Love me, I just love you

di Non ti scordar di me
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Incontri e scontri ***
Capitolo 3: *** Pre-Festa ***
Capitolo 4: *** La festa ***
Capitolo 5: *** L'incidente ***
Capitolo 6: *** Salvataggio ***
Capitolo 7: *** Confraternita Velociraptor ***
Capitolo 8: *** Verità svelate ***
Capitolo 9: *** Piangere ***
Capitolo 10: *** L'allegra brigata in vacanza! ***
Capitolo 11: *** In viaggio ***
Capitolo 12: *** L'Universo ***
Capitolo 13: *** Litigi ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


~~Love me, I just love you
Prologo
Bonnie’s Pov

Ero in ritardo. In un ritardo pazzesco. Ed era solamente il primo giorno di scuola. Già m’immaginavo il professore Tanner che mi urlava contro.
Tutta colpa della festa di ieri. Ero andata ad una festa e avevo fatto troppo tardi, circa le due di notte. Io non amavo le feste, ci ero andata per mantenere un prestigio sociale all’interno della scuola.

Eh si, anche la piccola scuola di Fell’s Church era divisa in gruppetti,che odiavo con tutto il cuore.

Ero arrivata a scuola tutta affannata e speravo che la campanella non fosse ancora suonata. Il cortile era pieno di ragazzi eccitati al loro primo giorno di scuola. Alzai gli occhi al cielo, cosa c’era di così divertente ed eccitante ad andare scuola?

M’incamminai, come mio solito, verso i miei amici. Elena era venerata e adorata da tutti, a scuola avere i capelli biondi come il grano e gli occhi color lapislazzulo era sinonimo di stupidità e facilità. Lei non era così, se si conosceva a fondo era una ragazza molto intelligente e simpatica. Meredith era taciturna e saggia, non parlava mai a sproposito ed era una ragazza bruna con carnagione olivastra.

Noi tre con altri tre ragazzi, nonché miei migliori amici eravamo sopranominati i ‘nuovi popolari’.
Popolari perché eravamo i primi che non si inchinavano ai ragazzi più grandi, non mi abbassavo mica ai voleri di quegli stupidi!
Nuovi perché fino a quando i ‘vecchi popolari’ non si diplomavano, noi non potevamo prendere il loro posto, questo a loro parere.
Tutto funzionava secondo una gerarchia sociale. Io da tutti ero ricordato come ‘la Rossa’ o come ‘la finta riccia’, dipende dalle voci che giravano.
Non sopportavo questo modo di pensare. Tutto girava attorno a noi e attorno a quelli più grandi.

A mio parere era qualcosa di stupido, visto che un giorno nessuno ricorderà che io ero una delle ‘popolari’, ma sarò un volto anonimo su un annuario scolastico.

Mi sedetti sulla staccionata, scrocchiando un bacio al mio migliore amico Stefan. Ci conoscevamo fin dalle elementari e gli volevo un bene dell’anima!
Oltre che ad essere incredibilmente intelligente, era innamorato di Elena.

« Ragazzi, siamo ritornati a scuola! » trillò contenta Elena, per un momento sembrava uno di quei quattordicenni con gli ormoni a palla. Tutti noi la guardammo nettamente sconvolti. Lei non faceva tutte queste effusioni, soprattutto in pubblico!
« A chi somiglio? » chiese dopo poco. Scoppiammo tutti a ridere. Aveva fatto una grande imitazione di un nerd, io lo dicevo sempre che era perfetta per la carriera d’attrice.

Suonò la campanella. Io e le mie amiche ci avviammo verso la nostra noiosissima lezione di storia con il professore più noioso che io avessi mai conosciuto: Tanner.

Camminando, io e Mer vedevamo Elena molto ambigua ad osservare tutto e tutti, come un segugio. Cosa le stava prendendo?

« Ele, cosa osservi? » chiesi io, distraendola da questo suo modo di fare molto strano. Lei diventò tutta rossa e iniziò ad arrotolarsi i capelli su un dito. Primo segno che era in netto imbarazzo.

« Ehm…Vi ricordate quella società…come si chiama…Vitale Society!? » chiese continuando con il suo bizzarro comportamento.
La Vitale Society? Era una società a delinquere, si occupava di traffici d’armi e scambi di droga, non era affar mio.
Io e Meredith annuimmo e lei continuò la sua interessantissima spiegazione.

« Vi ricordate quel bonazzo? Occhi scuri, capelli corvini. Che se ne andò un paio di anni fa? » La finezza. La mia amica era ironicamente il sinonimo di finezza, quando voleva.

« Ovvio! Chi se lo scorda un tipo così! » sbottò Meredith. Pure Mere? Ora anche lei, se ne stava uscendo di senno. Persino lei stava diventando matta!
« E’ ritornato! Ha diciannove anni. E’ perfetto! » trillò contenta. Ora mi iniziavano a quadrare le cose. La mia amica si era invaghita di un delinquente? Un maleducato? Un truffatore?

Da lontano aveva agguantato già la sua preda, i suoi occhi si erano assottigliati e assomigliava ad una cacciatrice…Quando Elena faceva così non prometteva nulla di buono.

« Ho un’idea. » disse convinta. Iniziò ad accelerare il passo, il soggetto in questione era davvero un bel soggetto. Non molto alto, ma non m’importava poiché io non ero tanto alta; occhi neri come la notte, capelli corvini simili alle piume di un corvo e atteggiamento distaccato con tutti.

Elena con passo deciso si avviò verso di loro, seguiti da una Meredith particolarmente eccitata e da una Bonnie che camminava a testa bassa. Mi piaceva parlare di me in terza persona.

La mia amica bionda fece finta d’inciampare, facendo cadere i libri a terra. Da copione quei ragazzi che le ronzavano attorno dovevano affrettarsi a prenderle i libri.

Peccato che il copione non era andato a buon fine. Nessuno si era mosso. Si era sentito solamente un ‘imbranata’, quasi in un sussurro; però era un grande smacco per la sua autostima.
Sinceramente era una scena divertente e bizzarra, dovevo registrarla. Elena, particolarmente stizzita, raccolse i libri e sbatté i piedi a terra.

« Io ho geografica astronomica. A mensa. » annunciò ondeggiando i capelli con finta non- chalange. Meredith scoppiò in una risata liberatoria e mi fece cenno di raggiungerla dall’odioso, vecchio Tanner.

Io sorrisi e sistemai i miei lunghi boccoli rossi. Camminavo sempre a testa bassa e non vidi dove misi i piedi.
Sentii un gridolino represso. Aprii il primo occhio e poi il secondo, avevo calpestato con il mio piccolo tacchetto il piede del grande Boss, così sopranominato da tutti.

Presi un’enorme respiro. Alzai il piede dai suoi stivali rigorosamente neri, come il resto del suo abbigliamento. Mi girai di spalle, ma venni bloccata da una mano fredda.

Un contatto quasi inesistente, fredda come il ghiaccio. Quel contatto era gelido e pungente, ricordava mille aghi infilzati nel mio polso.

Mi girai e mi scontrai con i suoi occhi tetri e agghiaccianti. Il suo sguardo era impenetrabile, così difficile da decifrare. La sua presa era ancora salda sul mio polso e speravo che quel contatto finisse al più presto.

« Stai. Più. Attenta. » mi disse sillabando ogni singola parola. I miei denti tremavano e avevo la pelle d’oca. Il corridoio era fermo, chi non reagiva per paura e chi se ne stava sgusciando nella propria classe.

Annuii ferma. Lui mi lasciò, finalmente, il polso. Respirai a fondo e mi guardai attorno. La sua banda ci osservava sconvolti. Cos’era successo? Perché ci fissavano sconvolti?
Stavo andando nell’aula di Tanner, ma la sua voce mi bloccò ancora obbligandomi a girarmi.

« Già che ci sei, Pettirosso…Dì alla tua amica che a me non piacciono le bionde. Preferisco le rosse.» continuò con sguardo malizioso. Una ragazza normale si sarebbe eccitata ed emozionata ad un complimento del genere, io venni travolta da un senso di paura enorme... Quel tipo tutto sembrava, fuorché un ragazzo apposto che poteva amare una persona.

Mi liberai dalla sua presa troppo forte, mi girai e feci finta di niente. Dietro di me sentii dei brusii da parte dei suoi compari, lo stavano prendendo in giro? Scossi la testa e mi avviai verso l’aula 36.
 

Arrivata davanti alla porta, con delicatezza, entrai in classe e fui travolta da quel maledetto di Tanner.
« Signorina McCollough, si svegli prima la mattina! » sbraitò arrabbiato. Sgusciai accanto a Meredith che mi chiedeva spiegazioni.
« Sono stata…trattenuta…da..da..un imprevisto! » improvvisai su secondo. Meglio non dirle dell’incontro, con tutti queste orecchie in giro…Magari più tardi a casa mia glielo avrei spiegato con calma.

Presi il mio libro e iniziai a sottolineare con l’evidenziatore rose le parti più importanti della lezione. Quando Tanner inizia a parlare non la finiva più! Ed era una lagna totale.

Toc. Toc

Qualcuno aveva bussato alla porta, interrompendo il noiosissimo salmone del professore. Con espressione rabbuiata andò ad aprire la porta. Entrò lo stesso individuo con cui avevo discusso poco prima. Arrossii alla sua vista, mentre lui sorrise.

« Signor Tanner! Si ricorda di me? » chiese strafottente. Tanner accennò ad una risata amara.
« Certo, che mi ricordo di lei signor. Salvatore. Al suo posto. » ordinò furente. Lui con calma si accomodò al suo posto, si stravaccò sulla sedia e mi fece l’occhiolino. Girai la testa di scatto, presi una ciocca di capelli e la posizionai dietro l’orecchio.

Il mio sguardo era teso, il suo strafottente. Io sudavo freddo, lui era rilassato. In che razza di guaio mi ero cacciata? Maledetto lui, quando era ritornato a Fell’s Church!

Cercavo di seguire la spiegazione del professore, mentre fantasticavo con la mente. Per gli esercizi mi sarei arrangiata in qualche modo.
Meredith mi tirò un calcio sotto il banco. Le tirai un pugnetto sul braccio. Lei si schiarì la voce.

« Ti sta fissando. » mi sussurrò lei, indicando il corvino. Non sapevo neanche il suo nome. E non lo volevo sapere. Effettivamente era rivolto completamente verso di me…Che palle! Mi lasciavo influenzare dal primo che passava!

« Davvero? Non l’ho notato… » dissi facendo cadere lì il discorso. Meredith non insistette oltre, ma sulla faccia aveva un sorriso di chi la sapeva lunga e di chi voleva sapere cos’era successo.

Mi annoiavo a morte. Avevo davanti a me la mia borsa e il libro di storia aperto. Sentii la mia borsa vibrare. Con cautela cercai di non farmi notare e di vedere da chi era il messaggio.

Era un messaggio da parte di Elena. Chissà cosa mi scriveva. Aperto il messaggio, trovai un identikit del corvino.

Da: Elena
Qui mi sto annoiando, ma ho delle informazioni. Si chiama Damon, 19 anni, ripetente, bello, dannato, boss della malavita. Non è fantastico? *-*

La mia amica era diventata matta. Proprio che i guai li andava trovando! E la cosa peggiore e che quel buffone aveva provato ad attaccar bottone con me…Upf!

Per: Elena
Se lo dici tu… -.-“

Non ero entusiasta all’idea che la mia amica volesse conquistare un tipo come quello, era bene tre anni più grandi di noi, anzi quattro! Tra poco lui avrebbe compiuto vent’anni. Perché ci veniva ancora a scuola?

Mi chiedevo, anche, perché Elena non si poteva accontentare di Stefan. Era bello, elegante, un vero gentlmen! Altro che quel rozzo…
Chiusi la conversazione con Elena, visto che Tanner mi fissava torvo e non volevo essere sospesa il primo giorno di scuola.

Dopo poco, sentii Mere pizzicarmi il braccio. La guardai infastidita. Lei da sotto al banco mi passò il suo cellulare. Aveva ricevuto un messaggio anche lei, ma non era simile al mio.


Da: Elena    Per: Meredith
Ho una notizia enorme. Prossimo loro traffico. Oggi.. Ci andremo! E lo conquisterò. Fosse l’ultima cosa che faccio! ^-^

Mi schiaffai istantaneamente una mano sulla fronte. La mia amica era una pazza. Una malata. Una delle sue mitiche feste, equivaleva ad uno scambio di roba grossa. Cosa che non prometteva affatto bene.

« Tu l’appoggi? » mi chiese Meredith. Dire che non volevo appoggiare la mia amica a conquistare quel balordo era dire poco, io non volevo che lei frequentasse quel bifolco!

« Vuole immischiarsi in un affare non suo? E’ pazza! » Le dissi alzando forse un po’ troppo il tono di voce. « Io non l’appoggio. » affermai convinta.
Ripresi la mia calma, molto precaria e iniziai a seguire il professore, finché non mi vibrò nuovamente il cellulare.

Da: Sconosciuto
Non evitare i miei sguardi… D.

Presi un enorme sospirone. Era da mittente sconosciuto. Quella frase…In quest’aula l’unica persona che mi sta fissando…era quel delinquente, si era firmato con una ‘D.’ e il suo nome era Damon. Possibile che mi invii messaggi? Ma la domanda più importante era: come faceva ad avere il mio numero? Chiusi il messaggio e misi le mani fra i capelli.

Drin. Drin

Il trillare della campanella mi fece alzare la testa di scatto, raccolsi velocemente i libri e i quaderni, li misi nella borsa mi alzai e mi catapultai fuori da quell’aula, da lui e dai suoi stramaledettissimi occhi color pece.

Scansai velocemente le persone e mi avviai verso l’altra aula. Stavo per entrare, ma quella stessa mano che mi afferrò poco prima, mi prese e mi sbatté contro il muro.
« Do una nuova festa, Pettirosso. Domani, al nuovo night club. » disse fermo. Perché me le cercavo tutte io? Quella presa così forte mi faceva male e sentivo gli occhi pizzicarmi e farsi più lucidi. Non avevo il coraggio di rispondergli. Mi aveva chiamato Pettirosso?

Mi accarezzò con cautela il viso e il suo respiro si avvicinava al mio, il mio petto si alzava e abbassava al ritmo del cuore.
« BONNIE! » Urlò una voce non poco lontano da me. Girai la testa e vidi la folta chioma bionda della mia amica farsi vicina.

Deglutii. Elena mi scrutava con sguardo predatorio. Ricacciai le lacrime, mentre cercavo di liberarmi della presa di quel cafone. La sua mano lasciò il mio polso e ammiccò ad Elena.

« Damon..Ti va di pranzare con me? » chiese con occhioni dolci. Benissimo, la mia amica aveva un appuntamento assicurato con un bel ragazzo, poco raccomandabile.
Lui scoppiò in una risata cristallina.

« Ne faccio a meno. Non pranzo con bionde formose, preferisco le rosse timide. » detto ciò liquidò me ed Elena. Avevo un sorriso da idiota sulla faccia, forse perché era la prima volta che un ragazzo snobbava la mia amica e che mi faceva dei complimenti. Elena, invece, aveva lo sguardo assottigliato e il viso rosso di rabbia.

« Bonnie! Mi aiuti? Tu hai detto che non ti piace. » sibilò triste. Vidi nei suoi occhi un velo di tristezza, effettivamente a me non piaceva e se a lei interessava…problemi suoi. Era così delusa che non si era resa conto del suo apprezzamento sulle bionde.

« Ti aiuterò! » dissi rassegnata. Quando Elena aveva un idea, nessuno poteva distoglierla dal suo obbiettivo, tanto vale aiutarla.
Iniziò a saltellare contenta, mi scrocchiò un bacio sulla guancia e si affrettò ad andare alla sua lezione. Sbuffai sonoramente.

Con tutto quello che era successo, non avevo notato che quel cafone mi aveva lasciato un bigliettino tra le mani. Era l’invito alla sua festa. Che mezzucci stupidi…Il solito ragazzo che voleva avere tutto e tutte ai suoi piedi. Lo infilai nella borsa e entrai in classe.

***
Andare in mensa, era come vedere un documentario sulla gerarchia animale. I secchioni erano ai lati della mensa seduti a terra, i più popolari al centro che osservavano tutti, i musicisti ai margini e così via. Io mi avviai verso il nostro solito tavolo.

Mi sedetti accanto a Stefan, che mangiucchiava a poco a poco la sua insalata ed Elena era di fronte a me che architettava piani insensati.
Iniziai ad esaminare la pasta rafferma che avevo nel vassoio. Il cibo era penoso. La pasta era rafferma, il pane era sottilissimo, la carne era una poltiglia grigiastra, per non parlare del dessert…una specie di mousse che tutto sembrava, ma non un dolce!

Elena, finalmente, smise di parlare. Alzai il volto e presi un boccone di cibo.
« Prima lui ha detto che sono stupida, dandomi della ‘bionda formosa’. Il mio piano è quello di spiarlo, ricattarlo e.. » alla parola ‘ricattarlo’ mi andò di traversò il boccone di pasta.

« Bonnie! Bevi un bicchiere d’acqua.. » mi disse Stefan, porgendomi l’acqua. L’afferrai e ne bevvi un enorme sorso.
« Comunque, lo ricatteremo alla sua festa, dobbiamo intrufolarci.» sputai l’acqua che avevo in bocca e iniziai a tossire. Volevano intrufolarsi dove?

Stefan mi aiuta a respirare meglio, vedevo nei suoi occhi la tristezza. Gli accarezzai teneramente il viso e lui mi abbracciò. Elena sorrideva a quella scena, sperava che tre me e lui nascesse qualcosa ma eravamo solo amici.

Il telefono di Stefan vibrò. Lui lo estrasse dalla tasca e ne lesse il contenuto. Scoppiò a ridere e mi passò il cellulare.
«  Bonnie, hai un ammiratore.. » mi sussurrò nell’orecchio tra una risata all’altra. Lessi il contenuto del messaggio, mentre il mio amico giustificava la sua risata liberatoria.
 

Da: Sconosciuto
Toglie le mani dal Pettirosso.   D.

Gli ridai il cellulare. Quel tipo era strano…Mandava messaggi senza motivo, non solo a me, anche al mio amico!
Mi guardai intorno, lui non era in mensa. Come faceva a sapere che ero abbracciata a lui? In lontananza vidi il tavolo della sua gang…ma lui non c’era. Forse loro lo avevano avvertito, anzi sicuramente.

« Non abbiamo l’invito, però. » brontolò triste Elena. Mi ricordai che quel tipo mi aveva dato un invito, forse dovevo darlo alla mia amica…Però lui lo aveva dato a me.

Scossi la testa rassegnata. Presi l’invito alla festa e lo estrassi dalla borsa.
« Lo ha dato a me. Tieni. » le risposi io, raggiante. I suoi occhi s’illuminarono e iniziò a scalpitare contenta.

« Perfetto! La prossima mossa è: spiare il suo incontro con i suoi amici. » disse normale. Sperai che l’incontro con i suoi amici, non sia in un posto poco raccomandabile, una pizzeria malfamata o un vicolo di alcolizzati?

« Avete presente quel capanno malfamato? » io e Meredith focalizzammo il posto. Si trovava dietro la scuola ed era il ritrovo di quei delinquenti. Annuimmo di rimando.

« Ho sentito che si incontreranno lì, oggi. » disse seria. Io non avevo, ancora, capito il piano.
Sbuffai sonoramente.
Notai che gli studenti intorno a noi si erano zittiti. La loro banda si era alzata e tutti li osservavano silenziosi. Matt non li sopportava e Stefan ancor meno, ma per lui l’importante era la felicità di Elena. Volevo un ragazzo così dolce e premuroso, anch’io!

Elena si alzò di scatto, affidò la borsa a Matt e corse dietro quelli, senza dare nell’occhio. Meredith che si era allontanata da noi un attimo per prendere una bottiglietta d’acqua, ci lanciò uno sguardo perplessa.

Il volto di Stefan era teso. Sapevo che quello che stavo per fare era del tutto insensato e che quello che mi poteva capitare ad avere contatti con gente simile, era molto pericoloso.
Voleva seguirli? Sbuffai infastidita. Presi la mano di Mer e la trascinai fuori spiegandole a grandi linee cosa stava facendo quella soggetta della mia amica.

Correndo, all’inseguimento di quella pazza, evitavamo le persone che ci venivano incontro e ignoravamo le persone che ci criticavano.
Se la mia amica perdeva il ‘suo maledetto posto sociale’ non doveva venire a lamentarsi con me! Eravamo fuori dalla scuola.

Il vento era freddo, vedevo da lontano il corpo di Elena dietro il capanno che ascoltava tutto. Mi avvicinai quatta quatta a lei con Meredith.
« Elena! » La chiamò lei. Io era poco più dietro. Mentre quelle due litigavano a bassa voce, io m’interessavo a quello che dicevano. Mi abbassai di poco e mi spostai da loro per sentire meglio i loro trascorsi.

Nel capannone c’erano sette ragazzi…ma lui non c’era. Strano. Ero sicura di averlo visto, chissà dov’era finito. Stavano commerciando…eroina? Io l’avevo detto che non era una buona idea venirli a spiare!

Mi girai di spalle e mi ritrovai a pochi centimetri dal viso di Damon Salvatore, che mi scrutava nettamente arrabbiato. Si bloccò il respiro.
Mi afferrò la mano e mi trascinò – letteralmente – via da lì. Lo odiavo, quando faceva così. Mi chiedevo perché faceva così il complicato, perché mi doveva importunare? Anche se ero stata io a spiarlo e seguirlo.

« Ti vuoi mettere nei guai? » mi chiese freddo. Feci cenno di ‘no’ con la testa. Mi strattonò la manica. « Non. Cercarmi. Più. » continuò più tetro. Prima mi mandava messaggi, poi li mandava a Stefan e poi mi diceva di non seguirlo più! Deglutii.

Il vento era sempre più impetuoso. Tremavo come una foglia, non era la giornata più indicata per indossare una camicetta. Lui sbuffò sonoramente, si tolse il giacchetto di pelle e me lo adagiò sulle spalle. Lui…lo aveva…veramente..fatto? Rimasi senza parole.

Mi prese la mano e mi portò via da lì. Speravo che Elena e Mere se ne erano già andate da lì, altrimenti chi sentiva gli sproloqui i loro sproloqui!
Vidi Stefan con lo sguardo duro fuori dalla scuola. Il corvino si diresse a passo deciso verso Stefan, sempre tenendo salda la presa sulla mia mano. Era a maniche corte. Non aveva freddo?

« Perché lo fai? » Mi venne del tutto spontanea questa domanda. Lui, un figo da paura, che s’interessa a una come me?

« Mi affascini. » Disse semplicemente, facendo cadere lì il discorso. Non lo sopportavo. Era ufficiale. Stefan vedendomi con lui, ci venne incontro.
Damon e Stefan erano vicinissimo uno all’altro.
Per un momento avevo paura che si prendessero a cazzotti. La tensione era alle stelle.

« Ti ho riportato, il Pettirosso. Stai più attento alla tua ragazza, non farla andare in giro a curiosare nel capannone. Se la vedeva qualcun altro non so, se l’avessero trattata così. » Disse serio.

Era ufficiale, quel tipo era lunatico. Aveva detto ‘tua ragazza’? Aveva capito che ero fidanzata con Stefan? Ma cosa più importante…Perché continuava a chiamarmi con quell’odioso sopranome?

« Grazie. Starò più attento. » sibilò a denti stretti Stefan. Lui accennò un sorrisino. Stefan mi portò verso di sé, stringendomi al petto. Perché continuava con questa falsa?

Damon si avvicinò a me. Le sue fredde labbra si posarono sulla mia guancia. Fredde, ma contemporaneamente calde.
Mi ammiccò, subito dopo.

« Ci vediamo alla mia festa. Se vieni non portarlo. » disse semplicemente. Dopo di ché fece un cenno d’intesa a Stefan e si avviò verso il capannone.
I miei occhi lo fissavano assorta. Mi resi conto di aver addosso la sua giacca di pelle, non gliel’avevo restituita. Sarà per la prossima volta.
Sorrisi leggermente. Un'altra scusa per infastidirlo.

“L'amore non vuole avere, vuole solo amare.”
-Herman Hesse

 

 

 

Angolo della pazza: Salve a tutti lettori di efp! Sono ritornata, ma non con un nuovo capitolo; bensì con una nuova storia! Contente? *fischi di no*
A parte gli scherzi, spero che questa storia possa interessare tutti, anche più delle mie precedenti. Io quando l’ho scritta sono rimasta stupefatta da come mi è uscito il primo capitolo. E’ iniziato dal fatto che volevo scrivere una fan fiction Originale, poi quando lo ho riletta con nomi diversi, ho pensato perché non adattarla al mio Bamon *-*? L’ho riscritta ed è uscita questa cosa o anche storia, come preferite chiamarla! Xd
E’ la prima AU che scrivo, quindi sarà un po’ OOC. Spero che recensirete in tante/i. Ringrazio Angie94, Puffetta2001, Pagy94. La dedico alle mie due amiche Simo e Marzy che mi hanno spinto a pubblicarla.
Per me conta molto sapere cosa ne pensate, a me sembra una buona idea. Accetto critiche e consigli, purché siano sensate. Grazie mille a tutti!
Bacioni :-*:-*:-*:-*:-*:-*
Cucciolapuffosa

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Capitolo 2
*** Incontri e scontri ***


 

Love me, I just love you~~

Capitolo 1: Incontri e scontri
Bonnie’s Pov

Stefan mi rivolse uno sguardo duro e mi portò dentro la scuola, mentre io continuavo a fissare il punto da cui lui se n’era andato. Avevo ancora indosso la sua giacca di pelle, questo significava che un giorno o l’altro lo avrei dovuto rincontrare!

Al solo pensiero mi veniva la pelle d’oca e mi tremava leggermente il corpo.

La campanella era già suonata da tempo, tutti se n’erano ritornati a casa loro; ad eccezione dei ragazzi che frequentano qualche progetto extra-curriculare. Io e le mie amiche frequentavamo, da sempre, il corso di pallavolo, con qualche mio amico.

Sentii Stefan sospirare e fermarsi.

« Bonnie. Cosa è successo là? Cosa ti ha fatto? » chiese con occhi indagatori. Apparentemente, Damon non mi aveva fatto niente fisicamente, ma la mia autostima stava salendo sempre di più.

« Niente, Stef. Non mi ha sfiorata. » gli risposi cristallina. Era la verità, dopotutto. Chissà se Elena era riuscita a ricavare delle informazioni, dopo la figuraccia che mi aveva fatto fare!

« Piuttosto…Che significa che io e te siamo fidanzati? » chiesi io, piuttosto scettica al riguardo. Avevamo fatto tanto per smentire queste voci che correvano in giro e ora se ne usciva con un’altra novità. Lui si grattò la nuca, molto imbarazzato.

«Una scusa. Deve starti lontano, ora per lui siamo fidanzati. Non voglio che lo frequenti. Non è una brava persona. » mise subito in chiaro. Questo lo avevo capito che non voleva che ci avessi a che fare.

« Non ti preoccupi, minimamente, di Elena? E’ lei che lo vuole! Perché metti su questa farsa solo per me? » chiesi alzando, il tono di voce. Sicuramente Stefan, non aveva capito che Elena quando se n’era andata dalla mensa, era andata a spiarli. Altrimenti già ora, avrebbe scatenato un putiferio.

« Perché Elena riesce a cavarsela, tu sei così fragile. Sei un fiore. » disse, mentre mi accennava un sorrisino. Quelle frasi erano riuscite ad addolcirmi. Il mio amico era un’inguaribile romantico, che preservava in primo piano l’amicizia e poi l’amore.

Lo abbracciai sorridente. Lui era il mio amico e non si meritava tutte queste bugie che gli stavo dicendo. Sciolto l’abbraccio, mi accarezzò i capelli e mi rivolse un enorme sorriso.

Da lontano vidi Elena e Meredith, che correvano col fiatone verso me e Stef. Sperai con tutto il cuore che Elena non dicesse stupidaggini, sennò dovevo dire la verità al mio amico ed ero sicura che lui non ne sarebbe rimasto contento.

« Abbiamo l’arma del ricatto. Prossima mossa: festa! » trillò contenta. Mi schiaffai una mano in fronte, mentre Stefan mi rivolgeva un’occhiata preoccupata. Feci un sorriso sforzato.

« Bonnie…cosa.. » iniziò Elena, ma si bloccò a metà frase, visto che aveva compreso che Stef di tutta questa storia non ne sapeva niente. O meglio, sapeva che Elena aveva in mente un piano, ma non pensava che lo realizzasse veramente.

« Quale festa? » s’intromise lui, che in tutto questo non ci capiva un bel nulla. Tutte e tre ci lanciammo un’occhiata preoccupata. Prese parola Meredith che sembrava la più calma.

« Bonnie? Non hai detto a Stefan della festa? » chiese lei, facendo finta di essere indignata. Non poteva trovare un’altra scusa? Damon mi aveva detto di non portarlo! Che guaio!

« Ah..già. Una festa, al nuovo night club…Non te l’ho detto, perché il resto della comitiva non è stata invitata. » dissi, inventando una stupidaggine su due piedi; però come scusa poteva andare.

Lui subito si accigliò. Ne aveva già sentito parlare di quella festa, ma non sapeva che ero stata invitata e sapeva bene chi l’aveva organizzata.
« Ti accompagno. » disse abbracciandomi per il bacino, lasciandomi un bacio sulla guancia. Ma cosa stava facendo? Cos’erano tutte quelle smancerie?

« Perfetto! Ti mando le informazioni tramite sms. » intervenne Elena, con il suo solito fare da prima donna. L’abbraccio durava ancora. Vidi che Damon e la sua banda di amici stavano entrando a scuola. Ora capivo, cosa significavano tutte quelle smancerie.

« Io vado a cambiarmi, ci vediamo a pallavolo. » disse allontanandosi. Sospirai. Me l’ero scampata. Addosso avevo ancora il suo giacchetto di pelle.

« Ho registrato le informazioni più incriminanti. Domani, gli farò vedere io, chi è la stupida.» disse, con un non so che di malvagio nella voce. Elena sapeva essere molto malvagia, quando voleva.

« Comunque, Bonnie dov’eri? Ti abbiamo persa. » mi chiese Ele. Oddio! Quante domande!

« Mi ero allontanato un attimo. Pronte per pallavolo? » chiesi io, cambiando completamente argomento.
« Ovvio! Ho sentito che anche Damon lo frequenta! » disse euforica Elena, incominciando a correre verso lo spogliatoio femminile. Io e Meredith scoppiamo a ridere.

Entrai nello spogliatoio e vedevo di tutto e di più. Ragazzine piccole che si credevano già grandi solamente perché indossavano il reggiseno, ragazze grandi che si vestivano come se dovessero andare ad una sfilata di moda.

Questo era come la pensavamo io e le mie amiche. Anche se credo che Elena, oggi non sia del mio stesso parere, visto che indossava una maglietta più trasparente del solito.

Io indossavo dei semplici short e una canotta grigia. I capelli li legai in un’alta coda da cavallo, così da non darmi fastidio mentre giocavo.
Uscii dallo spogliatoio e vidi la mia acerrima nemica: Caroline Forbes. Un metro e settanta di puro egoismo, testardaggine e caparbietà. Aveva capelli lunghi biondi che le arrivavano sopra il sedere e occhi verdi da gatto. Era insopportabile.

« Bonnie, cara! Non vedo l’ora di poter competere con te! » disse strillando, come un’oca. Perché usava tutti questi mezzucci? Si sapeva che quella, era solo una smorfiosa e che le importava solo di sé e sé.

« Ma certo, Care. » le risposi con eguale odio e con un pizzico di gentilezza. Corsi verso i miei amici e in lontananza, da solo, c’era Damon. Si era appartato in un angolino della palestra e non parlava con nessuno.

Probabilmente i suoi ‘amici’ non facevano nessun programma extra-scolastico, però mi chiedevo perché aveva scelto proprio il corso di pallavolo!

Feci finta di non notarlo e continuai a correre verso i miei amici. Zander e Matt frequentavano il rugby, mentre stranamente Stef quest’anno aveva deciso di venire a pallavolo con me, Mere ed Elena.

« Stefan e …mi sfugge il tuo nome..» disse l’allenatore, indicando Damon.

« Sono Damon. » disse, sottolineando il suo nome. L’allenatore fece cenno ai due di avvicinarsi. Già mi sentivo che questa lezione di pallavolo non sarebbe andata a buon fine.

« Siete i capitani. » annunciò il professore. Ora ero sicura che non potevo uscire viva da questa situazione.

Entrambi si fecero avanti e si lanciarono un cenno d’intesa, che tutto sembrava fuorché un cenno da persone civili. Sperai con tutto il cuore che nessuno dei due mi scegliesse per prima.

« Pettirosso. »
« Bonnie. »

Mi chiamarono contemporaneamente. Ma avevo sulla testa un cartello con la scritta ‘Infastiditemi’! Mi alzai da dov’ero e mi avviai verso quei due.

Stefan mi prese la mano e mi trasse a sé, ma un ringhio da parte di Damon attirò la sua attenzione.
« L’ho scelta io per prima, il Pettirosso. » disse, prendendomi per l’altra mano e attirandomi in malo modo verso di sé. Non so come, inciampai sui miei stessi piedi; ma Damon mi afferrò prontamente per i fianchi.

Stefan gli si avvicinò.
« Togli le TUE manacce, dalla MIA ragazza. » sibilò arrabbiato. Lo disse con un fil di voce, che lo sentii a mala pena io.

Iniziarono a litigare, senza una ragione. Io, cosa facevo? Stavo lì e li fissavo, chiedendomi se fossi una calamita per i guai.
« Basta! Stefan, un po’ di educazione! E’ nuovo! Bonnie, vai con lui in squadra. » stavo per replicare, ma il professore mi fece cenno di stare zitta.

Le squadre man mano si stavano formando e per fortuna Elena capitò in squadra con Damon. Lei lo stava mangiando con gli occhi, mentre lui era neutro.

Già m’immaginavo Elena e Damon abbracciati, mentre fumavano. Non erano una bella coppia! E mai lo saranno!

Io mi posizionai alla battuta. Aspettai il fischio d’inizio. Non so come, la battuta andò a buon fine. Caroline fece un palleggio alto – sempre con le sue solite moine – , la prese Mere e quella Barbie fece una schiacciata epica.

La palla mi colpì in pieno stomaco. Caddi a terra, stizzita; mentre mi tenevo la pancia. Mi aveva fatto male. Sentivo gli addominali contrarsi e farmi ancor più male. Maledetto, il giorno in cui sei nata Caroline Forbes! Urlavo tra me e me, arrabbiata come non mai.

Il professore fischiò il primo punto a nostro sfavore. Damon si avvicinò a me e mi rivolse una semplice occhiata.
« Tutto bene? » chiese freddo. Stavo benissimo! Avevo ricevuto una pallonata sul mio stomaco e io stavo bene! Mugolai qualcosa di incomprensibile e mi alzai, da sola; visto che quel maleducato non si era preoccupato di aiutarmi!

« Bonnie! Vuoi che ti porti in infermeria? » chiese, subito, Stefan. Lo ringraziai mentalmente per la sua gentilezza.

« No, Stef. Grazie mille. » dissi, rivolgendogli un sorriso. Damon tossì rumorosamente, mi girai verso di lui e mi rivolse uno sguardo scottante.
« Ma che bravo! Il principe azzurro che aiuto la principessa. Peccato che non sempre dietro un principe, si nasconde un vero uomo. » disse
sprezzante. L’atmosfera si fece tesa.

Stefan gli rivolse uno sguardo carico d’odio. Elena lo fissava e quasi sbavava alla vista di Damon con quella maglia che lasciava poco spazio all’immaginazione. Damon che imprecava a bassa voce, contro qualcuno. E Caroline che rideva soddisfatta, sotto i baffi.

Non la sopportavo! Feci finta di niente e la partita continuava, non nei migliore dei modi. Le frecciatine tra Damon e Stefan erano sempre più frequenti, Elena e la Forbes per poco non si prendevano a capelli lì sul campo e persino Meredith stava perdendo le staffe! Nella sua squadra c’era un tipo che la provocava di continuo, se non sbaglio si chiamava Alaric.

Io ero sul chi va là.
Mi era sempre piaciuta la pallavolo, ma mai come oggi volevo andarmene da lì. Non era proprio giornata. Non avevo mai vissuto un primo giorno di scuola così brutto.

« Professore, non mi sento molto bene. Posso andare via, prima? » Chiesi, facendo finta di stare male. Lui mi squadrò un attimo e poi mi fece un cenno di assenso. Me ne andai da lì, per la gioia mia e di Caroline.
 

Erano le 18:00. Avevo un pomeriggio davanti, potevo fare di tutto; se non avessi già dei compiti da fare. Durante la lezione di storia dovevo stare più attenta, non avevo capito niente! Sfogliavo le pagine e quello che vedevo, mi sembrava qualcosa di barboso e noioso, se non peggio. La letterature inglese a confronto non era nulla!

Ero stesa sul letto e fissavo il vuoto, con il libro davanti a me. Mi concentrai al massimo per studiare almeno qualche nozione, che mi assicurasse la sufficiente in storia. Avevo una buona media, ma non riuscivo a studiare la storia.

Il professor Tanner non faceva capire niente! E io ogni anno mi ritrovavo o con un debito o con una insufficienza, che forse poteva passare ad una sufficienza. Tanner mi odiava!

Mi ridestai da questi pensieri, perché il mio cellulare stava vibrando. Mi sedetti sul letto e iniziai a cercare il mio cellulare. Lo trovai sotto il cuscino. C’erano due messaggi. Uno da parte di Stefan, che mi chiedeva come stavo. E un altro da uno Sconosciuto.

Da: Sconosciuto
Scendi sul vialetto di casa tua.  D
.

Quel tipo strambo stava sfiorando la follia! Perché mi mandava messaggi? Peggio di uno stalking! Buttai il cellulare sulla scrivania e continuai a leggere il mio testo di storia. Anche se m’incuriosiva sapere cosa significava quel messaggio. Dopotutto non mi aveva chiesto la luna, solo di scendere un attimo sul vialetto.

Mi alzai dal letto, indossai le pantofole e mi scesi con cautela le scale. In casa non c’era nessuno, i miei genitori erano ancora a lavoro e mia sorella Mary era all’università, quindi non sarebbe ritornata prima del weekend.

Aprii la porta. La prima cosa che notai erano una famigliola di piccoli Uccellini, che risiedevano sulla quercia del mio giardino. Dopo poco spiccarono il volo e io sorrisi leggermente.

Il cellulare vibrò nuovamente. Lo estrassi dalla tasca posteriore dei miei short, era sempre da parte sua.

Da: Sconosciuto
Sposta lo sguardo più avanti, Pettirosso.  D.

Sorrisi a quell’adorabile sopranome, era dolce. Scacciai quel pensiero alquanto strano dalla mia testa. Damon Salvatore era solo un delinquente! Nulla di più! Alzai lo sguardo e vidi da lontano un Damon con la faccia da prendere a schiaffi e con lo sguardo sorridente e malizioso. Il mio sguardo era tra lo sconcertato e l’imbarazzato.

Indossavo uno short e una semplice maglia, che arrivava sopra l’ombelico.
« Come mai qui? » chiesi facendo l’indifferente, ma dentro di me speravo che se ne andasse al più presto. Io non amavo stare a stretti contatti con gente come lui.

« Sono venuto a fare un giro. » disse strafottente. Mi allungai di poco, per afferrare dall’attaccapanni la sua giacca di pelle. Mi avvicinai a lui e gliela lanciai con poca gentilezza. Lui la afferrò al volo e si avvicinò pericolosamente a me.

Mi prese per i fianchi e mi trasse a sé, ad un soffio dalle sue labbra. Mi posò sulle mie spalle il suo giubbotto.

« Tienilo tu. Indossalo domani. » disse sorridente. Mi allontanai da lui. Forse dovevo dirgli che avevo deciso di portare degli amici.
« Io…ehm…Posso..potrei..portare..degli amici? » chiesi titubante. Lui accennò un ‘sì’ con la testa. Perché ogni cosa che faceva, gli dava un tocco di mistero?

« Come mai eri lì, oggi? » chiese, rimanendo vago. Non traspirava nemmeno un briciolo di emozione. Come se non gli importasse di niente e di nessuno.

« Io…ero…andata a fare..un giro. » dissi balbettante. La sua presenza così ravvicinata, mi dava alla testa. Avevo inventato una scusa a dir poco penosa. Nessuno ci avrebbe creduto.

« Dimmi la verità. » m’invitò con più galanteria. Ma perché voleva sapere tutto di tutti? Perché doveva infastidire me!?

« Problemi con il tuo ragazzo? » chiese, con tono investigativo. Il mio ragazzo? Avevo un ragazzo? Ah si, Stefan era il mio finto ragazzo!

« Non vedo, perché dovrei parlarti dei miei problemi sentimentali. » borbottai infastidita, girandomi e dandogli le spalle. Sentii le sue mani poggiarsi sui miei fianchi e lasciarmi un bacio sulla guancia. Sorrisi leggermente, mentre le mie guance si coloravano di un tenue rossore.

« Ti và una passeggiata? » mi sussurrò all’orecchio. A quella domande le mie mani iniziarono a sudare e il mio cuore aumentò i battiti. Se pensava che io fossi la solita ragazza facile- forse un po’ come Elena – si sbagliava di grosso.

« In un’altra vita. » dissi girandomi verso di lui. Il suo sguardo era interrogativo. Indietreggiai di poco, ma il suo sguardo era fisso nel mio. Il suo respiro sapeva di alcool, possibile che oltre ad essere un trafficante, era anche un alcolizzato? Andavamo di bene in meglio.

« Mi piaci, quando fai così. A domani, Pettirosso. » disse allontanandosi da me e salutandomi con un cenno del capo.
 « A domani, Damon. » sibilai avvilita. Gli diedi le spalle e chiusi la porta. Sbuffai e ritornai in camera mia.

Cercavo di studiare, ma più il tempo scorreva e meno avevo voglia di studiare. Notai che era già passata un’ora. Quanto tempo ero stata fuori? Se domani prendevo un’insufficienza, la colpa era solo la sua. Chiusi il libro e sistemai i libri per domani nella mia nuova tracolla. Mi gettai – con poca delicatezza – sul letto e iniziai a giocherellare con il mio cellulare a Candy Crush Saga.

Adoravo quel giochino! Il mio giochino fu interrotto dalla musichetta di un messaggio. Speravo che non fosse di Damon. Incrociai le dita e aprii il messaggino. Era solo di Wind, che mi avvertiva della ricarica telefonica. Sospirai felice. Non mi aveva più importunato.
Posai la testa sul cuscino e caddi nelle braccia di Morfeo.
 

Era buio. Ovunque andavo, vedevo solo il buio. Ero rannicchiata in un angolino di un luogo che non avevo mai visto, o forse sì. In tutti i casi, essendo tutto buio non sapevo se mi trovavo in una stanza o in un luogo aperto. Avvertivo un leggero venticello, che mi sfiorava la pelle.
« Aiuto! C’è qualcuno? » urlai a squarciagola.
« Raggiungimi…Esci da lì. » disse una voce, nel buio. Cercavo di correre verso quella voce, ma ogni volta che raggiungevo la meta indicata, la voce cambiava direzione e con essa, anch’io.
Correvo a destra e a sinistra, finché non urtai un corpo solido. Non sentii l’impatto con il terreno, visto che mi ero caduta su questo sconosciuto.
« Pettirosso… » sibilò lo sconosciuto. Conoscevo solo una persona che mi chiamava così. Solo lui.
«Bonnie…Vieni da noi… » sussurrò l’altra voce. Ora più nitida, la potevo riconoscere tra mille. Era la voce di Stefan.
Tutt’un tratto la scena cambiò istantaneamente. La stanza era divisa in due: dalla parte destra c’era una luce folgorante e dalla parte sinistra c’era l’ombra e l’ignoto. Cosa scegliere? Non riuscii a pronunciare parola. La terra sotto i miei piedi iniziò a tremare, si formò un enorme crepaccio. Riuscii solo ad intravedere degli occhi neri brillare nell’oscurità, prima di essere inghiottita dalle tenebre.

