Negative creep

di red lips
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -capitolo primo ***
Capitolo 2: *** -capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** -capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** -capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** -capitolo quinto ***
Capitolo 6: *** -capitolo sesto ***
Capitolo 7: *** -capitolo settimo ***
Capitolo 8: *** -capitolo ottavo ***



Capitolo 1
*** -capitolo primo ***


Non penso di essere speciale, non penso di essere niente, anzi penso di non essere.
Penso che una ragazza come me, occhi scuri, capelli marroni, unghie mangiate non abbia niente di speciale. Mi chiamo Hope, questo nome me lo diede mia madre, Hope vuol dire speranza. Mia madre non è mai stata fortunata nella sua vita e forse con questo nome riponeva la sua speranza su di me. Devo dirti che non ha per niente funzionato cara. Mia madre è diventata orfana di entrambi i genitori alla tenera età di quattro anni ed è stata successivamente presa in affido in un convento, la sua infanzia e la sua adolescenza le ha vissute da sola in mezzo a tantissime altre bambine che hanno dovuto affrontare così prematuramente lo schifo che la vita propone.
Scrivo da sotto un ponte nella periferia di Londra, qui la gente ormai è spenta non penso provi più sentimenti, lo leggo nei loro occhi. Vivo la vita alla giornata, e vado avanti suonando la chitarra in piccoli locali nel centro. Condivido casa con alcuni miei amici, Donald, Thomas e Sarah. Non ho niente da dire su di loro, sono ottimi amici, i migliori amici che ogni persona desidererebbe, non so neanche perché sono ancora qui, di solito tutti se ne vanno quando sanno chi sono realmente. Me ne resto sempre in disparte ad ascoltare e a comporre musica, non sono una persona molto socievole anzi spesso tendo a vivere sola con me stessa e questo mi logora di giorno in giorno. Penso di essere una ragazza nevrotica, CHE AMA LA MUSICA, che non crede in se stessa, che fallisce sempre, passiva, inattiva, che crede nei valori, bhe i suoi, che vorrebbe cambiare il mondo ma sa che si ritroverà a fare manifestazioni senza risolvere nulla perchè ha capito che solo le persone piene di agganci potranno diventare qualcuno, sono una ragazza che non ha soddisfazioni in quello che fa tranne quando suona. Bhe questa sono io, un mostro negativo.

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Capitolo 2
*** -capitolo secondo ***


Un giorno un ragazzo mi chiese: "ma tu chi sei veramente?" Senza esitare, senza dire parola, presi una cuffietta e condivisi quello che stavo ascoltando con lui. Il treno si fermò, doveva scendere. Posò la cuffietta, mi sorrise, mi abbracciò e se ne andò per sempre, proprio come tutti gli altri. Penso che l'unico modo per conoscere veramente una persona sia ascoltare la sua playlist dell'iPod. La musica ci descrive appieno, ci capisce, dice tutto quello che i nostri occhi urlano, tutti sono ciechi in questo mondo ma non sordi, per adesso. Nessuno è mai riuscito a guardarmi per un minuto dritto negli occhi, forse non gliel'ho mai lasciato permettere, nei miei occhi c'è quello che resta della mia anima, e non è niente di buono. Prendo spesso il treno, pago il biglietto e arrivo fino all'ultima fermata. Mi siedo in un angolo, ascolto musica e guardo le persone che mi circondano. Vecchietti con i nipotini, adulti con auricolari che parlano solamente di conti in banca e di investire nuovi soldi in azioni, studenti che vanno a scuola, ragazzi che si prendono in giro a vicenda, ascolto pettegolezzi, leggo l'anima delle persone, leggo nei loro occhi. Non ho mai parlato con nessuno di loro anche perché non saprei come risultare interessante agli occhi della gente, non sono niente, perché le persone dovrebbero essere attratte dal niente? Ecco, sono arrivata al capolinea, scendo e come se niente fosse, risalgo su un altro treno per continuare a studiare il comportamento delle persone. Sempre uguale, le persone non cambiano, i vecchietti la pensano come i vecchietti dell'altro treno, gli adulti continuano a pensare al loro portafoglio e i ragazzi continuano ad essere bastardi. Mi annoia questo mondo, mi annoiano le persone che ci vivono, sono tutte uguali, sono fatte con lo stampino, tutte con lo stesso sorriso falso, tutte con lo stesso carattere.

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Capitolo 3
*** -capitolo terzo ***


