A Twist in Blue

di Blaze Swift
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Zafira ***
Capitolo 3: *** Un uovo marcio ***
Capitolo 4: *** Un fulmine color zaffiro ***
Capitolo 5: *** Ricordi di metallo ***
Capitolo 6: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 7: *** Una promessa ***
Capitolo 8: *** Epilogo (30 anni dopo) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A Twist in Blue
di Blaze Swift
   


Prologo


   

   Con una spinta più veloce del solito, Sonic arrivò nel cuore dello stabilimento del dr. Eggman. L’aria puzzava di metallo e intorno non c’erano nient’altro che ferraglie arrugginite e rumori di ingranaggi che si muovevano. In alto, l’oscurità prendeva il sopravvento nell’edificio, talmente alto da non riuscire a vederne il soffitto. Sonic prese un profondo respiro e andò avanti, determinato più che mai.
   Dopo pochi passi sentì una brezza fredda sfiorargli gli aculei e il rumore di alcuni passi dietro di lui, seguiti da una risata di sottofondo. Sonic frenò all’improvviso e si voltò all’istante, ma ciò che vide fu solo il lungo corridoio senza fine dal quale proveniva.
   Avanti, testa d’uovo, puoi fare meglio di così.
   Pensò, iniziando di nuovo a correre e continuando a guardarsi intorno. Correva da parecchi minuti ormai, ma davanti a sé c’era il buio e gli incessanti rumori di ingranaggi a fargli compagnia.
   Dopo qualche altro minuto, il buio cominciò a dissolversi e i suoi occhi videro una piccola luce in lontananza. Sonic fece un mezzo sorriso e accelerò più che mai verso la luce, ma nel momento in cui la raggiunse, essa scomparve di colpo, bloccata da due mura che si erano chiuse davanti ai suoi occhi. Le mura si aprirono, facendo intravedere un’altra serie di mura simili dietro di esse, per poi richiudersi nuovamente.
   Non c’è niente di meglio di una corsa a ostacoli, per tenersi in forma!
   Sonic oltrepassò il primo muro e venendo accecato dalla luce che filtrava dal soffitto, ormai scoperto, si fermò. Alzò lo sguardo e Eggman era lì, sulla sua navicella volante e il ghigno dipinto sul volto.

   – Non riuscirai a fermarmi, Sonic, non questa volta! Il destino dei tuoi patetici amichetti è compiuto e molto presto diventerò il padrone indiscusso di Mobius! Ci saranno file e file di robot al mio servizio e tutti obbediranno ai miei ordini! Non c’è nulla che tu possa fare! Nessuno mi metterà più i bastoni fra le ruote! –
   Eggman scoppiò in una fragorosa e malvagia risata, mentre le urla di Amy Rose, Tails e Cream si facevano sempre più risuonanti. Sonic sentiva il suo nome urlare così forte da coprire i suoni dei badnik che si avvicinavano sempre di più a lui, impedendogli di fare un salto e raggiungere la navicella del dottore, molti metri più in alto di lui.
   
Mi conosci ormai da secoli e ancora non capisci che tutte queste cianfrusaglie mi fanno solo il solletico? Non impari mai, eh, testone? –
   
Oh, ma non è mica finita, mio caro amichetto blu. –
   Sonic alzò un sopracciglio. Non ebbe neanche il tempo di pensare che le mura davanti a lui si aprirono in sequenza e dei grandi artigli comparvero da dietro di essi, afferrandolo e portandolo all’altezza della navicella di Eggman. Sonic cominciò a dimenarsi, ma la presa degli artigli meccanici era così forte da impedirgli qualsiasi tipo di movimento.
   
Ci divertiremo, vedrai! Vediamo se questo ti fa il solletico…
   Dalle braccia meccaniche degli artigli cominciarono a fuoriuscire delle scariche elettriche che attraversarono il corpo di Sonic in pochi secondi. Il riccio cercò di trattenere le urla, stringendo i denti più che poteva. Eggman interruppe le scariche.
   
Carino, vero? È di mia invenzione, l’ho ultimato proprio questa mattina! L’ho progettato proprio per te, Sonic, così la smetterai una volta per tutte di starmi fra i piedi. –
   
Non… la passerai liscia… tentò di dire Sonic. – Troverò sempre… un modo… di friggerti in padella. Sei solo… un uovo avariato! –
   Eggman strinse i denti dalla rabbia e lanciò un’altra ondata di scariche, che stavolta fecero urlare Sonic in preda al dolore.
   
Pagherai ogni parola che hai detto! Dì addio alla tua bella combriccola! È finita! -
   
Salvaci, signor Sonic! - urlò Cream, mentre la navicella si allontanava da lui e miniaturizzandosi agli occhi di Sonic sempre di più, fino a sparire del tutto nel cielo limpido di Mobius.
   Sonic guardò Eggman allontanarsi e gli artigli meccanici lo lasciarono cadere a terra, stremato e con delle scintille che gli fuoriuscivano dagli aculei e da altre parti del corpo. Privo di forze, tentò di rialzarsi, fissando il punto in cui la navicella era scomparsa sotto ai suoi occhi. Strinse i pugni e, con tutto il fiato che aveva in gola, cacciò un urlo che risuonò in tutta la struttura, partendo più veloce che mai nella direzione in cui il suo nome, urlato dai suoi amici, ancora echeggiava nell’aria.
   Correva, ma non c’era traccia di Eggman, né della sua navicella. Preso dalla rabbia più che mai, accelerò ancora.
   Più veloce, più veloce!
   La pressione era sempre di meno, l’aria cominciava a scomparire, e delle strane scintille cominciarono a prendere possesso del corpo di Sonic, fino a trasformarsi in vere e proprie scariche elettriche che lo circondarono e formarono una cappa di elettricità intorno a lui. Gli occhi di Sonic erano concentrati sul quel punto fisso, tanto da non accorgersi di ciò che stava accadendo. Accelerò sempre di più, sempre di più, quando la pressione e l’elettricità entrarono in contatto, creando un’esplosione che catapultò via Sonic, lasciando solo una scia di fuoco sul suo percorso e una piccola nube di fumo nel punto in cui era sparito.

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Capitolo 2
*** Zafira ***


A Twist in Blue
di Blaze Swift
   


Capitolo 1

Zafira


   
 
   A Sonic parve di sentir urlare il suo nome nella sua testa. Quando cercò di aprire gli occhi, vide solo un’ombra nera sfocata davanti a sé e ancor prima di prendere fiato per dire qualcosa, perse nuovamente i sensi.
    Stai bene? –
   Sonic si svegliò, portandosi una mano alla testa e strofinandosi un occhio con l’altra. L’impatto lo aveva violentemente stordito e più in là del suo naso, gli appariva tutto molto sfocato e in movimento. Decise di tirarsi su con tutte le forze che poteva e cercò di reggersi in piedi. Per quanto fosse confuso, Sonic intuì subito che era calata la notte e che dovevano essere passate delle ore dal suo scontro con Eggman. L’atmosfera era molto tiepida e arancione. Quando si stropicciò nuovamente gli occhi, notò una coperta che lo avvolgeva, un focolare davanti a lui che bruciava e un’intera tribù di lupi mobiani che lo stavano osservando.
   Sonic indietreggiò di scatto.
   
Chi siete? – domandò mettendosi in guardia.
   Una lupa di loro si fece avanti, porgendogli una brocca d’acqua.
   
Sarai assetato, bevi.
    Non finché non mi direte chi siete! Non vi ho mai visti qui su Mobius! – disse Sonic, ignorando la brocca.
   I lupi si guardarono confusi e cominciarono a bisbigliare tra di loro qualcosa che Sonic non era in grado di percepire.
   
Cosa c’è da bisbigliare? Qualsiasi cosa avete da dirmi, sputate il rospo! Se siete in cerca di guai, avete sbagliato riccio!
   La lupa poggiò la brocca d’acqua a terra e si avvicinò ancora di più a lui, con uno sguardo tanto confuso quanto amareggiato.
   
Non preoccuparti, non vogliamo farti del male. Stavo raccogliendo un po’ di bacche per i miei fratelli e ti ho visto a terra qualche miglio più in là, non potevo lasciarti lì…
   Sonic si tranquillizzò. – Quindi tu mi hai salvato? – La lupa gli sorrise, porgendogli nuovamente la brocca d’acqua. Sonic stavolta la accettò e la finì in pochi secondi.
   
