Thad Harwood in:
sopravvivere agli
svariati attacchi (sessuali e non) di uno Smythe.
Eccoci al
terzo giorno: ancora grazie per le recensioni e le letture.
Piccola nota
per questa “os” particolare. In realtà
è nato come primo capitolo di una long che
avevo in mente, ma non avendo il tempo materiale per scrivere il
seguito, ho
deciso di darle spazio, seppur piccolo. Nella mia testa potrebbe essere
associato a più o meno un qualsiasi telefilm a sfondo
medico. Si, ok. Mi sono
presa una certa libertà, ma spero che comunque vi piaccia.
Ciò
detto,
non è improbabile che tra qualche mese questa os possa
tornare ad essere il prologo
di una nuova long.
Grazie a smythwood per aver betato.
Grazie a
voi.
E buona
lettura.
Giorno III
Divisa rossa
*
-Clarington,
muoviti! -
Ma, come da
copione, nessuna risposta.
Quell’ordine,
che sapeva più di preghiera, si perse tra gli stretti
corridoi dello
spogliatoio.
Sebastian
sbuffò, staccandosi dalla parete con un movimento del
bacino, e andando a
cercare l’amico disperso. Non tanto per preoccupazione, se
Hunter fosse caduto
nella fossa biologica di facoltà in quel momento non avrebbe
fatto una piega,
quanto perchè per sbaglio Clarington aveva tirato su anche
il suo badge, a
casa, e quindi, lasciando morire lui, avrebbe lasciato morire anche le
proprie
speranze di laurearsi, non vedendosi confermata la presenza.
Svoltò
a
destra, sapendo perfettamente dove trovarlo e con chi.
-Fossi in te gli
metterei le mani in
mezzo alla gambe, Cameron. -
suggerì Smythe, rivelando la propria presenza. - Sembra dotato, sai? -
Cameron
James rise contro le labbra dell’altro ragazzo, aprendo gli
occhi e lanciando
un’occhiata divertita a Sebastian.
-Concentrati.
- lo ammonì Hunter, stringendogli i fianchi e cercando di
escludere Smythe
dalla visuale dell’altro ragazzo.
-Per questa
volta, guardo, tranquilli. - ghignò Sebastian, appoggiando
il fianco sinistro
all’armadietto e fissandoli.
E come se
quello sguardo potesse trasmettere una sensazione tattile, Hunter ne
avvertì la
pressione sulla nuca, tanto da sbuffare e ammettere. - Ok, hai vinto,
Smythe. -
diede un ultimo e delicato bacio sulle labbra di Cameron. - Andiamo. -
James
alzò
gli occhi al cielo, ridendo e camminando al fianco del proprio ragazzo.
-
Continuiamo dopo. - gli accarezzò il dorso della mano,
sorridendogli
dolcemente.
-Sicuro. -
rispose per lui Sebastian, sporgendosi e dando un bacio a Cameron. - A
questa
sera, fidanzato. - lo salutò, afferrando Hunter per il
polso, che baciò
frettolosamente James, a sua volta, e si fece trascinare fuori dallo
spogliatoio.
-Buon
lavoro, ragazzi. - li salutò.
*
-Smythe, non
siamo in una relazione a tre. - bofonchiò Hunter, irritato
dalle manifestazioni
di affetto che l’altro riservava al suo fidanzato.
-Ovviamente:
io non starei mai con uno come te. - rispose Sebastian, schiacciando il
pulsante per prenotare l’ascensore. - E Cameron non ti
tradirebbe mai. -
aggiunse.
Hunter
rilassò le spalle, immediatamente confortato da quella
rivelazione che, oramai,
pur conoscendola a memoria, lo confortava ogni volta.
L’ascensore
arrivò e i due entrarono in silenzio, voltandosi, poi, nella
direzione delle
porte, che pochi secondi dopo si chiusero.
Sebastian
schiacciò il tasto che indicava il terzo piano, continuando
a fissare di fronte
a sé.
Clarington
si accigliò. - Non sei a chirurgia, Seb. - gli fece notare.