 

Alzai la testa dal cuscino. Il mio respiro era affannato. La mia coda del tutto disfatta ed ero tutta sudata. Vidi dalla mia sveglia che era l’una di notte. Quanto avevo dormito? Mi ero addormentata presto, avevo saltato la cena e non avevo salutato i miei genitori, tornati dal lavoro.
Non avevo indosso il pigiama, ma ero coperta da una coperta leggera, probabilmente mamma mi aveva coperto.

Mi alzai dal letto e indossai il mio pigiama, che consisteva in una canotta e dei pantaloncini che arrivavano alle ginocchia. Non indossavo vestaglie, come Elena; per me erano troppo scomode.

Scesi le scale e sentii i miei genitori che russavano profondamente. Camminai verso la cucina con cautela e bevvi un po’ di acqua minerale. Spensi la luce, ma venni distratta da un urlo soffocato. Incuriosita, presi le chiavi di casa e uscii fuori in giardino.

Dall’altra parte della strada vidi dei ragazzi, su per giù di vent’anni che picchiavano un loro coetaneo. Attraversai la strada e mi nascosi dietro un albero. Erano quattro ragazzi che se la prendevano con uno solo. Era sleale. Riconobbi i capelli corvini in quella massa.

Damon? Cosa ci faceva lì? Mi avvicinai sempre di più.

Uno di loro sganciò un pugno in pieno stomaco a Damon, che reagì piuttosto male. Intorno a quei due che si picchiavano, c’erano altre persone che tifano chi per uno chi per l’altro. Damon non stava avendo la meglio.

Indietreggiai di poco, ma calpestai un rametto. Tutti si girarono nella mia direzione. Ora sono letteralmente fottuta, in tutti i sensi.

« Pettirosso? » chiese Damon, mentre si teneva la testa ancora su di giri. Si notava lontano un miglio che aveva bevuto qualcosa, ma non era drogato. Altrimenti l’avrei notato.

I suoi compari – sicuramente alcolizzati – si avvicinarono a me. Damon li fissava con occhi assottigliati.
Si fece spazio tra loro e mi afferrò il polso, visibilmente arrabbiato. Dovevamo inventarci una scusa e al più presto.
 

 

“Le persone timide notano tutto e la cosa buffa è che nessuno nota loro
Cit. Anonimo”

 



ANGOLO DELLA PAZZA: Sono ritornata. Mi spiace se aggiorno così in ritardo rispetto alla stesura del prologo, ma è stato difficile scrivere il capitolo per via dei compiti e per via della chiusura del quadrimestre. Vi avverto che sono bloccata con l'altra storia, quindi non so se con certezza quando aggiornerò.
Vediamo un po' la situazione: Stefan si finge il fidanzato da Bonnie (dillo Stef che sei geloso ù.ù), vanno poi a pallavole ed entra in scena Caroline (dillo Bonnie che la vuoi strozzare, io ti dò una mano xD), Damon le fa una piacevole sorpresa (dillo Bonnie che ti ha fatto piacere ^-^) e infine il piccolo problemino che vedremo come si risolverà nel prossimo capitolo.
Sinceramente penso che Damon in questa storia, anche se umano, non è molto OOC. L'ho lasciato sempre un po' stronzo, visto che noi lo amiamo così ^-^
Vorrei ringraziare le ragazze che hanno inserito la storia tra le preferite:
1- Angy94
2- laliter_in_love
3- Lisetta95
4- Pagy94
Un ringraziamento va anche a chi ha inserito la storia tra le seguite:
Deb8
2- Desyree92
3- Jess Chan
4- JoeDepp
5- Windowsinthesky
E grazie anche a chi ha solo recensito, come Ciliegoeloto, Gino10110, Cate25 e un doppio ringraziamento va a Pagy94 e Angy94.
Mi piacerebbe sapere se aveste qualche idea sucome vorreste che la storia continuaste, accetto critiche e consigli purché siano sensate ^-^.
Spero che recensiate in tante, per me contano molto le recensioni. VI RINGRANZIO ANCORA. GRAZIE MILLE! <3 <3
Bacioni :-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*
Cucciolapuffosa



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Pre-Festa ***


Love me, I just love you
Capitolo 2: Pre-Festa
Bonnie’s Pov

 
Damon mi scrutò con rabbia, mantenendo salda la presa sul mio polso. I suoi amici erano ubriachi fradici e non controllavano più le loro azioni. Uno in particolare di loro mi colpì, un maleducato che rideva e inghiottiva litri e litri di Bourbon.

« Ma che piacere! » disse questo ‘individuo’, con sguardo folle. Mi nascosi dietro Damon e mi strinsi a lui più del dovuto. Iniziò pian piano ad indietreggiare.
« Damon…che fai! Non mi dire che la proteggi! » gli chiese scuotendo la bottiglia. Sapevo che Damon aveva un nomea tutta sua, ma non aveva l’aria di uno che se la prendesse con le ragazze e con me si era sempre comportato da perfetto gentiluomo. Ma che dicevo? Stavo impazzendo.

« Fatti una manciata di cazzi tuoi. » sibilò Damon. Che finezza! Perché mi cercavo i guai? O meglio perché loro mi perseguitavano?
« Ah si? Tu te li sei fatti, quando stavo con Katherine? » chiese sprezzante. Katherine? Quella Katherine?

Damon era fermo davanti a me, mentre la rabbia gli stava salendo sempre di più. E la cosa più strana era che non negava ciò che quello diceva, anzi stava solo là, fermo e impassibile come suo solito.

Quel tipo si avvicinò a me e mi strattonò lontano da lui. Per una volta, volevo che Damon mi calcolasse o che mi prendesse in giro! Che reagisse, perché la paura stava salendo in me sempre più velocemente. Mi sfiorò con la mano il volto. Rabbrividii e trattenevo a stento le lacrime.

« Sei carina. Sei la sua ragazza? » chiese canzonatorio. Damon alzò di scatto la testa, i suoi occhi erano fiammeggianti di rabbia e per un momento pensai che forse era meglio rimanere lì con quello sconosciuto che chiedergli aiuto.

« Non toccarla. Non pensarla. Non sfiorare l’idea di fare ciò che penso neanche nell’anticamera del cervello. Hai capito, Klaus! » urlò arrabbiato. Il suo tono di voce, anche se urlava, era molto pacato;ma percepivo un leggero senso di nervosismo in lui. Si stava arrampicando sugli specchi.

« E chi me lo vieta? » chiese sbeffeggiandolo. Damon, a quel punto, con la rabbia che traspariva da tutti i pori della sua pelle mi prese per la mano e mi trasse a sé. Ma ero per caso un oggetto, che mi sballottavano qua e là?

Mi accarezzò i capelli e mi abbracciò. Era un suo strano modo…di scusarsi?
Sussurrò qualcosa di incomprensibile e mi prese la mano. Presi a camminare con lui. Speravo che quelli non ci seguissero.

« Non finisce qui, Damon! » urlò Klaus – se non sbaglio, si chiamava così –
Continuammo a camminare ignorandolo. Il mio pensiero era sempre rivolto a Katherine…Era davvero morta per mano di Damon? Se fosse così lo dovevo dire ad Elena, per forza. Questa faccenda riguardava anche lei ed era più implicata del dovuto.

Notai che Damon emetteva dei piccoli gemiti, si era ferito? Attraversammo la strada ed eravamo davanti casa mia. La porta era chiusa, ma con me avevo le chiavi. Aprii la porta sperando che i miei genitori non si svegliassero.

« Pettirosso, stai bene? » chiese lui, facendo un po’ il distaccato. Annuii con un semplice si. Mi sorrise fiacco, con uno di quei sorrisi insopportabili.

« Posso… » Non mi fece terminare la frase, che posò un dito sulle mie labbra. E avvicinò il suo corpo al mio. I nostri nasi si sfioravano a malapena e il suo sguardo ghiacciato incuteva timore.

« Non fare domande, non risponderei. » mi disse freddo. Io non avevo intenzione di fare domande, volevo andare subito al sodo. Con uno scatto repentino si allontanò da me, emise un gemito. Quel cretino non voleva neanche dirmi che si era ferito!
« Damon…ma sei ferito? » chiesi. Era più una domanda retorica. Si vedeva che aveva l’occhio arrossato e dalla maglietta usciva del sangue.

« No. Tranquilla. » Sbuffai sonoramente. Detestavo le persone che negavano aiuto, per orgoglio. Lui era una di quelle persone che aveva un orgoglio grande quanto il mondo.
« Vieni. Non ti faccio niente. » gli sussurrai, invitandolo ad entrare in casa. Alzò gli occhi al cielo ed entrò in casa. Chiuse la porta con un po’ troppa forza e si sentì un rumore. I miei genitori!

Gli presi la mano – primo mio errore – e lo condussi nella mia camera, - mio secondo errore – e chiusi repentinamente la porta alle mie spalle.
« Sei un grande coglione! » gli dissi a denti stretti. Era possibile che io gli volevo dare una mano e lui doveva farmi scoprire? Se i miei genitori mi scoprono in stanza, con un ragazzo, per giunta più grande di me e sanguinante mi avrebbero rinchiuso in camera per tutta la vita.

« Attenta, a come parli! » mi minacciò. Mi schiaffai una mano in faccia. Ed ora? Misi un orecchio alla porta. Mia madre stava venendo da me!
« Ti devi nascondere! Nell’armadio! Nasconditi nell’armadio! Io vado a letto, così non do sospetti.» gli dissi ferma. Il mio armadio era ad ante grandi, quindi lui poteva entrare senza problemi.

Sbuffando, lo strascinai – letteralmente – dentro l’armadio. Spensi velocemente la luce e mi coricai. Mamma entrò in stanza. Io tenevo gli occhi socchiusi. Stava andando verso l’armadio!

« Mamma? » chiesi io, facendo la finta voce impastata dal sonno. Erano le due, non potevo avere una voce arzilla e riposata.
Lei si girò verso di me, mentre io maledii nella mia mente Damon.
« Hai sentito dei rumori? » chiese, anche lei notevolmente assonnata. Negai con la testa e feci uno sbadiglio. Lei mi lasciò un bacio fra i capelli ed uscì dalla stanza. Aspettai che ritornasse in camera sua e chiusi a chiave la porta, per evitare altri inconvenienti.

Mi affrettai ad andare da Damon. Aprii le ante dell’armadio, ma inciampai nei miei stessi piedi andando a finire sopra di lui. La sua espressione era dura. Gli rivolsi uno sguardo interrogativo. Lui indicò il suo stomaco.

Mi ricordai che era ferito e notai che il mio gomito era sopra la sua costola. Mi alzai da lui goffamente e lo aiutai ad alzarsi.
Estrassi da un cassetto il kit di pronto soccorso che mi aveva dato mamma per le emergenze. Dopotutto questa era un’emergenza! Aprii e ne estrassi delle garze. Dovevo chiedergli di togliersi la maglietta…Come glielo chiedevo senza risultare eccitata? Cosa che non ero, affatto.

« Pettirosso, non posso rimanere qui tutta la notte. Posso togliermi la maglietta o ritorno a casa? » chiese lui divertito. Grazie al cielo, me l’aveva chiesto lui. Altrimenti non so cosa potevo fare. Gli feci cenno di sì con la testa.

Lui si sedette sulla sedia e si sfilò la maglietta. Dire che era perfetto era dire poco. Era proporzionato in tutto, i suoi addominali oltre che ad essere scolpiti non erano fasulli, come quei ragazzi che mantenendo il respiro pensano di avere degli addominali da favola. Lui era convenzionalmente perfetto, per non parlare delle braccia e del collo. Aveva delle braccia forti e muscolose, ma non molte tozze; proporzionate al suo corpo e aveva un collo non molto tozzo, né affusolato. Era proporzionato in tutto e per tutto, ma rimaneva sempre lo stesso bastardo. Io non transigevo su niente.

« Brucerà all’inizio… » lo avvertii io. Posai sulla ferita dell’ovatta con sopra dell’alcool. Non si mosse minimamente, né emise un gemito. Era un osso duro, su questo non avevo niente da ridire. Preferirebbe morire che piangere o implorare pietà, di questo ne ero certa. Gli disinfettai la ferita e ci misi sopra un semplice cerotto, domani già non avrebbe avvertito più dolore.

« Grazie. Sei una brava crocerossina. » disse con un non so che d’ironico nel tono di voce. Sbuffai e riposi nel cassetto i cerotti e le garze. Gli porsi la maglietta. Lo fissai per poco…Dovevo ammettere che era bello, ma niente di particolare. Ma chi prendevo in giro? Era perfetto, questo era sicuro!

« E’ così sexy il tuo ragazzo? » mi chiese provocatorio. Ma aveva un chiodo fisso per Stefan! Solo, allora, mi ricordai di Stefan e della promessa di non frequentare Damon. Già me lo immaginavo mentre mi faceva una ramanzina.

« Certo. Anche meglio. » dissi girandomi, per andare a chiudere la finestra del balcone aperte. Accostai le due ante della finestra. Scoppiò in un risolino.
« Ora è meglio che vai. » gli dissi indicandogli la porta di camera.

« Non vuoi compagnia? » chiese con un sorrisetto malizioso. Ed ecco, il ragazzo maleducato e scemo che in fondo aveva un certo effetto su di me. Scossi la testa convinta.
« Sogni d’ora, Uccellino. » disse chiudendosi la porta alle spalle. Mi buttai sopra il letto e spensi la luce. Alla fine, mi aveva depistato. Dovevo chiedergli spiegazioni e invece…non avevo neanche nominato Katherine. Dovevo scoprire informazioni e se avessero confermato la mia ipotesi, Damon Salvatore avrebbe chiuso ogni tipo di contatto con me.

Dopo poco caddi nel sonno più profondo, cullata da dolci sogni.


 
La sveglia disturbò il mio dolce sonno. La spensi con molta gentilezza, ma con così tanta gentilezza che stranamente si era rotta. Mi alzai dal letto e guardai l’orologio appeso in camera. Erano le 8:00…era ancora presto. Camminai verso l’armadio. Mi fermai di botto.

Erano le otto del mattino! Io ero in ritardassimo! E nessuno si era preso la briga di venire a svegliarmi.
Corsi in bagno, dove mi feci una doccia veloce. Non indossai niente di speciale, dei semplici pantaloncini verdi, una maglietta bianca che lasciava scoperta una spalla e delle zeppe non molto alte. I capelli li lasciai liberi, come mio solito e mi truccai leggermente.

Afferrai la mia tracolla e corsi in cucina, dove trovai mamma e papà fare frettolosamente colazione.

« Non è suonata la sveglia. » dissi scocciata. Mamma mi porse una tazza di latte, ma oggi non avevo tempo per la colazione. Uscii di casa e iniziai a velocizzare il passo.
Stavo camminando, quando una mano mi prese il polso. Mi girai e vidi Stefan sorridente. Mi scrocchiò un bacio sulla guancia e iniziammo a camminare, parlando del più e del meno.

« A proposito di stasera…Se non mi vuoi accompagnare a quella festa non fa niente. Troverò qualcun altro. Non devi sentirmi in obbligo. » dissi con un sorriso stampato in volto. Stasera c’era la festa organizzata di Damon ed era, praticamente, invitata quasi tutta la scuola.

« Bonnie, io voglio accompagnarti. Cosa ti fa pensare che per me sia un obbligo? » mi chiese rimanendo molto sul vago. Feci spallucce.
« Pensavo che tu volessi chiedere di accompagnarti ad Elena… » gli risposi semplicemente. Eravamo vicino a scuola. Non era ancora suonata, credo. Lui si fermò e sussurrava parole incomprensibili.

« Il mondo non gira solo attorno ad Elena. » disse, avvicinandosi a me, forse fin troppo. « Non ti rendi conto di quanto sei bella. Di quanto mi fai impazzire. Di come ti muovi. Perché non mi noti? » mi chiese, quasi isterico. Ma cosa stava blaterando? Io e lui eravamo amici da una vita. Le sue labbra erano vicine alle mie. Le sue labbra toccarono le mie in un bacio molto delicato, le nostre labbra combaciavano. Le sue mani mi presero il volto, sollevandomi di poco il mento.

Sciolto il bacio, i miei occhi erano molto spaesati. Era stato un bel bacio, ma non avevo provato quella scintilla che mi diceva che lui era quello giusto.
Mi allontanai da lui e vidi che accanto a noi passava Damon. Damon? Sospirai vedendolo. Per un momento avevo pensato che Stefan si stesse dichiarando.

Lo abbracciai, sospirando. Stefan, era il migliore amico che una ragazza potesse mai desiderare! Lui, sorpreso, ricambiò l’abbraccio e mi fece fare una giravolta contento. Non l’avevo mai visto sorridere in quel modo, neanche quando Elena aveva accettato di andare con lui al ballo di fine anno dell’anno scorso.

« Grazie mille, Stef. Ma non c’era bisogno di baciarmi, già mi sta fulminando con lo sguardo. » gli sussurrai all’orecchio. Poco lontano da noi, Damon con la sua macchina aspettava il suono della campana e ci fulminava con lo sguardo.

« Ehm…Io…Come..Bonnie non.. » Non riuscì a terminare la frase, che la campanella suonò. Gli lasciai un bacio sulla guancia.
« Io vado a lezione. A dopo Stef. » dissi allontanandomi. Gli volevo troppo bene.

Corsi nell’aula di tedesco, con quella professoressa non facevamo mai niente perché essendo madre lingua non capivamo mai cosa diceva.
Entrai in aula e come al solito, tutti quanti erano sparsi per la classe, certi usavano il cellulare, altri sentivano la musica, tutto ciò mentre la Prof. Aushertz cercava di farsi rispettare.

Mi sedetti vicino alle mie amiche. Elena, più eccitata del solito, pensava a come vestirsi stasera. Meredith si mandava frecciatine con Alaric, che sembrava antipatico, ma forse poteva far innamorare la mia amica. Io, invece, facevo finta di sentire interessata gli sproloqui di Elena. Mi arrivò un messaggino.
 
Da: Sconosciuto
Esci fuori.  D.
 
Ma chi si credeva di essere? Lui ordinava e io obbedivo? Lo detestavo. Io lo avevo curato, medicato, ho rischiato una punizione a vita e lui mi ordinava di uscire fuori? Per di più durante una lezione…se quella lezione si poteva definire tale.
Per la prima volta ebbi il coraggio di rispondergli.
 
Per: Sconosciuto
In un’altra vita.
 
Premetti invio. Forse avevo sbagliato a rispondergli in modo così sgarbato, dopotutto si era comportato solo da brutto egocentrico maschilista. NO! Avevo fatto bene a rispondere in quel modo, anzi era già tanto che non l’avevo mandato a quel paese!

Dopo poco il mio cellulare vibrò nuovamente. C’era proprio da dire che quella professore era tutto fuorché una donna di polso. Oltre a non saper fare lezione, ora avendoci rinunciato si era seduta sulla sedia della cattedra e aveva iniziato a leggere un libro! Povero mondo…

 
Da: Sconosciuto
Esci o vengo a prenderti io.   D.
 
Eh no! Con questo messaggio stava esagerando, era un brutto maschilistica prepotente che pensava di poter avere tutte le donne che voleva subito e immediatamente!
Continuai a sentire i discorsi di Elena, mi pareva che questo pomeriggio ero bloccata in una sezione di shopping con quelle due pazze. Mere era persino riuscita a farsi invitare!

« Cambiando argomento…Elena, ti va di parlare di Katherine? » chiesi io, cercando di risultare più delicata possibile. Quell’argomento era un tabù per la mia amica e potevo capirla. La bionda si rabbuiò tutt’un tratto. Quanto odiavo toccare quel tasto…ma dovevo sapere. Elena, senza farlo notare, si asciugò una lacrima e annuì poco convinta.

Mi faceva male vederla così, eppure era come se qualcuno mi dicesse di avere la certezza che Damon non fosse coinvolto in quella faccenda così ingarbugliata.

« Bonnie…io non ne vorrei parlare… » disse, tirando un su col naso. Capii che ero un’amica orribile, se lei non ne voleva parlare allora avrei cercato io delle informazioni per conto mio.

Elena prima un po’ giù era ritornata di buon umore tutt’un tratto. Cosa le era successo? Non riusciva neanche a parlare, balbettava e si sistemava meccanicamente i capelli.
« Sta venendo qua! » strillò più nervosa di prima. Mi girai e mi ritrovai avanti a me, Damon Salvatore piuttosto incazzata. Gli occhi vitrei, le mani chiuse a pugno e una faccia dura. Forse era meglio non provocarlo…Anzi era sicuramente meglio non provocarlo.

Non spiccicò neanche parola. Fece un cenno di saluto alle mie amiche, mentre io pensavo a qualcosa da escogitare per ricavare informazioni.

« Comunque…Mi porto via il Pettirosso, vi spiace? » chiese tutt’un tratto. Mi girai di scatto e mi misi a sedere sul banco. Ero curiosa di vedere cosa faceva.
« Bonnie? Perché? » chiese Elena arzilla. Probabilmente ora stava pensando ad un modo per uccidermi,. Se lo sguardo potesse uccidere, io sarei già sepolta.

« Devo chiarire una faccenda…Ci impiego un minuto, bionda. » disse con una gentilezza tutta sua. Mi sollevò dal braccio e mi caricò in spalla come un sacco di patate. Non era così imbarazzata da secoli! Ci fosse stata una persona che mi avesse aiutato. Persino la professore era immobile e fissava il vuoto!
Mi portò fuori dalla classe sempre come un sacco di patate. Mi lasciò solo dopo poco. Mi aveva portato in palestra? Anzi, per la precisione nella piscina scolastica. Non era che voleva fare…No..era impossibile, i professori lo avrebbero sospeso.

« Una domanda. Una sola. Se mi rispondi sinceramente ti lascio in pace. » disse telegraficamente. Voleva una risposta sincera? Gliela darò ad una condizione.
« Ti rispondo solo se tu mi dici il cognome di quella ragazza. » gli risposi schiva. Lui mi guardò scettico. Infine annuì.

« Ami quel ragazzo? » chiese, andando dritto al sodo. Madonna, che noia! Sempre con la stessa storia! Come lo voleva capire che a non piaceva Stefan, a me piaceva Da…Cosa stavo pensando? Stavo per dire ‘Damon’? Stavo realmente pensando a Damon Salvatore in quel modo!!

« Si. » risposi monosillabica. Lui mi scrutò incerto. Non lo stavo guardando negli occhi, perché non sapevo se guardandolo negli occhi avrei avuto il coraggio di dirlo.
« Dillo guardandomi negli occhi. » Ma che cavolo! Legge il pensiero? O qualcosa di simile? Alzai lo sguardo e incontrai i suoi occhi neri come la notte. In quegli occhi non c’era neanche una stella, che li facesse brillare. Solo degli occhi cupi.

Annuii, cercando di sembrare credibile. Lui scoppiò in una risatina e si allontanò di poco da me. Se ne stava andando? E per giunta non mi aveva neanche detto il cognome di quella ragazza.

« Ora potresti rispondermi? » chiesi io, alzando di poco il tono di voce per non sembrare tremolante. Si girò istantaneamente.
« La tua bocca diceva una cosa, ma i tuoi occhi ne dicono un’altra. Non mi hai risposto sinceramente, Pettirosso. » disse andandosene.

Ricapitolando tutto. Mi aveva mollato in piscina. Da sola. Senza una risposta. E mi aveva anche ammaliata con i suoi giochetti. Stupido fascino di Damon Salvatore!
 
***
Alla fine, Elena mi aveva convinto ad andare a fare shopping con lei e Mere ai magazzini di Seattle. Mi aveva fatte così tante domande e avevo detto così tante bugie, per non farla intristire. Certo, però, che Damon proprio a me doveva rompermi!

Alla fine, mi ero scampato un piagnisteo di Elena grazie all’aiuto di Stefan. Oggi, sembrava molto intristito, ma non me ne voleva parlare. Peccato, io gli dicevo sempre tutto.
Stavamo passeggiando nei magazzini, mentre Elena si fermava ad ogni negozio che vedeva, e quando dico ‘ogni negozio’ intendo ‘ogni SINGOLO negozio nei paraggi’.

Era da secoli che non facevo compere e mi ero dimenticata di quanto potesse essere faticoso rimanere al passo di Ele. Aveva comprato non so quanti vestiti, ma dopo averne comprato uno ne trovava uno più bello e così ne comprava un altro. Se continuava così, tra poco la carta di credito di sua madre si sarebbe scaricata!

Io, invece, non ero riuscita a trovare un vestito decente. O meglio ne avevo visti tanti, ma nessuno mi convinceva. Il problema era che ogni vestito che vedevamo lo provavamo sia io, che Elena che Mere. E vedendo come stava addosso a loro, mi faceva scendere l’autostima di molti punti.

Eravamo in uno dei tanti negozi ed Elena si stava provando un vestito verde acqua con spacco a lato, abbinati da un paio di decolté dello stesso colore. L’autostima mi stava abbandonando.

« Bonnie…dai, dicci cosa succede tra te e Stef! » sbottò scalpitante Elena, mentre stava pagando. Io alzai gli occhi al cielo. Cosa dovevo dire?

« Tra me e Stef? Niente. » risposi convincente. Così convincente che mi stupivo delle mie doti d’attrice.

« Sei una bugiarda! Io vi ho visto mentre vi baciavate! » intervenne prontamente Meredith. Perfetto! Ci mancava solo lei, per finire l’opera.
Elena per mettere insieme le informazioni ci aveva messo un po’ di tempo.

« Ma è fantastico! Siete tenerissimi insieme! » strillò Elena. Sinceramente pensavo si arrabbiasse e invece aveva reagito in modo normale, da amica contenta per la sua amica.
Iniziarono ad assalirmi di domande e io tra me e me pensavo che dovevo parlare a Stefan urgentemente! M’immaginavo già Elena che lo assaliva di domande e lui con la faccia incantata a guardarla. Che figura!

Continuammo a girovagare per le vetrine, finché non mi fermai alla vista di un completo veramente perfetto!
« Ho trovato il vestito perfetto! » sussurrai calma. Elena mi fissava sconvolta, non avevo mai avuto una reazione così esagerata per un semplice vestito. Le trascinai dentro e mi provai il vestito, che sembrava perfetto per me.

Era un vestito corto di un bel argento antico. Era più stretto all’altezza del seno e poi si allargava verso la fine in un bel tulle non troppo pomposo, non c’erano maniche e la parte superiore del vestito era decorato con dei brillantini. Qualcosa di semplice.

« Bonnie sei magnifica! » disse Meredith su di giri. Io arrossii. Mi maledivo per questo mio difetto. Arrossivo sempre e in qualsiasi circostanza. Elena mi squadrava attenta. Mi aspettavo una critica negativa, come sempre dal resto.

« Quel vestito è fatto apposta per te, ragazza mia! » urlò lei saltando su delle zeppe enormi. Come faceva? Io a malapena camminavo con delle scarpe normali.
Spinta da Elena e da Meredith comprai quel vestito. Stavo pagando, quando venni attirata da un manichino. Sopra c’era un bel giacchetto di pelle, potevo abbinarlo al vestito, dopotutto i brillantini erano neri e lo stesso valeva per i tacchi.

Lo presi dal manichino, lo provai e decisi di comprare pure quello. Tanto non costava molto. Io non era tipo da giacchetti di pelle, ma quando Damon mi venne a trovare a casa aveva detto che voleva che alla sua festa indossassi il suo giacchetto di pelle.

A questo punto ne avrei indossato uno mio. Se vuole il suo muovesse le gambe e venisse a prenderlo!
« Non vedo l’ora di andare a quella festa. Sono sicura che lui lì capirà di amarmi! » disse la bionda, mentre fantasticava con la mente.

Era stato un pomeriggio davvero divertente. Era da tempo, che non facevamo questa riunioni tra sole donne. Lo dovevamo rifare più spesso.
 
***
Ero sotto il getto d’acqua. Mi piaceva stare ore ed ore sotto la doccia, era molto rilassante. E mi piaceva perché l’acqua levava di dosso tutti i problemi.

Avevo perso un paio di ore con le mie amiche e mi rimaneva poco tempo per prepararmi. Stefan mi sarebbe venuto a prendere e speravo che il piano di Elena funzionasse, anche se non avevo ancora capito in cosa consisteva.

La cosa più strana era che in cinque ore e più, Damon non mi aveva infastidito una volta. Non mi aveva mandato messaggi e non me l’ero ritrovato dappertutto come stava succedendo in questi pochi giorni.

Uscii dalla doccia e mi avvolsi nel mio asciugamano. Non mi ero lavata i capelli, erano ancora puliti. Mi asciugai velocemente il corpo e indossai un vestito qualsiasi per scendere le scale. In casa c’erano i miei genitori. Mamma puliva il soggiorno e papà leggeva una rivista. Andai in cucina a prendere un bicchiere d’acqua.

 Ding. Dong.
 
 Il campanello suonò più e più volte. Mi avviai verso la porta. Non poteva essere Stefan, era venuto in netto anticipo di almeno mezz’ora e più. Aperta la porta davanti a me c’era un signore con un enorme mazzo di fiori.

« Voi siete, la signora Bonnie Salvatore? » chiese il signore. Strabuzzai gli occhi. Come mi aveva chiamato? Bonnie Salvatore? Aveva detto Salvatore!

« Innanzitutto, io sono Bonnie McCollough, non Salvatore. E non sono una signora, ma una ragazza! » gli spiegai piuttosto irritata. Lui mi porse una cartellina su cui firmare. Feci una firma e il tipo mi porse il mazzo di fiore. Un mazzo di rose rosse. Io adoravo le rose rosse. Le annusai…aveva un buon odore. Salutai il signore e chiusi la porta.
Mamma accorse immediatamente per vedere di chi fossero quei fiori.

« C’è un biglietto! » m’indicò lei sorridente. Probabilmente pensava che questo gesto fosse da parte di Stefan. Aprii il bigliettino.
 
“Stasera ti riconoscerò anche tra mille. Te lo assicuro, Pettirosso.  D.”
 
Aveva guadagnato molti punti con quella battuta, di questo era certa. Mane aveva persi parecchi alla battuta ‘Signora Salvatore’, anche se non suonava affatto male il mio nome con il suo cognome. Posai il mazzo in un vaso.

« Quant’è dolce quel ragazzo! » disse mamma sognando ad occhi aperti. Annuii poco convinta, mentre risalivo le scale di fretta e furia.
Mi sedetti sul letto e sorrisi leggermente. Quel ragazzo era incorreggibile.
 
“Tu la guardi, la osservi, la proteggi ma lei rimane il tuo sogno per sempre.
-Anonimo”
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE: Salve! Sono ritornata, dopo una settimana spaccata. Ho deciso di aggiornare ogni sabato, contenti? Prima non so se posso. Questo doveva essere il capitolo della festa, ma è venuto più lungo del previsto è l’ho diviso in ‘Pre-Festa’ e ‘La Festa’. Ora passiamo al capitolo. Che ne pensate? C’è l’apparsa di Klaus (Ditelo che ve lo aspettavate ù.ù), poi Bonnie che cura a Damon e i suoi addominali (dillo Bonnie che ti sono piaciuti Xd), dopo sta anche il povero Stef che si dichiara ma Bonnie fraintende (dillo Stef che la ami ù.ù), poi la parte che mi è piaciuta è stata delle tre amiche che si sono riunite e la più comica è quella del postino: ‘Signora Bonnie Salvatore?’, quando l’ho riletto sono scoppiata a ridere. Ora passiamo ai ringraziamenti, per le cinque recensioni! Veramente vi ringrazio, anche per chi ha recensito il primo capitolo. Ringrazio: Angy94, Pagy94, Ciliegioeloto, Bloody Tooth e VampireBloodlove. Grazie di cuore, per avermi dato le vostre opinioni! Grazie anche a chi lo ha inserito la mia storia nelle preferiti:
1 - angy94 [Contatta]
2 - bloody tooth [Contatta]
3 - laliter_in_love [Contatta]
4 - lisetta95 [Contatta]
5 - pagy94 [Contatta]
6 - polly93 [Contatta]

Chi l’ha inserita nelle seguite:
1 - amailove [Contatta]
2 - bloody tooth [Contatta]
3 - Deb86 [Contatta]
4 - Desyree92 [Contatta]
5 - Fraeyeliner [Contatta]
6 - immy [Contatta]
7 - jess chan [Contatta]
8 - JoeDepp [Contatta]
9 - windowsinthesky [Contatta]

Spero che questo capitolo vi piaccia. E vi chiedo gentilmente di lasciarmi qualche recensione. Grazie per il sostegno. E vi lascio una domanda: Katherine…Perché a Bonnie interessa tanto sapere chi è?
Be’ alla prossima.
Baci :*:*:*:*:*:*:
Cucciolapuffosa

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Capitolo 4
*** La festa ***



Love me, I Just love you

Capitolo 3: La festa
Bonnie’s Pov

 
Ero davanti allo specchio. Mi lisciavo il tulle del vestito meccanicamente, mentre mi rigiravo su me stessa. Il vestito scendeva sui miei fianchi non ingrossandoli più del dovuto e la scollatura non era troppo scollata: era il giusto per me che non ero molto formosa.
l vestito argenteo era decorato con un motivo astratto, costituito da brillantini neri. Sopra il giacchetto di pelle era corto e si abbinava al vestito dandogli un tocco più rock e per una volta indossai dei tacchi più alti, per non sembrare troppo bassa.

I miei capelli ricci e rossi, per una volta avevo deciso di allisciare solo qualche ciocca per farli sembrare più lunghi; ma non avevo intenzione di truccarmi. Nella mia vita non mi ero mai truccata – tralasciando la recita di fine anno, in cui ero truccata – e non potevo iniziare ora. Solamente del mascara e un ombretto sul grigio, e il mio immancabile gloss alla fragola.

Mi sentivo bellissima, ma non mi sentivo molto a mio agio. Il vestito era molto comodo, ma quei tacchi mi stavano uccidendo. Ed erano solo pochi minuti che li indossavo.

Scesi con fatica le scale ed osservai l’enorme mazzo di fiori che Damon mi aveva gentilmente recapitato. Era stato veramente dolce, se non fosse stato per quel maledettissimo postino!

« Bonnie! E’ arrivato Stef! » urlò mamma. Affrettai il passo e scesi frettolosamente le scale. Davanti a me, c’era Stefan in tutto il suo splendore. La mia autostima stava scendendo e già m’immaginavo Elena con uno dei suoi mille vestiti, autostima portami via.

Mi lasciò un bacio sulla guancia e mi rivolse un enorme sorriso. Salutai i miei genitori e uscii fuori. Davanti a me, c’era la Chevrolet Camaro del 1967, blu metallizzata e senza un graffio. Era veramente bella. Mi fece segno di avvicinarsi. Avevo sempre invidiato la sua macchina.

« Stef, sei bellissimo! » dissi sorridente. Lo era davvero. Il mio amico era sempre stato un figo mozzafiato! Si avvicinò vicino a me, mi tirò a sé.
« Tu lo sei di più. » disse a pochi centimetri dal mio viso. La situazione era molto complicata…Anzi più strana del previsto.

Un clacson ci ridestò istantaneamente. Mi girai di scatto e vidi il finestrino di una bella Lamborghini abbassarsi.
« Tu, sei Bonnie… » Non gli feci finire in tempo la frase che lo interruppi. Non volevo che succedesse la stessa vicenda successa con i fiori.

« McCollough…Mi chiamo Bonnie McCollough. » dissi, sottolineando il mio cognome con molta calma. Stefan mi circondò la vita e osservava tutto sospettoso.
« Il signor Salvatore mi ha dato altre informazioni. Mi ha detto di venire a prenderti, lui non poteva. E si è raccomandato di dirti che di me ti puoi fidare. » rispose abbastanza convincente. Sembrava una registrazione, ripetuta cento volte e più.

Damon si era preoccupato di farmi venire a prendere! Arrossii leggermente, ma mi ricordai che non potevo accettare per due motivi. Innanzitutto, non mi potevo fidare di questo sconosciuto e secondo motivo, non potevo lasciare Stefan.

« Dica al Signor Salvatore, che il fidanzato di Bonnie la scorterà personalmente alla festa. » intervenne Stef, piuttosto acido. Il signore ci fissò torvo, ci fece un
segno del capo e rientrò nella bell’auto.

« Bonnie, vogliamo andare? » disse, aprendomi la portiera dell’auto. Gli sorrisi leggermente e mi accomodai sul sedile. Era da tempo che non andavo ad una vera festa, sentivo che questa festa sarà ricordata nei tempi dei tempi. Mi rattristai ricordandomi il vero obiettivo della festa: aiutare Elena, con il suo folle piano.
In macchina, il silenzio era pesante e angoscioso. Per la prima volta nella mia vita mi sentivo a disagio con Stefan.

Percepivo in lui, un cambiamento d’umore istantaneo e cercavo di capire cosa fosse successo per procurargli quello sbalzo d’umore.

« Bonnie…Posso chiederti una cosa…molto privata? » chiese con la testa bassa. Una cosa privata? Tra me e Stefan non c’erano mai stati segreti e non mi facevo problemi a dirgli qualsiasi cosa mi volesse chiedere. Annuii sicura.

« Ehm…Vedi…Cosa c’è tra te e Damon? » chiese un po’ titubante. Arrossii violentemente e mi sentii in grande imbarazzo. Cosa c’era tra me e Damon? Niente. Questo volevo dire, volevo urlarlo e sentirmi bene. Ma nel profondo sapevo che non ero così, per me non c’era niente e per lui che forse c’era qualcosa. Io non cadevo nei suoi inganni!

« Niente, assolutamente niente. » risposi cristallina. Il suo sguardo risultò più duro…Si era accorto che gli avevo detto una bugia. O meglio che non gli avevo detto tutta la verità.

« Quanto vorrei crederti… » sussurrò triste. Dopo di ché uscì dalla macchina e mi aprì la portiera. Il rumore della musica era assordante già da fuori, prometteva di essere una festa epica.

Fuori dalla porta vidi Meredith, bloccata in un vestito blu scuro con dei tacchi alti, più truccata del solito – la mia autostima scese di qualche punto – e con un accompagnatore mozzafiato. Elena fissava il suo cellulare impaziente. Appena mi vide ci raggiunse sorridente. I suoi capelli biondi era legati in uno chignon di lato, il vestito era di un rosso acceso con uno spacco abbastanza lungo, la carnagione era pallida ed aveva un trucco scuro sugli occhi.

Ora la mia autostima era scesa ancora di più.

« Sei bellissima… » mi sussurrò Stef all’orecchio. Stefan era il solito bravo ragazzo. Per i suoi amici farebbe di tutto, tra cui risollevare l’autostima a me! Era un mito quel ragazzo!

Elena mi fece l’occhiolino che ricambiai sicura, non facendolo notare al mio accompagnatore. Entrammo mano nella mano nel locale, era veramente bello. Le luci illuminavano il posto di mille colori. La pista da ballo era piena di ragazzi che si scatenavano. Si sentiva l’odore dei cocktail alcolici, lontano un miglio.

« Mi potresti prendere un cocktail analcolico? » chiesi a Stefan. Lui mi lasciò un tenue bacio sulla guancia e si allontanò da me, verso quella folle.
Corsi incontro a Meredith, che era lontana da me. Mi avvicinai a lei e le feci segno di avvicinarsi.

« Dov’è andata El? Non doveva mettere in atto il suo piano? » le chiese a bassa voce. Meredith fece spallucce. Nemmeno lei sapeva dove si era cacciata.

Da lontano vidi Damon venire verso la pista da ballo. NO! NO! NO! Se ora mi vedeva, potevo dire addio alla tranquillità della serata. Per non parlare delle spiegazioni che Stefan avrebbe voluto! Era perfetto. Il suo viso era contorto in un ghigno che lo accompagnava sempre nei momenti peggiori e che lo rendeva irresistibile. Indosso aveva dei bellissimi jeans che fasciavano le sue gambe, una maglietta rigorosamente nera, sopra aveva un bel giacchetto di pelle.

Era semplice, ma terribilmente sexy. I capelli corvini simili a piume di corvo e i suoi occhi erano neri come la notte.

« Meredith…Io mi devo nascondere! Tu non mi hai mai visto. » le dissi chiaramente. Lei mi guardò sorpresa e annuì semplicemente, un po’ spaesata. Mi nascosi dietro al tavolino, mentre osservavo Mere che continuava a sorseggiare il suo drink.

Cazzo! Damon stava andando verso Meredith! Sia meglio per lei, che s’inventi una scusa e in fretta! Osservavo tutto con estremo nervosismo.

« Miss Inquietudine…Dov’è il Pettirosso? » chiese con strafottenza. Come aveva chiamato Mere? Miss Inquietudine! Ma come si permetteva quel maleducato! Quello screanzato? Mi aveva chiamato ‘Pettirosso’? Che dolce! No…Volevo dire, che stronzo! Doveva imparare le buone maniere!

« Io, Miss Inquietudine? Parla colui che traffica droga a scuola… » sbottò la mia amica, a occhi bassi. Che stava dicendo! Lui non doveva sapere che anche lei ed Elena erano lì!

Lui la guardò sorpreso! La mia amica DOVEVA inventarsi una scusa! ORA! E subito!
« Non ho tempo per le domande. Dov’è il Pettirosso? » disse, avvicinandosi. Le afferrò il polso e la guardò arcigno. Sia meglio per lui che non la sfiori, altrimenti non mi doveva più rivolgere parola! Meredith non era spaventata, anzi…stava ridendo? Cosa c’era di così divertente?

« Se Bonnie viene a sapere come mi stai trattando, non ti rivolgerà più la parola. » disse, ridendo sotto i baffi. Damon assottigliò gli occhi e lasciò gradualmente la presa.

Lui si allontanò da lei e la salutò con un cenno della mano. Se ne stava andando, ma Meredith richiamò la sua attenzione.

« Non ti avvicinare a lei. E’ già felicemente fidanzata. » disse ridendo divertita. Cosa stava farneticando? Lui emise una risata e se ne andò con suo solito modo teatrale. Uscii dal mio nascondiglio e mi avvicinai a lei.

« Ora, tu mi spieghi cosa sta succedendo tra te e quel tizio! » sbottò con sguardo interrogativo. Che ansia…Ora dovevo spiegarle tutto quanto!
« Diciamo che ci stiamo conoscendo. » dissi con voce acuta. La voce si innalzò di un paio di ottave, succedeva solo quando iniziavo a mentire. Mere mi guardò sconvolta. Non poté dire niente, perché venne investita da un vero ‘uragano’ conosciuto con il nome di Elena.

« Ho tutto. Il mio piano è infallibile! » disse convinta. Meredith la fissava incerta, io ascoltavo tutto e annuivo…Cos’altro potevo dire?

« Lui e i suoi compari si sono appartati in una di quelle salette. Voi rimanete fuori. Io entro. » continuò più convinta ancora. Dovevo fermarla…La questione era più complicata del previsto…

« Elena, ma hai idea in che guaio ti stai cacciando? Te ne rendi conto? Non è un gioco! Loro trafficano, entrata in quel giro non ne uscirai più! » le ricordai seria. Il gioco era bello, se durava poco.

Elena non mi degnò di uno sguardo, mi rivolse solo un’occhiataccia. Si allontanò da me e Mere e si avviò verso quella saletta. Io e la bruna ci scambiammo un occhiata.

« Dobbiamo salvarla. » disse decisa Meredith. La guardai torva.
« Dobbiamo? » chiesi sconvolta. Mere mi rimproverò con il suo solito sguardo da ‘maestrina-so-tutto-io’ che odiavo! Alla fine aveva sempre ragione.

