amici. -
-Ovvio, solo amici. - Annuì convinta la ragazza.
-E tu stavi per morire d’infarto perché…?-
-Ti odio!- Esclamò esasperata Gwen.
-Oh, non è vero. - Disse compiaciuta Dianne ritirando la presa
sulle sue spalle e mettendo le braccia conserte. –Sei cotta. -
-Senti. - Si schiarì la voce Gwen. –E’ fidanzato. -
Chiarì, come se quello fosse un motivo per non provare interessi
nei confronti di Theo.
-E quindi? Le relazioni finiscono, mica sono sposati. - commentò Dianne.
-Questo vale anche per te e Austin?- Controbatté la cugina.
Dianne restò completamente spiazzata, cercando in fretta di
formulare una risposta nella sua testa. Ma un SUV nero che svoltava nel
suo vialetto, la salvò.
La macchina era talmente enorme che faceva sembrare il viale minuscolo, in più i vetri erano oscurati.
Dianne inclinò il viso tentando di scorgere chi ci fosse alla
guida, ma quando lo sportello del passeggero si aprì,
un’espressione confusa le si formò sul viso.
Una ragazza dai capelli lunghi e biondi stava scendendo
dall’auto, il suo sguardo sembrava contrariato mentre si
stiracchiava le braccia intorpidite dalle ore di macchina. Era Alyssa,
la sorella di Theo.
Si voltò nella loro direzione e fece una smorfia. - Sono
già qui. - Disse a qualcuno nell’auto e nello stesso
istante scattò la chiusura del bagagliaio, sollevandosi poi
lentamente verso l’alto.
La testa di Theo sbucò dal finestrino del guidatore, aveva un
sorriso allegro stampato sulle labbra. –Mettete le valigie
dietro. - Disse. –E’ bello rivedervi!- Aggiunse poi e il
suo sorriso si allargò mentre il suo sguardo si spostava su Gwen
che fingeva di essere totalmente affascinata da una pietra.
Dianne aggrottò le sopracciglia nel vedere quella reazione da
parte della cugina e avanzò di qualche passo, tirandosi dietro
il troll.
Mentre passava vicino all’auto, uno degli sportelli si
aprì, costringendola a indietreggiare bruscamente, per non farsi
colpire.
-Dovresti fare più attenzione. – Le disse Cam, scendendo
dall’auto e passandosi una mano tra i capelli, mentre le
rivolgeva uno di quei sorrisi ai quali non potevi restare indifferente.
-Tu potresti anche guardare prima. - Ribatté lei e in risposta ricevette uno sguardo che le bruciò la pelle.
Era uno sguardo così intenso che Dianne si sentì talmente
piccola e vulnerabile da distogliere gli occhi, per poi notare un
sorrisetto compiaciuto formarsi sulle labbra del ragazzo.
-Cam.- Lo richiamò Alys. –Ti siedi dietro con me?- Il suo
tono sembrava smielato e supplichevole, Dianne dovette reprimere
l’impulso di alzare gli occhi al cielo.
Cam non le rispose subito, poi però annuì. –Certo.
- Disse voltandosi nella direzione di Gwen che intanto faceva la bella
statuina davanti al porticato. –Gwen, siediti al mio
posto… Ma cosa ci fai ancora lì?-.
L’altra sollevò lo sguardo come se si stesse ridestando da
un sogno e partì come un razzo nella direzione dell’auto.
–Ciao a tutti. –Esordì allegra, ma Dianne
capì subito che era il tono più falso che avesse a sua
disposizione. –Come sono andate queste vacanze?-
Alys non le rispose, infilandosi nuovamente nell’auto, mentre Cam fece spallucce. –Direi bene. -
-La sorella di Theo sprizza una simpatia…- Commentò sotto voce Gwen.
-Sh, ha un udito formidabile. –La canzonò lui con un sorriso.
-Fatto. – Li interruppe Dianne un po’ affaticata, per via
della valigia che aveva appena sollevato nel bagagliaio. - Dove mi
siedo?-
-Dove vuoi, anche sul tettuccio va bene. - Le rispose Cam.
Finalmente erano partiti, Theo era alla guida e Gwen se ne stava rigida
come un mazzo di scopa al suo fianco. La situazione dietro non era
migliore, Alys e Dianne erano entrambe sedute vicino al finestrino
mentre Cam se ne stava nel mezzo.
C’era un silenzio tombale.
A sorpresa di Dianne, fu Alys a parlare. -Allora, cosa facciamo stasera?- Chiese.
-Alys, non penso che arriveremo entro stasera. – Le rispose Theo
guardandola dallo specchietto. –Manca un sacco e siamo ancora in
Vermont.-.
Lei sbruffò. –Ma io sono stanca di viaggiare. – Si
lamentò. –Fermiamoci da qualche parte per la notte. -
Propose poi.
-Non credo sia una buona idea. - Proseguì Theo. –Ci metteremo un sacco di più. -
-Però almeno arriveremo riposati e non tutti acciaccati. -
Questa volta fu Gwen a parlare e Theo sorpreso voltò il viso
verso di lei.
-Sì ma…- Il ragazzo tentò di dire.
-Cosa c’è che non va?- Gli chiese Dianne, sporgendosi
appena sul sedile posteriore, sfiorando con la gamba quella di Cam.
Aveva ben pensato di tenersi a distanza di sicurezza, per questo stava
passando il viaggio spiaccicata contro il finestrino.
-E che avevo promesso a Katy di chiamarla su Skype.- Ammise lui sconsolato. –E…-
-Ma lei di preciso dove sta?- Chiese nuovamente Dianne sinceramente curiosa.
-Quante domande Dee. - Commentò Cam, voltandosi appena verso di lei con il suo solito sorrisetto stampato sulle labbra.
Lei lo ignorò tentando di concentrarsi solo sulla risposta di
Theo. –In Gran Bretagna.- Disse lui, stringendo con forza le mani
contro il volante.
-Wow…- Mormorò la ragazza sinceramente sorpresa. –Non credevo fosse così lontana. -
-Non lo credevi perché lui non ha mai avuto la premura di dircelo. –Commentò Gwen acida.
Nell’auto calò nuovamente il silenzio, solo che questa volta era alquanto imbarazzante.
Theo ignorò le parole di Gwen e premette le dita contro il tasto
di accensione della radio, le note di una canzone di Anastacia
riempirono lo spazio. (Questa canzone)
Dianne si accasciò contro il sedile, girando il volto verso il
finestrino, concentrando la sua attenzione verso il paesaggio che si
trovavano ad attraversare, canticchiando sotto voce. -Stuck on the wrong side of heaven but I did it to myself…-
Sentì la gamba di Cam premere contro la sua. –Ti piace?-
Le soffiò tra i capelli e lei percepì il suo respiro
sulla sua pelle.
Dianne colta completamente di sorpresa, sbattè più volte
le palpebre per poi capire che il ragazzo si stesse riferendo alla
canzone, così annuì. –Sì.- Fece una pausa
girando il viso e le si fermò il fiato in gola quando si rese
conto della poco distanza tra i loro volti. –A te?-
-Non sono un amante della musica moderna, però lei è una
tosta. - Rispose lui e abbassò gli occhi azzurri, portandoli nei
suoi con un sorriso sulle labbra.
Now I know what love is worth in a broken world.
Dianne non ne capiva il motivo, ma in quel momento non riuscì a
distogliere lo sguardo, gli occhi di Cam catturavano i suoi come se
fossero due calamite.
But I can’t get past the hurt.
Era come se gli altri fossero spariti, percepiva solo la sua presenza e
il suo respiro caldo che le si posava sulla pelle, perché quel
ragazzo le faceva quell’effetto?
‘Til I give up on these stupid little things.
Eppure non poteva permetterselo di sentirsi così, quel
batticuore non era giusto, non poteva permettere al suo cuore o alle
sue vene di infuocarsi in quel modo. Lei stava con Austin, lei amava
lui.
I’m so hung up on these stupid little things.
Cam era solo una distrazione, era qualcosa di sbagliato, doveva capirlo…
That keep me from you.
Eppure… Quegli occhi le provocavano sensazioni di cui nemmeno ne sapeva l’esistenza.
-Theo, cambia stazione, non la sopporto questa canzone!- La voce di
Alys le piombò addosso, riportandola alla realtà,
però sembrava aver avuto lo stesso effetto anche su Cam visto
che aveva distolto bruscamente lo sguardo e ora si guardava intorno
leggermente spaesato.
-Allora. – Si schiarì poi la voce, rivolgendosi a Theo. –Che facciamo, ci fermiamo?-
-Mettiamolo ai voti. - Rispose il ragazzo tenendo lo sguardo sulla strada.
-Io dico di sì.- Disse prontamente Alys.
-Concordo. – Annuì Gwen, durante quel viaggio era
diventata estremamente silenziosa, cosa al quanto strana visto la sua
personalità. Solitamente la ragazza si rivelava un’ottima
compagna di viaggio e non una mummia imbalsamata che sembrava star
lì come soprammobile.
Dianne la guardò confusa, per poi parlare anche lei. –Per me è uguale. -
-Andiamo Dee. - La incitò Cam. –Sì o no?-
-Per te?- Chiese a sua volta.
Lui le si avvicinò arrivandole a un palmo del viso,
sussurrandole sotto voce. –Dai, lo so che muori dalla voglia di
stare in motel con me nella camera affianco. -
-Perché devi essere così idiota?- Rispose Dianne alzando gli occhi al cielo.
-Deciso Theo, cerca un Motel, ci fermiamo. – Disse Cam ritornando a sedersi composto con un sorriso trionfante.
§
Quando Dianne aprì la porta della stanza, pensò che le
sarebbe caduta addosso. Era piuttosto vecchia e malconcia, tra i tanti
motel, Theo, aveva trovato il peggiore. Però preferiva stare
lì che in quell’auto, erano state ore interminabile, si
era trovata a pregare che facesse presto notte, così ci
sarebbero stati più di poche centimetri tra lei e gli
altri… o meglio, tra lei e Cam.
Gwen era dietro di lei, sembrava incazzata con il mondo intero mentre
si tirava dietro la valigia come se pesasse quanto una piuma.
-Questo posto fa schifo!- Sbraitò a mo’ di pazza,
guardandosi intorno. –Theo è un’incapace, guarda
dove ci ha portati. - Sbuffò incrociando le braccia al petto.
Dianne la guardò perplessa. –Stai bene?- Le chiese dubbiosa.
-Sì!- Esclamò lei.
-Non sembra…- Azzardò l’altra. –Ti è venuto il ciclo?-
-Dianne!- Borbottò lei. –Sto bene, sono solo stanca. -
Aggiunse poi lasciandosi ricadere sul letto che scricchiolò
sotto il suo peso.
Alys irruppe nella stanza, la solita espressione da donna condannata al
patibolo sul volto. –Dovrò dividere la stanza con voi. -
Disse scocciata. –Menomale che è una sola notte. -
-Guardate, siete talmente socievoli e di compagnia che mi fate salire
la voglia di andarmene a dormire in macchina. – Sbuffò
Dianne, per poi raccogliere alcuni indumenti dalla valigia e chiudersi
in bagno.
Aveva il bisogno di farsi una doccia e in più non tollerava quelle due, sembravano avere il ciclo perenne.
Aprì l’acqua, lasciando che si riscaldasse e si
spogliò lentamente per poi infilarsi nel box di plastica
malconcio.
Odiava passare ore a rimuginare, soprattutto in momenti rilassanti come
quando l’acqua le cadeva addosso massaggiandole ogni muscolo teso
del suo corpo, così decise di sgombrare la mente e godersi
semplicemente quell’attimo.
Però quando passò il sapone sulle mani, notò una
sensazione di bruciore sul dorso, costringendola così ad
abbassare lo sguardo. Era abituata alle nocche dell’indice e del
medio che solitamente le si arrossavano, era un po’ una cosa
normale visto quello che si trovava a fare praticamente dopo ogni
pasto, delle volte tentava di non far sfregare i denti contro quelle
zone, ma era inevitabile.
Solo che questa volta era diverso, quella parte di pelle era
completamente escoriata, creando alcuni rivoli di sangue. Era solo un
promemoria, Dianne lo sapeva di aver esagerato durante il
Ringraziamento, aveva dato sfogo alla sua malattia dopo ogni pasto, e
quei graffi sulle nocche ne erano il ricordo.
Scrollò le spalle cercando di non pensarci e, dopo aver chiuso l’acqua, si precipitò fuori dalla doccia.
Non impiegò tanto a rivestirsi, indossò un paio di jeans
a sigaretta e una felpa azzurra con su scritto “Princeton”,
dopodiché uscì dal bagno.
Le sue allegrissime compagne di stanza se ne stavano una da una parte e
una dall’altra, Alys continuava a parlare a telefono mentre Gwen
fissava il soffitto distesa sul letto.
-Ragazze…- Tentò di dire in un sussurro, voleva avvisarle che usciva a fare due passi.
Entrambe spostarono di scatto lo sguardo su di lei, fulminandola.
– Okay, okay, come non detto. – Borbottò e
uscì fuori.
L’aria fresca del tramonto le accarezzò la pelle,
nonostante fosse novembre, quella sera il clima non era poi così
rigido.
Sentì delle voci provenire da una stanza, ci mise tre secondi a
capire che si trattassero di Cam e Theo. La loro porta era socchiusa,
dando modo a chiunque passasse di origliare i loro discorsi. Dianne fu
tentata di allontanarsi, non era corretto, ma poi la curiosità
ebbe la meglio, così si accostò con le spalle al muro,
tentando di assumere un atteggiamento indifferente.
-E’ un casino enorme. –Stava dicendo Theo.
-Amico, tu ti preoccupi troppo. - Era la voce di Cam.
-Non è vero e su questo la pensiamo allo stesso modo, oppure non ti comporteresti così.-
Sentì Cam sospirare e poi un rumore di passi che si avvicinavano alla porta.
Dianne con uno scatto veloce del corpo si precipitò vicino alla
ringhiera di metallo, tentando di assumere l’espressione
più disinvolta di cui era capace e non quella colpevole di un
origliatrice. Ma di cosa stavano parlando i due?
La porta si aprì e ne uscì Cam, aveva il viso chino
cosicché alcune ciocche dei capelli umidi gli ricadessero
davanti agli occhi e tra le mani stringeva un pacchetto di sigarette,
dal quale era concentrato ad estrarne una.
Quando sollevò lo sguardo sembrò sorpreso di vedere Dianne lì fuori.
-Dee. - La richiamò.
Lei si voltò tentando di assumere un’aria sorpresa. –Ehi. -
-Cosa ci fai qui fuori?-
-Preferisco starmene al freddo e al gelo che in quella stanza. - Rispose prontamente lei.
Lui sogghignò. –Perché mai?-
-Penso che a Gwen sia arrivato il ciclo, mentre l’altra…
beh, quella sembra mestruata trecentosessantacinque giorni su
trecentosessantacinque. - Disse Dianne, girando maggiormente il busto,
in modo da portarsi difronte a lui.
-Alys non è male. – Cam si portò la sigaretta alle labbra. – Bisogna saperla prendere. -
-E tu sai prenderla?- Chiese lei, sentiva una punta di gelosia nella sua voce, per quanto tentasse di nasconderla.
-Dipende da che senso intendi. - Rispose lui, sollevando l’angolo delle labbra.
Dianne scosse la testa, borbottando qualcosa sottovoce.
-Dai Dee, sto scherzando. –Le disse poi Cam, chinando il viso e
facendo sfregare la punta del pollice contro la rotella
dell’accendino, provocando una fiamma contro la quale
portò la punta della sigaretta, inspirando.
-Senti Cam…- Lei si strinse le mani al petto, per quanto non
volesse prendere quel discorso, forse era giusto parlarne. –Beh,
io… tu, cioè sai…-
Lui sollevò lo sguardo e la guardò perplesso. –Hai un modo di esprimerti eccezionale, Dee. - disse sincero.
Dianne prese un respiro, pronta a parlare, ma qualcuno spalancò
una porta, interrompendola. –Ragazzi, ho un’idea per la
serata. – Era Alys, non indossava più i vestiti di prima,
si era cambiata o meglio denudata, visto quanto poco copriva quel
vestitino.
Quando il suo sguardo si posò su Cam e Dianne, il suo viso si contrasse in una smorfia di disappunto.
-Che idea?- Le chiese lui mentre ricacciava dalle labbra il fumo della sigaretta.
-Ho incontrato dei tipi in Hall, mi hanno detto che qui vicino
c’è una discoteca, potremmo andarci. - Propose recuperando
l’entusiasmo.
-Aspetta, siamo qui da un quarto d’ora e tu già hai conosciuto dei tipi?- Chiese Cam.
-Ti da fastidio?- Ribatté lei sbattendo le lunghe ciglia.
-Figurati. - Disse lui scrollando le spalle.
-Mi piace come idea. – Esordì Dianne inserendosi tra i
due. –Solo che c’è Gwen e lei odia le discoteche. -
-Tranquilla ci penso io!- Esclamò Alys e le rivolse un sorriso
così radioso che per guardarlo necessitavano gli occhiali da
sole. Detto questo se ne tornò nella stanza.
-E io che speravo di dormire. - Si lamentò Cam passandosi stancamente una mano tra i capelli.
-Dai. - Lo incitò Dianne. –Sarà divertente, magari manderà via un po’ del cattivo umore. -
-Però devi promettermi una cosa. - Disse lui a un tratto
abbassando il tono della voce, rendendola così ancora più
roca.
-Cosa?- Chiese lei mordendosi istintivamente il labbro inferiore.
Cam sollevò un dito, con il quale le sfiorò la mascella. –Un ballo lo farai con me.-
Dianne sollevò istintivamente una mano, portandosela sul punto
che lui aveva appena toccato. –Non cr…- Stava per dire ma
lui la fermò. La guardò perplesso, per poi stringere le
dita intorno al suo polso, osservando così la mano di Dianne.
-Che hai fatto?- Chiese vedendo i vari segni, la pelle compariva del tutto arrossata ed escoriata.
Lei istintivamente tentò di ritrarre la mano, però Cam
glielo impedì. –Niente, è solo un graffio. -
-Lo vedo. - Disse lui, il suo sguardo si era fatto improvvisamente
serio. –Solo che è un po’ strano, guarda, solo due
dita. -
-E allora?- Dianne tentò di sdrammatizzare, sorridendogli.