Ti ringrazio allora, dell’acqua e dell’ospitalità, ma devo andare adesso! I miei amici hanno bisogno di me! –
   
Dove si trovano? – gli chiese la lupa.
   
Un dottore malvagio li tiene prigionieri! Non posso perdere altro tempo! –
   Sonic fece per prendere la rincorsa, ma fu subito fermato dalla mano della lupa che bloccò il suo braccio.
   - È notte inoltrata. Non puoi andare adesso. Rimanda il tuo viaggio a domani mattina. –
   - Non capisci? Solo io posso salvarli e ogni minuto è prezioso! È già tanto che abbia perso queste ore assopito come un baccalà! –
   La lupa tirò fuori dalla sua sacca una fialetta piena di uno strano liquido violaceo e lo sventolò sotto il naso di Sonic, in modo che ne aspirasse ben bene l’odore. Ci vollero pochi minuti prima che Sonic cadesse a terra, privo di sensi.
   
Ancora… disse, svegliandosi intontito la mattina dopo. Aprì gli occhi e davanti a lui vide la luce del giorno che lo accecava, il focolare spento e un profumo di erba fresca.
   Di primo istinto, cercò di partire a razzo come al suo solito, ma stavolta senza successo. Fu subito bloccato da delle catene, che si aggrovigliavano attorno ai suoi polsi, ben ancorate a delle enormi rocce. Sonic cercò di dimenarsi senza successo.
   Allora è proprio un vizio!
   Rassegnato, si accasciò a terra, con un unico pensiero in testa: Eggman. Non poteva credere di esserselo lasciato sfuggire così, dopo tutte le volte in cui era riuscito a sconfiggerlo. La rabbia e la frustrazione presero il sopravvento dentro di lui e si rifiutò di pensare che fosse troppo tardi per i suoi amici. In più, che fosse confinato in quella tribù di lupi sconosciuti non lo faceva sentire meglio. Avrebbe voluto liberarsi all’istante e scappare più veloce che poteva.
   I suoi pensieri furono interrotti da dei passi provenire dalla fitta foresta più a Nord e un gruppetto di lupi mobiani si stavano dirigendo ad una delle capanne della tribù. Sonic poté sentire i loro sguardi su a lui e sentirli bisbigliare di nuovo. Ricambiò i loro sguardi con degli occhi rabbiosi, tant’è che i lupi decisero di lasciarlo perdere e correre verso la capanna.
   Perché a me?
   Pensò, buttandosi all’indietro e guardando le nuvole sopra di lui. Sentì dei passi provenire da una delle capanne lì vicino e, pensando che fosse un altro lupo impiccione, non ci fece caso. Il rumore dei passi sembrò essere sempre più vicino a Sonic e ad un certo punto cessò. All’improvviso comparve davanti ai suoi occhi la sagoma della lupa, tant’è che Sonic si innervosì e si raddrizzò guardandola male.
   
Tu! Tu mi hai drogato! Stai lontana da me! – le urlò.
   
Cerca di stare calmo – gli disse la lupa, poggiando una cesta piena d’acqua che stava trasportando dalla sua capanna.
   
È facile a dirsi! Cosa vuoi da me, si può sapere? –
   Lei strizzò uno straccio umido dentro il cesto, dopodiché lo portò alla fronte di Sonic, che sulle prime indietreggiò, tamponandogliela.
   
Avevo subito intuito che c’era qualcosa che non andava in te, riccio. Mi dispiace per le catene, ma ho voluto evitare che ti cacciassi in altri guai. –
   
Qualcosa che non va? Io vado bene esattamente così come sono, mia cara! Si può sapere di che vai blaterando? –
   La lupa lo guardò. – Da dove vieni? –
   
E pensi che te lo direi? –
   
Beh, non hai scelta se vuoi quantomeno liberarti dalle catene. – disse immergendo nuovamente lo straccio nell’acqua.
   Sonic si calmò. – Non mi convinci, ma immagino che tu abbia ragione. Comunque da dove credi che venga? Da qui, da Mobius. –
   
Vedi? Dicevo che c’era qualcosa che non andava. –
   
La smetti di ripeterlo? –
   
Non si chiama più Mobius da tanti anni, ormai. –
   Sonic sbarrò lo sguardo. – Che stai dicendo? Certo che si chiama Mobius! –
   
Come ti chiami? – gli chiese guardandolo.
   
Sono Sonic, il riccio blu. Dovresti aver sentito parlare di me! –
   La lupa lasciò cadere lo straccio nella cesta, schizzando d’acqua Sonic e guardandolo quasi scioccata e stranita.
   
Cosa c’è? – chiese Sonic.
   La lupa lo fissò per qualche secondo, prima di parlare nuovamente.– Non posso crederci. –
   
Beh, sì, faccio quest’effetto a tutti. E ora, se fossi così gentile da liberarmi te ne sarei grato! –
   La lupa prese la sua sacca e se la legò al corpo, mettendoci dentro quanti più attrezzi riuscì a raccimolare, dopodiché si rivolse a Sonic.
   
Ho una proposta da farti, Sonic. – disse prendendo un piccolo coltello e incidendo un bastone non molto più alto di lei. – Io ti libero dalle catene, ma in cambio voglio venire con te a salvare i tuoi amici. –
   Sonic la guardò stranito. – Saresti solo un peso per me e, in ogni caso, tu che cosa ne ricavi? –
   
Questi non sono affari tuoi. – gli rispose, puntandogli il bastone addosso. – Allora, ci stai o no? –
   Sonic rimase lì perplesso per un paio di secondi. Non era sicuro di chi fosse quella lupa, né di cosa volesse, né tantomeno se fosse una buona idea portarla con lui, ma non aveva scelta.
   
D’accordo. – le disse. Lei slegò le catene dai polsi di Sonic, dopodiché gli porse la mano, come per sigillare il patto. Sonic gliela strinse. – Sappi però che ancora non mi convinci. Perciò ti tengo d’occhio! – La lupa gli sorrise.
   
Bene – le disse Sonic perplesso. – Partiamo, lupa! E cerca di starmi dietro! -
   
Chiamami Zafira. –

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Capitolo 3
*** Un uovo marcio ***


A Twist in Blue
di Blaze Swift
   


Capitolo 2

Un uovo marcio


   
 
    Ricordavo che la base di Eggman fosse molto più vicina. –
   Zafira continuò a camminare accanto a lui, con lo sguardo basso. Sonic fu costretto a non precipitarsi in pochi secondi sul posto, come al solito, e a seguire il passo della lupa, seccandosi ogni minuto di più.

   – Ti avevo detto che mi saresti stata di peso, lupa. Se non fosse per te, sarei arrivato da quella testa d’uovo in men che non si dica. –
   – Allora è meglio se smetti di lamentarti e ti adatti alla situazione, giusto? –
   Sonic sbuffò e dentro di sé sperava che non fosse troppo tardi per dare a Eggman ciò che si meritava e salvare i suoi amici. Ogni passo sembrava essere sempre più pesante, sempre più lontano dall’obiettivo.
   Il deserto di Shamar non rendeva le cose più semplici. Il vento colpiva i suoi occhi, trasportando spesso grandi quantità di granelli di sabbia. Più cercava di scrutare l’orizzonte e più esso sembrava irraggiungibile. L’atmosfera era invasa da un odore strano, come se Sonic non avesse mai sentito qualcosa del genere in quella zona, prima di quel momento. Percepiva qualcosa di pesante nell’aria, qualcosa di… sconosciuto. Ma decise di non badarci e di continuare per la sua strada, determinato.

   – Attento! –
   Zafira spostò violentemente Sonic con uno spintone, che finì di faccia nella sabbia. Gli ci volle un po’ per riprendersi. Poco prima di aprire gli occhi, ­giurò di aver sentito un rumore strano, come di un fulmine, ma quando aprì gli occhi, davanti a lui c’era solo la lupa a tendergli la mano.

   – Tutto a posto? –
   – Che è successo? – chiese Sonic rialzandosi.
   
Piccoli tornado di sabbia. Questo posto non è dei migliori per una scampagnata. –
   – Ti ricordo che non stiamo facendo una scampagnata, devo salvare i miei amici! –
   Zafira si limitò a sospirare e a spostare lo sguardo. – Andiamo verso Est, dovrebbero esserci di meno. Lì il vento è più controllato. –
   Dopo qualche ora, i due mobiani erano ancora in cammino sulle dune di Shamar, con le luci del tramonto ad illuminargli il viso.