In punta di piedi ci avvicinammo in quella saletta. La dovevo bloccare! Senza rendermene conto caddi sulla porta ed inciampai lì dentro. La saletta era piccola, con i divani in pelle rossa e le tende nere. Damon era seduto a destra del divano e mi fissò arrabbiata. In che guaio mi ero cacciata! Possibile che capitassero tutte a me!

« Ehm…Scusate..Io e la mia amica Elena abbiamo sbagliato sala. » dissi con un sorriso sforzato. Presi Elena per un braccio e cercai di trascinarla fuori. Trascinandola fuori le cadde di mano il registratore che avviò la registrazione.

In quella conversazione si sentivano i loro prossimi traffici e anche i nomi dei loro soci. Che dire…Elena per una volta aveva avuto un piano così contorto e allo stesso tempo efficace? Mi sorprendevo della mia amica.

« VOI! VOI DUE! COSA VI SALTA IN MENTE? NON DOVETE IMMISCHIARVI IN QUESTE FACCENDE! » Urlò con rabbia uno di loro. Io ed Elena indietreggiamo di poco, verso la porta. Maledicevo Elena nella mente…Se fossimo uscite vive da quella situazione, l’avrei uccisa io, dopo!

Si vedeva che avevamo interrotto una conversazione importante. Il tipo che io stessa aveva incontrato una nottata fa, calpestò il registratore distruggendolo in mille pezzi. Damon, che per lo più, fissava la situazione si era finalmente alzato.

Gli amici di Damon e anche quelli di Klaus si alzarono, e ci fissavano arrabbiate. Il corvino si alzò dal divano e si affiancò davanti a me e alla mia amica.
« Ragazzi, cosa ne pensate dei nuovi nostri acquisti? » chiese facendoci fare un passo avanti. La mano di Damon circondò il mio bacino, mentre lasciò un bacio sulla guancia alla mia amica bionda.

Tutti coloro che stavano in quella sala ci fissavano impietriti. Uno di loro si fece avanti e ci osservò, squadrandoci. Forse più del dovuto.
« Non. Fissarle. Non. Pensate. Neanche. Con. Lo. Sguardo. Di. Toccarle. » ringhiò arrabbiato. Io ed Elena ci scambiammo uno sguardo. Dovevamo reggere quel gioco, se poteva farci rimanere in vita. Non mi fidavo affatto di quella gente.

« Da quando accetti donne in questo giro? » chiese un altro, che non faceva parte delle compagnie di Damon. Lui sbuffò leggermente.
Fece segno di accomodarci. Elena con sguardo teso si sedette su un’enorme poltrona. Damon si sedette all’angolo del divano. Io mi avvicinai alla mia amica, ma rimasi in piedi. Se mi muovevo, probabilmente le gambe non avrebbero ceduto il peso del mio corpo.

Damon – forse intuendo – il mio stato d’animo, mi cinse i fianchi e mi portò a sé. In breve mi ritrovai in braccio a Damon, con il respiro bloccato e l’ansia a mille.
« Le ho accolte da poco, ma si sono dimostrate astute e fredde. » mentì convincente. Tutti gli altri sembravano esserci cascati.

Io osservavo tutto con indifferenza, con Damon che mi teneva a sé m sentivo protetta. E in fondo lui era il capo di questa organizzazione, quindi perché non gli dovrebbero credere?

Dopo poco, le acque erano calma. E la saletta si svuotò man mano. Rimanemmo solamente io, Elena, Damon e Klaus. Non mi convinceva molto.
 « Ma tu, non eri quella che ci stava spiando ieri notte? » chiese rimanendo sul vago. Non potevo dire una bugia. Non riuscivo a mentire…Ero troppo tesa.
« Ti sbagli. » disse semplicemente. Sospirai. Damon era un mago a raggirare le persone a suo favore. Klaus si alzò molto lentamente. Sembrava uno di quei film muti, in cui la ragazza buona ci andava sempre di mezzo.

Appena uscito Damon si alzò e ci fissò torvo a tutte e due. Elena era molto inferocita. Principalmente per due motivi: il primo era che – forse – non era riuscita a conquistare Damon e il secondo era che avevo sventato il suo piano.

« Mi avete fatto mentire ai miei compagni. » grugnì arrabbiato. Elena si avvicinò a me. Mi strinse la mano e ricambiai potente la stretta. Gli occhi di Damon erano vitrei, il suo solito ghigno si era sostituito ad un espressione furiosa.

« Se non mi veniva in mente quella stupida scusa, a quest’ora sareste già morte. » urlò sbattendo i pugni sul tavolino. Elena mi rivolse un occhiata. Io le avevo detto mille volte di non disturbarlo e soprattutto di non mettere in atto quello stupido piano!

« Non vi avvicinate più a me! » Continuò arrabbiato. Uscì dalla saletta e se ne andò non so dove. Elena si passò una mano in fronte.
« Che tipo lunatico! Mi piace ancora di più. » disse, mordendosi un labbro. La guardai arrabbiata. Lei aveva detto quello che avevo sentito? Aveva ancora intenzione di conquistarlo?

« Elena! Ma sei pazza! Non avvicinarti a quel tipo lunatico. » le dissi sbuffando. Mi alzai dal divanetto e mi avviai fuori. Stefan di sicuro si era spaventato, ero sparita da un minuto all’altro. Anche Meredith non c’era lì fuori. Probabilmente stava intrattenendo Stefan. Mi allontanai dalla saletta. Camminando andai a sbattere contro uno sconosciuto.

« Tu! Ora vieni via con me! » mi disse prendendomi per il polso. Ma con tutti gli invitati alla festa, perché dovevo sbattere proprio su di lui!
Mi trascinò in un angolo di un lungo corridoio. Il mio corpo era appiattito al muro, mentre lui mi sovrastava di gran lunga. Ero nei guai fino al collo.

« Io ti mando dei fiori, poi ti mando un autista e tu rifiuti il passaggio e poi ti cacci in questo guaio! Mi spieghi cosa c’è che non va in te? » chiese a denti stretti. Cosa c’era che non andava in me?

« Sei tu! Tu non mi lasci in pace un attimo! » gli risposi, con voce bassa. Il mio viso era così vicino al suo e i suoi occhi si distinguevano in un modo o nell’altro in quel buio.

« Sai che ora sei nei guai fino al collo? » chiese, alzando la voce. « Pettirosso, se non fosse stato per me… » iniziò con voce autoritaria.

« Lo so…A quest’ora sarei morta. » continuai io, al posto suo, con voce stizzita. Lui abbassò un minuto lo sguardo, per ritornarmi a fissare dritto negli occhi.
« Se capita un’altra volta…Ti ucciderò io, senza pietà. » disse serio. Quelle parole…Quelle parole così pesanti dette da lui…Mi avevano perforato il petto, formando una piccola crepa all’altezza dal cuore.

« Tu…Co-cosa…Fa..faresti? » chiesi a fatica. Non aveva neanche la forza di parlare. Gli occhi mi pizzicavano leggermente e le lacrime le sentivo pronte e gonfie, per inondarmi il viso.

« Te lo ripeto? Meglio che muori per mano mia! Che farti morire in mano ad uno sconosciuto! » ringhiò furente. Era ufficiale non avevo mai conosciuto un tipo più stronzo di Damon Salvatore in persona!

Le lacrime iniziarono a solcare le guancie. Dei piccoli singhiozzi emetteva la mia bocca impaurita. Io avevo paura di lui… Avevo paura di stare con lui. Lui aveva il coraggio di farmi questo…Aveva veramente il coraggio di uccidermi. Persi un battito.

« Pettirosso, io non… » cercò di spiegarmi. Gli diedi uno schiaffo in faccia. Non mi doveva più rivolgere la parola. Povero a lui, se si azzardava a darmi ancora fastidio! Cercai di allontanarmi, ma le sua mani erano sulle mie braccia.

Si avvicinò alle mie labbra. Le toccò leggermente. Le sue mani dalle mi e braccia si spostarono sui miei capelli.
« Damon…lasciami…ti prego… » sussurrai con voce flebile. A quella supplica si scostò di poco da me, lasciandomi lo spazio necessario per uscire dalla sua presa.

Corsi via di là, con l’ansia alle stelle. Lacrime salate solcavano ancora il mio volto e non si accennavano a fermarsi. Dopo poco mi accasciai a terra. La testa mi scoppiava per la musica troppo alta. Il respiro era accelerato. E il mio cuore batteva all’impazzata.

Rimasi lì a terra, per pochi minuti; finché non mi sentii abbracciare. Alzai la testa e vidi Stef con espressione un po’ delusa fissarmi.
« Cosa ti ha fatto? » mi chiese a bassa voce. Tirai un po’ su col naso. Cosa dovevo dire? Non potevo continuare a dirgli bugie su bugie.

Gli raccontai a grandi linee cos’era successo…Tralasciando le parti più insignificanti, come dirgli che mi mandava fiori e messaggi vari.
Era anche lui distrutto. Appoggiai la testa sulla sua spalla. E lui leggermente sulla mia testa. Le sue mani erano strette a pugno.

« Tu…mi vuoi far credere che tra voi non ci sia niente? » chiese ancora, con fare affranto. Che dire…Tra me e lui non c’era mai stato ‘noi’. E con quello che era successo mai ci sarà.

« Non c’è niente. » Sibilai piano, sospirando. Tra tutte le parole che mi aveva detto Damon, quelle che mi avevano fatto più male erano quelle che mi aveva ringhiato. Quel ragazzo era possessivo, malefico e contorto, lui preferiva che io morissi per mano sua che per mano di qualcun altro. Che mente aveva? Contorta e complessa.

« Lo puoi denunciare. » mi consigliò Stefan. Denunciarlo? Per ingiurie? Neanche per sogno, lo denuncerei.
« No, Stef. » dissi semplicemente.
« Lo devi denunciare. » ripeté ancora una volta, usando questa volta il verbo ‘dovere’.

« Io non lo VOGLIO denunciare. » ripetei io, di rimando alzando la voce. Possibile che non mi riesca a capire? O meglio che non voglia capire? Non lo voglio denunciare. Ero in quel giro, senza volerlo mi ero implicata in questa faccenda.

« Perché? » chiese lui, con sguardo spaesato.

« Io mi sono cacciata in questa situazione e non credo che denunciare tutto alla polizia possa risolvere qualcosa. » Era una mezza bugia. Diciamo che non potevo denunciarli perché per quei delinquenti, io facevo parte di quella gang e anche perché non avevo il coraggio di denunciare Damon.

« Vieni, ti accompagno a casa. » Mi disse porgendomi la mano. Mi alzai a fatica…Quei maledetti tacchi mi avevano ucciso per tutta la serata. Avevo un gran mal di testa, quando uscivo da questo stramaledetto night dovevo togliermi dai piedi quelle trappole dai piedi.

Ero sull’uscio della porta e stavo per uscire, ma venni distratta da alcuni gemiti. Mi girai verso Stefan. Il suo volto era duro e rigido, ma lo mascherava con un sorriso falso. La sua mano era stretta sulla mia. C’era qualcosa che non andava…e che lui mi nascondeva. Lasciai la presa dalla sua mano ed entrai nella stanza, da cui provenivano i rumori.

Quello che vidi mi sconvolse in modo assurdo: Damon che baciava una rossa. Una rossa! Vedevo che era riuscito a sostituirmi molto velocemente! La delusione prese il posto della rabbia e me ne andai sbattendo la porta.

Una mano mi prese il polso. Chiusi gli occhi e respirai con calma.

« Pettirosso, io ti giuro… » cercò di spiegarmi. Giurai a me stessa di mandarlo a quel paese. Lui faceva il moralista, poi mi distruggeva con due parole e poi mi sostituiva con un’altra rossa!

« Damon, non mi spiegare niente. Noi due non siamo niente. Né amici, né conoscenti e tantomeno fidanzati. Io non sono nessuno per dirti cosa fare. » sbottai incazzata nera.

Io non riuscivo neanche a guardarlo in faccia. Tutte le belle parole, i bei gesti e i fiori erano una menzogna. Tutta una menzogna costruita da parte sua e pensare che io c’ero quasi cascata e tutto questo in un paio di giorni. Ero una stupida.

« Sei solo un falso. » dissi con le lacrime agli occhi. Mi aveva abbindolato. Me ne corsi via e mi buttai – letteralmente – nelle braccia di Stefan.
« Andiamocene. » disse solamente.
 
***
Ero sul letto di camera mia. Erano le due del mattino passate ed ero in camera mia con il mio miglior amico accanto.
« E’ un grande stronzo! Tu mi avevi avvertito! » dissi arrabbiata. Io ero solo infastidita dal suo comportamento.

« Ma ti piace? » chiese Stef. Io lo odiavo! E lo odierà fino alla fine di tutti i miei giorni!
« Stefan! Non iniziare pure tu! IO LO ODIO! » sbuffai io. Facendogli segno di abbassare la voce. Ero un emerita cretina, deficiente e anche stupida! Mi sentivo così idiota!

« E’ perché stai piangendo? » Bella domanda! Non ne avevo idea. Perché stavo piangendo?

« Mi sento stupida! Lui mi manda fiori, messaggi! E’ logico che non mi sento bene! » dissi alandomi dal letto. Mi tappai immediatamente la bocca.
Cos’avevo detto? Io non gli avevo accennato a questi particolari. Mannaggia a me! Mi guardò un attimo spaesato. Poi probabilmente collegò meglio le informazioni dategli e mi guardò stufo.

« Io non ce la faccio più. » disse semplicemente. Afferrò la sua giacca e silenziosamente se ne andò da camera mia. Mi stava mollando su due piedi?
Lo seguii a ruota, assicurandomi che i miei genitori dormissero profondamente. Scesi le scale e vidi che Stefan non c’era. Se n’era già andato.

Presi le chiavi di casa e uscii fuori. La sua macchina era ancora lì. Lui era alle prese con le chiavi della sua auto. Mi avvicinai a lui e gli presi le chiavi dell’auto.
« Tu non te ne vai di qui! » dissi puntando i piedi per terra. Lui si girò verso di me. Aveva gli occhi lucidi. Una lacrima solcò il suo viso e mi sentii tremendamente in colpa, anche, se non sapevo cosa gli avevo fatto.

« Cosa ti ho fatto? » chiesi abbassando il tono di voce. Qualsiasi cosa gli avessi fatto, io non lo volevo fare apposta.

Con passo veloce si avvicinò a me. Mi trasse a sé e mi baciò. Un bacio così dolce. Mi trasportò in un mondo così unico. Lui era il mio migliore amico e io gli volevo bene!

L’emozione di un attimo. Il bacio che ti cambiava la vita. Le sue labbra sapevano di menta e aveva un retrogusto dolciastro, forse anche troppo.
La sua lingua s’insinuò nella mia bocca, bloccandomi il respiro. Le sue mani mi accarezzarono i capelli e le mie mani le misi attorno al suo collo.
 Sciolto il bacio, mi rivolse un sorriso malinconico. Stavamo entrambi piangendo. Come non l’avevo capito? Ero così cieca! Così idiota da non vedere che il mio amico provava qualcosa per me.

« Stefan, io non so come spiegartelo… » sussurrai triste. Ora capivo il suo senso di protezione nei miei confronti, il suo modo di fare e tutte le sue raccomandazioni.
« Perché non mi noti? Perché fai finta che io sia solo il tuo amico? Cazzo, Bonnie! Io ti amo! » Urlò arrabbiato. Quelle due parole. ‘Ti amo’. Mi aveva realmente detto ‘ti amo’! Ero stupida, egoista e non vedevo il mio amico, che io stimavo e apprezzavo!

« Stef… » dissi avvicinandomi a lui. Ero così triste. Perché doveva capitargli tutto questo?

« Non voglio sentire niente, Bonnie! Mi hai mentito, mi hai fatto credere di avere delle possibilità con te! » gridò arrabbiato.
Una goccia d’acqua mi bagnò i capelli, seguite da molte altre. Iniziò a piovere a dirotto. E io non riuscivo a distogliere lo sguardo dal mio amico. Cosa gli avevo fatto?

« Non voglio più sentirti. Non voglio più ascoltarti. » disse entrando in macchina. Il rumore della sua macchina rimbombò nell’ambiente, spezzando quel silenzio.
Io ero lì, con il cuore spezzato. Prima Damon, ora Stefan. Un solo cuore, spezzato da due persone. Perfetto. Non potevo avere una serata migliore.
Le mie lacrime scendevano sul mio volto e riuscivo a distinguerle dalla pioggia.

Le mie lacrime erano calde e salate, piene di emozioni che mi stavano abbandonando.
Una goccia d’acqua era fredda e dolce, senza un briciolo di sentimento.
 
 
“Ho fatto di tutto per reprimere quel sentimento che c’è nel mio cuore.
L’ho represso per non farti soffrire.
Se non ce l’ho fatta, probabilmente, significa che non ti amavo abbastanza
-Anonimo”
 
 
 

 
ANGOLO DELLA PAZZA: Ritornata come un orologio svizzero! Sono preparata a lanci di pomodori e a qualsiasi tipo di ortaggio. Sono stata cattivella…Ho fatto litigare in un solo capitolo sia la Bamon che la Sonnie (Stefan + Bonnie).
Passiamo al capitolo: Bonnie si prepara per la festa (dillo Stef che ti sei incantato alla vista di Bonnie ù.ù), Damon manda a Bonnie un’auto privata (dillo Bonnie che avresti accettato se non c’era Stef ù.ù), poi c’è la parte tra Mere e Damon (dillo Mere che pensi che Damon sia bello ù.ù), Elena attua il suo piano (Elena dillo che vuoi essere uccisa da me ù.ù), la scena Bamon in cui i due litigano (io dico che forse ho un po’ esagerato ù.ù) e la dichiarazione di Stef (ditelo che voi lettori siete rimasti inteneriti da lui ù.ù).
Comunque mi sono accertata che in America si può già guidare a 16 anni e la macchina che ho descritto di Stefan è quella del telefilm.
Come sempre voglio ringraziare:
-Chi hai inserito la storia tra le preferite:
1 - angy94 [Contatta]
2 - bloody tooth [Contatta]
3 - laliter_in_love [Contatta]
4 - lisetta95 [Contatta]
5 - pagy94 [Contatta]
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E chi l’ha inserita nelle seguite:
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Ringrazio tutti! E anche chi ha recensito. Vi adoro tantissimo! E sono contenta che il nnumero dei preferiti e dei seguiti aumenti ogni volta che posto un capitolo! GRAZIE DI CUORE! Spero che vi piaccia questo capitolo. Vorrei sapere cosa ne pensate. Accetto critiche e consigli, purché siano sensati. Dedico il capitolo al mio migliore amico, che in questo periodo non siamo in buone acque.
GRAZIE. AL PROSSIMO SABATO!
Bacioni :*:*:*:*:*:*:*:*:*
Cucciolapuffosa

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Capitolo 5
*** L'incidente ***



Love me, I just love you

Capitolo 4: L’incidente
Bonnie’s Pov

 

Quella notte non riuscii a chiudere occhio, forse era per la paura di aver frantumato un’amicizia secolare o forse per le parole che Damon mi aveva rivolto. Possibile che mi avevano veramente ferito? Lui, dopotutto, era uno sconosciuto che era entrato nella mia vita da poco tempo…Già mi facevo questi problemi.

Quella notte la passai tra le lacrime e con una foto mia e di Stefan abbracciati sorridenti, me lo ricordavo quel giorno. Eravamo al lago e insieme promettemmo di rimanere amici per sempre.

 
*Flashback*
 
Il sole risplendeva e illuminava il lago, donandogli un’aria mistica e particolare. Le goccioline di rugiada erano distribuite sull’erba e in cielo c’era un grande arcobaleno.

Io e Stefan stavamo aspettando i nostri amici per avviarci verso la casetta che avevamo affittato quell’estate. Per la prima volta avevamo deciso di passare le vacanze estive lontano da Fell’s Church e soprattutto lontano dai nostri genitori. Era un ricordo abbastanza recente, circa due anni fa, quando avevamo circa quindici anni.
 
« Noi due rimarremo amici per sempre! » strillai io, gettandogli le braccia al collo. Lui mi prese in braccio e mi teneva librata in aria, mentre la mia risata rompeva quell’amabile quiete.

« Mettimi giù, sono pesante. » gli dissi. Il mio amico era molto forte, ma non credo potesse reggere il mio peso. Questa volta la quiete fu interrotta dalla limpida cristallina del mio amico.

« Tu sei piuma, Bon. » disse tra una risata e l’altra. Dopo poco lasciò la presa sui miei fianchi e io caddi sopra di lui. Ero rossa in volto, era un situazione così…così romantica e mi sentivo molto a disagio. Tra noi non poteva nascere quel sentimento, era qualcosa di ridicolo. A quel pensiero non riuscii a trattenere una risata.
 
« T’immagini noi due fidanzati? » gli chiesi scherzando. Lui si bloccò un attimo e mi fissò imbarazzato. Si toccò i capelli e sbuffò leggermente.

« Già…Ma non ti piaccio? » chiese facendo l’offeso. Mi morsi involontariamente il labbro.
« No, perché..vedi tu non sei un ragazzo. » spiegai arrossendo. Mi guardò perplesso. No! Cosa stavo dicendo?

« Cioè tu sei un ragazzo, anche un bel ragazzo…ma noi siamo amici e io ti considero un amico, non un vero ragazzo. » continuai, sperando di aver detto qualcosa di sensato. Secondo me, avevo detto una grande stupidaggine! Lui era un bellissimo ragazzo, ma non lo vedevo come il mio ragazzo. Eravamo amici da una vita!


Stefan mi guardò inizialmente perplesso, ma il suo volto teso presto si trasformò in un volto sereno e contento.
« Hai ragione, Bon… » sussurrò con voce strana. Non era la sua solita di voce, c’era un non so che di diverso, ma non volli insistere più di tanto.
 
*Fine Flashback*
 
Possibile che già allora provava per me quei sentimenti? Era una stupida. Lo avevo ferito, involontariamente, giorno dopo giorno. Chissà come si era sentito quando ero innamorata di Matt! Come si sentiva? Probabilmente si sentiva male, da schifo…Come se fossi un qualcosa di intoccabile!

Mi balzò nella mente quella volta in cui ero in biancheria intima e Stefan entrò per sbaglio in camera.
 
*Flashback*
 
Indossavo un semplice intimo di pizzo nero, niente di sfarzoso, niente taglie in più come facevano alcune mie coetanee. Dovevo andare ad un appuntamento con gli amici e non ero ancora pronta! Frugai nei cassetti alla ricerca di una maglietta qualsiasi.
 
Sentii lo scricchiolio della porta e vidi Stef entrare in camera con un bicchiere di coca-cola in mano. Appena si rese conto di com’ero conciata lasciò la presa del bicchiere, frantumatosi in mille pezzi.

Io cercavo di coprirmi con qualcosa, mentre lui mi sembrava così impassibile. Mi fissava negli occhi senza spiccicare parola, era bloccato su di me e mi sentivo leggermente imbarazzata. Dopotutto era come se indossassi un costume…Non era un intimo sgambato, né troppo scollato. Era solo di un colore più scuro!
 
Velocemente indossai i miei pantaloncini e una maglietta qualsiasi. I capelli li legai in un’alta coda di cavallo. Era estate e faceva molto caldo. Corsi verso Stef, per vedere se era ancora imbambolato lì come una statuina.

« Stefan! Siamo amici…Non mi hai visto nuda, ero come se stessi in costume! » gli ricordai con un sorrisino che doveva essere incoraggiante. Lui scosse leggermente la testa e annuì ancora non molto convinto.

 « Non fare così! Quando ti fidanzerai con Elena, non credo che tu possa fare così! » gli dissi scherzando. Lui scoppiò a ridere, molto probabilmente a disagio.

« Scusami…Solo che sei così…bella. » disse grattandosi la nuca. Arrossii vistosamente. Non aveva detto niente di strano, ma lui era il primo ragazzo che mi vedeva in biancheria ed era stato così dolce a non prendermi in giro per come ero.
 
*Fine Flashback*
 
Ero una cretina! Una scema! Di una stupidità enorme! Con che battute me ne uscivo? Chissà com’era eccitato oppure com’era imbarazzato, forse m’immaginava diversa, forse meglio!

Continuai a piangere tutta la notte e potevo continuare così anche per tutta la giornata, se non fosse per quella stupida sveglia che mi riportava alla realtà.
 
Bip. Bip.
 
Le diedi un pugno e mi girai dall’altra parte dal letto. Non era giornata. La festa di Damon era stata un fiasco! Mi ero immischiata in un brutto affare, per colpa di Elena! E la cosa peggiore? Stefan mi aveva mentito – in un certo senso – e avevo sgretolato un’amicizia.
Poteva iniziare meglio una giornata? Non credo proprio.

Mi alzai dal letto e per prima cosa controllai i messaggi al cellulare. Nessun nuovo messaggio. Di solito, Stef mi mandava il messaggio del buongiorno. Forse dovevano cambiare le abitudini.
 
Per: Stefan
Buongiorno, Stef.
 
Le mani mi tremavano leggermente. Il cuore batteva a mille e le dita erano incerte sul da farsi. Chiusi gli occhi e premetti invio. Non mi pentii di avergli mandato il messaggio, forse era un passo avanti per noi.

Anche se, magari durante la notte Stefan mi aveva perdonato e forse si era già dimenticato di tutto! Con questo pensiero che mi consolava, corsi a specchiarmi. Il mascara era colato sul volto, il rossetto rosso si era schiarito in un color pesca e la matita sbavata
circondava i miei occhi.

Di malavoglia mi struccai e mi diedi una lavata. Aprii la finestra. Era una bella giornata, ma non prometteva bene!
Afferrai la prima cosa che mi capitò a tiro. Una canotta acquamarina e un pantaloncino che arrivava al ginocchio, abbinato con degli stivaletti marroni.

I capelli erano arruffati per via di come avevo dormito quella notte. Li spettinai con forza, ne legai una parte in un codino lasciando alcuni boccoli liberi. Presi la borsa della Converse e me ne andai da casa. Non salutai neanche mamma e papà, lasciai un bigliettino con su scritto che ero uscita prima del previsto.

Ero fuori il porticato e aspettavo Stef invano. Puntualmente la mattina, lui veniva sempre a prendermi e ce ne andavamo sempre insieme.

Ma i minuti passavano. E passando i minuti, passava anche la speranza che Stefan mi avesse perdonato.
Decisi di andargli incontro. Mi avviai a passo svelto verso casa sua.

La sua casa era enorme, grande quasi quanto una pensione. Era qualcosa di magnifico. Ero entrata tante volte in casa sua, ma oggi per la prima volta avevo paura a bussare.

Paura di vedere Stefan arrabbiato.

Paura di sentire parole che forse lui non pensava.

Paura di tutto quello, che poteva stare dietro la soglia di casa sua.

Non feci in tempo a bussare, poiché la porta si aprì. Davanti a me, c’era un signore di su per giù quarant’anni, con un po’ di barbetta e con dei bellissimi occhi versi espressivi. Era il padre di Stefan.

« Signore, Stefan è in casa? » chiesi educatamente, cercando di sbirciare oltre la porta. Giuseppe mi fece un’enorme sorriso. Mi baciò la fronte. Era da tempo che non lo vedevo.

« No, Bonnie. E’ uscito da cinque minuti circa. Non ti è venuto a prendere? » chiese investigativo. Abbassai lo sguardo imbarazzata e feci un sorriso sforzato.

« Forse, avrà preso una scorciatoia. » mentii io, allontanandomi e salutandolo con la mano. Se n’era andato, inutile stare a rifletterci tanto. Meglio avviarsi verso la scuola.

Alla prima ora, avevo chimica. Che palle! Dopo dovevo anche fermarmi lì a finire un esperimento incominciato ieri! Solo al pensiero mi veniva il voltastomaco. Me n’ero dimenticata, e poi Stef mi doveva aiutare; ma non credevo di poter contare su quell’aiuto offertomi precedentemente.
 
Il cortile della scuola era pieno di ragazzi. Da lontano vidi Elena che parlava animatamente con Meredith. Cosa stavano discutendo?
Corsi verso di loro, ma non mi degnarono di uno sguardo. Stavano discutendo, una alzava la voce e l’altra per dimostrare di essere più donna e per farsi rispettare alzava la voce ancora di più!

« Ragazze! Basta! » gridai io, mettendomi in mezzo alle due litiganti. A volte non le sopportavo. Matt e Zander osservavano il tutto con espressione stanca, chissà da quanto tempo stavano litigando.

Le due si girarono verso di me e si zittirono. I miei amici mi guardavano come se avessi inventato l’acqua calda. Stefan osservava tutto con discrezione, lontano da tutto e da tutti. Forse potevo parlargli prima dell’inizio delle lezioni.

« Cos’è successo? » chiesi io, abbassando il tono di voce. Elena sbuffò e si sistemò i capelli, mentre Mere la linciava con lo sguardo.
« Elena non capisce che non deve più ficcare il becco in affari che non sono suoi! » sbottò la bruna, stizzita. Elena le rivolse un sorrisino fiacco.

« Io voglio conquistarlo! Non me ne importa dei pregiudizi! » le rispose a tono. Pregiudizi? Quelli che giravano non erano pregiudizi, erano verità.

« Ele, dopo quella finzione che Damon ha montato per non cacciarci nei guai, non hai capito che dobbiamo starne fuori? » le chiesi scioccata.

Elena si schiaffò una mano in fronte e Meredith ci fissava ambigue. Ci mise poco a riflettere su ciò che avevo detto e ci fissò arrabbiate.
« Cos’è successo? Lo sapevo che vi avevamo scoperte! » disse con l’aria da maestrina so-tutto-io. Ero un genio! Possibile che oggi non me ne andava bene una!?

« Lascia perdere! » la incoraggiò Meredith. Io non avevo ancora preso le parti di nessuno, ma sapevo bene chi sostenere.
« Chiedete un consiglio a Bonnie. Lei è brava a notare le cose. » disse una voce. Stefan. Aveva parlato. E ciò che aveva detto, non era niente di buono. Sentivo gli occhi pizzicarmi, ma mi ripromisi di non piangere in pubblico. Soprattutto a scuola!

« Ehi, Stef! » dissi avvicinandomi a lui, un po’ incerta. Mi avvicinai a lui e feci per abbracciarlo, ma si ritrasse dall’abbraccio quasi disgustato. Non voleva uno dei miei super-abbracci?

« Non. Ti. Avvicinare. Per favore. » disse allontanandosi da me. Quel ‘per favore’ era stato detto con così tanto dolore, anzi più come una supplica. Non voleva avermi vicino…Perché? Mi sfuggì una sola lacrima, che asciugai velocemente.

Misi a tracolla la borsa e feci un profondo respiro.
I miei amici mi fissavano incerti e su di giri, di solito io e il mio amico eravamo sempre amorevoli e non mancavano le effusioni in pubblico, ma oggi era una novità che a malapena ci salutavano.

« Non voglio parlarne. » dissi semplicemente, andandomene da lì. Mi sentivo osservata e l’ansia era a mille. Non avevo ancora incontrato Damon e non avevo intenzione di incontrarlo. Oltre il fatto che dopo aver litigato con me, se la stava spassando con una finta rossa; ma non transigevo sul ‘preferisco che muori per mano mia’.

Solo un egoista e un masochista poteva pensare una cazzata simile!

Aprii l’armadietto e ci riposi i libri. Alla prima ora avevo chimica, con Stefan. Noi eravamo compagni di laboratorio, ma dubitavo che mi volesse ancora parlare.

Con riluttanza andai verso l’aula di chimica.
Stavo per entrare, ma un voce richiamò la mia attenzione…

« Pettirosso… » sussurrò con un fil di voce. Non poteva essere lui, lui non poteva stare nel mio stesso corso!
Mi girai di scatto e mi ritrovai a pochi centimetri da lui e dalle sue labbra.

Era sempre vestito con il suo solito look total black.
Da lontano vidi Stefan venire verso l’aula di chimica con un enorme sorriso e alzava la mano a mo’ di saluto.

Mi aveva perdonato? Mi aveva, davvero, perdonata? Sorrisi contenta, ma il mio sorriso durò ben poco…Caroline Forbes, la nostra acerrima nemica, correva col culo a papera e con le grinfie aperte verso il MIO amico Stefan! Era serio? Lui stava realmente stringendo amicizia con un nemico?

Le lacrime che tenevo dentro di me, mi chiedevano di uscire e non potei trattenerle. Damon, forse, intuendo la situazione mi prese la mano e mi trascinò via da quello spettacolo.

Il mio respiro era accelerato, mentre dei lacrimoni scendevano dai miei occhi. Lui mi osservava, mentre io singhiozzavo. Damon mi abbracciò semplicemente e io poggia il mio volto nell’incavo del suo collo.

« Vi siete lasciati? » chiese piuttosto secco. Non capivo se stava recitando la parte dell’amico comprensivo o stava gongolando come un’ebete. Optai per la seconda opzione. Perché mi stavo facendo consolare da lui? Se la colpa era la sua?

« E’ solo colpa tua. » lo accusai con le lacrime agli occhi. Lui mi teneva per i polsi e la sua presa era forte.
« Io ho protetto te e la tua stupida amica. Non venirmi a fare il terzo grado! » sbottò arrabbiato.

« Tu non mi hai protetto. Mi hai minacciato di morte. » gli ricordai alzando lo sguardo. Qualcosa attraversò i suoi occhi…Avevo detto solo la verità. E la verità a volte bruciava.

« Io non ti ho minacciato. Ti proteggo e continuerò a farlo. » sibilò a denti stretti. Il mio cuore batteva più forte, mentre avvicinava il suo volto al mio.

« Non voglio essere protetta da te. » risposi dura. Il mio tono rispecchiava la freddezza, non avevo mai parlato a nessuno con quel tono di voce. Lui si scostò da me e con i suoi occhi mi fissò serio. Quel suo sguardo mi aveva fatto morire…Avevo esagerato, e l’avevo fatta grossa. Perché non mi cucivo la bocca? Perché!?

Non riuscii a replicare, poiché lui si allontanò da me, ma le parole chi mi stava per rivolgere erano ancor più dure di quanto mi aspettassi.

« E io non voglio più essere amato da te. » disse serio, andandosene come se non fosse successo nulla. Non voleva più essere amato da me? Io non l’avevo mai amato…ma forse con quella frase lui intendeva che non pretendeva più l’amore che si aspettava da me. Le parole feriscono più dei gesti, di questo ero sicura.

Presi un respiro e andai verso l’aula di chimica. Entrata dentro, non soltanto il mio posto era occupato, ma era occupato da Caroline-Odiosa-Forbes. Come si permetteva!? Questa non l’accettavo.

« Caroline, questo è il mio posto. » dissi ferma, puntando i piedi a terra e rivolgendo un’occhiata a Stefan. Lei scoppiò in una risata amara.

« Non lo sai cara? » io feci di ‘no’ con la teste, mentre lei proseguiva la sua spiegazione. « Stef, ha chiesto al professore di poter cambiare compagna di lavoro e io mi sono offerta di prendere il tuo posto. » mi spiegò civettuola. Un altro smacco alla mia autostima.
Indietreggiai di qualche passo e mi rivolsi a Stefan ,questa volta.

« Bonnie, meglio se teniamo un po’ le distanze. » mi precedette lui. A quelle parole, mi sedetti ad un altro banco. Man mano l’aula si stava riempiendo ed entrò anche Damon. Mi guardai attorno. Ma che cazzo! L’unico posto libero era quello accanto a me!

Lui si sedette senza proferire parola e non degnandomi di uno sguardo. Entrò il professore pochi minuti dopo, ma non riuscivo a prestare attenzione. Ero troppo sovra-pensiero.

I pensieri andavano a Stefan, poi a Damon e si mescolavano tra di loro, creandomi un mal di testa infernale.
Perché non ero come un’adolescente normale? Una di quelle che si dovrebbero preoccupare solo del proprio aspetto e di come accalappiare degli innocenti ragazzi!

« Vieni a casa mia? » mi chiese Damon, riscuotendomi dai miei pensieri. Perché dovevo andare a casa sua? Lo guardai un po’ spaesata. Lui mi fissò scocciato e sbuffò leggermente.

« Dobbiamo fare una ricerca. » mi spiegò velocemente. Annuii ancora non convinta.

Lui ritornò a concentrarsi sul suo cellulare, sotto il banco.
E io ritornai a concentrarmi sui suoi occhi, che in quel momento mi sembravano più profondi di un mare in tempesta.
 
***
 
Ero in aula per quello stupido progetto che dovevo ultimare. Se non finivo questo, poi non potevo iniziare l’altro con Damon. Anche se, forse non era una cattiva idea. Io non volevo fare coppia con Damon e lui non ne voleva più sapere di me.

Però se non accettavo di lavorare con lui, poteva capitarmi un compagno peggiore. Stefan era già occupato e non volevo stare in coppia con un pidocchioso nerd!

Presi la provetta in mano e la esaminai da vicino. Dovevo creare una reazione, usando solamente tre delle sei provette che avevo a disposizione. Ma tutte quelle che usavo non andavano a buon fine! Ero proprio una schiappa e mi serviva una mano!

Tutti quanti erano di sicuro in mensa o nel cortile con i propri amici, mentre io ero segregata in quella stramaledetta aula che mi sembrava più piccola man mano che i minuti passavano.

Di fronte a me, avevo l’enorme orologio bianco che segnava ogni singolo secondo che passava e ticchettava ogni qual volta passava un minuto.

Impossibile lavorare e ottenere un buon risultato con quella musichetta fastidiosa, che non ti dava più pace.
Quella lezione era la più complessa che avevo mai sentito in questi anni. Tutta colpa del mio nuovo compagno di banco. Di solito con Stefan mi sentivo a mio agio ed era semplice capire la chimica con lui, ma con Damon era tutto impossibile. Usava il cellulare, non ti aiutava e stava sempre per conto suo; non contando il fatto che io non gli volevo rivolgere la parola.

Eppure ogni volta che incontravo i suoi occhi, il mio cuore si fermava di pochi secondi e il respiro diventava irregolare. Mi risultava difficile distogliere lo sguardo da quegli occhi, che anche se di colore scuro avevano una propria espressività, che ammaliava tutte. Ma non me! Con me non era semplice come pensava.

Osservavo la reazione chimica che stava avendo luogo, forse ce la potevo fare…se il professore mi concedeva altri due mesi per lavorarci con un buon compagno!

La fiala che avevo in mano era di un verdognolo scuro, non l’avevo mai visto…Aprii la fialetta e sentii l’odore di quella fialetta. Immediatamente la richiusi disgustata. Quella cosa aveva un odore sgradevole! Meglio non usarlo per il mio progetto.

Frugando un po’ nelle cose del professore, venni distratta da alcune voci non molto lontane dall’aula.
Non feci in tempo a vedere chi fossero, visto che nell’aula di chimica entrarono i compari di Damon, o meglio non i compari piuttosto i
nemici di Damon che mi scrutavano interessati. Uno di loro lo riconobbi immediatamente: Klaus.

Aveva lo stesso sguardo folle della sera precedente in cui mi aveva quasi – scoperta. In mano aveva una fiala di benzina. Non voleva veramente…? Mi venne spontaneo afferrare il cellulare.

Dovevo chiedere aiuto a chi? Damon o Stefan? In quel momento pensavo solo ad una persona che mi potesse salvare da quella situazione assurda.
 
Per: Sconosciuto
Aiutami. Aula di chimica. B.
 
Premetti ‘Invio’ e sospirai rumorosamente. Damon sarebbe venuto a salvarmi, non mi avrebbe ignorato…Non sapevo cosa mi spingeva a fidarmi in quel modo di lui, ma nel profondo sapevo che appena lui avesse letto quel sms si sarebbe precipitato da me.

« Ecco, la dolce ragazza di Dam. Che bastardo! » disse Klaus, su di giri. Possibile che fosse sbronzo? E possibile che venisse ancora a scuola?

Mi strattonò lontano dal banco e il cellulare mi cadde dalle mani. Il mio viso era vicinissimo al suo, sentivo il suo alito pesante di alcool e le pupille erano dilatate in modo incredibile.

I suoi amici spargevano la benzina un po’ ovunque. Non vorranno realmente fare…ciò che pensavo? Dovevo guadagnare tempo.
La paura prese il possesso di me. Il mio battito era accelerato, sudavo freddo e le mie gambe non riuscivano a muoversi da terra. Le lacrime usciva costanti e piene dai miei occhi, la paura di morire in quel frangente era costante e non riuscivo a trattenerle.

Ad ogni mia lacrima avvertivo le risate di Klaus. Perché non veniva a salvarmi? Mi voleva lasciare lì? Lo stava facendo apposta?!
« Mi piacerebbe farti soffrire come Katherine, ma non ci sarebbe gusto. Mi divertirò sentendo le tue urla. » disse brillo, buttando a terra la bottiglia che aveva in mano. Aveva nominato Katherine? Era il momento buono per chiedergli il cognome!

« Il…il suo..cognome? » sussurrai impaurita. I suoi occhi erano spiritati. Mi afferrò per le spalle e i suoi occhi lampeggiavano di rabbia. Mi scaraventò a terra, liberando un’altra risata malvagia.

« Ci vediamo all’inferno, tesoro! » disse uscendo dall’aula. Alzai di poco la testa e quel che vidi mi bastò per capire ciò che mi stava accadendo.

Accese un piccolo fiammifero e lo lasciò cadere nell’aula. In un primo momento provai ad alzarmi, ma dopo poco scoppiò una provetta che andò immediatamente in fiamme.

Lì essendoci solamente sostanze infiammabili, si infiammarono tutte man mano. Caddi a terra e iniziai ad indietreggiare, mentre le fiamme avvolgevano l’aula man mano. Sentivo i ragazzi urlare, chi correva, chi diceva di chiamare il preside…Ignari che dentro quell’aula c’era un’alunna bisognosa d’aiuto.

Non riuscivo neanche ad urlare. Le parole non uscivano dalla bocca e l’ossigeno diminuiva sempre di più.

Non avendo più le forze per arrivare alla porta, mi lasciai cadere a terra rotolando leggermente su me stessa. Gli occhi erano socchiusi. Vidi la porta spalancarsi.

Incontrai i suoi occhi. Quegli occhi scuri, ma profondi. Quello sguardo impenetrabile, ma che valeva più di mille sorrisi. Era lui, era venuto a salvarmi. Sospirai a quel pensiero.

E mi lasciai cadere nell’oscurità più totale, che dominava nella mia mente.
 
“La morte si sconta vivendo
-Ungaretti”
 



ANGOLO DELLA PAZZA: Ho aggiornato! E’ sabato, alle 23:25! Ma sono stata puntuale. Mi spiace di non aver pubblicato prima, ma ero occupata! Non tanto con gli studi, più che al massimo perché parto per la settimana bianca e in casa non si capisce più niente! Avverto infatti che non posterò Sabato prossimo, ma Lunedì prossimo!
Passando al capitolo: I nostri Sonnie non fanno pace (mi spiace molto ù.ù), Damon fa il romantico (lo amo ù.ù *-*), Elena e Meredith litigano (Elena ha torto come sempre ù.ù), Caroline che fa la civetta (la detesto ù.ù) e infine l’incendio! Ve l’aspettavate quest’attentato alla vita della rossa? Non credo.
Ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite:
1 - angy94 [Contatta]
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4 - lisetta95 [Contatta]
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E chi l’ha inserita nelle seguite:
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Grazie anche solamente a chi ha letto. Mi piacerebbe anche sapere delle opinioni di chi legge solamente. Sono ben accette critiche e consigli, purché siano sensati.
Sono contenta che la storia vi piaccia. Spero in tante recensione.
Ci vediamo presti, vi voglio bene!
Cucciolapuffosa :*:*:*:*:*:*:*:*

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Capitolo 6
*** Salvataggio ***


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Love me, I just love you

Capitolo 5: Salvataggi
Bonnie’s Pov
 
Ero stesa a terra e tenevo gli occhi socchiusi. Le fiamme avvolgevano l’aula e l’allarme anti-incendio continuava a suonare, dandomi un tremendo fastidio alle orecchie.