–Mica rischio che me le amputino, come ti ho già detto
è solo un graffio e non ricordo nemmeno come l’ho fatto. -
-Già. - Le rispose Cam lasciando la presa sulle sue mani.
–Allora la prossima volta vedi di stare più attenta. -
Lei annuì, deglutendo a vuoto.
§
Dianne non aveva portato niente di particolarmente carino con
sé, infatti si ritrovò ad indossare lo stesso vestitino
che aveva portato per il giorno del ringraziamento. Era di pizzo nero,
foderato all’interno da una stoffa dello stesso colore e aveva un
taglio semplice, lungo fino a sopra il ginocchio.
Gwen inizialmente aveva protestato in tutti modi, non ne voleva proprio
sapere di uscire, ma poi aveva cambiato idea e con riluttanza si era
ritrovata a indossato un vestito grigio, con una scollatura a V non
troppo profonda ma che comunque lasciava poco all’immaginazione.
Alys era già uscita da qualche minuto, così Dianne ne
approfittò per bloccare Gwen. –Mi spieghi che succede?-
Lei scrollò le spalle. –Niente, davvero. -
-Mi stai mentendo. - La rimproverò l’altra.
Gwen sollevò di poco lo sguardo, evitando così di
guardarla negli occhi. - Andiamo, oppure faremo tardi. - Disse e le
diede le spalle, uscendo dalla camera.
Dianne respirò profondamente, frustrata da quella situazione e uscì al seguito di Gwen.
Quando arrivarono alla discoteca, Gwen rimase leggermente sorpresa, non
si aspettava che in un posto sperduto come quello potessero esserci
strutture come quella. Doveva contare come minimo cinque piani e della
musica assordante era udibile dall’esterno.
L’aria fresca la colpì dritta al volto non appena scese dal SUV e le prime gocce di pioggia caddero al suolo.
-Oh, perfetto! Ci mancava solo la pioggia!- Sbuffò Gwen incrociando nervosamente le braccia al petto.
-Stasera sei l’emblema della dolcezza e della simpatia!- Ironizzò Cam.
La ragazza gli rivolse un’occhiataccia e avanzò a grandi
passi verso l’entrata trascinando con sé la povera Dianne,
afferrandola per un polso.
-Ehi! Piano!- Cercò di protestare la malcapitata, mentre
non riusciva a staccare gli occhi da Cam che aveva ancorato al
braccio quella gatta morta di Alys.
Theo, invece, se ne stava in disparte, aveva lo sguardo perso nel
vuoto, ed era così assorto che sembrava pensasse a quale fosse
il senso della vita.
Quando si avvicinarono all’entrata Gwen non riuscì a non
pensare che i bodyguard vestiti totalmente di nero, con tanto di
occhiali da sole in piena notte, emanavano un’area minacciosa e
appena le ragazze si presentarono all’ingresso, loro aprirono le
varie borse per controllarne il contenuto.
-Che galanteria eh!- disse Alys stizzita visto che uno dei due giganti le aveva praticamente strappato la pochette dalle mani.
-Si fa così in tutte le discoteche del mondo, bambina. -
Precisò Theo, iniziando a dirigersi verso l’interno del
locale.
Lei sollevò lo sguardo infastidita, però poi i suoi occhi
si illuminarono, portando l’attenzione su qualcuno alle spalle
del bodyguard -Io ho visto i miei amici. - Rispose distrattamente
indicando un gruppo di ragazzi e ragazze poco più in là.-
Vado da loro. -
-Stai attenta Alys, alle tre ci ritroviamo qui. - Si raccomandò suo fratello.
-Okay, rilassati- Concluse lei allontanandosi.
Quella ragazza aveva davvero un pessimo carattere, era così diversa da Theo.
Una volta che Alys si fu allontanata, tra i quattro calò di
nuovo il silenzio, sembrava che nessuno avesse più niente da
dire, era tutto un fissarsi e distogliere lo sguardo come un razzo.
-Sono venti dollari a testa. - Fu Cam a parlare, tentando di sciogliere la tensione che si era creata.
Dianne aprì velocemente la borsa, tirando fuori una banconota e porgendola al ragazzo. -Tieni. -
-Questi sono i miei Cam.- Disse Gwen imitando la cugina.
Cam rivolse un sorriso alle due per poi spostare lo sguardo su Theo che
sembrava essere tornato sulle nuvole, fissava un punto indefinito del
parcheggio. -Theo, amico?- Cercò di richiamare
l’attenzione del ragazzo. –Torna fra noi!-
-Ehmm... - L’altro sembrava abbastanza confuso. –Tieni. - Disse infine ponendogli una banconota.
Nel momento in un cui varcarono la soglia del locale, Gwen fu colpita
dalla forte musica e dalle luci che si accedevano e spegnavano a
intermittenza. La discoteca si apriva su una grande sala, era
affollatissima. Fasci di luci caleidoscopiche illuminavano
l’ambiente, riempiendolo di vari colori, creando un contrasto di
luci sui volti delle persone che ballavano. Il palco era situato nella
parte più alta, l'arredamento era modernissimo, infatti, nella
parte superiore del soffitto c'era una scritta a Led che scorreva,
riportando su di essa i vari titoli delle canzoni.
In quel momento dalla console esplodeva musica R&B; la stanza era
calda e nell’aria c’era odore di fumo e alcool, trovare un
angolo libero sembrava impossibile.
-Ma quanti piani sono?- Urlò Gwen sinceramente incuriosita nell’orecchio di Dianne.
-Cinque. - Rispose urlando.
Gwen non riusciva proprio a prova gioia nell’essere lì,
aveva i nervi a fior di pelle e tutta quella musica assordante la
faceva innervosire ancora di più. -Sarà una serata di
merda!- Sbuffò.
Percorse lentamente la distanza tra l’ingresso e le scale, per
via della massa di gente e quando finalmente si ritrovarono a salire
gli scalini, un gruppo di ragazzi si avvicinò a Gwen. Sarebbero
stati innocui, se non fosse per il fatto che parlassero una lingua
incomprensibile e non le mandassero sguardi che d’innocuo
avessero poco. La ragazza si sentì presa da una punta di panico,
non riusciva a intravedere nessun viso familiare, così
girò di scatto il volto cercando aiuto con lo sguardo,
soprattutto quando uno dei ragazzi incominciò ad allungare le
mani sui suoi fianchi.
Una mano le afferrò il braccio e la tirò via di lì.
Aveva ancora il panico nella voce quando si voltò per
ringraziare chi l’avesse aiutata. -Grazie Cam, mi hai salvato la
vita!- biascicò la ragazza scossa.
-Dobbiamo stare più uniti. - Le rispose lui spostando il suo sguardo sulla cugina.
Dianne sentì la mano grande e calda di Cam appoggiarsi sulla sua
schiena e spingerla a camminare più velocemente, arrivati
all’entrata del terzo piano Cam fece aderire maggiormente il suo
corpo alla schiena della ragazza in modo da proteggerla da eventuali
maniaci ubriachi. Dianne avvampò sentendosi sovrastata in quel
modo così protettivo da lui e si irrigidì come non mai.
-Tranquilla Dee. - Le sussurrò lui con un tono estremamente sensuale. –Cerco solo di proteggerti. -
Gwen riuscì a notare il disagio negli occhi di Dianne mentre Cam le rimaneva appiccicato.
Non appena superarono la saletta le note di I feel good
risuonarono a gran volume, era il piano anni 70-80 e 90, molto meno
affollato degli altri. Il pavimento era fatto a scacchi che si
illuminavano di mille colori e il bar era arredato con dei grandi
manifesti colorati risalenti a quegli anni.
Gwen si guardò intorno, osservando con attenzione ogni particolare di quella sala, ne era affascinata.
Sospirò voltandosi verso Theo che se ne stava appoggiato al muro con il cellulare in mano. Razza di idiota! Lo insultò mentalmente.
Dianne le arrivò vicino, facendola sobbalzare, pensava fosse
qualche altro tipo straniero intendo ad attaccare bottone nella sua
lingua sconosciuta, e l’afferrerò per un braccio tirandola
in pista a ballare con lei.
Gwen si sentiva un pezzo di legno, un tempo era stata brava a fare
quelle cose, le discoteche erano il suo posto. Ma lì, quella
sera si sentiva completamente fuori luogo, non riusciva a essere se
stessa. Aveva un peso sullo stomaco che la portava a guardare sempre in
direzione di Theo.
Erano passati più o meno dieci minuti e finalmente tutti ballavano disinvolti sulle note di I love rock’n roll
, un ragazzo le si avvicinò afferrandola per i fianchi. Gwen
dapprima si irrigidì, ma poi visto lo sguardo rassicurante di
quel bel fusto calmò il respiro e iniziò a ballare con
lui. Era davvero carino, capelli biondi e occhi scuri. Erano passati
solo pochi minuti da quando quel ragazzo le si era avvicinato che
già le sue mani erano finite sui glutei di Gwen.
La ragazza saltò per la sorpresa e portò entrambe le mani
sul torace del ragazzo, allontanandolo da lei e ricevendo in risposta
uno sguardo contrariato. Il tipo poco dopo alzò le mani in segno
di resa e si allontanò da lei.
Gli occhi di Gwen si riempirono di lacrime per il nevoso, ecco
perché non le piacevano le discoteche. Si fece spazio fra la
folla e si avviò verso le scale, ma un braccio la fermò.
La sua presa era forte e Gwen pensò di ritrovarsi ad affrontare
un altro uomo-piovra.
-Dove stai andando. - Quella di Theo non suonava proprio come una
domanda, anzi, sembrava serissimo mentre i suoi occhi la scrutavano.
Grazie a Dio era solo lui, pensò tirando un respiro di sollievo.
–Sto andando via, non mi piace questo posto. - disse fingendosi
sicura e orgogliosa.
-Sei impazzita? Dove credi di andare da sola?- La sua voce parve ancora
più dura di prima, aveva tutta l’aria di un rimprovero
quello.
-Scusa, ma da quando ti interessa esattamente?- Il tono di Gwen era
davvero acido, avevano passato la giornata a ignorarsi e ora veniva a
fare il padre protettivo? Fece per voltarsi e proseguire per la sua
strada ma Theo la bloccò nuovamente.
-E dimmi... - Disse con aria divertita- …come hai intenzione di
tornare?- Fissò i suoi occhi dritti in quelli della ragazza.
-Prenderò un taxi. - Gwen cercava in tutti i modi di reggere quello sguardo così tagliente.
-Certo, che stupido! E’ un mezzo così sicuro per una
ragazza sola. - Continuò lui stizzito. Stavano litigando? Stava
litigando con Theo?
Decise di lasciar stare quella situazione così assurda, lo
piantò lì senza nemmeno rispondere e si incamminò
verso le scale. Non ebbe il tempo di fare nemmeno cinque metri che un
ragazzo le si avvicinò, lasciando scivolare una mano
“distrattamente” dietro di lei e le palpò il sedere.
Gwen sentì la disperazione e la rabbia prendere il sopravvento,
voleva solo scomparire, voleva andare via da quel maledetto posto. Un
braccio, però, le si strinse intorno alla vita e la costrinse a
indietreggiare. Il tocco era dolce e delicato, ma la presa era comunque
forte e possessiva, il tipo che le aveva palpato il sedere si
dileguò con la stessa velocità con cui era apparso.
-Non posso lasciarti sola nemmeno un secondo. - Theo le sussurrò
a voce bassa portando le labbra in prossimità del suo orecchio.
Salve
a tutti! Okay, lo so, aggiorno un po' in ritardo rispetto al
solito...Però potrete notare che un capitolo bello lungo, motivo
per perdonarmi, no? ;)
Allora, sono curiosa di sapere cosa ne pensate, questo non è
stato un capitolo difficile la scrivere, ero davvero ispirata! :)
E niente, aspetto di leggere i vostri commenti!
La canzone del pezzo di Cam e Dianne è questa.
Ringrazio chiunque abbia recensito lo scorso e primo capitolo, un bacio <3
-Farawayx
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Capitolo 9 *** Capitolo 9; Do I wanna know? ***
Capitolo 9
IMPORTANTE, LEGGETE LE NOTE SOTTO.
«Lei sfrega le sue labbra intorno a una Mexican Coke facendoti desiderare di essere la bottiglia,
lentamente beve un sorso della tua anima.
Le sue labbra sono come i limiti della galassia
e il suo bacio il colore di una costellazione che prende forma. »
◊ CAPITOLO IX ◊ Do I wanna know?
Gwen
si sentì scossa da brividi davvero intensi, era come se quella
sensazione le percorresse ogni centimetro della sua pelle, scuotendola.
Si voltò lentamente puntando così i suoi occhioni tristi
in quelli così scuri del suo amico che in quel momento le stava
rivolgendo un sorriso rassicurante.
Non ci fu bisogno di dire niente, Theo lasciò scorrere la mano
lungo il suo braccio e le afferrò delicatamente il polso
tirandola leggermente in direzione della pista da ballo.
Gwen si sentiva davvero una stupida, era bastato guardarlo negli occhi
per capire che non poteva scappare da lui, Theo l’avrebbe trovata
ovunque e l’avrebbe destabilizzata sempre con quello sguardo e
con quel maledetto ma bellissimo sorriso.
Mentre si fissavano come due idioti in mezzo alla pista, partì
una canzone davvero allegra che li trasportò come non mai, Wake
me up before you go-go degli Wham!.
Un gran bel sorriso fece capolino sul volto di Gwen e Theo
sospirò di sollievo, ballavano disinvolti, appiccicati e
sorridenti, era incredibile come i loro corpi aderivano l’uno
all’altro. Theo strinse Gwen a sé ancora di più e
lei gli allacciò le mani dietro al collo, lo sguardo del ragazzo
si fece però cupo improvvisamente.
-Sei arrabbiato?- Le chiese Gwen con il cuore che le batteva all’impazzata.
-Dovrei chiederlo io a te, non trovi? – Le rispose lui avvicinandosi ancora di più.
I loro nasi si sfiorarono e Gwen sentì la testa girare vorticosamente, il suo alito profumava ma sapeva di alcool.
La ragazza abbassò istintivamente la testa ma Theo
alzò una mano, portandola sotto il suo mento, sollevandole
così la testa, costringendola a guardarlo negli occhi.
-Cioè, non dovrei nemmeno chiederlo, perché so che
è così.- Disse rauco a un centimetro dal suo viso.
-N…non è vero.- Cercò di giustificarsi Gwen. Non
mi guardare così ti prego era l’unica cosa che riusciva a
pensare fra sé e sé.
-Non dirlo Gwen.- L’ammonì lui. Il suo sguardo parve
penetrarla da parte a parte e dei brividi percorsero la pelle infuocata
della ragazza.- Non dire che non è vero. Non sono stupido.-
-Io...- Non sapeva cosa dire, sentiva le parole morirgli in gola.
-Tu cosa?- Era troppo vicino.
Io ho bisogno di aria. Lo pensava davvero.
-Sei così strana, mi stai facendo impazzire.- Disse poi lui allontanandosi di qualche centimetro e mordendosi un labbro.
Oh mamma mia. Gwen non riusciva a pensare lucidamente, con le sue mani
bollenti sulla scollatura posteriore del vestito. –Mi dispiace
Theo.- si morse l’interno delle guance. – Sì, sono
arrabbiata, forse è perché non riesco a mandare
giù che mi hai nascosto di Katy o forse perché tutti non
fanno altro che tartassarci con quelle dannate battutine, io non vorrei
crearti problemi, magari la tua ragazza è gelosa… non...-
Theo chiuse gli occhi sospirando. Lo sguardo dispiaciuto e imbarazzato di Gwen la rendeva così dannatamente bella.
-Lei non c’entra niente- disse rassegnato.- Stiamo parlando di
noi, di te e di me.- Si riavvicinò a lei stringendo fra le sue
mani il tessuto grigio del vestito. A Gwen mancò il fiato.
-Voltati. - Le sussurrò piano all’orecchio.
La ragazza non capì immediatamente, ma poi si rese conto che era cominciata la canzone della Macarena.
Theo fece aderire il suo corpo perfettamente alla schiena di Gwen, le
prese le mani e cominciò a ballare con lei come se fossero una
sola persona.
Ed erano una sola persona per davvero.
Gwen sentiva il suo torace contro la sua schiena e iniziò a
pensare che sarebbe morta, quella sera, fra le braccia di Theo. Era
così felice, eppure così confusa.
Che aveva detto? Che sarebbe stata una serata di merda? Benedetta sia
Dianne che l’aveva costretta ad andare con loro in quella
discoteca.
-Andiamo al bar, ti va?- Sussurrò Theo improvvisamente al suo orecchio, per poi staccarsi da Gwen.
Una sensazione di vuoto s’impadronì di lei mentre seguiva
il ragazzo verso il bancone, si sentiva come se fosse ubriaca, la gente
ballava e si divertiva e lei, per una volta, faceva parte di loro.
Theo prese una birra e inizio a sorseggiarla.
-A quante siamo?- Le chiese curiosa Gwen.
-Mmh... che importa?- Le sorrise malizioso avvicinandosi pericolosamente.
Le mise una mano dietro la schiena e fece in modo che i loro corpi, ancora una volta, si unissero.
-Che t’importa di cosa pensano gli altri di noi, Gwen?- La
domanda arrivò addosso alla ragazza come una secchiata
d’acqua gelida. Era portata ad abbassare lo sguardo, ma gli occhi
così profondi di Theo glielo impedirono.
-A me non importa degli altri.- Concluse in un sussurro. Era vero, non le importava.
-Neanche a me.- Disse calmo lui.
-Dovrebbe interessarti secondo me.- Sputò fra i denti. –Hai una ragazza.-
-Lei si fida di me.-
-Fa bene.-
-Certo.- Le cose stavano degenerando e Gwen si sentiva presa dal
panico. Il suo cuore le urlava di dire la verità, di dire a Theo
che il pensare a lui la tormentava ormai da molte, troppe, notti.
Io e te non siamo solo amici. Era quella la verità, glielo doveva dire, lui meritava di saperlo.
-Tanto io e te siamo solo amici.- Sussurrò invece con un filo di
voce, ma Theo era estremamente vicino a lei, la teneva ancora stretta
fra le sue braccia. Abbassò lo sguardo imbarazzata, che stupida
che era!
-Lo so benissimo.- Rispose lui non smettendo di guardarla negli occhi.