Si sono fatte le dieci di sera, Thomas mi sta aspettando al locale per l'esibizione, Thomas è il mio batterista, ma prima di tutto è uno dei miei migliori amici. Strano, dice di amarmi, non so come faccia. Non mi amo neanche io, perché dovrebbe amarmi lui? Perché dovrebbe amare un giocattolo difettoso quando nel mondo ci sono persino giocattoli di marca? Dicono che la prima regola per piacere a qualcuno è piacere a se stessi, evidentemente non è tutto vero. Io non mi piaccio, non mi guardo mai sorridendo. Lo specchio è un bastardo perché ti sputa in faccia tutto quello che già sai, ma fa ancora più male perché almeno un minimo ci speri ancora. Speri di non essere quello schifo umano vestito con camicia, jeans e anfibi che vaga senza una meta per la terra. Non so come mi possa amare, è l'unico che riesce a trovare del bello nello schifo che sono. Scendo dal pullman e lo vedo sotto la pioggia con quel sorriso che potrebbe far innamorare anche un cinico, è bellissimo. Ha capelli e occhi marroni, si vi svelo un segreto, non è niente di che in quanto a bellezza fisica, ha anche un po' di pancetta, ma il suo sorriso, il suo sorriso è la cosa più bella che abbia mai visto in vita mia. Gli corro incontro con la chitarra sulle spalle, ci abbracciamo, amo sprofondare tra le sue braccia. Mi prende la chitarra ed entriamo nel locale, tutti ci guardano. Mettiamo a posto gli strumenti sul palco. Prendo una sedia, la chitarra, un microfono e al suo terzo battito di bacchette parto. Abbiamo cantato Wonderwall degli Oasis, amo quando il testo dice: "tu sei il mio muro delle meraviglie" quando canto quella frase il mio cuore urla, tutto urla dentro di me. Thomas è il mio muro delle meraviglie perché con lui tutto lo schifo della mia vita scompare. Quando l'abbraccio mi sento protetta, amata anche solo per un secondo, mi sento finalmente felice. Oh Thomas sei il mio muro delle meraviglie. Finiamo l'esibizione e tutto felice viene contro di me e mi abbraccia, oh Tom smettila se no mi innamoro ancora di più. Ci beviamo una birra e parliamo con i vecchietti che si intromettono nella nostra vita privata. La gente è fatta così, cerca di soddisfarsi della propria vita sentendo come se la passano male gli altri. Odio le persone, le odio perché pensano di avere solo loro dei problemi, delle preoccupazioni, bhe notizia flash spesso chi non parla, chi sta zitto, chi ride per tutto è quello che è morto dentro, io sono morta dentro. Io e il mio muro delle meraviglie prendiamo quelle sette sterline di paga e ce ne andiamo. Prendiamo la metro e ritorniamo nel nostro appartamento. Durante il tragitto Thomas mi ha chiesto dove fossi stata tutto il giorno, non gli risposi, non lo sapevo neanche io. Io viaggio senza una meta, ormai non ho più una meta. Si è fatta l'una di notte, come al mio solito ho saltato la cena, meglio così, odio il mio corpo, tutto quel grasso sulla mia pancia e sui miei fianchi mi fanno odiare ancora di più me stessa. Ci salutiamo e andiamo a dormire. Dormo poche ore al giorno, di solito la notte penso, odio pensare durante la notte, ma è inevitabile. Durante la notte tutte le preoccupazioni, le ansie ritornano nella tua mente. Sembra uno scherzo, la notte serve per rilassarsi non per deprimersi ma io sono la depressione che cammina. Durante la notte si fantastica anche sulla vita che avresti voluto fare, avrei voluto avere una band e cantare per tutto il paese ma mi ritrovo a cantare in locali squallidi guardando suonare il mio migliore amico di cui ne sono innamorata. Fantasticare mi fa stare malissimo ma allo stesso tempo mi rende felice.

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Capitolo 4
*** -capitolo quarto ***


Mi sono svegliata sentendo il profumo del caffè dello Starbucks portato da Donald. Quel ragazzo è il ragazzo più tenero e dolce che abbia mai conosciuto, ogni giorno si alza prima di noi per andare a comprare il caffè e portarcelo a casa. Sono stata la prima ad alzarmi, vado da lui, gli do il buongiorno e ci sediamo. Donald, l'unico che riesce ad andare oltre al mio sorriso, l'unico che sa come mi sento, l'unico che sa che ho l'anima logorata dall'odio, ogni giorno mi chiede perché sto così. Non voglio sommergerlo dei miei problemi, mi tengo tutto dentro, riesco a superare da sola le difficoltà o almeno è quello che cerco di far credere alla gente e a me stessa. Non so perché, forse il caffè, forse la stanchezza, forse i suoi occhi verde prato mi hanno dato il coraggio di sputare tutto lo schifo che avevo dentro. Abbiamo parlato circa un ora su quello che provo per Thomas, il mio muro delle meraviglie. Non posso dire a Thomas quello che provo, non voglio rovinarlo. Penso che chiunque venga in contatto con me si sporchi di quel nero di cui sono dipinta e no, non voglio distruggere l'unica persona che amo. Non voglio distruggere il suo sorriso, ne morirei. Senza il suo sorriso perderei tutta la mia sensibilità, sarei meno del niente, non esisterei più, come se adesso esistessi.