L’ossigeno veniva assorbito dalle fiamme, che diventavano sempre più grandi. Le finestre erano aperte e questo peggiorava a situazione.

Damon era lì impalato. Immobilizzato. Paralizzato. Non batteva ciglio. Fissava il tutto con occhi lampeggianti di rabbia. Entrò nell’aula, strisciando a terra.
Teneva una mano sulla bocca, per evitare di respirare aria nociva. Scansava a malapena le fiamme e si dirigeva sicuro verso di me, a carponi.

Una fialetta stava rotolando sul tavolo, pronta a cadere. Damon stava gattonando verso di me e a breve mi avrebbe raggiunto, se non fosse per quella provetta che stava per cadere a terra. E se cadeva a terra, molto probabilmente sarebbe scoppiata a contatto con la benzina.

« Damon! » urlai di scatto, cercando di alzarmi. Lui alzò lo sguardo, come per accertarsi che stessi bene. Dovevo avvertirlo di quella fialetta, ma le parole mi morivano in gola. Indicai il tavolo, sotto il quale si stava riparando.

Lui – forse – intuendo che stavo cercando di avvertirlo di un pericolo, uscì da sotto il tavolo. Fece, appena, in tempo a prendere la provetta e riporla in una scatola.
Era vicinissimo a me, speravo di farcela. Mi raggiunse a fatica e mi prese tra le sue braccia.

« Usciamo di qui. » disse fermo. Si alzò in piedi e mi aiutò ad alzarmi. Riuscivo a stento a rimanere in piedi, senza cadere al suolo. Lasciò un istante la presa sulla vita, ma la testa pulsava fortemente e persi l’equilibro.

Si girò un secondo dopo. Mi prese tra le braccia e cademmo, entrambi, sotto un banco. Riuscivo a tenere a fatica gli occhi aperti.

« Pettirosso! » mi chiamò, scuotendomi leggermente. Volevo rassicurarlo, parlargli, dirgli di non preoccuparsi; ma l’ossigeno diminuiva e non ce la facevo più.
« Bonnie! » mi chiamò ancora, usando il mio nome. Era preoccupato. Si sentiva un leggero senso di preoccupazione nella sua voce. Aveva usato per la prima volta il mio nome. L’aveva pronunciato con preoccupazione, però si sentiva un pizzico di dolcezza.

Mi caricò in spalla e mi teneva stretta a sé. Ero troppo pesante, non ce l’avrebbe fatta a tenermi in braccio a lungo.

« Pettirosso…siamo vicini all’uscita…ma non ce la faccio a portarti fuori… » biascicò con voce bassa. Io alzai di poco la testa.

« Damon…non…ce…la faccio.. » sibilai tra le lacrime. Lui a quel punto mi prese completamente nelle sue braccia. Mi  caricò in spalla ed uscimmo fuori da quella cazzo di aula.

Fece pochi passi. Poi cadde a terra. Sentii poco e niente l’impatto col terreno. Ero sopra Damon. Lui era caduto a terra stremato e io ero ancor più stremata di lui.
Grosse lacrime mi rigavano gli occhi. Ero, ancora, aggrappata alla sua maglietta nera, che stavo inzuppando con le mie lacrime. Non ce la facevo più.

Sbattei le palpebre e focalizzai il volto di Damon. Aveva un’espressione stanca e stava riprendendo conoscenza. Nel frattempo, il preside stava cercando di spegnere l’incendio.

Damon mi accarezzò i capelli e mi abbracciò forte. Ricambiai l’abbraccio e mi strinsi ancor di più a lui. Dopo poco, eravamo circondati dal preside, professori e anche da amici.

Elena e Mer erano tra le lacrime. Ele era aggrappata al braccio di Matt, che mi fissava paralizzato. Meredith piangeva tra le braccia di quel tipo…Alaric!

In lontananza vidi Stefan che si faceva spazio tra la folla degli studenti. I suoi occhi verdi, che erano in forte contrasto con i capelli scuri erano animati dalla preoccupazione. Si fermò a pochi passi da me e ci scambiammo uno sguardo di ghiaccio.

Damon si mise a sedere e poggiò la sua mano poco sopra il mio sedere, stringendomi a sé e lanciando un’occhiata di sfida a Stefan. Quest’ultimo mi lanciò un sguardo di disapprovazione e si allontanò. Volevo fermarlo e spiegargli che non era colpa mia se quel cretino di Klaus mi ha quasi ucciso!

Il preside si avvicinò a noi.

« Signorina McCollough, cos’è successo in quell’aula? » chiese preoccupato. La preoccupazione gli trasudava da tutti i pori della sua pelle. Sudava come ché e si asciugava il sudore con un fazzoletto con cui si soffiava spesso il naso.

« Ho…ho…sbagliato..le fiale…E sono…scoppiate. » dissi singhiozzando. Fa che ci sia cascato. Fa che ci sia cascato. Il preside mi squadrò un attimo e si allontanò tutto allarmato e indaffarato.

Ci era cascato. Gli occhi di Damon si posarono su di me. Quello sguardo metteva soggezione, riusciva a leggerti dentro e ti faceva sentire nudo e impotente.
Mi alzai dalle sue gambe con uno scatto fulmineo. Forse troppo fulmineo. Barcollai un po’ e mi appoggiai al muro.

« E’ il caso che tu vada a riposare. » mi disse risoluta Elena, avvicinandosi. Sorrisi leggermente. Era un’amica, non aveva degnato di uno sguardo Damon. Ora aveva occhi solo per la mia salute. La mia amica pazza!

« Ha ragione. Poi magari, più tardi vieni a casa per lavorare al progetto. » intervenne Damon con il suo sorrisetto idiota. Annuii distrattamente e feci un mezzo sorriso. Mi scrocchiò un’occhiatina e se ne andò con i suoi soliti modi di fare.

Suonò la campanella. C’era il corso di pallavolo, ma non avevo voglia di partecipare. E in tutti i casi, le mie amiche non me l’avrebbero permesso.

Decisi di chiamare i miei genitori e farmi venire a prendere. Di sicuro, appena verranno a conoscenza di ciò che era successo si faranno apprensivi; ma non potevo nasconderglielo.
 
***

Dire che i miei genitori erano apprensivi, era dire poco. Appena saputo dell’accaduto mi avevano portata a casa e mi avevano segregato in camera con cinque coperte e tre cuscini. Genitori troppo apprensivi! Figuriamoci se venissero a conoscenza di quello che era, realmente, successo in quell’aula!

Non avevo scampo. Non potevo neanche alzarmi! Per fortuna, che c’era mia sorella Mary! Li aveva convinti a lasciarmi uscire da casa per andare a casa di Damon per il progetto, altrimenti dovevo rimandare e successivamente farlo venire a casa mia. E non ne avevo intenzione! Quel tipo, che portava guai uno dopo l’altro, non avrebbe mai messo piede in casa mia!

Toc. Toc.

Chi poteva essere? Fino a prova contraria, le mie amiche erano al corso di pallavolo e i miei amici a rugby. I miei genitori non avrebbero bussato…E Stefan non verrebbe mai da me.

Dalla porta spuntò una figura abbastanza alta e slanciata. Aveva indosso dei pantaloni di jeans a vita alta e una maglia uni-color. Sopra aveva indosso un camice bianco e i capelli scuri raccolti in una treccia risaltavano sul suo colorito candido.

Era Mary. Era uscita prima da lavoro? Le sorrisi leggermente e le feci segno di accomodarsi accanto a me. Non se lo fece ripetere due volte e si accoccolò acconto a me.

« Sai, sorellina, mi sono chiesta come mai il tuo amico Stefan non sia, ancora, venuto a trovarti… » disse, lasciando il discorso in sospeso. Sospirai. Possibile che mia sorella riuscisse ad intuire i miei pensieri?

« Abbiamo litigato. » le risposi semplicemente, abbassando il capo. Lei mi accarezzò i capelli con fare materno. Tra poco sarebbe arrivato il discorsetto da sorella
comprensiva, che mi diceva tante cazzate per cercare di farmi stare meglio…Ormai la conoscevo.

« E non si può rimediare? C’entra per caso, quel ragazzo che ti ha recapitato quei fiori? » Bingo. Mi sorprendeva sempre mia sorella. Possibile che aveva capito tutto quanto? Che avesse capito in che guaio mi ero cacciata?

« Se sei innamorata di due ragazzi. Scegli il secondo, perché se eri veramente innamorata del primo non avresti mai perso la testa per l’altro. » mi disse con un sorrisetto comprensivo. Rettifico: mia sorella non aveva capito un cazzo. Pensava che ero innamorata di due ragazzi? Che avevo il piede in due staffe? Quale donna farebbe mai una sciocchezza simile?

« No, Mary…Non è questo il problema. E’ molto più grande! » sbottai io, sull’orlo di nuove lacrime. Gli raccontai più o meno la situazione, ovviamente tralasciando i dettagli più importanti, come il fatto che Damon traffica droghe e marijuana.

Lei mi ascoltava interessata e a volte dava segni di vita, facendo dei versi o annuendo intristita. Alla fine del racconto – che non era a lieto fine – sospirò rumorosamente.

« Oh, Bonnie…io posso spiegarti come scavalcare un dosso, ma non come rialzarti quando il mondo ti cade addosso. » disse saggia. Adoravo mia sorella Mary, era sempre saggia e rilassata, non trovavi un giorno in cui era nervosa o scorbutica. Eravamo i due opposti. Io ero tutto il contrario.

Le sorrisi leggermente. Mary mi lasciò un bacio tra i capelli e se ne andò dalla mia camera.

Aveva lasciato la porta aperta. Perché non l’aveva chiusa? Mi stavo alzando, quando vidi che nella stanza stava entrando Stefan. Mi bloccai. Era venuto a trovarmi?

« Stai meglio? » mi chiese rimanendo sulla soglia. Io annuii distrattamente. Guardai l’orologio. Dovevo prepararmi per andare da Damon. Mi alzai dal letto e iniziai a curiosare nell’armadio.

« Bonnie… » deglutì Stefan. Gli rivolsi uno sguardo interrogativa. Cosa voleva? Mi guardava con aria assorta…Gli era passata l’arrabbiatura? Mi specchiai un attimo e mi sentii una tremenda idiota! Indossavo soltanto una vestaglia rosa e l’eccitazione del mio amico era più evidente del solito. Diventai tutta rossa e mi rifugiai nuovamente sotto le coperte.

« Volevo scusarmi con te. » disse convinto. Io gli sorrisi di scatto e mi gettai sulle sue braccia. Lui mi afferrò al volo, ma la sua stretta era fredda, di ghiaccio. Non mi aveva perdonato?

« Stefan, non mi hai perdonato? » chiesi titubante. Sapevo già la risposta, si leggeva nei suoi occhi.

« Potremo allontanarci per poco. Non vedi l’effetto che mi fai? Non vedi cosa provo per te? » chiese con voce rotta dalla tristezza.

« Mi spiace, Bonnie. » disse allontanandosi da me. Mi lasciò un bacio sulla guancia e se ne uscì. Lasciandomi sola, un’altra volta. Mi aveva detto di tenermi alla larga da lui.

Guardai l’orologio. Era tardi. Troppo tardi. Aprii l’armadio, dovevo cambiarmi. I vestiti di questa mattina erano sporchi per colpa di quel cazzo d’incendio.
Indossai una gonna rosa leggermente plissettata, una camicetta bianca e dei semplici stivaletti, non molto alti. I capelli li raccolsi in un codino alto e li legai con un fiocco bianco che faceva risaltare i miei capelli rossi. Presi i libri e scesi le scale.

Mi asciugai le lacrime e mi diressi verso la fermata dei taxi. Dovevo andare a casa di Damon Salvatore. Wow, che eccitazione!

Salii sul taxi e diedi al taxista l’indirizzo della casa. Possibile che non riuscissi a smettere di piangere? Mi sentivo così vuota! Era venuto a casa, si era scusato e poi mi aveva spezzato, probabilmente non se n’era neanche reso conto.

Sentivo gli occhi gonfi e la testa girarmi. Non era giorno per studiare. Il taxi si fermò di botto. Eravamo già arrivati? Lasciai una banconota al taxista e scesi dall’auto.

Ero in quartiere non molto lontano da casa mia. Davanti a me, c’era un’enorme casa. Era a due piani, con tetto spiovente. Mozzava il fiato. Dietro c’era un enorme giardino.

Damon abitava in questa casa? Wow. Camminai a testa bassa verso la porta di casa. Non feci in tempo a bussare che Damon aprì la porta. Feci un sorrisino sforzato. Lui mi fissò incerto.

« Pettirosso, entra. » disse accogliente. Entrai in casa sua con un certo timore. Era enorme. Di fronte a me c’era un lungo corridoio, che finiva in un enorme salotto. Nel salotto c’era un grande camino con sopra alcune fotografie. Che gusto che avevano i suoi genitori in fatto d’arredamento!

L’enorme scala suppongo porti verso le diverse camere della casa. Era magnifica e ben illuminata. Lasciava senza parole.

Damon mi scrutava sospettoso. I suoi occhi fissavano il mio volto, lo abbassai imbarazzata e mi girai di spalle, facendo finta di osservare l’interno della casa.
Dopo pochi istanti, sentii due braccia circondarmi il bacino. Era Damon.

Cosa stava facendo? Mi portò davanti allo specchio del corridoio che portava in salotto. Tenevo lo sguardo basso. Con due dita mi sollevò leggermente il viso. Lo sollevò quel tanto che bastava per notare che stavo piangendo. Mi asciugò con il pollice una lacrima.

« Perché piangi? » chiese dolcemente. Non l’avevo mai sentito parlare con così tanta comprensione. Quegli occhi neri mi fissavano sicuri e cercavano di scavare nel profondo. Provavano a scalfirmi e ci stavano riuscendo.

« Non mi è successo niente… » dissi, asciugando un’altra lacrima. Lui mi lanciò un’occhiataccia. A quel punto, non riuscii più a contenermi. « Non capisci! Non puoi capire! Non mi vuole più vedere! Né sentire! » urlai, arrabbiata. Mi divincolai dalla sua presa, con il cuore a mille.

« Chi? Chi, Pettirosso? » mi chiese scettico. Mi schiaffai una mano in fronte. Ah, già! Lui non sapeva che Stefan era venuto a trovarmi! Sospirai con calma.
« Ste-Stefan. » dissi, tirando un po’ su col naso. Mi fece un sorrisino idiota. Cosa c’era di divertente? Quant’era insopportabile!

« Forse, non ti merita. » continuò spavaldo, aggiustandosi il giacchetto di pelle. Cosa stava farneticando?
« E chi mi meriterebbe, secondo il tuo giudizio? » chiesi alzando il tono di voce. Lo detestavo, quando pensava di conoscermi meglio di chiunque altro!

« Nessuno. Devi rimanere eternamente pura e candida, come lo sei ora! » urlò ancor di più. Possibile che stavamo litigando su una cazzata simile? Mai sentita una discussione più scema, in vita mia!

« Dovrei rimanere zitella a vita?! » feci io, chiudendo i pugni. Damon mi prese per le spalle, obbligandomi a guardarlo. Che tipo impulsivo!

« SI! Fino al giorno della mia morte, nessuno essere di sesso maschile si avvicinerà a te. Ti proteggerò da tutto e da tutti. » sbottò incazzato. Si preoccupava per me? Mi proteggerà da tutto e da tutti?! Pensava che fossi così ingenua! Che RABBIA!

« PERCHE’? Perché!? » chiesi alzando ancora di più la voce. Abbassò di poco lo sguardo. Questa volta fui io, che presi il suo volto fra le mie mani e le sue mani mi avvicinarono al suo corpo, facendo cadere a terra i libri.

« Perché non ti merito. E voglio tenere lontano anche gli altri che non ti meritano. » sibilò a denti stretti. Non mi aspettavo una risposta del genere. Mi aspettavo una risposta piena di sé e un po’ arrogante, ma non una risposta così…sincera.

« Perché non mi meriti? Tutti hanno una change. » dissi, rimanendo sul vago. Non volevo che si riferisse esplicitamente a noi due, parlavo in generale. Ci fu una risata amara da parte sua. Così amara che faceva venire la pelle d’oca.

« Non sono il ragazzo perfetto, che ogni padre sogna per la propria figlia. Non mi hai visto? Ti ho portato solo guai. » commentò cinico. Non sapevo più come rispondere. Non avevo una risposta coerente da dargli, per non ferirlo o per non farlo sentire peggio di come stava.

« Sei duro con te stesso. » constatai io. I nostri occhi erano incatenati uno all’altra e nessuno dei due accennava a cambiare posizione. Quegli occhi sarebbero stati la mia rovina.

« Non lo sono affatto. Non ti trascinerò in affari più grandi di te. Promettimi di rimanere sempre la stessa ragazza che sei sempre stata. Che nessuno macchierà quella purezza che ti contraddistingue.» disse allontanandomi poco da sé. Era un tipo strano, misterioso e forse bipolare, ma in fondo era solo un ragazzo che cercava di vivere la propria vita al meglio. Anche se non aveva imboccato una strada giusta, non bisognava per forza condannarlo alla fama che aveva.

« Si, Damon. Promesso. » dissi più seria che potevo. Avrei mantenuto quella promessa. Sicuramente non sarei rimasta per sempre pura, ma non volevo cambiare. Lui mi accennò un ghigno e mi presa la mano.

Mi condusse verso il salotto. Mi accomodai sul divano. In un lato della casa c’era un altarino dedicato solo ai liquori, si vede che ai suoi genitori piaceva un bel sorso di buon vino. Ce n’erano di tutti i tipi, alcuni americani, altri italiani. Che gusti.

« Damon… » non feci in tempo a replicare, che Damon si girò e mi porse un bicchiere che conteneva un liquido scuro. Non era liquore? Io non bevevo, mi dava fastidio il solo odore.

« Non è liquore. E’ un cocktail analcolico. Non ti faccio ubriacare. » continuò ironico. Questa parte ironica non l’avevo mai sentita.
Ero curiosa di sapere, dov’erano i suoi genitori. Forse non dovevo chiedere…Dopotutto era una domanda innocente.

« Vado a prendere la borsa. Ti è caduta prima. » disse allontanandosi un minuto. Bevvi un sorso del cocktail. Veramente buono. La mia attenzione ricadde su una foto, posta sopra il camino.

Ritraeva due persone: un bambino e una signora. Indubbiamente madre e figlio. Il bambino era sicuramente Damon. Aveva gli stessi occhi neri, ma avevano una luce diversa. Una luce che l’illuminava e che li rendevano più accesi. I capelli ricadevano sbarazzini e sul suo volto c’era un enorme sorriso, mai visto un Damon tanto sorridente.

La donna era probabilmente la madre. Una bella donna. Aveva un viso ovale con tratti dolci e le sue labbra erano contratte in una smorfia
divertita. I capelli erano rossi, molto simili ai miei…forse più chiari. La differenza era che i suoi erano lisci ed ordinati, mentre i miei erano ricci e sbarazzini. Erano raccolti in una treccia laterale. La foto era stata scattata molto probabilmente in un giardino, con un enorme villa dietro. Erano bellissimi.

« Cosa fai? » chiese una voce ferma. Presi un sospiro e mi girai di scatto impaurita. Era Damon, teneva in mano la mia borse e si avvicinava a me, abbastanza minaccioso.

« Ho visto una foto… » dissi, facendo cadere là il discorso. Si vedeva che non voleva parlarne. Lui mi scostò leggermente e sorrise nel vedere la foto. Si voltò subito di spalle e si accomodò sul divano.

« Tua madre sembra molto gentile. Sarebbe bello conoscerla. » gli dissi, in tono confidenziale. Speravo di strappargli qualche informazione sulla sua famiglia, era sempre taciturno. Mi sembrava strano che mi avesse invitato a casa sua.

« Era perfetta. Le saresti piaciuta. » mi rispose con tono…Nostalgico? Aveva usato il passato. Sua madre era morta? Decisi di non insistere più di tanto. Ora si spiegava la tristezza nella sua voce. Mi maledii cento volte minimo, per non essere stata zitta e buona.

« Iniziamo il progetto? » chiesi io, cercando di dirottare argomento. Lui annuì poco convinto. Ero sicura che nella sua mente mi stava ringraziando per non avergli chiesto altre domande. Ne avevo molte, ma non avevo il coraggio di chiedergliele.

« Che ne dici se risolviamo un problema scritto e poi lo realizziamo in laboratorio? » chiesi, indicandogli un problema che avevo già individuato a casa. Damon mi fissò interrogativo. Sarebbe stato un pomeriggio lungo!

« Calcolare il volume a c.n. di ossigeno necessario per la completa combustione di una massa di etano (C2H6) tale da generare 1748 torr di CO2 misurati a 114°C in un recipiente del volume di 1.8 L. » lessi io. Damon era stravaccato sul divano e mi fissava interrogativo. Non era molto difficile. Avevo fatto bene a farmelo consigliare da mia sorella, che conosceva le mie potenzialità.

« Non ci ho capito una mazza! Come facciamo a calcolare il volume? » chiese scettico. Immaginavo che non era una cima in chimica! Per fortuna che lo sapevo fare io!

« Innanzitutto calcoliamo le molecole di CO2, prodotte mediante la legge dei gas ideali. » gli dissi, scrivendo sul suo quaderno le formule. Mi fece cenno di continuare. « In base alla stechiometria della reazione, da 3.5 moli di O2 si producono 2 moli di CO2. » feci io.

« Quindi possiamo calcolare le moli O2 necessarie, grazie ad una proporzione? » chiese titubante.

« Bravo! » dissi io, abbracciandolo di slancio. Non sapevo di questa suo lato intelligente! Continuai a scrivere le formule sul blocco notes, mentre sentivo lo sguardo di Damon costante su di me. Alzai di poco il viso e vidi il suo volto intento a fissarmi.

Gli rivolsi un’occhiata interrogativa. Arrossii imbarazzata.

« Sei bellissima… » disse con voce roca e sensuale. Stava provando ad abbindolarmi? Forse ci stava riuscendo…Forse, ho detto! Il cuore martellava e il mio viso stava diventando un tutt’uno con i miei capelli.

La sua mano accarezzò la mia guancia sinistra. I nostri nasi erano a pochi centimetri l’uno dall’altro, si stavano sfiorando. Avvicinò il suo viso al mio. Sentii le sue labbra sfiorare le mie…Stavo per cedere, me lo sentivo…
 
Ding. Dong.
 
Si ritrasse da me ed emise qualche imprecazione sotto voce. Per la prima volta anch’io era irritate. Aveva provato a baciarmi non so quante volte e ogni volta lo bloccavo io, oggi per una volta che stavo cedendo qualcuno doveva venir a rompere le suddette!? MA DAI!

Si alzò di malavoglia e sbuffò sonoramente.

« Ritorno subito, Pettirosso. Me ne libero e poi, riprendiamo il nostro discorso. » disse ammiccando. Arrossii ancora. Possibile che ogni cosa facesse, io arrossivo sempre? Decisi di alzarmi anch’io dal divano e di dirigermi verso l’entrata di casa sua.

« Chi è? » chiesi io, dirigendomi verso di lui. Damon aveva un volto scocciato. Chi poteva mai essere?

« Quel rompipalle di Klaus! » sbottò arrabbiato. A quel nome sbiancai vistosamente. Klaus!? Quel Klaus? Quello psicopatico che aveva provato ad incendiarmi?
Damon vedendo il mio cambio d’umore mi fissò interdetto per qualche minuto. Possibile che avesse già intuito? Che avesse già capito che gli stavo mentendo?
« Cosa ti ha fatto quel bastardo? » chiese diretto al sodo. Balbettai qualcosa di incomprensibile.

In quel momento la paura mi stava attanagliando lo stomaco.
« Ha…in…infuo..infuocato…l’a…l’aula. » balbettai bloccata. Damon ci mise qualche secondo per focalizzare e rimise a posto le informazione.

« Quel bastardo ti ha dato fuoco!? IO. LO. UCCIDO. » sibilò arrabbiato, correndo arrabbiato verso la porta. Iniziai a rincorrerlo e mi misi davanti alla porta. Non. La. Doveva. Aprire.

« Non andare! Ti prego! » supplicai io, con voce rotta dalla paura.
« Per piacere. Ho paura. Non aprire! » continuai supplicante. Si avvicinò al me e mi abbracciò delicatamente. Sospirai.

« Risolverò io, la faccenda. » disse serio. « Quel bastardo dovrà solo pensare di farti qualcosa e se la vedrà con me. Gli spacco la faccia! » iniziò ad urlare, come un ossesso. Più che altro, parlava da solo; perché io non riuscivo a seguire tutti i suoi ragionamene.

Erano abbastanza complessi.
Ding. Dong.

Ha suonato di nuovo. Il respiro di faceva irregolare e il mio corpo era percosso da leggeri fremiti. Damon mi fissava impaurito e mi teneva stretta a sé, cercando di calmarmi.

« Pettirosso, ho un’uscita di servizio. Posso riaccompagnarti a casa, se vuoi. » disse, accarezzando i capelli. Annuii con le lacrime agli occhi. Non volevo vedere quel tipo.

Presi la mia borsa e la misi a tracolla. Speravo che Klaus non mi vedesse.

Mi portò in cucina, anch’essa arredata in modo impeccabile. Vicino alla cucina c’era una porta. Benedico chiunque abbia progettato questa casa! Lo benedico!
« Ti accompagno. » disse risoluto, afferrando le chiavi di casa. Non me lo feci ripetere due volte. Mi prese la mano e mi portò fuori da casa sua. Cercando di non essere notati, sgusciammo via di lì. Continuammo a camminare mano nella mano.

La mia mano intrecciata alla sua.          
La sua mano intrecciata alla mia.
Nessuno dei due voleva distogliere quel piacevole contatto.

Durante il tragitto da casa sua a casa mia, ci furono solo molte occhiate e io che arrossivo sempre. Non mi sentivo molto in imbarazzo dopotutto. Forse, solamente un po’ a disagio per quel contatto. Lui, invece, sembrava sempre calmo e pacato. Forse non si era reso conto che eravamo mano nella mano.

Eravamo avanti a casa mia. Io ero appoggiata alla porta bianca di casa e lui era a pochi centimetri da me. Quella situazione era molto equivoca. Io dovevo entrare in casa, ma lui era lì. Di fronte a me, con un sorriso smagliante.

« Pettirosso, sistemerò la situazione. » Lo spero. Sia meglio per lui, altrimenti non avrei denunciato Klaus. Mi sarei cacciato in un’enorme guaio, ma almeno non avrei rischiato un altro attentato.

« Lo spero. » dissi solamente.
Mi baciò leggermente la punta del naso, mentre io diventavo rossa. Per capire chi fosse realmente Damon Salvatore, ci voleva tempo, pazienza e curiosità. Io avevo tempo. Avevo pazienza. E non mi mancava la curiosità. Avrei capito, chi si nascondeva dietro la maschera di cinismo che si era creato, me l’ero ripromesso.
 
“Quando un angelo si innamora di un demone,
il Paradiso si unisce all’Inferno
 creando un limbo chiamato ‘Amore’
Cit.- Anonimo”
 
 
 



ANGOLO DELLA PAZZA: Sono ritornata! Contenti? Non credo affatto! Ho detto che postavo Lunedì e sono qui! Come promesso! Spero che vi piaccia questo capitolo! E’ troppo BAMON *-*
Questi due li amo insieme! Ora vedremo cosa succederà tra questi due! *-*
Mi spiace, ma la quiete non durerà a lungo. :) :) :) :) Passiamo al capitolo: l'incendio ha migliorato i rapporti tra i nostri amati (ditelo che sono una genia ù.ù), poi Mary...Quanto voglio santificare quella donna! (ditelo che lo state pensando ù.ù), poi Stefan fa lo scontroso (Bonnie puoi ucciderlo ù.ù) e infine i momenti dolci tra i nostri tesorini (ditelo che mi dovete fare una statua, possibilmente d'ora ù.ù)! Xd 
Vorrei dirvi che non so bene se i programmi in America di chimica siano uguali a quelli in Italia, io allora ho usato un problema del mio libro.

Infine ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite:
1 - angy94 [Contatta]
2 - bloody tooth [Contatta]
3 - jess chan [Contatta]
4 - laliter_in_love [Contatta]
5 - lisetta95 [Contatta]
6 - pagy94 [Contatta]
7 - polly93 [Contatta]
8 - SashaJohnson [Contatta]
9 - ScarlettRoseBlack [Contatta]
10 - vampirbloodlove [Contatta]
11 - vampire love [Contatta]

Chi l’ha inserita nelle seguite:
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Grazie a tutti, per il sostegno e per le bellissime recensioni! Spero che la storia continui a piacervi! Il capitolo lo dedico a tutti voi!
Aspetto tante recensioni! ;) Come al solito posterò Sabato!
Bacioni :-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*
Cucciolapuffosa

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Capitolo 7
*** Confraternita Velociraptor ***


Love me, I just love you
 
Capitolo 5: Confraternita Velociraptor
Bonnie’s Pov

 
Il mese di Settembre scivolava con leggerezza, mentre la fresca brezza estiva stava lasciando posto all’autunno. La stagione da me più odiata. Non era inverno e non era estate, era una via di mezzo. Imprevedibile, un giorno faceva più caldo e poi scoppiava un temporale.

In questo mese, la situazione non era cambiata molto, ma per fortuna non era peggiorata.
Elena, apparentemente, sembrava di aver abbandonato l’idea folle di conquistare ad ogni costo Damon.

Meredith in questo mese era troppo strana, aveva sempre lo sguardo vuoto.

Stefan…Be’ su Stefan non c’era molto da dire, i rapporti stavano ritornando normali per fortuna ma non ancora come prima, per ora mi accontentavo.

Klaus, per fortuna, non si era più fatto vivo. Lo avevo incrociato a volte e ogni volta ero in compagnia delle mie amiche, quindi non poteva mai avvicinarmi. Eppure mi sentivo costantemente osservata, peggio di un incubo.

Damon, invece…Damon era…Damon era semplicemente lui. Mi mandava sempre messaggi e ammettevo che mi facevano anche piacere. A volte, mi faceva anche qualche visita notturna. Era così strano, dopo il nostro quasi - bacio lo sentivo più vicino, però a volte si chiudeva nella sua maschera di cinismo e non riuscivo più a smuoverlo.
Alla fine il nostro progetto era andato a gonfie vele! Avevamo preso il massimo dei voti. Il primo buon voto all’inizio della scuola e molto probabilmente, il suo primo buon voto in tutta la sua carriera scolastica.

Era una soleggiata Domenica, la prima di due nuvolose. Io era una persona molto abitudinaria. Mantenevo sempre le mie abitudini e non le cambiavo mai.
Erano le nove passate e io ero ancora stesa nel mio caldo lettuccio. I deboli raggi solari filtravano dalle tende poco scostate di camera mia.

Di solito rimanevo fino alle dieci inoltrate nel mio letto e mi alzavo solamente, quando Elena veniva in camera mia e mi buttava – letteralmente – giù dal letto. Era una tradizione che si ripeteva ogni Domenica.

Nella camera regnava il silenzio più totale, sentivo il canto degli uccellini, il rumore dell’aspirapolvere e anche dei passi…Possibile che Elena fosse venuta a svegliarmi molto prima del previsto?

Sperando che non fosse lei, mi ricoprii con le lenzuola fin sopra il naso. I passi si facevano sempre più pesanti e mi coprii tutto il corpo.
Avvertii la maniglia scattare. Non era Elena. Se fosse stata lei, si sarebbe già buttata sul letto iniziando ad urlare e a scalpitare.

Dopo poco sentii una leggere pressione sul letto.

« Sei sveglia? » chiese lo sconosciuto. Riconobbi immediatamente quella voce. Possibile che fosse realmente quella persona? Che non stessi sognando?

Scostai il lenzuolo dalla mia faccia e quello che vidi non era un sogno. Era lui. Era venuto a casa mia? Perché? Era stato gentile a venire a trovarmi a casa mia.
« Cosa ci fai qui? » chiesi facendo la finta-irritata. Probabilmente non si era accorto che stavo scherzando. Il suo magnifico viso si contorse in una smorfia. Si alzò, infatti, immediatamente dal mio letto prendendo le distanze.

« Volevo farti una sorpresa, ma se non sono gradito tolgo il disturbo. » annunciò, avviandosi verso la porta. Forse ero stato troppo brusca, anzi ero stata troppo brusca. Senza se e senza ma.

Mi tolsi di dosso le coperte e corsi verso la porta, barricandomi davanti. La sua bocca prese la forma di un ghigno.

« Potresti toglierti? » chiese duro. Scossi la testa sicura e gli rivolsi una delle mie occhiate più dolci. Lui fece un sorrisino. Mi cinse i fianchi, eravamo vicini. Avvertivo il suo buon odore e il suo respiro.

« Come mai questa sorpresa? » ripetei con più gentilezza. Damon non mi degnò di uno sguardo, stava giocherellando con una ciocca dei miei capelli. Poi sbuffò leggermente.

« Mi mancava il tuo sorriso… » Fece con voce roca e sensuale. Usava questo tono di voce per abbindolare le ragazze? Credo proprio di sì.
Alla sua affermazione arrossii, come al solito. Ormai anche lui, si era abituato a questo mio piccolo difetto.

« Mi mancava il tuo arrossire…» Continuò stringendomi a lui, accorciando le distanze. Sorrisi leggermente, stavo cedendo e non potevo permettermi di cedere.
Io ero ancora davanti alla porta. Damon stava continuando, molto probabilmente, con i suoi complimenti sentiti e risentiti fino alla nausea. Io osservavo le sue labbra muoversi. Osservavo i suoi occhi neri. Osservavo tutto di lui. Ero sicura che non mi sarei mai stancata di guardarlo con occhi sognanti.

« Damon…Po-potresti a-allontanarti? » chiesi titubante. Mi ero ripromessa di non cadere in quella trappola che stava filando fin troppo bene. Lui mi guardò perplesso, ma non obbiettò. Deglutì vistosamente.

« Io mi allontano. Tu, ti vesti e noi facciamo un giro. » mi disse ammiccando. Mi morsi il labbro inferiore e gli feci un sorriso d’assenso.
Per prima cosa, aprì le tende per far filtrare completamente la luce nella stanza. Dopo di che aprii l’armadio per vedere cosa indossare.
Damon in tutto ciò, girovagava per la stanza, curiosando qua e là. Andò verso i miei cassetti, dove tenevo...Che stronzo!

« La smetteresti di curiosare in fatti non tuoi? » chiesi con un pizzico d’amarezza nella voce. Lui si girò verso di me e fece un piccolo risolino.
« Devo uscire o posso ammirarti, mentre ti cambi? » Chiese inchiodando il suo sguardo nel mio. Scossi la testa e gli indicai la porta. Era incorreggibile. Damon si avviò fuori dalla porta, come un cane bastonato.

Sospirai. Possibile che un ragazzo potesse essere così maledettamente sexy e stronzo allo stesso tempo? Si, era possibile visto che un tipo così esisteva. E giustamente, avevo avuto la fortuna di conoscerlo.

Indossai una salopette di jeans e degli stivali. Presi la mia borsa e mi guardai allo specchio. Oddio, com’ero brutta! O era la mia immaginazione? Misi un filo di matita e il mio gloss alla fragola. Perfetto. Ero fresca e con aria sbarazzina.

Scesi le scale e sentii delle voci provenire dalla cucina. Damon…e Mary? Mia sorella? Quella sorella che adorava ficcare il naso nei fatti miei? SI, era lei in persona, che stava parlando con Damon.

« Sai, Damon: mia sorella è molto ingenua. Non approfittare di questa sua qualità. » gli disse lanciandogli un’occhiataccia. « Non farle pressioni su cose che non vuole fare…» continuò ancora. Cosa stava dicendo? Meglio entrare in cucina e interrompere quella strana discussione.

« Buongiorno! » dissi io, entrando in cucina. Lasciai un bacio sulla guancia a mia sorella e presi il mio cellulare.

« E a me il bacio del Buongiorno? » chiese Damon, facendo l’offeso. Mi sentii mancare. Aveva chiesto una cosa simile, in presenza di mia sorella? Che per giunta si era raccomandata di non farmi pressioni? Solo Damon, poteva provocare le persone così.

Mary a quella domanda, quasi si strozzò con il caffè. Lanciò un’occhiata d’ammonizione a Damon e continuò a far finta di leggere il giornale.
« Andiamo? » speravo di distogliere Damon da quella domanda, cosicché io possa evitare di rispondere. Annuì.

Lasciai il cellulare sul tavolo e diedi un’occhiata all’orologio. Erano le dieci passate. Elena non era ancora venuta a casa a rompere? Possibile?!
Insieme a Damon mi affrettai ad uscire da casa. Stavamo varcando la soglia, quando la voce di Mary catturò nuovamente la mia attenzione.

« Bonnie! Bonnie! Ti squilla il cellulare! » urlava venendomi incontro con il cellulare che squillava. Afferrai il cellulare e vidi che era Elena. Chissà cosa doveva dirmi!

– Elena! – la salutai io, più pimpante del solito. Sentii chiaramente Elena chiedersi se mi fosse successo qualcosa.

– Bonnie, già sveglia? – mi chiese rimanendo sul vago. Risposi con un flebile ‘si’. Elena era più sospettosa che mai.

– Non sono venuta a svegliarti, perché non è suonata la sveglia. Ti raggiungo ora, okay? – mi spiegò velocemente. Aveva l’affanno, probabilmente si stava già dirigendo verso casa mia.

– Be’…No-non…de-devi..venire..per fo-forza… - continuai io, sapendo di aver perso già in partenza con Ele. Quando stabiliva qualcosa, nessuno riusciva a distoglierla da quell’obbiettivo. Lei iniziò a sproloquiare per telefono, su tutte le cose che dovevamo fare quella mattinata e che era in ritardo con la scaletta della giornata, visto che erano già le undici meno un quarto e Mere doveva essere presa alla Messa, che era finita già da un pezzo.

Non riuscivo neanche a dissuaderla che continuava ad urlare nervosa. Chissà cosa stava inventando. Damon osservava la situazione e rideva sotto i baffi. Non riuscivo a mentire e lui lo sapeva bene.

La situazione si stava prolungando per cinque minuti, finché Damon non mi sfilò il cellulare di mano e non prese parola.

 – Biondina, sono Damon. Ti volevo dire di non scomodarti a venire a prendere il Pettirosso, ci ho già pensato io. Va bene? – chiese infine, ironico. Non diede nemmeno il tempo di replicare, che confermò il tutto. – Va bene. – confermò, chiudendo il cellulare e posandolo nella sua giacca.

« Tengo il tuo cellulare, per oggi. » annunciò prendendomi sotto braccio. Gli feci un sorriso imbarazzata. Iniziammo a passeggiare.

Tutt’un tratto non volevo più continuare per quella strada. Stefan era in lontananza e non volevo incontrarlo. In quel periodo stava uscendo con Caroline e non li sopportavo insieme.

« Possiamo cambiare strada? » gli chiesi, facendo un sorriso forzato. Damon allungò di poco lo sguardo, per capire cosa mi desse improvvisamente fastidio.
« No, Pettirosso. » mi rispose telegrafico. Rafforzò la presa sulla mia mano e iniziò ad aumentare il passo. Stefan e Caroline erano seduti su una panchina a chiacchierare un po’, ma il mio ex migliore amico non sembrava tanto entusiasta.

« Ora gli faremo vedere cosa si è perso. » continuò convinto. Poco lontano dalla panchina c’era un parco giochi. Ci avviammo verso le altalene. Amavo andare a parco, mi piaceva andare con il mio cagnoline Yangze. *

Mi sedetti sotto l’albero di quercia. Damon si accoccolò accanto a me e mi cinse con un braccio le spalle. Io posai la mia testa nell’incavo del suo collo, non lasciando mai il suo sguardo. Era piacevole stare con lui.

« Credo che sia geloso…» sussurrò all’orecchio con un mezzo sorriso. Gli diedi un leggero schiaffetto sul braccio. Stef? Geloso?

« Geloso? Nah… » lasciai cadere lì il discorso. Lui dalla tasca posteriore, estrasse il cellulare e selezionò l’opzione messaggio. Dopo poco premette invio.
Cosa aveva inviato? Pochi secondi dopo, Stefan lanciò un’occhiata truce a Damon. Il cellulare di quest’ultimo vibrò nuovamente. L’aria fu spezzata da una sua risata. Era cristallina.
Mi mostrò il messaggio.
 
Da: Sconosciuto
Falle del male e ti spezzo le gambe.
 
Ma era il numero di Stefan?! Lui aveva risposto al messaggio di Damon…Quindi a lui importava di me! Faceva finta…Sul mio volto comparì un sorriso di soddisfazione. Mentre Damon era troppo taciturno.

« Cosa c’è? » gli chiesi io. Lui mi fece un sorriso amaro e si passò una mano nei capelli corvini.

« Se vuoi far ingelosire qualcun altro, chiamami. » disse, facendomi l’occhiolino. Lui pensava che io uscissi con lui, solo per far ingelosire Stefan?
« Io non uso le persone. » affermai convinta. Lui scosse la testa e aveva sempre quell’espressione fastidiosa sul volto.

« Lo so. Sei troppo buona per farlo. Allora, perché esci con me? Non mi odiavi? » chiese impertinente. Bella domanda. Perché uscivo con lui? Non era la prima volta che facevo con lui una passeggiata. E non era la prima volta che mi chiedevo la stessa domanda. Io non lo odiavo.

« Mi sei simpatico, lo sai…Abbiamo un rapporto…» Come definirlo? Il nostro raporto era complicato. Non c’era sentimento, almeno non da parte mia…Per lui, probabilmente era un divertimento, quindi non ho la più pallida idea di come definirlo.

« Noi, abbiamo un rapporto? » chiese tagliente. Era diventato più distaccato. Possibile che non ci avessi pensato? Lui era venuto a casa mia per parlare di noi e io non l’aveva capito! Che stupida, che ero!

« No, io credevo di poter creare un rapporto con te. E’ passato solo un mese, ti avverto che non sarà tanto semplice liberarti di me. » affermò lasciandomi un bacio tra i capelli. Sorrisi e arrossii, diventando un tutt’uno con i miei capelli.

« Ti avverto che non sarà semplice instaurare un rapporto con me. » dissi convinta, lasciando libera nell’aria una risata. Anche Damon fu subito contagiato dalla mia risata.

« Lo vedremo. » continuò ridendo. In tutta la mia vita non avevo mai sentito una risata più bella e sincera di quella di Damon Salvatore.
 
***
La mattinata era passata così. Tra un complimento e una risata, o viceversa. Di solito lui faceva un complimento e io o arrossivo o per rompere l’imbarazzo emettevo una risatina nervosa.

Era stato una bella mattinata. Damon si era dimostrato un vero gentlman ed Elena, stranamente, non aveva insistito più di tanto con le chiamate o con i messaggi.
Era sera inoltrata. I miei genitori e Mary avevano deciso di andare a Seattle per andare a teatro, ma io mi ero dissociata con una stupida scusa.

Non mi andava proprio di sorbirmi tre ore e più di musica lirica. La mia famiglia era già uscita da dieci minuti abbondanti e io stavo sul divano a zappare i canali uno dopo l’altro.

Non riuscivo a concentrarmi. Mi ritornavano in mente le parole di Damon e tutta la sua sicurezza. Come faceva ad essere così sicuro? Per lui, niente sembrava impossibile. Ed era proprio questo che mi preoccupava. Mi aveva preso per una sfida? Per qualcosa che appena ottenuta non aveva più valore? Quel pensiero mi attanagliava lo stomaco e s’impossessava della mia mente.
 
Ding. Dong. Ding. Dong
 
Il campanello di casa mia risuonava numerose volte, sempre con più frequenza. Chi poteva essere? Mi diressi  a piedi scalzi verso l’ingresso. Aperta la porta venni travolta da due pazze.