–Vieni, andiamo a cercare gli altri. E’ ora di tornare.-
Disse infine staccandosi da lei bruscamente e spostando lo sguardo
verso la folla.
Gwen si sentiva in trappola, la felicità che aveva
prevalso su di lei fino a poco prima, l’aveva abbandonata
così velocemente da non poter far niente per bloccarla. Ormai
credeva che tutto fosse andato perso e che avesse rovinato tutto,
nuovamente.
La mano di Theo, però, sfiorò la sua,
l’afferrò saldamente e Gwen si ritrovò a
boccheggiare in cerca d’aria. Com’era possibile che un solo
contatto riuscisse ad azzerarle completamente ogni attività
celebrale, era come stare sulle montagne russe, non capiva cosa
provasse o meglio, lo sapeva ma aveva paura di dirlo.
Dianne sentiva davvero la necessità di creare un punto di
distacco tra il suo corpo e quello di Cam, non che le dispiacesse avere
il ragazzo completamente spiaccicato contro la sua schiena, però
stava lentamente perdendo la lucidità.
Fece un passo avanti e si voltò verso di lui, facendo quasi sfiorare i loro nasi.- Dovremmo cercare Theo e Gwen. –
-Fidati, non vogliono essere trovati.- Rispose il ragazzo con il suo consueto tono di voce.
Dianne si sentì leggermente nel panico, Cam aveva una risposta
pronta per tutto. –Che ne dici di bere qualcosa, allora?-
Gettò lì.
Lui la osservò per alcuni istanti e indietreggiò creando
una leggera distanza tra loro.- Sì può fare.-
Qualche minuto, e anche qualche gomitata, dopo erano finalmente
riusciti a raggiungere il bancone del bar, nonostante quella parte di
discoteca si presentasse meno affollata, il bar restava comunque una
zona sommersa di gente.
-Cosa prendi?- Le stava chiedendo Cam, poggiandosi con entrambi i gomiti sul bancone.
Dianne stava per rispondere, ma una voce fastidiosamente familiare le impedì di parlare.
–Cam, finalmente ti ho trovato!- Esclamò Alys, facendosi spazio tra la ressa.
Lui sollevò lo sguardo verso di lei, il suo volto era coperto da
una maschera inespressiva. – Puoi porre fine alla caccia
all’uomo, allora.- Commentò.
Lei sembrò per niente infastidita dal tono di lui, come se fosse
abituata a sentirlo parlare in quel modo. – Ti va di ballare?-
-I tuoi amici ti hanno abbandonata?- Chiese lui, sollevando una mano e passandola tra i capelli scuri.
-No, ma lo sai che preferisco ballare con te.- Replicò Alys con un sorrisetto sulle labbra.
Dianne distolse lo sguardo costringendosi a non fare smorfie, doveva
per forza essere presente a quell’irritante scambio di batture,
sbarra flirtare, di quei due?
Però erano davvero una bella coppia, lei sempre mestruata che
ricordava una copia odiosa di Barbie e lui … beh, lui si
descriveva con un solo aggettivo: idiota.
Fu solo un istante, però a Dianne parve di sentire lo sguardo di
Cam indugiare su di lei prima di rispondere. Forse era solo una sua
fantasia o forse era accaduto per davvero, fatto sta che il ragazzo
distese le labbra in un sorriso, annuendo e accettando la proposta di
Alys.
Entrambi sparirono nella folla e Dianne, ritrovatasi da sola, si
voltò nella direzione del barman che la stava guardando in
attesa dell’ordinazione.
-Mh.- Mormorò pensierosa.
-Posso consigliarti io cosa prendere?- Le disse il barista, rivolgendole un sorriso amichevole.
Lei sollevò lo sguardo, leggermente sorpresa dal tono gentile
del ragazzo, per poi annuire. – Dai, mi affido alla tua fantasia.-
Lui le sorrise afferrando poi alcune bottiglie dei vari liquori, unendoli insieme in un solo bicchiere.
Per quanto Dianne tentasse di concentrarsi sui movimento che il barman
stava compiendo, la sua attenzione veniva reclamata di continuo dai due
che ballavano appiccicati ai bordi della pista. Cam aveva entrambe le
mani strette intorno ai fianchi di Alys e lei non faceva altro che
fissarlo con un sorriso da deficiente.
Perché si sentiva così tanto infastidita? Doveva
smetterla, di questo passo sarebbe diventata peggio della bionda che
sembrava una sanguisuga attaccata perennemente al collo di Cam.
-Et voilà.- La voce del barista attirò nuovamente la sua
attenzione. Il ragazzo le porgeva un liquido blu abilmente decorato con
frutta e ombrellini. –Un piacere per gli occhi e per i sensi.
–Disse poi facendole un occhiolino.
-Non stai tentando di mandarmi k.o. con un solo drink, vero?- Chiese
lei dubbiosa, stringendo poi le dita intorno al vetro fresco del
bicchiere.
-Ma ti pare.- Rispose offeso. –Se vi mando tutti k.o. con un solo drink, poi il locale finisce per chiudere. –
Dianne accennò un sorriso, prendendo un piccolo sorso dal
bicchiere, osservando poi il contenuto meravigliata. Era davvero buono.
-Allora…- Esordì poi lui. –Come mai tutta sola? –
-Non sono sola.- Annuì con convinzione la ragazza. –Ho il
mio amico…- Chinò lo sguardo sul bicchiere, non
conoscendo il nome di quel drink.-… Beh, il mio amico che per
ora non ha nome a farmi compagnia.-
- Che ne dici di Andrew?-
-Hai chiamato il tuo drink Andrew?- Chiese lei, aggrottando la fronte.
-No.- Il ragazzo rise. –Io sono Andrew e mi sto autoproponendo per farti compagnia, tra poco finisco il turno.-
Dianne schiuse le labbra formando una piccola ‘o’ per via
della sorpresa. – Sei buono come lui?- Al diavolo la timidezza.
-Potrei provarci.- Rispose Andrew rivolgendole un sorrisetto.
-Dianne!- La richiamò la voce di Theo, arrivandole vicino. –Finalmente ti ho trovata.-
La ragazza si voltò, Theo e Gwen si tenevano per mano, lui aveva
un’espressione tranquilla, mentre lei… beh, lei sembrava
aver appena assistito ad un parto gemellare.
-Alloro mi hai trovata.- Disse accompagnando il tutto con una risatina.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. –Sei ubriaca?-
Dianne scosse velocemente la testa. –Ti pare, ho bevuto solo un drink. –Altra risatina.
-Okay, è ubriaca.- Costatò Gwen, sciogliendo la stretta
delle mani con Theo. –Occupati di lei, recupero gli altri due che
sono lì dietro.- Con un cenno del capo indicò Alys e Cam,
ancora intenti a ballare.
Theo annuì, voltandosi nuovamente verso Dianne. –Bene, ora ti porto a casa, va bene?-
-Solo un attimino.- Rispose la ragazza, tracannando il contenuto del
bicchiere e voltandosi verso il Andrew. –Mi dispiace amico bello,
non potrò assaggiarti stasera. –Allungò una mano
dando un colpetto sul bancone. –Divertiti lo stesso.-
Theo sbattè gli occhi confuso. –E poi sono io quello che
diventa molesto quando beve.- Commentò divertito e strinse un
braccio intorno alle spalle di Dianne, tirandola via.
-Nessuno osi parlarmi.- Esordì Dianne con un tono di voce che
oscillava tra morta vivente e zombie, sugli occhi aveva dei pesanti
occhiali scuri, utili per nascondere le occhiaie.
Erano le sette del mattino e gli altri erano già scesi a fare colazione, tutti tranne Gwen.
Theo stava imburrando allegramente una fetta biscottata e Cam ascoltava distrattamente alcune parole di Alyssa.
Dianne alla vista dei due dovette reprimere uno degli innumerevoli conati di vomito che le erano saliti quella mattina.
-Ma guardatela che splendore. –Commentò Cam posando lo sguardo su di lei.
-Paragonabile ad un fiore appena colto. – Proseguì Theo sorridendo.
-Piantatela voi due. –Borbottò lei, sedendosi. –Se
becco quel barista lo strozzo con le mie mani, chissà quante
schifezze avrà messo dentro a quel drink.-
-Sei una preda facile Dee, te l’ho detto, sei troppo ingenua
alcune volte. – Commentò Cam prendendo un sorso di
caffè.
Dianne tentò di articolare una risposta, ma le uscì solo una specie di ruggito.
-Gwen non è ancora scesa?- Le chiese poi Theo.
-Tu la vedi da qualche parte?- Rispose automaticamente lei, per poi
pentirsi del suo stesso tono. –Scusami, è ancora in
camera, non so quando scende.- Poi gli si avvicinò,
sussurrandogli sottovoce. –Perché non vai a controllare?
E’ troppo strana da ieri sera e con me si rifiuta di parlare. -
Lui annuì, sollevandosi in piedi. –Vado a chiamarla, fra poco partiamo.- Disse velocemente per poi allontanarsi.
-Oddio…- Si lamentò Dianne non appena notò che era
rimasta nuovamente sola con quei due. –Perché a me questa
tortura. –
Alys stava raccontando a Cam di come qualcuno avesse osato dirle che
non poteva entrare in una certa parte. Era un discorso senza senso.
–Sentite un po’.- Azzardò poi, sollevando il viso e
spostando gli occhi coperti dalle lenti scure sui due. –Ma voi
due state insieme?-
Sul viso di Cam comparì subito un sorrisetto vittorioso, come se
fosse da sempre in attesa di quella domanda, mentre Alys si
limitò a guardarla. E fu lei a rispondere. –No, mi ha
mollata dopo avermi spezzato il cuore e rubato la verginità.-
Poi totalmente infastidita, come se avesse ricordato un vecchio motivo
per cui essere arrabbiata, puntò le mani sul tavolo e si
sollevò in piedi. –Vi aspetto fuori.-
Dianne la guardò allontanarsi con un’espressione
totalmente interrogativa sul volto, poi si voltò verso Cam.
–Sei un ladro di virtù, eh che persona cattiva.-
Lui, che stava ancora sorseggiando il suo caffè, rischiò
di strozzarsi, per poi prendere a tossire rumorosamente. –
Dee…- Disse tra un colpo di tosse e l’altro, però
sembrava divertito.
-Scusami, ma quella ragazza ha il dramma che le scorre delle vene.
– Borbottò lei.- E per fortuna non c’era Theo,
immagino già una guerra tra maschi alfa per difendere
l’onore della povera donzella privata della sua immacolata
virtù.-
Le spalle di Cam tremarono, come se stesse trattenendo una risata.
– Forse ora potrai smettere di essere gelosa.- Disse poi
sorridendole compiaciuto.
Questa volta fu lei a rischiare di strozzarsi con la propria saliva. –Come prego?-
-Oh, adiamo Dee, si vede lontano un miglio, perché lo neghi?-
-Perché non è assolutamente vero?-
-Certo e io mi chiamo Baldric.-
-E’ davvero un piacere conoscerti, Baldric.-
Cam s’inumidì le labbra con la punta della lingua,
sporgendosi così con il viso verso di lei. –Oh, mia
piccola Dee, un giorno dovrai ammetterlo e fidati, quel giorno mi
crogiolerò come non mai.-
Gwen era seduta sul letto tutta concentrata a raccogliere i vestiti da
mettere nel borsone. Era disordinata, troppo disordinata e questo la
portava a non trovare mai le sue cose. Aveva delle occhiaie che
andavano dal violaceo al verdognolo e un espressione sfinita, era stata
sveglia tutta la notte a fissare il soffitto con lo stomaco tormentato
da una sensazione di vuoto.
Entrò in bagno e infilò un jeans e un maglioncino a righe
bianco e blu, doveva sbrigarsi se ci teneva a mangiare qualcosa prima
di partire, solitamente nonostante fosse sempre l’ultima a finire
di prepararsi, riusciva comunque a non essere mai in ritardo.
Si era appena seduta sul letto disfatto quando qualcuno bussò alla porta semiaperta.
-Da quando sei abituata a bussare cara?- chiese, sicura che fosse
Dianne, alzandosi in piedi e iniziando a svuotare uno dei cassetti del
malandato comodino.
-Sono sempre stato un signore io.- La voce di Theo la scioccò a
tal punto che tutto quello che aveva in mano le cadde sulla moquette.
Si voltò verso di lui, se ne stava in piedi appoggiato alla
porta con un espressione divertita.
-Oh, sei tu.- Fece un sorriso sforzato, cercando di mantenere la calma
e continuando a mettere in ordine le cose. Ma le mani presero a
tremarle e il cuore cominciò a battere così forte che
temette che Theo potesse sentirlo. –Scendo subito, scusami.-
Continuò senza guardarlo e dirigendosi in bagno.
Theo avanzò verso il letto e si sedette ignorando lo strano agitato comportamento della ragazza.
Quella stanza era davvero disordinata, se l’era immaginata
linda e con tutte le cose al loro posto, tre ragazze avrebbero dovuto
fare meglio di così.
-Scusa il disordine, sai la fretta...- Cercò di giustificarsi
Gwen continuando a mettere roba nel borsone, roba che aveva tirato
fuori la sera precedente non sapendo cosa indossare per la discoteca.
-E’ tua questa?- Chiese Theo indicando un indumento sulla
moquette. Gwen si sporse un po’ indietro per guardare meglio e un
colore rosso acceso s’impadronì delle sue guance. Era sua,
era una sua mutandina grigio perla di pizzo.
L’afferrò in men che non si dica e la mise nel
borsone. –Dev’essermi caduta mentre spostavo le cose dal
borsone ai cassetti- Si fermò di fronte al ragazzo imbarazzata.
-E levati quell’espressione da idiota dalla faccia!-
ruggì.
Theo aveva un’aria divertita e imbarazzata allo stesso tempo,
alzò le mani in segno di resa e si lasciò cadere sul
letto.
Gwen sentiva l’ansia lievitare pericolosamente dentro di lei,
stanca di combattere con se stessa si avvicinò al letto e si
sedette iniziando a torturarsi il labbro inferiore con le dita.
-Theo.- Lo chiamò in un sussurrò. -Ti ho detto una
cazzata ieri sera.- La sua voce era suonata isterica e spezzata.
Il ragazzo si tirò su e la guardò in maniera confusa dritto negli occhi.
Gwen abbassò lo sguardo e sospirò, doveva essere
coraggiosa, era il momento. Aveva pensato di dirglielo tante volte in
quelle vacanze del ringraziamento, magari fingendo di essere ubriaca,
ma la sera precedente aveva sentito il forte bisogno di chiarire
finalmente questa situazione, di definire il loro rapporto.
-Tu per me non sei solo un amico.- Chiuse gli occhi sentendosi
improvvisamente più agitata di prima, aveva sperato di sentirsi
più leggera dicendogli la verità. Invece no, ora il cuore
le batteva ancora più forte e le veniva voglia di scappare.
Theo la fissava impassibile, non c’era ombra di un’espressione decifrabile sul suo volto.
-Dovevo dirtelo, io dovevo perché...- Cercò di giustificarsi, ma Theo la interruppe e le sorrise.
-Tranquilla Gwen, va tutto bene.- Tentò inutilmente di rassicurarla.
Non doveva esserci un «Per me è lo stesso»???-Pensò disperata.
-No, non va tutto bene. Andrà male, anzi malissimo.-
Iniziò la ragazza evitando lo sguardo a metà fra lo
scioccato e preoccupato di Theo. –Andrà male perché
non sarà come prima fra noi, lo capisci?- Portò le mani
al volto scuotendo la testa con forza, era disperata.
Theo le si avvinò e la scrutò preoccupato. –Vieni qui.- Le sussurrò a un centimetro dal volto.
Gwen s’irrigidì completamente sentendo il ragazzo esserle
così vicino, ma quando le sue braccia la circondarono
sentì i muscoli sciogliersi immediatamente. Poggiò la sua
testa sulla spalla del ragazzo, il battito le si normalizzò e
iniziò a sentirsi meglio. Quello era il suo posto, Gwen lo
sentiva. Alzò lo sguardo verso di Theo e incontrò i suoi
occhi scuri, la fissavano così intensamente che percepì
la propria pelle bruciare e una strana sensazione di calore nascere nel
suo basso ventre.
Il ragazzo la teneva fra le sue braccia e le si avvicinava sempre di
più. I loro nasi si sfiorarono e il respiro caldo di Theo fece
venire a Gwen un capogiro, lo stomaco le si contrasse e il cuore prese
a martellarle nel petto sempre più compulsivamente. Le loro
bocche si avvicinarono e lui le accarezzò la mascella e poi la
guancia, la guardò come se stesse chiedendo il permesso e la
ragazza chiuse gli occhi in un muto consenso. Quando le loro labbra si
toccarono fu come se il resto del mondo fosse svanito. Gwen non
riuscì a capire quanto tempo passò ad assaporare quelle
labbra prima di rendersi conto di chi fossero.
-Non possiamo.- sussurrò più a se stessa che a Theo.
Il ragazzo continuava a guardarla negli occhi in quel modo così
intenso, sembrò turbato e Gwen non seppe decifrare se era stato
il bacio o la frase appena detta a farlo sentire così. Dubbiosa
si alzò in piedi e si coprì il volto disperato con le
mani, si sentiva davvero stupida agli occhi di Theo, aveva interrotto
senza scrupoli le sensazioni più belle che avesse mai provato.
Sollevò lo sguardo, portandolo sul ragazzo che se ne stava in
piedi vicino al letto, con un aria disperata e nel suo sguardo vide la
rovina di se stessa. Non era giusto che andasse così, voleva
provare a far andare le cose come voleva lei per una volta.
Così, armata non si sa di quale coraggio, carezzò il
braccio di Theo e senza dargli il tempo nemmeno di pensare, lo
baciò.
Lui la strinse a se prontamente, la incastrò fra il suo corpo e
il muro e le loro lingue presero ad intrecciarsi. Quel bacio era
feroce, ansimato, passionale, niente a che vedere con il bacio casto e
dolce di pochi minuti prima. Gwen sentiva che le gambe le avrebbero
ceduto da un momento all’altro e che il suo muscolo involontario
sarebbe esploso a momenti, la sua pelle bruciava sotto le mani di quel
ragazzo che le stava scombussolando la vita e le sue orecchie non erano
capaci di sentire niente se non il silenzio totale che avvolgeva la
stanza.
