S e T

di lavaviva
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rumore ***
Capitolo 2: *** Gelosia ***
Capitolo 3: *** Resa dei conti ***



Capitolo 1
*** Rumore ***


Rumore

Entro nella mia camera chiudendomi la porta alle spalle quasi con disperazione, come se con quel gesto potessi chiudere il mondo fuori.
Chiudo gli occhi per un secondo, troppo breve per riprendermi da questa giornata.
Il mio telefono squilla e mi richiama alla realtà.
Lo estraggo con fatica dalla tasca dei pantaloni aderenti e chiudo la chiamata senza nemmeno controllare di chi si tratti.
Non importa, sono nella mia bolla adesso.
Mi avvicino alla cassettiera sfilandomi le scarpe che mi hanno torturata per tutto il giorno.
Le adoro, ma le odio comunque.
Persi i numerosi centimetri di tacco vedo il mondo da un’altra prospettiva.
Sembra quasi più bello.
Poso il telefono appena prima che qualcuno bussi alla porta.
Sbuffo.
Percorro il poco spazio scalza, la pianta dei piedi ancora indolenzita.
Apro la porta, non avendo alcun dubbio e mi scanso per farlo entrare.
Theo si piazza dietro di me e attende che chiuda la porta, poi mi sorride.
Non faccio in tempo a dirgli che sono stanca, che non è il caso, che è meglio che torni in camera sua.
Lui mi agguanta il viso, con foga e mi bacia con troppa, decisamente troppa lingua.
Lo allontano, divertita.
Ride e mi da le spalle, sfilandosi la maglietta e gettandola sulla cassettiera, proprio sopra il mio cellulare.
<< Perché non mi hai risposto? >>, chiede rilassato.
Alzo gli occhi al cielo.
<< Theo sono stanca, non è serata >>, gli dico fulminandolo.
Lui mi sorride, di nuovo quel sorriso affilato.
Mi mordo le labbra, chiedendomi se sono davvero così stanca.
<< Se non ce la fai posso fare tutto io >>, ammicca e quasi mi convince.
Ma solo a pensarci le mie spalle si incurvano.
Scuoto la testa e frugo nel mio beauty-case in cerca delle salviettine struccanti.
Lo guardo attraverso lo specchio; una volta struccarmi davanti a lui mi avrebbe fatta sentire veramente a disagio, ora ci fissiamo negli occhi mentre la salvietta scopre tutte le mie imperfezioni.
Lui sembra leggermi nella mente.
<< Sei bella >>, afferma.
Non come se fosse un complimento, ma una constatazione.
Sa benissimo che i complimenti sono vietati tra noi.
Sorrido appena. Sono insicura riguardo a molte cose ma il mio aspetto fisico è quella che mi importa di meno.
Mi ferisce decisamente di più sentirmi dire che sono una pessima attrice, piuttosto che sono brutta.
Forse la penso così perché non ho mai avuto problemi con i ragazzi, non mi è mai importato abbastanza di qualcuno per temere il suo giudizio.
Theo continua a guardarmi, ma adesso si è seduto sul letto.
Mi volto, la salvietta ancora stretta tra le dita, colorata di nero e marrone.
<< Ti conviene andare adesso, prima che qualcuno si accorga che sei qui >>, gli suggerisco.
Scuote il capo e si getta sul letto.
<< Davvero Theo, questo non è un no per fare la preziosa o cosa >>.
Getto la salvietta nel cestino e comincio a spogliarmi.
Mi disfo facilmente della camicia bianca over-size e mi siedo sul letto per riuscire a sfilarmi i jeans neri superaderenti.
Sono così stanca che anche questi gesti sono troppo.
Mi arrendo e mi lascio cadere sul piumone, proprio accanto a lui.
<< Abbiamo fatto solo tre interviste oggi, si può sapere perché sembra che tu abbia lavorato in miniera per dodici ore? >>, mi guarda con sarcasmo, come se fossi una barzelletta.
Il suo umorismo mi ha coinvolta fin dal primo momento, forse è per questo che siamo grandi amici, al punto di poter gestire il rapporto che abbiamo in modo così efficace.
<< Deve venirmi il ciclo >>, rispondo stupendomi per la facilità con cui parlo anche di questo. << Non ce la faccio più con questa vita… Lo sai che detesto fare promozione e parlare di me tutto il giorno >>, concludo fissando il soffitto.
Lui mi guarda, sa esattamente di cosa parlo, come mi sento, anche se lui riesce a gestire tutto meglio. Lui è migliore di me anche in questo.
<< Ti do una mano con quelli >>, mormora alzandosi e afferrandomi i pantaloni.
Questo gesto porta alla memoria un’infinità di momenti, vicini e lontani.