   – È quasi il tramonto, dovremmo accamparci. – disse Zafira.
   – Cosa? No, assolutamente no. Non perderò altro tempo! –
   – Qui è molto pericoloso di notte. Ci sono serpenti velenosi sotto la sabbia e non ci sono alberi in cui potremmo rifugiarci. Non è saggio viaggiare di notte, soprattutto a Shamar! –
   – Ho capito il tuo gioco, lupa! Vuoi soltanto rallentarmi! Lavori con Eggman, dì la verità! Prima mi trattieni nel tuo villaggio e ora questo! È strano che non ti abbia robotizzata, ma non starò ai tuoi giochetti, io vado a salvare i miei amici con o senza di te! A mai più rivederci! –
   Sonic partì alla velocità della luce e in un nanosecondo sparì dietro l’orizzonte, davanti agli occhi azzurri di Zafira, che ancora fissava il punto in cui era scomparso.
   Calò la notte e Sonic ancora viaggiava, determinato a raggiungere il suo obiettivo. Dopo molti metri di sabbia buttati al vento con le sue scarpe, frenò, nel bel mezzo del deserto e si guardò intorno confuso, come se non credesse ai suoi occhi.
   Non è possibile.
   Pensò, mentre spiccò un salto. Ma quello che riuscì a vedere fu solo il buio e atterrando poté sentire solo la sensazione della sabbia sotto le scarpe. Anche il vento aveva cessato di fischiare, lasciando spazio al silenzio e alla sola luce della luna ad illuminare il viso di Sonic. Il riccio blu guardò in alto, sperando di trovare una qualche risposta nelle stelle ma quello che ricevette fu solo un piccolo alito di vento che gli sfiorò gli aculei.
   Tutto intorno a lui sembrava sconosciuto, come se non avesse mai camminato quelle strade, come se fosse la prima volta che si scontrava col vento di Shamar. Anche la sabbia sembrava diversa, come se non fosse mai stato lì. Come se fosse un’altra terra. L’odore dell’aria non era più familiare e la situazione sembrava troppo insolita per passare inosservata agli occhi di Sonic.
   Il riccio sbuffò, capendo che l’unico modo per capire cosa stesse succedendo era tornare indietro da Zafira, pensando che forse potesse dargli delle risposte a tutte queste domande.
   Sonic partì e in pochi minuti arrivò all’accampamento della lupa. Un focolare acceso lo accolse con il suo calore e la sua luce, mentre Zafira era seduta su un tronco a riscaldarsi.
   
Sei già qui, non mi aspettavo che tornassi almeno fino a domani mattina. – disse sorridendogli e avvicinando le mani al tepore del fuoco.
   Sonic si sedette sul tronco insieme a lei, con un’espressione seccata. – Allora, sputa il rospo, che diamine sta succedendo qui? E chi sei tu? Perché non ho mai visto né te né la tua tribù su Mobius? –

   – Mi dispiace che non ci sia nulla da mangiare, ma fortunatamente ho portato del pane con me dal mio villaggio. Non è molto, ma dovrebbe bastare per entrambi. –
   – Basta! Dimmi la verità, sono stanco! È da quando ci siamo incontrati che ho come la sensazione che tu nasconda qualcosa! –
   Zafira sospirò. – Ma davvero non ricordi nulla? – rispose lei, guardandolo dritto negli occhi.

   – Cosa dovrei ricordare? –
   – Dove sei stato. –
   – Dove sono stato? Di cosa stai parlando? –
   – Sonic – disse Zafira – il dottor Robotnik ha abbandonato questo pianeta da anni ormai, dopo che tu sei scomparso. –
   – Scomparso? Sono sempre stato qui! –
   – Sei una leggenda da queste parti, Sonic. E la leggenda dice che ad un certo punto sei semplicemente scomparso dalla storia, dopo un’ennesima lotta contro Eggman. Solo tu avresti potuto fermarlo… ma non sei tornato. Robotnik ha preso il sopravvento e ha robotizzato tutto. Tutto quello che gli capitava per le mani, perfino gli alberi. E non avendo nessuno che lo fermasse, Mobius è diventata arida, la sabbia ha seppellito molte delle sue costruzioni. I suoi robot hanno deciso di seguirlo, poco dopo aver ribattezzato questo pianeta Robotius. –
   – Che… che stai dicendo… - Sonic perse il respiro per qualche secondo. Non poteva credere alle parole di Zafira, non potevano essere vere. Più si sforzava di ricordare e più il ricordo gli sfuggiva dalle mani.
   – È per questo che volevo fermarti, che volevo venire con te. Non volevo che corressi invano, che impazzissi non trovando nulla. – la lupa gli prese una mano. – Mi dispiace, Sonic, ma se è vero quello che dici, se Eggman ha rapito i tuoi amici… non c’è più nulla da fare per loro. Sono scomparsi anni fa, insieme a quasi tutta la popolazione di Mobius. Siamo rimasti in pochi. La mia tribù di lupi e pochissime altre tribù sparse per il pianeta. –
   – No… no, non è assolutamente così. Devo salvare i miei amici dalle grinfie di Eggman, hanno bisogno di me! –
   – Sonic… devi credermi. –
   – Perché dovrei? Ti ho appena conosciuta, non sei nulla. –
   Zafira lo guardò amareggiata e con gli occhi lucidi, accennando un sorriso. – Sai, quand’ero una bambina, i miei genitori mi raccontavano un sacco di storie su di te. Sonic, il riccio più veloce di Mobius. Eri l’eroe di tutte le storie. Eri il mio eroe. Volevo essere come te e aspettavo in trepidante attesa il momento in cui saresti tornato e ci avresti salvati tutti. – qui il sorriso scomparve. – Col passare del tempo ho perso la mia casa, i miei genitori, i miei amici… la speranza. Ma c’è una cosa che non ho perso: la mia determinazione. Sono determinata a vendicare questo pianeta, Sonic. –

   – Io non capisco… è tutto così confuso! –
   Zafira gli portò una mano sulla spalla. – Forse ci conviene fare una bella dormita. Domani mattina ti sarà tutto più chiaro. –
   La mattina dopo, il vento svegliò i due mobiani. Sonic si alzò di colpo e, stiracchiandosi, si guardò intorno, come se fosse confuso e come se non si aspettasse di essere lì.

   – No! – ringhiò.
   – Che succede? – rispose la lupa, in tono agitato.
   – Speravo fosse tutto un orribile incubo e invece sono ancora qui! –
   – Non agitarti, Sonic, non ce n’è bisogno. Vedrai, col tempo riusciremo a vendicare Mobius. Lo so che le cose adesso ti sembrano confuse, ma vedrai che…
   – No, non è vero, tu mi stai mentendo! Perché mi stai dicendo tutte queste cose? Lasciami in pace! –
   Il vento cominciò a fischiare ancora più forte, coprendo le loro voci con il suo rumore.

   – Cerco solo di aiutarti, Sonic! – disse Zafira alzando la voce.
   
Perché? Che cosa vuoi da me? –
   Le raffiche di vento alzarono grandi quantità di sabbia, fino ad avvolgere Sonic e Zafira, che vennero spazzati via qualche metro più in là.

   – Sei il solo che può aiutarmi! – urlò la lupa, cercando di rialzarsi.
   – Aiutarti in cosa? Non c’è niente che io possa fare, NIENTE! Devo salvare i miei amici, vattene una volta per tutte! –
   – Non c’è più nessuno, Sonic! Credimi, ti prego! Solo tu puoi contribuire alla rinascita di Mobius! Tutti noi contiamo su di te! Ora che sei tornato… non lasciarci di nuovo! –
   Sonic urlò con tutto il fiato che aveva in gola e il vento cessò all’istante di soffiare, lasciando i due stremati e affannati.

   – Sonic… ti prego. – disse Zafira.
   Sonic, sfinito, alzò lo sguardo lentamente e guardò la lupa con i suoi grandi occhi verdi. – Devo scoprire cos’è successo.