Toc toc.
Theo si staccò da Gwen come scottato, aveva gli occhi lucidi, le
labbra rosse e un’espressione colpevole. Fissò la ragazza
che gli stava di fronte, si era portata una mano alle labbra gonfie che
lui stava divorando fino a qualche minuto prima. Era visibilmente
sconvolta e il suo respiro era affannoso.
Toc toc.
Gwen percepì il panico crescerle dentro, avevano bussato alla
porta e lei sentiva gli arti paralizzati, era ancora in uno stato di
incoscienza; e poi l’espressione di Theo non l’aiutava
proprio. Aveva gli occhi fissi su di lei, ma sembrava pensare a
tutt’altro.
Finalmente, riacquistando il controllo di sé, Gwen mimò a Theo di chiudersi in bagno e si diresse verso la porta.
-Finalmente! Ma quanto ci ha mess...- Dianne entrò come un
uragano nella stanza, gesticolando nervosa. Si bloccò
immediatamente quando notò l’espressione della cugina.
–Stai bene?- Le chiese seriamente preoccupata.- Sembri
sconvolta.- Concluse avvicinandosi a lei e poggiandole una mano sulla
fronte per controllare la temperatura. Gwen si scansò
immediatamente.
-S...sì.- Riuscì a sbiascicare.- Sono solo stanca.- Mentì.
Dianne sembrò non fare caso alle sue parole perché le squillò il cellulare.
-Esco un attimo a rispondere, arrivo subito.- Avvertì la cugina
mentre si dirigeva verso la porta con il cellulare incollato
all’orecchio.
Theo, avendo origliato tutto, uscì dal bagno. –Meglio che vada.- Disse guardandola dispiaciuto.
-G...già.- Rispose lei stringendosi nelle spalle.
-Ci vediamo dopo... ok?- Sembrava molto a disagio.
-Certo.- Gwen gli sorrise amaramente prima di vedere la sua figura sparire dietro la porta bianca della stanza.
Il progetto di Dianne di tornare in camera fu del tutto annullato, dopo
aver chiusa la telefonata con la madre, il suo sguardo fu catturato da
una figura che se ne stava appoggiata all’auto parcheggiata nel
cortile.
Alys aveva gli occhi rossi, il viso sfatto e i capelli tirati indietro
frettolosamente. Okay, sinceramente non aveva mai nutrito nessuna
simpatia nei confronti della ragazza, però un moto di
compassione le si mosse nel petto, infondo era la sorella di Theo e,
soprattutto, in quel momento, le sembrò una ragazza sola.
Cautamente mosse qualche passo nella sua direzione, avvicinandosi.
Sapeva del brutto carattere di lei e non voleva mostrarsi troppo
invadente. –Alys.- La richiamò e la sua voce sembrò
un sussurrò.
Lei in risposta girò di scattò la testa e allargò
gli occhi nel vederla. –Cosa ci fai qui?- Ruggì a denti
stretti.
Dianne decise di ignorare il suo tono. –Stai bene? Sembri…-
-Sconvolta?- Concluse lei ridendo amaramente. –Bene, lo sono.-
-Se hai bisogno di qualcuno con cui parlare, puoi contare su me, non farti problemi.- Lei disse sincera.
Alys rise di nuovo e quella volta la sua risata si riversò in un
suono fastidioso.- Non ci provare.- Disse poi. –E’ comico
sai? La causa dei tuoi problemi che viene ad offrirti una spalla su cui
piangere.- Rise di nuovo.
Dianne aggrottò la fronte sinceramente confusa. –Stai parlando di me?- S’indicò con la mano.
-E di chi altri?- Rispose velenosa la bionda.
-Ma io non ti ho fatto niente! –Esclamò l’altra
ancora più sorpresa. – Non intenzionalmente, almeno.-
Aggiunse poco dopo, aveva offeso Alys senza rendersene conto? Le
sembrava una cosa impossibile, stava sempre attenta ai sentimenti degli
altri e poi non aveva mai avuto una conversazione più lunga di
quella con lei.
L’altra sollevò gli occhi al cielo e poi si sporse verso
di lei, puntando i suoi occhi verdi in quelli scuri della ragazza. - Me
la pagherai e anche cara.- Sibilò velenosa lanciandole un ultimo
sguardo per poi allontanarsi.
Dianne sbattè velocemente le palpebre e non appena Alys
rientrò nel motel, sollevò una mano appoggiandosi alla
carrozzeria dell’auto. Ma cosa stava blaterando? Possibile che
fosse ubriaca alle sette del mattino?
Stizzita aprì la porteria della vettura e si accomodò sul
sedile passeggero, voleva stare un attimo sola, quella bionda
l’aveva spiazzata del tutto.
Agitò un piede in preda al nervoso e con la gamba calciò
qualcosa, tirandola ancora più sotto il sedile. Sorpresa si
chinò, mettendo la guancia contro il tappetino dell’auto,
cercando di intravedere quello che aveva appena preso a calci, quindi,
allungò la mano e a tendoni cercò l’oggetto,
tirandolo fuori.
Era una agenda, o forse un diario, la copertina nera era logora e
consumata, mentre numerosi foglietti uscivano dalle pagine richiuse con
una molla.
Mossa dalla curiosità non poté fare a meno di aprirlo e i
suoi occhi finirono su una pagina riempita da una scrittura poco
leggibile e frettolosa.
«Tutto questo mi fa rabbia, sì mi fa rabbia, perché
domani potrei sparire e nessuno sarebbe a conoscenza del reale motivo
delle mie azioni, cosa spingeva una testa di cazzo come me ad agire
così.
Le persone sono così distratte, nessuno bada agli occhi spenti
di una ragazzina o alle sue malsane ossessioni. E' un mondo destinato a
bruciarsi. Come una sigaretta. Prima o poi a furia di aspirare non ne
rimarrà che una cicca malridotta che nessuno vorrà. E'
per questo che delle volte ….»
Il suono di alcune voci che si avvicinavano fecero sobbalzare Dianne
che chiuse velocemente il diario e lo gettò nuovamente sotto il
sedile. Ma di chi era?
Sembrava scritto da qualcuno profondamente tormentato, qualcuno che si sentiva sbagliato nel profondo. Qualcuno come lei.
Theo aprì lo sportello del guidatore, aveva uno strano sguardo
negli occhi e quando la vide sobbalzò. –Non mi aspettavo
che fossi già in auto.- Le rivolse un sorriso mentre si
sistemava.
Dianne si riavviò nervosamente alcune ciocche di capelli dagli
occhi, cercandosi di mostrare più disinvolta. – Lo so,
dovrei aiutare Gwen con le valigie, però avevo bisogno di un
attimo per me stessa.- Infondo era la verità.
-Già.- Sussurrò lui, stringendo le dita contro il volante.
Che il diario fosse di Theo? Eppure era una persona abbastanza
cristallina, le sue emozioni erano sempre visibili, mostrandosi agli
altri come un libro aperto.
-Va tutto bene?- Gli chiese Dianne a voce bassa, avvicinandosi al sedile del guidatore, da dietro.
-No.- Rispose lui sincero. –Tu come fai?-
-A fare cosa?-
-A gestire la tua relazione con Austin e controllare i tuoi sentimenti
per Cam.- Rispose lui, girando il viso nella sua direzione.
- I… M-miei sentimenti per Cam?- Si maledisse mentalmente per
aver balbettato. –Di cosa parli?- Decise di imboccare la strada
del “non ho idea di cosa tu stia parlando”.
-Andiamo Dianne, la tensione tra voi è palpabile.- Lui distese
le labbra in un sorriso. –Però non è solo tensione,
perché alla fine quella potrebbe essere azzerata con un
po’ di ginnastica sotto le coperte. –
Dianne arrossì. –Theo… -Iniziò a dire, con un tono di rimprovero.
Lui la ignorò, continuando. –C’è qualcosa di
più, lo noto dallo sguardo di Cam, che poi già ci vuole
un mago per decifrare lui, poi si mette dietro a una come te che
è peggio di un enigma… io ci impazzisco nel cercare di
capirvi. –Scosse la testa.
-No ma guarda…- Tentò nuovamente di controbattere la ragazza.
-Dai.- La incitò lui. –E’ come per me…con Gwen.-
-Oh, Katy.- Annuì Dianne, come colta da un’improvvisa
illuminazione. –Ecco perché mi chiedevi di Austin,
perché non sai come gestire i sentimenti che hai per le due.-
-Sono così forti entrambi.- Commentò lui abbassando la testa.
-Pensaci Theo, chiudi gli occhi. – Gli ordinò.
–Chiudi gli occhi e lascia che la tua mente ti conduca, lascia
che sia il tuo cuore a parlare, ti porterà il viso di una
delle due, ora sta a te avere il coraggio di dirlo ad alta voce. –
Theo chiuse gli occhi e si morse il labbro nervosamente. – A te invece, il tuo cuore cosa ti dice?-
Dianne sentì le lacrime salirle agli occhi ma non poteva
permettere a se stessa di ammettere quei sentimenti, così prese
un respiro e sussurrò a bassa voce. –Austin.-
-Mentire a te stessa non cambierà la realtà.-
Sussurrò Theo. –E questo vale per entrambi.
–Aggiunse poi con un filo di voce, prima che gli altri entrassero
in auto.
Salve a tutti! Come state?
So che per la maggior parte di voi saranno iniziate le tante amate
vacanza estive, beh... Per me ora inizia la parte difficile! In questo
periodo ho gli esami di maturità, è per questa ragione
che gli aggiornamenti sono stati un attimo sospesi MA NON PREOCCUPATEVI, LA STORIA CONTINUERA'.
Non appena tutto questo sarà finito e avrò di nuovo le
mie belle giornate libere, torneranno gli aggiornamenti regolari della
storia della nostra Dianne & Co.
Grazie per la pazienza e spero continuerete a seguire la storia.
Un bacione a tutte e spero che questo capitolo vi piaccia ;)
-Nora.
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Capitolo 10 *** Capitolo 10; Sad Girl. ***
Capitlo 10
«Mi ha
colpito e mi è sembrato come se mi baciasse.
Mi ha fatto male, ma a
me sembrava vero amore. »
▪Lana
Del Rey▪
◊
CAPITOLO X ◊ Sad
Girl.
Era finalmente
tornata a casa.
O meglio, era finalmente di nuovo nella sua piccola stanza.
Era
così strano sentirsi al sicuro in solo quattro mura, eppure,
Dianne si sentiva più al suo posto lì che dove
aveva
trascorso la sua infanzia, ormai conosceva ogni singolo angolo di
quella camera e il calore che le trasmetteva era solo il calore di casa.
Il viaggio di ritorno dal ringraziamento era stato tutto tranne che
tranquillo, la sorella di Theo aveva dato di matto come poco e per di
più Gwen non sembrava essere più la stessa, era
assente,
sempre di cattivo umore e se anche solo si nominasse Theo lei saltava
di
tre metri sopra alla sedia fulminando il malcapitato con lo sguardo.
Quando erano tornati l’unica gioia era stata quella di
ritrovare
Nives nella sua stanza, sorridente come sempre, non appena le aveva
viste era corsa da loro per abbracciarle, erano sì passati
solo
quattro giorni ma ormai la ragazza era entrata nella sua
quotidianità e privarsene era stato così strano.
Con la consapevolezza che la breve pausa era terminata e che il giorno
dopo sarebbero riprese le lezioni al college, Dianne decise di
approfittare di quella sera per recarsi in biblioteca a recuperare
alcuni volumi che le servivano per la tesina. Per quanto durante le
feste del ringraziamento si era ripromessa di ripetere qualcosa, alla
fine aveva del tutto dimenticato i libri nel fondo della sua valigia
senza riuscire a ripassare nemmeno una riga. Infondo erano vacanze, no?
Quindi non doveva sentirsi in colpa.
Era calata la sera, dalla finestra intravedeva il campus completamente
illuminato dalla fioca luce gialla dei lampioni, alcune finestre erano
ancora illuminate, questo anche perché ormai
l’orario era
cambiato e quindi la notte arrivava prima. Non si creava molti problemi
nell’uscire di casa da sola, Princeton si presentava come un
posto abbastanza sicuro, in più era convinta che se avesse
chiesto a una delle due coinquiline di accompagnarla Nives le avrebbe
tirato dietro il suo vaso di fiori e Gwen le ciabatte con la faccia di
Homer Simpson.
Così, rassegnata, afferrò la giacca pesante, le
temperature erano calate vertiginosamente, era strano che ancora non
fosse scesa la prima neve, in Vermont solitamente iniziava a
nevicare da inizio ottobre, riempiendo tutto di uno strato bianco che
sembrava purificare ogni cosa.
Uscì velocemente dal condominio riparandosi istintivamente
il
viso con la sciarpa azzurra, portandola sopra il naso, il freddo
pungente sembrava ferirle la pelle, più avanzava
più si
pentiva di non aver scelto un bel college sulla costa californiana dove
gli studenti avevano tutti un bel colorito dorato e non pallido
cadaverico come il loro.
Però in California non avevano la neve e quella sera
nell’aria si respirava un profumo di neve, questo
bastò
per far stampare sul viso di Dianne un sorrisone come pochi, lei amava
la neve, persa nelle sue riflessioni decise di aumentare
l’andatura del proprio passo, okay che era tranquilla come
zona,
ma era meglio non sfidare troppo la sorte.
Quando raggiunse la biblioteca aveva il fiatone, poco prima aveva
portato
lo sguardo all’orologio e aveva capito che di quel passo non
ce
l’avrebbe mai fatta, erano già le otto meno dieci
e la
biblioteca chiudeva precisamente tra dieci minuti, la donna che la
gestiva sembrava regolata da un orologio svizzero.
Dopo aver sollevato lo sguardo capì di non aver fatto in
tempo,
ormai metà delle sale erano al buio e la bibliotecaria stava
armeggiando con la chiave della porta.
-E’ troppo tardi?- Chiese Dianne con il respiro mozzato,
aveva percorso la distanza tra lei e la donna di corsa.
L’anziana signora si voltò verso di lei,
infastidita. – Venga domani, abbiamo chiuso.-
Lei era tentata di chiedere un piccolo favore alla bibliotecaria e di
farla entrare nonostante l’orario di chiusura fosse ben che
superato ma dallo sguardo assassino di lei capì che era
meglio
evitare, così, sconfortata, girò i tacchi
incamminandosi
nuovamente sulla strada di casa.
-Dianne, vero?- Sentì qualcuno alle sue spalle chiamarla.
Lei non riconoscendo la voce, si girò lentamente ma quando i
suoi occhi finirono sul viso del ragazzo, impiegò tre
secondi
per riconoscerlo. Era colui che l’aveva salvata al lago.
–Ehi!- Lo saluto con un sorriso. –Tu
sei… Travis?-
Tentò di ricordare il suo nome che Cam aveva pronunciato
quella
volta.
Lui annuì ricambiando il sorriso. –Come stai? Dopo
quel brutto incidente.. –
-Sto bene e grazie ancora per quella volta.- Rispose prontamente lei.
Travis sollevò una mano come per dirle di non preoccuparsi.
–Mi hai spaventato a morte, è una scena che non
dimenticherò mai.-
-Mi dispiace.- Mormorò lei, sinceramente
dispiaciuta.
-Dee?-
Si sentì richiamare, la sua voce era estremamente familiare
e
solo lui la chiamava così. Si voltò ritrovandosi
davanti
il viso di Cam, aveva le guance rosse per via del freddo e una sciarpa
bianca avvolta intorno al collo.
Quasi le mancò il fiato per quanto comparisse bello in quel
momento.
-Ehi, che ci fai qua?- Disse lei amichevolmente, tentando di non
mostrare le sue reali emozioni.
-Quello che ci fai tu.- Replicò lui, lanciando
un’occhiata a Travis.
Dianne aggrottò appena la fronte. –Eri venuto a
prendere un libro in biblioteca?-
Sulle labbra di Cam si formò un sorriso, spostando lo
sguardo su
di lei. –Ovvio, non c’è niente di
più
divertente da fare la domenica sera che andarsene in biblioteca.- Fece
una pausa e allargò maggiormente le labbra.
–Trasgressione
pura.-
Lei sollevò automaticamente gli occhi al cielo, stringendosi
le braccia al petto. –Pensavo ti piacessero i libri.-
-Infatti, ma ho più un debole per chi li legge.- Rispose
prontamente lui.
Dianne si morse istintivamente un labbro quando avvertì un
colpo
di tosse alle sue spalle, Travis che reclamava attenzione.
-Beh, ragazzi io vado.- Dal suo tono di voce sembrava imbarazzato,
rivolse un veloce cenno di saluto verso Dianne e diede una pacca sulla
spalla a Cam, lasciandoli poi da soli.
Tra i due calò un silenzio così pesante che
Dianne poteva
sentirne il peso sulle proprie spalle, però per una volta
non si
sentiva imbarazzo, non percepiva la necessità di riempirlo
anche
perché gli occhi di Cam stavano indugiando sul suo viso,
mentre
su quello di lui si formava una strana espressione.
-Ritorni a casa?- Le chiese poi lasciando scivolare entrambe le mani
all’interno delle tasche.
-Tu che proponi?- Non terminò di dire quella frase che
sentì i propri occhi spalancarsi, stava seriamente per
chiedere
a Cam di passare del tempo assieme?
Anche lui sembrò sorpreso dalla sua domanda, così
inclinò il viso tornando a sorridere.
–Mh…-
Sussurrò pensieroso portandosi un dito sotto il mento.
–Vieni, ti faccio vedere una cosa. Ti piacerà.-
Lei lo guardò incuriosita. –Dove mi porti?-
Cam che aveva mosso già qualche passò, si
fermò
voltandosi nella sua direzione e ammiccando verso un angolo buio mal
illuminato tra la biblioteca e il cafè. –Progetto
di
portarti in quel vicolo per molestarti.-
Dianne storse il naso e avanzò, portandosi vicino a lui.
–Perché devi sempre essere così
idiota?-
-Dee, un giorno mi definirai in un altro modo.-
-E come? Sentiamo.-
-Colui che ti ha sconvolto la vita.- Disse lui rivolgendole un
sorrisone. –Beh, sempre se non mi chiami già
così.-
Fece un occhiolino riprendendo a camminare.
-Lo sai che questa è un’infrazione?-
Disse Dianne sottovoce, chinando appena la testa.