Meredith ed Elena. Elena era entrata in casa a passo veloce sbraitandomi contro, mentre Meredith teneva in mano delle borse ed era molto più calma.
« Mi hai scaricato! » sbraitò la bionda, con sguardo interrogativo.

« L’hai scaricata? » le fece eco, Meredith.
Erano venute a casa mia, per farmi una ramanzina? Alzai gli occhi al cielo. Le conoscevo.

Ora Elena avrebbe fatto una scenata di gelosia, con Meredith che osservava tutto con estrema calma ed io che iniziavo ad alterarmi. La discussione si sarebbe conclusa con una litigata tra me e la bionda, ma già il giorno dopo era tutto finito nel dimenticatoio!

« Per Damon! » continuò Elena, questa volta con voce più bassa.

« Per chi? » chiese Meredith con faccia disgustata. Non avevo molta voglia di star a sentire questo botta e risposta, ancora per molto..quindi decisi di saltare direttamente alla parte finale della litigata.

« Ragazze, lo so che siete arrabbiate… » Elena mi guardò stralunata. Meredith aveva ancora quell’espressione disgustata in volto. E io non ci stavo capendo più niente!

« Noi siamo sorprese, non arrabbiate. » intervenne Mere, con il suo tono di voce calmo e filosofico. Elena invece annuiva eccitata.
« Se non siete venute per litigare, cosa siete venute a fare? » chiesi cercando di sembrare il più gentile possibile. La loro faccia era scandalizzata, probabilmente non ero sembrata gentile.

« Siamo venute per una riunione della Confraternita Velociraptor**! Bonnie sei uscita con un figo e non ce lo vuoi dire? » sbottò Elena, con tono di voce ovvio.
Era de secoli che non organizzavano una riunione della Confraternita Velociraptor, lo facevamo da bambine…Pensavano se ne fossero dimenticate.
Sorrisi e chiusi la porta d’ingresso. Dopotutto mamma, non avrebbe fatto storie…In casa ospitavo delle amiche e non dei ladri.

« Vi racconto! » dissi con tono più acuto ed eccitato. Ci accomodammo sul divano ed iniziammo a parlare tutte e tre contemporaneamente, per finire tutte con la stessa frase.

« Non è magnifico?! » dicemmo insieme. Ci scambiammo uno sguardo di fraintendimento. C’era qualcosa che le mie due amiche non mi avevano detto.
« Bonnie, inizia tu! » mi incitò Meredith. Raccontai per sommi capi, la bella mattinata che avevo passato con lui. Meredith mi ascoltava e sorrideva sorpresa, non si aspettava che Damon potesse essere anche civile a volte. Elena, invece, non reagì nel modo in cui mi aspettavo.

Mi ascoltava sinceramente interessata e non aveva fatto una delle sue solite scenate di gelosia.

« E tu, sei sicura di quello che stai per intraprendere? » chiese Meredith. Perché DOVEVA FARE SEMPRE LA REALISTA?
« Non lo so, affatto. E’ quello il punto! » le risposi, insicura. Elena mi sorrise comprensiva.

« Piuttosto, Ele…Dimmi un po’, come mai questo immediato disinteressamento verso Damon? » chiesi, cercando di non fare l’acida.
Lei fece spallucce. C’era un motivo sotto sotto, non ce lo voleva dire.

« Vedi, in questo mese sono stata a consolare Stefan… » ci confessò arrossendo. Elena Gilbert che arrossiva? Mai visto qualcosa di simile. Dovevo segnarmelo come evento mondiale.

Io e Meredith bene o male avevamo capito la situazione. La cara e vecchia Elena si era resa conto di essersi fatta scappare un ragazzo d’oro come Stefan.
« E tu, Meredith? » chiese Elena, ancora rossa in viso. Ci spiegò che stava vivendo una specie di relazione con un tipo, amico di Damon chiamato Alaric.
« Che ne dite, se ordino della pizza? » chiesi io, alzandomi dal divano. Le due mangione alla parola ‘pizza’ hanno iniziato a scalpitare, come delle cavernicole. Persino Elena Gilbert e Meredith Sulez avevano un loro lato oscuro, che era molto divertente da conoscere e da vedere!

Ordinai velocemente le pizze e mi diressi nuovamente verso il salotto che sembrava un campo di battaglia. Le mie amiche si erano già messe il loro pigiama. Maldestramente m’infilai il pigiama, ma caddi a terra per mancato equilibrio.

Tutte e tre ridevamo come delle sceme. Solo con le amiche puoi fare queste scemenze. Tanto loro, non avrebbero mai riso di te, avrebbero riso solo con te.
Noi tre, eravamo diverse ma forse era questa diversità che ci univa. Si vedeva già da cosa indossavamo.

Per Elena, l’idea di pigiama era una vestaglia celeste di flanella. Lei era la tipica ragazza elegante con un pizzico di sportività quando serve.
Per Meredith, l’idea di pigiama era una maglietta larga uni colore e sotto una culot. Tipico look trasandato chic.
Per me, l’idea di pigiama era una canotta fucsia e il pantalone abbinato a righe. Il mio look non aveva un nome, perché non era stato ancora inventato.

Stavamo parlando del più e del meno, quando sentiamo un enorme frastuono. Ci scambiammo uno sguardo preoccupate, io mi diressi all’ingresso.
Spiai dallo spioncino dalla porta e vidi una scena che mi paralizzò momentaneamente: Klaus e due dei suoi compari che cercavano di entrare in casa. Chiusi immediatamente la porta a chiave e corsi in salotto dalle mie amiche.

« Bonnie, cos’è successo? Hai un brutto colorito… » disse immediatamente Elena. Meredith mi guardava perplessa.

« Chiudete tutto! Tutte le finestre! » urlai io, nervosa. Mentre chiudevo la balconata con respiro irregolare. Elena e Meredith non mi fecero domande, seguirono semplicemente il mio ordine scambiandosi occhiate eloquenti.

« Vi ricordate Klaus? Diciamo che vuole vendetta, per la morte della sua ragazza, credo. » dissi, affrettandomi a chiudere le tende del salotto. Elena focalizzò il soggetto e sbiancò immediatamente.

Solo Meredith era calma.

« Quando Damon ci ha salvato il culo, per colpa mia…Klaus aveva una pistola che agitava come se fosse un giocattolo! » strillò Elena, intuendo la situazione.
Meredith sentendo quelle informazioni iniziò a farsi nervosa. E vedere nervosa Meredith era qualcosa di memorabile.

Un altro boato. E un’enorme rumore. Mi affacciai all’ingresso e vidi la serratura muoversi…La. Stavano. Scassinando.
Oddio! Dovevo. Chiedere. Aiuto.

« Chiamiamo la polizia! » suggerì Meredith alterata. Elena cercava di comporre il numero della polizia, ma le mani le tremavano. Non potevano chiamare la polizia, chiamando la polizia Damon poteva finire nei guai…

« NO! Se lo fai, lui finirà nei guai! » le urlai contro. Elena e Meredith si scambiarono un’occhiata e mi passarono il telefono fisso.
La serratura della porta scattò. Erano entrati!

« SONO ENTRATI! » urlammo contemporaneamente. « In camera mia, ORA! » ordinai seria. Elena e Meredith si avviarono sopra. Io volevo muovermi, ma la paura m’immobilizzava. Meredith scese le scale e mi afferrò la mano.

Salimmo le scale velocemente e ci rifugiammo in camera. Chiusi a chiave la camera. Elena frugava dappertutto. Cosa cercava?

« Cosa cerchi? » le chiesi con voce tremante. Elena a malapena riusciva a parlare, boccheggiava a stento e il suo petto si alzava e abbassava in modo irregolare.
« Il..tuo…ce-cellulare…» balbettò, buttando all’aria cuscini a quant’altro. Il mio cellulare…Dov’era finito? Insieme a Meredith, iniziammo a cercare il mio cellulare.
Niente da fare. Regnava il silenzio totale. Silenzio? C’era silenzio? E quei tizi?! Non erano più entrati?

« Sentite? » chiesi, questa volta più calma. Elena affinò l’udino e Meredith scosse la testa.
« Cosa dovremo sentire? » mi rispose Elena, tremante.
« Appunto! » obbiettò Meredith. La bionda ci rifletté un minuto e assunse un’espressione pensierosa. Non si sentiva niente, nemmeno un ramoscello. Mi diressi verso la porta di camere mia e appoggiai un orecchio sulla porta. Niente.

Ci scambiammo un’occhiata eloquente. Per un momento, ci tranquillizzammo e io ripetevo nella mia mente quanto fossi stata stupida. Ma la calma era durata poco, dei pesanti passi stavano salendo le scale. Elena aprì la bocca, molto probabilmente per urlare; ma Meredith le tappò quella boccaccia. Sia lodato il Signore, che c’era una ragazza calma come lei!

« Zitte! Non urlate e non producete nessun tipo di rumore. » ordinò fredda la mora. Tutte e tre ci cucimmo la bocca e iniziammo ad origliare cosa stava succedendo in casa. Si sentivano solo urla e frastuoni. Mi stavano distruggendo casa!

« Se trovo il cellulare, posso chiamare qualcuno… » dissi loro, con voce bassa. Le due annuirono, ma il cellulare non si trovava. Mi ricordai che il cordless di casa era in camera, immediatamente lo afferrai e composi il numero del mio cellulare.

« Sentite se squilla. » le avvertii. Il cellulare squillava. Prima squillo. Secondo squillo. Terzo squillo. In camera non si sentiva la suoneria. Al quinto squillo scatto la risposta. Qualcuno aveva il mio cellulare? E se l’avessi lasciato in salotto e aveva risposta Klaus?!

– Pronto? – chiese una voce perplessa. Misi il vivavoce, così anche Elena e Meredith potevano ascoltare.

– Damon?! – chiedemmo tutte e tre, sconvolte. Era vero! Questa mattina lui mi aveva sequestrato il cellulare! Probabilmente lo aveva ancora lui!

– Pettirosso? – chiese titubante. Stava dormendo? Non credo, un tipo come Damon passava la notte in bianco, almeno suppongo.
– Si, sono io…– sussurrai, visto che sentivo dei passi farsi più vicini. Damon probabilmente si stava chiedendo cosa stesse succedendo.

– Perché sussurri? – chiese lui, con tono ironico. Elena si schiarì la voce.
– Sto cazzo, Damon! Sono Elena. Sta qui il tuo amichetto con seri problemi psicologi e non credo abbia buone intenzioni! – strillò lei. Meredith le diede un pugnetto sul braccio. Doveva abbassare la voce!

« E’ pazzo…ha-ha provato…a darmi..fuoco…» confessai su momento. Le mie amiche mi guardarono a bocca aperta…Ops! Mi ero dimenticata di dire, questo piccolo ed innocente particolare.

« Ha fatto cosa?! » sbottarono quelle due. La serratura della camera si muoveva e la porta era colpita probabilmente da qualcuno che stava cercando di entrare.
Tutte e tre ci scambiammo uno sguardo e in quel momento non potevamo fare altro che una cosa!

– Aiuto! – gridammo con tutta la voce che avevamo in corpo.

Non potevo mettere a rischio la vita delle mie amiche e non potevo mettere a rischio neanche la vita mia e dei miei familiari. Non potevo continuare così e io non ero pronta per lottare, non ancora.
 
 
“Ti odio, perché sei la causa dei miei problemi
Ti odio, perché mi fai soffrire
Ti odio, perché ti amo.”
 
 




* Cane di Bonnie, nominato nella Smith. Ucciso in seguito da Damon.
** Confraternita nominata nei primi libri della Smith.
Angolo della pazza: Mi spiace per il minuscolo ritardo, ma preferivo darvi un capitolo scritto bene e con un bel contenuto che un capitolo con errori stupidi e con un contenuto scialbo. Spero che non vi arrabbiate. E’ già passato Settembre e siamo in pieno Ottobre, vicino ad Halloween, vedremo cosa succederà ;)
Analizziamo la situazione: Risveglio mattutino molto gradito (ditelo che lo sognate ù.ù), Passeggiata con scena di gelosia da parte di Steffy (fatto bene ù.ù), Confraternita Velociraptor al rapporto (brava Elena che capisce che Damon non è per lei ù.ù ), problema Klaus in arrivo non demorde (uccidetelo voi o lo faccio io ù.ù) e poi i pensieri di Bonnie, sembra che non voglia lottare per Damon (mettete giù forche e forconi ù.ù). Come vedrete alla fine di ogni capitolo mi piace mettere una frase, non so se quella che ho messo sia inerente al capitolo…ditemi un po’ voi!
Ora ringrazio chi ha inserito la storia tra le preferite:

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Vi ringrazio tutti, come sempre dico che aggiornerò Sabato, massimo in via eccezionale Domenica. Vi vorrei anche chiedere se la storia vi piace…Perché mi sta coinvolgendo tantissimo. Spero che vi farete sentire in qualche recensione, magari anche qualche lettore silenzioso. Sono sempre ben accette critiche e consigli, purché siano sensati.
Grazie mille. Alla prossima. Buona settimana!
Bacioni :-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*
Cucciolapuffosa

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Capitolo 8
*** Verità svelate ***


Love me, I just love you

Capitolo 8: Verità svelate
Bonnie’s Pov

 

In quel momento non sapevamo cosa fare. La paura bloccava non solo me, ma anche le mie amiche. Dovevamo muoverci e non farci scoprire possibilmente.
Sinceramente, speravo in un miracolo o magari nel ritorno dei miei genitori. Anche se forse non avrebbero avuto scrupoli a far del male, anche a loro.

Il mio respiro era irregolare, mentre fissavo la mia camera cercando di trovare un modo per scamparla ancora. La prima cosa che vidi fu l’armadio.
« Nell’armadio! » dissi loro, sforzando un sorriso.

Elena corse verso di me, saltando qua e là con la sua vestaglia di flanella. La porta si stava aprendo. Aprii velocemente le ante dell’armadio ed entrai insieme a Elena e Mere senza pensarci due volte.

Meredith aveva il respiro irregolare ed Ele piangeva sommessamente.

Io, invece, non sapevo come mai ero ancora in piedi. Possibile che non fossi già svenuta? O che non mi fossi già arresa?
Si sentivano solo dei forti rumori e nessuno parlava. Perché erano venuti in casa? Non stavano rubando, né stavano distruggendo tutto…Notai che la bionda aveva smesso di piangere e stava armeggiando col cordless.

« Co-cosa fai? » sibilai tremolante. Lei mi fece cenno di stare zitta. Stava componendo…il mio numero? Quindi stava provando a chiamare Damon?!

- Bonnie! Bonnie! Sto arrivando! Non ti muovere! – urlò dall’altra parte della cornetta. Era nervoso il ragazzo! Più nervoso di me e le mie amiche messe insieme.
- E dove cazzo dovremo andare! – sbraitò Elena con la sua solita delicatezza. Mi schiaffai un mano in fronte e sentii chiaramente Damon imprecare a denti stretti.
Mettemmo il vivavoce e sentivamo Damon litigare con qualcuno. Dov’era andato? Era andato a chiamare qualcuno!?

- Damon, con chi sei? – gli chiesi io, più gentile di Elena. Sentivamo insulti di ogni tipo tra due ragazzi. Ci scambiammo uno sguardo eloquente. L’armadio non era molto grande, ma di sicuro era un posto più che adatto per nasconderci.

- Bonnie, Elena, Meredith tutto bene? – ci chiese un’altra voce. Su momento non localizzai bene di chi fosse la voce, mentre Elena parve riconoscerla.
- Stefan? – chiese Elena con voce strozzata dal pianto. Era Stefan? Perché stavano insieme? Cosa stava succedendo?

- Non vi muovete da dove siete. Veniamo a salvarvi. – continuò sicuro di sé. Non sembrava neanche lui.

- Pettirosso, tutto a posto? – mi chiese Damon. Ma che domande faceva? Una persona rinchiusa nell’armadio di casa sua per sfuggire ad uno psicopatico, come poteva mai stare?

- Che domande fai!? – mi anticipò Stefan. – Coso, io ti ho chiamato solo perché non voglio spaccarmi da solo la mia magnifica faccia! Tu ti puoi sacrificare! – sbuffò Damon, di rimando.

Noi dovremo affidarci a quei due? La situazione non era delle migliori.

- Dove vi trovate? – chiese dura Meredith. Stava cercando di fare la dura ma noi riuscivamo a vedere come si sentiva in realtà. Aveva paura. E non era la sola.
- Fuori casa di BonBon…Non possiamo entrare. Klaus sta all’entrata. – ci comunicò Stefan, con voce tremolante.

- Ci fate un diversivo? – chiese Damon. – Le esponi ad un rischio simile? – continuò schifato Stef. Madonna Santa! Dovevano litigare anche in una situazione del genere?

- E’ vero! Sai, sei intelligente…Quasi quanto una cozza! Fate fare un diversivo alla bionda. – sbuffò Damon. Stefan emise un grugnito di disapprovazione.
- Vado io. – sussurrai.

- NO! – sbottarono entrambi. Non potevo andare io. Non poteva andare Elena. Non poteva andare nessuna!

- Ho un piano! – disse di getto Elena. Benissimo stavamo andando a picco! I piani di Elena erano sempre un fallimento. – Voi due fate uscire Klaus da casa, ai bracci destri ci pensiamo noi. – Disse ciò e chiuse la chiamata.

Origliando dall’anta dell’armadio, non si sentiva più niente. Uscimmo tutte e tre dall’armadio e a passi felpati uscimmo da camera mia.
A piccoli passi attraversammo il corridoio, per andare verso la cucina. Dovevamo solo scendere le scale. Ci nascondemmo dietro il muro e a volte lanciavamo qualche occhiata per vedere se quel pazzo psicopatico si era allontanato.

Era sempre fermo lì. Stava aspettando un invito scritto per uscire da casa mia!? Meredith mi toccò la spalla, per avere l’attenzione sia mia che di Elena.
« Mi è arrivato un sms da Stef. » sussurrò a voce bassa. Mi mostrò il messaggio.
 
Da: Stefan    
Klaus sta abboccando. Armatevi di qualcosa e colpite quei farabutti. Vi aiutiamo noi, per qualche complicazione.
 
Io ed Elena annuimmo sicure. Io presi dalla libreria di mio padre un’enorme enciclopedia, Elena afferrò un ombrello e Meredith un vaso di fiori.
« Vuoi stenderli con dei fiori? » chiesi Elena ironica, giocherellando con l’ombrello. Meredith la guardò scettica.

« Vuoi stenderli con un ombrello? » le fece eco la mora. Alzai gli occhi al cielo e osservai la situazione. Klaus era…uscito! SI!
Scendemmo velocemente le scale.

I compari di Klaus ci fissarono con espressione da pesce lessi. Elena per prima cosa corse verso un tipo alto quasi il doppio di lei.
« Mi prendi in giro piccoletta? » chiese quello con voce grottesca. Elena quasi scoppiò a ridere, cosa c’era di tanto divertente?

« No. » rispose telegrafica. Dopo di ché, impugnò meglio l’ombrello e lo tirò sui cosiddetti…Be’ diciamo che Elena non era mai stata una ragazza delicata, in certe situazione. Quella era una di quelle situazioni.

Quel tipo diventò tutto rosso e boccheggiava. Elena si ritrasse immediatamente, con le lacrime agli occhi.

Io mi guardavo attorno. Non ne erano due i compari? Forse avevo visto…Non feci in tempo a formulare un pensiero decente che due forti braccia mi sollevarono da terra, prendendomi per l’addome.

Mi dimenavo come una pazza, mentre agitavo in aria quel libro. Mi stava portando verso il salotto. Sentii dei passi veloci inseguirci.

« Lascia la mia amica! » urlò Meredith. Si buttò sulla schiena di quel tizio, che non riuscendo più a capire la situazione lasciò la presa su di me, che caddi a terra.
« Brutta pulce! » sbottò quello, girandosi verso Meredith. Lei abbozzò un sorrisino teso. Io ripresi il libro tra le mani, mi alzai un po’ sulle punte e con tutte le forze che avevo lo colpii in testa con l’enciclopedia. Il tipo cadde a terra con un tonfo sordo.

Avevo il fiato sospeso.

Elena venne verso di me con il fiatone con espressione stanca.
« Bonnie! Bonnie! Klaus sta esagerando. Chiamiamo la polizia. » Disse col respiro corto. La polizia no! NO!

« Ele, no! » la implorai io, con gli occhioni dolci. La sua espressione dura si addolcì di poco e mi trascinò fuori di casa.
Klaus era su di giri e stava cercando di fare qualcosa, mentre Damon lo aveva letteralmente atterrato al suolo. Stefan ci venne incontro preoccupato.

Aveva visto un fantasma?

« Toglietevi! » urlò correndo verso di noi. Io ed Elena ci girammo vedendo che l’amico di Klaus si era alzato. Stefan, con agilità, gli diede un pugno dritto in faccia e lo fece uscire fuori di casa.

Tutti e tre i malfattori erano fuori di casa mia. Io e le mie amiche osservavamo il tutto da un angoletto del giardino.

« Chi si rivede! La bionda e la rossa. Ma non erano delle tue complici? » chiese Klaus prendendo in giro Damon. La cosa si metteva male, molto male.
« Fatti i cazzi tuoi. » gli sibilò minaccioso il corvino. Speravo che quest’incubo stesse per finire e invece sembrava più lungo di quanto immaginassi.

« Oh, guarda un po’…Credo che lei sia la sorellina di Katherine…» continuò divertito. Aveva lo sguardo da pazzo. Si vedeva. La sorellina di Katherine? Quella Katherine?

Klaus si alzò da terra, ma non si avvicinò più di tanto né a me né a Damon. Anzi, era a debita distanza da noi.

Elena a sentire quel nome, non pronunciato da più o meno due anni strabuzzò gli occhi e si stava fiondando contro Klaus arrabbiata nera. Per fortuna che Stefan l’aveva trattenuta tra le sue braccia.

Damon si allontanò da Klaus e venne verso di me, abbracciandomi leggermente.

« Oh, Elena…Io l’amavo così tanto…» disse a denti stretti.

Sapevo che Katherine era entrata in un brutto giro, ma non ne sapevo niente del fatto che era entrata a far parte come membro.

« Tu eri il suo fidanzato? » chiesi stupefatta. Lui annuì con un sorrisino nostalgico, forse lui l’amava tanto.
« Mia sorella Kat è morta per via di un incidente in macchina. » affermò Elena, già con le lacrime agli occhi.
« Questo è quello che vi abbiamo fatto credere. Ma la storia reale è che Damon è il responsabile della sua morte. » disse con un sorrisetto provocatorio.
A quel punto il mondo mi cadde addosso. E non soltanto a me, credo che sia lo stesso per me ed Elena.

Elena cadde nello sconforto, quasi cadendo a terra se non ci fosse stato Stefan. Damon? Il responsabile? Che storia era?

« Hai ucciso una delle mie migliori amiche! » strillai io, con respiro irregolare. Lui non poteva essere un assassino, ma Klaus non aveva motivo di dire stupidaggini.
Mi ritrassi dal suo abbraccio, mentre Elena piangeva già. Io era sul punto di piangere. Damon guardava con odio Klaus.

« Non neghi neanche? » chiesi arrabbiata. Non aveva provato neanche a negare o semplicemente ad insultare Klaus.

« Posso spiegarti…» A quella parole il mio cuore si alleggerì. Non era lui il responsabile. « Non era mia intenzione…» Non era sua intenzione? Era stato veramente lui.
Klaus osservava il tutto soddisfatto.

« La mia vendetta si conclude qui. Siamo pari, Damon. » Fece un cenno divertito e insieme ai suoi scagnozzi salì sulla sua macchina e sfrecciò a tutta velocità via.
Stefan aveva gli occhi vitrei e accarezzava i capelli di Elena. I due entrarono in casa, seguita da una Meredith molto scossa.

Stavo rientrando in casa, ma la mano di Damon mi prese per il polso.
« Lasciami! » urlai arrabbiata, cercando di liberarmi dalla sua stretta. Non ce la facevo più! Erano due mesi che stavamo stringendo i rapporti e lui non si era degnato di dirmi una cosa simile!

La presa di Damon non diminuì. Forse era arrabbiato, anzi era sicuramente arrabbiato.

« Ti giuro che non la volevo uccidere! » urlò arrabbiato. A questo punto la rabbia stava salendo fin troppo in me. Stavo diventando rossa dalla rabbia e delle lacrime incontrollate mi rigavano il viso.

« Damon! Tu. Non. Sei. Normale. Non mi parlare MAI più! Hai ucciso una parte del mio cuore. Katherine, Ele e Meredith sono una parte del mio cuore! E parte del mio cuore è morta con lei…Per colpa di chi? Per colpa tua! Non ti voglio più rivedere in vita mia. » urlai con tutto l’odio che avevo in corpo.

Damon mi fissava con occhi vitrei e scuri. Senza far trapelare nessuna emozione. La presa sul polso diminuì. Mi prese per le spalle e mi bloccò fra il muro di ingresso e il suo corpo.

« Secondo te, non mi sento in colpa? No, giusto? Sei così…Sei così non tu ora e ti trovo ancora più attraente… » il suo tono di voce da arrabbiato stava diventando roco e sensuale. Mi stava abbindolando? Non ci riusciva. Non ce la portava fare.

« Da-Damon…non riesco più a vedere del buono in te. » sputai con sincerità, con così tanta sincerità che poteva ferire.
Damon aumentò la presa sul mio corpo. Il mio respiro era affannato e avevo paura.

« Salvatore, lascia la presa! » urlò Stefan. « Te l’avevo detto: falle del male e ti spezzo le gambe. Non ti avvicinare più a Bonnie e a nessun’altro dei miei amici. » disse serio.

Damon non reagì male. Si staccò da me, lasciandomi lo spazio necessario per correre verso Stefan. Appena lo vidi mi sembrò la salvezza! Mi buttai tra le sue braccia che mi presero al volo e mi abbracciò. Ma non era un abbraccio freddo, era un abbraccio di quando stavamo bene insieme.

Entrai in casa, chiudendo la porta.

Osservando casa, pensai che avevano combinato di tutto. Il salotto era ridotto veramente male,tutto all’aria, ma non c’era niente di rotto.

E lo stesso valeva per la cucina. Sarebbe stata una notte lunga. I miei occhi erano gonfi e rossi per via del pianto. Stranamente non sentivo né Elena né Meredith piangere.

Possibile che avessero preso questa batosta meglio di me? In salotto non c’erano. Mi girai verso Stefan, come per chiedergli spiegazioni.

« Elena era piuttosto sconvolta, ma non crede a Klaus. » Io, invece, credevo fermamente in Klaus e in tutti i casi, Damon non aveva negato.

« Cosa ti ha detto lui? » chiese Stefan, rimanendo sul vago. Era da tanto che non facevamo un bel discorsetto, solo io e lui. Sbuffai leggermente e tirai un po’ su col naso.

Piangevo ancora. Quel maniaco aveva ucciso Katherine!
Mi sedetti a terra e mi accovacciai su me stessa. Il mio amico si sedette accanto a me, poco dopo.

« Mi- mi ha de-detto che non l-la voleva u-ccidere… » singhiozzai triste sulla sua spalla. Lui mi guardò perplesso, ma non disse niente. Si limitava a consolarmi.
Fin’ora non ci pensai, ma Stefan come mai era venuto ad aiutarci con Damon? Quei due non si sopportavano. Non credevo che Damon lo avesse avvertito.

« Come mai sei venuto ad aiutarci? » chiesi io, con voce bassa. In che guaio mi ero cacciata e avevo pure trascinato le mie amiche e il mio migliore amico in questo casino colossale!

« Ehm…Ero venuto per parlarti e ho incontrato Damon… » rispose lasciando cadere lì il discorso.  

« Anche se non mi sono comportato bene con te in questi mesi, voglio dirti che non ti lascerò da sola. » continuò imbarazzato. A quelle parole mi buttai completamente sopra di lui, abbracciandolo contenta. Stefan sorrise ricambiando l’abbraccio.

« Grazie…» lo ringraziai, indietreggiai leggermente. Perché mi ero buttata sopra di lui? Mi scordavo sempre di tutto!
« Tranquilla, ritorniamo come prima? » chiese con voce un po’ tremante, porgendomi la mano. La strinsi contenta e lo abbracciai nuovamente.
Sciolto l’abbraccio mi resi conto che dovevamo dare una pulita. Non potevo dire a mamma quello che era successo, altrimenti minimo minimo non uscivo più di casa e Mary avrebbe ucciso Damon, molto probabilmente.

« Non lo denuncerai, vero? » chiese Stefan, dirigendosi in camera dove stavano Ele e Meredith. Scossi la testa. Non volevo denunciarlo. Perché? Perché non avevo il coraggio di vendicarmi? C’era qualcosa che mi frenava che mi stava divorando dentro.

Stefan annuì accondiscendente.

Mi alzai da terra, osservando il salotto. Che casino! Avrei passato la notte a ripulire questo disastro, ma almeno c’erano le mie amiche e Stef che mi avrebbero aiutata!

Iniziai a prendere la scopa per iniziare a spolverare. Notai che sul divano c’era il mio cellulare…Me lo aveva restituito? Lo presi in mano e trovai alcuni sms…Certi da parte di Stefan e un paio da parte di Damon che direttamente li eliminai e uno da parte di mia sorella.

 
Da: Mary
Ritorniamo con un paio d’ore di ritardo, perché c’è traffico. Non ci aspettare sveglia! Notte, Bon.
 
Be’ almeno avevamo guadagnato un paio d’ore. Almeno potevo stare tranquilla che non ci avrebbero scoperti.
« Rimbocchiamoci le mani! » tuonò improvvisamente allegro Stefan, ritornando in salotto. « Quelle si sono addormentate. » continuò divertito. Benissimo! Di male in peggio! Se con prima aveva a disposizione quattro paia di mani, ora ne avevo a disposizione solo due! Ci avrei impiegato tutta la notte!

Iniziammo lentamente a pulire tutto quel casino. Non ci rivolgevamo molto la parola. Entrambi eravamo in silenzio, ci scambiavamo solamente qualche parola. O meglio Stef attaccava discorso e io liquidavo tutte  le domande. Non avevo voglia di parlare.
Ero stanca. Avevo sonno. E avevo voglia di uccidere Damon seduta stante!

Era l’una inoltrata. E la stanchezza si faceva più pesante. Diciamo che Klaus e company avevano attuato un piano per distruggermi casa! I cuscini del divano fuoriposto, le tende staccate marcivano a terra, i libri tutti a terra e persino un vaso rotto a terra!

Sbadigliai. E mi lasciai cadere sul divano.
« Stanca? » chiese il mio amico. Annuii con gli occhi socchiusi. A momenti non avrei più retto e sarei caduta in un sonno profondo, me lo sentivo.

« Non vuoi parlare? » chiese ancora. Scossi la testa. Non ne avevo la forza. E abbozzai un sorriso. Lui posò la paletta che aveva in mano e si accomodò accanto a me.

Mi rannicchiai accanto a lui, nelle sue braccia. Respirando il suo profumo, ma non era quel profumo di menta.
« Spero che domani non sarai così triste. » scherzò scompigliandomi i capelli. Non potevo promettergli niente.

« Non ci scommetterei…» dissi sbadigliando. Chiusi leggermente gli occhi. Non so per quanto tempo chiusi gli occhi, solo per qualche minuto.
Anche se i minuti si trasformarono ben presto in ore. E caddi nel mondo dei sogni, che mi riservava solo incubi quella notte.
 
***
 
Sbattei le palpebre. Cos’era successo? Ah…Quell’inconveniente. Avevo passato metà nottata sveglia con Stefan. Piuttosto lui dov’era?
Ero sul divano e tenevo poggiata la testa su qualcosa di duro. Toccai leggermente su cosa ero poggiata. Non era una cosa.

« BonBon, ben sveglia…» sussurrò una voce roca e contrassegnata dal sonno. Era Stefan! Chissà come aveva dormito male, con me sopra.
« Scusa…» farfugliai stanca, stiracchiandomi leggermente. Io dovevo andare a scuola! Ma in quel momento la scuola era l’ultimo dei miei pensieri.

« Cos’hai sognato? » chiese di rimando. Lo guardai scettica. Come faceva a sapere che avevo sognato qualcosa? Gli lanciai un’occhiata interrogativa.
« Ti sei agitata nel sonno. » sussurrò a voce bassa. Chissà come aveva dormito male! Mi alzai leggermente da lui e sbadigliai leggermente.

Era tutto molto calmo, finché nel salotto non fece intrusione Mary, felice come una Pasqua.
« Ben svegli! Sapete, è abbastanza tardi per scuola. » annunciò mia sorella con un vassoio, da cui provenivano un buon odore di caffè e latte.

« Entreremo alla seconda ora… » sbuffai io, un po’ rossa in viso. Mary si sedette sulla poltrona e squadrò prima me e poi Stefan. Che sguardo! Fissai leggermente la scena e capii l’espressione di mia sorella.

Eravamo entrambi abbracciati, su un divano, io indossavo il pigiama, lui era senza maglietta…Chissà cosa stava elaborando la mente malata di mia sorella.
Stefan rendendosi conto delle situazione si affrettò a indossare la sua maglietta. Entrambi ci sedemmo e la fissammo con espressione indifesa. Almeno io sembravo indifesa…

« Smettila di fare quest’espressione…Sembri un pesce lesso… » gli comunicai con un pizzico d’ironia. Lui mi fece la linguaccia. Peggio di due bambini.
« Mi sei sempre piaciuto ragazzo! Altro che quel tipo…Bah! » disse Mary uscendo dal salotto, con espressione di chi la sapeva lunga.
Non mi ero mai sentita così tanto in imbarazzo in vita mia. Aveva superato anche la volta in cui avevo vomitato durante la recita di fine anno.
« Scusa! » dissi alzando le mani in segno di resa. Quando mia sorella partiva in quarta non la fermava nessuno.

« Figurati! Almeno so di essere simpatico a tua sorella. » disse facendo una battuta. Ridacchiai leggermente. Giusto per fargli vedere che stavo benone, ma dentro ero a pezzi.

« Ci vediamo a scuola? » chiese lui, con sguardo supplichevole. Andare a scuola significava stare in mezzo alla gente e stare in mezzo alla gente significava poter incontrare Damon. Questo non rientrava affatto nei miei piani.

Però prima o poi sarei dovuta ritornare a scuola.
« Certo, Stef. » dissi, abbozzando un sorriso. Mi lasciò un bacio sulla guancia, salutò i miei genitori e uscì velocemente da casa.

Ed Elena e Meredith? Se n’erano già andate? Mi alzai dal divano con la schiena a pezzi e corsi verso la cucina.

« E le mie amiche? » chiesi, bevendo un sorso di Caffèlatte. Mamma e Mary si scambiarono uno sguardo e scoppiarono a ridere. Ero sul punto di scoppiare a piengere. Volevo sapere dov’erano le mie amiche. E loro ridevano. Che famiglia di merda!

« Dai, non fare la finta tonta! Dicci tu, piuttosto! Com’è stato? » Le guardai scettica. Prese parola Mary che mi fece l’occhiolino. « Com’è stato stare con Stefan? » chiese lei. Mi strozzai con il caffè.

« Cosa dite!? Ieri sera avevo invitato le mie amiche a casa! E poi ci ha raggiunto Stefan! Mi sono addormentata sul divano con Stef, mentre Ele e Mere erano sopra! » spiegai alzando il tono di voce. Mi stavo innervosendo per poco…Lo so, ma avevo così tanta rabbia che non sapevo neanche come sfogarla!

« Non alzare il tono di voce con me, signorina! » disse mia madre fulminandomi con lo sguardo. La odiavo! Odiavo tutti in questo preciso momento! Odiavo Stefan che non mi aveva fatto niente, odiavo mamma che non mi capiva, odiavo Mary che capiva sempre fischi per fiaschi e odiavo Damon che mi aveva mentito e mi prendeva in giro!

« Credo che le tue amiche siano ancora sopra. » sbuffò mia madre. Alzai gli occhi al cielo e mi diressi verso camera mia.

Entrata in camera, vidi Elena e Meredith già pronte, lavate e perfettamente truccate e vestite. Elena indossava dei pantaloncini rossi con una camicetta e Meredith una semplice maglia a stampa con dei pantaloncini grigi. Appena notarono la mia presenza mi squadrarono da capo a piedi.

« Cos’è successo? » mi chiese Elena, anche lei non era di buon’umore.

« Ele…tu non lo denuncerai? » chiesi timida. Se lei voleva denunciare Damon, io non potevo impormi. Riguardava una sua questione familiare.
« No…Io non credo a Klaus. Nessuno sa cosa sia successo quella notte. All’infuori di…» Afferrai al volo cosa voleva dire.

« …Di Damon. » continuai truce. Sentivo gli occhi pieni di lacrime.
 
Ding. Dong.
 
« Scendo a vedere. » le avvertii io. Scesi velocemente le scale. Aprii la porta e vidi davanti a me quel maledetto stronzo di Damon Salvatore.
« Pettirosso…» A sentire quel nome già chiusi di scatto la porta, ma lui la fermò in tempo. Lo odiavo con tutto il cuore.

« Va via! » gli urlai con tutto il coraggio del mondo. Lui mi guardò triste. Non se lo fece ripetere due volte. Gli sbattei la porta in faccia.
Dopo di che mi lasciai andare in un pianto isterico.
 
“Guardarti negli occhi
E capire che quello che c’è stato tra noi,
era solo fantasia.”
 
 





ANGOLO DELLA PAZZA: Ciao! Mi spiace per il ritardo di un giorno.
Spero che vi piaccia il capitolo. Vedremo che la situazione è molto statica.
Non mi dilungo troppo. Spero di ricevere delle belle recensioni. Dedico il capitolo a tutti coloro che hanno recensito/ messo nei preferiti/seguiti.
Baci Cucciolapuffosa.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** Piangere ***


NB. VI CONSIGLIO DI LEGGERE IL CAPITOLO CON IL SOTTOFONDO MUSICALE ‘CONTROVENTO’ DI ARISA, PERCHE’ IL CAPITOLO E’ STATO SCRITTO SULLA BASE DI QUELLA CANZONE.

Love me, I just love you

Capitolo 9: Piangere
Bonnie’s Pov

 
Ignorare le persone era qualcosa che mi riusciva bene. Non amavo sparlare da dietro e odiavo chi sparlava me e le mie amiche da dietro. Perciò ogni cosa che la gente mi diceva, cercavo di ignorarla.

Cercavo di ignorare le persone così, ma non soltanto. Odiavo tanti tipi di persone. Nella mia scuola detestavo la maggior parte delle persone, ma senza dubbio le persone che odiavo con tutto il mio cuore erano i bugiardi.

Mentire era qualcosa che non sopportavo, non rientrava nel mio modo di essere. Cercavo sempre di essere sincera con le persone, ma in queste poche settimane ero riuscita a mentire meglio di quanto potessi immaginare.

Non mentivo mai, ma quelle poche volte che capitava era sempre per una buona ragione. Da quando avevo saputo la verità su Damon cercavo di evitarlo in tutti i modi possibili e accampavo anche scuse stupide.

Non riuscivo più a guardarlo e a non immaginare il volto sorridente di Katherine. Lei era sempre solare, non era simile ad Elena. Non aveva i capelli biondi né tantomeno lisci, li aveva ugualmente lunghi, castani e gli ricadevano in morbidi onde.

Non aveva gli occhi color lapislazzulo, ma dei bellissimi occhi caramello. Le due avevano in comune poche cose, tra cui il loro magnifico sorriso.
Le Gilbert erano due sorelle molto unite, mai viste di così unite.
Sia Elena che io avevamo sofferto molto la sua morte.

E pensare che fino a poco tempo fa, pensavo che la sua morte fosse per merito del destino. In quel caso, il destino era stato forzato. Troppo forzato, l’aveva uccisa.
Lui l’aveva ammesso. Gli chiesi a suo tempo spiegazioni, ma lui disse semplicemente ‘io non volevo ucciderla…’ ciò significava che lui l’aveva uccisa, che l’aveva fatto apposta o no poco importa.

Le due settimane più brutte di tutta la mia vita.

Non riuscivo più a connettere cervello e bocca. Non riuscivo a studiare, non riuscivo a parlare con Elena che in lei vedevo sua sorella. Anche, Elena era turbata ma non lo dava a notare.

Non riuscivo neanche a dormire. La notte ero perseguitata da orribili incubi, uno peggio degli altri. Sognavo Katherine, sognavo Damon…Lo sognavo tutte le notti. Mi perseguitava nei miei peggiori incubi. Era diventato il mio peggior incubo, me lo ritrovavo ovunque.

A lezione, sotto casa, a pallavolo…Ovunque! Cercavo di evitare il contatto con i suoi occhi, quegli occhi mettevano soggezione e avrei ceduta. Ne ero certa.
Solo il tempo sa, come finirà questa storia. Speravo che finisse al più presto. Spesso mi piaceva stare chiusa in camera, magari a vedere vecchi album fotografici.
Non volevo più vedere neanche le mie amiche. Cercavano di consolarmi, ma non ce la facevano. Mi piaceva stare, piuttosto, con Stefan. Lui sì che capiva cosa significava perdere la persona che amavi…Ovvio, riferimento alla mia amicizia con Kat.

Sicura che ti riferisci all’amore tra sorelle che c’era tra te e Kat?, mi suggerì la mia coscienza. Mi dava il tormento in questi tempi e per giunta sempre con la stessa storia.

Come se aver deciso di non incontrare più Damon, mi potesse nuocere. Io stavo magnificamente senza di lui.
Ti stai auto convincendo? Mi chiese, ancora, la mia coscienza. Non mi stavo auto convincendo! Io lo odiavo. Forse non stavo bene, ma mi sarei abituata col tempo.

Sospirai e fissai la lapide che avevo di fronte a me.
Katherine Gilbert 3 Novembre 1993 – 31 Ottobre 2011.

La fissavo con le lacrime agli occhi. Era morta pochi giorni prima del suo compleanno. Domani era il suo anniversario di morte, ma ero sicura di non avere domani il coraggio di assistere alla sua Messa perciò avevo pensato di venire a fere una capatina il giorno prima.

Avevamo preparato tutto. La sua festa doveva essere perfetta.
Noi quattro eravamo inseparabili. Io, Ele e Mere le avevamo organizzato una festa a sorpresa. Forse Meredith, però, non era legata a lei quanto me o Elena. Comunque sta il fatto che Meredith non lasciava trasparire nessuna emozione, ma si vedeva che in questo periodo nessuno aveva un buon umore.

« Non sai quanto mi manchi…» dissi poggiando sulla tomba dei tulipani, i suoi fiori preferiti. Osservai la foto che le avevano messo sopra la tomba. Gliel’avevo scattata io.
 
*Flashback*
 
Aveva un enorme sorriso in volto. Era bellissima. Doveva uscire con un ragazzo che la stava facendo cambiare in questi tempi, ma se lei era felice lo eravamo anche noi.

Aveva in volto un sorriso enorme a trentadue denti. Indossava un vestito acquamarina più corto avanti e più lungo dietro. Con alcuni accessori prestatole da me e Meredith.

« Bon, smettila di fotografarmi! Ele, non farmi le solite raccomandazioni! Meredith fa’ tu qualcosa! » si lagnò Katherine scherzando. A me ed Elena piaceva infastidirla, di solito era questo che facevano le sorelle? Io non ero sua sorella, ma forse scocciavo anche più di Elena quando volevo estorcerle informazioni.

« No, Kat! Veditela tu con queste maniache! » scherzò lei ridendo. Katherine le fece la linguaccia. Elena era felice all’idea di conoscere il fidanzato di sua sorella, non ce l’aveva mai presentato.

« Sorridi Kat! » Le dissi io. Lei mi fece un sorriso enorme e scattai la foto.
Clik. Clik.