Smythe
alzò
il sopracciglio e, nel giro di due secondi, sembrò
ricordare. - E’ lunedì. -
-Già.
-
confermò Clarington, premendo il tasto che li avrebbe
portati al piano “meno
uno”.
Le porte
dell’ascensore si aprirono e i due guardarono i chirurghi
schizzare da una parte
all’altra dell’accettazione, afferrando quasi al
volo cartelle e leggendo
attentamente.
Sebastian
sembrò sul punto di mettersi a piangere, le porte si
richiusero poco dopo. - E’
il giorno della rotazione. - ammise.
L’ascensore
scese.
-Dove siamo
per questo semestre? - domandò, passandosi una mano sulla
faccia.
-A
radiologia. - rispose Hunter, tirando fuori dalla tasca della propria
divisa
blu il fonendoscopio.
-Cosa?! -
domandò Sebastian, voltandosi e osservandolo con
un’espressione disperata.
-Sebastian,
imparare un po’ di diagnostica non ti farebbe male. -
spiegò Hunter. - Tu non
ti sbrigavi a scegliere il secondo reparto, l’ho fatto io per
te. -
-Perché
non
esiste un secondo reparto. - Sebastian schiacciò tutti i
pulsanti
dell’ascensore. - C’è solo la chirurgia.
- Diede una manata al pannello di
comando. - Fatemi uscire. -
-Sebastian.
- lo ammonì con pazienza, prendendogli la mano e facendo
partire l’ascensore. -
per laurearci dobbiamo ruotare su due reparti. - gli spiegò
per la ventiduesima
volta. - Tu vuoi fare il chirurgo, sì? -
-Si. -
rispose Smythe, stranito da tutta quella gentilezza.
-Allora. -
le porte di aprirono. - Fila a radiologia! -
Hunter gli
rifilò una spintone , facendolo uscire
dall’ascensore.
*
Il Dottor
Thad Harwood quella mattina rischiò di essere travolto da un
giovane alto e in
divisa rossa.
Il ragazzo
era balzato fuori dall’ascensore e per pochi centimetri non
lo aveva buttato a
terra nel pieno dell’accettazione della radiologia-
L’improvvisato
aggressore non aveva prestato attenzione a Thad, ma, voltandosi, aveva
insultato quello che presumibilmente doveva essere un proprio compagno,
e se
n’era andato, non degnandolo nemmeno di un tentativo di scuse.
Harwood
osservò l’altro ragazzo, vestito di blu, seguirlo
e, insieme, avviarsi nel
reparto.
Sbuffò
tra
sé, si sistemò la divisa azzurra e
controllò l’orario sul proprio telefono
cellulare: aveva ancora una decina di minuti prima di iniziare.
Salutò
le
infermiere e controllò i programmi della giornata: studenti, studenti e studenti.
Quel dottorato
si era rivelato una
vera fregatura: sperava di far attività di ricerca, invece
il proprio
responsabile gli aveva scaricato sulle spalle tutta
l’attività didattica.
Morale?
Stare dietro a dei saccenti laureandi che di saccente avevano solo
l’atteggiamento, ma che in pratica valevano molto poco.
Si
passò una
mano tra i capelli e ricordò a se stesso che quella tortura
sarebbe durata solo
tre mesi, e che, se tutto fosse andato come doveva andare, nessuno
avrebbe
avuto domande e le
lezioni sarebbe
filate lisce e senza un fiato.
Entrò
nella
piccola aula adibita alle riunioni e come previsto, a malapena gli
studenti
notarono il suo ingresso, continuando a parlare tra loro.
Si
portò
vicino la cattedra, non attese nemmeno di ottenere il silenzio: sapeva
perfettamente di sembrare un comunissimo tirocinante di quella
facoltà.
Iniziò
a
parlare, sovrastando il brusio. - Buongiorno,
sono il dottor Harwood, il vostro tutor di radiologia.
E dal fondo
dell’aula si udì un: -
Merda, il tizio
che a momenti uccidevo fuori dall’ascensore. -
Il ragazzo con
la divisa rossa.
|