Non posso fare a meno di sorridere.
Sorride anche lui, << Come cazzo fai a infilarti questi cosi ogni mattina? >>, sbuffa per lo sforzo, ma alla fine lancia i jeans sul pavimento.
<< Parli proprio tu di infilare cose >>, replico divertita.
Lui fa una smorfia e si sfila i jeans.
<< Spostati >>, dice, << Quello è il mio lato >>.
<< Che >>, non mi dà nemmeno il tempo di parlare, con una manata mi fa rotolare verso la parte destra del letto, quella più vicina alla finestra.
Mi metto a sedere indignata proprio mentre lui si infila sotto le coperte.
<< Cosa credi di fare?>>, gli chiedo.
E’ più una domanda retorica, ma lui risponde comunque.
<< Dormire >>.
<< E devi farlo proprio qui? >>, sottolineo indicando quello che una volta era il mio cuscino.
Ignora la mia domanda e allunga un braccio verso di me.
Lo schivo interdetta.
<< Che cazzo ti viene? >>, dico ridendo, stupita.
Lui aggrotta la fronte e ritira il braccio.
Senza dire nulla si gira dall’altro lato e spegne la luce dall’interruttore vicino al comodino.
Mi sforzo di chiudere la bocca e mi infilo sotto le coperte stizzita.
Afferro il telecomando e accendo la tv che resta sintonizzata sul primo canale che capita.
La voce di un venditore troppo entusiasta riempie la stanza.
Non ci faccio nemmeno caso.
Affondo il viso nel cuscino.
Quanta terribile ironia, visto il chiasso costante nella mia vita dovrei desiderare il silenzio appena le luci del palcoscenico si spengono eppure da quando la fama ci ha travolti e viviamo di alberghi, roulotte e aeroplani non riesco più a dormire se non c’è qualche rumore a cullarmi.
Sento il respiro di Theo, so che non sta dormendo perché quando si addormenta russa.
Mi copro il viso con una mano, infastidita dai miei stessi pensieri.
Perché lo faccio? Perché so queste cose? Perché lo lascio dormire accanto a me se i patti tra noi sono sempre stati chiari?
Solo sesso. Siamo amici e facciamo sesso, perché non avremmo potuto continuare a lavorare insieme se non l’avessimo fatto.
La chimica che tutti erano in grado di vedere tra noi era reale, anche un bambino se ne sarebbe accorto.
Eravamo arrivati al punto in cui eravamo così ostinati a resisterle da non riuscire a guardarci negli occhi nemmeno durante il lavoro.
Non ne avevamo parlato, ci eravamo solo allontanati al punto da non riuscire nemmeno più a scherzare, come facevamo prima.
Eppure una notte, dopo una festa e troppi alcolici ci eravamo ritrovati soli ed ero stata io a baciarlo, non ricordo altro se non il mal di testa del giorno dopo.
Pensavo di aver peggiorato la situazione, ma la mattina successiva, quando ci risvegliammo l’uno accanto all’altra in qualche modo era tornato tutto come quando ci eravamo appena conosciuti.
Scherzavamo insieme, non c’era più tensione, né imbarazzo, riuscivo a toccarlo e a parlargli come se fosse il mio migliore amico.
Non mi piace definirci scopamici o robe del genere, è la nostra soluzione per una sana convivenza.
Ma se tutto ciò funziona è solo perché non ci sono sentimenti o romanticismo con cui fare i conti.
Soddisfiamo le nostre pulsioni in modo da poterci comportare da amici l’uno con l’altra.
Non abbiamo né il tempo, né la voglia di una relazione con tutti gli impegni che abbiamo.
Mi giro, trovo i suoi grandi occhi scuri a fissarmi.
<< Spegni la tv >>, mi ordina.
<< Senza non riesco a dormire >>, gli ricordo.
<< Lo so >>, dice allungandosi sopra di me per afferrare il telecomando e spegnere la tv.
<< Vieni qui >>, provo ad afferrare il bordo del letto per evitare che mi trascini dal suo lato ma non ho nessuna possibilità contro i suoi novanta chili di soli muscoli.
Rimango inerte e mi aspetto che provi a baciarmi, ma lui appoggia un braccio sul mio addome e affonda il viso tra i miei capelli.
<< Rilassati >>, mormora.
Provo a sciogliere i muscoli e mi volto leggermente verso di lui per assumere una posizione più comoda, scorgo le sue labbra piegarsi in un sorriso.
Dopodiché sospira e la pressione del suo braccio su di me si fa sempre più forte, finché una specie di grugnito non gli fuoriesce dalla bocca.
“Meglio di una ninna nanna” penso.
E mi addormento.