-Rilassati bambolina. – Le stava rispondendo Cam mentre
rigirava una chiave all’interno della porta.
-Mi spieghi come fai ad avere la chiave della scuola?- Chiese
nuovamente lei.
-Dee se te lo dicessi poi dovrei ucciderti.- Sussurrò a voce
bassa, inumidendosi con la punta della lingua le labbra.
La serratura scattò con facilità, aprendo la
porta.
Stavano entrando dalla porta di servizio dell’edificio
principale
del campus, in quella struttura erano presenti tutti gli uffici
più importanti che compievano il ruolo di amministrare la
scuola. Oltre ad essere l’edificio più grande, era
anche
il più alto, infatti erigeva come una torre su tutto il
college.
Avanzarono lentamente nel buio totale, mentre nell’aria era
possibile udire solo il rumore dei loro passi.
-Perché mi hai portata qui?- Sussurrò Dianne
mentre
lasciava che i suoi occhi si abituassero
all’oscurità,
rendendole il percorso più facile.
-Fra poco vedrai. – Le rispose Cam, svoltando per imboccare
la
strada che dava su delle scale di emergenza e iniziò a
salire i gradini
uno a uno.
Il problema consisteva nel fatto che Dianne non lo avesse visto
svoltare e quindi continuava a camminare a passo lento lungo quel
corridoio buio che non aveva mai avuto modo di percorrere.
Avvertì la stretta di qualcuno sulla vita e poi quelle
stesse
braccia tirarla indietro. –Dee, guarda dove metti i piedi e
cerca
di non perderti. Devi starmi dietro.-
Dianne sbattè le palpebre confusa e quando
allungò una
mano davanti a se, un brivido la percorse nel rendersi conto che se non
fosse stato per Cam ora sarebbe finita in pieno contro una vetrata.
-Grazie. –Biascicò voltando appena il viso.
Lui era ancora dietro di lei, riusciva a sentire il suo respiro contro
la guancia e il suo profumo la invase, stordendola. Odorava di sapone e
di fumo.
Cam sciolse la presa sulla sua vita e le strinse una mano intorno al
polso, usando quel punto per guidarla lungo il corridoio.
Dopo aver fatto un numero esorbitante di scale, Dianne sentiva i
polmoni andare a fuoco, non ne poteva più di salire tutti
quei
malefici gradini, però Cam non scioglieva la presa contro il
suo
braccio costringendola così a tenere il suo passo.
-Sei pronta?- Disse improvvisamente mentre si fermava in
prossimità di una porta.
-Pronta.- Rispose lei nonostante la sua voce comparisse stanca e
affaticata mentre tentava di scorgere la sua figura
nell’oscurità.
Sentì Cam piegarsi appena sulle braccia e far forza su una
maniglia antipanico, aprendo poi una porta.
Quando Dianne sollevò lo sguardo un sorriso le si
formò
sulle labbra, il primo pensiero fu quello che erano davvero in alto,
quasi troppo, percepiva una strana sensazione di leggerezza allo
stomaco. Erano su una delle quattro torri dell’edificio, il
balconcino poteva ospitare massimo due persone e le mattonelle erano
sbiadite dal tempo.
Quello che però colpì maggiormente Dianne era la
vista,
da lì era possibile vedere tutto il campus, ma non solo,
anche
la cittadina di Princeton e le montagne che la circondavano.
-Wow..- Disse in un sussurro aggrappandosi con le dita alla ringhiera
di ferro. -…La vista qui è..- Sentì la
voce
morirle in gola, non riusciva nemmeno a definire le sensazioni di
spensieratezza e euforia che le trasmetteva stare a
quell’altezza.
-Meravigliosa?- Concluse Cam al suo posto.
-Sì.- Annuì lei, sorridendogli.
- E’ il mio posto preferito.- Le spiegò lui.
–In
pratica è la parte di spazio che mi sono ritagliato per me
stesso. Quando ho bisogno di pensare o staccare un attimo dal mondo,
vengo qua.-
Lei lo ascoltò con attenzione, spostando poi lo sguardo dal
panorama a lui. –Come mai lo hai voluto condividere con me?-
-Perché mi andava. –Rispose Cam scrollando le
spalle e appoggiandosi alla ringhiera.
Dianne sollevò un sopracciglio per quella risposta,
però
decise di non puntualizzare il suo ‘dico non dico’,
non
voleva rovinare quel momento. –Allora grazie.- Disse invece.
-Per cosa?-
-Per aver condiviso con me questo posto.- Rispose lei voltando il viso
nella sua direzione.
Gli occhi di Cam si piantarono nei suoi e un brivido le percorse la
schiena, un brivido così forte che non poteva essere
ignorato.
Dianne strinse maggiormente le dita contro la ringhiera di ferro,
tentando di mandare via quella sensazione, diamine, perché
era
così difficile? Doveva capire, era stufa di quella
confusione
che aveva in testa, voleva capire cosa provasse realmente per il
ragazzo che ora la stava guardando.
-E’ un piacere.- Le sussurrò lui rinvolgendole un
sorriso
sincero. Un sorriso al quale non potevi restare indifferente.
Dianne distolse lo sguardo, voltando nuovamente il viso e portando gli
occhi su una delle abitazioni illuminate che s’intravedevano
in
lontananza. –Cam.- Sussurrò con un filo di voce.
-Sì?-
Mentre raccoglieva tutto il coraggio che aveva a sua disposizione per
fargli quella domanda che tanto le girava per la testa, lui
parlò di nuovo. –Guarda, inizia a nevicare.-
Dianne sollevò subito lo sguardo e un fiocco di neve le
ricadde
sulla guancia, sciogliendosi nel contatto con la sua pelle calda.
–Amo la neve.- commentò mentre un ampio sorriso le
si
formava sulle labbra.
-Lo noto. – Rispose lui. –Non ti ho mai vista
sorridere in quel modo.-
-Mi stai dicendo che sono una brontolona?- Replicò lei con
un tono da finta offesa.
-No, solo che raramente mostri senza paura le tue emozioni.
–Le spiegò Cam.
Dianne si morse le labbra, girandosi completamente verso di lui con
tutto il corpo. – Come facevi ad avere le chiavi di questo
posto?- chiese poi e mentre si dava della stupida da sola, non aveva
nemmeno il coraggio di fare una semplice domanda.
-Le ho rubate a mio fratello. – Spiegò Cam
tranquillamente.
-Tuo fratello?-
Lui annuì. –Sì, mio fratello, lavora
qui.-
Dianne lo guardò sorpreso, forse era per questo che riusciva
a
frequentare quel posto nonostante la sua presenza poco assidua alle
lezioni, forse suo fratello lo aiutava. – Che fa qui?-
-Insegna.- Rispose Cam, tentando di raccogliere nel palmo della mano un
fiocco di neve.
- Non ricordo nessun professore che faccia di cognome Carter.- Disse
lei sinceramente confusa, tentando di riportare alla mente i vari nomi
che aveva letto tempo prima sulla lista dei docenti di Princeton.
-Infatti non usa il cognome di nostro padre.
–Spiegò lui.- E’ una lunga storia.-
Dianne indietreggiò appena portandosi con le spalle contro
il
muro roccioso e si lasciò ricadere a terra, stringendo le
gambe,
in modo da sedersi più comodamente. –Abbiamo
tempo, no?-
Una parte di se era consapevole che Cam avrebbe sicuramente declinato
la cosa, dandole dell’invadente impicciona, invece, contro
ogni
sua aspettativa, il ragazzo la imitò e si sedette al suo
fianco.
–Beh, posso dirti che lo conosci.-
-Lo conosco?- Lei s’inumidì le labbra tentando si
scorrere
i visi di tutti i suoi insegnanti. –Nessuno dei nostri
insegnanti
ha gli occhi belli come i tuoi.- Non fece in tempo a terminare la frase
che già si voleva prendere a sberle per essersi fatta
sfuggire
quel commento.
-Sarebbe un complimento?- Le chiese Cam con un sorrisetto sulle labbra,
notando che Dianne non proferiva parola, continuò.
– Non
abbiamo lo stesso cognome perché lui ha deciso di cambiarlo,
usando quello del nuovo marito di nostra madre.- Le spiegò
con
un tono di voce pratico, come se stessero parlando di una qualche legge
di fisica. – Zachary non è mai stato un fan di
nostra
padre, quindi alla prima occasione ha deciso di togliersi di dosso
l’unica cosa che gli aveva lasciato.-
Dianne non sapeva cosa dire, così si limitò ad
allungare
una mano, portandola sulla spalla di Cam, accarezzandola con dolcezza.
-Se conoscessi mia madre capiresti perché sono
così.- Proseguì lui, accennando una risata amara.
-Non c’è niente che non vada in te.- Disse
prontamente lei
e lo pensava davvero, Cam aveva sì tanti difetti ma riusciva
a
farla vibrare come la corda di una chitarra anche solo guardandola.
Lui si voltò appena, tirando la testa indietro. –
Angelo, non dirlo.-
-Perché non dovrei? Lo penso davvero, okay mi fai incazzare
come
nessuno, però sei quel tipo di persona che scava nelle
altre, tu
riesci a capire davvero cosa penso… delle volte non capisco
come
fai e mi porti davanti alla verità, senza scrupoli,
è
vero, ma è così che si dovrebbe fare.- Fece una
pausa
inumidendosi le labbra secche. –E’ così
che
dovrebbero fare gli amici, portare qualcuno che si è perso
nella
giusta direzione.-
-Ti sei persa?- Le chiese Cam, ma dal suo tono era come se lui
conoscesse già la risposta però voleva che lei lo
dicesse
ad alta voce.
-Totalmente.- Rispose Dianne sincera chiudendo gli occhi e dopo pochi
istanti percepì le dita di Cam sulla propria pelle,
accarezzandole lentamente una guancia.
-Capita a tutti, però una parte di te sa qual è
il suo
posto, infondo non sei persa per sempre.- Mormorò lui
sottovoce.
Lei sollevò lo sguardo, portandolo nuovamente nei suoi occhi
e
senza pensarci si mosse in avanti, portando le sue labbra contro quelle
di lui. Gli occhi di Cam si aprirono per la sorpresa e Dianne
tirò indietro la testa, come se si rendesse conto solo in
quell’istante del gesto appena compiuto.
Però Cam utilizzò la mano che aveva poggiato
prima sulla
sua guancia per riattrarla contro di sé, cercando nuovamente
il
contatto delle loro labbra.
E fu quello l’istante in cui smise di pensare.
Portò entrambe le mani sulle guance di Cam e
lasciò che
le loro labbra combaciassero perfettamente. Dianne, per quanto lo
negasse a se stessa, aveva desiderato baciarlo dal primo istante in cui
lo aveva rivisto, dopo il ringraziamento, aveva desiderato risentire il
sapore delle sue labbra e poter toccare nuovamente con le sue dita la
mascella ben delineata del ragazzo.
Cam le strinse istintivamente entrambe le mani dietro la schiena
premendo il proprio corpo contro quello di lei, facendo così
indietreggiare Dianne con il busto contro il muro. Neanche lui poteva
negare a se stesso quanto le fosse mancato il contatto del suo corpo
contro il proprio e di come non avrebbe mai interrotto quel bacio.
Il ragazzo lasciò scorrere entrambe le mani sul busto di
lei,
portandole all'interno del suo cappotto e stringendo tra esse i
suoi fianchi, sollevando appena con le punte delle dita il tessuto
della sua maglia, sfiorandole la pelle.
Dianne sentiva la propria mente completamente annebbiata, ogni
sensazione l'avvolgeva completamente facendole dimenticare
perché tutto quello non fosse giusto, perché non
doveva
accadere in quel modo.
Cam inclinò appena il viso in modo da portare le labbra
contro
il collo di lei, che con un movimento veloce aveva privato della sua
sciarpa, percorrendo avidamente ogni centimetro della sua pelle.
Non riuscì a trattenere un sospiro quando la ragazza
intrecciò le dita tra i suoi capelli, accarezzandoli e
giocandoci, creando così delle piacevoli sensazioni dalle
quali
lui si sentì pervadere dalla testa ai piedi.
Dianne lo tirò verso l’alto, così da
poter
nuovamente baciare le sue labbra chinando poi il viso in modo da
percorrere con esse la guancia di lui fino a giungere alla linea della
mascella che percorse interamente, prima di ritornare sulla sua bocca.
Sembrava un bacio disperato, un bacio che esprimeva tutto quello che i
due non riuscivano a dire con le parole o tutto quello di cui avevano
paura.
Le loro figure si muovevano dolcemente e con apparente lentezza
l’una contro l’altra, continuarono a baciarsi con
ardore,
fin quando Dianne non si tirò indietro. Aveva il respiro
mozzato, come se avesse appena corso.
- Cosa stiamo facendo...- Mormorò con un filo di voce.
Cam sollevò lo sguardo, gli occhi azzurri erano lucidi. - Ti
aiuto a ritrovare la strada.-
-Cam…- Sussurrò con un filo di voce, non
riusciva, o meglio non voleva, distogliere lo sguardo dai suoi occhi.
Lui inclinò il viso, lasciando scivolare lentamente la mano
lungo la sua guancia, percorrendo con essa la sua pelle.
Dianne osservò quel movimento con il cuore in gola per
alcuni
istanti, niente stava andando come aveva creduto, fu come se nella sua
mente si accendesse qualcosa. Scostò Cam e si
sollevò di
scatto in piedi passandosi più volte le mani nei capelli,
quel
gesto esprimeva quando realmente fosse nervosa e tesa.
-No Cam, non doveva succedere così.- Farfugliò
appena e
senza dare modo al ragazzo di rispondere, sparì oltre la
porta
correndo fuori.
Quella sera Gwen aveva deciso di uscire a fare una passeggiata con
Nives, un po’ perché sentiva la mancanza
dell’amica
un po’ per ritrovare degli equilibri che
nell’ultima
settimana aveva perso. Okay, lo ammetteva, da quando aveva accettato i
suoi sentimenti per Theo la sua stabilità mentale era un
po’ vacillata, cambiava spesso umore o comunque era sempre
nervosa. La cosa che la faceva imbestialire maggiormente era che mentre
lei si era ridotta in quello stato, Theo continuava a comparire come
l’immagine della tranquillità, non una sola volta,
dopo
quel bacio, lo aveva visto almeno un po’ turbato, mentre
lei… beh, lei si stava arrovellando il cervello.
-Guarda, inizia a nevicare!- La voce allegra di Nives la
riportò
alla realtà. La ragazza aveva lo sguardo puntato verso
l’alto, gli occhi carichi di meraviglia e un sorriso enorme
sulle
labbra. Doveva piacerle proprio la neve.
-Ecco perché faceva così freddo.- Rispose lei
sfregandosi
le mani, aveva dimenticati i guanti a casa e quindi ora se li ritrovava
come due pezzi di ghiaccio.
Venendo da Vermont era abituata alla neve, non c’era anno in
cui
questa non li sommergesse fino alla punta dei capelli, forse era anche
per questo che non riusciva a mostrarsi entusiasta come Nives.
-In Texas non nevica mai.- Stava dicendo l’altra, mentre
lasciava
che i fiocchi copiosi le si incastrassero tra i capelli. –Io
adoro la neve.-
Gwen le rivolse un sorriso sincero e le si avvicinò per
scrollare dal cappuccio dell’amica la neve che ormai andava
depositandosi. –Torniamocene a casa, sarà anche
bella,
però ci beccheremo entrambe un raffreddore così.-
Annuì convinta e vedendo una Nives riluttante le
afferrò
il braccio tirandosela dietro.
-Gwen, posso farti una domanda?- Le chiese improvvisamente la ragazza
quando ormai erano uscite dal campus ed erano sulla strada di casa.
Gwen la osservò con la coda dell’occhio, per poi
annuire.- Spara.-
-E’ successo qualcosa mentre eravate in Vermont? Sei
…diversa.-
-Diversa?- Chiese lei sentendo la gola secca.
-Sì, un po’ meno Gwen sono felice vado a
raccogliere
margherite e più Gwen se osi parlarmi ti conficco il tacco
in un
occhio.- Spiegò Nives annuendo con convinzione.
La ragazza si inumidì le labbra, forse per il freddo o forse
per
quella domanda ma comunque improvvisamente le sentì secche
come
carta vetrata. – E che quando sto troppo a contatto con i
miei
parenti divento matta, qualche giorno e sarò
disintossicata.-
L’amica la guardò con lo sguardo di chi la sapeva
lunga. –Sembra una bugia già da come respiri.-
-E’ la verità.- Esclamò Gwen sulla
difensiva.
-Siamo amiche, lo sai che se hai bisogno puoi confidarti con me, no?-
-Ti ringrazio, però è questa la
verità.- Annuì convita trattenendo il respiro.
-Come dici tu, ora muoviamoci che mi si stanno congelando anche le
chiappe.-
Quando aprirono la porta dell’appartamento un forte odore le
colpì come uno schiaffo, la casa era completamente immersa
nel
buio, ogni cosa sembrava intatta però c’era
qualcosa di
strano.
-Hai fumato prima di uscire?- Chiese Gwen facendosi aria con una mano
vicino al naso.
-No.- Rispose prontamente Nives. –Non fumo mai in casa.-
-Eppure questo è puzza di fumo di sigarette.- Disse
perplessa lei mentre muoveva alcuni passi
all’interno del
corridoio, arrivando così nella piccola cucina. Quando
passò il dito sull’interruttore della luce,
un’espressione confusa le si dipinse sul volto.
Il frigo era spalancato, metà delle cose erano riverse a
terra e
una bottiglia di Vodka vuota era aperta sul pavimento, però
dall’odore si capiva che non era stata versata a terra ma
bevuta.
Tutti gli stipetti della dispensa erano stati spalancati, una scatola
di spaghetti era ricaduta su se stessa, spargendo il suo contenuto sul
piano cottura.
-Ma che diavolo…- Sentì Nives sussurrare alle sue
spalle.
-Controlla le stanze potrebbe esserci qualcuno!- Esclamò
Gwen in
preda al panico, che dei ladri erano entrati in casa loro?
Controllarono affondo ogni camera, ma niente, ogni cosa era al suo
posto e non c’era traccia di un’altra persona oltre
a loro
due.
-Gwen, vieni qui.- La voce sconvolta di Nives la richiamò
nel bagno.