« Siete insopportabili! » disse con aria scocciata. Io e le mie amiche ci scambiammo uno sguardo preoccupato, forse stavamo infastidendo. « Ma non so cosa farei senza di voi! » continuò ridendo.

Ci abbracciamo e in quel momento capii che la nostra amicizia era indissolubile.
 
*Fine Flashback*
 
Mi lasciai cadere gradualmente ai suoi ricordi così piacevoli. Fino ad arrivare ai ricordi più strazianti…
 
*Flashback*
 
Ero a casa a zappare i canali. Aspettavo le mie amiche a momenti. Katherine doveva dirci cos’era successo l’ultima volta con suo ragazzo-misterioso.
In questi tempi era piuttosto strana. A volte era scorbutica, altre volte troppo sdolcinata e a volte era la vecchia Katherine.

Ding. Dong.
Mi precipitai ad aprire con un sorriso enorme. Ma quando aprii la porta vidi tutto tranne che dei visi contenti. Erano cupi. Elena piangeva come ché e Meredith non spiccicava parola.

La bionda si buttò tra le mie braccia, iniziando a singhiozzare frasi sconnesse.
« Katherine…ha….avuto…u-un…inci-dente…» balbettò Meredith, iniziando anche lei a piangere.

A quelle parole, non sentii più la terra sotto i piedi. Mi ero sentita crollare. La mia amica aveva avuto un incidente? Sentii il mio cuore, perdere un pezzo. E iniziai a piangere sulla spalla di Elena. Katherine era forte, ce l’avrebbe fatta.

Peccato che le probabilità erano basse.
 
*Fine Flashback*

« Cosa ci fai qui? » chiese una voce risvegliandomi dai ricordi. Scossi leggermente la testa e mi girai per focalizzare chi era la persona.
Era un ragazzo. Non era Damon, troppo altro. Aveva dei capelli neri con un po’ di barbetta. Klaus. Mi bloccai sul posto e indietreggiai spaventata.

Lui mi fissò incerto e si avvicinò a me. Non mi fece niente. Si sedette accanto a me e fissava la tomba di Katherine, aveva in mano, anche lui, dei tulipani.
« Non ti faccio niente. » continuò con voce neutra. Nei suoi occhi si scorgeva un’infinita tristezza.

« La amavi? » chiesi di getto. Chiusi di scatto gli occhi, aspettandomi una reazione arrabbiata da parte sua. Invece, era calmo.
Aveva gli occhi chiusi e inspirava ed espirava.

« La amo. Lei era il mio tutto. L’unica ragione per migliorare. » disse con amarezza. Provai così tanta pena per lui. Ero così egoista da pensare che la morte di Katherine facesse soffrire solo me e le mie amiche, ma probabilmente lui stava peggio di me.

Aveva mantenuto il segreto del suo omicidio per tanto tempo, covando il risentimento nei confronti di Damon finché non aveva trovato il giusto strumento per distruggerlo: IO.

Perché io?
« Cosa le ha fatto Damon? » chiesi con voce tremante. Lui si girò finalmente verso di me e incontrai i suoi occhi.

« Vorrei un momento con lei. Da solo. » disse tagliente. Avevo recepito il messaggio, voleva che lo lasciassi solo con lei e dopotutto ne aveva il diritto.
Presi la borsa, mi alzai e mi asciugai una lacrima. Gli feci un cenno a mo’ di saluto e mi allontanai dalla tomba di Katherine.

Camminando, notai una chioma nera. Non. Poteva. Essere. Lui.
Cosa ci faceva al cimitero? Ma che domanda stupida…Era venuto a trovare un defunto! Ma chi? Non mi aveva mai accennato alla morte di un suo caro. Mi nascosi dietro un albero e a volte lo spiavo.

Scorsi la foto del defunto. Una signora con i capelli neri e degli occhi verdi smeraldo. Quegli occhi. Dove li avevo già visti? Erano un color smeraldo particolare. Nell’osservare la foto di quella donna, non mi resi conto di aver pestato un rametto dell’albero.

Damon si girò. Si girò intorno, fino a incontrare il mio sguardo. Si alzò immediatamente e non lasciava il mio sguardo.
Il mio respiro accelerò. Non incontravo quegli occhi neri da due settimane e non ricordavo quanto potessero essere inquietanti.

Indietreggiai leggermente e iniziai a correre. Corsi avanti a me, finché non trovai un bivio. Presi il primo a destra e corsi verso l’uscita del cimitero.
Perché correvo? Non avevo alcun motivo per scappare. Non feci in tempo a riprendere fiato che vidi Damon di fronte a me.

Mi prese per le spalle e mi bloccò tra il suo corpo e il tronco dell’albero. Il mio cuore batteva all’impazzata. Le mani mi sudavano. Cosa mi succedeva?
« Ora mi dovrai ascoltare. » sibilò minaccioso. Abbassai lo sguardo. Evitare il contatto con i suoi occhi. Evitare il contatto con il suo sorriso malinconico. Evitare il contatto con una qualsiasi parte del suo corpo.

« Damon…Per favore…» singhiozzai triste. Non ero in vena di parlare, tantomeno con lui. Non era un buon periodo. Non ero mai di buon umore.
« Ascoltami un secondo. » Lo fissai con sguardo stanco e annuii leggermente. Se serve a non vederlo più, lo avrei ascoltato.

« Hai infranto una promessa. » lo guardai stranita. E quando mai, io gli avevo promesso qualcosa?
« Mi avevi promesso di non perdere mai il sorriso. Guardati ora. Cupa. Occhi tristi. Spenta. Cosa ti è successo? » continuò imperterrito.

Cosa mi era successo? Di tutto. Mi era crollato il mondo addosso. E con quelle sue parole scoppiai come una bomba ad orologeria.
« Cosa mi è successo? Tutto. Pensavo che tra noi potesse nascere qualcosa, mi sbagliavo. Pensavo che la morte di Katherine fosse un incidente, mi sbagliavo. Pensavo così tante cose! Mi sono sbagliata. SU TUTTO! » sbottai arrabbiata, con le lacrime agli occhi. Sospirai affannata.

Mi scrutò un momento con i suoi occhi. La presa sulle mie spalle divenne più forte e il suo viso era a pochi centimetri dal mio.
« NO. Cazzo! NO! Non sai niente di me. » imprecò a denti stretti.

« Non me ne hai mai parlato. » gli ricordai io. Avevo provato a sapere qualcosa in più di lui, ma liquidava ogni mia domanda.
« Su una cosa ti sbagli. Tra noi può, ancora, nascere qualcosa. » mi disse cambiando tono di voce. Damon era un tipo molto lunatico, alternava momenti di rabbia a dei momenti più dolci.

« No, Damon. Forse prima, ora non più. » dissi io, deglutendo. Inspirò il mio profumo e mi accarezzò i capelli.
« Non più? Sicura? Il tuo corpo dice tutt’altro. Sudata, battito del cuore accelerato…» ghignò con il suo solito modo di fare.

« Mi detesti? » chiese con tono atono. Domanda che mi spiazzò completamente. Lo detestavo? Io non detestavo nessuno. Era difficile detestare qualcuno. Nel mio vocabolario non esisteva la parola ‘detestare’.

Tu lo detesti? Ma se pendi dalle sue labbra. Disse quella vocina insopportabile. Non avevo mai provato odio verso una persona, ma in lui non riuscivo a vedere niente di buono.

Si drogava. Trafficava. Uccideva senza rimorso. Cosa c’era di buono in lui? Niente. Assolutamente niente.
« Io…Non vedo nient’altro che male in te…» gli risposi tremante. Lui mi fissò negli occhi.

« Aiutami tu, a tirare fuori la parte migliore di me. » Aveva avuto una reazione troppo calma. Molto più di quanto immaginassi.
Io non aiutavo a migliorare nessuno. Nessuno doveva migliorare per qualcuno. Lui non doveva migliorare per nessuno, tantomeno per una come me.

« Se vuoi migliorare devi farlo per te stesso. Perché sei ritornato qui? Perché hai deciso di rovinarmi la vita? » chiesi sinceramente. Perché era ritornato? Perché non rimaneva a New York? Stava tanto bene lì. Senza di me.

E io stavo bene, prima che lui arrivasse qui.
« Io non ti ho rovinato la vita. » affermò deciso. Perché era così cieco? Perché non capiva che questa sua vicinanza mi faceva male? Perché non capiva che mi faceva male stare faccia a faccia con l’assassino della mia amica?

« Da quando sei arrivato, sono cambiata. Sto male. La notte non riesco a dormire. Sono perseguitata dai ricordi. » sbuffai sistemando i capelli.
« Pensi che la tua vita sarebbe migliore senza di me? » mi chiese con sguardo furente. Assolutamente si! Starei meglio di sicuro.

« Sei smagrita. Non parli più con le tue amiche. Stai perdendo le tue abitudini. Hai gli occhi gonfi. Ti sento piangere ogni giorno e il tuo pianto mi fa sentire un emerito coglione, perché so che se tu stai così è solo colpa MIA! » continuò più serio, le vene sul suo collo pulsavano in maniera incredibile.

Come faceva a sapere cosa faceva? Lui mi sentiva piangere. Come faceva? Lo guardai interrogativa. Damon sbuffò leggermente.
« Passo notti interi sotto il portico di casa tua, a sentire il tuo pianto. E’ uno strazio. » mi spiegò con occhi tristi. Lui passava le notti sotto casa mia?

« Perché continui a sentirmi piangere,se è uno strazio? » chiesi a testa bassa. Stavo cedendo, quindi evitare contatto con i suoi occhi.
« Perché non riesco a starti lontano. » mi confessò. Il mondo stava girando vorticosamente e non riuscivo più a mantenere la calma. Perché mi capitava questo?
« Una possibilità… Solo una…Pettirosso…» sussurrò con voce roca. Mi aveva chiamato Pettirosso. Quel sopranome mi era mancato.

Ti è mancato il sopranome o la persona che ti chiama con quel sopranome? Stupida coscienza! Se ne andasse a quel paese. Non volevo starla a sentire.

A me non mancava quello stupido sopranome.
Non mi mancavano le sue attenzioni.
Mi mancava Damon!

L’hai ammesso! Mi disse la vocina. Cosa stavo pensando? A me non mancava Damon! Non mi mancava! Lo odiavo! SI!
Bonnie McCollough aveva finalmente capito cosa significava odiare!

Odiare o amare? Dio santo! Non volevo Damon! Non ne ero innamorata. Come una persona poteva amare un delinquente? Come aveva fatto Katherine?
« Damon…nessuna…possibilità. » dissi cercando di respingerlo. Damon scoppiò a ridere. Cosa c’era di divertente?

« Pettirosso sei di una debolezza incredibile. » ghignò. « I tuoi genitori non dicono niente di questa situazione? » Sapessi cosa dicono i miei genitori.
« Fasi di crescita. » spiegai in breve. Lui mi squadrò un attimo. Prese il mio mento e con due dita mi sollevò il volto per incontrare il suo.

« Non parlando a nessuno e rinchiudendoti in te stessa, non ti sentirai meglio. Prima o poi esploderai e arriverai in un momento in cui sarai così demotivata da pensare che l’unico modo per sentirti meglio è quella di farla finita. » disse alzando il tono di voce e afferrandomi i polsi.
Stava esagerando.

« Tu che ne sai? » chiesi usando un tono di voce più sicuro di me. Lui non sapeva niente di me e io non sapevo niente di lui.
« Lo so, perché so cosa significa sentirsi non capiti. Fatti aiutare da me. » mi implorò. Era sincero. Stavo provando ad essere sincero. Peccato che non gli credevo.
« Non…voglio…essere…aiutata… » sussurrai leggermente. Mi girava leggermente la testa, ma probabilmente era solo un mal di testa passeggero.

« Non voglio avere la tua morte sul mio cuore. » La mia morte?
« Andando avanti così, la morte ti inghiottirà e tu non te ne accorgerai. » continuò serio. Ero stufa di quella conversazione. Stava prendendo una piaga troppo pesante ed esagerata per me.

« Damon…Lasciami…Fammi…Passare… » sibilai con voce bassa. Dovevo stendermi. La testa pesava e gli occhi imploravano di chiudersi.
Lui mi fissò un attimo. E si sostò leggermente. Strano, molto strano che mi aveva ascoltato. Feci qualche passo e mi avviai verso l’uscita del cimitero.

Camminavo a piccoli passi e con un equilibro instabile.
« Pettirosso…barcolli…» mi fece notare Damon.  Mi girai velocemente verso di lui. Forse troppo velocemente.

Tutto intorno a me girava. Non mi sentivo affatto bene. Caddi sulle ginocchia a terra. Vidi Damon venire verso di me e sedersi accanto a me.
« Pettirosso…tutto a posto? » chiese già con voce allarmata.

« Si…s-to benone…» dissi rassicurandolo. Non ero convincente. Non riuscivo a convincere me stessa, figuriamoci se riuscivo a convincere Damon.
« Menti molto male. » fece Damon. La vista si stava annebbiando e l’aria attorno a me la sentivo più pressante.

Barcollai un po’. Dopo poco vidi solo buio. E caddi nelle braccia di Morfeo.
 
***
 
Ero in una stanza buia. Tutto era buio. E non vedevo niente. Tenevo gli occhi aperti, ma non vedevo niente.
Solo il buio, in tutta la sua inquietudine. Il buio racchiudeva mistero, paura e noia. Non potevi vedere e non distinguevi i colori.
Mi alzai da terra e iniziai a camminare. Dove stavo andando? Non vedevo niente.

Camminai nel buio, per non so quanto tempo. Camminando sentivo tutto farsi più stretto, fino a trovarmi in un piccolo vicolo.
Mi sentivo oppressa, eppure non avevo mai sofferto di claustrofobia. Camminai per molto finché non sbattei contro un muro.
Mi girai intorno.

Ero braccata da quattro muri. Cosa ci facevo lì? Ero rinchiusa in quella specie di bara e mi sentivo sempre più oppressa.

Tastando il muro di fronte a me, avvertii una maniglia. Era una porta! Aprii la porta e mi ritrovai in un altro posto, completamente diverso da quello precedente.

Era spazioso e luminoso. Al centro di questo posto sconosciuto c’era lei. Era Katherine.Corsi verso di lei.
Arrivata a pochi passi da lei, il terreno iniziò a tremare. Dal suolo si sollevarono alcune sbarre, che circondarono Kat.

Mi avvicinai alle sbarre. Il viso di Katherine era sfigurato. Indietreggiai spaventata e iniziai a correre, finché non sentii due forti mani prendermi per i piedi.

Mi girai e vidi il volto di Damon.
Ma non era il suo volto. Quel Damon aveva uno sguardo cattivo, non era il suo sguardo ammaliatore…Non era lui.

Al centro della stanza si aprì una grande crepa. Iniziai a piangere scalpitando, ma le mani di Damon mi trascinarono giù.
« Verrai a picco con noi…» dissero loro due in coro.

NO! Mi dovevo svegliare. Era solo uno stupido sogno…Un incubo.
Dovevo svegliarmi. Volevo svegliarmi.
 
« Pettirosso! E’ solo un incubo! » disse una voce, scuotendomi leggermente. Mi alzai di scatto e iniziai a respirare faticosamente.
Avevo gli occhi gonfi e il mio viso era bagnato dalle lacrime. Era solo un semplice e realistico incubo. Il mio petto si alzava e abbassava in modo irregolare, mentre una persona mi racchiuse in un abbraccio protettivo.

« Damon…Dove sono? » chiesi. Avevo il viso nel suo incavo del collo e lui mi teneva stretta a sé. Lui mi accarezzò i capelli e lo sentii sospirare.
« Ti ho portato a casa tua. » mi rispose. Cos’era successo? « Hai avuto un calo di pressione. Niente di preoccupante. » mi rassicurò.

Sciolto l’abbraccio, mi resi conto di essere nel salotto di casa mia. I miei genitori erano a lavoro e Mary all’università. Avevo deciso di non andare a scuola, con la scusa di un leggero mal di testa.

« Puoi andare…» dissi indicandogli l’uscita. Mi stavo comportando da stronza. Lo sapevo e ne ero consapevole.

Volevo stare lontana da lui. Prima o poi avrei ceduto ai suoi modi e me ne sarei pentita a vita. Meglio prevenire, che curare in seguito le ferite. Questo era il mio ragionamento.

« Non finisce qui. » mi avvertì alzandosi. Quanto era paranoico quel ragazzo! Troppo paranoico! Lo osservai andare via.
Sbatté la porta.

Sospirai ed ispirai. Dovevo rimanere calma. Dovevo tarpare i miei sentimenti. Smettere di pensare a lui. In questo tempo i miei pensieri vagavano da Damon fino ad arrivare a Katherine. E mi davano il tormento.

Decisi di andare in camera. Salendo le scale venni catturata da una foto. Una foto che non poteva essere ignorata. Io, Elena, Meredith, Katherine, Stefan, Matt e Zander. Eravamo così felici. Stavamo tanto bene.

Tutta colpa di quell’incidente. Da quell’incidente tutto era cambiato. Proprio ora che ci stavamo riprendendo da quel terribile lutto, arrivava uno sconosciuto che ritirava tutto fuori. Con una calma impressionante. Distruggendomi la vita.

Non riuscivo più a trattenere le lacrime. Iniziai a piangere e presi in mano la fotografia. Enormi gocce di lacrime cadevano sulla foto e mi bagnavano il volto.
Ogni minuto peggiorava la situazione. Sentivo un vuoto profondo, un vuoto così profondo che peggiorava e anche se cercavo di seppellirlo e di non ricordarlo, veniva sempre a galla.

I nodi ritornano sempre al pettine.
Driiin. Driiin. Driiiin.

La suoneria del mio cellulare mi riscosse dai miei pensieri. Risposi alla chiamata senza pensarci e asciugandomi le lacrime.

- Ti sento piangere. Posso aiutarti. – mi disse una voce. Vidi chi era al cellulare. Era il numero di Damon. Come faceva a sapere che stavo piangendo?
- Come sai che sto piangendo? – chiesi dando vita ai miei pensieri.
- Ti sento. Passo intere giornate a sentirti piangere. Sono fuori casa tua. Aprimi – ripeté convinto. NO, volevo rimanere da sola.
- Ritorna a casa, Damon. – dissi, chiudendo la chiamata. Possibile che fosse così insistente? SI. Era possibile.
 

Passarono i minuti. Passarono le ore. Ero in camera mia affacciata alla finestra. Pioveva a dirotto da più di due ore.
Damon non si era mosso da sotto casa. Persino quando erano arrivati i miei genitori, non si era mosso. Era lì sotto. Perfetto come al solito, bagnato fradicio e fissava in direzione della mia finestra.
Io guardavo verso di lui. Lui guardava verso di me.
Sarei rimasta così a lungo, era l’unico modo per non piangere.
 
“Amarti in silenzio è stato il mio primo errore.
Amarti e vederti soffrire è stato il mio secondo errore.
Amarti e lasciarti andare è stato l’errore più grande.”
 
 
 

Angolo della pazza: Sono ritornata. Ho sgarrato di un giorno, mi spiace. Ma di Sabato sta diventando più complicato non perché non riesca a gestire i miei impegni piuttosto perché mi è difficile descrivere i sentimenti di Bonnie e scrivere capitoli decenti e non ripetitivi.
Ora, passiamo al capitolo. Qui vediamo tante scene BAMON! *-**-* Voglio una statua per quanto sono stata gentile. Sono passate due settimane d’inferno per la nostra Bonnie e fa una capatina al cimitero, dove incontra due persone: Damon e Klaus.
Che dire…Sono entrambi perfetti! *-*-*-*-* Non so, ma questo capitolo mi piace moltissimo.
Damon era andato a trovare una donna al cimitero. Chi sarà? E quegli occhi verdi? Cosa significano? Sono curiosa di sapere le vostre ipotesi. Spero che abbiate letto il capitolo con il sottofondo musicale da me consigliato, mi piacerebbe sapere se vi è piaciuta come idea o se è meglio che non consigli più musica a nessuno :) :)
Dedico il capitolo a Puffetta2001 e Pagy94. Noto che le recensioni sono paurosamente scese. Se riuscite ad arrivare a 3 recensioni siete grandi! <3
Alla prossima. Baci :-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*
Cucciolapuffosa.
 
 

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Capitolo 10
*** L'allegra brigata in vacanza! ***


Love me, I just love you

Capitolo 10: L’allegra brigata in vacanza
Bonnie’s Pov
 
Non andava affatto bene. La mia vita non andava affatto bene. Stava peggiorando man mano che i giorni passavano, lasciandomi triste e con l’amaro in bocca.

Ogni giorno incontravo Damon con i suoi occhi neri e il suo volto serio, troppo serio. Mi faceva così male vederlo che mi sentivo mancare i piedi da terra.

Ignorarlo era difficile, soprattutto con quello che stava facendo per me in questi tempi. Ogni giorno, me lo ritrovavo sotto casa e se ne stava minuti, ore e secondi. Non riuscivo a farlo smuovere da sotto casa. Rimaneva sotto l’albero e fissava verso la mia finestra.

Fissando i suoi occhi neri come la notte era quasi impossibile piangere. Scorgevo così tanto nei suoi occhi, che il mio dolore in confronto al suo era niente. Dentro il suo cuore teneva tutti i suoi segreti e non riuscivo ad aiutarlo, perché io non volevo aiutarlo.

Lo odiavo, ma non riuscivo ad odiarlo. Non potevo odiarlo. Non provavo risentimento, perché nei suoi occhi non si leggeva niente. Non si leggeva che era colpevole. Si leggeva soltanto che aveva avuto un dramma drastico nella sua vita e che era venuto qui per riparare ai suoi errori.

Aprii gli occhi e mi stiracchiai. Avevo la schiena indolenzita e avevo il torcicollo. Dov’ero? Mi guardai attorno e constatai che ero in camera mia.

Il letto era del tutto intatto. I miei vestiti era posati sul letto con sopra il libro di storia. Era esattamente come la sera precedente.
Sbadigliai. Avevo dormito lì, ancora una volta. Era da quasi un mese che dormivo appoggiata alla finestra.

La finestra era molto grande e riuscivo quasi sempre a scorgere Damon. Passavo tutte le notti così, finché la mattina non mi svegliavo e lui non c’era.

Se ne andava verso l’alba. Lo avevo capito, circa una settimana fa, quando avevo passato in bianco un’intera nottata per sapere se rimaneva tutta la nottata ad osservarmi.

Mi stiracchiai e mi avviai verso l’armadio. Ora iniziava a fare freddo. L’inverno era arrivato molto più velocemente di quanto potessi immaginare e il primo quadrimestre stava finendo.

Presi un jeans a sigaretta, un maglioncino celeste e delle Converse. Un semplice outfits. Niente di particolare. Legai i capelli in un’alta coda di cavallo e corsi a lavarmi.

M’infilai sotto la doccia e avviai il getto d’acqua calda. Mi piaceva stare ore sotto la doccia, era molto rilassante. L’acqua scivolava sul corpo, ma l’acqua non cancellava i problemi da cui scappavo ogni giorno. Un giorno Damon si sarebbe stancato di farmi da baby-sitter, ma quel giorno sembrava che non arrivasse mai.

Questa storia stava andando avanti da un mese e più e lui non cambiava idea. Persino quando faceva freddo, si presentava sotto casa.
Uscii dalla doccia e mi avvolsi in un asciugamano. Indossai i vestiti e mi truccai leggermente. Mi fissai allo specchio e vidi il mio viso solcato da grandi occhiaie.

Non mi faceva bene dormire appoggiata alla finestra. Questo era uno dei risultati! Oltre alla mia debolezza mentale! In questo momento ero di una debolezza indescrivibile e me lo ripetevano tutti. Oltre a Damon, anche i miei amici e persino la mia famiglia!
Stesi una passata di fondotinta e il risultato era magico. Perfettamente truccata e senza occhiaie.

Non sembravo neanche io. I miracoli del trucco.

Afferrai la borsa e mi diressi verso la cucina. Salutai i miei genitori con un bacio sulla guancia e bevvi un sorso del latte.
« Buongiorno, anche te tesoro! » mi salutò papà, leggermente sorpreso. Io gli accennai un sorriso, cosa che sorpresa ancor di più mamma.

« Di buon umore? » chiese. Annuii semplicemente. Meglio non dire niente. « Perché non mangi qualcosa, è da settimane che mangiucchi stuzzichini? » insistette mamma. Sbuffai. I genitori erano sempre assillanti. Troppo assillanti. Quando vedono un miglioramento nel comportamento, tendono a insistere per farti migliorare ancora di più.

Feci finta di non ascoltarli e presi una mela. Mia madre continuò a leggere il giornale. Stavo per andarmene, ma mio padre catturò la mia attenzione.

« Bon, potrei sapere perché quel tuo amico sta tutto il giorno sotto casa? » chiese serio. Lo guardai in un primo momento allibita, poi facendo mente locale capii che si riferiva a Damon. Cosa gli rispondevo? Sai papà, lui era la causa del mio malessere visto che ha ucciso la mia migliore amica e ora sta cercando di alleviare i sensi di colpa.

Bella risposta, eh? Avrei voluto dire la verità. Dirgli che ero stanca. Che loro dovevano darmi i miei spazi, magari denunciare Damon e così ricominciare da zero quest’anno. Eppure non ne avevo il coraggio. Non riuscivo a denunciarlo, c’era qualcosa che mi bloccava.
Forse ti piace?, intervenne la mia coscienza. Respirai a fondo e ignorai la coscienza.

« Ehm…Chi? » chiesi facendo la finta tonta. Lui mi rivolse un’occhiata seria. Forse era meglio optare per la verità.

« Come chi? Quel tipo che se ne sta tutto il giorno sotto casa a fissare la tua finestra. » mise in chiaro papà. E ora? Di certo non potevo mettere su una scusa qualsiasi. Papà era stato molto chiaro.

« E’ un suo ammiratore! » trillò mamma, precedendomi. Sospirai sollevata. Mamma finalmente aveva riaperto bocca per dire qualcosa di sensato e per salvarmi la pelle.

Papà mi guardò scettico. Dopo di ché notò l’orario e si affrettò a salutare sia me che la mamma e ad uscire da casa.
« BONNIE! » tuonò mia madre. Chiusi di scatto gli occhi. Cosa voleva ora? Sfuggita a un interrogatorio e ne iniziava un altro?

« Non so bene cosa ti stai succedendo, ma spero che non riguardi con quel ragazzo. » disse fissandomi negli occhi. « E’ molto grande per te. Stai attenta, ti chiedo solo questo. » continuò con tono più dolce.

« Si, mamma. » risposi lasciandole un bacio sulla guancia. Indossai il cappotto e la sciarpa e uscii di casa. Sarebbe stato così tutte le mattine da ora in poi?

Iniziai a incamminarmi verso la scuola e a sfregarmi le mani per riscaldarmi. Oggi, faceva piuttosto freddo.

« Bonnie! Aspettaci! » urlò qualcuno. Mi girai e vide le mie amiche venire verso di me tutte affannate. Elena aveva i capelli sciolti che svolazzavano al vento, perfettamente truccata e vestita in modo impeccabile. Un bel cappotto beige con una sciarpa dello stesso colore. Abbinati dei pantaloni scuri e delle zeppe.

Come faceva ad essere così…così lei!? Era sempre così. In qualsiasi occasione.

Meredith era la più sportiva tra noi tre. I capelli bruni legati in un alto codino, ai piedi aveva delle Air Forks Bianche, un normale jeans e sopra un giubbotto pesante.

Le salutai e le aspettai. Elena appena mi vide mi abbracciò di slancio e Meredith mi diedi un bacio sulla guancia. Le migliori amiche che una ragazza potesse avere.

« Va meglio? » chiese Meredith con un grande sorriso. Voleva sapere la verità? NO. Non stavo affatto meglio. Damon mi complicava la vita ogni singolo minuto della mia esistenza e non ce la facevo più.

« Si. Molto meglio. » risposi cercando di sembrare il più convincente possibile. Meredith ed Elena si scambiarono un’occhiata e scoppiarono a ridere. Cosa c’era di divertente?

« Vuoi darla a bere a noi? E’ da un secolo che non ci parli e che eviti tutti. » mi fece notare la bionda. Non aveva tutti i torti.
« No, Ele…Veramente…Non faccio più incubi la notte. » la rassicurai. Lei mi fissò sbalordita, mentre Meredith mi osservava.

« Bonnie, ma quanti chili di fondotinta di sei messa? » chiese Mere. Pensavo che se ne accorgesse Elena, sinceramente.
« Molto. Dormo scomoda. » risposi normale. Elena mi guardò scettica.

« Ma non hai detto che non fai più incubi? » s’intromise Ele, con la sua solita delicatezza. E ora cosa le dicevo?
Sono le tue amiche. Dì loro la verità. Mi consigliò la mia coscienza. Quella volta fu la prima che le diedi ascolto.

« Ora vi racconto. » sbuffai sedendomi sulla panchina vicino a scuola. Le due rizzarono immediatamente le orecchie e si sedettero accanto a me interessate. Adoravano spettegolare sulla vita delle altre persone.

Raccontai nei minimi dettaglio quello che era successo in questo mese. Avevo raccontato la scena del cimitero e anche le altre discussioni.

Tutto tornava e non mi avevano fatto domande. Elena aveva gli occhi a cuoricino e chissà cosa stava fantasticando, mentre Meredith stava rimuginando sulle mie parole.

« E’ cosa c’entra Damon con il fatto che dormi scomoda? » chiese saggiamente Meredith. Soltanto lei riusciva a ritornare alla domanda principale. Avevo provato a rigirare la situazione per evitare di dare reali spiegazioni, ma dopotutto loro erano le mie amiche. Le mie migliori amiche.

« Si apposta sotto casa mia da circa un mese…» sussurrai a bassa voce. Mi fecero cenno di continuare. « E ci stiamo i pomeriggi a fissarci, senza nessun contatto, né ci parliamo né ci tocchiamo. Io lo fisso e lui fissa me. » spiegai a bassa voce. Non volevo far sapere a mezza scuola i miei problemi personali.

« E quindi ti addormenti appoggiata alla finestra? » Annuii.
« E sai verso che ora se ne va a casa sua? » Annuii. « Verso che ora? » continuò curiosa Elena.

« Verso l’alba. » sospirai. Le due si fissarono e scoppiarono in piccoli risolini isterici.
Cos’era successo? Mi ero persa un passaggio? Sicuramente.

« Fammi un po’ capire…Lui rimane fino all’alba a fissarti? » chiese Elena con la sua espressione da detective.
« Si. » risposi normale. Fin’ora stavano contando le pecorelle? Certo, che le mie amiche quando volevano sapevano essere, anche, un po’ sceme.

« GLI PIACI! » urlarono entrambe con voce ovvia. Gli piacevo? Questo lo avevo capito. Perché loro facevano finta di niente? Perché loro non erano distrutte alla notizia che lui era il responsabile della morte di Katherine?

« A voi…non importa? Ha ucciso Kat. » dissi io, con voce tremante. Perché sembrava che solo io mi ricordassi di quanto volevamo bene a Katherine? Perché sembrava che stessi soffrendo solo io?

Elena alla mia domanda strabuzzò gli occhi e Meredith assunse un espressione piuttosto tesa.
« Klaus ha complottato contro di te dall’inizio di quest’anno. Ha provato a darti fuoco, ti ha fatto fuori metà casa e ti ha allontanata da Damon. » mi fece notare Elena.

Ci riflettei un minuto…Dopotutto io mi ero fidata di lui. Ero così ingenua, così stupida? E semplice da ferire? 
« Lui ha affermato di averla uccisa…» sibilai a denti stretti. Elena si alzò dalla panchina e iniziò a urlare frasi sconnesse.

« Non lo capisci? Lo ha affermato, ma non gli hai permesso di spiegare come è andata. Non vedi che era questo l’obbiettivo di Klaus? Farlo soffrire. Non vi rendete conto che questa lontananza non fa bene a nessuno? » sbottò alzando la voce.

Come si permetteva di farmi certi discorsi? Lei era la prima che non faceva parlare le persone, partendo in quarta in qualsiasi cosa facesse.

« A nessuno? » Questa era la domanda più stupida che potessi fare. C’erano tante di quelle domande che potevo fare e io me ne uscivo con una stronzata del genere!

« Non fa bene alla nostra amicizia. Non fa bene ai suoi giri. Non fa bene alla tua sanità mentale e anche alla nostra. Non fa bene alla sua sanità mentale. » disse ovvia.

« Non fa bene né a te, né a lui. Questa lontananza non fa bene, a VOI, in prima persona. » concluse infervorata. Mi fece un semplice cenno e si avviò verso l’entrata della scuola.

Come avevo fatto ad essere così cieca? Mi ero fatta abbindolare da Klaus. Era riuscito a deviare le mie sicurezze, puntando sui sentimenti…Puntando sul mio punto debole. Sapendo che colpendo quel punto debole, non colpiva solo me, ma anche i miei amici e Damon.

Drin. Drin. Drin.

La campanella. Dovevo entrare. Sbattei un paio di volte le palpebre e mi ridestai dai miei pensieri.
« Vai a parlargli. Ti copro io. » disse Meredith, correndo verso l’entrata. Dovevo andare a parlargli? Tanto…La situazione era statica. Deglutii. In pochi secondi tutti gli studenti erano già entrati. Non c’era più nessuno.

Dovevo pensare. Dove poteva stare un tipo come lui? A lezione? NO. Esclusa la scuola. Poteva svolgere qualche losco affare? SI. Credo di andarmi a cacciare in un altro guaio. Tanto con tutti i guai che stavo avendo quest’anno…la situazione non poteva peggiorare.

Mi guardai attorno. C’era la sua Volvo. Quindi doveva stare tra le mura scolastiche. Almeno il campo era ristretto. Dove poteva svolgere qualche losco affare?

C’era solo un posto in tutta la scuola. Il capannone.

Mi avviai verso il capannone. Attraversai l’intero cortile. Ormai non c’era più nessuno. Dovevo cercare solo di non farmi vedere dai professori, altrimenti lì sarei finita nelle mani della giustizia, ovvero i miei genitori.

Dietro la scuola, c’era la sporcizia più totale. Mozziconi di sigaretta a terra, anche qualche canna intera o spezzata. C’era un odore pesante e tetro.

Da lontano scorsi una chioma nera. Era lui. Ne ero sicura. Dovevo solo scusarmi per essere stata troppo prevenuta nei suoi confronti e magari sentire la sua versione nei fatti per poi chiudere il capitolo ‘Damon’ per sempre, nella mia vita.

Era solo. Con una sigaretta. Stava fumando. Fumava marijuana? E da quando? Io non lo sapevo? Come potevo saperlo, se lui evitava di parlarmi di sé.

Era seduto a terra e aveva lo sguardo perso. Mi avvicinai di poco e incontrai i suoi occhi. Quegli occhi neri mi misero un senso di inquietudine.

« Damon…Io volevo…scusarmi…per averti evitato questi mesi….» gli dissi veramente dispiaciuta.

Lui alzò lo sguardo e mi fissò sorpreso. Mi fece cenno di sedersi accanto a lui. Senza pensarci due volte mi sedetti vicino a lui, ma mantenendo le distanze.

« Com’è andata quella notte? » chiesi prendendo il coraggio. Lui mi guardò e nel suo sguardo vidi di tutto, ma nemmeno un briciolo di sentimento. Tristezza, odio, ribrezzo, freddezza…ma non affetto, niente di niente…

Neanche un briciolo d’amore? Niente. Meno di zero. Cos’era successo?

« L’ho fatta ubriacare e lei non ha reagito molto bene all’alcool. » si bloccò di getto. Nella sua voce non c’era un briciolo di commozione, aveva una maschera di freddezza che ti poteva spaventare.

« Era astemia. » continuai io al posto suo. Annuì semplicemente e fece un’altra tirata. Gelai sul posto.
« Eravamo ad una festa, lei era ormai ubriaca. E ha provato a baciarmi. » Katherine ha provato a baciare Damon. Mi venne quasi un colpo al cuore a pensare a loro due, in atteggiamenti intimi.

« L’ho scansata. » Sospirai. Tra loro, non era successo niente. Niente di niente. Era stato solo un momento di debolezza da parte di Kat e Damon aveva rifiutato.

« Iniziò a delirare…A dire frasi senza senso e a inveire contro di me. A quel punto anche io, iniziai a innervosirmi e la spinsi. » concluse la frase con tanta di quella freddezza che metteva la pelle d’oca.

« Sbatté la testa, morì sul colpo. » Capii tutto. Lei era caduta, morì sul colpo e dovettero inscenare una morte plausibile. La verità mi aveva investito come una doccia fredda…Ed era sconcertante…Iniziai a singhiozzare.

« Pettirosso…Io non volevo…» mi disse abbracciandomi. Lo sapevo. Lo avevo capito. Ma in fondo al mio cuore sentivo delle fitte, farsi più forti. Perché abbracciata a lui, mi sentivo così? Mi sentivo diversa. Migliore.

« Non ti incolpo della sua morte…» singhiozzai a bassa voce. Lui mi strinse più a sé. Sapeva di fumo e menta. Una combinazione perfetta e deliziosa.

« Forse è meglio se noi…» la sua voce era incrinata dal dolore. Se noi…? Cosa cercava di dirmi? Lo interruppi subito.

« Era tua madre? » chiesi io. Mi guardò bloccato, come paralizzato. Quella donna era bellissima e assomigliava a lui in un certo modo. Aveva un aspetto che, però, Damon non aveva: gli occhi. Occhi verdi smeraldo. Lucidi e brillanti. Mai visti di così…Forse solo…Ma non aveva niente a che fare con Damon.

« Si. » rispose monosillabico. Non voleva parlare della sua famiglia, ma se non ne voleva parlare come potevo imparare a conoscerlo…Non mi arrendevo. Ormai avevo saltato le prime ore, mi sarei presentata solo alla mensa.

« E tuo padre? » chiesi insistendo. Si staccò da me e iniziò a fissare un punto con occhi tetri. Domanda sbagliata. Si alzò da terra e buttò a terra il mozzicone di sigaretta.

« Dove vai? » chiesi io, alzandomi da terra. Mi stava prendendo in giro? Si girò verso di me e mi guardò con i suoi occhi di ghiaccio.
« Non ne voglio parlare. » mi rispose secco. Perché faceva così? Ora volevo sapere qualcosa di lui. Volevo sapere il minimo indispensabile, ma lui neanche quello voleva dirmi.

« Posso ascoltarti. » gli urlai, visto che se ne stava andando. « Posso comprenderti! » gli urlai fuori di me. A quelle due parole si girò verso di me, mi guardò furioso e si avvicinò a passo svelto verso di me.

Cosa voleva fare? Mi prese per i polsi, mi trasse a sé e poggiò le sue labbra sulle mie. No! NO! Cosa stava succedendo? Mi stava baciando?

E io non dicevo niente. Non stavo facendo niente, se non quello di assecondarlo. Quando provò ad approfondire il bacio trovai la forza per staccarmi e dargli uno schiaffo.

Io. Bonnie McCollough. Mi ero segnata il giorno della mia morte.
Avevo schiaffeggiato Damon Salvatore.

« Ma hai problemi? » chiese alzando la voce e afferrandomi per i polsi. Maledetto stronzo! Maledetto il giorno in cui l’avevo conosciuto! Maledetto il giorno in cui era entrato nella mia vita!

« Tu! Mi hai baciato! » sbraitai. Perché mi aveva baciato? Ero l’unica che non aveva aggiunto alla lista? Giusto per togliersi lo sfizio?
« Vuoi sapere di me, giusto? Non sei nessuno per me. Solo una ragazza. Non mi hai dimostrato di essere diversa.

Sei la solita ragazzina che fa venire il volta stomaco. » disse con crudeltà Damon. Quelle parole ferirono più di quanto potessi immaginare.

« Io…Io…Hai…ra-ragione…Io…n-non sono ne-ssuno…» risposi singhiozzando. Lui addolcì i tratti e cercò di avvicinarsi a me.
« Ho causato la morte di tante persone. Non voglio che tu sia in quella lista. » sibilò serio. Lo guardavo spaventata.

« Pettirosso…La tua vita con me, non sarebbe vita. Io sono qui con un obbiettivo, dopo averlo raggiunto me ne andrò. Non ti affezionare troppo. » ghignò con espressione strafottente.

Annuii scombussolata. Afferrai la borsa e corsi verso l’entrata di scuola. Non dovevo affezionarmi a lui. Non dovevo affezionarmi a lui. E cos’era successo? L’esatto contrario.

Iniziai a piangere. Lui non ci sarebbe stato più per me. Dovevo ricominciare a vivere, vivere veramente.
Ero stata così stupida da illudermi che dopo la verità tra noi poteva aggiustarsi tutto. Ero stata egoista, fredda, cattiva e anche, calcolatrice…L’avevo ignorato per mesi e ora lui non era più disponibile per me.

Aveva ragione, ma cosa poteva essere successo per farlo arrabbiare così? Era una stupida. Era arrivato il momento di andare avanti, dimenticarsi di lui e fare finta di niente.

Ero seduta a terra contro il portone della scuola. Tra poco dovevo andare a mensa. Avevo il mal di testa e il naso chiuso.
Oggi non era giorno. Non era un buon giorno. Me lo sentivo. Se ne andasse a quel paese Damon! Si fottessero tutti quanti, uno ad uno e che mi lasciassero vivere in pace!

« Bon? » mi chiamò una voce. Ci mancava solo lui. Era Stefan. Di sicuro con uno dei suoi discorsi saggi, ma non volevo più ascoltarlo.

« Che ti è successo? » chiese allarmato, vedendo che non rispondevo. Alzai lo sguardo e già dalla mia espressione capì tutto. Sospirò profondamente. E mi fece alzare.

« Aiutami, per favore. Per favore. Non riesco a dimenticarlo. Non dovevo affezionarmi a lui e vedi come mi sono ridotta. » lo implorai, abbracciandolo. Lui rimase quasi paralizzato da quelle parole. Da dove mi uscivano certe parole? E da dove prendevo il coraggio? Suonò nuovamente la campanella.

Era ora di pranzo. Mi asciugai le lacrime e fissai Stefan che aveva ancora in volto un espressione sconcertata.
« Ho un’idea. » disse Stef con gli occhi che brillavano. Aveva avuto un’idea? Be’…Le idee di Stefan avevano sempre una buone fine, quindi potevo fidarmi…Apparentemente.

Mi prese per la mano e mi trascinò in mensa. Gli studenti erano tutti sgusciati via dalle proprie aule e si erano già diretti verso la mensa. Probabilmente anche le mie amiche erano già in mensa.

Si erano appartati in un tavolo poco più isolato rispetto agli altri e parlavano normalmente.
« Com’è andata? » mi chiese immediatamente Meredith. Elena mi guardava interessata, quindi Mere le aveva già raccontato tutto. Mi bastò fissarle che non mi chiesero più niente, probabilmente capendo che non era andata granché bene.

« Che ne dite se passiamo le vacanze natalizie nella mia casa in montagna? » chiese Stef con un sorriso. Era questa la sua idea? Be’…Forse una vacanza in compagnia di amici potrebbe aiutarmi e avermi risollevato il morale.

« Che bell’idea! » trillò Elena contenta come non mai. Era ufficiale. Sarei andata in vacanza con i miei amici. Se Elena aveva approvato l’idea, ora più nessuno l’avrebbe distolta da essa.

Solo io e Meredith non eravamo entusiaste all’idea di partire. Io non ero entusiasta per una lunga serie di problemi che non stavo, nuovamente, ad elencare. E lei?
« Mere…» la chiamai. Lei si voltò verso di me e mi guardò con aria da Alice nel Paese delle Meraviglie, mentre Elena la fissava sorpresa. Maredith con espressione da pesce lesso?

Notammo che stava fissando in direzione di un ragazzo. Eh che ragazzo! Abbastanza alto, muscoli scolpito, capelli biondi scuri scalati dietro e con ciuffo più lungo avanti. Indossava dei pantaloni beige e una camicia con sopra un giubbino.