Mi ronzava troppo in testa e ho dovuto scriverla >.<
Non sarà molto lunga, ho in mente una storia ben precisa, fatemi sapere se vi piace e se volete che continui a pubblicare!
Vi sarò molto grata per ogni vostra opinione, le positive aumentano il mio ego, le negative mi aiutano a migliorare :)
Grazie a chiunque sia arrivato fin qui <3
Weep

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Capitolo 2
*** Gelosia ***


GELOSIA


Apro gli occhi con fatica, la luce del mattino illumina fiocamente la stanza, sento il rumore della pioggia che bagna l’asfalto.
Lo osservo per qualche secondo.
Non ha un aspetto rilassato, è così serio da sembrare arrabbiato.
Resto così per qualche minuto, pensando a come muovermi per non svegliarlo.
Dopo tanta fatica per scivolare sotto il suo braccio proprio quando sono a metà strada squilla il telefono della camera. Sobbalzo dopo tanta concentrazione e mi rotolo sul letto per rispondere. Mentre sono a testa in giù una voce elettronica mi informa che sono le nove e che questa è la mia sveglia.
Mi trattengo dall’imprecare e mi metto a sedere, con la gambe incrociate.
Theo si strofina gli occhi e fa per alzarsi, ma ricade pesantemente sul cuscino, grugnendo.
Lui è il tipo di persona che la mattina appena sveglio non proferisce parola prima del caffè.
Io sono quella che per disperazione fa il caffè.
Mi prendo la testa tra le mani e scorgo tra le lenzuola bianche una macchia di sangue.
Quasi piango dalla frustrazione e mi alzo svelta.
Scorgendo i miei movimenti Theo mi guarda, poi guarda il punto in cui ero seduta e ride.
E’ a prima volta che lo vedo ridere appena sveglio.
 
Faccio una doccia veloce e sostituisco le eleganti mutandine di pizzo con una tenda che non indosserebbe nemmeno mia nonna ed esco dal bagno con i capelli ancora gocciolanti, ogni volta che mi volto mi bagnano il collo.
Theo è ancora sdraiato, con un braccio dietro la nuca per godersi lo spettacolo.
Allaccio il reggiseno e lego i capelli in un turbante con un asciugamano.
Mi accovaccio vicino alla valigia per scegliere qualcosa di comodo che mi permetta di affrontare il volo che da Londra mi riporterà a casa, in California.
Vorrei che una volta tornata potessi veramente fermarmi a casa, invece mi attendono una miriade di eventi a cui partecipare.
Infilo i leggins  beige e un vestito largo verde scuro da mettere con gli stivali, in modo da limitare i danni della pioggia.
Prendo la maglietta di Theo e gliela lancio sul petto, lui continua a fissarmi.
Alzi gli occhi al cielo e frugo nella valigia, gli porgo un cioccolatino al caffè.
<< E’ tutto ciò che ho >>, dico << arrangiati >>.
Continua a fissarmi mentre con calcolata lentezza afferra il cioccolatino e lo mastica appena prima di mandarlo giù.
Non mi aspetto un grazie, in realtà noi comunichiamo più a insulti scherzosi.
Ma stamattina sento qualcosa di strano, non riesco a capirne il perché.
Lui si alza e si infila la maglietta e i jeans svelto, allenato a quei gesti per tutte le volte che li ha compiuti di corsa per andarsi a nascondere.
Chiudo la valigia e infilo il resto della mia roba nella borsa, tolgo l’asciugamano che mi raccoglie i capelli e li osservo per qualche secondo allo specchio.
Sono biondi, per via della parte, ma non è quello che mi infastidisce.
Da quanto li ho tagliati più di un anno fa sono ancora cortissimi per i miei standard.
Da umidi sono leggermente mossi, evito di guardarli per non innervosirmi.
Theo si avvicina e me li scompiglia.
<< Sei pronta? >>, mi chiede, anche troppo gentile.
<< Sì >>, mormoro guardandomi intorno per accertarmi di non dimenticare nulla.
<< Andiamo allora >>, mi spinge lentamente verso la porta e mi porta la valigia fuori, ci chiudiamo la porta alle spalle, il corridoio è deserto.
<< Ci vediamo tra una settimana >>, mi saluta.
Lui resterà in Inghilterra e continuerà la promozione qui e tra una settimana, una sola settimana, ci sarà la prima di Insurgent a Los Angeles.
Annuisco e lo abbraccio, lui mi bacia sulla guancia e poi mi volta in modo da guardarmi negli occhi.
Mi bacia piano, sulle labbra e continua a guardarmi fisso negli occhi.
<< Non dimenticarti di me >>.
<< Sì, sì >>, lo canzono e lo osservo allontanarsi verso la sua stanza.
Prendo la valigia e corro verso l’ascensore.
 