Lì l’odore era ancora più forte, ma non
quello di
fumo, era un odore acido che le faceva risalire alcuni conati per il
disgusto e quando sollevò appena la testa per controllare il
bagno capì che qualcun altro oltre a lei aveva ben pensato
di
rigettare l’anima in quel posto.
-Ma che è successo qui?- Mormorò con un filo di
voce seguendo Nives nel corridoio.
-Dov’è Dianne?- Chiese l’altra
guardandosi intorno e
prendendo il telefonino dalla tasca per comporre il numero
dell’amica. Nonostante la sua voce era ferma, nel suo viso
c’era un’espressione spaventata.
Gwen si guardò intorno e il suo sguardo si posò
sul
posacenere stracolmo di sigarette. –Che sia stata qui con
Cam?-
-Non risponde.- Nives abbassò lo sguardo su di lei e
staccò la chiamata. – E si sono dati alla pazzia
gioia nel
distruggere la cucina e sboccare in bagno?- Disse sarcasticamente
scuotendo poi velocemente la testa. –In tutto questo
c’è qualcosa di profondamente sbagliato. Chiama
Theo, io
provo a chiamare Cam.-
-Cosa dovrei dire a Theo?- Scattò Gwen come punta.
-Allora, riassuntino generale. Qualcuno si è introdotto in
casa
nostra rendendo la cucina in quello stato in più Dianne
è
sparita, penso che una mano ci serva no?- La rimproverò
l’altra mentre teneva il telefono incollato
all’orecchio.
Dieci minuti dopo un Theo visibilmente affannato e un Cam con le guance
rosse per il freddo, si presentarono davanti alla loro porta.
-Che è successo?- Chiese il primo con il fiatone.
-Abbiamo trovato la cucina in queste condizioni, per non parlare del
bagno, e Dianne è sparita.- Spiegò Gwen
gesticolando animatamente.
Cam tornò indietro alla porta, chinandosi appena e
osservando
con attenzione la serratura. –Non ci sono segni di forzatura,
chi
è entrato aveva la chiave. –Disse pensieroso.
-Da quanto non vedete Dianne?- Chiese nuovamente Theo guardando le due
ragazze.
-Io non la vedo dall’ora di pranzo.- Mormorò Nives.
-Io da prima di uscire, ma sembrava stare bene. E’ da
un’ora che cerchiamo di chiamarla ma niente, squilla ma non
risponde.- Intervenne Gwen.
-Abbiamo controllato in camera sua, nel caso lo avesse dimenticato , ma
non abbiamo trovato niente.- Concluse Nives sconsolata.
Cam che fino in quel momento se n’era stato in silenzio,
continuando ad osservare con attenzione le varie stanze, si
voltò verso di loro. –Dobbiamo trovarla e anche in
fretta.- Parlò con tono fermo e deciso.
Theo sollevò un sopracciglio, come se non avesse mai sentito
parlare così l’amico. –Che sta
succedendo?-
Gli chiese, avvicinandosi.
Lui tirò indietro la testa e il suo voltò
comparì
segnato dalla stanchezza. –Non è entrato nessuno
qui
dentro, è stata lei. - Parlò come se quelle
parole
pesassero macigni.
-Che cosa?!- Esclamò Gwen allibita.
–E’..è…è
impossibile che sia stata lei.-
Il ragazzo girò il viso verso di lei, puntando gli occhi
azzurri
sulla sua figura. –Tutti i fili in lei si sono spezzati.
Dobbiamo
trovarla. Ora.-
Salve a tutti! Come
state?
HO UFFICIALMENTE FINITO GLI ESAMI.
Quiiiindi, eccomi qua ad aggiornare, spero che questo capitolo vi
piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate asdfg, adoro leggere le vostre
recensioni <3.
Grazie per la pazienza e spero continuerete a seguire la storia.
Un bacione a tutte ;)
-Nora.
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 11; Broken walls. ***
«Dì
al mondo che tornerò a casa,
lascio che la pioggia lavi via tutto il dolore di ieri. »
◊
CAPITOLO XI ◊ Broken
walls.
Dianne si
guardò intorno per l’ennesima volta, ogni
particolare di quel posto le compariva dannatamente sfogato, non
riusciva nemmeno a ricordare come ci fosse arrivata lì.
Si portò una mano tremante alle tempie, sbattendo
più volte le palpebre cercando di mettere a fuoco qualche
dettaglio che potesse comparirle familiare. Una targa era appesa ad un
muro logoro, il forte tanfo di spazzatura le provocava solo ulteriori
conati di vomito, mentre la fioca luce di un lampione infondo alla
strada le faceva capire che quello era un vicolo ceco.
Stancamente poggiò la schiena contro la parete di cemento
che stabiliva la fine di quella strada e si lasciò ricadere
verso basso, sino a sedersi. Come era giunta a quel punto?
I capelli scuri erano completamente bagnati, alla candida neve di poco
prima si era sostituito un temporale, e, ora che le gocce di pioggia si
erano ormai diradate, una nebbia aveva avvolto ogni cosa.
Sentiva le lacrime pungerle gli occhi, lo stomaco bruciarle e la testa
pesare quanto un macigno, non poteva tornare a casa. Non dopo che
l’aveva lasciata in quelle condizioni. Ma era stato
più forte di lei, ogni impulso aveva prevalso sulla sua
persona ed era stato come se l’ingozzarsi non le bastasse
più. Aveva tracannato quella bottiglia di vodka, ci si era
aggrappata come se da essa ne avesse ricavato la forza che ormai non
aveva più, invece l’alcool l’aveva solo
portata a stare più male e tutto quello che era riuscita a
fare era stato scappare via.
Nonostante la temperatura fosse terribilmente bassa, lei si sentiva
andare a fuoco, sudava come se stessa a fare una sauna, ogni parte del
suo corpo stava cedendo. Ma soprattutto aveva perso la
lucidità.
Lasciò scivolare le mani lungo il busto, raggiungendo con le
dita le tasche della felpa, dalla quale estrasse il pacco di sigarette
che aveva comprato durante il frenetico ritorno a casa. Non aveva mai
fumato prima di allora, però si era affidata a quanto aveva
sempre sentito sul “fumo allieva i nervi” e lei in
quel momento li aveva a fior di pelle. Alla prima boccata si era
sentita soffocare, i polmoni le bruciavano, la gola protestava,
però tiro dopo tiro era diventato più facile e
man mano aveva sentito la testa più leggera.
Strinse tra le dita scosse da tremiti l’ennesimo bastoncino
di tabacco e se lo portò alle labbra, accendendolo con
l’accendino rosa che aveva rubato a Nives. Non le piaceva il
sapore che il fumo rilasciava nella sua bocca, eppure stringeva con
forza quella sigaretta tra le labbra, sentiva il suo corpo protestare
sempre più debolmente, i polmoni abituarsi, e i sensi
chiederle sempre di più.
Il telefono che aveva nella tasca dei jeans riprese a trillare
nuovamente, Dianne chinò la testa interdetta, una parte di
lei lo avrebbe gettato contro il muro sfracellandolo in mille pezzi,
mentre l’altra voleva rispondere. Una parte remota voleva
ritornare a casa.
Ma non poteva.
Cosa avrebbe detto a Gwen? Con che occhi l’avrebbe guardata?
Lentamente però tirò fuori l’aggeggio
dalla tasca e quando lesse il nome sullo schermo trattenne il respiro.
Cam.
Perché la stava chiamando? Che Gwen e Nives lo avessero
coinvolto? No no no.
Quel pensiero la mandava ancora di più nel panico.
Era tutto stato scaturito da lui, dal suo bacio. L’aveva
mandata così in confusione che alla fine ogni muro che si
era costruita le era crollata addosso, schiacciandola.
Premette il bottone rosso e lasciò partire la segreteria,
poco dopo le arrivò un messaggio che le segnalava la
presenza di una registrazione vocale. Prese un lungo respiro e si
portò il telefono all’orecchio.
-Cristo Dee, dove cazzo
sei? Ti vengo a prendere. Non fare cose di cui potresti pentirtene.
– Poi il tono duro della sua voce scemò.
–Ti prego Dee,
stai spaventando a morte le tue amiche, stai spaventando anche me.
Richiamami. -
Altre lacrime le salirono agli occhi, gettò via la
sigaretta, e non poté fare altro che chinare la testa
stringendosela tra le mani.
-Dolcezza, cosa ci fai lì tutta sola?-
Una voce maschile attirò la sua attenzione, costringendola a
sollevare la testa, tutto quello che però vedeva avanti agli
occhi era una macchia scura che ondeggiava vertiginosamente.
-Fai la timida, non rispondi?- Replicò l’uomo.
-Lasciami in pace. - Biascicò Dianne e con fatica si
sollevò sulle gambe che mai come in quel momento le
sembravano fatte di gelatina.
-Come siamo sgarbate ed io che volevo essere premuroso. -
Più l’uomo si avvicinava, più un tanfo
agre le invadeva le narici.
-Nessuno te lo ha chiesto.- Disse a denti stretti e avanzò
di qualche passo, cercando di superare lo sconosciuto.
-Vai di fretta?- Le chiese nuovamente lui con la sua voce viscida,
piazzandosi davanti.
-Spostati o mi metto a urlare. -
-Provaci. - Il sorriso da quel viso anonimo era sparito, uno sguardo
minaccioso le si puntò addosso facendole drizzare i peli
sulla nuca.
Dianne prese un lungo respiro, tentando di affidarsi a quella poca
lucidità che le rimaneva, così tirò
avanti con tutta la forza che possedeva il ginocchio, puntando dritto
alle parti basse dell’uomo.
Quello emise un grido, piegandosi su se stesso e lei
approfittò di quel momento per scappare via, più
veloce che potesse.
Mentre gli insulti e le imprecazioni le arrivavano alle orecchie,
Dianne corse sempre più velocemente alla cieca,
svoltò in vie a caso, senza sapere dove si stesse dirigendo
realmente.
Quel posto che sino a poche ore le era sembrato tranquillo, ora la
spaventava da morire facendole battere il cuore
all’impazzata, ogni posto che attraversava le sembrava
più buio di quello precedente e pian piano iniziava a
sentire le gambe cedere per lo sforzo.
Quando ormai l’unico rumore che riusciva a sentire era quello
dei suoi passi e del suo cuore che minacciava di uscirle dal petto,
Dianne girò di poco la testa per controllare che nessuno
fosse dietro di lei. Un senso di sollievo le si sciolse nello stomaco
mentre man mano che si avvicinasse a un parco, rallentava il passo. Fin
quando non fu ferma del tutto.
Si chinò su stessa rotta dallo sforzo, il fianco le faceva
male e i polmoni le bruciavano nel torace.
In quel momento squillò nuovamente il telefono e mossa
dall’istinto e dalla paura, rispose immediatamente.
-Dianne!- Era la voce di Cam, non l’aveva mai chiamata
così.
-Cam.- Rispose lei con la voce rotta dal pianto.
-Ehi, calmati. Dimmi dove sei, ti vengo a prendere. -
Dianne si guardò intorno, era in un parco costeggiato da
alcune abitazioni, in giro non c’era nessuno e non vedeva
cartelli con scritto il nome della strada.
-Non lo so.- Disse ancora con il fiatone.
-Dammi qualche dettaglio, Dee, concentrati. - La incalzò
lui, il suo tono di voce era indecifrabile.
-Sono in un parco, non sembra molto curato e la zona non è
delle più belle, in lontananza vedo delle insegne luminose,
forse di alcuni club, non ne ho idea. - Mormorò lei, mentre
si passava il palmo della mano sulle guance per asciugarsi gli occhi.
-Oh capito, vengo a prenderti. Non muoverti di lì.- E
staccò la chiamata.
Ecco che quella domanda ritornava nella sua mentre, come ci era finita
in quella situazione? Mossa dalla rabbia calciò con forza
una pietra, scaraventandola nel buio. Era infreddolita, ubriaca e
spaventata. L’alcool che nel mentre era fermentato nel suo
stomaco iniziò a risalirle su per la gola, scuotendola con
violenti conati, si chinò con tutto il corpo dietro ad un
muretto, lasciando che questi abbandonasse il suo corpo.
Restò in quella posizione per cinque minuti, era allo stremo
delle forze quando vide dei fanali di un auto, illuminare il piccolo
parco. Si voltò appena, riparandosi gli occhi con le mani da
quella luce accecante, dopo di che sentì uno sportello
sbattere con forza.
-Dee, dove sei?- Sentì Cam chiamarla.
Si sforzò di rispondere ma la voce non ne volle proprio
saperne di uscire, così raccolse le ultime forze e
tentò di rimettersi in piedi. Ma fallì, ricadendo
su se stessa e ruzzolando per la piccola collinetta del parco,
ricadendo in basso.
Il suono che le sfuggì attirò
l’attenzione di Cam, visto che lo sentì muoversi e
la voce che la chiamava farsi più vicina.
-Sono qui. - Mormorò con la guancia premuta contro il
terriccio. –Cam, sono qui. -
-Dee!- La voce di Cam sembrò più leggera, come se
nel vederla si fosse liberato di un peso.
In pochi istanti il ragazzo le fu vicino e dopo averla voltata, la
sollevò lievemente, aiutandola a rimettersi in piedi.
–Ti senti bene?-
Dianne non riusciva a spiccicare mezza parola, si sentiva morire per la
vergogna, così si limitò a scuotere con forza la
testa mentre si mordeva ripetutamente il labbro inferiore, scaricando
in quel gesto tutte le sue paure.
-Oh Dee. - Il tono di Cam si addolcì e la strinse con forza
a se. –Mi hai spaventato a morte. –
Mormorò a voce bassa.
Dianne gli strinse le braccia al collo, ricambiando quella stretta,
come se lui fosse la sola ancora di salvezza in un deserto di sabbie
mobili. –Scusami. - Mormorò contro il suo collo.
–Mi dispiace tanto Cam.- Il respiro tornava a incrinarsi,
nuove lacrime minacciavano di scendere.
-Va tutto bene, ti porto a casa. - Le sussurrò lui
all’orecchio.
Lei scosse il capo, nascondendo maggiormente la testa
nell’incavo del suo collo, tentando di evitare lo sguardo dei
suoi occhi di quel blu così intenso. –Non voglio
andare a casa. -
Il tragitto in macchina fu completamento immerso nel silenzio, Dianne
non riusciva nemmeno a guardare Cam, aveva il corpo girato verso il
finestrino e gli occhi fissi sulle luci dei lampioni che a tratti le
illuminavano il viso. Si aspettava il terzo grado e invece lui
rispettò il suo silenzio.
Dopo un po’ si fece coraggio, girandosi appena.
–Dove stiamo andando?- Chiese con un filo di voce.
-A casa. - Replicò lui senza distogliere lo sguardo dalla
strada.
-Cam, te l’ho già detto, non ce la faccio a
tornare a casa. - Mormorò esausta.
-Non ti sto portando a casa tua Dee, stiamo andando da me.-
Lei si morse istintivamente un labbro, lasciando che una lacrima le
rigasse il viso. –Non voglio che Theo mi veda
così.- Sussurrò.
Lui non rispose, s’immise nel vialetto e poco dopo spense il
motore, portandole una mano sul fianco. – I soli occhi che
vedranno il tuo viso stasera saranno i miei, te lo prometto. -
Nel sentire quelle parole un calore l’avvolse e
riuscì solo ad annuire lentamente.
Quando entrarono, l’enorme abitazione era immersa nel buio
totale, Dianne esitò sulla soglia ma quando
avvertì le dita di Cam stringersi intorno al suo polso, fu
costretta ad avanzare.
-Vieni. - Le disse a voce bassa mentre inizia a percorrere i gradini
della scala a chiocciola che portavano al piano superiore.
Tentando di non inciampare nei propri piedi, per colpa della scarsa
visibilità, Dianne seguì Cam lungo le scale, sino
a giungere davanti ad una porta che lui poco dopo aprì.
-Entri o ti serve l’invito scritto?- Le chiese dopo aver
attraversato la soglia, notando che lei era rimasta nel corridoio come
una statua di cera.
-E’ la tua stanza?-
-No, è la stanza rossa delle torture, Alys è
così fissata con i romanzi erotici che ne ha voluta una
tutta per se.- Le rispose.
Dianne fece rotare gli occhi, accennando un mezzo sorriso.
–Idiota. - Sussurrò entrando.
Quando si erano conosciuti Cam le aveva detto che dalla stanza di una
persona era possibile capirne la personalità,
però da quello che mostrava la sua di stanza non si riusciva
a decifrare un granché. Tutto era in ordine, i mobili erano
di un grigio tenue e le pareti dipinte di azzurro che man mano,
avvicinandosi al pavimento, sfumava sul bianco. Molti libri erano
sistemati in una libreria enorme che occupava quasi un’intera
parete, mentre vicino alla finestra era posto un telescopio.
-Puoi usare il mio bagno. - Lo sentì dire, mentre apriva un
cassetto iniziando a frugare al suo interno. –E puoi
indossare questo dopo aver fatto la doccia, fidati, ti serve. -
Dianne afferrò tra le mani quella che sembrava essere una
maglia da giocatore di basket e sollevò lo sguardo verso i
suoi occhi. –Mi stai dicendo che puzzo?-
Cam sorrise e delle fossette gli si formarono sulle guance.
–Giusto un po’. -
Dianne entrò lentamente nel bagno adiacente alla camera di
Cam chiudendosi la porta alle spalle, anche lì
l’ordine regnava sovrano. Le mattonelle color avorio
prendevano una sfumatura dorata sotto la luce del lampadario, un
tappeto bianco era disposto sul pavimento e vari tipi di bagnoschiuma
erano ordinatamente sistemati su delle mensole. Cam sembrava
più donna di lei, se lei avesse avuto un bagno tutto per se,
sicuramente quell’ordine non ci sarebbe mai stato.
Si poggiò stancamente contro la piastrelle, incastrando le
mani tra i capelli bagnati. Si sentiva meglio, un senso di sicurezza le
era penetrato nelle vene, rassicurandola debolmente. Quella notte
sarebbe passata.
Sentì qualcuno bussare la porta e poi la mano di Cam passare
attraverso un piccolo varco, stringeva uno spazzolino da viaggio tra le
dita. –Potrebbe servirti. -
Dianne si scostò dalla parete, aprendo del tutto la porta.
–Continue frecciatine alla mia igiene. -
Lui sollevò le mani con un’espressione innocente e
poi sorrise. –Io lo dico per te.-
La ragazza scosse la testa, non riuscendo però a trattenere
un sorriso. –Grazie ancora Cam.- Annuì piano.