La salutava con un sorriso da…Innamorato? Innamorato!? Eravamo seri? Meredith aveva gli occhi a cuoricino e un pallore improvviso. Elena a malapena tratteneva le risate anche a me, veniva da ridere. Nessuna di noi aveva visto così Meredith.

« Mere! » la salutò con un cenno del capo. « Ciao, anche a voi…» continuò un po’ più distaccato. Stefan lo invitò a sedersi. Invito che pensavo rifiutasse, ma che invece accettò volentieri.

Si sedette tra Elena e Meredith e circondò le spalle di quest’ultima in un grande abbraccio. Credo che per un momento avevo smesso di respirare. Anzi sicuramente.

« Credo sia arrivato il momento delle presentazioni…Alaric, le mie amiche e o miei amici. » disse elencando tutti i nostri nomi. Quando arrivò il mio turno non riuscii a dire niente, se non a mugugnare un ‘ciao’. Lui mi squadrò sospettoso e appena sentito il mio nome, ebbi l’impressione che si sorprese e non poco.

« Ragazzi, lui è Alaric…il mio fidanzato. » annunciò baciandolo appassionatamente. Io mi strozzai quasi con l’acqua. Elena sputò il boccone che aveva in bocca, iniziando a tossire furiosamente. Matt aveva la bocca aperta e Stefan aiutava Elena a respirare.

« Non sapevo foste fidanzati…» osservò Matt. Meredith fece spallucce. Si schiarì la voce e rivolse un’espressione dolce a Stef, troppo dolce.

« Lui…potrebbe venire con noi? » chiese sbattendo gli occhi. Ora capivo tutte queste moine! Voleva passare il Natale con lui…che cosa tenera! Magari potessi passare io, il Natale con…

Con Damon? Coscienza di cazzo. Non la sopportavo. Feci un profondo respiro.

Sembrava un tipo apposto. Anche se un paio di volte, lo avevo visto con Damon…E se fossero amici? No, non era possibile.
« Ci mancherebbe! Alaric, se non sbaglio ci sono due posti letto…Se vuoi portare qualcuno. » disse Stefan con la sua solita diplomazia.

Questo Natale sarebbe stato indimenticabile, me lo sentivo dentro. Dovevo solo convincere i miei genitori a lasciarmi partire. Mary a sedici anni già usciva tutte le sere e poteva fare anche tardi la sera, ora potevo rivendicare quelle piccole soddisfazioni.

« C’è un mio amico che passerà il Natale da solo a casa…posso invitarlo? » chiese con un sorriso che non prometteva niente di buono.

Stefan ci pensò su. Che male poteva starci a invitare qualcun altro? Almeno il Natale sarebbe risultato più divertente.
Eravamo tre ragazze e quattro ragazzi, compreso il misterioso amico di Alaric. Forse solo, Meredith sapeva chi era questo misterioso amico visto che sorrideva compiaciuta.

« Perché no. » rispose cortese Stef, masticando il polpettone che tutto sembrava, tranne che cibo commestibile.

Forse, avrei dimenticato Damon. Troppo presto per parlare. La porta della mensa si era spalancata. Stava entrando Damon, seguito dalla sua gang. Quanto lo odiavo…

« Tosto il ragazzo, eh? » mi sussurrò Elena. Ho un’amica popolare, gentile e con una mente perversa. Benissimo! Meglio di così non poteva andare.

Sbuffai leggermente, portandomi alla bocca un boccone di pasta offerta gentilmente da Matt. Masticavo il boccone non distogliendo lo sguardo da Damon. Si era seduto al tavolo delle cheerleader? Stava facendo il cretino con una delle cheerleader? Per la precisione…con Caroline Forbes. Acida fino al midollo!

Il mondo smise di girare, quando vide lei che si strusciava completamente su di lui. Damon non distoglievo lo sguardo da me e sorrideva compiaciuto. Se era un modo per farmela pagare, aveva colto nel segno.

Sentii il mio cuore lacerarsi. Aveva ragione lui. Non mi dovevo affezionare a lui. Avevo sbagliato. Avevo commesso uno dei miei più grandi errori.

Rimanere affascinata di Damon Salvatore, quello era stato il mio primo sbaglio.
 
“Sorridi sempre,
è l’arma più forte per combattere il nemico”
 
Angolo della pazza: Sono qui a scocciarvi. Come sempre! In ritardo di un giorno, ma almeno il capitolo è consistente e pieno di colpi di scena. A me piace molto ^-^
Bonnie sta cedendo! *Alza bandiera bianca* Contente? *rumore di grilli*
Elena per la prima volta mi è simpatica con i suoi discorsi. E chi sarà il misterioso amico di cui ci parla Alaric? IHIHIHIHI Io lo so già. Vorrei spoilerarvi un po’ il capitolo successivo, ma non voglio rovinarlo.
Siamo nel periodo di Natale nella storia, chissà che non diventi più buona con i miei personaggi….Ma non credo. Che dire…Vi ringrazio. A TUTTI. In particolare Pagy_94 e Puffetta2001. E anche tutti colore che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate.
Spero che la storia vi intrighi ancora e che vi piaccia, come sta piacendo a me.
Un commentino non mi dispiacerebbe, poi fate un po’ voi ^-^
Bacioni :-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*
Cucciolapuffosa 

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Capitolo 11
*** In viaggio ***


Love me, I just love you

Capitolo 11: In viaggio
Bonnie’s Pov

 
Ero in camera mia e cercavo di chiudere la valigia. O meglio, Elena e Meredith cercavano di chiudere la mia valigia. Era enorme e avevano messo di tutto dentro, cose che io non avrei messo neanche sotto torchio.

Elena esaminava e scartava i miei vestiti uno dopo l’altro, lanciandoli all’aria e Meredith cercava di raccoglierli e rimetterli al loro posto.

Io era seduta sullo stipite della finestra e fissavo un punto fisso, ascoltando la musica. Domani saremo partiti ed io non ero di buon umore, anche se in questi tempi era raro trovare un momento in cui ero calma e serena.

« Bon! Bon! BONNIE, alza il culo da là o ti butto giù io! » mi urlò Elena con delicatezza. Era un po’ nervosa, perché io ero l’unica che non aveva la valigia. Lei l’aveva preparata da più di una settimana e ogni giorno la controllava e toglieva quello che non le piaceva più. Meredith, invece, l’aveva preparata un paio di giorni prima della partenza.

Se fosse stato per me, non l’avrei proprio preparata e il giorno della partenza avrei accampato una scusa ma Elena era stata prevedibile e si era piazzata in casa mia da circa due giorni.

« Bonnie…solo per questa vacanza potresti dimenticare quello stronzo? » chiese Elena. Aveva ragione. Questa vacanza dovevo viverla, viverla davvero. E magari mi avrebbe fatto anche bene. Magari l’amico di Alaric era qualcuno di gentile e non come Damon! E da quando in qua, a me interessava avere un ragazzo? E soprattutto…perché mi sentivo così triste? Era quello il mio obiettivo. Liberarmi di Damon, ma una volta riuscitaci, non mi sentivo meglio.

Quel dolore al petto era sempre più forte e mi logorava. Mi faceva diventare pazza.

« Ci sto! » dissi alzandomi e togliendomi le cuffie dalle orecchie. Osservai la mia valigia: era strapiena. Non si riusciva neanche a chiudere.

« Ele non avrai un po’ esagerato? » chiesi scettica, mentre Meredith si tratteneva a stento dal ridere. Elena guardò la valigia e fece spallucce.

Iniziai a riordinare un po’ la mia camera. Mi girai per prendere uno dei tanti indumenti buttati a terra dalla bionda e la vidi sedersi sopra alla mia valigia con Meredith che cercava di chiuderla.

«Togliete qualcosa! » sbraitai io divertita. Elena mi guardò scandalizzata e si fece improvvisamente seria. Meredith smise di ridere e la fissò interrogativa.

« Ma come ti permetti? Piuttosto, Bonnie sali pure tu sulla valigia così mi dai una mano. » mi rimproverò. Perché era ancora sopra la mia valigia a scalciare come un mulo?

Meredith invece cercava di chiudere la valigia, ma era del tutto inutile. Cercai, anch’io, di fare pressioni sulla valigia, ma non si accennava a chiudersi.

« Domani si pensa! » borbottai scocciata. Mi sedetti sulla scrivania e sbuffai notevolmente. Dopo poco anche le mie amiche si erano stufate e si erano accomodate sul letto.

« Qualcuna di voi sa chi è l’amico di Alaric? » chiesi io, rimanendo sul vago. Elena sorrise sorpresa, probabilmente non le importava molto dell’amico. Meredith fece un volto sorpreso.

« Non me l’ha voluto dire. » rispose quest’ultima sospirando. Aveva già gli occhi a cuoricino e il cuore le batteva a mille…Innamorata, pure la saggia Meredith.

« Piuttosto…Bon, tu ci hai detto che Damon ti ha detto che era venuto con un obiettivo? E quale sarebbe quest’obiettivo? » chiese Meredith investigativa. Al suo nome sentii invadermi di una grande tristezza e abbassai lo sguardo.

Elena le lanciò un’occhiata, fulminandola. Ci riflettei e mi resi conto che io non ci avevo fatto caso. Nella rabbia istantanea nei suoi confronti, non ci avevo fatto caso. Cos’era venuto a fare a Fell’s Church?

« Non ne ho la più pallida idea, sapete. » confessai con un pizzico di amarezza. Non sapevo niente di lui, ma lui voleva sapere tutto di me.

Le mie amiche si zittirono, capendo che non volevo affrontare per la cento milionesima volta quel maledetto argomento.
La mia attenzione ricadde dentro l’armadio. Su una gruccia che sorreggeva un giacchetto di pelle. Il suo giacchetto di pelle.
Era quello che lui mi aveva poggiato sulle spalle. Automaticamente mi avvicinai all’armadio e lo presi in mano.

Sapeva di lui.

« Così non ti sentirai meglio. » cercò di consolarmi Elena. Non riuscii più a trattenermi. Non ce la facevo più. Iniziai a versare tutte le lacrime trattenute in questi mesi e forse era vero…Piangere a volte aiutava.
 
***

Mi stiracchiai e sbadigliai. Che ore erano? Sbattei gli occhi e badai la sveglia. Le cinque e mezzo del mattino! E che aveva impostato la sveglia a quest’ora?

Ah, già. Era stata ieri sera Elena. Mi aveva consigliato di fare una bella dormita, per poi svegliarmi piuttosto presto il giorno dopo.
Mi alzai già stufa di questa vacanza che non era ancora incominciata, dal letto. Mi sciacquai il volto e feci una doccia veloce.

I miei genitori, forse, erano già in piedi. Chissà se faceva freddo, dove andavamo…Stefan non mi aveva accennato bene il luogo, dove andavamo. Mi aveva solamente detto che era un posto, dove faceva molto freddo.

Indossai un jeans con sotto la calzamaglia, un pullover celeste a collo alto e dei grossi anfibi. Avvolsi il collo con una sciarpa e le mani con dei guanti. Lasciai i capelli puliti e ricci sulle spalle e mi coprii con il suo giubbotto di pelle.

Non mi faceva bene, stare così attaccata a quel giubbotto... ma mi riportava al nostro primo incontro che ricordavo come se fosse oggi.

Scesi le scale e mi guardai allo specchio in salotto. Ero imbottita di vestiti. Di sicuro non avrei sofferto il freddo là.
I miei genitori erano ancora mezzi addormentati e probabilmente ora stavano ancora fantasticando su quello che stavano sognando fino a pochi minuti fa.

« Se volete, potete andare a dormire…I miei amici mi verranno a prendere a momenti. » ricordai loro.

Papà era seduto in salotto e sfogliava il giornale al contrario, non sapevo se stava davvero leggendo o se era un modo per cercare di distrarsi. Mamma stava mettendo una quantità industriale di zucchero nella sua tisana. E Mary…Dov’era Mary?

« Dov’è Mary? » chiesi agitata. Possibile che non si sia svegliata? Lei era la prima a venirmi a salutare, quando partivo per qualche viaggio.

« BonBon…Mary ritorna oggi. » mi ricordò mamma. Certo che le ore di sonno mancate si facevano sentire! Mi ero persino scordata, quando mia sorella ritornava a casa! Dovevo un po’ riposare.

Ding. Dong. Ding. Dong.

Il campanello suonava a mitraglietta. E c’era solo una persona che suonava così…Ed effettivamente, c’erano poche persone che alle sei del mattino andava a suonare ai campanelli delle persone.

Era con certezza Elena. Stava andando ad aprire, ma mio padre mi chiamò a rapporto con i suoi soliti modi investigativi.
« Dove hai preso questo giubbotto? » chiese, rendendosi conto che teneva il giornale al contrario e che, in pratica, era quasi impossibile leggerlo.

E ora? Cosa gli dicevo? Questa volta non c’era mamma che mi aiutava…Che cosa dovevo rispondere?
Ding. Dong. Ding. Dong. Ding. Dong.

Il campanello suonava ripetutamente. Questo era un buonissimo diversivo. Non feci in tempo a dire qualcosa che papà sbottò infastidito.

« Bonnie apri quella maledetta porta! » La mia amica era un genio del male. Corsi verso la porta e la aprii. Quella non era Elena. Non poteva essere Elena.

Teneva i capelli raccolti in uno chignon malfatto e aveva solamente un filo di lucidalabbra. Indossava dei jeans qualsiasi, con un giubbotto sportivo. E la cosa più scandalosa era una in particolare…Aveva delle grandi occhiaie. Non aveva dormito quella notte.
« Bonnie! Siamo in ritardo! » urlò nervosa, afferrando la valigia.

Non poteva uscire conciata così! E poi…faceva leggermente ridere.
« Ti potresti specchiare? » chiesi io, trattenendomi dal ridere. Lei iniziò a dimenarsi nervosa, ma riuscii a trascinarla – letteralmente – davanti allo specchio.

« Chi è questo morto vivente mal truccato! » mi urlò contro. A quel punto, scoppiai a ridere di gusto. Le feci notare che era lei e la sua reazione non era stata come la immaginavo…era stata molto più tragica!

« Ele, calma! To’ il mio fondotinta! » disse, ancora, ridendo. Lei lo afferrò e iniziò a coprire le sue occhiaie. Io, nel frattempo, le sciolsi i capelli e glieli raccolsi in una treccia di lato. Non era un granché…ma era meglio di quella sottospecie di chignon che aveva provato a farsi di prima mattina.

« Ora andiamo? » chiese più gentile. Annuii afferrai la mia borsa e la misi a tracolla, mentre Elena trascinava via il mio trolley.
« Signorina, non si saluta più? » mi rimproverò mio padre. Gli sorrisi per andare ad abbracciarlo, ma Elena intervenne con la sua solita delicatezza.

« Su dai! Non vi vedrete per poco! Alla prossima, Signori McCollough! » urlò Elena trascinandomi fuori da casa mia.
Le diverse macchine con cui dovevamo partire, si trovavano a pochi isolati dopo casa mia. Stefan caricò anche il mio bagaglio sopra la sua macchina.

Passarono cinque minuti. Poi ne passarono dieci. Ed io stavo morendo di freddo. Perché non partivamo? Io, Elena e Meredith eravamo presenti. Stefan e Alaric c’erano. Mancava solo l’amico di Alaric. Matt, alla fine, aveva disdetto perché avrebbe passato le vacanze a New York.

« Alaric…il tuo amico quando viene? » chiesi tremando. Alaric ci pregò di aspettare altri cinque minuti.
« Senti freddo? » mi chiese Stefan, anche lui, tutto infreddolito. Annuii tremante. Mi strinse a sé e mi abbracciò. Lo abbracciai di slancio.

Meredith era troppo occupata a baciarsi con Alaric ed Elena ci osservava con aria afflitta.
Da lontana vidi un tipo venire verso di noi.

Osservandolo meglio…Aveva gli occhi e i capelli scuri. Non. Poteva. Essere. Era lui. Era una persecuzione! Me lo ritrovavo ovunque.

Era arrivato con espressione scocciato. Alaric lo salutò con una pacca sulla spalla e noi eravamo sconvolti. Era lui…il misterioso amico?

« Non hai detto che volevi andare in vacanza con la tua fidanzata? » chiese Damon, lanciandogli un’occhiataccia. L’amico fece spallucce.

« Meredith è la mia fidanzata. » disse lasciandole un bacio tra i capelli. Dire che Damon era sconvolto era dire poco…aveva un’espressione tra lo scocciato e l’arrabbiato.

Stefan era tutto ad un pezzo e mi teneva stretta a sé. Non aveva reagito male…anzi era piuttosto calmo.
« Salvatore, ci rincontriamo! » lo salutò Stef con amarezza. Cercava guai? Li aveva trovati con Damon. Quest’ultimo si avvicinò a passo svelto verso Stefan con espressione arrabbiata.

« Sono qui, solamente perché me l’ha chiesto il mio amico. » grugnì assottigliando gli occhi. Elena notando l’aria tesa che c’era, decise di mettersi in mezzo ai due litiganti.

« Che ne dite se cerchiamo di diventare…amici? » chiese sbattendo gli occhioni dolci. Damon si allontanò e asserì con un semplice gesto del capo.

Stefan sciolse l’abbraccio e mi prese per mano. Cosa stava facendo? Tutte questa smancerie e dolcezze…In pubblico, per giunta.
« Reggimi il gioco. » disse facendomi l’occhiolino. Come ripetevo sempre: il mio amico era un genio e gli volevo troppo bene.
« Grazie. » gli sussurrai. Lui mi bloccò tra la macchina e il suo corpo.

Si chinò su di me e mi lasciò un bacio sul collo, che mi fece tremare. Mi lasciò un altro bacio poco sotto la giugulare, per poi lasciarmene un altro a fior di labbra.

« Non voglio illuderti…» gli sussurrai, dandogli un bacio sulla guancia. Avvicinò il suo viso al mio.
« Ti sto aiutando. » sussurrò.  « Guarda che faccia che ha. » continuò, appoggiando la sua testa nell’incavo del mio collo. 

« Ti voglio bene. » Mi guardò un momento perplesso e mi fissò negli occhi. Lo avevo sorpreso. Era da tempo che non gli ricordavo quanto gli volessi bene.

« Prendetevi una camera…» borbottò Damon, con aria scocciata. Era geloso? Fatto bene! Così imparava a fare lo stronzo!
« Come ci sistemiamo per il viaggio? » Chiese questa volta Meredith. Stefan mi circondò il bacino con un braccio.

 « Voi tutti nella macchina di Alaric. Io e Bon nella mia macchina. » decretò velocemente Stefan con un grande sorriso. Elena era molto sorpresa, come Meredith d’altronde. Feci loro un occhiolino e capirono che era solo un bluff.

« NO! » intervenne secco Damon. Tutti quanti ci girammo verso di lui. Aveva un’espressione seria e non accennava a spostarsi da davanti alla macchina.

« Voi vi mettereste a fare i comodi vostri e voi avete le chiavi di casa… » sibilò serio. Ci aveva preso in contropiede. Cosa diceva ora?

« Allora…Tu, vieni con noi. Ci stai? » mi si bloccò il cuore. Gli aveva chiesto se veniva in macchina con noi? Era serio? Perché dovevo sorbirmelo, persino, durante un viaggio?

Ma conoscendo Damon non avrebbe mai accettato. Lui non era il tipo che si abbassava a dei compromessi.
« Ci sto! » disse, salendo in macchina. Stefan si accomodò al posto di guidatore, Damon accanto e io avevo a disposizione i sedili posteriori.

Questo viaggio era solo l’inizio di una lunga vacanza. Sperava andasse tutto bene…ma le possibilità erano poche.
Iniziai ad ascoltare la musica. Azionai ‘Let Her Go’ dei Passenger.

Il significato della canzone era molto ovvio. La vita era bella perchè era varia. Se fosse tutto fermo non potresti capire il valore delle cose. Se ci fosse sempre il sole e non esistesse la neve o una perturbazione qualsiasi, non penseresti assolutamente alla bellezza del sole, perchè il fatto che ci sia tutti i giorni e sempre, ti sarebbe indifferente. Quando due amanti vivevano per anni insieme diventa un amore abitudinario costruito giorno dopo giorno lentamente e non pensi che qualcosa vari, ma l’imponderabile succede anche nell’amore e allora crolla tutto improvvisamente e velocemente e lì capisci quanto era importante.

Canzone che rispecchiava la mia essenza. E anche quello che succedeva nella mia vita, in questi pochi mesi.
Prima disprezzavo Damon e lo volevo il più lontano possibile da me…Ora, invece, soffrivo stranamente la sua mancanza.

Riflettendo nei miei pensieri non mi resi conto che quei due già stavano litigando. Solo a mezz’ora circa dalla partenza! Era passata solo mezz’ora e loro per poco non si scannavano!

« Be’…vedo che vi siete fidanzati. » sputò con leggero odio, Damon. Stefan fece un sorrisino divertito e io per poco non mi presi un colpo.

« Dov’è successo? » continuò curioso. Lo stava facendo apposta? No…Lui non era il tipo di ragazzo che faceva questi giochetti.
Se per quello, ti ha anche scaricato quando tu lo hai perdonato…Tutto è possibile, disse la mia coscienza. Ma perché doveva essere così pignola?

Io e Stefan ci scambiammo un’occhiata e prese parola. Mi tolsi gli auricolari e mi sedetti meglio per sentire come io e Stefan c’eravamo fidanzati.

« E’ successo, quando tu le hai detto di dimenticarsi di te. E come vedi, ora stiamo benissimo insieme. » disse ovvio Stefan. Accennai un sorrisino, sbattendo gli occhi. Da dove le prendevo queste doti recitative? Non lo sapevo neanche io.

Stefan frenò di botto con la macchina. Damon rimase composto sul sedile, tenendosi al manico della portiera. Io, invece, sbattei la nuca contro il sedile.
Massaggiai per poco la nuca.

« Fatta male? » chiese Stef girandosi verso di me. Scossi la testa sicura. Non era tanto difficile recitare la parte da fidanzata con Stefan, dopotutto eravamo amici da una vita…Anche se non era giusto.

Ed è giusto che Damon si prendesse gioco di te? Continuò impertinente la vocina. Deglutii e decisi di dare voce ad una domanda che mi stava tormentando dall’inizio del viaggio.

« Perché non te ne sei andato una volta capito che dovevi stare con noi, per queste settimane? » chiesi a bassa voce. Stefan rallentò la guida, poiché incominciavano i tornanti.

Mi misi la cintura. Soffrivo di mal d’auto.
« Perché il mio amico mi ha pregato di venire. » rispose serio, fissando la strada. Dalla sua ultima risposta, era calato il silenzio in auto.

Nessuno dei tre voleva parlare o replicare le ultime parole dette da Damon. Stefan era occupato a guidare, Damon fissava la strada davanti a sé e a volte mi lanciava sguardi fugaci.

Io, invece, iniziavo a sentire il mal di stomaco. Quello che avevo sgranocchiato un’ora fa stava risalendo, dandomi un grande senso di nausea.

Stefan osservandomi dallo specchietto, capì che non mi sentivo bene. Dopo alcuni chilometri si accostò alla prima stazione di servizio che aveva visto.

E con Stefan, si fermarono anche gli altri.
Meredith e Alaric scesero abbracciati e si riscaldavano a vicenda. Elena venne verso di noi, scaldandosi le mani. Stefan scese frettolosamente dalla macchina, seguito da Damon.

Aprii lo sportello e osservai il paesaggio. Era tutto ghiacciato e gli alberi erano pieni di neve. Chissà dove ci trovavamo.
Scesi dalla macchina, ma misi male il piede a terra e scivolai su una striscia di ghiaccio. Venni sorretta da due forti braccia.

Damon era a pochi centimetri da me e aveva i suoi occhi puntati nei miei. Aveva un’espressione così seria che non riuscivo quasi a riconoscerlo.

« Dovresti guardare dove metti i piedi. » sussurrò glaciale. Il tono della sua voce assomigliava a tante lame che mi perforavano ripetutamente il cuore.

Annuii evitando il suo sguardo. Non mi reggevo in piedi. Avevo le gambe molli e tremavano per via del freddo.
« Non credo che il tuo ragazzo sarebbe contento di sapere che il giubbotto di pelle che stai indossando era un tempo mio. » continuò ironico. Ormai lui non poteva più indossarlo…La sera precedente avevo apportato dei leggeri cambiamenti, per renderlo della mia taglia.

Mi liberai della sua presa e afferrai il manico della portiera per sorreggermi. Stupida nausea mattutina.
« Tienitelo pure. » affermai, sfilandomi quello stupido giubbotto di pelle. Glielo lanciai contro e mi affrettai a raggiungere gli altri, all’interno della stazione di servizio.

Stefan, appena mi vide senza giubbotto strabuzzò gli occhi e si avvicinò con occhi di rimprovero. Di sicuro, non potevo dirgli della piccola discussione avuta con Damon, altrimenti non sapevo cosa potesse succedere dopo in macchina.

« Sei pazza? » mi chiese, abbracciando. Si, lo ero. O meglio, lo stavo diventando. Tutti quanti si stavano riscaldando. Meredith e Alaric stavano continuando il loro “discorso”. Elena beveva una tazza di cioccolata fumante e si avvicinò a me porgendomene un’altra.

La presi in mano e ne bevvi un sorso.

« Bonnie è il giubbotto? » sibilò Elena, portandomi lontano da Stefan. Le lanciai un’occhiataccia e già intuì che ci fosse di mezzo Damon.

Passarono dieci minuti e decidemmo di proseguire la magnifica gita.
« Dove hai lasciato il tuo giubbotto? Vado a prenderlo. » mi chiese il mio amico premuroso. Ora cosa gli rispondevo? Dissuaderlo non era possibile. Quindi, dovevo inventare una scusa su due piedi.

« Pettirosso, il tuo giubbotto… » intervenne da lontano Damon. Cosa stava facendo? Mi stava coprendo? Stronzo fino al midollo. L’avevo sempre pensato e sempre l’avrei ripetuto.

Stefan si allontanò da me, facendomi l’occhiolino. Sorrisi a disagio. Damon corse verso di me e posò sulle mie spalle il giubbotto.
« Perché lo hai fatto? » chiesi facendo la finta tonta. Mi guardò pensieroso, per poi grugnire qualcosa di incomprensibile.

« Non volevo che morissi di freddo. Chi lo sentirebbe a quello…» sbuffò infastidito, risalendo in macchina. Sorrisi inconsapevolmente e salii anch’io in macchina.

Il mal di stomaco non mi aveva ancora abbandonato. E dopo un’altra ora di viaggio già non ce la facevo più. Trattenevo a stento i conati di vomito e stavo morendo di freddo, nonostante il riscaldamento della macchina fosse acceso.

« Voglio venire dietro con te, Bon? » chiese Stefan preoccupato. Sbattei gli occhi e mi stiracchiai leggermente.
« NO! » sbottò improvvisamente Damon. Io lo fissai confusa, mentre Stef cercava di mantenere la calma al volante. Perché dovevo venire con loro in auto? Non poteva venire Elena? O Alaric?

« Vado io dietro. Tu continua a guidare lentamente, così da attutire la nausea. » Stefan cercò di replicare, ma Damon neanche stava ad ascoltarlo.

Stefan accostò la macchina per permettere a Damon di venire dietro da me. Il mio amico era piuttosto rigido e teneva le mani serrate sul volante.

Appena Damon si sedette, Stef riaccese il motore e spinse sull’acceleratore. Damon era seduto sul sedile di sinistra, mentre io ero seduta verso destra il più possibile lontano da lui.

Lo osservai, sperando che non se ne accorgeste. Il suo viso era contratto in una smorfia dura e fissava incurante la strada, lanciandomi a volte delle rapide occhiate.

Era uno spettacolo. Altro che attori.

Il suo look total black lo faceva sembrare più misterioso di quel che era. I capelli lisci gli incorniciavano il viso. Il viso era rigido e non accennava un semplice sorriso.

« Stai morendo di freddo. Vieni qui, non mordo mica. » ghignò strafottente. Lo odiavo. Odiavo tutto di lui. Odiavo il suo viso. Odiavo i suoi occhi. Odiavo tutto di lui.

Scossi la testa, continuando a tremare. Stefan era così rigido che sembrava una statua, però sentivo il suo respiro pesante.
Damon vedendo che non accennavo ad avvicinarmi a lui, si avvicinò a me. Perché faceva così? Perché due settimane fa mi aveva rifilato un due di picche, per poi comportarsi così ora? Qual’era il suo obbiettivo?

Mi strinse a sé con delicatezza. Mi sfiorava appena e mi teneva nelle sue braccia come se fossi di cristallo.

Al contatto col suo corpo ero diventata bollente. Mi sentivo accaldata e molto imbarazzata, soprattutto, per la presenza di Stefan in macchina.

« Perché fai così? » chiesi, accoccolandomi meglio nelle sue braccia. Abbassò gli occhi e per un momento pensai di averlo sorpreso.
« Riposa, Pettirosso. » Mi aveva fatto nuovamente fessa. Aveva rigirato la mia domanda e l’aveva liquidata, ancora una volta.
Chiusi gradualmente gli occhi. Sentivo le mani di Damon accarezzarmi i capelli e tenermi con l’altra mano stretta a sé, quasi a non lasciarmi più andare.

« Non farti strane idee, Salvatore. » grugnì Stefan. Ma perché aveva parlato? Perché? Non doveva aprire bocca. Soprattutto se io non potevo difenderlo, poiché stavo – apparentemente – dormendo.

« Meglio che impari a difenderla come si deve, altrimenti te la vedrai con me. » rispose con egual gentilezza Damon. Si stava…preoccupando per me?

No, sta contando le pecorelle. Ovvio che si sta preoccupando per te! Suggerì la mia coscienza. Allora, perché si comportava così con me? Aveva due facce e due comportamenti.

Non sentii Stefan replicare alla sua ultima frase. Non sentivo più niente.
Pochi secondi e caddi nelle braccia di Morfeo.
 
Mi sentivo oppressa. Chiusa. Col cuore in gola. Mi mancava l’aria per respirare. Mi mancava il sole per sentire il calore.
Mi mancava lui. Mi mancava tutto.

Mi mancavano i suoi insulti. Mi mancavano le sue frecciatine. Mi mancavano i suoi sbalzi d’umore. Mi mancava ogni centimetro della sua pelle, che al solo contatto mi riscaldava.

Mi mancavano i suoi occhi tetri e cupi, che nascondevano i suoi segreti più oscuri.
Mi mancava Damon.

I ricordi riaffioravano come un tornado. Il nostro primo incontro e la sua presa forte sul mio polso.
La sua strafottenza nell’invitarmi a quella festa. Elena e il suo piano bizzarro che mi aiutò a conoscerlo.

Più io mi avvicinavo, più lui si allontanava. Più io mi allontanavo, più lui ritornava sui suoi passi. Eravamo due calamite. Due calamite opposte che si attraggono senza motivo. Che si cercano e si allontanano, in continuazione.
Nascondeva qualcosa. Lo sentivo.

Si sentiva nella sua voce. Si vedeva nei suoi occhi. Si percepiva dal suo modo di fare. In qualsiasi cosa facesse risaltava il suo modo schivo e lugubre nei confronti della vita e di certe persone.

Se prima intorno a me, era tutto buio…Ora tutto iniziava a farsi più chiaro. L’oscurità che mi avvolgeva si stava dissolvendo e riuscivo a identificare il luogo in cui mi trovavo.

Era uno spezzone di uno dei tanti ricordi. Era la volta in cui lo incontrai a cimitero. Non avevo fatto caso ad un particolare. Quegli occhi. Gli occhi della donna.

Il cimitero si dissolse in pochi secondi, così com’era apparso. E si presentava un’altra scena. Io che passeggiavo con il mio amico.

Ecco, cosa non avevo mai notato. Cosa mi era sfuggito. Senza dubbio, era un piccolo pezzo di puzzle che avevo trovato e che mi poteva aiutare a ricostruire la vita di Damon.
 
Finalmente la situazione mi era più chiara. Sapevo cosa fare. Dovevo capire se quello che avevo sognato era vero.

Dal sogno spiccava una sensazione che mi fece accapponare la pelle: l’infinita tristezza nel capire che la persona che desideri, ti avrebbe sempre estromesso dalla sua vita.

Una sensazione che non augurerei a nessuno.
 

“Quando mi guarda,
tutto ciò che vede…
è solamente un giocattolo rotto.”
 


Angolo della pazza: Sono ritornata. Sempre in ritardo di un giorno, ma almeno ci sono! Spero che il capitolo vi sia piaciuto come sia piaciuto a me. L’amico di Alaric era Damon! *-*
Non so cosa dire…Forse non vi sarà molto chiara la parte del sogno e se volete qualche chiarimento io sono sempre qui, pronta a schiarirvi le idee visto che quando voglio so essere abbastanza esaustiva XDXD
Ringrazio infinitamente Puffetta2001, Pagy94 e simi_directioner che hanno recensito il mio scorso il capitolo. Veramente un grazie di cuore.
Come sempre, ci vediamo a Sabato o Lunedì. Per qualche complicazione vi farò sapere. Se riusciamo ad arrivare ancora a 3 recensioni, siete mitiche.
Alla prossima.
Bacioni :-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*:-*
Cucciolapuffosa
 
 
 
 
 
 
 

 
 

 

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Capitolo 12
*** L'Universo ***


Love me, I just love you

Capitolo 12: L’Universo
Bonnie’s Pov
 
La casa di Stefan era, a dir poco, magnifica. Era enorme e luminosa. Era costituta parzialmente da legno e da grandi vetrate che facevano passare la luce.

Era a due piani. A piano terra c’era un enorme salotto. Quest’ultimo sembrava uno dei tipici saloni medievali. Con il camino e un tappeto di pelle d’orso, con tanti quadri e un banchetto di liquori posto nella parte più lontana della stanza.

La cucina era la parte più piccola della casa, ma in compenso era dotata di un soggiorno spazioso. Sul piano superiore c’erano le stanze. Eravamo arrivati da più di un’ora e i due già litigavano per la disposizione delle stanze.

Possibile che non riuscissero a non litigare? Io era seduta sul divano con Elena che teneva la testa poggiata sulla mia spalla.
Meredith era seduta sulla poltrona e cercava di placare gli animi, ma non era servito a molto.

« Perché devi dormire con lei? » sbraitò Damon. Sentendo quelle parole uscire dalla bocca di Damon, alzai la testa e cercai di seguire il discorso.
« E’ la mia fidanzata. E’ ovvio che voglia dormire con lei. » rispose Stefan infastidito da questi modi di fare che il moro teneva nei suoi confronti.
Sentendo la parola ‘fidanzata’, capii che c’entravo qualcosa in questa discussione. Anche Elena s’interessò maggiormente alla discussione, trattenendo a malapena le risate.

« Io non voglio che dorma con lei. » A quelle parole, Stefan non ci vide più e tirò un pugno dritto in faccia a Damon. Mi alzai dal divano ma Elena mi afferrò la mano.

« Non sei la fidanzata. Preoccupati per Stefan. » mi sussurrò la bionda all’orecchio. Cercai di darmi un contegno e mi avvicinai a Stef.
Damon teneva la mano sul naso, che sanguinava. Quasi non presi un colpo a vederlo così. Aveva esagerato.

Damon che prima aveva perso l’equilibrio, si stava avvicinando a Stefan minacciosamente. Mi misi davanti a Stefan, sperando che Damon si desse una calmata.

Peccato che non si fosse, affatto, calmato. Guardava in cagnesco sia me che Stefan. Non riusciva neanche a distinguere me da Stefan. La rabbia trasudava da tutti i pori della sua pelle.

« Damon…non mi fare male. » sibilai con voce bassa. A quelle parole sembrò calmarsi. Respirava pesantemente e se non ci fossi stata io davanti al mio amico, a quest’ora dovevamo chiamare un’ambulanza.

« Sono il suo fidanzato. Non puoi dirmi quello che vuoi. I tuoi sporchi pensieri tienili per te e non mettere le grinfie su Bon. » Non avevo mai visto, Stefan così arrabbiato. Damon non replicò, lo fissava semplicemente con espressione leggermente furente.

« Non metterò le grinfie sul Pettirosso. Basti solo tu. » Sbuffai scocciata. Di questo passo la vacanza sarebbe diventata un campo di guerra.
« Che ne dite se ci diamo tutti una calmata? » Intervenne saggia Mer. Stefan annuì di rimando, mentre Damon si allontanò da noi per tamponare la ferita.

L’aria tesa si stava smorzando, ma nessuno osava dire qualcosa.
Finché Elena non prese un po’ di coraggio.

« Qualcuno dovrebbe andare a vedere come se la sta cavando Damon con la ferita…» Deglutì. Tutti si scambiarono un’occhiata. In quel momento Damon avrebbe scannato chiunque cercasse di avvicinarlo.

« Alaric tu sei l’amico. Prova tu? » chiese timida Meredith, cercando di lavorarsi il ragazzo. Alaric la guardò stralunato.
« L’unica persona a cui, in questo momento, lui non farà niente è solo una. » pronunciò quelle parole, con tanta di quella serietà che poteva spaventare.

I presenti in sala si girarono verso me ed Elena.

« Elena vai a vedere come sta. » dissi io, accennando un sorriso tiratissimo. Lei mi fissò scettica e mi guardò seria. Anzi, tutti mi guardavano seriamente.

« Bonnie, sappiamo bene che ha un debole per te. » disse Alaric con tono ovvio. Annuii spaesata e mi alzai dal divano.
Ovviamente, una vera fidanzata chiederebbe prima al suo fidanzato se può andare; quindi se dovevo recitare una parte, almeno la interpretavo bene.

« Stefan, potrei…» Non riuscivo a fare la parte della fidanzata apprensiva. Oltre al fatto che non mi si addiceva, ma non essendo fidanzata mi sentivo in difficoltà.

« Vai, Bon. » m’interruppe Stefan,vedendo com’ero in difficoltà. Mi avviai verso la cucina, sperando che Damon avesse già risolto tutto e che non avesse bisogno del mio aiuto.

Lo trovai seduto a terra, poggiato con la schiena sulla gamba del tavolo. Il sangue dal naso continuava a colare, sporcandogli la maglia. Teneva lo sguardo basso e i pugni serrati.
Mi avvicinai con i piedi di piombo.

« Vuoi una mano? » chiesi timida. Alzò lo sguardo e quegli occhi mi spaventarono non poco. Erano più taglienti del solito. Non mi rispose.
Chi tace, acconsente…Giusto? Pensai io, sedendomi accanto a lui. Solo quando mi sedetti vicino a lui, si degnò di rivolgermi la parola.

« Come mai qui? » chiese. Non mi fece neanche prendere fiato per rispondere. « Perché sei venuta? Faccio da solo. » continuò scocciato.
« Sono venuta per darti una mano. » gli risposi con voce bassa. Lui scosse la testa e si alzò da terra. Lo imitai e mi ritrovai vicino a lui. Vicino al suo corpo. Vicino ai suoi occhi.

« Pettirosso…» soffiò sulle mie labbra. Mi scostai da lui, prima di fare qualcosa di cui mi potevo pentire. Presi un fazzoletto e lo bagnai con acqua gelata.

Damon teneva la testa indietro e con un dito premeva sul setto nasale. Mi avvicinai sorridendo.

« Quando esce il sangue dal naso, devi tenere la testa bassa; altrimenti il sangue si accumula nel setto nasale. » gli dissi. Fece come gli dissi, tenendo il fazzoletto sul naso.

Il sangue si era fermato dopo pochi minuti.
« Ti ricordi? » chiese all’improvviso, spiazzandomi. Se mi ricordavo? Cosa dovevo ricordarmi? Feci mente locale e mi ritornò in mente una scena.

Io che gli medicavo una ferita. Era successo il secondo giorno che lo conobbi. Sorrisi inconsapevolmente.

Damon mi prese per i fianchi e mi mise a sedere sul bancone della cucina. Teneva le mani sui miei fianchi e mi ritrovai completamente spiaccicata sul suo corpo.
Le mie gambe tremavano leggermente e circondavano il suo bacino. Le sue mani salirono verso l’addome, mantenendo una presa ferrea.
« Sai, cosa avrei voluto fare quella sera? » chiese con un fil di voce.

Per favore, fa’ che non dica qualcosa di estremamente eccitante. Pregai me stessa. Io ero fidanzata. Fidanzata, anche se per finta. Per lui, ero fidanzata.

Mi ripetevo dentro di me in continuazione.
« Volevo baciare ogni centimetro della tua pelle. Volevo toccare la tua pelle candida. E più di tutto sognavo di poter torturare quelle labbra. » sussurrò con voce roca.

Sentivo il cuore andare a mille. Lui…Era…Così…maledettamente LUI. Perfetto e perverso. In me, sentivo la voglia di baciarlo e di dirgli che pensavo le stesse cose che lui voleva; ma la realtà mi diceva di non fidarmi, che mi avrebbe spezzato più in là.

« Perché non lo fai, ora? » chiesi, guardandolo per la prima volta negli occhi. Mi accarezzò il volto e ternò a sorridere come faceva sempre.
« Perché tu sei fidanzata. » Era una risposta ovvia che avrebbe dato un qualsiasi ragazzo ma non era la risposta che mi sarei aspettata da Damon Salvatore.

Da quando a lui importava se ero o no fidanzata? Lui prendeva, senza chiedere. Faceva quello che pensava e non se ne pentiva.

« Non è una risposta coerente. » sussurrai a un palmo dalle sue labbra. Stavamo giocando ad un gioco pericoloso. Io stavo giocando un gioco troppo pericoloso.

« Non ti merito. » Mi rispose semplicemente. Per la prima volta, vidi Damon evitare il mio sguardo. Ero io, che abitudinariamente evitavo il suo sguardo e i suoi occhi.

« E chi lo dice? » chiesi io.
« Lo dice l’universo. » commentò. L’universo? E da quando, si faceva influenzare sui segni del destino?
« E cosa dice l’universo? » chiesi io, con un sorriso ironico. Lui non addolcì la sua espressione. Se era possibile, s’indurì ancor di più.

« L’universo pensa che tu e Stefan vivrete insieme e continuerete gli Studi insieme, mentre io rimarrò a osservare qualcun altro portarti via da me. » Quelle parole mi fecero sentire così…FELICE. Felice, perché io contavo qualcosa nella sua vita…Era lui che pensava che non fosse abbastanza per me.

« Vuoi sapere cosa dice il mio d’universo? » gli chiesi. Damon annuì sicuro, stringendomi di più a sé. Presi un respiro profondo.
« Ma quanto tempo ci…» disse una voce, entrando in cucina. Mi girai e vide Elena fissarci sconvolta. Damon non ci fece caso, io invece cercai di divincolarmi dalla sua presa per poter scendere la bancone della cucina.

« Volete che me ne vada? » chiese Elena fissandomi con gli occhi che chiedevano scusa. Stavo per replicare, ma Damon intervenne prima di me.
« No, tranquilla. Noi non abbiamo niente da dirci. » continuò, per poi andare verso il soggiorno. Io rimasi impalata sul bancone a fissare il punto in cui era sparito dal mio raggio visivo.

« Cosa vi siete detti? » Trillò Elena. Io sorrisi e non riuscivo a stare calma. Il mio cuore martellava al suo nome e il mio respiro era pesante, al ricordo di noi due vicini.

« Lui…è…perfetto…l’universo…» iniziai a mormorare frasi sconnesse tra loro. Elena non domandò niente e mi trascinò in salotto, mentre io ero ancora, con la testa tra le nuvole.

« Abbiamo trovato un compromesso. » annunciò Alaric con un enorme sorriso. Lo guardai interrogativo.

« Io e Meredith in una stanza. Voi quattro rimarreste da soli…Così visto che Elena non vuole dormire con Damon, ho pensato che tu ed Elena dormirete insieme e Stefan e Damon dormiranno in quella accanto. » Disse, terminando le spiegazioni. Rimasi a bocca aperta, capendo che Stefan e Damon avrebbero dormito nella stessa stanza.