*
 
Atterro e c’è la mia nuova famiglia ad accogliermi, i paparazzi.
Mi salutano chiamandomi per nome.
<< Ormai vedo più voi che i miei genitori! >>, gli urlo di rimando.
Mi fermo per qualche foto, qui il bel tempo fa sembrare stonati gli stivali.
<< Mi raccomando, esagerate con Photoshop visto che sono senza trucco >>, ridono in modo troppo sguaiato per essere tutto merito della mia battuta.
Mi avvio ai taxi e ben presto mi lasciano andare.
Sono a metà strada quando accendo il cellulare, come sempre dopo ogni volo il numero esageratamente elevato di messaggi mi blocca per qualche secondo.
Li scorro tutti, il mio agente, mia madre… Non saprei dire chi dei due è più asfissiante.
“Chiamami appena arrivi”, questo è di Theo.
Obbedisco.
<< Buon qualcosa >>, dico appena mi risponde, << che ore sono lì?>>.
Non so nemmeno che ore sono qui in realtà.
<< Ciao, com’è andato il viaggio? >>, mi chiede.
<< Che ti frega? >>, dico ridendo. << Che ti serve? >>.
<< Consiglio stilistico >>, mi risponde secco.
<< E chiedi a me? >>, sono scettica, << Lo sai che decide tutto la mia stylist, non mi fanno comprare nemmeno il pigiama da sola >>, rido della mia battuta.
<< E’ per un appuntamento >>, ammette lui.
Sgrano gli occhi.
<< Wow, chi è la fortunata? >>, sbalordita è dire poco.
<< Lo vedrai sui giornali domani immagino >>.
<< E non vuoi dire niente alla tua amichetta? >>, fingo un broncio.
<< No, direi di no >>.
Non insisto.
<< Camicia, quella stretta da cui ti si vedono anche i capezzoli se fa abbastanza freddo e i pantaloni blu >> sentenzio.
<< I pantaloni blu? >>.
<< Che c’è, non ti fidi del mio inarrivabile gusto? >>, inarco un sopracciglio.
<< No, no, peggio di me non potresti mai fare >> ammette lui.
Rido.
<< Fammi sapere se è meglio di me dopo che te la sei portata a letto >> bisbiglio per non far sentire all’autista.
Lui resta in silenzio per qualche secondo, poi mi risponde a bassa voce anche lui.
<< Stavolta non punto a questo >> e attacca.
Boccheggio per un secondo.
Non riesco a pensare ad altro che a quelle parole, anche mentre salgo le scale e raggiungo il mio appartamento, quello dove ho passato tante notti con lui.
Che significa questo?
Lascio la valigia e la borsa davanti alla porta e vado alla finestra.
Guardo la strada trafficata e mi gratto la fronte, come faccio sempre quando sono nervosa.
Perché prendere una decisione del genere senza parlarmene?
Pensavo fossimo amici.
Oppure era quello il suo modo di dirmelo?
Perché aspettare che me ne fossi andata però, come se volesse liberarsi di me?
Mi fa male la testa.
Perché non sono felice per lui se ha conosciuto qualcuna che potrebbe essere quella giusta?
<< Ma che cavolo mi prende? >>, urlo girandomi di scatto e andando nella mia stanza.
Disfo il letto con forza e mi ci butto dentro, guardo ancora fuori dalla finestra.
E’ gelosia questa?
Non penso di essere mai stata gelosa in vita mia.
Non so nemmeno classificarla questa rabbia, anzi confusione ingiustificata.
Prendo il telefono e chiamo mia madre, ho bisogno di distrarmi.