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Capitolo 4
*** Un fulmine color zaffiro ***


A Twist in Blue
di Blaze Swift
   


Capitolo 2

Un fulmine color zaffiro


   
 
   Il vento soffiava caldo tra le dune di Shamar, trasportando anche i pensieri di Sonic. Camminava a passo lento, quasi sfinito, trascinando con sé alcuni granelli di sabbia e guardando il sole che colpiva in pieno gli occhi di entrambi e li riscaldava con i suoi raggi.
   Tutto appariva così sfocato a Sonic, così confuso che non sapeva neanche da dove iniziare a pensare, a riflettere, a ricordare. C’era il buio nella sua mente e l’unica cosa che gli parve di ricordare fu un punto luminoso sparire oltre l’orizzonte, prima di ritrovarsi a Shamar. Era più che determinato a scoprire dove fosse finito e quale significato avessero le storie che Zafira gli aveva raccontato. Se fossero bugie, se fossero vere.
   Le luci del pomeriggio intanto abbagliavano i volti di Sonic e Zafira, che si fermarono sotto una rientranza di sabbia.
   – Il vento si è alzato. Presto arriverà un altro tornado, è meglio fermarci qui fin quando la tempesta non sarà passata. – disse Zafira, estraendo già alcuni pezzi di legno dal suo zaino. Sonic la guardò.
   – È vero? –
   – Certo che è vero, non senti il vento che soffia di più? –
   – No… intendevo le cose che mi hai raccontato stamattina. –
   Zafira sospirò. – Certo che sono vere. Per quale motivo dovrei dirti bugie? Non c’è più niente qui, come tu stesso puoi ben notare. Non avrebbe senso… – qui lo guardò negli occhi e gli prese una mano. – Voglio aiutarti, Sonic. –
   – Non c’è modo di aiutarmi, prima di capire dove sono finito e perché ci sono finito! –
   – Allora scopriamolo… qual è l’ultima cosa che ricordi? – gli chiese, poggiando i pezzi di legno a terra e cercando di accendere un fuoco con due piccoli sassi.
   Sonic cercò di sforzarsi quanto più poteva, ma ciò che ottenne fu solo un grande mal di testa e il vuoto più totale. – Nulla, non ricordo nulla! – disse adirato, calciando uno dei pezzi di legno.
   – Hey, quello ci serve! – disse Zafira alzando la voce e seguendo Sonic con lo sguardo, che andò a buttarsi sulla sabbia qualche metro più lontano da lei. Zafira lo raggiunse e si sedette accanto a lui. – Non preoccuparti, Sonic, riuscirai a ricordare… vedrai. Magari hai solo bisogno di un aiuto! Cerca di concentrarti… qualsiasi cosa può essere utile! –
   – Non ricordo un bel niente, Zafira, e ora lasciami in pace! –
   – Come vuoi, Sonic, prenditi il tempo che ti serve. –
   Zafira si allontanò e andò nuovamente a lavorare al focolare.
   Un paio di ore più tardi Sonic sentì vagamente strillare il suo nome, insieme a una grossa risata e un vago odore di metallo. L’eco del suo nome era sempre più forte, quando qualcosa lo strattonò fino a svegliarlo e si ritrovò i due grandi occhi azzurri di Zafira che lo guardavano, allarmati.
   – Cosa… che succede? –
   Subito dopo vide un enorme tornado alle spalle di Zafira e lei che cercava di ancorarsi ad un ramo secco che fuorusciva dalla sabbia. All’improvviso Sonic si sentì trascinare via e cercò di aggrapparsi anche lui al ramo, tenendosi più forte che poteva.
   – Perché non sei rimasta al riparo? – urlò Sonic.
   – Non potevo lasciarti qui, dovevo avvertirti! –
   – Bene! – disse Sonic, ancora più forte. – E ora siamo nei pasticci tutti e due! –
   Zafira sembrò sorridere. – Non preoccuparti, lascia fare a me! – disse, lasciando la presa al ramo e volando via nel tornado.
   Sonic sbarrò gli occhi. – ZAFIRA! – urlò, fissando il punto in cui era scomparsa in quell’enorme mucchio di sabbia volante.
   Non ebbe neanche il tempo di pensare, che una luce bianca accecò talmente tanto gli occhi di Sonic che fu costretto a chiuderli e a proteggerli. Con un occhio semi aperto cercò di vedere cosa stesse succedendo, sempre con la mano ben salda al ramo. Il vento sembrava placarsi e il tornado fu avvolto da quelli che sembravano essere fulmini e scariche elettriche, fino ad esplodere totalmente, lanciando i granelli di sabbia per tutta la zona.
Sonic non sentì più il rumore del vento ad assordarlo e aprì gli occhi, proteggendoseli con un braccio per evitare che i granelli di sabbia lo colpissero. Lasciò la presa al ramo e tutto quello che riuscì a vedere era Zafira nel bel mezzo di un cratere di sabbia, il suo pelo bianco un po’ arruffato e i suoi occhi azzurri che lo fissavano sorridenti.
   – Ma che diavolo… Zafira? –
   La lupa si avvicinò a lui, un po’ debole e si accasciò accanto a Sonic, col fiatone.
   – Beh, è andata bene! – disse, infine.
   – Ma cosa è successo? Eri volata nel tornado e ora sei qui! Com’è possibile? –
   Lei gli sorrise. – Forse è arrivato il momento di dirtelo. –
   – Dirmi cosa? –
   Zafira si rialzò in piedi e fece cenno a Sonic di allontanarsi. Dopodiché portò le braccia davanti a lei, chiuse gli occhi e dopo qualche secondo, un fulmine apparve tra le sue mani, elettrizzando il suo pelo ed espandendosi per tutte le braccia fino ad arrivare alle spalle. Zafira interruppe il contatto e si accasciò a terra. Sonic si avventò su di lei più veloce che poteva e riuscì ad afferrarla poco prima che il suo corpo toccasse terra.
   – Mi ci è voluta una grande quantità di energia per far esplodere quel tornado. Non ne vedevo uno così grande da tanto tempo. –
   – Sai evocare delle scariche elettriche? Ma è pazzesco, Zafira! –
   – Non per me. Non ci sono nata, sai, mi è stato imposto… –
   – È comunque grandioso, dovresti andarne fiera! Sei sorprendente! –
   Zafira gli sorrise, prima di chiudere gli occhi e svenire tra le braccia di Sonic. Lui la portò nella rientranza della duna e la poggiò proprio vicino al focolare che aveva preparato. Lo accese e frugò nella sua borsa, per trovare una coperta. La sua mano, però, incappò in un oggetto solido di dimensioni quadrate. Lo prese e lo estrasse. Era una fotografia incorniciata che raffigurava quella che sembrava essere Zafira, molto più piccola, e due altri lupi simili a lei che la abbracciavano, felici. Alle loro spalle c’erano edifici e altri mobiani di altre razze che camminavano. Sonic la fissò e passò delle ore a guardarla, come se appartenesse a lui, come se avesse qualcosa di familiare.
   – È la mia famiglia. –
   Sonic si spaventò e per un attimo rischiò di far cadere la fotografia, che afferrò al volo.
   – Mi dispiace, non volevo farmi gli affari tuoi! Stavo solo cercando una coperta… –
   – Non preoccuparti – disse Zafira sorridendogli e rialzandosi. – Quello è mio padre e quella è mia madre. – disse indicando la fotografia e sedendosi accanto a lui. – Quella foto è stata scattata poco prima che Eggman radesse al suolo la nostra città. Vivevamo a Twinkle Snow… sì, ora ti starai chiedendo come sia possibile che sia capitata qui. E in effetti hai ragione, eravamo lupi abituati al freddo, eravamo… felici. Il dottor Robotnik ha distrutto la nostra città, robotizzando tutto. Ricordo le urla della gente e mia madre che cercava di mettermi in salvo… ricordo il suo sguardo, poco prima di essere colpita da un raggio accecante e svenire. Mi sono svegliata nel seminterrato della nostra casa e… quando sono uscita era tutto distrutto, non c’era più nessuno, se non mobiani a terra. Tra cui i miei genitori… –
   – Mi dispiace davvero tanto, Zafira. –
   – È tutto a posto. È successo tanto tempo fa. Ormai sono abituata al caldo… dopo essere stata presa da una delle famiglie di lupi sopravvissute alla catastrofe, ci siamo trasferiti qui a Shamar. Ad Holoska non c’era più niente per noi… e tutto ci ricordava troppo quello che avevamo perso. –
Sonic la guardò. – Zafira, ascoltami, ho davvero bisogno di ricordare cosa è successo e perché me ne sono andato. E se mi aiuti, magari possiamo trovare un modo di ricominciare! –
   – È impossibile per me ricominciare, Sonic. Guardati intorno… non c’è niente per me qui. –
   – C’è sempre un modo di ricominciare! Basta mettersi in posizione e correre di nuovo! Allora, che ne dici? – Sonic le porse la mano. Zafira lo guardò amareggiata, ma poi accennò ad un sorriso e gliela strinse.
   – Ottimo! Vedrai, risolveremo la faccenda! – disse Sonic, pieno di determinazione.
   – Da dove cominciamo? –
   – Sentimi un po’, l’altra notte ho fatto un sogno, qualcuno urlava il mio nome e mi sembrava tutto troppo familiare! Sentivo anche una nauseante puzza di metallo e c’è solo un posto che ha quell’orribile odore… l’edificio di Eggman! –
   – Vuoi che ti porti ai resti del suo stabilimento? –
   – So che ci sono, devono esserci per forza! Eggman sarà pure una testa d’uovo, ma non distruggerebbe mai la sua base! Quindi deve esserci una via, un passaggio segreto, qualcosa per arrivarci! –
   Zafira si alzò, chiuse la sua borsa e se la porto alla spalla. – In effetti c’è, lo usavamo io e la mia tribù quando i tornado erano più forti e più frequenti. Ma non c’è più nessuno lì! Cosa speri di trovare? –
   – Un ricordo! –
   Zafira sorrise. – Beh, allora cosa stiamo aspettando? –