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Capitolo 5
*** -capitolo quinto ***


Si sono fatte le 10am, alle 11am io e Thomas abbiamo un appuntamento con una casa discografica. Mi vesto, jeans e camicia e sono pronta, io. Salto sul letto di Thomas per svegliarlo. È sempre in ritardo ma lo aspetto, lo aspetterei sempre, anche per una vita, anche per tre, anche per quattro. Usciamo velocemente da casa e prendiamo il primo taxi che troviamo. Siamo davanti alla casa discografica. Sono agitatissima, il mio cuore batte fortissimo, Thomas mi prende la mano e mi sussurra che andrà tutto bene. Lo so che non andrà tutto bene eppure ci credo, o almeno faccio finta di crederci, me l'ha detto il mio muro delle meraviglie, perché non dovrebbe essere così? Ci chiamano. Entriamo nello studio, sembriamo due bambini in un negozio di caramelle. Ci sediamo uno vicino all'altra. Ci teniamo ancora per mano come a dimostrare che l'uno è l'ancora dell'altra. Thomas non so come un ancora arrugginita come me possa poterti sorreggere, eppure ogni giorno mi dici che sono la tua roccia. Come posso essere una roccia? Le rocce sono forti, io no. Sentono il nostro nuovo pezzo "The girl that could be saved with a hug" l'avevo scritta nella metro alle 11 pm, la metro a quell'ora è sempre vuota, come lo sono io. Io sono vuota, per questo mi isolo. Un mostro come me dovrebbe stare in un angolo a marcire da solo, non deve sporcare gli altri del nero della sua anima. Il mio problema è che anche se provo ad isolarmi non ci riesco, se mi isolo il mondo mi cade addosso. La mia vita non mi cade addosso solo quando Thomas mi abbraccia, oh il mio muro delle meraviglie. Si lui mi salva, mi salva ogni giorno, mi salva con il suo buongiorno al mattino e con la sua buonanotte alla sera accompagnati entrambi da quel sorriso che fa invidia alle stelle. Thomas non capisce che è lui la mia ancora, è lui la mia roccia, forse non lo capirà mai eppure i miei occhi lo urlano. Ci hanno detto che ci faranno sapere. Quel "vi faremo sapere" è solo un metodo gentile per dire agli artisti che sarebbe meglio se andassero a svolgere un lavoro più adeguato alle loro capacità, eppure, io, non saprei fare nient altro se non cantare e comporre musica. Sono triste, un'altra porta in faccia, ormai il mio viso è pieno di schegge a forza di rifiuti. Thomas è l'unico che riesce a togliermi tutte quelle schegge, tutta quella negatività, è l'unico che riesce a darmi la forza di lottare. Alzo gli occhi e non lo vedo più, mi giro e mi rigiro, sembro un bambino che ha perso sua madre al supermercato, ti prego non abbandonarmi anche tu. Scruto tra la folla, non c'è, non lo vedo, ah eccolo, sta facendo la fila allo Starbucks. Lo raggiungo. "Hey ma che fai?" Thomas: "ti faccio ritornare il sorriso" mi da un pacchetto, lo apro, c'è una ciambella. "Non posso, scusa." Gliela ridò. "Si che puoi" mi sorride "perché non potresti?" Io: "perché sono.." "Perfetta" no Thomas, sono grassa, sono grassa da fare schifo all'umanità, sono lo schifo. Tutto questo lo gridano i miei occhi, lo grida il mio cuore, il mio cervello, il mio finto sorriso davanti allo specchio. Thomas non riuscirai a farmi cambiare idea, non riuscirai a farmi sentire la ragazza più bella del mondo, caro muro delle meraviglie, non riuscirai a far sentire il mostro negativo una persona normale con dell'autostima. Non so neanche cosa sia l'autostima io. Thomas tutto questo non te lo dico, sorrido e non rispondo sperando che tu comprenda il mio dolore ma neanche tu mi parli, non mi dici più niente. La ciambella è rimasta lì sul tavolo in mezzo a tanta gente che la guarda ma che non la prende, quella ciambella sono io, tutti mi guardano ma nessuno mi prende, nessuno mi ritiene una persona interessante forse perché proprio come quella ciambella, non risulto invitante perché non sono farcita con la marmellata. Quella ciambella allora resta isolata, proprio come me, resto da sola con i miei pensieri in un angolo aspettando che qualcuno mi noti, mi prenda e mi salvi.