Questo secondo capitolo sarà il penultimo e lo definirei più "di transizione", fatemi sapere cosa ne pensate! :))
Weep

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Capitolo 3
*** Resa dei conti ***


RESA DEI CONTI



I giorni successivi Theo non mi parla dell’appuntamento ed io non gli chiedo nulla.
Lui si comporta in modo normale, io faccio altrettanto anche se ogni volta che mi manda un messaggio la voglia di prenderlo a pugni cresce.
Vado ad ogni festa a cui mi invitano, bevo ogni tipo di alcolico che mi offrono, ogni notte una persona diversa mi riporta a casa ma non dormo con nessuno, non bacio nessuno, non parlo con nessuno.
Evito i giornali ed evito internet.
Il giorno della prima indosso il vestito che hanno scelto per me e mi stampo sul viso un bel sorriso mentre mi truccano e decidono come debba portare i capelli.
Non provo nemmeno più ad oppormi, era lui che mi spingeva a farlo.
E’ arrivato ieri, in aereo e non sono andata a trovarlo, né l’ho chiamato.
Cosa assolutamente normale visto che tra noi non ci sono obblighi.
Non dovrei sentirmi offesa se lui non mi chiama eppure è così.
Non voglio essere io la mammoletta che ci rimane male, quindi tengo duro. E fingo.
Salgo sull’auto che mi porterà dove mi deve portare e scendo dove mi dicono di scendere.
Un bagno di folla mi assale tra urla e flash, pochi metri mi separano dalla lunga scalinata dell’entrata ma so che ci metterò una vita ad attraversarli.
Theo sta già posando per i fotografi, gli corro in contro come faccio sempre, facendo smorfie e abbracciandolo.
Restiamo stretti per un poco, sorridendo estasiati e contenti come ci hanno detto di fare.
Lui mi cinge la vita e sorridiamo ancora, lanciandoci occhiate innocenti.
Theo avvicina le labbra al mio orecchio ed io guardo i fotografi, il sorriso sempre stampato sul mio viso.
Ma la sua non è solo scena, mi dice davvero qualcosa: << Ti sento un po’ rigida  Esse>> e per un attimo penso che abbia capito la situazione << Se vuoi possiamo andare a fare un giro in bagno e vedere se riesco a tirarti fuori da questo vestito >>, il suo respiro mi colpisce la guancia ed è una tortura.
Mi allontano con calcolata lentezza, continuando a recitare la parte che mi è stata assegnata, gli do una pacca sulla spalla.
<< E’ ora di fare qualche foto da sola >>, sibilo in modo che solo lui possa sentirmi.
Mi allontano e cammino da sola su quel tappeto che una volta mi faceva sentire a disagio se non sapevo che Theo era a un passo da me, se non potevo aggrapparmi a qualcuno.
Ora è la sua vicinanza a turbarmi.
Compio l’ultimo passo prima delle scale con il cuore che mi martella nella testa, appena non sono più alla portata delle riprese cammino svelta per rintanarmi nella sicura oscurità del cinema.
Theo mi segue a ruota e mi afferra il braccio.
<< Tutto ok? >>
Lo guardo scioccata.
<< Non credo sia il momento di parlarne >>, gli faccio notare lanciando occhiate svelte alle persone intorno a noi che ci osservano incuriosite.
Si avvicina di nuovo per sussurrarmi qualcosa all’orecchio.
Gli poso una mano sul petto e sorrido al pubblico che ci osserva.
<< Discutiamone alla festa >>, dico a denti stretti evitando di guardarlo negli occhi.
Lui annuisce ma so che non ha capito affatto cosa c’è che non va.
Entriamo in sala, ci sediamo vicini ma per tutta la proiezione non gli rivolgo la parola.
Lui ogni tanto mi accarezza il braccio e mi lancia occhiate preoccupate, lo ignoro.
Guardo la mia immagine sullo schermo e mi concentro su quella.
Sui mesi di duro lavoro e sul risultato raggiunto.
Riguardandomi vedo mille difetti, mille cose che avrei potuto fare meglio.
Poi vedo Theo, mentre mi guarda e mi bacia come se fosse innamorato di me.