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Capitolo 5
*** Ricordi di metallo ***


A Twist in Blue
di Blaze Swift



Capitolo 4

Ricordi di metallo



 
 
​    Ecco, dovremmo esserci! – disse Zafira, fermandosi proprio in mezzo al deserto, vicino ad una duna un po’ più alta delle altre.
   – Cosa? Ma qui non c’è niente! – esclamò Sonic, guardandosi intorno confuso.
   Zafira si inginocchiò e cominciò a scavare fino a sotterrare una piccola maniglia di ferro. La afferrò e la tirò su con tutta la forza che poteva, scoprendo una botola gigantesca. C’era una scala attaccata ad uno dei lati, ma Sonic e Zafira non riuscirono a vederne la fine, tant’era profonda. Dalla botola fuoriuscì un forte odore di metallo arrugginito, di vecchiume e di umidità.
   Sonic indietreggiò nauseato e coprendosi il naso. – Non vorrai mica entrare là dentro? Deve esserci un altro passaggio segreto! –

   – No, questo è l’unico. O entriamo da qui o non entriamo. –
   – Ma tu non senti niente? Questo odore è schifoso! Come fai a sopportarlo? –
   – Ci sono abituata ormai, ho passato quasi tutta la mia infanzia in questa botola. –
   – Ora capisco perché sei così coraggiosa! – disse Sonic, tenendosi ancora il naso tappato. – D’accordo, tuffiamoci! –
   I due si aggrapparono alla scala di metallo e cominciarono a scendere nell’oscuro stabilimento abbandonato di Eggman. Ci vollero molti minuti prima di raggiungere il fondo, ma quando toccarono terra, i due si ritrovarono nel buio più totale.

   – Ci penso io. – Zafira estrasse dalla sua borsa un razzo segnalatore blu e lo accese, illuminando gran parte della zona. Il razzo fece luce sull’interno di un edificio così grande da non riuscirne a vedere il soffitto. L’aria era cosparsa da quello stesso odore di metallo e l’ambiente era pieno di vecchie attrezzature arrugginite e tubi che perdevano gocce d’acqua, il cui rumore echeggiava nel vuoto dell’edificio.
   – Hai tutto in quella borsa! Sonic si guardò intorno e in un angolo notò un mucchio di Badnik rotti e vecchi che Eggman probabilmente aveva fatto smantellare, prima di costruirne degli altri.
   I due avanzarono nell’edificio, fino ad arrivare ad una grande stanza che aveva le apparenze di una specie di sala comando, piena di computer spenti e un grande pannello di controllo, che sembrava essere stato distrutto in parte, come se qualcuno lo avesse colpito con un enorme martello.

   – Sonic? Ti è venuto in mente qualcosa? –
   – Nulla che possa aiutarmi a ricordare. –
   Sonic e Zafira passarono attraverso una porta nella sala comando, che dava direttamente su quelle che sembravano essere delle prigioni, con vere e proprie sbarre e altri Badnik disattivi in un angolo. Ma stavolta il mucchio era più piccolo. Sonic toccò una sbarra di una delle celle lì presenti e sentì un odore familiare, ma non riuscì a capire cosa fosse. Entrò nella cella e su uno dei muri vide una scritta che non riuscì a decifrare; era logorata dal tempo, ma dopo un po’ riuscì a leggere bene “Son”.

   – Che cosa vuol dire? –
   Zafira si avvicino con il razzo e strizzò gli occhi per leggere. – Non saprei… in inglese “son” vuol dire figlio, ma non ho idea di che cosa significhi. Hai qualche idea? –

   – Nessuna. –
   – Probabilmente uno dei prigionieri di Eggman era figlio di qualcuno o aveva un figlio e stava cercando di scriverlo, non so, per lasciare una traccia di sé o qualcosa del genere. –
   – Sì, ma perché scriverlo in inglese? Non ha senso. –
   I pensieri di Sonic e Zafira echeggiavano in tutte le celle, dando loro un inquietante senso di solitudine.

   – Guarda, sopra la scritta ce n’è un’altra! – disse Zafira avvicinandosi al muro e illuminandolo col razzo. – “A… M… Y…” –
   Sonic fece un balzo e poggiò la sua mano sulla scritta.

   – Amy! Questa era la cella di Amy! –
   – Una dei tuoi amici? –
   Sonic annuì. – Se questa era la sua cella…
si spostò nella cella accanto. – Questa deve essere stata di Tails e l’altra… disse spostandosi ancora – di Cream! Eggman teneva qui i miei amici… Poi un lampo gli attraversò la testa. – Sonic! –
   Zafira si spaventò.
Perché hai urlato il tuo nome? –
   – No, non capisci? Quella scritta non significa “Son”, significa “Sonic”, Amy voleva scrivere “Sonic”! –
   – E perché lo avrebbe scritto a metà? –
   Sonic guardò la cella vuota. – Eggman l’avrà presa prima di completare la scritta e se non è mai tornata a completarla, allora vuol dire…
Sonic si mise le mani alla faccia.
   – Mi dispiace. – Zafira gli poggiò una mano sulla spalla.
   – Devo assolutamente capire cosa diamine è successo! – disse in tono arrabbiato e uscendo dalla cella. – Andiamo, continuiamo ad esplorare! DEVO ricordarmi! –
   Zafira lo seguì nuovamente nella sala comando e lo trovò proprio davanti al pannello di controllo, cercando di analizzare ciò che ne era rimasto.

   – Zafira fammi luce! –
   La lupa si avvicinò a lui con il razzo, illuminando tutto il pannello. – Cosa hai intenzione di fare? –

   – Sperare che questo coso funzioni ancora e vedere cosa combina! –
   Dopo vari tentativi nel pigiare alcuni tasti ancora integri, Sonic non ebbe i risultati che sperava. Non successe nulla e non si mosse niente. Lo scoraggiamento stava per prendere possesso di lui, quando notò una leva gialla all’estrema destra del pannello, perfettamente integra e solo coperta da un po’ di polvere. Sonic la afferrò e la tirò. D’improvviso, dietro la vetrata appostata proprio davanti al pannello, si aprì un muro, lasciando ai due la vista di un cumulo di sabbia, abbastanza piccolo da far intravedere uno corridoio dietro di esso. Sonic si precipitò alla porta accanto al pannello di controllo, poggiò la mano sulla maniglia, ma Zafira lo bloccò.

   – Non credo che sia una buona idea, Sonic! Hai visto quel cumulo di sabbia? Se apri questa porta, ti sotterrerà! È meglio aprirla a distanza! –
   – Cosa suggerisci di fare? –
   Zafira si guardò intorno, in cerca di qualcosa, quando notò un lungo tubo di ferro staccato dalla parete. Piantò il razzo su una delle sporgenze lì presenti e cercò di staccarlo con tutta la forza che poteva. Sonic corse ad aiutarla e dopo pochi secondi, il pezzo venne via scaraventando i due per terra.