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Capitolo 6
*** -capitolo sesto ***


Ci dividiamo, lui va a destra e io a sinistra, lui doveva andare a cercare un negozio di musica per comprare delle nuove bacchette, io dovevo andare a cercare me stessa. Prendo la metro e come al mio solito mi metto a fissare ed ad analizzare le persone, sono come sempre vuote. Non è cambiato niente, che schifo. Spesso mi dicono che dovrei soffermarmi di più ad analizzarle e non arrivare subito ad una conclusione affrettata, questo per me è inevitabile, mi fanno schifo le persone perché sostanzialmente, odio le persone. Mi infilo le cuffiette nelle orecchie e alzo al massimo il volume, finalmente sono nel mio mondo, nel mondo che non odio, nel mio mondo perfetto. Ad un certo punto la musica si interrompe, è arrivato un messaggio. Thomas. "Eri bellissima mentre cantavi" Sono rimasta circa dieci minuti a fissare quelle lettere, quelle parole, quella frase. Era perfetta tranne che era stata inviata alla persona sbagliata. Come potevo essere bella quando cantavo? Come potevo essere bella quando sudavo davanti ad un microfono? Come poteva essere bello un ammasso di grasso che suonava una chitarra di seconda mano? Come poteva trovare qualcosa di bello in una come me? Gli ho risposto dopo quindici minuti, non volevo, volevo solamente fare finta di niente e sprofondare nel sedile della metro. "Grazie ma non la penso così" Mi ha subito risposto, "devi pensarlo perché sei bella quando sei finalmente te stessa" In effetti sul palco sono veramente me stessa, sorrido anche. Quando sono per strada mi vergogno a sorridere, gli altri penserebbero che una come me dovrebbe fare tutto fuorché sorridere. Perché uno schifo come me dovrebbe sorridere? Per cosa poi? Cos'è che rende felice quello schifo? Decido di non rispondergli più, questa discussione sta solamente diventando ridicola. È la mia fermata, scendo. Vado verso il parco e mi siedo sul prato, siamo io, la mia chitarra ed un pezzo di carta. Voglio scrivere una canzone, ne ho bisogno, veramente. Le mie canzoni sono principalmente un mio sfogo personale, per questo le odio, dicono tutto quello che provo. Le odio perché dicono la verità, tutta. A Thomas piacciono, dice che sono perfette. Non ci credo, penso che lo dica per rendermi felice ma mi fa solamente sentire ancora di più uno schifo. Io comunque le scrivo lo stesso, a parte questo, amo scrivere, è come una liberazione. Quando ho finito di comporre e di scrivere è come se il mio cuore, cervello, fegato fossero più leggeri. Nelle mie canzoni ripeto spesso che potrei essere salvata con un abbraccio.. Non so, forse è vero, non ne sono sicura ma vuoi mettere quegli abbracci da dietro all'improvviso? Sono la mia morte ma anche la mia salvezza. Il cellulare suona di nuovo. Era Sarah. "Hey Hope vieni è importante!" Prendo la mia chitarra e schizzo via. Corro più che mai, faccio degli scivoloni sull'asfalto, mi diverte farli. Sono arrivata. L'appuntamento è davanti ad un negozio di tatuaggi. Mi viene in contro con quei suoi occhi azzurro cielo e i suoi capelli verdi/blu e quella voglia di vivere che solo una ragazza speciale come lei può avere. I suoi sono rinchiusi in prigione per spaccio e consumo di droghe pensanti, lei ha vissuto per un po' di tempo con sua nonna ma poi ha deciso di trasferirsi a Londra da Parigi. Ebbene si, dopo tutto quello che le è successo nella vita, sorride e ha una voglia di vivere pazzesca, ti prego, dammi la ricetta per essere come te. Mi viene incontro e mi fa: "Hey tatuaggio?" Mi ha preso in contropiede, non so cosa rispondere, ho sempre voluto farne uno ma non ho mai avuto l'occasione di prendere l'iniziativa ed andare, forse mi serviva lei. Ho dato un si impulsivo e in un battito di ciglia, ero già sopra la poltrona con un braccio mezzo rosso. Ho deciso di scrivermi "stuck in her daydream" perché si, io sono ferma nel mio sogno ad occhi aperti mentre tutta la mia vita mi passa inesorabilmente davanti. Sarah si è tatuata una mezza luna sul collo, lo giuro, le sta benissimo, ogni cosa su di lei sta bene. Sarah è perfetta, è magra e ha uno stile punk che amo. Ho sempre amato lo stile punk, esprime libertà. Non penso di avere uno stile, indosso i primi vestiti che trovo per terra nella mia camera e basta. Forse ho uno stile che si avvicina al menefreghismo, non mi interessa di me, figurati se mi interessa di come vado vestita in giro. Usciamo dal negozio e ci lasciamo, lei deve correre per andare a lavorare, fa la barman in un locale alle periferie di Londra. Io mi ritrovo di nuovo sola tra i miei pensieri, odio sentirmi da sola eppure è la cosa che voglio di più o che forse penso di volere. Ha incominciato a piovere e come al mio solito non ho l'ombrello. Cerco di ripararmi un po' con la chitarra ma la mia soluzione non è delle migliori. Inizio a correre, c'è un caos tremendo a Londra quando piove, tutti scappano. Corrono come se scappassero dal mostro che è imprigionato dentro di loro, dentro di me. Tutti scappano, chi da un'interrogazione, chi da un impegno e chi, proprio nel mio caso, da se stesso. Anche se scappo da me stessa, in qualsiasi posto io vada, non ci riesco, le preoccupazioni e l'odio verso di me e verso il mondo rimangono invariati. Non riesco e non posso scappare dal mostro che sono diventata e questo fa schifo. Non riesco più ad essere felice, se mai lo sono stata. Vedo le persone che riescono ad essere in confidenza con il loro aspetto e il loro corpo e giuro, darei l'anima per essere come loro. Darei l'anima per sorridere almeno una volta davanti allo specchio. Darei l'anima per non tenere lo sguardo verso il basso quando passo davanti ad un gruppo di ragazzi, giuro, darei la vita per sentirmi almeno per un secondo felice, felice per tutto. Penso che forse sono nata proprio così, un'eterna depressa, un'eterna ragazza senza speranza, un eterno errore senza rimedio, un eterno niente. Finalmente ho trovato riparo sotto un portico, è tutto scuro e sporco qua sotto, mi sembra di essere entrata dentro di me. Il mio carattere è scuro e sporco, chi mai potrebbe pulire la mia anima? Mi siedo su un gradino, sono al buio, solo io e i miei pensieri, di nuovo. Decido di infilarmi le cuffiette nelle orecchie ed ascoltare della musica, la musica è l'unica che riesce a non farmi