Nella realtà non mi ha mai guardata così.
Perché questo mi ferisce?
Incrocio le braccia al petto.
Ripenso a tutte le risate e le battute che facevamo appena le telecamere si spegnevano, a come mi prendesse in giro perché sembravo un cagnolino mentre lo baciavo.
Ripenso a me, che lo chiamavo “montagna” perché ogni volta che si muoveva faceva tremare il mio letto…
Il film è finito, si sono alzati tutti, ma io continuo a guardare i nomi di coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione, la pelle delle braccia congelata nonostante le tenga strette insieme.
Ansel, che è stato seduto alla mia destra per tutto il film mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi.
Gli sorrido ma mi alzo da sola e cammino verso l’uscita.
Theo mi affianca salutando con la mano e cingendomi le spalle, io guardo i miei piedi spuntare di tanto in tanto da sotto la gonna lunga e non alzo lo sguardo finché non devo salire in macchina.
Lui si siede accanto a me e non provo nemmeno a scacciarlo.
Non servirebbe a niente.
<< Allora, che è successo? >>, mi chiede lui non appena lo sportello si chiude.
Mi sorride, incoraggiante.
Mi mordo le labbra per trattenere gli insulti.
<< Perché non me l’hai detto? >>, gli chiedo delusa.
<< Detto cosa? >> la sua perplessità mi irrita.
<< Che avevi intenzioni serie con qualcuna! >> sibilo << La notte prima dormi con me e quella dopo esci con la tua ragazza? >>.
<< Sei tu la mia ragazza >>, dice sarcastico.
Mi volto verso il finestrino, ignorandolo.
<< Che problema c’è? >>, insiste lui, << Non credo ti riguardi su che basi creo un rapporto, no? >>, dice calmo.
<< Pensavo di essere tua amica >>, mi mordo di nuovo le labbra, stavolta per concentrarmi su qualcosa per non piangere.
Da quando piango?
Theo mi accarezza il mento e mi volta verso di lui, passandomi il pollice sulle labbra.
<< Tu sei mie amica >>, dice guardandomi fisso negli occhi.
Sembra che lo dica solo per farmi contenta.
Mi volto di nuovo, scuotendo la testa.
<< Siamo quasi arrivati >>, mi limito a dire mentre l’auto svolta nell’ennesima traversa.
Entriamo dall’ingresso posteriore, afferro il primo bicchiere che mi porgono e bevo tutto d’un fiato.
Cammino svelta per seminare Theo, ma lui mi prende per mano e mi tira dietro una tenda, come se nessuno potesse vederci lì.
<< Mi dici che pensi, per favore? >>, mi chiede, così vicino… Troppo vicino.
<< Io non lo so >>, lo guardo negli occhi come se la risposta potesse trovarsi lì dentro.
Faccio un passo indietro, ma allungo un braccio verso di lui, che lo afferra e mi tiene per mano.
<< Che ti prende ragazzina? >>, mi abbraccia e mi sento più tranquilla.
Sento il suo cuore battere forte attraverso il vestito elegante che indossa.
Non so come riuscirò a pronunciarlo ad alta voce se non riesco nemmeno ad ammetterlo a me stessa.
<< Io … >>, mormoro << Io pensavo che ti piacesse quello che abbiamo >>, mi scosto appena per guardarlo.
<< Non pensavo cercassi qualcos’ altro >>, concludo.
Lui alza le sopracciglia, stupito.
<< Esse… >>, non sa nemmeno lui cosa dire.
<< Io ho trent’anni >>, continua.
<< E allora? >>, gli chiedo, per me non ha senso.
Mi guarda accigliato.
<< Shai tu sei una ragazzina, ma io non lo sono più >> chiarisce << Non posso continuare a comportarmi come tale >>
<< E devi liberarti di me per poterci riuscire? >>, gli chiedo turbata.
<< No >> sussulta, << No, è che abbiamo sempre avuto le nostre vite separate, senza nessuna implicazione per ciò che eravamo, non pensavo fosse importante metterti al corrente di questo >>.
<< E quindi che avresti fatto? >>, mi sto infuriando.
<< Avresti cominciato una relazione seria con questa ragazza continuando a venire a letto con me? >>.