   – Vedi l’estremità tonda di questo tubo? Lo useremo per aprire la porta da qui, siamo abbastanza lontani. È sufficiente allungare questo tubo fino alla porta e usare l’estremità per tirare la maniglia. La sabbia non dovrebbe travolgerci da qui! Sei pronto? –
   Sonic annuì e insieme allungarono il tubo fino ad aprire la porta. La sabbia cominciò ad entrare nella sala comando poco alla volta, fino a riempire quasi metà della stanza e lasciando il passaggio libero per il corridoio.
   Una volta arrivati, Sonic sentì un brivido di freddo attraversargli gli aculei e una strana sensazione dentro di sé. Era come se quel posto non fosse del tutto sconosciuto, come se ci fosse già stato e una risata malvagia echeggiò nella sua mente. Qui l’odore era meno forte, ma appena arrivò alle narici di Sonic, un flash di ricordi si proiettò per tutto il corridoio.

   – Ricordo! –
   – Davvero? –
   – Sono già stato qui! È qui che è successo! –
   – Cosa è successo? –
   – Non lo so, ma questa è la strada giusta per scoprirlo! Andiamo! –
   I due corsero per tutto il corridoio fino ad intravedere in lontananza un punto di luce. Dopo molti minuti arrivarono alla fine del lungo corridoio, scoprendo un’uscita che dava proprio fuori. Sonic e Zafira si guardarono indietro e scoprirono il corridoio dietro di loro che scompariva nei meandri della sabbia. Mentre davanti a loro si ergeva parte dell’edificio di Eggman, che risplendeva alla luce del sole.

   – Che posto è questo? Non l’ho mai visto! –
   – Ti avevo detto che Eggman non avrebbe mai distrutto la sua casa. Ha fatto in modo che questa zona rimanesse nascosta! È più intelligente di quanto pensi! –
   I due fecero qualche passo prima di trovarsi la strada sbarrata da un muro semi aperto e diviso in due da un piccolo spazio, ma attraverso il quale a mala pena si poteva passare. Sonic avvicinò il volto all’apertura del muro intravedendo in lontananza un meccanismo, con degli artigli che gli sembrarono subito familiari. Istantaneamente nella sua testa apparve l’immagine di lui appeso a quegli artigli e Eggman che gli parlava, con in sottofondo le urla dei suoi amici.

   – Ci sono! Vedi quel meccanismo? – indicò a Zafira gli artigli oltre il muro. – Eggman mi ha catturato con quello e… c’era tanto dolore, tante urla… tante… scariche elettriche! –
   – Elettricità? E poi cos’è successo? –
   – Eggman è scappato. L’ultima cosa che ricordo è che stavo correndo, poi mi sono ritrovato qui! –
   – La cosa non ha senso… manca un tassello. Ci sta senz’altro sfuggendo qualcosa! –
   Sonic si guardò intorno, studiando ogni minimo angolo, ogni minimo odore e particolare del posto. La cosa gli pareva sempre più strana, sempre più confusa e sempre più impossibile. Sembrava che il posto fosse vecchio di anni, come se il tempo avesse logorato il metallo.

   – Non può essere…
   – Cosa? – disse Zafira incuriosita.
   – Guarda, questo posto è abbandonato. Ci sono i segni del tempo ovunque, per non parlare del fatto che sembrano passati anni da quando i miei amici sono stati qui. – disse Sonic, incredulo. – Sembra come se io…
   – Se tu cosa? –
   – Se io sia andato avanti nel tempo…

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Capitolo 6
*** Un nuovo inizio ***


A Twist in Blue
di Blaze Swift



Capitolo 5

Un nuovo inizio


 
 