pensare e a farmi venire il sorriso anche solo per un secondo. Quando premo play è come se le onde sonore mi circondassero e mi proteggessero da tutto, da tutti e da me stessa. Metto la riproduzione casuale, inizia wonderwall, non può essere un caso, non può. Il mio Muro delle meraviglie è di nuovo qui a proteggermi da tutto e da me stessa. Thomas non puoi non crederci, sei la mia roccia, sei il mio scudo, sei l'altra parte del cuore spezzato che si regalano i fidanzati al loro terzo mese, sei il mio yang. Oh Thomas, vorrei poterti dire tutto quello che sto pensando, ma non posso, non posso rovinarti. Lo so, lo yin e lo yang non vivono l'uno senza l'altra, non c'è il giorno se non c'è la notte. Tu sei il mio giorno, non potrei vivere senza di te. Anche se la notte poi verrà eliminata dalla luce, io mi farei eliminare per tutta la vita pur di averti. Sta finendo di piovere, interrompo la canzone e risento quel peso sulle spalle, sul cuore e sul diaframma, è come un macigno, il macigno delle mie insicurezze. Prendo il primo taxi e ritorno a casa. Entro tutta fradicia e sul divano c'è lui, il mio Muro delle meraviglie. Indossa delle vans, dei jeans stretti e un felpone, vorrei avvolgermi tra la sua felpa, tra le sue braccia. È lì seduto con uno spartito in mano e con quel sorriso che fa invidia al mondo. "Hey" Si alza "Hey, ti stavo pensando" Sono rimasta di sasso per circa dieci secondi, vorrei potergli dire che lui è il mio pensiero fisso ma non posso. Gli sorrido "non hai niente di meglio a cui pensare?" Lui si alza, mi mette la ciocca dietro ad un orecchio "sei tu il mio meglio" Thomas smettila, seriamente smettila, non puoi giocare sporco in questo modo. È difficile lasciarti andare, se dici così rendi la situazione impossibile da gestire. Non gli rispondo e me ne vado in camera mia. Non esco più, basta, non voglio più avere niente a che fare con Thomas, è sempre più difficile vivere con lui, lo amo ma se glielo dico lo rovino, non posso rovinare l'unica cosa a cui tengo. Si sono fatte le nove di sera, Donald mi chiama per mangiare, sta sera ha fatto la pizza, non esco, non mangio, non mangio più. Basta, voglio provare a sconfiggere il mostro dentro di me partendo dalla radice, partendo dal mio peso, voglio iniziare a sorridere. Non mangio più, non mangerò più. Donald insiste, continua a bussare alla porta "Hope esci fuori, cosa stai facendo lì dentro?" Non sto facendo niente Donald, mi sto solo distruggendo, come sempre. Ho passato la notte a pensare a tutto quello che mi opprime l'animo, il mio aspetto, il mio lavoro, il mio stato d'animo, me stessa. Sono le 4 di mattina, non è cambiato niente, sono ancora così, che schifo. Esco dalla mia camera e vado in salotto, non voglio svegliare nessuno, mi siedo sul divano e sorseggio un bicchiere di tea, amo questo silenzio, non si sente niente eccetto il rumore dell'orologio in cucina. Sento all'improvviso un "hey", mi giro, intravedo una figura maschile, accendo la lampada ed era lui, Donald. Gli rispondo con una voce roca e strozzata dal pianto. Lo ammetto, avrei voluto Thomas adesso sul divano ad abbracciarmi, non lui. "Hey, cos'hai?" Si avvicina e si siede. "Non ho niente, sono solo stufa e stanca di essere così" Mi sorride, "sei stanca di essere così, così come?" "Donald, sono stanca di dover scappare dall'unica cosa che mi rende felice." Il suo sguardo si fa più cupo "sei stanca di dover scappare da Thomas?" Abbasso lo sguardo e faccio un cenno con la testa, non riesco più a dire una parola, è come se fossi diventata muta, è come se per la prima volta dovessero solamente parlare i miei occhi. Donald mi abbraccia, mi addormento sulla sua spalla, siamo rimasti li sul divano. Mi sono svegliata e Donald era ancora lì, mi accarezza i capelli e mi sorride. Con il suo accenno britannico mi da il buongiorno "Good Morning honey" Donald, al massimo posso essere un miele avariato e putrido, tutta quella dolcezza non mi si addice. Si alza, "cosa vuoi per colazione?" Mi stiracchio "niente grazie" accenno un sorriso Donald mi si avvicina all'orecchio "smettila di far finta di essere felice, smettila di prendermi in giro, so che non lo sei." Sono rimasta basita, riesce a leggere benissimo i miei occhi, è l'unico d'altronde. Mi prende per mano e prima che Thomas e Sarah si svegliassero, usciamo. Siamo allo Starbucks. "Donald ma la colazione per gli altri?" "Se la faranno da soli per un giorno" mi sorride "adesso occupiamoci di te" abbiamo camminato per circa dieci minuti e siamo arrivati davanti alle montagne russe, oh Donald, sei il migliore amico che tutti desidererebbero. Ci sediamo, ho una paura pazzesca, chissà se avrei avuto paura anche con Thomas li al mio fianco, non penso, lui è la mia ancora, avrebbe saputo proteggermi, mi avrebbe tenuta per mano e avrebbe fatto quel sorriso a trentadue denti che mi avrebbe potuto far andare anche in capo al mondo senza provare alcun risentimento o timore. Ma adesso non c'è Thomas, c'è Donald. Mi sorride, ci sediamo, ci mettiamo le sicure e la giostra parte. Gridiamo fino a perdere la voce, abbiamo i capelli al vento, sorridiamo, sorrido. Si, non sto pensando a niente è una bella sensazione, sto bene. Finalmente sono libera dai miei pensieri, allora è così che ci si sente quando si è felici. Torniamo a casa. Entro e non c'è nessuno, Sarah è al bar e Thomas è in giro per cercare di trovare un appuntamento con una casa discografica. Donald deve andare a lezione, si, è l'unico tra noi che va ancora a scuola, io l'ho lasciata quando ho compiuto sedici anni. Non mi pento della mia decisione, non ero e non sono portata per stare sei ore nella stessa posizione e nello stesso banco. Le poche volte che andavo a lezione e che non ero dal preside, guardavo fuori dalla finestra e pensavo a quello che avrei voluto veramente fare. Pensavo che stavo perdendo tempo in quella scuola, pensavo che la scuola era un ostacolo tra me e il mio sogno, la vita mi passava davanti e io ero lì, a marcire sopra quel banco, dovevo fare qualcosa, quella situazione doveva cambiare. Ed eccomi qui adesso, non vado più a scuola ma il mio sogno non l'ho ancora raggiunto, non lo sto vivendo. Diciamo che non sto vivendo varie cose tra cui la musica, la mia vita e Thomas. Thomas vorrei poterti vivere ma non posso perché se io vivo, tu muori.