<< No, io… >> si passa una mano sulla nuca.
<< Dio Shai, perché devi fare così? >>.
<< Io sono razionale, sei tu che non sai nemmeno che fai >>, gli faccio notare.
Si allontana e mi guarda fisso negli occhi.
<< Ho fatto questo >>, si interrompe per un attimo, poi continua << Sono stato irrazionale, perché la ragazza che ho accarezzato, toccato, baciato in quest’ultimo anno vede l’ipotesi di una relazione così lontana da non riuscire nemmeno a considerarla! E la nostra ultima sera ne ho avuto la prova, per te non ha significato niente… >> .
Mi lascia a bocca aperta.
<< Ho dovuto arrendermi e dedicarmi a un’altra persona per scatenare qualcosa in te! E’ per questo che non credo tu sia pronta per qualcosa di più >>.
<< Quindi sono una ragazzina immatura >>, una lacrima mi scorre sulla guancia mentre lo guardo con freddezza.
<< Hai ragione >>, continuo << Non è perché pensavo che ciò che avevamo fosse tutto ciò che potevo ottenere da te, tutto ciò che potevo sopportare >>.
Stavolta è lui a rimanere a bocca aperta.
<< Tu volevi di più? >>, mi chiede sbalordito come se non riuscisse a credere a ciò che ha appena sentito.
Abbasso lo sguardo, mortificata da questa conversazione.
<< Non me ne ero resa conto >>, ammetto.
Ero davvero convinta di essere felice, prima.
Pensando che innamorarci avrebbe solo complicato le cose avevo represso i sentimenti dietro scherzi, dietro stupide restrizioni come il divieto di farci complimenti o di dormire insieme.
Theo mi afferra e mi fa sobbalzare, le nostre labbra sono separate solo da qualche insignificante millimetro.
Mi sporgo verso di lui per baciarlo, come se fosse la prima volta.
Ma lui mi trascina fuori, al centro del locale dove tutti possano vederci.
Si crea un vuoto intorno a noi, così avvinghiati.
<< Fallo adesso >>, mormora.
Per la prima volta vedo un velo di insicurezza nel suo sguardo.
Forse lo stesso che c’è nei miei.
Non so cosa comporterà questa cosa, il giudizio delle persone, se penseranno che è tutta una trovata pubblicitaria come ogni altro gesto che abbiamo compiuto in pubblico.
Ci rifletto un interminabile istante, durante il quale Theo continua a fissarmi.
Concludo che non mi importa di niente, se non di avere le sue labbra sulle mie.
Annuisco impercettibilmente ma lui non esita un momento di più.
Mi bacia con foga, facendomi piegare all’indietro.
I fotografi impazziscono e ci riprendono da ogni angolazione, immortalando per sempre questo momento.
Sorrido mentre lo bacio e gli accarezzo la nuca, lui mi rimette in piedi ma non mi lascia andare.
Mi bacia sulla guancia, poi si volta verso il nostro pubblico, rimasto basito e fa un inchino.
Rido e quando si volta verso di me sta ridendo anche lui.
Mi prende per mano e mi trascina via.
<< Abbiamo fatto abbastanza pubblicità per stasera, non ce ne vorrà nessuno se ce ne andiamo >>.
Non ho nessun motivo di obbiettare.
Mi lascio guidare ed il chiasso, la gente, le luci non mi infastidiscono più.
Avevo solo bisogno di scoprire in che direzione guardare per far si che la mia vita non mi piombasse addosso ogni giorno, ma che fosse esattamente l’opposto.
“Sei la mia direzione”, penso.
E continuo a correre aggrappata alla sua mano.
Fine.



Oggi tecnicamente compio 21 anni. Poco male che me ne senta ancora 15. Meh.
Mi sono regalata questa fine epicamente lieta e spero vivamente che sia di vostro gradimento!
Grazie a tutti coloro che leggono, che apprezzano, ma soprattutto un immenso grazie a voi che avete sfidato i vostri pregiudizi e avete dato comunque un'opportunità alla mia storia, anche se non è affatto il vostro genere.
Sempre più commossa dal vostro affetto...
Weep

 

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