« Cosa ne pensate? » chiese speranzoso. Elena prese immediatamente parole sorridendo.

« Io e Bonnie non abbiamo problemi. Ci sopportiamo da una vita. » Concordai con lei, sorridendo. Meredith al pensiero di dormire con Alaric, già fantasticava.

Damon e Stefan si avvicinarono e stranamente non iniziarono una rissa. Si strinsero la mano come si faceva nel Medioevo.
« Iniziamo la vacanza? » Chiese Elena, incrociando le dita. Damon accennò a un ghigno divertito e Stefan annuì venendo verso di me.
Mi prese in braccio e mi fece fare una giravolta, come si faceva con i bambini. Non riuscii a trattenere le risate, cosicché poco dopo Stef rideva con me.

Con la coda nell’occhio vidi Elena avvicinarsi a Damon. Affinai l’orecchio per cercare di udire cosa si dicevano.
« Geloso, Salvatore? » chiese la bionda, con un sorriso soddisfatto che non accennava a nascondere.
« Bionda, non sono in vena. » la liquidò velocemente.
Era geloso e non poteva che farmi contenta questa situazione.

Stefan mi mise giù pochi minuti dopo e incontrai i suoi occhi. Quegli occhi mi paralizzarono un minuto.
La donna al cimitero. Quella donna e Stefan avevano gli stessi occhi. Deglutì e continuai a sorridere. Non sapevo tante cose di Stefan, ma non perché non me le volesse dire, piuttosto io non gliel’avevo mai chieste.
Dovevo parlare urgentemente con le mie amiche. Loro forse sapevano qualcosa di più.
 
 ***
Stavo sistemando le ultime cose nella stanza, mentre Elena era andata a farsi la doccia. Non avevamo ancora avuto la possibilità di visitare la città, perché dovevamo aspettare quest’amico di Stefan che tardava ad arrivare.

« Bonnie! E’ tutta tua la doccia. » mi urlò Elena dal bagno. Mi ridestai dai miei pensieri e presi il beauty-case, per andare verso il bagno.
Elena era in accappatoio. Iniziai a sistemare i cosmetici, mentre la bionda si asciugava i capelli. Nessuna delle due parlava più di tanto.

Dopo la scena in cucina, nessuna era riuscita più a parlare con l’altra. Lei forse non aveva capito la situazione. Io ero bloccata da un senso di vergogna…Era come se in un certo senso stessi per tradire Stefan.

« Bonnie, io sono tua amica…E voglio sapere cos’è successo! » disse seria, ma con un sorriso in volto che la tradiva.
« Crede nei segni dell’universo! » sbottai io. Mi guardò sconvolta. Le raccontai brevemente la faccenda e rimase sconvolta.

« Bon, senti a me…Trovatene uno meno coglione. » La guardai sconvolta. Che cosa diceva? Dopo tutto il siparietto che Damon aveva fatto, lei se ne usciva con una battuta del genere?

« Il punto è che mi sentivo in colpa. Come se stessi tradendo Stefan. » Le spiegai. Mi guardò scettica, iniziando a riflettere. Si spazzolò i capelli con espressione pensierosa.

« Ma tu e lui non siete fidanzati…E’ una finzione per fargliela pagare, giusto? » chiese Elena. Annuii. « Allora, il piano sta funzionando. Credo. » continuò sorridente.
Scossi la testa e presi l’accappatoio.

« Sbrigati…Abbiamo intenzione di fare un giro in paese. Mi sono stufata di aspettare l’amico di Stef. » gridò uscendo dal bagno.
Mi tolsi i vestiti e m’infilai sotto la doccia. Di solito adoravo stare tempo sotto la doccia. Mi dava una sensazione di quiete e calma.

Iniziai a canticchiare una dolce melodia che mi ronzava in mente da un po’. Chiudendo gli occhi, nella mia mente vorticavano le sue parole.
Volevo baciare ogni centimetro della tua pelle. Volevo toccare la tua pelle candida. E più di tutto sognavo di poter torturare quelle labbra.
Torturare quelle labbra.

E più di tutto sognavo di poter torturare quelle labbra.
Con lui, tutto era diverso. E non capivo il perché. Io lo odiavo giusto? In un certo senso, aveva ucciso la mia amica, giusto?

Stufa di quei pensieri, uscii dalla doccia. Mi asciugai. Indossai la biancheria intima e raccolsi i capelli ricci in una treccia malfatta, per il momento.

Aprii leggermente la porta e fui investita da uno spiffero d’aria. Rabbrividii. Elena aveva lasciato la porta aperta probabilmente.
Indossai l’accappatoio e uscii dal bagno a piedi scalzi. Chiusa la porta del bagno, mi girai e vidi Damon seduto sul mio letto.
Cosa ci faceva là?

« Damon! Perché sei qui? » chiesi con voce stridula. Damon alzò lo sguardo e fece uno dei suoi sorrisi migliori.
« La tua amichetta ha una mente perversa, lo sai vero? » chiese avvicinandosi pericolosamente. Ricollegai velocemente quello che mi aveva detto alla scomparsa di Elena. E tutto mi fu più chiaro.

Elena aveva organizzato uno dei suoi strani piani per farci riappacificare o qualcosa del genere. Scossi la testa rassegnata.
« Damon…potresti uscire? » chiesi usando un tono di voce più contento e meno stridulo. Questa volta fu lui a scuotere la testa.

« Vorrei, ma è difficile ignorarti così. Sei…sei sublime. » A quel complimento, persi un battito. Se continuava così, non saremo andati lontano.
« L’hai detto tu stesso. L’universo non ci vuole insieme. » Deglutii a quell’affermazione. Mi costava molto dirlo, poiché non credevo granché ai segni del destino.

« Il mio universo. » Precisò lui. « E il tuo, cosa dice? » Continuò, mantenendo una certa distanza.    Che cosa diceva il mio universo? Ottima domanda.

« Il mio universo dice che non hai il fegato di confidarti con me. Non hai il fegato di combattere contro gli ostacoli. » Confessai seria. « Qualsiasi cosa tu voglia fare…Falla! » Dissi alterandomi. Mi guardò serio un secondo.

« Dovrei fare quello che mi sento, giusto? » chiese. Annuii sicura. « Lo farò Pettirosso. » Affermò, prima di prendere il mio viso tra le sue mani, per far combaciare le mie labbra sulle sue.

Sapeva di menta e morte. Un’essenza così…buona.
Buona da assaggiare. Da gustare.

Un bacio carico di passione. L’attimo in cui le nostre labbra si sono toccate, era paragonabile al vuoto di un burrone. L’emozione si un bacio ti faceva provare tutto.

La persona che stavi baciando diventava il centro del tuo mondo, tutto quello che c’era intorno a te si dissolveva. C’eravamo solo io e lui.

Solo noi due.
Io e Lui.
Lui e io.

Le nostre lingue erano un gioco di emozioni, cos’ complicate che non poteva essere decifrate. Non si potevano decifrare.
Che cosa provavamo l’uno per l’altra? Amicizia, non credo proprio. C’era qualcosa che mi spingeva verso di lui. Qualcosa che mi riportava a lui.

Mi staccai da lui con il cuore a mille. Ci eravamo baciati? Lo avevo baciato? Cosa aveva fatto? Quando intendevo “fai quello che ti senti”, non intendevo baciarmi! O forse, speravo che lo facesse?
Lo speravi… Disse la mia vocina. Una volta tanto che non parlava, doveva intervenire!

« Ecco cosa volevo fare, Pettirosso. » Disse con un po’ d’affanno. « E tu, invece? » Mi venne la pelle d’oca. Il suo respiro era pesante e si mischiava al mio.

« Te ne andrai? Dopo aver raggiunto questo misterioso obiettivo, te ne andrai? » chiesi con voce tremante. Strabuzzò gli occhi.
Lo avevo sorpreso ma non era l’unica ad essere sorpreso. Damon prima di rispondere, aveva riflettuto su cosa dire.

« E’ New York, casa mia. » Mi spiegò gentilmente. New York era casa sua? E io? Io cos’ero? Il passatempo da raccontare ai suoi amici New yorkesi?

« Non devi darmi spiegazioni. Volevo solo capire…Non devo innamorarmi di te, ci starei troppo male alla tua partenza. » commentai con un sorriso malinconico.

Tu sei già innamorata di lui. Mi disse la mia coscienza. Forse era vero. Già ero innamorata, solo che non lo volevo ammettere.
« Pettirosso, non è detto. Potremo provarci…» Tentò di convincermi. Scossi la testa e presi un respiro.

« Non voglio provarci. Ora, potresti uscire? » chiesi io, con un sorriso stampato in volto. Lui non si mosse di un centimetro.
« Uccellino, potremo farcela. » mi rassicurò, prendendomi per le spalle.

« E se provassimo a essere amici? » chiesi io. Damon scosse la testa rassegnato per lasciare la presa sulle mie spalle.
« Pettirosso, per te potrei fare qualsiasi cosa ma non mi puoi chiedere di essere amici. Dopo quello che è successo, tu vuoi che tu ed io siamo solo amici? MAI. » disse andandosene da camera mia.

Mi morsi il labbro. Che cosa farneticavo? Non credevo io alle parole che gli avevo detto, figurati se poteva crederci lui.
Mi sfilai l’accappatoio e indossai la calzamaglia da sotto. Ora dovevo solamente capire cosa c’era dentro la valigia.

Non l’avevo preparata io, quindi mi potevo aspettare di tutto. La aprii e notai che era abbastanza ordinata per gli standard delle mie amiche.
Osservando quello che avevano messo in valigia, non c’era neanche uno stupida jeans comodo! C’erano solamente jeans troppo stretti da indossare, magliette troppo scollate per i miei gusti, per non parlare delle scarpe che mi avevano rifilato Meredith ed Elena.

Me l’avrebbero pagata. Tutte e due.
Optai alla fine per uno dei tanti jeans stretti sbiaditi e una maglietta blu abbastanza pesante. Guardandomi allo specchio mi ero resa conto che dietro la maglietta si apriva con uno spacchetto che faceva intravedere una striscia del reggiseno.

Tolsi velocemente quella maglietta, per cercarne un’altra. In parte erano tutte simili tra loro. Alla fine scelsi una canotta argentata, con sopra uno scalda cuore nero.

Elena aveva esagerato. I jeans mi fasciavano le gambe e me le rendevano più slanciate e la canotta sembrava mi ingrandisse il seno. Perché dovevo andare in giro così?

Persino le scarpe che avevano portato erano scomode. Scelsi degli stivaletti neri scamosciati. I capelli li lasciai liberi, ad eccezione di qualche ciocca che legai ai lati con qualche fermaglio.

Non mi truccai, ad eccezione del mio gloss alla ciliegia.
Uscii di soppiatto dalla stanza, sperando di non incontrare nessuno.

« Bonnie, sei tu? » chiese una voce. Mi girai. Alto, biondo e con un enorme sorriso. Sage? Corsi verso di lui per abbracciarlo.
« Sei tu l’amico misterioso? » chiesi. Lui annuì divertito. Non sapevo che fosse ritornato da Seattle per le vacanze.
« Ti trovo cambiata. » Disse, facendo ovvio riferimento al mio vestiario. Annuii con aria stanca.

Quante cose dovevo raccontarti, amico mio! Pensai prima di scendere insieme a lui, in salotto.

***
 La serata era passata velocemente. Tra chiacchiere e alcune litigate eppure filava tutto liscio come l’olio. Strano ma vero.

Il paesino abbiamo deciso di visitarlo domani sera, poiché sembrava che il tempo fosse migliore. Così avevamo deciso di passare insieme la serata, come ai vecchi tempi.

In casa faceva molto caldo, ma non avevo intenzione di togliermi lo scalda cuore. La maglia era piuttosto scollata.
« Che ne dite se giochiamo a obbligo o verità, come facevano sempre? » propose Meredith. Tutti quanti erano entusiasti, tralasciando ovviamente Damon.

« Andiamo davanti al camino. » c’incoraggiò Elena. Davanti al camino? Lo faceva apposta. CI sedemmo tutti a terra in cerchio. Io avevo alla mia destra Stefan, che da premuroso fidanzato mi cingeva le spalle e alla mia sinistra Damon, che da stronzo mi faceva sentire osservata.

« Bonnie…non hai caldo? » mi chiese Elena con un sorriso satirico. Le feci un sorriso tirato e mi sfilai il giacchino nero. Vidi lo sguardo di Damon su di me assottigliarsi e deglutire. Stefan strabuzzò gli occhi e mi strinse di più a sé.
Solamente Sage e Alaric sembravano indifferenti. O meglio Alaric era occupato a osservare la scollatura della fidanzata.

« Sembrate due ragazzini con gli ormoni a palla. » commentò Sage. Stefan e Damon scossero la testa e accennarono una risata nervosa.
« Obbligo o verità, Stefan? » chiese Sage all’amico. Stefan ci pensò un po’ su e alla fine scelse verità.
« L’hai già fatto con ta petite?» chiese. Quasi mi strozzai con la saliva e fissai divertita l’espressione indecifrabile di Stefan.

«Sì.» Un monosillabo. Un problema. Tutti volti sconvolti. Tranne quelli di Elena e Meredith che sapeva della falsa.
Gli occhi di Damon si bloccarono e vidi le sue mani contrarsi a pugno. Dagli occhi traspariva la rabbia.

« Damon…Cos’hai? » chiese con espressione divertita Alaric. Damon non gli rispose neanche , rispose con un grugnito arrabbiato.
« Salvatore, sei geloso? » chiese Stef sorridente. Stava esagerando. Damon non stava reagendo bene ed era strano che non fosse ancora saltato sulla difensiva.

« Per niente. » rispose sereno. Strano. Questa era una delle reazione più normali…Bizzarro per Damon. Era sereno?
Elena aveva un sorriso poco rassicurante in volto e a volte la vedevo ammiccare verso Damon. Cosa mi nascondevano.
Scomparso lo sgomento iniziale, decidemmo di continuare il gioco. Alaric chiedeva a Damon.

« Obbligo. » disse Damon sbuffando. Alaric ci pensò su.
«Dai un bacio alla ragazza che reputi la più bella nella stanza.» Damon annuì scocciato. Si girò verso di me.

Con le sue mani mi trasse a sé. Mi portò completamente su di lui per baciarmi dolcemente. Un bacio con trasporto. Le sue mani erano sui miei fianchi e le mie nei suoi capelli.

Le nostre labbra combaciavano alla perfezione.
Altro che bacio da “Obbligo o Verità”, questo era un vero bacio. Il nostro bacio.

L’universo può decidere il destino delle persone.
Sono, però, le persone che lo compivano veramente.
E io farò di tutto per scrivere il mio destino.
 
“Una volta, tempo fa, dicesti che i miei occhi erano lucenti e che ti "parlavano". 
Se hanno parlato, significa che solo per te hanno il dono della parola.
Se hanno parlato, significa che ti parleranno ancora.
Se hanno parlato, significa che sai cosa provo quando incrocio il tuo sguardo.
Se hanno parlato, significa che capisci quando ho bisogno del tuo aiuto.
Se hanno parlato, significa che sai quanto sei importante per me.
Se hanno parlato, significa che sai che la distanza non può nuocerci.
Se hanno parlato, significa che vedi riflessi nei miei occhi la tua immagine.

Cosa ti succede, poi? Che non mi parli più, che eviti il mio sguardo, che non vuoi darmi aiuto, che fai finta che io non sia niente, che la distanza è troppo lontana, fai finta che io ti odi e cerchi di rinnegare ciò che provi guardandomi negli occhi. 
L'amore ti distrugge, pezzi per pezzi, lacerandoti l'anima.”
 
 
 
Angolo della pazza: Mi scuso immensamente per il mio ritardo. Non Era programmato. Sono stata troppo impegnata e non ho potuto fare altrimenti. Ho dovuto studiare pure durante le feste -.- , però stanotte ho avuto l’ispirazione e sto scrivendo da stamattina. Questo capitolo è frutto da uno spezzone del mio sogno, che mi ha colpito particolarmente.
La parte è quella in cui lei gli dice di vivere l’attimo e di fare ciò che desiderava e lui la bacia. Ovviamente riadatta al Bamon.
E’ venuta anche molto meglio di quanto potessi immaginare.
Spero che non ci siano obbrobri di ogni genere (cosa molto strana) e che vogliate lasciare un commentino. Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensano della storia anche i lettori silenziosi.
Dedico il capitolo a Simi_directioner e alla mia formidabile Martina (alias Puffetta99) che non si stufa mai di me XD
Alla prossima.
Bacioni :-*:-*:-*:-*:-*:-*
Cucciolapuffosa

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Capitolo 13
*** Litigi ***


Love me, I just love you

Capitolo 13: Litigi

Bonnie’s Pov

 

Il bacio stava durando molto più del previsto. Da un semplice bacio che doveva essere a stampo era diventato qualcosa di più.

Non dovevo rispondere a quel bacio, era un errore. O meglio, lui non doveva baciarmi. Doveva baciare Elena. Era lei la più bella stanza.
Se avesse baciato Elena, tu non ti saresti arrabbiata?

La coscienza rompipalle ritornava all’attacco. Non mi lasciava più in pace, anche se…Aveva ragione. Mi sarei arrabbiata se lui avesse baciato Elena.

Uno a zero per la coscienza.

Non mi resi conto che il bacio stava andando avanti e che io continuavo a dargli corda. Lui era seduto a terra e io ero sopra di lui a cavalcioni.

« Petite…Certo che sei focosa quando baci, eh? » Commentò sarcasticamente Sage, finito il bacio. Arrossii sentendomi a disagio e allontanandomi da Damon.

Stefan da bravo fidanzato faceva la parte del ragazzo geloso e arrabbiato con la fidanzata. Estrasse dalla tasca il suo cellulare e iniziò a scrivere un sms, mandandomi un’occhiataccia. In questo modo, Damon avrebbe pensato che più tardi noi avremo litigato.

« Tocca a me. » Prese parola Damon con un ghigno strafottente in volto. Scelse di fare “Obbligo o Verità” a Stefan. Si metteva molto male la questione.

« Scelgo verità. » Damon, notevolmente deluso dalla scelta del mio “fidanzato”, ci pensò su; finché non gli venne l’illuminazione.

« Cosa vorresti fare prima di morire? » chiese scocciato. Damon si aspettava sicuramente una delle tante frecciatine che Stefan gli avrebbe rivolto durante il soggiorno, invece si era fatto improvvisamente serio.

« Vorrei conoscere mia madre. » disse con un filo di tristezza. Damon non replicò, si era fatto serio anche lui.
« Almeno tu hai un padre che ti vuole bene. » sputò Damon con leggero odio. Da questa affermazione avevo capito che non aveva un padre, ma aveva una madre.

« Che ne dite se proseguiamo? » chiese Elena, cercando di rendere l’aria meno pesante. Tutti noi eravamo accondiscendenti.

La serata stava proseguendo tranquilli, tra obblighi stupidi e verità scottanti ci stavamo tutti divertendo, anche Stefan che sembrava si fosse rattristato per la domanda del corvino.

L’unico che sembrava scocciato e forse incazzato era Damon. Non rivolgeva la parola a nessuno, rispondeva a monosillabi e liquidava qualsiasi domanda gli facevamo.

Più tardi, decidemmo di andare a dormire, poiché avevamo programmato un’escursione per le montagne il giorno dopo.
Io ed Elena, silenziose, sgusciammo via di lì e ci dirigemmo in camera.

« Bella serata, eh? » chiese Elena con una punta di acidità sulla lingua. Perché così schietta? Ci riflettei e iniziai a collegare i pezzi dello strano comportamento della mia amica.

Lei aveva perso stranamente la sua cotta per Damon, aveva consolato Stefan, all’Autogrill si era messa tra me e Stef per offrirmi la cioccolata calma. E infine, lei si era improvvisamente fatta seria ad un certo punto del gioco.

« Ti piace Stefan? » Chiesi automaticamente. Lei arrossì vistosamente e balbettava parole incomprensibili. Avevo ragione!

« Allora ti piace sul serio? » chiese notevolmente sconvolta. Non si era mai confidata con me, perché? L’avrei ascoltata e di sicuro non mi sarei finta la fidanzata di Stefan.

« Bon…Perché non mi nota? » chiese con gli occhi lucidi, accertandosi di aver chiuso la porta. Perché io stavo in mezzo a loro a rompere le palle! Se non mi fossi finta la sua fidanzata e se non lo avessi illuso, molto probabilmente lui si sarebbe innamorato di lei.

« Ele…tra noi non c’è niente. E’ finzione. » la rassicurai. Lei si stava cambiando, sospirò profondamente ed indossò la sua vestaglia rosa di flanella.

« Non capisci quanto questa finzione mi faccia male? Non sei l’unica che soffre qui! » Urlò arrabbiata con gli occhi che le pizzicavano.

« Se io e lui non siamo fidanzati qual è il problema? Il problema è che vuoi avere tutto quello che non può essere tuo! » le risposi alterandomi.

Lei alzò lo sguardo…Elena Gilbert stava piangendo? Elena? La ragazza forte? Quella che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno?

« Io! Io! Bonnie come puoi dirmi questo? Chi è stata in questi mesi ad asciugare le tue lacrime? Chi ti ha aiutata? Chi ti ha aiutata ad uscire da quel tuo stato pietoso? Se non ci fossi stata io con Meredith, a quest’ora probabilmente saresti in depressione!» E così che si comportano le amiche?

« Chi te l’ha fatto fare! E così che fanno le amiche? Non si rinfacciano i fatti. Io non l’avrei mai fatto!» Le urlai contro. Cosa ci stavamo dicendo…Di tutto e di più.

« Ti sto facendo notare la verità! Tu non provi niente per Damon, giusto? Allora, perché fingere di stare insieme a Stefan? Perché? » Continuò alzando ancora di più il tono di voce.

« Allora, perché provare a conquistare Damon se sapevi che aveva un debole per me? Perché vuoi avere tutto quello che ho io! » Ci sputammo addosso di tutto e di più.

« Per togliermi dalla testa Stefan! Non capisci che l’amore ti lacera e ti consuma l’anima, senza lasciarti via di scampo? Lo sai? » Mi urlò più forte, quasi esasperata. Non riuscii a replicare, perché continuò il suo discorso.

« Cazzo no che non lo puoi sapere! Non ti sei mai innamorata e ora per un tuo capriccio, Damon starà morendo dentro, come sta succedendo a me!» Continuò con le lacrime che le scorrevano lungo il viso. Ora stava esagerando, le lacrime pizzicava anche i miei occhi.

« Chi ti ha detto niente! Come osi sputare sentenzae sulle persone che ti circondano! Non sai niente di me, tantomeno su Damon! Come sai che non sono mai stata innamorata? Avrei fatto tutto questo per Damon, se non mi piacesse? Non lo avete proprio capito!» Le urlai addosso iniziando a piangere anch’io.

« Cosa dovrei capire? Che sei una vipera? Spiegamelo se sono così cieca! » M’incitò. A quel punto non ce la feci più e scoppiai come un fiume in piena.

« Mi piace da impazzire! Mi piace quando mi tratta come uno zerbino! Mi piace quando mi tratta come una principessa! Mi piace quando fa lo stronzo e mi piace ancora di più quando fa il dolce! Mi piace sempre! Non lo avete capito? Mi piace. Questo sentimento mi lacera il petto e mi divora la mente, perché so che lui non rinuncerà a ritornare a casa sua! Mi divora e mi distrugge perché non dovevo innamorarmi! Lui è diventato la mia eroina preferita! » Urlai, stanca di mettere su quella farsa. Mi ero stufata! Ero stufa di fingere ogni santo giorno.

Non avevo intenzione di continuare così. Non ce la facevo più.
« Se lui è la tua eroina preferita, prova a farti curare! » Disse Elena, moderando i toni di voce ma la sua espressione seria non mutò affatto.

« No, non posso farcela. Non capisci? Ho provato a disintossicarmi di lui, in questi mesi…Ma lui ritorna sempre. Me lo ritrovo ovunque. La voglia di stare con lui e consumarmi completamente è sempre lì, presente. Se la mettiamo così, io voglio rimanere dipendente da lui per sempre! » Dissi l’ultima frase quasi urlando.

Mi sentivo più leggera. Dire tutto quello che provavo a volte aiutava. Questa era una di quelle volte.
« Se ti piace diglielo! Non rovinare a me la vita! » Disse inferocita.

« Lui mi abbandonerà a breve! Non vuole lasciare New York! Devo togliermelo dalla testa ora, prima che s’impossessi definitivamente del mio cuore! » Non avevo paura di farmi sentire. La loro stanza era la più lontana rispetto alla nostra e lui non possedeva il super udito.

« Come puoi essere così egoista? Non sei più la mia migliore amica.» Urlò furente andando verso il bagno della stanza.
Quelle parole mi avevano sconvolto. Lei non mi considerava più come la sua migliore amica? Aveva tirato un colpo basso. Senza pronunciare parola indossai il pigiama. Io non ero come Elena, odiavo le vestaglie.

Il mio pigiama era costituito da una canotta nera e dei pantaloncini bianchi, ai piedi misi dei semplici calzini bianchi e mi legai i capelli in una coda molto alta.

Non avrei retto lo sguardo di Elena e avremo passato la nottata a litigare.
Scesi le scale e mi diressi in cucina. Era tutto buio, probabilmente tutti erano a dormire o altri si stavano dedicando ad altro.

Dal frigorifero presi il cartone del succo di frutta. Cercai di prendere un bicchiere. I bicchieri si trovavano nel ripiano più alto. Mi alzai sulle punte, ma il ripiano era posto troppo in alto per me.

Mi girai e mi ritrovai faccia a faccia con Damon. Il mio respirò si blocco a mezz’aria…Mi sentivo osservata e anche in soggezione. I suoi occhi mi scrutavano attentamente.

« Ancora sveglia, Pettirosso? » chiese con tono duro. Dovevo mantenere anch’io un tono fermo, cercando di non arrossire.

« Sono venuta a prendere un bicchiere di succo.» Dissi girandomi di spalle. Damon mi prese il polso. La presa era ferrea ma non mi faceva male.

« Hai pianto?» chiese ancora. Deglutii…Ora cosa gli dicevo? Non avrei potuto mentire con lui, però potevo provare a dire una mezza verità.

« Ho litigato con Elena.» risposi semplicemente. « E tu come mai ancora sveglio?» Chiesi cercando di attaccare conversazione.

« Non riesco a dormire. » Disse continuando a fissarmi. Mentre parlava non sapevo se fissare la sua bocca muoversi o se fissare i suoi magnetici occhi.

« Come mai? » Chiesi ingenuamente. Lui mi trasse a sé con le sue braccia. Ero completamente schiacciata tra il suo imponente corpo e il bancone della cucina. Si abbassò di poco, lasciando un tenue bacio sul collo, per sposarsi sul lobo destro.

« Da-Damon…» sussurrai io con voce tremante. In questo momento stavo lentamente perdendo la mia solita calma e razionalità. Lui era lì di fronte a me e mi stava torturando, una tortura piacevole.

« Ho un chiodo fisso nella mia mente. » Continuò spostando le sue mani dietro la mia schiena. Poggiò il suo volto nell’incavo nel mio collo, respirando profondamente.

« Non riesco a immaginare che qualcun altro ti abbia toccato, che un’insignificante ti abbia anche solamente baciato. » ringhiò a denti stretti. Chiusi gli occhi cercando di rimanere calma e non farmi prendere dal panico.

Era nervoso per quello che aveva detto Stefan. Perché non aveva detto di sì? Non poteva negare? O inventarsi una scusa? Almeno mi sarei evitata questa assurda scenata di gelosia.

« Damon…ho sonno…» Protestai debolmente. Dentro di me, volevo rimanere per sempre con lui, tra le sue braccia e con il suo profumo inebriarmi le narici.

« Sonno? Sicura che non vuoi restare a farmi compagnia? » Quel suo tono sensuale che stava usando, mi stava mandando in pappa il cervello. Addio, alla Bonnie razionale. Benvenuta, alla Bonnie perversa.

Mi morsi istintivamente il labbro inferiore. Era uno dei miei tanti segni di nervosismo. Lui mi fissò con sguardo da predatore…Era inquietante.

« Sei sexy quando ti mordi il labbro. » Sibilò vicino al mio orecchio. Mi stava uccidendo, così lentamente che sarei arrivata al limite della pazzia.

« Sei sexy quando mi provochi. » Risposi io, stando al suo gioco. Damon spostò le sue mani sul mio viso, accarezzandolo lentamente col dorso della mano.

« Queste labbra sono state create per baciare. » disse sospirando a pochi centimetri dalle mie labbra, con l’indice mi toccò le labbra.

« Il tuo collo è un magnifico collo a cigno. » Inspirò il mio profumo e trattenne il fiato. « E i tuoi occhi non sono fatti per piangere. » Prese delicatamente il mio viso tra le mani per avvicinarlo al suo.

« Damon…non farmi questo…Perché non lo capisci?» chiesi con voce spezzata. Non mi dovevo affezionare, dovevo cercare di non innamorarmi di lui, dei suoi occhi, delle sue labbra…Di lui.

Troppo tardi… mi disse la mia coscienza.
« Pettirosso…Siamo grandi e vaccinati, perché non ammetti che tra noi c’è ben altro che semplice attrazione? » Disse allontanandosi da me e trucidandomi con gli occhi.

« Perché ammetterlo vorrebbe dire lasciarti andare un giorno…Equivarrebbe a farmi sentire uno straccio il giorno della tua partenza. » Dissi col fiato corto.

« Perché non lasciar andare tutto alle spalle? Non sono il tipo da smancerie, non sono il tipo da frasi scontante e sorprese romantiche…» Presi la palla in balzo. Lui non era il tipo? Io volevo il tipo dolce.

« Damon…Noi continueremo a ferirci a vicenda. Siamo diversi e abbiamo vite diverse. Due calamite opposte. » Gli spiegai tremando.

« Tu sei il bene e io il male. Cosa c’è di meglio? Insieme ci equivarremo. Bonnie, non lasciare che la paura di soffrire, ti faccia chiudere in te stessa. » Disse alzando di poco il tono di voce.

« Io non voglio soffrire. Damon, lasciami in pace. Noi…Io non sono forte come credi, al primo errore cadrei e non saprei più rialzarmi.» Gli confessai, allontanandomi da lui. Stavo andando verso la camera, ma Damon mi prese per mano.
« E’ la tua risposta definitiva?» chiese con occhi scuri. Non era la mia risposta definitiva. Non lo sarebbe mai stata.

« Mi sono stufata…Veramente stufata! Questa vicinanza, mi provoca una dipendenza assurda…Sono completamente dipendente da te.» Gli urlai contro, con il petto che si alzava e abbassava al ritmo del mio respiro.

Lui mi guardò. La sua espressione era indecifrabile. Corse verso di me e mi baciò. C’era così tanta passione che si sentiva nell’aria. Iniziammo ad indietreggiare e finimmo entrambi sul divano.

Non sapevo se quello che stavo facendo era giusto. In un certo senso stavo tradendo Stefan per lui, ma per me lui era solamente il mio Damon.

Mio? Lui era mio? Non lo era mai stato…E non credo che mai lo potrà diventare.
« Damon…» Sospirai stanca.

« Sei così debole, Uccellino. Una persona ti può plagiare a suo piacimento. Non permetterò a nessuno di approfittarsi così di te.» Disse accarezzando i miei capelli.

« Faremo tutto con calma…Però promettimi di lasciare quel troglodita.» Continuò, stringendomi di più a sé.
« Cosa siamo? » Chiesi io, sbadigliando ormai stanca. Lui ci rifletté per poco.
«Non lo so…Lo scopriremo…» sussurrò all’orecchio.
Dopo questo, chiusi gradualmente gli occhi e caddi nelle braccia di Morfeo.
 
***
Aprii gli occhi e mi ritrovai sul letto di una camera non mia. Sbattei più volte le palpebre, sentivo due mani tenermi per i fianchi e un respiro pesante sul mio collo. Damon? Come facevo a trovarmi in quella camera? E dov’era Elena? Anche se dopo la pesante litigate del giorno prima, mi sentivo sollevata del non averla accanto a me.

Damon dormiva beato col respiro regolare. Era bellissimo. Aveva il torso nudo e indossava solo il disotto del pigiama. Un dio greco. Ecco cosa sembrava, o meglio lo era veramente.

« Ben sveglia, Pettirosso…» sussurrò con voce impastata dal sonno. Sorrisi inconsapevolmente come una scema. Potrei abituarmi ad un risveglio così…così incantevole.

« Buongiorno anche a te, Damon. Come mai sono qui? » Chiesi sbadigliando. Lui si irrigidì notevolmente e mi prese tra le sue braccia.

«Ti sei addormentata sul divano, ho pensato che avresti dormito scomoda e ti ho portata in stanza mia.» Disse lasciando un casto bacio sul collo. Il primo pensiero che mi venne in mente era Stefan. Quella era camera anche sua…Dov’era? Damon l’aveva cacciato dalla stanza?

« Perché non mi hai portato in camera mia? » Chiesi sospettosa. Lui si mise a sedere e sbuffò leggermente. Stava cercando di prendere tempo e venni presi dal panico. Dov’era il mio amico?

« Non credo che tu voglia saperlo.» Non era per un suo piacere. Se volevo dormire con lui gliel’avrei detto. Damon non era il tipo che rischiava per sciocchezze.

Mi alzai repentinamente dal letto e mi avviai verso camera mia. Damon subito mi seguì e si mise davanti alla porta con un sorrisetto nervoso.

«Non mi ringrazi neanche?» Chiese. Mi avvicinai a lui e gli cinsi il collo con le mie braccia. Lui si fece avanti di poco, quel poco che bastava per farmi sgusciare fuori dalla sua stanza.

« Maledizione, Bonnie! » Sentii imprecarlo. Lui iniziò a correre verso di me, mentre io andavo verso camera mia.
Ero davanti alla porta, afferrai la maniglia e l’aprii senza pensarci. Mi bloccai alla scenetta che si presentò davanti.
Stefan ed Elena. Elena e Stefan. Nel letto. Si stavano baciando. Io non ero la fidanzata, ma questa scenettami aveva sconvolto non poco.

Damon mi raggiunse poco dopo. Stefan ed Elena vedendomi smisero di baciarsi e si alzarono venendo verso di me.
Ora tutto era più chiaro. Damon mi aveva probabilmente portato in camera mia, ma aveva trovato quei due e mi aveva portato in camera sua.

« Cosa sta succedendo?» Chiesi io con il tono di voce più alto di un’ottava. I due si scambiarono uno sguardo e poco dopo ci raggiunse anche Damon.

« Bonnie…Io ed Elena ci siamo addormentanti…» Tentò di accampare una scusa Stefan. Elena lo fulminò con gli occhi.
« E ieri sera sul tardi cosa stavate facendo? » s’intromise Damon con sguardo severo verso Stefan. Avevano fatto quello che pensavo in camera mia? Dove io dovevo dormire per più di una settimana?

« Da quanto va avanti? » Chiesi leggermente piccata. Stefan cercò ancora di convincermi con una delle tante storielle, finché non intervenne Elena.

« Da due mesi.» Ci rivelò Elena. Due mesi? Lui si stava fingendo il mio fidanzato, ma nel con tempo era fidanzato con Elena?

« Fammi capire, hai fatto l’amore con la mia Bonnie mentre stavi con lei?» Chiese Damon con sguardo incazzato. Ecco, questo era un problema.

« L’hai fatto sul serio!?» Gli urlò contro Elena, ancora più arrabbiata.
«Salvatore, tu non dovresti parlarmi di integrità con quello che fai!» Sbuffò Stefan, guardandolo in cagnesco.

« Se magari Bonnie non fosse così egoista, ora noi non saremo in una situazione del genere!» Sbottò Elena. A questo punto tutta la rabbia che avevo in corpo, stava per esplodere.

« Parla con il tuo ragazzo! Mi ha chiesto di essere la sua fasulla fidanzata per far ingelosire lui! Se sapevo che stavate insieme non avrei accettato né ora né mai!» Le urlai contro. Mi morsi la lingua non appena mi resi conto della grande cazzata che avevo fatto.

« L’ha fatto perché ti vuole bene e non voleva vederti soffrire!» Mi rispose a tono con i suoi modi. Damon che non stava dicendo niente fino ad ora, s’intromise nel discorso.

« Tu non sei fidanzata con lui?» Mi chiese. Alzai gli occhi al cielo.
«Posso spiegarti!» gli dissi calma. Non voleva sentire ragioni.

«Mi hai fatto credere di essere fidanzata con lui, mentre io morivo di gelosia nel vederti con lui!» mi urlò contro. Aveva completamente ragione.

« Non urlare così alla mia amica.» Intervenne Stef cercando di calmare gli animi. Elena a quell’intervento da parte del fidanzato si era innervosita.

« La difendi sempre!» sbuffò sistemandosi i capelli. « Sono io la tua fidanzata.» gli ricordò diventando tutta rossa.
« E’ così che si comportano gli amici!» Dissi io, ricordando la brutta litigata avuta la sera prima. Elena iniziò ad urlare sopra la mia voce e io urlavo ancora di più per sovrastare la sua. Stefan intimava a Damon di non parlare a sproposito e Damon l’alzava ancora di più per farsi sentire.

Tutti litigavano con tutti.
« Non pensavo che fossi così egoista, Bonnie. Impara a vedere i segnali che ti mando per farti capire di stare lontana da lui!» disse Elena, uscendo dalla stanza.

« Non pensavo di avere un migliore amico tanto doppiogiochista! Ti piaceva fare la parte del mio fidanzato fasullo e poi fare la parte dell’amante con Elena, eh?» Gli urlai addosso. Avevo detto tante di quelle cattiverie che la maggior parte non erano neanche vere.

Mi diressi fuori dalla sua stanza, ma venni bloccata dal tono di voce di Damon.
« Forse sei tu la sporca doppiogiochista, che accetta la finzione con l’amico e poi dice di provare a far nascere un rapporto diverso tra noi.» Disse lui con voce tagliente. Non aveva urlato, ma lo aveva detto in modo tanto freddo quanto il ghiaccio.

« Non l’avrei mai fatto, se non mi avessi fatto soffrire tanto Damon! » Conclusi uscendo dalla mia camera. Sbattei la porta e rimasi dietro per ascoltare cosa si dicevano quei due.

« Non pensavo che fossi così ottuso, Salvatore. Bonnie non è un giocattolo…Non la puoi trattare come una bambolina, prima la baci, poi la lasci, poi la cerchi e ora la tratti così!» Sentii i passi di Stefan farsi vicini alla porta, così scesi le scale per dirigermi in cucina.

In pochi minuti tutti avevano litigato con tutti.
 
Era il momento di partire per l’escursione, tutti erano seduti attorno al camino e il clima di tensione si percepiva nell’aria.
Io avevo indossato un maglione a collo alto bianco con alcune fantasie, un pantalone beige e degli stivali bassi. Avevo i miei guanti caldi e un cappello nero, peloso, tipo quelli degli eschimesi.

Eravamo tutti sparpagliati in salotto e ci fissavamo in cagnesco. Meredith e Alaric erano gli unici ad avere un vero contatto fisico, mentre Sage ci fissava divertiti.

« Pronti per una bella escursione?» Ci chiese avviandosi verso la porta. Tutti noi, con zaino in spalla e non rivolgendoci la parola uscimmo dalla casa.

La casa si trovava poco distante dal paesino centrale. Eravamo sperduti in mezzo alle montagne, per andare in paese dovevamo seguire la strada asfaltata, maper le escursioni c’erano diverse stradine.

Decidemmo di prendere quella più vicina per il lago ghiacciato, una delle tante bellezze di quel paesino.
Iniziammo a camminare lungo il piccolo sentiero. Camminavamo uno dietro l’altro, evitando ogni tipo di contatto visivo e fisico.

«Perché siete così strani oggi?» chiese Meredith, tenendo per mano Alaric. Io alzai gli occhi al cielo, Elena non si scomodò neanche ad alzare lo sguardo, Stefan era troppo impegnato con la mappa e Damon fece un’espressione indecifrabile.

« Potreste dire qualcosa?» chiese Sage. « Cosa vi è successo? Me lo spiegheresti, ma petite?» Continuò avvicinandosi a me.

« Un’incomprensione, vero Damon?» Finii con una domanda, rivolgendomi a lui. Damon in tutta risposta scoppiò in una vigorosa risata.

« Più che al massimo si tratta di bugiardi, cosa ne pensi Santo Stefano?» Chiese ironico, chiamando Stefan con quello stupido nomignolo.

« Si tratta di gelosia esagerata, giusto Elena?» Elena, probabilmente, stufa di quei giochetti idioti prese parola seriamente.

« Piccole litigate. Niente che non si possa risolvere.» Li liquidò la bionda molto gentilmente. Meredith intuendo che la situazione era più stitica del previsto, pensò bene di lasciar perdere.

La passeggiata proseguiva da più di venti minuti e nessuno proferiva parola. L’aria era diventata pesante e volevo spiegare tutto a Damon…O meglio, volevo solo chiarire la situazione.

Camminava più staccato dal gruppo, per conto suo, col cappuccio in testa. Mi avvicinai a lui e alzò leggermente lo sguardo per cambiare strada.
Aveva imboccato un’altra stradina delle tante.

Lo seguii senza pensarci due volte. Mi fermai un secondo per prendere respiro e rialzando lo sguardo era già sparito.
Ero circondata dalla natura e Damon mi aveva lasciato lì da sola. Vidi un cappuccio nero in lontananza. Iniziai a corrergli dietro, finché non lo raggiunsi.

Lui se ne stava andando nuovamente, ma gli presi la mano per fermarlo. Non si mosse. Al mio contatto con la sua mano, entrambi ci fermammo.

« Damon cerca almeno tu di capire, io non l’ho fatto con cattiveria.» Gli dissi tremando, faceva piuttosto freddo.
« Perché? Non avevi motivo di farmi ingelosire.» Mi rispose. Aveva in volto un’espressione seria con la mascella serrata e la mano libera contratta a pugno.

« Non ne avevo motivo…Speravo di dimenticarmi di te…» gli confessai a bassa voce. Mi prese per la spalle e con una mano mi sollevò il viso.

« Sei entrata nella mia vita come un uragano.» disse. « Spero ne uscirai, altrettanto velocemente.» concluse con un tono di voce più dispiaciuto, quasi provato.

« Damon!» gli urlai, mentre si allontanava da me. Dov’ero finita? Che fine avevo fatto? Dov’era il gruppo? Mi ero addentrata troppo nella pineta.

Iniziai a camminare lungo la pineta. Camminando mi resi conto che nel terreno c’erano numerose buche, probabilmente erano dei vecchi tunnel costruiti in epoche antiche.

Iniziai ad accelerare il passo, finché posando il piede non sentii il vuoto. Lanciai un urlo spaventata e mi aggrappai ad un ramo.

La paura si era impossessata di me. L’unica cosa che mi venne in quel momento fu una sola:urlare.
« DAMON! » Urlai con tutta la forza che avevo. Speravo che mi avesse sentito…Ero sicura.

Non potevo chiedergli aiuto ogni volta, per poi respingerlo sempre.
Si viveva la vita una sola volta, meglio cogliere l’attimo fuggente che aspettare tutta la vita un amore impossibile.

 
“L’amore non chiede niente…
Chiede solo di amare.”


Angolo dell’autrice: Puntuale come sempre, sono ritornata. Che dire…Capitolo pieno di rivelazione. Non posso rimanere molto.
Ringrazio col cuore Puffetta99 e Vampire Love. Mi stavo per dimenticare Simi_direction, ti ringrazio immensamente per aver segnalato la mia storia alle Scelte, è significato molto per me. Non ho molto da aggiungere…Spero che il capitolo vi sia piaciuto e magari se mi lasciate un commentino, mi fa sempre piacere ^-^
Baci:*:*:*:*:*:*:*
Cucciolapuffosa
 
 

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