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Capitolo 7
*** -capitolo settimo ***


"Sono una ragazza che è rinchiusa nelle sue insicurezze" mi ero descritta così la prima volta che mi presentai a Thomas. Era la prima sera in questa casa, era il 2009, mi ero appena trasferita a Londra dalla periferia. Thomas si era presentato come quello che era, perfetto. Non aveva fatto caso alle mie parole, aveva sorriso e mi aveva offerto delle patatine. Non lo conoscevo ma ne ero già innamorata. Come potevo non innamorarmi di quel sorriso, di quegli occhi, di lui? Sono seduta da sola sul divano a ripensare al nostro primo incontro. C'eravamo salutati abbracciandoci goffamente e sorridendo in modo imbarazzato. Ripensandoci, ogni movimento, ogni carezza, ogni sguardo con lui, è ancora carico di quell'imbarazzo anche se sono passati anni ormai. È come se rivivessimo all'infinito il nostro primo incontro. Dal 2009 non sono cambiata, sono rimasta quella ragazza rinchiusa nella bolla delle sue insicurezze, una ragazza con un sogno. Sono rimasta la solita ragazza grassa che nasconde il proprio corpo dentro a delle felpe anche ad agosto, sono rimasta quella ragazza che sorride per niente quanto tutto dentro di lei crolla, sono rimasta quella che abbassa sempre lo sguardo quando parla con qualcuno, quella ragazza che aspetta tutta la vita la possibilità di essere felice ma poi quando arriva se la lascia scappare, quella ragazza che sorride per non dover spiegare il perché ha un buco nero dentro di se che la sta inghiottendo. Sono ed ero quella ragazza che rimane anche quando tutti se ne vanno, quella che rimane per li altri e non per se stessa. Non riesco a descrivermi con aggettivi positivi, questo mi fa schifo, perché devo vivere pur odiandomi, che senso ha? Che senso ha la mia esistenza? Che senso ha vivere per dover piangere ogni giorno davanti allo specchio? Perché devo vivere così? L'unica risposta che ho è lui, il Mio muro delle meraviglie, si lui, Thomas. Thomas, sei la mia ragione di vita. Sento bussare alla porta, mi alzo svogliatamente dal divano, accendo la luce. "Chi è?" La sua voce è inconfondibile, è Tom ma insieme a lui c'è una voce da donna, non può essere Sarah, lei ha il turno fino a questa notte, no Thomas, Thomas non puoi farmi questo. Come può essere la ragione della tua vita la ragione della tua distruzione? È impossibile, no Thomas, avrai sicuramente una spiegazione plausibile, tu non puoi, Thomas non puoi farmi questo. Apro la porta. Mi sorride "ehm Hey" Con lo sguardo spendo gli sussurro un Hey svogliato. "Bhe ehm lei è Camilla." Le faccio un sorriso più falso dei fiori nel cimitero. Lei mi saluta con la sua voce limpida, chi non si innamorerebbe della sua voce? Tom la fa sedere sul divano e mi prende da parte. "Chi è quella?" "Hope, è una mia amica, niente di più." "Thomas non prendermi in giro" "Te lo giuro, è solo un'amica" Non gli rispondo più, esco di casa e non saluto nessuno. Ho le lacrime agli occhi, no, non piangere adesso Hope, devi essere forte, ma chi prendo in giro, io non sono forte. Come posso essere forte senza la mia roccia? Perché se la mia roccia diceva di amarmi mi ha fatto questo? Io lo amo, per questo non lo distruggo, perché lui non ha fatto lo stesso con me? Perché lui può permettersi di distruggermi? Per quello ci pensano già le mie insicurezze. Lei ha un bel nome, Camilla, appena lo senti te ne innamori, ti trasmette serenità, il mio, bhe il mio ti trasmette inquietudine e paura. Lei è bionda con occhi nocciola luminosi, io ho i capelli e gli occhi marroni. Lei è magra, io non so neanche cosa voglia dire essere magra. Lei ha un sorriso che ti trasmette felicità e sicurezza, io non so neanche come si sorride. Si Thomas, hai fatto bene ad innamorarti di lei. Evidentemente non eri innamorato di me, lo dicevi solo per cercare di farmi andare avanti, per compassione. Che schifo, ti odio. Ti amo talmente tanto da odiarti. E ti odio perché ti amo, ti amo nonostante tutto, nonostante me. Ti odio perché quel sorriso mi ha stregata. Ti odio perché rendi la mia vita migliore. Ti odio perché quando sono con te non mi disprezzo. Ti odio perché la mia vita sembra avere un senso quando sto con te. Ma adesso? Adesso? Adesso non c'è più niente. No, non mi sto facendo dei castelli, sono sicura che tra Thomas e Camilla ci sia qualcosa di più. Ma Thomas come puoi dirmi delle bugie? Thomas, così non mi difendi, così mi distruggi. Mi siedo su una panchina, non c'è niente intorno a me, non c'è nessuno. Finalmente un po' di pace, beh almeno fuori perché dentro di me c'è la guerra. Ho gli occhi spenti e lo sguardo basso. Guardo le mie cosce, fanno schifo, sono troppo grosse, ecco perché non potrei mai piacere veramente a Thomas, ecco perché non potrò mai piacere a me stessa. Il mio corpo, il mio corpo è il fondamento delle mie insicurezze. Non ricordo un minuto in cui non ho pensato di odiare il mio corpo, di odiare me stessa. Ma si vive, si continua a vivere o forse, nel mio caso si sopravvive. Però adesso sono sola, sola e desolata proprio come questo posto. La mia vita adesso è vuota e io sono distrutta. Non riesco più a trattenere le lacrime e scoppio a piangere. È insolito perché quando inizi a piangere per una cosa, finisci per piangere per tutto. Piango e penso al fallimento che sono, non potrò mai reggere il confronto con Camilla, dai, lei è perfetta. Perché in questo mondo vince solo chi se ne frega di tutto ma a me importa di te Thomas, per questo non vinco mai, per questo non vinco te. oh Thomas, tu mi hai insegnato ad amare, mi hai insegnato a sorridere perché si, quando sorridi inizio a farlo anche io. Thomas mi hai insegnato a sopravvivere in questo mondo ma forse sopravvivevo perché ti avevo vicino. Thomas tu mi rendi forte anche se non lo sono veramente, perché quando ti ho accanto, tutto va nel verso giusto, o meglio, andava nel verso giusto. Non sono al posto di Camilla adesso perché non vinco mai, perché non sono niente per nessuno, ma non mi importa. Mi importa solo di essere qualcuno per te. Perché quella volta che mi avevi detto che mi amavi, mi avevi reso la ragazza più felice del mondo, anche solo per un secondo. Lo ricordo come se fosse successo tre secondi fa, eravamo sotto una quercia quasi a rappresentare che insieme eravamo forti, forti proprio come quella quercia, quasi a rappresentare che il nostro amore sarebbe durato secoli. Avevi delle vans nere, camicia bianca, skinny jeans e cappellino bordeaux, eri perfetto. Io avevo la maglietta dei Guns N' Roses, dei normalissimi jeans usati e strappati e gli anfibi. Eravamo seduti sotto quella quercia, era primavera, tutto il prato era pieno di fiori, era tutto stupendo, stupendo come te. Avevo la mia testa sulle tue spalle, tu mi abbracciavi, mi sentivo protetta, finalmente. Stavamo scherzando quando ad un certo punto ti eri alzato, mi avevi preso per mano e mi avevi rubato un bacio. Rivivo ogni giorno quel momento, rivivo ogni giorno quel bacio così impacciato e perfetto allo stesso momento. Thomas, ero stata talmente sciocca da chiederti cosa significava il tuo gesto, la tua risposta mi aveva completamente fermato il battito e il respiro: "bhe significa che ti amo". Non ti avevo risposto, ero e sono una codarda. Probabilmente non ti risponderei neanche adesso, probabilmente rimarrei in silenzio anche adesso, probabilmente scapperei come feci allora. Ma adesso? Adesso non mi rimane niente, solo il ricordo. Probabilmente mentre ripenso al passato, lei sta poggiando la sua testa nello stesso posto in cui l'avevo posata io, probabilmente la stai baciando nello stesso modo impacciato con cui avevi baciato me. Con gli occhi annebbiati dal pianto, mi alzo la manica della camicia e rileggo il mio tatuaggio, si "stuck in her daydream", è fottutamente vero quello che c'è scritto perché come sempre sto pensando al passato mentre il presente scorre e mi passa inesorabilmente davanti o meglio mi trapassa.