 
   Gli occhi di Zafira fissarono quelli di Sonic increduli. – Avanti nel tempo? – chiese, quasi non credendo alle sue parole. – Ma com’è possibile? –
   – Questa è una cosa che devo scoprire. – disse Sonic fissando il punto in cui ricordava di aver visto scomparire i suoi amici sulla navicella di Eggman. – E la scoprirò, ci scommetto tutto! –
   – Pensavo che i viaggi nel tempo fossero qualcosa di… impossibile! Insomma, la storia del mondo non è scritta, non ci sono blocchi temporali definiti. Il sole nasce e muore all’orizzonte ogni giorno nello stesso modo e il giorno dopo non si preoccupa di apparire splendente come il giorno prima. Lo fa e basta! Come lo facciamo noi, senza leggi temporali! –
   – A quanto pare non è così! Se tutto questo è vero, c’è una speranza per me di salvare i miei amici! Potrei trovare un modo di tornare indietro e salvarli! – qui Sonic si voltò verso Zafira, le prese le mani e la guardò fissa negli occhi. – Vieni con me! –
   – Cosa? –                                                                       
   – Nel passato! Nella Mobius di una volta, piena di vita e di possibilità! –
   – Io… non posso! –
   – Avanti, Zafira, potrai ricominciare daccapo! Sarà un nuovo inizio per te! Affronteremo avventure fantastiche insieme! Starai bene con tutti noi, ne sono più che certo! –
   Zafira abbassò lo sguardo. – Forse potrei… insomma, cosa mi resta qui? –
   Sonic le mostrò un ampio sorriso. – Allora è deciso! –
   La lupa lo guardò. – Suppongo di sì... –
   Il riccio blu le tenne stretta una sola mano e la trascinò più avanti, determinato più che mai. – Cerchiamo di capire cosa ha provocato il viaggio nel tempo! Adesso hai anche tu un motivo per interessartene! –
   Zafira accennò ad un mezzo sorriso, lasciandosi trascinare da Sonic. In pochi secondi i due arrivarono ad una zona deserta, con un tronco d’albero secco che si ergeva in mezzo al nulla e qualche filo di erba che spuntava dalla sabbia sotto di esso. Sonic si chinò e osservò bene il tronco e l’erba ai suoi piedi. Si tolse un guanto e ne accarezzò un ciuffo, aggrottando le sopracciglia come se qualcosa gli sfuggisse.
   – Quest’erba è secca… –
   – Beh, – disse Zafira cercando di coprirsi dalle raffiche di vento che ogni tanto le colpivano il viso. – non viene curata da anni, sarà per questo! –
   – No, intendo dire… quasi come se fosse bruciata! – disse Sonic rimettendosi il guanto. – Qualcosa deve averla bruciata. Ed è fredda e secca, quindi sicuramente non è successo adesso. – Sonic fissò i ciuffi di erba che si muovevano sinuosamente col vento. – Qualcosa l’ha bruciata anni fa! –
   – Ehm, Sonic, credi davvero che dovremmo concentrarci su un mucchietto di erba bruciata? – disse Zafira alzando la voce e cercando di coprire il rumore del vento.
   – Qualsiasi cosa può essere utile per capire, Zaf! –
   – Zaf?! –
   – È il nuovo soprannome che ti ho dato, non ti piace? –
   – Direi di no! O meglio, nessuno mi ha mai dato un soprannome! –
   – Beh, allora abituatici, Zaf! –
   Zafira ridacchiò, cercando un punto per ancorarsi e ripararsi dal vento che diventava sempre più forte.
   – Credo che stia arrivando un altro tornado, Sonic! – urlò Zafira.
   – Non lo avevo proprio capito! – disse Sonic ironicamente alzando la voce.
   – Va a ripararti, ci penso io qui! – Zafira osservò il tornado in lontananza che si avvicinava e si preparò a lanciare una scarica elettrica per fermarlo e far esplodere quella massa di sabbia che con una velocità inaudita stava per inondarla. Sonic osservò tutta la scena con gli occhi sbarrati e nel momento in cui le mani e le braccia di Zafira furono inondate da scariche elettriche, fu colpito da un flashback. Rivide se stesso invaso da elettricità, in preda al dolore. Urlò nel flashback, quanto nella realtà. Più Zafira controllava il tornado, più i ricordi di Sonic si facevano vividi. Gli occhi di Zafira si fecero bianchi e Sonic vide se stesso correre più veloce che poteva. Si sentì improvvisamente attraversato da una scarica di adrenalina incredibile, mentre l’aria quasi gli veniva meno. Le scariche elettriche di Zafira cessarono, facendo sparire il tornado… e anche i flashback di Sonic, sentendosi quasi esplodere nel nulla. Ma il suo corpo era ancora lì, stremato e aggrappato ad un tubo di metallo.
   – Sonic? Stai bene? – disse Zafira, che si era avvicinata già da un po’ e che cercava di sorreggerlo.
   – Sì, sto bene. È stata l’elettricità! –
   – L’elettricità? A fare cosa? –
   – A provocare il viaggio nel tempo! Eggman mi aveva torturato con delle scariche elettriche, ma mi ha lasciato andare! –
   – Non capisco! –
   Sonic prese Zafira per le spalle e la guardò dritta nei suoi grandi occhi color turchese. – L’ultima cosa che ricordo è stato l’impatto. Ora mi è tutto chiaro! Dopo che Eggman mi ha lasciato andare, ho corso con tutto me stesso per raggiungerlo, ma mi sentivo troppo lento… allora ho accelerato, c’è stato un impatto e mi sono ritrovato nel tuo mondo! –
   – Ancora non capisco… –
   – Ci deve essere stata una sorta di connessione tra l’elettricità che Eggman mi aveva iniettato nel corpo e la mia velocità! Mentre correvo sentivo l’aria venir meno e la pressione che mi soffocava… ma non volevo farci caso perché l’unica cosa che mi importava in quel momento era salvare i miei amici! –
   – Quindi mi stai dicendo… che l’elettricità e la velocità si sono combinate, hanno creato una specie di vortice temporale e ti hanno catapultato nel mio tempo? –
   Sonic annuì.
   – Wow. – Zafira si accasciò sulla sabbia, fissando un punto.
   – Già, e c’è anche un’altra cosa! – Sonic si accovaccio accanto a lei.
   – Cos’altro? –
   – Forse ho trovato un modo per stimolare di nuovo quella connessione e tornare indietro nel tempo, nel momento in cui Eggman mi ha lasciato andare! – Qui Sonic guardò le mani di Zafira, per poi prenderle con delicatezza con le sue. Zafira spostò lo sguardo sulle loro mani incrociate e si alzò di scatto.
   – Quindi tu pensi che possa aiutarti con i miei poteri? –
   – Sì, è l’unico modo! –
   – Ma non lo so, io… – Zafira si guardò le mani. – Non so se posso farcela! –
   – Certo che puoi, guardati! Fai esplodere dei tornado di sabbia, sei la lupa più in gamba e intelligente che conosca! Tutto quello che dovrai fare… – qui Sonic le prese nuovamente le mani. – è scatenare i tuoi poteri su di me. –
   Zafira allontanò bruscamente le mani e gli diede le spalle. – Cosa? No, non potrei mai farlo, Sonic! –
   – Non c’è altro modo, Zaf! Dobbiamo tornare indietro nel tempo, devo salvare i miei amici! – Sonic le mise una mano sulla spalla. – Non c’è nulla da temere, scatena i tuoi poteri! Ti porterò in braccio, visto che la mia velocità è impossibile da raggiungere! E poi correremo più veloce della luce verso il passato! –
   – Sei sicuro che sia una buona idea? –
   – No. – disse Sonic spostandosi proprio davanti a lei e guardandola nei suoi grandi occhi lucidi. – Ma è l’unica che abbiamo. Fidati di me! –
   Zafira lo guardo e annuì. Dopodiché si allontanò di qualche centimetro da lui, allungò le mani davanti a sé e evocò una serie di piccole scariche elettriche, che cessarono dopo qualche secondo.
   – Sono pronta. –
   Sonic le prese le mani e la guardò. – Zaf – Zafira lo guardò. – Quando saremo nel mio tempo, non dovrai più preoccuparti di nulla! Sarai al sicuro e potrai cominciare una nuova vita! – Qui dagli occhi di Zafira cominciarono a scendere delle lievi lacrime. – Sarai libera! D’accordo? –
   Zafira lo fissò e evocò una potente scarica elettrica che inondò Sonic in mezzo secondo. Il riccio cominciò a tremare e a urlare con tutto il fiato che aveva nei polmoni, mentre Zafira lo guardava piangendo. Dopo qualche secondo Zafira interruppe il contatto e lasciò le mani di Sonic, che venne scaraventato pochi metri più lontano dalla lupa.
   Zafira si catapultò su di lui. – Sonic, stai bene? Rispondimi! –
   – Presto – disse Sonic, senza voce. – Diamoci una mossa! –
   Sonic si rialzò, prese Zafira in braccio e cominciò a correre più veloce che poteva. Qualcosa non gli permise di andare veloce quanto avrebbe potuto, perciò cercò di sforzarsi quanto poteva, ma l’elettricità sembrò non fare effetto.
   – Non capisco! – disse Sonic correndo. – Perché non funziona? –
   – Sono io! Il mio peso ti è d’intralcio! Non puoi andare veloce quanto servirebbe, finché ci sono io! – disse Zafira, cercando di farsi sentire.
   – No, posso farcela! –
   Sonic strinse i denti e accelerò quanto più poteva. Delle piccole scintille cominciarono a comparire sul corpo di Sonic, dagli aculei fino alle scarpe, che sembrava stessero provocando fumo. Ma fu tutto ciò che Sonic riuscì ad ottenere.
   – È tutto inutile, Sonic! Devi lasciarmi qui! –
   – Non posso lasciarti qui! Non capisci che non avrai mai avventure, speranza e un nuovo inizio? –
   Zafira lo guardò. – Quella con te è stata un’avventura, Sonic. Tu mi hai ridato la speranza e ora ho un motivo per andare avanti! Ho un motivo per prendermi cura della mia tribù! So che un giorno le cose andranno meglio, continueremo a lottare per vendicare Mobius! –
   Sonic cercò di guardarla, amareggiato, mentre correva, ma si riprese subito.
   – Non lo accetto! –
   – Un nuovo inizio me lo hai dato tu! E di questo ti ringrazio. –
   – NO!
   – Addio, Sonic… – Zafira gli sorrise, mollò la presa e si lasciò cadere sulla sabbia calda. Non appena il peso della lupa abbandonò il corpo di Sonic, la sua velocità aumentò in maniera smisurata e il suo corpo fu coperto da una serie di scosse elettriche. Senza neanche avere il tempo di fermarsi, urlare il suo nome o salutare Zafira, Sonic esplose nel nulla, lasciando dietro di sé solo una nube di sabbia e uno sguardo color turchese che fissava il punto in cui era sparito.

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Capitolo 7
*** Una promessa ***


A Twist in Blue
di Blaze Swift



Capitolo 6

Una promessa


 
 