–Sono sincera, non è la prima volta che mi aiuti
e…-
Lui la bloccò con un gesto della mano. –Va bene
così.- Tagliò corto, voltandosi verso la porta.
–Cam…-
-Vai, parleremo dopo Dee.-
Dieci minuti dopo era linda e profumata, i capelli umidi le ricadevano
in onde sulle spalle, mentre delle occhiaie profonde solcavano il suo
viso. Durante la doccia aveva pensato a quell’assurda serata,
perché aveva reagito così dopo il bacio con Cam?
Perché l’aveva mandata così fuori di
testa?
Strinse con forza le mani intorno al lavello e si lavò i
denti con lo spazzolino da viaggio che Cam le aveva portato poco prima,
si sentiva decisamente meglio.
Aprì la porta cautamente, ritrovando la camera completamente
immersa nell’oscurità, l’unica fonte di
luce proveniva dalla luna, ormai sgombra da ogni nube.
-Cam?- Lo richiamò in un sussurro.
-Sono qui.- Rispose lui, la sua voce sembrò ancora
più roca.
Dianne avanzò qualche passo, Cam era disteso sul letto e
aveva le mani incrociate dietro la nuca. I capelli scuri gli
ricoprivano gli occhi azzurri che al buio brillavano come due fari.
-Vieni qui Dee, ti giuro che non mordo.-
Prese un lungo respiro e raggiunse il letto, sedendosi sul bordo di
esso. – Mi dispiace tanto.- Mormorò.
–Per tutto.-
Lui si sollevò appena, arrivandole vicino e dopo averle
cinto la vita con le braccia, la tirò giù con
sé, facendola distendere sul letto. –Dee.- le
sussurrò all’orecchio e lei percepì il
suo respiro caldo contro la guancia. –Cosa non mi dici?-
A quelle parole Dianne sollevò la testa di scatto verso
l’alto, evitando di guardarlo negli occhi. –Non sto
nascondendo niente Cam.- Disse e la sua voce suonò ferma,
nonostante il suo corpo tremasse.
-Sei così ostinata.- Commentò lui, allentando di
poco la stretta sulle braccia di lei.
Dianne aprì la bocca, era pronta a dare sfogo a una delle
sue performance migliori, avrebbe mentito e non poteva permettersi di
cedere alle emozioni, se Cam avesse saputo non l’avrebbe
più guardata allo stesso modo.
Perché era questa la sua più grande paura, che le
persone avrebbero preso a trattarla diversamente, come se fosse fatta
di cristallo. Avrebbe letto la pietà nei loro occhi,
sussurri di incredulità o rabbia contro se stessi per non
averlo capito… e lei non voleva niente di tutto questo.
Era pronta a parlare, però non le uscì nessun
suono dalla bocca, si morse istintivamente le labbra, sentendosi come
un mazzo di scopa tra le sue braccia. –Ho esagerato stasera,
ero… fuori di testa.- Disse in un sussurro.
–Può capitare a tutti, no?-
-Certo.- Annuì piano lui. –Però
sappiamo entrambi che non stai dicendo la verità.-
-Non c’è altro, te lo giuro.- Mentì
sperando che la sua voce non tremasse.
-E’ per quello che è successo sul terrazzo?-
Chiese nuovamente lui e Dianne lo sentì irrigidirsi alle sue
spalle.
Si voltò lentamente, ritrovandoselo a un palmo dal viso, le
punte dei loro nasi si sfioravano. –Cam, non è
stata colpa tua.- Mormorò cercando di non pensare a quanta
poca distanza ci fosse tra i loro corpi. –Il problema sono io
e basta.-
Un lungo silenzio calò tra loro, gli occhi di Cam si erano
fatti scuri, l’azzurro vivo che solitamente li caratterizzava
sembrava essersi spento per lasciare lo spazio a un blu intenso che
ricordava il cielo notturno. Lo sentì sospirare
rumorosamente mentre il battito del cuore di Dianne accelerava
vertiginosamente, non ce la faceva più. Non riusciva a
mandare avanti quella sceneggiata.
-Dee, voglio raccontarti una storia.- Le sussurrò lui
ponendo fine a quel silenzio e sollevando una mano con la quale prese a
giocare con una ciocca dei suoi capelli. –C’era
questa ragazza, ormai donna, aveva due figli, due bambini che
l’amavano tanto ed era sposata con
quest’uomo. Lei lo amava così tanto da
farsi male, lo aveva sposato nonostante avesse posto fine a ogni suo
sogno. – Fece una pausa e i suoi occhi azzurri si scurirono.
–Lui non faceva altro che sminuirla, a dirle che non era
abbastanza… così lei pur di piacergli inizio a
cambiare se stessa, iniziò ad andare contro ogni suo
principio. Non mangiava, e se lo faceva, poco dopo rigettava ogni
singola cosa. Si era ridotta al nulla, si era annullata.-
Dianne sentì il proprio battito cardiaco accelerare, che Cam
lo avesse capito?
-Un giorno suo figlio le chiese di tenerla per mano, lei con un sorriso
stanco lo strinse con forza, ma quando lo sguardo del bambino
finì sulla sua mano quella era tutta ferita, completamente
graffiata e arrossata. E lui non capiva, perché la mamma si
era fatta male? Gli anni passarono e un giorno i due bambini tornarono
a casa, la madre era in lacrime sul pavimento, il frigo svuotato, un
odore orribile. Il marito l’aveva abbandonata, lei e i suoi
figli.- Fece una pausa, chiudendo per alcuni istanti gli occhi e quando
li riaprì, l’azzurro era diventato ghiaccio.
–E lei aveva dato sfogo alla sua malattia. Lei si era
ammalata per stare dietro a lui, forse lui non l’amava o
forse era troppo immaturo per quello. Fatto sta che lei si è
distrutta.- Concluse serrando la mascella.
Dianne che aveva ascoltato in silenzio ogni sua parola, strinse con
forza le mani che ormai erano sudate, il cuore le batteva come un
martello e le lacrime minacciavano di tornare.
–Chi…chi è questa donna Cam?-
Sussurrò con un filo di voce.
Lui abbassò lo sguardo, la bocca stretta in una linea.
–Mia madre Dee.-
Ricevette quelle parole come uno schiaffo in pieno viso, con tutta la
forza di volontà tentò di non piangere.
–Lei… ora come sta?-
Cam chiuse gli occhi, chinando la testa e portando così la
fronte contro quella di lei, non disse nulla, scosse solo la testa.
Una morsa serrò la gola di Dianne e senza pensarci strinse
con forza le mani intorno al busto di lui, lo strinse a se con tutta la
forza che aveva in corpo. –Mi dispiace tanto Cam.-
Lui non rispose, lasciò che lei lo abbracciasse, continuando
ad accarezzarle lentamente i capelli. –Non voglio che tu
finisca come lei, Dee.- Fu tutto quello che disse.
Dianne s’irrigidì tra le sue braccia. Cam sapeva,
il ragazzo che conosceva da tre mesi, aveva capito quello che
nascondeva da tre anni anche alla sua famiglia. Lui lo aveva capito.
–Cam io…- Mormorò cercando di allentare
la stressa delle braccia.
Lui non glielo permise, anzi, la strinse ancora più forte.
–Non provare a negare, stasera ne ho avuto la conferma.-
Questa volta le lacrime arrivarono e non riuscì a fermarle,
iniziarono a scendere sempre più copiose lungo le sue
guance, chinò il viso, soffocando i singhiozzi
nell’incavo del suo collo.
-Va tutto bene Dee, passerà, non ti lascerò da
sola.- Le sussurrava Cam mentre la coccolava e stringeva tra le sue
braccia.
Dopo degli istanti interminabili Dianne tirò la testa
indietro, aveva lo sguardo basso, non riusciva a guardarlo negli occhi.
–Ho paura Cam.- Fu tutto quello che disse.
-Lo so.- Rispose lui, accarezzandole con dolcezza una guancia.
Stretta nell’abbraccio e con le lacrime che le rigavano il
viso, lentamente si addormentò.
Eccomi qua con un
nuovo capitolo, spero davvero che vi piaccia, fatemi sapere cosa ne
pensate :)
Grazie per la pazienza e spero continuerete a seguire la storia.
Un bacione a tutte ;)
-Nora.
Se volete, mi trovate anche su
ASK
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Capitolo 12 *** Capitolo 12; What would you do? ***
Capitolo 12
«Ecco perché ho paura: ho perduto qualcosa di importante,
non riesco più a ritrovarlo, e ne ho bisogno. »
◊ CAPITOLO XII ◊ What would you do?
-Dai, un bel respiro ed entra.-
-No, non ci riesco.-
Dianne lasciò per l’ennesima volta la stretta delle dita
contro la maniglia. Era davanti al suo appartamento con Cam, lui
l’aveva praticamente trascinata di peso per riportarla a casa e
ora se ne stava lì a guardarla, mentre la pazienza lentamente
abbandonava il suo bel viso.
-L’ultima volta che ho controllato Gwen e Nives non si cibavano
di carne umana.- Borbottò lui, stringendosi le braccia al petto.
Di prima mattina la sua bellezza sembrava accentuata, gli occhi azzurri
completamente assonnati, la pelle del viso fresca di barba e le spalle,
ricoperte da una felpa, appoggiate stancamente alla parete.
Quando si era svegliata nel suo letto, c’era stata una frazione
di secondo in cui il cervello aveva resettato ogni cosa, prima che i
ricordi del giorno precedente le affluissero alla mente, si era
ritrovata a diventare rossa come un pomodoro maturo. Fortunatamente Cam
dormiva ancora profondamente per rendersi conto del suo imbarazzo.
Però, oltre ogni aspettativa, non si sentiva in imbarazzo per
avergli parlato della sua malattia… o meglio, avergli confermato
i suoi sospetti. Anzi, nonostante un iniziale scambio di sguardi poi,
tra loro, non c’era stato niente di che, lui era sempre il solito
Cam e la trattava come faceva dal primo giorno, senza mostrarle nessuna
forma di pietà o cambiamento. E Dianne gli era grata per questo,
in più si sentiva terribilmente sollevata, solo il pensiero che
ora al mondo avesse qualcuno con cui poter parlare liberamente, la
facevano stare meglio. Poteva farsi aiutare a trasportare quel peso che
ormai le logorava la schiena.
-No, me ne vado direttamente a lezione, non fa niente se sembro una
barbona.- Annuì convita, voltandosi velocemente, però la
sua corsa durò nemmeno cinque secondi visto che una mano le
afferrò il braccio.
-Cam…- Mormorò mentre si voltava nella sua direzione, cercando di non guardarlo negli occhi.
-Dee, scappare non serve a nulla, prima o poi dovrai tornare a casa,
non penso che pur di non affrontare le tue amiche tu decida di
diventare una senzatetto.- Il suo viso non tradiva nessuna emozione, in
quel momento Cam era impassibile. –Quindi, porta il tuo bel culo
davanti alla porta oppure suono io e ti ci porto di peso.-
Dianne prese un lungo respiro, annuendo lentamente.- Va bene…-
Sussurrò con un filo di voce mentre Cam scioglieva la presa
delle dita dal suo braccio. –Però non sono pronta a
parlare con loro della…- Le parole le morirono in gola,
abbassò lo sguardo come per sfuggire dagli occhi del ragazzo.
-Non devi.- La rassicurò lui. –Nessuno ti obbliga a
parlarne, Dee. Però ora devi tornare a casa.- Il suo tono di
voce si era addolcito.
Lei lo guardò, non era mai stata grata a nessuno come a Cam in
quel momento. Sentì le lacrime pungerle gli occhi per come le
emozioni la stavano scuotendo lasciandola senza fiato. – Grazie.-
Fu tutto quello che disse.
Lui inclinò la testa, sollevando una mano che portò sulla
sua guancia, accarezzandola appena con la punta delle dita. –Te
l’ho detto tante volte, non ringraziarmi Dee.-
Dianne sollevò lo sguardo, incrociando gli occhi di lui, e
mentre stava per rispondergli la porta di casa si aprì.
Sulla soglia c’era Gwen, lo sguardo basso e l’attenzione
completamente rivolta alla borsa, nella quale sembrava cercare qualcosa
disperatamente, alle sue spalle c’era Nives che, a differenza
della coinquilina, posò subito lo sguardo sui due.
Entrambi voltarono di scatto la testa in direzione della porta e Cam scostò bruscamente la mano dalla guancia di Dianne.
-Dianne!- Esclamò Nives e a quelle parole anche Gwen sollevò lo sguardo sulla ragazza.
-Razza di idiota, dove sei stata? Mi hai fatto prendere un infarto!-
Esclamò la cugina, annullando del tutto la distanza tra loro e
stringendo Dianne in un abbraccio stritolante. – Non farlo mai
più.-
Lei si lasciò stringere da Gwen, per poi sciogliere la stretta
indietreggiando di un passo. –Mi dispiace tanto.- Sussurrò
spostando lo sguardo su Nives. –Non ho nessuna giustificazione.-
Entrambe la guardarono in silenzio, però poi Gwen si
lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. –Non fa niente,
l’importa è che tu sia qui.-
Dopo il breve incontro con Gwen e Nives, Dianne era ritornata nella sua
stanza per cambiarsi i vestiti. Cam era andato via senza dire nemmeno
una parola, questo le aveva lasciato una strana sensazione allo
stomaco, una sensazione che non riusciva a decifrare nemmeno lei
stessa. Probabilmente avrebbe dovuto soffermarsi a pensarci di
più, Cam si era costruito un muro intorno e quel muro diventava
sempre più impenetrabile con il tempo, eppure… Eppure a
lei aveva raccontato di sua madre, le aveva mostrato un lato di se che
molti ignoravano. Però questo non lo aveva fatto solo lui, anche
Dianne si era aperta a Cam come non aveva mai fatto con nessuno primo
di allora e questo la spaventava terribilmente, perché con quel
ragazzo era tutto così spontaneo, mentre con Austin non
c’era mai riuscita a parlare così? Poi arrivava un secondo
fattore, ogni qualvolta lui la sfiorava, la sua pelle era scossa da
brividi e sensazioni sconosciute le si annidavano nello stomaco,
scuotendola in profondità. Aveva il batticuore solo nel
ripensare al loro bacio sul balcone, le sue labbra piene sulle proprie,
il modo in cui le aveva accarezzato i capelli… Dio, sentiva
caldo solo a pensarci.
Il suono della campanella la fece sobbalzare, riscuotendola dai suoi
pensieri, aveva le dita talmente serrate contro la penna che le nocche
erano diventate bianche. Il resto dei ragazzi stava già uscendo,
il professor Ordaway sistemava in silenzio i libri all’interno
della borsa, aggiustandosi più volte gli occhiali sopra il naso.
Dianne raccolse velocemente le sue cose, tentando di risvegliarsi da
quello stato di intontimento, e si sollevò velocemente dalla
sedia, percorrendo i gradini dell’aula a due a due.
-Era molto distratta durante la lezione, Rivera.-
La voce del professore la bloccò, costringendola a fermarsi. –Mi scusi, non capiterà più.-
Lui si girò nella sua direzione, distogliendo l’attenzione dalla borsa. –Giornata pesante?-
Dianne lo guardò interdetta, era la seconda volta che quel
professore tentava un approccio amichevole nei suoi confronti.
–No.- Mentì. –E’ solo difficile riprendere il
ritmo delle lezioni dopo alcuni giorni di pausa.-
-Già, per abituarci agli orari comodi non ci mettiamo niente,
perdendo quelli che sono i nostri abituali.- Commentò lui,
facendo scivolare entrambe le mani all’interno delle tasche.
-Già. Beh, io andrei…- Tentò di dire Dianne, muovendosi in direzione della porta.
-Aspetta.- Esclamò lui.- Vieni qui.- Le ordinò ritrovando il suo consueto tono di voce.
Lei sollevò lo sguardo confuso sui suoi occhi, annuendo appena
mentre si avvicinava alla cattedra tenendosi comunque a distanza di
sicurezza. –Sì?-
Ordaway si lasciò ricadere pesantemente sulla sedia, scostandosi
con le dita alcune ciocche di capelli dalla fronte. –Dianne.
– Esordì. –Spero non ti dispiaccia del fatto che ti
chiami con il tuo nome di battesimo, meglio abbandonare le
formalità visto l’argomento che stiamo per trattare.-
Dianne aggrottò maggiormente le sopracciglia, allo sguardo
confuso si sostituì uno carico di sospetto, ma non
replicò, lasciò che il professore continuasse a parlare.
Lui si chinò in avanti, poggiando entrambe le mani sulla
scrivania. –So che hai legato molto con Cameron Carter.-
Sollevò lo sguardo verso Dianne. –Posso farti alcune
domande sul suo conto?-
Lei sbattè le palpebre sorpresa. –Cam? Perché dovrebbe farmi delle domande su di lui? –
-Perché sono suo fratello e quel ragazzo mi preoccupa.- Mormorò Ordaway sospirando stancamente.
-Lei è Zachary?- Chiese sorpresa e poi una scena le
comparì nella mente come un flash, il primo giorno di lezione
Cam aveva chiamato il professor “Z.” e non con il suo
cognome, come lui aveva richiesto a tutti. In più Cam le aveva
anche spiegato che suo fratello non portava più il cognome del
padre, ma quello del secondo marito della madre.
-Vedo che ti ha parlato di me.- Un sorriso triste gli si formò sulle labbra. –Sono preoccupato per lui, Dianne.-
Lei si inumidì le labbra, facendogli un cenno con la testa. –Perché è preoccupato per lui?-
Zachary sospirò. –Da quando nostra madre è morta
Cam non è più la stessa persona, si è lasciato
sopraffare dai vizi, non gioca più a football e salta le
lezioni.-
Dianne deglutì lentamente, Cam giocava a football?
-Con me e mia moglie si rifiuta di parlarne, quindi ho dovuto prendere
a osservarlo, forse non sono cose da fare, ma sono davvero preoccupato
per lui. Ho notato che oltre a Theo o Alys, sta spesso con te. Lo so
che sbaglio a metterti in questa situazione, però vorrei solo
sapere se sta bene.-
Dianne sentì la gola terribilmente secca, si rese conto che non
sapeva rispondere a quella domanda, Cam stava bene? Quello che mostrava
era un ragazzo a cui non gli fregava di niente e che chiunque avrebbe
potuto dire di tutto sul suo conto, però, alla luce di queste
nuove informazioni, capì che lui non era stato sempre
così. C’era stato un tempo in cui a Cam tutte quelle cose
importavano.