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Capitolo 8
*** -capitolo ottavo ***


"Hey" Mi volto, è Thomas, mi ha seguita. Ha il fiatone ed è tutto sudato. "Che vuoi? Vai da lei, ti aspetta. Sto bene da sola." "Smettila di fare finta che tutto vada bene, cos'hai?" "Veramente? Cos'ho?" Lo guardo con gli occhi pieni di lacrime Avvicina la mano al mio viso per asciugarmi le lacrime. Lo fermo. "Smettila di fare così." Thomas, ero come un vaso rotto, mi stavi aiutando a ricompormi ma poi ti sei girato e mi hai fatto cadere. Sono di nuovo a pezzi, come prima, come sempre. Thomas smettila di illudermi, smettila di sorridermi anche se quel sorriso è tutto quello che ho. Mi alzo dalla panchina, faccio per andarmene e lui mi prende da un braccio. "Non andare" "Faccio la stessa cosa che hai fatto tu" Mi stringe ancora di più il braccio "io sono ancora qui" Siamo fermi una davanti all'altro in silenzio perché le lacrime hanno fermato persino le parole e il respiro. Ci guardiamo dritti negli occhi. "Sei stupenda" "Smettila di farmi del male" "Ti ho fatto un complimento" "Non credo ai complimenti" "Ma tu credi in me." Non gli rispondo, non so neanche più io a cosa o a chi credere, non credo più a niente. Lo guardo ancora dritto negli occhi Thomas: "Cosa guardi?" "Te" "E cosa vedi?" "La mia vita" Siamo rimasti in silenzio per circa dieci minuti senza staccare lo sguardo l'uno dall'altra. Abbasso lo sguardo, mi giro, prendo la borsa e me ne vado. Ho gli oggi pieni di lacrime, non mi sta seguendo, non gli importa niente di me. Mi giro, è seduto sulla panchina con il telefono in mano, si dai, chiama la tua Camilla. Esco fuori dal parco e prendo il primo bus, non so dove andare, non voglio tornare a casa, a casa c'è lui o forse lui è la mia casa. È strano, come può il tuo muro delle meraviglie essere la causa della tua distruzione? Lui è la parte più bella di me, di me forse non c'è niente bello. Sicuramente non c'è lui. Forse non c'è mai stato, forse non c'è mai stato niente, forse è solo un brutto sogno o forse è la cosa più bella che mi sia mai successa, sinceramente non lo so. Mi tocco la parte del braccio dove lui mi aveva stretta, era ancora rossa, si stava formando un livido. Lui è ancora qui con me e non penso di riuscire a dimenticarlo. Vedo un volantino per un audizione, forse posso farcela da sola! Ma chi prendo il giro, io senza di lui non vado da nessuna parte. Mi sento sola, più sola del solito, non pensavo potesse esistere questa sensazione. Come posso sentirmi più sola di come sono già? È come se la parte più bella di me mi avesse abbandonato. Sono sola. Non ho più lacrime, non ho più niente, non ho più lui. Sono asciutta dentro, ho gli occhi rossi dal pianto, ho le labbra stanche di chi ha sorriso quando tutto stava crollando. Adesso non ho più Thomas a farmi da schermo, ho solo il mio finto sorriso. È strano come un sorriso possa allontanarti da tutte quelle domande inutili sul perché stai così. Perché stai male Hope? Secondo te perché? Cioè, guardatemi, chi non starebbe male in un corpo come il mio? Mi danno fastidio queste persone, perché devi sottolineare il fatto che sono lo schifo che cammina? Perché devi far finta di non capire l'evidenza? Sto camminando senza una meta, non ne ho mai avuta una. Si è fatta mezzanotte, sono seduta su un marciapiede di una strada parallela. Ho ancora il volantino in mano, non so se chiamare Thomas o no. Mi arriva un messaggio. "Vieni a casa, ho bisogno di te" era Thomas. Il mio muro delle meraviglie, la mia roccia, la persona che mi aveva distrutto aveva bisogno di me. Lo odio, lo odio da morire, lo odio con tutto il mio cuore, lo odio perché nonostante tutto quello che mi ha fatto lo amo ancora e lo amerei sempre. Lo odio perché farei di tutto per lui. Lo odio perché mi aveva fatto sentire almeno per un secondo felice. Lo odio perché ha ribadito tutto quello in cui credo, lo odio perché quando finalmente ero felice, mi ha fatto crollare il mondo addosso. Lo odio perché mi ha protetta. Lo odio perché lui forse, mi ama. Prendo il primo taxi e ritorno a casa. Salgo le scale con un peso al petto, un macigno, il macigno delle mie insicurezze. "Hey, che vuoi?" Mi prende la mano, "tieni" Mi ha dato il volantino che avevo visto in città. "Quindi?" Thomas accenna un sorriso imbarazzato "bhe possiamo provarci" Gli occhi mi si inscuriscono "ti servo solo per questo vero?" "Hope non dire queste cose, lo sai che non è vero." Mi guarda dritta negli occhi "lo sai che non ti farei mai del male" "Ormai l'hai già fatto." "Hope non so più come dirti che io e Camilla siamo solo amici" "Thomas non so più come dirti che non me ne frega niente." Non è vero, me ne importa eccome ma sono troppo orgogliosa per dirti quello che provo veramente, per dirti che tu sei la mia ancora. Ti prego Thomas, non andartene. Suona il campanello, era Camilla, l'aveva chiamata lui. Thomas la smetti di prendermi in giro? Thomas mi lascia il volantino in mano e va ad aprirle la porta. È vestita di un bianco candido, puro. Ha una gonna lunga bianca, un golfino e dei sandali, è bellissima. È il mio esatto contrario, io sto indossando stivali neri, jeans strappati e una camicia indossata da tre giorni. Hope, perché ti illudi ancora? Perché vai sempre da lui? Perché lo ami così tanto? Perché non lo riesci a far andare via? Perché non riesci a stare in