 
   Sonic fu catapultato verso il tronco di un grosso albero, sbattendoci in pieno la testa e cercando di non svenire. Si massaggiò gli aculei, cercando di rialzarsi. Aprì gli occhi e davanti a lui si presentò l’immagine di lui stesso, intrappolato in quegli arti meccanici, avvolto in una cappa di scosse elettriche e la navicella di Eggman alla sua altezza.
   I miei aculei sono davvero così visti da dietro?
   Pensò, guardandosi storcendo il naso, per poi riprendersi subito e scattare verso la navicella del dottore. Cercando di non farsi vedere dall’altro se stesso, Sonic scattò un balzo enorme fino a raggiungere il mezzo volante di Eggman, aggrappandocisi forte.
   Eggman lasciò andare l’altro Sonic e volò via , lasciandolo inerme e debole per terra. Sonic guardò se stesso scattare alla velocità della luce e mostrò un mezzo sorriso. La navicella di Eggman era già lontana, ma lui poté vedere una piccola esplosione di luce in lontananza, sapendo che Zafira era in buone mani da quel momento. Istantaneamente il suo pensiero si aggrappò al ricordo degli occhi della sua amica lupa che lo guardavano sofferenti e a come avesse potuto lasciarsi andare. Ma Sonic scosse la testa e tornò concentrato su Amy, Tails e Cream.
   Mentre la navicella volava a tutta velocità, Sonic cercò un punto dal quale fosse facile entrarci e trovò subito una maniglia. La sollevò, aprendo una botola e catapultandocisi dentro. Finì proprio davanti alle gabbiette dei suoi amici, che lo guardarono con gli occhi sbarrati.
   – Sonic! – urlò Amy, in preda alla felicità. – Sonic… – qui cambiò tono, quasi incredula.
    Eggman fece un balzo e voltandosi, guardò Sonic con la bocca aperta e i pugni ben serrati.
   – Non capisco! – disse, in preda alla rabbia. – Come diavolo hai fatto a raggiungermi così in fretta? Ti ho lasciato lì! Eri sfinito! –
   – Evidentemente non mi conosci abbastanza bene, testa d’uovo! Io sono il più veloce di Mobius! – disse Sonic, con le braccia incrociate.
   – Ma… è impossibile! – sbottò Eggman. – Tanto non riuscirai comunque a fermarmi, Sonic! Non ti consiglio neanche di provarci! Non puoi fare nulla! –
   – Sei proprio un testone. Confermo che non mi conosci affatto, allora! Mi deludi. E io che pensavo che fossimo grandi amici! – disse Sonic, preparandosi.
   Il riccio blu scattò alla velocità della luce su Eggman, correndogli intorno e facendolo girare ad una velocità inaudita. Tant’è che il dottore cadde a terra, stordito. Dopodiché Sonic si avvicinò al pannello di controllo della navicella, puntando un grosso bottone rosso.
   – O tutti o nessuno, Mr. Ciccione! Dimmi come si fa a far atterrare questo coso o verrai giù con tutta la baracca! –
   – Fa pure – disse Eggman cercando di riprendersi. – Gli unici che tireranno le cuoia qui sarete solo voi! E mi fareste un enorme favore, un problema in meno! –
   Sonic sbarrò gli occhi, era evidente che Eggman avesse un piano di riserva per salvarsi. Quindi dovette pensare in fretta a cosa fare. Fissò la gabbia dei suoi amici e scattò verso di essa e la aprì, tenendo sempre lo sguardo sul dottore.
   – Tails, porta via Amy e Cream da qui, subito! –
   – Ma, Sonic, che ne sarà di te? –
   – Fai come ti dico! –
   La volpe annuì. Prese per mano le sue due amiche e volò via attraverso la botola precedentemente aperta da Sonic.
   Il riccio blu guardò Eggman, che ormai era in piedi, con il dito puntato sul bottone rosso.
   – Addio, Sonic, non mi mancherai affatto! – detto questo, Eggman pigiò il pulsante rosso e la navicella cominciò a precipitare verso terra. Il dottore si aggrappò ad un congegno dotato di eliche e sparì fuori dalla botola, lasciando Sonic con gli occhi sbarrati e nel panico più totale.
   Pensa, in fretta!
   Si disse, man mano che la navicella si avvicinava al suolo. Sonic osservò l’erba che si avvicinava sempre di più e poco prima dell’impatto, scattò via dalla botola e corse quanto più lontano dalla navicella, che creò un’esplosione enorme dietro di lui, facendolo cappottare qualche metro più lontano.
   Sonic aprì gli occhi e davanti a lui si ritrovò lo sguardo preoccupato di Amy, che continuava a chiamarlo incessantemente. Non appena notò che si era ripreso, Amy si buttò al suo collo e lo strinse più forte che poteva, quasi strozzandolo.
   – Amy, non respiro! – cercò di dire Sonic.
   – Scusami, ma sono troppo felice di rivederti! Pensavo fossi spacciato! – rispose Amy, staccandosi da lui.
   – Io non ho dubitato di te neanche un secondo, Sonic! Sapevo che saresti riuscito a salvarti la pelle! – disse fiero Tails.
   – Non che io abbia dubitato… è che, insomma, era impossibile salvarsi! – disse Amy, quasi per difendersi. – Ma tu sei il migliore di tutti, Sonic, era ovvio che ce la facessi! –
   Sonic si rialzò, pulendosi il pelo blu pieno di terra ed erba e facendo qualche colpo di tosse.
   – L’importante è che ora siate sani e salvi, ragazzi! –
   – Grazie, signor Sonic! – disse Cream avvicinandosi a lui e con degli occhioni enormi a fissarlo. Sonic sorrise, anche se mostrava degli occhi amareggiati ed Amy sembrò notarli.
   – Cosa c’è che non va, Sonic? –
   – Cosa? – disse lui, quasi risvegliandosi da alcuni pensieri. – No, nulla, ero solo preoccupato per voi! Ma ora è tutto a posto. –
   Amy storse la bocca.
   – Questa volta hai superato te stesso, Sonic! Non ti ho mai visto correre più veloce di così! Hai raggiunto la navicella di Eggman in così poco tempo! – disse Tails, eccitato. – Sei stato un… un fulmine! –
   Sonic fece un balzo a quella parola e sospirò. – Ragazzi, devo dirvi una cosa! – disse ai suoi amici. Sonic raccontò dell’elettricità, del viaggio nel tempo, di Zafira, di quanto fosse preoccupato per loro e di come fosse riuscito a tornare indietro, senza poter salvare la sua amica lupa.
   – Beh, se ha deciso di rimanere nel futuro, vuol dire che il suo posto era quello! – disse Amy.
   – Sì, ma, non sono riuscito a salvarla! – disse Sonic, amareggiato.
   – Non è così, Sonic! – intervenne Tails. – Tornando indietro nel tempo e impedendo ad Eggman di attuare il suo piano, hai cambiato il futuro! Sono sicuro che Zafira adesso sarà felice, con la sua famiglia e con la Mobius di sempre! Finché ci sarai tu a salvare tutti noi e a fermare Eggman, Mobius sarà salva… e anche il futuro di Zafira! – Sonic guardò Tails e rimase profondamente colpito dalle sue parole. – L’unica cosa è che forse non si ricorderà di te! Alterando il futuro, hai anche cancellato quel futuro! Quindi Zafira non ti ha mai incontrato e tutto quello che hai raccontato non è mai successo! Ma continuando ad esserci, lascerai sempre un’impronta nella vita di tutti… e nella sua! Quindi sì, in qualche modo l’hai salvata e continuerai sempre a farlo! –
   Sonic deglutì. – Il tempo, ah… che incomprensibile casino! – disse col sorriso sulle labbra, cercando di nascondere la tristezza. Dopodiché si ricompose.
   Cream si avvicinò al riccio blu e lo prese per mano.
   – Andiamo adesso, signor Sonic! Hai bisogno di riposo! –
 
 
   Ti prometto che ci sarò sempre per salvare il tuo futuro, Zaf! E ovunque tu sia adesso, spero che, in un remoto angolo dei tuoi ricordi, qualsiasi cosa bella della tua vita ti ricorderà me, del nostro incontro e del tuo sogno di salvare Mobius. Combatterò anche per te, per darti sempre un nuovo inizio.
   È una promessa.

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Capitolo 8
*** Epilogo (30 anni dopo) ***


A Twist in Blue
di Blaze Swift



Epilogo

30 anni dopo


 
 
 
   Le strade di Twinkle Snow non erano mai state così ghiacciate. I mobiani lavoravano sodo per renderle agibili al traffico e la neve scendeva libera, posandosi sui tetti e sui cappucci delle persone che passeggiavano sotto il cielo coperto di Holoska.
   In una casa non molto lontana dal centro, in periferia, una lupa dal pelo bianco e con due grandi occhi azzurri scriveva su un foglio, accovacciata sulla sua scrivania, con una grande penna d’oca nella sua mano sinistra.
   – Zafira, è pronta la cena! – disse una voce, da un’altra stanza.
   – Arrivo, mamma! – rispose la lupa.
   Zafira diede un’ultima occhiata al suo scritto, prima di alzarsi e raggiungere la sua famiglia a cena.
   – Stai ancora lavorando alla tua storia, tesoro? – disse un’elegante lupa bianca.
   – Sì, mamma! –
   – Ti prende davvero tanto, eh? –
   Zafira annuì. – Non so neanche perché, è come se lo avessi vissuto in prima persona! –
   – Allora dev’essere stato un sogno molto vivido. – disse suo padre, un lupo composto e dal pelo grigio. Era comodamente seduto al tavolo, in attesa che il suo piatto venisse servito e con due grandi paia di occhiali sul suo muso.
   – Talmente vivido che comincio a dubitare che sia stato solo un sogno! –
   Sua madre rise e le servì un piatto di zuppa. – Hai una fervida immaginazione, Zafira! Adesso mangiamo! – disse la madre, finendo di servire tutti e sedendosi.
 
 
   Zafira continuò la sua vita chiedendosi sempre se quel sogno fosse stato davvero un sogno o se fosse stata un’avventura in una vita passata. Ma il ricordo di ciò che aveva raccontato nella sua storia, ai suoi figli e ai figli dei suoi figli, era diventato leggenda. La leggenda veniva raccontata con una tale enfasi da diventare un mito. E continuò a vivere anche dopo di lei, impressa nella storia di Mobius.
   Tutti conoscevano la storia di Zafira e del suo incontro con Sonic, che cambiò le fondamenta e il destino di Mobius.





 
FINE
 

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