Si morse l’interno guancia, chinandosi appena. –Ascolti,
proverò a cercare una risposta valida alla sua domanda.-
Mormorò. –Le farò sapere.-
Zachary le rivolse un sorriso pieno di gratitudine. –Ti ringrazio
Dianne, ora vai, mi dispiace averti rubato tutto questo tempo.-
Non appena fu fuori dall’edificio, Dianne nascose il viso nel
colletto della giacca, le parole del professore Ordaway le ronzavano in
testa, si chiedeva se informare il fratello di come stesse Cam fosse la
cosa giusta da fare. Infondo non parlare con lui di quello era stata
una sua scelta e si sentiva di tradirlo in quel modo.
-Dianne.- Sentì la voce gentile di Theo chiamarla.
Sollevò lo sguardo e non appena vide il ragazzo appoggiato con
la schiena contro il tronco di un albero, gli rivolse un sorriso.- Ehi,
cosa ci fai qui?- Gli chiese avvicinandosi.
-Aspetto quel ritardatario di Cam.- Brontolò lui. –Lui
passeggia come una lumaca ed io divento un pezzo di ghiaccio.-
Dianne inclinò il viso. –Io a lezione non l’ho visto.-
-Che cosa?!- Esclamò Theo scostandosi dall’albero.
–Ma è cretino?-Lei sollevò le spalle e Theo non le
diede modo di replicare continuando a parlare.- Tu stai bene?-
Annuì energicamente sollevando una mano come per dirgli di non preoccuparsi. –Tutto passato.-
Il ragazzo le rivolse un sorriso rassicurante. –Meno male, ci hai fatto infartare tutti quanti.-
Dianne accennò un sorriso. –E a te con Gwen?-
Theo parve completamente colto alla sorpresa da quelle parole, la sua
tranquillità sembrò creparsi. –Mh, tutto bene?-
Azzardò.
-Ho capito, non vuoi parlarne.- Scherzò lei.
-Non è questo.- Lui abbassò lo sguardo tirando un calcio
a un sasso. –E che non so nemmeno io come va, se siamo amici o
no. Da quando siamo tornati sembra un’isterica.-
-Come biasimarla.- Borbottò Dianne. –E’ impaurita e confusa, dovresti fare chiarezza e rassicurarla.-
Theo la guardo e mentre stava per rispondere fu interrotto da una voce femminile.
-Ehi, che fate?- Alys era comparsa alle spalle del fratello, i capelli
biondi lunghi fino alla vita erano sapientemente intrecciati in una
treccia che le ricadeva di lato, gli occhi verdi scrutavano con
curiosità i due. Perché doveva essere così bella?
-Theo vuole tingersi i capelli.-
Lui annuì. –Voglio farmi biondo, proprio come te sorellina.-
-Non ti azzardare.- Esclamò inorridita Alys e gli altri due scoppiarono a ridere.
Era notte fonda, Dianne ne era convinta, il conforto della coperta
calda contro il corpo mandava via qualsiasi brutto pensiero,
lasciandola riposare nella pace assoluta… Eppure come mai era
sveglia?
Un tonfo colpì il portone principale del suo appartamento. Ecco
perché non dormiva, c’era qualcuno che bussava come un
pazzo alla loro porta alle... Si girò appena per vedere
l’ora e sgranò gli occhi. –Ma chi cavolo è
alle tre del mattino?!- Esclamò sollevandosi di scatto da letto.
Che Gwen o Nives fossero rimaste chiuse fuori?
Quando uscì dalla sua stanza quell’opzione fu subito
scartata, le due ragazze erano appena uscite anche loro dalle loro
camere, con un’espressione confusa sul viso.
-Ma chi sarà a quest’ora?- Mormorò Gwen a voce bassa, ancora immersa nei suoi sogni.
-E se è un ladro?- Strillò Nives.
-Certo, perché i ladri bussano. Toc toc, siamo qui per rubarvi
anche le mutande.- Borbottò Dianne sollevando gli occhi al cielo.
-A quest’ora sei antipaticissima.- Disse l’altra, incrociando le braccia al petto.
-Io non apro.- Mise subito in chiaro Gwen.
-Vado a prendere la pistola?- Chiese Nives.
-Tu hai una pistola?-
-Sì, solo che mi è scaduto il porto d’armi, quindi in pratica è illegale.-
-Tu hai un’arma illegale in casa?- Ripeté Dianne scioccata.
L’altra sollevò gli occhi al cielo e, a un ulteriore colpo alla porta, sobbalzarono tutte e tre.
Dianne osservò lo sguardo spaventato delle due ragazze e in
preda ad un attimo di coraggio si avviò verso il portone,
girò lentamente la chiave e con un movimento della mano lo
aprì di scatto.
Qualcuno le cadde addosso, facendola indietreggiare sia per il peso che
per la sorpresa, Nives e Gwen alle sue spalle avevano lanciato un urlo
di puro terrore. Sollevò il viso, ritrovandosi faccia a faccia
con Cam, aveva i capelli lisci premuti contro la fronte sudata, gli
occhi socchiusi e un sorriso beato sul viso.
-Cam, che diavolo fai?-
-E’ Cam?- Chiese cauta Nives, avanzando di alcuni passi.
Lui non rispose, sembrava essersi addormentato e Dianne iniziava a
sentirsi soffocare per lo sforzo fisico che stava compiendo nel
sorreggerlo. –Qualcuno mi da una mano, tra cinque secondi
lascerò la presa e morirò spiaccicata sul pavimento.-
Le due ragazze a quelle parole sembrarono risvegliarsi dallo loro stato
confusionale e le arrivarono vicino, afferrando Cam per entrambe le
braccia, liberando Dianne dal suo peso.
-Ma che belle braccia muscolose ha il nostro Cam.- Commentò Nives mentre premeva le dita contro i bicipiti del ragazzo.
-Nives!- La rimproverò Dianne. –Ti sembra il momento?-
Lei fece spallucce per poi muoversi tutte e tre, portando Cam sul
divano e facendolo distendere nel modo migliore che potessero.
-Vado a prendere un cuscino e delle coperte.- Mormorò Gwen prima di sparire nella sua stanza.
Dianne si chinò vicino al ragazzo e gli passò le dita
sulla fronte, scostandogli i capelli sudati dalla pelle.- Cam...- Lo
richiamò in un sussurro.
Lui dischiuse le labbra, mormorando qualcosa di incomprensibile.
-Ultimamente ubbriacarsi di notte è diventata una moda.-
Commentò amaramente Nives e quando vide Dianne irrigidirsi
subito tentò di rimediare alle sue parole. –Cioè,
intendevo dire…-
-Lascia stare.- La interruppe lei continuando a darle la schiena, con
il viso rivolto verso Cam. –E’ solo la verità.- Fece
una pausa respirando profondamente. –Solo che… Non capisco
perché Cam sia venuto qui.-
-Davvero non lo capisci?-
A quelle parole Dianne voltò di scatto il viso verso di lei
mentre Gwen le compariva alle spalle sommersa di cuscini e coperte.
–Dovrebbero bastare.- La sentì dire sotto quella massa di
roba.
Lei prese uno dei cuscini e , facendo sollevare la testa a Cam, glielo
infilò sotto la nuca. –E’ completamente sudato, non
so se coprirlo sia una buona idea.- Disse pensierosa, mentre osservava
il viso del ragazzo completamente rilassato e perso in chissà
quale sogno.
-Lasciagliele vicino al letto, così nel caso si svegliasse e
avesse freddo, le trova lì.- Propose Gwen e lei annuì.
Quando fu di nuovo nel suo letto proprio non riusciva ad addormentarsi,
i suoi pensieri ritornavano sempre a Cam e del perché il ragazzo
fosse piombato a casa loro alle tre del mattino. Cosa lo aveva spinto
ad andare lì e non a casa sua? E soprattutto perché aveva
bevuto in quel modo?
Prima si era soffermata ad osservarlo mentre dormiva, sembrava un
bambino, i lineamenti distesi, la bocca socchiusa e le ciglia lunghe
che gli facevano ombra sulle guance. Era dannatamente bello,
però gli sembrava quel tipo di bellezza che nascondesse tanto
gelo e tanto dolore. Fuori come il sole appena sorto, dentro come
stalattiti di ghiaccio che ti bucano lo stomaco.
Quella mattina non aveva lezione, però si sveglio comunque
presto… okay, era più che presto visto che
l’orologio segnava le sei del mattino. L’unico motivo per
cui Dianne si era alzata a quell’ora era per parlare con Cam,
temeva che lui svegliandosi prima se ne sarebbe andato lasciandola
lì con tutte le sue domande.
La cucina era illuminata dalla fievole luce del sole che non era ancora
sorto, Cam era ancora lì, profondamente addormentato e con una
coperta che gli cingeva le spalle.
Dianne si avvicinò lentamente a lui, soffermandosi ad osservarlo
più del dovuto per poi poggiare una mano sulla sua guancia e
iniziando ad accarezzarla senza nemmeno rendersene conto. Con il
pollice tracciò la linea della sua mascella, risalendo
delicatamente in direzione del mento, quando sfiorò le sue
labbra un brivido di piacere le percorse la schiena costringendola a
ritirare bruscamente la mano.
-Cam.- Lo richiamò scuotendolo leggermente. –Cam, svegliati.-
In risposta lui mugugnò contrariato, girandosi dall’altra parte.
-Cam, ti prego, svegliati.- Lo incitò nuovamente, scuotendolo con più forza.
Lui si girò verso di lei con gli occhi socchiusi. –Dee?-
Mormorò e il suo viso si contrasse in una smorfia confusa mentre
sollevava del tutto le palpebre. –Che cavolo ci faccio a casa
tua?-
-Questa è la domanda del giorno.-
Cam si sollevò sulla schiena, mettendosi seduto, aggrottando
appena le sopracciglia ancora più confuso. –Che è
successo ieri sera?-
Dianne che gli era di fronte, dovette reprimere l’impulso di
spostargli i capelli che gli ricadevano davanti agli occhi. –
Riassumendo tutto velocemente: erano le tre di notte e bussavi come un
forsennato alla porta di casa, quando sono venuta ad aprirti mi sei
caduto addosso addormentato.-
Il ragazzo aggrottò maggiormente la fronte, passandosi le dita
tra i capelli. –Non ricordo niente, dovevo essere proprio fuori.-
Poi si zittì, sollevando lo sguardo oltre la spalla di Dianne.-
Posso usare il bagno?-
-Certo, conosci già la strada.- Gli rispose lei con un mezzo sorriso.
Dopo che Cam fu entrato in bagno, Dianne tornò nella sua stanza
decisa ad indossare qualcosa di più adatto visto che il pigiama
grigio con i bordi rosa e su la scritta “coccole coccole”,
non le sembrava proprio il massimo. Anzi, era un abbigliamento
leggermente imbarazzante.
Aprì l’armadio, però non ebbe nemmeno il tempo di
scorgere con lo sguardo cosa ci fosse al suo interno, che sentì
una presenza alle sue spalle. Si voltò incrociando gli
occhi azzurri di Cam, aveva i capelli umidi e la pelle odorava del loro
sapone, delle occhiaie abbastanza evidenti risaltavano sul suo viso.
-Dee…- Sussurrò per poi abbassare lo sguardo su di lei.-
Bel pigiamino.- Disse poi sollevando le labbra in un sorrisetto.
Lei strinse le braccia al petto, come per coprirsi, e sollevò lo
sguardo verso di lui. –Cam che sei venuto a fare qui stanotte?-
Lui si inumidì le labbra con la punta della lingua,
indietreggiando appena in direzione della porta, che si chiuse alle
spalle. –Non lo so.- Disse poi, poggiando la schiena contro il
legno.
Dianne di morse un labbro, avanzando di un passo verso di lui e
lasciando vagare una mano tra i capelli arruffati. –Cam, cosa sta
succedendo?-
Il ragazzo sbattè le palpebre colto alla sprovvista da quella domanda. –In che senso?-
-Tra me e te. Cosa sta succedendo tra noi?- Ripeté lei, abbassando lo sguardo.
Cam allungò entrambe le mani che portò sui fianchi della
ragazza e con un movimento veloce l’attirò a se, premendo
maggiormente la schiena contro la porta. –Dimmelo tu Dee, cosa
sta succedendo?- Le chiese a voce bassa, chinando di poco il viso,
così da accarezzarle una guancia con la punta del naso.
Lei deglutì rumorosamente, tenendo lo sguardo basso. –Non lo so.-
-Sì che lo sai, hai solo paura di ammetterlo.- Replicò lui. –Guardami.-
Dianne aveva quasi il terrore di incrociare i suoi occhi azzurri in
momenti come quello, però sollevò lo sguardo leggendo
negli occhi di Cam qualcosa che non aveva mai visto prima. Le pupille
erano dilatate, l’azzurro si era fatto più intenso
unendosi a delle sfumature di viola, nei suoi occhi vedeva il
desiderio. O forse la sua mente stava camminando troppo di fantasia?
Lui si mosse in avanti e si girò così da premere lei con
la schiena contro il legno della porta, Dianne tirò Cam verso il
proprio corpo, così da portarlo contro la proprio figura.
I suoi occhi la scrutavano con attenzione, come se la stesse studiando
per intuire la sua prossima mossa. Era quando Cam la guardava
così che Dianne sentiva il proprio cuore palpitare così
forte che quasi sembrasse uscire dal petto. Avvertiva il suo respiro
contro la pelle, era caldo e odorava di tabacco.
Mossa dal proprio istinto gli avvolse le braccia intorno al collo,
portando le dita nei suoi capelli lisci e accarezzandoli lentamente,
come se a sua disposizione avesse avuto tutto il tempo del mondo. In
quel momento non le importava di niente, sentire il calore del corpo di
Cam le bastava, voleva osservarlo senza che il senso di colpa le
stringesse la gola così forte da impedirle di respirare.
Cam continuava ad osservarla, seguendo con lo sguardo ogni piccolo
movimento, tra loro c’era così poco spazio che sembra
impossibile non percepire ogni vibrazione che attraversasse il corpo
dell’altro.
Lui s’inumidì le labbra, chinando di poco il viso e con la
punta delle dita le scostò alcuni capelli che le ricadevano
sulla fronte.
-Dianne.- Mormorò, la sua voce compariva incrinata, abbandonata
della sua solita sicurezza, però ascoltarlo pronunciare il suo
nome in quel modo, accentuò la pelle d’oca sulle braccia
di Dianne.
Lei allargò le mani, così da stringerle a coppa contro il
suo viso, percorrendo con esse le sue guance, soffermandosi sugli
zigomi e scendendo verso la mascella.
–Baciami Cam.- La sua voce si rivelò essere un sussurro, un respiro strozzato.
Cam le passò un braccio intorno alla vita e senza esitare
ulteriormente posò le labbra su quelle di lei. Fu come se una
scintilla di fuoco scoccasse tra i loro corpi, all’esitazione e
la prudenza di poco prima, si sostituì una smania di toccarsi
sempre più frequentemente, di premere maggiormente il corpo
contro quello dell’altro. Lui la stringeva con forza a se, mentre
con l’altra mano continuava ad intrecciarsi alcune ciocche dei
suoi capelli tra le dita. Quel movimento mandava delle sensazioni di
piacere lungo tutto il corpo della ragazza che continuava a baciarlo,
come se Cam fosse l’acqua e lei arsa, come se il tocco le
risvegliasse ogni parte di se dormiente da tempo.
Qualcosa vibrò alle sue spalle e Dianne, completamente persa in
quel bacio, ci mise qualche istante per capire che qualcuno stava
bussando alla porta. Tirò la testa all’indietro, sentiva
le labbra gonfie e arrossate per via di quei baci, lo sguardo di Cam
era su di lei, sul volto un’espressione indecifrabile.
-Sì?- Quasi strillò e diede un colpo di tosse per rendere la propria voce meno acuta.
-Dianne, sei abbastanza presentabile?- Era la voce di Nives.
Lei sollevò lo sguardo, incrociando quello di Cam che le rivolse
un sorrisetto. –Direi di no.- Farfuglio. –Possiamo parlare
dopo?-
-Non si tratta di questo.-
-E di cosa?-
-Hai visite.-
Lei aggrottò la fronte, Cam la teneva ancora chiusa tra il suo corpo e la porta. –Visite?-
-C’è Austin.-
Saaalve
a tutte come state? Spero bene, anche se è luglio qui sembra
inverno, quindi, per passare il tempo ho letto un'immensità di
libri e scritto un po'.
Spero che questo capito vi piaccia, ormai siamo nel vivo della storia,
gli antipasti sono stati consumati (?) e passiamo alla portata
principale.
Ve l'ho mai detto che io adoro Cam? Bene, perchè io lo adoro. E'
uno dei personaggi di cui mi piace più scrivere, è tutto
un mistero asdfg. Basta. Oggi mi sentivo particolarmente chiacchierona
quindi mi sono persa in cose inutili.... E NIENTE, fatemi sapere cosa ne pensate, adoro leggere le vostre recensioni e.... Visto che mi sento buoona, vi lascio unpiccolissimo spoiler per il prossimo capitolo a fine pagina.
Un bacione <3-
p.s.
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“Aveva
gli occhi ridotti ad una fessura, la bocca serrata, riusciva a sentire la vena sul proprio collo che pulsava così tanto da sembrar di volere esplodere a momenti. Ci vollero alcuni istanti perché
schiudesse le labbra e parlasse: - Come hai potuto farmi una cosa del
genere?- Mormorò, i suoi occhi sembravano due pozzi vuoti. Vuoti
come la sensazione che si propagava nel suo cuore. ”
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Capitolo 13 *** Pubblicazione! ***
asdg
Ragazze! Non
sapete come sono felice in questo momento!
Su amazon oggi è stato pubblicato il mio romanzo per Kindle!
A causa di questo, lascerò solo un limitato numeri di
capitoli, così voi possiate leggere qualcosa!
Per chi l'avesse già letta tutta: nella nuova versione
è presente un nuovo capitolo finale che, appunto differisce
da questo!
Sarei felicissima di sapervi con me, un bacione grande :)
Link: A mani vuote.
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