piedi da sola? Perché la tua ancora deve essere lui e non puoi essere tu stessa la tua ancora? Perché sei fatta così? Perché sei un mostro negativo? Me ne vado in camera mia senza fiatare, accennandole un sorriso. Sono seduta sul bordo del letto tenendo la testa bassa e le mani congiunte. No, questa volta non piango, non si merita le mie lacrime anche perché non ne ho più. Mi corico sul letto, prendo le cuffiette e clicco su play. La musica è l'unica mia amica, è l'unica che mi fa andare avanti. "Because maybe You're gonna be the one who saves me ?" È Wonderwall. La sto cantando con la voce rotta dal pianto e dal dolore. Perché si Thomas, tu sei quello che mi salverà, anche se lo stai già facendo. Oh Thomas, sei il mio muro delle meraviglie, mi stai salvando e ricomponendo ma allo stesso tempo mi lasci cadere e io mi spezzo. "Non credo che nessuno Senta quello che provo io per te adesso" più va avanti la canzone più mi vengono in mente i vecchi tempi, solo io, te e la musica. I tuoi sorrisi spontanei, la mia mano nella tua ogni volta che avevo paura, il tuo dirmi che avevo cantato bene quel pezzo, la tua positività. Mi ricordo tutto, lo sto rivivendo come se tu fossi ancora qui vicino a me con la batteria e io con la mia chitarra. È tutto così reale ma purtroppo non lo è. È cambiato qualcosa, forse la speranza di vivere grazie alla musica sta sempre di più diventando un sogno irrealizzabile, troppe porte in faccia, troppe delusioni, troppe cose in ballo. Troppi pomeriggi passati ad aspettarti e ad aspettare di cambiare. Ma forse devo cambiare aria, devo andarmene, scappare da questo posto, da questo mondo, scappare da te, da me. La mia vita è sempre stata un eterno scappare da quello che poteva rendermi più debole di quello che ero già ma tu mi rendi forte e debole allo stesso tempo, non è possibile, non sei reale. Mi curi ma poi mi fai del male. Mi sorridi e poi mi pugnali alle spalle. Il problema sono io, il mio problema è che ti amo, più di me, più di te, più di tutto. Prendo un pezzo di carta e butto giù una bozza di una canzone: "i see your name every day, I see your eyes on the walls, but you don't know my name.." Si perché sei tra gli occhi della gente, vedo il tuo sorriso in quello degli altri. Ma forse è ora di cambiare aria, di andarmene però ovunque vada l'unica mia casa rimarrà il tuo sorriso che mi rendeva più forte delle fondamenta di un castello, più forte delle radici di un albero secolare. E Thomas scusami se non ti ho mai dimostrato che quel bacio di anni fa era stata la cosa più importante della mia vita perché tu lo sei. Scusami perché dietro quel buongiorno avrei voluto dirti molto di più, scusami perché ogni volta che cadevo tu mi aiutavi anche se non era stata colpa tua e scusami perché ti amo e grazie perché ci sei sempre stato e grazie perché sei l'unico che ha creduto in me, l'unico che mi ha amato e che forse mi ama ancora. E scusa ancora perché per proteggerti ti ho fatto del male e scusami perché esisto. E scusami perché siamo rimasti fermi e sommersi in questa storia più grande di noi. Scusami perché pensavo di riuscire a dimenticarti ma non ci riesco perché mi ritornano in mente i tuoi sorrisi, le nostre corse sotto alla pioggia, le nostre mani unite come a sfidare il mondo, perché se noi siamo insieme riusciremo a sconfiggere il mondo e i demoni che ci sono dentro di me perché si, io sono un mostro negativo. Esco di casa senza considerare nessuno. Cammino con le cuffiette nelle orecchie, le mani fredde e le lacrime nel cuore. Mi corico su un prato nel centro. Sono le due di notte, tutti guardano il cielo stellato, tutti felici, perché io non ci riesco? Perché non riesco a sentirmi finalmente bene con me stessa? Forse ho bisogno di te Thomas perché non riesco a fare amicizia subito? Perché sono me? Chiudo gli occhi, ti vedo, sei vestito con jeans e canotta, sei perfetto, mi sorridi oh se sei stupendo Thomas, smettila. Mi vedo, ti vedo, ci vedo. Stiamo sorridendo, siamo mano nella mano come una volta, felici contro tutto il mondo. Mi stringi a te, guardiamo il tramonto. Mi scende una lacrima, perché, perché non è così facile? Sento del rumore vicino a me. "Hey Hope!" Era Donald. "Cosa ascolti?" Io: "i miei pensieri" "E cosa dicono?" "Lo sai" Abbassa lo sguardo, si mette una mia cuffietta nell'orecchio: "bene, li ascolto anche io dato che tu ti diverti a farmi scervellare per farmi capire quello che ti passa in quella piccola testolina" Gli sorrido, quasi per cortesia, volevo stare da sola ma lui era qui, qui per me. Chi l'avrebbe mai fatto? Non ci sono mai stata neanche io per me. Donald è così, resta anche se tu gli dici di andarsene. Resta sempre. Resta perché sa che ogni volta che gli dico "vattene, voglio stare sola", se mi lasciasse sola, mi farebbe morire. Se resto sola ascolto troppo la mia testa, e questo non va bene. Me lo dice sempre Donald. "Hope, resto anche io, anche se non vuoi, resto e resterò per sempre, ovunque tu vada io ti seguirò perché da sola non puoi stare." Donald, io sono da sola anche in questo momento, sono da sola anche se tu sei qui adesso, sono da sola sempre. Mi sento da sola in qualsiasi posto o situazione. Mi sento sola persino nel centro di Londra. L'unico che non mi fa sentire sola è Thomas, lo sai anche tu Donald, lo sanno tutti.

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